JO XIX-N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1967 

RASSEGNA 

1ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1967 


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A.NNo L. 5.000 
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(6214140) Roma, 1967 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 


RICORDO 
di 
GIACOMO GIUSEPPE COSTA 


'Avvocato Generale Erariale -Ministro di Grazia e Giustizia 


J 


GIACOMO GIUSEPPE COSTA 

n 15 agosto scorso � caduto il 70� anniversario della morte di Giacomo 
Giuseppe Costa, Avvocato Generale Erariale. la cui vita esemplare 
� legata, in modo non perituro, alla pi� antica nobile tradizione 
dell'Avvocatura dello Stato. 

Egli nacque a Milano il 24 novembre 1833 e, rimasto orfano di 
padre fin dalla nascita, si trasfer�, a venti anni, per non essere arruolato 
daU'Austria, a Genova, dove si laure� nel 1858. 

Dopo Villafranca, torn� a Milano e, nel luglio del 1860, entr� in 
Magistratura e rimase in Milano sino al 1866, in qualit� di Sostituto Procuratore 
Generale presso la Corte di Appello. Dopo un breve periodo 
di applicazione presso il Ministero di Grazia e Giustizia in Firenze, torn� 
a Milano, finch�, nell'ottobre del 1869, non venne chiamato al Ministero 
quale primo collaboratore del Ministro Vigliani che nel 1873 lo 
nomin� Segretario Generale. Egli ricopriva tale carica quando il Vigliani 
ebbe l'idea di dispensare il pubblico Ministero dall'intervenire 
nelle cause civili onde prese l'avvio quella riforma che doveva portare 
alla istituzione delle regie avvocature erariali, compito questo che 
venne affidato a Giuseppe Mantellini, che tradusse quell'idea in concreta 
realt� col r. d. 16 gennaio 1876, n. 2914. 

Titolare gi� nel 1874 dell'ufficio di Procuratore Generale a Venezia, 
lasciate le funzioni di Segretario Generale del Ministero, venne tramutato 
a Genova nel gennaio del 1876, poi a Palermo nel 1880, ed Ancona 
nel 1881 e Bologna nel 1884. 

Morto Mantellini, che era stato il creatore detl'Avvocatura Erariale, 
Costa ve1tne chiamato nel 1885 a sostituirlo, nessuno essendo 
sembrato al De Pretis Presidente del Consiglio, pi� degno di succedere 
a cos� illustre giureconsulto. 

L'anno successivo Giacomo Costa venne nominato Senatore, dando 

cos� inizio a quell'intensa attivit� parlamentare che doveva metterne 

in luce le eccezionali qualit� che lo dovevano portare, fra il generale 

consenso, ad assumere, nel marzo 1896, il seggio di Ministro Guardasi


gilli nel Gabinetto Rubini, che aveva avuto il compito di liquidare 

onorevolmente gli errori della guerm d'Africa e di cancella1�e il cocente 

ricordo di Adua. 

Giacomo Costa era per� malato; un cancro allo stomaco ne minava 

l'esistenza. In quell'estate del 1897, settant'anni orsono, fatto appro


vare, dopo una estenuante battaglia parlamentare, il bilancio del suo 

dicastero, and� in montagna dove spe1�ava di trovar sollievo e dove, 


invece, si sent� peggio. Allora pens� di rientrare nella sua casa di Ovada 
e stette b� consapevole di aspettare la morte che sopraggiunse il 15 
agosto 1897. 

Dire compiutamente di Giacomo Costa in poche righe non � possibile. 
L'ingegno, la mente acuta, la dottrina vastissima ,la fecondia ammirabile 
e la dialettica stringente, gli crearono, fin da giovane, un'alta 
reputazione ed accelerarono singolarmente la sua carriera cos� nella 
magistratura, culminata nella nomina ad Avvocato Generale Erariale, 
che nel Parlamento. Ebbe la fortuna, ben meritata, di poter rendere 
eminenti servizi al Paese. Di lui � stato detto con esattezza che lo 
splendore della sua carriera fu il riconoscimento degli eccezionali suoi 
meriti di giurista e di oratore. 

Chi desiderasse cogliere meno superficialmente gli aspetti pi� salienti 
degli ultimi anni di vita di Giacomo Costa, conoscere l'ambiente 
in cui si svolgeva la sua attivit�, studiarne il temperamento e la vigoria 
del carattere potr� leggere (e sar� una dilettevole lettura) il � Diario di 
fine secolo � di Domenico Farini (Bardi, ed. 1961 ). 

Presidente del Senato ed annotatore diligentissimo ed obiettivo degli 
avvenimenti, il Farini ci ha lasciato un documento � che, proprio 
per la sua immediatezza, offre un quadro vivo, pur nell'acerbo contrasto 
di luci e d'ombre, degli ultimi anni del secolo XIX cos� come 
poteva dipingerlo il Presidente del Senato �. 

Dal Diario, nel quale � spessissimo ricordato, il Costa viene in 
riliev~ come uno dei principali protagonisti della vita politica ed in 
particolare della attivit� del Senato in queU'epoca; e non solo per il 
suo costante intervento nelle discussioni pi� importanti e nelle commissioni 
di maggior rilievo (fu relatore delle Commissioni per accertare 
la responsabilit� nel processo per i fatti della Banca Romana) ma per 
le relazioni che ebbe con re Umberto e con gli uomin", di Governo di 
quell'epoca. 

Se varia fu l'attivit� del Costa quale Magistrato, Avvocato Generale 
Erariale, parlamentare, Ministro, sempre pari al suo temperamento, 
alla rigidit� del suo carattere, alla concezione sacra che Egli ebbe della 
legge, fu la sua azione. Nel 1880 Procuratore Generale a Genova non 
esit� a far arrestare Stefano Canzio, genero di Garibaldi; nel 1897, 
Ministro Guardasigilli, non esit� a prospettare l'ipotesi di chiedere 
l'autorizzazione a procedere contro Crispi (Farini �Diario � par 1165). 
E di questa fermezza morale diede prova nel momento del trapasso 
allorch� invi� al Capo dello Stato, in cui vedeva impersonato i destini 
e le fortune d'Italia, questo telegramma: � morendo mando a V. M. 
l'estremo saluto e la espressione della mia devozione che cessa soltanto 
con la vita ". 


Un giornale dell'epoca, commentando questo gesto, lo defin� � tragicamente 
bello. ed iL Presidente del Senato, nena commemorazione 
tenuta nena tornata del 30 novembre 1897, ricordando queste parole 
del Costa, poteva concludere dicendo � inchiniamoci dinanzi a tanta 
tragica grandezza. Non � lecito disperare dell'avvenire morale di una 
Nazione capace di produrre caratteri cos� fortemente temprati come 
quello di Giacomo Costa �. 

STRALCI DAL DISCORSO COMMEMORATIVO PRONUNZIATO IN OVADA IL 16 OTTOBRE 
1898 DAL PRESIDENTE DEL SENATO GIUSEPPE SARACCO: 

Finalmente, come a Dio piacque, il Costa fu inviato a reggere la Procura 
Generale d'Ancona dove egli, tanto laborioso ed insofferente di ozio, 
si sentiva condannato a poltrire nell'inedfa, desideroso di essere chiamato 
pertanto a lavoro pi� proficuo in altra sede di maggiore importanza. E 
dopo molto insistere il Governo lo man�i� a Bologna dove ebbe largo campo 
a far prova di �quell'energia che in Lui era divenuta natura, fino a che 
venuto il 1885 i Ministri del tesoro e di grazia e giustizia, a suggerimento 
personale e spontaneo del Depretis, presidente del Consiglio dei Ministri, 
lo chiamarono senza veruna sollecitazione per parte sua, a succedere al 
detto Mantellini nell'ufficio tanto ambito da eminenti giureconsulti e magistrati, 
di Avvocato Generale erariale. 

Potrei qui, prima di andare pi� oltre, e mi tornerebbe agevole col rac


conto di fatti che occuparono in diverso tempo la pubblica amminii.stra


zione, illustrare la vita e le gesta del bravo e sapiente Magistrato, sempre 

uguale a s� stesso nello scrupoloso adempimento dei suoi doveri, onde 

ebbe fama di severo e geloso difensore dell'ordine sociale. Ma io me ne 

asterr�, perocch� mi sta dinnanzi la nobile e severa figura del Costa, la 

quale mi avverte che la virt� � premio a s� stesso, e l'uomo veramente e 

sinceramente virtuoso non pu� volere che gli rende merito di avere adem


piuto fedelmente e strettamente il proprio dovere. 

La dottrina � realmente questa; e chi conobbe il Costa, sa che non 

soleva menar vanto dei doveri compiuti. Ond'io non parler� pi� del 

Magistrato, e vado diritto a parlare dell'Avvocato Generale erariale. 

Succeduto al Mantellini, uno fra i pi� dotti giureconsulti del tempo, il 

nostro Costa si trov� lanciato in un mondo di affari per lui intieramente 

nuovo, con la giunta di una responsabilit� personale pari all'importanza 

degli interessi che aveva missione da difendere. In un paese com'� il nostro, 

in cui il Fisco si trova in continua lotta col contribuente, deve gi� avere 

un bel da fare Chi veglia dall'alto alla difesa degli interessi dello Stato, e 

non occorre che io dica di quali e quanto corredo di dottrina, di quale 

acume d'intelletto l'Avvocato Generale erariale sia chiamato a dar prova 

nel trattamento degli affari che si succedono senza posa, e non si rasso


migliano punto. Ma conviene principalmente considerare l'Ufficio dell'Av


vocato Generale erariale sotto un altro aspetto, per intendere tutta l'im


portanza e la delicatezza delle funzioni che gli sono demandate. 

In sostanza l'Avvocato Generale erariale � il consulente nato, dopo il 

Consiglio di Stato, e talvolta senza l'intervento del Consiglio di Stato, dei 


Ministri e delle amministrazioni centrali, con questo di pm, che mentre 
quell'alto consenso rende �i suoi pareri collegialmente su richieste e documenti, 
che pu� esaminare a suo bel agio, l'Avvocato Generale erariale � 
chiamato spesse volte ad interloquire, li per li, sopra affari di varia e disparata 
natura, che non consentono dilazioni, ed � in queste circostanze sopratutto 
che si mostra in tutto il suo vero e pratico valore la sapienza di 
colui che � chiamato a dare consiglio. Imperoceh� non basta che la difesa 
sia strenua ed avveduta, ma se le amministrazioni dello Stato prendono 
risoluzioni avventate, o mal digerite, che portino con s� il germe di controversie 
soggette al giudizio dei tribunali civili, �O allora non basta pi� la 
sapienza di chi per cagione d'ufficio � chiamato a difendere gli interessi 
dello Stato per ottenere la vittoria nei giudizi. E sempre il primo passo 
che bisogna muovere con prudenza, e pur troppo la nostra burocrazia 
lasciata in balia di se stessa, vale a dire senza ricevere le ispirazioni dall'alto, 
le molte volte non misura abbastanza le conseguenze degli atti 
che compie e, generalmente cocciuta, difficilmente si risolve a cangiare 
d'avviso. 

Or bene, il nostro Costa non tard� a comprendere la natura e la gravit� 
dei servizi che era chiamato a rendere nella nuova sua qualit�. L'agilit� 
dell'ingegno e l'acutezza della mente associate alla vastit� delle cognizioni 
acquistate con lo studio paziente delle leggi, feceDo di lui, lo dico con 
qualche esperienza e col profondo convincimento dell'animo -un Avvocato 
erariale modello sotto qualunque punto di vista �lo si voglia considerare. 
Sollecito a rispondere alle chiamate, pressoch� quotidiane dei 
Ministri nelle diverse loro contingenze, membro di numerossissime commissioni 
governative per lo studio di leggi e di regolamenti, cauto e 
riguardoso nei suoi apprezzamenti, il Costa, sempre ascoltato quanto modesto, 
rispose degnamente all'aspettazione di coloro che lo avevano chiamato 
a coprire il delicato Ufficio, cosich� il Depretis, che di uomini e di amministrazioni 
si intendeva pi� di altro, a chi gli chiedeva se fosse contento 
dell'opera del Oosta, rispondeva semplicemente con queste parole: 
� stoffa di Ministro! 

A me piace, ad onore di quel valent'uomo, dire anche questo, che si 
studi� sempre con grande amore, ed ottenne con grande soddisfazione dell'animo, 
di poter trosfondere nei suoi collaboratori d'ufficio gli stessi sentimenti, 
e le medesime consuetudini di vita operosa, onde avveniva che 
riamato da essi, come padre amoroso, spesso li chiamava a consiglio, lasciando 
a ciascuno nel trattamento delle cause forensi la necessaria libert� di 
azione, e riservando a s� il trattamento e la direzione degli affari di maggiore 
momento. Ho appena bisogno di aggiungere che non pieg� mai a dar 
consigli che non rispondessero al proprio convincimento, e nessuno pens� 
mai ad imporgli una linea di condotta che repugnasse alla sua coscienza. 
Venne un giorno, un giorno solo, nel quale il Governo, o meglio alcuno 
dei Ministri per zelo proprio e di altrui, pens� che si potesse affidare ad 
un uomo politico la difesa degli interessi dello Stato in una causa di molta 
importanza, e ne diede avviso all'Avvocato erariale. Questi se ne lagn�, e 
non volle per la dignit� dell'Ufficio, che si dichiar� pronto a rinunciare. 
Ma il Ministro meglio avvisato ritir� l'incarico e l'incidente non ebbe 
altro seguito, fuor quello di rendere testimonienza della fermezza di 
carattere di quell'uomo, quando si trattava di difendere una causa giusta 
ed onesta. Cos� piacesse a Dio che cessasse quel malvezzo di credere o 
lasciar credere, con danno immenso del buon nome della giustizia, che 


J 

sulla bocca dell'avvocato politico gli ar.gomenti della difesa acquistino un 
sapore speciale, ed una importanza che deriva dalla qualit� e dal credito 
del difensore! � 

Infrattanto, cio� nel 1886 Giacomo Costa veniva elevato al posto di 
Senatore del Regno, e se io dovessi qui discorrere con la dovuta ampiezza 
delle benemerenze da esso acquistate, e degli eminenti servizi resi alla 
Nazione in questa sua qualit�, non mi basterebbe l'ora a farlo degnamente. 
Disse di Lui con parole eloquenti e sopratutto vere, il presidente del 
Senato nella sua splendida commemorazione fatta il 25 novembre del 1897, 
ed illustri colleghi ed amici si affrettarono in quella ricorrenza a rendere 
;:illa memOri!'t dell'Estinto quel tributo di lode e di ammirazione, che tutti 
sentivamo dovuti> in cuor nostro, pi� che non si sapesse esprimere col 
:magistero della )lla1'ola. Dir� nullameno qualche cosa anch'io per mettere 
maggiormente in rilievo una delle �qualit� pi� salienti, fra loro le molte, 
che possedeva l'egregio Uomo. 

Egli parlava, e persuadeva. Possedeva l'ingegno, e sapeva trarne partito, 
ed in mezzo alle opinioni discordi, �quando pure si doveva prendere una 
risoluzione. Egli trovava sempre la via per uscirne con onore, ossia con 
una formula accomodata ai diversi gusti, che riusciva a conciliare. Forse 
l'amore dell'Arte pot� talvolta in Lui, pi� che non fosse persuaso Egli 
stesso della ibont� assoluta delle sue proposte; ma io che parlo sono in 
grado di affermare, per confessione di altri, e per esperienza mia, che a 
trovare il linguaggio legislativo, cosa in �Se stessa difficilissima, pi� che non 
si crede, nissuno vinse il Costa per facilit� e precisione di concetto e di 
parole. Desideratissimo perci� in tutte le Commissioni le pi� importanti, 
oratore di primo ordine, era l'ornamento del .Senato, il quale senti e sentir� 
lungamente il dolore di averlo perduto. Rimarranno tuttavia di lui, insieme 
ai discorsi, sempre sapienti, le relazioni sui disegni di legge di maggiore 
importanza che faranno fede della distinta operosit�, e della sua devozione 
ai grandi interessi della Nazione. 

Venne finalmente il giorno, nel .quale il Costa fu chiamato a prendere 

parte ai Consigli della Corona. 

Quando il Gabinetto presieduto dal Crispi rassegn� le dimissioni nel 

marzo 1896, Sua Maest� il Re con fine intuito commise al generale Ricotti 

l'incarico di comporre una nuova Amministrazione, e fu il Ricotti giova 

bene che si sappia, quegli che offri al Costa il portafoglio di grazia e giu


stizia; ed Egli accett� senza esitanza, perch� sper�, e fortemente sper�, 

di poter all'ombra, e sotto la direzione di un uomo di fede e rettitudine 

antica qual'era ed � il Ricotti, di poter rivolgere con fruttto tutte le sue 

cure a rialzare il prestigio della Magistrat.ra, a restituire al Paese la fidu


cia in se stesso, infine a ristabilire l'impero della legge e della moralit� 

in ogni ramo della cosa pubblica, dovunque si manifesti l'azione del 

Governo. 

Come spesso avviene, anzich� giovare, nocque al Costa la sua stessa 
fama, cresciuta ancora di recente dopo la pubblicazione di un meditato 
lavoro uscito dalla sua penna, intorno del quale si era levato grande rumore, 


fama d'Uomo ricco d'Ingegno e conoscitore profondo dei mali che era chiamato 
a guarire; quasicch� fosse nel potere del nuovo Ministro, appena insediato 
a palazzo Firenze, di portare rimedio a tutti i mali, e riaccendere negli 
animi la persuasione, non dir� perduta, ma profondamente scossa, che la 
giustizia sia realmente, come deve essere, uguale per tutti. Il Costa sapeva 
per prova, che gli abusi, quando hanno messo profonde radici, non si 
correggono in un giorno, ed il Magistrato non si crea, senza una lunga ed 
appropriata educazione, che sola pu� farlo degno di esercitare con frutto 
le pi� alte e delicate funzioni, che sia dato all'uomo di compiere su questa 
terra. Egli adunque che sent� sempre il bisogno di essere giusto in tutto, 

t. �,re1�so tutti, se anco alcuni temporeggiamenti non si fossero resi necessarii, 
in osssequio alle guarentigie che la legge accorda alla Magistratura, si 
arrese al partito di procedere negli atti suoi con tutta la ponderatezza 
necessaria, affinch� la giustizia non cada in sospetto di parzialit�; anche 
col rischio di sembrare troppo lento a prendere il suo partito, mentre tale 
non era. Imperocch� fra il cozzo delle passioni non � agevole discernere 
il vero dal falso, e l'inerzia diventa sapienza per chi non � disposto a 
sposare le ire e le passioni dei partiti. N� io dir� che tutto gli sia riuscito 
a seconda degli onesti desideri; ma so di essere semplicemente giusto, 
quanto innanzi all'Effige di quel valent'Uomo, affermo, siccome mi sento 
in diritto e in dovere di affermare, che bene a taluni fra i suoi predecessori 
la fortuna si mostr� pi� larga dei suoi favori, onde ritrassero la fama che 
deriva dal successo; pochi per� lo pareggiarono, nessuno vince il Costa 
nell'esatto e scrupoloso adempimento dei Suoi doveri di Ministro. Egli 
ebbe tuttavia un gran difetto, che voi ed io gli perdoniamo facilmente. 
Modesto, quanto operoso, mostr� di saper fare e di far bene, ma non ebbe 
l'arte del savoir faire, e tanto meno quella di �e fafre savoir che alcuni 
dei nostri grandi uomini di Stato hanno mostrato di possedere nel grado 
il pi� eminente. A lui bast� la coscenza del sentirsi puro, e la soddisfazione 
del dovere compiuto. 
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INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
pag. 701 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA su QUESTIONI DI GIURISDI-. 
ZIONE 731 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE 775 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 852 

Sezione quinta: 
GI�URISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 859 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBUCHE, 
APPALTI E FORNITURE 902 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE 913 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOTTRINA 183 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 186 
CONSULTAZIONI . . .... )) 203 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, 
Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luigi Mazzella e Arturo Marzano 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


ALBISINNI G., Diritti ajJ�evoliti ed interessi occasionali protetti: 
potere discrezionale nell'esercizio del quale uno dei momenti 
della condotta della P. A. sia tassativamente imposto . . . . I, 732 
GUICCIARDI F., L'I.G.E., l'imppsta aU'importazione e l'imposta 
di conguaglio per gli oli vegetali � aHo stato commestibile � . I, 875 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

-Competenza del Tribunale Superiore 
-Desumibilit� dal contenuto 
obbiettivo dell'atto -Fattispecie, 
903. 

-Diritto di ripartizione delracqua 
derivata tra consorziati -Giurisdizione 
ordinaria -Sussistenza, 
906. 

-Esecuzione di opere idrauliche Danni 
-Affittuario dei fondi danneggiati 
-Legittimazione -Sussiste, 
902. 

-Esecuzione di opere idrauliche Responsabilit� 
per danni della 

p. a. -Potere di accertamento 
del giudice -Sussistenza e limiti, 
902. 
APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Riserve 
-Finalit�, 908. 

-Appalto di opere pubbliche -Riserve 
-Mancata iscrizione nel 
registro di contabilit� -Decadenza, 
907. 

-Appalto di opere pubbliche -Riserve 
-Modalit� di formulazione, 
908. 

APPELLO 

-Legittimazione attiva -Proposizione 
da parte dell'interventore 
adesivo in primo grado -Assunzione 
di veste processuale 
diversa da quella originaria Inammissibilit�, 
con nota di F. 
ARGAN, 800. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto di proroga e atto di rinnovazione 
-Differenze, 855. 

-Decisione del prefetto su ricorso 
gerarchico contro un provvedimento 
di requisizione di urgenza 
del Sindaco -Definitivit�, 

855. 
AVVOCATI E PROCURATORI 

-Procedimento disciplinare del 
Consiglio dell'Ordine -Natura 
dell'organo -Possibilit� di sollevare 
questioni di legittimit� costituzionale 
in via incidentale Esclusione, 
719. 

BELLEZZE NATURALI 

-Demanio marittimo sottoposto a 
vincolo panoramico -Costruzioni 
edilizie eseguite senza l'autorizzazione 
della Sopraintendenza ai 
monumenti o in difformit� della 
stessa -Ordine di demolizione 
del Ministro della Marina Mercantile 
-Legittimit�, 854. 

CASSAZIONE 

-Decisione di questione formante 
oggetto di specifico motivo di ricorso 
-Rigetto del motivo -Divieto 
di riproposizione della questione 
nelle ulteriori fasi del giudizio 
-Sussiste, 826. 

-Ricorso incidentale -Questioni 
per le quali non vi sia stata soc�combenza 
-Semplice richiesta 
di correzione della motivazione 
della sentenza impugnata -Inammissibilit�, 
con nota di F. ARGAN, 

800. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Cassazione -Consiglio di Stato Decisioni 
-Sindacato delle sezioni 
unite della Corte di Cassazione 
-Limiti, 758. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Cassazione -Consiglio di Stato Decisione 
-Sindacato delle sezioni 
unite della Corte di Cassazione 
-Limiti -Errores in 
procedendo -Insindacabilit�, 760. 

-Controversia avente per oggetto 
la sussistenza del diritto all'esercizio 
di una farmacia legittima Competenza 
giurisdizionale dell'A.
G.O. -Sussiste, 775. 

Cosa giudicata -Questione di 
giurisdizione -Rilevabilit� in 
ogni stato e grado del giudizio, 
anche di ufficio -Limiti -Giudicato 
sulla giurisdizione, 761. 

-Edilizia economica e popolare Alloggi 
costruiti dallo Stato in 
conseguenza dei terremoti -Cessione 
di propriet� degli alloggi Diritto 
soggettivo dell'interessato 
-Giurisdizione del Giudice 
ordinario, 769. 

Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Discriminazione 
-Criteri -Norme di 
azione e norme di relazione, 768. 

Giustizia amministrativa -Consiglio 
di Stato -Giurisdizione di 
legittimit� -Atto amministrativo 
-Invalidit� -Eccesso di potere 
-Nozione -Accertamento Limiti 
-Sindacato da parte delle 
sezioni unite della Corte di Cassazione, 
759. 

-Giustizia amministrativa -Giudicato 
amministrativo -Esecuzione 
-Poteri del Consiglio di 
Stato -Estensione e limiti -Distinzioni 
-Fattispecie, 760. 

-Impiego pubblico -Giurisdizione 
esclusiva -Diritti patrimoniali 
conseguenziali -Riconoscimento 
da parte dell'ente pubblico del 
diritto del dipendente ad assegni 
ed altri emolumenti -Effetto 
sostitutivo della pronuncia di 
illegittimit� -Proponibilit� dell'azione 
direttamente davanti al 
Giudice ordinario, 747. 

-Impugnazioni civili -Ricorso in 
Cassazione avverso le decisioni 
del Consiglio di Stato per motivi 
attinenti alla giurisdizione -Termine 
-Decorrenza, con nota di 

U. 
GIARDINI, 750. 
-Ordinamento giudiziario -Inamovibilit� 
dei magistrati -Trasferimento 
di ufficio -Provvedimento 
di natura non disciplinare 
-Effetti: giurisdizione di legittimit� 
del Consiglio di Stato, 

748. 
- 
Responsabilit� della P. A. per atti 
amministrativi illegittimi -Diritti 
affievoliti e interessi occasionalmente 
protetti -Pronunc�a 
di illegittimit� che accerti la lesione 
di diritto affievolito -Risarcimento 
del danno -Proponibilit� 
dell'azione d�vanti al Giudice 
ordinario -Sussiste, con nota 
di G. ALBISINNI, 731. 

-V. anche Acque pubbliche, Espropriazione 
per p. u. 


COMUNE 

-Deliberazione del Consiglio comunale 
-Consigliere comunale 
interessato -Partecipazione alla 
discussione -Illegittimit�, 853. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Fermo amministrativo -Natura 
ed effetti, 787. 

-Soppressione delle gestioni fuori 
bilancio delle Antichit� e Belle 
Arti -Limitazione al quinquennio 
anteriore ed al solo dolo dei 
funzionari -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 712. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Trattativa privata -Atti emessi 
dalla P. A. nello svolgimento della 
trattativa privata -Sono atti 
amministrativi, 857. 

-Trattativa privata -Obbligo della 
P. A. di seguire un determinato 
procedimento -Non sussiste se 
non nei limiti in cui la stessa 

P. A. si autovincola, 858. 
CORTE COSTITUZIONALE 

Questioni di legittimit� costituzionale 
in via principale -De



� 1 

! 

INDICE 
xv 

creto-legge -Impugnativa della Giudizio di accertamento -Effisola 
legge di conversione -Amcacia 
probatoria dei documenti missibilit� 
della questione, 723. Non decisivit� -Rilevanza delle 
presunzioni -Sussiste -Esercizio 
continuativo dell'uso da parte 
COSTITUZIONE DELLA REPUBdelle 
popolazioni locali nel corso 
BLICA dei secoli -Valore probatorio 
presuntivo della costituzione di 

-V. Avvocati e� procuratori, Condiritti 
di uso civico -Sussiste tabilit� 
generale dello Stato. Applicazione -Usi civici di pesca, 
818. 
Liquidazione (mediante compen


DANNI 

so in terre da assegnarsi ai Co


muni ed alle Associazioni agra


-Valutazione e liquidazione -Sva


rie) -Oggetto: usi civici su terre

lutazione monetaria -Coefficiente 

private -Obbligo della denun


di svalutazione -Approvazione 

cia entro sei mesi dalla pubbli


del Giudice di merito -Insinda


cazione della 1. 16 giugno 1927,

cabilit� in Cassazione, 826. 

n. 1766 -Sussiste, 817.. 
Obbligo della denuncia entro sei 
DANNI DI GUERRA mesi dall'entrata in vigore deila 

l. 16 giugno 1927, n. 1766 -De-
Contributo di ricostruzione cadenza dall'azione di accertaNatura 
pubblicistica, 859. mento degli usi civici non in 
esercizio alla data di entrata in 
vigore della 1. 16 giugno 1927, 
DEMANIO 
E PATRIMONIO n. 1766 -Non riguarda gli usi 
civici su terre non private, 817. 
Concessione per sfruttamento 


-Usi civicl di pesca -Insuscetti


agricolo di terreni facenti parte 

bilit� di liquidazione -Sussiste,

di una tenuta militare -Ineffica


818.
cia della concessione -Opere sta


bili di miglioria eseguite medio --Usi civici od acque del demanio 
tempore dal concessionario -Apstatale 
-Obb�igo della tempeplicabilit� 
della disciplina delle stiva denuncia ex art. 3 I. 16 


accessioni -Sussiste, 838. 
giugno 1927, n. 17H6 -Inapplicabilit�, 
818. 


-Demanio storico e artistico -Im


Usi civici su terre od acque del

posizione del vincolo -Contrasto 

demanio statale -Uso pubbli


con precedente nulla osta alla 

co -Rapporto, 817.

demolizione -Non sussiste, 856. 

-Demanio storico e artistico -Imposizione 
del vincolo -Proposte EDILIZIA ECONOMICA E POPOper 
la Soprintendenza ai monuLARE 
menti -Autonoma e non con


-Alloggi costruiti dallo Stato in

forme valutazione del Ministro 


conseguenza di terremoti -Di


Legittimit� del decreto ministe


ritto alla cu;sione in propriet�

riale di imposizione di vincolo, 

dell'alloggio -Azione di rilascio

857. 
da parte dell'eni.e gestore -Cessione 
non ancora avvenuta -Effetti, 
769.

DIRITTI PROMISCUI E USI CIVICI 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 


-Accertamento -Usi civici su terre 
dei demani comunali o uniDichiarazione 
di pubblica utilit� 
versali, o su terre ed acque del disposla per Iemi~ se11za prefisdemanio
� statale -Istanza -Nesione 
di. termine per il perfeziocessit� 
-Sussiste -Differenza fra namento delle espropriazioni istanza 
e denuncia, 818. Perfezionamento dell'espropria



J 

XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione dopo la scadenza del termimine 
di validit� dell'occupazione 
temporanea -Legittimit� della 
pronuncia di espropriazione Sussiste 
-Sanatoria ex nunc della 
occupazione abusiva dell'immobile 
-Sussiste -Fattispecie, 845. 

-Espropriazione di immobile occorrente 
per la costruzione di 
edificio postale -Determinazione 
dell'indennit� espropriativa Applicabilit� 
degli artt. 12 e 13 

1. 15 gennaio 1885, n. 2892 Esclusione, 
812. 
- 
Espropriazione per p. u. prevista 
da leggi speciali -Determinazione 
dell'indennit� espropriativa 
-Applicabilit� degli speciali 
criteri restrittivi previsti dalla 

1. 15 gennaio 1885, n. 2892, sul 
risanamento della citt� di Napoli 
-Necessit� di apposita disposizione 
di legge di richiamo 
degli artt. 12 e 13 1. n. 2892 del 
1885 -Sussiste, 811. 
-Legittimit� della pronuncia espropriativa 
sotto il profilo della sussistenza 
del potere di espropriazione 
-Giurisdizione del G. O. Efficacia 
erga omnes del giudicato 
-Sussiste -Legittimit� della 
pronuncia espropriativa sotto 
il profilo del retto uso del potere 
espropriativo riconosciuto sussistente 
-Difetto di giurisdizione 
del G. O. -Sussiste, 845. 

-Sicilia -Espropriazione per p. u. 
a favore della Regione Siciliana 
di immobile occorrente per la 
esecuzione di opera pubblica assunta 
nella competenza regionale 
a norma della 1. reg. 21 aprile 
1953, n. 30 -Liquidazione indennit� 
espropriativa -Deroga 
al principio fondamentale della 
1. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo 
cui l'indennit� va calcolata 
con 'riferimento alla data 
del decreto di espropriazione Esclusione, 
808. 

- 
Termini -Decorrenza dei termm1 
iniziali -Mancato inizio 
delle opere e delle espropriazioni 
-Inefficacia della dichiarazione 
di p. u. -Non sussiste, 852. 

FALLIMENTO 

-Revocazione di crediti ammessi 
-Revocazione ordinaria -Ter


mini e condizioni di ammissibili


t� 
-Differenza, 787. 

-Sentenza emessa in giudizio nei 
confronti del Curatore -Diniego 
di autorizzazione del giudice delegato 
ad impugnare la pronuncia 
-Legittimazione del fallito 
all'impugnazione in luogo del Curatore 
-Difetto -Rilevabilit� 
d'ufficio -Sussiste, con nota di 

F. 
ARGAN, 800. 
FALSO 

-Falsit� in atti -Atti pubblici 
originali e derivativi -Criteri 
distintivi -Cartella esattoriale -
�l atto pubblico originale, con 
nota di D. SALVEMINI, 916. 

FARMACIA 

-Esercizio farmaceutico -Sistema 
della concessione amministrativa 
previo concorso -Sussiste -Deroghe 
-Regime transitorio delle 
farmacie esistenti alla data dell'entrata 
in vigore della 1. 22 
maggio 1913, n. 468 -Varie categorie 
delle farmacie esistenti Nozioni 
-Commerciabilit� -Farmacie 
legittime e farmacie tollerate 
-Disciplina, 775. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Bellezze naturali -Costruzioni 
edilizie -Nulla osta al Soprintendente 
-Ricorso gerarchico Provvedimento 
del ministro della 
P. I. in riforma del nulla 
osta -Motivazione per relationem, 
855. 

-Bellezze naturali -Costruzioni 
edilizie -Pronunce_ del Soprintendente 
ai monumenti (nulla 
osta o diniego) -Sono atti impugnabili 
con ricorso gerarchico 
al Ministro della Pubblica Istruzione, 
854. 

-Bellezze naturali -Costruzioni 
edilizie -Ricorso giurisdizionale 
avverso il diniego del nulla osta 
del Soprintendente -Interesse Sussiste, 
854. 


INDICE 
XVII 

-Consiglio di Stato in sede giurisdizionale 
-Giurisdizione di legittimit� 
-Eccesso di potere Ambito 
dell'indagine -Annullamento 
dell'atto amministrativo illegittimo 
-Enunciazione di princ�pi 
in ordine alla successiva attivit� 
della P. A. -Ammissibilit� 
-Limiti -Fattispecie (in tema 
di giudizio di avanzamento 
degli ufficiali), con nota di U. 
GIARDINI, 751. 

-Contratti pubblici -Trattativa 
privata -Libert� di forme che 
pu� essere autolimitata dalla P. 

A. -Procedura di presentazione 
delle offerte stabilita dalla stessa 
P. A. -Mancata accettazione di 
un'offerta -Interesse dell'offerente 
-� interesse legittimo, 858. 
-Giudicato -Rinnovazione dell'atto 
annullato -Atti istruttori in 
precedenza compiuti -Possono 
essere utilizzati, 857. 

-Ricorso giurisdizionale -Sopravvenuta 
inefficacia ex lege dell'atto 
impugnato -Non cessa la 
materia del contendere -Improcedibilit� 
per sopravvenuto difetto 
di interesse, 852. 

- 
V. anche Atto amministrativo. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni Interpretazione 
delle norme che prevedono agevolazioni 
-Criteri, 863. 

-Agevolazioni -Opere di interesse 
degli Enti locali previste dalla 

1. 3 agosto 1949, n.589 -Opere 
igienico-sanitarie -Applicabilit� 
delle agevolazioni agli atti relativi 
ad opere che presentino un 
generale carattere igienico-sanitario 
-Fattispecie in tema di costruzione 
di mercati ortofrutticoli, 
863. 
- 
Fideiussione -Fideiussioni bancarie 
in favore di terzi verso 
pubbliche amministrazioni -Aliquote 
ridotte differenziate secondo 
il tempo per il quale le fideiussioni 
sono prestate -Applicabilit� 
con riferimento al termine 
entro il quale possono sorgere 
le obbligazioni coperte dalla 

garanzia e non in base alla du


rata di questa, 868. 

-Fideiussione -Fideiussioni bancarie 
in favore di terzi verso 
pubbliche amministrazioni a garanzia 
di obbligazioni anteriormente 
costituite -Efficacia ex 
nunc delle fideiussioni anche ai 
fini dell'applicazione dell'imposta 
secondo le disposizioni dell'art. 
�54, secondo comma, della 
tariffa A allegata alla legge organica, 
868. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Agevolazioni -Contributo statale 
per la riparazione o ricostruzione 
di edifici danneggiati o distrutti 
per cause belliche -Esenzione 
dail'imposta ai sensi dell'art. 
90 del d. 1. n. 261 del 1947 Limiti 
-Contributo corrisposto 
a soggetto esercente attivit� speculativa 
di costruzione o commercio 
di immobili -Computabilit� 
in sede di ordinario accertamento 
ai fini della determinazione 
del reddito imponibile 
del soggetto beneficiario -Sussistenza, 
859. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-� Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 

n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 Applicabilit�, 
885. 
- 
Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 

n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 -� 
Imposte liquidate in via complementare 
per mancanza o insufficienza 
degli elementi occorrenti 
-Liquidazione complementare 
determinata da mancata o� 
insufficiente dichiarazione di valore 
da parte del contribuente Interessi 
con decorrenza dalla data 
di esigibilit� dell'imposta principale 
-Applicabilit� -Limiti, 
884, 886. 
- 
Presunzione per gioielli, danaro 
e mobilia -Ragguaglio sul valore 
lordo dell'asse relitto -Violazione 
del principio di eguaglianza 
-Esclusione, 716. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Presunzione per gioielli, denaro 
e mobilia -Violazione del principio 
della capacit� contributiva 
-Esclusione, 716. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Entrata imponibile -Nozione Rimborsi 
di spese collegati a prestazioni 
di servizi -Imponibilit� Contributi 
di iscrizione a gare 
sportive (c. d. � entrature �) 
Imponibilit�, con nota di C. BAFILE, 
866. 

Imposta sulle merci importate Oli 
vegetali -Aliquota ridotta 
per gli oli �allo stato commestibile 
� Commestibilit� del 
prodotto al momento in cui si 
verifica )1 presupposto dell'imposizione 
-Necessit� -Applicabilit� 
dell'aliquota ridotta all'importazione 
di acidi grassi -Esclusione, 
con nota di F. Gu1cc1ARDI, 

874. 
IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Agevolazioni Interpretazione 
delle norme che prevedono agevolazioni 
-Criteri, 863. 

-Dichiarazione annuale dei redditi 
-Omessa dichiarazione Iscrizione 
a ruolo per lo stesso 
imponibile nel periodo precedente 
maggiorato del 10 % -Violazione 
del principio della capacit� 
contributiva relativamente 
alla maggiorazione, 709. 

-Giudizi di opposizione ad ingiunzione 
-Sospensione dei termini 
scadenti in periodo feriale -Applicabilit�, 
883. 

-Imposte dirette ed imposte indirette 
-Nozione, 885. 

-Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 

n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 Imposte 
liquidate in via complementare 
per mancanza o insufficienza 
degli elementi occorrenti 
-Liquidazione complementare 
determinata da mancata o 
insufficiente dichiarazione di valore 
da parte del contribuente Interessi 
con decorrenza dalla 
data di esigibilit� del tributo 
principale -Applicabilit� -Limiti, 
884, 886. 

Interessi -Riscossione degli interessi 
col procedimento di ingiunziane 
previsto per la riscossione 
dei crediti tributari cui accedono 
-Legittimit�, 884. 

-Riscossione -Facolt� dell'Esattore 
di procedere contro il debitore 
fallito -Violazione del principio 
di eguaglianza e di difesa -� 
Esclusione, 727. 

IMPUGNAZIONE 

-Causa inscindibile -Impugnazione 
incidentale tardiva diretta 
contro parte diversa da quella 
che ha proposto l'impugnazione 
principale -Ammissibilit�, 775. 

-Causa inscindibile -Presupposti Fattispecie, 
775. 

-Legittimazione attiva -Impugi;iazione 
autonoma proposta da interventore 
adesivo -Inammissibilit�, 
con nota di F. ARGAN, 800. 

-Motivi -Presentazione -Mancata 
attestazione di irregolarit� 
da parte del cancelliere ricevente 
-Presunzione di ritualit�, 920. 

-�Totale soccombenza -Gravame 
incidentale della parte totalmente 
soccombente per aderire all'impugnazione 
principale proposta 
da un'altra parte -Ammissibilit� 
-Sussiste, 775. 

INGIUNZIONE 

-Interessi -Riscossione degli interessi 
col procedimento di ingiunzione 
previsto per la riscossione 
dei crediti tributari cui accedono 
-Legittimit�, 884. 

INGIURIA E DIFFAMAZIONE 

-Elemento psicologico -Fini e moventi 
dell'azione -Rilevanza ai 
soli effetti della commisurazione 
della pena, 914. 


INDICE XIX 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Interpretazione della legge -Lavori 
preparatori -Rilevanza Limiti, 
812. 

-Interpretazione della legge -Titolo 
della legge -Valore normativo 
-Esclusione -Rilevanza in 
sede di interpretazione della legge 
-Sussiste -Limite -Contrasti 
col contenuto della legge Prevalenza 
del contenuto -Sussiste, 
812. 

MINIERE E CAVE 

-Ipoteca -Oggetto -Rinunzia a 
decadenza dalla concessione mineraria 
-Nuova concessione entro 
l'anno -Mancata osservanza 
dell'obbligo di porre a carico dei 
nuovi concessionari la tacitazione 
dei creditori iscritti -Pronuncia 
di illegittimit� del provvedimento 
-Risarcimento del danno 
subito dai concessionari decaduti 
-Proponibilit� dell'azione davanti 
al Giudice ordinario -Sussiste, 
non nota di G. ALBISINNI, 

731. 
NAVE E NAVIGAZIONE 

-Navigazione interna -Autorizzazione 
a condurre natanti� a motore 
-Violazione della libera iniziativa 
economica -Insussistenza 
-Regolamento di esecuzione Violazione 
della legge di delega 
-Inammissibilit�, 721. 

-Recupero e rimessione in pristino 
di navi mercantili sinistrate Oneri 
finanziari -Provvidenze Finanziamenti 
-Garanzia sussidiaria 
da parte dello Stato -Natura 
-Fidejussione sussidiaria ex 
lege -Surrogazione dello Stato 
nelle ragioni del creditore verso 
il debitore principale -Condizione 
-Necessit� dell'effettivo 
pagamento da parte dello Stato Sussiste, 
787. 

NOBILT� 

-Cognomizzazione dei predicati 
nobiliari anteriori al 28 ottobre 

1922 -Riconoscimento anche nel 
regime repubblicano -Esclusione, 
701. 

NOTIFICAZIONE 

-Imputato latitante che abbia eletto 
domicilio -Notificazione mediante 
consegna al domiciliatario 
-Validit�, c�n nota di P. DI 
TARSIA, 913. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Contratto a favore di terzo -Contratto 
di assicurazione per conto 
altrui o per. conto di chi spetta '
Differente rilevanza dell'interesse 
del terzo -Diritti nascenti dal 
contratto -Titolarit� esclusiva 
dell'assicurato -Sussiste -Conseguenze, 
830. 

-Contratto a favore di terzo -Posizione 
del terzo, 830. 

-Fideiussione -Fideiussione a garanzia 
di obbligazioni anteriormente 
sorte Retroattivit� Esclusione, 
868. 

-Rapporti contrattuali di fatto Nozione 
-Applicabilit� con riferimento 
ad un contratto obbligatorio 
invalido di attribuzione 
del godimento di un immobile 
ed alla sua attuazione medio tempore, 
837. 

-V. anche Acque pubbliche, Occupazione. 


OCCUPAZIONE 

-Occupazione d'urgenza -Sicilia Occupazione 
d'urgenza d'immobile 
per l'esecuzione di opera pubblica 
assunta dalla competenza 
del Comune in quella della Regione 
a norma della 1. reg. 21 
aprile 1953, n. 30 -Illegittima 
protrazione ultrabiennale dell'occupazione, 
imputabile sia al Comune 
che alla Regione -Corresponsabilit� 
solidale di due Enti 
per risarcimento del danno dovuto 
al proprietario -Sussiste, 

807. 

xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Occupazione temporanea da parte 
della P.A. d'immobile alieno 
occorrente per la costruzione di 
opera pubblica -Obbligo di procedere 
all'espropriazione entro il 
termine stabilito dalla legge per 
l'occupazione temporanea -Sussite 
-Fattispecie, 846. 

PATRIA POTEST� 

-Esercizio della stessa ed amministrazione 
dei beni del minore Attribuzione 
al padre -Violazione 
della parit� dei coni�gi Esclusione, 
705. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Previdenza e assistenza obbligatoria 
-Vigilanza dell'Ispettorato 
del lavoro -Diffida per la regolarizzazione 
-Contrasto con l'obbligatoriet� 
dell'azione penale Esclusione, 
712. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Confessione giudiziale -Nozione 
-Confessione resa in altro 
processo -Valore meramente indiziario 
-Sussiste, 787. 

-Domanda giudiziale infondata Accertamento 
negativo richiesto 
dal convenuto -Interesse in re 
ipsa -Fattispecie, 775. 

-Domanda riconvenzionale -Domanda 
riconvenzionale tardiva Preclusione 
-Necessit� dell'eccezione 
di tardivit� -Sussiste -Accettazione 
del contraddittorio da 
parte del convenuto -Esclusione 
della preclusione ed obbligo del 
Giudice di prendere in esame la 
domanda -sussistono, 837. 

-Giudizio di interdizione e di inabilitazione 
proposti dal P. M. Onorari 
ai consulenti tecnici non 
anticipati dall'Erario -Violazione 
dei principi di eguaglianza e 
della tutela del lavoro -Illegittimit� 
costituzionale, 722. 

-Giudizio di opposizione ad ingiunzione 
-Sospensione dei termini 
scadenti in periodo feriale 
-Applicabilit�, 883. 

PROPRIET� 

-Accessione -Opera al fondo alieno 
e migliorie -Differenza Coincidenza 
in una determinata 
costruzione dei caratteri dell'opera 
accedente e 'della miglioria Applicabilit� 
delle norme sull'accessione 
-Sussiste, ove ricorra 
il presupposto della qualit� 
di terzo dell'autore della costruzione 
-Migliorie, che, pur eseguite 
da terzo, non abbiano anche 
i caratteri delle accessioni 
ex art. 936 c. c. -Questione di 
indennizzabilit� -Inquadramento 
concettuale (teoria delle restituzioni) 
-Indennizzo, 837. 

-Modi di acquisto della propriet� Accessione 
-Qualit� di terzo dell'esecutore 
dell'opera sul fondo 
altrui -Nozione -Applicazione 
anche ai casi di contratto dichiarato 
nullo od inefficace -Sussiste, 
837. 

REQUISIZIONE 

-Provvedimenti in base all'art. 7 
legge sul contenzioso amministrativo 
-Rinnovazione -Illegittimit� 
-Fattispecie, 856. 

REVOCAZIONE 

-Motivi -Dolo della parte -Fallimento 
-Dolo processuale revocatorio 
-Identit� di nozione Sussiste, 
787. 

SENTENZA 

-Sentenza civile -Rigetto per implicito 
di determinate domande, 
eccezioni e deduzioni -Giustificazione 
del dispositivo nella motivazione 
-Necessit� -Sussiste, 

775. 
- 
Sentenza non definitiva -Riserva 
di provvedere su una domanda Effetto 
preclusivo dell'esame dell'ammissibilit� 
in rito della domanda 
stessa -Esclusione, 837. 

SICILIA 

-Legge di conversione del decreto-
legge istitutivo di una rite



J 

INDICE XXI 

nuta d'acconto sugli utili delle 
societ� -Violazione delle norme 
statutarie -Es'clusione, 723. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Associazioni contrarie agli ordinamenti 
politici costituiti -Potere 
prefettizio di scioglimento 
e di confisca dei beni -Illegittimit� 
costituzionale, 725. 

SPESE GIUDIZIALI 

-Regolamento dell'onere delle spese 
-Facolt� discrezionale del giudice 
di merito -Limite -Divieto 
di condanna alle spese della parte 
totalmente vittoriosa -Sussiste, 
818. 

TRASPORTO 

-Trasporto di persone sulle ferrovie 
dello Stato -Danni al viaggiatore 
-Anormalit� dell'esercizio 
ferroviario -Apertura improvvisa 
dello sportello -Responsabilit� 
della P. A., 833. 

VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE 
E VALUTARIE 

-Pena pecuniaria -Natura, 880. 

-Prescrizione -Prescrizione del 
diritto dello Stato alla pena pecuniaria 
-Norme applicabili Verbale 
di accertamento delle 
violazioni valutarie -Idoneit� 
quale atto interruttivo della prescrizione 
-Condizioni, 880. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

8 luglio 1967, 
8 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 
12 luglio 1967, 

n. 101 . 
pag. 701 

n. 102. 
705 

n. 103 . 
709 

n. 105. 
712 

n. 108. 
712 

n. 109 . 
716 

n. 110 . 
719 

n. 111 . 
721 

n. 112. 
722 

n. 113 . 
723 

n. 114. 
725 

n. 115 . 
727 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2324 . . . . . . . . . . . . . pag. 859 
Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2325 (in nota a Cass. 6 settembre 
1966, n. 2324) . . . . . . . . 859 
Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 61 . . . 863 
Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 209 . . . . . . . . . . . . . 761 
Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 212 . . . . . . . . . . . . . 760 
Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 250 . . . . . . . . . . . . . 731 
Sez. I, 1 febbraio 1967, n. 291 (in nota a Cass. 15 giugno 1967, 

n. 1399) . . . . . . . . . 881 
Sez. I, 17 marzo 1967, n. 602 .. 866 
Sez. Un., 31 marzo 1967, n. 712 . 747 
Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 800 . 748 

Sez. I, 2 maggio 1967, n. 
Sez. I, 3 maggio 1967, n. 
Sez. Un., 14 giugno 1967, 
Sez. Un., 15 giugno 1967, 
Sez. Un., 15 giugno 1967, 
Sez. Un., 15 giugno 1967, 


817 . . 
868 

836 . . 
874 

n. 1328 . 
775 

n. 1389 . 
787 

n. 1390 . 
800 

n. 1391 . 
750 

Sez. I, 15 giugno 1967, 
Sez. I, 17 giugno 1967, 
Sez. I, 3 luglio 1967, n. 
Sez. I, 5 luglio 1967, n. 
Sez. Un., 7 luglio 1967, 


n. 1399 . 
880 

n. 
1425 . 807 
1631 . . 811 
1663 . . 817 

n. 1673 . 
753 

Sez. I, 15 luglio 1967, n. 1790 . 826 
Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1983 . 830 
Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1988 . 833 
Sez. I, 5 agosto 1967, n. 2088 . . . 837 


. �~-" ' 

INDICE xxm 

Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2356 . pag. 845 
Sez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2442 . 768 
Sez. I, 23 ottobre 1967, n. 2612 . 883 
Sez. I, 28 ottobre 1967, n. 2670 . . 885 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

10 maggio 1967, n. 12 . pag. 902 
9 giugno 1967, n. 17 . 903 
5 luglio 1967, n. 20 906 

LODI ARBITRALI 

18 maggio 1967, n. 40 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . pag. 907 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 5 luglio 1967, n. 7. pag. 852 
Ad. Plen., 11 luglio 1967, n. 8. 852 
Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 214 . 853 
Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 215 . 854 
Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 220. 854 
Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254'. 855 
Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 279. 856 
Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 299 . 857 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. II, 25 agosto 1966, n. 668 . pag. 913 
Sez. I, 15 ottobre 1966, n. 776 . 914 
Sez. III, 25 luglio 1966, n. 802 . 916 
Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1248 920 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

MoRIONDO E., L'ideoiogia della Magistratura Italiana, Ed. Laterza, 
Bari, 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 183 
VECCHI R. -. BosCIA F., Giurisprudenza completa della Corte Costituzionale 
1956-66, De Donato ed. -Leonardo Da Vinci, 
Bari, 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . 184 
VmGA P., Diritto Costituzionale, Ed. Giuffr�, Milano, 1967 . 185 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

LEGGI E DECRETI (Segnalazioni) . pag. 186 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . 186 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Amministrazione pub-Espropriaz. per p. u.. 208 
blica pag. 203 Fallimento 209 
Appalto 203 Farmacia 209 
Atti amministrativi . 204 Ferrovie 210 
Autoveicoli 204 Igiene e sanit� 210 
Borsa 204 Impiego pubblico . 210 
Caccia e pesca 204 Imposta di bollo . 210 
Cambiali e altri titoli Imposta di registro . 211 

di credito 204 

Imposta di successione 212 

Cinematografi 205 

Imposta generale sul-

Circolazione stradale . 205 

l'entrata 212 

Competenza e giurisdi-

Imposte e tasse . 213 

zione . 205 

Imposte varie 214

Comunione e condo


Matrimonio 214

minio. 205 

Mezzogiorno . 214

Contabilit� generale 

Opere pubbliche 215

dello Stato 206 

Pena . 215

Contrabbando 206 

Pensioni 215

Contributi 206 

Procedimento penale 215

Costituzione 207 

Pubblico ufficiale 216

Demanio 207 

Regioni. 216

Deposito 207 
Difesa dello Stato . 207 Responsabilit� civile 216 

Edilizia economica e 

Riscossione coattiva 216 
popolare 208 Sciopero 217 
Elettricit� ed elettroServit� 
217 
dotti 208 Stampa 217 
Enfiteusi 208 Strade 217 


PARTE PRIMA 


GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 101 -Pres. Ambrosini -
Rel. Bonifacio -Gaetani Lovatelli ed altri (avv. Palazzi, Sforzolini, 
Predieri, Cansacchi) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. 
gen. Stato Pentinaca). 

Nobilt� -Co~nomizzazione dei predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 
1922 -Riconoscimento anche nel re~ime repubblicano -Esclusione. 


(Cast., art. 3, disp. trans. XIV; r. d. 11 dicembre 1887, n. 5138; r. d. 2 luglio 1896, 

n. 313; r. d. 5 luglio 1896, n. 314; r. d. 1. 20 marzo 1924, n. 442; r. d. I. 28 dicembre 
1924 n, 2337; r. d. 16 agosto 1926, n. 1489; r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 e 
r. d. 7 giugno 1943, n. 651). 
Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento all'art. 3 ed 
alla XIV disposizione transitoria della Costituzione, le norme in materia 
araldica, nei limiti in cui si d� ad esse applicazione per l'aggiunta al 
nome di predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922, ma non riconosciuti 
prima dell'entrata in vigore della Costituzione; nonch� nei 
limiti in cui esse sottopongono il diritto predetto e la relativa tutela 
giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento 
per il diritto al nome (1). 

(Omissis). -4. -La decisione delle questioni proposte dalle ordinanze 
di rimessione comporta la necessit� di accertare se il secondo 
comma della XIV disposizione, nello stabilire che i predicati dei titoli 

(1) La questione era stata proposta con varie ordinanze del Tribunale 
di Roma: quattro del 13 dicembre 1965 (Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1966, 
n. 118) e una del 7 novembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, 
n. 51), nonch� con ordinanza 18 giugno 1966, del Tribunale di Bologna 
(Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1966, n. 284). 
Si conclude, con questa sentenza, la tormentata vicenda dei titoli nobiliari, 
con il pieno accoglimento della tesi prospettata dall'Avvocatura dei 
vari giudizi davanti ai giudici ordinari. 

In contrasto con il principio affermato dalla Corte Costituzionale era la 
giurisprudenza della Corte di Cassazione. Questa, infatti, con le sentenze 


J 

702 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del 
nome, si riferisca solo ai titoli che gi� avessero ottenuto il riconoscimento 
nelle forme e nei modi previsti dall'ordinamento nobiliare ovvero 
anche a quelli che comunque fossero oggetto di un diritto risalente 
ad epoca anteriore a quella data. 

Alla soluzione del problema non pu� recare nessun contributo 
l'indagine, espressamente sollecitata dal Tribunale di Bologna, sul 
carattere permanente o transitorio della disposizione �costituzionale, e 
ci� perch� la definizione di una norma come transitoria implica solo 
che, nel passaggio da una vecchia ad una nuova disciplina, alcuni 
fatti o rapporti, in considerazione della loro collocazione cronologica, 
sono sottratti alla efficacia del nuovo regolamento, ma non esclude 
che la norma possa trovare applicazione, per un tempo indefinito, tutte 
le volte in cui quei fatti o quei rapporti siano oggetto di valutazione 
giuridica. N�, per altro verso, alcun argomento risolutivo pu� trarsi 
dal fatto che l'ultimo comma della XIV disposizione demanda ad una 
futura legge, tuttora non emanata, la soppressione della Consulta 
araldica. Dovendosi ritenere che la norma � da riferirsi all'intera 
organizzazione predisposta per l'adempimento delle funzioni amministrative 
nella materia araldica (che ~ pi� ampia di quella strettamente 
nobiliare), la circostanza che il Costituente non ne abbia direttamente 
disposta l'eliminazione non significa �che in attesa della futura legge 
siano state conservate tutte le attribuzioni previste dalla legislazione 
che la istitui e la regol�, come � dimostrato dalla sicura e non controversa 
caducazione di tutti quei compiti che strettamente erano 
inerenti ad un ordinamento giuridico nel quale i titoli nobiliari trovavano 
piena cittadinanza. Con ci� si vuol dire che non dalle competenze 
dell'ufficio araldico si pu� risalire all'interpretazione della XIV disposi


20 maggio 1965, nn. 986 e 987, rese a Sezioni Unite (in questa Rassegna, 

1965, I, 516), e 18 dicembre 1963, n. 3189, a Sezione semplice (in questa 

Rassegna 1964, I, 294 e nota critica di CARUSI) aveva ritenuto possibile, 

anche nel vigore della Costituzione repubblicana, un accertamento inciden


ter tantum davanti ai giudici ordinari, in contraddittorio con gli uffici spe


ciali ed in base alle norme sostanziali preesistenti, della sussistenza del 

predicato nobiliare al fine della relativa cognomizzazione. 

La ouestione veniva sollevata dall'Avvocatura davanti al Tribunale di 

Roma, il-q_uale, con le ordinanze sopra indicate, ed unitamente al Tribunale 

di Bologna, ne investiva la Corte Costituzionale. La prima ordinanza � 

pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 129, con le deduzioni dell'Avvoca


tura nell'atto di intervento davanti alla Corte Costituzionale. 

La sentenza in rassegna riconduce nell'alveo sostanziale e processuale 

del diritto al nome, secondo le norme comuni (art. 6 e segg. c. c. e leggi 

complementari sull'ordinamento dello stato civile), ogni questione di cogno


mizzazione di predicati, rendendo testimonianza, anche per questa parte, 

della parit� di tutti i cittadini di fronte alle leggi. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 703 

zione, ma, al contrario, da questa si deve dedurre quali siano attualmente 
le sue residue funzioni. 

La Corte ritiene che il reale significato della norma costituzionale 
in esame non possa essere accertato se non alla luce del principio 
espresso dal primo comma della disposizione, secondo il quale l'ordinamento 
repubblicano non riconosce i titoli nobiliari. Ed infatti l'incertezza 
intorno all'interpretazione della qualifica � esistenti � riferita ai 
titoli anteriori al 28 ottobre 1922 non pu� essere superata da considerazioni 
meramente letterali. Vero � che nel passato ordinamento un 
titolo nobiliare era da considerare � esistente � indipendentemente dal 

� riconoscimento � amministrativo o giurisdizionale, che aveva solo 
una funzione di accertamento (peraltro necessario al legittimo uso 
ufficiale del titolo), ma � da escludere che la lettera della norma costituzionale 
si riferisca all'esistenza del titolo in contrapposto al suo riconoscimento: 
la �contrapposizione, invero, � solo fra titoli anteriori e 
titoli posteriori al 28 ottobre 1922, e la proposizione normativa esprime 
in forma lessicalmente positiva la esclusione dei secondi dal c. d. diritto 
alla cognomizzazione. Sicch�, equivalendo la frase � esistenti prima 
del 28 ottobre 1922 � a quella � non conferiti dopo il 28 ottobre 1922 �, 
� chiaro che l'interpretazione letterale non � idonea alla risoluzione 
del diverso problema qui in esame, che va, perci� raggiunta con 
l'impiego di altri canoni ermeneutici: ed anzitutto attraverso il coordinamento 
dei due primi commi della disposizione, nel senso che al 
secondo deve essere attribuito quel significato che maggiormente si 
i::oncilii col primo. � questo, infatti, ad esprimere la ,c;celta di fondo 
operata dal Costituente, e con essa ogni altra norma relativa alla materia 
va di necessit� coordinata. 
Ci� posto, � da mettere in rilievo che il divieto di riconoscimento 
:lei titoli nobiliari non attiene solo all'attivit� giudixiaria o amministrativa 
necessaria, come accadeva nel precedente ordinamento, per l'ac::
ertamento ed il conseguente legittimo uso di un titolo gi� di per s� 
esistente (e ci� conferma che dalla diverssa terminologia usata nel 
primo e riel secondo comma non pu� trarsi argomento favorevole 
illa tesi sostenuta dalle parti private), ma comporta che i titoli nobiliari 
aon costituiscono contenuto di un diritto e, pi� ampiamente, non con;
ervano alcuna rilevanza : in una parola, essi restano fuori del mondo 
~iuridico. Da questa premessa, che nessuno contesta, inevitabilmente 
:liscende che l'ordinamento non pu� contenere norme che impongono 
ii pubblici poteri di dirimere controversie intorno a pretese alle quali 
.a Costituzione disconosce ogni carattere di giuridicit�. E perci�, una 
volta attribuiti al primo comma quel contenuto e queste conseguenze, 
~ �certo da escludere che il secondo possa essere interpretato in un 
;enso che con l'uno e con le altre sarebbe in contrasto. Ci� accadrebbe 
>Ve si accogliesse la tesi che, al fine della cognomizzazione, il giudice 


J 

704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

debba accertare l'esistenza del titolo in capo a questo o a quel soggetto, 
valutarne le vicende alla stregua delle regole proprie del regime successorio 
nobiliare e dare piena applicazione alla legislazione araldica 
fino al punto -secondo la teoria che appare pi� coerente con le 
premesse -da potersi pronunziare solo previo contraddittorio dell'interessato 
con l'ufficio araldico (legislativamente definito come rappresentante 
della regia prerogativa) e con provvedimento destinato ad 
essere iscritto negli appositi libri nobiliari. N� importa che l'accertamento 
andrebbe compiuto non in funzione del legittimo uso del titolo, 
ma come strumentale rispetto al diverso diritto relativo all'aggiunta 
del predicato al nome: ed infatti, nonostante questa finalit�, il titolo 
costituirebbe pur sempre oggetto di un diritto e di una vera e propria 
tutela giuridica, laddove l'uno e l'altra sono perentoriamente esclusi 

dal principio enunciato nel primo comma. 

Tale irrilevanza giuridica dei titoli nobiliari impedisce, dunque, 
che essi possano essere giuridicamente accertati e perci� il secondo 
comma della XIV disposizione va interpretato nel residuo senso che 
l'aggiunta al nome dei predicati anteriori al 28 ottobre 1922 non trova 
la sua fonte nel diritto al titolo, non pi� sussistente, ma nel gi� intervenuto 
riconoscimento, che assume il ruolo di presupposto di fatto del 
diritto alla cognomizzazione. 

Siffatta conclusione, oltre a rispondere all'esigenza di una corretta 

interpretazione sistematica desunta dal necessario coordinamento dei 

due primi commi della XIV disposizione, trova pieno conforto nei 

lavori preparatori, dai quali si ricava che intento del Costituente fu 

quello di evitare che dal disconoscimento dei titoli nobiliari potesse 

derivare una lesione del diritto al nome (il che, ovviamente, esclude la 

cognomizzazione attuale di predicati mai riconosciuti e perci� mai 

legittimamente usati come elemento di individuazione del casato) ed 

� nel contempo l'unica che appaia conciliabile con la � pari dignit� 

sociale � garantita dal primo comma dell'art. 3 della Costituzione. Su 

quest'ultimo punto, infatti, va respinta la tesi sostenuta dai signori 

Cetti Serbelloni, secondo la quale tale formula sarebbe priva di ogni 

possibile contenuto giuridico, giacch� essa esprime un principio gene


.~le che da un lato importa l'illegittimit� di tutte le misure legislative 

.�1e colleghino particolari distinzioni di rilevanza sociale a circostanze 

che non siano dipendenti da capacit� o da meriti personali, dall'altra 

concorre ad interpretare le stesse norme costituzionali nel senso pi� 

rispettoso di siffatta esigenza. Ora, come � indubbio che il primo comma 

della XIV disposizione � chiaramente ispirato al fine di meglio garan


tire, nel senso anzidetto, la parit� dei cittadini, cos� � certo che il 

secondo comma deve essere inteso in modo da escludere che per altra 

via venga consentita una perdurante ed indefinita efficacia della legi


slazione nobiliare. 


J 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 705 

5. -Da quanto fin qui si � detto discende che non sono compatibili 
con il secondo comma della XIV disposizione gli atti impugnati, per 
la parte in cui essi dovrebbero trovare applicazione per l'aggiunta al 
nome di predicati di titoli nobiliari i quali, ancorch� siano anteriori al 
28 ottobre 1922, non abbiano formato oggetto di riconoscimento durante 
il vigore del vecchio ordinamento. 
Va aggiunto che l'interpretazione della norma costituzionale nei 
r:ensi innanzi descritti e la considerazione che il diritto alla cognomizzazione 
impone che il predicato segua in tutto la sorte del nome giustificano 
altre due conseguenze: a) che le vicende del diritto attribuito dal 
secondo comma della XIV disposizione devono oramai essere valutate 
non secondo le norme che regolavano la successione nei titoli nobiliari, 
ma alla stregua di quelle che disciplinano i modi di acquisto del nome; 
b) che la tutela di tale diritto sotto ogni aspetto (sia per quanto attiene 
alle forme del procedimento ed ai soggetti legittimati a prendervi 
parte sia per quanto riguarda l'esecuzione dei provvedimenti) deve 
seguire le regole che il vigente ordinamento detta per la tutela del 
diritto al nome. Queste conclusioni ricevono ulteriore conferma dall'art. 
3 della Costituzione, essendo certo che l'assoggettamento del 
diritto all'aggiunta del predicato al regime proprio dei titoli nobiliari 
non potrebbe trovare alcuna giustificazione in un ordinamento che a 
questi, con norma costituzionale, nega ogni autonoma rilevanza. Anche 
per questa parte, dunque, va dichiarata la illegittimit� costituzionale 
degli atti legislativi sottoposti al controllo della Corte. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 102 -Pres. Ambrosini -
Rel. Mortati -Folli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Patria potest� -Esercizio della stessa ed amministrazione dei beni del 
minore -Attribuzione al padre -Violazione della parit� dei 
coniu~i -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 29; c. c., art. 316, 320). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 
316 e 320 codice civile, in relazione al principio di eguaglianza fra 
i coniugi, perch� l'attribuzione al padre dell'esercizio della patria potest� 
e dell'amministrazione dei beni del minore obbedisce alla necessit� 
della formazione di una volont� unitaria della famiglia, che costituisce 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un limite, previsto dallo stesso art. 29 della Costituzione, alla assoluta 
parit�. morale e giuridica dei coniugi (1). 

(Omissis). -Ci� posto � da rilevare che, in sostanza, con l'ordinanza 
di rinvio le norme impugnate vengono censurate in quanto porrebbero 
in essere una violazione del principio di parit� giuridica e 
morale dei coniugi stabilita dall'art. 29,. secondo comma, della Costituzione, 
e sanzionando una distinzione fondata sul sesso, infrangerebbero 
anche il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, 
ponendosi altres� in contrasto con il successivo art. 30, che attribuisce 
il dovere di mantenere, educare ed istruire i figli ad <'!ntrambi 

genitori. 

2. -Deve osservarsi anzitutto, quanto all'art. 316 del codice civile, 
che la censura � infondata. 
Ed invero la patria potest�, cio� quel complesso di poteri e di doveri 
tendenti appunto al mantenimento, alla educazione ed alla istruzione 
della prole, come alla cura dei relativi interessi patrimoniali, � 
attribuita in modo congiunto ad entrambi i genitori, cosi come risulta 
evidente dalla detta norma impugnata secondo cui � il figlio � soggetto 
alla potest� dei genitori �; sicch� ciascuno di essi, quando esercita la 
potest�, lp fa � iure proprio �. La madre quindi, (mentre ha sempre 
il diritto-dovere di esercitare le funzioni inerenti alla patria potest�, 
sia pure in conformit� delle direttive paterne) quando, nelle ipotesi 
previste dalla legge, viene autonomamente chiamata a tale esercizio, assume 
la pienezza di un potere di cui, peraltro, era gi� titolare. Con ci�, 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Imola con ordinanza 
7 gennaio 1966 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105). 
La sentenza costituisce una precisa indicazione per il legislatore allorquando 
esso sar� chiamato a pronunciarsi sulla riforma del diritto familiare. 
Per superare il punto di inerzia che potrebbe essere costituito da un conflitto 
di vedute tra i due coniugi, la Corte, pi� che suggerire il rimedio dell'intervento 
del giudice (vivacemente criticato sul piano politico-giuridico: 
cfr. LucIFREDI, La famiglia dinanzi al giudice?, in La discussione, ottobre 
1967, n. 23) ha posto in risalto la necessit� di una determinazione unitaria 
della famiglia. 

Conformi in dottrina, Crcu, La filiazione, Trattato dir. civ., Torino 1954, 
III, 2, 301 segg.; CHIARLONI, L'esercizio dell'azione civile per conto del minore, 
Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 1192. 

Le sentenze richiamate nel testo, 22 febbraio 1964, n. 9 e 23 maggio 
1966, n. 46 sono pubblicate in questa Rassegna, rispettivamente, 1964, 250 
e 1966, 528. La sentenza 28 novembre 1961 n. 64 leggesi, tra l'altro, in 
Giur. cost. 1961, 1230 e nota di ESPOSITO, Sulla punizione del solo adulterio 
femminile. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 707 

pertanto, pu� escludersi senz'altro che alla madre venga conferita solo 
una potest� puramente astratta e priva di pratica efficacia, come � 
invece sostanzialmente affermato nell'ordinanza di rinvio. 

E se indubbiamente, secondo il sistema del codice, � riconosciuta 
una prevalenza della volont� del padre in ordine alle funzioni in esame, 
� altresi vero che questa distinzione ripete la sua origine dalla esigenza, 
comunemente avvertita in ogni umano consorzio, di apprestare 
i mezzi per la formazione di una volont� unitaria riferibile al consorzio 
stesso. Questa esigenza infatti non pu� non ritrovarsi anche nella societ� 
familiare che, pur essendo una istituzione a base essenzialmente etica, 
� tuttavia un organismo destinato a vivere ed operare nell'ambito dei 
concreti rapporti umani per l'attuazione dei suoi fini sociali, primo fra 
i quali, indubbiamente, emerge quello dell'allevamento e dell'educazione 
dei figli. �, pertanto, evidente la necessit� che la legge garantisca 
nella famiglia la formazione di una volont� unitaria che si traduca in 
un indirizzo unitario ai fini del conseguimento dello scopo suddetto. 
Il sistema posto in essere dal legislatore quindi, sia pure risentendo 
indubbiamente della tradizione storica che ha visto nel padre il capo 
della famiglia, non ha fatto che provvedere alla descritta esigenza fondamentale 
quando ha affidato l'esercizio della potest� ad uno solo dei 
genitori. 

Ci� ovviamente non esclude la perfettibilit� della soluzione adottata, 
nel senso di un sempre pi� stretto coordinamento della disciplina 
di questo essenziale settore della vita sociale col precetto costituzionale; 
ed anzi deve darsi atto della tendenza che in tale direzione si va 
attualmente manifestando nel mondo giuridico. 

D'altra parte, la parit� morale e giuridica dei coniugi � garantita 
dall'art. 29 secondo comma della Costituzione � con i limiti stabiliti 
dalla legge a garanzia della unit� familiare �. Il che vuol dire che il 
legislatore ordinario � appunto autorizzato ad individuare e codificare 
,~uelle limitazioni che siano obiettivamente necessarie ai fini delle fon~
mentali � esigenze di organizzazione della famiglia e che, senza creare 
\vna inferiorit� a carico della moglie, fanno tuttora del merito, per 
';ti aspetti, il punto di convergenza della unit� familiare e della po1~ 
della famiglia nella vita sociale � (sentenza numero 64 del 

"�embre 1961). 

'N� varrebbe in proposito osservare, come fa il giudice a quo, che 
non potrebbe considerarsi costituzionalmente valido il sistema sancito 
dalle norme impugnate in quanto � l'unit� � cui fa riferimento l'art. 29, 
secondo comma, della Costituzione sarebbe da intendere come una mera 
unitariet� di fatto della famiglia quale organismo, e non come unit� 
di governo. Questa affermazione invero, in ultima analisi, porterebbe 
ad escludere dall'ambito dei limiti previsti dal citato art. 29, secondo 
comma, della Costituzione, e quindi a ritenere illegittima, qualsiasi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

regolamentazione che apprestasse nell'interno del nucleo familiare una 
disciplina unitaria di quelle situazioni che attengono al momento determinante 
degli indirizzi fondamentali �irca il mantenimento, l'educazione 
e l'istruzione della prole, che costituiscono i compiti primari 
della famiglia, intesa come organismo sociale. Con ci� rimarrebbe elusa 
la gi� lumeggiata ed ineliminabile esigenza di un coerente e ben individuabile 
indirizzo al riguardo. 

N� ha ritenuto diversamente la Corte costituzionale con la sentenza 
n. 9 del 1964, che nell'ordinanza � richiamata a conforto della 
riferita obiezione, in quanto ivi la Corte ha affrontato un particolare 
aspetto del problema interpretativo del principio di eguaglianza dei 
coniugi in ordine alla limitazione del diritto di querela da parte del 
solo coniuge esercente la patria potest� in relazione al delitto di sottrazione 
di persone incapaci. Non possono perci� trarsi dalla dichiarazione 
di illegittimit� di tale limitazione, essenzialmente fondata dalla Corte 
sul riconoscimento della esistenza di un interesse anche del genitore 
non esercente la patria potest� ad ottenere la punizione del colpevole, 
le conseguenze di ordine generale a favore dell'interpretazione restrittiva 
del concetto di unit� della famiglia desunte dal giudice a quo. 

Le conclusioni che precedono non possono nemmeno essere scosse 

dal richiamo che nell'ordinanza di rinvio � fatto al criterio interpre


tativo enunciato dalla Corte costituzionale �con sentenza n. 46 del 1966, 

secondo cui il limite di cui all'art. 29, secondo comma, della Costi


tuzione dovrebbe intendersi solo come eccezionale deroga al fonda


mentale principio di parit� fra i coniugi, per cui non vi si potrebbe 

fare riferimento in un caso come quello in esame, che attiene a rap


porti normali e continui quali sono quelli dell'esercizio della patria 

potest�, senza capovolgere il sistema, facendo dell'unit� familiare il 

principio base e dell'eguaglianza dei coniugi una disposizione di ap


plicazione eventuale e secondaria. 

Con la citata sentenza n. 46 del 1966, invero, la Corte, nel riba


dire il limite posto dall'art. 29, secondo comma, della Costituzione ha 

effettivamente riconosciuto che esso rappresenta un'eccezione al prin


cipio di parit�, da interpretarsi pertanto restrittivamente. Ma non pu� 

affermarsi che nella specie tale criterio interpretativo sia violato quan


do si riconosce che l'esigenza dell'unit� familiare richiede l'adozione 

di una disciplina unitaria del momento determinativo dell'esercizio dei 

poteri-doveri inerenti alla patria potest� poich�, se � vero che nel con


cetto di limite � insito un aspetto di eccezionalit�, � anche vero che non 

per questo � consentito snaturare l'essenza del limite medesimo inter


pretandone restrittivamente la portata fino al punto da svuotarlo di 

contenuto, come avverrebbe ove si ritenesse prevalente il principio 

di parit� dei coniugi sulla necessit� di tutelare l'unit� della famiglia 

attraverso l'apprestamento di norme che garantiscano, come si � detto, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 709 

la concreta possibilit� di perseguire quello che � il fine principale della 
famiglia stessa. 

Concludendo, pertanto, poich� la prevalenza della volont� paterna 
nell'esercizio della patria potest� � conseguenza della sopraccennata 
esigenza unitaria, e siccome questa rientra indubbiamente fra i limiti 
della parit� morale e giuridica dei coniu:;:-i di cui all'art. 29, secondo 
comma, della Costituzione, la Corte ritiene che l'impl.Agnato art. 316 
del codice civile non si ponga in contrasto con il detto precetto costituzionale. 


Da quanto premesso consegue altres� che nella specie non pu� 
parlarsi di discriminazione a danno della madre fondata su .distinzione 
di sesso, giacch� non pu� ovviamente ravvisarsi una discriminazione 
nella imposizione legislativa di un limite costituzionalmente consentito, 
nel che appunto si risolve, per le esposte ragioni, la riconosciuta 
prevalenza della volont� del padre nell'esercizio della patria potest�. 

Egualmente deve escludersi il lamentato contrasto dell'art. 316 del 
codice civile con l'art. 30 della Costituzione, che investe sostanzialmente 
buona parte degli aspetti concreti dell'esercizio della patria potest� 
e deve essere quindi, ovviamente, inteso in coordinamento con 
il precedente art. 29, per cui i limiti alla parit� dei coniugi previsti 
da quest'ultima disposizione debbono necessariamente riflettersi anche 
sul contenuto dell'art. 30 suddetto. 

Le considerazioni che precedono sono integralmente valide anche 
in relazione all'altra norma impugnata, cio� all'art. 320 del codice 
civile, �che attribuisce al padre la rappresentanza dei figli nati e nascituri 
negli atti civili e l'amministrazione dei beni e costituisce quindi 
ulteriore manifestazione dell'accentramento nel padre dei compiti relativi 
agli interessi morali e materiali dei figli minori, offrendo pertanto 
profili identici a quelli illustrati in relazione alla norma fondamentale 
dell'art. 316 del codice civile per quanto riguarda la valutazione della 
fondatezza della questione di legittimit� costituzionale in esame. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 103 -Pres. Ambrosini . 
Rel. Benedetti -Soc. Petringa (n. c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Dichiarazione annuale dei redditi -Omessa 
dichiarazione -Iscrizione a ruolo per lo stesso imponibile nel pe



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riodo precedente maggiorato del 10 % -Violazione del principio 
della capacit� contributiva relativamente alla maggiorazione. 

(Cost., art. 3; d. P. R. 5 luglio 1951, n. 573, art. 22, primo comma; d. P. R. 29 gennaio 
1958, n. 645, artt. 123, 141 primo comma, art. 142, art. 150). 

L'iscrizione a ruolo del contribuente che non abbia presentato la 
prescritta dichiarazione dei redditi, mentre � legittima relativamente 
alla reiscrizione del medesimo imponibile del periodo precedente, contrasta 
con il principio della capacit� contributiva limitatamente alla maggiorazione 
del 1O % , e pertanto vanno dichiarate costituzionalmente 
illegittime le norme che la prevedono (1). 

(Omissis). -I due giudizi possono essere decisi con unica sentenza 
poich� prospettano alla Corte la medesima questione: se sia costituzionalmente 
legittima, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, 
la norma contenuta nell'art. 22, comma primo, del testo unico 5 luglio 
1951, n. 573 sulla dichiarazione annuale dei redditi soggetti alle 
imposte dirette, la quale dispone che � in caso di omessa dichiarazione, i 
redditi accertati per l'anno precedente continuano ad essere iscritti a 
ruolo, aumentati, per i redditi di categoria A, di categoria B e di 
categoria C/1, del 10 per cento, salvo la facolt� dell'Uffifl.cio di rettificarli 
�. 

2. -Per quanto concerne la violazione del principio di uguaglianza 
sancito dall'art. 3 della Costituzione la questione non � fondata. � sufficiente 
rilevare in proposito che non � ravvisabile una identit� di situazione 
tra il contribuente che ha ottemperato al dovere dell'annuale 
dichiarazione dei redditi e quello che non lo ha compiuto. Chi ha 
omesso di presentare la denuncia versa in una palese posizione antigiuridica 
e questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare che il principio 
di uguaglianza non pu� essere invocato da chi si pone in una 
situazione di illecito (sent. n. 45 del 1963). 
3. -Venendo all'esame del secondo motivo di incostituzionalit� 
� d'uopo tener distinta la parte della norma impugnata giusta la quale, 
in caso di omessa dichiarazione, continuano ad essere iscritti a ruolo i 
redditi accertati per l'anno precedente, da quella che dispone l'aumento 
del 10 per cento dei redditi delle categorie A, B e C/1. 
(1) La questione era stata proposta con ordinanza 17 novembre 1964 
della Commissione Provinciale delle Imposte di Catania (Gazzetta Ufficiale 
26 marzo 1966, n. 76). 
La sentenza 9 aprile 1963, n. 45, ricordata nel testo, � pubblicata in 
Riv. dir. proc., 1965, 443, con nota di CoRNAGLIO. 


J 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 711 

Il preteso contrasto con il principio della capacit� contributiva non 
sui;;siste nei riguardi della prima disposizione. La reiscrizione a ruolo 
dei redditi accertati per l'anno precedente va considerata come una 
conseguenza dell'obbligo -gi� sancito dall'art. 3, comma primo, della 
legge 11 gennaio 1951, n. 25 e poi riaffermato dall'art. 1 del citato 

T. U. n. 573 del 1951 -della presentazione annuale della dichiarazione 
dei redditi, anche quando non siano intervenute variazioni nei 
redditi gi� accertati. In base a tali disposizioni pu� affermarsi che l'accertamento 
.del .reddito imponibile avviene attraverso un'attivit� di 
collaborazione tra il contribuente e l'Amministrazione. La norma in 
esa:rne opera quando .vien meno detta collaborazione, nel caso cio� di 
comp�rtamento .omissivo del �contribuente e consente all'Amministraz~
�ne di � detel;'minare il reddito da iscrivere a ruolo in misura eguale a 
qJ.tella accertata per il periodo precedente. Tale iscrizione � a titolo 
defi:~dtLvo nel . se:nso che :non � ammessa revisione in diminuzione, potendo 
ncontrib.ente ricorrere contro il ruolo nei soli casi d'inesistenza 
o intassabiUt� del reddito mentre � fatta salva la facolt� di rettifica 
d,� parte dell'Amministrazione. La norma trova una duplice valida 
gi�s�tif�eazione: nel comportamento del contribuente che, pur avendo 
conseguito redditi soggetti ad imposta, ha omesso di dichiararli e nella 
esistenza di redditi accertati per l'anno precedente che fondatamente 
sono ritenuti un positivo indice rivelatore della capacit� contributiva. 
Analoghe giustificazioni non ricorrono, invece, per la seconda parte 
della norma denunciata che dispone la maggiorazione del 10 per cento 
per i redditi mobiliari. La pura e semplice considerazione di un presumibile 
ulteriore sviluppo dell'attivit� del contribuente con conse'guente 
aumento del reddito � inidonea a legittimare la maggiorazione in esame 
poich� nessun elemento concreto o indice positivo pu� essere posto a 
suo fondamento. La norma denunciata preclude al contribuente di 
d.imostrare di aver realizzato un reddito inferiore a quello iscritto a 
ruolo ed � del tutto irrazionale estendere tale preclusione all'aumento 
del 10 per cento. Per la parte in discussione la norma va quindi dichiarata 
costituzionalmente illegittima in riferimento all'art. 53 della 
Costituzione. 

4. -Come conseguenza della limitata dichiarazione di illegittimit� 
dell'art. 22, comma primo del T. U. n. 573 del 1951, negli stessi sensi 
e negli stessi limiti, deve altresi essere dichiarata l'illegittimit� costituzionale, 
a norma dell'art. 27 ultima parte della legge 11 marzo 1953, 
n. 87, delle seguenti disposizioni del nuovo T. U. delle leggi sulle imposte 
dirette approvato con D. P. R. 29 gennaio 1958; n. 645: dell'art. 123 
nella parte in cui in tema di imposta sui redditi di ricchezza mobile 
prevede identico aumento sul reddito accertato per il periodo di imposta 
precedente; dell'art. 141, primo comma, limitatamente alla parte 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui dispone che l'aumento del 10 per cento previsto dal precedente 
art. 123 spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta complementare 
sul reddito; dell'art. 142 nella parte in cui fa salvo l'effetto dell'aumento 
del 10 per cento, previsto dal citato art. 141, primo comma, ai fini 
dell'imposta complementare sul reddito; dell'art. 150, secondo comma, 
nella parte in cui dispone che l'aumento del 10 per cento previsto dall'art. 
123 spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ�. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 105 -Pres. Ambrosini Rei. 
Cassandro -Quattrone (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Previdenza e assistenza -Previdenza e assistenza obbligatoria -Vigilanza 
dell'Ispettorato del lavoro -Diffida per la regolarizzazioneContrasto 
con l'obbligatoriet� dell'azione penale -Esclusione. 

(Cost., art. 112; d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520, art. 9). 

La facolt� attribuita all'Ispettorato del Lavoro dall'art. 9 d. P. R. 
19 marzo 1955, n. 520 di diffidare, con aJpposita prescrizione, il datore 
di lavoro che non si sia comportato in conformit� delle norme di legge 
in materia di previdenza sociale, fissando un termine per la regolarizzazione, 
non contrasta con l'obbligatoriet� dell'azione penale stabilita 
dall'art. 112 della Costituzione (1). 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Reggio Calabria con 
ordinanza 25 gennaio 1966 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105). 
La sentenza � una ulteriore conferma della netta distinzione che corre 
tra attivit� amministrativa diretta alla prevenzione del reato o alla sua 
estinzione mediante oblazione, ed esercizio dell'azione penale di spettanza 
esclusiva del Pubblico Ministero. Si ricordano, infatti, le precedenti sentenze 
Corte Costituz. 5 maggio 1959, n. 22, Giur. cost., 1959, 319 e nota di 
CASETTA; C. Cost. 20 ottobre 1963, n. 154, Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 255 
e nota di BRICOLA, 8 luglio 1967, n. 95, in questa Rass�egna, 1967, I, 518, e 
9 marzo 1967, n. 25, ivi, 210. 


CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 108 -Pres. Ambrosini. 
Rel. Benedetti -Bartoccini e Giusto (avv. Giagheddu, Barra~Caracciolo) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Tracanna). 


Contabilit� dello Stato -Soppressione delle gestioni fuori bilancio delle 
Antichit� e Belle Arti -Limitazione al quinquennio anteriore ed 'i 


J 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 713 

al solo dolo dei funzionari -Illegittimit� costituzionale -Esclu


sione. 

(Cost., art. ~3, 103, 97; I. 30 marzo 1965, n. '340, art. 11). 

L'art. 11 della legge 30 marzo 1965, n. 340, che sopprime le gestioni 
fuori bilancio dell'Amministrazione delle Antichit� e Belle Arti e limita 
al solo quinquennio anteriore ed alle sole ipotesi di dolo la giustificazione 
delle gestioni stesse da parte dei funzionari prepostivi, non 
contrasta col principio di eguaglianza, n� elude il controllo della Corte 
dei Conti, n� arreca pregiucJ,izio al buon andamento della P. A. (1). 

(Omissis). -1. -La prima censura di incostituzionalit� mossa 
dall'ordinanza di rinvio all'art. 11 della legge 30 marzo 1965, n. 340 
riguarda la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 
della Costituzione. 

La censura non � fondata. 

Dalla relazione al disegno di legge, presentato al Senato nella 
seduta del 16 giugno 1964 e dalle successive discussioni parlamentari 
(sedute del 15 e 22 ottobre 1964 della VI Commissione del Senato in 
sede deliberante) � dato dedurre quale sia lo spirito informatore della 
legge in esame e quali siano in particolare le ragioni giustificatrici 
delle limitazioni disposte dalla norma denunciata. Si desume anzitutto 
da tali atti che i motivi del provvedimento si riassumono nella urgente 
necessit� di risolvere una situazione irregolare in cui era venuta a 
trovarsi 1'Amministrazione delle antichit� e belle arti, costretta, nella 
mancanza di norme e strutture adeguate e nella persistente scarsezza 
di fondi di bilancio, a ricorrere a forme anomale di gestione fuori 
bilancio per poter adempiere i suoi compiti istituzionali e soddisfare 
le complesse e crescenti esigenze della propria azione in difesa del 
patrimonio artistico e paesistico. Il legislatore, peraltro, legittimamente 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1966 della 
Corte dei Conti, sez. II giurisdizionale (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, 
n. 105). 
Per una mozione di bilancio limitata al solo bilancio dello Stato vero 

e proprio, cfr. BENTIVEGNA, Elementi di contabilit� dello Stato, Milano, 1960, 

613; nonch�, per quanto concerne la Cassa DD.PP., la precedente sentenza 

della Corte Costituzionale 19 dicembre 1963, n. 165 (Giur. cost., 1963, 1616). 

In ordine alla competenza non esclusiva della Corte dei Conti in mate


ria di contabilit� pubblica, cfr. la sentenza della Corte Costituzionale 31 

marzo 1965, n. 17, in questa Rassegna, 1965, I, 266; nonch� quella delle Se


zioni Unite della Corte di Cassazione 30 novembre 1966, n. 2811, ivi, 1967, 54 

e nota di richiami. 

In dottrina, sull'argomento, cfr. ScocA, Il contenzioso contabile dopo la 
dichiarazione di illegittimit� dei Consigli di Prefttura, Giur. cost. 1966, 1484. 


J 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

preoccupato del pregiudizio e dei gravi danni che sul piano scientifico 
e culturale sarebbero derivati dalla soppressione pura e semplice delle 

'i~'' 

predette gestioni, ritenne necessario dettare una disciplina che ne assicurasse 
la continuit� e pertanto stabili di ricondurle nell'ambito del 
bilancio dello Stato, con la conseguente concreta applicabilit�, per il 
futuro, degli ordinari cGntrolli previsti dalle norme sulla contabilit� 
generale dello Stato. L'art. 1 della legge ha perci� disposto la soppressione 
di tutte le gestioni non previste da norme legislative e regolamentari 
esistenti presso l'Amministrazione delle antichit� e belle arti 
nonch� il versamento in Tesoreria sia delle somme pertinenti alle predette 
gestioni, non erogate alla data di pubblicazione della legge, sia 
di quelle conseguite dopo tale data. 

Per regolare poi tali gestioni per il periodo anteriore all'entrata 
in vigore della legge � stato dettato l'art. 11 che limita ad un quinquennio 
l'obbligo degli agenti contabili di dare giustificazione delle 
loro gestioni mediante la presentazione dei conti giudiziali e limita 
inoltre la loro responsabilit� e quella degli ordinatori di spese ai danni 
arrecati all'Erario imputabili a dolo. 

I motivi di questo differenziato trattamento emergono con tutta 
evidenza dai citati lavori preparatori nei quali pu� leggersi che la norma 
risponde ad evidenti ragioni di equit� vuoi per circostanze di carattere 
obbiettivo, quali le particolari ed effettive esigenze di servizio che 
dettero vita alle gestioni fuori bilancio e gli indubbi notevoli vantaggi 
che esse hanno procurato allo Stato, vuoi di carattere soggettivo, 
perch� -si afferma -� sarebbe non solo disumano ma controproducente 
nell'interesse della collettivit� se si continuasse a mantenere 
nello stato di disagio e apprensione moltissimi, ottimi funzionari che 
hanno solo la colpa di avere anteposto al regolamento di contabilit� 
generale la necessit� di salvare tesori di immenso valore culturale ed 
economico�. 

Il legislatore ha altresi chiarito lo scopo della disposizione precisando 
che esso consiste nella sanatoria di irregolarit� formali la quale 
-lungi dal voler tradurre in norma una situazione antigiuridica mira 
solo a riconoscere le esigenze particolari che l'hanno provocata e 
che ne costituiscono la base. Contrariamente a quanto sostenuto nel1'
ordinanza pu� quindi affermarsi che il legislatore, nella specie, ha 
voluto dettare, dopo meditate e ponderate discussioni, una disciplina 
diversa, implicante un differenziato trattamento, per regolare situazioni 
particolari di una speciale categoria di ordinatori di spese e di contabili. 
La valtuazione di tali situazioni, per come risulta dall'indagine compiuta, 
non � arbitraria ma appare per contro sorretta da criteri logici 
e razionali, e ci� � sufficiente per escludere che la norma impugnata 
urti col principio di uguaglianza enunciato nell'art. 3 della Costituzione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 715 

2. -Del pari infondate sono le censure di insostituzionalit� sol'
evate in riferimento agli artt. 81, comma primo, 100, comma secondo, 
l03, comma secondo, della Costituzione. 
�Per quanto riguarda la pretesa violazione dei primi due precetti 
''lionali la Corte osserva che essi sono indubbiamente ispirati 
�\pio del contro!lo del Parlamento e della Corte dei conti su 
'\estione finanziaria dello Stato e che per co.1seguenza nel 
-previsione e nel rendimento consuntivo dovrebbe essere 
i., entrata ed ogni spesa a qualsiasi titolo introitata ed 
�~ legge nella quale � contenuta la norma impugnata, 
<t ricondotto nell'ambito del bilancio dello Stato le 
'io 
dell'Amministrazione delle antichit� e belle arti 
~gi e regolamenti � da considerarsi conforme al 

t.o. 
che la questione di legittimit� costituzionale 
'zioni dell'art. 11 che riguardano i giudizi 
<J.mministrativa relativi alle gestioni fuori 
va ritenuto il riferimento all'art. 103, 
ue 
che tratta appunto della giurisdi'
t contabilit� pubblica e nelle altre 

�� 
carattere transitorio giacch� la 
della presentazione dei conti 
't� ai danni imputabili a dolo 
~ente all'entrata in vigore 

~ia degli ordinatori di 

i. anche per il periodo 
�cimento 
si estingue 
. ..:ione previsto dal 

a norma abbia completasindacato 
giurisdizionale, ma 
.ransitoria e per situazioni meri.�
o -ha soltanto limitato l'estensione 
,.>otere giurisdizionale che la Corte dei 
.Jase alle comuni norme sulla contabilit� 
.i'ordinamento della Corte. Ed � fuor di dubbio 
votesse fare posto che la disciplina concreta della 
.ionale contabile � demandata proprio al legislatore 

-Ha infine rilevato l'ordinanza che la disposizione di cui trat" 
dispensando i funzionari dello Stato dal dare giustificazione di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

somme gestite ed esonerandoli da qualsiasi responsabilit�, anche nella 
ipotesi di colpa grave, � in contrasto col primo e secondo comma dell'art. 
97 della Costituzione. 

Questa Corte ritiene che nessun pregiudizio derivi dalla norma 
impugnata ai principi del buon andamento e imparzialit� dell'Amministrazione 
e della resp�nsabilit� dei funzionari. La norma � semmai 
in armonia con tali principi perch� con essa � stata daterminata la 
responsabilit� patrimoniale di una data categoria di funzionari sia pure

\ 

nei limiti in cui la responsabilit� stessa poteva essere ammessa in relazione 
alle obbiettive particolarit� della situazione che il legislatore 
ha inteso normalizzare. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 109 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verzi -Russo (avv. Positano) Amministrazione delle Finanze 
dello Stato e Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato 
Coronas). 

Imposta di successione -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia 


Ragguaglio sul valore lordo dell'asse relitto -Violazione del prin


cipio di eguaglianza -Esclusione. 

(Cost. art. 3; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, commi primo, secondo e 
terzo). 

Imposta di successione -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia Violazione 
del principio della capacit� contributiva -Esclusione. 
(Cost. art. 53; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, commi primo, secondo e 
terzo). 

Il dive1�so modo di calcolare i1 valore venale deU'asse ereditario 

relitto ai fini deU'applicazione deUa presunzione di cui aH'art. 31 Legge 

tributaria sune successioni, cio� ai netto per Le aziende ed ai Lordo per 

gli aitri beni, non importa disparit� di trattamento Lesivo deZ principio 

costituzionale di uguaglianza (1). 

Non pu� ritenersi violato iZ principio costituzionale deHa capacit� 

contributiva aHorquando Za Legge, pur stabilendo ia presunzione per 

gioieUi, denaro e mobiiia, pone a presupposto deU'obbligazione tribu


taria iZ trasferimento deHa ricchezza a causa di morte e fa riferimento 

ad un indice effettivo e concreto quaie � queHo dei patrimonio ere


ditario (2). 

(1-2) La questione era stata proposta dalla Corte di Appello di Milano 
con ordinanza 22 febbraio 1966 (Gazzetta Ufj�ciale 14 maggio 1966, n. 118), 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 717 

(Omissis). -Dopo che la sentenza di questa Corte n. 69 del 1965 
ia dichiarato l'illegittimit� del primo e del secondo comma dell'arti:
olo 31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, limitatamente alla esclusione 
ielle aziende agricole dal trattamento disposto per quelle industriali e 
~ommerciali, ed ha pertanto lasciato in vigore la restante disciplina 
lettata da tale articolo; e dopo che la 1. 31 ottobre 1966, n. 948, elininando 
ogni disparit�, ha disposto ,che, tanto per le aziende agricole 
1uanto per quelle industriali e commerciali, il computo della percen


uale relativa alla presunta esistenza di mobili, gioielli e denaro sia 
!ffettuato in base al valore della azienda al netto delle passivit�; 
'ordinanza della Commissione delle imposte dirette ed indirette di 
fapoli prospetta sotto altro profilo la violazione del principio di ugua(
lianza, assumendo che sussiste una ingiustificata disparit� di trattanento 
tra i cittadini, i quali ricevono per successione una azienda e 
1uelli che ereditano beni di altra natura, dal momento che, ai fini 
lel cennato computo, le aziende vengono valutate al netto delle passirit� 
e gli altri beni al lordo. 

3. -Sotto questo profilo, la questione non � fondata. L'imposta 
:he colpisce il trasferimento della ricchezza in occasione di morte deve 
!Ssere -per principio generale e per espressa disposizione dell'art. 34 
lella legge tributaria sulle successioni -commisurata al valore venale 
n comune commercio dei beni ereditati. Ed il diverso modo di calcoare 
il valore venale giustifica pienamente la differenza nel trattamento 
ributario, essendo certo ~ come esattamente rileva l'Avvocatura 
:enerale dello Stato -che il valore dell'azienda non potrebbe essere 
:akolato in modo diverso da quello disposto dalla norma impugnata. 
~d invero l'azienda, nel suo carattere unitario, � costituita da un com>
lesso di attivit� (beni, avviamento, crediti, ecc.) alle quali fa riscontro 
m complesso di passivit� (spese, perdite, debiti, ecc.) non separabili 
! dalla Commissione Provinciale delle Imposte di Napoli con ordinanza 
l7 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1966, n. 299). 

La I. 31 ottobre 1966, n. 948, emanata per adeguare l'art. 31 della legge 
;ributaria sulle successioni all'insegnamento della Corte Costituzionale con;
enuta nella precedente sentenza 19 luglio 1965, n. 69 (in questa Rassegna, 
~965, 884) -secondo il quale anche alle aziende agricole vanno estesi i 
~riteri di valutazione delle aziende industriali -dando atto di questa 
!stensione, ha mantenuto ferma la distinzione posta tra aziende in genere, 
)er la quale la presunzione opera sul valore netto, e gli altri beni, pei quali 
issa opera sul valore lordo. 

In tale differenziazione di trattamento il giudice a quo aveva ritenuto 
ii ravvisare una ulteiriore violazione del principio di eguaglianza. Ma la 
::orte ha dichiarato non fondata la questione, conformemente anche a 
iuanto di recente ritenuto in dottrina (FALSITTA. Profili di incostituzionalit� 


718 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dal movimento degli affari di cui essa � costituita, sicch� il valore si 
riduce alla differenza fra attivo e passivo. Del tutto differente appare 
la situazione nel trasferimento di beni di diversa natura, nei quali le 
passivit�, ricollegate al patrimonio soltanto sotto l'aspetto soggettivo, 
non hanno vera rilevanza nella stima del valore intrinseco del bene. 

4. -Parimenti infondata appare anche l'altra questione sollevata 
tanto dall'ordinanza della Corte d'appello di Milano quanto dalla suindicata 
Commissione provinciale delle imposte, in riferimento al principio 
costituzionale della capacit� contributiva dei soggetti obbligati 
al tributo : secondo le ordinanze la presunzione della esistenza di beni, 
che di fatto potrebbero non trovarsi nel patrimonio del de euius, darebbe 
una base fittizia alla imposizione tributaria e prescinderebbe 
da un indice si�curo ed effettivo di ricchezza. 
La Corte rileva che la disposizione impugnata � fondata sulla comune 
esperienza e risponde a principi di logica tanto rilevanti da 
legittimare la certezza giuridica della esistenza dei beni; e che, altres�, 
data la natura di essi facilmente occultabili, sfuggenti a qualsiasi 
accertamento fiscale e di valore difficilmente valutabile, sussisteva per 
il legislatore la necessit� di rendere precisa la pretesa tributaria,. sollecita 
la riscossione del tributo e vano ogni tentativo di evasione. 

Della presunzione suindicata si � avvalso il legislatore, con un 
precetto impositivo, avente lo scopo di eliminare contrasti e di dare 
certezza e semplicit� al rapporto tributario. Senza indagare in questa 
sede se trattasi di presunzione assoluta oppur no, il che � inconferente 
ai fini che qui interessano, importa invece affermare che essa rappresenta 
una verit� giuridica avente come substrato fatti reali di difficile 
accertamento. 

N� si pu� ritenere violato il principio della capacit� contributiva 
allorquando la legge pone a presupposto della obbligazione tributaria 
il trasferimento della ricchezza a causa di morte, e fa riferimento ad 

delta presunzione Legate di esistenza mobilia, gioieHi e denaro nell'attivo 
e7�editario e Limiti delta prova contraria, Giur. it., 1967, I, 1, 1181). 

Analogamente � a dirsi della question erelativa all'ammissibilit� stessa 
di una presunzione legale nella determinazione della base imponibile per 
l'applicazione delle imposte successorie. Anche qui la Corte ha fatto espres:
so richiamo alla sua precedente sentenza 26 giugno 1965, n. 50 (in questa 
.Rassegna, 1965, 867) sulla validit� della prova legale. 

In ordine ai requisiti dell'inventario necessari e sufficienti per superare 
Ia prova legale, la Corte Suprema di Cassazione ha ritenuto che esso debba 

�essere completo (Cass. 25 marzo 1966, n. 797, in questa Rassegna, 1966, 442) 
.e �redatto nel termine di tre mesi prescritto dall'art. 485 c. c. (Cass. 11 luglio 
1966, n. 1824, in Giur. it., 1967, I, 1, 1181). 
Per un'acuta analisi della sentenza in esame e della precedente n. 69 
del 1965, cfr. BRANCA, Dichiarazione di incostituzionalit� e ampliamento di 
norma eccezionale, Riv. dir. proc. civile, 1967, 1032. 


PARTE r, SEZ. 1, GlURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 719 

J.n indice effettivo e concreto quale � quello del patrimonio ereditario. 
Per altro, la norma impugnata presenta analogia con quella 
~he � stata oggetto, della sentenza n. 50 del 1965, nella quale si � 
:i.ffermato che � nei casi in cui la legge �ncora ad un sistema di prove 
Legali la determinazione della esistenza del presupposto dell'obbligadone 
tributaria e della sua entit�, non viola il principio della capacit� 
~ontributiva del singolo obbligato �. 
5. -Dimostrata la legittimit� della presunzione relativa alla 
esistenza dei beni, perde ogni rilevanza il fatto che la percentuale 
imponibile sia calcolata sul .valore lordo o su quello netto, essendo 
:iuesta una circostanza che si risolve soltanto sul quantum della imposta 
e riflette quindi un campo in cui il legislatore ha poteri discredonali, 
sempre che ne usi razionalmente. 
E non si pu� negare che la percentuale del 7,10 determina un 
imponibile proporzionato alla maggiore o minore ricchezza trasferita 
all'erede, ed � contenuta entro limiti prudenti e ragionevoli. 

Infine � inesatto che la norma impugnata finisce col maggiorare 
:iel 7,10 per cento il patrimonio ereditario, ove si consideri che esistono 
in realt�, in misura pi� o meno apprezzabile, beni mobili non denundati 
e pur soggetti al tributo. -(Omissis). 

::::ORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 110 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Testa e Di Gregorio (n. c.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Casamassima). 

i\.vvocati e procuratori -Procedimento disciplinare del Consiglio dell'Ordine 
-Natura dell'organo -Possibilit� di sollevare questioni 
di legittimit� costituzionale in via incidentale -Esclusione. 

(Cost. art. 134; l. 11 marzo 1953, n. 87 art. 23; r. d. l. 27 novembre 1933, n. 1578, 
conv. nella l. 22 gennaio 1934, n. 36, art. 43 lett. e). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale in via 
lncidentale dell'art. 43, lett. c) deUa vigente legge professionale forense, 
sull'obbligo di sospensione dall'Albo del professionista colpito 
da mandato di cattura, proposta dal Consiglio dell'Ordine, perch� la 
funzione disciplinare che compete a detto Consiglio ncrn ha natura giuri~
dizionale, ma � manifestazione di un potere meramente amministrativo 
mgli iscritti all'Albo (1). 

(Omissis). -Il provvedimento che il consiglio dell'ordine degli 
avvocati e procuratori di Campobasso era chiamato ad assumere in 
oase alla norma impugnata ha natura disciplinare. Tra le pene disciplinari 
� infatti compresa, dall'art. 40, n. 3, del r. d. 1. 27 novem



J 

720 RASSE�NA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bre 1933, n. 1578, convertito nella 1. 22 gennaio 1934, n. 36, la sospensione 
dall'esercizio professionale sulla quale il �consiglio predetto doveva 
pronunciarsi, e, ai fini di tale qualificazione, non si pu� distinguere tra 
i casi in cui la sanzione � applicata dal consiglio nell'esercizio della 
sua discrezionalit� e quelli in cui, come nella specie, essa deve essere 
disposta perch� la legge la fa di diritto discendere dal verificarsi di 
una circostanza che ha valutato in via generale ed uniforme. 

Ora non � esatto che, nell'esplicazione di tale potere, il consiglio 
dell'ordine degli avvocati assume veste giurisdizionale. Esso svolge 
il relativo compito nei confronti dei professionisti che formano l'ordine 
forense; quindi all'interno del gruppo che essi costituiscono, e per la 
tutela di interessi che sono essenzialmente della classe professionale. 
In modo che la funzione disciplinare che al consiglio compete � manifestazione 
di un potere sugli iscritti all'albo; e di un potere meramente 
amministrativo. Questo, se non �, come non �, di carattere gerarchico, 
� certo dato dalla legge per l'attuazione del rapporto che si instaura 
per il fatto della appartenenza all'ordine, il quale impone comportamenti 
conformi ai fini che esso deve perseguire; � espressione di una 
autonomia concessa per la pi� diretta e immediata protezione di questi 
fini, e soltanto di essi. 

Per attribuire alla funzione una natura giurisdizionale non basta 

constatare che il consiglio opera con la garanzia di un procedimento: 

questo � spesso previsto anche nella materia amministrativa, in modo 

che non ha nemmeno importanza che esso si svolge nel contraddittorio 

dell'incolpato e che il consiglio dell'ordine pu� sentire testimoni. Ha 

importanza invece che il procedimento si conclude con una pronunzia 

che mira a sanzionare l'offesa fatta al gruppo di cui l'ordine � espo


nente, con riguardo ai fatti consumati da un suo componente, perch� 

uno dei dati che d�nno carattere giurisdizionale ad un organo � l'estra


neit� dell'interesse in ordine al quale esso d� la sua pronunzia. La 

giurisprudenza allegata dal consiglio di Campobasso per giustificare la 

(1) La questione era stata proposta con deliberazione 13 novembre 1965 
dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Campobasso (Gazzetta 
Ufj�ciale 14 maggio 1966, n. 118). 
La Corte ha giustamente negato la natura giurisdizionale delle delibe


razioni adottate dai Consigli dell'Ordine profe11sionali, e quindi la mancanza 

di una delle � condizioni dell'azione � del processo costituzionale, che si 

risolve nella declaratoria di inammissibilit� della questione. 

Per l'inquadramento dogmatico dei presupposti processuali in senso 

lato nel processo costituzionale, si vegga la recente monografia del SAN


DULLI, Il giudizio sulle leggi, Milano, 1967, pag. 12 segg. 

Circa la natura giurisdizionale delle decisioni adottate dal solo Consiglio 
nazionale forense, in materia di sospensione cautelare, cfr. Cass., Sez. 
Un., 16 febbraio 1960, n. 255, Foro it., 1960, I, 376. In dottrina; cfr. LEGA, 
voce Avvocati e Procuratori, in Nuovissimo Digesto Italiano. 


.PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 721 

natura giurisdizionale della sua funzione concerne quello nazionale forense; 
e, se � vero che, in un primo tempo, anche alle decisioni disciplinari 
dei consigli dell'ordine venne data qualifica giurisdizionale, � 
anche vero che, pi� di recente, in giurisprudenza si � affermata la pi� 
esatta opinione del loro carattere amministrativo, sul fondamento delle 
considerazioni sopra es::;>oste. 

Non vale che il procedimento pu� essere iniziato anche dal pubblico 
ministero presso il Tribunale o su ricorso di chi � interessato a 
denunciare l'infrazione commessa dal professionista; n� vale che gli 
atti del procedimenti e la decisione devono essere comunicati al pubblico 
ministero suddetto, che questi pu� presentare deduzioni, e pu� 
chiedere la escussione di testimoni. A parte che non pu� escludersi 
che il compito di iniziare un procedimento amministrativo o di intervenirvi 
sia dato al pubblico ministero, quello presso il Tribunale, nella 
specie, non partecipa al procedimento innanzi al consiglio dell'ordine; 
tanto vero che, ricevuta copia della decisione, deve farne relazione 
all'ufficio superiore, il quale � il solo legittimato a proporre ricorso al 
consiglio nazionale forense. Unicamente in questa seconda fase del procedimento 
il pubblico ministero prende parte alla discussione, s:volge le 
sue conclusioni e assiste alla decisione finale; . e cosi resta dimostrato 
che i poteri che gli spettano nella fase anteriore hanno unicamente il 
carattere di collaborazione ad una attivit� amministrativa. E s� dimostra 
che soltanto quando il procedimento si sposta nella sede del reclamo 
le funzioni del pubblico ministero si esercitano ai fini della tutela 
di un interesse esterno a quello del gruppo, diverso e distinto dall'altro 
che si incentra nell'ordine. 

Pertanto non pu� ritenersi che il giudizio di legittimit� costituzio


nale sulla que!!tione di cui sopra sia stato promosso in modo idoneo. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 111 -Pres. Ambrosini -
Rel. Papaldo -Basana (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. Stato Casamassima). 

Nave e navigazione -Navigazione interna -Autorizzazione a condurre 

natanti a motore -Violazione della libera iniziativa economica 


Insussistenza -Regolamento di esecuzione -Violazione della legge 

di delega -Inammissibilit�. 

(Cost., art. 4, 41, 134; cod. navig. art. 226 e 1331; d. P. R. 28 giugno 1949, n. 631, 
art. 129 e 135). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 4 e 41 Cost., la questione 
di legittimit� costituzionale degli artt. 226 e 1331 cod. navig., sull'auto



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rizzazione a condurre natanti a motore, in quanto l'autorizzazione stessa. 
concessa secondo le norme del regolamento -avverso le quali non � 
ammessa questione di legittimit� costituzionale in via incidentale non 
potrebbe essere negata senza adeguata motivazione e per ragioni 
diverse dalle finalit� di pubblico interesse (1). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 febbraio 1966 de! 
Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1966, n. 118). 
La Corte ha emesso una nuova sentenza � interpretativa di rigetto �, in 
quanto ha condizionato la legittimit� costituzionale delle norme denunciate 
alla loro interq>retazione data �in motivazione, nel senso cio�, di escludere 
ogni arbitrio e deviazione di potere della P. A. nel negare l'autorizzazione. 

Sui problemi connessi con questa categoria di sentenze, e particolarmente 
con quelle c. d. �manipolatrici., cfr. di recente, ELIA, Divergenze e 
convergenze della Corte Costituzionale con la magistratura ordinaria, Riv. 
it. dir. proc. pen., 1965, 562; e, per una vivacissima critica a tale categoria 
di sentenze, A. GUARINO, Le sentenze costituzionali manipolative, Dir. e giur. 
1967, 433. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 112 -P1�es. Ambrosini -
Rel. Verz� -Ba� (n. c.). 

Procedimento civile -Giudizi di interdizione e di inabilitazione pro


posti dal P. M. -Onorari ai consulenti tecnici non anticipati dal


l'Erario -Violazione dei principi di eguaglianza e della tutela del 

lavoro -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 3, 36; r. d. 23 dicembre 1865 n. 2700 art. 436; d. m. 28 giugno 1866 
art. 34 e r. d. 23 dicembre 1923, n. 3282 art. 11). 

� costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di 
eguaglianza in relazione alla diversa statuizione valevole nel processo 
penale, nonch� per violazione del principio della tutela del lavoro, la 
norma dell'art. 436 della Ta1�iffa giudiziaria civile, approvata con r. d. 
23 dicembre 1865, n. 2700, nei limiti in cui non prevede l'anticipazione.. 
da parte dell'Erario, degli onorari spettanti al consulente tecnico ed 
agii ausiliari del giudice nei giudizi di interdizione e di inabilitazione 
promossi dal Pubblico Ministero (1). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 gennaio 1966 del 
Tribunale di Varese (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1966, n. 182). 
Per l'affermazione opposta della legittimit� costituzionale delle norme 
che escludono l'anticipo delle spese per le citazioni dei testimoni, cfr. la 
sentenza della Corte 8 luglio 1967, n. 93, retro, 516. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 723 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 113 -Pres. Ambrosini -
Rel. Jaeger -Pres. Regione Siciliana c. Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. Sta�to Coronas). 

Corte Costituzionale -Questioni di legittimit� costituzionale in via 
principale -Decreto-legge -Impugnativa della sola legge di conversione 
-Ammissibilit� della questione. 

(Cost. art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 31). 

Sicilia -Legge di conversione del decreto-legge istitutivo di una ritenuta 
d'acconto sugli utili delle societ� -Violazione delle norme statutarie 
-Esclusione. 

(St. reg. Sicilia, art. 1, 14, 36; 1. 12 aprile 1964, n. 191; d. I. 23 febbraio 1964, 

n. 27). 
� ammissibile la questione di legittimit� costituzionale proposta 
in via principale contro la legge statale di conversione di un decretolegge, 
se questo non sia stato tempestivamente impugnato, data l'autonomia, 
quanto meno in sede processuale, della legge di conversione 
rispetto al decreto-legge (1). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale proposta 
dalla Regione Siciliana contro la legge statale 12 aprile 1964, n. 191, 
che conve1�tiva in legge il d. l. 23 febbraio 1964, n. 27, istitutivo di una 
ritenuta di acconto sugli utili distribuiti dalle societ�, perch� il legislatore 
statale non ha invaso, n� indirettamente, n� direttamente, la 
sfera di competenza della Regione (2). 

(Omissis). -Non sono fondate le eccezioni pregiudiziali proposte 
'dalla difesa dello Stato. 
Non � fondata la prima, giacch�, a prescindere dalla esattezza 
dell'affermazione secondo cui la legge di conversione dovrebbe essere 

(1) La Corte riconferma il suo orientamento, che pu� pertanto considerarsi 
definitivo, sulla ammissibilit� della impugnativa della legge di conversione 
di un decreto-legge, anche se questo ultimo non sia stato impugnato, 
richiamando in proposito la precedente sentenza 30 aprile 1959, n. 30 
(Giur. cost., 1959, I, 363). 

Va ricordata, peraltro, la pi� recente sentenza 3 luglio 1967, n. 75 (in 
questa Rassegna, retro, 501), la quale sembrerebbe escludere la preclusione 
dell'impugnativa della legge di conversione solo quando, e. per le parti in 
cui, questa comprenda disposizioni nuove rispetto a quelle contenute nel 
decreto-legge. 

Alla tesi enunciata nella sentenza in rassegna sembra aderire il SANDULLI, 
Il giudizio suUe leggi, Milano, 1967, 44, e note 80, 81, in base al 
rilievo che � la legge ha come caratteristiche la novit� e l'originalit� �. 

Cfr. anche, in proposito, ESPOSITO, Inammissibilit� e preclusioni nei 
giudizi in via di azione contro atti confermativi, Giur. cost., 1964. 

(2) La materia fiscale di cui alla seconda massima ha trovato ora una 
nuova e definitiva soluzione col d. I. 21 febbraio 1967, n. 22, conv. nella 
I. 21 aprile 1967, n. 209. 

724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

considerata come atto confermativo del decreto-legge (affermazione 
che involge delicate questioni, sulle quali non � necessario soffermarsi 
ai fini del decidere) � da ricordare che la giurisprudenza della Corte 
� ferma nel ritenere che in sede di giudizi di costituzionalit� non possono 
valere i criteri che vigono nel campo giurisdizionale amministrativo 
rispetto agli atti confermativi (si veda la sentenza n. 30 del 
30 aprile 1959). 

Si deve, pertanto, ritenere che, quale che sia l'effetto della legge 
di conversione in rapporto al decreto-legge convertito, la legge ha, 
per lo meno in sede processuale, tale autonomia da aprire l'adito alla 
impugnazione di essa nonostante l'omesso ricorso contro il decretolegge. 


N� si potrebbe parlare di acquiescenza (della quale, del resto, 
l'Avvocatura non fa cenno) essendo escluso -ed anche questo in base 
alla ricordata giurisprudenza della Corte -che in materia possa trovare 
applicazione questa causa di inammissibilit�. 

Non � fondata la seconda eccezione. 

La Regione si lagna dell'invasione della propria sfera di competenza, 
come si evince senza possibilit� di equivoco dal ricorso, nel 
quale, dopo l'esposizione delle doglianze, riassumendosi i termini della 
controversia, si conclude che � tutto ci� lede la potest� tributaria della 
Regione�. E se, in una con la violazione degli artt. 1, 14 e 36 dello 
Statuto speciale, si allega anche la violazione degli artt. 3, 53 e 116 
della Costituzione, il richiamo di queste norme si fa non in via autonoma 
bensl in appoggio alla tesi principale, che � quella della lesione 
della potest� tributaria della Regione. 

2. -Nel merito il ricorso � da respingersi. 
Fissando un'aliquota di imposta in una certa misura, il legislatore 
statale non ha invaso la sfera di -competenza della Regione n� direttamente 
n� indirettamente. Non direttamente, perch� spetta esclusivamente 
allo Stato stabilire le aliquote delle imposte. L'esercizio di questo 
pootere non investe la potest� legislativa regionale in materia tributaria, 
la quale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, � concorrente 
e sussidiaria di quella dello Stato e trova il suo limite nel 
rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale e dell'unit� 
dell'ordinamento tributario generale. 

Legittimamente, pertanto, il legislatore statale ha stabilito un'ali


quota di imposta per i casi in cui non sia possibile accertare l'appar


tenenza del titolo azionario e lo ha stabilito nei confronti di tutti i 

soggetti �che si trovino in determinate condizioni, compresi coloro che 

possiedano titoli azionari regionali, ai quali non c'era ragione di riser


vare un trattamento diverso. 

Questa decisiva considerazione mostra l'inconsistenza della doglianza 
relativa alla violazione dell'art. 36 dello Statuto e degli artt. 3 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 725 

e 53 della Costituzione, che, come si � detto, sono stati invocati in 
connessione con la doglianza predetta. La disposizione impugnata dalla 
Regione, lungi dal generare disparit� di trattamento nell'adempimento 
degli obblighi tributari, ha avuto un intento di perequazione. Comunque, 
non spetta alla Regione invocare un sindacato di merito (n� 
alla Corte di effettuarlo) sulla strutturazione del sistema adottato dal 
legislatore statale e sulla sua convenienza. 

N� pu� fondatamente sostenersi che sia stato violato l'art. 14 dello 
Statuto si�ciliano. In questa controversia non viene in contestazione la 
legittimit� delle disposizioni regionali relative ai titoli al portatore. 
La legge statale, nel determinare la misura dell'imposizione, non solo 
non ha negato la legittimit� di quelle disposizioni, ma anzi l'ha necessariamente 
presa a base delle proprie determinazioni. Non si vede, 
pertanto, sotto quale aspetto sia stata invasa la sfera di competenza 
della Regione, garantita dall'art. 14. 

Pi� comprensibile � la tesi se si guarda sotto l'aspetto di una 
invasione indiretta o riflessa della sfera regionale; e probabilmente � 
questo che nel ricorso si � voluto sottoporre al giudizio della Corte. 
La violazione consisterebbe nel fatto che in conseguenza della norma 
impugnata verrebbe meno il potere di incentivazione che competerebbe 
alla Regione mediante lo strumento dell'anonimato azionario. 

Ma, a parte il discutibile fondamento e la non chiara fisionomia 
di tale potere, non si vede come e perch� debba considerarsi illegittima 
una norma statale che, fissando delle aliquote di imposta, possa produrre 
qualche effetto non favorevole nei confronti di soggetti, per i 
quali la Regione aveva disposto delle facilitazioni. 

Non essendo fondato l'assunto di una violazione, neppure indi


retta o riflessa, dei poteri della Regione, resta anche escluso il fonda


mento di qualunque "doglianza relativa ad una violazione dei principi 

della autonomia regionale, proclamata dall'art. 1 dello Statuto regio


nale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 114 -Pres. Ambrosini -
Rel. Cassandro -Camera del Lavoro di Sannicandro Garganico 
(avv. Gargano) -Fioritto (avv. Agostini) e Amministrazione Finanze 
dello Stato (Sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Sicurezza pubblica -Associazioni contrarie agli ordinamenti politici 

costituiti -Potere prefettizio di scioglimento e di confisca dei beni 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 18; r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 210). 

� costituzionalmente illegittimo, per contrasto con la libert� di 
associazione garantita dall'art. 18 della Costituzione, t'art. 210 t. u. della 


726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge di P. S. (r. d. 18 giugno 1931, n. 773) che consente al Prefetto 
di disporre io sciogHmento deHe associazioni ed enti contrari agii ordinamenti 
poHtici costituiti deHo Stato e di disporne La confisca dei beni 
sociaH (1). 

(Omissis). -2. -Nel merito la questione � fondata. 

Le due norme impugnate sono quasi dell'identico tt!nore, sicch� 
i medesimi argomenti valgono per dimostrare l'illegittimit� costituzionale 
dell'una e dell'altra. 

Le norme impugnate furono emanate all'evidente fine di vietare 
l'esercizio di ogni e qualsiasi attivit�, in forma associata, che il Prefetto 
ritenesse contraria � all'ordine nazionale dello Stato � o � agli 
ordinamenti politici costituiti nello Stato �. Evidente per�ci� il loro 
contrasto col nuovo ordinamento costituzionale, nel suo spirito informatore 
e nei suoi principi fondamentali; e, in particolare con l'art. 18 che 
garantisce la libert� di associazione dei cittadini, vietando soltanto le 
associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, 
scopi politici mediante organizzazioni di �carattere militare. 

� vero che la Corte ha avuto occasione di affermare pi� volte che 
l'origine o la ratio di una disposizione legislativa non possono essere 
considerate decisive per una esatta interpretazione della norma, che 
va considerata, invece, nella sua struttura obiettiva e nella sua capacit� 
di trovare posto nell'ambito del nuovo ordinamento costituzionale 

(sent. n. 5 del 1962 e n. 9 del 1965); ed � anche vero che da questo 

principio la Corte ha tratto le ragioni per dichiarare non fondata la 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 20 gennaio 1966 
dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 
1966, n. 124). 
Sui precedenti della Corte in ordine alla identificazione della ratio di 

una norma, svincolata dal suo momento genetico, si richiamano le due sen


tenze ricordate in motivazione, 14 febbraio 1962, n. 5, Giur. Cost., 1962, 43, 

e 19 febbraio 1965, n. 9, in questa Rassegna, 1965, 20. E per l'applicazione 

dello stesso principio in relazione all'art. 272 primo comma, riconosciuto 

non costituzionalmente illegittimo, a differenza del secondo comma, cfr. la 

sentenza 6 luglio 1966, n. 87, in questa Rassegna, 1966, 980, enota. 

D'altra parte, � stato affermato in dottrina che il sindacato di costitu


zionalit� delle leggi, con riferimento non alla forma degli atti normativi, 

ma al loro intrinseco contenuto, � posto a presidio della legalit� repubbli


cana (BARILE, Deleg. legislative anteriori alla Costituzione ecc., Giur. Cast., 

1966, 41). 

Per converso, lo scioglimento dei partiti e delle associazioni, a carattere 

� antiistituzionale � � considerato una componente caratteristica dello Stato 
autoritario (VIRGA, Il partito nell'ordinamento giuridico, Milano, 1948, 288). 
Sulla libert� di associazione in generale, cfr. BARILE, voce Associazione 
(Diritto di), Enc. diritto, Milano, 1958. 


J 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 727 

questione di legittimit� costituzionale dell'art. 272 del codice penale 
(sent. n. 87 del 1966). Ma nel caso in esame proprio la struttura obiettiva 
delle norme non consente di vedere nel fine che esse intendono 
perseguire un interesse tutelabile nell'ambito della Costituzione. Parlare, 
perci�, come fa l'Avvocatura, di una norma in bianco, pi� esattamente 
di una norma ehe possa assumere in s� contenuti diversi, anzi 
addirittura opposti, non ha senso. Con le norme impugnate si volle e si 
vuole impedire l'esistenza di associazioni che svolgono � comunque ,, 
attivit� contrarie � all'ordine nazionale ,, o � agli ordinamenti politki 
costituiti. nello Stato ,, . Ora, in uno Stato di libert�, qual'� quello 
fondato dalla nostra Costituzione, � consentita l'attivit� di associazioni 
che si propongono anche il mutamento degli ordinamenti politici esistenti, 
purch� questo proposito sia perseguito con metodo democratico, 
mediante il libero dibattito e senza ricorso, diretto o indiretto, alla 
violenza. 

3. -L'illegittimit� delle norme impugnate travolge anche quella 
parte di esse che consente al Prefetto di ordinare � la confisca dei 
beni sociali "� Non � necessario perci� .,..ichiamare l'art. 42, terzo 
comma, Cost., che non consente l'espropriazione della propriet� privata 
senza indennizzo. Una misura come quella prevista dagli articoli impugnati 
non trae la sua illegittimit� dal fatto che non sia previsto un 
indennizzo per i beni confiscati, ma dal fatto che essa concorre strettamente, 
insieme con la facolt� di scioglimento, a impedire l'esercizio di 
una libert� fondamentale quale quella di associazione. Tanto che si 
potrebbe affermare che anche la previsione di un indennizzo del bene 
confiscato non sarebbe sufficiente, in un caso come quello in esame, a 
fondarne la legittimit�. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 115 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Fall. Federighi (avv. Cassala), Esattoria di Campiglia 
Marittima (avv. Ermetes) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Riscossione -Facolt� dell'Esattore di pro


cedere contro il debitore fallito -Violazione del principio di egua


glianza e di difesa -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; d. p. r. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio costituzionale di 
eguaglianza, sia con riferimento a queHo deHa difesa, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 206 testo unico sulle imposte dirette, 


728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che consente all'Esattore di procedere esecutivamente contro iL debito�re 
fatlito, in deroga all'art. 51 detta legge fallimentare (1). 

(Omissis). -1. -Le due ordinanze propongono un'identica questione 
e pertanto sulle stesse pu� essere emessa un'unica sentenza. 

Le ordinanze hannCJ discusso sull'art. 206 del t. u. 29 gennaio 1958, 

n. 645, per ci� che concerne il potere dell'esattore di procedere individualmente 
contro il contribuente in fallimento o in liquidazione coatta, 
in relazione ad obbligazioni tributarie verso lo Stato; ed entro questi 
limiti la Corte deve mantenere la sua pronunzia. 
2. -Deve anzitutto escludersi che la norma impugnata pregiudichi 
il diritto di difesa dei creditori del contribuente o distolga dal giudice 
naturale. Gi� la Corte ha avvertito (sentenza 3 luglio 1962, n. 87) che 
l'esecuzione esattoriale � regolata come un procedimento, nel quale si 
manifesta, sia pure pi� energicamente che in altri casi, il principio 
della esecutoriet� dell'atto amministrativo; e l'art. 113, ultimo comma, 
della Costituzione ammette che al giudice ordinario sia sottratto il 
potere di annullare gli atti della pubblica amministrazione. Il sistema 
della legge sulla riscossione delle imposte garantisce la tutela del giudice 
ordinario contro gli atti dell'esattore; ma la garantisce con mezzi 
che tengono conto del carattere amministrativo del procedimento, i 
quali sostituiscono quelli apprestati per il procedimento ordinario, e 
che altre volte la Corte ha ritenuto del tutto conformi ai precetti costituzionali 
oggi invocati (stessa sentenza precitata). 
Non si pu� ritenere peraltro che la facolt� data all'esattore di 
procedere individualmente non ostante l'apertura del processo concorsuale 
e::;cluda la tutela giurisdizionale o la difesa degli altri creditori 
del contribuente. La distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 30 marzo 1966 del 
Pretore di Arzignano (Gazzetta Uffciale 14 maggio 1966, n. 118) e con ordinanza 
12 luglio 1966 del Tribunale di Livorno (Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 
1966, n. 258). 
La Corte ha dichiarato l'infondatezza della questione -pur non sot


tacendo taluni inconvenienti cui la procedura esattoriale concorrente con 

quella fallimentare pu� dar luogo -dopo avere accettato l'interpretazione 

giurisprudenziale corrente, secondo la quale la norma impugnata opera sul 

piano esclusivamente processuale, escludendosi, quindi, che l'esattore sfugga 

in qualche modo al principio della � par condicio �. 

Cfr. in questo senso, Cass. 7 agosto 1963, n. 2227, Riv. leg. fisc., 1963, 

2466; Cass., Sez. Un., 2 luglio 1965, n .1373, in questa Rassegna, 1965, I, 916 e 

nota, anche per l'ipotesi di chiusura del fallimento per concordato. 

Sui rapporti fra esecuzione esattoriale e concordato, veggasi anche 
Cass., Sez. Un. 3 marzo 1966, n. 626, in questa Rassegna, 1966, 427 e nota di 

G . .ANGELINI ROTA. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 729 

segu�ta per autorit� dell'esattore avviene secondo un procedimento 
che si svolge innanzi al Pretore e al quale possono partecipare tutti 
i creditori del contribuente (art. 228 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645), 
quindi anche coloro che hanno presentato domanda di ammissione al 
passivo del fallimento o della liquidazione coatta amministrativa; ma, 
a sua volta, la facolt� di agire individualmente non ostante la pendenza 
del procedimento concorsuale non esime l'esattore dall'insinuarvi 
il credito proprio (art. 85 d. P. R. 15 maggio 1963, n. 858). Pertanto 
non v'�, in definitiva, spostamento della competenza, dall'organo giurisdizionale 
concorsuale, al Pretore: il prezzo riscosso dall'esattore a 
seguito del riparto disposto dal Pretore subisce nel processo concorsuale 
un riesame alla stregua delle esigenze di questo, cosi che pu� 
ben dire la giurisprudenza che l'esattore non viene a conseguire, non 
ostante il suo potere di esecuzione autonoma, pi� di quanto avrebbe 
percepito ove non gli fosse stato dato quel potere. I �reditori ammessi 
al passivo concorsuale hanno dunque la medesima tutela che riceverebbero 
ove all'esattore fosse inibita l'esecuzione diretta; la quale 
peraltro non si pu� dire discordante dal sistema concorsuale, perch� 
questo non pone un divieto assoluto di azioni esecutive individuali, 
ma fa salva ogni diversa disposizione di legge (artt. 51 e 201 primo 
comma legge fallimentare). La giurisdizione ordinaria ha riconosciuto 
che l'esecuzione esattoriale s'inquadra in questa salvezza, non ostante 
qualche accenno in senso contrario contenuto nei lavori preparatori 
della legge fallimentare. 

3. -Nemmeno si pu� dire che la facolt� concessa all'esattore ferisca 
il principio di eguaglianza. In quanto essa mira allo sollecita riscossione 
dei tributi erariali, la Corte ha ritenuto che il conseguenziale risultato di 
disuguaglianza non � ingiustificato; e non � il caso di ripetere le ragioni 
che a tal fine essa ha addotto. 
Nemmeno � il caso di distinguere fra crediti tributari privilegiati 
e crediti tributari chirografari, perch� la diversit� di situazione � in 
funzione della qualit� del creditore e di quella sostanziale del credito. 
Non vale obiettare che, dovendo l'esattore versare allo Stato anche il 
non riscosso, il credito tributario � esclusivamente esattoriale: l'esattore 
� un organo riscuotitore dell'imposta, e la titolarit� del credito 
tributario � perci� sempre dell'erario. N� la speciale protezione che 
al credito tributario d� la norma denunciata perde giustificazione sol 
perch� lo Stato � garantito dall'estensione al non riscosso dell'obbligazione 
esattoriale; ch�, se mai, quella protezione potrebbe essere un 
razionale temperamento del rigore con cui � regolato il rapporto fra 
Stato ed esattore, in modo che l'obiezione suddetta, pi� che incidere 
sulla legittimit� costituzionale del vantaggio attribuito dalla norma 
denunciata, gli conferisce ragionevolezza. Si noti peraltro che l'esattore 


J 

730 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 

� tenuto per il non riscosso, non in via definitiva, tanto vero che lo 
Stato � obbligato a rimborsargli le quote inesigibili, e che l'esigenza 
di un procedimento esattoriale accelerato � in funzione della necessit� 
di evitare quel rimborso o ~i ridurne l'entit�; quindi di evitare che 
la realizzazione forzata del credito erariale resti pregiudicata da remore 
processuali, ove sopravcnga l'insolvenza o l'insolvibilit� del contribuente. 


Si oppongono inconvenienti di ordine pratico come conseguenza 
della separata esecuzione esattoriale: uno scarso risultato economico 
delle vendite disposte dall'esattore, un intralcio al procedimento concorsuale, 
una duplicit� dei procedimenti di riparto del ricavato della 
vendita esattoriale, una possibilit� che l'esecuzione esattoriale scinda 
il complesso dell'azienda sottoposta ad esecuzione concorsuale impedendone 
o rendendone Qifficile la vendita nella sua unit� o impedendo 

o rendendo difficile un concordato, e via enumerando. Gli inconvenienti 
pratici di una norma, la Corte l'ha proclamato spesse volte, non influiscono 
sulla sua legittimit� costituzionale, che va accertata soltanto al 
confronto con il dettato della Costituzione; potrebbero, se mai, essere 
presi in considerazione dal legislatore per una riforma del sistema, 
ove egli riconoscesse che hanno consistenza. -(Omissis). 

SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 250 -Pres. 
Tavolaro -Rel. La Farina -P. M. Criscuoli (conf.) -Assessorato 
per l'industria e commercio della Regione siciliana (avv. Stato 
Albisinni) c. Piazza e Cacciatore (avvocati Angelo e Casales). 

Competenza e giurisdizione -Responsabilit� della p. A. per atti amministrativi 
illegittimi -Diritti affievoliti e interessi occasionalmente 
protetti -Pronuncia di illegittimit� che accerti la lesione di diritto 
affievolito -Risarcimento del danno -Proponibilit� dell'azione 
davanti al Giudice ordinario -Sussiste. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4; c. c., art. 2043). 
Miniere e cave -Ipoteca -Oggetto -Rinunzia e decadenza dalla concessione 
mineraria -Nuova concessione entro l'anno -Mancata osservanza 
dell'obbligo di porre a carico dei nuovi concessionari la 
tacitazione dei creditori iscritti -Pronuncia di illegittimit� del 
provvedimento -Risarcimento del danno subito dai concessionari 
decaduti -Proponibilit� dell'azione davanti al Giudice ordinario Sussiste. 


(r. d. 29 luglio 1927, n. 144.3, art. 44). 
Secondo un ormai consolidato orientamento giurisdizionale della 
Corte di Cassazione, perch�, a seguito dell'annullamento di un atto 
-amministrativo pronunciato nella competente sede giurisdizionale amministrativa, 
sia configurabile, a favore del soggetto che ottenne l'annullamento, 
L'ulteriore tutela giurisdizionale davanti all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, consistente nell'azione di risarcimento dei danni 
contro la pubblica Amministrazione, occorre che l'atto amministrativo 
annullato risulti non soltanto illegittimo, ma altres� violatore di un 
diritto soggettivo; ci� significa che, ai fini della proponibilit� della 
pretesa di risarcimento, � necessario accertare se funzione dell'annullamento 
sia stata quella di restituire ad una posizione soggettiva, degradata 
ad interesse ed affievolita dall'attivit� deU'amministrazione, 
la sua qualificazione di diritto soggettivo; pertanto, ai fini della propo



J 

732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nibiiit� dell'a.zione di risarcimento del danno, a seguito della pronuncia 
di annullamento nella competente sede giurisdizionale amministrativa, 
di un atto amministrativo illegittimo, occorre distinguere, nell'ambito 
della categoria generale degli interessi legittimi, la cui violazione importa 
l'annullamento dell'atto amministrativo, devoluta alla giurisdizione 
amministrativa, tr~ situazioni di diritto soggettivo affievolito e 
situazioni di interesse soltanto occasionalmente protetto; ma, fermo il 
principio che l'interesse occasionalmente protetto non possa dar mai 
luogo di per s�, nemmeno dopo il giudicato amministrativo di annullamento, 
a pretese di risarcimento di danni, la pronuncia di illegittimit� 
che accerti la lesione di un diritto affievolito vale a superare 
l'ostacolo costituito dall'impossibilit� di sindaca1�e l'esercizio del potere 
di affievolimento: infatti dopo l'annullamento non residua che il comportamento 
lesivo in s�, contrario alla garanzia dell'utilit� sostanziale, 
non pi� fondata su di un potere giuridico, con la conseguenza della proponibilit� 
dell'azione di risarcimento danni innanzi all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria (1). 

L'ipoteca mineraria presenta caratteristiche peculiari per il suo 

oggetto, il quale non si identifica propriamente con la miniera in s�, 

cio� con un bene patrimoniale indisponibile appartenente allo Stato 

(ovv'ero alla Regione, nell'ambito della Regione siciliana), bens� con il 

diritto di carattere personale derivante al concessionario dall'atto di 

concessione amministrativa, ancorch� l'ipoteca stessa si risolva in so


stanza, nel momento dinamico della sua realizzazione a danno del con


cessionario, sui beni di carattere immobiliare destinati alla lavorazione 

(opere ed impianti), nonch� sulle somme allo stesso concessionario 

spettanti; ci� posto, l'art. 44 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, contiene, 

nel primo comma, una norma che tutela posizioni di netto diritto sog


(1-2) Diritti affievoliti e interessi occasionalmente protetti: potere discrezionale 
nell'esercizio del quale uno dei momenti della condotta della 

P. A. sia tassativamente imposto. 
Nella prima parte del1a sentenza la Corte ha riesaminato, in via di premessa 
generale, la questione della proponibilit� dell'azione di risarcimento 
danni, innanzi all'A.G.0., a seguito della pronuncia di annullamento per 
illegittimit�, nella competente sede giurisdizionale amministrativa, di un 
atto amministrativo. La Corte, richiamando in particolare la sentenza delle 
Sez. Un. n. 2185 del 22 ottobre 1965, ha riconfermato la propria consolidata 
giurisprudenza, secondo la quale l'azione di danni � proponibile soltanto 
nella ipotesi che la pronuncia di illegittimit� accerti la lesione di un diritto 
affievolito, perch� in tal caso la detta pronuncia vale a superare l'ostacolo 
costituito dall'impossibilit� di sindacare l'esercizio del potere di annullamento. 


La Corte ha anche specificatamente riaffermato -e ci� � di particolare 
rilievo -in contrapposto ad un pur vasto schieramento di opinioni dottrinali 
-(cfr. D. A. FoLIGNo, La pretesa responsabilit� della p. A. per lesione 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 733 

gettivo sia nei confronti dei c1�editori ipotecari, sia nei conf1�onti del 
precedente concessionario rinunziante o dichiarato decaduto, e l'assunzione 
(per effetto dell'art. 44, primo comma, del r. d. 29 luglio 1927, 
n. 1443), da parte del nuovo concessionario, dell'obbligo di p?'eventiva 
tacitazione dei creditori iscritti produce, nei riguardi del precedente 
concessionario, gli effe:ti di un accollo liberatorio; pertanto, ove la prescrizione 
dell'art. 44, primo comma, del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, 
venga rispettata, si determina la liberazione del debitore stesso, nei 
confronti dei creditori, da ogni sua obbligazione anche di carattere 
personale inerente al.l'esercizio della miniera: tale immediato effetto liberatorio 
voluto dalla legge speciale fa assurgere la posizione assicurata 
al debitore (precedente concessionario) alla consistenza di un diritto 
soggettivo, con la conseguenza che, ove tale diritto sia stato malamente 
compresso e abolito dalla nuova concessione non preceduta dalla imposizione 
dell'obbligo di assunzione del debito da parte del nuovo concessionario, 
non pu� non derivarne, dopo l'annullamento dell'atto amministrativo, 
la pretesa al risarcimento dei danni, esercitabile davanti 

�all'Autorit� giudiziaria ordinaria (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, deducendo la violazione 
delle norme sulla giurisdizione (art. 360 n. 1 cod. proc. civ.), in 
relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 44 del r. d. 1. 
29 luglio 1927, n. 1443, l'Assessorato rileva che la Corte di merito 
avrebbe erroneamente affermato che l'art. 44, comma primo, citato, ha 
carattere vincolante ed esclude ogni discrezionalit� della P. A., mentre, 
al contrario, la predetta disposizione le conferirebbe il potere, e non 

'interessi legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1 e segg.), che le posizioni 
v.teresse soltanto occasionalmente protetto non possono mai dar luogo 
'tr s�, nemmeno dopo il giudicato amministrativo di annullamento, a 

'il di risarcimento di danni. 

lxando poi nel problema specifico sottoposto al suo esame, la Corte 
1mo luogo rilevato le caratteristiche della ipoteca mineraria. Le af
�i che la Corte ha fatto su tale punto sono pienamente fondate sulle 

,.:doni di legge (art. 37 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1728) e sulla inter.�
ctazione che di tali disposizioni ha dato la dottrina (D'AVANZO,' Corso di 
diritto minerario, 1960, 148). 

Quindi la Corte ha affermato che l'art. 44 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, 
contiene, nel primo comma, una norma che tutela posizioni di netto diritto 
soggettivo sia nei confronti dei creditori ipotecari, sia nei confronti del precedente 
concessionario rinunziante o dichiarato decaduto. Ed era questo 
il problema che era stato sottoposto alla Corte di Cassazione, dopo che il 
Tribunale di Palermo aveva affermato -�a nostro avviso esattamente -che 
la norma � deve intendersi dettata, come il predetto consesso giurisdizionale 
(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana) ebbP. 
a rilevare, a disciplinare il comportamento dell'organo amministrativo nello 


J 

734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'obbligo, di procedere ad una nuova concessione della miniera che sia 
stata oggetto di rinuncia o di decadenza, anche se su di essa siano 

iscritte ipoteche. A parte, poi, il problema della sussistenza di diritti 
a favore dei creditori iscritti (diritti che sarebbero da escludere), ed 
anche a voler ritenere -come ha fatto la Corte -che la tacitazione 
preventiva del creditor') iscritto liberi da ogni obbligazione il concessionario 
decaduto, non per questo potrebbe affermarsi sussistente un 
diritto soggettivo del concessionario decaduto all'osservanza della norma 
contenuta nell'art. 44, com~a primo, che sarebbe norma di azione, 
dettata esclusivamente allo scopo di tutelare l'interesse pubblico alla 
migliore gestione del patrimonio minerario. 

Il motivo � infondato. 

Il problema sottoposto al vaglio di queste S. U. con il ricorso in 
esame si configura come una tipica questione di giurisdizione -proponibilit� 
della domanda di risarcimento del danno, a seguito del pronunciato 
annullamento, nella competente sede giurisdizionale amministrativa, 
di un atto amministrativo, quale era il decreto di concessione 
emanato il 6 settembre 1956 dall'Assessorato, in quanto viziato da una 
palese violazione di legge; cio�, in quanto viziato dall'inosservanza 
del disposto dell'art. 44, primo comma, del r. d. 1., n. 1443 del 1927, 
il quale, nel caso di nuova concessione della miniera che sia stata 
oggetto di rinunzia, o di decadenza, prescrive all'Amministrazione di 
porre a carico del nuovo concessionario la preventiva tacitazione dei 
creditori iscritti (testualmente: � Il Ministro per l'economia nazionale, 
sentito il Consiglio Superiore delle Miniere, pu� procedere a nuova 
concessione della miniera che sia stata oggetto di rinunzia e di decadenza 
anche se su di essa non siano state iscritte ipoteche, ponendo 

~ 

'�li." 

essenziale interesse della realizzazione dei fini pubblici ad esso connessi, e 
soltanto di riflesso, ed indirettamente, operante a tutela degli interessi 
privatistici del creditore ipotecario e, in conseguenza della tutela dell'interesse 
del creditore, operante anche nell'interesse del debitore concessionario 
decaduto o rinunziante, per efficacia ulteriormente riflessa, di fronte 
alla quale sono ad evidenza prevalenti gli effetti, immediati e diretti, della 
sancita perdita di ogni diritto, nei confronti dell'amministrazione concedente 
e dei terzi, ivi compreso il nuovo concessionario che dell'organizzazione 
aziendale apprestata dal cessato concessionario viene a beneficiare�; 
mentre la Corte di Appello aveva, poi, affermato che � la disposizione su 
richiamata ha carattere vincolante ed esclude ogni discrezionalit� della pubblica 
amministrazione ... Che poi la disposizione sia dettata per disciplinare 
diritti soggettivi non pu� essere posto lontanamente in dubbio �. 


La Corte di merito, cio�, aveva ravvisato nell'art. 44, primo comma, 
della legge mineraria una vera e propria norma di relazione, la cui violazione 
veniva ad incidere su diritti subiettivi perfetti. 


La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso che noi avevamo proposto, 
nell'interesse dell'Assessorato dei Lavori Pubblici della Regione Si



J 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 735 

a carico del concessionario l'obbligo della preventiva tacitazione dei 
creditori iscritti e determinando le altre garanzie che ravvisasse opportuno 
di dare nell'interesse dei terzi � ). 

Cos� impostato il problema, occorre ricordare che, secondo un 
ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di questa S. C., affinch�, 
a seguito dell'annullamento di un atto amministrativo pronunciato 
nella competente sede giurisdizionale amministrativa, :;ia configurabile, 
a favore del soggetto che ottenne l'annullamento, l'ulteriore tutela giurisdizionale 
davanti all'A.G.O., consistente nella azione di risarcimento 
dei danni contro la P. A., occorre che l'atto amministrativo annullato 
risulti non soltanto illegittimo, ma altres� violatore di un diritto soggettivo; 
ci� che significa (v. specialmente la sentenza 22 ottobre 1965, 

n. 2185 di queste Sez. Un., ai fini della proponibilit� della pretesa di 
risarcimento, � necessario accertare se funzione dell'annullamento sia 
stata quella di restituire ad una posizione soggettiva, degradata ad interesse 
ed affievolita dall'attivit� dell'amministrazione, la sua qualificazione 
di diritto soggettivo. In altri termini, e in contrapposto ad un pur 
vasto schieramento d'opinioni dottrinali -per cui, dalla illegittimit� 
dell'atto amministrativo, tale dichiarata, con conseguenziale pronuncia 
di annullamento, nella competente sede giurisdizionale amministrativa, 
scaturirebbe, in ogni caso, il diritto di risarcimento dei danni, azionabile 
dinanzi all'A.G.O. -la giurisprudenza di questa Corte -aderente, 
su tale punto, alla pur sempre prevalente dottrina -ha inteso distinguere, 
nell'ambito della categoria generale degli interessi legittimi, la 
cui violazione importa l'annullamento dell'atto amministrativo, devociliana, 
confermando la sentenza della Corte di Appello, attraverso, per�, 
una ben diversa motivazione. 

La Corte Suprema, dopo le premesse di carattere generale circa la 
proponibilit� dell'azione per risarcimento danni a seguito della pronuncia 
giurisdizionale amministrativa che accerti la lesione di un diritto affievolito, 
ha rilevato: � Vano �, inoltre, escludere che sia stata direttamente violata 
una norma di relazione: una simile dfretta violazione avrebbe dovuto 
indurre a negare a priori, di fronte all'atto Hlegittimo, la tutela giurisdizionale 
amministrativa (generale, di legittimi�), e a profila1�e in via immediata 
ed esclusiva, secondo i principi generalissimi, la tutela dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria; mentre l'indagine deve, invece, tendere, secondo i criteri 
delineati, ad accertare se, nella specie, l'atto dichiarato illegittimo neUa 
competente sede aveva violato soltanto no1�me di azione (in quanto le posizioni 
soggettive legittimanti all'impugnativa per annullamento avevano, per 
premessa e sfondo, un semplice interesse occasionalmente protetto) ovvero 
11veva violato, sia pure "in nuce ", norme di relazione, ossia diritti soggettivi 
perfetti che dalla trascuranza, per parte della p. A., delle condizioni 
e dei limiti posti dalla legge all'emanazione del nuovo atto di concessione, 
venivano ingiustamente sacrificati�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

luto alla giurisdizione amministrativa, tra situazioni di diritto soggettivo 
affievolito e situazioni di interesse soltanto occasionalmente protetto. 

Esempio tipico, se pur non esclusivo, della prima categoria di situazioni, 
sono quei diritti soggettivi di carattere primario, assoluto, efficaci 
erga omnes, nascenti ed esistenti indipendentemente dalla volont� della 

P. A., la quale, tuttavia, ove concorrano i presupposti e le forme prescritte, 
pu� ottenerne la cessione, distruggerli, attenuarli, limitarli, pu�, 
altrimenti detto, sacrificarli di fronte a determinati interessi pubblici 
apprezzati discrezionalmente. Nelle posizioni, invece, e nelle figure di 
interesse soltanto occasionalmente protetto, l'area dell'interesse legittimo 
� ridotta a quella pi� limitata cerchia di interessi (cio� di posizioni 
soggettive) protetti in modo pi� indiretto, in quanto le norme 
da osservare non soltanto sono ispirate al soddisfacimento di un interesse 
collettivo, ma mancano di ogni collegamento con situazioni soggettive 
primarie dei singoli cittadini, in quanto le norme stesse non si 
pongono come condizione dell'esercizio dei diritti dei singoli, ma semplicemente 
come elementi di disciplina di procedure pubblicistiche, al 
cui regolare sviluppo il privato non ha pretese specifiche fondamentalmente 
diverse da quelle della tutela dell'interesse pubblico, consistente, 
appunto, nell'ordinato e legittimo svolgimento di quelle procedure. 
Proiettando tale distinzione sul fenomeno della discriminazione 
della tutela giurisdizionale in base ai due concorrenti classici elementi 
riguardanti il petitum sostantiale e l'attinenza della violazione a norme 
di relazione o, al contrario, a norme di mera azione (e di organizzazione), 
ne deriva che, sino a quando la violazione della norma non sia 

La Corte di Cassazione, cio�, ha rilevato la erronea impostazione che 
alla controversia era stata data dalla Corte di Merito e, mentre ha escluso 
che la norma in discussione costituisse una norma di relazione, � dettata come 
aveva affermato la Corte di Merito -per disciplinare diritti soggettivi 
�, si � avviata poi per una strada nuova, mai finora percorsa, per 
pervenire ad una amplificazione di quella categoria di posizioni giuridiche 
subiettive, che la dottrina e la giurisprudenza hanno qualificate come di 
diritti affiievoliti, amplificazione che a noi pare in contrasto con la precedente 
giurisprudenza della stessa Suprema Corte. 

Il primo comma dell'art. 44 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, testualmente 
dispone: � n Ministro per l'Economia Nazionale, sentito il Consiglio Supe1
�iore delle Miniere, pu� procedere a nuova concessione della Miniera che sia 
oggetto di rinuncia o di decadenza, anche se su di essa siano iscritte ipoteche, 
ponendo a carico del concessionario l'obbligo della preventiva tacitazione 
dei creditori iscritti e determinando le altre garanzie che ravvisasse 
opportuno di dare nell'interesse dei terzi�. La Corte di Cassazione, per 
pervenire alla affermazione che la disposizione di legge contenesse, sia pure 

� in nuce ., norme di relazione, ossia diritti soggettivi perfetti che dalla 
trascuranza, per parte della p. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 737 

stata definitivamente accertata nella sede giurisdizionale amministrativa 
di annullamento, il diritto affievolito si comporta praticamente 
alla stessa stregua dell'interesse legittimo. Ci�, tuttavia, non pu� indurre 
a disconoscere la differenza essenziale delle due posizioni. Allorch� 
nel giudizio amministrativo trova protezione un semplice interesse 
occasionalmente protet~o, anzich� un diritto affievolito, la materialit� 
dell'interesse viene a sminuire sensibilmente l'essenza della lesione 
patrimoniale del ricorrente, essendo l'iniziativa giurisdizionale di quest'ultimo 
assimilabile, per alcuni riflessi, alla realizzazione di un fine 
collettivo, pur permanendo, nel ricorrente, una posizione soggettiva 
specifica considerata in una stretta relazione con l'utilit� pubblica che 
attende la reintegrazione. Fermo, quindi, che l'interesse occasionalmente 
protetto non possa dar mai luogo di per s�, nemmeno dopo il 
giudicato amministrativo di annullamento, a pretese di risarcimento 
di danni (appunto perch� il contenuto dell'interesse � circoscritto alla 
reintegrazione dell'utilit� pubblica, compromessa dall'azione illegittima 
dell'Amministrazione, ancorch� l'azione di annullamento sia stata concessa 
in proprio al soggetto ricorrente, quale particolarmente interessato 
al ripristino di quella determinata legalit�), non appare, pur tuttavia, 
giustificato l'estendere le dette conclusioni al diritto affievolito. 

In vero, questo, pur avendo in comune col primo l'elemento di 
una protezione soltanto occasionale, in funzione della tutela di un interesse 
generale, se ne distingue, in quanto le operazioni amministrative 
alle cui legittimit� sono interessati la collettivit� e i singoli, si innestano, 
quali condizioni limitative, su originarie posizioni di diritto soggettivo, 
fondamentalmente tutelate, e la cui compressione pu� verificarsi 

legge all'emanazione del nuovo atto di concessione, venivano ingiustamente 
sacrificati, ha proceduto anzitutto alla disamina se, nella specie, vi fossero 
posizioni, legittimanti alla impugnazione per annullamento di netto 
diritto soggettivo nei confronti dei creditori ipotecari ed ha concluso per 
l'affermativa. Successivamente, passando ad esaminare la posizione subiettiva 
del concessionario decaduto, la Corte non ha potuto trascurare dal rilevare: 
�Di meno immediata evidenza potrebbe, � vero, risultare la proponibilit� 
della domanda di risarcimento, ove l'annullamento sia stato 
attitato, come nella specie, su iniziativa del precedente concessionario 
rinunziante o dichiarato decaduto �. Ma anche su tale punto la Corte di 
Cassazione, partendo dal presupposto che l'assunzione da parte del nuovo 
concessionario dell'obbligo di preventiva tacitazione dei creditori iscritti 
produca, nei riguardi del precedente concessionario, gli effetti di un accollo 
liberatorio, ha affermato che tale immediato effetto liberatorio, voluto dalla 
legge speciale, fa assurgere la posizione assicurata al debitore stesso alla 
consistenza di un diritto soggettivo. 

Non riteniamo di poter condividere le affermazioni della Suprema 
Corte. A nostro sommesso avviso, l'art. 44, primo comma, del r .d. 29 luglio 
1927, n. 1443, non assicura alcuna posizione di diritto soggettivo n� ai ere�� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

soltanto nei limiti in cui le operazioni stesse si inspirino ad un criterio di 
legalit�. Pertanto, ove l'illegittimit� sia stata riconosciuta, e l'atto amministrativo 
sia stato annullato, la differenza di origine e di essenza opera 
concretamente, consentendo al titolare del diritto affievolito di far 
valere di fronte al giudice ordinario la pretesa al risarcimento dei 
danni conseguenti all'inr!ebito sacrificio del diritto soggettivo; nell'indebito 
sacrificio del diritto soggettivo, operato dalla P. A., sussiste, sia 
pure soltanto in nuce, la violazione di una norma di relazione, la quale 
violazione, identificandosi con l'arbitrario esercizio in senso organizzatorio 
delle facolt� limitative, si rivela necessariamente e soltanto a seguito 
dell'intervenuto accertamento dell'arbitrariet� di tale esercizio. Una volta 
che, nella competente sede, sia stato accertato che l'atto era lesivo dell'interesse, 
perch� male era stato esercitato (cattivo uso del potere) il 
potere di incidere sul diritto soggettivo e di sacrificarlo, l'originario diritto, 
per l'effetto retroattivo della pronuncia di annullamento, riprende 
la sua originaria configurazione e si espande sino ai suoi limiti originari, 
risultando da quella stessa pronuncia che un diritto � stato sacrifi.cato 
oltre i limiti consentiti dalla legge. E, avendo ripreso vita appunto quel 
diritto che la legge aveva garantito, e che l'Amministrazione aveva 
ingiustamente leso, ed essendo, quindi, state restituite al diritto l'originaria 
natura e l'originaria tutela, l'atto amministrativo si qualifica 
lesivo di un diritto soggettivo, e il privato potr� richiedere, oltre che 
la reintegrazione della sua situazione con effetto ex tunc, il risarcimento 
degli eventuali danni subiti. 

La pronuncia di illegittimit�, accertando la lesione de1'l'interesse 
(diritto affievolito), vale a superare l'ostacolo costituito dall'impossi


ditori ipotecari iscritti n� al concessionario rinunziante o dichiarato decaduto. 


Per quanto riguarda i primi, i diritti dei detti creditori ipotecari sono 
regolati dall'art. 37 del citato r.d., il quale stabilisce che le ipoteche iscritte 
sulla miniera si risolvono sulle cose e sulle somme di spettanza del concessionario, 
nonch� dall'art. 44 -secondo comma -, a norma del quale entro 
un anno dalla trascrizione del decreto di accettazione della rinuncia o di 
pronuncia della decadenza, i creditori ipotecari possono far valere i loro 
diritti, anche se il termine pattuito non sia scaduto, promuovendo la vendita 
all'asta della concessione mineraria per la q_uale non siasi provveduto 
ai termini del comma precedente. Per q_uanto riguardo, insomma, i creditori 
ipotecari, a noi sembra che la norma di cui al primo comma dell'art. 44 
in discussione sia una tipica norma di azione, diretta appunto a disciplinare, 
nell'interesse pubblico, l'attivit� dell'Amministrazione concedente, al fine 
di evitare proprio che si proceda alla vendita all'asta della concessione 
mineraria. 

N� alcuna posizione di diritto subiettivo � assicurata -a nostro avviso 
-dal primo comma dell'art. 44 r.d. n. 1443/1927 al concessionario dichiarato 
decaduto. Dopo la dichiarazione di decadenza, nessun diritto residua al 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 739 

bilit� di sindacare l'esercizio del potere di affievolimento; dopo l'annullamento, 
non residua che il comportamento lesivo in s�, contrario alla 
garanzia dell'utilit� sostanziale, non pi� fondata su un potere giuridico. 

Richiamati tali concetti generali, sembra altres� opportuno rilevare 
la loro incidenza nel quadro della legge speciale mineraria, e il significato 
e la direzione della norma la cui violazione ebbe a provocare l'annullamento 
dell'atto amministrativo di concessione alla cooperativa 

� La rinascita zolfiera ., dopo che i precedenti concessionari erano stati 
definitivamente dichiarati d.ecaduti dalla loro concessione. L'ipoteca mineraria 
presenta caratteristiche peculiari per il suo oggetto, il quale, 
come � oggi opinione prevalente, non si identifica propriamente con la 
miniera in s�, cio� con un bene patrimoniale indisponibiile appartenente 
allo Stato (ovvero alla Regione, nell'ambito della Regione Siciliana), 
bens� con il diritto di carattere personale derivante al concessionario 
dall'atto di concessione amministrativa, ancorch� l'ipoteca stessa si 
risolva, in sostanza, nel momento dinamico della sua realizzazione a 
clanno del concessiona1�io, sui beni di carattere immobiliare destinati alla 
lavorazione (opere ed impianti), nonch� sulle somme allo stesso concessionario 
spettanti. Da tali peculiarit�, in difetto di apposita disciplina, 
sarebbe derivato, dato il carattere personale della concessione, 
che la rinuncia o la decadenza del concessionario avrebbe logicamente 
fatto venire meno la garanzia ipotecaria, essendo una nuova successiva 
concessione ad un diverso soggetto del tutto eventuale, e non potendo, 
comunque, il nuovo eventuale concessionario, in testa al quale sorge 
una nuova ed autonoma concessione, essere assimilato al terzo acquirente 
di un immobile ipotecato, n� ad un successore a titolo particolare 
concessionario decaduto sulla concessione mineraria (art. 43 r.d. citato), 
salvo che sugli oggetti destinati alla coltivazione, che possano essere separati 
senza pregiudizio della miniera, e per i quali � disposto che il nuovo 
concessionario possa ritenerli, corrispondendone il prezzo al concessionario 
precedente. N� ci sembra che l'eventuale effetto liberatorio, che la tacitazione 
dei creditori iscritti da parte del nuovo concessionario avrebbe a 
favore del precedente concessionario, possa avere rilievo ai fini di far 
ritenere che, proprio in virt� di tale effetto liberatorio, sia assicurata al 
concessionario dichiarato decaduto una posizione di diritto subiettivo. 

Comunque, a noi pare che per pervenirsi alla affermazione fatta dalla 

Corte, che la pronuncia, cio�, di annullamento, per illegittimit�, dell'atto 

amministrativo, che aveva compresso, affievolendolo, il diritto subiettivo, 

facesse rivivere detto diritto, con la conseguenza della proponibilit� della 

azione di risarcimento dei danni determinati dalla illegittima compressione 

fosse necessaria la preesistenza del diritto compresso ed affievolito. Non 

poteva, cio�, ritenersi che la posizione di diritto subiettivo fosse assicurata 

nella stessa fase dinamica dell'esercizio del potere, nel corso del quale eser


cizio si sarebbe contestualmente dato luogo al sorgere del diritto ed al suo 

affievolimento. 


740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del precedente concessionario. Al fine di contemperare il rigore dei 
principi con quella necessit� di maggiore tutela, del credito minerario 
che emerge proprio in correlazione a quegli eventi critici che sono 
rappresentati dalla decadenza o dalla rinuncia del (precedente) concessionario, 
la legge ha disposto, in sostanza, che la garanzia ipotecaria 
persista, dopo uno di q�egli eventi, per un periodo di tempo determinato 
(un anno dalla trascrizione del decreto di acr.ettazione della 
rinunzia o di pronunzia della decadenza) in due forme alternative, l'una, 
per cos� dire, diretta, e l'altra indiretta. La forma diretta (art. 44, 
commi secondo e segg.) presuppone che l'Amministrazione non abbia 
provveduto ad effettuare una nuova concessione, e si realizza con la 
vendita all'asta della � concessione mineraria �, e con la soddisfazione 
dei crediti suiJ. prezzo dell'aggiudicazione, salva la devoluzione dell'eventuale 
residuo allo Stato. La seconda forma, per cos� dire indiretta, 
� quella appunto precisata dal primo comma, per cui, ove l'Amministrazione 
provveda entro l'anno alla nomina di un nuovo concessionario, 
deve porre a carico del nuovo titolare la preventiva soddisfazione 
dei crediti, quale imprenscindibile condizione di legittimit� della 

stessa concessione. 

Ci� precisato, la questione di giurisdizione si risolve, nella specie, 
nell'accertare se l'avere l'amministrazione provveduto entro l'anno ad 
una nuova concessione, senza avere osservato e fatto osservare quella 
essenziale condizione nei confronti del nuov� Concessionario, abbia 
importato la violazione di un diritto soggettivo (nel senso sopra delineato), 
con la conseguente ulteriore possibilit�, dopo l'annullamento, 
della tutela giurisdizionale consistente nella condanna della P. A. al 

La Corte, invece, a noi pare che sia proprio pervenuta ad una affermazione 
del genere e, per pervenirvi, essa ci sembra sia incorsa in una contraddizione: 
dopo avere, infatti, escluso che nell'art. 44, primo comma, del r.d. 
1443/1927 fosse posta una norma di relazione, ha poi osservato che � l'indagine 
deve, invece, tendere, secondo i criteri delineati, ad accertare se, nella 
specie, l'atto dichiarato illegittimo nella competente sede aveva violato soltanto 
norme di azione ovvero aveva violato, sia pure "in nuce '', norma di 
relazione, ossia diritti soggettivi perfetti che dalla trascuranza, per parte 
della p. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla legge all'emanazione 
del nuovo atto di concessione, venivano ingiustamente sacrificati � , e per poi 
concludere: � Ora, che nella specie vi fossero alcune posizioni, legittimanti 
alla impugnazione per annullamento, di netto diritto soggettivo, non pu� 
essere contestato... �. 

I diritti affievoliti sono stati dalla dottrina e dalla giurisprudenza delineati 
come diritti, la cui sussistenza possa essere condizionata da ragioni di 
pubblico interesse, che ne autorizzino la compressione. Il caso tipico � 
quello della concessione amministrativa, il cui titolare perde il diritto 
all'uso della cosa o all'esercizio dell'attivit� che ne � oggetto o lo conserva 
con limitazioni maggiori delle originarie, quando l'Autorit� concedente 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

risarcimento dei danni; o se, invece, la tutela giurisdiziona1le siasi concretata 
ed esaur�ta, trattandosi di interessi soltanto occasionalmente 
protetti, nell'azione di annullamento effettivamente esperita, e con successo, 
dinanzi agli organi di giustizia amministrativa. � bene insistere 
su tale limitata alternativa, giacch� il ricorso profila viceversa, in linea 
principale o pregiudiziale, una tesi amplissima ed assorbente, per cui, 
in definitiva -sia per H carattere pubblicistico inerente alla legislazione 
sulle miniere, sia per il carattere assolutamente discrezionale del 
potere che � attribuito all'Amministrazione di procedere nell'anno alla 
nuova concessione, o di non procedervi -non potrebbe nella soggetta 
materia profilarsi una violazione di diritti soggettivi, cio� di norme 
di relazione, bensi di semplici interessi di fatto, non differenziati nei 
singoli soggetti da quelli della generalit� dei cittadini. Tale tesi non 
pu� essere accolta: non perch� una legge � di ordine pubblico, o pi� 
genericamente, di carattere pubblicistico, � da escludere a priori che 
essa contenga norme di relazione, di cui nella legge mineraria in questione 
esistono esempi evidenti in molte disposizioni, come quelle di cui 
agli artt. 35 secondo comma, 36 secondo comma, 43 secondo comma. 
D'altra parte, se � vera la circostanza che un atto quale quello di 
nuova concessione � assolutamente discrezionale nella sua emanazione, 
la circostanza, tuttavia, non esclude che l'atto stesso sia vincolato 
nel suo contenuto, nelle sue premesse e nelle sue condizioni: cosicch�, 
non pu� dirsi che la violazione dellEJ prescrizioni, relative a quel �contenuto, 
a quelle premesse e a queHe condizioni, non trovi addirittura 
tutela giurisdizionale, n� in sede di giustizia amministrativa n� in sede 

reputi il diritto stesso incompatibile in tutta la sua pienezza con sopravvenute 
o meglio rilevate esigenze di interesse generale. Il concetto � stato, 
poi, esteso al diritto di propriet�, che pu� essere condizionato dal potere di 
espropriazione per pubblica utilit�. 

La stessa Corte ha, nella sentenza che si annota, affermato: � Esempio 
tipico, se pur non esclusivo, della prima categoria di situazioni, sono quei 
diritti soggettivi di carattere primario, assoluto, efficaci "erga omnes ", 
nascenti ed esistenti indipendentemente dalla volont� della p.A., la quale, 
tuttavia, ove concorrano i presupposti e le forme prescritte, pu� ottenerne 
la concessione, distruggerli, attenuarli, limitarti, pu�, altrimenti detto, 
sacri~carli di fronte a determinati interessi pubblici apprezzati discrezionalmente�. 


La Corte afferma... esempio tipico, se pur non esclusivo... ed a noi pare 

che l'inciso se pur non esclusivo sia stato usato proprio per lasciare aperta 

la possibilit� di quella amplificazione della categoria di cui abbiamo parlato 

nelle premesse. Ma non ci sembra che l'amplificazione, cos� come ritenuta 

dalla Corte, possa essere accolta. 

Se un diritto non preesiste, non pu� verificarsi l'affievolimento di esso 

da parte della p. A. Se, di conseguenza, per quanto riguaraa il caso di specie, 

nessun diritto residuava sulla concessione mineraria per il concessionario 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudiziaria. � ben difficile ammettere che una simile proposizione possa 
ancora trovare ingresso, in un caso come quello in esame, in cui la 
tutela giurisdizionale amministrativa � stata pacificamente e definitivamente 
attuata, riconoscendosi, ed espressamente, dal giudicato amministrativo 
che le norme violate e l'atto impugnato erano compresi, 
in via generale ed ast:-atta, neHa categoria delle norme e degli atti 
operanti nel campo delle posizioni soggettive protette della giurisdizione 
amministrativa, e non anche nella categoria delle norme e degli 
atti operanti, invece, nella sfera di assoluta discrezionalit� della P. A. 

Vano �, inoltre, escludere che sia stata direttamente violata una 
norma di relazione: una simile diretta violazione avrebbe dovuto indurre, 
a negare a priori, di fronte all'atto illegittimo, la tutela giurisdizionale 
amministrativa (generale, di legittimit�), e a profilare in via 
immediata ed esclusiva, secondo i principi generalissimi, la tutela dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria; mentre l'indagine deve, invece, tendere, 
secondo i criteri sopra delineati, ad accertare se, nella specie, l'atto dichiarato 
illegittimo nella competente sede aveva violato soltanto norme 
di azione (in quanto le posizioni soggettive legittimanti all'impugnativa 
per annullamento avevano, per premessa e sfondo, un semplice interesse 
occasionalmente protetto) ovvero aveva violato, sia pure in nuce, 
norme di relazione ossia diritti soggettivi perfetti che dalla trascuranza, 
per parte della P. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla legge all'emanazione 
del nuovo atto di concessione, venivano inguista.iente sacrificati. 


E qui, come si � detto, di fronte ad un atto vincolato nel contenuto, 
nelle premesse e nelle condizioni, occorre valutare la direzione e lo 
scopo che la legge si � prefissa nel porre i relativi vincoli all'ammini


dichiarato decaduto, non poteva -a nostro avviso -in verun caso -ipotizzarsi 
una compressione e un affievolimento in dipendenza del provvedimento 
di concessione ad altri della miniera. 

A noi pare, invece, che la questione non potesse che essere diversamente 
articolata, cos� come l'avevano esattamente articolata sia il Tribunale 
che la Corte di appello, sia pure pervenendo a soluzioni opposte, se 
cio� dal richiamato art. 44, primo comma, del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, 
sorgesse a favore di chi fosse stato dichiarato decaduto da una concessione 
mineraria un diritto subiettivo perfetto, con la conseguenza della possibilit� 
di agire direttamente innanzi all'Autorit� Giudiziaria ordinaria per i 
danni che fossero, in ipotesi, derivati dalla lesione di esso o se, invece, dalla 
richiamata disposizione di legge derivasse esclusivamente un interesse legittimo 
alla osservanza della norma, interesse che poteva trovare la sua 
tutela esclusivamente nella possibilit� di annullamento da parte del Giudice 
Amministrativo del provvedimento di nuova concessione, quando questo 
fosse stato emesso senza porre a carico del nuovo concessionario l'obbligo 
della preventiva tacitazione dei creditori iscritti. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 743 

strazione, giacch� � ovvio che il semplice carattere vincolato dell'atto 
non dica ancora se esso abbia violato soltanto un interesse occasionalmente 
protetto, ovvero pi� ampie e consistenti posizioni soggettive. Ora, 
che nella specie vi fossero alcune posizioni, legittimanti alla impugnazione 
per annullamento, di netto diritto soggettivo, non pu� essere contestato, 
ove si guardi a!la situazione dei creditori ipotecari, i quali dalla 
norma di cui al primo comma dell'art. 44 vengono tutelati facendosi 
soprav.vivere, sia pure in forma indiretta, il loro diritto di garanzia e 
la sua possibilit� di soddisfazione, non altrimenti che se sopravvivesse 
l'ipoteca, ed anzi, in modo pi� sicuro di quanto non avverrebbe ove si 
dovesse ricorrere alla procedura di vendita della �concession.e di cui ai 
commi seguenti (procedura macchinosa e di esito sempre incerto), essendo 
�ome gi� si � detto, il preventivo soddisfacimento o la preventiva 
e sicura assicurazione dei crediti ipotecari condicio sine qua non del 
sorgere del diritto del nuovo concessionario. Si aggiunga che tale posizione 
di diritto patrimoniale dei �creditori pu� venire definitivamente 
pregiudicata dalla illegittima concessione infrannale, in quanto la naturale 
esecutoriet� dell'atto amministrativo, ancorch� illegittimo, impedisce, 
finch� l'atto stesso non sia stato eliminato dalla pronuncia di 
annullamento, la vendita relativa alla concessione posta come alternativa 
alla assunzione dei debiti da parte del nuovo concessionario; vendita 
che importerebbe la sostituzione (sia pure condizionata al beneplacito 
dell'Amministrazione) di un ulteriore soggetto (l'aggiudicatario) 

nella posizione di concessionario. 

In altri termini, l'arbitraria inosservanza da parte dell'Ammini


strazione, del precetto di cui all'art. 44, secondo comma, pu� condurre 

i creditori ipotecari alla situazione di decadenza prevista dal quarto 

comma del medesimo articolo ( � Decorso l'anno suddetto, nessuna altra 

Esclusa, perci�, che la disposizione in discussione contenesse una nor


ma di relazione, non poteva -a nostro avviso -che pervenirsi alla se


conda posizione del problema. 

Si trattava, cio�, di un caso tipico, gi� esaminato e risolto dalla giu


risprudenza della Suprema Corte (si confronti la fondamentale sentenza 

in materia di giurisdizione n. 2994 dell'll ottobre 1955, in Foro it., 1955, 

I, 1291 e segg.), di attivit� della Pubblica Amministrazione, sicuramente 

discrezionale (potere di decidere discrezionalmente, nel pubblico interesse, 

se procedere oppure no alla nuova concessione mineraria), in relazione 

alla quale non basta che uno dei momenti della condotta della Pubblica 

Amministrazione sia tassativamente imposto, senza margine di discrezio


nalit�, perch� da ci� si debba desumere l'attribuzione di un diritto su


biettivo al privato. 

La fattispecie, esaminata dalla Corte di Cassazione, nella richiamata 

sentenza n. 2994 del 1955, presenta notevole analogia con quella di cui 

si discute. Si trattava di questione derivante dalla applicazione della Legge 

di riforma agraria per la Sicilia (1. 27 dicembre 1950, n. 104) e le censure 


744 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

azione � proponibile sulla concessione mineraria e il Ministro per la 
Economia Nazionale ha facolt� di procedere liberamente, a nuova concessione 
�); l'atto illegittimo della P. A. pu� avere quindi, quale suo 
effetto, ove nelle more dell'annullamento sia decorso l'anno, la perdita 
definitiva della garanzia ipotecaria pur sempre spettante, nei predetti 
limiti di tempo, ai creditori anche dopo la decadenza o la rinuncia del 
precendente concessionario. Da tali considerazioni appare evidente che, 
ove l'annullamento della nuova concessione, fatta senza l'osservanza 
della condizione preventiva indicata dal primo comma, sia stata ottenuto 
ad iniziativa di taluno dei creditori, a questi spetti, altres� la potest� 
di proporre dinanzi alla A.G.O. l'azione di risarcimento dei danni per 
il ristoro del diritto ingiustamente sacrificato. 

Di meno immediata evidenza potrebbe, � vero, risultare la proponibilit� 
della domanda di risarcimento, ove l'annullamento sia stato 
attuato, come nella specie, su iniziativa del precedente concessionario 
rinunziante o dichiarato decaduto. Se non che, la soluzione -sempre 
nel senso dell'ulteriore tutela giudiziaria a favore anche del precedente 
concessionario, cui non pu�, in linea di principio, essere negato l'esercizio 
dell'azione di risarcimento -appare agevole, ove si consideri 
funditus la sorte cui, nel sistema della legge mineraria, sono destinati 
i debiti personali ipotecari di detto concessionario (e ci� a parte la 
considerazione che, operando e incidendo, comunque, come gi� si � avuto 
occasione di accennare, la norma dell'art. 44 primo comma della 
legge mineraria nel campo dei diritti soggettivi, la violazione dei quali 
emerge, come tale, dalla pronunzia di annullamento, l'attribuzione 
dell'azione civile di danni al precedente concessionario in aggiunta 

o in alternativa a quella indubbiamente spettante ai creditori ipotecari 
sacrificati sembrerebbe, a rigore, configurare pi� un problema di legitche 
i ricorrenti muovevano si concentravano �essenzialmente nella de


dotta natura vincolata dell'attivit� della Pubblica Amministrazione, pei� 

quanto attiene ai criteri che devono essere osservati nel computo, ai fini 

della determinazione della quota di conferimento �. 

E la Corte Suprema ha affermato: � Queste Sezioni Unite i�ilevano che 

l'argomento dedotto dal carattere vincolante della norma non �, di per s�, 

solo, sufficiente a risolvere la questione. � ben vero, infatti, che di fronte 

al potere discrezionale della Pubblica Amministrazione la situazione sog


gettiva del privato si configura come un interesse legittimo, che � pro


tetto solo in via indiretta e mediata in funzione dell'interesse generale per 

cui la norma � dettata. Ma non basta che uno dei momenti della condotta 

della Pubblica Amministrazione sia tassativamente imposto senza margine 

di discrezionalit�, perch� da ci� si debba desumere l'attribuzione di un 

diritto soggettivo al privato �. 

Nella specie in discussione, il primo comma dell'art. 44 del r. d. 29 
luglio 1927, n. 1443, conferisce alla Pubblica Amministrazione il potere e 
non l'obbligo di procedere a nuova concessione della miniera, che sia stata 


SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 745 

essa, che un problema di giurisdizione, 
'one medesima in senso oggettivo ed 

ute la non felice e perspicua lettera 
\On giovano le semplici parafrasi 
\ori e nelle relazioni), la dottrina 
la nuova concessione mineraria 
\ia e preventiva assunzione dei 
�ionario e produca, nei riguardi 
\ di un accollo liberatorio (a 
\ffiente teorico, se trattasi pi� 
\li accollo privativo, ossia di 
\p.el debito), accollo la cui 
\che, a differenza che nel\
n intervengono, oltre la 
1yolont� di quello prece~
isce il Ministro quale 
Vt� generale. In conse'
1ima venga rispettata, 
'i confronti dei credi~
le inerente all'eser


\ l'assunzione del 
\ata strutturata in 
\toria, e il nuovo 
\ sopravvive, n� 
\ confronti del 
\ttora insoddi\
teca in testa 

\ino iscritte 

letta deci~
i oppure 
\?desimo, 
ijco del 
'f?ditori 
\1 po1Jgine 
lenza 

�..s!le, il 
.111gliore ge���
ere che la norma 
_.,11te, l'interesse del con_., 
tacitazione dei creditori iscrit-

I i 

I 
.. �I 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al nuovo concessionario e alla possibilit� di esercitare il diritto relativo 
entro il termine di un anno, decorrente, in questo caso, dalla decadenza 
del nuovo concessionario assuntore. 

Non si � mancato, inoltre, di rilevare le notevoli analogie tra la 
norma in discorso e quella dell'art. 508 c. p. c., il quale, in tema di 
vendita immobiliare, a seguito di normale esecuzione forzata individuale, 
di un bene gravato da pegno o da ipoteca, stabilisce che l'aggiudicatario 
o l'assegnatario possa, con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, 
concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l'assunzione, 
in luogo del versamento del prezzo, del debito con le garanzie 
ad esso inerenti, liberando cos� -come ivi � precisato -immediatamente 
e definitivamente il debitore. A ci� si aggiunga che, come si � 
gi� rilevato, l'assunzione dei debiti da parte del titolare della nuova 
concessione infrannale � una forma di soddisfazione dei creditori alternativa 
a quella della vendita all'asta da questo promossa; e che, in 
tal caso, se la vendita all'asta avviene, il prezzo di aggiudicazione, soddisfatti 
i creditori, spetta allo Stato, il che significa, che tale prezzo a 
cui (v. infra) pu� equipararsi la tacitazione dei creditori -� destinato 
anzitutto a soddisfare i creditori, e quindi, come avviene in ogni 
subasta, a liberare il debitore. 

Tale immediato effetto liberatorio voluto dalla legge speciale (che, 
per la contraddizione che nol consente, esclude l'altra interpretazione, 
secondo cui il debitore originario rimarrebbe obbligato, come 
in un accollo cumulativo, a titolo personale accanto ed insieme con 
l'assuntore nuovo concessionario), fa assurgere la posizione assicurata 
al debitore stesso (sia pure condizionatamente all'evento della nuova 
concessione infrannale) alla consistenza di un diritto soggettivo: cosicch�, 
ove tale diritto sia stato malamente compresso e abolito dalla nuova 
concessione non preceduta dall'imposizione dell'obbligo di assunzione 
del debito al nuovo concessionario, non pu� non derivarne, dopo l'annullamento 
dell'atto amministrativo, la pretesa al risarcimento dei 

ti, egli possa essere liberato dalle obbligazioni assunte per la gestione 

della miniera, non pu� assolutamente ritenersi, per la formulazione let


terale della norma, n� considerando la ratio della norma stessa, che tale 

interesse possa assurgere al rango di un diritto soggettivo perfetto. L'in


teresse che il concessionario dichiarato decaduto ha alla osservanza, da 

parte della Pubblica Amministrazione della norma, nella parte in cui que


sta vincola un momento della condotta della Pubblica Amministrazione 

stessa, trova una tutela adeguata ed efficace nella possibilit� di annulla


mento, da parte del Giudice Amministrativo, del provvedimento di nuova 

concessione, che sia stato �emesso senza porre a carico del nuovo conces


sionario l'obbligo della tacitazione dei creditori iscritti. Ma al di fuori 

di tale tutela non � possibile ipotizzarne altra, che presupponga la esi


stenza di un diritto subiettivo. 

GIOVANNI ALBISINNI 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 747 

ianni, esercitabile nella sede giudiziaria ordinaria. N� tale conclusione 
m� essere seriamente influenzata dal problema, su cui la legge parinenti 
tace, se, verifi.catosi, comunque, l'effetto liberatorio nei rapporti 
~sterni, cio� tra il precedente concessionario e i creditori ipotecari, 
:ussista a favore del nuovo concessionario, che tali creditori abbia sodlisfatto, 
un diritto di regresso nei confronti del concessionario preceiente. 
Appare, anzitutto, pienamente convincente il rilievo della sen.
enza impugnata, la quale, sulle orme della decisione del Consiglio di 
}iustizia amministrativa (al quale la questione era stata prospettata 
.otto il profilo dell'interesse a ricorrere), ha posto in evidenza come tale 
�egresso sia da escludere, non residuando, quindi, alcuna ragione di 
:redito dell'assuntore nei confronti del precedente concessionario, in 
iuanto la tacitazione dei creditori �, in sostanza, il prezzo che il nuovo 
:oncessionario paga per ottenere immediatamente la concessione; egli 
i avvantaggia, senza alcun diretto onere pecuniario verso il concessioiario 
decaduto o rinunziante, dell'avviamento (frutto dell'opera persotale 
e dei capitali impiegati nella miniera dal con�essionario rinun:
iante o decaduto), ed �, quindi, giusto che svincoli questo, senza riralsa, 
dal debito garantito sulla miniera stessa. 

�, infine, da rilevare che anche se, in ipotesi, potesse ritenersi 
opravvivente un'eventuale ragione di rivalsa dell'assuntore nei conronti 
del precedente concessionario, pur tuttavia l'evidente interesse 
li questo (avente chiara consistenza patrimoniale) ad essere obbligato 
oltanto eventualmente, e soltanto in via di regresso, anzich� trovarsi 
:sposto, in via diretta ed immediata, ad una sopravvivente azione, sia 
iure semplicemente personale e genericamente garantita dal patrinonio 
di esso debitore, potrebbe pur sempre assumere la struttura e la 
ostanza di un diritto soggettivo, che all'Amministrazione non sarebbe 
ecito eliminare attraverso la palese violazione del vincolo posto alla 
ua attivit� dalla pi� volte citata norma dell'art. 44 primo comma. 

In conclusione, la sentenza impugnata ha bene giudicato nel riteiere 
proponibile dinanzi all'A.G.O. l'azione di risarcimento di danno 
nstaurata dagli attuali resistenti, e,� in conseguenza, il ricorso presenato 
dall'Assessorato deve essere �rigettato. -(Omissis). 

~ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 31 marzo 1967, n. 712 -Pres. 
Scarpello -Rel. Geri -P. M. Di Majo (conf.). Tau (avv. Lecciso) 

c. Comune di Martano (avv. Ascarelli). 
Jompetenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva 
-Diritti patrimoniali conseguenziali -Riconoscimento da parte 
dell'ente pubblico del diritto del dipendente ad assegni ed altri 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

emolumenti -Effetto sostitutivo della pronuncia di illegittimit� Proponibilit� 
dell'azione direttamente davanti alGiudice ordinario. 

(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29 e 30). 
Quando L'ente pubblico abbia formalmente 1�iconosciuto il dfritto 
dell'impiegato ad assegni ed altri emolumenti in ordine sia all'� an � 
sia al � quantum � sia all'esigibiiit�, viene meno il presupposto della 
giurisdizione amministrativa esclusiva, giacch� tale riconoscimento, 
mentre elimina ogni questione sulla materia devoluta al Giudice amministrativo, 
tiene luogo della pronuncia di illegittimit� sul comportamento 
negativo dell'ente e .costituisce il presupposto per ogni altra 
controversia sui diritti patrimoniali conseguenziali rientranti nella giurisdizione 
del giudice ordinario (1). 

(1) La sentenza, che contiene pure altre statuizioni in materia di opposizione 
da parte di un Comune ad ingiunzioni con riferimento particolare a 
taluni aspetti processuali ed amministrativi relativi a siffatte liti, � pubblicata 
per esteso in Giust. civ., 1967, I, 1485 con note di richiami, ivi, 1486. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 8~0 -Pres. 
Flore -Rel. Tamburrino -P. M. Pedote (conf.) -Vallerini (avv. 
Dallari) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Agr�). 

Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Inamovibilit� 
dei magistrati -Trasferimento di ufficio -Provvedimento di natura 
non disciplinare -Effetti: giurisdizione di legittimit� del 
Consiglio di Stato. 

(r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511, art; 2, secondo comma; I. 24 marzo 1958, n. 195, 
art. 10, primo comma, n. 1 e n. 3, nonch� art. 17; d. p. r. 16 settembre 1958, 
n. 916, art. 55; Cast., art. 107, primo comma). 
Avverso il provvedimento di trasferimento di ufficio di un magistrato, 
adottato con la forma del decreto presidenziale, in conformit� 
alla deliberazione del Consiglio superiore della Magistratura, non 
avendo tale provvedimento natura disciplinare, � ammissibile il ricorso 
davanti al Consiglio di Stato per motivi di legittimit�, mentre deve dichiararsi 
inammissibile il ricorso contro il provvedimento stesso proposto 
davanti alle sezioni unite della Corte di Cassazione (1). 

(Omissis). -Nella pubblica udienza il difensore del ricorrente ha 
sollevato una questione in relazione al fascicolo di ufficio ed alla mancata 
comunicazione o notificazione di documenti in esso acclusi. Occorre 
al riguardo rilevare che lo stesso ricorrente, con apposita istanza, men


(1) Con la sentenza, di cui si tratta, e con quella n. 801 in pari data e 
di analogo contenuto, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno 
pienamente accolto le tesi sostenute dall'Avvocatura Generale dello Stato. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 749 

zionata nel ricorso, ebbe a richiedere il fascicolo del Consiglio Superiore 
della Magistratura, dallo stesso considerato fascicolo del merito: il 
fascicolo, in ottemperanza alla richiesta, � stato regolarmente trasmesso. 
Quindi trattasi della normale trasmissione su richiesta del ricorrente, 
onde riguardo ad esso nessuna comunicazione o notificazione doveva 
essere al ricorrente m�desimo effettuata. Il ricorrente ha anche accennato 
ad una mancata comunicazione all'interessato di documenti inseriti 
nel fascicolo: ma questa sarebbe una omissione di attivit� da parte 
del Consiglio Superiore, che non pu� rilevare ai fini di questo processo; 
d'altra parte non merita accoglimento. nemmeno la subordinata 
istanza di rinvio per esami:r;iare i documenti non comunicati, dacch� questi 
riguardano il merito e questo Supremo Collegio deve fermarsi per le 
ragioni in seguito specificate alla questione di inammissibilit�. 

Invero l'eccezione di inammissibilit� del ricorso preliminarmente 
avanzata dal resistente Ministero di Grazia e Giustizia merita accoglimento. 
All'uopo � indispensabile ricordare che, secondo la vigente legislazione 
sul Consiglio Superiore della Magistratura e sulle sue attribuzioni, 
queste si distinguono in due grandi categorie, nettamente 
tenute distinte dalla legge e cio� da un lato le attribuzioni relative allo 
stato dei magistrati, cio� alle � assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimento 
e promozioni ed ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati 
� (art. 10, n. 1, legge 24 marzo 1958, n. 195) e dall'altro lato 
le attribuzioni relative alle � sanzioni disciplinari a carico di magistrati 
in esito ai procedimenti disciplinari iniziati su richiesta del Ministro 

o del procuratore generale presso la Corte Suprema di Cassazione � 
(art. 10, n. 3). E siffatta netta attribuzione si ripercuote sui relativi 
procedimenti, sulla loro natura, sulla essenza e natura dei rispettivi 
provvedimenti e sulla loro impugnabilit�. Invero per quanto riguarda 
lo stato dei magistrati si tratta di un complesso procedimento, che passa 
attraverso il parere delle commissioni, in sede referente, e la deliberazione 
del Consiglio e sfocia nel provvedimento definitivo adottato 
normalmente in conformit� delle deliberazioni del Consiglio Superiore 
con decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro per la 
grazia e giustizia (art. 17, primo comma): provvedimenti contro i 
quali � ammesso ricorso al Consiglio di Stato per ragioni di legittimit� 
(art. 17, secondo comma). Laddove le attribuzioni in materia disciplinare 
danno luogo ad un vero e proprio giudizio, la cui cognizione spetta 
funzionalmente alla apposita sezione disciplinare istituita dall'art. 4 
della legge citata: � contro i provvedimenti in materia disciplinare � 
Sull'argomento con specifico riferimento alla questione di legittimit� 
costituzionale, cui si accenna nella sentenza, della quale si tratta, cfr. 
Cass., Sez. Un., 25 luglio 1965, n. 2040, in questa Rassegna, 1966, I, 1223 ed 
ivi, 1224, nota 1. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ammesso ricorso alle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione 
� (art. 17, ultimo comma). N� in questa sede rileva il fatto ricordato 
in sede di ricorso e di discussione orale che � stata sollevata questione 
di legittimit� costituzionale, proprio da queste Sezioni Unite in relazione 
all'art. 17, secondo comma: non va dimenticato che le Sezioni 
Unite hanno affermato che la interpretazione della legge vigente non 
pu� che portare alla conclusione che i provvedimenti relativi allo 
stato dei magistrati attualmente formano oggetto di ricorso al Consiglio 
di Stato analogamente al provvedimento amministrativo sullo 
status del pubblico impiegato e funzionario, il che potrebbe (e non infondatamente) 
essere in contrasto con le norme della Costituzione riguardanti 
la magistratura come potere dello Stato e la situazione, 
costituzionalmente voluta, di indipendenza dei magistrati. Da ci� due 
illazioni: in primo luogo le precedenti decisioni hanno ribadito la 
differenza tra provvedimenti riguardanti lo stato dei magistrati e quelli, 
non toccati, in alcun modo, dalla questione di costituzionalit�, in 
materia disciplinare. In secondo luogo, una volta che si sia in presenza 
di un provvedimento concernente lo stato dei magistrati e rientrante 
quindi nella prima categoria occorrer� seguire la legge vigente e 
adire il Consiglio di Stato, anche per evitare la scadenza di termini, 
ed eventualmente sollevare la questione di legittimit� costituzionale 
od attendere la decisione su essa, ma non potr� mai essere seguito 
il dettato della legge in materia di impugnazione di provvedimenti in 
materia disciplinare, cio� d� provvedimenti della seconda categoria, 
nettamente distinti e separati sotto ogni angolo visuale. Di guisa che 
il vero e fondamentale quesito che nella specie si pone � quello di 
vedere a quale delle due categorie appartenga il provvedimento 

in esame. 

Ora, come � pacifico ed incontestato, si � nella specie in presenza 
di un provvedimento preso dal Consiglio Superiore non in sede disciplinare, 
ma nella normale sede deliberante, a seguito di parere conforme 
della Commissione competente, con il quale si disponeva il 
trasferimento di ufficio del dott. Vallerini, senza il suo consenso ..... 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1 5 giugno 1967, n. 1391 -Pres. 
Scarpello -Rel. Miele -P. M. Pedote (conf.). -Ministero Difesa 
Aeronautica (avv. Stato Vitucci) c. Toscano (avv. Asole). 

Competenza e giurisdizione -Impugnazioni civili -Ricorso in Cassa


zione avverso le decisioni del Consiglio di Stato per motivi attinenti 

alla giurisdizione -Termine -Decorrenza. 

(Cost., art. 111, terzo comma; c. p. c., artt. 325, secondo �comma, 326, 360, n. 1, 
e 362, primo comma.) 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 751 

Giustizia amministrativa -Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Giurisdizione 
di legittimit� -Eccesso di potere -Ambito dell'indagine 
-Annullamento dell'atto amministrativo illegittimo Enunciazione 
di principi in ordine alla successiva attivit� della 

p. A. -Ammissibilit� -Limiti -Fattispecie (in tema di giudizio 
d'avanzamento degli ufficiali). 
(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29; 1. 11 dicembre 1955, n. 1137, artt. 1 e 29). 
n ricorso in Cassazione ammesso solo per motivi attinenti alla 
giurisdizione avverso le decisioni del Consiglio di Stato � soggetto al 
terminl! di gio1�ni sessanta dalla notificazione della decisione impugnabile 
(1). 

Il vizio di eccesso di potere da illogicit� concretandosi nella mancanza 
di un rapporto di causalit� o di armonia tra gli elementi considerati 
nell'atto amministrativo ed il dispositivo dell'atto stesso postula 
necessariamente per il suo accertamento la valutazione di quegli P.lementi: 
pertanto, il Consiglio di Stato non trascende l'a.mbito del qiudizio 
di legittimit� quando, esaminando un ricorso avverso il giudizio 
di non idoneit� all'avanzamento di un ufficiale, proceda alla valutazione 
degli elementi caratteristici della carriera di costui al fine limitato di 
accertare se tale giudizio abbia logica e congrua rispondenza nei precedenti 
di carriera sui quali deve basarsi il giudizio stesso (per l'avanzame11.
to degli ufficiali), mentre pu�, ove annulli il provvedimento, pur 
essendogli inibito di sostituire il proprio giudizio ed. il proprio apprezzamento 
a quello dell'amministrazione attiva, enunciare con specifico 
riferimento al caso deciso i principi che debbono orientare ed im


(1) La Cassazione ha, in via preliminare, disatteso l'eccezione di inammissibilit� 
del ricorso prospettata dal resistente: respingendo l'assunto che, 
in tema di ricorso ex art. 362 c. p. c., non potrebbe trovare applicazione 
l'art. 326 c. p. c., perch� non espressamente richiamato dallo stesso art. 362 
~. p. c., le Sezioni Unite hanno statuito che il ricorso per cassazione, per 
motivi attinenti alla giurisdizione, avverso le decisioni del Consiglio di 
Stato, deve essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla notifi~
azione della decisione (non del solo estratto). 
Sul punto, Cass., Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2949, in Giust. civ., 
1965, I, 1186. 

Tale problema � collegato all'altro concernente l'applicabilit� o meno 
alle decisioni del Consiglio di Stato del termine di decadenza di cui all'art. 
327 c. p. c.. Per la soluzione negativa, Cass., Sez. Un., 19 febbraio 
1965, n. 274, in Giust. civ., 1965, I, 658; id., 12 febbraio 1963, n. 259, ivi 
1963, I, 2148; id., 25 luglio 1961, n. 1809, ivi 1962, I, 121; id., 27 ottobre 
1959, n. 3129, ivi 1960, I, 63. In dottrina, SANDULLI, Il Consiglio di Stato, 
i35 segg., Napoli, 1963; Io., Sull'applicabilit� dell'art. 327 c. p. c. al ricorso 
per cassazione avverso decisioni di giudici speciali, in Giust. civ., 1962, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pronta1�e l'ulteriore svolgimento dell'attivit� amministrativa, trovando 
un tale potere riscontro e giustificazione nella esigenza di prevenire 

o almeno di limitare nuove contestazioni o remo1�e, le quali possano 
insorgere in ordine alla emanazione del nuovo provvedimento in attuazione 
del giudicato (2). 
(Omissis). -In via preliminare si � eccepito dal resistente la inammissibilit� 
del ricorso, perch� proposto oltre sessanta giorni dalla pubblicazione 
della decisione impugnata. Si assume che il ricorso per 
motivi attinenti alla giurisdizione, avverso le decisioni dei giudici speciali, 
previsto dall'art. 362 c. p. c., non � il comune ricorso per cassazione 
di cui all'art. 360 c. p. c., tanto � vero che il.legislatore ha sentito 
il bisogno di precisare che anche tale ricorso deve essere proposto nel 
termine di cui all'art. 325 c. p. c. Trattandosi, perci�, di una specie di 
ricorso � eccezionale �, le norme dettate, dal codice di rito, per il 
ricorso per cassazione, non possono trovare applicazione che nei limiti 
segnati dal legislatore, e se questo, nello art. 362, ha espressamente 
sancito l'applicabilit� del solo art. 325, secondo comma c. p. c., si deve 
desumere, a contrario, che le altre norme relative al termine per la 
impugnazione, ed in particolare quella dell'art. 326 c. p. c., non sono 
applicabili. 

L'argomentazione, a prescindere dalla esattezza o meno della pre


messa, non pu� essere condivisa. Se, infatti, si �considera che l'art. 362, 

oltre al caso di ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione avverso 

le decisioni di giudici speciali, prevede il ricorso per la denunzia dei 

I, 122; in senso contrario, CAPPUCCIO, Sull'applicabilit� dell'art. 327 c. p. c. 
in tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato, in Giur. it., 
1963, I, 1, 142. 

(2) Una delle censure pi� spesso ricorrenti avverso i provvedimenti 
di mancata promozione degli Ufficiali delle FF. AA. consiste nel contrasto 
con i precedenti di carriera. 
Il caso all'esame (annullamento, in sede giurisdizionale, del giudizio 
di avanzamento per eccesso di potere per contrasto con precedenti giudizi 
di idoneit� e con l'espletamento di funzioni inerenti ad un grado superiore 
a seguito di formale provvedimento di incarico) non � pertanto isolato 
nel mosaico giurisprudenziale. 

I problemi, che scaturiscono dalla fattispecie, sono al tempo stesso 
sottili e delicati, in quanto da un lato � tutt'altro che agevole riscontrare 
concretamente e delimitare il vizio di eccesso di potere, dall'altro non pu� 
essere trascurata ogni cautela necessaria ad evitare che il preteso vizio 
di legittimit� possa sconfinare in un giudizio di merito (precluso). Tale 
possibilit� di sconfinamento non � affatto eccezionale in questa materia, 
per cui, come nel caso di specie, risolte le perplessit� di ordine strettamente 
logico-giuridico, possono permanere dubbi sulle conseguenze delle 
conclusioni: � innegabile infatti che, come ha osservato nel corso del 


J 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

conflitti, positivi o negativi, di .giurisdizione, tra giudici speciali, tra 
questi ed il giudice ordinario e tra la pubblica amministrazione ed il 
giudice ordinario, e stabilisce che per questi casi il ricorso � ammesso 
senza limiti temporali, appare evidente che il richiamo all'art. 325 in 
relazione al primo dei �contemplati casi di ricorso, non ha altro scopo 
e significato che quello di evidenziare la diversit� di regolamentazione, 
quanto al termine, tra i vari casi di ricorso previsti dalla disposizione, 
e di conseguenza da tale richiamo non � consentito trarre illazioni in 
ordine alla applicabilit� delle altre norme relative alle modalit� per 
la proposizione della impugnazione, ed in partieolare di quella dell'art. 
326, relativa alla decorrenza del termine. D'altro canto, va rilevato 
che questa norma -rivolta a porre le parti in condizione di avere 
conoscenza della � ratio decidendi � della decisione, onde valutare la 
convenienza della impugnazione e provvedere alla contestuale formulazione 
dei motivi, che costituisce un requisito comune, in materia 
civile, a tutte le impugnazioni, soddisfa ad una imprescindibile esigenza, 
comune anche al ricorso ex art. 362 c. p. c., per cui la sua inapplicabilit� 
sarebbe ammissibile e giustificata, solo se le norme speciali, 
regolatrici del procedimento dinanzi al giudice speciale, prevedono 
modalit� per la pubblicazione della decisione, atte a conseguire lo 
scopo, cui tende l'art. 326 c. p. c.. Ci� non si verifica per le decisioni 
del Consiglio di Stato, posto che l'art. 67 del regolamento 17 agosto 
1906, n. 642, relativo ai procedimenti innanzi al detto organo in 
sede giurisdizionale, stabilisce che la pubblicazione della decisione si 
attua mediante la lettura in udienza � della sola parte dispositiva � e 

giudizio la difesa del Ministero ricorrente, il riconoscimento della sussistenza 
di un eccesso di potere pu�, in definitiva, determinare una � sostituzione 
., nel giudizio di valutazione, del giudice all'organo istituzionalmente 
chiamato dalla legge a pronunziarsi sull'avanzamento degli Ufficiali 
(cfr. Relazione Avvocatura Stato 1961-1965, III, 373 seg.g., Roma, 
1966). � quindi con sospetto che occorrereb]:>e esaminare un tale tipo di 
censura, soprattutto quando si tratti di avanzamento ai gradi massimi della 
gerarchia militare, per l'accesso ai quali l'aspirante deve possedere i necessari 
requisiti � in modo eminente ., come indicato dalla legge 12 novembre 
1955, n. 1173 (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 1966, n. 648, in Cons. Stato, 
1966, I, 1624; in particolare, id., 8 giugno 1966, n. 500, ivi 1966, I, 1141, 
secondo cui, quando sono carenti elementi obbiettivi e sicuri atti a dfmostrare 
inequivocabilmente il possesso � in modo eminente � dei prescritti 
requisiti, il giudizio di avanzamento � soltanto il risultato dell'esercizio, da 
parte del competente organo dell'Amministrazione, di un potere discrezio


nale; e ancora: Cons. Stato, Sez. IV, 25 novembre 1964, n. 1373, in Cons. 
Stato 1964, I, 1990; id., parere, 21 maggio 1964, n. 571, ivi 1966, I, 408; 
id., 24 ottobre 1958, n. 749, in Foro amm., 1958, I, 716). 

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, in un passato non recente, 
aveva costantemente negato la possibilit� di configurare il vizio 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. �9 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018 dispone che di siffatta 
pubblicazione sia data comunicazione alle " parti � mediante biglietto 
della segreteria. 

N� � esatto il rilievo, che rispetto alle decisioni del Consiglio di 
Stato, almeno per quanto riguarda l'Amministrazione, la inapplicabilit� 
dell'art. 326 deriverebbe dal coordinamento con la disposizione del 
primo comma dell'art. 87 del citato regolamento del 1906, che prevede 
la comunicazione integrale, in via amministrativa, della decisione alla 
amministrazione interessata, essendo l'efficacia di detta disposizione 
cessata per effetto della emanazione dell'art. 9 della ricordata legge 

n. 1018 del 1950, che ha eliminato ogni disparit� di trattamento tra 
parti private e pubblica amministrazione in ordine alla comunkazione 
della decisione, disponendo, come si � rilevato, la comunicazione alle 
� parti � della pubblicazione della decisione mediante biglietto della 
segreteria. 
Circa, infine, l'assunto, secondo cui anche ammettendosi la applicabilit� 
dell'art. 326, nella fattispecie il ricorso sarebbe ugualmente 
tardivo, perch� proposto oltre il sessantesimo giorno dalla avvenuta 
notifica, a sensi dell'art. 89 del citato regolamento del 1906, dell'estratto 
della decisione, va osservato che questa notificazione non pu� considerarsi 
sostitutiva ed equipollente a quella di cui all'art. 326, per 
l'ovvia considerazione, che riguardando l'estratto siccome precisa la 
richiamata disposizione, solo la parte del dispositivo della decisione 
relativa alla condanna alle spese, la notifica di esso non offre ovviamente, 
la possibilit� al destinatario di avere diretta ed immediata conoscenza 
della motivazione, conoscenza, indispensabile per valutare, la 

di eccesso di potere nel contrasto tra il giudizio negativo in sede di avanzamento 
di un ufficiale ed i precedenti di carriera, ha gradualmente mutato 
orientamento, vieppi� ampliando le possibilit� di annullamento per 
eccesso di potere (cfr. peraltro, Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 1966, 

n. 604, in Cons. Stato 1966, I, 1416, secondo cui occorre una particolare 
cautela nel valutare la sintomatologia dell'eccesso di potere, allo scopo di 
non sconfinare nel merito tecnico-discrezionale del giudizio di avanzamento; 
e ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 5 aprile 1966, n. 225, in Cons. Stato 
1966, I, 701, secondo cui il vizio di eccesso di potere, per essere rilevabile 
in sede di ricorso avverso il giudizio negativo di avanzamento, deve presentarsi 
in termini di tale gravit� ed esorbitanza da rendersi di per s� 
evidente. Si veda anche TERRANOVA, I limiti del sindacato di legittimit� del 
Consiglio di Stato in materia di avanzamento a scelta degli Ufficiali, a 
commento della decisione dell'Ad. pl. del Consiglio di Stato n. 11 del 22 
maggio 1964, in questa Rassegna, 1964, I, 746). 
Sussiste pertanto il vizio di eccesso di potere nel giudizio di inidoneit� 
all'avanzamento, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, 
quando, nell'� iter� logico intercorrente tra la valutazione dei requisiti 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

convenienza della impugnazione e provvedere alla contestuale formulazione 
dei motivi. 

Si deve pertanto concludere che, in conformit� a quanto stabilisce 
in via di massima l'art. 362 c. p. c., il ricorso per cassazione, per motivi 
attinenti alla giurisdizione, avverso le decisioni del Cons\glio di Stato, 
deve essere proposto, a sensi del combinato disposto degli art. 325 e 326 

c. 
p. c., nel termine di giorni sessanta dalla notificazioYie della decisione. 
L'eccezione � pertanto infondata. 
Nel merito il ricorso � parimenti destituito di giuridico fondamento. 
Con l'unico mezzo di annullamento l'Amministrazione ricorrente 
denunzia .violazione degli art. 360 n. 1 e 362 ultimo comma c. p. c., in 
relazione all'art. 29, primo comma n. 1 e secondo comma, del t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054, e sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe 
accolto il ricorso del Toscani per consideraz~oni, le quali trascendono 
l'ambito del giudizio di legittimit� e concretano apprezzamenti di 
merito, riservati, dall'ordinamento, alla autorit� amministrativa preposta 
all'avanzamento dei militari. In tale eccesso di potere la decisione 
impugnata sarebbe incorsa secondo l'avviso della ricorrente pi� 
volte ed esattamente : 1) quando ha valutato positivamente, nel merito, 
un determinato elemento caratteristico e cio� l'attribuzione delle funzioni 
del grado superiore; 2) quando ha valutate, nel merito, ritenendole 
insufficienti, altre entit� risultanti dalla medesima documentazione caratteristica; 
3) quando, infine, ha formulato un vero e proprio giudizio 
positivo di avanzamento, dichiarato vincolante per la amministrazione 
la quale a tale giudizio favorevole aveva l'obbligo giuridico di attenersi, 

per l'avanzamento e la statuizione conclusiva, si possa ravvisare un iato 
interruttivo della imprescindibile correlazione tra presupposti e decisioni 
(Cons. Stato, Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 84, in Foro amm., 1967, I, 317; 
id., 14 dicembre 1966, n. 1055, in Cons. Stato, 1966, I, 2265; id., 11 maggio 
1966, n. 356, ivi 1966, I, 921; id., 5 maggio 1965, n. 400, ivi 1965, I, 828; 
id., 8 luglio 1964, n. 923, in Foro amm., 1964, I, 831; id., 8 aprile 1964, 

n. 186, ivi 1964, I, 434; id., Ad. pl., 20 ottobre 1959, n. 12, ivi 1959, I, 903); 
oppure quando i precedenti di carriera dell'aspirante all'avanzamento siano 
uniformemente ottimi e nelle note caratteristiche dell'ufficiale siano completamente 
carenti mende, rilievi o �'iserve sia pure non gravi (Cons. Stato, 
Sez. IV, 24 maggio 1967, n. 187, in Foro amm., 1967, I, 655; id., 24 maggio 
1967, n. 199, ivi, 1967, I, 662; id., 3 maggio 1967, n. 155, ivi, 1967, I, 
641; id., 22 marzo 1967, n. 102, ivi, 1967, I, 344; id. 5 aprile 1967, n. 109, 
ivi, 1967, I, 463; id., 10 febbraio 1967, n. 13, ivi, 1967, I, 123; id., 1� giugno 
1966, n. 494, in Cons. Stato, 1966, I, 1137; id., 14 luglio 1964, n. 964, in Foro 
amm., 1964, I, 849; id., 13 maggio 1964, n. 504, ivi, 1964, I, 589; id., 8 aprile 
1964, n. 186, in Cons. Stato, 1964, I,654; id., Ad. pl., 1� marzo 1962, n. 211, 
ivi, 1965, I, 803; id., 19 aprile 1961, n. 221, in Foro amm., 1961, I, 875; id., 
18 gennaio 1961, n. 22, ivi, 1961, I, 676. In dottrina, LANDI, Profili di stato 
e avanzamento degli Ufficiali, in Scritti Jemolo, Milano 1963, III, 309; 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sicch� l'atto amministrativo � stato dichiarato illegittimo P<erch� si era 
discostato dalla valutazione del giudice, qualificata decisiva. 

La decisione impugnata, premesso che, in sede di revocazione, il 
riJcorso del Toscani era stato accolto in quanto era stato ritenuto che 
il giudizio di idoneit� fosse in assoluto ed insanabile contrasto con la 
precedente formale valutazione, con la quale il Ministro aveva attribuito 
al ricorrente le mansioni del grado superiore, mantendolo in tali 
funzioni negli anni in cui era stato giudicato idoneo, ed in quello, in 
cui, invece, era stato dichiarato non idoneo, ha osservato che in sede 
di rinnovazione del giudizio di avanzamento, l'amministrazione era 
incorsa negli stessi vizi, che erano stati gi� rilevati in sede di revocazione. 
In particolare ha osservato che avendo la Commissione Superiore 
di avanzamento negato che il ricorrente fosse in possesso dei 
requisiti voluti dalla legge sull'avanzamento degli ufficiali, � dopo aver 

considerato in ogni loro particolare aspetto le funzioni del grado superiore 
espletate dal col. Toscani presso la Direzione generale del Demanio 
�, permaneva, nonostante tale motivazione, il contrasto tra il 
giudizio di inidoneit� e l'apprezzamento del Ministro, che aveva conferito 
all'ufficiale le funzioni superiori, dato che dalla documentazione 
depositata in giudizio risult,ava che nessun elemento nuovo, emerso 
in epoca successivo al giudizio annullato, giustificava il diverso apprezzamento 
della C.S.A.. Ha inoltre osservato che la Commissione di avanzamento, 
chiamata a giudicare ora per allora, non poteva non tener 
�conto che l'accoglimento del ricorso per revocazione era stato pronunciato 
non soltanto perch� l'ufficiale aveva espletato le mansioni della 
qualifica superiore, ma anche perch� ricoprendo tale qualifica aveva 
conseguito reiteratamente la idoneit� all'avanzamento, mentre nell'anno 
1956 era stato giudicato non idoneo continuando tuttavia ad eser-

BACHELET, In tema di avanzamento a scelta di Ufficiali, in Foro amm., 1959, 
I, 447; SCIACCA, Dell'avanzamento a scelta degli Ufficiali delle Forze Armate 
in base alla ]_,egge 12 novembre 1955, n. 1137. La seconda fase del 
giudizio di avanzamento, in Cons. Stato, 1960, II, 442); oppure ancora quando, 
in caso di giudizi successivi con esito difforme, riguardanti la promozione 
allo stesso grado, ma relativi ad anni diversi, il nuovo giudizio sia 
stato formulato dalla stessa commissione giudicatrice, a breve distanza 
di tempo dal giudizio precedente e applicando identiche norme procedurali 
(Cons. Stato, Sez. IV, ~2 aprile 1964, n. 321, in Foro amm., 1964, I, 

443; id., 13 febbraio 1963, n. 65, ivi 1963, II, 55); o infine quando l'aspirante 
alla promozione abbia un � curriculum � brillantissimo ed abbia sempre 
riportato nelle note caratteristiche la qualifica massima (Cons. Stato, 
Sez. IV, 22 marzo 1967, n. 99, in Foro amm., 1967, I, 342). 

Il contrasto assoluto ed insanabile con i precedenti di carriera non 
sussiste, invece, quando dai documenti caratteristici dell'ufficiale risultano 
elementi negativi di valutazione: in tal caso non pu� configurarsi il vizio 
di eccesso di potere, il cui riconoscimento urterebbe contro la preclusione 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 757 

citare le stesse funzioni e senza che fosse intervenuto alcun elemento, 
atto a giustificare il diverso apprezzamento della Commissione. 

Orbene, cos� motivando il Consiglio di Stato non ha espresso, 
contrariamente all'assunto della ricorrente, apprezzamenti di merito 
in ordine alla valutazione degli elementi caratteristici della carriera 
del Toscani, ma ha soltanto proceduto alla ponderazione, che non esorbita 
dai limiti del giudizio di legittimit�, degli eleme:'.lti considerati dal 
provvedimento impugnato, al limitato fine di accertare se il giudizio 
avesse logica e congrua rispondenza nei precedenti di carriera sui 
quali, ai sensi degli artt. 1 e 29 della I. 11 dicembre 1955, n. 1137, deve 
basarsi il giudizio per l'avanzamento degli ufficiali. 

Il vizio di eccesso di potere per illogicit�, concretandosi nella mancanza 
di un rapporto di causalit� o di armonia tra gli elementi considerati 
ed il dispositivo dell'atto amministrativo, postula, per il suo 
accertamento, necessariamente la valutazione de~_li elementi posti a 
premessa del provvedimento, poich�, in relazione a tale valutazione pu� 
accertarsi, se sussista o non correlazione logica tra quegli elementi ed 
11 provvedimento. 

N� � a dire che il Consiglio di Stato avrebbe, comunque, esorbitato 
dai limiti del giudizio di legittimit�, e sostituito il proprio giudizo a 
quello della amministrazione, allorquando, a conclusione del suo ragionamento, 
ha rilevato che, poich� con la precedente sua decisione era 
stato ritenuto dedsivo, agli effetti del giudizio di idoneit�, la circostanza 
di aver il col. Toscani svolte le mansioni superiori riportando 
giudizi favorevoli, si appalesavano ininfluenti i rilievi prospettati della 
difesa della amministrazione, per giustificarne, a posteriori l'operato. 
Posta in relazione al rilievo -esposto in precedenza -che dalla documentazione 
depositata in giudizio, alcun elemento nuovo, emerso in 
epoca successiva al giudizio annullato, giustifica il diverso apprezzamento 
degli elementi caratteristici gi� valutati dalla Commissione di 

di interferire nella valutazione di merito riservata all'Amministrazione 
(Cons. Stato, Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 796, in Cons. Stato, 1966, I. 
2018; id., 16 ottobre 1966, n. 793, ivi, 1966, I, 2017; id., 18 maggio 1966, 

n. 422, ivi, 1966, I, 943; id., 30 marzo 1966, n. 187, ivi, 1966, I, 493; id., 20 
ottobre 1964, n. 1048, ivi, 1964, I, 1703). 
Sostanzialmente, pertanto, il Consiglio di Stato riconosce che il giudizio 
di avanzamento a scelta rientra nella valutazione ampiamente discrezionale 
della Commissione Superiore di Avanzamento e che il giudizio 
stesso �, come tale, insindacabile in sede giurisdizionale, " salvo che 
per i vizi logici � (Cons. Stato, Sez. IV, 12 aprile 1967, n. 114, in Foro 
amm., 1967, I, 467; id., 9. novembre 1966, n. 790, ivi, 1966, I, 1776). Il controllo 
del giudice amministrativo, cio�, � limitato alla coerenza del giu


dizio di valutazione sulla base di tutti gli elementi di fatto che sostengono 
il giudizio stesso e pu� essere esercitato sulla eventuale contraddittoriet� 
tra diverse pronunce dell'Amministrazione, anche se questa agisca attra



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

avanzamento, la proposizione in esame, si concreta sostanzialmente 
nella riaffermazione del concetto, informatore della decisione, che, a 
palesare la illegittimit� del provvedimento impugnato, fosse determinante 
la gi� rilevata sconcordanza logica tra il giudizio di inidoneit� 
ed il positivo espletamento delle funzioni del grado superiore. Intesa in 
questo senso la proposizione non trascende la sfera dei poteri giurisdizionali 
del Consiglio di Stato, giacch�, qualora il giudice arruninistrativo 
annulli, anche per motivi di mera legittimit�, un provvedimento, 
pur non potendo sostituire il proprio giudizio ed il proprio apprezzamento 
a quello della amministrazione attiva, pu� a buon diritto, e con 
specifico riferimento al caso deciso, ed alla questione dedotta in giudizio, 
enunciare i principi che debbono orientare ed improntare l'ulteriore 
svolgimento della attivit� amministrativa. Potere che trova riscontro 
e giustificazione nella esigenza di prevenire o almeno limitare 
nuove contestazioni o remore, che possono insorgere in ordine alla 
emanazione del nuovo provvedimento in attuazione del giudicato. 


(Omissis). 

verso una successione di valutazioni (Cons. Stato, Sez. IV, 20 ottobre 1964, 

n. 1026, in Cons. Stato, 1964, I, 1675). 
Per quanto concerne il rapporto tra l'avanzamento e l'affidamento di 
funzioni di un grado superiore, la giurisprudenza del Consiglio di Stato 
esclude in linea generale che l'esercizio di tali funzioni �comporti implicitamente 
un riconoscimento, da parte dell'Amministrazione, del possesso 
dei requisiti necessari all'avanzamento; esclude altres� che l'affidamento 
delle funzioni del grado superiore implichi un diritto a conseguire la promozione. 
Ovviamente tale affidamento non pu� essere trascurato, costi


'tuendo uno degli elementi di giudizio, la cui rilevanza, ai fini della decisione 
di avanzamento, rientra nell'apprezzamento di merito della Pubblica 
Amministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, 8 novembre 1960, n. 928, in Cons. 
Stato, 1960, I, 1991; id., 21 ottobre 1959, n. 968, ivi, 1959, I, 1308; id., 13 
maggio 1959, n. 586, ivi, 1959, I, 717; id., 27 febbraio 1959, n. 270, ivi, 1959, 
I, 183). 

UMBERTO GIARDINI 

r 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 luglio 1967, n. 1673 -Pres. Flore� 
Rel. La Farina -P. M. Pedote (conf.) -Societ� Autoservizi Trasporti 
avvocati Mezzatesta e Terranova) c. Societ� tranvie provinciali di 
Napoli (avv. Sorrentino) e Ministero dei Trasporti (avv. Stato Del 
Greco). 

Competenza e giurisdizione -Cassazione -Consiglio di Stato -Decisioni 
-Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione 


Limiti. 
(Cost., art. 111, comma terzo; c. p. c., artt. 360, n. 1, e 362, primo comma; t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054, art. 48). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 759 

Competenza e giurisdizione -Giustizia amministrativa -Consiglio di 

Stato -Giurisdizione di legittimit� -Atto amministrativo -Inva


lidit� -Eccesso di potere -Nozione -Accertamento -Limiti 


Sindacato da parte delle sezioni unite della Corte di Cassazione. 

(Cost., art. 111, terzo cmnma; �c. p. c., artt. 360, n. 1, e 362, primo comma; t. u. 
26 giugno 1924, n. 105 .. , artt. 26 e 48). 

Le decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale sono 
impugnabili davanti alle sezioni unite della Corte di Cassazione esclusivamente 
per motivi attinenti alla giurisdizione e pi� precisamente alla 
osservanza dei soliti limiti esterni della giurisdizione ossia alla esistenza 
di quei soli vizi che riguardano l'essenza della funzione, escluso ogni 
sindacato sul modo di esercizio della funzione stessa; pertanto, l'impugnazione 
� ammissibile soltanto in ipotesi determinate ed aventi carattere 
tassativo quali: a) l'eccesso di potere giurisdizionale per avere il 
Consiglio di 'stato invaso il campo riservato alla discrezionalit� della 
pubblica Amministrazione, b) l'invasione delle sfere di giurisdizione 
attribuite al Giudice ordinario ovvero ad altro Giudice speciale, e) 
l'esplicazione di un sindacato di merito, allorquando la � potestas iudicandi 
� sia limitata alla indagine sulla legittimit� dell'atto amministrativo, 
d) il rifiuto deU'esercizio delta potest� giurisdizionale sull'erroneo 
presupposto che la materia non possa essere oggetto, in modo assoluto, 
di funzione giurisdizionale o che non possa essere oggetto di funzione 
giurisdizionale propria del Consiglio di Stato, e) la ittegittima costituzione 
del collegio giudicante, in quanto la mancanza dei presupposti 
costituitivi essenziali dell'organo si inquadra anch'essa nel difetto di 
giurisdizione; al di fuori di tali ipotesi, restano, quindi, sottratte al sindacato 
dette sezioni unite detta Corte di Cassazione te violazioni dipendenti 
comunque da erronea o falsa applicazione di norme giuridiche, da 
vizio del processo logico detta decisione, da una manchevole valutazione 
dette prove e dalla inosservanza dette norme che regolano to svolgimento 
det processo (1). 

Il giudizio di legittimit� attribuito al Consiglio di Stato si estende 
ai profili riflettenti la esistenza di quei vizi detta causa dell'atto e detta 
volont� detta pubblica Amministrazione, che si identificano con ta complessa 
nozione di eccesso di potere, sotto it cui schema si raggruppano 
tutte te violazioni di quei limiti interni detta discrezionalit� amministrativa 
non consacrati in espresse norme di legge: tate vizio, in tanto 
pu� essere accertato in quanto it Giudice amministrativo effettui un 
esame del contenuto sostanziale dell'atto impugnato e dei presupposti 

(1 e 4) Cfr. Cass., Sez. Un., 24 aprile 1964, n. 1007 in Giust civ., 1964, 
[, 891, Cass., Sez. Un., 21 giugno 1965, n. 1297, ivv, 1965, I, 2226, Cass., Sez. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che ne hanno dete1�minato la nascita, esclusa ogni indagine sulla convenienza 
ed opportunit� delL'atto medesimo, onde, qualora il Consiglio 
di Stato traesse occasione dalla indagine sull'eccesso di potere per estendere 
il proprio controllo ad un completo riesame dei fatti e ad un lo1�0 
diretto apprezzamento sotto il punto di vista dell'opportunit� e della 
convenienza, sostituendo il proprio giudizio a quello dell'organo amministrativo, 
si manifesterebbe un fenomeno di usurpazione di potere, censurabile 
da parte delle sezioni unite della Corte di Cassazione, siccome 
arbitmriamente ne risulterebbero limitati i poteri dell'Amministrazione 
attiva (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 212 -Pres. 
Scarpella -Rel. Pratillo -P. M. Di Majo (conf.). -Comune di Ancona 
(avvocati Gobbi, Giorgetti e Tamburrini) c. Pugnaloni (avvocati 
Annesi e Carpi) e Ministero della Pubblica Istruzione (intimato). 

Competenza e giurisdizione -Giustizia amministrativa -Giudicato 
amministrativo -Esecuzione -Poteri del Consiglio di Stato Estensione 
e limiti -Distinzioni -Fattispecie. 

(r. d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 27, n. 4; I. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 32). 
Competenza e giurisdizione -Cassazione -Consiglio di Stato -Deci


sione -Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione 


Limiti -� Errores in procedendo� -Insindacabilit�. 

(Cost., art. 111, comma terzo; c. p. c., artt. 360, n. 1, e 362, comma primo; r. d. 
26 giugno 1924, n. 1024, art. 48). 

Il potere del Consiglio di Stato di decidere sui rico1�si diretti ad 
ottene1�e l'adempimento dell'obbligo dell'Autorit� amministrativa di conformarsi 
al giudicato dei tribunali 01�dinari deve ritenersi esteso anche 
ai casi di denegata esecuzione dei giudicati amministrativi: nell'esercizio 
di tale potere il Consiglio di Stato, qualora la pubblica Amministrazione 
sia tenuta a porre in essere un atto vincolato del quale risultino accertati 
tutti i presupposti, pu� con la propria pronuncia sostituire il provvedimento 
dovuto dalla pubblica Amministrazione per effetto del giudicato 
amministrativo; quando invece l'attivit� della pubblica Amministmzione 
sia discrezionale, il Consiglio di Stato pu� l�gittimamente sol-

Un., 30 settembre 1965, n. 2070 in questa Rassegna, 1966, I, 552 ed ivi, 553, 
nota 1, nonch�, per esteso in Giust civ., 1965, I, 2179; a queste ed alle altre 
sentenze citate in quelle di cui si tratta, adde Cass., Sez. Un., 25 gennaio 
1967, n. 218 in questa Rassegna, 1967, I, 555 ed ivi 556 nota 1-2. 

(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 9 luglio 1965, n. 1429, in Giust civ., 1966, I, 130. 

J 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

tanto imporre alla pubblica Amministrazione di provvedere alla esecuzione 
del giudicato amministrativo ent1'0 un dato termine ed, in caso 
di uite1�iore ine1�zia, disporre ricorrendone gli est1�emi che il prefetto 
competente nomini un commissario, il quale emani i provedimenti conseguenziali 
sostituendosi all'autorit� amministrativa inerte (applicazione 
al caso in cui annullatu una licenza edilizia il Comune resti inerte e non 
ordini la demolizione della costruzione abusivamente effettuata n� denunci 
i costruttori all'Autorit� Giudiziaria per gli effetti penali della 
trasgressione commessa) (3). 

Il sindacato delle sezion~ unite della Corte di Cassazione sulle decisioni 
del Consiglio di Stato � circoscritto all'esame dell'osse1�vanza o 
meno, da parte del Giudice amministrativo, dei limiti esterni fissati alla 
giurisdizione di questo: �, quindi, inammissibile il ricorso pe1� cassazione, 
ove si denunzi un � erro1� in procedendo ., nel quale sm�ebbe inco1�so il 
Consiglio di Stato, non attenendo tale censura ai limiti della potest� giurisdizionale 
di detto organo (4). 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 209 -Pres. 
Tavolaro -Rel. Giannattasio -P. M. Criscuoli (conf.) -Soc. p. Az. 

� Fratelli Fontana magazzini � (avv. D'Ugo) c. Ferrovie dello Stato 
(avv. Stato Ricci). 
Competenza e giurisdizione -Cosa giud.icata -Questione di giurisdizione 
-Rilevabilit� in ogni stadio e grado del giudizio, anche di ufficio 
-Limiti -Giudicato sulla giurisdizione. 

(c. p. c., artt. 37, primo comma, 41, 360, 367; c. c., art. 2909). 
La questione di giurisdizione pu� essere rilevata in ogni stadio e 
grado del giudizio, anche di ufficio, salva la preclusione de1�ivante dal 
fo1�marsi del giudicato esplicito o implicito sulla giurisdizione (5). 

(3) Cfr. Cass., Sez. Un., 8 luglio 1953, n. 2157 in questa Rassegna, 1953, 
278 e, per esteso, in Fo1�0 it., 1953, I, 1081 con nota di richiami, Cass., Sez. 
Un., 14 aprile 1964, n. 898, in questa Rassegna, 1964, I, 679 ed ivi, 670, nota 
1, nonch�, per esteso, in Giur. It., 1964, I, 1, 1410, Cass., Sez. Un., 13 aprile 
1965, n. 666, in questa Ra.ssegna, 1965, I, 1122 ed ivi nota 1; tali sentenze 
sono quelle citate sulle relative questioni nella sentenza di cui si tratta; 
ad esse adde: Cass. 5 maggio 1965, n. 824, in Foro it., 1965, I, 982, con nota 
di richiami e puntualizzazione sull'argomento, secondo l'orientamento giurisprudenziale 
del Consiglio di Stato. 
(5) La sentenza � pubblicata per esteso in Foro amm., 1967, I, 1, 294 
con nota di richiami, cui adde, sulla rilevabilit� di ufficio della questione di 

762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, la Societ� SAI afferma 
che, pretendendo di introdursi nel momento determinativo della Amministrazione 
col sostituire all'accertamento, da questa compiuto -che il 
servizio per la stazione ferroviaria della nuova autolinea era distinto e 
separato dal servizio nel centro di Aversa -una propria apodittica affermazione, 
la quale variava i fattori primari relativi all'individuazione 
del servizio, il Consiglio di Stato avrebbe invaso la sfera dell'apprezzamento 
di merito riservata in via esclusiva all'Amministrazione (Falso 
comportamento, oltre i limiti dell'articolo 26 t. u. 26 giugno 1924,_ n. 1054, 
in relazione all'art. 5 d. P. R. 26 giugno 1955, n. 771, e agli artt. 37, 41, 
362 c. p. c., 48 citato t. u.). 

Con il secondo motivo di ricorso, la Soc. SAI deduce che il Consiglio 
di Stato si sarebbe pronunciato sull'opportunit� dell'atto amministrativo, 
avrebbe, cio�, espresso un giudizio che esula dall'ambito della 
legittimit�, facendo una diversa individuazione nelle qualifiche funzionali 
di fattori primari, cui avrebbe attribuito altre possibilit� ed altri 
compiti, ritenendo apoditticamente il carattere concorrenziale ed integrativo 
della autolinea in contenzioso, con conseguente riconoscimento 
del diritto di preferenza della Societ� Tramvie Provinciali di Napoli. 
(Altra esorbitanza dall'art. 36 t. u. n. 1054 del 1924, in relazione all'art. 5 
legge 28 settembre 1939, n. 1822 e all'art. 362 c. p. c.). 

Tali motivi sono infondati. 

Secondo principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa 
Corte regolatrice, le decisioni del Consiglio di Stato in s. g. sono impugnabili 
dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione (in conformit� delle 
combinate norme di cui all'art. 48 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, 360 n. 1 
e 362 primo comma c. p. c. e 111 terzo comma della Costituzione), esclusivamente 
per motivi attinenti alla giurisdizione; vale a dire il controllo 
della S. C. � limitato all'osservanza dei soli limiti esterni della giurisdizione 
del Consiglio di Stato, cio� all'esistenza di quei soli vizi che attengono 
all'essenza della funzione, con esclusione di ogni sindacato sul modo 
di esercizio della funzione stessa. Pertanto, l'impugnazione � ammissibile 
soltanto in ipotesi ben determinate ed aventi carattere tassativo, 

giurisdizione in ogni stadio e grado del giudizio: Cass., Sez. Un., 16 aprile 
1966, n. 950, in questa Rassegna, 1966, I, 823 ed ivi nota 1, sul giudicato 
in materia di giurisdizione, Cass., Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 249 in 
questa Rassegna, 1967, I, 370 ed ivi, 371, nota 1-4, nonch�, in particolare, 
sul giudicato implicito, Cass., Sez. Un., 5 aprile 1966, n. 874, in questa Rassegna, 
1966, I, 1218, ed ivi QUARANTA, Osservazioni circa il giudicato implicito 
sulla questione di giurisdizione in rapporto alla pronuncia dei giudici 
speciali. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 763 

:iuali: a) l'eccesso di potere giurisdizionale, per avere il Consiglio di Stato 
lnvaso il campo riservato alla discrezionalit� della P. A., cio� per avere 
riconosciuto la propria giurisdizione in quei campi in cui nessun giuiice 
pu� conoscere della controversia, come nei casi in cui, di fronte 
:ill'attivit� spiegata dalla P. A., debbano riconoscersi posizioni soggettive 
:iconducibili a semplici interessi di fatto, non qualificati da una parti!
olare situazione di vantaggio, e, quindi, privi di ogni tutela giurisdi~
ionale; b) l'invasione della sfera dell'altrui giurisdizione, cio� di quella 
tttribuita al giudice ordinario, ovvero ad altro giudice speciale; c) l'espli!
azione di un sindacato di merito, allorquando la potestas judicandi sia 
.imitata alla sola indagine. sulla legittimit� dell'atto amministrativo 
.mpugnato; d) il rifiuto dell'esercizio della potest� giurisdizionale, sul


'erroneo presupposto che la materia non possa essere oggetto, in modo 
lssoluto, di funzione giurisdizionale, e che non possa essere oggetto 
lella funzjone giurisdizionale propria del Consiglio di Stato; e) l'ille~
ittima costituzione del Collegio giudicante, in quanto la mancanza dei 
U"esupposti costitutivi essenziali dell'organo s'inquadra anch'essa nel 
lifetto di giurisdizione. 

Al di fuori delle ipotesi anzidette, rest�no sottratte al controllo 
lella Suprema Corte le violazioni dipendenti, comunque, da erronea o 
'.alsa applicazione di norme giuridiche, da vizio del processo logico della 
lecisione, da una manchevole valutazione delle prove e dall'inosserranza 
delle norme che regolano lo svolgimento del processo (cfr., tra 
e pronunce pi� recenti e significative di questa Suprema Corte, le sen.
enze 30 gennaio 1967, n. 253, 17 novembre 1966, n. 2774, 12 dicembre 
.966, n. 2889). Ci� premesso, appare inconsistente la tesi della ricorrente, 
:econdo la quale il Consiglio di Stato nell'accertare, nella specie, i vizi 
li legittimit� dell'atto amministrativo, avrebbe varcato, appunto, i limiti 
'terni della propria giurisdizione, incorrendo in una sostanziale esorbi


\za dal sindacato di legittim.it�, e invadendo, quindi, il campo dei 

'ri discrezionali riservati allt;l P. A. (ipotesi di cui alle lettere a) e c) 

indicate). 

\le esorbitanza e tale invasione si sarebbero verificate, secondo 

_.., in quanto il Consiglio di Stato avrebbe preteso di introdursi nel 

,romento determinativo proprio dell'amministrazione, sostituendo al


'accertamento da questo operato -che il servizio della nuova�autolinea 

ira distinto e div.erso da quello preesistente -una propria apodittica 

tffermazione che avrebbe variato sostanziaimente i fattori primari �rela


ivi all'individuazione del servizio, e in quanto lo stesso consesso avrebbe, 

1ltrettanto apoditticamente, fatto una individuazione della qualifica fun


:ionale dei fattori primari, attribuendo ad essi altre possibilit� ed altri 

~ompiti. Ma tale impostazione � viziata sia�da una erronea concezione 

lei limiti del sindacato di legittimit� spettante al Consiglio di Stato, 

ispetto agli atti amministrativi aventi contenuto intrinsecamente discre



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zionale, sia da un travisamento della vera sostanza dell'impugnata decisione. 
� appena necessario ricordare che il giudizio di legittimit�, attribuito 
al C. d. S. sugli atti amministrativi, ha un ambito ben pi� vasto 
del sindacato di legittimit� spettante alla Corte di Cassazione sulle pronunce 
giurisdizionali; sindacato, quest'ultimo, che si concreta, di norma, 
in una mera revisione riel giudizio contenuto nelle pronunce stesse. Il 
giudizio del Consiglio di Stato si estende, particolarmente, a profili attinenti 
all'esistenza di quei vizi della causa dell'atto e della volont� della 
P. A. e della sua formazione, che si identificano con la complessa nozione 
di eccesso di potere; eccesso di potere la cui valutazione spetta al Consiglio 
di Stato e che, in tanto pu� essere accertato, in quanto il giudice 
amministrativo effettui un esame del contenuto sostanziale dell'atto impugnato 
e dei presupposti che ne hanno determinato la nascita; e, poich� 
tale esame prescinde da ogni indagine sulla convenienza ed opportunit� 
dell'atto medesimo, rimane ben fermo il confine che delimita il 
giudizio di legittimit� da quello di merito. Certamente, al Consiglio di 
Stato � inibito di penetrare nell'intrinseco del provvedimento amministrativo, 
e ove quel consesso traesse occasione dall'indagine sull'eccesso 
di potere per estendere il proprio controllo ad un completo riesame dei 
fatti e ad un loro diretto appr�zzamento sotto il pieno punto di vista 
dell'opportunit� e della convenienza, sostituendo il proprio giudizio a 
quello dell'organo amministrativo, si manifesterebbe un fenomeno di 
usurpazione di potere, di cui potrebbe questo S. C. far censura, perch� 
arbitrariamente ne risulterebbero limitati i poteri dell'amministrazione 
attiva (Cass. sent. 9 luglio 1965, n. 1429). � da escludere, tuttavia, che, 

nella specie, siasi verificato un simile fenomeno di usurpazione; e ci� 
risulta chiaro confrontando i veri termini della controversia con il 
contenuto della decisione impugnata. Alla societ� T. P. N., esercente da 
anni una linea di comunicazione ad impianti fissi, spettava, a norma di 
legge (art. 5 n. 1 della legge 28 settembre 1939, n. 192.2), la preferenza 
nelle concessioni di nuovi servizi automobilistici in presenza della duplice 
condizione che questi fossero concorrenti al servizio gestito, e che 
essi fossero finitimi ad esso, secondo la definizione che della .finitimit� 
d� la stessa legge. L'Amministrazione, rispetto al nuovo servizio de quo, 
ebbe a dare la concessione ad altra societ� aspirante -la SAI -sulla 
base di tre considerazioni: a) che la nuova linea da istituirsi veniva 
incontro alla necessit� di un servizio di carattere locale, e quindi non 
poteva considerarsi integrativa di quella tranviaria; b) che le Tranvie 
Provinciali di Napoli non disponevano di materiale automobilistico proprio 
e, in caso di assegnazione del servizio, non avrebbero avuto i mezzi 
finanziari per provvedere all'acquisto; e) che la posizione concessionale 
della S.A.I. .era preminente rispetto a quella delle Tramvie Provinciali, 
in quanto la stessa S.A.I. univa con autolinee il retroterra di Aversa con 
Aversa e con lo scalo ferroviario di Albanova, mentre le Tramvie Pro



J 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

vinciali non esercitavano alcun collegamento del retroterra di Aversa, 
e di Aversa stessa, con lo scalo ferroviario statale. 

Ora, il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento per una 
sua intrinseca contraddittoriet�, emergente dalle sue statuizioni, alla 
stregua della motivazione, in relazione ad altri connessi comportamenti 
dell'Amministrazione. Ha, cio�, rilevato che era contraddittorio negare 
il carattere concorrenziale alla tranvia della nuova autolinea, e, nello 
stesso tempo, imporre, per la tutela della tranvia stessa, il divieto del 
servizio locale per la pi� parte del percorso (dallo scalo di Albanova a 
Frignano, estremi inclusi); che, d'altra parte, era contraddittorio assegnare 
alla nuova linea la finalit� del servizio locale ed imporre il predetto 
divieto di servizio locale; che era contraddittorio negare la idoneit� 
economica delle Soc. Tranvie Provinciali, mentre, con provvedimento 
di �poco anteriore, la Societ� stessa era stata a�torizzata alla trasformazione 
di tutti i servizi esercitati, il che presupponeva il riconoscimento 
della sua idoneit� finanziaria su scala pi� vasta; che era contraddittorio 
negare il carattere integrativo rispetto alla tranvia, perch� 
questa non arrivava allo scalo ferroviario di Aversa, e riconoscerlo alle 

altre autolinee della S.A.I., che nemmeno transitano per lo stesso scalo 
ferroviario. 

Fermo che la finalit� del nuovo servizio poteva essere apprezzata 
discrezionalmente dalla P. A., e soltanto dalla P. A., ci� non importava 
che la valutazione compiuta, pur essendo insindacabile nel merito, lo 
fosse anche sul piano della legittimit�, e particolarmente, come si � gi� 
detto, sul piano della validit� della motivazione da cui il provvedimento 
doveva essere sorretto, e sul piano della coerenza del provvedim�nto 
stesso con altri comportamenti della medesima P. A. � noto che, sotto 
lo schema dell'eccesso di potere amministrativo, si raggruppano tutte 
le violazioni di quei limiti interni della discrezionalit� amministrativa 
che non sono consacrati in norme espresse di legge; e che, tra tali vincoli 
tipici della discrezionalit�, va compreso quello, fondamentale della corrispondenza 
ai precetti di logica, che risultano lesi dalla illogicit� rivelata 
nell'interno di un provvedimento (motivazione contraddittoria o 
perplessa), ovvero dalla contraddittoriet� tra un provvedimento e altro 

precedente o successivo. In conseguenza, non si � mai dubitato che l'illogicit� 
manifesta -consistente, tra l'altro, nella mancanza di nesso logico 
tra i vari motivi -e la contraddittoriet� con precedenti manifestazioni, 
consistente in un contrasto obbiettivo tra la statuizione di un atto discrezionale 
e quella di un atto precedente, al pari discrezionale, dia luogo 
a quell'eccesso di potere amministrativo, su cui il Consiglio di Stato, per 
propria funzione istituzionale, esercita, come l'ha esercitato nella specie, 
il controllo giurisdizionale di legittimit�. 

Identificata la ratio decidendi, adottata dal Consiglio di Stato col 
pieno rispetto dei limiti della propria giurisdizione, non occorre soffer



J 

766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

marsi sulla validit� di altre con~iderazioni, accessorie. ed espresse ad 
abundantiam, nella motivazione della impugnata sentenza, in rapporto 
alle peculiarit� della specie di fatto. Cosi pure, il gi� accennato limite 
posto alla potest� di riesame da parte della S. C. non permette di soffermarsi 
sull'esattezza intrinseca dell'interpretazione data dal Consiglio di 
Stato alla norma regolante la preferenza, nel senso che il carattere integrativo 
della nuova autolinea debba essere riferito alla finalit� del servizio 
e non alla identit� del percorso. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Il Consiglio di Stato -premesso che, di fronte 
all'annullamento di una licenza edilizia, l'Amministrazione comunale 
conserva un margine di discrezionalit�, al fine di valutare se e in che 
misura la demolizione corrisponda a un interesse pubblico prevalente, 

o se invece si debba procedere unicamente alla irrogazione delle sanzioni 
penali previste dall'art. 32 della legge n. 1150 del 1 7 agosto 1942, 
salva, peraltro, anche l'eventualit� del rinnovo del provvedimento 
annullato sanando, ove possibile, i vizi rilevati con la decisione d'annullamento, 
-ha affermato che l'Amministrazione comunale di Ancona 
aveva l'obbligo di emanare quei provvedimenti, che erano in suo potere, 
conseguenziali alla pronuncia di illegittimit� della licenza edilizia da 
essa rilasciata, e non mantenersi inerte, lasciando inalterati il pregiudizio, 
di cui il Pugnaloni attendeva riparazione, e la situazione giuridica 
irregolare caratterizzata dalla esistenza di una costruzione abusiva. 
Obietta il Comune ricorrente nel primo mezzo che, accogliendo il 
ricorso del Pugnaloni, il Consiglio di Stato ha riconosciuto essere il 
medesimo portsitore di un interesse occasionalmente protetto all'esercizio 
del potere della pubblica amministrazione di prendere provvedimenti 
conseguenti all'annullamento della concessione della licenza ad 
edificare: interesse, che, invece, non sussisterebbe, poich� il sindaco 
ha la facolt�, non l'obbligo, di disporre la demolizione dell'opera dichiarata 
abusiva, n� il privato pu� sindacare l'esercizio di tale potest�. 
discrezionale, che richiede una valutazione sia dei presupposti che 
della scelta del provvedimento da adottare; pertanto il Consiglio di 
Stato difetterebbe di giurisdizione relativamente ai ricorsi proposti dal 
privato contro l'inerzia del sindaco in materia. Si afferma, altresl, che, 
a maggior ragione, il� Consiglio .di Stato non poteva porre al Comune 
l'alternativa di provvedere o alla demolizione dell'edificio o alla irrogazione 
delle sanzioni previste dall'art. 32 della legge urbanistica; 
mentre il Pugnaloni non avrebbe interesse alcuno all'applicazione delle 
sanziqni penali" suddette: ed, infatti, aveva chiesta soltanto la demolizione 
dell'immobile. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Con il secondo mezzo si lamenta la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 36 del t. u. n. 1054 del 26 giugno 1924, non risultando che, 
nel giudizio conclusosi con la sentenza ora impugnata, siano stati citati 
i proprietari dell'immobile da demolire, controinteressati sia alla richiesta 
della demolizione che alla applicazione delle sanzioni penali. 

Il primo mezzo � infondato. Innanzi tutto altre volte queste Sez. 
Un: (cfr. sent. n. 2157 del 1953, n. 535 del 1959, n. 898 del 14 aprile 
1964, n. 666 del 13 aprile 1965: l'ultima iri fattispecie analoga a quella 
in esame) hanno affermato che il potere del Consiglio di Stato di decidere, 
a norma dell'art. 27 n. 4 del t. u. n. 1054 del 26 giugno 1924, sui 
ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorit� amministrativa 
a conformarsi al giudidicato dei tribunali ordinari deve 
ritenersi esteso anche ai casi� di denegata esecuzione di giudicati amministrativi. 


� poi, evidente che in fine chi si trova nella situazione giuridica 
qualificata per impugnare la licenza a costruire, illegittimamente concessa 
dall'amministrazione comunale -come, nella specie, il Pugna~ 
Ioni, cui tale situazione � stata riconosciuta dal Consiglio di Stato con 
la decisione n. 852 dell'8 novembre 1961 che annull�, su ricorso di 
lui, la licenza edilizia rilasciata il 7 aprile 1958 dal Comune di Ancona 
a Maria Scoccini e altri -, per identiche ragioni, di fronte alla dichiarazione 
del Comune di non voler eseguire il giudicato amministrativo 

o al silenzio-rifiuto dello stesso, � legittimato a chiedere al Consiglio 
di Stato, ex art. 27 n. 4 citato (c. d. giudizio di ottemperanza), una pronuncia 
che imponga alla Pubblica Amministrazione l'obbligo di eseguire. 
Invero, sebbene il potere di garantire la disciplina edilizia contro 
gli abusi dei privati sia dato per un interesse pubblico, esso tuttavia 
si riflette sulle situazioni soggettive dei singoli interessati e ne implica 
la tutela occasionale, dato che la discrezionalit� riconosciuta all'amministrai:
ione comunale dall'art. 32 della legge urbanistica n. 1150 del 
17 agosto 1942 non � senza limiti: soprattutto la norma non attribuisce 
all'amministrazione stessa la facolt� di rimanere inerte di fronte ad 
attivit� riconosciuta illegittima, ma le impone, prima, di far sospendere 
l'opera, quindi o di provvedere alla sua demolizione o alla denuncia 
dei trasgressori per le previste sanzioni penali. 
Ci� posto, la giurisdizione ex art. 27 n. 4 � di merito e, pertanto, � 
attribuito al Consiglio di Stato perfino il potere di sostituire direttamente, 
con la pronuncia, il provvedimento dovuto dalla P. A. per effetto 
del giudicato amministrativo: quando, s'intende, la P. A. sia tenuta a 
porre in essere un atto non discrezionale del quale risultino accertati 
tutti i presupposti. Quando, invece, l'attivit� della P. A. � discrezionale, 
come nel caso previsto dall'art. 32 della legge urbanistica, per il quale 
il Comune, in caso di illegittima costruzione, ha facolt� di emettere 
un provvedimento (demolizione della costruzione abusiva) o altro (san



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zioni penali a carico dei trasgressori), il Consiglio di Stato non pu� 
sostituirsi nella scelta, ma legittimamente impone per� all'amministrazione 
comunale di provvedere all'esecuzione del giudicato amministrativo, 
entro un dato termine, e, in caso di ulteriore inerzia, pu� 
disporre che il Prefetto competente nomini un commissario perch� 
emani, lui, i provvedimenti conseguenziali alla pronuncia amministrativa, 
sostituendosi alla inerte Amministrazione comunale (in tal 
senso Sez. Un. sent. n. 666 del 1965 cit.). 

Ora nel caso concreto il Consiglio di Stato non ha accolta la 
domanda principale del Pugnaloni, cio� che il giudice amministrativo 
ordinasse direttamente la demolizione dello immobile costruito in base 
a licenza edilizia annullata; ma, riconosciuta alla P. A. attiva quella 
discrezionalit� di determinazione ad essa concessa dall'art. 32 della 

1. n. 1150 del 1942, si � limitato ad imporre al Comune di Ancona di 
cessare dalla sua inerzia, in contrasto con il giudicato amministrativo 
e la norma citata, e di emettere i relativi provvedimenti conseguen. 
ziali, cio� o di ordinare esso, se riteneva opportuno, la demolizione dell'immobile, 
ovvero denunciare gli abusivi costruttori all'autorit� giudiziaria 
per le eventuali sanzioni penali. 

Pertanto il giudice amministrativo non � incorso in difetto di 
�giurisdizione, non avendo affatto invaso la sfera di attribuizione riconosciuta 
dalla legge alla P. A. attiva. 

Il secondo mezzo � inammissibile. � infatti, noto che il sindacato 
delle Sez. Un. sulle decisioni del Consiglio di Stato � circoscritto 
all'esame se siano stati osservati dal giudice amministrativo i limiti 
esterni fissati alla sua giurisdizione (art. 48 t. u. n. 1054 del 192.4, art. 111, 
comma 3� della Costituzione), cosicch� non pu�, in questa sede, essere 
ammesso un mezzo di ricorso che denunci un error in procedendo in cui 
si afferma sarebbe incorso il Consiglio di Stato (cfr. Sez. Un., sentenze 

n. 1007 del 24 aprile 1964, n. 2070 del 30 settembre 1965), non attenendo 
tale censura ai limiti della potest� giurisdizionale dell'organo adito. 
Il ricorso deve esesre, pertanto, rigettato con le conseguenze di 
legge. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2442 -Pres. 
Scarpello -Rel. Speziale -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Terranova) c. Lagan� (avvocati De Stefano e 
Sorrentino). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Discriminazione -Criteri -Norme di azione e 
norme di relazione. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Competenza e giurisdizione -Edilizia economica e popolare -Alloggi 
costruiti dallo Stato in conseguenza di terremoti -Cessione in 
propriet� degli alloggi -Diritto soggettivo dell'interessato -Giurisdizione 
del Giudice ordinario. 

(1. 30 marzo 1965, n. 225, art. 1). 
Edilizia economica e popolare -Alloggi costruiti dallo Stato in conseguenza 
di terremoti -Diritto alla cessione in propriet� dell'alloggio 
-Azione di rilascio da parte dell'ente gestore -Cessione non ancora 
avvenuta -Effetti. 

(1. 30 marzo 1965, n. 225, artt. 1 e segg.) . 
. Per aversi un diritto soggettivo come tale tutelabile davanti all'autoritd 
giudiziaria ordinaria occorre che l'ordinamento giuridico 
contenga una norma la quale attribuisca alla posizione soggettiva dedotta 
in giudizio dal privato una protezione diretta ed immediata con 
esclusfone di ogni potere discrezionale della pubblica Amministrazione 
di incidere in qualunque modo sulla posizione stessa, modificandola 
od eliminandola; peraltro, il carattere vincolato della norma non � da 
s� sufficiente a far ritenere sussistente un diritto soggettivo, giacch� 
bisogna avere riguardo pure alla natura della norma, diretta a disciplinare 
l'attivitd della pubblica Amministrazione: se tale norma � 
diretta a disciplinare l'attivitd della pubblica Amministrazione per assicurarne 
la conformitd al pubblico interesse (norma di azione), la tutela 
del privato non pu� che essere subMdinata, ri:/lessa e indiretta, mentre 
se � diretta a regolare i rapporti tra la pubblica Amministrazione ed i 
privati imponendo alla prima di fare non fare o consentire alcunch� 
in favore dei secondi, a tutela di un autonomo interesse degli stessi 

(norma di relazione), si � in presenza di un diritto soggettivo perfetto 
(1). 

Alla posizione giuridica dei soggetti a favore dei quali � prevista 
la cessione degli aUoggi costruiti a. cm�ico dello Stato in conseguenza 
di terremoti si deve riconoscere la consistenza di diritto soggettivo 
perfetto, azionabile come tale, nel caso di contestazioni, davanti al 
Giudice ordinario (2). 

(1) Sul criterio di discriminazione tra la giurisdizione ordinaria e la 
giurisdizione amministrativa cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1965, n. 2111, 
in questa Rassegna, 1966, I, 784 ed ivi, 785 nota 1. 
(2) Sulla natura della posizione soggettiva dell'interessato alla cessione 
in propriet� dell'alloggio cfr. Cass., Sez. Un., 5 dicembre 1966, n. 2832, 
in Giur. it., 1967, I, 1, 50. Tale sentenza richiamata in quella di cui si tratta 
riguarda pi� particolairmente la posizione qualificata anche come diritto 
soggettivo dell'assegnatario di alloggio di tipo economico e popolare nei 

770 RASS;EGNA'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n di1�itto, conferito a coloro che abitino in alloggi costruiti a carico 
dello Stato in conseguenza di te1�remoti, ad ottenere, 1�icorrendo determinate 
condizioni, la cessione in propriet� dell'alloggio non vale di 
pe1� s� a neutralizzm�e, fin quando la cessione non sia avvenuta, 
l'azione di rilascio da parte dell'ente gestore (3). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo proposto a sosklgno del ricorso 
l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, denunciando la viola.
zione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. della legge 30 marzo 1965, 

n. 225, dell'art. 276 lett. d del r. d. 28 aprile 1938, n. 1165, del r. d. 1. 
18 giugno 1914, n. 700, dell'art. 10 del r. d. 1. 2 agosto 194~, n. 704, 
dell'art. 38 del d. 1. 27 luglio 1944, n. 159, degli artt. 826 e 828 
c. c., dell'art. 2 del d. P. R. 17 gennaio 1949, n. 2 e dell'art. 255 del 
citato r. d. 28 aprile 1938, n. 1165,in relazione all'art. 360 nn. 1, 3 
e 5 c. p. c., muove, contro la sentenza impugnata, varie distinte 
censure. 
Sostiene innanzi tutto che il Pretore, accogliendo l'eccezione del 
Lagan� fondata sul preteso diritto ad ottenere la cessione in propriet� 
dell'alloggio occupato, ha esorbitato 'dai limiti della propria giurisdizione, 
giudicando in materia sottratta alla cognizione del giudice ordinario, 
in quanto la posizione di chi richiede la cessione in propriet� 
degl alloggi costruiti a carico dello Stato in conseguenza di terremoti 
non � di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo. 

Sostiene inoltre: che lAmministrazione delle Finanze dello Stato 
� carente di. legittimazione passiva, in relazione alla pretesa fatta 
valere dal Lagan�, perch� la competenza ad accertare la sussistenza 
delle condizioni per la cessione spetta ad un'Amministrazione diversa 

(Genio civile); che nessuna disposizione attribuisce all'aspirante alla 

confronti dell'I.N.C.I.S. per la cessione in propriet� alla stregua della legge 
21 marzo 1958, n. 667, del d.P.R. 19 gennaio 1959, n. 2 (richiamato peraltro 
nella legge n. 225 del 1965) e della legge 27 aprile 1962, n. 231. Cfr. altres� 
in materia C.d.S., VI sez., 27 ottobre 1964, n. 733, in Cons. Stato 1964, I, 1784 
(m.) e 11 dicembre 1964, n. 948, ivi, 2250 (m.), decisioni menzionate pure nella 
sentenza, di cui si tratta, in particolare relative al d.P .R. n. 2 del 1959 ed 
all'art. 386 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, le quali entrambe emesse in giudizi 
nei confronti dell'I.N.C.I.S. escludono per analoghe controversie la 
giurisdizione del giudice amministrativo ed affermano quella dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

(3) Principio ineccepibile, conforme del resto alla tesi, sia pur subordinatamente 
sostenuta dall'Avvocatura Generale dello Stato. Altri aspetti 
della controversia, taluni per vero peculiari al caso di specie, non sono 
stati considerati dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, le quali evidentemente 
li hanno ritenuti assorbiti tutti dall'affermazione del principio, 
di cui alla massima. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

cessione il diritto a �onservare, �medio tempore �, la detenzione dell'alloggio; 
che l'alloggio in questione non rientra fra quelli cedibili, 
poich� non � stato costruito a totale carico dello Stato ed inoltre fa 
parte di un edificio nel quale hanno sede uffici statali; che, trattandosi 
di un bene gi� appartenente al partito fascista, esso � entrato 
a far parte, con l'avocazione allo Stato e la destinazione a servizio 
pubblico, del patrimonio indisponibile dello Stato; ed infine 'che il 
Lagan� non si trova nelle condizioni richieste per ottenere la cessione, 
non ~vendo la detel}zione legale dell'alloggio, ma dovendo 
essere considerato un occupante abusivo. 

Ai :Qni della risoluzione della questione di giurisdizione, si deve 
stabj.lire se, in base alle disposizioni della l. 30 marzo 1965, n. 225, 
colui che� occupa un alloggio costruito ,a carico dello Stato in conseguenza 
di terremoti sia titolare, nei confronti dell'Ente gestore, di un 
diritto soggettivo perfetto ad ottenere la cessione di propriet�, ovvero 
sia portatore di un semplice interesse legittimo, poich�, secondo le 
norme della legge sull'�bo1izione del contenzioso amministrativo (art. 2 
della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), nel primo caso la giurisdizione 
spetta al giudice ordi~ario, nei secondo al giudice amministrativo. 

Ed � noto che per aversi diritto soggettivo,� tutelabile come tale 
dinanzi al giudice ordin.ario, occorre, secondo quanto questa Suprema 
Corte ha, in numerose, anche re�enti, pronunce, affermato, che l'ordinamento 
giuridico contenga una �norma che attribuisca alla posizione 
soggettiva dedotta in giudizio dal privato una protezione diretta 
ed immediata, con esclusione di ogni potere discrezionale della Pubblica 
Amministrazione di incidere in qualunque m6do sulla posizione 
stessa, modificandola o eliminandola. Il carattere vincolato della norma 
non �, di per s�, sufficiente �per affermare la sussistenza del diritto 
soggettivo, occorre aver l'iguardo anche alla natura della. norma, nel 
senso che, se la norma � diretta a disciplinare l'attivit� della pubblica 
amministrazione per assicurarne la conformit� all'interesse pubblico 
(norma di azione), la tutela del privato non pu� che essere subordinata, 
riflessa e indiretta, mentre, se la norma � diretta a regolare i rapporti 
intercorrenti fra la pubblica amministrazione e i privati, imponendo 
alla prima di fare, non fare o consentire alcunch� in favore 
del privato, a tutela di un autonomo interesse dello stesso (norma 
di relazione), si � in presenza di un diritto soggettivo perfetto. 

In base a tali principi si deve accertare se, nella specie, la posizione 
di chi richiede, ai sensi dello art. 1 della citata legge 30 marzo 
1965, n. 225, la cessione in propriet� di un alloggio costruito a carico 
dello Stato in conseguenza di terremoti, sia una posizione di diritto 
soggettivo o di interesse legittimo. 

Un problema del genere � ~tato affrontato e risolto da questa suprema 
Corte in. riferimento al d. p. 17 gennaio 1959 n. 2, che ha 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disposto e disciplinato la cessione in propriet�, a favore degli assegnatari, 
degli alloggi di tipo popolare ed economico costruiti dall'Istituto 
nazionale per le case degli impiegati dello Stato (I.N.C.I.S.), dagli 
Istituti autonomi per le case popolari e da altri Enti. La Corte ha 
ritenuto (sent. 5 dicembre 1966, n. 2832) che agli assegnatari competa, 
verificandosi le previste condizioni, un diritto soggettivo perfetto, 
e che perci�, in caso di contestazione, la giurisdizione appartenga 
al giudice ordinario. Ha rilevato, in proposito, che le norme del predetto 
decreto, col sancire che hanno diritto alla cessione in propriet� 
gli assegnatari degli alloggi e col determinare in maniera tassativa 
l'oggetto, il prezzo e le modalit� della cessione, ha inteso tutelare 
direttamente la situazione giuridica degli assegnatari, escludendo nel 
contempo ogni possibilit�, da parte degli enti gestori, di limitare la 
facolt� di chiedere la cessione, quando risultino rispettate le condizioni 
previste e. siano adempiuti gli oneri imposti per la cessione, 
sicch� alla posizione degli assegnatari non pu� non riconoscersi la 

consistenza di un diritto soggettivo perfetto. 

La Corte ritiene che dell'esattezza di tale decisione non si possa 
dubitare. Ne~lo stesso senso si � pronunciato anche il Consiglio di 
Stato (Sez. VI, decisioni nn. 733 e 948 del 1964). E non si pu� pervenire 
a diversa conclusione per quanto concerne la cessione, disposta 
con la legge 30 marzo 1965 n. 225, degli alloggi costruiti ~ carico 
dello Stato in conseguenza di terremoti. La legge persegue il medesimo 
fine di assicurare, nella pi� ampia misura p�ssibile, la propriet� 
della casa di abitazione ed espressamente si richiama alle norme 
del d. p. 17 gennaio 1959, n. 2 e successive modificazioni, dichiarandole 
applicabili per quanto non sia, nella legge, diversamente disposto. 
Ora. le particolari disposizioni dettate dalla legge si riferiscono alle 
modalit� di procedura, senza attribuire agli uffici statali, che debbono 
decidere sulle domande di cessione, alcun potere discrezionale. E 
d'altra parte la forma imperativa usata nell'art. 1 (. gli alloggi costruiti 
a carico dello Stato in conseguenza di terremoti, ultimati alla 
data del 31 dicembre 1945 e da chiunque gestiti, sono ceduti in propriet� 
a coloro che ne facciano richiesta e li abitano alla data di 
entrata in vigore della presente legge �) rivela che si � avuto di mira, 
in maniera immediata e diretta, l'interesse dei privati occupanti, 
alla cui tutela le norme della legge appaiono rivolte. 

Si deve, quindi, riconoscere alla posizione giuridica dei soggetti, 

a favore dei quali la legge dispone la cessione degli alloggi, la consi


stenza di un diritto soggettivo perfetto, azionabile, in caso di conte


stazione, davanti al giudice ordinario. 

Esula dalla questione di giurisdizione l'indagine circa la sussi


I 

I

stenza, in concreto, delle condizioni richieste per ottenere la cessione. 

t 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Pertanto l'eccezione di difetto di giurisdizione dell'autorit� giudi~
iaria ordinaria non pu� essere attesa. 

Quanto alle altre censure, � opportuno esaminare anzitutto, per 
il suo carattere assorbente, quella con cui la ricorrente deduce che la 
~ventuale sussistenza del diritto alla cessione non attribuisce al La~
an� anche il diritto di conservare, � medio tempore �, la detenzione 
:iell'alloggio. 

Giova rilevare, in proposito, che il Lagan� non ha proposto una 
istanza tendente ad ottenere una pronuncia dichiarativa del suo 
:iiritto alla cessione in propriet� dell'alloggio, ma ha dedotto tale 
mo diritto come eccezione diretta a contrastare la pretesa dell'Amninistrazione 
finanzia.ria� ad ottenere il rilascio dell'alloggio. Se, quindi, 
tale diritto, ove in effetti sussistesse, non varrebbe a neutralizzare 
l'azione di rilascio proposta dalla Amministrazione, diventerebbe del 
&utto inutile �accertarne, in concreto, la sussistenza. Sarebbe, infatti, 
.ma pronuncia improduttiva di conseguenze giuridiche, in relazione al 
J.ne che il deducente si propone. 

Il Pretore ha ritenuto che la sussistenza del diritto alla cessione 
11on possa non avere riflessi sul rapporto di locazione che, secondo 
:iuanto. � stato accertato con precedente sentenza passata in giudicato, 
intercorre tra le parti relativamente all'alloggio di cui si discute, 
Jsservando che, qualora venga accertato il diritto alla cessione, si 
1Tiene a configurare una situazione del tutto particolare ed eccezionale 
in quanto dal predetto diritto �leriva un complesso di facolt� legittime 
che l'ordinamento garantisce, tra le quali quella dell'occupante 
:li continuare nel godimento dell'immobile fino a quando non sia 
perfezionata la pratica amministrativa di cessione in propriet�. 

Tali affermazioni non J?OSsono essere condivise. Non si vede, 

infatti, in base a quale disposizione di legge possa riconoscersi, 

all'avente diritto alla cessione, il potere di conservare la detenzione 

dell'alloggio fino al momento in cui la pratica di cessione si sar� 

perfezionata. 

Con la cessione, il precedente rapporto di natura personale, in 

base al quale l'occupante detiene l'alloggio, si estingue per confusione 

(art. 1253 c. c.) e quindi non pu� pi� essere invocato come fonte del 

diritto alla restituzione. Ma, fino a quel momento, non vi � che un diritto 

dell'occupante ad ottenere la cessione e, correlativamente, un obbligo 

dell'ente gestore a consentirvi, sempre che si verifichino le condizioni 

richieste. La sussistenza di tale obbligo non elimina il rapporto 

preesistente, che rimane in vita fino a che la cessione sia effettivamente 

avvenuta. � una situazione analoga a quella del conduttore, che abbia 

ottenuto dal proprietario-locatore la promessa di vendita dell'immobile 

locato. Egli non potrebbe opporre, .all'azione di rilascio da parte del 

locatore, l'esistenza di quella promessa. Il diritto al rilascio verrebbe 


J 

774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

m~no solo quando l'acquisto della propriet� si fosse, volontariamente 

o coattivamente, realizzato. 
Non era, dunque, sufficiente, nella specie, addurre di aver diritto 
alla cessione, per neutralizzare l'azione di rilascio proposta dall'Amministrazione. 
E ci� rende superfluo l'esame delle altre censure formulate 
dalla ricorrente, che attengono tutte all'accertamento della sussistenza 
o meno, in concreto, del preteso diritto. 

Giova avvertire che il diritto alla cessione non � inscindibilmente 
legato alla permanenza della detenzione, poich� la legge prevede la 
cessione degli alloggi a favore di coloro che li abitano alla data di 
entrata in vigore della legge medesima, si�ch� l'eventuale allontanamento 
del Lagan� dall'alloggio non pregiudicherebbe il diritto alla 
cessione, ove tale diritto gli fosse riconosciuto. 

Pertanto si deve cassare la sentenza impugnata e rinviare la causa 
ad altro giudice di pari grado, che dovr� attenersi, nella decisione, al 
principio di diritto sopra enunciato, e cio� che il diritto, conferito 
dalla legge 30 marzo 1965, n. 225 a coloro che abitino in alloggi costruiti 
a carico dello Stato in conseguenza di terremoti, di ottenere, a determinate 
condizioni, la cessione in propriet� dell'alloggio, non vale, di 
per s�, a neutralizzare, fino a che la cessione non sia avvenuta, l'azione 
di rilascio proposta dall'ente gestore. -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

:ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 giugno 1967, n. 1328 -Pres. 
Scarpella -Est. Modigliani -P. M. Pedote (conf.) -Elefante (avv. 
Ingrosso) c. Izzo (avv. Minozzi) e Ministero della Sanit� (avv. 
Stato Lancia). 

�rocedimento civile -Domanda giudiziale infondata -Accertamento 
negativo richiesto dal convenuto -Interesse � in re ipsa � -Fattispecie. 


(c. p. c., art. 100) 
mpugnazione -Causa inscindibile -Presupposti -Fattispecie. 

(c. p. c., art. 331). 
mpugnazione -Causa inscindibile -Impugnazione incidentale tardiva 
diretta contro parte diversa da quella che ha proposto l'impugnazione 
principale -Ammissibilit�. 

(c. p. c..� art. 334). 
mpugnazione -Totale soccombenza -Gravame incidentale della parte 
totalmente soccombente per aderire all'impugnazione principale 
proposta da un'altra parte -Ammissibilit� -Sussiste. 

(c. p. c., art. 333). 
Jompetenza e giurisdizione -Controversia avente per oggetto la sussistenza 
del diritto all'esercizio di una farmaci;:t legittima -Competenza 
giurisdizionale dell'A.G.O. -Sussiste. 

ientenza civile -Rigetto per implicito di' determinate domande, ecce:.. 
zioni e deduzioni -Giustificazione del dispositivo nella motiva, 
zione -Necessit� -Sussiste. 

(c. p. c., artt. 112, 132; disp. att. c. p. c., art. 118). 
:t'armacia -Esercizio farmaceutico -Sistema della concessione amministrativ� 
previo concorso -Sussiste -Deroghe -Regime 
transitorio delle farmacie esistenti alla data dell'entrata in vigore 
della 1. 22 maggio 1913, n. 468 -Varie categorie delle farmacie 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esistenti -Nozioni -Commerciabilit� -Farmacie legittime 


e farmacie tollerate -Disciplina. 

(1. 22 maggio 191.3, n. 468, artt. 24-28, 30; r. d. 15 marzo 1934, n. 463, art. 15; 
t. u. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 369, 370). 
n convenuto ha interesse ad ottenere una pronuncia di acce1�tamento 
negativo, cio� di rigetto della domanda, per il solo fatto della 
proposizione nei suoi confronti di un'azione infondata, indipendentemente 
dall'accertamento deHa sussistenza in capo ad esso della titolarit� 
del bene preteso dalt'attore (nena specie, diritto all'esercizio di una farmacia 
legittima) (1). 

Sussiste una ipotesi di causa inscindibile quando sia chiesto l'accertamento 
di una medesima situazione giuridica nei confronti di 
tutti i convenuti (nella specie, si chiedeva il riconoscimento del diritto 
a gestire una farmacia, sia nei confronti dei titolari, sia nei confronti 
dell'Amministrazione della Sanit�) (2). 

In detta ipotesi � ammissibile la proposizione di impugnazione 
incidentale tardiva, pur se diretta contro una parte diversa da �quella 
che abbia proposto l'impugnazione principale (3). 

La parte rimasta totalmente soccombente � abilitata ad esperire 
gravame incidentale per aderire all'impugnazione principale proposta 
da un'altm parte (4). 

La controversia che abbia per oggetto l'accertamento della sussistenza 
del diritto all'esercizio di una farmacia, in esito all'indagine 
sulla legittimit� deHa stessa in base alle � norme della l. 22 maggio 
1913 n. 468, appartiene alla competenza giurisdizionale dell'A.G.O., 
in quanto concerne un diritto soggettivo perfetto (5). 

Non possono ritenersi rigettate per implicito determinate domande, 

eccezioni o deduzioni, sulla base della semplice dichiarazione, conte


nuta nella sentenza, di rigetto di ogni contraria istanza, eccezione e 

(1) Cfr., in senso conforme: ANDRIOLI, Commento al codice di procedura 
civile, I, Napoli,. 1957, 279. 
(2) Cfr., da ultimo, sulla natura della causa inscindibile: Cass., 16 maggio 
1966, n. 1233, Foro it.; Mass., 1966, 529. 
(3) In senso conforme, cfr.: Cass., 14 febbraio 1966, n. 461, Foro it., 
Mass., 1966, 151; 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 1180, 
sub 8, ed ivi (1185) nota di riferimenti; 24 giugno 1965, n. 1327, Foro it., 
Mass., 1965, 386; 5 maggio 1965, n. 820, ivi, 238. Sulla nozione di causa 
inscindibile v. Cass., 12 novembre 1965, n. 2360, in questa Rassegna, 1965, 
I, 1200, ed ivi (1201) nota di riferimenti. 
(4) Nel senso della inammissibilit� delle impugnazioni incidentali adesive 
quando sia scaduto il termine per la proposizione della impugnazione 
principale, e ci� anche quando si verta in causa inscindibile, cfr.: Cass., 
8 gennaio 1964, n. 19, Foro it., 1964, 1, 801, con ampia nota di richiami. 
(5) Cfr., in senso conforme: Cass., 12 maggio 1962, n. 983, Giust. civ., 
1962, 1, 1913, con nota di richiami. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

deduzione, pe1�ch� questa � una semplice clausola di stile e deve comunque 
trovare nella motivazione la sua giustificazione (6). 

La l. 22 maggio 1913, n. 468, innovando il sistema stabilito con la 
p1�ecedente l. 22 dicembre 1888, n. 5849, in base alla quale l'esercizio 
farmaceutico era libero, instaur� per tale esercizio il sistema, tuttora 
vigente, della concessione amministrativa previo concorso. Peraltro, con 
le disposizioni transitorie (artt. 24 e segg.) della l. n. 468 del 1913 si intese 
salvaguardare, sia pure temporaneamente, i diritti degli ese1�centi le farmacie 
in atto esistenti e dilazionare nel tempo l'assorbimento di tali 
farmacie nel nuovo regime. A tal uopo le farmacie esistenti vennero 
distinte i11, varie categorie: a) le farmacie illegittime contemplate dall'art.
� 24, e cio� le farmacie aperte dopo il 1� luglio 1909 e che, per le 
disposizioni vigent�, anteriormente alla l. 22 dicembre 1888, n. 5849, 
nei luoghi in cui si trovavano, non potevano essere aperte, nonch� le 
farmacie di cui fosse stato dichiarato (o sarebbe stato dichiarato in esito 
a giudizi pendenti) illegittimo l'esercizio; b) le farmacie legittime contemplate 
dall'art. 25, e cio� le farmacie autorizzate o autorizzabili secondo 
le norme anteriori alla i. n. 5849 del 1888; c) le farmacie legittime 
contemplate dall'art. 26 e dalla dottrina qup,lij�cate tollerate, ossie le farmacie 
che, anche aperte dopo la l. n. 5849 del 1888 e non autorizzabili 
secondo le disposizioni anteriori, non fossero illegittime giusta l'art. 24; 
d) le farmacie di antico diritto, considerate privilegiate e contemplate 
dall'art. 28. Per le farmacie della prima specie, e cio� per le farmacie 
illegittime, fu disposta la chiusura entro tre mesi dalla pubblicazione 
del regolamento 13 luglio 1914, n. 829 (art. 27 l. n. 468 del 1913 e art. 59 
del menzionato regolamento). Per le farmacie legittime di cui all'art. 25 
e per quelle tollerate di cui all'art. 26 fu stabilito che potevano rimanere 
aperte. Tuttavia, mentre per le farmacie di cui all'art. 25 fu con


cesso il diritto di libera commerciabilitd per venti anni dalla data di 
pubblicazione della legge (31 maggio 1913), per le farmacie tollerate 
non fu emanata nessuna ,disposizione in tal senso. Per queste ultime la� 
continuazione dell'esercizio era dunque consentita soltanto ad personam 
e costituiva un diritto non commerciabile, n� trasmissibile. Venuto a 
scadere il ventennio di cui all'art. 30 l. n. 468 del 1913, il regime transitorio 
stabilito da tale norma � stato protratto con qualche temperamento: 
in proposito, � stato stabilito, con l'art. 15 r. d. 15 marzo 1934, 

n. 463 e indi con l'art. 369 t. u. delle leggi sanitarie approvato con r. d. 
27 luglio 1934, n. 1265, che le farmacie legittime di cui all'art. 25 l. 
(6) Cfr., in senro conforme: Cass., 16 maggio 1963, n. 1232, Foro it., 
Mass., 1963, 364; 11 marzo 1959, n. 698, Foro it., Rep., 1959, voce Sentenza 
in materia civile, nn. 64-65. Sulla portata oggettiva del giudicato, v. Cass., 
22 gennaio 1966, n. 268, in questa Rassegna, 1966, I, 115, sub 3, ed ivi nota 
di ulteriori riferimenti. 

778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 468 del, 1913 possono essere trasferite, per una volta tanto, per atto 
tra vivi o per successione, a condizione che il trapasso della farmacia 
sia fatto a favore di un farmacista iscritto nell'albo professionale e che, 
nel caso di successione, il trapasso della farmacia pu� avvenire anche a 
favore del figlio o di uno dei figli del titolare premorto, sebbene non farmacista, 
purch� sia av�Jiato agli studi farmaceutici o almeno iscritto 
all'ultimo anno di scuola media di secondo grado. Coon il successivo 
art. 370 del menzionato t. u. � stato poi stabilito che le farmacie legittime 
contemplate dall'art. 26 l. n. 468 del 1913, ossia le farmacie c. d. 
toLLerate, possono essere trasferite, esclusivamente per successione e secondo 
le disposizioni del precedente articolo, a favore del figlio o di 
uno dei figli, anche se non farmacista, o, in mancanza di figli, a favore 
del coniuge che sia farmacista (7). 
(Omissis). -Con il primo mezzo di annullamento del ricorso principale 
Elio Elefante, nel denunziare la violazione degli articoli 99 e 
100 c. p. c., in relazione dell'art. 360, n. 5, dello stesso codice, sostiene, 
che la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile 
l'appello proposto dagli eredi Izzo. In proposito deduce che, 
ove fosse stata accolta, dalla Corte di merito, la tesi sostenuta dagli 
stessi Izzo col suindicato gravame (e, in effetti, ritenuta fondata 
dalla Corte medesima), secondo cui la farmacia in controversia non 
avrebbe potuto essere considerata legittima, per essere stata a suo 
tempo trasferita a non farmacisti, in violazione delle norme che vietavano 
tale trasferimento, si sarebbe dovuto riconoscere che neppure 
i nominati Izzo avrebbero avuto diritto all'esercizio della stessa farmacia, 
per cui costoro erano, in realt�, privi di interesse a prospettare 
una siffatta tesi. 

� agevole scorgere la mancanza di fondamento della doglianza. 

Innanzi tutto., � �ia osservare che l'interesse degli eredi Izzo a 
contrastare l'accoglimento della domanda dell'Elefante, diretta a ottenere 
l'accertamento del suo diritto all'esercizio della farmacia sita 
al Corso Cesarano di Campagna, sussisteva, per il solo fatto che tale 
domanda era stata proposta nei loro confronti e indipendentemente 
dall'accertamento del loro diritto all'esercizio della stessa farmacia. 
Infatti, � noto che una domanda giudiziale infondata fa nascere, di per 
s�, nel convenuto, il diritto di chiedere una sentenza di accertamento 
negativo, cio� una sentenza di rigetto. N�, al fine di statuire sull'anzidetta 
domanda, proposta dallo Elefante per ottenere l'accertamento. 
del suo preteso diritto, era necessario stabilire (e, in effetti, la 

(7) Sulla concessione farmaceutica v. Cass., 29 gennaio 1964, n. 233, 
in questa Rassegna, 1964, I, 327, con nota di CARUSI. 
F.ARGAN 


J 

, I 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 779 i 

:iuestione non � stata neppure presa in esame dai giudici del merito) 
~e il diritto in contesa appartenesse, o non, agli Izzo, giacch� la domanda 
dell'attore doveva essere rigettata, per il solo fatto che egli, 
~ome sar� in appresso illustrato, non era riuscito a fornire la prova 
Jhe gli apparteneva il diritto fatto valere in giudizio. 

Consegue da quanto si � esposto che il primo mezzo di annullanento 
deve essere rigettato. 

Con il secondo mezzo l'Elefante, nel denunziare la violazione 
degli artt. 331, 334, 343 e 277 c. p. c. ,in relazione all'art. 360, n. 5, 
:lello stesso codice, si duole che la Corte d'Appello abbia rigettato 
l'eccezione da lui sollevata in ordine alla inammissibilit� dell'ap


;>ello incidentale proposto dall'Amministrazione dello Stato. In propo;
ito sostiene che, nel caso, contrariamente a quanto' � stato ritenuto 
falla sentenza denunziata, non si versava in una ipotesi di causa 
.nscindibile. Inoltre deduce che l'Amministrazione dello Stato non 
~ra legittimata a esperire un gravame incidenta:l.e, giacch� era risul;
ata totalmente soccombente nel primo grado del giudizio. Infine 
;astiene che la Corte di Appello di Napoli, col riformare la sentenza 
mpugnata, pur avendo dichiarato inammissibile il motivo dedotto 
falla Pubblica Amministrazione nel suo appello incidentale, � ha fatto 
;>roprio il motivo dedotto dall'appello principale, sostituendosi cos� 
llla parte che aveva proposto l'appello incidentale �, e, in tal modo, 
1a violato il principio per il quale � non � consentito al giudice di 
mstituir� la propria 'volont�� a quella delle parti nella proposizione 
ielle pretese e nello spiegamento delle difese � . 

Le doglianze sono prive O.i fondamento. 

In ordine alla prima censura, con la quale si contesta l'inscindi)
ilit� della causa, va rilevato che Elio Elefante aveva chiesto il 
~iconoscimento del su� preteso diritto all'esercizio della� farmacia, 
;ita al Corso Cesarano di Campagna, nei confronti sia degli eredi 
:zzo che della Pubblica Amministrazione, adducendo nei confronti 
ii tutti i convenuti le stesse ragioni a presidio della domanda. Si 
rersava, dunque, nella ipotesi di una domanda diretta ad accertare 
a medesima situazione giuridica nei confronti di pi� parti. N� l'accer:
ament� chiesto nei confronti degli eredi Izzo poteva essere scisso, 
lella fase di gravame, da quello chiesto nei confronti della Pubblica 
\mministrazione, in quanto i due accertamenti si identificavano e quindi 
.a pronuncia nei riguardi di .ciascuno dei convenuti si estendeva, in 
ria logica e necessaria, alla pronuncia nei .riguardi degli altri. Ci� 
)Osto, si deve riconoscere che, essendo la' domanda, per la identit� 
iel titolo dedotto in giudizio, diretta, come sopra si � detto, ad accer:
are, nei confronti di tutti i convenuti, la medesima situazione giuriHca, 
si era determinata, contrariamente a quanto il ricorrente assume, 
m'ipotesi di causa inscindibile, per cui era consentita l'impugnazione 


J 

780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

incidentale tardiva, nonostante questa fosse diretta anche contro una 
parte (ossia l'Elefante), diversa da quelle (ossia gli eredi Izzo), che 
avevano proposto il gravame principale (cfr., per riferimento, le sentenze 
di questa Corte nn. 718 del 1964 e 461 del 1966). 

Non occorre, poi, attardarsi a dimostrare la inconsistenza della 
ulteriore tesi del ricorrente, secondo cui la Pubblica Amministrazione 
non era legittimata a proporre una impugnazione incidentale avverso 
la sentenza del Tribunale, in quanto che, nel giudizio di primo grado, 
era rimasta totalmente soccombente. Infatti (a parte che la premessa 
da cui muove la doglianza non � esatta, giacch�, in realt�, nel giudizio 
di primo grado, la Pubblica Amministrazione era rimasta soccombente 
nei riguardi dell'Elefante, ma vittoriosa nei riguardi degli eredi Izzo, 
la cui domanda riconvenzionale, come in appresso si vedr�, era stata 
implicitamente rigettata dal Tribunale) va rilevato che la totale 
soccombenza di una parte, se rende la controparte priva di interesse 
a proporre impugnazione e, quindi, di norma, esclude, nella predetta 
ipotesi, la configurabilit� di una controimpugnazione diretta a far 
valere un interesse contrario a quello dell'impugnante principale, non 
esclude affatto che la parte totalmente soccombente possa esperire 
un gravame incidentale, per aderire (come � stato, per l'appunto, fatto 
dalla Pubblica Amministrazione nei riguardi della pronuncia del Tribunale 
che aveva accolto la domanda dell'Elefante) all'impugnazione 
principale proposta da un altro soggetto. 

Per quanto riguarda, infine, l'ultima censura del mezzo di annullamento 
in esame, va rilevato che del tutto inconsistente � l'addebito, 
che si muove alla sentenza denunziata, di essere pervenuta a 
riformare la sentenza di primo grado mediante l'accoglimento di un 
motivo di appello inammissibile e pronunciando oltre i limiti delle 
pretese fatte valere in giudizio dalle parti. Infatti la Corte di Napoli 
ha emesso la pronuncia, di cui l'Elefante contesta la legittimit� e con 
la quale ha rigettato la domanda da lui proposta, oltre che in parziale 
accoglimento del gravame incidentale proposto dalla Pubblica Amministrazione 
(del quale � stato dichiarato inammissibile solo il motivo 
con cui era stata chiesta la declaratoria della insussistenza del diritto 
degli eredi Izzo), in accoglimento del gravame proposto dagli stessi 
eredi, la cui ammissibilit� non viene in alcun modo contestata. 

Il terzo mezzo del ricorso principale dell'Elefante deve essere 
esaminato congiuntamente con il secondo mezzo del ricorso incidentale 
delle Amministrazioni della Sanit� Pubblica e dell'Interno, giacch�, 
con entrambi i detti motivi, si sostiene il difetto di giurisdizione della 
autorit� giudiziaria ordinaria a statuire sulla controversia in oggetto. 

In proposito, l'Elefante, nel denunziare la violazione degli artt. 2 
e 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E e delle disposizioni transitorie 
della 1. 22 maggio 1913, n. 468, deduce che competente a prov



J 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 781 

redere sulla disciplina di un pubblico servizio, quale � quello inerente 
1ll'esercizio delle farmacie, � esclusivamente l'autorit� amministrativa 
i che i provvedimenti, da quest'ultima emanati al riguardo, possono 
?ssere sindacati, se impugnati, soltanto dinanzi al Consiglio di Stato 
n sede giurisdizionale. 

Le Amministrazioni della Sanit� Pubblica e dell'Interno, a loro 
rolta, a presidio del dedotto difetto di giurisdizione, sostengono che 
ma eventuale pronuncia in favore dell'Elefante o degli eredi Izzo, 
n ordine al riconoscimento del loro diritto all'esercizio della farnacia 
sita al Corso Cesaran9 di Campagna, avrebbe dato luogo alla 
1on consentita .i;ostituzione del giudice ordinario al competente organo 
tmministrativo, il quale, con provvedimento formale (e cio� col 
1rovvedimento del Prefetto di Salerno del 15 maggio 1956, mediante 
l quale era stato bandito il concorso per la farmacia in controversia) 
:veva negato il diritto in parola a entrambi i contendenti. 

Anche questi mezzi di annullamento devono essere disattesi. 

Infatti, come � stato ritenuto da queste Sezioni Unite, con altre 
1ronunce (cfr., in tal senso, le sentenze nn. 983 del 1962, 1003 e 2026 
lel 1957), una controversia, che abbia per oggetto lo accertamento 
lella sussistenza del diritto all'esercizio di una farmacia, in esito alla 
ndagine sulla legittimit� della stessa farmacia in base alle norme 
lella l. 22 maggio 1913, n. 468, appartiene alla competenza giurisdiionale 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria, in quanto concerne un diitto 
subiettivo perfetto. Orbene, oggetto del presente giudizio � non 
:i� l'accertamento della violazione di un interesse legittimo, per 
'illegittimit� del bando del concorso per l'assegnazione della farmaia 
in controversia, ma l'accertamento della sussistenza, o non, del 
.iritto dell'Elefante all'esercizio della stessa farmacia, che egli assume 

ssergli stata legittimamente trasmessa, per successione, in base alle 
.isposizioni contenute nella menzionata 1. n. 468 del 1913: in conseuenza, 
alla stregua del principio dianzi ricordato, la giurisdizione della 
utorit� giudiziaria non pu� essere con fondamento contestata. 

N� dicasi che la statuizione sulla controversia comportava l'anullamento 
di provvedimenti emanati, in ordine alla stessa farmacia,. 
alla Pubblica Amministrazione. Infatti, in realt�, dalle parti non era 
tata formulata alcuna domanda diretta a ottenere l'annullamento di 
tti amministrativi. E d'altronde, quand'anche una siffatta domanda 
Jsse stata formulata, la competenza dell'autorit� giudiziaria non saebbe 
venuta meno, ma sarebbe rimasta limitata all'accertamento del 
iritto all'esercizio della farmacia e alla dichiarazione di illegittimit� 
ell'atto amministrativo, del quale avrebbe potuto poi essere provoato 
l'annullamento nella competente sede amministrativa (cfr. le citate 
entenze di questo Collegio nn. 983 del 1962 e 2026 del 1957). 


782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sotto qualunque aspetto si consideri la questione, si deve, pertanto, 
riconoscere che la controversia apparteneva alla competenza giurisdizionale 
del giudice ordinario. 

Col quarto mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione degli 
artt. 24, 25, 26, 27, 30 della 1. 22 maggio 1913, n. 468, dell'art. 368 
del t. u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, dell'art. 1 del 

d. 1. 3 maggio 1933, n. 439, e dello art. 456 c. c., in relazione all'art. 360, 
n. 5, c. p. c., si duole che la Corte di Appello abbia escluso il suo 
diritto all'esercizio della farmacia in controversia. In proposito deduce, 
in primo luogo, che la sentenza denunziata, con l'affermare che la 
detta farmacia non poteva essere considerata legittima, ha violato il 
principio della presunzione di legittimit� degli atti amministrativi, in 
quanto la legittimit� della stessa farmacia era stata riconosciuta in 
vari atti amministrativi. Inoltre deduce che esso Elio Elefante, col 
dare la prova della sua qualit� di successore nella propriet� dell'immobile, 
sede della farmacia, quale erede di Gennaro Elefante, proprietario 
dello stesso immobile alla data dell'entrata in vigore della 1. 22 
maggio 1913, n. 468, aveva dimostrato il suo diritto di esercitare la 
medesima farmacia vita natural durante. Sostiene, poi, che dal fatto 
che la farmacia era aperta fin dall'anno 1870 si doveva desumere 
che la sua apertura era stata legalmente autorizzata e che, in effetti, 
non era necessaria alcuna autorizzazione per i successivi trasferimenti 
di essa. Indi afferma che, comunque, con le disposizioni transitorie 
della menzionata 1. n. 468 del 1913 erano state sanate tutte le irregolarit� 
eventualmente verificatesi nel passato per l'esercizio delle 
farmacie. Infine sostiene che la circostanza che esso Elio Elefante non 
fosse farmacista era del tutto inidonea, contrariamente a quanto � 
stato ritenuto dalla Corte di Appello, a escludere il suo diritto all'esercizio 
farmaceutico, giacch�, a norma dell'art. 30 della pi� volte citata 
1. n. 468 del 1913, il diritto alla continuazione dell'esercizio delle 
farmacie competeva agli aventi causa dei proprietari viventi a quell'epoca, 
a nulla rilevando in contrario che essi non fossero farmacisti. 
Trattasi di altre censure prive di fondamento. 
Innanzi tutto, non pu� farsi carico alla Corte di Appello di aver 
violato, con la decisione adottata, il principio della presunzione di 
legittimit� degli atti amministrativi. Infatti, a parte che la pronuncia 
emessa dalla Corte di Appello circa il disconoscimento del diritto 
dell'Elefante all'esercizio della farmacia in controversia, in realt�, non 
appare in contrasto con alcun atto amministrativo (e anzi, in proposito, 
non � fuori di luogo ricordare che, come � ammesso dallo 
stesso ricorrente, il Prefetto di Salerno, con nota dell'8 agosto 1949, 
aveva dichiarato illegittimo l'esercizio della farmacia, disponendone 
la chiusura e facendo riserva di autorizzarne in via provvisoria la 
gestione), � chiaro che, dovendosi statuire sulla sussistenza di un di



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 783 

�itto subiettivo, quale �, come si � visto, quello inerente all'esercizio� 
lella farmacia in discussione, la controversia doveva essere risoluta 
n base alla applicazione delle norme di legge disciplinanti il diritto in 
:ontesa e che pertanto non poteva essere attribuita alcuna efficacia 
>reclusiva agli accertar,1enti, eventualmente erronei, contenuti in atti 
tmministrativi. 

Ci� precisato, va aggiunto che, in effetti, il disconoscimento, conenuto 
nella impugnata pronuncia, del diritto dell'Elefante all'esercizio 
armaceutico, � lungi dall'essere erroneo, costituisce una. esatta appli:
azione delle norme che disciplinano la materia di cui trattasi. 

In proposito, occorre ricordare che la 1. del 22 maggio 1913, n. 468, 
nnovando il sistema stabilito con la precedente legge del 22 dicem1re 
1888, n. 5849, in base alla quale l'esercizio farmaceutico era libero, 
nstaur�, per l'esercizio in discorso, il sistema, tutt'ora vigente, della 
:oncessione amministrativa, previo concorso. Peraltro, con le dispoizioni 
transitorie (artt. 24 e segg.) della legge in parola, si intese 
li� salvaguardare, sia pure temporaneamente, i diritti degli esercenti 
e farmacie in atto esistenti e di dilazionare nel tempo l'assorbimento 
li tali farmacie nel nuovo regime. A tal uopo le farmacie esistenti 
�ennero distinte in varie categorie: a) le farmacie illegittime, contemilate 
dall'art. 24, e cio� le farmacie aperte dopo il 1" luglio 1909 e 
he per le disposizioni vigenti anteriormente alla I. del 22 dicembre 

888, n. 5849, nei luoghi in cui si trovavano, non pot�vano essere 

perte, nonch� le farmacie di cui fosse stato dichiarato (o sarebbe stato 

.ichiarato in esito a giudizi pendenti) illegittimo l'esercizio; b) le far


1acie legittime, contemplate dall'art. 25, e -cio� le farmacie autoriz


ate o autorizzabili secondo le norme anteriori alla Legge n. 5849 del� 

888; c) le farmacie legittime, contemplate da,ll'art. 26 e dalla dot


rina qualificate tollerate, ossia le farmacie, che, anche aperte dopo la 

~gge n. 5849 del 1888 e non autorizzabili secondo le disposizioni 

nteriori, non fossero illegittime giusta l'art. 24; d) le farmacie di 

ntico diritto, considerate privilegiate e contemplate dall'art. 28. 

Per le farmacie della prima specie, e cio� per le farmacie ille


ittime, fu disposta la chiusura entro tre mesi dalla pubblicazione del 

egolamento 13 luglio 1914, n. 829 (art. 27 della legge del 1913 e 

rt. 59 del menzionato regolamento). Per le farmacie legittime, di cui 

ll'art. 25, e per quelle tollerate, di cui all'art. 26, fu s'tabilito che 

otevano rimanere aperte. Tuttavia, mentre alle farmacie di cui 

ll'art. 25 fu concesso il diritto di libera commerciabilit� per 20 anni 

alla data di pubblicazione della legge (31 maggio 1913), per le farmacie 

>llerate non fu emanata nessuna disposizione in tal senso. Per queste 

ltime la continuazione dell'esercizio era dunque consentita, come � 

;ato giustamente osservato da una autorevole dottrina, soltanto ad 

ersonam e costituiva un diritto non commerciabile, n� trasmissibile. 


784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per vero, � chiaro che il citato art. 30, col menzionare, al fine della 
concessione della libera commerciabilit�, solo le farmacie legittime, 
contemplate nell'art. 25, ha inteso escludere da quel trattamento le 
farmacie cosiddette tollerate, contemplate dal successivo a:rt. 26. 

Venuto a scadere il ventennio, di cui al pi� volte citato art. 30, 
il regime transitorio stabilito da tale norma � stato p:t:otratto con qualche 
temperamento. In proposito, � stato stabilito con l'art. 15 del r. d. 
del 15 marzo 1934, n. 463 e indi con l'art. 369 del t. u. delle leggi 
sanitarie, approvato con r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, che le farmacie 
legittime, di cui all'art. 25 della 1. n. 468 del 1913, possono essere trasferite, 
per una volta tanto, per atto tra vivi o per successione, a condizione 
che il trapasso della farmacia sia fatto a favore d'i ~n farmacista 
iscritto nell'albo professionale, e che, nel caso di successione, 
il trapasso dalla farmacia pu� avvenire anche a favore del figlio o di 
uno dei figli del titolare premorto, sebbene non farmacista, purch� sia 
avviato agli studi farmaceutici o almeno iscritto all'ultimo anno di 
scuola media di secondo grado. Con il successivo art. 370 del menzionato 
t. u. � stato, poi, stabilito che le farmacie legittime contemplate 
dall'art. 26 della 1. 22 maggio 1913, n. 468, ossia le farmacie cosiddette. 
tollerate, possono essere trasferite esclusivamente per successione e 
secondo le disposizioni prevedute dal precedente articolo, a favore del 
figlio o di uno dei figli, anche se non farmacista, e, in mancanza di 
figli, a favore del coniuge che sia farmacista. 

Ci� posto, si osserva che la farmacia sita al Corso Cesarano di 
Campagna, come � stato esattamente ritenuto dalla Corte di Appello, 
� da annoverare tra le fai;macie tollerate, contemplate dall'art. 26 della 

1. n. 468 del 1913, in quanto non era autorizzabile secondo le norme 
1mteriori alla 1. 22 dicembre 1888, n. 5849. Infatti, in base al r. d. 
29 gennaio 1853, n. 39, che regolava l'esercizio farmaceutico nel Regno 
delle Due Sicilie, per � i domini di qua dal Faro � (e cio� esclusa la 
Sicilia), alla morte del proprietario farmacista, il diritto all'esercizio poteva 
essere trasmesso, previa autorizzazione del Promedicato, solo a 
un figlio privilegiato in farmacia, ossia diplomato in farmacia e autorizzato 
all'esercizio farmaceutico, mentre, nel caso di figli minori, era 
prevista l'istituzione di una amministrazione provvisoria in attesa del 
raggiungimento della maggiore et� del figlio. 
Ora de1la farmacia di cui si controverte (che, d'altronde, la sentenza 
denunziata ha accertato non risultare che fosse stata mai autorizzata), 
nel 1879, era stato effettuato un trasferimento, per successione, 
da Angelo a Luigi Cubiciotti, il quale, come � stato rilevato in punto 
di fatto dalla Corte di Napoli, non era farmacista e quindi non poteva 
divenire titolare della farmacia. stessa, in base alla menzionata 1. n. 39 
del 1853. Si tratta, pertanto, di una farmacia, che, per non essere autorizzata, 
n� autorizzabile, secondo le norme anteriori alla 1. n. 5849 del 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1888, non era trasmissibile in base alle richiamate. disposizioni della 

1. n. 468 del 1913. Appare dunque manifesto che del tutto fuori di 
luogo dall'odierno ricorrente vengono richiamate le norme di tale legge 
per sostenere che il diritto all'esercizio della farmacia gli � pervenuto, 
per successione, alla Plorte (avvenuta 1'8 ottobre 1933) dello zio Gennaro 
Elefante. 
Per completezza di motivazione non � fuori di luogo aggiungere 
che, d'altronde, alla stessa soluzione, circa l'insussistenza di ogni diritto 
dell'odierno ricorrente all'esercizio farmaceutico, si dovrebbe pervenire, 
quand'anche si ritenesse che si trattasse di una farmacia legittima, 
contemplata dall'art. 25 della Legge del 1913. Infatti, alla morte del 
nominato Gennaro Elefante (avvenuta, come sopra si � detto, 1'8 ottobre 
1933), il ventennio di libera commerciabilit�, successivo alla pubblicazione 
(31 maggio 1913) della legge n. 468 del 1913, era ormai scaduto 
e Elio Elefante, per non essere n� farmacista, n� figlio del precedente 
titolare, non era in possesso di alcuno dei requisiti stabiliti dalla 
successiva legislazione (citato art. 268 del Testo Unico delle leggi sanitarie) 
per il trasferimento, per successione, delle farmacie legittime. 

Sotto qualunque aspetto si consideri la questione, si deve, pertanto, 
riconoscere che la decisione adottata dalla Corte di Appello, in ordine 
al disconoscimento del diritto dello Elefante all'esercizio farmaceutico, 
si sottrae a ogni censura. 

Col quinto mezzo di annullamento, il ricorrente, nel denunziare la 
violazione degli artt. 277 e 91 c. p. c., in relazione all'art. 360, n. 5, 
dello stesso codice, lamenta che la Corte di Appello abbia pronunziato 
la condanna di esso Elefante al pagamento delle spese giudiziali 
nei confronti degli eredi Izzo, nonostante non avesse riconosciuto a 
costoro alcun diritto all'esercizio della farmacia, nonch� al pagamento 
delle spese giudiziali nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, 
nonostante avesse rigettato la loro domanda diretta a ottenere la declaratoria 
della vacanza dell� farmacia in controversia, per mancanza di 
titolare. 

A dimostrare l'inconsistenza di questa doglianza non occorre attardarsi, 
bastando osservare che l'Elefante � risultato, nel giudizio di 
merito, totalmente soccombente nei riguardi sia degli eredi Izzo che 
delle Amministrazioni dell'Interno e della Sanit�, per essere stata rigettata 
la domanda da lui proposta, nei confronti delle predette parti, per 
ottenere l'accertamento del suo preteso diritto all'esercizio farmaceutico. 

Esaurito l'esame del ricorso principale e del secondo mezzo del 

ricorso incidentale, rimane da valutare il primo mezzo del detto ricorso 

incidentale. 

Con tale doglianza le Amministrazioni della Sanit� Pubblica e 
dell'Interno, nel denunziare la violazione e falsa applicazione degli 
artt. 112, 324, 329, II comma, 35 e 346 c. p. c., lamentano che la sen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenza denunziata abbia considerato domanda nuova, come tale inammissibile 
in grado di appello, quella diretta ad ottenere la declaratoria 
che erano carenti del diritto all'esercizio della farmacia sia l'Elefante 
che gli eredi Izzo. In proposito le Amministrazioni sostengono che esse, 
col dedurre, nell'atto con il quale avevano proposto l'appello incidentale, 
la insussistenza dei diritti vantati dalle controparti, non avevano 
ampliato la materia del contendere, ma si erano limitate a formulare 
una richiesta, rimanente nell'ambito della difesa, di accertamento negativo 
delle pretese all'esercizio farmaceutico fatte valere in giudizio 
sia dallo Elefante che dagli eredi Izzo. Inoltre sostengono che la richiesta 
in parola non era venuta ad ampliare, nel giudizio di secondo 
grado, la materia del contendere, anche perch� esse Amministrazioni 
avevano dedotto" pure nel giudizio di primo grado, e pi� precisamente 
con la comparsa conclusionale del 15 maggio 1956, che trattavasi di 
farmacia resasi vacante e pertanto soggetta all'ordinario ~egime di 
concessione e legittimamente inclusa nel bando di concorso della Pre-, 
fettura di Salerno in data 15 maggio 1956. Indi inducono che la Corte 
di Appello avrebbe dovuto, se mai, dichiarare che sull'accertamento 
negativo chiesto da esse Amministrazioni {oltre che dall'Elefante) in 
ordine al diritto farmaceutico degli eredi Izzo si era gi� pronunciata 
favorevolmente, con efficacia di giudiCato, la sentenza del Tribunale, 
laddove aveva accolto la domanda di Elio Elefante, dopo aver respinto 
ogni diversa istanza dei nominati eredi. A presidio di tale tesi sostengono 
che gli stessi Izzo, con il loro atto di appello del 30 settembre 1960, 
si erano doluti solo dell'accoglimento della domanda dell'Elefante e 
avevano concluso per la declaratoria di inammissibilit� o per il rigetto 
di tale istanza, senza chiedere che la Corte di Napoli accogliesse, in 
riforma della sentenza appellata, la domanda riconvenzionale da essi 
Izzo proposta dinanzi ai primi giudici e tendente all'accertamento del 
loro diritto all'esercizio farmaceutico. 

Di tali doglianze, per ragioni di ordine logico, � da esaminare, per 
prima, quella con cui si afferma la sussistenza di un giudicato sul 
rigetto della domanda riconvenzionale degli eredi Izzo tendente all'accertamento 
del loro diritto all'esercizio farmaceutico. 

Tale doglianza � priva di fondamento. 

In proposito � da precisare, in primo luogo, che, sebbene il Tribunale, 
nell'accogliere la domanda dell'Elefante, avesse inserito nel 
dispositivo la formula � respinta ogni diversa istanza ., a tale dichiarazione, 
contrariamente a quanto assumono le Amministrazioni ricorrenti, 
non poteva essere attribuita l'efficacia di un rigetto implicito 
della suindicata domanda riconvenzionale degli Izzo. Per vero, come 
questa Suprema Corte ha ripetutamente statuito (cfr., tra le altre, le 
sentenze nn. 1232 del 1963, 698 del 1959' e 3202 del 1957), non possono 
ritenersi rigettate per implicito determinate domande, eccezioni 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

o deduzioni, sulla base della semplice dichiarazione, contenuta nella 
sentenza, di rigetto di ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, 
perch� questa � una semplice clausola di stile e deve, comunque, trovare 
nella motivazione la sua giustificazione. 
Ci� premesso, va aggiunto che, tuttavia, una pronunzia implicita, 
da parte della sentenza di primo grado, sulla domanda riconvenzionale 
degli Izzo deve essere ravvisata sotto altro aspetto. Infatti, avendo il 
Tribunale accolto la domanda dell'Elefante diretta all'accertamento del 
suo diritto all'esercizio della farmacia ed essendo l'accoglimento di tale 
domanda incompatibile con la riconvenzionale degli eredi Izzo, il rigetto 
di ~uest'ultima era, per tale aspetto, implicito nel dispositivo (cfr., in tal 
senso, per riferimento, la sentenza di questa Corte n. 698 del 1959). (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1967, n. 1389 -P1�es. 
Scarpello -Est. Pratillo -P. M. Di Majo (conf.). -Picco (avv. 
Magni) c. I.M.I. (avv. Pascali, Luzzati, Satta), Esattoria Consorziale 
di Genova (avv. Villani, Romanelli) e Maggi (avv. Regard). 

Fallimento -Revocazione di crediti amm�ssi -Revocazione ordinaria Termini 
e condizioni di ammissibilit� -Differenza. 

(c. p. c., artt. 395, 396; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 102). 
Revocazione -Motivi -Dolo della parte -Fallimento -Dolo processuale 
revocatorio -Identit� di nozione -Sussiste. 

(c. p. c., art. 395, n. 1; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 102) 
Nave e navigazione -Recupero e rimessione in pristino di navi mercantili 
sinistrate -Oneri finanziari -Provvidenze -Finanziamenti Garanzia 
sussidiaria da parte dello Stato -Natura -Fideuissione 
sussidiaria �ex lege � -Surrogazione dello Stato nelle ragioni del 
creditore verso il debitore principale -Condizione -Necessit� 
dell'effettivo pagamento da parte dello Stato -Sussiste. 

� (d. lg. lgt. 19 ottobre 1945, n. 686, artt. 6, 7; c. c., artt. 1949, 1950, 1203, n. 5). 

Contabilit� generale dello Stato -Fermo amministrativo -Natura ed 
effetti. 

(r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69). 
Procedimento civile -Confessione giudiziale -Nozione -Confessione 
resa in altro processo -Valore meramente indiziario -Sussiste. 

(c. c., art. 27.33; c. p. c., art. 228). 
L'azione di revocazione dell'ammissione di crediti al passivo fallimentare, 
fondata sulla circostanza che questa fu determinata da falsit� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� o dolo o erro1�e essenziale di fatto, ovvero sul rinvenimento di documenti 
decisivi, prima ignorati, non � soggetta ai termini ed alle condizioni 
di ammissibilit� della revocazione ordinaria (1). 
La nozione di dolo processuale revocatorio � unica sia pel codice 
di procedura civile che per la legge fallimentare, epper�, in questo 
caso, si identifica nella messa in opera di espedienti tali, da fare artificiosamente 
apparire una situazione diversa dalla reale, ingannando 
cos� gli organi fallimentari con danno della massa dei creditori, dovendosi 
escludere che esso sia riscontrabile nel semplice silenzio su fatti 
sfavorevoli alla parte interessata, o nell'omissione di menzione di atti 

o documenti, che potrebbero risultare sfavorevoli ad essa, o addirittura 
nel mendacio, occorrendo sempre, per la sua configurazione, una concreta 
attivit� dolosa, ossia l'uso di artifici o raggiri (2). 
La garanzia sussidiaria da parte dello Stato, prevista a favore degli 
istituti finanziatori dall'a1�t. 7 d. lg. lgt. 19 ottobre 1945, n. 686 -recante 
provvidenze per sopperire agli oneri finanziari per il recupero ed 
il ripristino di navi mercantili sinistrate -si concreta in una fidejussione 
sussidiaria ex lege, in cui sono stabiliti limiti alla normale solidariet� 
tra fidejussore e .debitore principale attraverso l'obbligatoria, 
preventiva escussione di beni specificati del debitore principale sottoposti 
alla prescritta garanzia ipotecaria; ma continua ad applicarsi, 
tuttavia, in mancanza di apposita norma derogatoria, la regola, secondo 
la quale il fideiussore (cio�, nel caso, lo Stato) subentra di diritto nelle 
ragioni del creditore verso il debitore principale e pu� agire contro 
costui in via di regresso, soltanto quando abbia effettivamente pagato 
e non gi� quando sia divenuto attuale l'obbligo di tale pagamento 
della parte di credito residuata all'avvenuta escussione, da parte del 
creditore, della nave, del galleggiante e delle cose sottoposte a privilegio 
(3). 

Il fermo amministrativo previsto dall'art. 69 della legge sulla contabilit� 
generale dello Stato � un provvedimento cautelare diretto alla 
tutela dei diritti di credito delle amministrazioni statali verso terzi: 
esso funziona, sostanzialmente, come sequestro o pignoramento, ad opera 
di Amministrazione statale creditrice di terzi, degli eventuali crediti 
di costoro verso lo Stato presso le Amministrazioni debitrici; ed � 
anche provvedimento provvisorio (come ogni provvedimento cautelare), 

(1) Cfr. Cass., 16 marzo 1964, n. 594, Giur. it., Mass., 1964, 183. 
(2) Cfr. � Cass., 10 marzo 1966, n. 676, Giur. it., Mass., 1966, 291, sub 9 
ed ivi nota (1) di riferimenti; 3 gennaio 1966, n. 16, ibidem, 8, sub a. 
(3) A norma degli artt. 1949, 1950 e 1952 c. s., il fideiussore che ha 
pagato viene ad assumere la stessa posizione nella quale si trovava il 
creditore prima del pagamento: Cass., 16 giugno 1962, n. 1508, Giur. it., 
Mass., 1962, 541. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 789 

perch� la sospensione del pagamento ai terzi. dei debiti che lo Stato 
ha verso di loro non � ancora incameramento delle somme dovute dallo 
Stato, il quale col fermo amministrativo non opera ancora conteggi 
-0 conguagli alcuno e, quindi, non vi pu� essere neppure compensazione. 
Per questa � necessario il provvedimento definitivo, espressamente previsto 
e voluto dalla norma in esame, con il quale soltanto, cio� dopo 
che si sar� accertato se e quale amministrazione statale � debitrice del 
terzo, di quale somma, a che titolo e con quale scadenza, potr� avvenire 
l'effettivo incameramento delle somme dovute dallo Stato al terzo e, 
quindi, la compensazione legale dei debiti con i crediti dello Stato (4). 

Possono costituire confessione giudiziale solo le dichiarazioni rese 
da una parte nel giudizio in cui si discute del diritto in contestazione, 
non quelle rese in un giudizio diverso, le quali possono costituire solo 
meri indizi (5). 

(Omissis). -I quattro ric�rsi, proposti contro la stessa sentenza, 
� vanno, a sensi dell'art. 335 c. p. c., riuniti nel numero unico di ruolo 
1974 del 1964, che distingue il ricorso principale proposto dalla Picco. 
Questa con il primo mezzo denuncia, in riferimento all'art. 360, 
nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione degli artt. 5, 7 del r. d. n. 686 del 
19 ottobre 1945 e dell'art. 1203, n. 5, c. c., nonch� la falsa applicazione 
degli artt. 1201, 1949 c. c. e sostiene che, scaturendo direttamente dalla 
legge la garanzia sussidiaria dello Stato per i finanziamenti concessi ad 
armatori a sensi del d. 1. n. 686 del 1945, lo stesso era, nel caso con~ 
creto, tenuto ad effettuare il pagamento all'I.M.I. del credito residuo 
appena avvenuta la escussione della n�ve �Carola M . ., che garantiva 
il mutuo concesso dall'Istituto fii fratelli Maggi. Rileva, altres�, che, 
da un lato, tale garanzia si differenzierebbe dalla comune fideiussione, 
mancando la solidariet� con il debitore per il pagamento del debito, 
dall'altro, in quanto, per la sua .operativit�, sarebbe sufficiente l'escussione 
reale della nave o del natante, che garantisce il mutuo, e non 
anche degli altri beni del debitore. Afferma ancora la ricorrente che 

(4) Vinsegnamento della sentenza in rassegna accoglie la tesi della 
Avvocatura, secondo cui, in funzione della compensazione di debiti e crediti 
di una qualsiasi Amministrazione dello Stato (e non necessariamente 
della stessa)' verso un dato soggetto privato, la legge sulla contabilit� generale 
dello Stato (art. 69) attribuisce ad ognuna di esse, che abbia ragione 
di credito verso il privato, la potest� di provocare la sospensione 
del pagamento di un suo come del debito di ogni altra Amministrazione 
statale, verso il medesimo soggetto, fino all'emissione di un successivo 
provvedimento amministrativo, con cui, o si revochi il fermo, ovvero, verificatesi 
la liquidit� e l'esigibilit� del proprio credito, l'Amministrazione 
che ha disposto il fermo, chieda che la somma, viceversa dovuta dallo Stato 
al privato, venga -nei limiti in cui operi la compensazione legale 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da tale momento debitore vrso l'I.M.I. per il residuo credito diverrebbe 
immediatamente e automaticamente lo Stato, che � de iure � si surrogherebbe 
nei confronti del debitore nei diritti dello I.M.I., il quale, altrettanto 
automaticamente e immediatamente, cesserebbe d'essere creditore 
e dovrebbe attendere soltanto il pagamento da parte dello Stato di quanto 
ancora dovutogli. La Picco denuncia, altres�,l'omesso esame della lettera, 
in data 19 settembre 1953, del Ministero del tesoro, diretta al curatore 
del fallimento, con la quale si riconoscerebbe che il creditore dell'incapienza 
sulla nave � Carola M. � . era lo Stato. 

Nel secondo mezzo si lamenta, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, 

c. p. c., la violazione degli artt. 69, ult. comma, del r. d. n. 2440 del 
18 novembre 1923, 1241 c. c. e 5 della I. n. 2248 del 20 marzo 1865, 
all. E e si sostiene che l'esattezza dei principi af!'ermati nel mezzo 
precedente sarebbe confermata dal comportamento dello Stato, che, 
non appena verificatasi l'operativit� della .sua garanzia legale sussidiaria, 
pose, in data 10 novembre 1950, il fermo amministrativo su 
tutti i crediti che l'impresa Maggi aveva verso di esso. Tale fermo non 
costituirebbe un mero provvedimento cautelare e provvisorio, cui debba 
far seguito altro definitivo, ma sarebbe in s� definitivo e diretto a impedire 
il pagamento dei debiti dello Stato a chi r�sulti suo debitore. 
E a tal fine sarebbe soltanto necessario procedere, dopo il fermo amministrativo, 
allo accertamento, in via amministrativa, mediante compensazione 
legale obbligatoria, del saldo a credito o a debito dello 
Stato o dell'altro soggetto, operazione che costituirebbe il provvedimento 
definitivo indicato dall'art. 69 del r. d. n. 2440 del 1923, cosicch� 
l'autorit� giudiziaria ordinaria avrebbe dovuto riconoscere e osservare 
tale effetto, che, in via immediata e automatica, discende dal fermo 
amministrativo, e non giudicare in contrasto con esso. Si deduce, infine, 
che la Corte del merito avrebbe omesso l'esame: 1) della lettera in 
data 16 febbraio 1953, diretta dal Ministro del Tesoro al Presidente del 
Tribunale di Genova, intesa a precisare, agli effetti della compensazione 
legale, che i crediti della ditta Maggi bloccati con il fermo amincamerata 
a soddisfazione di quel credito: nei confronti del privato, in 

virt� del principio dell'unit� della cassa dello Stato, una volta sussi


stenti liquidit� ed esigibilit� dei reciproci debiti, essi, infatti, si estin


guono fino a concorrenza (artt. 1241, 1242, 1243, comma primo, c. c.). 

Che la norma dell'ultimo comma dell'art. 69 I. cont. gen. Stato preveda una 

eccezionale cautela di natura amministrativa, sottratta ad ogni convalida 

di carattere giurisdizionale, avviene proprio in virt� del carattere di stru


mentalit� di tale misura rispetto alla compensazione legale, la quale, per


ci�, eccezionalmente, � ammessa dalla legge a favore dello Stato (ma non 

potrebbe, viceversa, essere invocata dal privato debitore, nei confronti 

del quale deve tornare a valere la regola fondamentale della contabilit� 

generale dello Stato, postulata dal r. d. n. 2440 del 1923, secondo la quale 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 791 

ministrativo potevano ritenersi sufficienti a coprire il credito residuo 
di lire 72 milioni (e non 85) dell'I.M.I; 2) della liquidazione, stabilita 
dallo stesso Ministro, in lire 55 milioni (non 72) del debito dei Maggi e 
del relativo pagamento fatto all'I.M.I. da parte del Ministero del 
Tesoro; 3) dell'insinuazione tardiva della stessa cifra di 55 milioni da 
parte del Ministro del Tesoro nei fallimenti Maggi; 4) dell'illegale insinuazione 
dell'inflazionata cifra di 85 milioni da parte dell'Esattoria 
consorziale delle II.DD. di Genova per conto dell'I.M.I., tuttora permanente 
al passivo dei fallimenti Maggi, in violazione dell'artt. 102 della 
legge fallimentare. 

Con il terzo mezzo si denuncia, in riferimento all'art. 360, n. 3, c.p.c., 
la falsa applicazione del decreto del Ministro del Tesoro in data 29 
novembre 1950 e la violazione dell'art. 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1� novembre 
1944. Si afferma che la Corte di merito avrebbe omesso di 
considerare �che l'azione esattoriale intrapresa dall'I.M.I. ai danni della 
ditta Maggi in forza del d. m. suddetto (che determin� la successiva 
dichiarazione di fallimento della ditta Maggi� e la correlativa insinuazione 
del preteso credito al passivo fallimentare) era nulla e priva 
di efficacia, giacch� quel d. m. non era applicabile alla fattispecie in 
esame, in quanto, per effetto dell'art. 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1944, 
l'I.M.I. non poteva agire in surroga dell'Amministrazione statale. 

Con il quarto mezzo la ricorrente lamenta, in riferimento all'articolo 
360, nn. 3 e 5, del c. p. c., la violazione degli artt. 1362, 2733, 1411 

c. c. e afferma di aver sempre sostenuto che il credito di lire 42.102.653, 
insinuato direttamente dallo I.M.I. nei passivi dei fallimenti Maggi, 
per asserita incapienza dell'escussione della nave � Stafano M. �, doveva 
essere revocato a norma dell'art. 102 della legge fallimentare, essendo 
certo che l'I.M.I. non aveva diritto a insinuarlo, in quanto nel rogito 
Giuliani del 24 ottobre 1950, con il quale aveva venduto quella nave, 
esso .aveva dichiarato essere stata raggiunta la finalit� del recupero 
del finanziamento. Quindi censura la sentenza impugnata, per avere 
escluso che la �enunciativa contenuta nelle premesse del rogito Giuliani 
potesse interpretarsi quale riconoscimento di un fatto estintivo del 
nel bilancio statale le entrate e le spese sono classificate ed iscritte in 

distinte partite e devono ognuna essere realizzata o erogata a parte, con 

una causalit� ed un fine determinati e specifici: cfr. Relazione Avvocatura 

Stato per gli anni 1942-1950, II, Roma, 1953, 467). 

La peculiarit�� dell'istituto rende, pertanto, avvertiti della necessit� 

di intendere cum grano salis il riferimento, fatto dalla sentenza in rasse


gna, al sequestro (conservativo): l'analogia avvisata dalla Corte di Cas


sazione fra i due istituti non sembra possa ammettersi, visto che sospen


sione del pagamento disposta all'interno dell'organizzazione dell'Ente e 

vincolo di indisponibilit� dei beni altrui sono concetti diversi, e consi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

credito posto in essere dall'I.M.I. mediante il rogito medesimo. Denuncia 
al riguardo l'omesso esame di fatti decisivi al fine dell'esatta interpretazione 
della suddetta enunciativa, e precisamente che l'I.M.I. 
aveva venduto il piroscafo � Stafano M. � a Marino Querci per 60 
milioni (cio� per quasi l'intero importo capitale del finanziamento 
garantito dalla nave); che l'I.M.I. � un istituto di diritto pubblico, al 
quale sarebbero estranei fini speculativi, cosicch� sarebbe ingiustificata 
l'ulteriore richiesta di lire 42.102.653; che l'I.M.I. avrebbe dichiarato 
essere state le premesse del rogito Giuliani fatte a fini fiscali, con ci� 
confermando che era stato soddisfatto di ogni sua pretesa. La Picco 
afferma, altresl, che la rinuncia a ogni ulteriore atto verso i Maggi si 
evincerebbe dalle deposizioni del Presidente e del Direttore generale 
dell'I.M.I., i quali avrebbero confermato quanto dichiarato dall'acquirente 
della � Stefano M. � e dall'intermediario Angelo Costa, cio� che, 

una volta venduta la nave, l'I.M.I. si era impegnato a � non fare ulteriori 
atti per il credito ., dichiarazioni che concreterebbero una confessione 
giudiziale; infine che il rogito Giuliani costituirebbe l'atto scritto 
in cui si sostanzia l'asserito contratto a favore del terzo. 

Con il quinto e ultimo mezzo la Picco lamenta, in riferimento 
all'art. 360, n. 3, c. p. c., la violazione degli artt. 102 e 232 della legge 
fallimentare e dell'art. 12 delle preleggi, la quale discenderebbe dalla 
violazione delle altre norme indicate nei mezzi precedenti, a sua volta 
causa dell'errata pronuncia di rigetto della domanda di revocazione di 
entrambi i. crediti insinuati dall'I.M.I. nel passivo dei fallimenti Maggi. 

Il ricorso incidentale di Federico Maggi � semplicemente e � in 
toto � adesivo a quello proposto dalla Picco. 

L'Esattoria consorziale delle II. DD. di Genova, con il suo unico 
mezzo di ricorso incidentale condizionato, lamenta, in riferimento 
all'art. 360, nn. 3, 4, 5, c. p. c. e all'art. 102 della legge fallimentare, 
la violazione degli artt. 8 del d. 1. 1. n. 686 del 19 ottobre 1945 e 
9 del d. 1. 1. n. 367 del 1� novembre 1944. Sostiene che, sia in primo 
grado che nella prima difesa. d'appello, aveva eccepito l'improponibilit� 
dell'istanza di revocazione, poich� il credito esattoriale, insi


derato, altres�, che la prima misura esiste al di fuori del processo, � pm 
propriamente un mezzo di autotutela, preordinato alla compensazione legale, 
mentre la seconda si realizza nel processo ed � preordinata all'esecuzione 
forzata (cfr. CONIGLIO, Il sequestro giudiziario e conservativo, 
Milano, 1949, 8 e seg.); e cos� neanche sembra applicabile, nella specie, 
il disposto di cui all'art. 96, comma secondo, c. p. c., con l'avvertenza che, 
un problema di responsabilit� per fermo amministrativo poscia revocato 
non appare neppure proponibile, ove si consideri che il tema di una obiettiva 
responsabilit� pel commodum � assolutamente estraneo allo svolgimento 
dell'attivit� amministrativa, mentre, qualora tale responsabilit� si 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 793 

mato nei fallimenti Maggi, era stato legittimamente incluso in un 
molo reso esecutivo dall'Intendente di Finanza con atto ammini;
trativo del 21 agosto 1952, atto che l'autorit� giudiziaria ordinaria 
aon avrebbe potuto revocare: e si trattava di questione, che la Corte 
:iel merito avrebbe dovuto esaminare pregiudizialmente. 

L'Istituto Mobiliare Italiano, con il suo unico mezzo di ricorso 
lncidentale condizionato, denuncia la violazione del principio, secondo 
~ui la revocazione, ex art. 102 della legge fallimentare, dei crediti 
immessi al fallimento costituisce impugnazione straordinaria, ammis;
ibile solo quando i vizi del provvedimento non si siano potuti far 
17alere con. l'impugnazione ordinaria prevista dall'art. 100 della legge 
Eallimentare. 

Ora la Picco, contrariamente a quanto asserito dalla Corte di 
merito, non avrebbe data la prova, di cui aveva l'onere, che la scoperta, 
da parte sua, del dolo dell'I.M.I. circa l'insinuazione del suo 
credito nei fallimenti Maggi era avvenuta dopo la scadenza del termine 
previsto dall'art. l�O suddetto. 

I due ricorsi incidentali propongono questioni di carattere pregiudiziale 
rispetto a quelle del ricorso principale, ma, essendo essi 
condizionati, potranno essere presi in esame solo in caso d'accoglimento 
del ricorso principale: infatti il rigetto di questo eliminerebbe 
per l'I.M.I. e per la Esattoria genovese ogni interesse all'esame dei 
loro ricorsi (cfr. Cass., sentenze n. 1412 del 7 luglio 1965 e n. 1108 
del 30 aprile 1966). 

Quanto al ricorso principale, � da premettere che l'art. 102 della 

1. n. 267 del 16 marzo 1942 richiede, per la revoca di crediti ammessi 
al passivo fallimentare, che l'ammissione sia stata determinata da falsit� 
o dolo o errore essenziale di fatto o perch� si siano rinvenuti documenti 
decisivi prima ignorati. Nel caso concreto la Picco affermava, 
con i Maggi, che l'ammissione dei due crediti dell'I.M.I. nel passivo dei 
due fallimenti fu dovuto a dolo dell'Istituto, perch� essi non erano 
in realt� esistenti, ma scientemente, anzi fraudolentemente simulati 
(tanto che in questa sede si denuncia, nel quinto mezzo, la violazione 
volesse ricondurre nello schema della colpa, apparirebbe ben difficile, se 
non addirittura impossibile, che un sindacato del G.0. potesse legittimamente 
esplicarsi al limite di demarcazione fra la valutazione dell'opportunit� 
amministrativa e la vera e propria negligenza. 

Sull'argomento del fermo ex art. 69, ultimo comma, r. d. n. 2440 del 
1923, v. Relazione Avvocatura Stato per gli anni 1951-1955, vol. I, Roma, 
1957, 930 e segg. (ove, in particolare, si avvisa al problema della liquidit� 
ed esigibilit� del credito ed a quello della interferel)za fra cessione del 
credito e fermo amministrativo). 

(5) Cfr. Cass., 13 aprile 1963, n. 937, Giur. it., Mass., 1963, 311, sub a. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'art. 232 della legge fallimentare). Ma se (Cass., sent. n. 594 del 
16 marzo 1964) � pi� esteso il campo di detta, speciale impugnazione, 
di modo che non possono ritenersi ad essa applicabili i termini e le 
condizioni posti dal codice di procedura civile per l'ammissibilit� della 
revocazione ordinaria (P.rtt. 395, 396 c. p. c.), tuttavia, essendo la nozione 
di dolo unica, il dolo processuale revocatorio, di cui all'art. 102 della 
legge fallimentare, al pari di quello previsto dall'art. 395, n. 1, c. p. c., 
si identifica nella messa in opera di espedienti tali, da far artificiosamente 
apparire una situazione diversa dalla reale, ingannando, cosi, 
gli organi fallimentari con danno della massa dei creditori. Pertanto, 
allorch�, senza aver posto in essere artifici o raggiri, si sia esercitata 
l'attivit� processuale nei modi previsti dalla legge, non possono ricorrere 
gli estremi del dolo processuale revocatorio (cfr. Cass., sent. n. 306 
del 6 febbraio 1954). 

Ora, con i primi tre mezzi di ricorso, attinenti al credito dell'l.M.I. 
ammesso ai fallimenti Maggi quale residuo, dopo la vendita della 
nave � Carola� M. � che lo garantiva, del mutuo concesso dall'Istituto 
ai Maggi con garanzia sussidiaria dello Stato, la Picco n_on censura 
affermazioni della sentenza impugnata relative a un'attivit� dolosa, 
fraudolenta, come sopra specificata, posta in opera dall'I.M.I. per far 
ammettere quel credito nei passivi dei due fallimenti, ma ripropone le 
questioni giuridiche gi� prospettate in sede di merito, in base alle 
quali -e soltanto se fosse accolta la soluzione ad esse data dalla 
Picco -si potrebbe ritenere inesistente, al momento della sua ammissione 
ai passivi fallimentari, il credito dell'Istituto. Si tratta, per�, 
ovviamente, di questioni del tutto estranee a quella concreta attivit� 
dolosa, che � il presupposto necessario dall'istanza di revocazione ex 
art. 102 della legge fallimentare. In fatto, poi, non � dubbio che, al 
momento in cui venne ammesso ai passivi fallimentari, il credito in 
parola esis~eva, in quanto lo Stato oltre un anno dopo l'ammissione 
del credito stesso al passivo del fallimento di Federico Maggi (pred


samente il 30 ottobre 1954) corrispose all'l.M.I. una somma, peraltro 

inferiore di 30 milioni al debito residuo del fallito, e per tale somma 

lo Stato venne tardivamente (1'11 gennaio 1956) ammesso al passivo 

del fallimento di Federico Maggi, di altrettanto diffalcandosi quello 

ammesso dell'I.M.I., perch� lo Stato aveva, sia pure parzialmente, 

adempiuto alla garanzia sussidiaria cui era obbligato. 

La situazione non muta rispetto all'ammissione dello stesso credito 

al passivo del fallimento della societ� di fatto e dei tre soci Maggi, 

dichiarato con sentenza del 28 aprile 1958, perch�, cos� come ridotto 

dopo il pagamento parziale effettuato dallo Stato, in realt� esso esisteva. 

Comunque, i tre primi mezzi del ricorso, anche a ritenerli ammis


sibili, sono infondati. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 795 

Quanto al primo, l'art. 7 del d. 1. 1. n. 686 del 19 ottobre 1945, 
recante provvidenze al fine di sopperire a oneri finanziari per il 
recupero e la rimessa in pristino di navi mercantili sinistrate, stabilisce: 

� Perch� la garanzia sussidiaria dello Stato divenga operativa e lo 
Stato sia tenuto al pa~amento immediato del residuo credito all'ente 
o istituto (finanziatore), sar� sufficiente che abbia avuto corso l'escussione 
della nave o del galleggiante ipotecato e delle cose sottoposte 
a privilegio �. 
Trattasi di una fideiussione sussidiaria � ex lege �, in cui sono stabiliti 
limiti alla normale solidariet� (art. 1944, comma 1�, c. c.) tra fideiussore 
e debitore principale, attraverso l'obbligatoria, preventiva escussione 
di beni specificati del debitore principale (applicazione dell'art. 1944 

c. c.) sottoposti alla prescritta garanzia ipotecaria (art. 6 d. 1. 1. n. 686 
del 1945). Ma n� in tale norma, n� in altre del d. 1. 1. suddetto si rinviene 
-come sarebbe stato necessario per rendere attendibile la 
tesi della ricorrente -deroga alcuna al principio generale (artt. 1949, 
1950, 1203, n. 5, c. p. c.), secondo cui il fideiussore (cio� nel caso concreto 
lo Stato) subentra di diritto nelle ragioni del creditore verso il debitore 
principale e pu� agire contro di questi in via di regresso per il rimborso, 
soltanto se e quando abbia effettivamente pagato e non al 
momento in cui sia divenuta operativa la garanzia sussidiaria, attuale 
l'obbligo dello Stato di pagare la parte di credito residuata alla avvenuta 
escussione, da parte del creditore, della nave, del galleggiante 
e delle cose sottoposte a privilegio. Quindi la surrogazione legale cio� 
la variazione soggettiva nei termini del rapporto obbligatorio dello 
Stato garante all'ente o istituto, creditore verso il debitore principale, 
avviene secondo i principi generali anche nella fattispecie legale 
in esame, cio� quando lo Stato abbia adempiuto alla sua fideiussione, 
soddisfacendo materialmente il credito: prima, creditore � sempre l'ente 
o istituto mutuante, cio�, nel caso, l'I.M.I. 
Del resto, un attento e coordinato esame delle norme speciali 
conferma tale tesi. L'art. 8 del d. 1. 1. n. 686 del 1945 ha espressamente 
recepito l'art. 9 del d. 1. 1. Ii. 367 del 9 novembre 1944, cosicch� l'ente 

o istituto finanziatore � autorizzato, per il recupero del� credito, prima 
per� che ad esso si sia effettivamente surrogato lo Stato, ad avvalersi 
delle norme e dei privilegi stabiliti per la riscossione delle imposte 
dirette. Ma la legge non condiziona affatto tale facolt� alla mancanza 
di garanzia ipotecaria su nave o galleggiante, essendo essa, anzi, obbligatoria 
(art. 6 d. 1. 1. n. 686 del 1945). Ci� significa .che, anche dopo 
l'escussione della nave o del galleggiante ipotecato, obbligatoria per 
l'operativit� della garanzia sussidiaria dello Stato, � consentito all'ente 
o istituto creditore di servirsi della procedura esecutiva esattoriale 
per recuperare quanto ancora dovutogli, altrimenti la recezione dell'art. 
9 suddetto non avrebbe ragione d'essere: e ci� nonostante sia 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

divenuta operativa la garanzia sussidiaria dello Stato. Peraltro, se questo 
abbia concesso all'ente o istituto finanziatore delle anticipazioni, l'articolo 
9, ult. comma, del d. 1. 1. n. 367 del 1944 dispone che esse, ove 
la garanzia dello Stato divenga operativa, saranno portate in diminuzione 
delle somme C'he lo Stato dovr� versare, oppure saranno restituite 
dall'ente o istituto finanziatore allo Stato, qualora abbia ottenuto 
il recupero del credito e in corrispondenza delle somme recuperate. 
Pertanto, se la legge consente all'ente le anticipazioni avute ove 
ottenga il recupero totale del credito sia pure a seguito della consentita 
procedura esecutiva esattoriale, evidentemente l'istituto o l'ente 
conserva la titolarit� del diritto di credito anche dopo la escussione 
della nave o del natante e che sia divenuta, quindi, operativa la garanzia 
sussidiaria dello Stato: sempre che questo non abbia ancora soddisftto 
il credito dell'ente o istituto, altrimenti lo Stato, come dispone 
l'art. 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1944, si sarebbe surrogato all'ente o istituto 
finanziatore nella procedura esecutiva esattoriale. 

Si pu� aggiungere che l'art. 5, penult. comma, della legge n. 54 del 
4 febbraio 1956 -contenente norme integrative circa la gestione dei 
finanziamenti dello Stato o da questo garantiti e nella quale si richiama 
espressamente anche il d. 1. 1. n. 686 del 1945 -dispone: � Nei casi 
in cui la garanzia statale divenga operativa, a norma di legge, dopo 
l'esecuzione sui beni cauzionali, ovvero a seguito della perdita dei 
beni stessi, gli istituti mutuanti sono egualmente tenuti a perseguire 
il debitore con ogni altra possibile azione di recupero in nome e per 
conto dello Stato, anche dopo ottenuto il rimborso dallo Stato del 
residuo credito�. Ci� conferma, che, prima dell'entrata in vigore di 
tale disposizione, gli enti o istituti finanziatori avevano, in base alle 
norme allora vigenti, il diritto di perseguire il debitore principale con 
ogni azione. di recupero � prima � di aver ottenuto il rimborso dallo 
Stato del loro residuo credito e che si fosse, quindi, verificata la surrogazione 
legale ex artt. 1949, 1203, n. 5, c. c.; cosicch� si deve senz'altro 
escludere che, nel caso concreto, l'I.M.I. non fosse titolare del credito 
ammesso al passivo dei fallimenti Maggi. 

D'altra parte, mentre unica, come si vedr� esaminando il secondo 

mezzo, � considerata la cassa delle varie Amministrazioni statali, l'I. 

M.I. � ente del tutto autonomo dallo Stato e, pertanto, l'essere divenuta 
operativa la garanzia sussidiaria statale non � sufficiente perch� 
possa dirsi automaticamente e immediatamente avvenuta anche la surroga 
legale dello Stato all'I.M.I., senza, cio�, un effettivo movimento 
di danaro. 
Quanto al secondo mezzo, il fermo amministrativo, previsto dall'ultimo 
capoverso dell'art. 69 del r. d. n. 2440 del 18 novembre 1923 sulla 
contabilit� generale dello Stato -e con il quale un'amministrazione 
dello Stato, che abbia, a qualsiasi titolo, ragioni di credito verso 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni dello .Stato 
richiede � la sospensione del pagamento � di queste somme -� certi;
i.mente disposto in vista di una compensazione (artt. 1241 segg. c. c.) 
tra debiti e crediti di terzi verso le singole amministrazioni statali, 
qui considerate come urgani di una stessa persona giuridica, essendo 
presupposta l'unit� della cassa erariale (art. 217 dei r. d. n. 827 del 
1924). Il fermo, dice la norma, una volta richiesto, deve essere eseguito 
(per prassi � il Ministro del Tesoro che lo comunica con lettera-circolare 
alle varie amministrazioni statali), � ...in attesa del provvedimento 
definitivo �. Esattamente, pertanto, la Corte del merito ha qualificato 
il fermo amministrativo come un provvedimento cautelare diretto alla 
tutela dei diritti di credito delle amministrazioni statali verso terzi. 
Infatti esso, sostanzialmente, funziona �come pignoramento o sequestro, 
ad opera di amministrazione statale creditrice di terzi, degli eventuali 
crediti di questi verso lo Stato, presso le amministrazioni debitrici. Ed 
� anche provvedimento provvisorio (come ogni provvedimento cautelare), 
perch� la sospensione del pagamento ai terzi dei debiti che lo 
Stato ha verso di essi non � ancora incameramento delle somme dovute 
dallo Stato, il quale con il fermo amministrativo non opera ancora 
conteggio o conguaglio alcuno, e, quindi, non vi pu� essere neppure 
compensazione. Per questa � necessario il provvedimento definitivo, 

espressamente previsto e voluto dalla norma in esame, �con il quale 
soltanto =-cio� dopo che si sar� accertato se e quale amministrazione 
statale � debitrice del terzo, di quale somma, a che titolo, con quale 
scadenza -potr� avvenire l'effettivo incameramento delle somme 
dovute dallo Stato al terzo e, quindi, la compensazione legale dei debiti 
':.on i crediti dello Stato. 

Orbene, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, 
\\le perch� non espressamente impugnato, la Corte del merito ha 
~ato �che tale provvedimento definitivo non era ancora soprav\ 
con la conseguenza che non si era potuta verificare la com


.....1one legale, in quanto, anche ad ammetterne l'esistenza come 
_,L�etende la Picco, mancava ai crediti dei Maggi il necessario requisito 
della liquidit� ed esigibilit� (art. 1233 c. c.). 

Tali considerazioni di diritto tolgono ogni decisivit� alle lettere 
del Ministro del Tesoro, di cui la Picco lamenta l'omesso esame, peraltro 
effettuato dalla Corte del merito, per escludere che, nel caso concreto, 
vi fosse stata una compensazione volontaria. Comunque, nelle lettere 
del 19 settembre e del 30 dicembre 1953 il Ministro negava fosse possibile 
la revoca del fermo amministrativo, in quanto lo Stato era 

� garante � del debito dei Maggi verso l'I.M.I. e il credito di 72 milioni 
dell'Istituto avrebbe dovuto essere opposto in compensazione con gli 
� eventuali � crediti dei Maggi verso lo Stato, sebbene vi fosse ragione 
di credere (lettera del 16 febbraio 1953) che in quelli potesse trovare 

J 

798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sufficiente capienza il debito �che i Maggi avevano con l'I.M.I. Pertanto 
anche il contenuto di dette lettere esclude che la tesi della Picco possa 
trovare in esse un valido appoggio. 

Le considerazioni gi� fatte nell'esaminare il primo mezzo del ricorso, 
a proposito degli artt. 8 del d. 1. 1. n. 686 del 1945 e 9 del 

d. 1. 1. n. 367 del 1944, giustificano anche il rigetto Ciel terzo mezzo. 
Infatti l'I.M.I. aveva facolt� di giovarsi della procedura esecutiva, essendo 
esso creditore dei fratelli Maggi, ed agiva come tale e non in sur-. 
roga dello Stato. 
Il quarto mezzo riguarda l'altro credito dell'I.M.I., ammesso al 
passivo dei due fallimenti, quale residuo del mutuo concesso dall'Istituto 
ai fratelli Maggi con atto pubblico del 9 novembre 1948, senza 
fideiussione dello Stato, dopo la vendita del piroscafo � Stefano M �, 
che lo garantiva. Anche per tale mezzo valgono i principi generali 
premessi all'esame degli altri tre. Al riguardo, il dolo processuale revocatorio 
sarebbe consistito, secondo la Picco, nell'aver l'I.M.I. taciuto di 
un accordo (peraltro non formalmente confezionato) intervenuto con 
i fratelli Maggi, in base al quale l'Istituto avrebbe rinunciato a richiedere 
ai debitori il pagamento del suo residuo credito dopo la vendita 
della nave � Stefano M. �, perch� si sarebbe considerato soddisfatto di 
qualsiasi prezzo che ne avesse ricavato. Inoltre, avrebbe l'I.M.I. omesso 
di far cenno della enunciativa, contenuta nel rogito Giuliani del 
24 ottobre 1950, con il quale era stata venduta quella nave, e nella 
quale si dovrebbe ravvisare un contratto a favore di terzi, cio� dei 
Maggi. Senonch�, pur ammesso tutto ci�, non si sarebbe in presenza 
di un'ipotesi di dolo processuale revocatorio, perch� questo (Cass., sent. 

n. 16 del 3 gennaio 1966, n. 676 dal 10 marzo 1966) non pu� essere 
riscontrato nel sempUce silenzio su fatti sfavorevoli alla parte interessata, 
o nello aver omesso di far cenno ad atti e documenti che 
potrebbero risultare sfavorevoli alla parte stessa, e neppure nel mendacio: 
occorre sempre una concreta attivit� dolosa, l'uso di artifici 
o raggiri. 
Comunque, con accertamento di fatto, insindacabile in questa sede, 
per essere motivato adeguatamente e in modo logico e immune da 
errori di diritto, la Corte del merito ha escluso che l'I.M.I., prima dell'ammissione 
del suo credito al passivo dei fallimenti Maggi, si sia 
icon questi accordato per una rinuncia del suo residuo credito, o che 
l'enunciativa contenuta nel rogito Giuliani possa costituire un contratto 
a favore di terzi: il che significa che, secondo la Corte del merito, 
il credito dell'I.M.I. ammesso ai passivi fallimentari esisteva realmente 
e non era fraudolentemente simulato. 

Si deve premettere che il piroscafo � Stefano M � venne, con decreto 
del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Genova in data 
27 giugno 1950, aggiudicato in piena e libera propriet� all'I.M.I. e non 

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I 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

ad estinzione, ma in parziale pagamento (lire 29.040.341) del mutuo 
concesso dall'Istituto con l'atto del 9 novembre 1948. Cosicch�, mentre, 
da un lato, l'Istituto era libero di disporre come ritenesse opportuno 
della nave ormai sua, quindi anche di venderla a quel prezzo che 
avrebbe potuto rioavare perch� l'aveva acquistata e interamente pagata, 
dall'altro ne conseguiva che l'Istituto stesso era rimasto insoddisfatto 
del suo credito per lire 42.102.653, importo ammesso al passivo 
dei fallimenti Maggi. 

Ora, quanto all'asserito accordo tra l'I.M.I. e i fratelli Maggi, la 
Corte del merito ha affermato che di esso, non formalmente perfezionatosi, 
non poteva dedursi l'esistenza dalle dichiarazioni rese quali 
testi in altri giudizi civili da Angelo Costa, che fece da intermediario 
nella vendita della � Stefano M. �, e da Marino Querni, che acquist� 
la nave per conto della Societ� di navigazione Italia. Tali persone, si legge 
nella sentenza impugnata, del tutto estranee all'I.M.I., avevano �soltanto 
riferito impressioni loro, circa la buona volont� dell'I.M.I. di 
eventualmente favorire i fratelli Maggi, ma non avevano affatto asserito 
che l'accordo si fosse comunque concretato. Ha aggiunto la Corte 
di merito che anche le dichiarazioni rese dal Presidente e dal Direttore 
Generale dell'I.M.I., quali testi in uI1 processo di calunnia, svoltosi 
innanzi al Tribunale di Torino a carico di Federico Maggi, erano del 
tutto vaghe e generiche al riguardo, non solo, ma che lo accordo 
asserito dalla Picco non si era comunque concretato in una manifestazione 
di volont� degli organi dell'I.M.I. nei modi previsti dallo 
statuto, n� in un atto scritto : il tutto necessario per la validit� di un 
accordo, che si concretava nella rinuncia a un credito di rilevante importo 
: ed � affermazione questa non espressamente censurata. �, poi, 
evidente come le dichiarazioni del Presidente e del Direttore Generale 
dell'I.M.I. non possono costituire, come afferma la ricorrente, confessione 
giudiziale: tali potendo essere soltanto quelle rese da una 
parte nel giudizio in cui si discute del diritto in contestazione, non 
in giudizio diverso: �che potrebbero, se mai, costituire semplici indizi 
(cfr. Cass. sent. n. 937 del 13 aprile 1963). 

La Corte del merito ha, infine, preso anche in esame l'enunciativa 
contenuta nella premessa del rogito Giuliani ed ha escluso che essa 
potesse costituire un contratto a favore dei Maggi, terzi, integrantesi 
sempre in una rinuncia, da parte dell'I.M.I., al suo credito residuo, data 
la genericit� dell'enunciativa stessa, in rapporto anche alle conseguenze 
della rinuncia, cosiech� questa avrebbe dovuto essere chiara e precisa. 
La Corte ha, invece, osservato che nell'enunciativa si poneva soltanto 
in evidenza che la vendita della nave avveniva da parte dell'I.M.I. al 
fine di recuperare il suo credito. Ma la Corte genovese ha preso in 
esame anche nel suo complesso il rogito Giuliani, traendone la con



800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vinzione che da esso non poteva affatto desumersi la volont� dell'I.M.I. 
da non pi� perseguire i fratelli Maggi, una volta venduta la nave. 

Ogni altra considerazione al riguardo � superflua, non potendo 
avere carattere di decisoriet� n� il prezzo ricavato dall'I.M.I., con la 
vendita della nave di sua propriet�, n� il carattere pubblico dell'Istituto, 
che, anzi, proprio in quanto tale, � tenuto a perseguire i fini commessigli 
dalla legge, che non sono quelli di compiere atti di liberalit�, 
n� gli asseriti e non specificati scopi fiscali, per i quali quel1a enunciativa 
sarebbe stata fatta. 

Il rigetto del quinto mezzo segue � de plano � al rigetto degli altri, 
poich� con esso si denuncia quella violazione dell'art. 102 della legge 
fallimentare (oltre a quella dell'art. 232), che, in tanto si sarebbe potuta 
riscontrare, in quanto si fossero ritenuti in tutto o in parte fondati 
e quindi fossero stati in tutto o in parte accolti gli altri mezzi. 

Consegue altresi il rigetto del ricorso adesivo del Maggi, come 
l'assorbimento dei due ricorsi incidentali. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1967, n. 1390 -Pres. 
Scarpello -Est. Pratillo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Maggi (avv. 
Regard) c. Istituto Mobiliare Italiano (avv. Pascale, Luzzatti, Satta), 
Esattoria consorziale delle imposte dirette di Genova (avv. Villani, 
Romanelli) e Ministero del Tesoro (avv. Stato Peronaci). 

Cassazione -Ricorso incidentale -Questioni per le quali non vi sia 
stata soccombenza -Semplice richiesta di correzione della motivazione 
della sentenza impugnata -Inammissibilit�. 

(c. p. c., artt. 100, 371). 
Impugnazione -Legittimazione attiva -Impugnazione autonoma proposta 
da interventore adesivo -Inammissibilit�. 

(c. p. c., art. 105, cpv.). 
Appello -Legittimazione attiva -Proposizione del gravame da parte 
~ell'interventore adesivo in primo grado -Assunzione di veste processuale 
diversa da quella originaria -Inammissibilit�. 

(c. p. c., artt. 105, cpv., 339 e segg.). 
Fallimento -Sentenza emessa in giudizio nei confronti del Curatore Diniego 
di autorizzazione del Giudice delegato ad impugnare la 
pronuncia -Legittimazione del fallito all'impugnazione in luogo 
del Curatore -Difetto -Rilevabilit� d'ufficio -Sussiste. 

(r. d., 16 marzo 1942, n. 267, artt. 25, 26, 31, 43). 
IL ricorso incidentale per cassazione � inammissibile per difetto 
di interesse, qualora si p1�opongano questioni per le quali non vi � 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 801 

stata soccombenza, ovvero quando si chieda la sempLice correzione della 
motivazione della sentenza (1). 
L'interventore adesivo non pu� propor1�e impugnazione autonoma, 
quando La parte adiuvata abbia prestato acquiescenza alla sentenza (2). 

Non � consentito ad una parte di assumere nel giudizio di appello 
una posizione processuale nuova, diversa e indipendente da quella assunta 
nel giudizio di primo grado, e pretendere, sostituendosi ad aitra 
parte, di esercitare� un diritto di impugnazione, che non le sarebbe consentito 
di esercitare in base alla posizione processuale originaria ( applicazione 
al caso di interventore ad adiuvandum, che aveva proposto impugnazione 
autonoma, sostituendosi aLla parte adiuvata, che aveva prestato 
acquiescenza alla sentenza) (2). 

Quando � in giudizio il curatore e l'esercizio del suo potere di 
impugnazione sia stato oggetto di specifico esame e di determinazione 
in sede faUimentare .(diniego da parte del giudice delegato dell'autorizzazione 
ad appellare la sentenza) e non sia stato proposto reclamo 
avverso il provvedimento del giudice delegato, non � concepibile che 
il faHito conservi per lo stesso rapporto la 'legittimazione processuale 
ad impugnare, dato che il curatore sta in giudizio e per la massa dei 
creditori e per il fallito, n� si versa nell'ipotesi di assoluta inerzia del 
curatore. In tal caso, il difetto di legittimazione del fallito a proporre 
l'impugnazione � rilevabile d'ufficio (sebbene, di regola, l'incapacit� 
processuale del fatlito possa essere fatta valere soltanto dal curatore), 
perch� la parte originaria, cui spettava il potere di impugnazione, ha 
ormai esercitato e consumato tale potere, facendo acquiescenza alla sentenza 
nelle forme di legge (3). 

(Omissis). -La Corte del merito, premesso che il fallito non ha 
una capacit� processuale concorrente a quella del �curatore, ritenne che, 
non essendo stato questi, nel caso concreto, del tutto inerte per quanto 
concerneva l'impugnazione della sentenza del Tribunale, dato che 
aveva chiesto al giudice l'autorizzazione ad impugnare, per� negatagli, 

(1) In senso conforme, cfr.: Cass., 29 luglio 1964, n. 2151, Foro it., 
Mass., 1964, 569; 4 aprile 1964, n. 735, Giust. civ., 1964, I, 1413; 22 maggio 
1964, n. 1266, ibidem, 2042. 
(2) In senso conforme, cfr.: Cass., 31 marzo 1966, n. 846, Foro it., 
Mass., 1966, 291; 11 febbraio 1966, n. 427, ibidem, 137. 
(3) Cfr. pure la sentenza della Corte d'Appello di Genova 6 aprile 
1964, pubblicata in Foro pad., 1964, 1, 475. Sulla legittimazione ad agire 
del fallito nell'inerzia del curatore e sulla non rilevabilit� d'ufficio del 
difetto di legittimazione processuale del fallito, cfr.: Cass., 25 maggio 1964, 
n. 1269, Dir. fall., 1964, 2, 476; 9 marzo 1964, n. 514, Foro it., Mass., 1964, 127. 
F.ARGAN 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il Maggi non era legittimato a proporre, in vece del curatore, appello. 
Aggiunse la Corte che, comunque, il Maggi era intervenuto in primo 
grado � ad adiuvandum � il curatore� ed in tale qualit� non aveva un 
potere autonomo d'impugnativa. 

Con il suo ricorso principale Federico Maggi denuncia la violazione 
dell'art. 43 del legge fallimentare, nonch� dei principi giuridici 
in tema di legittimazione processuale del fallito e sostiene, innanzi 
tutto, ,aver la Corte d'Appello errato col ritenere che, nel caso concreto, 
non ricorreva la ipotesi di inerzia del curatore. Quindi deduce 
che l'incapacit� del fallito � limitata ai rapporti patrimoniali che interessano 
il fallimento, come il difetto di legittimazione processuale � 
limitato alle cause relative a detti rapporti: tale non sarebbe quel 
rapporto, per il quale un provvedimento � ad hoc � del giudice delegato 
abbia manifestato il completo disinteresse della massa. Sostiene inoltre 
che l'attivit� extraprocessuale degli organi fallimentari non pu� 
sostituire l'inerzia processuale del curatore, concretatasi nella mancata 
proposi.zione dell'appello, cosiech� si sarebbe dovuto ritenere 
verificata la ipotesi di inerzia del curatore, legittimante l'attivit� processuale 
del fallito, a nulla rilevando che si sia trattato di inerzia 
autorizzata dal giudice delegato, dato che quella attivit� extraprocessuale, 
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito, non 
potrebbe essere interpretata come acquiescenza alla sentenza di primo 
grado; comunque il difetto di legittimazione processuale del fallito 
avrebbe potuto essere rilevato soltanto dal curatore, non d'ufficio. 
Conclude che tali motivi avrebbero carattere assorbente rispetto all'ulteriore 
q~estione, se l'interventore � ad adiuvandum � abbia diritto d'impugnazione, 
diritto negato dalla Corte d'Appello, essendo il fallito legittimato 
a proporre gravame, nel caso d'inerzia del curatore, indipendentemente 
dal fatto d'essere stato presente nel giudizio di primo 
grado in quella qualit�. 

Nel suo motivo di ricorso incidentale il Ministero del Tesoro denuncia, 
in riferimento all'art. 360, n. 3, c. p. c., la violazione dell'articolo 
324 c. p. c. e osserva che Federico Maggi non avrebbe affatto 
ricollegato, nel giudizio d'appello, la sua attivit� processuale alla qualit� 
attribuitagli, di interventore � ad adiuvandum ., ma avrebbe fondato 
la sua legittimazione ad impugnare la sentenza del Tribunale sulla 
autonoma facolt� del fallito di agire in caso d'inerzia del curatore. 
Pertanto, la Corte del merito avrebbe dovuto dare atto dell'avvenuto 
passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale sulla dichiarata 
inammissibilit� dell'intervento, non avendo il Maggi impugnato al 
riguardo la sentenza, e in conseguenza dichiarare precluse le domande 
proposte dal Maggi nei confronti del Ministro del Tesoro, la cui chiamata 
in causa fu chiesta e ottenuta soltanto dall'interventore. 


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SE 221&2& Cl&&&& & ~dilli& &WA& 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 803 

I due ricorsi, proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti, a 
sensi dell'art. 335 c. p. c., nell'unico numero di ruolo 1974 del 1964, 
che distingue il ricorso principale. 

Il ricorso incidentale del Ministro del Tesoro, che, non condizionato, 
dovrebbe, per ragioni di evidente pregiudizialit�, essere esaminato 
per primo, � inammissibile. Invero, anche a non considerare che con 
esso si solleva una questione di giudicato interno, rilevabile d'ufficio dal 
Supremo Collegio (Cass., sentenze n. 1377 del 5 giugno 1964, n. 124 
del 7 gennaio 1966), cosicch� era sufficiente prospettarla con semplice 
controricorso, il ricorso incidentale � inammissibile per difetto d'interesse, 
quando si propongono questioni per le quali non v'� soccombenza 
(cfr. Cass., sentenze n. 2151 del 29 luglio 1964, n. 711 del 13 marzo 
1966). E il Ministro del Tesoro, non soccombente nel giudizio di 
appello, non ha, infatti, chiesto l'annullamento, sia pure parziale, della 
sentenzp. della Corte genovese, ma si � limitato a chiedere che essa 
venga corretta nella motivazione: in tal caso questa Suprema Corte 
ha gi� ritenuto (sent. n. 457 del 18 marzo 1965) l'inammissibilit� 
del ricorso incidentale. 

Infondato � il ricorso principale. Come si � accennato in narrativa, 
il giudizio d'opposizione all'esecuzione contro l'I.M.I. e la Esattoria 
Consorziale delle II. DD. di Genova, proposto con ricorso del 7 febbraio 
1952 da Giuseppe, Angelo e Federico Maggi, quando non erano 
stati ancora dichiarati falliti, venne, dopo la sentenza n. 1726 del 
30 giugno 1960 di queste Sezioni Unite, riassunto innanzi al Tribunale di 
Genova dal curatore del fallimento della societ� di fatto � Fratelli 
Maggi fu Stefano � e dei tre suddetti fratelli soci, con citazione notificata 
il 9 gennaio 1961. A giudizio pendente, i falliti Angelo e Federico 
Maggi (Giuseppe era deceduto) con comparsa da essi stessi definita 
d'intervento s'inserirono nel giudizio, dichiarando, da un lato, di aderire 
� in toto � alle domande proposte dal curatore, delle quali chiesero 
l'integrale accoglimento; dall'altro, essi soli chiesero di essere autorizzati 
a chiamare in giudizio il Ministero del Tesoro (e l'autorizzazione 
venne concessa dal giudice istruttore), perch� si dichiarasse che 
neppure lo Stato poteva vantare pretesa creditoria alcuna nei loro 
confronti; in seguito chiesero anche la condanna generica al risarcimento 
dei danni, a proprio favore, del Ministro del Tesoro, dello 

l.M.I. e dell'Esattoria genovese, per asserito loro comportamento illecito. 
� necessario sottolineare che il Tribunale di Genova, con la sua 
sentenza del 21 dicembre 1962, dichiar�, da un lato, inammissibile, 
a sensi dello art. 43 della legge fallimentare, l'intervento dei due 
falliti � ad adiuvandum � (art. 105, cpv., c. p. c.) riguardo le domande 
proposte dal curatore del fallimento, non ricorrendo le eccezioni al 
divieto d'intervento previsto da quella norma, come l'inerzia assoluta 
del curatore, che aveva, anzi, riassunto il giudizio d'opposizione 


RASSEGNA DELL-'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'esecuzione, con ci� uniformandosi a pronunce di questa Suprema 
Corte (cfr. sent. n. 2804 del 12 dicembre 1961). D'altro canto il Tribunale 
dichiar� inammissibile l'intervento dei falliti e in conseguenza 
improponibili le loro specifiche domande su precisate, per mancanza 
della connessione, richiesta dall'art. 105, comma 1�, c. p. c., non solo 
con il � petitum � ma anche con la � causa petendi " dedotti in giudizio 
dal curatore e, pertanto, non consentita la chiamata in causa del Ministero 
del Tesoro, che estromise dal giudizio. 

Il curatore del fallimento della societ� armatrice di fatto e dei 
singoli soci, essendo state dichiarate inammissibili le sue domande, 
chiese al giudice delegato, �con istanza motivata, di essere autorizzato 
a impugnare la sentenza del Tribunale di Genova, ma quel giudice, con 
provvedimento altrettanto motivato del 23 gennaio 1963, neg� l'autorizzazione 
richiesta e inibl, anche, al curatore d'intervenire nell'eventuale 
giudizio d'appello. 

Essendo deceduto il fratello Angelo, soltanto Federico Maggi propose 
appello, in proprio e quale erede del fratello defunto, contro la 
sentenza. Senonch� impugn� il merito della decisione, non la qualificazione 
giuridica -con le conseguenze relative -che il Tribunale 
aveva a lui (come al fratello Angelo) attribuita, d'interventore volontario 
nel giudizio di primo grado: anzi chiese fosse riconosciuto legittimo 
� l'intervento dei fratelli Maggi nel giudizio di primo grado �. 

� esatta, allora, la statuizione della Corte del merito -peraltro 
conforme a principio altre volte affermato da questo Supremo Collegio: 
sent. n. 832 del 10 aprile 1964, n. 2335 dell'8 novembre 1965 che 
l'appello del Maggi era inammissibile, perch� l'interventore � ad 
adiuvandum � non pu� proporre impugnazione autonoma, quando la 
parte adiuvata abbia prestato acquiescenza alla pronuncia. 

Si �, per�, sopra rilevato che, secondo il Tribunale, i fratelli 
Maggi non avevano partecipato al giudizio di primo grado soltanto come 
interventori adesivi dipendenti (art. 105, cpv., c. p. c.). Ma neppure 
la pronuncia del Tribunale, di inammissibilt� dell'intervento dei fratelli 
Maggi ex art. 105, comma 1�, c. p. c., perch� con le loro particolari 
domande facevano valere in giudizio diritti niente affatto in relazione 
con l'oggetto e neppure con il titolo dedotti dal curatore, � stata 
impugnata. Si � cosi formato il giudicato (interno) anche sull'inammissibilit� 
dell'intervento non meramente adesivo dei Maggi nel giudizio 
di primo grado e sulla conseguente improponibilit� delle loro 
domand�, le quali, ovviamente, non potevano essere riproposte in appello. 
Senonch� il Maggi sostiene, in via principale e da lui dichiarata 
assorbente, ch'era legittimato ad appellare la sentenza, indipendentemente 
dalla sua qualit� d'interventore nel giudizio di primo grado, 
essendo, quale fallito, legittimato all'impugnazione a causa dell'inerzia 
processuale del curatore riguardo al giudizio di secondo grado. 


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&&b EL 1 &41D&LiiU1WdC 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 805 

Intanto si deve precisare che la legittimazione processuale del 
Viaggi ad appellare, quale fallito, la sentenza del Tribunale di Genova 
n data 21 dicembre 1963, per asserita inerzia del curatore, va esami1ata 
limitatamente alle domande del curatore, escludendo le altre, 
Jroposte dal ricorrente P. da suo fratello Angelo con un intervento nel 
~h1dizio di primo grado, dichiarato inammissibile non a norma del'
art. 43 della legge fallimentare, ma, come si � posto in luce, del'
art. 105, comma lo, c. p. c. Per tali domande rimaneva infatti impre(
iudicata la questione, se i falliti avessero potuto proporle in autonomo 
~iudizio. E soltanto in tale sede eventuale si sarebbe potuto e dovuto 
isaminare, se le domande fossero relative o non a diritti pa~rimoniali 
lei falliti compresi nel fallimento e, in conseguenza, se fosse legittinato 
o no a stare in giudizi� il curatore o, nella prima ipotesi, il 
:amto, in caso d'inerzia di quello. Questioni fondamentali, il cui esame 
lon � stato fatto, n� poteva essere fatto in questo giudizio, in quanto 
>recluse dalla pregiudiziale dichiarazione di non proponibilit� delle 
lomande ,attraverso un intervento volontario inammissibile a norma 
lel codice di rito. 

Questa Corte ritiene che le considerazioni svolte potrebbero essere 
mfficienti al rigetto del ricorso. Invero, secondo i principi generali in 
nateria, non pu� essere consentito a una parte di assumere nel giulizio 
di secondo grado una posizione processuale nuova, diversa e 
.ndipendente da quella assunta nel giudizio di primo grado e pret47nlere, 
cosi sostituendosi ad altra parte, di esercitare il diritto d'impu~
nazione, che non le sarebbe consentito esercitare in base alla posizione 
)rocessuale originaria. E, nel caso concreto, la qualit� di interventori 
' ad adiuvandum � del curatore era stata ai fratelli Maggi definitivanente 
attribuita dal Tribunale, n� essi avrebbero potuto assumere quella 
li attori, essendo stato il curatore a riassumere il giudizio, dimostrando 
:os� che si trattava di rapporti patrimoniali dei falliti compresi nel 
:allimento, per i quali era lui legittimato a stare in giudizio: come 
ri stava, espressamente autorizzato, cos� dimostrando di essere niente 
tffatto inerte. 

Comunque, � palese l'inammissibilit� dell'appello del Maggi anche 
1ella mera qualit� di fallito e come se non avesse partecipato al 
~iudizio di primo grado da interventore. 

Innanzi tutto, che il rapporto patrimoniale dedotto in giudizio 

ial curatore non fosse ricompreso nel fallimento, il ricorrente deduce 

.a prima volta in questa sede. Nei giudizi di merito era questione 

;>acifica tra le parti, ritenuta anche dalla sentenza del Tribunale, che 

1on aveva negata la legittimazione processuale del curatore, n� fu 

>ggetto d'appello da parte del Ma~gi, il quale, proprio col pretendere 

:ii sostituirsi al curatore, che asseriva essere stato inerte, attestava il 

)ontrario di quanto ora afferma; mentre il diniego, da parte del giudice 


J 

806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delegato al fallimento, dell'autorizzazione ad appellare la sentenza del 
Tribunale ebbe a motivo non che il rapporto dedotto in giudizio dal 
curatore non atteneva al fallimento, sibbene l'infondatezza delle ragioni 
poste a sostegno delle domande, che giustificava il rigetto di 
queste da parte del Tribunale. 

Ci� precisato, il ricorrente si richiama a quella giurisprudenza 
della Suprema Corte, secondo la quale l'incapacit� processuale del 
fallito pu� essere rilevata soltanto dal curatore, non dalla controparte, 
n� d'ufficio (cfr. sent. n. 83 del 15 gennaio 1965), e che � ammissibile 
l'impugnazione del fallito, anche se non ha partecipato alle precedenti 
fasi di giudizio, in caso d'assoluta inerzia del curatore (cfr. sent. 

n. 135 del 21 gennaio 1957), sebbene altre volte sia stato precisato che, 
in tal caso, il curatore deve, per�, comparire nel giudizio relativo, per 
sanare l'operato del fallito, ratificandolo (cfr. sent. n. 969 del 14 
aprile 1953). 
Tuttavia, mai questo Supremo Collegio ha affermato che il fallito 
possa autonomamente impugnare una sentenza emessa in un giudizio 
in cui sia stato parte il curatore e a questi, che ne lo aveva formalmente 
richiesto, il giudice delegato abbia, con suo decreto, non impugnato, 
negata l'autorizzazione necessaria ad impugnare (art. 25, n. 6, 1. f.). 

Ora, nel caso concreto, la Corte del merito ha ritenuto che, come 
non v'era stata inerzia alcuna da parte del curatore nel giudizio di 
primo grado, cos� non v'era stata inerzia assoluta dello stesso circa 
quello di secondo grado, dato che aveva chiesto l'autorizzazione ad 
appellare la sentenza del Tribunale, che gli era stata per� negata, n� 
era stato proposto reclamo contro il relativo provvedimento. N�, si 
aggiunge, il curatore comparve nel giudizio d'appello per sanare l'operato 
del fallito, avendo anche ci� inibito il giudice delegato. � questo 
un giudizio di fatto insindacabile in questa sede perch� adeguatamente 
motivato e in modo logico e, soprattutto, immune da errori di diritto. 
Invero, non si tratta, come afferma il ricorrente, di attivit� extraprocessuale 
degli organi fallimentari, in quanto � attivit� processuale 
la manifestazione di volont�, espressa nelle forme di legge (art. 25, n. 6) 
da quegli organi, di non avvalersi di un mezzo di impugnazione concesso 
contro una sentenza pronunciata in un giudizio in cui era parte 
il curatore e a questo sfavorevole: sia perch� quella manifestazione 
di volont� ha per presupposto la situazione giuridica processuale creatasi 
con la sentenza impugnabile, sia perch� l'acquiescenza espressa 
� prevista �al codice di rito (art. 329, comma 1�, c. p. c.), sia perch� 
incide nel processo, portandolo a conclusione con il passaggio in giudicato 
della pronuncia, almeno per ci� che riguarda la parte acquiescente. 

D'altronde, se � concessa al fallito da norme della legge n. 267 del 
1942 (artt. 26, 36, 107) la facolt� di reclamo sia contro l'operato del 
curatore che i decreti del giudice delegato, non possono essere consen


i 
~ 


I 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

ite al fallito altre iniziative; e, nella specie, il Maggi non aveva eser:
itato la facolt� a lui concessa (invece esercitata nello stesso processo 
:ontro il provvedimento di diniego di autorizzazione al curatore di 
�iassumere il giudizio) di proporre reclamo al Tribunale fallimentare 
:ontro il decreto del gbdice delegato. 

Se il fallito potesse assumere personali e autonome iniziative, non 
;i comprenderebbe la ragione di quelle norme speciali, dato che l'atti;
it� degli organi falllm�ntari non impegnerebbe mai il fallito, nonol'(;
ante, come nel caso concreto, quella attivit� sia stata esercitata 
:deliberazione di non impugnare la sentenza del Tribunale) secondo 
.� for:in;l;ilit� � :Pr�viste dalla 1. h. 267 del 1942 in relazione allo art. 329 
~. p..c. 7lnv:ece, q~indo � in giudizio il curatore e il suo potere d'im~
ij;gnaz~e sia $tato oggetto di specifico esame e di determinazione 
.:n sede fallin:).entare, non � concepibile che il fallito conservi per lo 
~tes$o rapporto la leJ~ittimazione processuale ad impugnare, dato che il 
~uratore sta in giudizio e per la massa dei creditori e per il fallito 
e il suo compo:rtamento processuale vincola l'una e l'altro. Se cos� 
1on fo$se, il :fallltO, nonostante sia il soggetto passivo del procedimento 
!onco:rsu.aie, ve'tr�:bbe ad assumere la qualifica di organo fallimentare, 
~on una legittimazione processuale alternativamente concorrente con 
:iuella del curatore e con maggiore libert� d'iniziativa, cio� anche 
senza .e persino c�ntro le deliberazioni del giudice delegato. 

Queste c�nsiderazioni sono decisive per escludere che la situazione 
processuale, alla quale si richiama il ricorrente, in cui il curatore sia 
stato del tutto iilerte, possa essere assimilabile a quella di specie. E in 
;iuesta non pu� essere negato al giudice dell'impugnazione il potere 
di rilevare d'ufficio il difetto di legittimazione processuale del fallito 
a impugnare una sentenza, dato che, in tal caso, il fallito pretende di 
sostituirsi al soggetto legittimato a impugnare, non soltanto perch� 
unica parte originaria del processo, ma perch� ha esercitato e quindi 
consumato il potere d'impugnazione che gli spettava, facendo acquiescenza 
�na sentenza nelle forme di legge. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 giugno 1967, n. 1425 -Pres. Rossano 
-Est. Pascasio -P. M. De Marco (conf.) -Assessorato ai Lavori 
Pubblici della Regione Siciliana (avv. dello Stato Del Greco) 
c..La Corte .(avv. Rizzo-Manganaro) e Comune di Messina (avv. 
Silvestri). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza -Sicilia -Occupazione d'urgenza 
d'i:mm.obile per l'esecuzione di opera pubblica assunta dalla 
competenza del Comune in quella della Regione a norma della 1. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

reg. 21 aprile 1953, n. 30 -Illegittima protrazione ultrabiennale 
dell'occupazione, imputabile sia al Comune che alla Regione Corresponsabilit� 
solidale dei due Enti pel risarcimento del danno 
dovuto al proprietario -Sussiste. 

(1. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30; 1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71, primo 
comma, ult. parte; c. c., art. 2055). 
Espropriazione per p. u. -Sicilia -Espropriazione per p. u. a favore 

della Regione Siciliana di immobile occorrente per l'esecuzione 

di opera pubblica assunta nella competenza regionale a norma della 

1. reg. 21 aprile 1953, n. 30 -Liquidazione indennit� espropriativa 
-Deroga al principio fondamentale della 1. 25 giugno 1865, 
n. 2359, secondo cui l'indennit� va calcolata con riferimento alla 
data del decreto di espropriazione -Esclusione. 
(1. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 130, artt. 10, 29; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 
e segg., 50). 
Allorquando sia stato ritenuto dal giudice di merito, con accer


tamento di fatto incensurabile in Cassazione, che la illegittima pro


trazione ult1�abiennale dell'occupazione d'urgenza di un immobile di 

propriet� privata, occorsa per l'esecuzione di un'opera pubblica assunta 

nella competenza della Regione siciliana, debba imputarsi a concorso 

di attivit� illecite sia del Comune che della Regione, la corresponsa


bilit� solidale dei due Enti, pel risarcimento dei danni al proprietario, 

� rettamente fondata sulla norma dell'art. 2055 c. c., a prescindere da 

qualsiasi riferimento al rapporto di delegazione (intersoggettiva) inte1�


corso fra i due Enti (1). 

La norma dell'art. 10 l. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30, secondo la 

quale � il prezzo di esproprio � calcolato in base al valore venale degli 

immobili da espropriare alla data del decreto di approvazione del pro


getto, senza tener conto degli incrementi di valore attribuibili sia di


rettamente che indirettamente ai programmi di cui all'art. 3, alle p1�e


visioni dei progetti ed alla esecuzione delle opere �, non importa che 

l'indennit� di espropriazione debba calcolarsi alla data del decreto di 

(1) La massima rappresenta svolgimento dell'insegnamento, gi� espresso 
dalla stessa I Sezione della Corte di Cassazione, con le sentenze 30 ottobre 
1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 997, sub b, e 30 marzo 1965, 
n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 2 (1140), con nota di CARUSI, 
Rapporto organico e sostituzione nella esecuzione di opere pubbliche, a cui 
si rimanda per l'inquadramento del caso (ivi, 1153 e segg., con riferimenti 
di dottrina e giurisprudenza) ed in ispecie per l'avvertimento (ivi, 11651166) 
del senso propri'O da attribuire al concetto di � agire di concerto �, 
a cui allude la giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, ai fini 
dell'applicazione dell'art. 2055 c. c., avvertimento che, a quanto pare, tro

:mm;;;;u;,;;;, ;lmE EL& &;;:: mrw:rn &ml ====:ilifffS 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 809 

approvazione del progetto, in deroga al principio fondamentale della 

l. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui detta indennit� deve essere 
c:alcolata con riferimento alla data della pronuncia espropriativa (2). 
(Omissis). -L'Ass~ssorato ai lavori pubblici per la Regione Siciliana 
sostiene col primo motivo che la condanna in solido di esso Assessorato 
sarebbe stata pronunciata in violazione dei principi sulla 
delegazione amministrativa, secondo i quali ogni attivit� e responsabilit� 
relative all'esecuzione della delega andrebbero riferite all'Ente delegato. 
E vi sarebbe anche violazione dell'art. 4 della legge abolitiva del 
contenzioso amministrativo, perch� l'espropriato non avrebbe alcun diritto 
nei confronti dell'Ente delegante. 

Il motivo � infondato. 

I principi sulla delegazione amministrativa non sono infatti utilmente 
richiamati dall'Assessorato, perch� la Corte d'appello ha accertato 
in fatto che detto Assessorato agi di concerto col Comune di 
Messina, per cui incorse, al pari di questo, nello stesso illecito fino alla 
emissione del decreto di espropriazione. Un simile accertamento, incensurabile 
in questa sede, rende superfluo, per giustificare la responsabilit� 
solidale di entrambi gli Enti, il riferimento alla delegazione, 

va opportuno riscontro nella sentenza in rassegna, se � esatto arguire dalla 

lettura della pur succinta motivazione della stessa, sul punto, che l'accer


tamento di fatto compiuto dai giudici di merito -e sul quale la sentenza 

ha ritenuto di poter fondare in modo assorbente e decisivo la correspon


sabilit� ex art. 2055 c. c. della Regione insieme col Comune, che aveva 

curato l'occupazione d'urgenza e l'esecuzione dei lavori -aveva avuto 

per oggetto �na (concorrente) attivitd parimenti illecita sia dell'uno che 

dell'altro ente. E ci� si sottolinea qui, ancora una volta, dovendo esser 

chiaro che, in mancanza dell'accertamento in giudizio di un concreto com


portamento illecito dell'ente delegante, in concorso con quello dell'ente 

delegato, nella produzione del danno ingiusto, non pu� certo parlarsi di 

una corresponsabilit� del primo, ex art. 2055 c. c., per mera omissione da 

parte dello stesso dell'attivit� necessaria ad ottenere la tempestiva espro


priazione: ed infatti va ricordato che gi� le Sezioni Unite della Suprema 

Corte regolatrice hanno avuto modo di affermare che � il delegato a do


vere, sia nei confronti del delegante che dei terzi, provvedere a tanto 

(cfr. in termini, pel caso previsto dall'ultima parte dell'art. 4 I. 9 aprile 

1953, n. 297, inquadrato dalla Suprema Corte appunto nella figura della 

delegazione intersoggettiva, Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412, in 

questa Rassegna, 1966, I, 854, sub 4, ed ivi nota di riferimenti). 

(2) Ci� perch�, secondo la sentenza in rassegna, occorrerebbe distinguere 
fra � valore del bene � e � calcolo dell'indennit� � : il primo funzionerebbe 
come � base � per calcolare l'indennit�, ma non addirittura 
come � criterio legale di liquidazione della stessa�. Nello stesso senso, 
v. gi� Cass., 30 ottobre 1963, n. 2918, citata nella nota precedente, Giur. 
it., Mass., 1963, 997, sub a. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perch� detta responsabilit� deriva direttamente dalla norma di cui 
all'art. 2055 c. c., secondo la quale, quando -come nel caso in esame il 
fatto dannoso � imputabile a pi� p~rsone, tutte sono obbligate in 
solido al risarcimento del danno. 

Peraltro, la norm?. ora richiamata attribuisce al danneggiato il 
diritto al risarcimento, della cui cognizione � stato, pertanto, esattamente 
investita l'Autorit� giudiziaria ordinaria, secondo quanto dispone 
l'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativa, sicch� non 
sussiste la denunziata violazione della norma relativa. 

Col secondo motivo del ricorso dell'Assessorato e col primo del 
ricorso del Comune di Messina si deduce la violazione e falsa applicazione 
degli articoli 10, 26 e 29 della legge regionale siciliana del 21 
aprile 1953, n. 30, perch� dette norme avrebbero stabilito che la liquidazione 
della indennit� di espropriazione sia da riferire al valore 
venale dell'immobile alla data di approvazione del progetto e non a 
quella del decreto di espropriazione, stabilita dalla legge generale 
del 1865. 

Questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare che una simile 
deroga non sussiste (sent. n. 2918 �del 30 ottobre 1963), perch� il citato 
art. 10, statuendo che � il prezzo di esproprio � calcolato in base al 
valore venale degli immobili da espropriare alla data del decreto di approvazione 
del progetto senza tenere conto degli incrementi di valore 
attribuibili sia direttamente che indirettamente ai programmi di cui 
all'art. 3, alle previsioni dei progetti e alla esecuzione delle opere �, 
altro non significa che a quella data deve valutarsi il valore venale 
dell'immobile, astrazion fatta da detto incremento, ma non anche che 
alla data medesima debba calcolarsi l'indennit� di espropriazione. Il 
valore venale � considerato in tale espressione come base per calcolare 
l'indennit�, ma non come criterio legale di liquidazione. Ci� � tanto 
vero, che l'art. 42 della legge fondamentale del 1865, nell'escludere 
dal calcolo della indennit� gli incrementi derivati dall'esecuzione dell'opera, 
anche prevede la distinzione tra valore del bene e calcolo dell'indennit�. 
Esso stabilisce, invero, che � l'aumento di valore che dalla 
esecuzione dell'opera di pubblica utilit� sarebbe derivata alla parte del 
fondo compresa nella espropriazione non pu� tenersi a calcolo per 
aumentare l'indennit� dovuta al proprietario �. E, sulla base di tale 
distinzione, che ha fondamento nella funzione stessa dell'indennit�, di 
corrispondere al valore del fondo nei limiti di legge, l'art. 29 della 
legge medesima stabilisce che, per determinare la misura dell'indennit�, 
si applica la legge 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modifiche, ossia 
riafferma che il momento per la determinazione della indennit� � quello 
della data del decreto di espropriazione, nella quale la propriet� del 

� 

bene passa dall'espropriato all'espropriante, a norma dell'art. 50 della 

l 
~ legge medesima. i 

' 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 811 

La Corte di appello, che ha liquidato l'indennit� con riferimento 
11 giusto prezzo del bene alla data del decreto di espropriazione, ha 
>ertanto rettamente interpretato le norme in esame. 

Col secondo motivo del ricorso del Comune di Messina si deduce 
a violazione degli artt. 21, 22 e 27 della legge regionale siciliana 11 
Lprile 1953, n. 30, in quanto avrebbe dovuto ravvisarsl un rapporto di 
mmedesimazione organica di esso Comune con l'Assessorato, con la 
~onseguente affermazione della responsabilit� esclusiva di quest'ultimo 
ier l'esecuzione della occupazione del terreno in cui ebbe ad estrinse~
arsi l'atto delegato. 

Le censure non sono fondate. 

La Corte d'appello ha accertato in fatto che il Comune esplet� 
procedimento epropriativo quale delegato dell'Assessorato in favore 
lel quale, dopo la scadenza� del biennio, fu pronunciata l'espropriazione. 
In coerenza con tali accertamenti la stessa Corte ha esattamente 
.ffermato la responsabilit� del Comune, perch�, essendo questo il sog:
etto legittimato, in base al titolo, all'occupazione dell'immobile per il 
ermine di due anni, era responsabile della violazione degli obblighi 
lerivanti dall'occupazione stessa e, quindi, della mancata restituzione 
lello stesso immobile dopo la scadenza del termine indicato. Peraltro, 
a delegazione, che pu� essere interorganica ed intersoggettiva, non 
:iustifica l'esclusione della responsabilit� dell'occupante nei confronti 
:el proprietario. E che trattisi, nella specie, di delegazione intersoggetiva 
deriva da ci� che risulta accertato dalla Corte di appello che l'Assesorato 
deleg� il Comune come soggetto distinto; e ci� importa che il 
:omune delegato fu investito del potere di provvedere rispetto all'oggetto 
.ella delega in nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro 
oggetto, pur se per conto e nell'interesse di quest'ultimo. -(Omissis). 

:ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 luglio 1967, n. 1631 -Pres. Stella 
Richter -Est. Usai -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Poste 
e Telecomunicazioni (avv. Stato Varvesi) c. Zuccaro (avv. Brancati 
L.). 

:spropriazione per p. u. -Espropriazioni per p. u. previste da leggi 
speciali -Determinazione dell'indennit� espropriativa -Applicabilit� 
degli speciali criteri restrittivi previsti dalla 1. 15 gennaio 
1885, n. 2892, sul risanamento della citt� di Napoli -Necessit� di 
apposita disposizione di legge di richiamo degli artt. 12 e 13 1. 

n. 2892 del 1885 -Sussiste. 
(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg.; I. 15 gennaio 1885, n. 2892, artt. 12 
e 13). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione di immobile occorrente per 
la costruzione di edificio postale -Determinazione dell'indennit� 
espropriativa -Applicabilit� degli artt. 12 e 13 1. ~5 gennaio 1885, 

n. 2892 -Esclusione. 
(1. 29 luglio 1949, n. 585, art. 2). 
Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge -Lavori 
preparatori -Rilevanza -Limiti. 
(disp. sulla legge in generale, art. 12). 

Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge -Titolo della 
legge -Valore normativo -Esclusione -Rilevanza in sede di interpretazione 
della legge -Sussiste -Limite -Contrasto col contenuto 
della legge -Prevalenza del contenuto -Sussiste. 

(disp. sulla legge in generale, art. 12). 

Gli articoli 12 e 13 della l. 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento 
deUa citt� di Napoli, fissando criter-i per la determinazione dell'indennit� 
di espropriazione di carattere particolare e restrittivo rispetto 
a quello stabilito dalla l. 25 giugno 1865, n. 2359, possono trovare applicazione 
solo per queUe espropriazioni, rispetto aUe quali siano richiamati 
da apposita disposizione di legge (ad. es. l'art. 77 l. 7 luglio 1907, 

n. 429, sulle opere ferroviarie) (1). 
Il r. d. l. 7 agosto 1925, n. 1574, che conferiva all'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato il potere di provvedere alla costruzione di 
edifici e di altre opere postali con l'osservanza delle norme disciplinanti 
le espropriazioni per opere ferroviarie (fra cui l'art. 77 l. 7 luglio 1907, 

n. 429, che richiama per la determinazione dell'indennit� di esproprio 
gli artt. 12 e 13 l. 15 gennaio 1885, n. 2892), � stato abrogato daUa 
l. 29 luglio 1949, n. 585, che, devolvendo alla stessa Amministrazione 
delle Poste e Telecomunicazioni tutte le attribuzioni gi� conferite all'Amministrazione 
ferroviaria in materia di costruzione di edifici ed 
altre opere postali, ha stabilito, all'art. 2, che nei procedimenti espropriativi 
devono applicarsi le norme della legge fondamentale 20 marzo 
1865, n. 2359. Tale richiamo vale segnatamente per la determinazione 
dell'indennit� di espropriazione, dovendo ritenersi una conse(
1-2) Cfr. Cass., 28 febbraio 1966, n. 606, Giur. it., Mass., 1966, 259, 
sub b: � le norme sul risanamento della citt� di Napoli, sancendo criteri 
particolari e restrittivi per la determinazione dell'indennit� di esproprio 
rispetto a quelli stabiliti dalla legge fondamentale sull'espropriazione per 
pubblica utilit� 25 giugno 1865, n. 2359, non possono trovare applicazione 
analogica alle espropriazioni previste da altre leggi, che, disciplinando 
la costruzione di case popolari, richiamino la legge n. 2359 del 1865 senza 


:: 
:: 
f'f'B:::::::: 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 813 

;,uenza del maggior rispetto tributato al principio sancito dall'art. 42, 
~omma terzo, Cost. (2). 

I lavori preparatori possono offrire elementi utili per l'interpre~
azione di una norma di legge poco chiara, ma non possono farle attri)
uire una portata diver!la da quella che risulta dal testo (3). 

Il titolo della legge non ne costituisce parte integrante, epper� 
ion ha valore normativo, ma solo pu� costituirne valido elemento d'in:
erpretazione, specie ove concordi col testo, mentre, in caso di discor:
lanza, quest'ultimo deve sempre prevalere sul primo (4). 

(Omissis). -L'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni 
ieduce la violazione e falsa applicazione della I. 25 giugno 1865, nunero 
2359; degli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892; 

tlcun esplicito riferimento alla successiva leg,ge speciale su Napoli del 15 
~ennaio 1885, n. 2892 �. 

Quanto all'ultima parte della massima sub 2, pare opportuno avver;
ire che col precetto di cui al terzo comma dell'art. 42 Cost. sono state 
itenute compatibili quelle particolari disposizioni di legge, fissanti criteri 
�estrittivi di determinazione dell'indennit� espropriativa, poich� la citata 
torma costituzionale vieterebbe solo � che l'indennizzo sia apparente e 
neramente simbolico � : Cass., Sez. Un., 16 febbraio 1965, n. 254, in que:
ta Rassegna, 1965, I, 344, sub 1-2. 

(3) Avverte Cass., 3 maggio 1967, n. 836, Giur. it., Mass., 1967, 305, 
�ub b, che � deve escludersi, ai fini interpretativi, il ricorso ai lavori 
1reparatori, quando la portata della norma � resa manifesta dalla sua 
:hiara formulazione�; ed infatti, secondo Cass., 3 marzo 1965, n. 347, id., 
l[ass., 1965, 110, sub c, � i lavori preparatori possono offrire elementi utili 
1er la interpretazione di un testo legislativo poco chiaro, ma non possono 
nai indurre a ritenere che un precetto legislativo, il cui contenuto e la cui 
1ortata sono resi manifesti dalla formulazione di esso, abbia invece un 
:ontenuto e una portata diversi �. Ed a sua volta il Consiglio di Stato ha 
1vvertito che: � i lavori parlamentari non possono essere invocati per 
10stenere una interpretazione diversa da quella consentita dai criteri di 
~rmeneutica. (Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 514, in questa Rassegna, 1965, 
, 1000, sub 2, con nota di ALmRANDI). In sostanza, v'� un rigetto di questo 
nezzo. interpretativo extratestuale, in quanto non. serva a confermare e 
�hiarire il senso testuale (v. gi� Cass., 15 aprile 1947, n. 561, Foro it., Rep., 
947, voce 'Legge, nn. 7-8; di recente, v. Cass., 10 agosto 1966, n. 2181, 
~iur. it., Mass., �1966, 969: �la legge deve essere interpretata essenzial11ente 
secondo il suo contenuto obiettivo � ). Parimenti, in dottrina, si av
�rte che: � nell'interpretazione della legge non � ammissibile un ricorso 
. mezzi extratestuali, desumibili dal modo della sua formazione, se non 
ome ad un qualsiasi altro precedente storico (tali i lavori preparatori), 
d il richiamo all'intenzione del legislatore, lungi dal rinviare l'interprete 

mezzi siffatti, sta sul medesimo piano del significato proprio delle paole 
secondo la connessione di esse � : BETTI, Interpretazione della legge 
degli atti giuridici, Milano, 1949, 167. 

(4) Si distingue fra tit9lo della legge o titolo esterno e titolo o rubrica 
ei singoli articoli: CRISAFULLI, A proposito del titolo della legge, Stato 

814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

degli artt. 76 e 77 della legge 7 luglio 1907, n.429; del r. d. 1. 24 settembre 
1923, n. 2119; degli artt. 10 e 11 del r. d. 1. 22 maggio 1924, 

n. 868; del r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574; dell'art. 15 del r. d. 8 maggio 
1933, n. 841 e dell'art. 2 della legge 29 luglio 1949, n. 585: tutto 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c. 
Tale Amministrazione sostiene che per le espropriazioni relative 
alla costruzione di edifici ed altre opere che la riguardano sono sempre 
applicabili non solo agli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, 
n .2892, per il risanamento della citt� di Napoli, ma anche tutte le 
disposizioni di legge che regolano il procedimento espropriativo per 
le opere interessanti le Ferrovie dello Stato. 

La legge 29 luglio 1949, n. 585, nel devolvere all'Amministrazione 
postale tutte le attribuzioni che in materia erano in precedenza affidate 
all'Amministrazione ferroviaria, che le eseguiva per conto della prima 
verso un corrispettivo del 5 % per rimborso ,di spese generali, non 
avrebbe inteso assoggettare le espropriazioni ai pi� gravosi oneri derivanti 
dalla applicazione della legge fondamentale 25 giugno 1865, 

n. 
2359. 
Tale tesi � chiaramente infondata. 
Occorre premettere che gli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, 
n. 2892, per il risanamento della citt� di Napoli, fissando criteri particolari 
e restrittivi per la determinazione dell'indennit� d'esproprio 
rispetto a quelli stabiliti dalla citata legge fondamentale n. 2359 del 
1865, possono trovare applicazione solo per quelle espropriazioni, rispetto 
alle quali siano richiamati da una disposizione di legge (Cass., 28 febbraio 
1966, n. 606). 
Prima della legge 29 luglio 1949, n. 585 tale richiamo esisteva anche 
per le procedure di espropriazione relative alle costruzioni di edifici 
e altre opere riguardanti l'Amministrazione postale, dato che il r. d. 1. 
7 agosto 1925, n. 1574 attribuiva il potere di provvedervi all'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato, con le modalit� ed in base alle 
norme che regolavano i procedimenti di espropriazione per le opere 
ferroviarie. E, per l'esplicito richiamo contenuto nell'art. 77 della 

1. 7 luglio 1907, n. 429, la indennit� dovuta per le espropriazioni necese 
diritto, 1941, 453 e segg., 471 e seg. Non si dubita -e la massima sopra 
riportata della sentenza in rassegna ne � conferma -che il primo sia 
estraneo al testo legislativo, pur potendo servire alla sua interpretazione 
in armonia con lo stesso (v. gi� Cass., 16 maggio 1941, Foro it., 1941, 1209). 
Quanto al titolo dei singoli articoli, � da dire che esso non partecipa in 
alcun modo del contenuto dell'articolo, ma ha una funzione meramente descrittiva 
e riassuntiva, che non esonera l'interprete dal compito di identificare 
con precisione il contenuto normativo del testo: BETTI, op. cit., 
127, nota 88. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 815 

mrie per la esecuzione di tali opere doveva determinarsi appunto coi 
!riteri previsti dalla legge per il risanamento della citt� di Napoli. 

Ma il r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574 � stato abrogato dalla 1. 29 lu~
lio 1949, n. 585, come risulta espressamente non solo dal suo titolo, 
na anche dal contenuto delle sue norrrie, la cui chiarezza fa apparire 
;>rive di ogni consistenza le ragioni addotte dalla ricorrente a �sostegno 
:lella sua tesi. 

La prima di esse si fonda sulla relazione alla citata legge n. 585 
:lel 1949, nella quale sono stati messi in risalto gli inconvenienti derivanti 
dal r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574, senza prevedere il maggior 
~osto che sarebbe derivato dalla applicazione della legge fondamentale 
:lel 1865, in sostituzione di quella sul risaname'll.to della citt� di Napoli, 
~d anzi specificando che il provvedimento legislativo da approvare 
!omportava l'economia del 5 % , che prima 'doveva essere corrisposto 
3.lle ferrovie, senza aumenti di spese. 

Quindi conclude la ricorrente: " la Corte d'Appello non ha bene in:
lividuato l'esatta intenzione del legislatore, ma, poich� essa si � 
Eondata sul testo della legge, si deve ora esaminare, in base a questo, 
;e la lettera abbia tradito o confermato la " mens legis " �. 

Tale conclusione non pu� essere condivisa. 

Anzitutto, perch� contiene una petizione di principio, giacch� sa~
ebbe, in ogni caso, da dimostrare che la asserita intenzione del legi;
latore sia fondata sul testo della legge, e, nella specie, ci� dovrebbe, 
,n ogni caso, escludersi. 

In secondo luogo, perch� neppure la asserita intenzione del legi;
latore pu� ritenersi dimostrata. Invero, nelle relazioni con cui si pre;
enta all'approvazione un disegno di legge si tende a porre in risalto 
;oprattutto gli elementi favorevoli a tale approvazione. Quindi non 
;>u� attribuirsi valore decisivo al contrasto tra l'espressa indicazione 
:'I.ella economia del 5 % , realizzabile in seguito all'approvazione del 
:lisegno di legge, ed il silenzio conservato riguardo alla maggiore spesa 
!he si sarebbe invece incontrata applicando per la determinazione delle 
.ndennit� d'espropriazione la legge fondamentale del 1865 anzich� quella 
ml risanamento di Napoli. Tanto pi� che tale maggiore spesa appa~
iva una conseguenza del tutto indiretta, che niente aveva da fare 
!Ol vero oggetto della legge, la quale tendeva ad eliminare quella che 
Jrmai era diventata un'incongruenza, ossia che l'esecuzione delle opere 
!Oncernenti l'Amministrazione postale fosse affidata, anzich� ad essa, 
3.11'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato. 

Infatti, se l'art. 2 della legge di cui si tratta ha stabilito che nei 
;>rocedimenti espropriativi devono applicarsi le norme della legge fonfamentale 
del 1865, anzich� quelle della legge sul risanamento della 
!itt� di Napoli, come in tesi avrebbe potuto espressamente disporre, 
!i� non � da porre necessariamente in relazione col mutamento degH 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

organi competenti a provvedere all'esecuzione delle opere e alle relative 
espropriazioni, ma deve ritenersi una conseguenza del maggior 
rispetto tributato al principio stabilito dall'art. 42, terzo comma, della 
Costituzione, da poco entrata in vigore. 

Infine, � principio pacifico 'che i lavori preparatori possono offrire 
:elementi utili per l'interpretazione di una norma poco chiara, ma non 
possono fare attribuire alla norma una portata diversa da quella che 
risulta dal testo (vedi,� da ultimo, Cass., 3 marzo 1965, n. 347). 

Quale secondo argomento la ricorrente invoca il principio che il 
titolo della legge, non costituendo parte integrante di essa, non avrebbe 
valore normativo. Tale principio pu� essere ritenuto esatto, purch� venga 
completato, aggiungendosi che anche il titolo pu� costituire un valido 
elemento per l'interpretazione della legge, specie quando esista, come 
in quella in esame, perfetta concordanza tra titolo e contenuto della 
stessa. 

Solo in caso di contrasto deve prevalere il contenuto e perci� 

l'Amministrazione delle Poste si vede costretta a sostenere che il con


trasto esiste, bench� limitatamente alle norme regolatrici del proce


dimento espropriativo. 

Invece tra il titolo e il testo della legge 29 luglio 1949, n. 585 esi


ste perfetta concordanza, perch� il titolo enuncia che oggetto della legge 

� l'abrogazione del r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574 ed il testo dei due 

articoli provveder� appunto a disporre tale abrogazione. 

Anzi il contenuto del testo appare, in questo senso, pi� ampio, per


ch� l'art. 1, primo comma, dispone che � tutte le attribuzioni della 

Amministrazione delle Ferrovie dello Stato e del Ministero delle Co


municazioni, previste dal r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574, convertito nella 

legge 18 marzo .1928, n. 562, e dal r. d. 1. 30 dicembre 1926, n. 2245, 

convertito nella 1. 18 dicembre 1927, n. 2�426 e successive integrazioni 

e modificazioni, in materia di costruzioni di edifici ed altre opere riguar


danti l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, sono 

devolute a quest'ultima �. 

Ma oltre tale norma, di carattere generale ed integrata dai due 

commi successivi, che dettano disposizioni di carattere particolare, 

sempre dirette a conseguire lo stesso scopo, esiste l'art. 2, che disci


plina in modo specifico la materia di cui trattasi e che, con assoluta 

chiarezza, dispone che ai procedimenti espropriativi e alle occupazioni 

d'urgenza si applicano le norme della legge fondamentale del 1865 e, 

quindi, logicamente, non si applicano pi� quelle, ben diverse, della 

legge sul risanamento della citt� di 'Napoli. 

Nonostante ci�, l'Amministrazione ricorrente insiste nella sua tesi, 

rilevando che il citato art. 2, quando stabilisce che si applicano le 

norme della legge 25 giugno 1865, n. 2359, aggiunge: �.e dagli artt. 10 

e 11 del r. d. 1. 22 maggio 1924, n. 868 �. Ci� � esatto, ma � opportuno 


�PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 817 
chiarire che, dopo le parole invocate e ora riportate, la norma prosegue 
con le seguenti altre: e e successive integrazioni e modificazioni, 
sostituendo alla competenza del Ministro per i trasporti quella del Ministro 
per le poste � . 

Orbene, i richiamati art. 10 e 11 del r. d. 1. 22 maggio 1924, n. 868, 
come risulta dal loro testo, che la ricorrente ha diligentemente riportato, 
non si occupano in alcun modo dei criteri per determinare la misura 
dell'indennit� d'espropriazione, bensi, esclusivamente, di attribuire 
a determinati organi la titolarit� e l'esercizio dei poteri concernenti 
i procedimenti di espropriazione per pubblica utilit�, come � confermato 
anche dalla parte finale della norma in esame, che, dopo avere richiamato 
i detti artt. 10 e 11, aggiunge, come s'� visto, la frase: � sostituendo 
alla competenza del Ministro per i trasporti quella del Ministro 
per le poste � . 

Nessun addebito pu�, quindi, muoversi ai giudici del merito, per 
non aver motivato su tale punto, dato che esso era irrilevante ai fini 
del decidere. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, 5 luglio 1967, n. 1663 -Pres. Danzi Est. 
Cultrera -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Buonvino) c. Comuni di Polonghera, Faule ed altri, Consorzio 
per la tutela della pesca in Piemonte ed in Liguria, Procuratore Generale 
presso la Corte di Appello di Roma (intimati). 

Diritti promiscui, usi civici -Liquidazione (mediante compenso in terre 
da assegnarsi ai Comuni ed alle Associazioni agrarie) -Oggetto: 
usi civici su terre private -Obbligo della denuncia entro sei mesi 
dalla pubblicazione della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Sussiste. 

(1. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 1-7;�r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, artt. 1-2, 
8-16). 
Diritti promiscui, usi civici -Obbligo della denuncia entro sei mesi 
dalla pubblicazione della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Decadenza 
dall'azione di accertamento degli usi civici non in esercizio alla 
data di entrata in vigore della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Non riguarda 
gli usi civici su terre non private. 

(1. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 3, 8, 9, 10, 11, lett. b, 13, 15, 18, 19-23; r. d. 
26 febbraio 1928, n. 332, artt. 1, 17-24, 47-57) . 
Diritti promiscui, usi civici -Usi civici su terre od acque del demanio 
statale -Uso pubblico -Rapporto. 


818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Diritti promiscui, usi civici -Usi civici di pesca 
liquidazione -Sussiste. 
(r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, art. 10). 
-Insuscettibilit� di 
Diritti promiscui, usi civici -Usi civici su terre od acque del demanio 
statale -Obbligo della tempestiva denuncia ex art. 3 1. 16 giugno 
1927, n. 1766 -Inapplicabilit�. 
(l. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 3; r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, art. 1). 
Diritti promiscui, usi civici Accertamento 
-Usi civici su terre dei demani 
comunali o universali, o su terre ed acque del demanio statale 
-Istanza -Necessit� -Sussiste -Differenza fra istanza e 
denuncia. 
(l. 16 giugno 1927, 
n. 332, art. 6). 
n 1766, artt. 2, 3, comma terzo; r. d. 24 febbraio 1928, 
Diritti promiscui, usi civici Giudizio 
di accertamento -Efficacia probatoria 
dei documenti -Non decisivit� -Rilevanza delle presunzioni 
Sussiste 
-Esercizio continuativo dell'uso da parte delle popolazioni 
locali nel corso dei secoli -Valore probatorio presuntivo 
della costituzione di diritti di uso civico -Sussiste -Applicazione Usi 
civici di pesca. 
(l. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 2). 
Spese giudiziali -Regolamento dell'onere delle spese -Facolt� discrezionale 
del giudice di merito -Limite -Divieto di condanna alle 
spese della parte totalmente vittoriosa -Sussiste. 
(c. p. c., artt. 91, 92). 
Sono soggetti a liquidazione mediante compenso, consistente nella 
cessione ai Comuni ed aize Associazioni agrarie di porzione del fondo 
gravato o della parte del fondo gravata, soltanto gli usi civici su terre 
private (1). 
(1) Solo i diritti di uso c1v1co su terre private sono suscettibili di liquidazione 
in senso proprio: ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 
vol. IV, Milano, 1958, 239-240; Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giur. it., Mass., 
1962, 180, sub b (181). 
I diritti di uso civico su terre non private, ossia gli usi civici concentratisi 
sui beni dei Comuni e delle associazioni, ove utilizzabili a colture, 
sono soggetti a quella che la sentenza in rassegna chiama � liquidazione 
mediante riparto ed assegnazione delle singole quote agli utenti � : v. artt. 
11, lett. b, 13, 19 I. 16 giugno 1927, n. 1766. 
Sul concetto di promiscuit� (le � comunioni � di cui all'art. 8, I. n. 1766 
del 1927), v. Cass., 24 marzo 1964, n. 677, Giust. civ., Mass., 1964, 300, 
sub 4; sullo scioglimento delle medesime, come � vera e proprio divisione 
di beni comuni (quando vi � luogo a divisione)., v. Cass., Sez. Un., 16 
~ 
F 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 819 

L'obbligo della tempestiva denuncia, di cui aWart. 3 l. 16 giugno 
1927, n. 1766, � imposto in vista della natura privata delle terre e, 
quindi, della possibilit� di liquidazione dell'uso civico mediante compenso 
(2). 

Il diritto di uso civico su terre od acque del demanio pubblico 
statale, circoscritto ad una ben determinata collettivit�, pur avendo uri 

I 

contenuto specifico, si risolve in pratica in un pi� intenso esercizio del 
diritto di uso pubblico spettante alla gener"�lit� dei cittadini sui beni 
medesimi (3). 

settembre 1963, n. 2526, id., Mass., 1963, 1185, sub 4; v. anche ZANOBINI, 
op. cit., 237, il quale anche mette in evidenza che, in tal caso, � la divisione 
delle terre 'non avviene, come per le liquidazioni d'usi,, con atto 
amministrativo, ma con sentenza e con conseguente estinzione dei diritti �. 

Sul carattere di locuzione di comodo dell'espressione usi civici, comprensiva 
di figure tra loro diverse, v. GIANNINI M. S., Sull'esistenza degli 
usi civici di caccia, Riv. dir. sportivo, 1950, 101; sulla nozione, v anche 
ZANOBINI, op. cit., 233 e segg.; VITTA, Dir. amm.vo, I, Torino, 1954, 291 
e segg.; in giurisprudenza, v. Cass., 2 febbraio 1962, n. 210, Giust. civ., 
Mass., 1962, 97, sub 1. In particolare, sulla natura e la finalit� degli usi 
civici, v., recentemente, Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, id., Mass., 1966, 914, 
sub 3; in dottrina, TRIFONE, Gli usi civici, Trattato di dir. civ. e comm., 
diretto da Cicu e Messineo, vol. XI, tomo 2, Milano, 1963. 

(2) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giust. civ., Mass., 1962, 254, 
sub 1 e 2; 24 �aprile 1954, n. 255, Foro it., Mass., 1954, 1248; 12 gennaio 
1952, Riv. amm., 1952, 160. 
Sulla denuncia o dichiarazione degli usi civici (su terre private) (per 
quelli non in esercizio al momento dell'entrata in vigore della 1. 16 giugno 
1927, n. 1766 l'omissione della denuncia entro sei mesi dalla pubblicazione 
della legge, e successiva proroga, comporta la qecadenza dal diritto 
al riconoscimento), v. Cass., 27 maggio 1966, n. 1370, Giust. civ., Mass., 1966, 
781, sub 3. 

(3) La compatibilit� dell'uso civico con la demanialit� in senso tecnicogiuridico 
trovasi varie volte affermata dalla giurisprudenza della Corte 
ii Cassazione, ma, beninteso, in relazione all'uso civico di pesca, previsto 
espressamente dall'art. 10 r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, peraltro come 
insuscettibile di �divisione� (Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giust. civ., 
Mass., 1962, 254, sub 4; 11 ottobre 1961, n. 2072, id., Mass., 1961, 913, sub 1; 
in dottrina, v. CuRis, Usi civici, in Nuovo Digesto Italiano, vol. XII, p. 2", 
rorino, 1940, 756). La sentenza in rassegna, pur riferendosi anch'essa, in 
concreto, all'uso civico di pesca, contiene una generalizzazione non meglio 
approfondita, che, a ben vedere, assorbendo l'uso civico nell'uso comune 
iel bene demaniale, finisce col negare al primo una autonoma rilevanza. 
Sembra opportuno ricordare: a) che i diritti di uso civico hanno natura 
patrimoniale (cfr. TORRENTE, nota, in Foro it., 1950, I, 1204 e seg., con 
l'avvertenza che l'espressione � demanio universale � deriva dalla tradudone 
di � domaine., � dominium �); b) il c. d. �diritto di uso pubblico 
;pettante alla generalit� dei cittadini� sui beni demaniali in senso proprio 
pu� essere, appunto, un diritto �civico�, ossia un mero interesse, 
che, al massimo, in alcuni casi, va configurato come interesse legittimo o 
wme interesse discrezionalmente protetto (ZANOBINI, Corso di dir. amm., 

820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Gli usi civici di pesca sono sottratti a procedimento di divisione (4). 

L'inapplicabilit� agli usi civici su terre non private della� disposi-
7.ione dell'art. 3 i. 16 giugno 1927, n. 1766, relativa all'obbligo della 
denuncia, riguarda anche gli usi civici su terre od acque del demanio 
statale, in quanto anch'esse insuscettibili della liquidazione, a cui quella 
denuncia � preordinata (5). 

vol. IV, Milano, 1958, 34); ma, ove lo si consideri un diritto � di libert� � 
individuale, esso non ha, certo, il bene come � oggetto �, com'� proprio del 
diritto reale, ma solo come �mezzo di esercizio ., il che chiarisce che non 
pu� mai essere in gioco il potere dello Stato di limitare, sospendere o 
abolire la destinazione del bene medesimo (v., sul punto, le penetranti 
osservazioni del GuICCIARDI, Il demanio, Padova, 1934, 292 e seg. In tal 
senso ha da intendersi anche la recente sentenza 12 lugliq 1967, n. 111 
della Corte Costituzionale, come avverte AGR� A. S., Uso pubblico generale 
di beni demaniali e tutela costituzionale della libert�, in Giur. it., 
1967, I, 1224). Per quanto riguarda le acque pubbliche, sembra opportuno 
ricordare, poi, che, in materia di derivazioni, il Tribunale Superiore AA.PP. 

(sent. 20 novembre 1948, Acque, Bon., Costr., 1950, 161 e seg.) ha gi� avuto 
modo di avvertire che: � non v'� possibilit� d'usucapione o d'immemorabile 
nel loro uso e non � concepibile che esista su di esse altro diritto 
che quello derivante da concessione o da riconoscimento dell'uso fatti dallo 
Stato con le modalit� e condizioni e con le relative decadenze che lo Stato 
stesso ritiene di stabilire �, ed in particolare ha osservato che: � neppure... 
� ... ammissibile che la derivazione d'acqua ad uso d'irrigazione possa costituire 
un uso civico., poich� �non � ... giuridicamente concepibile la coesistenza 
col diritto d'uso di cosa demaniale, per riconoscimento o concessione 
da parte dello Stato, di un diritto di uso civico della cosa stessa� (ivi, 162). 
Sulla ritenuta possibilit� che, nello stadio formativo della demanialit�, 
attuata � non con il semplice passaggio della propriet� del bene dal soggetto 
privato alla pubblica amministrazione, ma attraverso la destinazione successiva 
(all'acquisto) dello stesso bene al fine specifico di pubblica utilit� 
perseguito�, si proceda a�a costituzione di una servit� prediale a favore di 
un fondo privato, �la quale continua a restare giuridicamente valida, anche 
quando il fondo gravato abbia successivamente acquistato natura demaniale 
., v. Cass., Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 901, Giust. civ., Mass., 1966, 513, 
sub 2, ed ivi nota di riferimenti di dottrina contraria. 

(4) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giust. civ., Mass., 1962, 254, sub 
2, la quale avverte che in materia di usi civici la 1. n. 1766 del 1927 non 
disciplina soltanto l'accertamento e il riordinamento degli usi civici sulle 
terre e di qualsiasi altro diritto promiscuo sulle terre stesse, ma tratta 
invece di qualsiasi uso civico, compreso anche quello di pesca, di cui, pertanto, 
� tuttora possibile l'esistenza giuridica; la liquidazione, invece, di cui 
alla predetta legge, si riferisce solo agli usi civici aventi per oggetto beni 
terrieri appartenenti a privati � n� il regolamento esecutivo di cui al r.d. 
n. 332 del 1928, stabilendo che le questioni relative all'esistenza ed alla 
estensione degli usi civici di pesca sono devolute al Commissario, a norma 
dell'art. 29 della legge, ha dettato niente che possa ritenersi in contrasto 
con la predetta legge, ma ha enunciato dei precetti di carattere integrativo 
della legge stessa � . 
(5) V. supra, note 1 e 3. 

J 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 821 

Gli usi civici su terre non private, ivi compresi quelli su terre 
ed acque del demanio statale, non si sottraggono al procedimento di 
accertamento, ma l'istanza al Commissario, di accertamento dell'uso, non 
si confonde, in tal caso, con la denuncia o dichiarazione, preordinata, 
invece, al procedimento di liquidazione, n� ovviamente la presuppone 
(6). 

Nel giudizio di accertamento circa la esistenza, natura ed estensione 
degli usi civici, trattandosi generalmente di diritti originari, i 
titoli hanno pi� spesso valore ricognitivo che costitutivo ed � innegabile, 
comunque, la rilevanza probatoria delle presunzioni, epper� con fondamento 
� ritenuto dal giudice di merito che l'esercizio continuativo, 
-nel corso dei secoli, di un determinato uso da parte delle popolazioni 
locali fa presumere la costituzione di esclusivi diritti di godimento, 
originari e preesistenti all'infeudazione (applicazione alla libera pesca, 
praticata ab antiquo dalle popolazioni del luogo, per sopperire alle loro 
esigenze primarie) (7). 

(6) Sul carattere giurisdizionale delle funzioni svolte dai Commissari 
� per accertare l'esistenza, la natura e l'estensione dei diritti di uso civico ., 
in contrapposto al carattere amministrativo delle funzioni �volte a provvedere 
sulla liquidazione dei relativi diritti... nonch� sul distacco e sulla 
ripartizione delle terre�, v. Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2425, Giust. 
civ., Mass., 1966, 1395, sub 1. � 
(7) Beninteso, deve trattarsi di usi esercitati anche posteriormente al 
1800, poich�, ove si tratti di usi civici, l'esercizio dei quali sia cessato anteriormente 
al 1800, la prova dell'esistenza, natura ed estensione dei medesimi, 
a norma dell'art. 2 1. 16 giugno 1927, n. 1766, deve essere data �esclusivamente 
con documenti, con la conseguenza che, se si assuma che questi usi 
vadano su terre ex feudali, va data con documenti la prova della natura 
.feudale di esse e dell'esistenza di un feudo abitato e, una volta che questa 
sia stata fornita, ne discende direttamente, sulla base del principio ubi 
feuda ibi demania, l'esistenza, senza bisogno di .ulteriore prova, degli usi 
originari, cio� degli usi necessari, secondo i bisogni della popolazione e la 
natura delle terre, costituenti il giuridico attributo della feudalit� di un 
determinato territorio abitato �. Tale prova documentale � non pu�, peraltro, 
essere intesa nel senso rigorosissimo odierno �, ma va data � secondo i 
principi propri della prova documentale nel diritto feudale, prova che � 
diversa da quella che attualmente si richiede nei giudizi di revindica... A 
questa prova, tendente alla dimostrazione della massima ubi feuda ibi 
demania, potr� opporsi in via di eccezione la prova dell'inesistenza di una 
pop'Olazione preesistente o dell'esistenza di una difesa o della sussistenza di 
una delle cause legittime di estinzione degli usi, esclusivamente ammesse 
dalla legge�: Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, Giust. civ., Mass., 1966, 914, 
sub 5 e 6. 

Se si tratta, viceversa, di usi civici esercitati anche �posteriormente al 
1800, la prova della loro esistenza, natura ed estensione � pu� essere data 
con qualsiasi mezzo � : Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, cit., ibidem, sub 5, la 
quale avverte che � nel sistema accolto dalla legge del 1927 � sufficiente la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La facolt� discrezionale del giudice di merito in ordine al regolamento 
delle spese processuali trova un limite nel divieto di condanna 
della parte totalmente vittoriosa (8). 

(Omissis). -La sentenza impugnata ritenne infondata l'eccezione 
di decadenza dell'uso civico di pesca rivendicato dai Comuni di Faule, 
Polonghera e Pancalieri, nei tratti del Po ed affluenti, delimitati dai 
rispettivi territori, sul riflesso che, secondo la giurisprudenza di questa 
Corte Suprema, l'obbligo della dichiarazione o denuncia degli usi 
civici non in esercizio al momento dell'entrata in vigore della legge 
16 giugno 1927, n. 1766, imposto dall'art. 3 della predetta legge, si 
riferisce unicamente agli usi gravanti su terre di privati e non trova 
applicazione per gli usi civici gravanti su terre (o acque) demaniali, 
in ordine ai quali � esclusa la possibilit� di una liquidazione mediante 
compenso. 

Col primo mezzo l'Amministrazione delle Finanze dello Stato 
sostiene che tale indirizzo giurisprudenziale � stato impropriamente 
richiamato e precisa che il principio di diritto applicato dalla C?rte 
del merito � stato affermato in relazione ad usi civici gravanti su 
terre costituenti i cosiddetti demani comunali ed universali, cio� a dire 
su terre appartenenti alle stesse popolazioni dei comuni rivendicanti, 
mentre per gli usi civici su terre od acque del demanio statale l'obbligo 
della denuncia mantiene la sua piena efficacia, rivestendo lo Stato la 
qualit� di terzo nei confronti degli utenti, al pari di un qualsiasi 
privato. N�, soggiunge, ha rilievo la circostanza che l'uso civico di 
pesca, anzich� essere liquidato, doveva invece essere conservato, in 
quanto esso non poteva comunque sottrarsi al giudizio di accertamento 

prova dell'esistenza, natura ed estensione degli usi civici, sulla quale influisce 
il principio ubi feuda ibi demania �. Questo principio non concerne solo 
la prova dell'uso civico, n� pu� equipararsi ad una qualunque presunzione, 
ma attiene alla esistenza sostanziale, al sorgere stesso del diritto 
civico della popolazione, in quanto trova la sua giustificazione nella natura 
del feudo e nell'origine di questo e nella nat�ra e nella finalit� degli usi 
civici �. Ove non sia dimostrato che all'atto dell'infeudazione mancasse una 
popolazione e si fosse in presenza di un fondo rustico o disabitato o si trattasse 
di una terra legittimamente ed eccezionalmente sottratta all'uso della 
popolazione, � il valore della massima e il suo significato, specie nelle terre 
dell'ex regno delle due Sicilie, in relazione alle quali fu formulata precisamente 
e categoricamente dalla Commissione feudale, costituita dopo l'entrata 
in vigore delle leggi eversive della feudalit�, rimangono, nei sensi 
dianzi chiariti, pieni e incontrastati � : Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, cit., 
ibidem, sub 3 e 4. 

(8) Giurisprudenza consolidata: cfr. Cass., 7 gennaio 1967, n. 64, in 
questa Rassegna, 1967, I, 85, sub 2, ed ivi ulteriori riferimenti. 

J 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

previsto dagli artt. 1 e 2 della citata legge n. 1766 del 1927 e doveva 
pertanto denunciarsi nel termine fissato dal successivo art. 3 (sei mesi 
dalla pubblicazione della legge, poi prorogato al 3 aprile 1928), sotto 
pena di estinzione di ogni azione diretta ad ottenere il relativo riconoscimento. 


� senza dubbio esatto che nei casi finora decisi l'inosservanza dell'obbligo 
della tempestiva denuncia � stata presa in considerazione 
riguardo ad usi civici gravanti su terre costituenti il demanio comunale 
od universale, distinto, come entit� giuridica, dal demanio statale; 
ma non � altrettanto esatta l'interpretazione restrittiva sostenuta 
dall'Amministrazione ricorrente. 

Gi� il diritto di uso civico su terre od acque del demanio pubblico 
statale, circoscritto ad una ben determinata collettivit�, pur avendo 
un contenuto specifico, si risolve in pratica in un pi� intenso esercizio 
del diritto di uso pubblico spettante alla generalit� sui beni medesimi; 
sicch� sotto questo aspetto lo Stato non potrebbe nemmeno qualificarsi 
terzo rispetto agli utenti. 

Ma, a . prescindere da ci�, � lo stesso spirito informatore della 
legge 16 giugno �1927, n. 1766 che offre il criterio per la risoluzione 
della questione. 

� noto che la finalit� perseguita dal legislatore era di accertare 
e sollecitamente liquidare gli usi civici sulle terre private e di da�re 
sistemazione giuridica definitiva ed utilizzazione economica alle terre 
attribuite o da attribuirsi alle popolazion,i per via di affrancazione degli 
usi civici. 

Per raggiungere codesta finalit� .venne istituito uno speciale procedimento, 
che, di norma, ha inizio con la denuncia all'apposito organo 
dell'esistenza dell'uso civico, che si esercita o si pretende esercitare. 

Posto dunque che la denuncia ha la precipua funzione di mettere 
in moto il procedimento di accertamento e di affrancazione, ne discende 
come logico corollario che la decadenza comminata dall'art. 3 deve 
ritenersi operante solo riguardo agli usi civici che possono essere liquidati 
mediante compenso, ossia per quelli esistenti ed accertati su terre 
di natura privata, perch� per gli usi gravanti su terre appartenenti 
alla collettivit� la cessazione dell'uso non pu� aversi che con la quotizzazione, 
se le terre ne sono suscettibili. 

Il che trova, del resto, esplicita conferma nella stessa lettera del


l'art. 3, il quale si riferisce appunto agli usi civici menzionati nel 

precedente art. 1, agli usi, cio�, che possono formare oggetto di liqui


dazione mediante compenso, e non pure agli usi indicati nei successivi 

artt. 9 e 11, che gravano sulle terre dei comuni, delle frazioni e delle 

associazioni e che non consentono simile forma di liquidazione. 

Ed allora appare chiaro che l'obbligo della tempestiva denuncia 

� imposto non tanto in relazione all'appartenenza delle terre ad un 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

' 

soggetto diverso dal titolare del diritto di uso civico, quanto in vista 
della natura privata delle terre e quindi della possibilit� della liquidazione 
mediante compenso, giacch�, se questa possibilit� non sussiste 
ed � per contro ammessa la liquidazione mediante riparto ed assegnazione 
delle singole quote agli utenti, viene meno la necessit� della preventiva 
dichiarazione, aon potendo il diritto al semplice scioglimento 
della comunione, insita nell'uso civico, incontrare limiti di tempo e 
sottostare a decadenze. 

Ci� vale ancor di pi� per gli usi civici di pesca, che per legge sono 
sottratti al procedimento di liquidazione (art. 10, comma 1�, del Regolamento 
26 febbraio 1928 n. 332). L'inapplicabilit� della disposizione 
dell'art. 3 della 1. n. 1766 del 1927, affermata da questo Supremo Collegio 
in relazione agli usi civici gravanti su terre del demanio comunale 
ed universale, deve ritenersi estesa anche agli usi civici gravanti 
su terre od acque del demanio pubblico statale, in quanto gli uni e gli 
altri non consentono la liquidazione mediante compenso. 

� poi ovvio che il riconoscimento � pure necessario per gli usi 
civici su terre ed acque appartenenti al demanio, sia esso comunale, 
universale o statale, ma dal fatto che tali usi siano soggetti al procedimento 
di accertamento non deriva come conseguenza che essi debbano 
essere preventivamente denunciati. 

La dichiarazione o denuncia prevista dal 10 comma dell'art. 3 della 

legge si distingue nettamente dall'istanza, cui accenna il 3� comma 

dello stesso art. 3 e che � disciplinata dall'art. 6 del regolamento 

del 1928. 

Ora, l'atto diretto ad ottenere in concreto l'inizio del procedimento 

di accertamento � l'istanza, la quale non presuppone necessariamente 

la denuncia, tanto vero che gli usi in esercizio possono essere egual


mente riconosciuti, malgrado sia decorso il termine fissato dall'art. 3 

per la denuncia. 

Da quanto precede si deduce che � possibile il riconoscimento di 

un uso civico non preventivamente denunciato. 

Il primo mezzo va, .pertanto, respinto. 

N� diversa sorte merita il secondo, con cui si denunzia insuffi


cienza e contraddittoriet� di motivazione su un punto decisivo della 

controversia, nonch� violazione dei principi sulla prova, per avere la 

Corte del merito condiviso le argomentazioni di carattere presuntivo 

svolte dal Commissario, trascurando del tutto di esamina�re le contrarie 

osservazioni del consulente tecnico di ufficio, che aveva concluso per 

l'inesistenza degli usi civici di pesca vantati dai Comuni di Faule, 

Polonghera e Pancalieri. 

Bastano poche considerazioni per dimostrare che la censura si in


frange contro un apprezzamento di fatto, esente da vizi logici e da 

errori di diritto e come tale insindacabile in Cassazione. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Nell'approvare la decisione del Commissario, la sentenza impugnaJa, 
dopo avere giustamente ricollegato la formazione degli usi civici in 
questione all'istituto della libera spesa praticata � ab antiquo � dalle 
popolazioni del luogo per sopperire alle loro esigenze primarie, rilev�, 
non senza fondamento, che da un punto di vista gene�rale l'esercizio 
continuativo di detta pratica lungo il corso dei secoli lascia facilmente 
presumere la costituzione di esclusivi diritti di godimento, originari e 
preesistenti all'infeudazione, consolidatisi vieppi� col prevalere in quelle 
regioni delle forme di propriet� comune del diritto germanico. 

Osserv� poi, in particolare, che la prova dell'esistenza degli usi 
civici di pesca rivendicati dai Comuni di Faule, Polonghera e Pancalieri 
scaturiva da documenti inoppugnabili, nei quali l'espresso richiamo 
allo e jus prohibendi � per le popolazioni delle altre collettivit� importava 
per implicito l'affermazione di un diritto esclusivo di godimento, 
quale contenuto di un uso civico in senso proprio. 

� innegabile la rilevanza probatoria delle presunzioni, trattandosi 
di speciali diritti, che risalgono a configurazioni di propriet� fondiaria, 
come il condominio di diritto germanico. Non risolutiva � stata ritenuta 
la prova documentale, specie perch� per gli usi civici, che sono generalmente 
diritti originari e non derivativi, i titoli hanno pi� spesso 
valore ricognitivo che costitutivo. 

Non si vede, quindi, come possano ipotizzarsi i denunciati vizi di 

insufficienza e contraddittoriet� di motivazione o di violazione delle 

norme che regolano l'onere delle �prove, quando � risaputo che il giu


dice di merito, nell'esercizio del suo potere di accertamento dei fatti 

della causa, non � tenuto ad analizzare e confutare tutte le argomen


tazioni addotte dalle parti a sostegno del loro assunto, n� singolarmente 

tutte le risultanze del processo, purch�, s'intende, dia adeguata giu


stificazione del proprio convincimento e renda possibile il controllo 

dell � iter � logico seguito. 

Il terzo mezzo �, invece, fondato. 

Giova ricordare che anche i Comuni di Casalgrasso e Lombriasco 

avevano chiesto il riconoscimento dell'uso civico di pesca, ma il Com


missario aveva rigettato la domanda, dichiarando compensate le spese 

e ponendo in solido a carico dell'Amministrazione Finanziaria e del 

Consorzio per la tutela della pesca nel Piemonte e nella Liguria met� 

della somma da ciascuno di essi anticipata per spese di �consulenza 

tecnica. 

La Corte di Appello conferm� questa pronuncia, dimenticando per� 

che la facolt� discrezionale del giudice di merito in ordine al regola


mento dell'onere delle spese trova un limite nel divieto di condannare, 

sia pur parzialmente, la parte che sia totalmente vittorfosa. E 1'Aromi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nistrazione ricorrente era uscita interamente vittoriosa nei confronti dei 
suddetti Comuni di Casalgrasso e Lombriasco. 

Per tale capo la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla 
stessa Corte di Appello, la quale provveder� anche per le spese del presente 
giudizio di Cassazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1967, n. 1790 -Pres. Pece Est. 
Berarducci -P. M. Gentile (conf.) -Ministero dell'Interno 
(avv. Stato De Maio) c. Alberotanza (avv. Villa). 

Cassazione -Decisione di questione formante oggetto di specifico motivo 
di ricorso -Rigetto del motivo -Divieto di riproposizione 
della questione nelle ulteriori fasi del giudizio -Sussiste. 

(c. p. c., art. 324). 
Danni -Valutazione e liquidazione -Svalutazion� monetaria -Coefficiente 
di svalutazione -Apprezzamento del Giudice di merito Insindacabilit� 
in Cassazione. 

Nel nostro sistema processuale non � consentito n� al giudice di 
merito, in sede di rinvio, n� alla medesima Corte di Cassazione, ulteriormente 
adita, di modificare o riformare una decisione della stessa 
Corte, stante il principio che la questione, che ha formato oggetto di 
specifico motivo di ricorso per cassazione, ove il motivo stesso sia stato 
rigettato, non pu� essere pi� riproposta nelle ulteriori fasi del giudizio, 
per essersi sulla questione stessa formato il giudicato (1). 

L'apprezzamento del coefficiente di svalutazione in dipendenza del 
diminuito potere d'acquisto della moneta rientra nei poteri discrezionali 
del giudice di merito, perch� involge il controllo di dati di mero fatto 

o di comune esperienza, e, pertanto, si sottrae al controllo di legittimit� 
della Corte di Cassazione (2). 
(1) Sembra appena il caso di avvertire che le sentenze della Corte di 
Cassazione -anche se in materia di regolamento -non sono ulteriormente 
impugnabili e perci� non � passano � ma � sono � gi� (formalmente) 
in giudicato, dal momento stesso della pronuncia ( � nascono con carattere 
formale di giudicato�: REDENTI, Diritto processuale civile, vol. II, Milano, 
1953, 312; ZANzuccHI, Diritto processuale civile, vol. II, Milano, 1948, 273, 
parla di � inoppugnabilit� � della pronuncia emessa dalla Corte di Cassazione, 
ancorch� da una singola Sezione, sia essa sentenza di rettificazione, 
di rigetto o di accoglimento). 
(2) V., in senso conforme, Cass., 13 ottobre 1961, n. 2114, Giust civ., 
Mass., 1961, 934, sub 2, ed ivi ulteriori riferimenti. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Col primo motivo si censura la sentenza impugnata, lamentandosi 
:he il giudice di rinvio non abbia esaminato la questione dell'eventuale 
>reclusione della impugnativa dell'indennit� fissata dal Prefetto, per 
ntervenuta accettazione della indennit� medesima, accettazione consi;
tente nel fatto che l'Alberotanza ebbe a chiedere gli aumenti di legge. 
)econdo lAmministrazione ricorrente, la preclusione, esclusa dalla 
:!orte di Bari, avrebbe potuto essere ritenuta dalla Corte di rinvio, se 
iuesta avesse esaminato la relativa questione. 

Il motivo � infondato. 

Con tale motivo, invero, la ricorrente, sostanzialmente, ripropone, 
>er sua stessa .ammissione (v. pagg. 13 e segg. del ricorso), la que:
tione della violazione della norma di cui all'art. 51 della legge n. 2359 
lel 1865, sulle espropriazioni per pubblica utilit�, che ebbe a formare 
1ggetto dell'unico motivo del ricorso incidentale nella precedente 
'ase del giudizio di legittimit�, motivo che venne rigettato integralnente 
con la decisione di questa Corte Suprema a Sezioni Unite, che 
ia dato luogo al giudizio di rinvio. Il motivo, pertanto, � resistito dal 
�ilievo che, com'� giurisprudenza costante di questo Supremo Collegio, 
iel nostro sistema processuale non � consentito n� al giudice di merito, 
n sede di rinvio, n� alla medesima Corte di Cassazione, ulteriormente 
1dita; di modificare o riformare una decisione della stessa Corte, stante 
1 principio che la questione che ha formato oggetto di specifico motivo 
li ricorso per cassazione, ove il motivo stesso sia stato rigettato, non 
m� essere pi� riproposta nelle ulteriori fasi del giudizio, per essersi 

ulla questione stessa formato il giudicato. 

Con il secondo motivo si sostiene che, nel cassare, in accoglimento 

lel motivo proposto dall'Alberotanza, la sentenza della Corte di Bari, 

1uesto Supremo Collegio avrebbe affermato il principio, secondo cui 

a possibilit� di determinare liberamente il canone, a norma del decreto 

t. 669 del 1945, sussisteva, sempre che la situazione non fosse collegabile 
:on precedenti locazioni. Si spiega dalla ricorrente che l'annullamento 
!ella sentenza della Corte barese avvenne a motivo di una pretesa 
:ontraddittoriet� di motivazione, ravvisata da questo Supremo Colegio 
nel fatto che la Corte di merito, da un lato, aveva ritenuto appli:
abile il canone bloccato e, dall'altro, aveva escluso la successione 
lel rapporto determinato dalla requisizione rispetto alla precedente 
ocazione con la Federazione fascista. Ma, poich� il concetto di succesione 
� diverso da quello di collegabilit� o riferibilit� (che la Corte 
>arese non ebbe ad escludere), sarebbe toccato al giudice di rinvio :
he, invece, avrebbe omesso di farlo -accertare se la riferibilit� 
ussisteva. 

In ordine a questo motivo non pu� che ripetersi l'osservazione 
atta in ordine al primo motivo. 


J 

828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La questione, se la determinazione dell'indennit� per il periodo di 
occupazione legittima dell'immobile dovesse essere effettuata con riferimento 
ai prezzi del regime di blocco delle pigioni, vigente all'epoca 
della requisizione, oppure con riferimento ai prezzi del mercato libero, 
venne, infatti, posta dallo Alberotanza con il quinto motivo del ricorso 
principale avverso la decisione della Corte di Bari e, contrariamente 
a quanto afferma nel motivo in esame l'Amministrazione ricorrente, fu, 
da questa medesima Corte Suprema a Sezioni Unite, decisa nel senso 
che, escluso qualsiasi collegamento fra la locazione che l'Alberotanza 
aveva a suo tempo stipulata con la Federazione fascista e quella che lo 
stesso avrebbe potuto concludere nel 1946, se il fabbricato _non fosse 
stato requisito dal Prefetto di Bari, l'indennit� spettante all'Alberotanza 
doveva essere determinata con riferimento ai prezzi del mercato libero. 

La questione �, quindi, coperta dal giudicato, che ne preclude, 
conseguentemente, il riesame. 

Con il terzo e il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente 
perch� sono connessi, si censura la sentenza impugnata ,assumendosi 
che, mentre il Supremo Collegio aveva stabilito che doveva porsi 
a base della determinazione dell'indennit� il canone ricavabile da una 
libera contrattazione nell'agosto del 1946, il giudice di rinvio � partito, 
invece, dal canone contrattato dall'Alberotanza con la Federazione 
fascista nel 1938, applicando, poi, un indice di svalutazione del 36,29. 

Con ci�, oltre a violare il principio enunciato dal Supremo Collegio, 
il giudice di rinvio avrebbe omesso di considerare che l'indice 
ufficiale di svalutazione � un indice medio, alla formazione del quale il 
costo delle locazioni non concorreva, perch� esistevano le leggi del 
blocco. 

Inoltre, si assume che, nell'adottare l'indice 1934-1946, la Corte 

di rinvio avrebbe omesso di considerare che, fino al 1943, i canoni 

delle locazioni erano rimasti bloccati, sicch� il periodo 1934-1943 

avrebbe dovuto essere escluso dalla rivalutazione attuata col sistema 

dei numeri indici. 

Anche tali motivi sono infondati. 

La Corte di rinvio, rilevata la pratica impossibilit� di conoscere 

il canone medio delle locazioni sul libero mercato, nel 1946, per il 

motivo che dalla consulenza tecnica in atti risultava che, mentre da un 

lato mancava, in quel periodo, nonostante che assillante ne fosse la 

domanda, una offerta di locali da affittare, dall'altro nei pochi con


tratti registrati il prezzo reale era sempre occultato, ha proceduto alla 

determinazione del prezzo base, che l'Alberotanza avrebbe conseguito 

sul libero mercato nel 1946, partendo dal canone di locazione libera


mente stabilito per lo stesso immobile tra l'Alberotanza e la Federa


zione fascista nel 1934 e, quindi, applicando a tale canone l'indice 

ufficiale di svalutazione della moneta fra gli anni 1934 e 1946. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dal giudice di rinvio, dato che � giurisprudenza di questa Corte Suprema 
(ved. sent. n. 2114 del 1962) che l'apprezzamento del coefficiente 
di svalutazione, in dipendenza del diminuito potere d'acquisto della 
moneta, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, perch� 
involge il controllo di dati di mero fatto o di comune esperienza e, 
pertanto, si sottrae al controllo di legittimit� della Corte Suprema. 

Il ricorso, per le considerazioni che precedono, deve essere, pertanto, 
rigettato, con le conseguenze di legge. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1983 -Pres. 
Boccia -Est. Sbrocca -P. M. Pascalino (conf.) -Sezione speciale 
per la riforma fondiaria dell'Ente per lo sviluppo della irrigazione 
e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania (avv. Stato 
Cavalli) c. Societ� L'Assicuratrice italiana (avv. Gentile, Biamonti). 

Obbligazioni e contratti -Contratto a favore di terzo -Posizione del 
terzo. 

(C. c., art. 1411). 
Obbligazioni e contratti -Contratto a favore di terzo -Contratto di 
assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta -Differente 
rilevanza dell'interesse del terzo -Diritti nascenti dal contratto Titolarit� 
esclusiva dell'assicurato -Sussiste -Conseguenze. 

(C. C., art. 1891). 
Nei contratti a favore di terzo, questi non � parte, n� in senso 
formale, n� in senso sostanziale, del rapporto ed in tanto la stipulazione 
� rivolta in suo favore, in quanto lo stesso contraente gli ha 
voluto attribuire tale vantaggio, al 'fine di soddisfare un proprio, personale 
interesse (1). 

Nei contratti di assicurazione per conto altrui o per conto di chi 
spetta, a differenza che nel contratto a favore di terzo, il titolare 
dell'interesse assicurato � il terzo ed il fatto che il contraente abbia 
concluso l'assicurazione in base ad un rapporto interno con l'assicurato 
non influisce in alcun modo sulla disciplina del contratto, la validit� 
del quale non � subordinata, questa volta, ad un interesse del contraente, 
che in concreto ptt� anche mancare. Ne deriva che i diritti 
nascenti dal contratto, ed in particolare quello al pagamento dell'inden


(1) �Nel contratto a favore di terzo il connotato tecnico-giuridico 
saliente � dato da questo: che un effetto accessorio (favorevole) � prodotto 
dal contratto nei confronti di persona (determinata in atto, o determinabile: 
arg. 1920 cpv.), la quale resta estranea al contratto (terzo beneficiario) � : 
cosi MEssINEo, Manuale di diritto civile e commerciale, voi. II, p. 2, Milano, 
1952, 504. In senso conforme alla massima, v. anche Cass., 9 luglio 1966, 
n. 1807, Giur. it., Mass., 1966, 800 sub e. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Ora, ci� facendo, la Corte di rinvio non ha affatto violato il prinipio 
di diritto enunciato da questo Supremo Collegio nella sentenza di 
nnullamento. 

Affermato che l'indennit� spettante all'Alberotanza non andava 
.eterminata con riferimento ai canoni delle locazioni sottoposte al 
egime di blocco, ma andava, invece, determinata con riferimento ai 
rezzi delle locazioni libere, questo Supremo Collegio cass� la sentenza 
.ella Corte barese e rinvi� la causa alla Corte di Lecce, con lo speci.
co incarico, appunto, di determinare il canone, che dalla locazione 
ell'anzidetto immobile l'Alberotanza avrebbe conseguito nel 1946 in 
.na libera contrattazione. Ma ci� statuendo, questa Corte Suprema 
on fiss� le modalit� da seguire per pervenire all'anzidetta determinaione 
e, quindi, lasci� libero il giudice di rinvio di servirsi di quegli 
lementi, che pi� si fossero dimostrati confacenti al caso. E, muovenosi 
liberamente in questo ambito, il giudice di rinvio, posto di fronte 
lla materiale impossibilit� di servirsi, al fine di adempiere all'incarico 
ffidatogli, dell'elemento costituito dal prezzo medio delle locazioni 
ul libero mercato, ha fatto ricorso all'unico elemento certo, di cui po~
va disporre, per desumere il prezzo, che I'Alberotanza avrebbe conseuito 
in una libera contrattazione, ossia al canone liberamente fissato 
~a lo stesso Alberotanza e la Federazione fascista nel 1934, con la magiorazione 
conseguente alla svalutazione monetaria intervenuta nel 
eriodo dal 1934 al 1946. 

Pertanto, lungi dal violare la statuizione di questo Supremo Col~
gio, il giudice di rinvio si �, al contrario, mantenuto perfettamente 
derente a tale statuizione, interpretandone lo spirito oltre che la let~
ra, con una decisione, che, peraltro, sotto il profilo della concretezza, 
ppare favorevole all'Amministrazione, se si riflette che ben pi� elevata 
uebbe stata l'indennit� spettante all'Alberotanza, ove, per determiarla, 
il giudice di rinvio avesse potuto utilizzare i dati relativi ai prezzi 
eali, notoriamente alti, pattuiti nei contratti stipulati sul mercato, 
iori del vincolo del blocco, nell'epoca interessante il giudizio. 

Prive di qualsiasi consistenza sono, poi, le osservazioni della 
icorrente, relative alla inapplicabilit�, al caso di specie, dell'indice di 
ralutazione della moneta. Detta svalutazione, invero, � un fatto storico 
erificatosi incontestabilmente, nonostante l'esistenza delle leggi sul 
locco dei fitti, e, come esattamente ritenuto, anche se per implicito, 
al giudice di rinvio, essa ha esercitato una concreta influenza sulla 
eterminazione dei canoni delle locazioni non bloccate. Onde la sua 
pplicabilit� al caso di specie, in cui si trattava, appunto, di determiare 
il canone, che l'Alberotanza avrebbe potuto ottenere in una libera 
mtrattazione. 

N� maggiore consistenza le osservazioni della ricorrente potrebero 
avere, se riferite alla misura del coefficiente di svalutazione ritenuto 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

11.itd, spettano unicamente all'assicurato medesimo, a meno che ii con~
raente non agisca in veste di rappresentante o quale cessionario di 
~ostui; e che, se l'assicurato dichiara di non voler profittare dell'assicu


�azione, il contratto si risolve, manifestandosi l'inesistenza di quell'in~
eresse, che ne costituisce l'imprescindibile presupposto. Dalla dichiara~
ione dell'assicurato, se emessa dopo che si � verificato il sinistro, coniegue, 
per�, iL diritto del contraente, di ottenere dallo stesso assicura~
ore il rimborso del prezzo pagato, poich�, altrimenti, quest'ultimo si 
zrricchirebbe indebitamente a spese del primo (2). 
(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si denuncia la violadone 
degli articoli 1411, 1891, 1362 e 1363 c. c., nonch� il vizio di irra~
ionalit� della motivazione circa un punto decisivo della controversia 
~ si deduce che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che 
l'assicurazione cumulativa contro gli infortuni, stipulata con l'istituto 
:issicuratore dalla Sezione Speciale per la riforma fondiaria per conto 
:Iel proprio personale impiegatizio, si inquadri esclusivamente nello 
;chema dell'assicurazione per conto altrui, previsto e disciplinato 
:lal citato art. 1891. L'errore sarebbe effetto di un esame incompleto e 
Erammentario delle clausole contrattuali: esame, che, se fosse stato 
invece condotto seguendo i criteri legali di interpretazione, e cio� 
interpretando le clausole le une per mezzo delle altre, attribuendo a 
~iascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto, avrebbe portato a 
~oncludere che, accanto all'assicurazione per conto, la Sezione aveva 
lnteso garantire se stessa per l'ipotesi che dell'infortunio fosse tenuta 
:i. rispondere civilmente verso i terzi assicurati. In altri termini, secondo 
.1 ricorrente, al rischio tipico del ramo, cio� l'infortunio per tutte o per 
:ilcune soltanto delle sue conseguenze (nella specie: morte e invalidit� 
;>ermanente, con esclusione della inabilit� temporanea), si era aggiunto, 
in una form!'l mista o combinata, il rischio tipico della responsabilit� 
~ivile, da cui la Sezione contraente si era voluta garantire, stipulando 
l'assicurazione, oltre che in nome proprio, anche nel proprio interesse. 

Le censure non meritano di essere accolte. 

(2) La giustificazione dell'ultima parte della massima col princ1p10 
:lel divieto dell'ingiustificato arricchimento' (art. 2041 c. c.) non sembra trovi 
11lteriore appoggio nell'ultimo comma dell'art. 1891 c. c., ritenuto, invece, 
falla sentenza in rassegna, applicabile anche al caso considerato, poich� 
:iuella norma si riferisce alla diversa ipotesi dell'efficacia del contratto e 
:i.ccorda al credito del contraente (verso l'assicurato) per il rimborso dei 
premi pagati all'assicuratore e delle spese del contratto un privilegio sulle 
;omme dovute (all'assicurato) dall'assicuratore. 
Sulla prima parte della massima, v., in senso conforme, Cass., 15 giugno 
1964, n. 1523, Giur. it., Mass., 1964, 499, sub a, ed ivi nota (1) di ulteriori 
riferimenti. � 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte di merito, infatti, premesso che la Sezione non aveva 
contestato di dovere al proprio impiegato il risarcimento dei danni derivanti 
dall'infortunio subito, le ha negato la rivalsa nei confronti dell'assicuratore, 
sul riflesso che, essendo stata l'assicurazione stipulata 
per conto dell'impiegato, lo schema del contratto a favore di terzi, in 
cui si inquadrano sia l'assicurazione per conto altrui che quella per 
conto di chi spetta, importa, secondo l'articolo 1891 c. c., che i diritti 
derivanti dal contratto spettano all'assicurato e il contraente, anche 
se in possesso della polizza, non pu� farli valere senza espresso consenso 
dell'assicurato medesimo. Ora -ha agginuto la Corte -l'assicurato 
non solo non aveva manifestato codesto consenso, ma aveva 
anzi rifiutato di volere profittare del contratto: donde la conseguenza 
che la prestazione non rimaneva a beneficio del contraente, come in 
caso di rifiuto del terzo dispone l'art. 1411 c. c., disciplinando in 
via generale il contratto a favore di terzo, perch� l'art. 1891 deroga a 
tale norma, riconoscendo al contraente soltanto il diritto al rimborso 
della parte di premio inutilmente pagata. 

Queste conclusioni devono essere condivise, non potendo imputarsi 
alla Corte neppure un incompleto esame delle clausole contrattuali. 


Infatti, nei contratti a favore di terzo, questi non � parte n� in 
senso formale, n� in senso sostanziale ed in tanto la stipulazione � 
rivolta a suo favore in quanto lo stesso contraente gli ha voluto attribuire 
tale vantaggio al fine di soddisfare un proprio personale interesse. 
Nelle assicurazioni per conto altrui o per conto di chi spetta, 
invece, il titolare dell'interesse assicurato � il terzo ed il fatto che il 
contraente abbia concluso l'assicurazione in base ad un rapporto 
interno con l'assicurato non influisce in alcun modo sulla disciplina 
del contratto, tanto � vero che l'art. 1891 non ne subordina la validit� 
ad un interesse del contraente, che in concreto potrebbe anche 
mancare. 

Dalla decisiva rilevanza dell'interesse dell'assicurato deriva che i 
diritti nascenti dal contratto, ed in particolare quello al pagamento 
dell'indennit�, spettano unicamente all'assicurato medesimo, a meno 
che il contraente non agisca in veste di rappresentante o quale cessionario 
di costui; e che, se l'assicurato dichiara di non volere profittare 
dell'assicurazione, il contratto si risolve, appunto perch� si manifesta 
l'inesistenza di quell'interesse, che ne costituisce un imprescindibile 
presupposto. Dalla dichiarazione dell'assicurato, se emessa dopo 
che si � verificato il sinistro, consegue invece l'effetto che il contraente 
possa invocare l'ultimo comma dell'articolo 1891 e ottenere dallo 
stesso assicuratore il rimborso dei premi pagati, bench� la norma, 
accordando il privilegio al contraente, sembri volersi riferire soltanto 
all'ipotesi esattamente opposta; ma la soluzione, accolta dalla Corte 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 833 

:li merito, � giustificata dal rilievo che l'assicuratore, una volta liberato

�

:lai pagamento dell'indennit�, si arricchirebbe indebitamente a spese 
:lei contraente, se, pur non avendo corso alcun rischio, non dovesse 
~estituire le somme incassate. 

La tesi del ricorrente, dell'esistenza, nella specie, di una forma 
!ombinata di assicurazione (infortuni e responsabilit� civile) � stata 
lmplicitamente disattesa dal giudice di appello. 

Essa si richiama ad una clausola, consueta nelle polizze del ramo, 
;econdo cui, qualora il contraente sia ritenuto responsabile dell'infor;
unio, egli ha diritto di imputare nel risarcimento dovuto all'assicurato 
l'indennit� corrisposta dall'assicuratore. 

La tesi � infondata. 

Nel caso, non si prospetta la trasformazione dell'assicurazione contro 
gli infortuni dei dipendenti a favore e, quindi, per conto dei medesimi 
riell'assicurazione della responsabilit� civile del datore di lavoro per 
11n concorrente interesse di quest'ultimo con l'interesse dell'assicurato, 
ma si afferma l'esistenza, in un medesimo contratto, delle due diverse 
assicurazioni. 

Senonch� la clausola in esame non ha n� la finalit�, n� l'efficacia, 
che sembra assegnarle il ricorrente, bensi quelle, assai pi� limitate, di 
precludere all'assicuratore di agire in surrogazione dell'assicurato contro 
il contraente responsabile del sinistro (surrogazione, che �, in via 
generale, ammessa anche nelle assicurazioni contro gli infortuni dall'art. 
1916, ultimo comma, c. c.), o, in altri termini, di porre in 
essere una rinuncia dell'assicuratore ad esercitare nei confronti del 
contraente l'azione di surrogazione: il che non altera i termini obiettivi 
e subiettivi del contratto, il quale rimane unicamente un'assicurazione 
per conto altrui, con gli effetti, per il contraente, che si sono 
pi� sopra specificati. 

Concludendo, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1988 -Pres. La 
Porta -Est. Di Marco -P. M. Cutrupia -Amministrazione delle 
Ferrovie dello Stato (avv. Stato Ricci) c. Ferri (avv. Lanzetti, 
Occhipinti). 

Trasporto -Trasporto di persone sulle ferrovie dello Stato -Danni 
al via~~iatore -Anormalit� dell'esercizio ferroviario -Apertura 
improvvisa deUo sportello -Responsabilit� della P. A. 

(C.T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvate con r. d. 11 ottobre 
1934, n. 1948, art. 11, par. 4, e quindi con d. interm. 13 dicembre 1956, n. 2171, 
art. 13, par. 4). 
L'apertura improvvisa di uno sportello del convoglio ferroviario 
costituisce di per s� anormalitd del servizio ferroviario, riconducibile 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al comportamento antigiuridico dell'Amministrazione ferroviaria, rientrando 
nella norma che le vetture ferroviarie destinate al trasporto delle 
persone abbiano, durante il viaggio, gli sportelli chiusi (1). 

(Omissis). -L'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato con 
l'unico motivo dedotto denuncia la violazione dell'art. 11, par. 4, delle 
condizioni e tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie, approvate 
con r. d.1. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito nella legge 4 aprile 
1935, n. 911, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., e si duole in 
particolare che la Corte: a) abbia ritenuto sussistente l'anormalit� del 
servizio per il solo fatto dell'apertura dello sportello, mentre tale 
evento sarebbe potuto essere considerato come anormale soltanto qualora 
fosse stata individuata la causa che lo aveva prodotto e detta 
causa si fosse potuta ricollegare a un fatto colposo di essa ricorrente; 
b) non abbia tenuto conto di un punto decisivo della controversia, che 
risultava dalle prove assunte, concernente l'avvenuta chiusura dello 
sportello da parte del personale addetto, al momento della partenza 
del treno dalla stazione di Milano. 

Le censure sono infondate. 

In base al disposto dell'art. 11, par. 4, delle condizioni e tariffe, 
l'Amministrazione ferroviaria risponde dei danni alla persona del viaggiatore, 
qualora questi dimostri l'anormalit� del servizio e il nesso di 
causalit� tra detta anormalit� e l'evento dannoso. Dopo di che diviene 

(1) Sulla questione della responsabilit� dell'Amministrazione ferroviaria 
per i danni subiti dal viaggiatore in conseguenza dell'improvvisa apertura 
dello sportello di un treno in movimento cfr. FRENI, Sulla responsabilitd 
dell'Amministrazione FF.SS. per i danni alla persona del viaggiatore, 
in questa Rassegna, 1967, I, 67. 
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione, evidentemente inftuenzata 
dalle massime, tratte dalle precedenti decisioni, richiamate nella 
motivazione (Cass., 13 maggio 1964, n. 1148 in questa Rassegna, 1964, I, 
716, sub 5-6-7, con nota critica redazionale, a cui si rimanda, e 14 febbraio 
1963, n. 300, in Foro it., 1963, I, 1771) -massime formulate, come si 
�. gi� avuto occasione di osservare, in modo inesatto ed astraendo dal fatto 
sub iudice -afferma tout court che l'improvvisa apertura dello sportello 
di un treno in movimento costituisce di per s� anormalit� del servizio, riconducibile 
al comportamento antigiuridico della Amministrazione ferroviaria, 
rientrando nella norma che le vetture ferroviarie destinate al trasporto 
delle persone durante il viaggio abbiano gli sportelli chiusi. 

La riferita affermazione lascia veramente perplessi. 

Infatti, a parte le considerazioni gi� svolte nella nota dianzi citata, 
alla quale si fa rinvio, sembra evidente come l'anormalitd, considerata 
dalla sentenza, sia non gi� l'anormalit� -intesa come inosservanza di 
norme giuridiche -verificatasi nell'esercizio ferroviario, alla quale la 
legge ha riguardo, ma una anormalit� -intesa in relazione a ci� che pi� 

frequentemente accade -riferita ad un fatto diverso, quale � appunto 

t 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 835 

operativa la presunzione di colpa stabilita a carico dell'azienda vettrice, 
con la conseguenza che questa, per vincere tale presunzione, 
deve provare che l'anormalit� sia dipesa da fortuito, o da colpa esclusiva 
del danneggiato o di un terzo, o che, comunque, non possa esserle 
imputata. 

Il concetto di anormalit� del servizio si concreta in un fatto che 
costituisce una deviazione rispetto all'ordinato e regolare svolgimento 
del servizio stesso. E il fatto, pur essendo ricollegabile a cause varie, 
quali lo stato del materiale, il funzionamento dei mezzi adoperati e 
l'attivit� del personale addetto, contraria alle predisposte norme regolamentari 
o alle stesse regole di comune prudenza, ai fini dell'applicazione. 
della disposizione della legge speciale richiamata deve essere 
considerato unicamente nella sua obiettivit�. In tale senso � l'orientamento 
di questo Supremo Collegio, il quale ha avuto occasione di 
ritenere ripetute volte (Cass., 13 maggio 1964, n. 1148; 14 febbraio 
1963, n. 300; 20 giugno 1959, n. 1945), proprio nella materia che qui 
particolarmente interessa, che l'improvvisa apertura dello sportello di 
un treno in. movimento cost~tuisce di per s� anormalit� del servizio, 
riconducibile al comportamento antigiuridico dell'Amministrazione ferroviaria, 
rientrando nella norma che le vetture ferroviarie destinate 
al trasporto di persone durante il viaggio abbiano gli sportelli chiusi. 

Una volta, quindi, accertato l'evento anzidetto, nella sua concreta 
obiettivit�, il viaggiatore ha diritto di essere risarcito del danno subito, 

quello che durante il viaggio le vetture ferroviarie abbiano gli sportelli 
chiusi. 

Che corrisponda all'id quod plerumque accid�t che le vetture ferroviarie 
durante il viaggio abbiano gli sportelli chiusi � indubbiamente e 
fortunatamente vero. Ma ci� non significa affatto che l'apertura dello sportello, 
durante la marcia, debba o possa senz'altro essere riferita ad una 
anormalit� _, in senso giuridico -verificatasi nell'esercizio ferroviario. 
Infatti 'l'apertura dello sportello da un lato non presuppone necessariamente 
che lo sportello stesso non fosse chiuso all'atto della partenza del 
treno, n� presuppone che si sia aperto per un difetto del materiale o per 
carenza dell'attivit� del personale, cio� per fatto inerente al servizio; d'altro 
lato dire che � anormale -in senso atecnico -che durante il viaggio le 
vetture ferroviarie non abbiano gli sportelli chiusi, non postula affatto che 
ci� che appare abnorme sia conseguenza di una anormalit� verificatasi nell'esercizio 
ferroviario. Per poter affermare una siffatta anormalit� -in 
senso tecnico giuridico -� necessario dimostrare appunto la dipendenza 
di quel fatto anormale o, pi� esattamente, inconsueto o non frequente, da 
un fatto anormale verificatosi nell'esercizio ferroviario: cio� occorre dimostrare 
il fatto specifico, inerente al materiale mobile o all'attivit� degli 
agenti ferroviari, nel quale consisterebbe l'anormalit� del servizio ferroviario, 
ed il nesso di causalit� tra detto fatto e il fatto inconsueto, causativo 
del danno (in tale senso cfr. Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1958, n. 408, 
Foro it., 1958, I, 445). Altrimenti si confonde tra semplice anormalit� del 


J 

836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

senza necessit� di individuare e provare la causa specifica che ha dato 
luogo all'anormalit� del servizio, sussistendo in suo favore la presunzione 
di colpa stabilita a carico dell'Amministrazione. 

Ove, infatti, si dovesse richiedere la prova che l'apertura dello 
sportello � avvenuta per difetto di costruzione o di manutenzione o del 
funzionamento del meccanismo di chiusura, oppure per negligenza del 
personale, si addosserebbe al danneggiato, contro il disposto della legge, 
l'onere di dimostrare che l'anormalit� del servizio -e, quindi, per la 
connessione esistente tra le due circostanze, anche l'evento dannoso � 
dipesa da causa imputabile alla Amministrazione e resterebbe del 
tutto inoperante la presunzione che grava su quest'ultima. 

Il giudice di appello si � uniformato a tali principi ed ha poi ritenuto, 
quanto al punto sub b, che l'Amministrazione non aveva dato la 
prova liberatoria, poich� i testimoni sentiti, pur avendo affermato che 
lo sportello era chiuso, non avevano precisato se tale loro convincimento 
derivasse dal fatto che il congegno di chiusura fosse funzionante 
e fosse regolarmente scattato, oppure dalla mera constatazione che il 
battente fosse soltanto accostato. Ha anche aggiunto, con riguardo a 
una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, che 1'Amministrazione 
non aveva dimostrato che il personale di scorta, prima della 
partenza del treno, avesse verificato la chiusura degli sportelli. 

Ora, la valutazione delle prove da parte del giudice di ~erito � 

incensurabile in sede di legittimit� qualora le ragioni enunciate nella 

motivazione della sentenza siano immuni da contraddizione o da vizi 

fatto, intesa come improbabilit� del suo verificarsi, assolutamente irrile


vante, e l'anormalit� del servizio ferroviario, giuridicamente intesa come 

deviazione dalle norme che regolano il servizio stesso, sulla quale � fon


data la responsabilit� dell'Amministrazione ferroviaria; e si finisce per 

addossare all'Amministrazione stessa la responsabilit� per ogni accidenta


lit� del trasporto, obliterando completamente la diversa portata e il diverso 

regime della responsabilit� dell'Amministrazione ferroviaria rispetto a 

quella del comune vettore (art. 1681 c. c.), esattamente ribadita da ultimo 

da Cass., 18 maggio 1966, n. 1279 (in questa Rassegna 1967, I, 67) e ponendo 

a carico dell'Amministrazione ferroviaria la stessa presunzione di colpa che 

grava a carico del vettore comune. 

Nel caso � poi da rilevare come ad escludere l'anormalit� del servizio 

non sia bastata la prova fornita dall'Amministrazione, che lo sportello era 

chiuso, e ci� in base al rilievo che i testi non avevano precisato se tale loro 

convincimento derivasse dal fatto, che il congegno di chiusura fosse fun


zionante e fosse regolarmente scattato, oppure dalla mera constatazione 

che il battente fosse soltanto accostato. In tale modo non solo si sovverte 

l'onere della prova, ma si pretende dall'Amministrazione una prova tal


mente rigorosa e fuori da ogni concreta possibilit�, che si risolve nel porre 

a carico dell'Amministrazione stessa una vera e propria responsabilit� 

oggettiva. 

A. FRENI 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

logici e denotino che tutti gli elementi rilevanti e utili ai fini della 
decisione della controversia siano stati esaminati, sia pure per implicito, 
a nulla rilevando che l'interpretazione di tali elementi, come � 
avvenuto nella specie, sia stata difforme da quella sostenuta dalla 
parte. 

Il ricorso deve essere pertanto rigettato con le conseguenze di 
legge quanto alle spese. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 agosto 1967, n. 2088 -Pres. Rossano 
-Est. Leone -P. M. Chir� (parz. diff.) -Occhiodoro (avv. Ughi) 

c. Ministero Difesa-Esercito (Avv. Stato Carafa). 
Sentenza -Sentenza non definitiva -Riserva di provvedere su una 
domanda -Effetto preclusivo dell'esame dell'ammissibilit� in rito 
della domanda stessa -Esclusione. 

(c. p. c., artt. 277, 279). 
Procedimento civile -Domanda riconvenzionale -Domanda riconvenzionale 
tardiva -Preclusione -Necessit� dell'eccezione di tardivit� 
-Sussiste -Accettazione del contraddittorio da parte del convenuto 
-Esclusione della preclusione ed obbligo del Giudice di prendere 
in esame la domanda -Sussistono. 

(c. p. c., artt. 36, 167, comma primo). 
Propriet� -Modi di acquisto della propriet� -Accessione -Qualit� di 
terzo dell'esecutore dell'opera sul fondo altrui -Nozione -Applicazione 
anche ai casi di contratto dichiarato nullo od inefficace Sussiste. 


(c. c., art. 936). 
Propriet� -Accessione -Opera accedente al fondo alieno e migliorie Differenza 
-Coincidenza in una determinata costruzione dei caratteri 
dell'opera accedente e della miglioria -Applicabilit� delle 
norme sull'accessione -Sussiste, ove ricorra il presupposto della 
qualit� di terzo dell'autore della costruzione -Migliorie, che, pur 
eseguite da terzo, non abbiano.anche i caratteri delle accessioni ex 
art. 936 c. c. -Questione di indennizzabilit� -Inquadramento concettuale 
(teoria delle restituzioni) -Indennizzo. 

(c. c., art. 936, artt. 201, 748, 749, 985, 1150, 1502, 1592, 1633, 1651, 2864, arg. 
artt. 1443, 146.3, 1493, 1526, 2033). 
Obbligazioni e contratti -Rapporti contrattuali di fatto -Nozione Applicabilit� 
con riferimento ad un contratto obbligatorio invalido 


J 

838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di attribuzione del godimento di un immobile ed alla sua attuazione 
�medio tempore�. 

(c. c., artt. 2028, 2126, 2295, 2297, 2317). 
Demanio e patrimonio -Concessione per sfruttamento agricolo di 
terreni facenti parte di una tenuta militare -Inefficacia della concessione 
-Opere stabili di miglioria eseguite � medio tempore� 
dal concessionario -Applicabilit� della disciplina delle accessioni Sussiste. 


(d. Ig. lgt. 5 ottobre 1944, n. 249, art. 4; c. c., art. 936). 
Se � vero che la p1�onuncia di merito su una domanda giudiziale 
presuppon� necessariamente risolte le questioni relative all'ammissibilit� 
in rito della domanda stessa, eguale effetto preclusivo non pu� 
attribuirsi alla semplice riserva di provvedere, per la quale non sussiste 
la relazione di necessit� logica e tecnica di risoluzione implicita 
della questione preliminare, di rito, circa l'ammissibilit� della domanda 
(1). 

La preclusione della domanda riconvenzionale tardiva, cio� non 
proposta con la comparsa di risposta o nella prima udienza di trattazione, 
non � stabilita a pena di nuUit�, ma nell'esclusivo interesse 
dell'altra. parte, epper�, se questa, anzich� opporsi al tardivo ampliamento 
della materia del contendere, abbia accettato il contraddittorio 
in ordine alla domanda riconvenzionale, esaminandone il merito, il 
giudice � tenuto a pronunziare anche su quella domanda (2). 

Ai fini dell'applicazione della disciplina sull'accessione, di cui al


l'art. 936 c. c., la qualit� di te1�zo va attribuita a chi abbia eseguito le 

opere senza titolo, il che si verifica anche allorquando l'opera sia stata 

eseguita in esecuzione di un contratto dichiarato nullo od inefficace (3). 

(1) Ed invero -avverte la sentenza in rassegna -la �riserva, in mancanza 
di qualsiasi precisazione, investe il complesso delle questioni concernenti 
la domanda, sia di rito che di merito. Sul potere discrezi'Onale del 
giudice, di limitare la pronuncia ad una parte soltanto del thema decidendum, 
v. Cass., 10 maggio 1966, n. 1195, Giust. civ., Mass., 1966, 683, sub 3. 
Ove la questione fosse stata, invece, decisa, non sarebbe consentito al giudice, 
in sede di sentenza definitiva, di riprenderla in esame, essendosi al 
riguardo formata una preclusione: Cass., 28 marzo 1966, n. 814, Giust. civ., 
Mass., 1966, 464, sub 3. 
(2) Conf. Cass., 4 maggio 1962, n. 870, Giust. civ., Mass., 1962, 431, sub 1, 
ed ivi nota di ulteriori riferimenti; 29 luglio 1959, n. 2436, Foro pad., 1960, 
I, 33. 
(3) Conf. Cass., 4 luglio 1966, n. 1724, Giust civ., Mass., 1966, 983, sub 
2, ed ivi nota di riferimenti di d'Ottrina e giurisprudenza, cui adde Cass., 
Sez. Un., 9 dicembre 1960, n. 3214, Foro pad., 1961, I, 270. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Mentre costituiscono migliorie le opere dell'uomo eseguite su un 
fondo per accrescerne stabilmente la produttivit� e, quindi, il valore, 
la nozione di accessione, ai sensi dell'art. 936 c. c., � ristretta ad 
entit� materiali che siano state incorporate nel suolo altrui e siano 
quindi attmtte nella p1�opriet� del fondo, a cui accedono, senza diretta 
considerazione che esse siano o meno rivolte a causarne un incremento 
produttivo e tale incremento abbiano in effetti determinato. Le due 
nozioni, di miglioria e di opera accedente al fondo, concettualmente 
diverse, possono coincidere in una determinata costruzione ed in tal 
caso � possibile che a questa (in quanto possa considerarsi eseguita 
senza titolo) si appli�hino le norme sull'accessione, mentre per 
quelle migliorie, che, pur apportate ad un fondo da chi deve considerarsi 
terzo (in conseguenza dell'accertata nullit� del contratto in vista 
del quale esse furono _eseguite), non rivestano anche le caratteristiche 
delle accessioni a sensi dell'art. 936 c. c., la questione della loro indennizzabilit� 
ed in quale misura, al di fuori degli schemi contrattuali e 
di quelli dell'accessione, potrebbe porsi nell'ambito della teoria delle 
restituzioni (4). 

Nella nozione di contratto di fatto si comprendono alcuni rapporti 
(societ� di fatto, lavoro subordinato di fatto, gestione di fatto), svoltisi 
come se costituiti su base negoziale, ma che tale fonte non hanno, per 
non essere state osservate norme vigenti, relative al concorso di elementi 
determinanti, richiesti a pena di nullit�: in tali casi, il contratto regolare 
non si perfeziona, ma l'ordinamento intende salvare determinate situazioni 
costituitesi in conseguenza dello svolgimento di fatto del rapporto 
e stabilisce, caso per caso, con apposite norme, che, sulla base della 
specifica attivit� svolta, nasca un'obbligazione di contenuto analogo a 
quello dell'obbligazione ex contractu. Una norma del genere manca pe1� 
l'ipotesi di esecuzione medio tempore di un contratto obbligatorio, invalido, 
di attribuzione del godimento di un immobile, epper�, in tal 
caso, non � pertinente il richiamo alla nozione di contratto di fatto (5). 

Dichiarato nullo un negozio di concessione in godimento di parte 

di una tenuta militare, nella quale il concessionario abbia eseguito, 

medio tempore, opere di miglioria, a tali opere, che presentino i carat


(4) Sul concetto di migliorie o miglioramenti v. MESSINEO, Manuale di 
diritto civite e commerciale, I, Milano, 1952, 430 e seg. Su quello di restituzioni, 
m., op. cit., II, p. 2�, Milano, 1952, 531 e seg. 
(5) Sulla nozione dei rapporti contrattuali di fatto v. gi� Cass., 8 aprile 
1961, n. 751, Giust. civ., Mass., 1961, 315, sub 3, ed ivi nota di riferimenti; in 
dottrina, v. MEssrnEo, Contratto irregolare (di fatto), in Enciclopedia del 
diritto, vol. X, Milano, 1962, 111 e segg., che, anche al di fuori dell'ambito 
contrattuale, esemplifica rapporti di fatto, qualificati praeter legem (art. 113, 
arg. ex art. 158 e.e.). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

teri delle accessioni previste nell'art. 936 c. c., � applicabile la disci-� 
plina giuridica stabilita in detto articolo (6). 

(Omissis). -I due ricorsi relativi alla medesima sentenza debbono 
essere riuniti, per essere decisi congiuntamente. 
Col primo motivo del ricorso Cesare Occhiodoro denunzia violazione 
degli artt. 167, 183 c. p. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, 

c. p. c., per falsa applicazione, con motivazione difettosa ed extrapetizione, 
di principi e norme sul giudicato. Tali vizi sarebbero riscontrabili 
nella sentenza non definitiva del 1961, che ha ritenuto preclusa 
ogni questione circa l'ammissibilit� della domanda riconvenzionale 
proposta dall'Amministrazione, per avere il Tribunale, nella sentenza 
non definitiva, fatto riserva di provvedere anche in ordine alla detta 
domanda, dopo l'assunzione dei necessari mezzi istruttori. 
Il ricorrente contesta che con tale pronunzia il Tribunale abbia 
implicitamente dichiarato ammissibile in rito la domanda riconvenzionale 
-dallo stesso Tribunale, con la sentenza definitiva, dichiarata 
inammissibile perch� proposta tardivamente -e censura la sentenza 
di appello, che ci� ha ritenuto, osservando che rinviare l'esame delle 
domande proposte dalle parti, in attesa di aquisire altri elementi di 
valutazione, significa rimettere al futuro ogni decisione, sia di rito che 
di merito, in ordine alle domande stesse, senza pregiudizio di sorta. 

La censura coglie un evidente errore di motivazione della sentenza 
impugnata (quella non definitiva), che per� pu� essere corretta, 
ai sensi dell'art. 384, 2� comma, c. p. c., dato che sul punto dell'ammissibilit� 
della domanda riconvenzionale il dispositivo � conforme a 
diritto. 

Se la pronunzia di merito su una domanda presuppone necessariamente 
risolte le questioni relative all'ammissibilit� in rito della domanda 
stessa, eguale effetto preclusivo non si pu� attribuire alla semplice 
riserva di provvedere, per la quale non sussiste la relazione di 
necessit� logica e tecnica di risoluzione implicita della questione preliminare 
di rito, circa l'ammissibilit� della domanda, potendo la riserva 

(6) Il problema dell'applicabilit� dell'art. 936 c. c. alla P. A. � stato gi� 
risolto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in senso negativo, pel 
caso in cui sia la P. A. a costruire l'opera sul fondo altrui: Cass., 23 marzo 
1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381, sub 2 (382), con nota di 
MAND�; 7 ottobre 1954, n. 3386, Foro it., Mass., 1954, 682. Pel caso inverso, 
di cui costituisce esempio quello di cui alla sentenza in rassegna, giova 
osservare, in linea generale, che l'inapplicabilit� di quella disciplina, non 
solo quando trattisi di beni demaniali, ma anche patrimoniali indisponibili, 
deriva, a non parlar d'altro, dalla indiscutibile esigenza del rispetto della P 
destinazione pubblica del bene, che non pu� patire limitazioni, remore o 
. 
' 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 841 

riferirsi al complesso delle questioni concernenti la domanda, sia di 
rito che di merito, dovendo anzi ci� ritenersi, in mancanza di una qualsiasi 
spiegazione sul punto dell'ammissibilit� o inammissibilit� della 
domanda. 

Ma la censura denunzia un � error in procedendo �, che consente al 
Supremo Collegio accertamenti anche di fatto. 

Nell'esercizio di questo potere, la Corte rileva che, proposta dall'Amministrazione 
la domanda riconvenzionale, l'Occhiodoro, nelle deduzioni 
scritte del 20 novembre 1949, la contrast� nel merito punto per 
punto, senza minimamente eccepire in ordine alla tempestivit� della 
proposizione. Anche nelle successive deduzioni scritte dell'll gennaio 
1951 Occhiodoro esamin� il merito della domanda riconvenzionale 
e, se introdusse tale esame col periodo � Il Ministero convenuto 
ha -dopo la prima udienza istruttoria -specificato le partite �, 
non trasse dall'inciso alcuna eccezione specifica circa l'ammissibilit� 
in rito. della domanda del convenuto. Perfino nelle conclusioni scritte 
del 29 marzo 1951 l'attore chiese che venissero respinte le domande 
del Ministero, senza affatto rilevarne la tardivit� della proposizione. 

L'eccezione di decadenza fu proposta solo con la comparsa del 
17 novembre 1958, dopo che, con sentenza non definitiva, il Tribunale 
aveva fissato l'inquadramento giuridico della fattispecie e determinato, 
in relazione ad esso, gli accertamenti istruttori necessari. 

Ora, � principio giurisprudenziale costante e di chiara ragione 

giuridica che, pur essendo precluso al convenuto, che non abbia pro


posto la domanda riconvenzionale con la comparsa di risposta o nella 

prima udienza di trattazione, di proporla successivamente, tuttavia la 

preclusione non � stabilita a pena di nullit�. Pertanto, se l'altra parte, 

nel cui esclusivo interesse essa � disposta, non l'abbia eccepita e, 

anzich� opporsi al tardivo ampliamento della materia del contendere, 

abbia accettato il contraddittorio in ordine alla domanda riconven


zionale, esaminandone ilmerito, il giudice � tenuto a pronunziare anche 

su quella domanda (Cass., 4 maggio 1962, n. 870). 

Poich� � indubbio, da quanto esposto innanzi, che Occhiodoro ha 

accettato il contraddittorio sulla domanda riconvenzionale, con ci� egli 

intrusioni di sorta e tanto meno pu� essere condizionata a schemi di com


portamento ipotizzati da norme privatistiche, com'� confermato, peraltro, 

dagli stessi artt. 823, cpv., e 828, cpv., c. c. 

Con riferimento al caso di specie e per l'esatta qualificazione del 

rapporto, da ricondurre nell'ambito della concessione, pare decisivo consi


derare la natura dell'immobile, senza omettere di avvertire, in proposito, 

che, ove si fosse trattato di bene meramente patrimoniale, non sarebbe stata 

neppure possibile la sua utilizzazione da parte dell'Amm.ne Militare, invece 

che da parte dell'Amm.ne Finanziaria (cfr. ZANOBINI, Corso di diritto am


ministrativo, IV, Milano, 1958, 163). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ha tacitamente rinunziato ad opporre la preclusione a suo favore ed ha 
reso ammissibile la domanda riconvenzionale tardiva. 
Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazione dell'art. 936 

c. c. e falsa applicazione dell'art. 2041 c. c., nonch� violazione del 
principio della � res iudicata � e vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 
360, nn. 3 e 5, c. p. c., ed osserva che, a causa della dichiarata nullit� 
del contratto per il periodo precedente al 19 dicembre 1945, esso 
Occhiodoro era detentore senza titolo del terreno e, pertanto, in ordine 
alle migliorie apportate ai fondi, doveva trovare applicazione l'articolo 
936 c. c., che, anche secondo la giurisprudenza di questo Supremo 
Collegio, contempla, fra altre, l'ipotesi di opere fatte da un terzo con 
materiali propri su suolo altrui, detenuto in base ad un titolo radicalmente 
nullo � ab origine �. 
L'applicabilit� della disciplina delle accessioni comporta l'esclusione 
dell'azione sussidiaria di arricchimento senza causa, erroneamente 
applicata alla fattispecie dalla Corte di appello. 

La censura � fondata. 

La Corte d'appello ha deciso, nella dichhiarata prospettiva che non 
si dovesse attribuire all'Occhiodoro, a causa della nullit� del contratto 
e per il periodo di occupazione senza titolo, un indennizzo maggiore di 
quello, che egli avrebbe potuto percepire, per le migliorie apportate, 
in virt� di contratto valido. 

Tale pretesa ragione di equit�, che peraltro trascura aspetti sa


lienti della disciplina delle migliorie del locatario, rispetto alla disci


plina delle accessioni del detentore, e non considera, in particolare, 

il diritto che ha il locatore di far propri i frutti, che, aumentati per 

effetto dell'accresciuta produttivit� conseguente alle migliorie, possono 

ripagarlo in tutto o in parte della spesa per esse sostenuta, non pu�, 

in ogni caso, indurre l'interprete a disapplicare norme e principi, che 

in modo diretto e specifico regolano la concreta fattispecie. 

Ci� premesso, deve osservarsi che costituisce � ius receptum � nella 

giurisprudenza di questo Supremo Collegio il principio che il disposto 

dell'art. 936 c. c. trova applicazione anche quando il detentore del 

fondo, che ha eseguito le accessioni, sia privo di titolo, che lo abiliti a 

farlo, perch� il contratto, che tale funzione doveva esplicare, � stato 

dichiarato nullo o inefficace (Cass., 9 dicembre 1960, n. 3214; 4 luglio 

1966, n. 1724). 

Nelle decisioni ora richiamate � stato messo in evidenza che l'ac


cessione dev'essere opera di un �terzo � e solo per definire tale sog


getto esse hanno fatto riferimento al possessore o detentore, che non 

sia legato al proprietario del fondo da vincolo negoziale, anche in con


seguenza di nullit� o annullamento del contratto. 

In parte travisando l'essenza del detto criterio di applicazione dello 
art. 936 c. c., la Corte di merito, nella sentenza impugnata, ha messo 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 843 

in risalto, invece, l'esigenza che � manchi un titolo in base al quale 
si possa stabilire se la costruzione eseguita sia o meno lecita � : ha 
ritenuto, cio�, che presupposto dell'applicazione della norma sia l'impossibilit� 
di qualificare la costruzione come lecita o illecita; dal che, 
poi, con ulteriore salto logico, � pervenuta ad affermare che l'art. 936 
� inapplicabile anche quando l'opera costruita dal terzo sia ritenuta 
lecita dal proprietario del fondo, cui accede, con valutazione discrezionale 
� a posteriori � : la Corte d'appello, infatti, ha escluso l'applicabilit� 
della disciplina dell'accessione, perch� � 1'Amministrazione implicitamente 
ma univocamente ha considerato come lecita la precedente 
attivit� di godimento svolta di fatto dall'Occhiodoro, in base 
al contratto, per il periodo anteriore �. 

Tale interpretazione della norma in esame � erronea: in base 
ad essa, la sussistenza del diritto del terzo all'indennizzo non sarebbe 
effetto � ex lege � dell'espansione del diritto di propriet� sul fondo alle 
opere fatte dal terzo sul fondo medesimo, ma dipenderebbe dalla considerazione 
di liceit� o illiceit�, che il proprietario del fondo attribuisca 
-fuori di ogni valido rapporto negoziale -all'opera accedente. 

Dev'essere, invece, ribadito che �terzo ., nel significato dell'art. 936 

c. c., � chi non ha contratto col proprietario dell'immobile un rapporto, 
che lo abiliti all'esecuzione delle opere: con il che si manifesta priva 
di rilievo la circostanza che, successivamente alla dichiarazione di 
nullit� del contratto di concessione in godimento del fondo, il proprietario 
di questo abbia mostrato di ritenere lecito il godimento di fatto 
esercitato dal concessionario e lecite le opere da questi costruite sul 
Eondo. 
La ragione addotta dalla Corte di merito per negare applicazione 
riella specie all'art. 936 c. c. non � dunque valida. 

L'Amministrazione resistente ripropone, a base di tale negazione, 
ll richiamo alla teoria dei rapporti contrattuali di fatto, che darebbe 
~Ila disciplina del rapporto � de quo � una base negoziale sia pure 
~ncompleta e lo sottrarrebbe all'applicazione delle norme sull'ac~
essione. 

Ma la costruzione, gi� disattesa dalla Corte di appello, non appare 

~onforme al diritto obiettivo. 

Nella nozione di contratti di fatto si comprendono alcuni rapporti 

(societ� di fatto, lavoro subordinato di fatto, gestione di fatto), svoltisi 

~ome se costituiti su base negoziale, ma che tale fonte non hanno, 

;ier non essere state osservate norme cogenti, relative al concorso di 

~lementi determinati, richiesti a pena di nullit�; in tali casi, il contratto 

~egolare non si costituisce, ma l'ordinamento intende salvare deter


ninate situazioni costituitesi per effetto del rapporto svoltosi di fatto 

~ stabilisce che, sulla base della specifica attivit� tenuta nell'ambito 

.2 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di un rapporto di fatto adeguantesi a quello giuridico, nasca una corrispondente 
obbligazione. 

Questa, pertanto, deriva da fatto idoneo a produrla in conformit� 
dell'ordinamento giuridico (come si esprime l'art. 1173 c. c., ult. ipot.), 
non da contratto: e quindi si determina l'esigenza di stabilire, caso per 
caso, se nell'ordinamento si ritrovi una norma, che stabilisca, in relazione 
alla concreta attivit� svolta, il costituirsi di un'obbligazione con 
contenuto analogo a quello dell'obbligazione � ex contractu �. 

Ma, allo stato della nostra legislazione positiva, non sussiste una 
disciplina uniforme di una categoria generale di contratti di fatto, 
parallela a quella dei contratti regolari o di diritto. 

In particolare, con riferimento alla nullit� di un contratto obbligatorio, 
di attribuzione del godimento di un immobile, attuato � medio 
tempore ., la legge nulla dispone -salvi i principi sulle restituzioni -� 
e, pertanto, in relazione alle situazioni di fatto cosi costituite, il richiamo 
alla nozione di contratto di fatto � privo di rilievo, quanto alla produzione 
di un complesso di effetti pi� o meno analoghi a quelli propri 
del contratto di locazione, che escluda l'applicazione delle norme sulle 
accessioni. 

Tali norme trovano, invece, diretta applicazione alla fattispecie, 
avendo esse carattere generale e considerando le opere accedenti, quale 
che sia lo scopo per il quale dal costruttore sono state poste in essere 
sul fondo altrui. 

� il caso, peraltro, di precisare, ad evitare arbitrarie illazioni da 
quanto ora detto, che questo Supremo Collegio, nell'affermare l'applicabilit� 
dell'art. 936 c. c. alla fattispecie, non condivide affatto l'opinione 
del ricorrente, che con tale mezzo siano indennizzabili � le migliorie 
� , in quanto tali. 

Infatti, mentre costituiscono migliorie le opere dell'uomo, eseguite 
su un fondo per accrescerne stabilmente la produttivit� e quindi il 
valore, la nozione di accessione, ai sensi dell'art. 936 c. c., � ristretta 
ad entit� materiali, che siano state incorporate nel suolo altrui e siano 
'quindi attratte nella propriet� del fondo, cui accedono, senza diretta 
considerazione che esse siano o meno rivolte a causare un incremento 
produttivo del fondo e tale incremento abbiano in effetti determinato. 

Le due nozioni, di miglioria e di opera accedente al fondo, concettualmente 
diverse, possono coincidere in una determinata costruzione, 
che abbia i requisiti dell'una e dell'altra: ed in tal caso alle migliorie 
si possono applicare, come s'� detto, le norme sulla accessione. 

Ma le due nozioni possono anche divergere, nelle concrete fattispecie: 
possono, cio�, esservi migliorie, che non costituiscono accessioni 
ai sensi dell'art. 936 c. c. 

Per tali ultime migliorie si sarebbe potuta porre la questione, se 
ed in quali limiti esse siano indennizzabili, fuori degli schemi contrat



J 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

;uali e fuori degli schemi dell'accessione, in conseguenza dell'accer;
ata nullit� del contratto, in vista del quale le migliorie stesse siano 
:tate eseguite (teoria delle restituzioni). 

Ma, stanti i limiti dei mezzi di annullamento proposti, una siffatta 
ndagine appare ultronea. 

La disciplina giuridica della fattispecie, cosi identificata, diversa 
la quella ritenuta applicabile dalla Corte di appello, centrata sull'ar'
icchimento senza causa, comporta un completo riesame, su schemi 
movi, della materia controversa. 

Di conseguenza, appaiono assorbite le censure mosse col terzo 
nezzo del ricorso principale e relative ai criteri di valutazione dell'ar'
icchimento. Del pari sono assorbite le questioni, cui si riferisce il 
'icorso incidentale, e che sono relative alla pronuncia sulle spese pro:
essuali ed all'esigenza di accertare quali opere siano state eseguite 
1el periodo di occupazione senza titolo, quali nel corso del negozio di 
:oncessione. 

In definitiva, accogliendosi il secondo motivo del ricorso principale, 
:ntrambe le sentenze impugnate debbono essere cassate e la causa 
lev'essere rimessa ad altra Corte d'appello, che, nel riesaminarla, si 
.tterr� al principio, che, dichiarato nullo un negozio di concessione in 
:odimento di una tenuta demaniale, nella quale il concessionario abbia 
:seguito � medio tempore � opere di miglioria, a tali opere, che preentino 
i caratteri delle accessioni previste nell'art. 936 c. c., � appliabile 
la disciplina stabilita in detto articolo. -(Omissis). 

!ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2356 -Pres. 
Scarpello -Est. Pratillo -P. M. Tavolaro (conf.). De Moj� (avv. Nigro) 
c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Foligno) e Comune 
di Polistena (avv. Valensise). 

~spropriazione per p. u. -Dichiarazione di pubblica utilit� disposta per 
legge senza prefissione di termine per il perfezionamento delle 
espropriazioni -Perfezionamento dell'espropriazione dopo la scadenza 
del termine di validit� dell'occupazione temporanea -Legittimit� 
della pronuncia di espropriazione -Sussiste -Sanatoria 

�ex nunc� della occupazione abusiva dell'immobile -Sussiste Fattispecie. 


(1. 25, giugno. 1865, n. 2359, arg. art. 13; I. 12 gennaio 1909, n. 12, art. 3; t. u. 
12 ottobre 1913, n. 1261, artt. 77, 170; t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, artt. 73 167,
18~ � 

.spropriazione per p. u. -Questione di legittimit� della pronuncia 
espropriativa sotto il profilo della sussistenza del potere di espro



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

priazione -Giurisdizione del G.O. -Efficacia �erga omnes� del giudicato 
-Questione di legittimit� della pronuncia espropriativa 
sotto il profilo del retto uso del potere espropriativo riconosciuto 
sussistente -Difetto di giurisdizione del G.O. -Sussiste. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2, 4; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054; art. 26). 
Occupazione -Occupazione temporanea da parte della P. A. d'immobile 
alieno occorrente per la costruzione di opera pubblica -Obbligo 
di procedere all'espropriazione entro il termine stabilito dalla 
legge per l'occupazione temporanea -Sussiste :" Fattispecie. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, 73; 1. 12 gennaio 1909, n. 12, art. 3; t. u. 
12 ottobre 1913, n. 1261, art. 77; t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, artt. 73, 167). 
Quando non sia stato posto un limite alla durata di validit� della 
11-0rma attributiva del potere di espropriazione per p. u. il decorso 
del termine, prefisso dalla legge organica sulle espropriazioni per p. u. 

o da una legge speciale, per la durata dell'occupazione d'urgenza 
preordinata all'espropriazione medesima, non incide sulla sussistenza 
del potere espropriativo, epper� la successiva, intervenuta pronuncia 
di espropriazione fa cessare, dal giorno della sua emanazione, l'illegittimit� 
dell'abusiva detenzione del bene da parte della P. A. (fattispecie 
relativa ad occupazione ed espropriazione di beni immobili per la 
costruzione di baracche da adibire a ricovero di danneggiati dal terremoto-
calabro-siculo del 1908) (1). 
La questione di legittimit� del decreto di espropriazione per p. u. 
sotto il profilo della stessa sussistenza o meno del potere espropriativo 
appartiene alla giurisdizione del G. O. ed il giudicato su di essa formatosi 
(anche implicitamente, col rigetto deLla domanda di restituzione 
dell'immobile) ha efficacia erga omnes, costituendo detta legittimit� 
un fatto obiettivo, in quanto lo stesso provvedimento amministrativo 
non pu� essere ora legittimo, ora illegittimo, rispetto all'identico, 
dedotto motivo di illegittimit�. Viceversa, la questione di legittimit� 
in senso stretto del decreto di espropriazione per p. u., ossia sotto il 
profilo dell'uso scorretto o meno del potere di espropriazione, riconosciuto 
sussistente, esula dalla giurisdizione del G. O. (2). 

L'Ente pubblico, il quale occupi temporaneamente un fondo e che, 
decorso il termine stabilito dalla legge per l'occupazione temporanea, 

(1) V., analogamente, in tutti i casi in cui non vi sia stata decadenza 
della dichiarazione di p.u., Cass., Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1986, in questa 
Rassegna, 1967, I, 244, sub 1-2, con nota di GIARDINI; 17 luglio 1965, n. 1591, 
id., 1965, I, 721, sub 1, nonch� in Giur. it., Mass., 1965, 581; Cass., 28 luglio 
1964, n. 2142, in questa Rassegna, 1964, I, 733, sub 1, ed ivi (734) ulteriori 
riferimenti. 
(2) Cfr. Cass., 11 ottobre 1965, n. 2111, Giur. it., Mass., 1965, 776, ed ivi 
nota (1) di riferimenti. 
l 

I 


PARTE I, SEZ. lII, GIURISPRUDENZA CIVILE 847 

non proceda all'espropriazione o non la solleciti, versa per cio stesso 
in mala fede, poich� viola la legge, sottraendosi ad un obbligo da essa 
impostogli (fattispecie relativa ad occupazione ultradecennale di immobile 
per la costruzione di baracche-ricovero per danneggiati dal terremoto 
calabro-siculo del 1908) (3). 

(Omissis). -I due ricorsi proposti contro la stessa sentenza vanno, 
a sensi dell'art. 335 c. p. c., riuniti nel numero unico del ruolo 165 
del 1965, che distingue il ricorso principale. 

Con il primo mezzo di questo il De Moj�, denunciando, in riferimento 
all'art. 360, nn. 1 e 3, c._p. c., la violazione degli artt. 2, 5 della 
legge n. 2248 all. E del 20 marzo 1865, sostiene che la Corte del 
merito avrebbe errato nel declinare la propria giurisdizione circa la 
domanda di pagamento del valore effettivo del fondo illegalmente 
espropriato, poich� nella specie si deduceva il difetto di potere della 
Pubblica Amministrazione ad emettere il decreto espropriativo, a motivo 
dell'avvenuta scadenza del termine, entro il quale il potere stesso poteva 
essere esercitato, dato che tale termine rappresenterebbe un presupposto 
della esistenza del potere d'espropriazione e la sua inosservanza 
non darebbe, quindi, luogo soltanto a cattivo esercizio del potere 
stesso, onde la violazione del diritto soggettivo del privato e non di 
un suo interesse legittimo. 

Il m~zzo � infondato, innanzi tutto perch� sulla legittimit� del 
decreto di espropriazione del fondo, gi� del ricorrente, emesso dal 
Prefetto di Catanzaro il 22 giugno 1926, esiste il giudicato. Invero, 
con la sua citazione notificata il 6 febbraio 1929, il De Moj� chiese, 
tra l'altro, che il Comune di Polistena fosse condannato a restituirgli il 
fondo, del quale aveva il possesso sin dal 1� gennaio 1911, perch� il 
descreto di espropriazione doveva considerarsi illegittimo, essendo stato 
chiesto, quando era scaduto il periodo massimo di occupazione temporanea 
dell'immobile, concesso dall'art. 3 della legge n. 12 del 12 gennaio 
1909 : cio�, quando, a suo avviso,. la Pubblica Amministrazione 

(3) Cfr. Cass., 16 maggio 1962, n. 1105, Giur. it., Mass., 1962, 409, sub d 
(applicazione al fine di negare all'ente pubblico i frutti sino al giorno della 
domanda dallo stesso pretesi ai sensi dell'art. 1148 e.e.). L'importanza della 
massima qui in rassegna sta nell'aver riconosciuto che dall''Occupazione di 
urgenza preordinata alla successiva espropriazione per p. u. scaturisce, nei 
rapporti fra occupante e proprietario del fondo, l'obbligo per il primo di 
� procedere � tempestivamente all'espropriazione e, quindi, logicamente, 
non gi� l'obblig�o di restituire l'immobile (in tal senso, v., invece, Cass., 
17 luglio 1965, n. 1588, in questa Rassegna, 1965, I, 947, sub 3). Tale 
ultimo obbligo, viceversa, � un'autonoma conseguenza della protrazione 
abusiva dell'occupazione ed incombe su qualsiasi detentore senza titolo nei 
confronti del proprietario rivendicante: su tali concetti, v. CARUSI, note, 
in questa Rassegna, 1966, I, 1049, e 1967, I, 106. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aveva perduto il potere di espropriazione. Senonch� il Tribunale dl 
Palmi, con la sua sentenza del 6 maggio 1932, non impugnata, respinse 
la domanda, cos� implicitamente ritenendo la legittimit� del decreto 
di espropriazione. � evidente che, deducendosi nel processo in corso 
l'identica causa di illegittimit� del provvedimento amministrativo dedotta 
innanzi al Tribunale di Palmi, la � res iudicata �, ritenuta dai giudici 
del merito, sulla legittimit� del decreto di espropriazione, perch� 
evidentemente emesso quando la Pubblica Amministrazione aveva ancora 
il potere di espropriare, vale non soltanto per il Comune, che 
fu parte nel giudizio conclusosi con la sentenza suddetta, ma anche 
per il Ministro dei Lavori Pubblici, costituendo detta legittimit� un 
fatto obiettivo efficace � erga omnes ., in quanto lo stesso provvedimento 
amministrativo non pu� essere ora legittimo ora illegittimo 
rispetto all'identico, dedotto motivo di illegittimit�. Comunque � agevole 
dimostrare anche per altra via l'infondatezza del mezzo. 

L'art. 3 della legge n. 12 del 12 gennaio 1909 (art. 167 del t. u. 

n. 1399 del 19 agosto 1917) stabiliva che la durata dell'occupazione 
temporanea di beni immobili necessari per la costruzione di baracche 
(e a tal fine venne occupato il fondo del De Moj�) poteva essere fissata 
in 5 anni e protratta di anno in anno fino a raggiungere il decennio. 
Anzi l'art. 77 del t. u. n. 1261 del 12 ottobre 1913 (art. 73 del t. u. 
n. 1399 del 1917) stabiliva che le occupazioni temporanee dei suoli, sui 
quali sorgevano baracche adibite a ricovero di danneggiati dal terremoto 
del 1908, potevano essere protratte sino al 31 dicembre 1920. 
L'art. 3 della legge n. 12 del 1909, come l'art. 167 del t. u. del 1917, 
faceva, poi, espresso riferimento, quanto alla procedura da seguire, 
agli artt. 71 e segg. della legge n. 2359 del 25 giugno 1865 (modificata 
dalla legge n. 5188 del 18 dicembre 1877). Orbene, mentre si stabiliva 
(art. 170 del t. u. del 1913, art. 188 del t. u. del 1917) che le occupazioni 
temporanee potevano farsi definitive mediante espropriazione per pubblica 
utilit� e con l'eventuale pagamento di un'indennit� suppletiva, 
nessuna norma (ed � significativo che lo stesso ricorrente non l'ha indicata) 
imponeva, con riferimento all'art. 13 della 1. n. 2359 del 1865, 
un termine entro il quale l'espropriazione dovesse avvenire: in particolare, 
che dovesse avvenire, come sostiene il De Moj�, prima della 
scadenza del termine dell'occupazione temporanea. 

Ci� precisato, e in considerazione dell'espresso riferimento, gi� 
segnalato, che le disposizioni di legge emanate in conseguenza del 
terremoto del 28 dicembre 1908 fanno alla legge fondamentale sulle 
espropriazioni per pubblica utilit� e, pi� specificatamente, agli artt. 71 
e segg., relativi alle occupazioni temporanee, si deve indurre che valgono, 
per il caso che ne occupa, gli stessi principi ripetutamente affermati 
in materia da questo Supremo Collegio, quando non sia stato 
posto un limite alla durata di validit� della norma attributiva del 


PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 849 

potere di espropriazione. Vale a dire che, decorso il termine di occupazione 
temporanea dell'immobile (nella specie: un decennio o, al 
massimo, il 31 dicembre 1920) senza che sia stata pronunziata l'espropriazione 
per pubblica utilit�, si deve considerare illegittima l'ulteriore 
detenzione del bene da parte della Pubblica Amministrazione. Ma, 
qualora il decreto di espropriazione sopravvenga -sia pure decorso 
quel termine e finanche dopo la proposizione della domanda di restituzione 
del bene occupato o del risarcimento del danno, tuttavia in 
pendenza del giudizio -l'illegittimit� dell'ulteriore abusiva detenzione 
del bene da parte della Pubblica Amministrazione viene a cessare, 
poich� dal giorno di emanazione del decreto di espropriazione 
si verifica il legittimo trapasso del bene all'occupante, regolarizzandosi 
cosi l'attivit� amministrativa. Soltanto che, in tale ipotesi, al proprietario 
del bene espropriato spettano: 1) l'indennit� per l'occupazione 
temporanea legittima; 2) la indennit� di espropriazione nella 
misura stabilita dal relativo decreto o, in caso d'opposizione, in quella 
determinata dagli organi competenti (nella specie, dal Collegio arbitrale, 
che decise sul valore v�nale del fondo del De Moj� con pronuncia 
dell'll luglio 1911); 3) il risarcimento del danno per il periodo corrente 
dalla scadenza del periodo di legittima occupazione alla data 
di emanazione del decreto ~i espropriazione, nel valore corrispondente 
alla privazione del godimento del bene illegittimamente e irreparabilmente 
subita dall'espropriato (cfr. sent. n. 1591 del 17 luglio 1965). 
Ma, non essendo venuto meno, in tale ipotesi, nella Pubblica Amministrazione 
il potere di espropriare e, pertanto, di incidere sul diritto 
soggettivo del proprietario del fondo occupato, degradandolo a interesse 
legittimo, esattamente la Corte del merito ha ritenuto il proprio 
difetto di giurisdizione a decidere sulla legittimit� del decreto prefettizio 
del 22 giugno 1926, non potendo avere ad oggetto la controversia 
sulla legittimit� di tale decreto di espropriazione che l'eventuale, scorretto 
uso da parte della Pubblica Amministrazione del potere discrezionale 
ad essa conferito dalla legge in materia di espropriazione per 
pubblica utilit�, potere persistente al momento in cui il decreto impugnato 
venne emesso (cfr. Cass., sent. n. 2111 dell'll ottobre 1965). 

Con il secondo mezzo il De Moj� censura la sentenza impugnata 
per violazione, in riferimento all'art. 360, nn. 3, 5, c. pc., dell'art. 2909 

c. c. e sostiene che la Corte del merito ha confermato, con motivazione 
apodittica, la decisione del Tribunale circa la verificatasi preclusione 
delle domande da lui proposte nei confronti del Comune di Polistena 
dirette alla revindica del fondo o al pagamento del valore venale di 
esso, non considerando che le domande proposte innanzi al Tribunale 
di Palmi e decise con la sentenza del 6 maggio 1932 riguardavano la 
permanenza e la validit� dell'occupazione provvisoria del fondo in 
relazione alla scadenza del termine di essa, la restituzione del fondo 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e il pagamento delle indennit�; e che, pertanto, in quel giudizio, non 
vennero in considerazione le domande di pagamento del valore del 
fondo stesso e di accertamento dell'illegittimit� del decreto di espropriazione, 
oggetto del presente giudizio. 

Anche questo mezzo � infondato. La Corte del merito, confrontate 
le domande proposte dal De Moj� innanzi al Tribunale di Palmi e da 
questo respinte, con le attuali, ha ritenuto che esse siano le stesse per 

� petitum � e � causa petendi � e pertanto le ha dichiarato precluse in 
virt� di giudicato. La motivazione che sorregge sul punto la pronuncia 
impugnata � sufficiente e logica e pertanto insindacabile in questa sede, 
anche perch� attiene all'interpretazione di un giudicato esterno. Peraltro, 
posto quanto si � gi� affermato esaminando il primo mezzo, 
e cio� che implicitamente il Tribunale di Palmi dichiar� la legittimit� 
del decreto di espropriazione, � evidente che non pu� farsi differenza 
alcuna tra la richiesta di restituzione del fondo, proposta innanzi al 
Tribunale di Palmi, e l'attuale revindica di esso, mirando sostanzialmente 
l'una e l'altra domanda ad identico risultato sulla base della 
stessa � causa petendi � (illegittimit� del decreto di espropriazione); 
mentre sussidiaria � la domanda di pagamento del valore venale del 
fondo, poich� tale pagamento costituisce il sostitutivo legale della restituzione 
dell'immobile, per il caso che questa sia impossibile. 
Con l'unico motivo di ricorso incidentale il Comune di Polistena 
denuncia, con riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione 
dell'art. 2909 c. c. e afferma che la Corte del merito avrebbe errato 
nel respingere la dedotta preclusione della domanda del De Moj� 
diretta ad ottenere dal Comune il risarcimento dei danni -preclu� 
sione derivante dal giudicato formatosi in base alla sentenza del Tribunale 
di Palmi del 6 maggio 1932 -sulla base di una pretesa differenza 
di � causa petendi � tra l'attuale richiesta di risarcimento per i 
danni derivati da occupazione senza titolo del fondo e quella precedente 
dei danni, da liquidarsi equitativamente, consistenti nell'aver il 
De Moj� �sofferto e sacrificato l'intera sua esistenza, peregrinando 
qua e l�, con sperpero del suo patrimonio, a cagione dello illegittimo 
comportamento della Pubblica Amministrazione �. Inoltre il Comune 
si duole per aver la Corte d'Appello confermato la sua condanna al 
risarcimento dei danni, in quanto non si era preoccupato di chiedere 

o far chiedere la definitiva espropriazione del terreno, senza tuttavia 
motivazione alcuna sull'obbligo del Comune di effettuare detta richiesta 
e sul se vi sia in effetti stata, al riguardo, inerzia da parte del 
Comune stesso. 
Anche questo mezzo � infondato: la prima parte di esso, per le 
identiche ragioni in base alle quali � stato rigettato il secondo mezzo 
del ricorso principale. Invero, la Corte d'appello, raffrontate la vecchia 
e la nuova domanda di risarcimento dei danni proposte dal De Moj�, 


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PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 851 

ha ritenuto che fossero diverse per � causa petendi �, spiegandone, sia 
pure succintamente, ma in modo adeguato e logico, le ragioni, e quindi 
~on motivazione insindacabile in sede di legittimit�. 

Quanto alla seconda censura, altra volta questa Suprema Corte ha 
:iffermato il principio che l'ente pubblico, il quale occupi temporaneamente 
un fondo e che, decorso il termine stabilito dalla legge per la 
)ccupazione temporanea, non proceda all'espropl'iazione o non la solleciti, 
� per ci� stesso in mala fede, perch� viola la legge, sottraendosi 
:i.d un obbligo impostogli (sent. n. 1105 del 16 maggio 1962). Nel caso 
:li specie, poi, la negligenza �del Comune di Polistena � del tutto evi:
lente, dato che aveva il possesso del terreno del De Moj� sin dal 1� gen1aio 
1911, mentre il decreto di espropriazione � sopravvenuto soltanto 
il 22 giugno 1926. 

Entrambi i ricorsi debbono, pertanto, essere rigettati. -(Omissis). 


&Jhdht 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 5 luglio 1967, n. 7 -Pres. Bozzi Est. 
Anelli -Pannuccio (avv. Stoppani) c. Ministeri LL. PP. e 
Turismo e Spettacolo (avv. Stato Bronzini) e Societ� � Matteo a 
mare� (avv. Nigro e Pomarici). 

Espropriazione per p. u. -Termini -Decorrenza dei termini iniziali Mancato 
inizio delle opere e delle espropriazioni -Inefficacia del1a 
dichiarazione di p. u. -Non sussiste. 

L'inosservanza di uno o anche di entrambi i termini iniziali, che ai 
sensi dell'art. 13 i. 25 giugno 1865, n. 2359 devono essere stabiliti nella 
dichiarazione di p. u., � irrilevante ai fini dell'inefficacia della dichia


1 razione stessa (1). 

(1) Come � noto, in base all'art. 13, I comma, della legge n. 2359 del 
1865, l'atto dichiarante la pubblica utilit� deve stabilire quattro termini: 
quello per l'inizio delle espropriazioni, quello per l'inizio dei lavori, quello 
per il compimento delle espropriazioni, quello per il compimento dei avori. 
La Corte di Cassazione (Sez. Un., 26 giugno 1957, n. 2481) gi� da tempo 
ha precisato che l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit�, comminata 
dall'art. 13, ultimo comma, legge n. 2359 del 1865, consegue solo 
all'inutile decorso del termine fissato per l'ultimazione dei lavori. 

Il Consiglio di Stato, Sez. IV (19 ottobre 1966, n. 676, Riv. amm., 1967, 
390) ha ritenuto invece rilevante il rispetto del termine finale per il compimento 
dell'espropriazione. 

Nella decisione in rassegna, l'Adunanza Plenaria si � limitata ad accennare 
al contrasto esistente, oltre che in giurisprudenza anche in dottrina, 
sulla rilevanza, ai fini della perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica 
utilit�, dell'infruttuoso decorso dell'uno o dell'altro dei due termini 
finali, osservando che invece � pacifica l'irrilevanza, ai detti fini, dell'infruttuoso 
decorso dei termini iniziali. Il che � bastato a risolvere il caso di 
specie (in cui era dedotto dal ricorrente l'infruttuoso decorso del tE1rmine 
per l'inizio dei lavori) con il riconoscimento, in conformit� di quel pacifico 
principio, della perdurante efficacia della dichiarazione di pubblica utilit�. 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 11 luglio 1967, n. 8 -Pres. Bozzi Est. 
Tozzi -Melardi (avv. Tirone) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato 
Peronaci) e Soc. coop. edil. Pax et bonum. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Sopravvenuta 
inefficacia ex lege dell'atto impugnato -Non cessa la materia 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

del contendere -Improcedibilit� per sopravvenuto difetto di 

interesse. 

Si ha cessazione della materia del contendere quando l'atto impugnato 
sia stato annullato dalla stessa Amministrazione. Nel caso di 
sopravvenuta inefficacia, ai sensi dell'art. 2 l. 9 febbraio 1963, n. 131, 
di un provvedimento di decadenza di un socio dall'assegnazione di un 
appartamento, non pu� parlarsi di cessazione della materia del contendere, 
ma il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto 
difetto di interesse (1). 

(1) Costituisce esatto precedente in termini la decisione del Cons. St., 
Sez. VI, 20 novembre 1963, Riv. amm., 1964, 481. 
Non si conoscono altri precedenti in cui si sia fatto ricorso al sopravvenuto 
difetto (o sopravvenuta carenza) d'interesse come causa di improcedibilit�. 
N� questa figura risulta trattata dalla dottrina la quale menziona 
un �venir meno dell'interesse�, ma non come causa speciale d'improcedibilit�, 
bensi come generico fondamento della cessazione della materia del 
contendere (cfr. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai 
giudici sottordinati, 1963, 249). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 214 -Pres. Potenza 
-Est. Gasparini -Pansa e altri (avv. Bodda e Menghini) c. 
Ministero LL.PP. (avv. Stato Peronaci) e Comune di Cuneo (avv. 
Guerra). 

Comune -Deliberazione del Consiglio comunale -Consigliere comunale 
interessato -Partecipazione alla discussione -Illegittimit�. 

L'ipotesi di un Consigliere comunale che abbia un proprio interesse 
nell'affare posto all'o1�dine del giorno della deliberazione del Consiglio 
comunale � disciplinata dall'art. 290 del t. u. 4 febbraio 1915, n. 148 e 
non dall'art. 279 del t. u. 3 marzo 1934, n. 383, implicitamente abrogato 
dall'art. 25 della l. 9 giugno 1947, n. 530. Pertanto non � necessario 
che il Consiglie1�e interessato si allontani dall'aula, ma la deliberazione 
consiliare � ugualmente illegittima ove risulti che lo stesso abbia partecipato 
alla discussione, pur astenendosi dal voto (1). 

(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 dicembre 1961, n. 1039, Il Consiglio di 
Stato, 1961, I, 2227; id., Sez. V, 9 maggio 1964, n. 541, ivi, 1964, I, 926. Si 
veda anche GIOVENCO, L'ordinamento comunale, Milano 1960, 162. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 215 -Pres. De Marco 
-Est. Pezzana -Camera di Commercio, industria e agricoltura 
di Cagliari (avv. Piras) c. Ministero P. I. (avv. Stato Casamassima} 
e Prefetto di Cagliari. 

Bellezze naturali -Demanio marittimo sottoposto a vincolo panoramico 
-Costruzioni edilizie eseguite senza l'autorizzazione della 
Sopraintendenza ai monumenti o in difformit� della stessa -Ordine 
di demolizione del Ministro della Marina Mercantile -Legittimit�. 


L'ordine di demolizione e, in genere, i provvedimenti previsti dall'art. 
15 della l. 29 giugno 1939, n. 1497, in relazione ad opere costruite 
su aree del demanio marittimo sottoposte a vincolo panoramico, sono 
legittimamente adottati dal Ministro della Pubblica Istruzione senza 
il previo concerto c9n il Ministro della Marina Mercantile (1). 

(1) L'art. 13 della 1. n. 1497 del 1939 (Protezione delle bellezze naturali) 
stabilisce, al II com.ma, che i provvedimenti di tutela delle bellezze 
naturali, che. riguardano beni compresi nell'.ambito del demanio marittimo, 
devono essere emessi di concerto con il Ministro della Marina Mercantile. 
La decisione in rassegna ha per� affermato che l'espressione � beni 
compresi nell'ambito del demanio marittimo� non possa essere riferita alle 
�opere� poste in essere da privati concessionari sulle aree del demanio 
marittimo. E pertanto ha concluso che i provvedimenti sanzionatori, previsti 
dall'art. 15 della citata legge (ordine di demolizione, ovvero pagamento di 
una indennit�), contro i concessionari demaniali costruttori abusivi siano 
legittimamente emessi dal Ministro della Pubblica Istruzione senza necessit� 
del previo concerto con il Ministro della Marina Mercantile. 

Questa decisione � una riaffermazione dei criteri di rigore nella tutela 
delle bellezze naturali, costantemente adottati dal Consiglio di Stato (si 
veda in proposito S. RosA, 01�ientamenti giurisprudenziali sulla tutela delle 
bellezze naturali, in questa Rassegna, 1965, I, 537). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 220 -Pres. Potenza 
-Est. Sterlicchio -Esposito (avv. Jaccarino) c. Ministero P. I. 
(avv. Stato Vitucci). 

Giustizia amministrativa -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Pronunce 
del Soprintendente ai monumenti (nulla osta o diniego) Sono 
atti impugnabili con ricorso gerarchico al Ministro della. 
Pubblica Is+ruzione. 

Giustizia amministrativa -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ricorso 
giurisdizionale avverso il diniego del nulla osta del So


printendente -Interesse -Sussiste. 


J 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 855 

Giustizia amministrativa -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Nulla 
osta del Soprintendente -Ricorso gerarchico -Provvedimento 
del Ministro della P. I. in riforma del nulla osta -Motivazione 
per relationem -Legittimit�. 

Le pronuncie del Soprintendente ai monumenti in ordine alte 
domande di rilascio deUe autorizzazioni previste dall'art. 7 Z. 29 giugno 
1939, n. 1497 non sono atti emessi nell'ambito di una competenza 
esclusiva del Soprintendente e pertanto sono impugnabili con ricorso 
gerarchico al Ministro della Pubblica Istruzione (1). 

Il diniego del nulla osta da parte del Soprintendente � per s� idoneo 
a ledere la sfera giuridica dell'interessato, in quanto basta da solo 
ad escludere la facolt� di costruire, e pertanto � atto autonomamente 
impugnabile (2). 

La decisione del Ministro deUa Pubblica Istruzione che, in sede 
di ricorso gerarchico avverso il nulla osta del Soprintendente rilasciato 
ai sensi dell'art. 7 l. n. 1497 del 1939, riforma il detto nulla osta 
� congruamente motivata �per relationem � con il richiamo alla relazione 
ispettiva redatta, a seguito di sopraluogo, da un funzionario del 
Ministero. Tale relazione ispettiva � funzionalmente preordinata solo 
all'acquisizione ed esposizione delle obiettive circostanze di luogo e 
risultanze di fatto (3). 

(1) Questione nuova. 
(2) Sull'autonomia fra autorizzazione del Soprintendente e licenza del 
Sindaco, cfr. Cons. St., Sez. VI, 16 novembre 1960, n. 31, Foro amm., 1961, 
I, 440; id., 23 settembre 1961, n. 646, ivi, 1468. 
(3) Sulla motivazione per relationem di un atto amministrativo cfr. 
Cons. St., Sez. VI, 19 ottobre 1960, n. 830, Foro amm., 1961 I, 494 con nota 
redazionale contenente richiami; id., 21 giugno 1961, n. 568, ivi. 1270. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254 -Pres. Potenza Est. 
Tozzi -Prefetto di Napoli (avv. Stato Peronad) e Comune 
di Napoli (avv. Gleijeses) c. Miano Salvatore (avv. Di Rienzo). 

Atto amministrativo -Decisione del Prefetto su ricorso gerarchico 
contro un provvedimento di requisizione di urgenza del Sindaco Definitivit�. 


Atto amministrativo -Atto di proroga e atto di rinnovazione -Differenze. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Requisizione -Provvedimenti in base all'art. 7 legge sul contenzioso 
amministrativo -Rinnovazione -Illegittimit� -Fattispecie. 

La decisione emanata dal Prefetto su ricorso gerarchico proposto 
avverso un provvedimento di requisizione adottato dal Sindaco in base 
aU'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, � atto definitivo (1). 

Con l'atto di proroga la P. A. si limita a prorogare ii termine di 
efficacia di un atto, restringendo ia propria valutazione alla opportunit� 

o meno che ii termine recato nell'atto originario, che deve essere an. 
cora in vita, sia prorogato; pertanto, quando la P. A. debba accertare 
se permanga l'interesse pubblico temporaneo sul quale era fondato 
l'atto originario, e debba accertare per quanto tempo ancora detto 
interesse pubblico possa ritenersi sussistente, non si ha atto di proroga 
bens� atto di rinnovazione, autonomo e distinto rispetto all'atto originario, 
e quindi di per s� impugnabile (2). 

La rinnovazione di un provvedimento, emesso dal Sindaco in base 
all'art. 7 della legge n. 2248, all. E, del 1865, di requisizione di un immobile 
da usare come scuola � illegittima se l'esigenza di provvedere 
ai locali della scuola esisteva da anni e non era quindi imprevedibile 
(3). 

(1) Nello stesso senso Cons. St., Ad. Plen., 2 dicembre 1958, n. 24, Il 
Consiglio di Stato, 1958, I, 1421. L'indirizzo � stato, dopo la citata decisione, 
altre volte riaffermato dal Consiglio di Stato. Cfr., da ultimo, Sez. IV, 10 novembre 
1965, n. 691, Riv. cit., 1965, I,� 1883. In dottrina sul punto si veda 
SANDULLI, Man. dir. amm., 1964, 512; GARGIULO, I provvedimenti d'urgenza, 
1954, 159 e seg. 
Si rammenta che la legge 30 novembre 1950, n. 996 dichiara definitivi 
i provvedimenti di requisizione direttamente adottati dal Prefetto in base 
all'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo. 

(2) Nel testo della decisione in rassegna, il Consiglio di Stato si � soffermato 
anche sull'impugnabilit� dell'atto di proroga e -indipendentemente 
dal caso esaminato -ha affermato che tale atto non � impugnabile 
autonomamente solo se con l'impugnativa si vuole far valere la sua illegittimit� 
derivata, cio� l'illegittimit� dell'atto in parola dipendente dalla 
illegittimit� dell'atto che si vuole prorogare, a suo tempo non impugnato. 
Sulle differenze fra atto di proroga e atto di rinnovazione cfr. Cons. 
Stato, Sez. IV, 1 � aprile 1960, n. 325 e 27 agosto 1960, n. 779, Il Consiglio 
di Stato, 1960, I, 584 e 1490. In dottrina, SANDULLI, Man. cit., 402. 

(3) Sulla natura e sui requisiti essenziali dei provvedimenti basati sul 
pi� volte ricordato art. 7, cfr. GARGIULO, op. cit., 113 e seg. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 279 -Pres. Potenza Est. 
Pezzana -Soc. Finanzedil (avv. Piscione) c. Ministero P. I. 
(avv. Stato Vitucci). 

Demanio -Demanio storico e artistico -Imposizione del vincolo Contrasto 
con precedente nulla osta alla demolizione -Non sussiste. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 857 

austizia amministrativa -Giudiceto -Rinnovazione dell'atto annullato 
-Atti istruttori in precedenza compiuti -Possono essere utilizzati. 


lemanio -Demanio storico e artistico -Imposizione del vincolo Proposte 
della Soprintendenza ai monumenti -Autonoma e non 
conforme valutazione del Ministro -Le~ittimit� del decreto ministeriale 
di imposizione del vincolo. 

n provvedimento di imposizione del vincolo storico su un edificio 
.on � in contrasto con il p1'ecedente nulla osta del Sopraintendente 
i monumenti alla demolizione dell'edificio stesso, se detto nulla osta 
ia stato emesso quando non era ancora scaduto il cinquantennio di 
ui all'ultimo comma dell'art. 1 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, quan.
o cio� l'Amministrazione P. I. non poteva imp01-re alcun vincolo sul'
edificio in parola (1). 

In sede di rinnovazione dell'atto amministrativo, a seguito di 
nnullamento giurisdizionale, l'Amministrazione pu� utilizzare gli atti 
1truttori precedentemente compiuti, salvo che la illegittimit� accertata 
al giudicato investa la fase istruttoria, nel qual caso quest'ultima dovr� 
ssere, a seconda delle situazioni, rinnovata in tutto o in parte (2). 

Il Ministro P. I. deve valutare autonomamente la situazione rispetto 
Ila quale interviene, non essendo egli obbligato a seguire la proposta 
.ella Soprintendenza ai monumenti. 

(1) Sull'applicazione dell'art. 1, 3� comma, della 1. n. 1089 del 1939 si 
�eda Cons. St., 7 luglio 1965, n. 522, Riv. amm., 1966, 220. 
Si veda inoltre GERACI, La tutela del patrimonio d'antichit� e d'arte, 
956, 14. 

(2) Sugli atti istruttori cfr. SANDULLI, Man. dir. amm., 1964, 355 e, dello 
tesso A., Il procedimento amministrativo, Milano, 1959, 167 e seg. 
:ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 299 -Pres. Polistina 
-Est. Laschena -Marletta (avv. Tafuri) c. Ministero Difesa 
(avv. Stato Gentile) e Merlini. 

:ontratti pubblici -Trattativa privata -Atti emessi dalla P. A. nello 
svol~imento della trattativa privata -Sono atti amministrativi. 

austizia amministrativa -Contratti pubblici -Trattativa privata Libert� 
di forme che pu� essere autolimitata dalla P. A. -Procedura' 
di presentazione delle offerte stabilita dalla stessa P. A. 


-~ 1' 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mancata accettazione di un'offerta -Interesse dell'offerente -� 
interesse legittimo. 

Contratti pubblici -Trattativa privata -Obbligo della P. A. di seguire 
un determinato procedimento -Non sussiste se non nei limiti in 
cui la stessa P. A. si autovincola. 

Nel sistema della trattativa privata, a differenza di quelli dell'asta 
pubblica e della licitazione privata articolati in un procedimento formale 
legislativamente previsto, vige la massima libert� di forme; tuttavia 
le dichiarazioni di volont� emesse nel suo svolgimento da un organo 
della P. A. e recanti determinazioni sostanzialmente amministrative 
sono atti amministrativi (1). 

Nella trattativa privata, in caso di mancata accettazione di un'offerta, 
la posizione dell'offerente assume rilevanza di interesse legittimo, qualora 
la P. A. abbia in precedenza determinato una precisa procedura 
per la raccolta delle offerte, con una limitazione del proprio ampio 
potere discrezionale (2). 

Nella trattativa privata, la mancata verbalizzazione delle operazioni 
� irrilevante, trattandosi di materia nella quale vige il principio 
della libert� delle forme; e pertanto l'osservanza di un determinato procedimento 
pu� essere invocata soltanto nei limiti in cui la P. A. si sia 
autovincolata (3). 

(1-3) Sull'argomento della impugnabilit� degli atti emessi da una P. A. 
nello svolgimento di una trattativa privata, e della possibile esistenza, in 
relazione a detti atti, di posizioni giuridiche qualificate (cio�, di interessi 
legittimi) si veda, nello stesso senso della decisione in rassegna, Cons. Stato, 
Ad. Plen., 28 gennaio 1961, n. 3, Giur. it., 1961, III, 241, con nota adesiva di 
GmccIARDI, Trattativa privata e giurisdizione amministrativa. 

Cfr. altres�, per la giurisprudenza anteriore, Relazione Avvocatura Generale, 
1956-1960, III, 98. 

\.. 


. 
: 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

:!ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2324 -Pres. Pece 
-Est. Leone -P. M. Toro (diff.) -Soc. Generale Immobiliare (avv. 
Carbone) c. Ministero Fi~anze (avv. Stato Foligno). 

>anni di guerra -Contributo di ricostruzione -Natura pubblicistica. 

(d. 1. 10 aprile 1947, n. 261 e succ. modif.; 1. 27 dicembre 1953, n. 968). 
mposta di ricchezza mobile -Agevolazioni -Contributo statale per la 
riparazione o ricostruzione di edifici danneggiati o distrutti per 
cause belliche -Esenzione dall'imposta ai sensi dell'art. 90 del 

d. l. n. 261 del 1947 -Limiti -Contributo corrisposto a soggetto 
esercente attivit� speculativa di costruzione o commercio di immobili 
-Computabilit� in sede di ordinario accertamento ai fini della 
determinazione del reddito imponibile del soggetto beneficiario Sussistenza. 
(r. d. 20 settembre 1926, n. 1643, art. 15; 1. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 21; 
d. l. 10 aprile 1947, n. 261, art. 90; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83). 
n contributo statale per la riparazione o ricostruzione degli imiobili 
danneggiati o distrutti per cause belliche, pur presentandosi 
~stanzialmente quale mezzo 'di risarcimento del danno di guerra, � 
'.tttavia specificamente qualificato dalla finalit� di ,carattere pubbli'citico 
di favorire la ricostruzione edilizia, per superiori interessi di poli~
ca sociale ed economica (1). 

(1-2) In tutto conforme � la sentenza n. 2325 di pari data. 

In relazione alla prima massima, espressione di giurisprudenza consodaat, 
cfr. Cass. 23 giugno 1962, n. 1637, citata in motivazione, che pu� 
,ggersi in Giust. civ., 1963, I, 621; Cass. Sez. Un. 12 gennaio 1965, n. 63, 
1 questa Rassegna, 1965, I, 290, ove in nota ulteriori riferimenti. 

Quanto alla questione dei limiti dell'esenzione dei contributi di rico;
ruzione dall'imposta di ricchezza mobile (d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, 
~t. 90, ed ora 1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 66), � da rilevare che alla 
>luzione accolta (seconda massima) la Corte Suprema � pervenuta attraarso 
una completa ed ineccepibile disamina della materia, con l'inquaramento 
delle particolari disposizioni nel sistema generale dei contributi 


J 

860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE.LLO STATO 
n beneficio dell'esenzione dall'imposta di ricchezza mobile, stabilito 
dall'm�t. 90 del d. l. 10 aprile 1947, n. 261, per il contributo statale 
di ricostruzione o riparazione di edifici distrutti o danneggiati per cause 
belliche, si inquadra nel sistema delle agevolazioni gi� previste in via 
generale per i contributi concessi dallo Stato e da altri enti per fini di 
pubblico interesse, e, come per tali altri contributi, il beneficio stesso 
� limitato all'esenzione dall'imposta applicabile per ritenuta o per 
rivalsa, con riguardo al fatto economico deH'erogazione del contributo, 
mentre l'importo di questo resta autonomamente e normalmente valutabile, 
in sede di ordinario accertamento dei redditi di ricchezza mobile 
del beneficia1�io, come cespite produttivamente impiegato e, in particolare, 
come posta attiva, ove il contributo -come nel caso che sia 
concesso a chi eserciti attivit� speculativa di costruzione o commercio 
di immobili costituisca 
concorso neUe spese di produzione (2). 
(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso la Soc. Immobiliare 
denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 90 del d. 1. 10 aprile 
1947, n. 261, nonch� dell'art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, e 
lamenta che la Commissione Centrale abbia ritenuto che il disposto dell'art. 
90 citato non comporti l'esenzione effettiva del contributo dall'imposta 
di R. M., ma ne differisca la tassabilit� al momento dell'imposizione 
sul bilancio. Aggiunge la ricorrente che la limpidezza del 
dettato della norma non consente dubbi interpretativi e che la decisione 
impugnata, nella sua errata interpretazione, ha fatto leva sul 
disposto dell'art. 21 della legge n. 1231 del 1936 riguardante un caso 
completamente diverso; il caso, cio�, di contributi aventi carattere di 
sovvenzioni, mentre l'art. 90 del r. d. n. 261 del 1947 concerne atti 
aventi natura risarcitoria, anticipatori della liquidazione dell'indennizzo 
per i danni di guerra. E conclude rilevando che le norme dell'art. 90, 
disponendo perentoriamente e senza limitazioni o riserve che i contributi 
in questione non sono soggetti all'imposta, li sottrae totalmente 
al tributo, sicch� non trova giustificazione alcuna l'interpretazione restrittiva 
accolta nella decisione impugnata. 
di ogni specie corrisposti dallo Stato o da altri enti per scopi di pubblico 
interesse, per i quali, ai fini dell'esclusione dell'onere d'imposta (per beneficio 
o per delimitazione negativa della materia imponibile) deve sempre 
distinguersi tra il fatto economico dell'erogazione (lei contributi stessi, 
e quello, di autonomo rilievo anch.e dal punto di vista tributario, del successivo 
impiego dei corrispondenti importi in attivit� speculative: rispetto 
alle quali i detti importi debbono sempre normalmente considerarsi quali 
cespiti produttivi e, in particolare, ove costituiscano concorso in spese 
di produzione -come nel caso dei contributi di ricostruzione erogati a '� 
soggetti che esplichino attivit� speculativa di costruzione o commercio di 
immobili -quali componenti attive del bilancio d'impresa. ~ ' 
) 
~ I. 
. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 861 

La censura � priva di giuridico fondamento. 

Questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di stabilire che 
1 contributo statale per la riparazione o ricostruzione degli immobili 
lanneggiati o distrutti per causa bellica, pur presentandosi sostanzialnente 
quale mezzo di risarcimento del danno di guerra, resta tuttavia 
1ualificato specificamente dalla finalit�, di carattere pubblicistico, di 
avorire la ricostruzione degli immobili danneggiati o distrutti, per 

uperiori fini di poli: 'a sociale ed economica (Cass. 23 giugno 1962, 
L 1637 e 12, maggio 1958, n. 1564). 

Di conseguenza, sul piano giuridico, non pu� affermarsi la diffe
�enziazione, sostenuta dalla ricorrente, dei contributi concessi in virt� 
lel d. 1. n. 261 del 1947, da quelli considerati, in via generale, nel'
art. 15 della legge n. 1643 del 1926, che dichiarava esenti dall'imposta 
li R. M. i sussidi, concorsi e contributi pagati dallo Stato ed altri enti 
mbblici, per fini di pubblico interesse, sia ad enti che a privati individui. 

La portata dell'esenzione cos� disposta fu precisata, con intento 

nterpretativo, a mezzo dell'art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, 

tel senso che l'esenzione stessa non esdudeva che il contributo, se rap


1resentava un concorso nelle spese di produzione ed altre passivit� de


lucibili, dovesse essere compreso fra i cespiti attivi ai fini della deter


ninazione del reddito annuo tassabile. 

Il che significa univocamente che, in linea generale, il beneficio 

lell'esenzione dei detti contributi, concessi per fini di pubblico inte


esse, dalla imposta di R. M., era limitato all'esonero dell'imposta da 

,pplicarsi per ritenuta o rivalsa all'atto dell'erogazione del contributo: 

ome appunto fu chiarito con la circolare 28 maggio 1937 del Ministero 

ompetente. 

A sostegno della tesi della societ� ricorrente non giova il rilievo 

he l'art. 90 del d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, stabilisce l'esenzione del 

ontributo di ricostruzione dall'imposta di R. M. e dall'I.G.E. con dispo


izione di carattere assoluto, priva di accenni a limitazioni. 

Le norme giuridiche di nuova produzione si inseriscono nell'or


linamento. preesistente, ricevendone un complesso di determinazioni, 

econdo relazioni di compatibilit�, sia pure in linea di eccezioni a regole 

li� o meno generali, determinazioni che, nei limiti ora detti, debbono 

itenersi considerate dal legislatore come concorrenti a fissare il conte


.uto obiettivo delle nuove norme giuridiche. 

Ora, come si � visto, non esiste una ragione particolare per ritenere 

he si sia voluto disporre un trattamento fiscale di maggior privilegio a 

avare del contributo di ricostruzione, rispetto a quello concesso a tutti 

contributi corrisposti dallo Stato per finalit� di pubblico interesse: e, 

.i conseguenza, le disposizioni di favore fiscale riguardanti i contributi 

.i cui al d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, debbono essere ritenute vincolate 

ll'osservanza dei limiti posti dalle norme precedenti, con carattere di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

generalit� per tutti i contributi pagati dallo Stato, che comportano la 
sola esenzione dall'imposta di ricchezza mobile da applicarsi per ritenuta 
o rivalsa all'atto del pagamento. 

A conferma � utile il rilievo che l'art. 90 del d. 1. n. 261 del 1947 
prevede congiuntamente l'esenzione dei contributi di ricostruzione dall'imposta 
di R. M. e dall'I.G.E. Il che induce a ritenere che sia stato 
preso in considerazione, ai fini del trattamento tributario, il solo fatto 
economico dell'erogazione del contributo, pagamento che, determinando 
movimento di capitali ed altres� entrata per il percipiente, avrebbe 
dovuto appunto scontare i due tributi; e che, al contrario non sono stati 
presi in considerazione gli ulteriori atti economici realizzabili con il 
contributo pagato e che assumono significato tributario autonomo, anche 
in relazione ai soggetti che utilizzano il contributo, al modo d'impiego, 
alla capacit� di reddito che i soggetti spiegano con l'impiego del contributo 
come capitale investito. 

Infine giova ricordare che, nella vasta revisione e sistemazione che 
la materia delle imposte dirette ha ricevuto in epoca recente -successiva 
al periodo tributario che viene in ,considerazione nella presente 
causa -il beneficio fiscale per i contributi dello Stato e degli altri 
enti pubblici ad enti o privati, gi� regolato con il pi� volte ripetuto 
art. 15 del d. 1. n. 1643 del 1926, nell'interpretazione datane co:i 
l'art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, � stato esteso ai contributi 
di ogni genere ed ha ricevuto una diversa considerazione sistematica. 

Dispone, infatti, l'art. 83 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, che non 
sono soggetti all'imposta (di R. M.), fra altri proventi, i contributi di 
<0gni genere pagati dallo Stato e da altri enti pubblici, che non costituiscano 
concorso in spese di produzione o passivit� deducibili. 

Sicch�, nell'evoluzione della disciplina normativa, quella che prima 

costituiva ipotesi di esenzione dall'imposta � ora un criterio generale 

di delimitazione della materia imponibils agli effetti della R. M.: con 

la quale evoluzione rimane indubbiamente confermato il carattere 

generale che hanno avuto, anche per il passato, tanto la disposizione 

circa l'esenzione dei contributi statali dall'imposta di R. M., quanto 

la limitazione di detta esenzione all'imposta da corrispondersi per rite


nuta all'atto del pagamento, quanto infine la prescrizione di assogget


tamento dei contributi, che costituissero concorso in spese di produzione 

o altre passivit� detraibili, alla normale valutazione quali capitali produttivamente 
impiegati e suscettibilit di produrre reddito. 
Ci� posto, poich� nella specie il contributo di ricostruzione � stato 
percepito da soggetto che produce reddito con attivit� speculativa di 
costruzione e commercio d'immobili, bene � stato ritenuto che esso 
costituisce concorso nelle spese di produzione e, di conseguenza, che 
deve essere compreso tra i cespiti attivi ai fini della determinazione 
del reddito tassabile con imposta di R. M. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

::ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 61 -Pres. Rossano 
-Est. Scanzano -P. M. Caccioppoli (conf.). -Ministero Finanze 
(avv. Stato Cavalli) c. Comune di San Remo (avv. Uckmar). 

:mposta di registro -Agevolazioni -Opere di interesse degli enti locali 
previste dalla 1. 3 agosto 1949, n. 589 -Opere igienico-sanitarie Applicabilit� 
delle agevolazioni agli atti relativi ad opere che presentino 
un generale carattere igienico-sanitario -Fattispecie in 
tema di costruzione di mercati ortofrutticoli. 

(1. 3 agosto 1949, n. 589, artt. 4, 18; 1. 6 febbraio 1951, n. 126, art. un.). 
mposte e tasse in genere -Imposta di registro -Agevolazioni -Interpretazione 
delle norme che prevedono agevolazioni -Criteri. 

(c. c., disp. prel., artt. 11-14). 
A norma dell'art. 18 della l. 3 agosto 1949, n. 589, gli atti occo1�renti 
1er l'attuazione della legge stessa, e cio� per l'esecuzione delle opere da 
~ssa contemplate, di interesse degli enti locali, sono soggetti al trattanento 
fiscale previsto per gli atti e contratti dello Stato. Tale trattanento, 
quanto agli atti occorrenti per l'esecuzione delle � altre opere 
gienico-sanitarie �, di cui all'art. 4 della legge, non � limitato agli atti 
�elativi alle opere specificamente elencate, da ritenere indicate esem1lificativamente, 
e si estende, invece, a quelli occorrenti per tutte le 

�pere che presentino un generale carattere igienico-sanitario, tra le 
ruali rientrano anche i mercati ortofrutticoli istituiti dai comuni (1). 
Le norme che concedono agevolazioni fiscali debbono essere inter1retate 
in modo che nel loro ambito di applicazione rientrino tutti i 

(1) La soluzione accolta induce ad una considerazione. Se invero, si 
.ebba ritenere esemplificativa l'elencazione contenuta nell'art. 4 della 
. 3 agosto 1949, n. 589, dovrebbe allora anche osservarsi che il legislatore 
bbia appunto fatto l'esempio di opere (l'indicazione riguarda �mattatoi, 
:ivatoi, bagni pubblici e ambulatori �), che direttamente e primariamente 
ono rivolte a fini igienico-sanitari. Conseguentemente, dovrebbero comnque 
ritenersi escluse le opere dirette a realizzare altri interessi, pur 
e nell'esercizio dell'attivit�, cui le opere stesse sono destinate, si renda 
ecessario un controllo igienico; e l'esclusione andrebbe ritenuta anche 
er i mercati ortofrutticoli, per i quali -come si evince dalle disposiioni 
della 1. 25 marzo 1959, n. 125, ed in particolare da quelle che attriuiscono 
la competenza in materia al Ministero dell'Industria e del Com1ercio 
-pu� dirsi che l'interesse primario considerato dal legislatore, 
nche ai fini della stessa istituzione dei mercati, sia piuttosto di carattere 
conomico-commerciale, che igienico-sanitario. 

J 

864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

casi ai quali esse possono riferirsi secondo l'espressione letterale e la 

ratio legis (2). 

(Omissis). -Con, l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione 
delle Finanze, denunziando violazione delle disposizioni della legge 3 
agosto 1949, n. 589, lamenta che la Corte del merito abbia, a torto, 
ritenuto applicabile il trattamento tributario di favore, previsto dall'art. 
18 della predetta legge, al mutuo stipulato dal comune di San 
Remo per la costruzione di un mercato ortofrutticolo. In proposito, premesso 
che i benefici fiscali non sono applicabili a casi diversi da quelli 
espressamente previsti dal legislatore, osserva �che i mercati ortofrutticoli 
non sono in alcun modo contemplati fra le opere pubbliche ammesse 
a godere delle provvidenze della predetta legge, sicch� la decisione 
impugnata violerebbe il principio che vieta, in subiecta materia, 
la interpretazione analogica. 

La cansura non ha fondamento. 

La legge 3 agosto 1949, n. 589, che detta provvedimenti intesi 
ad agevolare la esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti 
locali, e che con l'art. 18 accorda il trattamento tributario previsto per 
gli atti stipulati dallo Stato agli atti e contratti occorrenti per l'attuazione 
di essa legge, prevede una serie di opere specificamente, quali 
le strade, gli acquedotti, le fognature, i cimiteri, gli ospedali, le scuole, 
i porti. Contempla, poi, all'ultimo comma dell'art. 4, la � esecuzione 
di altre opere igienico-sanitarie e particolarmente mattatoi, lavatoi, 
bagni pubblici e ambulatori �. 

Poich� non � contestato �che la registrazione dei mutui contratti 

dai comuni per l'esecuzione delle opere previste dalla legge debba go


dere del trattamento fiscale riservato agli atti stipulati dallo Stato, 

le questioni che il ricorso pone si risolvono nello stabilire se la elenca


zione contenuta nell'art. 4, ultimo� comma, della legge citata, abbia 

carattere tassativo oppure esemplificativo e, nella seconda ipotesi, se 

il mercato ortofrutticolo possa considerarsi un'opera di carattere igie


nico-sanitario. 

In ordine alla prima questione la Corte ritiene fuori di dubbio che 

la predetta elencazione sia meramente esemplificativa. 

In proposito, giova anzitutto aver riguardo alla formulazione della 

norma: mentre altre opere, in altre disposizioni della stessa legge, sono 

contemplate individualmente, l'uso della locuzione � particolarmente "� 

(2) Sui criteri di interpretazione delle norme che prevedono benefici 
fiscali, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 284 ss., 517 ss., ed ivi riferimenti 
giurisprudenziali; cfr., inoltre, G. ANGELINI ROTA, Sul criterio finalistico di 
interpretazione estensiva delle norme di agevofazione fiscale, in questa 
Rassegna, retro, 666. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 865 

~he nella norma in esame segue alla menzione generica delle " altre 
)pere igienico-sanitarie �, dimostra che il Legislatore, all'ultimo comma 
del citato art. 4, contempla una categoria di opere, cio� un genus, 
:ii cui quelli espressamente indicati (mattatoi, lavatoi, bagni pubblici 
~ ambulatori) �costituiscono delle specie particolari. 

Tale interpretazione trova conforto nella relazione ministeriale che, 
illustrando la disposizione in esame, e parlando delle opere igienico;
anitarie minori, li indica in � mattatoi, lavatoi, bagni pubblici, ambulatori, 
ecc. �, dal che � evidente che la previsione legislativa si estende 
a tutte le opere che possano qualificarsi di carattere igienico-sanitario. 

Tali sono, oltre a quelle in cui la finalit� igienico-sanitaria coincide 
::on la destinazione diretta ed immediata del bene, tutte quelle� destinate 
all'esercizio di attivit� o servizi che richiedono il mantenimento di 
determinate condizioni di oggetti o di ambiente perch� non insorgano 
cause che ledano o pongano in pericolo la salute pubblica. 

Rientrano in questa categoria di opere, ad avviso della Corte, i 
mercati ortofrutticoli istituiti dai comuni, in quanto servono a concentrare 
l� smercio di prodotti destinati all'alimentazione e di uso 
generale, onde permetterne lo svolgimento col sussidio di adeguate 
attrezzature ed in condizioni tali da garantire la salute pubblica, e 
facilitare i necessari controlli. 

E che a tali controlli non siano estranee finalit� di carattere igienico-
sanitarie risulta evidente dalle varie competenze attribuite, in 
materia, dalla legge alla autorit� sanitaria, il cui intervento, attraverso 
organi vari, � previsto in momenti molteplici, che vanno dalle 
approvazione dei progetti di costruzione, alla approvazione del regolamento, 
alla vigilanza ordinaria (v. artt. 2, 3, 4, 10 della legge 21 
agosto 1937, n. 1982 -sulla disciplina dei mercati all'ingrosso dei 
prodotti ortofrutticoli -vigente al momento dell'entrata in vigore della 
legge 3 agosto 1949, n. 589, e artt. 6, 7, 8, 14 della legge 25 marzo 1959, 

n. 125). Argomento ulteriore a favore della tesi accolta pu� trarsi 
dall'art. 91 del t. u. 3 marzo 1934 n. 383, �che alla lett. c., n. 20, colloca 
le spese relative ai mercati tra quelle obbligatorie per i comuni concernenti 
la sanit� e l'igiene. 
Poich�, dunque, la ipotesi � da ritenersi compresa nella previ::;
ione della norma, non giova invocare -come fa la ricorrente Amministrazione 
-il divieto della analogia in materia di privilegio 
fiscale; n� merita censura la denunciata sentenza che precisamente aderisce 
alle considerazioni sopra espresse, in base al principio, pi� volte 
affermato da questa Corte Suprema, secondo cui le norme che concedono 
benefici fiscali debbono essere intese in modo da ricomprendere 
nell'ambito della loro applicazione tutti i casi ai quali esse si possono 
riferire secondo la espressione letterale e la ratfo Legis (sent. 611 /62, 
3030/59) -(Omissis). 


866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1967, n. 602 -Pres. Pece Est. 
D'Armiento -P. M. Di Majo (conf.). -Comune di San Remo 
(avv. Uckmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Vitucci). 

Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Nozione -Rimborsi 
di spese collegati a prestazione di servizi -Imponibilit� Contributi 
di iscrizione a gare sportive (c. d.� entrature�) -Imponibilit�. 


(d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. I ss.). 
Costituisce entrata soggetta aU'I.G.E. ogni introito conseguito in 
dipendenza di prestazione di beni o di servizi, e cio� in dipendenza di 
un'attivit� economica di scambio, senza che abbia rilievo, ai fini dell'imponibilit�, 
la circostanza che l'introito si rialLacci o meno ad un'attivit� 
speculativa. Pertanto, come sono imponibili le entrate, realizzate 
a titolo di rimborso di spese, che comunque si colleghino alla prestazione 
di un servizio, cos� sono soggette all'imposta anche le c. d. � entrature 
., costituenti il corrispettivo del servizio reso dai comitati organizzatori 
di gare sportive ai partecipanti alle gare stesse (1). 

(Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale si denunzia 
la violazione dell'art. 1 I. 19 giugno 1940, n. 762, sostenendo che la 
sentenza erroneamente ha ritenuto assoggettabili all'IGE le � entrature 
�, corrisposte dai partecipanti alle gare di tiro al piccione, senza 

(1) La massima riconferma un princ1p10 ormai pacifico. Costituisce 
infatti entrata imponibile qualunque movimento di danaro corrispettivo 
(in senso ampio) ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, 
indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto di corrispondenza (in 
senso stretto) tra prestazioni commutative. � quindi irrilevante che l'accipiens 
realizzi attraverso l'entrata un guadagno e che il servizio in vista 
del quale l'entrata si verifica abbia natura speculativa. Ci� risulta dalla 
stessa definizione di entrata contenuta nell'art. 1 del d. 1. 9 gennaio 1940, 
n. 2 (conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762), ed � riconfermato daWart. 4, che 
esclude ogni limitazione di imponibilit� al solo profitto ed invece estende 
la nozione di entrata a tutto ci� che ha un'ampia corrispondenza con la 
prestazione del servizio: cfr. Cass. 19 dicembre 1955, n. 3041, Foro it.; 
1956, I, 910; Cass. 14 ottobre 1963, n. 2737, in questa Rassegna, 1964, I, 
151; Cass. 28 febbraio 1964, n. 446, Foro it., 1964, I, 660; Sez. Un. 2 marzo 
1964, n. 472, in questa Rassegna, 1964, I, 5'57; Cass. 26 marzo 1965, n. 504, 
Riv. leg. fisc. 1965, 1505. Per un'ampia disamina, cfr. Relaz. Avv. Stato, 
1961-65, II, 631. Per un caso strettamente affine, concernente l'imponibilit� 
delle quote sociali percepite da una societ� sportiva, v. App. Trieste, 
17 giugno 1961, Riv. dir. sport., 1961, 312. 
O. BAFILE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 867 

avere prima dimostrato che le medesime costituissero il corrispettivo 
della prestazione di un servizio economico, e cio� dell'organizzazione 
tecnica e della effettiva gestione delle gare sportive. 

Con il secondo mezzo si denunzia la insufficiente e contraddittoria 
motivazione su punto decisivo, sostenendo che la sentenza impugnata 
non avrebbe distinto fra gestione amministativa e gestione tecnica delle 
gare di tiro al piccione, ed avrebbe affermato, senza una valida motivazione 
e una dimostrazione adeguata, che il COPEAM doveva provvedere 
ai fondi necessari ai finanziamenti delle manifestazioni, che esso 
amministrava tali fondi, e che ad esso facevano capo le entrate e le 
uscite delle singole manifestazioni. 

Con il terzo mezzo si censura la sentenza per non avere accolto 
la tesi che nella specie l'imposta sull'entrata non era dovuta da alcuno, 
n� dal COPEAM n� dagli enti organizzatori delle gare, atteso che le 

� entrature � non bastavano nemmeno a coprire i premi, e agli organizzatori 
delle gare non era rimasto alcun utile. 
Il ricorso � infondato, perch� nessuna delle critiche mosse dal ricorrente 
Comune alla sentenza impugnata trova effettivo riscontro. 
Ed invero, non risponde ad esattezza che la Corte di merito abbia 
violato o erroneamente interpretato la legge istitutiva dell'imposta generale 
sull'entrata, una volta che la Corte medesima ha ritenuto che 
le � entrature � nella specie tassate costituivano il corrispettivo di un 
servizio, reso dal Comitato organizzatore delle gare a coloro che partecipavano 
alle gare stesse. 

Tale affermazione della Corte di merito � anzitutto giuridicamente 
corretta, colpendo l'IGE ogni introito conseguito in dipendenza di prestazione 
di servizi, cio� in dipendenza di una attivit� economica di 
scambio, senza che abbia rilevanza, ai fini fiscali, la valutazione del fatto 
se il titolo del versamento si riallacci, oppur no, ad un'attivit� speculativa. 


L'imposta sull'entrata tende a colpire ogni corrispettivo nella prestazione 
di un bene o di un servizio; ed anche i rimborsi di spesa, se 
~ollegati ad una prestazione di servizi, costituiscono di regola entrata 
[mponibile, ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge organica 19 giugno 1940, 

n. 762 (cfr. Cass. 12 ottobre 1955, n. 3041; 28 febbraio 1964, n. 446 
e 2 marzo 1964, n. 472). 
In secondo luogo, all'affermazione che il tributo era dovuto, la 
Corte di merito � pervenuta attraverso una diligente disamina dei do~
umenti prodotti e delle prove assunte, eseguita con logica impeccabile 
=senza incorrere in contraddizioni, come risulta dalla motivazione della 
;entenza, che non presta il fianco ad alcun rilievo. 

N� vale opporre che la stessa Corte non avrebbe tenuto nettamente 
:listinte, ai fini della causa, la � gestione amministrativa � delle gare, 
=ffettuata dal COPEAM, dalla � organizzazione tecnica ,. effettuata da 


J 

868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ente specializzato, per dedurne, come il ricorrente sostiene, che solo a 
questi ultimi incombeva, se mai, il pagamento del tributo. 

La sentenza, infatti, valutando le singole prove, prima partitamente 
e poi nel complesso, � pervenuta al convincimento, adeguatamente motivato 
ed esente da vizi logid e giuridici, che era stato il COPEAM 
che, per conto del Comune di San Remo, da una parte aveva incassato 
le cosiddette � entrature � e dall'altra aveva sopportato tutte le spese 
per l'organizzazione delle gare. 

Con le censure apparentemente riferite a violazioni di legge o a 
contraddittoriet� di motivazione il ricorrente in sostanza muove rilievi 
che attengono alla valutazione delle prove e al giudizio di merito dato 
dalla Corte di appello; ma � appena il caso di dire che simili censure 
non possono venire in considerazione in questa sede di controllo di 
legittimit� -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 maggio 1967, n. 817 -Pres. Vistoso 
-Est. Leone -P. M. Toro (conf.) -Banca Nazionale del Lavoro 
(avv.ti Del Nunzio, Manara) c. Ministero Finanze 'cavv. Stato Gargiulo). 


Imposta di registro -Fideiussione -Fideiussioni bancarie in favore di 
terzi verso pubbliche amministrazioni -Aliquote ridotte differenziate 
secondo il tempo per il quale le :fideiussioni sono prestate Applicabilit� 
con riferimento al termine entro il quale possono 
sorgere le obbligazioni coperte dalla garanzia e non in base alla 
durata di questa. 

(r. 1. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 54, modif. da 1. 25 maggio 
1954, n. 306, art. 3). 
Obbligazioni e contratti -Fideiussione -Fideiussione a garanzia di 
obbligazioni anteriormente sorte -Retroattivit� -Esclusione. 

(c. c., art. 1936 ss.). 
Imposta di registro -Fideiussione -Fideiussioni bancarie in favore di 
terzi verso pubbliche amministrazioni a garanzia di obbligazioni 
anteriormente costituite -Efficacia�ex nunc� delle :fideiussioni anche 
ai fini dell'applicazione dell'imposta secondo le disposizioni 
dell'art. 54. secondo comma, della tariffa A allegata alla legge 
organica. 

(c. c., art. 1936 ss.; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 54, modif. 
da 1. 25 maggio 1954, n. 306, art. 3). 
La disposizione deLL'art. 54 della tariffa A allegata alla legge di 
registro (nel testo modificato dall'art. 3 della l. 25 maggio 1954, n. 306) I 


. 
. 

.

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 869 

-secondo la quale le fideiussioni prestate da aziende ed enti di credito, 
a favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, scontano l'imposta 
con aliquote ridotte differenziate � se prestate per un termine 
non superiore � ad un anno o a due anni -ha riguardo al periodo di 
tempo durante il quale possono contrm�si le obbligazioni che le fideiussioni 
sono destinate a garantire, e non gi� alla durata della garanzia, 
che dipende esclusivamente dalla scadenza dell'obbligazione principale 
e dall'applicazione del disposto dell'art. 1957 c. c. (1). 

Non � ipotizzabile una efficacia retroattiva del contratto di fideiussione, 
il quale, anche. se riferito ad obbligazioni anteriormente costituite, 
produce in ogni caso gli effetti suoi prop1�i dal momento della 
stipulazione (2). 

L'inizio dei vari termini previsti dall'art. 54 della tariffa A allegata 
alla legge di registro (nel testo modificato dall'art. 3 della legge 25 
maggio 1954, n. 306), per l'applicazione delL'imposta, con aliquote 
ridotte differenziate, sulle fideiussioni prestate da aziende di credito, 
a favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, deve sempre rapportarsi 
alla data della stipulazione, non essendo dato di distinguere, nemmeno 
ai fini tributari, tra fideiussioni a garanzia di obbligazioni future 
e fideiussioni a garanzia di obbligazioni anteriormente costituite, le une 
e le altre ugualmente produttive di effetti soltanto ex nunc (3). 

(Omissis). -La Banca ricorrente censura la sentenza impugnata, 
denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 25 
maggio 1954, n. 306, modificativo dell'art. 54 della tariffa all. A della 
legge di registro, dell'art. 8 della detta ultima legge, degli articoli del 
codice civile sulla fideiussione, dell'art. 221 reg. dog. 13 febbraio 1896, 

n. 65, modif. col d. P. R. 2 agosto 1952, n. 1968, e infine degli artt. 27, 
54 e segg. delle legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, denunzia, 
ancora, difetto di motivazione. 
La ricorrente premette che la questione involge l'interpretazione 
della formula della legge (art. 3, 1. n. 306 del 1954), pi� che del con


(1-3) Con riferimento alle fidejussioni in materia doganale, e sostan


zialmente nel senso che il termine che per esse sia fissato vale quale li


mite del periodo di tempo durante il quale possono costituirsi le obbli


gazioni cui la garanzia ha riguardo, e non quale termine di efficacia della 

garanzia stessa, cfr. Cass. 25 marzo 1966, n. 798, in questa Rassegna, 1966, 

I, 904. 

Sul trattamento tributario delle fidejussioni prestate dalle banche, a 

favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, cfr., per riferimenti, 

Cass. 16 maggio 1966, n. 1230, in questa Rassegna, 1966, I, 927, e le osser


vazioni ivi in nota. 

In ordine alle affermazioni, di cui alla terza massima estratta dalla 

annotata sentenza, una riserva sembra doversi formulare. Come la Corte 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tratto di fideiussione, che alla legge ha inteso adeguarsi. Assume 
che sono irrilevanti, ai fini interpretativi, gli elementi valorizzati dalla 
Corte di merito (solidariet� del garante con il debitore principale, 
rinunzia alla preventiva escussione del debitore, natura doganale delle 
obbligazioni garantite, con estensione della garanzia sino alla completa 
definizione delle operazioni d'importazione), perch� tali elementi riproducono 
tratti tipici della struttura degli istituti della fideiussione e 
dell'obbligazione doganale. 

In ordine agli argomenti svolti dalla Corte di merito circa la garanzia 
prestata per le obbligazioni doganali gi� costituite, la ricorrente 
critica l'affermazione della sentenza impugnata, che si tratti di efficacia 
retroattiva del contratto di fideiussione, non potendo darsi alla fideiussione 
efficacia anteriore alla stipulazione di essa. 

Aggiunge, con riferimento ad una questione ritenuta assorbita 
dalla Corte di merito, che la durata ultrabiennale della garanzia non 
poteva desumersi dalla clausola � salvo conferma � aggiunta al termine 
semestrale di durata stabilito pattiziamente, perch� la conferma si sostanzia 
in una nuova produzione negoziale. 

La censura � fondata, anche se non tutte le ragioni addotte a sorreggerla 
possono essere condivise. 

L'interpretazione dell'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306, 
che ha lasciato dubbiosa la dottrina ed ha provocato istruzioni da parte 
dell'Amministrazione finanziaria, se condotta ~n base alle locuzioni 
usate dal legislatore prese nel loro senso letterale (fideiussioni prestate 
per periodo non superiore a due anni; ... fideiussioni prestate per un 
termine non superiore ad un anno...), porterebbe a ritenere che si sia 
avuto riguardo alla durata dell'efficacia del negozio accessorio di garanzia, 
e che i termini in detta norma considerati siano termini finali 
di tale efficacia. 

L'interpretazione razionale e sistematica porta invece a risultato 
del tutto diverso. 

Suprema ha notato, in questo stesso incontro, la modifica apportata con 
l'art. 3 della 1. 25 maggio 1954, n. 306, al testo dell'art. 54 della tariffa A 
allegata alla legge organica del registro, deve ritenersi volta a p�rificare, 
in quanto possibile, gli oneri tributari per le fidejussioni in discorso a 
quelli previsti per le assicurazioni dell'insolvenza dei debitori, le quali 
" assolvono una funzione di garanzia fungibile con quella fidejussoria ., e 
tutto ci� nella considerazione che elemento comune dei due mezzi giuridici 
� il rischio, per il quale si intende � quanto al fidejussore, l'esposizione 
di questi aH'evenienza di rimanere obbligato con il terzo, verso 
l'amministrazione garantita, per effetto di atti giuridici compiuti dal terzo 
medesimo�. 

Ma tale rischio, cui si commisura il contenuto economico della garanzia, 
assume specifico rilievo in rapporto all'elemento temporale, in vista 

I !:' 
. 
. 

. 

. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 871 

� stato posto in rilievo giustamente che la riduzione e la differenziazione 
delle percentuali d'imposta, relative alle fideiussioni bancarie 
prestate a pubbliche amministrazioni, sono state stabilite per adeguare 
il trattamento tributario di tali fideiussioni a quello disposto per le 
assicurazioni dell'insolvenza dei debitori, che, dal punto di vista economico 
e sociale, assolvono una funzione di garanzia fungibile con 
quella fideiussoria; elemento comune d�i due mezzi giuridici � il 
rischio, in relazione alla durata del quale di solito aumenta progressivamente 
il corrispettivo dell'assicuratore o del fideiussore, e comunque 
il contenuto economico complessivo della garanzia: inteso per rischio, 
quanto al fideiussore, l'esposizione di questi all'evenienza di rimanere 
obbligato con il terzo verso l'Amministrazione garantita, per 
effetto di atti giuridici compiuti dal terzo medesimo. 

In secondo luogo � da considerare che la garanzia cui si riferisce 
l'art. 3 della legge n. 306 del 1954 � esclusivamente quella prestata da 
aziende o istituti di credito, per i quali la fideiussione rappresenta 
un'operazione di credito, verso il cliente garantito, per il semplice fatto 
della stipula della garanzia relativa ad operazioni future anche meramente 
eventuali, e che la prassi bancaria generalmente seguita comporta 
che la banca garantisce tutte le obbligazioni che potranno essere assunte 
dal cliente a favore di determinati soggetti, entro un certo periodo 
di tempo e fino ad un certo limite di valore: sicch�, entro tali limiti, 
la determinazione concreta del contenuto effettuale della garanzia dipende 
dagli accordi tra creditore e debitore (cliente della banca). 

Dal punto di vista sistematico, poi, viene in rilievo la circostanza 
che, secondo. la fattispecie legale di diritto civile, la fideiussione non 
pu� essere prestata per una durata inferiore alla scadenza dell'obbligazione 
principale: sarebbe, infatti, contraria alla causa tipica del negozio 
fideiussorio la prefissione di un termine finale della garanzia inferiore 
alla scadenza dell'obbligazione principale; ipotesi nella quale la nullit� 
della determinazione temporale dovrebbe comportare addirittura la nullit� 
del contratto di garanzia. 

della stessa incertezza sull'insorgenza, nel periodo considerato, delle obbligazioni 
per le quali la fidejussione � prestata. E sembra perci� potersl 
rilevare che si debba addirittura escludere, in principio, l'applicabilit� 
delle aliquote ridotte, allorch� la fidejussione, anche se prestata da aziende 
di credito, riguardi non gi� obbligazioni che il terzo possa in futuro eventualmente 
assumere, ma obbligazioni certe, gi� costituite, essendo evidente 
che in tal caso, per la mancanza di un rischio nei sensi indicati, e 
cio� dell'elemento caratteristico della fattispecie particolare di cui alla 
disposizione di favore fiscale, si � in presenza di un normale rapporto 
fidejussorio, come tale imponibile con le aliquote ordinarie previste dal 
primo comma dell'art. 54 innanzi citato. 


872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora, se � esatto che il diritto tributario modifica talvolta, per le 
sue peculiari esigenze, le linee della fattispecie legale di diritto privato, 
sembra si debba escludere che tali modifiche possano essere spinte fino 
a considerare come fattispecie tributaria, sia pure speciale (ma non 
eccezionale) un istituto nullo secondo il diritto civile; in secondo luogo 
non pu� l'interprete pervenire a confermare tale risultato di completa 
deviazione dalla struttura di diritto comune, di un negozio 
giuridico, ai fini della disciplina tributaria, se non quando la lettera e 
la ratio della norma tributaria siano esplicite in tale senso. Il che non 
pu� dirsi nella specie, data la congruit� di una diversa interpretazione, 
confortata dalla rispondenza alle finalit� pratiche della norma in esame. 

Si deve, pertanto, ritenere ,che nel cennato art. 3 della legge n. 306 
del 1954 la locuzione � fideiussioni prestate per un termine non superiore 
ad un anno � sta a significare fideiussioni prestate per obbligazioni 
che potranno costituirsi nel termine non superiore ad un anno: 
e che, in genere, le specificazioni temporali considerate nel detto articolo 
non sono termini di durata della garanzia, ma solo si riferiscono 
ad un elemento concorrente alla determinazione delle obbligazioni principali, 
in vista delle quali la garanzia � prestata. 

Consegue altresi che detta determinazione temporale, afferente alle 
obbligazioni principali e non direttamente a quella fideiussoria, � compatibile 
'Con una durata non determinata della garanzia, durata che 
dipender� dalla scadenza dell'obbligazione principale e dall'applicazione 
del disposto dell'art. 1957 c. c. 

Con ci� questo Supremo Collegio aderisce alle conclusioni interpretative 
cui � giunta la Corte di Torino nell'impugnata sentenza, sulla 
base di una motivazione che, condotta congiuntamente con riferimento 
alle norme giuridiche astratte ed alla concreta fattispecie negoziale, 
vede gravemente pregiudicata la propria concludenza, anche per il 
ricorso ad argomenti irrilevanti, come quelli della solidariet� passiva 
tra garante e debitore principale e della rinunzia al beneficio della preventiva 
escussione di quest'ultimo (rectius: espressa esclusione del 
beneficio). 

Erronea, � invece, l'applicazione che della norma cos� interpretata 
ha fatto la Corte di merito alla fattispecie sottoposta al suo esame, 
sostenendo che, in quanto la fideiussione prestata dalla Banca Nazionale 
del Lavoro concerne non solo le obbligazioni future da costituire entro 
sei mesi, ma anche le obbligazioni gi� costituite con atti d'importazione 
compiuti nel quadriennio precedente alla stipula della fideiussione, questa 
risulta essere della durata complessiva di quattro anni e sei mesi, 
e deve perci� scontare l'imposta stabilita per le fideiussioni di durata 
�uperiore ai due anni, ai sensi dell'art. 54 della tariffa All. A della 
legge del registro. 

' 

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I 

~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

In tal modo si � attribuita al contratto di fideiussione un'efficaicia 
retroattiva -esplicitamente affermata nella sentenza impugnata che 
esso non pu� avere. 

Il contratto, quale mezzo di produzione di disposizioni aventi forza 
di legge tra le parti, normalmente non provvede che per l'avvenire, 
proprio com'� detto per la legge. N� l'eccezionale retroattivit� del contratto 
pu� essere stabilita dalle parti in forza dell'autonomia contrattuale, 
se l'ordinamento giuridico non consenta che possa o debba verificarsi 
l'effetto retroattivo: con disposizione parti�colare, che non sussiste 
per il contratto di fideiussione, il quale pertanto produce effetti solo 
ex nunc, con riferimento al momento in cui la fattispecie negoziale si 
presenta completa nei suoi elementi costitutivi. 

A questo momento dev'essere rapportato anche l'inizio dei vari 
termini, cui , per il disposto dell'art. 3 della legge 25 maggio 1954, 

n. 306, � collegato il variare della percentuale dell'imposta di registrazione 
per le fideiussioni bancarie in esso considerate. 
A conclusione diversa non porta il fatto che, come nella specie in 
esame, la fideiussione bancaria sia stata prestata altres� per obbligazioni 
gi� costituite (ma, ovviamente, non ancora esigibili). 

Anche per tali obbligazioni la fideiussione prende effetto, in mancanza 
di pattuizione che ne ritardi l'efficacia, dalla data della stipulazione 
e quindi nel momento iniziale del termine giuridicamente rilevante 
ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro. 

Ai quali effetti, ovviamente non c'� ragione di distinguere tra 
obbligazioni precostituite, che divengono rilevanti come oggetto di 
fideiussione al momento della stipulazione di questa, ed obbligazioni 
costituite subito dopo la stipulazione della fideiussione per essa prestata. 

Sicch� obbligazioni gi� costituite ed obbligazioni future debbono 
essere considerate, come oggetto della fideiussione, temporalmente collocate 
tutte nel termine pattizio stabilito per la determinazione delle 
obbligazioni garantite, termine preso dalla legge come parametro dell'imposta 
di registro applicabile alla fideiussione bancaria per esse congiuntamente 
prestata. 

Accogliendosi, pertanto, per la ragione ora detta, il ricorso della 
Banca Nazionale del Lavoro, deve cassarsi la sentenza impugnata e 
deve rimettersi la causa ad altra Corte d'appello che, alla luce dei 
principi giuridici affermati innanzi provveder� sulla contestazione circa 
l'applicazione alla fattispecie dell'art. 54 della tariffa all. A della legge 
del registro modificato dall'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306, e 
come ora detto interpretato, nonch�, ove sia necessario, sulla questione 
circa la portata della clausola � salvo conferma �, proposta col secondo 
motivo di appello e ritenuta assorbita, dall'accoglimento del primo motivo 
d'impugnazione, dalla Corte d'appello di Torino. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorso della aBnca Nazionale del Lavoro, nella sua ultima parte, 
richiama anche tale questione, sulla quale, per�, nessun esame questo 
Supremo Collegio deve portare, perch� essa non risulta decisa dal giudice 
di appello. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 maggio 1967, n. 836 -Pres. Pece Est. 
Arienzo -P. M. Raia (conf.). -Raffineria Corsi (avv. Papadia) 

c. Ministero Finanze (avv. Stato Albisinni). 
Imposta generale sull'entrata -Imposta sulle merci importate -Oli 
vegetali -Aliquota ridotta per gli oli� allo stato commestibile� Commestibilit�del 
prodotto al momento in cui si verifica ilpresupposto 
dell'imposizione -Necessit� :-Applicabilit� dell'aliquota 
ridotta all'importazione di acidi grassi -Esclusione. 

(d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. l, 7, 17; 
1. 24 dicembre 1949, n. 941, art. 8). 
La disposizione dell'art 8 della l. 24 dicembre 1949, n. 941, che 
dichiara applicabile l'imposta generale sull'entrata con la ridotta aliquota 
dell'uno per cento per gli atti relativi al commercio degli oli vegetali 
allo stato commestibile, e che analogo trattamento stabilisce pe1� 
l'imposta (d. l. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 17) dovuta per l'importazione 
dall'estero dei detti prodotti, riguarda i soli oli vegetali che presentino 
la caratteristica della commestibilit� nel momento in cui si verifica il 
presupposto dell'imposizione, e, quindi, quanto agli oli importati, soltanto 
quelli gi� commestibili nel momento in cui se ne attua l'importazione. 
Conseguentemente, l'aliquota ridotta non � applicabile per l'importazione 
di acidi grassi, restando irrilev.ante la circostanza che 
essi siano destinati, previa opportuna lavorazione, all'alimentazione 
umana (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, sotto il profilo della 
violazione degli artt. 8 della legge 24 dicembre 1949, n. 941 e 12 delle 

(1) La Corte Suprema ha sottolineato il non equivoco contenuto della 
disposizione dell'art. 8 della 1. 24 dicembre 1949, n. 941, che, nel prevedere 
il pi� favorevole trattamento tributario per .gli oli vegetali � allo stato 
commestibile �, ha indubbiamente riguardo ai prodotti che presentino la 
specifica richiesta caratteristica nel momento rilevante ai fini dell'imposizione. 
Negli stessi sensi, con riferimento all'analoga questione che si era 
fatta per l'imposta di conguaglio istituita con la 1. 31 luglio 1954. n. 570, 


J 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 875 

iisposizioni preliminari al c. c., con riferimento all'art. 360, n. 3, 
:. p. c., si sostiene, riproponendosi la tesi gi� disattesa dai giudici di 
nerito, che la corte di appello. abbia errato nel negare l'applkazione 
lell'aliquota dell'uno per cento, prevista per l'i.g.e. sull'importazione di 
>li vegetali commestibili, rispetto ad acidi grassi destinati, dopo opporuna 
trasformazione, all'alimentazione umana. Sostiene la ricorrente che 
a formula del testo legislativo, � oli vegetali allo stato commestibile ., 
lebba interpretarsi, anche in armonia con le particolari finalit� della 
egge, emanata in considerazione della carenza di oli, con riferimento 
td un modo di essere non immediato ma potenziale, attribuendosi alla 
>arola � stato � un significato tecnico-giuridico con riguardo alla riparizione 
fondamentale tra oli destinati all'alimentazione ed oli destinati 
td uso industriale. 

ton dovuta per gli oli � allo stato commestibile � (d. P. 14 agosto 1954, 

t. 676, tab. B, p. IV, cap. 15), cfr. App. Genova, 17 gennaio 1967, Finanze-
1.moretti (Foro it., 1967, I, 2129); Trib. Napoli, 25 novembre 1966, Sipro'
inanze, e le altre citate nella annotazione che segue. 
L'I.G.E., l'imposta all'importazione e l'imposta di conguaglio 
per gli oli vegetali � allo stato commestibile � 

La questione del trattamento fiscale riservato agli oli vegetali allo 
tato commestibile ai fini dell'I.G.E., dell'imposta all'importazione e del'
imposta di conguaglio, ha dato luogo ad alcune incertezze interpretative. 

�a Suprema Corte, con l'annotata sentenza ha sanzionato l'interpretazione 
derente alla dizione letterale della legge e la decisione, adottata in relaione 
all'ipotesi specifica dell'importazione di acidi grassi destinati all'ali1entazione, 
ha tuttavia, e dichiaratamente, una portata generale. 
Oggetto dell'indagine � l'interpretazione dell'art. 8 della 1. 24 dicem


�re 1949, n. 941, nonch� del d. P. 14 agosto 1954, n. 676 (tab. B, parte IV, 
ap. 15, n. ex 139 tariffa doganale) in relazione alla 1. 31 luglio 1954, 
.. 570, per effetto delle quali disposizioni � concesso il trattamento tribuario 
agevolato, relativamente alle imposte indicate, agli � oli vegetali allo 
tato commestibile �. 
Sembra utile analizzare le precedenti vicende legislative degli oli veetali 
commestibili o destinati all'alimentazione per rendere ragione delle 
erplessit� interpretative suscitate dalla dizione letterale della legge. 

Nel 1942 (d. 1. 19 febbraio 1942, n. 53), l'l.G.E. sull'olio di oliva, 
compreso quello destinato alla rettificazione per uso alimentare �, fu 
emporaneamente sospesa, evidentemente in relazione allo stato di guerra 
al fine di agevolare le vendite del prodotto, allora prezioso. Nel 1944 

d. 1. 19 ottobre 1944, n. 348), tuttavia, l'LG.E. fu ripristinata (4 % ) anche 
ugli oli vegetali � destinati all'alimentazione � (� degna di nota l'evoluione 
del concetto di � destinazione ., che nel 1942 era riferita � alla rettiicazione 
per uso alimentare � e nel 1944 era invece riferita, tout court, 
alla alimentazione�). Infine, nel 1949 (1. 24 dicembre 1949, n. 941), la 
liquota venne ridotta all'l % per gli oli vegetali allo stato commestiile 
� abrogandosi gli artt. 5 e 8 del d. 1. 19 ottobre 1944, n. 348. 

Il concetto di destinazione, che era determinante ai fini dell'imposiione 
secondo le leggi del 1942 e del 1944, divenne del tutto irrilevante con 


876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura non merita accoglimento. 

L'art. 8 della legge 24 dicembre 1949, n. 941, dispone che per gli 
atti economici relativi al commercio di oli vegetali allo stato commestibile 
l'imposta sull'entrata � dovuta nella misura dell'uno per cento 
dell'entrata imponibile e che analogo trattamento si applica per l'importazione 
dall'estero dei detti prodotti. La sentenza impugnata, nell'interpretare 
tale norma, ha ritenuto che �con le parole � oli vegetali 
allo stato commestibile � il legislatore abbia inteso indicare gli oli che, 
nel momento dell'importazione, siano gi� commestibili, disattendendo 
la tesi del contribuente, secondo la quale, ai fini dell'applicazione dell'aliquota 
suddetta, bisognerebbe tener presente la destinazione specifica 

l'entrata in vigore della legge del 1949 che sostitul al pi� generico requisito 
della � destinazione � l'altro requisito, obiettivo e concreto, dello 

�stato di commestibilit�� recepito successivamente anche dal d. P. 14 
agosto 1954, n. 676. 
Secondo un'interpretazione accolta da alcune sentenze del Tribunale 
di Genova, in vertenze relative all'imposta di conguaglio di cui al citato 

d. P. n. 676 del 1954 (sentenze 31 luglio 1965, in c. Amoretti e GazzanoFinanze; 
25 ottobre 1965, in c. Gruppo Oleario Novara-Finanze; 9 febbraio 
1966, in c. Ismardi c. Finanze), respinta peraltro nettamente dalla 
Corte di Appello di Genova (sentenze 17 gennaio 1967, Amoretti e Gazzano-
Finanze, Foro lt. 1967, I, 2129; 24 febbraio 1967, OLIS-Finanze; 
10 marzo 1967, Ismardi-Finanze; 17 maggio 1967, F.lli Berio-Finanze), ed 
ora dalla Suprema Corte, con riferimento al disposto dell'art. 8 1. 24 dicembre 
1949, n. 941, l'espressione � oli vegetali allo stato commestibile � 
dovrebbe interpretarsi nel senso di comprendere non solo gli oli che, al 
momento in cui vengono assoggettati al trattamento fiscale, posseggono 
la caratteristica della commestibilit�, ma anche gli oli grezzi che siano 
destinati a divenire commestibili dopo avere subito il procedimento di 
raffinazione. 
Si invocano a sostegno la ratio legis, nonch� le dichiarazioni fatte 
dal Ministro delle Finanze in sede di lavori preparatori della 1. 24 dicembre 
1949, n. 941. 

In realt� la lettera della norma � tale da non consentire di ricercare 

aliunde la volont� del legislatore. 

Il termine � stato � indica un modo di essere che la merce deve rivestire 
al momento in cui � presa in considerazione dalla norma. La legge 
non dice � oli destinati a divenire commestibili � e neppure semplicemente 
� oli commestibili ., nella quale ultima ipotesi si poteva forse prospettare 
il dubbio che si fossero voluti comprendere anche gli oli attualmente non 
commestibili, ma destinati, a divenirlo a seguito del procedimento di raffinazione. 
Parlando di oli allo stato commestibile indica una qualit� precisa 
ed inequivocabile che il prodotto in questione deve possedere nel 
momento in cui � soggetto al trattamento fiscale. Il testo della legge indica 
in modo chiaro che gli oli in questione per fruire dell'esenzione devono 
gi� possedere il requisito della commestibilit�, mentre si disinteressa affatto 
della loro destinazione: gli oli considerati ai fini del pi� favorevole 
trattamento tributario sono, secondo l'espresso disposto della formula legislativa, 
soltanto quelli che sono gi� allo stato commestibile, in condizione 
cio� di essere direttamente immessi sul mercato, con indubbia esclusione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 877 

!d ultima degli oli. In particolare, la sentenza ha considerato ~he la 
:hiara dizione della norma, non dando luogo a dubbi interpretativi, non 
:onsente di dubitare dell'intenzione del legislatore e di attribuire alle 
>arole un valore diverso da quello del linguaggio comune, ed ha con:
luso che l'aliquota ridotta non possa applicarsi agli acidi grassi che, 
iella normalit� dei casi, non sono neppure destinati a soddisfare 
>isogni di natura alimentare. 

I principi enunciati nella sentenza impugnata, circa i limiti dei 
>oteri dell'interprete, sono conformi alla costante giurisprudenza di 
tuesto S. C., nel senso che nell'interpretazione delle norme giuridiche 
: .consentito procedere alla ricerca dell'effettiva mens legis, nel presup


legli oli grezzi e pertanto non allo stato commestibile, in quanto necessi


anti del procedimento di raffinazione. 
Questo � quanto si ricava dall'esa,me del testo di legge. 
Si � obiettato che vi sarebbe una nozione legale ed una diversa no


ione commerciale di commestibilit� ed inoltre che nel termine � commetibile 
� rientrerebbe tutto ci� che pu� comunque essere ingerito, e quindi 
nche l'olio grezzo. ' 

Quanto alla nozione di commestibilit�, devesi rilevare come ogni conetto 
vada definito nell'ambito del corpQ sociale al quale si riferisce, cui 
necessariamente relativo. 

Ci� � stato detto in particolar modo per i concetti (giuridici) di moralt�, 
buon costume, ordine pubblico, decenza, ecc., per loro natura partiolarmente 
relativi e mutevoli non solo da popolo, ma anche da epoca ad 
poca, ma vale ovviamente per ogni concetto utilizzato a fini giuridici. 
>ando ad essi un valore assoluto, universale, svincolato dal corpo sociale 
ui si riferiscano, si finirebbe per togliere loro ogni concretezza e, spesso, 
gni significato. 

Comunque, nel caso che ci occupa, ci� che ha rilievo non � un'astratta 
;iotetica e paradossale commestibilit�, ma ci� che il nostro legislatore ha 
onsiderato commestibile. Importa rilevare come in materia di oli di 
liva la I. 13 novembre 1960, n. 1407 ha stabilito una classificazione legale 
ell'olio d'oliva commestibile. All'articolo 1 vengono fissate le, quattro 
enominazioni stabilite per l'olio ottenuto meccanicamente dalle oliv�, cio� 
iediante spremitura, che � considerato dalla legge commestibile soltanto 
ve abbia subito � il lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione � . C'i� 
aie ad escludere che il prodotto della spremitura delle olive sia immeiatamente 
commestibile; se � vero che detto olio allo stato grezzo non � 

elenoso (come non lo � ad es. il mosto ricavato dalla pigiatura dell'uva) 
i legge lo considera commestibile solo dopo che abbia subito le operaioni 
di raffinazione. 

� stato anzi precisato (in App. Genova, 24 febbraio 1967, F.lli Berio'
inanze, cit.): � Si tenga presente ili proposito che il concetto di raffinaione 
non trova integrale ed esatto riscontro in quello di commestibilitd, 

quale ultimo, oltre alla raffinazione del prodotto, presuppone lo svolimento 
di altri processi depurativi �. 

Non si vede come possa sostenersi che la definizione legale di olio 
ommestibile diverge dalla definizione commerciale. Si � visto che i conetti 
giuridici hanno il contenuto che ad essi viene dato dal corpo sociale 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posto che il legislatore abbia inteso sancire una norma diversa da 
quella che � resa manifesta dalla sua dizione letterale, solo nei casi in 
cui la lettera della legge non sia chiara ed inequivocabile; ma quando 
il testo legislativo non dia luogo a dubbi, non � consentito ricercare se 
la volont� del legislatore sia stata eventualmente diversa da quella 
manifestamente resa (Cass. 5 marzo 1965, n. 347). 

Il beneficio tributario di cui trattasi � concesso, secondo la previsione 
dell'art. 8 -citato, � agli atti economici relativi al commercio degli 
oli vegetali allo stato commestibile �. La formula precisa specificamente 
il prodotto che gode del particolare trattamento fiscale (olio vegetale), 
e la caratteristica che lo deve contraddistinguere (commestibilit�) nel 
momento (atto economico) che viene assoggettato al trattamento fiscale. 
Tale essendo il contenuto, chiaro ed inequivoco, della norma, deve 

cui. si riferiscono. � conseguentemente paradossale sostenere che una 
determinata nozione definita dal corpo sociale in relazione a rapporti di 
carattere commerciale, quale quella di � olio lampante �, abbia poi ai fini 
giuridici un senso ed un significato diverso e addirittura opposto: �� evidente 
che il legislatore... con l'uso della ben definita espressione "allo 
stato commestibile", non pu� che essersi riferito ad una condizione ontologicamente 
e merceologicamente determinata del prodotto, costituita, appunto, 
dal suo stato attuale di commestibilit� � (App. Genova, 24 febbraio 
1967, cit.). 

In questo senso si � ripetutamente espressa la Corte di Appello di 
Genova: � Il legislatore, per indicare quali fossero le categorie di oli 
che potevano essere importate in esenzione dall'imposta di conguaglio, 
ha evitato qualsiasi espressione che potesse dare adito a dubbi interpretativi, 
ed ha parlato di oli allo stato commestibile adoperando delle parole 
che per il significato loro proprio e per la loro connessione chiarivano 
inequivocabilmente come la commestibilit� fosse il modo di essere 
che avrebbe dovuto caratterizzare l'olio nel momento in cui esso veniva 
preso in considerazione dalla legge tributaria, vale a dire all'atto dell'importazione� 
(App, Genova, 17 maggio 1966, Oleificio Berardi-Finanze). 

� Riferendosi ad oli allo stato commestibile, la legge stessa, lungi dall'aver 
riguardo alla destinazione futura del prodotto importato ed alla 
sua capacit� finale di divenire commestibile, indica una qualit� attuale, 
precisa ed inequivocabile, che il prodotto deve possedere al momento 
dell'importazione, per fruire dell'esenzione tributaria � (App. Genova, 29 
.dicembre 1966, Gruppo Oleario Novaro-Finanze). 
� stato poi anche esattamente rilevato che: �Nel caso, poi, una siffatta 
volont� � resa manifesta dal regime tributario differenziato, stabilito 
per gli oli elencati alla voce sopra citata della tabella B, in quanto 
esiste una contrapposizione tra " oli fissi, fluidi e concreti " (di origine 
vegetale), considerati nella prima parte della voce, e "oli allo stato commestibile", 
considerati nella seconda parte. Ora, se la prima espressione 
si riferisce, indubbiamente, a tutti gli oli vegetali in genere, suscettibili 
di essere destinati, indifferentemente, ad uso industriale o ad uso alimentare 
(oli tutti sottoposti dal legislatore alla imposizione tributaria), la 
seconda espressione, di carattere derogativo, " oli allo stato commestibile" 
(per i quali il legislatore ha stabilito, invece, l'esenzione), deve ne



J 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

escludersi che all'atto economico dell'importazione di acidi grassi, e 
cio� di un prodotto sostanzialmente distinto dagli oli vegetali e privo 
in quel momento del requisito della commestibilit�, possa estendersi il 
beneficio fiscale della tassazione con l'aliquota dell'uno per cento. E 
devesi, altresl, escludere, ai fini interpretativi, il ricorso ai lavori preparatori, 
e cio� alla dichiarazione fatta dal Ministro delle Finanze 
dinanzi alla IV Commissione della Camera dei deputati in sede legislativa, 
nella seduta del 10 dicembre 1949, sulla capacit� finale di 
commestibilit� del prodotto, sia perch� la portata della norma � resa 
manifesta dalla sua chiara formulazione, sia perch� la cennata affermazione 
non pu� considerarsi avulsa dal contesto della discussione, 
che aveva per oggetto gli oli grezzi. -(Omissis). 

cessariamente assumere un significato e un contenuto diversi da quelli 
precedentemente espressi nella stessa voce. Se, altrimenti, anche la seconda 
espressione si concepisse riferita agli oli comunque destinati alla 
alimentazione, si annullerebbe' il valore derogativo della stessa, e verrebbe 
meno la differenziazione di trattamento voluta dal legislatore, finendosi, 
in tal modo, per attribuire, con patente violazione del precetto legislativo, 
un identico regime tributario a tutti gli oli vegetali, comunque 
destinati all� alimentazione� (App. Genova, 24 febbraio 1967, F.lli Berio 

c. Finanze, cit.). 
In realt� i sostenitori dell'opposta tesi hanno fatto soprattutto leva 
sulla asserita impossibilit� di trovare una ratio convincente che giustifichi 
La diversit� di trattamento fatta dal legislatore all"olio grezzo, necessitante 
della raffinazione per essere reso commestibile, rispetto all'agevolazione 
che, secondo il testo letterale delle disposizioni lgislative, spetterebbe 
unicamente all'olio gi� commestibile nel momento in cui � soggetto al trattamento 
fiscale. In contrario � stato esattamente rilevato: � Circa l'indagine 
sulla finalit� della legge, basta osservare, per respingere anche detta 
obiezione, che il trattamento agevolato � stato previsto, in un periodo in 
cui il paese avvertiva una forte carenza di tale prodotto sul mercato nazionale, 
solo per gli oli " allo stato commestibile " perch� sicuramente 
importati per consumo alimentare, a preferenza degli oli fissi, fluidi e 
wncreti, in genere, presumibilmente destinati invece ad uso industriale o 
per i �quali, comunque, non poteva esservi la certezza obiettiva di una 
11tilizzazione per consumo alimentare � (App. Genova, 24 febbraio 1967, 
:lLLS-Finanze, cit.). 

Deve pertanto convenirsi con la sentenza annotata che la dizione le


gislativa � tassativa nell'escludere dal beneficio gli oli che non siano allo 

;tato commestibile all'atto in cui vengano sottoposti al trattamento fiscale 

~ tale dizione non pu� dare adito a dubbi sulla sua portata e sul suo 

significato. 

Accertata la chiarezza della lettera della legge ne segue l'impossibilit� 
di fare ricorso ad una presunta diversa ratio, anche se avvalorata dai 
.avori preparatori, secondo �quanto ribadito nella decisione annotata (cfr. 
::!ass. 5 ottobre 1964, n. 2514; Cass. 13 febbraio 1961, n. 318, Foro it., 1961, 
l70; Cass. 24 giugno 1958, n. 2243, Giur. cast., 1958, 1159; Cass., 24 gen1aio 
1948, n. 96, Foro it., 1948, I, 191). 

F. GUICCIARDI 

880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1967, n. 1399 -Pres. Scarpello 
-Est. Pascasio -P. M. Colonnese (diff.) -Ministero Tesoro 
(avv. Stato Cavalli) c. ditta EXIMB (avv. Gravone). 

Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Natura. 

{l. 7 gennaio 1929, n. 4; r. d. 5 dicembre 19.38, n. 1928). 
Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Prescrizione -Prescrizione 
del diritto dello Stato alla pena pecuniaria -Norme applicabili 
-Verbale di accertamento delle violazioni valutarie -Idoneit� 
quale atto interruttivo della prescrizione -Condizioni.. 

(c. c. art. 2943; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17; r. d. 5 dicembre 1938, n. 1928, 
art. 3; r. d. 12 maggio 1938, n. 794, art. 3). 
L'obbligazione di pagamento di una somma di danaro a titolo di 
pena pecuniaria, per le violazioni delle leggi finanziarie e valutarie, 
ha natura civile (1). 

Poich� � di natura civile l'obbligazione per la pena pecuniaria 
per le violazioni delle leggi finanziarie e valutarie, non sono in materia 
applicabili norme e principi propri del diritto penale, e cos�, quanto 
alla prescrizione -non ipotizzabile come prescrizione del fatto � violazione 
� ma come prescrizione del diritto di credito dello Stato per la 
somma dovuta dal trasgressore -deve aversi riguardo alla disciplina 
di cui agli artt. 2934 ss. del codice civile. Conseguentemente, la prescrizione 
in materia di violazioni valutarie (prevista dall'art. 3 del r. d. 
5 dicembre 1938, n. 1928, con richiamo all'art. 17 della l. 7 gennaio 
1929, n. 4) pu� essere interrotta con atti idonei ai sensi dell'art. 
2943 c. c., e tali devono ritenersi anche il verbale di accertamento della 
violazione e gli altri atti del procedimento disciplinato dal r. d. 12 mag~ 
gio 1938, n. 794, quando da essi risulti la chiara volont� dell'Amministrazione 
creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto 
ad esigere la pena pecuniaria nella misura che successivamente sar� 
determinata dal Ministro (2). 

(Omissis) . -Con l'unico motivo di annullamento le Amministrazioni 
dcorrenti denunciano la violazione dell'art. 3 del r. d. 5 dicem


(1-2) I principi essenziali di cui alle massime circa la natura civile 
dell'obbligazione per la pena pecuniaria e la conseguente applicabilit� 
delle norme civilistiche anche per ci� che riguarda la prescrizione, nonch�> 
circa l'efficacia interruttiva della prescrizione stessa, da riconoscere, in 
linea generale, anche agli atti del procedimento amministrativo previsto 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

bre 1938, n. 1928, in relazione all'art. 17, primo comma, della legge 
7 gennaio 1929, n. 4, nonch� degli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7 ed 8 del r. d. 
12 maggio 1938, n. 794, e degli artt. 2935, 2943 e 1219 c. c., oltre ad 
omessa e insufficiente motivazione. Esse cosi riproprongono la questione 
gi� sollevata nel giudizio di merito, circa la efficacia interruttiva della 
prescrizione da attribuire al verbale di contestazione della infrazione 
valutaria. 

La censura non � fondata. 

La Corte d'appello, infatti, dopo avere richiamato i principi gi� 
enunciati da questo Supremo Collegio in altre occasioni, circa la natura 
e l'essenza della sanzione amministrativa in esame, ha fatto esatta 
applicazione di tali principi al caso di specie escludendo che il verbale 
di accertamento della infrazione valutaria, per la sua specifica formulazione 
e per l'omessa richiesta di pagamento di qualunque somma, 
avesse efficacia interruttiva del corso della prescrizione. 

� chiaramente espresso dall'art. 3 cpv. della legge 7 gennaio 1929, 

n. 4, e risulta con pari chiarezza da altre norme della legge medesima 
dalle leggi in materia -furono gi� affermati, in adesione alle tesi sostenute 
dall'Avvocatura dello Stato, da Cass. 29 gennaio 1964, n. 241, in questa 
Rassegna, 1964, I, 367, con nota di CoRREALE, Sull'effetto interrutti1'0 
del verbale di accertamento di trasgressione alle leggi finanziarie e valutarie. 


Una riserva va espressa, peraltro, per le implicazioni trattene sia 
dalla sentenza �qui pubblicata, �Con la quale si � poi concluso che l'efficacia 
interruttiva va accertata con riferimento al concreto contenuto dei 
singoli atti, sia da altra recente pronuncia della Corte Suprema nella stessa 
materia valutaria (sent. 1� febbraio 1967, n. 291, che pu� leggersi in 
Riv. leg. fisc. 1967, 1129), con la quale, fermi quei principi medesimi, � 
stata negata l'efficacia interruttiva del parere della commissione consultiva 
prevista dall'art. 6 del r. d. 12 maggio 1938, n. 794, perch� esso �non 
rappresenta un atto di manifestazione della volont� dell'Amministrazione 
attiva, e soprattutto perch�, quale atto preparatorio, diretto a fornire all'Amministrazione 
attiva elementi di conoscenza per la determinazione in 
concreto della pena pecuniaria, non doveva essere portato, e non fu portato, 
a conoscenza del debitore �. 

Ed in particolare, quanto al verbale di accertamento, che sia sotto


scritto dal trasgressore o allo stesso notificato (e per il quale, quindi, 

l'ulteriore �questione, in ordine alla comunicazione al debitore, neppure 

si pone), � da rilevare che l'affermazione della Corte Suprema, secondo 

cui l'efficacia interruttiva potrebbe riconoscersi soltanto allorch� dall'atto 

risulti la non equivoca volont� dell'Amministrazione di conseguire il sod


disfacimento del credito di pena pecuniaria, non pu� condividersi, a meno 

che essa non debba intendersi quale affermazione dell'esigenza di una 

indagine sulla corrispondenza in concreto del verbale redatto nei singoli 

casi al tipo di atto previsto dalla legge per l'accertamento delle violazioni 

in discorso. 

Invero, � atto idoneo ad interrompere la prescrizione, secondo i con



882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(ad es. dall'art. 11, relativo alla solidariet� passiva tra pi� responsabili 
della stessa violazione), che l'obbligazione al pagamento di una somma 
a titolo di pena pecuniaria ha carattere civile e non sono ad essa assolutamente 
applicabili norme e principi propri del diritto penale (cfr. 
da ultimo, sent. di questa Corte Suprema, del 29 gennaio 1964, n. 241). 

Anche la prescrizione di cui all'art. 1 7 della citata legge n. 4 
(richiamato espressamente dall'art. 3 del r. d. 5 dicembre 1938, n. 1928, 
applicabile nel caso concreto), �, quindi, regolata dagli articoli 2934 e 
segg. c. c. ed essa riguarda il solo diritto dello Stato a riscuotere la 
somma dovuta a titolo .di � pena pecuniaria ., n� pu� considerarsi come 
prescrizione del � fatto �. 

Del resto, la regola dell'art. 17, per cui il diritto dello Stato si 
prescrive col decorso di cinque anni dal giorno della commessa violazione, 
� disposizione pienamente conforme a quella generale dell'art. 
2947, primo comma, c. �c., per cui il diritto al risarcimento del danno 
per fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto 

solidati principi in materia, anche quell'atto che, pur senza una formale 
intimazione (come � riconosciuto, del resto, dalla sentenza in nota, che 
ha corretto, sul punto, la dtfforme motivazione della sentenza impugnata; 
cfr., inoltre, Cass. 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 1964, I, 
102, ove ulteriori riferimenti), esprima �contro la presunzione di rinuncia, 
implicita nel decorso del tempo, la chiara volont� del creditore, diretta 
a sollecitare il soddisfacimento del suo diritto �. 

E poich� l'Amministrazione, per far valere la sua pretesa di pena 
pecuniaria, non pu� non osservare il procedimento imposto dalla legge, 
che inizia con l'accertamento dei fatti e la redazione del verbale, deve 
questo stesso atto, di per s�, e per il solo fatto di essere posto in essere, 
ritenersi contrario a quella presunzione di rinunzia, ed espressivo di 
una volont� dell'Amministrazione (in quanto una specifica volont� possa 
dirsi richiesta anche rispetto a crediti indubbiamente indisponibili); volont� 
da considerare -anche in relazione ai principi sulla tipicit� degli 
atti amministrativi (cfr. Sez. Un. 31 maggio 1961, n. 1285, in questa Rassegna, 
1961, 99; Oass. 30 novembre 1966, n. 2812, id., 1966, I, 1279, ed ivi 
riferimenti in nota 2) -come inequiv-0camente diretta a perseguire la 
contestata infrazione, e cio�, per la natura civile delle previste sanzioni, 
come diretta a conseguire, appunto, l'adempimento dell'obbligazione sorta 
per effetto della violazione, e ci� indipendentemnete dalla formulazione 
concreta del verbale; l'indagine sul quale dovrebbe ritenersi necessaria 
soltanto al fine di accertare se, per la eventuale difformit� del contenuto 
da quello tipicamente previsto dalla legge (per le violazioni valutarie, 
cfr. r. d. 12 maggio 1938, n. 794, art. 3), non sia da ritenere la stessa contestazione 
dei fatti manchevole, e, quindi, inidonea anche a determinare 
l'effetto interruttivo della prescrizione, che altrimenti, ed in principio, andrebbe 
riconosciuto. 

Sempre in tema di interruzione della prescrizione, cfr., per ulteriori 
riferimenti, Relaz. Avv. Sta~o, 1961-65, II, 738, e, per l'efficacia interruttiva 
del ricorso al Ministro, in mat.eria di violazioni finanziarie, v. C�ss. 28 
maggio 1966, n. 1396, in questa Rassegna, 1966, 693, con nota cui si rinvia. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 883 

si � verificato. E la violazione delle leggi finanziarie, di cui all'art 3 
della citata legge n. 4, �, in definitiva, un illecito civile. 

Il r. d. 1. 12 maggio 1938, n. 794, prescrive una particolare procedura 
per l'accertamento delle trasgressioni in materia valutaria, ossia 
indagini a cura di apposito uffi.cio d'ispezione dell'Istituto nazionale 
per i cambi con l'estero-Ufficio italiano cambi; successiva rimessione 
degli atti, insieme ad una relazione illustrativa, ad apposita commissione 
consultiva presso il Ministero del tesoro; parere della commissione; e, 
infine, emissione del decreto con cui il Ministro determina la pena 
pecuniaria da infliggere per la trasgressione: procedura che � stata 
seguita nel caso in esame. 

Le Amministrazioni avevano dedotto e deducono tuttora, che il 
processo verbale, firmato dalle controparti, col quale si contestava 
esplicitamente che l'infrazione era punibile �con pena pecuniaria, fosse 
idoneo ad interrompere la prescrizione ai sensi .dell'art. 2943 c. c. 

Ma la Corte d'appello, esaminando tale verbale, non ha rinvenuto 
in esso quella intimazione scritta di pagare, valevole a costituire il 
debitore in mora ai sensi della legge civile e quindi idonea ad interrompere 
la prescrizione. Invero, all'anzidetto verbale e cos� ad altri 
atti dell'indicato procedimento pu� riconoscersi un simile effetto soltanto 
quando in essi si esprima la chiara volont� dell'Amministrazione creditrice 
di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto ad esigere la 
pena pecuniaria che, successivamente, sar� determinata dal Ministro, 
non essendo necessario, affinch� di effetto interruttivo si possa parlare, 
che l'atto stesso indichi la misura del credito e che questo sia gi� 
liquidato nel suo ammontare. Ma almeno la manifestazione di volont�, 
in modo chiaro ed esplicito deve sussistere, mentre nel caso concreto 
essa � stata esclusa dalla Corte di merito con giudizio che, essendo 
~ongruamente motivato, sfugge al sindacato di legittimit� attribuito a 
:iuesta Corte suprema. 

Pertanto, cos� precisata nella motivazione, la decisione impugnata 

nerita conferma ... -(Omissis). 

I 

~ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 ottobre 1967, n. 2612 -Pres. Pece 
-Est. Scanzano -P. M. Toro (conf.) -Proverbio (avv. Schir�) c. 
Ministero Finanze (avv. Stato Varvesi). 

:>rocedimento civile -Imposte e tasse in genere -Giudizi di opposizione 
ad ingiunzione -Sospensione dei termini scadenti in periodo fe riale 
-Applicabilit�. 

(t. u. 14 aprile 1910, n. 639; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 145; r. d. 30 
dicembre 1923, n. 3270, art. 93; r. d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92; I. 14 luglio 
1965, n. 818, art. 3). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Ingiunzione -Interessi -Riscossione degli 

interessi col procedimento di ingiunzione previsto per la riscossio


ne dei crediti tributari cui accedono -Legittimit�. 

(c. c., artt. 1224, 1282; t. u. 14 aprile 1910, n. 639; r. d. 30 dicembre 1923, 
n . .3269, art. 144; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 92) 
Imposte a tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Leggi 
26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 -Imposte liquidate in 
via complementare per mancanza o insufficienza degli elementi 
occorrenti -Liquidazione complementare determinata da mancata 

o insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente Interessi 
con decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale 
-Applicabilit� -Limiti. 
(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 51; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15, 
17; l. 26 11:ennaio 1961, n. 29, art. 3; l. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). 
Le disposizioni della legge 14 luglio 1965, n. 818, sulla sospensione 
dei termini processuali scadenti in periodo feriale, si applicano anche 
per i giudizi di opposizione ad ingiunzione in materia tributaria, che 
non rientrano tra i giudizi di opposizione all'esecuzione esclusi, ai sensi 
dell'art. 3della legge citata e dell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, 
dalla gfera di operativit� della legge stessa (1). 

Per la realizzazione del credito di interessi, che, pur essendo autonomo, 
partecipa della natura del credito principale cui accede, pu� 
farsi ricorso al procedimento esperibile per la realizzazione di quest'ultimo. 
Pertanto, in materia tributaria, per la riscossione degli interessi 
pu� essere emessa l'ingiunzione di coazione, che, peraltro, sia nel campo 
delle imposte indirette che in quello delle entrate partimoniali dello 
Stato, � un mezzo normale di riscossione dei crediti, in applicazione 
del principio secondo cui la p. a. pu� normalmente realizzare le proprie 
pretese senza necessit� di farne previamente accertare dal giudice la 
fondatezza (2). 

(1) In senso conforme cfr. App. Milano, 25 novembre 1966, Foro it., 
1967, I, 192. In generale, sulla natura dei giudizi di opposizione ad ingiunzione, 
anche in relazione alla natura patrimoniale o tributaria dei crediti 
fatti valere dall'amministrazione, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 765, 
ove riferimenti di giurisprudenza, cui adde, nel senso che l'opposizione non 
si inquadra tra quelle previste dagli artt. 615 ss., c.p.c., Cass. 10 gennaio 
1966, n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458, con nota di A. MARZANO; con 
riferimento, poi, all'esigenza, sempre in tema di opposizione ad ingiunzione, 
di individuare la natura e l'oggetto della controversia, anche per la determinazione 
della giurisdizione, v. Cass. Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 430, 
retro, 238. 
(2) Massima di evidente esattezza. Per riferimenti sulla generale estensibilit� 
alle obbligazioni accessorie della disciplina prevista per le obbli

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'omessa o insufficiente dichiarazione del valore dei beni, ai fini 
:lell'applicazione deHe imposte indirette (nelle specie: di successione) 
integra una ipotesi di mancanza o insufficienza degli elementi, occorrenti 
alla liquidazione, che il contribuente � tenuto a dichiarare, e, pertanto, 
sulle somme liquidate in via complementare a seguito del procedimento 
di accertamento del valore, gli interessi sono dovuti, secondo 
ie disposizioni delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, 

n. 147, con decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale. 
Peraltro, nel caso che, per la modesta entit� della differenza tra il valore 
:lenunciato e quello accertato, o per altre particolari concrete circostanze, 
la divergenza possa ragionevolmente attribuirsi ad uno scusabile 
diverso apprezzamento dei criteri valutativi di legge, e, quindi, 
ritenersi dipendente da fatto non imputabile al contribuente, gli interessi 
decorrono dalla data della liquidazione complementare (3). 
Il 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 ottobre 1967, n. 2670 -Pres. Pece 
' 

-Est. Scanzano -P. M. Toro (conf.) -Neumann (avv. Formiggini) 

c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). 
Cmposte � tasse in genere -Imposte dirette ed imposte indirette -Nozione. 


lmposta di successione -Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 
marzo 1962 n. 147 -Applicabilit�. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270; 1. 26 gennaio 1961, n. 29; l. 28 marzo 1962, 
n. 147). 
~azioni principali, cfr. Cass. 1 � marzo 1967, n. 446, retro, 305, in tema di 

~stensione alla sopratassa del privilegio previsto per l'imposta. Sulla por


:ata delle disposizioni del t. u. 14 aprile 1910, n. 639, per ci� che attiene 

ii crediti tutelati, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, Il, 765. 

(3-6) 1. In relazione ai principi di cui alla quarta ed alla quinta mas;
ima, sulla distinzione delle imposte in � dirette � ed � indirette � e sulla 
~lassificazione delle imposte di successione tra le imposte indirette, cfr., 
;ier tutti. ARENA, Finanza pubblica, Torino, 1963, II, 160 ss. Del tutto lineare 
la conclusione di applicabilit�, anche in materia di imposte di successione, 
:lelle disposizioni sugli interessi di cui alle leggi n. 26 del 1961 e n. 147 del 
L962; e soltanto per completezza di riferimenti, quindi, pu� aggiungersi 
~he alle citate leggi si � comunque riconosciuta una portata del tutto generale 
(Cass. 1.4 gennaio 1967, n. 141, retro, 148, per la materia dei tributi 
:1.oganali; Cass. 6 agosto 1964, n. 2241, in tema di imposte di consumo), per 
~ui la loro operativit�, anche per tributi che siano da ritenere non specificamente 
contemplati, pu� ritenersi esclusa soltanto l� dove la materia sia 


886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Leggi 
26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 -Imposte liquidate 
in via complementare per mancanza o insufficienza degli elementi 
occorrenti Liquidazione complementare determinata da mancata 

o insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente Interessi 
con decorrenza dalla data di esigibilit� dell'imposta 
principale -Applicabilit� -Limiti. 
(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 51; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15, 
17; 1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). 
La distinzione delle imposte in � dirette � ed � indirette � si ricoilega 
ai modo di manifestarsi della ricchezza che � espressione della 
capacit� contributiva. D� luogo aU'imposizio?Je diretta quella ricchezza 
che si manifesta attraverso la esistenza di un reddito ricorrente o di 
una situazione patrimoniale duratura, ed all'imposizione indiretta, 
invece, quella che si manifesta attraverso il compimento di specifici 
atti o negozi giuridici o il verificarsi, comunque, di situazioni transeunti 
(4). 

Le disposizioni sugli interessi, di cui alle leggi 26 gennaio 1961, 

n. 29, e 28 marzo 1962, n. 147, si applicano anche all'imposta di successione, 
la quale, per la sua natura e per la disciplina positiva cui 
soggiace, va ciassificata tra le imposte indirette (5). 
specialmente regolata, come per le imposte riscuotibili mediante ruoli, per 
le quali specifiche analoghe disposizioni sono dettate dal t. u. 29 gennaio 
1958, n. 645, nel testo risultante dalle modifiche introdotte con la 1. 25 
ottobre 1960, n. 1316 (Per le imposte di consumo e per gli altri tributi locali 
cfr., ora, I. 18 maggi-o 1967, n. 388). 

2. La questione accennata nella motivazione delle due sentenze, e non 
ulteriormente esaminata perch� non rilevante ai fini del decidere, di pretesa 
illegittimit� costituzionale delle disposizioni sugli interessi, di cui alla 
citata legge n. 29 del 1961, � stata ritenuta non manifestamente infondata 
da Comm. prov. imp. Venezia, ord. 18 maggio 1966, segnalata in questa 
Rassegna, 1966, II, 259, ed annotata criticamente da MoNDINI, Interessi 
moratori e questioni di legittimit� oostituzionaie, Riv. dir. prat. trib., 1967, 
II, 49. 
3. Sulla questione centrale, di cui alla prima parte della terza e della 
sesta massima -circa l'applicabilit� degli interessi, con decorrenza dalla 
data di esigibilit� del tributo principale, sulle somme liquidate in via 
complementare a seguito di accertamento di un valore maggiore di quello 
dichiarato dal contribuente -la giurisprudenza delle Commissioni era 
orientata in senso negativo: cfr. Oomm. prov. Genova, 19 ottobre 1964, 
Riv. dir. prat. trib., 1965, II, 229; Comm. prov. Napoli, 25 novembre 1965, 
Riv. giur. edil., 1966, I, 426; Comm. prov. Roma, 12 marzo 1966, Riv. dir. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'omessa o insufficiente dichiarazione del valo1�e dei beni, ai fini 
:lell'applicazione delle imposte indirette (nella specie: di successione) 
~ntegra una ipotesi di mancanza o insufficienza degli elementi, occorrenti 
alla liquidazione, che iL contribuente � tenuto a dichiarare, e, per~
anto, sulle somme liquidate in via complementare a seguito del pro~
edimento di accertamento del valore, giL interessi sono dovuti, secondo 
le disposizioni delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, 
ri. 147, con decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo pricipale. 
Peraltro, nel caso che, per la modesta entit� della diffe1�enza tra il valore 
:lenunciato e quello accertato, o per altre pa1�ticolari concrete circo~
tanze, la divergenza possa ragionevolmente attribuirsi ad uno scusabile 
diverso apprezzamento dei criteri valutativi di legge, e, quindi, 
ritene1�si dipendente da fatto non imputabile al contribuente, gli interessi 
decorrono dalla data della liquidazione complementare (6). 

I 

(Omissis). -Va disposta, anzitutto, la riunione dei due ricorsi, 
i;>roposti contro la medesima sentenza, e va esaminato preliminarmente 
:iuello incidentale, con cui si contesta l'ammissibilit� dell'appello. 

Dato atto che in udienza l'avvocato dello Stato, con i poteri che 
gli derivano dall'art. 1, secondo comma del r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
ha rinunziato, prima dell'inizio della relazione, al primo motivo, l'esame 
di detto ricorso incidentale va limitato al secondo motivo. 

prat. trib., 1966, II, 625, con nota contraria di RoTONDI M., Inapplicabilit� 
degli interessi per ritardo nella liquidazi.one dell'imposta imputabile alla 
[Lmministrazione; Comm. centr. 8 giugno 1966, n. 32723, Riv. leg. fisc., 1966, 
2278; Comm. centr. 21 febbraio 1967, n. 38065, id., 1967, 1906. 

La giurisprudenza dei tribunali ordinari, invece, era gi� nettamente per 
la conclusione ora accolta dalla Corte Suprema: cfr., oltre le sentenze confermate 
(App. Milano, 8 luglio 1966, e 16 settembre 1966), Trib. Genova, 31 
luglio 1965, in questa Rassegna, 1965, I, 1324; Trib. Firenze, 29 dicembre 
1965, Giust. civ., 1966, I, 1449, con nota adesiva di CATELANI, Interessi moratori 
in relazione alla nascita dell'obbligazione deH'imposta di registro; App. 
Milano, 22 giugno 1965, Riv. giur. edil., 1966, I, 683; App. Milano, 4 febbraio 
1966, Riv. dir. prat. trib., 1966, II, 447, con nota favorevole di PAJARDI, Appunti 
in tema di obbligazione per gli interessi accessori all'imposta complementare. 


Per la dottrina, oltre gli autori citati, cfr., in vario senso: AzzA,RITI G., 

La discipfina degli interessi di mora sulle tasse e imposte indirette sugli 

affari, Riv. dir. fin. 1966, I, 507; BATISTONI FERRARA, Gli interessi di mora 

sulle tasse e imposte indirette sugli affari, Riv. dir. fin. 1967, I, 283; BER


RUTI, Regist1�0 e successione -imposta complementare -interessi di mora 


presunzione di colpevolezza del contribuente, Le Massime, 1964, 29; BARONE, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con tale mezzo l'Amministrazione delle finanze, denunziando violazione 
e falsa applicazione dell'art. 3 della 1. 14 luglio 1965, n. 818, in 
relazione agli articoli 3 e 5 del c. p. c., sostiene che la sospensione dei 
termini disposta da tale legge non si applica nel giudizio di opposizione 
ad ingiunzione fiscale, avendo esso natura di opposizione alla esecuzione, 
e lamenta che la Corte del merito abbia contraddittoriamente 
ritenuto il contrario, pur riconoscendo che la ingiunzione fiscale �costituisce, 
ad un tempo, atto di accertamento e primo atto di coercizione. 

La censura non � fondata. 

La sospensione dei termini processuali prevista dalla 1. 14 luglio 
1965, n. 818, non si applica (art. 3 1. cit.) nelle cause contemplate nell'art. 
92 dell'ordinamento giudiziario, che, nell'autorizzare la trattazione, 
durante il periodo feriale, delle cause di natura urgente, indi�ca, all'uopo, 
tra l'altro, quelle � di opposizione all'esecuzione �. 

Trattasi, dunque, di vedere se tale debba ritenersi, a questo fine, 
la opposizione ad ingiunzione fiscale. 

L'espressione, adoperata dall'art. 92 citato, � letteralmente corrispondente 
a quella usata nella intestazione della sezione del codice di 
procedura civile (sez. 1 del Capo 1, Titolo V del libro dell'esecuzione), 
relativa ai giudizi con cui si contesta il diritto della parte istante a 
procedere ad esecuzione forzata, per cui � da ritenere che, con la 
predetta espressione, il legislatore abbia inteso far riferimento a tali 
giudizi, senza che nulla autorizzi ad estendere la relativa previsione a 
procedimenti di natura speciale, quali le opposizioni ad ingiunzione 
fiscale. Peraltro, che tali giudizi siano estranei alla previsione della 
norma in esame, risulta non solo dalle dispute dottrinarie sulla loro 
natura (dispute che avrebbero indotto il legislatore a farne espressa 
menzione se egli 'avesse voluto assoggettarli allo stesso regime feriale), 
ma anche dal fatto concreto che la maggior parte di essi, richiedendo, 

La legge sugli interessi rnoratori sulle somme dovute allo Stat�o per i tri


buti indiretti, Riv. leg. fisc., 1966, 1305; FIORDALISI, La questione degli inte


ressi moratori in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, Giust. 

trib., 1967, 1; ROTONDI A., Interessi di mora in materia di tasse ed imposte 

indirette sugli affari, Arch. fin., 1966, XIII, 88. 

Nelle sentenze in rassegna la Corte Suprema, con un approfondito esame 

della materia, in riferimento al sistema stesso dell'accertamento tributario, 

che comporta l'obbligo del contribuente di fornire gli elementi necessari 

alla liquidazione dell'imposta, ha correttamente rilevato che tra i detti 

elementi � compreso il valore dei beni, ed ha sottolineato che la dichia


razione deve riguardare il �valore effettivo�, e che, pertanto, essendo �evi


dente la diretta incidenza dell'insufficiente dichiarazione di valore sulla 

liquidazione dell'imposta � appare � logica la conclusione che la liquida


zione dell'imposta complementare, che in tal caso si renda necessaria, deriva 

da insufficienza di elementi occorrenti alla liquidazione, e, quindi, integra 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 889 

all'epoca, come condizione di proponibilit�, l'adempimento del � solve 
et repete � (con cui rimaneva soddisfatta la finalit� esecutiva dell'ingiunzione), 
non poteva, in pratica, essere inquadrata nella categoria 
delle opposizioni all'esecuzione, ed assumeva principalmente la funzione 
di contestazione della pretesa tributaria in s�. 

Ove, poi, si consideri che col richiamo all'art. 92 in esame il legislatore 
ha inteso introdurre delle eccezioni al principio -accolto dalla 
legge n. 818 del 1965 -secondo cui durante le ferie i difensori hanno 
diritto ad un adeguato periodo di riposo, e che la portata delle eccezioni 
non pu� estendersi oltre i limiti segnati dalla norma che le prevede, pu� 
concludersi che tra i giudizi esclusi, per l'art 3 della 1. 14 luglio 1965, 

n. 818, dalla sfera di applicazione della legge stessa, non rientrano le 
opposizioni ad ingiunzione fiscale. 

Il ricorso incidentale va, quindi, rigettato. 

Prima di passare all'esame del ricorso principale occorre dare 
atto che nella discussione orale la difesa della Proverbio, pur senza 
sollevare formalmente la relativa eccezione, ha posto in dubbio la 
legittimit� costituzionale delle leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962, 
per preteso contrasto con l'art. 3 Cost.: cio� per la disparit� di trattamento 
che esse verrebbero a creare fra lo Stato ed ogni altro creditore 
(a tutto vantaggio del primo) in dipendenza del fatto che all'Erario 
viene riconosciuto contemporaneamente il diritto agli interessi ed il 
diritto alla sopratassa, aventi entrambi identica funzione risarcitoria. 

� sufficiente in proposito osservare che la questione non � rilevante 

ai fini della definizione del giudizio, non risultando nella specie n� 

pagata n� pretesa la sopratassa e discutendosi soltanto del diritto agli 

interessi. Di tale questione non �, quindi, necessario deliberare la fon


datezza. 

Con il primo motivo del ricorso principale la Proverbio, denunciando 
la violazione dell'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e 

il presupposto voluto dalla legge per la decorrenza retroattiva degli inte


ressi�. 

Nelle sentenze stesse (seconda parte delle massime in esame), si am


mette, peraltro, sia pure senza un approfondimento della questione (che non 

rientrava, per vero, nell'economia della pronuncia), che gli interessi siano 

invece dovuti dalla data della Uquidazione complementare, allorch�, essendo 

la divergenza, tra il valore dichiarato e quello accertato, di modesta entit�, 

tale da potersi ragionevolmente attribuire ad uno scusabile diverso apprez


zamento degli elementi di valutazione, possa l'insufficiente dichiarazione 

ritenersi non dipendente da fatto imputabile al contribuente, e quindi com


portare l'applicabilit� della disposizione del secondo comma dell'art. unico 

della legge n. 147 del 1962. 

Una parte della dottrina ha, appunto, ritenuto collegabile l'indicata 

disposizione ai principi di cui all'art. 1218 e.e., pur non senza rilevare la 

difficolt� di � configurare fattispecie nelle quali la dichiarazione di un valore 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

degli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, sostiene 
che l'ingiunzione di coazione � consentita all'amministrazione delle 
Finanze per la riscossione di tasse, sopratasse e pene pecuniarie, e che, 
trattandosi di un mezzo eccezionale, non pu� essere impiegata per la 
riscossione di entrate diverse da quelle espressamente previste dalla 
legge, quali gli interessi di mora. 

La censura non � fondata. 

Pur avendo natura autonoma, il credito degli interessi partecipa 
della natura del credito principale, e, come esso � assistito, sia pure 
entro determinati limiti, dalla garanzia e dal privilegio che assistono 
quest'ultimo (artt. 2855, 2749 c. c.), cos� non pu� escludersi che per 
la sua realizzazione possa farsi ricorso al procedimento previsto per la 
realizzazione del credito principale. 

Sono gi�, queste, considerazioni valide per ritenere che la ingiunzione 
di coazione, consentita per l'imposta, sia legittima anche per la 
riscossione degli interessi, cos� come, ricorrendo le condizioni per ottenere 
il comune decreto ingiuntivo, nessuno dubita che questo possa 
essere emesso anche per gli interessi sul credito domandato. 

Peraltro, la ingiunzione di coazione non � quel mezzo eccezionale 
che la ricorrente mostra di ritenere, ma il mezzo normale, nel campo 
della riscossione delle imposte indirette e delle entrate patrimoniali 
dello Stato, costituendo esso un?-applicazione, nella materia della riscossione 
dei crediti, del generale principio secondo cui la Pubblica 
Amministrazione pu�, normalmente, realizzare le proprie pretese senza 
necessit� di farne previamente accertare dal giudice la fondatezza. 

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa 
applicazione della 1. 28 marzo 1962, n. 147, e degli artt. 2 della 1. 26 gennaio 
1961, n. 29, e 15, 16, 17, 18 e 19 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. 

inferiore a Quello venale non sia riconducibile a colpa � (BATISTONI FERRARA, 
op. loc. cit.). 

Da altra parte, invece, si � individuata nella norma, di cui si � ritenuta 
l'applicabilit� alla sola_ ipotesi di liquidazioni suppletive, la previsione 
di oggettiva non riferibilit� al contribuente della mancanza o dell'insufficienza 
degli elementi occorrenti alla liquidazione; il che ne escluderebbe 
l'operativit�, dunque, in rapporto ad insufficiente valutazione, restando in 
tal caso sempre applicabili gli interessi dalla data di esigibilit� del tributo 
principale (AZZARITI, ROTONDI A., ROTONDI M., opp. locc. citt.). 

E pu� qui osservarsi, appena accennandosi a qualche aspetto della 
questione, che un'interpretazione che prescinda dal dato soggettivo, o quanto 
meno lo consideri con riguardo non gi� genericamente alla � causa " non 
imputabile, che possa intendersi come mera assenza di colpa, bens�, in 
riferimento soltanto ad eventi positivamente da accertare quali impeditivi 
dell'esatto adempimento da parte dell'obbligato (come nelle ipotesi prospettate 
dal PAJARDI, loc. cit., che fa l'esempio di errori in mercurali o in certi



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 891 

nonch� omessa od insufficiente motivazione su punto decisivo, e lamenta 
che la Corte del merito, erroneamente attribuendo al concordato fiscale 
valore di una confessione di responsabilit� del contribuente, abbia a 
torto ravvisato nella mera divergenza tra il valore dichiarato dal contribuente 
stesso e quello da lui poi accettato (in adesione alla determinazione 
fattane dall'ufficio) il presupposto per la decorrenza retroattiva 
degli interessi sulla imposta complementare di successione. 

Sostiene, in proposito, che gli elementi, occorrenti alla liquidazione 
dell'imposta, che il contribuente � obbligato a fornire con la 
denuncia di successione, consistono nella indicazione dei beni e nelle 
opportune particolari notizie sulla loro consistenza e sulla loro ubicazione, 
mentre il valore -pur essendone richiesta la enunciazione � 
oggetto di accertamento da parte dell'ufficio, che, contrariamente a 
\J.Uanto apoditticamente affermato nella impugnata sentenza, � l'unico 
destinatario delle norme di cui agli artt. 15, 16, 17, 18 e 19 del citato 

r. d. del 1936, n. 1639. 
Peraltro -soggiunge la ricorrente -il contribuente potrebbe non 
essere in grado di procedere alla complessa determinazione prevista 
dalle norme predette, il cui carattere imperativo �, comunque, escluso 
per il denunciante dalla previsione (art. 17, u. c., r. d. cit.) del rifiuto 
di indicazione del valore: comportamento, questo, cui i contribuenti 
si indurrebbero ad adeguarsi, per evitare, con il rischio di una divergenza 
rispetto al valore ritenuto dall'ufficio, il pagamento degli interessi 
di mora sull'eventuale imposta complementare. 

Afferma conclusivamente la Proverbio che la denuncia di successione 
da lei presentata era regolare (tanto che l'ufficio del registro non 
ha adottato i provvedimenti di cui all'art. 52 del r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3270) e che, essendo stata tempestivamente pagata l'imposta deterficazioni 
dell'autorit�, le cui risultanze siano da assumere a base della 
dichiarazione), sembra meglio rispondente anche alla natura degli interessi 
in discorso. A tali interessi, invero, nella premessa che il credito d'imposta 
� da ritenere legalmente liquido, nella sua interezza, fin dalla scadenza 
(e per il fatto stesso della scadenza) del termine entro il quale il contribuente 
deve rendere la dichiarazione, riferita anche all'� effettivo valore� 
dei beni (sui concetti di liquidit�, con riferimento all'ipotesi in cui competa 
al debitore di determinare il contenuto della prestazione, ovvero di fornire 
gli elementi occorrenti per tale determinazione, cfr. BIANCA, Dell'inadempimento 
delle obbligazioni, Commentario ,c. c. Scialoja e Branca, Bologna, 
1967, 19 ss.; e si noti, quindi, che la liquidit� -comunque espressamente 
prevista dalle leggi che regolano la mat�ria in esame, come rilevato 
nelle sentenze in nota -pu� gi� desumersi dai principi), pu� dirsi 
assegnata in ogni caso una funzi-One compensativa (beninteso, con riguardo 
alla produttivit� del danaro: cfr. Cass. Sez. Un. 4 gennaio 1964, n. 6, in 
questa Rassegna, 1964, I, ed ivi ampi richiami in nota), che non contrasta, 
in principio, con la qualificazione di � moratori � attribuita dalla legge agli 

15 


892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

minata in base al valore concordato, non � neppure iniziato a decorrere 
il termine per gli interessi predetti. 

La censura non � fondata. 

L'articolo unico della 1. 28 marzo 1962, n. 147, nel chiarire la 
portata della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, relativamente alle imposte 
indirette di natura complementare, dispone che gli interessi moratori, 
dovuti sulle somme da corrispondersi all'Erario per il tributo complementare 
che non pot� essere liquidato originariamente per mancanza od 
insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione, decorrono dallo 
stesso giorno m cui � dovuto il tributo principale, salvo che l'accertamento 
complementare sia stato determinato da fatto non imputabile 
al contribuente. 

Occorre, quindi, stabilire: 

a) se anche la dichiarazione, da parte del contribuente, di un 
valore dei beni, compresi nella successione, inferiore a quello effettivo, 
realizza quella e insufficienza di elementi occorrenti alla liquidazione � 
assunta dalla legge a presupposto della decorrenza retroattiva degli 
interessi sulla imposta complementare; 

b) se, in ipotesi affermativa, nella specie risulti imputabile alla 
contribuente l'accertata insufficiente dichiarazione di valore. 

La liquidazione dell'imposta di successione, come, del resto, della 
maggior parte delle imposte, avviene col concorso dell'attivit� del soggetto 
passivo del relativo rapporto, chiamato dalla legge a fornire i 
necessari elementi per la determinazione quantitativa della obbligazione 
tributaria. 

Tale concorso si esplica adempiendo all'obbligo di fornire (secondo 
quanto dispone l'art. 51 del r. d. del 1923, n. 3270), con l'apposita 
denuncia, una particolareggiata notizia dei beni compresi nella sue-

interessi medesimi (cfr. G10RGIANNI, L'inadempimento, Milano, 1959, 152 ss., 
per la considerazione della disposizione dell'art. 1282 e.e. quale norma regolatrice 
di interessi moratori): sicch� sarebbe giustificata l'anteriore decorrenza 
degli interessi dalla data in cui il tributo, per l'intero, debba considerarsi 
liquido, a prescindere da ogni indagine sulla colpa nel ritardo, 
mentre soltanto resterebbe da accertare, ed a tale ipotesi potrebbe intendersi 
riferita la ripetuta disposizione del secondo comma dell'art. unico 
della legge del 1962, se, in singoli casi, quando non spetti al contribuente 
l'indicazione e determinazione degli elementi, o di alcuni degli elementi, 
occorrenti alla liquidazione (e cosi, quindi, anche nel caso che egli debba 
limitarsi ad indicare dati desunti da mercuriali, da certificati dell'autorit�, 
ecc., come negli esempi innanzi ricordati), possa dirsi non collegabile la 
legale liquidit� del credito all'obbligo della dichiarazione, e, quindi, escludersi, 
sotto questo profilo, attesa la non riferibilit� della situazione alla 
attivit� del contribuente medesimo, e perci� per fatto a lui non imputabile, 
la ricorrenza dello stesso presupposto dell'obbligazione degli interessi. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 

:essione, l'indicazione del loro valore e gli opportuni elementi per far 
:onoscere la natura, la situazione e l'importanza dei beni stessi. 

L'art. 15 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, poi, con riferimento al 
1econdo di tali elementi, precisa che il valore cui va commisurata 
'imposta � quello venale in comune commercio al giorno del trasfe
�imento, determinato secondo i criteri di cui al successivo art. 16. 

Che tali norme e quelle immediatamente successive siano mere 
iorme di azione, dirette soltanto all'amministrazione finanziaria, � 
iscluso dal fatto che esse disciplinano una importante fase dell'acceramento 
dell'obbligazione tributaria, di cui il contribuente � soggetto 
>assivo, enunciando criteri obiettivi per la determinazione dell'impotibile 
(non rilevando in contrario che l'attuazione concreta di taluna 
li esse richieda un'attivit� prevalente dell'ufficio), e dalla considera;
ione che, in caso di dichiarazione di valore inferiore rispetto a 
tuello che risulta dall'applicazione dei criteri posti da tali norme :
ui anche gli organi del �contenzioso debbono uniformarsi -l'art. 72 
lel r. d. del 1923, n. 3270, prevede la sanzione della sopratassa: il 
:he dimostra altresi che trattasi di norme imperative, se a tal fine 
ton fosse gi� sufficiente il principio secondo cui tali sono normalmente 
utte le norme di diritto pubblico. 

Si evince, dunque, dal combinato disposto degli artt. 51 del r. d. 
lel 1923, citato, e 15 del r. d. del 1936, n. 1639, che il contribuente 
La l'obbligo giuridico di dichiarare il valore effettivo dei beni. 

Considerando, poi, che a norma dell'art. 17 di quest'ultimo r. d. 
a liquidazione del tributo deve aver luogo sul valore dichiarato dal 
,ontribuente (valore che, quindi, rientra testualmente fra gli � elenenti 
occorrenti alla liquidazione � ), � evidente la diretta incidenza 
!ella insufficiente dichiarazione di valore sulla liquidazione dell'im1osta, 
e, conseguentemente, � logica la conclusione che la liquidazione 
.ell'imposta complementare, che in tal caso si renda necessaria, deriva 
:a � insufficienza di elementi occorrenti alla liquidazione ., e, quindi, 
ritegra il presupposto voluto dalla legge per la decorrenza retroattiva 
.egli interessi. 

Conforta tale conclusione la citata disposizione dell'art. 72 del 
. d. del 1923, n. 3270, che, comminando, nei casi ivi previsti, la sanione 
della sopratassa per insufficiente dichiarazione di valore, qualfica 
implicitamente illecito il relativo comportamento del contri
�uente. 

Non sono, poi, fondate le osservazioni della ricorrente secondo cui: 
) non potrebbe addebitarsi al contribuente la conseguenza della diergenza 
di valori, potendo essa dipendere da una scusabile ignoanza 
degli elementi necessari per la determinazione del valore venale 
1 comune commercio; b) potrebbe agevolmente evitare la sanzione 
egli interessi (e ne risulterebbe, cosi, ingiustificatamente avvantag



894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giato) quel contribuente che omettesse del tutto la indicazione del 
valore, lasciando all'ufficio l'iniziativa della sua determinazione anche 
ai fini dell'imposta principale. 

� agevole, infatti, rilevare in contrario che, nella ipotesi in cui, 

o per la modesta entit� della differenza di valori o per altre particolari 
circostanze concrete, la insufficiente dichiarazione possa qualificarsi 
come fatto non imputabile al contribuente, � la stessa legge 
(ultima parte dell'art. unico della 1. 28 marzo 1962, n. 147) che 
esclude la decorrenza retroattiva degli interessi, disponendo che, in 
tal caso, essi sono dovuti dal giorno della liquidazione del tributo 
complementare. 
In ordine alla seconda osservazione, poi, � appena il caso di rilevare 
che nella ipotesi di rifiuto del contribuente di dichiarare il valore 
dei beni, la liquidazione dell'eventuale imposta complementare (che, 
per l'art. 17 u. p. del r. d. del 1923, n. 3270, � possibile pur quando la 
determinazione del valore sia stata fatta originariamente dall'ufficio) 
dipende pur sempre (e con pi� evidenza) dalla mancanza di un elemento 
che il contribuente era tenuto a fornire, e non esonera affatto 
quest'ultimo dal pagamento degli interessi secondo la legge n. 147 
del 1962. 

Pu�, dunque, conclusivamente affermarsi che, ove la necessit� 
della liquidazione complementare dell'imposta di successione sia stata 
determinata dalla insufficiente dichiarazione di valore da parte del 
contribuente denunciante, � legittima l'applicazione degli interessi 
moratori sull'imposta complementare (ai sensi delle leggi n. 29 del 1961 
e n. 147 del 1962) con decorrenza dalla data in cui � dovuta la imposta 
principale, salvo che la divergenza fra il valore dichiarato e quello 
accertato dipenda da :fatto non imputabile al contribuente. 

Che, poi, nella specie, tale divergenza fosse imputabile alla con


tribuente, odierna ricorrente, � stato accertato dalla Corte di merito 

con apprezzamento di fatto che, non essendo censurato sotto il profilo 

della motivazione, si sottrae al sindacato di questa Suprema Corte. 

Ha affermato, invero, la sentenza impugnata che, data la macroscopica 
differenza fra il valore dichiarato e quello sulla cui base � 
avvenuta la liquidazione complementare (differenza che si concreta 
nella rilevante somma di lire 387.936.000, e che � superiore .al triplo 
del valore dichiarato) la denuncia, bench� completa quanto al numero 
e all'entit� dei cespiti, non era fedele, e che la predetta differenza 
derivava non gi� da un ragionevole diverso apprezzamento degli elementi 
assunti dalla legge a base della determinazione del valore 
venale, ma dalla volont� della contribuente di sottrarre all'Erario 
gran parte del tributo. 

I 
I
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... . 
. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

N� la sentenza � incorsa nell'errore (che la ricorrente le imputa) 
di avere equiparato il concordato ad una confessione di responsabilit� 
del contribuente. 

Lungi dall'affermare un siffatto principio, invero, la Corte d'appello 
ha compiuto solo un apprezzamento di merito, assumendo l'adesione 
della Proverbio alla determinazione di valore fatta dall'ufficio, 
in relazione alla enorme differenza rispetto a quello dichiarato e al 
rilevante carico di imposta che ne derivava, quale elemento atto a 
dimostrare che, in concreto, esisteva, anche sotto il profilo obbiettivo, 
una grande differenza di va!ore, tale da non potersi ragionevolmente 
attribuire ad uno scusabile diverso apprezzamento dei criteri fissati 
dall'art. 16 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. 

Non giova, infine, alla ricorrente addurre il fatto dell'accettazione 
della denuncia da parte dell'ufficio, senza osservazioni, per accreditare, 
in base all'art. 52 del r. d. del 1923, n. 3270, la tesi della regolarit� 
della denuncia stessa. 

In proposito � sufficiente osservare che di fronte ad una denuncia 
che contenga la indicazione del valore, non vi � luogo all'applicazione 
dell'art. 52, essendo invece previsto, per l'adeguamento di tale 
elemento all'imponibile stabilito dalla legge (val9re venale in comune 
commercio) il diverso procedimento di cui all'art. 20 del r. d. 7 agosto 
1936, n. 1639. 

Giova, da ultimo, osservare, che la divergenza di valori, allorch� 
si verifica, � il risultato non gi� di un mero soggettivo apprezzamento 
dell'amministrazione finanziaria, ma di un accertamento obiettivo demandato 
agli organi del contenzioso, che, in mancanza di concordato, 
il contribuente ha facolt� di adire per chiedere la revisione del valore 
reputato equo dall'ufficio ed ottenerne la giusta determinazione. 

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa 
applicazione delle leggi 28 marzo 1962, n. 147, e 29 gennaio 1961, n. 29, 
nonch� degli artt. 1224 e 1282 c. c., lamenta che la Corte del merito 
abbia qualificato moratori gli interessi in parola e nel contempo ritenuto 
irrilevante il requisito della colpevolezza. Sostiene, in proposito, 
che collegando il debito degli interessi all'art. 1224 c. c., esso non pu� 
sussistere se non come conseguenza di un ritardo colpevole nell'adempimento, 
mentre, collegandolo all'art. 1282 c. c., esso non pu� derivare 
che da un credito liquido ed esigibile, quale non era, nella specie, 
il tributo complementare, prima della liquidazione. 

La censura non � fondata. 

La sentenza impugnata, pur con argomentazione non sempre lim


pida, ha inteso dire che il debito degli interessi (che la stessa legge 

qualifica � moratori �) sussiste indipendentemente da un ritardo colpe


vole nell'adempimento dell'obbligazione principale (concernente il tri


buto complementare) cui accede: ci� nel senso che, una volta accer



J 

896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tata, come nella specie, la dipendenza della liquidazione complementare 
dalla insufficienza degli elementi forniti dal contribuente, detti 
interessi, pur mancando la mora nel pagamento della relativa imposta 
(complementare), si collegano, per espresso dettato legislativo (ed in 
deroga ai principi comuni) all'anteriore momento in cui, con il presupposto 
della obbligazione tributaria, � sorto il diritto dell'Erario a 
percepire l'imposta nel suo intero ammontare, commisurato al valore 
venale dei beni quale risulter� dal definitivo accertamento. 

Ed in tal senso il pensiero della sentenza � aderente alla legge, 
come risulta dalle considerazioni svolte in relazione al precedente 
motivo. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -I ricorrenti hanno, nella memoria e nella discussione 
orale, pur senza proporre formalmente la relativa eccezione, adombrato 
la illegittimit� delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 
1962, n. 147, per preteso contrasto con l'art. 3 della Costituzione: 
realizzerebbe -essi sostengono -una disparit� di trattamento fra lo 
Stato ed ogni altro creditore, a tutto vantaggio del primo, il fatto 
che le leggi in parola accordino al Fisco, contemporaneamente, il 
diritto agli interessi ed alla sopratassa, aventi entrambi identica funzione 
risarcitoria. 

� sufficiente, in proposito, osservare che nella specie si discute 
unicamente della sussistenza del diritto agli interessi, e che non risulta 
n� pagata n� pretesa la sopratassa. La questione appare, quindi, priva 
di rilevanza ai fini della definizione del presente giudizio, per cui non 
� necessario deliberarne la fondatezza o meno. 

Con l'unico motivo di ricorso gli eredi Neuman, denunciando violazione 
degli artt. 1, 2 e 3 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, dell'articolo 
unico della 1. 28 marzo 1962, n. 147, degli artt. 75, 51 e 52 della 

1. 30 dicembre 1923, n. 3270, nonch� violazione della legge 11 agosto 
1939, n. 1248 e degli artt. 1282 e 1224 �C. c., lamentano che la corte 
di merito abbia, a torto, ravvisato nella insufficiente dichiarazione di 
valore da parte del contribuente, ai fini della imposta di successione, 
un presupposto idoneo per la applicazione degli interessi moratori sulla 
relativa imposta complementare con decorrenza retroattiva. 
In proposito, premesso che detti interessi presuppongono la mora, 
che non pu� sorgere se non dopo venti giorni dalla notificazione della 
liquidazione dell'imposta, e che nella specie la denuncia di successione 
era in tutto completa e dettagliata quanto alla indicazione dei cespiti, 
(sicch�, costituirebbe un mero lapsus la contraria affermazione della 
sentenza), essi sostengono che l'ipotesi di mancanza od insufficienza 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 897 

di elementi occorrenti per la liquidazione (cui accenna la legge, nel 
prevedere la decorrenza retroattiva degli interessi) ricorre quando 
la denuncia non contenga gli elementi necessari alla identificazione 
dei beni (si da autorizzare l'ufficio a rifiutarla, o chiedere le opportune 
rettifiche, a norma dell'art. 52 della 1. n. 3270 del 1923), e non anche 
quando il valore dichiarato dal contribuente sia inferiore a quello 
ritenuto dall'amministrazione in conseguenza del suo diverso soggettivo 
apprezzamento. 

Una conferma di tale assunto -soggiungono i ricorrenti -si 
rinviene nella legge interpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, che 
collega la sanzione della retroattivit� degli interessi alla mancanza 
od insufficienza delle dichiarazioni del contribuente, senza pi� far 
cenno del requisito della � fedelt� � menzionato nella legge interpretata 
del 1961, n. 29. 

La censura non � fondata. 

La legge 26 gennaio 1961 n. 29, nello stabilire l'obbligo e la misura 
degli interessi moratori sulle somme dovute all'Erario per tasse 
ed imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di 
omissione di formalit� o di omessa autotassazione, o di insufficiente 

o mancata denuncia, detti interessi decorrono dal giorno in cui la 
tassa o la imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� fosse stata 
eseguita o l'autotassazione effettuata o la. denuncia presentata in forma 
completa e fedele. 
Con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed 
imposte predette, cio� a quella parte che non pot� essere liquidata 
originariamente per mancanza od insufficienza degli elementi occorrenti, 
la legge interpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, chiarisce che 
gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale, 
salvo che la mancanza od insufficienza, che abbiano impedito 
la originaria integrale liquidazione, siano dipese da fatto non imputabile 
al contribuente (nel qual caso gli interessi sul tributo complementare 
decorrono dal giorno della sua liquidazione). 

Va, anzitutto, disattesa la eccezione pregiudiziale dei ricorrenti, 
secondo cui le leggi in parola non si applicherebbero alla imposta di 
su�cessione perch� questa sarebbe un'imposta � diretta �, tale essendo 
qualificata dalle pi� recenti leggi di approvazione dei bilanci dello 
Stato, aventi, secondo i ricorrenti, valore di interpretazione autentica. 

La distinzione delle imposte in � dirette � ed � indirette � si ricollega 
al modo di manifestarsi della ricchezza che � espressione della capacit� 
contributiva, dando, appunto, luogo alla imposizione diretta quella 
ricchezza che si manifesta attraverso la esistenza di un reddito ricorrente 
o di una situazione patrimoniale duratura, ed alla imposizione 
indiretta quella che si manifesta attraverso il compimento di specifici 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti o negozi giuridici o il verificarsi, comunque, di situazioni transeunti. 


La distinzione ha notevole rilevanza concreta, essendo a base delle 
varie leggi che, in maniera diversa per i due tipi di imposte, disciplinano 
il sistema di accertamento, di riscossione e del contenzioso 
e le relative competenze. 

Ora, la imposta di successione non solo ha le caratteristiche obiettive 
di quelle � indirette �, perch� il suo presupposto � costituito da 
un determinato evento giuridico, quale la trasmissione della propriet� 
o di altro diritto per causa di morte, ma positivamente soggiace 
alla disciplina delle imposte indirette, perch� l'accertamento non � 
periodico ma occasionato dal singolo evento suc.cessorio (art. 51 r. d. 1. 
30 dicembre 1923, n. 3270), ed avviene con i criteri comuni all'imposta 
di registro (art. 15 r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, che prevede entrambe 
dette imposte sotto il titolo III, che segue a quello concernente le 
imposte dirette), ad opera degli uffici del Registro (art. 61 segg. r. d. 1. 

n. 3270 del 1923), mentre per la riscossione � previsto non gi� il sistema 
del ruolo (tipico delle imposte dirette), ma il sistema della ingiunzione 
(art. 92 r. d. 1. n. 3270 cit.), contro cui � data l'azione giudiziaria 
indipendentemente dal reclamo amministrativo (art. 93 r. d. 1. 
n. 3270 cit.), il cui previo esperimento �, invece, condizione di proponibilit� 
dell'azione giudiziaria nel sistema del contenzioso proprio 
delle imposte dirette (art. 22 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639). 
Ora, premesso che le leggi interpretative sono quelle che hanno 
lo scopo di chiarire, con efficacia generale e retroattiva, il significato 
di una determinata legge, � evidente che tali non possano essere le 
leggi di bilancio (specie rispetto ad un complesso sistema di norme e 
di principi quale quello delineato), avendo esse la limitata funzione 
di sanzionare con l'autorit� dell'atto legislativo la ripartizione delle 
entrate e delle spese dello Stato e la loro iscrizione nei capitoli, quali 
strumenti per la ordinata applicazione, sul piano contabile, delle norme 
sostanziali che costituiscono il titolo giudirico delle predette entrate 
e spese. 

N� il risultato preteso dai ricorrenti pu� derivare per via di abrogazione 
implicita, perch� la natura di legge meramente formale riconosciuta 
alla legge di bilancio (art. 81 Cost.) non consente di ravvisarvi 
una volont� legislativa idonea a modificare norme preesistenti. 

Nel merito, giova anzitutto rilevare che � vano il richiamo dei 
ricorrenti alle norme ed ai principi comuni che richiedono la liquidit� 
del debito quale presupposto degli interessi di mora, essendo evidente 
che a tali principi le leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962 hanno 
espressamente derogato col fissare la decorrenza degli interessi sul 
tributo complementare da un momento anteriore a quello della sua 
liquidazione. 

~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 

Trattasi, invece, atteso il tenore delle leggi in parola e la sostanza 
della censura, di stabilire: 

a) se anche la dichiarazione -da parte del contribuente di 
un valore, dei beni caduti in successione, inferiore a quello effettivo, 
realizzi quella insufficienza di elementi assunta dalla legge a presupposto 
della decorrenza retroattiva degli interessi sulla imposta complementare; 


b) se, in ipotesi affermativa, nella specie risulti imputabile ai 
contribuenti l'accertata insufficiente dichiarazione di valore. 

La liquidazione dell'imposta di successione, come del resto della 
maggior parte delle imposte, avviene col concorso dell'attivit� del soggetto 
passivo del relativo rapporto, chiamato dalla legge a fornire 
i necessari elementi per la determinazione quantitativa dell'obbligazione 
tributaria. 

Tale concorso si attua adempiendo all'obbligo (imposto dall'articolo 
51 del cit. r. d. n. 3270 del 1923) di fornire, con la apposita denuncia, 
una particolareggiata notizia dei beni compresi nella successione, 
la dichiarazione del lo:r:o valore, e le indicazioni sufficienti per 
farne conoscere la natura, la situazione e la importanza. 

L'art. 15 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, poi, con riferimento al 
secondo di tali elementi, precisa che il valore cui va commisurata 
l'imposta � �quello venale in comune commercio al giorno del trasferimento, 
determinato con riguardo agli elementi di cui al successivo 
art. 16. 

Dal combinato disposto di tali norme si evince che il contribuente 
ha l'obbligo di dichiarare il valore effettivo dei beni caduti in successione. 


N� vale in contrario osservare che l'accenno al requisito della 
e fedelt� � della denuncia (contenuto nell'art. 3 della 1. 26 gennaio 1961, 

n. 29) non figuri pi� nella 1. 28 marzo 1962, n. 147, sia perch� la mancata 
enunciazione di quell'elemento non muta la sostanza del dettato 
legislativo, sia perch� detta enunciazione non era necessaria alla finalit� 
interpretativa della legge successiva, diretta a chiarire che la 
decorrenza degli interessi sul tributo complementare (con la cui definizione, 
appunto, la lettera della legge n. 147 � stata fatta coincidere) 
debba essere ancorata alla data di esigibilit� del tributo principale ove 
la liquidazione complementare sia determinata da un fatto imputabile 
al contribuente. 
Stante ci�, considerato che, a norma dell'art. 17 del r. d. I. 7 agosto 
1936, n. 1639, la liquidazione del tributo principale deve farsi sul 
valore dichiarato dal contribuente (valore che, quindi, rientra testualmente 
fra gli � elementi occorrenti alla liquidazione � ), � evidente la 
diretta incidenza della insufficiente dichiarazione di tale valore sulla 


J 

900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

liquidazione della imposta e, conseguentemente, � logica la conclusione 
che l'applicazione della imposta complementare �, in tal caso, 
determinata da quella � insufficienza degli elementi oc�correnti alla 
liquidazione ., prevista dalla 1. 28 marzo 1962, n. 147, quale presupposto 
per la decorrenza retroattiva degli interessi. 

Del resto, la stessa legge (art. 72 r. d. del 1923, n. 3270), comminando 
la sanzione della sopratassa in particolari ipotesi di insufficiente 
dichiarazione di valore, presuppone in tali casi la avvenuta violazione 
di un preciso obbligo di legge. 

Ne � fondata l'osservazione dei ricorrenti, secondo cui non pu� 
addebitarsi al contribuente la conseguenza di una divergenza di valori 
che pu� dipendere da differenti apprezzamenti soggettivi (fra il contribuente, 
eventualmente in perfetta buona fede, e l'ufficio), o essere 
determinata da effettiva e scusabile ignoranza, da parte del primo, 
degli elementi necessari per la determinazione del valore venale in 
comune commercio dei beni caduti in successione. 

In contrario, � agevole osservare, anzitutto, che nella ipotesi in 
cui, per la modesta entit� della divergenza o per altre particolari 
circostanze del caso concreto, 1a insufficiente dichiarazione di valore 
possa qualificarsi come fatto non imputabile al contribuente, la legge 
non prevede alcuna conseguenza sfavorevole a quest'ultimo, disponendo 
espressamente che in tal caso gli interessi sul tributo complementare 
decorrono dal giorno in cui ne � avvenuta la liquidazione 
(art. unico, ult. parte, 1. n. 147 del 1962). 

Inoltre, l'eventuale Jivergenza � normalmente il risultato, non gi� 
di un mero soggettivo (e tanto meno arbitrario) apprezzamento della 
Amministrazione Finanziaria, ma di un accertamento obiettivo demandato 
agli organi dal contenzioso tributario, che, in mancanza di 
concordato, il contribuente ha facolt� di adire. 

Pu� dunque conclusivamente affermarsi che ove la necessit� della 
liquidazione complementare dell'imposta di successione sia stata determinata 
dalla insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente 
denunciante, � legittima l'applicazione degli interessi moratori, 
sulla imposta complementare, con decorrenza dalla data in cui � 
dovuta l'imposta principale, salvo che la divergenza fra il valore 
dichiarato e quello accertato dipenda da fatto non imputabile al contribuente 
stesso. 

Accertare la sussistenza o meno del fatto non imputabile al contribuente 
implica una indagine delle particolari circostanze del caso 
concreto, che rientra nei poteri del giudice di merito. 

Nella specie, appunto, � stato accertato dalla Corte d'Appello che 
la divergenza di valore su cui � stata liquidata la imposta complementare 
a carico degli eredi Neuman dipendeva da un fatto imputabile 
a questi ultimi. 

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PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 

Detta Corte, infatti, dato atto che la divergenza si concreta nella 
differenza tra le lire 489.491.500 accertate e le lire 175.000.000 dichiarate 
(cio� nella rilevante cifra di ben lire 314.491.500), ha affermato 
che essa � dipesa da fatto imputabile ai contribuenti per avere essi 
violato, tra l'altro, le precise norme delle leggi tributarie concernenti 
i criteri cui avrebbero dovuto uniformarsi per la indicazione dei valori 
denunciati. Tale affermazione (che, non essendo stata censurata sotto 
il profilo della motivazione, si sottrae a sindacato in questa sede) 
implica, appunto, che la notevole differenza riscontrata non deriv� 
da alcun ragionevole diver.so apprezzamento -da parte dei contribuenti 
-degli elementi assunti dalla legge per la determinazione 
del valore dei beni, e che, invece, i contribuenti stessi, consapevoli che 
il valore dichiarato era ben lontano da quello reale dei beni, hanno, 
scientemente, fornito all'ufficio in modo insufficiente quella base su 
cui, a norma dell'art. 17 cit., doveva essere liquidata l'imposta. (
Omissis). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 10 maggio 1967, n. 12 -Pres. Reale 
-Est. Giannattasio -Giordano ed altri (avv. Santelli) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Del Greco). 

Acque pubbliche -Esecuzione di opere idrauliche -Danni -Affittuari 
dei fondi danneggiati -Legittimazione -Sussiste. 

Acque pubbliche -Esecuzione di opere idrauliche -Responsabilit� 
per danni della p. a. -Potere di accertamento del giudice Sussistenza 
e limiti. 

Gli affittuari dei fondi rustici, che abbiano subito danni dalla esecuzione 
di opere idrauliche, sono legittimati a proporre l'azione di 
risarcimento non sulla base dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, che � afferente al sistema dell'espropriazione per pubblica utilit�, 
ma in virt� del generale principio dell'art. 2043 c. c., purch� in 
fatto ne ricorrano tutti i presupposti (1). 
La discrezionalit� della pubblica Amministrazione nella tutela del 
demanio idrico non esclude che essa possa incorrere in responsabilit� 
quando, per colpa, abbia provocato la lesione dei diritti del cittadino; 
pertanto l'Amministrazione, nella esecuzione delle opere che abbia ritenuto 
necessario compiere nel pubblico interesse, deve uniformarsi alle 
regole della normale diligenza ed il giudice pu� sindacare se le norme 
tecniche siano state da essa colposamente trascurate (2). 

(1) Sulla generale applicabilit� del principio del neminem laedere, ed 
in particolare in materia di regime delle acque pubbliche, cfr. Cass. 25 
luglio 1966, n. 2039, Foro it. Rep. 1966, voce: acque, nn. 116-117. 
(2) Cfr. nello stesso senso Trib. Sup. Acque 3 maggio 1965, n. 9, in 
questa Rassegna 1966, I, 468, con nota di CoLETTA, Osservazioni sull'art. 2 
del t. u. 25 luglio 1904, n. 523 delle leggi sulle opere idrauliche. Con la 
sentenza in rassegna il Tribunale Superiore conferma la propria giurisprudenza 
sul punto che l'azione per risarcimento di danni provocati dalla 
costruzione o dalla mancata manutenzione dell'opera pubblica idraulica non 
� condizionata nella sua proponibilit� alla previa emissione del provvedimento 
amministrativo previsto dall'art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, n. 523. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 903 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 9 giugno 1967, n. 17 -Pres. Reale 


Est. Scotto -Urso (avv. Ferrari) c. Assessorato Industria e Com


mercio Regione Siciliana (avv. Stato Pentinaca) ed altri. 

Acque pubbliche -Competenza del Tribunale Superiore -Desumibilit� 
dal contenuto obbiettivo dell'atto -Fattispecie. 

Poich� la competenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche 
si determina non in rapporto alla autorit� che ha emanato l'atto 
impugnato bens� al contenuto dell'atto stesso, rientra nella competenza 
di detto Tribunale il ricorso avverso un provvedimento dell'Assessorato 
Regionale per l'industria ed il commercio per la Sicilia che, seppure formalmente 
improntato a scopi di polizia mineraria, abbia inciso direttamente 
ed oggettivamente in materia di concessione di acque pubbliche 
(1). 

(Omissis). -Occorre in primo luogo prendere in esame l'eccezione 
di incompetenza proposta dall'Amministrazione resistente e dalla controinteressata 
signora Anna La Lumia. 

Al riguardo si devono tener presente i seguenti principi affermati 
dalla giurisprudenza: 1) La giurisdizione dei Tribunali delle acque 
pubbliche � limitata alle questioni relative all'utilizzazione diretta e 
immediata delle acque medesime cio� alla demanialit� delle acque, 
alla legittimit� e ai limiti del provvedimento di concessione (Cons. di 
Stato, V Sez., 3 giugno 1961, n. 252); essa si estende alle controversie 
riguardanti l'occupazione totale e parziale di fondi in conseguenza dell'esecuzione 
e manutenzione di opere idrauliche (Cons. di Stato, IV 
Sez., 29 novembre 1957, n. 1129), ma non a quelle in cui si discute 
sulla legittimit� di provvedimenti comunali e pref�ttizi intesi ad attuare 
il riscatto e la municipalizzazione degli impianti per la distribuzione 
dell'acqua potabile, le quali ultime rimangono di competenza del 
Consiglio di Stato, indipendentemente dalla circostanza che in detti 

(1) Sul caso di specie non risultano precedenti. 
Per quanto concerne l'esigenza che l'atto amministrativo sia qualificato 
non soltanto in base al suo tenore letterale ed alle disposizioni legislative 
e regolamentari in esso richiamate, ma anche, e sopratutto, in base al potere 
in concreto esercitato, cfr. Cons. Stato, V Sez., 18 ottobre 1966, n. 1202, n 
Consiglio di Stato, 1966, I, 1731; Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 977, 
ivi, 1966, I, 1461. 

Il principio, poi, che la competenza del Tribunale Superiore sia determinata 
dal contenuto obbiettivo dell'atto impugnato � desumibile implicitamente 
da tutta la giurisprudenza in argomento (cfr., in particolare, Cons. 
Stato, Sez. V, 3 giugno 1961, n. 252, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 252). 


904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

impianti scorrano acque pubbliche (Cass., SS. UU., 8 febbraio 1957, 
, n. 489); e neppure a quelle relative agli impianti elettrici dopo che 
l'acqua si sia trasformata in forza motrice (T.S.A.P., 8 maggio 1956, 


n. 16; id., 29 maggio 1954, n. 16; conf. Cons. di Stato, IV Sez., 10 luglio 
1953, n. 743); 2) L'atto amministrativo va qualificato non soltanto 
in base al suo tenore letterale e alle disposizioni legislative e regolamentari 
in esso richiamate ma anche, e soprattutto, in base al potere 
in concreto esercitato dall'Autorit� amministrativa con riferimento al 
suo comportamento complessivo (Cons. di Stato, V Sez., 18 ottobre 1966, 
n. 12.02; id., 27 agosto 1966, n. 977). 
Nella specie, com'� stato precisato in narrativa, il provvedimento 

impugnato � la decisione con la quale l'Assessorato regionale per l'in


dustria e commercio per la Sicilia respinge il ricorso gerarchico pro


posto dagli odierni ricorrenti contro l'atto dell'Ingegnere Capo del 

Distretto minerario di Caltanissetta contenente l'ordine di chiusura 

del pozzo aperto nel loro terreno. Tale pro'vvedimento risulta adottato 

ai sensi della legge regionale 4 aprile 1956, n. 23 e del relativo rego


lamento 15 luglio 1957, n. 7, contenenti norme di polizia mineraria. 

Il pozzo � stato l'effetto di un sondaggio meccanico eseguito dall'Ente 

zolfi italiani in contrada � Carrubba � del territorio di Licata in un 

terreno di propriet� Urso (in applicazione della legge regionale 5 ago


sto 1949, n. 45, sulla concessione di contributi per studi e ricerche nel 

campo minerario). 

Peraltro giova tener presente, in linea di fatto, che tale sondaggio 

risultato negativo per la ricerca di zolfi, aveva determinato due effetti: 

1) aveva portato alla luce una falda acquifera della portata di 13 litri 

al minuto secondo, per la quale la ditta UrsoAngela e Mattia aveva 

presentato (in data 14 agosto 1959) istanza all'Ufficio del Genio Civile 

di Agrigento al fine di ottenere la concessione dell'intera portata di 

acqua per irrigare 12 ettari di terreno di sua propriet�; 2) aveva 

determinato la ditta La Lumia a presentare, a sua volta, istanza (in 

data 9 gennaio 1961) allo stesso ufficio del Genio civile al fine di 

ottenere la concessione in sanatoria di derivare 3 litri al secondo di 

acqua dalle sorgenti denominate Carrubba per irrigare ettari 4.40.70 

del proprio terreno piantato ad agrumeto. 

Le due domande sono state riunite con riferimento alla connessione 
fra esse esistente, in quanto interessanti il bacino di uno stesso 
corso d'acqua, e ammesse a contemporanea istruttoria con ordinanza 
30 maggio 1961 dell'Ufficio del Genio civile. Furono effettuati vari 
accessi sul luogo, durante i quali la ditta La Lumia fece presente che, 
a seguito dell'apertura del pozzo da parte dell'E.Z.I. (apertura che 
era stata benefica per la ditta Urso, in quanto aveva messo in luce 
una abbondante falda acquifera nel suo terreno) le sorgenti Carrubba 
si sarebbero completamente essiccate con grave pregiudizio della col


\.. 


' 

. 

. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 905 

tura irrigua. Seguirono trattative fra le due ditte, poi interrotte ed 
anche la citazione in giudizio, da parte della La Lumia, dell'Ente e 
:iell'Assessorato industria e commercio. Inoltre, con nota 15 febbraio 
1965, n. 1250, diretta alla ditta Urso, l'Ufficio del Genio civile comutlic� 
che l'Assessorato al LL. PP. aveva fatto presente: � di ritenere 
Jpportuno che, in attesa della definizione della istruttoria delle domande 
di concessione di codesta ditta e della ditta La Lumia, vengano 
ldottati i provvedimenti di provvisoria utilizzazione dell'acqua del 
pozzo a favore delle due ditte con l'obbligo, per�, a carico della ditta 
Urso, di fornire alla ditta La Lumia, al sito delle sorgenti Carrubba, 
l'acqua che in questa � venuta a mancare per accertata interferenza 
~on il pozzo � . 

Da tale precisa situazione di fatto, � evidente che i motivi d'ordine 
ninerario che in origine l'avevano determinata, erano venuti del tutto 
neno, ma non per questo si pu� dire che l'Ingegnere Capo del Distretto 
ninerario avesse al riguardo perduto i poteri a lui attribuiti dall'art. 9 
iella ricordata legge regionale mineraria, poich�, secondo l'art. 1, primo 
!omma, � Alle stesse norme (di polizia) in quanto applicabili, sono 
1ltresl soggetti i lavori di scavo in sotterraneo non aventi finalit� mine
�arie �. 

Si potr� dubitare della legittimit� del provvedimento originario 
;otto il profilo dell'eccesso di potere. Ma a tale indagine deve precelere 
quella sulla competenza com'� stato detto in principio. 

E a tal fine occorre innanzitutto qualificare l'atto impugnato. Al 
~iguardo non � determinante l'Autorit� che ha emanato l'atto, bens�, 
;econdo i principi sopraindicati, il suo contenuto. E qui il provvedinento, 
se pure formalmente improntato a scopi di polizia, connessa 
> meno con finalit� minerarie, ha inciso direttamente e oggettivamente 
n materia di concessione di acque pubbliche. In particolare, � vero che 
e acque in discussione non si possono ancora dire definitivamente pubJliche 
perch� la Gazzetta Ufficiale indicata dai ricorrenti si limita a 
mbblicare lo schema di decreto; tuttavia, almeno presuntivamente, si 
lebbono ritenere tali, in quanto non solo c'� un duplice procedimento 
li concessione in corso (istruttoria sulle domande delle due ditte), ma, 
tltres�, esiste un'autorizzazione provvisoria alla concessione stessa, com'� 
1tato ora ricordato. 

E il provvedimento in esame tanto ha inciso in materia di acque 

mbbliche, che, con la chiusura del pozzo, ha troncato non solo il pro


!edimento in corso relativo alle due concessioni, ma altres�, in linea 

li fatto, l'uso delle concessioni stesse in atto in seguito all'ottenuta 

mtorizzazione provvisoria. 

Quanto sopra (e cio� che il provvedimento impugnato sia stato deli


>eratamente adottato in materia di concessione di acque pubbliche) 

�isulta confermato dal testo del provvedimento stesso, nel quale si 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge: � che nessun diritto pu� essere vantato dai ricorrenti sigg. Urso 
sull'acqua scaturita casualmente a seguito del sondaggio della E.Z.I., 
anche se, per ipotesi, detta acqua dovesse essere dichiarata pubblica 
a norma del t. u. approvato col r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775; che 
l'esecuzione della disposta chiusura mineraria del sondaggio in questione 
-mentre non pregiudica gli eventuali provvedimenti di competenza 
della P. A., a norma del precitato t. u. delle leggi sulle acque eivta 
che l'ulteriore perdurare della situazione denunciata nella citazione 
della Ditta La Lumia possa accrescere l'entit� dei danni di cui 
si pretende il risarcimento � . 

Ne consegue che la competenza di questo Tribunale Superiore 
deve, nella specie, essere affermata. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 5 luglio 1967, n. 20 -Pres. Reale Est. 
Daniele -Consorzio dell'Adda (avv. Mazzullo) c. Ministeri 
LL. PP. e Finanze (avv. Stato Tracanna). 

Acque pubbliche -Diritto di ripartizione dell'acqua. derivata. tra. consorzisti 
-Giurisdizione ordina.ria. -Sussistenza.. 

n ricorso con il quale un Consorzio di derivazione fa valere il 
proprio preteso diritto di ripartire l'acqua derivata proporzionalmente 
fra i consorzisti, in quanto solleva una questione di diritto soggettivo 
perfetto, rientra nella giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria 
(1). 

(Omissis). -� fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata 
dalla difesa dell'Amministrazione, eccezione alla quale ha aderito 
il ricorrente. 

Il Consorzio dell'Adda ha impugnato il decreto interministeriale 

8 marzo 1960, n. 664 con il quale � stato concesso alla Soc. Italcementi 

di derivare dalla destra dell'Adda, in Comune di Trezzo sull'Adda, 

mod. 1300 massimi e 837 medi per produrre energia elettrica, con la 

condillione che venisse assicurato al Naviglio della Martesana, per qual


siasi livello d'acqua a monte, la portata costante di sua competenza. 

Il provvedimento impugnato, certamente attiene a situazioni di 

interesse legittimo l� dove stabilisce i limiti della concessione di deri


vazione e le condizioni del suo esercizio. 

Ma, nella specie, il Consorzio ricorrente non censura l'esercizio 

del potere discrezionale di concessione da parte della P. A.. Invero 

(1) Sulla massima, che sembra da condividere, non risultano precedenti 
in termini. 

"l!l 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 907 

esso trae occasione dall'emanazione del provvedimento di cui sopra 
per proporre un'azione di accertamento dei limiti della competenza 
della Martesana, stabilita con d. i. 21 marzo 1958 pubblicato in Gazzetta 
Ufficiale 10 aprile 1958, n. 86 e correlativamente dei diritti degli altri 
utenti dell'Adda, facenti parte del Consorzio e dei poteri del Consorzio 
stesso. 

Sotto tale profilo (l'unico per il quale� il Consorzio abbia un interesse) 
il ricorso non pu� trovare ingresso in questa sede, difettando 
questo Tribunale di giurisdizione. 

In particolare il Consorzio, con il contestare che sussista il diritto 
del Demanio a che sia assicurato al Naviglio della Martesana la portata 
costante di sua competenza, solleva una questione di diritti soggettivi 
perfetti, tale essendo quella che concerne l'esistenza, l'estensione e le 
modalit� di derivazione o utilizzazione di acque pubbliche. 

Correlativamente la pretesa alla portata costante del detto Naviglio, 
avanzata dal Demanio incide sull'entit� della concessione degli utenti, 
che non derivino acque del canale della Martesana, in quanto essi 
potrebbero fruire delle acque concesse, solo dopo soddisfatta la competenza 
della Martesana. 

La pretesa stessa infine sui poteri del Consorzio ricorrente, al quale 
verrebbe negata la potest� di ridurre proporzionalmente la portata 
della Martesana, in caso di diminuzione delle acque disponibili. 

Tutte queste situazioni essendo di diritto soggettivo, sfuggono alla 

competenza di questo Tribunale Superiore in sede di legittimit�, ai 

sensi dell'art. 143 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 

D'altronde questo Tribunale non � chiamato a pronunziarsi sulla 

sussistenza delle cennate situazioni di diritto soggettivo incidenter 

tantum, ai sensi dell'art. 197 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 

Come si � accennato, il Consorzio ricorrente non ha dedotto la 

violazione di una situazione di interesse legittimo, collegata alla con


cessione assentita dall'Amministrazione alla Italcementi, per conoscere 

sulla quale sia necessario un accertamento incidentale di diritti sog


gettivi, ma ha proposto, in via principale, tale accertamento sicch� esso 

costituisce, non una semplice premessa della decisione, ma l'oggetto 

della controversia, sulla quale il giudice � chiamato a pronunciarsi. 


(Omissis). 

LODO ARBITRALE, 18 maggio 1967, n. 40 (Roma) -Pres. Urciuoli Est. 
Loverre -Fall. Lugnani (avv. Balzarini) c. I.A.C.P. di Trieste 
(avv. Messina) e Ministero LL.PP. (avv. Stato Pentinaca). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Mancata iscrizione 
nel registro di contabilit� -Decadenza. 

16 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Modalit� di formulazione. 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Finalit�. 

Sede unica ed esclusiva delle riserve � ii registro di contabilit�. 
Le riserve avanzate diversamente (lettere, memoriali al collaudatore, 
ecc.) sono inefficaci qualora non siano riprodotte nel registro di contabilit� 
nei modi e termini prescritti (1). 

La riserva deve essere accompagnata, a pena di decadenza, dalla 
specificazione del compenso richiesto e delle ragioni giustificatrici (2). 

Le formalit� prescritte per la formulazione delle riserve, trovano 
giustificazione non solo �in una esigenza di lealt� contrattuale e nelle 
necessit� di tempestivi controlli, ma specialmente nell'interesse pubblico 
al costante controllo dell'onerosit� dell'opera, al fine di mantenerla 
nei limiti dello stanziamento e per l'eventuale esercizio della facolt� 
di recesso (3). 

(Omissis). -Risulta dal registro di contabilit�, esibito dall'Istituto 
appaltante, che sino al rilascio in data 1� settembre 1958 del certificato 
di pagamento dell'undicesima rata di acconto (quando i lavori eseguiti 
ammontavano in complesso a L. 112.361.139) l'Impresa non sollev� alcuna 
riserva. La prima riserva infatti, formulata nei seguenti termini, 
si trova inserita nel registro di contabilit� n. 2, al foglio 12, alla data 
del 25 novembre 1958 : � Ferme restando le riserve di cui al giornale 
di fabbrica e delle quali espressamente al memoriale per il signor collaudatore 
ing. Pinzani in data 24 marzo 1958 da aversi qui per integralmente 
trascritte, comportanti tra l'altro un addebito giornaliero di 

L. 78.166 a carico della stazione appaltante per ogni giornata di sospensione 
non addebitabile all'Impresa, e ferme altresi le riserve per rallentamento 
e per lo stralcio di cui all'ordine di servizio 11 febbraio 1958 
con conseguente irrazionale esecuzione delle opere. Prendendo atto del 
termine per la fine dei lavori al 10 dicembre 1958, unilateralmente, disposto, 
con ogni riserva in ordi:ie agli stessi �. 
(1-2) Per il carattere formale e vincolato del procedimento riguardante 
le riserve, cfr. retro, I, 477. 

(3) La sentenza della Corte di Appello di Roma 19 aprile 1966, citata 
nel testo, � stata riportata in questa Rassegna, 1966, I, 712. La soluzione in 
essa data alla questione circa le riserve continuative, ha precedenti nel lodo 
20 giugno 1933 (Nuova riv. pp. aa., 1933, I, 256, E) ed in Cass. 29 marzo 1943, 
n. 719 (Giur. oo. pp., 1943, I, 204). 
Merita di essere posta in rilievo l'ineccepibile osservazione, secondo 
cui la tempestivit� delle riserve oltre tutto risponde ad una esigenza di 
lealt� e correttezza contrattuale. Nello stesso senso, cfr. lodo 24 gennaio 
1957, ivi, 1957, I, 180. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 909 

In tale data fu firmato il dodicesimo stato di avanzamento 

(L. 121.895.716), seguito dal tredicesimo, sottoscritto senza alcuna riser1 


va, e dal quattordicesimo ed ultimo, in data 23 gennaio 1959, in occasione 
del quale l'Impresa, a pagina 20 del registro di contabilit�, mantenne 
� ferme le riserve riportate in data 25 novembre 1958 �. 

Nel sottoscrivere in data 24 gennaio 1960 il conto finale l'Impresa 
formul� la seguente riserva: � L'Impresa firma, ferme restando le 
riserve esposte con memoriale al signor Collaudatore in data 24 marzo 
1958, nel quale in forma analitica si espongono i danni derivati alla 
nostra Impresa dall'irrazionale procedere dei lavori per le ragioni note 
ed esposte. I danni materiali ammontano a L. 78.166 per ogni giorno 
di sospensione, per cui i danni arrecati alla nostra Impresa per i 325 
giorni di sospensione ammontano ad un totale di L. 25.403.950. Inoltre 
per il danno derivante per l'irrazionale esecuzione delle opere, per 
l'irrazionale impiego della nostra attrezzatura, per l'irrazionale impiego 
del nostro personale di cantiere e di ufficio, un indennizzo in percentuale 
su tutti i prezzi di capitolato facenti oggetto delle opere eseguite 
pari al 5 % ; pertanto sull'importo totale di liquidazione, ammontante 
a L. 143.563.146,17 si ha un importo corrispondente al 5 % pari a Lire 

7.278.157. Pertanto il totale delle nostre riserve per danni materiali 
analiticamente dimostrati ammontano a L. 32.682.107 �. 
Nella valutazione dei fatti sin qui esposti non pu� prescindersi dai 
principi, fissati in materia dalla giurisprudenza arbitrale, i quali del 
resto sono pienamente conformi alle disposizioni degli artt. 23, 54 e 64 
del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350: e cio�, in primo luogo, che 
sede unica ed esclusiva delle riserve dell'appaltatore � il registro di 
contabilit�, per cui l'appaltatore � vincolato a tale forma e se ne adotti 
un'altra per comunicare le sue riserve all'appaltante (servendosi ad 
esempio di lettere o, come nella specie, di memoriali) inco.rre nella 
violazione del ricordato art. 54, con la conseguente sanzione prevista 
dal 5-0 comma dello stesso articolo, secondo cui: � l'appaltatore decadr� 
dal diritto di far valere in qualunque tempo e modo, riserve o domande 
che ad essi (cio� ai fatti registrati in contabilit�) si riferiscano �; in 
secondo luogo, �che all'atto della firma del conto finale non possono 
iscriversi domande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate 
nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori. 

L'applicazione al caso concreto dei �cennati principi comporta come 
incontestabile conseguenza : a) che della riserva inserita nel conto finale 
non pu� tenersi conto, perch� diversa dalle riserve formulate in precedenza, 
in forma del tutto generica, nel registro di contabilit�; b) che 
egualmente irrilevanti devono ritenersi tutte le richieste formulate con 
modalit� del tutto difformi da quelle prescritte, in particolare quelle 
esposte nel ricordato memoriale al collaudatore del 24 marzo 1958: 
ad esse infatti potrebbe riconoscersi valore soltanto se, invece che gene



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricamente richiamate, fossero state riprodotte nel registro di contabilit�, 
come si desume dalla interpretazione della citata disposizione dell'articolo 
89 che, �come si � detto, persino per le riserve e le domande inserite 
in altri atti contabili, subordina la loro efficacia alla � ripetizione � 
in detto registro. 

Resta la riserva inserita nel registro di contabilit� in data 25 novembre 
1958 e confermata in data 23 gennaio 1959, ma anche questa, 
perch� priva della necessaria specificazione in ordine all'ammontare 
del compenso richiesto e delle ragioni giustificatrici della richiesta 
stessa, non pu� ritenersi validamente proposta e quindi idonea ad impedire 
la decadenza prevista dall'ultima parte del citato art. 54 del 
Regolamento. 

N� si pu� pensare all'esistenza di ragioni che possano, in qualche 
modo, giustificare tale comportamento dell'Impresa difforme dalle prescrizioni 
del Regolamento. In effetti, allorquando alla fine del novembre 
del 1958 l'Impresa inser� la sua prima generica riserva, i lavori 
erano stati gi� eseguiti in massima parte (per L. 121.895.716 in rapporto 
a L. 143.528.768 costituenti l'importo totale dei lavori appaltati) 
e quindi deve ritenersi che sin da allora essa disponesse di ogni elemento 
necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto 
forma di maggiori oneri; essa invece si astenne dal fornire le necessarie 
precisazioni sia contestualmente alla proposizione della riserva 
sia nel termine dei quindici giorni successivi, concessole dal Regolamento. 
Comunque, non pu� dubitarsi che almeno alla data di ultimazione 
dei lavori (termine ultimo e definitivo, prescritto per far valere 
qualsiasi riserva) essa dovesse essere in grado di fornire le dette precisazioni, 
giacch� in sostanza il compenso richiesto non poteva riferirsi 
ad altro che al maggior costo dell'opera rispetto al compenso che, in 
base al contratto, le veniva riconosciuto: il fatto quindi che per tali 
precisazioni essa abbia attesa la data del 24 gennaio 1960, lasciando 
trascorrere poco meno di un anno, conferma con tutta evidenza come 
essa sia incorsa nella decadenza, prevista dalla disposizione citata, come 
diretta conseguenza della omessa o tardiva iscrizione delle riserve 
nel registro di contabilit� o della mancata loro successiva esplicazione. 

Del resto, se si esamina il contenuto del memoriale al collaudatore 

in data 24 marzo 1958 (al quale la difesa del Fallimento ripetutamente 

si richiama per contestare che si sia verificata decadenza) si rileva che 

le richieste in esso formulate sono pi� specifiche e motivate di quelle 

contenute nella riserva inserita molti mesi dopo, il 25 novembre dello 

stesso anno, nel registro di contabilit�: si chiedeva infatti, in quella 

occasione � quale indennizzo del danno derivante per l'irrazionale 

esenzione delle opere, per l'irrazionale impiego delle attrezzature, per 

l'irrazionale impiego del personale di cantiere e di ufficio un riconosci


mento in percentuale su tutti i prezzi di capitolato facenti oggetto delle 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 911 

opere eseguite, pari al 5 % , ed inoltre, quale indennizzo giornaliero per 
il ritardo sull'ultimazione dell'opera non assolutamente addebitabile 
all'Impresa, a partire dalla data del 21 aprile 1958, la somma di Lire 

78.166 al giorno �. In sostanza, per rendere specifica questa riserva 
l'Impresa avrebbe dovuto soltanto indicare il numero dei giorni per i 
quali riteneva che i lavori si fossero prolungati per fatti addebitabili 
alla stazione appaltante, ed � quindi evidente che, essendo a conoscenza 
di questo dato al momento dell'ultimazione dei lavori, essa 
avrebbe potuto tempestivamente formulare la sua richiesta nei modi 
e nei termini prescritti. 
Ci� dimostra (secondo quanto giustamente si osserva dalle difese 
dell'Istituto e del Ministero dei LL.PP.) che si � del tutto al di fuori 
dell'ambito di applicazione dei noti principi, elaborati dalla giurisprudenza 
arbitrale al fine di limitare la operativit� della decadenza 
per tardiva od omessa riserva, in base ai quali si � ritenuto che possano 
essere avanzate in qualsiasi momento le riserve, attinenti alla 
generalit� dell'opera, all'interpretazione delle clausole contrattuali e 
agli indennizzi per fatti di carattere continuativo, accertabili in ogni 
tempo. Intanto � da osservare che (come ha messo in luce la giurisprudenza 
pi� recente -vedi da ultimo Corte d'Appello di,Roma 19 aprile 
1966, n. 666, in Rass. Avv. Stato, 1966, I, 702 e segg.) la condizione 
essenziale che ogni pretesa di compensi o indennizzi, in aggiunta ai 
corrispettivi contrattuali, abbia costituito oggetto di tempestiva iscrizione 
ed esplicazione di riserve da parte dell'appaltatore, nei modi e 
nelle forme dettagliatamente prescritte dalle norme specifiche del 
Capitolato, trova la sua giustificazione non soltanto in una esigenza di 
lealt� contrattuale e nella necessit� di effettuare tempestivi accertamenti 
od acquisire elementi che in prosieguo di tempo potrebbero 
essere impossibili, ma anche nell'interesse pubblico, costituito dall'osservanza 
della spesa iscritta in bilancio e soprattutto per consentire 
alla Pubblica Amministrazione di rendersi costantemente conto dell'onerosit� 
dell'opera e di potersi avvalere di tutte le conseguenziali facolt�, 
non esclusa quella di recedere dal contratto di appalto (art. 345 1. 
20 marzo 1865, n. 2248 all. F) ove questo si riveli eccessivamente gravoso 
rispetto . alle previsioni ed agli impegni, contrattualmente assunti. 
Si aggiunga che -a giudizio del Collegio -non soltanto la 

� ratio � della norma, ma la sua stessa formulazione letterale conforta 
l'interpretazione pi� rigorosa che, nel caso, coincide con quella pi� 
estensiva. 
Nel complesso comportamento dell'appaltatore, il quale abbia firmato 
il registro di �contabilit� senza riserva o avendolo firmato con 
riserva non abbia poi esplicato le sue riserve nel modo e nel termine 
indicati, comportamento al quale si ricollega la decadenza dal diritto 
di far valere qualsiasi ragione di credito in ordine ai fatti registrati 


J 

912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in contabilit�, � facile distinguere, accanto ad un atteggiamento omissivo 
(mancata formulazione della riserva o mancata tempestiva esplicazione), 
anche una specifica manifestazione di volont�, la cui importanza 
non pu� essere sottovalutata. Ed invero, come non par dubbio che 
in questo caso il silenzio, mantenuto in presenza di una situazione di 
fatto capace di produrre modificazioni nella sfera giuridica altrui, venga 
ad acquistare il valore di manifestazione -di volont�, giusta la nota 
massima � qui siluit dum loqui debuit consentire videtur �, del pari 
non pu� disconoscersi che la sottoscrizione del registro, per effetto della 
volont� in tal modo manifestata, implichi il riconoscimento che i compensi 
liquidati in eontabilit� sono conformi, per quantit� e misura, a 
quelli convenzionalmente pattuiti, e che per questo solo fatto debba 
ritenersi preclusa ogni successiva contestazione sui punti costituenti 
oggetto dell'accertamento. 

Comunque, quali che siano i limiti entro i quali deve riconoscersi 
validit� alla teoria dei cosi detti fatti generali e continuativi, � da tener 
presente, come considerazione conelusiva su questo argomento, che la 
domanda attrice deve essere in ogni caso respinta per la ragione assorbente 
di avere l'Impresa lasciato trascorrere inutilmente anche la data 
di ultimazione dei lavori che, nel concorso di tutti i dati ed elementi 
necessari per una precisa valutazione dell'entit� complessiva dell'onere 
economico sopportato e del relativo indennizzo richiesto, costituisce anche 
secondo la giurisprudenza pi� ampia e benevola -il termine 
ultimo e definitivo per la proposizione di qualsiasi riserva. -(Omissis). 

,, 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 668 -Pres. 
D'Arienzo -Rel. De Marco -P. M. Pace (diff.) -Rie. Foresti. 

Notificazioni -Imputato latitante che abbia eletto domicilio -Notificazione 
mediante consel;\na al domicillatario -Validit�. 

(c. p. p., art. 170, 171, 173). 
Quando l'imputato latitante abbia eletto un domicilio per le notifiwzioni 
con atto autenticato e trasmesso alla cancelleria del giud�ce, 
deve ritenersi valida, siccome pi� idonea di quella regolata dall'articolo 
170 c. p. c., la notificazione eseguita mediante consegna dell'atto 
al domiciliatario (nella specie, l'imputato aveva eletto domicilio presso 
il proprio difensore di fiducia) (1). 

(1) La decisione appare di ovvia esattezza: se la notificazione degli 
atti processuali deve servire a por.tarli ad effettiva conoscenza del destinatario, 
ogni considerazione di carattere formale deve cedere a quelle di carattere 
sostanziale e quindi non pu� essere inficiata di nullit� una notificazione 
che abbia raggiunto il suo scopo meglio di quanto non sarebbe stato 
realizzabile con la fi,ctio iuris dell'art. 170 c. p. p. o 169 ultimo comma. 
Proprio perch� quest'ultima forma di notificazione � una finzione, tuttavia 
necessaria alle esigenze processuali, � accolta con sfavore dall'ordinamento, 
che ne sancisce infatti la nullit� ove non siano rispettate rigorosamente le 
modalit� d'attuazione, anche esse peraltro del tutto formali e che ne prevede 
la cessazione di efficacia dopo ogni singola fase processuale. 
Ben diversa � viceversa la situazione per quanto concerne le forme 
effettive di notificazione, ovviamente assistite da un favor legis, ravvisabile 
ad esempio nella durata del domicilio legale per ogni stato e grado del 
procedimento (art. 172 c. p. p.). 

Bene quindi � stato affermato in giurisprudenza che, ai fini delle notificazioni 
nelle forme previste dall'art. 170, la dichiarazione di irreperibilit� 
deve essere emessa sulla base di informazioni abbastanza recenti (Cass. 
7 febbraio 1964, BATTAGLINI, Giust. pen., 1964, 487) anche se in tal modo si 
forza un po' la legge e si resta necessariamente nel vago, poich� � proprio 
questa esigenza di informazioni recenti che l'ultimo comma dell'art. 170 

c. p. p. vuole tutelare. 
P.D.T. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1966, n. 776 -Pres. Foschini 
-Rel. Bivona -P. M. Parlatore (conf.) -Rie. Valleroni. 

Ingiuria e diffamazione -Elemento psicologico -Fini e moventi del


l'azione -Rilevanza ai soli effetti della commisurazione della 

pena. 

Nel reato di diffamazione l'elemento psicologico si concreta nella 
volont� di pronunciare le espressioni offensive con la consapevolezza 
della loro attitudine a ledere l'altrui reputazione, di guisa che, qualora 
siffatta volont� sussista, nessuna rilevanza pu� assegnarsi ai fini ed ai 
moventi dell'agente (anche se meritevoli di apprezzamento) ed alle 
circostanze che ne abbiano occasionato l'operato. Pertanto, se vi � offesa 
accompagnata dalla volont� di offendere, � irrilevante che il fine sia 
degno di particolare considerazione ed abbia attinenza con l'esercizio 
di un diritto, perch� l'eventuale nobilt� del fine non esclude la sussistenza 
del reato, potendo invece soltanto aver rilievo in ordine alla 
misura della pena (1). 

(Omissis). -� giurisprudenza costante di questo Supremo Collegio 

che nel reato di diffamazione l'elemento psicologico si concreta nella 

volont� di pronunciare le espressioni offensive con la consapevolezza 

della loro attitudine a ledere l'altrui reputazione, di guisa che, qualora 

siffatta volont� sussista, nessuna rilevanza pu� assegnarsi ai fimi. ed ai 

moventi dell'agente (anche se meritevoli di apprezzamento), ed alle 

circostanze che ne abbiano occasionato l'operato; se vi � offesa accom


pagnata dalla volont� di offendere, � irrilevante che al fine sia degno 

di particolare considerazione od abbia attinenza con l'esercizio di un 

diritto, perch� l'eventuale nobilt� del fine non esclude la sussistenza 

del reato, potendo invece soltanto aver rilievo in ordine alla misura 

della pena. 

Posto tale principio, del quale � doveroso tener conto nella solu


zione dei delicati problemi che talora si presentano in caso di diffama


zione commessa nell'esercizio dei diritti di cronaca giornalistica o di 

competizioni politiche e sindacali, giova ulteriormente considerare che 

se da una parte la libert� di stampa e la libert� politiche e sindacali, 

(1) La sentenza conferma il princ1p10 costantemente sostenuto dalla 
giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale il reato di diffamazione 
commesso a mezzo stampa sussiste in tutti quei casi in cui l'informazione 
giornalistica non sia contenuta nei limiti della obiettivit� e serenit�, in 
cui la notizia non sia vera o almeno seriamente accertata. Per precedenti 
cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 175. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 915 

(l'esercizio delle quali comporta inevitabilmente, nel campo competitivo, 
critdca talvolta serrata e pungente degli opposti sistemi), debbono 
essere assicurate, tutelate e difese, essendo esse indispensabili per il 
raggiungimento dei fini ammessi e consentiti dalla Costituzione, bisogna 
d'altra parte convenire che l'esercfaio di tali diritti, in una societ� 
bene ordinata, non pu� non essere contenuto entro determinati limiti 
se si vuole oltretutto evitare che la libert� si trasformi in licenza, il 
diritto in arbitrio, la competi2iione in pretesto per aggredire e colpire 
determinate persone nell'onore, nel decoro nella reputazione, la cui 
tutela risponde ad una esigenza fondamentale dell'ordinamento positivo 
affinch� alla societ� siano assicurate le sue basi etiche, e con esse 
il suo ordinato e fecondo svUuppo, nel segno indistruttibile del rispetto 
della persona e della dignit� umana. 

E questi limiti non possono che essere costituiti dalla considerazione 
e dal riguardo dovuti per la sfera personale dei singoli, ond'� che, se 
il reato di diffama2'ione resta escluso quando informazioni e critiche 
restano contenuti nei limiti fissati dalla legge per l'esercizio dei relativi 
diritti, tale reato invece sussiste quando i predetti limiti vengono ad 
essere superati con l'arbitraria invasione della sfera personale altrui, 
mediante l'attribuzione di fatti offensivi no~ rispondenti a verit�, o 
con la maliziosa deformazione di fatti veri, si che ne resti scossa la 
reputazione del soggei'to preso di mira, esposto alla generale disistima 
l� dove egli opera, esplica la sua attivit� e conduce la sua vita di 
relazione. 

Quando ci� si verifichi, e vi sia la volont� di attribuzione dd tali 
fatti, si concreta l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 595 c. p., secondo 
il principio dinan2'i ricordato che considera sufficiente ad integrare l'elemento 
soggettivo del reato di diffamazione la volontariet� di pronunciare 
e diffondere espressioni e fatti con la consapevolezza della loro 
portata offensiva. 

Per vero, il diritto di cronaca giornalistica, considerato tra i 
diritti pubblici soggettivi inerenti al�a libert� di pensiero e di stampa 
riconosciuti dall'art. 21 della Costitu:2lione, comporta soltanto il poteredovere 
riconosciuto al pubblico di portare a conoscenza dei lettori 
fatti, notizie e vicende realmente interessanti la vita associativa, in 
modo che il pubblico esattamente informato, abbia la possibilit� di 
orientarsi e di formarsi una propria opinione sugli avvenimenti e le 
persone, che ne sono talora protagonisti, traendone le debite conclusioni 
ed assumendo, all'occorrenza, nelle forme e nei mo�i di legge, 
tutte le ini:2liative atte ad ottenere il rispetto e la tutela dei principi 
giuridici ed etici che sono alla base della vita di un popolo in un 
determinato momento storico. 

Queste essendo il contenuto e le finalit� del diritto di cronaca 

giornalistica, per la sua sussistenza e quindi per il configurarsi della 


� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

causa di giustificazione dell'art. 51 c. p., � indispensabile, oltre all'interesse 
pubblico e all'appagamento dello stesso mediante una informazione 
serena ed obiettiva, che la notizia pubblicatas sia vera od almeno 
seriamente accertata. 

Quando si trasmoda da questi limiti e l'informazione costituisce 
semplice occasione o, peggio ancora, pretesto per colpire nell'onore 
e nella reputazione un avversario politico, o comunque un portatore 
d'idee diverse e contrarie, e si sconfina nella gratuita denigrazione, 
l'esercizio del diritto di cronaca non � pi� configurabile e conseguentemente 
il fatto non pu� esse~e discriminato, diventando in tal caso la 
pubblicazione semplice strumento d'aggressione alla altrui reputazione. 

Orbene, alla stregua dei su esposti principi e per quanto propriamente 
attiene al �Caso concreto, non pu� censurarsi la Corte di merito 
per avere ritenuto integrato a carico del Valleroni il reato di diffamazfone 
per mezzo stampa, sul riflesso che i fatti attribuiti, alcuni non 
veri n� seriamente accertati o controllati, altri volutamente deformati, 
esagerati e tendenziosamente prospettati, erano offensivi dell'onere, 
della stima e della reputazione del Breschi. 

Ed invero non pu� seriamente contestarsi che costituisca offesa 

alla reputazione di un professionista, ed uomo politico insieme, l'attri


buzione di circostanze e fatti, che, fa.cendolo apparire come persona 

priva di scrupoli, sfrontata, incoerente e falsamente moralista, valgano 

a turbare l'opinione che altri abbiano sulle sue qualit� personali, ci


viche e politiche, cosi come non pu� negarsi carattere diffamatorio ad 

una notizia senza fondamento, incontrollatamente data in pasto alla 

opinione pubblica, circa il deferimento della stessa persona alla Auto


rit� giudiziaria per fatti, costituenti reato, qualificati addirittura � scan


dalosi�. 

In tal caso, essendo evidente l'esposizione della sfera personale 

del soggetto alla disistima ed alla riprovazione generale, resta inte


grata l'ipotesi deHttuosa prevista dall'art. 595 c. p., e lo stesso scon


finamento dai limiti e dalle esigenze proprie della cronaca giornalistica 

mette a nudo la realt� di una offesa voluta per aggredire moralmente 

l'avversario e pubblicamente screditarlo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 luglio 1966, n. 802 -Pres. Polimeno 
-Rel. Folino -P. M. Vacca (conf.). -Rie. Porro. 

Falso -Falsit� in atti -Atti pubblici originali e derivativi -Criteri 
distintivi -Cartella esattoriale -� atto pubblico originale. 

Ai fini della differenziazione tra la categoria degli atti pubblici 
originali e la categoria degli atti derivativi, deve aversi riguardo a 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

:;zuella che � la essenza e la funzione del documento nel mondo giuridico: 
devono, pertanto, farsi rientrare nella categoria degli atti originali 
anche quei documenti i quali, pur se riproducono dati desumibili 
da altri, danno vita ad un documento, avente sostanzialmente una 
propria individualit� ed una autonoma funzione, e siano quindi destinati 
a spiegare propri effetti giuridici (1). 

(Omissis). -Da un'inchiesta svolta dall'Ispettorato Compartimentale 
delle Imposte dirette di Verona nei confronti dell'esattore del 
comune di C� di Andica, Pozzo Eugenio, risultava che costui, negli 
esercizi finanziari dal 1953-1954 al 1960, aveva riscosso dai contribuenti 
somme superiori a quelle dovute, operando specialmente sui carichi 
della imposta terreni, che era la maggiore tra le voci dei tributi. Il 
Pozzo, per ratizzare tali indebite percezioni, maggiorava nella sola 
cartella la imposta iscritta a ruolo di una cifra intera (generalmente 
in migliaia): le quietanze venivano compilate, per la madre, in conformit� 
del carico di ruolo e, per la figlia, nella misura esposta nella 
cartella notificata ,ai contribuenti. 

Nel caso dell'istruttoria veniva compiuta ampia indagine su tutta 
l'attivit� del Pozzo quale esattore, e veniva eseguita anche una perizia 
contabile, la quale accertava che le somme 1indebitamente riscosse dall'imputato, 
attraverso la falsificazione delle cartelle, ammontavano a 
complessive lire 1.947.544. 

Di fronte alle risultanze istruttorie lo stesso Pozzo ammetteva le 
indebite percezioni e le falsit� come sopra consumate, assumendo solo 
di aver fatto ci� per colmare l'ammanco per somme incassate in meno 
rispetto al ruolo. 

A seguito di rinvio a giudizio, il Tribunale di Cremona, con sentenza 
21 maggio 1963, mentre proscioglieva il Pozzo dall'addebito di 
truffa continuata aggravata (art. 81 cpv 61 n. 940 c. p.), commessa in 
danno dei contribuenti, perch� estinto il reato per amnistia (dichiarata 
la prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante), n� affermava 

(1) Il reato sottoposto all'esame della S. C. (falsificazione di cartelle 
esattoriali) ha imposto ai giudici, in via preliminare, di soffermarsi sulla 
distinzione fra atto pubblico ed attestato sul contenuto di atti (artt. 476 
e 478 c. p.). Si concorda nella soluzione adottata dalla Corte la quale ha 
riconosciuto alla cartella esattoriale natura di atto pubblico. La cartella 
esattoriale, come � noto, viene compilata dall'Esattore sulla base dei ruoli 
di imposta; a prima vista, quindi, si sarebbe portati a ritenere che tale 
cartella, presupponendo necessariamente i ruoli, non abbia autonomia rispetto 
agli stessi, e quindi non sia che un attestato attraverso il quale si 
porta a conoscenza del contribuente la sua posizione nei ruoli. Ma, ad un 
pi� approfondito esame della funzione della cartella esattoriale, si nota, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la responsabi1it� per il delitto di falsit� continuata in copia di atto 
pubblico, ai sensi degli art. 81 cpv 478 comma 1<> cod. pen. (cosi modificata 
la originaria imputazione di falsit� in atto pubblico originale), 
ritenendo che la cartella esattoriale rappresenta una riproduzione esatta 
del ruolo. 

Su gravame dell'imputato, la Corte di appello di Brescia, con 
sentenza 17 febbraio 1964, disattesa anche la tesi difensiva tendente 
a configurare la falsit� in attestato, affermava che la cartella deve, 
invece ritenersi atto pubblico originale e, pertanto, qualifica il fatto 
1come falsit� ai sensi dell'art. 476 c. p., confermando nel resto la pronuncia 
di primo grado. 

Haricorso per cassazione il Pozzo e, a mezzo del difensore, ha dedotto 
la erronea applicazione della legge penale, insistendo nella tesi 
gi� proposta nel giudizio di merito, che cio� la cartella esattoriale per 
le sue caratteristiche e scopi, rientrerebbe nel numero degli attestati 
di documenti pubblici (i ruoli dell'imposta), e la falsit� addebitata all'imputato 
sarebbe quindi punibile ai sensi dell'art. 478 ult. comma 

c. p. con la conseguenza ulteriore da rendersi applicabile in concreto 
l'amnistia. 

Il ricorso non ha giuridico fondamento. 

Il problema della differen:zJiazione tra documenti originali e docu


menti derivativi � stato posto dalla corte di appello nei suoi giusti 

termini ed esattamente risolto. 

Come gi� altre volte questa Corte ha avuto modo di affermare 
ai fini della differenziazione tra la categoria degli atti pubblici originali 
e la categoria degli atti derivativi, deve aversi riguardo a quella che 
� la essenza e la funzione del documento nel mondo giuridico; devono, 
pertanto, farsi rientrare nella categoria degli atti originali, anche quei 
documenti, i quali, anche se riproducenti dati desumibili da altri 
documenti, danno vita ad un documento, avente sostanzialmente una 
propria individualit� ed una autonoma fun2lione e siano quindi destinati 

come ha posto in rilievo la Corte, che tale atto non si limita a documen


tare l'esistenza di un altro �tto del quale riassume il contenuto, ma essa, 

pur essendo costituita in gran parte da elementi desunti dai ruoli, reca un 

quid novi e cio� taluni dati aggiuntivi che nei ruoli non sono contenuti 

ed � produttiva di effetti particolari, di effetti cio� propri della cartella 

esattoriale e non dei ruoli di imposta (� dalla sua notifica che il con


tribuente � costituito in mora ed � del pari dalla sua notifica che decorre 

il termine per una eventuale opposizione). � 

Il rapporto intercorrente fra la cartella esattoriale ed i ruoli di impo


sta non � quindi un semplice rapporto di derivazione, n� la cartella esat


toriale � un semplice documento di secondo grado e cio� un attestato; 

in realt� essendo essa produttiva di effetti suoi propri deve considerarsi 

un atto pubblico originale. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

a spiegare propri effetti giuridici. (Fattispecie in tema di cartella esattoriale 
ritenuta atto pubblico originale). 

Ora, alla luce di tali principi, come giustamente ha ritenuto la 
Corte di appello, la cartella esattoriale prescritta dall'art. 189 del t. u. 
29 gennaio 1958, n. 645, ha natura e funzione di atto pubblico originale, 
n� hanno consistenza le obiezioni mosse dalla difesa. Invero, come 
esattamente posto in risalto nella sentenza impugnata, la cartella non 
pu� certo considerarsi copia, poich� non contiene la riproduzione esatta, 
completa e letterale dei ruoli; la cartella, redatta in duplice esemplare 
ovvero a madre e figlia, riporta alcuni dati, non tutti, dei ruoli e, 
a differenza di questi, che si limitano ad indicare i nomi dei contribuenti, 
con il domicilio fiscale di ciascuno, il periodo di mposta, l'imponibile 
e l'ammontare delle imposte -anche il numero delle rate 
in cui il pagamento pu� essere suddiviso, l'ammontare e la scadenza 
di ciascuna rata, le aliquote percentuali applicate agli imponibili per 
la determinazione delle imposte dovute ed il numero del conto corrente 
postale dell'esattore. 

Neppure pu� la cartella essere considerata un attestato, dal mo


mento che non si limita ad attestare sinteticamente il contenuto dei 

ruoli, ma riporta altri dati che in questi mancano; essa costituisce un 

documento avente sostanzialmente una propria indi'tldualit� ed auto


nomia, destinato anche a spiegare effetti giuridici propri. 

Al riguardo � specialmente da rilevare che la notificazione della 

cartella al contribuente non risponde solo a scopi pratici, come afferma 

la difesa nei motivi addotti, ma assolve ad una propria funzione 

giuridica. 

� vero che l'obbMgo per il pagamento del tributo sorge con la 

pubblicazione del ruolo, ma la notificazione della cartella � necessaria 

per la costituzione in mora del contribuente, e perch� l'esattore possa, 

quindi, esigere la relativa indennit� (art. 194 su citato testo unico). 

Inoltre � da ricordare che dalla notificazione della cartella la 

Tale tesi appare conforme al costante orientamento della Cassazione in 
fattispecie analoghe all'attuale, in cui si trattava di operare una distinzione 
fra atti pubblici ed attestati; problema particolarmente affrontato 
in sede di esame della natura giuridica della scheda del casellario giudiziario. 
In proposito la Cassazione con una serie di giudicati (21 marzo 
1949; 16 dicembre 1948 (Giust. pen., 1949, II, 347); 13 febbraio 1950 (Giust. 
pen., 1950, II, 630) ha sempre confermato che la scheda del casellario deve 
considerarsi atto pubblico originale. Contra: BATTAGLINI, Falsit� in scheda 
del casellario, Riv. pen., 1947, II, 627; SABATINI, Falsa interpretazione in 
tema di falsit� in atti, Giust. pen., 1949, II, 347), tali autori sostengono che 
le schede del casellario siano semplici attestati o certificati. 

D. SALVEMINI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge fa decorrere il termine di trenta giorni per il ricorso contro 
l'iscrizione a ruolo, nei casi prescritti dall'art. 188 del testo unico 
in esame. 

Deve, pertanto, convenirsi con la Corte di appello sul sostanziale 
carattere di atto pubblico originale della cartella: � solo da precisare 
che, in concreto, trattasi di falsit� ideologica (art. 479 c. p.), poich� la 
falsit� � stata compiuta dall'autore del documento l'esattore), e cade 
sul contenuto ideale del documento medesimo, compilato in parziale 
difformit� dal ruolo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1248 -Pres. 
Frisoli -Rel. Faccini -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Martino. 

Impugnazioni -Motivi -Presentazione -Mancata attestazione di irregolarit� 
da parte del cancelliere ricevente -Presunzione di ritualit�. 

(c. p. p., art. 201). 
In mancanza di espresse prescrizioni di forma e di contraria attestazione 
del cancelliere, la presentazione dell'atto contenente i motivi 
dell'impugnazione deve ritenersi ritualmente fatta dalla persona legittimata 
in via princ.ipal e la mancata indicazione da parte del cancelliere 
del nome e della qualit� del presentatore non pu� far considerare 
irrituale la presentazione dei motivi, dovendo al contrario, l'avvenuta 
ricezione da parte del cancelliere far ritenere che la presentazione fu 
effettuata da chi sottoscrisse i motivi o da persona da costui autorizzata 
e nota alla cancelleria (1). 

(Omissis). -La questione della ammissibilit� o meno di una 
impugnazione allorch� il Cancelliere, all'atto della presentazione dei 
motivi, ne attesti solo la data di ricezione omettendo di indicare il 
nome e la qualit� del presentatore, ha avuto a questa Suprema Corte 
due contrastanti soluzioni: una rigoristica -che considera la predetta 
omissione causa di inammissibilit� sopravvenuta dell'impugnazione non 
consentendosi, senza la indicazione del nome e della qualit� del pre


(1) Il Supremo Collegio ha reso una decisione informata a principi di 
indubbia utilit� pratica per l'ordinato svolgimento dell'attivit� processuale. 
Ed infatti la presunzione di presentazione da parte del difensore che sottoscrisse 
i motivi rimarr�, in pratica, sempre operante, dato che solo il favorevole 
esito della impugnativa di falso potr� far conseguire l'effetto della 
declaratoria di inammissibilit� dei motivi. 

J 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 921 

sentatore, l'alterazione della garanzia fondamentale richiesta dalla 
legge in ordine alla autenticit� della sottoscrizione dei motivi e della 
provenienza dell'atto che li contiene, l'altra meno farmalistica -che 
considera la omessa indicazione espressamente edlla regolare presentazione 
dei motivi da parte del soggetto a ci� legittimato. A quest'ultima 
soluzione aderisce questa Corte. 

Giova innanzi tutto premettere che, per l'attestazione che deve 
compiere il cancelliere al momento della presentazione dei motivi, 
non sono prvisti dalla� legge processuale particolari formalit� e che 
manca una precisa prescrizione (e tale mancanza si spiega col fatto 
che, secondo la formulazione del 10 comma dell'art. 209, presentatore 
dei motivi non poteva essere che il sottoscrittore degli stessi) che 
imponga al Cancelliere di indicare il nome e la qualit� della persona 
del presentatore. 

L'esigenza qi una tale indicazione � sorta dopo che la evoluzione 
giurisprudenziale nella interpretazione del 1� comma dell'art. 201 
(Sez. Unite 28 novembre 1959) ha riconosciuto potersi effettuare la 
presentazione dei motivi oltrech� dal difensore, da un suo incaricato 
(avvocato, corrispondente) commesso di studio, segretario etc.), dovendosi 
in tali casi ovviamente accertare, al fine di stabilire la autenticit� 
della provenienza dell'atto contenente i motivi, se la persona 
fisica del presentatore fosse legittimato alla presentazione stessa. 

Senonch� la predetta indicazione, pur se opportuna, non � asso


lutamente, indispensabile, non costituendo una formalit� espressamente 

richiesta dalla legge a pena di inammissibilit� dei motivi, e la rice


lione dell'atto contenente i motivi da parte del Cancelliere, con la 

;ola opposizione della data e della sua sottoscrizione dovendo far rite


nere essere la presentazione dell'atto avvenuta ad opera della persona 

~he lo sottoscrisse. 

Invero, quando il cancelliere, cui � demandata la attestazione circa 

la regolarit� della presentazione dei motivi, conosce la persona che 

gli si presenta a tale scopo non solo nella sua identit� fisica ma anche 

CJ.ella sua qualit�, � posto in grado di assicurarsi della autenticit� della 

provenienza dell'atto che gli viene presentato e quindi, se omette di 

indicare il nome e la qualit� della persona del presentatore dimostra 

~he la presentazione avvenne da parte del sottoscrivente, a lui resta 

ln quanto, ovviamente, se la presentazione fosse avvenuta ad opera di 

;>ersona che non dava affidamento sulla provenienza dell'atto da chi 

le risultava firmatario, avrebbe fatto constare tale circostanza rile


;rante ai fini del giudizio sulla ammissibilit� dell'impugnazione da com


;>iersi dal giudice. 

Non pu� non rilevarsi, infatti, che rappresentando la presen


;azione dei motivi da parte del difensore che li sottoscrisse la regola 

~ la presentazione da parte di persona diversa la eccezione, allorch� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questa ultima evenienza non venga attestata o comunque fatta risultare 
dal cancelliere ricevente, non pu� non ritenersi che la presentazione 
sia avvenuta da parte del soggetto legittimato in via principale. 

In conclusione in mancanza di espresse prescrizioni di forma e 
di contraria attestazione del cancelliere, la presentazione dell'atto 
contenente i motivi dell'impugnazione deve ritenersi ritualmente fatta 
dalla persona legittimata in via principale e la mancata indicazione da 
parte del cancelliere del nome e della qualit� del presentatore non 
pu� far considerare irrituale la presentazione dei motivi dovendo, al 
contrario, l'avvenuta ricezione da parte del cancelliere far ritenere 
che la presentazione fu effettuata da chi sottoscrisse i motivi o da persona 
da costui autorizzata e nota alla cancelleria. Alla stregua di 
questo principio il ricorso � fondato risultando che i motivi di appello, 
sottoscritti dall'avv. Di Ruggieri, regolarmente nominato nella dichiarazione 
di impugnazione, furono presentati nella cancelleria del Tri


bunale di Matera, luogo di residen2la dello stesso difensore che non 

poteva non essere noto a quel cancelliere il qual, ricevendo l'atto e 

opponendovi la data e la propria sottoscrizione dimostr� che la pre


sentazione era avvenuta ad opera di chi le aveva sottoscritto. 


(Omissis). 


PARTE SECONDA 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


MoRIONDO E., L'ideologia della Magistratura Italiana, Ed. Laterza, Bari, 1967, 
pagg. 351. 

~n questo libro, recentemente pubblicato da Laterza, il M. espone i 
risultati di una ricerca affidata. dal Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa 
Sociale all'Istituto di filosofia e sociologia del diritto dell'Universit� degli 
Studi di Milano e realizzata con il contributo del Consiglio Nazionale delle 
Ricerche. 

Nel 1962 il Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale decideva 
di organizzare e di svolgere un'indagine sociologica sull'amimnistrazione 
d~lla giustizia in Italia con due diversi propositi: quello di dare inizio ed 
impulso agli studi ed alle ricerche di sociologia del diritto e quello di 
affrontare e di approfondire un problema di fondamentale importanza e di 
vivo interesse per la nostra societ� in trasformazione. I laV'Ori preparatori 
dell'indagine furono discussi nel settembre del 1964 in un convegno tenutosi 
nel castello di Chatillon in Valle d'Aosta sotto la presidenza di Andrea 
Torrente. I risultati definitivi saranno pubblicati in un'apposita serie della 

� Biblioteca di cultura moderna � di Laterza, di cui il volume in rassegna 
rappresenta il primo numero. 
Come precisa R. TREVES nella sua prefazione, l'espressione � L'ideologia 
della Magistratura � -che d� titolo all'opera -viene intesa nel senso 
di ideologia specifica professionale orientata all'organizzazione ed all'integrazione 
del corpo dei magistrati ed alla determinazione del loro compito 
nella societ�, e non in quello di � complesso dei valori etici, sociali, culturali 
di ordine generale che ispirano i magistrati nelle loro decisioni e 
che li conducono a prendere posizione di fronte ad istituti ed a reati parti~
olarmente significativi �. 

Il metodo seguito dal M. nell'indagine � un metodo frequente nelle 

ricerche sociologiche: il metodo dell'analisi della documentazione e preci-. 

samente dell'analisi dei giornali di categoria che costituiscono la fonte prin


cipale da cui si possono attingere numerose notizie e delucidazioni per 10 

studio del pensiero della Magistratura nel senso suindicato. 

Nell'analisi del materiale indicato, il M. si � proposto lo scopo, come 
egli stesso dichiara, di esporre non solo il pensiero dei magistrati intorno 
alla loro professione ma anche le ragioni che ne condizionano il processo 
di formazione e di trasformazione. E per fare ci� egli non si � servito soltanto 
del metodo storico-critico ma anche di altri strumenti propri della 
noderna analisi sociologica e precisamente di quelli offerti dalla sociologia 
della conoscenza e dalla sociologia della organizzazione; in particolare, applicando 
ampiamente i criteri della sociologia della conoscenza, nella sua 
sottospecie di microsociologia della conoscenza giuridica [perch� relativa al 
pensiero condizionato da una sezione particolare delle istituzioni e delle 
:>rganizzazioni sociali e non estesa alla societ� globale: macrosociologia 
iella conoscenza]. 

L'A., dopo un'ampio esame degli articoli apparsi sui giornali di categoria 
dall'immediato dopoguerra fino ad oggi, determina ed analizza i rapporti 
che sono intercorsi nel passato ed attualmente intercorrono tra i fatti 


184 PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

della realt� sociale, da un lato, ed i pensieri, i prodotti mentali, le conoscenze, 
le idee dei magistrati italiani, dall'altro. 

I limiti dell'indagine condotta nel volume in esame sono dati dal fatto 
che le idee, i pensieri e le conoscenze dei magistrati sono desunti esclusivamente 
dall'analisi dei giornali di categoria. La conoscenza dei valori 
etici, sociali e culturali che ispirano i magistrati nelle loro decisioni e che 
serve a farci intendere ci� che effettivamente essi vogliono e concretamente 
fanno al di l� delle enunciazioni contenute nei giornali di categoria, rimane 
al di fuori del settore ricerca assegnato all'A. e quindi al di fuori del 
presente volume. Quando anche i risultati di questa seconda indagine saranno 
pubblicati, le osservazioni contenute nel presente libro acquisteranno 
un diverso risalto perch� opportunamente integrate ed il risultato complessivo 
sar� quello di una conoscenza veramente integrale dell'ideologia 
della Magistratura nel senso globale del termine. 

Sull'importanza di una tale conoscenza non occorre spendere moil.te 
parole. La Magistratura � un'istituzione la cui maggiore o minore rilevanza 
nella vita di un paese e �nella considerazione dei cittadini � un indice del 
grado di libert� e di sicurezza di cui godono i singoli individui e l'intera 
societ�: conoscere il pensiero di coloro che operano in questa istituzione � 
indubbiamente di grande interesse ed � per questo che si � ritenuto di 
dover segnalare questo libro ai lettori della � Rassegna �. 

L.M. 
VECCHI R. -Bosc1A F., Giurisprudenza completa della Corte Costitu;:ion'lle 
1956-66, De Donato editore -Leonardo Da Vinci, Bari, 1967. 

Questa opera si propone il fine di consentire una conoscenza, precisa e 
spedita, delle decisioni della Corte Costituzionale. Cogliendo l'occasione 
della ricorrenza del primo decennio di attivit� della Corte, gli AA. hanno 
raccolto tutte le decisioni emesse dal 1956 al 1966 secondo i seguenti criteri: 
a) per codici (codice civile, codice di procedura civile, codice penale, codice 
di procedura penale, codice penale militare di pace, codice della navi.gazione) 
articolo per articolo; b) per leggi speciali, alfabeticamente per �nateria. 
A parte sono state raccolte, invece, le decisioni riguardanti i conflitti 
.di attribuzione tra Stato e Regioni o tra Regioni. 

Le decisioni contengono gli estremi per la loro individuazione nonch� 
il riferimento all'Autorit� che ha sollevato la questione, l'oggetto della 
stessa, la motivazione, sia di accoglimento che di rigetto, adottata di volta 
in volta dalla Corte. L'opera � corredata da a) un'Appendice contenente la 
Costituzione della Repubblica Italiana; gli Statuti Regionali Speciali; le 
Leggi Costituzionali 9 febbraio 1948, n. l; 11 marzo 1953, n. l; 11 marzo 
1953, n. 87, le norme integrative per i giudizi davanti la Corte Costituzionale 
approvate dalla Corte stessa il 16 marzo 1956 e pubblicate nella 
Gazzetta Ufficiale il 24 marzo 1956, n. 71; b) un formulario concernente la 
prassi da seguire, prima dell'inoltro degli atti alla Corte, da parte dt!lle 
varie Cancellerie o Segreterie delle Autorit� giurisdizionali; c) da tre in.
dici, cronologici per le sentenze e le leggi, alfabetico per le materie. 

L.M. 

J 

185

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

VIRGA P., Diritto Costituzionale, Ed. Giuffr�, Milano, 1967, pagg. 735. 

In questa sesta edizione, interamente rifatta, del suo � Diritto Costituzionale
� il V. non si discosta dal metodo dogmatico-giuridico e respinge 
le opinioni di quegli Autori che vorrebbero, nello studio della materia 
costituzionalistica, una maggio;re applicazione del metodo storico-sociologico 
(MARANINI) o di quello teleologico (TREVEs). Egli non disconosce che 
in campo costituzionale molto spesso le formule giuridiche possono rivelarsi 
proposizioni astratte, prive di aderenza alla realt�, se considerate avulse 
dallo studio dei fenomeni sociali a cui si riferiscono o delle origini storiche 
degli istituti ed ammette pure che gli istituti costituzionali sono indissolubilmente 
legati agli scopi che le forze politiche mirano a raggiungere, ma 
ritiene di ~over laseiare l'impiego di metodi di studio diversi da quello da 
lui prescelto alle trattazioni di politica costituzionale, di storia costituzionale, 
di storia costituzionale o di sociologia ,costituzionale. 

Il metodo prescelto dall'A. � quello ancora oggi dominante nella nostra 
dottrina costituzionalistica, ma non si pu� qui fare a meno ,di sottolineare 
che la necessit� di considerare nella materia in discorso oltre ai rapp(}ll'ti 
teorici fra gli organi costituzionali disctplinati dalle norme, i rapporti di 
fatto fra gli stessi organi in base alle forze politiche che li muovono (e 
quindi di considerare il � pregiuridico � accanto al � g,iuridico �) viene 
sempre pi� frequentemente ed opportunamente invocata da numerosi costituzionalisti 
(MORTATI, GUARINO, MARTINES). 

La prima parte del volume (preceduta da una breve ma efficace storia 
costituzionale italiana, dallo Statuto albertino alla riannessione del territorio 
di Trieste) � dedicat� alla dottrina dello Stato. Vi si esaminano le 
nozioni di istituzione ed ordinamento giuridico; si analizzano i caratteri 
e gli elementi costitutivi dello Stato; si considerano il concetto di costituzione, 
il principio della separazione dei poteri, le forme di governo, le 
unioni di Stati e non manca un accenno particolareggiato alla Comunitd 
Europea. 

Nella seconda e nella terza parte del libro vengono trattate rispettivamente 
l'organizzazione costituzionale dello Stato (Corpo elettorale, Parlamento, 
Partiti politici, Gabinetto, Presidente della Repubblica, CNEL) e le 
fonti (consuetudine, procedimento legislativo, procedimento di revisione, 
legge delegata, decreto legge, regolamenti). 

Dopo una parte (la quarta) dedicata alle Regioni a Statuto speciale, 
nella quinta e nella sesta parte, infine, vengono rispettivamente affron~ti 
i temi delle Dichiarazioni Costituzionali (Famiglia e Scuola; Lavoro, Pro� 
priet� ed Impresa, Prestazioni obbligatorie, Diritto fondamentali dell'uomo, 
Diritto di manifestazione ,del pensiero, Ordinamento giudiziario, Pubblica 
IUnministrazione, Rapporti fra Stato e Chiesa) ,e della Giustizia Costituzionale. 
L'intera opera � ricca di riferimenti bibliografici alla pi� qualificata 
dottrina italiana e straniera. 

L.M. 
I 


� 1 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI * 

Legge 29 settembre 1967, n. 955 -Integra e modifica le vigenti disposizioni 
concernenti concessioni di indennizzi e contributi per danni di 
guerra (G. U. 28 ottobre 1967, n. 270). 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* 


NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codic:e c:ivile, art. 156 (Effetti della separazione), primo c:omma, in quanto 
impone al marito, in regime di separazione personale per colpa del 
marito, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario 
ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche 
della moglie (artt. 3 e 29 della Costituzione) (1). 

Tribunale di Torino, ordinanza 28 aprile 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 
Tribunale di Venezia, ordinanza 23 maggio 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 
Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 5 luglio 1967, 

G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. 
c:odic:e c:lvile, art. 2243 (Periodo di 1�iposo), limitatamente all'inciso 
e dopo un anno di ininterrotto se1�vizio ., in quanto condiziona il diritto 
del lavoratore ad un periodo di ferie retribuito al compimento 

� Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggior interesse. 
� Tra parentesi sono � indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 
(1) Questione gi� proposta dal Tribunale di Caltagirone con ordinanza 26 
gennaio 1967 (G. U. 29 luglio 1967, n. 190, e retro, II, 150). L'art. 156, primo comma, 
del codice civile � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, 
e nella parte in cui po.ne a carico del marito, in regime di separazione consensuale 
senza co!na di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto 
ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendente dalle condizioni economiche 
di costei .. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 187 

di un anno di ininterrotto servizio (art. 36, terzo comma, della Costituzione) 
(2). 

Pretore di Napoli, ordinanza 24 maggio 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 

codice di procedura civile, art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), 
in quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione 
nel termine di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi 
di interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, 
in cui il termine decorre da una data che pu� senza colpa rimanere 
ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (3). 

Tribunale di Milano, ordinanza 14 marzo 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221 (4). 

codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo comma, 

in quanto, con disparit� di trattamento tra i coniugi, considera soggetto 
passivo del reato solo il genitore esercente la patria potest� (art. 29 
della Costituzione) (5). 

Pretore di Gavirate, ordinanza 29 maggio 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 

codice di procedura penale, art. 94 (Formalit� della costituzione di 
parte �civile), in quanto, con la dizione � nei procedimenti... di competenza 
del pretore la dichiarazione � presentata nella cancelleria del 
giudice competente per il giudizio �, rende possibile. impedire che la 
parte civile, pur costituita in pendenza dell'istruttoria sommaria, sia 
formalmente presente in giudizio durante l'istruttoria sommaria pretorile, 
non attribuendole alcuno dei poteri di cui agli artt. 104, 304-bis, 
304-ter, 304-quater, 323 e seguenti del codice di procedura penale, 

(2) Lo stesso criterio era stabilito, per il rapporto di lavoro in genere, dall'articolo 
2109 del codice civile, dichiarato incostituzionale, limitatamente all'inciso � dopo 
un anno di ininterrotto servizio�, con sentenza 10 maggio 1963, n. 66. 
(3) Questione gi� proposta, per il comb. disp. artt. .301 e 305 del codice di 
procedura civile, dal Tribunale di Catania (ordinanza 17 gennaio 1966, G. U. 12 
marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100), dalla Corte di cassazione 
(ordinanza 16 febbraio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 
1966, II, 201), dal Tribunale di Roma (ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 28 
gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 15), dalla Corte di appello di Bologna (ordinanza 
28 novembre 1966, G. U. 22 aprile 1967, n. 102, e retro, II, 60) e dalla Corte di 
appello di Catania (ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 24 giugno 1967, n. 157, e 
retro, Il, 101). 

(4) Con la stessa ordinanza il Tribunale di Milano ha ritenuto manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 301 del codice di procedura 
civile. 
(5) L'art. 574 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 
22 febbraio 1964, n. 9, � in quanto limita it diritto di querela al genitore 
esercente la patria potest� �. 

J 

188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ovvero, in linea subordinata, in quanto rende possibile, durante la 
istruttoria sommaria pretorile, la formale presenza della parte civile 
con gli stessi diritti e poteri che ad essa spettano nel corso dell'istruzione 
formale, senza che l'imputato possa fare opposizione alla costituzione 
di parte civile (art. 24 e 3 della Costituzione) (6). 

Pretore di Livorno, ordinanza 14 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

codice di procedura penale, art. 98 (Opposizione alla costituzione della 
parte civile nel dibattimento), in quanto, �con la dizione � contro la costituzione 
della parte civile avvenuta... anteriormente (alle formalit� 
di apertura del dibattimento) pu� essere fatta opposizione nel dibattimento 
., esclude che l'imputato, nel procedimento pretorile con istruzione 
sommaria, abbia il diritto di fare opposizione alla costituzione 
di parte civile durante la fase dell'istruzione sommaria (artt. 24 e 3 
della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 14 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

r. d. I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli 
orari e dei turni di servizio dei personale addetto ai pubblici servfai 
di trasporti in concessione), art. 16 delle disposizioni annesse, nel testo 
modificato dal r. d. 1. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede 
il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde 
dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Costituzione (7). 
Pretore di Milano, ordinanza 12 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, 

n. 258. 
r. d. I. 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il personale addetto 
ai pubblici servizi di trasporto in concessione), art. 16 delle disposizioni 
annesse, che modifica l'art. 16 delle disposizioni annesse al r. d. 1. 19 ottobre 
1923, n. 2328, prevedendo il diritto del lavoratore al riposo 
secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, 
terzo comma, della Costituzione) (7). 
Pretore di Milano, ordinanza 12 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, 

n. 258. 
(6) Questioni proposte in via subordinata rispetto a quella sollevata per 
l'art. 98 del codice di procedura penale. 
(7) Questione gi� proposta dal Tribunale di Trento con ordinanza 30 giugno 
1966 (G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 16). Analoghe questioni sono state 
proposte, per gli artt. 4 del r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692, 8 del r.d. 10 settembre 1923, 
n. 1955, 1 del r. d. 10 settembre 1923, n. 1957 e n. 25 della relativa tabella, dal 
Tribunale di Terni con quattordici ordinanze del 27 settembre 1966 (G. U. 8 aprile 
1967, n. 89, e retro, 63-64). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 189 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), 
art. 66, se ed in quanto la notificazione dell'avviso di accertamento di 
valore ad uno dei condebitori solidali sia efficace ai fini della decorrenza 
del termine per il ricorso alle Commissioni tributarie anche nei 
confronti del contribuente al quale l'avviso di accertamento non sia 
stato notificato (artt. 24 e 113 della Costituzione) (8). 
Commissione provinciale delle imposte di Catanzaro, ordinanza 19 
gennaio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3276 (Legge dei diritti erariali sugli spettacoli), 
art. 14, in quanto condiziona la concessione della licenza amministrativa 
al preventivo pagamento dei diritti erariali (artt. 3, 97, 24 
e 113 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, 

n. 258. 
r. d. I. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provvedimenti per �'ordin�mento del 
credito agrario), convertito, con modificazioni, in legge 5 luglio 1928, 
n. 1760, art. 8, in quanto, nel prevedere che il privilegio sui frutti 
del fondo a garanzia dei prestiti concessi per la conduzione delle 
aziende agricole ha efficacia nei confronti di chiunque possegga, coltivi 
o conduca il fondo, consente all'affittuario debitore, nel caso in cui il 
privilegio abbia durata eccedente quella del rapporto locativo, di costituire 
un diritto reale di garanzia su beni di un terzo, senza il concorso 
della sua volont� e senza possibilit� di opposizioni alla costituzione del 
vincolo (art. 42 della Costituzione). 
Tribunale di Matera, ordinanza 27 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 
1967, n. 258. 

legge 5 luglio 1928, n. 1760 (Conversione in legge, con modificazioni, 
iel r. d. l. 29 luglio 1927, n. 1509, concernente provvedimenti per 
!'ordinamento del credito agrario), per la parte che converte in legge 
l'art. 8 del r. d. 1. 29 luglio 1927, n. 1509, che nel prevedere l'efficacia 
riei confronti di chiunque possegga, coltivi o conduca il fondo del pri1.1ilegio 
sui frutti costituito a garanzia dei prestiti concessi per la con:
luzione delle aziende agricole, consente all'affittuario debitore, nel 
~aso in cui il privilegio abbia durata eccedente quella del rapporto lo~
ativo, di costituire un diritto reale di garanzia su be11i di un terzo, 
ienza il concorso della sua volont� e senza possibilit� di opposizione alla 
~ostituzione del vincolo (art. 42 della Costituzione). 

Tribunale di Matera, ordinanza 27 giugno 1967, G. U. 14 ottoJre 
1967, n. 258. 

(8) La stessa questione � stata gi� proposta, per gli artt. 20 e 21 del r .d.1. 7 
1gosto 1936, n. 1639, dal Tribunale di Torino (ordinanza 14 ottobre 1966, G. U. 28 
:ennaio 1967, n. 25, e retro, II, 17). 

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190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 72, in quanto condiziona la concessione della licenza amministrativa 
al preventivo pagamento dei diritti d'autore (artt. 3, 97, 24 
e 113 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, 

n. 258. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicu1
�ezza), art. 156, in quanto, con eccezione per la �materia ecclesiastica ,, 
(art. 3 della Costituzione), condiziona la concessione della licenza alla 
discrezionale valutazione del questore (artt. 3 e 21, primo e secondo 
comma, della Costituzione), precludendo la possibilit� di promuovere 
raccolte, collette e questue per finalit� diverse da quelle tassativamente 
indicate (art. 2 della Costituzione) (9). 
Pretore di Ragusa, ordinanza 8 giugno 1967, G. U. 2 settembre 1967, 

n. 221. 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 5, 
riprodotto all'art. 11 del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, in quanto 
impone alla persona civilmente responsabile dell'infortunio l'obbligo 
di rivalere l'I.N.A.I.L. per intero di tutte le indennit� erogate, con criterio 
diverso da quello stabilito, dall'art. 1916 del codice civile, per il 
diritto di �surrogazione dell'assicuratore (art. 3 della Costituzione) (10). 

Tribunale di Udine, ordinanza 30 marzo 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 

(9) La questione di legittimit� �ostituzionale della disposizione, in riferimento 
agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45, e 49 della Costituzione, � stata dichiarata non 
fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso sopra indicato, la questione 
� stata gi� proposta dal Tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 e 
21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in 
questa Rassegna, 1965, II, 48), dal Pretore di Avezzano in �riferimento all'art. 3 della 
Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione 
(ordinanza 14 settembre 1965, G. U . .30 ottobre 1965, n. 273, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 143), dal Pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21 
e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e 
in questa Rassegna, 1966, II, 103), dal Pretore di Mantova in riferimento agli artt. 3, 
2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 
1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal Tribunale di Grosseto in riferimento 
agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 
1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, II, 158), dal Pretore di 
Lucera in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 aprile 1966, G. U. 11 
giugno 1966, n. 143 e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal Pretore di Bari in riferimento 
agli artt. 3 e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204), e dal Pretore di Bologna in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252). 

(10) Questione proposta in base ad una interpretazione della norma in contrasto 
con quella adottata dall'orientamento giurisprudenziale, sul presupposto, cio�, 
che il rimborso all'I.N.A.I.L. possa superare la misura del risarcimento che sarebbe 
dovuto al danneggiato. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 191 

r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo 
della previdenza sociale), art. 128, secondo comma, in quanto 
consente all'istituto previdenziale, senza alcuna limitazione o discriminazione, 
di trattenere l'ammontare delle somme di cui � creditore in 
forza di provvedimento dell'autorit� giudiziaria sulle pensioni, assegni 
ed indennit�, dichiarati, con il primo comma della disposizione, incedibili, 
impignorabili ed insequestrabili (art. 38 della Costituzione). 
Tribunale di Bari, ordinanza 15 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

contratto collettivo nazionale 23 d�icembre 1939, � tuttora in vigore in 
forza di legge a norma dell'art. 43 del decreto legislativo luogotenenziale 
23 novembre 1944, n. 369 �, art. 6, secondo comma, in quanto esclude 
dal trattamento assistenziale le malattie nervose e mentali e quelle 
ad andamento cronico (art. 38, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Belluno, ordinanza 15 giugno 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 

legge 27 giugno 1942, n. 851 (Modificazioni al testo unico della legge 
comunale e provinciale approvato con r. d. 3 mm�zo 1934, n. 383, cpncernenti 
il nuovo stato giuridico dei segretari comunali e provinciali), 
art. 4, in quanto demanda all'autorit� statale la scelta e la nomina 
del segretario generale della provincia (artt. 5 e 128 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanze 8 luglio 
1966 (due), G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 

d. lg. C. P. S. 15 novembre 1946, n. 367 (Istituzione deUa Giunta giurisdizionale 
amministrativa della Valle d'Aosta), modificato con legge 
1-0 marzo 1949, n. 76, artt. 1, primo, secondo e terzo comma, 2, n. 3, 5 e 7, 
in quanto, disciplinando la giurisdizione contabile della Giunta giurisdizionale 
amministrativa della Valle d'Aosta (art. 103, secondo comma, 
della Costituzione), prevedono la partecipazione alla Giunta di funzionari 
in posizione gerarchica dipendenti dal potere esecutivo (artt. 101, 
secondo comma, 108, e 25 della Costituzione) (11), e non garantiscono 
agli interessati il diritto di difesa (art. 3 e 24 della Costituzione) (12). 
Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale, ordinanza 11 marzo 
1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 

(11) Questione gi� proposta dalla stessa Giunta giurisdizionale amministrativa 
della Valle d'Aosta con ordinanza 10 dicembre 1966, 20 dicembre 1966 e 27 
gennaio 1967 (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, 25 marzo 1967, n. 77, e 8 aprile 1957, 
n. 89, e retro, II, 67). Sotto analogo profilo, ed in riferimento agli artt. 101, secondo 
comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, la Corte costituzionale ha dichiarato 
la illegittimit� costituzionale dell'art. 1 del d.lg.lgt. 12 aprile 1945, n. 203 (sentenza 
22 marzo 1967, n. 30). 
(12) Nel dichiarare la illegittimit� costituzionale delle norme sulla giurisdizione 
dei Consigli di prefettura e sui relativi giudizi (sentenza 3 giugno 1966, n. 55), la 
Co.rte costituzionale aveva precisato che � la pronuncia non investe la giurisdi

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192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
art. 1 ed ogni altra disposizione condizionata dalla formula iniziale 
dell'art. 1, in quanto rimette l'iniziativa della diffida alla discrezionale 
valutazion~ dell'autorit� amministrativa (artt. 3, primo comma, e 13, 
secondo comma, della Costituzione) (13). 

Pretore di Firenze, ordinanza 20 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, 

n. 271 (14). 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt 85, 89 e 90, in quanto comportano l'applicazione delle 
addizionali comunali e provinciali, del contributo di cura stabilito con 
il r. d. 1. 15 aprile 1926, n. 765, dell'imposta camerale prevista all'articolo 
52 del r. d. 20 settembre 1934, n. 2011 e delle addizionali E.C.A. 
e pro-Calabria ai soli redditi di categoria B e C-1 (artt. 3, 47 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione distrettuale delle imposte di Como, ordinanza 23 giugno 
1966, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 150, sec�ondo comma, in quanto prevede l'automatico inserimento 
dell'accertamento per l'imposta sui fabbricati nel sistema di 
accertamento ai fini della imposta sulle societ�, fondato sulle risultanze 
del bilancio (art. 53 della Costituzione). 
Commissione distrettuale delle imposte di Napoli, ordinanze 5 
aprile 1967 (due), G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, lettera &, in quanto, con disciplina diversa da quella 
prevista per i terzi estranei, ancorch� conviventi con il debitore dell'imposta, 
impedisce al coniuge ed ai parenti o affini entro il terzo grado 
del debitore dell'imposta, anche se non conviventi, di far valere i 
zone contabile della Giunta provinciale amministrativa della Valle d'Aosta., in 
quanto � nessuna autonoma questione di legittimit� costituzionale � stata sollevata 
in ordine a tale giurisdizione �. � La Corte non intende escludere -si rileva peraltro 
nella decisione -che taluna di tali disposizioni possa risultare illegittima anche 
con riferimento all'anzidetta giurisdizione. Ma ritiene che le disposizioni stesse non 
potrebbero formare oggetto di esame sotto il profilo in questione, se non con particolare 
riferimento alla giurisdizione medesima, e quindi sulla base di una impugnativa 
che la investisse con specifico riferimento alla stessa �. 

(13) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 25, 27 e 3 della Costituzione, con 
sentenza 23 marzo 1964, n. 23. 
(14) Con la stessa ordinanza it Pretore di Firenze ha ritenuto manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 27 dicembre 1956, 
n. 1423, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione, nel rilievo 
della assoluta indeterminatezza delle norme e della discrezionalit� delle valutazioni 
dell'autorit� amministrativa sul presuposto dalla pericolosit�. 

J 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 193 

~ropri eventuali diritti sui beni rinvenuti, in occasione dell'esecuzione 
~sattoriale, nella casa di abitazione del debitore (artt. 3, 24 e 113 della 
:::!ostituzione) (15). 

Pretore di Viareggio, ordinanza 1-0 marzo 1967, G. U. 28 ottobre 
L967, n. 271. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali 
iei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), articolo unico, in 
;iuanto conferisce efficacia obbligatoria all'accordo interconfederale 
L8 ottobre -1950 anche nei confronti dei non iscritti ai sindacati che 
lo hanno stipulato (art. 39 della Costituzione) (16). 
Corte di appello di Napoli, ordinanza 20 dicembre 1966, G. U. 
~ settembre 1967, n. 221. 

legge 21 luglio 19601 n. 739 (Provvidenze pe1� le zone agriicole danrieggiate 
da calamit� naturali e provvidenze per le imprese industriali), 
cirtt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma, in 
;iuanto consentono all'affittuario debitore, nel caso in cui il privilegio 
mi frutti del fondo abbia durata eccedente quella del rapporto locativo, 
:li costituire un diritto reale di garanzia su beni di un terzo, senza 
l concorso della sua volont� e senza possibilit� di opposizioni alla costituzione 
del vincolo (art. 42 della Costituzione). 

Tribunale di Matera, ordinanza 27 giugno 1967, G. U. 14 ottoore 
1967, n. 258. 

d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 153 (Norme sul trattamento economico 
~ normativo dei giornalisti), articolo unico, per eccesso dai limiti della 
:lelega conferita eon la legge 14 luglio 1959, n. 74;1., in quanto rende 
lbbligatorio erga omnes l'art. 5�, lettera a, del Contratto collettivo na~
ionale di lavoro 10 gennaio 1959, che impone al datore di lavoro di 
issumere esclusivamente giornalisti professionisti per il lavoro nelle 
redazioni giornalistiche (art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 9 giugno 1967, G. U. 14 ottobre �1967, 

[I. 258. 
legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed 
:iutostradali), art. 9, primo comma, in quanto pone il divieto di costruire, 
ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie lungo il 

(15) Questione per dichiarata non fondata, come si a,ccenna nell'ordinanza di 
~imessione, con sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 42, secondo 
~omma, della Costituzione) e 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3 e 42, terzo comma, 
iella Costituzione). 
(16) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1967,� n. 98. Il d.D.P. 
L4 luglio 1960, n. 1011 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 maggio 
L966, n. 50, � per la sola parte in cui disciplina l'intervento di conciliazione delle 
Jrganizzazioni di categoria >. 

194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tracciato delle autostrade e dei relativi accessi a distanza inferiore ~ 
venticinque dal limite della zona di occupazione dell'autostrada, senza 
prevedere indennizzo (art. 42 della Costituzione). 

Tribunale di Catanzaro, 24 febbraio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, 

n. 258. 
legge reg. sic:. 23 febbraio 1962, n. 2 (Norme per il trattamento di 
quiescenza, previdenza ed assistenza del personale della Regione), art. 4, 
primo, secondo e terzo comma, modificato dall'art. 6, secondo comma, 
della legge regionale 1� febbraio 1963, n. 11, e art. 31, integrato dagli 
artt. 6, primo e secondo comma, e 9 della legge regionale 1� febbraio 
1963, n. 11 e dalla legge regionale 5 ottobre 1965, n. 25, in quanto 
consentono un trattamento economico del personale in quiescenza migliore 
di quello del personale in attivit� di servizio (artt. 3, primo 
comma, 36 e 97 della Costituzione); art. 4, secondo comma, in quanto 
prevede l'aumento delle pensioni in corrispondenza alle variazioni del 
costo della vita secondo l'esclusivo criteri� della proporzionalit� cmi 
l'ammontare delle pensioni (art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, 
ordinanza 4 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (17). 

legge 8 giugno 1962, n. 604 (Modificazioni allo stato giuridico e all'ordinamento 
della carriera dei segretari comunali e provinciali), artt. 23 
e 46, in quanto demandano all'autorit� statale la scelta e la nomina 
del segretario generale della provincia (artt. 5 e 128 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanze 8 luglio 
1966 (due di eguale contenuto, una per ciascuna delle due disposizioni), 
G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 (18). 

legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per 
l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le 
industrie elettriche), art. 5, n. 2, in quanto, senza alcuna discriminazione 
per le societ� di proporzioni minime, prevede per la determinazione 
dell'indennizzo un criterio unitario, la cui applicazione consente il 

(17) Con la stessa ordinanza la Corte dei conti ha ritenuto manifestamente 
infondate le questione di legittimit� costituzionale degli artt. 4, secondo e terzo 
comma, e 30, lettere a ed f, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in riferimento 
all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, e delle norme sopra indicate (per 
la riscontrata sperequazione fra il trattamento dei pensionati regionali e quello dei 
pensionati statali) in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, ed 
irrilevanti le questioni proposte per l'art. 4, se�ondo comma, della legge regionale 
23 febbraio 1962, n. 2 (in ragione della limitazione dell'aumento alle pensioni � in 
corso�), e per l'art. 2, secondo comma, della legge regionale 1� febbraio 1963, 11. 11, 
in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. 
(18) L'art. 23 della legge 8 giugno 1962, n. 604, � ricordato, ma per evidente 
errore di trascrizione, anche nella terza ordinanza del1'8 luglio 1966, relativa alla 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851, 
prospettata negli stessi termini. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 

trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle imprese appartenenti 
a societ� di dimensioni economiche minime (artt. 42, terzo comma, 
e 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 14 aprile 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 

legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove _disposizioni per l'applicazione 
delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e del bollo ai 
contratti di locazione dei beni immobili urbani), artt. 1 e 2, per la parte 
relativa all'imposta generale sull'entrata, in quanto impongono il pagamento 
dell'imposta generale sull'entrata indipendentemente dell'effettivo 
conseguimento dell'entrata (art. 3 della Costituzione) (19). 

Tribunale di Milano, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

legge reg. sic:. 1� febbraio 1963, n. 11 (Conglobamento ed adeguamento 
delle retribuzioni del personale dell'Amministrazione regionale), 

artt. 6, primo e secondo c:omma, e 9, che modificano ed integrano gli artt. 
4, primo, secondo e terzo comma, e '31 della legge regionale 23 febbraio 
1962, n. 2, in quanto consentono un trattamento economico del 
personale in quiescenza migliore di quello del personale in attivit� 
di servizio (artt. 3, primo comma, 36 e 97 della Costituzione). 

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, 
ordinanza 4 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (17). 

legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), 
artt. 45, 29, 33, 34, 35, 46, 47, 28, secondo c:omma, 51, lettere e: e d, 
54, 55 e 24, in quanto condizionano l'esercizio della professione di 
giornalista (artt. 21, 3, secondo comma, 18, 19, 33, 39 e 49 della Costituzione); 
art. 63, terzo c:omma, in quanto prevede la partecipazione di 
giornalisti, designati dal Consigl~o nazionale dell'Ordini dei giornalisti, 
ai Collegi che giudicano in primo e secondo grado sulle deliberazioni 
del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti (art. 108, 
secondo comma della Costituzione) (20). 

Pretore di Catania, ordinanza 5 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

d. P. R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da 
corrispondere alle imprese assoggettate a trasferimento all'Ente nazio(
19) Questione gi� pro,posta, in riferimento anche all'art. 53 della Costituzione. 
dalla Commissione pro.vinciale delle imposte di Milano (ordinanza 9 novembre 1966, 
G. U. 8 luglio 1967, n. 170, e retro, Il, 156). 
(20) Questa ultima questione � stata gi� proposta, in riferimento anche allo 
art. 102, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino (ordinanza 7 
febbraio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190, e retro, II, 156). 

196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nale per l'energia elettrica), art. 2, in quanto, senza alcuna discriminazione 
per le societ� di proporzioni minime, prevede per la rettificazione 
dell'indennizzo un coefficiente unico, la cui applicazione consente il 
trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle imprese appartenenti 
a societ� di dimensioni . economiche minime (artt. 42, terzo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 14 aprile 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 

legg� 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta sugli incrementi 
di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico 
per la finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, 

n. 1175 e al regio decreto legge 28 novemb~e 1938, n. 2000, convertito 
nella legge 2 giugno 1939, n. 739), art. 48, primo comma, e 49, primo comma, 
in quanto, con disparit� di trattamento tra i proprietari di aree 
fabbricabili situati in zone del territo;rio comun;:ili per le quali era 
gi� stata deliberata l'istituzione del contributo di miglioria generica 
e quelli di aree situati in altre zone del territorio comunale (art. 3, 
primo comma, della Costituzione),.consentono di applicare l'imposta con 
effetto retroattivo anche nei confronti di coloro che abbiano alienato 
le aree prima della� data di entrata in vigore della legge (art. 53 della 
Costituzione) (21). 
Tribunale di Torino, ordinanze 9 giugno 1967 (nove), G. U. 2 settembre 
1967, n. 221, 14 ottobre 1967, n. 258, e 28 ottobre 1967, 

n. 271 (22). 
legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale 
sul reddito dei fabbricati di lusso), in quanto condiziona l'applicazione 
dell'imposta ad un criterio di classificazione stabilito da norme regolamentari 
e applicato dagli uffici catastali secondo un potere discrezionale 
che non trova alcun limite nella legge (artt. 23, 3 e 53 della 
Costituzione) (23). 

Commissione provinciale delle imposte di Genova, ordinanza 20 
aprile 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 (24). 

(21) Sotto lo stesso profilo, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� 
costituzionale degli artt. 25, secondo comma, 27, prinio e secondo comma, e 43, 
terzo comma, della legge 5 marzo 1963, n. 246 (sentenza 23 maggio 1966, n. 44). 
(22) Con le stesse ordinanze il Tribunale di Torino ha ritenuto manifestamente 
infondata, e comunque irrilevante ai fini della decisione, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 52 della legge 5 marzo 1963, n. 246. 
(23) Nel dispositivo dell'ordinanza la questione risulta proposta solo in riferimento 
all'art. 23 della Costituzione. 
(24) La Commissione provinciale delle imposte di Genova. ha ritenuto superfluo 
rimettere alla Corte costituzionale anche le questioni di legittimit� costituzionale 
dell'art. l, in riferimento agli artt. 3, 53 e 42, terzo comma, della Costituzione, 
e degli artt. 2 e 3, in riferi;mento agli artt. 3, 24, 113 e 25 della Costituzione, trattandosi 
di questioni gi� proposte dalla Commissione distrettuale dell'imposte di 
Torino (ordinanza 24 maggio 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38, e retro, II, 20). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
nt. 35, secondo comma, in quanto impone l'obbligo di tenere un registro 
:li carico e scarico per il commercio dei mosti vini ed aceti, per ec~
esso dai limiti della delega di cui all'art. 2, secondo comma, della 
legge 9 ottobre 1964, n. 991 (art. 76 della Costituzione) (25). 
Pretore di Roma, ordinanze 1'0 dicembre 1966 (tre), G. U. 14 otto:>'
re 1967, n. 258 (26). 

d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deZZe disposizioni per 
~'assicurazione obbligatoria contro gZi infortuni sui lavoro e Ze matattie 
professionali). art. 11, che riproduce l'art. 5 del r. d. 17 agosto 
L935, n. 1765, in quanto impone alla persona civilmente resonsabile 
iell'infortunio l'obbligo di rivalere l'I.N.A.I.L. per intero di tutte le 
.ndennit� erogate, con criterio diverso da quello stabilito, dall'art. 1916 
iel codice civile, per il diritto di surrogazione dell'assicuratore (art. 3 
iella Costituzione) (27). 
Tribunale di Udine, ordinanza 30 marzo 1967, G. U. 2 settembre 
L967, n. 221. 

legge reg. sic. 5 (recte: 10) agosto 1965, n. 21 (Trasformazione del:'
Ente per Za riforma agraria in Sicilia in Ente di sviluppo agricolo). 
ut. 18, in quanto, con disparit� di trattamento tra le varie Asi;;ocia:
ioni nazionali di rappresentanza operanti nel settore delle cooperative, 
~sclude in via definitiva che i rappresentanti della cooperazione pre1isti 
nella composizione del Consiglio di amministrazione dell'Ente di 
;viluppo agricolo siciliano possano essere designati dall'Associazione 
~enerale delle cooperative italiane (art. 3 della Costituzione). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 
>rdinanza 22 febbraio 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221 (28). 

legge reg. sic. 5 ottobre 1965, n. 25 (Interpretazione autentica deZ'
m�t. 6 della legge 1� febbraio 1963, n. 11, concernente � Conglobamento 
~d adeguamento delle retribuzioni del personale dell'Amministrazione 

(25) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 106. 
(26) Con due delle tre ordinanze il Pretore di Roma ha ritenuto manifestanente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 108, lettere b e c, 
lel d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, in riferimento agli art. 25, secondo comma, e 76 
lella Costituzione: questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della 
~ostituzione, con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. 
(27) Questione pro.posta secondo una interpretazione della norma in contrasto 
:on quella adottata dell'orientamento giurisprudenziale, sul presupposto, cio�, che 
l rimborso all'I.N.A.I.L. possa superare la misura del risarcimento che sarebbe 
lovuto al danneggiato. 
(28) Con la stessa ordinanza, il Consiglio di giustizia amministrativa per la 
iegione siciliana ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit� 
:ostituzionale proposta, per la stessa disposizione, in riferimento all'art. 97, primo 
:omma, della Costituzione. 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

regionale � ), in quanto, in relazione agli artt. 4, primo, secondo e 
terzo comma, e 31 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, e 6, 
primo e secondo comma, e 9 della legge regionale 1� febbraio 1963, 

n. 11, consente un trattamento economico del personale in quiescenza 
migliore di quello del personale in attivit� di servizio (artt. 3, primo 
comma, 36 e 97 della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, 
ordinanza 4 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (17). 

legge 15 lugUo 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 11, primo comma, in quanto esclude l'applicazione della legge ai 
datori di lavoro che occupano fino a 35 dipendenti, determinando una 
disparit� di trattamento tra i lavoratori dipendenti da imprese che 
occupano fino a 35 unit� lavorative e quelli alle dipendenze di imprese 
con pi� di 35 lavoratori (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Vicenza, ordinanza 31 maggio 1967, G. U. 14 ottobre 
1967, n. 258. 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), art. 1, quarto comma, in quanto, con disciplina 
unitaria per situazioni obiettivamente differenti e disparit� di trattamento 
tra enfiteusi e concedenti (art. 3, primo comma, della Costituzione), 
consente il trasferimento coattivo del diritto di propriet� 
dei concedenti senza adeguato indennizzo (art. 42, terzo comma, della 
Costituzione) (29). 

Pretore di Torre Annunziata, ordinanza 18 luglio 1967, G. U. 
28 ottobre 1967, n. 271 (30). 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materie di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), art. 1, quarto comma, in quanto, con disciplina 
diversa rispetto a quella stabilita dall'art. 971 del codice civile per 
l'affrancazione di immobili urbani, consente l'affrancazione di fondi 
rustici con il p~gamento di somma 'corrispondente a 15 volte il ca


'none (art. 3 della Costituzione) (29). 

~retore di ~olopaca, ordinanze 13 giugno 1967 e 11 luglio 1967, 

G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 (31). 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e p1�estazioni 
fondiarie perpetue), artt. 1, 8 e 9, in quanto consentono il trasferimento 
coattivo del diritto di propriet�� dei concedenti senza la ricor


(29) Questioni gi� proposte; per le altre� numerose ordinanze v. retro, II, 72-73, 
108-109, 157-160. 
(30 Con la stessa ordinanza il Pretore di Torre Annunziata ha ritenuto manifestamente 
infondata, in riferimento all'art. 44 della Costituzione, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 971 del codice civile. 

(31) Con la stessa o.rdinanza il Pretore di Solopaca ha ritenuto manifestamente 
infondata la questione di legittimit� dell'art. 1 della legge 22 luglio 1966, 
n. 607 in riferimento agli artt. 42, secondo comma, e 44 della Costituzione, e irri

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 199 

renza di motivi d'interesse generale e senza adeguato indennizzo 
(art. 42, terzo comma, della Costituzione), e in quanto il criterio di 
fissazione unica dell'indennizzo comporta un ingiustificato trattamento 
di favore degli enfiteusi che hanno trasformato il fondo, edificandolo, 
rispetto a quelli che non ne hanno modificato l'originaria destinazione 
agricola (art. 3, primo comma, della Costituzione) (29). 

Pretore di Isernia, ordinanza 14 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestac:
ioni fondiarie perpetue), artt. 1, 8, 9 e 13, in quanto, parificando la 
situazione di tutti i concedenti (art. 3 e 44 della Costituzione), prevec:
Jono il trasferimento coattivo del diritto del concedente con inden11izzo 
meramente simbolico (l:l,rt. 42 della Costituzione), con la prevalenza, 
in ogni caso, e anche per le enfiteusi urbane, della domanda 
:ii a:fijanca;i:ione (artt. 24, 113 e 41 della Costituzione); artt. 4, 5, 6 e 7, 
in quanto prevec;lono un_ procedimento sommario che non consente 
1i Proprietari concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti (artt. 24, 
J, 41, 42 e 44 della Costituzione); art. 15, in quanto attribuisce efficacia 
~etp9attiva alle norme sulla determinazione del canone per il caso che 
l relativo versa,mento non sia stato effettuato (art. 3, 24, 41, 42 e 44 
lella Costituzione) (29). 

Pretore di Frosinone, ordinanza 6 aprile 1967, G. U. 2 settem


>re 1967, n. 221 (32). 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfite�si e presta:
ioni fondiarie perpetue) artt. 1, 8, 9, 15 e 18, in quanto, con disciplina 
mitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costi:
uzione), senza la ricorrenza di motivi di interesse generale e sociale 
:art. 44 della Costituzione), e limitando la libert� negoziale dei privati 
:art. 41 della Costituzione), .prevedono il trasferimento coattivo del 
liritto del concedente senza congruo indennizzo e la indiscriminata 
>revalenza della domanda di affrancazione su quella di devolmione 
:art. 42 della Costituzione) (29). 

T!ibunale di Palermo, ordinanza 19 maggio 1967, G. U. 2 setembre 
1967, n. 221. 


legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e presta'
ioni fondiarie perpetue), artt. 1 e 13, in quanto, con indiscriminata 
1arificazione dei rapporti di natura enfiteutica con quelli relativi ai 


�ari tipi di colonia migliorataria (art. 3 della Costituzione), consen~
vanti ai fini della decisione le questioni proposte per gli artt. 8, 9, 15 e 18 in 
iferimento agli artt. 3, 42, 44 e 73 della Costituzione. 


(32) Con la stessa ordinanza il Pretore di Frosinone ha ritenuto irrilevanti, ai 
ni della decisione, le questioni di legittimit� costituzion,ale degli artt. 10, 11, 12, 
6, 17 e 18. 
.I 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tono il trasferimento coattivo del diritto di propriet� senza adeguato 
indennizzo (art. 42 della Costituzione) (29). 
Pretore di Frosinone, ordinanza 21 giugno 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), art+. 1 e 15, in quanto, con disciplina unitaria 
per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), sacrificano 
il diritto di propriet� dei concedenti senza la ricorrenza di 
motivi di interesse generale (artt. 41 e 42, secondo comma, della Costituzione) 
(29). 
Pretore di Palermo, ordinanza 3 febbraio 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 
. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), art. 2, ultima parte, in quanto consente al (solo) 
ricorrente di integrare gli elementi di prova con la produzione di un 
atto notorio sulla esistenza e sull'importo della produzione (art. 24 
della Costituzione); artt. 3, 4, 5 e 6, in quanto prevedono un procedimento 
sommario che non consente ai proprietari concedenti la tutela 
giudiziale dei propri diritti e che si conclude con un provvedimento 
per il quale si prescinde dall'indagine istruttoria e dal giudizio comparativo 
della pretesa e della prova offerta dalle parti (artt. 24 e 111 
della Costituzione); art. 4, quarto comma, in quanto consente la perdita 
del diritto di propriet� senza la ricorrenza di finalit� di utilit� generale 
(artt. 42 e 43 della Costituzione) (29). 
Pretore di Bianco,. ordinanza 18 luglio 1967, G. U. 14 ottobre 
1967, n. 258. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in mate1�ia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue>, art. 2, ultima parte, in quanto consente al (solo) 
ricorrente di integrare gli elementi di prova con la produzione di un 
atto notorio sulla esistenza e sull'importo della prestazione (art. 24 
della Costituzione); art. 4, quarto c:�omma, e 13, lettera e:, in quanto, senza 
la ricorrenza di finalit� di utilit� generale e con prevalenza della domanda 
di affiancazione su quella di devoluzione anche nel caso di 
colpevole deterioramento del fondo, consentono il trasferimento .coattivo 
del diritto di propriet� senza congruo indennizzo (artt. 42 e 43 
della Costituzione) (29). 
Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 23 marzo 1967, G. U. 2 settembre 
1967, n. 221. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), artt. 4, 5, 6 e 7, in quanto, con disparit� 
di trattamento tra gli enfieuti e i coloni da una parte ed i proprietari 
concedenti dall'altra (art. 3, primo comma, della Costituzione), prevedono 
un procedimento sommario che non consente ai proprietari 
concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti (art. 24,. primo e secondo 
comma, della Costituzione) e che si conclude con un provvedi-j.~j 
~ 
~ 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 201 

mento che, per essere definito � ordinanza �, viene sottratto ad ogni 
possibilit� di gravame, pur avendo natura sostanziale di sentenza 
(art. 111, secondo comma, della Costituzione) (29). 

Pretore di Albano Laziale, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 
1967, n. 258. 

d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore delle popolazioni 
dei Comuni colpiti dalle alluvioni o mareggiate dell'autunno 
1966), convertito con legge 23 dicembre 1966, 1141, artt. 1, dalla parole 
� ... e dei termini perentori .legali o convenzionali, i quali importino 
decadenze ... � in poi, e 3, in .quanto la disposta sospensione dei termini 
si risolve .in danno solo dei creditori cambiari e dei locatori immobiliari 
(art. 3 della Costituzione), preclude, senza indennizzo, il godimento 
di un bene cartolare o immobiliare (art. 42 della Costituzione), 
ed impedisce, limitatamente al territorio indicato, il magistero della 
giustizia civile e penale (art. 24, primo comma, 112, 1 e 101 della 
Costituzione). 
Tribunale di Rovereto, ordinanza 15 aprile 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

legge 23 dicembre 1966, n, 1141 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), art. 1, nella parte 
in cui converte in legge gli artt. 1, dalle parole � ... e dei termini perentori 
legali o convenzionali, i quali importino decadenze... � in poi, 
e 3, in quanto la disposta sospensione dei termini si risolve in danno 
solo dei creditori cambiari e dei locatori immobiliari (art. 3 della 
Costituzione), preclude; senza indennizzo, il godimento di un bene 
cartolare o immobiliare (art. 42 della Costituzione), ed impedisce, limitatamente 
al territorio indicato, il magistero della giustizia civile e 
penale (artt. 24, primo comma, 112, 1 e 101 della Costituzione). 

Tribunale di Rovereto, ordinanza 15 aprile 1967, G. U. 28 ottobre 
1967, n. 271. 

legge 21 luglio 1967, n. 613 (Ricerca e coltivazione degli idrocarbm
�i liquidi e gassosi nel mare te1Titoriale e nella piattaforma continentale 
e modificazioni alla legge 11 gennaio 1957, n. 6, sulla ricerca 
e coltivazione degli id1�ocarburi liquidi e gassosi): in particolare, artt. 2, 
43, 45, 53 e ultimi sei commi della tabella A allegata alla legge, in quanto 
riservano al solo Stato il diritto di ricerca e di concessione sulla piattaforma 
continentale e nel mare territoriale (artt. 14, lettera h, 20, 
prima parte e 33 dello Statuto della Regione siciliana), determinando 
unilateralmente la misura della cointeressenza delle Regioni a statuto 
speciale sull'aliquota in natura corrisposta per le concessioni di coltivazione 
relative a giacimenti siti nel fondo del mare territoriale adiacente 
alle coste delle Regioni (artt. 36 e 43 dello Statuto della Regione 
siciliana). 

Regione siciliana, ricorso depositato il 7 settembre 1967, G. U. 14 
ottobre 1967, n. 258. 


202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 21 luglio 1967, �n. 613 (Ricerca e coltivazione degli idrocarburi 
liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale 
e modificazioni alla legge 11 gennaio 1957 n. 6, sulla ricerca e coltivazione 
degli idrocarburi liquidi e gassosi), art. 2, primo comma, in 
quanto implicitamente nega alla Regione sarda il diritto di esplorare 
la piattaforma continentale ad essa adiacente e di sfruttarne le risorse 
naturali, per quanto rientranti nella sua competenza per materia; art. 5, 
sec�ndo, terzo e quarto comma, in quanto nega alla Regione sarda competenza 
in materia di prospezione e ricerca dei giacimenti petroliferi 
nel sottosuolo marino adiacente al suo territorio; artt. 11, 17, primo e 
secondo comma, 20, terzo comma, 23, primo comma, 27, quarto e quinto com� 
ma, 32, primo c�omma, 33, primo e quinto comma, 35 primo comma, 40, 41, 
42 e 49, in quanto riservano allo Stato, senza eccezione per la Sardegna, 
i poteri legislativi e amministrativi in materia di ricerca e coltivazione 
degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma 
continentale, la competenza esclusiva per i permessi di ricerca e 
le concessioni dei giacimenti, e i relativi proventi; art. 53, in quanto 
nega implicitamente rilevanza ai provvedimenti emessi dalla Regione 
sarda prima della entrata in vigore della legge in materia di giacimenti 
esistenti sulla piattaforma continentale; art. 54 in quanto devolve alla 
Regione sarda solo un terzo, e non la totalit� della aliquota in natura 
prevista dall'art. 33; e ogni altra disposizione connessa (artt. 3, lettere 
m, d, i e p, 4, lettere a, e, ed f, e 6 dello Statuto della Regione �sarda). 

Regione sarda, ricorso depositato 1'8 settembre 1967, G. U. 14 ottobre 
1967, n. 258. 

legge 28 luglio 1967, n. 641 (Nuove norme per l'edilizia scolastica e 
universitaria e piano finanziario delL'inte1�vento per il quinquennio 
1967-1971), in quanto non contiene la disciplina necessaria per coordinare 
armonicamente, nell'ambito del piano, le attivit� statali, regionali 
e provinciali (artt. 4, 11 e 13 dello Statuto della Regione TrentinoAlto 
Adige) e non rispetta, comunque, i principi costituzionali che la 
legge ordinaria di pianificazione deve osservare nel disciplinare il 
coordinamento delle competenze regionali e provinciali con quelle 
statali (artt. 5 e 116 della Costituzione e 4, 11, 13 e 59 e seguenti d~llo 
Statuto della Regione Trentino-Alto Adige); artt. 3, 4, 7 e 9, in quanto, 
pur avendo le Provincie competenza in materia di istruzione, predispongono 
un programma a carattere regionale e non provinciale, e in 
quanto, pur avendo la Regione competenza in materia di lavori pubblici, 
prevedono la istituzione di un ufficio interregionale (artt. 5 e 
116 della Costituzione, e 4, 11, 13 e 59 e seguenti dello Statuto della 
Regione Trentino-Alto Adige); artt. 3, 8, 9, 13, 14, 20, 24 e 25, in quanto 
non ispirati al principio dell'adeguamento all'esigenze dell'autonomia 
locale (artt. 5 e 116 della Costituzione, e 4, 11, 13 e 59 e seguenti 
dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige). 

Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato 1'11 settembre 1967, 

G. U. 14 ottobre 1967. n. 258. 

CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. 

Atti di competenza del Consiglio di Amministrazione per il personale 
operaio. 

Se il Ministro pu�, per le nomine a capo operaio, emanare provvedimenti 
in contrasto con lo scrutinio per merito comparativo effettuato dal 
Consiglio di Amministrazione, ai sensi dell'art. 8 d. P. R. 18 novembre 
1965, n. 1480 (n. 323). 

Se le decisioni adottate dal Consiglio di Amministrazione per il per


sonale operaia a seguito di ricol'si proposti in materia di trasferimenti 
(art. 38 1. 5 marzo 1961, n. 90) sono. suscettibili di impugnazione con ricorso 
al Ministero (n. 323). 

Camere di commercio -Assicurazione infortuni per componenti della 
Commissione Provinciale Artigianato. 

Se fra le � spese di funzionamento � poste a carico delle Camere di 
Commercio per il funzionamento delle Commissioni Provinciali dell'artigianato 
rientrino quelle relative alla garanzia co:qtro i rischi da infortunio 
durante la esecuzione di sop11aluoghi effettuati dai componenti delle Commtssioni 
stesse (n. 324). 

Risoluzione di convenzioni tra Ministeri e organi statali con personalitd 
giuridica. 

Se possa risolversi un rapporto costituito mediante convenzione tra 
un'Amministrazione dello Stato e un organo statale avente personalit� giuridica 
(Ente EUR), al di fuori di una nuova e concorde dichiarazione dei 
contraenti volta ad esprimere la sopravvenuta inattualit� o non convenienza 
dello scopo avuto di mira nel~ conclusione della convenzione stessa 

(n. 325). 
APPALTO. 

Appalto per costruzione di case non di lusso -Agevolazioni tributarie. 

Se, nel caso in cui 1a costruzione di una casa non di lusso sia completata 
da un appaltatore diverso da quello originario, per il primo contratto 
di appalto debbano essere dichiarate decadute le agevolazioni fiscali concesse 
(n. 311). � 

Deposito per cauzione provvisoria -Fideiussione. 

Se una fideiussione con rinuncia al beneficium excussionis possa costituire 
valido deposito per cauzione provvisoria a sensi dell'art. 2 Capitolato 
Generale d'Appalto per le opere pubbliche (n. 312). 


J 

204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pagamento diretto di mercedi agli operai. 

Se la stazione appaltante possa pagare direttamente le mercedi agli 
operai quando l'appaltatore sia fallito (n. 313). 

ATTI AMMINISTRATIVI. 

Imposizione di servit� militari -Eccesso dei limiti del provvedimento. 

Se il privato proprietario difetti in relazione all'eccesso dei limiti posti, 
nel caso concreto, al provvedimento impositivo della servit� militare, di 
una posizione soggettiva tutelabile, neanche al livello di interesse legittimo 

(n. 13). 
AUTOVEICOLI. 

Ipoteca giudiziaria. 

Se il Cancelliere possa iscrivere ipoteca giudiziaria su di un autoveicolo 
onde proteggere il credito dell'Erario per la pena e le spese (n. 70). 

BORSA. 

Agenti di cambio -Incompatibilit�. professionali. 

Quali siano le attivit� compatibili per gli agenti di cambio a sensi del 

r. d. I: 7 marzo 1925, n. 222 e del r. d. I. 30 giugno 1932, n. 815 (n. 24). 
Se l'incompatibilit� di cariche ed uffici con� la qualit� di membro del 
Parlamento prevista dall'art. 1 1. 15 marzo 1953, n. 60 si estenda anche agli 
agenti di cambio (n. 24). 

CACCIA E PESCA. 

Applicabilit�. della legislazione pontificia alle valli di Comacchio. 

Se la.legge Galli 13 settembre 1854 (norma dello Stato Pontificio) sia 

entrata a far parte dell'ordinamento giuridico italiano e se sia tuttora in 

vigore il disposto del par. 24 (n. 36). 

Se la norma del par. 24 della legge Galli, che vieta di ammarinare 

fuori delle mura di Comacchio il pesce delle valli omonime, sia compatibile 

con l'art. 41 Cost. (n. 36). 

0

CAMBIALI E ALTRI TITOLI DI CREDITO. 

Regolarizzazione fiscale. 

Se la proroga dei termini concessa a seguito dello sciopero dei cancellieri 
giudiziari dell'aprile 1967, debba estendersi alla regolarizzazione fiscale 
degli assegni bancari scoperti (n. 8). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 205 

CINEMATOGRAFI. 

Acquisto di documenti della libera produzione da parte delle Amministrazioni 
dello Stato -Esclusiva dello Istituto Luce. 

Se sia consentito �alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per lo 
adempimento del suo compito d'istituto di � documentazione e informazione 
sugli aspetti della vita italiana e sull'attivit� della Pubblica Amministrazione 
., l'acquisto di materiale documentario cinematografico della libera 
produzione (n. 37). 

Se la s.p.a. Istituto Luce, costituita con atto Intersimone del 1� agosto 
1962, debba intendersi subentrata in toto all'Istituto Nazionale Luce, e 
quindi anche nell'esclusiva della produzione e distribuzione in Italia dei 
films comunque finanziati dalle Amministrazioni dello Stato, dagli enti 
pubblici e dalle societ� a prevalente partecipazione statale (n. 37). 

Contributi per la produzione di lungometraggi. 

Se il contributo stabilito dall'art. 7 della I. 4 novembre 1965, n. 1213 
recante norme sugli incentivi alla produzione di films lungometraggi, debba 
andare diviso per met� al regista e per l'altra met� in due parti uguali al 
soggettista e allo' sceneggiatore, oppure se debba essere attribuito nella 
misura di un terzo ciascuno, rispettivamente al regista, sceneggiatore e 
soggettista (n. 38). 

CIRCOLAZIONE STRADALE. 

Parchimetri a pagamento. 

Se sia legittima l'installazione nei centri urbani di parchimetri a pagamento 
ad opera del Comune (n. 10). 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE. 

Ammissione illegittima ad istituto di istruzione -Dimissione. 

Se la dimissione da un istituto di istruzione di chi vi era stato illegittimamente 
ammesso leda una posizione di diritto soggettivo (n. 26). 

COMUNIONE E CONDOMINIO. 

Regolamento di condominio -Modificazioni unilaterali. 

Se le disposizioni del regolamento di condominio possano essere modificate 
unilateralmente da parte di uno dei condomini quando i condomini 
siano pi� di quattro (n. 3). 


206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. 

Esclusione e riammissione a gare di licitazione privata. 

Se � legittima ai sensi dell'art. 68 della legge di contabilit� generale 
dello Stato l'esclusione di alcune ditte contro cui si erano accertate irregolarit� 
in precedenti lavori, di licitazioni private (n. 220). 

Se l'Amministrazione dei LL. PP. possa adottare un nuovo ed autonomo 
provvedimento per la riammissione nella licitazione privata di ditte precedentemente 
escluse (n. 220). 

Soprassoldo per decorazioni -Decorrenza. 

Se il soprassoldo annuo annesso alla Croce di Guerra al V.M. richiesto 
a titolo di riversibilit� dalla vedova del decorato, decorra dal primo giorno 
del mese in cui la domanda � presentata od invece dal giorno (antecedente) 
del decesso del decorato (n. 221). 

CONTRABBANDO. 

Garanz'ia nell'ambito delle sanzioni penali. 

Se l'obbligazione assunta dall'Ente prestatore della garanzia relativa 
a �carnet� T.I.R. a norma dell'art. 6 del progetto di convenzione approvato 
con 1. 30 lugl~o 1952, n. 1747, si estenda al pagamento delle somme dovute 
a titolo di sanzioni pecuniarie aventi natura penale (n. 40). 

Quale sia il limite entro cui, ove si ammetta la garanzia nell'ambito 
delle sanzioni penali, debba ritenersi operante la medesima (n. 40). 

CONTRIBUTI. 

Contributi per la produzione di lungometraggi. 

Se il contributo stabilito dall'art. 7 della 1. 4 novembre 1965, n. 1213 
recante norme sugli incentivi alla produzione di films lungometraggi, debba 
andare diviso per met� al regista e per l'altra met� in due parti uguali al 
soggettista e allo sceneggiatore, oppure se debba essere attribuito nella 
misura di un terzo ciascun�, rispettivamente al regista, sceneggiatore e 
soggettista (n. 67). 

Tassabilit� dei contributi dei consorzi di bonifica di primo grado a quelli 
di secondo. 

Se le contribuzioni che i consorzi di bonifica di primo grado versano 
a quelli di secondo grado abbiano natura tributaria e perci� non siano 
tassabili con ige, al pari dei contributi di bonifica che i privati corrispondono 
ai consorzi di primo grado (n. 68). 


J 

PARTE II, CONSULTAZIONI 207 

Se i contributi che i consorzi di primo grado versano a quelli di secondo 
grado siano semplici rimborsi spese e cio� partite di giro e pertanto 
non tassabili con ige (n. 68). 

COSTITUZIONE. 

Legittimit� costituzionale dell'art: 188 t. u. 29 gennaio 1956, n. 645. 

Se debba ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale della norma di cui all'art. 188 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 
in relazione all'eccesso di delega per innovazione concernente la riduzione 
del termine a ricorrere ed in relazione alla violazione dei diritti della difesa 
per eccessiva brevit� del medesimo (n. 46). 

DEMANIO. 

Limitazioni poste dall'art. 1, n. 11, r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740 a beni 
demaniali. 

Se le limitazioni previste dall'art. 1, n. 11, r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740, 

t. u. per la tutela delle strade e per la circolazione, siano applicabili ai 
beni demaniali (n. 221). 
DEPOSITO. 

Depositi cauzionali presso le FF.SS. -Provvedimenti di svincolo -Timbri 
di ufficio. 

Se sui provvedimenti di svincolo di depositi cauzionali emesi;;i dalle 
FF.S~. ovvero di indennit� di espropriazione (sulle relative copie rilasciate 
dai cancellieri) debba apporsi il timbro con inchiostro oleoso della Z�cca 

o quello d.i gomma a spirito (n. 24). 
Deposito per cauzione provvisoria :-Fideiussione. 

Se una fideiussione con rinuncia al benef�.cium excussionis possa costituire 
valido deposito per cauzione provvisoria a sensi dell'art. 2 Capitolato 
Generale d'Appalto per le opere pubbliche (n. 25). 

DIFESA DELLO STATO. 

Consorzi universitari. 

Se i Consorzi Universitari, Enti dotati di personalit� giuridica a sensi 
dell'art. 61 t. u. 31 agosto 1933, n. 1592, possano comprendersi fra gli Enti 
che, in base all'art. 56 del t. u. citato, sono -ammessi al patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato (n. 7). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE. 

Espropriazione per p. u. della Gescal. 

Se la Gescal possa procedere ad espropriazione per p. u. di aree site 
in Comuni che non siano dotati di piano di zona approvato, n� di un piano 
di zona regolatore, o di un programma di fabbricazione ancora da approvarsi 
(n. 197). 

Se l'autorizzazione concessa alla Gescal dall'art. 1 della 1. 29 marzo 
1965, n. 217, di procedere alla acquisizione di aree in base alla semplice 
deliberazione del piano regolatore, non ancora approvato, valga anche per 
il caso dei piani di ricostruzione (n. 197). 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI. 

Aziende di soggiorno e turismo -Quota imposta unica ENEL. 

Se alle Aziende autonome: di cura, soggiorno e turismo, costituite dopo 
il 1961, spetti la quota di imposta unica ENEL, istituita con l'art. 8, 
I comma, 1. 6 dicembre 1962, n. 1643 (n. 35). 

Legge istitutiva dell'Enel -Benefici fiscali per atti di fusione. 

Se i benefici fiscali ex art. 9 della 1. 6 dicembre 1962, n. 1643 (istitutiva 
dell'Enel) siano applicabili quando gli atti di fusione avvengano fra societ� 
ex elettriche ed altre societ� non elettriche (n. 36). 

ENFITEUSI. 

Canoni al Fondo per il Culto -Ragguaglio. 

Se, ai sensi della 1. 22 luglio 1966, n. 607, il computo dell'equivalente 
in danaro del canone in derrate vada fatto una tantum al momento dell'entrata 
in vigore di detta legge (n. 28). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Agevolazioni tributarie. 

Se le istanze e le documentazioni presentate dai privati espropriati per 
lo svincolo delle indenniit� depositate, possano godere della agevolazione 
tributaria prevista dall'art. 26 1. 10 agosto 1950, n. 646 relativo all'attivit� 
della Cassa per il Mezzogiorno (n. 246). 

Art. 3 l. reg. sic. 8 novembre 1964, n. 29. 

Se l'art. 3 della 1. reg. sic. 8 novembre 1964, n. 29, che sostituisce al 
termine biennale dell'art. 73 della legge fondamentale sulle espropriazioni 
pi� lungo termine (tre anni), possa dar adito a questione di legittimit� 
costituzionale, con particolare riguardo all'art. 3 della Costituzione (n. 247). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 209 

Cassa per il Mezzogiorno -Legge 27 gennaio 1962, n. 7, art. 5 -Dichiarazione 
di p. u. 

Se la Cassa per il Mezzogiorno, quando agisce ai sensi dell'art. 5 legge 
speciale per Napoli 27 gennaio 1962, n. 7, per l'esecuzione delle opere pubbliche 
straordinarie di competenza del Comune di Napoli, abbia necessit�, 
per l'attuazione delle occorrenti procedure espropriative, di provvedersi 
della dichiarazione espressa di pubblica utilitt� (n. 248). 

Occupazione non preordinata alla espropriazione -Indennitd. 

Se il criterio di commisurazione dell'indennit� di occupazi�ne agli interessi 
legali sulla indennit� di espropriazione possa trovare applicazione 
anche quando la occupazione non sia preordinata alla espropriazione ovvero 
non sia seguita dall'espropriazione (n. 249). 

Spese per la documentazione della proprietd. 

Se le spese sostenute per la documentazione comprovante la propriet� 
del fondo e l'inesistenza di vincoli reali, nella procedura di svincolo della 
indennit� di esproprio, facciano carico all'espropriante (n. 250). 

FALLIMENTO. 

Pagamento diretto di mercedi agli operai. 

Se la stazione appaltante possa pagare direttamente le mercedi agli 
operai quando l'appaltatore sia fallito (n. 107). 

FARMACIE. 

Autorizzazione del medico provinciale all'esercizio provvisorio agli eredi 
beneficiati. 

Se il medico provinciale debba concedere la autorizzazione provvisoria 
all'esercizio della farmacia agli eredi del titolare defunto fino al nuovo 
conferimento per concorso della stessa, anche in caso che l'eredit� sia stata 
accettata da alcuno dei coeredi con beneficio. di inventario e questi si 
opponga alla richiesta di atuorizzazione (n. 16). 

Indennitd d'avviamento. 

Se l'indennit� di avviamento dovuta in caso di trasferimento di farmacie 
a sensi dell'art. 110 t. u. Sanitario debba sempre commisurarsi al 
triplo del reddito annuo, imponibile ai fini della ricchezza mobile, quale 
che sia la minor durata infraquinquennale dello esercizio (n. 17). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Turno settima~ale -Inderogabilit�. 

Se sia derogabile la prefissione dei turni di riposo delle farmacie disposta 
dal Medico Provinciale (n. 18). 

FERROVIE. 

Compensazione tra crediti F.S. per tasse di porto e debiti per rimbo1�si 
derivanti da riduzioni tariffarie. 


Se possa in ogni caso farsi luogo legittimamente a recupero di crediti 
delle F.S. per tasse di porto riscosse in meno mediante compensazione, ai 
sensi dell'art. 1242 c. c., con debiti delle stesse F.S. per rimborsi derivanti 
dalle riduzioni tariffarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno (n. 383). 

IGIENE E SANIT�. 

Poteri del sindaco ex art. 217 t. u. leggi sanitarie -Natura dei provvedimenti 
-Ricorso gerarchico. 

Se il Sindaco, nella veste di Ufficiale di Governo, sia competente a 

emettere un provvedimento con cui si disponga l'allontanamento dall'abi


tato di uno stabilimento di lavorazione del legno e se non essendo un tale 

provvedimento definitivo, competente a decidere il ricorso gerarchico con


tro di esso sia il Medico Provinciale (n. 4). 

Se costituisca presupposto all'esercizio del potere di cui all'art. 217 t. u. 

leggi sanitarie da parte del Sindaco la sussistenza di un � imminente grave 

pericolo per la salute pubblica � (n. 4). 

IMPIEGO PUBBLICO. 

Procure per la riscossione di stipendi, salari e pensioni. 

Se l'art. 363 delle Istruzioni Generali sui Servizi del Tesoro nel disporre. 
che � non' sono ammesse procure per� la riscossione degli stipendi, 
dei salari... nei riguardi delle pensioni e degli assegni a queste assimilate, 
non sono ritenute valide le procure a termine o limitate al pagamento di 
una somma determinata ., sia legittimo (n. 657). 

IMPOSTA DI BOLLO. 

Espropriazione per p. u. -Agevolazioni tributarie. 

Se le istanze e le documentazioni presentate dai privati espropriati 
per lo svincolo delle indennit� depositate, possono godere dell'agevolazione 
tributaria prevista dall'art. 26 1. 10 agosto 1950, n. 646, relativo all'attivit� 
della Cassa per il Mezzogiorno (n. 31). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 
211 

IMPOSTA DI REGISTRO. 

Acquisto di fondi rustici� o di case popolari -Agevolazioni fiscali a favore 
delle famiglie. 

Se i benefici fiscali previsti dall'art. 13 I. 27 giugno 1961, n. 551, per gli 
atti di acquisto di fondi rustici o di case di tipo popolare, che vengano 
destinati rispettivamente al lavoro o all'abitazione di una famiglia numerosa, 
spettino anche se l'acquirente sia il coniuge non capo di famiglia, 
ed anche se il coniuge acquirente o l'altro coniuge sia proprietario di altra 
casa non idonea ad essere abitata dalla famiglia numerosa (n. 261). 

Agevolazioni tributarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno. 

Se all'atto con cui viene aumentato il capitale di una societ�, quando 
oggetto del conferimento, a titolo di concentrazione aziendale, sia un'unica 
azienda industriale divi>Ba in due rami, di cui uno con sede a Sud e l'altro 
con sede al Nord, possano concedepii le agevolazioni tributarie previste 
d�lla lettera d) dell'art. 38 della 1. 29 luglio 1957, n. 634 (n. 262). 

Appalto per costruzioni di case non di lusso -Agevolazioni tributarie. 

Se, nel caso 'ixi cui la costruzione di una casa non di lusso sia completata 
da un appa1tatore dive;rso da quello originario, per il primo contratto 
di appalto debbano essere dichiarate decadute le agevolazioni fiscali concesse 
(n. 263) . 

.Art. 44 del d. l. 15 marzo 1965, n. 124 -Interpretazione. 

Se il limite temporale previsto dal primo comma dell'art. 44 del d. 1. 
15 marzo 1965, n. 124 sia applicabile anche all'ipotesi disciplinata dal quarto 
comma dello stesso articolo (n. 264). 

Delegazioni di pagamento ex art. 94 t. u. finanza locale -Agevolazioni. 

Se le delegazioni di pagamento di cui all'art. 94 t. u. sulla finanza 
locale, rilasciate a garanzia di mutui stipulati ai fini �previsti dalla legge 
589/1949, godano delle stesse agevolazioni fiscali previste per tali mutui 
dall'art. 18 del1a legge medesima, qualora la delegazione fatta dal Comu'le 
sia accettata dalla ditta appaltatrice delle imposte di consumo e l'accetfa:zione 
sia fatta nello stesso atto di mutuo e solo successivamente perfezionata 
in atto separato a fini amministrativi (n. 265). 

Imposta sugli atti di garanzia. 

Se sia applicabile l'art. 59 tariffa All. A alla legge di registro, ad atti 
coi quali si garantiscono aperture di credito bancario non soggette a bollo 

(n. 
266). 
Se sia applicabile il limite quantitativo dell'imposta graduale fissato 
dal I capoverso dell'art. 53 1. r. alle garanzie non accordate contestualmente 
all'obbligazione garantita (n. 266). 


212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Legge istitutiva dell'Enel -Benefici fiscali per atti di fusione. 

Se i benefici fiscali ex art. 9 della 1. 6 dicembre 1962, n. 1643 (istitutiva 
dell'Enel) siano applicabili quando gli atti di fusione avvengano fra societ� 
ex elettriche ed altre societ� non elettriche (n. 267). 

Trasferimenti di case di abitazione -Agevolazioni ex art. 3 D. P. Reg. sic. 
26 aprile 1949, n. 10. 

Se le disposizioni di favore di cui all'art. 3 D. P. Reg. sic. 26 aprile 
1949, n. 10 relative a trasferimenti di case di abitazione siano applicabili 
al caso di compravendita di appartamenti ultimati, sia pure allo stato grezzo 

(n. 268). 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE. 

Eredit� giacente -Accertamento di maggior valore. � 

Se nel corso della procedura di liquidazione dell'eredit� giacente, 

l'Amministrazione finanziaria possa procedere all'accertamento del maggior 

valore dei beni caduti in successione (n. 52). 

Se, in caso affermativo, l'Amministrazione debba o meno proporre 

impugnazione dello stato di graduazione, qualora in questo momento il 

procedimento di accertamento tributario non sia stato ancora definito 

(n. 52). 
IMPOSTA GENERAj:.E SULL'ENTRATA. 

IGE sui diritti versati ai Comuni per le pubbliche afj�ssioni. 

Se ai sensi dell'art. 1 lett. d) della 1. 19 giugno 1940, n. 762 debbano 
considerarsi assoggettabili ad IGE i dirltti spettanti ai Comuni per la 
esposizione di mezzi pubblicitari effettuata direttamente a cura del privato 
ed in luoghi o spazi diversi da quelli predisposti dall'autorit� comunale 

(n. 120). 
Rimborso IGE su olii non commestibili. 

Se le agevolazioni �concernenti l'IGE sugli atti economici relativi al 
commercio degli olii vegetali allo stato commestibile di cui all'art. 8 della 

1. 24 dicembre 1949, n. 941 e all'art. 2 1. 31 ottobre 1961, n. 1196 siano 
applicabili anche agli olii destinati alla alimentazione previo procedimento 
di raffi.nazione (n. 121). 
Tassabilit� dei contributi dei consorzi di bonifica di primo grado a quelli 
di secondo. 

Se le contribuzioni che i consorzi di bonifica di primo grado versano 
a quelli di secondo grado abbiano natura tributaria e perci� non siano tas



PARTE II, CONSULTAZIONI 213 

sabili con ige, al pari dei contributi di bonifica che i privati corrispondono 
ai consorzi di primo grado (n. 122). 

Se i contributi che i consorzi di primo grado versano a quelli di secondo 
grado siano semplici rimborsi spese e cio� partite di giro e pertanto non 
tassabili con ige (n. 122). 

IMPOSTE E TASSE 

Benefici fiscali l. 3 agosto 1949, n. 569 -Applicabilit� alle garanzie di terzi. 

Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 18 1. 3 agosto 1949, n. 589, 
siano applicabili alle garanzie di terzi stipulate alle condizioni previste 
dell'art. 3 1. 4 aprile 1953, n. 261 (n. 446). 

Compensazione tra crediti F. S. per tasse di porto e debiti per rimborsi 
derivanti da riduzioni tariffarie. 

Se possa in ogni caso farsi luogo legittimamente a recupero di crediti 
delle F. S. per tasse di porto riscosse in meno mediante compensazione, ai 
sensi dell'art. 1242 c. c., con debiti delle stesse F. S. per rimborsi derivanti 
dalle riduzioni tariffarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno (n. 447). 

Finanza locale -Ricorso ex art. 289 t. u. 

Se la proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 289, 3� comma, t. u. Finanza 
locale (modificato con art. 52 1. 2 luglio 1952, n. 703) sia sospensivo 
della riscossione dei tributi che fossero gi� stati iscritti a ruolo (n. 448). 

lmposta complementare -Riscossione coattiva. 

Se nei casi di infruttuose o insufficienti procedure esecutive a carico 
del contribuente iscritto a ruolo per imposta complementare l'esattore possa 
agire esecutivamente sui beni appartenenti ai soggetti i cui redditi, in forza 
iell'art. 131 t. u. 29 gennaio 1953, n. 645, si cumulano con quelli del soggetto 
ii imposta (n. 449). 

'...egittimit� costituzionale dell'art. 188 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Se debba ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� 
~ostituzionale della norma di cui all'art. 188 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 in 
:elazione all'eccesso di delega per innovazione concernente la riduzione del 
;ermine a ricorrere ed in relazione alla violazione dei diritti della difesa 
?er eccessiva previt� del medesimo (n. 450). 

~icorso per revocazione avverso la decisione della Commissione Centrale 
in materia di imposte indirette. 

Se sia ammissibile il ricorso per revocazione avverso le decisioni della 
::!ommissione Centrale in materia di imposte sui trasferimenti della ric:
hezza (n. 451). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE VARIE 

Acquisto di fondi rustici o di case popolari -Agevolazioni fiscaH a favore 
delle famiglie numerose. 

Se i benefici fiscali previsti dall'art. 13 1. 27 giugno 1961, n. 551, per gli 
atti di acquisto di fondi rustici o di case di tipo popolare, che vengano 
destinati rispettivamente al lavoro o all'abitazione di una famiglia numerosa, 
spettino anche se l'acquirente sia il coniuge non capo famiglia, ed 
anche se il coniuge acquirente o l'�altro coniuge sia proprietario di altra 
casa non idonea ad essere abitata dalla famiglia numerosa (n. 7). 

Compensazione. 

Se possa ammettersi la compensazione tra le somme cui il contribuente 
ha diritto per imposta di registro pagata indebitamente e quelle dallo stesso 
dovute per imposta principale di successione (n. 8). 

MATRIMONIO 

Tribunali Ecclesiastici -Efficacia della sentenza nell'ordinamento italiano. 

Se la riapertura di un �Processo per nullit� di matrimonio dinanzi alla 
Sacra Rota, gi� precedentemente conclusosi con sentenza dichiarativa di 
nullit� resa esecutiva dalla Corte di Appello, spieghi effetti nell'ordinamento 
Italiano (n. 21). 

MEZZOGIORNO 

Cassa per il Mezzogi01�no -L. 27 gennaio 1962, n. 7, art. 5 -Dichiarazione 
di p.u. 

Se la Cassa per il Mezzogiorno, quando agisca ai sensi dell'art. 5, legge 
speciale per Napoli 27 gennaio 1962, n. 7, per l'esecuzione delle opere pubbliche 
straordinarie di competenza del Comune di Napoli, abbia necessit�, 
per l'attuazione delle occorrenti procedure espropriative, di provvedersi 
della dichiarazione espressa di pubblica utilit� (n. 41). 

Opere di ampliamento eseguite per conto della Cassa del Mezzogiorno Licenza
� di costruzione. 

Se i concessionari di lavori di ampliamento di edifici ospedalieri da 
parte della Cassa del Mezzogiorno debbono essere tenuti a richiedere alla 
competente autorit� locale la licenza di costruzione edilizia di cui all'art. 31 
della 1. 17 agosto 1942, n. 1150 (n. 42). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 215 

>PERE PUBBLICHE 

:assa per il Mezzogiorno -Legge 27 gennaio 1962, n. 7, m�t. 5 -Dichiamzione 
di p. u. 

Se la Cassa per il Mezzogiorno, quando agisce ai sensi dell'art. 5, legge 
peciale per Napoli 27 gennaio 1962, n. 7, per l'esecuzione delle opere pub1liche 
straordinarie di competenza del Comune di Napoli, abbia necessit�, 

�er l'attuazione delle occorrenti procedure espropriative, di provvedersi 
lella dichiarazione espressa di pubblica utilit� (n. 70). 
)pere di ampliamento eseguite pe1� conto della Cassa del Mezzogiorno Licenza 
di costruzione. 

Se i concessionari di lavori di ampliamento di edifici ospedalieri da 
1arte della Cassa del Mezzogiorno debbono essere tenuti a richiedere alla 
ompete.te autorit� locale la licenza di costruzione edilizia di cui all'art. 31 
lella 1. 17 agosto 1942, n. 1150 ( n. 71). 

nteressi sulle indennit� pecuniarie. 

Se, in caso di rateizzazione ex art. 33 del r. d. 3 giugno 1940, n. 1357, 
.ella indennit� pecuniaria per costruzione abusiva (1. 29 giugno 1939, 

L. 1497) siano dovuti anche gli interessi (n. 21). 
'ENSIONI 

'erdita per condanna penale -Eliminazione delle schede dal Casellario 
giudiziale per compimento degli 80 anni -Effetti. 

Se possa ottenere il ripristino della pensione di guerra colui che, dopo 
ver riportato una condanna penale con interdizione perpetua dai pubblici 
tffici, fruisca per il compimento degli anni 80, della eliminazione delle 
chede del casellario a suo carico, ai sensi dell'art. 605 c. p. p. (n. 120). 

'restazione di opera retribuita da parte di pensionati. 

Se ai pensionati dello Stato che prestano opera retribuita presso la 
~ociet� Italiana per l'esercizio Telefonico (S.I.P.), sia applicabile il divieto 
.i corrispondere assegni accessori ex art. 4 del r. d. 1. 15 ottobre 1936, 

L. 1870, richiamato dall'art. 4 della 1. 26 novembre 1953, n. 876 (n. 121). 
'ROCEDIMENTO PENALE 

Totitia criminis appresa da un pubblico ujJ�ciale -Obbligo di riferirne 
all'Autorit� giudiziaria. 

Se un pubblico ufficiale, avuta notizia di un reato in occasione dei suoi 
ompiti di istituto abbia l'obbligo di riferirne direttamente all'Autorit� 
:iudiziaria (n. 9). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se il pubblico ufficiale che avuta conoscenza di un reato abbia riferito 
esclusivamente tale notizia criminis all'Amministrazione centrale sia punibile 
ai sensi dell'art. 361 c. 1p. (n. 9). 

PUBBLICO UFFICIALE 

Notizia criminis appresa da un pubblico u:fj�ciale -Obbligo di riferirne 
all'Autorit� giudiziaria. 

Se un pubblico ufficiale, avuta notizia di un reato in occasione dei suoi 
compiti di istituto abbia l'ob)Jligo di riferirne direttamente all'Autorit� 
giudiziaria (n. 3). 

Se il pubblico ufficiale che avuta �conoscenza di un reato abbia riferito 
esclusivamente tale notizia criminis all'Amministrazione centrale sia punibile 
ai sensi dell'art. 361 c. p. (n. 3). 

REGIONI 

Art. 3 l. reg. sic. 8 novembre 1964, n. 29. 

Se l'art. 3 della I. reg. sic. 18 novembre 1964, n. 29, che sostituisce al 
termine biennale dell'art. 73 della legge fondamentale sulle espropriazioni 
pi� lungo termine (tre anni), possa dar adito a questione di legittimit� 
costituzionale, con particolare riguardo all'art. 3 della Costituzione (n. 151). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Agenti addetti alla conduzione di autoveicoli -Applicabilit� della l. 31 dicembre 
1962, n. 1833 in caso di transazione. 

Se le disposizioni dell'art. 8 I. 31 dicembre 1962, n. 1833 possano trovare 
appliGazione nel caso in cui, al momento della entrata in vigore della citata 
legge, fosse gi� intervenuta transazione tra l'Amministrazione ,peraltro non 
ancora completamente eseguita (n. 242). 

Danneggiamento di immobile -Prova della prapriet� -Onere della relativa 
spesa. 

Se in caso di danneggiamento di immobile il costo della acquisizione 
della documentazione relativa alla prova della propriet� dell'immobile 
stesso da parte del reclamante debba ricadere sul danneggiato (n. 243). 

RISCOSSIONE COATTIVA 

Imposta complementare. 

Se nei casi di infruttuose o insufficienti procedure esecutive a carico 
del contribuente iscritto a ruolo per imposta complementare, l'esattore possa 
agire esecutivamente sui beni appartenenti ai soggetti i cui redditi, in forza 
dell'art. 131 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, si cumulano con quelli del soggetto 
di imposta (n. 7). 


J 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

SCIOPERO 

Sciopero dei cancellieri -Proroga dei termini. 

Se la proroga dei termini concessa a seguito dello sciopero dei cancellieri 
giudiziari dell'aprile 1967, debba estendersi alla regolarizzazione fiscale 
degli assegni bancari scoperti (n. 3). 

SERVITU' 

Imposizione di servit� militare -Eccesso dei limiti del provvedimento. 

Se il privato proprietario difetti in relazione all'eccesso dei limiti posti, 
nel caso concreto, al provvedimento impositivo della servit� militare, di 
una posizione soggettiva, tutelabile, neanche al livello di interesse legittimo 
(n. 45). 

STAMPA 

Reati a mezzo stampa -Diffamazione -Giornale straniero. 

Se la diffamazione mediante articolo pubblicato su giornale straniero 
debba considerarsi come reato commesso da uno straniero all'estero, e come 
tale soggiaccia alla disciplina di cui agli artt. 7, 9 e 10 c. p. p. (n. 9). 

STRADE 

Autostrade -Divieto di costruzioni private. 

Se il divieto di costruire, ricostruire o ampliare manufatti di qualsiasi 
specie a distanza inferiore a m. 25 dal limite della zona di occupazione delle 
autostrade, fissato nell'art. 8, 1� comma, 1. 24 luglio 1961, n. 729, debba ritenersi 
operante solo per le autostrade costruite in esecuzione della detta 
legge n. 729/61 ovvero anche per quelle costruite in precedenza (n. 65). 

Limitazioni poste dall'art. 1, n. 11. t. u. 8 dicembre 1933, n. 1740 a beni demaniali. 


Se le limitazioni previste dall'art. 1, n. 11, r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740, 

t. u. per la tutela delle strade e per la circolazione, siano applicabili a beni 
demaniali (n. 66). 
Pubblicit� su aree delle Ferrovie lungo il tracciato di autostrade. 

Se il divieto di qualsiasi forma di pubblicit� stradale sancito dall'art. 9, 
ultimo comma, 1. 24 luglio 1961, n. 729, lungo i tracciati delle autostrade 
sia applicabile anche ai cartelli pubblicitari affissi su manufatti ed aree 
delle FF. SS. prospicienti le autostrade e quindi visibili da chi le percorra 

(n. 67).