ANNO XVIII -N. 5 ANNO XVIII -N. 5 
�

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



� 

Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1966 




.. 

ABBONAMENTI 

�ANNo ............................... . L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO ................. . � 900 
Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia � Printed in Ital:y 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 

(5214135) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 


Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTH.UZIONALE 'E INT1ERNA


ZIONALE pag. 973 
Sezione seconda: GIURllSMUDENZA 
ZIONE 
SU QUESTI�NI DI GIURISDI)) 
998 
Sezione terza: GIURhSARUDENZA CIVlil.lE )) 1013 
Sezione quarta: GIURISP,RUDENZA AMMINISTRATIVA )) 105�4 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRl1BUTA:RIA )) 1067 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI 
Bl:ICHE, APPALTI E FORNl1TURE 
ACQUE PUB)) 
1126 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE )) 1174 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOT11RINA pag. 227 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 236 
CONSULTAZIONI )) 262 
NOTl'ZIARIO )) 273 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag.li avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, 
Giuseppe 1Del Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
tuigi Mazzella� e Arturo Marzano 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BACCARI B., Poteri della pubblica Amministrazione e natura 
dell'interesse degli altri soggetti in relazione ai rapporti 
giuridici estinti . . , . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1103 
CARUSI F., Tutela giudiziaria del proprietario di immobile 
occupato � sine titulo � dalla p. a. e trasformato in opera 
pubblica ed atto espropriativo in senso materiale . I, 1047 
FANELLI M., I.G.E. e c. � I.G.E. all'importazione� nelle disposizioni 
di favore per la ricostruzione del naviglio mercantile 
sinistrato per cause belliche . . . . . . . . . . . . I, 1091 
FAVARA F., Non deducibilit� dell'imposta sulle societ� dai redditi 
di ricchezza mobile . . . . . . . . . . . . . . . I, 1113 
CANANZI R., Note sull'attenuante di speciale tenuit� del danno 
patrimoniale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1174 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA 


-Concessione e derivazione -Domanda 
di variante -Car�ttere 
sostanziale o non sostanziale 
delle variazioni richieste -Criteri 
di valutazione, 1130. 

-Concessione e derivazione -Domanda 
di variante -Valutazione 
dell'Amministrazione sul carattere 
sostanziale delle variazioni Discrezionalit� 
-Sindacato di legittimit�, 
1130. 

-Concessione e derivazione -Domande 
concorrenti -Prevalenza 
-Criterio di valutazione, 1127. 

-Concessione e derivazione 
Provvedimento di ammissione ad 
istruttoria -Immediata impugnabilit� 
in sede giurisdizionale, 
1127. 

-Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle Acque -Ricorso giurisdizionale 
al Tribunale Superiore 
-Notifica, 1126. 

-V. anche Competenza e giurisdizione�. 


AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Contabilit� generale dello Stato Stipulazione 
dei contratti della 

P. A. -Contratti tra assenti Ammissibilit� 
-Condizioni -Forma 
scritta � ad substantiam � Necessit�, 
1067. 
-V. anche Contabilitd Generale 
dello Stato. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Caso 
di forza maggiore -Cap. Gen. 
abrogato, l:lrt. 28 -Danni -Opere 
permanenti; opere provvisionali, 
che, per la loro natura e costo, 
non abbiano carattere accessorio; 

macchinari e mezzi di opere in 
genere -Compenso -Ammissibilit� 
-Fattispecie (Centine), 
1156. 

-Appalto di opere pubbliche Esecuzione 
-Maggiori oneri conseguenti 
a circostanze non previste 
-Art. 21, 22, 23 r.d. 25 maggio 
1895, n. 350 -Esclusione Art. 
1664, secondo comma c. c. Applicabilit� 
-Equo compenso Determinazione 
-Criterio -Fattispecie, 
con nota di U. GARGIULO, 
1134. 

-Appalto di opere pubbliche Esecuzione 
-Mezzi d'opera -Nozione 
-Distinzione -Difficolt� 
non previste d'esecuzione -Articolo 
1664 secondo comma c. c. Applicabilit�, 
con nota di U. 
GARGIULO, 1134. 

-Appalto di opere pubbliche Esecuzione 
-Principio di collaborazione 
fra p.a. e appaltatore 
e comportamento secondo la comune 
diligenza -Inosservanza Limiti 
-Effetti, 1147. 

-Appalto di opere pubbliche Esecuzione 
-Sorpresa geologica Art. 
1467 c. c. -Risoluzione del 
contratto -Inammissibilit� -Articolo 
1664 secondo comma c. c. Diritto 
ad un equo compenso Applicabilit�, 
1147. 

-Appalto di opere pubbliche Esecuzione 
-Sospensione -Diritto 
a un indennizzo e ai danni Limiti, 
1147. 

-Appalto di opere pubbliche Fatti 
continuativi -Nozione Decadenza 
-Limiti, 1146. 

-Appalto di opere pubbliche Riserve 
-Necessit� della tempestiva 
formulazione -Fatti attestati 
nei registri di contabilit� Decadenza 
-Sussiste -Contestazioni 
attinenti alla generalit� del 
lodo e calcolabili solo al mQmento 
della compilazione del conto finale 
-Decadenza -Inammissibilit�, 
1146. 



VI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Appalto di opere pubbliche -laudo -Approvazione del colRiserve 
-Registrazione provvisolaudo 
intervenuta in corso del ::::;

~I

'

ria -Nozione -Decadenza -Inapgiudizio, 
prima della chiusura del 
plicabilit� -Registrazione definicontraddittorio 
-Procedibilit�, 
tiva e conto finale -Decadenza -con nota di U. GARGIULO, 1134. I 
Applicabilit�, 1146. 


-Domanda di arbitrato -Tempo 
-Appalto di opere pubbliche -del giudizio arbitrale -Proposi


I 

Ritardo nel pagamento del comzione 
prima dell'approvazione del 
penso corrisposto ai sensi delcollaudo 
-Condizioni: 1) urgenza 
l'art. 28 cap. gen. abr. -Interessi nella risoluzione della controverlegali 
-Natura -Decorrenza -sia, in rapporto alle condizioni 
Danni per svalutazione monetaeconomiche; 
2) o accordo delle 
ria -Inammissibilit�, 1157. parti; 3) o decisione definitiva 


della p.a. sulle riserve, con nota 
di U. GARGIULO, 1134. 
APPELLO 

-Mancata iscr1z10ne a ruolo da ASSICURAZIONI SOCIALI 
parte dell'appellante e dell'appellato 
nei termini di costituzione -Omesso versamento di contributi 

loro rispettivamente assegnati -I.N.P.S. -Previsione legislativa 
Conseguenze -Improcedibilit� di prestazione di �somma ag


del gravame -Concetto -Esclugiuntiva 
� � -Illegitimit� costitusione 
-Onere della riassunzione zionale -Esclusione, 974. 
nel termine di un anno dalla scadenza 
del termine stabilito per 
la costituzione del convenuto -ATTO AMMINISTRATIVO 
Sussiste, 1015. 


-Delega -Firma del Sottosegretario 
delegato -Omessa menzione 
della delega -Irrilevanza, 1064.

APPROVVIGIONAMENTO E CONSUMI 
-Procedimento -Menzione degli 
adempienti procedurali -Quan


-Gestione ammasso cereali -Asdo 
occorre, 1064. 
segnazione del grano ai molini e 

-V. anche Competenza e giurisdi


degli sfarinati ai panifici e ai pa


zione.

stifici -Natura giuridica ed effetti, 
1021. 


AVVOCATI E PROCURATORI 
ARBITRATO 


-Contributi per la Cassa nazionale 
di previdenza e assistenza -Non

-Appalto di opere pubbliche 


ricevibilit� degli atti sprovvisti

Norme processuali -Ordinanza 

della relativa marca -Illegitti


che assegna termini alle parti 

mit� costituzionale, 978.

per esibizione documenti e deposito 
memoria -Inosservanza Effetti, 
1156. 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Domanda arbitrale -Mancata notifica 
presso l'Avvocatura �dello 


--Acque pubbliche -Contro


Stato -Nullit�, 1167. 

versie sulla consistenza dell'al


-Domanda arbitrale Notifica veo -Competenza giurisdizionale, 
presso l'Amministrazione e non 1126. 
presso l'Avvocatura dello Stato 


-Atto amministrativo non tempe


Validit�, 1168. 

stivamente impugnato -Istanza 

-Domanda arbitrale -Tempo del di riesame -Obbligo della P.A. 
giudizio arbitrale -Proposizione di provvedere -Insussistenza prima 
dell'approvazione del col-Diffida -Silenzio della P .A. 




INDICE 
VII 

Impugnabilit� -Esclusione -Revoca 
-Facolt� della P.A. -Circolare 
che ne contempli l'esercizio 
-Irrilevanza -D.ifetto assoluto 
di giurisdizione, con nota di 

B. BACCARI, 1003. 
- 
Espropriazione per p.u. -Censure 
attinenti alla dichiarazione di 

p.u. -Ricorso contro decreto di 
esproprio tardivo -Competenza 
del C. di S., 1055. 
-Giurisdizione amministrativa e 
ordinaria -Discriminazione Criterio 
del petitum formale -Insufficienza 
-Diritti soggettivi Competenza 
del giudice ordinario 
-Contenuto e limiti, 1126. 

- 
Impiego pubblico -Giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato Limiti 
-Lesione dell'integrit� fisica 
del pubblico dipendente per 
colpa della P .A. -Domanda di 
risarcimento dei danni -Giurisdizione 
del giudice ordinario, 

998. 
-Impiego pubblico -Trasferimento 
-Diritto soggettivo dell'impiegato 
alla sede -Insussistenza Risarcimento 
dei danni -Esclusione 
-Annullamento dell'atto di 
trasferimento -Irrilevanza, 1002. 

-Procedimento di licitazione privata 
-Atto preparatorio viziato Giurisdizione 
amministrativa Sussistenza, 
1012. 

- 
V. anche Acque pubbliche. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Centrali del latte in concessione Servizio 
di raccolta, trattamento 
igienico e distribuzione del latte Obbligo 
del concessionario di 
operare per conto dei produttori 
-Esclusione -Acquisto del prodotto 
e rivendita -Liceit�, 1086. 

- 
V. anche Acque pnbbliche. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Crediti dello Stato -Potere dell'Amministrazione 
delle Finanze 
(Demanio) dello Stato di esigere 
i crediti di altre Amministrazioni 

statali affidatile per la riscossione 
-Sussistenza -Ipotesi, 1022. 

-V. anche Amministrazione dello 
Stato, Competenza e giurisdizione. 


CONTRATTI AGRARI 

-Limiti imposti dalla legge 12 giugno 
1962, n. 567 -Violazione del 
principio di libert� economica Insussistenza, 
973. 

COSA GIUDICATA 

-Interpretazione del giudicato Giudicato 
esterno �e giudicato interno 
-Sindacato della Corte di 
Cassazione -Differenza, 1002. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Decreti-legge -Mancata conversione 
in legge -Contestualit� 
della regolamentazione dei rapporti 
gi� sorti -Esclusione, 983. 

-Riserva di legge in materia tributaria 
-Incompatibilit� con la retroattivit� 
delle leggi tributarie Esclusione, 
983. 

-Riserva di legge in materia di 
limiti all'iniziativa economica Legge 
sulla disciplina della riproduzione 
bovina -Attribuzione 
di competenza all'autorit� amministrativa 
-Violazione della riserva 
di legge -Esclusione, 989. 

-V. anche Assicurazioni sociali, 
Avvocati e procuratori, Contratti 
agrari, Eccitamento al dispregio 
e vilipendio delle istituzioni, delle 
leggi e degli atti dell'autorit�, 
Energia elettrica, Imposta generale 
sull'entrata, Locazione, Pena, 
Reato, Regione Siciliana, Ricorso 
straordinario al Capo dello Stato. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Campi di tiro a segno -Devoluzione 
allo Stato senza compenso 




VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Terreni di propriet� di terzi Esclusione 
dalla devoluzione Necessit� 
di apposita espropriazione 
verso corresponsione della 
relativa indennit�, 1039. 

DOGANA 

- 
V. Ferrovie. 

ECCITAMENTO AL DISPREGIO E 
VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI, 
DELLE LEGGI E DEGLI 
ATTI DELL'AUTORIT� 

-Pubblico Ufficiale -Istigazione al 
dispregio delle istituzioni -Violazione 
del principio di eguaglianza 
e della libert� di pensiero 
-Esclusione, 996. 

ENERGIA ELETTRICA 

-Legge di nazionalizzazione -Divieto 
per le societ� ex elettriche 
di distribuzione, per l'esercizio 
1962 di dividendi superiori al 
5,50 % -Contrasto con gli articoli 
42 e 3 Cost. -Esclusione, 

991. 
ESECUZIONE FORZATA 

-Pignoramento -Versamento da 
parte del debitore nelle mani dell'ufficiale 
giudiziario della somma 
per cui si procede e dell'importo 
delle spese con l'incarico di consegnarle 
al creditore -Efficacia 
liberatoria -Sussiste, 1032. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Espropriazione -Decreto prefettizio 
-Motivazione -Per relationem 
-Legittimit�, 1054. 

- 
Espropriazione -Dichiarazione di 

p. u. -Motivazione -Fattispecie 
-Illegittimit�, 1060. 
-Espropriazione -Edifici scolastici 
-Termini procedurali -Imposizione 
del vincolo sull'area, 1063. 

- 
Espropriazione -Edifici scolastici 
-Termini procedurali -Natura, 
1063. 

-Espropriazione -Edilizia popolare 
ed economica -Alloggi 
UNRRA-CASAS per pubblici dipendenti 
-Legittimit� dell'espropriazione, 
1058. 

-Espropriazione -Edilizia popolare 
ed economica -Case per lavoratori 
agricoli -Espropriazione 
a favore dei destinatari della costruzione 
-Possibilit�, 1062. 

-Espropriazione -Mezzi finanziari 
-Obbligo di indicazione -Artt. 4 
e 51, 1. n. 2359 del 1865 -Opere 
a carico dello Stato -Non sussiste 
-Decreti ministeriali -Controllo 
della Corte dei Conti Esclusione, 
1054. 

-Espropriazione -Procedimento Individuazione 
dell'area da espropriare 
-Fattispecie -Legittimit�, 
1063. 

-Espropriazione -Termini -Proroga 
-Limite temporale, 1065. 

-Espropriazione -Retrocessione Procedimento 
Pubblicazione 
dell'avviso ex art. 61 I. n. 2359 
del 1865 -Retrocedibilit� di un 
solo immobile -Notificazione individuale 
-Legittimit�, 1065. 

-Espropriazione -Scelta dell'area 
-Esistenza di aree diverse Comparazione 
-Legittimit� Fattispecie, 
1063. 

-Espropriazione -Scelta dell'area 
Fatto nuovo -Necessit� di una 
nuova scelta -Presupposti -Fattispecie 
-Insussistenza, 1063. 

Esp'ropriazione -Scelta dell'area 
-Offerta di altra area da parte 
dell'espropriato -Omessa valutazione 
-Illegittimit�, 1062. 


-Espropriazione Termini 
Omessa specificazione termine di 
inizio delle espropriazioni e dei 
lavori -Illegittimit�, 1060. 

-Espropriazione -Termini -Predeterminazione 
-Finalit� -Inosservanza 
-Effetti -Distinzione, 
1055. 

I 
~~ 

-Espropriazione -Termini -Predeterminazione 
-Finalit� -Inosservanza 
-Effetti -Distinzione Effetti 
nel caso di opera gi� eseguita, 
1058. 

~ 
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INDICE 
IX 

-Espropriazione -Termini -Scadenza 
-Proroga -Emanazione 
del decreto di espropriazione Legittimit�, 
1057. 

-Espropriazione parziale -Concetto 
-Indennit� -Criterio di liquidazione, 
1133. 

-Occupazione temporanea -Procedimento 
-Occupazione ex art. 19 

1. n. 1741 del 1933 -Rapporti con 
l'occupazione temporanea ex artt. 
64 e segg. 1. n. 2359 del 1865, 1056. 
-Pubblicazione della dichiarazione 
di p. u. -Termine per la impugnazione 
-Persone direttamente 
contemplate -Mancanza di notifica 
-Non decorre termine, 1060. 

V. 
anche Competenza e .giurisdizione, 
Regione siciliana. 
FERROVIE 

-Condizioni e tariffe per i trasporti 
di cose -Prescrizione annuale -
AziOni di indebito oggettivo che 
presuppongono la conclusione 
del contratto di trasporto -Applicabilit�, 
con nota di F. ARGAN, 
1013. 

-Corrispettivo supplementare per 
prestazioni fuori dell'ambito delle 
stazioni e dei circuiti doganali 
;.. Effettivit� delle prestazioni Necessit� 
-Sussistenza, con nota 
di F. ARGAN, 1013. 

-Manipolazioni delle merci in occasione 
di operazioni doganali Dogane 
situate su aree delle Ferrovie 
-Competenza esclusiva delle 
FF.SS, -Altre dogane interne 
-Nozione -Corrispettivi d'uso 
dell'area di propriet� delle Ferrovie 
-Misura ridotta, con nota 
di F. ARGAN, 1013. 

-Operazioni doganali -Utilizzazione 
di aree, magazzini e impianti 
dell'amministrazione ferroviaria 
-Compimento di parte 
delle operazioni doganali su area 
delle ferrovie -Percezione dei 
corrispettivi nella misura ridotta 
-Legittimit�, con nota di F. ARGAN, 
1013. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Controinteressato -In tema di 
concorso -Candidati vincitori ed 
idonei -Ricorso di concorrente 
idoneo non vincitore -Quando 
sono controinteressati, 1057. 

-Interesse processuale e sostanziale 
-Interesse sostanziale -Requisiti 
-Ai fini della proponibilit� 
del ricorso al Consiglio di 
Stato -Semplice interesse privato 
-Insufficienza, 1058. 

-Ricorso giurisdizionale .,. Deposito 
dell'atto impugnato -Sanatoria 
-Inammissibilit�, 1062. 

-Ricorso giurisdizionale -Motivi 
-Atto rinnovato a seguito di annullamento 
in s.g. -Limiti, 1054. 

-Ricorso giurisdizionale -Requisiti 
di ammissibilit� � Ricorrenza 
-Momento, 1130. 

GUERRA 

V. 
Pensioni. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Stipendi -Assegni e indennit� Dipendenti 
Ministero Esteri Dipendenti 
inquadrati nel ruolo 
speciale� transitorio -Retroattivit� 
dell'inquadramento ~. Effetti 
sul trattamento economico, 1061. 

-Stipendi -Assegni e indennit� Diritti 
acquisiti -Divieto della 
reformatio in peius -Fattispecie 
-Lesione -Sussiste, 1061. 

V. 
anche Competenza e giurisdizione. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Acquisto di aree coperte da costruzioni 
-Agevolazioni tributarie, 
con nota di A. SALVATORI, 
1107. 

-Agevolazioni per gli atti dell'Ente 
autonomo per l'Acquedotto Pugliese 
-Limiti -Applicabilit� 
delle agevolazioni ad un atto relativo 
a mutuo contratto per far 



X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fronte agli oneri per la liquidazione 
di quiescenza al personale 
dell'Ente -Esclusione, 1079. 

-Beneficio della registrazione a 
tassa fissa -Decadenza dal beneficio 
per tardiva registrazione Si 
verifica, 1100. 

-Concessioni di pubblici servizi Servizio 
centralizzato di approvvigionamento 
ed immissione al 
consumo del latte -Determinazione 
dell'imponibile -Proventi 
lordi -Costi del latte acquistato 
dal concessionario presso i produttori 
-Concorre alla formazione 
dei proventi lordi, 1086. 

-Esenzione da registrazione degli 
atti processuali -Atti del procedimento 
di espropriazione presso 
terzi -Dichiarazione del terzo -
Assoggettabilit� all'imposta quale 
atto di riconoscimento di debito 
-Esclusione, 1102. 

-Imposta ipotecaria -Agevolazioni 
per i trasferimenti di case di 
nuova costruzione non di lusso 
-Legge regionale .siciliana 18 
gennaio 1949, n. 2 -Applicabilit� 
del beneficio alla costituzione 
di usufrutto -Esclusione, 1072. 

-Imposta ipotecaria -Agevolazioni 
per i trasferimenti di case di 
nuova costruzione non di lusso Legge 
regionale siciliana 28 aprile 
1954, n. 11 -per l'estensione 
del beneficio agli atti di costituzione 
di usufrutto -Valore di interpretazione 
autentica rispetto 
alla precedente normativa 
Esclusione, 1072. 

-Tardiva registrazione -Ritardo 
giustificato da ragioni di forza 
maggiore -Rileva!nza per l'esclusione 
della sanzione della sopratassa 
a carico del notaio -Irrilevanza 
per la decadenza da 
benefici, 1100. 

-Trasferimento contestuale di immobili 
e mobili integrante unica 
pattuizione, con ripartizione del 
prezzo ai soli fini fiscali -Distinta 
applicabilit� delle aliquote 
previste per i trasferimenti immobiliari 
e per quelli mobiliari 
-Esclusione, 1067. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Accertamento -Concordato -Accertamento 
integrativo -Condizioni 
-Fattispecie in tema di 
omessa considerazione, in sede di 
concordato, di un reddito (avviamento 
per cessione di azienda) 
non compreso nel bilancio 
finale di liquidazione di una societ�, 
1070. 

-Avanzi annuali di gestione degli 
enti comunali di consumo -Imponibilit� 
-Esclusione, 1082. 

-Spese inerenti alla produzione 
del reddito -Spesa per il pagamento 
dell'imposta sulle societ� 
-Non � deducibile, con nota di 

F. FAVARA, 1113. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Addizionale del 20 % sugli atti 
economici posti in essere fra il 
31 agosto 1964 ed il 24 settembre 
1964 -Violazione degli articoli 
3 e 53 Cost. -Esclusione, 

983. 
- 
Imposta sulle merci importate (
Art. 17 1. 19 giugno 1940, n. 762) 
-Esenzioni dall'ig.e. per i pagamenti 
relativi a costruzioni e riparazioni 
navali per la ricostruzione 
del naviglio sinistrato per 
cause di guerra -Applicabilit� 
dell'esenzione anche per l'imposta 
sulle merci importate, per 
materiali destinati alle dette costruzioni 
e riparazioni, con nota 
di M. FANELLI, 1091. 

IMPOSTA IPOTECARIA 

-Iscrizione e cancellazione di ipoteca 
-Determinazione dell'imponibile 
con riguardo agli inte


ressi sul capitale garantito Computo 
degli interessi per la 
durata della garanzia legale Condizioni, 
1073. 


1~ 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 
-I


- 
Imposte periodiche Imposta di 

r.m. -Accertamento -Cosa giu-
I 

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INDICE 
XI 


dicata -Giudicato relativo a un 
periodo di imposta e concernente 
la tassabilit� del reddito Estensibilit� 
ad altri periodi di 
imposta -Esclusione, 1083. 

-Norma che disponga agevolazioni 
-Interpretazione estensiva Limiti, 
1079. 

IMPUGNAZIONE 

-Pluralit� di impugnazioni contro 
la stessa sentenza -Conversione 
dell'impugnazione principale successiva 
in impugnazione incidentale 
-Esigenza del e simultaneus 
processus � -Portata, 1015. 

IPOTECA 

-Negozio ipotecario ed atto di concessione 
di ipoteca -Differenza Unilateralit� 
dell'atto di concessione 
di ipoteca, 1073. 

LAVORO 

-Riposo settimanale -Nozione Riposo 
concesso dopo pi� di sei 
giorni lavorativi anche se nel ciclo 
di ogni settimana -Illiceit�, 

I. F. CARAMAZZA, 1177: 
LOCAZIONE 

-Immobili adibiti all'esercizio di 
attivit� commerciali o artigiane Tutela 
dell'avviamento -Facolt� 
di proroga del contratto -Violazione 
dell'art. 42, secondo comma, 
Cost. -Insussistenza, 973. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Notaio e atto notarile -Legge 
notarile del Canton Ticino -Divieto 
al notaio di rogare atti per 
societ� di cui sia amministratore 
-Atti contenenti dichiarazioni 
unilaterali di un terzo verso 
la societ� di cui il notaio rogante 
sia amministratore -Nullit� 
-Esclusione, 1073. 

V. 
anche Appalto, Prescrizione, Responsabilit� 
civile. 
OCCUPAZIONE 

-Occupazione d'urgenza di suoli 
occorrenti per l'esecuzione, con 
fondi anticipati dalla Cassa per 
il Mezzogiorno di opera pubblica 
comunale a cura dello stesso 
Comune affidatario a norma della 
legge speciale per Napoli 9 
aprile 1953, n. 297 -Protrazione 
ultrabiennale senza titolo dell'occupazione 
-Azione giudiziaria 
proposta dai proprietari del suolo, 
trasformati in sede stabile 
dall'opera pubblica, per ottenere 
la restituzione degli immobili 

o in mancanza il risarcimento dei 
danni -Qualificazione giuridica 
-Azione reale, di revindica e non 
personale di risarcimento dei 
danni -Conseguenze in ordine 
alla legittimazione passiva -Fattispecie, 
con nota di F. CARUSI, 
1046. 
OPERE PUBBLICHE 

V. 
Appalto, Arbitrato. 
PENA 

-Obbligo di soggiorno -Illegittimit� 
costituzionale -Insussistenza, 
974. 

PENSIONI 

-Pensioni di guerra -Esclusione 
del diritto dei figli adulterini Contrasto 
con gli artt. 38, 30, 3 
della Costituzione -Esclusione, 

990. 
PRESCRIZIONE 

-Prescrizione del diritto al risarcimento 
del danno da fatto illecito 
-Fatto previsto dalla legge 
come reato -Determinazione 
della prescrizione pi� lunga stabilita 
per il reato, al fine della 
sua applicazione all'azione civile 
-Ipotesi di concorso formale 
di reati -Necessit� di considerare 
il fatto-reato in s�, indipendentemente 
dall'evento plurimo 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

Fattispecie di reato di disastro 
ferroviario colposo produttivo 
anche della morte di pi� persone, 
1035. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Consulenza tecnica di ufficio Potest� 
del giudice di merito di 
discostarsi dalle conclusioni del 
consulente tecnico -Dovere di 
motivazione -Sussiste, 1018. 

-Natura della controversia -Individuazione 
delle norme di rito 
applicabili -Necessit� di riferimento 
all'impostazione data alla 
controversia dalla parte ed alla 
configurazione attribuitale dal 
giudice di merito -Fattispecie, 
1026. 

-Sospensione dei termini processuali 
stabiliti per il compimento 
di atti richiedenti l'opera di 
avvocato o di procuratore disposta 
dalla 1. 14 luglio 1965, n. 818 
-Esclusione della sospensione 
per le cause relative a controversie 
(individuali) di lavoiro Sussiste, 
1026. 

-Termine processuale -Sospensione 
del periodo estivo -Nozione 
-Termine parzialmente decorso 
prima dell'entrata in vigore 
della legge n. 818 del 1965 Effetti, 
1027. 

V. anche Acque pubbliche, Appello. 
REATO 

-Propaganda per la restaurazione 
violenta della dittatura e per la 
distruzione del sentimento nazionale 
-Contrasto con la libert� 
di manifestazione del pensiero Sussistenza 
solo per la seconda 
ipotesi, 980. 

-Reato in genere -Attenuanti comuni 
-Tenuit� del danno -Criteri 
di valutazione, con nota di 

R. CANANZI, 1174. 
REGIONE SICILIANA 

-Legge istitutiva dell'azienda speciale 
autonoma regionale -Man


cata copertura di maggiori spe


se -Contrasto con l'art. 81 della 

I

Costituzione -� Illegittimit� costi


~

tuzionale, 995. 

fil

Legge istitutiva dell'Azienda speciale 
della'utoparco regionale Delega 
al Governo di regolare 
alcune materie -Contrasto con 
l'art. 12 dello Statuto -Insussistenza, 
994. 


-Legge singolare espropriativa -
Mancanza di termini di espro-

I

priazione ed esecuzione dell'opera 
-Contrasto con il principio 
dell'interesse geenrale -Illegittimit� 
costituzionale, 988. 


-Mancata fissazione dei termini in 
legge espropriativa -Fissazione 
dei termini da parte dell'autorit� 
amministrativa -ImpossibiHt�, 
988. 

REQUISIZIONE 

-Requisizioni alleate -Indennizzo 
per danni immediati e diretti ad 
immobili -Liquidazione -Criteri, 
1024. 

-Requisizioni alleate -Indennizzo 
per danni immediati e diretti ad 
immobili -Liquidazioen giudiziale 
dopo l'esperimento del procedimento 
amministrativo -Interessi 
-Natura e decorrenza, 
1024. 


RESPONSABILITA CIVILE 

-Responsabilit� della P. A. -Incidente 
occorso a un dipendente 
di un Ministero per scontro fra 
due autoveicoli dello stesso Ministero 
-Risarcimento del danno 
e pensione privilegiata -Cumulabilit� 
-Sussiste, 1043. 


-Risarcimento del danno -Danni 
che si proiettano nel futuro -Liquidazione 
-Criteri, 1043. 


-Risarcimento del danno -Liquidazione 
-� Compensatio lucri 
cum damno � -Applicazione Presupposto, 
1043. 


( 

I . 
-



INDICE XIII 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso gerarchico -Decisione Annullamento 
-Effetti sull'atto 
dell'autorit� inferiore, 1059. 

-Ricorso gerarchico -Decisione Annullamento 
-Fattispecie -In 
tema di licenza edilizia -Rinnovazione 
-Competenza, 1059. 

-Ricorso gerarchico -Decisione Competenza 
-Sottosegretario delegato 
-Legittimit�, 1064. 

RICORSO STRAORDINARIO AL 
CAPO DELLO STATO 

-Alternativit� con il ricorso giurisdizionale 
al Consiglio di Stato 
-Questione di legittimit� costituzionale 
-Infondatezza, 975. 

SENTENZA 

-Interpretazione -Valutazione del 
contenuto dispositivo in correlazione 
alla parte motiva, con nota 
di F. ARGAN, 1013. 

SPESE GIUDIZIALI 

-Compensazione -Facolt� discrezionale 
del giudice di me:dto Insindacabilit� 
in sede di legittimit� 
fuori dell'ipotesi di condanna 
della parte totalmente vittoriosa, 
con nota di F. ARGAN, 
1013. 

-Giusti motivi per la compensazione 
totale o parziale -Apprezzamento 
discrezionale del giudice 
di merito -Limite costituito 
dalla totale soccombenza di una 
delle parti -Sussiste, 1018. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

10 giugno 1966, n. 65 . pag. 973 
21 giugno 1966, n. 73 . 973 
21 giugno 1966, n. 75 . 974 
21 giugno 1966, n. 76 . 974 
2 lug1io 1966, n. 78 . 975 
2 luglio 1966, n. 82 . 978 
6 luglio 1966, n. 87 . 980 
6 luglio 1966, n. 89 . 983 
6 luglio 1966, n. 90 . 988 
6 luglio 1966, n. 91 . 989 
6 luglio 1966, n. 92 . 990 
11 luglio 1966, n. 94 . 991 
11 luglio 1966, n. 96 . 994 
11 luglio 1966, n. 100 . 995 

GIURISDIZIONI. CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 5 aprile 1966, n. 889 pag. 1013 
Sez. I, 6 aprile 1966, n. 905 1067 
Sez. Un., 12 aprile 1966, n. 939 1015 
Sez. I, 21 aprile 1966, n. 1010 1070 
Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1111 998 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1343 . . . . . . . . . . . . . . 1072 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1345 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, 

n. 1343) . . . . .... 1073 
Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1389 1073 
Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1393 1073 
Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1397 1082 
Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413 1018 
Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1419 . . . . . . . . . . . . . 1002 
Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1452 (in nota Cass. 28 maggio 1966, 
n. 1389) . . ..... . 1074 
Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1598 1083 
S�z. I, 25 giugno 1966, n. 1616 1021 
Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1794 . 1022 
Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1797 . 1086 
Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1831 . 1091 
Sez. Un., 12 luglio 1966, n. 1846 . 1003 
Sez. III, 13 luglio 1966, n. 1869 . . . . . . . . . . 1027 
Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1900 (in nota a Cass. 11 luglio 1966, 
n. 1831) . . . . . ................ . 1091 

INDICE xv 

Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1901 (in nota a Cass. 11 luglio 1966, 

n. 1831) . . . . . . . . . pag. 1091 
Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1991 1026 
Sez. I, 26 luglio 1966, n. 2067 . . 1100 
Sez. III, 28 luglio 1966, n. 2092 . 1032 
Sez. Un., 13 agosto 1966, n. 2216 1012 
Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2323 . 1102 
Sez. III, 6 settembre 1966, n. 2326 1035 
Sez. I, 10 ottobre 1966, n. 2431 . 1039 
Sez. III, 17 ottobre 1966, n. 2491 . 1043 
Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2581 . . . . . . . . 1107 
Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2608 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, 

n. 1343) . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... 1073 

CORTE DI APPELLO 

Firenze, Sez. I, 18 febbraio 1966, n. 163 . . . . . . . . . . . pag. 1113 
Milano, Sez. I, 6 settembre 1966 (in nota -postilla ad App. Firenze 
18 febbraio 1966) . . . . . . . . . . . . . . . . 1124 

TRIBUNALE 

Napoli, Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862 . . . . . . . . . . pag. 1046 
Napoli, 24 marzo 1966, n. 1924 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 
4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 
Napoli, 20 aprile 1966, n. 2516 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 
4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 
Napoli, 2 maggio 1966, n. 2817 (in nota a Trib. Napoli, Sez. I, 
4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 
Napoli, 11 maggio 1966, n. 3062 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 
4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 
Napoli, 11 maggio 1966, n. 3064 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 
4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE; 

7 maggio 1966, n. 13 pag. 1126 
1 giugno 1966, n. 16 1127 
8 giugno 1966, n. 18 1130 
5 agosto 1966, n. 23 1133 

LODI ARBITRALI 

12 giugno 1965, n. 41 (Roma) . pag. 1168 
23 febbraio 1966, n. 10 (Roma) 1134 
1 marzo 1966, n. 11 (Roma) . 1146 
25 marzo 1966, n. 14 (Roma) 1156 
16 giugno 1966, n. 32 (Roma) . 1146 
20 giugno 1966, n. 35 (Roma) 1167 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XVI 

..)~
GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

II 

.

CONSIGLIO DI STATO 

pag. 1054

Ad. Plen., 6 giugno 1966, n. 13 d

1055

Ad. Plen., 6 giugno 1966, n. 15 

1056

Ad. Plen., 8 giugno 1966, n. 16 

1057

Ad. Plen., 11 luglio 1966, n. 18 

1057

Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 476 . 

1058

Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 478 . 

1059

Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 480 . 

1060

Sez. IV, 8 giugno 1966, n. 496 . 

1061

Sez. IV, 8 giugno 1966, n. 498 . 

1062

Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 514 

1063

Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 524 

1064

Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 531 

1065

Sez. IV, 6 luglio 1966, n. 571 

1065

Sez. IV, 13 luglio 1966, n. 587 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

pag. 1174

Sez. II, 15 novembre 1965, n. 1586 

1177

Sez. III, 1 giugno 1966, n. 840 . . 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

s. CRISAFULLI, BUSCEMI, La viabilit� pubblica nel diritto, vol. I, 
Argalia, Urbino, 1965, pagg. 338 � . . . . . . . . . . . pag. 227 
P. 
VmGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica 
Amministrazione, Giuffr�, Milano, pagg, 526 . . . . . . . 228 
SEGNALAZIONI 

P. 
BARILE, Delegazioni legislative esauritesi anteriormente alla 
Costituzione Repubblicana e competenza della Corte Costituzionale, 
Giur. Cast., 1966, 37 . . . . . . . . . . . . . 230 
V. 
BAROSIO, Il divieto di pubblica1�e atti e documenti relativi ad 
una istruzione penale e la sua compatibi�it� con gli artt. 3 e 
21 della Costituzione, Giur. Cast., 1966, 176 . . . . . . . 231 
N. DISTASIO, I contratti in generale, U.T.E.T., Torino, 1966 . . . 231 
G. 
FAZIO, La delega amministrativa ed i rapporti di delegazione, 
Giuffr�, Milano, 1964, pagg. 241 . . . . . . . . . 232 
F. 
FORTE, Sul problema della costituzionalit� di imposte retroattive, 
Giur. it., 1966, I, 1, 962 . . . . . . . . . 232 
E. 
GUICCIARDI, Questioni conseguenti all'annullamento di licenza 
edilizia, Giur. It., 1966, III, 129 . . . . . . . . . . 233 
A. MoNTEL, Responsabilit� civile e danno, Campobasso, 1966 . . 234 
L. MoNTESANO, L'oggetto del giudizio costituzionale e l'interpretazione 
giudiziaria delle leggi, Giur. it., 1966, V, 49 . . . . 234 
S. 
SPATARO, Commento teorico-pratico alla legge sull'ordinamento 
amministrativo degli enti locali in Sicilia, Giuffr�, 
Milano, 1964, pagg. 427 . . . . . . . . . . . . . . . . 235 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

Disegno di legge n. 3130 (Senato) -Modificazioni alle norme 
sul contenuto elettorale �amministrativo . . . . . . . . pag. 236 

LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . . . . 
246 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale: 


codice di procedura civile, art. 293 . 247 
codice di procedura civile, art. 294 . 247 


XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 505 pag. 247 

codice penale, art. 559 247 

codice di procedura penale, art. 74, art. 398 248 

codice di procedura penale, art. 376 248 

codice di procedura penale, art. 398, III comma . 248 

codice di procedura penale, art. 398 248 

codice di procedura penale, art. 503, ultimo comma . 249 

codice di procedura penale, art. 592 e art. 152, secon


do comma . 249 

codice di procedura penale, articoli di cui al libro 

terzo, titolo I, titolo II, capo I, capo II, e capo III . 249 

codice penale militare di pace, art. 28, I comma, n. 2 249 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 317, II comma 249 

r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687, artt. 51, quinto comma, 
eM ~ 
r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 54, n. 4 250 
r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 183, lettera b) . 250 
r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 art. 183, lettera c) 250 
r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 art. 183, lettera d) . 251 
r. d. 16 luglio 1905, n. 646 art. 20, quarto e quinto 
comma. 251 
r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 160 251 
r. d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 149 251 
r. d. 1. 18 giugno 1931, n. 773, art. 68 252 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 252 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 28 252 
r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032, art. 1 253 
r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032, art. 3 253 
legge 5 gennaio 1939, n. 84 253 
legge 5 gennaio 1939, n. 84 253 
legge 29 giugno 1939, n. 1497, art. 15, quarto comma 254 
r. d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2 art. 52 254 
r. d. 6 maggio 1940, n. 635, art. 285 e 286 . 254 
legge 19 giugno 1940, n. 762 254 
d. lg. lgt. 8 marzo 1945, n. 90 255 
d. lg. lgt. 12 aprile 1945, n. 203, art. 1 255 
d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250, art. 55 255 
d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 86 255 
d. P.R. 26 aprile 1957, n. 818, .art. 12, primo comma 256 
legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, art. 15, secondo 
comma 256 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 136, lettera b) 256 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206 257 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 211 257 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 83, terzo comma 257 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico 257 
d. P. R. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, art. 70 258 
d. P. R. 25 settembre 1960, n. 1433, articolo unico . 258 
d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145, articolo unico 258 
legge 26 gennaio 1961, n. 29, e in particolare, articoli 
1 e 4 259 
legge 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, secondo comma 259 
legge 28 marzo 1962, n. 147 259 
legge 5 agosto 1962, n. 1257, artt. 21-27 259 

INDICE XIX 

legge 9 ottobre 1964, n. 991 . . . . pag. 260 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . 260 
legge 3 giugno 1966, n. 331, art. 16 260 

d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332, art. 14 . 260 

d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332, art. 16 260 
legge reg. sic. approv. 14 luglio 1966 261 
legge reg. sic. approv. 14 luglio 1966 261 
legge reg. sic. approv. 19 luglio 1966 261 
legge reg. sic. approv. 20 luglio 1966 261 
legge reg. sic. approv. 21 luglio 1966 261 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche pag. 262 Impiego publico pag. 266 
Aereonautica ed Ae-Importazione ed esporreomobili 
262 tazione 267 
Amministrazione pub-Imposta di bollo 267 
blica 262 

Imposta di registro 267 
Imposta di successio-

Appalto 263 

ne 268

Avvocati e procuratori 263 

Imposta Generale sul-

Competenza e giurisdi


l'entrata . 268

zione 263 

Imposte e tasse 268

Comuni e provincie 264 

Mezzogiorno . 269

Concessioni ammini-

Opere pubbliche 270

strative 264 

Pensioni . 270

Contabilit� Generale 

Poste e telecomunica-

dello Stato . 264 

zioni 270 

Contributi 1e finanzia-

Prescrizione 270 

menti . 264 

Rapporto di lavoro 271 
Dazi doganali 264 Regioni . 271 
Edilizia Economica e Requisizione 271

. 
popolare . 265 Responsabilit� civile 271 
Elettricit� ed elettro-Servit� 272 
dotti 265 Societ� 272 
Espropriazione per p.u. 266 Successione 272 
Fallimento . 266 Trasporti 272 

NOTIZIARIO 

Convegno di studi . � . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 273 


II


I 


I #. 
~ 



PARTE PRIMA 


3 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 65 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli -Ricovero di mendicit� Vittorio Emanuele II (n. c.) 

c. Montaguti (n. c.) e Presidente cons. Ministri (sost. avv. gen. 
Stato Tracanna). 
Contratti agrari -Limiti imposti dalla legge 12 giugno 1962 n. 567 Violazione 
del principio di libert� economica -Insussistenza. 
(Cost., artt. 41 e 42; 12 giugno 1962, n. 567). 

Le limitazioni imposte dalla legge 12 giugno 1962, n. 561, alla autonomia 
privata nella stipulazione e nella applicazione dei contratti di 
affitto di fondi rustici, in quanto volte ad assicurare l'equitd delle prestazioni 
a carico dell'affittuario nonch� la buona conduzione dei fondi, 
non contrastano con i pi:incipi stabiliti negli artt. 41 e 42 della Costituzione 
(1). 

(1) Giudizio promosso con ordinanza del Tribunale di Bologna, 18 luglio 
1964, publicata in Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 1965, n. 216. La questione 
della legittimit� costituzionale della legge 12 giugno 1962, n. 567, 
era stata gi� esaminata, se pure sotto particolari profili, dalla Corte, che, 
con sentenza 23 maggio 1964, n. 40, giudic� in conformit� alla presente pronuncia 
(in questa Rassegna, 1964, I, 453). 
CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 73 -Pres. Ambrosini -
Rel. Jaeger -Pignatelli (n. c.) c. Marziotti (n. c.) e Presidente Consiglio 
Ministri (Sost. avv. gen. Stato Agr�). 

Locazione -Immobili adibiti all'esercizio di attivit� commerciali o 
artigiane -Tutela dell'avviamento -Facolt� di proroga del contratto 
-Violazione dell'art. 42, secondo comma, Cost. -Insussistenza. 

(Cost., art. 42, secondo comma; t 27 gennaio 1963, n. 19, art. 4, ultimo comma). 

� infondata la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 4, ultimo 
comma, della legge 21 gennaio 1963, n. 19, sulla tutela giuridica 
dell'avviamento commerciale, giacch� la proroga biennale della locazione, 
che il conduttore pu� chiedere in sostituzione del compenso per la 



974 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perdita deU'avviamento, � subordinata all'accordo delle parti, e non 
comporta, quindi, alcuna compressione del diTitto di propriet�, in 
violazione deU'art. 42, secondo comma, della Costituzione (1). 

(1) Gi�dizio promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1965 dal 
Pretore di Nard�, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 159 del 19 giugno 
1965. S�ll'istituto della proroga biennale della locazione nella legge 
s�ll'avviamento commerciale, si veda la nota di N. CovIELLO, alla ordinanza 
del Pretore di Nard�, in Foro it., 1966, I, 780, con richiami di dottrina e 
giurisprudenza. 
CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 75 -Pres. Ambrosini -
Rel. Petrocelli -D'Addorio e altro (n. c.) c. Presidente Consiglio 
Ministri (Sost. avv. Gen. Stato Chiarotti). 

Pena -Obbligo di soggiorno -Illegittimit� costituzionate -Insussistenza. 
(Cost., artt. 2, 3, primo comma, 32 primo comma; l. 27 dicembre 1956, n. 1423, 
artt. 3, ultimo comma, e 12, primo comma). 

L'obbligo del soggiorno, con la relativa sanzione per la trasgressione, 
stabilita dagli artt. 3, ultimo comma e 12, primo comma, della 
legge 27 dicembre 1966, n. 1423, a carico delle persone particolarmente 
pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit�, non contrasta con i 
principi stabiLiti dagli artt. 2, 3 primo comma e 32 primo comma, della 
Costituzione (1). 

(1) Questione sollevata dal Pretore di Larino con ordinanza 4 maggio 
1965, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 28 agosto 1965. 
Sull'argomento, ampiamente, si veda I Giudizi di Costituzionalit� negli 
anni 1961-1965, Vol. I, 126 e segg. 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 76 -Pres. Ambrosini -
Rel. Iaeger I.N.P.S. (avv. Giorgi) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. Stato Foligno). 

Assicurazioni sociali -Omesso versamento di contributi I.N.P.S. Previsione 
legislativa di prestazione di � somma aggiuntiva � Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 23, 24 primo comma, 53; r. d. 4 ottobre 1935, n. 1827; artt. 111, 

n. 2, ultimo comma e 112; I. 4 aprile 1952, n. 218, art. 23). 
� infondata la questione di legittimit� costituzionale delle norme 
contenute negli artt. 111, n. 2 e ultimo comma, e 112 del r. d.. 4 otto




PARTE I, S:Ez, I, .GIURIS, .COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 975 

bre l935; n. 1827 (ora art. 22 deila legge 4 aprile 1952, n. 218), le 
quali prevedono che il datore di lavoro che non abbia provveduto al 
pagamento dei contributi assicurativi �obbligatori, debba versare una 

�.s.omma aggiuntiva � a titolo di sanzione. amministrativa, che si pu� 
ridurre ad opera del Comitato esecutivo deU'I.N.P.S., quando sia 
pl'.esentata domanda di obiazione, in riferimento agli artt. 3, .23, 24 
primo comma, 53 della Costituzione. Invero, versandosi in materia 
di assfourazioni obbligatorie che importano pe1� l'Ente previdenziale 
i~obb.ligo delle '.P'l'estazioni anche se il contributo non sia stato pagato, 
� conforme a legge colpire con una sanzione amministrativa gli inadempienti, 
al fine di garantire l'Ente stesso dell'afflusso regolare dei 
contributi, necessari per fronteggiare l'obbligo delle prestazioni previdenziali 
(1). 
(1) J,a questione ha tratto origine dalle ordinanze: 24 giugno 1965 del 
Pre~ore di Civitacastellana (Gazzetta Ufficiale 31 luglio 1965, n. 191); 28 
giugno 1965 del Pretore di Filadelfia (Gazzetta Ufficiale 4 settembre 1965, 
n. 223); 19 giugno 1965 del Tribunale di Rovereto (Gazzetta Ufficiale 
4 settembre 1965, n. 223). 
Sulla legittimit� costituzionale delle sanzioni amministrative si veda 
anche la sentenza della Corte 6 dicembre 1965, n. 76 in questa Rassegna, 
1965, I, 1105, in materia di sopratasse per la ritardata corresponsione della 
imposta complementa�re di registro. 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 78 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Spaziani (avv. Antolini) c. Ministero Finanze (sost. 
avv. gen. Stato Vitucci). 

Ricorso straordinario al Capo dello Stato -Alternativit� con il ricorso 
giurisdizionale al Consiglio di Stato -Questione di legittimit� 
costituzionale -Infondatezza. 

(Cost., art. 113; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34, secondo e terzo comma). 

� infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 34, 
20 e 3� comma, del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all;art. 113 
Cast., per quanto concerne il principio della alternativit� del ricorso 
straordinario al Capo dello Stato con il ricorso giurisdizionale al Consiglio 
di Stato (1). 

(1) :La attesa p1�onunzia ha tratto origine dalla ordinanza emessa il 
29 ottobre 1964 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pubblicata 
in Gazzetta Ufficiale n. 78 del 27 marzo 1965, ed in questa Rassegna, 1964, 
I, 1059. 
Gi� con sentenza del 1� febraio 1964, n. 1, la Corte si pronunci� sulla 
illegittimit� costituzionale delle norme oggetto della odierna decisione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

976 

(Omissis). -Nel merito, questa Corte ritiene che le norme denunciate 
non escludono n� attenuano la tutela giurisdizionale dei diritti 
e degli interessi lesi da un atto amministrativo. 

Esse regolano il concorso di due rimedi giuridici avverso un medesimo 
atto; e lo regolano permettendo all'interessato una scelta fra 
i medesimi, sulla base di una valutazione di convenienza. Quando 
l'interessato preferisce proporre ricorso straordinario, � egli stesso che 
ritiene di poter prescindere dalla tutela giurisdizionale, cosi come ritiene 
di farne a meno quando lascia decorrere il termine stabilito per 
invocarla. Le norme denunciate cio� offrono una alternativa che sollecita 
l'autonomia soggettiva, e, cosi essendo, non intaccano il precetto 
costituzionale che garantisce quella tutela, perch� esso non obbliga lo 
interessato a rivolgere la sua autonomia unicamente nel senso dello 
esperimento della protezione assicurata: concetti simili ha espresso la 
Corte nella sua sentenza 5 febbraio 1963, n. 2, la quale ha pure rilevato 
che l'art. 113 non impedisce alla legge ordinaria di regolare lo 
esercizio della tutela giurisdizionale nei modi e con la efficacia che 
pi� aderisca alle singole situazioni, purch� quell'esercizio non sia 
reso estremamente difficile o puramente apparente (v. anche sentenze 

16 dicembre 1964, n. 118 e 3 luglio 1962, n. 87). Ai fini della questione, 
non importa conoscere per qual motivo l'ordinamento non ammette 
il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato quando sia stato proposto 
quello straordinario: il sistema peraltro appare in logica coerenza 
con il fatto che il ricorso straordinario � ammissibile anche 
quando non lo sia pi� il ricorso giurisdizionale per il decorso del termine 
assegnato per il suo esperimento. Importa soltanto rilevare che 
il principio contestato, dando alla parte piena libert� di adire alla 
tutela giurisdizionale, e facendo dipendere dalla libera determinazione 
di lei la decadenza da quella tutela, non la rende n� impossibile, n� 
difficile, n� fittizia: la legge anzi offre, in seno allo stesso ordinamento 
amministrativo, una protezione ai diritti soggettivi o agli interessi legittimi, 
che si aggiunge a quella giurisdizionale quando la parte ritiene 

sotto il profilo della carenza di tutela giurisdizionale causata dalla proposizione 
del ricorso straordinario nei confronti dei controinteressati (sentenza 
publicata e annotata in questa Rassegna, 1964, I, 3). 

Questa prima decisione aveva fatto intravedere la eventualit� di una 
declaratoria di illegittimit� costituzionale dell'intero art. 34 t.u. 26 giugno 
1924, n. 1054. Con la sentenza n. 78, invece, la Corte espressamente 
limitando la sua indagine al secondo e terzo comma del suddetto articolo, 
ha risolto in senso affermativo la questione di legittimit� costituzionale del 
ricorso straordinario soltanto sotto il profilo del principio di alternativit� 
tra questo e il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato. 

La questione della incostituzionalit� del ricorso straordinario era stata 
pi� volte sollevata da larga parte della dottrina ricordata anche su questa 
Rassegna: si veda, con la nota sopra indicata, riferimenti in essa richiamati. 

! 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 977 

di poterne fare a meno o da essa � decaduta. E in questo senso essa 
aumenta la possibilit� di reazioni contro l'atto amministrativo illegittimo. 


La sostanza del sistema desumibile dalle norme denunciate � che 
la proposizione del ricorso straordinario ha il medesimo effetto del 
decorso del termine prescritto per la presentazione del ricorso giurisdi.
zionale: la perdita del diritto a questo rimedio si produce prima del 
tempo ordinario a s�guito di un atto volontario al quale si addiviene 
nella consapevolezza del valore che vi ha dato la legge, perch� questo 
valore non pu� non essere presente a colui che utilizza il dettato della 
norma dalla quale l'effetto deriva. Non conta il motivo per cui l'interessato 
addiviene alla scelta, cos� come non conta la causa dell'inutile 
decorso del termine fissato per l'esperimento della tutela giurisdizionale; 
non conta nemmeno qualificare la situazione giuridica che si determina 
mediante la proposizione del ricorso straordinario. Rileva invece l'osservare, 
e la Corte altra volta l'ha gi� fatto presente (sentenza 4 giugno 
1964, n. 47), che la genericit� del precetto contenuto nell'art. 113 
della Costituzione non � tale da permettere di opinare che l'esperimento 
della tutela giurisdizionale non possa essere assoggettata a cause di decadenza, 
e da far ritenere che la protezione accordata sia invocabile 
in perpetuit�. 

5. -Si obietta che la preclusione alla impugnativa dell'atto lesivo 
mediante ricorso al Consiglio di Stato � stata intesa anche come preclusione 
dell'impugnativa giurisdizionale della decisione sul merito 
del ricorso straordinario, in modo che resta impedito ogni sindacato 
di legittimit� sul merito della decisione. Anzitutto per� la questione 
dell'estensione cosi data al principio di alternativit� non viene in considerazione 
in un giudizio, come quello che ha determinato l'ordinanza 
della Corte di cassazione, in cui si discute soltanto dell'effetto che la 
presentazione del ricorso straordinario ha prodotto sul diritto a quello 
giurisdizionale innanzi al Consiglio di Stato. Comunque il rilievo non 
avverte che il controllo di legittimit� della decisione sul merito del 
ricorso straordinario, se fosse ammissibile, tenderebbe a fare accertare 
dal Consiglio di Stato i vizi dell'atto lesivo, per la via mediata della 
denuncia degli errores in iudicando che inficiano quella decisione, dopo 
che l'interessato � decaduto dal diritto di far valere tali vizi mediante 
l'impugnativa giurisdizionale dell'atto; vale a dire tenderebbe ad elidere 
l'effetto che la proposizione del ricorso straordinario ha causato 
a s�guito della scelta fatta dalla parte. Lo stesso principio di alternativit� 
rimarrebbe inutilmente posto se la controversia, esclusa dalla 
competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato, potesse ritornarvi 
sotto il profilo dell'errore di giudizio verificatosi nella sede straordinaria, 
perch�, reagendosi in via giurisdizionale contro questo errore, 

978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si reagirebbe contro quello che vizia l'atto amministrativo, e, per di 
pi�, si conferirebbe efficacia ripristinatoria del diritto alla tutela giurisdizionale 
amministrativa anche al ricorso straordinario proposto 
dopo la scadenza del termine stabilito per chiedere quella tutela. 

6. -Nessuno dei profili prospettati d� pertanto alla questione un 
contenuto di fondatezza. 
Non ha fondatezza nemmeno l'osservazione dell'amministrazione 
finanziaria, per cui, se si muove dall'esatta premessa che il principio 
di alternativit� non concerne il rapporto fra il ricorso straordinario e 
l'azione giudiziaria ordinaria, diviene inspiegabile la diversit� di trattamento 
emergente dalle norme impugnate per quanto concerne la 
tutela degli interessi legittimi. L'osservazione fa eco a quella analoga 
della Corte di cassazione, la quale ha considerato che, dichiarandosi 
illegittimo il principio di preclusione del ricorso al Consiglio di Stato 
a causa dell'esperimento del ricorso straordinario, si verrebbe a configurare 
una situazione simile a quella che vige per le posizioni soggettive 
tutelabili dinanzi al giudice ordinario. 

Vi � per� da opporre che il ricorso straordinario mira all'annullamento 
dell'atto lesivo e si pone pertanto nell'ambito medesimo in cui 
pu� operare il ricorso al Consiglio di Stato, non in quello coperto .dall'azione 
giudiziaria, che � delimitato dall'art. 4 della legga 20 marzo 
1865, n. 2248, sulla abolizione del contenzioso amministrativo; epper� 
ben si spiega che al ricorso straordinario si dia un valore preclusivo 
unicamente in confronto al ricorso al Consiglio di Stato, e non 
anche a quello giudiziario, che assolve a scopi non perseguibili mediante 
il ricorso straordinario. 

Inoltre l'azione giudiziaria ordinaria ha in s� caratteristiche di 
durata non sempre coincidenti con quelle che delineano l'azione giurisdiizonale 
amministrativa, in coerenza alle diversit� sostanziali che 
tra esse intercorrono; e non appare perci� anomalo che il diritto al 
ricorso giudiziario non sia assoggettato alle stesse cause di decadenza 
previste per il ricorso al Consiglio di Stato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 82 -Pres. Ambrosini -Rel. 
Verzi -Guzzon (n. c.). 

Avvocati e procuratori -Contributi per la Cassa nazionale di previdenza 
e assistenza -Non ricevibilil� degli atti sprovvisti dell�l 
relativa marca -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 24; l. 31 luglio 1956, n. 991, art. 17; I. 8 gennaio 1952, n. 6; r. d. 

25 giugno 1940, n. 954, artt. 27 e 28). ! 

L'art. 17 della l. 31 luglio 1956, n. 991, che dispone la non ricevibilit� 

I 

da parte del cancelliere degli atti, indicati negli artt. 27 e 28 del r. d. f 

l!

I 

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTIT.UZIONALE E INTERNAZIONALE 9.79 

25 giugno 1940, n. 954, sprovvisti della marca relativa al contributo 
per la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza degli avvocati e 
procurato1�i, impedendo il diritto di agire in giudizio garantito dalt'art. 
24 della Costituzione, deve ritenersi costituzionalmente illegittimo 
(1). 

(Omissis). -A norma degli artt. 27 e 28 del r. d. 25 giugno 1940, 

n. 954, il contributo per la Cassa di previdenza ed assistenza a favore 
degli avvocati e procuratori, nei procedimenti civili ed amministrativi, 
� corrisposto, se vi � costituzione o comparizione in giudizio, mediante 
applicazione della marca sulla nota di iscrizione a ruolo o sul verbale 
che d� atto della comparizione del procuratore e dell'intervento per 
assistenza dell'avvocato; ed in ogni altro caso mediante applicazione 
della marca sulla prima istanza, ricorso, memoria od altro atto introduttivo 
qualsiasi, sottoscritto dall'avvocato o dal procuratore, ed, in 
mancanza, sul processo verbale o altro documeento, relativi al primo 
atto compiuto con l'intervento dell'avvocato o del procuratore. La 
medesima modalit� di pagamento � prescritta per le istanze, gli atti 
od i ricorsi introduttivi, sottoscritti e presentati dalle parti personalmente 
con elezione di domicilio presso avvocato o procuratore. 
In materia penale, il contributo viene corrisposto in ogni stato 
e grado del procedimento mediante applicazione della marca sul 
primo atto processuale sottoscritto o presentato dal difensore o per 
il quale vi sia intervento dello stesso dif�nsore. Allo scopo, poi, di 
obbligare la parte a corrispondere il contributo previdenziale, la 
norma impugnata fa ricorso ad una misura sbrigativa ed energica, 
imponendo al cancelliere l'obbligo di non ricevere l'atto sprovvisto 
della marca. 

Va subito rilevato che la non ricezione dell'atto presentato dalla 
parte o dal difensore assume carattere sanzionatorio, non proporzio


(1) Questione sollevata dal Pretore di Moncalieri con ordinanza 26 
aprile 1965, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 13 novembre 1965, n. 284, e 
decisa in camera di consiglio non essendovi stata costituzione di parte. 
La odierna decisione ha un precedente nella sentenza della Corte 
6 dicembre 1005, n. 75, in questa Rassegna, 1965, I, 1102, dichiarativa della 
illegittimit� costituzionale degli artt. 2 e 3 della l. 5 luglio 1965, n. 798, 
e degli artt. 3 e 4 della 1. 25 febbraio 1963, n. 289, relativi all'applicazione 
di contributi di previdenza dovuti, a mezzo marche, sugli atti difensivi 
e sui provvedimenti relativi ai giudizi davanti alla Corte Costituzionale. 

Questione analoga � stata decisa nello stesso senso dalla Corte, con 
sentenza 2 luglio 1966, n. 80, relativamente all'art. 117 del r .d. 30 dicembre 
1923, che vietava ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare 
copie o estratti delle sentenze, con grave pregiudizio per la procedibilit� 
dell'appello. (V. nota in questa Rassegna, 1966, I, 775, con indicazioni 
di dottrina e giurisprudenza). 



980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nato alla portata ed entit� del precetto, e non giustificabile alla stregua 
di quelle guarantigie giuridiche che lo stato di diritto offre ai 
singoli per la tutela dei loro diritti od interessi legittimi. Ed appare 
opportuno tenere conto in proposito della circostanza che la legge 
18 giugno 1955, n. 517, ha modificato la norma dell'art. 186 del Codice 
di procedura penale, per dichiarare espressamente che, in materia 
penale, la inammissibilit� � dell'atto non � consentita per la inosservanza 
delle norme sulla tassa di bollo. 

Ma quel che conta in modo decisivo nell'esame della proposta 
questione � la valutazione delle conseguenze che la non ricezione 
apporta sul corso del procedimento. Ed invero, poich� la marca suindicata 
va applicata sugli atti indispensabili per l'esercizio dell'azione, 
di guisa che, in mancanza di essi, il giudizio non pu� essere iniziato o 
proseguito, rimane paralizzato l'inizio oppure viene troncato immediatamente 
il corso di esso allorquando la presentazione dell'atto � 
prescritta entro termini di decadenza, come in tutti i casi di impu


I

gnazione. 
Mentre le normali funzioni del cancelliere sono quelle di ricevere 
gli atti, di registrarli, di tenerli in deposito e di rilasciarne copia o 

I

certificati, la norma Impugnata affida alla responsabilit� del medesimo i� 

I[ 
I 
l'eccezionale potere di determinare, con la non ricezione dell'atto, una 

:'.

situazione processuale gravissima per il corso del procedimento. Il 
che � quanto dire che la sorte dell'azione pu� essere compromessa 
irrimediabilmente da un provvedimento di un organo diverso dal ' 
giudice. 

La norma impugnata viola pertanto il diritto di agire in giudizio 
garantito dal primo comma dell'art. 24 della Costituzione. Al che si 
pu� aggiungere che, per quanto riguarda la materia penale, rimane 

Iviolato anche il diritto di difesa sotto il profilo precisato in altre f. 
sentenze di questa Corte, perch� il fatto che un organo diverso dal 
giudice possa impedire che abbia corso il � primo atto processuale 

I 

sottoscritto o presentato dal difensore in ogni stato e grado del proce


dimento �, preclude l'esercizio del diritto garantito dal secondo comma 

dell'art. 24. -(Omissis). 

II 

I 

i 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 87 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verz� -Baraldi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Reati -Propal;1anda per la restaurazione violenta della dittatura e per 
la distruzione del sentimento nazionale -Contrasto con la libert� 


-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 981 

di manifestazione del pensiero -Sussistenza solo per la seconda 

ipotesi. 

(Cost., art. 21; c.p., art. 272; commi primo e secondo). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale in relazione 
alla libert� di manifestazione del pensiero sancita dall'art. 21 
Cost., del primo comma deil'art. 272 c. p., che punisce la propaganda 
per l'instaurazione violenta della dittatura, dato che la limitazione della 
libert� di pensiero prevista dalla norma � posta a tutela del metodo 
democratico. 

� fondata, invece, la questione relativamente al secondo comma 
dello stesso articolo, perch� il sentimento nazionale, oggetto della tutela 
penale, sorgendo e sviluppandosi nell'intimo della coscienza di ciascuno, 
fa parte del mondo del pensiero e delle idealit� (1). 

(Omissis). -Il primo comma dell'art. 272 punisce la propaganda 
in quanto diretta al ricorso alla violenza come mezzo per conseguire 
un mutamento nell'ordinamento vigente. Tutti i casi previsti da questa 
norma hanno come finalit� di suscitare reazioni violente, compresa 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 20 gennaio 1965 
della Corte di Assise di Modena (Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 1965, 
n. 109). 
La sentenza non sembra immune da riserve, considerata la diversa 
decisione relativamente al primo comma dell'art. 272 c.p., dichiarato costituzionalmente 
legittimo rispetto a quella, diametralmente opposta, adottata 
per il secondo comma dello stesso articolo. 

Per adottare la decisione di illegittimit� costituzionale di quest'ultimo 
comma, la Corte ha preferito non affrontare il problema della compatibilit�, 
o meno, del � sentimento nazionale � con il vigente ordinamento 
costituzionale, limitandosi a constatare che esso fa parte del foro interno, 
cio� -come la Corte si esprime -� del mondo del pensiero e delle 
idealit��. 

Ma se questo � esatto, non � ancor sufficiente, dato che la norma 
incriminatrice puniva un'attivit� dall'esterno proiettantesi verso il foro 
interno, cio� la propaganda atta a distruggere o deprimere il sentimento 
nazionale. 

Ora � facile il raffronto con la precedente sentenza della stessa Corte, 
a proposito dell'art. 559 c. p., norma che impingeva egualmente sul foro 
interno dei cittadini, dichiarata non contrastante con il precetto costituzionale 
della Ubert� di pensiero (sentenza 19 febbraio 1965, n. 9, in 
questa Rassegna, 1965, 20). 

Ma al fondo della questione � una concezione immanentistica della 

norma, riferita al tempo in cui essa era stata emanata; concezione che, 

pur espressamente ripudiata nella precedente sentenza, ha costituito il 

substrato per la presente decisione di illegittimit� costituzionale. 

Si ricorder� che una concezione del genere era stata ripetutamente 
disattesa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che aveva rite




982 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'ipotesi della � distruzione di ogni ordinamento politico e giuridico 
della societ� ., cos� come inserita nel contesto del comma in esame. 
Siffatta propaganda appare dunque in rapporto diretto ed immediato 
con una azione; e, pur non raggiungendo il grado di aperta istigazione, 
risulta idonea a determinare le suddette reazioni che sono pericolose 
per la conservazione di quei valori, che ogni Stato, per necessit� di 
vita, deve pur garantire. 

Pertanto, il diritto di libert� della manifestazione del pensiero non 
pu� ritenersi leso da una limitazione posta a tutela del metodo democratico. 
Gli artt. 1 e 49 della Costituzione proclamano tale metodo 
come il solo che possa determinare la politica sociale e nazionale. Ed 
esso non consente l'usurpazione violenta dei poteri, ma richiede e il 
rispetto della sovranit� popolare affidata alle maggioranze legalmente 
costituite, e la tutela dei diritti delle minoranze, e l'osservanza delle 
libert� stabilite dalla Costituzione. 

Vietando la propaganda come mezzo tendente alla instaurazione 
violenta di un diverso ordinamento, la norma impugnata tutela altres� 

nuto la sopravvivenza e la vigenza attuale dell'art. 272 cpv. c. p., come 
diretto alla tutela della � personalit� dello Stato nelle sue esigenze fondamentali, 
non gi� degli istituti e degli organi creati dal fascismo� 
(Cass., 13 febbraio 1959, rie. Alpi, Giust pen., 1959, III, 479), o identificatesi 
con �la coscienza ed il vanto dell'unit� territoriale, etnica e politica 
dell'Italia, della sua civilt�, dei diritti che le spettano nei rapporti 
internazionali� (Cass., 11 novembre 1957, rie. Agstener, ivi, 1958, II 1107). 
Era da porsi di quesito, dunque, se queste finalit� -evidentemente 

del tutto diverse da quelle considerate dal legislatore fascista all'epoca 

dell'emanazione del Codice penale -fossero degne di altrettanta tutela, 

derogatrice alla illimitata libert� di manifestazione del pensiero, quanta 

quella accordata ad altre finalit� per le quali la deroga era stata espres


samente ammessa dalla Corte Costituzionale (oltre la sentenza n. 9 del 

1965 cit., si ricorda la sentenza 14 aprile 1965, n. 25, in questa Rassegna, 

1965, 275, a proposito della limitazione della libert� di stampa per la 

tutela delle esigenze della giustizia). 

Era da porsi il quesito, in termini non pi� solamente giuridici, ma 

storico-politici, se il concetto di � sentimento nazionale � dovesse iden


tificarsi con quello espresso nell'ideale liberale, onde esso � stato giusta


mente posto come fondamento degli odierni stati democratici europei 

(CROCE, Storia d'Europa nei secolo XIX, Bari, pag. 148), oppure con la 

sua degenerazione nazionalistica, per cui, secondo l'acuta diagnosi del DE 

RuGGIERo (Storia del liberalismo europeo, Bari, pag. 442), esso venne ad 

imperniarsi non pi� sul concetto di Nazione, ma di Stato, � che lo com


prime e l'opprime �. 

L'agnostici.smo della sentenza in rassegna sembrerebbe lasciare im


pregiudicato il problema; ma il dispositivo della decisione cancella dal


l'ordinamento una norma che, se riferita al concetto di sentimento nazio


nale inteso nella pi� ampia e. democratica accezione di cui si � detto, 

poteva ancora assolvere ad una indefettibile funzione. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E �INTERNAZIONALE 983 

l'ordine economico, rispetto al diritto al lavoro, alla organizzazione 
sindacale, alla iniziativa economica privata, alla propriet� ecc. E tutela 
infine il mantenimento dell'ordine pubblico considerato come ordine 
legale costituito. 

5. -A diverse conclusioni, la Corte deve pervenire in merito al 
secondo comma dell'art. 272, che punisce chiunque fa propaganda per 
distruggere o deprimere il sentimento nazionale. Questo sentimento, 
che non va confuso col nazionalismo politico, corrisponde al modo di 
sentire della maggioranza della Nazione e contribuisce al senso di unit� 
etnica e sociale dello Stato. Ma � pur tuttavia soltanto un sentimento, 
che sorgendo e sviluppandosi nell'intimo della coscienza di ciascuno, fa 
parte esclusivamente del modo del pensiero e delle idealit�. La relativa 
propaganda non � indirizzata a suscitare violente reazioni, come nel 
caso precedentemente esaminato, n� � rivolta a vilipendere la Nazione 
od a compromettere i doveri che il cittadino ha verso la patria od a 
menomare altri beni costituzionalmente garantiti. Non trattasi quindi 
di propaganda che ha finalit� illecite, e pertanto qualsiasi limitazione 
di essa contrasta con la libert� garantita dall'art. 21 della Costituzione. 
-(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 89 -Pres. Ambrosini -
Rel. Bonifacio -Barisone (avv. Uckmar, Allorio) e Pres. Consiglio 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Costituzione della Repubblica -Decreti-legge -Mancata conversione 
in legge -Contestualit� della regolamentazione dei rapporti gi� 
sorti -Esclusione. 

(Cost., art. 77). 

Costituzione della Repubblica -Riserva di legge in materia tributaria 
-Incompatibilit� con la retroattivit� delle leggi tributarie 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 23, 25). 

Imposta generale sull'entrata -Addiziona]e del 20 % sugli atti economici 
posti in essere fra il 31 agosto 1964 ed il 24 settembre 1964 Violazione 
degli articoli 3 e 53 Cost. -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 53; 1. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 5). 

Qualora un decreto-legge non venga convertito in legge a termtni 
dell'art 77 Cost., poich� la non conversazione consegue � ipso iure � ad 
un evento negativo (inutile decorso di sessanta giorni dalla pubblica




984 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione del decreto) o ai voto contrario espresso anche da una sola delle 
Assemblee legislative, � da escludere che la regolamentazione dei rapporti 
sulla base del decreto debba essere contestuale alla non conversione (1). 

i

Non � incompatibile con la riserva di legge in materia tributaria, 
prevista dall'art. 23 Cast., la retroattivit� di norme tributarie, la quale 

I 

non costituisce di per s� ragione di illegittimit� costituzionale delle 
norme stesse (2). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 5 aprile 1965 del 
giudice conciliatore di Genova-Voltri (Gazzetta Ufficiale, 5 giugno 1965, 
n. 139). 
La prima massima � di notevole rilievo, in quanto suggella, sul piano 
della interpretazione giurisprudenziale della Corte Costituzionale, un particolare 
aspetto della questione della mancata conversione dei decreti-legge. 

Come la sentenza ha precisato, alla mancata conversione si pu� giungere 
per due vie, tutte conducenti, peraltro, alla caducazione ipso iure 
del decreto: per via negativa, attraverso l'infruttuosa scadenza del termine 
dei sessanta giorni, senza alcun voto egpresso dell'uno o dell'altro 
ramo del Parlamento; per via positiva, attraverso il voto contrario anche 
di uno solo di esso. 

Mentre il decreto-legge in contestazione venne respinto dal Parlamento 
attraverso il procedimento del secondo tipo (voto contrario del 

Senato nella seduta del 24 settembre 1964), si pu� citare, ad esempio del 
primo tipo di mancata conversione, il d. 1. 11 novembre 1964, n. 1120, in 
merito al quale, per l'ostruzionismo delle opposizioni alla Camera, non si 
riusc� a superare il termine di sessanta giorni. 

In questa situazione, appare evidente l'esattezza della decisione in 
rassegna, la quale fa salva la successiva possibilit� per il Parlamento di 
disciplinare la sorte dei rapporti giuridici gi� sorti sulla base del decreto 
non convalidato. 

Aderire alla soluzione opposta, infatti, significherebbe porre una evidente 
contraddizione (almeno nell'ipotesi che il decreto venga respinto 
in blocco) fra il fatto del Parlamento che rifiuta (il che, del resto, � sua 
facolt� sovrana) un atto di produzione giuridica, quale la conversione del 
decreto, ed il preteso obbligo, che esso avrebbe, contestualmente a tale 
rifiuto, di provvedere a disciplinare con legge i rapporti anteatti. 

Sui problemi connessi alla mancata ratifica in blocco del decreto-legge, 
cfr. in dottrina, FALZONE, PALERMO, COSENTINO, La Costituzione della Republbica 
Italiana, Roma, pag. 190; VmcA, Diritto costituzionale, Palermo, 
1955, 383. 

Sulla natura materiale della legge di conversione nell'ordinamento 
anteriore alla Costituzione, cfr. CRISAFULLI, In tema di leggi di conversione, 
Foro it., 1942, III, 4. 

Cfr. anche SANDULLI, Legge, forza di legge, valore di legge, Riv. trim. 
dir. pub., 1957, 270). 

(2) La massima costituisce la continuazione del pensiero della Corte. 
Con la sentenza 8 luglio 1957, n. 118 (Giur. cost., 1957, 1067), essa 
affermava, infatti, che il principio della irretroattivit� della legge non � 
mai assurto alla dignit� di norma costituzionale, salvo che per la materia 
penale. 

Con la successiva sentenza 30 dicembre 1957, n. 81 (Giur. cost., 1958, 
1000) la Corte precisava che dall'art. 25 Cost. non pu� escludersi la re



PARTE I, SEZ; .I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 985 

Non � ]ondata, con rijerimento ai principi costituzionali di eguaglianza 
e della capacit� contributiva, .la questione di legittimit� costituzonaie 
deU'art., 5 legge 15 novembre 1964, n. 1162, istitutiva di una 
addizionale IGE sugli atti economici posti in essere fra il 31 agosto 1964 
e<J; il 24 settembre 1964, poich� tale norma ha preso in considerazione 
i fatti intervenuti in detto periodo come aventi proprie peculiarit� e 
caratteristiche, atte a giustificare un trattamento differenziato (3)� 

.(Omissis).. 1. -�A seguito del voto negativo espresso dal Senato 
nella seduta del 24 settembre 1964 il d. l. 31 agosto 1964, n. 705, col 

quale le aliquote dell'imposta generale sull'entrata erano state aumentale. 
del � 20 per . cento,� non venne convertito in legge e di conseguenza 
perdette efticacia sin dall'inizio. 

La successiva legge 15 novembre 1964, n. 1162, istitutiva di una 
addizionale del �20 per cento sulle stesse aliquote, ha stabilito (art. 5, 
primo comma) che tale addizionale si applichi anche agli atti economici 
compiuti dal 31 agosto al 24 settembre 1964. L'ordinanza di rimessione 
prospetta il dubbio che questa norma violi la riserva di legge disposta 
per l'imposizione di prestazioni patrimoniali (art. 23 Cost.), leda il 
principio �di eguaglianza (art. 3 Cost.) e contrasti con quello relativo 
alla capacit� contributiva (art. 53 Cost.). 

2. --.,. La Corte ritiene che per un'esatta valutazione del fondamento 
delle questioni sottoposte al suo esame si debba tener conto della 
circostanza che la norma impugnata venne emanata dal Parlamento 
nell'esercizio del potere. di regolare con legge i rapporti sorti sulla 
base del non convertito d. 1. 31 agosto 19641 n. 705. 
Non appaiono fondate le obbiezioni formulate in proposito dalla 
difesa del Barisone, secondo la quale il Parlamento avrebbe avuto l'onere 
di provvedere contestualmente al rifiuto di conversione del decreto, 
avrebbe dovuto far espresso riferimento all'art. 77 della Costituzione 
e non avrebbe potuto, comunque, ridar sostanziale vigore al decreto 
legge del quale era stata rifiutata la conversione. Su questi singoli 
punti � sufficiente osservare: 

a) Poich� la non conversione consegue ipso iure ad un evento 
negativo (inutile decorso di sessanta giorni dalla pubblicazione del 

troattivit� delle leggi finanziarie; decisione confermata dalla successiva 

sentenza 9 marzo 1959, n. 9 (ivi, 1959, 237). 

Pi� recenti, poi, le sentenze ricordate nella motivazione: 16 giu


gno 1964, n. 45, in questa Rassegna, 1964, 643, e 23 maggio 1966, n. 44, ivi, 

1966, 518, ove nota di richiami anche in dottrina. 

(3) Sulla specifica questione della addizionale retroattiva, si rinvia 
all'ordinanza di remissione, pubblicata in Dir. e prat. trib., 1965, II, 169 
e nota di richiami. 

986 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

decreto) o, come nel caso in esame, al voto contrario espresso anche 
da una sola delle assemblee legislative, � da escludere perfino la possibilit� 
che la regolamentazione dei rapporti sorti sulla base del decreto 
sia contestuale alla non conversione. 

b) Un formale riferimento all'art. 77 della Costituzione � del 
tutto superfluo quando da obbiettivi dati sostanziali risulti in modo 
non equivoco che il Parlamento abbia esercitato il potere da quella 
norma costituzionale previsto. Nel caso oggetto del presente giudizio 
� certo che la legge intese regolare quei rapporti fra Stato e contribuenti 
che erano stati invalidati a seguito della mancata conversione 
del d. 1. 31 agosto 1964, n. 705: lo dimostrano i lavori preparatori, nel 
corso dei quali le dichiarazioni del Governo proponente, le relazioni 
e i dibattiti parlamentari partirono dal presupposto che l'art. 5 della 
nuova legge intendesse disciplinare precisamente quelle fattispecie che 
gi� erano state regolate dal Governo attraverso la decretazione di urgenza; 
e lo conferma perentoriamente la circostanza che il periodo 
intercorso fra il 31 agosto e il 24 settembre 1964 � esattamente corrispondente 
a quello durante il quale aveva spiegato effetti il decreto successivamente 
non convertito. 


c) L'identit� della misura di aumento dell'imposta, dell'elenco 
dei prodotti esentati e delle disposizioni relative all'esercizio del credito 

Ied alle esportazioni dimostra, senza dubbio, che la norma impugnata 
assoggetta gli atti economici compiuti nel predetto periodo ad una 
disciplina che ha lo stesso contenuto di quella adottata col decreto 
legge non convertito. Ma ci� non significa che il Parlamento abbia 

I agito al di l� e a di fuori del potere conferitogli dall'art. 77 della 
Costituzione. La norma costituzionale, infatti, stabilendo che i decreti 
non convertiti � perdono efficacia sin dall'inizio � non si propone altro 
scopo che non sia quello di regolare le conseguenze della mancata conversione, 
e nulla consente di ravvisare in essa, nello stesso tempo, un 
limite alla facolt� del legislatore, nella stessa _disposizione riconosciuta, 
di disciplinare, secondo una scelta demandata alla sua valutazione politica, 
i rapporti sorti sulla base dei decreti non convertiti. 

3. -� tuttavia chiaro che, se il terzo comma dell'art. 77 della 
Costituzione abilita il legislatore a dettare una regolamentazione retroattiva 
dei rapporti, la relativa disciplina non pu� in alcun modo 
prescindere dal pieno rispetto delle norme costituzionali. Con questa 
premessa occorre quindi procedere all'esame delle cnsure mosse dall'ordinanza 
di rimessione alla norma impugnata. 
La prima questione trarrebbe fondamento, secondo il giudice a quo, 
dal fatto che l'individuazione dei destinatari dell'art. 5, primo comma, 
della legge 15 novembre 1964, n. 1162, � � operata in riferimento a 
situazioni concrete irripetibili nella loro storicit� � : alla norma man




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 987 

cherebbe, quindi, quel carattere di astrattezza necessario � al fine del 
rispetto dell'art. 23 Cost. �. 

� evidente che tale motivazione fa discendere l'illegittimit� costituzionale 
della disposizione dal suo carattere retroattivo, dal momento 
che ogni disciplina retroattiva inevitabilmente si riferisce ad una serie 
definita di casi gi� verificatisi: sicch� la censura mossa dall'ordinanza 
di rimessione alla norma in esame, come bene � stato messo in luce 
dalla difesa privata, parte dal presupposto che la retroattivit� sia di 
per s� incompatibile con la riserva di legge. 

Tale tesi non appare fondata. Lo dimostra inequivocabilmente il 
secondo comma dell'art. 25 della Costituzione, nel quale espressamente 
si pone il divieto di retorattivit� nella materia penale, per la quale 
pur vige un rigoroso principio di riserva di legge: dal che sembra 
doversi desumere che in via di principio la rserva non esclude affatto 
la legittimit� costituzionale di una disciplina retroattiva dei rapporti. 
A ci� va aggiunto che con giurisprudenza assolutamente costante (cfr. 
sent. n. 45 del 4 giugno 1964; n. 44 del 4 maggio 1966) questa Corte 
ha sempre ritenuto che nella materia tributaria, coperta dalla riserva 
di legge in forza dell'art. 23 della Costituzione, la retroattivit� non 
costituisce di per s� ragione di illegittimit� costituzionale della norma. 

4. -La questione � infondata anche in riferimento agli artt. 3 e 
53 della Costituzione. 
La circostanza che all'addizionale dell'aliquota dell'imposta generale 
sull'entrata soggiacciano solo gli atti economici posti in essere fra 
il 31 agosto ed il 24 settembre 1964 e non anche gli analoghi atti compiuti 
dopo tale data e prima dell'entrata in vigore della legge 15 novembre 
1964, n. 1162, trova il suo fondamento razionale nello scopo 
perseguito dal legislatore che, come si � detto, � quello di dettare 
una disciplina idonea a regolare i rapporti sorti a seguito del non 
convertito d. 1. 31 agosto 1964, n. 705. E ci� dimostra che la scelta di 
quel periodo di tempo non � frutto di una valutazione arbitraria e perci� 
sindacabile. Va ancora rilevato che il legislatore ha provveduto nel 
modo descritto tenendo presenti, come risulta dai lavori preparatori, le 
difficolt� e le sperequazioni alle quali si sarebbe andato incontro ove 
si fosse provveduto, a seguito della mancata conversione del decreto, 
al rimborso delle maggiori somme versate a titolo di imposta generale 
sull'entrata: ed assume particolare rilevanza la ragionevole preoccupazione 
che, a causa del gi� verificatosi trasferimento del maggior onere 
sui consumatori dei beni e dei servizi, il rimborso potesse essere causa 
di ingiusti arricchimenti. Non si pu� dire, perci�, che il legislatore ha 
dettato discipline diverso per situazioni sostanzialmente eguali, ma si 
deve invece riconoscere che la legge ragionevolmente ha preso in considerazione 
i fatti intervenuti tra il 31 agosto e il 24 settembre 1964 

4 

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988 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come aventi proprie peculiarit� e caratteristiche, atte a giustificare 
un trattamento differenziato. 
� anche da escludere che la norma impugnata violi l'art. 53 della 
Costituzione. Gli atti economici regolati dall'art. 5, primo comma, della 

I. 15 novembre 1964, n. 1162, sono stati e sono pur sempre assoggettati, 
prima e dopo il 24 settembre 1964, all'imposta generale sull'entrata 
e sono quindi costantemente assunti dal legislatore come indici di capacit� 
contributiva. Quel che varia nel periodo preso in considerazione 
dalla norma � solo l'entit� del tributo. In proposito va osservato che la 
capacit� contributiva, presupposto di una legittima imposizione, condiziona 
certo la misura massima del tributo, nel senso che questa non 
pu� mai essere fissata ad un livello superiore alla capacit� di~~stra~a 
dall'atto o dal fatto economico, ma non esclude, purch� tale lumte sia 
rispettato, che gli stessi atti o fatti possano in tempi diversi dar luogo 
a prelievi tributari di diversa entit�, secondo gli obbiettivi di politica 
fiscale di volta in volta perseguiti dal legislatore. � ovvio che tali variazioni 
non possano e non debbano essere arbitrarie, perch� in tal caso 
verrebbe ad essere compromesso il principio di eguaglianza: ma sotto 
tale profilo la norma impugnata, per le ragioni gi� esposte, risulta 
immune da ogni censura. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 90 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli -Istituto di assistenza e beneficenza Principe di 
Pologonia e Contee di . Ventimiglia c. Regione siciliana (sost. 
avv. gen. Stato Guglielmi). 

Regione siciliana -Legge singolare espropriativa -Mancanza di termini 
di espropriazione ed esecuzione dell'opera -Contrasto con 
il principio dell'interesse generale -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 42, comma terzo; Statuto Reg., Sic., art. 14; 1. reg. sic., 19 feb


braio 1951, n. 20). 

Regione siciliana -Mancata fissazione dei termini in legge espropria


tiva -Fissazione dei termini da parte dell'autorit� amministrativa 
-Impossibilit�. 
(Cost;, art. 42, comma terzo; Statuto Reg., Sic., art. 14; 1. reg. sic., 19 feb


braio 1951, n. 20; 1. 15 giugno 1845, n. 2348, art. 13). 

La legge delta Regione siciliana 19 febbraio 1951, n. 20 afferente 
atta espropriazione per pubblica utilit� deU'area per it costruendo 
palazzo delta Regione, non avendo posto alcun termine per t'espleta




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 989 

mento della procedura espropriativa e per l'esecuzione dei lavori, 
rende possibile una espropriazione per esigenze non attuali, o addirittura 
venute meno, in contrasto con il principio dell'interesse generale 
voluto dall'art. 42, terzo comma della Costituzione (1). 

Non avendo la legge Reg. sic. 19 febbraio 1951, n. 20, 'fissato i 
termini per la espropriazione ed esecuzione dei lavori, non pu� ad 
essa sQPperire l'autorit� amministrativa, con una autonoma 'fissazione 
di termini, giacch� in tal modo perdurerebbe indefinitamente 
la possibilit� dell'espropriazione autorizzata legislativamente, frustrandosi 
il dispositivo dell'art. 42 della Costituzione (2). 

(1-2) Questione sollevata con ordinanza del Tribunale di Palermo 
4 giugno 1965, in Gazzetta U:fficiuZe� 25 settembre 1965, n. 242. 

Applicazione sul piano legislativo dei medesimi principi ripetutamente 
affermati dalla giurisprudenza amministrativa sul tema della prefissione 
dei termini in materia di espropriazione per pubblica utilit�. Si vedano, 
sul punto, Cons. Stato, Ad. plen., 2 luglio1958, n. 18, in Il Consiglio di Stato, 
1958, I, 773; Cons. Stato, 16 settembre 1958, n. 652, ibidem, 957; sotto il 
riflesso della obbligatoriet� della prefissione legislativa dei termini anche 
per l'inizio ed il compimento di opere militari, cfr. Cons. Stato, 18 luglio 
1958, n. 862, in Il Consiglio di Stato, 1958, I, 783 e 15 febbraio 1956, n. 207, 
ivi, 1956, I, 23. 

In via eccezionale si � ritenuta superflua la determinazione dei termini 

allorch� l'opera sia stata gi� compiuta. Sul punto si veda C'.ARUGNO, L'espro


priazione per pubblica utilit�, 118 e segg. 

In generale, sull'argomento, cfr. Relazione Avv. Stato, 1961-65, voi. 

III, 153. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 91 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Nicoli (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. Stato Foligno). 

Costituzione della Repubblica -Riserva di legge in materia di limiti 
all'iniziativa economica -Legge sulla disciplina della riproduzione 
bovina -Attribuzione di competenza all'autorit� amministrativa Violazione 
della riserva di legge -Esclusione. 

(Cost,, art. 41, terzo comma; I. 3 febbraio 1963, n. 126, artt. 2, 3). 

Gli artt. 2 e 3 della legge 3 febbraio 1963, n. 126, sulla disciplina 
della riproduzione bovina, i quali demandano, rispettivamente al Ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste, ed alle Camere di Commercio 
di accertare ed attestare i requisiti genotipici dei tori riproduttori, non 
violano la riserva di legge stabilita dall'art. 41 Cost., trattandosi di 
attivit� strettamente tecnica, che richiede una specifica competenza~ 



990 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche in relazione al continuo mutamento nel processo evolutivo zootecnico 
(1). 

(1) La questione era stata sollevata con le ordinanze 21maggio1965 del 
Pretore di Vicenza (Gazzetta Ufficiale, 17 luglio 1965, n. 178) e 16 giugno 
1965 del Pretore di Padova tGazzetta Ufficiale, 4 settembre 1965, 

n. 223). 
� da ricordare, nella materia in esame, la precedente sentenza della 
Corte Costituzionale 14 febbraio 1962, n. 4 pronunciata su materia analoga 
(Giur. cost., 1962, 33 e nota di EsPoS1To, I tre commi dell'art.� 41 della 
Costituzione). 

Sulla legittimit� costituzionale di una adeguata sfera di discrezionalit� 
riservata dalla legge alla P. A. in materia di iniziativa economica 
del cittadino, veggasi la precedente sentenza della stessa Corte, 23 giugno 
1964, n. 54, in questa Rassegna, 1964, 662, e nota di richiami. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 92 -Pres. Ambrosini -
Rel. Mortati -Recchione (n. c.). 

Pensioni di guerra -Esclusione dal diritto dei figli adulterini -Con


trasto con gli artt. 38, 30, 3 della Costituzione -Esclusione. 

(Co.st., artt. 38, 30, 3; I. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 62, 64). 

Le norme della i. 10 agosto 1950, n. 648, concernente il riordinamento 
delle disposizioni sulle pensioni di guerra, che escludono 
dal diritto a conseguire tale pensione i figli adulterini di genitori morti 
a causa di eventi bellici, non contrastano con il diritto al mantenimento 
ed all'assistenza garantito dall'art. 38, primo comma, della 
Costituzione, giacch� la pensione di guerra � regolata con criteri diversi 
da quelli che presiedono all'attivit� meramente assistenziale; n� 
contrastano con l'art. 30, terzo comma, della Costituzione, poich� la 
disparit� di trattamento operata per i figli adulterini � determinata 
dall'intento di evitare lesioni al diritto della famiglia legittima; n�, 
infine, contrastano col principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della 

I

Costituzione, giacch� questo non esclude trattamenti differenziati in 
caso di situazioni, come quelle di specie, oggettivamente diverse (1). 

I 

(1) Questione promossa con ordinanza 23 marzo 1965 dalla Corte dei 
conti, II sezione giurisdizionale, e decisa in camera di consiglio, non essendovi 
stata costituzione di parte. 
Sulla necessaria differenziazione legislativa di trattamento della famiglia 
legittima anche se con un auspicio di riforma legislativa dell'intero 
diritto familiar~, cfr. la sentenza della stessa Corte 23 maggio 1966, n. 49, 
in questa Rassegna, 1966, I, 530. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 991 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1966, n. 94 -P1�es. Ambrosini -
Rel. Verz� -ENEL (avv. Santoro-Passarelli, Nigro, Piccardi, Graziadei), 
Soc. Emiliana Esercizi Elettrici, Soc. Edison ed altri (avv. 
Ferri, Nicol�, Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. Stato Tra,canna). 

Energia elettrica -Legge di nazionalizzazione -Divieto per le societ� 
ex elettriche di distribuzione, per l'esercizio 1962 di dividendi 
superiori al 5,50 % -Contrasto con gli artt. 42 e 3 Cost. -Esclusione. 

(Cast., artt. 42, 3; I. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 6, quarto comma). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 42 e 3 Cost., la questione 
di legittimitd costituzionale dell'art. 6, quarto comma, de�la legge 6 dicembre 
1962, n. 1643, nella parte in cui si pone il divieto di distribuzione 
di dividendi superiori al 5,50 %, per l'esercizio 1962, delle societd 
per azioni quotate in borsa. La limitazione posta dalla norma impugnata, 
invero, intesa come riferibile a tutte le societd per azioni, fa 
parte di quel sistema, cui si ispira la legge, inteso ad ovviare al pericolo 
di vedere diminuita la consistenza economica del complesso trasferibile 
all'ENEL; onde essa non pu� qualificarsi di carattere espropriativo 
(1). 

(Omissis). -La questione � infondata. 

Non pu� porsi in dubbio che, per le societ� interessate nel pre


sente giudizio, l'esercizio relativo all'anno 1962 � considerato di tran


sizione, nella complessa procedura di trasferimento dell'impresa al


l'ENEL. 

Dalla norma del numero 1 dell'art. 5 che stabilisce l'indennizzo 

in misura pari alla media dei valori del capitale azionario secondo le 

quotazioni di borsa del triennio 1� gennaio 1959-31 dicembre 1961, e 

(1) La questione era stata proposta da tre ordinanze 8 febbraio 1965 
del Tribunale di Genova, nonch� dall'ordinanza 3 febbraio 1965 del Tribunale 
di Parma (Gazzetta Ufficiale, 19. giugno 1965, n. 151). 
Per la quarta volta, nel giro di pochi anni, la Corte Costituzionale � 
stata chiamata ad occuparsi della legittimit� costituzionale della legge 
6 dicembre 1962, n. 1463, istitutiva dell'ENEL: nel suo complesso, in via 
incidentale (sent. 7 marzo 1964, n. 14, in questa Rassegna, 1964, 627 e, 
per esteso, Giur. it., 1964, I, 1, 516), o in via principale su ricorso di talune 
Regioni a Statuto speciale (sent. 7 marzo 1964, n. 13, Giur. it., 1964, I, 1, 
569); o ancora in via incidentale, con particolare riguardo all'art. 81 Cost. 

(sent. 12 luglio 1965, n. 66, in questa Rassegna, 1965, 878)). In tutti i giudizi, 
le questioni sono state dichiarate infondate. 
La sentenza in rassegna perviene ad analoga decisione di infondatezza 
relativamente alla questione sollevata dal Tribunale di Parma, di 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 989 

mento della procedura espropriativa e per l'esecuzione dei lavori, 
rende possibile una espropriazione per esigenze non attuali, o addirittura 
venute meno, in contrasto con il principio dell'interesse generale 
voluto dall'art. 42, terzo comma della Costituzione (1). 

Non avendo la legge Reg. sic. 19 febbraio 1951, n. 20, fissato i 
termini per la espropriazione ed esecuzione dei lavori, non pu� ad 
essa sopperire l'autorit� amministrativa, con una autonoma fissazione 
di termini, giacch� in tal modo perdurerebbe indefinitamente 
la possibilit� dell'espropriazione autorizzata legislativamente, frustrandosi 
il dispositivo dell'art. 42 della Costituzione (2). 

(1-2) Questione sollevata con ordinanza del Tri1bunale di Palermo 
4 giugno 1965, in Gazzetta Uff�ciule� 25 settembre 1965, n. 242. 

Applicazione sul piano legislativo dei medesimi principi ripetutamente 
affermati dalla giurisprudenza amministrativa sul tema della prefissione 
dei termini in materia di espropriazione per pubblica utilit�. Si vedano, 
sul punto, Cons. Stato, Ad. plen., 2 luglio1958, n. 18, in Il Consiglio di Stato, 
1958, I, 773; Cons. Stato, 16 settembre 1958, n. 652, ibidem, 957; sotto il 
riflesso della obbligatoriet� della prefissione legislativa dei termini anche 
per l'inizio ed il compimento di opere militari, cfr. Cons. Stato, 18 luglio 
1958, n. 862, in Il Consiglio di Stato, 1958, I, 783 e 15 febbraio 1956, n. 207, 
ivi, 1956, I, 23. 

In via eccezionale si � ritenuta superflua la determinazione dei termini 

allorch� l'opera sia stata gi� compiuta. Sul punto si veda CARUGNO, L'espro


priazione per pubblica utilit�, 118 e segg. 

In generale, sull'argomento, cfr. Relazione Avv. Stato, 1961-65, vol. 
III, 153. 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 91 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Nicoli (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. Stato Foligno). 

Costituzione della Repubblica -Riserva di legge in materia di limiti 
all'iniziativa economica -Legge sulla disciplina della riproduzione 
bovina -Attribuzione di competenza all'autorit� amministrativa Violazione 
della riserva di legge -Esclusione. 

(Cost., art. 41, terzo comma: 1. 3 febbraio 1963, n. 126, artt. 2, 3). 

Gli artt. 2 e 3 della legge 3 febbraio 1963, n. 126, sulla disciplina 
della riproduzione bovina, i quali demandano, rispettivamente al Ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste, ed alle Camere di Commercio 
di accertare ed attestare i requisiti genotipici dei tori riproduttori, non 
violano la riserva di legge stabilita daU'art. 41 Cost., trattandosi di 
attivit� strettamente tecnica, che richiede una specifica competenza~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 993 

all'ENEL, mediante un eccessivo distacco di beni, o mediante un qualunque 
altro accorgimento contabile. 

La limitazione disposta dalla norma impugnata fa parte di quel 
sistema, cui si ispira la legge, inteso ad ovviare al pericolo predetto, 
ed�immediatamente realizzato con le misure cautelari previste dall'articolo 
12: responsabilit� dei legali rappresentanti delle societ� soggette 
a trasferimento per la conservazione e manutenzione degli impianti, 
nonch� per la buona gestione delle imprese stesse; e nullit� degli 
atti in qualsiasi forma compiuti dopo il 31 dicembre 1961, che abbiano 
comunque diminuito la consistenza economica e patrimoniale o l'efficienza
� produttiva e tecnica delle imprese stesse. Tale sistema, protettivo 
delle finalit� perseguite dalla legge di nazionalizzazione, non pu� qua1ificarsi 
di carattere espropriativo, come invece hanno ritenuto le ordinanze 
di rimessione. 

��La legge, mediante la limitazione contenuta nella norma denunciata, 
ha compiuto una valutazione approssimativa di ci� che, (in base agli 
accertamenti degli utili conseguiti negli anni precedenti al 1962, di 
quelli concernenti gli utili distribuiti negli anni stessi, e dell'andamento 
della gestione di transizione) era prevedibile che si potesse distribuire. 
E tenuto nel debito conto le esigenze delle societ� e le finalit� 
della legge di nazionalizzazione, ha utilizzato un rimedio, quale � quello 
della limitazione del potere dell'assemblea di ripartire utili ai soci, 
che, a scopi diversi, altra volta l'ordinamento giuridico ha predisposto, 
senza che mai si sia ricondotto all'istituto dell'espropriazione, o pi� genericamente 
a quello del trasferimento coattivo; e che, nemmeno nella 
applicazione fattane mediante la norma denunciata, ha assunto carattere 
ablativo. Il limite corrispondente per altro ad una media corrente, 
e segue l'indicazione della legge speciale, rapportandosi a quel 5,50 per 
cento che l'ENEL deve corrispondere come interessi sull'indennizzo a 
decorrere dal 1<> gennaio 1963, data di inizio della sua gestione. 

La limitazione di cui si discute si inserisce, se mai, fra quelle che 
la legge pu� apportare ai diritti individuali per assicurarne l'esercizio 
secondo una funzione sociale; funzione che -nella specie -si realizza 
in quei fini di utilit� generale che la legge si � proposta di rag.
giungere. 

Dimostrato che la gestione dell'esercizio 1962 si caratterizza come 
gestione transitoria fra quella propriamente privata delle societ� 
e quella pubblica dell'ENEL, la Corte rileva che nel determinare la 
particolare necessaria disciplina nei modi e nelle forme che sono stati 
ricordati per i fini che sono rilevabili dalla medesima legge di nazionalizzazione, 
il legislatore ha operato nell'esercizio di una non arbitraria 
discrezionalit�, senza urtare alcun principio costituzionale, e 



994 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

senza violare alcuno dei precetti che la Costituzione pone a tutela 
della propriet� privata, della libera iniziativa economica e del risparmio 
individuale. Discutendo di dividendi, di espropriazione senza inden


I i

nizzo, e di eccedenze di utili, le parti hanno invece modificato i termini 
della controversia, omettendo di tenere conto della singolarit� 
dell'esercizio delle imprese elettriche per l'anno 1962, e della conseguente 
specialit� della disciplina normativa. 

Anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione la questione 
� infondata. 

Come bene osserva l'Avvocatura dello Stato, il quarto comma dell'art. 
6 pone il divieto di attribuire utili superiori al 5,50 per cento per 
tutte le societ� indicate nel n. 1 dell'art. 4, con e imprese assoggettate 
a trasferimento che esercitano in via esclusiva o principale attivit� elettriche 
� senza distinguere affatto fra societ� per azioni quotate in borsa 

o non quotate. Poich� il richiamo alle societ� quotate in borsa � fatto 
soltanto in riferimento al calcolo della percentuale del 5,50, la norma 
� stata interpretata ed applicata nel senso che il divieto si riferisce a 
tutte indistintamente le societ� per azioni. Dal che deriva che non sussiste 
di fatto un diverso trattamento fra le due forme di societ�. Ma. 
in ogni caso, tenendo conto del differente modo di calcolare l'indennizzo 
fra le imprese indicate nel n. 1 e quelle indicate nel n. 2 dell'art. 5 
della legge di nazionalizzazione, il diverso trattamento sarebbe pur 
sempre giustificato. 
Per questo stesso motivo, non � di certo violato il principio di eguaglianza, 
rispetto alle societ� miste per le quali l'indennizzo � determinato 
mediante stima diretta dei beni con le modalit� stabilite dal decreto 
di esproprio. Infatti, la stima diretta dei beni al momento del 
trasferimento esclude la necessit� di qualsiasi intervento dell'ENEL, e 
quindi di qualsiasi limitazione nelle gestioni degli anni precedenti. 
(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1966, n. 96 -Pres. Ambrosini -
ReZ. Sandulli -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana 
(sost. avv. gen. Stato Guglielmini) c. Presidente Regione Siciliana 
(avv. Guarino). 

Regione Siciliana -Legge istitutiva dell'Azienda speciale dell'autoparco 
regionale -Delega al Governo di regolare alcune materie -Contrasto 
con l'art. 12 dello Statuto -Insussistenza. 
(Cost., art. 97; Statuto Reg. sic. art. 12; 1. Reg. sic. 14 dicembre 1965, art. 9). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 995 

Regione Siciliana -Legge istitutiva dell'azienda speciale autonoma re


gionale -Mancata copertura di maggiori spese -Contrasto con 

l'art. 81 della Costituzione -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 81, ultimo comma; I. Reg. sic. 14 dicembre 1965, artt. 4, 5, 6, 8, 
10, secondo comma e tabella B). 

L'art. 9 della legge regionale siciliana 14 dicembre 1965, istitutiva 
dell'azienda speciale dell'autoparco regionale, nell'attribuire al Governo 
la podest� di regolare l'ordinamento interno dell'azienda e di stabilire 
entro quali limiti il dirigente dell'azienda pu� ordinare spese, non contrasta 
con l'art. 12 dello Statuto e con l'art. 97 della Costituzione, perch� 
nessuna delle materie dall'art. 9 deferite al regolamento di attuazione 
esorbita dai limiti del riconosciuto potere di emanare regolamenti 
di esecuzione (1). 

� costituzionalmente iUegittima la legge regionale siciliana 14 dicembre 
1965 per contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, 
in quanto, pur comportando la suddetta legge maggiori oneri per 
la istituzione del ruolo del personale dell'autoparco regionale, essa 
nulla dispone in ordine al modo di fronteggiare l'incremento di spesa 
negli esercizi futuri (2). 

(1-2) Giudizio promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la 
Regione siciliana. 

La seconda massima � la diretta applicazione del principio, recentemente 
affermato dalla Corte (si veda sentenza 10 gennaio 1966, n. 1, 
in questa Rassegna, 1966, I, 1) secondo cui l'obbligo della copertura finanziaria 
delle leggi che importino nuove e maggiori spese deve essere osservato 
dal legislatore anche per spese relative ad esercizi futuri. Tale rilievo 
� stato dalla Corte ritenuto preminente anche nella controversia 
presente tanto da assorbire la sollevata denuncia di illegittimit� per l'esercizio 
in corso, proposta sulla considerazione che la copertura delle maggiori 
spese derivanti dalla I. Reg. sic. 14 dicembre 1965 non sarebbe stata 
validamente assicurata, con l'imputazione al fondo per le spese obbligatorie, 
ai sensi dell'art. 40 legge di contabilit� dello Stato, prevista dall'art. 
12, della citata legge. 

CORTE COSTITUZIONALE. 11 luglio 1966, n. 100 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verz� -Mantovani (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi e 
� degli atti dell'autorit� -Pubblico Ufficiale -Istigazione al di




996 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

spregio delle istituzioni -Violazione del principio di eguaglianza 
e della libert� di pensiero -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 21; cod. pen., art. 327). 


L'art. 327 c. p., che punisce il pubblico ufficiale, il quale, neU'esercizio 
deUe sue funzioni, ecciti al dispregio delle istituzioni, non contrasta 
coi principio di eguaglianza, data la particolare qualifica assunta 
daU'agente rispetto a tutti gli altri cittadini, n� con la libert� di manifestazione 
del pensiero, la quale non pu� identificarsi con una azione 
diretta ad offendere (1). 

(Omissis). -L'ordinanza di rimessione propone la questione di 
legittimit� costituzionale per una sola delle previsioni criminose contenute 
nell'art. 327 del Codice penale, quella dell'eccitamento al dispregio 
delle istituzioni, alla quale quindi la Corte deve limitare il 
suo esame. Mentre il diritto di critica nei confronti delle istituzioni � 
riconosciuto a tutti i cittadini, la norma impugnata vieterebbe l'esercizio 
di tale diritto al pubblico ufficiale, anche se non legato da rapporto 
organico con la pubblica amministrazione, onde sarebbero vio


I

l'! 

lati sia il diritto di libera manifestazione del pensiero, sia il principio 

i' fil 

di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, garantiti dagli 
artt. 21 e 3 della Costituzione. 

La questione � infondata. 

La norma impugnata non punisce la critica, consentita a tutti, 
bens� l'eccitamento al dispregio delle istituzioni, che � cosa ben diversa. 
Questo eccitamento si concreta in un impulso diretto a determinare 
una particolare condotta, od a creare uno stato d'animo in altre 
persone: mira ad ottenere lo scopo preciso di portare offesa alle istituzioni, 
nei loro organi e nella loro attivit�. 

I 

Il fatto � punito se ed in quanto posto in essere � nell'esercizio 
delle funzioni �. E ci� sia per l'obbligo che incombe al pubblico ufficiale 
di tenere un comportamento conforme ai doveri di ufficio, allorquando 
forma ed attua la volont� dell'ente pubblico (art. 54, secondo 
comma, Cost.), sia per la entit� del danno che deriva alla pubblica amministrazione 
da un incitamento al dispregio delle istituzioni che provenga 
da un suo organo in quel particolare momento. 

I privati cittadini, come tali, si trovano in una posizione completamente 
diversa da quella del pubblico ufficiale, non potendo per essi 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 giugno 1966 del 
Tribunale di Rovigo (Gazzetta Ufficiale, 28 agosto 1965, n. 216). 
Sulla questione cfr. BusETTo, Un'importante eccezione di incostituzionalit�, 
Giust. pen., 1965, I, 304. 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 997 

ricorrere giammai le situazioni suddette, onde non si pu� configurare 
quella violazione del principio di eguaglianza, prospettata dall'ordinanza 
di rimessione. 

Ed � ovvio che non ha alcuna rilevanza che il pubblico ufficiale 
sia legato o meno da un rapporto organico con la pubblica amministrazione, 
dal momento che, per la sussistenza del reato, occorre soltanto 
l'esercizio di pubbliche funzioni. 

La norma impugnata non viola neppure l'art. 21 della Costituzione. 
L'eccitamento al dispregio delle istituzioni, inteso nel senso sopraindicato, 
si pu� estrinsecare con mezzi diversi, ma, anche allorquando 
.si attui con la parola e con mezzi di persuasione, non perde quel carattere 
di impulso, e di principio di azione, diretto ad offendere, che lo 
qualifica e vale a differenziarlo nettamente dalla manifestazione del 
pensiero. -(Omissis). 



S:a;:ZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1111 -Pres. Tavolaro 
S. -Rel. Felicetti -P. M. di Majo (conf.) -Cuttica (avv. 
Pomarici) c. Opera nazionale invalidi di guerra (avv. Stato Terranova). 


Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato -Limiti -Lesione dell'integrit� fisica 
del pubblico dipendente per colpa della P. A. -Domanda di risarcimento 
dei danni -Giurisdizione del Giudice ordinario. 

(c. c., art. 2043; t. u. 26 giugno 1924, art. 29). 
La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di 
pubblico impiego deve negarsi quando la pretesa fatta valere in giudizio 
sia basata non gi� sulla violazione di diritti nascenti in modo 
immediato e diretto dal rapporto, nel quale trovino titolo necessario, 
bens� sulla violazione di diritti assoluti alla vita ed alla integrit� personale, 
anche se connessi con il rapporto medesimo, nel quale trovino 
soltanto occasione: quindi, allorch� si chieda dal dipendente il risarcimento 
dei danni per la lesione di tali diritti, a causa del comportamento 
colposo della pubblica Amministrazione, concretantesi nella inosservanza 
delle norme di comune p1-udenza e perizia giusta il generale 
principio del e neminem laedere ., la cognizione della controversia 
spetta al Giudice ordinario (1). 

(Omissis). -La Corte di merito ha fondato la sua declaratoria di 
difetto di giurisdizione sul presupposto che il danno alla salute riportato 
dal Cuttica appariva essere conseguenza immediata di una situa


(1) La Corte di Cassazione, a sezioni unite, colliferma con questa sentenza 
principi gi� affermati in suoi precedenti pronunciati richiamati nella 
sentenza stessa. 
Di questi precedenti i pi� recenti ribadiscono da un lato la estensione 
della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico 
impiego anche per quanto attiene ai rapporti di natura patrimoniale (cfr. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 999 

zione particolare riferibile esclusivamente al rapporto d'impiego, in 
�quanto l'evento dannoso sarebbe derivato dalla mancata adozione, da 
parte del pubblico ente datore di lavoro, delle misure precauzionali suggerite 
dalla scienza e dalla tecnica per salvaguardare l'integrit� fisica 
dei dipendenti. Ha, quindi, la Corte negato la giurisdizione dell'Auto


rit� Giudiziaria ordinaria sotto il duplice profilo che il rapporto di � 
impiego si presentava quale causa necessaria del danno e che il modo 
di organizzazione del servizio da parte dell'ente pubblico, rientrando 
nel potere discrezionale di esso, restava sottratto al sindacato del Giudice 
ordinario. 

Il ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 29 n. 1 del t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054 lamentando che la Corte di merito abbia erroneamente 
ravvisato un rapporto di causalit� necessaria l� dove non 
avrebbe potuto ravvisare che un rapporto di mera occasionalit�, posto 
che egli aveva domandato la tutela di un diritto soggettivo non derivante 
in modo diretto e immediato dal rapporto d'impiego, diritto che 
sarebbe stato leso, per colpa generica dell'ente pubblico datore di 
lavoro, solo � in occasione > dello svolgimento di quel rapporto. La 
natura stessa di tale diritto (all'integrit� personale) avrebbe poi escluso 
la possibilit� di ogni riferimento al potere discrezionale della P. A. 
quale causa impeditiva della potest� del Giudice Ordinario di accertare 
gli estremi della colpa dell'ente pubblico. 

il ricorso � fondato. 

Secondo i principi ripetutamente enunciati da questa Corte Suprema 
la competenza giurisdizionale esclusiva fo. materia di controversie 
relative al rapporto d'impiego, pubblico, attribuita al Giudice 
Amministrativo dell'art. 29 n. 1 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, riflette 
la tutela di ogni diritto del dipendente eventualmente leso dall'ente 
pubblico datore d'impiego, che. trovi nel rapporto impiegatizio 
la sua causa generatrice. 

Deve trattarsi, cio�, di quei diritti i quali traggono necessariamente 
origine da tale rapporto, senza del quale non sarebbero configurabili, 

Oass., Sez. un., 30 dicembre 1963 n. 3246 in questa Rassegna, 1964, I, 37 
ed ivi, 22, note 1-2; v. pure Cass., sez. un., 14 aprile 1964 n. 898 in questa 
Rassegna, 1964, I, 679 ed ivi, 680, nota 2) e dall'altro i limiti di tale giurisdizione 
(cfr. Cass., Sez. un., 17 febbraio 1964 n. 349, in Foro it., 1964, I, 
1178 ed ivi, nota 1). 

Certo � che particolarmente delicato appare distinguere tra � causa � 
ed � occasione � di servizio nei singoli casi. In questo, al quale si riferisce 
la sentenza, di cui si tratta, per esempio, come potr� il Giudice ordinario 
accertare la sussistenza o meno di una colpa della pubblica Amministrazione 
senza interferire nel campo della discrezionalit� della medesima 
circa l'organizzazione dei servizi sia con riferimento all'accertamento della 
malattia del contagiante sia con riferimento alla conseguenziale eventuale 



1000 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quali ad esempio il diritto al posto, alla retribuzione o stipendio, agli 
emolumenti straordinari, alle ferie e consimili. 

Non esula, invece, dalla normale competenza del Giudice Ordinario 
la tutela degli altri diritti soggettivi dell'impiegato i quali non nascono 
dal rapporto d'impiego n� necessariamente lo presuppongono, ancorch� 
l'eventuale lesione di essi siasi verificata durante e in occasione dello 
svolgimento del rapporto medesimo (v. sent., Sez. Un., nn. 1852, 1879, 
2230, 2827 del 1962 e n. 3243 del 1963). 

Questa distinzione discende dalla stessa ratio del citato art. 29 

n. 1 del t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, che in tanto ha attribuito 
alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo la cognizione 
delle controversie, anche su diritti a contenuto patrimoniale relative 
ai rapporti d'impiego pubblico, in quanto ha preso in considerazione 
la particolare natura di tali rapporti, disciplinati di regola da 
norme specali fondate sul concetto della preminenza dell'ente pubblico 
e sulla natura di atti amministrativi (e non di atti contrattuali o comunque 
privatistici) che devesi ravvisare in quelli mediante i quali lo Stato 
e gli altri pubblici enti pongono in essere la costituzione, l'esercizio, la 
modificazione o l'estinzione dei rapporti stessi e dai quali pu� derivare 
la lesione dei diritti soggettivi che al dipendente competono in forza 
e nell'ambito di essi. 
Da tale ratio legis rimane evidentemente esclusa la necessit� o 
anche la mera opportunit� di demandare alla cognizione del Giudice 
Amministrativo, in deroga al principio fondamentale posto dall'art. 2 
della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, delle controversie su altri diritti 
soggettivi dell'impiegato i quali, traendo origine da ben diversa fonte 
ed essendo indipendenti, sia nella nascita che nell'esercizio, dal rapporto 
di impiego, restino per avventura offesi da un comportamento 
qolposo dell'ente pubblico datore di lavoro in occasione dello svolgimento 
del rapporto. 

Tali sono indubbiamente i diritti della personalit� umana, come 
quello alla vita e all'integrit� fisica del. quale nella specie si discute. 

adottabilit� di provvedimenti idonei ad evitare il contagio. N�, d'altra 
parte, pu� assumersi come criterio discriminatore della giurisdizione la 
prospettazione (cui sembra volersi accennare implicitamente nella motivazione 
della sentenza in rassegna), giacch�, a parte la inaccettabilit� della 
relativa teoria (cfr., da ultimo, Cass., Sez. un., 6 aprile 1966, n. 902, in 
questa Rassegna, 1966, I, 822 ed ivi, nota 2), la impostazione della domanda 
come di risarcimento ex art. 2043 c. c. non pu� valere ad escludere questa 
intima connessione tra la ipotizzabile colpa dell'Amministrazione ed i poteri 
discrezionali di questa innanzi adombrati. Del resto converr� ricordare 
che a fondamento della giurisdizione esclusiva, di cui all'art. 29 del t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054, sta praprio e l'intreccio � di diritti e interessi in 
determinate materie (v., per tutti, ZANoBINI, Corso di diritto amministrativo, 
II, Milano, 1948, 170). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1001 

Diritti soggettivi primarii ed assoluti, come tali sempre tutelabili ex 
art. 2043 c. c., davanti al Giudice Ordinario quando siano offesi dal 
fatto illecito altrui e si convertano nel diritto al risarcimento del danno, 
quale che sia il soggetto cui debba essere eventualmente imputata la 
lesione e non esclusa quindi la P. A., tenuta anche essa alla regolare 
osservanza del generale principio del neminem laedere. 

Da ci� la conseguenza che, ai fini dell'accertamento dell'eventuale 
colpa dell'ente pubblico cui venga attribuita la responsabilit� per la 
lesione all'integrit� fisica del dipendente, l'indagine relativa non � preclusa 
al Giudice Ordinario, cui spetta accertare l'eventuale inosservanza 
delle norme di comune prudenza, diligenza o perizia dettate a 
tutela della cennata integrit� ed il rapporto di causalit� necessaria fra 
tale condotta colpevole e il danno derivato, come pure questa Corte 
Suprema ha avuto gi� occasione di rilevare (v. sent. Sez. Un. n. 349 
del 1964 e n. 28. del 1953). 

Deviando dagli esposti principi la sentenza denunciata ha, dunque, 
nella specie erroneamente individuato nel rapporto d'impiego la causa 
generatrice del diritto soggettivo all'integrit� fisica del quale il ricorrente 
ha chiesto la tutela. E pure inesattamente ha ritenuto che la 
causa del danno dallo stesso allegato fosse in astratto da ravvisare nella 
violazione, da parte dell'ente datore di impiego, di non precisate norme 
di organizzazione del servizio che sarebbero state emanate in esplicazione 
di un potere discrezionale insindacabile. 

Questa Corte Suprema, che in materia di giurisdizione � autorizzata 
anche ad indagini di fatto, rileva in contrario che la domanda del 
Cuttica, proposta in base all'art. 2043 c. c., � stata fondata sulla condotta 
genericamente colposa attribuita all'ente pubblico, cui non si � addebitata, 
n� risulta in astratto addebitabile la violazione di specifiche 
norme interne attinenti al regolamento del servizio nello stretto ambito 
del rapporto d'impiego, ma gli si � ascritta (e risulta in astratto ascrivibile) 
la inosservanza del principio generale del neminem laedere, per 
violazione di norme di comune prudenza e perizia. 

Non � stata, quindi, denunciata la lesione di un diritto immedia


tamente e direttamente originato dal rapporto d'impiego, ma la lesione 

di un diritto primario ed indipendente da tale rapporto; lesione che si 

assume determinata da una colpevole condotta dell'ente pubblico ri


spetto alla quale (come rispetto al diritto che dicesi offeso) il rapporto 

d'impiego si pone in rapporto di mera occasionalit� e non di causalit� 

necessaria. 

Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e l'impugnata 

sentenza deve essere cassata, dichiarandosi la giurisdizione dell'Auto


rit� Giudiziaria Ordinaria, con la condanna della resistente alle spese 

di tutti i gradi del giudizio. 

Va ordinata la restituzione del deposito. -(Omissis). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1002 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1419 -Pres. 
Scarpello -Rel. Straniero -P. M. Di Majo (conf.) -De Tommaso 
(avvocati Dal Pozzo e De Pada) c. Ministero Poste e Telecomunicazioni 
(avv. Stato Varvesi). 

Cosa giudicata -Interpretazione del giudicato -Giudicato esterno e 
giudicato interno -Sindacato della Corte di Cassazione -Differenza. 

(c. c., IU"t. 2909, c. p. c., art. 360). 
Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Trasferimento -Diritto 
soggettivo dell'impiegato alla sede -Insussistenza -Risarcimento 
dei danni -Esclusione -Annullamento dell'atto di trasferimento 
-Irrilevanza. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 
La Corte di Cassazione ha il potere dovere di procedere direttamente 
all'interpretazione del giudicato, quando si tratti di giudicato 
formatosi nello stesso processo; nell'ipotesi, invece, di giudicato esterno, 
l'apprezzamento del giudice di merito ha natura e valore di apprezzamentO 
di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimit�, quando 
sia informato ad esatti criteri logico-giuridici (1). 

Poich� le norme relative al trasferimento di pubblici impiegati 
sono da classificarsi come norme di azione, non sussiste un diritto 

(1-2) Entrambe le massime confermano una giurisprudenza ormai 
costante. 

Circa la prima massima, per quanto riguarda il potere-dovere della 
Corte di Cassazione di interpretare il giudicato formatosi nello stesso processo 
v. Cass., Sez. un., 13 luglio 1965, n. 1724, in questa Rassegna, 1966, I, 
787; cfr. pure Cass., I Sez. civ., 10 maggio 1965, n. 873 (in questa Rassegna 
1965, I, 557 ed ivi, nota 1), la quale afferma altresl che � ai fini dell'accertamento 
della sussistenza del giudicato interno, trattandosi di questione 
rilevabile di ufficio in ogni stato e gi-ado del giudizio, la Corte di Classazione 
pu� esaminare ed interpretare direttamente gli atti di causa �. Nel senso 
che la interpretazione del giudicato formatosi in altro giudizio (cosiddetto 
giudicato esterno) integra un apprezzamento di fatto rientrante nel potere 
discrezionale del Giudice di merito e come tale non censurabile in Cassazione 
(cfr. Cass., Sez. un., 19 luglio 1965, n. 1631), salvo che siano state 
violate le norme regolanti la formazione ed i limiti della cosa giudicata 

(cfr., Cass., I Sez. civ., 27 marzo 1965, n. 529), quando sia informato ad 
esatti criteri logico-giuridici, v. Cass., III Sez. civ., 14 luglio 1965, n. 1509, 
la quale aggiunge che la preclusione dedvante dal giudicato sussiste nel 
caso di due giudizi vertenti tra le stesse parti ed aventi per oggetto un 
medesimo negozio o rapporto giuridico (cfr. Cass., I Sez. civ., 22 gennaio 
1966, n. 143, in questa Rassegna, 1966, 115 e ivi, 116, nota 3, nonch� Cass., 
I Sez. civ., 28 marzo 1966, in questa Rassegna, 1966, I, 361 ed ivi, 364, 
nota 6), accennando pure alla efficacia cosiddetta riflessa che il giudicato 


\. :SU QUES.'J:'.IONI Dr QlV!iISDIZIONE l003 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1001 

Diritti soggettivi primarii ed assoluti, come tali sempre tutelabili ex 
art. 2043 c. c., davanti al Giudice Ordinario quando siano offesi dal 
fatto illecito altrui e si convertano nel diritto al risarcimento del danno, 
quale che sia il soggetto cui debba essere eventualmente imputata la 
lesione e non esclusa quindi la P. A., tenuta anche essa alla regolare 
osservanza del generale principio del neminem laedere. 

Da ci� la conseguenza che, ai fini dell'accertamento dell'eventuale 
colpa dell'ente pubblico cui venga attribuita la responsabilit� per la 
lesione all'integrit� fisica del dipendente, l'indagine relativa non � preclusa 
al Giudice Ordinario, cui spetta accertare l'eventuale inosservanza 
delle norme di comune prudenza, diligenza o perizia dettate a 
tutela della cennata integrit� ed il rapporto di causalit� necessaria fra 
tale condotta colpevole e il danno derivato, come pure questa Corte 
Suprema ha avuto gi� occasione di rilevare (v. sent. Sez. Un. n. 349 
del 1964 e n. 28. del 1953). 

Deviando dagli esposti principi la sentenza denunciata ha, dunque, 
nella specie erroneamente individuato nel rapporto d'impiego la causa 
generatrice del diritto soggettivo all'integrit� fisica del quale il ricorrente 
ha chiesto la tutela. E pure inesattamente ha ritenuto che la 
causa del danno dallo stesso allegato fosse in astratto da ravvisare nella 
violazione, da parte dell'ente datore di impiego, di non precisate norme 
di organizzazione del servizio che sarebbero state emanate in esplicazione 
di un potere discrezionale insindacabile. 

Questa Corte Suprema, che in materia di giurisdizione � autorizzata 
anche ad indagini di fatto, rileva in contrario che la domanda del 
Cuttica, proposta in base all'art. 2043 c. c., � stata fondata sulla condotta 
genericamente colposa attribuita all'ente pubblico, cui non si � addebitata, 
n� risulta in astratto addebitabile la violazione di specifiche 
norme interne attinenti al regolamento del servizio nello stretto ambito 
del rapporto d'impiego, ma gli si � ascritta (e risulta in astratto ascrivibile) 
la inosservanza del principio generale del neminem laedere, per 
violazione di norme di comune prudenza e perizia. 

Non � stata, quindi, denunciata la lesione di un diritto immedia


tamente e direttamente originato dal rapporto d'impiego, ma la lesione 

di un diritto primario ed indipendente da tale rapporto; lesione che si 

assume determinata da una colpevole condotta dell'ente pubblico ri


spetto alla quale (come rispetto al diritto che dicesi offeso) il rapporto 

d'impiego si pone in rapporto di mera occasionalit� e non di causalit� 

necessaria. 

Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e l'impugnata 

sentenza deve essere cassata, dichiarandosi la giurisdizione dell'Auto


rit� Giudiziaria Ordinaria, con la condanna della resistente alle spese 

di tutti i gradi del giudizio. 

Va ordinata la restituzione del deposito. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1005 

saminare, a domanda degl'interessati, le liquidazioni, divenute gi� 
definitive, e di dar luogo a riliquidazioni pi� favorevoli ai danneggiati, 
la denunciata decisione avrebbe potuto dedurre che la irriversibilit� 
della situazione giuridica quesita fosse venuta meno, posto che erronea 
sarebbe la proposizione che una circolare potesse far cadere i limiti 
posti dall'ordinamento all'attivit� della pubblica amministrazione e 
fare attribuire alle istanze e diffide degl'interessati valore di ricorsi 
amministrativi e di legittime pretese al riesame di procedure esaurite. 

Con il secondo mezzo, il difetto di giurisdizione del Consiglio di 
Stato viene riaffermato dalla ricorrente sotto l'ulteriore profilo, secondo 
il quale la denunciata decisione avrebbe omesso di rilevare che, con 
l'accettazione e la riscossione dell'indennizzo liquidato, gli eredi Favella, 
a sostegno della pretesa ad un riesame della liquidazione, potes


sulla domanda di riliquidazione prodotta ai sensi della circolare 13 
marzo 1964, n. 139, sopra menzionata, � impugnabile in sede giurisdizionale 
pure se la precedente liquidazione abbia formato oggetto di provvedimento 
divenuto ormai inoP!Pugnabile e che non sussiste difetto di giudisdizione a 
conoscere delle controversie in materia di riforma di atti amministrativi, i 
quali abbiano dato luogo a situazioni giuridiche quesite, allorquando la 
pubblica Amministrazione abbia con una sua circolare riconosciuto la 
possibilit� di riesame delle situazioni stesse, facendo venir meno cos�, 
quindi, la definitivit� di quegli atti e con questa la preclusione del sindacato 
di legittimit�. 

2. -Orbene, prima di considerare gli effetti che sull'interesse di mero 
fatto degli altri soggetti nella rilevata situazione sia suscettibile di determinare 
una circolare del genere di quella n. 139 in data 13 marzo 1964 occorre 
accertare se l'Amministrazione aveva dei poteri da esercitare con 
riferimento a situazioni giuridiche esaurite (per il concetto di situazioni 
giuridiche esaurite v. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, in Foro it., 
1963, I, 1352). 
Ben vero, sia le decisioni del Consiglio di Stato, delle quali si � detto, 
sia la sentenza, di cui si tratta, pur giungendo a conclusioni diverse, si sono 
soffermate, le une soltanto, l'altra prevalentemente, sul primo punto. Ed, 
in effetti, una volta statuito che la circolare, ora richiamata, non era idonea 
a trasformare un interesse di fatto in interesse legittimo (nella specie, o 
pi� genericamente in interesse giuridicamente tutelato, che in altre ipotesi 
potrebbe assumere natura di diritto soggettivo), con la conseguenza di 
dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione, la Corte di Cassazione non 
aveva necessit� pure di accertare ex professo la esistenza o meno di poteri 
da parte della pubblica Amministrazione in relazione a situazioni giuridiche 
esaurite. 

Tale accertamento , !Peraltro, si poneva come un prius logico (e rilevante 
se alla circolare pi� volte ricordata si fosse voluto collegare il 
sor.gere di un obbligo dell'Amministrazione a provvedere sulle domande 
dei danneggiati per la riliquidazione degli indennizzi), onde se ne tratter� 
qui subito. 

3. -Sono in questione il potere di annullamento o di revoca (alla 
revoca, anzi alla riforma, come figura di revoca parziale, si accenna pure 
nella sentenza in rassegna) da parte della pubblica Amministrazione ed i 

... 

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~ELL'A\ivOCATURA l>ELLO S'l'A'�'O 


~;: 

'..;_ 

\~resse di� fatto, che la� cifata circolare non 
'\interesse legittimo. � 
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'l rigetto del reclamo 
\uidazione dei danni 
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''?ne giurispru'
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. su QuEsTioNI DI GIURISDIZIONE 1007 

data, la Ammi:nistrazione dell'esoro eman� una circolare ,(n.139 del 13 
marzo 1964) con la quale, nell'accettare il nuovo. criterio suggerito 
dalla sopr~ggiunta giudsprmienza e pi� benevolo per il danneggiato (in 
virt� del quale la liquidazione si sarebbe dovuta operare con l'applicazione 
dei limiti di indennizzo --stabiliti dall'art. 28 della legge 27 
dicembre 1953 ;n. 968 -non sulla somma originaria dei valori al 1943, 
ma sul prodotto ottenuto moltiplicando tali valori per i coefficienti 
legali..di r~valuta~ione, rispettivamente del 5, dell'8. o del 15), credette 
di poter dare agli 1,l:(t�ci dipendenti istruzioni .nel senso .che tale interpretazione 
non venisse limitata alle procedure di liquidazione in corso, 
ma :fosse estesa a quelle gi� divenute definitive, attraverso una riliquidazione 
.a favore dei danneggiati di guerra che ne :facessero domanda.. 


Per evidenti e. fondamentali principi di ordine giuridico, costitu~ 
zionale . e processuale; che sorreggono la vita dello Stato di .diritto, 
non era n� poteva essere assolutamente consentito all'Amministrazione 

5 . .::. Intanto, per quel che riguarda la revoca, un potere della pubblica 
Amministrazione rispetto. a rapporti gi� estinti non � da ritenersi ammissibile 
(ALE;ssx, La revoca degli atti ammhiistrativi, Milano, 1956, 16) cos� 
come per gli atti ad efficacia istantanea (ALEss1, op. e loco cit.; RESTA, La 
revoca degli atti amministmtivi, Milano, 1935, 107), allorch� siano gi� 
stati portati ad effetto (SANDULLI, Manuale cit., 406). C1i� in quanto consistendo 
la funzione propria. della revoca nel :far venir meno la operativit� di 
atti tuttora produttivi di effetti � chiaro che la relativa potest� potr� essere 
esercitata dall'autorit� competente solo se l'atto. da revocare non abbia 
c()mp�etamente 'esaurito la sua operativit� (SANDULLI, Manuale cit., 407). 
Per� l'arinul�amerito .non �si rinvengono affermazioni. cosi . decise ed 
incontestate come quelle �a . proposito della revoca. Ma ci� si spiega, in 
quanto si suole ritenere che questo agirebbe, a differenza della revoca 

(v. per� RESTA, op. cit., 265), sulratto, eliminandolo, e non soltanto sulla 
operativit� di esso, eliminandone semplicemente gli effetti CALESSI, op~ 
cit., 56; cfr. pure SANDULLI, Manuale cit., 409: per rilievi critici in ordine 
alla distinzione tra istituti, che determinano la � fine di atti giuridici�, ed 
istituti, che segnano la � fine di rapporti giuridici ., v. RoMANELLI, L'annullamento 
degli atti amministrativi; Milano, 1939, 13 e segg.). Senza tuttavia 
ora addentrarsi in siffatte dispute, baster� rilevare, comunque, che, salvo 
tesi estreme le quali con riferimento alla potest� di annullamento, estesa 
a qualsiasi vizio di invalidit� (sia di legittimit�, sia di merito), non ne 
ammettono limiti di sorta e ne ritengono sempre obbligatorio l'esercizio 
(ROMANELLI, QP. cit., 226 e segg. e 256 e segg.; per la nozione. di revoca, 
secondo lo stesso Autore, op cit., .86), per la maggior. parte della dottrina 
e per costante giurisprudenza l'Amministrazione ha la facolt� (non l'obbligo: 
per una indicazione chiara ed esauriente, anche se non recente, 
della dottrina in proposito ed in varie questioni connesse ai problemi, .di 
cui si tratta, nonch� per la esposizione di un particolare punto di vista 
in merito v. CANNADA-BARTOLI, Suita discrezionalit� dell'annullamento di 
ufficio, Rass. dir. pubbl., 1949, II, 562; della giurisprudenza si far� cenno 
in seguito) di porre in essere l'annullamento soltanto ove lo richieda l'interesse 
pubblico (v. JEMOLO, L'interesse come presupposto dell'annullamento 



1008 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riaprire i termini per il riesame di un provvedimento non solo divenuto 
inoppugnabile, ma addirittura eseguito col pagamento di quanto liquidato: 
si da esaurire completamente ed estinguere ogni rapporto fra 
danneggiato e Amministrazione. 

Tale capovolgimento di situazioni consolidate e quesite si sarebbe 
potuto e dovuto effettuare soltanto con una legge: giammai con una 
circolare che -come � costante insegnamento della dottrina e della 
giurisprudenza -costituisce un atto interno della ~ubblica Amministrazione 
destinato a spiegare limitato effetto soltanto nei confronti 
degli uffici dipendenti, senza incidere nella sfera giuridica dei soggetti 
estranei a questi. 

Pertanto la circolare non solo non poteva costituire fonte di diritti 
soggettivi (giacch� nella specie si versa in materia di liquidazione 
di danni di guerra rimessa dalla legge all'esercizio del potere della 

P. A.), ma nemmeno substrato di interessi legittimi, mancando una 
di atti megittimi, in Foro it. 1931, III, 113, e DE VALLES, Annullamento di 
ufficio ed interesse pubblico, ivi, 1951, III, 228, per limitarsi a scritti autorevoli 
in terminis) e anzi uno specifico interesse pubblico, il quale non 
pu� indentificarsi nell'interesse generico al ripristino della legalit� (SANDULLI, 
Manuale cit., 412) ossia alla reintegrazione dell'ordine giuridico violato, 
ma deve rappresentare una particolare ed attuale esigenza (C. d. S., 
IV Sez., 11 dicembre 1962, n. 772, in Foro amm., 1963, I, 290) da indicare 
espressamente nella motivazione dell'atto, avuto riguardo alla concreta 
situazione di fatto (C. d. S., V Sez., 15 aprile 1961, n. 150, in Foro amm., 
1961, I, 951). 

Orbene, in casi del genere di quello che qui si considera manca proprio 

un tale interesse, non potendo questo consistere nell'assicurare una par 

condicio fra soggetti dell'ordinamento (v. SANDULLI, Manuale, loco ult. cit., 

e cfr. Corte dei conti, Sez. contr., 2 maggio 1963, in Foro amm., 1964, I, 3, 

222), i cui rapporti con la pubblica Amministrazione, pur nella originaria 

identit� delle situazioni disciplinate dalle medesime norme, per le partico


lari difformi vicende si estinguano in modo diverso: una volta, poi, rite


nuta la mancanza del necessario interesse pubblico, pu� concludersi per 

il difetto del potere di annullamento nella pubblica Amministrazione. 

Del resto, situazioni analoghe possono verificarsi pure attraverso giu


dicati ed in tali casi, senza, con ci� voler qui riferire il concetto di giudi


cato all'atto giuridico in genere ed a quello amministrativo in ispecie (v. 

ALEss1, op. cit., 5 e segg.) o paragonare in questa sede (cfr., per�, GuGLIEL


MI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 400) cosa 

giudicata (formale) e definitivit� dell'atto amministrativo (v. RESTA, op. 

cit., 81 e segg.), ma limitandosi a rilevare per quanto interessa la sostan


ziale identit� di effetti, non � nemmeno ipotizzabile che la pubblica Ammi 

nistrazione, pure accettando un certo orientamento giurisprudenziale per 

essa pi� oneroso, provveda, al fine di realizzare una par condicio tra i 

soggetti con cui ha avuto rapporti, per esborsi, ai quali non � tenuta in 

forza dei giudicati ad essa pi� favorevoli. 

6. -Pu� ora prendersi in considerazione la circolare n. 134 del 13 
marzo 1964, la quale come si � osservato acutamente dalle sezioni unite 
della Corte di Cassazione, complica le questioni accennate, ma non incide 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1009 

norma di legge che, avendo contenuto analogo, se non identico a quello 
della circolare, riconoscesse alla Pubblica Amministrazione il potere di 
eseguire le riliquidazioni gi� esaurite e costituisse quindi per essa 
norma di azione. 

Ne consegue che contro il silenzio -rifiuto della pubblica Amministrazione 
nessuna facolt� di ricorso era data agli eredi Pavella e il 
Consiglio di Stato avrebbe dovuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. 


Comunque, per completezza d'indagine, passando all'esame delle 
altre argomentazioni, sotto altro profilo prospettate dai resistenti, ritiene 
il Supremo Collegio che non sia giuridicamente possibile collegare la 
circolare n. 139 con il potere della pubblica autorit� di annullare d1 
ufficio, in sede di autotutela, gli atti ammministrativi illegittimi, giacch� 
a parte ogni altra considerazione sulla mancanza di un atto specifico 
di annullamento, comportante la stessa forma richiesta per il 
singolo atto sul quale sarebbe destinato ad operare, devesi, in ogni 

sulla sostanza di esse. Tale circolare va, invero, considerata sotto un 
duplice profilo: il primo quasi di corollario a quanto fin qui sostenuto, il 
secondo quasi di premessa a quanto si rilever� in seguito. 

Sotto il primo profilo ci si pu� chiedere se l'Amministrazione aveva 
il potere di diramare una circolare del genere, ma, per quanto si � innanzi 
rilevato, o l'atto contenuto nella circolare integrava esso stesso l'annullamento, 
o la revoca, dei precedenti provvedimenti di liauidazione ed a parte 
ogni considerazione sulla forma la risposta non pu� che essere negativa o 
il �quesito va impostato nel senso di chiedersi se l'Amministrazione, non 
avendo il potere di annullare o di revocare (o di riformare) gli atti di liquidazione 
divenuti definitivi, per procedere alla riliquidazione degli indennizzi 
ed aumentarne gli importi rispetto alle somme gi� riscosse dai danneggiati, 
un siffatto potere acquisiva in forza di quanto formava oggetto 
della circolare, di cui si tratta, e pure cosi impostato il quesito la risposta 
non pu� che essere negativa. 

L'attribuzione di poteri del genere all'Amministrazione andrebbe operata 
con una legge nel rispetto della norma, di cui all'art. 81, ultimo 
c'omma, della Costituzione. Nemmeno � immaginabile che l'Amministrazione 
se li attribuisca da s� con suoi atti. 

Ed, in effetti, risulta presentata al Parlamento una proPosta di legge 
(disegno di legge 14 dicembre 1965, n. 2861, Camera dei deputati), la quale 
pl'E!Vede, con la indicazione (nell'art. 12) dei mezzi per far fronte alle 
spese che comporta, la possibilit� di revisione degli indennizzi, in ipotesi 
diverse da quelle previste negli articoli 14 e 34 della 1. n. 968 del 1953. 

Di ci� la Corte di Cassazione nella sentenza in rassegna nemmeno fa 
cenno, come non fa cenno della circolare n. 144 del 24 maggio 1965 e 
dell'argomento desumibile dal fatto che la previsione, negli articoli 14 e 34 
della 1. n. 968 del 1953, della possibilit� di revisione degli indennizzi conferiva 
ulteriore fondamento alla esclusione di un potere dell'Amministrazione 
di rivedere gli indennizzi al di fuori di quelle previsioni. Giustamente, 
peraltro, atteso che l'affermazione della natura della circolare in 
questione come di atto interno della pubblica Amministrazione destinato 
a spiegare limitato effetto soltanto nei confronti degli uffici dipendenti 
senza incidere nella sfera giuridica dei soggetti �estranei a questi (per 



1010 

RASSEGNA Dll:LL'AVVOCATURA DELLO STATO 

caso, osservare che un provvedimento annullabile presupp.one un vizio, 
non solo intrinseco, ma di regola originario, di legittimit�: presuppone, 
cio�, che l'atto non sia conforme alle regole prescritte per la sua 
validit�. 

La indicata circolare pu� essere, piuttosto, messa in relazione con 
fa potest� di revoca, spettante alla pubblica amministrazione, di suoi 
provvedimenti in vista di una sopravvenuta inopportunit� della situazione 
giuridica sorta da essi rispetto all'interesse attuale dell'Amministrazione 
stessa. Com'� noto, la revoca di un provvedimento amministrativo 
pu� essere anche parziale, nel qual caso essa assume nome e 
valore di riforma, eventualmente a solo contenuto aggiuntivo, dell'atto. 
Qui, non si tratta, peraltro, di risolvere, come vorrebbe la ricorrente, 
con il primo mezzo del ricorso e con la memoria, la questione di merito 
consistente nello stabilire se la pubblica amministrazione avesse, o non, 
nella specie, il potere di eliminare una situazione giuridica definitivamente 
quesita e se, nel caso affermativo, ricorresse una ragione di 

una classificazione delle circolari, come forma di notificazione o comunicazione, 
sostanziale in modo diverso dal loro contenuto, v. GIANNINI M. S., 
Voce Circolare, in Enciclopedia del diritto e cfr. ivi l'ampia bibliografia 
riportata), era sufficiente, come si � accennato, a dar fondamento alle 
statuizioni adottate, nel senso di escludere la trasformazione dell'interesse 
di mero fatto, che caratterizzava in situazione del genere la posizione degli 
altri soggetti, in un interesse giuridicamente tutelato e correlativamente 
una facolt� della pubblica Amministrazione in un obbligo. 

7. -Su quest'ultimo profilo, peraltro subordinato come si � osservato, 
le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno fondato con l'affermazione 
dei principi di cui alla massima surriportata la loro sentenza, annullando 
la decisione del Consiglio di Stato ed evitando cos� che il conflitto di attribuzione 
tra poteri dello Stato, altrimenti configurabile, fosse portato, ex 
art. 134 della Costituzione, al giudizio della Corte costituzionale. 
Benvero, del resto, pure il Consiglio di Stato nella decisione annullata 
aveva riconosciuto, alla stregua di U:n suo orientamento giurisprudenziale, 
ormai consolidato (v., per tutte, C. d. S., Ad. gen., 1 agosto 1963, n. 426 in 
Cons. Stato, 1965, I, 810), che la pubblica Amministrazione non ha alcun obbligo 
di pronunciarsi sull'istanza di riesame dei provvedimenti non impugnati 
tempestivamente, onde la diffida degli interessati diretta ad ottenere 
che essa si pronunci sull'istanza di riesame di tali provvedimenti non pone 
in essere nel caso di inerzia dell'Amministrazione medesima un silenzio 
rifiuto impugnabile (cfr., oltre a C. d. S., VI sez., 9 aprile 1965, n. 246, in 
Cons. Stato, 1965, I, 771, C. d. S., IV Sez., 18 novembre 1964, n. 1294, in 
Cons. Stato, 11964, I, 1921 e C. d. S., VI Sez., 25 luglio 1964, n. 562, in 
Foro amm., 1964, I, 2, 914, richiamate nella sentenza in rassegna, Cl. d. S., 
IV Sez., 12 maggio 1965, n. 411, in Foro it. 1966, III, 45 e C. d. S., VI Sez., 
1 giugno 1965, n. 408 in Cons. Stato 1965, I, 1225). Di pi�: lo stesso, in una 
recente decisione, aveva ricordato come �la circostanza che l'Amministrazione, 
nell'emanare un atto, abbia dato ad una norma giuridica una interpretazione 
di poi riconosciuta erronea dal Consiglio di Stato non obbliga 
l'Amministrazione medesima a riesaminare l'atto ove l'interessato non 
abbia prodotto tempestivamente i rimedi previsti dall'ordinamento: il 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1011 

pubblico interesse perch� 1'Amministrazione potesse fare uso del potere 
di revoca o, per rimanere nei limiti del caso, che ne occupa, del 
potere di riforma. Pu� essere, per�, rilevato che, dovendo il relativo 
provvedimento essere adottato nelle medesime forme richieste per il 
provvedimento da modificare e dovendo inoltre la riliquidazione dell'indennizzo 
aver luogo secondo la prescrizione della circolare, a richiesta 
degl'interessati, il provvedimento di riforma sarebbe venuto 
ad immedesimarsi in quello stesso di riliquidazione. E poich� la riforma, 
implica, al pari della revoca, una ulteriore modificazione dello 
identico rapporto giuridico oggetto del preesistente provvedimento, e 
costituisce perci� esplicazione di amministrazione attiva, ne segue che 
gli eredi Pavella ,erano portatori di un mero interesse di fatto per 
chiedere una nuova liquidazione e per impugnare dinanzi alla giurisdizione 
amministrativa il silenzio-rifiuto opposto dal Ministro del Tesoro 
alla loro diffida a provvedere. Invano, la impug~ata decisione afferma, 
pertanto, che nella misura in cui 1'Amministrazione aveva riconosciuto 
che le procedure di liquidazione gi� esaurite dovevano essere 
riesaminate era venuta meno la definitivit� dei provvedimenti di concessione 
degl'indennizzi, che solo avrebbe potuto precludere il sindacato 
di legittimit� del Consiglio di Stato. La riforma dei provvedimenti 
definitivi di liquidazione, per vero, rimaneva sempre estrinsecazione 

riesame costituisce, invece, anche in tal caso, una facolt� discrezionale 

(C. d. S., VI Sez., 30 settembre 1965, n. 563, in Foro amm., 1965, I, 2, 910). 
Solo che alla circolare n. 134 del 13 marzo 1964 il Consiglio di Stato 
aveva attribuito l'effetto di produrre le accennate trasformazioni, mentre 
le sezioni unite della Corte di Cassazione tale effetto hanno ineccepilmente 
negato alla circolare stessa. 

Il problema di fondo � consistente nello stabilire se la pubblica Amministrazione 
avesse o meno nella specie il potere di eliminare una situazione 
giuridica definitivamente quesita � non pare, quindi, di proposito, esplicitamente 
risolto dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, le quali, tuttavia, 
rilevando � la mancanza di una norma che di contenuto analogo se 
non identico a quello della circol;:ire riconoscesse alla pubblica Amministrazione 
il potere di eseguire le riliquidazioni � ed affermando che � per 
evidenti e fondamentali principi di ordine giuridico, costituzionale e processuale..., 
non era n� poteva essere assolutamente consentito all'Amministrazione 
di riaprire i termini per il riesame di un provvedimento non 
solo divenuto inoppugnabile, ma addirittura eseguito col pagamento di 
quanto liquidato, s� da esaurire completamente ed estinguere ogni rapporto 
� con il danneggiato, hanno magari solo implicitamente dato al 
problema stesso una soluzione negativa, di cui si � inteso con questa nota 
indicare la necessit�. 

BENEDETTO BAOCARI 

Postilla -La nota era gi� nella sostanza redatta, quando in data 28 
ottobre 1966 � stata depositata altra sentenza delle Sezioni unite della 
C:orte di Cassazione sulle medesime questioni qui considerate. Tale sentenza 
verr� pubblicata nel prossimo numero con eventuali ulteriori considerazioni. 




1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del solo potere d'iniziativa della pubblica amministrazione, ancorch� 
questa avesse gi� manifestato, con la circolare n. 139, l'intendimento 
di avvalersi di tale potest�, e non era dovuta agli interessati in forza 
di una norma dell'ordinamento in tema di risarcimento di danni di 
guerra. Solo in quest'ultimo caso, 1a pretesa degli eredi Pavella ad un 
riesame della liquidazione definitiva si sarebbe potuta considerare sul 
piano dell'interesse legittimo. La denunciata decisione, dunque, in quanto 
ha pronunciato in materia che, nella ipotesi di revoca, sarebbe riservata 
all'amministrazione attiva, dev'essere anche per tale motivo cassata 
per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. 


Data l'indole della controversia, ricorrono giusti motivi per dichiarare 
compensate tra le parti le spese dello intero giudizio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 agosto 1966, n. 2'216 -Pres. 
Flore -Est. Miele -P. M. Pedote (conf.) -E.N.A.L. (avv. Barra Caracciolo) 
e Ministero Finanze (avv. Stato Faranda) c. soc. r. 1. � Coloco � 
(avv. Sorrentino) e s. p. a. �Ente Lotterie Nazionali � (avv. Resta). 

Competenza e giurisdizione -Procedimento di licitazione privata Atto 
preparatorio viziato -Giurisdizione amministrativa -Sussi


I

stenza. 

L'eventuaie illegittimit� (per vizio di composizione dell'organo competente) 
deUa formazione deti'elenco delle ditte da invitare ad un 


I 

procedimento di licitazione privata, implicando l'illegittimit� per inva~ 
lidit� derivata, daU'atto conclusivo del procedimento, determina ia lesione 
di una posizione soggettiva che ha consistenza di interesse legittimo, 
e pu� quindi essere fatta valere in sede di giurisdizione amministrati.
va (1). 


(1) La decisione del Consiglio di Stato, in ordine alla quale era stata 
proposta la questione di giurisdizione risolta dalle Sezioni Unite con la 
sentenza annotata, si legge in questa Rassegna, 1965, I, 528, con nota di A.LxBRANDI, 
cui si rimanda per maggiori particolari sul merito della fattispecie. 
In questa sede baster� accennare che la soluzione affermativa della 
sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo non sembra al 
tutto appagante, e ci� non tanto per la riaffermazione, operata in sentenza, 
del principio di invalidit� derivata (sul quale non vi era contestazione), 
quanto piuttosto perch� l'atto che si assumeva viziato era da riferire alla 
attivit� di un organo (il Comitato per le Lotterie) che nel meccanismo del 
procedimento della concessione per la vendita dei biglietti non ha alcuna 
rilevanza giuridica esterna, dato che ogni determinazione in ordine alla 
fase preparatoria della gara di licitazione (indire la gara, stabilirne le 
modalit�, scegliere gli enti e le ditte da invitare etc.), � di esclusiva competenza 
dell'Ispettorato generale per il lotto e le lotterie (art. 2, I. 4 agosto. 
1955, n. 722), sicch� il problema era semmai di stabilire quale fosse la 
rilevanza di un atto meramente interno (e, in ultima analisi, facoltativo) 
sul provvedimento terminale del procedimento di licitazione (T. A.). 


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-Mllll�~~A 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

� 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 aprile 1966, n. 889 -Pres. Pece Est. 
Arienzo -P. M. Gedda (conf.) -Ferrovie dello Stato (avv. 
Stato Pietrini-Pallotta) c. Ditte -,iouani e Castanini (avv. Marucchi, 
Belardinelli). 

Ferrovie -Condizioni e tariffe per i trasporti di cose -Prescrizione annuale 
-Azioni di indebito oggettivo che presuppongono la conclusione 
del contratto di trasporto -Applicabilit�. 

(r.d.l., 25 gennaio 1940, n. 9, art. 66). 

Ferrovie -Manipolazioni delle merci in occasione di operazioni doganali 
-Dogane situate su aree delle Ferrovie -Competenza esclusiva 
delle FF. SS. -Altre dogane interne -Nozione -Corrispettivi per 
l'uso dell'area di propriet� delle Ferrovie -Misura ridotta. 

(d.m. 29 luglio 1959, n. 646, parte terza, paragrafo secondo, nn. 1, 2, 3 e 4). 
Ferrovie -Operazioni doganali -Utilizzazione di aree, magazzini e impianti 
dell'Amministrazione ferroviaria -Compimento di parte 
delle operazioni doganali su area delle Ferrovie -Percezione dei 
corrispettivi nella misura ridotta -Legittimit�. 

(d.m. 29 luglio 1959, n. 646, parte terza, paragrafo secondo, n. 3). 
Ferrovie -Corrispettivo supplementare per prestazioni fuori dell'ambito 
delle stazioni e dei circuiti doganali -Effettivit� delle prestazioni 
-Necessit� -Sussistenza. 

(d.m. 29 luglio 1959, n. 646, parte terza, paragrafo secondo, n. 5). 
Sentenza -Interpretazione -Valutazione del contenuto dispositivo in 
correlazione alla parte motiva. 
(c.p.c., art. 132). 

Spese giudiziali -Compensazione -Facolt� discrezionale del giudice 
di merito -Insindacabilit� in sede di legittimit�, fuori dell'ipotesi 
di condanna della parte totalmente vittoriosa. 

(c.p.c., art. 92). 

La prescrizione annuale prevista dciZZ'art. 66 r. d. l. 25 gennaio 1940, 

n. 9, sune condizioni e tariffe per i trasporti di cose suUe Ferrovie deUo 
Stato, � stabilita, oltre che per le azioni derivanti dal contratto di tra

1014 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
sporto, anche per quelle di indebito oggettivo, che, pur non trovando 

la loro causa in tale contratto, ne presuppongono la conclusione. Sono 
quindi soggette a prescrizione annuale le azioni di indebito, parziale o 
totale, relative a somme che l'Amministrazione ha riscosso in pi� del 
dovuto e che non aveva, in senso assoluto, diritto di riscuotere, configurando 
entrambe le ipotesi un'identica azione di indebito (1). 

Le disposizioni dei nn. 1, 2, 3 del paragrafo secondo della parte 
terza del d. m. 29 luglio 1959, n. 646, che prevedono la competenza 
esclusiva dell'Amministrazione ferroviaria per la manipolazione delle 
merci, si applicano allorch� le operazioni doganali vengano eseguite 
presso dogane situate su aree delle Ferrovie, mentre il numero 4 successivo 
regola l'ipotesi che operazioni doganali vengano eseguite presso 
dogane aventi spazi propri, in tal senso dovendosi intendere l'espressione 
� altre dogane interne �, usata nel detto n. 4. I corrispettivi ferroviari 
sono dovuti non soltanto in relazione alle specifiche prestazioni 
di manipolazione delle merci, ma anche per il solo uso dell'area di 
propriet� delle Ferrovie. In questo secondo caso essi sono dovuti in 
misura ridotta, quando la parte interessata abbia direttamente curato 
la dichiarazione e la visita delle merci (2). 

n �presupposto dell'utilizzazione di aree, magazzini e impianti dell'Amministrazione 
ferroviaria, che giustifica la percezione dei corrispettivi 
nella misura ridotta, si realizza anche con il compimento di 
~na parte soltanto delle-operazioni doganali su detti impianti, sia perch� 
anche in questa ipotesi si fa uso delle aree ferroviarie, con conseguente 
intralcio del traffico in stazione, sia perch� non � richiesto 
il compimento di tutto il procedimento di sdoganamento (3). 

n corrispettivo supplementare previsto dalla parte 3a, paragrafo 2�, 

n. 5, del d. m: 29 luglio 1959, n. 646 � dovuto solo se prestazioni dell'Amministrazione 
vengano effettivamente eseguite fuori delle stazioni 
e circuiti doganali (4). 
Le varie parti della sentenza si integrano fra loro, cosicch� la portata 
della pronuncia giurisdizionale � quella che risulta dalla parte dispositiva 
con rife1�imento alle affermazioni contenute nella motivazione, 
che valgono a precisare quale � realmente la volont� del giudice in 
ordine all'accertamento del diritto controverso e alle conseguenze della 
condanna (5). 

(1-4) Non si rinvengono precedenti, ad eccezione della pronuncia convalidata 
dalla sentenza in rassegna, cio�: App. Firenze, 6 febbraio 1964, 
Foro it., Rep., 1964, voce � Ferrovie ., nn. 99-103, 

5) Giurisprudenza costante: cfr., da ultimo, Cass., 5 febbraio 1966, 

n. 382, Foro it., Mass., 1966, 122; 12 novembre 1965, n. 2356 e 15 maggio 
1965, n. 905, id., Rep., 1965, voce � Sentenza, ordinanza e decreto in materia 
civile �, nn. 128 e 129; 15 luglio 1965, n. 1550, Giur. it., 1966, I, 1,30. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1015 

La compensazione, totale o parziale, delle spese di giudizio � rimessa 
all'apprezzamento del giudice di merito, apprezzamento non 
sindacabile in sede di legittimit�, semprech� la condanna nelle spese 
non sia stata pronunciata nei confronti della parte totalmente vittoriosa 
(6). 

6) Principio pacifico: cfr., da ultimo, Cass., 3 gennaio 1966, n. 23, Foro 
it., Mass., 1966, 9; 15 maggio 1965, n. 925; 8 maggio 1965, n. 844; 6 maggio 
1965, n. 829; 30 ottobre 1965, n. 2320; 27 luglio 1965, n. 1765: tutte in Foro it., 
Rep., 1965, voce �Spese giudiziali�, nn. 84, 85, 86, 88, 89, 90. 

F.ARGAN 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 aprile 1966, n. 939 -Pres. 
Flore -Est. Restaino -P. M. Di Majo (conf.) -Camera del Lavoro 
di Sannicandro Garganico (avv. Gargano) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) e Fioritto (avv. Agostini). 

Appello -Mancata iscrizione a ruolo da parte. dell'appellante e dell'appellato 
nei termini di costituzione loro rispettivamente assegnati Conseguenze 
-Improcedibilit� del gravame -Concetto -Esclusione 
-Onere della riassunzione nel termine di un anno dalla scadenza 
del termine stabilito per la costituzione del convenuto Sussiste. 


(c. p. c., art. 347 e, in relaz., artt. 165, 166, 171, 307, 314). 
Impugnazione -Pluralit� di impugnazioni contro la stessa sentenza Conversione 
dell'impugnazione principale successiva in impugnazione 
incidentale -Esigenza del �simultaneus processus�-Portata. 

(c. p. c., artt. 333, 335). 
La mancata iscrizione a ruolo deU'avvello da parte dell'appellante 
e dell'appellato nei termini di costituzione Loro rispettiv�amente assegnati 
non importa improcedibilit� del gravame a norma deH'art. 348 
c.p.c., poich� questa presuppone che la causa sia stata iscritta a ruolo da 
una delle parti e che l'appellante non comparisca n� alla prima udienza 
davanti all'istruttore, n� a quella successiva, a cui la causa deve essere 
rinviata, ma, rimanendo al di fuori della previsione dell'art. 348 c. p. c., 
le sue conseguenze sono disciplinate dalla disposizione dell'art. 307 

c. p. c., a cui l'art. 347 c. p. c. rinvia quanto aUe forme e ai termini della 
costituzione in appello e secondo la quale, nel caso in cui nessuna 
delle parti siasi costituita nel previsto termine, il pro�cesso deve essere 

1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
riassunto entro un anno dalla scadenza del termine per la costituzione 
del convenuto (1). 
Se una delle parti in causa ha proposto una impugnazione, che, 
per essere anteriormente instaurata, � da considerarsi principale, le altre 
impugnazioni contro la medesima sentenza, venendo ad inserirsi nel 
forma1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
riassunto entro un anno dalla scadenza del termine per la costituzione 
del convenuto (1). 
Se una delle parti in causa ha proposto una impugnazione, che, 
per essere anteriormente instaurata, � da considerarsi principale, le altre 
impugnazioni contro la medesima sentenza, venendo ad inserirsi nel 
forma
corso di quella precedente, assumono e natura di impugnazioni 
incidentali, senza riguardo alla posizione giuridica di colui che le propone 
o alla comunanza di interesse tra i soggetti del processo (2). 

(Omissis). -Va disposta anzitutto la riunione del ricorso principale 
e di quello incidentale, siccome proposti avve,rso la medesima sentenza 
(art. 335 c. p. c.). 

(1) Avverte, inoltre, Cass., 14 aprile 1965, n. 687, Giur. it., Mass., 1965, 
241, sub b, che � l'improcedibilit� dell'appello pu� essere pronunciata 
per una omissione verificatasi dinanzi all'istruttore, in relazione ai provvedimenti 
di sua competenza, a lui richiesti �. Quanto alla differenza tra 
ritardata costituzione in appello di ambedue le parti e mancata iscrizione 
a ruolo della causa, precisa Cass., 4 maggio 1965, n. 798, ibidem, 286 sub b, 
che � mentre nel caso di ritardata costituzione in appello di ambedue le 
parti e di conseguente cancellazione della causa dal ruolo il processo 
dev'essere riassunto, perch� ne sia evitata la estinzione, entro un anno 
dalla data del provvedimento di cancellazione, invece, nell'ipotesi di mancata 
iscrizione della causa a ruolo e, perci�, d'inesistenza di un provvedimento 
di cancellazione, il termine perent<>rio per la riassunzione del processo 
decorre dalla scadenza dell'ultimo termine utile, in cui una parte 
almeno, cio� il convenuto, pu�, a norma dell'art. 166 c. p. c., costituirsi in 
giudizio�. 
(2) Nel caso di specie, l'inserimento �nel corso� della impugnazione 
principale, proposta da una delle parti ed iscritta a ruolo, di quella proposta 
dall'altra parte soccombente e non iscritta a ruolo avvenne, secondo 
la sentenza in rassegna, mediante costituzione di quest'ultima in cancelleria, 
oltre un mese prima dell'udienza di comparizione, coincidente in 
entrambi gli atti di appello, col deposito di comparsa, con cui si instava 
sia per l'accoglimento dell'appello proposto dall'altra parte soccombente 
che di quello proprio. Secondo la sentenza in rassegna, quest'ultimo si 
sarebbe � convertito � in appello incidentale, per effetto della costituzione 
della parte, nello stesso processo riguardante l'altro gravame; senonch� 
� il caso di avvertire che, per aversi � conversione � dell'impugnazione 
principale in impugnazione incidentale, col rispetto dell'esigenza del simultaneus 
processus, occorre la riunione dei due giudizi ai sensi dell'art. 335 
c. p. c.; ma, � perch� possa disporsi la riunione di tutte le impugnazioni 
proposte separatamente contro la stessa sentenza, occorre che le stesse 
siano state portate a cognizione del giudice mediante l'iscrizione a ruolo, 
non essendo sufficiente la semplice loro notificazione � (Cass., 30 agosto 
1965, n. 1979, ibidem, 725 sub b). Sulla questione della validit� della 
impugnazi,one principale in luogo di quella incidentale, v. FIUMARA, Ancora 
sull'impugnazione principale in luogo di que11a incidentale, con applicazione 
al processo davanti alte Commissioni tributarie, in questa Rassegna, 
1964, I, 785 e segg. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1017 

Ha carattere preliminare l'esame dell'unico mezzo del ricorso incidentale, 
con cui l'Amministrazione� finanziaria resistente lamenta che 
la Corte di appello di Bari avrebbe dovuto dichiarare improcedibile e 
comunque inammissibile l'appello proposto dalla Camera del Lavoro di 
Sannicandro Garganico contro la sentenza del Tribunale di Bari 8 giugno-
6 luglio 1960, per non avere l'appellante iscritto la causa a ruolo 
e per non essersi costituita fino alla prima udienza davanti all'istruttore. 
Deduce inoltre lAmministrazione ricorrente che, quand'anche la 
Camera del Lavoro avesse potuto avvalersi della iscidzione a ruolo dell'appello 
proposto dall'altra soccombente Fioritto Aurelia, sarebbe incorsa 
ugualmente nella improcedibilit� del proprio appello, per non 
essersi costituita in quel rapporto processuale fino alla prima udienza. 

Trattandosi della denuncia di un �error in procedendo�, � consentito 
alla Corte di Cassazione riesaminare gli atti del processo al 
fine di accertare la fondatezza della censura. 

Da essi risulta che tanto la Camera del Lavoro di Sannicandro, 
convenuta nel giudizio promosso dall'Amministrazione finanziaria dello 
Stato, quanto la interventrice Aurelia Fioritto proposero appello avverso 
la sentenza del Tribunale, con separati atti, notificati entrambi il 9 agosto 
1960, nei confronti rispettivi di essi appellanti e dell'Amministrazione 
appellata, con citazione a comparire per la medesima udienza 
del 12 dicembre successivo. 

Dal fascicolo di ufficio di secondo grado si rileva che la sola Fioritto 
iscrisse la causa a ruolo; in tale processo la Camera del Lavoro, 
a mezzo del suo procuratore, si costitu� in cancelleria il 10 novembre 
1960, oltre un mese prima della udienza di comparizione, instando con 
la comparsa di costituzione per l'accoglimento sia dell'appello Fioritto 
sia dell'appello proprio. 

Nel medesimo processo si costitu� l'Amministrazione appellata con 
comparsa di risposta depositata il 2 dicembre 1960, limitandosi a chiedere 
il idgetto di entrambi gli appelli. 

Da siffatta situazione processuale non � dato rilevare gli effetti 
che si pretendono dalla Amministrazione ricorrente. 

La mancata iscrizione a ruolo dell'appello proposto dalla Camera 
del Lavoro non poteva di per s� importacre una dichiarazione di improcedibilit� 
del gravame ai sensi del primo comma dell'art. 348 c. p. c., 
perch� questa presuppone che la causa sia stata iscritta a ruolo da una 
delle parti e che l'appellante non comparisca n� alla prima udienza 
davanti all'istruttore, n� a quella successiva cui la causa deve essere 
rinviata. 

L'ipotesi della mancata iscrizione dell'appello da alcuna delle parti 
rimane al di fuori della previsione dell'art. 348 c. p. c., per essere disciplinata 
dalla disposizione dell'art. 307, cui l'art. 347 rinvia, quanto 
alle forme e ai termini della costituzione in appello, e secondo la quale, 



1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel caso di mancata costituzione dell'appellante e dell'appellato nei 
termini loro rispettivamente assegnati, il processo deve essere riassunto 
nel termine di un anno dalla scadenza di quello stabilito per la costituzione 
del convenuto. 

Costituendosi, entro il termine assegnatole di cui all'art. 166 c. p. c., 
nel processo di appello proposto anche nei suoi confronti dalla Fioritto 
e dalla medesima iscritto a ruolo, la Camera del Lavoro di Sannicandro 
Garganico non � incorsa in alcuna sanzione di inammissibilit� o di improcedibilit� 
del proprio appello, convertitosi, in dipendenza della sua 
costituzione, in appello incidentale a norma dell'art. 333 c. p. c .. 

Se, infatti, una delle parti in causa ha proposto una impugnazione 
che, per essere anteriormente instaurata, � da considerarsi principale, 
le altre impugnazioni contro la medesima decisione, venendo ad inserirsi 
nel corso di quella precedente, assumono forma e natura di impugnazioni 
incidentali, senza riguardo alla posizione giuridica di colui che 
le propone o alla comunanza di interesse tra i soggetti del processo. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413. -Pres. 
Fi:bbi -Est. D'Armiento -P. M. Criscuoli (conf.) -Nobile e La Mendola 
(avv. Vacirca) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato 
(avv. Stato Pietrini-Pallotta). 

Procedimento civile -Consulenza tecnica d'ufficio -Potest� del ~iudice 
di merito di discostarsi dalle conclusioni del consulente tecnico Dovere 
di motivazione -Sussiste. 

(c. p. c., artt. 61, 62, 132, n. 4). 
Spese ~iudiziali -Giusti motivi per la compensazione totale o parziale Apprezzamento 
discrezionale del ~iudice di merito -Limite costituito 
dalla totale soccombenza di una delle parti -Sussiste. 

(c. p. c., artt. 91, 92, comma secondo). 
Il giudice di merito non � vincolato aUe condusioni del consulente 
tecnico di ufficio e pu� discostarsene, indicando le ragioni del suo dissenso 
e gli errori che inficiano il giudizio di quello (1). 

(1) Cfr. Cass., 28 aprile 1965, n. 746, Giur. it., Mass., 1965, 265, sub b, 
nonch� sub e, ove si avverte in particolare che �il giudice per assolvere 
all'obbligo della motivazione deve indicare le ragioni per le quali, andando 
in avviso contrario a quello espresso dal consulente tecnico, ritenga che le 
informazioni fornite dalla parte non siano utilizzabili al fine per il quale � 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1019 

Il giudice di merito ha un potere discrezionaLe in ordine aH'apprezzamento 
dei giusti motivi per compensare in tutto o in parte le spese 
dei giudizio; tale potere non � legato aHa posizione di reciproca soccombenza 
ed incontra come solo Limite quello per cui non pu� essere condannata 
alle spese la parte che sia rimasta totalmente vittoriosa nella 
Lite (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo si deduce che la sentenza, obliterando 
il principio giurisprudenziale che il giudice di merito, se intende 
correggere un errore del consulente tecnico, deve ricercare e valutare 
elementi obbiettivi o disporre la dnnovazione della consulenza, abbia 
sostituito all'indennizzo risultante dal:la �Consulenza e dal supplemento di 
consulenza un minore indennizzo, senza indicarne le ragioni e senza sufficienti 
chiarimenti. Si deduce, altres�, che la sentenza abbia violato i 
principi sul risarcimento dei danni da illecito civile, disattendendo le 
effettive e concrete possibilit� di sfruttamento del bene. 

Si denunzia, col secondo mezzo, l'errore in cui sarebbe incorsa la 
Corte di merito nel dichiarare interamente compensate le spese giudiziali, 
senza badare che cos� giudicando violava il principio sulla soccumbenza, 
giacch�, mentre l'indennit� di asservimentq era stata liquidata 
in origine in lire 725.135, la stessa .sentenza l'aveva portata poi a 
lire 2.331.780, con un aumento, quindi, molto sensibile. 

Il ricorso non � fondato. 

� noto, e non lo contestano nemmeno i ricorrenti, che per giurisprudenza 
ormai consolidata di questa Suprema Corte (cfr. sentt. 10 luglio 
1964, n. 1816 e 28 aprile 1965, n. 746) il giudice di merito non � 
vincolato dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio e pu� disc.
ostarsene : .solo che in tale caso deve indicare le ragioni del suo dissenso 
e gli errori che inficiano il giudizio del consulente stesso. 

Orbene, la Corte di merito, lungi dal discostarsi da tale insegnamento, 
vi si � perfettamente adeguata, perch� non solo ha spiegato, una per 
una, le varie ragioni, per cui non poteva accogliere i risultati della 
consulenza quanto alla determinazione dell'indennizzo per la espropriazione, 
ma ha proceduto al nuovo conteggio in base ai criteri della legge 

stata disposta la consulenza �; v. anche, in senso conforme alla massima in 
rassegna, Cass., 10 luglio 1964, n. 1816, id., Mass., 1964, 594, sub b; 9 agosto 
1962, n. 2490, id., Mass., 1962, 854, sub b ed ivi ulteriori riferimenti (nota 2). 

(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, Giur. it., Mass., 1965, 
378, sub g; v. anche, in senso puntualmente conforme, circa il limite �per 
cui non pu� essere condannato, anche in minima parte, alle spese il litigante 
totalmente vittorioso�, Cass., 27 marzo 1965, n. 515, ibidem, 175, 
sub c; v. anche, da ultimo, Cass., 5 aprile 1966, n. 889, in questa Rassegna, 
1966, I, 1013, sub 6 (1015) ed ivi ulteriori riferimenti. 
6 



1020 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sul risanamento della citt� di Napoli -15 gennaio 1885, n. 2892 -uti


lizzando proprio quei dati risultanti dalla consu'lenza. 

� superfluo ripetere il ragionamento seguito dalla sentenza impu


gnata per giungere alla conclusione; appare sufficiente solo osservare 

che il ragionamento stesso � privo di vizi logico-giuridici e come tale 

non presta il fianco ad alcuna censura. 

Peraltro gli stessi ricorrenti non contestano pi� in questa sede, dopo 

averlo fatto inutilmente nella sede di merito, che la legge applicabile 

nella specie � quella ,gi� indicata sul risanamento di Napoli e non la 

legge generale sulla espropriazione per pubblica utilit� del 25 giugno 

1865, n. 2359. 

Quanto alla censura, mossa alquanto genericamente in punto alla 

liquidazione dei danni per la protrazione oltre il biennio della occupa


zione provvisoria, va detto che la Corte di merito ha condannato l'Am


ministrazione ferroviaria dello Stato al solo pagamento degli interessi 

legali sulla indennit� di espropriazione non per essere incorsa in un 

errore di diritto sul criterio della determinazione dei danni -criterio 

che deve comprendere ogni maggiore pregiudizio che il proprietario me


desimo dimostri di avere subito in dipendenza della indisponibilit� del 

bene stesso nel periodo dal compimento del biennio alla data di ema


nazione del decreto di espropriazione -bens� in considerazione che nella 

specie i coniugi Nobile-La Mendola non avevano provato di avere ri


sentito un maggiore danno. 

Leggesi, infatti, nella sentenza: � nel caso in esame i coniugi attori 
nessun elemento di prova di danni maggiori hanno offerto, onde l'indennit� 
per l'occupazione temporanea dell'immobile deve essere mantenuta 
nei limiti degli interess.i legali sull'indennit� di espropriazione�, 
il che s'inquadra perfettamente nei principi affermati da questa Corte 
regolatrice in materia (cfr. sentt. 21 aprile 1964, n. 945, 18 giugno 1964, 

n. rn69, 28 luglio 1964, n. 2142). 
A confutazione di quanto si lamenta col secondo mezzo appare 
decisivo ed assorbente osservare che il giudice di merito ha un potere 
discrezionale in ordine all'apprezzamento dei giusti motivi per compensare 
in toto o in parte le spese del giudizio; tale potere non � legato alla 
posizione di reciproca soccombenza ed incontra come solo limite quello 
per cui non pu� essere condannata alle spese la parte che sia rimasta 
totalmente vittoriosa nella lite, ipotesi, que'st'ultima, esclusa nella specie 
(cfr. Cass., 2�7 marzo 1965�, n. 515 e 26 maggio 1965, n. 1038). 

Pertanto, il ricorso va respinto ed i ricorrenti, che soccombono, 
vanno condananti alla perdita del deposito; concorrendo, per�, giusti 
motivi, cade opportuna la compensazione delle spese anche di questo 
giudizio di Cassazione. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1021 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 .giugno 1966, n. 1616 -Pres. Rossano 
-Est. Malfitano -P. M. Pedace (conf.) -Societ� Molino-Pastificio 
e Lanificio in S. Domenico (avv. Montanelli, Savona) c. Ministero 
dell'Agricoltura e Foreste (avv. Stato Salto). 

Approvvigionamento e consumi -Gestione ammasso cereali -Asse


gnazione del grano ai molini e degli sfarinati ai panifici ed ai pasti


fici -Natura giuridica ed effetti. 

(d. I. 28 dicembre 1944, n. 411, artt. 1 e segg.; d. I. 22 febbraio 1945, n. 38, 
art. 1; c. c., artt. 1465, 1470). 
L'assegnazione del grano ai molini e degli sfarinati risultanti daUa 
molitura ai pastifici e ai panifici integra mi negozio di compravendita, 
in cui compratore � l'a,ssegnatario e venditore � il Consorzio agrario 
provinciale, che, quale ente incaricato deila gestione deU'ammasso dei 
cereali, provvede per conto deUo Stato aLla cessione dei prodotti ai 
motini, ai panifici ed ai pastifici, ai prezzi imperativamente fissati e 
secondo il piano di assegnazione compilato dalla Sepral in conformit� 
delle istruzioni dell'Alto Commissario per l'alimentazione. L'assegnatario, 
quindi, diventa proprietario dei prodotti e ne sopporta i rischi (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata 
per aver ravvisato nel negozio conseguente all'assegnazione del 
semolato una vendita di merce subordinata ad autorizzazione anzich� 
un contratto atipico senza effetti traslativi. 

In proposito si deduce che la Corte di merito non ha considerato 
che la stessa Amministrazione aveva definito il rapporto come � deposito 
a titolo di finanziamento anticipato �; che il potere della Sepral 
si estrinsecava nell'assegnazione del prodotto, nella sua destinazione e 
lavorazione, nella sua assegnazione al Consorzio agrario per la distribuzione; 
che i pastifici erano tenuti a finanziare i prodotti sotto la 
minaccia di un interesse di mora; che il rischio delle variazioni di 

(1) Sulla natura dell'assegnazione di cui trattasi v., in senso conforme 
alla massima, Cass., 18 maggio 1955, n. 1462, Foro it., 1955, I, 801, la quale 
mette in evidenza la veste di � legale mandatario dello Stato � del Consorzio 
agrario, dato che � lo Stato, attraverso l'intermediario ente ammassatore, 
acquista la propriet� dei beni conferiti�. L'Avvocatura non ha mancato, 
per�, di sottolineare che, data e non concessa la veste dei Consorzi di 
meri depositari di generi di propriet� statale, il rapporto fra i Consorzi medesimi 
e lo Stato non � riducibile allo schema privatistico del mandato, ma 
ha innegabile natura pubblicistica, e ci� ha riconosciuto Cass., 10 novembre 
1959, n. 3339, in questa Rassegna, 1960, 12. Su tutto l'argomento, v. Relazione 
Avvocatura Stato, 1961-1965, vol. III, Roma, 1966, 292 e seg. ed ivi 
ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 

1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prezzo e delle avarie erano a carico dell'Amministrazione; che l'accertamento 
delle avarie era eseguito dalla Commissione tecnica provinciale, 
la quale aveva il compito di accertare la entit� dell'avaria, di verificare 
le condizioni di idoneit� del magazzino di custodia dej prodotti, il sistema 
di stivaggio, la data di introduzione dei prodotti, e di accertare se 
l'avaria fosse o meno imputabile agli addetti alla vigilanza dei magazzini. 


La censura � infondata. 

Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, in base alle 
disposizioni contenute nei d. I. 28 dicembre 1944, n. 411 e 22 febbraio 
1945, n. 38, deve ritenersi che il negozio che si costituisce a seguito 
dell'assegnazione del grano ai molini e degli sfarinati risultanti dalla 
molitura ai panifici e ai pastifici � una compravendita nella quale compratore 
� l'assegnatario e venditore � il Consorzio agrario provinciale, 
che, quale ente incaricato della gestione dell'ammasso dei cereali, provvede 
per conto dello Stato alla cessione dei prodotti ai molini, ai panifici 
e ai pastifici, al prezzo imperativamente fissato e secondo il piano 
di assegnazione compilato dalla Sepral in conformit� delle istruzioni 


~.. 

dell'Alto Commissario per l'alimentazione (v. sent. n. 1462 del 1955). 

IIm

N� la diversa denominazione data dall'Amministrazione al rapporto 
in esame, le limitazioni imposte dalla legge alla libera disponibilit� dei 
prodotti da parte dell'assegnatario, la determinazione imperativa del 
prezzo, la vigilanza da parte dell'Amministrazione sulla conservazione 
dei prodotti e l'accertamento da parte della stessa, a mezzo di organi f;: 

tecnici, delle eventuali avarie dei prodotti medesimi valgono a escludere 
la natura di compravendita, perch� non alterano il contenuto sostanziale 
del negozio, consistente nello scambio di beni contro prezzo. 
L'assegnatario, quindi, diventa proprietario dei prodotti e ne sop


I

porta i rischi. 

Nella specie la Corte di merito si � puntualmente uniformata a 
questi principi perch� ha ritenuto che la societ� ricorrente dovesse sopportare 
l'avaria del semolato assegnatole dato che ne era divenuta pro� 
prietaria a seguito della cessione di esso da parte del Consorzio agrario 
provinciale di Viterbo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1794. -Pres. Rossano 
-Est. Giannattasio -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Peronaci) c. Puccio (avv. Natoli). 

Contabilit� generale dello Stato -Crediti dello Stato -Potere dell'Amministrazione 
delle Finanze (Demanio) dello Stato di esigere i ere




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prezzo e delle avarie erano a carico dell'Amministrazione; che l'accertamento 
delle avarie era eseguito dalla Commissione tecnica provinciale, 
la quale aveva il compito di accertare la entit� dell'avaria, di verificare 
le condizioni di idoneit� del magazzino di custodia dei prodotti, il sistema 
di stivaggio, la data di introduzione dei prodotti, e di accertare se 
l'avaria fosse o meno imputabile agli addetti alla vigilanza dei magazzini. 


La censura � infondata. 

Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, in base alle 
disposizioni contenute nei d. 1. 28 dicembre 1944, n. 411 e 22 febbraio 
1945, n. 38, deve ritenersi che il negozio che si costituisce a seguito 
dell'assegnazione del grano ai molini e degli sfarinati risultanti dalla 
molitura ai panifici e ai pastifici � una compravendita nella quale compratore 
� l'assegnatario e venditore � il Consorzio agrario provinciale, 
che, quale ente incaricato della gestione dell'ammasso dei cereali, provvede 
per conto dello Stato alla cessione dei prodotti ai molini, ai panifici 
e ai pastifici, al prezzo imperativamente fissato e secondo il piano 
di assegnazione compilato dalla Sepral in conformit� delle istruzioni 
dell'Alto Commissario per l'alimentazione (v. sent. n. 1462 del 1955). 

N� la diversa denominazione data dall'Amministrazione al rapporto 
in esame, le limitazioni imposte dalla legge alla libera disponibilit� dei 
prodotti da parte dell'assegnatario, la determinazione imperativa del 
prezzo, la vigilanza da parte dell'Amministrazione sulla conservazione 
dei prodotti e l'accertamento da parte della stessa, a mezzo di organi 
tecnici, delle eventuali avarie dei prodotti medesimi valgono a escludere 
la natura di compravendita, perch� non alterano il contenuto sostanziale 
del negozio, consistente nello scambio di beni contro prezzo. 

L'assegnatario, quindi, diventa proprietario dei prodotti e ne sopporta 
i rischi. 

Nella specie la Corte di merito si � puntualmente uniformata a 
questi principi perch� ha ritenuto che la societ� ricorrente dovesse sopportare 
l'avaria del semolato assegnatole dato che ne era divenuta proprietaria 
a seguito della cessione di esso da parte del Consorzio agrario 
_provinciale di Viterbo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1794. -Pres. Rossano 
-Est. Giannattasio -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Peronaci) c. Puccio (avv. Natoli). 

Contabilit� generale dello Stato -Crediti dello Stato -Potere dell'Amministrazione 
delle Finanze (Demanio) dello Stato di esigere i ere



1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esigere i crediti che altre Amministrazioni statali abbiano ritenuto di 
trasferirle per la riscossione. Tra le ipotesi, ivi previste, meritano particolare 
considerazione quelle contemplate alla lettera d), riguardante 
i crediti che siano riconosciuti di dubbia o difficile esazione, e alla lettera 
c), che riguarda i crediti incerti perch� giudiziariamente contestati. 
La dichiarazione di dubbia o di difficile esazione e quella di incertezza 
del credito � rimessa, ovviamente, all'Amministrazione creditrice ed una 
volta che questa abbia trasferito, per la riscossione, il credito all'Amministrazione 
finanziaria, quest'ultima � legittimata a chiederne il pagamento 
anche in giudizio e pu� emettere legittimamente l'ingiunzione. 

Accogliendo il secondo motivo di ricorso (che importa assorbimento 
del primo motivo, relativo ad un preteso vizio di extrapetizione), 
l'impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata, per nuovo esame, 
ad altra Corte d'appello, che dovr� uniformarsi al criterio di diritto 
or ora enunciato. -(Omissis). 

I 

<.

ICORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1880. -Pres. Favara ' 

-Est. Giannattasio -P. M. Tavolaro (parz. diff.) -Brusco (avv. Pof:
i 
fil

stiglione) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carbone). 

I ~ 

Requisizione -Requisizioni alleate -Indennizzo per danni immediati e 
diretti ad immobili -Liquidazione -Criteri. 

I

(1. 9 gennaio 1951, n. 10 ,artt. 1, lett. d., 2, n. 2). 
I w 

0 

Requisizione -Requisizioni alleate -Indennizzo per danni immediati 

e diretti ad immobili -Liquidazione ~iudiziale dopo l'esperimento 

del procedimento amministrativo -Interessi -Natura e decorrenza. 

(1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1 e segg.; c. c., art. 1499). 
L'uitimo comma dell'art. 2 l. 9 gennaio 1951, n. 10, sugli indennizzi 

I per requisizioni alleate, nel disporre che � nel caso di Liquidazione per 
danni alle cose pu� essere tenuto conto anche della destinazione della 
cosa danneggiata, asportata o distrutta, fermo restando il limite massimo 
fissato al n. 1 del precedente articolo � (cio� il limite stabilito per i 
mobili nel quintuplo del valore corrente al 30 giugno 1943), si riferisce 
tanto alla valutazione dei beni immobili, quanto a quella dei beni mobili 
(la �cosa� in genere �, infatti, tanto mobile che immobile), autorizzando, 
peraltro, a tener conto -fermo restando per le cose mobili il detto 
limite massimo -nella valutazione del danno indennizzabile anche della 
destinazione della cosa asportata, distrutta o danneggiata, sia per diminuire, 
eventualmente~ l'indennizzo, nel caso di beni di carattere mera




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1025 

mente voluttuario od improduttivo, sia, invece, nel caso di immobili, 
per meglio adeguarne il valore, alla data di restituzione o di rilascio, alla 
concreta realt�, a seconda che si tratti di beni destinati aUa produzione 
o, per contro, di beni improduttivi o meramente voluttuari (1). 

Poich�, a norma della legge n. 10 del 1951, la pretesa di indennizzo 
per danni da requisizione alleata costituisce un diritto soggettivo perfetto, 
azionabile davanti al Giudice ordinario dopo l'espletamento del 
prescritto procedimento amministrativo, nel caso di ingiusta reiezione 
della domanda di liquidazione dell'indennizzo da parte dell'autorit� 
amministrativa e sulla somma, che, invece, il Giudice ordinario avr� 
successivamente liquidata, a favore del titolare del bene danneggiato 
daila requisizione, in riforma dell'ingiusto provvedimento negativo dell'Amministrazione, 
debbono decorrere gli interessi compensativi dalla 
data di comunicazione del provvedimento amministrativo di reiezione, in 
quanto da tale momento il cittadino � stato indebitamente privato di 
una somma, che aveva diritto a vedersi liquidata e che, a torto, l'Amministrazione 
gli ha rifiutata (2). 

(1) Beninteso, trattandosi di indennizzo per danni immediati e diretti 
e non gi� di risarcimento, la destinazione del bene non pu� essere in 
alcun modo rilevante ai fini della liquidazione di un preteso lucro cessante: 
cfr. Cass., 18 ottobre 1957, n. 3935, Foro it., Rep. 1957, v. Requisizioni, 
c. 2159, n. 29; v. anche nota in questa Rassegna, 1964, I, 71. 
(2) Sulla prima parte della massima, v. Relazione dell'Avvocatura 
dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 818 e segg.; v., 
altresi, nota in questa Rassegna, 1964, I, 68-70. Sulla seconda parte della 
massima, in ordine alla spettanza ed alla decorrenza degli interessi, qualificati 
compensativi, sull'indennizzo per danni, liquidato dal G. O. in caso 
di reiezione dell'istanza del privato da parte dell'autorit� amministrativa, 
la sentenza ritiene che il principio si collochi nell'ambito dell'insegnamento 
della stessa Corte di Cassazione -formulato invece a proposito dell'inapplicabilit� 
allo Stato degli artt. 1224 e 1282 c. c. (cfr. Cass., 3 febbraio 
1965, n. 172, in questa Rassegna, 1965, I, 137) -secondo il quale il 
criterio della decorrenza degli interessi di diritto a carico dell'Amministrazione 
dello Stato dal giorno della definitivit� del titolo amministrativo 
di spesa non trova applicazione, quando si � conteso innazi all'A.G.O. sull'an 
debeatur (cfr. Cass., 3 febbraio 1965, n. 172, cit., in questa Rassegna, 
1965, I, 135). In particolare avvisa, comunque, la sentenza che sulla somma 
liquidata per l'indennizzo di cui trattasi gli interessi � non sono dovuti a 
titolo di risarcimento di danni, n� di pieno diritto per un credito originariamente 
liquido ed esigibile, ma come compenso per il mancato godimento 
dei frutti di un bene � e ritiene tale affermazione compatibile col 
fatto che l'indennit� controversa non era propriamente quella di requisizione 
in uso del bene, ma quella per danni da requisizione. Sulla precisa 
nozione di interessi compensativi (art. 1499 c. c.) v., invece, Cass., 5 aprile 
1966, n. 875, in questa Rassegna, 1966, I, 841, sub 1, che, poi, ne fa applicazione 
al caso di liquidazione giudiziale della maggiore indennit� di espropriazione 
(sub 2 ed ivi nota di rilievi e riferimenti). 

1026 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1991. -Pres. 
Tavolaro -Est. Ferrati -P. M. Criscuoli (conf.) -Convitto Nazionale 

V. E. II di Napoli (avv. Stato Savarese) c. Panevino (avv. Marinelli). 
Procedimento civile -Natura della controversia -Individuazione delle 
norme di rito applicabili -Necessit� di riferimento all'impostazione 
data alla controversia dalla parte ed alla configurazione attribuitale 
dal giudice di merito. Fattispecie. 

Procedimento civile -Sospensione dei termini processuali stabiliti per 
il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore 
disposta dalla 1.14 lugtio 1965, n. 818 -Esclusione della sospensione 
per le cause relative a controversie (individuali) di lavoro Sussiste. 


(1. 14 luglio 1965, n. 818, artt. 1 e 3). 
Per stabilire la natura della controversia, quando ci� sia necessario 
per individuare le norme di rito ad essa applicabili, occorre far riferimento 
all'impostazione che aUa stessa ha dato la parte ed alla configurazione 
attribuitale dal giudice di merito (applicazione in tema di questione 
di ammissibilit� del ricorso per cassazione avverso sentenza 
pronunciata secondo il rito speciale delle controversie individuaii di lavoro, 
pur essendo contestata l'appartenenza del rapporto sostanziale dedotto 
in giudizio a:Ua materia del diritto del lavoro) (1). 

L.e controversie individuali di lavoro esulano dall'ambito della sospensione 
dei termini disposta dalla l. 14 luglio 1965, n. 818 (2). 
(1) Cfr. Cass., 25 settembre 1964, n. 2420, Giust. civ., Mass., 1964, 1130; 
6 maggio 1963, n. 1105, Foro it., Mass., 1963, 322; ma, in linea generale, vale, 
invece, il principio secondo cui � spetta al giudice di definire la precisa natura 
dell'azione, indipendentemente dalla qualificazione prospettata dalle 
parti �: Cass., 10 gennaio 1966, n. 189, Giur. it., Mass., 1966, 78, sub c. 
(2) L'art. 3 1. 14 luglio 1965, n. 818 dispone, infatti, che � in materia civile 
l'art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'art. 92 
dell'ordinamento giudiziario approvato con r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 �. 
Osserva la sentenza in rassegna che � l'art. 92 contempla ... le cause civili la 
cui ritardata trattazione potrebbe portare grave pregiudizio alle parti .... 
� lecito ritenere che, quando nell'art. 92 si � fatto riferimento alla materia 
corporativa, si siano avute presenti in modo particolare le controversie individuali 
... l'avvenuta soppressione dell'ordinamento corporativo, con la 
conseguente eliminazione delle controversie collettive e l'abrogazione delle 
norme ad esse relative, ha, quindi, semplicemente importato una limitazione 
della portata dell'art. 92: questo, nella parte in cui richiama la materia 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 luglio 1966, n. 1869 -Pres. Gian


siracusa -Rei. Felicetti ;.. P. M. Pedace (conf.) -Calzaturificio 

Winston di Romano Vitiello (avv. Selitti e Luraschi Pozzi) c. Soc. 

p. a. Calzaturificio Giorgio Marelli (avv. Travi, Repetto e Contaldi). 
Procedimento civile -Termini processuali -Sospensione nel periodo 
estivo -Nozione -Termine parzialmente decorso prima dell'entrato 
in vi~ore della legge n. 818 del 1965 -Effetti. 

(1. 14 luglio 1965, n. 818). 
La legge 14 luglio 1965, n. 818, suita sospensione dei termini processuali 
scadenti nel periodo dal 10 agosto al 15 settembre di ogni anno, 
essendo entrata in vigore it 4 agosto 1965 e non essendo retroattiva, non 
ha spiegato efficacia sospensiva rispetto a quella parte dei termini processuali 
che era gi� decorsa a tale data. Pertanto, qualora, aUa data 
del 4 agosto 1965, un. termine processuale (nella specie, queUo relativo 
alla prop9sizione del regolamento di competenza) fosse gi� parzialmente 
decorso, la sospensione .concer1te esclusivamente da parte residua, 
la quale incomincia a decorrere dal 15 settembre (3). 

I 

(Omissis). -Ai sensi dell'art. 1 della I. 14 luglio 1965, n. 818 � il 
corso dei termini processuali, stabiliti per il compimento di atti i quali 
richiedono l'opera di avvocato o di procul"latore, scadenti tra il 1� agosto 
e il 15 settembre, � sospeso di diritto fino a quest'ultima data �. 

Tuttavia, a norma dell'art. 3 della medesim� legge, �in .materia civile 
l'art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'art. 
92 dell'ordinamento giudiziario, approvato con r. d. 30 gennaio 
1941, n. 12 �. 

L'art. 92 dell'ordinamento giudiziario elenca le cause che debbono 

essere trattate dalle Corti d'appello e dai Tribunali durante il periodo 

feriale dei magistrati e contempla, al riguardo, oltre alle cause relative 

corporativa, continua ad avere significato entro i limiti in cui attualmente 
quell'espressione pu� ancora aver valore e cos� la espressione stessa deve 
essere esclusivamente riferita alle controversie individuali �. 

(3) Con q�esta pronuncia la Cassazione ha per la prima volta, esattamente, 
interpretato la sospensione dei termini processuali prevista dalla 
1. 14 luglio 1965, n. 818. 

1028 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad alimenti, ai procedimenti cautelairi, di sfratto, di opposizione all'esecuzione 
e alla dichiarazione e revoca dei fallimenti, le cause � in materia 
corporativa�. 

Si pone, quindi, il problema, se e quale portata abbia, nell'attuale 
ordinamento giuridico, l'espressione � cause in materia corporativa., 
che si legge in una norma, emanata quando vigeva il sistema corporativo 
ed integralmente richiamata in un testo legislativo di recentissima 
formulazione. 

Secondo il ricorrente, dopo la soppressione dell'ordinamento corporativo, 
operata negli anni 1943 e 1944, la menzione delle cause in 
materia corporativa non ha pi� ragion d'essere e quindi nel richiamo 
dell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, fatto dalla legge n. 818 del 
1965, dovrebbe ritenersi escluso ogni riferimento alla materia corporativa, 
cosicch� non potrebbe nemmeno prospettarsi il dubbio della 
esclusione delle controversie individuali di lavoro dall'ambito della sospensione 
dei termini disposta con la predetta legge n. 818. 

Anzi, ad avviso del ricorrente, le controversie individuali di lavoro 
non si sairebbero dovute nemmeno inquadrare necessariamente nella materia 
corporativa, poich� preesistevano all'ordinamento corporativo fascista 
e come tali erano dotate di una loro autonomia propria. 

Quest'ultima affermazione � sicuramente erronea : la circostanza che 

le controversie individuali di lavoro avessero avuto un'apposita disci


plina prima ancora che l'ordinamento corporativo fosse stato compiuta


mente definito ed instaurato non implica che dette controversie non 

fossero state poi inserite nel complesso di quell'ordinamento e che la 

loro disciplina non fosse stata permeata dei principi propri di quell'or


dinamento medesimo. 

Basta riflettere al tentativo di conciliazione, che doveva obbliga


toriamente precedere l'instaurazione della lite davanti al giudice, all'ob


bligo cio� della preventiva denuncia della controversia all'associazione 

legalmente riconosciuta, rappiresentante della categoria della parte at


trice, e all'obbligo dell'associazione stessa d� interporre, unitamente al


l'associazione di categoria della parte convenuta, i propri uffici per la 

conciliazione della controversia. Si aggiunga che, ai sensi dell'art. 435 

c. p. c., nel successivo giudizio le parti potevano farsi rappresentare dal 
presidente e dal segretario delle associazioni legalmente riconosciute 
delle categorie alle quali esse appartenevano, o da un funzionario all'uopo 
delegato. 
Tutto ci� dimostra l'intimo nesso esistente tra l'ordinamento corporativo, 
a base del quale stava il principio della rappresentanza 
necessaria di tutti gli appartenenti alla categoria da parte dell'unica associazione 
sindacale costituita per la categoria medesima, ed il proce


dimento previsto per le controversie individuali di lavoro, le quali 
quindi non potevano non definirsi �cause in materia corporativa�. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1029 

Che questa espressione fosse poi comprensiva delle controversie in 
dividuali lo si evince senza ombra di dubbio dalla sistematica del codice 
di rito, in elaborazione al momento in cui venne pubblicato l'ordinamento 
giudiziario. ed entrato in vigore poco pi� di un anno dopo: il 
titolo IV del li:ba:'o II � infatti espressamente dedicato alle �norme per le 
controversie in materia corporativa � e, mentre il I capo disciplina le 
controv~sie collettive, il II regola le controversie individuali. 

Sia le une come le altre rientravano, adunque, secondo la mente del 
legislatore,� nella materia corporativa, anche se le prime erano, senza 
dubbio, quelle tipiche dell'ordinamento corporativo; sarebbe quindi arbitrairio 
ritenere che la generica menzione della materia corporativa 
non sia comprensiva tanto delle controversie collettive quanto di quelle 
individuali. 

Si deve, pertanto, concludere che con quel preciso significato 
l'espressione � stata inserita nell'art. 92, dell'ordinamento giudiziario. 

Del resto, se ben si riflette alla � ratio � della norma, non si pu� 
pervenire a diverso risultato: l'art. 92 contempla, infatti, le cause civili, 
la cui ritardata trattazione potrebbe portare grave pregiudizio alle parti 
e dispone che rispetto ad esse non si arresti la funzione giudiziaria nemmeno 
quando gli uffici rimangono privi della maggior parte dei magistrati 
addetti, per il periodo di riposo che loro compete. 

Ora, se vi sono cause, per le quali una ragione d'urgenza sussiste, 
sono proprio le controversie individuali di lavoro, onde � lecito ritenere 
che, quando nell'art. 92 si � fatto riferimento alla materia corporativa, 
si siano avute presenti in modo particolare le controversie individuali, 
nelle quali si discute in genere di diritti patrimoniali spettanti al lavoratore 
in dipendenza della sua prestazione d'opere. 

La legge, invero, si preoccupa di assicurare nel modo migliore la 
realizzazione dei crediti del prestatore d'opere, sia accordando privilegi 
(art. 2751, n. 4, c. c.), sia sottraendoli, in tutto o in parte, alla esecuzione 
(art. 545, terzo e quarto comma, c. p. c.), proprio in considerazione della 
loro particolare origine, che li fa assimilare ai crediti di natUJra alimentare: 
e, poich� le cause relative a questi sono espressamente contemplate 
tra quelle da trattarsi nel periodo feriale, � logico inferirne che 
identico trattamento debba� essere fatto per le controversie individuali 
di lavoro. 

L'avvenuta soppressione dell'ordinamento corporativo, con la conseguente 
eliminazione delle controversie collettive e l'abrogazione delle 
norme ad esse relative, ha quindi semplicemente importato una limitazione 
della portata dell'art. 92: questo, nella parte in cui richiama la 
materia corporativa, continua ad avere un significato entro i limiti in 
cui attualmente quell'espressione pu� ancor aver valore e cos� l'espressione 
stessa deve essere esclusivamente riferita alle controversie individuali. 




1030 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

� appena il caso di aggim;1.gere che siffatta interpretazione � pienamente 
suffragata dai principi che stanno a base della Costituzione repubblicana, 
la quale ha voluto tutelare in modo particolare i diritti del 
lavoratore con le disposizioni degli artt. 35 e segg., cosicch� non v'� dubbio 
che risponda ai criteri informatori della Costituzione la sollecita definizione 
delle controversie riflettenti i diritti dei lavoratori. 

Comunque, se ancora potessero sussistere dubbi, questi sono completamente 
fugati dai lavori preparatori della 1. n. 818, in particolare 
dalla discussione che ha preceduto l'approvazione da parte della Camera 
dei Deputati della legge suddetta. 

Invero, di fronte ai rilievi dell'on. Cacciatore, che era stato il presentatore 
della proposta di legge per una sospensione di termini durante 
il periodo feriale in modo da consentire un periodo di riposo anche per 
gli esercenti la professione forense, l'on. Fortuna riconobbe di es.sere 
incorso, nella sua relazione, in una omissione nell'elencare le cause 
civil per le quali non si sarebbe dovuta applicare la sospensfone dei termini 
ed afferm� esplicitamente che il riferimento all'art. 92 ord. giud. 
doveva essere inteso �nella sua integralit��, p:roseguendo testualmente: 

�nell'articolo suddetto debbono essere considerate comprese tutte le 
controversie di lavoro: ed � giusto che, accanto agli alimenti e alla revoca 
di fallimento, questa materia sia compresa tra quelle considerate 
urgenti� (Atti parlamentall'i, seduta del 4 febbraio 1965, pag. 12651). 
Questa interpretazione fu condivisa dal Sottosegretario Misasi per il 
Governo, il quale precis� che non si era inteso apportare alcun emen


damento all'art. 92; ed avendo poi l'on. Cacciatore chiesto che nel 

processo verbale fosse p:recisato che la Camera aveva inteso � ricono


scere alle controversie in materia di lavoro un connaturale carattere di 

urgenza che le rende insuscettibili di sospensione di termini ai sensi 

dell'art. 1 della legge�, il Presidente dell'Assemblea diede assicurazioni 

in proposito, osservando che Commissione e Governo avevano gi� .pre


cisato, proprio in quei termini, il senso dell'art. 3. 

Ritenuta, pertanto, l'inapplicabilit� della sospensione dei termini nei 

riguardi delle controversie individuali di lavoro, devesi accogliere l'ec


cezione di parte resistente, giacch� non pu� dubitarsi che la presente 

causa, in cui si discute della misura della retribuzione spettante ad 

una insegnante e delle indenit� derivanti dalla risoluzione del rapporto, 

configuri una tipica controversia di lavoro. 

A torto il ricorrente obbietta che la natura della controversia sarebbe 
in discussione, postoch� con il ricorso si sostiene la ricorrenza di 
un rapporto di pubblico impiego e si nega la giurisdizione del giudice 
ordinario, perch� non si sarebbe in presenza di un rapporto di lavoro 
di diritto privato, riconducibile sotto le previsioni dell'art. 429 c. p. c., 
che elenca appunto le controversie individuali di lavoro. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1031 

Invero, per stabilire la natura della controversia, quando ci� sia 
necessario per individuare le norme di rito ad es.sa applicabili, occorre 
far riferimento all'impostazione che alla stessa ha dato la parte e alla 
configurazione che le ha attribuito il giudice di merito. 

Del principio questo Supremo Collegio ha fatto ripetuta applicazione 
in tema di deposito per il caso di soccombenza, da cui sono esenti 
i ricorsi per cassazione relativi a controversie del lavoro: si �, infatti, 
ritenuto che l'esenzione valga per tutti i ricorsi per cassazione avverso 
sentenze pronunciate secondo il rito speciale delle controversie individuali 
del lavoro, e ci� anche quando sia stata contestata l'appartenenza 
del rapporto sostanziale dedotto in giudizio alla materia del diritto 
del lavoro e la sentenza abbia escluso l'esistenza di uno dei rapporti 
previsti dall'art. 429 c. p. c. (sentenza 25� settembre 1964, n. 2420); e si 
�, anzi, affermato che l'esenzione opera anche nell'ipotesi di ricorso per 
regolamento di giurisdizione, proposto in relazione a sentenza del giudice 
ordinario, che abbia dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo 
trattarsi di rapporto di impiego con ente pubblico (sentenza 6 
maggio 1963, n. 1105). 

Ora, nel caso concreto, la causa � stata sempre trattata col rito 
proprio delle �controversie individuali di lavoro ed � pacifico che la sentenza, 
contro la quale � rivolta l'impugnazione, � .stata emessa dalla 
Corte di Appello di Napoli in funzione di magistratura del lavor�, con 
l'intervento del Pubblico Ministero: questo � sufficiente per inquadrare 
la controversia tra quelle che rientrano nelle previsioni dell'art. 3 della 

I. n. 818, per le quali non opera la sospensione dei termini disposta dall'art. 
1 della medesima legge. -(Omissis). 
II 

(Omissis.). -La Corte rileva preliminarmente che la sentenza 

4 -28 giugno 1965 del Tribunale di Busto Arsizio, contro la quale � 

stato proposto regolamento di competenza, � stata comunicata ai pro


curatori delle parti il 14 luglio 1965. 

Il ricorso per regolamento di competenza � stato dal Calzaturificio 

Winston notificato alla controparte il 28 settembre 1965, vale a dire 

ben settantasei giorni dopo la cennata comunicazione e pertanto deve 

essere dichiarato inammissiible. 

Infatti, pur tenendo conto della sospensione � del corso dei termini 

processuali scaduti tra il 1� agosto e il 15 settembre � disposta dal


l'art. 1 della legge 14 luglio 1965, n. 818, risulta pur sempre superato 

il termine perentorio di trenta giorni stabilito dall'art. 47 c. p. c. a pena 

di decadenza dell'impugnazione. 



1032 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� perch�, non potendo una legge essere operante prima della 
sua entrata in vigore, quella sopra citata -che entr� in vigore il 4 agosto 
1965 -non poteva evidentemente spiegare efficacia sospensiva di 
quella parte del termine processuale che, a tale data, era gi� decorsa. 
E pertanto, essendo nella specie dal 4 luglio (data della comunicazione 
della sentenza) al 4 agosto gi� trascorsi giorni venti del termine d'impugnazione 
ed operando la sospensione dal 4 agosto al 15 settembre, i 
rimanenti giorni dieci -decorrenti da questa ultima data -andavano 
a scadere il 25 settembre e non il 28, data della notificazione del 
ricorso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 luglio 1966, n. 2092 -Pres. Vallillo 
-Est. Ginetti -P. M. Gedda (diff.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Colletta) c. Societ� Idroelettrica del Cilento (avv. Solari). 


Esecuzione forzata -Pignoramento -Versamento da parte del debitore 
nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procede 
e dello importo delle spese con l'incarico di consegnarli al creditore 
-Efficacia liberatoria -Sussiste. 

(c.p.c., art. 494; e.e., art. 1188, comma primo). 

Il versamento da parte del debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario, 
che procede al pignoramento, della somma per cui si procede 
e deU'imparto delle spese, con l'incarico di consegnarli al ereditare, non 
� considerato dalla vigente legge processuale come un mezzo per ottenere 
la sospensione dell'esecuzione forzata, ma come un mezzo per 
evitarla eseguendo l'obbligazione. Epper� l'art. 494 c. p. c. ha una duplice 
portata: da un lato afferma l'effetto liberatorio del pagamento 

effettuato aU'ujficiale giudiziario; dalL'altro riconosce al debitore, che 
paga nelle particolari condizioni previste, la facoltd di riservarsi la 
ripetizione della somma versata (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'amministrazione finanziaria 
dello Stato denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 
494 c. p. c., 157 disposizioni di attuazione c. p. c., 1177 e 1188 c. c. 

(1) Mancano precedenti giurisprudenziali in termini. Per la diversa 
ipotesi, prevista dall'art. 495 c. p. c., di sostituzione alle cose pignorate di 
una somma di danaro pari all'importo delle spese e dei crediti del creditore 
pignorante e dei creditori intervenuti (conversione del pignoramento), v. 
Cass., 8 gennaio 1966, n. 176, Giur. it., Mass., 1966, 71, la quale avverte che 
� il versamento disciplinato dall'art. 495 c. p. c., che il debitore esecutato 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1033 

Lamenta, in concreto, che erroneamente la Corte di Napoli abbia ritenuto 
l'effetto liberatorio immediato del debitore, il quale, per evitare 
il pignoramento, versi nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma 
per cui si procede e l'importo delle spese, mentre tale versamento 
avrebbe -secondo il suo assunto -solo il valore di deposito della 
somma; con l'obbligo per l'ufficiale giudiziario procedente di custodirla 
fino alla consegna di essa al creditore (art. 360, n. 3, c. p. c.). 

La censura � infondata. 

Il problema che si pone all'esame di questa Corte Suprema � quello 
di stabilire il significato e la portata dell'art. 494 c. p. c.: se cio� il versamento 
della somma in esso previsto abbia o meno valore di pagamento. 
Non v'ha dubbio che debba pervenirsi alla conclusione positiva, 
ove si proceda alla interpretazione letterale e logica della norma e se 
ne estenda l'esame ai precedenti storici. 

La fattispecie non ha mai formato oggetto di risoluzione da parte 
di questo Supremo Collegio. Soltanto con la sentenza n. 1188 del 14 
maggio 1963 � stato esaminato se il sequestro conservativo sulla somma 
versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario per evitare 
il pignoramento debba eseguirsi in forma diretta o secondo le modalit� 
previste per l'espropriazione presso terzi e s'� ritenuto che debba farsi 
ricorso a quest'ultima forma. Ma tale risoluzione si giustifica con la 
considerazione che, dovendo applicarsi, per l'esecuzione del sequestro 
conservativo, le norme stabilite per il pignoramento, occorre ricercare 
dove trovansi le cose da sequestrare e chi ne abbia il possesso ed � 
evidente che la somma versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario 
per evitare il pignoramento trovasi in possesso di quest'ultimo 
finch� non l'abbia consegnata al creditore, per cui, in tal caso, appare 
giustificato che il sequestro debba operarsi nelle mani dell'ufficiale 
giudiziario, terzo rispetto al creditore sequestrante ed al debitore sequestrato 
(artt. 678, comma 1�, e 543, comma 1�, c.p.c.). 

La fattispecie decisa, per�, non pu� avere alcuna incidenza sulla 
diversa questione, costituente oggetto del presente ricorso. 

� da premettere intanto che con le sentenze n. 1994 del 1961 e 
176 del 1966 la stessa Corte Suprema ha stabilito il principio che la 
conversione del pignoramento prevista dall'art. 495 c. p. c., con la 
facolt� concessa al debitore di sostituire alle cose pignorate una somma 

pu� compiere, ai fini della conversione del pignoramento, in qualunque 
momento anteriore alla vendita, a titolo di deposito e senza pregiudizio per 
l'ulteriore corso della procedura esecutiva, ha -a differenza del pagamento 
fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario allo scopo di evitare il 
pignoramento ai sensi dell'art. 494 stesso codice -natura cauzionale e non 
definitiva e, perci�, non fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione 
degli interessi ulteriori sulla somma dovuta �. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1034 

di danaro, che rimane cos� sottoposta a pignoramento in vece di quelle 
-a differenza del pagamento fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario 
di cui al precedente art. 494 c. p. c. che ha natura definitiva -non 
fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione degli interessi 
sulla somma a lui dovuta, per il tempo successivo alla conversione 
del pignoramento da parte del debitore, ma anteriore al soddisfacimento 
del credito. 

� da aggiungere, poi, ai fini dell'analisi interpretativa del primo 
comma dell'art. 494 c. p. c., che, sotto l'impero del vecchio codice di 
rito, molto si era discusso sull'effetto del versamento nelle mani dell'ufficiale 
giudiziario della somma per cui si procedeva e dell'importo 
spese, a norma dell'art. 580 cpv. di quel c. p. c., e 'si era ammesso che 
esso non avesse efficacia liberatoria, ma solo sospensiva dell'esecuzione, 
poich�, secondo l'espressa previsione della norma, era effettuato a titolo 
di deposito. 

Ma, dal momento che la sospensione derivava dal solo deposito 
che l'escusso eseguiva, ancorch� non accompagnato dall'opposizione, ne 
conseguiva che il sistema forniva al debitore il facile mezzo di fermare 
l'esecuzione, senza addossargli l'onere di farsi ulteriormente attivo per 
dichiarare i motivi che aveva di far sospendere l'esecuzione. 

Da qui incertezze e discussioni, per trovare un mezzo onde stroncare 
le mali arti del debitore, poi offerto con la disposizione dell'articolo 
494 nuovo c. p. c. Questa norma, il cui contenuto � sintetizzato 
nella intestazione � pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario �, 
dispone che il debitore pu� evitare il pignoramento versando nelle 
mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo 
delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; e l'art. 157 delle 
disposizioni di attuazione prescrive il modo di redazione del relativo 
processo verbale da parte dell'ufficiale giudiziario ed il deposito di esso 
in cancelleria insieme con la prova del versamento dell'anzidetta 
somma. 

Ci� posto, deve subito rilevarsi che il versamento della somma 

all'ufficiale giudiziario ha l'effetto di evitare il pignoramento -non 

soltanto di sospenderlo -e, poich� lo scopo ultimo dell'azione esecu


tiva � quello satisfattorio, � evidente che tale azione pu� venir meno, e 

pu� venir meno, quindi, la necessit� di procedere a pignoramento, solo 

se il creditore � soddisfatto. 

N� pu� opporsi che il versamento nelle mani dell'ufficiale giudi


ziario della somma per cui si procede e dell'importo delle spese, con 

l'incarico di consegnarli al creditore, induce a ritenere che il versa


mento sia effettuato a titolo di deposito, come era espressamente pre


visto dall'art. 580 c. p. c. abrog., giacch� la locuzione usata dal legi


slatore � diretta ovviamente a sottolineare l'attivit� del debitore, che 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1033 

Lamenta, in concreto, che erroneamente la Corte di Napoli abbia ritenuto 
l'effetto liberatorio immediato del debitore, il quale, per evitare 
il pignoramento, versi nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma 
per cui si procede e l'importo delle spese, mentre tale versamento 
avrebbe -secondo il suo assunto -solo il valore di deposito della 
somma; con l'obbligo per l'ufficiale giudiziario procedente di custodirla 
fino alla consegna di essa al creditore (art. 360, n. 3, c. p. c.). 

La censura � infondata. 

Il problema che si pone all'esame di questa Corte Suprema � quello 
di stabilire il significato e la portata dell'art. 494 c. p. c.: se cio� il versamento 
della somma in esso previsto abbia o meno valore di paga~ 
mento. Non v'ha dubbio che debba pervenirsi alla conclusione positiva, 
ove si proceda alla interpretazione letterale e logica della norma e se 
ne estenda l'esame ai precedenti storici. 

La fattispecie non ha mai formato oggetto di risoluzione da parte 
di questo Supremo Collegio. Soltanto con la sentenza n. 1188 del 14 
maggio 1963 � stato esaminato se il sequestro conservativo sulla somma 
versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario per evitare 
il pignoramento debba eseguirsi in forma diretta o secondo le modalit� 
previste per l'espropriazione presso terzi e s'� ritenuto che debba farsi 
ricorso a quest'ultima forma. Ma tale risoluzione si giustifica con la 
considerazione che, dovendo applicarsi, per l'esecuzione del sequestro 
conservativo, le norme stabilite per il pignoramento, occorre ricercare 
dove trovansi le cose da sequestrare e chi ne abbia il possesso ed � 
evidente che la somma versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario 
per evitare il pignoramento trovasi in possesso di quest'ultimo 
finch� non l'abbia consegnata al creditore, per cui, in tal caso, appare 
giustificato che il sequestro debba operarsi nelle mani dell'ufficiale 
giudiziario, terzo rispetto al creditore sequestrante ed al debitore sequestrato 
(artt. 678, comma 1�, e 543, comma 1�, c.p.c.). 

La fattispecie decisa, per�, non pu� avere alcuna incidenza sulla 

diversa questione, costituente oggetto del presente ricorso. 

� da premettere intanto che con le sentenze n. 1994 del 1961 e 
176 del 1966 la stessa Corte Suprema ha stabilito iJ. principio che la 
conversione del pignoramento prevista dall'art. 495 c. p. c., con la 
facolt� concessa al debitore di sostituire alle cose pignorate una somma 

pu� compiere, ai fini della conversione del pignoramento, in qualunque 
momento anteriore alla vendita, a titolo di deposito e senza pregiudizio per 
l'ulteriore corso della procedura esecutiva, ha -a differenza del pagamento 
fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario allo scopo di evitare il 
pignoramento ai sensi dell'art. 494 stesso codice -natura cauzionale e non 
definitiva e, perci�, non fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione 
degli interessi ulteriori sulla somma dovuta .. 



1&34 RASSEGN~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di danaro, che rimane cos� sottoposta a pignoramento in vece di quelle 
-a differenza del pagamento fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario 

di cui al precedente art. 494 c. p. c. che ha natura definitiva -non 
fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione degli interessi 
sulla somma a lui dovuta, per il tempo successivo alla conversione 
del pignoramento da parte del debitore, ma anteriore al soddisfacimento 
del credito. 

� da aggiungere, poi, ai fini dell'analisi interpretativa del primo 
comma dell'art. 494 c. p. c., che, sotto l'impero del vecchio codice di 
rito, molto si era discusso sull'effetto del versamento nelle mani dell'ufficiale 
giudiziario della somma per cui si procedeva e dell'importo 
spese, a norma dell'art. 580 cpv. di quel c. p. c., e 'si era ammesso che 
esso non avesse efficacia liberatoria, ma solo sospensiva dell'esecuzione, 
poich�, secondo l'espressa previsione della norma, era effettuato a titolo 
di deposito. 

Ma, dal momento che la sospensione derivava dal solo deposito 
che l'escusso eseguiva, ancorch� non accompagnato dall'opposizione, ne 
conseguiva che il sistema forniva al debitore il facile mezzo di fermare 
l'esecuzione, senza addossargli l'onere di farsi ulteriormente attivo per 
dichiarare i motivi che aveva di far sospendere l'esecuzione. 

Da qui incertezze e discussioni, per trovare un mezzo onde stroncare 
le mali arti del debitore, poi offerto con la disposizione dell'articolo 
494 nuovo c. p. c. Questa norma, il cui contenuto � sintetizzato 
nella intestazione � pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario �, 
dispone che il debitore pu� evitare il pignoramento versando nelle 
mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo 

delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; e l'art. 157 delle 
disposizioni di attuazione prescrive il modo di redazione del relativo 
processo verbale da parte dell'ufficiale giudiziario ed il deposito di esso 
in cancelleria insieme con la prova del versamento dell'anzidetta 
somma. 

Ci� posto, deve subito rilevarsi che il versamento della somma 
all'ufficiale giudiziario ha l'effetto di evitare il pignoramento -non 
soltanto di sospenderlo -e, poich� lo scopo ultimo dell'azione esecutiva 
� quello satisfattorio, � evidente che tale azione pu� venir meno, e 
pu� venir meno, quindi, la necessit� di procedere a pignoramento, solo 
se il creditore � soddisfatto. 

N� pu� opporsi che il versamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario 
della somma per cui si procede e dell'importo delle spese, con 
l'incarico di consegnarli al creditore, induce a ritenere che il versamento 
sia effettuato a titolo di deposito, come era espressamente previsto 
dall'art. 580 c. p. c. abrog., giacch� la locuzione usata dal legislatore 
� diretta ovviamente a sottolineare l'attivit� del debitore, che 



!\ CIVILE 1035 

giudiziario; che invece 

si desume dalla stessa 
, e il valore di un pagaiziario 
procedente, che 

dalla legge a riceverlo 
ll't. 1188, comma I, c. c. 
:se solo valore di� depodi 
ottenerne la restitutto 
che.l'ufficiale giudilitore, 
dandone atto nel 
atamente-in cancelleria 
(). all'avente diritto. 
lispone che all'atto del 
somma versata e di ci� 

sso verbale: trattasi rl.i 
ile, allorquando succes1nuto 
a pagare. 
>one sempre un .�pagatile 
prevedere la riserva 

all'atto del versamento 
~tti liberatori immediati 

.e la relazione del Guarrocedura 
civile (n. 342), 
della dottrina, cosi si 
::> non � considerato nel 
Lsione, ma soltanto come 
l'obb1igazione. La dispo~
rma l'effetto liberatorio 
lo; dall'altro canto rico


condizioni previste, di 
ssis). 

re 1966, n. 2326 -Pres. 
(diff.) -Petrucci e Temdello 
Stato (avv. Stato 

arcimento del danno da 
:ome reato -Determinalita 
per il reato, al fine 


1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

de11a sua appllcazio:tte all'azione civile -Ipotesi di concorso formai& 
di reati -Necessit� di considei'�re U fatt�-reato in s�; indipenden� 
temetite dall'eve:ttto pltirimo -Fattispecie di reato di c;lisastro feri'�viar�o 
ec>lposo pt6duttif� anche della morte di pili persone~ 

." �..� :���.�.> �.. �.:..-: ... 

(e.e., ari; 294'7, corii.rila t�cio); 

\ 

\ 

\. .Qitand.o T.icorta; un. unico fatto colposo.. violatOTe di diverse disposi\
�i dell� legge penale, osSia un fatto solo con pluralit� di eventi, i11> 
\~denza�deUatesione di pi� .beni giuTi.dici penalmente ttf;telati (con,. 
\fOTmale di reati):. PeT po.tere stabitiTe quale Sia .ia presCTizi(>ne'''
va, considerata/dal teTzo commadeWaTt;, 2947 c. c.~ da applicare 
�\ civile TisaTc.itoTia, deve aversi TiguaTdo. a quezia prevista 
"~9-reato in s�, indipendentemente daUa circostanza che lo 
''l?duttivo di evento plurimo (applicazione .al caso di delitto 
'-,roviario colposo produttivo anche deWevento deila morte 
\~rsone: Zct .prescrizione del!'azione TisarcitOTi.a, .a. norma 
'\~ma terzo, c; c,, deve essere di quindici .anni e non. 

\~. 

�\.. 

'\~ preliminarmente ordinarsi la riunione dei ri\
wugnazioni proposte separatamente contro la 

,. 

\. 

\1,9mune ai due ricorsi, denunciandosi fa vio\~ 
degli artt. 2947 c. c., 81, 157 e 185 c. p., 
''\vito ha errone~mente applicato all'azione 
'\, del delitto�� di on'lic�dio �colposo, �laddove 
"ielfa I>ifi lunga del delitto di disastro 
\~ sia quando la Tempestini promosse 
\Jl'Amministrazione delle ferrovie 
';vembre 1958), sia qtiarido la Pe


\~omparsa 26 giugno 1962).

\: .. 

\ 

..,�i. Un., 23 giugno 1964, n. 1640, 
~6n,do la sentenza in ~ssegna, l'errore 
,,f'~ di considerare l'evento arizich� il fatto,,,
t( quello �, senonch� � da obiettare Che la 
....,; di merito s'era rivolta all'omicidio colposo e 
, � sicuramente un reato d'evento. Il rilievo della sen,.,
�mbra si riduca, pertanto, all'altra affermazione che, per 
,.,.1� del problema della determinaziOne della pi� lunga pre,,.
ct applicar~ all'azione civile risarcitoria, nel ~� dLc<;>ncorro 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1037 

Ha ritenuto la Corte che, secondo l'assunto delle istanti, la morte 
del rispettivo marito e padre si ricollegava ad un fatto integrante gli 
estremi dei reati di disastro ferroviario colposo e di omicidio colposo, 
dei quali era da ritenersi responsabile non il personale viaggiante del1'
Amministrazione ferroviaria, che con varie formule era stato prosciolto 
da tali imputazioni con la sentenza irrevocabile resa in sede 
di appello il 12 ottobre 195'6, bensl il personale, dipendente dalla stessa 
Amministrazione, che prestava servizio a terra e non era stato identificato. 
Ma, considerandosi il fatto illecito come reato, o, pi� esattamente, 
come concorso formale di reati, in quanto con una sola azione 
erano state violate diverse disposizioni della legge penale, per calcolare 
il tempo necessario a prescrivere l'azione risarcitoria ai sensi dell'art. 
2947, terzo comma, c. c., doveva, ad avviso della Corte, tenersi 
conto che l'evento, cui ai fini della prescrizione fa riferimento la 
norma ora citata, si identifica con il fatto costitutivo del reato generatore 
del danno, dal quale l'azione trae origine, e cio�, nella specie, 
con l'omicidio colposo (non essendo la morte di una o pi� persone 
considerata come elemento costitutivo o circostanza aggravante del 

disastro colposo), il quale si prescrive in dieci anni, decorrenti dal 
giorno della consumazione (articoli 15�7, n. 3, e 158 c. p.), con la conseguenza 
che la prescrizione si era gi� maturata, quando il giudizio 
fu iniziato dalla Tempestini e, a maggior ragione, quando la Petrucci 
vi intervenne volontariamente. 

La decisione, a cui la Corte � pervenuta, � stata disattesa da questo 

Supremo Collegio nella sentenza a sezioni unite 23 giugno 1964, n. 1640, 

in una fattispecie identica a quella in esame, e dalla soluzione ivi 

accolta non sussistono ragioni per discostarsi. 

formale di reati, � non pu� aversi riguardo che a quella prevista per l'unico 
fatto costitutivo del danno �, ma questa affermazione sembra lasci il problema 
al punto di partenza, se non � addirittura controproducente. Ed 
invero, se � l'unico fatto costitutivo del danno � o, meglio, e il fatto illecito 
generatore del danno � (Cass., 12 febbraio 1960, n. 219, Giur. it., 1960, 
I, 1, 1029 e 1031; 10 luglio 1959, n. 2236, id., 1959, I, 1327 e 1329), a cui allude 
necessariamente l'art. 2947, comma terzo, c. c., dettato appunto in tema di 
prescrizione del diritto al risarcimento del � danno derivante da fatto illecito., 
� considerato dalla legge come integrante diversi reati, non si vede 
come possa esservi sicuramente, per diversi reati, lo stesso termine prescrizionale, 
visto che i termini della prescrizione penale dipendono dalla misura 
(massima) della pena edittale (art. 157 c. p.), ossia, in ultima analisi, 
dalla specifica configurazione penale del fatto. L'affermazione della sentenza 
in rassegna sembra debba intendersi, pertanto, nel senso che fra gli eventuali, 
diversi termini prescrizionali occorre far riferimento a quello applicabile 
al reato, formalmente concorrente, di cui sia elemento costitutivo o 
< contenuto > (cfr. PECORARO-ALBANI, Il dolo, Napoli, 1955, 625) precisa




1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Invero, riconosciuto che la morte del congiunto delle istanti avrebbe 
configurato, insieme col delitto di disastro colposo, anche quello 
di omicidio colposo, non sembra che ci� possa avere rilevanza sul termine 
prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, come la 
Corte di merito ha invece ritenuto. 
Come gi� si � accennato, si tratta di concorso formale di reati, 
parificato dall'art. 81 c. p., che ne contiene la disciplina, al concorso 
materiale in ordine al cumulo delle pene e alle sue limitazioni, ossia 
di un unico fatto colposo violatore di diverse disposizioni di legge, o, 
pi� propriamente, di un fatto solo con una pluralit� di eventi, in dipendenza 
della lesione di pi� beni giuridici penalmente tutelati. Ma, poich� 
l'art. 2947, terzo comma, c. c. fa richiamo al fatto considerato dalla 
legge come reato, per .potere stabilire quale sia la prescrizione pi� 
lunga, considerata dalla norma, da applicare all'azione civile, non pu� 
aversi riguardo che a quella prevista per l'unico fatto costitutivo del 
danno, cio� per il delitto di disastro colposo, a nulla rilevando che 
in esso si sia inserito anche l'evento della morte di una o pi� persone. 

La tesi affermata dalla Corte presenta il .difetto di considerare 
l'evento anzi che il fatto-reato, confondendo questo con quello, contro 
la lettera e la ratio della norma in esame, la quale si riferisce al fattoreato 
in s�, indipendentemente dalla circostanza, quale si verifica nel 
caso di concorso di disastro colposo e di omicidio colposo, che lo 
stesso sia produttivo di un evento plurimo. 

E, poich� la prescrizione del reato di disastro ferroviario colposo, 
per cui � comminata nel massimo la pena della reclusione per dieci 
anni, avviene in quindici anni dal giorno della consumazione (art. 157, 

n. 2, c. p.) e il periodo relativo, applicabile anche all'azione civile, 
come si rileva dalla sentenza impugnata, non si era maturato al mo-
mente il danno, del risarcimento del quale si tratti; ma, allora, sembra 
che, nel caso di specie, avesse ragione proprio la sentenza denunciata, 
che aveva fatto riferimento al termine di prescrizione dell'omicidio colposo, 
rispetto al quale, appunto, l'evento della morte del congiunto delle 
attrici (che da tale decesso traevano sostegno alla loro pretesa risarcitoria) 
era dalla legge assunto ad elemento costitutivo, necessario, del 
reato, mentre non altrettanto pu� dirsi per la fattispecie legale del reato 
di disastro ferroviario colposo, ad integrare il quale, in relazione all'interesse 
tutelato della pubblica incolumit�, non occorre un danno effettivo 
alle persone: cfr. Cass., 16 marzo 1954, Giust. pen., 1954, II, 819 ed in 
genere Cass., 14 marzo 1957, Riv. pen., 1958, II, 100; in dottrina v. GRANATA, 
I reati ferroviari nei codice penate, Riv. giur. circ. e trasp., 1951, 251 e 
segg. Avverte Cass., 13 novembre 1963, n. 1056, Cassazione penale, Mass., 
1964, 623, che perch� sussista il reato di disastro ferrovfario colposo � occorre 
che si sia verificato un evento di notevole gravit�, ma non esistono criteri 
quantitativi precisi per distinguere quali danni consentano di parlare di 
disastro�� 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1039 

mento in cui la Tempestini notific� l'atto di citazione e in quello in 
cui la Petrucci intervenne nel processo, ne consegue che, in accoglimento 
del primo motivo, comune ai due ricorsi, l'impugnata sentenza 
dev'essere cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altro giudice 
di pari grado, restando assorbiti gli altri motivi, i quali prospettano 
questioni di carattere subordinato rigpetto alla questione di prescrizione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 ottobre 1966, n. 2431 -Pres. Pece 
-Est. Giannattasio -P. M. Di Majo (conf.) -Societ� Agricola 
Bonifica Sarda (avv.ti Nonnis, Mazzullo) c. Amministrazione delle 
Finanze (avv. Stato Pietrini-Pallotta). 

Demanio e patrimonio -Campi di tiro a se~no -Devoluzione allo Stato 
senza compenso -Terreni di propriet� di terzi -Esclusione dalla 
devoluzione -Necessit� di apposita espropriazione verso corresponsione 
della relativa indennit�. 

(Cast., art. 42, comma terzo; e.e., art. 834; 1. 17 aprile 1930, n. 479; reg. 21 novembre 
1932, n. 2051; 1. 4 giugno 1934, n. 950, mod. con d.1. 16 dicembre 1935, 
n., 2430 conv. in 1. 4 giugno 1936, n. 1143, art. 3). 

Per effetto dell'art. 3 l. 4 giugno 1934, n. 950 sono passati al 
'l)emanio dello Stato senza compenso i campi di tiro a segno costruiti 
i, impiantati a totale spesa dello Stato, quelli costruiti ed impiantati 
~rziale spesa dello Stato, della Provincia e del Comune a norma 
'rt. 12 i. 17 aprile 1930, n. 479, ed a tutto concedere quelli gi� 
menti in piena ed assoluta propriet� alle societ� mandamentali; 
'usi, invece, da tale devoluzione gratuita i terreni di propriet� 
\ cui siano stati impiantati campi di tiro, dovendo in tal caso 
i, principio generale del rispetto della propriet� privata, it 
\ancora che dall'art. 42 della Costituzione o dall'art. 834 
'{incito dall'art. 438 c. c. 1865 e dall'art. 29 dello Statuto 
'i.atta ipotesi, la devoluzione senza compenso disposta 

n. 950 del 1934 � limitata aUe sole attrezzature tec'
iagli, agli impianti elettrici, alle dotazioni di arma'
O previsto dall'art. 12, comma secondo, Z. 17 aprile 

'risata dalla massima di cui sopra v., analo5 
d. lg. 11 marzo 1948, n. 409, in materia 
'Qll'art. 2, v. in questa Rassegna, 1966, I, 
'U, n. 702, Foro it., 1952, I, 677, la quale 
...o 1948, n. 409 esaurisce il suo scopo con 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA .CIVILE 1037 

1to la Corte che, secondo l'assunto delle istanti, la morte 
marito e padre si ricollegava ad un fatto integrante gli 
~ati di disastro ferroviario colposo e di omicidio colposo, 
da ritenersi responsabile non il personale viaggiante delione 
ferroviaria, che con varie formule era stato proi 
imputazioni con la sentenza irrevocabile resa in sede 
2 ottobre 195,5, bens� il personale, dipendente dalla stessa 
ne, che prestava servizio a terra e non era stato identinsiderandosi 
il fatto illecito come reato, o, pi� esattaoncorso 
formale di reati, in quanto con una sola azione 
:>late diverse disposizioni della legge penale, per calco1ecessario 
a prescrivere l'azione risarcitoria ai sensi delzo 
comma, c. c., doveva, ad avviso della Corte, tenersi 
�ento, cui ai fini della prescrizione fa riferimento la 
ta, si identifica con il fatto costitutivo del reato gene10, 
dal quale l'azione trae origine, e cio�, nella specie, 
colposo (non essendo la morte di una o pi� persone 
ne elemento costitutivo o circostanza aggravante del 
>), il quale si prescrive in dieci anni, decorrenti dal 
isumazione (articoli 157, n. 3, e 158 c. p.), con la conprescrizione 
si era gi� maturata, quando il giudizio 
1 Tempestini e, a maggior ragione, quando la Petrucci 
olontariamente. 
~. a cui la Corte � pervenuta, � stata disattesa da questo 

o nella sentenza a sezioni unite 23 giugno 1964, n. 1640, 
'ie identica a quella in esame, e dalla soluzione ivi 
istono ragioni per discostarsi. 
non pu� aversi riguardo che a quella prevista per l'unico 
.el danno �, ma questa affermazione sembra lasci il proli 
partenza, se non � addirittura controproducente. Ed 
e> fatto costitutivo del danno ., o, meglio, � il fatto ille1 
danno > (Cass., 12 febbraio 1960, n. 219, Giur. it., 1960, 
l luglio 1959, n. 2236, id., 1959, I, 1327 e 1329), a cui allude 
:irt. 2947, comma terzo, c. c., dettato appunto in tema di 
ritto al risarcimento del � danno derivante da fatto ille


o dalla legge come integrante diversi reati, non si vede 
sicuramente, per diversi reati, lo stesso -termine prescri'
� termini della prescrizione penale dipendono dalla mila 
pena edittale (art. 157 c. p.), ossia, in ultima analisi, 
gurazione penale del fatto. L'affermazione della sentenza 
debba intendersi, pertanto, nel senso che fra gli evenli 
prescrizionali occorre far riferimento a quello applinalmente 
concorrente, di cui sia elemento costitutivo o 
PECORARO-ALBANI, Il dolo, Napoli, 1955, 625) precisa


inta omessa, 
bcisivo della 
�nella legget, della �1eggeie. p. c., e de~
zioni di tirb 
bssendo stati, 
Demanio, non 
~ quel e nesso 
li.ritto derivajnte 
al. primo, 
ttoria motiva~. 
n. 479 (so1artt. 
61, 64, 
~rt. 360, nn. 3 
~campi di tiro 
psono impian~
uito c.arattere 
!to con negozio 
~ un ente pubk>
riet�. 
ie, gi� discipliiento 
approvato 
i\ societ� mandaha 
per la parte 
\strativa, subiva 
~siva e precisa.
ento 21 nov�mh 
d.1. 16 dicem


~43. 
~932, in armonia 
;damentali venibitaliana 
di tiro 
\\direttivi, "Veniva 

~se costruite dallo 
!demanio pubblico 
}azione si riferisce 
'!'pu� essere trasfele 
norme del testo 
~no, adunque, sol




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1041 

introdotta la nomina di ufficiali della milizia nazionale con compiti 
tecnici e amministrativi. La partecipazione dello Stato era prevista 
sotto forma di acquisto o di affitto dei terreni, gi� appartenenti alle 
societ� mandamentali, sui quali erano impiantati i campi di tiro e 
veniva stabilito (art. 12) che, per le spese di impianto e la sistemazione 
dei campi di tiro, vi sarebbe stato il concorso dello Stato per 
3/5, quelli della Provincia e del Comune rispettivamente per 1/5. 
La 1. 4 giugno 1934, n. 950 (le modifiche ad essa apportate col 

r. d. 1. 16 dicembre 1935, n. 2430, conv. in 1. 4 giugno 1936, n. 1143 
non interessano il presente giudizio) introduceva il criterio secondo 
il quale per l'impianto, la sistemazione e gli affitti dei campi di tiro 
avrebbe provveduto per l'avvenire unicamente lo Stato (art. 1). Il 
successivo art. 3, sul quale massimamente � fondata l'impugnata sentenza, 
� del seguente tenore: e Entro un anno dalla pubblicazione della 
presente legge, tutti i campi di tiro appartenenti alle sezioni, quale 
che sia la loro provenienza, passeranno al Demanio dello Stato. Tale 
trasferimento avr� luogo senza compenso >. 
Per l'esatta interpretazione di questo articolo, occorre inquadrarlo 
in tutto il sistema anteriore, senza di che non sarebbe dato intendere 
n� le nozioni di e appartenenza> n� quella di e provenienza �. Innanzi 
tutto il passaggio al Demanio dello Stato riguarda tutti i campi di tiro, 
e appartenenti � alle sezioni della Societ� italiana di tiro a segno, o 
perch� tali sezioni li avevano acquistati o li avevano espropriati, o 
perch� l'acquisto ovvero l'esproprio era avvenuto ad opera dello Stato, 
ai sensi dell'art. 12 della legge del 1930, con il concorso della Provincia 
o del Comune. A tutto concedere si pu� anche ammettere, dato 
il clima politico del tempo, che i campi di tiro, gi� appartenenti in 
piena ed assoluta propriet� alle societ� mandamentali, erano passati 
ipso iure con la legge del 1930 alle sezioni di tiro ed anche per questi 
nel 1934 avvenne il passaggio senza compenso al Demanio dello Stato. 
Ma, se il campo di tiro nel suo complesso, anche soltanto il terreno 
nel quale sorgeva, era pervenuto nella materiale disponibilit� della 
sezione di tiro a segno dalla societ� mandamentale, la quale, a sua 
volta, l'aveva acquistato con la condizione risolutiva della retrocessione, 
qualora la societ� avesse cessato la sua attivit� (non importa 
se la cessazione fosse stata volontaria o coattiva), ovvero fosse venuto 
a mancare lo scopo per cui la cessione aveva avuto luogo, il passaggio 
del bene al Demanio limitatamente al terreno non poteva avvenire, 
perch� la scomparsa della societ� mandamentale e della sezione di tiro 

a segno, in cui tale societ� si era trasformata (art. 22 1. n. 479 del 
1930; art. 9 reg. n. 2051 del 1932), dava luogo ipso iure alla retrocessione. 
Naturalmente la parte che invoca la non appartenenza e quindi 



1042 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il mancato passaggio del bene al Demanio deve provare, in una situazione 
del genere, il verificarsi della condizione in epoca anteriore alla 
pubblicazione della legge del 1934, ma tale prova era stata in parte 
offerta ed in parte richiesta dalla Soc. agricola bonifica sarda, e la 
Corte ha risposto semplicemente che non risultava che la condizione 
si fosse verificata all'atto della demanializzazione del terreno, donde 
la giusta censura di vizio di attivit� inerente ad un punto decisivo 
della controversia, che forma oggetto del terzo motivo di ricorso. 

Inoltre la dizione � quale che sia la loro provenienza �, relativa 
ai terreni destinati al passaggio al Demanio, non pu� avere altro significato 
che quello secondo il quale sono passati al Demanio dello Stato 
senza compenso i campi di tiro costruiti e impiantati a totale spesa 
dello Stato (art. 1 1. 1934) e quelli costruiti e impiantati a parziale 
spesa dello Stato, della Provincia e del Comune, a norma dell'art. 12 
della legge del 1930, e a tutto concedere, come gi� si � accennato, 
anche quelli gi� appartenenti in piena e assoluta propriet� alle societ� 
mandamentali. Quello che non si pu� concedere � che il legislatore 
abbia inteso comprendere nel passaggio senza compenso al Demanio 
anche i campi di tiro, e pi� precisamente i terreni sui quali essi sorgevano, 
di propriet� di terzi, contro il principio generale del rispetto 
della propriet� privata, il quale, prima ancora che dall'art. 42 della 
Costituzione e dall'art. 834 del c. c. 1942, era sancito dall'art. 438 c. c. 
1865 (per il quale nessuno poteva essere costretto a cedere la sua propriet� 
se non per cause determinate e premesso il pagamento di una 
giusta indennit�) e, prima ancora, dall'art. 29 dello Statuto albertino. 

In una ipotesi siffatta, in cui la propriet� del terreno appartenga 

o debba ritornare a terzi, l'efficacia della espressione � campi di tiro " 
di cui all'art. 3 della legge del 1934 va intesa limitata alle sole attrezzature 
tecniche, escluso il terreno sottostante, e cio� ai bersagli, agli 
impianti elettrici, alle dotazioni di armamento e a quanto altro previsto 
dall'art. 12, comma secondo, 1. 17 aprile 1930, n. 479: tutte cose di 
non scarso valore che potevano giustificare una misura eversiva, anche 
in ragione della loro natura. Del resto, in una situazione analoga, � stqto 
proprio accolto questo criterio: quando l'art. 5 del d. 1. 11 marzo 1948, 
n. 409 ha stabilito che e tutte le opere permanenti di protezione antiaerea 
esistenti nel territorio della Repubblica sono di pertinenza del 
Demanio dello Stato, al cui nome debbono essere intestate in catasto .questo 
Supremo Collegio, interpretando detto articolo, affermava essere 
ovvio che tale dichiarazione si riferiva alla costruzione e non al terreno 
sottostante, che non poteva essere trasferito allo Stato senza 
una pronuncia di espropriazione e senza il pagamento di una giusta 
indenit� (Cass., 30 marzo 1951, n. 702). 
Una volta affermato che, di fronte al diritto del terzo sul terreno 
sul quale � impiantato il campo di tiro, l'acquisto, da parte del De




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1041 

introdotta la nomina di ufficiali della milizia nazionale con compiti 
tecnici e amministrativi. La partecipazione dello Stato era prevista 
sotto forma di acquisto o di affitto dei terreni, gi� appartenenti alle 
societ� mandamentali, sui quali erano impiantati i campi di tiro e 
veniva stabilito (art. 12) che, per le spese di impianto e la sistemazione 
dei campi di tiro, vi sarebbe stato il concorso dello Stato per 
3/5, quelli della Provincia e del Comune rispettivamente per 1/5. 
La 1. 4 giugno 1934, n. 950 (le modifiche ad essa apportate col 

r. d. 1. 16 dicembre 1935, n. 2430, conv. in 1. 4 giugno 1936, n. 1143 
non interessano il presente giudizio) introduceva il criterio secondo 
il quale per l'impianto, la sistemazione e gli affitti dei campi di tiro 
avrebbe provveduto per l'avvenire unicamente lo Stato (art. 1). Il 
successivo art. 3, sul quale massimamente � fondata l'impugnata sentenza, 
� del seguente tenore: e Entro un anno dalla pubblicazione della 
presente legge, tutti i campi di tiro appartenenti alle sezioni, quale 
che sia la loro provenienza, passeranno al Demanio dello Stato. Tale 
trasferimento avr� luogo senza compenso >. 
Per l'esatta interpretazione di questo articolo, occorre inquadrarlo 
in tutto il sistema anteriore, senza di che non sarebbe dato intendere 
n� le nozioni di e appartenenza � n� quella di e provenienza �. Innanzi 
tutto il passaggio al Demanio dello Stato riguarda tutti i campi di tiro, 
e appartenenti � alle sezioni della Societ� italiana di tiro a segno, o 
perch� tali sezioni li avevano acquistati o li avevano espropriati, o 
perch� l'acquisto ovvero l'esproprio era avvenuto ad opera dello Stato, 
ai sensi dell'art. 12 della legge del 1930, con il concorso della Provincia 
o del Comune. A tutto concedere si pu� anche ammettere, dato 
il clima politico del tempo, che i campi di tiro, gi� appartenenti in 
piena ed assoluta propriet� alle societ� mandamentali, erano passati 
ipso iure con la legge del 1930 alle sezioni di tiro ed anche per questi 
nel 1934 avvenne il passaggio senza compenso al Demanio dello Stato. 
Ma, se il campo di tiro nel suo complesso, anche soltanto il terreno 
nel quale sorgeva, era pervenuto nella materiale disponibilit� della 
sezione di tiro a segno dalla societ� mandamentale, la quale, a sua 
volta, l'aveva acquistato con la condizione risolutiva della retrocessione, 
qualora la societ� avesse cessato la sua attivit� (non importa 

se la cessazione fosse stata volontaria o coattiva), ovvero fosse venuto 
a mancare lo scopo per cui la cessione aveva avuto luogo, il passaggio 
del bene al Demanio limitatamente al terreno non poteva avvenire, 
perch� la scomparsa della societ� mandamentale e della sezione di tiro 
a segno, in cui tale societ� si era trasformata (art. 22 1. n. 479 del 
1930; art. 9 reg. n. 2051 del 1932), dava luogo ipso iure alla retrocescgione. 
Naturalmente la parte che invoca la non appartenenza e quindi 



1042 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'l'A'l'O 

il mancato passaggio del bene al Demanio deve provare, in una situazione 
del genere, il verificarsi della condizione in epoca anteriore alla 
pubblicazion� della legge del 1934, ma tale prova era stata in parte 
offerta ed in parte richiesta dalla Soc. agricola bonifica sarda, e la 
Corte ha risposto semplicemente che non risultava che la condizione 
si fosse verificata all'atto della demanializzazione del terreno, donde 
la giusta censura di vizio di attivit� inerente ad un punto decisivo 
della controversia, che forma oggetto del terzo motivo di ricorso. 

Inoltre la dizione � quale che sia la loro provenienza � relativa 
ai terreni destinati al passaggio al Demanio, non pu� avere altro significato 
che quello secondo il quale sono passati al Demanio dello Stato 
senza compenso i campi di tiro costruiti e impiantati a totale spesa 
dello Stato (art. 1 1. 1934) e quelli costruiti e impiantati a parziale 
spesa dello Stato, della Provincia e del Comune, a norma dell'art. 12 
della legge del 1930, e a tutto concedere, come gi� si � accennato, 
anche quelli gi� appartenenti in piena e assoluta propriet� alle societ� 
mandamentali. Quello che non si pu� concedere � che il legislatore 
abbia inteso comprendere nel passaggio senza compenso al Demanio 
anche i campi di tiro, e pi� precisamente i terreni sui quali essi sorgevano, 
di propriet� di terzi, contro il principio generale del rispetto 
della propriet� privata, il quale, prima ancora che dall'art. 42 della 
Costituzione e dall'art. 834 del c. c. 1942, era sancito dall'art. 438 c. c. 
1865 (per il quale nessuno poteva essere costretto a cedere la sua propriet� 
se non per cause determinate e premesso il pagamento di una 
giusta indennit�) e, prima ancora, dall'art. 29 dello Statuto albertino. 

In una ipotesi siffatta, in cui la propriet� del terreno appartenga 
e> debba ritornare a terzi, l'efficacia della espressione � campi di tiro > 
di cui all'art. 3 della legge del 1934 va intesa limitata alle sole attrezzature 
tecniche, escluso il terreno sottostante, e cio� ai bersagli, agli 
impianti elettrici, alle dotazioni di armamento e a quanto altro previsto 
dall'art. 12, comma secondo, I. 17 aprile 1930, n. 479: tutte cose di 
non scarso valore che potevano giustificare una misura eversiva, anche 
in ragione della loro natura. Del resto, in una situazione analoga, � stl}te> 
proprio accolto questo criterio: quando l'art. 5 del d. 1. 11 marzo 1948, 

n. 409 ha stabilito che e tutte le opere permanenti di protezione antiaerea 
esistenti nel territorio della Repubblica sono di pertinenza del 
Demanio dello Stato, al cui nome debbono essere intestate in catasto .questo 
Supremo Collegio, interpretando detto articolo, affermava essere 
ovvio che tale dichiarazione si riferiva alla costruzione e non al ter-' 
reno sottostante, che non poteva essere trasferito allo Stato senza 
una pronuncia di espropriazione e senza il pagamento di una giusta 
indenit� (Cass., 30 marzo 1951, n. 702). 
Una volta affermato che, di fronte al diritto del terzo sul terreno 
sul quale � impiantato il campo di tiro, l'acquisto, da parte del De




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1043 

manio, senza compenso, riguarda unicamente i campi di tiro nel loro 
complesso di attrezzature tecniche, rimangono assorbite sia la disputa 
se l'acquisto avvenga a titolo originario o a titolo derivativo, di cui al 
quarto mezzo del ricorso, sia la censura subordinata, contenuta nel 
quinto mezzo, relativa alla intervenuta costruzione di edifici per abitazione 
sul terreno; sia, infine, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 3 della 1. n. 950 del 1934, prospettata con il sesto mezzo. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 ottobre 1966, n. 2491 -Pres. La 
Porta -Est. Gabrieli -P. M. De Marco (conf.). -Ministero dell'Interno 
(avv. Stato Carafa) c. Trabalzini e Lanni (avv. Lucisano, 
Turr�). 

Responsabilit� civile -Risarcimento del danno -Danni che si proiettano 
nel futuro -Liquidazione -Criteri. 
(e.e., artt. 1223, 1226, 2053, 2056). 

Responsabilit� civile -Risarcimento del danno -Liquidazione -� Compensatio 
lucri curo danno� -Applicazione -Presupposto. 
(e.e., artt. 1223, 1226, 2053, 2056). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della P. A. -Incidente occorso a 
dipendente di un Ministero per scontro tra due autoveicoli dello 
stesso Ministero -Risarcimento del danno e pensione privile~iata -
Cumulabilit� -Sussiste. 

(e.e., artt. 2053, 2056; r.d. 5 settembre 1895, n. 603, art. 40). 

Quando si tratta di liquidare danni che si proiettano nel futuro, 
non � possibile determinarne l'ammontare con sicura precisione, onde 
il giudice deve neces$ariamente procedere alla determinazibne del quantum 
debeatur attraverso calcoli di probabilit� relativi ai lucro cessante, 
da compiersi, a sua discrezione, o secondo il criterio equitativo consentito 
dait'art. 2�056, comma secondo, c. c., ovvero secondo le tabelle di 
capitalizzazione delle rendite vitalizie approvate con r. d. 9 ottobre 
1922, n. ~403 (1). 

n principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione 
solo quando sia il vantaggio che il danno siano conseguenze immediate 
e dirette dello stesso fatto illecito, quando cio� il vantaggio e il danno 

(1) Cfr. Cass., 8 ottobre 1965, n. 2108, in questa Rassegna, 1966, I, 
318, sub i, ove ulteriori riferimenti. 

1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si presentino come effetti contrapposti di un medesimo fatto, avente in 
s� l'idoneit� a determinare oltre il danno anche l'effetto vantaggioso (2). 

Poich� la pensione ripete la sua fonte e la sua ragione giuridica da 
un titolo diverso o indipendente dal fatto illecito, il quale pone in 
essere solo la condizione perch� quel titolo spieghi la sua efficacia e 
neppure in caso di pensione privilegiata assurge a causa della relativa 
attribuzione, la P. A., responsabile dell'incidente automobilistico occorso 
al suo dipendente, � tenuta a risarcirgli il danno ed a corrispondergli 
aitres� la pensione privilegiata sulla invalidit� da causa di servizio 
riconosciutagli in seguito al medesimo incidente (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo il Ministero ricorrente deduce 
violazione e falsa applicazione degli artt. 2056 e 12�26 c. c., nonch� 
dei principi generali in materia di liquidazione del danno da fatto illecito, 
omessa ed insufficiente motivazione circa il punto decisivo della 
misura del reddito del deceduto (art. 360, nn. 3 e 4, c. p. c.), per non 
avere il giudice di appello riconosciuto che l'indennizzo di lire 14.250.000 
(cio� lire 20 milioni, meno un terzo per i bisogni personali della vittima) 
non risultava esattamente liquidato n� in base alle tabelle delle 
assicurazioni sociali -essendosi tenuto conto di uno stipendio massimo 
di L. 1.200.000, superiore a quello raggiungibile al 6Qoo anno dalla 
vittima, il quale sarebbe stato di 895 mila lire -n� in base alla equit�, 
la quale non pu� giammai giustificare un indennizzo di gran lunga maggiore 
di quello liquidato facendo esclusivamente ricorso alle �tabelle., 
specialmente se il richiamo alla equit� sia stato fatto per applicare un 
correttivo in meno al risultato cui si sarebbe pervenuti secondo le 
tabelle. 

La esposta censura � infondata. 

Ed invero -come altra volta � stato affermato -quando si tratti 

di liquidare danni che si proiettano nel futuro, non � umanamente pos


sibile determinarne l'ammontare con assoluta precisione, data la pratica 

impossibilit� di una sicura indagine nell'avvenire, onde il giudice deve 

necessariamente procedere alla determinazione del quantum debeatur 

attraverso calcoli di probabilit� relativi al lucro cessante, da compiersi, 

a sua discrezione, o secondo il criterio equitativo, consentito dall'arti


colo 2056, comma 2, c. c., o secondo le tabelle di capitalizzazione delle 

rendite vitalizie, approvate con r. d. 9 ottobre 1922, n. 1403. 

Dovendosi, quindi, osservare il detto criterio, nel caso che, come 

nella specie, siano da liquidare i danni futuri derivanti dalla morte 

di una persona per fatto illecito, non vi � dubbio che corretta appli


(2-3) Cfr. Cass., 25 ottobre 1965, n. 2248, in questa Rassegna, 1966, I, 
76, con nota critica di MAND�. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1045 

cazione dell'enunciato principio abbia fatto il giudice di merito, il quale, 
conoscendo il reddito attuale della vittima, ma igq.orando quello che 
in avvenire essa avrebbe potuto conseguire, per immancabili aumenti 
di stipendio relativi all'avanzamento di anzianit� e alla evoluzione delle 
condizioni economiche generali e per sviluppi di carriera, che, data la 
giovane et� del Lanni, erano ancora possibili, ha stabilito in via equitativa 
il reddito massimo, che egli avrebbe potuto conseguire, e sulla 
base di esso ha provveduto, sempre in via equitativa, alla liquidazione 
del danno, senza per� trascurare ragguagli orientativi ricavabili dalle 
tabelle delle assicurazioni sociali. 

Orbene, poich� non sono denunciati errori di calcolo nell'adozione 
di queste ultime, la critica svolta dal ricor�rente col motivo di cui trattasi 
si riduce a censurare la determinazione in 1.200.000 lire del reddito 
massimo raggiungibile dalla vittima e, poich� questo risulta stabilito 
in via equitativa, la critica del ricorrente investe null'altro che un apprezzamento 
di mero fatto, compiuto dal giudice del merito nell'esercizio 
di poteri discrezionali, il quale pertanto si sottrae al controllo 
tecnico-giuridico di questa Corte. 

Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 c. c., omessa motivazione 
sul punto decisivo della identit� del soggetto tenuto al risarcimento e 
debitore della pensione (art. 360, nn. 3 e �5, c. p. c.), per non avere il 
giudice del merito riconosciuto che nella liquidazione del danno 
avrebbe dovuto tenersi conto della pensione privilegiata corrisposta 
alla vedova del dipendente, la quale, essendo determinata dalla morte 
di costui, all'evento dannoso si ricollegava non come a occasione, ma 
come a vera e propria causa. 

Anche questo motivo � infondato. 

� recente la conferma da parte di questa Corte, a seguito di appro


fondito riesame della questione, del principio che l'amministrazione 

responsabile dell'incidente automobilistico occorso al suo dipendente 

� tenuta a risarcirgli il danno e a corrispondergli la pensione privile


giata sulla invalidit� da causa di servizio riconosciuta al danneggiato 

in seguito al medesimo incidente. 

Il principio si giustifica fondamentalmente col considerare che, po


tendo la compensatio lucri cum damno valere solo quando il van


taggio, cosi come il danno, sia conseguenza immediata e diretta dallo 

illecito, quando, cio�, il vantaggio e il danno si presentino come effetti 

contrapposti di un medesimo fatto, avente in s� l'idoneit� a determi


nare oltre il danno anche l'effetto vantaggioso, tale situazione non 

si verifica, quando la persona offesa o i congiunti superstiti, in caso 

di morte della stessa, percepiscano una pensione, poich� questa ripete 

la sua fonte e la sua ragione giuridica da un titolo diverso o indipen




1046 

RASSEGNA DELL'AVV.OCATURA DELLO STATO 

dente dal fatto illecito, il quale pone in essere solo la condizione perch� 
quel titolo spi~ghi la sua efficacia. 

A tali effetti non rileva che si tratti di pensione privilegiata, poich� 
neanche in questo caso il fatto illecito assurge a causa dell'attribuzione 
patrimoniale in cui la pensione consiste, per il sorgere della quale � 
necessario e sufficiente che la morte o la invalidit� siano derivate da 
causa di servizio, avente in s� il pericolo della lesione o infermit� 
riportate. 


� inoltre da considerare che il diritto alla pensione dei pubblici .-' 
dipendenti -sia quella ordinaria, sia quella privilegiata -� il prodotto 
di un correlativo, precedente sacrificio economico, costituito dai 
contributi versati mensilmente dai dipendenti ai fini della corresponsione 
della pensione, e pertanto non pu� neppure parlarsi di � lucro � 
nel senso proprio di questo termine, inteso come gratuito vantaggio 
economico prodotto dallo stesso illecito. 

N� vi � ragione di distinguere, ai fini della cumulabilit� della pensione 
con il risarcimento, a seconda che i corrispondenti obblighi sorgano 
in capo a soggetti diversi o ad uno stesso soggetto, trattandosi, 
come si � visto, in ogni caso, di titoli diversi. -(Omissis). 

TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862 -Pres. Capozzi 
-Est. Longo -Troncone Luigi ed altri (avv.ti Jaccarino C. e 

C. M.) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) e Comune di Napoli 
(avv. D'Ambrosio). 
Occupazione -Occupazione d'urgenza di suoli occorrenti per l'esecuzione, 
con fondi anticipati dalla Cassa per il Mezzogiorno, di opera 

�pubblica comunale a cura dello stesso Comune affidatario a norma 
della legge speciale per Napoli 9 aprile 1953, n. 297 -Protrazione 
ultrabiennale senza titolo dell'occupazione -Azione giudiziaria 
proposta dai proprietari dei suoli, trasformati in sede stabile dalla 
opera pubblica, per ottenere la restituzione degli immobili o, in 
mancanza, il risarcimento dei danni -Qualificazione giuridica Azione 
reale, di revindica, e non personale, di risarcimento 
dei danni -Conseguenze in ordine alla legittimazione passiva Fattispecie. 


(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; cc., art. 948; 1. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4); 
Nel caso di protrazione ultrabiennale senza titolo deU'occupazione 
di un suolo, disposta in via d'urgenza a norma dell'art. 71, comma 
primo, parte seconda, l. 25 giugno 1865, n. 2359, l'azione proposta dal 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1047 

proprietario, per ottenere la restituzione dell'immobile, o, in mancanza, 
neLl'ipotesi di avvenuta trasformazione e destinazione del medesimo a 
sede stabile dell'opera pubblica, il risarcimento dei danni, si qualifica 
come azione reale, di revindica, e tale resta, pur se, pel rispetto del 
limite stabilito dall'art. 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, l'adito G. O. 
possa condannare l'Ente pubblico soltanto al risarcimento dei danni, 
comprensivo del valore venale del bene. Legittimato passivamente alla 
azione �, pertanto, non gi�, l'ente pubblico, che, agendo in via sostitutiva, 
si sia immesso originariamente, in virt� di decreto prefettizio di occupazione 
d'urgenza nel possesso del bene, ma queUo che, al momento della 
proposizione della domanda, scaduto il biennio ex art. 73 l. n. 2359 del 
1865, si trovi a possederlo senza legittimo titolo (1). 

(Omissis). -� pacifica la perdurante illegittimit� dell'occupazione 
dei suoli per cui � causa, protrattasi oltre il termine biennale 
di cui all'art. 73 della 1. n. 2359 del 1865. 

Tanto premesso in fatto, va anzitutto precisato che, come � ormai 
costante giurisprudenza, il protrarsi dell'occupazione temporanea, senza 

(1) Conformi sono le seguenti sentenze della stessa I Sez. Civ. del 
Tribunale di Napoli: 24 marzo 1S66, n. 1924, Musella c. Cassa per il Mezzogiorno 
e Comune di Napoli (Pres. Stile -Est. Battimelli); 20 aprile 1966, 
n. 2516, Troncone V. c. detti (Pres. Stile -Est. Amirante); 2 maggio 1966, 
n. 2817, Societ� Industriale Metalmeccanica ed altri c. detti (Pres. Stile Est. 
Di Filippo); 11 maggio 1966, n. 3062, Colace c. detti (Pres. Stile Est. 
Di� Filippo); 11 maggio 1966, n. 3064, Mezzo c. detti (Pres. Stile -Est. 
Di Filippo). Per ulteriori riferimenti, si veda la seguente annotazione: 
Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato � sine titulo � 
dalla P. A. e trasformato in opera pubblica ed atto espropriativo in senso 
materiale. 

I. -Secondo una corrente dottrinale, nel caso di occupazione, protratta 
sine titulo da parte della P. A., di immobili privati destinati ad opere pubbliche, 
la soluzione pi� accettabile sarebbe � quella che, fatta salva la conservazione 
del diritto del proprietario sulla cosa fin quando egli non ne 
venga regolarmente espropriato in virt� di un provvedimento. am:ininistrativo, 
riconosca all'autorit� giudiziaria la possibilit� di condannare l'ente 
occupante al solo ristoro dei danni dal primo subiti fino al momento della 
sentenza, statuendo pel futuro -salvo la eventuale, successiva dimostrazione 
di maggiori danni e comunque fino alla restituzione o fin quando 
non intervenga un provvedimento di trasferimento coattivo -un indennizzo 
periodico, destinato a risarcire il proprietario della permanenza, abusivamente 
impostagli, della indisponibilit� della cosa� (cfr. SANDULLI A. M., 
Immobili privati posseduti dall'Amministrazione � sine titulo � e destinati 
a opere pubbliche, Riv. giur. ed., 1958, I, 57, il quale -ivi, 56 e 57 sostenendo 
che le costruzioni non si sottraggono alle regole degli artt. 936 
seg. c. c. precisa che � nella determinazione del quantum del ristoro il 

1048 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che sia, come nella specie, intervenuta la espropriazione entro il biennio 
di cui alla norma citata, rende illegittima la ulteriore detenzione del 
bene, con la conseguenza che l'ente occupante, quale detentore sine 
titulo, � tenuto a restituirlo, ovvero a risarcire il danno, ove a cagione 
delle opere eseguite non ne sia pi� possibile la restituzione. E la liquidazione 
di tale danno, per la quale � certamente competente il giudice 
ordinario, stante la innegabile lesione del diritto del privato alla integrit� 
del proprio patrimonio (cui la legge appresta tutela diretta ed 
immediata), va commisurata, contrariamente a quanto si sostiene dal 

giudice dovr� tener conto, nel caso che il proprietario abbia ex art. 936 c. c. 
chiesto di ritenerle, naturalmente contro l'indennizzo previsto dal secondo 
comma dell'art. 936, del maggior valore assunto dall'immobile in virt� 
delle opere eseguitevi �). 

La stessa dottrina ha altresi avvisato alla � inconciliabilit� tra il considerare 
l'immobile tuttora appartenente all'originario proprietario e l'amministrazione 
tuttavia tenuta al pagamento dell'intero valore di esso senza 
averne acquistato la propriet� e, in conseguenza, potendo e anzi dovendo 
restituire l'immobile al proprietario � (Aut. cit., Ancora sulle conseguenze 
dell'occupazione � sine titulo � di beni privati da parte della P. A., 
Riv. giur. ed., 1960, I, 16). 

Contro questa tesi l'evoluzione giurisprudenziale della Suprema Corte 

regolatrice, ferma anzitutto nell'escludere l'applicabilit� dell'art. 936 c. c. 

nei confronti della P. A. (v. giurisprudenza citata dallo stesso SAN


DULLI A. M., in Immobili privati posseduti ecc., Riv. giur. ed., 1958, cit., I, 

56, cui adde App. Roma, 6 giugno 1958, id., 1959, I, 225-226; di re


cente, v. Cass., 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381 e 

384 e seg. ed ivi ulteriori riferimenti), sembra, invece, consolidata nel 

senso che � la perdita di utilizzazione del bene per fatto della convenuta 

� equiparabile al valore venale del bene, secondo un criterio di valuta


zione economica ritenuto rispondente alla ammessa definitivit� della per


dita stessa �, avvertendo che � l'oggetto stesso di questa valutazione eco


nomica... concerne danni non soltanto verificati, ma futuri� (Cass., Sez. 

Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85, ed ivi, 84-85, 

significativa nota redazionale). 

Il risarcimento (oltre al valore venale del bene, vi � anche diritto 

al ristoro pel mancato godimento del bene medesimo per tutto il periodo 

di occupazione illegittima: Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, Giust. civ., 1962, 

I, 510) �, invero, sostitutivo della restituzione del bene (Cass., 16 mag


gio 1962, n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1006; 14 dicembre 1963, n. 3166, in 

questa Rassegna, 1964, I, 113; 22 luglio 1965, n. 1715, id., 1965, I, 725, sub 2). 

E l'azione che viene proposta dal privato innanzi alla giurisdizione civile 

ordinaria, essendo sperimentata a tutela del diritto di propriet�, � di na


tura reale (onde la sua imprescrittibilit�, salvi gli effetti dell'usucapione: 

App. Roma, 6 giugno 1958, cit., Giust. civ., 1959, 225 e 229) e tale resta, 

pur se, in luogo del rilascio dell'immobile, trasformato e destinato ad un 

pubblico servizio (art. 4, comma secondo, 1. 25 marzo 1865, n. 2248, all. E), 

faccia conseguire il predetto risarcimento (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, 

n. 490, Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CoLETTI). Benvero: �secondo 
la pi� autorevole dottrina, chi detiene arbitrariamente la cosa altrui 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1049 

convenuto Comune, non al solo mancato reddito dal dl deUa occupazione 
a,..q�ello della successiva espropriazione (evento futuro oltre che iw� 
certo), . . ma al valore venale del bene, calcolato eome in una libera 
.�ontrattazione al momento della decisione, 
. 
�nonch� ai� frutti pendenti, 
:g,,~~l)jinati in. base al parametro, ormai costante,� degli interessi>legali 
~.,Il~ ~()nima liquidata, decorrenti dalla data dell'inizio deWoccupazione 
~~#: ~il'effettivo soddisfo, tranne il caso di provata, m.aggiore e di'Versa 
):)t(ici-11,ttivit� economica . del cespite, nel quale caso compete al proprie


/ 
tafi() ftcorrispondente, maggiore utile. 

#~i~ ~i��f'atfo il.�diritto di propriet�, �sebbene non lo contesti espressaAM#
t~l pe:rch� .trae ~ :;i� quella utilit� . che il diritto vuole attribuire al 
J~i.Itt~:fu:()titoia;re; El'azio:ne che la legge al)presta 1>er ristabilire l'ordine 
gi\h:ldt�ti tiir6at9sf�corlcl'~I:\ appiJJ:lto he[diritto��.:rea!� di. vedersi ricono
�.�.����~~i�td.� .jf�p~tj�� ()���Jr suo��� �q�ivalent~�����ogg�ttc>�����aena..�.. �ohtr&i~fSia.���.� .. �.(cass., 
l.jj gt~gno.� 1961, n/1440, Fofo it., 19~1, t, 1317). Come si ��gi� avuto oecasJ:
one di avvertire._..�.irl nota, �in questa Rassegna, 1966,. I,. 629 -quando 
l'occupazione d'urgenza � autorizzata ai sensi dell'ultima parte del primo 
comma dell'art. 71 1. org. espr. per p. u., dalla presa di possesso dell'immobile 
per la sua irreversibile trasformazione non sorge l'obbligo di resti:.. 
tuirlo al proprietario alla scadenza del biennio, ma, per l'ente espropriante, 
quello di perfezionare la procedura espropriativa entro il biennio medesimo 
(Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, cit., Acque, bon., costr., 1957, 
cit., 316); l'obbligo di restituire l'immobile sorge per il possessore del bene, 
che pu� essere anche soggetto diverso dall'originario occupante, allorch� 
il biennio sia effettivamente scaduto senza che l'espropriazione sia stata 
pronun.ciata, ossia dalla protrazione ultr(jb~ennale senza titolo dell'occupctzion~ 
(Cass.,. 28 lugli!) 1964, n~ �. 2142; �in questa �Rassegna, 1964, I, 733, 
�� s#1' l; B�z. 'tJn;; 1'71UgU~ t965{n. J59lfid;, 1965, r; 72ftn�11a footivazforie 
#PP:l.'tMi i. nf!~ 1); ~pijt:!) s~ c~m:Pteride come !fazione che .in. tal� caso 

.� 
t~�l:U*~~nt�;> ~9rise1ite iltprivato; a<tuteta ��. del suo diritto di .. propriet� 
l~lii:t~ tt~licencla Urappol:W di occupa~i()n� legittima e sia di �carattere reale 
($t� tiOricetto di aZiorie per11onale, di restituzione, v., invece, Cass., 9 agosto 
1!:!62, n. 2501, Giur. it., Mass., 1962, 858, sub 2). Trattasi, adunque, di 
azione di revindica e non gi� di adempimento. 

II. -Questa configurazione, beninteso, non ha nulla a che vedere 
-salva l'analogia del risultato dell'azione (conseguimento del valore invece 
della cosa: cfr. BARASSI, Propriet� e compropriet�, Milano, 1951, 
843) -con l'ipotesi di cui alla seconda parte del primo comma dell'art. 948 
c, c., poich�, nel caso di cui qui si discorre, v'� il contrario della dismissione 
del possesso ivi prevista ed � proprio nei confronti della P.A. che possiede 
l'immobile (sine titulo, ma con la destinazione a sede stabile di opera pubblica 
e cosi ad un pubblico servizio) che. si ha l'esperimento dell'azione 
reale: stavolta, eio�, l'accoglimento della domanda, con l'attribuzione del 
valore del bene in luogo della restituzione del medesimo, a differenza del 
caso della revindica sperimentata contro colui qui dolo desiit possidere {su 
cui v. DE MARTINO, DeUa propriet�, in Commentario del Codice Civile a cura 
di A. Scialoja e G. Branca, Libro Terzo, Bologna-Roma, 1946, 414), consuma 
..la.. ragione di .propriet� (cfr. Cass., 10 .ottobre 1962, n. 2919, Giust. civ., 

--� ~ 



1052 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comune di Napoli -che quest'ultimo, quale possessore dell'immobile e 
dell'opera pubblica, � da ritenersi non solo unico legittimato a contraddire 
alla domanda, ma altres� tenuto, nei confronti dei germani Troncone, 
a corrispondere il valore venale del bene e a risarcire i danni. 
loro cagionati dalla perdita del godimento dei cespiti dalla scadenza 
del biennio al momento della decisione. 

A conforto della tesi qui accolta, non sembra superfluo rilevare 
che, sia pure in rapporto ad una ipotesi particolare, il pagamento del 
valore economico del bene in luogo della restituzione di esso � stato, 

tutte, Cass., 15 luglio 1964, n. 1909, in questa Rassegna, 1964, I, 730, sub 4ed 
ivi riferimenti); b) la surrogazione reale prevista per i diritti dei terzi 
dall'art. 52, comma secondo, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 (su cui v. SABBATINI, 
Commento alle leggi sulle espropriazioni per p. u., II, Torino, 1914, 
155 e seg.; ANDRIOLI, Della surrogazione della indennit� alla cosa, in 
Commentario del Codice Civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Libro 
Sesto, Bologna-Roma, 1945, 37 e seg.) e, quindi, gli artt. 54 (la specialit� 
della norma deve farla ritenere prevalente su quella, per quanto di ragione, 
eventualmente applicabile, di cui all'art. 404 c. p. c.) e 56 1. n. 2359 del 1865. 

In ordine ai rapporti tra giudizio instaurato dal proprietario innanzi 
al G. O. contro la P. A. occupante sine titulo e procedimento amministrativo 
di espropriazione per p. u. del bene, � noto, anzitutto, che anche in 
costanza di tale giudizio la P.A. conserva integro il potere espropriativ<> 
ed �, pertanto, legittimamente emesso un decreto di espropriazione che 
sia rivolto .a regolarizzare ex nunc l'occupazione abusiva (Cass., 28 luglio 
1964, n. 2142, in questa Rassegna, 1964, I, 733, sub 1; 13 febbraio 
1965, n. 223, id., 1965, I, 337, sub 1; 20 marzo 1965, n. 463, ibidem, 490~ 
Cons. Stato, Ad. Plen., 20 dicembre 1965, n. 40, id., 1966, 369, sub 3). 
In tal caso, cessa dal giorno di tale emissione la illegittimit� dell'occupazione, 
ma e tale decreto, poich� � il titolo giuridico che dalla sua data 
produce il trasferimento del diritto all'espropriante (art. 50 1. 25 giugno 
1865, n. 2359), attua cio� il trasferimento coattivo del bene, esclude 
dalla sua data... l'unitaria valutazione economica dell'equivalente del bene 
per la perdita definitiva della sua utilizzazione > (Cass., Sez. Un., 17 maggio 
1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85; v. anche Cass., 28 luglio� 
1964, n. 2142, cit., id., 1964, 733, sub 1 e in Giust. civ., Mass., 1964, 987, sub 3; 
13 febbraio 1965, n. 223, cit., in questa Rassegna, 1965, I, 337, sub 3); ch�, 
se diversamente fosse, il G. O., liquidando principaliter quel valore, verrebbe 
a modificare senza averne il potere il decreto di espropriazione 
e nella parte in cui � il titolo dell'indennit� > (Cass., Sez. Un., 17 maggio 
1961, n. 1164, cit., in questa Rassegna, 1961, 86; v. anche Cass., 28 luglio 
1964, n. 2142, cit., Giust. civ., Mass., 1964, 987, sub 3: �al G. O. non � 
consentito di modificare, sia pure sotto l'apparenza di un risarcimento. 
dei danni, le conseguenze economiche di un decreto di espropriazione 
per p. u., al di fuori dello schema della indennit�. Pu� farsi, quindi, luogo 
al risarcimento integrale del danno, solo nel caso in cui il bene abusivamente 
occupato dalla P. A. non venga restituito e manchi un regolare 
decreto di espropriazione >). Tutto ci� rappresenta conferma puntuale, 

nella giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, che il risarcimento 
costituito dal valore venale del bene ha la stessa funzione dell'indennit�. 

Comun'.e dfNapoU che quest'ulti:i:no; quale pos$e8$ote dell'immobile e 
dell'opera �pubblica, � da ritenersi non solo unico legittimato. a contrad" 
Comun'.e dfNapoU che quest'ulti:i:no; quale pos$e8$ote dell'immobile e 
dell'opera �pubblica, � da ritenersi non solo unico legittimato. a contrad" 
dire alla: domanda:;. ltla a.ltrest tenuto, nei confronti deiger:mani .. Tron� 
con,e+ a corrisp6ndere il �valore venale del bene . e a .. risarcire i .. danni 
JorQ (lagiQnati dalla i;ierdita del .godimento dei cespiti dalla scadenia: 

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~tte. �aS$ff��.15�.1ugltp0��t964;;���ti.ᥥ1900vin��<:tuelllta Raas'~��19641 I;:.�730~�� sub��'l 
~f~trit'l:)l'iJ:l:tenti); b~ la surrogazic)~ r!ale prevista p:et !diritti dei terzi 

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Sesto., Bolog:na"."Roma; la.45� 37 e�� seg;) e, quindi, gli artt; 54 (la specialit� 
della nortil" tieve.;faf'la�ri~r� prevalent~ su.�queua, per quanto�di��r�gione, 
eventualmente,ai;>plt�abilli, di cut a11~art; 4(14 e. p; e;) e 56 hn/2359del 1865. 

In ordine $J; l'lllPl>Ol'ti; tra ~,iu(.li,z,io instaurato dal� propri:etario innanzi 
al G. o. eontro l� P. A~ occupante Si.ne titulo e :prooe.dimento amministra


. tivo �di es~priazione pe~ P� tt.<del betie., � noto, :amitutiO; che �anche in 
costanza Cli ~ale gf:t1()izio lfil: p<.A, eonser:tta integro il pot$e espropriativoed 
�, pertanto; Jegittitxl.�m::tettt� emesso un decreto di espropriazione che 
sfa rivolto a r�gofatiuare e:r: nunc i�oecupazi�ne abuSiva (Cass;,. 28 iu.. 
glio 1964, n.� �2142; in(J;"tl�sta Rassegna, 19641 I; 733; sub�l;�� 13 febbraio� 
1965, n. � 223, id.4 1965; I; �337~ sub 1; � 21l maritCI 1965, ru< 463; ibidem, 490;: 
Cons. Stato, Ad. Plen.; 20 dicembre. 1965, n.< 401 id.1 19661 369/ sub 3)~ 
In tal caso, cessa dal giorno dk tale emissione la. illegittimit$t de!Uoccupazionet 
��Dla, � " tale decr~to, poich� � iltit9lo gi"idioo che (}alla sua data 
prOdttce il trasferimento del diritto amesI>i'()priante (s:rt. J'j(l .l; 25 giu~ 
gno �� 1865, n. 2359), �attua do� il� trasferimento co�.ttivo del benej esclude 
dalla sua data... l'unitaria valutazione eoon<l\tnica dell'equiv�lente del bene 
per la� perdita defimtiva della sua utilizza:zi()lle > (Cass.1 Sez. Un.; 1,7 maggio 
1961, n. 1164, �in questa Baasegna,�. 191$1, 85~ V� anche. Cass�� .28 luglio. 
1964, n. 2142, cit., id., 1964; 733, sub l. e in Gimt.cit7;, Mass;~ l904;;J!87, sub 3; 
13.febb:raio1965,n.223,�cit.,in, questaRas.seYn(J;. l.96.l;, l, 837~~Ub 8); .�h~.. 
se divE!l'samente fosse~ il� G; 04 liquidando � princi.'Pf.lliter���quel valO:~. ver~ 
rebbe �a modificare senza .�averne il potere il.� decreto<di e$Pl'opduione 
e nella parte in cui � il titolo dell'indennit�: �! (Cass., Sez, V11., 17 mag'."' 
gio 1961, n. 1164, cit., in questa B�Ssegna, 1961~ 86;v. ancbe eaas.� 28 lu.. 
glio 1964, n.. 2142, cit., Giust.: citi�i Mass;;. 19(14, 987i su.b a: �� eo al G. o~ tl,�:1i � 
consentito di modiftcare,>si.a pure sotto l'apparemia �di un ri~cnnent1> 
dei danni; le consegUenze economiche di un de.creto di e$Pl'opJ:iazio:ne 
per p. u., al di fuoi'i dello schema della in(l~t�. Pu� farsi� quindi1 luogo 
al risarcimento integrale del danno;:� solo nel clii$0: in cui iJ l>.ene abu111iva.mente 
occupato dalla :p, A;. nbn �venga restituito e mf,lllcJU un re.�ro~e 
decreto di �. e$propriazione � ). Tutto ci� rappresenta. conferma puntuale~ 
nella giurisprudenza della Suprema Corte. regolatrice,. che il risarcime:nto 
costituito dal '1'4lore>venale del ��bene ha la stessa fu:nzione deWindeniii:t�. 



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b/
v. 
b 
b/
v. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1055 

n decreto prefettizio di espropriazione di un'area � sufficientemente 
motivato per relationem ai provvedimenti del procedimento, 
mediante il riferimento contenuto nette premesse del decreto stesso 
(nelta specie, decreto presidenziale che dichiara la pubblica utilit� 
di un'6pera militare) (3). 

(3) Principio esatto: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 gennaio 1963, n. 37, 
ivi, 1963, I, 10. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 giugno 1966, n. 15 -Pres. Bozzi Est. 
Fanelli -Prefetto di Palermo (avv. Stato Savarese) c. Baiamonte 
(avv.ti Aula e Lo Cascio) e Comune di Palermo (avv.ti 
Greco Scribani e Orlando). 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p. u. -Censure attinenti 
alla dichiarazione di p. u. -Ricorso contro decreto di esproprio 
tardivo -Competenza del C. d. S. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Predeterminazione 
-Finalit� -Inosservanza -Effetti -Distinzione. 

n giudizio sulla competenza va fondato sulla qualificazione del 
rapporto tra il potere pubblico e il diritto soggettivo, e, avendo la 
cognizione della competenza carattere pregiudiziale, va fatto con riferimento 
al momento in cui quel rapporto si stabilisce; pertanto, una 
volta che il potere si sia in concreto manifestato in presenza di presupposti 
che determinano l'affievolimento del diritto soggettivo, la 
competenza a giudicare spetta al giudice amministrativo anche se si 
affermi che il potere � stato esercitato oltre il termine stabilito dalla 
legge (nella specie, decreto di espropriazione emesso sulla base di una 
dichiarazione di pubblica utilit� divenuta inefficace per decorso del 
termine prefissato) (1). 

La norma che impone l'espropriazione nel biennio dalla dichiarazione 
di pubblica utilit� deUe opere, stabilendo l'inefficacia della 
espropriazione ove verificatasi oltre tale termine, si fonda su interesse 
pubblico a che l'opera sia compiuta al pi� presto e su interesse privato 
(che lo Stato prende in considerazione per i suoi riflessi di carattere 
generale) a che il diritto di propriet� non rimanga troppo a 

(1-2) La giurisprudenza del Consiglio di Stato si va ormai consolidando 
nei sensi premessi: v. Ad. plen. 20 dicembre 1965, n. 40, retro, 369, 
con ampia nota redazionale. 



1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.lungo in stato di incertezza; pertanto, se � evidente che, nel caso di 
decorso del termine fissato dalla stessa p. a., per l'efficacia della dichiarazione 
di p. u., quando l'opera non sia ancora iniziata, pu� presumersi 
che sia venuto meno ii pubblico interesse all'esecuzione dell'opera, e 
se si �, in conseguenza, preteso dal legislatore un nuovo specifico accertamento 
del presupposto che giustifica, nel pubblico interesse, il 
sacrificio della propriet�, � indubbio che, nel caso di opera gi� eseguita, 
la presunzione di sopravvenuta inesistenza dell'interesse pubblico 
cade, perch� � vinta dalla realt�, e cio� dalla completa esecuzione 
dell'opera stessa, apparendo in tale ipotesi del tutto superflua 
ed inutile una nuova dichiarazione, che non potrebbe non concretarsi 
in una nuova approvazione di progetti gi� completamente realizzati (2). 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 8 giugno 1966, n. 16 -Pres. Bozzi Est. 
Potenza -Soc. p. az. immobiliare Azienda agricola Carbonara 
al Ticino (avv. Bozzi L. e Giannini M. S.) c. Prefetto di Pavia e 
Ministero industria e commercio (avv. Stato Vitucci) e Continentale 
italiana (avv. Giannacardi e Montesano). 

Espropriazione per p. u. -Occupazione temporanea -Procedimento Occupazione 
ex art.19, 1. n. 1741 del 1933 -Rapporti con l'occupazione 
temporanea ex artt. 64 e segg, 1. n. 2359 del 1865. 

L'individuazione dei fondi da occupare per le occupazioni temporanee 
(di natura strumentale) considerate dall'art. 64 l. 25 giugno 
1865, n. 2359 � strettamente legata e condizionata dail'opera dichiarata 
di pubblica utilit� valutata dall'Amministrazione in sede di esame del 
piano particolareggiato; invece, nel caso dell'occupazione preordinata 
alla realizzazione delle opere considerate nell'art. 19 r. d. l. 2 novembre 
1933, n . .1741 (impianto di stabiiimenti di lavorazione, ovvero collocamento 
di serbatoi di oli minerali, ecc.), tale preventiva valutazione 
non sussiste; pertanto, in quest'ultima ipotesi, � necessario che il Prefetto 
provveda ad una pi� estesa istruttoria, sulla base dei principi 
,fissati dagli artt. 16 e segg. l. n. 2359 del 1865 cit., richiedendo la formazione 
di un piano particolareggiato suscettibile di osservazioni �da 
parte dei proprietari interessati, sia pure nelle forme abbreviate previste 
dall'art. 65 secondo comma l. cit., ed una successiva valutazione 
d~lle osservazioni da parte dell'Autorit� prefettizia (1). 

(1) Non risultano precedenti. La motivazione si pu� leggere in Il Consiglio 
di Stato, 1966, I, 1121. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1057 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 11 luglio 1966, n. 18 -Pres. Bozzi Est. 
Figliolia -Soaracino (avv. Virga e Sorrentino) c. Occhipinti 
(avv. Nigro) e Veterinaio provinciale di Ragusa (avv. Stato Bronzini). 


Giustizia amministrativa -Controinteressato -In tema di concorso Candidati 
vincitori ed idonei -Ricorso di concorrente idoneo non 
vincitore -Quando sono controinteressati. 

I candidati inclusi neZZa graduatoria di merito di un concorso 
(nella specie, a posti di Veterinario provinciale), in quanto portatori 
deZZ'interesse a mantenere Za posizione ormai acquisita di vincitori o 
di idonei, sono controinteressati aZ ricorso proposto daZ concorrente 
idoneo ma non vincitore, ove daZZ'accogUmento deZ ricorso possano 
risultare travolte tutte Ze operazioni concorsuali, a partire dalla determinazione 
dei criteri di massima (1). 

(1) Sulla nozione di controinteressato cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 
1965, n. 839, retro, 147 (in tema di impugnativa di bando di concorso); 
Ad. plen. 8 gennaio 1962, n. 2, retro, 631, con nota. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 giugno 1966, n. 476 -Pres. De 
Marco -Est. Potenza -Bonu (avv. Piras) c. Prefetto di Nuoro 
(avv. Stato Vitucci) e Comune di Isili (n. c.). 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Scadenza -Proroga 
-Emanazione del decreto di espropriazione -Legittimit�. 

Ai sensi deZZ'art. 13, secondo comma Z. 25 giugno 1865, n. 2359, 
-non � censurabile iZ decreto di espropriazione emanato oltre il biennio 
daZZa dichiarazione di pubbiica utilit�, ma entro il termine prorogato 
con successivo provvedimento quando questo ultimo atto non sia stato 
impugnato (1). 

(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Ad. plen. 7 giugno 1961, n. 17, Il 
Consiglio di Stato, 1961, I, 1038, Sez. IV, 26 febbraio 1964, n. 82, ivi 1964, 
I, 255. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1058 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1� giugno 1966, n. 478 -Pres. (ff.) ed 
Est. Landi -Camparota (avv. Stoppani) c. Prefetto di Catanzaro, 
Ministero interno, AA.1.1., UNRRA-Casas e I.S.E.S. (avv. Stato 
Carafa) e Comune di Catanzaro (n.c.). 

Giustizia amministrativa -Interesse processuale e sostanziale -Interesse 
sostanziale -Requisiti -Ai fini della proponibilit� del ricorso 
al C. d. S. -Semplice interesse privato -Insufficienza. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Predeterminazione 
-Finalit� -Inosservanza -Effetti -Distinzione -Effetti nel 
caso di opera ~i� ese~uita. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica 
-Allo~~i UNRRA-Casas per pubblici dipendenti -Le~ittimit� 
della espropriazione. 

n potere del privato di porre in essere lo strumento diretto all'annullamento, 
da parte del Consiglio di Stato, di un atto amministrativo 
illegittimo � condizionato all'esistenza di un interesse privato 
che coincida con un interesse pubblico concreto, di modo che la pronuncia 
di annullamento importa in primo luogo la tutela del pubblico 
interesse, di cui assicura iZ legittimo conseguimento, mentre 
indirettamente elimina la lesione che iZ privato abbia subito in conseguenza 
dell'emanazione di un atto iUegittimo; pertanto, quando ai 
soddisfacimento dell'interesse privato non consegua anche quello pubblico 
(e l'anello di congiunzione tra due non si abbia), cessa iZ potere 
del privato di porre in moto lo strumento dell'annullamento giurisdizionale 
(1). 

La norma che impone l'espropriazione entro il biennio dalla dichiarazione 
di p. u. delle opere, stabilendo l'inefficacia della espropriazione 
stessa ove verificatasi oltre tate termine, si fonda su un interesse 
pubblico a che l'opera sia compiuta al pi� presto e su un interesse 
privato (che lo Stato prende in considerazione per i suoi riflessi 
di carattere generale) a che iZ diritto di propriet� non rimanga troppo 
a lungo in stato di incertezza; pertanto, se � evidente che, net caso di 
decorso del termine fissato dalla stessa p. a. per l'efficacia della dichiarazione 
di p. u. quando l'opera non sia ancora iniziata, pu� p'l"esumersi 
che sia venuto meno iZ pubblico interesse all'esecuzione dell'opera~ 

(1-2) Sulla prima massima cfr. in terminis, Ad. plen. 8 gennaio 1966, 

n. 1, Il Consiglio di Stato 1966, I, 1, sulla seconda cfr. in tenninis, Ad. plen. 
20 dicembre 1965, n. 40, retro, 369, con nota. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1059 

e .se si e, per conseguenza, preteso dal legislatore un nuovo specifico 
accertamento del presupposto che giustifica, nel pubblico interesse, il 
sacrificio della propriet� � indubbio che, nel caso di opera gi� eseguita, 
la presunzione della sopravvenuta inesistenza dell'interesse pubblico 
cade, perch� � vinta dalla realt� e cio� dalla completa esecuzione 
dell'opera stessa, apparendo in tale ipotesi del tutto superflua ed 
inutile una nuova dichiarazione, che non potrebbe non concretarsi in 
una nuova approvazione dei progetti gi� completamente realizzati (2). 

Le finalit� dell'Amministrazione per gli aiuti internazionali, poi 
denominata Amministrazione per le attivit� assistenziali ed internazionali 
(l. 12 agosto 1962, n. 1340), consistevano in compiti di assistenza 
e di riabilitazione, o di assistenza e ricostruzione, essendo intese 
alla normalizzazione, ed anche all'elevamento, delle condizioni di vita 
sociale, ma non esclusivamente ad interventi in settori sottosviluppati, 

o a favore di categorie particolarmente colpite da calamit� naturali; 
pertanto, posto che anche la cgstruzione di case per impiegati pubblici 
pu� rientrare tra le dette finalit�, corrispondendo ad un interesse sociale 
che, prima ancora del t.u, 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia 
popolare ed economica; � stato riconosciuto da precedenti norme legislative, 
� legittimo il decreto di esproprio di beni privati disposto, per 
tale finalit�, a favore dell'UNRRA-Casas. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 giugno 1966, n. 480 -Pres. Polistina 
-Est. Daniele -Mele (avv. Correra) c. Ministero P. I. (avv. Stato 
Vitucci) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). 

Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Decisione -Annullamento 
-Effetti sull'atto dell'Autorit� inferiore. 

Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Decisione -Annullamento 
-Fattispecie -In tema di licenza edilizia -Rinnovazione Competenza. 


L'annullamento della decisione di rigetto di un ricorso gerarchico 
non preclude ali'Amministrazione il potere di respingere nuovamente 
il ricorso, quando la decisione stessa sia annullata per vizi formali 
(ord. vizi di kotivazione); viceversa, quando la detta decisione sia 
stata annullata per vizi attinenti al suo contenuto (e cio� per avere 
questa erroneamente deciso sulla legittimit� dell'atto impugnato in via 
gerarchica), l'annullamento della decisione, avendo assorbito l'atto 
dell'Autorit� inferiore, travolge anche quest'ultimo, salva la possibi




1060 ftASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lit� per l'Autorit� inferiore -ove la natura dell'atto ed il tenore della 
decisione lo consentano -di rinnovare l'atto (1). 

Annullato in sede giurisdizionale il provvedimento decisorio di 
ricorso gerarchico che confermava l'impugnato diniego di approvazione, 
da parte della Sopraintendenza ai monumenti di un progetto 
edilizio, per travisamento dei fatti inficiante il diniego stesso, spetta 
alla Sopraintendenza, e non g~� alt' Autorit� gerarchicamente sopraordinata, 
emanare un nuovo provvedimento, rivalutate le esigenze del 
pubblico interesse alla luce della situazione di fatto (2). 


(1-2) Cfr. in generale, Ad. plen. 3 maggio 1960, n. 8, Il Consiglio di 
Stato 1960, I, 822, e sui poteri dell'Autorit� decidente; VI Sez. 6 maggio 
1959, n. 306 e V Sez. 14 aprile 1962, n. 359, ivi 1959, I, 881 e 1962, I, 749, 
con giurisprudenza dvi richiamata. 

! I

~-� 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 giagno 1966, n. 496 -Pres. De Marco 
-Est. Potenza -Cerutti ed altri (avv. Benvenuti, Fontana e De 
Villa) c. Prefetto di Treviso (avv. Stato Casamassima) e Comune 
di Vittorio Veneto (avv. Boscolo e Longo). 

I

Espropriazione per p. u. -Pubblicazione della dichiarazione di p. u. Termine 
per la impu~azione -Persone direttamente contemplate 
-Mancanza di notifica -Non decorre termine. 

I

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Omessa specificazione 
termine d'inizio delle espropriazioni e dei lavori -me


I!

gittimit�. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Dichiarazione di p. u. 


I

Motivazione -Fattispecie -lliegittimit�. 

La pubblicazione della dichiarazione di p. u. non vale a far decor


I 

rere i termini di impugnazione nei confronti dei proprietari ai quali 

non sia stato notificato il provvedimento che li considera nominativa


mente (1). 

Non soltanto il termine fissato entro il quale devono compiersi 

le espropriazioni ed i lavori costituisce elemento essenziale di validit� 

della dichiarazione di pubblica utilit�, ma anche il termine entro il 

(1-3) La prima massima � esatta, ma non risultano precedenti; sulla 
seconda cfr. Sez. IV, 14 settembre 1962, n. 499 e 3 febbraio 1965, n. 118, 
Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1372 e 1965, I, 165. 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1061 

quale devono iniziarsi le espropriazioni e i lavori; pertanto, � illegittima 
la dichiarazione di pubblica utilit� che fissa soltanto il termine 
finale e non il termine di inizio, non potendosi questo desumere dal 
primo (2). 

In sede di dichiarazione di p. u. emessa per dare attuazione al 
piano regolatore generale, la p. a. non pu� richiamarsi alle prescrizioni 
del piano per giustificare l'espropriazione, allorch� intenda avvalersi 
del procedimento generale espropriativo, prescindendo cio� dall'esistenza 
del piano regolatore generale e dall'esigenza che esso sia 
concretato nel piano particolareggiato (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 giugno 1966, n. 498 -Pres. Polistina 
-Est. Granito -Fabi ed altri (avv. Lorenzon,i) c. Ministero 
Affari Esteri (avv. Stato Dallari). 

Im.piego pubblico -Stipendi -Assegni e indennit� -Dipendenti Ministero 
Esteri -Dipendenti inquadrati nel ruolo speciale transitorio Retroattivit� 
dell'inquadramento -Effetti sul trattamento economico. 


Impiego pubblico -Stipendi -Assegni e indennit� -Diritti acquisiti Divieto 
della reformatio in peius -Fattispecie -Lesione -Sussiste. 

La legge 21 aprile 1962, n. 200 consente la corresponsione della 
indennit� relativa al servizio prestato dal personale di ruolo del Mini$
tero degli esteri fuori del territorio metropolitano soltanto al personale 
di ruolo per l'assistenza tecnica; pertanto, legittimamente tale indennit� 
non _viene corrisposta a dipendenti contrattisti per il servizio 
prestato alt'estero anteriormente alla data di inquadramento nei ruoli 
aggiunti ai sensi della legge 3 maggio 1955, n. 448, quando anche que$
t'ultimo servizio sia stato riconosciuto con effetto retroattivo (1).. 

Il trattamento gi� acquisito dai dipendenti pubblici deve essere 
eonservato allorquando, sia in dipendenza del passaggio da un ruolo 
all'altro, sia in conseguenza del passaggio da un ordinamento ad un 
aitro, il trattamento economico che viene cos� ad essere attribuito risulti 
meno favorevole di quello goduto in precedenza; pertanto, nel caso di 
inquadramento di dipendenti contrattisti del Ministero degli esteri 

(1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda, che 
� pacifica, cfr. Sez~ V, 12 febbraio 1965 ,n. 124 e Sez. VI, 11 giugno 1965, 

n. 442, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 225. e 1263. 

1062 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nei ruoli aggiunti, ai sensi della legge 3 maggio 1955, n. 448, con effetto 
retroattivo, illegittimamente la P. A. provvede al recupero degli assegni 
corrisposti per il servizio di fatto espletato come contrattisti locali, 
bench� coperto, per fictionem iuris, dal provvedimento retroattivo di 
inquadramento che tali assegni non prevede (2). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 514 -Pres. De 
Marco -Est. Potenza -Leone (avv. Pompeo) c. Prefetto di Bari 
(avv. Stato Casamassima), Terlizzi ed altri (n.c.). 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica 
-Case per lavoratori agricoli -Espropriazione a favore 
dei destinatari della costruzione -Possibilit�. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Deposito dell'atto 
impugnato -Sanatoria -Inammissibilit�. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Scelta dell'area -Offerta 
di altra area da parte dell'espropriato -Omessa valutazione -Illegittimit�. 


� legittima l'espropriazione delle aree occorrenti alla costruzione 
di abitazioni per i lavoratori agricoli, ai sensi della legge 30 dicembre 
1960, n. 1676, disposta a favore dei destinatari delle costruzioni 
stesse, quando, ai sensi dell'art. 11 legge cit., le abitazioni siano loro 
attribuite in propriet�, anzich� a riscatto o in locazione (1). 

In virt� del tassativo disposto dell'art. 36 t. u. 26 giugno 1924, 

n. 1054, la decadenza del ricorso per omesso deposito dell'atto impugnato 
non pu� essere sanata se la P. A. provvede al deposito specie 
quando la P. A. stessa abbia sollevato al riguardo eccezione di inammissibilit� 
(2). 
� illegittima la procedura di espropriazione, allorch� iZ Prefetto 
abbia omesso di valutare l'offerta, da parte del proprietario dell'area 
prescelta, di altra area che si assume idonea alla costruzione dell'opera 
(3). 

(1-3) La prima massima � applicazione del principio secondo il quale 
la attribuzione del bene espropriato pu� essere fatta a favore di soggetto 
diverso dall'espropriante. 

Sulla seconda massima, e cio� in caso di deposito dell'atto del resistente, 
cfr. Sez. VI, 13 novembre 1963, n. 825, e Sez. V, 27 aprile 1964, 

n. 507, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1718, 1964, I, 734. 
Sulla terza massima cfr., Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 891, ivi, 1965, 
I, 2198, con giurisprudenza ivi richiamata. 


PARTE I, SEZ. IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1063 

CONSIGLIO DI STATO� Sez. IV,. 15 giugno 1966, n. 524 ~ PTes. De 
Marco -Est. G�sparrini .. Tandoia (avv. Jaccarino) c. Prefetto di 
Foggia e Provveditorato 00.PP; per la Puglia (avv. Stato Casamassima) 
e Comune di Lucera (n.c.). 

Esptopriazioneper p. �u. ,. Espropriazione -Edifici scolastici -Termini 

� :Ptd�:�duriill�.. Natura. 
EsptopJ'iazi9p,e p~r p, .. -~sptoprla2liqpe -scelta dell'al"ea � Esistenza 
� � .�. di aree cti~~se -Compai-azJ.one -LetV.ttitnit� -Fattispecie. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Scelta dell'area -Fatto 
nuovo -Necessit� di una nuova scelta -Presupposti -Fattispecie Insussistenza. 


Espropriazione pel" p, u� "' Espi:opl"lazione -Proce<U:tnento "' Indivldlla� 
don.e dell'area da. espropriare � Fattispecie .. Lel!littimit�. 

Espropriazione per p~ u. -Espropriazione -Edifici scolastici -Termini 
procedurali -Imposizione del vincolo sull'area. 

:�:�. : : ::: : 

Il tennine entTo ilqua�e la. Commi$:Si.one pro.vinciale per l'edilizia 
scoJastica procede alla scelta dell'area da destinare alla costruzione di 
u1Le�i;ficio scolastico e approva it Telativo�pi'ogetto e queUo entro it 
quale il Provveditore regionale alle, QQ;PP. impone� n vincolo suU'area 
prescelta hanno carattere ordinatorio, non avendo la legge espressament� 
attribuito ioro carattere perent�rio; n� comminato la sanzione 
della decadenza nel caso di inosservanza (l); � 

In presenza di altre aree diverse da quella prescelta per la costruzione 
di un, edificio scolastico, non pu� ritenersi iUegittima la scelta 
deWarea stessa che sia�adeguatam�.nte e. per implicito motivata con 
l'esclusione� �eU'esistenza di altre aree idonee allo scopo, da acquistaTe 
mediante libera contrattazione, sulla base di una effettuata camparazione 
tra le varie aTee (2). 

No'li pu� consideTarsi come fatto nuovo, che determina la necessit� 
�i una nuova scelta deU'area peT la costruzione di un edificio scolastico, 
la Tielaborazione di un P'J'Ogetto originaTio approvato, ove tale 
rielaborazione concema i soli pTezzi� di appalto, ma lasci immutate le 
caratteristiche tecniche e distributive delZ'opeTa da TeaZizzare (3). 

� legittima l'esPTOPTiazione di un'aTea per la cost'l'�Zione di un 
edificio scolastico ove. l'individuazione e l'estensione deWaTea stessa 
Tisidti dalle planimetTie allegate al progetto (4). 

(1-5) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, 24 febbraio 1965, n. 242, Il 
Consiglio cli Stato, 1965, I, 223; sulla seconda cfr. IV Sez., 15 giugno 1966, 

n. 514, ivi, 1966, I, 1157. Sulle altre massime non risultano precedenti. 

1064 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il .termine di validit� del vincolo imposto dal Provveditore regionale 
alle 00.PP., su un'area ai fini della costruzione di un edificio 
scolastico di cui all'art. 7 l. 24 luglio 1962, n. 1073 non ha nulla a che 
vedere con i termini previsti dall'art. 13 l. 25 giugno 1865, n. 2359, 
trattandosi di termini connessi ad atti (vincolo dell'area e dichiarazione 
di p. u. delle opere) dai quali derivano al diritto di propriet�' 
limitazioni di natura ed intensit� diverse, la cui validit� nel tempo 
va, quindi, disciplinata in modo autonomo ed indipendente; pertanto, 
il termine stabilito per il compimento delle espropriazioni ben pu� 
coincidere con quello fissato per il vincolo dell'area (5). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 531 -Pres. Landi Est. 
Pezzana -Soc. imm. Fossalta e Serena (avv. Dallari G. M.) 

c. Ministero P. I. (avv. Stato Mataloni). 
Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Decisione -Competenza 
-Sottosegretario delegato -Legittimit�. 

Atto amministrativo -Delega -Firma del sottosegretario delegato Omessa 
menzione della delega -Irrilevanza. 

Atto amministrativo -Procedimento -Menzione degli adempimenti 
procedurali -Quando occorre. 

La delega di materia, a carattere generale, disposta dal Ministro 

in favore di un Sottosegretario abilita l'Autorit� delegata a firmare 

le pronunce decisorie di ricorsi gerarchici contro provvedimenti rien


tranti nella materia stessa (1). 

Ai fini della legittimit� degli atti emessi dai Sottosegretari di 

Stato, non occorre l'espressa menzione della delega al riguardo rice


vuta dal Ministro, essendo sufficienti la sua effettiva sussistenza ed il 

rispetto dei limiti in essa contenuti (nella specie, decisione di ricorso 

gerarchico) (2). 

(1) Giurisprudenza costante. Cfr. Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 147, Il Consiglio 
di Stato, 1965, I, 534; Ad. plen., 3 maggio 1960, n. 8 e Sez. IV, 27 agosto 
1960, n. 778 e 30 marzo 1962, n. 286, ivi, 1960, I, 822 e 1490; 1962, I, 491. 
V. anche GARGIULO, In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici, in 
questa Rassegna, 1965, I, 539. 
(2) Cfr., Sez. IV, 10 aprile 1963, n. 196, Il Consiglio di Stat�, 1963, 
I, 622. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1065 

La menzione negli atti amministrativi degli adempimenti procedurali 
� obbligatoria s�lo quando sia richiesta da espresse disposizioni 
legislative o regolamentari; in ogni caso, tale principio non pu� ritenersi 
applicabile all'istituto della delega, Za quale non � tanto un atto 
del procedimento quanto il titolo di legittimazione all'emanazione del 
provvedimento da parte di organo (Sottosegretariato di Stato, nella 
specie) diverso dal titolare del potere (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 luglio 1966, n. 571 -Pres. Polistina 
-Est. Granito -Della Valle (avv. Jaccarino) c. Commissione provinciale 
edilizia scolastica e Prefetto di Caserta (avv. Stato Ciardulli) 
e Comune di S. Maria Capua Vetere (avv. Fragola U.). 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Proroga -Limite 
temporale. 

I termini per le espropriazioni e i lavori, fissati neU'atto che dichiara 
la pubblica utilit� dell'opera, non possono essere prorogati, n� 
stabiliti ex novo dopo la scadenza, quando cio� la dichiarazione espres


.sa od implicita di pubblica utilit� � ormai divenuta e inefficace � ope 
legis in virt� dell'art. 13 ultimo comma l. 25 giugno 1865, n. 2359, 
neppure nel caso che la proroga sia stata tempestivamente richiesta 
daU'interessato (1). 

(1) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 luglio 1966, n. 587 -Pres. Polistina 
-Est. Gasparini -Corradini (avv.ti D'Abbiero e Pitrelli) c. 
Prefetto di Brescia e Ministero Trasporti -Direzione generale 
Ferrovie dello Stato (avv. Stato Lancia) e Soc. p. az. Acciaieria 
e Tubificio di Brescia (avv. Grassetti e Lanza). 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Retrocessione -Procedimento 
-Pubblicazione dell'avviso ex art. 61 1. n. 2359 del 1865 -Retrocedibilit� 
di un solo immobile -Notificazione individuale -Legittimit�. 


L'art. 61 l. 25 giugno 1865, n. 2359, nel prescrivere l'obbligo da 
parte dell'espropriante, di pubblicazione dell'avviso -nei modi prescritti 
dall'art. 17 l. citata -contenente indicazione dei beni non pi�. 



1066 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

occorrenti dopo che l'opera sia stata eseguita (in vista del diritto dei 
proprietari di ottenere Za retrocessione degli stessi), intende riferirsi 

al caso in cui, per il rilevante numero degZi interessati, le notificazioni 
individuali riuscirebbero particolarmente difficoltose; pertanto, 1 
in presenza di un solo immobile da retrocedere, l'Autorit� espropriante 

i 

ottempera al disposto della richiamata norma se porta a conoscenza 
dell'unico proprietario interessato, nel modo pi� adeguato alle circostanze, 
che il bene espropriato pu� essergli restituito (1). 

(1) Massima esatta. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 aprile 1966, n. 905 -Pres. Pece Est. 
Gambogi -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Comune di Bologna 
(avv. Boni, Gherardi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Amtn~azionedello Stato e de!!li . enti pubblici -Contabilit� 11enerale 
dello Stato -Stipulazione dei contratti della p. a. -Contratti tra 
assenti -Ammissibilit� -Condizioni -Forma scritta� ad substantiatn
� "' Necessit�; 

(c. c., artt. 1326. 1335; r. d. 18 novembre 1923, n. 2440; r. d. 23 maggio� 1924, 
n. 827; r. d. 3 marzo 1934, n. 383). 
Imposta di rel!istro -Trasferimento contestuale di immobili e mobili 
integrante unica pattuizione, con ripartizione del prezzo ai soli fini 
fiscali -Distinta applicabilit� delle aliquote previste per i trasferimenti 
immobiliari e per quelli mobiliari -Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 46). 
Nei concorso di tutti gli altri requisiti di legge, ivi comprese le 
necessarie deliberazioni interne.ed autorizzazioni t~torie, anche le pubbliche 
amministrazioni possono concludere un contratto tra assenti, 
sempre che non siano richieste formalit� particolari incompatibili con 
tale modo di conclusione dei contratti, e purch� per la manifestazione 
Rena volont� negoziale sia usata la forma scritta, sempre richiesta ad 
substantiam per i contratti della p. a. (1). 

Quando. la ripartizione del prezzo di immobili e mobili trasferiti 
contestuaimente non corrisponda ad effettive autonome stipulazioni, la 

(1) Giurisprudenza consolidata, in ordine all'esigenza della :forma scritta 
ad substantiam per i contratti della pubblica amministrazione: cfr. Cass. 
17 ago~to 1965, n. 1965, in questa Rassegna, 1965, I, 1176, con nota di G. 
MAND�, Inammissibilit� della rinnovazione tacita del contratto di locazione 
stipulato con una p.a.; id., 9 aprile 1965, n. 627, Giust. civ., 1965, I, 1859; 
id., 9 aprile 1964, n .811, ibidem, 1964, I, 1403. 
Sui prihdpi, in tema di contratti della p.a., cfr., tra i pi� recenti studi, 
SANDULLI A. M., Det1.berazione di negoziare e negozio di diritto privato della 
pubblica amministrazione, Riv. trim. dir; proc~ civ., 1965, 1; CARUSI F., 
Osservazioni in tema di formazione dei contratti dello Stato, in questa Rassegna, 
1964, I, 490. 

9 



1068 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

imposta di registro, ai sensi dell'art. 46 della legge organica, � dovuta 
per l'intero trasferimento con le aliquote previste per i trasferimenti 
immobiliari (2). 

�-:. 

(Omissis). -Col primo mezzo di ricorso il Comune di Bologna, 
denunziando la violazione ed erronea applicazione degli articoli 15 i. 
. 
.� 
1. 7 agosto 1936, n. 1639, 1098 e 1170 c. c. 1865, 36 c. comm. 1882, 1326 
c. c. vigente, 2 1. 21 giugno 1896, n. 218, 17 e 18 legge organica del 
registro, lamenta che la decisione impugnata abbia affermato che la 
convenzione da sottoporre ad imposta di registro fosse quella del 1949 
e non quella del 1927, erroneamente ritenendo che la persona giuridica 
pubblica non possa validamente concludere un contratto tra assenti, 
anche se per iscritto, essendo in ogni caso subordinata la validit� del 
contratto alla stipulazione formale di un rogito secondo le modalit� di 
legge e per mezzo dei funzionari all'uopo delegati. 
Tale doglianza pu� ritenersi in tesi generale fondata, perch� la 
giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 627 
del 1965, n. 2148 del 1964, n. 149 del 1963 nn. 758 e 1364 del 1962} 
afferma, s�, che gli enti pubblici non possono assumere impegni e con~
ludere contratti se non nei modi e nelle forme stabilite dalla legge e 
dai regolamenti, ma � quoad formam � richiede semplicemente la forma 
scritta � ad substantiam � e non la stipulazione di apposito rogito con 
l'intervento di notaio o del funzionario delegato alla stipulazione formale 
degli atti. Deve quindi in linea di principio riaffermarsi che, 
concorrendo tutti gli altri requisiti formali di legge, ivi comprese tutte 
le necessarie delibere interne ed autorizzazioni tutorie del caso (sulla 
cui sussistenza nella specie non sorge questione), anche le persone giuridiche 
pubbliche possano concludere un contratto tra assenti, purch� 
sia usata la forma scritta e non siano necessarie formalit� particolari 

incompatibili con tale modo di procedere, come potrebbe essere, ac;l 
esempio, il pubblico incanto (in questo specifico senso: sentenza n. 1014 
del 1956). 

Nella specie, per�, la decisione impugnata, pure contenendo effettivamente, 
in contrasto con la richiamata giurisprudenza, la affermazione 
che il contratto stipulato dalla persona giuridica pubblica, per 
essere valido, debba essere rogato dal funzionario preposto a tale fun


(2) Nello stesso senso, per l'esigenza che l'indicazione del prezzo distinto 
non sia fatta ai soli fini fiscali, ma corrisponda al contenuto sostanziale 
delle stipulazioni, cfr. Cass. 16 novembre 1959, n. 3387, Riv. Leg. Fisc., 
1960, 507; id. 6 ma.ggio 1958, n. 1480, Foro it., 1959, I, 638. 
In generale, sulle condizioni per l'applicabilit� delle distinte aliquote, 

v. Relaz. Avv. Stato 1961-65, II, 458, nonch� la nota (3-5) di A. MERCATALI 
a Cass. 5 maggio 1965, n. 819, in questa Rassegna, 1965, I, 553. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1069 

zione e concluso da altro pubblico ufficiale che rappresenti l'ente, premette 
�tuttavia, a codesta asserzione di carattere generale, il rilievo particolare 
che nel presente caso non vi fu, da parte del Comune di Bologna 
e della Societ� del Gas, nel 1927, una manifestazione della volont� 
di obbligarsi nei confronti dell'altro soggetto; e precisa che si ebbe 
invece solo la espressione della volontd interna degli organi deliberanti 
dei due enti (Consiglio Comunale ed assemblea dei soci della � Societ� 
del Gas �), come atto preparatorio della manifestazione di volont� 
esterna finale. 

E tale affermazione viene motivata con la considerazione che il 
Consiglio Comunale approv� solo uno � schema di convenzione �, mentre 
l'assemblea della societ� dette � mandato di stipulare il contratto � al 
suo presidente. 

Ora, questo giudizio di merito (insindacabile in questa sede perch�, 
debitamente e non illogicamente motivato, e non sottoposto, comunque, 
a censure di omessa o viziata motivazione) � evidentemente sufficiente, 
da solo, a decidere la controversia, anche a prescindere dalle successive 
argomentazioni di diritto svolte dalla decisione impugnata. Non pu� 
essere dubbio, infatti, che, anche ammessa per le persone giuridiche 
pubbliche la possibilit� di stipulare contratti per iscritto tra assenti, 
� sempre necessaria la esistenza di una precisa manifestazione di volont� 
negoziale indirizzata all'altra parte (e cio� di una proposta e di una 
accettazione ai sensi dell'art. 1326 c. c.) perch� si possa parlare di conclusione 
del contratto. Ove si affermi che detta volont� di obbligarsi 
invece non sia stata ancora indirizzata all'altra parte, perch� il consenso 
manifestato dal corpo deliberante della persona giuridica sia stato 
soltanto un atto preparatorio, destinato a rendere possibile la successiva 
manifestazione di volont� esterna, indirizzata all'altro contraente, da 
parte del rappresentante legale della persona giuridica stessa, conse


guenza logica di tale premessa non pu� essere che quella della inesi


stenza del contratto. Ed � appena il caso di osservare che, mentre la 

distinzione tra volont� preparatoria e volont� negoziale pu� essere 

difficile di fronte ad una dichiarazione proveniente dalla persona fisica, 

nessuna difficolt� concettuale del genere ricorre nel caso della persona 

giuridica, privata o pubblica, essendo noto che la volont� definitiva di 

tali soggetti � la risultante di un vero e proprio procedimento. ammi


nistrativo, nel quale concorrono le convergenti volont� preliminari di 

organi diversi. 

In �conclusione, poich� le considerazioni in fatto contenute nella 

decisione impugnata sono sufficienti a giustificare il dispositivo della 

stessa, la inesattezza di alcune delle argomentazioni di diritto, succes


sivamente svolte � ad abundantiam � dalla Commissione Centrale, non 

pu� portare alla cassazione della decisione impugnata. 



1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Col secondo mezzo di ricorso il Comune denunzia la volazione ed 
erronea applicazione dell'art. 46 della legge organica di registro, lamentando 
che la decisione impugnata abbia escluso che nella specie vi 
fosse stata una vendita dei cespiti mobiliari distinta da quella degli 
immobili, e abbia conseguentemente ritenuto applicabile a tutto il 
prezzo la maggiore aliquota di imposta. 

Anche questa doglianza non pu� essere accolta. Infatti la Commissione 
Centrale, con apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede 
di legittimit� e comunque nemmeno censurato sotto il profilo di una 
motiva,zione lacunosa o inesatta, ha ritenuto che la distinzione tra 
mobili ed immobili era stata fatta solamente ai fini fiscali e non corri~
pondeva affatto a due autonome stipulazioni effettive tra le parti, sicch� 
veniva a mancare il presupposto per l'applicazione dell'ultima parte 
del primo comma dell'art. 46 legge organica di registro .(Cass. n. 3387 
del 1959 e n. 1480 del 1958). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 aprile 1966, n. �1010 -Ptes. Pece Est. 
Alliney -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Barattelli, soc. Gestalga 

II

(avv. Allorio) c. Mini.stero Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di ricchezza mobile -Accertamento -Concordato . -Accerta-@I, 
~ 
mento integrativo -Condizioni -Fattispecie .in tema di omessa ii 

.:considerazione, 
in.sede di concordato, di un reddito (avviamento 

-~ 

per cessione di azienda ) non compreso nel bilancio finale di liqui~ 
dazione di una societ�. 

I ~ 

(1. a giugno 1936, n. 1231, art. 20; I.� 5 gennaio 1956, n. 1, art. 3; t. u. 29 gennaio 
1958, n. 645, art. 35). 
L'accertamento integrativo, in tema di imposta di ricchezza mobile, 
e di imposte dirette in genere, ai sensi dell'art. 3 della l. �5 gennaio 
1956, n. 1 (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 35), � consentito anche 
quando sia intervenuto concordato per la determinazione dei redditi 
imponibili, purch� ricorra la condizione della sopravvenuta conoscenza, 
da parte dell'ufficio, di elementi prima ignorati. Pertanto, con riferimento 
ad un accertamento (definito con concordato), effettuato in base ~ 
al bilancio finale di liquidazione di una societ�, non � sufficiente, a 

I 

giustificare l'accertamento integrativo, la semplice omessa indicazione 

i: 
in bilancio del reddito costituito dal premio di avviamento per la ces~: 
sione dell'azienda, potendo l'ufficio ovviare all'omissione esercitando ~ i: 
le facolt� di controllo e di rettifica di cui all'art. 20 della legge 8 giu-
$: 

I

Ii

i 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1071 

gno 1936, n. 1231, ma � necessario che sia giustificata, in relazione al 
reddito non dichiarato, la sapravvenuta conoscenza di nuovi elementi (1). 

(Omissis). -Dovendosi, pertanto, convenire, alla stregua del sostanziale 
e non equivoco accertamento compiuto dalla Commissione 
Centrale, che il bilancio, posto a base della denuncia di reddito del 
4 marzo 1955 e dell'accertamento suppletivo contestato, era -e non 
poteva non essere -il bilancio finale di liquidazione, ne segue che, 
in quanto documento conclusivo della vita economica della societ�, esso 
avrebbe dovuto contemplare, ove fosse esistito, anche il premio di avviamento 
derivante, in ipotesi, dalla cessione dell'azie:ada. 

Non essendovi, nella denunzia e nel bilancio che la corredava, 
menzione del premio di avviamento, l'ufficio delle imposte avrebbe 
potuto -in sede� di definizione del reddito -esercitare le facolt� 
di controllo, di iridagine e di rettifica previste dall'art. 20 della legge 
8 giugno 1936, n. 1231. Ma, una volta intervenuta, m�ediante concor~ 
dato, la definizione del reddito portato dal detto bilancio, la possibilit� 
di ulteriori accertamenti integrativi era preclusa, salvo che .l'Ufficio 
-secondo la previsione dell'art. 3 1. 5 gennaio 1956, n. 1 -fosse 
venuto a conoscenza, relativamente al cespite in contestazione, di elementi 
prima ignorati. 

La semplice circostanza che la denuncia di� reddito e� l'allegato bilancio 
non comprendessero il premio di avviamento non costituiva perci� 
una valida ragione per escludere l'efficacia preclusiva del concor


(l) ln materia, cifr. Comm. Centr. 17 novembre 1961 e27 gennaio 1961, 
n. 36542, Riv. dir. vrat.. trib., �1962, II, 387, c�n' nota di Ci!OXATTo. In tema 
di integrazione di accertamento, in generale, cfr. BERLIRI, Principi di diritto 
tributario, III (L'accertamento), Milano, 1964, 211 ss., 254 ss.; DI PAOLO, 
Testo unico delle leggi sulle imposte dirette, Milano, 1961, 411; CocIVERA, 
Concordato tributario, Enc. Dir., VIII, Milano, 1961, 525. 
Nella sentenza in rassegna, la Cassazione sembra sottolineare, e piuttosto 
con riferimento all'efficacia preclusiva del concordato (mentre la 
questione ;nori pare si presenti diversamente rispetto all'accertamento in 
genere, e quindi anche a quello definito per mancata impugnazione), che 
l'ignoranza degli elementi, la cui sopravvenuta conoscenza giustifica 'l'accertamento 
integrativo, non deve essere stata determinata da errore o, 
comunque, negligenza� dell'ufficio, che, tra l'altro, non abbia fatto uso dei 
poteri di indagine e di controllo che gli spettano. E tale conclusione, per�, 
non sembra potersi accettare senza riserve, specialmente in vista della 
esigenza di distinguere la sopravvenuta conoscenza di elementi relativi ai 
redditi imponi�bili; rispetto a quella genericamente riferita al cespite iproduttore, 
ed inoltre per la necessit� di considerare, da una parte, gli elementi 
riferiti a cespiti e redditi dichiarati, in rispetto ai quali, soltanto, potrebbe 
valere la regola della conoscibilit� (in relazione, beninteso, al materiale 
conoscitivo gi� acquisito dall'ufficio), e, dall'altra, quelli concernenti cespiti, 
e corrispondenti redditi, addirittura omessi. � 



1072 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dato, in quanto, ripetesi, all'Ufficio soccorrevano, prima della definizione 
del reddito, gli strumenti apprestati dalla legge per ovviare alla 
eventuale incompletezza della documentazione contabile fornita dal 
1072 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dato, in quanto, ripetesi, all'Ufficio soccorrevano, prima della definizione 
del reddito, gli strumenti apprestati dalla legge per ovviare alla 
eventuale incompletezza della documentazione contabile fornita dal 
contribuente. 
N� ha rilevanza il fatto -pure messo in evidenza dalla decisione 
impugnata -che il premio di avviamento non fu compreso nel con


�cordato: e ci� perch� il riferimento -dato per vero dalla Commissione 
Centrale -al bilancio 19 febbraio 1955, non poteva non attrarre 
nella definizione concordataria ogni reddito conseguito dalla societ�, 
sino alla totale cessazione della sua gestione, e quindi anche, se esistente, 
il reddito costituito dal premio di avviamento. 
Dato, pertanto, l'effetto preclusivo del concordato, compito della 
Commissione Centrale sarebbe stato quello di stabilire, alla stregua 
della documentazione prodotta, se l'accertamento integrativo fosse, nella 
specie, giustificato dalla sopravvenuta conoscenza, da parte dell'Ufficio, 
di elementi nuovi; ma di questo la decisione impugnata non si � fatta 
carico. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1343 -Pres. 
Vistoso -Est. Alliney -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Di Vita (avv. Fomario). 

Imposta di rellistro -Imposta ipotecaria -Agevolazioni per i trasferimenti 
di case di nuova costruzione non di lusso -Legge regionale 
siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 -Applicabilit� del beneficio alla costituzione 
di usufrutto -Esclusione. 

(1. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, art. 10). 
Imposta di registro -Imposta ipotecaria -Allevolazioni per i trasferimenti 
di case di nuova costruzione non di lusso -Legge regionale 
siciliana 28 aprile 1954 n. 11 per l'estensione del beneficio agli atti 
di costituzione di usufrutto -Valore di interpretazione autentica 
rispetto alla precedente normativa -Esclusione. 

(1. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2. art. 10; I. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11, art. 6). 
A norma dell'art. 10 detla tegge regionaie sicitiana 18 gennaio 
1949, n. 2, ie agevolazioni tributarie (imposta di registro e di trascrizione 
in misura fissa), per i trasferimenti di case di nuova costruzione 

non di tusso, spettano esclusivamente per la compravendita di tate case, 
e non si estendono aUa costituzione di usufrutto, nemmeno se questa 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1073 

sia attuata contestualmente aUa vendita, in favore di altro soggetto, 
della nuda propriet� delle case stesse (1). 

La disposizione deU'art. 6 delta legge regionale siciliana 28 aprile 
1954, n. 11, in ordine aU'applicabitit� delle agevolazioni fiscali, dalla 
stessa legge pre'l>iste, anche alla costituzione di usufrutto relativa a case 
di nttova costruzione non di lusso, purch� attuata contestualmente al 
primo trasferimento, da paTte del costruttore, detla nuda propriet� delle 
case medesime, ha caTattere innovativo e non inte'l'pretativo (2). 

(1-2) Conforme � la coeva Cass. 25 maggio 1966, n. 1345 . 

.� . Entrambe le. massime trovano specifico precedente, con riferimento 
alle leggi regionali siciliane n. 2 del 1949 e n. 11 del 1954, in Cass. 22 lu
�glio 1958, n. 2664, Riv. Leg. Fisc. 1958, 1744. In ordine alla prima massima, 
poi, � appena il caso di ricordare che, in relazione alla analoga disposizione 
dell'art. 17 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, la giurisprudenza � consolidata 
nel senso dell'inapplicabilit� dei benefici agli atti di costituzione di usufrutto 
(cfr. Cass. 19 luglio 1965, n. 1617, in questa Rassegna, 1965, I, 1213, 
ove ulteriori richiami; Relaz. Avv. Stato, 1961-65, Il, 521): inapplicabilit� 
ancora :ribadita da numerose successive pronunce, e, da ultimo, da Cass. 
26 ottobre 1966, n. 2608, 

�ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1389 -Pres. 
Pece -Est. Arienzo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Soc. Battagion 
(avv. Fresa, Pezzotti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Savarese). 

Ipoteca -Negozio ipotecario ed atto di concessione di ipoteca -Difterenze 
-Unilateralit� dell'atto di concessione di ipoteca. 

(C. c., art. 2821). 
Obbligazioni e contratti -Notaio e atto notarile -Legge notarile del 
Canton Ticino -Divieto al notaio di rogar~ atti per societ� di cui 
sia amministratore -Atti contenenti dichiarazioni unilaterali di 
un terzo verso la societ� di cui il notaio rogante sia amministratore 
-Nullit� -Esclusione. 

(legge notarile del Canton Ticino, 20 febbraio 1940, modif. dai dd. 11. 8 luglio 
1942 e 28 dicembre 1945). 

Imposte ipotecarie -Iscrizione e cancellazione di ipoteca -Determinazione 
dell'imponibile con riguardo agli interessi sul capitale garantito 
-Computo degli interessi per la durata della garanzia legale 
-Condizioni. 

(c. c., art. 2855; 1. 25 giugno 1943, n. 540, art. 2). 
Mentre il negozio ipotecaTio pu� esse'l'e costituito da una dichiarazione 
unilateTale o anche da un accordo bilateTcile tra concedente e 



1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

beneficiario dell'ipoteca, l'atto di concessione dell'ipoteca negozio 
giuridico distinto, con autonoma causa -� caratterizzato dalla manifestazione 
unilaterale della volont� dispositiva del concedente (1). 


Il divieto fatto al notaio, secondo la legge notarile del Canton Ticino, 
di rogare atti per societ� di cui sia rappresentante o membro del~ 
l'amministrazione, non riguarda gli atti, che pertanto sono da ritenere 
validi, relativi a. negozi giuridici unilaterali posti in essere da terzi 
in favore delle dette societ� (2). 

Ai fini dell'applicazione delle imposte ipotecarie, sulle iscrizioni 
e cancellazioni di ipoteca, la determinazione dell'imponibile si opera 
con l'aggiunta degli interessi al capitale garantito, e gli interessi stessi 
si computano per il triennio della garanzia legale, ai sensi dell'articolo 
2855 c. c., soltanto nel caso che dalla nota non risulti il loro ammontare, 
in cifra assoluta ovvero nell'importo desumibile con riferimento 
al tasso ed al termine per cui 1,'ipoteca � presa (3). 

(Omissis). -La societ� ricorrente, sotto il profilo della violazione 
degli artt. 14 n. 2 I. 30 dicembre 1923, n. 3269, e 360 n. 2 e n. 5 c. p. c., 
sostiene, col primo motivo, che la sentenza impugnata abbia errato: 
a) nel ritenere l'atto 4 ottobre 1956 unilaterale anzich� bilaterale, 
omettendo di esaminare gli argomenti contrari da essa dedotti. e di 
applicare la legge notarile svizzera, che prevede la nullit� anche degli 
atti unilaterali rogati da notaio avente interesse all'atto; b) nell'affermare 
l'unilateralit� dell'atto e contraddittoriamente considerare, agli 
effetti della nullit�, che esso era stato stipulato bilateralmente dalle 
due societ�; c) nel negare che, ai fini della repetibilit� del tributo, 
l'atto rientrasse nella disciplina dell'art. 14 n. 2 1. 30 dicembre 1923, 

(1-3) Conforme � Cass. 31 maggio 1966, n. 1452, tra le stesse pairti. 

(1) Non risultano specifici precedenti. In dottrina, cfr. MAIORCA, Ipoteca 
(diT. civ.); Novissimo Digesto, voi. IX, 82 ss, e -particolarmente, sul punto, 
n .. 29; GoRLA, Pegno. ipoteca -Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna, 
1957, 238; MoNTEL, Ancora sulla natura giuridica dell'ipoteca, Temi nap., 
1964, III, 293. . 
(2) Non constano precedenti. 
(3) Si pu� convenire nelle argomentazioni della sentenza in rassegna, 
per ci� che attiene all'esigenza di considerare, nell'interpretazione dell'art. 3 
della legge sulle imposte ipotecarie, che queste vengano rapPortate, in 
definitiva ,al valore dell'atto. Deve per� aggiungersi che nella soggetta 
materia, anche in applicazione del gene.rale principio di cui all'art. 8 della 
legge organica del registro, deve aversi riguardo, in ogni caso, agli effetti 
anche legali dell'iscrizione, e perci� considerarsi che la norma dell'art. 2 
della legge n. 540 del 1943 -secondo cui gli interessi, il cui ammontare 
non sia specificato nella nota, si computano per il triennio cui si estende 
la gar.anzia legale ipotecaria -non � operativa, soltanto quando, per essersi 
esattamente e concretamente indicato nella nota l'importo complessivo 
degli interessi, per i quali l'iscrizione � presa, possa all'importo medesimo 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1075 

n. 3269, mentre al contrario l'atto, come richiesto dal menzionato arti.,. 
colo, era affetto da nullit� originaria e radicale, dichiarabile in giudizio 
senza necessit� di contraddittorio con la societ� mutuante.� 
La doglianza � infondata. 

La sentenza impugnata, con riguardo alle premesse giuridiche, ha 
affermato che l'ipoteca volontaria pu� nascere da contratto o da di� 
chiarazione unilaterale e, con riferimento al caso sottoposto al suo 
esame, ha precisato che il notaio, amministratore della s�ciet� mutuante, 
non fosse intervenuto nell'atto di costituzione di ipoteca come rappresentante 
della detta societ�, essendosi limitato a ricevere la dichiarazione 
�di concessione .dell'ipoteca resa dalla debitrice.� 

Il principio giuridico, cui la sentenza impugnata ha uniformato la 
propria decisione, � esatto, pur meritando la motivazione Una precisazione 
sotto il profilo giuridico. L'art. 2821 c. c., nel disporre che l'ipoteca 
pu� essere concessa � anche mediante dichiarazione unilaterale �; 
risolve affermativamente la questione, agitata sotto il vecchio codice, 
sulla possibilit� di concedere ipoteca media.nte un atto unilaterale del 
debitore e pone in evidenza la distinzione tra concessione e mezzo 
negoziale attraverso. il quale la concessione viene posta in essere. U 
negozio ipotecario pu� essere costituito da una dichiarazione unilate� 
rale o anche da un accordo bilaterale tra concedente e beneficiario 
delripoteea, .mentre l'atto di concessione ha un carattere unilaterale 
indipendente dalla volont� della controparte, anche se nel contesto del 
documento risultino, in uno con le dichiarazioni del concedente, dichia.,. 
raz.ioni di volont� del soggetto a� favore del quale l'ipoteca viene concessa. 
L'atto di con.cessione di ipoteca, pertanto, � un negozio giuridico 
con una sua autonoma causa distinto dal negozio ipotecario e consistente 
in una manifestazione unilaterale di volont�. dispositiva. Consegue. 
da questa precisazione che l'atto 4 ottobre 1956, rogato dal �notaio 
Bassi in Chiasso e contenente .. la dichiarazione di volont� della debitrice 
societ� Battaggion di concedere ipoteca su �tutti i suoi immobili, 

ritenersi,.anche agli effetti civili, �imitata la garanzia. Coerentemente, pare 
doversi accogliere con riserva la conclusione indicata dalla sentenza, e 
tanto pi�� se, come pare evincersi dalla motivazione, la si intenda valida 
anche in relazione all'ipotesi di ammontare degli interessi determinabile 
con riferimento, quanto al tempo, a quello di scadenza dell'obbligazione 
principale garantita; il che, invero, non potrebbe comunque. ammettersi, 
a meno che. non possa dirsi -:---ed � cosa evidentemente da escludere, in 
mancanza di una espressa rinuncia del creditore -che gli ulteriori interessi, 
dovuti dopo quella scadenza, siano sempre da ritenere non coperti 
dalla garanzia ex art. 2855 e.e. 

Per riferimenti sulla questione, in tema di compatibilit� di una capitalizzazione 
preventiva degli interessi, per la durata del mutuo, con l'ulteriore 
garanzia ai sensi dell'art. 2855 e.e., cfr. Cass. 7 novembre 1959, n. 3312, 
Giur. It., 1961, I, 1, 79. 



1076 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aveva carattere di atto unilaterale di concessione di ipoteca. E. non 
essendo stato dedotto che, secondo la legge svizzera, l'atto si atteggia 
diversamente, deve ritenersi che anche iin tale legislazione l'atto di 
concessione d'ipoteca abbia carattere unilaterale. Pertanto, va disattesa 
la censura con la quale si sostiene la bilateralit� dell'atto e la pretesa 
contraddizione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata col ritenere, 
ai fini della nullit� prevista dalla legge del registro per la repetibilit� 
del tributo, l'atto bilaterale, dopo averne dichiarata l'unilateralit�. 


La sentenza impugnata, dopo aver affermato che l'atto 4 ottobre 
1956 eva unilaterale, ne ha negato la nullit� per essere il notaio 
rogante amministratore della creditrice, applicando l'art. 28 della 
legge notarile italiana, mentre la ricorrente come deduce col primo 
motivo, aveva invocato anche la legge notarile svizzera. Non si contesta 
da parte della resistente che l'atto, ricevuto in Svizzera da notaio svizzero, 
a' sensi dell'art. 26 delle disposizioni sulla legge in generale, 
era regolato dalla legge notarile svizzera e non da quella italiana, ma 
si sostiene che la nullit�, �sotto il profilo della violazione della legge 
svizzera, non era sorretta da alcuna prova in ordine alla sua fonte 
normativa. 

Devesi, innanzi tutto, rilevare ,che l'errore della sentenza nel fare 
riferimento alla legge italiana, invece che a quella svizzera, non avendo 
avuto influenza sul dispositivo, pu� essere corretto nei limiti del potere 
di questo S. C. (art. 384 c. p. c.). L'.eseroizio di questo potere nel caso 
concreto � consentito, perch� la questione involge un'interpretazione 
di legge che rientra nel sindacato di legittimit� e perch� il giudice, con 
la sua scienza e ricerca diretta, pu�. trarre conoscenza per accertare 
la legge straniera da ogni elemento acquisito al processo, anche se le 
parti non l'hanno prospettato al fine di fornire la prova della legge 
straniera, in relazione alla quale impropriamente si parla di onere probatorio 
(Cass. 13 aprile 1959, n. 1089). 

Ci� posto, attraverso le risultanze degli atti e degli scritti difensivi, 
con riferimento al luogo di redazione dell'atto 4 ottobre 1956, non 
pu� revocarsi in dubbio che la legge notarile regolatrice dell'atto era 
quella del Canton Ticino: 1. 20 febbraio 1940, modificata coi dd. 11. 
8 luglio 1942 e 28 dicembre 1945, la quale dispone (art. 36) che la 
qualit� di azionista delle societ� anonime od in accomandita per azioni 

� non impedisce al notaio di cooperare agli atti interessanti � dette 
societ� � purch� non sia membro dell'ammini�strazione o rappresentante 
della societ� �. La norma � dettata per evitare che nella stessa persona 
si cumulino le funzioni di rappresentante della societ� e quelle di notaio 
rogante che, per la detta qualit� di rappresentante, diventa portatore 
di un interesse in conflitto con quello dell'altro contraente. Per la 
funzione di rappresentante della societ�, infatti, il notaio deve emet

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1077 

tere dichiarazioni di volont�, in nome e per conto della societ�, 
influenti per la formazione ed il contenuto dell'atto, riferibile alla 
.societ�, mentre per la funzione connessa alla sua qualit� di pubblico 
ufficiale rogante deve procedere a raccogliere la volont� dell'altro 
contraente per redigere .l'atto. Ora, mentre nei negozi bilaterali si verifica 
la suddetta situazione di conflitto, non altrettanto avviene in 
quelli unilaterali a favore di una societ�, gli effetti giuridici dei quali 
si� producono� senza essere� collegati ad una� manifestazione di� volont� 
del rappresentante della societ�. Nella specie,. il notaio, pur comulando 
la qualit� di pubblico ufficiale rogante a quella di rappresentante o di 
amministratore: della. societ�, in quest'ultima veste non ha svolto alcuna 

attivit�, con la.: conseguenza che non sussisteva quella situazione di 
incompatibilit� che la norma ha inteso colpire. 

Col secondo.� motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione 
dell'art, 2i 1. 25 giugno 1943', n; 540) sostiene che la sentenza impugnata 
abbia errato� nel ritenere� che l'imposta .suppletiva sugli interessi dovesse 
essere liquidata per la durata del termine �legale di tre anni di 
cui all'art. 2855 c. c.; anzich� per il biennio di durata del mutuo. Al 
contrario, secondo la ricorrente, non era pertinente il richiamo del 
citato articolo* il quale riguarda la graduazione del privilegio di ipoteca 
per gli interessi sul capitale e stabilisce un limite massimo �e non anche 
un limite minimo di durata, con la conseguenza che, essendo le parti 
.libere di prevedere un termine di durata inferiore a q.ello massimo, 
l'imposta ipotecaria va cominisurata per gli interessi sul loro ammontare 
calcolato, in ragione della misura del tasso. dichiarato, per la du� 
rata di tempo convenzionale. 

La doglianza . � �fondata. 

La sentenza impugnata, riformando sul punto quella di primo 

grado, ha ritenuto che rimposta ipotecaria sugli interessi, anzich� com


putarsi con riguardo alla durata biennale del mutuo, dovesse percepirsi 

per� un triennio, applicando l'�rt. 2855 c. c., richiamato dalla legge 

ipotecaria, il quale, nel regolare gli effetti dell'iscrizione, stabilisce che 

la collocazione degli interessi � limitata alle due annate anteriori e a 

quella� in.� cor.so. Ed ha affermato che tale privilegio � operativo anche 

nel caso di ipoteca acc.esa per due anni, salvo che il creditore abbia 

rinunciato alla maggiore estensione triennale della garanzia legale o 

che il suo comportamento all'atto dell'iscrizione sia incompatibile con 

la volont� di avvalersi della detta garanzia per tutta la durata. 

L'art. 2 della 1. 25 giugno 1943, n. 540, dopo aver enunciato �che 

l'imposta per le iscrizioni e le cancellazioni di ipoteca � proporzionale 

(art. 1), detta i criteri per la determinazione dell'imponibile .e .stabi


lisce, nel primo comma, che � nel determinare l'imposta proporzionale 

sulle iscrizioni e sulle rinnovazioni si tien conto del capitale e degli 

interessi per cui l'ipoteca � presa �; nel secondo comma specifica che 



1078 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�alla sorta principale debbono aggiungersi gli interessi nell'ammontare 
dichiarato nella nota in doppio esemplare prescritta dall'art. 2839 
c. c. �; e nel terzo comma precisa che � se gli interessi risultano indicati 
soltanto nella misura, la somma imponibile si determina cumulando 
le annate degli interessi ai quali per legge si estende l'iscrizione 
o la rinnovazione � . 
A conferma dell'assunto della sentenza, che l'imposta ipotecaria 
sugli interessi debba computarsi per un triennio, ove non risulti una 
rinunzia espressa del creditore a.Ila garanzia legale, si aggiunge, quanto 
agli interessi, che l'ammontare dichiarato, inteso come somma precisa, 
costituisce l'imponibile per l'imposta. ipotecaria, indipendentemente 
dalla circostanza che tale somma sia maggiore o minore di quella del 
triennio di cui all'art. 2855 c. c., il quale diventerebbe rilevante ai fini 
tributari, in virt� del rinvio disposto dal terzo comma dell'art. 2 cit., 
in tutti gli altri casi di man�ata specificazione degli interessi in cifra 
assoluta. Tale interpretazione muove dal rilievo che tutto il sistema 
ipotecario � fondato su formalit� essenziali per. la validit� dell'ipoteca; 
e si fonda sulla portata letterale del termine � ammontare �, per cui 
il conservatore dei registri� immobiliari, essendo esonerato da ogni computo
�. aritmetico, dovrebbe applicare l'imposta ipotecaria� per il triennio 
di cui alla garanzia legale ogni volta che gli interessi non sono indi~ 
cati in una somma determinata. 

.�, innanzitutto, inesatto che il conservatore� non debba mai pro� 
cedere alla determinazione della somma imponibile degli interessi, per~ 
ch� a tanto � tenuto, secondo il terzo comma dell'art. 2 citato, nel caso 
che gli interessi risultino indicati �soltanto nella misura �. N�, d'altra 
parte, il formalismo delle iscrizioni ipotecarie, diretto ad assicurarne la 
validit�, pu� assurgere a tale rigore da giustificare il pagamento della 
imposta ipotecaria senza l'osservanza del criterio proporzionale pre� 
visto nell'art. 1 per le iscrizioni e le cancellazioni, e riconfermato nel 
primo comma dell'art. 2 citato. E, infine, la garanzia legale triennale; 
di cui all'art. 2855 c. c., che regola, ai fini civilistici e non tributari; 
l'estensione agli interessi degli effetti dell'iscrizione ipotecaria, non�pu� 
essere estesa oltre il caso per il quale � espressamente richiamata. 

Ci� posto, dal coordinamento dell'art. 1 e dei tre commi sopra 
riportati dell'art. 2 I. 25 giugno 1943, n. 540, risulta che l'imposta sulle 
iscrizioni e sulle cancellazioni � proporzionale al valore dell'atto e che 
gli interessi vanno calcolati sull'ammontare dichiarato oppure cumulando 
le annate degli interessi ai quali per legge (art. 2855 c. c.) si 
estende l'iscrizione, allorch� gli interessi stessi risultino � indicati sol~ 
tanto nella misura �. Dal complesso della normativa si evince che la 
imposta ipotecaria va applicata al capitale e agli interessi nel loro 
ammontare certo e ,che, quando non � possibile procedere alla determinazione 
degli interessi, per mancanza di uno dei fattori indispensa



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1079 

bili al calcolo, si deve far riferimento alla durata triennale della garanzia 
legale. Tale ipotesi, l'unica che consenta di mutuare i principi 
civilistici per fini tributari, � di stretta interpretazione e si verifica 
allorch� gli interessi risultino indicati �soltanto nella msura �, e cio� 
allorch� dall'atto risulti unicamente il �tasso �, cosi dovendosi intendere 
il termine � misura �, degli interessi �stessi. In via generale, al 
di fuori di detta ipotesi, si applica il secondo �comma dell'art. 2 citato, 
per il quale, ai fini di determinare l'imponibile dell'imposta ipotecaria, 
al capitale si debbono aggiungere gli interessi nell'� ammontare dichiarato 
� nella nota di iscrizione. L'entit� degli interessi, peraltro, non � 
legata al rigore di particolari formule o alla sua specificazione in cifra 
assoluta, ben potendo risultare attraverso l'indicazione del. tasso e la 
durata degli anni. Questo secondo caso, mentre rientra nella previsione 
della citata disposizione, potendosi con un agevole calcolo determinare 
gli interessi in cifra assoluta, esula dal campo di operativit� della norma 
del terzo comma, che � ristretta al caso, ben diverso, di interessi indeterminabili 
ne;ll'ammontare per essere stato indicato solo. il loro tasso. 

Consegue da quanto esposto il principio che � ai fini dell'imposta 
proporzionale sulle iscrizioni e sulle cancellazioni ipotecarie, l'imponibile 
si determina aggiungendo al capitale gli interessi nell'ammontare 
che dalla nota risulti o in cifra assoluta o mediante l'indicazione del 
.ta�sso e del termine per cui l'ipoteca � presa. Si determinano, invece, 
gli interessi cumulando le tre annate per le quali � prevista la garanzia 
legale come estensione degli effetti dell'iscrizione (art. 2855 c. c.), nel 
caso che nella nota risulti indicato solo il loro tasso �. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1393 -Pres. Favara 
-Est. Roperti -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ente autonomo 
acquedotto pugliese (avv. Resta) c. Ministero Finanze (avv. Stato 
Correale). 

Imposta di registro -Agevolazioni per gli atti dell'Ente autonomo per 
l'acquedotto pugliese -Limiti -Applicabilit� delle agevolazioni 
ad un atto relativo a mutuo contratto per far fronte agli oneri per 
la liquidazione di quiescenza al personale dell'ente -Esclusione. 

(r. d. 18 ottobre 1919, n. 2060, art. 15, conv. in 1. 23 settembre 1920, n. 1365). 
Imposte e tasse in genere -Norme che dispongono agevolazioni -Interpretazione 
estensiva -Limiti. 

(c. c., preleggi, art. 14). 
L'equiparazione degli atti e contratti deU'Ente autonomo per l'acquedotto 
pugliese agli atti e contratti dello Stato, ai fini dei ~ributi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di registro, di bollo, ipotecari e sulle concessioni governative, non conceTne 
tutti gli atti e contratti dell'ente, che, in via diretta o indiretta, 
mediata o immediata, interessino il suo funzionamento, ma soltanto 
quem che .attengono oggettivamente e direttamente all'impianto ecl 
all'esercizio delle opere. Pertanto detta equiparazione, che si concreta 
in un beneficio di carattere oggettivo e specificamente limitato, non � 
invocabile per un contratto di mutuo stipulato dall'ente per procurarsi 
i fondi necessari al pagamento della liquidazione di quiescenza al personale, 
non ricorrendo in tal caso un nesso eziologico diretto tra l'atto 
e l'impianto o l'esercizio delle opere, considerati ai fini dell'agevolazione 
(1). 

L'interpretazione estensiva di leggi che concedono benefici tributaTi 
� ammessa soltanto quando si ravvisino, nel caso non espressamente 
regolato dal legislatore, finalit� e motivi propri della norma 
che si vuole applicare per estensione (2). 

(Omissis). -La sentenza denunciata, condividendo la soluzione 
del primo giudice, ha ritenuto che il criterio di identificazione degli atti 
ammessi al beneficio dell'esenzione tributaria, si debba cogliere nel 
contenuto degli atti medesimi e nella natura dell'attivit� cui essi si 
riferiscono, in quanto il legislatore, circoscrivendo l'ambito del privilegio 
ai soli atti che concernono �l'impianto e l'esercizio delle opere 
che costituiscono l'attivit� dell'ente ., con esclusione degli altri atti, 
si � ispirato ad un criterio oggettivo, anzich� ad un criterio soggettivo, 
con la conseguenza che sono soggetti al normale regime tributario gli 
atti, che conce:mono le altre attivit� dell'ente medesimo, come quelle 
di specie, dirette ad assicurare la organizzazione del personale, quale 
scaturente dal rapporto di impiego. 

Le conclusioni della sentenza denunciata resistono alle �censure 
dell'ente ricorrente. 

Invero, la soluzione della causa postula l'interpretazione del menzionato 
art. 15 del r. d. 18 ottobre 1919, n. 2060, convertito nella 1. 23 
settembre 1920, n. 1365, il quale, al secondo comma, dispone che � ri


(1) Non risultano specifici precedenti. La soluzione accolta appare del 
tutto lineare, in relazione al chiaro disposto legislativo (art. 15, r.d. 18 ottobre 
1919, n. 2060), che concede il beneficio per gli atti e contratti dell'ente 
� in quanto si riferiscono all'impianto ed all'esercizio delle opere �, 
e quindi con specifico ed esclusivo riferimento all'oggetto considerato, e 
con conseguente esclusione degli atti aventi un diverso oggetto, e perci� 
anche di quelli che attengono all'organizzazione ed al funzionamento, in 
generale, dell'ente. 
(2) Sulla interpretazione di norme tributarie, e con particolare riguardo 
a quelle in tema di agevolazioni, cfr., anche per i richiami giurisprudenziali, 
Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 284 ss. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1081 

spetto alla tassa di registro, bollo, ipoteche e concessioni governative, 
tutti gli atti e contratti dell'ente, in quanto si riferiscono all'impianto 
e all'esercizio delle opere che costituiscono l'attivit� dell'ente, sono 
soggetti alle stesse norme stabilite per gli atti e contratti delle Amministrazioni 
dello Stato. 

La formulazione della norma in esame rende manifesto che la 
equiparazione, ai fini tributari, degli atti e contratti dell'ente a quelli 
dello Stato, non concerne tutti gli atti e i contratti dell'ente che, in via 
diretta o indiretta, immediata o mediata, interessano il suo funzionamento, 
ma soltanto quelli che attengono all'impianto e all'esercizio delle 
opere, avendo la norma dato vita, cos�, ad un privilegio oggettivo, che, 
a differenza di quello soggettivo, prende in considerazione l'oggetto e 
non il soggetto, l'attivit� in s� considerata, pi� che l'ente chiamato 
ad assolverla. 

Pertanto, l'agevolazione fiscale prevista dal citato art. 15 del 

r. d. 18 ottobre 1919, n. 2060, non pu� ritenersi estesa ad un contratto 
di mutuo stipulato dall'Ente autonomo acquedotto pugliese per ottenere 
i fondi necessari al pagamento delle liquidazioni di quiescenza 
del proprio personale collocato o da collocare a riposo. Ci� perch� 
l'agevolazione fiscale � ristretta ai soli atti e contratti relativi all'impianto 
delle opere ed al loro esercizio, ossia aventi un oggetto del tutto 
diverso da quello costituito da un mutuo per procurarsi i fondi per 
liquidare i propri funzionari: n� vale il dire che, indirettamente, la 
opera dei dipendenti anzidetti serviva agli impianti ed all'esercizio, in 
quanto la legge richiede un nesso eziologico diretto tra l'atto e l'impianto 
delle opere, o l'esercizio di esse, che esattamente la Corte di 
merito ha escluso in un atto che, come quello di specie, al pi�, solo 
indirettamente (ed in quanto, per di pi�, si fosse dimostrato o chiesto 
di dimostrare, come non si era per� fatto o richiesto, che il personale 
serviva proprio per l'esercizio e lo impianto e non per altri fini del tutto 
diversi) poteva connettersi alla posa degli impianti, od al loro esercizio. 
Esattamente, poi, dall'impugnata sentenza � stato negato ingresso 
alla interpretazione estensiva della norma in esame (art. 15). 

Posta, infatti, la finalit� specifica che in concreto ha formato oggetto 
della disposizione di favore, che � quella di limitare l'esenzione fiscale 
agli atti relativi agli impianti e all'esercizio delle opere, l'estensione 
del beneficio agli atti, riguardanti i rapporti dell'ente col proprio personale, 
per soddisfare gli obblighi derivanti da tali rapporti, verrebbe 
ad alterare la predetta finalit� per una causa specifica diversa da quella 
suggerita dalla lettera e dallo spirito della norma agevolativa; il che 
impedisce di fare luogo all'interpretazione estensiva, la cui possibilit� 
sussiste, comunque, soltanto quando si ravvisino nel caso non espressamente 
regolato dal legislatore motivi e finalit� propri dello spirito 
della norma che si vuole applicare per estensione. -(Omissis). 



1082 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, 28 maggio 1966, n. 1397 -Pres. Favara Est. 
Gia�nnattasio -P. M. Tavo1aro (conf.) -Ente comunale di consumo 
di Prato (avv. Capaccioli, Feri) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Foligno). 

Imposta di ricchezza mobile -Avanzi annuali di gestione degli enti comunali 
di consumo -Imponibilit� -Esclusione. 

(d. l. C. P. S. 3 settembre 1946, n. 90; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81). 
I proventi costituiti dagli avanzi di gestione del bilancio di esercizio, 
per un determinato anno, di un ente comunale di consumo, in 
quanto destinati ad essere riassorbiti negli anni successivi (per la riduzione 
dei prezzi di vendita dei generi alla popolazione e per le spese 
di gestione), non costituiscono reddito soggetto all'imposta di ricchezza 
mobile (1). 


(1) La pronuncia si regge su argomentazioni sostanzialmente conformi 
a quelle che gi� indussero la Corte Suprema a negare l'imponibilit� per 
gli avanzi di gestione dei mercati ittici comunali: cfr. Cass. 27 ottobre 1965, 
n. 2272, in questa Rassegna, 1965, I, 1285, con nota critica, cui si rinvia. 
Tra l'altro, pu� osservarsi che anche nell'attuale incontro non sembra 
essersi adeguatamente considerato: che la destinazione .dei redditi, come 
la stessa Cassazione ha di recente ribadito (31 maggio 1966, n. 1451, retro, 
928), � irrilevante ai fini dell'imponibilit�; che tale irrilevanza non viene 
meno soltanto perch�, in ipotesi, la destinazione particolare sia imposta 
da una legge (e, nel caso, peraltro, manca ogni precisazione, n�l d. I. n. 90 
del 1946), essendo ai fini tributari da tener conto delle sole erogazioni che 
si traducano in una spesa detraibile dal reddito conseguito; che, d'altra 
parte, atteso il principio dell'autonomia degli accertamenti per ciascun 
periodo d'imposta (su tal punto la giurisprudenza � del tutto pacifica: 
cfr., da ultimo, Cass. 22 giugno 1966, n. 1598, ultra, 1083, ed ivi richiami 
in nota), l'erogazione di un reddito, in un periodo successivo a quello da 
considerare, non pu� non ritenersi irrilevante, salvo quanto previsto, in 
via di eccezione( art. 112 t.u. n. 645 del 1958), per la detrazione negli 
esercizi successivi delle perdite subite in un periodo d'imposta; che, infine, 
nemmeno potrebbe negarsi l'imponibilit� con riferimento alla natura non 
industriale o non commerciale dei redditi per avanzi di gestione degli enti 

�di consumo, come invece sembra aver ritenuto la Cassazione, giacch� 
presupposto dell'imposta di ricchezza mobile, secondo dispone l'art. 81 del 

t.u. del 1958, n. 645, � la produzione di un reddito netto � derivante da 
capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro, ovvero derivante 
da qualsiasi altra fonte ... ., e non assoggettabile alle imposte fondiarie, e 
cio� non soltanto la produzione di un reddito derivante da attivit� esplicata 
a fine di lucro, ma anche il conseguimento di un qualsiasi altro incremento 
patrimoniale, e perci� pur se originato dallo svolgimento di una attivit� 
non finalisticamente lucrativa. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1083 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1598 -PTes. Rossano 
-Est. Ferrone Capano -P. M. Tuttolomondo (conf.). -Soc. Cementeria 
di Bat'letta (avv. Calvario) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Foligno). 

Imposte tasse in !1enere � Imposte periodiche -Imposta di ricchezza 
mobile � Accerta~ento -Cosa !1iudicata -Giudicato relativo ad 
un periodo di imposta e concernente la tassabilit� del reddito Estensibilit� 
ad altri periodi di imposta -Esclusione. 

(t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 3, 4). 
In tema di imposte periodiche, e cos� per l'imposta di Ticchezza 
mobile, .l'efficacia. del g.iudicato opera nei limiti dell'accertamento oggetto 
del giudizio e non si estende ad accertamenti relativi ad altri 
periodi di imposta, pur se tali altri accertamenti siano della stessa 
-natU'ra, e pur se la pronuncia sia stata resa con riguardo.alla tassabilitd 
del reddito oggettivamen.te considerato (1). 

(Omissis). -Con i due motivi di ricor.so, che riguardano essenzialmente 
un'unica questione e che � opportuno esaminare congiuntamente, 
la Cementeria di Barletta si duole che non sia stata ritenuta la 
sussistenza del giudicato circa l'esenzione totale dall'imposta di ricchezza 
mobile, per la durata di dieci anni, rispetto ai redditi dello 
stabilimento attivato nel 1952. 

La doglianza � infondata. 

O��Orre porre in risalto che con provvedimento 23 aprile 1955, 
notificato il 27 maggio dello stesso anno, l'Ufficio delle .imposte ritenne 
che il nuovo �stabilimento della Cementeria, costruito nel recinto della 
vecchia fabbrica ed attivato il 10 settembre 1952 con macchine del 
tutto nuove, costituisse stabilimento industriale di primo impianto, come 
tale rientrante nella previsione dell'art. 3, primo comma, del d. 1. 14 dicembre 
1947; n. 1598, e che, di conseguenza, i relativi redditi dovessero 

. beneficiare della esenzione totale, per la durata di dieci anni, dall'imposta 
di ricchezza mobile. Ma con provvedimento in data 10 dicembre 
1955; notificato il 19 successivo, lo stesso ufficio ritenne che il predetto 
stabilimento (al pari di quello attivato il 1� settembre 1954) costituisse 
semplice ampliamento dell'opificio industriale preesistente, non 

(1) Lineare applicazione dei principi in tema di autonomia degli accertamenti 
per ciascun periodo di imposta. In argomento, cfr. le conformi Sez. 
Un. 14 luglio 1962, n. 1873, Riv. Leg. Fisc., 1962, 2057 e Cass. 26 luglio 1962, 
n. 2148, id., 1963, 181, e, per la questione generale, e per pi� ampi riferimenti, 
v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 300 ss., 400. 
10 



1084 RASSEGNA DELL.'AVVOCATURA DELLO STATO 

gi� stabilimento di primo impianto, e che pertanto non fosse applicabile 
l'esenzione totale dall'imposta di ricchezza mobile, sibbene l'esenzione 
parziale, e cio� l'esenzione sui maggiori redditi derivanti. dall'ampliamento, 
ai sensi del secondo comma del citato art. 3 del decreto del 1947. 

Questo secondo provvedimento, impugnato dalla Cementeria davanti 
alla Commissione distrettuale delle imposte, dette luogo al procedimento 
contenzioso definito con la decisione 5 dicembre 1962 della 
Commissione centrale, che forma oggetto del presente ricorso. La Com-missione 
centrale ritenne che, contrariamente a quanto aveva affermato 
la Commissione provinciale, il provvedimento dell'Ufficio in data. 
23 aprile-27 maggio 1955, col quale era stata concessa l'esenzione totale 
per i redditi dello stabilimento attivato nel 1952, poteva essere legittimamente 
annullato, essendo esso soggetto alla disciplina degli atti 
amministrativi, e validamente era stato annullato col successivo provvedimento 
in data 10-19 dicembre 1955. 

La ricorrente sostiene che la Commissione centrale non avrebbe 
potuto pronunciarsi su questo punto, ess�ndone l'esame precluso per 
effetto di intervenuto giudicato. In particolare, deduce che la � irretrattabilit� 
� del primo provvedimento (di esenzione totale) era stata affermata 
non solo nella decisione della Commissione provinciale n. 137 del 
10 aprile 1959, impugnata davanti alla Commissione centrale, ma anche 
in altra coeva decisione della stessa Commissione provinciale di Bari,. 
portante il n. 138, emessa in un altro procedimento fra le stesse parti, 
ma non impugnata e divenuta perci� definitiva. 

Senonch�, come esattamente fa rilevare la resistente Amministrazione 
delle finanze, la questione relativa all'annullabilit� (o revocabilit� 

o modificabilit�) del provvedimento in data 23 aprile-27 maggio 1955,. 
col quale era stata accordata l'esenzione totale dall'imposta di ricchezza 
mobile, formava oggetto (anzi il primo e principale oggetto) del procedimento 
nel quale venne pronunciata dalla Commissione provinciale la 
decisione n. 137 del 10 aprile 1959, tempestivamente e ritualmente impugnata 
con ricorso alla Commissione centrale. L'altra decisione in pari 
data della stessa Commissione provinciale (n. 138) fu pronunciata in 
un diverso procedimento, avente per oggetto l'accertamento della base 
imponibile per un solo esercizio finanziario, e cio� la determinazione 
dei redditi prodotti dalla Cementeria nell'anno 1952, assoggettabili ad 
imposta di ricchezza mobile, redditi che avevano formato oggetto di 
denunzia da parte della contribuente e di rettifiche da parte dell'ufficio,. 
a norma delle disposizioni di legge in materia. 
Ora, � ovvio che la decisione emessa in questo secondo procedimento, 
che era limitato all'accertamento dei redditi tassabili per l'anno 
1952, non poteva costituire giudicato su un punto controverso (diritto 
aWesenzione totale decennale con decorrenza dal 1� settembre 1952) 
che formava oggetto di contestazione e di giudizio nell'altro procedi-

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1085 

mento allor� in corso. La questione relativa all'esenzione decennale 
spettante a~ Cementeria per i redditi dello stabilimento attivato il 
1� settembre. 195'2, e .cio� se competesse l'esenzione totale o quella 
parziale (entrambe per la durata di dieci anni), formava oggetto del 
primo procedimento, non in via incidentale e non limitatamente a determinati 
pe:do4i di tempo, ma in via principale e per tutto il decennio, 
in � quanto. le Commissioni t:dbutarie furono chiamate a p;imnunciarsi, 
con efficacia di giudicato, sulla natura del provvedimento di esenzione 
totale, emesso dall'Ufficio delle imposte, e sulla sua annullabilit� (o 
� retrattabilit� �), nonch� sulla misura dell'esenzione (se totale o parziale) 
spettante alla Cementeria. Tutte codeste questioni non formavano 
oggetto delYaltro procedimento, nel quale si discuteva del reddito prodotto 
nel 1952, da �SSoggettare ad imposta di ricchezza mobile. E se 
anche in questo secondo procedimento, nel quale la questione dell'esenzione 
poteva riguardare solo quattro mesi (dal 10 settembre al 31 dicembre 
1952), la Commissione provinciale ebbe ad affermare, con la 
decisione n. 138 del 10 aprile 1959, che il provvedimento di esenzione 
totale, emesso dall'Ufficio delle imposte il 23 aprile 1955, era da. considerare 
definitivo, irrevocabile e vincolante, tale da non poter essere 
annullato per alcun motivo, non per questo potrebbe ravvisarsi il giudicato 
ipotizzato dalla ricorrente. Vi osta il carattere manifestatamente 
incidentale delle suindicate affermazioni della decisione n. 138; e vi 
osta altresi la circostanza che l'accertamento del diritto all'esenzione 
totale, invocato dalla Cementeria per la durata di un decennio, formava 
oggetto di contestazione e di giudizio nell'altro procedimento, all�ra in 

corso fra le stesse parti e non ancora definito. 

Giusta la pi� recente giurisprudenza di questa �Suprema Corte 
(sentenze 14 luglio 1962, n. 1873, e 26 luglio 1962, n. 2148), nelle controversie 
relative all'accertamento di imposte periodiche, quale l'imposta 
di ricchezza mobile, i limiti della .cosa giudicata sono quelli della con


troversia tributaria, cui la decisione si riferisce, in relazione all'oggetto 
della medesima ed al periodo di tempo specificamente considerato; 
ond'� che l'efficacia preclusiva del giudicato, operando nei limiti dell'accertamento 
che ha formato oggetto di quel giudizio, non si estende 
ad altri accertamenti della stessa natura, riguardanti diversi periodi di 
tempo. Tale principio, che si ricollega a quello dell'autonomia dell'accertamento 
tributario, deve trovare applicazione anche quando vi sia 
stata una pronuncia sulla tassabilit� del reddito, oggettivamente considerato. 
Anche siffatte decisioni, ancorch� vertano su presupposti o 
elementi obiettivi di carattere generale, non possono spiegare efficacia 
di cosa giudicata se non nei limiti di quella determinata controversia. 
In altri termini, l'efficacia del giudicato (al pari dell'efficacia dell'accertamento) 
� circoscritta al periodo d'imposta per il quale � sorta la controversia, 
quale che sia la natura delle questioni decise, avendo la legge 



1086 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riconosciuto che ad ogni periodo di'mposta corrisponde un'obbligazione 
tributaria autonoma, distinta da quelle che attengono ai periodi d'imposta 
pre�edenti e successivi (artt. 3 e 4 del testo unico delle leggi sulle 
imposte dirette, approvato con d. P. 29 gennaio 1958, n. 645). 

Esattamente, dunque, la Commissione centrale, davanti alla quale 
si discuteva dell'esenzione decennale, ritenne infondata l'eccezione di 
giudicato proposta dalla Cementeria, rettamente applicando il principio 
dell'autonomia delle liti tributarie. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1797 -Pres. Pece Est. 
Roperti -P. M. Di Majo (conf.) -Consorzio Centrale del Latte 
di Bari (avv. Scandale, Calvario) c. Ministero Finanze (avv. Stato 
Coronas). 

Concessioni amministrative -Centrali del latte in concessione -Servizio 
di raccolta, trattamento igienico e distribuzione del latte -Obbligo 
del concessionario di operare perconto dei produttori -EsclusioneAcquisto 
del prodotto e rivendita -Liceit�. 

(1. 16 giugno 1938, n. 851). 
Imposta di registro -Concessioni di pubblici servizi -Servizio centralizzato 
di approvvigionamento ed immissione al consumo del latte Determinazione 
dell'imponibile -Proventi lordi -Costo del latte 
acquistato dal concessionario presso i produttori -Concorre alla 
formazione dei proventi lordi. 

(r .d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 56; l. 16 giugno 1938, n. 851). 
La disciplina della raccolta deZ latte, nei sistema della Z. 16 giugno 
1938, n. 851, suUa centralizzazione del servizio di approvvigionamento 
e distribuzione del prodotto, non comporta che iZ trattamento 
igienico e Za rivendita debbano avvenire per conto dei produttori, essendo 
invece liberi il Comune concedente ed iZ concessionario di regolare 
come credono i rapporti economici ed industriali, e perci� anche di 
stabilire che iZ concessionario provveda all'acquisto del latte, per rivenderlo 
in proprio (1). 

Il servizio centralizzato di approvvigionamento ed immissione al 
consumo del latte comprende anche l'acquisizione del prodotto, oltre 

(1-2) Non constano precedenti. La conclusione, di cui alla prima massima 
appare perfettamente in .Unea col sistema della legge n. 851 del 1938, 
sulle' centrali del latte, la quale si interessa segnatamente della disciplina 
igienica del servizio, .e non vieta in alcun modo una libera estrinsecazione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1087 

che ii successivo trattamento igienico e la distribuzione. Pertanto, ai 
fini della determinazione dei proventi lordi dell'esercizio, per l'applicazione 
deU'imposta di registro, deve considerarsi anche ii costo della 
materia prima acquistata, oltre la spesa per il trattamento igienico e la 
immissione al consumo, ed oltre l'utile deU'imprenditore, ed in definitiva, 
perci�, i detti proventi debbono considerarsi pari al ricavo della 
rivendita del latte ai consumatori (2). 

(Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente -denunciando la violazi.
one degli artt. 1 segg. 1. 16 giugno 1938, n. 851; 56 1. 30 dicembre 
1923, n. 3269; 2602 segg. c. c., in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 

c. p. c. -si duole che la Corte di Appello abbia incluso nell'imponibile 
soggetto ad imposta di registro il compenso del latte caldo riconosciuto 
alle vaccherie. 
In particolare, si censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto: 
a) che nell'atto di concessione del pubblico servizio fosse previsto l'acquisto 
del latte presso le stalle senza fornire argomenti per escludere 
l'equivalenza acquisto-raccolta; b) che l'inserzione in bilancio del prezzo 
del latte fornisse la prova che il Consorzio si rendeva acquirente del 
latte stesso presso i produttori, laddove detta inserzione aveva valore 
di una mera partita di giro in vista del rendiconto, in quanto il Consorzio, 
interessato alla semplice raccolta del latte, agiva come mandatario 
dei produttori consorziati; c) la equiparazione dei consorzi alle 
societ� commerciali, ai fini dei rapporti fra consorziati e consorzi, i 
quali, anche quando assumono la veste di societ� per azioni, restano 
consorzi e presentano caratteristiche peculiari per quanto attiene ai 
rapporti fra ente e partecipi. Ne consegue, proprio per questa ineliminabile 
caratteristica costitutiva del consorzio, che esso abbia in definitiva 
agito da tramite fra gli esercenti di una medesima attivit� economica 

o attivit� economiche connesse, per la disciplina di tali attivit�. 
Osserva la Corte Suprema su tale motivo che la denunciata sentenza 
non pu� essere oggetto di valida censura non solo perch� ha 
esattamente deciso, ma anche perch� dalla motivazione si trae la ratio 
che giustifica la decisione adottata. 

Quanto al punto a), la Corte non ritiene ohe possa fondatamente 
sostenersi che la Centrale del Latte di Bari avesse il compito di raccogli.
ere (e non di acquistare) il latte presso i produttori, che, dopo di 
averlo assoggettato al trattamento igienico, rivendeva per conto dei 
produttori stessi, e che in tal modo il ricavato della rivendita non 

della volont� delle parti quanto ai rapporti, in particolare, tra concessionario 
del servizio e produttori. C'onseguenziale, e perci� ugualmente del 
tutto corr.etta, � l'affermazione contenuta nella seconda massima, in applicazione 
del chiaro disposto dell'art. 56 della legge organica del registro. 



1088 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giocasse nel costituire il provento lordo di cui all'art. 56 della legge di 
registro. 

La Corte di merito, pervenendo a conclusioni contrarie, ha ritenuto, 
conformemente al convincimento dei primi giudici, che il concessionario 
non si era limitato a prendere in deposito la materia prima per 
l'attuazione del servizio pubblico, ma se ne era reso acquirente, per cui 
il prezzo d'acquisto del latte, entrando nel bilancio di esercizio, costituiva 
introito. 

A tale concreto risultato la impugnata sentenza � pervenuta interpretando 
l'atto di concessione, nel quale l'acquisto del latte caldo presso 
le stalle � previsto come uno dei compiti del Consorzio conc.essionario, 
ed affermando che la locuzione � acquisto � non pu� stare a significare 
la semplice raccolta della materia prima. 

Hanno considerato al riguardo i giudici di merito che la legge, 
parlando di raccolta del latte, ha avuto presente sopratutto il trattamento 
igienico del latte, trascurando ogni aspetto economico riguardante 
il concessionario del pubblico servizio, onde il generico termine 
usato -raccolta -non esclude l'acquisto, in senso proprio, del latte 
medesimo. 

La legge, cio�, si interessa del solo lato tecnico del pubblico servizio, 
rappresentato dalla centralizzazione del latte, del suo trattamento 
igienico e dell'immissione dello stesso al consumo, mentre lascia completamente 
liberi il Comune concedente ed il concessionario di regolare, 
come credono, i loro rapporti economici ed industriali, per cui prevedendo 
l'atto di concessione, tra i compiti del concessionario, l'acquisto 
del latte, il ricavato della rivendita, dopo il trattamento, non pu� non 
essere considerato provento lordo dell'esercizio. 

La esattezza della interpretazione di cui sopra � stata ulteriormente 
ribadita dalla Corte di merito con considerazioni attinenti alla concreta 
fattispecie in esame. Infatti, la Corte di Appello ha rilevato che nessuna 
traccia documentale esisteva in atti per giustificare la tesi della semplice 
raccolta del latte altrui, mentre invece risultava che il latte, dopo 
il trattamento igienico, veniva venduto dal Consorzio per un prezzo 
calcolato sulla base del costo del latte .stesso presso le stalle e delle 
spese occorse per il trattamento, ed il prezzo non veniva ripartito tra 
il Consorzio e i produttori. 

Cosi ragionando, la Corte di Appello ha espresso un giudizio essenzialmente 
di fatto, incensurabile in questa sede, essendo stato fondato 
sopra una attenta e coordinata valutazione degli elementi acquisiti alla 
causa, nonch� sulla precisa espressione � acquisto del latte � ripetuta 
nel testo dell'atto di concessione. 

Non pu� quindi ritenersi che i giudici di appello abbiano attribuito 
alla locuzione � acquisto � un significato diverso da quello di �raccolta� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1089 

del latte senza fornire gli argomenti per escludere l'equivalenza di tali 
due termini. Al contrario, da tutto l'insieme delle coerenti argomentazioni 
esposte dalla Corte di Appello, emerge che detta Corte ha dato 
adeguata ragione del proprio convincimento. 

La circostanza, sulla quale particolarmente si � insistito nella memoria 
illustrativa, e cio� che nelle disposizioni legislative e regolamentari, 
e nello statuto, si parli;t costantemente di raccolta del latte, e non 
di acquisto, non � determinante. 

Infatti, non � contra legem che il Comune (o il concessionario), 
invece di vincolare il latte alle stalle, di trattarlo ig.ienicamente e di 
avviarlo al consumo per conto dei produttori, liquidi la posizione di 
.questi ultimi, comprando il latte e rivendendolo per proprio conto. E 
�cio� l� legge non preclude un sistema organizzativo ed industriale 
diverso da quello riconducibile al concetto dell'ammasso del bene, la 
cui propriet� rimanga ai produttori in modo che il concessionario agisca 
da semplice intermediario o da mero mandatario. 

Quanto �alla censura sub b), secondo cui la contabilizzazione in 
bilancio del prezzo del latte acquistato alle stalle sarebbe irrilevante, 
risolvendosi in una partita di giro, giova rilevare che per giungere a 
tale risultato dovrebbe potersi affermare, in contrasto con quanto ritenuto 
incensurabilmente dalla Corte di merito, che il latte veniva soltanto 
raccolto dal Consorzio, per essere, dopo il trattamento, rivenduto 
per conto dei produttori, �con una partecipazione del Consorzio alla 
suddivisione del ricavato. Ma questa conclusione, per le ragioni innanzi 
esposte, deve sicuramente escludersi, e la contabilizzazione, nel bilando, 
della materia prima, lungi dal costituire una partita di giro, nel 
senso che il ricavo della rivendita del latte veniva versato ai singoli 
produttori, evidenzia un costo del servizio sopportato in proprio dal 
Consorzio e che � rilevante ai fini della determinazione del provento 
lordo. 

Non � esatto, poi, affermare che l'acquisto del latte debba essere 
considerato come il presupposto del pubblico .servizio svolto dal concessionario 
e cio� come una operazione estranea alla attivit� della 
Centrale del latte, che dovrebbe intendersi limitata al solo prodotto 
del latte � pastorizzato �. 

Infatti, oggetto del servizio non � soltanto il trattamento igienico 
del latte, ma tutto il ciclo delle attivit� necessarie, in conformit� dell'atto 
di concessione, per po~tare �n latte a disposizione dei consumatori. 

Tale ciclo inizia con l'acquisto, presso le stalle, del latte, che � la 
materia prima occorrente per l'espletamento del servizio, si svolge con 
il suo trattamento igienico, e si conclude con la vendita del prodotto. 
Dal gettito di tale vendita � determinato il provento che, appunto per 
essere lordo, deve comprendere non solo le spese del trattamento, ma 



1090 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche il costo della materia prima acquistata, cos� come nel prezzo che 
il Consorzio ricava, per ogni unit� venduta agli spacci al minuto, incide 
tanto il costo della materia prima approvigionata e del processo di 
trattamento, quanto l'utile dell'imprenditore. 

Infondata � pure la censura sub e) secondo la quale il Consorzio 
concessionario, essendo costituito dagli stessi produttori, funziona da 
tramite rispetto a costoro per assicurare loro le operazioni di centralizzazione 
e bonifica del latte. 

Al riguardo � sufficiente osservare che poich� la Centrale del latte 
di Bari � ordinata nella forma tipica della societ� per azioni, essa ha 
personalit� giuridica distinta da quella dei soci, e cio� non pu� confondersi 
con i produttori associati. Non potendosi, pertanto, prescindere da 
tale particolare e peculiare situazione, titolare del latte acquistato � la 
societ�, e non il Consorzio in rappresentanza dei produttori consorziati. 

Col secondo mezzo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 56 
della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, sostenendo che 
l'esercizio del servizio del Consorzio e l'atto di concessione non comprendono 
la produzione del latte, che costituisce il presupposto del 
servizio di centralizzazione. Di conseguenza -secondo esso ricorrente 
-non rientrano nei proventi lordi dell'esercizio le remunerazioni 
per l'attivit� di produzione del latte, la quale viene in considerazione 
unicamente al fine di stabilire autoritariamente il limite di esse 
remunerazioni, nell'interesse dei produttori consorziati. 

A contrastare la tesi del ricorrente vale quanto gi� rilevato in 
ordine al primo mezzo e cio� che il Consorzio non agiva come semplice 
intermediario o mandatario nei confronti dei produttori. Il Consorzio, 
quindi, non ne amministrava il latte raccolto, ma agiva come proprietario 
del latte acquistato, in conformit� dei compiti espressamente previsti 
nell'atto di concessione, secondo cui l'acquisto della materia prima, 
lungi dall'essere una operazione estranea all'oggetto del pubblico servizio, 
costituiva -come si � gi� detto -la prima operazione del ciclo 
della gestione del servizio. 

Ed allora, poich� per l'art. 56 della legge di registro, la base imponibil:
e per le concessioni di pubblici servizi va calcolata, ai fini del 
tributo, sui corrispettivi delle concessioni stesse e sui proventi lordi 
dell'esercizio pubblico, il valore della concessione di cui si discute � 
costituito, come ha rettamente ritenuto la impugnata sentenza, da un 

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lato dal compenso-rimborso di lire 20;92 e da un compenso aggiuntivo 1 
di lire una, previsti dal contratto a titolo di corrispettivo a favore del 

I 

concessionario, dall'altro dal provento lordo, e cio� dal ricavo della 

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rivendita del latte ai consumatori (senza tenere conto dei pesi sopportati 
dal concessionario), trattandosi di somma ritratta dall'esercizio del I 


l 

pubblico servizio. -(OmiSsis). 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1091 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 196,6, n. 1831 -Pres. Rossano 
.. Est. Straniero -P. M. Caccioppoli (conf.) -Soc. Cantieri 
Riuniti dell'Adriatico (avv. Biamonti) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Coronas). 

Imposta generale sull'entrata -Imposta sulle merci importate (art. 

17 1. 19 giugno 1940, n. 762) -Esenzione dall'i.g,e. per i pagamenti 
relativi a costruzioni e riparazl()ni navali per la ricostruzione del 
naviglio sinistrato percause di guerra -Applicabilit� dell'esenzione 
anche perl'imposta sulle merci importate, per materiali destinati 
alle dette .costruzioni.e riparazioni. 
(d. 1. 9. ge.nnaio 1940, n'.. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. l, 17; 
d. 1. 29 giugno 1947, n. 779, art. 9). 
U benefi�io delfesenzione daWimposta generale sull'ent1�ata, previsto 
dali'art, 9 del d. l. 29 giugno 1947, n. 779, per i pagamenti relativi 
a costruzioni e riparazioni navali dirette alla ricostituzione del naviglio 
sinistrato per cause beUiche, ed appUcabile anche per i pagamenti eseguiti 
dal cantieri per l'approvvigionamento degti occorrenti materiali~ 
� da, ritenere esteso anche atz'ipotesi. impositiva di cui all'art. 17 della 
legge or{/anica, per l'importazione daU'estero, da parte� dei cantieri, dei 

materi�li stessi (1). � � ��� � �..� . . 

(Omissis.). -Col prhno motivo del ricorso si denunciano la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 9 d. I. C. P. S. 29 giugno 1947, n. 779, 
in relazione agli artt. 12 e 14 delle preleggi ed agli artt. 1 e 17 della 

1. 19 giugno 1940,. n. 762, noncn� il vizio di motivazione insufficiente ai 
sensi dell'art. 360, n. 5 cod. proc. civ. 
(1) i:.G.E. e c. d. <e I.G.E. all'imp1>rtaiione � nelle disposizieni di favore 
per la ricostruzione . del naviglio mercantile sinistrato per cause belliche. 
Con questa sentenza, e con le conformi 15 luglio 1966, nn. 1900 e 1901, 
tra le stesse parti, la Corte Suprema, espressamente ripudiando il proprio 
precedente avviso in materia (Cass. �19 maggio 1962, n. 1159, Giust. civ., 
1962, I; 1454), ritiene che la disposizione dell'art. 9 del d.l. 29 giugno 1947, 

n. 779, con la quale si dichiararono � esenti dall'imposta generale sull'entrata 
i pagamenti per costruzioni, riparazioni, modificazioni e trasformazioni 
navali, nonch� per acquisto di navi estere, eseguiti da nazionali per 
attuare la ricostruzione del naviglio sinistrato per cause di guerra �, fosse 
volta a sancire il trattamento di favore non soltanto in relazione alla vera 
e propria imposta sull'entrata, bensi anche con riferimento al tributo -la 
c.d. � i.g.e. all'importazione � -dovuto, appunto, ai sensi dell'art. 17 della 
legge organica, � per il fatto obiettivo dell'importazione �. 
La q:!!estione, per vero, � ormai di limitato interesse, essendo rimasta 
operante la norma del citato art. 9 soltanto fino all'entrata in vigore della 



1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In particolare, la societ� ricorrente investe il rigetto, da parte della 
Corte di Venezia, della interpretazione secondo la quale i materiali e 
macchinari, importati dall'estero per essere impiegati in lavori di costruzione, 
riparazione, modificazione o trasformazione di navi mercantili, 
eseguiti in cantieri o stabilimenti italiani su commesse di armatori o 
proprietari stranieri, debbono ritenersi compresi nella esenzione dall'i. 
g. e., concessa, dall'ultimo comma del citato art. 9, per i � pagamenti 
� relativi a tali lavori. 

La doglianza � sostanzialmente fondata. 

La Corte di merito ha posto a premessa fondamentale della sua 
ratio decidendi la presenza, nella legge istitutiva dell'i.g.e.( r. d. I. 9 gennaio 
1940, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, 

n. 762) di due distinti assoggettamenti ad imposta: l'uno, ai sensi dell'art. 
1, per la entrate, in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi 
del danaro, conseguenti alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi 
effettuate nello Stato, l'altro, a norma dell'art.. 17, per le merci importate 
dall'estero, colpite, in corrispondenza dell'imposta di cui al precedente 
art. 1, nella stessa misura stabilita per le entrate derivanti dal 
trasferimento di merci nel territorio della Repubblica. Essa ha, invero, 
osservato che la seconda ipotesi tributaria, ancorch� inquadrabile in una 
ampia accezione del concetto di imposta sull'entrata, presenta, rispetto 
all'altra, nette differenze strutturali e sostanziali, ed una assoluta diversit� 
quanto al presupposto materiale della imposizione, identificabile, 
anzich� in un rapporto negoziale, nel fatto obiettivo della importazione. 
Ne ha, altresi, tratto la conseguenza che la sopravvenuta norma di esen1. 
17 luglio 1954, n. 522. E tuttavia, anche per il rilevato contrasto interpretativo 
determinatosi presso la stessa Cassazione, pu� essere di una qualche 
utilit� esaminare se le argomentazioni della sentenza in nota siano davvero 
idonee a giustificare, ed univocamente, il ripensamento odierno. 
Quelle argomentazioni possono, se ben si � inteso, cos� sintetizzarsi: 
a) i precedenti storici e l'evoluzione. legislativa della materia portano a 
considerare che il legislatore del 1947 dovette volere l'estensione del beneficio 
anche all'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17 del d.l. 9 gennaio 
1940, n. 2, per i materiali importati e destinati alle costruzioni e riparazioni 
navali, poich� analoga agevolazione era prevista, ed anche per le importazioni, 
quando era in vigore l'imposta sugli scambi, e perch� la successiva 

1. n. 522 del 1954 espressamente, poi, disse esenti dall'imposta in questione 
le dette importazioni di materiali: sicch� non sarebbe concepibile che soltanto 
per il periodo dal 1947 al 1954, quando pur sussistevano le ragioni 
per venire incontro alle attivit� cantieristiche, il beneficio non fosse stato 
previsto; b) l'art. 9 del d.l. n. 779 del 1947 si riferisce ai �pagamenti� per 
costruzioni, riparazioni, ecc., ma con ci� non deve ritenersi che sia stato 
limitato il beneficio alle sole ipotesi di corrispettivi dovuti dai committenti 
ai cantieri, dovendo invece l'agevolazione considerarsi estesa anche ai 
pagamenti fatti dai cantieri stessi, per forniture di materiali (come ritenuto 
da Cass. 7 maggio 1963, n. 1114, Foro it., 1963, I, 1708): con la conseguenza 
che, non essendovi motivo per una distinzione secondo la fonte di 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1093 

zione, chiaramente concepita, nella formulazione letterale, in funzione 
dell'art. 1 e in termini tali da non autorizzare neppure una interpretazione 
estensiva, non pu� includere i materiali e macchinari provenienti 
dall'estero oggetto di importazione, disciplinata, nel sistema della 
legge del �1940, dall'art. 17. 

La diversit� di struttura ravvisata dai giudici di appello non rappresenta, 
peraltro, di per se stessa, un serio ostacolo logico, perch� in 
definitiva rende pur sempre l'importazione partecipe in astratto del 
regime d�ll'Lg. e.; al �t.� specifico nomen iuris il legislatore volle 
proprio e soltanto riferirsi con la norma di esenzione. Essa, anzi, consente 
alla ricorrente di considerare superato l'ostacolo, ben pi� rilevante, 
che avrebbe. per lei rappresentato la sentenza impugnata, se quest'ultima, 
piuttosto che adeguarsi alla pi� recente giurisprudenza di questo 
Supremo Collegio (sent. 19 .maggio 1962, n. 1159), avesse invece seguito 
quel precedente indirizzo giurisprudenziale (Cass. 18<novembre 1958, 
n, 3334; 25 marzo 1961, n. 687) che identificava nella imposizione ex 
art. 17 le caratteristiche di un tributo, parallelo a quello istituito sugli 
scambi interni e dettato da evidenti fini perequativi,. ma avente l'intrinseco 
ed autonomo carattere di tributo di confine, soggetto alla disciplina 
di cui all'art. 7 della legge doganale 25 settembre 1.940, n. 1424. 

La Corte di merito non ha, in secondo luogo, considerato che l'interpretazione 
storica e teleologica, piuttosto che apportare qualche elemento 
a favore della statuizione adottata, ne contiene altro, di rilievo, 
in senso contrario. 

approvvigionamento, anche per i materiali importati dovrebbe ritenersi 

applicabile il beneficio;. e) lo stesso vocabolo �pagamenti�, di cui al citato 

art. 9, non � sinonimo di � entrata ., ed anzi evidenzia l'intento legislativo 

di considerare, ai fini del beneficio, non lo specifico presupposto dell'impo


sizione, ai sensi dell'art. 1 della legge organica, bens� fa generica attivit� 

economica di scambio, �che rappresenta il comune denominatore di tutte 

le ipotesi, anche particolari, dell'imposta sull'entrata... �: sicch� la consi


derazione che con l'art. 9 sarebbe stato fatto riferimento soltanto ad un 

presupposto costituito da atto negoziale nemmeno potrebbe ritenersi deci


siva, poich� non � da escludere che J.a stessa legge organica del 1940, non 

diversamente dalla legge sull'abolita imposta sugli scambi, dall'i.g.e. so


stituita, abbia inteso colpire, con la norma dell'art. 17. �piuttosto che 

l'importazione in s� stessa ...l'atto di scambio sub specie del suo indice 

rivelatore, identificato, .per l'appunto, nei riflessi tributari nazionali, nel 

fatto del passaggio della linea doganale �. 

Orbene, pu� inpanzi tutto rilevarsi che l'argomento sub b) non appare 

decisivo, n� autonomamente, n� in concorso con gli altri, giacch�, mentre la 

semplice eventuale identit� di ratio non sarebbe comunque idonea -e si 

versa in tema di norme di stretta interpretazione, quali sono tutte quelle 

che concedono benefici, in deroga al normale regime di imposizione -a 

giustificare una applicazione, che sarebbe ovviamente analogica e non 

semplicemente frutto di interpretazione estensiva, a casi non previsti, sta 



1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non v1 e dubbio che il d. I. n. 779 del 1947 abbia rappresentato, 
in tema di provvidenze a favore dell'armamento e dell'industria delle 
costruzioni navali, un complesso di disposizioni integrative del r. d. 
10 marzo 1938, n. 330, e che nel quadro del sistema precedente sussistessero 
norme (artt. 124 e 129 del regolamento di esecuzione 13 aprile 
1939), le quali, riguardo alle suddette costruzioni, esoneravano dalla 
tassa di scambio tutto ci� che era necessario per porre la nave in condizioni 
di adempiere al suo specifico impiego e, a tal fine, consideravano 
particolarmente l'ultimo scambio verso il cantiere delle forniture, provenienti 
sia dall'interno che dall'estero. Non vi � neppure dubbio che nel 
momento attuale si debbono ritenere espressamente compresi nella esenzione 
dall'i. g. e., a norma della I. 17 aprile 1954, n. 522, oltre che i 
corrispettivi dei contratti di costruzione e le forniture di materiali nazionali 
(art. 2), anche le forniture di materiali esteri (art. 1). Non pu� 
esservi dubbio, pertanto, che l'interpretazione restrittiva adottata dalla 
Corte di merito ponga sostanzialmente in essere una differenziazione 
che, per essere limitata alla legislazione fiscale in vigore fra il 1947 e 
il 1954, si dovrebbe ritenere voluta ed attuata in un momento nel quale 
l'industria dei cantieri nazionali era in crisi, e nel quadro di un complesso 
di disposizioni di favore che, come gi� precisato da questa Corte 
(sentenze 7 maggio 1963, n. 1114; 25 novembre 1963, n. 3035), si ripromettevano 
lo scopo di agevolare la ripresa e il potenziamento dell'industria 
cantieristica non meno della ricostruzione e dell'incremento 
della flotta mercantile. Ci�, peraltro, avrebbe rappresentato una evi-

di fatti che l'argomento stesso postula quanto ancora � da dimostrare, e 
cio� che la disposizione in esame riguardi non soltanto i corrispettivi dovuti 
ai cantieri, bens� anche quelli per forniture di materiali ai cantieri 
medesimi. Ed al riguardo, se � vero che la Cassazione ebbe gi� a riconoscere 
tale pi� ampia applicabilit� (cit. sent. n. 1114 del 1963), � tuttavia 
da osservare che proprio la pi� completa visione della norma, per l'indagine 
circa l'estensibilit� o meno dell'esenzione anche all'imposta di cui 
all'art. 17, consente di puntualizzare e valorizzare la espressione � pagamenti 
., in un senso che potrebbe, in effetti, costituire la chiave per l'intelligenza 
dell'intero contesto della disposizione; potendosi rilevare, invero, 
che quella espressione evidenzia l'aspetto soggettivo del concesso beneficio, 
dato per favorire, in quel contesto, non l'industria cantieristica, bens� 
l'armamento, e perci� inteso ad agevolare in via diretta ed immediata, gli 
acquirenti ed i proprietari di navi, committenti dei lavori di costruzione 

o riparazione, e perci� tenuti al pagamento dei relativi corrispettivi. Sicch�, 
mentre si giustifica, in vista del rilevato profilo soggettivo, la specifica 
esenzione disposta separatamente, dallo stesso art. 9 del d.1. 779, per le 
navi estere, si comprende anche il reale valore della terminologia legislativa, 
invero idonea a far escludere la validit� proprio dell'interpretazione 
che vorrebbe esteso il beneficio all'imposta sull'entrata sui materiali acquistati 
dai cantieri, piuttosto che a far ritenere, sulla base di tale pi� ampia 
e quanto meno discutibile applicabilit�, che questa costituisca sufficiente 

1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel concetto di � entrata � a favore dei cantieri. Rispetto al suddetto 
profilo, altrimenti in verit� assorbente, questo Supremo Collegio ha, 
invero, gi� precisato (sentenza 7 maggio 1963, n. 1114), riguardo alla 
ipotesi, shl punto analoga, degli acquisti di materiali effettuati in Italia, 
che l'esenzione non si pu� intendere limitata ai pagamenti effettuati 
dai committenti (proprietari o armatori) a favore dei cantieri, in corrispettivo 
delle prestazioni contemplate nei contratti di appalto, ma si 
deve ritenere estesa, sotto il profilo di un collegamento teleologico e 
funzionale, a tutti gli atti economici che, obiettivamente ed effettivamente 
diretti alla costruzione o alla riparazione di navi, siano ai lavori 
a ci� relativi collegati da nesso immediato e diretto, e quindi anche, in 
particolare, ai pagamenti fatti dai cantieri ai terzi per acquisti di ma


teriali occorrenti ai lavori in questione. 

Restano pertanto�da esaminare soltanto i due aspetti pi� essenziali 
della ratio decidendi della sentenza impugnata e delle argomentazioni 
della resistente: l'interpretazione letterale e l'asserito riferimento della 
norma di esonero al presupposto di un rapporto negoziale, con conseguente 
sua incompatibilit� con l'importazione, che non comporta, almeno 
necessariamente, un rapporto del genere. 

Sotto il primo profilo �, peraltro, da osservare, anche a completa


mento di concetto gi� accennato, che l'espressione e pagamenti � non 

pu� essere intesa come sinonimo di e entrata � imponibile in senso tri


butario, perch� i due termini hanno un diverso significato sia letterale 

sarebbe riferito in senso generale ad una tale attivit�, pur fermo restando 

che ai fini dell'imposizione ex art. 17, e per motivi attinenti anche alla 

difficolt� di accertare gli atti economici posti in essere all'estero, unica


mente � di rilievo il fatto obiettivo dell'importazione. 

:&: da osservare, peraltro, che i due argomenti, quello desunto dal


l'art. 9 e quello ricavabile dal sistema della legge organica dell'i.g.e., ven


gono addotti, come sembra, l'uno a sostegno dell'altro, reciprocamente, sic


ch� l'efficienza dimostrativa di ciascuno di essi ne resta ben diminuita, se 

non eliminata. 

Ed �, poi, da considerare, e con rilievo assorbente, .che la diversit� di 

struttura -ribadita dalla Corte Suprema anche nell'attuale incontro 


dell'imposizione di cui all'art. 1 della legge del 1940, rispetto a quella 

prevista dall'art. 17 della stessa, ed in particolare la diversit� del presup


posto obiettivo, quale in definitiva indicato dalla norma, non consentono 

di dar peso, nemmeno ai fini ermeneutici, a que1li che siano stati i motivi 

che ispirarono la disciplina della materia, se non per considerare che essi 

f�rono tali da indurre il legislatore a prendere atto della impossibilit� di 

disporre unitariamente per situazioni diverse. 

Invero, � da dire che non per mere difficolt�, in ordine all'accerta


mento dei negozi conclusi all'estero, bens� per il pi� decisivo ostacolo 

costituito dal principio della territorialit� dell'imposizione tributaria, e 

quindi per l'impossibilit� giuridica di colpire rapporti posti in essere fuori 

dello Stato, e relativi a merci esistenti all'estero, si assunse a presupposto, 



.t>ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1097 

che intrinseco, dal momento che rappresentano i due diversi momenti 
di uno stesso atto economico, considerato sotto l'aspetto della incidenza 
nelle. diverse sfere patrimoniali dei soggetti che lo abbiano po.sto in 
essere. Cade; con ci�, pertanto, la pretesa della sentenza di interpretare 
la prima espressione come dimostrazione dello specifico riferimento della 
norma di esenzione alla sola ipotesi di. cui all'art. 1 della legge istitutiva 
dell'i. g, e., e si spiana la. via, viceversa, alla considerazione che il legislatore 
abbia in realt� voluto contemplar.e .quell'atto di scambio di ricchezza, 
effettuato nello sv�lgimento di un'attivit� economica, che rappresenta 
il comune denominatore di tutte le ipotesi, anche particolari, 
dell'impasta sull'entrata, ma che non sempre consiste in una entrata, 
talvolta sotto il profilo �soggettivo (pagamenti effettuati, anzich� conseguiti, 
dai cantieri), talvolta anche sotto il pi� lato profilo oggettivo, 
ove si consideri l'acquisto di nave estera, che � espressamente enunciato 
nel d. l. del 1947, e che, tutt11via, se il .pagamento � stato effettuato 
all'estero a un cittadino straniero, non d� comunque certamente luogo 
ad una entrata imponibile. soggetta all'art. 1 della legge sull'i. g. e. 

Relativamente al secondo profilo; l'Amministrazione resistente insiste 
nel rilievo della insostituibilit� del referimento della esenzione al 
presupposto di un negozio . giuridico, quale fonte di corrispettivo dell'atto 
di scambio e, nello stesso tempo, dell'obbligo tributario, per dedurre 
la sua inapplicabilit� alla importazione, considerata e colpita dalla 
legge fiscale per fatto obiettivo, in relazione al passaggio della linea 

nell'art.. 17, il fatto obiettivo dell'importazione. Sicch� � da ritenere che� 
l'atto negoziale, che viene in rilievo nella fattispecie impositiva di cui 
all'art. 1, sia assolutamente fuori,� per quella stessa rilevata impossibilit� 
giuridica, .dallo schema legale dell'imposizione prevista dall'art. 17, come 
lo era, del resto, anche da quello concernente l'abolita imposta sugli 
scambi; ai fini della quale, invero, la disposizione dell'art. 1, capv., del 

d.l. 28 luglio 1930, n. 1011 ( � Agli effetti della presente legge l'importazione 
di merci daU'estero costituisce scambio soggetta a tassa... �), lungi dal 
denotare l'intento di colpire atti economici posti in essere fuori del territorio 
nazionale, valeva piuttosto ad esprimere una fictio, cui si ritenne di 
far ricorso per il conseguimento di quegli scopi in senso generale pere-� 
quativi, che il legislatore del 1940, con indubbio maggiore tecnicismo, ha 
realizzato, invece, con la istituzione di una imposta �in corriSPondenza �, 
ma ancorata aU'unico presupposto giuridicamente configurabile e rilevante, 
quello rappresentato, si ripete, dal fatto obiettivo che una importa-� 
zione di merci abbia luogo. 
Cade cosi la possibilit� di trarre argomenti, dalla precedente normativa, 
per una ricerca sui presupposti dell'imposizione ex art. 17, e l'indagine, 
ed ovviamente anche ai fini della interpretazione di norme di esen-zione, 
ed anzi a maggior ragione per queste, attesi i pi� rigidi criteri 
interpretativi da seguire, non potr� condursi che con riferimento alle differenti 
ipotesi di imposizione, quali disciplinate dall'ordinamento positivo, 
e perci� considerandosi, in ogni caso, per l'imposta di cui all'art. 17, che 



1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

doganale, indipendentemente da ogni sua eventuale connessione con 
un negozio giuridico e astraendo sia dalla persona che effettua lo sdoganamento 
sia dai rapporti che possono intercorrere fra il destinatario 
nello Stato e il mittente dall'estero, sia dal titolo di acquisto della 
merce importata e dalla natura del titolo medesimo. 

Tale insistenza non � per� giustificabile, dal momento che la gi� 
affermata applicabilit� dell'esenzione agli acquisti di materiali nazionali 
e la testuale applicazione dell'esenzione medesima agli acquisti di 
navi estere rendono, letteralmente e raziopalmente, pi� plausibile, malgrado 
l'indubbia scarsa chiarezza della formula, la tesi sostenuta dalla 
ricorrente. Sotto il primo profilo, se si ritiene, che l'espressione �pagamenti 
per costruzioni � comprende in s� anche i pagamenti effettuati 
dai cantieri per acquisti di materiali destinati alle costruzioni navali, 
e se si ritiene, altresi, che l'espressione medesima non possa non riferirsi, 
per la lettera della legge, agli acquisti di navi estere, non vi �, 
invero, motivo adeguato per operare, quanto alla prima ipotesi, una 
bipartizione dei materiali secondo la loro provenienza, malgrado identica 
ne sia la destinazione e identica non possa non essere, per quanto 
gi� detto, anche la ratio ispiratrice della norma di esonero. D'altra 
parte, neppure p.� dirsi esatta l'esclusione, nei confronti delle importazioni, 
del presupposto dell'atto negoziale nella considerazione legislativa 
dell'i. g. e., anche se peculiari motivi fiscali, connessi anche alle 
difficolt� di indagine e di accertamento, hanno reso opportuno il ricorso 

il presupposto, quale che sia la ragione remota della posizione della norma, 
in questa soltanto va ricercato: onde potr� dirsi che spetti una esenzione, 
dall'imposta in discorso, soltanto se la disposizione, recante il beneficio, 
che manchi di una pi� specifica precisazione (e la Corte Suprema ha sottolineato, 
nel caso, che la disposizione dell'art. 9 in esame era dettata soltanto 
con riferimento al nomen iuris dell'imposta generale sull'entrata), 
possa almeno ritenersi concernente quelle situazioni obiettive di importazione, 
che nella fattispecie legale impositiva sono considerate. 

D'altra parte, e lo si � gi� accennato, la stessa Cassazione, pur affermando 
che l'importazione � � partecipe in astratto del regime dell'i.g.e. �, 
e pur mostrando una preferenza, nell'attuale incontro, ma senza oltre indugiare 
sulla questione, per ;t'indirizzo che vede tra l'imposizione prevista 
dall'art. 1 della legge del 1940 e quella contemplata dall'art. 17 della legge 
medesima, soltanto una diversit� di struttura (Cass. 19 maggio 1962, n. 1159, 
citata), rispetto al pi� deciso orientamento (Sez. Un. 25 marzo 1961, n. 687, 
Foro it., 1961, I, 931; Cass., I Sez., 23 settembre 1964, n. 2406), secondo cui 
� da ritenere del tutto autonomo, e di natura squisitamente doganale, il 
tributo di cui al ripetuto art. 17 -ribadisce ancora una volta quella diversit�, 
per sottolineare, in definitiva, che per l'importazione di merci 
estere il legislatore ha comunque fatto ricorso ad un criterio di carattere 
oggettivo, assumendo a presupposto appunto e soltanto il fatto dell'importazione. 


Ma, allora, sia o meno da ritenere autonoma rimposta di cui all'art. 17, 
� chiaro che basta tener conto, per il problema specifico che ne occupa, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1099 

ad un'applicazione oggettiva uniforme. Posto, invero, che l'art. 1 della 
legge sull'imposta di scambio poneva chiaramente una presunzione assoluta 
di precedente scambio o trasferimento di ricchezza in qualsiasi 
importazione (essa dichiarava che � agli effetti della presente legge 
l'importazione di merce dall'estero costituisce scambio soggetto a tassa 
da chiunque e comunque le merci vengano importate e quale ne sia 
la destinazione �), non ricorre alcun motivo logico o giuridico per escludere 
che, malgrado la diversit� della formulazione, anche la legge sull'i. 
g. e., per l'appunto sostituita dalla imposta di scambio, abbia voluto 
adottare un principio diverso e non abbia, invece, inteso colpire, piuttosto 
che l'importazione in se stessa, gi� assoggettabile al tributo di 
confine, l'atto di scambio sub specie del suo indice rivelatore, identificato, 
per l'appunto, nei riflessi tributari nazionali, nel fatto del passaggio 
della linea doganale. 

Le considerazioni precedenti, che rappresentano la logica evoluzione 
della sentenza n. 1114 del 1963, e si risolvono in una lecita interpretazione 
estensiva della norma, attraverso l'accertamento della effettiva 
voiuntas legis, assorbono ogni altra considerazione, della sentenza 
impugnata e delle parti, in ordine al regime giuridico della nazionalizzazione 
delle navi, quale possibile giustificazione di un loro trattamento 
autonomo agli effetti del beneficio fiscale, in rapporto alle caratteristiche 
peculiari che, in virt� di detto regime, dovrebbe assumere la 
loro importazione. -(Omissis). 

anche soltanto di quella diversit� strutturale -la quale attiene anche 
all'accertamento, alla determinazione dell'imponibile, alla riscossione, alla 
prescrizione, alle sanzioni -, e perci� limitarsi a rilevare che la diversit� 
medesima, in primo luogo riscontrabile in ci� che riguarda l'identificazione 
del presupposto obiettivo dell'imposizione, non consente di riten.ere 
applicabile, anche per l'imposta in parola, l'esenzione prevista dall'art. 9 
del d.l. del 1947. Perch�, invero, una volta negata la rilevanza di argomenti 
attinenti, se pur lo siano, all'origine della stessa norma di agevolazione, 
o di quelle regolanti l'imposizione di cui si tratta, resterebbe soltanto 
da esaminare se la disposizione ridetta possa ritenersi dettata, oltre che 
per la vera e propria i.g.e., dovuta ai �sensi dell'art. 1 della legge organica, 
anche per l'imposta sulle merci importate (o, se proprio si vuole cosi definirla, 
i.g.e. dovuta in riferimento al diverso presupposto contemplato nell'art. 
17); e l'indagine non potrebbe che concludersi negativamente, una 
volta che si consideri, come si deve considerare linearmente, che il riferimento 
espresso ai pagamenti, ai corrispettivi, ai contratti, che si rinviene 
nell'art. 9 del d. 1. 779, vale ad identificare esclusivamente le situazioni, 
atti economici di scambio, che, assunte a presupposto dell'imposizione nel 
ripetuto art. 1 della legge del 1940, sono per� indiscutibilmente fuori della 
disciplina positiva dell'art. 17, ai fini della quale soltanto rileva il diverso 
ed obiettivo fatto dell'importazione. 

M. FANELLI 
11 



1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1966, n. 2067 -Pres. Vistoso 
-Est. Rossi -P. M. Gentile (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Soprano) c. Buttitta (avv. Sangiorgi). 

Imposta di registro -Tardiva registrazione -Ritardo giustificato da 
ragioni di forza maggiore -Rilevanza per l'esclusione della sanzione 
della sopratassa a carico del notaio -Irrilevanza per la decadenza 
da benefici. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 99, 110). 
Imposta di registro -Beneficio della registrazione a tassa fissa -Decadenza 
dal beneficio per tardiva registrazione -Si verifica. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 110). 
Nei caso che il ritardo nella registrazione sia giustificato da ragioni 

di forza maggiore,� si rende inapplicabile, ai sensi dell'ultimo comma 

dell'art. 99 della legge organica del registro, la sopratassa a carico del 

notaio, ma la decadenza dai benefici, prevista dall'art. 110 della stessa 

legge, non ne resta impedita� (1). 

Il beneficio della registrazione a tassa fissa altro non � che beneficio 

di riduzione di imposta, e da esso si decade, perci�, ai sensi dell'art. 110 

della legge organica, quando gli atti, per i quali L'agevolazione � pre


vista, non siano registmti nei termini di legge (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si deduce, ai sensi e 
per gli effetti dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 99 e 110 

r. d. 30 dli;oembre 1923, n. 3269, 1, r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313, 
e 2966 c. c. 
Si sostiene dall'Amministrazione che l'esimente della forza maggiore, 
prevista dall'art. 99 della legge del registro in relazione alla 
sanzione della sopratassa posta a carico del notaio in caso di tardiva 
registrazione, non � applicabile all'ipotesi, diversa, della decadenza dai 
benefici tributari comminata dall'art. 110 della stessa legge, in quanto 
la decadenza opera oggettivamente, e prescinde, quindi, dal comportamento 
soggettivo dell'agente; che, contrariamente a quanto affermato 
dalla Corte del merito, anche la tassa fissa rappresenta una riduzione 
della misura normale della tassa e costituisce, quindi, un beneficio, che 
rientra nella previsione del citato art. 110. 

Il ricorso merita accoglimento. 

(1) Conclusione ineccepibile, in relazione anche alla diversa natura 
e funzione della sanzione della sopratassa, rispetto alla comminatoria di 
decadenza, dai benefici, come ampiamente sottolineato in motivazione. 
(2) Giurisprudenza consolidata. Cfr. Cass. 8 ottobr,e 1957, n. 3652, Riv. 
Leg. Fisc., 1958, 152, e, per ulteriori riferimenti, Relaz. Avv. Stato, 1956-60, 
II, 602; id., 1961-65, II, 545. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1101 

Nel capo secondo del titolo terzo della legge del registro sono indicati 
gli effetti della mancata o ritardata registrazione degli atti e contratti 
e della denuncia infedele o non completa. 

Tali effetti sono: l'applicazione di una sopratassa a carico, in proprio, 
dei notai, funzionari e ufficiali tenuti per legge ad assoggettare i 
loro atti alla registrazione (artt. 99 e seguenti); l'inefficacia e ineseguibilit� 
degli atti non registrati (artt. 106 e seguenti); la decadenza 
dai benefici della riduzione delle normali tasse di registro (art. 110). 

Nessuna sopratassa � applicabile a carico del notaio e degli altri 
pubblici ufficiali tenuti alla registrazione quando il ritardo ad assoggettare 
gli atti alla registrazione provenga da impedimento di forza 
maggiore debitamente giustificato e riconosciuto dall'Intendente di finanza, 
o, in caso di controversia, dalla competente autorit� giudiziaria, 
e purch� la formalit� della registrazione sia eseguita entro il termine 
di dieci giorni successivi alla cessazione dell'impedimento (art. 99 terzo 
comma della legge). 

Ora, la tesi dell'applicabilit� alla fattispecie dell'art. 110 dell'esimente 
della forza maggiore prevista per la sopratassa ex art. 99, nel 
senso che il giustificato e riconosciuto impedimento alla tempestiva 
registrazione dell'atto impedisce la decadenza dal beneficio della riduzione 
delle normali tasse di registro, � resistita dalle differenze che 
intercorrono tra la sanzione della sopratassa e quella della decadenza, 
quale disciplinata negli artt. 2964 e segg., c. c., e non � giustificata dalla 
ragione addotta, nell'accoglierla, dalla sentenza denunciata. 

La collocazione, invero, dell'art. 99, relativo alla sopratassa a carico 
del notaio, e dell'art. 110, relativo alla decadenza dell'atto dai benefici 
della riduzione delle normali tasse di registro, nel titolo terzo della 
legge, sotto lo stesso capo secondo, che tratta degli effetti della mancata 

o ritardata registrazione dell'atto, non consente, in mancanza di una 
espressa norma in proposito, l'estensione della esimente prevista per 
una determinata sanzione a un'altra. 
Diversi sono i soggetti e le comminatorie previste dall'art. 99 e 

dall'art. 110 della legge del registro. 

L'art. 99 commina la sanzione della sopratassa, in aumento della 

tassa, a carico del notaio in proprio (cui il quarto comma della norma, 

nel testo modificato con l'art. 1 del r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313, 

riserva il diritto di ottenerne il rimborso dalle parti, quando non gli 

abbiano somministrato i fondi necessari per pagare le tasse di registro), 

mentre l'art. 110 stabilisce a carico dell'atto, e quindi delle parti che 

l'hanno stipulato -(tenute in solido verso l'Amministrazione dello 

Stato, ai sensi dell'art. 93 della legge, per il pagamento della tassa di 

registro) -la decadenza da eventuali benefici tributari. 

L'esimente della forza maggiore, prevista dalla legge solo per un 
determinato soggetto, il notaio, e per la determinata sanzione della 



1102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sopratassa, non pu� estendersi alle parti private e per un'altra sanzione, 
quale la decadenza. 

Questa opera di diritto per il solo verificarsi dei presupposti di 
legge: nella specie, per il decorso del t�mpo, cio� dei venti giorni, stabiliti, 
per gli atti pubblici e per quelli autenticati, nell'art. 80, e per le 
scritture private non autenticate, nell'art. 82 della legge del registro, 
e, come dispone l'art. 2966 c. c., non � impedita se non dal compimento 
dell'atto previsto dalla legge, ossia dalla registrazione. 

Solo, quindi, la tempestiva registrazione dell'atto o del contratto 
pu� impedire la decadenza dal beneficio tributario di cui all'art. 110 
della legge, e non l'impedimento di forza maggiore, per quanto giustificato 
e riconosciuto, il quale incide esclusivamente su un comportamento 
soggettivo del �pubblico ufficiale, tenuto a effettuare la registrazione in 
termine. 

N� ha pregio l'ulteriore considerazione della sentenza denunciata, 
nel senso che l'applicabilit� del disposto dell'art. 110 al caso concreto 
savebbe comunque da escludere sul riflesso che la domanda del Buttitta 

I rifletteva, non una riduzione di tassa, come previsto da tale norma, ma 
l'applicazione della tassa fissa, giacch� la tassa fissa, costituendo un 

� minus � rispetto alla tassa normale, altro non � che una riduzione 
d'imposta. -(Omissis). 
II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2323 -Pres. Fibbi 
-Est. Leone -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 

II 

Soprano) c. Soc. FIAT (avv. Fr�, De Dominicis). 

Iii1 

Imposta di registro -Esenzione da registrazione degli atti processuali Atti 
del procedimento di espropriazione presso terzi -Dichiara


ID 

zione del terzo -Assoggettabilit� all'imposta quale atto di riconoscimento 
di debito -Esclusione. 

(c. p. c., art. 547; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; id., tariffa all. A, 
artt. 28, 121: id., tab. all. E, art. 5). 
L'esenzione da registrazione degli atti processuali, prevista dall'art. 
5 della tabella all. E alla legge organica del registro, riguarda 
anche la dichiarazione resa dal terzo debitore nel processo di espropriazione 
di crediti, essendo tale dichiarazione atto processuale tipico, che, 
peraltro, non ha l'essenza della ricognizione di debito (1). 

(1) La soluzione accolta non pu� non lasciare perplessi. Il problema, 
come la stessa Corte Suprema ha riconosciuto, non era quello soltanto di 
accertare se la dichiarazione del terzo rientrasse tra gli atti, pur tipicamente 
processuali, per i quali, in deroga alla regola di esenzione dalla 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1103 

(Omissis). -Col primo mezzo, l'Amministrazione ricorrente censura 
la sentenza, denunziando la violazione degli artt. 8, 62, 72 del 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 28 tabella all. A e 5 tabella all. E, per 
aver escluso la tassabilit�, ex art. 28 tariffa citata, del verbale del 
proclesso esecutivo presso terzi contenente le dichiarazioni del terzo. 
L'Avvocatura dello Stato richiama la normale n. 250 del 1937 con 
cui I'Amministrazione espresse l'avviso che dovessero essere registrati 
i verbali di causa, contenenti ammissioni o riconoscimento di debiti, 
che vanno considerati per il loro effettivo valore negoziale, e non per la 
loro forma costante di atti processuali. 

Sostiene che il ragionamento della Corte torinese per giungere alla 
opposta conclusione � minato da un erroneo semplicismo. 

L'art. 5 della tabella E non esclude dalla registrazione gli atti solo 
perch� compiuti nel processo, ma in quanto meramente processuali, 
privi cio� di natura e finalit� che non sia quella processuale. Gli atti 
compiuti nel processo, che realizzano o riproducono un negozio che la 
legge sottopone a registrazione, non possono sottrarsi alla registrazione 
stessa solo perch� si �esplicano nel processo. La nota apposta all'art. 5, 
~econdo cui sono esclusi dall'esenzione gli atti specificamente designati 
dalla tariffa, si riferisce solo ad atti di natura esclusivamente processuale, 
che, ciononostante, sono stati specificamente assoggettati a registrazione 
(sentenze, decreti, processi verbali di apposizione di sigilli, 
verbali di separazioni coniugali, ecc.). Ma, se nel processo confluiscono 
attivit� e dichiarazioni aventi un autonomo valore ed efficacia sostanziale, 
non si vede perch� debbano essere escluse dalla registrazione, 
solo perch� compiute nel processo medesimo, senza doversi attendere 
l'emanazione della sentenza, e specialmente se il negozio possa estrinsecarsi 
in una sola dichiarazione, che, come quella di specie, si presenti 
quale confessione di un rapporto obbligatorio (ricognizione di debito). 

Col secondo mezzo di ricorso, poi, I'Amministrazione censura la 
sentenza, denunziando la violazione degli artt. 12 preleggi, 82 r. d. 
30 dicembre 1923, 28 tabella all. A e 5 tabella all. E della legge del 

registrazione dovesse questa ritenersi prevista (art. 5 tab. E allegata alla 
legge organica, .per la regola; nota legislativa allo stesso articolo, per la 
deroga); era quello, invece, di considerare se la stessa dichiarazione non 
presentasse anche, se non soltanto, un contenuto negoziale, in rapporto al 
quale, e .gi� ai sensi dell'art. 8 della legge, oltre che dell'art. 121 della 
tariffa, all. A, la normale imponibilit� sarebbe stata da affermare. Tale 
imponibilit� � stata negata, dalla sentenza in rassegna, nel rilievo che la 
dichiarazione del terzo, nel processo di espropriazione di crediti, non 
avrebbe mai l'essenza del riconoscimento di debito, perch�, per il suo 
contenuto tipico, e per il suo carattere di atto processuale necessario e 
dovuto -(necessario, per l'onere del terzo di dichiarare se e di quali somme 
sia debitore; dovuto, per l'obbligo di rendere nota la esistenza di altri atti 
impeditivi) -, esaurirebbe la sua funzione nel processo, cos� restando 



1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.-~

registro. Essa sostiene che, anche nell'ambito della sua falsa interpre


tazione dell'art. 5 della tariffa, ha errato la Corte nell'escludere dalla 

l
l
{j'

registrazione la dichiarazione di terzo, perch� non specificamente men


.

zionata nella tariffa, sul rilievo che non poteva procedersi ad una inter' 
pretazione analogica, mentre non si trattava di una questione di interr,] 


�:.'.�

pretazione, ma di terminologia (potersi o meno ritenere inclusa una 
dichiarazione di debito nella dichiarazione positiva del terzo). In verit� 
l'istituto della ricognizione di debito � specificamente contemplato nell'art. 
28 della tariffa con dizione latissima, e volutamente generica, che 
include tutti gli atti e strumenti giuridici con cui si possa realizzare 
una obbligazione pecuniaria. 

Comunque l'analogia, in questo caso, sarebbe pur essa ammissibile. 

Le censure non hanno fondamento. 

Nel sistema della legge organica del r�egistro gli atti processuali 

civili sono esenti da registrazione (art. 5 tariffa ali. E), a meno che non 
siano specificamente considerati nelle tariffe degli atti soggetti a tale 
formalit�. 

La nozione di atto processuale civile, cui la cennata legge si riferisce, 
in mancanza di una specifica enunciazione ai fini tributari in. 

-~

generale, e dell'imposta di registro in particolare, non pu� essere che ;~ 
quella fornita dalla dottrina processualistica, che definisce atto pro


~~ 

cessuale quella specie dell'atto giuridico denotata dal carattere procesm 


00

suale del mutamento giuridico in cui si risolve la sua giuridicit�, 

~ 

dall'effetto, cio�, di costituire, modificare o estinguere una situazione 
processuale. 
Si tratta di atti tipicamente strumentali, rivolti cio�, nella loro ~

~.

coordinata progressione, alla costituzione di una situazione finale, che, ~ 

I 
I 
=~I

determinando la concreta volont� di legge applicabile alla fattispecie, ' questa regola col carattere cogente proprio della dichiarazione giu


. 

risdizionale del diritto obiettivo, a tutela del diritto soggettivo fatto 

valere. '

I 

escluso che in essa sia mai individuablle una �manifestazione del potere 

dispositivo del dichiarante rivolto a conseguire effetti di diritto materiale�. 

i

Senonch� pu� dirsi che proprio la considerazione che il terzo abbia 
soltanto un onere di rendere la dichiarazione vate a sottolineare gli effetti 
sostanziali di questa, come di atto di riconoscimento di debito, e perci� di 
atto di disposizione di diritto sostanziale (cfr. BETTI, Teor. gen. neg. giur., 
Torino, 1950, 253, ss.); giacch�, invero, mentre sarebbe stata pi� logica 
la previsione dell'obbligo della dichiarazione, ov;e gli effetti di questa si (:;


Ifossero dal legislatore voluti contenere sul piano processuale (come per 
una testimonianza, strumentale ai fini di un successivo accertamento giudiziale), 
sta di fatti che l'onere si collega alla disposizione secondo cui, 
quando manchi o sia contestata la dichiarazione del terzo, si provvede, su 
istanza del creditore procedente, all'accertamento giudiziale in ordine alla 

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i:

sussistenza del credito pignorato (art. 548 c.p.c.). Il che vale ad evidenziare E: 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1105 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1105 
L'esenzione dalla registrazione degli atti processuali civili � proprio 
in funzione di questo loro carattere di strumentalit�, mentre il provvedimento 
terminativo del processo, in quanto fissa le situazioni giuridiche 
sostanziali dei litiganti o, comunque, pone fine al rapporto processuale, 
� �di regola sottoposto a registrazione. 

In questo sistema, �Che ha una sua �Compiutezza razionale, l'eccezione 
stabilita nella nota all'art. 5 della tariffa all. E della legge del registro 
-(con la locuzione �sono esclusi dall'esenzione gli atti specificatamente 
designati nella tariffa..... e soggetti a registrazione in termine 
fisso) -si riferisce univocamente agli atti processuali considerati nel 
detto art. 5, col significato che sono esclusi dall'esenzione gli atti processuali 
specificamente designati nella tariffa come soggetti a registrazione. 


Dall'eccezione ora detta, perci�, non pu� essere tratta ragione per 
affermare od escludere la sottoposizione alla registrazione di atti che, 
compiuti nel processo, abbiano natura di negozi di diritto materiale, 
come invece ha ritenuto la Corte di merito nella sentenza impugnata. 

Anche in conseguenza di quanto dispone l'art. 121 della tariffa 
all. A, che sottopone a registrazione gli atti e convenzioni giudiziarie 
della natura di quelle specificamente designate nella prima parte della 
tariffa, non si contesta che debbono essere registrate le convenzioni di 
indole contrattuale -come si esprime la normale n. 250 del 1937 del1'
Amministrazione Finanziaria, richiamata dalla ricorrente -concluse 
dalle parti e consaC'l"ate nei verbali di causa: ma ci� perch� quando le 
parti concordano sul punto della contesa, o transigendo la lite o procedendo 
a ricognizioni di debiti o a divisione di spese, ecc. (sono locuzioni 
della citata normale), esse si avvalgono del potere di libera disposizione 
dei loro privati interessi, della loro capacit� negoziale di diritto 
privato, e l'atto processuale, contro la sua intrinseca natura strumentale 
nel senso anzidetto, � utilizzato come semplice mezzo di documentazione 
delle convenzioni. 

che la dichiarazione positiva, ponendosi come alternativa rispetto ad una 

pronuncia sul rapporto tra il terzo ed il debitore esecutato, � essa stessa 

da considerare sufficiente come atto di accertamento del rapporto, e perci� 

come atto di rilie�vo sostanziale: rper il quale, ai fini tributari, gi� per il 

principio di cui all'art. 8 della legge organica del registro, e segnatamente 

per la disposizione di cui all'art. 121 della tariffa all. A, l'applicabilit� 

dell'imposta prevista per le ricognizioni di debito non pare potersi 

escludere. 

Circa la natura della dichiarazione di terzo, cfr. Cass. 30 maggio 1963, 

n. 1426, Foro It., 1963, I, 1387, che, considerando la dichiarazione stessa 
.. una figura atipica del processo esecutivo ., esclude che essa sia senz'altro 
assimilabile alla confessione, perch� non � revocabile, e rileva che � ... la 
dichiarazione positiva del terzo comporta il riconoscimento del dir_itto del 
debitore, giacch� la esecuzione non si conclude contro di lui per conseguire 

1106 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In questi casi � indubbio che le convenzioni cosi concluse e documentate 
debbono essere registrate in conformit� di quelle di identica 
natura concluse fuori del mezzo processuale. 

La linea di separazione, tra gli atti processuali esenti (di regola) 
da registrazione ed i negozi giuridici materiali conclusi nel processo 
dalle parti di esso, pu� essere tracciata in considerazione dei tratti tipici 
degli atti processuali rispetto ai tratti tipici dei negozi dispositivi di 
diritto sostantivo, in specie per quanto attiene al regolamento del contenuto 
dell'atto. 

Ogni atto formale (e tali sono gli atti processuali) ha un suo regolamento 
che, nel minimo, e sia pure con la semplice enunciazione sintetica 
o per definizione, investe il suo contenuto: sicch� � stato osservato 
che senza che il suo contenuto sia regolato, un atto non pu� essere 
giuridico. 

Orbene quando l'atto giuridico processuale sia r�egolato dalla legge 
nel suo contenuto tipico, necessario e sufficiente per farlo qualificare 
atto processuale di specie determinata, esso non �, per definizione, atto 
dispositivo di diritto materiale, quanto meno agli effetti delle leggi di 
registro. 

Al contrario quando l'atto compiuto nel processo � di semplice 
documentazione rappresentativa di dichiarazioni delle parti, la sua 
intrinseca natura, processuale o sostantiva, dipende dal contenuto delle 
dichiarazioni documentate; che, quando sono manifestazione di un potere 
dispositivo, che opera direttamente sulle situazioni di diritto sostanziale 
dedotte nel processo, o su quelle relazioni di responsabilit�, 
che, nate a causa del processo, non si differenziano dalle simili relazioni 
di risarcimento o rivalsa costituite per effetto di altri fatti giuridici, 
sono indubbiamente di natura extraprocessuale, anche se possono essere 
fatte valere nel processo a determinati effetti. 

Nella specie, la dichiarazione di terzo o norma degli artt. 547 e 
550 c. p. c. � un atto processuale regolato specificatamente in considerazione 
del contenuto, disponendo le dette norme che essa deve contenere 
la specificazione di quali cose o di quali somme il terzo � debitore 
o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o 

il bene dovuto, ma mira soltanto a trasferire il diritto del debitore al 
conseguimento del bene da parte del terzo �. 

In dottrina, cfr.: ANDRIOLI, Comm. cod. proc. civ., III, Napoli, 1957, 
198, il quale non sembra escludere, pur senza prendere netta posizione, 
che nella dichiarazione sia individuabile un negozio di riconoscimento; 
S'ATTA, Comm. cod. proc. civ., III, Milano, 1965, 311, il quale sottolinea che 

�se il creditore tende alla certezza dell'esistenza del credito, questo scopo 
non pu� essere raggiunto, se non attraverso il rapporto nel quale il credito 
trova la sua origine (se la trova) �; CARNELUTTI, Istit., ILI, Roma, 1951, 55-57, 
per il quale la dichiarazione del terzo va intesa come � testimonianza di 
parte,, 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1107 

la consegna, nonch� la specificazione dei sequestri o pignoramenti precedentemente 
eseguiti presso il terzo e delle cessioni che gli sono state 
notificate o che ha accettato. 

Agli effetti della decisione del ricorso pu� non interessare la sistemazione 
dommatica della dichiarazione di cui trattasi, se essa abbia 
natura di testimonianza o, come pare pi� consono al testo delle norme 
ad essa applicabili, di dichiarazione (confessoria o meno) di una parte 
del processo. Quel che rileva � che fino a quando il terzo, nel rendere 
la dichiarazione, la mantiene nei limiti del contenuto indicato nel cennato 
art. 547 c. p. c. non pu� sussistere dubbio sulla natura processuale, 
ed esclusivamente processuale, dell'atto, ai fini delle norme sulla registrazione. 
Tanto pi� che la formula del dovere, contenuta nell'art. 547 

c. p. c. ( � il terzo..... deve � ), qualifica onere l'atto richiesto al terzo, che 
assume anzi aspetti di vero obbligo per quanto attiene alle indicazioni 
dei sequestri, dei pignoramenti e delle cessioni, essendo tali indicazioni 
richieste a tutela degli interessi del creditore procedente. 
Sicch� la dichiarazione di terzo � un atto processuale necessario (in 
relazione al detto onere), o addirittura dovuto (in relazione al detto 
obbligo), e questo suo carattere esclude che esso possa presentarsi come 
manifestazione del potere dispositivo del dichiarante rivolto a conseguire 
effetti di diritto materiale. 

Come atto processuale tipico per il suo contenuto, la dichiarazione 
di terzo � esente da registrazione, a norma dell'art. 5 tariffa all. E legge 
del registro, n� riguardo ad essa opera l'eccezione stabilita nella nota 
a detto articolo, perch� la dichiarazione di terzo non � menzionata 
specificamente tra gli atti da registrarsi; mentre, data la tipicit� del 
contenuto processuale della d~tta dichiarazione, si deve escludere che 
essa, atto processuale per di pi� dovuto, possa avere la essenza della 
ricognizione di debito, e si deve escludere anche che riguardo ad essa, 
esente come atto processuale civile da registrazione, possa operare l'analogia 
di cui all'art. 8 capv. legge di registro -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2581 -Pres. Pece Est. 
Leone -P. M. Pedace (conf.) -Ministero� Finanze (avv. Stato 
Correale) c. Comune di Pisogne (avv. Ghia). 

Imposta di registro -Acquisto di aree coperte da costruzioni -Agevolazioni 
tributarie. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408). 
La costruzione fatta a cura e spese del futuro acquirente dell'area 
cui la costruzione aderisce, seguita dal trasferimento dell'area al medesimo 
costruttore, esprime un risultato del tutto identico a quello 



1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prodotto con l'acquisto del fondo e con la successiva costruzione su 
di esso a cura e spese dell'acquirente. Pertanto, non possono essere 
esclusi dai benefici fiscali previsti dall'art. 14 della i. 408 del 1949 gli 
acquisti di aree da parte di quei costruttori che abbiano costruito l'abitazione 
ancora prima di perfezionare formalmente l'acquisto dell'area. 
N� pu� ammettersi la separazione, agli effetti tributari, del trasferimento 
dell'area gi� costruita (cui andrebbe concesso il beneficio fiscale), 
dal trasferimento della costruzione (da assoggettare alle normali imposte), 
in quanto nell'art. 14 citato, una volta ritenuto che esso debba 
essere applicato anche all'acquisto di aree gi� edificate dall'acquirente, 
deve ritenersi implicito il criterio che non vi � trasferimento della costruzione 
fatta dall'acquirente (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'Amministrazione Finanziaria 
censura la sentenza, denunziando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 14 e 18 della I. 2 luglio 1949, n. 408, in relazione 
all'art. 13 della stessa legge; 47 legge di registro (r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269) e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonch� per insufficiente 
e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. 
Sostiene la ricorrente che, secondo la Corte di Appello, la finalit� 
della legge di dare incremento alle costruzioni edilizie � assicurata 
non solo quando si acquista il terreno e, dopo la stipula dell'atto, lo 
si utilizza per la costruzione, ma anche quando, accelerando i tempi, 
la costruzione � realizzata ancor prima della stipula. Ma se tale soluzione 
pu� apparire congrua in ipotesi in cui non trovi applicazione 
il principio di accessione (come nel caso di cui alla sentenza n. 393 
del 1963 di questo S. C.) non si giustifica nell'opposta ipotesi, quanto 

(1) Sulla via dell'interpretazione evolutiva della c.d. legge Tupini ci 
sembra ormai compiuta l'ultima tappa. Con la sentenza in esame la categoria 
� area edificabile � di cui all'art. 14 della legge citata � considerata 
comprensiva anche delle aree gi� edificate e per superare l'ostacolo logico 
ed economico, prima che giuridico, che a questa concezione � posto dalla 
esistenza di costruzioni, queste si considerano come inesistenti agli effetti 
del trasferimento. Inoltre, poich� questa tesi rappresenta una evidente 
deroga all'art. 47 della legge di registro, e poich� una simile deroga � stata 
consentita dal legislatore solo nel caso eccezionale previsto dalla I. n. 23 
del 24 gennaio 1962, si afferma che per quanto riguarda l'ambito di applicazione 
della legge Tupini la deroga all'art. 47 � gi� disposta dall'art. 14, 
s� che di quella legge (che pure fu emanata proprio per evitare le conseguenze 
della interpretazione corrente dell'art. 14) non v'era in realt� alcun 
bisogno. 
Va notato che la Corte Suprema nella presente sentenza si richiama, 
confermandoli, ai tprincipi affermati nella sentenza delle Sez. Un., n. 393 
del 1963 (v. Foro it., 1963, I, 710). �, peraltro, da rilevare che successivamente 
la stessa Corte, con la sentenza n. 198 del 1964 (in questa Rasse



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Avvertimento se trattasi di pare.re di massima 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1109 

meno per quanto riguarda il valore delle costruzioni, di cui � stato 
accertato il trasferimento. 

Nel caso di specie, aggiunge la ricorrente, la presunzione posta 
dal primo comma dell'art. 47 della legge di registro ha spiegato tutta 
la sua efficacia (non trovando appltcazione la I. n. 23 del 1962). Ma 
i benefici di cui all'art. 14 concernono gli acquisti delle aree solamente, 
e non anche gli a�quisti di aree e fabbricati, come si evince dal raffronto 
con le altre norme della medesima legge (artt. 19, 13, 17). Riconoscendosi 
nella fattispecie l'applicabilit� dell'art. 14, le ipotesi della 
legge resterebbero del tutto indifferenziate, in contrasto sia con le 
graduazione dei benefici che il legislatore medesimo ha ritenuto di fare, 
in relazione alle singole e differenziate situazioni, attribuendosi in sostanza, 
per il trasferimento di costruzioni, agevolazioni maggiori di 
quelle previste dalle specifiche disposizioni di legge, e senza il rispetto 
delle condizioni ivi previste. 

A tutto concedere quindi, conclude la ricorrente, il beneficio, se 
invocabile per la nuda area, non potrebbe mai concernere le costruzioni. 


Le censure sono infondate. 

Nella complessa questione dell'applicabilit� dei benefici fiscali 
di cui all'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, agli acquisti di aree 
in tutto o in parte gi� fabbricate, quando le costruzioni siano state 
eseguite, in vista del futuro acquisto. dalle stesse persone che poi si 
rendono acquirenti dell'area, questo S. C. ha gi� avuto occasione di 
stabilire (Sez. Un. n. 393 del 18 febbraio 1963) il principio che i benefici 
suddetti sono applicabili anche quando risulti che gli acquirenti abbiano, 
prima della stipulazione dei relativi contratti, iniziato o condotto a 
termine su tali aree la costruzione di nuovi edifici. 

gna, 1964, I, 363), che esplicitamente si richiama a giurisprudenza conso


lidata (v. sent. n. 1213 del 1961 e 1191 del 1962) ha affermato che e le 

agevolazioni tributari.e imposte dall'art. 14 della 1. n. 408 del 1949 spettano, 

a norma dell'art. 19 della legge stessa, anche nell'ipotesi in cui sull'area 

insistano delle costruzioni, sempre che l'area stessa venga acquistata per 

demolirvi l'edificio e costruirvi in sostituzione un altro, meglio e pi� ampia


mente, utilizzabile �. 

A questo principio l'Amministrazione finanziaria ha ormai conformato 

la sua attivit�, convinta che, pur non potendosi, st1�icto jure, qualificare 

come area edificabile quella sulla quale insista al momento del trasferi


mento una costruzione (essendo evidentemente necessaria una ulteriore 

attivit� dell'uomo per renderla tale), tuttavia l'applicazione dell'agevola


zione a simili fattispecie potesse considerarsi estensiva e non analogica 

e fondata sullo spirito della legge, ma non in contrasto assoluto con la sua 

lettera. 

Ma, se una estensione del concetto di e area edificabile � pu� accettarsi 

nei casi in cui l'area, pur non essendo tale al momento del trasferimento 

� destinata a diventarlo (come � chiaramente detto nella citata sent. n. 198 

---.'-:' 



lllO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La specie decisa con la richiamata sentenza delle Sezioni Unite 
traeva origine da un'ipotesi in cui la presunzione di accessione stabilita 
nell'art. 47 della legge di registro era superata, in virt� di quanto ij 


disposto dall'articolo unico della I. 24 gennaio 1962, n. 23 (il quale 
dispone che, in deroga all'art. 47 della legge di registro, sono idonee 
a vincere la pr:esunzione di accessione le deliberazioni adottate prima 
dell'entrata in vigore della legge stessa, con le quali le provincie ed i 
comuni abbiano autorizzato la vendita di terreni non edificati a coloro 
che successivamente hanno stipulato il contratto di acquisto, consentendo, 
nel frattempo, alla edificazione, nonch� i contratti di appalto 
stipulati dagli istituti autonomi per' le case popolari per costruzioni 
sui terreni successivamente acquistati). Sta di fatto, per�, che nella 

menzionata decisione le Sezioni Unite hanno avuto cura di notare che 
la disposizione della 1. n. 23 del 1962, pur costituendo un indice sicuro 
del trattamento di favore riservato dal legislatore alle nuove costruzioni, 
non valeva di per s� a troncare la questione, che doveva essere risolta 
con esclusivo riferimento all'art. 14 della gi� ricordata I. n. 408 del 1949 
(legge Tupini); ed hanno spiegato questa notazione, osservando che la 

disciplina dell'accessione, nell'ambito dell'applicazione dell'imposta di 
registro, incide solo sulla valutazione dei beni oggetto di trasferimento 
ma non pu� pregiudicare l'applicabilt� o meno delle particolari agevolazioni 
fiscali dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949 alle aree che, al momento 
in cui ne avvenga il trasferimento, cio� alla data in cui venga 
stipulato il relativo contratto, si trovino ad essere edificate ad opera 
e per conto dell'acquirente dell'area. 

Non � necessario ripetere qui la dimostrazione che del principio 
accolto � stata data nella richiamata sentenza del 1963 delle Sezioni 
Unite, dimostrazione fondata sia sulla regola che, nell'interpretazione 

del 1964), ci sembra che si sia al di fuori della interpretazione estensiva 
dell'art. 14 della ,1. n. 408 e si passi nel vietato campo della interpretazione 
analogica quando si pretende di considerare edificabile un'area che non 
solo non � tale al momento del trasferimento perch� sopra vi insiste una 
costruzione, ma che tale non diventer� certamente perch� la eostruzione, 
nonch� essere demolita � addirittura destinata a rimanere. 

La questione � stata ora riproposta all'esame della Corte Suprema per 
ottenere una parola definitiva che tenga conto di tutti i precedenti giurisprudenziali, 
si che l'Amministrazione possa finalmente decidere il comportamento 
da tenere, anche ai fini di un eventuale intervento chiarificatore 
del legislatore, che, secondo l'auspicio dei pi� seri cultori del diritto tributario, 
dovrebbe soprattutto tendere alla definitiva abolizione o all'organica 
sistemazione di tutta quella inestricabile selva di disposizioni agevolative 
nella quale, anche per la varia evoluzione giurisprudenziale, si � smarrita 
la certezza: del sistema normativo dell'imposta di registro. 



1112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Da quanto fin qui esposto consegue: 

a) che non sussiste la denunciata violazione e falsa applicazione 
dell'art. 47 della legge del registro, vertendosi nella fattispecie in materia 
nella quale la disciplina tributaria � regolata secondo criterio 
diverso da quello applicato nel cennato articolo; 

b) �che deve escludersi, come propone in via subordinata l'Ammini0strazione 
Finanziaria, la separazione agli effetti tributari del trasferimento 
dell'area dal trasferimento delle accessioni, per assoggettare 
il primo al trattamento privilegiato ex art. 14 legge Tupini, il secondo 
all'imposizione normale della legge di registro: in quanto, come � stato 
detto innanzi, nell'art. 14 della legge Tupini, applicato anche all'acquisto 
di aree gi� edificate ad opera dell'acquirente, deve ritenersi implicito 
il criterio che non v'� trasferimento della costruzione fatta dall'acquirente. 


N� sussistono gli inconvenienti denunciati dall'Amministrazione ricorrente 
come risultato della cennata interpretazione, inconvenienti che 
in ogni caso, in quanto non ridondano a certezza di errore interpretativo, 
non possono portare alla disapplicazione della norma interpretata. 

� certo intanto che anche le costruzioni fatte dall'acquirente prima 
dell'atto di acquisto debbono rispondere ai requisiti di struttura ed alle 
modalit� di tempo, stabiliti negli artt. 13 e 14 della legge n. 408 del 
1949 come condizioni necessarie per il trattamento di particolare favore 
tributario relativamente agli acquisti di aree fabbricabili: requisiti e 
modalit� che, nella specie, la Corte di merito ha considerato come elementi 
pacifici di fatto, senza che sul detto punto sia stata mai mossa 
f,!ensura dalla Amministrazione. 

Neppure c'� contrasto con quanto dispone l'art. 17 della legge citata 

i:a 
la riduzione dell'imposta di registro e dell'imposta ipotecaria ai 
~rimenti di case, costruite ai sensi dell'art. 13 della legge, che 
11,0 luogo entro quattro anni dalla dichiarazione di abitabilit�, o 
'~tiva abitazione, perch� tali agevolazioni, che in ogni caso si 
�.o a quelle previste nell'art. 14, si riferiscono ad una realt� 
. e giuridica (trasferimento delle case), diversa e successiva 
'iella (acquisto dell'area con o senza costruzioni) prevista in 
rticolo, concernono cio� il fatto della vendita della casa 
Aitore ad altri, e da questo primo acquirente ad altri, nello 
., del quadriennio. 
Si pu� quindi affermare che, contrariamente a quanto sostiene 
I'Amministrazione ricorrente, l'interpretazione adottata dalla Corte di 
Appello e qui condivisa non contrasta con il sistema complessivo della 
disciplina tributaria stabilita dalla legge n. 408 del 1949 per favorire 
l'incremento delle costruzioni edili. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1113 

CORTE DI APPELLO DI FIRENZE. Sez. l", 18 febbraio 1966, n. 163 -

Pres. Del Giudice -Est. Barbera -Ministero Finanze (avv. Stato 

Saltini) c. La Reale Grandine (avv. Minoccheri). 

Imposta di ricchezza mobile -Spese inerenti alla produzione del reddito 
-Spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ� -Non � deducibile. 


La spesa per il pagamento della imposta sulle societd, anche per la 
parte di tale imposta che � commisurata al patrimonio sociale, non pu� 
essere dedotta dal reddito imponibile per l'applicazione dell'imposta di 
ricchezza mobile (1). 

(Omissis). -Si rileva dalla Corte che, nella sentenza impugnata, il 
Tribunale, partendo dalla premessa che l'imposta sulle societ�, istituita 
con la legge 6 agosto 1954, n. 60'3, bench� unica nella sua struttura giuridica, 
sarebbe tuttavia complessa nelle sue componenti economiche perch� 
colpirebbe egualmente il patrimonio in quanto tale ed il reddito della 
societ� e risponderebbe a funzioni diverse, ha ritenuto che, mentre la 

(1) Non deducibilit� dell'imposta sulle societ� dai redditi di ricchezza 
mobile. 
Con la sentenza in rassegna per la prima volta -a quanto consta 


una Corte di Appello si pronuncia sulla questione della deducibilit� dal 

reddito imponibile di quanto pagato per imposta sulle societ� (ed in parti


colare per la parte di .tale imposta che prende per base il patrimonio so


ciale). In precedenza, sempre nel senso della non deducibilit�, si sono 

pronunciati il Tribunale di Genova nella sentenza 22 aprile 1964, Soc. 

Cafimport c. Finanze (inedita), ed il Tribunale di Milano, nelle sentenze 22 

aprile 1965, in �Causa Soc. Montecatini c. Finanze (Foro it., 1965, I, 1359) 

ed in causa Soc. Edison c. Finanze (Foro pad., 1965, I, 764). Nello stesso 

senso si � pronunciata anche la Commissione Centrale con numerose deci


sioni, tra le quali si segnalano le seguenti: 6 dicembre 1961 n. 51283 (Dir. 

prat. trib., 1963, II, 405 ed Imp. dir. erariali, 1962, 287), 26 marzo 1962, nu


mero 56622 (Imp. dir. erariali, 1963, 226), 28 gennaio 1963, n. 67576 (Giur. 

it., 1964, III, 22), 13 aprile 1963, n. 62544 (Giur. imposte, 1964, 333), 28 mag


gio 1962, n. 72340 (Rass. imp. dir., 1964, 466), 10 luglio 1963, n. 74253 (Imp. 

dir. erariali, 1964, 314). 

Nel senso della deducibilit� si era invece pronunciato il Tribunale 

di Firenze nella sentenza 21 novembre 1963 (Foro it., 1964, I, 1269) rifor


mata dalla sentenza in rassegna. 

La Corte fiorentina ha basato la sua pronuncia -oltre che sulla affer


mazione della non scindibilit� dell'imposta sulle societ� in due tributi 

distinti, l'uno sul patrimonio e l'altro sul reddito -sulla distinzione tra 

spese sostenute � nel corso della produzione del reddito � e spese � suc


cessive � alla produzione del reddito. Le prime soltanto possono (e non 



1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

componente dell'imposta suddetta afferente al reddito non sia deducibile 
agli effetti della determinazione del reddito netto dell'imposta di R.M. 
di cat. B, sia invece deducibile dal reddito stesso la componente afferente 
al patrimonio quale spesa inerente alla produzione del reddito. 
Il Tribunale ha fondato la sua decisione sui seguenti argomenti. 

A) Le norme legislative, che .disciplinano l'imposta di R.M., ammettono 
la detrazione delle spese � inerenti alla produzione del reddito � 
(art. 91 t.u. 29 gennaio 1958, n. 647 sulle imposte dirette); e tale inerenza 
deve intendersi riferibile non soltanto alle spese che si immedesimano 
nel prodotto, ma anche a quelle spese che si collegano necessariamente 
alla creazione del prodotto stesso, anche se a questo non 
intimamente connesse. 

B) Alla stregua di detto princ1p10 sulla inerenza delle spese, attualmente 
ammesso in dottrina e giurisprudenza e riconosciuto valido 
dalla stessa Amministrazione Finanziaria (circolare 26 dicembre 1926, 

n. 12877) era consentita la detrazione, quale spesa inerente alla produnecessariamente 
debbono) essere � inerenti alla produzione del reddito � ; 
mentre una siffatta qualificazione deve a priori essere esclusa per le seconde. 
Il credito tributario per imposta sulle societ� nasce dopo che il reddito 
� stato prodotto e -quanto meno in parte -per effetto della gi� 
avvenuta produzione del reddito; quindi, la spesa per il pagamento della 
imposta sulle societ� non � deducibile. 

Il ragionamento della Corte � senza dubbio corretto e ricalca quanto 
affermato dalla Corte di Cassazione, la quale nella sentenza 24 novembre 
1927, n. 3672 (Foro it., 1928, I, 249 e Riv. leg. fisc., 1928, 241) ebbe ad affermare 
che gli oneri fiscali � come spese che non precedono ma seguono la 

� produzione del reddito assumono il carattere di erogazione del reddito medesimo�. 
La distinzione delle spese in relazione al momento del tempo in 
cui esse sono state effetuate (distinzione adottata come criterio sistematico 
dal TRAINA-PORTANUOVA, Spese epassivit� deducibili nell'imposta di ricchezza 
mobile, Milano, 1956, 39 e segg.) fornisce un primo approccio, valido 
anche se non decisivo, per l'individuazione e la delimitazione del concetto 
di spesa inerente alla produzione del reddito. Tuttavia sembra il caso di 
aggiungere alcune precisazioni vuoi in ordine alla definizione di tale concetto, 
vuoi -preliminarmente -in ordine alla sua utilizzabilit� per la 
soluzione della questione di che trattasi. 

A questo proposito � bene anzitutto sottolineare che l'ordinamento 
giuridico non trae dalla realt� extragiuridica direttamente la nozione di 

� reddito netto �. La legge tributaria riconosce infatti rilevanza giuridica 
da un canto al fatto della avvenuta percezione -da parte di un soggetto 
ed entro un periodo di imposta -di un reddito tout court (ossia di un 
reddito non depurato delle spese e delle passivit�), e d'altro canto ad alcuni 
altri fatti espressamente e specificamente previsti, quali ad esempio l'effettuazione 
entro tin periodo di imposta di una spesa qualificabile come inerente 
alla produzione del reddito, la distruzione dei beni relativi all'impresa, 
ecc. Ci� � confermato dal GIANNINI A. D. il quale scrive (Istituzioni 
di diritto tributario, 1960, 346) che la deduzione delle spese � rappresenta 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1115 

zione del reddito, deU'imposta di negoziazione sui titoli azionari ed, 
avendo l'imposta sulle societ� sostituito (art. 26 legge 26 agosto 1954, 

n. 603) l'imposta di negoziazione, non si vede la ragione per cui non 
dovrebbe essere ammessa la detrazione dell'imposta sostitutiva dell'imposta 
di negoziazione1 quando si tenga presente che la imposta sulle 
so�iet� risponde alla stessa funzione. surrogatoria dell'imposta di registro. 
sui trasferimenti di azioni sociali e simili, che aveva l'imposta di 
negoziazione, ed alla detta funzione risponde proprio la componente 
patrimoniale della nuova imposta. 
C) Una conferma della detraibilit� della imposta sulla societ�, per 
la parte afferente al patrimonio, si troverebbe nella legge 19 luglio 
19'56, n. 943, che ratifica la convenzione fra Italia e Stati Uniti del 30 
marzo 1955, laddove (art. 6) � stabilito che, se uno degli Stati contraenti 
applica un'imposta �commisurata al patr.imonio ed al reddito, l'impresa 
dell'altro Stato � soggetta a tale imposta per la parte commisurata al 
patrimonio soltanto per quella parte destinata od impiegata nel prii;no 
Stato per lo svolgimento della sua attivit�, mentre � esente da tale imposta 
per la parte commisurata al reddito, se l'impresa � esente dall'im


nel processo logico di valutazione del reddito imponibile, una fase a s� 
stante, che la legge regola con apposite norme �. 

Dalla premessa che l'ordinamento giuridico riconosce soltanto alcuni 
fatti espressamente previsti e specificatamente descritti come idonei a dar 
luogo a detrazione dai redditi imponibili, deriva che il concetto giuridico 
di reddito depurato delle spese e delle passivit� non coincide con il concetto 
economico-contabile di reddito netto. Questa affermazione per quanto 
ovvia non � tuttavia inutile, se si considera come non sia difficile ravvisare 
-al fondo della tesi della deducibilit� dell'imposta sulle societ� dai redditi 
imponibili -la tendenza (spesso inconsapevole) a prescindere dai 
limiti legali della deducibilit�, ed ad utilizzare direttamente la nozione 
economica di reddito netto (nozione questa oltre tutto incerta e non delimitata, 
e perci� non utilizzabile). 

Manifestazione di detta tendenza � lo �stato d'animo~ (molto raramente 
manifestato in una esplicita asserzione) secondo cui non potrebbe 
mai applicarsi una � imposta sull'imposta �. Invero, la spesa per il pagamento 
di una imposta pu� essere dedotta soltanto se ed in quanto il fatto 
di tale pagamento sia sussumibile in una delle fattispecie previste dalla 
legge come idonee a dar luogo a detrazione; nelle altre ipotesi non pu� 
essere dedotta. 

E, d'altra parte, pu� certamente accadere che una medesima entit� 

costituisca il presupposto di pi� imposte (statali o non statali), che si 

cumulano l'una all'altra senza escludersi; ad esempio, il fatto della perce


zione di un determinato reddito pu� costituire e costituisce il presupposto 

tanto dell'imposta di ricchezza mobile quanto dell'imposta sulle societ� 

(per quanto questa � commisurata al reddito). il quindi erroneo affermare 

che l'onere conseguente a ciascuna imposizione debba necessariamente 

essere detratto dagli imponibili per l'applicazione degli altri tributi; una 

12 



1116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posta sul reddito. La stessa Amministrazione Finanziaria dello Stato, 
con la circolare 21 gennaio 1957, n. 350.300 avrebbe ammesso, nell'interpretare 
l'articolo 6 citato, che l'imposta sulle societ� sarebbe scindibile 
nelle due componenti sul patrimonio e sul reddito. 

La Corte ritiene che le argomentazioni, sopra riassunte della sentenza 
impugnata non reggono alle fondate critiche che I'Amministrazione 
appellante le ha mosso nell'atto di appello e nelle sue difese 
scritte. 

Si oppone infatti dall'Amministrazione, sub. A), che, se il .principio 
della � inerenza � delle spese detraibili � esatto in quanto il concetto di 
inerenza delle .spese deve essere inteso in senso ampio e comprensivo 
di ogni spesa necessaria alla produzione del reddito, tuttavia il richiamo 
di detto concetto non � pertinente alla ipotesi in esame in cui la spesa 
interviene quando il reddito � gi� formato. 

La deduzione, che segue la motivazione della decisione della Commissione 
Centrale del 26 marzo 1962 emessa inter partes, � esatta. � 
principio indiscusso in dottrina e giurisprudenza, in ordine alla detrazione 
delle spese inerenti alla produione del reddito, che sono deduci-

siffatta detrazione deve avvenire -ripetesi -solo se ed in quanto espres


samente prevista dalla legge. 

Cos�, per quanto in particolare attiene alla deducibilit� o meno della 
spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ� dai redditi imponibili, 
esclusa la possibilit� di una soluzione passe-partout, deve esaminarsi separatamente 
la disciplina legislativa afferente al tributo gravante su ciascuno 
dei singoli redditi; e, com'� noto, i redditi possono essere colpiti -alternativamente 
-o da una delle imposte sui terreni, o dall'imposta sui fabbricati, 
o dall'imposta di ricchezza mobile (per quanto concerne le imposte 
statali). 

Senonch� a questo punto appare evidente come la tesi secondo cui la 
spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ� (o anche soltanto di quel 
quantum di essa che ha trovato base nel � patrimonio � sociale) sarebbe 
deducibile dai redditi imponibili di ricchezza mobile per effetto del disposto 
dell'art. 91 del t.u. del 1958, non riesca a superare neppure la considerazione 
-del tutto preliminare -che l'art. 91 attiene esclusivamente 
all'imposizione sui redditi di ricchezz� mobile delle categorie B e C/1 e 
certamente non pu� operare in sede di imposizione su tutti gli altri redditi. 
Dal che consegue anzitutto che per questi ultimi redditi un problema 
�di deducibilit� della spesa per imposta sulle societ� non pu� neppure porsi. 
Ed inoltre che la distinzione tra quantum dell'imposta sulle societ� commisurato 
al patrimonio sociale e quantum commisurato al reddito della societ� 
-oltre a non essere ammissibile perch� contrastante con la indissolubile 
unit� di tale imposta, ed oltre a non essere utile perch� comunque 
mancherebbe la � inerenza � richiesta dall'art. 91 t. u. del 1958 (su questi 
due punti si dir� in seguito) -� anche non idonea a delimitare la parte 

(dell'imposta sulle societ�) che si vorrebbe deducibile. 

Non � infatti sostenibile che la spesa per imposta sulle societ�, soppor


tata da un soggetto che abbia percepito una pluralit� di redditi di diversa 

natura e comunque anche redditi differenti da quelli mobiliari di categoria 



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1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

surrogatoria dell'imposta di registro sul trasferimento delle azioni, � 
tuttavia una imposta nuova, comprensiva anche di imposte che, come 
quella sul capitale delle societ� straniere, non costituivano spesa detraibile 
dal reddito di R.M., imposta di carat.tere e portata molto pi� 
ampia della precedente. Se infatti l'imposta di negoziazione era da considerare, 
per la sua funzione surrogatoria dell'imposta di registro, una 
imposta indiretta, quella sulle societ� � imposta diretta che ha, rispetto 
alla societ�, la stessa funzione che ha l'imposta complementare sul reddito 
per le persone fisiche; e, come emerge dalle relazioni parlamentari 
alla Camera, ha lo scopo di adeguare l'onere tributario delle societ� 
tassabili in base a bilancio (come quella in esame) a quello degli individui 
sog.getti ad imposta personale. 

Un raffronto fra le due imposte non � quindi possibile, data la loro 
diversa natura ed oggetto. 

Neppure pu� ricavarsi dalla legge 19 luglio 1956, n. 943, o dalla circolare 
ministeriale interpretativa della legge ,stessa, una conferma della 
scindibilit� delle due componenti dell'imposta sulle societ�, come argomenta 
sub. C) il Tribunale. Infatti, come ha esattamente rilevato sulla 

monio �. � sufficiente in proposito segnalare l'ipotesi in cui nessun reddito 
si produca in favore di un soggetto il quale pur si trovi nel � possesso di 
un patrimonio � ex art. 147 citato. 

Del resto, una correlazione tra patrimonio di un soggetto e redditi dal 
medesimo percepiti non � stata prevista dal legislatore neppure per quelle 
imposte che pur hanno avuto come base imponibile non una entit� per 
molti aspetti � nominale � quale � quella descritta dall'art. 147 t.u. del 
1958 ma l'effettiva consistenza e l'effettivo valore del patrimonio facente 
capo ad un soggetto. E anche di queste imposte, tanto pi� aderenti alla 
reale composizione del patrimonio e quindi ai singoli beni in esso compresi 

(ed alla loro potenzialit� di reddito), � stata giustamente esclusa la detraibilit� 
dai redditi mobiliari: in proposito FALSITTA, Indetraibilitd dell'imposta 
sulle societd dal reddito di R. M. dell'ente, Giur. it., 1964, III, 24, e 
In tema di indeducibilitd dell'imposta sulle societd (e delle imposte sul 
patrimonio) dal reddito di ricchezza mobile, Riv. dir. fin., 1965, II, 142. 

A questo punto potrebbe anche concludersi l'esame della questione 
di che trattasi: non � possibile stabilire alcuna valida correlazione tra la 
spesa per il pagamento della imposta sulle societ� e la produzione dei singoli 
redditi; quindi � in via preliminare esclusa l'utilizzabilit� della nozione 
di � spesa inerente alla produzione � di un reddito mobiliare di categora 
B o C/l di cui all'art. 91 del test.o unico sulle imposte dirette. 

Pu� aggiungersi, cionondimeno, che una esatta definizione del concetto 
di �spesa inerente alla produzione del reddito� esclude che come 
tale possa essere qualificat.a la spesa per il pagamento dell'imposta sulle 
societ�. Anzitutto � ancor oggi lecito avanzare riserve in ordine alla possibilit� 
di qualificare come � spesa � il pagamento dell'imposta sulle societ�; 
e, almeno per i casi dubbi, conserva validit� quanto scritto dal QUARTA 

(Commento alla legge sull'imposta di ricchezza mobile. 2� ed., vol. II, 210): 

� Spesa � propriamente ci� che si eroga per conseguire un qualunque beneficio, 
per soddisfare ad un bisogno, per procacciarsi una utilit�, per otte

1118 RASSEGNA DE!.L~AVVOCATURA DE;LLO STATO 

surrogatoria dell'imposta di registro sul trasferimento delle azioni, � 
tuttavia una imposta nuova; comprensiva anche di imposte che, come 
quella sul capitale delle societ� straniere, non costituivano spesa detraibile 
dal reddito di R.M., imposta di carattere e portata molto .pi� 
ampia della precedente. Se infatti l'imp.osta di negoziazione era da considerare, 
per la sua funzione surrogatoria dell'impol!lta di registro, una 
imposta .indiretta, quella sulle societ� � imposta diretta che ha, rispetto 
alla societ�, la stessa funzione che ha l'imposta complementare sul reddito 
per le persone fisiche; e, come emerge dalle relazioni parlamentari 
alla Camera, ha lo scopo di adeguare l'onere tributario delle societ� 
ta$sabili in base a bilancio (come quella in esame) a quello degli i:radividui 
soggettLad imposta personale. 

Un raffronto fra le due imposte non � quindi possibile, data la. loro 
diversa natura ed oggetto. 

Neppure pu� r.i,cavarsi dalla legge 19 luglio 1956, n. 9~31.o dalla circolare 
ministeriale interpretativa della legge stessa, una conferma della 
scindibilit� delle due componenti dell'imposta sulle societ�, come argomenta 
. sub. C) il Tribunale. Infatti, come ha esattamente rilevato sulla 

monio �. il sufficiente in proposito segnalare l'ipotesi in cui nessun reddito 
si produca in favore di un. soggetto il quale pur si trovi nel � po$sesso di 
un patrimonio� ex art. 147 citato. 

Del resto, una correlazione tra patrimonio. di un soggetto e redditi dal 
medesimo percepiti non � stata prevista dal legislatore neppure per quelle 
imposte che pur hanno avuto. come base imponibile non . una entit� per 
molti aspetti �nominale� quale � quella descritta dalrart. 147 t.u. del 
1958 ma .l'effettiva consistenza e l'effettivo valore del patrimonio .facente 
capo ad un soggetto. E anche di queste imposte, tanto pi� aderenti alla 
reale composizione del patrimonio e. quindi ai singoli beni in esso compresi 

(ed alla loro potenzialit� di reddito), � stata giustamente esclusa la detraibilit� 
dai redditi mobiliari: in proposito FALSITTA, Indetraibilit� dell'imposta 
sulle societ� dal reddito di R. M. dell'ente, Giur. it., 1964, III, 24, e 
In tema di indeducibilit� dell'imposta sulle societ� (e delle imposte sul 
patrimonio) dal reddito di ricchezza mobile, Riv. dir. fin., 1965, II, 142. 

A questo punto potrebbe anche concludersi l'esame della questione 
di che trattasi: non � possibile stabilire alcuna valida correlazione tra la 
spesa per il pagamento della imposta sulle societ� e la produzione dei singoli 
redditi; quindi � in via preliminare esclusa l'utilizzabilit� della nozione 
di � gpesa inerente alla produzione � di un reddito mobiliare di categora 
B o C/l di cui all'art. 91 del testo unico sulle imposte dirette. 

Pu� aggiungersi, cionondimeno, che una esatta definizione del concetto 
di �spesa inerente alla produzione del reddito� esclude che come 
tale possa essere qualificata la spesa per il pagamento dell'imposta sulle 
societ�. Anzitutto � ancor oggi lecito avanzare riserve in ordine alla possibilit� 
di qualificare come � spesa� il pagamento dell'imposta sulle societ�; 
e, almeno per i casi dubbi, conserva validit� quanto scritto dal QUARTA 

(Commento alla legge sull'imposta di ricchezza mobile. 2� ed., voi. II, 210): 

� Spesa � propriamente ci� che si eroga per conseguire un qualunque beneficio, 
per soddisfare ad un bisogno, per procacciarsi una utilit�, per otte

1115 

[A 

toli azionari ed, 
26 agosto 1954, 
one per cui non 
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imposta sull~ 
l'imposta di regi~ 
veva l'imposta di 
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dell'imposta su affermare 

i quind~ er~:C~~sariamente 
ne ddebgl~ altri tributi; una

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lSE.QN;). llEliI.'AVV()<!;).TURA DEJ;.l;O STATO.� 

\tro . delle . Finanze On. Zoli, allorch� . egli esplicita~

~ 

. . �. . . . . . . 

lvi!"!t1e, inffne; ~ire cb.e l'imposta, pur essendo basata, 
'\>atrhnonio, n():p, � �un'imposta .patrimoniale; ma ri., 
\n'imposta ordinaria sul reddito ccm:1misurata_ sem-� 
~on.io, c()s� come lo� era l'imposta ordinaria sul pa


~" 

~-. 

" 

!inisteriale, come q:uelle .parlamentari alla_ Camera 
~i.�.~:vince-_a��-chia:re.�.:n,ote non�� solt:anto..�che���fitnposta 
~si di imp0sta�sql reddito, son.o pienamente con-\
aJegge c~e_.alla :!!tl'uttt:1ra del -tributo;: .talch�: non 
~atatto Qt:1alche gludiceu:ii merito; -chela voiunt.as 
~-regolamentazt<>ne legislativa dell'imposta; sia. di., 
~Pare 4alla lettera della legge e dei lavoriprepa~
ntenza l<!JUglio l96l$;n. 82-6 e 5 novembre 1965, 


~ 
~i eh.e l'art~ 6 dell� legge -6 agosto 1954; n. 603 
'~ si applica con l'atiquota dello 0-,75 % sul patripto 
nell'art. 4 e del 15 pe~�cent.o sulla parte del 

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~ 

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\_societ�, ma analoghe controversie potrebbero sor.
d esempio., per le imposte sul patrimonio, per le 
~cc. -. �-..._. " ~. 
legisiativa "&pese inerenti alla produzione~ del 

~a � l'.ii:p.asta, sostanzialmente� invariata, nell'arti;. 
'~uale gi~ e;ra nell'art� 32 del t. u. del 1877. Tale 
~ c9:ntiene i11 s� l'indfoazion-e di tutti i requisiti 
lpne del fatto. cui � riconosciuta l'ldoneit� a-� darti reddit~ impQni!)ili, Vien~ hlfatti ~n essa. espres� 
Q luQgo,.�che il fatto dl che �trattasi � costituito 

�edi una spesa (l'art. 23 della .legge n. 1'del 1956 
'ese ~ sostenute �� ' rimanendo quindi esclusi j fatti 
~ modif).cazione giuridica (quale � ad ~s�mpio 
in-e); in secondo -luogoi che -il.. fatto -effettuazione 
i!Produzione * del reddito,. deve verificarsi in un 
re a .quello dell'avvenuta-formazione deLreddito 
~o nena sentenza in .rassegna, oltre che nella 

K. noveml>re 1927, n. 3672, �nelle�� deciSioni della 
'jitate, nonch� nella de,eisione _Comm.. Centr. 19 
iltima in lmp, 4ir., 1956; 410); in terzo�. luogo, 
~aliiicazione:�.dalla ..relazione non�� con. un qual� 
Jo specifico redditQ (di categoria B o C/1} che 
!~a espressione legislativa diche trattaSi; inter., 
Jinamento normativQ-, pu� inoltre desumersi 
~dito -non essendo determinata dal movente 
~a l::� spesa; posto .che il movente � una entit� 
iii rilevanza giuridica, n� essendo identifica-. 
haturale, posto che P-eg,uaglianza � delle condi-� 
\con l'es,sere l'Qrdinarnento giuddieo -un sistepon 
altro per esclusione): estratt� e ree.epita 

-�--,.,..,. 



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.op ~eren" 
redditoW.4ica!9 ne'.ll'a.rt;J) che<eceedeil 6 per cento del p�~onio 

:~;~i!:;jd~il~~ii~!!::::~:~::���=~!t~.:~!!e..c:i;:~:ii~~:;~~�� 


mel}t~' eq hl�tipe.ndenteinente: il patdinonio ed U teddito���e e<>n<:ludere 
che ie im.p0ste � spll.9 que, �� ovvero . _.. .� c.oine .ha . opinato il Tribunale di 
Fir~l}.ii:~7 chei��P.l';.� ~ssendo l'h.post~;.. unlca". Je��componentl dell'im.posta 

�~:2~��� r~~~�~~~e ~:,~� ~*�7~� 

� plfe� iall$$.zione sul patdm~nta.�.co,71) per.cento) e sul reddito e<:cedente 

..� ...�.�.�.�.�.�.��..�.�.. � .. < .. � ...�.�� .. � .. � .... �.�........ � .�.� �... . .. �� .....�... . . . .�.��� . � ., 


.d~ii$ t~;lt�..ec:ri~~~~.�� m~diante.~~ atipreziza?Jlentoi �sulla�� ba~~��appunto�di� 
�tal~� re;nt�1.����delltt��� ���immediata�� e.�diretta���� necess�r1et���.*'� >dell����� sp�$a.�� per� il 
conseguimento deilo 1>Peciiico rbttltato;della ptodUZiorte di. un det�l1ntlnato 
red!Uto, '!'ratta.si di una rela~iOi;le di necessariet�. sostanzialm�ht<t ana1oga: 
a���queUa ~evjfltl�: dl!lglf artt; 821 epv;, 934, comma terzo eil149.�c.c. tra una� 
spe$a��e�.t��1'r�4~tone.�e�il�raccroltQ dei.frutti� {la��tradinoria1e� diStinzionetra 
.��Pl!��e ni:!�'$$~d~ util~ ~ V'Qluttttarie tiituarda le $Pese perla �tilt$ervazione ed 

..~l~~~~:?S=:t~:'~ 


l:Xi()n:tent<) economico) contigu�rdo ad uno svecifi.-Oodsl;iltatote quindinon 

d�llll\gl'i!ner:ic~����ed�.�anehe� indiretta���causalit����natutale .�.(pur��tilssendo.� inconte�.. 

�stabile <!he1a sussiiitenza:di urt nesso dtcatinliit� tra spesa� e reddito � 
compres nel concetto dii neces$ariet� della prima per la produzione del 
seeondo);c < � � � � � � �. 

�� Ci� dicendo n()n si: vuole risolvere in questa sede e con poche parole 
� U�;l te'ltla sul t,twd� d�:fftt~mertte si sono soffermati . gli scrittori e la giuri., 
1>prtt<3.enza (i: quali peraltro banno espresso un orienta:tru~nto sostalizial:
rfl('b�;lte �oinciclente: col'i q11anto qui scritto). Soltanto sii vuole anzitutto sotto'-' 
lineare eQtii� la n�zi'()n�:giui'idica di spesa �inerente allapr�dUzione del> 
re(ldito $(Jgg.etto\;S:~ !n.tP()$�IF:ll0l'l � n� tanto vaga n� tanto amp-lift�abile 
quant(tq1�ttebJ>er� :f�ll? credere t �so$tenitori della deducibilit� delronere 
:f�$Ca:le'p�r il:tlposta J>Ulle .societ�:��e si �vuole avere a portata�� di mano� una' 
nozione� suffi.�ient�:inente preciiia per �contestare le argomentazioni da� co'-: 
sto:rcfaddotte� Arg:omentaziorilche effettivamente si dissolvono non appena 
si dirada la nebbia con ' �ui>si � voluto circondare il concetto: � di spesa 
inerente �alla��produziont'f�del<red:dittl� ., � .�.� ���� ��::::.� 

Cos� � colOro (Gamto, riota a decisione, in lmp. dir. erariati,'1963, 236; 
e B�l:Dt}bal det1'aibilit� de!Vifll1)osta<sul.le societ� nell'imposizione, del i-ed:. 



1122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il 6 per cento (15 per cento) la incidenza viene ad essere uguale. Si 
raggiunge cio� un punto di indifferenza, per cui il contribuente � messo 
in condizione di non avere convenienza alcuna sia a tenere basso artificialmente 
il capitale sociale, costituendo riserve occulte, sia a gonfiarlo 
artificialmente �. 

Ed una conferma dell'unicit� dell'imposta si ha proprio nella struttura 
legislativa del tributo: 

All'art. 7 della legge citata � infatti stabilito che � quando dalla 
somma degli elementi indicati nell'art. 5 risulta una perdita, l'imposta 
� ridotta in ragione di dieci volte il rapporto tra tale perdita ed il patrimonio 
imponibile. La riduzione non pu� in alcun caso superare il 90 
per cento dell'imposta commisurata al patrimonio imponibile �. 

La norma suddetta dimostra che i due elementi, patrimonio e reddito, 
sono interdipendenti e complementari fra di loro, essendo stati assunti 
l'uno quale criterio integrativo dell'altro per stabilire un reddito 
pi� equilibrato e rispondente alla realt�. Se cos� non fosse, e si trattasse 
invece di due imposte, l'una sul reddito e l'altra sul patrimonio, ovvero 
di due componenti di un'imposta unica complessa, valutabili autonoma-

dito mobiliare, Dir. prat. trib., 1964, 563) i quali sostengono che l'onere 
fiscale per imposta sulle societ� andrebbe �imputato all'esercizio successivo 
a quello che � contemplato nel bilancio di commisurazione., � agevole 
replicare -con la giurisprudenza sopra richiamata -che non pu� essere 
considerata inerente alla produzione del reddito una spesa che viene effettuata 
successivamente alla produzione del reddito e costituisce perci� solo 
erogazione di tale reddito, e che � posta in relazione non con lo specifico 

� reddito soggetto ad imposta ., ma con il reddito dell'anno successivo; n� 
per superare questa considerazione � sufficiente affermare apoditticamente 
che il requisito della attualit� della spesa sarebbe qualcosa di non � riesumabile 
.. E a coloro (BoIDI, op. cit., 560, e NARESE, Se l'imp01�to pagato a 
titolo di imposta sulle societ� sia detraibile dall'imponibile di R. M. cat. B, 
in Foro amm., 1964, II, 194) i quali affermano che la spesa per imposta 
sulle societ� sarebbe detraibile perch� � condizione necessaria per l'esercizio 
dell'attivit� produttiva ., � facile replicare che per aversi inerenza di 
una spesa alla produzione di un determinato reddito non � affatto sufficiente 
che sussista un nesso di causalit� naturale e tanto meno un nesso 
generico tra la spesa e il cosiddetto � esercizio dell'attivit� produttiva �. 
A questo punto l'esame della questione di che trattasi pu� essere definitivamente 
chiuso: le rimanenti argomentazioni addotte dai sostenitori 
della deducibilit� dell'imposta sulle societ� si palesano infatti non rilevanti. 
Cos�, tutta la discussione sul punto se la imposta sulle societ� abbia 

o meno � sostituito � l'imposta di negoziazione �, a ben vedere, soltanto 
manifestazione di una sorta di � vischiosit� �, di ritrosia a prendere atto 
di una innovazione legislativa indubbiamente radicale. E peraltro, quando 
si afferma che i tributi soppressi in coincidenza (meramente temporale) 
con la introduzione dell'imposta sulle societ� sarebbero stati da questa 
� sostituiti ., si fa ricorso ad una immagine espressiva forse di un accadimento 
pratico, ma assolutamente priva di significato e di rilievo giuridico. 
Comunque, sul punto si rinvia a quanto egregiamente sostenuto dal FAL

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1123 

mente e scindibili (come ha avvisato il Tribunale di Firenze), la mancanza 
di una componente imponibile non dovrebbe avere alcuna influenza 
sull'altra, e non si comprenderebbe allora perch� il legislatore, 
in caso di perdita del reddito, si sia indotto a ridurre anche l'imposta 
nella parte commisurata al patrimonio nella misura di dieci volte il 
rapporto fra tale perdita ed il patrimonio imponibile, sia pure col limite 
del 90 per cento dell'imposta commisurata al patrimonio. 

t giocoforza desumere, mettendo in correlazione gli artt. 6 e 7 della 
legge, che il patrimonio � considerato quale indice di un reddito presunto, 
e che la quota sul patrimonio ha sempre per oggetto il reddito 
commisurato al patrimonio; per cui detto reddito presunto viene, nella 
valutazione complessiva del reddito delle societ�, ridotto in proporzione 
della perdita reale sul reddito di cui all'art. 5 della legge. 

Ma v'� un'altra considerazione da fare. 

In base all'art. 6 della legge citata, il reddito delle societ� � tassato 
soltanto quando � eccede il 6 % del patrimonio imponibile �. La norma 
suddetta prova ancora una volta che il patrimonio � considerato dal 
legislatore quale indice di reddito presunto in rapporto alla consistenza 
patrimoniale; altrimenti la franchigia del 6 % , disposta proprio per non 
colpire due volte il reddito presunto e quello effettivo, non avrebbe 

SITTA nei due scritti gi� citati, aggiungendosi soltanto due considerazioni. 
La prima, che le norme di legge in tema di spese deducibili non possono 
certamente essere derogate da una circolare, e tanto meno da una circolare 
quale quella 2 luglio 1927, n. 6691 tanto contradittoria e sommaria 
(ove si tenga conto anche del contrastante orientamento giudsprudenziale) 
da apparire quanto meno abnorme. La seconda che se la deducibilit� o meno 
dell'imposta sulle societ� dovesse essere collegata alla deducibilit� o 
meno dei tributi dalla stessa �sostituiti., si dovrebbe tener conto anche 
del fatto che l'imposta sulle societ� assolve tra l'altro alla finalit� perequativa 
di sottoporre gli enti ad una imposizione equivalente a quella cui 
sono sottoposte le persone fisiche in occasione dei trasferimenti mortis causa,; 
sicch� ove si autorizzassero gli enti a detrarre l'imposta sulle societ� 
dai redditi imponibili mobiliari, si dovrebbe giungere ad autorizzare le 
persone fisiche a detrarre da tali redditi la spesa per le imposte successorie. 
Il che � palesemente assurdo. 

Dopo quanto si � scritto si palesano irrilevanti anche i problemi relativi 
alla unicit� o duplicit� della imposta sulle societ� ed alla classificazione 
di detta imposta come una imposizione sul reddito (sia pure commisurata 
anche al patrimonio) o invece come una imposizione sul patrimonio 
ed eventualmente anche sul reddito. 

Interessa tuttavia sottolineare come l'affermazione secondo cui l'imposta 
sulle societ� sarebbe costituita da due imposte distinte, l'una sul patrimonio 
e l'altra sul reddito, costituisce un passaggio obbligato per la tesi 
della deducibilit� della spesa relativa alla parte commisurata al patrimonio 
(la deducibilit� dell'imposta sulle societ� � unanimemente esclusa per 
la parte commisurata al reddito); ed � agevol� rilevare come detto passaggio 
sia non solamente arduo ma del tutto chiuso. Il che costituisce una 



1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ragione d'essere, come esattamente argomenta l'Amministrazione appellante, 
se fossero stati colpiti due cespiti diversi, il patrimonio ed il 
reddito. 

Un'ultima riprova che le componenti sul patrimonio e sul reddito 
delle societ� non sono scindibili, trattandosi di due indici di unico reddito 
soggetto all'imposta, si ha nella legge 29 dicembre 1962, n. 1745, 
con cui � stata istituita l'imposta cedolare di acconto. 

La ritenuta di utili, che la societ� versa in acconto delle imposte 
dovute all'Erario, anzich� distribuirle ai soci, vien dedotta � dall'ammontare 
della imposta complementare dovuta dai soci sul reddito complessivo 
� (art. 3 comma 1�, della legge) e � dall'ammontare dell'imposta 

ragione di pi� per concludere per l'infondatezza della tesi che qui si contrasta. 


L'asserto secondo cui l'imposta sulle societ� sarebbe.... due imposte non 
considera che la norma giuridica pu� -entro larghissimi margini -stabilire 
il venire in essere di un unico rapporto giuridico anzich� di una 
pluralit� di rapporti giuridici separati anche quando i riferimenti alla realt� 
extragiuridica presentano caratteri di complessit�. Perci�, dedurre dalla duplicit� 
delle basi imponibili (che peraltro attengono solo alla determinazione 
del quantum dell'imposizione) equivale compiere un non consentito 
salto logico su un vuoto che certamente non pu� essere colmato con opinabili 
considerazioni economico-contabili. 

Del resto, la relazione ministeriale e la prevalente dottrina giustributaristica 
(NAPOLITANo, La imposta sulle societ� 1955, 23 GIANNINI A. D., 
op. cit., 284; FALSITTA, op. ult. cit., in Riv. dir. fin., 1965, 159) concordano 
con la egregiamente motivata sentenza in rassegna nel senso della inscindibile 
unit� del tributo in questione; sicch� sembra inutile soffermarsi ulteriormente 
sul punto, gi� ampiamente trattato. 

Da ultimo si aggiunge che contro la deducibilit� dell'imposta sulle 
societ� si sono espressi anche i seguenti Autori: GIANNETTI ScANDALE SESSA, 
Teoria e tecnica dell'accertamento del reddito mobiliare, Roma 1955, 142; 
MESIANO TALIERCIO, Problemi dell'imposta sulle societ� e sulle obbligazioni, 
Roma 1956, 20; CARUSO, Considerazioni concrete sull'imposta italiana, in 
Natura ed effetti economici di una imposta sulle societ�, Milano 1955, 333; 
MACCARONE, L'imposizione diretta e gli uffici delle imposte dirette, 424; 
NAPOLITANO, op. cit., 166; ZAPPAL� MARIONETTI LANZA, L'imposta sui redditi 
di ricchezza mobile, Napoli, 1957, 384. 

F. FAVARA 
POSTILLA. -Sulla questione si � ora pronunciata anche la Corte 
d'Appello di Milano (sent. 9 settembre 1966, in c. soc. Edis'On-Finanze, 
Foro Pad. 1966, I, 1025) la quale, pur ravvisando nell'imposta sulle societ� 
un'imposta � di contenuto complesso �, che si articola � in due componenti 
del tutto distinte, aventi diverso oggetto (l'una il patrimonio e l'altra il 
reddito)., ha riconosciuto che essa non rappresenta comunque una spesa 
inerente alla produzione del reddito, e non � pertanto deducibile dal reddito 
stesso ai fini dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile. 



PARTE I, SEZ. y, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1125 

sulle societ� dovuta per l'esercizio sociale nel corso del quale il diritto 
agli utili � stato acquisito � (art. 3, comma 3�, della legge). 

Dalla norma suddetta si desume in primo punto che l'imposta cedolare 
di acconto viene prelevata dall'imposta sulle societ� senza distinzione 
fra quota sul patrimonio e quota sul reddito, costituendo un 
prelevamento 'complessivo sul reddito stesso; e poi, che all'imposta sulle 
societ� viene fatto un trattamento analogo a quello per l'imposta complementare 
sul reddito dei �soci perch� entrambe le imposte sono sul 
reddito e l'imposta sulle societ� ha la stessa funzione dell'imposta complementare 
(come si � gi� sopra considerato) ed � stata istituita allo 
scopo di adeguare l'onere tributario delle societ� a quello delle persone 
fisiche, soggette ad imposta personale. 

Devesi pertanto, in accoglimento dell'appello proposto dall'Amministrazione 
Finanziaria, dichiarare la indetraibilit� ai fini dell'imposta 
di R. M. di cat. B dell'imposta sulle societ� per il bilancio delle societ� 

� La Reale Grandine � al 31 dicembre 1955 anche per la quota relativa 
al patrimonio; e respingere, di conseguenza la domanda attrice di primo 
grado. -(Omissis). 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI ~ FORNITURE 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 maggio 1966, n. 13 -Pres. Reale 
-Est. Scotto -Chiozza ed altri (avv. Graziani e Boschi) c. Ministero 
LL.PP. (avv. Stato Albisinni) e Guariento ed altri (avv. Sivieri). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle 
acque -Ricorso giurisdizionale al Tribunale Superiore -Notifica. 

(r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; I. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). 
Competenza e Giurisdizione -Acque pubbliche -Controversie sulla 
consistenza dell'alveo -Competenza giurisdizionale. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, Iett. b). 
Competenza e giurisdizione -Giurisdizione amministrativa e ordinaria 
-Discriminazione -Criterio del petitum formale -Insufficienza 
-Diritti soggettivi -Competenza del giudice ordinario -Contenuto 
e limiti. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 4). 
Il ricorso al Tribunale Superiore delle acque, anche in sede di 
legittimit�, deve essere notificato, a pena di inammissibilit�, presso la 
Avvocatura dello Stato (1). 

Ai sensi dell'art. 140 lett. b) del r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
rientrano nella competenza dei Tribunali regionali delle acque pubbliche 
le controversie sulla consistenza dell'alveo, inteso nelL'insieme 
dei suoi elementi come spazio di terreno destinato al deflusso delle 
acque in periodi normali e sulla conseguente sua dete1�minazione; pertanto, 
si ha la competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche 
ogni qualvolta si controverta intorno all'alveo ed intorno alla qualifi


(1) Giurisprudenza consolidata. Negli stessi termini cfr.: Tribunale 
Superiore Acque, 18 febbraio 1965, n. 5, in questa Rassegna, 1965, I, 235, 
con nota e richiami. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1127 

cazione come alveo di una determinata zona di terreno ovunque essa 
si trovi ed indipendentemente da qualsiasi atto o provvedimento amministrativo 
(2). 

La giurisdizione non � determinata dal solo petitum formale (prospettazione 
dei motivi), bens� da quello sostanziale, che risulta dallo 
esame della causa petendi; una volta accertato che si tratta di controversia 
sui diritti soggettivi, subentra la giurisdizione del giudice ordinario 
il quale � pienamente competente ad esaminare i vizi di legittimit� 
dell'atto amministrativo (e in primo luogo la competenza delle 
Autorit� emanante), salvo i limitati effetti della sua pronuncia ai sensi 
dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865; n. 2.248, all. E (3). 

(2) Cfr.: Trib. Sup. Acque, 7 'Ottobre 1965, n. 17, retro, I, 947; Cass., 
20 luglio 1965, n. 1652, in questa Rassegna, I, 1134, con nota di commento; id. 
23 maggio 1962, n. 1178, Riv. dir. agr., 1963, II, 36; in dottrina, cfr.: BuscA, 
Problemi di competenza in tema di delimitazione degli alvei, Giur. it., 
1961, I, 1, 1223; M1ccou, Alveo abbandonato e competenza dei tribunali 
regionali delle acque pubbliche, ivi, 1960, I, 1, 447; VARRIALE, In tema 
di delimitazione di alveo, Acque, bonifiche, costr., 1959, 458. Sui rapporti 
tra provv�edimento amministrativo di delimitazione e competenza del giudice 
ordinario e in particolare sulfa difficolt� di coordinare l'art. 94 del 
d. r. 25 luglio 1904, n. 523, con la disposizione di cui all'art. 140, lett. b), 
del r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, cfr.: BUSCA, Le acque nella legislazione 
italiana, 1962, 432 e segg.; MARZANO, In tema di delimitazione di laghi 
demaniali e delle spiagge, in questa Rassegna, 1965, I, 830; Mrccou, Le 
acque pubbliche, 1958, 263 e segg. 
(3) Cfr., da ultimo, Cass., Sez. un., 19 luglio 1965, n. 1628, in questa 
Rassegna, 1965, I, 828; id., 12 febbraio 1965, n. 220, ibidem, I, 1117, e 
decisioni richiamate nelle rispettive note. 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 1� giugno 1966, n. 16 -P1�es. Reale 
-Est. Daniele -Giurati (avv. Porto, Cavini e Renzetti) c. Ministeri 
LL. PP. e finanze (avv. Stato Carbone) e Enel (avv. Conte e 
Bazzotti). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione -Domande 
concorrenti -Prevalenza -Criterio di valutazione. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 9). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione -Provvedimento 
di ammissione ad istruttoria -Immediata impugnabilit� 
in sede giurisdizionale. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 7 e 8). 
A norma dell'art. 9 del r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, la scelta 
fra le domande concorrenti per nuove concessioni o derivazioni deve 



1128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essere fatta tenendosi conto, non solo della migliore utilizzazione dal 
punto di vista idrico, ma anche della economicitd del progetto e della 
sua rispondenza ad altri prevalenti interessi pubblici (1). 

IZ provvedimento di ammissione ad istruttoria di una domanda 
di derivazione di acque pubbliche � atto immediatamente impugnabile 
in sede giurisdizionale, in quanto idoneo a produrre una concreta le~ 
sione dell'interesse nei confronti degli altri concorrenti alla stessa concessione 
(2). 

(Omissis). -� da premettere che, ai sensi dell'art. 8 del t. u. 
11 dicembre 1933, n. 1775, fra pi� domande concorrenti di aspiranti 
a derivazioni di acque pubbliche, va preferita quella che � presenti la 
migliore utilizzazione dal punto di vista idraulico ed economico o soddisfi 
ad altri prevalenti interessi pubblici �. 

Pertanto non � esatta la premessa, dalla quale sembra sia partito 
il ricorrente quando afferma che in sede di concessione di acque pubbliche 
solo motivi attinenti al regime idrico dovrebbero essere presi 
in considerazione dalla P.A.; invero il citato art. 9 prevede che la scelta 
del progetto debba essere fatta tenendosi �conto, non solo della migliore 
utilizzazione dal punto di vista idrico, ma aI_J.che dalla economfoit� del 
progetto e della sua rispondenza ad altri prevalenti interessi pubblici. 

La legge prevede che la scelta del progetto possa essere fatta per 
soddisfare ad altri prevalenti interessi pubblici; ma � ovvio che di tali 
interessi si debba tener conto anche quando il progetto sia in contrasto 
con essi, non essendo pensabile che la legge abbia voluto attribuire alla 

P. A. la potest� di soddisfare i detti interessi e non anche quella di impedirne 
il sacrificio. -(Omissis). 
(Omissis). -Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce che il 
provvedimento impugnato avrebbe violato l'art. 12 del t. u. 11 dicembre 
1933, n. 1775, in quanto l'Amministrazione avrebbe dato ingresso 
ad una nuova domanda della Selt-Valdarno, dopo che il Consiglio superiore 
dei LL. PP. si era definitivamente pronunziato sulle domande 
concorrenti. 


(1) Sui criteri di valutazione comparativa delle domande concorrenti, 
cfr.: Trib. sup. acque, 20 ottobre 1964, n. 30, in questa Rassegna, 1964, I, 
1173, e i precedenti di dottrina e giurisprudenza ivi richiamati in nota. 
(2) Conf.: Cass. 20 novembre 1959, n. 3430, in questa Rassegna, 1960, 
14; in dottrina, cfr.: M1ccoLI, Le acque pubbliche, 1958, 103 e segg.; contra, 
BuscA, Le acque nella legislazione italiana, 1962, 113-115. L'autonoma impugnabilit� 
� stata esclusa invece quando il provvedimento sia emesso dal 
Genio civile per delega del Ministero competente; in tal senso, cfr.: Trib. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE; APPALTI ECC. 1129 

Esattamente l'Amministrazione ha posto �in rilievo che, nella specie, 
non vi fu una nuova domanda della Selt-Valdarno; in data 11 ottobre 
1954 la detta Societ� present� una variante dell'originario progetto, 
che il Ministero dei LL. PP. (in conformit� al parere del Consiglio 
superiore dei LL. PP. 11 :febbraio 1955, n. 341; doc. 8 prod. avv. 
Stato) ritenne non sostanziale e perci� ammise ad istruttoria breve ai 
sensi dell'art. 49 del tu. 11 dicembre 1935, n. 1775. 

Sembra pertanto che il motivo sia stato proposto dal ricorrente, 
nell'errato convincimento �che la Selt-Valdarno avesse presentato una 
nuova domanda, e non una variante non .sostanziale. 

Se poi dovesse ritenersi che il ricorrente (con il dedurre che la 
Selt-Valdarno aveva presentato �un elaborato tecnico che si risolveva 
.in una totale innovazione della primitiva domanda �) abbia inteso censurare 
la determinazione ministeriale di considerare la variante della 
Selt-Valdarno �non sostanziale., il Tribunale non potrebbe non rilevare 
l'inammissibilit� del motivo, atteso che esso riguardarebbe non 
l'atto impugnato, ma il provvedimento di ammissione della detta variante 
a istruttoria breve, che doveva essere autonomamente impugnato, 
nel prescritto termine. 

:E da rilevare ch�, per costante giuriprudenza, il provvedimento di 
ammissione ad istruttoria di una domanda di derivazione di acque pubbliche 
� atto immediatamente impugnabile in s. g. in quanto idoneo 
a� produrre una concreta lesione dell'interesse nei confronti degli altri 
aspiranti alla stessa concessione (Trib .. sup. acque pubb. 2 .luglio 1949, 

n. ll; 23 maggio 1960, n. 6; 8 settembre 1953, n, 10; 28 gennaio 1954, 
n. 4; 9 .marzo 1955, n. 9; Cass. SS. UU., 19 gennaio 1937, n. 125). 
Nella .specie, secondo quanto risulta dagli atti, in seguito al .parere 
11 febbraio 1965, n. 341 del Consiglio Superiore dei LL. PP., fu esperita 
l'istruttoria abbreviata sulla domanda 19 ottobre 1954 della SeltValdarno, 
ai .sensi dell'art. 49 del t. u. sulle acque ed a tal fine fu 
emessa dall'Ufficio del Genio CiVile �di Arezzo l'ordinanza 28 marzo 1955, 

n. 5076, che fu debitamente pubblicata e diede luogo ad opposizioni 
(parere del Consiglio superiore 16 maggio 1955, n. 1339, doc. 4 prod. 
avv. Stato). 
sup. acque, 12 ottobre 1962, n. 13, Foro amm., 1963, II, 383; Cass., 19 gen


naio 1957, n. 125, Acque, bonif., costruz., 1957, 504. Sul carattere definitivo 

dei provvedimenti istruttori e sulla conseguente inammissibilit� di auto


noma impugnazione, cfr.: Trib. sup. acque, 11 dicembre 1963, n. 20, Foro 

amm., 1964, I, 1, 1026; id., 30 dicembre 1952, n. 19, Acque, bonif., costruz., 

1953, 277. 

Sulla posizione giuridica dell'aspirante alla concessione, cfr.: Trib. sup. 

acque, 1� luglio 1965, n. 16, in questa Rassegna, 1965, I, 1090, con nota di 

richiami. 



1130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorrente, ,che era a conoscenza del provvedimento di ammissione 
della domanda Selt-Valdarno ad istruttoria abbreviata, sia attraverso 
la menzionata ordinanza del Genio Civile di Arezzo, debitamente 
pubblkata, sia, comunque, in seguito all'esibizione degli atti in giudizio, 
non avrebbe potuto quindi esimersi dall'impugnare tale provvedimento, 
ove avesse voluto fare accertare �che esso era stato illegittimamente 
emanato, trattandosi di una variante sostanziale dell'originario progetto. 

La mancata impugnativa, nel prescritto termine, del provvedimento 
che ha ammesso ad istruttoria abbreviata la domanda Selt-Valdarno, 
rende incontestabile in questa sede la legittimit� del provvedimento 
stesso e quindi la natura non sostanziale della variante; epper� 
sono inammissibili in questa sede, nella quale rsi impugna il decreto 
di concessione, le censure relative alla natura della variante. (
Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 giugno 1966, n. 18 -Pres. Reale 
-Est. Tozzi -Consorzio di bonifica dell'Alto Simeto (avv. Antonino, 
Scuderie Mazzullo) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Carbone) 
e altri (avv. Conte). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Requisiti di ammissibilit� 
-Ricorrenza -Momento. 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione -Domanda di 
variante -Carattere sostanziale o non sostanziale delle variazioni 
richieste -Criteri di valutazione. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 49). 
Acque pubblicne ed elettricit� -Concessione e derivazione -Domanda 
di variante -Valutazione dell'Amministrazione sul carattere sostanziale 
delle variazioni -Discrezionalit� -Sindacato di legittimit�. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 49). 
I requisiti necessari perch� un ricorso possa ritenersi ammissibile 
devono essere esistenti non al momento della emanazione deU'atto che 
si intende impugnare ma al momento della proposizione del ricorso (1). 

Nella valutazione sul carattere sostanziale o non sostanziale delle 
variazioni richieste dal concessionario nessuna rilevanza pu� attribuirsi 

(1) Oltre le sentenze richiamate in motivazione, cfr. Cons. Stato, VI, 
19 febbraio 1965, n. 109, Foro amm., 1965, I, 2, 249, in motivazione; SANDULLI, 
Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 
1963, 217, ed ivi richiami. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1131 

al fatto che le opere inizialmente .previste siano state o meno iniziate; 
per stabilire ii carattere de!Ze variazioni � necessario invece accertare 
di volta in voUa se le richieste variazioni siano talmente importanti 
da far .ritenere o meno che con esse si intende praticamente sostituire 
alla precedente una nuova concessione, procedendo�� a tal fine ad una 
complessa valutazione nella quale ogni elemento deve essere considerato 
oltre che per se stesso anche in relazione a tutti gli altri (2). 

Di fronte ad una domanda di variante l'Amministrazione deve di 
screzion�lmente va�utar� tutti gli elementi in suo possesso per giudicare 
se la variante d.ebba considerarsi o meno �sostanziale, con la conseguenza 
che ii�suo operato� non � completamente sottratto al sindacato 
di legittimit� del giudice, ma soggetto al normale sindacato che it giudice 
di legittimit� esercita: rispetto a tutti gli atti discrezionali sotto 
il profilo deiz�eccesso di potere (3). � � 

(Omissis). --:-�. infondata l'eccezione di inammissibilit� del ricorso 
sollev.ata dai resistenti sulla cof!siderazione che, al momento in. cui fu 
emanato l'atto. i:mp-q.g~at.o .(26 genriaio 1968)�. il Consorzio ricorrente, 
nQn f;U'a titolare. dl: alc~a posizione giuridica soggettiva, differenziata 
da quella di tutti gli altri soggetti di diritto, che potesse venir lesa 
dall'atto stesso. N�, aggiungono i resistenti, la presentazione in data 
21 marzo 1963 della domanda per ottenere la cessazione delle stesse 
acque che formano oggetto dell'ordinanza impugnata, pu�. servire a 
legittimare .la presentazione del ricorso, perch� l'interesse legittimo 
deve essere esistente al� momento della. manazione detratto che si im~ 
pugna e deve essere leso immediatamente da detto atto. 

Osserva in propC>sito il Collegio che i requisiti necessari perch� 

un ricorso possa ritenersi ammissibile debbono essere esistenti non al 

momento della emanazione� dell'atto che si intende impugnare ma al 

momento della proposizione del� ricorso stesso. Ci� vale sopratutto 

per l'interesse a ricorrere e per l'interesse sostanziale �he si pretende 

leso dall'atto, nei confronti dei quali la giurisprudenza richiede soltantd 

che .sorgano nel termine utile per la proposizione del ricorso (v. Con


siglio di Stato, VI Sez. decc. n. 504 del 1959, n. 1035 del 1960, n. 980 

(2) Non risultano precedenti in termini; sui criteri di valutazione sulla 
sostanzialit� della variante, cfr.: BuscA, Le acque nella legislazione italiana, 
1962, 165. e segg. 
(3) Sulla discrezionalit� delle valutazioni adottate dalla pubblica Amministrazione 
in ordine al carattere s�stanziale o non sostanziale della 
variante, cfr. Cass., 2 febbraio 1963, n. 182, Giust. civ., 1963, I, 1326; �Mxc;.; 
COLI, Le acque pubbliche, 1958, 206. � 
13 



1132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del 1952; IV Sez. n. 16 del 1948). D'altra parte, � facile osservare che, 
se la tesi dei resistenti fosse vera, numerosissimi casi non troverebber0> 
protezione sol perch� l'interesse legittimo sorge dopo la emanazione 
dell'atto. Basti pensare ai bandi di concorso, che, secondo la teoria dei 
resistenti, non rsarebbero mai impugnabili, perch�.al momento della loro� 
emanazione non esiste alcun interesse legittimo diff,erenziato da quellogenerale 
di tutti i cittadini alla legittimit� degli atti amministrativi. 
� noto infatti che la differenziazione avviene soltanto al momento della 
presentazione della domanda di partecipazione al concorso, presenta-zione 
che pu� aver luogo solo dopo la emanazione del bando. In tali 
casi nessuno ha mai dubitato che colui il quale ha presentato la domanda 
per la partecipazione al concorso possa impugnare il bando,. 
se da esso derivi una lesione di interesse attuale. La stessa situazione 
ricorre nel �caso in esame, nel quale, al momento della emanazione della 
ordinanza impugnata, il ricorrnte non aveva alcun interesse legittimo, 
non potendo dubitarsi che detto interesse sia sorto soltanto con la 
presentazione della domanda di concessione delle stesse acque che fer-mano 
oggetto della ordinanza. In detta situazione, pertanto, il ricorso� 
deve ritenersi ammissibile per le ragioni anzidette, anche perch� 10> 
interesse � sorto nel termine utile per la proposizione del ricorso ed 
il ricorso � stato tempestivamente proposto rispetto all'atto impugnato. 
-(Omissis). 

(Omissis). -Parimenti .infondato � il secondo motivo. 

L'art. 49, 20 comma del t. u. n. 1773 del 1933 non pu� essere inter-� 
pretato nel senso che di variante non sostanziale si pu� parlare soltanto 
quando gi� esistano delle opere di raccolta, regolazione, presa 
e restituzione delle acque; una tale limitazione non esiste nella legge 
e non avrebbe alcuno scopo, perch� la ratio del secondo comma dello� 
art. 49 � quella di riconoscere la persistenza del diritto del concessionario 
nel caso in cui quest'ultimo intenda apportare alle opere variazioni 
non sostanziali, ed � evidente che nessuna importanza pu� avere� 
la circostanza che le opere inizialmente previste siano state o meno� 
iniziate (v. Tribunale Superiore Acque, decisione n. 10 del 1962). 


(Omissis). 

(Omissis). -Per quel che riguarda il secondo punto, osserva il. 
Collegio che, a norma dell'art. 49, 1� comma, del T. U. n. 1775 del 1933, 
perch� una variante possa considerarsi sostanziale, occorre che l'utente 
intenda variare sostanzialmente le opere di raccolta, regolazione, presa 
e restituzione, la loro ubicazione e l'uso dell'acqua; discende da ci� che,. 
per stabilire se la domanda di variante debba essere ammessa o meno 
alla breve istruttoria pervista dal secondo comma dello stesso articolo 
49, occorre di volta in volta stabilire se le richieste varazioni sian0> 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1133 

talmente importanti �da far ritenere o meno che con esse si intende 
praticamente sostituire alla precedente una nuova concessione, per la 
quale occorre una nuova valutazione dell'interesse pubblico, allo scopo 
di stabilire se ad essa non siano da preferirsi le altre richieste per le 
stesse acque, in quanto pi� atte a soddisfare il pubblico interesse. 
Si tratta pertanto di volta in volta di procedere ad una complessa valutazione, 
nella q\lale ogni elemento deve essere considerato oltre che 
per s� stesso anche in relazione a tutti gli altri, con la conseguenza che 
se in una data 1potesi, ad esempio, la semplice variazione dell'uso dell'uso 
dell'acqua, pu� ritenersi sufficiente a far ritenere la variante sostanziale 
(v. Trib. Sup. A-0que, sentenza n. 9 del 1925), in altre ipotesi 
la stessa variazione dell'uso pu� esser ritenuta tale, in relazione a tutti 
gli altri elementi, da il�n. snaturare la precedente concessione, sicch� 
la .richiesta variante, pur implicando una variazione di uso dell'acqua, 
possa conside:i:-arsi non sostanziale. 

Ci� premesso, � evidente che di fronte ad una domanda di variante 
l'Amministrazione deve discrezionalmente valutare tutti gli elementi in 
suo possesso per giudicare "Se la variante debba considerarsi o meno 
sostanziale, con la conseguenza che il suo operato non � completamente 
sottratto al sindacato di legittimit� del giudice, ma soggetto al normale 
sindacato che il giudice di legittimit� esercita rispetto a tutti gli atti 
discrezionali sotto il profilo dell'eccesso di potere. -(Omissis). 

'TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE, 5 agosto 1966, n. 23 -Pres. 
Reale -Est. Giannattasio -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato 
Carbone) c. Ingenito (avv. Soprano e Rispoli). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione parziale -Concetto 
-Indennit� -Criterio di liquidazione. 

Si versa neZ caso di espropriazione parziale quando il fondo espropriato 
� elemento insostituibile per l'organizzazione o il funzionamento 
deZZ'impresa agricola o, quanto meno, � posto, in modo durevole, per 
una esigenza tecnica, a servizio di altro fondo, cosi da costi>tuire una 
pertinenza necessaria, mentre, ove taZe nesso tra Ze parti non esista, si 
ha espropriazione totale, nuZZa rilevando che ai proprietario espropriato 
rimanga altro terreno contiguo; nei primo caso, Za parte residua � sicuramente 
soggetta a deperimento e l'indennit� di espropriazione -tenuto 
conto deZZ'estensione iniziale deZ terreno e di queZZa rsiduata dopo 
L'espr.opriazione e determinati i valori a metro quadrato deU'estensione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

iniziale e deU'estensione residua (quest'ultimo ottenuto previa riduzione 
della percentuale di svalutazione) -� costituita dalla differenza tra il 
valore intero della intera estensione ed il valore ridotto dell'estensione 
residua (1). 

(1) Lo stesso principio � stato affermato dal Tribunale Superiore anche 
con le sentenze nn. 19, 20, 21 e 22 del 1966, nelle quali si precisa che nel 
secondo caso sopra ipotizzato, � pur non potendosi negare, in via assoluta 
che il fondo residuo possa, in certe ipotesi, subire una diminuzione di 
valore, di regola non si ha riguardo ad essa per la difficolt� (per non 
dire impossibilit�) di una concreta determinazione e l'indennit� di espropriazione 
� determinata, a norma dell'art. 39, in base al valore venale 
dell'immobile espropriato�. Cfr.: Trib. Superiore Acque, 12 ottobre 1965, 
n. ~1, retro, I, 210; Cass., 29 luglio 1965, n. 1820, Foro It., 1965, 535; id. 
18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, I, 719; id., 15 maggio 
1964, n. 1184, Foro ammin., 1964, I, 1, 378 e Riv. giur. edil., 1964, I, 1061; 
in dottrina, cfr.: CARUGNO, L'espropriazione per pubblica utilit�; 1958, 227 
e segg.; RossANO, L'espropriazione per pubblica utilit�, 1964, 250 e segg. 
LODO ARBITRALE, 23 febbraio 1966,. n. 10 (Roma) -Pres. Caccioppoli 
-Impresa Ferrocemento ing. Mantelli e C.i (avv. Giordani) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Cavalli). . 

Arbitrato -Domanda di arbitrato -Tempo dei giudizio arbitrale Proposizione 
prima dell'approvazione del collaudo -Condizioni: 
1) urgenza nella risoluzione della controversia, in rapporto alle 
condizioni economiche dell'appaltatore; 2) o accordo delle parti; 
3) o decisione definitiva della p. a. sulle riserve. 

Arbitrato -Domanda arbitrale -Tempo del giudizio arbitrale -Proposizione 
prima dell'approvazione del collaudo -Approvazione del 
collaudo intervenuta in corso del giudizio, prima della chiusura 
del contraddittorio -Procedibilit�. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Maggiori oneri 
conseguenti a circostanze non previste -Articoli 21, 22, 23 r. d. 25 
maggio 1895, n. 350 -Esclusione -Articolo 1664, 2� comma c. c. Applicabilit� 
-Equo compenso -Determinazione -Criterio -Fattispecie. 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Mezzi d'opera Nozione 
-Distinzione -Difficolt� non previste di esecuzione -Articolo 
1664, 2� comma c. c. -Applicabilit�. 

Il giudizio arbitrale, secondo ii Capitolato generale d�l 1895, art. 44, 
lettere a) e b), pu� proporsi, prima dell'approvazione del collaudo, se 


PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1135 

sussistono motivi di urgenza, da valutarsi in rapporto alle esigenze economiche 
deZZ'appaZtatore, o se sussiste accordo deUe parti o se � intervenuta 
una decisione definitiva della p. a. sulle riserve (1). 

Se il giudizio arbitrale � stato promosso prima dell'approvazione del 
collaudo senza .che ne ricorressero le condizioni, � tuttavia procedibile 
nel caso che, in corso di giudizio e prima della chiusura del contraddittorio, 
sia stata� comimicatre �alfimpresa �la decisione amministrativa di 
reiezione delle riserve (2). 

Se nel corso di esecuzione del contratto di appalto di opere pubbliche, 
emergono circostanze obiettivamente non previste. che rendano maggiori 
gli oneTi a carico deWappaiti:itore, non � applicabile l'art. 23 r. d. 
25 maggio 1895, n. 350, che concerne le eventuali contestazioni fra direttore 
dei lavori e appaltatore in ordine all'esecuzione dei lavori e le eventuali 
istruzioni da parte deU'ingegnere capo; n� sono applicabili i prece


(1) La massima non pu� condividersi; V. in senso contrario, Trib. Roma, 
6 agosto 1965; n. 5646, retro, I; 206, con nota. 
� ����� (2) La massima non� pu� condividersi. 
In :materia �� di � pubblici >appalti .� vige .il ..principio generale secondo 
il quare la doinand� di arb�irat� non pu� proporsi se non dopo l'esplet:amento 
�e�� l'approwzione del� colla�do. Si tratta di un principio.� generale, 
an�he se non assoluto (per le deroghe cfr; Tribunale di Roma, 6 agosto 
1965, n. 5546; retlr<J, '1966, .r, 206); . � � � � 

:I: pacifico che il coifaudo, con la sua �approvazione, si pone � �ome un 
presupposto processuale. Ha infatti affermato la Cassazione con la sentenza 
22 dicembre 1964, n. 2968 (in questa Rassegna, 1965, I, 222), che siccome il 
'Potere �decisorio degli arbitri trae eselUSivo fondamento dalla ciaus�la com!)
romissoria per la sol'uzione di controversie eh� nori fossero state gi� risolte 
In� via amministrativa e siccome nel quadro della legislazione in materia 
di�� appalti � pubblici il procedimento� ainmiriiStrativo del collaudo assume 
carattere di obbligatoriet� e natura di presupposto processuale oggettivo, 
l'accertamento del suo verificarsi nel caso concret� �costituisce un poteredovere 
degli arbitri per accertare i limiti della propria competenza. ... . . 

Quindi secondo la Cassazione l'avverarsi del collaudo costituisce un 

presupposto pr�c�ssuale tlhe delimita, nort tanto la competenza degli arbitri, 

quanto la giurisdizione, giacch� in mancanza del collaudo nessuna domanda 

arbitrale pu� essere proposta a qualsia.s� giudice. Quindi si � in presenza 

di un difetto temporaneo di giurisdizione. 

il noto che i presupposti processuali che sono i requisiti del processo 

devono esistere al momento in cui il processo � instaurato, e cfo� al 

momento della domanda giudiziale; e sia la competenza, sia la giurisdi


zione vanno determinate con riferimento allo stato di fatto esistente al 

momento della proposizione della domanda (art. 5 c. p. c.). 

Da un punto di vista generale la Cassazione, interpretando appunto 
il citato art. 5, ha affermato che (Cass. 18 agosto 1962, n. 2594, Giust. civ., 
1963, I, 331) la giurisdiZione e la competenza si determina con riguardo 
�llo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, 
per cui non hanno alcuna rilevanza, rispetto ad essa, i successivi mutamenti 
dello stato medesimo. In altri termini allorch� un presupposto di fatto 
condiziona il potere giurisdizionale del Giudice, la esistenza o la mancanza 



1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denti articoli 22 e 23 che regolano la formazione dei prezzi per le specie 
di lavoro non previste in contratto; ma � applicabiie l'art. 1664, secondo 
comma c. c., che attribuisce all'appaltatore il diritto ad un equo compenso, 
il quale va determinato tenendo conto delle voci su cui hanno 
inciso le difficolt� non previste (ad es., � escluso il prezzo del calcestruzzo), 
e delle spese generali in una aliquota pi� ridotta rispetto alla misura 
normale, mentre va det1�atta una percentuale per oneri non previsti 
valutata dall'appaltatore al momento dell'offerta (nella misura del 10%) 
e va esclusa una percentuale per utili (nella specie si discuteva, e la decisione 
� stata negativa, se nel prezzo dello �scavo di materia di qualsiasi 
natura e consistenza, compresa la roccia dura da mina e la demolizione 
di muratore e di conglomerati > fosse compreso il rinvenimento 

di quel presupposto va accertato con riferimento alla data della domanda 
(Cass., Sez. Un., 13 gennaio 1964, n. 67, Giust. civ., 1964, I, 1650; v. anche 
Cass., 2 marzo 1934, Riv. dir. proc. civ., 1934, 2, 170). 

Anche in altri casi � stato ritenuto che, ove un procedimento amministrativo 
debba svolgersi prima della proposizione della domanda giudiziale, 
la domanda stessa � improponibile se il procedimento non si � svolto. 

Cosi in materia di requisizioni alleate � prescritto che la indennit� 
va liquidata con il procedimento amministrativo di cui alla legge n. 10 
del 1951. Se il procedimento non si � svolto, manca un presupposto processuale, 
che determina il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario (Cass. 
30 luglio 1963, n. 2174, in questa Rassegna, 1964, I, 63) con nota. 

Anche il vizio di costituzione dell'Organo giudicante � stato assimilato 
al difetto di giurisdizione, attenendo ai presupposti del processo (Cass. 
3 ottobre 1963, n. 2620, ivi, 1964, 78). 

E in materia di imposte e tasse, quando vigeva il principio del 
solve et repete, il pagamento del tributo costituiva un presupposto processuale 
che determinava l'incompetenza temporanea del giudice ordinario a 
provvedere sulla domanda del contribuente; e tale presupposto andava 
accertato con riferimento alla data della domanda giudiziale, perch�, se il 
pagamento fosse intervenuto successivamente, esso era irrilevante (Sez. Un., 
29 settembre 1957, n. 3555, Giust. civ., 1957, I, 2075). 

In applicazione dell'enunciato principio della richiamata giurisprudenza, 
siccome il collaudo costituisce un presupposto che determina il difetto, 
anche temporaneo, della giurisprudenza arbitrale, l'accertamento del suo 
verificarsi va fatto con riferimento alla data della domanda arbitrale, con 
la conseguenza che il collaudo, intervenuto nelle more del giudizio, non 
pu� avere nessuna rilevanza. 

E l'enunciato principio non ammette temperamenti, n� pu� essere 
disapplicato in seguito ad accordo delle parti. E ci� perch� la norma in 
esame, come tutte le norme che regolano le modalit� ed i tempi del 
Giudizio arbitrale, ha carattere processuale (che, tra l'altro, la rende 
immediatamente applicabile anche ai rapporti costituiti sotto il vigore del 
precedente capitolato: Cass., 18 marzo 1965, n. 461, in questa Rassegna, 1965, 
I, 143). Il carattere processuale si evince, in particolare, dalla ratio della 
norma, che� � rivolta a disciplinare il tempo della domanda arbitrale, 
un aspetto, cio�, che attiene all'accertamento dei limiti della competenza 
arbitrale (cfr. Cass., 22 dicembre 1964, n. 2968, cit.). 

U. GARGIULO 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1137 

di costruzioni ciclopiche e la. fuga. persistente di metano con ossido di 
.carbonio) (3). 

Nelle categorie dei c. d. mezzi d'opera, utili per l'esecuzione di un 
..certo tipo di lavoro, occorre distinguere i mezzi discrezionalmente scelti 
dall'appaltatore da quem tecnicamente necessari o imposti dal contratto; 
.con la conseguenza. che il rischio della inidoneit� del mezzo o del risultato 
negativo dell'opera � a carico deU'appalatore nel primo caso; non 
-nel secondo caso, nei quale egli ha diritto ad un equo compenso (4). 

(Omissis).~ La prima questione che si pone all'esame del Collegio 
� quella dell'eccezione di inammissibilit� dell'istanza di arbitrato sol.
levata in limite litis dalla difesa delMinistero dei Lavori Pubblici. 

Com.e � stato riferito. nella narrativa, l'Amministrazione assume che 
la Societ� Ferrocemento non avrebbe potuto chiedere la decisione arbitrale 
delle riserve proposte; fatta eccezione di quella relativa alla richiesta 
di un maggiore compenso per il lavoro di raddrizzamento del 
�Cassone della pila n. 8 per la quale era, su istanza dell'impresa stessa 
intewenuta una decisione in corso d'opera. 

La Societ� oppone anzitutto che pur essendo stata la domanda di definizione 
anticipata da essa limitata alle. opere per il raddrizzamento del 
.cassone non � dubbio che, avendo il Ministero con la lettera 2 agosto 
1963 respinto in modo non equivoco tutte le riserve, si era venuta ad 
aprire per essa istante la facolt� e l'onere di chiedere nel termine di decadenza 
trenta giorni dalla predetta comunicazi.one il giudizio arbitrale. 

Cornunque, aggiunge la Societ�, la decisione amministrativa di tutte 
le riserve venne ,ad .assumere il valore di una proposta da parte del 
Ministero di risoluzione anticipata anche delle riserve di cui essa non 
aveva chiesto la ri~luzione in corso d'opera, che pertanto l'istanza di 
arbitrato dalla irnpre$a avanzata, nel termine anzidetto, costitul implicita 
adesione alla proposta stessa, per cui venne ad integrarsi l'accordo delle 
parti richiesto dall'art. 44 lettera a) del regolamento. 

Il Collegio osserva che dalla lettera dell'impresa del 28 novembre 
1960, appare chiaro che la istante intese proporre la risoluzione anticipata 
solta~to della ris,erva relativa ai lavori di raddrizzamento del cassone 
della pila n.. 8. Poich� a quella data tali lavori erano stati ultimati 
e quindi non poteva sussistere pi� alcuna ragione d'ordine tecnico cui 
p9t~sse collegarsi la richiesta � logico supporre che essa fosse fondata 
sulla esigenza della Ferrocemento di ottenere il pagamento di quanto 
effettuato per ;riparare il guasto. Stante la entit� della somma controversa, 
il motivo pu� considerarsi idoneo a legittimare la richiesta di risoluzione 
anticipata ai sensi dell'art. 44 lettera b) del capitolato generale 

(3-4) Sulla inapplicabilit� nell'appalto pubblico, anche del secondo 
.comma dell'art. 1664 cod. civ., v. nota redazionale, retro, I. 225. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del 1895, essendo opinione generalmente accolta che il carattere di urgenza 
atto a giustificare siffatta risoluzione pu� essere riconosciuto anche 
in rapporto a subiettive esigenze economiche dell'appaltatore (lodo 2 
gennaio 1935, Florio c. Ministero della Guerra in � Nuova riv. pubblici 
appalti � 1936, I, 22). Non � peraltro dubbio che H Ministero dei Lavori 
Pubblici aderi aJla richiesta, tanto che promosse in ordine ad essa una 
istruttoria tecnica ed il voto del Consiglio Superiore. Venne quindi con 
ci� a realizzarsi anche la condizione richiesta dall'altra ipotesi del citato 
articolo (quella di cui alla lettera a) per la amminissibilit� della risoluzione 
anticipata di una controversia e �io� l'accordo delle parti come 
del resto � riconosciuto dalla difesa del Ministero stesso. 

Il dissenso verte sul contenuto della lettera ministeriale del 2 agosto 
1963 che l'Impresa ebbe a interpretare come reiezione di tutte le riserve 
e che invece l'Amministrazione afferma essere riferita soltanto alla riserva 
relativa al raddrizzamento del predetto cassone. 

Non pu� negarsi che la formulazione di detta lettera si prestava ad 
equivoci, in quanto si parlava di e riserve � in modo generale, s� da dare 
la impres.sione che il Ministero avesse inteso rigettare tutte le riserve e 
tale impressione dovette �di certo essere avvalorata agli occhi degli amministratori 
della societ� appaltatrice daile controdeduzioni inserite dalla 
Direzione dei Lavori in sede di chiusura del registro di contabilit�, nelle 
�quali si affermava che le riserve erano state �tutte totalmente � rigettate 
dall'Amministrazione. N� l'Impresa era in grado di porre �l contenuto 
della lettera ministeriale in relazione all'istruzione condotta dal Ministero 
e al voto richiesto al Con,siglio Superiore dei Lavori Pubblici, che 
(come si � saputo poi nel corso del presente giudizio) erano stati limitati 
alla riserva relativa ai compensi per il raddrizzamento del cl'issone, in 
quanto di tali atti non fu d�ta alla Societ� notizia alcuna. Anzi una proposta 
transattiva avanzata per vie brevi dall'Amministrazione per la 
definizione �previo versamento di una data somma di tutte le riserve 
(circostanza non smentita dalla Difesa del Ministero) aveva fornito ulte� 
riori elementi all'Impresa per ritenere che le riserve stesse erano state 
tutte gi� valutate in sede amministrativa. 

Valutati detti elementi nella loro obiettiva consistenza, il Collegio 
ne trae il convincimento che il Ministero, se pure all'inizio aveva 
avviato l'istruzione per la decisione della sola riserva di cui l'Impresa 
aveva chiesto la risoluzione in corso d'opera, in seguito, non essendosi 
raggiunto alcun accordo, ed essendo decorso molto tempo dall'ultima~ 
zione delle opere, si indusse ad una decisione complessiva di rigetto di 
tutte le riserve. 

Sulla base di tale interpretazione della volont� espressa dall'Amministrazione 
con la lettera anzidetta, il Collegio ritiene che si venne ad 
aprire alla societ� appaltatrice l'adito al giudizio arbitrale. � stat-0 infatti 
ritenuto che pu� promuover.si istanza di arbitrato, anche prima dell'ap



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1139 

provazione del collaudo, allorch� interviene una decisione amministrativa 
definitiva della Amministrazione (lodo 26 agosto 1951, pubbl. 
in � Giur. opere pubbliche� 1952, I, pag. 146). Tale tesi appare del resto 
logica ove si ponga mente che il rinvio del giudizio arbitrale a data successiva 
all'approvazione del . co.llaudo mira a porre 1'Amministrazione in 
condizione .di. valutare l'opportunit� di instaurare il giudizio o di resistervi 
in base alle risultanze del collaudo; ma se l'Amn:iinlstrazione 
stessa decide preventivamente le controversie � segno che ritiene di 
avere elementi sufficienti per decidere indipendentemente dall'esito del 
collaudo. 

Quanto. all'accordo delle parti che il Regolamento (lettera a) del 
citatQ art. 44). richiede per la risoluzione anticipata, convincente appare 
la tesi dell'istante secondo cui tale accordo si � .implicitamente realizzato 
per effetto dell'istanza di arbitrato da essa proposto, per tutte le riserve, 
qopo ave)," <ricevuto la lettera ministeriale. 

. Comunque l'eccezione proposta dalla difesa del Ministero viene. a 
svuotarsi in. ogni suo contenuto. in relazione al fatto che nel corso del 
procedimento, prima della chiusura del contraddittorio; il Ministero dei 
Lavori Pubblici ha approvato il collaudo e cori. lettera 21 luglio 1965, 

n. 6~.ha comunicato 'alla Societ� Ferrocemento la reiezione, ai sensi dell'art. 
109 del regolamento, di tutte le riserve iscritte sul registro di contabilit�; 
�� 
�,venuta in tal guisa a verificarsi rispetto alle predette controversie 
la condizione di :procedibilit� di cui al terzo comma del Citato articolo 45, 
e cio� la comunicazione �della :de.cisi.one amministrativa successiva al 
collaudo; la quale ha rimosso ogni ostacolo alla pronuncia di m.erito sulle 
relative :domande. 

� invero principio consolidato che deve farsi luogo alla pronuncia 
di merito alloch� le condizioni richieste dalla legge, ancorch� �non esistenti 
al momento della proposizione del giudizio; siano sopravvenute nel 
corso del procedimento (Cass. 4 maggio 1957, n. 1707, Giust. Civ., 1957, 
1946). E pi� specificamente � stato ritenuto in materia di appalti di .opere 
pubbliche che il giudizio arbitrale � procedibile anche se la domanda fu 
proposta prima che cominciasse a decorrere il termine utile per proporla, 
purch� il dies a quo sopraggiunga durante il procedimento (lodo 
23 dicembre 1963 pres. Rizzatti � Giur, sic.* 1963, 383; lodo 25 gennaio 
1962, pres. Roehrssen, � Arbitr. e app.. � 1962, 167; lodo 27 aprile 1957, 
� Acque, bonifiche e costruzioni � 1958, 431). 

Passando all'esame di merito il Collegio osserva. 

Sostanzialmente si assume dall'Impresa la sussistenza di difficolt� 
di esecuzione riscontrata nello scavo in cassone delle pile n. 7 e 8 derivanti 
da cause non previste dalle parti che hanno reso notevolmente pi� 
onerose . le relative prestazioni. Tali difficolt� sono individuate dall'istante 
nella presenza di tutta la superficie di scavo di materiali di 



1140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

eccezionale consistenza quali blocchi di leucitite e travertino murati a 
secco e estesi in tutta la superficie di scavo, nella presenza di emanazioni 
gassose tossiche e mortali e nella presenza di numerosi pozzi e cunicoli. 


La difesa dell'Amministrazione committente eccepisce l'inammissibilit� 
della domanda per non essersi l'Impresa attenuta alla procedura 
prescritt~ d~ll'art. 23 del regolamento;. nel merito .contesta il diritto dell'istante 
ad un maggiore compenso oltre al prezzo stabilito dal n. 7 dell'elenco, 
il quale prevede �lo scavo di materie di qualsiasi natura e consistenza, 
compresa la roccia dura da mina e la demolizione di murature e 
di conglomerati, nonch� oneri e soggezioni relativi all'eventuale emanazione 
di gas durante gli scavi�. Subordinatamente contesta la quantit� 
dei pretesi maggiori magisteri ed i prezzi unitari che l'Impresa pone a 
base delle ,stie richieste. 

Il Collegio non ritiene fondata l'eccezione dell'Avvocatura dello 
Stato secondo la quale l'Impresa �avrebbe dovuto attenersi alla procedura 
prescritta dall'art. 23 del regolamento� e che tale inosservanza 
avrebbe � impedito ali'Amministrazione di accertare tempestivamente 
la fondatezza o meno delle richieste dell'Impresa stessa e di dare, in ogni 
caso, le disposizioni atte a reperire gli elementi idonei ad accertare la 
effettiva consistenza dei maggiori oneri lamentati�. 

Risulta dagli atti che l'Impresa con lettera del 16 luglio 1958 (ali. 7 
alla prima memoria della istante) ebbe a far presente alla Direzione dei 
lavori le difficolt� incontrate nei lavori di scavo per l'immersione del 
cassone della pila n. 8 per la presenza di muratura di tipo ciclopico, formata 
da blocchi di travertino e di leucitite compatti e privi di fessure, 
dell'ordine del metro cubo intersecata da cunicoli che rendevano difficile 
e pericolosa la lavorazione per cui si protestava la inadeguatezza del 
prezzo di cui all'art. 7 delrelenco contrattuale e si chiedeva un maggior 
compenso proporzionato alle difficolt� incontrate. Il rilievo venne poi 
inserito con formale riserva in calce al 2� stato di avanzamento del 20 
agosto 1958, e estesa ai lavori di scavo del cassone della pila n. 7 in calce 
al 2<> certificato di pagamento e indi ripetuto per entrambe le pile nei 
successivi stati di avanzamento. 

La Direzione dei lavori, con lettera del 19 luglio 1958 prima e con 
controdeduzioni in calce degli stati di avanzamento dopo, contest� il rilievo 
assumendo che le circostanze di fatto e gli oneri di lavorazione 
denunciati trovavano riscontro in quelli previsti e compensati con i 
prezzi di contratto. 

Emerge chiaro da tali premesse che non ricorre nella specie l'ipotesi 
di cui al citato art. 23, che concerne le eventuali contestazioni tra 
il direttore dei lavori e l'appaltatore in ordine alla esecuzione delle opere. 
Si parla invero in detto articolo di �istruzioni necessarie � che potranno 
essere impartite dall'ingegnere capo e dell'obbligo dell'appaltatore di 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1141 

"' dare esecuzione� alle decisioni definitive del Ministero; ma nel caso 
in esame nessuna istruzione vi era da impartire allo appaltatore, poich� 
egli non si era affatto ricusato di eseguire l'opera sia pure con le maggiori 
difficolt� incontrate, n� era sorta contestazione con il direttore dei 
lavori in ordine ai mezzi con i quali far fronte a tali difficolt�. 

Avrebbe potuto profilarsi se mai l'applicabilit� del procedimento di 
.cui agli artt. 21 e 22 dello stesso regolamento relativo alla determina:
zione di nuovi prezzi. Ma � ovvio che il presupposto di tale procedimento 
� il riconoscimento da parte dell'Amministrazione che si tratti di una 
specie di lavoro non preveduta nel contratto, in quanto dalle predette 
disposizioni chiaramente si desume che il procedimento � ordinato alla 
determinazione del prezzo non previsto e non gi� all'accertamento della 
-Omessa previsione del prezzo della specie di lavoro di cui trattasi. La disposizione 
del primo comma dell'art. 22 d� invero come ammessa la 
necessit� di fissare un nuovo prezzo e tutto l'articolo � diretto a regolare 
le modalit� del relativo procedimento. 

Nella specie la Direzione dei lavori contest� in radice che ricorresse 
una specie di lavoro non prevista dall'elenco dei prezzi, ogni ulteriore 
discussione sul quantum in corso di opera era quindi preclusa e, restava 
soltanto il reclamo posto in essere dalle riserve, la cui definizione era 
stata automaticamente rimessa alle definitive risoluzioni del Ministero. 

� poi inconsistente l'assunto che l'omesso esperimento del procedimento 
di cui all'art. 23 avrebbe privato l'Amministrazione dell'occasione 
di accertare l'effettiva esistenza dei presunti ostacoli, essendo palmare 
che l'Impresa con la comunicazione fatta alla Direzione dei Lavori 
con la ricordata lettera del 16 luglio 1958 e con le ripetute riserve 
inserite negli stati di avanzamento dei lavori fece quanto era in suo obbligo 
per mettere a conoscenza l'Amministrazione dell'esistenza di siffatti 
ostacoli. Risulta prealtro dalla relazione riservata del Collaudatore 
in corso d'opera (riportata in gran parte nel voto del Consiglio Superiore 
dell'll settembre 1962) che la presenza delle strutture murarie 
dell'antico porto di Claudio fu constatata dallo stesso Collaudatore in 
occasione dei rilievi per lo sbancamento del cassone della pila n. 8 e 
fu poi accertata dalla stessa Direzione dei lavori durante i tentativi 
di infissione dei pali di fondazione della pila n. 9 per cui fu ritenuta 
necessaria ed autorizzata la costruzione di una platea generale, il cui 
maggior costo d'opera forma oggetto del quinto quesito. 

Quanto al merito del quesito in esame si osserva che la richiesta 

dell'Impresa � sostanzialmente fondata. 

� certo in punto di fatto che nel posto designato dal progetto per la 

fondazione delle pile n. 7 e n. 8 si rinvenne nell'alveo del fiume un pro


fondo strato di blocchi ciclopici di leucitite e di travertino murati a 

secco con sovrastanti murature di mattoni intersecate di cunicoli e tra


forate da pozzi. L'esistenza di questo materiale non � contestata dall'Am




1142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ministrazione, n� avrebbe potuto essere seriamente contestata in quanto 
risulta dal giornale dei lavori tenuto dalla Dirigenza (doc. 38 allegato 
alla prima memoria della istante) e dalla relazione del Collaudatore in 
corso d'opera, sopra citata. 

La consistenza di tale strato di materiale comporta ovviamente un 
enorme aggravio di lavoro, avendo reso necessario l'impiego di mezzi 
eccezionali quali martelli pneumatici, mazze e zeppe ed esplosivi; malgrado 
i quali l'affondamento dei cassoni divenne lentissimo e molti 
giorni addirittura nullo. 

� certo altresi che durante i lavori di scavo per l'affondamento dei 
cassoni delle stesse pile n. 7 e n. 8 si sprigionarono copiose e perduranti 
esalazioni tossiche ad alta pressione, che provocarono gravi disturbi agli 
operai addetti alla lavorazione, tanto che l'Impresa fu costretta a mupirli 
di maschere antigas e a disporre turni brevi, misure che tuttavia 
non impedirono frequenti infortuni e generici malesseri con perdita di 
molte ore di lavoro (vedasi la citata relazione del collaudatore a pag. 13 
nonch� la relazione del dott. Roberto Busacchi del Corpo delle Miniere). 

L'Avvocatura dello Stato, come si � detto, oppone che tali evenienze 
erano state previste al n. 7 dell'elenco dei prezzi e che .pertanto le maggiori 
difficolt� di lavorazione che .esse comportarono debbono ritenersi 
compensate dal prezzo contrattuale. 

..Tale tesi non � accettabile. 

Il ponte di cui .era stato indetto appalto-concorso doveva essere 
costruito in prossimit� della foce del Tevere e cio� in pianura, in una 
zona dell'alveo in cui le acque sogliono accumulare limo e sabbia; Non 
era di certo da escludere ch� potesse trov.arsi qualche. roccia, ma certamente 
nessuno, che non fosse munito di facolt� divinatorie, avrebbe potuto 
supporre l'esistenza di una banchina compatta formata di massi ci-' 
clopici e di costruzioni di mattoni. Del resto neppure gli esperti di archeologia 
erano riusciti ad individuare il luogo esatto in cui giacevano 
i resti di opere antiche di cosi rilevante importanza tanto che la Direzione 
Generale delle Antichit� e Belle Arti, quando gli scavi eseguiti 
dalla Societ� Ferrocemento ne rilevarono l'esistenza, propose una variante 
al progetto. 

Ne pu� fondatamente obiettarsi che per obbligo precontrattuale 
l'Impresa avrebbe dovuto eseguire un preventivo accertamento geognostico, 
e quindi avrebbe dovuto essere a conoscenza della consistenza 
del fondale. 

Non � dubbio che la Ferrocemento esegui, come era prescritto all'art. 
7 del disciplinare di appalto, delle terebrazioni sul posto ed espose 
i risultati di tale ricerca nella tabella stratigrafica allegata alla relazione 
illustrativa del progetto. Da detta tabella risulta una composizione 
del terreno, nei punti scandagliati, di strati alterni di sabbia, limo ed 
argilla. Ebbe ad osservare l'Impresa nella stessa relazione che il terreno 



PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA. DI ACQUE, APPALTI ECC. ll43 
in esame era. apparso.. del tutfo uguale a quello adiacente alla via del 
Faro di Fiunli~in<J; ove essa aveva� pre<:edentemente -00.struito uria cen..: 
trale termoolettr:b:)lit per turbina a gas. Se gli sea:ndagli non incontrarono 
le vestigia delle banchine��interrate �nor.I pu�r recare meraV'iglia n� �pu� 
costitWre: elemento � di �olpa :a earko deWifripresa1 �essendo oWiO�che 
terebta:drinhdi� assaggi<> non pos:fono d�r �� ti.n quadro c�m:Piet� della 
consistenza �di tuttt>ilfondi:UeV < �� �. �� .��� � � � � �.�. � � �:. .�. �. �� � � � � � �.�� � � ....�.�� � � � 
� ' Per 4t.�info c�rtb�rne l� es�lazi�nf del �gas:~� 11esperienia �:degli scavi 
compiutftn�lbFz6na��diHOstfa� e di Fiwnleino �!om,pt�sa quetti acquisita 
deIIa��soci�ta� li"erroc�menta��neiia �o�truzi6ne�ael1a ~�h#�ale tktino~tett:H~a 
di cuisFe tMto c�ii.n6) dfiridstfii'V�ii. l1ass�ni~ ii�l $8tt~ti.�iQ di de~ositi di 
gas �.�tb~t�1;����ess�rtd�sft�t.J61ti' ri&6fittl1tta'.���� shttihto .4tt~lch(i ~odic8,, eihan�i!:
Ot�e arg�s. :rh�tahif�tO:. l4a ifup�t�(>~a tuga.i di tnetano �on .ossido . di 
E~~~~J~~~-~~~~~~ come un evento eecezfortale, e cosi infatti ebb� a qualif�.�l!li:i:lo. ~l �ol,la.i~~
rJ~�t~H~ ~u..a r~1-~~~ite, (pflgi� J~~. ~~., 3S.. ~e1 r~tQ, :e1 co~sigiiQ�su-
z~:t~Zfc�it1~~~~!r:a~~g?:~~$~1:n~:e::�inc~::rl~~;~~~a::~~:~ 
ossid� di �af'b6i\i() ~:P<>~sarto :farsi rientrare nelle previsioni de1.n. '! d~l; 
1'el~Y:,~9 4~i prez~i, :911.~~� ;l~Ch~.;1.1~ Ji.on }i1llliimil1;fl)ili alle .. claus<>le cl:i :stile, 
si. tlfe:i:~y~�'!'.> ~vifil.�t~m~p~~ ,~�(Jpq~~s~ �ollsuete, cQD.tenibW. nell'ambito 
del normale rischio impreriditoriale; 
l�l aPl\>~~Jl caSQ ,di dcordl:u;e :Ch(:'!:�l eod~ Civ>:. vlgente lta posto fine 
alle diS<!l1~s���ti�che� si� dibattevano� sotto il codice ~~I 18.65 etrea .il ca~~~
�!f~~~~~1jl_?�~i=:j:~~r~.:=~
n,ell~ th~s.~a. di un decimo �d.el ~r�zzo complessivo conven\J,to (art..� �664 
� �: � '. '.: �.. .� .� '.�~ ;� �: .� : ' .�. � � .�� I : � .' � �: .� � .~ ' : � '. � ' � � � � ~ primo comma), � in. rt:llllZione a difficolt� di esecuzione deriv:anti da cause 
geol9g~c:l);E!, klricll.e .�e .�. shnilj .� �non. p~E!Y,i$te dalle parti ;11,, .� ri:tl.less.o all'apprezz~
enti;} geLgiuctwe g q\laje d.~ve ritenerlo supel'ato a1Io:i:ch� taj,.i dif: 
tic<>~~~ l'e~~(lJ:lR� ~~~~~"\:ro!m~~ti.:.P~Y,... 9J;l~r9~! ~.:t~ �� l?t~~t~#9P~ .. ct~1�APpaltatore 
(art. 1664 secondo comma). �' ....................................������.�.� 
Up,a JQgi�~ il:l:terpretll~iQA~ :dt11uest.'!l1t.ima n()!".:ta)nduc.e a� l'ite11ere 
che, . nel cas;o ;�h(;f Je �� Pal'~iyaQbian.o i.d.icatR nel c()n~t.to i :rischi post.i � a 
carico. delrappaltat.Qre. ,~en~a spec~:fi:carne l'entit�.,, deve .. b;1tendersi che 
esse abbiano inteso riferirsi ad un'ipotesi media, con implicita esclusjo:qe 
quindi di cause di e11tit�� eOC!i!Zio.ni�e, .;poic:h� in caso. d~ve;rso dovrebbe 
mente aleatorio il contratto ai sensi dell'art. 1469 e; c.. 
PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA. DI ACQUE, APPALTI ECC. ll43 
in esame era. apparso.. del tutfo uguale a quello adiacente alla via del 
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(art. 1664 secondo comma). �' ....................................������.�.� 
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carico. delrappaltat.Qre. ,~en~a spec~:fi:carne l'entit�.,, deve .. b;1tendersi che 
esse abbiano inteso riferirsi ad un'ipotesi media, con implicita esclusjo:qe 
quindi di cause di e11tit�� eOC!i!Zio.ni�e, .;poic:h� in caso. d~ve;rso dovrebbe 
mente aleatorio il contratto ai sensi dell'art. 1469 e; c.. 
risultare in modo esplicito l� volont� delle parti steJ;se di. rendere total



I 

11441 
PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 

~ 

scav� "' dare esecuzione � alle decisioni definitive del Ministero; ma nel 
dura\ in esame nessuna istruzione vi era da impartire allo appaltatore, po 
sio:ne1 egli non si era affatto ricusato di eseguire l'opera sia pure con le 1 

glori difficolt� incontrate, n� era sorta contestazione con il direttorE!:nbJ lavori in ordine ai mezzi con i quali far fronte a tali difficolt�. 
consi4 Avrebbe potuto profilarsi se mai l'applicabilit� del procedimen� 

eui agli artt. 21 e 22 dello stesso regolamento relativo alla detern

:~~p~ 
zione di nuovi prezzi. Ma � ovvio che il presupposto di tale procedin: 
� il riconoscimento da parte dell'Amministrazione che si tratti di 
specie di lavoro non preveduta nel contratto, in quanto dalle pre 
disposizioni chiaramente si desume che il procedimento � ordinato 

~f~ 

determinazione del prezzo non previsto e non gi� all'accertamento 
omessa previsione del prezzo della specie di lavoro di cui trattasi. L 
sposizione del primo comma dell'art. 22 d� invero come ammes

~~ necessit� di.fissare un nuovo prezzo e tuttol'articolo � diretto a regdizio~ le modalit� del relativo procediment�; 
vistoJ Nella specie la Direzione dei lavori contest� in radice che rico1 

una specie di lavoro non prevista dall'elenco dei prezzi, ogni ultE 

discussione sul quantum in corso di opera era quindi preclusa e, re =~:::~ soltanto il reclamo posto in essere dalle riserve, la cui definizion 
mentJ stata automaticamente rimessa alle definitive risoluzioni del Mini 
presa.I � poi inconsistente l'assunto che l'omesso esperinlento del prc

Rj mento di cui all'art. 23 avrebbe privato l'Amministrazione dell 
co:mm~ sione di accertare l'effettiva esistenza dei presunti ostacoli,. essend1 
penso J mare che l'Impresa con la comunicazione fatta alla Direzione dE 

vori con la ricordata lettera del 16 luglio 1958 e eon le ripetute r 
t�ne!l inserite negli stati.dLavanzamento dei lavori fece quanto era in sti bligo per mettere a conoscenza l'Amministrazione dell'esistenza e

' 

I fatti ostacoli. Risulta prealtro dalla relazione riservata del Collaui 

previs~ 

in corso d'opera (riportata in gran parte nel voto del Consiglio 
riore dell'll settembre 1962) che la presenza delle strutture m 
dell'antico porto di Claudio fu constatata dallo stesso Collaudati 

!El 

occasione dei rilievi per lo sbancamento del cassone della pila 
fu poi accertata dalla stessa Direzione dei lavori durante i tei 

compe~ 

di infissione dei pali di fondazione della pila n. 9 per cui fu ri

inoltre! 

necessaria 
ed autorizzata la costruzione di una platea generale, 

� speci~ 

maggior costo d'opera forma oggetto del quinto quesito. 

~ 

Quanto al merito del quesito in esame si osserva che la rii

una pej 
dell'Impresa � sostanzialmente fondata. 

schio (~ 
� certo in punto di fatto che nel posto designato dal progetto 

opere; 
fondazione delle pile n. 7 e n. 8 si rinvenne nell'alveo del fiume u

4 

fondo strato di blocchi ciclopici di . leucitite e di travertino ml 

dotte n� 

secco con sovrastanti murature di mattoni intersecate di cunicoli 

integra~ 
forate da pozzi. L'esistenza di questo materiale non � contestata d~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1145 

terminare nella misura del 9 % in corrispondenza non solo dell'onere che 
a tale titolo � stato sostenuto dall'Impresa, ma anche in dipendenza del 
sovvertimento del programma di lavorazione e per l'immobilizzo delle 
macchine dovendosi la differenza del tre per cento riferire agli oneri normalmente 
conseguenti allo svolgimento dell'appalto. -(Omissis). 

(Omissis). -Si osserva che alla richiesta dell'Impresa di un equo 
compenso per i maggiori oneri incontrati nella realizzazione della tura 
del cassone n. 8 a causa della presenza delle mura antiche, l'Avvocatura 
dello Stato oppone che gli apprestamenti cui si riferisce l'istante costituivano 
mezzi d'opera previsti e necessari per l'esecuzione dello scavo 
per la pila n. 8 che pertanto le maggiori o minori difficolt� per l'apprestamento 
di tali mezzi non possono formare oggetto di particolari compensi 
essendo di competenza esclusiva dell'appaltatore l'adozione di 
quelli pi� economici e meglio rispondenti allo scopo che si vuole raggiungere, 
che, a parte tali considerazioni anche a volere ritenere la tura 
non gi� un semplice mezzo d'opera di esclusivo interesse dell'Impresa 
bensi una costruzione, questa non poteva non prevedere tale esigenza e 
difficolt� di esecuzione, attesa la natura ed il luogo dove dovevano eseguirsi 
i lavori. 

Il Collegio rileva che riguardo ai c. d. mezzi d'opera occorre distinguere 
i mezzi la cui scelta � rimessa alla discrezionalit� dell'appaltatore 
da quelli che sono tecnicamente indispensabili per la realizzazione 
dell'opera o che sono imposti dal contratto di appalto. La tesi che il rischio 
della inidoneit� o comunque del risultato negativo del mezzo adottato 
ricade sull'Impresa pu� verificarsi soltanto nella prima ipotesi; 
quando invece l'adozione di un determinato mezzo � imposto da necessit� 
tecniche o da espressa disposizione contrattuale, l'apprestamento di 
esso deve ritenersi assimilato all'opera stessa, con tutte le conseguenze 
che ne derivano. Pertanto se nel corso dell'apprestamento del mezzo 
necessario si manifestano difficolt� di esecuzione derivanti da cause non 
previste dalle parti trova applicazione la disposizione del secondo comma 
dell'art. 1664 c. c. in base al quale � dovuto all'appaltatore un equo 
compenso. 

Nella specie la costruzione della tura, oltre che necessaria per l'impostazione 
del cassone della pila n. 8 (che tante difficolt� ebbe ad incontrare) 
era stata espressamente prevista nel capitolato di appalto, e 
non era quindi affatto un mezzo liberamente scelto dall'Impresa. Ora 
risulta dalle annotazioni del giornale dei lavori che la infissione delle 
palancole in ferro per la costituzione della tura si dimostr� sin dall'inizio 
difficile per la esistenza nel letto del fiume di murature e di blocchi ciclopici, 
per cui le palanche non riuscivano a raggiungere la quota prevista 
e ad ogni ulteriore sforzo si deformavano. 



1146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Rilevata la scarsa efficienza della palancolata l'Impresa ritenne indispensabile 
ancorare le palancole alla riva con vasi di acciaio e bilanciarle 
all'esterno con pietrame contenuto in gabbioni. Poi, allorch� si 
procedette all'estrazione di dette palancole, si constat� che 25 di esse 
erano rese inservibili perch� contorte e perch� era stato necessario tagliarle 
con la fiamma ossidrica in quanto la deformazione ne impediva 
la estrazione (v. giornale dei lavori agosto-settembre 1958). -(Omissis). 

I 

LODO ARBITRALE, 1 o marzo 1966, n. 11 (Roma) -Pres. Longo -S.p.A. 
Mov. Ter. Mecc. (Movimenti Terra Meccanizzati) (avv. Ughi) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Pentinaca). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Registrazione provvisoria 
-Nozione -Decadenza -Inapplicabilit� -Registrazione definitiva 
e conto finale -Decadenza -Applicabilit�. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Fatti continuativi -Nozione Decadenza 
-Limiti. 

Le registrazioni provvisorie sono soltanto queUer eseguite su statini, 
brogliacci o minute, mentre le registrazioni riportate nel registro di contabilitd 
sono definitive. Alle prime, sottoscritte senza riserva, la .decadenza 
non � cipplicabile, mentre � applicabile alle seconde, tranne 
quando il faUo posto a fondamento della pretesa � accertabile, obbiettivamente 
in ogni tempo (1). 

I. fatti continuativi so.no quelli che non esauriscono le loro conseguenze 
dannose in un momento determinato, ma si protraggono nel 
tempo. La riserva va formulata .non appena il fatto continuativo ha avuto 
termine (2). 
II 

LODO ARBITRALE, 16 giugno 1965, n. 32 (Roma) -Pres. Gallo-Societ� 
� Costruzioni e Fondazioni� (avv. Biamonti e Pallottino) c. 
Ministero LL. PP. (avv. Stato Pietrini-Pallotta). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Necessit� della tempe~
tiva formula~ione -Fatti attestati nei registri di contabilit� ~ 

(1-5) Sulla prima, seconda e terza massima, in senso conforme � anc�ira, 
sia pur in modo prevalente, la giurisprudenza arbitrale: cfr. Lodo 11 giugno 
1965, n. 38, retro, I, 225, con nota d� �richiami alla quale si rinvia; in senso 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1147 

Decadenza -Sussiste -Contestazioni attinenti alla generalit� dell'opera 
e calcolabili solo al momento della compilazione del conto 
finale -Decadenza -Inammissibilit�. 

(r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54; Cap. Gen. 00. PP., art. 41, II comma). 
Appalto-� Appalto di opere�pubbliche -Esecuzione � Principiodi colla


borazione tra P. A. e appaltatore e comportamento secondo la 

comune diligenza � Inosservanza -Limiti � Effetti. 

Appalto � Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Sorpresa geologica 
-Art. 1467 c. c. � Risoluzione del contratto � Inammissibilit� Art. 
1664, 2� comma, c. c. -Diritto ad un equo compenso -Applicabilit�. 


(c. c., artt. 1467, 1664, II comma). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Sospensione -Di


ritto e un indennizzo e a danni -Limiti. 

(Cap. gen., art. 34). 

La rigida osservanza dei modi e dei termini prescritti per la formulazione 
delle riserve devono essere limitate a quelle sole domande la cui 
causa petendi sia inscindibilmente connessa ad elementi di mero fatto, in 
ordine ai quali sussista la necessit� deZl'immediato accertamento in contradittorio 
dell'appaltatore, insieme con la correlativa attestazione nei registri 
di contabilit�. Ne sono pertanto escluse le contestazioni che ineriscono 
alla generalit� dell'opera, nel suo complesso, al di fuori delle 
singole registrazioni contabili per le quali, se possono in modo conclusivo 
calcolarsi a fine lavoro, l'obbligo di manifestare la riserva sussiste allorch� 
il conto finale � compilato (3). 

Nell'esecuzione degli appalti di opere pubbliche, come in genere 
nell'esecuzione di qualsiasi obbligazione, assume rilievo il principio secondo 
cui l'Amministrazione non deve aggravare con il fatto proprio la 
posizione dell'appaltatore negli adempimenti a cui questo � vincolato, ma 
� tenuta ad offrire la propria collaborazione, comportandosi secondo i 
criteri della comune diligenza e della buona tecnica, in modo da favorire, 
e non sconvolgere, l'ordinato corso dei lavori, giacch� se l'enunciato 

contrario � -la giurisprudenza ordinaria, cfr., Corte Appello Roma, 19 aprile 
1966, n. 666, retro, I, 712, con nota; sulle registrazioni provvisorie, cfr. 
Lodo 23 gennaio 1965, retro, 1965, I. 237. 

fil interessante notare, relativamente alla prima massima, che esattamente 
il Lodo definisce le cosiddette � registrazioni provvisorie -, escludendo 
tale natura in quelle risultanti dal registro di contabilit�, anche se 
riguardano partite in acconto, e cio� contabilizzazioni di categorie di lavoro 
non esaurite. 

14 



1148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

principio viene violato, da pm�te della P. A., questa ne � responsabile ed. 
� tenuta a risarcire i danni arrecati (4). 

Se durante l'esecuzione di un appalto di opere pubbliche sopravviene 
una causa obiettiva, quale la sorpresa geologica, che renda notevolmente 
pi� gravosa la prestazione dell'appaltatore, questo ha diritto a 
richiedere non la risoluzione del contratto ai aensi dell'art. 1467 c. c.,. 
bensi un equo compenso ai sensi del secondo comma dell'art. 1664 

c. c. (5). 
Se durante l'esecuzione dei lavori l'Amministrazione ne dispone la 
sospensione, essa risponde dei danni subiti dall'appaltatore, qualora la 
sospensione, anzich� essere motivata da ragioni tecniche sopravvenute,. 
dipende da un fatto proprio della P. A., e cio� da sue esigenze interne 
(6). 

I 

(Omissis). -Ritiene il Collegio, in via preliminare, di fissare i criteri 
concernenti la tempestivit� delle riserve, rimandando all'esame dei 
singoli quesiti di stabilire quale delle domande proposte dall'Impresa 
Mov. Ter, Mec. sia proponibile e quale, invece, non lo sia perch� colpita 
da decadenza. 

L'art. 54 del Reg. 25 maggio 1895, n. 350, dispone che ogni pretesa 
dell'appaltatore diretta a far valere un diritto a maggiori compensi, deve 
essere inscritta nei registri di contabilit� non appena vengono contabilizzate 
le partite cui si riferiscano le maggiori pretese, sotto pena 
di decadenza. 

Invero, nell'appalto di opere pubbliche, il corrispettivo dovuto all'appaltatore 
nel corso dell'esecuzione dell'opera, viene determinato me-diante 
rilevamenti e registrazioni effettuati man mano dall'Amministrazione, 
la quale ne trascrive i risultati nei registri contabili che 
vengono di volta in volta sottoposti all'esame dell'appaltatore per la sottoscrizione. 
Nel caso che l'appaltatore intenda richiedere che una determinata 
partita venga retribuita con un nuovo prezzo o che gli vengano� 
rimborsati maggiori oneri cui sia andato incontro nella esecuzione dei 
lavori, tali richieste, che si concretano nelle riserve, devono essere fatte 

Sulla quarta massima, cfr. Lodo, 29 gennaio 1964 (Napoli), retro, 1964, 
I, 406, con nota. 

Sulla quinta massima, e in particolare, sulla inapplicabilit� dell'articolo 
1664, 1 e 2 comma c. c., agli appalti pubblici, vedi le note in questa 
Rassegna, 1964, I, 414 e 1966, I, 226, alle quali si fa rinvio. 

Sulla sesta massima, cfr. nello stesso senso lodo 24 febbraio 1964, n. 11, 
retro, 1964, I, 414, con nota, Cass., 15 luglio 1964, n. 1908, ivi, 1964, I, 793> 
con nota. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1149 

al momento della sottoscrizione delle part~te cui si riferiscono, verificandosi, 
nel caso di omessa riserva, la decadenza da ogni maggiore 
retribuzione per le partite gi� contabilizzate, decadenza che, peraltro, 
si verifica egualmente se le singole riserve non siano poi ripetute nel 
conto finale. 

Le riserve hanno, in sostanza, la finalit� di impedire l'effetto della 
sottoscrizione pura e semplice consistente nell'accettazione dei risultati 
trascritti nei libri contabili. 

Va, per� osservato che secondo una giurisprudenza arbitrale ormai 
consolidata, bisogna ritenere svincolate dalle forme e dai termini di cui 
al regolamento 25 maggio 1895 sopra indicato, le riserve attinenti a 
fatti continuativi e finch� questi permangono, ovvero attinenti alle 
clausole contrattuali e alla generalit� dell'opera. 

Ci� premesso e passando all'esame della prima riserva, il Collegio 
rileva: 

A) la Societ� Mov. Ter. Mec. deduce con detta riserva che i lavori 
di cui al contratto, ai sensi delle prescrizioni contenute nell'art. 10 del 
capitolato d'appalto, si sarebbero dovuti eseguire prelevando la terra 
dalle golene esistenti lungo l'argine del fiume Po di Goro, golene che, 
all'atto dell'aggiudicazione dei lavori, risultavano pienamente idonee 
allo scopo, in quanto consentivano una profondit� media di scavo di 
75 cm. 

Senonch�, dopo l'inizio dei lavori eseguiti con largo impiego di 
mezzi meccanici, le golene sarebbero rimaste progressivamente allagate 
sia per le avverse condizioni atmosferiche sia per il grave fenomeno di 
bradisismo negativo, il che avrebbe determinato la necessit� di rinunciare 
all'impiego dei motoscrapers e di procedere allo scavo della terra a 
mezzo di scavatori a benne striscianti montati su pontoni; nonch� la 
necessit� di costituire, nelle zone sopraelevate, grossi depositi di terra 
bagnata per farla asciugare e quindi ricaricarla, trasportarla in sito, 
distenderla e compattarla giusta le prescrizioni del capitolato di appalto. 
Tale situazione avrebbe determinato il raddoppiamento del costo del 
lavoro rispetto al previsto per cui sarebbe giustificato un compenso 
aggiuntivo di lire 400 al mc. riferito ai soli movimenti di terra dalle 
golene effettuati prima della rotta di C� Vendramin del novembre 1960, 
ammontanti a mc. 170.000, pari ad un importo netto di L. 58.990.000. 

Contro tale richiesta di maggior compenso l'Amministrazione ha 

eccepito l'intempestivit� della relativa riserva. 

A parere del Collegio tale ecc�ezione � fondata. � 

Va precisato infatti che, come risulta dal registro di contabilit� l'Im


presa non iscrisse giammai riserve nel corso dei lavori: invero risultano 

sottoscritte, senza alcuna riserva, tutte le contabilizzazioni relative allo 

scavo di terra ricavata dalle golene, mentre la riserva venne poi inscritta 

di seguito all'ultima contabilizzazione del 14 maggio 1962 riguardante, 



1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

peraltro, il prelevamento di terra dalle cave a campagna e non dalle 
golene. Contro tale eccezione di decadenza l'Impresa sostiene che 
movimenti di terra sarebbero stati, durante la loro esecuzione, riportati 
in contabilit� provvisoria, per cui non sarebbe sorto alcun obbligo per 
essa Impresa, di inscrivere le sue riserve. 

Tale situazione risulterebbe avvalorata dal fatto che nella contabilizzazone 
delle singole partite, si legge �partita d'acconto�. 

Ma a parte che in base al Reg. 25 maggio 1895 le registrazioni provvisorie 
sono soltanto quelle eseguite su statini, brogliacci o minute, mentre, 
nel caso in esame, tutte le registrazioni regolarmente sottoscritte 
dall'Impresa sono riportate nel registro di contabilit�, � da rilevare che 
in data 3 maggio 1962 l'Impresa ebbe a firmare il conto definitivo relativo 
alla terra ricavata dalle golene, senza Inscrivere alcuna riserva e 
quindi, anche ammesso, per mera ipotesi, che l'Impresa non avesse avuto 
l'obbligo di inscrivere la riserva in epoca precedente a tale data, perch� 
trattavasi di �partita d'acconto� a tale obbligo ovviamente non si sarebbe 
potuto sottrarre all'atto della sottoscrizione del conto definitivo. 

Peraltro la decadenza dell'Impresa in relazione alla prima riserva 
risulta ancora pi� chiara in base alle seguenti considerazioni. 

Come si � rilevato, l'Impresa richiede un maggior compenso per i 
quantitativi di terra prelevati dalle golene, anteriormente al novembre 
del 1960; a tale data, quindi, il maggior onere sopportato per il prelievo 
di terra si era gi� verificato e pertanto alla prima contabilizzazione successiva 
al novembre 1960, che fu firmata dall'Impresa l'undici luglio 
1961, l'Impresa stessa avrebbe dovuto inserire la riserva. 

Ma vi � di pi�; con l'atto aggiuntivo del 18 novembre 1961, fu concordato 
fra le parti un sopraprezzo di L. 278 al mc. dell'elenco allegato 
al contratto 15 aprile 1958 che riguardava proprio il prezzo della terra 
prelevata dalle golene, fissato originariamente in lire 360 al mc., e ci� in 
vista delle maggiori spese per il prelevamento delle terre dalle cave 
a campagna, anzich� dalle golene. 

Ora � intuitivo che, essendo tale accordo successivo ai fatti verificatisi 
sino al novembre 1960, cui l'Impresa fa risalire il maggior onere 
sopportato, la pretesa di un maggior compenso avrebbe dovuto essere 
dedotta ancor prima della conclusione dell'atto aggiuntivo essendo gi� 
l'Impresa nella possibilit� di valutare nella sua interezza l'asserito 
maggior onere. 

Tali rilievi sono sufficienti ad accogliere la eccezione di decadenza 
sollevata dall'Amministrazione in relazione alla prima riserva. Tuttavia, 
per completezza d'indagine, il Collegio, con riferimento alla affermata 
non necessit� della riserva in pendenza di fatti continuativi, ritiene opportuno 
fare ulteriori precisazioni. In realt� per fatti continuativi, bisogna 
intendere quei fatti che non esauriscono in un momento determinato 
del tempo le loro conseguenze eventualmente nocive, ma che hanno una 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1151 

protrazione temporale, nel senso che i singoli fatti, a volte nemmeno avvertibili 
per la loro scarsa entit�, producono poi, considerati nel loro 
complesso, un pregiudizio pi� o meno rilevante secondo i casi. Ma il 
fatto considerato continuato complessivamente, ha pur sempre nel suo 
ite'l' un dies a quo ed �un dies ad quem �in cui rimane compreso il fenomeno 
della continuazione; or, mentre durante lo svolgimento di tale 
fenomeno possono non essere apprezzabili le sue conseguenze dannose, � 
evidente che la. sua.. cessazione determina la piena conoscenza di quelle 
conseguenze. 

Talch� se nel corso della continuazione non � necessaria alcuna riserva, 
questa diventa invece obbligatoria quando il fatto continuato abbia 
avuto termine.� 

Nel caso concreto e con riferimento alla riserva in esame, � la 
stessa Impresa a sostenere che la continuazione ebbe termine nel novembre 
del 1960 tanto da limitare a tale data la richiesta di� maggiore 
compenso p.er spese sostenute. Peraltro, si trattava di maggiori oneri relativi 
al.prelevamento della terra dalle golene, la cui incidenza nel costo 
di tale prelevamento era valutabile nella sua interezza al termine del 
fatto continuativo, cio� nel novembre 1960. 

Inoltre, non Pu� _sostenersi. che. la riserva� in� questione abbia.� carat~ 
tere generale, nel senso.� d'investire tutta l'opera nel suo complesso (il 
che, !�econd-0 la c1ottrina dominante, consentirebbe l'inserzione della riserva 
soltanto nelconto finale), dovendosi, in contrario, osservar.e che la 
maggiore pretesa. dell'Impresa, nel senso concreto, si riferisce ad un aumento 
di p;rezzo di singole partite di lavoro riportate di volta in volta nel 
registro di contabilit� e non a tutta l'opera nel suo complesso. 

Infine, nem:rneno vartebbe a sal\rare rlmpresa dall'effetto preclusivo, 
l'assunto che il fatto che diede luQgo alla riserva sarebbe sempre controllabile 
.~.quindi. non sarebbe stata necessaria una riserva tempestiva. 

Invero,. a patte il fatto che quando la ;riserva attiene a lavori� riportati 
.el registro cli C()ntabilit�, l'appaltatore deve inserire la riserva al 
momento della sottoscrizione, (ed ogni contraria tesi, sostenuta a volte 
dalla giurisprudenza arbitrale, se pu� essere giustificata da esigenze di 
equit�, non trova certamente .fondamento nella legge) � agevole osser� 
vare che, nella specie,� il fatto posto a fondamento della pretesa dalla Impreso, 
non � accertabile obbiettivamente. riferendosi esso non alla quantit� 
della� terra prelevata. dalle� golene,. �che potrebbe essere desunta . da 
appropriati calcoli, ma . al maggior costo di tale prelevamento che si 
assume determinato dall'impiego di una speciale attrezzatura di mezzi 
meccanici, certamente non controllabile obbiettivamente al momento 
della riserva che fu inserita a distanza di quasi due anni dal fatto. 

Sulla base di tali considerazioni, il Collegio ritiene, a maggioranza, 

che la prima-riserva. sia improponibile perch� intempestiva. 


(Omissis). 



1152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

(Omissis). -Secondo l'opinione di tutti gli organi dell'Amministrazione 
dei LL. PP., il contenuto delle riserve riproposte con il primo 
quesito, considerato globalmente, sarebbe intempestivo, siccome riferentesi 
a lavori di costruzione dei canali collettori ed altre opere d'arte, 
costituenti il sistema drenante dell'Aeroporto, la cui esecuzione e contabilizzazione 
� stata iniziata fin dal giugno 1956 primo stato di avanzamento) 
e proseguita fino al penultimo stato di avanzamento (17�) del 
21 luglio 1958, senza dar luo.go a riserve. 

Codesta tesi, come si � gi� osservato nella narrativa ,che precede, � 
stata ribadita dall'agguerrita difesa ex Zege del Ministero, su riflesso che 
soltanto se le riserve fossero state formulate a tempo e a luogo, e fossero 
stati spiegati i motivi per cui non potevasi precisare il loro importo, 
l'Amministrazione appaltante, e per essa la Dirigenza, avrebbe avuto 
modo di accertare, in corso d'opera, la reale consistenza delle asserite 
maggiori spese generali e degli oneri addizionali che l'Impresa pretende 
ora di addebitare al ritardato corso delle opere. 

Validamente si oppone per� dal diligente difensore dell'Impresa che 
l'oggetto della controversia riguarda danni e maggiori oneri, per ritardi 
e per sovvertimenti dell'andamento e del razionale sviluppo dei lavori, 
i cui effetti si sono protratti per tutta la durata dell'appalto, e con carattere 
permanente, sicch� la relfltiva valutazione della loro entit� quantitativa 
si � potuto compiere con esattezza soltanto a consuntivo totale, 
stante l'incidenza di detti danni ed oneri sulla intera economia del 
rapporto. 

Il Collegio osserva sul punto che la giurisprudenza arbitrale � da 

tempo orientata nel senso che la rigida osservanza dei modi e dei ter


mini prescritti per la formulazione delle riserve dal Regolamento 25 

maggio 1895, n. 350 (art. 41, comma secondo del Capitolato generale 

00. PP.) e, in particolare, la decadenza comminata dall'art. 54 del 
Regolamento medesimo, debbano essere limitate a quelle sole domande 
la cui causa petendi sia inscindibilmente connessa ad elementi di mero 
fatto, in ordine a quali la tempestivit� dell'accertamento in contraddittorio 
tra gli interessati, e la correlativa attestazione nei registri di contabilit�, 
dipenda, con carattere necessitato, dall'esigenza di evitare che la 
costatazione dei dati di fatto si faccia dipendere dagli incerti ricordi delle 
parti o delle persone dalle medesime parti tardivamente citate come testimoni. 
Codesto orientamento, ovviamente, non potrebbe valere, n� essere 
invocato, per scusare l'intempestiva produzione, o addirittura la mancata 
presentazione delle riserve, da parte degli appaltatori. 

Il Collegio non esiterebbe, qualora ne ricorressero i presupposti, a 
pronunciare la declaratoria di decadenza di cui all'art. 54 del ricordato 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1153 

Regolamento, ma siffatta eventualit� va senz'altro esclusa nel caso in 
esame, in cui l'affermazione ed il riconoscimento di non incorsa decadenza 
risultano fondati su due considerazioni, obbiettive e giuridiche, le 
quali trovano rispondenza non solamente nella accennata giurisprudenza 
arbitrale, ma altres� in larga copia della dottrina. 

La prima considerazione concerne la natura delle contestazioni che 
formano oggetto del quesito, le quali non sono riferibili ad una o pi� 
partite di lavori, n� a somministrazioni isolatamente eseguite, ma attengono 
alla generalit� dell'opera, nel suo complesso e non nel suo dettaglio, 
al di sopra e al di fuori delle singole registrazioni contabili. 

La seconda considerazione concerne il profilo meramente giuridico 
delle medesime contestazioni che esigono una particolare valutazione 
del comportamento tenuto da entrambe le parti antecedentemente e susseguentemente 
ai due atti aggiuntivi e di sottomissione con relativi 
verbali di nuovi prezzi, �rispettivamente stipulati in data 7 maggio 1957 
e 28 dicembre 1957: valutazione, codesta, la quale pure fuoriesce dagli 
stretti limiti fissati dalle registrazioni contabili, siccome involgente, come 
si vedr� in seguito, la risoluzione di delicate questioni di diritto. 

L'obbligo di manifestare le riserve � da ritenere adempiuto nella 
sottoposta materia allorquando la proposizione e la esplicazione siano 
fatte, entro e non oltre, l'a.mbito della compilazione del conto finale, 
non appena cio�, come esattamente sostenuto dalla difesa dell'Impresa 
appaltatrice, � possibile, per l'appunto, eseguire il calcolo conclusivo, 
in rapporto all'economia generale del negozio, degli effetti delle dedotte 
cause di perturbamento dell'equilibrio contrattuale. 

L'esattezza del principio test� affermato da questo Collegio � stata 
tenuta presente, del resto, dalla stessa Commissione Collaudatrice la 
quale, nella propria relazione in data 23 febbraio 1960, si indusse a 
formulare, ancorch� in via subordinata, concrete proposte transattive, 
nella saggia previsione che � in sede di giudizio arbitrale fosse possibile 
aspettarsi una declaratoria di ammissibilit� delle riserve in esame, 
pur presentate dopo l'ultimazione dei lavori, trattandosi di argomento 
che ha spiegato i propri effetti in modo continuativo durante l'esecuzione 
dei lavori e di cui soltanto alla fine l'Impresa ha potuto valutare 
le conseguenze e precisarne l'importo�. -(Omissis). 

(Omissis). -Per procedere a tale esame di merito secondo l'ordine 
logico, conviene che siano tenute presenti, congiuntamente, le prime due 
richieste specificate nei sottotitoli primo e secondo del quesito in esame, 
le quali investono la liquidazione del corrispettivo, complessivamente 
considerato, delle opere di canalizzazione e postulano la necessit� della 
sua integrazione, quanto alla somma di lire 128.580.000 a titolo di danni 
e di rimborso d'oneri per l'ingiustificato prolungamento dei lavori, e 
quanto alla somma di di lire 25.000.000 a titolo di rimborso di spese 



1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
e perdite sopportate per l'uso degli speciali impianti Well-Point, il cui 
acquisto, a dire dell'Impresa, si rese necessario per attenuare le deplorevoli 
e dannose conseguenze del comportamento dell'Amministrazione, 
enormemente ritardataria nell'assicurare all'Impresa appaltatrice il proprio 
apporto collaborativo. 

Il Collegio decidente reputa non superfluo rammentare che nella 
esecuzione degli appalti di opere pubbliche, come nell'esecuzione in 
genere di qualsiasi obbligazione, assume decisivo rilievo il principio 
secondo cui l'Amministrazione, al pari di ogni altro creditore, non soltanto 
non deve aggravare con l fatto proprio la posizione dell'appaltatore 
in tutto ci� che attiene agli adempimenti a cui questo � vincolato, 
ma � altres� tenuta, nell'offrire la propria collaborazione negli adempimenti, 
a comportarsi secondo i criteri della comune diligenza e della 
buona tecnica, operando in modo da favorire il normale andamento dei 
lavori, anzich� sconvolgerne l'ordinato corso, con l'impartire direttive 
caotiche ed irrazionali o, peggio, con il fare mancare tempestivamente 
la propria cooperazione, la quale ripetesi, ha specifica funzione strumentale 
in quanto risulti necessaria affinch� l'appaltatore possa adempiere 
la propria obbligazione fondamentale. 

La giurisprudenza arbitrale ha avuto occasione di affermare ripetutamente 
che nel campo dell'appalto di opere pubbliche la responsabilit� 
dell'Amministrazione pu� derivare, per l'appunto, dalla violazione dell'enunciato 
principio, la cui ratio, � bene avvertire, consiste in ci�, che 
ogni debitore ha un interesse giuridicamente tutelato a non subire, per 
l'attuazione di un interesse altrui a cui sia obbligato, un sacrificio maggiore 
di quello che, a norma di legge, si debba ritenere strettamente 
necessario. (Omissis). 

(Omissis). -Le parti sono altres� d'ac.cordo nello attribuire la causa 
del difficoltoso avanzamento sia all'accertata altezza della falda freatica, 
di gran lunga superiore al previsto, sovrastante dappertutto al livello 
delle sezioni di :scavo; sia alla natura eminentemente sabbiosa del sottosuolo 
(cfr. relazione riservata della Dirigenza, pag. 7; relazione segreta 
della Commissione di collaudo, pag. 39; parere del Consiglio Superiore 
dei LL. PP., pag. 7). 

Gli atti e i documenti del procedimento non consentono di determinare 
con esattezza in quale momento la Dirigenza e l'Impresa appaltatrice 
si trovarono d'accordo nel riconoscere che la prosecuzione dei 
lavori idraulici mediante l'uso dei mezzi tecnici previsti nel capitolato 
speciale d'appalto del 9 luglio 1955 (pur con la modifica in data 20. 
ottobre 1955), oltre che rendere notevolmente pi� onerosa la prestazione 
dell'Impresa, non avrebbe mai consentito l'ultimazione dei lavori 
entro il termine di scadenza contrattuale. 



IA DI ACQUE, APPALTI Ecc. l158 

senz'altro esclusa nel . 

1scimento d' . caso In 

� � 1 non incorsa d

Iom obb' tt� eca


, le lVe e giurid' h.

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ne a accennata � .

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o rma. 
natura delle contestazioni c 
t sono i�iferibili ad ~e 

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t� z1one 

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1 sottomissione con relat' .

ulat� � ivi

1 ln data 7 maggio 

1957 

1.qu.ale pure fuoriesce dagli 
li, siccome involgente com 
questioni di diritto. ' e 
a ritenere adempiuto nella� 
in.e e. la esplicazione siano 
Pllaz1one del conto fi l 


d Il na e, 

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u1re i.I calcolo conclusivo, 
degli effetti delle dedotte 


:uale. 

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niss~one Collaudatrice la 
1bra10 1960 � � 


, s1 Indusse a 
~ete proposte transattive 
~io arbitrale fosse Possi: 
1 delle riserve in esame 
rattandosi di argoment~ 
iuativo durante l'esecu'.
re~a ha potuto valutare 

:ssis). 

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ntamente, le prime due 
~ del quesito in esame 

~ 

, vo, complessivamente, 

lano la necessit� della 
:o.ooo a titolo di danni 
gamento dei �lavori 

d' . , e 

l rimborso di spese 

.... ����.�.. . iACQUE,. APPALTI ECC, 1155 

t 

L� contenuto un accenno 
,ho inizio dei lavori > (cfr; : 
hdenza nella risposta .all'orhdotto 
dalla COS;FONDA., 
h>resa si proponesse solt�nto 
leLDirettor� di� compensare 
~ttore delle acque basse con 
&e 110 alrnck (ark61Ib) per 
~corriniento delle acque; lire 
ivo�al disotto .�. della quota di 
~ (art. 60/b) per profilatura 
i' (art. .65) per. scavi�� ricadenti 
lcque. Previo riferimento agli 
f tecnicod�lPAmministr�zione 
~ccepire 1'1napplicabilit� degli 

$rdinedi servizio :ri.��rn; sut=:ri'~
ostrttzfoni �. Je-rfoviari��. prev�de 
~iug�mento, �se accertata la pre[
con la cre�zione dhdeflussi na-' 

X�� :� . : �.�. . . . ... . ..�.

f �. 

[menzione� nei documenti prima 
i~ore altezza�della falda non :fu 
~poteva�� esserlo,����per�h���� quest'ul;. 
hiveterebrazfoni,��aveva�� ragione-' 
~uI.taniie del progetto); �dovendosi 
}iiarazione .fatta da~.��� �dilig~nte diJura 
di replica del 2�:genna10 1965, 
~pe:r:tzia �in sede di progettaztone, 
ggihi e .�degli stndi eseguiti/ il Col;. 
fehti.ta dalla COS;F�NDA;1 secondo 
~hledere� la� risoluzione �del contratto

r

iuna causa obiettiva, quale la sorte, 
la cui prestazion~ si~ .~~ata..resa 

C:m~r~!lr~\:.�i:::e~:~rido:!c:nc~~e~ 


t' elaborati d�lla dottrlria; � d�stinato 
,stl;l~o~ <l~ll'.appaltat()fe, pi:.. eh~. ad 
'~ 0 a,4 assicurar~ per intero ~.~ lucro 

fuettavano . f presupposti della risoluhi 
si � riferita la difesa dell'Impresa 
io. 1965). e sembra sutflciente,. a questo 
!azionl di� corrispettivo Pattuite con gli 

~ .. .. . . 



1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti aggiuntivi del 1957 furono contenute in limiti non eccessivi rispetto 
all'intero importo di tutte le opere appaltate, come sar� spiegato in 
prosieguo. 

In siffatta situazione, di non contestato sovvertimento delle originarie 
previsioni progettuali, e non ricorrendo punto l'ipotesi di una 
assoluta impossibilitas, ma soltanto quella di una difficultas praestationis, 
l'Impresa appaltatrice -prima di far ricorso alle variazioni tecniche 
delle modalit� di esecuzione ormai rese necessarie dalla sorpresa idrica 
-ritenne pi� confacente al proprio tornaconto, da una parte, rallentare, 
fin quasi a sospenderlo del tutto, l'avanzamento dei lavori di scavo e di 
costruzione dei canali, e, dall'altra parte, proporre all'Amministrazione 
appaltante le variazioni qualitative e quantitative giudicate indispensabili 
per il superamento delle insorte difficolt�. 

Il riferimento fatto dalla difesa del Ministero all'ordine di servizio 

n. 43 del 13 settmebre 1956, con cui la COS.FONDA veniva sollecitata 
a sottoporre alla Dirigenza il programma generale di lavoro previsto 
nell'art. 10 del Capitolato speciale di appalto, � privo di pregio, in primo 
luogo perch� si dovevano ancora pianificare, oltre alle fasi esecutive dei 
lavori idraulici, anche quelle, molto pi� numerose e importanti, conj! 
cernenti altre categorie di lavori, come la costruzione dei piazzali, della ~ 
pista di circolazione, dei raccordi alle piste, delle opere d'arte, ecc.; in t~ 
secondo luogo perch� l'Impresa, con risposta all'ordine fece presente, 
i 

in data 26 settembre 1956, le ragioni che non consentivano l'immediata 
redazione del programma generale dei lavori. 

I 

Comunque, attraverso la minuziosa indagine compiuta dall'arbitro 
relatore su tutta la complessa documentazione acquisita durante il corso 
del presente giudizio, il Collegio decidente � stato posto in grado di {;j 

lI"' ricostruire con notevole approssimazione i vari atteggiamenti mantenuti ' 

~

dalle parti susseguentemente al concordato riconoscimento d~lle difficolt�, 
oltremodo gravose per l'Impresa, di eseguire i lavori idraulici nel 
' 


I 
, 

'

modo provveduto nel contratto. -(Omissis). 

LODO ARBITRALE, 25 marzo 1966, n. 14 (Roma) -Pres. Trotta -
Soc. r. l. Ing. Droghetti e Masotti (avv. F. Ferrari) c. A.N.A.S. 
(avv. Stato Correale). ~ 

I

Arbitrato -Appalto dfopere pubbliche -Norme processuali -Ordinanza 

ili~

--
--
che assegna termini alle parti per esibizione documenti e deposito 

ffi 

memorie -Inosservanza -Effetti. !\~ 

(c. p. c., art. 816, 3o comma). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Caso di forza maggiore -Cap. Il 
Gen. abrogato, art. 28 -Danni -Opere permanenti; opere provvi



����.�.�..�..� l ACQUE, APPALTI 

ECC.

....�.�.�.�. 
1157 

A. DI ACQUE, APPALTI Ecc. 
U53 

labb�atto carattere accesso


senz'altro esclusa 

icimento d. . nel caso in 
fnere'" domp�riso'" Altl.mis;.

I non incorsa d 
~

oni, obbietti . . eca


ve e g1ur1dich� 1 

e nella accennata . . , e 

frutardo .. n~l p~4~mento del

della dottrina. giur1spru-f� .� �. ��:: .� �:������-:�-::: .�..�..�.� :.�� >� ..���:� .� 
ft� ~Q~p. Ge. �. ~bJ7. "". Inte�

1atura dell 

e contesta � . 

. z1on1 che 
~anni per svaluta~lone mone


sono r1ferib �1 � 

i 
1 ad una o ., J:� ,,,,..... .�..�..�..F

iolatamente . p1u

�o eseguite, ma at


-mplesso e non nel 

, reg� t . suo det


is razioni contab �z.

Profilo i i. 

meramente giuri'd' 

ilt~~~:t~~~

una pa t� ico

r icolare valut . ~ osservati come inder�gablii in 
irti antecedentemente azione 

j'ttO'l'iO ,(l), , ..,, ᥥ' .., . �.�.,,

. . e sus-

Sotto

miss1one 
fip, Qen, ~qr., n�t casq cjiforza

llati . con relativi 
in data 7 maggio 1957 w�il~l.? J>er) s()li ��cij~~��� �6e inci


quale �pure fu .

i 
. � or1esce dagli ~istiZttLto.. cji ~teriate e lav<>ro, 
'siccome involgent ' 
t. . e, come
qu

es ioni di diritt 
~ ritenere ademp'ot. 


mo nella� 

f~i~~~*~i: 

.~~ e. la esplicazione siano ~i generati, .� q ineriscano ,a .� m,ateazione 
del cont 1i

d 
. o nale, 14Lol)era. ,i,.w.lif re@!to cii pToalla 
difesa dell'I 
iire il mpresa 

JrT!i!~~d~j~i~~~!~!�j;l:,.!:~~

. calcolo conclusivo 

degli effetti delle dedott: 
ir�.,avendo.. carattere prov~isionale,

uale. 

pC~ftO, hii;petto 4('!SC~SS()'l'�eta, in 
a questo Collegio � t ffi di una pera .e pr()Vtia. op~f4.4uto


1� � s ata 'k �' '', ,' ,��,�.�-.� ' ., ' .�..�.��...;.� ,',' ..... /�.�.� ' ,' 
.lSs~one Collaudatrice la !tine), kg. nprma deU'art. za '�. applibraio 
1960 s� . d 

, zinussea 
:te proposte transatt�

'10 b' ive 

, ar itrale fosse Possi~ 

i delle riserve in esame 

5~a~iit~: ratt~ndosi di argoment~ fp.. Gen, abr., sp~ttam> aWaPPct.lta.,tore 
mativo durante l' flepaJe ,C~~ fianno nat'Uf~ coffl,p~nSa�

r h esecu


e~a a potuto valutare 
,~ro indenntz~o e anche del, d~nni pe'I'

t:� . . . �. �. ��. �.�. .�� . � ..� . �.� ..

ssis). 

Ld.~~e afr~same J~i qu~~tFforxrihi;ti 
1tamente, le prime due f:Masotti nell'atto introduttivo del. giu~ 
del quesito in esame !reccezione sollevata dall'Amministra


:nerito secondo l'ordine 

?::

IVO 
' 

, complessivam t

la en e 
!: 

no la necessita dell 
gta e costituisce una puntuale applfo�zione 

0.000 a titolo d' d. a 
, I anni 

}>erta violazione della norma di cui al


,amento dei . lavori 

d. . ' e 
/erpretazioni .del cikart, 28, cfr. -CIANFLO� 
I rimborso d1' s 
.(

pese 
[: 



icA'l'lJRA; ~lilL'[;i) $'1'A.'l'O.

:RIA D 

ACQUE, APPALTI Ecc. 1I58 

f 

ra senz'altro esclusa nel . 
loscimento d' . caso In 
. . I non incorsa deca 
tz1oni, obbiettive e giurid' h. 


�nte II ic e, le 
� ne a accennata � .

ia deII d . gmr1spru


a ottrina. 

a natura delle contestazioni che 
m sono i�iferibili ad . 

. una o pi�

isolatamente esegu't 

0 
1 e, ma at


>l com~lesso e non nel suo dete 
registrazioni contabT

il zz. 
Profilo meramente giuridico 

o un~ particolare valutazione 
parti antecedenteme t
d' t ne e sus


. I so tomissione con relat� . 
ipulati in data 7 maggio 19~~ 
.1~.qu.ale pure fuoriesce dagli 
o1h, ~1ccome involgente 

�e q t' , come 

. ues ioni di diritto. 
?a titenere adempiuto nella� 
Ion.e e. la esplicazione siano 
tnp1laz1one del conto 1� l 

to d II na e, 

. . a a difesa dell'Impresa 
�gmre i.I calcolo conclusivo, 
o, degli effetti delle dedotte 

:ttuale. 

da. q~esto Collegio � stata 
am1ss1one Collaudatrice l 

�bb � a 
. ra10 1960, si indusse a 
c;1'~te proposte transattive, 
'1~10 arbitrale fo8se possi1ta 
delle riserve in esame, 
,.tratt~ndosi di argomento 
.muativo durante l' � 

esecu1~
re~a ha potuto valutare 

nzsszs). � 

i merito secondo l'ordine 
untamente, le prime due 
do del quesito in esame 

�ttivo ' 

, complessivamente 
:ulano la necessit� della 
>80.000 a titolo di' d. .

ann1 

ngamento dei �lavori 

d' . ' e 

o l rimborso di spese 
~za<det7 tebbraic:i. ~966, ~ab1.per la 
i:colle0 'io �.� circa 1'.iuaxnmis.sibUit~ dei

$.�.��.�-:�:�:-�-:-� -:~:-�..�.~:-.;::::-:����-:-:-:-� .�.;-� .:-..�.�.�.�.�.->.�.-��.�.->:�.�.�.�:�.�.�.�.�.<�. :-�<�.�.-::-.

f!?f!11�~l~~1~=~{! ~~=~:~ftpt ~P data 

~trai16h�; ch�, non ~vbl�io la Societ� 
l.o�umenti nel�terfu.ine assegnato alle 
b Collegfo, con: ordinanz~ 5 gennaio 
ilrichiesta delle pa.rii ste~se, autorizzate 

b~i~�:!:~~�!~~T!ftih;s�i~illl~� ::!~ 
Cie0:Nfn:~e~~~!!!oa~;o!:t~:i!am:: 

1~ ~r~ ~ri'Wri�':�rititl ~d o.strv.,. 

At~~ii* 


~:i~~~~~it~$~~ 


lterfuihi p�r pre~�ntare cfoc�ttt�nt� e }ne~ 

~!ii~~t:~;~it'~~~=�~h:~;;,::~~~�~:~:;:.


~: . . . . . . . . . . . . .�.<.. �:-: .�:--:-�.<� .�.... . <�..�:-. �=:-:�'.�: �::: . . 

fdett~ nQ>ifu�: prescritti 'i>eFi�~fbifratorl~ 

l~IS~I!!~~


p relaZione alla sua intima ess�riza, nello 
fato, �, invece, sUftlciente che l'attivit� asser


t...�.. 

-:.��:�.<;�.<�<�.��:-. �.�-'./� . . ;.�...���..��.��.. �.�� ... �.�...�.�... 

.r.�: 

J�he,. 1964,. 48l., CuNEo, A~~aZti pubbZi~i e pri~ 

~ 

fca la natura compensativa e non inoratotia degli 
~ti, 23 febbraio � 19550 n; 500; � sulla irrilevanza 
�a per i crediti dipendenti dal rapporto di ap~
1954; n. 3'159; � � 

f 

::� 

~---;.,,... 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1159 

tiva e deduttiva delle parti si possa esplicare, in qualsiasi modo e tempo, 
in relazione agli elementi che l'arbitrato potr� assumere a fondamento 
della sua pronunzia. 

Nella specie, il Collegio, all'atto della sua costituzione avvenuta 
con verbale 20 ottobre 1965, assegnava alle parti i termini per lo scambio 
delle memorie e delle repliche ed il deposito dei documenti e le 
parti stesse provvedevano tempestivamente a tale incombenza. Successivamente, 
su concorde richiesta delle parti, il Presidente del Collegio, 
\ tale uopo delegato dal Collegio stesso, assegnava un ulteriore termine 

'no al 27 gennaio 1966 affinch� le suddette parti presentassero soltanto 

tra memoria. 

Alla data prestabilita veniva presentata una terza memoria, per� 

\ociet� istante produceva anche altri documenti. � evidente che, in 

\canza di espressa autorizzazione, quest'ultima non avrebbe potuto 

~itare nuovi documenti, giacch� in tal modo non si saTebbe potuto 

'lre osservato il principio del contraddittorio. 

\fatti, pur essendo stata inviata all'Amministrazione copia del


~ dei nuovi documenti, non pu� ritenersi osservato il contraddit


<>ich� la stessa Amministrazione non � stata posta in grado di 

~ la propria difesa mediante deduzioni scritte in ordine ai docu


\positati oJJtre i termini assegnati. 

~gue, pertanto, che i nuovi documenti prodotti dalla Societ� 

) sono ammissibili. 

id.o ora all'esame analitico e distinto dei singoli quesiti sotto


'lUegio arbitrale, si osserva, in ordine a ciascuno di essi, 

~sso: 

�e, ;quesito si chiede che il Collegio statuisca se alla societ� 
,si� compenso di cui all'art. 28 dell'abrogato Capitolato Gero-
e, P per le opere di competenza del Ministero dei LL. PP. 
e"!\\O ~ecie, per i danni di forza maggiore alla centina ed alle 
secu.� ~o del ponte sul torrente Arrestra, per il complessivo 
~u.\a"Ce l62.000, o per quel maggiore o minore importo che 

'terr� di determinare. 

\da rilevare che l'Amministrazione, contestando la 

pstiene che il carattere puramente strumentale, ri


tell'opera, oggetto dell'appalto, delle centine esclu


\ni da questa risentiti in conseguenza di accertate 

ie, possa corrispondersi un compenso a norma del 

'il, in proposito, la stessa Amministrazione, che 

\e, logica e finalistica della predetta norma por


iente, a ritenere che possa corrispondersi un 



'?'.�����.�.-��,��� '?'.�����.�.-��,��� 
������... 

A DI ACQUE, APPALTI Ecc. ll58 

'' Jvoc.!\TUJ'IA l);ii:LLO $WAT() 

f'.. 

i: 
' ' �
�l danni che, cau$ati da forza lll,llgg19re,

senz'altro esclusa nel . 

, . 
caso in 1e~ qua~e t;J$;.ltatQ di ml:ltt:trial,e e lavol'o

>Cl~ento di non incorsa deca


!della stessa in :modo Permanentev'l'a.to

oni, obbiettive e giuridich�, le 

lta nel�.s.eco.Il,�J,o cQ�ru.na ... Q~a.noJ::nla in

e nella accennata g� .

mr1spru


della dottrina. 
J~�� li~tato ~l~~mi:oo~q; 4.el .lav~l'iJJ.eces~
n.i Pl'etzl d� c9~tratto'1 chiilJ:ireb~e che

1atura delle contestazioni che 
sono riferibili ad una o P. , 

t~.~~1=~~~~:pi~:::=�~!:~ti:;:::!r~;

solatamente esegu1'te . iu 

, ma at


~om~lesso.e non nel suo det~...
c.a�p.ito�:ta�t�9.���.:U ... sit ..P.e Pl'ez~.o;

.. .. .... Jl ~.PP.9 ...oi�:.�s� ..�.c::�i�ft�co������.

iu apprest~menU che,. con fun~iopi.pui;a


. registrazioni contabili. 

biecuzione, avi;ebbero caratwre pl;'()vvi~o:"

Profilo meramente giuridico 
k ' ' ' ' ' ' � l'

ppresl nel comPens<> peic onet;:1; genera 1. 

un~ :Particolare valutazione 

jtstrl;laj_O!Jef $Ilspirati.�~�� principi ;nleicamente

lrti antecedentemente e sussottomissione 
con relati . ~t:i:=!:i=~~==~;::.� ~ma ~:ritic�..�tram~

llat� ' 
Vl 

l in. data 7 maggio 1957 

r:r~ll:I normejJ.e. quali costituiscono. regole 

. qu.ale pure fuoriesce dagli 

~i�1;1, deve dai;e alle parole 11 sigJ:llf1cato . ac


11, siccome involgente com 

q t. , e 
re .il senso. che � :fa:tto. P!llese �dal signific::ato

ues ioni di <Uritto. 

Jcondo .1~ l():�() cQ~U;~ssi()J:let sem:P:re che dalla 

l titenere adempiuto nella� 

hlara. e sicura ~1;1; V()lQ~t� 9,el legislatore, � 

n~ e. la esplicazione siano 

~ogo a d~l>J.>i.i1gjw:tice4eve ri~rcai;e quale

p1laz1one del conto 1i l

na e, 
inedel�. legislatpre mec:tesilw1. .� 

, .dal~a difesa dell'Impresa 

ia~ifico in punto qi. tattg, cb,,e nei giorni l<l e 

ure Jl calcolo conclusivo 

i di strao:rdi:t.l�:ria vi0lenza1 interessante tutta

degli effetti delle dedott~ 

te, .�si al:imi,tt� s.lll;l, Vl:llle atb:�versata dal to~

uale. 

jo dei � danni alla centina . in� :fe,,.ro . del ���:Ponte 

a. q~esto Collegio � stata 
~ medesimo, al manto in legname, alle casse� 

russ1one Collaudatrice la 

~ dei getti ed ai materiali meta1JJ,�i1 ~nto .cbe

braio 1960, si indusse a 

ressere smontata e poi nuovamente :montata. 

~te proposte transattive 

~ori;. tempestiva.:nlente .informata, procedeva ai

:io arbitrale fosse Possi~ 

iesuit<:> dei� q.a;u. jl �o:.ipa:rtimentcr di Genova, 

l delle riserve in esame 

fr~digeva vetbale daj: .dan:t\i di � :fol'za maggiote,

rattandosi di argoment~ 

Atit� <J,el da.ni a.~�ertati~ d!lva atto che la <:a\lsa 

mativo durante l'esecu


pa ec�e~ioJ:ll:l~e yeloclt� del. ven;tQ e chEtnoon el'a 

resa ha potuto valutare 

hata..alcuna negligenza <la pairte della .. Societ�

ssis). �� 

~rva.�:1, neU~~.zione .(lellla cQst:i:uzione della 
f, sexizli .<>:nlettel'e ;al�:i.m.<.l d~e.ca.te:Je. necessarie 

merito secondo l'ordine 

tesso... 

ntamente, le prime due 

{to, contestare che, nella specie, ricorra il caso .di

o del quesito in esame 
hni 1;11'recati dall'ura�gano 1:11la centinadi un .ponte

ivo, complessivament~ 

htorrente, trattandc�si �Ji evento dovuto alle forze 

Iano la necessita della 

ka,. cui resisti nofl; .potest che, � a <CaU$a dei <i1;1nn:i 

0.00-0 a titolo di danni 

fsociet� appaltatriee ildiritto ad un <iongiruo co~


~amento dei . lavori e 

~iti. Tale diritto,. trova il suo .fondarn~nto giuridicodi rimborso di sp~se 

i 

' 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1161 

nell'art. 28 del Capitolato Generale, vigente all'epoca, in base al quale 
ed in relazione all'art. 21 dello stesso Capitolato, deve, nel caso di danni 
da forza maggiore, escludersi soltanto l'indennizzo a compenso delle 
perdite di materiali, attrezzi ed utensili da apprestarsi dall'appaltatore, 
a carico del quale sono le spese per la custodia e la buona esecuzione 
e manutenzione del1e opere. 

Infatti, il cennato art. 28, salvo che nel Capitolato speciale si provveda 
diversamente, ammette la possibilit� di compensi per danni alle 
opere per forza maggiore, disponendo al 50 comma che nessun compenso 
� dovuto .per danno o perdita di materiali non ancora posti in opera 
con esclusione assoluta degli oggetti indicati nel precedente art. 21, e 
cio~ baracche, recinzioni, tettoie, impianti, utensili, ponti di servizio e, 
in genere, tutta la attrezzatura occorrente per la esecuzione delle opere 
appaltate e quanto altro possa occorrere alla esecuzione piena e perfetta 
dei lavori. In queste ultime ipotesi non sono certamente comprese le 
centine necessarie per la costruzione di grandi ponti, poich� esse non 
consistono in apprestamenti di carattere accessorio, n� sono caratterizzate 
dalla natura puramente strumentale della loro funzione, pur trattandosi 
di opere che ineriscono direttamente -all'esecuzione dei lavori. 

L'art. 28 citato esclude da ogni possibilit� di compenso la distruzione, 
in senso lato, e quindi anche la asportazione alluvionale di quei 
materiali che si trovino sul luogo del sinistro, ma per semplici utilit� 
interne di lavorazione da parte dell'Impresa la cui presenza non abbia 
caratteristiche di necessit� come avviene invece nella ipotesi delle centine, 
che, per la loro importanza fondamentale, sono incorporate ed 
immedes1mate in parte al suolo ed in parte all'opera e non asportabili 
fino a che l'esecuzione dell'intera opera non sia stata ultimata. Pertanto, 
la caratteristica tipica della impermanenza, della provvisoriet�, 
non valutabile ai fini della norma indicata, pu� indubbiamente funzionare 
quando si tratti di. materiali posti in loco ai fini di una mera utilit� 
dell'Impresa, ma non ha diritto di funzionare quando le applicazioni 
dei materiali, come nella specie, rispondano ad una necessit� tecnica 
dei lavori appaltati, cosi che l'Impresa non avrebbe potuto iniziare e 
proseguire nella esecuzione delle opere appaltate se non dopo avere 
eseguito la costruzione della centina, la quale non pu� considerarsi alla 
stregua di materiali e di macchinari di cantiere, per i quali con uniforme 
ratio, l'art. 1673 c. c. e gli artt. 21, 24 e 28 del Capitolato Generale 
dispongono, in applicazione della norma res perit domino, che ove 
l'appaltatore fornisca la materia, la perdita dei materiali elencati nei 
cennati articoli 28 e 21 rimangono al di lui carico. 

� vero che, a norma dell'art. 21 del Capitolato Generale, salvo le 

eccezioni portate dai capitolati speciali, s'intendono compenetrate nel 

prezzo dei lavori e perci� sono a carico dell'appaltatore, oltre i mate


riali sopra specificati, anche le spese per i � mezzi d'opera �, termine 



ll62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questo alquanto ampio e tale da comprendere nel suo concetto le pi� 
varie attrezzature. Ma in questa stessa ampiezza non pu� non ravvisarsi 
una notevole limitazione; quella derivante, come si � gi� detto, dalla funzione 
di mero strumento di esecuzione di un determinato lavoro, a carattere 
manifestamente secondario ed accessorio che, per la loro natura, 
i mezzi d'opera sono destinati ad esercitare. 

Tutte le volte che per il compimento di un determinato lavoro, 
quale risultato di materiale e di mano d'opera destinati ad essere parte 
integrante di un'opera in costruzione, occorre l'impiego di strumenti 
ta1i che per la loro imponenza e per il loro costo perdono quel carattere 
di accessoriet�, che, come si � detto, � insito nella loro natura, evidentemente 
non si pu� pi� parlare di mezzi d'opera, ma di vere e proprie 
opere autonome, pur esse a carattere .provvisionale, ma non secondario. 

Deve, in altri termini, esservi sempre un rapporto di proporzionalit�: 
pu� considerarsi semplice mezzo di opera tutto quanto, in relazione 
con l'opera da compiere, conservi non solo� nella funzionalit�, ma anche 
nella onerosit� caratteri accessori e secondari, ma quando si esorbita 
da tali proporzioni e si arriva fino al punto che l'opera provvisionale 
viene a costare molto, evidentemente si esorbita da quel concetto. Ora, 
nella specie, non pu� negarsi che la centina costruita dall'Impresa, per 
dimensioni, struttura, tecnica e costo si presenti di natura tale da esorbitare 
notevolmente dai limiti che, come sopra si � posto in rilievo, sono 
da assegnare ai semplici mezzi d'opera. 

Le centine, infatti, diversamente dagli oggetti indicati nell'art. 21 
del Capitolato Generale, quali gli attrezzi integ,rativi della capacit� 
manuale degli operai ed i manufatti intesi a consentire la presenza 
degli operai ai vari livelli di altezza dell'opera da eseguire, nonch� dei 
macchinari in uso nei cantieri moderni, dai mezzi di sollevamento ecc., 
sono delle vere e proprie strutture portanti, aventi la funzione di sostenere 
le costruzioni ad arco, onde � evidente la loro importanza tecnica 
ed economica, la portata fondamentale di tali opere strutturali, .per la 
progettazione delle quali .si richiedono accurati e complessi calcoli di 
stabilit� e di resistenza, e, quindi, dette centinature, pur costituendo 
opere provvisorie, sono indispensabili per procedere alla sagomatura ed 
al sostegno delle arcate durante la loro esecuzione. 

Pertanto, � da escludersi che le centine di grandi ponti .possono 
essere comprese tra le opere poste, dalle disposizioni normative degli 
artt. 21 e 28 del Capitolato Generale, a carico dell'appaltatore e, conseguentemente, 
escluse dal compenso per danni di forza maggiore. 

L'art. 21 che contiene una elencazione completa e dettagliata ed 
al quale l'art. 28 fa espresso ed incondizionato riferimento, non comprende 
tra .gli oggetti indicati le centine, n� indica le strutture ed armature 
di sostegno, ovvero altre voci .generiche nelle quali le centine 
stesse potrebbero ritenersi comprese. Se il legislatore avesse voluto 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1163 

comprendere le centine fra detti oggetti, le avrebbe espressamente indicate, 
cosi come ha fatto per gli utensili, i ponti di servizio ecc., aventi 
manifestamente carattere strumentale in relazione alle prestazioni del 
personale dell'impresa, e non gi� all'opera da eseguirsi. 

E la ragione dell'esclusione delle centine dagli og.getti indicati nel 
cennato art. 21 sta appunto nel rilievo saliente che detti oggetti, giova 
ripeterlo, consistono in apprestamenti di carattere accessorio e secondario 
e che, in pratica, costituiscono ,solo mezzo strumentale per l'esecuzione 
dell'opera, onde essi attengono all'organizzazione del cantiere 

o all'attivit� dell'impresa, ma tutti sono caratterizzati dalla natura puramente 
strumentale della loro funzione e dal loro carattere accessorio 
e secondario; mentre le centine hanno nella costruzione dei ponti una 
funzione strutturale e pertanto, profondamente e sostanzialmente diversa 
da quella degli oggetti anzidetti. Ci� trova conferma anche nel fatto 
che nel corrispondente art. 16 del nuovo Capitolato Generale d'Appalto 
del 1962, non sono state apportate modifiche .rispetto all'ex art. 21 in 
ordine alle spese e agli obblighi generali a carico dell'appaltatore, il 
che ribadisce ancora che le centine non potevano essere comprese, come 
non sono comprse, tra gli oggetti elencati nelle norme in parola, a causa 
della loro riconosciuta importanza e conclamata rilevanza tecnica ed 
economica. 
N� l'inciso � quant'altro occorra alla esecuzione piena e perfetta 
dei lavori � .che si rinviene nell'art. 21 ha una portata generale, giacch� 
� inerente alle parole che lo precedono � gli attrezzi, ponti e quanto 
altro �, onde non pu� su di esso fondarsi una interpretazione della 
norma in esame diversa da quella data, con pi� ampia portata estensiva 
non consentita dalla legge stessa. 

D'altra parte, dette norme hanno carattere meramente dispositivo, 
stabilendo quali spese e quali oggetti s'intendono �compenetrati nel 
pr�ezzo di lavori e perci� posti a carico dell'appaltatore salve le eccezioni 
portate nei capitoli speciali in relazione, cio�, all'autonomia negoziale 
per cui le parti possono liberamente stabilire diverse pattuizioni, 
con la conseguenza, logica e giuridica, che il contratto debba essere 
interpretato secondo la comune intenzione delle parti stesse (art. 1362 

c. c.) e secondo la buona fede (art. 1366 c. c.) dovendo considerarsi ormai 
pacifico il principio che le norme del codice civile, regolatrici dell'interpretazione 
dei contratti, seppure non figurino esplicitamente richiamate 
nel complesso delle disposizioni riguardanti i pubblici appalti, sono 
sempre ad essi applicabili ove, nella speciale legislazione in materia, 
non trovi espressa od implicita deroga. 
Avuto, pertanto, riguardo, nella specie, alla volont� delle parti, � 
da considerare .che, avendo queste, espressamente e distintamente, previsto 
in concreto, per la centina del ponte sul torrente Arrestra e per 
le casseformi, all'art. 19 del computo metrico estimativo relativo a 

15 



1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

detto ponte, un apposito prezzo accreditato, peraltro, nel quinto statodi 
avanzamento, il compenso deve essere senz'altro ammesso, trattandosi 
di danni prodotti da forza maggiore ed essendo stata esclusa ogni 
negligenza dell'appaltatore e delle persone delle quali era tenuto a 
rispondere. 

Di conseguenza, poich�, nel caso in esame, si tratta di categoria di 
lavoro, per la quale esiste un prezzo contrattuale, non � applicabile la 
disposizione di cui all'art. 28, 5� �comma, del Capitolato Generale d'appalto 
che nega ogni compenso all'impresa per danni o perdite di utensili, 
di ponti di servizio, ed in generale, degli oggetti indicati all'art. 21 
dello stesso Capitolato, non essendo state dette categorie di lavori nep-pure 
genericamente comprese nel prezzo a corpo per oneri generali a. 
carico dell'appaltatore, inerenti all'esecuzione dei lavori. 


L'Amministrazione, al riguardo, ai fini della esclusione del chiest0> 
compenso, sostiene che nei casi in cui si tratti di appalto a cottimo, come 
nella specie, non si pagano le singole prestazioni, ma lopera o le opere 
previste, con la conseguenza che .se pu� e deve risarcirsi il danno di 
forza maggiore per una di tali opere, non altrettanto avviene per le 
centine, �che sono comprese nel computo metrico non come fine a se 
stesso, ma come una qualunque altra prestazione necessaria alla valu


I ,

tazione del prezzo .complessivo a corpo dell'appalto, prezzo che com-prende 
tutto quanto necessario per dare compiute le opere, giusta il 
preciso disposto dell'art. 33 lett. d) del Capitolato speciale. Le osservazioni 
anzidette sono, ad avviso del Collegio, irrilevanti ai fini della 
soluzione della questione che ci interessa. [ 

I !J

Devesi innanzi tutto, precisare che ogni qualvolta con unico contratto 
a corpo vengono commesse pi� opere, il prezzo contrattuale viene 
stabilito complessivamente per tutte le opere appaltate e non distintamente 
per ciascuna di esse. I 

Nel caso concreto, come risulta dal contratto di appalto, l'importo 
dei lavori assunti dalla societ� Droghetti & Masotti rimase stabilito 
nella somma complessiva di L. 285.084.800, al netto del ribasso. 

I 

Nel Capitolato speciale, poi, all'art. 3, � stato ripetuto che i lavori 
che si intendevano appaltati a corpo per la somma dianzi cennata, corrispondente 
all'importo complessivo di tutte le opere appaltate (ponte 
sull'Arrestra, ponte sul Portigliola, altri ponticelli, sovrapassi, viadotti, 
tombini, apertura strada, ecc.) quale risulta dal riepilogo degli estimativi 
dell'allegato N al contratto. 

Pertanto, la circostanza che il prezzo a corpo dell'appalto sia stato 
stabilito per tutte le opere appaltate e non separatamente per ciascuna 
di esse, nulla rileva a favore della tesi sostenuta dall'Amministrazione, 
soprattutto se si consideri che anche il 2� comma dell'art. 28 del Capitolato 
Generale, nello stabilire il criterio per la determinazione dell'importo 
del compenso per danni di forza maggiore, precisa che occorre 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1165 

applicare ai lavori i prezzi del contratto e cio� il prezzo di stima portato 
nei capitolati, dedotto il ribasso di asta, con chiaro evidente riferimento 
ai prezzi stabiliti nei computi metrici estimativi, per la valutazione 
delle singole parti o delle singole voci relative ai lavori appaltati e non 
al solo prezzo a corpo stabilito per il complesso delle opere appaltate. 
D'altra parte, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermazione 
del pdncipio che il caso di forza maggiore si estende a tutte le specie 
di appalto, trovando l'art. 28 citato applicazione sia nei contratti di 
appalto a misura, sia in quelli a forfait e, in genere, nelle opere compensate 
a corpo, nonch� negli appalti-concorso, non facendo detta 
norma alcuna distinzione, n� essendo rilevante, ai fini della sua applicazione, 
la diversit� delle modalit� di appalto. Pu�, pertanto, concludersi 
che qualunque sia il tipo di appalto, i danni prodotti da forza maggiore, 
senza colpa dell'impresa, danno 'sempre diritto ad un equo compenso 
nei casi in cui per determinate categorie di lavori sia stato stabilito 
un apposito prezzo di stima. -(Omissis). 

Secondo quesito: 

Col secondo quesito si chiede che il Collegio dica se alla Societ� 
istante competa il risarcimento del danno conseguente al mancato tempestivo 
pagamento del compenso di cui al quesito precedente, nella 
misura �che verr� accertata e determinata in corso di giudizio o, quanto 
meno, nella misura dell'interesse legale giusta il disposto dell'art. 1224, 
comma 1, c. c. 

Per tale ritardo la Societ� istante, con la seconda e terza memoria, 
a chiarimento della domanda contenuta nel quesito in esame, ha chiesto, 
a titoli di danni, la corresponsione degli interessi bancari del 12 % , 
mentre la difesa dell'A.N.A.S. si -� opposta a tale richiesta, ritenendola 
inconsistente, perch� la stessa A.N.A.S. non .sarebbe incorsa in alcuna 
inadempienza. 

Osserva, innanzitutto, il Collegio, che l'art. 40 del Capitolato Generale 
per le 00. PP., del 1895, applicabile nella specie, ha voluto regolare 
in modo del tutto particolare il ritardo nei pagamenti, in deroga al 
principio generale secondo il quale l'inadempimento obbliga l'inadempiente 
al risarcimento dei danni ed importa la risoluzione del contratto, 
ha inteso escludere sia il diritto ad indennit�, �sia quello di chiedere 
lo scioglimento del contratto, stabilendo che solo il ritardo oltre 
i tre mesi, dalla data di emissione del certificato, importa l'obbligo di 
di corrispondere all'appaltatore sulla somma dovuta gli interessi legali 
del 5 % cio� in misura inferiore a quella fissata per gli interessi bancari 

o commerciali. 
Il citato art. 40 ha individualit� propria ed autonoma rispetto all'art. 
1231 �C. c. abrogato, in quanto manifestamente tendente ad elimi



1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nare i maggiori danni che potevano conseguirsi anche per tale norma e, 
di conseguenza, la speciale disciplina data dal Capitolato .generale del 
1895 � rimasta ferma anche dopo l'entrata in vigore del codice civile 
nel 1942 con l'art. 1224. 
Consegue, pertanto, che � norma fondamentale del pubblico appalto 
che il ritardo nei pagamenti non d� diritto all'appaltatore n� di 
I A , 
lx . 
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chiedere lo scioglimento del contratto, n� di potere ottenere indennizzi 
di sorta al di fuori degli interessi previsti dalle norme regolamentari. 
Tale limitazione degli effetti conseguenziali al ritardo dei pagamenti, 
trova la sua base, come si � detto, nella precisa disposizione del 
citato art. 40 del Capitolato Generale d'Appalto, che accorda all'appaltatore 
i soli interessi nella misura legale. 
Circa la natura di tali interessi la giurisprudenza si � orientata 
verso la natura compensativa (e non moratoria) sicch� deve riconoscersi 
la esclusione di ogni altro effetto, comunque dipendente dal concetto 
di morosit� (v. anche Corte dei conti 23 febbraio 1955, n. 500). 
L'assunto della Societ� istante, fondato invece sul .comportamento 
colposo dell'A.N.A.S., presuppone erroneamente la possibilit� di indagine 
circa la morosit�, esclusa dalla natura compensativa degli interessi. 
Questi, invero, sono dovuti indipendentemente dalla imputabilit� 
o meno del ritardo, da colpa dell'Amministrazione e dalla costituzione 
di mora della stessa. Ne consegue che, nella specie, contrariamente a 
quando sostiene l'istante, non pu� trovare applicazione il principio dell'art. 
1224, ultimo comma c. c., in quanto il risarcimento per maggiore 
danno non � dovuto se � stata convenuta la misura degli interessi. 
Non si pu�, poi, affermare che il credito sia di valore e non di valuta 
e, pertanto, non � suscettibile di rivalutazione monetaria. 
Il rapporto originario ha indiscutibile natura di credito di valuta 
in ordine al credito vantato dall'appaltatore, esistendo ab origine una 
determinazione pecunaria del � quantum � dovuto. 
Va inoltre rilevato che la precisa regolamentazione data alla materia 
esclude ogni pretesa di indennizzo per svalutazione monetaria nei 
pubblici appalti. 

I diritti ed i doveri delle parti trag.gono la loro origine dal rapporto 
di appalto, restando quindi regolati, oltre che dal contratto, dai Capitolati 
di appalto legalmente approvati ed aventi forza di legge, ed, in 
particolare, dalla norma del suddetto art. 40 del Capitolato Generale dei 
lavori pubblici, secondo la quale il ritardo nei pagamenti come gi� rilevato, 
non d� diritto all'appaltore di pretendere alcun altro indennizzo 
che non sia quello degli interessi previsti dalle norme regolamentari. 

Il rilievo decisivo che induce a riconoscere l'infondatezza della richiesta 
dell'istante, � che per i pubblici appalti non pu� essere fatta 
valere alcuna pretesa di indennizzo da svalutazione monetaria per tutti 

1 

!

i 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1165 

applicare ai lavori i prezzi del contratto e cio� il prezzo di stima portato 
nei capitolati, dedotto il ribasso di asta, con chiaro evidente riferimento 
ai prezzi stabiliti nei computi metrici estimativi, per la valutazione 
delle singole parti o delle singole voci relative ai lavori appaltati e non 
al solo prezzo a corpo stabilito per il complesso delle opere appaltate. 
D'altra parte, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermazione 
del principio che il caso di forza maggiore si estende a tutte le specie 
di appalto, trovando l'art. 28 citato applicazione sia nei contratti di 
appalto a misura, sia in quelli a forfait e, in genere, nelle opere compensate 
a corpo, nonch� negli appalti-concorso, non facendo detta 
norma alcuna distinzione, n� essendo rilevante, ai fini della sua applicazione, 
la diversit� delle modalit� di appalto. Pu�, pertanto, concludersi 
che qualunque sia il tipo di appalto, i danni prodotti da forza maggiore, 
senza �Colpa dell'impresa, danno sempre diritto ad un equo compenso 
nei casi in cui per determinate categorie di lavori sia stato stabilito 
un apposito prezzo di stima. -(Omissis). 

Secondo quesito: 

Col secondo quesito si chiede che il Collegio dica se alla Societ� 
istante competa il risarcimento del danno conseguente al mancato tempestivo 
pagamento del compenso di cui al quesito precedente, nella 
misura che verr� accertata e determinata in corso di giudizio o, quanto 
meno, nella misura dell'interesse legale giusta il disposto dell'art. 1224, 
comma 1, c. c. 

Per tale ritardo la Societ� istante, con la seconda e terza memoria, 
a chiarimento della domanda contenuta nel quesito in esame, ha chiesto, 
a titoli di danni, la corresponsione degli interessi bancari del 12 % , 
mentre la difesa dell'A.N.A.S. si � opposta a tale richiesta, ritenendola 
inconsistente, perch� la stessa A.N.A.S. non sarebbe incorsa in alcuna 
inadempienza. 

Osserva, innanzitutto, il Collegio, che l'art. 40 del Capitolato Generale 
per le 00. PP., del 1895, applicabile nella specie, ha voluto regolare 
in modo del tutto particolare il ritardo nei pagamenti, in deroga al 
principio generale secondo il quale l'inadempimento obbliga l'inadempiente 
al risarcimento dei danni ed importa la risoluzione del contratto, 
ha inteso escludere sia il diritto ad indennit�, sia quello di chiedere 
lo .scioglimento del contratto, stabilendo che solo il ritardo oltre 
i tre mesi, dalla data di emissione del certificato, importa l'obbligo di 
di corrispondere all'appaltatore sulla somma dovuta gli interessi legali 
del 5 % cio� in misura inferiore a quella fissata per gli interessi bancari 

o commerciali. 
Il citato art. 40 ha individualit� propria ed autonoma rispetto all'art. 
1231 �C. c. abrogato, in quanto manifestamente tendente ad elimi




1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nare i maggiori danni che potevano conseguirsi anche per tale norma e, 
di conseguenza, la speciale disciplina data dal Capitolato generale del 
1895 � rimasta ferma anche dopo l'entrata in vigore del codice civile 
nel 1942 con l'art. 1224. 

Consegue, pertanto, che � norma fondamentale del pubblico appalto 
che il ritardo nei pagamenti non d� diritto all'appaltatore n� di 
chiedere lo scioglimento del contratto, n� di potere ottenere indennizzi 
di sorta al di fuori degli interessi previsti dalle norme regolamentari. 

Tale limitazione degli effetti conseguenziali al ritardo dei pagamenti, 
trova la sua base, come si � detto, nella precisa disposizione del 
citato art. 40 del Capitolato Generale d'Appalto, che accorda all'appaltatore 
i soli interessi nella misura legale. 

Circa la natura di tali interessi la giurisprudenza si � orientata 
verso la natura compensativa (e non moratoria) sicch� deve riconoscersi 
la esclusione di ogni altro effetto, comunque dipendente dal concetto 
di morosit� (v. anche Corte dei conti 23 febbraio 1955, n. 500). 

L'assunto della Societ� istante, fondato invece sul comportamento 
colposo dell'A.N.A.S., presuppone erroneamente la possibilit� di indagine 
circa la morosit�, esclusa dalla natura compensativa degli interessi. 

Questi, invero, sono dovuti indipendentemente dalla imputabilit� 

o meno del ritardo, da colpa dell'Amministrazione e dalla costituzione 
di mora della stessa. Ne consegue che, nella specie, contrariamente a 
quando sostiene l'istante, non pu� trovare applicazione il principio dell'art. 
1224, ultimo comma c. c., in quanto il risarcimento per maggiore 
danno non � dovuto se � stata convenuta la misura degli interessi. 
Non si pu�, poi, affermare che il credito sia di valore e non di valuta 
e, pertanto, non � suscettibile di rivalutazione monetaria. 

Il rapporto originario ha indiscutibile natura di credito di valuta 
in ordine al credito vantato dall'appaltatore, esistendo ab origine una 
determinazione pecunaria del � quantum � dovuto. 

Va inoltre rilevato che la precisa regolamentazione data alla materia 
esclude ogni pretesa di indennizzo per svalutazione monetaria nei 
pubblici appalti. 

I diritti ed i doveri delle parti traggono la loro origine dal rapporto 
di appalto, restando quindi regolati, oltre che dal contratto, dai Capitolati 
di appalto legalmente approvati ed aventi forza di legge, ed, in 
particolare, dalla norma del suddetto art. 40 del Capitolato Generale dei 
lavori pubblici, secondo la quale il ritardo nei pagamenti come gi� rilevato, 
non d� diritto all'appaltore di pretendere alcun altro indennizzo 
che non sia quello degli interessi .previsti dalle norme regolamentari. 

Il rilievo decisivo che induce a riconoscere l'infondatezza della richiesta 
dell'istante, � che per i pubblici appalti non pu� essere fatta 
valere alcuna pretesa di indennizzo da svalutazione monetaria per tutti 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1167 

crediti dipendenti dal rapporto di appalto (Cass. 16 ottobre 1954, 

n. 3759). 
Del resto osserva il Collegio che, anche a volere ammettere che 
nei pubblici appalti i ritardi vuoi per le rate di acconto, vuoi per la 
rata di saldo, vuoi per altro titolo, siano produttivi, oltre �Che della 
corresponsione degli interessi, anche del risarcimento del maggiore 
danno previsto dall'art. 1224 c. c., l'indirizzo giurisprudenziale costantemente 
seguito � nel senso che non basta il solo accertamento del 
ritardo colpevole nell'adempimento per rendere ammissibil la domanda, 
essendo necessaria la prova dell'effettivo e specifico pregiudizio derivato 
dal fatto che il creditore non pot� disporre a tempo delle somme 
a lui dovute; non � sufficiente a giustificare pretesi maggiori danni la 
qualit� di imprenditore-appaltatore, dovendo la relativa prova risultare 
da fatti concreti e non da semplici congetture. 

Nel caso in esame, l'istante accenna, per� genericamente, ai maggiori 
danni, senza dimostrare di averli effettivamente sopportati, n� 
ha offerto la prova di essere stata costretta, per la mancata tempestiva 
riscossione della somma anzidetta, a contrarre dei mutui bancari con 
la corresponsione degli interessi nella misura del 11 % . N� sarebbe 
applicabile, nella specie, la norma dell'art. 1226 c. c., invocata dall'istante, 
giacch� il ricorso alla liquidazione equitativa del danno � 
consentito quando il danno stesso non pu� essere provato nel suo preciso 
ammontare, o perch� il danneggiato, sia nell'impossibilit� di fornire 
congrui elementi al riguardo, o perch� non � dato riconoscere agli 
elementi forniti sicura efficienza. 

Nella particolarit� del caso non si riscontra l'impossibilit� da parte 
dell'istante di fornire la prova dei pretesi maggiori danni, per cui, non 
avendola fornita, la domanda non pu� essere accolta. -(Omissis). 

I 

LODO ARBITRALE, 20 giugno 1966, n. 35 (Roma) -Pres. Artale Ditta 
Mugnai (avv. Marani Toro) c. Ministero trasporti (avv. Stato 
Del Greco). 

Arbitrato -Domanda arbitrale -Mancata notifica presso l'Avvocatura 
dello Stato -Nullit�. 

(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). 
La mancata notifica della domanda arbitrale presso l'Avvocatura 
dello Stato viola un inderogabile principio d'ordine pubblico. Pertanto 
tale domanda � viziata da nullit� radicale ed insanabile (1). 

(1-2) A) La motivazione del secondo lodo, �, a dir poco, stupefacente. 
Il Collegio arbitrale non si � accorto, che proprio l'art. 45, 10 comma, del 



1168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

LODO ARBITRALE, 12 giugno 1965, n. 41 (Roma) -Pres. Bernabei Impresa 
Gialli (avv. Piaggio) c. Ministero LL. PP. (Avv. Stato Albisinni). 


Arbitrato -Domanda arbitrale -Notifica presso l'Amministrazione e 
non presso la Avvocatura dello Stato -Validit�. 

� validamente notificata la domanda arbitrale presso l'Amministrazione 
dello Stato e non presso l'Avvocatura dello Stato, giacch� il Capitolato 
Generale (art. 45) si limita a stabilire che la domanda deve 
essere portata a conoscenza deU'altra parte, ma non prescrive, a tal fine, 
la notificazione a mezzo di ufficiale giudizim�io, regolata dalle norme 
processuali del codice di rito, innovato, per quanto riguarda l'Amministrazione 
statale, dalla l. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1 (2). 

(Omissis). -L'Avvocatura Generale dello Stato� per il Ministero 
dei Trasporti e dell'Aviazione Civile ha eccepito in via pregiudiziale 
la nullit� della domanda di arbitrato, perch� non notificata ai sensi 
dell'art. 1 della 1. 16 marzo 1958, n. 260. 

Tale norma prescrive: � tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto 
di opposizione giudiziale, nonch� le opposizioni ad ingiunzione e gli 
atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative 
o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati 
alle Amministrazioni dello Stato presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello 
Stato nel cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale 
� proposta la causa, nella persona del Ministro �. � pacifico in giurisprudenza 
che la norma surriportata nulla ha innovato, per quanto 
concerne la notificazione delle citazioni e degli atti istitutivi del giudizio, 
al testo dell'art. 11 del decreto n. 1611 del 30 ottobre 1933, atte-

Capitolato Generale del 1965, dispone che la domanda arbitrale deve essere 
notificata. Che, poi, in generale, le notifiche vadano eseguite a mezzo di 
ufficiale giudiziario (o di messo comunale, nei casi prescritti) � circostanza 
della quale finora non si era mai dubitato. 

Il primo lodo esaurientemente spiega il collegamento tra la legge del 
1958 e le norme di rito, ed al riguardo non � il caso di aggiungere altro. 
Vale appena osservare, che il secondo lodo non solo mostra di ignorare la 
esistenza di norme di natura processuale accanto a quelle di carattere 
sostanziale nel Capitolato suddetto; ma di esso ingiustificatamente esclude 
la natura regolamentare. Pure di tanto, invece, e per gli appalti stipulati 
dal Ministero dei lavori pubblici, da lungo tempo non si era pi� dubitato. 

B) Le decisioni richiamate nel primo lodo sono state tutte pubblicate 
ed annotate in questa Rassegna. Per la sentenza della Cassazione 6 otto




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1169 

nendo le modifiche legislative soltanto alla identificazione dell'organo 
-che deve essere chiamato in giudizio in rappresentanza della P. A., 
ce non anche al modo e al luogo della notificazione (Cass., Sez. Un., 
<6 luglio 1964, n. 1763; Cass., Sez. I, 18 luglio 1961, n. 1918). 

Il ricordato art. 11 del decreto del 1933, nell'ultimo comma, sandsce, 
che � le notificazioni di cui ai commi precedenti devono essere 
fatte presso la competente Avvocatura dello Stato a pena di nullit� 
da pronunciarsi anche d'ufficio �. 

Poich� nella specie, come si � precisato in narrativa, la domanda 
di arbitrato � stata notificata al Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione 
Civile presso la sede del Ministero e non presso l'Avvocatura dello 
Stato, quest'ultima deduce la inammissibilit� della domanda per nullit� 
radicale ed insanabile della notificazione. Per sfuggire a siffatta 
conseguenza, la Ditta Mugnai ha contestato la fondatezza dell'eccezione 
di nullit�, richiamandosi al principio affermato con il lodo arbitrale 
17 febbraio 1965, n. 3 (Soc. Sbarec c. Ministero Difesa-Esercito), 
.secondo cui � la domanda arbitrale non costituisce l'atto istitutivo del 
relativo giudizio. Pertanto, essa � validamente notificata all'Amministra.
zione invece che all'Avvocatura dello Stato .. Quel Collegio Arbitrale, 
pur non sottovalutando la consistenza dell'eccezione di nullit� della 
notificazione, ha ritenuto di poterla superare basandosi sul principio 
che nel procedimento di arbitrato rituale, il rapporto processuale si 
instaura soltanto con l'accettazione da parte degli arbitri del mandato 
conferito dalle parti, onde alla domanda di arbitrato non pu� attribuirsi 
carattere di atto istitutivo del giudizio, e quindi soggetto, quanto alla 
notifica, alla prescrizione del richiamato decreto del 1958, giacch� tale 
disposizione va riferita � ad un processo tecnicamente considerato � il 
cui concetto implica l'esistenza di un organo giudicante, che nel caso 
di arbitrato rituale � soltanto in fieri fino a quando gli arbitri non 
avranno manifestato la volont� di accettazione del mandato conferito. 
Tali argomentazioni sono state disattese dalla Corte di Appello di Roma, 
che con la recente sentenza 9 novembre 1965 -5 gennaio 1966 
ha dichiarato la nullit� del giudizio arbitrale e del relativo lodo suindicato, 
statuendo che, nell'ipotesi di clausola compromissoria, l'atto 

bre 1964, n. 2523, cfr. l'annata 1964, pag. 973; per il lodo 17 febbraio 1965 

n. 3, cfr. l'annata 1965, 837; per la sentenza della Corte di Appello di Roma 
.5 gennaio 1966, v. retro, 202. 
Il lodo condivide i principi affermati in quest'ultima decisione; ma 
formula riserva sulla necessit� che i quesiti vengano proposti prima della 
accettazione degli arbitri, osservando che la loro formulazione pu� essere 
fatta � al pi� tardi in limine litis, � con atto scritto e sottoscritto personalmente 
dalle parti davanti agli arbitri, allorch� questi assumono l'ufficio ed 
iniziano la propria attivit��. 

Non sembra che la riserva sia giustificata. La necessit� che i quesiti 
vengano proposti in momento anteriore all'accettazione degli arbitri, � 



1170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istitutivo del giudizio arbitrale � costituito da quello in cui viene precisata 
la controversia. Questo atto, integrativo della clausola compromissoria 
e contenente i quesiti da sottoporre agli arbitri, precisa la 
sentenza, � ha funzione analoga a quella della citazione, in quanto 
promuove l'attivit� giurisdizionale, rispetto a un determinato tema 
controverso �. 

Questo Collegio arbitrale condivide i principi affermati nella surrichiamata 
sentenza della Corte di Appello di Roma, sebbene la motivazione 
della pronuncia susciti qualche perplessit� l� dove afferma che 
la precisazione della controversia con la formulazione dei quesiti deve 
necessariamente precedere l'accettazione degli arbitri. 

Nessuna norma infatti prescrive che i quesiti siano formulati in 
un atto da notificarsi preventivamente alla nomina degli arbitri, essendo 
a tal uopo sufficiente anche un generico riferimento alla previsione 
compromissoria, mentre la formulazione dei quesiti pu� essere fatta pi� 
tardi, in limine litis, con atto scritto e sottoscritto personalmente dalle 
parti davanti agli arbitri stessi, allorch� questi assumono l'ufficio ed 
iniziano la propria attivit�. 

Non sembra che in tal caso, non infrequente nella pratica e ricordato 
dalla dottrina, la domanda di nomina degli arbitri possa considerarsi 
atto isitutivo del giudizio, con le relative conseguenze, ma 

I questo problema non riguarda la fattispecie in esame, giacch� la domanda 
di arbitrato proposta dalla ditta Mugnai contiene la precisazione 
dei quesiti e tutti gli elementi d'impulso della iniziativa processuale, 

I per cui essa segna il momento genetico della controversia nell'attuazione 
dell'accordo di arbitrato e quindi le istituzioni del relativo giudizio, 
con il conseguente obbligo della notificazione prescritta nel ricordato 
decreto del 1958. 

Invero, pur dovendosi riconoscere l'esattezza del principio secondo 

Icui il giudizio arbitrale, quale rapporto tra le parti e gli arbitri ha 
inizio unicamente con l'accettazione di questi ultimi, in quanto ,solo in 
quel momento viene in esistenza l'organo giudicante medesimo, e pur 

Iespressione del princ1p10 generale, secondo cui l'attivit� del giudice non 
pu� essere sollecitata che riguardo ad un termine controverso determinato 
(art. 99 c. p. c.; art. 2907 c. c.): � evidente che questa esigenza non � 
rispettata, se il collegio arbitrale si costituisce prima che le parti abbiano 
precisato l'oggetto della lite. 

Per di pi�, l'accennata necessit� si desume anche da chiare disposizioni. 
Nell'ipotesi del compromesso, e cio� di contestazione gi� in atto, le parti 
nel dichiarare la volont� di vederla decisa da un organo sostitutivo della 
giurisdizione ordinaria, sono tenute � a pena di nullit� � a precisare l'oggetto 
della controversia sottoposta a giudizio (artt. 806 ed 807 c. p. c.). La 
formulazione dei quesiti � perci� contestuale, ed � anteriore alla stessa 
nomina degli arbitri. Nel caso della clausola compromissoria i quesiti non 
possono essere espressi che in atto distinto e successivo, integrativo della 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1171 

dovendosi escludere, in conformit� alla tesi prevalente in dottrina e 
giurisprudenza, che nell'arbitrato esista una domanda giudiziale, in 
senso stretto, equiparabile alla citazione del processo ordinario, non si 
pu� disconoscere che la domanda di arbitrato contenente i requisiti 
anzi precisati, individuanti i concreti termini della controversia, assolva 
alla specifica funzione di istituire il giudizio arbitrale nella sua fase 
iniziale. 

Nulla rileva in contrario che la fattispecie in esame non rientri 
nell'arbitrato obbligatorio previsto dagli artt. 44-46-48 del capitolato 
generale degli appalti per le opere pubbliche approvato con P. R. 
16 luglio 1962, n. 1063, giacch� come si � dimostrato la domanda di 
arbitrato del Mugnai ha rilevanza processuale, in quanto d� inizio 
all'iter del procedimento arbitrale: come tale, la domanda di arbitrato 
proposta dalla Ditta Mugnai era soggetta all'obbligo della notificazione 
presso l'Avvocatura dello Stato, essendo il criterio ispiratore 
delle ricordate disposizioni di legge quello di accentrare presso I'Avvocatura 
dello Stato le notificazioni di qualsiasi atto istitutivo di un giudizio, 
per modo che lAmministrazione, per ogni procedimento ha il 
suo domicilio legale presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato. 

Queste conclusioni sono conformi all'autorevole insegnamento della 
suprema Corte la quale, a Sezioni Unite, ha statuito � che la norma 
dell'art. 1 della l. 25 marzo 1958, n. 260, la quale stabilisce tassativamente 
che tutti i ricorsi, le citazioni e qualsiasi atto di opposizione 
giudiziale devono essere notificati alle amministrazion dello Stato nella 
persona del Ministro competente, vale in via generale, anche per i 
giudizi che si svolgono davanti alle giurisdizioni speciali e agli arbitri, 
salve le ipotesi specificatamente regolate in modo diverso da una disciplina 
propria > (Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523). 

Si deve pertanto concludere che la notificazione della domanda di 
arbitrato � viziata da nullit� radicale ed insanabile. � appena il caso 
di avvertire che la presenza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato 
non pu� sanare la nullit� assoluta della notificazione, in quanto la 

clausola (artt. 823 ed 825 c. p. c.). Tanto, per�, non autorizza a ritenere 
possibili situazioni del procedimento diverse da quelle del compromesso, in 
mancanza di qualunque logica giustificazione. Anzi proprio il rigore della 
norma relativa alla prima ipotesi, deve indurre ad identica opinione nella 
seconda ed analoga ipotesi. 

Del resto, a ben guardare, la stessa opinione che i quesiti possono 
essere formulati in limine litis, nel momento che gli arbitri accettano la 
nomina, non solo non conforta la perplessit� del lodo, ma conferma la tesi 
qui sostenuta. Infatti, anche se contestuali, specificazione dei quesiti ed 
accettazione degli arbitri sono attivit� concettualmente e cronologicamente 
distinte. Di tal che, se si suppone la prima anteriore, come le espressioni 
del lodo lasciano intendere, l'esigenza giuridica innanzi prospettata risulta 
soddisfatta. 



1172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma speciale di cui all'art. 11 del decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. 
implicitamente richiamata dall'art. 144 c;p.c. prevale sul principio di 
sanatoria previsto dall'ultimo comma dell'art. 156 c. p. c., essendo, 
per la norma stessa, l'Avvocatura dello Stato costituita domiciliataria 
obbligatoria della Amministrazione dello Stato, per cui l'irregolare 
notifica viene a violare un inderogabile principio di ordine pubblico. 

Alla stregua delle suesposte considerazioni deve essere dich:arata 
la nullit� della domanda di arbitrato che � pertanto inammissibile. 

Tale statuizione per il suo carattere pregiudiziale e assorbente 
investendo la regolare costituzione del rapporto processuale preclude 
la disamina del merito della controversia. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Va disattesa l'eccezione preliminare di inammissibilit� 
della domanda di arbitrato perch� notificata presso la sede del Ministero 
dei Liavori Pubblici e non presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato, 
come prescritto dall'art. 1 della 1. 25 marzo 1958, n. 260. , 

Statuisce detto articolo che tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto 
di opposizione giudiziale... nonch� gli atti istitutivi di giudizi che si 
svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative e speciali ed innanzi 
agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato nel 
cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale � portata 
la causa nella persona del Ministro competente. 

Sostiene lAmministrazione, conformemente a quanto affermato 
dalla Corte Suprema con la sentenza n. 2523 del 6 ottobre 1964, che 
il criterio ispiratore di tale norma � quello di accentrare presso l'Avvocatura 
dello Stato le notificazioni di qualsiasi atto di citazione in giudizio, 
per modo che l'Amministrazione, per ogni giudizio, ha il suo unico 
domicilio legale presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato, ad eccezione 
dei giudizi innanzi ai Conciliatori ed ai Pretori. Non vi � nella 
legge alcuna eccezione alla regola, sicch� non si vede perch� ad essa dovrebbe 
essere sottratta la domanda introduttiva di un giudizio 'arbitrale 
da svolgersi nei confronti della Pubblica Amministrazione. 

L'art. 1 della legge del 1958 accomuna in un'unica disciplina tutte le 

varie ipotesi di giudizi avanti a qualsiasi autorit� giurisdizionale, sicch� 

non pu� esulare dalla previsione normativa nessuna fattispecie che non 

sia specificamente regolata in modo diverso da una disciplina propria, 

sopravvissuta alla riforma del 1958. 

Osserva il Collegio che la norma indicata e la decisione richiamata 

non si attagliano alla fattispecie in esame. 

Trattasi infatti di arbitrato regolato dalle clausole del capitolato 

generale del 1895, espressamente richiamato dalle parti nel contratto 

di appalto il quale si limita a stabilire che la domanda di arbitrato deve 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1173 

�ssere portata a conoscenza dell'altra parte (art. 45) ma non prescrive 
a tal fine, la notificazione a mezzo ufficiale giudiziario regolata dalle 

norme processuali del codice di rito, innovate dalla legge del 1958. 

Ora, poich� le clausole del capitolato anzidetto non hanno altra 
�fficacia che quella ad essa attribuita dalla volont� delle parti, esse non 
possono ritenersi modificate n� sostituite dalla ripetuta legge del 1958, 
modificatrice delle norme processuali accennate, che restano estranee alla 
fattispecie in esame. 

Ritiene pertanto il Collegio che a questa, cosi come agli altri giudizi 
arbitrali regolati dal citato capitolato del 1865, non sia applicabile la 
norma dell'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260 che riguarda invece 
i giudizi ordinari e i giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni 
.speciali o agli arbitri secondo norme diverse; e che la citata sentenza 
delle Sezioni Unite della Corte Suprema non possa valere a sostegno 
-della sollevata eccezione perch� essa ha deciso sul caso, ben diverso, di 
un arbitrato per un appalto stipulato da un privato col Genio Militare 
regolato da norme aventi efficacia di legge e non dal capitolato per le 
-0pere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici. -(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 novembre 1965, n. 1586 -Pres. 
Miglisti -Rel. Foulques -P. M. Scardia -Rie. Crispino. 

Reato -Reato in genere -Attenuanti comuni -Tenuit� del danno -Cri


teri di valutazione. 

. (c.p., art. 62, n. 4). 

La speciale tenuit� del danno deve essere valutata prevalentemente 
e sopratutto in relazione alla consistenza ed al valore della. 
cosa (criterio obiettivo), venendo in considerazione il criterio sussidiario 
delle condizioni economiche del soggetto passivo solo quando, pur 
essendo la cosa di per se stessa di valore tenue, la sua perdita potrebbe 
rappresentare egualmente, per le condizioni particolarmente disagiate 
della vittima, un pregiudizio tale da escludere l'applicazione dell'attenuante 
(1). 

(1) Note sull'attenuante di speciale tenuit� del danno patrimoniale. 
Il compito di delimitare l'ambito di applicazione della attenuante in 
esame � reso pi� agevole all'interprete del parallelismo normativo tra la 
circostanza di cui al n. 7 dell'art. 61 c. p. e quella, che ci occupa, di cui al 

n. 4 dell'art. 62 stesso codice. Sia l'una che l'altra disposizione, richiamando 
esclusivamente alcune categorie di delitti, pongono fuori dalla sfera di 
applicazione i reati contravvenzionali (Cass., Sez. II, 7 dicembre 1964, 
Indica, Cass. pen. Mass. 1965, 453). 
Pi� ampia �, per�, la categoria di delitti presi in consti.derazione dall'aggravante 
di cui al citato art. 61: essa, infatti, prevede oltre ai delitti 
contro il patrimonio o che comunque offendano il patrimonio anche i delitti 
determinati da motivi di lucro. 

Dalla esclusione dei delitti determinati da motivi di lucro e dalla precisazione 
concettuale di delitti che � comunque offendano il patrimonio � 
discende piana la delimitazione dell'ambito di applicabilit� dell'attenuante 
in esame. Ci sembra doversi escludere la identificazione dei delitti determinati 
da motivi di lucro con quelli -� dai quali il colpevole si ripromette 
un vantaggio di natura patrimoniale � (ANTOLISEI, Manuale di diritto penale> 
Parte gen. Mifano, 1957, 315). Tale identificazione importerebbe una 
notevole estensione della categoria delittuosa, la quale va, invece, limitata 
alle ipotesi di un vantaggio patrimoniale ricercato per una sfrenata bramosia 
di denaro o di ricchezza (MALINVERNI, Scopo e movente nel diritto 
penale, Torino, 1955, 194), per cui il motivo di lucro � da rinvenirsi non in 
tutti i delitti che procurino un vantaggio patrimoniale ma solo in quelli 
la cui commissione sia determinata, attese le circostanze del caso soggettive 
ed oggettive, da uno smodato desiderio di arricchirsi ledendo l'altrui sfera 
giuridica morale; ch�, se fosse lesa direttamente la sfera giuridica patri-

I


I


I 


I ~ 

. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

moniale (e, quindi, se oggetto della tutela giuridica fosse il patrimonio) la 
categoria del delitto determinato da motivi di lucro, almeno ai fini dell'aggravante 
in questione, cesserebbe di avere rilevanza in quanto la fattispecie 
delittuosa verrebbe sussunta o nella prima o, per quanto si dir� 
.appresso, nella seconda categoria di delitti previste dal n. 7 dell'art. 61 c. p. 

Dall'ambito di applicabilit� dell'attenuante della speciale tenuit� del 
danno non solo esulano i delitti determinati da motivi di lucro, nella accezione 
interpretativa test� addotta, ma anche quei particolari illeciti penali 
che solo eventualmente possono determinare conseguenze economicamente 
dannose, non prevedute nella definizione paradigmatica del reato. La esclusione 
di questi ultimi reati deriva dalla definizione concettuale del e delitto 
che comunque offende il patrimonio �. 

� stato esattamente ritenuto (Cass., Sez. III, 19 ottobre 1957, VITALE, 
Giust. pen., 1958, III, 136) che i reati che comunque offendano il patrimonio 
sono quelli in cui il danno patrimoniale � assunto come elemento tipico e 
necessario della ipotesi criminosa, pur non essendo il patrimonio il bene 
giuridico principalmente protetto. 

Dalla enuncleazione concettuale delle due categorie di reati � cosi 
possibile determinare la sfera di applicabilit� dell'attenuante in questione, 
la quale, perci�, pu� essere concessa al colpevole di peculato, di malversazione 
e di concessione. Non sembra, invece, che la esclusione dell'attenuante 
nei reati finanziari possa dare adito a dubbi, non solo quando la 
pena � commisurata alla entit� del tributo evaso per cui l'inammissibilit� 
dell'attenuante � concettuale (Cass. 25 maggio 1956, Fico, Riv. it. dir. pen., 
1957, 497), ma anch~ quando la pena sia diversamente commisurata. Nei 
reati finanziari, infatti, il danno al patrimonio dello Stato non � assunto 
come elemento tipico e necessario della ipotesi criminosa, e l'eventuale 
sua esistenza, in particolari fattispecie, � elemento estraneo alla configurazione 
giuridica del reato e pu�, talvolta, atteggiarsi come motivo di lucro 
determinante del delitto. Ci� importa per un verso l'inapplicabilit� dell'attenuante 
in questione in quanto i reati finanziari non offendano il patrimonio 
dello Stato, bensl il suo diritto fondamentale di imporre i tributi e 
regolarne la riscossione e la distribuzione nell'interesse delLa collettivit� 

(Cass. 25 maggio 1956, Riv. it. dir. pen., 1957, 497; Cass. 6 luglio 1953, 
Giur. compl. Cass. pen., 1953, III, 514, n. 4972; Cass. 10 dicembre 1953, 
Arch. pen., 1954, Il, 486; Cass. 7 ottobre 1964, Giust. pen., 1965, II, 38) 
e per altro verso la possibilit� di determinare, caso per caso, l'applicabilit� 
dell'aggravante di cui al n. 7 dell'art. 61 c. p. sotto il profilo della sussistenza 
del motivo di lucro determinante del delitto. 

La giurisprudenza � costante nel ritenere la inapplicabilit� della atte


nuante della speciale tenuit� del danno in materia di contrabbando, esclu


dendo la configurazione di reato che comunque offende il patrimonio al 

contrabbando interno di monopolio e qualificando come fattispecie atipica 

di reato complesso, che in ogni caso ha natura di contrabbando doganale, 

il contrabbando che abbia per oggetto tabacchi esteri (Cass., Sez. I, 19 gen


naio 1965, RATTI, Giust. pen., 1965, II, 418; Cass. Sez. I, 23 ottobre 1964, 

PAOLETTI, Giust. pen., 1965, II, 122; Cass., Sez. I, 15 gennaio 1962, TuRso, 

Cass. pen., Mass., 1962, 308, n. 524; Cass. Sez. I, 26 marzo 1958, GoNFANELLI, 

Giust. pen., 1960, II, 112). 

Esclusa, pertanto, l'applicabilit� dell'attenuante in questione per i reati 

finanziari, tenendo presente il criterio discriminante tra delitti determinati 

da motivi di lucro e delitti che comunque offendano il patrimonio, non pu� 

non aprovarsi l'indirizzo giurisprudenziale eh~ ne afferma la inapplicabilit� 


1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ai delitti di falsit� in atti pubblici e di falso nummario (Cass., Sez. III, 
20 novembre 1964, LoRENZETTI, Giust. pen., 1965, II, 362; Cass., Sez. III, 
13 febbraio 1964, TEDESCO e altro, Foro pen., 1964, 490; Cass., 19 ottobre 
1957, VITALE, Riv. pen., 1958, II, 917; Cass., 14 novembre 1957, BENINCASA, 
Riv. pen., 1958, 253, n. 225) mentre ne stabilisce l'applicabilit� ai delitti di 
falsit� in scrittura privata, specialmente in tema di falsit� in cambiali, 
ritenendo che la tutela penale dell'autenticit� dei titOili di credito ha come 
oggetto anche il diritto di credito incorporato nel titolo (Cass., Sez. III, 
18 novembre 1964, BAIANO, Giust. pen., 1965, II, 197; Sez. Un., 9 luglio 1960, 
EsTI, Cass. pen., Mass., 1961, 72, n. 129). 

Quanto alla possibilit� di applicazione al delitto tentato ci sembra 
esatta l'osservazione secondo cui � la soluzione dipende fondamentalmente 
dal valore che si attribuisce alla circostanza; assunta nel suo valore realegenerale, 
implica che il danno si sia verificato, e quindi si preclude ogni 
rilevanza nel caso di tentativo; assunta nel suo significato sintomaticoparticolare, 
di indice della attitudine criminale, del soggetto, pu� operare 
anche se, come nel delitto tentato, il danno non si � realizzato. Decisiva � 
la possibilit� di determinare l'entit� del danno che verosimilmente sarebbe 
stato cagionato nell'ipotesi di consumazione del delitto � (MALINVERNI, 
Enc. del diritto, Milano, VII, 89, con richiami ivi riportati). 

Il carattere oggettivo della circostanza � pacifico. 

Al fine di stabilire la sussistenza del requisito della speciale tenuit� 
del danno si tratta di determinare rispetto a quale degli �elementi qualificanti 
la circostanza come oggettiva debba commisurarsi il danno: se rispetto 
all'oggetto del danno (valore dell'oggetto in s� e per s� considerato: criterio 
oggettivo) ovvero se rispetto alla condizione economica del soggetto passivo 
del reato (criterio soggettivo). La giurisprudenza � costante nell'adottare 
come criterio fondamentale quello del valore della cosa; e la massima in 
rassegna ribadisce il principio gi� accolto in numerose sentenze (tra le 
ultime si citano: Cass., Sez. II, 28 aprile 1965, LIMITI, Riv. pen., 1965, II, 
994; Cass., Sez. II, 1� febbraio 1965, BORTOLAN, Cass. pen., Mass., 1965, 674; 
Cass., Sez. II, 26 gennaio 1965, MAZZOLINI ed altro, Cass. pen., Mass., 1965, 
581; Cass., Sez. II, 27 ottobre 1964, VALSECCHI, Giust. pen., 1965, II, 355; 
Cass., Sez. II, 25 settembre 1964, CARDILE, in questa Rassegna, 1965, I, 1096; 
Cass., Sez. II, 14 novembre 1963, MARINO ed altri, in questa Rassegna, 1964, 
II, 432 ed ivi richiami). 

Dall'esame della giurisprudenza si evince che il criterio obiettivo � 
l'unico preso in considerazione ai fini della sussistenza del requisito della 
tenuit� del danno, in quanto impropriamente si fa riferimento alla condizione 
del soggetto passivo come criterio sussidiario. Tale ultimo criterio 
viene in considerazione solo sotto un aspetto negativo e, cio�, per escludere 
l'applicabilit� dell'attenuante, attese le disagiate condizioni economiche del 
soggetto passivo, laddove essa sarebbe invece applicabile in virt� del criterio 
obiettivo, per il quale il danno sarebbe di speciale tenuit�. 

La considerazione esclusivamente negativa del c. d. criterio sussidiario 
emerge chiaramente nella ipotesi in cui danneggiato sia lo Stato od un ente 
pubblico, dovendosi qui avere riguardo per la determinazione dell'entit� 
del danno esclusivamente al valore del bene in s�. Considerata, infatti, la 
consistenza patrimoniale di detti enti, ove si tenesse conto in via positiva 
del criterio sussidiario, l'attenuante troverebbe larghissima applicazione 
tanto da poter costituire un incentivo ad incrementare il delitto contro il 
patrimonio dello Stato o degli enti pubblici. 

R. CANANZI 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1177 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 1 giugno 1966, n. 840 -Pres. Rosso 
-Rel. Conti -P. M. Oliva (conf.). Rie. Bonifazi. 

Lavoro -Riposo settimanale -Nozione -Riposo concesso dopo pi� di 
sei giorni lavorativi, anche se nel ciclo di ogni settimana -Illiceit�. 

(1. 22 febbraio 1934, n. 370, artt. l, 3, 15, 27; I. 11 dicembre 1952, n. 2466, art. 1). 
Dagii artt. 1, 3 e 15 della legge 22 febbraio 1934, n. 370 � desumibile 
il principio che, salvo le eccezioni stabilite dalla legge, il riposo 
di 24 ore consecutive, dovuto ogni settimana al personale che presta la 
sua opera alle dipendenze altrui -e che di regola deve cadere di domenica 
e decorrere da una mezzanotte all'altra -, debba segui1�e i sei 
giorni di lavoro. Quindi il termine � settimana �, di cui all'art. 1 della 
legge, non pu� essere inteso nel senso che comprende lo spazio di 
tempo che va dalle ore O di luned� alle ore 24 della domenica successiva, 
ed incorre nella sanzione di cui all'art. 27, modificato dall'articolo 
1 legge 11 dicembre 195.2, n. 2466 che concede il riposo di 24 ore 
consecutive dopo pi� di sei giorni lavorativi, anche se nel ciclo di 
ogni settimana di calendario (1). 

(Omissis). -Osserva la Corte che il ricorso non merita accoglimento. 
La tesi accolta dal giudice di merito si richiama espressamente 
alle argomentazioni contenute nella sentenza della Cassazione: II Sez. 

(1) La sentenza pubblicata � meritevole di approvazione. La ratio informatrice 
di tutta la legislazione che disciplina le � pause � del lavoro � 
infatti la tutela dela integrit� psicofisica del prestatore, tutela tanto intensa 
da operare nonostante ogni patto contrario (c. d. tutela del prestatore 
� contro � o � nonostante � la sua volont�). Non v'� dubbio che la esigenza 
del riposo settimanale non possa ritenersi soddisfatta da una commisurazione 
comparativa fra giorni di lavoro e giorni di riposo (C'ommisurazione 
invece propria alla diversa esigenza che postula la concessione delle 
� ferie �), sibbene dalla determinazione di un ritmo, o ciclo lavorativo, che 
intercali con regolarit� il giorno di riposo a quelli di lavoro. 
Ogni diversa interpretazione delle norme che regolamentano il riposo 
settimanale porterebbe ad una confusione fra i vari istituti (riposo settimanale, 
ferie, congedi diversi ecc.) che nel loro complesso configurano la 
disciplina legale delle � pause � nel lavoro subordinato. Se � vero, infatti, 
che tutti i detti istituti soddisfano l'esigenza di una tutela della salute del 
lavoratore, vero � anche, peraltro, che ognuno di essi risponde ad una pi� 
specifica ed articolata protezione di tale bene individuale e sociale, all'insegna 
dell'imposizione di particolari regole cogenti per la tutela di una 
integrit� psicofisica considerata nei molteplici aspetti sotto i quali ne va 
curata la conservazione. 

Il riposo settimanale risponde indubbiamente ad una esigenza di. 

� pausa � regolarmente ricorrente: diversamente le ragioni che ne deter

1178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Civile: 25 luglio 1964, n. 2040 e perviene all'affermazione di respon� 
sabilit� dell'imputato ponendo a base del proprio ragionamento i seguenti 
argomenti: 

1) il riferimento del termine �settimana � di cui all'art. 1 Legge 
370 del 1934 a qualsiasi periodo di 7 giorni e non alla settimana di 
calendario; 

2) l'obbligo del datore di lavoro di concedere al lavoratore il 
riposo settimanale entro e non fuori del ciclo di 7 giorni e cio� dopo 
sei giorni lavorativi. 

3) L'identica cadenza del riposo domenicale sancito dall'art. 3 
della Legge sucitata. 

4) La norma dell'art. 15 della legge che consente la possibilit� 
di concedere ad alcune categorie di lavoratori -(personale viaggiante 
addetto ai vagoni-letto, commessi viaggiatori) -il riposo a intervalli 
pi� lunghi d'una settimana, e cio� dopo un periodo superiore a 6 giorni 
lavorativi, costituisce l'unica ipotesi di deroga consentita dalla legge 
acch� il riposo settimanale venga dato oltre sei giorni di lavoro. 

La difesa del ricorrente ha contestato la tesi ac�olta dal Pretore 
e sia nei motivi, che nelle memorie, nonch� all'orale dibattimento ha 
tentato di confutare le argomentazioni del giudice di merito, sostenendo, 
in riferimento ai punti posti a fondamento della decisione impugnata: 


1) che il termine � settimana � comprende il periodo di tempo 
che va dalle ore O di luned� alle ore 24 della domenica successiva; 

minano l'imposizione sfumerebbero nel campo di quelle che presiedono al 
riposo annuale, giungendosi -al limite -alla concessione di 52 giornate 
festive al termine dell'anno lavorativo. 

Tale interpretazione � confortata anche dalla sua conformit� alle 
convenzioni della O.I.L., in particolare n. 14 del 25 ottobre 1921 e 106 del 
5 giugno 1957, citate in motivazione, in cui si precisa che �il lavoratore 
dovr� godere durante ogni periodo di sette giorni di un riposo che comprenda 
al minimo 24 ore consecutive �. In tale senso � anche la migliore 
dottrina francese, la quale afferma che nessuna settimana deve comportare 

� pi� di sei giorni di lavoro � (RIVERO e SAVATIER, Droit du travail, Parigi, 
1960, 363 e 366). 
In giurisprudenza vedasi l'autorevole precedente della Cassazione civile 
(Sez. II, sent. 25 luglio 1964, n. 2040, Soc. Italiana per il Gas c. Albanesi) 
riportata in Foro it., 1964, I, 1585. Vedi anche Trib. Roma, 29 luglio 1961, 
con nota critica di GumoTTI, Dir. lav., 1962, II, 337 ed ivi ampi richiami. 
In dottrina, BARASSI, Il diritto del lavoro, vol. II, Milano, 1957, 474; SEVERINO, 
Massimario di Giurisprudenza del Lavoro e della Previdenza Sociale, 
1949-1958, Roma, 1960, 185; D'EUFEMIA, L'orario di lavoro e i riposi, Trattato 
dir. lav. di Borsi e Pergolesi, 1959, III, 243; Ricc:i, Riposo settimanale 
e ferie nel rapporto di lavoro subordinato, 1956, 423. 

I. F. C. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1179 

2) che l'obbligo imposto dalla legge sul riposo settimanale deve 
ritenersi legalmente assolto sempre che -come nella specie -il riposo 
venga dato nel ciclo d'ogni settimana di calendario, anche se oltre i sei 
giorni lavorativi; 

3) che nel quadro di tale interpretazione il sistema del riposo 
settimanale a turni, adottato dall'imputato a richiesta degli stessi lavoratori 
non� pu� costituire violazione d'un obbligo legale penalmente 
sanzionato. 

Nel contrasto delle opposte tesi ritiene la Corte che la soluzione 
del problema giuridico, concernente l'interpretazione da darsi alla 
norma dell'art. 1 della legge che riconosce al lavoratore il diritto ad 
un riposo settimanale di 24 ore consecutive, per ogni settimana adottata 
dal Pretore, � ineccepibile e merita conferma, in quanto � conforme 
alla retta interpretazione delle norme vigenti in materia. 

Come ha bene osservato la sentenza il riposo, per essere. � settimanale 
�, deve cadere necessariamente nello spazio di sette giorni, 
quanti sono appunto i giorni che compongono una settimana, sia che 
la si voglia far decorrere dal lunedl alla domenica, che da uno qualsiasi 
degli altri giorni intermedi, sino al corrispondente della settimana 
successiva. 

D'altra parte l'espressione �ogni settimana � usata specificamente 
dalla. legge, ripete e rafforza questo concetto, in quanto non � dentro 
alla settimana, ma fuori di essa, quel riposo che sia dato e goduto 
oltre il ciclo di sette giorni. 

Ha osservato il Pretore che tutte le leggi protettive e di prevfdenza 
sociale sono, di norma, categoriche e sovente munite di sanzione 
penale, in quanto espressione di una disciplina informata ad interessi 
superiori: cosi come le norme sul riposo domenicale e settimanale sono 
rigidamente � categoriche � avendo con esse il legislatore inteso imporre 
la sua volont� escludendo espressamente che la volont� dei sottoposti 
alla loro osservanza possa derogarvi, sia pure in forme intersindacali. 
E tale categoricit� della legge protettiva trova giustificazione nella 
rilevanza dell'interesse tutelato quale quello biologico ed umano del 
lavoratore al limite legale dell'orario di lavoro settimanale. Tali esigenze 
d'una restaurazione fisiologica delle energie impiegate nel processo 
produttivo hanno indotto il legislatore a concedere altre pause 
di lavoro a pi� largo intervallo (ferie, congedi) oltre quelle che naturalmente 
decorrono tra una giornata e l'altra di lavoro e tra una settimana 
e l'altra. 

La sentenza impugnata, dopo avere richiamato i principii che valgono 
a fissare il carattere inderogabile del diritto del prestatore d'opera 
al riposo settimanale, � passata ad esaminare, nell'ambito delle norme 
contenute nella legge 22 febbraio 1934, n. 370, in qual modo il datore di 

16 



uso RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lavoro possa e debba adempiere, sia in via ordinaria, che in regime 
di deroga, al precetto relativo senza incorrere nelle sanzioni penali 
previste dall'art. 27 stessa legge aumentate dalla 1. 11 dicembre 1952, 

n. 2466. Premesso che giusta l'art. 1 legge surichiamata il legislatore 
ha fissato, in regime ordinario, le modalit� del riposo stabilendo che 
questo deve essere dato ogni settimana, per 24 ore consecutive deve 
essere dato la domenica, salvo le eccezioni stabilite dagli artic�li seguenti: 
e che esso cada di domenica, o in altro giorno della settimana, 
deve decorrere da una mezzanotte all'altra, ovvero dall'ora che sar� 
stabilita dai contratti �collettivi di lavoro, o in mancanza di detti contratti 
e quando la richieda la natura dell'esercizio, dall'Ispettorato del 
Lavoro. Dal che si deduce che nel ciclo d'ogni settimana il giorno di 
riposo deve seguire a sei giorni consecutivi di lavoro, avendo il legislatore 
adottato il rapporto da uno a sei tra riposo e giornate lavorative, 
non solo per stabilire una proporzione tra riposo e lavoro, ma 
anche per regolare gli intervalli tra i due riposi: senza di che gli scopi 
e gli interessi che si intesero perseguire e tutelare sarebbero frustrati. 

E che tale sia la ratio legis si desume agevolmente dalle norme -�~ 

dell'art. 15 della legge, che solo eccezionalmente ammette e limitatamente 
al personale ivi indicato -commessi viaggiatori, personale addetto 
ai vagoni letto e personale equiparabile -che il riposo pu� essere 
dato ad intervalli pi� lunghi di una settimana, purch� la durata complessiva 
di esso, ogni trenta giorni, o nel periodo �che sar� determinato 
dai contratti collettivi di lavoro, corrisponda a non meno di 24 ore 
consecutive per ogni sei giornate lavorative. 

Il che sta a confermare che il principio cui si � ispirato il legislatore 
� che a sei giorni di lavoro deve seguire un giorno di riposo, 
tanto vero che, nei casi suricordati di carattere eccezionale, in cui � 
possibile intervallare il riposo a periodi pi� lunghi d'una settimana, 
� pur sempre necessario conservare intatto il rapporto d'uno a sei 
nella determinazione della durata complessiva del riposo compemsativo. 

La contraria tesi posta a base del ricorso dalla difesa del ricorrente, 
illustrata nelle memorie, nei motivi aggiunti e oralmente allo 
<Odierno dibattimento, secondo cui il termine settimana comprende lo 
�spazio di tempo che va dalle ore O di lunedl alle ore 24 della domenica 
successiva, onde l'obbligo imposto dalla legge dovrebbe considerarsi 
assolto se il riposo di 24 ore consecutive venisse concesso anche dopo 
'6 giorni lavorativi, purch� nel ciclo d'ogni settimana di calendario, non 
pu� essere accolta. Essa parte dal presupposto che la legge 22 febbraio 
1934, n. 370 si limiti ad affermare il solo principio che � dovuto un 
giorno di riposo per ogni settimana e che sarebbe, pertanto, rimesso 
alla libert� contrattuale delle parti lo stabilire a quale intervallo debba 
:seguire il giorno di riposo e a che distanza l'uno dall'altro debbano 
essere intervallati, tra loro, i vari giorni di riposo in un certo periodo 


PARTE �1, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1181 

di tempo. Ma siffatta interpretazione � del tutto arbitraria sia perch�, 
affermando che l'art. 1 si limiterebbe a prescrivere il riposo di 24 ore 
consecutive ogni settimana, senza.� indicare a quale intervallo essa 
debba seguire rispetto al precedente giorno di riposo, non tiene conto 
che il successivo art. 3 prescrive, come regola, che il riposo dev'essere 
dato di domenica, cio� dopo 6 giorni consecutivi di lavoro, sia perch� 
tale tesi non tiene conto dello scopo sociale ed umano della legge, 
che � quello di garantire ad ogni lavoratore, non solo un giorno di 
riposo ogni' settimana, ma anche un preciso rapporto d'alternativa 
tra lavoro e riposo, onde evitare il sacrificio d'un lavoro prolungato e 
il danno che potrebbe derivare al lavoratore dall'accomularsi, oltre 
misura, della 1atica. 

Quanto all'altro rilievo, contenuto nei motivi di ricorso, fondato 
sulla espressione e intervalli pi� lunghi d'una settimana � di cui al 
citato �art�.15 della legge, secondo cui, riferendosi la norma legislativa 
all'intervallo d'una settimana, essa starebbe a significare che es~o � .di 
sette giorni. e non gi� di sei,� siccome ritenuto dal giudice di merito, 
giova subito .osservare che anche tale rilievo non ha consistenza giuridica. 
La legge., in1atti, par1an~o di e intervalli pi� lunghi d'una settimana 
� ha inteso riferirsi all'ipotesi che il giorno di riposo non sia compreso 
nel ciclo d'una settimana -e cio� in quel lasso di tempo che 
di regola � quello entro il quale �al lavoratore � concesso di .fruire del 
riposo settimanale di 2.4 ore consecutive -senza peraltro riconoscere 
la . possibilit� d'un intervallo di sette giorni . tra l'uno e l'altro .�giorno 
di riposo. 

E che tl'!le �� il precetto della norma si deduce dal fatto che subito 
dopo l'espressione e intervalli pi�.lunghi di una settimana � si ribadisc.e 
che in tal senso la durata <;:omplessiva del riposo deve essere rapportata 
alla proporzione di non meno di 24 ore consecutive di riposo � per 
ogni sei giornate lavorative �. 

Secondo l'interpretazione meramente formalistica, che ancora la 
legge alla cosidetta settimana di calendario,. in contrasto con la norma, 
oltre che con le finalit� che essa intende perseguire, si arriverebbe 
all'assurda conseguenza giustamente ripudiata dalla sentenza impugnata, 
che si dovrebbe ritenere lecito �protrarre il lavoro anche per dodici 
giorni, dando ad esempio il riposo in una settimana il luned� e in quella 
immediatamente successiva nell'ultimo giorno, e cio� la domenica. Il 
che sarepbe in netto contrasto con la norma che impone l'obbligo del 
riposo e settimanale � di 24 ore, stal;>ilendo cio� che esso deve essere 
compreso in un ciclo di sette giorni, nella proporzione d'un giorno di 
riposo, per ogni sei giorni di lavoro. 

N� ha valore il richiamo fatto dalla difesa del ricorrente alle disposizioni 
contenute nel r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692, relativo alle limitazioni 
dell'orario di lavoro e alla tabella 25 annessa al r. d. 10 settem




1182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
bre 1923, n. 1957, indicante le industrie e le lavorazioni per le quali 

� consentito superare le otto ore di lavoro giornaliero e le 48 ore settimanali. 
l'ali disposizioni riguardanti la facolt� di superare le 48 ore 
riconosciute nelle industrie con lavoro a processo continuo (n. 2 della 
tabella) sempre che il lavoro si svolga, come nel caso di specie, a tripla 

squadra, costituiscono solo una deroga alle limitazioni all'orario di 
lavoro e non hanno per oggetto il riposo settimanale, che ha autonoma 
disciplina. 

Per cui se � consentito in una settimana un orario di lavoro di 
56 ore, anzich� di 48 ore (ferma restando la media di 48 ore settimanali 
nel ciclo di 3 settimane) tale aumento dell'orario di lavoro non pu� 
tradursi in una perdita del riposo settimanale, come riposo dopo sei 
giorni consecutivi di lavoro, ma dev'essere effettuato nei giorni lavorativi. 
Tanto si ricava dal combinato disposto dalle norme che disciplinano 
nel senso suindi�ato il riposo settimanale e quelle che disciplinano 
rorario di lavoro. 

Sulla base delle suesposte a;rgomentazioni deve concludersi che .�' 
il primo motivo di ricorso, anche se basato su argomentazioni serie 
e di indiscusso valore dialettico, denotanti un esame e�t un approfondimento 
completo della questione, mirante ad escludere, sotto l'aspetto 
aggettivo, ogni carattere d'illecito penale alla mancata osservanza 
della norma dell'art. 1 della 1. 22 febbraio 1934, n. 370, va rigettato 
in quanto la soluzione adottata � indubbiamente esatta, trovando essa 
fondamento sulle considerazioni di carattere giuridico e sociale assolutamente 
ineccepibili. Non senza rilevare, infine, su tale argomento, 
che tale soluzione si adegua anche alle �convenzioni della O.I.L. sul 
riposo settimanale n. 14 del 25 ottobre 1921, resa esecutiva con r. d. 
20 marzo 1924, n. 580 e n. 106 del 5 giugno 1957 resa esecutiva con 

d. r. p. 23 ottobre 1961, n. 1660. Esse infatti precisano che, indipendentemente 
dal giorno in cui il riposo potr� essere concesso, il lavoratore 
e dovr� godere durante ogni periodo di sette giorni, di un riposo che 
comprenda al minimo 24 ore consecutive �. Il che sta a ribadire che 
anche secondo le convenzioni internazionali il regime di riposo settimanale 
pu� ritenersi osservato solo se nessun periodo di sette giorni, 
comunque calcolato, risulta privo di un giorno -24 ore consecutive di 
riposo settimanale. 
Ne consegue che anche se in pratica avviene che i datori di lavoro 
e gli stessi lavoratori ritengono che la deroga al principio del riposo 

-~ 

domenicale comporti, automaticamente la deroga al principio del riposo 
settimanale, occorre tenere presente che le due norme sono chiaramente 
distinte. Onde � che se anche dal punto di vista della tecnica 
dell'organizzazione aziendale � possibile attivare dei turni di servizio 
che consentano di disporre anche di domenica delle unit� lavorative 
necessarie, e di concedere ad ogni lavoratore il riposo a turno in giorni 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1183 

diversi della settimana, resta per tuttavia sempre fermo e inderogabile 
l'obbligo per il datore di lavoro di osservare un ritmo sul quale le 
giornate di riposo cadano dopo non pi� di sei giorni consecutivi di 
lavoro. 

N� ha maggior fondamento l'altra doglianza strenuamente sostenuta 
e illustrata ampiamente per iscritto e oralmente dalla difesa del 
ricorrente secondo cui il Pretore avrebbe erroneamente applicato la 
legge penale comportante la sanzione punitiva per omessa osservanza 
dell'art. 1 della legge 370, nonostante l'assoluto difetto dell'elemento 
soggettivo del reato, per carenza assoluta di dolo o colpa, ma, anche 
della coscienza della illeceit� del fatto, che costituisce presupposto 
della responsabilit� penale nei reati contravvenzionali quale quello 
contestato al Bonifazi. 

Senza �attardarsi ad esaminare le varie teorie richiamate dal Pretore 
a sostegno della tesi contraria a quella prospettata dalla difesa 
ai fini della prova dell� sussistenza dell'elemento psicologico de~ reato, 
osserva la Corte che in tema di reati contravvenzionali, allo stato, lo 
orientamento prevalente nella giurisprudenza di questo S. C. � quello 
ribadito dalle S. U. con sentenza 7 dicembre 1963 P. M. C. Zorli, secondo 
cui la colpevolezza pu� consistere anche nella semplice colpa, 
per cui la buona fede, che consiste nella convinzione dell'agente della 
leceit� del fatto, non pu� aver rilevanza qualora l'erronea supposizione, 
ora detta, sia dovuta a colpa. � stato infatti pi� volte affermato: � perch� 
possa trovare adito la buona fede che esclude la responsabilit� 
nei reati contravvenzionali in genere, occorre dimostrare che l'agente 
non versava in colpa, e abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilit� 
per uniformare la propria condotta alle disposizioni di legge 
(Sez. Un. 7 dicembre 1963 cit. Sez. III, 24 gennaio 1962 Briganti: 
Sez. III, 16 marzo 1965 Borletti). Nella specie, dagli accertamenti del 
giudice di merito, � emerso che l'imputato, quale direttore dello stabilimento 
della � Soc. Terni > di Papigno, aveva avocato a s� la responsabilit� 
dei turni di lavoro a tripla squadra e della cadenza dei riposi 
settimanali, senza sottoporre preventivamente gli schemi adottati al 
competente Ispettorato del Lavoro, organo cui compete istituzionalmente 
il controllo delle prestazioni di lavoro svolte in regime eccezionale 
di deroga, siccome prescritto dalla 1. 22 febbraio 1934, n. 370. 
In tale comportamento il Pretore ha ravvisato un indubbio elemento 
di colpa dell'imputato, � anche in considerazione che proprio in quel 
periodo autorevoli sentenze di Corti di merito e di questa S. C. regolatrice 
avevano definito il concetto e le modalit� d'attuazione dei riposi 
settimanali e lo stesso Ispettorato del Lavoro erasi adeguato a tale 

giurisprudenza �. Lo stesso giudice di merito ha escluso, in punto di 
fatto, la asserita buona fede dell'imputato, la quale a dire della difesa, 
trovava il suo fondamento nella tolleranza, ormai invalsa negli stabi




1184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

limenti della � Soc. Terni � di concedere turni di riposo settimanali 
oltre i sei giorni lavorativi, e nella tolleranza o inerzia tenuta dalla 
pubblica autorit� al riguardo. Ha osservato in proposito il Pretore 
che mentre la consuetudine contraria alla legge penale si risolve in 
errore di diritto o in ignoranza della legge che non scusa, la stessa 
tolleranza da parte dell'autorit� addetta al controllo delle prestazioni 
di lavoro e dei riposi settimanali, era invocata fuori luogo dato che, 
a prescindere dalla considerazione che, da una siffatta tolleranza, non 
p�trebbe desumersi l'errore scusabile nella interpretazione della. norma 
di legge, per se stessa manifestamente chiara, risultava, in fatto a dire 
del verbalizzante che l'ispettorato del Lavoro non era mai stato informato 
dei turni di lavoro praticati dalla � Soc. Terni � nello stabilimento 
di Papigno. Il che bastava ad escludere anche l'asserita tolleranza 
o inerzia, da parte dell'Ispettorato del Lavoro, sulle quali la difesa 
ancorava la buona fede dell'imputato. 

Trattasi di apprezzamento di fatto, incensuraQile in questa sede, 
anche perch� motivato correttamente, con riferimento a esatti criteri 
giuridici, che dimostrano la esistenza dell'elemento psicologico nel 
caso di specie. -(Omissis). 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


s. 
CRISAFULLI BUSCEMI, La viabilit� pubblica nel diritto, vol. I, Argalia, 
Urbino, 1965, pagg. 338. 
L'opera del C. B. si aggiunge al Commentario del TREBBI (Le strade 
pubbliche e di uso pubblico, I.C.A., 1954) ed allo studio dell'ORUSA (Le 
strade pubbliche, I, Torino, 1964) in materia di pubblica viabilit� e costituisce 
un tentativo di sistemazione dommatica di un istituto che ha ricevuto, 
finora, prevalentemente trattazioni frammentarie. 

L'incompletezza dell'opera per la mancanza del secondo volume, 
annunciato ma non ancora pubblicato, non consente di dare un giudizio 
definitivo sulla riuscita del tentativo: appaiono chiare fin d'ora, per�, la 
seriet� dell'impegno e le capacit� costruttive dell'A. 

Con uno stile piano e scorrevole il C. B. inizia la trattazione del tema 
eon un excursus nel diritto romano, cui fanno seguito notizie storiche sulla 
pubblica viabilit� dall'epoca successiva alla caduta dell'impero d'occidente 
fino ai giorni nostri. 

Dopo un breve accenno ai problemi internazionali ed agli aspetti economico-
sociali della viabilit� pubblica, l'A. entra nel vivo della trattazione 
esaminando il concetto di demanialit� e quelo di appartenenza delle vie 
pubbliche. 

Distinguendo tra aspetto statico ed aspetto dinamico del fenomeno giuridico 
della pubblica viabilit�, il C. B. precisa che il primo si manifesta 
nella regolamentazione della propriet� dei beni apprestati allo scopo, il 
secondo nell'uso pubblico che caratterizza i beni medesimi. Esaminando il 
primo aspetto, statico e subbiettivo ad un tempo, l'A. qualifica il diritto 
dello Stato e degli Enti territoriali minori sulle strade pubbliche, in quanto 
beni demaniali, un pm�o diritto di propriet�, limitato e compresso dall'uso 
pubblico cui il bene � destinato e, quindi, sottoposto ad un particolare 
regime adeguato allo scopo. La definizione non ci trova del tutto consezienti. 
Come abbiamo gi� osservato in altra sede (Cfr. MAZZELLA, Sulla 
competenza a decidere le controversie tra Stato e Regione relative a beni 
demaniali, patrimoniali indisponibili e disponibili, in questa Rassegna, 
1958, 80), se � vero che nel rapporto di demanialit� sono comprese manifestazioni 
di sovranit�, di poteri di amministrazione e di polizia dell'Ente 
pubblico sul bene che nel concetto di propriet� non trovano alcuna spiegazione, 
bisogna rinunciare ad inquadrare tale rapporto nel concetto di propriet� 
e dire che esso, pur presupponendo e comprendendo in s� quello 
di appartenenza del bene, si estrinseca essenzialmente in una somma di 
poteri e competenze attribuite all'Ente pubblico sul bene, attesa la necessariet� 
di quest'ultimo per l'assolvimento di funzioni che l'Ente stesso ha 
assunto nelle proprie pubbliche finalit�. 

Seguendo il filo della sua impostazione, l'A. passa ad esaminare le 
limitazioni specifiche poste al diritto di propriet� delle vie pubbliche per 
poi trattare successivamente delle limitazioni specifiche al diritto di propriet� 
privata poste dal codice civile e dal codice dela strada. Seguono 
paragrafi dedicati alle servit� prediali, ai diritti di uso pubblico ed alle 
strade vicinali, alle obbligazioni reali imposte a tutela delle strade ed aree 

17 



228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubbliche, agli oneri reali con particolare riferimento a,i contributi di 
miglioria. 

La parte dedicata all'aspetto dinamico del fenomeno giuridico della 
viabilit� pubblica comprende nel presente volume solo l'esame dell'uso 
normale. Particolare rilievo assume in tale parte il tema della responsabilit� 
della P. A. per atti illeciti e quello dell'indennizzo del danno da attivit� 
legittima. Affrontando il primo argomento l'A. tocca i problemi sollevati 
in dottrina e giurisprudenza circa la responsabilit� da insidia, per 
difetto di segnaletica, di manutenzione e circa la responsabilit� dell'appaltatore 
nell'esecuzione di una strada pubblica. 

A conclusione di queste brevissime note si deve ricordare che il volume 
in rassegna � ricco di citazioni dottrinali e giurisprudenziali e che la sua 
consultazione � resa agevolissima da una serie di indici acuratamente predisposti. 


L. MAZZELLA 
I

P. 
VIRGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione, 
Giuffr�, Milano, 1966, pagg. 526. 
I 

Richiamandosi ai suoi noti, precedenti studi sul � diritto soggettivo � 

II

(VIRGA, Libertd giuridica e diritti fondamentali, Milano, 1947), l'A., dopo 
una brevissima premessa dedicata alle linee generali ed alla evoluzione 
storica in Italia ed in altri paesi europei della giustizia amministrativa, 
affronta fin dalle prime pagine del libro il tema delle posizioni giuridiche 
soggettive in diritto amministrativo, prendendo immediatamente partito 
contro il tradizionale criterio di distinzione tra diritti soggettivi ed interessi 

I~;.

::::

legittimi e suggerendo linee per una nuova, diversa impostazione del ~ 

problema. M 
Qualificato il diritto soggettivo come agere licere, giuridica possibilit� 
di assumere un comportamento in ordine ad una determinata situazione 

I

giuridica nei limiti segnati dalla norma (sul punto sembra utile un richiamo 
a BARBERO, Sistema del Diritto Privato Italiano, UTET, Torino, 1965, pagine 
128 segg.), il V. definisce l'interesse legittimo come pretesa della legittimit� 

I dell'attivit� amministrativa riconosciuta ad ogni soggetto che si trovi, ~ 
rispetto all'esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, in ~ 
una particolare posizione legittimante. �' 

Secondo l'A. l'interesse legittimo, al pari del diritto soggettivo, costituirebbe 
una posizione giuridica soggettiva, sostanziale ed autonoma rispetto 
all'azione giurisdizionale, ma si differenzierebbe da esso per il presupposto 
di una soggezione del soggetto ad una pubblica potest�, per la limitazione 
del soddisfacimento di esso all'annullamento dell'atto amministrativo viziato 
ed, infine, per il presupposto della preesistenza di un precedente rapporto 
di diritto privato o pubblico con la Pubblica Amministrazione come 
situazione legittimante. 

Rilevata una certa affinit� degli interessi legittimi con la categoria dei 
diritti di credito di diritto privato, sia per la mancanza in entrambi della 
facolt� di godimento e sia per la necessit� di un rapporto di soggezione 
come loro presupposto, il V. si sofferma lungamente sull'analisi delle varie 

posizioni legittimanti. 

Dopo aver ricordato che queste ultime non risultano precisate n� dall'art. 
26 del t. u. sul Consiglio di Stato n� da altre disposizioni di legge che 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 229 

si riferiscono alla tutela degli interessi legittimi, l'A., sulla scorta dei dati 
elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza in materia, riconduce le 
singole situazioni legittimanti a quattro fondamentali: a) titolarit� di un 
diritto soggettivo privato o pubblico; b) dovere dell'Amministrazione di 
provvedere in ordine all'istanza del privato; c) destinatariet� di un precedente 
provvedimento amministrativo; d) rapporto di subordinazione speciale 
nei confronti dell'Amministrazione. 

L'analisi viene spinta successivamente ai c. d. diritti affievoliti, tenuti 
distinti dagli interessi legittimi veri e propri, ai criteri per giungere ad una 
soddisfacente classificazione degli interessi legittimi e ad una completa 
enumerazione delle loro caratteristiche (personalit�, trasmissibilit�, rinunciabilit�), 
all'individuazione dei lati positivi e dei limiti dei vari orientamenti 
dottrinali escogitati per distinguere i diritti soggettivi dagli interessi 
legittimi (criteri fondati o sulla distinzione fra norme di relazione e norme 
di azione o sulla .distinzione tra provvedimento vincolato e provvedimento 
discrezionale o, infine, sulla distinzione tra carenza e cattivo uso del potere 
discrezionale). 

Dopo queste premesse di ordine generale sulle posizioni giuridiche 
soggettive, il V., passando a trattare del giudizio innanzi l'Autorit� Giudiziaria 
Ordinaria, affronta i noti problemi sulla competenza, sui poteri 
del giudice� ordinario rispetto al provvedimento amministrativo, sull'ammissibilt� 
di determinate azioni nei confronti dell'Amministrazi"One Pubblica, 
non omettendo di dedicare un capitolo a parte ai poteri del giudice 
ordinario nella materia tributaria. La trattazione � completata da un esame 
dei rapporti tra giudizio civile ed amministrativo, dall'analisi delle varie 
deroghe al diritto processuale comune e delle limitazioni ai p"Oteri istruttori 
del giudice nei giudizi in cui � parte la P. A. oltre che da una illustrazione 
della particolare, privilegiata procedura per la riscossione delle 
entrate della P. A. 

Secondo lo schema consueto nelle trattazioni della materia, le successive 
parti del volume sono dedicate all'azi"One giurisdizionale amministrativa 
ed al relativo processo ed alle giurisdizioni amministrative speciali. 

Sulla scorta dell'art. 24 della Costituzione, l'A. costruisce il diritto al 
ricorso in modo sostanzialmente analogo al diritto di azione ed attribuisce 
ad esso i caratteri di un diritto soggettivo pubblico collegato con una posizione 
giuridica sostanziale ma autonomo rispetto ad essa. Le condizioni della 
azione giurisdizionale amministrativa vengono distinte dai presupposti del 
processo, viene approfondito il tema della natura della giurisdizione amministrativa, 
sono messi in luce i suoi caratteri ed illustrate adeguatamente 
le funzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e le varie specie di competenza 
a tale organo attribuite. In questa parte sono altres� affrontati i 
tradizionali problemi relativi alla decisione amministrativa (efficacia oggettivo 
e soggettiva del giudicato, esecuzione, giudizio di ottemperanza ex 
art. 27, n. 4 t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato) ed ai rimedi offerti 
dalla legge contro di essa. 

Nella parte dedicata alle giurisdizioni amministrative speciali sono, 
invece, esaminati i giudizi innanzi al Consiglio di Gustizia Ammnistrativa 
per la Regione Siciliana, alla Giunta Giurisdizionale Amministrativa della 
Valle d'Aosta, alla Giunta Provinciale Amministrativa in sede giurisdizionale, 
alla Corte dei Conti ed ai Tribunali delle Acque. In tale sede viene, 
altres�, trattat'O il giudizio di appello avverso le decisioni della G.P.A. 

Il libro in rassegna presenta l'indiscutibile pregio di offrire allo studioso 
un quadro chiaro ed esauriente di tutto quanto � stato elaborato fino 



230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad oggi dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella materia trattata. Lo stile 
rapido ed efficace dell'A. e le notevoli capacit� di sintesi consentono che 
tutto ci� avvenga in un numero di pagine piuttosto ristretto rispetto alla 
vastit� degli argomenti affrontati. 

Il maggiore interesse del volume � dato, a nostro avviso, dall'applicazione 
delle note teoriche del V. in tema di diritti soggettivi al campo 
della giustizia amministrativa. 

Sul piano dommatico l'A. aderisce all'indirizzo scientifico che riconosce 
autonomia al diritto processuale amministrativo. Interessante, sotto 
tale profilo, le applicazioni al processo amministrativo, concepito come processo 
di parti, sia pure con speciali caratteristiche inerenti alla qualit� 
dei soggetti ed alla particolarit� della procedura, dei risultati della pi� 
moderna dottrina processualistica. 

Particolarmente, utile, appare infine l'inserimento nel volume di una 
parte relativa a tutti gli aspetti particolari, anche i pi� minuti, che viene 
ad assumere il giudizio del cittadino contro lo Stato. 

L. MAZZELLA 
SEGNALAZIONI* 

P. 
BARILE, Delegazioni legislative esauritesi anteriormente alla Costituzione 
Repubblicana e competenza della Corte Costituzionale, Giur. 
Cost., 1966, 37. 

L'A. annota la sentenza 10 gennaio 1966, n. 2, della Corte Costituzionale 
che ha affermato la propria competenza a decidere su di una questione 
di legittimit� costituzionale, relativa ad una delegazione legislativa 
esauritasi in tempo anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, al 
fine di accertare l'esistenza di una legge di delegazione avente ad oggetto 
una materia ben definita e l'osservanza da parte del legislatore delegato 
dell'estensione data alla delega. 

Secondo il B. il fatto che la Corte Costituzionale debba ritenersi senza 
dubbio competente a giudicare la legittimit� costituzionale delle leggi anteriori 
alla Costituzione Repubblicana non comporta necessariamente la 
conseguenza della competenza a giudicare delle leggi delegate anteriori 
alla Costituzione (in contrasto, peraltro, non con questa ma con quella 
del tempo in cui furono emanate), perch�, mentre nella prima ipotesi le 
norme di legge sono state emanate in conformit� con la Costituzione 
dell'epoca ma possono risultare in contrasto con le norme della Costituzione 
Repubblicana, nel secondo caso le norme delegate anteriori sono 
state emanate in violazione della Costituzione dell'epoca ma per esse non 
si pone neppure il problema del loro contrasto con la Costituzione Repubblicana, 
in omaggio al principio tempus regit actum. 

Richiamandosi ad una sentenza della Corte di Cassazione del 1960, 
l'A. sostiene che la Corte Costituzionale � istituita a difesa della Costituzione 
attuale e che il concetto di illegittimit� costituzionale attiene 

� A cura dell'avv. L. MAZZELLA. 

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 
231 

unicamente ad un problema di incompatibilit� e contrasto tra le vecchie 
leggi ed il nuovo ordinamento costituzionale. 

Dopo aver criticato le opposte tesi di ESPOSITO ed ABBAMONTE, il B. 
conclude il suo scritto ribadendo la tesi dell'incompetenza della Corte 
Costituzionale e ritenendo tuttora lecito e possibile il controllo del giudice 
comune, naturalmente nei limiti delle precedenti norme costituzionali e 
con gli effetti pure precedentemente previsti (disapplicazione inter partes). 

V. 
BAROSIO, Il divieto di pubblicare atti o documenti relativi ad una istruzione 
penale e la sua compatibilit� con gli artt. 3 e 21 della Costituzione, 
Giur. Cost., 1966, 176. 
Nello scritto in rassegna l'A. trae spunto dalla sentenza 10 marzo 
1966, n. 18 della Corte Costituzionale -che ha dichiarato infondata 
la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 164, n. 1, c. p. p, e 
684 c. p. -per sottoporre a � verifica � la tesi dell'esistenza nel nostro 
ordinamento di un diritto di cronaca tutelato a livello costituzionale. 

Il B. nega che il diritto di cronaca rappresenti un aspetto del diritto 
tutelato dall'art. 21 della Costituzione, quasi parte di un tutto, e sottolinea 
la separazione concettuale che, a suo giudizio, sussiste tra narrazione 
e manifestazione del pensiero. 

Egli, pertanto, perviene al ris\lltato dell'infondatezza delle questioni 
di legittimit� costituzionale degli artt. 164, n. 1, c. p. p. e 684 c. p. per 
una via diversa da quella seguita dalla Corte e, cio�, assumendo che se 
il diritto di cronaca � da tenere distinto dal diritto di mandfestazione del 
pensiero e da ritenere costituzionalmente non tutelato, si deve considerare 
pienamente legittima qualunque limitazione posta a tale ddritto dal 
Legislatore ordinario. Al chiarimento del pensiero dell'A. segue una critica 
delle diverse argomentazioni poste dalla Corte Costituzionale a sostegno 
della decisione annotata. 

N. DISTASO, I contratti in generale, U.T.E.T., Torino, 1966. 
Si tratta di un'opera in due volumi facente parte della Collana di 
Giurisprudenza Sistematica civile e commerciale diretta da W. BIGIAVI. 

Nel primo volume sono affrontati, dopo una parte generale dedicata 
alla teoria del contratto nel sistema del diritto positivo, i temi dei requisiti 
soggettivi del contratto, della sua formazione, conclusione, registrazione 
e pubblicit�, della sua funzione, forma e contenuto. Ampio spazi'C> 
� dedicato, altres�, al contratto preliminare ed alla c. d. formazione progressiva 
del contratto. 

Nel secondo volume la trattazione inizia con l'esame degli el.ementi 
accidentali (condizione, termine, modus, clausola penale, caparra); seguono 
capitoli dedicati alla cessione, simulazione, interpretazione del 
contratto. Il problema degli effetti del contratto tra le parti e rispetto ai 
terzi viene affrontato ed esaminato ��in un capitolo a se stante. Chiudono 
il volume gli argomenti della rappresentanza, invalidit�, efficacia, rescin..; 
dibilit� e risoluzione del contratto. 



232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'opera � divisa in capitoli e questi ultimi sono divisi in sezioni. 
Ogni sezione � preceduta da un'indicazione delle disposizioni normative 
e delle opere dottrinali che riguardano gli argomenti trattati. Corredano 
i due volumi ampi indici. 

G. 
FAZIO, La delega amministrativa ed i rapporti di delegazione, Giuffr�, 
Milano, 1964, pagg. 241. 
Il libro in rassegna si aggiunge agli studi piuttosto remoti del FoRNEL 
DE LA LUARENCE e del CARUSO-INGHILLERI ed a quelli pi� recenti del FERRERO, 
TRIEPEL, FRANCHINI, COLZI e MIELE sulla delegazione amministrativa. 

Nella prima parte del volume l'A. pone a raffronto i princ�pi giuridici 
su cui si fonda l'istituto della delegazione legislativa con quelli che stanno 
a base della delegazione amministrativa. Sempre in via di indagini preliminari 
allo studio del tema vengono poi pasti a raffronto la delega, da 
un lato, ed il mandato,� l'autorizzazione amministrativa ed il decentramento, 
dall'altro. 

Segue una lunga parte del libro dedicata all'esame della natura giuridica 
della delega amministrativa, dove il rapporto di delegazione viene 
analizzato con riferimento al contenuto del rapporto di funzione, inteso 
come rapporto intercorrente fra titolare dell'organo ed ente. Lo scopo, i 
limiti della delegazione sono presi in considerazione dall'A. prima dell'indagine 
sulla natura del rapporto tra delegante e delegato. Chiudono 
la parte centrale del libro i capitoli dedicati rispettivamente alla rilevanza 
degli atti di delegazione ed alle vicende del rapporto delegatorio. 

La terza ed ultima parte del volume � dedicata all'esame di tutte le 
ipotesi di delegazione amministrativa previste nel nostro ordinamento 
giuridico. Tra i rapporti di delegazione interorganica vengono analizzati 
prima i casi di delegazione interna tra funzionari onorari (Ministri -Sottosegretari; 
Presidente -Assessori delle Regioni Siciliana e Sarda) tra funzionari 
onorari e funzionari burocratici (Direttori generali, Ispettori generali, 
Direttori di divisione) tra funzionari burocratici, del Sindaco quale 
Ufficiale di governo, fra un collegio ed un �soggetto individuale e poi le 
ipotesi di vera e propria delegazione tra organi. 

Nel capitolo dedicato all'esame dei rapporti di delegazione tra enti 
pubblici vengono analizzati invece la delegazione dallo Stato alla Regione. 
e la delegazrone dalla Regione agli Enti pubblici minori. Dopo l'esposizione 
delle tesi dell'A. sono ricordati i principi affermati dalla Corte Costituzionale 
sulla delicata materia. 

F. 
FORTE, Sul problema della costituzionalit� di imposte retroattive, Giur. 
it., 1966, I, 1, 962. 
Si tratta di un ampio studio sul problema riguardante la legittimit� 
costituzionale delle norme tributarie retroattive, antecedente alla sentenza 
della Corte Costituzionale 23 maggio 1966, n. 44 su norme della legge 
istitutiva dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, 
ma pubblicato su Giurisprudenza. Italiana coevamente ad essa. 



PARTE II, RAS~EGNA DI DOTTRINA 
233 

Il F. sostiene che per la materia tributaria l'incostituzionalit� di norme 
retroattive deve desumersi non gi� dall'art. 25 della Costituzione, ma da 
altre norme costituzionali, quali l'art. 53, comma primo, l'art. 41, comma 
primo e secondo e l'art. 42, comma secondo, ben potendo una norma fiscale 
retroattiva avere per conseguenza di colpire situazioni ove manchi la capadt� 
contributiva, di determinare uno stato di insicurezza ed incertezza nel 
mercato tale da frustrare la libert� della privata iniziativa, o infine di 
costituire una menomazione del diritto di propriet�. 

Sui tre aspetti del problema l'A. si sofferma diffusamente con frequenti 
riferimenti all'imposta sulle aree fabricabili istituita con la 1. 5 
marzo 1963, n. 246. 

F. 
GARRI, La responsabilit� per danno erariale, Giuffr�, Milano, 1965, 
pagg. 281. 
L'A., dopo aver spiegato le ragioni dell'uso, meramente convenzionale, 
dell'espressione e responsabilit� per danno erariale. come relativo a tutti 
i settori della finanza pubblica e dopo avere svolto un'indagine preliminare 
sui regimi patrimoniali della finanza pubblica medesima, procede 
alla definizione ed alla classificazione del danno erariale. Successivamente, 
egli esamina i vari casi di responsabilit� previsti dal nostro sistema normativo, 
rilevando l'inorganicit� e l'incompletezza della disciplina contenuta 
nelle leggi amministrative. 

Seguono indagini sui rapporti tra responsabilit� per danno erariale ed 
illecito amministrativo, sulla natura della responsabilit� per danno erariale 
e sul problema della colpa in tale tipo di responsabilit�. 

La seconda parte del volume � dedicata all'esame della responsabilit� 
dei contabili e del giudizio di conto; la terza alla responsabilit� degli 
amministratori degli Enti locali. 

Chiude la trattazione un'ultima parte dedicata ai complessi problemi 
di giurisdizione �che si pongono in materia di responsabilit� per danno 
.erariale nei vari settori della Finanza Pubblica. 

E. 
Gui;ccIARDI, Questioni conseguenti aH'annuUamento di licenza edilizia, 
Giur. it., 1966, III, 129. 
Lo scritto in rassegna � una breve nota alla decisione dell'Adunanza 
:Plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 1965, n. 19 che, tra l'altro, ha 
affermato il principio secondo cui -anmillata in sede giurisdizionale 
una licenza edilizia -il Sindaco non � necessariamente tenuto ad ordinare 
la demolizione dell'edificio costruito in conformit� della licenza stessa, 
non essendo il potere, a detta Autorit� attribuito dall'art. 32 della 1. 17 ago.,. 
.sto 1942, n. 1150, vincolato, oltre che nell'an, anche nel contenuto. 

Secondo la :decisione annotata dal G. sarebbe anzi illegittimo l''Ordine 

di demolizione adottato nella detta ipotesi, ove non risultasse il compi


mento da parte del Sindaco di una completa valutazione di tutti gli inte


ressi pubblici, eventualmente esistenti, ed in particolare dei seri e gravi 

motivi di pubblico interesse che in determinati casi poss'Ono consigliare .di 

non ordinare la demolizione. 



234 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'A. -pur mostrandosi sostanzialmente d'accordo sulla decisione deI 
caso di specie -manifesta le sue perplessit� riguardo alle affermazioni 
del Collegio giudicante, sottolineando il pericolo insito nella loro generalizzazione 
ed estensione a casi non del tutto identici.� 

Egli propone una diversa soluzione fondata su di una distinzione tra 
annullamento giurisdizionale, alla cui pronuncia � sufficiente un vizi<> 
di legittimit� ed annullamento amministrativo, d'uffici'O ed in qualunque 
tempo, che postula, altres�, il concorso di una concreta ragione di interesse 
pubblico per annullare. A suo giudizio quelle valutazioni di convenienza 
e di proporzionalit� circa la demolizione, indicate dalla decisione 
come successive all'annullamento giurisdizionale della licenza, dovrebbero,. 
invece, precedere l'annullamento amministrativo della licenza edilizia, al 
fine di fare eventualmente escludere l'annullamento stesso. Pronunciato, 
per�, quest'ultimo la demolizione dovrebbe ritenersi conseguenza necessaria 
senza possibilit� di ulteriori valutazioni dopo la pronuncia. 

A. MoNTEL, Responsabilit� civile e danno, Campobasso, 1966. 
L'A. ha raccolto e trattato in trentatr� scritti altrettante ipotesi di 
responsabilit� civile affrontate nel corso della sua esperienza professionale. 
Il volume raccoglie pareri pro veritate, stralci di scritti difensivi 
e note a sentenze di grande interesse pratico per la vasta gamma dei problemi 
esaminati, per l'aggiornato, costante richiamo della giurisprudenza, 
della dottrina e per il rigore logico con cui i diversi problemi della 
responsabilit� e del danno vengono prospettati e trattati dall'A. 

L. 
MoNTESANO, L'oggetto del giudizio costituzionale e l'interpretazione 
giudiziaria delle leggi, Giur. it., 1966, V, 49. 
Lo scritto in rassegna riproduce -come ci avverte l'A. in nota un 
intervento in una discussione congressuale. In esso si confuta la tesi 
-gi� tempo addietro sostenuta dal CARNELUTTI -secondo cui la Corte 
Costituzionale sarebbe vincolata a giudicare il solo significato normativo 
prospettatole dal giudice a quo, non potendo essa n� statuire su altro 
significato della legge che non sia quello proposto nell'incidente, n� intendere 
la legge in modo diverso da quello in cui l'abbia intesa il giudice 

a quo. 

A giudizio del M. la tesi surriferita non sarebbe conforme al nostro 
diritto positivo. A sostegno di tale affermazione, egli invoca il disposto 
degli artt. 134 e 136 della Costituzione e la I. n. 87 del 1953. Il dettato 
delle surricordate norme costituzionali non sembra al M. adattabile a. 
decisioni della Corte Costituzionale sulle interpretazioni, giudiziarie o 
non, delle leggi ma anzi dimostrerebbe chiaramente l'incidenza di quelle 
decisioni sulle fonti o sulla struttura dell'ordinamento giuridico. 

Allo stesso risultato conduce -prosegue l'A. -l'interpretazione 
della I. n. 87 del 1953, ponendo essa ad oggetto della dichiarazione di 
incostituzionalit� le � disposizioni legislative ., dizione che designa gli 
enunciati del legislatore e non le loro interpretazioni. 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 235 

Nella ricerca delle cause che hanno riportato il discussione la vecchia 
tesi Carneluttiana, il M. esamina il problema dei rapporti tra i poteri della 
Corte Costituzionale e l'interpretazione delle leggi da parte della Cassazione, 
alla luce dei recenti conflitti tra le due Corti e propone come mezzo 
per evitare tali � conflitti � una � mi.nore prudenza � della Corte C<>stituzionale 
nel ricorrere al decisivo strumento della sentenza di illegittimit� 
quando la legge, pur essendo ad avviso di essa Corte costituzionalmente 
legittima, venga incostituzionalmente applicata da costante giurisprudenza, 
in ossequio alle � massime � della Cassazione. 

S; SPATARO, Commento teorico-pratico alla legge sull'ordinamento ammini8trativo 
degli Enti locali in Sicilia, Giuffr�, Milano, 1964, pagg. 427. 

Nella prefazione l'A. ci avverte che questo Commento alla nuova 
legg� sull'ordinamento amministrativo degli Enti locali nella Regione 
Siciliana, entrata in vigore il 15 maggio 1956, � stato suggerito dalla necessit� 
di carattere pratico di evidenziare, da un lato, i radicali mutamenti 
intr(ldotti nell'organizzazione amministrativa dell'isola rispetto ai 
vecchi princ�pi della legge Comunale e Provinciale, dall'altro, gli adattamenti 
subiti da altre norme, non completamente ripudiate, dei precedenti 
testi legislativi. 

Sulle singole questioni trattate sono stati richiamati dallo S. i precedenti 
giurisprudenziali pi� recenti ed anche quelli ancora utilizzabili 
anteriori alla nuova disciplina. In calce ad ogni articolo sono state ricordate, 
poi, le n<>te e le monografie di maggiore interesse pratico. Una 
bibliografia delle opere a carattere generale precede il commento alla legge. 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

Disegno di legge n. 3130 (Senato). -Modificazioni alle norme sul 
contenuto elettorale amministrativo. 

Abbiamo dato notizia a suo tempo (v. questa Rassegna 1966, II, 91) 
del disegno di legge n. 1620, presentato dal Ministro dell'Interno, di 
concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia, pubblicandone, altresi, 
il testo. Tale disegno, riunito a quello n. 1592 di iniziativa dei Senatori 
Palumbo e Trimarchi, � stato approvato dal Senato della Repubblica 
nella seduta del 4 maggio 1966 ma successivamente � stato modificato 
dalla Camera dei Deputati nella seduta del 6 ottobre 1966. 

Le modifiche apportate al testo approvato dal Senato sono state 
veramente notevoli, essendosi sostituita alla competenza della G. P. A. 
in sede giurisdizionale a decidere sui ricorsi avverso deliberazioni in 
materia di el,eggibilit� adottate dal Consiglio Comunale o, in via surrogatoria, 
dalla G. P. A., in sede di tutela, quella del Tribunale civile 
ordinario, ed essendosi altresi istituita la Sezione dei Tribunali Amministrativi 
per il contenzioso elettorale in materia di operazioni elettorali. 

In considerazione dell'importanza della materia e del fatto che nel 
nuovo testo risultano minutamente regolati sia il procedimento di 
1� grado che il sistema delle impugnazioni, riteniamo preferibile ad una 
sintesi delle modifiche la pubblicazione integrale del Disegno approvato 
dalla Camera dei Deputati. 

DISEGNO DI LEGGE 
APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI 


Art. 1. 

L'articolo 82 del t. u. delle leggi per la compos1z10ne e la elezione 
degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto 
del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, � sostituito 
dai seguenti: 

Articolo 82. -�Le deliberazioni adottate in materia di eleggibilit� 
dal Consiglio comunale, ovvero, in via surrogatoria dalla Giunta provinciale 
amministrativa o da altro competente organo tutorio, ai sensi 
dell'art. 75, possono essere impugnate da qualsiasi cittadino elettore 
del Comune, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, davanti al 
tribunale civile della circoscrizione territoriale in cui � compreso il 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 237 

co:r:hune medesimo. La impugnativa � proposta con ricorso, che deve 
essere d�positato nella Cancelleria entro trenta giorni dalla data finale 
di pubblicazione della deliberazione, ovvero dalla data della notificazione 
di essa, quando sia necessaria. 

La deliberazione adottata in via surrogatoria della Giunta provinciale 
amministrativa o da altro competente �rgano tutorio deve �ssere 
immediatamente comunicata al Sindaco e pubblicata nell'albo pretorio 
del Comune entro ventiquattro� ore dal ricevimento, a cura del segretari� 
co:r:hunale che ne � il responsabile. Il termine di trenta giorni, 
stabilito� ai ftni della impugnativa di cui al precedente com:r:ha, decorre 
dall'ultimo� giorno �dell'anzidetta pubblicazi�ne. �La impugnativa delle 
d�liberazfon� adottate dal Consiglio comunale pu� essere promossa anche
� dal prefetto. 

�� ��. �Il� pr�sidente del tribunale, con decreto, fissa � 1a udienza di discussione. 
della caus� in� via di urg�nza, e provvede �alla nomina . del. giudice 
relatore; ll rieorso, unitamente>al decreto di fissazione della udienza, 
deve essere notificato, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni 
dalla data . della comunicazione . de.l provvedimento presidenzial�, agli 
eletff di ctiL viene contestata la elezione; e nei dieci giorni successivi 
alla data di notificazione, deve essere poi depositata nella Cancelleria, 
sempre a cura del ricorrente, la copia del ricorso e del decreto con la 
prova � d�ll'avvenufa. notifica giudiziaria,�� ed insieme con tutti gli atti 
e ��documenti � del processo. 

La parte contro la quale il ricorso � diretto, se intende contraddirvi, 
deve :farlo mediante controricorsd, da depositare in Cancelleria, 
coi relativi atti e documenti, entro quindici giorni dalla data della 
ricevuta notif�cazio1le. � 

Tutti f termini di cui sopra sono perentori, e devono essere� osservati 
sotto pena di decadenza. 

All'udienza stabilita, il tribunale, udita. la relazione del giudice 
all'uopo delegato, sentiti, il pubblico ministero nelle sue orali conclusioni, 
e le parti se presenti, nonch� i difensori se costituiti, subito dopo 
la discussione decide la causa in Camera di consiglio, con sentenza il 
cui dispositivo � letto immediatamente all'udienza pubblica dal presidente. 


Qualora il Collegio ritiene necessario disporre mezzi istruttori, 
pro'Vvede al riguardo con ordinanza, delegando per tali adempimenti 
e �per qualsiasi altro accertamento il giudice relatore; e fissa la nuova 
udienza di trattazione sempre in via di urgenza; Nel giudizio si applicano, 
ove non diversamente disposto dalla presente legge, le norme 
del Codice di procedura civile: tutti i termini del procedimento sono 
per� ridotti. alla met�. 

La sentenza � depositata in Cancelleria entro dieci giorni dalla 

data della decisione e immediatamente deve esser� trasmessa in copia 

a cura del cancelliere al sindaco, perch� entro 24 ore dal ricevimento 

provveda alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo nel


l'albo pretorio a mezzo del segretario comunale che ne � diretto re


sponsabile �. 



238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Articolo 82/2. -�!'e sentetnze pronunciate incprimtod~rado11datl tr~-~ 
buna1e possono essere impugna e con appe11o a 11a or e appe o erri-lf: 
torialmente competente, da qualsiasi cittadino elettore del Comune, o � 
da chiunque altro vi abbia diretto interesse, dal procuratore della Re-, 
pubblica, e dal prefetto quando ha promosso l'azione di ineleggibilit�. ! 
La impugnazione si propone con ricorso che deve essere depositato � 
nella cancelleria della Corte, entro il termine di giorni venti dalla 
notifica della sentenza, da parte di coloro per i quali � necessaria la 
notificazione; entro lo stesso termine decorrente dall'ultimo giorno 
della pubblicazione del dispositivo della sentenza medesima nell'albo 
pretorio del Comune per ogni altro cittadino elettore o diretto interessato. 
Il presidente fissa con decreto l'udienza di discussione della 
causa in via di urgenza, e provvede alla nomina del consigliere relatore. 

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve 
essere notificato, a cura dell'appellante, alle parti interessate entro 
dieci giorni dalla data della comunicazione del provvedimento presidenziale. 


Nel giudizio di appello, per quanto qui non previsto, si osservano 
le norme di procedura ed i termini stabiliti per il giudi~io di primo 
grado�. 

Articolo 82/3. -�Le sentenze pronunciate in secondo grado dalla 
Corte di appello, possono essere impugnate con ricorso per Cassazione, 
dalla parte soccombente, e dal procuratore generale presso la 
Corte di appello, entro venti giorni dalla loro notificazione. Il presidente 
della Corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso 
medesimo, fissa, in via di urgenza la udienza di discussione. Per quanto 
non diversamente disposto dalla presente legge, nel giudizio di Cassazione 
si applicano le norme del Codice di procedura civile: tutti i termini 
del procedimento sono per� ridotti alla met�. 

La sentenza � immediatamente pubblicata �. 

Art. 2. 

L'articolo 83 del t. u. delle leggi per la composizione e la elezione 
degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto 
del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, � sostituito 
dai seguenti: 

Articolo 83. -� Fino a quando non verranno istituiti i tribunali 

amministrativi regionali di cui all'art. 125 della Costituzione, in ogni 

Regione � istituita la Sezione dei tribunali amministrativi per il con


tenzioso elettorale, alla quale sono deferite le controversie in materia 

di operazioni elettorali. 

La Sezione, che esercita funzioni di organo di giustizia ammini


strativa di primo grado, � composta di un presidente e di quattro 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 239 

componenti; ed ha sede, per ciascuna Regione, nella citt� nella quale 
� la Corte di appello, ovvero il tribunale, che si costituisce in ufficio 
elettorale regionale a termini dell'art. 7 della 1. 6 febbraio 1948, n. 29. 

Nulla � innovato in ordine alle disposizioni vigenti che riguardano 
la Regione della Valle d'Aosta. 

Il presidente della Sezione � scelto tra i funzionari dell'amministrazione 
civile dell'interno, di qualifica non inferiore a vice prefetto. 
I quattro componenti vengono scelti, l'uno tra i funzionari dell'amministrazione 
civile dell'interno, di qualifica non inferiore a vice prefetto 
ispettore; e gli altri tre fra cittadini idonei, elettori della Regione. 
Questi ultimi devono essere in possesso dei requisiti richiesti dall'articolo 
9 della 1. 10 aprile 1951, n. 287, per i giudici popolari delle Corti 
�li assise, nonch� del titolo finale di studi di istruzione secondaria di 
secondo grado. 

. . . Coloro . che abbiano ricoperto la carica di consigliere provinciale 
�i di' consigliere comunale per almeno cinque anni, possono essere 
scelti anche se ;forniti del. titolo finale di studi di istruzione secondaria 
di primo grado soltanto. I componenti elettivi della Sezione, tre effettivi 
e tre supplenti, sono designati dal Consiglio regionale: ma, fino 
a quando non saranno costituite le Regioni a statuto ordinario, in 
queste la designazione sar� effettuata, secondo le disposizioni e le modalit� 
previste negli articoli seguenti, dai consiglieri provinciali in 
carica, nelle province dell;:i. Regione, nonch� da quelli dei Consigli 
provinciali sciolti e non ancora rinnovati, i quali si trovavano in carica 
all'atto dello scioglimento, e non abbiano perduto la capacit� elettorale 
a norma della 1. 7 ottobre 1947, n. 1058, e successive modificazioni. 

Non possono essere designati n� quindi nominati i consiglieri delle 
Provincie e dei Comuni, compresi nel territorio della Regione, nonch� 
gli amministratori dei consorzi, dei quali facciano parte Province o 
Comuni compresi nel territorio della Regione; i componenti degli organi 
di vigilanza e di controllo sugli enti locali, i dipendenti civili o militari 
dello Stato; i dipendenti della Regione, delle Province, dei Comuni, 
dei Consorzi e delle istituzioni di assistenza e beneficienza esistenti 
nella Regione, in attivit� di servizio. 

Le funzioni di segretario della Sezione sono affidate ad un consigliere 
della prefettura, nella quale la medesima ha sede �. 

Articolo 83/2. -�Il prefetto della Provincia in cui � istituita la 
Sezione per il contenzioso elettorale, con decreto, convoca in prima e 
seconda riunione, da tenersi in due domeniche successive, i consiglieri 
provinciali per la designazione dei componenti effettivi e dei componenti 
supplenti; e d� immediata comunicazione del suo provvedimento, 
almeno venti giorni prima della data stabilita per la prima riunione, 
ai presidenti delle amministrazioni provinciali della Regione, perch� 
curino di darne avviso a tutti i consigl.ieri provinciali in carica, con 
l'indicazione delle date e del luogo delle riunioni. 

�Per quelle Provincie nelle quali il Consiglio provinciale sia stato 

sciolto, la comunicazione � fatta al presidente della commissione straor




240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dinaria che provvede agli avvisi nei confronti dei consiglieri in carica 
all'atto dello scioglimento. 

I presidenti delle amministrazioni provinciali ed i commissari, 
entro otto giorni dalla comunicazione, trasmettono un elenco di tutti 
i consiglieri provinciali in carica alla data del decreto di convocazione, 
ovvero alla data dello scioglimento, al prefetto,. Questi, con proprio 
~ecreto, procede alla formazione della lista elettorale in triplice esemplare, 
con l'indicazione dei nominativi di ciascun consigliere, in ordine 
alfabetico, e della provincia di rispettiva appartenenza; e trasmette 
due esemplari alla segreteria del Consiglio provinciale, per le operazioni 
di votazione �, 

Articolo 83/3. -�Nel giorno stabilito per la votazione i presidenti 
delle amministrazioni provinciali provvedono alla costituzione dell'ufficio 
elettorale, e nominano tre scrutatori scelti fra i consiglieri provinciali 
presenti. Assume la presidenza il presidente dell'amministrazione 
provinciale del capoluogo nel quale � istituita le Sezione per il contenzioso 
elettorale; ovvero, in sua mancanza, il presidente pi� anziano 
di et� 

Le funzioni di segretario sono esercitate dal segretario generale 
di detta amministrazione, o da chi legalmente lo sostituisce. Dichiarata 
aperta la votazione il presidente procede all'appello nominale dei consiglieri 
provinciali compresi nella lista elettorale compilata dal prefetto, 
e li ammette a votare. Esaurito il primo appello, si procede 
subito ad un secondo appello per coloro che non si sono presentati 
a votare�. 

Articolo 83/4. -� Ciascun consigliere provinciale pu� indicare 
nella propria scheda un nominativo per la designazione dei componenti 
effettivi, e un nominativo per la designazione dei componenti supplenti>. 

Articolo 83/5. -�La votazione, in prima convocazione non � valida 
se non vi ha partecipato la maggioranza degli iscritti; nella seconda 
riunione, la votazione � valida qualunque sia il numero dei votanti. 

Compiute le operazioni di voto, il presidente dichiara chiusa la 
votazione, ed accerta il numero dei votanti. 

Se alla votazione in prima convocazione non ha preso parte la 
maggioranza dei consiglieri iscritti nella lista, il presidente ne dichiara 
l'invalidit� e provvede immediatamente alla distruzione delle schede 
senza aprirle. 

Se invece � accertata la validit� della votazione, procede allo scrutinio 
e comunica i risultati da trascrivere nel verbale redatto in duplice 
esemplare. Sono proclamati designati i tre candidati effettivi ed 
i tre candidati supplenti che hanno riportato il maggior numero di 
voti validi nelle rispettive qualifiche. 

A parit� di voti, viene designato il pi� anziano di et�. 

Un esemplare del verbale � immediatamente trasmesso alla prefettura 
per l'inoltro alla presidenza del Consiglio dei ministri; l'altro 
rimane depositato presso la segreteria dell'amministrazione provinciale�. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 241 

Articolo 83/6. -�La designazione dei membri effettivi e dei membri 
supplenti della Sezione per il contenzioso elettorale da parte dei 
Consigli regionali delle Regioni, a statuto speciale, e del consiglio 
provinciale di Campobasso per la Regione Molise, vengono effettuate 
mediante deliberazioni. 

Si applicano le norme di procedura proprie di ciascun consesso, 
con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli precedenti per 
quanto concerne il sistema di votazione, lo scrutinio e le proclamazioni�. 


Articolo 8317. -�La Sezione per il contenzioso elettorale � costituita 
con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del 
Presidente del Consiglio dei ministri; tale decreto contiene la nomina 
anche dei membri supplenti. I funzionari dell'amministrazione civile 
dell'interno, nominati presidenti o componenti del Collegio, durano 
in carica cinque anni; e per tale periodo sono collocati fuori ruolo a 
norma delle disposizioni vigenti in materia, e vengono posti a disposizione 
della presidenza del Consiglio dei ministri. Essi non possono 
essere sostituiti, se non con il loro consenso, salvo nei casi di: 

a) morte; 

b) dimissioni; 

c) collocamento a riposo per limiti di et�; 

d) collocamento in aspettativa per infermit�, per un periodo 

non inferiore a due mesi; 

e) abituale negligenza nell'adempimento dei doveri del proprio 

ufficio o grave violazione dei medesimi. 

La sostituzione � disposta con decreto del Presidente della Repub


blica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri; nei casi 

di cui alla lettera e) deve essere sentito il parere del Consiglio di Stato. 

I componenti designati dal Consiglio regionale, ovvero dai Consigli 

provinciali, sono nominati pure per un periodo di cinque anni; e non 

possono essere sostituiti, se non con il loro consenso, salvo nei casi di: 

a) morte; 

b) dimissioni; 

c) perdita dei requisiti richiesti per la nomina a giudice popolare; 

d) assunzione di una delle cariche o di uno dei servizi che co


stituiscono motivo di incompatibilit�; 

e) infermit� che impedisca l'esercizio delle funzioni per un pe


riodo superiore a due mesi; 

f) abituale negligenza nell'adempimento dei doveri specie in 

relazione alla partecipazione alle sedute o grave violazione dei doveri 

medesimi. 

Si applicano per la sostituzione, le norme di cui al precedente comma 
secondo, previa nuova designazione da parte del Consiglio regionale 
o dei Consigli provinciali �. 



242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Articolo 83/8. -� Con decreto del Presidente della Repubblica, 
su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sono inoltre 
nominati i presidenti supplenti e i componenti supplenti, in numero 
complessivo di dieci, tra i funzionari dell'amministrazione civile dell'interno, 
di qualifica rispettivamente non inferiore a vice prefetto e 
a vice prefetto ispettore, collocati fuori ruolo per un periodo di cinque 
anni e posti a disposizione della presidenza del Consiglio dei ministri, 
per la sostituzione dei presidenti e dei componenti che appartengono 
alla stessa amministrazione e si trovino temporaneamente impediti. 

L'assegnazione temporanea alle varie sezioni � disposta con decreto 
del Presidente del Consiglio dei ministri �. 

Articolo 83/9. -� La Sezione per il contenzioso elettorale giudica 
con l'intervento dei cinque suoi componenti. 

I membri supplenti nominati su designazione del Consiglio regionale 
o dei Consigli provinciali, prendono parte alle adunanze della 
Sezione soltanto se mancano i componenti effettivi, ed in corrispondenza 
delle votazioni con le quali gli uni e gli altri sono risultati eletti �. 

Articolo 83110. -� La Sezione per il contenzioso elettorale ha sede 
presso la Prefettura, che provvede a fornire i locali, il personale esecutivo 
ed ausiliario, ed i servizi occorrenti. Nella regione Trentino-Alto 
Adige ha sede presso gli Uffici del Commissariato del Governo. Al f; 
presidente ed al componente funzionario fuori ruolo dell'Amministrazione 
civile dell'interno, � corrisposto, a carico del Ministero medesimo 

I 

il trattamento economico rispettivamente di consigliere di Stato e di 
primo referendario del Consiglio di Stato, ove sia pi� favorevole. 
Ai componenti elettivi, � corrisposta, sempre a carico del Ministero 
dell'interno una medaglia di presenza di lire cinquemila per ogni se


l

duta, oltre il trattamento di missione, se dovuto, nella misura stabilita 
per i primi referendari del Consiglio di Stato �. 

Articolo 83111. -� Contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri 
comunali, successive alla emanazione del decreto di convocazione 
dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque 
altro vi abbia diretto interesse, pu� proporre impugnativa davanti alla 
Sezione per il contenzioso elettorale, con ricorso che deve essere depositato 
nella Segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione 
degli eletti. Il Presidente, con decreto in calce al ricorso mede.
simo, fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza e 
provvede alla nomina del relatore. Il ricorso, unitamente al decreto di 
fissazione della udienza, deve essere notificato giudiziariamente a cura 
di �chi lo ha proposto, alla parte che pu� avervi interesse, entro dieci 
giorni dalla data del provvedimento presidenziale. 

Nei successivi dieci giorni dalla notificazione il ricorrente dovr� 
depositare nella Segreteria della Sezione la copia del ricorso e del 
decreto, con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme con gli atti 
e documenti del giudizio. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 243 

La parte controinteressata deve depositare nella Segreteria le 
proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla ricevuta notifica. 
Tutti i termini di cui sopra sono perentori, e devono essere osservati 
sotto pena di decadenza. 

All'udienza stabilita, la Sezione, udita la relazione del componente 
all'uopo delegato, sentite le parti se presenti, nonch� i difensori 
se costituiti, pronuncia la decisione la cui parte dispositiva � letta immec;
liatamente all'udienza pubblica dal presidente. 

Qualora si appalesano necessari adempimenti istruttori, la Sezione 
provvede con ordinanza, e fissa in pari tempo la nuova udienza 
di discussione. 

La decisione � depositata in segreteria entro dieci giorni dalla pronuncia 
e deve essere immediatamente trasmessa in copia, a cura del 
segretario della Sezione, al sindaco, perch� provveda, entro 24 ore dal 
ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni della parte dispositiva 
nell'albo pretorio a mezzo del segretario comunale che ne � � 
diretto responsabile. 

Per tutto quanto non previsto nel presente articolo sulla disciplina 
del procedimento, si applicano le norme contenute nel titolo II 
del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1058, 
modificato con legge 8 febbraio 1925, n. 88, nonch� quelle contenute 
nel regio decreto 17 agosto 1907, n. 643, e nel regio decreto 17 agosto 
1907, n. 644 �. 

Articolo 83112. -�Contro le decisioni emesse in primo grado dalla 
Sezione per il contenzioso elettorale, � ammesso ricorso, anche per il 
merito, al Consiglio di Stato entro il termine di giorni 20 decorrenti 
dalla notifica della decisione, per coloro nei confronti dei quali � necessaria 
la notificazione, ed entro lo stesso termine di giorni 20 dall'ultimo 
giorno di pubblicazione della parte dispositiva della decisione 
medesima nell'albo pretorio del Comune per ogni altro cittadino elettore 
o diretto interessato. 

Sul ricorso il presidente fissa in via di urgenza l'udienza di discussione. 


Al giudizio si applicano le norme ordinarie di procedura relative 
al procedimento dinanzi al Consiglio di Stato; tutti i termini sono per� 
ridotti alla met� � . 

Art. 3. 

Nei giudizi elettorali, sia davanti agli organi di giurisdizione ordi


naria, sia �davanti agli organi di giurisdizione amministrativa, non � 

necessario il ministero di procuratore o di avvocato. 

Tutti gli atti relativi ai procedimenti amministrativi o giudiziari 

in materia elettorale sono redatti in carta libera, e sono esenti dalla 

tassa di registro, dal deposito per il ricorso in Cassazione, e dalle spese 

di cancelleria. 

18 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

244 

Art. 4. 

L'articolo 84 del testo unico delle leggi per la composizione e l'elezione 
degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto 
del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, � sostituito 
dal seguente: 

� Il Tribunale, la Corte di appello, la Sezione per il contenzioso 
elettorale, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione, quando accolgono 
i ricorsi, correggono il risultato delle elezioni e sostituiscono ai 
candidati illegalmente proclamati, coloro che hanno diritto di esserlo. 
Le sentenzie e le decisioni devono essere immediatamente comunicate 
al sindaco, <:he subito ne <:ura la notificazione, senz�a spese, agli 
interessati. Eguale �comunicazione deve essere data al prefetto. 

L'esecuzione delle sentenze emesse dal tribunale civile resta so� 
spesa in pendenza di ricorso alla Corte di appello �. 

Art. 5. 

Dopo l'articolo 9 del testo unico delle leggi per la compos1z1one 
e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con 
decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, � aggiunto 
il seguente: 

Articolo 9-bis. -�La decadenza dalla qualit� di consigliere per 
impedimenti, incompatibilit� o incapacit� contemplati dalla legge, � 
pronunciata dal Consiglio comunale in sede amministrativa, di ufficio 

o su istanza di qualsiasi cittadino elettore del Comune, o di chiunque 
altro vi abbia interesse. 
Contro la deliberazione adottata dal Consiglio comunale � ammesso 
ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio. 
La decadenza dalla qualit� di consigliere pu� essere altres� promossa 
in prima istanza da qualsiasi cittadino lettore del Comune, o 
da chiunque altro vi abbia interesse, davanti al tribunale civile, con 
ricorso da notificare al consigliere ovvero ai consiglieri interessati, 
nonch� al sindaco quale presidente del Consiglio comunale. 

L'azione pu� essere promossa anche dal prefetto. 
Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini 
stabiliti dall'articolo 82. 
Contro la sentenza del tribunale, sono ammesse le impugnazioni 
ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3. 

La pronuncia della decadenza dalla carica di consigliere comunale 
produce di pieno diritto la immediata decadenza dall'ufficio di 
sindaco. 

Le norme del presente articolo si applicano anche ai procedimenti 
relativi alla ineleggibilit� e alla decadenza dalla qualit� di sindaco, 
per le cause di ineleggibilit� alla carica stessa previste dall'articolo 
6 �. 

. 
.

II


' 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 245 

Art. 6. 

Il terzo periodo dell'ultimo comma dell'articolo 15 del testo unico 
delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle amministrazioni 
comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 
16 maggio 1960, n. 570, � sostituito dai 1seguenti: 

� La sospensione � pronunziata dalla Sezione per il contenzioso 
elettorale. 
Contro il relativo provvedimento � ammesso ricorso, anche per il 
merito, al Consiglio di Stato. 
Sul ricorso il presidente fissa in via di urgenza l'udienza di discussione. 
Al procedimento si applicano le norme che regolano l'ordinario 
giudizio davanti al Consiglio di Stato medesimo; tutti i termini sono 
per� ridotti alla met� �. 

Art. 7. 

L'articolo 2 della legge 18 maggio 1951, n. 328, � abrogato. 

Le norme contenute nei precedenti articoli e nell'articolo 75 del 
testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 
maggio 1960, n. 570, si applicano altres� per i Consigli provinciali, 
sia per quanto riguarda la materia relativa alle operazioni per l'elezione, 
sia per quanto riguarda la materia relativa all'ineleggibilit� dei 
consiglieri provinciali. Le azioni popolari e le impugnative consentite 
a qualsiasi elettore del Comune per quanto concerne elezioni comunali, 
sono consentite a qualsiasi cittadino elettore della Provincia per quanto 
concerne le elezioni provinciali. Le attribuzioni conferite da tali 
norme al Consiglio comunale, si intendono devolute al Consiglio provinciale; 
quelle devolute al sindaco si intendono devolute al presi� 
dente della Giunta provinciale. 

Per tutte le questioni e le controversie deferite alla magistratura 

ordinaria, � competente, in prima istanza, il tribunale nella cui circo


scrizione territoriale � compreso il capoluogo della Provincia. 

NORME TRANSITORIE 

Art. 8. 

I ricorsi in materia di eleggibilit� o di decadenza, pendenti davanti 
ai Consigli comunali, davanti ai Consigli provinciali o davanti alla 
Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, devono essere 
trasmessi di ufficio al tribunale civile competente per territorio entro 
il termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore della pre




246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
sente legge. Quelli in materia di operazioni elettorali, pendenti davanti 

ai Consigli comunali, davanti ai Consigli provinciali o davanti alla 
Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale vanno trasmessi, 
con le stesse modalit�, alla Segreteria della Sezione per il 
contenzioso elettorale, entro il termine di 15 giorni dalla costituzione 
di questa. 

I termini per la presentazione dei ricorsi di cui agli articoli 82, 
83/11 e 9-bis del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, come modificati 
dalla presente legge, decorrono dalla data di entrata in vigore della 
presente legge per le questioni in materia di eleggibilit�, decadenza, 
ed operazioni elettorali, sorte successivamente al 31 dicembre 1965, o 
per le quali, alla predetta data, non era stato presentato ricorso e non 
era scaduto il termine per l'impugnativa davanti al Consiglio comunale 
o al Consiglio provinciale. 

LEGGI E DECRETI (*) 

d. P. R. 20 maggio 1966, n. 866 � Contiene il regolamento per il personale 
dei cantonieri dell'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali 
(G.U. 25 ottobre 1966, n. 266). 
d. P. R. 9 agosto 1966, n. 808 -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale della Regione Friuli-Venezia Giuilia in materia di cooperazione 
e vigilanza sulle cooperative (G.U. 17 ottobre 1966, n. 259). 
d. P. R. 9 ag�osto 1966, n. 833 -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di trasporti 
pubblici di interesse regionale (G.U. 21 ottobre 1966, n. 263). 
d. P. R. 9 agosto 1966, n. 834 -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento 
e circoscrizione dei Comuni e di toponomastica (G.U. 21 ottobre 
1966, n. 263). 
d. P. R. 9 agosto 1966, n. 869 -Disciplina l'attuazione dello Statuto 
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanit�, 
assistenza sanitaria ed ospedaliera, recupero dei minorati fisici 
e mentali (G.U. 26 ottobre 1966, n. 267). 
legge 14 ottobre 1966, n. 851 -Detta norme sull'assunzione obbligatoria, 
nelle Amministrazioni dello Stato, degli Enti locali e degli 
Enti pubblici, dei mutilati ed invalidi del lavoro e degli orfani e delle 
vedove dei caduti sul lavoro (G.U. 24 ottobre 1966, n. 265). 

(�) Si segnalano provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 247 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* 


NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


C�odice di procedura civile, art. 293 (Costituzione del contumace), limitatamente 
alla parte in cui vieta al contumace di costituirsi dopo 
l'udienza di precisazioni delle conclusioni, almeno al fine di discutere, 
nei limiti delle deduzioni e delle prove acquisite, il rigetto o l'accoglimento 
della domanda o delle eventuali ulteriori richieste istruttorie 
della parte costituita, o di instaurare il contraddittorio con il pubblico 
ministero che spieghi il suo intervento nell'udienza di discussione 
(artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 13 luglio 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

codice di .procedura civile, art. 294 <Rimessioni in termine del contumace), 
limitatamente alla parte in cui vieta al contumace di far valere, 
dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni, quanto meno che la 
sua costituzione � stata impedita da causa a lui non imputabile, e gli 
nega, in tal caso, la rimessione in termini, oltre che un grado di giudizio 
(artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 13 luglio 1966, G. U. 24 S'ettembre 
1966, n. 239. 

codice penale, art. 505 (Serrata o sciopero a scopo di solidariet� o 
di protesta), in quanto punisce, implicitamente, anche la serrata per 
protesta a carattere sindacale (artt. 35 e 39 della Costituzione) (1). 

Tribunale di Padova, ordinanza 13 gennaio 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

codice penale, art. 559 (Adulterio), in quanto punisce l'adulterio solo 
della moglie (artt. 3 e 29 della Costituzione) (2). 

Pretore di Bologna, ordinanza 3 giugno 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

(*) Fra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono state sollevate o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, per quanto 
concerne lo sciopero, � stata dichiarata non fondata � ai sensi e nei limiti risultanti 
dalla motivazione � con sentenza 28 dicembre 1962, n. 123. 
(2) La questione, gi� dichiarata non fondata con sentenza 28 novembre 1961, 
n. 64, � stata riproposta -nel rilievo che possano essere mutate le concezioni 
nelle quali la decisione della Corte costituzionale risolveva la legittimit� deilla 
vigente discriminazione normativa -anche dal Tribunale di Ascoli Piceno (ordinanza 
13 ottobre 1965, G.U. 29 gennaio 1966, n. 25, e retro, II, 22) e dal Pretore 
di Biella (ordinanza 18 febbraio 1966, G.U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154). 

248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio dell'azione penale da 
parte del pubblico ministero o del pretore) e art. 398 (Poteri del pretore 
nel procedimento con istruzione sommaria), nelle parti in cui attribuiscono 
al Pretore le due funzioni di pubblico ministero e di giudice 
istruttore (artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo 
e quarto comma, e 112 della Costituzione) (3). 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 15 luglio 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

codice di procedura penale, art. 376 (Condizioni per il rinvio a 
giudizio o per il proscioglimento), in quanto contempla implicitamente 
ipotesi di proscioglimento (ed in particolare quelle che comportano 
l'applicazione di misure di sicurezza) per le quali non � necessario procedere 
all'interrogatorio dell'imputato ed alla contestazione del fatto 
(art. 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore del Tribunale di Ivrea, ordinanza 3 giugno 1966, 

G. U. 10 settembre 1966, n. 226. 
codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto consente al 
pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato 
sia stato interrogato (art. 24 della Costituzione) (4). 

Pretore di Bologna, ordinanza 23 febbraio 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

codice di procedura penale, art. 398 (Poteri dei pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), limitatamente alla parte in cui, nei 
procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione 
del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora non si proceda al compimento 
di atti di istruzione (art. 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) 
(5). 

Pretore di Avezzano, ordinanza 13 giugno 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

(3) La stessa questione � stata proposta dal Pretore di Prizzi per l'art. 505 
del codice di procedura penale (ordinanza 24 luglio 1965, G.U. 27 novembre 1965, 
n. 297, in questa Rassegna, 1965, II, 173). La questione di legittimt� costituzionale 
dell'art. 74 del codice di procedura penale, nella parte in cui, per l'ipotesi che 
il Pretore abbia ordinato, con decreto, di non doversi procedere, � prevista la 
facolt� del Procuratore della Repubblica di richiedere gli atti e disporre invece 
che si proceda, � stata dichiarata non fondata con sentenza 7 dicembre 1964, n. 162. 
(4) La disposizione, sotto il denunciato profilo, � stata dichiarata illegittima 
con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. 
(5) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, 
dal Pretore di Venezia (ordinanza 13 maggio 1966, G.U. 27 agosto 1966, n. 213, e 
Tetro, II, 202). La disposizione, e limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti 
di competenza del prete.re, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio 
dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione �, � stata 
dichiarata incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. 

PARTE II, RASSEGNA Dt LEGISLAZIONE 249 

codice di procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), 
ultimo c�omma, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione 
di un termine per preparare la difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(6). 

Tribunale di Bari, ordinanze 1<> giugno 1966 e 15 giugno 1966, G. U. 
10 settembre 1966, n. 226. 

codice di procedura penale, art. 592 (Pregiudizialit� dell'amnistia ed 
eccezioni ana regola) e art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di 
determinate cause di non punibilit�), secondo comma, �Se ed in quanto la 
pregiudizialit� dell'amnistia rispetto alle questioni di merito sia da 
escludere nella sola �ipotesi in cui risultino gi� agli atti le prove necessarie 
per il proscioglimento dell'imputato (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 6 giugno 1966, G. U. 15 ottobre 1966, 

n. 258. 
codice di pro:edura penale, articoli di cui al libro terzo, titolo I, titolo Il, 
ca.po I, capo Il e capo lii (artt. 405-496), nelle parti in cui attribuiscono 
poteri di giudice allo stesso magistrato (Pretore) che ha promosso la 
azione penale ed ha esercitato funzioni di istruttore, in relazione agli 
artt. 74, 398, 61 e 64, primo comma, n. 6, del codice di procedura penale 
{art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 15 luglio 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

codice penale militare di pace, art. 28 (Degradazione), primo c�omma, 

n. 2, in quanto prevede la perdita del diritto a pensione per degradazione 
(artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della 
Costituzione). 
Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 5 marzo 
1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (Legge sui lavori pubblici), art. 317, 
secondo ~omma, in quanto consente al Governo, senza indicazione di principi 
e criteri direttivi e senza limitazioni temporali (artt. 76 e 77 della 
Costituzione), di emanare norme penali nell'esercizio della potest� regolamentare 
(art. 25 della Costituzione), e quale fonte normativa degli 

(6) Questione gi� proposta dal Tribunale di Belluno con ordinanza 10 dicembre 
1965 (G.U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 23) e, in riferimento al solo 
art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Bari con ordinanza 16 marzo 1966 (G.U. 
21 maggio 1966, rt. 124, e retro, II, 154), dal Tribunale di Bari con ordinanza 
22 marzo 1966 (G.U. 28 maggio 1966, n. 131, e retro, II, 154), e dal Pretore di 
Milano con ordinanza 28 marzo 1966 (G.U. 23 luglio 1966, n. 182, e retro, II, 203). 

250 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

artt. 55, ultimo comma, e 64 del r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687 (artt. 2, 
13, 16 e 4.1 della Costituzione) (7). 

Pretore di Priverno, ordinanza 7 giugno 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687 (Regolamento circa la polizia, la sicurezza 
e la regolarit� dell'esercizio delle strade ferrate), artt. 51, qui.nto 
c:omma, e 64, in quanto impongono al cittadino, con obbligo penalmente 
sanzionato, di fornire a richiesta, con l'esibizione del biglietto ferroviario, 
la prova di un contratto di natura privatistica (artt. 2, 13, 16 e 41 
della Costituzione). 
Pretore di Priverno, ordinanza 7 giugno 1966, G. U. 10 settembra 
1966, n. 226. 

r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi sulle pensioni 
civili e militari), art. 54, n. 4, limitatamente ai casi in cui al � tempo 
passato in aspettazione di giudizio seguito da condanna �, che la disposzione 
esclude dal computo in pensione, corrisponda una effettiva prestazione 
di servizio (artt. 3, 27 e 36 della Costituzione). 
Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 31 gennaio 
1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. 

r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi sulle pensioni 
civili e militari), art. 183, lettera bJ, modificata dall'art. 3 del r. d. 1. 
3 giugno 1938, n. 1032, in quanto prevede la perdita della pensione per 
condanna pronunziata per determinati reati (artt. 3 e 36 della Costituzione) 
(8). 
Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 23 febbraio 
1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. 

r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi sulle pensioni 
civili e militari), art. 183, lettera c:J, in quanto prevede la perdita del 
diritto a pensione per condanna che comporti la degradazione (8). 
Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 7 febbraio 
1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 


Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 5 marzo 
1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239 (artt. 3, primo comma, 36, primo 
comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 

(7) Questione gi� proposta dal Pretore di Borgo San Lorenzo in riferimentoall'art. 
25, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 23 giugno 1965, G.U. 
31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 107). e dal Pretore di Caltanissetta 
in riferimento agli artt. l, secondo comma, 70, 76, 77 e 25, secondo comma, 
della Costituzione (ordinanza 6 dicembre 1965, G.U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retr0o 
II, 23). 

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...�. ��� CoJ:lsi~li~ c()m,unale . di Camaiot�, deliberaziQne 19 gennaio 1966, 

�� G. U �.�.10 ..settembre 1966; �� n. 226 (art. 108, secondo comma, della Co-
i;t#Mione}/ > � �..�. � � �.� �. . ��. �. ᥥ ��� .�..�.�.� �.. ᥥ� � <.. . ...�. � 

����� ..�...�. �G1.nt~ piovitt�ial� aril~inistrativa di Taranto,. ordinanza 23 � riutg�
�tt,~-~i~!~;.;;;�~:;~~;; 
104> 108 e disp. trans. VI della Costituzione). � � 

r~ d. 4 febbraio .1915. n. ua (Testa unica detta legge comunale e 
pTovinciale), cirt.149, in quanto attribuisce competenza giurisdizionale 
alConsiiglio c<>munale, la cui comp(!sizione nC1n assicura l'indipendenza. 
deigiu(li.ci e l'iJ:ll;p11;rzialit�. <i:ell� .. decii;,ioni (art�..108, .. secontk1 ~<>mma,

.� d~lia �ostit11zione). � � � � � � � � �. 

.����Gᥥv:g�~$~ft\ttb!u.iJ!~.�.~~-���~ii:i;re,�. 


ᥥ��ᥥ���� {8):l'~J/�sa, Pritn~ collfuia. l~tera a), e. terzo c(ll'pma, ~el r. d. 21. febbraio

1805, n.' 7(t; � stato� dichiarato incostituzionale con sentenZ1>1. �13 genani() 1966, n�� 3 . 

.�.���� (9) Ne~ stes11;1, ql:'(l~naill!la sono i:itenute:manife11tainente. infon4ate .le questioni 
di leg~t�int~ co11tit1.1iic:inalE1 ll()llevate, pei: le stesse di�osizioni, in riferimento agli 
artt~ 4'1e 98 deua Costituzione. . .�� � 

� . � (:Ub Questione, gi� � 4lclli�;.'ata inaltll:nil1sibile ci:m. l!Eintl'l;UZa 22 novembre.� Jl:!62, 

n. �1:12, per Iil natW'.ll regola.ientare della disposizione, ripropo11ta anche dal< Consiglio 
comunaie di ,A.cena co.n c'liali~razione 19 febbraio 191$6 (G'.�.U.14 maggio 1966, n.� 118, 
e, retro, II, 156). . . . . . 



252 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. I. 15 ottobre 1925,�n. 2033 (Repressioni delle frodi nella preparazione 
e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), 
art. 54, in quanto prevede una sanzione -ammenda fissa di lire 500.000 
(11) -che, in relazione ai reati puniti, pu� risultare assurdamente rigorosa 
e tale da provocare la rovina economica di un modesto esercente 
(art. 27 della Costituzione) (12). 
Pretore di Biella, ordinanza 22 aprile 11166, G. U., 10 settembre 
1966, n. 226. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 68, nella parte in cui vieta di dare feste da ballo, senza 
licenza del questore, in luogo � esposto al pubblico � (art. 17, primo e 
secondo comma, della Costituzione) (13). 
Pretore di Postiglione, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) 
art. 156, in quanto consente una diversa disciplina per le raccolte, 
collette e questue promosse da ecclesiastici (art. 3 della Costituzione) 
(14). 
Pretore di Bologna, ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 28, 
se ed in quanto il termine di trenta giorni dalla morte dell'assicurato, 
previsto a pena di decadenza per la richiesta di liquidazione della rendita 
in favore dei superstiti, sia tale, per la sua brevit�, da rendere 
quanto meno difficile l'esercizio del diritto (art. 24, 113 e 38 della 
Costituzione). 
Tribunale di Trento, ordinanza 7 luglio 1966, G. U. 29 ottobre 1966, 

n. 271. 
(11) Importo risultante dagli aumenti disposti con leggi 23 febbraio 1950, 
n. 66, e 13 marzo 1958, n. 282. 
(12) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione, sollevata in 
riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione per il fatto che 
l'ammenda sia stabilita in misura fissa, � stata dichiarata non fondata con sentenza 
15 maggio 1963, n. 67. 
(13) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione, sollevata 
in riferimento all'art. 21 della Costituzione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 
8 luglio 1957, n. 121. 
(14) La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, in riferimento 
agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, � stata dichiarata non 
fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso sopra indicato, la questione 
� stata gi� proposta dal Tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 
e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e 
in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal Pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 
della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 253 

r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032 (Norme per disciplinare la perdita del 
diritto a pensione del personale statale destituito), convertito in legge 
5 . gennaio 1939, n. 84, art. 1, in quanto prevede la perdita del diritto 
a . pensione per l'impiegato. civile destituito, il� militare incorso per 
condanna nella perdita del grado e il salariato espulso (artt. 1, 3, primo 
co:rntn.a, 27, terzo comma, 313, �. primo comma, e 38,. secondo comma, 
d~lla Costituzione). � 
Corte tleLconti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 31 gennaio 
196.6, G. U. 10 settembre 1966, n. 226 (15). 

r. d. I. 3 ghigno 1938, n. 1032 (Norme per disciplinare la perdita� del 
diritto a. pensione del personale statale destituito), art. 3, che . modifica 
l'art. 183, lettera b) del r. d. 21 febbraio 1895, h. 70, in quanto prevede 
la perdita . del diritto. a pensione per condanna: pronunciata per determinati 
reati (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Corte dei conti., quarta sezione giurisdizionale, ord~nanza 23 febb)
Zaio 1966; G. U. 24 settembre 1966, n; 239. 

legge 5 gennaio 1939, � 84 (Conversione in legge del r. d. l. 3 giugno 
1938., n. 1032 che detta norme per disciplinare la. perdita del diritto 
a pensione per il personale statale destituito), in quanto converte lo 
art. l del r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032, che prevede la perdita del 
diritto. a pensione per l'impiegato destituito, il militare incorso per 
condanna nella perdita del gr�do, e il salariato espulso (artt. 3, primo 
comma, 27, terzo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della 
Costitu:Zione). 

Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 31 gennaio 
1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226. 

legge 5 gennaio 1939, n. 84 (Conversione in legge del r. d. Z. 3 giugno 
1938, n. 1032 che detta norme per disciplinare la perdita del diritto 
a pensione per il personale statale destituito), in quanto converte l'articolo 
3 del r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032, che prevede la perdita del 

questa Rassegna, 1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 
della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in 
questa Rassegna, 1965, II, 143), dal Pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 
3, 18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966,. 

n. 64, e retro, II, 103), dal Pretore di Mantova in riferimento agli artt. 3, 2, 18, 38 
e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, 
e Tetro; II, 158), dal Tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo 
<io:trtm�, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, 
e retto, II, 158), dal Pretore di Lucera in riferimento all'art. 3 della Costituzione 
(ordinanza 14 aprile 1966, G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e retro, II, 158), e dal 
Pretore di Bari in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 
1966, G. U; 27 agosto 1966, n. 213, e retro, II, 204). 
(15) Nella stessa ordinanza sono ritenute manifestamente infondate le questioni 
di legittimit� costituzia.nale sollevate, per la stessa disposizione, in riferimento 
agli artt. 47 e 98 della Costituzione. 

254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritto a pensione per condanna pronunciata per determinati reati (articoli 
3 e 36 della Costituzione). 

Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 23 febbraio 
1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. 

legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), 
art. 15, quarto comma, in quanto prevede l'arbitrato obbligatorio per 
la risoluzione di controversie giudiziali (art. 102 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 26 maggio 1966, G. U. 29 ottobre 
1966, n. 271. 

r. d. I. 9 gennaio 1940, n. 2 (Istituzione di una imposta generale sull'entrata), 
convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 52, in quanto, 
in combinato disposto con gli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E, 22 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, e 18 del d. lg. 3 maggio 1948, 
n. 799, non consente la tutela giurisdizionale di diritti soggettivi relativi 
a questioni di estimazione semplice in materia di imposta generale sull'entrata 
non riscossa in abbonamento (artt. 113, 3 e 24 della Costituzione) 
(16). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 15 ottobre 
1966, n. 258. 

I

I,.

r. d. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l'esecuzione del t. u. 
18 giugno 1931, n. 773, sulle leggi di pubblica sicurezza), artt. 285 e 286, .
I

in quanto consentono una diversa disciplina per le raccolte, collette e 
questue promosse da ecclesiastici (art. 3 della Costituzione) (17). 

I 

Pretore di Bologna, ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

I 
Iili 

legge 19 giugno 1940, n. 762 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del r. d. l. 9 gennaio 1940, n. 2, che istituisce una imposta generale sull'entrata), 
in quanto converte in legge l'art. 52 del r. d. I. 9 gennaio ili 
1940, n. 2, che, in combinato disposto con gli artt. 6 della legge 20 mar


(16) Il secondo comma della disposizione, nella parte in cui condiziona al preventivo 
pagamento dell'imposta la proponibilit� della domanda giudiziale (soZve et 
repete), � stato dichiarato illegittimo con sentenza 30 dicembre 1961, n. 79. 
(17) La questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni, in riferimento 
agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, � stata dichiarata non 
fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Sotto il profilo sopra indicato la questione 
� stata gi� proposta del Pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 della Costituzione 
(ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 
1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione 
(ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 
1965, II, 143), dal Tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo comma, 
della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, 
II, 160), e dal Pretore di Bari, in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione 
(ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, II, 206). 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 255 

zo 1865, n. 2248, all. E, 22 del r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, e 18 del 

d. lg. 3 maggio 1948, n. 799, non consente la tutela giurisdizionale 
dei diritti soggettivi relativi a questioni di estimazione semplice in 
materia di imposta generale sull'entrata non riscossa in abbonamento 
(artt. 113, 3 e 24 della Costituzione) (18). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 15 ottobre 
1966, n. 258. 

d. lg. lgt. 8 marzo 1945, n. 90 (Modificazioni delle imposte sulle successioni 
e sulle donazioni), art. 5, quanto presume simulate le trasmissioni 
di immobili a titolo oneroso tra parenti entro il terzo grado (articoli 
3 e 53 della. Costituzione). 
Commissione provinciale delle imposte di Palermo, ordinanza 17 
maggio 1965, G. U. 29 ottobre 1966, n. 271. 

d. lg. lgt. 12 aprile 1945, n. 203 (Composizione della giunta provinciale 
amministrativa in sede giurisdizionale), art. 1, in quanto prevede una 
composizione della giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizoni:
ile ;non idonea, ad i:issicurare la indipendenza dei giudici e l'impar" 
zialit� delle decisioni (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, 
della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanza 8 luglio 
1966, G. U. 29 ottobre 1966, n. 271. 

d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250 (Norme di attuazione dello Statuto 
speciale per la Sardegna), art. 55, che estende all'Amministrazione 
regionale sarda le funzioni dell'Avvocatura dello Stato e l'applicazione 
delle norme sul foro dello Stato, per eccesso dai limiti della delega 
conferita con l'art. 56 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 
(art. 56 dello Statuto speciale per la Sardegna, e art. 70 della Costituzione) 
(19). 
Tribunale di Tempio, ordinanza 18 maggio 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), art. 86, 
in quanto prevede, per il fatto di chi sottoscrive pi� di una dichiarazione 
di presentazione di candidatura, una pena pi� grave rispetto a 
(18) Il secondo comma dell'art. 52 della � legge 19 giugno 1940, n. 762 ., nella 
parte in cui condiziona al preventivo pagamento dell'imposta la proponibilit� della 
domanda giudiziale (solve et repete), � stato dichiarato illegittimo con sentenza 
30 dicembre 1961, n. 79. 
(19) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione, sollevata 
dal Tribunale di Tempio -nello stesso giudizio -in riferimento all'art. 25, primo 
comam, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 9 luglio 
1963, n. 119. 

256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quella stabilita, per lo stesso fatto, dall'art. 106 del d. P. R. 30 marzo 
1957, n. 361 (art. 3 della Costituzione) (20). 

Tribunale di Caltanissetta, ordinanze 28 marzo 1966 (cinque), G. U. 
10 settembre 1966, n. 226. 

d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento deUe pensioni 
dell'assicurazione obbHgatoria per l'invaHditd, la vecchiaia e i super.
stiti), art. 12, primo c:omma, in quanto condiziona il riconoscimento 
dei periodi di interruzione del lavoro per gravidanza e puerperio, ai 
fini della pensione di invalidit� e vecchiaia, alla sussistenza del requisito 
di un anno di contribuzione nel quinquennio precedente, per eccesso 
dai limiti della delega conferita con l'art. 37 della legge 4 aprile 1952, 
n. 218 (art. 76 della Costituzione) (21). 
Tribunale di Lecce, ordinanza 3 maggio 1966, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8 (Tutela del paesaggio), art. 15, 
sec:ondo comma, in quanto per il �caso di assoluto divieto di costruzioni 
su aree edificabili rimette alla discrezionale valutazione della pubblica 
Amministrazione la concessione di uno �speciale contributo � (art. 42, 
terzo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanza 13 maggio 
1966, G. U. 15 ottobre 1966, n. 258 (22). 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 136, lettera b), per eccesso dai limiti della delega conferita 
con l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto non prevede 
la detraibilit�, ai fini dell'imposta complementare, degli oneri per im� 
(20) Questione gi� proposta dal Pretore di Caltanissetta per l'art. 93 del d.P.R. 
16 maggio 1960, n. 570, che ha assorbito l'art. 86 del d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203 
(ordinanze 21 novembre 1965, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e 6 dicembre 1965, G. U. 
12 febbraio 1966, n. 38, segnalate retro, II, 24). 

(21) Questione gi� dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, 
con sentenza 14 marzo 1964, n. 20 (l'ordinanza di rimessione eljClude 
peraltro che, nella specie, possa �attribUirsi rilevanza preclusiva a tale sentenza, in 
quanto relativa al settore del lavoro agricolo, diversamente disciplinato rispetto 
a quello del rapporto in contestazione). Il secondo comma dell'art. 12 del d.P.R. 
26 aprile 1957, n. 818 � stato dichiarato illegittimo con sentenza 12 febbrao 1963, 
n. 4. 
(22) Nella stessa ordinanza il Consiglio di Stato ha ritenuto manifestamente 
infondate le questioni di legittimit� costituzionale del primo comma della disposizione, 
che esclude la corresponsione di indennizzo per i vincoli urbanistici imposti 
agli immobili di propriet� privata, e della legge provinciale nel suo complesso, 
in quanto attribuisce ad organi provinciali funzioni che in base alle leggi preesistenti 
spettano ad organi statali prima che sia intervenuta la legge dello Stato 
prevista dall'art. 95 dello Statuto della Regione Trentino Alto-Adige. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 257 

posta sul patrimonio, prima consentita dall'art. 8 del r. d. 30 novembre 
1923, n. 3062 (art. 76 della Costituzione) (23). 
Commissione provinciale della imposta di Genova, ordinanza 8 luglio 
1966, n. G. U. 15 ottobre 1966, n. 258. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n 645 (Testo unico delle leggi suHe imposte 
dirette), art. 206, in quanto consente all'esattore di procedere all'espropriazione 
anche quando il debitore sia dichiarato fallito (art. 3 e 24 della 
Costituzione) (24). 
Tribunale di Livorno, ordinanza 12 luglio 1966, G. U. 15 ottobre 
1966, n. 258. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 211, per eccesso dai limiti della delega conferita con 
l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto estende ai crediti 
relativi a quattro periodi d'imposta, in ogni caso, i privilegi stabiliti 
dagli artt. 2752 e 2771 del codice civile per i tributi dello Stato e degli 
Enti locali (artt. 76 e 77 della Costituzione) (25). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 17 novembre 1964, G. U. 10 settembre 
1966, n. 226. 

d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degLi organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 83, terzo comma, in quanto attribuisce competenza giurisdizionale alla 
Giunta provinciale amministrativa, la cui composizione non assicura 
l'indipendenza dei giudici e l'imparzialit� delle decisioni (artt. 101, 
secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) (26). 
Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanza 8 luglio 
1966, G. U. 29 ottobre 1966, n. 271. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (!forme sul trattamento economico e 
normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga 
(23) La questione torna all'esame della Corte costituzionale che, con ord:i..nanza 
28 aprile 1966, n. 36 (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 110), aveva 
restituito gli atti alla Commissione provinciale delle imposte di Genova perch� 
valutasse gli eventuali riflessi dell'art. 5 della legge 4 dicembre 1962, n. 1682 
(che ha sostituito l'art. 136 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) sulla rilevanza 
della proposta questione: valutazione risolta dalla Commissione in senso negativo, 
per la efficacia non retroattiva della legge 4 dicembre 1962, n. 1682. La questione 
sopra indicata � stata proposta anche dalla Commissione distrettuale delle imyoste 
di Polistena che ha dubitato della legittimit� costituzionale della disposlZione 
anche in riferimento all'art. 53 della Costituzione (ordinanza 9 novembre 1965, 

G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e retro, II, 24). 
(24) Questione gi� sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione, 
dal Pretore di Arzignano (ordinanza 30 marzo 1966, G. U. 14 maggio 1966, 
n. 118, e retro, II, 162). 
(25) Questione dichiarata non fondata con sentenza 10 giugno 1966, n. 64. 
(26) Sotto lo stesso profilo la disposizione � stata gi� dichiarata illegittima 
nella parte che riguarda i Consigli comunali (sentenza 27 dicembre 1965, n. 93). 

258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

omnes l'art. 46 del contratto collettivo di lavoro 1� agosto 1959 per 
gli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini, che dispone l'obbligatorio 
esperimento del tentativo di conciliazione quale condizione 
di procedibilit� della domanda giudiziale (art. 76 della Costituzione) 
(27). 

Tribunale di Catania, ordinana 31 maggio 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

d. P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico deUe leggi per l'elezione 
dei consigli comunali nella Regione saciliana), art. 70, in quanto prevede, 
per il fatto di chi sottoscrive pi� di una dichiarazione di presentazione 
di candidatura, una pena pi� grave rispetto a quella stabilita 
dall'art. 106 del d. P. R. 30 marzo 1957, n. 361 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Caltanissetta, ordinanze 28 marzo 1966 (cinque), G. U. 
10 settembre 1966, n. 226. 

d. P. R. 25 settembre 1960, n. 1433 (Norme sul trattamento economico 
e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese esercenti la 
produzione delle calzature, pantofole e tomaie), articolo unico, in quanto 
rende obbligatori erga omnes, nella parte in cui contemplano una indennit� 
di mensa, gli accordi collettivi 3 luglio 1947 e 31 marzo 1953, per 
eccesso dai limiti della delega conferita con gli artt. 1 e 2 della legge 
14 luglio 1959; n. 741 (artt. 87, quinto comma, e 76 della Costituzione). 
Pretore di Trieste, ordinanza 22 luglio 1966, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145 (Norme sul trattamento economico e 
normativo per gli agenti e rappresentanti di commercio delle imprese 
industriali), articolo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes 
l'accordo economico collettivo 20 ~iugno 1956, relativo al rapporto 
di agenzia e di rappresentanza commerciale (artt. 39 e 76 della Costituzione); 
in particolare, per la parte in cui rende obbMgatori erga omnes 
gli artt. 9 e 12, ultimo comma, dell'accordo economico collettivo 20 
giugno 1956 e gli artt. 1, numeri 2 e 3, e 8, ultimo comma, dell'accordo 
economico collettivo 17 luglio 1957 (che pongono l'indennit� di risoluzione 
del rapporto di agenzia e di rappresentanza commerciale a totale 
carico delle aziende industriali e prevedono l'istituzione dei fondi 
di � indennit� per la risoluzione del rapporto � e di � assistenza � presso 
l'E.N.A.S.A.R.C.0.) (artt. 39 e 76 della Costituzione), e per la parte 
(27) Il d.P.R. 14 luglio 1960. n. 1032 � stato dichiarato illegittimo per la parte 
in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo 
di lavoro 24 luglio 1959, relativo al trattamento economico e normativo 
degli operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle 
Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), 
art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), 
e art. 62 (sentenza 1.3 luglio 1963, n. 129). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 9 e 12, ultimo comma, dell'accordo 
economico collettivo 20 giugno 1956, e gli artt. 1, n. 2, 3, 
secondo e terzo comma, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e norme transitorie dell'accordo 
economico collettivo 17 luglio 1957 (che impongono l'accantonamento 
presso l'E.N.A.S.A.R.C.O. dell'indennit� di risoluzione del rapporto 
degli agenti e dei rappresentanti di commercio delle aziende industriali) 
(artt. 39, 76 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 4 luglio 1966, G. U. 24 settembre 1966, 

n. 239. 
legge 26 gennaio 1961, n. 29 (Norme per la disciplina della riscossione 
dei carichi, in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari), 
e in particolare, artt. 1 e 4, in quanto attribuiscono alla pubblica Amministrazione, 
con disparit� di trattamento rispetto ad ogni altro creditore, 
il diritto di pretendere, oltre alla sopratassa, di natura esclusivamente 
risarcitoria, anche il pagamento degli interessi di mora, che 
hanno la stessa funzione risarcitoria (artt. 3 della Costituzione). 

Commissione provinciale delle imposte di Venezia, ordinanza 18 
maggio 1966, G. U. 15 ottobre 1966, n. 258. 

legge 19 luglio 1961, n. 659 (Agevolazioni fiscali e tributarie in materia 
di edilizia), art. 5, secondo comma, in quanto esclude (anche) per i 
rapporti non definiti la restituzione delle somme gi� pagate (art. 3 
della Costituzione). 

Tribunale di Vercelli, ordinanza 6 ottobre 1965, G. U. 24 settembre 
1966, n. 239. 

legge 28 marzo 1962, n. 147 (Interpretazione autentica della legge 
26 gennaio 1961, n. 29, circa la disciplina degli interessi di mora dovuti 
sulle tasse ed imposte indirette sugli affari di natura complementare), 
in quanto attribuisce alla pubblica Amministrazione, con disparit� 
di trattamento rispetto ad ogni altro creditore, il diritto di pretendere, 
oltre alla �sopratassa, di natura esclusivamente risarcitoria, 
anche il pagamento degli interessi di mora; che hanno la stessa funzione 
risarcitoria (art. 3 della Costituzione). 

Commissione provinciale delle imposte di Venezia, ordinanza 18 
maggio 1966, G. U. 15 ottobre 1966, n. 258. 

legge 5 agosto 1962, n. 1257 (Norme pe1� l'elezione del Consiglio regionale 
della Vatle d'Aosta), artt. 21�27, in quanto attribuiscono competenza 
giurisdizionale al Consiglio regionale, la cui composizione non 
assicura l'indipendenza dei giudici e l'imparzialit� delle decisioni (articolo 
108 della Costituzione). 

Corte di appello di Torino, ordinanza 8 luglio 1966, G. U. 29 ottobre 
1966, n. 271. 


�'�'
26) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 9 ottobre 1964, n. 991 (Delega al Governo ad emanm�e norme


per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei ' 
mosti, vini ed aceti), in quanto arbitrariamente pubblicata in ritardo, 
con sostanziale modificazione dei limiti temporali della delega (art. 76 

I 

della Costituzione). 
-:� 

Pretore di Latina, ordinanza 15 luglio 1966, G. U. 15 ottobre 1966, 

n. 258. 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi. 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), per sostanziale 
eccesso dei limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 
1964, n. 991, arbitrariamente pubblicata con ritardo (artt. 73 e 
76 della Costituzione). 
Pretore di Latina, ordinanza 15 luglio 1966, G. U. 15 ottobre 1966, 

n. 258. 
legge 3 giugno 1966, n. 331 (Delega al Presidente della Repubblica. 
per la concessione di amnistia e di indulto), art. le>, limitatamente alla 
estensione del provvedimento di clemenza ai reati commessi dopo il 
29 maggio 1965, data di presentazione del primo disegno di legge con 
proposta di delegazione (art. 79, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Galatina, ordinanza 10 giugno 1966, G. U. 10 settem-� 
bre 1966, n. 226. 

d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332 (Concessione di anmistia e di indulto),, 
art. 14, in quanto contempla la possibilit� di rinunciare all'amnistia. 
sia perch� l'indulto che deve eventualmente applicarsi in caso di rinuncia 
seguita da accertamento della responsabilit� penale presuppone la 
irrogazione di una pena, impedita invece dall'estinzione della punibilit� 
per effetto dell'amnistia (art. 25, secondo comma, della Costituzione),. 
sia perch� il diritto di rinunciare all'amnistia, per la possibile irrogazione 
di una pena, sia pure condonabile, si risolve in danno del diritto 
di difesa dell'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione), 
sia perch�, infine, l'amnistia rinunciabile, in quanto istituto essenzialmente 
diverso dall'amnistia in senso tecnico, non pu� essere oggetto 
di delegazione al Presidente della Repubblica (comb. disp. artt. 79' 
e 76 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 6 giugno 1966, G. U. 15 ottobre 1966. 

n. 258. 
d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332 (Concessione di amnistia e di indulto),. 
i

art. 16, limitatamente all'estensione del provvedimento di clemenza ai 
reati commessi dopo il 29 maggio 1965, data di presentazione del pri~ 
f, 
mo disegno di legge con proposta di delegazione (art. 79, secondo com


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ma, 
della Costituzione). 
Pretore di Galatina, ordinanza 10 giugno 1966, G.U. 10 settembre 

I

1966, n. 226. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 261 

legge reg. sic:. approv. 14 luglio 1966 (Provvidenze regionali per l'assistenza 
sanitaria generica agli artigiani). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. 

legge reg. si-..:. approv. 14 luglio 1966 (Finanziamento di un programma 
di interventi produttivi prioritari). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. 

legge reg. sic:. a.pprov. 19 luglio 1966 (Contributi alle Amministrazioni 
provinciali, comunali e a loro cons01�zi ad integrazione di quem p1�evisti 
dalle leggi statali 12 febbraio 1958, n. 126, 21 aprile 1962, n. 181 
e 20 gennaio 1963, n. 31). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. 

legge reg. sic:. approv. 20 luglio 1966 (Provvedimenti per la celebrazione 
in Sicilia del ventesimo anniversario dell'autonomia siciliana). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. 

legge reg. rie:. approv. 21 lugli-o 1966 (Modifiche alla legge 25 giugno 
1965, n. 16, concernente provvedimenti di emergenza per f1�onteggiare 
pubbliche calamit�). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. 


CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Cassa conguaglio tariffe elettriche in liquidazione -Annullamento provvedimenti 
CIP n. 943, 964 e 998. 

Se dopo l'annullamento da parte del Consiglio di Stato� dei provvedimenti 
CIP concernenti le aliquote per la determinazione dei contributi 
integrativi da corrisP'ondersi alle imprese elettriche per l'energia prodotta 
dai nuovi impianti nel periodo 1� gennaio 1960-31 agosto 1961, le aziende 
produttrici di energia elettrica potranno soddisfare il loro credito solo 
in sede di liquidazione della Cassa Conguaglio tariffe elettriche in liquidazione. 


Se dell'eventuale trattamento pi� favorevole possano giovarsi solo 
quelle aziende che abbiano proposto tempestivamente ricorso dinanzi 
al Consiglio di Stato (n. 88). 

AERONAUTICA ED AEROMOBILI 

Legge 3 febraio 1963, n. 58 -Fabbricato costruito in area di assoluta 
inedificabilitd. 

Quale sia il procedimento da seguire, in base alla 1. 3 febbraio 1963, 

n. 58, per fare abbattere una costruzione effettuata a distanza inferiore 
a quella regolamentare dalla linea di confine di un aeroporto. In particolare 
se sia necessario, una volta avvenuto il deposito della mappa catastale 
comprendente i terreni soggetti a vincolo, che tale mappa venga 
approvata e resa esecutiva con decreto del Ministro per la Difesa, anche 
senza la opposizione da parte degli interessati. 
Se infine, dovendosi emettere il decreto di esecutivit� della mappa 
delle limitazioni, dopo l'emissione di tale decreto, si debba procedere a 
sensi del primo, o del secondo comma dell'art. 715, quinquies, legge citata 

(n. 17). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Gioventd Italiana. 

Quale sia l'interpretazione da darsi all'art. 41 del Regolamento giuridico 
ed economico del Personale della Giovent� Italiana, che stabilisce 
i compensi per ore di lavoro straordinario, a seguito dell'entrata in vigore 
delle norme relative al conglobamento per i dipendenti dello Stato 

(n. 317). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 263 

APPALTO 

Cassa per i~ Mezzogiorno -Riserve. 

Quale sia l'organo competente a definire le riserve ove l'ente concessionario 
della Cassa sia una Amministrazi'One Provinciale (n. 295). 

Legittimazione del Comune ex art. 1669 c. c. 

Se il Comune, nell'ipotesi in cui sia stata ad esso trasferita un'opera, 
commessa dallo Stato ad appaltatore privato e successivamente andata in 
rovina, sia legittimato ex art. 1669 c. c., nella qualit� di avente causa dallo 
Stato, a proporre azione per il risarcimento del dann'O nei confronti dell'appaltatore. 


Quale sia il tipo di intervento che pu� spiegare lo Stato nel giudizio 
cos� eventualmente intentato. 
Se, ed in quale forma, sia opportuno che lo Stato si costituisca parte 
civile nel process'O penale pendente contro l'appaltatore (n. 296). 

Nomina dell'arbitro. 

Se la nomina dell'arbitro prevista dall'art. 45, lett. d) del Capitolato 
Generale approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nel caso di controversie 
interessanti Enti pubblici diversi dallo Stato spetti all'Ente 
pubblico stesso o all'Amministrazione LL. PP. (n. 297). 

Trattativa privata -Gare ufficiose preliminari. 

Se nelle gare uffici'Ose preliminari a trattative private possa considerarsi 
valida l'offerta pervenuta oltre il termine stabilito nell'avviso di 
gara (n. 298). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

Competenze ed onorari. 

Se il parere emesso dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati su richiesta 
di privati professionisti in merito alle proprie parcelle sia vincolante 
per la Amministrazione che abbia affidato l'incarico professionale. 

Se !''Ordinanza di liquidazione e la pronuncia che decide l'opposizione 
sull'eventuale decreto ingiuntivo siano gravabili di appello (n. 69). 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

Giurisdizione del Comandante del Porto. 

Se, in tema di circolazione di veicoli nelle aree portuali, il Comandante 
de( porto possa applicare le sanzioni previste dal Codice della 
Strada (n. 24). 



264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

COMUNI E PROVINCIE 

Provvidenze a favore di zone alluvionate -Rimborsi. 

Se la deficitariet� dei bilanci comunali, agli .effetti dell'esonero dal 
rimborso stabilito dall'art. 1 della I. 10 gennaio 1962, n. 9, debba desumersi 
dai bilanci preventivi o dai conti consuntivi (n. 122). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Gestione governativa di ferrovie: stipendi e salari c01�risposti ai dipendenti.. 

Se siano recuperabili a carico dei dipendenti della Societ� concessionaria 
le somme a questi corrisposte, per stipendi e salari arretrati, al 
momento in cui ha avuto inizio la gestione commissariale governativa 
esercitata � a spese e rischio� della Concessionaria prima della dichiarazione 
di decadenza della concessione (n. 79). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Vendita di preziosi. 

Quali siano le modalit� per la vendita ai pubblici incanti di preziosi, 
acquisiti all'erario in base a titolo irretrattabile, i quali, per la loro natura 
o per la loro qualit�, non possano essere trasferiti alla Zezza (n. 215). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Garanzia per i finanziamenti di piani di ammodernamento di linee in 
regime di concessione. 

Se fra le leggi speciali derogatorie alla opponibilit� erga omnes del 
privilegio speciale di cui al d.1. 1. 1� novembre 1944, n. 367 che assiste 
l'Ente finanziatore rientri l'art. 3 della 1. 2 agosto 1952, n. 1221 -concernente 
provvedimenti per l'esercizio ed il potenziamento di ferrovie ed 
altre linee di trasporti in regime di concessione -che prevede l'acquisto 
ipso iure in propriet� dello Stato, allo scadere del periodo per il quale 
viene concesso il contributo, del materiale rotabile e di esercizio per la 
quota corrispondente al rapporto tra i contributi capitalizzati e la spesa 
ammissibile a contributo (n. 63). 

DAZI DOGANALI 

Punto franco di Trieste. 

Se l'alcool metilico impiegato nel ciclo di produzione della formaldeide 
(e derivati) nel punto franco di Trieste sia da assoggettare o meno 
ad imposta di fabbricazione od alla corrispondente sovrimposta di confine. 


PARTE II, CONSULTAZIONI 265 

Se nei confronti dell'alcool metilico utilizzat'O nel ciclo di produzione 
della formaldeide (e derivati) nel punto franco di Trieste trovino applicazione 
i decreti del Ministero per le Finanze 16 aprile 1962 in base ai 
quali � consentito l'esonero dal pagamento del diritto erariale speciale, 
stabilito dall'art. 4 del d. 1. 6 ottobre 1948, n. 1200, dovuto per la denaturazione 
dell'alcool occorrente per la fabbricazione di prodotti destinati 
.all'esportazione (n. 35). 

Restituzione dell'imposta di fabbricazione. 

Se le bollette doganali di esportazione mod. A/55 rappresentino dei 
titoli di credito (n. 36). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Abitazioni per lavoratori agricoli dipendenti -Legittimazione a stare in 
giudizio. 

Se nelle cause concernenti aree espropriate in dipendenza della 1. 30 dieembre 
1960, n. 1676 siano legittimati a stare in giudizio gli Istituti Autonomi 
per le Case Popolari e l'Istitut�o per lo Sviluppo della Edilizia 
Sociale (n. 183). 

Agevolazioni fiscali -Legge 408/1949 -Rimborsi. 

Se l'effettivo rimborso dell'imposta di registro, ai sensi e per gli 
�effetti di cui alla 1. 2 luglio 1949, n. 408, sia condizionato alla prova dell'avvenuta 
costruzione dell'abitazione non di lusso nei termini di legge 

(n. 184). 
Cooperative -Contratto di mutuo. 

Se, ai sensi della 1. 10 agosto 1950, n. 715, i soci di una coperativa 
possano stipulare, per ciascun appartamento, il contratto di mutuo in via 
indivisa fra coniugi, o fra C'Oniugi e figli (n. 185). 

Acquisizione aree GESCAL. 

Se la GESCAL possa avvalersi della collaborazione degli I.A.C.P. per 
l'acquisizione delle aree mediante espropriazione (n. 186). 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Cassa conguaglio tariffe elettriche in liqiiidazione -Annullamento provvedimenti 
CIP n. 943, 964 e 998. 

Se dopo l'annullamento da parte del Consiglio di Stato dei provve<
l.imenti CIP concernenti le aliquote per la determinazione dei contributi 
integrativi da corrispondere alle imposte elettriche per l'energia prodotta 
dai nuovi impianti nel periodo 1� gennaio 1960-31 agosto 1961, le aziende 



266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

produttrici di energia elettrica potranno soddisfare il loro credito solo in 
sede di liquidazione della Cassa conguaglio tariffe elettriche in liquidazione. 

Se dell'eventuale trattamento pi� favorevole possano giovarsi solo 
quelle aziende che abbiano tempestivamente proposto ricorso dinanzi al 
Consiglio di Stato (n. 26). 

Servit�. 

Se per l'imposizione di servit� di elettrodotto occorrenti per il trasporto 
dell'energia prodotta con le acque del Volturno a Napoli, l'indennit� 
dovuta debba essere determinata ai sensi dell'art. 13 1. 15 gennaio 1885, 

n. 2892 per il risanamento della citt� di Napoli (n. 27). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Edilizia economica e popolare. 

Se la GESCAL possa a�vvalersi della collaborazione degli I.A.C.P. per 
l'acquizione delle aree mediante espropriazione (n. 226). 

Svincolo del'l'indennit� di espropriazione. 

Se la Cassa DD.PP. possa rifiutarsi di dar corso allo svincolo di somma 
depositata per indennit� di espropriazione, come disposto da apposito decreto, 
nel caso in cui, essendovi stata opposizione di terzi, e mancando pertanto 
il necessario accordo sullo svincolo, non sia intervenuta una sentenza 
passata in giudicato a sensi dell'art. 55 della legge sulle espropriazioni 

(n. 227). 
FALLIMENTO 

Compensazione di crediti ceduti. 

Se, in caso di fallimento, di una ditta, i crediti da questa vantati nei 
confronti dell'Amministrazione e ceduti prima della dichiarazione di fallimento 
a terzi possano essere soddisfatti senza il consenso degli organi 
fallimentari. 

Se l'Amministrazione possa opporre al cessionario del credito la compensazione 
con propri crediti vantati nei confronti del cedente sorti anteriormente 
alla cessione (n. 102). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Conguagli ex dipendenti INA-Casa. 

Se ai dipendenti dell'INA inquadrati nella GESCAL spetti il nuove> 
trattamento economico dal 1� luglio 1964 salvo conguaglio con quanto 
ricevuto per il secondo semestre 1964 dai suddetti enti (n. 632). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 267 

Impiegato-statale -Pensione privilegiata. 

Se costituisca titolo valido per la pensione privilegiata il danno subito 
dall'impiegato statale in occasione di uso di proprio autoveicolQ per il 
compimento di una missione (n. 633). 

Soppressione ruoli aggiunti delle Amministrazioni statali. 

Se la legge 4 febbraio 1966, n. 32, relativa alla soppressione dei ruoli 
aggiunti delle Amministrazioni statali possa essere applicata nei confronti 
dei dipendenti dell'ICE gi� in servizio non di ruolo presso l'istituto stesso 

(n. 634). 
Stipendi. 

Se nel caso in cui ad un pubblico impiegato venga corrisposto l'assegno 
in aggiunta previsto dall'art. 202 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, la tredicesima 
mensilit� debba essere calcolata anche con riferimento al SU'O 
ammontare (n. 635). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Cassa conguaglio prezzo zucchero d'importazione. 

Se gli importatori di zucchero, che non abbiano tenuto conto della 
determinazione del costo dichiaratQ nella domanda rivolta alla Cassa 
Conguaglio Prezzo dello Zucchero di Importazione di alcuni oneri (in particolare 
degli oneri di prolungata giacenza dello zucchero importato), 
abbiano diritto al loro riconoscimento, ai fini dei versamenti da effettuare, 
secondo la disciplina vigente, relativa al conguaglio del prezzo dello zucchero 
di importazione. 

Se, nella negativa, si possano egualmente soddisfare, in via equitativa, 
le richieste degli importatori ed, in caso affermativo, in quale modo (n. 43.) 

IMPOSTA DI BOLLO 

Pena pecuniaria. 

Se il principi'() di cui all'art. 20 della 1. 7 gennaio 1929, n. 4 sia tuttora 
operante anche in materia di imposta di bollo, oppure se ad esso 
deroghi l'art. 39 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492 (n. 29). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni fiscali -Legge 408/1949 -Rimborsi. 

Se l'effettivo rimborso dell'imposta di registro, ai sensi e per gli effetti 
di cui alla 1. 2 luglio 1949, n. 408, sia condizionatQ alla prova dell'avvenuta 
costruzione dell'abitazione non di lusso nei termini di legge (n. 239). 



268 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Procedimenti avanti al giudice ordinario -Societ�. 

Se sia fondata l'eccezione di inammissibilit� del giudizio e del riesame 
della controversia da parte dell'AGO dipendente dal fatto che, pendendo 
gi� il procedimento davanti all'AGO (normalmente di opposizione ad 
ingiunzione), si sia lasciato decorrere il termine semestrale senza impugnare 
autonomamente e specificamente una decisione nel frattempo emessa 
dalla Commissione Centrale. 

Se l'aumento del fondo di riserva si risolva (con l'applicazione del 
criteri'() di cui all'art. 8, primo comma, legge di registro) in un aumento 
di capitale sociale ove sia attuato mediante il versamento dell'importo di 
nuova azioni emesse anche per incrementare il fondo di riserva (n. 239). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Ingiunzione fiscale. 

Se si possa legittimamente emettere ingiunzione di pagamento per 
imposta di successione sul valore deciso dalla Commissione Provinciale, 
che sia stata impugnata davanti al giudice mdinario ai sensi dell'art. 29 

d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (n. 46). 
Recupero di imposta nei confronti di cittadini stranieri. 

Come si debba procedere per il recupero di un'imposta di successione 
nei confronti di cittadini stranieri (n. 47). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Rimborso. 

Quale natura abbia il termine. stabilito dall'art. 2 d.P.R. 27 febbraio 
1955, n. 192, relativo alla presentazione delle istanze di restituzione i.g.e. 
all'esportaziQne (n. 114). 

IMPOSTE E TASSE 

Imposta di fabbricazione. 

Se l'art. 18 del d. I. 3 gennaio 1947, n. 1 preveda una forma di decadenza 
o di prescrizione (n. 417). 

Infrazioni fiscali -Misure cautelari. 

Se possano applicarsi alle misure cautelari ex art. 26 I. 7 gennaio 1929, 

n. 4, le norme dettate, in tema di adozione di misure cautelari, dal codice 
di procedura civile. 
Quale sia il collegamento pi� idoneo per determinare l'organo giudiziario 
territorialmente competente ad emettere il provvedimento cautelare 
(n. 419). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 

Pendenza di giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale -Atti cautelativi 
medio tempore. 

Se l'Amministrazione, in pendenza del giudizio di legittimit� costituzionale 
su norme relative a benefici fiscali, possa adottare idonee cautele 
per assicurarsi il recupero delle imposte nell'ipotesi di dichiarazione di 
illegittimit� (n. 420). 

Polizia tributaria. 

Se la polizia tributaria possa espletare gli adempimenti previsti dall'art. 
35 1. 7 gennaio 1929, n. 4 e dagli artt. 39, 41, 42 t. u. sulle imposte 
<lirette presso gli uffici dei mercati all'ingrosso anche relativamente ai dati 
raccolti dalla direzione a fini statistici (n. 421). 

Recupero di imposta nei confronti di cittadini stranieri. 

Come si debba procedere per il recupero di un'imposta di successione 
nei confronti di cittadini stranieri (n. 422). 

Restituzione d'imposta su prodotti esportati. 

Se, nei casi in cui le ditte aventi diritto a rimborso dell'imposta di 
fabbricazione su prodotti esportati chiedono, per errore di calcolo o comunque 
per inesatta applicazione, indicazione o individuazione della aliquota 
di imposta, il rimborso di somme inferiori a quelle effettivamente dovute, 
l'Amministrazione sia tenuta a restituire le imposte nella misura effettivamente 
dovuta (n. 423). 

Termini. 

Se un termine di natura perentoria possa essere fissato in un decreto 
presidenziale che contiene norme di esecuzione di una legge (n. 424). 

Termini impugnazione decisione delle Commissioni. 

Se sia inammissibile il ricorso dell'Ufficio avverso la decisione della 
Commissione Provinciale delle Imposte in quanto l'avviso mod. 108, contenente 
la dichiarazione di ricorso, pervenga alla Commissione Centrale 
-oltre i trenta giorni dell'avvenuta notificazione al contribuente della deci.
sione (n. 425). 

MEZZOGIORNO 

Cassa per il Mezzogiorno -Imposta sui proventi telefonici. 

Se le societ� concesionarie telefoniche possano esercitare il diritto 
<li regresso nei confronti della Cassa per il Mezzogiorno ai sensi dell'art. 6 
<della 1. 6 dicembre 1965, n. 1379 (n. 38). 


270 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Cassa per il Mezzogiorno -Riserve. 

Quale sia l'organo competente a definire le riserve ove l'ente concessionario 
della Cassa sia una Amministrazione Provinciale (n. 39). 

OPERE PUBBLICHE 

Revisione dei prezzi. 

Se sia necessaria la presentazione di una apposita domanda a ci� diretta, 
nei termini di decadenza previsti dalla 1. 23 ottobre 1963, n. 1481, 
per ottenere la revisione dei prezzi dei contratti per l'esecuzione di 00.PP. 
in relazione alle pi� favorevoli aliquote di alea contrattuale previste dalla 
stessa legge citata (n. 67). 

PENSIONI 

Natura, prescrittibilitd e rinunciabilitd. 

Se il diritto al trattamento di quiescenza sia soggetto ad estinzione 
per prescrizione. 

Quali siano i caratteri fondamentali del diritto a pensione. 

Se il collocamento a riposo estingua il rapporto di pubblico impiego. 

Se il diritto a pensione sia rinunciabile (n. 111). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Impianti privati abusivi. 

Se in caso di impianto telefonico abusivo, mancando l'accertamento 
delle conversazioni effettuate, la sopratassa prevista dall'art. 178 r. d. 
19 luglio 1941, n. 1198, possa essere determinata nella misura di L. 20.000. 

Se competente per l'applicazione della sanzione sia l'Autorit� Giudiziaria 
ordinaria. 
Se il diritto a percepire la sopratassa si prescriva nei termini dell'art. 
2947 c. c. 
Se l'ipotesi prevista dall'art. 178 cod. postale possa essere parificata a 
quella dell'art. 81 del regolamento (n. 121). 

PRESCRIZIONE 

Indennizzo. 

Se la domanda di indennizzo per danni di guerra possa essere considerato 
valido atto interruttivo della prescrizione del diritto ad ottenere 
l'indennizzo per requisizione (n. 57). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 271 

RAPPORTO DI LAVORO 

Mancanza di atto formale. 

Se l'attivit� spiegata dal singolo nell'ambito dei fini propri dell'Ente 
Pubblico dia luogo a rapporto contrattuale con prestazioni corrispettive 

(n. 39). 
REGIONI 

Regione Siciliana -Agevolazioni fiscali per le societ� industriali. 

Se, ai sensi dell'art. 13 della legge regionale 20 marzo 1950, n, 29, 
possa farsi egualmente luogo all'agevolazione tributaria, qualora siano 
state rispettate tutte le condizioni ed i termini prescritti dal decreto assessoriale 
eccenzion fatta per l'esibizione, nel termine stabilito, all'Ufficio del 
Registro del certificato dell'Assessore per l'industria ed il commercio attestante 
l'avvenuto adempimento delle condizioni stesse, ove il ritardo nella 
esibizione non sia dipeso dal contribuente ed, anzi, venga successivamente 
giustificato da altro decreto assessoriale (n. 138). 

REQUISIZIONE 

Indennizzo. 

Se la domanda di indennizzo per danni di guerra possa essere considerata 
valido atto interruttivo della prescrizione del diritto ad ottenere 
l'indennizzo per requisizione (n. 120). 

RESPONSABILITA CIVILE 

Impiegati statali -Missione -Uso di propri autoveicoli. 

Se possa configurarsi una responsabilit� dell'Amministrazione nell'ipotesi 
di danni causati a terzi o a se medesimi da parte di impiegati 
statali autorizzati a servirsi di propri mezzi per le trasferte (n. 231). 

Mancata notifica di atto giudiziale. 

Se in caso di mancata tempestiva notificazione di impugnazione di 
decisione della Commissione Provinciale delle Imposte, l'accertamento del 
danno causato dal'Uff. Giud. debba essere effettuato solamente sulla base 
degli elementi oggettivamente certi. 

Polizia -Informazioni alla stampa, 

Se, ed entro quali limiti, sia lecito dare informazioni alla stampa da 
parte dell'Amministrazione circa operazioni di polizia giudiziaria (n. 233). 



272 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trasporto di valori postali. Polizia di scorta. 

Se gli accollatari dei servizi postali rispondano, a eseguito di incidente 
occorso ai loro autofurgoni, dei danni subiti dagli agenti di P.S. che vengono 
adibiti al servizio di scorta di val'Ori dell'Amministrazione P.T. (n. 234). 

SERVITU' 

Elettrodotto. 

Se per l'imposizione di servit� di elettrodotto occorrenti per il trasporto 
dell'energia prodotta con le acque del Volturno a Napoli, l'indennit� 
dovuta debba essere determinata ai sensi dell'art. 13 1. 15 gennaio 
1385, n. 2892 per il risanamento della citt� di Napoli (n. 42). 

SOCIETA 

Procedimenti avanti al giudice ordinm�io -Societ�. 

Se sia fondata l'eccezione di inammissibilit� del giudizio e del riesame 
della controversia da parte dell'AGO dipendente dal fatto che, pendendo 
gi� il procedimento davanti all'AGO (normalmente di opposizione ad 
ingiunzione), si sia lasciato decorrere il termine semestrale senza impugnare 
autonomamente e specificamente una decisione nel frattempo emessa 

I 

dalla Commissione Centrale. 
Se l'aumento del fondo di riserva si risolva (con l'applicazione del 
criterio di cui all'art. 8, primo comma, legge di registro) in un aumento 

i

di capitale sociale ove sia attuato mediante il versamento dell'importo di 
nuove azioni emesse anche per incrementare il fondo di riserva (n. 113). 

I~:1

~1 

SUCCESSIONE 

' 

Eredi testamentari e legittimari. 

' 

Se l'Amministrazione debitrice del de cuius sia tenuta ad effettuare ' 
il pagamento in favore dell'erede istituito che ne faccia richiesta con esclu=;


I1

sione dei legittimari pretermessi salvo il gi� avvenuto esperimento da , 

I ' 

parte di questi ultimi dell'azione di riduzione (n. 77). 

TRASPORTI 

I

Garanzia per i finanziamenti di piani di ammodernamento di linee in 
regime di concessione. 

Se fra le leggi speciali derogatorie alla apponibilit� erga omnes del 
privilegio speciale di cui al d. 1. 1. 1� novembre 1944, n. 367 che assiste 
l'Ente finanziatore rientri l'art. 3 della 1. 2 agosto 1952, n. 1221 -concernente 
provvedimenti per l'esercizio ed il potenziamento di ferrovie ed 

Ialtre linee di trasporti in regime di concessione -che prevede l'acquisto 
ipso iure in propriet� dello Stato, allo scadere del periodo per il quale 

I'

viene concesso il contributo, del materiale rotabile e di esercizio per la r.

f: quota corrispondente al rapporto tra i contributi capitalizzati e la spesa f: 
f� 
ammissibile a contributo (n. 55). i: 
~: 

I! 

~ 

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-


NOTIZIARIO 


Il 26 ottobre 1966 l'Avvocato Generale dello Stato Avv. GIOVANNI 
ZAPPAL� � stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, on. dott. GrnSEPPE 
SARAGAT, al quale ha presentato la relazione sui �giudizi di costituzionalit� 
e il contenzioso dello Stato negli anni 1961-65 �. 

Il Presidente della Repubblica si � compiaciuto esprimere il Suo gradimento 
per l'omaggio ricevuto. 

Nei giorni successivi l'Avvocato Generale dello Stato � stato ricevuto 
dal Presidente dei due rami del Pariamento, on. dott. CESARE MERZAGORA 
ed on. dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DuCCI e dal Presidente della Corte 
Costituzionale, on. prof. GASPARE AMnROSINI, i quali, nel ricevere copia 
della Relazione e nel ringraziare, hanno espresso il loro vivo apprezzamento 
per l'opera svolta dall'Avvocatura dello Stato. 

* * * 

CONVEGNI 

Organizzato dall'Associazione per gli scambi culturali tra giuristi italiani 
e tedeschi, presieduto da S. E. Silvio Tavolaro, si � tenuto in Roma, 
nei giorni 21-23 ottobre 1966 un congresso avente per oggetto un tema 
di diritto penale ed uno di diritto civile. Del primo tema, �Libert� di 
stampa e tutela della personalit�� sono stati relatori il prof. avv. Giuliano 
Vassalli, il cons. di Cassazione dott. De Mattia, il prof. dott. Ernst Heinitz, 
il giudice costituzionale Theodor Ritterspach ed il prof. dott. Josef Partsch. 
Del secondo, � La tutela delle minoranze nella societ� per azioni �, il 
prof. avv. Alberto Asquini, il cons. di Cassazione dott. Carlo Giannattasio, 
il dott. Robert Fischer, il prof. Honvad Duchen, il prof. Wolfang 
Hefermehl. 

Il prof. Vassalli, nella sua esauriente relazione, dopo aver sottolineato 
l'attualit� del tema della libert� di stampa e della tutela della per 
sonalit� nei regimi democratici e nella prospettiva europea, si � soffermato 
in particolare sugli aspetti critici del problema nella vita del diritto� 
in Italia, offrendo ai partecipanti al convegno una larga panoramica della 
dottrina giuridica italiana sull'argomento. Sono stati ricordati dal relatore 
i limiti sostanziali della libert� di stampa individuati da varie correnti 
di pensiero (teoria dei limiti logici, teoria dei limiti costituzionali, teoria 
dei limiti differenziati) e si � affrontato il delicato problema del fondamento 
costituzionale del diritto di cronaca. A quest'ultimo proposito il V. 
ha ricordato la tesi del Delitala, secondo cui un diritto di cronaca come 
tale non esiste nel nostro ordinamento, non potendosi esso riconnettere 
ad un diritto del pubblico all'informazione, ritenuto quest'ultimo � un'immaginosa 
espressione priva di qualsiasi contenuto concreto �. La posizione 
del relatore � stata, per�, critica rispetto alla succitata teoria e di adesione 
alla tesi enunciata per la prima volta dal Nuvolone e secondo cui 
la rilevanza costituzionale del diritto di cronaca non si esaurisce nell'am




274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bito dell'art. 21 della Costituzione, cio� nel quadro del diritto individuale 
alla libera manifestazione del pensiero, ma si ricollega, pure, al diritto 
del pubblico alla informazione, considerato uno dei pilastri di ogni ordinamento 
democratico. Ha rilevato il V. che il diritto all'informazione � 
espressamente menzionato nell'art. 29 della Dichiarazione universale dei 
diritti dell'uomo alla cui osservanza l'Italia � tenuta come Stat:o membro 
delle Nazioni Unite e nell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti 
dell'uomo e s.lle libert� fondamentali (c. d. Convenzione di Roma), resa 
esecutiva in Italia con 1. 4 agosto 1955, n. 848. 

Individuato un duplice fondamento costituzi"Onale alla libert� di stampa 
ed al diritto di cronaca, in particolare, il V. � passato ad esaminare il 
secondo aspetto del problema, i diritti della personalit�. La sua indagine 
per� � stata limitata al diritto all'onore, il cui fondamento costituzionale 
� stato affermat�o a chiare lettere congiuntamente alla sua portata limitatrice 
della libert� di stampa. 

L'approfondito esame della tutela del diritto all'onore nel sistema 
giuridico italiano ha portato il V. a distinguere gli aspetti peculiari di 
tale tutela rispetto alle varie forme di manifestazione del pensiero tutelate 
dall'art. 21 della Costituzione: diritto di creazione artistica, diritto di 
opini�one e diritto di cronaca, con particolare riguardo alla cronaca giu


II 

diziaria. 

Sugli altri aspetti della tutela della personalit� si � soffermata, invece, 
dopo una breve premessa sul tema della libert� di stampa affrontato dal 
V., la relagione del dott. Angelo De Mattia, presidente di sezione della 
Corte di Appello di Bologna. Dopo aver ricordato tutte le opinioni manif~


tJ

festatesi nella d"Ottrina e nella giurisprudenza italiana circa l'esistenza, 
la natura ed i limiti di un diritto alla riservatezza sul piano interpretativo 

I. 
della legge positiva italiana in vigore e dopo essersi soffermato anche '

l' .;'

sugli aspetti del problema relativi alle previsioni della nostra Costitu


.

zione e della Convenzione sui diritti fondamentali dell'uomo, il R. � 
entrato nel vivo del tema, proponendosi la questione dei limiti reciproci 
tra diritto al rispetto della vita privata e libert� di stampa. 

Anche il De Mattia, come il Vassalli, ha riguardato il problema sotto 
i distinti aspetti dei limiti che incontrano rispettivamente il diritto di 
opinione, il diritto alla creazione artistica ed il diritto di cronaca e per 

I ognuno di tali aspetti ha esaminato le cause di giustificazione all'invasione 
non consensuale dell'area di riservatezza privata da parte di chi usa della 
stampa per fini di pubblico interesse. 

I" 

La relazione si � conclusa con l'indicazione delle lacune del nostro 
ordinamento giuridico nella materia oggetto d'esame e con l'auspicio che 
si possa giungere in futuro ad un unitari'O coordinamento dei mezzi di 
difesa dei diritti della personalit� in sede civile ed in sede penale. 

Sul tema: La tutela delle minoranze nel codice italiano e nel progetto 
di riforma delle societ� per azioni i! prof. Asquini, ed il cons. Giannattasio, 
dopo aver ricordato le varie teorie avanzate in dottrina per 
spiegare le ragioni che induc"Ono a limitare il sistema maggioritario per 
le deliberazioni assembleari dele societ� di capitali per la tutela di certi 
interessi delle minoranze, hanno esaminato prima i poteri spettanti al 
singolo socio e poi quelli attribuiti ai soci rappresentanti una determinata 
aliquota del capitale sociale. 

Un dettagliato esame � stato fatto dei p'Oteri delle minoranze nel 
progetto ministeriale di riforma della societ� per azioni specie con riguardo 
alle societ� ammesse alla quotazione in borsa. 



PARTE II, NOTIZIARIO 275 

* * * 

Nei giorni 5-17 settembre 1966 si � svolto a Perugia il XIII Corso di 
studi organizzato dal � Centro Internazionale Luigi Severini � avente per 
oggetto il tema: Processo acusatorio, inquisitorio o misto. 

I giuristi convenuti dall'Austria, dal Belgio, dalla Cecoslovacchia, 
dalla Repubblica cinese, dalla Columbia, dalla Francia, dalla 
Germania federale dal Giappone, dalla Gran Bretagna, dalla Grecia, 
dall'Irlanda dall'Italia dal Lussemburgo, dalla Polonia, dalla Rodesia, 
dalla Spagna e dalla Svizzera hanno discusso il tema dopo avere, 
con dovizia di particolari, illustrato i sistemi processuali vigenti nei Paesi 
rappresentati al � Centro �. 

Si � rilevato che il sistema processuale penale dev'essere perfettamente 
equidistante tra due poli opposti consistenti da un lato nella necessit� 
di ottenere la verit�, di accertare il reato e di individuare il colpevole 
e dall'altro nella necessit� di rispettare l'individuo e le sue pi� 
profonde libert�. 

La prevalenza dell'uno o dell'altro polo � chiaramente espressa nella 
scelta del sistema inquisitorio o di quello accusatorio. Si � constatato per� 
che nessun paese ha accolto nella sua legislazione il sistema inquisitorio 
puro. In tutti i Paesi diversi dagli anglosassoni, che hanno accolto il 
sistema accusatorio, si � adottato un sistema misto in base al quale nella 
istruttoria prevale il sistema inquisitorio mentre nel dibattimento prevale 
il sistema accusatorio. 

I partecipanti al convegno provenienti dai Paesi diversi degli anglosassoni 
non si sono dimostrati favorevoli alla accettazione del processo 
accusatorio, ritenendo che esso dia all'individuo garanzie inferiori di 
quanto non ne offra il sistema misto, per l'attribuzione alla Polizia di 
poteri che nel sistema misto sono affidati al Magistrato. 

A proposito della istruttoria mista si � per� insistito da parte dei partecipanti 
sulla necessit� di salvare e di rispettare in seno a tale sistema 
la libert� individuale. 

Gli argomenti sui quali l'attenzione dei partecipanti al Centro si � 
particolarmente soffermata sono stati i seguenti: 

I. -Posizione del P. M. nell'istruttoria. 
Tutti i partecipanti hanno sottolineato la necessit� che il P. M. proponga 
l'azione penale quando sia a conoscenza di un reato. 
Si � quindi discusso sui sistemi per ovviare all'inerzia del P. M. e 
sono state in proposito prospettate le seguenti soluzioni: 
-intervento di un giudice nell'eventualit� della archiviazione (classement); 


-intervento del potere legislativo; 

-intervento di puro carattere gerarchico, disciplinare o penale; 

-azione concorrente o sussidiaria del privato. 

II. -Promovimento dell'azione penale ed esercizio dell'attivit� istruttoria. 
Si � rilevato che nei Paesi europei di origine latina sussiste il sistema 
della duplice istruttoria sommaria o formale, nei Paesi di origine germanica 
esiste il sistema di una sola istruttoria che segue i primi accertamenti 
svolti dal P. M.; nei Paesi slavi e in altri Paesi asiatici i poteri istruttori 
sono attribuiti al P. M. 



276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non si � raggiunto su questo tema una soluzione unanime neppure 
accolta dalla maggioranza; si pu� soltanto osservare che l'indirizzo prevalente 
� stato favorevole ad una sola istruttoria nella quale al P. M. � attribuita 
l'iniziativa penale, con controllo del giudice per quanto attiene alla 
libert� personale. 

III. 
-Posizione deil'accusa (pubblica e privata) e del difensore nell'istruttoria 
condotta da un giudice. 
Il problema naturalmente si � posto soltanto per la istruttoria formale. 
Tutti i partecipanti al congresso hanno confermato la necessit� del 
segreto nella prima parte delle indagini e nella istruttoria mentre hanno 
rilevato la necessit� di un pi� aperto contraddittorio dopo l'acquisizione 
dei primi elementi, che dovrebbero concludersi con la contestazione della 
accusa all'imputato. 

In questa seconda fase il difensore dovrebbe trovarsi in posizione di 
assoluta parit� con il P. M. 

Per quanto attiene la prima fase i pareri sono stati discordi nel senso 
che alcuni hanno insistito a che il P. M. assuma nei confronti dell'Istruttore 
una posizione corrispondente a quella del difensore mentre altri hanno 
sostenuto una maggiore ingerenza non solo del primo, ma anche dell'offeso 
dal reato. 

Tutti hanno riconosciuto la necessit� dell'intervento del difensore negli 
atti non ripetibili (perizie, accertamenti giudiziari, ecc.). 
Da parte di alcuni � stata sostenuta la necessit� dell'intervento del 
difensore sin dai primi atti a cominciare dall'interrogatorio dell'imputato. 

IV. 
-PoteT'i del giudice istruttore. 
Tutti i partecipanti (ivi compreso qualche sostenitore del sistema 
accusatorio) si sono dichiarati contrari a subordinare alla richiesta delle 
parti la facolt� del giudice di ricercare prove nel corso dell'istruttoria. 
La maggioranza per� ha escluso che il giudice istruttore possa procedere 
a constatazioni di nuovi reati di propria iniziativa o possa incriminare 
soggetti diversi da quelli contro i quali � stata mossa l'accusa. 

V. 
-Dibattimento. 
Il principio accusatorio � stato unanimemente accettato come quello 
che deve caratterizzare il dibattimento con due differenze profonde per� 
tra i sostenitori del sistema accusatorio puro e quelli del sistema accusatorio, 
per cosi dire, misto : 
-i primi si sono dichiarati favorevoli alla soluzione che il collegio 
giudicante non possa assumere prove se non fornite dalle parti e non 
possa valutare la opportunit� o meno di accoglierle; _.j 
-i secondi invece (pur con qualche differenza di gradazione) hanno 
sostenuto che il collegio giudicante possa procedere all'acquisizione di 
prove ex officio e abbia la facolt� di pronunciarsi sulla loro ammissibilit�. 
La grandissima maggioranza si � espressa poi in senso contrario alla 
proposta avanzata di far partecipare al collegio giudicante lo stesso giudice 
istruttore. ~ 
1:'. 


VI. 
-Utilizzazione di mezzi tecnici per l'accertamento della veritd. 
La discussione ha avuto per oggetto la ricerca di un principio valido i:; 
non solo di fronte ai mezzi tecnici gi� conosciuti e praticati, ma anche ::

'.'..

di fronte ai mezzi che la scienza potr� offrire in futuro. 

II

.

I

�.-Xt'.1. Y. ...,.:-:..:;;;:.-,,. ffi.�E.-:. .... � W..f. 7.7,1',,..X,. ~..X-'.Yx;/=9."".f {9'.X/.x. 7/.:::7h"' X��"::."//.0 {-7.l'A.:::.P."..-: 0:-o/./. .-:-:;::: Y/.9.= 7.f. :;:; JQ Yh -.� .'W :;.-,,.::-: -. z Y.J" z-..�.-E. -.-...-.-.-..-.-..-; �

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PARTE II, NOTIZIARIO 

I presenti, all'unanimit� hanno dichiarato che il problema pu� essere 
preso in considerazione solo se sussistono le seguenti due condizioni: 

-che il risultato scientifico sia di sicura interpretazione; 

-che l'applicazione abbia luogo con la consapevolezza della parte 
nei cui confronti il mezzo � usato. 

Si � quindi discusso se l'imputato o la parte offesa o anche una persona 
genericamente sospettata possono essere sottoposte contro la loro 
volont� ad accertamenti di carattere scientifico. 

Su questo tema gli orientamenti prevalenti sono stati i seguenti: 
-la sottoposizione all'accertamento scientifico di una o di un'altra 
parte pu� essere disP'osta solo dalla legge; 
-la sottoposizione all'accertamento pu� essere demandata al potere 
discrezionale del giudice; 
-la sottoposizione all'accertamento deve essere subordinata al consenso 
della parte. 

Tutti i partecipanti hanno quindi espresso il giudizio decisamente 
contrario alla possibilit� di uso di mezzi che possano esercitare una incidenza 
o una menomazione della coscienza e della libert� del volere. 

Una ridotta minoranza si � dichiarata propensa all'uso di tali mezzi 
nei confronti della parte che ne faccia espressa richiesta, in condizioni di 
assoluta libert�, e con il consenso, o anche senza il consenso, del difensore 
e purch� l'applicazione del sistema abbia luogo in contraddittorio. 

(Dalla relazione della direzione del Corso) 

* * * 

Nei giorni 19-24 settembre 1966 si � svolto a Lecce il VII Congresso 
Internazionale di Difesa Sociale, organizzato dalla Societ� Internationale 
de Defense Sociale di Parigi e dal Centro Nazionale di Prevenzione e 
Difesa Sociale di Milano, in collaborazione col Centro Studi Giuridici di 
Lecce. 

Tema del Congresso � stato quello de: � Le interdizioni professionali 
e le interdizioni dall'esercizio di determinate attivit� �. 

Allo scopo di esaminare il problema da un punto di vista unitario 
pur sotto il profilo delle varie discipline -giuridiche, mediche e sociali interessate 
alla ricerca, la discussione del tema al congresso si � svolta in 
una unica assemblea generale, ma con relazioni singole aventi ad oggetto 
i diversi agpetti del tema: giuridici, criminologici, sociologici, biologici, 
medici, giudiziari, esecutivi. 

Le relazioni generali sono state predisposte: per gli aspetti giuridici 
dal prof. Giuliano Vassalli, ordinario di diritto penale nella Universit� 
di Roma; per gli aspetti criminologici e sociologici dal prof. Franco Ferraguti, 
dell'Istituto di Antropologia criminale della Universit� di Roma; 
per gli aspetti medico-sociologici dal prof. Ives Roumajon, della Facolt� 
di medicina di Parigi; per gli aspetti giudiziari dal prof. Raymond Serevens, 
consigliere della Corte d'Appello di Bruxelles. 

La mozione finale approvata dal Congresso -in un preambolo sottolinea 
che alcune interdizioni presentano � caratteri ormai dissueti, 
non corrispondenti pi� alla realt� della vita moderna �; mentre altre non 
appaiono ispirate �da una concezione unitaria e non sono inserite nel 
quadro generale delle sanzioni � con � rilevanti conseguenze per i singoli 


278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

e che superano spesso le esigenze della protezione sociale �. Consegue la 
necessit� di limitare le interdizioni ai casi in cui esse sono indispensabili 
e al fine 41 evitare la recidiva e di proteggere la dignit� della professione 

I

e della funzione �. 

Ispirandosi a queste conclusioni il Congresso ha formulato una serie 
di raccomandazioni acch� i provvedimenti sull'interdizione siano dati, in 
linea generale, dal giudice con riferimento specifico alla personalit� del ' 
'

I prevenuto, e non siano � automatica conseguenza di una disposizione legale 
imperativa �, salvo determinate eccezioni. � 

Constatato che �l'interdizione � una misura negativa, occorre adoperarsi 
al fine di ottenere la rieducazione della persona interdetta o la 
sua nuova formazione professionale, sia nell'ambiente penitenziario, sia 
nella vita sociale se il soggetto non � stato privato della libert� �. 

Per i riflessi processuali � stato raccomandato che nel caso di interdizione 
di lunga durata sia prevista � una pronunzia di cessazione quando 
la misura stessa non appaia pi� indispensabile � e che si debbano in ogni 
caso � armonizzare le procedure penali e disciplinari allo scopo di evitare 
situazioni anormali derivanti dalla loro diversit��. 

* * * 

Nei giorni 11 e 12 ottobre 1966 si � tenuto a Perugia, promosso dall'A.
N.I.A. (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici) e dal Centro 
Studi Assicurativi, in collaborazione con il Centro Internazionale Magistrati 
e Luigi Severini � di Perugia, l'VIII Convegno per la trattazione 
di temi assicurativi. 

Sotto la presidenza del prof. Mario Duni, Presidente di Sezione della 
Corte di Cassazione, e con la partecipazione di circa mille congressisti, 
sono stati trattati i seguenti temi: La surroga dell'Assicuratore -I sinistri 
cagionati con colpa grave dell'assicurato -L'infortunio in itinere. 

La relazione sul primo tema � stata svolta dal prof. Nicola Gasperoni 
dell'Universit� di Perugia, il quale dopo aver illustrato le varie interpretazioni 
dottrinali e giurisprudenziali dell'istituto, lo ha ricondotto entro 
l'ambito della figura della cessione legale, che si ha quando un terzo 
estraneo succede ope legis nel lato attivo di un rapporto obbligatorio, senza 
che si abbia adempimento dell'obbligazione e indipendentemente da qualsiasi 
attivit� del debitore: l'assicuratore infatti ex art. 1916 c. c. succede 
ope legis, senza bisogno di alcuna preesistente clausola contrattuale o di 
alcun successivo accordo o attivit� delle parti, al posto dell'assicurato, 
in un rapporto obbligatorio, che � ancora da adempiere. Nella prospettiva 
di tale inquadramento sistematico, il relatore ha poi trattato i problemi 
pi� scottanti connessi alla surroga dell'assicuratore, quali il concorso 
di colpa dell'assicurato e del terzo responsabile nella produzione 
del sinistro, la svalutazione monetaria e i termini di prescrizione applicabili 
alle azioni dell'assicuratore contro l'assicurato e contro il terzo 
responsabile. Nel dibattito, che � seguito, varie altre tesi sono state sostenute 
circa la natura della surroga dell'assicuratore; tra esse merita di 
essere ricordata quella secondo cui la surrogazione assicurativa costituirebbe 
una figura atipica, non inquadrabile n� nella cessione n� nella 
surrogazione ed avente una autonoma posizione dogmatica con una analogia 
di effetti per� con la surrogazione. 


PARTE II, NOTIZIARIO 279 

Nella mozione finale proposta dal prof. Duni ed approvata alla unanimit� 
si � riconosciuto che la normativa di cui all'art. 1916 c. c. risulta 
comunque idonea alla soluzione dei problemi concreti generali e particolari 
messi a punto dalla elaborazione della dottrina e della giurisprudenza. 

La relazione sul tema �Gli infortuni in itinere� � stata svolta dal 
prof. Luigi Geraci dell'Universit� di Parma, che ha segnalato pregi e difetti 
della attuale regolamentazione di quel settore particolare della infortunistica, 
esaminando il progetto di legge attualmente all'esame della 
Commissione parlamentare, in base al quale dovrebbero essere compresi 
nella tutela assicurativa �gli eventi occorsi al lavoratore durante il percorso 
di andata e ritorno dal luogo di residenza a quello di lavoro, allineando 
cosi la nostra legislazione in materia a quelle dei Paesi europei 
pi� progrediti in materia. Quel progetto di legge, il cui esame � stato al 
centro del dibattito successivo alla relazione Geraci, ha trovato qualche 
consenso, ma soprattutto oppositori. Questi ultimi hanno messo in rilievo, 
oltre a varie lacune di carattere tecnico-giuridico, una pretesa incostituzionalit� 
del progetto, che porrebbe il cittadino-lavoratore in PQsizione di 
disparit� di fronte alla legge, differenziando la posizione di chi � coperto 
da assicurazione dalla posizione di chi non � coperto. D'altra parte quel 
progetto � sembrato viziato da uno straripamento dal potere di delega, 
in quanto contrariamente ai limiti posti dall'art. 31 della legge delega 
19 gennaio 1963, n. 15, la legge delegata sembra essersi arrogato il compito 
di regolare ex novo la materia. Si � inoltre rilevata la profonda diversit� 
di situazione economica del nostro Paese rispetto ad altri (alla 
cui legislazione il progetto si ispira), che sono in grado di affrontare oneri 
pi� ingenti sul piano delle realizzazioni sociali. 

Nella -mozione finale si � ritenuta l'attuale normativa, alla luce dell'elaborazione 
giurisprudenziale dell'art. 2 legg.e 17 agosto 1935, n. 1765, sufficiente 
ad assicurare la piena tutela dei lavoratori, specie in previsione 
dell'emananda legge sull'assicurazione obbligatoria della responsabilit� 
civile per la circolazione dei veicoli a motore; si � altresi auspicato che 
la disciplina della materia resti comunque nell'ambito del concetto di 
rischio specifico del lavoro, mentre l'art. 31 legge 19 gennaio 1963 sembra 
ispirato ad un coneetto troppo ampio di rischio generico comune a tutta 
la collettivit�. 

La relazione sul tema dei sinistri cagionati con colpa grave dell'assicurato 
� stata presentata dal dott. Antonio La Torre, consigliere di Corte 
d'Appello. Il relatore ha anzitutto ricordato i precedenti storici dell'art. 
1900 c. c., che conclude sul piano legislativo un faticoso processo 
storico, che dalla regola della inassicurabilit� della colpa (art. 434 cod. 
comm.), doveva portare gradatamente al riconoscimento del principio opposto; 
ha poi messo a fuoco il concetto di colpa grave dell'assicurato, 
facendone applicazione ai vari rami del campo assicurativo e commentando 
ampiamente, in tutte le sue implicazioni, la portata teorica e pratica 
dell'art. 1900 c. c.