ANNO XVII -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1965 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE BIMESTRALE 
DI SERVIZIO 


Spedizione in abbonamento postale -Gruppo IV 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE. 
pag. 859 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
� 896 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE � 937 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 972 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 1009 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE � 1075 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE � 1094 

Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI 

RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 133 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 137 
CONSULTAZIONI . )) 147 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savorese, Giorgio Zogori, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, 
Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; 
le rassegne di ,dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Benedetto Boccori e Mario Fanelli. 
Coordinamento generale: avvocati 
Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BATISTONI FERRARA F., Sequestro autorizzato in pendenza di 
regolamento preventivo ed effetti della pronuncia che nega la 
giurisdizione . I, 901 

BATISTONI FERRARA F., Determinazione ufficiale del valore delle 
merci ai f�ni dell'i.g.e, all'importazione e posizione soggettiva del 
contribuente . I, 928 

CARUSI F., Ancora in tema di apponibilit� della conversione della 
prescrizione prevista dall'art. 295S c. c. al condebitore solidale 
rimasto estraneo al giudizio I, 961 

ALIBRANDI T., Brevi note in tema di interpretazione teleologica I, 1001 

ANGELINI ROTA G., Sulla tassazione dei contratti di concessione di 
terreni per la costruzione di stazioni di servizio con l'impianto di 
distributori di carburanti . I, 1009 

FA V ARA F., Effetti del fallimento sulla clausola compromissoria I, 1075 

MARZANO A., Lodi parziali e regolamento di competenza . I, 1085 



INDICE ANA.LITICO-ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

-Concessione -Dichiarazione di decadenza 
-Posizione giuridica dell'aspirante 
alla concessione, 1090. 

-Importanza dell'utilizzazione -Valutazione 
-Discrezionalit�, 1090. 

-Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle Acque -Accertamenti tecnici Procedura, 
1088. 

-Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle Acque -Termine di impugnazione 
-Decorrenza -Soggetti direttamente 
contemplati nel provvedimento Nozione, 
1081. 

-Sottensione di utenza -Importanza 
dell'utilizzazione -Criterio di valutazione, 
1090. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Delegazione amministrativa -Delegazione 
intersoggettiva -Nozione -Effetti 
-Responsabilit� del delegato verso 
i terzi, 947. 

APPELLO 

-Domanda nuova -Nozione -Introduzione 
di nuova ragione di diritto Ammissibilit�, 
945. 

-Intervento coatto ad istanza di parte 

o � jussu judicis � di un terzo -Inammissibilit�, 
950. 
-Motivi -Duplice funzione: determinazione 
del �quantum devolutum� cd 
esposizione delle ragioni del gravame 
-Divieto di dedurre nuovi motivi 
al di fuori dell'atto di appello -Non 
riguarda la deduzione delle ragioni 
del gravame, 945. 

-V. anche Procedimento civile. 

ARBITRATO 

-Provvedimento sulla competenza -Natura, 
con nota di A. MARZANO, 1084. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Fallimento. 

ATTI AMMINISTRATIVI 

-Decreto del Presidente della Repubblica 
-Formula � sentito il Consiglio 
dei Ministri� -Valore, 989. 

AVVOCATO E PROCURATORE 

-Esami di abilitazione professionale Elaborato 
non originale -Conseguenze, 

980. 
CASSAZIONE 

-Applicazione del � jus superveniens � Nozione, 
963. 

-Deposito di documenti relativi alla 
ammissibilit� del ricorso -Necessit� 
della previa notifica del controricorso Sussiste, 
949. 

-Incompetenza dell'Ufficiale Giudiziario 
che notific� il ricorso -Vizio della 
notificazione e non del ricorso -Comparizione 
dell'intimato -Sanatoria, 949. 

-Istanza di revoca del sequestro proposta 
a seguito di dichiarazione di difetto 
di giurisdizione del Magistrato 
che lo ha emesso -Provvedimento di 
non luogo a procedere emesso dal Giudice 
istruttore -Carattere decisorio Esclusione 
-Definitivit� -Esclusione Ricorso 
ex art. 1 II della Costituzione Inammissibilit�, 
con nota di F. BATISTONI 
FERRARA, 900. 

-Produzione in giudizio di nuovi documenti 
-Esclusione -Casi eccezionali 
in cui � ammessa, 963. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Arbitrato -Provvedimento arbitrale 
sulla competenza -Regolamento di 
competenza -Inammissibilit� con nota 
di A. MARZANO, 1084. 

-Azione di mero accertamento della illegittimit� 
di un provvedimento amministrativo 
-Ammissibilit�, 896. 

-Case Popolari -Prezzo di cessione Determinazione 
-Impugnativa -Giurisdizione 
dell'a.g.o. -Esclusione, 906. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

-Determinazione ufl��:iale del valore 
delle merci ai fini dell'i.g.e. all'importazione 
-Provvedimento discrezionale 
-Esclusione -Contestazione del valore 
ufficiale da parte del contribuente Competenza 
dell'a.g.o., con nota di 

F. BATISTONI FERRARA, 927. 
-Giurisdizione 01dinaria ed amministrativa 
-Impiego pubblico -Controversie 
relative alle assicurazioni obbligatorie 
non connesse col rapporto di 
impiego -Competenza del Tribunale, 
con nota di G. MANDO', 910. 
-Norme di azione e di relazione -Violazione 
di norme di azione -Difetto 
di 
giurisdizione del G.O. -Giurisdi


zione del Giudice amministrativo, 937. 

-Tutela delle strade -Esecuzione d'ufficio 
delle opere di manutenzione delle 
sponde di canale latistante la via pubblica 
-Azione giudiziaria tendente a 
farne dichiarare l'illegittimit� contestando 
la sussistenza dell'omissione di 
manutenzione -Diritto soggettivo Giurisdizione 
ordinaria, 896. 

- 
V. anche Arbitrato, Cassazione, Imposta 
generale sull'entrata -Procedimento 
civile. 

COMUNE 

-Povvedimento di urgenza della Giunta 
. Vizi di forma -Sanatoria, 988. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Scadenza -Autorizzazione provvisoria 
alla continuazione del servizio -Legittimit�, 
993. 

-Tranvie extraurbane -Gestione diretta 
dell'Amministrazione -Presupposti, 
993� 

-Tranvie extraurbane -Gestione provvisoria 
-Presupposti di fatto -Negligenza 
del!'Amministrazione -Irrilevanza, 
993. 

-Tranvie extraurbane -Prorogabilit� 
massima di dieci anni -Abolizione, 993. 

-Tranvie extraurbane -Proroga per 
quindici anni -Mancanza di adeguata 
istruttoria -Illegittimit�, 993. 

-Tranvie extraurbane sussidiate dallo 
Stato -Organo competente -Determinazione, 
993. 

- 
V. anche Acque pubbliche, Miniere. 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

- 
V. Imposta di registro. 

CONTRABBANDO 

-Partecipazione al delitto di guardie di 
finanza -Figura autonoma cli reato, 
1097� 

CONTRATTI PUBBLCI 

-Enti pubblici diversi dallo Stato -Richiamo 
al Capitolato generale per gli 
appalti di opere pubbliche -Valore 
negoziale, con nota di F. FAVARA, 
1075. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzioni fra Stato e 
Regione -Riferibilit� del termine agli 
organi legittimati al ricorso, 865. � 

-Giudizio incidentale di legittimit� costituzionale 
-Individuazione delle 
norme disciplinanti il rapporto controverso 
della cui legittimit� costituzionale 
devesi decidere, 874. 

CORTE DEI CONTI 

- 
V. Demanio. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 

-V. Cassazione, Energia elettrica, Filiazione, 
Impiego pubblico, Imposta di 
registro, Imposta di successione, Imposte 
e Tasse in genere, Lavoro, Leggi, 
Regione Siciliana, Riforma fondiaria, 
Sicilia, Stampa, Trentino Alto Adige. 

DANNI 

-Danni a persone o a cose causati da 
azioni non di combattimento delle 
forze armate alleate nel territorio italiano 
-Responsabilit� dello Stato italiano 
ai sensi dell'art. 2043 e.e. -Esclusion� 
-Diritto soggettivo del soggetto 
danneggiato -Contenuto -Esclusione 
dell'applicabilit� delle norme ordinarie 
sulla responsabilit� per fatto illecito 
-Indennit� e non risarcimento, 942. 

-Disastro ferroviario -Gravit� dell'evento 
-Limiti con nota di G. ZOTTA, 
1094. 

- 
V. anche Reato. 



INDICE. VII 

DANNI D.I GUERRA 

-Beni perduti all'estero per trattato di 
pace -Indennizzo -Liquidazione Impugnativa 
-Giurisdizione del Consiglio 
di Stato, 985. 

DEMANCO E PATRlMONCO 

-Demanio storico e artistico -Imposizione 
di vincolo -Istruttoria -Esigenza 
del contraddittorio -Esclusione, 

995� 
-Demanio storico e artistico -Imposizione 
di vincolo -Presupposti, 995. 

-Demanio storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Delega del relativ'o 
potere -Controllo della Corte dei 
Conti -Esclusione, 995. 

-Demanio storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Potere di emanazione 
-Delega -Ammissibilit�, 995. 

-Demanio storico e artistico -Vincolo Ragioni 
dell'imposizione -Comunanza 
ad altri edifici -.Irrilevanza, 995. 

DOGANA 

-Diritto di licenza -Importazione a 
dogana, avvenuta in epoca anteriore 
alla l. 15 giugno 1950, n. 330 abolitiva 
del diritto di licenza, a norma dei 
dd.mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 
1949 -Esclusione, 1040. 

-V. Imposta generale sull'entrata. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Commissione di vigilanza -Attribuzione 
di vigilanza e di decisione -Distinzione 
-Fattispecie, 997. 

-Commissione di vigilanza -Provvedimento 
confermativo dell'esclusione da 
una cooperativa -Ricorso al Consiglio 
di Stato -Deduzione di motivi 
nuovi -Inammissibilit�, 997. 

-Costruzione di alloggi per la eliminazione 
di case malsane a cura dell'amministrazione 
dei lavori pubblici 
-Potere di delega agli istituti autonomi 
per le case popolari -Modalit� 
di esercizio di tale potere -Necessit� 
di indagine sul contenuto e sull'estensione 
della delega, 947. 

-Gestione case per lavoratori -Assegnazione 
di alloggi con patto di futura 
vendita -Disciplina pubblicistica � sui 
generis � del rapporto -Inapplicabilit� 
delle norme del �codice civile sui miglioramenti 
e le addizioni del locatore 
-Inapplicabilit� delle norme sulla 
edilizia popolare ed economica, 964. 

-Gestione case per lavoratori -Rapporto 
di assegnazione di alloggio con patto 
di futura vendita -Posizione dell'assegnatario, 
964. 

ENERGIA ELETTRICA 

-Legge istitutiva dell'E.N.EL. -Questioni 
di illegittimit� costituzionale Manifesta 
infondatezza, 878. 

ESECUZIONE FISCALE 

-Esecuzione fallimentare -Autonomia 
processuale -Deroga alla � par condicio 
creditorum � -Insussistenza Concordato 
fallimentare -Credito chirografario 
d'imposta -Soggezione, 917. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Dichiarazione di p.u. dell'opera -Dichiarazione 
di p.u. esplicita o implicita 
-Natura giuridica -Effetti, 937. 

-Dichiarazione di p.u. dell'opera -Prescrizione 
della legge sulla espropriazione 
per p.u. di fissazione termine per 
l'inizio ed il compimento delle espropriazioni 
-� norma di azione e non 
di relazione, 937. 

-Mancata esecuzione dell'opera -Decadenza 
della dichiarazione di p.u. Retrocessione 
-Presupposti -Diversa 
destinazione anch'essa di p.u. data 
dalla P.A. espropriante all'immobile -
Diritto del proprietario espropriato 
alla retrocessione -Sussiste ugualmente 
-Necessit� per la rilevanza 
della nuova destinazione data all'immobile 
di apposita dichiarazione di 

p.u. e di nuova espropriazione secondo 
legge, 940. 
-Mercati coperti comunali -Norme applicabili 
-Distinzione -Criteri, 972. 
-Termine per il compimento delle espropriazioni 
-Proroga successiva alla scadenza 
-Illegittimit�, 977. 

-V. anche Piano regolatore. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

VIII 

FALLIMENTO 

-Clausola compromissoria contenuta in 
contratto -Inefficacia, con nota di 

F. 
FAVARA, 1075. 
- 
V. anche Esecuzione fiscale, Imposte e 
Tasse in genere. 

FERROVIE 

- 
V. Danni. 

FILIAZIONE 

-Giudizio di delibazione della domanda 
di dichiarazione giudiziale della paternit� 
-Norme limitative della difesa 
-Incostituzionalit�, 886. 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE 

-Estinzione del reato conseguente ad 
oblazione -Azione civile tendente a 
contestare la sussistenza del fatto Preclusione 
-Insussistenza, 896. 

GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 


-Irrilevanza ;ii fini del sindacato di legittimit� 
costituzionale di eventuali fattispecie 
concrete regolate dalla norma 
in esame, 867. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Giudicato -Limiti oggettivi -Fattispecie 
in tema di espropriazione per 
p.u., 972. 

-V, anche Piano regolatore, Prescrizione. 


IMPIEGO PUBBLICO 

-Componenti delle comm1ss1oni operanti 
nelle amministrazioni statali Limite 
alla corresponsione dei gettoni 
di presenza -Questione di legittimit� 
costituzionale -Infondatezza, 883. 

-Maestro elementare -Collocamento a 
riposo -Norme applicabili, con nota 
di T. ALIBRANDI, 1000. 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

-Importazione temporanea di autoveicoli 
in Italia -Art. 1 1 della Convenzione 
di Ginevra -Nozione di resi


<lenza -Residenza abituale . o principale 
in Italia -Dimora effettiva per un 
periodo inferiore a sei mesi -Non 
esclude la qualifica di residente, 1095. 

IMPOSTA DI FAMIGLIA 

-Imponibile -Distinzione delle singole 
fonti di reddito -Valutazione presuntiva 
di ciascuna di esse -Illegittimit� Esclusione, 
1046. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni -Benefici fiscali accordati 
dall'art. 5 d.l. C.P.S. 14 dicembre 
1947, n. 1598 -Presupposti -Trasferimento 
di stabilimento industriale 
gi� esistente -Inapplicabilit�, 1051. 

-Agevolazioni -Benefici fiscali accordati 
dall'art. 5 d.l. C.P.S. 14 dicembre 
1947, n. 1598 -Presupposti per la 
provvisoria applicazione dell'agevolazione 
-Accertamento -Competenza 
esclusiva dell'Amministrazione finanziaria 
-Fattispecie, 1051. 

-Art. 21, primo comma, legge registro Eccezione 
di incostituzionalit� per 
violazione dell'art. 53 della Costituzione 
-Manifesta infondatezza, con 
nota di A. MERCATALI, 1028. 

-Azione giudiziaria -Decadenza per 
passaggio in giudicato della decisione 
della commissione tributaria adita contemporaneamente 
-Insussistenza, con 
nota di G. ANGELINI ROTA, 1019. 

-Case di abitazione non di lusso -Agevolazione 
fiscale degli appalti per la 
loro costruzione -Concetto di costruzione, 
con nota di G. ANGELINI 
ROTA, 1019. 

-Case di abitazione non di lusso -Agevolazione 
fiscale degli appalti per la 
loro costruzione -Estensione ai subappalti, 
con nota di G. ANGELINI 
ROTA, 1019, 

-Concessione di terreno per costruirvi 
una stazione di servizio con impianti 
di distributori di carburanti, con nota 
di G. ANGELINI ROTA, 1009. 

-Concessione temporanea del diritto di 
escavazione mineraria -Aliquota applicabile 
-Ininfluenza della natura 
giuridica del negozio, con nota di 

P. SAOCHETTO, 1054, 
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INDICE 
IX 

-Contenzioso -Ricorso all'Autorit� giudiziaria 
ai sensi dell'art. 29, terzo comma, 
r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 � 
Decadenza ex art. 146, r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269 -Applicabilit�, con 
nota di R. SEMBIANTE, 1070. 

-Contenzioso -Ricorso all'Autorit� giudiziaria 
ai sensi dell'art. 29, terzo 
comma, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 Decadenza 
ex art. 41, r.d. 8 luglio 
1937, n. 1516 -"Esclusione, con nota di 

R. 
SEMBIANTE, rn70. 
-Costruzione di case per senza tetto a 
seguito di eventi bellici -Agevolazione 
fiscale ex art. 93 d.1.1. IO aprile 
1947, n. 261 -Subappalto -Applicabilit�, 
!045� 

-Imputazione di pagamento -Non � 
fatto ma apprezzamento -Confessione 
giudiziale -Inapplicabilit�, con nota 
di A. MERCATALI, rn28. 

-Ricorso alle commissioni tributarie e 
azione giudiziaria ~ Autonomia, con 
nota di G. ANGELINI ROTA, rn19. 

-Tassa di consolidazione -Scorte esistenti 
al tempo della �cessazione dell'usufrutto 
-Mancata pmva da parte 
della finanza della esistenza al tempo 
del trasferimento a titolo oneroso Art. 
47 legge organica -Applicabilit� 
-Esclusione, con nota di A. MERCAT 
ALI, rn28. 

-Trasferimento contestuale di nuda propriet� 
e usufrutto a persone diverse Art. 
21 legge di registro -Applicabilit�, 
con nota di A. MERCATALI, 
rn27. 

- 
Trasferimento contestuale a titolo oneroso 
di nuda propriet� e usufrutto a 
persone diverse -Pagamento immediato 
dell'imposta di trasferimento 
sull'.i.ntero valore reale del bene Tassa 
di consolidazione -� dovuta, 
con nota di A. MERCATALI, rn28. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Deduzione del passivo ai fini della 
valutazione presuntiva di cui all'art. 
31, I. succ., da parte delle aziende industriali 
o commerciali -Impossibilit� 
di tale deduzione da parte delle aziende 
agricole -Contrasto col principio 
dell'uguaglianza, 884. 

-Limite della prova in ordine ai debiti 
detraibili -Contrasto con l'art. 53 
Cost. -Esclusione, 867. 

-Sicilia -Fondi soggetti a conferimento 
-Asse d.mponibile -Estremi, 1035. 

-Sicilia -Fondi soggetti a conferimento 
-Valore venale in comune commercio 
-Determinazione -Possirnlit�, rn35. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

-Azione giudiziaria -Estimazione semplice 
-Difetto di giurisdizione -Esclusione 
-Limiti, rn58. 

-Contestazfone del valore ufficiale delle 
merci ai fini dell'i.g.e. all'importazione 
-Procedimento per la risoluzione delle 
controversie doganali -Inapplicabilit�, 
con nota di F. BATISTONI FERRARA, 
927. 

-Controversie in materia di violazione 
all'i.g.e. -Decreto del Ministro e ordinanza 
dell'intendente -Impugnativa Ricorso 
al Consiglio di Stato -Esclusione, 
rn58. 

-Interesse del contribuente ad essere 
assoggettato alla contribuzione, e in 
adeguata misura -Sua consistenza Natura 
d� diritto soggettivo -Tutela Inesistenza 
di una giurisdizione speciale 
-Conseguente giurisdizione dell'a.
g.o. -Applicazione di tale giurisdizione 
in materia di violazione alle 
leggi sull'imposta generale sull'entrata, 
rn59. 

-Violazione alle leggi relative a tale 
imposta -Cognizione -Competenza del 
Ministro delle Finanze -Pronuncia Impugnativa 
-Competenza del Con-, 
siglio di Stato -Esclusione -Competenza 
delle Commissioni tributarie -
Esclusfone, rn59. 

-Violazione alle leggi relative a tale 
imposta -Giurisdizione dell'a.g.o. Limiti 
-Richiesta di fissare tali limiti 
al giudice 1investito della questione di 
giurisdizione -Inammissibilit� -Competenza 
del giudice di merito, rn59. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Addizionale statale a favore degli alluvionati 
del Polesine -Legge regionale 
skiliana di proroga -Questioni di 
costituzionalit� -Infondatezza, 873. 


-Avviso di accertamento -Comunicazioni 
in via amministrativa -Natura 
giuridica -Requisito di esistenza Raggiungimento 
del fine -Limite di 
forma -Osservanza del procedimento 
stabilito dalla legge, 1046. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

-Avviso di accertamento -Notifica mediante 
consegna di copia non sottoscritta 
-Nullit� ed inesistenza -Esclusione, 
1046. 

-Azione di accertamento della efficacia 
vincolante del concordato fallimentare 
-Legittimazione, 916. 

-Azione� diretta a far dichiarare l'estinzione 
del c.redito di imposta -Previo 
ricorso alle Commissioni amministrative 
-Necessit�, 916. 

-Concordato fallimentare -Azione diretta 
a farne riconoscere il carattere 
vincolante rispetto al credito d'imposta 
-Azione di accertamento -Giurisdizione 
del Magistrato ordinario, 916. 

-Imposte indirette -Ricorso alle commissioni 
tributarie e azione giudiziaria 
-Coesistenza -Autonomia, con nota 
di G. ANGELINI ROTA, 1019. 

-Ricorso alla Commissione Centrale quale 
giudice di secondo grado -Indicazione 
motivi -Necessit� -Limiti, con 
nota di P. SACCHETTO, 1054. 

IMPUGNAZIONE 

-Dichiarazione inviata a mezzo telegramma 
-Autenticazione della firma 
del dichiarante -Necessit� -Mancanza 
-Inammissibilit� del gravame, 
1097. 

LAVORO 

-Addestramento professionale dei lavoratori 
dell'edilizia -Oneri relativi Non 
obbligatoriet� nei confronti dei 
non appartenenti alle associazioni di 
categoria, 859. 

-Infortuni in agricoltura -Obbligo del 
datore di lavoro di corrispondere periodicamente 
la retribuzione all'infortunato 
-Contrasto con gli artt. 3, 23 
e 38 Cost. -Insussistenza, 860. 

-Recesso dal rapporto di lavoro a tempo 
indeterminato -Contrasto col diritto 
al lavoro di cui all'art. 4 Cost. -Esclusione, 
862. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 

-Interpretazione della legge -Ricorso 
ai lavori parlamentari -Esclusione, 
con nota di T. ALIBRANDI, 1000. 

-Principio di irretroattivit� della legge 
in generale -Carattere e valore di precetto 
costituzionale -Non sussiste per 
la materia civile, 940. 

MINIERE, CAVE O TORBIERE 

-Contratti di escavazione e di sfruttamento 
-Natura giuridica, con nota di 

P. SACCHETTO, 1054. 
-V. anche Imposta di registro. 
NOTIFICAZIONE 

-V. Cassazione. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Concessioni �ad aedificandum� e locazione 
-Differenze -Qualificazione del 
contratto -Incensurabilit� -Limiti, 
con nota di G. ANGELINI ROTA, 
1009. 

-Ritardo del debitore nell'adempimento 
dell'obbligazione positiva -Illiceit� 
Insussistenza in difetto di mora � ex 
persona � o " ex re � -Risarcimento 
del danno -Esclusione, con nota di 

L. MAZZELLA, 968. 
OCCUPAZIONE 

-Costruzione di edificio -Occupazione 
di porzione di fondo attiguo -Accessione 
invertita -Presupposti, 9_i;o. 

-Occupazione di urgenza d'immobi1e 
preordinata all'espropriazione per p.u. 
-Obblighi dell'occupante -Mancata 
emissione nel biennio del decreto 
espropriativo -Obbligo di restituire 
l'immobile occupato, 947. 

OPERE PUBBLICfu 

-V. Espropriazione per p.u. 

PIANO REGOLATORE E DI RICOSTRUZIONE 


~ 
Approvazione del piano -Dichiarazione 
implicita di p.u. -Prefissione e 
proroghe dei termini per l'inizio delle 
espropriazioni e dei lavori -Inizio e 
compimento della procedura espropriativa 
entro tali termini, ma a notevole 



INDICE 
XI 

distanza di tempo dall'approvazione 

del piano -Potere discrezionale della 

P.A. -Insindacabilit� da parte del 
G.O., 937� 
-Art 20, 1. 24 marzo 1932, n. 355 sul 
piano regolatore della citt� di Roma Eccezione 
di illegittimit� costituzionale 
-Infondatezza, 989. 

- 
Licenza edilizia -Annullamento -Successi 
va variazione al piano -Violazione 
del giudicato amministrativo Esclusione, 
989. 

PRESCRIZIONE 

-Prescrizione decennale quale cc effetto 
del giudicato sulle prescrizioni brevi � 
-Nozione -Applicazione in materia 
di obbligazioni solida1i, con nota di 

F. CARUSI, 960. 
- 
Sentenza di condanna di un condebitore 
solidale al risarcimento del danno 
passata in giudicato -Idoneit� del giudicato 
a trasformare in decennale la 
prescrizione pi� breve del diritto al 
risarcimento nei confronti di altro 
condebitore solidale rimasto estraneo 
al giudizio -Fattispecie, con nota di 

F. CARUSI, 96o. 
- 
Sentenza di condanna di un condebitore 
solidale al risarcimento del danno 
passata in giudicato -Idoneit� del giudizio 
a trasformare in decennale la 
prescrizione pi� breve del diritto al 
risarcimento nei confronti di altro condebitore 
solidale rimasto estraneo al 
giudizio -Fattispecie, con nota di 

F. CARUSI, 96o. 
PREZZI 

-Comitato interministeriale e Giunta Composizione 
-Tassativit� -Conseguenza, 
981. 

-Comitato interministeriale -Poteri Fattispecie 
in tema di zuccheri, 982. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Giudizio di appello -Pronuncia che 
afferma la giurisdizione del giudice di 
primo grado ma trattiene irritualmente 
la causa -Natura di sentenza non definitiva 
-Successiva pronuncia che, revocando 
la precedente, rimette le parti 
al primo giudice -Natura di sentenza 

definitiva di appello -Impugnazione 
dell'una e dell'altra pronuncia -Ammissibilit� 
avverso la prima della impugnazione 
immediata e della riserva 
di impugnazione e avverso la seconda 
della sola impugnazione immediata, 

1059� 

-Lispendenza -Riunione obbligatoria Presupposto 
-Identit� delle due cause, 
949� 

-Regolamento di competenza -Decorrenza 
del termine -Comunicazione 
della sentenza a mezzo posta -Riferimento 
alla data dell'effettiva recezione 
del relativo biglietto da parte 
del destinatario, con nota di G. MANDO',_ 
910. 

-Riunione facoltativa -Potere discrezionale 
del giudice di merito -Insindacabilit� 
in Cassazione dell'uso del medesimo, 
950. 

-Sospensione facoltativa -Potere discrezionale 
del giudice di merito -Incensurabilit� 
in Cassazione dell'uso 
medesimo, 950. 

- 
V. anche Acque pubbli~he, Appalto. 

PROPRIETA' 

-Prova in giudizio -Testamento -Idoneit�, 
949. 

REATO 

-Circostanze del reato -Attenuante del 
danno patrimoniale di particolare tenuit� 
-Criterio di valutaz.ione -Entit� 
oggettiva del danno, 1096. 

-Millantato credito -Obiettivit� giuridica 
-Estremi del reato -Specifica 
indicazione del funzionario presso il 
quale si millanta credito -Non � necessaria, 
1096. 

REGIONE SICILIANA 

-Credito industriale -Infondatezza della 
questione di legittimit� costituzionale 
della legge reg. sic. 5 agosto 1957, n. 51, 
in rapporto agli artt. 14, lett. d} e 17 
lett. e) dello Statuto Regione Siciliana 
-Competenza regionale nel campo del 
diritto privato, 890. 

-Illegittimit� della legge reg. sic. 18 ottobre 
1954, n. 37 -Insussistenza, 874. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 


-Illegittimit� della legge reg. sic. 25 luglio 
1957, n. 46 e 12 dicembre 1959, 

n. 29, in rapporto agli artt. 15, 17 e 36 
dello Statuto spec. reg. sic., 874. 
RESPONSABILITA' CIVILE 

-V. Amministrazione dello Stato e degli 
Enti pubblici. 

RIFORMA FONDIARIA 

-Espropriazione dei terreni oggetto di 
comunione pro-indiviso -Calcolo dell'indennizzo 
e fabbricati rurali -Questioni 
di costituzionalit� -Infondatezza, 
889. 

SEQUESTRO 

-V. Cassazione. 

SICILIA 

-Conflitto di attribuzioni -Potere di 
decidere i ricorsi gerarchici degli Esattori 
delle imposte avverso le ordinanze 
dell'Intendente di Finanza che irrogano 
pene pecuni<).rie -Spetta agli organi 
dello Stato, non della Regione, 

865. 
SPESE GIUDIZIALI 

-Compensazione delle spese -Dovere 
del giudice di motivare la relativa pronuncia 
-Non sussiste -Normale incensurabilit� 
del provvedimento del 
giudice in Cassazione -Eccezione -Fattispecie, 
942. 

STAMPA 

-Pubblicazioni di tipo turistico -Preventiva 
approvazione da parte dell'Ente 
Provinciale per il Turismo Contrasto 
con l'art. 21, comma secondo, 
Cost. -Insussistenza, 883. 

STRADE 

-V. Competenza e giurisdizione 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-V. Importazione ed esportazione. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Conflitto di attribuzioni -Potere di 
classificazione degli ospedali -Spetta 
allo Stato, 869. 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 
9 giugno 1965, 
9 giugno 1965, 
9 giugno 1965, 
21 giugno 1965, 
n. 
n. 
n. 
n. 
43 
44 
45 
48 
pag. 859 
860 
862 
865 
26 giugno 1965, n. 50 
26 giugno 1965, n. 51 
12 luglio 1965, n. 64 
12 luglio 1965, n. 65 
12 luglio 1965, n. 66 
12 luglio 1965, n. 67 
12 luglio 1965, n. 68 
12 luglio 1965, n. 69 
12 luglio 1965, n. 70 
12 luglio 1965, n. 71 
12 luglio 1965, n. 72 
867 
869 
873 
874 
878 
883 
883 
884 
886 
889 
890 

GIURISDIZIONI CNILI 
CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. I, 11 maggio 1964, n. 1123 pag. 937 
Sez. I, 9 novembre 1964, n. 2705 1009 
Sez. I, 20 marzo 1965, n. 462 1075 
Sez. I, 23 marzo 1965, n. 478 1019 
Sez. I, 26 marzo 1965, n. 512 1027 
Sez. Un., 7 aprile 1965, n. 592 896 
Sez. Un., 14 aprile 1965, n. 684 
Sez. I, 7 maggio 1965, n. 836 . 
Sez. III, 18 maggio 1965, n. 952 
Sez. I, 24 maggio 1965, n. 994 
Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1026 
900 
940 
942 
1035 
906 
Sez. Un., 5 giugno 1965, n. 1117 . 
Sez. Un., 24 giugno 1965, n. 1322 . 
Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335 . 
Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1336 . 
Sez. Un., 2 luglio 1965, n. 1373 
Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1404 
910 
1058 
945 
1040 
916 
1081 
Sez. I, 9 luglio 1965, n. 1431 . 
Sez. I, 14 luglio 1965, n. 1488 
Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1537 
Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1548 
Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1573 
Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1588 
Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1592 
� 
1084 
1045 
1046 
1051 
1054 
947 
1058 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XIV 

Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1594 pag. 1070 =~ 

� 
� 
~

Sez. Un., 29 luglio 1965, n. 1834 927 

Sez. I, 2 agosto 1965, n. 1862 949 
Sez. III, 17 agosto 1965, n. 1961 960 
Sez. I, 28 settembre 1965, n. 2056 963 
Sez. Un., 4 ottobre 1965, n. 2075 . 1088 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

1 luglio 1965, n. 16 . pag. 1090 

TRIBUNALE 

Napoli, Sez. VI, 26 ottobre 1965 . pag. 968 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 11 giugno 1965, n. 10 pag. 972 
Sez. IV, 18 novembre 1964, n. 1352 993 
Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 392 977 
Sez. IV, 9 giugno 1965, n. 474 980 
Sez. IV, 9 giugno 1965, n. 483 981 
Sez. IV, 30 luglio 1965, n. 537 985 
Sez. IV, 17 settembre 1965, n. 547 988 
Sez. VI, 2 aprile 1965, n. 222 995 
Sez. VI, 2 luglio 1965, n. 507 997 
Sez: VI, 9 luglio 1965, n. 514 1000 

GIURISDIZIONI PENALI 

CASSAZIONE PENALE 

Sez. IV, 14 aprile 1964, n. 747 pag. 1094 

Sez. I, 22 settembre 1964, n. 1209 1095

D 

Sez. II, 25 settembre 1964, n. 2347 1096 
Sez. III, 9 ottobre 1964, n. 2600 � 1096 
Sez. Il, 12 ottobre 1964, n. 6680 . 1097 
Sez. III, 9 novembre 1964, n. 7170 1097 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

AUTORI VARI, Enciclopedia del diritto, voll. XIII e XIV -Editore A. Giuffr�, 
Milano, 1964 e 1965 � pag. 133 

A. PIRAs, Discrezionalit� amministrativa . 133 

P. GASPABRI, Eccesso di potere (in diritto amministrativo) 135 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Provvedimenti legislotivi {segnalazioni) pag. 137 

Disegni e proposte di legge 

Disegno n. 985 -Istituzione di una relazione annuale sullo stato 
della pubblica amministrazione . 138 

Provvedimenti legislotivi sottoposti a giudizio di costituzionalit� 

-Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stato promosso 
giudizio di legittimit� costituzionale: 141 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Amministrazione pubblica 
Antichit� e belle arti 
Appalto 
Caccia e pesca 
Compromesso ed arbitri 
Concessioni amministrative 
Concorsi 
Contenzioso tributario 
Contributi e finanziamenti 
Demanio 
Esecuzione forzata 
Espropriazione per p.u. 
Fallimento 
Ferrovie 
Foreste 
Impiego pubblico 
Imposta di bollo 
Imposta di registro 

pag. 147 
� 147 
147 
� 147 
)) 147 
148 
148 
)) 148 
148 
� 148 
149 
149 
149 
149 
149 
149 
150 

150 

Imposta generale sull'entrata 
pag. 150 
Imposte e tasse � 150 
Infortuni sul lavoro 151 
Locazione di cose 151 
Navi 151 
N otif�cazione 152 
Piani regolatori 152 
Porti 152 
Poste e telegrafi 152 
Prezzi 152 
Propriet� 152 
Regioni 153 
Responsabilit� civile 153 
Sindacati 153 
Transazione 153 
Trattati e convenzioni internazionali 
153 


I


lli 

I ! 



PARTE PRIMA 



i 

I� 

II 




GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PmMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1965, n. 43 -Pres. Ambrosini -
Rel. Mortati -D'Attardi e Bologna (n.c.). 

Lavoro � Addestramento professionale dei lavoratori dell'edilizia � 

Oneri relativi -Non obbligatoriet� nei confronti dei non 

appartenenti alle associazioni di categoria. 

(Cost., art. 76; I. 14 luglio 1959, n. 741; d.P. 14 luglio 1960, n. 1032; 

d.P. 11 dicembre 1961, n. 1642). 
Gli oneri relativi alr addestramento professionale degli operai addetti 
alle industrie edilizie ed affini, regolato dalr art. 61 del contratto 
collettivo nazion�le del 24 �Zuglio 1959 e, per gli operai della provincia 
di Palermo, dalla clausola 10 delr accordo collettivo provinciale del 
SO settembre 1959, non sono suscettibili dell'estensione ai non appartenenti 
alle associazioni, in quanto non possono ritenersi attinenti alla 
specifica finalit� posta dalr art. 1, l. 14 luglio 1959, n. 741 : costituzionalmente 
illegittimi, pertanto, devono ritenersi r articolo unico del d.P. 
14 luglio 1960, n. 1032, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes 
rart. 61 suddetto, nonch� r articolo unico del d.P. 11 dicembre 1961, 

n. 1642, per la parte in cui rende obbligatoria erga omnes la clausola 
10 delr accordo 30 settembre 1959 (1). 
(1) La pronuncia � relativa a due giudizi riuniti, promossi con due ordinanze 
emesse il 14 aprile 1964 dalla terza sezione penale della Cassazione, pubblicate nella 
Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 1964, n. 21, e decisi in camera di consiglio, non 
essendosi costituite le parti. 
Giurisprudenza costante della Corte, che ha posto lo stesso principio a base 
della sentenza 13 luglio 1963, n. 129, dichiarativa della illegittimit� costituzionale 
dell'articolo unico del d.P. 14 luglio 1960, n. 1032 in relazione agli artt. 34 e 62 
del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 per i lavoratori dell'industria edile, 
e del d.P. 9 maggio 1961, n. 865, in relazione all'art. 6 del contratto collettivo 
integrativo per la provincia di Salerno. Si veda in Giur. cost., 1963, 1435, con nota 
di L. PALADINI sui nuovi orientamenti della Corte in tema di erga amnes. Cfr. 
anche sent. 18 marzo 1964, n. 31, Giur. cast., 1964, 260; 23 ottobre 1964, n. 78, 
Sent. e ard. Corte Cast., 1964, 5, 415. 



1

860 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1965, n. 44 -Pres. Ambrosini -

Rel. Jaeger -Zampoli (avv. Crisafulli) e Presidente Consiglio dei 

Ministri (sost. avv. -�~

gen. Stato Albisinni). �;:; 

..�..; 

Lavoro -Infortuni in agricoltura -Obbligo del datore di lavoro di 
corrispondere periodicamente la retribuzione all'infortunato 
Contrasto con gli artt. 3, 23 e 38 Cost. -Insussistenza. 

(Cost., artt. 3, 23, 38; 1. 19 gennaio 1963, n. 5, art. 4). 

La disposizione dell'art. 4 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, che 
fa obbligo al datore di lavoro agricolo di corrispondere al dipendente 
lavoratore, in oaso di infortunio, la retribuzione rfdotta per i sei giorni 
successivi a tale evento, non viola f eguaglianza del rapporto di lavoro 
agricolo rispetto a quello industriale (ove l'obbligo di protrarre per tre 
giorni), n� la riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali, 
n� il principio della competenza dello Stato a provvedere in materia 
di assistenza agli inabili al lavoro {l). 

{Omissis). -L'ordinanza del Pretore di Ferrara ha proposto la 
questione sulla legittimit� costituzionale dell'art. 4 della legge 19 gennaio 
196S, n. 15, in riferimento alle norme contenute negli artt. 3, 23 
e 38 della Costituzione; la Corte non ritiene per� che gli argomenti 
addotti nell'ordinanza di rimessione, anche se integrati dalle osservazioni 
gi� esposte dal convenuto nel corso del giudizio di merito, possd'no 
essere considerati sufficienti a giustificare una dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale della disposizione denunciata. 

Per quanto concerne il richiamo all'art. 3 della Costituzione, il 
fatto che nel settore della agricoltura l'imprenditore sia tenuto a corrispondere 
all'infortunato il 60 per cento della retribuzione per tre giornate 
in pi� di quelle imposte agli imprenditori industriali non pu� essere 
considerato rilevante ai fini di una dichiarazione di incostituzionalit�. 
A prescindere dalla tenue entit� della differenza, sicuramente pi� che 
compensata dalla misura notevolmente diversa delle retribuzioni nel 

(1) La questione � stata sollevata dal Pretore di Genova con ordinanza 
26 febbraio 1964 (Gazzetta Ufficiale, 2 maggio 1964, n. 108). 
Nella decisione di legittimit� costituzionale della norma in esame rispetto 
all'art. 3, viene riaffermato il principio ormai pacifico dell'eguaglianza differenziata. 
Da ultimo: Corte Cost., 16 febbraio 1963, n. 7, Giur. cast., 1963, 61; Corte Cost., 
9 giugno 1963, n. 88, Giur. cast., 1963, 725; Corte Cost., 22 dicembre 1964, n. 118, 
Giur. cast., 1964, 118; Corte Cast. 19 febbraio 1965, n. 7, Giur. cast., 1965, 35; 
cfr. anche ESPOSITO, La Costituzione italiana, 1954, 17 e segg.; PALADINI, Considerazioni 
sul principio costituzionale d'eguaglianza, Riv. trim. dir. pubbl. 1962, 897. 
Per quanto concerne la questione di legittimit� costituzionale delle norme de quibus 
in rapporto &11'art. 38, non risultano prece denti in termini. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 861 

settore agricolo e in quello industriale, non si pu� contestare che la 
indubbia prevalenza in quest'ultimo dell'uso di mezzi meccanici ed 
automatici aggrava sensibilmente i rischi e rende quindi necessaria la 
imposizione di premi molto pi� alti a carico della imprese, come ha 
rilevato e sostenuto in particolare l'Avvocatura generale dello Stato. 

:� chiaro poi che in questa materia occorre tenere presente che 
ogni tipo di assicurazione, non escluse quelle sociaH, � necessariamente 
disciplinato da un sistema proprio di norme e di clausole, in funzione 
di tanti fattori (numero degli assicurati, frequenza e gravit� dei rischi, 
durata dei rapporti, misura delle� retribuzioni e cos� via), i quali influiscono 
sensibilmente sulla entit� dei premi, la cui massa deve garantire 
la possibilit� di risarcire i danni: un controllo di legittimit� della Corte 
Costituzionale sul merito dei calcoli attuariali, che sono a base della 
determinazione dei premi e delle liquidazioni dei danni nei diversi 
settori, non sarebbe nemmeno concepibile. 

Ancor meno fondata appare la tesi della violazione dell'art. 23 
della Costituzione, posto che tutte le prestazioni patrimoniali, che gravano 
sui datori di lavoro a norma della disposizione ,denunciata, sono 
esplicitamente imposte non solo � in base alla legge�, ma proprio direttamente 
da questa; n� � possibile ricavare dalla norma costituzionale 
richiamata dalla ordinanza alcun criterio informatore, che si presti ad 
essere considerato violato dall'art. 4 della legge n. 15 del 1963. 

Meno evidente � invece la infondatezza del motivo desunto dall'art. 
38 della Costituzione, che l'ordinanza del Pretore di Ferrara prospetta 
nella mancanza di ogni carattere retributivo, o anche di contributo 
agli istituti assistenziali, in una prestazione che figura imposta al 
singolo datore di lavoro a favore di un lavoratore dipendente proprio 
in un periodo, nel quale questi non presta la propria opera nella azienda. 
L'argomento addotto dal giudice di merito per motivare i propri dubbi 
in proposito non resiste peraltro alle obbiezioni prospettate dalla difesa 
dello Stat0 e da quella privata. 

La prima ha richiamato insistentemente la necessit� che gli oneri 
delle assicurazioni sociali siano posti soprattutto a carico degli imprenditori, 
in correlazione ai rischi personali cui si trovano esposti i lavoratori 
dipendenti nel corso della attivit� svolta ai fini della produzione. 
Questo principio si � ormai talmente affermato, che, a parere dell'Avvocatura 
generale dello Stato, l'eventuale cessazione di efficacia della 
norma denunciata, a seguito di una dichiarazione di illegittimit� costituzionale, 
avrebbe la conseguenza di porre a carico dei datori di lavoro 
l'obbligo personale di provvedere integralmente alla carenza delle prestazioni 
assicurative per le giornate di salario non riconosciute a favore 
dei prestatori d'opera. 

La difesa della parte privata ha sostenuto invece che una dichiarazione 
di illegittimit� della norma in esame avrebbe quale conseguenza 



862 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un danno irrimediabile al lavoratore infortunato, a meno che non fosse 
dichiarata anche la illegittimit� delle norme, che stabiliscono i periodi 
di carenza delle prestazioni assicurative. 

A giudizio della Corte, si deve tener conto del fatto che, come 
risulta anche da altre norme della nostra legislazione, il caso di infortunio 
sul lavoro, al pari di quelli di malattia, di gravidanza, di puerperio, 
non costituisce di per s� motivo di sospensione e neppure di 
risoluzione del rapporto di prestazione d'opera : in tutte queste ipotesi 
� previsto infatti che se la legge non stabilisce � forme equivalenti� di 
previdenza o di assistenza, � dovuta al prestatore d'opera la retribuzione 
intera ovvero una indennit� nella misura e per il tempo detenni-� 
nati dalle leggi speciali o da altre fonti, e che il periodo di assenza dal 
lavoro deve essere computato nell'anzianit� di servizio {art. 2110, primo 
e terzo comma,e art. 2111, secondo comma, del e.e.). 

Quando il rapporto non venga risolto, e le leggi speciali non prevedano 
la immediata corresponsione delle prestazioni assicurative al 
lavoratore infortunato, si deve ritenere conforme all'orientamento generale 
della nostra legislazione la imposizione all'imprenditore dell'obbligo 
di corrispondere al primo una retribuzione per il periodo di carenza 
di tali prestazioni; di conseguenza la norma che provvede a. tal fine, 
per un tempo molto limitato ed in misura ridotta rispetto alla retribuzione 
normale, si inserisce p�rf ettamente nel sistema della disciplina 
dei rapporti di lavoro vigente ormai da molti anni in Italia. 

N� sembra consentito desumere argomenti in contrario dalle disposizioni 
dell'art. 38 della Costituzione, inteso senza dubbio piuttosto a 
concedere maggiori garanzie ai prestatori diopera che a diminuirle: il 
quarto comma di tale articolo impone �infatti espressamente taluni obblighi 
allo Stato e ad organi e istituti da questo predisposti od integrati, 
ma non vieta certamente che esso intervenga mediante apposite leggi 
a dare attuazione a tali fini, anche imponendo alcune prestazioni a 
carico degli imprenditori, come � accaduto e accade frequentemente 
pmprio in materia di assicurazioni sociali. ~{Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1965, n. 45 -Pres. Ambrosini -
Rel. Bonifacio -Dito (avv. Smuraglia). 

Lavoro -Recesso dal rapporto di lavoro a tempo intederminato � 
Contrasto col diritto al lavoro di cui all'art. 4 Cost. -Esclusione. 

l 
@

(Cost., art. 4; e.e., art. 2118, primo comma). f:

r: 
Il primo comma del( art. 2118 e.e., che prevede il recesso ,del datore 
di lavoro dal rapporto di lav<iro a tempo indeierminato, non � in contrasto 
con il diritto al lavoro previsto dal( art. 4 della Costituzione, 


. I 



PARTE I, SEZ. I, GIU~IS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 863 

dato che tale norma, cos� come non garantisce a ciascun cittadino il 
conseguimento di una occupazione, cos� non garantisce il diritto alla 
conservazione del posto (1). 

(Omissis). -L'oggetto del presente giudizio � da ritenere percto 
ckcoscritto al raffronto fra lart. 2118, primo comma, del codice civile 
e l'art. 4, primo comma, della Costituzione, e di conseguenza la Corte 

� non pu� portare . il suo esame su altre questioni di legittimit� della. 
norma in riferimento a precetti costituzionali diversi da quello di cui 
le ordinanze assumono la violazione, ed in particolare sul problema 
-ampiamente trattato, specialmente nella discussione orale, dalle 
parti costituite -dei limiti che l'iniziativa privata incontra, ai sensi 
del secondo comma dell'art. 41 della Costituzione, nel suo estrinsecarsi 
attraverso l'autonomia contrattuale in materia di rapporto di lavoro a 
tempo indeterminato. 

3. -Nei descritti limiti e nei termini nei ,quali � stata proposta, la 
questione non appare fondata. 
Il Pretore di Scalea esprime l'avviso che l'inammissibilit� di ogni 
sindacato sull'esercizio del potere di recesso da parte del datore di 
lavoro -conseguente alla disciplina dettata dall'art. 2118 del codice 
civile, .cos� come questa � stata ed � interpretata dalla costante giurisprudenza 
-non � conciliabile con la pretesa del lavoratore alla conservazione 
del posto di lavoro, che nell'art. 4 della Costituzione trova 
la sua fonte: dal che discenderebbe l'illegittimit� costituzionale della 
norma impugnata. Ma la Corte ritiene che il denunziato contrasto non 
sussista. 

Dal complessivo contesto del primo comma dell'art. 4 della Costituzione 
-gi� altre volte interpretato da questa Corte (cfr. sent. n. 3 
del 1957, n. 30 del 1958, n. 2 del 1960, n. 3 del 1961, n. 105 del 1963) si 
ricava che il diritto al lavoro, riconosciuto ad ogni cittadino, � da 
considerare quale fondamentale ~iritto di libert� della persona umana, 
che si estrinseca nella scelta e nel modo di esercizio dell'attivit� lavorativa. 
A questa situazione giuridica del cittadino -l'unica che trovi 
nella norma costituzionale in esame il suo inderogabile fondamento fa 
riscontro, per quanto riguarda lo Stato, da una parte il divieto di 

(1) La questione era stata proposta con sei ordinanze del 28 febbraio 1964 del 
Pretore di Scalea (Gazzetta Ufficiale, 27 giugno 1964, n. 157). Non vi � stato 
intervento in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri. 
La decisione � particolarmente importante, perch�, pur avendo dichiarato non 
fondata la questione, ha rivolto un preciso invito al legislatore a riconsiderare tutta 
la materia dei licenziamenti, per introdurvi temperamenti e garanzie a favore del 
lavoratore, cos� come � stato di recente pattizzamente stabilito in sede sindacale 

(v. Contratto collettivo nazionale operai dell'industria per il 1965). 

864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

creare o di lasciar sussistere nell'ordinamento norme che pongano o 
consentano di porre limiti discriminatori a tale libert� ovvero che direttamente 
o indirettamente la rinneghino, dall'altra l'obbligo -il cui 
adempimento � ritenuto dalla Costituzione essenziale all'effettiva realizzazione 
del descritto diritto -di indirizzare l'attivit� di tutti i pubblici 
poteri, e dello stesso legislatore, alla creazione di condizioni economiche, 
sociali e giuridiche che consentano l'impiego di tutti i cittadini 
idonei al lavoro. 

Da siffatta interpretazione deriva che l'art. 4 della Costituzione, 
come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al conseguimento di 
un'occupazione (il che � reso evidente dal ricordato indirizzo politico 
imposto allo Stato, giustificato dall'esistenza di una situazione economica 
insufficiente al lavoro per tutti, e perci� da modificare), cos� non 
garantisce il diritto alla conservazione del lavoro, che nel primo 
dovrebbe trovare il suo logico e necessario presupposto. 

4. -Con ci� non si vuol dire che la disciplina dei licenziamenti si 
muova su un piano del tutto diverso da quello proprio dell'art. 4 della 
Costituzione. 
Se, infatti, � vero che l'indirizzo politico di progressiva garanzia 
del diritto al lavoro, dettato nell'interesse di tutti i cittadini, non comporta 
la immediata e gi� operante stabilit� di quelli di essi che siano 
gi� occupati, ci� non esclude, ma al contrario esige che il legislatore 
nel quadro della politica prescritta dalla norma costituzionale adegui, 
sulla base delle valutazioni di sua competenza, la disciplina dei rapporti 
di lavoro a tempo indeterminato al fine ultimo di assicurare a 
tutti la continuit� del lavoro, e circondi di doverose garanzie ~particolarmente 
per quanto riguarda i principi fondamentali di libert� sindacale, 
politica e religiosa, immediatamente immessi nell'ordinamento 
giuridico con efficacia erga omnes, e dei quali, perci�, i pubblici poteri 
devono tener conto anche nell'interpretazione ed applicazione del diritto 
vigente -e di opportuni temperamenti i casi in cui si renda necessario 
far luogo a licenziamenti. 

Gi� in altra occasione {cfr. sent. n. 7 del 1958) la Corte ha rilevato 
che il potere illimitato del datore di lavoro di recedere dal rapporto 
a tempo indeterminato non costituisce pi� un principio generale del 
nostro ordinamento. Aspetto particolare di una disciplina che, in quanto 
riguarda tutti i contratti di durata a tempo indeterminato, non concede 
la dovuta rilevanza alla peculiare natura del rapporto di lavoro ed alla 
posizione del lavoratore nell'impresa, l'art. 2118 del codice civile � stato 
progressivamente ristretto nella sua sfera di efficacia sia da provvedimenti 
legislativi, i quali a tutela di particolari interessi dei lavoratori 
hanno limitato o temporaneamente precluso. il potere di recesso del 
datore di lavoro (ofr., da ultimo, legge 9 gennaio 1963, n. 7), sia, soprattutto, 
da anche recentissimi accordi sindacali. Questi ultimi dimostrano 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 865 

che le condizioni economico-sociali del paese consentono una nuova 
disciplina, verso la quale levoluzione legislativa viene sollecitata anche 
da raccomandazioni internazionali ( cfr. 46� e 47� sessione della Conferenza 
lnternazionale del Lavoro). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 giugno 1965, n. 48 -Pres. Ambrosini -
Rel. Chiarelli -Pres. Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Savarese) c. Pres. Regione Siciliana (avv. Virga). 

Corte Costituzionale . Conflitto di attribuzioni fra Stato e Regione 
. Riferibilit� del termine agli organi legittimati al ricorso. 

(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). 
Sicilia -Conflitto di attribuzioni � Potere di decidere i ricorsi gerarchici 
degli Esattori delle imposte avverso le ordinanze dell'Intendente 
di Finanza che irrogano pene pecuniarie � Spetta 
agli organi dello Stato, non della Regione. 

(statuto reg. sic., artt. 14, 17, 36; d.l. 12 aprile 1948, n. 507; l. 7 gennaio 
1929, n. 4). 

Il termine perentorio per la proposizione del ricorso per confiitto 
di attribuzioni fra Stato e Regione va riferito esclusivamente agli organi 
legittimati al ricorso, vale a dire, per lo Stato, il Presidente del Consiglio 
dei Ministri, per la Regione il Presidente della Giunta Regionale (1). 

Spetta allo Stato (Ministro delle Finanze) e non all'Assessore delle 
Finanze per la Regione siciliana la competenza a decidere i ricorsi 
gerarchici proposti, ai sensi della legge 7 gennaio 19'29, n. 4, dagli 
esattori delle Imposte dirette dell'Isola, avverso le ordinanze intendentizie 
irroganti pene pecuniarie nella materia della riscossione. (2). 

(Omissis). -L'eccezione di irricevibilit� del ricorso per decorrenza 
di termini non pu� essere accolta. 

(1) Sulla prima massima, cfr. il precedente conforme, ricordato nella motivazione, 
della sentenza 30 dicembre 1958, n. 82, Giur. it., 1959, I, 1, 510. 
(2) La Corte ha accolto il ricorso dello Stato, fondandosi sulla sua costante 
giurisprudenza secondo cui, come � noto, la mancanza di norme di attuazione in 
una determinata materia. impedisce l'esercizio delle relative funzioni legislative ed 
amministrative da parte della Regione. 
Di conseguenza la Corte ha ritenuto assorbito quanto dedotto circa la natura 
di legge-principio della I. 7 gennaio 1929, n. 4 e la necessit� del rispetto dei suoi 
limiti da parte delle Regioni. 

��: restato, altres� assorbito il profilo, pure dedotto dalla difesa dello Stato, 
circa la necessit� dell'abrogazione espressa delle norme della legge del 1929, sancita 
dall'art. 1 della legge stessa; necessit� che va riferita non solo alla legislazione 
statale, ma, ed a fortiori, anche a quella regionale. 

Si vedano, ora, le nuove norme di attuazione dello Statuto regionale siciliano 
in materia finanziaria, approvato con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare che, in applicazione 
di un principio generale di diritto processuale, la notificazione 

o la conoscenza del provvedimento impugnabile, ai sensi dell'art. 39 
della legge 11 marzo 1953, n. 87, debbono intendersi riferite agli organi 
legittimati a proporre il ricorso: vale a dire, per lo Stato, al Presidente 
del Consiglio dei Ministri; per la Regione, al Presidente della Giunta 
regionale (sent. n. 82 del 1958). 
Nella specie, non essendo stato provato che il Presidente del Consiglio 
dei Ministri abbia avuto conoscenza del provvedimento dell'Assessore 
regionale prima della nota del Ministero� delle finanze 20 maggio 
1964, deve ritenersi la tempestivit� del ricorso, notificato il 18 luglio 
successivo. 

Nel merito, il ricorso � fondato. 
Non v'ha dubbio che, come questa Corte ha ripetutamente affermato 
(sent. nn. 9, 14, 17 e 52 del 1957) e com~� stato ricordato dalla 
difesa della Regione, in base al d.l. 12 aprile 1948, n. 507, la materia 
della riscossione dei tributi � stata trasferita dallo Stato alla Regione 
siciliana. Spetta conseguentemente alla Regione il potere di organizzare 
i servizi di riscossione ad essa affidati {sent. n. 52 del 1957) e rientra nella 
organizzazione di questi servizi la disciplina del rapporto esattoriale, 
in quanto diretto a tale riscossione. 
Se non che, la materia trasferita alla Regione in base alla ricordata 
norma, pur comprendendo lorganizzazione dei servizi di riscossione, 
e quindi del servizio esattoriale, non si estende a quelle funzioni di 
sorveglianza sull'esecuzione del rapporto esattoriale che danno luogo 
alla applicazione di sanzioni amministrative, e in particolare all'irrogazione 
delle cosiddette pene pecuniarie, e che costituiscono un sistema, 
unitariamente disciplinato, di attivit� sopraordinata al servizio di riscossione, 
nel quale non possono essere considerate confuse. Tali funzioni, 
affidate dalle vigenti leggi statali all'Intendente di finanza e al Ministero 
delle finanze {art. 150 t.u., appr. con d. P.R. 15 maggio 1963, n. 858; 
artt. 55-59 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), non hanno formato specificamente 
oggetto di norme di attuazione dello Statuto regionale, come 

questa Corte ebbe gi� occasione di rilevare nella sentenza n. 11 del 1957. 

Deve quindi ritenersi tuttora in vigore la competenza del Ministro 

delle finanze a decidere sul ricorso gerarchico contro il decreto del


rintendente di finanza che applichi le pene pecuniarie ai sensi delle 

ricordate norme di leggi statali, e deve di conseguenza essere annullato 

l'impugnato decreto dell'Assessore regionale 
per le finanze. 
Ai fini del presente giudizio non occorre prendere in esame la tesi 
della difesa dello Stato circa la posizione della legge 7 gennaio 1929, 

n. 4, nel sistema tributario generale, e circa l'asserita inderogabilit� ~= 
delle sue norme da parte della Regione; -{Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 867 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1965, n. 50 -Pres. Ambrosini 

-Rel. Fragali -Russo e Canzonieri c. Pres. Cons. Ministri e Mini


stero Finanze (sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Imposta di successione -Limite della prova in ordine ai debiti 

detraibili -Contrasto presunto con l'art. 53 Cost. 

(Cost., art. 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 45 e 48). 

Giudizio di legittimit� costituzionale -Irrilevanza ai fini del sindacato 
di legittimit� costituzionale di eventuali fattispecie 
concrete regolate dalla norma in esame. 

Gli artt. 45 e 48 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, che limitano le 
prove dei debiti detraibili ai fini delrimposta di successione, non sono 
in contrasto con fart. 53 della Costituzione, poich� la prova legale fornisce 
nella sostanza, la stessa certezza di quella libera, pur differendone 
nella diversa provenienza deliaccertamento, nella diversa efficacia e 
nel diverso carattere che in ciascun caso potrebbe assumere la configurazione 
della realt� {l). 

Il fatto che il contribuente non sia in grado di esibire la prova 
richiesta dagli artt. 45 e 48 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, essendo 
un impedimento di mero fatto, ovvero una circostanza imputabile al 
contribuente od al suo dante causa, che non abbia curato la formazione 

o la comervazione della prova legale, � una circostanza del tutto priva 
di rilevanza ai fini del sindacato di legittimit� costituzionale demandato 
alla conoscenza della Corte Costituzionale (2). 
(1) La sentenza ha deciso su due questioni similari riunite, circa la presunta 
incostituzionalit� degli artt. 45 e 48 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, contenenti 
la legge tributaria delle successioni. 
Si assumeva dai ricorrenti che le norme in parola, limitando la prova dei 
debiti detraibili ai fini dell'imposta di successione, violassero il principio di cui 
all'art. 53 Cost., secondo cui la imposizione tributaria deve corrispondere alla 
effettiva capacit� contributiva del cittadino e non gi� ad una capacit� presunta. 

L'ineccepibile decisione di infondatezza delle questioni ora considerate, � 
perfettamente conforme allo spirito della norma costituzionale, diretta ad assicurare 
una particolare tutela dell'interesse generale ad una equa imposizione e riscossione 
dei tributi: cfr. Corte Cost., 16 giugno 1964, n. 45, Sentenze e ord. della 
Corte cost., 1965, 260. 

Le norme in questione, come sostenuto dall'Avvocatura, ben lungi dall'essere � 
in contrasto con l'art. 53 Cost., ne assicurano la rigida applicazione, contro l'eventualit� 
di frodi dei contribuenti in collusione con terzi; cfr. in materia Corte Cost., 
12 lugl�o 1965, n. 63, infra, 87 4. 

(2) Nulla da rilevare anche in ordine alla seconda massima, essendo pi� che 
evidente che la Corte non debba occuparsi delle eventuali circostanze di fatto che 
impediscano nei casi concreti lapplicazione del precetto di costituzionalit�; tali 
possibili situazioni non potrebbero certo inficiare la legittimit� costituzionale delle 
norme in esame. 

868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

{Omissis). -1. -Non � esatto che le norme denunciate siano in 
contrasto con la regola dettata nell'art. 53 della Costituzione, per cui 
il dovere di concorrere alla copertura della spesa pubblica si commisura 
alla capacit� contributiva dei singoli obbligati. 

Se per capacit� contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva 
alla obbligazione di impost�, rivelata dal presupposto al quale la sua 
prestazione � collegata (sent. 16 giugno 1964, n. 45), non appare contestabile 
che il riferimento di quel presupposto alla sfera dell'obbligato 
deve risultare da un collegamento effettivo, e che ad un indice effettivo 
deve farsi capo per determinare la quantit� dell'imposta che da ciascun 
obbligato si pu� esigere. Senonch� non convincono n� il giudice a quo 
n� la parte privata comparsa quando sostengono che, nei casi in cui la 
legge �ncora ad un sistema di prove legali la determinazione dell' esistenza 
del presupposto dell'obbligazione tributaria e della sua entit� 
concreta, si d� una base fittizia all'imposizione. 

La prova legale fornisce nella sostanza la stessa certezza di quella 
libera: la differenza � nella diversa provenienza dell'accertamento, 
nella diversa sua efficacia,, nel diverso carattere che assume in ciascun 
caso la configurazione della realt�. In via generale, la prova legale vuole 
creare stabilit� e sicurezza alle relazioni giuridiche; ma nella materia 
fiscale vuole anche proteggere l'interesse generale alla riscossione dei 
tributi contro ogni tentativo di evasione, ed evitare la libera scelta dei 
mezzi di prova o la discrezionale valutazione dei loro risultati in un 
campo in cui non � consigliabile creare sfere di autonomia dispositiva . 

. Di pi�, nella materia tributaria, la prova legale permette di rendere 
precisa e netta la consistenza della pretesa pubblica, che apprezzamenti 
discrezionali sulle conseguenze delle prove esibite potrebbero far risultare 
di esperimento disuguale; e d� al procedimento quella semplicit� 
che � presupposto di una sollecita riscossione dell'imposta. Non si pu� 
omettere di ricordare che l'interesse fiscale riceve nella Costituzione 
una sua particolare tutela {art. 53 e 14, secondo comma); in modo che, 
al contrario di quanto mostra di credere la parte privata, esso si con


� figura, non come uno degli interessi indistinti che sono affidati alla 
cura dell'Amministrazione statale, ma come un interesse particolarmente 
differenziato che, attenendo al regolare funzionamento dei servizi 
necessari alla vita della comunit�, ne condiziona l'esistenza {sentenza 
4 aprile 1963, n. 45). 

2. -Viene rilevato nella seconda ordinanza di rimessione che non 
sempre il contribuente � in grado di esibire la prova richiesta dalle 
norme denunciate. In tal modo per�, o si oppongono impedimenti che, 
essendo di mero fatto, sono estranei ad ogni problema di legittimit� 
costituzion�le, sia pure sotto il profilo del principio dell'eguaglianza, o 
si deducono circostanze che, potendo consistere in fatti imputabili al 
contribuente o al suo dantecausa, il quale non ha� curato la formazione 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONAL� 869 

o la conservazione della prova legale, sono parimenti prive di rilevanza 
ai fini del sindacato spettante a questa Corte. 
A codesti fini non rileva nemmeno obiettarn che talora le norme 
impugnate richiedono una particolare certificazione del terzo, o mediante 
dichiarazione di sussistenza del credito, come � previsto nelf 
art. 48, o mediante particolari certificazioni tratte dai libri commerciali, 
come � disposto nell'art. 45; e che il rifiuto del terzo a rilasciare 
codeste attestazioni impedisce al contribuente di far valeire la sua pretesa 
alla deduzione di passivit� dall'ammontarn dell'imponibile e praticamente 
pone nella disponibilit� del terzo la pretesa medesima. 

Nel caso dell'art. 48 il rifiuto del terzo � causa di sua responsabilit� 
per danni, come � espressamente comminato nella norma. Questa 
responsabilit� ha sufficiente copertura nell'ammontare del credito che 
il terzo ha verso il contribuente; e pertanto non � fondato che la sua 
previsione, presupponendo la solvibilit� del terzo, che pu� mancare, 
non sostituisce una pretesa di certa realizzazione, a quella che ha per 
oggetto la riduzione del debito di imposta. 

Nel caso dell' rurt. 45 si sostiene invano che esso richiede una documentazione 
che il terzo pu� non essere in grado di fornirn, quando, ad 
esempio, essa deve essere tratta da libri commerciali nei quali non si 
contengono le precise indicazioni dei debitori o per i quali � cessato 
l'obbligo di conservazione. La giurisprudenza ha, � vero, portato un 
rigoroso esame sulla possibilit�, in concreti casi, di includere singoli 
documenti nelle categorie prefissate dalle norme impugnate e ritenuto 
che queste non ammettono prove equipollenti a quelle che esse determinano; 
ma ci� � cosa diversa dal da;e alle norme un significato pre� 
clusivo deUa deduzione di una incolpevole impossibilit� materiale di 
fornire le prove richieste. Ed infatti il giudice a quo non ha riferito, 
nella sua ordinanza, alcuna interpretazione delle norme denunziate che 
disconosca i limiti cui la legge generale assoggetta anche l'efficacia 
della prova legale (art. 2724 e.e.); e ha indicato come ipotesi di impossibilit� 
di prova soltanto quella in cui il terzo rifiuti di fare la dichiarazione 
di cui all'art. 48, vale a dire un'ipotesi che, per quanto si � 
detto, non � rilevante ai fini dell'odierno processo di legittimit� costituzionale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1965, n. 51 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Bonifacio -Pres. Regione Trentino-Alto Adige (avv.' Gasparri) 

c. Pres. Consiglio Ministri {sost. avv. gen. Stato Savarese). 
Trentino-Alto Adige � Conflitto di attribuzioni � Potere di classi


ficazione degli ospedali � Spetta allo Stato. 

(Statuto spec. Trentino Alto Adige, artt. 4, n. 12, 5, n. 2 e 13; norme di 

attuazione approvate con d.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, artt. 1 e 4). 


870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Spetta agli organi dello Stato, cio� al medico provinciale, e non a 
quelli della Regione Trentino-Alto Adige il potere di classificare gli 
ospedali esistenti nella Regione in una delle categorie previste dal r.d. 
30 settembre 1938 n. 1631, in quanto la determinazione di tali categorie 
non pu� essere valutata se non come strumentale rispetto a tutta 
una serie di effetti che, attraverso altre disposizioni legislative statali, 
ad essa si ricollegano o possono ricollegarsi (1). 

{Omissis). -2. -La Corte ritiene, anzitutto, che il potere in contestazione 
nel presente giudizio esuli dalla materia relativa alle istituzioni 
pubbliche di assistenza e di beneficenza e che, di conseguenza, ai fini 
della decisione non debbano esser prnse i:n consjderazione le relative 
nonne di attuazione {d.P.R. 26 gennaio 1959, n. W). La determinazione 
delle categorie degli ospedali, infatti, regolata dall'art. 6 del r.d. 30 set


. tembre 1938, n. 1631 (contenente le nonne generali per lordinamento 
dei servizi sanitari ed emanato a nonna dell'art. 192 del r.d. 27 luglio 
1934, n. 1265, t.u. sanitario), attiene, per la sua natura ed .i suoi effetti, 
alla specifica funzione sanitaria degli stessi, e non riguarda la struttura, 
lorganizzazione e le pi� ampie finalit� istituzionali degli enti 
pubblici di assistenza e di beneficenza, ai quali si riferisce la legge fondamentale 
n. 6972 del 17 luglio 1890, richiamata, �on le successive 
modificazioni ed integrazioni, nelle citate norme di attuazione del!'
art. 5 n. 2 dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige (sulle 
quali cfr. Corte Cost., sent. n. 14 del 1960). E ci� trova conferma nel


(1) Che gli ospedali siano, in massima parte, ancora inquadrati nelle istituzioni 
�di assistenza e beneficenza, disciplinate dalla legge fondamentale 17 luglio 
1890, n. 6972 e successive modificazioni, costituisce solo un aspetto particolare 
della loro struttura, il quale non incide minimamente sull'autonomo aspetto delle 
funzioni, ch'essi sono chiamati ad esercitare. Anzi, � proprio la preponderanza di 
tali funzioni, in un'epoca che ha visto i progressi immensi della medicina, della 
chirurgia e. della diagnostica, ad imporre l'esigenza, ormai universalmente reclamata, 
di una riforma anche strutturale degli ospedali, tale da svincolarli dall'ambito delle 
istituzioni di beneficenza. 
Ma, pur nell'attuale momento positivo, la duplicit� di posizioni esistenti negli 
Enti Ospedalieri obbedisce a criteri diversi, essendo l'una, quella strutturale, diretta 
alla tutela della vita amministrativa degli ospedali ed alla disciplina dei relativi 
controlli, l'altra, invece, quella funzionale, diretta alla tutela della sanit� e dell'igiene 
pubblica. Tale l'interpretazione incontroversa della materia, anche nel nuovo 
regime introdotto con la I. 13 marzo 1958, n. 296 istitutiva del Ministero della 
Sanit� (cfr. anche il parere del Consiglio di Stato, Sez. I, 17 settembre 1959, n. 1382 
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 333). 

Ora, non � dubbio che la classificazione di un ospedale incide sull'aspetto 
funzionale, non strutturale, dell'Ente. Ci� � confermato -chiaramente dalle fonti. 

Il r.d. 30 settembre 1938, n. 1631, che prevede, fra l'altro, la classificazione 
degli ospedali, fu emanato in attuazione dell'art. 192 t.u. delle leggi sanitarie, approvato 
con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE � 871 

l'ultimo comma dell'art. 6 del citato d.P.R. 1959, n. fll, che, attribuendo 
al Ministero della Sanit� l'alta sorveglianza sulle predette istituzioni, 
razionalmente la limita all'organizzazione ed all'attivit� sanitaria degli 
istituti di cura da esse gestiti (con il che, peraltro, si fa salvo un potere 
di controllo dello Stato che certamente nulla ha a che vedere con la 
materia oggetto del presente giudizio). 

Passando all'esame delle norme di attuazion(:l in materia di assistenza 
sanitaria ed ospedaliera, va rilevato che il d.P.R. 18 febbraio 
1958, n. 307, contiene un compiuto ed analitico elenco dei poteri trasferiti 
alla Regione e che il primo comma dell'art. 1 espressamente 
conserva allo Stato ogni altra competenza relativa alla tutela dell'igiene 
e della sanit� pubblica. L'omessa menzione della disciplina relativa 
alla classificazione degli ospedali esclude, perci�, che la corrispondente 
attribuzione sia stata trasferita: dail silenzio del legislatore, infatti, non 
si pu� desumere il trasferimento di poteri non specificamente previsti 
(cfr. sent. n. 8 del 1965), n� pu� condividersi la tesi della Regione in 
contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte -secondo 
la quale, una volta intervenute le norme di attuazione relative ad una 
determinata materia, qual che sia il loro contenuto, l'autonomia regionale 
possa spiegarsi in tutta la sua ampiezza. 

L'assunto principale de1la Regione ricorrente va pertanto respinto. 

3. -Per quanto riguarda l'istanza con la quale la Regione, in via 
subordinata, sollevata la questione incidentale di legittimit� costituzionale 
delle citate norme di attuazione per la parte in cui esse, riservando 
Questa � una disposizione fondamentale, che, genericamente, nel primo comma, 
demanda all'autorit� sanitaria centrale ed a quella provinciale di vigilare sull'organizzazione 
e sul funzionamento sanitario degli ospedali; e, pi� specificamente, nel 
secondo comma, prevede l'emanazione di norme generali, concernenti "l'ordinamento 
del servizio sanitario e quello del personale sanitario degli ospedali �, alle 
quali devono conformarsi gli ordinamenti delle rispettive organizzazioni ospedaliere. 

Nulla � detto, nella legge sanitaria, o nel decreto del 1938, circa la struttura 
ed i controlli amministrativi degli ospedali, materia di altro settore, disciplinato 
dalla legge del 1890. 

Per converso, le stesse norme di attuazione dello Statuto Trentino-Alto Adige 
in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (d.P.R. 26 gennaio 
1959, n. 97) oltre a non contemplare, neppure indirettamente, la classificazione degli 
ospedali, espressamente lasciano ferma " la competenza del Ministero della Sanit� 
ad esercitare, ai sensi della legge 13 marzo 1958, n. 296, l'alta sorveglianza sulle 
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che gestiscono istituti di cura, 
limitatamente all'organizzazione ed alle attivit� sanitarie �. 

:il: una disposizione, questa, parallela ed in perfetta armonia con l'art. 192 

del t.u. delle leggi sanitarie, che conferma la netta separazione tra l'aspetto strut


turale e quello funzionale degli ospedali. 

In dottrina, sulla natura dell'atto classificativo degli ospedali, cfr. ARu, La 

classifica degli ospedali, Riv. trim. dir. sanitario, 1962, 87L 



872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

allo Stato le competenze non trasferite, attengono alla classificazione 
degli ospedali -questione il cui indubbio carattere di strumentalit� 
rispetto al presente giudizio non � contestato dal controricorrente -va 
preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilit� che l'Avvocatura 
dello Stato oppone sul presupposto che un incidente �siffatto non 
possa esser sollevato per quei provvedimenti aventi forza di legge che 
la Regione avrebbe potuto impugnare in via diretta ed in termini perentori 
oramai decorsi. Questa Corte, infatti, con costante giurisprudenza, 
ha riconosciuto che lo Stato e le Regioni attraverso il procedimento per 
conflitto di attribuzione possono difendere i poteri loro spettanti in base 
all'ordinamento anche se per la realizzazione di tale difesa si imponga 
la necessit� di introdurre una questione incidentale di legittimit� avente 
ad oggetto una legge non impugnata in via principale ( cfr. ord. n. 22 
del 1960). 

4. -L'istanza proposta dalla Regione va tutt:avia respinta. 
Per quanto riguarda l'art. 4 del d.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, � 
da escludere che esso attenga aille competenze conservate dallo Stato. 
Stabilendo, infatti, che le disposizioni delle leggi in vigore continueranno 

I ,ad applicarsi fino a ,quando la Regione non provveder� con proprie 
leggi, la norma si riferisce alle materie analiticamente trasferite in forza 
degli articoli precedenti e rappresenta una puntuale applicazione del 
principio generale contenuto nelil'art. 92 dello Statuto. 

Relativamente, invece, alla riserva allo Stato contenuta nell'art. 1, 
primo comma, l'eccezione � manifestamente infondata perch� � da 

IIritenere che la disciplina della classificazione degli ospedal~ nei sensi 
di cui si dir�, non rientri nella materia attribuita alla Regione dall'art. 4, 

n. 12 dello Statuto. 
�: anzitutto destituita di fondamento la tesi della ricorrente, secondo 
la quale tutte le argomentazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato 
a dimostrazione della necessaria unitariet� del sistema di determinazione 
delle categorie ospedailiere sarebbero irrilevanti perch� nell'attuale 
giudizio la Regione non rivendica la potest� legislativa di modificare 
tale sistema, ma solo la potest� amministrativa di procedere all'assegnazione 
degli ospedali all'una o all'altra categoria, secondo le norme in 
proposito dettate dalla legislazione statale (art. 6, r.d. SO settembre 1938, 

n. 1631). Ed invero il primo comma dell'art. 13 dello Statuto assegna 
alla Regione la titolarit� della funzione amministrativa solo << nelle 
materie e nei limiti� in cui essa pu� emanare norme legislative: sicch� 
la decisione del giudizio, ancorch� questo abbia ad oggetto una potest� 
tipicamente amministrativa, dipende dall'accertamento della spettanza 
della corrispondente e presupposta potest� legislativa. 
Ci� premesso, va rilevato che la determinazione delle categorie 
alle quali gli ospedali vanno concretamente assegnati non p11� esser 



PARTE I, SEZ. I, GIUIUS. CX>STITUZIONALE E INTERNAZIONALE 873 


valutata se non come strumentale rispetto a tutta una serie di effetti 
che, attraverso altre disposizioni legislative statali, ad essa si ricollegano 

o possono ricollegarsi : ed appare perci� ovvio che riconoscere alla 
Regione la potest� di dettar norme destinate a sostituire quelle statali 
comporterebbe l'attribuzione alla stessa del potere di influire anche su 
materie sottratte alla sua competenza (ad es., valutazioni in concorsi 
pubblici negli ospedali di tutto il paese -cfr. art. 3, legge 10 marzo 1955, 
n. 97 -, riforme del sistema sanitario, ospedaliero o previdenziale ecc.). 
Dal che con~egue che, se alla Regione � consentito, nell'ambito della 
potest� attribuita dall'art. 4, n. 12, di provvedere eventualmente ad emanare 
norme in merito ailla fissazione di categorie ospedaliere limitatamente 
ad effetti che rientrino in sue specifiche attribuzioni, � ad essa 
certamente precluso il potere di interferim legislativamente -e, per 
quanto si � detto, anche amministrativamente -sulla competenza che 
allo Stato � da riconoscere per il raggiungimento di fini suoi propri. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 64 -Pres. Ambrosini -
Rel. Chiarelli -Rucco {avv. Verga) c. Ufficio del Registro di Termini 
Imerese e Presid. Regione Siciliana {avv. O. Cascio). 

Imposte e tasse in genere -Addizionale statale a favore degli alluvionati 
del Polesine -Legge regionale siciliana di proroga Questioni 
di costituzionalit� -Infondatezza. 
(Cost., artt. 3, 53, 23; Statuto reg. sic., artt. 14, 17, 36; I. siciliana 26 gen


naio 1953, n. 2; I. 2 gennaio 1952, n. 1). 

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimit� costituzionale 
dell'art. 2, legge reg. sic. 26 gennaio 1953, n. 2, prorogante fino al 
30 giugno 1958 la legge statale 2 gennaio 1952, n. l, istitutiva di una 
addizionale a favore degli alluvionati del Polesine, in riferimento agli 
artt. 36, 14 e 17 dello Statuto Regionale, in quanto con essa non si � 
creato un tributo in contrasto con i tipi previsti dall'ordinamento generale, 
e in riferimento agli artt. 3, 53, 23 Cost., dovendo tali norme armonizzarsi 
con il principio dell'autonomia finanziaria delle regioni, sancito 
dalla stessa Costituzione all'art. 119. 

L'ordinanza 18 dicembre 1961 della Commissione provinciale delle Imposte 
di Palermo, � pubblicata in Gazzetta Ufficiale, 27 giugno 1964, n. 157. 

In senso conforme, per quanto riguarda la potest� della Regione di istituire 
addizionali, purch� corrispondano ad un tipo previsto dall'ordinamento statale, 
Corte Cost., 24 giugno 1961, n. 34, Giur. Cast., 1961, 619, citata in motivazione. 

3 



874 RASSEGNA DELL'AVVOCf'\.TURA DELLO STATO 

Sulla incostituzionalit� della legge siciliana che concede agevolazioni fiscali 
di tipo difforme da quelle esistenti nella legislazione statale, cfr. Corte Cost., 30 maggio 
1963, n. 77, Giust. civ., 1963, III, 196. 

Sulla competenza legislativa tributaria della Regione, si veda anche la recentt: 
pronunzia della Corte Cost., 31 marzo 1965, n. 15, retro, 260. 
Infine sulla imposizione tributaria locale nella Regione siciliana, 9fr. Corte '.i 
Cost., 8 giugno 1963, n. 189. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n; 65 -Pres. Arnbrosini, 
Rel. Benedetti -l.N.G.l.C. (avv. Gueli), C.l.A.T.S.A. (avv. Basile), 
Pres. Reg. Sic. (avv. Cascio). 

Corte Costituzionale -Giudizio incidentale di legittimit� costituzionale 
-Individuazione delle norme disciplinanti il rapporto 
controverso della cui legittimit� costituzionale devesi decidere. 

Regione Siciliana -Illegittimit� della legge reg. sic. 18 ottobre 1954, 

n. 37 -Insussistenza. 
(1. reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37). 
Regione Siciliana -Illegittimit� della legge reg. sic. 25 luglio 1957, 

n. 46 e 12 dicembre 1959, n. 29, in rapporto agli artt. 15, 17 e 
36 dello Statuto spec. reg. sic. 
(1. cost. 26 febbraio 1948, n. 2; r.d. 15 maggio 1946, n. 455; Statuto spec. 
reg. sic., artt. 15, 17, 36; I. reg. sic. 25 luglio 1957, n. 46; I. reg. sic. 12 dicembre 
1959, n. 29). 
La Corte Costituzionale ha l'obbligo di esaminare la questione di 
legittimit� nei termini e nella estensione dell'ordinanza di rinvio, essendo 
compito del giudioe di merito stabilire di quali norme disciplinanti il 
rapporto controverso, si debba accertare la legittimit� costituzionale (1). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37, che, uniformandosi alle sentenze dell'Alta 
Corte Siciliana, del 6 ottobre 1954, modificava la legge reg. sic. 
28 aprile 1954, n. 11, da quest'ultima dichiarata illegittima (2). 

Sono illegittime le leggi reg. sic. 25 luglio 1957, n. 46 e 12 dicembre 
1959, n. 29, poich� le esenzioni in esse disposte non trovano riscontro 
in corrispondenti esenzioni nella legislazione statale e poich� non � con:sentito 
alla Regione sottrarre ai Comuni un cespite di particolare importanza 
come quello derivante dall� imposte di consumo (3). 

(1-3) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Catania con ordinanza 
del 29 maggio 1964. � 

Principio pacifico. Numerosi i precedenti, riguardanti per la verit� il caso 
opposto a quello in esame; nel giudizio davanti all'Ecc.ma Corte cio�, oltrepassati 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 875 

(Omissis). -1 -Osserva preliminarmente la Corte che non pu� 
essere accolta l'eccezione sollevata dalle difese della Regione e della 
C.l.A.T.S.A., nelle rispettive memorie difensive, in ordine alla necessit� 
-per difetto di rilevanza nel giudizio di merito -di limitarne l'esame 
della proposta questione di legittimit� alla sola norma della legge regionale 
18 ottobre 1954, n. � 37, riguardante l'esenzione dall'imposta di 
consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi, ultimati 
entro il 31 dicembre 1957. 

Stabilire quali norme disciplinino il rapporto controverso e siano 
conseguentemente idonee alla definizione dello stesso � accertamento 
che appartiene al giudizio di rilevanza che � di competenza del giudice 
a quo. 

Il Tribunale di Catania ha ritenuto che la controversia sottoposta 
al suo esame non possa essere def�nita senza la risoluzione della questione 
di legittimit� costituzionale -in riferimento agli artt. 36, 17 e 
15 dello Statuto -sia della legge regionale n. 37 del 1954, sia � delle 
successive leggi di proroga nella . parte in cui prevedono la esenzione 
dall'imposta di consumo per i materiali impiegati nelle costruzioni di 
edif�ci destinati ad alberghi �. Deve, quindi, la Corte esaminare la 
questione nei termini e nella estensione entro i quali le � stata prospettata 
nell'ordinanza di rinvio. 

A tale proposito � opportuno precisare che le leggi regionali che 
verranno prese in considerazione nella dedotta questione di legittimit� 
sono le seguenti: la citata legge regionale 18 ottobre 1954, n. 37 -il 
cui art. 1, per la esenzione tributaria in �esame, fa rinvio all'art. 4 della 

nelle istanze difensive delle parti, i termini della questione di legittimit� cos� come 
configurati nelle ordinanze di rimessione. E stato costantemente affermato che i 
confini del giudizio vengano inderogabilmente delimitati dall'ordinanza stessa. Cos� 
da ultimo: Corte Cost., 7 marzo 1964, n. 14, Giur. cost., 1964, 82; Corte Cost., 
2 aprile 1964, n. 29, Giur. cost., 1964, n. 167; Corte Cost., Io febbraio 1964, n. l, 
Giur. cost., 1964, 3; Corte Cost., 23 aprile 1965, n. 30, Giur. cost., 1965, 187. 

Il caso che ci occupa verte invece nell'ipotesi opposta: dalle parti si � fatta 
richiesta di limitare il giudizio �di legittimit� a quelle sole norme da essi giudicate 
rilevanti ai fini del giudizio di merito : la sentenza che si annota non � che una 
riaffermazione del principio or visto. Cfr. Corte Cost., 9 aprile 1963, n. 43, Giur. 
cost., 1963, 1961. 

In merito ai poteri della Regione Siciliana in materia di sgravi fiscali, v. da 
ultimo la sentenza 28 gennaio' 1965, n. 2 della Corte Cost., in questa Rassegna, 
1965, n. 4, che ha dichiarato illegittima la 1. reg. sic. 27 dicembre 1961, n. 72, 
contenente " proroga alle agevolazioni fiscali per le nuove costruzioni edilizie n 
stabilite con la 1. reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37; cfr. anche Corte Cost., 13 aprile 
1957, n. 58, Giur. cost., 198, 670; 5 dicembre 1957, n. 124, Giur. cost., 1958, 1128; 
Corte Cost., 30 maggio 1963, n. 77, Giur. cost., 1963, 644. Sul potere normativo 
in generale in materia tributaria della Regione Siciliana: Corte Cost., 13 aprile 1957, 
Giur. cost., 1957, Giur. cost., 628, con osservazioni di M. S. GIANNINI. 



876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


legge regionale 28 aprile 1954, n. 11 -; e le leggi regionali 25 luglio 1957, 

n. 46, 12 novembre 19'59, n. 29, le quali hanno prorogato il beneficio 
fiscale sopradetto rispettivamente al 31 dicembre 1959 e al 31 dicembre 
1961. 
Dell'ultima legge di proroga, la n. 22 del 17 novembre 1961, non 
sar� invece necessario occuparsi in quanto la Corte, nelle more del 
presente giudizio, ne ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale proprio 
nella parte concernente l'esenzione dall'imposta di consumo sui materiali 
da costruzione (sent. 2 del 1965). 

2.-La questione in oggetto verte su un tema sul quale la Corte 
ha avuto ripetute occasioni di pronunciarsi: quello dei limiti entro i 
quali la Regione siciliana pu� concedere esenzioni dai tributi locali e, 
in particolare, dall'imposta di consumo sui materiali da costruzione. 

Sul punto � stato pi� volte affermato che la norma regionale pu� 
essere considerata costituzionalmente Jegittima allorch� la esenzione da 
essa disposta trovi riscontro in un �tipo contemplato dalla legge nazionale, 
sia rispondente a interessi propri della Regione e, infine, non violi 
lampia autonomia finanziaria riconosciuta agli enti locali (sentenze 
58 e 124 del 1957; 60 del 1958 e 2 del 1965). -~ 

-�~

Ci� posto, occorre vedere se nel caso in esame le norme contenute 
nelle leggi regionali impugnate abbiano o meno valicato i cennati limiti 
della potest� normativa della Regione. 

Per quanto riguarda la legge 18 ottobre 1954, n. 37, la Corte rileva 
che la valutazione della medesima va fatta da un diverso angolo visuale 
e al lume di criteri del tutto particolari. 

Inducono a ci� due circostanze riguardanti rispettivamente il tempo 
in cui detta legge ebbe vigore e le ragioni che ne giustificarono la 
emanazione. 

Sotto il primo aspetto � a dirsi che la legge -emanata nel 1954 concedeva 
lesenzione per quegli alberghi la cui costruzione fosse stata 

iniziata e condotta a termine nel periodo di tempo decorrente dal 
19 ottobre 1954 al 31 dicembre 1957; sotto il secondo profilo va ricordato 
che Ja legge fu emanata dall'Assemblea regionale in sostituzione 
della precedente legge 28 aprile 1954, n. 11, la quale, con decisione 
6 ottobre 1954 dell'Alta Corte, era stata dichiarata costituzionalmente 
illegittima per non avere escluso dalle agevolazioni tributarie le case 
aventi carattere di lusso. 

Nella citata sentenza fu, peraltro, esaminata e risolta in senso affermativo 
la questione della legittimit� costituzionale della estensione agli 
alberghi delle agevolazioni fiscali previste per le case di abit�zione, ivi 
compresa lesenzione dal tributo in esame. 

Orbene, se si tiene conto che la legge n. 37, emanata nel 1954, 
ebbe a spiegare la sua efficacia in un arco di tempo nel quale non si 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 877 

erano ancora potuti compiutamente definire i limiti della potest� normativa 
della Regione in tema� di esenzioni tributarie; e se soprattutto 
si considera che il legislatore regionale, nel conservare le agevolazioni 
tributarie per le costruzioni alberghiere, non foce altro che uniformarsi 
aila decisone dell'Alta Corte, non potr� non convenirsi che nei confronti 
di siffatta legge non sia dato ora stabilire che essa abbia ecceduto da 
quei limiti della potest� normativa tributaria regionale che questa Corte 
ha in epoca successiva elaborato e fissato nelle sue sentenze. 

Per tali specifiche considerazioni la proposta questione di legittimit� 
deve ritenersi non fondata nei riguardi di detta legge. 

8. -A diversa conclusione si deve, invece, pervenire per le successive 
leggi di proroga 25 luglio 1957, n. 46, e 12 dicembre 1959, n. 29, 
emanate dopo che erano intervenute le sentenze con le quali questa 
Corte aveva puntualizzato i limiti della potest� legislativa regionale in 
materia. 
Tali leggi non possono essere sottratte all'esame rivolto a stabilire 
se il beneficio da esse concesso sia contenuto o meno nei suddetti limiti. 

Circa la corrispondenza tipologica va osservato che, se � vero che 
sul piano nazionale non poche sono le leggi che favoriscono l'industria 
alberghiera, concedendo sia facilitazioni di credito, sotto forma di mutui 
e contributi, sia agevolazioni fiscali alle prime collegate, � altrettanto 
vero che nella legislazione statale manca, e non vi � mai stata, una 
disposizione riguardante la esenzione dall'imposta di consumo sui materiali 
impiegati nella costruzione di edifici destinati ad albergo. 

Su ci� le stesse difese della Regione e della C.I.A.T.S.A. convengono, 
e a nulla vale eccepire che gli alberghi sarebbero in definitiva 
delle � case n essendo anch'essi composti di locali destinati ad abitazione, 
ragione per cui l'esenzione tributaria prevista dalla legislazione nazional� 
per la costruzione delle case ben potrnbbe essere ad essi estesa. 
Perch� vi sia coincidenza tra due tipi di esenzione �, infatti, necessario 
che sussista un collegamento tra i rispettivi fini e portata e che vi sia 
identit� tra le loro zone di incidenza. Tutto ci� non ricorre nel caso 
in questione in quanto � innegabile che diversi sono i presupposti e le 
finalit� cui si ispirano e tendono i due tipi di benefici. 

A giustificare il superamento del limite della corrispondenza� di tipo 
non giova, infine, rilevare che l'esenzione si riferisce alla materia del 
cc turismo e vigilanza alberghiera n che l'art. 14 lett. n dello Statuto 
attribuisce alla competenza legislativa esclusiva della Regione, poich� 
il legislatore regionale nell'emanare norme contenenti agevolazioni tributarie 
� sempre tenuto ad osservare i limiti che sono propri della 
potest� legislativa concorrente. 

Dai motivi anzi svolti chiaro emerge che le leggi in oggetto non 
hanno rispettato i principi ai quali si informa la legislazione dello Stato 


878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e ci� dispensa la Corte da qualsiasi indagine rivolta ad accertare la 
sussistenza o meno di uno specifico interesse regionale che con la esenzione 
sarebbe stato soddisfatto. 

De.I pari evidente � l'incostituzionalit� delle due leggi di proroga 
in riferimento all'art. 15 dello Statuto. 
Valgono, in proposito, le argomentazioni poste a base della sentenza 

n. 2 del 1965 con la quale � stata dichiarata l'incostituzionalit� della 
terza legge di proroga, 27 novembre 1961, n. 22 {pure impugnata in 
questa sede) proprio nella parte concernente l'esenzione dall'imposta 
di consumo sui materiali da costruzione. 
Non � consentito alla Regione sottrarre ai Comuni un cespite di 
particolare importanza come quello in esame, specie nell'assenza di �quel 
coordinamento tra la finanza statale, regionale e comunale sulla cui 
necessit� la Corte ha pi� volte richiamato l'attenzione. La legge regio-nale 
che esenta dal pagamento di un tributo comunale arreca infatti 
danno non solo alle finanze dell'ente locale ma anche a quelle dello 
Stato il quale, com'� noto, provvede poi alla integrazione dei bilanci 
deficitari comunali. -(Omfssis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 66 -Pres. Ambrosini -
Rel. Rapaldo -Costa (avv. Costa, Stendardi) c. E.N.EL. {avv. Piccardi, 
Giannini, Galateria) e Pres. Cons. Ministri (sost. avv. gen. 
Stato 'Tracanna). 

Energia elettrica -Legge istitutiva dell'E.N.EL. -Questioni di illegittimit� 
costituzionale -Manifesta infondatezza. 

Le questioni di legittimit� costituzionale della legge 6 dicembre 
1962, n. 1643, istitutiva dell'E.N.EL., e dei decreti presidenziali 15 dicembre 
1962, n. 1670; 4 febbraio 196-3, n. 86; 25 febbraio 1963, n. 138; 
14 marzo 1963, n. 219; in riferimento agli artt. 81, quarto comma; 47; 
25; 102, secondo comma; 113 e 76 della Costituzione sono manifestamente 
infondate, infatti: 

1) rart. 81 Cost. non � violato n� dalreventuale erogazione a 
favore dell'E.N.EL. da convenzioni di fatto, essendo contraddittorio 
accusare di incostituzionalit� una legge per non aver provveduto alla 
copertura di spese che essa prev�deva, n�_ dalr accordata esenzione dell'Ente 
dalle imposte di r.m., di industria e di societ�, avendo la legge 
previsto all'art. 8 la costituzione di detti tributi con una imposta unica 
la cui aliquota sar� determinata con legge ordinaria in relazione alle 
future situazioni, n� dalfoutorizzazione concessa all'E.N.EL. di emettere 
obbligazioni senza averne indicato il modo di copertura, essendo 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 879 

questa una attivit� di carattere economico a cui r ente deve provvedere 
utilizzando le proprie risorse; 

2) parimenti l'art. 47 Cost. non � violato dalla legge istitutiva 
dell'E.N.EL., in quanto questa ha accordato agli azionisti della societ� 
ex-elettriche la scelta tra il continuare a partecipare a dette societ�, con 
oggetto sociale mutato, il recedere dalle stesse con conseguente diritto 
all'indennizzo e il chiedere la trasformazione delle proprie azioni in 
obbligazioni; 

3) nemmeno gli artt. 25, 102, 113 Cost. sono stati violati con la 
istituzione di una eammissione per la decisione dei ricorsi contro le 
liquidazioni effettuate dall'E.N.EL., in via pregiudiziale rispetto alla 
azione davanti alr autorit� giudiziaria ordinaria o amministrativa, non 
avendo detta Gammissione carattere di giurisdizione speciale, ma natura 
amministrativa; 

4) infine non sussiste eccesso di delega e violazione dell'art. 76 
eost. in quanto le norme relative all� presa di possesso e alla gestione 
delle aziende rispettano i criteri dettati dalla legge delegante, mentre 
per ci� che riguarda la� determinazione di valore delle azioni, delle 
aziende e la media dei valori di borsa e il Governo non era stato chiamato 
a provvedervi direttamente ma a dettare le norme in base a cui 
dette determin�zioni dovranno compiersi, il che ha fatto affidando il 
compito ai Ministri per l'industria e il commercio, per il tesoro e agli 
uffici tecnici erariali (1). 

{Omissis). -Circa la violazione dell'art. 81, quarto comma, della 
Costituzione, � da rilevare che nelfordinanza si denunzia la mancata 
copertura sotto tre aspetti: primo, per le anticipazioni che lo Stato 
avrebbe di fatto erogato all'E.N.EL.; secondo, perch� l'Ente sarebbe 
stato esentato dalle imposte di � ricchezza mobile, di industria e di 

(1) L'ordinanza del� Giudice Conciliatore di Milano del 16 gennaio 1964 � 
pubblicata in Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1964, n. 212, e annotata in Foro it., 1964, 
I, 460. Con la stessa ordinanza era stata richiesta, a norma dell'art. 177 del Trattato 
di Roma 25 marzo 1957, una pronuncia preliminare della Corte di Giustizia 
della Comunit� Europea circa lesistenza o meno della violazione degli artt. 37, 
53, 93, 102 del trattato da parte della legge istitutiv� dell'E.N.EL. e dei relativi 
decrt(ti presidenziali: la decisione della Corte di Giustizia della C.E.E. in data 
15 luglio 1964, n. 66 si legge in Foro it., 1964, IV, 136, con nota di CATALANO, ed 
� massimata in questa Rassegna, retro, 628, con nota di TRACANNA. 
Il medesimo Giudice Conciliatore, con precedente ordinanza 10 settembre 
1963, aveva sollevato altre questioni di incostituzionalit� della stessa legge, n. 1343 
del 1962 in riferimento agli artt. 3, 4, 11, 43, 67 Cost., ugualmente dichiarate 
manifestamente infondate con la sentenza della Corte Costituzionale, ricordate in 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

880 

societ� �; terzo, perch� l'Ente � autorizzato alYemissione di obbligazioni 
senza che sia stabilito il criterio per poter coprire tale impegno 
finanziario. 

Nell'ordinanza non si parla affatto della mancata copertura per la 
garanzia che potr� essere accordata dallo Stato alle obbligazioni emesse 
dall'E.N.EL. Di tale questione quindi la Corte non si occuper�, essendo 
essa fuori della controversia. 

Circa la copertura per le sovvenzioni che sarebbero state date 
all'E.N.EL. e che risulterebbero dalla stampa periodica, � da osservare 
che s~ una legge, come quella istitutiva dell'E.N.EL., non prevede tali 
sovvenzioni, la contraddizione non consente che si accusi la legge di 
incostituzionalit� per non avere provveduto alla copertura di una spesa 
che la legge stessa non prevedeva e non consentiva. :�: superfluo aggiungere 
che se, per avventura, delle erogazioni fossero fatte senza autorizzazione 
�di legge, le questioni che ne nascerebbero non potrebbero riferirsi 
alla legge istitutiva dell'E.N.EL., bensl ad altre disposizioni, concernenti 
la contabilit� dello Stato. 

In ordine alla mancata copertura corrispondente alla diminuzione 
di entrate tributarie, � da osservare che nella specie la questione non 
si pone: quindi essa resta impregiudicata. 

Non � esatto quanto si legge nell'ordinanza, che l'E.N.EL. sia stato 
� esentato dalle imposte di ricchezza mobile, di industria e di societ� �. 
A queste tre imposte � stata sostituita, a norma dell'art. 8 della legge 
istitutiva dell'E.N.EL., una imposta unica, che assicuri fino al 31 dicembre 
1964 un gettito, che, nel complesso, non sar� inferiore a quello 
precedente, cosa, del resto, confermata, con l'art. 1 della legge 27 giu


gno 1964, n. 452. E poich� lo stesso art. 8 dispone che la determinazione 
dell'aliquota da applicarsi per il periodo successivo al 31 dicem< 
..: 
bre 1964, sar� fatta con legge ordinaria, saranno le successive leggi 
quelle che adegueranno le aliquote dell'imposta unica alle future 
situazioni. 
motivazione; del 7 marzo 1964, n. 14, Giust. civ., 1964, III, 100; annotata da 
MONACO, Giur. it., 1954, I, 1, 1311; da LOPANE, Democrazia e diritto, 1964, 144; 
da CATALANO, Foro it., 1964, I, 465. 
Con la sentenza 7 marzo 1964, n. 13, Giust. civ., 1964, III, 107, la Corte 
Costituzionale ha parimenti respinto alcune eccezioni di illegittimit� costituzionale 
della legge istitutiva dell'E.N.EL. e relative norme di attuazione in relazione a 
varie norme degli statuti delle Regioni della Val d'Aosta e Trentino-Alto Adige. 
Altre questioni di legittimit� costituzionale della I. 6 dicembre 1962, n. 1343 
in riferimento agli artt. 3, 42, 43, 47 Cost., sono state di recente sollevate dal 
Tribunale di Parma, con ordinanza 24 febbraio 1965, Foro it., 1965, I, 561, mentre 
si � occupata della costituzionalit� dell'art. 4, n. 10 della stessa 1. n. 1343 la Cass. 
nella sentenza 5 luglio 1965, n. 1396, Foro it., 1965, I, 1164. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 881 

In terzo luogo ~ da osservare che, a pr~scindere dalla questione 
generale (la cui soluzione non giova ai fini del presente giudizio) se 
l'art. 81 valga anche per il bilancio di tutti gli Enti pubblici o di alcune 
categorie di tali Enti, nel caso attuale non potrebbe parlarsi di mancanza 
di copertura. 

Vemissione di prestiti obbligazionari prevista dall'art. 7 della legge 
6 dicembre 1962 costituisce un'attivit� di carattere economico esercitabile 
dall'Ente mediante l'utilizzazione ,delle risorse del proprio patrimonio 
e della propria gestione. 

Comunque, non si vede come la legge istitutiva potesse disporre 
l'allocazione nei futuri bilanci dell'Ente di stanziamenti destinati al 
servizio delle future emissioni .di obbligazioni o quali altre disposizioni 
potesse dettare al fine di assicurare la copertura degli oneri finanziari 
relativi, che l'Ente avrebbe assunto nell'avvenire. 

Secondo l'ordinanza, la legge istitutiva dell'E.N.EL. ed i successivi 
decreti presidenziali non hanno tutelato l'investimento che i risparmiatori 
hanno fatto nelle azioni elettriche, perch� hanno scoraggiato il 
risparmio nella formazione dei capitali azionari e perch� hanno trasformato 
gli azionisti in obbligazionisti, cio� in semplici creditori estranei 
alla gestione sociale. 

Se con questa censura si volesse sostenere che il Parlamento non 
potrebbe mai applicare l'art. 43 della Costituzione tutte le volte in cui 
si tratti di imprese con capitale azionario, la tesi sarebbe manifestamente 
arbitraria. Un divieto di tal genere non � desumibile dall'art. 47 
sotto nessun aspetto, n� esegetico, n� storico, n� sistematico. 

Se l'ordinanza si riferisce ad una deficienza del sistema adottato 
dalla legge in esame per quanto attiene al trattamento degli azionisti 
delle societ� elettriche, � da ricordare che tali societ� possono continuare 
a svolgere la loro attivit�, mutando l'ogg~tto sociale, ed i loro 
azionisti sor�o liberi o di tener ferma la propria partecipazione a tali 
societ� o di recedere dalle stesse con conseguente diritto all'indennizzo 

o di chiedere la trasformazione delle proprie azioni in obbligazioni 
dell'E.N.EL. 
Questo sistema mostra che il legislatore ha predisposto una serie 
di garanzie volte alla tutela degli interessi degli azionisti. Ma sarebbe 
una indagine di merito quella che tendesse a stabilire se tali garanzie 
siano state pienamente idonee. Quando le garanzie non siano, come 
non sono nel caso presente, una mera apparenza, sul contenuto di esse 
non � ammissibile un ulteriore sindacato in questa sede di legittimit�. 

Queste considerazioni offrono motivi sufficienti per dichiarare infondata 
la questione sollevata in riferimento all'art. 47 della Costituzione. 
Ogni altra amplificazione che � stata innestata su ,questo punto, al di l� 
dell'ordinanza, non � da prendere in esame. 



882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

:t: palese finfondatezza della censura relativa alla illegittimit� delle 
norme che avrebbero istituito un organo di giurisdizione speciale per 
decidere sui ricorsi contro le liquidazioni deU'E.N.EL. 

:t: esatto che non basta che il legislatore qualifichi come amministrativo 
un ricorso per escludere, solo per questo, il carattere giurisdizionale 
di un certo rimedio. Ma nella specie � chiara la natura amministrativa 
del ricorso e dell'organo chiamato a deciderlo. 

La legge in esame ha seguito un sistema non in contrasto con 
quello adottato dal legislatore in vari settori dell'ordinamento, secondo 
cui, prima di sottoporre una controversia al giudice ordinario o amministrativo, 
l'interessato debba rivolgersi ad un organo dell'Amministrazione 
.per provocarne la decisione. Questo previo esame in sede amministrativa 
non fa degradare il diritto ad interesse n� menoma la tutela 
dei diritti, giacch� costituisce esso stesso una forma di tut�la, che si 
inserisce nel procedimento predisposto dalla legge per realizzare tale 
tutela senza alcuna invasione nella sfera dei poteri dell'organo giurisdizionale 
competente. 


Non sussiste, pertanto, contrasto con l'art. 25 della Costituzione. 
Non � stato violato l'art. 102, secondo comma, essendo la commissione 
dei ricorsi un organo amministrativo, le cui decisioni non hanno carat' 
tere n� effetto giurisdizionale. A seguito di tali decisioni, che non vincolano 
il giudice competente, costui avr� pienezza di cognizione e di 
statuizione per la tutela dei diritti. Con che sar� anche in tutto rispet'


Itato il precetto dell'art. 113 (si veda in senso conforme la sentenza di 
questa Corte n. 47 del 1964 e le numerose decisioni precedenti ivi 
richiama te). 

Ugualmente infondate sono le censure riguardanti }'ecceS�SO di 

delega. 

Non � rilevante ci� che � stato denunziato in relazione ad un pre


teso contrast0 tra la legge ed i decreti presidenziali ed alcune dispo


sizioni del codice civile. Tale contrasto non attiene alla sfera della legit


timit� costituzionale in una materia come questa in cui le norme della 

legge e quelle emanate in base alla sua delegazione hanno lo stesso 

valore di quelle del codice civile. 

Rilevante sarebbe stata la questione se fosse stato accertato un 

eccesso delle norme delegate rispetto alla legge delegante. Ma tale 

eccesso non sussiste giacch� tutte le norme relative alla presa di pos


sesso ed alla gestione �delle aziende rispondono ai criteri dettati dalla 

legge delegante. 

Del pari prive di fondamento sono le censure riguardanti le norme 

circa i provvedimenti che sono stati affidati ai Ministri per l'industria 

e per il commercio e per il tesoro ed agli uffici tecnici erariali, rispet


tivamente agli effetti della determinazione del valore delle azioni e 

delle aziende cedute e� della facolt� di stabilire la media dei valori 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 883 

di borsa delle azioni. Non sussiste eccesso di delega, giacch� il Governo 
non era stato chiamato a determinare direttamente i valori delle azioni, 
delle aziende e la media dei valori di borsa, ma a dettare le norme in 
base alle quali queste determinazioni si dovessero compiere. Nell'affidare 
alla normale competenza dei Ministri per l'industria e per il commercio 
e per il tesoro e degli uffici tecnici erariali le attribuzioni inerenti 
alle suddette determinazioni, i decreti delegati non si sono discostati dai 
poteri e dalle direttive provenienti dalla legge delegante. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 67 -Pres. Ambrosini -
Rel. Manca -Lombardi (n.c.) c. Comune di Monsummano (n.c.) e 
Pres. del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Varvesi). 

Impiego pubblico -Componenti delle commissioni operanti nelle 
amministrazioni statali -Limite alla corresponsione dei gettoni 
di presenza -Questione di legittimit� costituzionale Infondatezza. 


(Cost., art. 36; d.P.R. 1� gennaio 1956, n. 5, art. 3). 

� manifestamente infondata' la questione di legittimit� costituzionale 
deltart. 3, d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5, nella parte in cui stabilisce 
un limite al pagamento dei gettori di presenza ai componenti delle commissioni 
operanti nelle Amministrazioni statali, in riferimento all'art. 36, 
primo comma, Cast., trattandosi di compensi speciali dovuti per prestazioni 
volontarie di servizi nell'interesse della P.A. e che come tali 
sfuggono all'applicazione dei requisiti dettati dall'indicata norma costituzionale 
(1). 

(1) L'ordinanza del Giudice Conciliatore di Monsummano Terme del 7 luglio 
1964, che ha sollevato la questione di costituzionalit�, � pubblicato in Gazzetta 
Ufficiale, 29 agosto 1964, n. 212. 
Sulla illegittimit� della corresponsione di compensi con forme e criteri div�;lrsi 
da quelli stabiliti dal d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5, cfr. Corte dei Conti, 9 luglio 
1964, n. 297, 18 giugno 1964, n. 296, Foro it., 1965, III, 150. 

Sulla spettanza dei gettoni di presenza previsti in detto d.P.R. del 1956, n. 5, 
nel caso di estensione a membri e segretari delle commissioni comunali, cfr. Cons. 
giust. amm. Reg. Sic.,_ 14 marzo 1964, n. 130, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 623. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 68 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli -Pavan (n.c.). 

Stampa -Pubblicazioni di tipo turistico -Preventiva approvazione 
da parte dell'Ente Provinciale per il Turismo -Contrasto con 
l'art. 21, comma 2, Cost. -Insussistenza. 

(Cost., art. 21, c. 2; r.d. 24 ottobre 1935, n. 2049, art. 11, modificato dal 

d.P. 28 giugno 1955, n. 630, art. 15). 

884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r;art. 11 del r.d. 24 ottobre 1935, n. 2049, modificato dall'art. 15, 

d.P. 28 giugno 1955, n. 630, che dispone la preventiva approvazione 
da parte dell'Ente provinciale per il turismo delle pubblicazioni contenenti 
prezzi e dati sull'attrezzatura alberghiera, non contrasta con il 
secondo comma dell'art. 21, eost., giacch� rapprovazione amministrativa 
stabilita per il detto tipo di pubbicazioni non � volta alla limitazione 
della libert� di stampa, ma � ispirata unicamente ad esigenze di 
protezione della fede pubblica, nel quadro generale degli interessi del 
turismo (1). 
(1) Giudizio promosso con ordinanza 8 febbraio 1964 del Pretore di Pieve 
di Cadore, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 26 settembre 1964 e 
deciso in Camera di Consiglio non essendosi costituite le parti. 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 69 -Pres. Ambrosini -
Rel. Verz� -Buffetti (n.c.) c. Ufficio Registro Foligno (n.c.). 

Imposta di successione -Deduzione del passivo ai fini della valutazione 
presuntiva di cui all'art. 31, I. succ., da parte delle 
aziende industriali o commerciali -Impossibilit� di tale deduzione 
da parte delle aziende agricole -Contrasto col principio 

I

dell'uguaglianza. 

(Cost., artt. 3 e 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31). 
1,,,. 

I 
.
Il secondo comma dell'art. 31, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, sancendo 
per le sole imposte industriali e commerciali la possibilit� di 
effettuare la valutazione presuntiva dei gioielli, denaro e mobilia al 
netto delle passivit� ereditarie, instaura una ingiustificata disparit� di 
trattamento tra tali imprese e le aziende agrarie, cui non � consentito, t ~ 
ai fini della valutazione, di detrarre le passivit�, in violazione del principio 
di eguaglianza, garantito dagli artt. 3 e 53 della Costituzione (1). 

(Omissis). -1. -La questione � fondata. 

Relativamente al valore presunto dei gioielli, del denaro e della 
mobilia, .� evidente la diversit� del trattamento fatto a coloro che ereditano 
un'azienda agricola rispetto a coloro che ereditano un'azienda 
industriale o commerciale. 


(1) Il giudizio fu promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1964 dalla Commissione 
provinciale delle imposte dirette e indirette di Perugia, pubblicata nella 
Gazzetta Ufficiale n. 26 del 30 gennaio 1965, e deciso con provvedimento in 
Camera di Consiglio non essendosi costituite le parti. 
In materia di deducibilit� del passivo ereditario ai fini della determinazione 
dell'imposta di successione cfr. Corte Cost., 26 giugno 1965, n. 50, in questa 
Rassegna, retro, pag. 




PARTE I, SEZ. I, GWRIS. COSTII'UZIONALE E INTERNAZIONALE 885 

Nelle trasmissioni per causa di morte, si presume la esistenza di 
gioielli, denaro e mobilia, il cui valore viene calcolato secondo percentuali 
stabilite dalla legge (2 e 5 per cento) dell'intero compendio ereditario. 


La somma sulla quale debbono es.sere applicate le dette percentuali 
varia evidentemente a seconda che si applichi oppur no il principio 
della deduzione delle passivit�: ed allorquando il valore del bene 
viene calcolato in base alla differenza fra attivo e passivo si ottiene 
un imponibile reale, corrispondente cio� alla effettiva consistenza economka; 
in caso diverno si ha un imponibile fittizio. Orbene, secondo 
le norme impugnate, il principio della deduzione delle passivit� nell'un 
caso � valido e nell'altro no, sicch� per le aziende agricole si assume 
un imponibile fittizio, per le aziende industriali invece un imponibile 
reale. 

2. -Diversit� di disciplina non si riscontrava nelle norme della 
legge sulle successioni, la quale, prima della innovazione apportata 
dal r.d. 30 dicembre 1923, assumeva l'imponibile fittizio (cio� senza 
detrazione delle passivit�} in ogni caso di valutazione dei gioielli, del 
denaro e della mobilia. Soltanto col decreto del 1923, � stata introdotta 
la modif�.ca a favore delle aziende industriali e commerciali; ma le 
ragioni del particolare trattamento, quali si leggono nella relazione ministeriale, 
potendo valere per qualsiasi azienda, comprese quelle agricole, 
confermano la identit� delle situazioni. 
3. -La diversit� di trattamento non appare fondata su situazioni 
obbiettivamente diverse; le quali sono le sole che potrebbero giustificare 
una disciplina differenziata. Ed invero, in relazione alla situazione 
di fatto, che va presa in considerazione dalla legge al fine della 
imposizione di un tributo, non sussiste differenza alcuna fra le aziende 
agricole e quelle industriali o commerciali. 
Non che le aziende agrarie non abbiano caratteristiche proprie, 
derivanti dalla esistenza di un patrimonio in gran parte immobiliare; 
ma che le attivit� di esse si svolgano nel fondo e non abbiano _quindi 
bisogno di un particolare sistema di pubblicit� -che il credito agrario 
abbia caratteri e garanzie proprie ~ che la funzione dell'agricoltura 
si esaurisca nell'attivit� produttiva ecc., appaiono tutte circostanze che 
risultano irrilevanti al fine di giustificare una discriminazione. 

La non diversit� sostanziale poi � innegabile nella attuale evoluzione 
delle aziende agricole le quali vanno uniformandosi sempre pi� 
ai sistemi delle aziende industriali. E con la meccanizzazione dell'agricoltura, 
oggi, il ricorso al credito � diventato mezzo indispensabile di 
vita anche per le aziende agricole, sia per far fronte ad una completa 
ed efficiente attrezzatura, sia per sopperire alle spese di gestione. 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

886 

4. -Pertanto le norme impugnate contengono discipline diverse 
, 
-~ 
rispetto ad aziende, le quali, come oggetto di una valutazione di natura 
tributaria, si trovano invece in situazioni di fatto obbiettivamente identiche. 
Onde risulta violato il principio garantito dagli artt. S e 53 della 
Costituzione, nel senso che l'imposizione tributaria va commisurata in 
modo uniforme nei confronti di soggetti, che si trovano nelle stesse 
situazioni. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 70 -Pres. Ambrosini -
Rel. Chiarelli -Occhi Ultimina {n.c.). 

Filiazjone -Giudizio di delibazione della domanda di dichiara


zione giudiziale della paternit� -Norme limitative della difesa 

-Incostituzionalit�. 

(Cost., art. 24, secondo comma; e.e., art. 274, secondo comma, e 3). 

L'art. 27 4 e.e., quando dis-pone, al secondo comma, che la decisione 
sulr ammissibilit� delr azione per la dichiarazione giudiziale della paternit� 
o della maternit� naturale abbia luogo con decreto non motivato 
e non soggetto a reclamo, ed escltt!de la necessit� che la decisione abbia 
luogo in contraddittorio e con r assistenza dei difensori, contrasta con 
il principio sancito �dalrart. 24, secondo comma, Cost., relativo al diritto 
alla difesa, ed � pertanto costituzionalmente illegittimo (1). 

Incostituzionale deve pure ritenersi il terzo comma dell'art. 274 e.e., 
per la parte in cui dis-pone la segretezza delrinchiesta anche nei confronti 
delle parti, giacch� limitando il diritto alla difesa concreta una 
violazione delrart. 24, secondo comma, della Costituzione (2). 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit_� costituzionale dell'art. 
274 del codice civile, proposta all'esame della Corte, si basa sull'art. 
SO della Costituzione, il quale, com'� noto, dopo aver affermato 

{l-2) �Giudizio promosso con ordinanza 30 settembre 1964 del Tribunale di 
Milano, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Republica n. 26, del 30 gennaio 
1965, e deciso con procedimento in Camero di Consiglio, non essendovi stata costituzione 
di parte. 

Interessante notare come, pur essendo stata sollevata la questione di legittimit� 
costituzionale degli artt. 274 e 275 s.c. rispetto agli artt. 24, 30 e 111 Cost., 
la Corte abbia ritenuto la norma relativa al giudizio di delibazione della domanda 
di accertamento della paternit� in contrasto col solo art. 24, secondo comma, Cost., 
in quelle parti in cui l'art. 27 4 e.e. comporta una sostanziale violazione del diritto 
alla difesa. Legittimo, quindi, il procedimento di delibazione in s�, come giudizio 
di ammissibilt� della domanda, giacch� concreta uno di quei limiti dal legislatore 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 887 

nel terzo comma: � La legge assicm:a ai figli nati fuori del matrimonio 
ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri 
della famiglia legittima�, aggiunge nell'ultimo comma: �La legge 
detta le norme e i limiti per la ricerca della paternit� �. 

:�: chiaro che la ricerca della paternit� viene cos� considerata come 
una forma fondamentale di tutela giuridica dei figli nati fuori del matrimonio, 
e, come tale, � fatta oggetto di garanzia costituzionale. 

La stessa norma costituzionale, per�, stabilisce che la .legge ordinaria, 
nel disciplinare la materia, pone i limiti per la detta ricerca: 
limiti che potranno derivare dall'esigenza, affermata nel terzo comma 
dell'art. 30, di far s� che la tutela dei figli nati fuori del matrimonio 
sia compatibile con i diritti della famiglia legittima, e dall'esigenza di 
salvaguardare, in materia tanto delicata, i fondamentali diritti della 
persona, tutelati anch'essi dalla Costituzione, dai pericoli di una persecuzione 
in giudizio temeraria e vessatoria. 

Accertare se, nello stabilire questi limiti, la legge ordinaria (nel 
�caso presente, l'art. 274 e.e.) abbia violato alcuni principi sanciti dalla 
Costituzione forma oggetto del giudizio di legittimit� costituzionale. 

2. -La previsione legislativa, contenuta nell'art. 274 del codice 
civile, di un giudizio di delibazione della domanda intesa a ottenere la 
dichiarazione giudiziale di paternit�, rientra in quella predisposizione 
di limiti che, in relazione alla particolarit� della materia, la stessa 
Costituzione ha attribuito alla legge ordinaria. 
A giudizio della Corte, essa non contrasta col principio che tutti 
possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti {art. 24, primo 
comma, Cost.), n� col riconoscimento del diritto di azione per la ricerca 
della paternit�, contenuto nell'art. 30, ultimo comma, della Costituzione, 
in quanto, come i lavori preparatori del codice �Civile e la giurisprudenza 
hanno concordemente precisato, la decisione in camera di consiglio 
sull'ammissibilit� della domanda non fa stato sulla fondatezza 
dell'azione e non esclude che questa possa essere riproposta. 

Ma anche in questi suoi limitati effetti, il procedimento di cui trat


posti, per la delicatezza della materia, all'esercizio dell'azione, ed espressamente 

riconosciuti dalla Costituzione, clw alfultimo comma dell'art. 30 sancisce: "La 

legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternit� ... �. 

D'altro canto, il procedimento di delibazione non costituisce un giudizio 

autonomo che porti ad un provvedimento definitivo relativo al diritto sostanziale, 

che solo in un secondo momento verr� in considerazione, ma si risolve in una 

inchiesta, di carattere meramente processuale, volta alla semplice valutazione della 

idoneit� degli indizi a giustificare il provvedimento dell'azione. Tanto � vero che la 

giurisprudenza ha ritenuto che la decisione sull'ammissibilit� della domanda non 

faccia stato sulla fondatezza dell'azione, e non esclude che questa possa essere 

riproposta. E quando il giudice, esulando dai limiti dell'accertamento degli indizi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

888 

tasi � vincolato al rispetto del diritto di difesa delle parti, garan~ito 
dal secondo comma dell'art. 24 della Costituzione. 
Con questo diritto contrastano, invece, alcune modalit� del procedimento, 
stabilite dal secondo e terzo comma dell'art. 274. 

In primo luogo, contrasta con fart. 24, secondo comma, della 
Costituzione l'incompleta garanzia del contraddittorio. :�: vero che � 
prevista la per�sonale audizione delle parti, qualora compaiano, e la 
nomina di un curatore speciale, in caso di incapaci; ma alla comparizione 
delle parti non sono assicurate adeguate garanzie, anche perch� 
� esclusa f assistenza del difensore, che pur sarebbe richiesta dalla 
particolare complessit� che spesso presentano i casi di cui trattasi. 

Inoltre, il diritto di difesa � violato dalla segretezza della inchiesta 
sommaria. :�: fuori dubbio che la delicatezza della materia richiede che 
sia esclusa la pubblicit� del procedimento e che sia assistito da ogni 
cautela f esercizio del potere d'inchiesta da parte dell'Autorit� giudiziaria; 
ma il mantenere totalmente segreta finchiesta e i suoi risultati 
nei confronti delle parti limita f attivit� processuale di queste ed esclude 
il contraddittorio proprio in relazione alfaocertamento di quei fatti, da 
cui pu� dipendere fulteriore esercizio dell'azione garantita dalla Costituzione. 
E in contrapposta ma analoga situazione .di svantaggio viene, 
ovviamente, a trovarsi la parte contro la quale il ricorso � stato prodotto. 

:E-: vero che, come si � ricordato e come si legge nella relazione al 
codice civile, dato che la decisione non forma giudicato, fistanza potr� 
essere sempre ripresentata sulla base di nuovi elementi; ma la violazione 
del dMtto di difesa sta proprio nel porre l'interessato nella necessit� 
di dare inizio a un nuovo procedimento e di dover proporre nuovi 
elementi alresame del magistrato, senza sapere perch� non furono riconosciuti 
indizi di fondatezza negli elementi gi� addotti. 

Ulteriore violazione del diritto di difesa deriva dalla non impugnabilit� 
del decreto emesso dal Tribunale in camera di consiglio. Si pu� 
qui, prescindere da ogni discussione sulla natura del procedimento in 
esame e delfatto che lo conclude, anche perch� la norma delrart. 274, 
che non richiede la motivazione del decreto e lo dichiara non soggetto 
a reclamo, deroga alle norme comuni ai procedimenti in camera di 

di idoneit�, arrivi a conoscere questioni di diritto, che in tale momento gli sono 
precluse, il suo provvedimento, viziato da eccesso di potere, deve considerarsi anomalo. 
Potr� quindi essere soggetto a reclamo, ed in caso di declaratoria di inammissibilit�, 
avendo il contenuto di sentenza, potr� essere impugnato nelle vie ordinarie 
(cfr. Cass., 30 maggio 1962, n. 1325, Giust. civ., 1962,_ I, 1181). 

Inteso in tal modo il giudizio di delibazione, la Corte ha giustamente ritenuto 
superfluo l'esame della questione di legittimit� costituzionale, in relazione all'art. 
111 Cost. 



PAATF: I, SEZ. I, ('mJRIS. COSTITtJ'ZIONALE E INTE:l\NAZIONA1.E 8$9 

consiglio {art. 737 e 739 c.p.c.). Ma � comunque manifestamente in contrasto 
col diritto di difesa il non poter interloquire sui motivi di un 
provvedimento, da cui dipende l'ulteriore svolgimento del processo, .e 
non poter proporre contro di esso alcun gravame. 

Va anche qui ricordato che la giurisprudenza ha attenuato la portata 
della norma in esame, interpretandola nel senso di ammettere l'impugnativa 
quando il decreto sia incorso in violazione di diritto o sia 
andato oltre l'esame preliminare della richiesta; ma, mentre questo 
atteggiamento della giurisprudenza � esso stesso un indizio della particolarn 
gravit� della norma, resta il fatto che � proprio l'insindacabilit� 
del provvedimento emesso in base ad una valutazione puramente delibatoria 
degli indizi che contrasta con le garanzie che la Costituzione 
ha voJuto assicurare al diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento 
giudiziario. 

Le esposte considerazioni, mentre portano a ritenere la illegittimit� 
costituzionale di quelle parti dell'art. 274, commi secondo e terzo, del 
codice civile, che, come si � visto, contrastano col secondo comma del1'
art. 24 della Costituzione, rendono superfluo l'esame della questione 
di legittimit� costituzionale in relazione all'art. 111 della Costituzione. 

Sar� cura del legislatore provvedere, in conformit� ai principi costituzirnnali 
qui indicati, a una integrazione della disciplina del procedimento 
che ha formato oggetto della presente �decisione, per il quale 
intanto varranno, in quanto applicabili, le disposizioni comuni ai procedimenti 
in camera di consiglio. -{Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 71 -Pres. Ambrosini -
Rel. Mortati -Di Lella c. Sez. speo. Riforma Fondiaria in Puglia 
e Lucania {sost. avv. gen. Stato Agr�). 

Riforma fondiaria -Espropriazione dei terreni oggetti di comu


nione pro indiviso -Calcolo dell'indennizzo e fabbricati rurali 

-Questioni di costituzionalit� -Infondatezza. 

(I. 21 ottobre 1950, artt. 4, 18; I. 18 maggio 1951, n. 333, art. 8; I. 16 agosto 
1952, n. 1206p. Cost.). 
Non � incostituzionale il d.P. 18 dicembre 1952, n. 3396, n� in rif erimento 
all'art. 76 Cast. per eccesso di delega rispetto alla legge 21 ottobre 
1950, n. 841, in quanto alla espropriazione anche dei terreni oggetto 
di comunione pro indiv~duo alle leggi di riforma, quota da calcolarsi 
sull'intera propriet�, comprensiva di tutti i beni terreni posseduti in 
qualunque parte del territorio nazionale, n� in riferimento all'art. 47 



890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del 1950, che corrisponde al valore definitivo accertato ai fini delfimposta 
straordinaria progressiva nel quale erano compresi tra gli accessori 
e le pertinenze, inolusi i fabbricati rurali (1). 

(1) L'ordinanza del Tribunale di Bari 30 aprile 1964, � pubblicata sulla 
Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1004, n. 212. 
Per riferimenti sul primo punto, si veda Corte Cost., 23 maggio 1964, n. 41, 
Giur. it., 1964, I, 1, 1064; Corte Cost., 30 dicembre 1961, n. 77, id., 1962, I, 1, 
487; Trib. Roma, 5 agosto 1961, Foro it., Rep., 1962, v. Agricoltura, n. 64. 

Per quanto riguarda la seconda questione, si veda Corte Cost., 25 maggio 
1957, n. 65, Foro it., 1957, I, 929, citata in motivazione. 

Sull'incostituzionalit� per eccesso di delega rispetto all'art. 4, 1. n. 841 del 
1950 del decreto di esproprio che abbia tenuto conto dei dati del nuovo catasto 
non ancora in vigore nella zona al 15 novembre 1949, cfr. Corte Cost., 7 luglio 1964, 

n. 73; 22 giugno 1963, n. 104, Giur. it., 1963, I, 1. 1293, 549. 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1965, n. 72 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli -Mobilia (avv: Paglietti) -I.R.F.I.S. {avv. Cascio) -
Fall. Soc. Plastimber (avv. Silvestri) -Pres. Reg. Sic. {avv. Nicol�). 

Regione Siciliana � Credito industriale � Infondatezza dell~ questione 
di legittimit� costituzionale della legge reg. sic. 5 agosto 
1957, n. 51, in rapporto agli artt. 14 lett. d) e 17 lett. e) 
dello Statuto Regione Siciliana -Competenza regionale nel 
campo del diritto privato. 

{l. reg. sic. 5 agosto 1957, n. 51, artt. 14, lett. d) e 17 lett. e) Statuto reg. sic.). 
Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
reg. sic. 5 agosto 1957, n. 51, contenente provvedimenti straordinari per 
lo sviluppo industriq,le, in riferimento agli artt. 14 lett. d) e 17 lett. e) 
dello Statuto per la Regione Siciliana {l). 

I finanziamenti previsti della predetta legge e garantiti dal nuovo 
privilegio con il grado indicato dal cod. civ. al"/:art. 2778, n. 3, sulle 
scorte di materie prime e prodotti giusti ohe si trovano nel patrimonio 

(1-3) La questione era stata sollevata con ordinanza 25 febbraio 1964 del 
Tribunale di Messina. Sull'importante problema dei limiti della competenza legislativa 
della Regione in materia di diritto privato, v.: Corte Cost., 8 luglio 1957, 

n. 109, Giur. cost., 1957, 1016; Corte Cost., 8 luglio 1957, n. 123, Giur. cost., 
1958, 41, con nota del MoRTATI; 10 aprile 1962, n. 34, Giur. cost., 1962, 269. 
In, dottrina, fra gli altri: MAzzroTTI, Studi sulla potest� legislativa delle Regioni, 
Milano, 1961; SAL�, Autonomie regionali e disciplina di diritto privato, Padova, 1960. 
:~ 



PARTE! I, S:�;, I, GIUlUS. C0$T1TUZi�N'AL:I!: E INTEl\NAZIONALE 891 

della impresa debitrice, importano esercizio della potest� legislativa in 
materia di discip<lina del credito (art. 17, lett. e) Stat. Reg. Sic.) e non 
di quella in materia di industrie {2). 

La disciplina dei rapporti privatistici, a salvaguardia della sua necessaria 
uniformit� in tutto il territorio nazionale, � demandata al potere 
legislativo dello Stato. Solo in presenza di situazioni straordinarie, nelle 
quali la disciplina comune potrebbe nuocere ad alcuni interessi pubblici, 
la Regione pu�, nelle materie di sua competenza, modificarla nei limiti 
strettamente necessari. Non possono quindi dirsi violati i limiti che 
la Regione incontra nel diritto privato, con la legge regionale 5 agosto 
1957, n. 51, essendo questa stata dettata da esigenze generali di 
carattere straordinario (3). 

{Omissis). -La legge della Regione siciliana 5 agosto 1957, n. 51 
della quale l'ordinanza che ha dato luogo al presente giudizio di legittimit� 
costituzionale ha impugnato il terzo comma dell'art. 12 -, nel 
nell'intento di agevolare la gestiooe delle imprese industriali ohe svolgono 
la loro attivit� esclusivamente nel territorio d'ella Regione ed hanno 
per oggetto la valorizzazione delle risorse economiche e delle possibilit� 
di lavoro in essa esistenti, istitu� (art. 5) presso l'Istituto regionale per 
il finanziamento alle industrie in Sicilia (I.R.F.I.S.) un fondo di lire 
15 miliardi a gestione separata, a carico della Regione, sul quale effettua�
re e garantire prestiti ed aperture di credito in favore delle anzidette 
imprese, destinati alla formazione delle scorte di materie prime e di 
prodotti finiti rese necessarie in relazione alle caratteristiche del ciclo 
di lavorazione e alla natura delle imprese. La costituzione di tale fondo 
veniva effettuata, dalla legge regionale, richiamandosi all'art. 7 dello 
statuto dell'I.R.F.I.S., approvato con decreto del Ministero del tesoro 
10 febbraio 1954, secondo il quale quell'istituto cc pu� costituire gestioni 
separate per quelle speciali forme di credito che gli venissero affidate 
in forza di successive disposizioni di legge nazionale o regionale �. 

La � forma di credito � in questione, destinata a consentire alle 

imprese la formazione di scorte di materie prime e di prodotti finiti, 

nuova per l'I.R.F.I.S., era stata introdotta per la prima volta nella legi


slazione nazionale dall'art. 4 della legge statale 16 aprile 1954, n. 135 

(cui appunto la disposizione impugnata si richiama), la quale aveva 

autorizzato per un quinquennio le sezioni di credito industriale del 

Banco di Napoli e del Banco di Sicilia e il Credito industriale sardo 

a consentirla alle piccole e medie industrie operanti nel Mezzogiorno e 

nelle Isole. A garanzia di tale forma di credito l'art 5 prevedeva il privi


legio contemplato dall'art. 2 della legge 29 dicembre 1948, n. 1482 

(riguardante l'industrializzazione del Mezzogiomo) -coincidente con 

quello introdotto con l'art. 7 del d.lg. 1� novembre� 1944, n. 367, modifi


cato con d.lg. 1� ottobr� 1947, n. 1075 -cc sugli immobili, sugli impianti, 


ilASSE�NA DELL1AVVOCATURA D�LLO STAT� 

sulle concessioni, comprese quelle minerarie {salvo i diritti spettanti 
allo Stato a norma delle leggi speciali) e su ogni loro pertinenza, sui 
brevetti di invenzione industriale, sui macchinari ed utensili dell'azienda 
finanziata, comunque destinati al suo funzionamento ed esercizio, nonch� 

sulle somme dovute all'azienda stessa dallo Stato per il risarcimento dei� 
danni di guerra �. A tale privilegio -costituente ormai tradizionale 
garanzia dei finanziamenti industriali del Mezzogiorno -il ricordato 
art. 5 ne aggiungeva per�, con il grado indicato all'art. 2778, n. 3, del 
codice civile, un altro, assolutamente nuovo: quello -strettamente � 
correlato con loggetto della nuova forma di finanziamento che la 
legge introduceva -cc sulle scorte di materie prime e prodotti finiti 
che si trovano nel patrimonio dell'impresa debitrice, senza pregiudizio 
dei diritti di terzi sulle cose stesse �. 

Nel creare presso l'I.R.F.I.S. il fondo speciale per il finanziamento 
delle industrie nella formazione di scorte di materie prime e prodotti 
finiti, la legge siciliana del 1957 estese a tale nuova forma di finanziamento 
consentita all'I.R.F.I.S., i privilegi previsti dalla legge statale 
del 1954 per gli analoghi fin�nziamenti operati dai tre istituti di credito 
industriale in essa considerati, e perci� anche il privilegio cc sulle 
scorte di materie prime e prodotti finiti che si trovano nel patrimonio 
dell'impresa debitrice �. Privilegio, �quest'ultimo, la novit� della cui ili 
introduzione non pu� -contrariamente all'essunto della difesa del-

I

1'1.R.F.I.S. e di. quella Regione -esser contestata, dato che esso non 

It

poteva spettare all'I.R.F.I.S. gi� in base all'art. 15 della legge statale 
n aprile 1953, n. 298, il quale, a garanzia dei :finanziamenti previsti da 
quella legge, si limita ad attribuire a tale istituto {come agli altri due 
istituti di diritto pubblico di credito industriale a medio termine creati 
nel Mezzogiorno: l'Istituto� per lo sviluppo economico dell'Italia meridionale 
e il Credito industriale sardo) la possibilit� di cc convenire la 
la -costituzione di privilegi su impianti e macchinari �. Che il privilegio 
previsto dal citato art. 15 abbia tale limitata portata risulta, del resto, 
anche dal fatto che la successiva legge statale del 1954 (riguardante 
tra l'altro il Credito industriale sardo, gi� fruente del privilegio previsto 
dal citato art. 15), se volle estendere, per i :finanziamenti delle scorte, 
l'applicazione dei privilegi ad oggetti diversi dagli cc impianti e macchinari
�, dovette, con l'art. 5, farlo -come si � visto -espressamente 
e con formula ben diversa da quella del citato art. 15. 

2. -Occorre ora stabilire se la Regione siciliana avesse il potere di 
introdurre, �con una propria legge in deroga al codice civile, il nuovo 
privilegio di cui trattasi. 
La disposizione costituzionale da tener presente � quella dell'art. 
17, lett. e, dello Statuto regionale, in base alla quale � consentito alla 
Regione di legiferare in materia di cc disciplina del credito�. Non v'ha 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 893 

dubbio infatti che l'I.R.F.I.S. sia un istituto di credito e che i :finanziamenti 
cui esso provvede, e in particolare quelli cui ha riguardo la 
disposizione impugnata, ineriscano alla funzione creditizia. N� per 
affermare che si versa in materia di industria e non di credito � sufficiente 
opporre -come sostengono le difese delle parti private che 
i finanziamenti di cui trattasi assolvono a compiti di sollecitazione 
industriale. Questa Corte ha sempre escluso che alla individuazione 
delle materie che le norme costituzionali attribuiscono alla competenza 
regionale si possa, di regola, far luogo in base a criteri finalistici, 
�dovendo invece valere generalmente il criterio contenutistico 

(v. specialmente la sentenza n. 124 del 1957). Del resto l'I.R.F.I.S. � 
indubbiamente uno degli istituti di credito cui hanno riguardo le norme 
di attuazione dello Statuto siciliano in materia �di credito e risparmio 
(d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133), tanto che, tra l'altro, il suo statuto, 
come gi� si � ri:cordato, fu approvato, appunto in base a dette norme 
(art. 4), dal Ministro del tesoro, e la sua attivit� di finanziamento si � 
sempre svolta nell'ambito di quelle norme e nel quadro dei controlli 
da esse predisposti. 
Il riconoscimento che i :finanziamenti di cui trattasi attengono 
alla materia del credito n.on importa peraltro che le leggi regionali che 
li concernono possano liberamente spaziare nel campo dei rapporti 
privati. :E: stato da tempo chiarito che l'inclusione, nell'art. 14, lett. d, 
dello Statuto siciliano, del divieto, per la Regione, di estendere ai rapporti 
di diritto privato la legiferazione, statutariamente riconosciutale, 
in materia di industria e commercio, non importa che nelle altre materie 
rientranti nella sua competenza la Regione possa senz'altro legiferare 
nel campo dei rapporti di diritto privato. Questa Corte ha anzi avuto 
ripetute occasioni di affermare il principio che, per norma, solo in presenza 
di situazioni straordinarie, nelle quali la disciplina comune dei 
rapporti privati sarebbe in grado di incidere sostanzialmente in modo 
sfavorevole sui settori di diritto pubblico ai �quali la Regione � preposta, 
questa pu�, nelle materie di sua competenza, dettare norme 
destinate a operare, entro i limiti strettamente necessari, nel campo del 
diritto privato (v. tra le pi� recenti, le sentenze 37 del 1961 e 34 e 53 
del 1962). E ritiene di doversi mantenere ferma a tale direttiva. La 
disciplina uniforme dei rapporti di diritto privato attiene all'unit� del!'
ordinamento statale; e, in via di principio, non pu� ammettersi che 
essa sia intaccata dalle autonomie regionali, il cui ambito naturale � 
costituito dai rapporti di diritto pubblico. 

L'applicazione dell'anzidetto principio al caso in esame non comporta 
per� che la disposizione impugnata debba essere considerata 
illegittima. 



894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il credito a medio termine a favore delle piccole e medie industrie 
locali, che rappresenta la f~nzione istituzionale dell'I.R.F.I.S. (art. 6 
della legge statale 11 aprile 1953, n. �298, e art. 2 dello statuto delfente), 
si inserisce tra le misure straordinarie destinate, nella situazione storica 
contingente, a stimolare la rinascita economica dell'isola, in armonia 
con un pi� vasto disegno che abbracoia le analoghe forme di finanziamento, 
a mezzo di altri consimili istituti appositamente costituiti, 
previste dalla legislazione straordinaria per il Mezzogiorno. !!: lo stesso 
legislatore statale a dar atto dell'esigenza, in materia, nell'attuale fase 
storica, di interventi di politica economica di carattere particolare: le 
norme fondamentali sull'I.R.F.I.S., sulla sua dotazione e sui finanziamenti 
di sua competenza sono infatti contenute nella pi� volte ricordata 
legge statale 11 aprile 1953, n. 298. 

Ma l'art. 7 dello statuto di �questo ente di diritto pubblico -approvato 
con decreto ministeriale sulla base delle norme di attuazione dello 
Statuto regionale -prevede la possibilit� che ~ sempre, naturalmente, 
nel quadro dei compiti d'istituto -vengano affidate all'I.R.F.I.S, 
da parte della Regione (come dello Stato), altre speciali forme di credito 
industriale, a carico di fondi aventi gestione separata. E appare 
chiaro che l'affidamento di tali nuove forme creditizie, destinate per 
principio a inserirsi nel sistema delle straordinarie provvidenze in favore 
dell'industria regionale, in funzione del conseguimento di quei pi� intensi 
impulsi di cui, per generale riconoscimento, la rinascita dell'isola (come 
in generale quella del Mezzogiorno) abbisogna in questa fase storica, 
rimarrebbe svuotato di vitalit� e rischierebbe addirittura di restare frustrato, 
qualora ad esso non si accompagnassero forme di garanzie idonee 
a salvaguardare lo speciale fondo preordinato alle nuove forme di 
credito, evitando che questo rimanga irreparabilmente esposto a pericolosi 
assottigliamenti. 

La disposizione impugnata, la quale palesemente si d� cadco di 
tale esigenza, non ha fatto altro, se non estendere alla nuova forma di 
finanziamento che (nel quadro della politica economica di cui si � detto, 
e in applicazione delle norme statutarie delrente) ha ritenuto di affidare 
all'I.R.F.l.S., quelle stesse forme di privilegio che per gli identici tipi 
extra ordinem di finanziamenti all'industria meridionale da parte degli 
istituti specializzati a ci� deputati erano state introdotte dalla legge 
statale 16 aprile 1954, n. 135. Cosl operando essa ha indubbiamente 
inciso nel campo dei rapporti di diritto privato. Ma occorre tener presente 
che trattasi di una garanzia considerata come essenziale dallo 
stesso legislatore statale peT i finanziamenti dello stesso genere, e necessaria 
ad assicurare a un ente di diritto pubblico operante in vista di 
obbiettivi ai quali � preposta statutariamente la Regione e aventi fondamentale 
importanza per l'economia della collettivit� regionale,, di 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 895 

svolgere in condizioni di sufficiente e appropriata sicurezza i propri 

compiti d'istituto. Compiti posti al servizio di risultati il cui carattere 

straordinario appare avvertito dalla stessa legislazione statale, e l'am


bito limitato della cui portata risulta dalla entit� del fondo messo a 

disposizione della gestione speciale destinata ai finanziamenti� di cui � 

questione. 

1t da aggiungere che la disposizione impugnata si � uniformata, 
secondo il dettato dell'art. 17 dello Statuto siciliano, ai � principi e interessi 
generali cui si informa la legislazione dello Stato �. Infatti, da un 
lato, essa si � inspirata al medesimo criterio che � alla base �lell'art .. 2756 
del codice civile, richiamato dall'art. 2778, n. 3; dall'altro, si � riportata 
. puntualmente alla disposizione dell'art. 5 della legge statale 16 aprile 
1954, n. 135, dettata per introdurre una identica garanzia in relazione 

a fattispecie assol~tamente identiche. -Omissis). . 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 aprile 1965, n. 592 -Pres. Torrente 
-Est. Malf�tano -P.M. Criscuoli (conf.) -Prefetto di Milano 
(avv. Stato Peronaci) c. Visconti di Modrone {avv. Salvucci) e �. 
Provincia di Milano (avv. G. B. Cosimini). 

Competenza e giurisdizione -Tutela delle strade -Esecuzione 
d'ufficio delle opere di manutenzione delle sponde di canale 
latistante la via pubblica -Azione giudiziaria tendente a farne 
dichiarare l'illegittimit� contestando la sussistenza dell'omissione 
di manutenzione -Diritto soggettivo -Giurisdizione 
ordinaria. 

(r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, artt. 11, 20; I. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. " F ", sui lavori pubblici, art. 378). 
Giudizio civile e penale -Estinzione del reato conseguente ad 
oblazione -Azione civile tendente a contestare la sussistenza 
del fatto � Preclusione -Insussistenza. 

Competenza e giurisdizione . Azione di mero accertamento della 
illegittimit� di un provvedimento amministrativo -Ammissibilit�. 


(l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. " E ", art. 2). 
Ove il proprietario di un canale latistante la via pubblica agisca in 
giudizio per far dichiarare I'illegittimit� del provvedimento prefettizio 
avente ad oggetto l'esecuzione aufficio delle opere di manutenzione 
delle sponde, deducendo che l'espansione delle acque sulla strada non 
fu conseguenza di mancata manutenzione del canale, ma fu dovuta ad 
inadeguata conformazione della strada, la posizione soggettiva dedotta 
in giudizio ha natura di diritto soggettivo e dell'azione pu� quindi conoscere 
l'Autorit� giudiziaria ordinaria (1). 

(1) Il problema di giurisdizione viene risolto, nella sentenza, sulla base del 
recente orientamento giurisprudenziale inteso a precisare la portata del criterio 
discriminatore delle competenze esprimentesi nel binomio: esistenza del potere esercizio 
del potere. 
Secondo tale orientamento, per il quale si vedano Cass., 24 ottobre 1958, 

n. 347, Foro it., 1959, I, 1709; 8 dicembre 1959, n. 3583, ivi, 1960, I, 391; 14 maggio 
1961, n. 578, ivi, rep. 1961, voce " Competenza civile.", nn. 44, 45; 2 feb

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 897 

L'intervenuta estinzione del reato per oblazione non preclude -al 
contravventore i esercizio dell'azione civile con la quale si intenda contestare 
la sussistenza del fatto costituente contravvenzione (2). 

braio 1963, n. 179, ivi, 1963, I, 1199, sussiste giurisdizione del giudice ordinario 
non soltanto in quanto faccia difetto un presupposto di astratta attribuzione del 
p�tere, ma anche ove faccia difetto un presupposto dell'esercizio del potere coordinato 
alla tutela immediata della P.Osizione soggettiva del cittadino. 

Risolve invece la questione di giurisdizione in base alla semplice contrapposizione 
fra esistenza ed esercizio del potere, Cass., Sez. tJn., 23 marzo 1964, n. 662, 
in questa Rassegna, 1964, 1027, con nota di richiami. 

Per il rifiuto del criterio della prospettazione, cfr., da ultimo, Cass., 5 giugno 
1965, n. 1115, Foro it., 1965, I, 942; 20 febbraio 1965, n. 283, id., Mass., 71; 
14 ottobre 1964, n. 2585, ibidem, 1965, I, 51; 14 aprile 1964, n. 894, in questa 
Rassegna, 19fl4, 849. 

Per quanto attiene alla questione specifica, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 
5 maggio 1951, n. 421, Giur. it., 1951, III, 186, secondo cui l'attuazione amministrativa 
della tutela del patrimonio stradale non pregiudica i diritti soggettivi del 
proprietario del canale, suscettibili di esser fatti valere avanti all'Autorit� giudiziaria. 
Conf., Consiglio di Stato, Sez. V, 24 febbraio 1950, Foro amm., 1950, 
1, 2, 231; Sez. V, 13 maggio 1937, n ..687, id., 1937, I, 2, 240; Sez. V, 7 luglio 1934, 
ibidem, 1934, I, 2, 279. � 

Nella specie, posta la distinzione tra esistejlza del potere e esercizio del potere, 
con correlativa consegu.enza in ordine alla giurisdizione (ravvisandosi nel primo caso 
lesione di diritto soggettivo e nel secondo lesione di un interesse legittimo), riteniamo 
che la controversia rientrava nel secondo .caso, quale che sia stata la prospettazione 
da lui datane, dovendosi essa qualificare in relazione alla tutela concessa dalla 
legge alla pretesa giuridica fatta valere dall'attore. 

Nella specie erasi da esaminare se lordinamento giuridico garantisse in modo 
pieno all'attore la pretesa di mantenere i canali di' irrigazione laterali alle strade 
provinciali nelle condizioni in cui essi erano. 

Ora l'art. 59 della legge sui lavori pubblici e l'art. 11 del t.u. sulla tutela 
delle strade indicano chiaramente quali siano in materia i presupposti del potere 
amministrativo al riguardo. 

Il potere della P.A., correttivo delle facolt� del privato, � esercitabile nei 
confronti dei proprietari e utenti di canali artificiali, i quali canali sono esistenti 
lateralmente o in contatto con le strade, sempre che si verifichino espansione delle 
acque (provenienti da detti canali) sulle strade medesime o guasto al corpo stradale 
e sue pertinenze. 

Pu� dirsi pertanto, nella ipotesi la contestazione dell'attore avesse messo in 
discussione alcuno di tali elementi, che il giudizio cadesse sui presupposti del potere 
amministrativo, non potendosi esso concepire esistente nei confronti di chi non 
fosse proprietario dei canali, o di chi fosse proprietario di canali non a contatto 
di strade, o, pur essendolo, questi non potesse dirsi soggetto ad obblighi non essendosi 
verificata espansione di acque o guasti al corpo stradale e sue pertinenze. 

Viceversa l'attore deduceva che gli inconvenienti lamentati dall'Amministrazione 
Provinciale dipendevano -a suo dire -dalla " conformazione tecnica del 
corpo stradale �, negando cio� non un presupposto del potere amministrativo, pienamente 
esistente, ma una mera condizione di esercizio del potere amministrativo. 

(2) Non si rinvengono precedenti specifici. 
Il Consiglio di Stato, nella decisione 5 maggio 1951, n. 421, sopra citata, 
afferm� che l'acquiescenza del privato rispetto alla contestazione della contravven




898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l ndipendentemente dalla proposizione di domanda di risarcimento 
del danno, il Giudice ordinario pu� conoscere della domanda proposta 
dal privato avente ad oggetto raccertamento della illegittimit� di atti o 
comportamenti delTAmministrazione pubblica lesivi di un diritto sog


gettivo (S). ,,; 

(Omissis). -Con il ricorso principale e con il secondo motivo di 
quello incidentale si denunzia il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
per avere la Corte di merito qualificato la pretesa del Visconti 
come diritto soggettivo, anzich� come interesse legittimo, sebbene lo 
stesso, deducendo che illegittimamente gli era stato ingiunto di eseguire 
la riparazione delle sponde dei canali d'acqua di sua propriet�, avesse 
in effetti negato una mera condizione di esercizio del potere ammininistrativo, 
piuttosto che un presupposto del potere medesimo. 

La censura � infondata. 

Questa Corte Suprema ha altre volte affermato che il criterio di 
discriminazione delle giurisdizioni impostato sulla distinzione tra esistenza 
del potere e suo modo di esercizio, postula anzitutto la necessit� 
di individuare caso per caso, con riferimento alla disciplina positiva del 
singolo potere, quale siano gli elementi che integrano la relativa fattispecie 
legale e quale funzione essi abbiano in relazione alla ratio delle 
norme che li prevedono o alla finalit� di tutela del diritto soggettivo 
e dell'interesse pubblico ed implica, poi, che la giurisdizione spetti al 
giudice ordinario non soltanto nella ipotesi in cui si denunzia la insus


zione legittimava a. ritener accertata la situazione di fatto risultante dal relativo 
v�rbale. 

Per un riferimento generico si pu� richiamare lorientamento giurisprudenziale 
per il quale il giudice civile pu� accertare la sussistenza del fatto astrattamente 
previsto come reato nell'ipotesi di estinzione conseguente ad amnistia o ad altra 
causa: cfr., da ultimo, Cass., 7 aprile 1964, n. 770, Foro it., Mass., 155 e Cass., 
21 luglio 1962, n. 2025, in questa Rassegna, 1962, 141, in tema di condanne al 
risarcimento dei danni patrimoniali derivanti dal fatto illecito, costituente reato 
estinto per prescrizione. 

L'ipotesi considerata nella sentenza (contestazione della commissione del fatto 
da parte dello stesso contravventore) sembra tuttavia distingue:i;si, in qualche modo, 
dal caso di accertamento del fatto a fini civili domandato da terzi, ed avrebbe forse 
meritato meno fuggevole esame da parte del Supremo Collegio. 

La soluzione del problema sembra infatti dipendere dalla natura giuridica che 
si voglia attribuire all'oblazione. Se, ad esempio, si volesse riconoscere nell'oblazione 
una forma di riconoscimento del torto e di esecuzione volontaria della pena (sia pur 
di una pena non criminale) una contestazione non sembrerebbe possibile. Cfr., per ~,;=,==. 
un quadro generale delle teorie sulla natura dell'oblazione, MAZZANTI, Oblazione, 
Nuovissimo Digesto italiano, ~I, Torino, 1965, 721 e segg. 

(3) In senso conforme, cfr. Cass., 14 aprile 1964, Giust. civ., 1964, I, 1365; 
11 giugno 1963, n. 1558, id., 1963, I, 1823; 14 luglio 1961, n. 1714 (richiamata 
nella motivazione), ibidem, 1961, I, 1779. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 899 

sistenza di el6J11enti o presupposti che attengono, sotto il prof�lo soggettivo, 
alla appartenenza del potere e che ne individuano e ne qualificano 
la c�nsistenza, ma anche nel caso in cui si alleghi la insussistenza 
di presupposti, o la inosservanza di limiti che, pur non riferendosi alla 
astratta attribuzione o configurazione del potere, siano contemplati da 
norme di relazione ai :fini della diretta e specifica tutela del diritto soggettivo. 
Invero, questi presupposti e limiti, data la loro funzione, anzich� 
i:p.erire al modo di esercizio del potere condizionano pur sempre in modo 
assoluto la concreta possibilit� che essa interferisca sul diritto soggettivo 
degradandolo a interesse legittimo. (V. sent. n. 179 del 1963). 

Alla stregua dei suesposti principi deve ritenersi che, nella specie, 
la Corte di merito abbia correttamente qualificato come diritto soggettivo 
la pretesa giuridica dedotta in giudizio e, conseguentemente, ritenuto 
la giurisdizione del giudice ordinario. 

Invero, il Visconti, per non negando che la pubblica Amministrazione 
abbia, in virt� dell'art. 11 del r.d. 8 dicembre 1833, n. 1740, il potere 
di eseguire di ufficio le opere di manutenzione delle sponde dei canali 

o di altri corsi di acqua di propriet� privata scorrenti a confine con le 
vie pubbliche, ha denunziato che la ingiunzione era stata emessa dal 
Prefetto sebbene gli inconvenienti da questi lamentati dipendessero 
non dalla mancata manutenzione della roggia Nandosio e del Cavo 
Cant�, ma dalla inadeguata conformazione delle strade pubbliche con 
essi confinanti. , 
L'oggetto dedotto in giudizio, �, quindi, la mancanza di un presupposto 
del provvedimento amministrativo che, per la sua funzione, condiziona 
in modo assoluto la concreta possibilit� di esercizio del potere. 

N� pu� sostenersi che il Visconti, provvedendo al pagamento della 
somma stabilita per roblazione della contravvenzione elevatagli per la 
asserita mancata manutenzione dei corsi d'acqua di sua propriet�, abbia 
implicitamente riconosciuto la legittimit� del provvedimento prefettizio, 
in quanto favvenuta oblazione della contravvenzione non impedisce a] 
contravventore di contestare la propria resposabilit� davanti al giudice 
civile. 

Che. la controversia in esame rientri nella giurisdizione del giudice 
ordinario, �, poi, confermato dall'articolo 84 de1-codice della navigazione. 

Tale norma, infatti, nel disciplinare il potere di opposizion� dei 
proprietari di canali e di altri corsi d'acqua contro le ingiunzioni della 
autorit� marittima per il rimborso di spese per ]a esecuzione di ufficio 
di opere di manutenzione, stabilisce che entro il termine di venti giorni 
dalla notificazione della ingiunzione il debitore pu� proporre opposizione 
contro il decreto davanti al giudice ordinario � per motivi inerenti 
alla esistenza del credito e al suo ammontare � . 

Ora, questa ampia e generica formulazione induce a ritenere che 
il legislatore abbia riservato al giudice ordinario non soltanto la cogni




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

900 

zione delle controversie con le quali il privato contesti la esistenza del 
credito per motivi inerenti alla esecuzione delle opere nella sua propriet�, 
ma anche di quelle con le quali lo stesso contesti il credito per la 
inesistenza del potere in concreto dell'autorit� marittima ad eseguire le 
opere ovvero per finosservanza da parte di essa dei limiti posti dalla 
legge all'esercizio di tale potere. 

Con il primo motivo del ricorso incidentale si denunzia il difetto 
di motivazione della sentenza impugnata per avere omesso di esami~ 
nare la eccezione con la quale l'Amministrazione provinciale di Milano 
aveva eccepito il mutamento da parte del Visconti della domanda proposta 
nel giudizio di primo grado. 

Al riguardo si sostiene che il Visconti, mentre con l'atto di citazione 
aveva chiesto che fosse dichiarata la illegittimit� della ingiunzione prefettizia, 
aveva, poi, concluso per la esclusione della propria responsabilit�. 

Anche questa censura � infondata. 

Invero, le conclusioni precisate dal Visconti costituivano non un 
mutamento, ma soltanto una diversa formulazione della domanda da lui 
inizialmente proposta. Si ha, infatti, domanda nuova soltanto se si 
amplia il petitum o si introduce nel giudizio una pretesa avente presupposti 
distinti da quelli di fatto della domanda originaria. {V. sent. n. 5 
del 1962). 

Infondato �, infine, il secondo motivo del ricorso incidentale con il 
quale si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto ammissibile 
la domanda proposta dal Visconti sebbene con essa si fosse richiesta la 
semplice declaratoria di illegittimit� del comportamento della pubblica 
Amministrazione, anzich� il risarcimento del danno da esso derivato. 

Invero, come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, il 
giudice ordinario pu� sempre sindacare nei limiti di una declaratoria di 
illegittimit�, se gli atti o il comportamento della pubblica Amministrazione 
siano direttamente lesivi di un diritto soggettivo {v. sent. n. 1714, 
del 1961). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1965, n. 684 -Pres. 
Torrente -Rel. Straniero -P.M. Criscuoli {conf.) -Cignozzi (avv. 
Barile) c. Cignozzi (avv. Marini) e Werner (avv. Di Segni). 

Cassazione � Istanza di revoca del sequestro proposta a seguito di 
dichiarazione di difetto di giurisdizione del Magistrato che lo 
ha emesso -Provvedimento di non luogo a procedere emesso 

dal Giudice istruttore -Carattere decisorio � Esclusione � 
Definitivit� . Esclusione � Ricorso ex art. 111 della Costituzione 
. Inammissibilit�. 
(Cost:, art. 11, secondo comma, c.p.c., art. 683). 


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I>Al:'IT~ I, S�Z. ll, GIUl'IIS. SU QUESTl�N� J)I GIUl'IISl)IZ�ONlt 901 

Il provvedimento con il quale il giudice istruttore, richiesto di 
revocare il sequestro a seguito della dichiarazione, in sede di regolamento 
preventivo di giurisdizione, del� difetto di quest'ultima nel magistrato 
che ebbe ad autorizzarlo, dichiari non luogo a decidere 8uliistanza 
e rinvii le parti a provvedersi nelle forme ordinarie, difetta 
dei caratteri della decisoriet� e della definitivit� e, pertanto, non � 
impugnabile con ricorso per cassazione � sensi deltart. lll della Costituzione 
(1). 

(Omissis). -Le controricorrenti �contestano l'ammissibilit� del 
ricorso proposto dalla Emilia Cignozzi, alla stregua dell'art. lll della 
Costituzione, con~ro l'ordinanza emessa, il 14 luglio 1964, dal Presidente 
del Tribunale di Montepulciano in tema di revoca di sequestro 
giudiziario. 

Esse si richiamano alla costante giurisprudenza di questa Corte 
che ha interpretato la locuzione � sentenza � di cui alla citata noxma 
costituzionale nel senso che essa possa autorizzare il ricorso per cassazione 
sia contro i provvedimenti adottati con la forma della sentenza 
ma per i quali la legge escluda o limiti tale ricorso. sia contro gli altri 
che, pur avendo, per nomen furis di legge o per erronea attribuzione 
di giudice, forma di ordinanza o di decreto, abbiano nondimeno, in 
relazione alla specifica disciplina della materia, carattere di decisoriet� 
e non siano comunque impugnabili, anche soltanto con semplice 
reclamo al giudice superiore. 

Premesso che l'ordinanza in questione si � limitata a dichiarare 
non luogo a decidere sulla istanza di revoca ed a mandare le parti a 
provvedersi nelle forme ordinarie, sotto il presupposto che le parti 
medesime avessero voluto implicitamente sollecitare la decisione di 
questioni di diritto alla stregua dell'art. 683 c.p.c., che non ricorresse 
alcuna delle ipotesi previste dalla suddetta disposizione di legge e che 

(1) Sequestro autorizzato in pendenza di regolamento preventivo 
ed effetti della pronuncia che nega la giurisdizione. 
Il provvedimento emanato dal Presidente del Tribunale sull'istanza del sequestrato 
intesa a conseguire la revoca del sequestro, autorizzato dopo la proposizione 
del regolamento preventivo, cui era seguita pronuncia delle Sezioni Unite 
che aveva escluso la giurisdizione (Cass., Sez. Un., 21 maggio 1964, n. 1257, 
Foro it., 1965, I, 409), � stato qualificato, nella sentenza che si annota, alla stregua 
di ordinanza istruttoria emessa nell'ambito del giudizio di convalida (nella specie 
il Presidente, che aveva autorizzato il sequestro, rivestiva anche la qualit� di 
giudice istruttore). 

In base a tale qualificazione, la Corte regolatrice ha dichiarato inammissibile 
il ricorso per Cassazione ex art. 111, secondo comma, della Costituzione per difetto 
dei requisiti di decisoriet� e definitivit� del provvedimento, in armonia con la 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

902 

la rimozione dei � provvedimenti interdittali 11 dovesse essere effettuata, 
per principio generale, con statuizione nelle vie ordinarie a 
seguito di plena cognitio, sostengono, in particolare, la Magda Cignozzi 
e la Werner che in detta .ordinanza non si riscontra nessuno dei due 
estremi (decisoriet� e definitivit�) il cui concorso � assolutamente necessario 
per l'impugnazione richiamata. 

Il profilo della decisoriet� va inquadrato nel principio secondo il 
quale provvedimento decisorio � quello col quale il giudice, al 'fine di 
derimere una lite, procede all'accertamento del regolamento giuridico 
di un determinato rapporto e, di conseguenza, afferma o nega l'esistenza 
di una concreta volont� di legge che assicuri, all'una o all'altra delle 
parti in contesa, il bene che della contesa medesima costituiva l'oggetto 
ed in cui funzione si era delineata fra le parti stesse una contrapposizione 
di interessi, s� che la nozione della decisoriet� va senz'altro 
esclusa nel caso in cui nel singolo procedimento manchi ogni contrapposizione 
di interessi da comporre ed il provvedimento conclusivo non 
sia pertanto idoneo ad acquistare autorit� di cosa giudicata sotto il 
profilo dell'art. 2909 e.e. � 

Al riguardo, in contrapposizione alla tesi delle resistenti che insi


stono nel prospettare la natura esclusivamente ordinatoria del provve


dimento impugnato, in quanto esso si limiterebbe a disciplinare l'atti


vit� processuale delle parti, non si pu� contestare che il principio richia


I

mato sembra autorizzare qualche ragione di perplessit� sulla natura 
del provvedimento medesimo, malgrado la formula declinatoria del 
� non luogo � che ne caratterizza il dispositivo. Ci�, perch� apparente


I 

mente suggestivo pu� apparire il rilievo che, con la sua ordinanza, il 
Magistrato abbia sostanzialmente rigettato l'istanza di accertamento 


I 

del regolamento giuridico dei beni sottoposti a sequestro, proposta, sotto 
il profilo dell'art. 683 c.p.c., in funzione del fine delle parti di attuare, 


I

sulla sua base, la composizione di un elemento della causa in rapporto 

giurisprudenza consolidata in tema di applicazione del ricorso contro provvedimento 
che non rivesta la forma della sentenza (da ultimo, Cass., 4 febbraio 1965, 


n. 181, Foro it., Mass., 34; 26 novembre 1964, n. 2802, id., 1965, I, 25; 13 ottobre 
1964, n. 2584, ibidem, Rep., 1964, voce Cassazione in materia civile�, n. 41).
11 

Sotto l'angolo visuale nel quale si � posta la Corte Suprema, la decisione 

appare formalmente ineccepibile, ma � forse il caso di osservare che, in tal modo, 

� stato in realt� eluso il problema di fondo proposto dall'anomala fattispecie. 

Conviene premettere che il Presidente del Tribunale, dopo la proposizione 

del regolamento preventivo, non sospese il giudizio ai sensi degli artt. 41 e 357 c.p.c., 

I 

ma, ritenendo inammissibile il regolamento stesso e riconoscendo la propria giurisdizione, 
autorizz� il provvedimento cautelare. 
La Corte ha tralasciato di prendere in esame il problema concernente gli 


I 

effetti della sentenza che, decidendo sul regolamento, escluse la giurisdizione sul 
provvedimento emanato dopo e nonostante la proposizione del regolamento stesso, 


.. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 903 

alfa contrapposizione dei rispettivi interessi, in quanto il provvedimento 
si �, nella realt� concreta, tradotto nel mantenimento, sia pur 
temporaneo, dello status quo e, conseguentemente, nella negazione, sia 
pur temporanea, dell'attribuzione, .all'una o all'altra delle parti in contesa, 
dei beni giuridici che nel sequestro avevano costituito oggetto e 
dei quali, dopo la sentenza di queste Sezioni Unite e in dipendenza 
della stessa, si chiedeva la restituzione. La realt� giuridica � per� divers�, 
ove si consideri che. la ordinanza in questione non ha accertato alcuna 
esistenza o inesistenza di diritti soggettivi n� ha riconosciuto, attribuito 

o negato alcuno di tali diritti in virt� del potere-dovere di dirimere 
i contrasti e sancire la volont� della legge nel caso concreto che al giudice 
� assegnato dall'ordinamento giuridico ed ove si consideri, altres� 
e sovra.tutto, che la ordinanza medesima non ha, per il suo contenuto, 
alcuna attitudine a produrre sul piano contenzioso effetti di diritto 
sostanziale o processuale con efficacia di giudicato e che la temporanea 
cristallizzazione dello status quo non � che un effetto riflesso di mero 
fatto della dichiarazione di incompetenza virtualmente contenuta nel 
provvedimento. 
Il profilo della definitivit� si ricollega, a sua volta, agli effetti del 
provvedimento sul piano contenzioso nel senso che il pregiudizio che 
ad una parte pu� derivare dall'eventuale ingiustizia del contenuto del 
provvedimento medesimo debba essere irreparabile, in dipendenza del 
carattere immanente della definitivit� e del giudicato e della inesistenza, 
nell'ordinamento giuridico vigente, della previsione di un qualsiasi riesame, 
ad opera dello stesso o di altro giudice. 


Il profilo in questione � stato dalle parti prospettato sotto due 
distinti aspetti: il principio della modificabilit� e revocabilit� delle 
ordinanze istruttorie da parte dello stesso giudice che le ha pronun~ 
ciate, in dipendenza della premessa che nel caso concreto il Presidente 
del Tribunale di Montepulciano abbia emesso l'ordinanza non in tale 

in violazione degli artt. 41 e 367, nonostante che tale problema fosse stato affrontato 
altre volte, ed anche molto di recente, ed avesse dato luogo alla fissazione di 
principi che non sembrano in tutto armonizzare con quello affermato nella sentenza 
che si annota. 

Con la sentenza 17 febbraio 1965, n 259, le Sezioni Unite avevano precisato 
che, con la proposizione del regolamento, il Giudice adito � spogliato della potestas 
judicandi e che la sospensione del procedimento ex artt. 41 e 367 opera ipso iure, 
senza che sia consentito derogarvi. Conseguentemente, sempre se�ondo la richiamata 
sentenza, il provvedimento emesso dal Giudice dopo la proposizione del regolamento 
deve ritenersi affetto da nullit� per mancanza di un requisito essenziale 
(appunto la potestas judicandi). 

Tali principi trovano riscontro in. precedenti pronunce della Corte regolatrice. 

Con sentenza 11 dicembre 1950, n. 2705, Foro amm., 1951, II, 50, il Supremo 

Collegio aveva infatti ritenuto che la decisione emessa dopo la prop�sizione del 



904 RA.SSEGNA D�LL' A VV�CATUf\A D�LL� STATO 

veste ma nell'altra di giudice istruttore della causa di convalida e merito, 

e lesistenza, nel procedimento di sequestro, del giudizio di convalida. 
Sotto il primo aspetto, va rilevato che la presenza � da ritenersi 
esatta, in quanto la prospettata puntualizzazione appare la pi� adeguata 
ad una situazione processuale nella quale il sequestro fu autorizzato, 
sia pure erroneamente, nelle more del regolamento preventivo di giurisdizione 
ed il procedimento che ne segu� ebbe, a sua volta, un corso 
continuo, tale da non consentire, per h mancata applicazione in con. 
creto della sospensione di cui all'art. 367 c.p.c., alcun richiamo alla 

necessit� di una riassunzione del processo ed alla conseguente specifica 

e temporanea competenza cautelare di cui all'art. 373 comma secondo 

di detto codice. Non altrettanto esatta �, invece, la conseguenza che le 

resistenti pretendono trarre dalla riferibilit� della matrice del provvedi


mento all'attivit� di un giudice istruttore e non lo � proprio in relazione 

alla convalida, dal momento che questa si pone, rispetto alle ordinanze 

in tema di sequestro, nella posizione dello speciale mezzo di reclamo 

predisposto dalla legge e rende, di conseguenza, applicabile la norma 

derogatrice di cui all'art. 127, comma terzo, n. 3, c.p.c. 

Senza dubbio fondato �, invece, il secondo prof�lo, posto che il 

giudice della convalida ha il potere-dovere di conoscere di tutte le 

questioni relative alla validit� ed all'efficacia del sequestro, sia che esse 

attengano pi� propriamente alla legittimit� della esecuzione o alla 

osservanza delle norme relative al giudizio di convalida in stretto senso 

regolamento fosse affetta da nullit� assoluta, rilevabile in sede di merito, ma anche 

in sede di esecuzione, e con tale orientamento non si pongono � in contrasto le 

decisioni 31 marzo 1950, n. 877, Foro it., Rep., 1950, voce �Competenza'" n. 453 

e 21 gennaio 1949, n. 68, id., Rep., 1949, voce cit., 400, isp�rate da evidenti ragioni 

di economia processuale, secondo le quali la decisione emessa in trasgressione del


l'obligo di sospensione cade nel nulla solo in caso di diniego della giurisdizione e 

non anche quando la giurisdizione sia riconosciuta in sede di decisione del 

regolamento. 

Conforme a tale orientamento, cfr., per la dottrina, SATTA, Commentario al 

codice di procedura civile, Milano, 1959, I, 178. 

Orbene, posto che quanto meno la pronuncia di diniego della giurisdizione 

emanata su regolamento comporta nullit� assoluta (caducazione) del provvedimento 

emesso in trasgressione dell'obbligo di sospensione, ci si pu� domandare se, nel 

caso di sequestro in tal guisa autorizzato, sussista necessit� di proseguire nel giudizio 

di convalida, ovvero se l'ineffi�acia del provvedimento possa essere dichiarata dal 

Giudice che lo aveva emesso in base ad una interpretazione analogica dell'art. 683. 

Si consideri che il Giudice della convalida non potrebbe che rigettare la relativa 

istanza dichiarando il difetto di giurisdizione del Magistrato che autorizz� il seque


stro, dovrebbe cio� pronunciarsi una seconda volta sulla giurisdizione, sia pur per 

prendere atto della pronuncia emanata su regolamento. 

Nel caso, come risulta dalla sentenza che si annota, il Presidente del Tribu


nale ritenne che le parti avessero inteso richiamare appunto l'art. 683 del codice 

di rito, pur escludendo, in concreto, l'applicazione della disposizione e ci� sembra 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 905 

sia che incidano sulla legittimit� della misura cautelare in senso lato, 
in quanto contrastino la mancanza di presupposti necessari per la 
concessione del procedimento; che nel caso concreto si deduceva, per 
l'appunto, sostanzialmente la revoca del sequestro, in quanto nullo per 
mancanza di un presupposto processuale, cio� della giurisdizione del 
giudice che ebbe ad autorizzarlo; che il potere-dovere di riesame del 
giudice della convalida non pu� non comprendere, nell'ampio ambito 
della potenziale sua sfera di azione, anche la particolare decisione di 
� non luogo " adottata nella fattispecie e sostituire eventualmente a 
quest'ultima, per quanto di ragione, una decisione di revoca, individuazione 
e restituzione; che, in relazione a quanto sopra, l'istanza della 
Emilia Cignozzi pu� essere configurata pi� che altro come richiesta 
di un provvedimento atipico avente l'essenziale scopo di anticipare, con 
forza esecutiva, gli effetti che la parte interessata si riprometteva di 

ottenere in sede di convalida. 

Il riconoscimento, conclusivo della sviluppata ratio decidendi, che 
non � impugnabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 della 
Costituzione, per difetto dei requisiti della decisoriet� e della definitivit�, 
lordinanza con la quale il giudice istruttore, richiesto di revocare 
il sequestro, a seguito della dichiarazione, in sede di regolamento 
preventivo di giurisdizione, del difetto di quest'ultima nel magistrato 
che ebbe ad autorizzarlo, dichiari non luogo a decidere sulla istanza e 
rinvii le parti a provvedersi nelle forme ordinarie, deve necessaria-

denunciare in linea di fatto lo sforzo interpretativo compiuto dalla Corte Suprema 

per assegnare al provvedimento impugnato la natur� di ordinanza istruttoria. 

Circa l'accenno contenuto nella sentenza alla facolt� del Giudice adito di 

emanare provvedimenti urgenti in pendenza del regolamento, non sembra corretto 

il riferimento all'art. 373 c.p.c., che ;i inserisce nel sistema, radicalmente diverso, 

degli effetti inerenti alla proposizione dell'ordinario ricorso per Cassazione. La 

competenza per l'emanazione di provvedimenti urgenti (che dovrebbero tuttavia 

ritenersi caducati in caso di dichiarazione di difetto di giurisdizione) pu� rinvenirsi 

invece, in forza di applicazione analogica dell'art. 48 c.p.c. In tal senso si vedano 

la gi� citata sentenza n. 259 del 17 febbraio 1965 e Cass., 15 gennaio 1953, nn. 107, 

108 e 109, Foro it., 1953, I, 176, nonch� Trib. Milano, 14 luglio 1964, id., 1964, I, 

1911 e Pretore Taranto, 7 ottobre 1951, ibidem, 952, I, 270. 

Per quanto riguarda la proponibilit� di regolamento preventivo di giurisdi


zione in sede di procedimento per la concessione del sequestro, si osserva che la 

ricordata sentenza n. 257 del 1964 ha risolto, per la prima volta in senso afferma


tivo, tale problema (contra: Cass., Sez. Un., 30 novembre 1950, n. 2663, in questa 

Rassegna, 1950, 215, con nota critica). Il mutamento di giurisprudenza � stato 

anticipato dal riconoscimento della proponibilit� del regolamento nell'ipotesi di 

procedimento per concessione di provvedimento d'urgenza: Cass., Sez. Un., 3 no


vembre 1959, n. 3262, Giust. civ., 1960, I, 515 e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 

9. febbraio 1965, n. 206, Foro it., Mass., 41. 
F. BATISTONI FERRARA 
5 



906 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente condurre alla dichiarazione di inammissibilit� del ricorso proposto 
dalla Emilia Cignozzi. 

La ricorrente ha dedotto in linea subordinata che, in ogni caso, il 
ricorso deve essere considerato ammissibile perch� involge una questione 
di giurisdizione nel senso che addebita al presidente istruttore 
del tribunale di Montepulciano di avere, col rifiutarsi di pronunciare, a 
seguito della sentenza di queste Sezioni Unite nella stessa causa, la 
nullit� del sequestro come diretta conseguenza del difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario a disporre il sequestro giudiziario della 
azienda, violato l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. 

Si tratta, peraltro, di una questione evidentemente infondata perch� 
con essa si pretende sostanzialmente che la Cassazione si pronunci 
per una seconda volta nello stesso processo su una questione di giurisdizione 
gi� risolta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1026 -Pres. 
Lonardo -Est. Felicetti -P.M. Tavolaro (conf.) -I.A.C.P. di Udine 
(avv. Piccardi) c. Perulli ed altri (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Case popolari -Prezzo di cessione Determinazione 
-Impugnativa -Giurisdizione dell'a.g.o. Esclusione. 


(1. 21 marzo 1958, n. 447; d.P.R. 7 gennaio 1959, n. 2, art. 7; l. 27 aprile 
1962, n. 231, art. 3). 
La deliberazione della Commissione Regionale, di cui aliart. 7 del 
decreto 7 gennaio 1959, n. 2, con la quale viene determinato il prezzo 
di cessione di alloggi delristituto Autonomo per le Case Popolari! agli 
aventi diritto, � un atto amministrativo rispetto al quale la pretesa dell'ente 
interessato alla determinazione del valore venale degli alloggi deve 
con-figurarsi quale interesse legittimo: la relativa impugnativa, pertanto, 
esula dalla giurisdizione del giudice ordinario (1). 

(Omissis). -La sentenza impugnata ha sostanzialmente ritenuto 
che la determinazione del prezzo degli alloggi, da cedersi in propriet� 
agli assegnatari da parte degli Istituti Autonomi per le Case Popolari, 
rientra fra gli accertamenti preparatori -involgenti una discrezionalit� 

(1) Nello stesso senso cfr. Cass., 28 gennaio 1961, n. 156, Foro amm., 1961, 
II, 216. Le Sezioni Unite hanno desunto la qualificazione come interesse legittimo 
della pretesa dell'ente interessato alla determinazione del valore venale degli alloggi 
ceduti dal rilievo della natura prevalentemente pubblicistica del rapporto che si 
instaura fra l'I.A.C.P. e i concessionari (sul punto, cfr. Cass., Sez. Un., 28 gen

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 907 

tecnica -del procedimento amministrativo diretto alla deliberazione 
di vendere da adottarsi, come atto conclusivo, dall'Ente proprietario. 
Alla stregua di tale presupposto la predetta sentenza ha ravvisato nell'Ente 
la titolarit� d'un interesse legittimo alla " giusta valutazione � 
degli immobili e non di un diritto soggettivo. 

L'Istituto ricorrente, premesso che contro loperato della Commissione 
Regionale adita in seconda istanza per l'accertamento del � valore 
venale � degli alloggi non sono ammessi ulteriori ricorsi amministrativi 
e che l'art. 113 della Costituzione assicura in ogni caso una tutela 
giurisdizionale, afferma in sostanza che, non potendosi negare agli assegnatari, 
in forza dell'art. 3 della legge 27 aprile 1962, n. 231, il << diritto 
soggettivo � alla cessione in propriet� degli appartamenti assegnati, si 
verrebbe a configurare un rapporto di compravendita, sia pure coattiva, 
nel quale al sopra cennato diritto, del compratore, di ricevere la propriet� 
della cosa dovrebbe fare necessario riscontro un corrispondente 
controdiritto soggettivo, del venditore, di ricevere il prezzo � stabilito 
dalla legge �; prezzo nella cui determinazione non inciderebbe, quindi, 
l'uso di alcun potere discrezionale. 

La Corte osserva che una siffatta tesi, attribuendo al rapporto in 
esame un carattere strettamente sinallagmatico ed assimilandolo indiscriminatamente 
ad un negozio tra privati a prestazioni corrispettive, non 
tiene nel debito conto la natura prevalentemente pubblicistica del rapporto 
medesimo, pi� volte rilevata da questo Supremo Collegio (v., fra 
!'altre, sent. a Sezioni Unite n. 156 del 1961, n. 750 del 1964). 

Per tale preponderante carattere -che va principalmente desunto 
dalla qualit� pubblica degli Istituti autonomi per le case popolari (enti 
pubblici non -economici) e dalla finalit� da essi perseguita (finalit� 
eminentemente sociale, propria dello Stato e ad essi delegata, di prov-vedere 
d'alloggio vaste categorie di cittadini meno abbienti) -il trasferimento 
degli alloggi in propriet� dei privati assegnatari, com'� stato 
esattamente ritenuto dall'impugnata sentenza, si configura come l'atto 
finale d'un complesso procedimento amministrativo del quale la determinazione 
del prezzo di cessione fa parte, costituendone un presupposto. 

naio 1961, n. 156, sopracitata, e Cass., Sez. Un., 6 aprile 1964, n. 750, Giust. civ., 
1964, I, 1099, con nota di PUGLIESE). Peraltro, la giurisprudenza amministrativa � 
ferma nel ritenere che la pretesa del privato alla cessione in propriet� dell'alloggio 
costituisca un vero .e proprio diritto soggettivo (cos� Cons. Stato, Sez. VI, 11 dicembre 
1964, n. 948, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2250; Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 
1964, n. 733, ivi, 1964, I, 1784; Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 1963, n. 335, 
ivi, 1963, I, 1029). In talune di queste decisioni, e particolarmente nelle 948, e 733 
del 1964, ricorre, anzi, un riferimento alla tassativit� della determinazione del 
prezzo di cessione dal quale potrebbe argomentarsi qualche perplessit� sulla soluzione 
accolta dalle Sezioni Unite. 



908 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pu� soggiungersi che la predetta cessione di alloggi costituisce fine 
istituzionale degli Istituti. I quali, pertanto, entrano in rapporti con i 
cessionari e partecipano al sopra cennato procedimento non gi� nella 
veste di privati venditori operanti per scopo di lucro, ma quali Pubbliche 
Amministrazioni agenti per fini collettiv~ in quanto concedono a riscatto 

o comunque cedono in propriet� ai legittimi destinatari gli alloggi 
costruiti, in adempimento d'un obbligo che ne costituisce la finalit� istituzionale, 
esercitando un'attivit� di natura prevalentemente amministrativa 
e non un'attivit� meramente negoziale. 
Ma quel che soprattutto importa rilevare � che, alla stregua del 
sistema normativo introdotto dalla legge delega 21 marzo 1958, n. 477 
e dal decreto 7 gennaio 1959, n. 2 modif�cato dalla legge 27 aprile 1962, 

n. 231, la determinazione del prezzo degli alloggi da cedersi in propriet� 
� affidata ad un organo della Pubblica Amministrazione, qual'� la Commissione 
provinciale prevista dalrart. 6 del decreto 7 gennaio 1959, n. 2; 
organo il cui carattere prevalentemente tecnico � rilevato dalla qualit� 
dei suoi componenti (Intendente di Finanza, Ingegnere Capo del Genio 
Civile). Ad un organo analogo, ancorch� pi� autorevole, quale la Commissione 
prevista dall'art. 7 dello stesso decreto e costituita presso 
ciascun Provveditorato alle Opere Pubbliche, � deferita la cognizione 
dei ricorsi contro l'operato della Commissione Provinciale. 
Ora, nel complesso procedimento amministrativo della cessione degli 
alloggi agli assegnatari, l'attivit� di tali Commissioni -le quali hanno 
indubbiamente, per volont� della legge, una competenza tecnica esclusiva 
-non � destinata a contrapporsi ma a concorrere con quella degli 
Istituti Autonomi per il conseguimento dei pubblici fini assistenziali dai 
quali essi traggono la loro ragione d'essere. 

N� sarebbe sotto alcun aspetto concepibile una contrapposizione 
d'intere~si fra Istituti e Commissioni: queste ultime hanno ope legis 
il compito di partecipare al procedimento suddetto in veste di organi 
imparziali chiamati a determinare un elemento fondamentale, che nel 
contempo ne � un presupposto, delle cessioni da effettuarsi dagli enti. 

Pertanto, se il legislatore ha disposto che le ripetute Commissioni 
debbono ragguagliare il prezzo di cessione al valore degli alloggi al 
momento nel quale gli enti interessati deliberano la cessione stessa, 
diminuito del 30 per cento nonch� d'un ulteriore 0,25 per cento per 
ogni anno d'effettiva occupazione da parte dei richiedenti (art. 4 della 
legge 27 aprile 1962, n. 231), ci� significa -come esattamente ha ritenuto 
la sentenza impugnata -eh' esso ha posto una norma diretta a 
dettare i criteri ai quali deve essere informato l'atto amministrativo 
(accertamento) agli appositi organi demandato affinch� esso risulti rispondente 
ai fini pubblici perseguiti ed agli enti in parola istituzionalmente 
affidati. 


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PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDJZIONE 909 

Trattasi, cio�, di attivit� regolata, ma non gi� in funzione diretta 
ed immediata d'un interesse proprio degli enti del quale il legislatore 
abbia inteso di assumere la diretta protezione, bens� in funzione dell'equo 
contemperamento dell'esigenza pubblicista di realizzare i cennati fini 
assistenziali con l'esigenza, anch'essa di pubblico interesse, di contenere 
(al di fuori di ogni intento speculativo) il prezzo di cessione entro i 
limiti non inferiori al costo reale di produzione degli alloggi, pur procurando 
di renderlo il pi� possibile vantaggioso e ridotto, come particolarmente 
si evince dal raffronto del citato art. 4 con l'art. 6 della legge 

n. 
231 del 1962. 
Per le considerazioni sin qui esposte non pare sia giuridicamente 
configurabile un diritto soggettivo perfetto degli enti tenuti ad attenersi 
alla determinazione del prezzo di cessione definitivamente effettuato 
dalla Commissione presso il Provveditorato alle Opere Pubbliche proprio 
per il fatto che contro la deliberazione di essa non � ammesso ulteriore 
ricorso: ed il cui interesse all'osservanza dei criteri fissati dalla legge 
-ancorch� non meramente generico -trova nella norma legislativa 
un riconoscimento ed una tutela solo mediata e diretta. 
Ad escludere la configurabilit� del diritto soggettivo sta ancora la 
considerazione eh' esso non sarebbe concepibile nei confronti delle Commissioni, 
queste essendo organi chiamati soltanto ad effettuare, imparzialmente 
e nell'interesse sia degli enti che dei cessionari, un accertamento 
nell'ambito d'un procedimento amministrativo. N� sarebbe 
configurabile nei confronti degli assegnatari, poich� la volont� di costoro 
rimane assolutamente estranea alla determinazione del prezzo di cessione 
e rispetto ad essi loperato definitivo della Commissione Regionale � 
del pari vincolante; sicch� -in relazione alla ripetuta determinazione 
di prezzi -manca ogni possibilit� di ravvisare una pretesa degli enti 
ad un determinato comportamento dei cessionari degli alloggi. 
E finalmente non pu� trascurarsi il rilievo che non potrebbe sotto 
nessun aspetto ammettersi la possibilit� d'un modo di determinazione 
del prezzo delle cessioni diverso da quello imperativamente stabilito 
dalla legge e d'affidarlo ad organo diverso, come accadrebbe se -riconoscendosi 
contro la deliberazione della Commissione Regionale l'ammissibilit� 
d'un ricorso al giudice ordinario, che la legislazione speciale 
non consente -si venisse, in definitiva, a sostituire allo speciale provvedimento 
amministrativo prescritto da tale legislazione ed agli organi 
tecnici appositamente istituiti, un normale procedimento giudiziario, 
per altro inopportuno in materia di pura e semplice estimazione. 
Con ci� non s'intende negare, sull'operato della Commissione Regionale 
ed a tutela degli interessi legittimi degli enti come dei concessionari, 
la possibilit� giuridica d'un controllo di legittimit�: la deliberazione 
con la quale viene determinato il prezzo di cessione, infatti, � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

910 

un atto amministrativo, come taie soggetto al sindacato del Giudice 
Amministrativo qualora risulti affetto dai vizi tradizionali, come nella 
specie si era assunto, denunziandosi in sostanza il vizio di violazione 
di fogge. 

Il che porta a rilevare altres� l'inconsistenza del riferimento del 
ricorrente all'art. 113 della Costituzione: come espressamente � stabilito 
da tale norma, lesigenza della tutela giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi legittimi contro atti della P.A. � soddisfatta anche quando la 
tutela sia consentita soltanto dinanzi agli organi di giurisdizione amministrativa. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 giugno 1965, n. 1117 -Pres. 
Lonardo -Est. D1Amico -P.M. Di Majo (concl. diff.) -Autiero 
{avv.ti Zandinella e Ventura) c. Ministero Tesoro (avv. Stato 
Gargiulo). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Impiego pubblico -Controversie relative alle assicurazioni 
obbligatorie non connesse col rapporto di impiego Competenza 
del Tribunale. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29; 1. 2 aprile 1958, n. 322, art. unico; 
c.p.c., artt. 429, 459, 461). 
Procedimento civile -Regolamento di competenza -Decorrenza 
del termine -Comunicazione della sentenza a mezzo posta Riferimento 
alla data dell'effettiva recezione del relativo 
biglietto da parte del destinatario. 

(c.p.c., artt. 47, 136, 149). 

Le controversie relative alr assicurazione obbligatoria, anche se 
concernono pubblici impiegati, rientrano nella competenza del giudice 
ordinario (e cio� -ratione materiae -del Tribunale, ai sensi delrart. 
461, in relazione agli artt. 459 e 429 c.p.c.), ove la sussistenza o meno 
dell'obbligo �delr assicurazione non sia da mettere in relazione in alcun 
modo con il rapporto di impiego (nella specie, � stato riteny,to che � 
risevata alla cognizione del Tribunale l'opposizione all'ingiunzione con 
il quale l'ex dipendente statale contesta di essere tenuto ad effettuare 
il pagamento dei contributi necessari a costituire la posizione assicurativa 
per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, ai sensi dell'art. unico 
della legge 2 aprile 1958, n. 322) (1). 

(1) � costante giurisprudenza della Suprema Corte che la giurisdizione sulle 
questioni concernenti il rapporto di impiego pubblico spetti, in via esclusiva, al 
Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 29, n. 1 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, tutte 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 911 

Qualunque sia il modo cui ricorra il cancelliere per dare alle parti, 
ai sensi delr art. 136 c.p.c., le comunicazioni prescritte dalla legge o dal 
giudice .(consegna del biglietto al destinatario che ne rilascia ricevuta, 

o direttamente o per mezzo del(ufficio giudiziario, spedizione del 
biglietto stesso per posta in piego raccomandato) � pur sempre necessario, 
quando dalla data di comunicazione decorra un termine per Timpugnazione 
(nella specie, regolamento di competenza), che si conosca 
il giorno in cui la notizia � pervenuta al destinatario stesso. Si impone, 
perci�, come per le notifiche a mezzo del servizio postale, che il piego 
raccomandato sia accompagnato dalr avviso di ricevimento ed in tal 
caso, i termini si computano dalla data della consegna del piego risultante 
dalla ricevuta di ritorno o, in mancanza, dal bollo apposto sulla 
medesima dall'ufficio postale che la restituisce (~). 
(Omissis). -L'eccezione di difetto di giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, riproposta dal Ministero del Tesoro, deve essere 
disattesa. 

Nella presente controversia non �, infatti, in alcun modo in discussione 
la disciplina del rapporfo di impiego. Questo cessato a seguito 

le volte che sussista un collegamento causale tra la pretesa dedotta in giudizio ed il 
detto rapporto di impiego e pi� precisamente quando questo, nella sua costituzione 
e nel suo. svolgimento, funzioni da momento genetico, diretto ed immediato della 
pretesa in discussione (in tal senso, cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1963, 

n. 3246, in questa Rassegna, 1964, I, 37, con nota di richiami, cui adde Cass., 17 febbraio 
1964, n. 349, Giur. it., 1964, I, 689; id., 28 luglio 1962, n. 2230, Giur. it., 
1964, I, 1, 726 e Foro pad., 1962, I, 1386 e ibidem, 1963, I, 138, con nota contraria 
di CANNADA BARTOLI, Sui limiti della competenza esclusiva del giudice amministrativo; 
id., 27 febbraio 1962, n. 367, Foro it., Mass., 1962, 106). 
In particolare, in tema di assicurazioni obbligatorie, partendo dal presupposto 
che il rapporto previdenziale abbia carattere di autonomia rispetto a quello di 
prestazione d'opera, dal quale differisce per fonte, causa, soggetti e contenuto, 
diverse decisioni della S.C. riservano la decisione delle relative questioni al giudice 
ordinario, pur se il prestatore d'opera sia un dipendente dello Stato o di altro 
ente pubblico (cfr., in tal senso, Cass., 23 febbraio 1956, n. 517, Riv. it. prev. soc., 
1957, 558, con nota di ScoTTo; id. 18 marzo 1963, n. 677, Giust. civ., Mass., 1963, 
311; id., 23 giugno 1964, n. 1639, Giust. civ., 1965, I, 777; id., 6 ottobre 1964, 

n. 2524; ibidem, 776, con nota di CrACCIO, Giurisdizione ed accertamento incidenter 
tantum del presupposto del rapporto di impiego nelle controversie per danni da 
omessa od irregolare assicurazione sociale dei dipendenti di enti pubblici) 
Il suindicato indirizzo non � peraltro cos� assoluto come s.embrerebbe evincersi 
dalle massime estratte dalle citate sentenze. 

Se � vero che il rapporto previdenziale e quello di impiego sono distinti ed 
indipendenti (CATALDI, Il sistema giuridico delle assicurazioni sociali in Trattato di 
diritto del lavoro, Padova, 1959, IV, parte I, 46; per la giurisprudenza, vedi le 
sentenze succitate), � pur sempre vero che sussiste un evidente nesso di interdipendenza 
tra i medesimi, nel senso che il rapporto di assicurazione sociale sorge 
ex lege dalla costituzione del sottostante rapporto di prestazione d'opera e lo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

912 

delle dimissioni volontarie del ricorrente Autiero, l'unica questione che 
nella specie pu� porsi e che dalle parti si pone, � se, a norma dell'articolo 
unico della legge 2 aprile 1958, n. 322, sia o no dovuto dall' Autiero il 
versamento dei contributi per l'assicurazione di invalidit�, vecchiaia e 
superstiti, per cui l'Amministrazione del Tesoro emise l'ingiunzione, 
avendo omesso di esercitare la facolt� di trattenuta conc~ssale dalla 
legge: non � dovuto se la predetta disposizione debba intendersi nel 
senso che la posizione assicurativa sia da �costituire, per la durata del 
cessato impiego, solo quando si riallacci ad una precedente e ad una 
successiva posizione previdenziale, con un'attivit� lavorativa quindi 
anteriore e posteriore al rapporto di impiego; � dovuto, invece, se si 
attribuisca al legislatore l'intento di assicurare in ogni caso il beneficio 
al lavoratore, anche contro la sua volont�, prescindendo dalla precedente 
e dalla successiva attivit� previdenziale. !!: chiaro, quindi, che la 
questione obbiettivamente si profila in tal modo che il rapporto di pubblico 
impiego resta fuori-dalla pretesa dedotta in giudizio, a cui non � 
menomamente collegata. Allo stesso modo si sarebbe presentata se non 
si fosse trattato di un rapporto di pubblico impiego. 

!!:, pertanto, puntuale l'applicazione del principio pi� volte affermato 
da queste Sezioni Unite, secondo cui sussiste la giurisdizione del 
giudice amministrativo, solo quando si riscontri un collegamento causale 
tra il rapporto di impiego pubblico e la pretesa dedotta in giudizio, 
collegamento �Che va ravvisato solo se il rapporto funziona da momento 
genetico diretto ed immediato della pretesa {da ultimo Cass., Sez. Un., 

presuppone necessariamente: ci� che -in materia di impiego pubblico ___;. ha 
rilievo sulla soluzione della questione di giurisdizione. Invero, alcune tra le pronuncie 
surrichiamate dalla S.C. (e cos� le sentenze 23 giugno 1964, n. 1639 succitata 
e 30 dicembre 1963, n. 3247, Foro it., 1964, I, 670) chiariscono che ove la questione 
in esame riguardi la sussistenza o meno dell'obbligo di provvedere alla costituzione 
del rapporto assicurativo e di mantenere l'assicurazione efficiente, in relazione 
allo stato giuridico-economico del dipendente, la controversia � attribuita alla giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo. In tal caso, invero, motiva la sentenza 

n. 1639 del 1964 -emessa in materia di azioni di responsabilit� intentata dal 
dipendente contro l'ente pubblico per omesso versamento dei contributi assicurativi 
-il � fatto stesso che il diritto patrimoniale di cui si sarebbe chiesta la restaurazione 
era intimamente e radicalmente connesso al rapporto di lavoro, avrebbe 
importato che la questione fosse sottratta alla cognizione del giudice ordinario, 
involgendo la questione stessa necessariamente l'interpretazione del contenuto dei 
diritti e degli obblighi nascenti dal menzionato rapporto �. 
Proprio tale esatta precisazione dei confini tra la giurisdizione del giudice 
amministrativo e di quello ordinario doveva portare a dichiarare nella fattispecie, 
il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. a� favore del Consiglio di Stato. 

Infatti, negava in sostauza l'opponente nell'ingiunzione, (ed affermava la p.a. 
ingiungente) che l'obbligo della costituzione del rapporto previdenziale imposto 
dalla legge 2 aprile 1958, n. 322 � in favore dei lavoratori iscritti a forme obbligatorie 
di previdenza sostitutiva delle assicurazioni per invalidit�, vecchiaia o ad 



PARTE I, SEZ. ll, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 913 

30 dicembre 1963, n. 3246). Del resto, queste stesse Sezioni Unite (sentenze 
23 giugno 1964, n. 16391 e 18 marzo 1963, n. 677) hanno avuto 
occasione di porre in evidenza, proprio in tema di assicurazioni obbligatorie, 
che le controversie relative, anche se concernono pubblici impiegati, 
restano affidate al giudice ordinario ove la sussistenza o meno del1'
obbligo dell'assicurazione non � da mettere in relazione in alcun modo 
con il rapporto di impiego. 

Da rigettare poi, per quanto ammissibile, � l'istanza di regolamento 
di competenza proposta dall' Autiero. 

eAmministrazione resistente ne sostiene la inammissibilit�, assumendo 
che il termine perentorio di trenta giorni per la proposizione 
del ricorso per regolamento di competenza decorre dalla data di spedizione 
della raccomandata, con cui il cancelliere comunica che � 
stata pronunciata sentenza sulla competenza: nella specie il termine 
sarebbe decorso, risultando che la raccomandata � stata spedita il 
18 maggio 1964 e la notifica del ricorso � avvenuta il 22 giugno dello 
stesso anno. 

Ma l'eccezione non ha fondamento. Qualunque sia il modo al quale 
il cancelliere ricorra per dare alle parti, ai sensi dell'art. 136 c.p.c. le 
comunicazioni prescritte dalla legge o dal giudice (consegna del biglietto 
al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o direttamente o per mezzo 
dell'ufficiale giudiziario, spedizione del biglietto stesso per posta in 
piego raccomandato, � pur sempre necessario, quando dalla data di 
comunicazione decorra il termine per un'impugnazione, che si conosca 

altri trahamenti di previdenza che abbiano dato titolo alla esclusione da detta 
assicurazione '" non avrebbe dovuto trovare applicazione nei confronti degli impiegati 
dello Stato di poi dedicatisi a professione liberale, sicch� la p.a. non avrebbe 
potuto legittimamente operare la detrazione dei corrispondenti contributi in sede 
di pagamento dell'assegno spettante in luogo di pensione (o -come era successo 
nella specie -chiedere successivamente il rimborso dei contributi erroneamente 
non detratti). 

Tali essendo i termini della contestazione, sembra che la questione da risolvere 
comportasse necessariamente l'indagine se allo Stato, nella sua qualit� di 
� parte " del rapporto di impiego pubblico, spettasse il potere-dovere di provvedere 
alla costituzione della posizione assicurativa menzionata dalla citata legge n. 322 
del 1958 e fosse correlativamente abilitato a pretendere dall'impiegato il rimborso 
dell'ammontare dei corrispondenti contributi: si trattava, quindi, di questione vertente 
sui poteri, obblighi e diritti compenetrati nel rapporto di impiego, come tale 
devoluto alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo, essendo d'altro lato 
irrilevante in contrario l'intervenuta cessazione del predetto rapporto di pubblico 
impiego (Cons. Stato, 22 marzo 1952, Cons. Stato, 1952, 441; id., 29 agosto 1962, 
ibidem, 1952, 1055). 

(2) Sullo specifico punto non risultano precedenti giurisprudenziali editi. 
Com'� noto, l'art. 47 c.p.c. fa decorrere il termine perentorio per il regolamento 
di competenza della � comunicazione ,, della sentenza e l'art. 136 cpv. dello 
stesso codice dispone� che il Cancelliere provveda a tale comunicazione con conse




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

914 

il giorno in cui la notizia � pervenuta, al destinatario. S'impone perci� 
che, come per le notificazioni a mezzo del servizio postale (artt. 149 c.p.c. 
5 e 6 del r.d. 21ottobre1923, n. 2393, 174 del r.d. 18 aprile 1940, n. 689), 
il piego raccomandato sia accompagnato dall'avviso di ricevimento, da 
cui soltanto si possono desumere il modo con cui il piego � pervenuto 
al destinatario e la data in cui la consegna � avvenuta (vedi per le notificazioni 
eseguite per posta, Cass., 22 giugno 1962 e n. 1629 e 4 agosto 
1962, n. 2806). Esplicitamente l'art. 6 del richiamato r.d. 21 ottobre 
1923, n. 2393 dispone che i termini, che decorrono da una notificazione 
eseguita per posta, si computano dalla data della consegna del 
piego, risultante dalla rioevuta di ritorno, e, se la data non risulti, tlal 
bollo apposto sulla ricevuta medesima dall'ufficio postale che la restituisce. 
Non vale invocare la giurisprudenza di questa Corte (tra le 
altre, Cass., 21 maggio 1962, n. 1161), in tema di notifica a persona 
irreperibile, nella quale ipotesi non � stata considerata la consegna 
della raccomandata al destinatario ma la spedizione della raccomandata 
stessa, poich� per la notifica agli irreperibili, a differenza della specie 
in esame, sono previste pi� formalit� per assicurare la ricezione dell'atto, 
� cio� il deposito della copia nella casa comunale, l'affissazione dell'avviso 
di deposito alla porta dell'abitazione o dell'ufficio del destinatario e, 
infine, la notizia a quest'ultimo mediante raccomandata con avviso di 

ricevimento. 

L'Amministrazione resistente ha esibito una dichiarazione della 
Direzione provinciale delle Poste di V f)nezia, da cui risulta che la 

gna del relativo biglietto o direttamente al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o 
a mezzo di Ufficiale Giudiziario, ovvero cc per posta in piego raccomandato ". 

Sull'istituto della cc comunicazione,,, veggasi PuNzr, Comunicazione (dir. proc. 
civ.), Enc. dir., vol. VIII, 207; lANNuzzr, Comunicazione del provvedimento di 
volontaria giurisdizione, Giust. civ., 1964, I, 1915; cfr. anche CARNELUTTI, Comunicazione 
per biglietti di cancelleria, Riv. dir. proc., 1955, II, 252. 

Dato che la legge parla solo di spedizione in piego raccomandato, senza 
richiedere che esso sia accompagnato dall'avviso di ricevimento (cfr. anche -per 
le notifiche a mezzo di ufficiale giudiziario -l'art. 142), che � invece esplicitamente 
richiesto per le ordinarie notifiche a mezzo posta (art. 149 c.p.c.; art. 5 r.d. 21 ottobre 
1923, n. 2393; art. 170 a 182 reg. 18 aprile 1940, n. 689), � da escludere la 
necessit� di tale avviso di ricevimento (contrariamente a quanto sembra affermare 
la sentenza in rassegna) e, di conseguenza, deve negarsi che la mancata allegazione 
dello stesso avviso sia causa di nullit� della comunicazione medesima: e ci� anche 
a prescindere dalla ulteriore ed assorbente considerazione che le formalit� stabilite 
dall'art. 136 non sono prescritte comunque a pena di nullit�, essendo da ritenere 
valida la comunicazione -pur se effettuata in modo diverso da quello prescritto semprech� 
essa abbia raggiunto lo scopo di informare il destinatario dell'esistenza 
e del contenuto del provvedimento (Cass., 3 dicembre 1959, n. 3490, Foro it., Rep., 
1959, v. Sentenza civ. n. 134-135; Cass., 7 ottobre 1954, n. 3404, ibidem, 1954, 

v. Proc. civ., n. 243-244; in particolare, ai fini della decorrenza del termine per il 
regolamento di competenza, sull'efficacia del � visto " del difensore sull'originale, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 915 

raccomandata fu consegnata in data 19 maggio 1964, distribuzione a 
firma Gina Marrone, impiegata �. 

Anche ad ammettere che tale dichiarazione possa sostituire l'avviso 
di ricevimento, � da rilevarne l'evidente inidoneit� al fine, mancando 
qualsiasi indicazione sulla persona che ha ricevuto il plico, richiesta 
invece dall'art. 174 del r.d. 18 aprile 1940, n. 689. 

In difetto quindi della rituale comunicazione del deposito della sentenza, 
� mancato l'inizio del decorso del termine e pertanto l'istanza 
di regolamento � ammissibile. 

Ma, come si � premesso, l'istanza stessa deve essere rigettata. L'art. 
461 c.p.c. attribuisce al Tribunale la competenza a giudicare le controversie 
indicate nel primo comma dell'art. 459 dello stesso codice, e cio� 
quelle derivanti dall'applicazione delle norme relative alle assicurazioni 
sociali, agli infortuni sul lavoro industriale o agricolo, alle malattie 
professionali, agli assegni familiari e ad ogni altra forma di previdenza 
e di assistenza obbligatorie, perch� siano inerenti ai rapporti indicati 
nell'art. 429. 

Il ricorrente Autiero sostiene che questo ultimo requisito si riscontra 
nella specie in esame, trattandosi di rapporto di impiego, tra esso Autiero 
e il Ministero del Tesoro, che dalla legge � devoluto ad altro 
giudice e cio� al giudice amministrativo (art. 429, n. 4 c.p.c.). 

Questa tesi non ha consistenza come si � gi� sopra dimostrato 
nell'esaminare leccezione di difetto di giurisdizione dproposta dal 
Ministero del Tesoro: poich� il rapporto di impiego dell' Autiero non 

cfr. Cass., 4 gennaio 1961, n. 20, Foro it., 1961, I, 559; id. 10 ottobre 1958, n. 3189, 
Giust. civ., Mass., 1958, 1136). 

Diversa questione � quella relativa alla data di decorrenza degli effetti della 
comunicazione ed, in particolare, del termine per il regolamento di competenza: 
premesso, invero, che quando l'avviso � trasmesso a mezzo posta, vi � un intervallo 
di tempo intercorrente tra il momento della sua spedizione e quello della sua 
recezione da parte del destinatario, considerata la funzione della comunicazione 
(che � -come si � accennato -quella di portare a conoscenza dell'interessato 
l'esistenza ed il contenuto del provvedimento) e la necessit� logica di subordinare 
la decorrenza del termine della impugnativa a tale conoscenza (sarebbe, invero, 
evidentemente assurdo far decorrere il relativo termine perentqrio dalla data della 
spedizione dell'avviso il quale -per possibili disguidi postali -potrebbe pervenire 
all'interessato anche dopo che l'intero termine si � maturato), deve senza dubbio 
ritenersi che si debba aver riguardo alla data della recezione dell'avviso da parte 
del destinatario. In tali limiti, � esatto far richiamo, anche per la fattispecie, alla 
costante giurisprudenza secondo la quale, ai fini della determinazione della data 
di notificazione di un atto giudiziario a mezzo del servizio postale, vale quella della 
consegna del plico raccomandato e non quella della sua spedizione (cfr., tra le 
altre, Cass., 29 luglio 1963, n. 2120, Giust. civ., Mass., 1963, 933; id., 4 ottobre 1962, 

n. 2806, Foro it., 1963, I, 409; id., 26 luglio 1962, n. 2136, Giust. civ., Mass., 
1962, 1046; id., 22 giugno 1962, n. 1629, Giust. civ., 1963, I, 624; id., 18 dicembre 
1957, n. 4733, Giust. civ., 1957, I, 241; in dottrina, veggasi CARNACINI, Ancora 

916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e m collegamento causale con la pretesa dedotta in giudizio dall'Amministrazione 
predetta, il rapporto assi:curativo previdenziale deve essere 
oggetto di esame davanti al giudite ordinario; escluso quindi che la 
controversia sia devoluta ad altro giudice, la competenza non pu� spettare 
ch� al Tribunale, a norma del combinato disposto degli artt. 461, 
459 e 429 c.p.c. N� � possibile considerare la lite come controversia 
individuale del lavoro, soggetta alla competenza per valore di cui alrart. 
434 c.p.c., poich� l'art. 459, comma secondo dello stesso codice trova 
applicazione solo quando la controversia fra lavoratore e datore di 
lavoro sia relativa all'inosservanza da parte di questo ultimo degli 
obblighi di assistenza e previdenza, ipotesi che non si verifica nel 
caso in esame. -{Omissis). 

una vittima delle notificazioni per posta, Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, 1180; 
PuNZI, La notificazione degli atti nel processo civile, Milano, 1959, 172 e segg.); 

-�~

Ma, appunto perch� non � essenziale l'avviso di ricevimento della raccomandata, 
la prova della data di recezione pu� essere offerta anche in altro modo ed, in 
particolare, con lesibizione di un certificato dell'Amministrazione Postale attestante 
la data della �onsegna della raccomandata al destinatario. 

G. MANDO' 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 luglio 1965, n. 1373 -Pres. 
Lonardo -Rel. Iannelli -P.M. Tavolaro {conf.) -Esattoria civica 
di Milano (avv. Guerra) c. Migliarese (avv. Ferrari) e c. Ministero 
finanze (avv. Stato Colletta). 

Imposte e tasse in genere -Concordato fallimentare -Azione 
diretta a farne riconoscere il carattere vincolante rispetto al 
credito d'imposta -Azione di accertamento -Giurisdizione 
del Magistrato ordinario. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 delle leggi sulle imposte dirette, artt. 208, 209). 
Imposte e tasse in genere -Azione diretta a far dichiarare l'estinzione 
del credito di imposta -Previo ricorso alle Commissioni 
amministrative -Necessit�. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). 
Imposte e tasse in. genere -Azione di accertamento della efficacia 
vincolante del concordato fallimentare -Legittimazione. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 917 

Esecuzione fiscale -Esecuzione fallimentare -Autonomia processuale 
-Deroga alla � par condicio creditorum � -Insussistenza 
-Concordato fallimentare -Credito chirografario d'imposta Soggezione. 


(r.d. 16 marzo 1942, n. 267, disciplina del fallimento, artt. 51, 52, 137; 
t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401, artt. l, 5, 87; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 
delle leggi sulle imposte dirette, artt. 206, 209, 210). 
In quanto non concreti la contestazione del diritto deliesattore a 
procedere ad esecuzione, i azione diretta a conseguire l'accertamento 
del carattere vincolante del concordato fallimentare rispetto al credito 
chirografario d'imposta rientra nella giurisdizione del magistrato ordinario 
(1). 

Poich� con tale azione non viene in discussione la legittimit� della 
imposizione, ma l'estinzione sopravvenuta del credito tributario, presupposto 
della quale � il riconoscimento della originaria sussistenza del 
credito stesso, essa � immediatamente proponibile avanti all'autorit� 
giudiziaria senza previo ricorso alle Commissioni amministrative (2). 

Legittimati a resistere all'azione stessa sono sia l'Amministrazione 
finanziaria, sia l'esattore (8). 

C autonomia deliesecuzione esattoriale rispetto alla esecuzione f allimentare 
opera esclusivamente sul piano processuale e non importa 
deroga al principio della par condicio dei creditori: anche il credito 
chirografario aimposta � perci� soggetto alla clausola del concordato 
fallimentare e va ridotto alla percentuale con esso stabilita (4). 

(Omissis). -Preliminare, poi, tra le questioni poste da'ne ricorrenti, 
� quella che concerne la qualificazione giuridica dell'azione esperita 
dal Migliarese, giacch� essa attiene all'eccepita improponibilit� del1'
azione medesima davanti al giudice ordinario e, conseguentemente, al 
difetto di giurisdizione di quest'ultimo. 

(1-4) Non si rinvengono precedenti specifici in ordine ai principi espressi .elle 

prime tre massime. La Corte di Cassazione ha anzitutto escluso che, nella specie, 

l'azione del contribuente, proposta per far valere lefficacia vincolante del concor


dato fallimentare rispetto al credito d'imposta, concretasse opposizione all'esecuzione 

esattoriale, come tale vietata dall'art. 209 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, 

non ravvisando, in-concreto, una contestazione del diritto dell'esattore a procedere 

ad esecuzione, costituente petitum caratteristico dell'opposizione stessa. La domanda 

concreterebbe perci� un'azione di accertamento di tale efficacia vincolante e della 

conseguente estinzione del credito tributario per la parte eccedente la percentuale 

concordataria, non suscettibile di spiegare effetti diretti sull'esecuzione esattoriale. 

L'ammissibilit� di azi�ni intese a far valere l'insussistenza del credito tributario 

-proposte anche nel corso dell'esecuzione esattoriale, ma senza diretta influenia 

su di essa -viene espressamente postulata dalla Corte Costituzionale nella sen




918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Diversamente da quanto � stato ritenuto dalla Corte d'Appello, 
che cio� l'azione non avesse ad oggetto la contestazione del diritto a 
procedere esecutivamente per il soddisfacimento del credito tributario 
ma fosse diretta, piuttosto, soltanto all'accertamento dell'obbligatoriet�, 
senza alcuna eccezione, del conco<rdato fallimentare, con la conseguente 
estinzione del credito suddetto per la parte eccedente la percentuale 
dovuta, sia l'Amministrazione delle finanze che l'Esattoria 
civica, l'una col secondo mezzo e l'altra col primo mezzo del loro ricorso, 
denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 208 e 209, 
comma secondo, del t.u. delle leggi sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, 

n. 645, degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E e 22 del 
r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch� dell'art. 615 c.p.c., in relazione 
all'art. 360, nn. 1, 3 e 5 stesso cod. di rito, sostengono che l'azione stessa 
avrebbe dovuto, in base al contenuto della domanda, qualificarsi come 
opposizione alresecuzione esattoriale e ritenersi, come tale, improponibile 
davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria, dal momento che l'art. 
209 del t.u. n. 645 del 1958 esclud� chiaramente che il contribuente 
possa avvalersi dell'opposizione disciplinata dal codice di rito e solo 
gli accorda, ove si ritenga leso dall'esecuzione, di agire contro l'Esattore 
dopo che la esecuzione si sia compiuta e limitatamente al risarcimento 
del danno, mentre, per quanto riflette l'opposizione all'esecuzione, 
prevede la facolt� di ricorrere all'Intendente di finanza e di esperire 
contro il provvedimento definitivo di quest'ultimo, davanti all'autorit� 
giurisdizionale amministrativa, i rimedi accordati dal vigente ordinamento. 
Rilevano che, come l'azione, esperita dal comune debitore contro 
il proprio creditore che in forza di un titolo esecutivo abbia agito esecutivamente 
contro il primo, deve configurarsi come opposizione all' esecuzione, 
questa stessa natura non pu� non riconoscersi all'azione del 
-�~ 
debitore fiscale, quale che sia la formulazione e la impostazione della 
domanda, nel caso in cui questi, assumendo l'estinzione del credito tri


tenza n. 87 del 7 luglio 1962 (Foro it., 1962, I, 1220), con la quale venne ritenuta 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 209, secondo e terzo 
comma del testo unico delle leggi sulle imposte dirette con riferimento al disposto 
degli artt. 3 e 113 della Costituzione. Analogo principio la Corte �Costituzionale ha 
ribadito nella sentenza 4 luglio 1963, n. 116, Foro it., 1963, I, 2030, con la quale 
� stata ritenuta infondata la questione di legittimit� costituzionale degli stessi artt. 208 
e 209 in relazione all'art. 102 della Costituzione. 

Ove tali azioni non fossero ammissibili, il sistema degli artt. 208 e 209 
eserciterebbe efficacia analoga al solve et repete. AI riguardo, cfr. MAGNANI, Sulla 
legittimit� costituzionale dell'art. 209 t.u. delle leggi sulle imposte dirette, Dir. e 
prat. trib., 1962, II, 57 e segg. 

Circa la necessit� del previo ricorso alle Commissioni tributarie -rispetto 
alla fattispecie in esame -la tesi della Cassazione � conforme al tenore letterale 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 919 

butario risultante dal ruolo di riscossione (ossia dal titolo esecutivo) e, 
quindi, del diritto stesso alla percezione del tributo, agisca in giudizio 
contro l'Esattore (che � il solo legittimato ad agire esecutivamente), e 
ci� anche se l'azione sia pro;mossa, come nel caso in oggetto, nei confronti 
dell'Amministrazione delle f�nanze oltre che dell'Esattore, in 
quanto la pronuncia di accoglimento della premessa posta a base del1'
azione non pu� che contenere anche e necessariamente la declaratoria 
di estinzione del diritto dell'Esattore di iniziare o proseguire l'esecuzione, 
una volta dichiarato estinto il credito tributario facente capo 
all'ente impositore. 

Aggiunge l'Amministrazione delle f�nanze che, anche se, per assurda 
ipotesi, si volesse caratterizzare l'azione esperita dal Migliarese quale 
azione non di opposizione all'esecuzione esattoriale ma, come affermato 
dalla sentenza denunciata, di mero accertamento negativo del credito 
f�scale, avrebbe, dovuto dichiararsi egualmente la dedotta improponibilit� 
assoluta della domanda, per difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario adito, sul riflesso che, stando al disposto dell'art. 6 della legge 

n. 2248 del 1865 all. E, in relazione all'art. 22 del r.d.l. n. 1639 del 1936, 
non pu�, in tema di imposte dirette, essere adita la autorit� giudiziaria 
ordinaria, se non dopo la iscrizione a ruolo del tributo e dopo avere 
adito le competenti commissioni armninistrative delle imposte, condizione 
questa ultima che era mancata nella specie. 
La censura non ha fondamento. 

Invero, se un errore � dato ravvisare nella sentenza impugnata, per 
quanto attiene alla qualif�cazione giuridica dell'azione esperita dal 
Migliarese, la correzione che ne segue, pi� che accreditare la tesi delle 
ricorrenti, ne accentua la inconsistenza. Basta, infatti, risalire al contenuto 
della domanda introduttiva del giudizio, per dovere argomentarne 
come questa fosse diretta non tanto all'accertamento negativo del credito 
f�scale per la parte eccedente la misura corrispondente alla percentuale 
concordata pagata, quanto, pi� precisamente, all'accertamento 

dell'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (controversie relative all'applicazione delle 
imposte dirette). Al riguardo, si pu� richiamare la definizione dell'oggetto del giudizio 
avanti alle Commissioni, secondo la quale esso si svolge, di norma, durante 
la formazione dell'atto amministrativo di imposizione ed ha per oggetto la determinazione 
degli elementi dell'obbligazione tributaria della quale il privato tende 
ad impedire la perfezione (Cass., Sez. Un., 17 gennaio 1957, Riv. fisc., 1957, 725; 
Cass., 12 aprile 1958, Dir. prat. trib., 1959, II, 297). In questo quadro, ravvisando 
cio� nel sistema di ricorsi alle C.ommissioni una serie di rimedi conten.ziosi avverso 
l'attivit� e i provvedimenti dell'Amministrazione tendenti alla determinazione della 
esistenza ed ammontare del tributo, la domanda avente ad oggetto l'accertamento 
dell'estinzione parziale del debito per fatto successivo e indipendente dalla sua 
determinazione, che, anzi, viene presupposta legittima, sembra sfuggire allo schema 
normativo e alla ratio dell'art. 22. 



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920 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 
positivo del carattere vincolante del concordato fallimentare anche per 
i crediti di imposta, donde, indefettibilmente, l'effetto estintivo, per il 
caso di che trattasi, del credito residuo al quale si riferiva l'esecuzione 
promossa dall'Esattoria. :B da escludere, infatti, che nell'azione esperita 
dal Migliarese possa rinvenirsi quella specifica finalit� che caratterizza 
l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., e cio� la contestazione 
della facultas agendi dell'Esattoria, e, conseguentemente, la richiesta 
di una pronuncia direttamente incidente sull'azione esecutiva. Un tale 
petitum, peculiare ed immancabile nella opposizione all'esecuzione, � 
del tutto estraneo all'azione de qua, stante il contenuto sopra indicato. 
Trattasi, dunque, di un giudizio di cognizione, che, essendo di mero 
accertamento, non pu� identificarsi o confondersi con un processo 
esecutivo. 
Le ricorrenti, con l'opporre a quella cui la Corte del merito � pervenuta, 
una diversa qualificazione giuridica dell'azione, mostrano di 
prescindere, da un canto, dalla diversit� concettuale dei due giudizi e, 
dall'altro, dall'effettivo petitum della domanda del Migliarese. Ne � prova .�: 
il fatto che, contro la realt� processuale, esse assumono che da p�rte 
dell'istante non s'� contestato il residuo credito tributario o la parte 
residua dell'imposizione, bens� il diritto della Esattoria a riscuotere una 
parte della imposta iscritta a ruolo. N� dall'essere stata convenuta in 
giudizio l'Esattoria, � dato trarre argomento per ritenere che l'azione 
esperita fosse diretta ad ottenere una declaratoria di estinzione del 
diritto all'esecuzione, posto che non � la vacatio in ius di un soggetto 
destinata a qualificare giuridicamente l'azione, potendo essa, se mai, 
costituire, in relazione al petitum, un elemento per giudicare della legittimazione 
passiva o meno della persona convenuta nel giudizio. 
L'assunto, poi, che l'accertamento giudiziale richiesto contrasti con 
l'esecuzione iniziata dall'Esattoria ed addirittura abbia l'effetto di procurare 
l'estinzione dell'azione esecutiva, non regge, ove si consideri che 
l'accertamento stesso, lungi dal costituire la pronuncia dell'autorit� 
L'affermata natura di azione di accertamento della domanda avente ad oggetto 
la dichiarazione dell'efficacia vincolante del concordato, con conseguente parziale 
estinzione del credito tributario, e l'affermata estraneit� di tale azione rispetto alla 
esecuzione esattoriale, porta con s� il riconoscimento della legittimazione passiva 
della Finanza. Si veda, per un riferimento indiretto, Cass., Sez. Un., 31 ottobre 1960, 
Giust. trib., 1961, 127, ivi annotata adesivamente da ScANDALE, Legittimazione 
processuale nelle domande di rimborso per indebito; Cass., 19 giugno 1964, 
n. 1588, Giust. civ., 1964, I, 1988, entrambe in tema di legittimazione rispetto 
all'azione per rimborso d'imposta. Lascia, peraltro, perplessi il riconoscimento della 
legittimazione passiva dell'esattore dato che, come si � detto, presupposto della 
qualificazione dell'azione � la sua estraneit� alla procedura di riscossione. Se � vero, 
come afferma la sentenza, che la pronuncia di accertamento pu� valere, al pi�, 
come presupposto per l'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione (proposta con 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 921 

amministrativa, la sola che pu� emettere un provvedimento avente 
quest'ultimo contenuto, o dal sostituirsi ad essa, spiegando un'influenza 
diretta sull'esecuzione, potr� valere, al pi�, come presupposto per l'accoglimento 
dell'opposizione all'esecuzione, esperita nella sede competente 
e, in conseguenza di ci�, a far desistere l'Esattoria dall'esecuzione intrapresa. 
La ripercussione sull'azione esecutiva del detto accertamento �, 
perci�, di natura soltanto indiretta e mediata, ossia dipendente, come 
correttamente � stato ritenuto dalla Corte di merito, da una mera 
conseguenzialit� e non da una vera e propria connessione processuale. 

N�, infine, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario pu� validamente 
sostenersi, secondo si pretende dall'Amministrazione delle 
finanze, sul riflesso che la proponibilit� dell'azione, anche se di mero 
accertamento, sarebbe preclusa per effetto dell'art. 6 della legge n. 2248, 
all. E del 1865 in relazione all'art. 22 del r.d.l. n. 1639 del 1936, giacch� 
� da osservare in contrario che, nella controversia in oggetto, non � in 
discussione la legittimit� dell'imposizione fiscale, nel qual caso dovrebbe 
ritenersi operante la speciale disciplina di cui alle menzionate norme, 
relativa alla impugnativa davanti all'autorit� giurisdizionale amministrativa, 
ma, piuttosto, l'estinzione sopravvenuta del credito tributario, 
presupposto della quale � il riconoscimento dell'esistenza originaria del 
credito stesso, per il cui accertamento non � prevista una disciplina 
diversa da quella ordinaria. 

Le due� ricorrenti, rispettivamente col primo e col secondo mezzo 
del loro ricorso, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 4 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, degli artt. 1, 5, 75 e 87 del t.u. 
17 ottobre 1922, n. 1401, sulla riscossione delle imposte dirette, degli 
artt. 173, 185, 201, 209, comma primo e terzo del t.u. 29 gennaio 1958, 

n. 645 e dell'art. 615 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 stesso codice 
di rito, sostengono, per ragioni diverse, la propria carenza di legittimazione 
passiva: lAmministrazione delle finanze sul presupposto che 
lazione esperita dal Migliarese debba qualificarsi come opposizione 
ricorso amministrativo all'Intendente di Finanza) e se la ripercussione sull'azione 
esecutiva � quindi soltanto di natura indiretta e mediata, non sembra che all'esattore 
possa attribuirsi se non, eventualmente, una legittimazione subordinata abilitante 
ed un intervento adesivo dipendente. 

Circa l'efficacia vincolante del concordato fallimentare, la Corte Suprema 
conferma la decisione 1� aprile 1960, n. 723, Foro it., 1960, I, 753. Entrambe le 
sentenze si fondano sul ripudio della natura contrattualistica del concordato, sulla 
quale cfr. FERRARA FR. jr., Il fallimento, Milano, 1959, 434 e 120, nota 3; AzzoLINA, 
Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1953, II, 840 e segg. In base 
alla natura pubblicistica del concordato, la Cassazione risolve infatti l'antinomia 
esistente fra il carattere irrinunciabile del credito tributario e la falcidia conseguente 
al concordato stesso. In dottrina, cfr. GAGLIARDI, Fallimento, concordato fallimentare 
ed esazione delle imposte, Giust. civ., 1960, I, 1142. Lo stesso principio, rela


6 



922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'esecuzione promossa dalfEsattoria, nel qual caso legittimata passivamente 
nel giudizio sarebbe solo quest'ultima; fEsattoria, invece, sia 
sul presupposto che, una volta caratterizzata quella esperita come 
azione di puro accertamento negativo dell'esistenza del credito fiscale, 
la legittimazione passiva ad causam, essendo intimamente connessa con 
la titolarit� del diritto contestato, competa all'ente impositore, ossia 
alfAmministrazione delle finanze, sia sulla disposizione dell'art. 209, 
comma terzo del t.u. n. 645 del 1958, che ammette la legittimazione 
passiva dell'esattore, nei giudizi promossi dal debitore di imposta davanti 
all'autorit� giudiziaria ordinaria, soltanto dopo che f esecuzione si sia 
compiuta e limitatamente all'azione di responsabilit� per danni. 

Anche questa censura � priva di fondamento. Essa, per quanto 
riguarda f Amministrazione delle finanze, risulta superata gi� dalle considerazioni 
test� svolte a confutazione della precedente censura. 

i;';, infatti, chiaro che la inconsistenza della premessa, relativa ad 
una diversa qualificazione dell'azione esperita dal Migliarese, svuota 
di ogni concreto contenuto la conclusione che dalla premessa stessa si 
fa discindere circa la mancanza nella ricorrente della legittimazione 
passiva, e che, all'opposto, una volta definita fazione nel senso innanzi 
spiegato, la legittimazione dell'Amministrazione, per la sua qualit� 
di titolare del credito tributario, � una conseguenza indefettibile, essendo 

Il innegabile l'interesse diretto ed immediato che alla stessa deriva da una 
pronuncia che incida sul rapporto sostanziale da cui il credito medesimo 
scaturisce e che concerna la sussistenza o meno di questo. 

Relativamente all'Esattoria, anche a ritenere esatta la premessa che . 
essa pone con la propria deduzione in ordine alla qualificazione del


tivamente al concordato preventivo, � stato affermato dalla Suprema Corte con 
sentenza 10 agosto 1963, n. 2292, Foro pad., 1963, I, 1191. La Cassazione ha 
tuttavia precisato, sempre rispetto al concordato preventivo, che esso non spiega 
efficacia rispetto ai crediti di imposta non ancora esigibili alla data del decreto di 
ammissione del debitore alla procedura {Cass., 12 agosto 1963, n. 2293, Foro 
pad., 1963, I, 1191). 

Sui rapporti fra esecuzione esattoriale e fallimento e, in specie, sulla soggezione 
del credito tributario alla par condicio, cfr. Cass., 25 febbraio 1950, n. 444, 
Giur. it., 1951, I, 218, con nota di DELVEccm;o, Sospensione dell'esecuzione "fiscale 
nel fallimento e repetibilit� di quanto pagato in eccesso dal curatore; Cass., 9 novembre 
1956, n. 42i5, Dir. prat. trib., 1958, II, 397, con nota di VEzzoso, Auto


nomia dell'esecuzione "fiscale contro i falliti; Cass., 20 febbraio 1956, n. 609, Dir. 
fall., 1956, II, 289. 

Cfr. anche, per un esame generale del problema, MoNTESANO, Sulla funzione 
dell'esecuzione esattoriale, Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 914; CELORIA e PAJARDI, 
Commentario della legge fallimentare, Milano, 1960, I, 375 e segg. 

In data 18 novembre u.s. � stato discusso dinanzi alle Sezioni Unite un altro 
ricorso che aveva per oggetto la stessa questione decisa con l'annotata pronuncia. 
La sentenza non � stata ancora depositata. Se ne dar� notizia nel prossimo fascicolo. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 923 

l'azione, � errata, per converso, la conseguenza che ne fa discendere 
circa la sua estraneit� al giudizio. Per vero, la legittimazione dell'Esattoria 
� da ricondursi alla posizione che lesattore riveste nei confronti 
del contribuente, perch�, mentre l'ente impositore, ossia l'Amministrazione 
delle f�nanze, � il titolare del rapporto tributario, l'esattore � pur 
sempre il portatore del diritto derivante da quel rapporto, per cui egli, 
in tale veste, nel caso di fallimento del debitore, si insinua nel fallimento 
stesso, diventa parte nel procedimento di verif�cazione dei cJl'editi 
e, nei suoi confronti, con effetti sulla sostanza del rapporto mede-' 
simo, si realizza l'accertamento vincolante della natura, chirografaria 

o privilegiata, del credito f�scale. La posizione indicata giustif�ca, dunque, 
l'interesse del contribuente ad ottenere, anche nei confronti del!'
esattore, una pronuncia di estinzione del credito s�ddetto, per l'effetto 
che questa � destinata a svolgere tanto, in via principale, rispetto 
all'Amministrazione delle f�nanze, quanto, di riflesso, rispetto al medesimo, 
e, trattandosi di una pronuncia meramente dichiarativa, � sufficiente 
ci� per ritenere che sussista, nel caso in oggetto, la legittimazione 
passiva dell'Esattoria nel giudizio intentato dal Migliarese per 
il conseguimento del menzionato risultato. 
N� la carenza di legittimazione dell'Esattoria si pu� far discendere 
dal disposto dell'art. 209, comma terzo, del t.u. n. 645 del 1958, posto 
che la sfera di applicazione di tale norma deve intendersi circoscritta 
agli effetti lesivi della esecuzione gi� compiuta dall'esattore ed alla 
esperibilit� della conseguente pretesa risarcitoria da parte del soggetto 
leso e non si estende, pertanto, a qualsiasi altra azione (anche se collegata 
al rapporto tributario ma avente ad oggetto un diverso contenuto) 
che il contribuente possa esperire nei confronti dell'esattore. 

Col terzo mezzo del loro ricorso lAmministrazione delle f�nanze 
e l'Esattoria civica, denunciando la violazione degli artt. 51, 52 e 135 
del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, sulla disciplina del fallimento, degli 
artt. 1, 5 e 87 del t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401, 206, 209 e 210 del t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645, e degli artt. 2912; 2913, 2914, 2915, 2916, 2917 
e 2918 e.e., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., sostengono che, 
diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, esse non sarebbero 
vincolate per i crediti di natura tributaria alla norma dell'art. 135 
della legge sul fallimento, per cui hanno diritto, rispettivamente, di 
pretendere e di riscuotere la differenza tra l'intero credito chirografario 
e la percentuale concordataria pagata dal Migliarese. Premesso che trattasi, 
nella specie, di crediti di imposta, in corso di riscossione da parte 
dell'Esattoria a mezzo della procedura esecutiva privilegiata di cui 
all'art. 200 e segg. del t.u. n. 645 del 1957, deducono che tale procedura 
� autonoma ed indipendente da quella fallimentare, per cui nulla di 
quanto avviene nel fallimento, anche in dipendenza del concordato, 
pu� precludere lazione dell'esattore per il conseguimento integrale del 



924 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

credito in riscossione, tanto che, a differenza dei creditori concorsuali, 
i quali devono sottostare alla riduzione concordataria dei loro crediti 
chirografari, lesattore � legittimato, inve�e, a procedere esecutivamente, 
anche per 'tali crediti, contro il debitore fallito e non � soggetto all'onere 
della verifica del credito fiscale. Rilevano che non pu� opporsi in contrario 
la considerazione contenuta nella sentenza impugnata, che cio� 
l'art. 206 del t.u. n. 645 del 1958, contempli niente altro che una eccezione 
avente carattere meramente processuale, in quanto si tratterebbe, 
invece, di una previsione avente valore sostanziale, la quale conferisce 
alla riscossione esattoriale particolari caratteristiche; n� il fatto che l'esattore 
debba, dopo l'esecuzione, rendere conto al curatore del fallimento 
ed al giudice delegato del ricavato dell'esecuzione medesima, per il 
soddisfo dei creditori aventi titolo poziore, in quanto ci� avrebbe luogo 
soltanto nel caso in cui il curatore sia intervenuto nella procedura esecutiva 
esattoriale, nell'interesse dei detti creditori, ma non anche nel 
�caso in cui lo stesso sia rimasto del tutto estraneo a tale procedura, 

come era avvenuto appunto nella specie. 

L'Amministrazione delle finanze aggiunge che, anche a ritenere 

che vi siano delle interferenze tra la procedura fallimentare e quella 

i 
i 
.�esattoriale, non pu�, tuttavia, ammettersi la prevalenza dell'interesse 
pubblico connesso alla difesa dell'economia collettiva, che in maniera 
generica si persegue col fallimento, sull'interesse pubblico specifico 
connesso alla regolare percezione dei tributi, per il conseguimento 
delle finalit� essenziali dello Stato, tanto pi� se si consideri la natura 
prevalentemente contrattuale del concordato fallimentare, per cui � ~ 
inconcepibile che l'esattore, al quale � concessa la possibilit� di esperire 

I 

una procedura privilegiata per la riscossione integrale delle imposte, 

debba, poi, vedere ridotto l'importo delle medesime, per il semplice 

fatto che, al di fuori della procedura esattoriale, si sia concluso un 

accordo transattivo fra creditori, il quale, bench� sancito dalla omolo


gazione del Tribunale, non pu� avere l'effetto di inficiare il diritto alla 

percezione dei tributi, non rinunciabile per sua natura, n� riducibile 

per pacta privatorum. 

La censura �, al pari delle altre, infondata. 

La tesi, con essa prospettata, poggia, in sostanza, su un duplice 

ordine di argomenti, il primo dei quali si collega alle particolari dispo


sizioni contenute nel t.u. per la riscossione delle imposte dirette, le 

quali contemplano una deroga all'art. 51 della legge sulla disciplina del 

fallimento, ed in secondo all'asserita natura contrattuale del concordato 

fallimentare. Entrambi gli argomenti non hanno, per�, alcuna consi


stenza, come � stato rilevato gi� da questo Supremo Collegio in due 

prcedenti decisioni (cfr. sent. nn. 723 del 1960 e 2292 del 1963), con le 

quali � stato affermato il principio che anche il creditore chirografario 

di imposta � soggetto, a norma dell'art. 135 della legge sul fallimento, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 925 

alle clausole del concordato omologato e, perci�, va ridotto alla percentuale 
con questo stabilita. 

Infatti gli argomenti~ posti dalle due ricorrenti, contro tale principio, 
sono gli stessi ampiamente confutati dalla prima delle dette decisioni 
e, indi, egualmente disattesi da quella successiva, di guisa che 
non sussistendo altre convincenti ragioni, che valgano a. scuotere l'indirizzo 
segnato, questo deve essere qui confermato. Per vero, quanto 
al primo, va ribadito che, pur riconosciuta l'autonomia delle due procedure, 
fiscale e fallimentare, nel senso che lAmministrazione delle 
finanze e, per essa, l'Esattore ha facolt� di agire esecutivamente sui 
beni del debitore fallito, anche in pendenza della procedura fallimentare, 
deve escludersi, tuttavia, che questa possibilit� di esecuzione individuale, 
in deroga al principio di �rdine generale dell'art. 51 della 
legge sul fallimento (secondo cui nessuna azione individuale pu� essere 
iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento dal giorno della 
dichiarazione di fallimento), reagisca fino al punto da far venir meno, 
sul piano dei diritti sost~nziali, l'applicazione della regola che vuole 
assicurata, nella soggetta materia, la par condicio creditorum. Non si 
comprende, infatti, come dalla norma che assicura all'Esattore, per crediti 
di imposta, una procedura esecutiva particolarmente rapida, consentendogli 
di agire esecutivamente sui beni del debitore, anche dopo 
la dichiarazione di fallimento di. quest'ultimo, in deroga al cit. art. 51 
della legge che regola tale materia, possa trarsi la conseguenza che 
il credito di imposta non sia soggetto alla regola anzidetta e possa, 
quindi, realizzarsi' integralmente, come se la dichiarazione di fallimento 
non esistesse. 

Esattamente ha osservato la Corte del merito che la disposizione 
di favore per l'Esattore ha carattere esclusivamente processuale ma in 
nulla altera la disciplina, cui anche il credito di imposta � soggetto, del 
concorso dei crediti e della soddisfazione limitata di essi, se il patrimonio 
del fallito � incapiente. Affermare il contrario (ritenere, cio�, che 
l'Esattore, anche se ammesso solo in sede chirografaria, abbia diritto ad 
ottenere il pagamento integrale del credito tributario), significherebbe 
attribuire ad un credito altrimenti chirografario un privilegio, alterando 
ci� che la legge ha chiaramente voluto, che soltanto alcuni crediti di 
imposte siano assistiti da privilegio e non tutti. Tale soluzione, del resto, 
come gi� � stato avvertito, � chiaramente imposta dall'art. 40 del t.u. 

n. 1401 del 1922, stando al quale la distribuzione del prezzo tra l'Esattore 
ed i creditori opponenti (nel caso di esecuzione singolare) si fa 
secondo le norme ordinarie del codice di rito, il che sta a significare 
che nel riparto l'esattore non pu� riscuotere pi� di quanto gli spetta, 
tenuto conto del concorso degli altri creditori egualmente privilegiati 
o, rispettivamente, ammessi anch'essi in via chirografaria. Ed anche in 
sede di fallimento all'Esattore va attribuita la percentuale che gli com

926 RAS1?EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pete secondo l'ordine dei privilegi, come � stato riconosciuto costantemente 
da questo Supremo Collegio, che si � dato cura di conciliare il 
principio del par condicio, cui � soggetto l'Esattore, con l'altro che 
deriva dall'art. 97 del cit. t.u. n. 1401 del 1922 (ora sostituito dall'art. 206 
del t.u. n. 645 del 1958), per cui l'Esattore ha facolt� di proseguire nell'esecuzione 
singolare, per realizzare con la maggiore rapidit� il suo 
credito, ammettendo che in sede di distribuzione del prezzo (la quale 
deve seguire all'esecuzione) possa intervenire il curatore del fallimento, 
per far valere i crediti privilegiati e, in concorso con i crediti ,chirografari 
insinuati ed ammessi al passivo (sent. nn. 609 e 4215 del 1956); oppure, 
se l'Esattore ha interamente riscosso il credito per il cui realizzo fu promossa 
l'esecuzione .f�scale, facendo salvo al curatore il diritto di richiedere 
in restituzione quella parte che, in sede di riparto fallimentare, 
risulti eccedente a quanto dovuto all'Esattore stesso quale percentuale 
(sent. n. 444 del 1950). 

Relativamente al secondo argomento, va osservato che esso ha per 
presupposto una concezione meramente privastistica del concordato fallimentare, 
sulla quale non � possibile consentire. La concezione pone, 
evidentemente, l'accento sul momento del consenso delle parti {attraverso 
la votazione ed il raggiungimento delle maggioranze richieste) che 
considera preminente, laddove, come � stato sottolineato nella prima 
delle menzionate decisioni di questo Supremo Collegio, al concordato 
non. possono non attribuirsi contenuto e natura pubblicistici, dove il 

� raggiungimento delle maggioranze appare come semplice presupposto .. 
Al riguardo � sufficiente osservare che gli effetti del concordato, preventivo 
o fallimentare, con la conseguente riduzione alla percentuale 
stabilita dei creditori chirografari, non derivano dalla convenzione delle 
parti, a contenuto remissorio o liberatorio, sibbene direttamente dalla 
legge. La quale riconosce l'obbligatoriet� del concordato medesimo per 
tutti i creditori, sia per quelli concorrenti ma dissenzienti, che per quelli 
che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo e che perci� 
non hanno avuto neanche la possibilit� di esprimere il proprio consenso 
o il proprio dissenso, il che � incompatibile appunto con una concezione 
contrattualistica del concordato, che, d'altra parte, sarebbe da 
escludersi in considerazione dell'intervento del Tribunale per il controllo, 
in. sede di omologazione, non solo di legittimit� ma anche di merito, 
potendo essere l'omologazione negata anche per sole ragioni di opportunit�, 
malgrado la sussistenza delle richieste maggioranze. 

Nella memoria difensiva l'Esattoria sostiene, inf�ne, che, in materia 
di concordato, preventivo e fallimentare, allo scopo di stabilire l' obbligatoriet� 
o meno di tali procedure anche rispetto ai crediti per tributi 
diretti, si debba operare una distinzione, a seconda che il credito .f�scale 
sia iscritto a ruolo prima o dopo il decreto di ammissione alla procedura 
di concordato preventivo e, rispettivamente, prima o dopo la sen




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 927 

tenza dichiarativa di fallimento, in quanto l'effetto vincolante delle 
dette procedure si avrebbe solo per quei crediti fiscali che siano stati 
iscritti a ruolo anteriormente a tali date. Fa, all'uopo, richiamo ad una 
recente pronuncia di questo Supremo Collegio {sent. n. 2293 del 1963), 
per inferirne che, essendo stati i tributi, per i quali essa ha proceduto 
contro il Migliarese e nei riguardi dei quali quest'ultimo ha chiesto la 
declaratoria di obbligatoriet� del concordato fallimentare, iscritti a ruolo 
nell'anno 1959 e, quindi, successivamente alla data (28 ottobre 1958) 
della sentenza dichiarativa di fallimento, debba, pertanto, escludersi 
che, nel caso speciHco, il concordato fallimentare fosse comunque obbligatorio 
per il credito tributario di cui � causa. Ma, a parte che la 
sentenza cui si � fatto riferimento, ha esaminato il pr�blema, avente 
l'indicato contenuto, relativam~nte soltanto al concordato preventivo � 
non fallimentare; � da osservare che la deduzione della ricorrente prospetta 
una questione nuova, !!On sollevata coi mezzi del ricorso, per cui 
n'� precluso lesame, anche per la considerazione che la decisione su 
essa comporterebbe la necessit� di una valutazione di elementi di fatto, 
non consentita in questa sede. 

Pertanto, entrambi i ricorsi devono essere rigettati. -{Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 luglio 1965, n. 1834 -Pres. Lonardo 
-Rel. Sbrocca -P.M. Criscuoli {conf.) S.p.A. Ausonia (avv. 
Barile) c. Ministero Finanze {avv. Stato Agr�). 

Competenza e giurisdizione -Determinazione ufficiale del valore 
delle merci ai fini dell'i.g.e. all'importazione -Provvedimento 
discrezionale -Esclusione -Contestazione del valore ufficiale 
da parte del contribuente -Competenza dell'a.g.o. 

(I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 18). 
Imposta generale sull'entrata -Contestazione del valore ufficiale 
delle merci ai fini dell'i.g.e. all'importazione -Procedimento 
per la risoluzione delle controversie doganali -Inapplicabilit�. 

(I. 19 giugno 1940, n. 'l62, art. 18, 51; r.d. 26 gennaio 1940, n. 10, art, 97; 
t.u. 9 aprile 1911, n. 330). 
Il. potere, conferito al Ministro delle Finanze daliart. 18, ultimo 
comma, legge 19 giugno 1940, n. 762, avente ad oggetto la fissazione 
periodica in via ufficiale del valore di determinate merci provenienti 
dall'estero si esaurisce in un accertamento di natura tecnica al quale 
� estraneo ogni elemento di discrezionalit� amministrativa. La posizione 
soggettiva del privato che contesti la corrispondenza del valore stabilito 
in via ufficiale ai fini della corresponsione dell'imposta ha perci� natura 



928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di diritto soggettivo e della relativa controversia � competente a conoscere 
il Giudice ordinario (1). 

Le controversie concernenti il valore delle merci, cui si riferisce 
l'art. 51, secondo comma, della legge organica sulfi.g.e. sono soltanto 
quelle riguardanti la determinazione della base imponibile in base al 
valore delle merci al confine: il procedimento previsto per la risoluzione 
delle controversie doganali non si applica, invece, ove la base imponibile 
sia fissata, in via ufficiale, con decreto del Ministro delle finanze, e, in 
tal caso, il contribuente pu� senz'altro proporre azione giudiziaria per 
la determinazione delr ammontare aimposta dovuto innanzi al Giudice 
ordinario (2). 

(Omissis). ~L'Amministrazione esistente eccepisce in via pregiudiziale 
l'inesistenza del denunciato conflitto negativo di giurisdizione, perch� 
la ricorrente societ� Ausonia avrebbe proposto domande distinte 
dinanzi al Consiglio di Stato e dinanzi al giudice ordinario, all'uno chiedendo 
lannullamento del d.m. 23 novembre 1957, con cui il Ministro 
per le finanze determin� in via ufficiale il valore del rame blister, agli 
effetti dell'imposta generale sull'entrata all'importazione, in lire 400 
al kg. avvalendosi della delega concessagli dall'art. 18, ultimo comma, 
della legge organica; e chiedendo all'altro la disapplicazione non solo 
del citato decreto, ma anche del precedente d.m. 8 marzo 1956, in base 
al quale il valore del rame blister, fu fissato, sempre in via ufficiale, in 
lire 600 al kg. e la condanna dell'Amministrazione a rimborsarle le maggiori 
somme percette rispetto a quelle dovute, calcolando il valore effettivo 
della merce posta al confine, minore del valore ufficiale e su cui 
lAmministrazione ha liquidato il dazio doganale e i cosiddetti diritti 
amministrativi. 

Secondo la resistente, inoltre, difetterebbe anche la giurisdizione del 
gh:idice amministrativo, affermata dal giudice ordinario, perch� la societ� 
ricorrente non avrebbe sollevato la controversia doganale, uniforman


(1-2) Determinazione ufficiale del valore delle merci ai fini 
dell'i.g.e. all'importazione e posizione soggettiva del contribuente. 

I. -Premesso che, nel rapporto tributario, tutte le posizioni giuridiche soggettive 
del contribuente avrebbero la consistenza di diritti soggettivi anche rispetto alla 
determinazione dell'ammontare dell'imposta, la Corte regolatrice, prendendo in esame 
il potere conferito al Ministro delle Finanze dall'art. 18, ultimo comma, 1. 19 giugno 
1940, n. 762, ha ritenuto che ad esso non inerisca alcun elemento di discrezionalit� 
amministrativa in quanto oggetto dell'attivit� devoluta all'organo amministrativo 
sarebbe soltanto un accertamento, di natura esclusivamente tecnica, consistente 
nella constatazione del valore medio effettivo delle merci cui il provvedimento 
si riferisce. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 929 

dosi al disposto dell'art. 51, secondo comma, della legge organica, il 
quale prescrive che � le controversie concernenti la classificazione doganale 
e il valore delle merci per l'applicazione dell'imposta sull'entrata 
da parte delle dogane sono decise con le stesse norme stabilite per la 
risoluzione delle controversie doganali dal t.u. di legge 9 aprile 1911, 

n. 330 e successive modificazioni �donde la conclusione, a cui l'Amministrazione 
perviene, del difetto assoluto di giurisdizione, almeno allo 
stato, non ricorrendo il presupposto della giurisdizione amministrativa 
costituito in materia della decisione del Ministro sulla controversia doganale, 
la quale servirebbe da necessario tramite alla via contenziosa. 
L'eccezione � infondata. 

Unica, �, infatti, la posizione soggettiva successivamente dedotta 
dalla societ� Ausonia dinanzi alle due giurisdizioni, amministrativa e 
ordinaria, a fondamento della sua pretesa di non essere tenuta al pagamento 
dell'imposta oltre i limiti fissati dalla legge. A questa posizione 
il Consiglio di Stato riconobbe consistenza di diritto soggettivo, sul 
rilievo che il potere del Ministro, in base all'art. 18, ultimo comma, 
della legge, si risolverebbe in un accertamento di natura tecnica, dal 
quale esulerebbe ogni elemento di discrezionalit� amministrativa, mentre 
a questa stessa posizione il giudice ordinario riconobbe consistenza 
di interesse legittimo, perch� nell'anzidetto potere si inserirebbe un 
margine di discrezionalit� per la scelta al Ministro attribuita dal criterio 
di valutazione delJa base imponibile in considerazione dell'interesse 
pubblico di tenere costantemente ragguagliata l'imposta, per determinate 
merci, a valori che consentano la concorrenza del mercato nazionale, 
di guisach� l'interesse del singolo riceverebbe una tutela soltanto 
indiretta attraverso la revisione periodica del valore stabilito in via 
ufficiale, secondo quanto dispone il pi� volte citato art. 18, ultimo 
comma, ed in relazione al rispetto da parte dell'Amministrazione delle 
norme giuridche che ne regolano l'azione, tra le quali sarebbe appunto 
quella che prescrive la revisione periodica. 

Conseguentemente, la Corte Suprema ha ritenuto che il giudice ordinario possa 
conoscere dell'azione proposta dal contribuente che lamenti l'errata determinazione 
del valore ai fini dell'applicazione dell'i.g.e. all'importazione. 

II. -La decisione suscita perplessit�, sia per quanto attiene all'oggetto diretto 
della statuizione, sia e soprattutto, per laffermazione assoluta e recisa del principio 
secondo il quale tutte le posizioni soggettive del contribuente nel rapporto tributario 
avrebbero natura di diritto soggettivo. 
Tale affermazione non trova riscontro nella giurisprudenza e, per quanto 
consta, non � stata mai proposta con formulazione assoluta neppure in dottrina. 

Se � vero, infatti, che le norme tributarie sono di regola formulate in modo 
da non lasciare all'Amministrazione margine di discrezionalit�, si riconosce generalmente 
che ci� non si verifica in ogni caso, e che esistono, in determinate ipotesi, 
poteri discrezionali attinenti cos� alla determinazione del presupposto come al 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

930 

Se unica � la posizione soggettiva dedotta in giudizio dalla societ� 
Ausonia nei confronti dell'Amministrazione, anche il petitum si � atteggiato 
in modo sostanzialmente uniforme dinanzi alle due giurisdizioni, 
nei limiti, ben inteso, loro rispettivamente assegnati dall'ordinamento 
giuridico, talch� all'annullamento del provvedimento amministrativo 
chiesto al Consiglio di Stato fa riscontro la disapplicazione dello stesso 
provvedimento chiesta al giudice ordinario, nell'uno e nell'altro caso 
quali necessari presupposti per ottenere che l'imposta sia determinata 
secondo legge. E a nulla rileva che al giudice ordinario si sia richiesta 
anche la disapplicazione del d.m. 8 marzo 1956, che era stato oggetto 
di impugnazione al Consiglio di Stato, ed il rimborso delle quote non 
dovute di imposta: infatti, mentre quest'ultima domanda era improponibile 
al giudice amministrativo, l'altra non escludeva la sostanziale 
coincidenza del petitum per quanto rifletteva il d.m.� 27 novembre 1957, 
oggetto dell'impugnazione al Consiglio di Stato e della domanda di 
disapplicazione al giudice ordinario. 

E poich� Consiglio di Stato e giudice ordinario hanno deciso antiteticamente 
in ordine alla rispettiva giurisdizione, entrambi negandola 
sul riflesso che apparteneva all'altro, deve riconoscersi l'esistenza del 
conflitto reale negativo di giurisdizione che, a mente degli artt. 362 e 
374 c.p.c. pu� essere denunziato in ogni tempo con ricorso per Cassazione 
e la cui decisione � riservata a queste Sezioni Unite. 

Passando all'esame del merito, si osserva che deve essere affermata 

la giurisdizione del giudice ordinario. 

Occorre premettere che nel rapporto tributario tutte le posizioni 
giuridiche soggettive del contribuente hanno la consistenza di diritti 
soggettivi, anche rispetto alla determinazione del quantum di imposta, 

procedimento di accertamento del tributo (cfr. A. D. GIANNINI, Il rapporto giuridico 

d'imposta, Milano, 1937, 24 e nota 40; Cmcco, Discrezionalit� tributaria, Foro it., 

1959, I, 1016 con particolare riguardo alla materia delle agevolazioni fiscali e alle 

posizioni dipendenti da norme strumentali e procedimenti non correlate alla tutela 

diretta del contribuente, e Controversie doganali e limiti della giurisdizione ordi


zione ordinaria, Foro pad., 1963, I, 843). 

In realt�, prescindendo dalla ricerca analitica di singole ipotesi di potere 

discrezionale, non � dato rinvenire nell'ordinamento una norma o un principio che 

precluda al legislatore l'emanazione di norme regolatrici del rapporto tributario 

suscettibili di essere qualificate come norme d'azione, cui corrisponda un inter'esse 

legittimo e non un diritto soggettivo del contribuente. Una tal norma, infatti, non 

potrebbe rinvenirsi nell'art. 23 della Costituzione, che, nel significato assegnatogli 

dalla Corte Costituzionale, non preclude un intervento discrezionale dell'ente impo


sitore (cfr. Corte Cost., 10 marzo 1957, n. 47, Dir. prat. trib., 1957, Il, 97; 26 gen


naio 1957, n. 30, id., 1957, Il, 88). 

La giurisprudenza, per� parte sua, non soltanto ha avuto occasione di accertare 

l'esistenza di posizioni di interesse legittimo del contribuente, ma dell'esistenza di 

tali posizioni ha fatto addirittura il cardine sul quale poggia l'orientamento in tema 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 931 

perch� la materia � regolata direttamente dalla legge e non resta alla 
Finanza se non un compito meramente tecnico di stima della base 
imponibile. In altri termini, le norme tributarie danno vita a favore del 
singolo al diritto a non subire imposizioni oltre i limiti stabiliti dalla 
legge, non gi� tutelando in via principale l'interesse pubblico e in via 
occasionale l'interesse del singolo, ma tutelando direttamente e immediatamente 
quest'ultimo interesse, che assurge appunto a diritto soggettivo. 


A questa regola si adegua in tema di imposta sull'entrata all'imporportazione 
lart. 18, ultimo comma, della legge organica, che, consentendo 
al Ministro per le finanze di fissare periodicamente in via ufficiale 
il valore di determinate merci provenienti dall'estero, in modo che 
esclusivamente in base al detto valore sia applicata l'imposta da parte 
delle dogane, ha inteso soltanto di agevolare la riscossione del tributo 
sull'importazione di quelle merci, che formano il nucleo fondamentale 
delle importazioni nazionali. 

Il potere del Ministro rimane cos� circoscritto ad un accertamento 
di natura tecnica, come esattamente rilev� il Consiglio di Stato nella 
sua decisione, cio� alla constatazione del valore effettivo medio delle 
merci, a cui si riferisce, senza che intervenga alcun elemento di discrezionalit� 
amministrativa, la quale richiede invece la ponderazione dell'interesse 
specifico da realizzare nell'ipotesi concreta e degli altri interessi 
pubblici con cui il primo venga a contatto, e sulla base di tale 
giudizio la scelta e l'adozione del comportamento da seguire. La periodicit� 
della fissazione del valore uffidale conferma l'intento del legislatore 
di adeguarlo il pi� possibile al valore effettivo o reale delle merci 
da importare, e ci� costituisce al tempo stesso il limite invalicabile del 

di tutela giurisdizionale in materia doganale, definitosi a seguito della dichiarazione 
(parziale) di illegittimit� costituzionale dell'art. 26, secondo comma, t.u. 26 giugno 
1924, n. 1054 (Corte Cost., 27 giugno 1958, n. 40, Foro it., 1958, I, 1054). 

In un primo momento, la giurisprudenza sembrava supporre che, in materia 
di classificazione, qualificazione e valutazione delle merci ai fini dell'imposta doganale, 
la posizione del cittadino. avesse sempre (Cons. Stato, Ad. plen., 27 maggio 
1957, n. 8, Gazzetta Ufficiale, 13 luglio 1957, ed. sp., n. 174 e Ad. plen., 
21 gennaio 1959, n. 1, Dir. prat. trib., 1959, II, 226) o almeno di regola (Cass., 
Sez. Un., 1<> febbraio 1961, n. 207, Foro it., 1961, I, 611) natura di interesse 
legittimo. Successivamente, sia il Consiglio di Stato, sia la Corte regolatrice, affrontando 
il problema di discriminazione della giurisdizione ordinaria dalla giurisdizione 
del Supremo Collegio amministrativo, giurisdizione fissata pur sempre dall'art. 26 
del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, hanno ritenuto che la competenza a 
conoscere delle controversie concernenti l'imposta doganale spetti all'Autorit� giudiziaria 
quante volte la posizione del cittadino si atteggi come diritto soggettivo e 
al Magistrato amministrativo quante volte essa abbia natura di interesse legittimo 
(Cass., Sez. Un., 4 aprile 1964, n. 733, Foro it., 1964, I, 232; Cons. Stato, 8 novembre 
1961, Dir. prat. trib., 1962, II, 238; 11 dicembre 1963, n. 989, Il Consiglio di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

932 

potere del Ministro, di fronte al quale, come in genere nelle ipotesi 
di discrezionalit� tecnica, la posizione del singolo non subisce alcuna 
degradazione e si configura come diritto soggettivo. 

A questa conclusione si obbietta dalfAmministrazione resistente che 
la determinazione del valore medio in via ufficiale si risolve in una questione 
di estimazione semplice sottratta alla cognizione del giudice ordinario, 
e che, come gi� si � accennato, il necessario tramite alla via contenziosa 
(secondo la resistente, dinanzi alla giurisdizione amministrativa) 
� costituito dalla controversia doganale, che nella specie non � 
stata sollevata. 

Alla prima obbiezione pu� rispondersi che � questione di estimazione 
complessa (e non semplice) attribuita al giudice ordinario, quella 
in cui, allo scopo di stabilire la sussistenza e la natura del diritto o di 
ricercare la causa che legittima fimposizione, si debba risolvere una 
questione giuridica concernente la interpretazione di una legge, di un 
regolamento od anche di un negozio giuridico; nel caso specifico, finterpretazione 
dell'art. 18, ultimo comma, della legge organica, all'effetto 
di determinare f ambito della delega conferita al Ministro per le finanze. 

Occorre poi aggiungere che se, in materia di i.g.e. all'importazione, 
rart. 51, secondo comma, della legge rinvia, per le controversie concer-

Stato, 1963, I, 1952; 25 luglio 1964, n. 565, Foro it., 1965, III, 90; 17 novembre 
1964, n. 8l'i, Foro amm., 1964, I, 2, 1325). 

Nonostante l'affermazione tassativa premessa alla motivazione, che escluderebbe 
la possibile esistenza di interessi legittimi in materia tributaria, anche la 
sentenza che si annota fa riferimento a tale criterio discriminatore, criterio che 
presuppone lesistenza di tali interessi giacch�, ove essi non si dessero, sarebbe 
giocoforza inferire che il ricorso previsto dall'art. 26 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 
configuri un'ipotesi di giurisdizione esclusiva (in tal senso, MAGNANI, Contenzioso 

in materia doganale, Dir. prat. trib., 1958, II, 238, e SANDULLI, Manuale del diritto 
amministrativo, Napoli, 1964, 742 e nota 132). Tale riferimento sembra escludere 
che la Corte Suprema abbia assegnato all'affermazione concernente l'inesistenza di 
posizioni di interesse legittimo nel rapporto tributario il valore assoluto che dovrebbe 
desumersi dalle espressioni usate, tanto pi� in quanto tale affermazione rimane 
estranea allo schema logico della decisione. Se, infatti, si potesse accettare come 
premessa dimostrata l'inesistenza nel campo tributario di posizioni aventi natura 
di interesse legittimo, non sarebbe necessario scendere all'esame della singola fattispecie 
per idntificare in concreto la natura della posizione soggettiva della quale 
il contribuente � portatore. � 

E: quindi lecito concludere che l'affermazione anzidetta deve essere interpretata 
come espressione di una regola non priva di eccezioni, cio� come constatazione 
della tendenza dell'ordinamento a configurare il rapporto giuridico d'imposta sulla 
base di norme di relazioni attributive di diritti soggettivi, regola tale da non pregiudicare 
l'esame inteso ad accertare, nei singoli casi, la natura di tali norme. 
III. -La natura della posizione soggettiva del privato rispetto al potere della 
Amministrazione avente ad oggetto la determinazione della base imponibile, forma 
oggetto di disputa dottrinale non sopita, giacch�, anche prescindendo dalla parti

PARTE I, -SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 933 

nenti la classificazione e il valore delle merci, alle norme che regolano 
le controversie doganali, cio� al t.u. 9 aprile 1911, n. 330 e successive 
modificazioni, codest9 rinvio deve essere coordinato sia al precetto del1'
art. 113, primo comma, della Costituzione, secondo cui le posizioni 
soggettive dei cittadini, si tratti di posizioni di diritto soggettivo o di 
interesse legittimo, devono ricevere tutela giurisdizionale, sia alla sentenza 
della Corte Costituzionale, 27 giugno 1958, n. 40, che dichiar� 
illegittimo perch� in contrasto con lart 113, secondo comma, della Costituzione 
l'art. 26, secondo comma, del t.u. delle leggi sul Consiglio di 
di Stato 24 giugno 1924, n. 1054, limitatamente alle parole �controversie 
doganali oppure � : sia infine alla successiva giurisprudenza di questa 
Corte Suprema. 

Infatti, poich� l'art. 26, secondo comma, del t.u. n. 1054 del 1924, 
disponeva che il ricorso giurisdizionale non � ammesso in materia di 
controversie doganali se non per incompetenza o eccesso di potere, con 
esclusione della violazione di legge, ma ha cessato di avere efficacia, 
per tale parte, a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale, 
sicch� anche per le controversie doganali il ricorso al giudice amministrativo 
� ora ammissibile, giusta la norma generale dell'art. 26, primo 
comma, per tutti e tre i vizi di legittimit�, e poich� l'avere l'art. 26, 

colare posizione propria di ALLoruo, Diritto processuale tributario, Torino, 1962, 
65 e segg., non ~ancano voci autorevoli a sostenere che il cittadino non fruisca, 
nel caso, che di una tutela riflessa, non sia cio� titolare che di un interesse legittimo 
(PuGLIESE, Diritti soggettivi e interessi legittimi di fronte alla giurisdizione 
amministrativa speciale, Riv. dir. fin., 1938, I, 68; ZINGALI, L'elasticit� della norma 
e la discrezionalit� dell'Amministrazione nel campo tributario, Dir. prat. trib., 1960, 
I, 3 e segg. e, specialmente, 7 e 22). 

Questa tesi, avversata peraltro dalla dottrina prevalente (cfr. MoRTATI, Le 
giurisdizioni speciali di fronte alla Costituzione, Rass. dir. tecn. dog., 1954, 7; 
MIELE, Riflessi della Costituzione sul contenzioso tributario, Riv. trim. dir. pubbl., 
1951, 829; A. D. GIANNINI, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1960, 213), era 
stata accolta esplicitamente dalla Cassazione in materia di determinazione del valore 
ai fini dell'imposta doganale (.Sez, Un., 10 febbraio 1961, n. 207, cit.), ed era stata 
poi ribadita con la sentenza, sempre a Sez. Un., n. 733 del 4 aprile 1964. 

Secondo il principio allora fissato, la determinazione del valore comporterebbe 
largo margine di discrezionalit� e la posizione del privato avrebbe natura di interesse 
legittimo. In conformit� si era pronunciata anche la Corte d'Appello di 
Torino (12 ottobre 1962, Foro it., 1963, I, 1400) e il Consiglio di Stato (Ad. plen., 
21 gennaio 1959, n. 1. cit., con nota critica di MAGNANI, Osservazioni conclusive 
sulla giurisdizione per l'impugnativa delle decisioni ministeriali in tema di contro� 
versie doganali, Dir. prat. trib., 1959, Il, 226; 21 giugno 1961, n. 568, Foro it., 
Rep,, 1961, voce Dogana, n. 26-28; 11 dicembre 1963, n. 989, id., 1963, voce cit., 38). 

Nella presente sentenza, sulla base di una nozione rigorosa di discrezionalit� 
amministrativa come ponderazione di pubblici interessi fra loro in relazione (su 
cui cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1964, 320; M. S. G1AN'NINI, 
Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, 97; MoRTATI, Discrezionalit�, 
Novissimo Digesto italiano, V, 1098; PmAs, Discrezionalit� amministrativa, Enci




934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

secondo comma, ricordato espressamente le controversie doganali non 
significava che il legislatore avesse inteso sottrarre le questioni relative 
a tali controversie alla cognizione del giudice ordinario, per devolverle, 
anche se investivano laccertamento della violazione di un diritto soggettivo, 
al giudice amministrativo, e pertanto questa disposizione non 
intese derogare al principio stabilito dalla legge abolitiva del contenzioso 
amministrativo, per il quale il giudice ordinario � giudice dei 
diritti P. quello amministrativo giudice degli interessi, ma soltanto limitare 
il ricorso al Consiglio di Stato ai vizi di incompetenza e di eccesso 
di potere, sempre nel presupposto e per le ipotesi in cui le controversie 
doganali avessero ad oggetto un interesse legittimo e non diritto 
soggettivo del contribuente (v. Cass., 27 ottobre 1959, n. 3124 e 4 aprile 
1964, n. 733), la conclusione, alla quale deve pervenirsi, appare di sicura 
evidenza. 

Se ha consistenza di diritto soggettivo la posizione giuridica del 
contribuente nel rapporto tributario e, nella specie, ha tale consistenza 
la posizione dedotta dalla societ� Ausonia a fondamento della sua pretesa 
di non subire imposizioni oltre i limiti stabiliti dalla legge; e se, d'altro 
lato, le determinazioni del Ministro per le finanze sulle controversie 
doganali hanno natura di atti amministrativi (v. Gass., 18 febbraio 1959, 

clopedia del diritto, Milano, 1964, 65 e segg.), il Supremo Collegio ha configurato 
il provvedimento ministeriale ex art. 18 della legge sull'i.g.e. alla stregua di un 
accertamento tecnico vincolato. 

Prescindendo da qualsiasi considerazione sul problema attinente al carattere 
vincolato o discrezionale della determinazione della base imponibile considerato 
in via generale, non sembra che la costruzione adottata dalla Corte si adatti al 
caso di fissazione in via ufficiale del valore di merci importate ai fini dell'i.g.e. 

Sia consentito, anzitutto, osservare che parlare di constatazione del valore 
medio effettivo delle merci in un determinato periodo per qualificare il decreto 
ministeriale alla stregua di un accertamento tecnico che ha, nel caso, ben poco 
significato, poich� la constatazione verrebbe compiuta, secondo lo schema normativo, 
rispetto ad un periodo di tempo futuro e non determinato nella sua entit�, ch� 
l'art. 18 non precisa quale periodicit� debbano avere i provvedimenti di fissazione 
del valore. 

Poich� non � possibile accertare o constatare il valore futuro di una merce 
(men che meno la media di tale valore rispetto ad un periodo di tempo non 
precisato), occorre concludere che non si .verte, nel caso, in tema di accertamento 
tecnico del valore, e che, secondo si esprime la legge, il Ministro non deve constatare, 
bens� stabilire il valore ai fini dell'i.g.e., ossia deve fissare in via generale la 
base imponibile sulla quale l'imposta deve essere applicata. 

:Il; principio generale nel diritto tributario che l'imposta debba essere in relazione 
-quanto al suo ammontare ~con il fatto economico assunto a suo presupposto 
e tale principio, se corrisponde ad una evidente esigenza di giustizia, costituisce 
anche espressione di un interesse specifico dello Stato, avente ad oggetto 
la percezione di un tributo esattamente correlato alla capacit� contributiva espressa 
dal cittadino. L'applicazione assoluta di tale principio comporterebbe, nel caso, 
che l'imposizione assumesse a base imponibile in ogni singolo caso il valore effettiv<: 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 985 

n. 501), la regola della tutela giurisdizionale dei diritti (e degli interessi) 
contro gli atti della pubblica Amministrazione, posta dall'art. 113, primo 
comma, della Costit.uzione, impone che vadano in materia devolute alla 
cognizione del giudice ordinario anche le questioni che non siano, come 
quella in esame, di estimazione complessa, ma siano invece di estimazione 
semplice, cio� riflettano la determinazione della base imponibile 
sulla scorta di indagini circoscritte ai fatti materiali formanti il 
presupposto della imposizione fiscale. 
Rispondendo, infine, alla seconda obbiezione formulata dall'Amministrazione 
resistente,. deve negarsi che la controversia doganale apra 
nella specie l'adito alla vita contenziosa dinanzi al giudice ordinario (e 
non a quello amministrativo, come l'Amministrazione ritiene). 

Le controversie di valore, cui si richiama l'art. 51, secondo comma, 
della legge organica, sono unicamente quelle riguardanti la valutazione 
della base imponibile, qualora sia determinata in base al valore delle 
merci poste al confine; valore che si estenderebbe automaticamente alla 
imposta sull'entrata se non fosse stabilito un diverso valore in via ufficiale 
per determinazione ministeriale. 

Di ci� si ha indiretta conferma nell'art. 97 del regolamento approvato 
con r.d. 26 gennaio 1940, n. 10, il quale consente alla dogana di 

della merce importata. L'art. 18 della legge sull'i.g.e., peraltro, contrappone a tale 
principio (e al corrispondente interesse dello Stato), un diverso interesse, identificato 
anche dal Supremo Collegio, e cio� quello di agevolare la riscossione del tributo 
sull'importazione di merci determinate (costituenti, secondo la Corte regolatrice, il 
nucleo fondamentale delle importazioni nazionali). Il Ministro delle Finanze non 
� obbligato a determinare in via ufficiale il valore delle merci stesse, ma � chiamato 
ad esercitare una facolt� (rectius: potere) appunto attraverso l'esame ponderato 
dell'interesse alla percezione della giusta imposta in ogni singolo caso e dell'interesse 
alla sollecita e agevole percezione dell'imposta stessa. L'emanazione del decreto 
ex art. 18 costituisce perci� frutto di una comparazione squisitamente discrezionale 
di interessi pubblici in confronto alla quale la posizione del cittadino non sembra 
potersi atteggiare che come interesse legittimo, 

Non � dubbio che, in ragione della commisurazione normale dell'imposta al 
valore effettivo delle merci importate e della stessa formulazione dell'art. 18, ultimo 
comma, il Ministro debba procedere a stabilire il valore in via ufficiale tenendo 
presente il valore effettivo della merce al momento dell'emanazione del provvedimento 
e le eventuali variazioni a breve termine ragionevolmente prevedibili. 

L'inosservanza di tale norma, peraltro, poich� essa attiene alla determinazione 
del contenuto di un provvedimento discrezionale, non sembra incida su un diritto 
soggettivo del cittadino. Essa si pone infatti come norma d'azione intesa a regolare 
il comportamento dell'Amministrazione pubblica, in quanto, lungi dall'attribuire al 
privato il diritto di pagare l'imposta sul valore reale della merce all'atto dell'importazione, 
presuppone la negazione di tale diritto e fissa la regola per la determinazione 
di una diversa base imponibile, da valere in via generale, e che tuttavia 
dalla prima non abbia a scostarsi eccessivamente. Si veda, per una fattispecie con 
caratteristiche di spiccata analogia, la gi� ricordata sentenza del Consiglio di Stato 

n. 565 del 25 luglio 1964. 

936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sollevare la controversia di valore, sempre che non si tratti di valore 
fissato in via ufficiale ai sensi dell'art. 18, ultimo comma, della legge. 

Ma Yesclusione dell'iter delle controversie doganali di valore ex art. 
18, ultimo comma, ora citato, ha un'autonoma ragione logica, che la 
giustifica pienamente. 

Il provvedimento ministeriale di determinazione del valore in via 
ufficiale precede, e non segue, l'eventuale controversia e per il congegno 
predisposto dal t.u. del 1911 al contribuente spetterebbe la scelta di 
dare inizio alla fase decisoria amministrativa o in due gradi (Camera di 
commercio e Ministro) oppure un unico grado direttamente dinanzi al 
Ministro; di guisa che il Ministro, nella medesima veste amministrativa, 
sarebbe nella migliore ipotesi posto nella condizione di ripetersi, mentre 
alla Camera di commercio dovrebbe in ogni caso riconoscersi, se adita 
prima del Ministro, il potere di modificare il provvedimento ministeriale, 
in contrasto coi principi basilari delfordinamento amministrativo. 

In conclusione, risolvendosi il conflitto; deve dichiararsi la giurisdizione 
del giudice ordinario, cassandosi la sentenza del tribunale di 
Genova, che ha ritenuto invece la giurisdizione del giudice amministrativo. 
-(Omissis). 

D'altra parte, � veramente lecito escludere che il contenuto del provvedimento 
possa essere influenzato dalla (legittima) comparazione di altri interessi pubblici? 
:�: ben noto che i dazi doganali {e l'i.g.e. all'importazione) costituiscono, oltre che 
tributi, strumenti economici tradizionali attraverso la cui manovra � possibile scoraggiare 
o incoraggiare determinate importazioni, proteggere o esporre alla concorrenza 
internazionale determinate industrie interne. Non sarebbe azzardato ipotizzare 
che lart. 18, nel conferire al Ministro il potere di fissare in via generale la base 
imponibile ai fini di determinate merci da importare, abbia inteso tutelare anche 
questi interessi pubblici, la cui ponderazione entrerebbe legittimamente nella fissazione 
del valore. N� sembra che, assegnando al provvedimento ministeriale tale 
natura, sia lecito dubitare della legittimit� costituzionale dell'art. 18 in relazione 
all'art. 23 della legge fondamentale, poich� il riferimento al valore effettivo, insito 
in tale articolo, definisce in maniera certamente sufficiente i criteri 'idonei a delimitare 
la discrezionalit� del Ministro (cfr. Corte Cost., 10 marzo 1957, n. 47, Dir. 
prat. trib., 1957, II, 97; 26 gennaio 1957, n. 30, id., 1957, II, 88). 

F. BATISTONI FERRARA 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 maggio 1964, n. 1123 -Pres. 
Varallo -Est. Cesaroni -P.M. Toro (conf.) -Pandolfi (avv. Muratori) 
c. Comune di Bologna (avv.ti Gherardi, Tura'.lza, Guidoboni). 

Espropriazione per p.u. -Dichiarazione di p.u. dell'opera -Dichiarazione 
di p.u. esplicita o implicita -Natura giuridica Effetti. 


(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 2-15). 
Espropriazione per p.u. -Dichiarazione di p.u. dell'opera -Prescrizione 
della legge sulle espropriazioni per p.u. di fissazione 
del termine per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni 
-� norma di azione e non di relazione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). 
Competenza e giurisdizione -Norme di azione e di relazione Violazione 
di norme di azione -Difetto di giurisdizione del 

G.O. -Giurisdizione del Giudice amministrativo. 
(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2, 4; t.u. 26 giugno 1924, 
n. 1054, art. 26). 
Piano regolatore, di ricostruzione -Approvazione del piano � 
Dichiarazione implicita di p.u. . Prefissione e proroghe dei 
termini per l'inizio delle espropriazioni e dei lavori . Inizio 
e compimento della procedura espropriativa entro tali termini, 
ma a notevole distanza di tempo dall'approvazione del 
piano � Potere discrezionale della P.A. -Insindacabilit� da 
parte del G.O. 
(d.Ig.Igt, 1� marzo 1945, n. 154, art. 7; I. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 7; 

I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). 
La dichiarazione di p.u. (derivante, nella specie, dall'approvazione 
del piano di ricostruzione ai sensi dell'art. 7 del d.l.l. 1� marzo 1945, 

n. 154) � un atto amministrativo discrezionale, di durata prestabilita, 
sia quanto all'inizio, sia per il termine di scadenza, destinato a spiegare 
i suoi effetti sulle posizioni giuridiche preesistenti, ossia ad affievolire 
7 



938 RASSEGNi\. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il diritto di propriet�, durante il permanere del potere concesso alr ente 
espropriante (1). 

La norma di cui all'art. 13 l. 25 giugno 1865, n. 2359, che prescrive �i 
la fissazione del termine per l'inizio e il compimento delle espropriazioni, 
� diretta a regolare l'attivit� della p.a., in vista dell'interesse pubblico 
da perseguire (norma di azione) e perci� non pu� ritenersi criterio 
valido quello di esaminarla dal punto di vista dell'espropriato, la cui 
tutela non pu� essere che riflessa e indiretta, rispetto a que~la della 
pubblica utilit� (2). 

Per la violazione di norme poste direttamente a tutela dell'interesse 
pubblico il cittadino non pu�, a tutela del suo interesse leso, agire 
dinanzi al g.o., ma dinanzi al giudice amministrativo, e nei limiti in 
cui l'interesse privato di cui � portatore coincida con quello pubblico (3). 

Il preteso ritardo nelfinizio e nel compimento della procedura 
espropriativa, se questi sono contenuti nei termini prefissati e prorogati 
di cui all'art. 13, l. 25 giugno 1865, n. 2359, attenendo al modo di esercizio 
del potere discrezionale della p.a., non pu� essere sindacato dal g.o. (4). 

(Omissis). -Con il primo motivo, il Pandolfi, denunciando la violazione 
degli artt. 832 e 834 e.e., in relazione alla legge 25 giugno 1865 

n. 2359, ripropone la tesi, gi� sostenuta nei precedenti gradi del giudizio, 
che il ritardo colposo del Comune di Bologna, nell'attuazione 
del piano di ricostruzione della citt�, approvato con d.m. 16 gen(
1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 aprile 1961, n. 252, Il Consiglio di Stato, 
�961, 677 (sub 4); 8 giugno 1960, n. 574, id., 1960, 1103 (sub l); 19 dicembre 1958, 
n. 1170, id., 1958, 1461. In dottrina v. RorumssEN, La dichiarazione di p.u. e il 
re�ativo procedimento, Rass. lav. pubbl., 1960, 805; MOTZo e P.mAs, Espropriazione 
e pubblica utilit�, Giur. Cost., 1959, 150; RossANo, L'espropriazione per p.u., 
Torino, 1964, 104 e 110. 

(2) Cos� � la mancata pref�ssione del termine nella dichiarazione di p.u. � 
un vizio dell'atto, che attiene non ali' esistenza del potere di espropriare, ma alle 
condizioni del suo esercizio, ossia alla regolarit� del procedimento, la cui violazione 
pu� portare alla lesione di interessi legittimi, ma non di diritti subiettivi n : Trib. 
Messina, 31 maggio 1963, Arig� c. Com. Me&sina, Riv. giur. ed., 1963, I, 932, 
sub 2, con nota di riferimenti; v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 14 settembre 1962, 
n. 499, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1372. 
(3) Cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1955, n. 2994, Giust. civ., 1955, I, 1580 
e segg., sub. 7-8, con ampia nota di riferimenti; 14 aprile 1964, n. 894, in questa 
Rassegna, 1964, I, 848, e 25 luglio 1964, n. 2064, ibidem, 861 ed ivi altri riferimenti; 
v. anche, in dottrina, SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato 
e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 39 e segg., 48 e segg, ed ivi ampie citazioni 
di dottrina e giurisprudenza. 
. (4) Ed infatti, secondo quanto avvertito dalla sentenza in rassegna, nella massima 
sub l, durante la validit� della dichiarazione di p.u. permane il potere concesso 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 939 

naio 1948, si sarebbe concretato in una vera e propria violazione del 
suo diritto di propriet� sull'immobile soggetto all'esproprio, per la 
impossibilit�, durante il periodo intercorso fra l'approvazione del piano 
e I'espropr�o, protrattosi per oltre 8 anni, di disporre del bene stesso o 
di trarne i relativi utili. 

La censura deve essere disattesa. 
Il ricorrente non contesta il potere della p.a. di eseguire il piano 
di ricostruzione nei termini di scadenza stabiliti dai vari decreti ministeriali 
di proroga, ma deduce che il Comune avrebbe fatto cattivo 
uso di tale potere, incorrendo nella lesione del suo diritto di propriet� 
per il ritardo frapposto nel procedere all'esproprio. 
Ora basta enunciare tale proposizione per scorgere gli errori che 
la travagliano. 
Anzitutto, � da osservare che la dichiarazione di pubblica utilit� 
(derivante, nella specie, dall'approvazione del piano di ricostruzione ai 
sensi dell'art. 7 del d.l.l. 1� marzo 1945 n. 154) � un atto amministrativo 
discrezionale, di durata prestabilita sia quanto all'inizio, sia per il termine 
di scadenza, destinato, pertanto, a spiegare i suoi effetti sulle 
posizioni giuridiche preesistenti (affievolimento del diritto di propriet�) 
durante il permanere del potere concesso all'ente espropriante. 
Ci� posto, non si vede come Tatto lesivo lamentato, costituente, a 
sua volta, l'esplicazione di una potest� giuridica concessa all'amministrazione, 
possa tradursi nella violazione di un diritto soggettivo. 
In secondo luogo, la norma (art. 13 della I. 25 giugno 1865 n. 2359) 
che prescrive la fissazione del termine per l'inizio e il compimento delle 
espropriazioni � diretta a regolare l'attivit� della p.a. in vista dell'interesse 
pubblico da perseguire {norma di azione) e perci� non pu� ritenersi 
criterio valido quello di esaminarla dal punto di vista dell'espropriato, 
la cui tutela non pu� essere .che riflessa e indiretta, rispetto a 
quella della pubblica utilit�. Ed � noto che, per la violazione di norme 
poste direttamente a tutela dell'interesse pubblico, il cittadino pu� agire 
a tutela del suo interesse leso~ non dinanzi al magistrato ordinario, ma 
dinanzi al giudice amministrativo, e nei limiti in cui l'interesse privato 
coincida con quello pubblico. 

all'ente espropriante e "la presenza di elementi discrezionali nell'attivit� amministrativa 
vale, senz'altro, a negare la sussistenza di un diritto soggettivo del privato, 
tutelabile davanti al giudice ordinario � : cfr. Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, 

n. 894, cit. nella nota precedente, in questa Rassegna, 1964, I, 849, sub 3, ed ivi 
riferimenti. Sull'efficacia dei piani di ricostruzione fino alla data di entrata in 
vigore del piano regolatore generale v. Cons. Stato, Sez. IV, 8 novembre 1963, 
n. 688, in questa Rassegna, 1964, I, 338 e segg., con nota di U. GARGIULO. 

940 RA~SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infine, � pure da considerare che, nel caso, nemmeno si adduce la 
violazione dei termini prefissati nel decreto di dichiarazione di pubblica 
utilit� e successive proroghe (termini che sono stati pienamente rispettati 
dal Comune), ma si addebita� all'Ente espropriante un comportamento 
colposo, per aver ritardato, oltre i limiti concessi da un'oculata 
e diligente amministrazione, l'inizio della procedura di esproprio. Con 
ci� si chiede al giudice ordinario un'indagine avente per oggetto, non 
gi� l'esistenza del potere, che non si contesta, o l'uso di esso oltre i 
limiti fissati dall'ordinamento, ma il suo esercizio, che si pretende scorretto 
sotto l'aspetto dell'urgenza, della necessit� pubblica o della semplice 
opportunit�; tutte condizioni, che, traducendosi nella valutazione 
dell'interesse pubblico giustificante l'azione amministrativa, sono sottratte 
al giudice ordinario, al quale � inibito il sindacato dell'esercizio 
del potere discrezionale della p.a. 

Per le ragioni fin qui esposte, il primo motivo, dunque, appare 
infondato e deve rigettarsi. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 maggio 1965, n. 836 -Pres. Lonardo 
-Est. Ferrone Capano -P.M. Tavolaro (conf.) -Bi,sazza 
(avv.ti Moschella, Crisafulli) c. Comune di Messina (avv. Scarcella). 

Espropriazione per p.u. -Mancata esecuzi�ne dell'opera -Decadenza 
della dichiarazione di p.u. -Retrocessione -Presupposti 
-Diversa destinazione anch'essa di p.u. data dalla P.A. espropriante 
all'immobile -Diritto del proprietario espropriato alla 
retrocessione -Sussiste ugualmente -Necessit� per la rilevanza 
della nuova destinazione data all'immobile di apposita 
dichiarazione di p.u. e di nuova espropriazione secondo legge. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63). 
Leggi, decreti e regolamenti -Principio di irretroattivit� della 
legge in generale -Carattere e valore di precetto costituzionale 
-Non sussiste per la materia civile. 

(disp. sulla legge in gen., art. 11). 

La decadenza della dichiarazione di p.u. ed il sorgere del conseguente 
diritto alla retrocessione dei beni espropriati hanno luogo non 
solo nel caso espressamente previsto dall'art. 63 l. 25 giugno 1865, 

n. 2359, che cio� l'opera non sia stata eseguita nei termini all'uopo concessi 
o prorogati, ma anche nei casi, giuridicamente analoghi, in cui si 
abbia la certezza dell'assoluta impossibilit� che l'opera possa essere 

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 

941 

compiuta cos� corri era stata progettata, il che pu� verificarsi allorquando 
ropera di p.u. sia stata realizzata in luogo diverso da quello prestabilito 

o quando i beni espropriati siano stati utilizzati .per una diversa e definitiva 
destinazione, incompatibile con rattuazione dell'opera per la 
quale era stata pronunciata respropriazione. Il diritto alla retrocessione, 
dunque, sorge per il solo fatto che l'immobile espropriato non ha avuto 
nel termine prescritto, o non pu� pi� avere, quella determinata destinazione 
per la quale fu disposta ed effettuata l'espropriazione, n� il suo 
esercizio � precluso dalla circostanza che fimmobile espropriato possa 
avere o di fatto abbia avuto una diversa destinazione, anch'essa di pubblica 
utilit�, oocorrendo per la rilevanza della medesima al fine di impedire 
la retrocessione una apposita dichiarazione di pubblica utilit� 
ed una nuova espropriazione, da effettuarsi a norma di legge (1). 
Il principio della irretroattivit� della legge enunciato nelI' art. 11 
delle disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo un principio 
generale del nostro ordinamento giuridico, non ha tuttavia carattere e 
valore di precetto costituzionale, in quanto l'art. 25 della eostituzione 
vieta la retroattivit� solo in materia penale e non anche in materia civile, 
dove l'osservanza del principio generale della irretroattivit� � rimessa 
alla prudente valutazione del legislatore, il quale ha il potere di derogarvi 
in tutti i casi in cui lo ritenga opportuno (2). 

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1963, n. 183, Giust. civ., 1963, I, 259 
(sub 2) e Foro it., 1963, I, 233 (nella motivazione). In dottrina v. RossANo, L'espropriazione 
per p.u., Torino, 1964, 335 e segg., in part. 337 ed ivi citazioni (sub 2) 
di ulteriore giurisprudenza. 
(2) Cfr. Cass., 17 novembre 1962, n. 3139, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 
1467; 4 giugno 1962, n. 1345, ibidem, 672, ove si avverte (sub 2) che "la disposizione 
contenuta nell'art. 11 delle preleggi, secondo la quale la legge dispone per 
l'avvenire e non ha effetto retroattivo, � inderogabile per il giudice che deve applicare 
la legge, ma non per il legislatore, salvo, per quest'ultimo, il limite previsto 
dall'art. 25 Cost. �; Cass., 16 ottobre 1957, n. 3809, Giust. civ., 1957, J, 1840, con 
nota di richiami di dottrina e giurisprudenza; v. anche Cons. Stato, Sez. VI, 20 gennaio 
1960, n. 14, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 85 (sub 2). La Corte Costituzionale, 
con sentenza 8 luglio 1957, n. 118, Giur. cast., 1957, 1067, ha affermato che il 
principio della irretroattivit� della legge " non � mai assurto nel nostro ordinamento 
alla dignit� di norma costituzionale, n� vi � stato elevato dalla vigente 
Costituzione, se non per la materia penale ,, (1078), senza, tuttavia, escludere che 
" in singole materie, anche fuori di quella penale, l'emanazione di una legge retroattiva 
possa rivelarsi in contrasto con qualche specifico precetto costituzionale " 
(1079) e, con sentenza 30 dicembre 1958, n. 81, id., 1958, 1000, ha precisato che 
dall'art. 25 della Cost. non pu� escludersi la retroattivit� delle leggi finanziarie; 
v. anche, in argomento, la sentenza 9 marzo 1959, n. 9, id., 1959, 237, laddove 
si conferma (270) che per quanto concerne le leggi tributarie " non sia ricavabile 
dall'art. 23 Cost. un precetto costituzionale che precluda la possibilit� di leggi 
retroattive. N� una legge tributaria retroattiva pu� dirsi in contrasto con l'art. 25 
Cost., il quale riguarda soltanto la materia penale ,, . 

942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 maggio 1965, n. 952 -Pres. 
Mastropasqua -Est. Poggi -P.M. Toro (conf.) -Minnucci (avv. Fabrizio) 
c. Ministero Tesoro (avv. Stato Lancia). 
Danni -Danni a persone o a cose causati da azioni non di combattimento 
delle forze. armate alleate nel territorio italiano -
I' 
..::. 
@ 
Responsabilit� dello Stato italiano ai sensi dell'art. 2043 e.e. -
Esclusione -Diritto soggettivo del soggetto danneggiato -
Contenuto -Esclusione dell'applicabilit� delle norme ordinarie 
sulla responsabilit� per fatto illecito -Indennit� e non risarcimento. 
(I. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1 e segg.). 
Spese giudiziali -Compensazione delle spese -Dovere del giudice 
di motivare la relativa pronuncia -Non sussiste -Normale 
incensurabilit� del provvedimento del giudice in Cassazione 
-Eccezione -Fattispecie. 
(c.p.c., art. 92). 
Se � vero che la pretesa vantata dal cittadino in base alla legge 
9 gennaio 1951, n. 10 costituisce diritto soggettivo, tutelabile, dopo 
resperimento della procedura amministrativa, innanzi al G.0., � altres� 
vero che il contenuto di tale diritto trova il suo unico fondamento nella 
cennata legge �speciale, emanata dallo Stato italiano in esecuzione di 
impegni internazionali risultanti dalle clausole del Trattato di pace e 
giustificata, altres�, da motivi di solidariet� sociale e non pu� essere 
desunto dalle ordinarie norme sulla responsabilit� per fatto illecito, 
inapplicabili nelr ipotesi di danni conseguenti non gi� ad un fatto illecito 
dello Stato italiano, ma ad azioni non di combattimento delle forze 
armate alleate (1). 
Il giudice non � tenuto ad una specifica illustrazione dei motivi che 
lo inducono a disporre la compensazione delle spese e il relativo provvedimento, 
implicando una valutazione di fatto, � incensurabile in Cassazione, 
a meno che la motivazione, che il giVJdice, pur non essendovi 
tenuto, abbia creduto di formulare, si presenti viziata da errori logici 
e giuridici (2). 
{Omissis). -1) Col primo motivo di ricorso il Minnucci denunzia 
la violazione dell'art. 324 in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c. Secondo 
il ricorrente, la Corte di merito avrebbe violato il giudicato formatosi 
su un capo fondamentale della sentenza di primo grado, addivenendo 
{l) Cfr. Cass., 25 luglio 1962, n. 2114, in questa Rassegna, 1962, 151 e segg. 
(2) Cfr. Cass., 2 aprile 196'3, n. 820, Foro it., Mass., 1963, 236;. 27 maggio 
1963, n. 1389, ibidem, 409; 7 giugno 1963, n. 1516, ibidem, 442. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

alla riforma di quest'ultima in base ad un motivo di appello �che la difesa 
del Ministero non aveva affatto proposto. Infatti -si sostiene -il 
Ministero del Tesoro aveva proposto appello solo in ordine al quantum 
della liquidazione del danno, senza contestare che questa dovesse avvenire 
secondo i principi di diritto comune; la Corte di merito, invece, 
ha accolto l'appello, e conseguentemente respinta la domanda del Minnucci, 
per il motivo che era stato chiesto il risarcimento dei danni 
ex art. 2043 e.e., e non l'attribuzione della speciale indennit� di cui alla 
legge 9 gennaio 1951, n. 10. 

La censura � infondata. 

Quando il ricorrente afferma che il Ministero del Tesoro si limit� 
ad impugnare la sentenza di primo grado solo per la parte riguardante 
il quantum della liquidazione del danno, senza affatto contestare che 
questa dovesse essere compiuta secondo i principi di diritto comune 
(art. 2043 e.e.), afferma cosa assolutamente inesatta; e, a dimostrarlo, 
basta richiamare il preciso tenore del relativo atto di appello, ove il 
Ministero testualmente deduceva che il Tribunale � aveva erroneamente 
ritenuto di non dovere tener conto dei tassativi limiti posti dalla 
legge per l'indennit� di cui si discute, e che fa carico all'Erario, non 
per responsabilit� aquiliana, ma per obbligazione ex lege, assunta conseguentemente 
ad impegni di carattere internazionale �. 

Non si pu�, certo, negare che il gravame proposto dal Ministero 
fosse in definitiva diretto contro il quantum della liquidazione e che 
l'Amministrazione appellante si proponesse, come risultato finale, quello 
della attribuzione al Minnucci di somme di ammontare inferiore a 
quello risultante dalla sentenza impugnata. 

Ma quello che preme di rilevare, agli effetti del presente ricorso, 
� che il Ministero d~l tesoro, nel censurare la liquidazione del quantum 
dedusse specificamente la inapplicabilit�, nella fattispecie, delle norme 
sulla responsabilit� aquiliana, dovendo, invece, trovare applicazione la 
legge 9 gennaio 1951, n. 10, per la quale viene attril;mita al danneggiato 
soltanto una indennit� da determinarsi con i particolari criteri ivi indicati. 

Resta cos� assolutamente esclusa ogni preclusione, nel senso accennato 
dal ricorrente, per essere stato il punto relativo alla applicabilit� 
delle norme comuni specificamente investito dall'appello proposto dal 
Ministero del Tesoro. 

2) Col secondo motivo di ricorso (denunciandosi la violazione della 
legge 9 gennaio 1951, n. 10, del d.l. 9 ottobre 1922, n. 1403, e in generale 
delle norme che regolano la responsabilit� da fatto illecito) si lamenta 
che la Corte di merito abbia negato che competesse al Minnucci I'ordinaria 
azione di responsabilit� ex art. 2043 e.e., mentre le speciali norme 
della legge n. 10 del 1951 (a parte il richiamo ai criteri in materia di 
infortuni) comporterebbero la sola esigenza del previo esperimento 


944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della procedura amministrativa, dopo di che il danneggiato sarebbe 
ammesso a svolgere lordinaria azione per il risarcimento dei danni 
dinanzi all'autorit� giudiziaria. A conforto di questa tesi, il ricorrente 
richiama la sentenza delle Sez. Un. n. 724 del 12 marzo 1959. 

Anche questa censura � priva di fondamento. 
~ vero che questa Suprema Corte (sentenza delle Sez. Un. sopra 
ricordata) ha affermato che la pretesa di indennizzo in base alla legge 

n. 10 del 1951 costituisce un diritto soggettivo tutelabile, dopo I'esperimento 
della procedura amministrativa, davanti al giudice ordinario; 
ma, con tale affermazione, si � inteso soltanto risolvere una questione 
di giurisdizione, escludendo cio� che laccennata pretesa dovesse configurarsi 
come interesse legittimo tutelabile unicamente dinanzi alla 
giurisdizione amministrativa. Ma questa Corte non ha mai affermato che 
la pretesa all'indennit� per i danni alla persona � causati da azioni non 
di combattimento delle forze armate alleate � si identifichi all'ordinaria 
azione diretta al risarcimento dei danni da fatto illecito (art. 2043 e.e.). 
La possibilit� di una tale affermazione {come la Corte di merito ha 
chiaramente avvertito) �, infatti, nettamente contrastata dal rilievo che 
la legge in esame ha inteso accordare, non gi� il pieno risarcimento, 
ma una semplice indennit�, per la cui commisurazione ha, inoltre, fissato 
precisi limiti e imposto l'osservanza di particolari criteri. 
Basta riflettere, d'altra parte, che la comune azione di responsabilit� 
non sarebbe stata concepibile nei confronti della P.A. italiana per danni 
dipendenti dal fatto di forze armate straniere {significativo � il diverso 
responso della giurisprudenza riguardo ai danni prodotti dalle Forze 
Armate italiane operanti in esecuzione dell'impegno di cobelligeranza); 
e, difatti, l'attribuzione della speciale indennit� di cui alla legge in esame, 
giustificata, del resto, da motivi di solidariet� sociale, analoghi a quelli 
sui quali si basa l'indennizzo per i danni di guerra, � stata disposta in 
esecuzione di impegni internazionali, risultanti dalle clausoJe del trattato 
di pace. Ma il contenuto del relativo diritto, trovando il suo unico 
fondamento nella legge speciale, non pu� essere desunto che dalle 
disposizioni di essa e non dalle norme ordinarie sulla responsabilit� 
per fatto illecito. 

3) Col terzo motivo (deducendosi la violazione degli artt. 112, 115 
e 116 in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) si censura la sentenza 
impugnata per avere questa erroneamente affermato che il Minnucci 
non aveva mai formulato alcun rilievo in ordine alla esattezza del computo 
della indennit�, n� confutato in alcun modo quanto dedotto dalla 
Amministrazione del tesoro circa la completa osservanza dei criteri di 
Jiquidazione stabiliti dalla legge, mentre, in effetti -si afferma -il 
ricorrente aveva ripetutamente impugnata la liquidazione effettuata 
in sede amministrativa. 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 945 

La censura, del tutto infondata, si basa su un completo travisamento 
delle chiare risultanze processuali, le. quali dimostrano in modo 
inequivocabile che il Minnucci si � dichiarato -� vero -insoddisfatto 
della liquidazione della indennit� operata in sede amministrativa, ma 
non perch� questa si sia discostata dai criteri di valutazione imposti 
dalla legge n. 10 del 1951; alla detta liquidazione, infatti, l'attuale 
ricorrente ha sempre contrapposta (dall'atto introduttivo del giudizio 
fino al presente ricorso) la pretesa -di cui si � gi� dimostrata la 
infondatezza -di ottenere il pieno risarcimento del danno a norma dell'art. 
2043 e.e., mentre gli era consentito soltanto di conseguire l'indennit� 
prevista dalla legge speciale, colla piena osservanza dei . criteri di 
valutazione dettati dalla legge medesima. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335 -Pres. 
Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Tavolaro (conf.) -Societ� Manifattura 
lana Gaetano Marzotto e figli e Lanificio V.E. Marzotto 
(avv.ti Scarpa, Nicol�) c. Ministero Finanze {avv. Stato Coronas). 

Appello -Motivi -Duplice funzione: determinazione del � quan


tum devolutum � ec� esposizione delle ragioni del gravame 


Divieto di dedurre nuovi motivi al di fuori dell'atto di appello 

-Non riguarda la deduzione delle ragioni del gravame. 

(c.p.c., artt. 342, 34B). 

Appello -Domanda nuova vietata -Nozione -Introduzione di 

nuova ragione di diritto -Ammissibilit�. 

(c.p.c., art. 345). 

I motivi di appello hanno la dupUce funzione di concorrere, con le 
conclusioni, a determinare il quantum devolutum e di esporre, al tempo 
stesso, le ragioni dell'impugnazione. Senonch� il divieto di dedurre 
nuovi motivi al di fuori dell'atto introduttivo del giudizio d'appello 
riguarda soltanto il primo aspetto, che attiene ai limiti dell'impugnazione, 
mentre, quanto alle ragioni dell'impugnazione, queste non devono 
essere necessariamente enunciate nella citazione a:appello, epper� la 
mancata deduzione di alcune di esse tra i motivi dell'impugnazione non 
preclude alla parte la facolt� di esporle successivamente. Il giudicato, 
infatti, non si forma per le ragioni dell'impugnazione, che possono 
essere opposte in ogni tempo a quelle contenute nella motivazione della 
sentenza impugnata (1). 

(1) .1): noto che " nel giudizio d'appello il potere del giudice di riesaminare la 
causa trova un limite nei motivi di impugnazione, secondo il principio tantum 
devolutum quantum appellatum � : Cass., 29 maggio 1965, n. 1105, Giur. it., Mass., 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

946 

Per aversi domanda nuova, improponibile come tale in appello, 
� necessario che la pretesa fatta valere davanti al giudice di secondo 
grado alteri i presupposti della domanda formulata in prime cure, di 
guisa da introdurre nel processo aappello un nuovo, diverso e pi� 
ampio petitum, la decisione sul quale, postulando la necessit� di nuove 
indagini su elementi diversi da quelli dedotti a f andamento delfistanza 
originaria, verrebbe a privare le parti della garanzia del doppio grado 
di giurisdizione. Cos�, pure, � mutamento della causa petendi, non consentito 
in appello, solo quello che produce un sostanziale mutamento 
della domanda, in quanto introdu.ce una situazione di fatto diversa da 
quella prospettata nelr atto di citazione, situazione che, provocando il 
my,tamento del fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio, intro


1965, 399. Per la formulazione dei motivi di appello non � richiesto, per�, l'uso 
di formule particolari o sacramentali, onde "ben pu� la sfera obiettiva del gravame, 
in cui si concreta il quantum appellatum, essere desunta dal complesso delle 
deduzioni e ragioni svolte dall'appellante, a prescindere dall'eventuale incompletezza 
delle conclusioni adottate": Cass., 15 giugno 1965, n. 1237, ibidem, 447. 
In senso conforme alla distinzione fatta, nella massima surriportata, dalla sentenza 
in rassegna v. Cass., ~O maggio 1962, n. 1317, Giust. civ., 1963, I, 130 ed ivi 
(sub 2) nota di osservazioni e di riferimenti. Sulla funzione devolutiva dei motivi 
di appello, intesi come censure, v. Cass., 24 ottobre 1961, n. 2353, Foro it., Rep., 
1961, voce Appello civile, c. 125, n. 33, ove si avverte anche che la mancanza di 
specificazione dei motivi di appello non importa la improcedibilit� del gravame, 
" ove lappellato si sia costituito e l'appellante si avvalga della facolt� di supplire 
all'eventuale difetto di specificazione dei motivi con la comparsa di costituzione '' . 
Cass., 9 aprile 1963, n. 917, Foro it., Mass., 1963, 264, afferma che non soddisfa 
all'art. 342 c.p.c. " il semplice riportarsi alle ragioni dedotte in prima istanza e 
non accolte dai primi giudici e a tutte le domande, eccezioni e conclusioni svolte 
in primo grado, trattandosi di espressioni troppo generiche, che non valgono a precisare 
i limiti delle questioni di cui si domanda il riesame " : v. anche Cass., 
26 ottobre 1963, n. 2843, ibidem, 812; Cass., 14 ottobre 1963, n. 2733, ibidem, 
777, avverte, a sua volta, che "l'esigenza dell'indicazione dei motivi di gravame 
nell'atto di appello, posta dall'art. 342 c.p.c., non deve essere intesa in senso di 
assolutezza e deve aversi per assolta sol che l'atto di appello manifesti, anche solo 
per implicito, il dissenso dell'appellante in modo da individuare il campo del riesame, 
senza ingenerare incertezze sul quantum appellatum; pertanto, deve ritenersi 
non necessaria una analitica indicazione dei motivi, quando il contesto dell'atto 
riveli chiaramente la volont� dell'appellante di investire in toto la sentenza di 
primo grado "; infine, Cass., 5 marzo 1963, n. 536, Foro it., Mass., 1963, 154, 
precisa che " � l'atto di appello che fissa il contenuto e la portata delle censure 
mosse dall'appellante contro la sentenza di primo grado e quindi l'appellante non 
pu� nel corso ulteriore del giudizio d'appello allargare ancora il tema del dibattito 
giudiziale deducendo nuovi motivi di gravame contro la detta sentenza; pertanto, 
anche se si tratti di un semplice mutamento della causa petendi ammissibile in 
linea astratta in appello, esso � pur sempre inammissibile in concreto per la sua 
tardivit�, se sia stato effettuato dall'appellante non in seno all'atto di appello, ma 
nel corso ulteriore del giudizio di secondo grado, in sede di precisazione delle 
conclusioni "; v. anche Cass., 20 dicembre 1963, n. 3200, ibidem, 894. 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 947 

duce nel processo un nuovo tema di indagine. Quando, invece, il petitum 
e la causa petendi restano immutati, la prospettazione di una nuova o 
alterna ragione di diritto � un mutamento perfettamente consentito, sia 
che la si consideri una diversa qualificazione giuridica del rapporto, sia 
che la �si consideri, pi� propriamente, rapplicazione di una norma particolare, 
dirf3tta a risolvere la controversia, sebbene non invocata in primo 
grado (2). 

(2) Cfr. Cass., 20 febbraio 1963, n. 407, Foro it., Mass., 1963, 117; 6 giugno 
1963, n. 1507, ibidem, 439. Cass., 25 settembre 1963, n. 2615, ibidem, 745, 
avverte che " mentre il divieto di domande nuove in appello � di ordine pubblico, 
in quanto si ricollega alla stessa struttura ed alla funzione stessa del processo di 
appello, i divieti attinenti al mutamento della domanda ed all'ampliamento dell'oggetto 
della lite nel giudizio di primo grado derivano da un mero interesse privato; 
la proposizione di nuove domande nel giudizio di primo grado non d�, quindi, 
luogo ad una nullit� rilevabile di ufficio, con la conseguenza che la relativa preclusione 
non pu� essere eccepita dalla parte che sul merito di detta domanda 
abbia gi� accettato il contraddittorio n; Cass., 16 febbraio 1963, n. 352, ibidem, 102, 
precisa che " il divieto di proporre domande nuove in appello si concreta in una 
preclusione dell'esercizio della giurisdizione e, pertanto, al riguardo, la Corte di 
Cassazione pu� anche svolgere indagini di fatto n. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1965, n. 1588 -Pres. Rossano 
-Est. Giannattasio -P.M. Gentile (conf.) -Ministero LL.PP. 
(avv. Stato Savarese) c. Celona {avv. Scarcella), Istituto Autonomo 
per le Case �Popolari della Provincia di Messina (avv. Brancati) e 
Comune di Messina (avv. Romano). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Delegazione 
amministrativa -Delegazione intersoggettiva -Nozione Effetti 
-Responsabilit� del delegato verso i terzi. 

Edilizia popolare ed economica -Costruzione di alloggi per la 
eliminazione di case malsane a cura dell'amministrazione dei 
lavori pubblici -Potere di delega agli Istituti autonomi per 
le case popolari � Modalit� di esercizio di tale potere � Necessit� 
di indagine sul contenuto e sull'estensione della delega. 

(1. 9 agosto 1954, n. 640, art. 4). 
Occupazione -Occupazione di urgenza d'immobile preordinata 
all'espropriazione per p.u. -Obblighi dell'occupante -Mancata 
emissione nel biennio del decreto espropriativo -Obbligo di 
restituire l'immobile occupato. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, 73). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

948 

La delegazione amministrativa, che pu� essere interorganica oppure 
intersoggettiva, a seconda che sia operativa nell'ambito di uno 
stesso ente pubblico o fra enti diversi, � uno strumento in virt� del 
quale, consentendolo la legge, l'organo o l'ente, investito in via origi


naria della competenza a provvedere in una determinata materva, conferisce, 
autoritativamente ed unilateralmente, ad altro organo o ad altro 
ente una competenza (derivata) in ordine alla stessa materia. E sotto 
questo aspetto essa conferisce al delegato la legittimazione alfesercizio, 
entro i limiti prefissati nell'atto di conferimento, di poteri e di funzioni 
spettanti al delegante. Con specifico riferimento alZa delegazione intersoggettiva, 
la detta legittimazione, ancorch� abbia rilevanza esterna, 
perch� relativa ad attivit� da esplicarsi nei confronti di terzi, non pu� 
essere giuridicamente qualificata in base alle nozioni privatistiche del 
mandato e della rappresentanza, cos� come non si pu�, ovviamente, far 
ricorso a tali. nozioni per spiegare il fenomeno, sia pur diverso, della 
delegazione interorganica. � da escludere che, nell'ipotesi di delegazione 
intersoggettiva e secondo la ratio dell'istituto, nei casi previsti 
dall'ordinamento positivo vigente, i ente delegato operi come un oergano, 
sia pure straordinario, dell'ente delegante. La delegazione, infatti, risponde 
ad un'esigenza di decentramento e mira altres� a realizzare una 
semplificazione o riduzione, sotto i profili strutturale e funzionale~ dell'organizzazione 
amministrativa e delle dimensioni dell'ente delegante. 
In effetti ess11, importando una deroga preventivamente consentita dalla 
legge alle norme sulla competenza, pone il delegato, nei limiti della 
delega e per la durata di essa, in una condizione pari a quella del delegante, 
il quale, a sua volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione 
della delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di 
controllo. Il che importa che, di regola e salvo che l'atto di conferimento 
non disponga espressamente in modo diverso, il delegato � 

investito del potere di provvedere rispetto all'oggetto della delega in 
nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto, pur 
se per conto e nell'interesse di quesfultimo. Ne consegue che l'ente 
delegato � direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti 
posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano 
aver rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi 
nell'ambito del rapporto (interno) con il delegante e la loero incidenza 
nella sfera giuridica del medesimo {l). 

(1-2) Cfr. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 
1964, I, 698 e segg, con nota (sub 3) di riferimenti giurisprudenziali ed annota:; 
zione di CARusr, In tema di delegazione amministrativa, ivi, 700 e segg.; v. anche 
Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, Giur. it., Mass., 1965, 587-588 (sub c). In dottrina 
v., di recente, ALGOZINI, Brevi note in tema di delegazione amministrativa, Giur. sic., 
1965, 333 e segg. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 949 

La l. 9 agosto 1954, n. 640 conferisce alr Amministrazione dei Lavori 
Pubblici il potere di delegare le attribuzioni e le incombenze ivi previste 
agli Istituti per le case popolari, ma l'Amministrazione anzidetta, avvalendosi 
in concreto di tale potere, � libera di contenere la delega nei 
limiti che reputi pi� opportuni, circoscrivendo i compiti specificamente 
demandati alr ente delegato, per cui occorre pur sempve procedere, 
caso per caso, ad una specifica indagine sul contenuto e sulr estensione. 
della delega, qualora insorgano contestazioni al riguardo e si 
debba accertare se r attivit� dell'ente delegato abbia o meno esorbitato 
dai limiti ad essa posti (2). 

N elr ambito del rapporto che si instaura per effetto delr occupazione 
<!urgenza disposta dal Prefetto a carico di un soggetto ed a favore 
di un altro e fra gli obblighi ai quali di regola soggiace r occupante 
v~� quello di riconsegnare il bene alla scadenza del biennio, qualora nel 
frattempo non sia stata pronunciata l'espropriazione (8). 

(3) Cfr. per l'applicazione in tema di occupazione d'urgenza dello stesso criterio 
indicato in tema di espropriazione per p.u. per identificare i soggetti del 
rapporto, che sono quelli a vantaggio ed a carico dei quali viene pronunciato il 
provvedimento ablativo del possesso o della propriet�, Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, 
Giur. it., Mass., 1965, 587-588 {questa sentenza sar� pubblicata in extenso nel 
prossimo fascicolo di questa Rassegna, con annotazione). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1965, n. 1862 -Pres. Favara 
-Est. Gambogi -P.M. Di Majo (conf.) -Societ� l.M.S.A. 
(avv.ti Siracusano, Moschella) c. Facciol� (avv. Rizzo-Manganaro) 
e Ministero LL.PP. (avv. Stato Graziano). 

Cassazione -Deposito di documenti relativi all'ammissibilit� del 
ricorso -Necessit� della previa notifica del controricorso Sussiste. 


(c.p.c., art. 372, comma secondo). 

Cassazione -Incompetenza dell'Ufficiale Giudiziario che notific� 
il ricorso -Vizio della notificazione e non del ricorso -Comparizione 
dell'intimato -Sanatoria. 

(c.p.c., artt. 59, 1S7, 156; d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, artt. 106, 107). 

Propriet� -Prova in giudizio -Testamento -Idoneit�. 

(e.e., artt. 2697, 2699 e segg.; c.p.c., art. 116). 

Procedimento civile -Litispendenza -Riunione obbligatoria Presupposto 
-Identit� delle due cause. 

(c.p.c., artt. 39, 273). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

950 

Procedimento civile -Riunione facoltativa -Potere discr�zionale 
del giudice di merito -Insindacabilit� in Cassazione dell'uso 
del medesimo. 

(c.p.c., art. 274). 

Occupazione -Costruzione di edificio -Occupazione di porzione 
di fondo attiguo di propriet� aliena -Accessione invertita Presupposti. 


(e.e., art. 938). 

Procedimento civile -Sospensione facoltativa -Potere discrezionale 
del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione 
dell'uso del medesimo. 

(c.p.c., art. 296). 

Appello -Intervento coatto ad istanza di parte o � jussu judicis � 
di un terzo -Inammissibilit�. 

(c.p.c., artt. 106, 107, 344). 

Per essere legittimati a presentare documenti in Cassazione anche 
solo al limitato effetto di dedurre e comprovare la inammissibilit� del 
ricorso occorre rivestire la qualit� di controricorrente, il che suppone 
r avvenuta proposizione del controricorso, anche se questo non sia stato 
ancora depositato (1). 

Il difetto di competenza delrufficiale giudiziario inficia soltanto 
la notificazione del ricorso e la comparizione delrintimato sana ogni 
vizio di notifica (2). 

(1) Cfr. Cass., 9 agosto 1962, n. 2486, Foro it., Mass., 1962, 713: 11 la parte 
contro cui � diretto il ricorso per cassazione, la quale abbia lasciato inutilmente 
decorrere il termine per proporre il controricorso, non pu� produrre memorie 
illustrative, n� documenti, a norma dell'art. 372 c.p.c., n� costituirsi nel giudizio di 
Cassazione prima del giorno fissato per la discussione orale, senza poi partecipare 
a quest'ultima '" V. anche Cass., 10 luglio 1957, n. 2747, Giust. civ., 1957, I, 
1888 e segg. 
(2) Cfr. Cass., 24 luglio 1964, n. 2000, Foro it., Mass. 1964, 519: " la notificazione 
fatta da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente non � affetta 
da nullit� assoluta, ma soltanto da nullit� relativa, sanabile, con effetto ex tunc, 
qualora l'atto abbia raggiunto il suo scopo, come nel caso in cui, notificato ricorso 
per cassazione, l'intimato si sia costituito ed abbia resistito al ricorso �; per Cass., 
21 dicembre 1964, n. 2933, Foro it., Mass., 1964, 773: 11 qualsiasi nullit� della 
notificazione (nella specie: per incompetenza dell'ufficiale giudiziario) deve ritenersi 
, sanata 
a norma dell'art. 156, terzo comma, c.p.c., quando sia raggiunta la prova 
dell'avvenuta comunicazione dell'atto comunicato �. 

(3) Secondo Cass., 7 maggio 1963, n. 1110, Giur. it., Mass., 1963, 375 11 se � 
vero che la prova della propriet� di un immobile pu� essere in fatto desunta, oltre 

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 951 

Nulla impedisce che la prova della propriet� si tragga da documenti 
come il testamento, che, pur essendo atto privato proveniente 
alla parte dal suo autore, tuttavia, per la sua data certa, in relazione 
all'epoca in cui fu redatto, o per altre peculiari caratteristiche, sia ritenuto 
dal giudice idoneo a fornire la prova anzidetta (S). 

Sia l'applicazione delle norme sulla litispendenza che la riunione 
obbligatoria richiedono necessariamente lo stesso presupposto: che vi 
sia, cio�, identit� non solo oggettiva, ma anche soggettiva tra le due 
cause (4). 

La riunione di cause connesse pendenti innanzi allo stesso giudice 
pu� essere disposta dal giudice di merito e l'uso di tale potere discrezionale 
non � sindacabile in Cassazione (5). 

I presupposti di fatto fondamentali per l'applicazione dell'articolo 
938 e.e., che, corri� noto, crea unipotesi eccezionale di accessione 
invertita, capovolgendo il principio superficies solo oedit, sono due e 

che dalla interpretazione dei titoli derivativi, anche con altri mezzi indiretti, nonch� 
da presunzioni aventi i requisiti di cui all'art. 2729 e.e., tuttavia la prima e sostanziale 
indagine che il giudice deve compiere deve riguardare la rilevanza del titolo 
dedotto dall'attore a fondamento della propria pretesa e, se necessario, in relazione 
alle contestazioni del diritto di propriet� dei danti causa; ed a questa indagine, 
che inerisce alla questione preliminare della legitimatio ad causam, si deve procedere 
indipendentemente dalla esistenza di un titolo che giustifichi il possesso del convenuto 
�; Cass., 29 ottobre 1963, n. 2861, Ibidem, 981, avverte che " in tema 
di prova della propriet� immobiliare nessuna importanza pu� attribuirsi alla data 
di acquisto della propriet�, sia essa o meno recente in relazione al tempo in cui 
si voglia dimostrare la titolarit� del relativo diritto. :il: vero che nel tempo la 
titolarit� del diritto di propriet� pu� mutare, ma, in tal caso, � la parte che nega 
valore ai documenti prodotti dall'altra che deve, per il principio fondamentale che 
regola l'onere della prova, offrire la prova del suo assunto nelle forme e nei modi 
consentiti dalla legge n; Cass., 26 gennaio 1965, n. 143, Id., Mass., 1965, 30, 
avverte a sua volta che " nella . negatoria servitutis, che � azione di mero accertamento, 
diretta alla tutela della libert� di un fondo, non � richiesta la prova rigorosa 
della propriet� del fondo stesso, .come nell'azione di revindica, potendo detta prova 
essere data con qualsiasi mezzo, di cui spetta al giudice di merito la piena, esclusiva 
e sovrana valutazione � ; per la validit� di tale principio, in tutti i casi in cui non 
si tratti� di revindica, ma di azione di accertamento della propriet�, v. Cass., 9 febbraio 
1963, n. 248, Id., Mass., 1963, 81. 

(4) Gfr., per la litispendenza, Cass., 6 luglio 1955, n. 2084, Giust. civ., Mass. 
Cass., 1955, 788, sub 1, con richiami; 22 maggio 1947, n. 791, Foro it., Rep., 1947, 
voce Competenza e giur. civ., c. 301, n. 165; per la riunione obbligatoria, Cass., 
24 maggio 1955, n. 1538, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 566-567, sub 6, con 
richiami; 11 maggio 1949, n. 1167, Foro it., Mass., 1949, 243, con nota, sub 6, 
di richiami. 
(5) Cfr. Cass., 17 luglio 1965, n. 1577, in questa Rassegna, 1965, 1, 717, 
sub 3, con richiami. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

952 

cio�: a) che chi occupa con la propria costruzione una porzione del 
contiguo terreno altrui ritenga, in buona fede, di essere gi� proprie
�~ 
tario del terreno occupato e non semplicemente di avere il consenso 

I,.

del proprietario confinante all'occupazione; b) che il proprietario del 
terreno occupato non consenta a tale occupazione, ma rivendichi nei .

I

termini il terreno stesso, chiedendo la propriet� della costruzione o la 
rimozione di essa, ai sensi dell'art. 936 e.e. (6). 

(6) Sulla prima parte della massima v. Cass., 15 febbraio 1964, n. 344, Giur. 
it., Mass., 1964, 103-104, sub 2, ove si mette� in evidenza che "il requisito della 
buona fede dell'occupante una porzione del fondo attiguo, richiesto dall'art. 938 
e.e. perch� possa attuarsi, nel concorso degli altri elementi, l'accessione dalla 
norma prevista, non consiste nella convinzione di occupare il suolo altrui con il 
tacito consenso del proprietario, bens� nella ragionevole opinione di essere proprietario 
anche del suolo che risulti essere stato abusivamente occupato a danno del 
fondo contiguo ,, ; v. anche Cass., 6 aprile 1963, n. 891, Id., Mass., 1963 
293-294, sub l, con richiami. Per Cass., 11 luglio 1964, n. 1849, Id., Mass., 1964, 
602, la sola mancata opposizione del proprietario del suolo, sul quale si sia abusivamente 
costruito dal proprietario del fondo attiguo, nel termine di tre mesi dal 
giorno in cui ebbe inizio la costruzione, non � elemento idoneo a far ritenere la 
buona fede dell'occupante, la quale prescinde completamente dal comportamento, 
successivo all'inizio dell'occupazione e della costruzione, del proprietario del suolo 
abusivamente occupato. 
La seconda parte della massima della sentenza in rassegna � manifestamente 
erronea: l'altro presupposto per l'applicazione dell'art. 938 e.e. (ossia per 
il conferimento al giudice del potere discrezionale di attribuire al costruttore di 
buona fede la propriet� dell'edificio e del suolo occupato: Cass., 5 maggio 1965, 

n. 806, Giur. it., Mass., 1965, 288) non � gi�, come vuole la sentenza in rassegna, 
" che il proprietario del terreno occupato non consenta a tale occupazione, ma 
rivendichi nei termini �(?) il terreno stesso ", sibbene, al contrario, proprio la mancata 
opposizione di tale proprietario, nel termine di tre mesi dalla data di inizio 
della costruzione (Cass., 23 febbraio 1965, n. 298, Giur. it., Mass., 1965, 91), alla 
esecuzione della costruzione medesima sul proprio suolo: cfr. Cass., 21 marzo 1963, 
n. 685, Giur. it., Mass., 1963, 220-221, sub 3, nonch� 5 maggio 1965, n. 806, 
sopracitata, la quale avverte che la questione relativa all'esercizio del potere discrezionale 
riconosciuto al giudice dall'art. 938 e.e. presuppone un'indagine di fatto in 
ordine alla buona fede del costruttore, alla mancata opposizione del proprietario 
e alle altre circostanze (onde non pu� essere dedotta per la prima volta in C;issazione). 
Tutto ci� � perfettamente comprensibile e riesce strano, per la verit�, che 
sia sfuggito alla sentenza qui massimata, la quale, proprio sulla circostanza che, 
nella specie, i proprietari " mai hanno rivendicato la propriet� del suolo occupato 
senza titolo dalla I.M.S.A., ma hanno solo richiesto, fin dal primo momento, indennizzi 
per occupazione abusiva o ai sensi dell'art. 23 della legge sulle espropriazioni 
,, , ha ritenuto di poter fondare l'affermazione che " la fattispecie �, quindi, 
del tutto diversa, secondo i lineamenti di fatto definitivamente fissati dalla sentenza 
impugnata, da quella ipotizzata dall'art. 938 e.e."� In tal modo, a parte tutto, si 
� alterato il tenore letterale della cennata norma, nonch� la ratio della medesima, 
che � di favorire il costruttore assistito da un lato dalla propria incolpevole buona 
fede e dall'altro, precisamente, dalla mancanza di tempestiva opposizione da parte 

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVIl,E 953 

Il disporre la sospensione facoltativa, in casi di particolare opportunit�, 
rientra nelfambito delfapprezzamento del giudice di merito e 
si sottrae ad ogni sindacato di legittimit�, se il provvedimento positivo 

o negativo � immune da vizi logici od errori di diritto (7). 
L'istituto della chiamata jussu judicis del terzo in appello � sconosciuto 
al nostro diritto, essendo giuridicamente inconcepibile privare 
una parte senza il suo consenso di un grado di giudizio. Pertanto, farticolo 
344 c.p.c. consente in appello, nel particolare caso ivi ipotizzato, solo 
fintervento volontario ex art. 105 c.p.c. e non gi� fintervento coatto 
su istanza di parte o jussu judicis ex artt. 106 e 107 stesso codice (8). 

{Omissis). -I due ricorsi proposti dalla 1.M.S.A. rispettivamente 
nei confronti dei Facciol� e della Amministrazione dei LL.PP., concernendo 
la stessa sentenza, debbono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. 

Debbono poi essere esaminate, sempre in limine, le eccezioni con 
le quali i Facciol� deducono la inammissibilit� dei ricorsi medesimi, 
sostenendo: a) che nelle copie del ricorso ad essi �notificate non � indicato 
nessuno degli estremi della bolletta comprovante il versamento del 
deposito per soccombenza; b) che il ricorso nei confronti dell' Amministrazione 
dei LL.PP. � stllto a questa notificato da ufficiale giudiziario 
incompetente. 

Rispetto alla prima eccezione, giova notare che essa � stata sollevata 
per mezzo di ur~ elenco di documenti depositati in cancelleria agli 

del proprietario del suolo abusivamente occupato (cfr. nota critica redazionale, 
sub I, ad App. Cagliari, 28 luglio 1957, Riv. giur. ed., 1958, I, 59), onde si 
spiega anche perch� la facolt� di chiedere f applicazione della norma spetti solo 
al costruttore: Cass., 5 agosto 1960, n. 2818, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 868, 
con nota di richiami. 

(7) Cfr. Cass., 18 maggio 1964, n. 1217, Foro it., Mass., 1964, 818; 24 febbraio 
1964, n. 401, Ibidem, 97; 9 aprile 1968, n. 910, Giur. it., 1964, I, l, 490. 
Sulla sospensione necessaria v. Cass., 18 maggio 1964, n. 1217, cit., Zoe. cit.; 
v. anche Cass., 16 marzo 1961, n. 588, Giust. civ., Mass. Cass., 1961, sub 2, 
con richiami. 
(8) Cfr. Cass., 18 marzo 1959, n. 801, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 270; 
27 marzo 1958, n. 1080, Id., Mass. Cass., 1958, 364; 7 novembre 1957, n. 4262, 
Id., Mass. Cass., 1957, 1617, sub 8; 13 ottobre 1955, n. 3102, Id., Mass. Cass., 
1955, 1157, sub 2; 9 febbraio 1955, n. 866, Giust. civ., 1955, I, 1900 e, con la 
motivazione, 1901-1906; ma, in senso affermativo, per l'intervento adesivo, v. Cass., 
17 novembre 1954, n. 4249, ivi, 1901 e, nella motivazione, 1906-1908; v. anche 
LENER, L'intervento del terzo in appello, ivi, 1901 e segg. Ammette l'intervento 
coatto jussu judicis in appello Cass., 1� marzo 1946, n. 226, Giur. compl. Cass. civ.,� 
1946, vol. XXI, 76, con nota di CONIGLIO e Giur. it., 1947, I, 1, 213-216, con nota 
redazionale di riferimenti di dottrina e giurisprudenza. In dottrina, in senso 
contrario, ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. II, Napoli, 1956, 
449, che dichiara di rivedere l'opinione espressa nella seconda edizione e di ritornare 
a quella espressa nella prima edizione del Commento. 

954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

, 

effetti di cui al capoverso dell'art. 372 c.p.c., elenco notificato alla :f: 
societ� ricorrente il 23 luglio 1964. Ma i Facciol� non hanno presentato 
controricorso; e pertanto, secondo la giurisprudenza di questa Suprema . 
Corte (sentenza n. 2486 del 9 agosto 1962), non erano abilitati a pre' 
' 

~ 

sentare documenti n�mmeno al limitato effetto di dedurre e comprovare ���:� 
la inammissibilit� del ricorso. Sembra evidente che, se la legge avesse 
inteso consentire anche ai non controricorrenti di depositare documenti 
a tale effetto; sarebbe allora stato del tutto inutile che essa precisasse, 
come invece ha fatto col cennato capoverso dell'art. 372, che il deposito 
dei documenti stessi pu� avvenire indipendentemente da quello del controricorso; 
n�, d'altra parte, si potrebbe ritenere, senza grave contaminazione 
terminologica, che la disposizione in esame abbia inteso 
parlare di � deposito � del controricorso nel senso di � proposizione � 
del controricorso stesso. 

Riaffermato cos� che nessuna ragione esiste per discostarsi oggi dal 
precedente giurisprudenziale sopra richiamato, va allora osservato che, 
non potendosi prendere in esame i documenti esibiti dai Facciol�, e cio� 
le copie ad essi notificate del ricorso I.M.S.A., l'indagine circa la regolarit� 
del deposito per soccombenza pu� essere condotta soltanto sul1'
originale del ricorso stesso, nel quale, come � pacifico, sono regolarmente 
riportati tutti gli estremi della bolletta di quietanza del deposito 
in questione. La eccezione di inammissibilit� del ricorso sotto questo 
profilo � quindi carente di prova, e come tale deve essere rigettata. 

Per quanto,' invece, concerne il difetto di competenza dell'ufficiale 
giudiziario, basta rilevare che tale difetto inficia soltanto la notificazione 
del ricorso, e che quindi trova piena applicazione, in tal caso, il 
principio per cui, ai sensi del terzo comma dell'art. 156 c.p.c., la comparizione 
dell'intimato sana ogni vizio di notifica (da ultimo: n. 2983 del 
1962). Nella specie l'Amministrazione dei LL.PP. si � regolarmente 
costituita in giudizio con controricorso, senza sollevare eccezioni; e 
pertanto ogni eventuale nullit� di notifica del ricorso deve considerarsi 
sanata. 

Sempre in ordine alla ritualit� del ricorso della I.M.S.A. nei confronti 
dell'Amministrazione si � fatta anche questione se detto ricorso 
sia stato, o meno, notificato in data 1� febbraio 1964; ma ogni discussione 
in proposito � superata da una seconda notifica eseguita il 19 dicembre 
1964; e, cio�, sempre in termine, essendo stata depositata la 
sentenza impugnata {non notificata) il 21 dicembre 1963. 

Le eccezioni preliminari dei Facciol� debbono quindi esser tutte 
rigettate, passandosi all'esame del merito del ricorso. . 

Col primo motivo di ricorso la I.M.S.A. denunzia anzitutto la violazione 
dell'art. 112 �c.p.c., lamentando che la Corte abbia giudicato 
ultra petita col liquidare ai Facciol� indennit� di espropriazione ed 
indennizzo per occupazione senza titolo in relazione ad una estensione 


PARTE I, SEZ. Il!, GIURISPRUDENZA CIVILE 955 

di terreno diversa, nel suo complesso, da quella indicata dal consulente 
tecnico con determinazione fatta propria dagli attori. 

La doglianza � infondata perch� la sentenza impugnata ha attribuito 
i due indennizzi su di una superficie complessiva di mq. 1118 di 
terreno, di fronte ai mq. 1156, aumentati dei mq. 129 occupati per la 
costruzione di una pubblica via, cui facevano riferimento le conclusioni 
presentate dai Facciol� in primo grado e confermi:tte in appello. 
La Corte di Messina ha cos� pronunziato infra petita, anche se non 
iuxta petita, e non ha commesso quindi alcuna violazione del divieto 
di cui all'art. 112 c.p.c. di decidere ultra petita. La censura in esame 
deve essere pertanto respinta. 

Sempre col primo mezzo di ricorso si muove, poi, altra critica alla 
sentenza impugnata, lamentandosi la omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione in ordine alla coincidenza tra i mq. 1118 di terreno 
sui quali sarebbe stata dimostrata la propriet� dei Facciol� e l'area che 
sarebbe stata occupata dalla l.M.S.A. 

Anche questa censura � infondata. La Corte d'Appello, infatti, 
dopo avere determinato, in base alla indagine catastale e documentale 
di cui si far� parola in sede di esame del sesto mezzo di ricorso, quale 
fosse l'estensione di terreno appartenente �i Facciol� al momento in cui 
si inizi� la espropriazione a favore della I.M.S.A., si � correttamente 
posto il problema della successiva destinazione di tale area; ed ha stabilito, 
con apprezzamento di merito in s� incensurabile, che 129 mq. 
erano stati occupati dal comune di Messina per il prolungamento di 
una pubblica via, mq. 567,50 erano stati regolarmente espropriati e 
mq. 550,50 erano stati occupati dalla I.M.S.A. senza titolo. 

Poich� la somma dei dati parziali relativi al terreno occupato dalla 
l.M.S.A., concide col totale di mq. 1118 gi� dichiarato appartenente ai 
Facciol�, e poich� la occupazione dei mq. 550,50 non espropriati � stata 
affermata dalla Corte con adeguata motivazione {e cio� in base al riconoscimento 
che della occupazione stessa avrebbe fatto la I.M.S.A., non 
contestando i dati contenuti in una perizia stragiudiziale esibita ex 
adverso), � evidente che non sussistono n� omissione, n� insufficienze, 
n� contraddittoriet� della motivazione della sentenza impugnata sul 
punto in esame. Anche sotto questo secondo profilo, quindi, il primo 
motivo di ricorso deve essere rigettato. 

Col secondo mezzo di ricorso la l.M.S.A. si duole genericamente 

del fatto che la sentenza impugnata abbia giudicato circa la originaria 

sussistenza del diritto di propriet� dei Facciol� sui terreni in contesta


zione solamente in base agli atti di parte da costoro prodotti. Anche 

questa censura deve essere respinta, perch� nulla impedisce, in tesi, 

che la prova della propriet� immobiliare si tragga da documenti come 

il testamento, che, pure essendo atto privato proveniente alla parte dal 

suo autore, purtuttavia, per la sua data certa, in relazione all'epoca in 



956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cui fu redatto, o per altre peculati caratteristiche, sia ritenuto dal giudice 
idoneo a fornire la prova di questione. Nella specie, la Corte di 
Messina, attraverso un particolareggiato esame delle disposizioni testamentarie 
dei danticausa degli odierni resistenti, � giunta, attraverso 
un apprezzamento di merito immune da errori logici o giuridici, al 
convincimento della piena legittimazione sostanziale dei Facciol�; e 
tale apprezzamento non pu� essere in questa sede censurato. 

Col terzo mezzo di ricorso la l.M.S.A. denunzia la violazione e falsa 
applicazione degli artt. 273, 274 e 39 c.p.c., lamentando: a) che i giudici 
del merito abbiano errato nelfinterpretare il concetto della connessione, 
quando hanno rifiutato di riunire, appunto per connessione, la presente 
causa con quella instaurata dalla I.M.S.A. nei confronti della 
Amministrazione dei LL.PP.; b) che la Corte d'Appello, dopo aver 
affermato la identit� tra le due cause, non abbia da ci� tratto la conseguenza 
della litispendenza. � 

Entrambi i rilievi sono infondati. Per quanto concerne quello sub b), 
che logicamente precede l'altro, va osservato che, nella specie, le due 
cause pendevano dinanzi allo stesso giudice, e che quindi non poteva 
parlarsi di litispendenza, n� di continenza di causa, ma, se mai, di 
riunione obbligatoria ai sensi dell'art. 273 c.p.c. Comunque, sia tale 
riunione che l'applicazione delle norme sulla litispendenza richiedono 
necessariamente lo stesso presupposto: che vi sia, cio�, identit� non 
solo oggettiva, ma anche soggettiva tra le due cause (Cass., n. 1538 del 
1955 e n. 1167 del 1949 per la riunione; n. 791 del 1947 e n. 2084 del 
1955 per la litispendenza); e nella specie non ricorre tale identit� soggettiva, 
perch� solo nella seconda causa {e non anche nella prima) 
l'Amministrazione dei LL.PP. � parte in giudizio. Non si doveva quindi 
applicare n� il disposto dell'art. 39, n� quello dell'art. 273 c.p.c., richiamati 
dalla societ� ricorrente. 

Per quanto, invece, concerne l'applicazione dell'art. 274 c.p.c., che 
consente la riunione delle cause connesse pendenti dinanzi allo stesso 
giudice, niun dubbio che nella specie sussistesse la generica possibilit� 
della riunione stessa; ma i giudici del merito non hanno ritenuto di fare 
uso del loro discrezionale potere in materia; ed � giurisprudenza costante 
di questa Corte Suprema che l'uso di codesto potere, appunto perch� 
discrezionale, non � sindacabile in Cassazione. Anche sotto questo profilo, 
quindi, il motivo in esame va rigettato. 

Col quarto mezzo di ricorso la l.M.S.A. denunzia la violazione e 
falsa applicazione dell'art. 938 e.e., sostenendo che tale norma di legge 
non si attaglia alla fattispecie e che, comunque, i Facciol�, chiedendo 
nelle loro conclusioni definitive al Tribunale il raddoppio dell'indennizzo 
ex art. 938, avrebbero radicalmente mutato la domanda iniziale proposta 
anche come richiesta di indennit� di espropriazione dei terreni costituenti 
relitto ai sensi dell'art. 23 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 

957 

procedendo cos� ad una mutatio libelli, della quale la sentenza impugnata 
non avrebbe rilevato la inammissibilit�. 

La censura preliminare di ordine processuale � infondata, perch� la 
richiesta di un maggiore indennizzo e la modifica della causa petendi, 
intesa come ragione giuridica e non di fatto, della domanda non escono 
dai limiti della emendatio libelli, consentita dall'art. 184 c.p.c. rispetto 
alla citazione introduttiva. 

Fondata, invece, rivelasi la doglianza di merito, relativa alla falsa 
applicazione dell'art. 938 e.e. al caso di specie. 

I presupposti di fatto fondamentali per l'applicazione di codesta 
disposizione di legge che, come � noto, crea una ipotesi eccezionale 
di accessione invertita, capovolgendo il principio superficies solo cedit, 
sono due, e cio�: a) che chi occupa con la propria costruzione una 
porzione del contiguo terreno altrui ritenga, in buona fede, di essere 
gi� proprietario del terreno occupato e non semplicemente di avere 
il consenso del proprietario confinante alla occupazione {Cass., n. 344 
del 1964; n. 3219 del 1962); b) che il proprietario del terreno occupato 
non consenta a tale occupazione, ma rivendichi nei termini il terreno 
stesso, chiedendo la propriet� della costruzione, o la rimozione di essa, 
ai sensi dell'art. 936 e.e. . 

N� l'uno n� l'.altro di tali presupposti ricorre nella specie. Risulta, 
infatti, dalla sentenza impugnata, attraverso un apprezzamento di fatto 
incensurabile e comunque incensurato in questa sede, che la 1.M.S.A. 
ebbe a riconoscere di avere occupato, all'epoca dell'esproprio o dopo, 
non solamente il terreno assegnatole col decreto prefettizio, ma anche 
un altro tratto di mq. 350 circa col dichiarato proposito di acquistarlo 
successivamente dai proprietari Facciol�. E per quanto poi riguarda 
l'atteggiamento di costoro, � pacifico che essi mai hanno rivendicato 
la propriet� del suolo occupato senza titolo dalla I.M.S.A., ma hanno 
solo richiesto, fin dal primo momento, indennizzi per occupazione 
abusiva o ai sensi dell'art. 23 della legge sulle espropriazioni. 

La fattispecie � quindi del tutto diversa, secondo i lineamenti di 
fatto ormai definitivamente fissati dalla sentenza impugnata, da quella 
ipotizzata dall'art. 938 e.e.; e ci� anche a prescindere dall'ulteriore 
rilievo contenuto nel motivo di ricorso e relativo alla mancanza nella 
specie di quella formale attribuzione di propriet� del terreno all' occupante, 
che effettivamente � prescritta da codesta norma di legge. 
Il motivo di ricorso in esame deve essere quindi accolto, cassandosi 
su questo punto la sentenza impugnata. 

Col quinto mezzo la I.M.S.A. denunzia la violazione dell'art. 295 e.e., 
lamentando che i giudici del merito non abbiano ritenuto opportuno 
sospendere il presente giudizio in attesa dell'esito di quello promosso 
da essa societ� nei confronti dell'Amministrazione dei LL.PP. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

958 

Si riconosce, a quanto sembra, che nella specie non ricorrono gli 
estremi della sospensione necessaria {e del resto � evidente che l'azione 
di garanzia promossa nei confronti dell'Amministrazione dei LL.PP. 
non pu� considerarsi pregiudiziale, ma se mai conseguenziale al pre


sente giudizio); ma si assume che almeno si poteva ricorrere a quella 
sospensione facoltativa che il giudice � abilitato a disporre, secondo la 
giurisprudenza di questa Corte Suprema, in casi di particolare opportunit�. 


Per esaminare la censura giova, anzitutto, osservare che proprio il 
precedente giurisprudenziale richiamato dalla societ� ricorrente, e cio� 
la sentenza di questa Suprema Corte n. 401 del 1964, precisa che il 
disporre la sospensione facoltativa rientra nell'ambito dell'apprezzamento 
del giudice di merito e si sottrae ad ogni sindacato di legittimit�, 
se immune da vizi logici od errori di diritto, vizi ed errori che nella 
specie non sussistono. 

Vero � che, come la I.M.S.A. lamenta, la sentenza impugnata 
ha principalmente motivato il rigetto della istanza di sospensione sotto 
il profilo della inesistenza di un vincolo di pregiudizialit� tra le due 
cause e della conseguente impossibilit� della sospensione necessaria; 

ma in tale pronunzia � logicamente implicito il rigetto della istanza 
di sospensione facoltativa; e, per quanto concerne la motivazione di 
tale implicito rigetto, essa ben pu� ravvisarsi nel rilievo (dalla Corte 
d'Appello fatto) che nessun vincolo logico leghi tra loro le due cause. 
Del resto, la societ� ricorrente, denunziando la violazione del solo 

n. 3 dell'art. 360 c.p.c., non prospetta omissioni o vizi di motivazione 
in proposito, ma solo una omessa pronunzia sulla istanza di sospe:Q.sione 
facoltativa, omessa pronunzia che, invece, come si � premesso, non 
esiste. Anche questo motivo di ricorso deve essere quindi �respinto. 
Col sesto mezzo si denunzia la omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione che sarebbe stata adibita dalla sentenza impugnata 
nell'accertare quale fosse la originaria estensione del terreno di 
propriet� Facciol�. 

Si sostiene, all'uopo, che la Corte d'Appello avrebbe fondato la 
sua decisione su risultanze contrastanti od almeno non collimanti tra 
loro, come i dati catastali e 'i documenti relativi ad una espropriazione 
subita dai Facciol� nel 1911. 

Nessuna contraddizione esiste nel ragionamento contenuto, in proposito, 
nella sentenza impugnata. La Corte di Messina, dopo aver 
stabilito {con apprezzamento sul punto incensurabile nel merito) che 
dopo la espropriazione era residuato ai Facciol� un edificio della superficie 
catastale di mq. 1040, e che successivamente l'ente espropriante 
restitu� agli ex proprietari mq. 207 di terreno non utilizzato, ha conseguentemente 
determinato in mq. 1247 la superficie della originaria 
propriet� Facciol�; e tale cifra collima perfettamente con l'area totale 

, 


PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVTI.,E 

poi occupata dal Comune di Messina e dalla l.M.S.A. Anche su questi 
punti, pertanto, non si ravvisano vizi di motivazione censurabili in 
questa sede di legittimit�; ed il motivo di ricorso deve essere cos� 
respinto. 

Col settimo mezzo la l.M.S.A. denunzia la omessa, insufficiente e 
contraddittoria motivazione in punto alla affermata inesistenza del 
vincolo industriale sulle aree occupate, quale elemento per la minore 
valutazione unitaria del terreno espropriato od occupato. 

Anche questa censura � infondata. La sentenza impugnata ha affermato, 
con apprezzamento di merito incensurabile perch� fondato sulla 
interpretazione di un rogito notarile, che fu la stessa I.M.S.A. a fare 
assoggettare al vincolo industriale il terreno gi� espropriato, allo scopo 
di usufruire delle provvidenze statali per l'incremento industriale del 
Mezzogiorno; e, data questa premessa di fatto, logicamente necessaria 
� la conseguenza che il terreno espropriato non debba essere pagato 
come se gi� in precedenza fosse stato sottoposto al noto vincolo. E lo 
stesso ragionamento � valido anche per il terreno occupato senza titolo, 
che formava un corpo unico con quello espropriato e che necessariamente 
doveva avere le stesse caratteristiche di questo dal punto di vista 
della esistenza del vincolo industriale. Il motivo di ricorso in esame � 
quindi da rigettarsi. 

Con l'ottavo mezzo la l.M.S.A. prospetta contro la sentenza impugnata 
due distinte censure, e cio�: a) mancata stima come � relitto� 
ai sensi della legge sulla espropriazione per p.u. del terreno occupato 
senza titolo, che invece � stato valutato secondo il criterio stabilito dal1'
art. 938 e.e.; b) errata e contraddittoria attribuzione ai Facciol� di 
tutti gli interessi dalla data del decreto di espropriazione. 

Il primo rilievo resta assorbito dall'accoglimento del quarto mezzo 
di ricorso, in ordine al quale si � annullata la pronunzia relativa alla 
attribuzione della doppia indennit� ex art. 938 e.e. Sar� il giudice di 
rinvio che, esclusa lapplicabilit� di tale norma, dovr� stabilire se nella 
specie ricorra o meno la ipotesi del � relitto� di cui all'art. 23 della 
legge sulle espropriazioni, valutando in conseguenza i mq. 550,50 di 
terreno occupato senza titolo. 

Fondata � la seconda censura, perch� la Corte d'Appello, confermando 
implicitamente la pronunzia del Tribunale su questo punto, ha 
fatto decorrere gli interessi sulla somma dovuta per occupazione del 
terreno senza titolo non dal giorno di tale occupazione, dal quale sorgeva 
il diritto al risarcimento, ma dalla data della occupazione autorizzata 
d'urgenza dal Prefetto (4 aprile 1956). Poich� su questo punto 
non � stata adibita motivazione alcuna e poich� la ricorrente l.M.S.A. 
sostiene che la occupazione senza titolo avvenne in data posteriore a 
quella della occupazione autorizzata, il giudice di rinvio dovr� indagare 
e provvedere motivatamente anche su questa eccezione della parte. 


960 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Col nono mezzo di ricorso la I.M.S.A. lamenta che il terreno dei 
Facciol� sia stato valutato senza considerare i vincoli su di esso gravanti 
e le spese di bonifica necessarie per renderlo edificabile. Su questi punti 
la sentenza impugnata ha sufficientemente e coerentemente motivato, 
riducendo i valori stimati in primo grado proprio in considerazione delle 
spese necessarie per la bonifica del terreno. L'apprezzamento di merito 
cos� eseguito � quindi incensurabile in questa sede di legittimit�. 

Col decimo ed ultimo motivo si denunzia, anche nei confronti del!'
Amministrazione dei LL.PP., la violazione dell'art. 344 c.p.c., sostenendo 
che doveva essere ammesso l'intervento coatto di tale Amministrazione 
in secondo grado. Ma l'istituto della chiamata iussu iudicis 
del terzo in appello, cos� prospettato dalla societ� ricorrente, � sconosciuto 
al nostro diritto, essendo giuridicamente inconcepibile privare 
una parte, senza il suo consenso, di un grado di giudizio. L'art. 344, 
quindi, consente in appello, nel particolare caso ivi ipotizzato, solo 
l'intervento volontario ex art. 105 c.p.c., e non gi� l'intervento su istanza 
di parte o iussu indices, ex art. 106 e 107 stesso codice. Anche questo 
motivo di ricorso deve essere quindi respinto. 

In conclusione, pertanto, debbonsi accogliere il quarto mezzo di 
ricorso e la seconda censura dell'ottavo mezzo; la sentenza impugnata 
deve essere cassata in relazione e la causa rinviata ad altra Corte d' Appello, 
che applicher� i principi di diritto sopra enunciati in ordine alla 
inapplicabilit� alla specie deirart. 938 e.e. ed alla decorrenza degli 

I

interessi. -(Omissis). 

I 
I 
ili 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 agosto 1965, n. 1961 -Pres. 
Laporta -Est. Bartolomei -P.M. De Ruggiero (diff.) -Angelotti 
(avv. Porzio) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Lancia). 

Prescrizione -Prescrizione decennale quale � effetto del giudicato 
sulle prescrizioni brevi� -Nozione -Applicazione in materia 
di obbligazioni solidali. 
(e.e., artt. 1306, 2953). 

Prescrizione -Sentenza di condanna di un condebitore solidale 
al risarcimento del danno passata in giudicato -Ido"!'"~+:\ ,l,.1 
giudicato a trasformare in decennale la prescrizione pi� breve 
del diritto al risarcimento nei confronti di altro condebitore 
solidale rimasto estraneo al giudizio -Fattispecie. 
(e.e., artt. 2054, 2947, 2953). 

L'art. 2953 e.e. ammette i diritti per i quali la legge stabilisce una 
prescrizione breve a beneficiare dell'ordinaria prescrizione decennale 
per il solo fatto che siano stati canonizzati in un giudicato, che li rende 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 961 

meritevoli di una pi� ampia tutela legislativa, mal conciliabile con il 
rigore della prescrizione breve, a prescindere dai soggetti contro cui i 
diritti stessi siano fatti valere e quindi dalla circostanza che essi, dopo 
essere stati giudizialmente riconosciuti contro uno dei debitori solidali, 
vengano azionati contro altro condebitore (1). 

Nonostante il disposto dell'art. 1306, comma primo, e.e., per cui la 
sentenza pronunziata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non 
ha effetto contro gli altri condebitori, deve ritenersi che la conversione 
del termine prescriz.ionale pi� breve in quello decennale si giustifica per 
il disposto dell'art. 2953 e.e.; conseguentemente la sentenza di condanna 
al risarcimento del danno emanata nei confronti di uno dei debitori 
in solido e passata in giudicato, fermo il rispetto dei limiti soggettivi 
della cosa giUJdicata quanto alla questione di responsabilit�, � idonea a 
provocare la conversione ex iudicato da breve in ordinario del termine 
prescrizionale della domanda risarcitoria nei confronti di altro condebitore 
rimasto estraneo al primo giudizio (fattispecie in tema di azione 
di risarcimento danni da investimento automob~listico proposta contro 
l'Amministrazione proprietaria dell'autoveicolo investitore fuori il termine 
di due anni dal fatto ma entro il termine decennale dalla data 
del passaggio in giudicato della sentenza di condanna del conducente 
dell'autoveicolo medesimo al risarcimento del danno a favore dell'investito) 
(2). 

(Omissis). -Come questa Corte ha gi� avuto occasione di rilevare 
(Cass., n. 2633 del 1964), il menzionato art. 2953 ammette i diritti, per 
i quali la legge stabilisce la prescrizione breve, a beneficiare dell' ordinaria 
prescrizione decennale per il solo fatto che siano stat� canonizzati 
in un giudicato, che li rende meritevoli di una pi� ampia tutela legislativa, 
mal conciliabile con il rigore della prescrizione breve,� a prescindere 
dai soggetti contro cui i diritti stessi siano fatti valere, e quindi 

(1-2) Ancora in tema di opponihilit� della conversione della 
prescrizione prevista dall'art. 2953 e.e. al condebitore solidale 
rimasto estraneo al giudizio. 

La terza Sezione Civile della Corte di Cassazione persiste, per presunti intenti 
equitativi, nel forzare l'interpretazione degli artt. 1306 e 2953 e.e. Nella sua 
precedente sentenza in data 20 ottobre 1964, n. 2633 {in questa� Rassegna, 1964, 
I, 900 e segg., con nostra nota critica), essa ebbe ad affermare che: a) nell'espressione 
"sentenza di condanna passata in giudicato�, contenuta nell'art. 2953 e.e., 
dovesse comprendersi anche l'ipotesi della condanna generica; b) che H collegamento 
operato da quella norma fra sentenza di condanna passata in giudicato, 
cos� intesa in senso ampio e non certamente proprio, e leffetto della modificazione 
prescrizionale dovesse intendersi svincolato dai limiti soggettivi del giudicato. Il 
nuovo caso, oggetto della sentenza in rassegna, rendeva superfluo il riesame ex 



962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


dalla circostanza che essi, dopo essere stati giudizialmente riconosciuti 
contro uno dei debitori solidali {come nella specie), vengano azionati 
contro altro condebitore. 

Poich�, dunque, in virt� della res iudicata, il diritto del ricorrente 
al ristoro del sofferto pregiudizio economico, originariamente soggetto 
alla breve prescrizione biennale, diveniva prescrittibile entro lordinario 
periodo decennale, che non era ancora decorso (come agevolmente si 
rileva dalle riferite date) al momento della citazione introduttiva del 
presente giudizio, incorsero in errore i giudici d'appello nel ritenere 
prescritta (sull'inesatto presupposto che fosse tuttora soggetta alla prescrizione 
breve) l'azione risarcitoria proposta dall'Angelotti contro il 
resistente Ministero. 

A diverso avviso non pu� indurre, come pretende la resistente Amministrazione 
militare (al fine di escludere la conversione, ex iudicato, 
da biennale in decennale, del terI\).ine di prescrizione della domanda 
risarcitoria), lart. 1306, primo comma, e.e., secondo il quale la sentenza, 
pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, non ha effetto 
contro gli altri debitori. Infatti, indipendentemente dal richiamato articolo 
1306, la conversione del termine prescrizionale, nel senso indicato, 
si giustifica, come si � detto, ex art. 2953, nel cui contesto normativo va 
ravvisata la sedes materiae. Piuttosto deve convenirsi col resistente Ministero 
che il giudicato, intervenuto ne1l'anteriore lite, svoltasi fra l'Angelotti 
e l'autista investitore (alla quale esso fu estraneo), avendo efficacia 
solo inter partes, giusta l'univoco dettato del predetto art. 1306, comma 
primo, non potrebbe esser fatto valere dallo stesso Angelotti nei 
suoi confronti; nel senso che questi non potrebbe pretendere di far 
derivare dalla condanna ai danni dell'autista investitore, sancita dalla 
cosa giudicata, la responsabilit� della P.A., quale condel5itrice solidale. 
Il che importa che i giudici di rinvio (cui la causa va rimessa per effetto 
dell'accoglimento del ricorso), pur dovendo riconoscere la conversione 

professo della prima questione. Soffermatasi; quindi, solo sulla seconda, la pronuncia, 
con espresso richiamo della sentenza n. 2633 del 1964, ha confermato l'insegnamento 
di cui al punto b), spiegando che non varrebbe invocare in contrario 
l'art. 1306 e.e., poich�, se � vero che, �giusta l'univoco dettato� di tale norma, 
il giudicato intervenuto nell'anteriore lite fra il creditore e uno dei debitori � non 
potrebbe essere fatto valere " dallo stesso creditore contro altro debitore solidale, 
per farne derivare la responsabilit� del medesimo, ossia il diritto ad ottenere la 
condanna, � altres� vero che � indipendentemente dal richiamato art. 1306, la 
conversione del termine prescrizionale nel senso indicato si giustifica, come si � 
detto, ex art. 2953 e.e., nel cui contesto normativo va ravvisata la sedes materiae �. 

Ma � precisamente la dimostrazione di tale assunto, che manca nella sentenza, 
la quale si limita a fondarlo implicitamente sul presupposto che � l'univoco 
dettato del predetto art. 1306, comma primo " valga solo a giustificare l'efficacia 
inter partes, ossia l'efficacia diretta, del giudicato. Basta considerare, viceversa, che 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 963 

ex iudfcato, da breve in ordinario, del termine prescrizionale della 
domanda risarcitoria, ed escluderne quindi la prescrizione estintiva, non 
potranno tuttavia tener alcun conto, nella decisione di merito, della 
cosa giudicata, che non riguarda affatto la P.A., dati i rilevati suoi 
limiti soggettivi, che la rendono operante unicamente inter partes. 

La rilevata trasformazione del termine prescrizionale ex art. 2953 
(che importa l'accoglimento del ricorso) rende ultroneo indagare se 
-come il ricorrente assume -essa possa giustificarsi anche alla 
stregua dell'art. 1310, primo comma, e.e. {che sembra peraltro estraneo 
al tema controverso), secondo il quale gli atti, con i quali il creditore 
interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido, hanno effetto 
riguardo agli ahri debitori. -{Omissis). 

di tale efficacia si occupa l'art. 2909 e.e., per comprendere che l'art. 1306 e.e., 
lungi dal costituire un inutile doppione di quella norma, come esso diverrebbe, ove 
si seguisse l'interpretazione adottata dalla sentenza in rassegna, attiene, viceversa, 
all'efficacia riflessa del giudicato ed � stato formulato proprio per escludere che tale 
efficacia si produca, comunque, 11 contro gli altri debitori o contro gli altri creditori 
n, come invece avverrebbe, trattandosi di rapporti connessi con quello definito 
nel giudizio, qualora mancasse un'apposita, contraria disposizione di legge (per 
tali concetti si veda nostra precedente nota critica in questa I;!.assegna, 1964, I, 
908 e seg.). Caduto, perci�, l'accennato presupposto, si rivela la fallacia di quell'assunto 
e si capisce che non � gi� nell'art. 2953, ma precisamente nell'art. 1306 

e.e. la sedes materiae de�l' efficacia -ivi compreso il particolare effetto previsto 
dall'art. 2953 -del giudicato � contro gli altri debitori o contro gli altri creditori 
" rimasti estranei al giudizio. Nella sua giusta sede (libro quarto, titolo I, capo 
VII, Sezione III � Delle obbligazioni in solido ") � appunto quella norma, che si 
occupa dell'efficacia verso i terzi interessati del giudicato intervenuto su un rapporto 
di obbligazione solidale e dispone che quel giudicato medesimo 11 non ha effetto 
contro gli altri debitori o contro gli altri creditori ". Negazione completa di efficacia 
sfavorevole, adunque, che non pu�, per il suo carattere assoluto, non estendersi 
anche a quel particolare effetto della � sentenza di condanna passata in giudicato ,, 
previsto dall'art. 2953 e.e. 
L'insegnamento della sentenza in rassegna non pu�, pertanto, essere condiviso. 

F. CARUSI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 settembre 1965, n. 2056 -Pres. 
Pece -Est. Giannattasio -P.M. Cutrupia (conf.) -Arrigo-(avv.ti 
Isaija, Brancati) c. Gestione Case per lavoratori {avv. Stato Dallari). 

Cassazione -Produzione in giudizio di nuovi documenti -Esclusione 
-Casi eccezionali in cui � ammessa. 
(c.p.c., art. 372). 

Cassazione -Applicazione del � jus superveniens � -Nozione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

964 

Edilizia popolare ed economica -Gestione case per lavoratori Assegnazione 
di alloggio con patto di futura vendita -Disciplina 
pubblicistica � sui generis � del rapporto -Inapplicabilit� 
delle norme del codice civile sui miglioramenti e le 
addizioni del locatore -Inapplicabilit� delle norme sulla . 
edilizia popolare ed economica. 

(l. 28 febbraio 1949, n. 43, artt. 12 e 14; d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, 
artt. 13 e segg.; d.P.R. 4 lug1io 1949, n. 436, artt. 34 e segg.; I. 14 febbraio 
1963, n. 60, art. 35). 
Edilizia popolare ed economica -Gestione case per lavoratori Rapporto 
di assegnazione di alloggio con patto di futura vendita 
-Posizione dell'assegnatario. 

(1. 28 febbraio 1949, n. 43, artt. 14-18; d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, artt. 20, 
21, 23, 24; 1. 14 febbraio 1963, n. 60, artt. 2, 3, 35). 
La Corte di Cassazione non pu� esaminare alcun documento, che 
non sia stato gi�, acquisito al processo di merito, tranne che trattisi di 
documento riguardante l'ammissib:ilit� del ricorso o la nullit� della sentenza 
impugnata intesa stricto sensu, uniche ipotesi queste che legittimano 
l'esibizione di nuovi documenti in Cassazione (1). 

Si ha jus superveniens rilevabile in Cassazione, quando, cristallizzata 
la situazione quale emergente dal giudizio di merito, sopraggiunga 
una nuova legge, che regoli diversamente il rapporto .(2). 

(1) Cfr. Cass., 11 giugno 1963, n. 1559, Foro it., 1963, I, 1924; 27 aprile 1961, 
n. 943, id., 1962, I, 1171, ove ampia nota (sub 1) di riferimenti giurisprudenziali. 
(2) Beninteso " allorquando... la legge sopravvenuta intende influire sugli 
effetti del rapporto, mediante una nuova disciplina del fatto o atto originario, � 
necessario che la legge sia esplicitamente o implicitamente retroattiva... diverso 
discorso � da farsi per quelle leggi, che mirano a regolare diversamente gli effetti 
di un rapporto prescindendo da una modificazione dell'atto che lo genera. Qui, 
come gi� osservava il CoVIELLo, si ha una legge nuova, che regola le conseguenze 
di un fatto passato che si avverano sotto il suo impero... non vi ha retroattivit�, 
ma applicazione immediata della legge ,, : Cmcco, Appunti sullo ius superveniens, 
Foro it., 1959, I, 91, il quale avverte anche (ibidem) che, peraltro, "uno ius 
superveniens interpretativo � effettivamente app1icabile in ogni stato e grado del 
processo, senza che occorrano specifiche domande delle parti: il fatto giuridico 
dedotto inizialmente viene senz'altro a delinearsi a mente della legge interpretata 
e nel senso della legge interpretativa, ovunque esso venga in considerazione ". 
Anche rispetto alla legge processuale � da avvertire che " fuori di casi eccezionali 
o di legge dichiarata espressamente o tacitamente retroattiva, la legge processuale 
nuova rispetta gli atti e fatti compiutd sotto la legge antica " : Cass., 26 giugno 1958, 
n. 2277, Foro it., 1959, I, 89-90. Per altri riferimenti sul fus superveniens v. in questa 
Rassegna, 1964, I, 104, sub 4. Sull'applicabilit� della nuova legge sopravvenuta nel 

. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 965 

Nel caso di assegnazione di alloggio della Gestione case per lavoratori 
con patto di futura vendita, il rapporto fra la Gestione e l'assegnatario 
non � qualcosa di pi� o di meno di un rapporto di locazione, 
ma � qualcosa di sostanzialmente diverso, soggiacendo esso ad una 
propria, specifica disciplina pubblicistica, che trascende quella strettamente 
privatistica. Di conseguenza non si applicano a tale rapporto le 
norme {artt. 1592 e 1593) dettate dal codice civile in tema di migliorie 
ed addizioni apportate dal locatario alla cosa locata e, aaltra parte, 
trattandosi di disciplina pubblicistica distinta e diversa da quella sull'edilizia 
popolare ed economica di cui al r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 e 
successive modificazioni, non possono invocarsi insegnamenti giurisprudenziali 
che a quest'ultima regolamentazione si riferiscono (3). � 

L'assegnatario di alloggio da parte della Gestione case per lavoratori 
a norma dell'art. 14 l. n. 43 del 1949 � immesso in una forma di 
godimento concessa in previsione del futuro acquisto della propriet�, 
che rimane della Gestione, ed in tale situazione aattesa deve mantenere 
l'immobile nello stato in cui l'ha ricevuto e non pu� apportarvi 
modificazioni sostanziali, il che � confermato dal rigido sistema predisposto 
dalla legge per l'ipotesi di decadenza e di successiva assegnazione 
dell'appartamento, che non consente modificazioni ed innovazioni 
nell'alloggio (4). 

(Omissis). -Il ricorrente, nella memoria difensiva, assume che 
sarebbe cessata la materia del contendere per effetto dell'ius superveniens 
ed invoca la legge 14 febbraio 1963 n. 60, che sopprime la 
gestione INA~Casa ed istituisce, in sua vece, la Gestione case per lavoratori 
{Gescal), ed il relativo regolamento di attuazione 11 ottobre 1963 

n. 1471. L'Arrigo fa presente che, per l'art. 2 della ricordata legge, 
l'assegnazione degli alloggi a riscatto -con patto di futura vendita 
avvenuta in esecuzione dei piani previsti dalla legge 28 febbraio 1949 
n. 43... pu� essere convertita in assegnazione in propriet� immediata, 
mediante riscatto del debito residuo e soggiunge che il ricordato regocorso 
di un procedimento amministrativo e per la negazione della generale validit� 
del principio v. Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 1961, n. 320, Foro amm., 
1961, I, 1040. 

(3-4) La gestione INA-Casa � ente publico, onde l'assegnazione di alloggio 
�on promessa di vendita non costituisce un contratto di diritto privato; l'assegnatario 
di un alloggio INA-Casa non ha un diritto soggettivo perfetto nella scelta 
del sistema da adottare per l'amministrazione dello stabile�: Trib. Lecce, 17 aprile 
1959, Ist. aut. case pop. Lecce c. Cataneo, Foro it., Rep., 1959, voce Case popolari 
ed economiche, c. 296, n. 92. 



966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lamento detta i criteri e le formalit� per .ottenere l'assegnazione in 
propriet� immediata. 

La tesi della cessazione della materia del contendere � destituita 
di fondamento. Innanzi tutto l'Arrigo vuol dimostrare di aver presentato 
domanda di riscatto alla Gescal e di aver versato la somma dovuta 
a mezzo di documenti prodotti per la prima volta in questa sede a 
norma dell'art. 372 c.p.c., laddove la Corte di Cassazione non pu� 
esaminare alcun documento che non sia gi� acquisito al processo in 
fase di merito, tranne che non riguardi l'ammissibilit� del ricorso o 
la nullit� della: sentenza impugnata, intesa strictu sensu; uniche ipotesi, 
queste, che legittimano lesibizione di nuovi documenti in Cassazione. 


Secondariamente � pacifico, e lo riconosce lo stesso Arrigo, che 
gli adempimenti per la conclusione dell'assegnazione in propriet�, che 
fanno carico alla Gescal, e cio� l'adesione all'atto formale di trasferimento 
e la trascrizione nei registri immol.>iliari dell'atto originario di 

Iassegnazione, non sono a tutt'oggi avvenuti, sicch� non � consentito in 
alcun modo parlare di ius superveniens, che si ha quando, cristallizzata 
la situazione quale emergeva dal giudizio di merito, sopraggiunga una 
nuova legge che regoli diversamente il rapporto. 

B chiaro, pertanto, che la legge del 1963 non pu� essere invocata 
nel presente giudizio. 
Con l'unico motivo, si censura l'impugnata sentenza per violazione 
e falsa applicazione degli artt. 12, 13, 14 della legge 28 febbraio 1949 

n. 43, nonch� per difetto di motivazione, sostenendosi che il rapporto 
tra la Gestione INA-Casa e l'assegnatario dell'alloggio non pu� qualificarsi 
come promessa di vendita con consegna immediata dell'immobile 
e pagamento rateale del prezzo, con la conseguente inapplicabilit� 
delle nol'llle relative ai miglioramenti ed alle addizioni in materia di 
locazioni (art. 1592 e 1593 e.e.), e ci� in quanto tale rapporto si considera 
come una concessione amministrativa in propriet�, con immissione 
dell'assegnatario nel possesso e nel godimen~o dell'immobile e 
con obbligo �della Gestione INA-Casa di prestarsi, dopo il pagamento 
del prezzo, alle formalit� della trascrizione del trasferimento. Cos� 
qualificato il rapporto, ne discenderebbe, secondo l'assunto del ricorrente, 
che al concessionario non potrebbe essere riconosciuta una forma 
di godimento di intensit� ed estensione minori di quella attribuita al 
conduttore, sicch� non potrebbe essergli contestato il diritto d� apportare 
miglioramenti e addizioni alla cosa secondo la disciplina degli ' 
artt. 1592 e 1593 e.e. ' 
' 
' 

~ ' 

Nella specie, quindi, avrebbe dovuto dichiararsi il diritto del ricor


ii: 
rente a mantenere la costruzione eseguita sul terreno annesso all' abi




PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 967 


tazione ass~gnatagli, in quanto costituente una mera accessione del!'
alloggio stesso, tale da non importare una modifica sostanziale all'alloggio, 
fino al momento dell'eventuale pronunzia di decadenza dalla 
concessione. 

La censura � infondata. La legge 28 febbrafo 1949 n. 43 sui provvedimenti 
per l'incremento della occupazione operaia prevede, � vero, 
all'art. 13 lassegnazione di alloggi in locazione, ma il rapporto, che si 
� istituito tra la Gestione INA-Casa e l'Arrigo, � diverso perch� � quello 
dell'assegnazione a riscatto con patto di futura vendita, che � disciplinato 
dagli artt. 12 e 14 della stessa legge. Esulano quindi dall'economia 
della presente decisione le disposizioni di cui agli artt. 1592 e 1593 e.e. 
invocate dal ricorrente. Occorre, invece, rifarsi alla disciplina speciale 
del rapporto di assegnazione a riscatto delle case di cui � discussione. 
Secondo il disposto dell'art. 12 della citata legge n. 43 del 1949 le case 
costruite in esecuzione della legge e le relative aree restano in propriet� 
della Gestione INA-Casa, .finch� siano definitivamente trasferite; secondo 
irsuccessivo art. 14 l'assegnazione degli alloggi destinati ad essere trasferiti 
in propriet� avviene a mezzo di promessa di vendita con consegna 
immediata e pagamento rateale. 

Come emerge chiaramente da tali articoli il contratt.o di assegnazione 
non � idoneo a produrre l'effetto del trasferimento della propriet�, 
che avviene soltanto alla scadenza dei 25 anni e al pagamento integrale 
del prezzo; non d� luogo ad un rapporto di locazione, perch� le rate 
mensili sono corrisposte a titolo di prezzo e non di canone locatizio. 

N� vale dire, in contrario, che il rapporto di assegnazione, potendo 
concludersi con una futura vendita, sia qualcosa di pi� intenso ed 
esteso del rapporto di locazione, con leffetto deff applicazione ad esso 
delle disposizioni degli artt. 1592 e 1593 e.e. relativi ai miglioramenti 
ed alle addizioni, perch� il rapporto di assegnazione tra la Gestione 
INA-Casa e l'assegnatario non � qualcosa di pi� o qualcosa di meno 
di un rapporto di locazione, ma � qualcosa di sostanzialmente diverso, 
sottoposto com'� ad una propria specifica disciplina, che trascende 
quella strettamente privatistica, qual'� invece �quella dettata per i miglioramenti 
apportati e per le addizioni eseguite dal conduttore della 
casa locata. E non solo si tratta di disciplina pubblicistica, ma distinta 
e diversa dalla disciplina dell'edilizia popolare ed economica di cui al . 

r.d. 28 aprile 1938 n. 1165 e successive modificazioni, per cui non possono 
invocarsi precedenti giurisprudenziali che a quest'ultima regolamentazione 
si riferiscono. 
L'assegnatario �di alloggio da parte della Gestione INA-Casa, a 
norma dell'art. 14 della ricordata legge n. 43 del 1949, � immesso in una 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

968 

forma di godimento concessa in previsione del futuro acquisto della 
propriet� (che rimane dell'Ente) e, in tale situazione d'attesa, deve 
mantenere l'immobile nello stato in cui fha ricevuto e non pu� apportarvi 
modificazioni sostanziali. Il che, del resto, � evidente, ove si ha 

riguardo al rigido sistema predisposto dalla legge per l'ipotesi di decadenza 
e di successiva assegnazione dell'appartamento, che non consente 
modificazioni e innovazioni nell'alloggio. 

L'Arrigo, costruendo due vani nel piccolo giardino, ha occupato 
un'area di circa 30 metri quadrati, che il giudice di merito, nel suo 
insindacabile apprezzamento, ha ritenuto costituire una modifica sostanziale, 
violatrice del rapporto instaurato con l'Ente e tale valutazione � 
sorretta da adeguata e logica motivazione. 

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con le conseguenze di legge. 


(Omissis). 

TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. VI, 26 ottobre 1965 -Pres. Costagliola 

I

-Est. Falco -Fusco e Marzano {avv. Belmonte) c. Cementir (avv.ti 
Calvetti e Scoppa). 


Obbligazioni e contratti Ritardo del debitore nell'adempimento 
dell'obbligazione positiva -Illiceit� -Insussistenza in difetto 
di mora � ex persona � o � ex re � -Risarcimento del danno Esclusione. 


(e.e., artt. 1218, 1219 e 1222). 

Il semplice ritardo del debitore neliadempimento deliobbligazione 
positiva non pu� qualificarsi illecito e non pu� dare, conseguentemente, 
luogo a risarcimento del danno, quando non vi sia mora, ex persona o 
ex re, del debitore (1). 

(Omissis). -Per quanto riflette il ritardo delfadempimento non vi 
� dubbio che la Cementir non ha eseguito il completamento della strada 
nel termine contrattuale 31 dicembre 1958 indicato nel contratto. 

(1) La massima apporta un notevole contributo alla chiarificazione dei 
rapporti intercorrenti tra l'art. 1218 e.e. ed il successivo art. 1219; tema di notevole 
delicatezza, che non risulta, per�, fino ad oggi sufficientemente approfondito dalla 
giurisprudenza. 
In dottrina lo studio del V ALSECCHI (Sull'illiceit� del ritardo nell'adempimento, 
Riv. dir. comm., 1963, I, 243, destinato a far parte degli Scritti in onore di Asquini) 



PARTE I;, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVIl.E 969 

Tale ritardo, per�, non pu� giristifi.care una richiesta di danni. 
Infatti, nella specie, trattasi di obbligazione di fare, per cui si rende 
necessaria per l'affermazione della responsabilit� del debitore la costituzione 
in mora. 
In proposito, devesi osservare che, a differenza del precedente 
codice del 1865 che� per le obbligazioni a termine prevedeva una mora 
ex re secondo � il �principio del dies interpellat pro homine, per cui 
nessun onere era previsto per il creditore, l'attuale codice ha previste 
le ipotesi separate tra obbligazioni portables e qu�rables, seguendo la 
dottrina francese (art. 1139 del codice napoleonico), introducendo il 
principfo della interpellatio del creditore verso il debitore, ossia della 
mora ex persona. Secondo lart. 1219, tale interpellatio non � richiesta 
solo per quelle ipotesi ivi indicate e per le obbligazioni di non fare, 
previste dall'art. 1222. 

sembra una trattazione veramente organica ed esauriente dell'argomento. Altri testi 
sulla questione: RAVAZZONI, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1957; ID.; 
Mora del debitore, Nuov. Dig. Italiano, vol. X, pag. 905, Torino, 1964; TONNI, Inadempimento, 
costituzione in mora e risoluzione del contratto, Giur. compl. Cass. 
civ., 1952, XXXI, II, 305; RUBINO, Costituzione in mora e risoluzione per inadempimento, 
Riv. dir. comm., 1947, I, 56; GimtGIANNI, L'inadempimento, Milano, 1959; 
FALZEA, L'offerta reale e la liberazione del debitore, Milano, 1947. Interessanti osservazioni 
sulla delimitazione concettuale dei termini � inadempimento � e � mora � 
sono anche in BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, vol. II, 
Torino, 1958. 

Secondo la decisione annotata, l'art. 1218 e.e., se consacra il principio della 
responsabilit� per il ritardo nell'adempimento delle obbligazioni positive (con le 
quali soltanto � compatibile il c.d. inadempimento non definitivo; per quelle 
negative v. art. 1222 e.e.), imponendo al debitore di prestare, oltre che esattamente, 
anche puntualmente, non dice con chiarezza quale sia il momento in 
cui il ritardo si qualifica illecito e diventa fonte di risarcimento del danno. Tale 
precisazione � contenuta, invece, nel successivo art. 1219, con il quale l'art. 1218 
dev'essere, pertanto, necessariamente coordinato, al fine di dare organicit� alla 
nuova disciplina sull'illiceit� del ritardo nell'adempimento introdotta dal legislatore 
del 1942. Orbene, secondo l'art. 1219 il ritardo diventa illecito, talvolta alla stessa 
scadenza del termine per l'adempimento -e sono questi i casi eccezionali e tassativamente 
elencati di mora ex re: obbligazioni da fatto illecito, obbligazioni in 
cui il debitore abbia dichiarato . di non volere adempiere, obbligazioni di adempiere 
presso il domicilio del creditore {c.d; obbligazioni "portables � della dottrina fraricese) 
-talaltra, invece, dopo la costituzione in mora del debitore a seguito di 
interpellatio da parte del creditore ed � questa l'ipotesi normale, avendo il nuovo 
codice elevata la mora ex persona a principio generale del nostro ordinamento. 

Dal dettato dei giudici di Napoli si ricava che i due termini di ritardo e mora, 
che sul piano lessicale sono dei veri e propri sinonimi, in campo giuridico vengono 
ad assumere un significato ben diverso, valendo il termine mora a qualificare il 
ritardo divenuto illecito, o. per scadenza del termine di adempimento, nei casi di 
mora ex re (e, beninteso, quando il termine non debba ritenersi essenziale, perch�, 

9 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

970 

Infatti la mora, che pu� definirsi il ritardo illecito, sorge dopo che 
sia scaduto il termine dell'adempimento per le obbligazioni, previste 
dai richiamati artt. 1218 e 1222 (mora � ex re�), o dalla � interpellatio �, 
ossia mora � ex persona �. 

Il semplice ritardo dell'adempimento, quindi, non � equivalente 
alla mora che � invece il ritardo colpevole o illecito per il quale pu� 
essere configurata la responsabilit� e conseguentemente la sanzione. 
Ci� posto, non � accettabile la tesi dell'istante che il caso in esame 
debba rientrare nell'ipotesi prevista dal n. 3 dell'art. 1219 che prevede 
appunto la non necessit� della costituzione in mora allorquando la 
prestazione deve essere eseguita nel domicilio del creditore e ci� nella 
considerazione che i creditori non dovessero dar alcun apporto per 
l'adempimento dell'obbligazione relativa alla costruzione della strada. 

� invece chiaro che la richiamata disposizione del n. 3 si riferisce 

in tale ipotesi, la scadenza costituisce di per s� inadempimento), o per intervenuta 
interpellatio da parte del creditore, negli altri casi. 

Ulteriore conseguenza che si pu� trarre dalla sentenza � che, nelle ipotesi 
in cui il creditore deve necessariamente costituire in mora il debitore mediante 
interpellatio, tra la scadenza del termine eventualmente fissato per l'adempimento 
e la costituzione in mora si viene a determinare una situazione di ritardo, priva 
di giuridici effetti, caratterizzata dal fatto che non appare ancora chiaro se l'adempimento 
mancher� definitivamente o si verificher�. 

Per un esame della diversa e pi� razionale soluzione del problema adottata 
dal vecchio codice, si vedano: MoNTEL, La mora del debitore, Padova, 1930 e ScuTo, 
La mora del creditore, Catania, 1905. 

Si ricorda qui, in breve, che l'art. 1223 del codice 1865 disponeva che, nelle 
obbligazioni in cui era fissato un termine per l'adempimento, il debitore cadeva in ., 
mora per la sola scadenza del termine, mentre in quelle senza termine la sua 
mora si verificava solo dopo l'interpellatio da parte del creditore. Da tale sistematica, 
ispirata a tutta la nostra precedente tradizione giuridica in materia, il 
problema del risarcimento dei danni conseguenti al ritardo nell'adempimento rice


I 

veva soluzione pi� aderente alla logica ed al buon senso. 
Allo stato, per�, la soluzione additata dal Tribunale di Napoli non pu� non 
ritenersi conforme ai principi introdotti dal legislatore del 1942. Se la sanzione dei 

danni � configurabile solo come reazione ad un ritardo illecito e se il ritardo non pu� 
qualificarsi illecito se non dopo la costituzione in mora del debitore (ex re o ex 
persona), � giocoforza ritenere che il ritardo antecedente all'interpellatio, in obbli


gazioni per le quali non � prevista la mora ex re, non pu� dar luogo a risarcimento 
del danno e deve ritenersi giuridicamente irrilevante. 

Contra: DE MARTIN!, Mancato o ritardato adempimento .del contratto, ecc., 
Giur. compl. Cass. civ., 1948, XXVII, II, 754. Per la giurisprudenza, sul tema, 
cfr. Cass., 10 gennaio 1963, n. 30, Foro it., Mass., 1963, c. 10 e Monit. trib., f 
1963, 565, con rilievi critici di E. MAsCIONE; 4 ottobre 1963, n. 2677, Foro it., 
1964, I, 594. 

Per l'inapplicabilit� della norma contenuta nel n. 3 dell'art. 1219 ai paga


I

menti da effettuarsi dalla P.A. cfr. Cass., 10 gennaio 1963, n. 30, Giust. civ., 1963, 

I

I 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

971 

principalmente al pagamento di somme o comunque ad obbligazioni 
da soddisfarsi al domicilio o nell'abitazione del creditore, mentre quella 
in esame doveva essere eseguita in localit� del tutto differente, costituita 
da un obbligo di fare su terreno di propriet� comune della 
Cementir e di essi Fusco. 

In definitiva, quindi, la domanda proposta dal� Fusco deve essere 
rigettata. -(Omissis). 

[, 272 e Monit. trib., 1963, 565, con nota di MASCIONE, Sui rapporti tra inadempimento 
e mora. Per altri aspetti del problema del ritardo nei pagamenti della 

P.A. v. Cass., 3 febbraio 1965, n. 172, in questa Rassegna, 1965, 135 con ampi 
richiami dottrinali e giurisprudenziali. 
L. MAZZELLA 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen. 11giugno1965, n. 10 -Pres. Bozzi Est. 
Vozzi -Soc. Ed. Trionfale Terreni e S.p.A. a La Goletta� 
(avv. Delli Santi) c. Comune di Roma {avv. Rago) e Prefetto di 
Roma {avv. Stato Dallari). 

Giustizia amministrativa -Giudicato -Limiti oggettivi -Fattispecie 
in tema di espropriazione per p. u. 

Espropriazione per p. u. -Mercati coperti comunali -Norme 
applicabili -Distinzione -Criteri. 

(1. 30 luglio 1959, n. 595, art. 3; r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981; 1. 4 giugno 1936, 
n. 1210; 1. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 18 e 20; 1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 4). 
L'efficacia del giudicato amministrativo � limitata oggettivamente 
dall'atto amministrativo f armante l'oggetto del ricorso giurisdizionale: 
pertanto nel giudizio di impugnazione del decreto prefettizio di espropriazione 
non pu� essere utilmente invocato il giudicato f armatosi in 
sede di ricorso avverso il decreto che autorizza l'espropriante all' occupazione 
di urgenza dell'immobile successivamente espropriato (l)_. 

I mercati coperti comunali, anche se per la loro costruzione � previsto 
un intervento tecnico e finanziario dello Stato, rientrano fra le 
cosiddette opere igieniche minori di interesse comunale: pertanto 
il Comune interessato (nella specie, Comune di Roma) legittimamente 

(1) Circa la nota questione dell'individuazione dell'oggetto del giudizio amministrativo, 
cfr., in dottrina, GuICcIARDI, La giustizia amminisirativa, Padova, 1953, 
212 e segg.; ROMANO, La pregiudizialit� nel processo amministrativo, Milano, 1958, 
260 e segg.; CASSARINO, Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione 
amministrativa, Milano, 1956, 339 e segg.; per i quali tale oggetto andrebbe identificato 
con il provvedimento impugnato. In senso contrario, per�, v. PIRAs, Interesse 
legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962, 262 e segg. Una posizione intermedia 
� quella del SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Napoli, 1963, 
51 e segg., secondo il quale oggetto del giudizio amministrativo sarebbe sia l'esistenza 
di un pregiudizio ad un bene (interesse o diritto soggettivo) di pertinenza 
del ricorrente, sia l'ascrivibilit� di tale pregiudizio a un provvedimento amministrativo 
invalido. 
La decisione 8 novembre 1961, n. 550 della IV sezione, che i ricorrenti invocavano 
a sostegno della loro tesi, si legge in Riv. giur. edilizia, 1961, I, 1059. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 973 

applica "le disposizioni di piano regolatore, concernenti l'indennit� e la 
procedura di espropriazione, anzich� l'art. 3 della legge 30 luglio 1959, 

n. 595 suli approvazione di progetti per la costruzione di opere igieniche. 
Peraltro, poich� detta norma non � in contrasto, ma in certa misura 
concorrente con le disposizioni del piano regolatore della citt� di Roma, 
� ben possibile che a determinati effetti (nella specie, per l'autorizzazione 
alioccupazione d'urgenza) il Comune si avvalga della legge n. 595 
del 1959 (2). 
(Omissis). -1) Le Societ� ricorrenti deducono la illegittimit� del 
provvedimento impugnato per violazione del giudicato, e, al riguardo, 
fanno riferimento alla decisione 8 novembre 1961, n. 550, emessa dalla 
IV Sezione di questo Consiglio. La decisione, respingendo il ricorso 
proposto dalle stesse Societ� avverso il decreto prefettizio che autorizza 
il Comune di Roma ad occupare in via d'urgenza i terreni necessari alla 
costruzione del mercato coperto di via Trionfale, ha affermato che, 
quando si tratti di provvedere alla costruzione di un mercato, trovano 
applicazione, non gi� le norme del piano regolatore, ma quelle relative 
alla categoria di opere cui i mercati appartengono. La censura non 
ha fondamento. Non sussiste, nella specie, violazione di giudicato 
perch� la efficacia del giudicato amministrativo � limitata, oggettivamente, 
dall'atto amministrativo formante l'oggetto del ricorso giurisdizionale. 
La decisione menzionata d,alle Societ� ricorrenti ha risolto una 
controversia avente per oggetto il decreto prefettizio 17 febbraio 1960 
che autorizzava l'occupazione d'urgenza di alcuni terreni delle Societ� 
ricorrenti, mentre il provvedimento impugnato con il presente rieorso 
� il decreto prefettizio 26 febbraio 1962, che di quei terreni pronuncia 
la espropriazione. 

2) Con altro motivo le Societ� ricorrenti sostengono che, quando si 
tratti della costruzione di mercati coperti, � applicabile, tanto per la procedura 
di espropriazione quanto per la determinazione della relativa 
indennit�, la legge 30 luglio 1959, n. 595, la quale, non contenendo 
. norme specifiche in tema d'indennizzo rinvierebbe alla legge generale 
sulle espropriazioni 25 gennaio 1865, n. 2359. La legge sul piano rego


(2) La soluzione contraria risultava accolta, sia pure per incidens, nella citata 
decisione n. 550 del 1961, nonch�, implicitamente, in Cons. Stato, Sez. IV, 10 aprile 
1962, n. 320, Riv. giur. edilizia, 1962, I, 639, e in Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 1962, 
n. 226, Giust. civ., 1962, Il, 239, le quali avevano elaborato quella distinzione fra 
" opere di piano regolatore � e " situazioni previste dal piano �, cui fa riferimento 
la sentenza in rassegna. 
Per qualche riferimento v. pure Cons. Stato, Sez. IV, 26 aprile 1950, n. 212, 
Il Consiglio di Stato, 1950, I, 27, e Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 1962, n. 226, 
Riv. giur. edilizia, 1962, I, 461. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

974 

latore della citt� di Roma 24 marzo 1932, n. 355, non sarebbe applicabile 
perch� i mercati coperti rientrano tra quelle opere pubbliche 
che nel piano stesso trovano lo strumento per la riserva preordinata 
delle necessarie aree, ma che richiedono r approvazione, interventi e 

finanziamenti da parte delle autorit� statali, previsti da leggi speciali. 

Anche questo motivo di doglianza � infondato. 

Alcune recenti decisioni di questo Consiglio, richiamate dalla 
difesa delle Societ� ricorrenti (Sezione IV: 8 novembre 1961, n. 550; 
7 marzo 1962, n. 226; 10 aprile 1962, n. 320), hanno delineato una destinazione 
nell'ambito delle opere considerate dal piano regolatore della 
citt� di Roma (approvato con r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, convertito in 
legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1932, n. 355), e dai piani 
particolareggiati, sviluppati e compilati in conformit� delle direttive e 
dei criteri generali del piano medesimo. Si � osservato che da una parte 
ci sono � opere e impianti di piano regolatore� (secondo la formulazione 
del decreto n. 981 del 1931) o (secondo la formulazione del successivo 
decreto 17 ottobre 1935, n. 1987, convertito nella legge 4 giugno 
1936, n. 1210) cc opere previste dal piano regolatore� (espressione 
ripetuta nell'art. 18 secondo comma, della legge urbanistica): queste 

I~sono opere ed impianti pubblici di competenza comunale, ritenuti essenzioni 
per rassetto o l'incremento edilizio, e intesi a soddisfare le esigenze . ~ 
della viabilit�, dell'igiene e del pubblico decoro. 

Ci sono poi, accanto alle opere ora dette, ma distinte da esse, le ' 

II 
, 

.

cc sistemazioni previste dal piano � (secondo f espressione usata nel


r art. 20, secondo comma della legge urbanistica); comprendenti tutte 
le altre opere che enti e privati eseguono uniformandosi alle prescrizioni 
del piano. 

Alla distinzione cos� fatta la ricordata giurisprudenza d� rilevanza 
in quanto limita f applicabilit� della specie disciplinata dettata dal 
piano regolatore di Roma, in parziale deroga alle norme sostanziali e 
preordinate concernenti le espropriazioni per l'esecuzione di opere pub


I 

bliche, solo a quelle opere di competenza comunale dirette all'attua


zione del piano. 

Il fondamento della distinzione predetta ai fini ora indicati si vuol 
desumere da varie disposizioni della legge del piano regolatore di 
Roma: riguardanti alcune (come � precisato nelle due citate decisioni, 
alle quali si fa riferimento) la determinazione della indennit� di espropriazione 
(artt. 5 e 21); altre l'autorizzazione al Comune di Roma �ad 
imporre ai proprietari dei beni che siano avvantaggiati dalla esecuzione 
delle opere previste dal piano regolatore edilizio e di ampliamento 
un contributo pari alla met� dell'aumento effettivo di valore� 
(art. 7); altre, infine, la procedura di esproprio {art. 11). 

Rileva in proposito l'Adunanza plenaria che la distinzione che si 
evince dalle disposizioni legislative ora menzionate non � tanto quella 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 975 

tra opere di attuazione e sistemazione generale del piano quanto, piuttosto, 
quella tra opere del piano regolatore che sono di competenza 
comunale e opere cui provvedono altri enti o privati. Anche accettando, 
peraltro, la distinzione proposta non se ne potrebbe accogliere 

� l'applicazione che {solo per incidens, per�) hanno fatto le dette decisioni 
della IV Sezione (n. 226 e n. 320 del 1962) con riguardo ai mercati 
�coperti. I mercati sono opere di competenza comunale e, sotto questo 
profilo, nulla rileva che essi debbano -a termini dell'art. 2 della 
legge 30 luglio 1959, n. 595, manifestamente diretta ad assicurare I'adozione 
dei criteri tecnici pi� razionali e moderni -conseguire l'approvazione 
dell'Autorit� Statale (il Ministero per i Lavori Pubblici o il 
Provveditorato alle opere pubbliche). I mercati rientrano tra le cosiddette 
opere igieniche minori d'interesse comunale, per l'esecuzione delle 
quali la legge 3 agosto 1949, n. 589 (art. 4, u.c.) prevede il contributo 
statale. Intervento tecnico e intervento finanziario dello Stato non escludono 
che essi siano opere di attuazione del piano regolatore, nel senso 
suindicato dalle decisioni predette, in quanto ritenute essenziali per la 
soddisfazione di esigenze d'igiene e di decoro pubblico e sotto un certo 
aspetto, talvolta, anche di viabilit�, potrebbe aggiungersi, intendendosi 
con i mercati coperti eliminare gli spacci di vendita all'aperto, su suolo 
pubblico, di generi alimentari o di altri generi. 
La tesi esposta nelle menzionate decisioni (per incidens, si ripete, 
dato che esse non riguardano espropriazioni per la costruzione di mercati 
coperti) escluderebbe dalla disciplina degli artt. 1, 4 e 11 della legge 
sul piano regolatore di Roma le opere di competenza comunale diverse 
dalle strade, le fognature, gli acquedotti, i parchi pubblici e altri spazi 
di uso pubblico. Ora, se fosse vera questa tesi, non si spiegherebbe 
-come ha rilevato la difesa del Comune di Roma -la disposizione 
dettata dal primo comma dell'art. 4 della legge sul piano regolatore di 
Roma. Questa, che fissa il criterio base per la determinazione della 
indennit� spettante per l'espropriazione compiuta dal Comune per l'attuazione 
del piano regolatore, non avrebbe possibilit� di applicazione 
in quanto sull'espropriazione delle aree destinate a strade, piazze e 
spazi di uso pubblico la indennit� va calcolata secondo il diverso criterio 
fissato, con manifesto carattere di eccezione,. dal terzo comma dell'articolo 
stesso. Non sarebbe applicato neppure nelle espropriazioni 
necessarie �lla costruzione di acquedotti e di fognature, che sono opere 
installate quasi nel sottosuolo stradale. 
Se ne deve concludere che il Comune di Roma, dovendo espropriare 
immobili per la costruzione di un mercato coperto, applica legittimamente 
le disposizioni degli artt. 4 e 11 del r.d.l. n. 1281 del 1931 
(legge 24 marzo 1932, n. 355; d.l. 17 ottobre 1935, n. 1935, n. 1987; 
legge 4 giugno 1936, n. 1210), concernente rispettivamente l'indennit� 
spettante ai proprietari espropriati e la procedura di espropriazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

976 

3) Ci� non esclude, peraltro, che il Comune, quando ne ravvlSI 
f opportunit�, possa valersi altres� dell'art. 3 della legge n. 595 del 1959. 
Le norme sul piano regolatore di Roma sono applicabili nel territorio 
di questa citt�; quelle della legge n. 595 del 1959 sono applicabili in 
tutto il territorio dello Stato. � L'approvazione del Piano regolatore equivale 
ad una deliberazione di pubblica utilit�, e potr� dar luogo alle espropriazioni 
delle propriet� nel medesimo comprese� {art. 92 legge 25 giugno 
1865, n. 2359) L'approvazione dei progetti delle opere igieniche 
prevedute dalla legge n. 595 del 1959 � implica la dichiarazione di pubblica 
utilit� nonch� di indifferibilit� ed urgenza delle relative opere ai 
sensi e per gli effetti dell'art. 71 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e 
successive modificazioni � {art. 3 della legge). 

Ne segue che il Comune di Roma, ove ritenga di richiedere al 
Prefetto f autorizzazione ad occupare i beni necessari per la costruzione 
del mercato coperto, sempre che ricorrano le ipotesi prevedute dall'art. 71 
della legge sulle espropriazioni, si vale legittimamente della legge n. 595 
del 1959, la quale, si ripete, implica la determinazione d'indifferibilit� 
e di urgenza, che la legge del piano regolatore di Roma non prevede; 
quando poi intenda provvedere alla espropriazione pu� legittimamente -~ 
valersi della legge del p.r., che contiene norme pi� favorevoli. 

Nessuna contraddizione � dato ravvisare nella possibilit� di applicazione 
dell'una e dell'altra disposizione, che non risultano affatto in 
contrasto, ma in certa misura concorrenti. 

A questo proposito � da ritenersi che appare inesatta la tesi delle 
ricorrenti secondo la quale la legge 30 luglio 1959, n. 595, � non contenendo 
norme specifiche in tema d'indennit�, rinvia alla legge generale 
sulle espropriazioni del 1865 � e perci� non sarebbe applicabile la 
legge sul p.r. di Roma. Pi� esattamente deve dirsi che la legge 30 luglio 
1959, n. 595, non contenendo norme specifiche in tema d'indennit�, 

rinvia alle altre leggi sulla materia, dalle quali non pu� escludersi la 
legge sul p.r. di Roma. 

N� una contraddizione � dato riscontrare (a prescindere dalla sua 
irrilevanza in ordine alla legittimit� del provvedimento impugnato), 
sul comportamento tenuto dalla difesa del Comune. Nel precedente 
giudizio, promosso dalle stesse Societ� con ricorso avverso il decreto 
prefettizio di occupazione d'urgenza dei medesimi immobili, detta difesa, 
movendo dal presupposto che, per il decreto del termine decennale preveduto 
dagli artt. 16 e 17 della legge urbanistica il piano particolareggiato 
di 46 ter, che prevedeva il mercato coperto del Trionfale, era 
divenuto inefficiente (come tutti i piani particolareggiati, secondo l'indirizzo 
giurisdizionale del tempo) aveva sostenuto, che in sed� di espropriazione, 
findennit� sarebbe stata determinata con le norme della legge 
del 1865, pi� favorevole al proprietario, Mutato detto indirizzo e riconosciuta 
la perdurante efficacia dei piani particolareggiati, veniva a 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 977 

cadere il cennato presupposto. Perci�, nessuna contraddizione -come 
sopra si � detto -pu� addebitarsi alla difesa del Comune, ma, al contrario, 
la pi�, ortodossa conseguenzialit� se, riconosciutasi l'efficacia 
del piano particolareggiato n. 46 ter, essa sostiene ora l'applicabilit� 
dell'art. 4 della legge sul piano regolatore della citata di Roma. 

4) Quanto all'ultimo motivo di censura delle ricorrenti societ� � 
sufficiente rilevare, a dimostrazione della sua infondatezza, che nessun 
elemento di prova � stato dalle medesime previsto a sostegno della tesi, 
peraltro prospettata in forma che� appare dubitativa ( � il Comune dovette... 
�) che nel calcolo dell'indennit� per gli espropri necessari alla 
esecuzione del mercato coperto del Trionfale, lAmministrazione si 
sarebbe attenuta ai criteri della legge del 1865 � per cui, mutando i 
criteri dell'indennizzo successivamente all'approvazione del decreto 
ministeriale, verrebbe illegittimamente ad avvantaggiarsi a danno del 
privato espropriato �. 

� del resto decisivo il rilievo che l'eventuale eccessivit� del contri-' 
buto dello Stato nella spesa riconosciuta necessaria per lesecuzione dell'opera 
giustificherebbe, semmai, ladozione di provvedimenti correttivi, 
non gi� la pretesa. del proprietario espropriato di far proprio l'indebito 
utile. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 aprile 1965, n. 392 -Pres. Polistina 
-Est. Napolitano -Meo-Evoli (avv. Conti, Paoletti) c. Ministero 
Interno e Prefetto Bari (avv. Stato Mataloni) nonch� soc. 
�Ceramica delle Puglie � (avv. Maggi). 

Espropriazioni per p.u. -Termine per il compimento delle espro� 
priazioni � Proroga successiva alla scadenza -Illegittimit�. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). 
Il provvedimento di proroga del termine di cui aliart. 13 l. 25 giugno 
1865, n. 2359 deve ritenersi illegittimo se sia emanato dopo la scadenza 
del termine stesso, a nulla rilevando che la domanda di proroga 
sia stata tempestivamente presentata (1). 

(1) Questa decisione si inserisce in un orientamento che, dopo la fondamentale 
pronuncia 7 giugno 1961, n. 17 dell'Adunanza plenaria {Foro it., 1962, III, 62), 
pu� dirsi consolidato. In precedenza in giurisprudenza vi era stata qualche perplessit�: 
in senso contrario alla tesi poi accolta dall'Adunanza plenaria, cfr. Trib.� Sup. 
Acque, 11 marzo 1958, Foro it., Rep., 1958, voce: acque, n. 56, che si rifaceva 
ad una vecchia decisjone del Consiglio di Stato (la n. 44 del 18 dicembre 1931): 
nello stesso senso cfr., per�, Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 1958, n. 597, ivi, 1958, 
voce cit., n. 77; Cons. Stato, Sez. IV, 11 marzo 1959, n. 351, ivi, 1959, voce cit., 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

978 

(Omissis). -Con decreto n. 23350 del 14 marzo 1962 il Prefetto 
di Bari ordin� la esecutoriet� del piano di espropriazione per l'esecuzione 
dei lavori di costruzione dello stabilimento cc Ceramica delle 
Puglie, s.p.a. n, in Monopoli, dichiarato di pubblica utilit� direttamente 

]

dall'art. 4 del d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, modificato dall'art. 1 :-:-:della 
1. 29 dicembre 1948, n. 1482, e nel contempo fiss� il termine di 
venti mesi, decorrente dalla data del provvedimento stesso, per il compimento 
delle espropriazioni e delle opere. Non avendo potuto portare 
a compimento n� le une n� le altre prima della scadenza del predetto 
termine, avvenuta il 14 novembre 1963, la societ� interessata, con domanda 
dell'll novembre 1963, ne chiese la proroga. Ma questa � stata 
concessa dal Prefetto di Bari soltanto con il decreto n. 79455/1.7.C.3 
del 17 dicembre 1963. 

Con il ricorso in esame, il ricorrente, proprietario dei beni soggetti 
ad esproprio per la costruzione del predetto stabilimento, cui giova la 
dichiarazione di pubblica utilit� contenuta nell'art. 4 del d.l. 14 dicembre 
1947, n. 1598, modificato dall'art. 1 della 1. 29 dicembre 1948, 

n. 1482, assume che la concessa proroga, essendo tardiva, � illegittima 
per violazione dell'art. 13 della legge generale sulle espropriazioni. 
Tale assunto � fondato. Infatti il potere di proroga previsto dal 
secondo comma del citato art. 13 deve essere esercitato prima della 
scadenza del termine originario, altrimenti si verrebbe a determinare, 
in ordine allo svolgimento del procedimento espropriativo ed alle realizzazioni 
dell'opera, quella situazione d'incertezza che il legislatore, a 
tutela dell'interesse pubblico ed indirettamente anche degli interessi 
dei privati, ha voluto impedire mediante robbligo di stabilire preventivamente 
i termini entro i quali debbono essere iniziati e completati sia 

n. 48. Successivamente, la giurisprudenza si � adeguata all'interpretazione della 
Adunanza plenaria: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 giugno 1961, n. 360, Il Consiglio 
di Stato, 1961, I, 1077; Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 1964, n. 82, Foro amm., 
1964, I, 2, 154; Cons. giust. amm. sic., 14 marzo 1964, n. 106, Il Consiglio dii Stato, 
1964, I, 609. Nello stesso senso � anche la migliore dottrina (cfr. RossANo, L'espropriazione 
per pubblica utilit�, Torino, 1964, 108 e segg.; CARUGNO, L'espropriazione 
per pubblica utilit�, Milano, 1962, 110. In senso parzialmente contrario, cfr. 
per�, CATTANEO, Sulla proroga dei termini per l'esecuzione delle espropriazioni per 

p.u. e dei lavori relativi, Riv. giur. edilizia, 1959, II, 139 e segg.). Per qualche 
riferimento vedi pure Trib. Sup Acque, 11 marzo 1964, n. 8, in questa Rassegna, .,
1964, I, 405. . 
Della decisione in esame sembra di particolare interesse l'affermazione secondo 

.

la quale, poich� la concessione della deroga sarebbe configurata dalla norma come 

.

manifestazione di un potere discrezionale dell'amministrazione, l'interessato non . 
potrebbe mai vantare un diritto perfetto ad ottenerla � quali che siano le cause . 
che hanno impedito il compimento delle espropriazioni e dei lavori entro il ter


.

mine originario �. 

Peraltro, con decisione 14 febbraio 1964, n. 67 della IV sezione (Riv. giur. 

. < l!i.,% 

, 

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ll1 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 979 

le espropriazioni che i lavori e dichiarando i termini stessi prorogabili 
per causa di forza maggiore o per altre ragioni indipendenti dalla volont� 
del concessionario " ma, sempre con determinata prefissione di tempo �. 
Se la proroga potesse essere concessa in ogni tempo, la funzione di 
garanzia, svolta nell'ambito del procedimento dalla prefissione dei predetti 
termini, verrebbe meno proprio quando si dovrebbero verificare gli 
effetti che, secondo i casi, conseguono al mancato tempestivo inizio o 
compimento delle' espropriazioni e dei lavori. 

N� all'istanza di proroga tempestivamente presentata dall'interessato 
pu� essere attribuito carattere conservativo perch� la scadenza del 
termine originario si pone come limite di ordine obiettivo proprio rispetto 
al potere concesso alla pubblica autorit� di promulgare i termini stessi. 
Sicch� il provvedimento di proroga tardivamente emesso non pu� essere 
considerato illegittimo ancorch� regolarmente richiesto, 

Ed in tali sensi �, ormai, costante l'indirizzo seguito dalla giurisprudenza 
di questo Consiglio che si � pronunciato sulla questione anche 
in Adunanza Plenaria (decisione 7 giugno 1961, n, 17). 

La resistente societ� � Ceramica delle Puglie � ha sostenuto che nel 
caso di specie la proroga si deve ritenere ritualmente concessa siccome 
giustificata da ragioni che per la loro evidenza ed obiettivit� hanno 
precostituito un diritto al differimento. Senonch� la concessione della 
proroga � configurata dalla norma come manifestazione di un potere 
discrezionale dell'Amministrazione per cui il soggetto interessato non pu� 
mai vantare un diritto ad ottenerla quali che siano le cause che hanno 
impedito il compimento delle espropriazioni e dei lavori entro il termine 
originario. Peraltro, nella specie, pur prescindendo da un apprezzamento 
di tali cause non necessario n� consentito in questa sede, va rilevato che 

edilizia', 1964, I, 608) il Consiglio di Stato hl! ritenuto che cc l'azione volta a contestare 
la legittimit� della proroga del termine per il compimento dei lavori, qualora 
le espropriazioni siano gi� state compiute e tale termine sia gi� scaduto, investe una 
questione di diritti soggettivi, ed � pertanto improponibile in Consiglio di Stato ,, . 
Tale pronuncia muove evidentemente dal presupposto che la illegittimit� del provvedimento 
di proroga equivalga alla scadenza del provvedimento di pref�ssione del 
termine e quindi -in ultima analisi -alla mancanza dello stesso. In questo 
senso, dovendosi ritenere mancata per scadenza dei termini la stessa dichiarazione 
di p.u,, si renderebbe applicabile quella nota giurisprudenza della Corte di Cassazione 
che ritiene sussistere la giurisdizione del giudice ordinario nel caso di inesistenza 
della dichiarazione di p.u., in quanto presupposto condizionante l'esistenza 
del potere di espropriazione (cfr. Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1963, n. 179, Riv. giur. 
edilizia, 1963, I, 250), ovvero quando, per inutile decorso del termine per l'attuazione 
delle opere, sia venuto meno il potere discrezionale della p.a. di comprimere 
il diritto del privato attraendolo nella sfera degli interessi legittimi (Cass., Sez. Un., 
19 maggio 1964, n. 1223, ivi, 1964, 1210). Peraltro la Cassazione con la sentenza 
11 maggio 1964, n. 1123, ivi, 1964, 1064, ha negato che la mancata pref�ssione del 
termine di cui all'art. 13 possa legittimare l'azione innanzi al giudice ordinario. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

980 

l'istanza di proroga, presentata soltanto tre giorni prima della scadenza 
del termine fissato nel decreto prefettizio del 14 marzo 1962, indica le 
ragioni che avevano impedito il completamento dell'opera, ma non fornisce 
alcuna giustificazione per il mancato completamento della procedura 
espropriativa. In ogni caso lesistenza di adeguate cause giustifi


catrici � condizione per l'accoglimento dell'istanza ma non pu� sanare 
il vizio da cur� affetto il relativo provvedimento emanato tardivamente. 

L'illegittimit� dell'impugnato decreto di proroga si ripercuote e 
rende invalido anche il successivo provvedimento prefettizio del 23 maggio 
1964 con il quale � stata pronunciata l'espropriazione dei beni del 
ricorrente in favore della societ� � Ceramica delle Puglie �. Pertanto 
entrambi gli atti anzidetti vanno annullati, salvo gli ulteriori provvedimenti 
dell'Amministrazione. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9giugno1965, n. 474 -Pres. De Marco 
-Est. Landi -Rossano (avv. Salvia) c. Commissione Esaminatrice 
per gli esami di procuratore legale presso la Corte di Appello di 

I

Napoli (avv. Stato Chiarotti). 

Avvocato e procuratore -Esami di abitazione professionale Elaborato 
non originale -Conseguenze. 

(r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 23, ult. cpv.). 
'

I 

I fil

La Commissione esaminatrice per gli esami di procuratore legale, 
la quale dagli elementi in suo possesso si convinca che un elaborato non 
sia frutto della preparazione del candidato, non pu� procedere al giu-' 
dizio sulla qualit� intrinseca dell'elaborato; introducendovi un elemento 
estraneo quale � il convincimento o il sospetto della non genuinit� del 
lavoro, ma deve limitarsi ad annullare la prova, ai sensi dell'art. 23, 
ult. cpv., r.d. 22 gennaio 1934, n. �37 (1). 

I 

(Omissis). -La censura, intesa a lamentare il difetto di collegialit� 
del giudizio, espresso dalla Commissione esaminatrice, non � fondata. 
Risulta, bens�, da un'annotazione a margine dell'elaborato, la nomina di 

I un �relatore�, in persona d'uno dei membri della Commissione. Ma lo 
svolgimento delle operazioni del concorso � documentato dai verbali che 
fanno fede sino a querela di falso. Ora, il verbale n. 6 attesta che la 
Commissione, con l'intervento di tutti i suoi componenti, ha proceduto 

(1) Nello stesso senso cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 1963, n. 638, 
ll Consiglio di Stato, 1963, I, 1326. 
La decisione appare esatta e convincentemente motivata e riteniamo che costituisca 
affermazione di principio generale valido per .tutti i concorsi. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 981 

alla i:evisione ed alla valutazione degli elaborati, ed all'assegnazione dei 
voti. La circostanza, pertanto, che nell'organizzazione del lavoro sia 
stata utilizzata la nomina di relatori non pu� valere ad escludere, che la 
valutazione definitiva sia stata compita collegialmente. 

La Sezione riconosce che la traduzione in coefficiente numerico del 
giudizio su ciascun elaborato, attiene !).l merito della valutazione compiuta 
dalla Commissione esaminatrice, e non quindi soggetta a sindacato 
di illegittimit�. Senonch�, nella specie i motivi del giudizio risultano 
dalla relazione del presidente della Commissione al Ministro di grazia 
e giustizia, in data 16 febbraio 1965: relazione della quale, per quanto 
esibita dal ricorrente (e non dalfAmministrazione) in copia fotostatica 
non autentica, l'Avvocatura dello Stato non ha contestato l'autenticit�, 
e che ha anzi espressamente richiamato in memoria. 

In tale relazione testualmente si legge: � Nella valutazione tecnica 
di tale elaborato, che nel suo complesso presentava aspetti di grave 
contrasto tra il contenuto notevole del suo svolgimento e la forma, che 
era riprovevole sotto l'aspetto grammaticale e quella della propriet� e 
correttezza del linguaggio, per l'errore e le imperfezioni suindicate, la 
commissione ritenne che l'elaborato non fosse frutto della preparazione 
del candidato, e pertanto, attribuendo rilevanza determinante alla forma, 
espresse giudizio negativo, assegnando voto quattro �. 

Tale motivazione � manifestamente illegittima. Se la commissione 
avesse avuto elementi per ritenere che l'elaborato �non fosse frutto 
della preparazione del candidato�, avrebbe dovuto annullare la prova, 
applicando l'art. 23 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (cfr. IV Sez., 23 ottobre 
1963, n. 638), ed esprimendone i motivi. Non poteva invece introdurre, 
nel giudizio sulla qualit� intrinseca dell'elaborato, un elemento �straneo, 
come il convincimento o il sospetto della nO'l1 genuinit� dell'esperimento. 

Il giudizio deve essere quindi annullato, �salvo gli ulteriori provve-� 
dimenti della pubblica amministrazione e le spese seguono la soccombenza 
. .:........ (Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 giugno 1965, n. 483 -Pres. Polistina 
-Est. Napolitano -Eridania Zuccherifici Nazionali s.p.a. 
{avv. Sorrentino), Soc. Italiana per l'Industria degli Zuccheri (avv. 

M. S. Giannini), C.l.S.S.E.L. {avv. Selvaggi) c. Comitato Interministeriale 
Prezzi, Ministero Industria e Commercio, Ministero Agricoltura 
e Foreste (avv. Stato Dallari). 
Prezzi -Comitato interministeriale e Giunta -Composizione 


Tassativit� -Co~seguenze. 

(d.l.lgt. 23 aprile 1946, n. S63, art. l; d.1.gt. 20 gennaio 1948, n. 10, art. 2, 

I. 22 dicembre 1956, n. 394, art. 5). 

982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Prezzi -Comitato interministeriale -Poteri -Fattispecie in tema 
di zuccheri. 

(1. 7 luglio 1959, n. 490; d.m. 11 febbraio 1961, art. 2; d.l.lgt. 19 ottobre 1944, 
n. 347, art. 4). 
La composizione del Comitato interministeriale dei prezzi, e della 
relativa Giunta, � tassativamente determinata per legge, e non consente 
la partecipazione di membri estranei o di sostituti : pertanto � illegittima 
la deliberazione del comitato, cui abbiano partecipato, in luogo 
dei ministri competenti, sottosegretari privi di delega o funzionari delle 
rispettive amministrazioni, ovvero sia intervenuto un ministro che nessuna 
norma preveda come membro effettivo deliorgano collegiale (1). 

Pur dopo la declaratoria di illegittimit� costituzionale della legge 
7 luglio 1959 n. 490, che ha travolto anche il decreto ministeriale 11 f ebbraio 
1961, contenente le condizioni di cessione delle barbabietole, il 
comitato interministeriale dei prezzi, avendo un generale potere di 
determinazione dei prezzi di qualsiasi merce in ogni fase di scambio e 
non limitato alle sole merci bloccate, ben pu� fissare il prezzo del seme 
delle bietole zuccherine (2). 

{Omissis). -Con il primo ricorso proposto dalla Societ� Eridania 
Zuccherifici Nazionali � stato dedotto (primo motivo, lettera B) che 
nella seduta dell'8 agosto 1961, in cui fu emanato il provvedimento 
n .. 939, la Giunta del Comitato Interministeriale dei prezzi non era 
composta nei modi previsti dalla legge. 

La stessa censura di irregolare composizione dell'organo deliberante 
� stata dedotta, con riguardo al Comitato Interministeriale dei 
prezzi che nelle seduta del 15 dicembre 1961 adott� il provvedimento 

n. 966, con il secondo ricorso della Societ� Eridania Zuccherifici Nazionali 
{primo motivo, lettera B), e con il ricorso della Compagnia Industrie 
Saccarifere S. Eufemia Lamezia (secondo motivo). 
La censura � fondata. 

(1) Cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 152, 
Foro it., 1963, III, 164; Cons. Stato, 26 giugno 1963, n. 494, ivi, 1963, III, 265; 
e in particolare, Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 1964, n. 84, in questa Rassegna, 
1964, I, 532. Sulla struttura del C.i.p., cfr., in dottrina, BACHELET, L'attivit� di 
coordinamento nell'amministrazione pubblica dell'economia, Milano, 1957. 
(2) La sentenza 24 giugno 1961, n. 35 della Corte Costituzionale, richiamata 
nel testo, si legge in Foro it., 1961, I, 1051, e in Giust. civ., 1961, III, 148, nonch� 
in Giur. cast., 1961, 629 e Giur. it., 1961, I, l, 1032. In genere sui poteri del C.i.p. 
cfr., in giurisprudenza, Cons. Stato, Sez. IV, 16 dicembre 1964, n. 1470, Il Consiglio 
di Stato, 1964, I, 2171, nonch� Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 152, citata: 
in dottrina, METTA, La aisciplina dei prezzi, Rass. petrolifera, 1964, 133 e segg. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 988 

Infatti, a norma dell'art. 3 del d.l.G.p.S. 15 settembre 1957, n. 392, 
la Giunta del Comitato Interministeriale dei prezzi � composta dal 
Ministro per l'jndustria ed il commercio, che la presiede, dal Ministro 
per il tesoro e dal Ministro per l'agricoltura e le foreste. Alla riunione 
tenuta dalla Giunta 1'8 agosto 1961, in cui fu emanato il primo provvedimento 
impugnato, parteciparono, invece, il Sottosegretario al tesoro 
ed il Sottosegretario all'agricoltura e . foreste, in sostituzione dei 
titolari dei rispettivi dicasteri, e non risulta, n� � stato dedotto, che essi 
fu:rcmo a ci� formalmente delegati. Inoltre alla stessa riunione partecip� 
il Ministro della sanit� che n� la citata disposizione n� altra indica 
come membro della Giunta, organo ristretto competente a decidere nel 
caso di urgenza sulle materie di competenza del Comitato Interministeriale 
dei prezzi. � 

Per quanto riguarda, poi, il Comitato l'art. 1 del d.l.l. 23 aprile 1945 

n. 363, �ntegrato dall'art. 2 del d.lgt. 20 gennaio 1948 n. 10 e dall'art. 5 
della legge 22 dicembre 1956 n. 394, stabilisce che esso � composto, 
oltre che dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dai Ministri per le 
finanze, per il tesoro, per il bilancio, per l'agricoltura e le foreste, per i 
trasporti, per l'industria e il commercio, per i lavori pubblici, per il 
lavoro e la previdenza sociale, per il commercio estero, per le partecipazioni 
statali. Dal verbale del 15 dicembre 1961 risulta, invece, che 
alla riunione parteciparono soltanto il Ministro per l'industria e commercio, 
in qualit� di presidente delegato ed il Ministro per l'agricoltura 
e le foreste, mentre per i Ministeri delle finanze, delle partecipazioni 
statali e dei trasporti, erano presenti i rispettivi sottosegretari di Stato 
ed i Ministeri del tesoro, del bilancio e dell'industria e commercio 
erano rappresentati da funzionari. 
Ora, poich� la composizione dei predetti organi � tassativa e non 
consente la partecipazione di membri estranei o di sostituti, come � 
stato gi� precisato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. IV, 
decreti n. 152 del 13 marzo 1963 e n. 494 del 26 giugno 1963), � evidente 
che la Giunta ed il Comitato non erano validamente composti 
nelle riunioni innanzi indicate. 

Ne consegue che le due deliberazioni impugnate sono per tale 
ragione illegittime e devono essere annullate. Ci� comporta l'accoglimento 
dei tre predetti ricorsi, indipendentemente dall'esame delle altre 
censure dedotte che restano assorbite. 

Il Collegio ritiene, invece, di dover respingere il ricorso proposto 
dalla Societ� italiana per l'industria degli zuccheri, perch� i due motivi 
con esso dedotti sono infondati. 

Infatti con il primo motivo la predetta Societ� assume che, essendo 
stata dichiarata incostituzionale la legge 7 luglio 1959, n. 490 con sentenza 
della Corte Costituzionale 24 giugno 1961, n. 35, che ha travolto 
anche il decreto ministeriale 11 febbraio 1961, contenente le condizioni 



984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ,STATO 

di cessione delle barbabietole, il C.I.P., che non ha un potere generale j 
di determinazione dei prezzi, non poteva fissare il prezzo del seme delle 
bietole zuccherine, mai sottoposto a blocco. Senonch�, se � esatto che . 
la citata sentenza della Corte Costituzionale ha travolto anche il decreto 
ministeriale 11 febbraio 1961, che al ptimo comma dell'art. 2 stabiliva �.�� 
, 
che i prezzi del seme di bietola � sono quelli fissati con provvedimento 
del Comitato interministeriale dei prezzi �, non � esatto che ci� abbia . 
privato tale organo del potere di �determinare il prezzo in questione. 
Anzi in proposito pu� dirsi che il citato decreto ministeriale � fuori 
causa perch� esso non attribuiva, n� poteva attribuire, come rilevato 
dalla stessa ricorrente, un nuovo potere al C.l.P., ma si limitava a 
rinviare, nel dettare le condizioni per la fornitura e l'utilizzazione delle 
sementi, alle determinazioni che il C.l.P. avrebbe adottato in ordine 
al prezzo, in base al suo preesistente potere, cio� quello attribuitogli 
dall'art. 4 del d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 347. Potere che, contrariamente 
a quanto mostra di ritenere la ricorrente, ha carattere generale in 
quanto esteso ai prezzi � di qualsiasi merce � in ogni fase di scambio 
e non � limitato alle sole merci bloccate; come � stato gi� precisato 
con la decisione n. 152 del 13 marzo 1963 di questa Sezione. N� vi � 
alcun dubbio che il provvedimento impugnato sia stato emanato in 
virt� del citato art. 4, perch� ci� risulta chiaramente dal verbale della 
riunione dell'8 agosto 1961. 

Con il secondo motivo si denuncia un vizio di eccesso di potere 
per illogicit� manifesta o per sviamento. Ma la censura, bench� grave, 
� dedotta dalla Societ� italiana per l'industria degli zuccheri in termini 
generici, n� � stata sciolta con successive memorie la riserva di nuove 
deduzioni in proposito formulata. Si assume che il provvedimento ha 
apportato grosse falcidie ai costi indicati dagli industriali, senza, per�, 
indicare i prezzi ritenuti giusti per ciascun tipo di seme nelle due 
distinte fasi di scambio, dai produttori alle industrie distributrici (industrie 
saccarifere) e da queste ai coltivator~ n� le voci dell'analisi dei 
costi che sarebbero state falcidiate. nraltra parte tali elementi non 
possono desumersi dagli atti del procedimento perch�, a prescindere 
da ogni altra considerazione, le osservazioni fatte dai rappresentanti 
delle industrie saccarifer() durante i lavori della Commissione centrale 
dei prezzi (riunioni del 30 maggio 1961 e del 23 giugno 1961), pur 
manifestando una certa opposizione al provvedimento da adottare, non 
forniscono precise e circostanziate indicazioni circa i punti controversi. 
In particolare tali oss~rvazioni furono dirette nella prima riunione a 
contrastare la proposta, poi non accolta, del rappresentante del Ministero 
per l'agricoltura e per le foreste di ridurre a lire 200 al kg. il 
prezzo del seme nazionale normale e nella seconda riunione a manifestare 
delle �perplessit� � sui criteri di valutazione seguiti nell'accertamento 
dei costi. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 985 

La ricorrente assume, altres�, che il prezzo di importazione estera 
non � riducibile perch� esso non � fissato da operatori italiani e che la 
riduzione autoritativa disposta addossa ai produttori prestazioni patrimoniali 
non previste. Senonch� dagli atti si rileva che il prezzo di 
importazione non ha subito alcuna riduzione. Esso � stato assunto ai 
fini della determinazione del prezzo di vendita in Italia nella sua misura 
effettiva (verbale del SO maggio 1961), cui sono stati aggiunti da una 
parte i diritti doganali, i compensi allo spedizioniere e la commissione 
all'ufficio italiano cambi, e dall'altra le spese di trasporto, facchinaggio, 
assicurazione, dispersione e cali, distribuzione, interessi passivi, nonch� 
le spese generali e varie. Peraltro, neanche il prezzo di vendita in Italia 
� stato ridotto, avendo il Comitato Interministeriale prezzi confermato, 
su proposta della Commissione, il prezzo precedentemente in vigore sia 
per il seme normale che per quello polipoide di provenienza estera. 

:�: di tutta evidenza, infine, la inattendibilit� dell'ultimo rilievo 
contenuto nel motivo in esame, secondo cui il prezzo del seme nazionale 
non sarebbe riducibile, essendo gi� di gran lunga inferiore al 
prezzo del �seme estero. La CO*Ilparazione tra i due prezzi � priva di 
qualsiasi valore anche indiziario, agli effetti che qui interessano, siccome 
diversi sono i costi che concorrono alla determinazione dell'uno 
e dell'altro. E poich� ciascun prezzo deve essere determinato esclusivamente 
in base ai costi analitici del prodotto cui si riferisce, il prezzo 
del seme di provenienza estera, determinato in buona parte da un dato 
rigido quale il prezzo di acquisto all'origine, non pu� n� confermare 
n� escludere la congruit� del prezzo del seme nazionale. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, SO luglio 1965, n. 5S7 -Pres. Polistina 
-Est. Battara -S.I.B.S. (avv. Selvaggi) c. Ministero Tesoro 
(avv. Stato Albisinni). 

Danni di guerra -Beni perduti all'estero per trattato di pace 


Indennizzo -Liquidazione -Impugnativa -Giurisdizione del 

Consiglio di Stato. 

I cittadini che hanno perduto beni all'estero per effetto del Trattato 
di pace sono titolari di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo 
all'indennizzo del danno subito: sussiste, pertanto, giurisdizione 
del Consiglio di Stato in ordine alfimpugnativa del decreto del Ministro 
del tesoro, con cui T:indennizzo viene liquidato {l). 

(1) La decisione si inserisce in un pi� generale orientamento in materia di 
indennizzo per danni di guerra: cfr. di recente Cass., 13 maggio 1953, n. 1179, 
Giur. it., 1964, I, 1, 815; Cons. Stato, Sez. IV, 20 maggio 1964, n. 598, Il Consiglio 
di Stato, 1964, I, 890; Cass., 12 gennaio 1965, n. 63, Riv. giur. edilizia, 1965, I, 447. 
10 



986 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�: manifestamente infondata reccezione di illegittimit� costituzionale 
della legge 29 ottobre 1954, n. 1050, in relazione agli artt. 3, 23 e 
42 della Costituzione (2). 

(Omissis). -La Societ� ricorrente ha sollevato due questioni pregiudiziali, 
l'una relativa al difetto di giurisdizione da parte di questo 
Consiglio di conoscere dei presunti diritti soggettivi derivanti dai ,danni 
subiti dai cittadini italiani per effetto del Trattato di pace, e l'altra 
relativa alla incostituzionalit� della 1. 29 ottobre 1954, n. 1050, in relazione 
agli artt. 3, 23 e 42 della Costituzione, nella ipotesi che il risarcimento 
dei danni subiti per effetto del Trattato di pace sia qualificato 
come un interesse legittimo e non come un diritto soggettivo. 

Seguendo l'ordine delle eccezioni sollevate con il ricorso, coincidente 
del resto con l'ordine di precedenza delle pregiudiziali sollevate 
sotto il profilo processuale, il Collegio deve esaminare anzitutto la questione 
relativa alla competenza giurisdizionale. 

La dottrina e la giurisprudenza hanno da gran tempo precisato i 
criteri generali relativi alla determinazione della competenza di questo 
Consiglio e dell'Autorit� giudiziaria ed � ormai del tutto pacifico che 

" 

ai fini di individuare la natura giuridica della lesione non si pu� che :: 
risalire all'esame del potere che di 'volta in volta esercita la pubblica 
Amministrazione nell'emanare l'atto che presumibilmente lede il cittadino. 
Da tale punto di vista, esclusi casi del tutto particolari, la lesione 
di un interesse legittimo si connette sempre all'esercizio, da parte del1'
Amministrazione, di un ampio potere discrezionale, che non si risolve 
in una pura e semplice discrezionalit� tecnica, mentre � da ritenersi che 

I

l'Amministrazione in genere leda un diritto soggettivo quando la legge ru 
vincola ogni sua possibilit� di provvedere all'infuori della rigida appli


~ 

cazione della norma. Alla luce di tale principio generale, con la lontana 
decisione di questa Sezione del 5 luglio 1947, n. 320, fu ritenuto che 
con la legge n. 1543 del 1940 e con il r.d. n. 946 del 1941, al cittadino 
che aveva subito danni di guerra il legislatore non avesse conferito un 

Per l'analoga fattispecie di beni gi� siti in territori nazionali, successivamente 
cec;luti per effetto del Trattato di pace, una diversa soluzione � stata accolta da 
Cass., 28 aprile 1964, n. 1017, in questa Rassegna, 1964, 683, con nota critica di 
ZAGARI, Giurisdizione in materia di indennizzi per i beni italiani nei territori ceduti 
alla Jugoslavia. 

(2) Nulla in termini. 
E interessante notare come la sentenza in rassegna abbia correttamente dato 
la priorit�, nell'ordine delle questioni, a quella attinente alla giurisdizione rispetto 
alla questione di legittimit� costituzionale: cfr. Cass., 28 aprile 1964, n. 1017, citata. 
In dottrina v. BILE, La questione di legittimit� costituzionale nell'ordine di precedenza 
delle questioni, Giust. civ., 1962, III, 121, con ampie indicazioni bibliografiche. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 987 

diritto soggettivo all'indennizzo, ma soltanto un interesse legittimo ad 
ottenere una riparazione dei danni sopportati a causa degli eventi bellici. 

Indubbiamente la successiva legislazione sugli indennizzi dei danni 
di guerra e quella relativa alla corresponsione di indennizzi ai titolari 
di beni, diritti ed interessi a perdita in esecuzione degli artt. 74 e 79 del 
Trattato di pace hanno apportato sostanziali modificazioni ai criteri 
informatori contenuti nella legge sui danni di guerra del 1940, ma non 
per questo la giurisprudenza di questo Consiglio ha ritenuto che con 
le nuove leggi al cittadino fosse riconosciuto un diritto all'indennizzo e 
non invece un interesse legittimo. Basti al riguardo citare fra gli innumerevoli 
pareri e decisioni di questo Consiglio il parere dell' Ad. Gen. 
del 12 maggio 1955, n. 216, e la decisione di questa Sezione del 20 febbraio 
1964, n. 77. 

Le ragioni che sostanzialmente hanno indotto a qualificare come 
interesse legittimo del cittadino le provvidenze disposte a favore dei 
danneggiati di guerra e di coloro che hanno perduti i loro beni per 
effetto degli artt. 74 e 79 del Trattato di pace, risiedono in primo luogo 
nell'interesse pubblico che con le leggi riparatrici si � voluto perseguire, 
in secondo luogo nella indeterminezza del sacrificio finanziario al quale 
lo Stato � andato incontro, per cui, come giustamente si affermava nella 
decisione di questa Sezione (n. 230 del 1947), la corresponsione degli 
indennizzi non poteva non trovare un limite nelle possibilit� finanziarie 
dello Stato in base al principio ad impossibilia nemo tenetur, in 
terzo luogo nelle limitazioni poste dalla legge alla misura dell'indennizzo 
(esclusione del lucro cessante) al suo riconoscimento ad una data stabilit� 
dalla legge, quale che fosse il momento della perdita effettiva, ai 
criteri di equit� (tenendo conto delle condizioni economiche dei singoli 
paesi) ai quali improntare le valutazioni quando non possono accertarsi 
i valori alla data del Trattato di pace. 

Se tali considerazioni inducono a ritenere che i cittadini che hanno 
subito un danno in conseguenza del Trattato di pace sono portatori 
di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo, sembra al Collegio 
che anche la lettera della legge, non sorregga la tesi dei ricorrenti, 
in quanto l'indennizzo che con essa si autorizza a corrispondere non 
configura in alcun modo un risarcimento del danno subito. 

Che nella specie il cittadino sia portatore di un interesse legittimo e 
non di un diritto soggettivo � stato affermato del resto anche in numerose 
sentenze della Suprema Corte di Cassazione ed anche ultimamente, con 
la sentenza delle Sez. Un. del 28 aprile 1964, n. 1017, pur essendo andata 
la Corte in contrario avviso relativamente ai beni perduti dai cittadini 
italiani nei territori ceduti per effetto del Trattato di pace, essa ha 
ribadito l'esistenza di una identit� di posizione fra i danneggiati di 
guerra e coloro che per effetto dell'art. 79 del Trattato di pace hanno 
perduto i loro beni all'estero, ai quali ~ cos� si afferma -non 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

988 

pu� competere un diritto soggettivo, ma un semplice interesse legitttimo s all'indennizzo (concesso o liquidato in modo discrezionale dallo Stato 
italiano). ' 

.

Per i motivi esposti la questione relativa al difetto di giurisdizione 

l

sollevata dalla Societ� ricorrente deve essere dichiarata infondata. .. 

Manifestamente infondata � anche la questione relativa alla legittimit� 
costituzionale della legge n. 1050 del 1955 in relazione agli artt. 
3, 23 e 42 della Costituzione della Repubblica. Della violazione del 
principio della libert� e dell'eguaglianza dei cittadini, statuito dall'art. 3 
della Costituzione, non pu� esservi questione, perch� la legge n. 1050 
del 1954 non prevede alcun trattamento deteriore per i cittadini che 
hanno perduto i loro beni in conseguenza del Trattato di pace nei confronti 
dei cittadini che hanno subito danni per effetto delle distruzioni 
provocate dalle guerra o delle requisizioni conseguenti all'occupazione 
del territorio italiano. 

Secondo la tesi sostenuta dai ricorrenti la disparit� di trattamento ,' 
nella specie avrebbe luogo nei confronti di tutti i cittadini che non hanno 
subito danni e che per tale fatto verrebbero a trovarsi in una posizione 
di vantaggio rispetto a coloro che li hanno subiti, il che evidentemente 
non pu� configurare una disparit� di trattamento di fronte alla legge 

I

ed una violazione del principio dell'uguaglianza. 
Anche la presunta violazione degli artt. 23 e 42 della Costituzione I 
non sussiste nella specie. La legge non implica nessuna prestazione patri.


I'.

moniale agli interessati, n� viola un diritto di propriet�; essa prevede la . 
corresponsione di un indennizzo a seguito di un'istruttoria attraverso la I

�' 

quale viene determinata la misura dell'indennizzo stesso. La circostanza 
che l'Amministrazione valuti la misura del danno in base alla documentazione 
fornita dal danneggiato ed in base a tutti gli elementi di 
fatto di cui essa pu� disporre non impone una prestazione patrimoniale 
al danneggiato, n� tanto meno viola .il diritto di propriet�: 

Per la manifesta infondatezza l'eccezione di incostituzionalit� della 
legge n. 1050 del 1954 in relazione agli artt. 2, 23 e 42 non � luogo pertanto 
a sensi dell'art. 23 della I. 11 marzo 1953, n. 87, della trasmissione 
degli atti alla Corte Costituzionale. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 settembre 1965, n. 547 -Pres. 
De Marco -Est. Tozzi -Soldati (avv.ti Sorrentino, Carocci) c. Ministero 
LL.PP. (avv. Stato Del Greco) nonch� Comune di Roma (avv. 
Focacci) e Casa Generalizia Padri Sacramentini (avv.ti Dedin, 
Barra Caracciolo). 

Comune -Provvedimento di urgenza della Giunta -Vizi di forma 
-Sanatoria. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 989 

Atti amministrativi -Decreto del Presidente della Repubblica Formula 
� sentito il Consiglio dei Ministri � -Valore. 

Piano regolatore -Art. 20 I. 24 marzo 1932, n. 355 sul piano regolatore 
della citt� di Roma -Eccezione di illegittimit� costituzionale 
-Infondatezza. 

Piano regolatore -Licenza edilizia -Annullamento -Successiva 
variazione al piano -Violazione del giudicato amministrativo 
-Esclusione. 

La ratifica consiliare sana ogni eventuale vizio di competenza e di 
forma della deliberazione, adottata dalla Giunta Comunale ex art. 140, 
della legge comunale e provinciale del 1915, soprattutto quando la 
ratifica sia stata operata dopo ampia discussione del prqvvedimento 
della Giunta stessa (1). 

La formula, cc sentito il Consiglio dei Ministri �, che � quella solitamente 
usata per gli atti del Presidente della Repubblica che sono 
emanati previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, � sufficiente 
ad attestare che il Consiglio stesso ha adottato una vera e propria deliberazione 
e non un semplice parere (2). 

� manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale 
delr art. 20 della legge 24 marzo 1932, n. 355 sul piano regolatore 
di Roma, in relazione all'art. 76 della Costituzione, in quanto detto 
art. 20, nel consentire al Governo di modificare il piano regolatore 
generale della citt�, pur approvato con legge f armale, non contiene 
una delega legislativa ma si limita a restituire al potere esecutivo una 
sua originaria competenza (3). 

(1) Giurisprudenza costante: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1962 n. 220, 
Il Consiglio di Stato, 1962, I, 517; Cons. Stato, Sez. V, 2 dicembre 1961, n. 691, 
ivi, I, 2165. 
(2) Cfr. nello stesso senso Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 1960, n. 708, 
Il Consiglio di Stato, 1960, I, 1157. 
La massima si riconnette all'affermazione che il Consiglio dei Ministri sia 
organo dotato di competenza essenzialmente deliberante, in quanto, " compie 
soltanto atti di , governo e di amministrazione attiva ,, . 

Conforme in dottrina, CuocoLO, Consiglio dei Ministri, Enc. dir., Milano, IX, 
237 segg., con ampie indicazioni bibliografiche. 

(3) La giurisprudenza ha numerose volte :rtltenuto la manifesta infondatezz~ 
dell'eccezione di illegittimit� costituzionale dell'art. 20 della legge sul piano regolatore 
della citt� di Roma per preteso contrasto con l'art. 76 della Costituzione: 
cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 aprile 1961 n. 254, Riv. giur. edilizia, 1961, I, 549; 
Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 1962 n. 225, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 419. 
N elio stesso senso si � espressa anche la Corte di Cassazione con la decisione 
6 giugno 1960, n. 1479 (Foro it., 1960, I, 1506), nella quale si trova affermato il 
prdncipio che l'art. 20 della I. 24 marzo 1932 n. 355, � non contiene alcuna delega 



990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non si ha violazione del giudicato amministrativo nel caso in cui 

successivamente alr annullamento di una licenza edilizia, l'Amministra


zione adotti un provvedimento di variante al piano regolatore che legit.
timi la costruzione eseguita (4). 

(Omissis). -Per l'esame del ricorso proposto dal dr. Soldati, si 

pu� prescindere dalla eccezione di inammissibilit� per difetto di inte


resse sollevata dalla difesa del Comune di Roma, essendo il ricorso 

stesso infondato. 

E invero, per quel che riguarda le censure contenute nel primo 

motivo, si deve in primo luogo osservare che la Giunta municipale, 

nella deliberazione impugnata, ha dichiarato espressamente di assu


mere, per l'urgenza di provvedere, i poteri del Consiglio comunale, 

ai sensi dell'art. 140 della legge comunale e provinciale del 1915. Ci� 

posto, � evidente che il potere esercitato � quello previsto dall'art. 140 

suddetto, sicch� l'unico esame possibile � quello relativo alla esistenza 

o meno nella specie dei presupposti per l'esercizio del potere stesso, 
non potendo ritenersi, come il ricorrente vorrebbe, che l'esistenza concreta 
dei detti presupposti debba essere dimostrata nella deliberazione 
di urgenza. Ora, l'Amministrazione ha chiaramente indicato che l'urgenza 
di provvedere sorse dal fatto che il Consiglio comunale era in 
ferie e che la necessit� di emettere la delibera sorse improvvisamente 
dopo l'ultima adunanza consiliare; quando cio� venne notificata la 
decisione del Consiglio di Stato, emessa sul ricorso per esecuzione del 
giudicato, che assegnava il termine di sessanta giorni al Comune per 
provvedere. Tutto ci� � detto nella deliberazione di ratifica del Consiglio 
comunale e il ricorrente non ha contestato i fatti addotti, i quali 
pertanto debbono ritenersi per veri e sufficienti a legittimare l'esercizio 
del potere previsto dall'art. 140 pi� volte richiamato da part,e della Giunta. 
A parte ci�, e contrariamente a quanto assume il ricorrente, la pi� 
recente e costante giurisprudenza in proposito � sicuramente nel senso 

amministrativa ma unicamente un riconoscimento del potere amministrativo del


l'autorit� di governo in tale materia �. 

Analoga questione era sorta per l'art. 9 della 1. 5 aprile 1908 n. 141, relativa 

al piano regolatore della citt� di Torino, dn relazione al quale la Corte Costitu


zionale con decisione 29 marzo 1961 n. 11 (Riv. giur. edilizia, 1961, I, 393 e Giur. 

cost., 1961, 63, con nota di MAZZAROLLI, Osservazioni in tema di piani regolatori 

approvati con legge) ha dichiarato infondata la relativa eccezione di illegittimit� 

costituzionale. 

{4) Non risultano precedenti in termini. 

Per qualche riferimento cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 1963 n. 733, 

Riv. giur. edilizia, 1964, I, 183, con nota. 

La decisione 25 febbraio 1956 n. 138, con la quale la V Sezione aveva annul


lato la licenza edilizia, si legge in Foro it., 1957, III, 53. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 991 

che la ratifica consiliare sana eventuali vizi di competenza e di forma 
della deliberazione della Giunta, soprattutto quando la ratifica sia stata 
operata dopo ampia discussione del provvedimento della Giunta come 
� appunto avvenuto nel caso in esame (v. decc. V Sez., n. 220 del 1962, 

n. 691 del 1961 e n. 309 del 1958). 
Il primo motivo di illegittimit� dedotto con il secondo motivo del 
ricorso � basato sul presupposto che� il decreto presidenziale impugnato 
contenga soltanto una modifica del piano particolareggiato n. 38. 
Tale presupposto non � esatto, perch� gi� nella deliberazione della 
Giunta � detto chiaramente che la variante del piano particolareggiato 
importa una modif�.ca del piano regolatore generale e che perci� deve 
osservarsi la procedura prevista dall'art. 20 della legge 24 marzo 1932, 

n. 355: e poich� detta procedura � stata effettivamente seguita, non pu� 
dubitarsi che il decreto presidenziale contenga in primo luogo una 
modifica del piano regolatore generale, con la conseguente modifica 
del piano particolareggiato. A dimostrare che il decreto presidenziale 
impugnato contiene soltanto la modifica del piano particolareggiato 
adduce che esso � stato adottato a sensi dell'art. 3 e non dell'art. 20 
della legge n. 355 del 1932, come dovrebbe ricavarsi dal fatto che il 
Consiglio dei Ministri avrebbe espresso soltanto un parere e non adottata 
una deliberazione e sarebbe confermato dall'osservazione che il decreto 
presidenziale parla soltanto di approvazione della variante al piano 
particolareggiato n. 38. Ora, per quel che riguarda l'ultimo rilievo, � 
facile osservare che il decreto presidenziale, approvando esplicitamente 
l'ultimo atto della procedura, non esclude, anzi implicitamente contiene 
l'approvazione dell'atto che costituisce il presupposto necessario dell'ultimo, 
e ci� si deve ricavare dal fatto che � stata seguita la procedura 
prescritta per la modifica del piano regolatore generale, che evidentemente 
non sarebhe stata seguita se si fosse inteso di modificare soltanto 
il piano particolareggiato. Per quel che riguarda invece l'intervento del 
Consiglio dei Ministri, basta osservare che la formula �sentito il Consiglio 
dei Ministri � � quella solitamente usata per gli atti del Presidente 
della Repubblica che sono emanati previa deliberazione del Consiglio 
dei Ministri, ed � sufficiente ad attestare �che il Consiglio dei Ministri, 
cos� come la legge prescrive, abbia adottata una vera e propria deliberazione 
(v. dee. IV Sez., n. 708 del 1960), anche perch�, come � noto, il 
Consiglio dei Ministri compie soltanto atti di governo di amministrazione 
attiva. 
Il profilo di incostituzionalit� dell'art. 20 del r.d.l. 6 luglio 1931, 

n. 981, dedotto nello stesso secondo motivo di ricorso per la ipotesi in 
cui si fosse ravvisata, come � stata ravvisata, nel decreto presidenziale 
anclie una r_nodif�ca del piano regolatore generale, � chiaramente e 
manifestamente infondata, come � concordemente ritenuto dalla giurisprudenza, 
la quale ha osservato che l'art. 20 suddetto, nel consentire 

992 R~SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al Governo di modificare il piano regolatore generale, pur approvato 
con legge formale, non contiene una delega legislativa, ma si limita, 
per cos� dire, a restituire al potere esecutivo, la sua originaria competenza. 
Non pu� pertanto parlarsi di violazione dei limiti imposti 
dalla Costituzione alla delega legislativa, anche se per l'esercizio del 
potere � stata prescritta una determinata procedura, dalla quale non 
ci si pu� pi� distaccare senza violare la legge (v. decc. IV Sez., n. 254 
del 1961 e n. 225 del 1962; sentenza Cass., Sez. Un., 6 giugno 1960, 

n. 1479). 
L'ultimo motivo di ricorso parte dall'affermazione che la sentenza 
di questo Consiglio emessa sul ricorso per lesecuzione del giudicato 
imponeva al Comune lobbligo di ordinare la demolizione, per giungere 
alla conclusione che i provvedimenti impugnati sono stati attuati 
soltanto per violare ancora il giudicato, applicando l'art. 18 del regolamento 
edilizio ritenuto illegittimo, e che il mutamento di destinazione 
dell'area ex Villa Maraini operato con i provvedimenti impugnati � 
stato disposto unicamente al fine di sanare una grave illegittimit�, gi� 
sanzionata dal giudice. 

Premesso che dalla decisione d�l 1956 non derivava necessariamente 
all' Amministazione lobbligo di ordinare la demolizione dei fabbricati 
illegittimamente costruiti, perch�, come ha recentemente ritenuto 
l'Adunanza plenaria del Consiglio (v. dee. n. 4 del 1965), oggetto 
del giudicato in tali casi � soltanto l'annullamento della licenza edilizia 
e leffetto immediato di esso consiste nella produzione di una situazione 
giuridica nella quale la costruzione � da considerare eseguita come se 
una licenza non fosse mai esistita, osserva il Collegio che neppure da 
un punto di vista sostanziale si pu� parlare di violazione del giudicalo, 
in quanto'non risulta in alcun modo provato che l'Amministrazione abbia 
adottato i provvedimenti impugnati solo per eludere il giudicato stesso 
e non per una esigenza di interesse pubblico che imponesse la adozione 
dei provvedimenti stessi. Si deve anzi osservare che, nella specie, 
lAmministrazione aveva sempre ritenuto che i fabbricati in questione 
dovessero essere costruiti nel pubblico interesse e aveva soltanto usato 
un mezzo illegittimo per raggiungere lo scopo: consegue da ci�; che, 
dovendosi in questa sede esaminare non pi� il giudicato come tale, ma� 
soltanto come uno degli elementi per provare l'eccesso di potere (affermandosi 
dal ricorrente che i provvedimenti impugnati non sarebbero 
ispirati al pubblico interesse, ma unicamente alla volont� di eludere il 
giudicato), il fatto che sin dall'inizio l'Amministrazione aveva ritenuto 
di adottare i provvedimenti dei quali si discute, sia pure usando una 
forma illegittima, dimostra chiaramente che i provvedimenti stessi sono 
stati rinnovati nella forma legittima perch� rispondenti all'interesse 
pubblico e. non allo scopo di violare il giudicato, dato che la volont� 
di attuarli e il giudizio sulla rispondenza di essi all'interesse pubblico 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 993 

preesistono al giudicato. E poich� le stesse argomentazioni possono servire 
a confutare anche l'altro prof�lo di eccesso di potere, in quanto il. 
mutamento di destinazione dell'area dell'ex villa Maraini era stata 
ritenuta sin dall'inizio necessaria, si deve escludere che detto mutamento 
sia volto unicamente al fine di consolidare uno stato di fatto 
contrario al diritto. Si deve infine aggiungere che la pretesa volont� 
di escludere il giudicato, se non vi fossero gli argomenti sopra addotti 
per escluderla, difficilmente nella specie potrebbe essere dimostrata, 
dato che gli atti impugnati, che sarebbero stati emessi per eludere il 
giudicato, non provengono unicamente dalla volont� del Comune che 
aveva posto in essere l'atto annullato, ma dal concorso della volont� 
del Comune con quella di altri organi dello Stato che furono estranei 
all'emanazione dell'atto annullato per i quali la pretesa volont� di eludere 
il giudicato non potrebbe trovare alcuna logica spiegazione: al 
contrario, la partecipazione di detti organi all'emanazione dei provvedimenti 
impugnati, serve a confermare che l'interesse pubblico addotto 

dal Comune per giustificarli, � effettivamente esistente. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 novembre 1964, n. 1352 -Pres. 
Potenza -Est. Granito -Zeppieri e S.T.E.A.R. (avv.ti Dedin e Sorrentino) 
c. Ministero dei Trasporti {avv. Stato Lancia) e S.T.E.F.E.R. 
(avv. Mezzatesta). 

Concessioni amministrative -Tranvie extraurbane -Prorogabilit� 
massima di dieci anni -Abolizione. � 

Concessfoni amministrative -Scadenza -Autorizzazione provvisoria 
alla continuazione del servizio -Legittimit�. 

Concessioni amministrative -Tranvie extraurbane -Gestione 
diretta dell'Amministrazione -Presupposti. 

Concessio:Q.i amministrative -Tranvie extraurbane -Gestione 
provvisoria -Presupposti di fatto -Negligenza dell'Amministrazione 
-Irrilevanza. 

Concessioni amministrative -Tranvie -extraurbane sussidiate dallo 
Stato -Organo competente -Determinazione. 

Concessioni amministrative -Tranvie extraurbane -Proroga per 
quindici anni -Mancanza di adeguata istruttoria -Illegittimit�. 

La norma dell'art. 5 della l. 23 aprile 1918, n. 560, la quale disponeva 
che il Ministero dei Trasporti poteva concedere proroghe alle concessioni 
di tranvie extraurbane anche senza il consenso degli enti proprietari 
delle strade, purch� per� tali proroghe non eccedessero in tutto 



994 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gli anni dieci, � stata implicitamente abrogata dalla l. 2 agosto 1952, 

n. 1221 (1). 
Il principio secondo il quale alla scadenza di una concessione � 
ammesso il rilascio di un'autorizzazione provvisoria, anche a favare del 
precedente titolare, per consentire temporaneamente la prosecuzione 
del servizio nelle more della emanazione di una nuova concessione, 
� applicabile anche alle concessioni di servizi tranviari (2). 

Ai sensi dell'art. 18 della l. 2 agosto 1952, n. 1221, la facolt� dell'Amministrazione 
di assumere la gestione diretta di una linea tranviaria 
extraurbana alla scadenza della concessione, � subordinata alla 
impossibilit� di procedere tempestivamente a nuova attribuzione ed al 
fatto che il precedente titolare non possa o non voglia continuare temporaneamente 
a gestire il servizio (S). 

I titolari di concessioni di linee automobilistiche non h�nno alcun 
interesse a lamentare la mancata assunzione diretta di un servizio tranviario 
extraurbano da parte dell'Amministrazione (4). 

L'autorizzazione alla gestione provv~soria trova f andamento e giustificazione 
in una situazione obbiettiva e contingente di urgente necessit� 
pubblica: ai fini della sua legittimit� �, pertanto, irrilevante accertare 
se detta situazione poteva essere o meno prevista ed evitata (5). 

La competenza a concedere la gestione di linee tranviarie extraurbane, 
per le quali siano previsti sussidi integrativi di bilancio da parte 
dello Stato, spetta al Ministero dei Trasporti e non alrispettorato compartimentale 
m.c.t.c. (6). 

Il rinnovo di una concessione per quindici anni non pu� considerarsi 
una proroga provvisoria, e quindi richiede, per essere valido, 
uri adeguata istruttoria e l'esame delle proposte di tutti gli interessati 
alla concessione (7). 

(1) Non risultano precedenti in termini. 
(2) Circa la determinazione del principio, cui fa riferimento la decisione in 
rassegna, ma per l'analoga ipotesi di servizi automobilistici, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 
4 dicembre 1952, n. 979, Foro it., 1953, Il, 3, e Cons. Stato, Ad plen., 31 gennaio 
1955, n. 1, ivi, 1955, III, 88. Sul punto specifico delle linee tranviarie non 
risultano precedenti. 
(3-4-5) Non risultano precedenti in termini. 

(6) In genere, sui sussidi integrativi di bilancio, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 
22 novembre 1961, n. 1016; Il Consiglio di Stato, 1961, I, 2025. 
Sulla competenza dell'Ispettorato compartimentale m.c.t.c. per la concessione 
di servizi automobilistici di linea v. Cons. Stato, Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 405, 
in questa Rassegna, 1965, 742, con nota di precedenti. 

(7) Circa la necessit� e i limiti dell'istruttoria, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 
1958, n. 124, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 50, e Cons. Stato, 19 ottobre 1956, 
n. 984, ivi, 1956, I, 1149. La decisione n. 460/59 della VI Sezione, richiamata in 
motivazione della pronuncia in rassegna, si_ legge in Foro amm., 1959, I, 1259. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 995 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 2 aprile 1965, n. 222 -Pres. Breglia 
-Est. Benvenuto-Musso (avv. Sciacca) c. Ministero P.I. {avv. Stato 
Casamassima).. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Potere di emanazione -Delega -Ammissibilit�. 


(l. 1� giugno 1939, n. 1089, art. 3; d.l. 10 luglio 1924, n. 110, art. 2). 
Demanio e pattimonio -Demanio storico e artistico -Provvedimento 
di vincolo -Delega del relativo potere -Controllo della 
Corte dei conti -Esclusione. 

(l. 1� giugno 1939, n. 1089, art. 3; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt, 105, 271 
e 281; r:a. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 18). 
Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Imposizione 
di vincolo -Istruttoria -Esigenza del contraddittorio Esclusione. 


(l. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 3 e segg.). 
Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Imposizione 
di vincolo -Presupposti. 

(I. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 3 e segg.). 
Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo Ragioni 
dell'imposizione -Comunanza ad altri edifici -Irrilevanza. 


(I. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 3 e segg.). 
Deve ritenersi pienamente legittima la delega di poteri dal Ministro 
al Sottosegretario per quanto concerne remanazione di provvedimenti 
costitutivi di vincolo di interesse artistico o storico a' sensi della 
legge 1� giugno 1939, n. 1089 (1). 

(1) La massima � conseguenza dell'affermazione che il pnnc1p10 della delegabilit� 
di poteri dal Ministro al Sottosegretario di Stato deve ritenersi generalmente 
applicabile quando ricorrano due condizioni: a) che non vi sia espressa 
riserva di poteri al Ministro; b) che si tratti dell'emanazione di atti amministrativi, 
che non abbiano rilievo politico o non esigano la compartecipazione di organi 
costituzionali. 
Sul concetto di delega cfr., di recente, GARGIULO, In tema di delega a decidere 
i ricorsi gerarchici, in questa Rivista, 1964, 539, per una ipotesi di competenza 
riservata dell'organo delegante; nonch� CARus1, In tema di delegazione amministrativa, 
ivi, 1964, 700. 

La massima di specie ha un precedente in termini nella decisione 7 novem� 
bre 1959, n. 790 della VI Sezione, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 1539. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

996 

Gli atti di delega dal Ministro al Sottosegretario sono soggetti al 
visto ed alla registrazione della Corte dei Conti solo quando i provvedimenti 
che costituiscono l'oggetto della delega siano, a loro volta, sottoposti 
al visto ed alla registrazione; pertanto, poich� i provvedimenti 

ministeriali impositivi del vincolo di interesse storico o artistico non 
rientrano nel novero di quelli per i quali � previsto il controllo della 
Corte dei Conti, detto controllo non � necessario neppure per la delega 
preordinata al fine di consentire al Sottosegretario l'emanazione dei 
provvedimenti suddetti (2). 

Nessuna istruttoria formale � necessaria nella fase preliminare del 
giudizio operato dall'Amministrazione cir.ca il valore storico o artistico 
di un immobile, cui imporre il vincolo previsto dall'art. 3 della legge 
1� giugno 1939, n. 1089; e, pertanto, la eventuale mancanza del contraddittorio 
con il titolare dell'immobile deve considerarsi irrilevante (3). 

Ai fini dell'applicazione del vincolo di cui alla legge n. 1089 del 
1939, quando sia opinabile l'attribuzione della paternit� dell'opera, � 
sufficiente che l'Amministrazione faccia leva sul notevole pregio artistico 
dell'opera stessa, in s� e per s� considerata (4). 

Il fatto che i notevoli pregi artistici di una costruzione siano comuni 
ad altri edifici ubicati nella stessa citt� {o anche in altre) non elimina 
le ragioni di tutela sui singoli immobili ai sensi della legge n. 1089 
del 1939 (5). 

(2) Non risultano precedenti in termini. 
(3) Numerose volte il Consiglio di Stato ha affermato che l'attivit� preliminare 
svolta dall'Amministrazione al fine di pervenire al giudizio circa il valore storico 
o artistico dell'immobile non ha carattere tipico, e ci� nel senso che la legge non 
solo non prevede che tale attivit� si articoli in stadi o momenti distinti ovvero si 
svolga secondo determinate modalit�, ma, addirittura, non fa cenno dell'attivit� 
stessa: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 dicembre 1962, n. 873, Il Consiglio di Stato, 
1962, I, 2098; Cons. Stato, Sez. VI, 1� febbraio 1961, n. 116, iR.iv.' giur. edilizia, 
1961, I, 162. 
Circa la discrezionalit� del giudizio sull'imposizione del vincolo di interesse 
storico e artistico, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 dicembre 1963, n. 951, in questa 
Rivista, 1964, 353; Cons. Stato, 23 ottobre 1963, n. 774, Il Consiglio di Stato, 
1963, I, 1456; Cons. Stato, Sez. VI, Io febbraio 1961, n. 126, cit.; Cons. Stato, 
Sez. VI, 28 settembre 1960, n. 710, Riv. giur. edilizia, 1960, I, 1038. 
(4) Cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1964, n. 821, 
Riv. giur. edilizia, 1965, I, 186; Cons. Stato, Sez. VI, 18 ottobre 1961, n. 720, 
ivi, 1961, I, 1054. 
(5) Cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 1963, n. 1011, 
Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1978; Cons. Stato, Sez. VI, 28 novembre 1862, 
n. 820, ivi, 1962, I, 1915. 
In analogo ordine di idee, Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1964, n. 821, 
Riv. giur. edilizia, 1965, I, 186, ha ritenuto che 11 non � viziato da eccesso di 
potere per disparit� di trattamento il provvedimento di imposizione del vincolo 
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-



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 997 

di interesse storico o artistico su di un immobile per avere l'Amministrazione 
omesso di sottoporre al vincolo altri immobili vicini che il ricorrente asserisce 
dotati di pregio, perch� il riconoscimento di tale pregio involge una valutazione di 
merito esulante dal giudizio di legittimit�, e manca il presupposto essenziale del 
vizio di disparit� di trattamento, costituito dalla identit� delle situazioni poste a 
raffronto ". Nello stesso senso v. pure Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 1964, 

n. 997, ivi, 1964, 1551, con nota di precedenti. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 2 luglio 1965, n. 507 -Pres. Toro 


Est. Pezzana -Scolaro (avv. Giannini) c. Ministero LL.PP. (avv. 

Stato lUcci) e soc. coop. << Lutezia � (avv. Sorrentino). 

Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Provvedimento 
confermativo dell'esclusione da una cooperativa Ricorso 
al Consiglio di Stato -Deduzione di motivi nuovi Inammissibilit�. 
(t.u., 28 aprile 1938, n. 1165, art. 103, primo comma). 

Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attri


buzioni di vigilanza e ili decisione -Distinzione -Fattispecie. 

(t.u., 28 apr~le 1938, n; 1165, art. 131, secondo comma). 

Non � ammissibile la deduzione di motivi nuovi in sede di ricorso 
giurisdizionale avverso il provvedimento della Commissione di vigilanza 
per l'edilizia popolare ed economica che abbia pronunciato sul ricorso 
proposto contro la deliberazione di decadenza dalla qualit� di socio, 
emessa dal Consiglio di amministrazione di una cooperativa edilizia (1). 

La Commissione di vigilanza, che sul ricorso dell'interessato sia 
chiamata a pronunciarsi circa la legittimit� di un provvedimento del 
Consiglio di amministrazione di una cooperativa, non � tenuta ad intervenire, 
nell'esercizio dei suoi poteri di ufficio, al fine di eliminare lamentate 
irregolarit� nella gestione sociale, quando tali irregolarit� non 
attengano alla validit� del provvedimento impugnato {2). 

(1) In termini nello stesso senso, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, Io febbraio 1961, 
n. 105, Foro amm., 1961, I, 759, e Il Consiglio di Stato, 1961, I, 335. La massima 
� puntuale conseguenza dell'assimilazione operata in giurisprudenza (e di cui la 
sentenza in rassegna costituisce ulteriore affermazione) del ricorso alla Commissione 
di vigilanza con il ricorso gerarchico improprio: cfr. Cass., 14 marzo 1961, n. 576, 
Foro it., Rep., 1961, voce: case pop., n. 34; Cass., 10 ottobre 1962, n. 2926, 
Giust. civ., 1963, I, 811. Circa il principio della inammissibilit� di motivi nuovi 
in sede di ricorso giurisdizionale cfr., di recente, Cons. Stato, Sez. VI, 24 giugno 
1964, n. 502, Foro it., 1964, III, 473. 
(2) Esatta applicazf-One del principio secondo il quale le attribuzioni di vigilanza, 
che la Commissione esercita di ufficio, a tutela dell'interesse pubblico, e le 
attribuzioni decisorie, che vengono esercitate su ricorso degli interessati, non si 
confondono tra di loro ma rimangono distinte ed autonome: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 

. 998 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -In ordine al primo motivo osserva la Sezione che 
l'art. 13, lett. b) dello statuto sociale, invocato dal ricorrente, si riferisce 
l",~.,;�i�
'.'. 
soltanto alle ipotesi del socio che si renda moroso � nel versamento delle 
quote sociali sottoscritte � ovvero � non adempia puntualmente gli I 
impegni assunti a qualunque titolo verso la societ� >>, espressione questa ~ 
ultima che sembra doversi intendere nel senso di inadempimento delle 
obbligazioni contrattuali assunte verso la cooperativa. 
Il mancato pagamento delle quote sociali per le spese di amministrazione 
sembra invece rientrare nella previsione dell'art. 13, lett. a) 
(inosservanza delle disposizioni dell'atto costitutivo o dello statuto o 
delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio d'amministrazione) in 
relazione all'art. 8 dello statuto sociale (norma che contempla espressamente 
l'obbligo del pagamento della quota in questione); e l'art. 13, 
lett. a) non prevede, ai fini della dichiarazione di decadenza, alcuna 
particolare procedura, oltre quella prescritta dalla legge, che fu, come 
� pacifico, nella specie osservata. 
Comunque, ed il rilievo dispensa la Sezione da un pi� approfondito 
esame della questione anche in rapporto al problema della prevalden 
1 
za o meno della norma d~ lebg~1e su quella statutaria, le censure dedotte 
a ricorrente sono inamm1ssi 1 i in quanto a suo tempo non proposte 
,I 
,, 
dinanzi alla Commissione di Vigilanza in sede di ricorso contro la deli1=:.
�j. 
berazione di decadenza emessa dal Consiglio �d'Amministrazione della , 
Cooperativa (cfr. VI Sez., l" febbraio 1961, n. 105). 
La difesa del ricorrente riconosce la mancata deduzione del motivo 
fi 
in sede di ricorso amministrativo. Essa tuttavia chiede il riesame della !!l 
giurisprudenza sul punto, sostenendo che ai rapporti fra ricorso giurisdizionale 
e ricorso alla Commissione di Vigilanza non sarebbero applicabili 
i principi costante.mente affermati da questo Consesso in ordine 
ai rapporti tra rimedi giurisdizionali e riconio gerarchico. Infatti, il principio 
secondo cui in sede giurisdizionale non possono dedursi motivi 
non proposti in sede gerarchica, troverebbe la sua spiegazione nel carattere 
� giustiziale � del ricorso gerarchico; tale carattere difetterebbe al 
ricorso dinanzi alla Commissione di Vigilanza, la quale assomma in s� 
funzioni contenziose e di amministrazione attiva. 
Questa tesi, per quanto abilmente svolta, non pu� essere condivisa 
dalla Sezione. Sembrano a tal proposito decisive le seguenti considerazioni: 
16 ottobre 1963, n. 535, in questa Rassegna, 1964, I, 137; Cons. Stato, Sez. VI, 
7 novembre 1962, n. 779, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1884. In particolare, cfr. 
Cons. Stato, Sez. VI, 30 aprile 1960, n. 285, ivi, 1960,~I, 760, che ha ritenuto 
illegittima la decisione della Commissione la quale, pur respingendo i motivi proposti 
in sede contenziosa, pervenga alla stesso risultato pratico perseguito dal ricorrente, 
esercitando i poteri di ufficio spettanti alla Commissione .. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 999 

A) La giurisprudenza ha assimilato il ricorso alla Commissione di 
Vigilanza contro i provvedimenti delle Cooperative al ricorso gerarchico 
improprio. Sotto questo profilo � stato, fra l'altro, ritenuto che, in difetto 
di norme sui termini di impugnazione, il ricorso deve essere prop�sto nei 
trenta giorni dalla notificazione o comunicazione o dalla piena conoscenza 
del provvedimento. In sostanza il ricorso alla Commissione di 
Vigilanza � una forma particolare di ricorso amministrativo, nel quale 
l'atto impugnato promana da un soggetto privato, ma � preordinato 
nell'interesse pubblico, il che giustifica che la cognizione della impugnativa 
sia sottratta al regime proprio dei ric�rsi contro le deliberazioni 
delle societ� commerciali e sia invece devoluta in prima istanza ad un 
organo amministrativo e poi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. 
Stante questa assimilazione del ricorso de quo al ricorso gerarchico 
improprio, si devono applicare integralmente i principi elaborati dalla 
giurisprudenza in materia di ricorso gerarchico, proprio ed improprio, e 
fra essi quello della non deducibilit� in sede giurisdizionale dei motivi 
non proposti in sede di reclamo amministrativo. 

B) Ammesso che il principio da ultimo ricordato trovi la sua spiega.
zione nel carattere di istituto preordinato a fini di giustizia, proprio del 
ricorso gerarchico, esso, anche a prescindere dalle considerazioni sopra 
svolte, deve trovare applicazione per quanto riguarda la Commissione 
di Vigilanza. � vero che la Commissione di Vigilanza (come del resto 
anche normalmente nel ricorso gerar�hico proprio riguardo aL superiore 
gerarchico) esercita funzioni di carattere contenzioso e funzioni di amministrazione 
attiva. Tuttavia essa non pu� svolgere tali funzioni in modo 
promiscuo. Tanto che � stata considerata illegittima la decisione la 
quale, pur respingendo i motivi proposti in sede contenziosa, pervenga 
allo stesso risultato pratico, perseguito dal ricorrente, esercitando i poteri 
d'ufficio spettanti alla Commissione (VI Sez., SO aprile 1960, n. 285). 

C) Pi� che nel carattere e< giustiziale n del procedimento sul ricorso 
gerarchico, il principio della non deducibilit� in sede giurisdizionale 
dei motivi non proposti in sede amministrativa, trova la sua ragione 
nella natura del sindacato di legittimit�, il quale si esercita soltanto sul!'
atto impugnato. Ora quando-il provvedimento impugnato ha natura 
decisoria, e dato che in sede di ricorso gerarchico lAutorit� amministrativa 
non pu� pronunziarsi che sui motivi dedotti, ammettendo la possibilit� 
di proporre in sede giurisdizionale censure non fatte valere in 
sede decisoria gerarchica, si verrebbe a considerare oggetto della impugnativa 
giurisdizionale il provvedimento amministrativo di primo grado, 
con la conseguenza di svuotare di pratico contenuto l'istituto del ricorso 
gerarchico (VI Sez., 24 giugno 1964, n. 502). 



.,, 

1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In base alle argomentazioni che precedono, il primo mezzo deve 
pertanto essere considerato inammissibile, in quanto non dedotto dinanzi 
alla Commissione di Vigilanza in sede di ricorso contro il provvedimento 
del Consiglio d'Amministrazione della Cooperativa. 

In ord.ine al secondo mezzo osserva la Sezione che esattamente la 
Commissione di Vigilanza ritenne che le irregolarit� addebitate dal 
dott. Scolaro agli amministratori della Cooperativa non esoneravano lo 
stesso dall'obbligo di corrispondere i contributi sociali. Egli infatti non 
aveva a suo tempo impugnato le delibere con le quali i detti contributi 
erano stati posti a carico dei soci. D'altra parte il ricorrente non pu� 
dolersi del mancato intervento della Commissione di Vigilanza al fine 
di eliminare le lamentate irregolarit� nella gestione sociale e per adottare 
eventuali provvedimenti a carico degli amministratori. I provvedimenti 
in questione attengono ai poteri d'ufficio della Commissione di 
Vigilanza e non a quelli decisivi, dalla medesima esercitata nel caso di 
specie. Nella presente controversia la Commissione era soltanto chiamata 
a pronunziarsi sulla legittimit� del provvedimento del Consiglio di 
Amministrazione, con il quale il dott. Scolaro era stato dichiarato decaduto 
da socio della Cooperativa. Una volta accertato che le denunziate 
irregolarit� non inficiavano la validit� del provvedimento impugnato, 
la Commissione di Vigilanza non aveva, nell'esercizio delle sue funzioni 
di carattere contenzioso alcuna statuizione da emettere. 

~ inoltre da osservare che, una volta irrevocabilmente accertata la 
legittimit� dell'esclusione da socio del dott. Scolaro, il medesimo non 
ha pi� interesse legittimo a far valere le eventuali irregolarit� nell'amministrazione 
della Cooperativa. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 514 -Pres. Breglia 
-Est. Anelli -Bascone {avv. D'Agostino) c. Ministero Pubblica 
Istruzione (avv. Stato Faranda). 

Impiego pubblico -Maestro elementare -Collocamento a riposo Norme 
applicabili. 

(1. 15 febbraio 1958, n. 46, art. 1; t.u. 5 febbraio 1928, n. 577, art. 134). 
Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge � Ricorso 
ai lavori parlamentari -Esclusione. 

L'art. 1 della legge 15 febbraio 1958 n. 46, che ha disciplinato su 
nuova base il collocamento a riposo dei dipendenti civili dello Stato, 
fissandolo al compimento del sessantacinquesimo anno di et�, ha abro


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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1001 

gato "l'art. 134 del t.u. 5 febbraio 1928 n. 577 sull'istruzione elementare, 
ed � pertanto applicabile anche agli insegnanti elementari (l). 

I lavori parlamentari non possono essere invocati per sostenere 
una interpretazione diversa da quella consentita dai criteri di ermeneutica 
(2). 

(Omissis). -Il ricorso � infondato. 
Con il primo motivo viene riproposta all'esame del Collegio la 
questione della sopravvivenza dell'art. 134 del t.u. 5 febbraio 1928, 

n. 577, in seguito ali' entrata in vigore della I. 15 febbraio 1958, n. 46. 
In particolare viene sostenuto nel ricorso che agli insegnanti elementari 
non dovrebbe essere applicato il primo comma dell'art. 1 della 

I. 15 febbraio 1958, n. 46 (il quale stabilisce che gli impiegati di ruolo 
dello Stato vengono collocati a riposo al compimento del 65� anno di 
et�) ma dovrebbe essere tuttora applicato l'art. 134 del t.u. sull'istruzione 
elementare 5 febbraio 1928, n. 577, il quale, al primo comma, 
prevede la cessazione dal servizio dei maestri alla maturazione del 
doppio limite di 65 anni di et� e di 45 anni di servizio. 
In proposito viene invocato il comma quarto del citato art. 1 della 

l. 15 febbraio 1958 n. 46, il quale stabilisce che � nulla � innovato alle 
norme vigenti, che stabiliscono limiti fissi di et� per il collocamento a 
riposo n e si assume che fra tali norme, dovrebbe essere compreso 
l'art. 134 del t.u. citato il quale stabilisce anch'esso un termine fisso 
per la cessazione dal servizio, che sarebbe costituito dal giorno in cui 
sono maturati i limiti di et� (65 anni) e di servizio ( 45 anni). 
Nel ricorso e nella memoria � poi sostenuto che lart. 1 della legge 

n. 46 del 1958 ha avuto il fine di eliminare la discrezionalit� dell' Amministrazione 
in materia di collocamento a riposo dei dipendenti civili. 
Ora tale discrezionalit� non sussisterebbe per il collocamento a riposo 
(1) Giurisprudenza costante, nuovamente confermata dal Consiglio di Stato 
con la decisione in rassegna e con le ulteriori decisioni nn. 515-516 e 517, di cui 
si omette la pubblicazione perch� identiche a quella annotata. Per i precedenti 
cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 1962, n. 255, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 
560; Cons. Stato, Sez. VI, 28 febbraio 1962, n. 216, Foro it., Rep., 1962, voce: 
maestro, n. 46; Cons. Stato, Sez. VI, 21 febbraio 1962, n. 184, Il Consiglio di 
Stato, 1962, I, 324; Cons. Stato, Sez. VI, 21 febbraio 1962, n. 193, Mass. amm., 
1962, II, 125; Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 1961, n. 424, Il Consiglio di Stato, 
1961, I, 966; Cons. Stato, Sez. I, parere 20 agosto 1958, n. 1397, ivi, 1959, I, 294. 
(2) Brevi note in tema di interpretazione teleologica. 
L'affermazione della decisione annotata, che i lavori parlamentari non possano 
essere invocati per sostenere un'interpretazione diversa da quella consentita 
dai criteri di ermeneutica, seppure sostenuta quasi per incidens nel corso della 
motivazione, � del massimo interesse perch� implica una presa di posizione .del 
massimo giudice amministrativo su fondamentali problemi di metodologia interpre


li 



1002 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei maestri, i quali cesserebbero dal servizio, al di fuori di ogni apprezzamento 
discrezionale della P.A., al verificarsi delle condizioni oggettive, 
stabilite dalla legge. Di conseguenza, mancherebbe il presupposto 
per l'applicazione del primo comma dell'art. 1 citato ai maestri, i quali 
dovrebbero essere quindi compresi fra le categorie di personale, previste 
nel successivo quarto comma, alle quali continuano ad essere 
applicate le speciali disposizioni che prevedono diversi " limiti fissi 
di et��. 

Tutte queste argomentazioni sono� state esaminate e disattese dal 
Consiglio di Stato sia in sede consultiva (Sez. I, 20 agosto 1958, n. 1397) 
sia in sede giurisdizionale {Sez. VI, 10 maggio 1961, n. 424; 28 febbraio 
1962, n. 184; 21 .febbraio 1962, n. 100; 28 febbraio 1962, n. 216217; 
14 marzo 1962, n. 255) per motivi che la Sezione non pu� ora che 
confermare. 

La sopracennata giurisprudenza ha chiarito che la legge 15 febbraio 
1948, n. 46, ha disciplinato su nuove basi l'istituto del collocamento 
a riposo dei dipendenti civili dello Stato, abolendo la discrezionalit� 
dell'Amministrazione nel collocamento a riposo e stabilendo 
l'irrilevanza dell'anzianit� al fine della cessazione dal servizio. 

tativa. Per meglio comprendere la portata della questione, occorre chiarire che il 
ricorrente, impugnando un provvedimento del competente Provveditorato agli studi, 
con il quale era stato disposto il suo collocamento a riposo, ed invocando la permanenza 
in vigore dell'art. 134 del t.u. 5 febbraio 1928, n. 577 pur dopo l'emanazione 
della legge 15 febbraio 1958, n. 46 aveva, tra gli altri motivi, dedotto la 
manifesta ingiustizia del provvedimento, e ci� in quanto i maestri elementari, 
applicando al loro caso la disciplina dell'art. 1 della legge del 1958, verrebbero a 
costituire l'unica categoria di dipendenti civili dello Stato danneggiata da detta 
legge, mentre dai lavori parlamentari risulterebbe che le norme relative furono 
dettate con l'intento di favorire gli impiegati. Il Consiglio di Stato, facendo giustizia 
di tale tesi, ha riconfermato l'estraneit� del momento prenormativo (ed in particolare 
dell'eventuale interesse posto a base della normazione) dal procedimento 
ermeneutico. .Si ripropone, cos�, una antica antitesi fra due opposte concezioni 
dell'interpretazione della norma, sulla quale molto ed autorevolmente si � scritto (1). 

(1) Per la letteratura pi� recente, cfr. BoBBlo, L'analogia nella logica del diritto, Torino, 
1938; BETTIOL, Giurisprudenza degli interessi e diritto penale, Riv. it. dir. pen., 1938, 385 
e segg.; GIANNINI M. S., L'interpretazione dell'atto amministrativo, Milano, 1939; In., Analogia 
giuridica, fus, 1941, 561 e segg. e 1942, 41 e segg.; GoRLA, L'interpretazione del diritto, 
Milano, 1941; SAcco, li concetto d'interpretazione del diritto, Torino, 1947; SCARPELLI, Scienza 
del diritto e analisi del linguaggio, Riv. dir. comm., 1948, 212 e segg.; BURDESE e GALLO, 
Ipotesi normativa ed intenpretazio.ne del diritto, Riv. it. se. giur., 1949, 356 e segg.; BETTI, 
Le categorie civilistiche dell'interpretazione, Riv. it. se. giur., 1949, 34 e segg.; In., L'interpretazione 
della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949; In., Teoria generale dell'interpretazione, 
Milano, 1955; cfr. anche BoBBIO, Scienza del diritto e analisi del linguaggio, Riv. 
trim. dir. proc. ci,v., 1950, 342 e segg.; RUBINO, Valutazione degli interessi nell'interpretazione 
della legge, Foro it., 1949, IV, 4; AI.LoRro, La vita del diritto in Italia, /us, 1950, 
42 e segg. 
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~. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMlNISTRATIVA 1003 

In particolare la legge anzidetta ha stabilito che il collocamento 
a riposo degli impiegati debba essere disposto al raggiungimento di 
un limite fisso di et� nel presupposto che l'et� sia l'unico elemento dal 
quale si possa in via astratta e presuntiva desumere l'attitudine dell'impiegato 
a prestare proficuo servizio. 

La finalit� della norma non � dunque solo quella di evitare che 
gli impiegati siano collocati a riposo in et� diversa, a causa della 
discrezionalit� della P.A. nella scelta del momento della cessazione 
dal servizio, ma � anche quella di negare a quel fine la influenza del!'
anzianit�, che non pu� essere considerato elemento dal quale si possa 
dedurre presuntivamente l'attitudine a proficuo lavoro. 

Il quarto comma della 1. 15 febbraio 1958, n. 46 non deroga, ma 
conferma questo principio allorch� stabilisce che � nulla � innovato 
alle norme vigenti che stabiliscono limiti fissi di et� per il collocamento 
a riposo di dipendenti civili dello Stato, che appartengano a particolari 
categorie �. Invero queste leggi, fatte salve dal citato comma, gi� 
adottavano il criterio della cessazione dal servizio alla maturazione di 
una determinata et� {criterio poi generalizzato dalla legge n. 46 del 
1958) ed assicuravano quindi la cessazione dal servizio ad una et� fissa, 

In questa sede, senza pretendere di entrar~ nel vivo della questione, baster� qualche 
cenno per giustificare l'adesione alla tesi fatta propria dal Consiglio di Stato. 
Bench� abbia trovato autorevoli e rilevanti consensi anche di recente (2), la 
tesi della valutazione comparata degli interessi non sembra convincente. Ed infatti, 

o l'interesse, cui la norma d� la priorit� nella valutazione operata, � un dato 
economico-sociale che � preso bens� in considerazione (quale presupposto o quale 
motivo secondo che si preferisca accentuare l'uno o l'altro punto di vista) (3) nella 
posizione della norma, ma non � sussunto nell'atto posto attraverso il procedimento 
di formazione legislativa, cio� nella norma stessa; ovvero tale sussunzione � operata 
di guisa che l'interesse compare, sia pure, come � ovvio, implicitamente, nella 
previsione normativa. Nella prima ipotesi non vedo la possibilit� di ricorrere alla 
valutazione di un siffatto dato senza negare la regola della chiusura dell'ordinamento 
(4); cio� senza escludere la scientificit� stessa del diritto (5). N� l'alternativa 
si risolve facendo riferimento alla c.d. mens legis, dato che l'interpretazione di 
quest'ultima (mens legis o intenzione che sia) si converte pur sempre in una inter(
2) BETTI, Interpretazione, cit., passim; In., Teoria genrale, cit., 789 e segg.; 
(3) Si tratta sostanzialmente del medesimo dato che rileva ad un tempo quale precedente 
storico dell'opera legislativa e quale scapo (o intenzione) del legislatore. 
(4) Regola, il cui valore non pu� essere messo in dubbio neppure in relazione. al .procedimento 
analogico, posto che -come ha limpidamente dimostrato BOBBIO in L'analogia, cit. h1 
estensione analogica � atto interpretativo in senso proprio. Sostanzialmente conforme BETTI, 
Interpretazione, cit., 69. Vedi anche PUGLIATTI, Precisazioni in tema di vendita a scopo di 
garanzia, Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 298 e segg. 

(5) Sul concetto di scienza come un sistema chiuso e coerente di proposizioni definite 
cfr. BoBBIO, Scienza del diritto, cit., 351. ' 

1004 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valevole per tutti gli appartenenti alla categoria (es. 700 anno di et� 
per i professori secondari, articolo unico della 1. 7 giugno 1951, n. 500; 
75 anni di et� per i professori universitari, art. 1 d.l. 26 ottobre 1947, 

n. 
1251, modificato dalla I. 4 luglio 1950, n. 498). 
Solo queste leggi che, in relazione a particolari esigenze dei servizi 
ed ai caratteri delle prestazioni rese, hanno stabilito diversi limiti 
fissi di et� per la cessazione dal servizio, il quarto comma citato ha 
fatte salve. 
Le altre norme che prevedevano la cessazione dal servizio non 
ad una data fissa, stabilita con riferimento al raggiungimento di un 
limite di et�, ma ad un'et� variabile in relazione all'anzianit� di servizio, 
devono, invece, ritenersi abrogate per incompatibilit� con il sistema 
stabilito dalla I. 15 febbraio 1958, n. 46. E fra tali norme senza dubbio 
rientra l'art. 143, primo comma, del t.u. 5 febbraio 1928, n. 577 il quale 
prevedeva che la cessazione dal servizio dei maestri dovesse avvenire 
alla maturazione di 65 anni di et� e di 45 anni di servizio; sicch� teoricamente 
il maestro, entrato in servizio in base a norme che lo esonerassero 
dai limiti di et� stabiliti per l'accesso all'impiego, poteva restare 
in servizio sino a circa 110 anni di et�. 

pretazione di verba. Il passaggio dall'interpretazione della lettera all'interpretazione 
dello spirito della norma avviene sempre nell'ambito dell'ordinamento normativo, 
in quanto la scoperta dell'intenzione non pu� essere, in realt�, che una scoperta di 
proposizioni nuove con le quali sempre meglio si riesce a determinare il significato 
della proposizione data (6). 

D'altro canto, l'interpretazione storica (cui porta, in ultima analisi, l'accettazione 
del criterio della valutazione comparata degli interessi), risolvendosi nella 
esigenza di adeguare la proposizione normativa alla c.d. realt� sociale, implica, 
come di fatto avviene nei pi� coerenti dei suoi sostenitori (7), l'accettazione della 

c.d. interpretazione evolutiva. Ma, dopo le fondamentali pagine del Romano al 
riguardo (8), non sembra lecito dubitare che tale tipo di atto interpretativo -almeno 
(6) Cos� testualmente BoBBIO, Scienza del diritto, cit., 359. Questo punto va inteso ben 
chiaramente: o la mens legis viene concepita, come mi sembra preferibile, in quanto formulazione 
(talvolta esplicita in dipendenza della connessione di vari contesti legislativi, ma pi� 
spesso implicita) della norma; oppure la si intende come un dato e~trinseco alla norma posta. 
(7) BETTI, Teoria generale, cit., 833 e segg. 
(8) SANTI RoMANo, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, I953� n9 e segg. 
Le obb:ezioni mosse dal BETTI al RoMANo non sembrano persuasive. Ed infatti: a) non � 
esatto che l'impostazione del ROMANO sia ancorata a posizioni gnoseologiche prekantiane; cosa 
significa, infatti, ammettere che la riproduzione dell'oggetto nell'intelletto pensante si realizzi 
necessariamente con modificazioni ed alterazioni in dipendenza dalla struttura stessa dell'intelletto 
-cos� SANTI RoMANo, op. cit., 120 -se non ammettere, anche se forse con scarsa 
consapevolezza, un processo sintetico di assimilazione dell'oggetto nello spirito?; b) La validit� 
del criterio della valutazione degli interessi � il quod demonstrandum, e non pu� essere 
invocato -a pena di porre una petizione di principio -quale argomento. Ammette la 
validit� dell'interpretazione evolutiva CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, Roma 1940, 388. 
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..: 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1005 

Nella memoria � stato sostenuto che tale aberrante conseguenza 
(evidentemente in contrasto con la lettera e con la ratio della legge n. 46 
del 1958) sarebbe evitata con l'adozione di un sistema che consenta il 
mantenimento in servizio dei maestri solo quando essi, con il cumulo 
dell'anzianit� e dell'et�, non superino il coefficiente 110 e comunque 
non superino il 700 anno �di et�. 

Ma non esistono norme che prevedono un siffatto sistema. 
Sembra che nella memoria si alluda piuttosto ad una prassi in tal 
senso seguita dall'Amministrazione sotto il vigore dell'art. 143 del t.u. 

n. 577 del 1928; ma tale prassi sarebbe stata in contrasto con la chiara 
norma del citato art. 143 che non prevedeva affatto le limitazioni sopra 
indicate. 
Le argomentazioni svolte esonerano il Collegio da una analitica 
confutazione del secondo motivo, che riproduce sostanzialmente il 
primo. 

:�: esatto che il quarto comma dell'art. 1 della I. 15 febbraio 1958, 

n. 46 si applica anche ai maestri elementari, l� dove dispone che restano 
in vigore le norme che stabiliscono per il personale insegnante " una 
particolare decorrenza della cessazione dal servizio � (stabilita dalla 
nel senso preciso che gli viene attribuito (9) -non abbia diritto� di cittadinanza 
nella teoria dell'interpretazione giuridica. 

D'altra parte, individuare con certezza l'interesse, cui si vorrebbe ricorrere 
per aver lumi, presenta difficolt� virtualmente insuperabili. Prescindo dall'appunto 
-peraltro convincente sul piano empirico nel quale � circoscritta la sua validit� che 
sostituire una giurisprudenza d'interessi all'analisi della norma non realizza 
quel superamento di posizioni antinomiche, in vista del quale si dovrebbe fare 
riferimento all'interesse tutelato; e ci� perch� l'indagine su tale interesse non o9:re 
maggiori garanzie di certezza di qualsiasi altro canone ermeneutico. Ci� che mi 
preme piuttosto chiarire � che la difficolt� di una tale indagine dipende dalla 
irriducibilit� del fine prefisso ai mezzi che sono a disposizione del giurista. Questi, 
come qualsiasi altro operatore, in tanto pu� validamente (e, cio�, con rigore di 
metodo) operare in quanto il fine che si propone di conseguire sia definito nell'ambito 
dello stesso sistema concettuale dal quale estrae gli strumenti di cui si serve. 
Si riproduce in sostanza lequivoco accennato: come potr� l'interprete dall'analisi 
della norma ricavare la nozione di un interesse che per definizione � fuori di tale 
norma? e se -per ci� fare -deve egli stesso porsi al di l� del sistema, non 
dovr�� dirsi che egli rinneghi l'autonomia e la completezza del sistema stesso? 

(9) Nessuno, credo, potrebbe contestare la validit� di un procedimento interpretativo 
orientato nel senso che l'interprete non possa limitarsi a ripensare la norma nel suo primitivo 
collocamento storico ma debba anche e soprattutto �mettere d'accordo quell'idea con. la presente 
.attualit��, purch� il concetto fosse inteso in riferimento all'attualit� dell'ordinamento 
e non ad una posizione metag:uridica, vagamente designata come storica (cos�, invece, a 
quanto sembra, GIORDANO, Vecchi e nuovi orientamenti in tema di interpretazione giuridica, 
Riv. dir. comm., 1950, 414). 

1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I. 9 agosto 1954, n. 637 al 30 settembre, successivo al giorno della maturazione 
dei prescritti requisiti), ma non si pu� desumere da ci� l'appli,


cabilit� agli insegnanti elementari anche della prima parte del citato 
comma quarto. N� � affatto illogico che l'applicazione� della prima parte .:~ 
del ripetuto quarto comma sia stata limitata agli insegnanti medi universitari. 


Come si � dett�, le norme sul collocamento a riposo degli insegnanti 
secondari ed universitari gi� avevano adottato il criterio della 
cessazione dal servizio alla maturazione di una certa et� e si erano 
quindi ispirate allo stesso criterio adottato poi dalla legge n. 46 del 1958. 
Non altrettanto accadeva per i maestri elementari nei riguardi dei quali, 
come si � rilevato pi� volte, il collocamento a riposo veniva disposto 
tenendosi conto anche dell'anzianit� di servizio, e cio� in base ad un 
criterio non pi� seguito dalla nuova legge. 

N� si vede poi perch� dovrebbe essere considerata una conseguenza 
illogica ed aberrante quella dello spostamento del limite di et� 
da 65 a 70 anni nel caso di maestro elementare, passato nei ruoli degli 
insegnanti secondari. 

� ovvio che, avendo la legge stabilito limiti di et� per la cessazione 
dal servizio degli insegnanti elementari e di quelli secondari, in 

Opinare diversamente mi sembra che sia un disconoscere quell'esigenza di autointegrazione, 
che � dell'ordine giuridico. 

Sotto un diverso profilo non direi che fissare la ratio iuris della norma nella 
valutazione degli interessi operata originariamente sia indispensabile per accertare 
in quale misura essa subisca modificazioni con il sopravvenire di mutamenti nel!'
ambiente sociale o di nuovi orientamenti nell'ordine giuridico, realizzando in tal 

modo quell'adeguamento dell'ordinamento alla realt� sociale cui l'interprete dovrebbe 
por mente (10). Mi sembra al contrario che l'enucleazione e la precisazione dell'interesse 
originariamente considerato possa operare quale remora a siffatto adeguamento, 
posto che la posizione di un dato metagiuridico nel sistema indurrebbe la 
rilevanza di un elemento estrinseco che, non potendo essere modificato in quanto 
determinazione precisa (in riferimento al momento in cui � stato posto), impedirebbe 
il libero svolgersi della logica del sistema; la quale, al contrario, per essere del 
tutto interiore e dipendente dalla struttura del sistema stesso, si presenta come 
estremamente duttile, e quindi sensibile -per se stessa -a mutate esigenze 
storiche. In altri termini, la norma (vista, ben s'intende, nei rapporti con la totalit� 
dell'ordinamento) � -per la sua struttura di qualificazione formale -perfettamente 
idonea ad assumere una diversit� di significato qualificante in ordine a 
mutate strutture pregiuridiche, laddove la precisazione di un interesse realizza un 
isolamento -parziale e perci� valido soltanto nel concorso di determinate condizioni 
-della realt� sociale. Un esempio varr� a chiarire. Tradizionalmente si 
ripete che l'onere della forma ad substantiam � imposta per gli atti traslativi dei 
diritti reali al fine di avvertire i contraenti dell'importanza dell'atto che si accingono 

(ro) Cos� BETTI, Teoria generale, cit., 824. Su posizioni sostanzialmente analoghe sembra 
essere LEVI, Teoria generale dt:l diritto, Padova, I953, 2u e segg. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1007 

caso di passaggio del maestro nel ruolo degli insegnanti secondari 
debba aversi l'applicazione delle norme, stabilite per il collocamento 
a riposo di quest'ultimi, essendo diversa� la natura dell'insegnamento 
secondario e diverse le attitudini per impartirlo. 

Il terzo motivo pone in rilievo che l'art. 143 del t.u. citato � stato 
fatto salvo dalle norme della legge n. 675 del 1942, che ha inquadrato 
i maestri nel gruppo B dell'ordinamento gerarchico e dalle leggi n. 1066 
del 1948 e n. 690 del 1952. 

Ma trattasi di disposizioni anteriori alla legge n. 46 del 1958; ed � 
chiaro che la circostanza (peraltro non contestata) che, anteriormente 
alla legge n. 46 del 1958, l'art. 143 citato fosse applicabile non giova a 
dimostrare lapplicabilit� dell'articolo medesimo anche dopo lentrata 
in vigore della ripetuta legge n. 46. 

La circostanza poi che la legge n. 165 del 1958 non abbia abrogato 
espressamente il citato art. 143 non � argomento pregevole, atteso che 
la citata legge non poteva abrogare una norma, gi� abrogata dalla 
precedente legge n. 46 del 1958. � 

Il quarto motivo deduce l'illegittimit� della circolare 11 ottobre 
1958, nel presupposto che fosse errata l'interpretazione in essa 
data all'art. 1 della legge n. 46 del 1958. 

a compiere. Si faccia ora l'ipotesi che, per mutate condizioni dell'esperienza economica, 
siffatta categoria di atti non rivesta pi� la medesima rilevanza (ipotesi tutt'altro 
che di scuola, ove si pensi che si tratta di un processo gi� parzialmente in 
atto) (11). Che conto si dovr� allora fare dell'interesse in precedenza rilevato? Se 
tale interesse avesse valore autenticamente determinante nell'opera dell'interprete, 
se -iri altre parole -la norma valesse in quanto sia sussistente l'interesse considerato, 
dovrebbe concludersi per la disapplicazione della norma. Ma se il precetto 
legislativo dovr� purtuttavia essere attuato, allora parrebbe necessario sostituire alla 
primitiva valutazione pratica un altro scopo che dia ragione della sua conservazione. 
Quale potr� essere siffatto scopo in un ambiente economico del tipo ipotizzato? 
Forse l'avvertimento per i contraenti che essi si accingono a compiere un 
atto di trascurabile (o, comunqu<;i, minore) rilevanza sociale? L'assurdit� della soluzione 
prova l'erroneit� del principio. 

Per altro aspetto, il rilievo, che secondo la teoria teleologica va dato all'esito 
pratico cui dovrebbe mirare l'interprete attraverso l'atto di interpretazione, pu� 
condurre a confusioni pericolose, qual'� quella di considerare attivit� interpretativa 
in senso proprio (sia pure con il correttivo della presenza di un momento meramente 
ricognitivo) la c.d. interpretazione autentica. Infatti, soltanto nell'ambito di 
un sistema che postuli (o presupponga) la funzione non esclusivamente ricognitiva 
dell'atto interpretativo � possibile attribuire qualificazione di interpretazione ad una 
operazione che tale non � certamente (12). 

(n) Cfr. SANTORo PASSARELLI, Dottrine, cit., 44~ 
(12) Che la c. d. interpretazione autentica non realizzi un atto interpretativo non mi 
sembra seriamente contestabile. Giova riferire le parole di SAcco, Alcune novit� in materia 
d'interpretazione, Riv. trim. dir. proc. civ., 1951, 748 e segg., 761: �L'interpretazione autentica 
vincola l'interprete, dunque � norma. Se in pi� sia anche dichiarazione di scienza, non 

1008 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma la circolare anzidetta ha seguito il criterio interpretativo indicato 
dalla sopraindicata giurisprudenza di questo Consiglio; pertanto 
la censura� suddetta resta assorbita dalle considerazioni che precedono. 

Il quinto motivo deduce ingiustizia manifesta in quanto i maestri 
costituirebbero l'unica categoria di dipendenti danneggiata dalla legge 
del 1958, mentre dai lavori parlamentari risulterebbe che la legge 
stessa avrebbe inteso favorire gli impiegati. 

Osserva la Sezione che, di fronte al chiaro dettato della legge, non 
giova il richiamo ai lavori parlamentari che, come � noto, non possono 
essere invocati per sostenere un'interpretazione diversa da quella con-
sentita dai criteri di ermeneutica. 

Peraltro l'affermazione (desunta da un'espressione usata nella relazione 
al disegno della legge del 1958) che la legge stessa non avrebbe 
recato danno agli impiegati, va evidentemente intesa nel senso che 
dalla legge medesima le categorie impiegatizie avrebbero tratto in via 
generale vantaggio, essendo chiaro che la possibilit� di cessazione dal 
servizio, con anticipazione rispetto alla precedente legislazione, � insita 
nel sistema della nuova legge che ha esclusa la possibilit� degli impiegati 
di restare in servizio (dopo l'applicazione delle norme transitorie 
dell'art. 4), oltre il limite di et� di 65 anni. -(Omissis). 

interessa, n� pu� interessare il giurista. Spesso anche norme non interpretative sono, nella 
psiche di chi le detta, pure ricognizioni (i legislatori illuministi credevano di interpretare il 
diritto naturale). Ma la funzione della norma � sempli�emente il contenuto della stessa (quella 
che grosso modo si esprime con l'elenco imperare permittere vetare) a prescindere se il legislatore 
supponga di svolgere attivit� volitiva o ricognitiva, Il giurista non avrebbe alcun motivo 
di considerare a parte le norme interpretative se non avvenisse che de jure interpretando 
bisogna ricercare se il legislatore abbia voluto dare alla norma contenuto retroattivo, e la 
formulazione interpretativa della norma � importante mezzo per scoprire che il suo contenuto 
deve essere retrospettivamente applicato�. Aggiunger� soltanto che questi concetti valgono 
per l'interpretazione autentica non solo di norme legislative ma anche di �precetti dell'autonomia 
privata. Non mi pare, infatti, si possa dubitare -alla luce dei pi� recenti studi che 
il potere di accertamento � incompatibile con l'autonomia privata; in altri termini, che 
il negozio di accertamento non � ammissibile nel nostro ordinamento (cos�, da ultimo, 
SANTORO PASSARELLI, La transazione, Napoli, 1958, 25 e segg., ed autori ivi citati). 

Diverso potrebbe essere il discorso per il caso che l'interesse valutato sia 
stato sussunto nella norma. Un esempio interessante del fenomeno pu� rinvenirsi 
nella teoria penalistica dell'oggettivit� giuridica del reato: dove, per�, � opportuno 
chiarire che la sussunzione dell'interesse tutelato nella norma, e cos� la sua riduzione 
nell'ambito della fenomenologia giuridica, � pi� che dubbia tanto che la 
stessa dottrina penalistica � rest�a a trarre tutte le conclusioni che si impongono 
dall'accettazione del principio. Comunque -e riducendo la citazione in forma 
di ipotesi per comodit� di ragionamento -sta di fatto che in tal caso l'interesse 
valutato � bens� rilevante (e di esso l'interprete dovr� tener conto ai fini dell'intendere) 
ma unicamente in quanto assunto dal campo metagiuridico all'ambito della 
norma; ed allora si ricade nell'ordine concettuale di una interpretazione concepita 
come analisi del linguaggio, che non ha nulla a che vedere con la teoria della 
valutazione degli interessi, 

T. ALIBRANDI 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez .. I, 9 novembre 1964, n. 2705 -Pres. 

Ross~no -Est. Straniero -P.M. Tavolaro (conf.) -Soc. Petrolifera 

Toscana (avv. Azzolini) c. Ministero Finanze {avv. Stato Carafa). 

Imposta di registro -Concessione di terreno per costruirvi una 

stazione di servizio con impianto di distributori di carburanti. 

(tariffa all. A legge registro, artt. 1 e 44). 

Obbligazioni e contratti -Concessione � ad aedificanclum � e loca


zione -Differenze -Qualificazione del contratto -Incensura


bilit� -Limiti. 

Nella concessione del godimento di un terreno per costruirvi una 
stazione di servizio con l'impianto di distributori di carburanti e lubrificanti, 
che non contenga una f3'splicita esclusione degli effetti caratteristici 
del diritto reale {in particolare della efficacia erga omnes), non 
pu� negarsi la costituzione di un diritto di superficie che risulti altrimenti 
e, in particolare, dalla rinuncia, esplicita o implicita, del dominus 
soli all'acquisto per accessione della propriet� delle costruzioni da edificarsi 
(1). 

La pronuncia del giudice di merito che per la qualificazione giuridica 
di un contratto come concessione ad aedificandum anzich� come 
locazione, abbia interpretato e ricostruito la volont� dei contraenti 
desumendola essenzialmente dallo scopo e dagli effetti da essi voluti 
e dalla funzione strumentale del godimento del terreno nella economia 
complessiva del contratto, non � sindacabile in cassazione, perch� consegue 
ad una valutazione condotta a norma delle regole di ermeneutica 
prescritte dalla legge, ed � giustificata da una motivazione adeguata 

(1-2) Sulla tassazione dei contratti di concessione di terreni 
per la costruzione di stazioni di servizio con l'impianto di distributori 
di carburanti. 

Con la sentenza in esame la Cassazione ha risolto per la prima volta il problema 
fiscale relativo alla qualificazione giuridica del contratto con cui si concede il 
godimento di un terreno per costruirvi una stazione di servizio con l'impianto di 



1010 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ed aderente ai principi giuridici sugli elementi caratteristici e diff erenziatori 
della superficie e della locazione, ed �, infine, esente da vizi 
logici (2). 

(Omissis). -Il problema che le parti sottopongono all'esame di 
questo Supremo Collegio, dopo le opposte statuizioni dei giudici del 
merito, consiste nell'accertare se il contratto di cui alla scrittura privata 
1� settembre 1958, relativa alla concessione di un terreno, da parte di 
Agostino Pallini alla Petrolifera Toscana, affinch� quest'ultima potesse 
costruirvi una stazione di servizio con l'impianto di distributori di carburanti 
e lubrificanti, abbia posto in essere un diritto reale di superficie 
a tempo determinato ovvero un �diritto personale di godimento 
del terreno e delle addizioni che vi fossero state fatte: ci� per dedurne, 
ai fini tributari, l'assoggettabilit� del contratto medesimo all'aliquota di 
imposta prevista dall'art. 1 della tariffa all. A alla legge di registro, che, 
per l'appunto, contempla, fra l'altro, gli atti traslativi a titolo oneroso 
dei diritti reali su immobili, ovvero all'altra enunciata nell'art. 44 della 
tariffa medesima, per le locazioni e sublocazioni di beni mobili ed 
immobili. 

La decisione della Corte di Firenze, che ha ritenuto doversi pronunciare 
per il riconoscimento della superficie, �, infatti, denunciata 
dalla Petrolifera per violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 
1325, 1362 e segg., 1571 e segg. 952 e.e. e dell'art. 8 r.d. 30 dicem


distributori di carburanti, del quale si � gi� data notizia in questa Rassegna, 1957, 
161, in occasione della decisione di analoga controversia da parte del Tribunale 
di Roma. 

La soluzione che la Suprema Corte ha dato a tale problema appare corretta, 
sia per l'esatta impostazione dell'indagine compiuta, sia per i risultati concreti raggiunti. 
E non deve trarre in inganno il fatto che altra sentenza pubblicata lo stesso 
giorno in causa pendente fra le stesse parti (la n. 2706 che � la sola massimata 
ufficialmente) rechi un dispositivo diverso, dato che con quella seconda sentenza 
la Cassazione ha cassato la pronuncia impugnata per difetto di motivazione in 
ordine agli argo.menti decisivi posti in luce con la sentenza in esame ed ha disposto 
la rinnovazione dell'indagine di merito per la concreta e motivata applicazione dei 
principi di diritto .conformemente affermati con le due pronuncie. 

Non va dimenticato infatti che, come la Suprema Corte ha ribadito con la 
sentenza in esame, il problema della qualificazione giuridica di un negozio si risolve 
in due distinte operazioni di ordine logico: prima (di fatto) relativa alla interpretazione 
del contratto, una seconda (di diritto) consistente nell'attribuzione del 
nomen iuris, previa interpretazione sul pfano giuridico degli elementi precedentemente 
accertati (gi� nello stesso senso, Cass., 14 settembre 1963, n. 2509 Foro it., 
Mass., 1963, 714). Onde � chiaro che l'indagine relativa alla qualificazione giuridica 
di un contratto si risolve sempre in una pronuncia di specie, e quello che interessa 
pertanto non � la concreta soluzione adottata, ma la precisazione dei criteri in 
base ai quali l'indagine deve essere svolta, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1011 

bre 1923 n; 3269, nonch� per motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria 
ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. 

Con una prima censura la ricorrente investe le premesse poste dalla 
sentenza impugnata a base della sua indagine. Ci�, sotto il profilo che 
il principio, statuito dall'art. 8 della legge organica, secondo la quale 
la tassa di registro va applicata secondo la intrinseca natura degli atti 
e dei trasferimenti ancorch� non vi corrispondano il titolo o la forma 
apparente, non autorizza l'interprete a prescindere dalla effettiva e 
concreta volont� negoziale delle parti per richiamarsi allo schema contrattuale 
in astratto pi� adatto agli scopi pratici delle parti stesse perseguiti 
n�, tanto meno, autorizza l'interprete medesimo a prescegliere, 
per l'indagine sulla qualificazione del contratto, un criterio-guida di 
carattere tributario. La norma fiscale non ha voluto, invero, derogare 
al principio, fondamentale del diritto privato, dell'autonomia dei contraenti 
ma soltanto affermare e ribadire il concetto che l'indagine sul 
contenuto volitivo va effettuata alla stregua delle clausole e degli effetti 
giuridici voluti e conseguiti e che, in ogni caso, deve prevalere su ogni 
altro diverso elem@to il contenuto effettivo quale risulta dalla volont� 
manifestata. 

Questa prima censura non � fondata. 
La Corte di merito non ha affatto contestato il principio che l'interprete 
debba attenersi, in tema di applicazione dell'art. 8 della legge di� 
registro, al contratto realmente posto in essere dalle parti piuttosto che 

Ed � da tale punto di vista che la sentenza in esame � particolarmente interessante, 
perch� con essa la Cassazione ha esattamente risolto il quesito sottoposto 
in tutti i momenti del procedimento logico seguito, e cio�: nella precisazione del 
metodo di indagine, nella individuazione dei criteri di qualificazione del contratto, 
e nella appli_cazione di tali criteri alla fattispecie risultante dagli accertamenti 
insindacabili del giudici di merito. . 

In ordine alla precisazione del metodo di indagine, infatti, la Suprema Corte 
ha esattamente affermato che, trattandosi nel caso della qualificazione di un contratto 
per i fini della relativa tassazione di registro, l'interpretazione di esso deve 
essere compiuta in considerazione degli elementi determinanti posti in luce dal!'
art. 8 della legge di registro (intrinseca natura ed effetti sostanziali conseguiti, 
anzich� t�tolo e forma apparente), ed ha altres� esattamente stabilito che tutto ci� 
non significa violazione della volont� contrattuale, ma esatta precisazione della 
sua sostanziale portata. 

In ordine poi alla individuazione dei criteri di qualificazione fra concessione 
ad aedif�candum (di natura reale) e locazione di immobile con facolt� di effettuare 
addizioni (di natura personale), la Cassazione ha anzitutto negato efficacia determinante 
a quelle che sono caratteristiche comuni ad entrambe le fattispecie, e in 
particolare sorte riservata dalle parti alle costruzioni compiute dal concessionario 
alla scadenza del contratto. 

Per quanto riguarda il termine di durata � infatti certo che esso si adatta 
indifferentemente ad entrambe le fattispecie (cfr. artt. 952 e 1573 e.e.), mentre 



1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad uno schema astratto, ma ha voluto soltanto porre giustamente nella 
dovuta evidenza la necessit� di tener conto della sostanza piuttosto che 
dell'apparen~a della convenzione, degli effetti giuridici conseguiti dal 
contratto piuttosto che degli scopi pratici non conseguiti, della realt� 
giuridica ed economica inerente al contratto medesimo, piuttosto che 
della qualificazione a� quest'ultima data, erroneamente o fraudolentemente, 
dalle parti. N� le si pu� ragionevolmente muovere l'addebito 
di avere impostato l'indagine su un criterio-guida tributario, nel senso 
che l'angQlo visuale dal quale occorreva esaminare la fattispecie fosse, 
necessariamente ed esclusivamente, quello rilevante in ordine alla legge 
di registro, se vero � che questa Corte ha gi� precisato sia (Sez. Un., 
sentenza 81 gennaio 1958, n. 282) che l'attivit� tributaria, nel caso in 
cui presuppone e prende a base delle imposte negozi di diritto privato, 
segue criteri propri al diritto tributario e in conformit� a tali criteri ne 
qualifica gli effetti, anche eventualmente in difformit� dai principi di 
diritto privato che li reggono, sia, pi� specificamente {sent. 18 giugno 
1956, n. 2150) che la legge fiscale pu� dettare tassativamente i 
criteri ai quali l'interprete deve attenersi per determinare la natura di 
taluni contratti ai fini dell'applicazione di determinati tributi, senza 
che, in tal caso, possa essere dato rilievo alcuno al nomen juris, attribuito 
dalle parti in difformit� dai criteri stessi. 

Le altre� censure riguardano, invece, la ratio decidendi, interpretativa 
e deduttiva, che la Corte di merito ha tratto da talune clausole 

per quanto riguarda la sorte delle costruzioni alla scadenza del contratto deve 
ricordarsi che, se � stabilito dall'art. 953 e.e. che al cessare della concessione " il 
proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione "' � tuttavia noto che 
tale disposizione ha natura semplicemente dispositiva, tale cio� da consentire un 
diverso regolamento pattizio della sorte delle costruzioni (cfr. PULGIESE, Commentario 
Scialoia e Branca, sub art. 953, 453; SALIS, La superficie, Trattato dir. civ., 
Vassalli, Torino, 1954, 73, 74 e ivi nota 5; BALBI, Il diritto di superficie, Torino, 
1948, p. 167, 168; SIMONCELLI, Nuovo digesto italiano, voce Superficie, n. 9; LuccI, 
Del diritto di superficie, Trattato dir. civ., gi� diretto da FIORE, Torino, 1927, 237). 
Sia che le parti abbiano quindi stabilito che alla scadenza del rapporto la costruzione 
appartenga al proprietario, o che la stessa debba essere demolita a cura e 
sp�se del concessionario, in entrambi i casi ci si potr� indifferentemente trovare di 
fronte ad una locazione o ad una concessione ad aedificandum, da qualificarsi 
evidentemente in base ad altri criteri, essendo la sorte riservata alle costruzioni 
alla cessazione del rapporto elemento indifferente a tal fine. 

E lo stesso discorso potrebbe ripetersi per quanto riguarda la forma del contratto 
e la sua trascrizione. 

E noto infatti che la concessione ad aedificandum deve essere stipulata per 
iscritto (cfr. App. Roma, 27 novembre 1958, Giust. civ., Rep., 1959, 2, 3042; Cass., 
7 ottobre 1958, n. 3135, Foro it., Rep., 1958, col. 2601, n. 2), mentre la locazione 
endonovennale pu� essere stipulata anche verbalmente, ma � chiaro che, se questa 
ultima � stipulata anch'essa per iscritto, l'elemento formale non vale pi� a distin




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1013 

contrattuali, sovratutto, dalla terza che dava facolt� alla Petrolifera di 
utilizzare il terreno, come meglio avesse ritenuto opportuno, per lo 
svolgimento della sua attivit� commerciale e, quindi, di collocarvi distributori 
di carburanti e lubrificanti ed altre apparecchiature mobili ed 
infisse, asportabili e recuperabili in qualsiasi momento perch� il Pallini 
riconosceva espressamente che tutto il materiale della stazione non 
costituiva infisso. 

Un primo ordine di tali censure investe direttamente tanto l'interpretazione, 
secondo la quale la Corte ha ritenuto che l'attribuzione alla 
Petrolifera della immediata piena disponibilit� di tutto il materiale, la 
riferibilit� dell'espressione � materiale � per la sua palese � onniespressivit� 
�, alle costruzioni in muratura e, in genere, alle installazioni incorporate 
nel suolo, lesclusione pattizia, ci� malgrado, della nozione di 
� infisso � e delle sue conseguenze dimostrano che le parti avevano 
voluto escludere l'accessione a favore della propriet� del suolo, quanto, 
sovratutto, la deduzione che siffatta esclusione, in quanto prevista quale 
� effetto giuridico effettivo del contratto�, denuncia di per s� la costituzione 
di un diritto reale di superficie ed elimina, per converso, la 
configurabilit� della loca:iione. 

Un' secondo ordine investe, invece, l'ulteriore argomento della sentenza 
impugnata, secondo il quale, indipendentemente dagli effetti della 
convenzione, la superficie pu� comunque trovare un autonomo e decisivo 
apporto nel fatto che il contratto in esame intendeva tutelare quale 

guere le due fattispecie. E ci� senza considerare comunque che la mancanza 
dell'atto scritto non varrebbe mai a mutare la concessione ad aedif�candum in 
locazione, bens� renderebbe nulla quella concessione per mancanza della forma 
richiesta ad aedif�candum. 

La trascrizione poi, a cui sono soggette sia la concessione ad aedif�candum 
che la locazione ultranovennale (art. 2643, nn. 2 e 8 e.e.), in quanto mezzo di 
pubblicit� del titolo, � elemento anch'esso sicuramente indifferente per l'individuazione 
della natura del rapporto, e non pu� quindi essere utilizzata per i fini del 
nostro problema (cfr., in argomento, MEssINEO, Manuale dir. civ. comm., 2, 502; 
DE Ruaamno, Istituzioni dir. civ., 3, 334). 

Nella fattispecie poi era stato anche sostenuto dalla ricorrente che, essendo 
elementi caratteristici della concessione ad aedif�candum di natura reale da alienabilit�, 
la ipotecabilit�, la trasmissibilit� e la tutela erga omnes del relativo diritto 
del concessionario, laddove tali caratteristiche non risultino dal relativo contratto, 
non '� possibile parlare di rapporto reale. 

Anche in proposito, peraltro, la Cassazione ha esattamente affermato che, in 
mancanza di alcun riferimento a tali elementi, gli stessi non rivestono alcuna efficacia 
qualificante, e non escludono pertanto che la natura del contratto possa essere 
esattamente individuata prescindendo da quelle caratteristiche ed applicando invece 
il vero criterio di qualificazione fra le due fattispecie. 

Non pu� certamente negarsi infatti che la concessione ad aedif�candum abbia 
natura reale, e che la locazione invece abbia natura personale, che il diritto del 



1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

interesse primario non il godimento del terreno, sia pur incrementato 
da talune addizioni, ma l'installazione della stazione di servizio, dal 
momento che in ipotesi la qualificazione del negozio pu� essere desunta 
anche dalla funzione del godimento del terreno quale utilit� primaria 
nell'economia complessiva del contratto ovvero, soltanto quale utilit� 
strumentale rispetto alle addizioni e nel caso concreto dal rilievo che, 
nella mancanza di una normativa contrattuale che abbia statuito l'operativit� 
del principio dell'accessione e nella presenza, invece, di una 
clausola che tale principio esclude, la concessione alla Petrolifera del 
diritto di servirsi del terreno per " fare e mantenere " le c�struzioni 
non 'J'.�U� essere altrimenti individuata che quale oggetto principale cl,el 
contratto, idoneo a caratterizzare quest'ultimo come costitutivo di un 
diritto reale di superficie. 

Osserva al riguardo la ricorrente che la Corte non ha tenuto sufficiente 
conto del carattere temporaneo della durata del diritto sulle 
costruzioni, dell' amovibilit� e della modestia delle opere, della circostanza 
che l'accertamento della ,causa non pu� costituire, elemento 
decisivo per individuare la natura del negozio o pi� specificamente, 
l'attribuzione ad esso di effetti reali owero soltanto obbligatori. L'ipotesi 
di una concessione ad aedificandum con .carattere di diritto person�le, 
fondato su un rapporto meramente obbligatorio, non pu� considerarsi 
estranea all'ordinamento giuridico vigente e, di conseguenza, 
l'identificazione del diritto di superficie, di natura reale, quale oggetto 

superficiario, e non quello del locatario, sia alienabile, ipotecabile, prescrittibile e 
tutelabile erga omnes. Quello che deve negarsi per� � che tali caratteristiche, costituenti 
esclusivamente degli effetti del negozio, possano valere, in mancanza di 
esplicito e sostanziale riferimento ad esse, come criterio di qualificazione del singolo 
contratto. Fermo infatti, ad esempio, che la superficie ha natura reale e che il 
diritto del superficiatario pu� essere quindi tutelato erga omnes, di fronte ad un 
contratto con cui si cede semplicemente il godimento di un terreno per effettuarvi 
delle costruzioni, potr� parlarsi di effetti reali ed ammettersi la tutela erga omnes 
dei diritti del concessionario, solo dopo che quel contratto sia stato qualificato 
come superficie e non come locazione. 

E ugualmente per quanto riguarda la alienabilit�, la ipotecabilit� e la prescrittibilit� 
del diritto del superficiatario. Costui potr�, infatti, ritenersi destinatario 
delle relative disposizioni (artt. 965, 2810, n. 3, 954, quarto comma, e.e.) soltanto 
in quanto potr� dimostrare che il suo contratto � una concessione ad aedif�candum 
e non una locazione. 

In altre parole, quindi, la realit� della superficie e la personalit� della locazione, 
come l'assolutezza e la relativit� dei diritti che d� esse diversamente derivano, 
costituiscono le consegne e gli effetti di una operata qualificazione del titolo costitutivo 
del rapporto e non possono pertanto valere, in mancanza di un esplicito e 
sostanziale riferimento contrattuale, come criteri in base ai quali simile �operazione 
deve essere condotta. 

Oltre a ci�, quindi, la Cassazione ha sostanzialmente condiviso, in ordine al 
problema in esame, le seguenti considerazioni. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1015 

di una concessione del genere, pu� aversi soltanto qualora si accerti 
che le parti abbiano posto in essere le condizioni e gli elementi che 
caratterizzano fistituto ed abbiano voluto costituire un diritto reale. 
La fattispecie, d'altra parte, rappresenta, per l'appunto, una concessione 
ad aedi-ficandum di natura e contenuto strettamente personali e 
tale da risolversi in un tipo anomalo di locazione, in quanto nel rapporto 
non si ritrovano i requisiti esclusivi e tipici della concessione � 
ad aedificandum ad effetti reali e l'acquisto immediato della propriet� 
delle opere da parte della Petrolifera a norma di contratto non � incompatibile 
con il regime particolare della locazione che contempli fra le 
sue pattuizioni .la facolt� del locatario di eseguire addizioni uel fondo 
locato, dal momento che la possibilit� di esercizio dello jus tollendi da 
parte del locatario fa s� che l'acquisto effettivo della propriet� dell'addizione 
da p~rte del proprietario del suolo non si verifica, per diritto 
di accessione, nel momento stesso della incorporazione e nella pendenza 
del rapporto ma coincida, invece, con la fine di quest'ultimo e 
con la dichiarazione del proprietario di voler ritenere. 

Le censure non sono fondate, posto che l'indagine va effettuata 
sulla base del principio, di recente ribadito da questo Supremo Collegio 
(sentenza 14 settembre 1963, n. 2509), che il problema� della qualificazione 
giuridica di un negozio si risolve normalmente in due distinte 
operazioni di ordine logico, rispettivamente accentrate nell'identificazione 
degli elementi costitutivi dell'attivit� negoziale e delle finalit� 

Come si � gi� avuto occasione di ricordare in questa Rassegna, 1964, 952, la 
dottrina e la giurisprudenza hanno da tempo riconosciuto che l'elemento differenziatore 
de�i singoli negozi � dato dalla loro causa, alla quale, costituendo lo scopo, 
pratico ed impersonale, che assiste ogni fattispe�ie e ne giustifica la tutela giuridica, 
deve riconoscersi, per ci� stesso, una funzione tipica di elemento differenziatore 
dei diversi negozi. 

E mentre la causa della locazione consiste nella semplice cessione onerosa 
del godimento di un bene (art. 1571 e.e.), quella della concessione ad aedif�candum 
consiste invece nell'autorizzazione di fare e mantenere una costruzione su suolo 
altrui, acquistandone la propriet� (art. 952 e.e.). 

Nella prima cio� la funzione del negozio si esaurisce nella cessione del godimenti 
di un bene gi� esistente e secondo la propria consistenza e naturale destinazione 
{casa per essere abitata, fondo per essere coltivato, azienda per essere 
gestita nell'esercizio d'impresa); nella seconda invece la stessa funzione si esaurisce 
nell'autorizzazione ad effettuare una costruzione su suolo altrui ed a godere di 
questa, seppure temporaneamente, come proprietario. 

Si tratta in sostanza di due scopi pratici completamente distinti, sui quali, 
data la loro tipica immodificabilit�, � necessario fondare la soluzione del problema 
di qualificazione delle singole fattispecie conci:.ete. ' 

E la fattispecie che ora interessa riguarda il contratto con cui un imprenditore 
esercente attivit� in campo petrolifero ottiene il godimento di un terreno per 
costruirvi una stazione di servizio ed installarvi (sul suolo e nel sottosuolo) impianti 
di distribuzione carburanti, impegnandosi ad eseguire a sue spese tali manufatti, 

�:-:. 



1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pratiche perseguite dalle parti e nella attribuzione del nomen juris 
previa interpretazione sul piano giuridico degli elementi precedentemente 
accertati, e che, di dette operazion~ mentre la seconda consente 
il sindacato di legittimit�, in quanto, esaurendosi nella sussunzione del 
fatto nello schema che gli � proprio, implica la soluzione di un problema 
giuridico e, quindi, la possibilit� di un errore di diritto, la prima, viceversa, 
vi si sottrae perch� il giudice di merito, nel corso dell'indagine 
diretta a riconoscere la comune volont� delle parti, pu� incorrere soltanto 
in errori di fatto. 

Non vi � dubbio, invero, che, sotto il profilo della sussunzione del 
contratto, quale risulta dalla interpretazione delle clausole e dalla volont� 
negoziale nelle stesse concretatasi, nessun addebito possa muoversi 
alla sentenza impugnata. Non giova, infatti, richiamarsi in contrario 
senso al carattere temporaneo del godimento del suolo {e, di riflesso 
delle costruzioni) da parte della Petrolifera, proprietaria delle costruzioni 
medesime, soltanto fino alla scadenza del contratto, perch� il concetto 
di realit� non postula sempre e necessariamente, quello di perpetuit� 
e la superficie a tempo determinato � ammesso dall'ordinamento 
giuridico vigente {art. 953 e.e.). Non giova neppure richiamarsi alla 
pretesa amovibilit� dei manufatti ed alla conseguente loro non incorporabilit� 
nel terreno perch� il contratto prevedeva espressamente la 
possibilit� di installazioni anche di apparecchiature infisse e gi� questa 
Corte ha avuto occasione di precisare (sentenza 13 maggio 1959, 

n. 1477) che "alla vera e propria incorporazione pu� ben essere equi-
per goderne come dominus per tutta la durata del contratto e dietro il pagamento 
di un corrispettivo annuo prestabilito. 

Con un tale contratto il concessionario ha s� ottenuto dal proprietario il 
godimento di un terreno, ma la funzione del negozio non consiste nello sfruttamento 
di tale terreno secondo la sua consistenza e naturale destinazione, bens� nella possibilit� 
di costruirvi e mantenervi una costruzione, al pieno godimento della quale 
il concessionario, conformemente ai propri fini professionali, ha volto esclusivamente 
la volont� contrattuale. E tale funzione, in quanto perfettamente corrispondente 
alla causa oggettiva del negozio di concessione ad aedif�candum, vale da sola 
ad attribuire al contratto la corrispondente natura. 

N� si dica che, essendo pure concepibile una locazione di terreno con facolt� 
di effettuarvi costruzioni, tale facolt� pu� ben conciliarsi con la causa della locazione, 
onde nel caso che interessa essa non varrebbe ad attribuire al contratto la 
natura di concessione ad aedif�candum. 

Tale affermazione sarebbe infatti chiaramente inesatta perch� le costruzioni 
che l'affittuario pu� essere autorizzato a fare nei limiti del godimento del fondo 
acquisito col contratto di locazione, per rimanere nell'ambito della relativa causa 
contrattuale, devono sempre costituire degli accessori, volti allo scopo di un miglioramento 
di quel godimento, il quale rimane sempre l'elemento differenziatore dell'intero 
contratto (cfr. Trib. Roma, 24 gennaio 1959, Giust. civ., Rep., 1959, 2, 
3042, n. 10). Quando invece la costruzione acquista esclusiva rilevanza causale nel 

,;-: 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1017 

parata l'infissione con stabile aderenza al suolo �. Non giova, infine, 
prospettare una pretesa mancanza di elementi essenziali per la caratterizzazione 
della superficie, in particolare della efficacia erga omnes del 
diritto della Petrolifera di fare e mantenere costruzioni sul suolo altrui 
perch�, se pur � vero che la premessa sulla essenzialit� � esatta e che 
sua conseguenza inequivocabile � l'inconfigurabilit� della superficie 
quale oggetto di un negozio che pur le parti abbiano qualificato siccome 
della stessa costitutivo quando nel negozio medesimo l'efficacia 
in questione risulti esplicitamente esclusa, non � men vero che, in mancanza 
di una clausola limitativa o di qualsiasi altro elemento che possa 
comunque essere interpretato come indicativo, nella volont� delle parti, 
di identici effetti esclusivi, non vi � motivo per contestare sotto tal 
profilo l'esistenza di un diritto reale di superficie che risulti altrimenti, 
in particolare dalla rinuncia, espHcita o implicita, del dominus soli 
all'acquisto per accessione delle costruzioni da edificarsi, rinuncia che 
pone le premesse per il sorgere della propriet� separata del costruttore 
e del diritto di superficie a favore dello stesso che nella specie la Corte 
ha incensurabilmente accertato e che, sotto il profilo obiettivo, ostacola 
la configurabilit� della locazione malgrado il richiamo della ricorrente 
allo jus tollendi. � noto infatti che in tema di locazione vige il principio 
generale statuito dall'art. 934 e.e.; che, pertanto, il proprietario 
del fondo locato acquista le addizioni col fatto e nel momento stesso 
della incorporazione o infissione, che lo jus tollendi del conduttore limitato, 
in ogni caso, alle addizioni separabili, non pu� modificare il prin


contratto, essa non pu� pi� intendersi come un accessorio del fondo, che senza 
di essa non avrebbe pi� alcun interesse per le parti, mentre la causa stessa del 
contratto non corrisponde pi� a quella tipica della locazione, bens� a quell'altra, 
tipica anch'essa, della concessione ad aedificandum. 

Oltre a ci�, poi, va altres� ricordato che le differenze causali fra locazione e 
concessione ad aedificandum non consistono soltanto in questo. L'autorizzazione 
a costruire infatti che pu� essere connessa con una locazione del fondo, non pu� 
mai confondersi con quella che costituisce l'elemento esclusivo della concessione 
ad aedificandum, perch� questa e non quella vale ad attribuire al concessionario 
la propriet�, perpetua o temporanea, della costruzione. 

ti: la tradizione romanistica che ha tramandato al vigente ordinamento giuridico 
(art. 934 e.e.) un principio che nei rapporti fra privati � assoluto ed indiscutibile; 
superficies solo cedit. Per esso ogni costruzione, da chiunque effettuata. 
accede materialmente e giuridicamente al suolo, s� che il proprietario di questo 
ne acquista originariamente, e per il fatto stesso della costruzione, la propriet�. 

Unica eccezione a tale principio, tramandata anch'essa dal diritto romano, e 
per la quale soltanto � possibile una divisione della propriet� immobiliare per piani 
orizzontali (cfr. per tutti MESSINEO, Manuale cit., 2, 394 e segg.), � costituita dal 
diritto di superficie. Per essa, infatti, la causa del negozio costitutivo, che abbiamo 
gi� ricordato in conformit� della lettera dell'art. 952 e.e., non si esaurisce nella 
autorizzazione a costruire, ma si completa con l'attribuzione al concessionario della 

12 



1018 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 
cipio s� vero � (Cass., 13 maggio 1960, n. 1133) che esso deve sempre 
cedere alla volont� contraria del locatore e che quest'ultimo � tenuto 
a dichiarare la sua volont� di ritenere soltanto se il locatario manifesta 
l'intenzione di asportare. 
Il ricorso non pu�, d'altra parte, essere accolto neppure ricollegandosi 
al rilievo che la fattispecie concreta riguarda una concessione 
ad aedificandum e che dottrin:;t e giurisprudenza {Cass., sentenze 15 luglio 
1959, n. 2318 e 26 marzo 1963, n. 779) hanno riconosc:iuto la possibilit� 
che in taluni casi detta concessione, pur attribuendo il godimento 
esclusivo dell'opera in correlazione con la durata del diritto di godimento 
del terreno, abbia un contenuto diverso dal reale e possa, in 
particolare, assumere le caratteristiche di un diritto personale che trovi 
la sua fonte e la sua disciplina in un contratto ad effetti meramente 
obbligatori, qualificabile eventualmente come un contratto atipico o 
un tipo anomalo di locazione. Gli elementi che la ricorrente apporta a 
favore della tesi di una facolt� di addizione a carattere precario, intesa 
al fine di assicurare il miglior godimento della cosa locata, e, come tale, 
concorrente a formare il contenuto di� un rapporto di locazione, cio� la 
natura e la modesta entit� delle opere, l'intestazione del contratto come 
scrittura privata di locazione, i riferimenti di talune clausole contrattuali 
alla locazione o al canone di affitto, incidorio, infatti, in quanto 
necessariamente si ricollegano alla volont� negoziale e alle finalit� 
perseguite dalle parti, su quella funzione interpretativa e ricostruttiva 
della volont� dei contraenti che la Corte di merito ha svolto e la cui 
propriet� della costruzione per tutta la durata del rapporto. In ci� consiste infatti 
il caratteristico effetto reale di quel negozio e l'indiscussa natura reale del diritto 
del superficiatario. 
Si pu� quindi concludere che il criterio di qualificazione di un contratto come 
., 
_..; 
concessione ad aedif�candum o come locazione di terreno con facolt� di effettuarvi 
costruzioni, consiste nella diversa causa dei due negozi, che nel primo caso riguarda 
la costituzione di una propriet� superficiaria, e nel secondo caso invece si esaurisce 
nel godimento del fondo e delle eventuali addizioni che ad esso accedono, in conformit� 
della sua consistenza e naturale destinazione. 
A confutazione di ci� � stato richiamato nella fattispecie l'ius tollendi codificato 
dall'art. 1593 e.e., il quale invece conferma la conclusione a cui si � pervenuti, 
dal momento che la stessa Cassazione, con la sentenza in esame, ha riaffermato in 
proposito il principio gi� ritenuto con sentenza 13 maggio 1960, n. 1133, Giust. civ., 
Mass., 1960, 428, secondo cui � il proprietario del fondo locato acquista le addizi.
oni, ossia i miglioramenti costituiti da opere, costruzioni e piantagioni, con l'incorporazione. 
L'ius tollendi, spettante al conduttore alla fine della locazione, cede di 
fronte alla contraria volont� del locatore, il quale solo se laltro manifesta l'intenzione 
di togliere le addizioni (separabili), � tenuto a dichiarare che vuole ritenerle"� 
In sostanza, quindi, e come abbiamo gi� osservato, al di fuori dell'ipotesi del 
diritto di superficie, ogni costruzione accede al suolo e appartiene originariamente 
al proprietario di questo per accessione. Quando la costruzione � fatta dal loca




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1019 

conclusione negativa, desunta essenzialmente dallo scopo e dagli effetti 
da essi voluti e dalla funzione strumentale del godimento del terreno 
nella economia complessiva del contratto, non � sindacabile in questa 
sede perch� �consegue ad una valutazione condotta a norma delle regole 
di ermeneutica prescritte dalla legge, � giustificata da una motivazione 
adeguata ed aderente ai principi giuridici sugli elementi caratteristici 
e differenziali della superficie e della locazione, �, infine, esente da vizi 
logici. -{Omissis). 

tario e costituisce addizione separabile, come quando � fatta in genere dal terzo 
(art. 936 e.e.), il proprietario del suolo che intende conservare anche la propriet� 
della costruzione deve, salvo patto contrario, corrispondere al conduttore un giusto 
indennizzo; altrimenti a questi compete l'ius tollendi, ma mai la propriet� della 
costruzione separatamente da quella del suolo (propriet� superficiaria). 

In base a tali considerazioni pu� quindi . concludersi che il contratto con cui 
si cede il godimento di un terreno per effettuarvi una costruzione, l'utilizzazione 
della quale da parte del concessionario costituisce lo scopo esclusivo della contrattazione 
e pu� svolgersi per tutta la durata del contratto con le normali facolt� del 
proprietario, tale contratto � una concessione ad aedificandum e non una locazione. 

G. ANGELINI ROTA 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 1, 23 marzo 1965, n. 478 -Pres. Lonardo 
-Est. Alliney -P.M. Pedace {conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Cavalli) c. SO.CE.NE (avv. Degli Uberti). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ricorso alle commissioni 
tributar;ie e azione giudiziaria -Coesistenza -Autonomia. 

Imposta di registro -Ricorso alle commissioni tributarie e azione 
giudiziaria -Autonomia. 

(r.d. SO dicembre 1923, n. 3269, art. 146). 
Imposta di registro -Azione giudiziaria -Decadenza per passaggio 
in giudicato della decisione della commissione tributaria adita 
contemporaneamente -Insussistenza. 

Imposta di registro -Case di abitazione non di lusso -Agevolazione 
fiscale degli appalti per la loro costruzione -Concetto di 
costruzione. 

(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 
Imposta di registro -Case di abitazione non di lusso -Agevolazione 
fiscale degli appalti per la loro costruzione -Estensione ai 
subappalti. 

(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 

1020 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In tema di imposte indirette, le due azioni concorrenti, quella 
davanti alla eammissione tributaria e quella davanti al giudice ordinario, 
sono del tutto autonome e possono coesistere sino a quando non 
si sia farmato il giudicato nel processo davanti all'autorit� giudiziaria 

o non sia stato proposto ricorso per cassazione ex art. 111 della costi-. 
tuzione contro la decisione della Commissione centrale (1). 
L'art. 146 della legge di registro, approvata con r.d. SO dicembre 
1923 n. 3269, offre la possibilit� di instaurare il giudizio ordinario 
anche nella ipotesi che sia stata previamente esperita la procedura 
amministrativa: tale giudizio ordinario, pur essendo soggetto a un 
termine di decadenza, non ha carattere di giudizio di impugnazione 
rispetto alla decisione amministrativa, ma costituisce un giudizio ex 
novo, aperto, senza limiti, al completo esame della controversia (2), 

Tale indipendenza del giudizio avanti al giudice ordinario rispetto 
alle precorse pronuncie amministrative permane anche nel caso in cui, 
essendo in corso entrambi i procedimenti, venga pronunciata una decisione 
della eammissione tributaria, simultaneamente adita, e contro di 
essa non venga proposto gravame (S). 

L'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408, sull'incremento delle 
costruzioni edilizie, stabilisce il beneficio della tassa fissa, in tema di 
imposta di registro, riguardo ai contratti di appalto che abbiano per 
oggetto la costruzione delle case non di lusso di cui all'art. 13 della 
stessa legge. Al fine di tale norma deve ritenersi che, perch� si abbia 
" costruzione n in senso tecnico di un edificio, basta che di questo sussistano 
gli elementi essenziali, cio� gli elementi atti ad imprimergli 

(1-3) La precedente giuriprudenza della Cassazione in ordine ai rapporti fra 
azione giudiziaria e ricorsi alle commissioni � stata recentemente in questa Rassegna, 
1965, 1, 377 in nota a Cass., 23 novembre 1964, n. 2407. 

Con la presente sentenza e sempre facendo leva sul principio dell'autonomia 
dei due procedimenti, la Cassazione ha escluso che il giudicato formatosi dinanzi 
alle commissioni possa impedire l'ulteriore proseguimento dell'azione giudiziaria gi� 
proposta. E non pu� disconoscersi che tale precisazione costituisca un utile chiarimento 
in una materia legislativamente disciplinata in modo tanto frammentario 
e discusso. 

Ci� che non appare per� convincente � la motivazione resa in proposito dalla 
Suprema Corte, perch� � proprio l'autonomia fra i due procedimenti che implica 
la denunciata possibilit� di un conflitto di giudicati; tanto vero che altre volte 
(sentt. 30 ottobre 1963, n. 2901 e 2902) la Cassazione, proprio per evitare tale 
possibilit�, aveva affermato che l'azione giudiziaria proposta in pendenza del 
ricorso alle commissioni importa rinuncia a tale ricorso. Potr� anche discutersi del 
fondamento di una simile affermazione, ma non pu� negarsi che essa aveva definito 
in radice i rapporti fra azione giudiziaria e ricorsi alle commissioni, escludendo in 
via di principio quella possibilit� di conflitto di giudicati dipendente dalla natura 
ugualmente giurisdizionale delle pronuncie conclusive dei due procedimenti e dalla 
loro completa autonomia. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1021 

lo specifico carattere di casa di abitazione, a nulla rilevando che vi 

facciano difetto determinate rifiniture di carattere accessorio (4). 

Deve ritenersi che, non diversamente dalle altre leggi tributarie, 
anche r art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che preve1de il beneficio 
della tassa fissa, in materia di imposta di registro, per i contratti di 
appalto aventi ad oggetto la costruzione delle case di cui alr art. 13 
della stessa legge, abbia usato r espressione (( contratti di appalto )) 
secondo la sua corretta accezione tecnica, comprendendo cio� nelr 
appalto la figura, sostanzialmente non dissimile, del subappalto (5). 

(4) La questione della estensione ai subappalti delle agevolazioni fiscali accordate 
dall'art. 14 della l. n. 408 del 1949 agli appalti, era gi� stata risolta negli 
stessi sensi dalla Cassazione con la sentenza 6 ottobre 1959, n. 2690, che aveva 
innovato in proposito il precedente indirizzo giurisprudenziale. 
Le ragioni nuovamente addotte a sostegno della pronuncia non appaiono esatte. 

Innanzitutto � facile rilevare l'inconsistenza dell'argomento formale secondo 
cui la lettera della legge " contratti di appalto " dovrebbe essere genericamente 
riferita ai contratti regolati dal capo settimo, titolo terzo del libro quarto del e.e., 
e cio� agli appalti (art. 1655) ed ai subappalti (art. 1656). La verit� intuitiva � 
infatti che, se tale riferimento fosse esatto, esso troverebbe puntuale riscontro nella 
lettera dell'art. 14. Siccome tale norma si riferisce invece esclusivamente agli appalti, 
la sua estensione ai subappalti non ha alcuna giustificazione testuale, specie se si 
considera che anche nel sistema vigente e proprio per la distinzione fra lart. 1655 
e lart. 1656 e.e., il subappalto costituisce una fattispecie contrattuale diversa, 

seppure derivata, dall'appalto. � 

Del tutto errata poi � la considerazione che, nel sistema dell'imposta di registro 

e dato che la tariffa all. A non contempla i subappalti, questi devono comprendersi 
nella generica espressione " appalti ,, . Se cos� non fosse, si aggiunge, in difetto di 
specifica menzione, i contratti di subappalto non sarebbero soggetti ad imposta 

di registro. 

In tal modo la Cassazione ha evidentemente dimenticato la norma dell'art. 8 

c.p.v. della legge di registro la quale, in considerazione dell'analogia sostanziale fra 
appalti e subappalti, giustifica la tassazione di questi con lapplicazione delle stesse 
imposte proporzionali stabilite per gli appalti. 
Ma tale disposizione, non contrastando col principio dell'impossibilit� di inter


pretazione analogica delle norme eccezionali, conferma implicitamente che, al di fuori 

del suo contenuto normativo e per lapplicazione in particolare dei benefici fiscali, 

appalti e subappalti costituiscono due entit� sostanziali distinte, e fra le quali non 

� quindi consentita analogia. 

Facilmente criticabili appaiono infine anche le considerazioni che la Cassazione 
ha tratto dalla ratio legis e secondo cui, essendo i benefici della I. n. 408 
del 1949 accordati per la costruzione di case di abitazione non di lusso e consistendo 
l'oggetto del subappalto in tale costruzione, ad esso dovrebbero giustamente 
estendersi quei benefici. 

:� proprio tale ratio che convince invece del contrario. Infatti, proprio per 
favorire la costruzione delle case ipotizzate riducendone il relativo costo, il legislatore 
ne ha fiscalmente agevolato gli appalti, che normalmente realizzano tale scopo; 
ed � chiaro che, se tale agevolazione dovesse essere accordata ai subappalti in 
considerazione della loro aderenza allo stesso scopo, essa dovrebbe per� essere 
revocata per gli appalti che quello scopo non hanno perseguito. Con la conse




1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -L'Amministrazione delle Finanze denuncia, col primo 
motivo di ricorso, la violazione del principio del giudicato con particolare 
riferimento all'art. 146 della legge di registro. 
In tema di imposte indirette non � applicabile -assume la ricorrente 
-il principio, attinente alla sola materia delle imposte dirette, 
che impone il previo esperimento del reclamo alle Commissioni tributarie 
come condizione di ammissibilit� dell'azione davanti al giudice 
ordinario. � anzi possibile il contemporaneo svolgimento, sul medesimo 
oggetto, delle due procedure, amministrativa e giudiziaria. Data per� 
la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie, � necessario -
affinch� rimanga aperto il ricorso al giudice ordinario o ne sia possibile, 
se gi� proposto, l'ulteriore svolgimento che 
sulle decisioni emesse 
nel procedimento amministrativo -decisioni aventi carattere-e valore 
di sentenza -non si sia costituito il giudicato per acquiescenza o per 
mancata proposizione del gravame. Senonch� nella specie -conclude 
l'Amministrazione.Finanziaria -la SO.CE.NE propose reclamo in via 
amministrativa, ma non impugn� la sfavorevole pronuncia, regolarmente 
notificatale, della Commissione tributaria, sicch� sull'oggetto 
comune ad entrambi i procedimenti in corso si � formato il giudicato: 
consegU:entemente la Corte di merito avrebbe dovuto, anche d'ufficio, 
dichiarare improcedibile l'azione giudiziaria per sopravvenuta preclusione. 
La censura � infondata. 
� principio di diritto consolidato dalle costanti pronunce di questa 
Corte Suprema che, in tema di imposte indirette, le due azioni concorrenti 
-quella davanti alle Commissioni tributarie e quella davanti 
al giudice ordinario -sono del tutto autonome e possono coesistere 
sino a quando non si sia formato il giudic'ato nel processo davanti 
all'autorit� giudiziaria o non sia stato proposto ricorso per cassazione, 
ex art. 111 della Costituzione, contro la decisione della Commissione 
centrale. 
guenza che la stipulazione del subappalto implicherebbe comunque un onere fiscale, 
determinante un maggior costo della costruzione. 
E siccome � certo che il legislatore ha inteso favorire la costruzione delle case 
di abitazione non di lusso, e non l'attivit� di intermediazione nella relativa esecu~ 
zione (l'appaltatore che subappalta non � costruttore, ma semplice intermediario), 
� anche evidente che tale scopo � integralmente conseguito mediante l'agevolazione 
di uno solo dei vari rapporti attraverso cui, per proliferazione, si attua la costruzione. 
E se tale agevolazione � stata gi� concessa all'appalto e non pu� essere per 
esso revocata (l'effetto di tale revoca del resto sarebbe identico alla tassazione del �:__: 
subappalto), essa non deve essere estesa anche al subappalto. . 
Per questa analogia di argomento si richiama infine la nota in questa Rassegna, 
1964, 946. 
G. ANGELINI ROTA 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1023 

Tale principio attinge sostanziale giustificazione dal rilievo che, 
mentre il giudizio davanti alle Commissioni tributarie si svolge di 
norma durante la formazione dell'atto amministrativo di imposizione 
del tributo e ha per oggetto la determinazione degli elementi dell'obbligazione 
tributaria, di cui il soggetto passivo tende a impedire il 
perfezionamento, l'azione giudiziaria soccorre, invece, quando l'obbligazione 
tributaria � perfetta, per modo che .J'impugnativa ha per 
oggetto la legittimit� dell'accertamento, tradotto in titolo esecutivo, 
che il contribuente denuncia come lesivo del suo diritto soggettivo. 

Ma, anche astraendo da ci�, un argomento. tratto proprio dalla 
disposizione dell'art. 146 legge di registro, di cui si lamenta la violazione, 
sembra decisivo contro la tesi dell'Amministrazione ricorrente. 

Dispone tale norma che in tutte le controversie riguardanti le tasse 
e sopratasse in tema di registro, le quali abbiano formato oggetto di 
decisione amministrativa, pu� essere proposto ricorso all'autorit� giudiziaria 
entro il termine di sei mesi dalla notificazione del provvedimento 
amministrativo. 

Nell'ipotesi che sia stata previamente esperita la procedura amministrativa 
si offre, dunque, la possibilit� di instaurare il giudizio ordinario 
che, per essendo, per ovvie ragioni, soggetto a un termine di 
decadenza, non ha, per universale consenso, il carattere di un giudizio 
di impugnazione, ma costituisce un giudizio ex novo, aperto, senza 
limiti, al completo esame della controversia. E proprio in ci� -nella 
facolt� di percorrere ancora, in tutti i suoi gradi, la via giudiziaria 
ordinaria -si ha la conferma dell'assoluta indifferenza del giudizio 
davanti al giudice ordinario alle precorse pronunce amministrative. 

Ma, stabilito ci�, � evidente che tale indifferenza permane eadem 
legis ratione anche nel caso in cui, essendo in corso entrambi i procedimenti, 
venga pronunciata una decisione della Commissione tributaria, 
. simultaneamente adita, e contro di essa non venga proposto 
gravame. . 

Se infatti -grazie all'autonomia dei due procedimenti -� possibile 
adire il giudice ordinario dopo lesaurimento del giudizio davanti 
alle Commissioni tributarie, non si vede per quale ragione la gi� avviata 
azione giudiziaria non dovrebbe proseguire il suo corso malgrado la 
formazione del giudicato nel concomitante procedimento amministrativo. 


Invero il medesimo evento non pu�, ad un tempo, essere e non 
essere ostativo all'indagine del giudice ordinario. 

Si pu�, anzi, dire che lazione giudiziaria gi� in corso anticipa 
quell'esame autonomo della controversia che la legge riserva dopo 
l'esperimento dei rimedi amministrativi. 

Il primo motivo di ricorso, essendo fondato su una inesatta nozione 
del rapporto intercedente tra procedimento davanti alle Commissioni 



suo 
complesso �. 
Nemmeno codesta censura pu� essere condivisa. 
suo 
complesso �. 
Nemmeno codesta censura pu� essere condivisa. 
1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tributarie e procedimento davanti al giudice ordinario, va conseguentemente 
disatteso. 
Si denuncia, col secondo motivo, il difetto di attivit� della Corte 
di merito per non avere " dimostrato � che la costruzione di cui si 

discute " sia stata eseguita nel biennio e senza le caratteristiche di 
abitazione di lusso �, condizioni, entrambe, necessarie perch� sorga il 
diritto alla contestata agevolazione tributaria. 

Anche questa complessa censura, sommariamente enunciata, non � 
sorretta da valide ragioni giuridiche. 

Priva di fondamento �, anzitutto, la prima doglianza, giacch� il 
fatto che la costruzione sia stata iniziata, come prescrive l'art. 13 della 
legge n. 408 del 1949, entro il 31 dicembre 1953 e ultimata entro il 
biennio successivo, non � stato contestato, in nessuna delle sedi di 
merito, dall' Amininistrazione Finanziaria, che a ben altri motivi ha 
costantemente affidata la propria resistenza alle istanze della SO.CE.NE. 

La Corte d'Appello non era, conseguentemente, tenuta a indagare 
e a pronunciarsi su un elemento di fatto che mai aveva formato oggetto 
di discussione tra le parti e che doveva pertanto ritenersi del tutto 
incontroverso. 

Similmente infondata � l'altra doglianza. 
Infatti la Corte di merito, postosi espressamente il problema del 
carattere -di lusso o no -della costruzione data in appalto alla 
SO.GE.NE, lo ha risolto in senso negativo, osservando che dal testo 
della convenzione era facile dedurre che l'edificio in questione non si 
poteva certo classificare come casa di lusso, giacch� a contraria conclusione 
conduceva l'esame delle " varie voci dei lavori principali e 
di rifinitura � nonch� il numero degli appartamenti (58 da due, tre, 
quattro vani) che componevano lo stabile. 

E con questo apprezzamento, condotto con criterio logicamente 
e giuridicamente irreprensibile, la Corte d'Appello ha assolto, in modo 
pi� che adeguato, l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza, 
nella specie, del requisito sopra menzionato. 

Col terzo motivo la ricorrente avanza due distinte censure, fondate 
su presupposti di fatto antitetici. 

Deduce con la prima censura -presupponente la conclusione, tra 
la societ� Industrie Edilizie e la SO.GE.NE, di un contratto d'appalto 
-che male la Corte d'Appello ha accolto la duplice opposizione, 

.-;;

poich� alla SO.GE.NE fu affidata l'esecuzione di una parte soltanto 
delle opere, mentre il beneficio previsto dalla legge citata � applicabile, 
si asserisce, " solo quando l'oggetto dell'appalto relativo alla costruzione 
di case di abitazione si estende alla intera costruzione nel 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1025 

La Corte di merito ha accertato, alla stregua della scrittura 29 luglio 
1951, che il contratto aveva per oggetto " la parte principale delle 
opere necessarie e buona parte di quelle di rifinitura dell'edificio progettato, 
" e, sulla base di tale incontestato accertamento, ha ritenuto 
che l'opus commesso alla SO.CE.NE si traducesse, secondo la previsione 
della legge, nella costruzione di una casa di abitazione. 

Ora questi:J. ragionamento � giuridicamente corretto. L:art. 14 della 
legge n. 408 del 1949 stabilisce il beneficio in questione riguardo ai 
contratti di appalto che cc abbiano per oggetto la " costruzione" delle 
case (non di lusso) di cui al precedente art. 13 n. Ora, perch� si abbia 
la costruzione, in senso tecnico, di un edificio, basta che di questo 
sussistano gli elementi essenziali, cio� gli elementi atti a imprimergli 
lo specifico carattere di casa di abitazione, a nulla rilevando che vi 
facciano difetto determinate rifiniture di carattere accessorio. Va inoltre 
rilevato, con riferimento al negozio in discussione, che l'imprenditore 
cui viene affidata la costruzione di una casa provvede normalmente al 
compimento delle opere edilizie essenziali, perch� soltanto queste rientrano, 
normalmente, nell'ambito della sua attivit� imprenditoriale non 
preordinata a prestazioni di diversa natura (quali, ad es., gli impianti 
idraulici, elettrici, i serramenti, ecc.) che vengono di solito, richieste 
ad altre specializzate imprese. Pienamente giustificata � pertanto la 
conclusione che, parlando di appalto per la costruzione di case di abitazione, 
il legislatore, certo non ignaro dei compiti solitamente assegnati 
agli imprenditori edili, volle riferirsi alle sole opere necessarie e sufficienti 
per il sorgere di un edificio: non anche alle secondarie e complementari. 


U altra censura muove, invece, dal presupposto che tra la Societ� 
Industrie Edilizie e la SO.CE.NE sia stato concluso un contratto di 
subappalto, per trarne la conseguenza che il beneficio fiscale, previsto 
dalla legge per i contratti d'appalto aventi per oggetto la costruzione 
di case di abitazione non di lusso, non poteva nella specie essere 
concesso. 

Sebbene il Tribunale, argomentando dalle clausole della scrittura 
29 luglio 1951, avesse ravvisato nel negozio in contestazione gli elementi 
tipici del contratto d'appalto, la Corte d'Appello si � dispensata 
da ogni accertamento in proposito sul rilievo che, si trattasse di appalto 

o di subappalto, l'agevolazione tributaria pretesa dalla SO.CE.NE 
non avrebbe potuto essere negata. 
Compito di questo Supremo Collegio � pertanto quello di statuire 
se l'assimilazione, agli effetti tributari, dei due istituti sia o no conforme 
alla legge. 

Va subito detto che su questo specifico tema, altre volte dibattuto, 
questa Corte, mutando il proprio anteriore indirizzo giurisprudenziale, 
si � pronunciata in senso affermativo con la sentenza n. 2690 del 6 otto




1026 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bre 1959, e che nulla consiglia di disapprovare gli insegnamenti ivi 
contenuti. 
Le ragioni che avvalorano la soluzione positiva del problema sono 
molteplici e convergenti. 

Un primo argomento si ricava dalla dizione letterale dell'art. 14 -:~ 
legge citata che parla, genericamente, di contratti di appalto. Ora, 
sotto l'aspetto della struttura giuridica, il subappalto in nulla differisce 
dall'appalto, poich� di questo ha il tipico contenuto negoziale: esso 
altro non �, infatti, che un appalto concluso dall'appaltatore (che 
assume la veste e le obbligazioni del committente) verso un terzo (subappaltatore), 
e che ha il medesimo oggetto del contratto d'appalto 
precedentemente concluso dai soggetti originari. A codesta nozione 
dell'istituto in parola si adegua il codice civile, che, sotto la denominazione 
� Dell'appalto�, regola indistintamente entrambe le figure 
contrattuali, in quanto del subappalto fa menzione, agli artt. 1656 e 
1670, solo per stabilire che l'appaltatore non pu� dare in subappalto 
l'opera senza il consenso del committente, e per disciplinare la responsabilit� 
dei subappaltatori rispetto all'appaltatore. Se, dunque, tra i 
due istituti in esame, accomunati dalla medesima disciplina giuridica, 
non corre alcuna sostanziale differenza, e se � da ritenere che ogni 
disposizione legislativa usi le parole nel senso tecnicamente pi� appropriato, 
� pure da presumere che una legge, che, senza distinguere, 
parli di � contratti di appalto�, abbia inteso riferirsi ai contratti regolati 
nel capo VII, titolo III, del libro IV del codice civile: cio� anche 
del subappalto. 

Ma altri argomenti, tratti dalla stessa legislazione tributaria, convincono 
che l'interpretazione restrittiva dell'art. 14. della legge in esame, 
propugnata dall'Amministrazione Finanziaria, non pu� essere accolta. 

'� anzitutto da notare che la tariffa, all. A, della legge di registro 

(r.d. 31 dicembre 1923, n. 3269) contempla, agli artt. 52 e 53, gli 
� appalti � e, separatamente da questi, la cessione e la risoluzione di 
tali contratti. Non fa, invece, parola dei subappalti ed � perci� da 
ritenere che questi debbano comprendersi nella generica espressione 
� appalti �, non potendosi ammettere che, ip. difetto di specifica menzione, 
i contratti di subappalto non siano soggetti a imposta di registro. 
Va pure rilevato che la legge 4 aprile 1953, n. 261 -che all'art. 4 
modifica, analogamente alla precedente legge n. 1924 del 1937, l'aliquota 
dell'imposta cc sugli atti contemplati all'art. 52 della tariffa� della 
legge di registro -indica il proprio oggetto col solo riferimento alle 
modificazioni del � regime fiscale delle cessioni di credito, dei mutui e 
degli appalti �, senza far menzione dei subappalti, i quali, per quanto 
si � osservato, non possono non essere compresi, nella previsione dell'art. 
52, tra i contratti di appalto. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Legittima �, conseguentemente, la presunzione che, non diversamente 
dalle altre leggi tributarie, anche l'art. 14 della legge 2 luglio 
1949 n. 408, abbia adoperato le parole � contratti di appalto � secondo 
la loro corretta accezione tecnica, comprendendo, cio�, nell'appalto la 
figura, sostanzialmente non dissimile, del subappalto. 

Il risultato cui conduce l'interpretazione letterale della norma in 
esame riceve peraltro persuasiva conferma dalla ratio legis che, sinteticamente 
espressa nell'intestazione del testo legislativo, si riassume 
nell'intento di favorire, riducendone il costo, l'incremento delle costruzioni 
edilizie per ovviare, nell'interesse sociale, alle gravi carenze conseguenti 
alle distruzioni e alla inattivit� costruttiva del periodo bellico.� 

Oppone lAmministrazione ricorrente che l'intento legislativo non 
va ricercato nel generico scopo di agevolare le costruzioni edilizie, ma 
� nel presupposto che la elargizione dei benefici fiscali sia concessa 
all'effettiva attuazione delle costruzioni edilizie da parte di chi a tal 
fine appronta e stipula il negozio giuridico considerato �; sl che a il 
trattamento di favore � da negare allorch� le finalit� della legge rimangono 
frustrate per effetto della stipulazione di un subappalto che, 
attraverso la costituzione di un nuovo rapporto obbligatorio, trasferisce 
a un terzo l'impegno di costruire case �. 

L'obiezione, che difetta peraltro di chiarezza, p.on ha intrinseco 
pregio. 

Se � vero, infatti, che il subappalto opera, rispetto al contratto 
da cui deriva, una ~ostituzione soggettiva, � anche vero che dell'appalto 
esso realizza loggetto: con la conseguenza che, se tale oggetto consiste 
nella costruzione di case aventi i noti requisiti, le finalit� della legge 
sarebbero veramente eluse ove si negassero al subappalto i temperamenti 
fiscali concessi all'appalto. 

L'effetto di una simile disparit� di trattamento sarebbe quello di 
non consentire, in caso di subappalto, quella riduzione del costo delle 
costruzioni edilizie -costo naturalmente sopportato da chi assume 
l'iniziativa della costruzione -che il legislatore ha avuto di mira per 
fini di utilit� generale. -{Omissis). 

00.RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 inarzo 1965, n. 512 -Pres. Fibbi 
-Est. Ferrone Capano -P.M. Gedda (conf.) -Brambilla (avv. Allorio) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Peronaci). 

Imposta di registro � Trasferimento contestuale di nuda propriet� 
e usufrutto a persone diverse . Art. 21 legge di registro � 
Applicabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 2i). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1028 

Imposta di registro -Art. 21, primo comma, legge organica Eccezione 
di incostituzionalit� per violazione dell'art. 53 della 
Costituzione -Manifesta infondatezza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 29 e 21; Cost., art. 53). 
Imposta di registro -Trasferimento contestuale a titolo oneroso 
di nuda propriet� e usufrutto a persone diverse -Pagamento 
immediato dell'imposta di trasferimento sull'intero valore 
reale del bene -Tassa di consolidazione -� dovuta. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 21). 
Imposta di registro -Imputazione di pagamento -Non � fatto ma 
apprezzamento -Confessione giudiziale -Inapplicabilit�. 
(e.e., artt. 2730 e 2697; c.p.c., art. 115). 

Imposta di registro -Tassa di consolidazione -Scorte esistenti 
al tempo della cessazione dell'usufrutto -Mancata prova da 
parte della finanza della esistenza al tempo del trasferimento 
a titolo oneroso -Art. 47 legge organica -Applicabilit� Esclusione. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 21 e 47). 
~ 

La tassa di consolidazione di cui alI'art. 21 della legge di registro 

si applica a tutti i casi di riunione delI' usufrutto alla nuda propriet� e 
quindi, non solo quando vi sia stato trasferimento a titolo oneroso della 
nuda propriet� con riserva di usufrutto, ma anche quando siano stati 
contestualmente trasferiti a soggetti diversi la nuda propriet� e l'usu


IIfrutto dello stesso immobile (1). 

(1) Il principio affermato nella prima massima pu� ritenersi ormai consolidato: 
la Suprema Corte ebbe ad affermarlo sin dal 1935 (Cass., 19 luglio 1935, n. 2858, 
Riv. leg. fisc., 1935, 722) confermandolo poi nel 1958 (Cass., 5 marzo 1958, n. 736, 
Riv. leg. fisc., 1958, 1163) e non dovrebbe dar luogo a controversie ulteriori. 
L'esattezza di tale principio discende dalla natura stessa della tassa di consolidazione. 
Come � stato esattamente avvertito, essa infatti non ha natura autonoma 
(UKMAR, La legge di registro, CED.AIM, 1958, voi. I, 277; GuGLIELMr-AzzARITI, 
Le imposte di registro, YY; Relazioni Avv. dello Stato, anni 1951-1955, voi. I, 579; 
}AMMARINO, Commento alle imposte di registro, voi. I, 100; CLEMENTINI, Leggi 
sulle tasse di registro, vol. I, 201), ma deve considerarsi come una parte del tributo 
afferente al trasferimento della nuda propriet� (contra: BE�LIRJ, Le leggi del registro, 
1961, 309), parte che va liquidata e riscossa al momento della consolidaione 
dell'usufrutto alla nuda propriet� sul valore attuale della piena propriet�, dedotto 
il corrispettivo gi� tassato al momento della trasmissione della nuda propriet�. 

Ogni trasferimento della nuda propriet� infatti " porta al trasferimento della 
propriet� piena, giacch� in un tempo pi� o meno lungo, l'usufrutto deve necessariamente 
riunirsi alla nuda propriet� � {UKMAR, op. loc. cit.) e comporta, di conseguenza, 
l'applicazione dell'imposta sul valore della piena propriet�. Peraltro, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1029 

� manifestamente infondata la eccezione di illegittimit� costituzionale 
dell'art. 21 della legge di registro in relazione all'art. 20 stessa 
legge per violazione delfart. 53 della eostituzione, giacch� le ipotesi 
previste dai due articoli non sono espressione di una identica capacit� 
contributiva (2). 

Se, per errore dell'Ufficio finanziario, all'atto del trasferimento 
contestuale a titolo oneroso della nuda propriet� e dell'usufrutto a persone 
diverse venga richiesto ed effettuato il pagamento della imposta 
suliintero valore reale del bene, � pur sempre dovuta al momento della 
riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, la tassa di consolidazione a' 
sensi dell'art. 21 (3). 

La causale di un pagamento e quindi la sua imputazione, costituisce 
non un fatto, ma un semplice apprezzamento e come tale non 
� suscettibile di confessione giudiziale n�, in mancanza di contesta-

anche in considerazione del fatto che la propriet� non si trasferisce ab" origine 
come piena, l'imposta viene riscossa in due tempi e cio�, al momento della registrazione 
del contratto di trasferimento a titolo oneroso della nuda propriet�, si tassa 
il corrispettivo �ontrattuahnente stabilito, mentre, al momento della consolidazione, 
si tassa la differenza tra il valore attuale della piena propriet� e il corrispettivo 
dichiarato nell'atto e gi� tassato. 

Se quindi l'imposta di consolidazione non � che una parte dell'imposta dovuta 
sul trasferimento della nuda propriet�, consegue necessariamente che essa � dovuta 
in ogni caso, indipendentemente dal fatto che l'usufrutto sia stato riservato dal 
venditore o sia stato� trasferito ad altri, precedentemente o contestuahnente al trasferimento 
della nuda propriet�. 

'.� appena il caso di rilevare poi che il trasferimento dell'usufrutto � soggetto 
alle normali imposte di registro, senza che peraltro ci� possa minimamente riflettersi 
sulla liquidazione dell'imposta sulla nuda propriet�, sia al momento del trasferimento 
che a quello della consolidazione. 

(2) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 21 legge di registro, in 
rapporto all'art. 53 della Costituzione e con riferimento all'art. 20 l.r., � gi� stata 
esaminata dalla Corte Costituzionale che, con sentenza 6 giugno 1963, n. 92 (Foro 
it., 1963, I, 1531) l'ha dichiarata infondata. La Corte ha esattamente ritenuto che 
le fattispecie previste rispettivamente dagli artt. 20 e 21 l.r. (trasferimento a titolo 
gratuito e trasferimento a titolo oneroso della nuda propriet�) non sono espressione 
di una del tutto identica capacit� contributiva, s� che la relativa, diversa regolamentazione 
non pu� costituire violazione del principio della parit� di imposizione 
a parit� di capacit� contributiva sancito dall'art. 53 della Costituzione. 
Nella specie, il contribuente aveva riproposto la questione negli stessi termini 
gi� esaminati dalla Corte Costituzionale e, pur non costituendo la precedente sentenza 
della Corte, una preclusione alla riproposizione della questione (cfr. PIERANDREI, 
voce: Corte Costituzionale, in Enciclopedia del Diritto, vol. X, 982 e segg.; 
CARusr, Ancora in tema di efficacia delle decisioni di rigetto della Corte Costituzionale, 
in questa Rassegna, 1964, 521; ID., Gli effetti delle pronunzie della Corte 
Costituzionale nei giudizi di legittimit� costituzionale, La Corte Costituzionale, 
Raccolta di studi, Roma, 1957, 239 e segg.), del tutto rettamente la Corte di Cassazione 
l'ha dichiarata manifestamente infondata. 



1030 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, deve essere assunto dal giudice come un � fatto ammesso � a' & 
sensi degli artt. 2697 e.e. e 115 c.p.c. (4). 

L'art. 47 della legge di registro (e la presunzione in esso contenuta) 
si applica esclusivamente ai trasferimenti a titolo oneroso. E, 
poich� nella riunione deliusufrutto alla nuda propriet� non si verifica 
alcun trasferimento, ma la sola estinzione del diritto reale parziario 
con conseguente espansione del diritto dominicale gi� compresso, non 
pu� trovare applicazione, ai fini della imposta di consolidazione, la 
regola deliart. 47 medesimo, salvo che non si provi, a cura della 
Finanza, che le pertinenze o accessioni esistenti al momento della 
consolidazione erano state oggetto del trasferimento della nuda propriet� 
(5). 

(Omissis). -Col primo motivo, nel denunciare la falsa applicazione 
dell'art. 21 della legge del registro, approvata con r.d. SO dicembre 
1928, n. 8269, il ricorrente sostiene che il detto art. 21, primo 
comma, � applicabile solo nei casi di trasferimento a titolo oneroso 
della nuda propriet� con riserva di usufrutto, e non anche nei casi in 
cui la nuda propriet� e l'usufrutto vengano alienati con uno stesso atto 

(3) La terza massima va pienamente condivisa. Essa discende direttamente 
dal principio per cui, pur sorgendo il debito di imposta al verificarsi del fatto cui 
la legge ricollega l'imposizione, esso non pu� essere assolto dal debitore se non 
dopo l'accertamento. E poich� nell'ipotesi di cui all'art. 21 l.r. l'accertamento � 
rimandato al momento della consolidazione, in nessun caso potrebbe dirsi che il 
pagamento sull'intero valore venale al momento _del trasferimento della nuda 
propriet� costituisca corresponsione anticipata della tassa di consolidazione. 
Conseguentemente l'errore della Finanza in tal senso non pu� far venir meno 
il suo diritto a percepire la tassa di consolidazione al momento della riunione. In 
tal senso la giurisprudenza della Cassazione � ben ferma. In proposito la sentenza 

n. 736 del 5 marzo 1958 della Suprema Corte (citata sub 1)-ebbe ad affermare che 
un simile errore da parte dell'Ufficio impositore, pu� solo dar luogo, da parte del 
contribuente, a ricorso nei modi e nei termini di legge, ma non pu� certo considerarsi 
11 una cosciente volont� di deviazione per il caso singolo dai principi della 
legge fiscale �. Principio, questo, del tutto ovvio sol che si consideri l'indisponibilit� 
del diritto all'imposta. 
(4) Che la confessione debba riguardare un �fatto ., cos� come solo un 
� fatto � sia suscettibile di essere pacificamente ammesso a sensi dell'art. 2697 e.e. 
e che, di conseguenza, non possa costituire oggetto di confessione o di ammissione 
la qualificazione giuridica di un rapporto o un apprezzamento, costituisce ormai 
giurisprudenza consolidata. (Cfr. Cass., 21 febbraio 1959, Rep. giust. civ., voce 
Confessione, n. 2; Cass., 3 agosto 1960, n. 2277, Giur. imp., 1961, 312; Cass., 
29 marzo 1962, n. 659, Rep. giust. civ., 1962, voce Confessione, n. 4; Cass., 
22 aprile 1963, n. 1025, Mass. giust. civ., 1963, 481). 
{5) Non risultano precedenti. Cfr., sia pure per un caso diverso, Sez. Un., 
2 marzo 1964, n. 475, in questa Rassegna, 1964, I, 567. 

A. MERCATALI 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1031 

a persone diverse (come nella specie), poich� in questo secondo caso, 
essendo possibile accertare il valore di entrambi i diritti, mancherebbe 
la ragione per rinviare la valutazione dell'usufrutto al tempo della consolidazione. 


L'assunto � infondato. Come esattamente ha osservato la Corte di 
merito, l'art. 21 della legge del registro non contiene la distinzione 
prospettata dal ricorrente; ed anzi, disponendo che l'imposta di consolidazione 
si applica cc sulla differenza tra il prezzo o corrispettivo 
tassato al tempo dell'alienazione ed il valore della piena propriet� al 
momento della riunione �, esige che la valutazione della piena propriet�, 
comprensiva della nuda propriet� e dell'usufrutto, venga fatta 
al tempo della consolidazione e secondo i valori dello stesso tempo. 
La questione, del resto, � stata gi� esaminata da questa Suprema Corte, 
con sentenza 19 luglio 1935 n. 2856 e 5 marzo 1958 n. 736, con le quali 
� stato ritenuto che l'art. 21 della legge di registro si applica anche nei 
casi in cui, con un unico atto, vengano alienati a due soggetti diversi 
la nuda propriet� e l'usufrutto dello stesso immobile. 

Col secondo motivo si denuncia l'illegittimit� costituzionale del 
predetto art. 21, primo comma, in rapporto all'art. 53 della Costituzione 
ed in riferimento all'art. 20 della legge di registro. Ma anche 
questa questione � stata gi� decisa in senso contrario all'assunto del 
ricorrente. La Corte costituzionale, infatti, con sentenza n. 92 del 
18 giugno 1963, ha esaminato la questione di legittimit� costituzionale 
dell'.art. 21 della legge di registro, con riguardo all'art. 20 della stessa 
legge e dell'art. 53 della Costituzione, e l'ha dichiarata infondata per 
ragioni che � superfluo riprodurre. Qui � sufficiente rilevare che le 
ragioni addotte dal ricorrente, a sostegno della sua eccezione di illegittimit� 
costituzionale, sono le stesse gi� esaminate e disattese dalla 
Corte Costituzionale, dal che consegue che quella eccezione, pur non 
essendo preclusa dalla sentenza della Corte Costituzionale (che non 
ha efficacia vincolante), deve tuttavia ritenersi manifestamente infondata, 
ai sensi dell'art. 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

Col terzo motivo si deduce che la Corte d'Appello non avrebbe 
potuto escludere, come escluse, che l'imposta di consolidazione fosse 
stata pagata in via anticipata nell'anno 1921, allorch� venne corrisposta 
l'imposta di registro sul trasferimento della nuda propriet�. Pi� precisamente, 
il ricorrente addebita all'impugnata sentenza i seguenti 
errori: a) l'aver omesso di tener conto che l'anticipato pagamento dell'imposta 
di consolidazione era un dato di fatto esplicitamente ammesso 
dalle Commissioni tributarie, sia da quella provinciale che da quella 
centrale e non contestato nel presente giudizio se non con la comparsa 
conclusionale d'appello, ossia tardivamente; b) il non aver considerato 
che lAmministrazione finanziaria, col riconoscere {nel giudizio di primo 
grado e nella prima fase del giudizio di appello) che l'imposta di con




1032 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

solidazione era stata gi� scontata nel 1921, aveva reso al riguardo una 
confessione giudiziale, la quale formava piena prova a danno della 
stessa, ai sensi degli artt. 2730 e seguenti del e.e.; e) l'aver omesso di 
valutare alcuni elementi di natura indiziaria, dai quali era possibile 
desumere che la detta imposta era stata pagata in via anticipata, e 
l'essere incorsa nel vizio di insufficiente motivazione; d) l'aver violato 
il principio del contraddittorio, oltre che le disposizioni degli articoli 
697 e.e. e 115 c.p.c., per non aver posto a base della propria 
decisione quel fatto {anticipato pagamento dell'imposta di consolidazione) 
che non era stato tempestivamente contestato dall'Amministrazione 
finanziaria e che, di conseguenza, non aveva fatto sorgere alcun 
onere di prova a carico della controparte. 

Ma nessuna di tali censure risulta fondata. 

Il fatto pacifico, perch� mai contestato ed anzi esplicitamente 
ammesso da entrambe le parti, era che nel 1921 il Brambilla ebbe a 
pagare l'imposta di registro sulla base del valore della piena propriet� 
dell'immobile, valore che venne determinato a mezzo di concordato. 
Leggesi nella sentenza di primo grado che cc il Brambilla pag� l'imposta 
di trasferimento sull'intero valore reale del bene n, ossia sul valore 
attribuito al fondo nel 1921. Era questo il fatto pacifico, da ritenersi 
certo e non abbisognevole di prova. In un primo tempo, fino alla comparsa 
conclusionale d'appello, entrambe le parti mostrarono di ritenere 
che la somma pagata nel 1921 comprendesse anche l'imposta di consolidazione, 
come se questa fosse stata corrisposta in via anticipata e fosse 
stata liquidata con violazione della norma dell'art. 21 della legge di 
registro, secondo cui l'imposta di consolidazione deve essere applicata 
con riguardo �l valore della piena propriet� nel momento della riunione 
dell'usufrutto con la nuda propriet�. Ma questo non era un fatto, 
non era, cio�, un dato di fatto obiettivo, vincolante per il giudice, il 
quale � tenuto a porre a base della propria decisione non solo i fatti 
ritualmente acquisiti, ma anche quelli concordemente affermati dalle 
parti in materia di diritti disponibili. L'opinione manifesta dalle parti in 
ordine al titolo causale del detto pagamento rappresentava un semplice 
apprezzamento, che non poteva impedire al giudice, chiamato a giudicare 
sulla legittimit� o meno della successiva imposizione tributaria, di 
accertarne i necessari presupposti e, quindi, di interpretare nella loro 
esatta portata gli atti ed i documenti del procedimento di tassazione. 
E ci� era tanto pi� necessario nel caso in esame, in quanto l' Amministrazione 
finanziaria, rifacendosi ad una interpretazione gi� prospettata 
in sede di contenzioso tributario, modific�, sia pure nella comparsa conclusionale 
d'appello, il suo precedente apprezzamento e sostenne che la 
somma pagata nel 1921 non comprendeva l'imposta di consolidazione. 

Non sussistono, pertanto, le violazioni di legge denunciate dal ricorrente: 
non quella relativa alla confessione giudiziale, poich� la con




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1033 

fessione non pu� avere per oggetto apprezzamenti o valutazioni, ma 
solo fatti concreti ed obiettivi (e non pu� essere resa dal difensore, ma 
solo dalla parte); n� quelle sulle prove e sul contraddittorio, appunto 
perch� la Corte d'Appello non ebbe ad immutare o trascurare i fatti 
pacifici fra le parti, ma ebbe invece a giudicare sulla interpretazione 
che le parti ritenevano di poter dare a quei fatti. E non sussiste neppure 
il denunciato difetto di motivazione, poich� il giudice non � 
tenuto a motivare specificamente su tutti gli elementi indiziari, e, nella 
specie, la Corte di merito ha fornito adeguata e logica spiegazione del 
suo convincimento, secondo cui il tributo pagato nel 1921 riguardava 
l'imposta sul trasferimento .della nuda propriet� e l'imposta sul trasferimento 
dell'usufrutto {in sostanza, quindi, l'imposta sul valore che in 
quell'epoca aveva l'intero fondo). Rimaneva invece di pagare, in conformit� 
della norma di legge applicabile al caso (art. 21 della legge del 
registro); l'imposta sulla riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, 
imposta che -ripetesi -va applicata con riguardo al valore della 
piena propriet� al momento della consolidazione. 

L'infondatezza delle predette censure dispensa dall'accertare se 
C\)sse incidano, o meno, su un punto decisivo della controversia. Il che 
� quanto meno dubbio, avendo questa Corte gi� ritenuto (con la citata 
sentenza n. 736 del 5 marzo 1958) che l'anticipato pagamento dell'imposta 
di consolidazione non � consentito dalla legge e non preclude 
il potere-dovere dell'Amministrazione finanziaria di esigere il tributo 
nell'importo realmente dovuto, con riferimento ai valod dell'epoca in 
cui si verifica la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet�. 

Col quarto ed ultimo motivo di ricorso si censura la denunciata 
sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l'imposta di consolidazione 
sia dovuta anche sul valore delle scorte esistenti sul fondo al tempo 
della cessazione dell'usufrutto, pur non risultando che esse esistessero 
al momento della vendita. 

Questa censura � fondata (e perci� � superfluo occuparsi delle altre 
censure formulate nello stesso motivo). 

La Corte di merito ha ritenuto di poter applicare l'art. 47 della 
legge del registro, il quale dispone che � nei trasferimenti immobiliari 
a titolo oneroso, gli immobili per destinazione, che trovansi in servizo 

o per la coltivazione del fondo, sono considerati, agli effetti della tassa 
di registro, trasferiti all'acquirente dell'immobile, ancorch� nell'atto si 
dichiarino esclusi � (primo comma). E nel secondo comma aggiunge 
che � per vincere tale presunzione l'acquirente dell'immobile deve provare 
che gli immobili per destinazione gli sono pervenuti da altri, o 
appartengono ad altri, per atto che abbia acquistato data certa anteriore 
col mezzo della registrazione � � 
Non condividendo l'opinione espressa dalla Commissione centrale 
per le imposte, la quale aveva ritenuto che nella specie non fosse appli


13 



1034 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cabile la presunzione prevista dall'art. 47 della legge di registro, in 
quanto nella riunione dell'usufrutto alla nuda propriet� non si ha un 
trasferimento a titolo oneroso, ma una semplice riunione di due diritti 
inerenti al medesimo bene, la Corte d'Appello ha osservato, invece, 
che l'imposta di consolidazione non ha carattere autonomo, ma � 
a parte residua dell'imposta dovuta per il trasferimento della piena 
propriet�, la cui liquidazione resta sospesa fino al momento nel quale 
si verifica la riunione dell'usufrutto alla nuda propriet� �. E pertanto, 
� dato .che, ai fini della liquidazione dell'imposta di consolidazione, 
laccertamento va fatto al momento della riunione alla nuda propriet� 
dell'usufrutto, il quale si estende alle scorte, e dato che l'imposta di 
consolidazione � parte dell'imposta di trasferimento, la quale nel caso 
in esame investe la vendita 1� settembre 1920, e cio� uno degli atti di 
trasferimento immobiliare a titolo oneroso espressamente previsti dal 
menzionato art. 47, non pu� per il caso in esame negarsi l'applicabilit� 
della presunzione in esso contemplata, con riferimento al momento 
della consolidazione � . 

Siffatte argomentazioni, per�, non giustificano la soluzione che � 
stata data al problema. � certo, infatti, che il primo comma del'art. 47 
della legge di registro riguarda i trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, 
ond'� che solo in tali trasferimenti pu� essere applicata la presunzione 
riguardante le pertinenze (immobili per destinazione), sancita 
dallo stesso articolo. La questione da risolvere consiste nello stabilire 
se la riunione dell'usufrutto alla nuda propriet� dell'immobile, dopo 
che i due diritti sono stati alienati a soggetti diversi, possa considerarsi 
un trasferimento immobiliare a titolo oneroso, al fine di rendere applicabile 
la suindicata presunzione. La risposta non pu� essere che negativa, 
in quanto nelle leggi tributarie, come del resto nelle altre leggi, 
la locuzione � trasferimento� {senza specificazioni) viene adoperata 
per significare il trasferimento della propriet�; e nel vigente ordinamento 
giqridico il diritto di propriet� non � concepito come un fascio 
di diritti, suscettibili di essere isolatamente staccati a favore di altri 
soggetti, bensl come un diritto unico ed indivisibile, di modo che 
lacquisto della nuda propriet� di un bene comporta lacquisto del 
diritto di propriet� sul bene stesso. Tra propriet� ed usufrutto ricorre 
una differenza non quantitativa, ma qualitativa, poich� l'usufrutto che 
� un diritto reale limitato e che non � concepibile su cosa propria, presuppone 
che titolare del diritto di propriet� sia un diverso soggetto e 
limita nel tempo la piena estrinsecazione dell'altrui diritto dominicale. 
Ci� porta ad escludere che effetto della costituzione dell'usufrutto sia 
un trasferimento del bene che ne � oggetto, il quale rimane, invece, 
nella sfera giuridica del proprietario. Di conseguenza, � da escludere 
che si abbia un trasferimento del bene allorch� si verifica la riunione 
dell'usufrutto alla nuda propriet�. Per la legge di registro, poi, l'acquisto 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1035 

della nuda propriet� non � soggetto a regime diverso da quello del1'
acquisto della piena propriet�, nel senso che la piena propriet� � 
considerata come fine ultimo del trasferimento, sotto il riflesso che, 
estinguendosi il diritto di usufrutto, anzich� verificarsi un nuovo trasferimento, 
il diritto di propriet� si espande automaticamente per quel 
carattere elastico e dinamico che lo caratterizza. 

In tali sensi, sia pure a proposito di una diversa questione, si sono 
gi� pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 2 marzo 
1964, n. 474. E qui non occorre aggiungere altro per poter affermare 
che la riunione dell'usufrutto alla nuda propriet� non d� luogo ad un 
trasferimento dell'immobile che formava oggetto dei due diritti, n� � 
equiparabile ad un trasferimento immobiliare, s� da rendere applicabile 
la presunzione stabilita dall'art. 47 della legge di registro. :i!: ovvio, 
infatti, che non � possibile applicare una disposizione dettata specificamente 
per i trasferimenti immobiliari ad un atto o fatto giuridico che 
non implica alcun trasferimento di propriet�. 

Nella specie, quindi, al fine di colpire con l'imposta di consolidazione 
anche Ie scorte esistenti sul fondo al tempo della cessazione dell'usufrutto, 
lAmministrazione finanziaria non poteva limitarsi ad invocare 
la presunzione prevista dal citato art. 47, ma avrebbe dovuto� 
accertare che le scorte formavano anch'esse oggetto dell'usufrutto, in 
quanto vendute con l'atto del 1920, ed erano perci� soggette alla restituzione 
prescritta dall'art. 998 e.e. In mancanza di tale accertamento, 
si sarebbe potuto eventualmente applicare un'altra imposta (per l'eventuale 
acquisto o trasferimento delle scorte), ma non l'imposta di consolidazione, 
che presuppone la riunione dell'usufrutto alla nuda propriet� 
della cosa trasferita a titolo oneroso. -{Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 maggio 1965, n. 994 -Pres. 
Favara -Est. Alliney -P.M. Toro {conf.) -Bartoli Ercole ed altri 
{avv. Marino) c. Ministero Finanze {avv. Stato Coronas). 

Imposta di successione -Sicilia � Fondi soggetti a conferimento � 
Asse imponibile � Estremi. 

(I. Reg. Sic. 27 dicembre 1950, n. 104). 
Imposta di successione � Sicilia � Fondi soggetti a conferimento � 
Valore venale in comune commercio � Determinazione � Possibilit�. 


(r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15-20). 
I terreni soggetti a conferimento, a norma della legge regionale 
27 dicembre 1950, n. 104 sulla riforma agraria in Sicilia, rimangono nel 
patrimonio del proprietario, sebbene in una situazione di indisponi



1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bilit� relativa, fino a quando non ne venga effettuata i assegnazione. 
Pertanto, in caso di morte del proprietario, prima deliassegnazione, i 
terreni stessi, e non i indennizzo versato agli eredi al termine del procedimento 
espropriativo, cadono nella successione e concorrono a farmare 
l'asse imponibile (1). 

Il particolare status degli immobili soggetti a conferimento, pur 
potendo eventualmente incidere sulla stima, non impedisce il normale 
procedimento valutativo voluto dalla legge per la determinazione della 
base imponibile dell'imposta di successione (2). 

{Omissis). -Col primo mezzo i ricorrenti sostengono -denun� 
ciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 22, 23, SO, 36, 40, 
42 e 46 della legge regionale 27 dicembre 1950 n. 104 sulla riforma 
agraria in Sicilia~ che la Commissione Centrale ha errato nel ritenere 
che oggetto del trasferimento ereditario e della correlativa imposta di 
successione fossero i terreni soggetti a scorporo anzich� l'indennit� di 

( 1-2) La sentenza fa corretta applicazione delle norme della legge regionale 
siciliana sulla riforma agraria e delle norme sull'imposta di successione. 

La legislazione particolare vigente. in Sicilia per la riforma agraria -legislazione 
che si distacca notevolmente da quella nazionale -prevede un procedimento 
espropriativo particolarmente complesso. Tale procedimento ha inizio con l'individuazione 
dei terreni da conferire (piani di conferimento, art. 35); prosegue attraverso 
i piani di ripartizione (art. 38); sfocia e si conclude nell'assegnazione dei lotti 

IImediante sorteggio (art. 40). In arg. cfr. la costante giurisprudenza del Consiglio 
di Giustizia Amministrativa per la Regone Sicilana e da ultmo dee. 23 giugno 1960, 

n. 247, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 1442. 
In relazione alla complessit� di tale procedimento la giurisprudenza della 
Corte di Cassazione ha sottolineato che: a) il diritto di propriet� dei terreni soggetti 
a conferimento rimane integro fino al momento dell'approvazione dei piani di conferimento 
e solo dopo questa approvazione si affievolisce (Cass., 28 aprile 1959, 

n. 1254, Giur. it., 1960, I, 1, 168); b} il proprietario espropriando rimane nel possesso, 
quanto meno di fatto, nella gestione e nel godimento del fondo da espropriare, 
anche dopo che i piani di conferimento siano divenuti esecutivi, e fino 
alla fine dell'annata agraria in corso alla data del sorteggio e dell'assegnazione 
(Cass., 26 novembre 1960, n. 3139, Giust. civ., 1961, I, 12; 18 aprile 1961, n. 852, 
Giust. civ., 1961, I, 536); c) non vi � un doppio trapasso di propriet� dall'espropriando 
all'ERAS e da questo all'assegnatario, ma un unico trasferimento dal proprietario 
espropriato all'assegnatario: e ci� perch� la propriet� non si perde con 
l'approvazione del piano di conferimento, ma soltanto dopo l'assegnazione ed il 
sorteggio (Cass., 18 aprile 1961, n. 582, cit.; Cass., 18 giugno 1959, n. 1918, Foro 
it., 1959, I, 432). 
Alla stregua dei suesposti principi s'intende agevolmente come i terreni soggetti 
a conferimento siano suscettibili di trasmissione per causa di morte e in tal 
caso concorrano a formare l'asse imponibile, essendo canone fondamentale dell'imposta 
di successione che essa colpisce il trasferimento dei beni avuto riguardo alla 

I

loro consistenza ed al loro valore al momento dell'apertura della successione 
(art. 15, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che ha sostituito l'art. 34, r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270, in relazione agli artt. 1 e 20 r.d. n. 3270 del 1923). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1037 

espropriazione loro corrisposta, in titoli di Stato, dopo la morte del 

de cuius. 

Argomentano gli eredi Bartoli: la legge regfonale n. 104 del 1950 
ha stabilito sino dal momento della sua entrata in vigore, avvenuta 
anteriormente alla morte di Bartoli Gerolamo, vincoli e limitazioni tali 
da determinare la indisponibilit� assoluta dei terreni soggetti a conf erimento. 
La volont� del legislatore di vincolare immediatamente, ai 
fini della riforma agraria, i fondi assoggettati a scorporo si � chiaramente 
espressa nel primo comma dell'art. 30 legge citata, a termini del 
quale � la propriet� complessiva, soggetta a �conferimento a norma degli 
artt. 22 e 28, si determina con riguardo al momento dell'entrata in vigore 
della legge �. Ad assicurare, poi, il raggiungimento dello scopo perseguito 
dal legislatore sono preordinate le sanzioni contenute nei comini 
successivi, dove si dispone non doversi tener conto dei trasferimenti 
tra vivi registrati dopo il 31 dicembre 1949, qualora comportino una 
riduzione della superficie da conferire, e viene comminata la nullit� di 
diritto degli atti di trasferimento se il conferimento ricade, anche parzialmente, 
su terreni alienati. Pertanto gli immobili in parola, essendo 
sottratti, per finalit� di carattere pubblico, ad ogni possibilit� di negoziazione, 
devono considerarsi extra commercium sino dal momento delf 
entrata in vigore della legge di riforma agraria. 

Di qui la conseguenza -concludono i ricorrenti -che � dato 
che la soggezione delle terre allo scorporo e la indisponibilit� di esse 
preesistevano legalmente al fatto giurdico della successione... e che il 
soggetto passivo dell'esproprio � colui che risulta titolare dei beni scorporandi 
al momento dell'entrata in vigore della legge di riforma, ne 
risulta che agli eredi Bartoli non potevano essere trasferite le terre 
oggetto dello scorporo, bens� solo le relative indennit� �. 

La censura � infondata. 
Non pu� essere condivisa l'affermazione, secondo cui l'entrata in 
vigore della legge in esame avrebbe determinato, con effetto immediato 
e assoluto, l'incommerciabilit� dei terreni soggetti a scorporo. Infatti, 
il secondo comma dell'art. 30 esclude dal computo, agli effetti della 
determinazione della propriet� complessiva soggetta a conferimento, i 
trasferimenti derivanti da donazioni in favore di enti morali e da 
donazioni a carico del patrimonio di uno dei coniugi, in favore di 
ciascun figlio, sino a un dato imponibile, nonch� i trasferimenti avvenuti 
in contemplazione di matrimonio, o diretti alla formazione della 
piccola propriet� contadina. 
Si potrebbe, pertanto, correttamente configurare, se mai, una situazione 
di indisponibilit� relativa, in relazione ai limiti soggettivi ed 
oggettivi fissati dalla legge, ma non mai una avulsione immediata dei 
beni stessi dal patrimonio della persona colpita. 



1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Inoltre, a ben guardare, l'indagine sullo status dei beni in questione 

se pu� avere rilevanza, nella competente sede fiscale, agli effetti 
della determinazione del valore dei beni colpiti ai fini dell'imposta di 
successione -non pu� certo condurre, come i ricorrenti. pretendono, 
addirittura alla avulsione dei beni stessi caduti nella successione di 
Bartoli Gerolamo. 

Ai fini del decidere, occorre infatti accertare, non tanto quale fosse, 
al momento dell'apertura della successione, la situazione giuridica dei 
terreni soggetti a scorporo, ma se i terreni stessi -quali che fossero 
i limiti posti alla loro commerciabilit� -facessero, o meno, ancora 
parte del patrimonio del defunto. 

Ora, �, in proposito, risolutiva la disposizione dell'art. 40, 'secondo 
comma, legge citata, a termini della quale il passaggio della propriet� 
dei terreni dall'espropriato all'assegnatario si attua col verbale di sorteggio 
che, precisa la norma, �tiene luogo dell'atto di trasferimento,,, 

Ne discende che -essendo, nella specie, pacifi.co che lassegnazione 
dei terreni � avvenuta dopo la morte del de cuius -sono caduti 
nella successione i terreni stessi, e non mai i titoli di Stato, versati agli 
eredi al termine del procedimento espropriativo, molto tempo dopo 
tale data. 

Che, poi, in conseguenza del vincolo che li astringeva ai fini della 
riforma agraria, tali immobili avessero {come assumono i ricorrenti) un 
valore grandemente ridotto, � una circostanza, ripetesi, che, se anche 
si possa, o voglia dire esatta, � in ogni caso assolutamente estranea alla 
identificazione del relictum e della quale deve, se mai, tenersi naturalmente 
conto soltanto in sede di ricerca del valore tassabile in applicazione 
dell'imposta di successione. 

Il primo mezzo di ricorso, col quale si propugna, in contrasto con 
la norma sopra citata, una sostituzione o surrogazione oggettiva dei 
beni realmente lasciati dal defunto, deve essere pertanto rigettato. 

Si denuncia, col secondo mezzo, la violazione dell'art. 34 della 
legge tributaria sulle successioni, modificato dagli artt. da 15 a 20 del 

r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. 
Assumono i ricorrenti che la particolare situazione dei terreni di 
cui si discute rendeva impossibile la commisurazione dell'imposta successoria 
secondo i criteri legali dettati dagli artt. 15 e 16 del r.d. n. 1639 
del 1936. 

Non era infatti possibile -si asserisce -la determinazione, in 
conformit� di tali norme, del valore venale in comune commercio di 
immobili praticamente insuscettibili di libere contrattazioni, n� era 
possibile il raffronto con altri immobili situati nella medesima localit� 
e in � analoghe condizioni �, posto l'enorme divario di valore esistente 
tra i due termini della comparazione. 



PARTE I, SE'Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1039 

Donde la necessit� -si conclude -di far coincidere leffettivo 

valore dei detti immobili ereditari con l'indennit� stabilita dall'art. 42 

della citata legge di riforma agraria. 

Anche a questa censura va negato fondamento. 

Va anzitutto osservato che, essendo caduti nella successione i ter


reni, e non l'indennit�, nessuna disposizione di legge consentiva di com


misurare l'imposta di successione sui titoli di Stato, in cui il valore dei 

terreni si � convertito solo al termine della procedura di scorporo. 

N�, d'altra parte, � esatto, che, relativamente a immobili soggetti 

a conferimento, i criteri di valutazione dettati dalle citate disposizioni 

di legge siano inapplicabili, giacch� il particolare status degli immobili 

stessi -pur potendo incidere, eventualmente, sulla stima -non pu� 

certo impedire il procedimento valutativo voluto dalla legge per la 

determinazione dell'imposta successoria in concreto dovuta. 

Che se, nella specie, il valore stimato dagli organi competenti ha 

ecceduto. quello che, secondo i ricorrenti, si sarebbe potuto attribuire 

in comune commercio, per effetto, sia pure, dello scorporo, agli immo


bili in questione, ci� attiene solo al giudizio sul quantum non censu


rabile sicuramente in questa sede di mera legittimit�. 

Disatteso, pertanto, il secondo mezzo, brevi considerazioni bastano 

per dimostrare l'inconsistenza del terzo e del quarto. 

Si deduce, con l'uno, la violazione del principio concernente la 

causa giuridica dell'obbligazione tributaria degli eredi; e, con l'altro, 

la violazione del principio di diritto secondo cui gli eredi, venendo a 

trovarsi nella medesima situazione girn:idica del defunto, non acqui


stano diritti maggiori, o diversi, da quelli di cui era titolare il de cuius 

medesimo. 

Movendo, per la sua preminenza logica, da quest'ultima censura, 
� evidente che essa ricalca, sotto diverso profilo, la sostanza del primo 
mezzo di ricorso, da cui mutua il concetto informatore. Vale pertanto, 
. anche riguardo ad essa, ,quanto. si � detto in precedenza: che oggetto 
della trasmissione ereditaria furono, cio�, gli immobili, sia pure nella 
condizione creata dalla procedura di escorporo in corso, perch�, al 
momento dell'apertura della successione, nel patrimonio del de cuius 
si trovavano i terreni, e non l'indennit�, in cui il valore degli stessi si 
convert� per effetto della successiva assegnazione ai beneficiari della 

riforma. 

Non � dunque esatto che, nella specie, sia stato disapplicato il 

principio della corrispondenza tra diritto trasmesso e diritto acquistato 

jure successionis. 

N� a diversa conclusione conduce l'esame dell'altro motivo, col 
quale si deduce che. gli eredi Bartoli non potevano essere a tassati � 
per un incremento patrimoniale -quello costituito dagli immobili 
scorporandi -di fatto non verificatosi. In realt� gli immobili in que




1040 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stione sono entrati nel patrimonio dei ricorrenti, e questo basta per 
identificare in essi il cespite da assoggettare all'imposta di successione. 
Quale sia stata, poi, l'entit� dell'arricchimento in effetti conseguito dai 
Bartoli � questione che, concernendo, come si � detto, il quantum dell'imposta, 
non pu� essere sollevata in questa sede di legittimit�. 

Similmente infondato � il �quinto mezzo, col quale si denuncia la 
disapplicazione della circolare del Ministero delle Finanze n. 21 del 
16 aprile 1956. 

Pur dovendosi, in linea di principio, negare alle circolari emanate 
dalla p.a. valore di interpretazione autentica della legge, con efficacia 
vincolante per il giudice, � in concreto risolutivo il rilievo che la circolare 
sopra menzionata riguarda un'ipotesi nettamente distinta da quella 
di specie. 

Essa riguarda, infatti, il caso che, al momento dell'apertura della 
successione, pur essendosi gi� concluso il procedimento di espropriazione, 
i titoli costituenti l'indennit� non siano stati ancora materialmente 
consegnati, e avverte che, in tale evenienza, l'imposta di successione 
deve essere commisurata sul valore dei titoli, non dei terreni, per 
essere questi rimasti estranei alla trasmissione ereditaria. 

Situazione, questa, ra:dicalmente diversa da quella dibattuta, dato 
che, al momento dell'apertura della successione di Bartoli Gerolamo, 
il procedimento di scorporo non si era ancora esaurito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1336 -Pres. 
Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Tavolaro (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Coronas) c. Societ� Conservificio Nord Adriatico 
e Industria della Pesca {avv.ti Palladino e Maris). 

Dogana -Diritto di licenza -Importazione a dogana, avvenuta � 
in epoca anteriore alla I. 15 giugno 1950, n. 330 abolitiva del 
diritto di licenza, a norma dei dd.mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 
1949 -Esclusione. 

(r.d.l. 13 maggio 1935, n. 894; l. 15 giugno 1950, n. 330). 
Il diritto di licenza introdotto dal r.d.l. 13 maggio 1935, n. 894 e 
soppresso con la l. 15 giugno 1950, n. 330, non � dovuto per le importazioni 
a dogana delle merci contemplate nella tab. A del d.m. 13 aprile 
1946 ed in quella annessa al d.m. 21 settembre 1949, con i quali 
� stato attuato, per le merci stesse, una piena liberalizzazione degli 
scambi (1). 

(1) In tal senso gi� si era pronunciata la Cassazione, Sez. I, con la sentenza 
22 aprile 1964, n. 955, in questa Rassegna, 1964, I, 586. L'Amministrazione si � 
uniformata alla giurisprudenza della Cassazione ormai costante. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1041 

(Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia 
violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 del r.d.l. 13 maggio 
1935, n. 894 (conv. in 1. 17 febbraio 1936, n. 334), in relazione agli 
artt. 1, 2, 3 e 4 d.l. 14 novembre 1926, n. 1923; 1 r.d. 20 maggio 1935, 

n. 654, 1, 2 e 3 r.d. 3 novembre 1935, n. 1891, r.d.l. 29 dicembre 1935, 
n. 2186; 2, r.d. 14 marzo 1938, n. 643; 1, d.l. 16 gennaio 1946, n. 12; 1e2, 
d.m. 21 settembre 1949 e successivo d.m. di modifica 21 dicembre 1949, 
nonch� in relazione alla legge 15 giugno 1950, n. 330; e difetto di motivazione, 
ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c. Lamenta la ricorrente che la 
Corte di merito abbia equiparato la importazione cosiddetta � a dogana 
�, di cui ai dd.mm. 21 settembre 1949 e 21 dicembre 1949 alla 
importazione vincolata da qualsiasi forma di permesso, sostenendo che 
solo la importazione �a licenza� avrebbe comportato l'obbligo di 
pagare lo speciale diritto di licenza e sostiene che il d.m. 21 settembre 
1949 non pu� riconnettersi alla possibilit� di modificare �la tabella 
di merci di vietata importazione, ma comporta la possibilit� di accordare 
deroghe ai divieti vigenti, onde si tratta di un atto amministrativo generale 
di autorizzazione in deroga, avente gli stessi effetti degli atti amministrativi 
speciali di autorizzazione e, come questi, presupponente il 
divieto di carattere generale, e per ci� stesso costituente, a sua volta, 
presupposto per la percezione del diritto di licenza. Osserva al riguardo 
lAmministrazione che con il d.m. 13 � aprile 1946 furono cos� istituite le 
importazioni �a dogana�, cos� dette perch� le dogane erano autorizzate 
a consentire, in deroga ai divieti di carattere economico e valutario, 
la introduzione nel territorio della Repubblica, in base a benestare bancario, 
di determinate merci, che avessero una determinata provenienza. 
Tale importazione si distingueva da quella su licenza solo perch� il permesso 
non �ra concesso caso per caso, ma per categorie ben precisate 
di merci, che in tanto si potevano importare, in quanto era intervenuto 
un discrezionale provvedimento ministeriale, considerazioni queste che 
valgono anche per il d.m. 21 settembre 1949. Questo decreto non ha 
modificato la tabella dei divieti, ma ha fatto venire meno il divieto per 
talune merci, provenienti da taluni paesi, il che comprova che si trattasse 
di provvedimento in deroga ai divieti di carattere generale. In 
definitiva la deroga particolare, emessa dal Commercio Estero, doveva 
essere accompagnata da una licenza ministeriale, quella generale da 
un consenso della Dogana, ma, in entrambi i casi l'intervento della P.A. 
era indirizzato a verificare che l'imposta fosse assolta. Si conclude pertanto 
dal ricorrente che se l'imposta di licenza intendeva colpire il 
soprareddito al maggiore incremento economico derivante all'importatore 
di merci dalla situazione di privilegio in cui veniva messo, rispetto 
alla sua categoria, della concessione del permesso o licenza, tale privilegio 
permane anche a seguito del decreto del 1949 fra coloro che prov

1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vedono alla importazione delle merci consentite dai Paesi contemplati 
e coloro che, per le stesse merci, devono rivolgersi ad altri Paesi. 

Le censure, cos� riassunte, riproducono sostanzialmente le ragioni 
gi� addotte dall'Amministrazione finanziaria dello Stato nei precedenti 
giudizi e che furono disattese da questo Supremo Collegio, allorch� 
ebbe a fissare il criterio, per cui, a seguito dei provvedimenti sulla 
liberalizzazione degli scambi, di cui al d.m. 13 aprile 1946 e 21 settembre 
1949, il diritto di licenza, previsto dal r.d.l. 13 maggio 1935, 

n. 894; e poi soppresso con l. 15 giugno 1950, n. 330, non poteva essere 
applicato nell'importazione delle merci la cui introduzione, ai sensi dei 
citati decreti ministeriali, poteva essere consentita direttamente dalle 
dogane {Cass., 22 aprile 1964, nn. 955, 956, 957 e 958). Da questo criterio, 
che � perfettamente aderente al sistema legislativo, non intendono 
discostarsi queste Sezioni Unite, in mancanza di argomenti nuovi che 
possono giustificare un riesame e condurre eventualmente a diversa 
conclusione. 
Gi� del resto, questa Corte regolatrice, con la sentenza 29 luglio 
1957, n. 3191, aveva avuto modo di precisare che � il diritto di 
licenza � fu istituito col decreto n. 894 del 1935 per colpire il soprareddito 
o maggior incremento economico derivante all'importatore di 
merci dalla situazione di privilegio, in cui veniva posto rispetto agli 
altri che quel permesso non avevano ottenuto. Tributo quindi, imposto 
da ragioni di perequazione tributaria che si inquadrava nel regime autarchico 
allora vigente; in Cl,li la regola era costituita dal divieto di esportazione 
o di importazione di merci, leccezione dello speciale permesso 

o licenza da rilasciarsi, per singoli casi, su domanda degli interessati 
(d.l. 14 novembre 1926, n. 1923, art. 4, d.m. 28 dicembre 1939, 15 e 19 
luglio 1940). L'ultimo dei qecreti citati disponeva che tutte le merci, 
a decorrere dal 1� gennaio 1960, erano dichiarate di vietata importazione 
ad eccezione di quelle poche comprese nella tabella B, ammessa 
al r.d. 3 novembre 1935, n. 1891. In tale sistema, dunque, il diritto di 
licenza incideva solo Sl,l individuali singole merci, per le quali appunto, 
in deroga al generale divieto di importazione, venivano rilasciate dal 
Ministero delle Finanze particolari autorizzazioni denominate � permessi 
in derogazione� (art. 4, decreto n. 1923 del 1926). Ne discendeva 
ovviamente che ove una data merce era esclusa dai divieti essa poteva 
essere importata liberamente ed era sottratta al pagamento dei diritti 
di licenza, salva losservanza degli obblighi di carattere valutario. A questo 
punto sorge spontanea la considerazione che se per effetto dell'attuale 
liberalizzazione degli scambi, si � generalizzata la autorizzazione 
all'importazione e tutti gli operatori economici hanno potuto introdurre 
nello Stato quelle determinate merci, che sono elencate nei decreti di 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1043 

liberalizzazione, � venuto a cessare il presupposto dell'imposizione tributaria, 
considerato che non esistevano pi� situazioni di privilegio da 
colpi.re con l'imposizione speciale. 

Ma l'esattezza di questa affemazione si ricava dalle disposizioni 
emanate nel periodo del dopoguerra che ha preceduto la legge del 1950 
abolitiva del tributo e che sono tutte ispirate al nuovo indirizzo della 
liberalizzazione degli scambi. Con il d.l.l. 10 gennaio 1946, n. 12, venne 
costituito il Ministero del commercio con l'estero, al quale venne attribuita 
competenza in materia di a coordinamento ed esecuzione dei 
programmi di importazione e di esportazione e di disciplina dei movimenti 
valutari concernenti le importazioni e le esportazioni di merce �. 
Sopravvenne, poi, un provvedimento di particolare importanza, e cio� 
il d.l.l. 26 marzo 1946, n. 139, per effetto del quale la disciplina delle 
importazioni ed esportazioni venne radicalmente mutata sia in rapporto 
agli obblighi di carattere valutario, sia in rapporto alla disciplina dei 
divieti. L'esportatore non aveva pi� l'obbligo di cedere allo Stato l'integrale 
importo in valuta estera che aveva ricavato dall'operazione di 
esportazione, ma soltanto la met�; l'altra met� veniva lasciata a disposizione 
dell'esportatore che poteva impiegarla in operazioni di importazione 
o cederla a terzi al f�ne dello stesso impiego. Il decreto delegava 
al Ministero per il commercio con lestero la emanazione delle norme 
di applicazione e di elenco delle merci che con quella valuta potevano 
essere importate e manteneva ferma l'inapplicabilit� del regime dei 
divieti alle merci provenienti dai Paesi con i quali vigevano accordi o 
trattati. In virt� di tale delega il Ministero del commercio con l'estero 
emanava il decreto 13 aprile 1946, che elencava le merci che potevano 
essere importate senza licenza (art. 5) e quelle per le quali occorreva 
ancora la licenza (art. 6). AI posto del regime di generale restrizione 
si istituiva cos� una liberalizzazione valutaria limitatamente al 50% della 
divisa estera che entrava in Italia, ad una liberalizzazione unilaterale 
degli scambi con lestero per molte materie prime, compiendosi cos� 
un passo importante verso la graduale libert� degli scambi e dei 
pagamenti. 

Successivamente, con il d.m. 21 settembre 1949 le dogane furono 
� autorizzate a consentire, in deroga ai vigenti divieti di carattere economico
� la introduzione delle merci elencate nell'annessa tabella I di 
origine e di provenienza dei Paesi dell'O.E.C.E. (art. 1), subordinatamente 
all'adempimento delle � disposizioni e formalit� vigenti all'atto 
dell'imposizione � . (art. 2). � 

In forza di questa formula ( � le dogane sono autorizzate a convertire
�) le merci, elencate nella tabella annessa o sono sottratte ad ogni 
divieto di importazione -salvi gli adempimenti valutari -e allora 



1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non occorre la licenza (art. 5), o il divieto d'importazione persiste, 
e allora l'importazione deve essere consentita su presentazione della 
licenza o permesso ministeriale (art. 6). L'espressione �le dogane sono 
autorizzate a conventire � non pu� avere che un solo significato: le 
dogane, per le merci elencate nella tabella A) e per quelle da importare 
da Paesi aventi accordi interstatali, sono tenute a consentire l'importazione 
che prima era vietata. 

N� vale sostenere, come fa l'Amministrazione ricorrente che l'autorizzazione 
alle dogane, a consentire, in deroga ai divieti di carattere 
economico, l'importazione di determinate merci in base a permesso valutario 
(c.d. importazione a dogana) si sarebbe dovuta configurare come 
una deroga generale al sistema restrittivo e perci� soltanto la introduzione 
delle merci sarebbe stata colpita dal diritto di licenza. Fermo 
il concetto che questo tributo � collegato alla licenza (che elimina il 
divieto economico di importazione di quella determinata merce) e non 
all'osservanza delle formalit� valutarie, � decisivo sottolineare che il 
potere di ampliare o di restringere i divieti d'importazione spetta unicamente 
all'autorit� governativa centrale (prima al Ministero delle 
finanze, e succ�ssivamente al Ministero degli scambi e valute, infine al 
Ministero del commercio con l'estero), potere che pu� assumere o il 
contenuto di modificazione d�l divieto a carattere generale (elenco di 
merci di vietata importazione, art. 2, decreto n. 1923 del 1926); o quello 
di modificazione del divieto a carattere particolare {permesso o licenza 
per singoli casi, art. 4). Il provvedimento ministeriale che istituisce la 
cosiddetta importazione a dogana, perci�, non � atto che opera sullo 
stesso piano di un singolo provvedimento di deroga (permesso o licenza), 
ma implica, per la ricordata attribuzione di poteri conferita dal potere 

>�

legislativo a quello esecutivo; vera e propria modificazione �del regime 

>�

dei divieti, che sottrae definitivamente ai divieti medesimi quelle deter.
�� -: 
minate merci elencate nelle tabelle. 

Pertanto, se il Ministero del commercio con l'estero, attraverso i 
decreti 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949, ha esercitato i suoi poteri 
di modificazione delle tabelle di importazione delle merci, deve ritenersi 
in coerenza alle premesse, che l'importazione a dogana rappresenta 
una piena liberalizzazione delle merci �elencate in quei provvedimenti. 
Le quali merci, in quanto esenti dal permesso d'importazione 
(salvi gli obblighi di carattere valutario) non potevano perci� dirsi 
soggette all'imposizione del diritto di licenza. Questo alla sua abolizione, 
intervenuta con 1. 5 giugno 1950, n. 330, riguardava oramai soltanto 
quelle merci per le quali erano ancora sussistenti il divieto di 
importazione e il correlativo obbligo di pagamento del tributo per l'eventuale 
permesso o licenza, a carattere particolare, rilasciato in deroga 
al divieto medesimo. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1045 

E poich� non � controverso che la merce importata (stoccafisso) 
era compresa tra quelle che, per effetto del decreto 21 settembre 1949, 
modificato con successivo d.m. 21 dicembre 1949, potevano essere liberamente 
introdotte in Italia, esattamente la Corte di merito ha riconosciuto 
il diritto della societ� resistente a pretendere il rimborso delle 
somme pagate per un tributo non dovuto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1965, n. 1488 -Pres. Rossano 
-Est. Saya -P.M. Gedda (diff.) -Ditta I.S.E. (a,vv. Mela) 

c. Ministero Finanze (avv. Stato Peronaci). 
Imposta di registro -Costruzione di case per senza tetto a seguito 
di eventi bellici -Agevolazione fiscale ex art. 93 d.l.l. 10 aprile 
197, n. 261 -Subappalto -Applicabilit�. 

(d.l.l. 10 aprile 1947, n. 261, art. 93). 
L'agevolazione fiscale stabilita dalrart. 93 del d.l.l. 10 aprile 1947, 

n. 261 � rivolta a favorire tutti gli atti e contratti occorrenti per la 
costruzione di nuove case per i senzatetto, e precisamente tutti quei 
negozi che, come mezzo al fine, sono in correlazione con queli obiettivo, 
senza distinguere tra i rapporti della Pubblica Amministrazione 
con il concessionario e gli altri che intercorrono fra quest'ultimo ed 
eventuali subappaltatori {l). 
{Omissis). -Fondato � invece il primo mezzo, con cui la ricorrente 
si duole della ricordata interpretazione restrittiva, denunziando 
violazione e falsa applicazione del citato art. 93 d.l.C.p.S. 10 aprile 1947, 

n. 261. 
Sulla questione gi� il Cupremo Collegio si � pronunciato ( cfr. sent. 
27 luglio 1964, n. 2094) risolvendola in senso favorevole alla ricorrente, 
e tale orientamento va seguito. 

Invero, la ratio della norma che prevede il beneficio fiscale in 
questione, come risulta anche dal suo tenore letterale, � rivolta a favorire 
tutti quegli atti e contratti occorrenti per la costruzione di nuove 
case per i senzatetto e precisamente tutti quei negozi che, come mezzo 
al fine, sono in correlazione con quelfobiettivo, senza distinguere tra i 
rapporti della Pubblica Amministrazione con il concessionario e gli 
altri che intercorrono tra quest'ultimo ed eventuali subappaltatori. 
Analogamente, peraltro, a quanto � stato gi� ritenuto rispetto alla legge 

(1) Nello stesso senso Cass., 27 luglio 1964, n. 2094, in questa Rassegna, 
1964, 1, 946 con nota. 

1046 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2 luglio 1959, n. 408, che d� luogo ad un problema perfettamente identico 
{cfr. in proposito: Cass., 6 ottobre 1959, n. 2690 ed anche per riferimenti 
generali: Cass., 27 maggio 1963, n. 1379). 

L'argomento addotto dall'impugnata sentenza per arrivare ad un 
opposto risultato consiste unicamente nella considerazione che il beneficio 
avrebbe ragion d'essere nei confronti dell'Amministrazione al fine 
di consentirle un'economia che potrebbe essere utilizzata per la costruzione 
di un maggior numero di case per i senzatetto, mentre risulterebbe 
privo di giustificazione per i rapporti tra concessionario e subappaltatore, 
essendo tali rapporti caratterizzati da finalit� di lucro. Ma 
tale argomento � soltanto apparente, essendo intuitivo che il concessionario 
pretenderebbe un corrispettivo pi� elevato da parte dell' Amministrazione 
se per i contratti di subappalto dovesse essere scontata 
la normale imposta di registro, costituendo ci� un onere di cui il subappaltatore 
terrebbe a sua volta conto nella pretesa del corrispettivo a 
lui dovuto dal concessionario medesimo sicch�, in definitiva, lonere 
verrebbe a ripercuotersi sulla Pubblica Amministrazione, contraendo 
quei fondi, che, invece, il legislatore ha voluto fossero interamente 
destinati alla costruzione delle case per i senzatetto, concedendo perci� 
il beneficio della registrazione a imposta fissa. -(Omissis). 

CORTrE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1537 -Pres.. Rossano 
-Est. Gambogi -P.M. Polimeni (conf.) -Bassani (avv.ti Ungaro 
e Gr~vone) c. Comune di Milano (avv.ti Consolini e Sartogo). 

Imposte e tasse in genere -Avviso di accertamento -Comunicazioni 
in via amministrativa -Natura giuridica -Requisito 
di esistenza -Raggiungimento del fine -Limite di forma Osservanza 
del procedimento stabilito dalla legge. 

(t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 277). 
Imposte e tasse in genere -Avviso di accertamento -Notifica 
mediante consegna di copia non sottoscritta -Nullit� ed inesistenza 
-Esclusione. 

(t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 277; t.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 273). 
Imposta di famiglia -Imponibile -Distinzione delle singole fonti 
di reddito -Valutazione presuntiva di ciascuna di esse -Illegittimit� 
-Esclusione. 

(t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 117). 
Gli atti di comunicazione in via amministrativa, quali le notificazioni, 
gli avvisi, le pubblicazioni e simili, pur essendo attivit� svolte da 
organi della p.a., non rientrano, almeno in senso proprio, nella categoria 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1047 

degli atti amministrativi, ma costituiscono mere op~razioni amministrative, 
cio� attivit� materiali svolte dalf amministrazione in adempimento 
di atti amministrativi veri e propri. 

Alle operazioni amministrative non si estendono i requisiti f armali 
necessari per la esistenza stessa dell'atto amministrativo; criterio fondamentale 
per accertare la giuridica esistenza e la volont� di un'operazione 
amministrativa � quello del raggiungimento del fine cui roperazione 
stessa era destinata, e l'unico limite di forma � rappresentato 
dalfosservanza della procedura espressamente stabilita dalla legge per 
compiere l'operazione (l). 

La mancanza della firma del competente funzionario sull'avviso di 
accertamento di imponibile per tributo locale, notificato dal messo 
comunale non comporta nullit�, n� tantomeno inesistenza, dell'avviso 

(1-2) La sentenza merita piena adesione per le conclusioni cui � pervenuta. 
Ai motivi addotti per disattendere il primo motivo di ricorso pu� aggiungersene un 
altro al quale, sotto il profilo logico, dovrebbe attribuirsi carattere di priorit�. 

Infatti il contribuente dalla mancanza di sottoscrizione dell'avviso di accertamento 
da parte del funzionario competente, ha dedotto, prima ancora della nullit� 
della. notificazione, l'inesistenza stessa cc dell'atto amministrativo oggetto della 
notifica�. A tale rilievo la Corte ha risposto che il documeno consegnato senza 
firma non � che l'avviso, il mezzo materiale mediante il quale � avvenuta, ai sensi 
dell'art. 277 del t.u. sulla finanza locale, la notificazione della variazione dei ruoli. 
Bench� dalla citata norma non si deduca con certezza che la comunicazione al 
contribuente possa concretamente realizzarsi con la consegna di un semplice avviso 
piuttosto che di copia conforme dell'atto amministrativo di iscrizione o variazione 
dei ruoli o di rettificazione delle denunzie -come pure sarebbe possibile ritenere, 
atteso che il soggetto obbligato per legge alla comunicazione non pu� adempierlo 
addossando al destinatario di essa l'onere di un comportamento positivo diretto a 
prendere effettiva conoscenza dell'atto (OTTAVIANO, La comunicazione degli atti 
amministrativi, 125) -resta il fatto che l'assunto del ricorrente urta inevitabilmente 
contro il principio dell'autonomia della comunicazione rispetto al provvedimento 
cui si riferisce, dal quale discende che, qualunque sia il sistema di trasmissione 
seguito, eventuali sue irregolarit�, non si riflettono sulla legittimit� o la validit� 
dell'atto comunicato (Cons. Stato, Sez. IV, 30 dicembre 1954, n. 1048, Consiglio 
di Stato, 1954, I, 1184; Cons. Stato, Sez. V, 11 febbraio 1961, n. 50, ivi, I, 306), . 
incidendo, tutt'al pi�, sulla sua efficacia (Cass., 3 maggio 1958, n. 1462, Giur. it., 
1959, I, 1, 458; Cass., Sez. Un., 11 dicembre 1963, n. 3132, Foro it., 1964, I, 888). 

Pertanto, anche interpretando l'art. 277 citato nel senso che la notifica debba 

essere eseguitamediante consegna di copia conforme, � certo che dalla mancata 

sottoscrizione di essa non pu� dedursene l'inesistenza dell'originale. 

Oltre a ci� la corte, dopo aver ricordato la dottrina secondo cui gli atti di 
comunicazione in via amministrativa sarebbero mere operazioni, cc e cio� attivit� 
materiali svolte dall'Amministrazione in esecuzione o adempimento di atti amministrativi 
veri e propri ", con la conseguenza che ad esse non si estendono i requisiti 
formali propri di questi ultimi, ha ritenuto esistente e valida loperazione tutte 
le volte che essa abbia raggiunto , il fine cui � destinata con losservanza della 
procedura stabilita dalla legge. 

W��r'-;�fr-~.~''�'r-01'1'1_...._____,.:._.__ .. ..:.%_ ..........:-.-� .._._ ..�. . ...:::: .:-:=:~ :..-..:-..... ::::...... :-: ...:-:% :::::: ..... ..


......-� ....-.-...�,.,...__ ... %~:,. :::; 


1048 RA:SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

medesimo, che rappresenta il mezzo materiale mediante il quale � 
avvenuta, ai sensi degli artt. 276 e 277 t.u.f.l. la notificazione della 
variazione dei ruoli, e si qualifica come operazione amministrativa 
.destinata al raggiungimento dello scopo di dare notificazione al destinatario 
della variazione stessa, notificazione da effettuarsi, giusta la 
prescrizione di legge (art. 277 t.u.f.l.) a mezzo di messo comunale. Del 
resto, anche applicando alla fattispecie le regole della procedura civile, 
che sono quelle normalmente adottate dalla legge in tema di procedimento 
contenzioso fiscale, non essendosi avuta inosservanza di forme 
prescritte a pena di nullit�, ed avendo ratto raggiunto lo scopo cui era 
destinato, lq notificazione deve ritenersi valida, o quanto meno sanata 
con la successiva proposizione del reclamo {2). 


Secondo la sentenza annotata, tale ultima circostanza ricorreva certamente 
nella specie per essere stata la notifica eseguita dal messo comunale come esige 
lart. 277 citato. 


La decisione ha dunque accolto la dottrina (SANDULLI, Manuale di diritto 
amministrativo, 265 e segg.) e che, in relazione ad una particolare definizione degli 
atti giuridici (SANDULLI, op. cit., 91), colloca le comunicazioni nella categoria delle 


.

operazioni amministrative caratterizzate dalla irrilevanza della volont� dell'agente 
in ordine alla produzione degli effetti che l'ordinamento vi ricollega. Ora, pur 


II

dovendosi riconoscere che la definizione recepita in sentenza, non � pacifica, atteso 
che altri autori (V~A, Diritto amm., vol. I, par. 89, 417; OTTAVIANO, op. cit., 125; 
VrGoRITA, In tema di comunicazione dell'atto amministrativo, Giur. Cass. Civ., ~ 


. 

1952, 1560), considerano le comunicazioni come veri e propri atti giuridici non , 
negoziali, anche se si riscontrano incertezze nell'indicazione della categoria cui 
assegnarle: dichiarazioni di scienza, certificazioni, dichiarazioni di rappresentazione . 
(Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1941, n. 365, Foro amm., 1941, I, 2, 192), non pu� 


II

non convenirsi che differiscono certamente dagli atti negoziali, non tanto sotto il 

' 
profilo dei requisiti formali, necessari per la loro esistenza, quanto sotto quello ' 


dei vizi che le invalidano. Il problema della identificazione di questi va risolto 
ricordando che se la comunicazione ha lo scopo di provocare la conoscenza certa 
di un atto, essa, per essere produttiva di effetti, per ragg'iungere, cio�, il fine cui 
� destinata, non solo deve essere eseguita dall'organo competente per legge 
-come giustamente ha rilevato la Corte -ma deve anche presentare determinati 
requisiti di forma (cfr. SANDULLI, op. cit., 266). Tra questi rientra certamente anche 

I

;)

la conformit� del documento consegnato all'originale dell'atto documentato (Cons. 
Stato, Sez. IV, 5 maggio 1965, n. 403, Consiglio di Stato, 1965, I, 833), attesa l'esigenza 
di certezza che la notificazione deve soddisfare. Tale conformit� pu� essere 
assicurata in due modi: o mediante sottoscrizione della copia da parte dell'autore 
dell'originale, o mediante certificazione da parte dell'organo incaricato della trasmissione 
se investito del rel.ativo potere (OTTAVIANO, op. cit., 161). 

Se si applicano questi criteri al caso di specie, si vedr� che, essendo la notifica 
prevista dall'art. 277 t.u. sulla finanza locale avvenuta tramite il messo comunale :�:

.-} 

che ha il potere di notificare atti (t.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 273) e quindi 
di certificarne in sede di relazione la conformit� all'originale, la mancanza di 
sottoscrizione della copia � irrilevante perch� il destinatario ha la certezza che il 
documento a lui consegnato rappresenta l'atto. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1049 

Secondo l:art. 117, lett. a), del t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, per 
fissare l'imponibile agli effetti dell'imposta di famiglia si deve tener 
conto analiticamente dei vari redditi e proventi del contribuente al 
netto delle spese di produzione; ma una volta distinte e classificate 
le varie fonti di reddito � consentito procedere al calcolo dell'imponibile 
valutando presuntivamente, secondo i 'criteri di fatto dettati dalla 
comune esperienza (art. 115 c.p.c.) il reddito netto di ciascuna fonte, 
per poi procedere al coacervo di tutti i redditi singoli, esponendo nella 
decisione solo il risultato finale del calcolo (3). 

{Omissis). -Col primo motivo di ricorso il Bassani, denunzia la 
violazione dell'art. 277 del t.u. sulla finanza locale, sostenendo che la 
mancanza della firma def competente funzionario sull'avviso di accertamento 
di imponibile notificatogli dal messo comunale produce la 
inesistenza, e non la semplice nullit� sanabile, dell'atto amministrativo 
oggetto della notifica, con la conseguente impossibilit� della sanatoria 
ritenuta dalla Commissione Centrale a seguito della proposizione del 
ricorso alla Commissione Comunale. 

La doglianza � infondata. L'atto amministrativo notificato al contribuente 
� costituito, infatti, dalla variazione ai ruoli dell'imposta di 
famiglia apportata, per il Bassani, dal Sindaco con la deliberazione di 
cui all'art. 276 del t.u. della finanza locale; e il documento senza firma 
consegnato al Bassani dal messo comunale non � che l'avviso, il mezzo 
materiale mediante il quale � avvenuta, ai sensi del successivo art. 277, 
la notificazione della suddetta variazione dei ruoli. Secondo quelle che 
sono nozioni pacifiche in dottrina, gli atti di comunicazione in via amministrativa, 
quali le notificazioni, gli avvisi, le pubblicazioni e simili, pur 
essendo attivit� svolte da organi della p.a., non rientrano, almeno in 
senso proprio, nella categoria degli atti amministrativi, ma costituiscono, 
secondo la terminologia oggi adottata, mere operazioni amministrative, 
e cio� attivit� materiali svolte dall'Amministrazione in esecuzione 
o adempimento di atti amministrativi veri e propri. A codeste 
operazioni, ovviamente, non si estendono i requisiti formali che sono 
necessari per la esistenza stessa dell'atto amministrativo. Criterio fon


(S) Il principio affermato dalla Cassazione, anche se relativo a fattispecie 
singolare, si ricollega all'orientamento, ormai pacifico, secondo cui, in materia di 
imposta di famiglia, pur essendo quello analitico il metodo base per laccertamento 
del reddito, pu� farsi ricorso anche a quello induttivo allorquando le risultanze del 
primo non siano sufficienti a rilevare la capacit� contributiva del soggetto passivo, 
pur dovendosi, in tal caso, tenere presenti fatti ed indici positivi da indicare specificamente 
(Cass., 28 gennaio 1963, n. 137, Riv. leg. f�sc., 1963, 1265; Cass., 28 luglio 
1962, n. 2226, Foro it., 1962, I, 1428; Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2688, 
Riv. leg. f�sc., 1961, 688). 

1050 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

damentale per accertare la giuridica esistenza e la validit� di una ope-~ 
razione amministrativa �, invero, quello del raggiungimento del fine 
cui l'operazione stessa era destinata; e cos�, nel caso della notificazione 

o dell'avviso della emanazione di un atto amministrativo, l'operazione 
sar� da ritenersi valida qualora abbia raggiunto lo scopo di notificare 
il destinatario dell'atto stesso. L'unico limite di forma �, semmai, quello 
dell'osservanza della procedura che sia espressamente stabilita dalla 
legge per compiere l'operazione; ma nella specie l'art. 277 t.u.f.l. prescrive 
solamente che la notificazione della variazione ai ruoli venga 
fatta dal messo comunale, come nella specie .� ritualmente avvenuto. 
Nessuna causa di nullit�, e tantomeno di inesistenza giuridica dell'atto, 
quindi sussiste. 
A diverse conclusioni, del resto, non si giunge se si applichino alla 
fattispecie le regole della procedura civile, che sono quelle .normalmente 
adottate dalla legge in tema di procedimento contenzioso fiscale, 
come ad esempio, risulta dal disposto degli artt. 40 e 44 del r.d. 8 luglio 
1937 n. 1516 sul funzionamento delle commissioni per le imposte. 
Basta, infatti, richiamare le disposizioni del primo e terzo comma del1'
art. 156 c.p.c. per constatare che nella specie, �non essendosi avuta 
inosservanza di forme prescritte a pena di nullit� ed avendo l'atto raggiunto 
lo scopo cui era destinato, la notificazione deve ritenersi valida 
o, quanto meno, sanata con la successiva proposizione del reclamo da 

parte del Bassani. -1~ 

Il primo mezzo di ricorso deve essere quindi rigettato. � 

Col secondo mezzo il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 117 J 
del t.u. s.ulla finanza locale ed il difetto di motivazione sul punto decisivo 
lamentando che la Commissione Centrale non abbia valutato come 
la g.p.a. singolarmente i suoi vari redditi, considerando soltanto l'indicazione 
delle fonti di reddito. 

Anche questa censura � infondata. 

La lett. a) dell'art. 117, infatti, prescrive solamente che per fissare 
l'imponibile agli effetti dell'imposta di famiglia si tenga conto dei vari 
redditi e proventi del contribuente, al netto delle spese di produzione; 
ma l'obbligo dell'analisi si arresta a questo punto e nulla vieta che chi 
procede al calcolo dell'imponibile, una volta adempiuto alla distinzione 
e classificazione delle varie fonti di reddito (e tale distinzione � stata 
compiuta, con larghezza di particolari, dalla decisione di merito della 
g.p.a.) valuti presuntivamente, secondo i criteri di fatto dettati dalla 
comune esperienza (art. 115 c.p.c.) il reddito netto di ciascuna fonte, ! 
per poi procedere al coacervo di tutti i redditi singoli, esponendo nella & 
decisione solo il risultato finale del calcolo, cos� come nella specie � ~ 
stato fatto. � 

Per quanto, poi, concerne il richiamo agli indici di ricchezza, che 
il Bassani lamenta non essergli stati contestati prima del giudizio dinanzi 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1051 

alla g.p.a., basta osservare che le risultanze di tali indici furono utilizzate 
soltanto ad abundantiam, ad integrazione, cio� di una valutazione 
analitica dei redditi del contribuente ritenuta gi� di per s� sufficiente 
a giustificare l'imponibile accertato. Qualunque rilievo circa la ritualit� 
dell'adozione nella specie del metodo induttivo di cui alla lett. c) dell'art. 
117 del t.u. resta cos� assorbito. -(Omissis): 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1548 -Pres. Rossano 
-Est. Malfitano -P.M. Trotta (conf.) -Soc. Elettrica Sarda 
{avv. Satta) c. Amministrazione Finanziaria (avv. Stato Masi). 

Imposta di registro � Agevolazioni -Benefici fiscali accordati dall'art. 
5 d.l. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598 � Presupposti Trasferimento 
di stabilimento industriale gi� esistente � 
Inapplicabilit�. 

Imposta di registro -Agevolazioni -Benefici fiscali accordati dall'art. 
5 d.l. C.P.S 14 dicembre 1947, n. 1598 -Presupposti per 
la provvisoria applicazione dell'agevolazione -Accertamento 

� Competenza esclusiva dell'Amministrazione finanziaria Fattispecie. 
A norma dell'art. 5 del d.l. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, contenente 
disposizioni per findustrializzazione delfltalia meridionale ed 
insulare, il primo trasferimento di propriet� di terreni o di fabbricati 
occorrenti per [attuazione delle iniziative industriali, di cui ali art. 2 
dello stesso decreto, � soggetto ad imposta fissa; ma il tributo � dovuto 
nella misura normale, qualora, entro il termine di tre anni dalla registrazione 
dell'atto, non sia dimostrato, con dichiarazione del Ministro per 
l'industria ed il commercio, che il fine dell'acquisto sia stato conseguit� 
dal primo acquirente. L'agevolazione, pertanto, si applica in via provvisoria 
solo se risulti che l'atto sottoposto alla registrazione abbia ad 
oggetto un primo trasferimento di terreni o fabbricati occorrenti al 
primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati nelle 
province dell'Italia meridionale ed insulare, e non in base alla semplice 
richiesta dell'acquirente. Non rientra nell'agevolazione il trasferimento 
di uno stabilimento industriale gi� esistente che non d� luogo al perseguito 
incremento del patrimonio industr�ale (1). 

(1-2) Con la sentenza di cui sopra e con altre tre pubblicate in pari data, ma� 
distinte dai numeri 1554, 1555 e 1556, relative ad identiche cause vertenti tra le 
medesime parti, la Corte Suprema ha confermato l'indirizzo giurisprudenziale � 
espresso con la sentenza 7 maggio 1963, n. 111 (Giust. civ., 1963, I, 2109). 



1052 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

All'accertamento dei presupposti per la provvisor~a applicazione 
dell'agevolazione deve provvedere l'Amministrazione finanziaria, e non 
il Ministro per l'industria e commercio, cui � devoluto soltanto il compito 
di accertare se il fine dell'acquirente sia stato conseguito. Nella 
specie � stato negato il beneficio al trasferimento di un complesso 
aziendale, e si � considerata irrilevante l'attestazione del Ministero 
dell'industria e commercio sulla sussistenza dei requisiti per l'applicazione 
dell'agevolazione (2). 

{Omissis). -Con l'unico motivo deLricorso, denunciandosi la violazione 
dell'art. 5 del d.l. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598 e della 1. 29 di-

La prima massima applica esattamente il princ1p10 secondo cui compete, in 
via autonoma, all'Amministrazione finanziaria, in ogni fase del rapporto di imposta, 
accertare la sussistenza degli elementi di fatto atti a realizzare le diverse fattispecie 
legali. 

Quanto alla seconda massima, la chiarezza del dettato legislativo rende difficile 
ipotizzare una diversa interpretazione dell'art. 5 d.l. C.P.S., n. 1598 del 1947 
il quale, agevolando � il primo trasferimento di propriet� di terreni e di fabbricati � 
occorrenti �per il primo impianto di stabilimenti tecnicamente organizzati� (art. 2 

d.l. ult. cit.) nel mezzogiorno e nelle isole, esclude per converso dall'ambito di 
applicazione del beneficio i trasferimenti di stabilimenti gi� esistenti, in ordine ai 
quali, non essendo possibile parlare di iniziative tendenti ad incrementare il patrimonio 
industriale, viene meno la ratio della norma regolatrice. 
Con riferimento al beneficio fiscale stabilito dall'art. 5 del d.l. 14 dicembre 
1947, n. 1598 deve qui ricordarsi che l'art. 37 della legge 20 luglio 1957, n. 634 
ha stabilito, fra l'altro, che �con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto 
con quelli per l'industria e commercio e per lagricoltura e foreste, il beneficio pu� 
essere assentito per gli atti di acquisto in propriet�, in enfiteusi o di affitto ultracentennale 
con o senza ipoteca, di terreni da assoggettare a radicale trasformazione 
con rilevanti investimenti di capitale o al rimboschimento in quanto i prodotti ottenibili 
siano interamente utilizzati quali materia prima e trasformati nello stabilimento 
industriale al cui esercizio i terreni sono funzionalmente destnati �. Ed il 
successivo art. 39, ultimo comma, stabilisce che � gli interessati sono ammessi provvisoriamente 
alle agevolazioni dietro esibizione agli uffici finanziari di un certificato 
comprovante l'avvenuta presentazione della istanza di concessione debitamente 
documentata �. 

Le gravi difficolt�, a cui d�nno luogo tali disposizioni illegittimamente precedute, 
e con ben maggiore estensione, da leggi regionali (legge siciliana n. 29 del 
20 marzo 1950, art. 4), derivano dal fatto che nessun termine � stabilito al regime 
di provvisoriet� del beneficio fiscale concesso in base a semplice esibizione del 
certificato comprovante la presentazione dell'istanza di concessione del beneficio 
stesso, onde tale situazione di provvisoriet� potrebbe protrarsi sine die nel caso in 
cui sulla detta istanza non provvedano le Amministrazioni competenti; con evidente 
pregiudizio della certezza dei rapporti e con possibilit� di gravi contestazioni in 
ordine alla decorrenza dei termini di prescrizione delle normali imposte da liquidarsi 
in caso di rigetto dell'istanza di concessione del beneficio. 

:i!; pertanto auspicabile che il legislatore intervenga con nuove disposizioni, 
ponendo, anche per tali casi, limiti temporali entro cni i presupposti di fatto per 
la definitiva concessione del beneficio fiscale debbano verificarsi. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1053 

cembre 1948, n. 1482 in relazione agli artt. 5 della 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E, 36 e 38 della I. 29 luglio 1957, n. 634, nonch� l'insufficienza 
e la contraddittoriet� di motivazione della sentenza impugnata 
si censura la sentenza medesima per avere ritenuto inapplicabili al 
contratto di vendita stipulato tra le parti i benefici fiscali previsti dall'art. 
5 del citato decreto del 1947. Al riguardo si deduce che la Corte 
di merito ha erroneamente ritenuto che l'Ufficio del registro potesse 
respingere la richiesta di applicazione provvisoria dei benefici fiscali, 
in quanto esso avrebbe dovuto procedere a tale applicazione subordinando 
la concessione definitiva dei benefici medesimi alla tempestiva 
produzione della prescritta insindacabile dichiarazione del Ministro 
dell'Industria e Commercio attestante che la Societ� Elettrica Sarda 
� era la prima acquirente .dei beni oggetto della vendita, che questi erano 
�destinati all'attuazione delle iniziative industriali di cui al decreto 

n. 1598 del 1947 e che detto fine era stato conseguito. Si aggiunge che 
la Corte ha erroneamente ritenuto che i cennati benefici possano essere 
concessi soltanto nella ipotesi di vendita di case o di terreni e che, 
nella specie, essi non fossero applicabili per essere stati oggetto dell'atto 
sottoposto alla registrazione, l'azienda di distribuzione di energia elettrica 
gestita dai Pietrasanta, prevedendo la legge la concessione della 
agevolazione tributaria anche nell'ipotesi di trasferimento di stabilimenti 
industriali gi� esistenti. 
La censura � infondata. 
A norma dell'art. 5 del decreto n. 1598 del 1947, contenente disposizioni 
per l'industrializzazione dell'Italia meridionale e insulare, il primo 
trasferimento di propriet� di terreni ed i fabbricati occorrenti per l'attuazione 
delle iniziative industriali, di cui all'art. 2 dello stesso decreto, 
� soggetto a imposta di registro e di trascrizione nella misura fissa di 
lire duecento. L'imposta � dovuta nella misura normale, qualora, entro 
il termine di tre anni dalla registrazione dell'atto, non sia dimostrato 
con dichiarazione del Ministro per l'Industria e il Commercio che il 
fine dell'acquisto sia stato conseguito dal primo acquirente. 
Alla stregua di questa disposizione lagevolazione fiscale � applicata, 
in via provvisoria, se risulti che l'atto sottoposto alla registrazione 
abbia ad oggetto un primo trasferimento di terreni e fabbricati occorrenti 
al primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati 
nelle province dell'Italia meridionale e insulare e tale applicazione 
diventa definitiva qualora nel termine stabilito dalla legge � 
prodotto il certificato attestante che il fine � stato conseguito. 
L'Ufficio del registro, quindi, deve applicare l'agevolazione tributaria, 
in via provvisoria, non in base alla semplice richiesta dell' acquirente, 
ma soltanto se concorrono i presupposti per l'applicazione di essa. 
N� nell'accertamento di tali presupposti pu� all'Amministrazione 



1054 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

finanziaria sostituirsi il Ministro delflndustria e Commercio, essendo a 
questi devoluto soltanto il compito di accertare se il fine dell'acquirente 
sia stato conseguito. 

L'agevolazione fiscale, poi, si applica al trasferimento di terreni e 
fabbricati e non anche a quello di uno stabilimento industriale gi� 
esistente, in quanto soltanto nel primo caso ha luogo l'incremento del 
patrimonio industriale, in considerazione del quale l'agevolazione � 
stata concessa dalla legge (v. sent. n. 1111 del 1963). 

Nella specie, la Corte di merito si � puntualmente uniformata a 
questi principi perch�, accertato con incensurabile apprezzamento di 
fatto, che l'atto sottoposto alla registrazione aveva ad oggetto il trasferimento 
di un complesso aziendale e non di singoli beni, ha ritenuto che 
non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'agevolazione fiscale 
e che, pertanto, l'attestazione del Ministro dell'Industria e Commercio 
fosse irrilevante ai fini di tale applicazione. 
� Consegue che si deve rigettare il ricorso e condannare l'Ente 
Nazionale per l'Energia Elettrica che nel corso del giudizio si � sostituito 
alla Societ� Elettrica Sarda, alla perdita del deposito e al rimborso 
delle spese di questo giudizio di cassazione a favore della resistente . 

.!..:.__ (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1965, n. 1573 -Pres. Vi. 
stoso -Est. Arienzo -P.M. Gentile (conf.) -Soc. Mineraria Siderur.; 
, gica f erromin (avv. Guidi) �. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in g�nere -Ricorso alla Commissione Centrale 
quale giudice di secondo grado -Indicazione motivi -Necessit� 
-Limiti. 

(1. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 45, 46 e 38). 
Miniere, cave o torbiere -Contratti di escavazione e di sfruttamento 
-Natura giuridica. 

Imposta di registro -Concessione temporanea del diritto di escavazione 
mineraria -Aliquota applicabile -Ininfluenza della 
natura giuridica del negozio. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; tariffa all. A, art. 1). 
Il ricorso alla Commissione Centrale non pu� essere meramente 

�interruttivo, ma deve contenere, a pena di inammissibilit�, l'indicazione 
dei motivi di gravame; � sufficiente, per altro, che dalla enunciazione 
dei motivi stessi risulti identificata la ragione giuridica per la quale si 



PARTE . I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1055 

chiede la riforma della decisione, ed a tal fine l'indicazione espressa 
delle norme di diritto non � richiesta come requisito autonomo del 
ricorso, ma � soltanto un elemento che pu� servire all'individuazione 
dei motivi (1). 

I contratti di escavazione e di sfruttamento . di miniere possono 
assumere configurazioni giuridiche diverse secondo lo scopo perseguito 
dalle parti e costituiscono locazione allorch� abbiano per oggetto la 
concessione del temporaneo godimento delle miniere secondo la loro 
normale destinazione (2). 

L'inclusione di un negozio giuridico in una voce della tariffa � 
intesa a stabilire l'identit� dell'aliquota delfimposta fissata per altri . 
contratti e, pertanto, ai fini della relativa tassazione, � irrilevante se le 
concessioni dell'esercizio temporaneo di escavazione di materiale da una 
miniera costituiscano una vendita immobiliare o una locazione di cose, 
essendo dovuta l'imposta proporzionale in entrambe le ipotesi, per la 
�quiparazione di tali concessioni ai trasferimenti immobiliari disposta 
dall'art. 1 tariffa all. A alla legge di registro (3). 

(Omissis). -Col primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli 
artt. 45, 46 e 38 l. 8 luglio 1937, n. 1516 con riferimento all'art. 360, n. 3 

c.p.c. e censura la sentenza impugnata per aver preso in esame il gravame 
delfufficio nonostante il difetto di specifica indicazione dei motivi. 
(1) La sentenza in esame � pubblicata anche nella Riv. leg. fisc., 1965, 1910 
e segg. r(ivi altri richiami). Nel medesimo senso vedasi da ultimo, oltre alla giurispru. 
denza della Commissione Centrale, Cass., 19 maggio 1964, n. 1247; 16 aprile 1964, 

n. 904; SO gennaio 1964, n. 248, Giust. civ., I, 1772, e 16 marzo 1964, n. 597, ivi, 
936, con ulteriori ampi richiami. 
(2) Giurisprudenza costante. Vedasi, da ultiino, Cass., 25 marzo 1961, n. 682, 
Giust. civ., 1961, I, 969; 23 ottobre 1959, n. 3046, Riv. leg. fisc. 1960, 468; 
15 aprile 1959, n. llll, Giust. civ., 1959, I, 1256; 18 luglio 1958, 2638 Foro it., 
1958, I, 1258. 
(S) Nel medesimo senso, vedasi Cass., 23 ottobre 1959, n. 3046, cit. 
Tale sentenza, anzi, adduce -a conforto della tesi accolta -pi� ampie 
argomentazioni desunte dall'interpretazione logica e sistematica dell'art. 1 tariffa 
ali. A, precisando espressamente che tale norma comprende nella sua previsione 
tutti i diritti di escavazione, siano essi reali od obbligatori. 

La sentenza ora richiamata, per altro, ha ritenuto (e quella che si annota 
sembra confermare) che l'equiparazione disposta dall'art. 1 tariffa all. A opera 
soltanto ai fini dell'aliquota e non anche ad ogni altro effetto, quale l'applicabilit� 
del procedimento di valutazione ex art. 15 e segg., I. 7 agosto 1936, n. 1639: 
affermazione, codesta, che non appare accettabile, dal momento che anche la tariffa 
fa parte iritegrante della legge di registro (art. 2 della legge) e pertanto l'equiparazione 
introdotta non pu� soffrire discriminazioni. 

P. SACCHETTO 

1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Sostiene, in particolare, la ricorrente che la Commissione Centrale abbia 
errato nel ritenere sufficiente per la specificazione dei motivi il generico 
.;~ 
1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Sostiene, in particolare, la ricorrente che la Commissione Centrale abbia 
errato nel ritenere sufficiente per la specificazione dei motivi il generico 
.;~ 
richiamo per relationem alle deduzioni presentate nella precedente fase �=� 
del giudizio e la semplice indicazione della norma che si assumeva vio. 


~-.�

lata, mentre i motivi del gravame, oltre che essere specifici, debbono 
riferirsi al giudizio espresso dalla decisione impugnata. 
La doglianza, pur richiamando esatti principi di diritto, � infondata 
con riguardo al caso concreto. 

Invero, non � contestato che il ricorso alla Commissione Centrale 
delle imposte non pu� essere semplicemente interruttivo, ma deve contenere, 
a pena di inammissibilit�, f indicazione dei motivi di gravame, 
quale requisito essenziale. Tale esigenza � imposta dall'art. 46 del r.d. 
8 luglio 1937, n. 1516, il quale dispone che, nei ricorsi alla Commissione 
Centrale, devono essere esposti il fatto, le questioni ed i capi della 
decisione contestata con l'indicazione degli articoli di legge o di regolamento 
che si affermano violati o erroneamente applicati. Non sono 
richieste particolari formalit� e la enunciazione dei motivi si risolve 
nella indicazione delle ragioni per le quali si ricorre contro la decisione 
che si assume viziata. Con riferimento a questa sostanziale finalit�, 
risultano applicabili i principi elaborati in relazione all'art. 366 n. 4 
c.p.c., il quale richiede l'indicazione dei motivi e delle norme di dfritto 
su cui si fonda il ricorso per cassazione, e, cio�, che il ricorso � inammissibile 
solo quando dallo svolgimento dei motivi non sia possibile 
identificare il principio di diritto che si assume violato e per il quale 
si chiede la cassazione della sentenza impugnata. L'indicazione delle 
norme di diritto, peraltro, non � richiesta come requisito autonomo del 
ricorso, ma come un elemento che pu� servire all'individuazione dei 
motivi. 

Orbene, la Commissione Centrale delle imposte non � incorsa nella 
violazione dei cennati principi. Infatti, precisate le contestazioni svoltesi 
nel precedente giudizio, ha ritenuto che l'indicazione dell'art. 1 
della tariffa all. A alla legge di registro non consentiva alcun dubbio 
sul contenuto della doglianza e sulla ragione giuridica invocata per la 
riforma della decisione impugnata, giacch� si chiedeva f applicazione 
dell'imposta di trasferimento immobiliare di cui all'art. 1 cit. in luogo 
di quella prevista per le locazioni, che il primo giudice aveva ritenuto 
applicabile. Pertanto, con riguardo alle questioni dibattute tra le parti, 
all'oggetto della controversia, alle norme di cui si invocava l'applicazione 
e alla decisione impugnata, il gravame dell'ufficio, con l'indicazione 
della norma che si assumeva violata ed il richiamo delle ragioni 
gi� esposte e a conoscenza della contribuente, consentiva, senza desumere 
aliunde altri elementi, di identificare la ragione giuridica per la 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1057 

quale si chiedeva la riforma della decisione, attuando la sostanziale 
finalit� che giustifica la specificazione dei motivi. 

Col secondo motivo, sotto il profilo della violazione degli articoli 
1615 e.e. con riferimento all'art. 8 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto applicabile al 
canone di concessione mineraria laliquota sui trasferimenti immobiliari 
ex art. 1 della tariffa, anzich� quella di affitto ex art. 44, sull'errato presupposto 
che non sia giuridicamente configurabile un rapporto locatizio 
avente per oggetto l'attribuzione del diritto di sfruttamento di una 
miniera. 

La censura � infondata. 

Invero, � esatto che i contratti di escavazione e di sfruttamento 
di miniere possono assumere configurazioni giuridiche diverse secondo 
lo scopo perseguito dalle parti. Essi, contrariamente a quanto ritenuto 

dalla sentenza impugnata, costituiscono locazione allorch� abbiano per 
oggetto la concessione del temporaneo godimento della miniera secondo 
la sua normale destinazione, non essendo lescavazione e lapprensione 
dei prodotti incompatibili con l'obbligo del conduttore di restituire la 
cosa locata nello stato in cui l'ha ricevuta. Ma, ci� posto a correzione 
di un errore contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, la 
decisione risulta, tuttavia, conforme al diritto e sorretta da altre considerazioni. 
Infatti, la Corte del merito, pur essendo incorsa nell'errore 
di affermare in via generale che il negozio di trasmissione del diritto, 
di escavare sia incompatibile con la nozione di locazione, ha, poi, fondato 
la sua decisione sull'art. 1 della tariffa all. A alla legge di registro 
che assoggetta all'aliquota prevista per l'imposta dei trasferimenti immobiliari 
onerosi gli atti con i quali si trasmette il diritto di escavare 
e di prendere materia da terreni o miniere. Nell'ambito della citata 
norma, per lespressa equiparazione legale ed indipendentemente dalla 
natura giuridica dell'atto da registrare, sono compresi anche i negozi 
obbligatori nei quali il conferimento sia attributivo del semplice esercizio 
del diritto di sfruttamento di miniere. 

L'inclusione di un negozio giuridico in una voce della tariffa � 
intesa a stabilire l'identit� dell'aliquota dell'imposta fissata per altri 
contratti e non pu� conferire al negozio una configurazione diversa da 
quella prevista dal codice civile. Pertanto, ai fini della presente controversia, 
� irrilevante la questione se la concessione dell'esercizio temporaneo 
di escavazione di materiale da una miniera costituiva una vendita 
immobiliare o una locazione di cose, essendo, in entrambe le ipotesi, 
dovuta l'imposta proporzionale per lequiparazione che la legge del 
registro ne fa ai trasferimenti immobiliari ai fini di determinare l'aliquota 
dell'imposizione tributaria. -(Omissis). 



1058 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1592 -Pres. 
Torrente ~ Est. Corduas -P.M. Tavolaro (conf .) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. S. Antiorittogamici prodotti elettrochimici 
(avv. Guttieres). 

Imposta generale sull'entrata -Azione giudiziaria -Estimazione 
semplice -Difetto di giurisdizione -Esclusione -Limiti. 

(l. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 6; I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52; 
d.l. 3 maggio 1948, n. 799, art. 18). 
Imposta generale sull'entrata -Controversie in materia di violazione 
all'i.g.e. -Decreto del Ministro e ordinanza dell'intendente 
-Impugnativa -Ricorso al Consiglio di Stato Esclusione. 


(I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52). 
Il principio della esclusione delle controversie di estimazione semplice 
dall'ambito della giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria 
� applicabile soltanto ed in quanto le controversie medesime siano devolute 
a giurisdizioni speciali; pertanto in materia di imposta generale 
sull'entrata tale principio pu� essere applicato nelle ipotesi in cui l'imposta 
sia riscossa in abbonamento, in quanto l'art. 18 del d.l. 3 maggio 
1948, n. 799 prevede al riguardo il ricorso alle commissioni distrettuali 
e provinciali delle imposte, ma non nelle ipotesi in cui la legge non 
prevede il ricorso ad alcun organo giurisdizionale, quale � quella delle 
controversie in materia di violazione della imposta medesima in genere, 
per le quali l'art. 52 della legge istitutiva (d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, 
convertito nella legge 19 giugno 1940, n. 762) prevede unicamente il 
ricorso al Ministro delle finanze, con riferimento alle norme poste dalla 

l. 7 gennaio 1929, n. 4, per la repressione delle violazioni delle leggi 
finanziarie (1). 
Il decreto del Ministro delle Finanze e l'ordinanza dell'Intendente, 
che decidono le controversie in materia di violazione all'i.g.e., non sono 
impugnabili con ricorso al Consiglio di Stato, vertendo essi su situazioni 
soggettive che consistono in diritti e non in interessi legittimi (diritto 
a non subire una imposizione oltre i limiti di legge) (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 giugno 1965, n. 1322 -Pres. 
Mastropasqua -Est. Mirabelli -P.M. Di Maio (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Graziano) Soc. Fratelli Parisi (avv. Celucci). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1059 

Procedimento civile -Giudizio di appello -Pronuncia che afferma 
la giurisdizione del giudice di primo grado ma trattiene irritualmente 
la causa -Natura di sentenza non definitiva Successiva 
pronuncia che, revocando la precedente, rimette 
le parti al primo giudice -Natura di sentenza definitiva di 
appello -Impugnazione dell'una e dell'altra pronuncia Ammissibilit� 
avverso la prima della impugnazione immediata 
e della riserva di impugnazione e avverso la seconda della 
sola impugnazione immediata. 
(c.p.c., artt. 361, 325, secondo comma). 

Imposta generale sull'entrata -Intere!!se del contribuente ad essere 
assoggettato alla contribuzione, e in adeguata misura -Sua 
consistenza. Natura di diritto soggettivo -Tutela -Inesistenza 
di una giurisdizione speciale -Conseguente giurisdizione del~ 
l'a.g.o. -Applicazione di tale giurisdizione in materia di viola~ 
zione alle leggi sull'imposta generale sull'entrata. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 6; 1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52). 
Imposta generale sull'entrata -Violazione alle leggi relative a tale 
imposta -Cognizione -Competenza del Ministro per le finanze 
-Pronuncia -Impugnativa -Competenza del Consiglio di 
Stato -Esclusione -Competenza delle Commissioni tributarie 
-Esclusione. 

(1. 19 giugno 1940,, n. 762, art. 52). 
Imposta generale sull'entrata -Violazione alle leggi relative a tale 
imposta -Giurisdizione dell'a.g.o. -Limiti -Richiesta di fissare 
tali limiti al giudice investito della questione di gurisdizione 
-Inammissibilit� -Competenza del giudice di merito. 

Il provvedimento con cui il giudice aappello, pure affermando la 
giurisdizione del giudice di primo grado, non rimette a questo le parti, 
ma trattiene irritualmente la causa per ulteriori pronuncie, � da qualificarsi 
sentenza non definitiva, mentre il provvedimento che, revocando 
la precedente ordinanza istruttoria, rimette le parti al primo giudice, 
pur non contenendo la decisione sulla questione di giurisdizione, � esso, 
ed esso solo, la sentenza definitiva di appello. Di conseguenza, avverso 
la prima pronuncia � ammissibile sia l'impugnazione immediata, sia la 
riserva di impugnazione ai sensi dell'art. 361 c.p.c.; avvers� la seconda 
� senz'altro ammissibile il ricorso nel termine prescritto dall'art. 325, 
secondo comma,-c.p.c. (3). 

L'interesse del privato contri:(mente ad essere assoggettato, o meno, 
alla contribuzione in adeguata misura � tutelato direttamente, sicch� 
assume la consistenza di diritto soggettivo; e pertanto la giurisdizione 



1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sulle relative controversie spetta all' a.g.o. tutte le volte che non sia 
previsto un organo speciale di giurisdizione con competenza esclusiva. 
In materia di violazione delle leggi sull'imposta generale sull'entrata 
non � prevista l'attribuzione delle controversie ad organi speciali di 
giurisdizione; e pertanto esse rientrano nella giurisdizione dell' a.g.o. (4). 

L'impugnativa della pronuncia che il Ministro delle Finanze emette 
allorch� conosce delle contestazioni in materia di violazione alle leggi 
sull'imposta sulle entrate non rientra nella competenza del giudice 
amministrativo, vertendosi su lesioni di diritto soggettivo e non di interesse 
legittimo; n� rientra nella competenza delle Commissioni tributarie, 
avendo le leggi istituita la competenza dell'Intendente e del 
Ministro (5). 

Non spetta al giudice che, in qualsiasi grado, pronunci sulla giurisdizione, 
fissare i principi ai quali il giudice competente, cui la controversia 
� devoluta, debba attenersi nel successivo giudizio di merito, compete, 
invece, al giudice del merito determinare i criteri ed i limiti del 
giudizio, che gli viene attribuito, e solo ove sia impugnata la sua pronuncia 
potr� aver luogo un sindacato su tali valutazioni, in sede di 
impugnazione di merito o di legittimit� {6). 

I 

(Omissis). -Con il primo mezzo si denuncia la violazione dell'art. 
6 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 22 e 29 r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639, in relazione alle norme che regolano l'imposta generale sulrentrata 
e, particolarmente, l'art. 52 della 1. 19 giugno 1940, n. 762; per 
avere la Corte di merito affermato la giurisdizione del giudice ordinario 
a conoscere della questione di estimazione semplice in tema di i.g.e. 
(1-2-4-5) Con la presente sentenza, le Sezioni Unite della Cassazione hanno 
confermato la propria giurisprudenza .(sent. 27 luglio 1962, n. 2173), secondo cui 
in materia di violazione i.g.e., a differenza di quanto avviene nell'ipotesi di i.g.e. 
corrisposta in abbonamento, la competenza dell'Autorit� giudiziaria ordinaria si 
estende anche alle questioni di semplice estimazione che vertono su diritti soggettivi, 
con la conseguenza che deve escludersi la competenza del Consiglio di Stato. 

Tale affermazione, sui cui non appare possibile tornare a discutere, turba 
gravemente il sistema tradizionale e costantemente adottato della limitazione della 
competenza dell'a.g.o. in materia tributaria alle sole questioni di diritto e di cosiddetta 
estimazione complessa, onde appare auspicabile un intervento del legislatore 
che, estendendo a tutte le controversie relative all'i.g.e. la competenza delle commissioni 
amministrative, ristabilisca, anche in questa materia, la naturale competenza 
dell' a.g.o. per le sole questioni di diritto. 

(6) Fin quando tale intervento non .ha luogo, nelle �cause in corso, in relazione 
alle affermazioni contenute nella sentenza in nota, per la parte che qui 
interessa, sembra opportuno insistere nella tesi che limita la giurisdizione ordinaria 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1061 

non corrisposta in abbonamento, rispetto alla quale non � contemplato 

il ricorso alle commissioni tributarie. 

La censura � infondata. 

La legge istitutiva dell'imposta generale sulle entrate, r.d.l. 9 gen


naio 1940, n. 2, convertito, con modificazioni nella 1. 19 giugno 1940, 

n. 762; prevede le modalit� di riscossione dell'imposta, che pu� avvenire 
mediante applicazione di marche, a mezzo del servizio dei conti 
correnti postali, oppure in modo virtuale, vale a dire, in quest'ultimo 
caso, attr;:tverso la stipulazione di convenzioni di abbonamento annuali. 
I primi due sistemi sono disciplinati dagli art. 9 e segg., il terzo 
dall'art. 16. 

L'art. 52 della ricordata legge, dopo aver stabilito che per l'accertamento, 
la cognizione e la definizione delle violazioni finanziarie sono 
applicabili le norme contenute nella 1. 7 gennaio 1929, n. 4 (ricorso 
gerarchico all'Intendente ed indi al Ministero delle Finanze), prescrive 
che contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente o contro il decreto 
del Ministro Ǐ consentito gravame dinanzi alla Autorit� giudiziaria 
in sede civile �. 

Con l'art. 18 del d.l. 3 maggio 1948, n. 798, contenente nuovi prov~ 
vedimenti in materia di i.g.e., vennero disciplinate, sul piano giurisdizionale, 
le controversie in via amministrativa tra l'Amministrazione 
finanziaria ed i contribuenti -relative, per�, solo all'applicazione dell'imposta 
corrisposta in abbonamento -che vennero demandate in 
prima istanza ad una speciale sezione delle commissioni distrettuali ed 
in grado di appello alle commissioni provinciali di cui all'art. 16 del 

d.l.C.p.S. 27 dicembre 1946, n. 469. 
Il quesito che si pone alle Sezioni Unite � quello di stabilire se 
in tema di i.g.e. non corrisposta in abbonamento -come nella specie per 
la quale la legge non prevede il controllo giurisdizionale delle com


al controllo sul piano giuridico dell'iter logico segu�to per pervenire all'accertamento, 
e della regolarit� �.procedurale dell'accertamento stesso; dovendosi in ogni 
caso escludere, per la stessa ripartizione istituzionale delle attribuzioni fra i poteri 
dello Stato, che possa il giudice ordinario procedere ad indagini di mero fatto, che 
sostanzialmente dovrebbero condurre a rifare l'accertamento tributario (e questo 
vale sia di fronte ad accertamenti ordinari che ad accertamenti aventi ad oggetto 
infrazioni a leggi tributarie) in sede giudiziaria. 

Deve cio�, in ogni caso, restar fermo il principio -che attiene alla stessa 
divisione fra i poteri dello Stato, e sul quale, a ben vedere, si fonda la norma 
dell'art. 6 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E circa la sottrazione al giudice 
ordinario delle questioni di semplice estimazione -che l'autorit� giudiziaria 
ordinaria non ha veste per procedere all'accertamento tributario (come in realt� 
si chiede dai contribuenti in casi del genere), attraverso calcoli e conteggi, esami 
di libri contabili e simili, dai quali ricavare l'attivit� in concreto svolta dal contribuente 
e quindi l'entit� dell'imposta da pagare; n� ha veste per procedere a indagini 
e valutazioni di prove testimoniali -non ammesse nel procedimento tributario 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1062 

m1ss10ni amministrative, la competenza del giudice ordinario di cui 
al citato art. 52 si estenda a tutte le controversie che possono insorger� 
tra Amministrazione e contribuenti, comprese le controversie di semplice 
estimazione, quelle, cio�, in cui l'indagine, esclusa ogni questione 
di diritto, sia limitata ai fatti materiali costituenti il presupposto della 
imposizione fiscale. 

In proposito, la ricorrente Amministrazione finanziaria osserva: 

1) che, secondo un principio fondamentale della disciplina del 
contenzioso tributario, deducibile dall'art. 6 della 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, ali. E; ogni controversia di estimazione semplice � sempre sottratta 
alla giurisdizione del giudice ordinario. 
2) che la tesi secondo cui, non prevedendo la legge, in tema di 

i.g.e. corrisposta mediante marche o a mezzo di conto corrente postale, 
il ricorso alle commissioni tributarie amministrative, deve ritenersi ammissibile 
il rkorso al giudice ordinario a norma dell'art. 113 della Costituzione, 
sarebbe errata, in quanto la tutela giurisdizionale, invece, esisterebbe, 
potendo l'interessato impugnare i provvedimenti dell'Intendente 
o Ministro. presso il Consiglio di Stato in sede di legittimit� o, come 
fAmministrazione ritiene pi� esatto, presso le Commissioni distrettuali 
e provinciali in materia di imposte indirette, previste dall'art. 29 della 
7 agosto 1936, n. 1639. 

Queste tesi sono entrambe infondate. 

Che esista un principio� di portata generale, secondo cui, in materia 

tributaria, � di regola esclusa la competenza del giudice ordinario, per 
le questioni di estimazione semplice, � stato pi� volte affermato dalla 
giurisprudenza, deducendosi tale principio sia dall'art. 6 della legge 
sul contenzioso amministrativo (che, in verit�, secondo la sua formulazione, 
non contiene, di per s�, una limitazione, di carattere generale 
della competenza del giudice ordinario), sia, piuttosto, dall'art. 22 del 

r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, 
che, bench� dettato in tema di imposte dirette, si � ritenuto applicabile, 
in genere, anche alle imposte indirette (come l'i.g.e.). 
'Senonch�, l'errore d'impostazione del problema consiste nel fatto 
di ritenere il suindicato principio applicabile in ogni caso alle contro.
�' 
versie in tema di i.g.e., sia questa corrisposta nei modi normali che in 

al fine di determinare la consistenza del fatto imponibile; ma pu� e deve semmai, ..: 
contenere il proprio intervento all'esame della legittimit� del procedimento segu�to, 
da parte degli organi a ci� istituzionalmente preposti per pervenire all'accertamento. 
E questo vale tanto pi� nei casi in cui, come in quello sottoposto all'esame 
dell'Ecc.ma Corte Suprema, l'accertamento costituisce l'atto terminale di una 
procedura amministrativa-contenziosa, che si svolge fin dal momento iniziale in 
contraddittorio fra lAmministrazione e contribuente. 


(3) Massima esatta. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1063 

abbonamento, e cio� prescindendo dalla particolare disciplina della 
materia da parte del legislatore. 

Se, infatti, � vero che quasi tutte le leggi tributarie, in genere, 
contengono la distinzione tra questioni di estimazione semplice e complessa, 
per escludere nel primo caso la competenza del giudice ordinario 
e per ammetterla nel secondo, � pur vero che, proprio per il fatto 
che tali leggi hanno ritenuto necessaria questa precisazione, occorre 
esaminare quale sia la disciplina dettata per l'imposta di cui trattasi, 
per la quale la predetta distinzione non � stata posta. 

In materia di i.g.e., come si � visto, l'art. 52 della citata legge 

n. 762 del 1940, dopo la previsione del ricorso gerarchico all'Intendente 
ed al Ministro (e cio� alla stessa Amministrazione) stabilisce che contro 
provvedimenti delle predette Autorit� � consentito gravame al giudice 
ordinario; senza che, al riguardo, sia stata posta alcuna esclusione 
limitazione, e ci� ha una particolare rilevanza e non � senza significato, 
ove si consideri che nel precedente art. 51 della stessa legge, 
relativo alle controversie circa la valutazione dell'imposta derivante 
dalle operazioni compiute da istituti di credito, dopo la previsione del 
ricorso ad una speciale commissione tributaria, � esplicitamente stabilito 
che contro le decisioni di tali commissioni � ammesso il gravame 
in sede giudiziaria � per le questioni di diritto �. 

In questa ipotesi, come si vede, nella quale � prevista ,la tutela 
giurisdizionale in sede amministrativa, riaffiora la distinzione tra questioni 
di estimazione semplice e complessa ed il fatto che la legge, in 
due disposizioni successive, ammetta, nella prima, la possibilit� di adire 
il giudice ordinario senza limitazioni, mentre nella seconda restringe 
tale possibilit� per le sole questioni di diritto, dimostra l'intento del 
legislatore di voler limitare la competenza del giudice ordinario solo 
nel secondo caso e non anche nel primo. 

Che tale interpretazione debba considerarsi esatta discende, poi, 
da una ulteriore considerazione; se, infatti, deve sicuramente ammettersi 
che in tema di i.g.e. dovuta nei modi normali, diversamente da 
quanto � stato poi disposto per l'i.g.e. dovuta in abbonamento, non � 
previsto -come verr� spiegato -l'assoggettamento delle controversie 

commissioni aventi carattere giurisdizionale, non pu� la legge aver 
inteso sottrarre alla cognizione piena del giudice ordinario le questioni 
di estimazione semplice, giacch�, se cos� fosse, le parti interessate resterebbero 
prive di ogni garanzia giurisdizionale. 

Tale principio, secondo cui il giudice ordinario � giudice anche 
di fatto quando per la controversia di imposta non sia predisposto 
alcun organo di giurisdizione speciale amministrativa, � stato, peraltro, 
gi� affermato in tema di imposta di consumo (Sez. Un., 14 giugno 1954, 

n. 1990) e riaffermato in tema di i.g.e., corrisposta non in abbonamento 
(Sez. Un., 27 luglio 1962, n. 2173). 

...:::-��.< 
...:::-��.< 
RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

1064 

Sotto altro aspetto, alla medesima soluzione, si perviene in appli" 
cazione dell'art. 113 della Costituzione, secondo cui cc contro gli atti 
della p.a. � sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria ed 
amministrativa �. 

Nella materia in esame, ora, il ricorso alle Commissioni Tributarie 
� previsto solo per l'i.g.e. corrisposta in abbonamento {art. 18 citato 

d.l. n. 799 del 1948) e non anche per quella dovuta mediante marche 
o il servizio dei conti correnti; se, quindi, la competenza dell'Autorit� 
giudiziaria venisse limitata alle controversie aventi per oggetto questioni 
di estimazione semplice, ne deriverebbe che, per queste ultime, 
verrebbe meno ogni tutela giurisdizionale, in violazione del precetto 
costituzionale, posto che il ricorso all'Intendente ed al Ministro delle 
Finanze, non ins~aura, come � evidente, un procedimento di natura 
giurisdizionale. 
N� � esatto, come afferma la ricorrente Amministrazione, che la 
tutela giurisdizionale esisterebbe per la possibilit� di impugnare i provvedimenti 
dell'Intendente o del Ministro dinanzi al Consiglio di Stato 

o dinanzi alle Commissioni Tributarie previste dall'art. 29 della legge 
n. 1639 del 1936. 
Come � stato gi� affermato nelle citate decisioni di queste Sezioni 
Unite (n. 1990 del 1954 e n. 2137 del 1962), le norme tributarie, se da 
un lato danno diritto alla p.a. di riscuotere il credito di imposta, dal!'
altro danno egualmente diritto al contribuente di non subire una 
imposizione oltre i limiti stabiliti dalla legge. Esse, infatti, non tutelano 
un interesse generale ed occasionalmente un interesse del privato, ma 
tutelano direttamente ed immediatamente anche quest'ultimo interesse, 
che assume, quindi, la consistenza di un vero e proprio diritto soggettivo. 

Ci� posto, poich� la competenza giurisdizionale del Consiglio di ~ 
Stato, salvo i casi eccezionali nei quali si estende anche ai diritti sog.
�� 
gettivi (art. 29 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054) attiene soltanto agli atti 
amministrativi lesivi di interessi legittimi (art. 26 t.u. citato ed art. 103, 
comma primo, della Costituzione), e poich� tale discriminazione di 
competenza � assoluta, nel senso che non sarebbe consentita, fuori dei 
casi di giurisdizione esclusiva, una pronuncia del Consiglio di Stato 
su diritti soggettivi, � evidente la impossibilit� di ricorrere a tale 
Organo della giustizia amministrativa contro le decisioni dell'Intendente 
o del Ministro emesse in tema di i.g.e. dovuta nei modi normali. 

La sentenza delle Sezioni Unite 1� febbraio 1961 n. 207, richiamata 
dalla ricorrente, non si pone in contrasto con la suesposta tesi, ma anzi 
ne costituisce la conferma, in quanto, nel caso ivi esaminato, la controversia 
ricadeva su leggi doganali e venne ammessa la impugnabilit� 
dei decreti del Ministro delle Finanze dinanzi al Consiglio di Stato 
proprio perch� si ritenne che tali decreti, per il loro particolare con



PARTE I, SEZ. V,� GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1065 


tenuto, fossero lesivi non gi� di un. diritto soggettivo, bens� di un interesse 
legittimo. 
Del pari, inesistente � l'asserita possibilit� di ricorrere, per l'i.g.e. 
corrisposta nei modi normali, alle predette Commissioni Tributarie. 

Nelle controversie in tema di imposte indirette, infatti, la competenza 
delle Commissioni Amministrative prevista dal citato decreto 
� limitata alla imposta di registro, di successione, surrogazione, manomorta 
ed ipotecaria (art. 28) e tale elencazione � tassativa, per cui � 
da escludere dalla competenza di tali Commissioni ogni altra imposta 
indiretta, salvo espresso richiamo legislativo. 

D'altra parte, non � superfluo aggiungere che l'i.g.e. istituita con 
la citata legge del 1940, ha sostituito la vecchia tassa di scambio e, in 
relazione a quest'ultimo tributo, l'art. 28 del decreto n. 1639 del 1936 
stabil� una esplicita esclusione della competenza delle Commissioni 
Amministrative, precisando che continuavano ad avere applicazione le 
norme preesistenti. 

Pertanto, sotto ogni aspetto, deve ritenersi che, allorquando l'imposta 
sulle entrate non � corrisposta in abbonamento, ma mediante 
applicazione di marche ovvero per mezzo del servizio dei conti correnti 
postali, il giudice ordinario � competente a conoscere anche le 
questioni di estimazione semplice. 

Giova infine precisare che questo principio non si pone in contrasto 
con precedenti decisioni di queste Sezioni Unite, secondo le 
quali ogni questione di estimazione semplice in tema di i.g.e. � sottratta 
alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto tale criterio � stato 
ritenuto operante qualora si tratti di imposta dovuta in abbonamento, 
ed a tale forma di tributo si riferivano le predette decisioni. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Preliminarmente va esaminata l'eccezione di inammissibilit� 
del ricorso, proposta dal controricorrente, con la quale si 
sostiene che, avendo l'Amministrazione ricorrente proposto riserva di 
impugnazione avverso la sentenza che, affermata la giurisdizione dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria, rimetteva la causa in istruttoria, tale 
riserva non pu� dar luogo ad impugnazione finch� non sia emessa una 
sentenza definitva e che, non potendosi qualificare sentenza definitiva 
il successivo provvedimento con il quale la Corte d'Appello, revocata 
l'ordinanza, ha rimesso le parti al primo giudice, in quanto ha un mero 
contenuto ordinatorio, non vi � possibilit� di proposizione di un ricorso 
per cassazione nell'attuale stato della lite. 

La censura, per�, � palesemente infondata. 

Non � dubbio che la Corte di Napoli ha errato quando, dichiarata 

'i 

15 



1066 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la sussistenza della giurisdizione delrAutorit� giudiziaria ordinaria, che 
era stata negata dal Tribunale, in luogo di rimettere la causa dinanzi 
a questo, a' sensi dell'art. 353 c.p.c., ha trattenuto la causa, disponendo 
l'istruttoria del merito, ma non � dubbio, parimenti, che tale abnorme 
provvedimento non pu� essere �qualificato come sentenza definitiva, 
contro la quale debba essere proposto immediato ricorso, nel termine 
prescritto dall'art. 325, secondo comma, c.p.c., e che, invece, il successivo 
provvedimento, con il quale � stata pronunciata la rimessione della 
causa al primo giudice, ha efficacia e contenuto di sentenza definitiva, 
avverso la quale � pienamente ammissibile il ricorso, con gli effetti previsti 
dall'art. 361, secondo comma. 

Nel primo provvedimento, invero, difettava l'elemento che, solo, 
p:n� attribuire ad una pronuncia il carattere della definitivit�, e cio� 
la statuizione che pone termine alla fase giudiziaria dmanzi al giudice 
ehe l'emette. Bench� con quel provvedimento, infatti, fosse stata risolta 
l'unica questione sulla quale i giudici di appello erano abilitati a portare 
il loro esame, ttittavia quella pronuncia, cos� come era stata formulata, 
non era capace di produrre alcun effetto diretto, in quanto 

I

non rendeva possibile la �soluzione della controversia n� da parte dello 

stesso giudice, il quale si era riservato di pronunciarsi in seguito, n� 

I

da parte del giudice al quale la causa avrebbe dovuto ess�re rimessa, �; 
in quanto mancava, appunto, la pronuncia di rimessione, attraverso la 
quale soltanto la causa avrebbe potuto pervenire alla cognizione di 
questo. 

�Nel secondo provvedimento, invece, non � contenuta soltanto la 
pronuncia di revoca della precedente ordinaza, ma � anche contenuto 
il. completamento della proimnci� decisoria, con lemanazione di quella 
statuizione che nella prima mancava e che, appunto, ha reso possibile 
la chiusura della fase processuale, con lattribuzione della potest� decisoria 
al giudice ritualmente competente a decidere l'intera controversia. 
Il secondo provvedimento, cio�, pur non enunciando la soluzione di 
alcuna questione, contiene una pronuncia decisoria definitiva intorno 
�ll'attuazione del rapporto processuale. 

Deve essere affermato, quindi, che il provvedimento con cui il 
giudice d'appello, pur affermando la giurisdizione del giudice di primo 
grado, non rimette a questo le parti, ma trattiene irritualmente la causa 
per ulteriori pronunce, � da qualificare sentenza non definitiva, mentre 
il provvedimento che, revocando la precedente ordinanza istruttoria, 
rimette le parti al primo giudice, pur non contenendo la decisione 
intorno alla giurisdizione, � esso, ed esso solo, la sentenza definitiva 
di appello. 

Conseguentemente, mentre avverso la prima pronuncia � ammissibile 
sia l'impugnazione immediata sia la riserva di impugnazione, a' 
sensi dell'art. 361 c.p.c., avverso la seconda � senz'altro ammissibile il 



PARTE I, SEZ. V, GIUIUSPRUDENZA TRIBUTARIA 1067 

ricorso, nel termine prescritto dall'art. 325, secondo comma, dello stesso 
codice. 

Respinta, per queste ragioni, leccezione preliminare di inammissibilit�, 
va esaminato l'unico, complesso, motivo di ricorso proposto 
dalrAmministrazione ricorrente, che si rivolge contro la decisione contenuta 
nella sentenza non definitiva. 

L'Amministrazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 22 r.d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639, ed in generale delle norme che regolano l'imposta 
generale sull'entrata e l'accertamento delle violazioni in materia tributaria, 
nonch� contraddittoriet� di motivazione, sostiene che erroneamente 
la sentenza impugnata ha affermato la giurisdizione dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria sulla controversia, che concerne l'accertamento 
del valore tassabile con l'imposta generale sulle entrate. 

� L'Amministrazione ricorrente, cio�, premesso che nel caso in esame 
si tratti di estimazione semplice, e non, come ha affermato subordinatamente 
la sentenza impugnata, di estimazione complessa, sostiene che 
la presente controversia, come ogni altra relativa ad estimazione semJ),
lice, � sottratta alla giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria, in forza 
del principio generale enunciato dall'art. 6 della legge sul contenzioso 
amministrativo, bench� tale principio non sia stato recepito, con norma 
espressa, nella legislazione concernente l'imposta generale sull'entrata. 

La sentenza impugnata, invece, pur esprimendo incidentalmente 
l'avviso che nella specie si tratti di estimazione complessa, ha ritenuto, 
comunque, che il principio dell'esclusione delle controversie di estimazione 
semplice dall'ambito della giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria sia applicabile soltanto se ed in �quanto le controversie medesime. 
siano devolute a giurisdizioni speciali, e che, quindi, in materia 
di imposta generale sulle entrate il principio pu� essere applicato nelle 
ipot�si in cui l'imposta sia riscossa per abbonamento, in quanto l'art. 18 
del d.I. 3 maggio 1948, n. 799, prevede al riguardo il ricorso alle Commissioni 
distrettuale e provinciale delle imposte, ma non nelle ipotesi 
in cui la legge non prevede il ricorso ad alcun organo giurisdizionale, 
quale � quella delle controversie in materia di violazione delle norme 
relative all'applicazione dell'imposta medesima, in generale, per le quali 
l'art. 52 della legge istitutiva (d.I. 9 gennaio 1949, n. 2, conv. nella legge 
19 giugno 1940, n. 762), prevede unicamente il ricorso al Ministero delle 
Finanze, con riferimento alle norme poste dalla fogge 7 gennaio 1929, 

n. 4, per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie. 
Queste Sezioni Unite hanno gi� esaminato la questione, con la sentenza 
27 luglio 1962, n. 2173, risolvendola, in conformit� con altra precedente 
pronuncia relativa alla analoga questione sorta in materia di 
imposta di consumo {Cass., Sez. Un., 14 giugno 1954, n. 1990), nel senso 
accolto dalla sentenza ora impugnata. 



1068 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La difesa dell'Amministrazione ricorrente, non ignorando tali precedenti 
pronunce, ha insistito perch� la questione venga riesaminata, 
anche �l lume di nuove considerazioni, acutamente prospettate. 

Questo Collegio ritiene,. per�, di dovere confermare i principi enun. 
ciati nelle precedenti pronunce e di dovere negare che le tesi ora prospettate 
possano indurre ad una soluzione diversa. 

Il principio al quale s� sono informate le precedenti pronunce, �, 

invero, che l'interesse del privato contribuente ad essere assoggettato, 

o meno, alla contribuzione ed alla adeguata misura della contribuzione 
stessa � tutelato direttamente ed immediatamente, s� che assume la 
consistenza di diritto soggettivo, e che, pertanto, la giurisdizione sulle 
controversie concernenti la tutela di tale diritto spetta all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria tutte le volte che non sia predisposto un organo 
speciale di giurisdizione, con competenza esclusiva. E tale principio 
non sembr_a che possa essere posto in discussione. 
La precedente pronuncia, poi, che ha esaminato specificamente 
la questione che qui si discute, ha affermato che in materia di violazioni 
alle leggi sull'imposta generale sulle entrate le leggi speciali non 
prevedono l'attribuzione delle controversie a speciali organi di giurisdizione; 
ed anche tale affermazione non pu� essere seriamente contestata, 
giacch� il citato art. 52 della legge istitutiva ammette, in caso di 
contestazioni, soltanto il ricorso al Ministro. 

~ vero che in passato venne avanzata l'ipotesi che nei casi in cui 
al Ministro � attribuita la cognizione delle contestazioni in materia di 
violazioni di leggi tributarie, al Ministro stesso fosse attribuita una funzione 
sostanzialmente giurisdizionale, ma tale tesi � ormai unanimamente 
respinta, s� che non pu� dubitarsi che l'atto del Ministro, che si 
pronuncia sopra il ricorso, � un atto amministrativo. 

Tuttavia, l'Amministrazione ricorrente prospetta, nelle sue difese, 
l'ulteriore ipotesi che, invece, le controversie medesime siano egualmente 
devolute a giurisdizioni speciali, proponendo due diverse soluzioni. 


Nel ricorso, infatt~ richiamando i principi generali del diritto 
amministrativo e la giurisprudenza di questa Corte in materia di 
imposte doganali, si sostiene che competente a conoscere dei ricorsi 
avverso il provvedimento del Ministro sia il Consiglio di Stato; nella 
memoria, poi, invocando le norme contenute negli artt. 22, 28 e 29 del 

d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, si 
sostiene che le controversie, di cui si tratta, non si sottraggono alla 
giurisdizione delle Commissioni tributarie competenti in materia di 
imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza. 
Queste Sezoni Unite non ritengono, per�, che alcuna di tali proposizioni 
meriti accoglimento. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1069 

La prima posizione trova netta smentita, invero, nelle stesse pronunce 
invocate (Cass., Sez. Un., 1� febbraio 1961, n. 207, e 4 aprile 1964, 

n. 733), nelle quali si trova chiaramente precisato che intanto pu� 
essere riconosciuta la competenza del giudice amministrativo in relazione 
a provvedimenti in materia di imposta, in quanto all' Amministrazione 
sia attribuita una potest� discrezionale di valutazione, che 
valga a configurare la posizione del _singolo come interesse legittimo, 
e non come diritto soggettivo. 
N� pu� essere accolta la tesi che ogni provvedimento di estimazione 
semplice sia da considerare come provvedimento discrezionale; 
che, anzi, va confermato quanto nella seconda delle pronunce citate 
si trova inequivocabilmente precisato al riguardo, e cio� che l'accertamento 
del valore, costituendo uno dei presupposti del potere di imposizione, 
e quindi dell'assoggettamento del privato alla prestazione tributaria, 
attiene direttamente al diritto soggettivo del singolo all'adeguatezza 
dell'imposizione. 

La seconda proposizione trova smentita nello stesso sistema della 
legislazione in materia di imposta sull'entrata, giacch� nella legge istitutiva 
risulta in modo inequivoco che la materia della violazione fu 
sottratta alla competenza delle Commissioni tributarie, per essere devoluta 
all'Intendente di finanza ed al Ministro, e che, nelle successive 
modificazioni, la giurisdizione delle Commissioni medesime � stata 
prevista soltanto in relazione ad ipotesi particolari e con modificazioni 
alla disciplina generale delle Commissioni medesime (art. 19, d.l. 3 maggio 
1948, n. 799, cit.). 

Da ultimo, poi, la difesa dell'Amministrazione ricorrente sostiene 
che, qualora anche si debba ritenere che la giurisdizione sulle controversie, 
di cui si discute, spetti all'Autorit� giudiziaria ordinaria, erroneamente 
le sentenze impugnate hanno omesso di specificare i limiti della 
cognizione del giudice ordinario, e che anzi la prima, dando ingresso, 
sia pure irritualmente, all'accertamento sul merito, ha implicitamente 
ritenuta ammissibile una cognizione piena, in violazione dei principi 
generali che regolano il contenzioso amministrativo. Con riferimento 
' a tale censura, l'Amministrazione ricorrente chiede, quindi, che questa 
Corte enunci espressamente i limiti cui dovr� attenersi il giudice del 

merito nell'esame della presente controversia. 

Ma va rilevato che non spetta al giudice che, in qualsiasi grado, 
pronunci sulla giurisdizione, fissare i principi ai quali il giudice competente, 
cui la controversia � devoluta, debba attenersi nel successivo 
giudizio di merito. Compete, invece, al giudice del merito determinare 
i criteri ed i limiti del giudizio, che gli viene attribuito e solo ove sia 
impugnata la sua pronuncia potr� aver luogo un sindacato su tali valutazioni, 
in' sede di impugnazione di merito o di legittimit�. -(Omissis). 



1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE; Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1594 -Pres. 
Mastrapasqua -Est. Malfitano -P.M. Di Majo (conf.) -Ministero 
Finanze {avv. Stato Graziano) c. Cammarata e Taormina. 

Imposta di registro -Contenzioso -Ricorso all'autorit� giudiziaria 
ai sensi dell'art. 29, terzo comma, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 Decadenza 
ex art. 41 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 -Esclusione. 

Imposta di registro -Contenzioso -Ricorso all'autorit� giudiziaria 
ai sensi dell'art. 29, terzo comma, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 Decadenza 
ex art. 146 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 -Applicabilit�. 


Il ricorso alfautorit� giudizi�ria previsto dall'art. 29, comma terzo; 
del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, contro le decisioni delle Commissioni 
provinciali in materia di imposte indirette sui trasferimenti della rie~ 
chezza per quanto attiene alla determinazione del valore nei due casi 
tipici previsti (grave ed evidente errore di apprezzamento, mancanza 
ed insufficienza� di calcolo nella determinazione del valore) � svincolato 
dalla decadenza prevista dalfart. 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, nell'ipotesi 
di mancata notificazione della decisione della Commissione 
da parte dell'Amministrazione finanziaria, nel termine di sessanta giorni 
dalla data di ricevimento, che concerne unicamente il procedimento 
innanzi le Commissioni tributarie distinto da quello innanzi ai tribunali 
per il quale l'ordinamento giuridico disciplina la proponibilit� della 
relativa qzione con apposite norme nelle varie leggi tributarie (1). 

Unica decadenza comminata dalla legge del registro per il ricorso 
alr autorit� giudiziaria ex art. 29, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, � 
quella contenuta nelrart. 146 stessa legge che consegue alla mancata 
proposizione del ricorso medesimo, sia da parte dell'Ufficio che del 
contribuente, nel termine di sei mesi dalla data di notificazione della 
decisione della Commissione provincial� (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo si censura la sentenza impugnata 
per avere� ritenuto che il ricorso all'Autorit� giudiziaria contro le deci-. 
sioni della Commissione provinciale delle imposte in materia di determinazione 
del valore, previsto dall'art. 29, terzo comma, del r.d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639, non dia luogo a un giudizio autonomo ex novo ma si 

(1-2) Con la riportata sentenza le Sezioni Unite della Corte Suprema, investite 
dell'importante questione per dirime~e la divergenza di opinioni manifestate 
dalle contrastanti sentenze 23 marzo 1957, n. 988, e 11 marzo 1958, n. 828, hanno 
accolto in ogni sua parte la tesi sostenuta dall'Amministrazione. 

Il contrario avviso contenuto nella citata sentenza n. 828 del 1958 si fondava 
su un duplice ordine di considerazioni. � 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA �TRIBUTARIA 1071 

configuri corne una impugnazione di legittimit� diretta ad ottenere 
l'annullamento della decisione impugnata e la remissione della contro-. 
versia alla stessa cornrnissione tributaria e instauri, quindi, un giudizio 
che costituisce lo svolgimento e la prosecuzione del giudizio arnrninis_
trativo carne una fase del procedimento rnedesirno e che, conseguen-ternente, 
al menzionato ricorso all'autorit� giudiziaria sia applicabile 
la decadenza espressamente prevista dall'art. 41 del r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516, qualora lAmministrazione finanziaria non abbia provveduto, 
carne si � verificato nella specie, alla noti;f�cazione della decisione della 
commissione provinciale nel terrnirie di sessanta giorni dalla data dii 
ricevi_rnento di essa. Al riguardo si deduc_e che le decadenze comminate 
negli artt. 35; 41 e 45 del decreto n. 1516 del 1937 operano soltant0 
nell'ambito del procedimento davanti alle Cornrnissioni tributarie, m�n-tre 
i termini ele eventuali decadenze per la proposizione delle domande 
davanti l'autorit� giudiziaria sono stabilite nelle varie leggi tributarie 
e, in particolare per quanto riguarda le controversie in materia, di 
imposte indirette sugli affari, nell'art: 146 della legge di registro. � 
La questione � stata gi� oggetto di esame da parte di questa Corte 
Suprema, la quale, a se;?:ione semplice, mentre con la sent�nza n. 828 
del 1958 ha enunciato il principio cui si � uniformata la sentenza impugnata, 
con la precedente sentenza n. 988 del 1957 aveva affermato 
l'opposto principio richiamato dall' Arnrninistrazione a sostegno del proprio 
ricorso. 

Ora queste Sezioni Unite, riesaminata la questione, ritengono che 
quest'ultimo principio debba essere riaffermato. 

Invero, le norme contenute nel decreto n. 1516 del 1937 regolano 
esclusivamente la costituzione e il funzionamento delle commissio;ni 
tributarie per le imposte dirette .e indirette sugli affari e ci� lungi eia 
og;ni riferimento al procedimento davanti ai tribunali ordinari i quali 
hanno competenza e giurisdizione per tutte le cause di imposte e tasse 
(artt. 9 c.p.c., 2 �e 6 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E e 113 della Costituzione). 


In quel decreto si premette che le decisioni di dette Commissioni 
(distrettuale, provinciale, centrale) si intendono pubblicate nella data 
di ricevimento delle decisioni medesime da parte dell'ufficio delle imposte 
o del registro (artt. 34, 41, 48). Viene poi su questo presupposto 
di pubblicazione regolato il relativo procedimento in appello, stabilen~ 

Da un lato si sosteneva la portata generale della norma contenuta nell'art. 41 

r.d. n. 1516 del 1937 che avrebbe esteso � la decadenza ex art. 35 ad ogni impugnativa 
consentita contro le decisioni della Commissione provinciale, e quindi anche 
all'impugnazione ex art. 29, terzo comma, r.d. n. 1639 del 1936 avanti l'a.g.o n; 
dall'altro, premessa la configurazione dell'azione giudiziaria, consentita da tale 
ultima norma, come � una fase eventuale del giudizio amministrativo di accerta

1072 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

dosi che f ufficio decade da questa impugnativa qualora la decisione 
di prima istanza non venga notificata a cura dell'ufficio stesso entro 
sessanta giorni da quello della data di pubblicazione (art. 35). 

E analogamente dispone per f impugnativa dell'ufficio contro la 

decisione della Commissione provinciale, alla Commissione Centrale 
(art. 45, terzo comma). 

Ipotesi, quindi, ben delineate e tassative circa la decadenza dell'ufficio 
dal diritto d'impugnazione di quelle decisioni, le quali, per la 
verificatasi decadenza, divengono definitive; il che vuol dire che se 
lobbligo della notificazione entro il previsto termine funziona da elemento 
condizi�nante la impugnativa dinanzi al giudice speciale (Commissione 
Centrale o provinciale, a seconda dei casi) ci� implica che un 
effetto preclusivo, per la continuazione del procedimento, non pu� 
intendersi che nell'ambito delle sole Commissioni tributarie. 

Se dunque le norme di cui si discute non riguardano sicuramente 
il procedimento dinanzi al giudice ordinario, stante la diversa struttura 
dei due procedimenti, si delinea agevolmente che il ricorso all'autorit� 
giudiziaria ex art. 29, terzo comma, r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, contro 
le decisioni delle Commissioni provinciali in materia di imposte indirette 
per quanto attiene alla determinazione del valore nei due casi 
tipici previsti (grave ed evidente errore di apprezzamento -mancanza 

o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore) � svincolato 
dalla decadenza prevista dall'art. 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, 
decadenza che concerne, come innanzi si � rilevato, unicamente il 
procedimento innanzi le Commissioni Tributarie. 
Non pu� infatti configurarsi che norme proprie di un procedimento 
quali sono quelle sulla decadenza per f ufficio dal diritto d'impugnativa 

mento delle imposte � in quanto diretta alla impugnativa di mera legittimit� delle 
decisioni della Commissione provinciale, si riteneva conforme al sistema l'estensione, 

all'azione giudiziaria ridetta, della decadenza comminata dal citato art. 41 allo 
scopo di " evitare al contribuente di veder protratta indef�nitivamente la risoluzione 
della vertenza tributaria �. 
Le Sezioni Unite hanno disatteso il primo ordine di considerazioni con un'ar_
gomentazione fondata sul sistema nel quale si inquadra il r.d. 1516 del 1937. 
Se, infatti, le norme in esso contenute hanno, per esplicita volont� del legislatore 
(art. 45 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) e per il loro contenuto, un ambito di applicazione 
limitato alla costituzione delle Commissioni tributarie, al loro funzionamento 
ed al procedimento dinanzi ad esse, non � possibile estenderne la portata al procedimento 
davanti al giudice regolato, in via del tutto autonoma, da altre disposizioni. 
Deve peraltro aggiungersi che la stessa lettera della legge, invocata dalla 
sentenza 828 del 1958, conferma quanto sopra: l'art. 41 del r.d. n. 1516 del 1937 
parla infatti " di ricorsi in appello '" mentre lazione giudiziaria, anche quella 
definita " ricorso � dall'art. 29, terzo comma, d.l. n. 1639 del 1936, non � mai un 
appello dalla decisione della Commissione delle imposte; inoltre appare chiaro come 
il richiamo che nell'art. 41 si fa all'art. 35 mira soltanto a ribadire la " decadenza f~ 
�: 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1073 

delle decisioni delle Commissioni tributarie e che operano, ripetesi, unicamente 
nell'ambito del procedimento medesimo, estendano la loro efficacia, 
ossia formino un unicum con il procedimento innanzi i tribunali 
per il quale l'ordinamento giuridico disciplina con apposite norme la 
proponibilit� della relativa azione nelle varie leggi tributarie. 

Cos� per quanto concerne la fattispecie in esame, l'art. 146 della 
legge di registro, fissa, a pena di decadenza, in sei mesi il termine per 
ricorrere alla Autorit� giudiziaria in tutte le controversie riguardanti 
le imposte e le sopratasse stabilite dalla legge stessa, controversie che 
abbiano formato oggetto di decisione amministrativa; termine questo 
che decorre sia per l'ufficio che per il contribuente dalla data di notificazione 
della detta decisione. 

E poich� le controversie indicate nell'art. 29, terzo comma del 

r.d. 1639 del 1936 riguardano anche quelle concernenti i casi di grave 
errore di apprezzamento ed insufficienza di calcolo nella determinazione 
del valore (e ci� in deviazione dal normale principio che non 
consente al giudice ordinario di conoscere, in materia di registro, di 
questioni ,che attengano alla semplice estimazione, per cui, in questa 
particolare ipotesi, il potere di detto giudice � limitato all'annullamento 
o .alla conferma della decisione impugnata), ne deriva ineluttabilmente 
che per questa eccezionale impugnazione l'unico termine da 
osservare � quello del cennato art. 146 della legge di registro, ossia 
di sei mesi dalla data di notificazione della decisione della Commissione 
provinciale. 
Nella specie, essendo pacifico ,che la decisione 19 maggio 1953 
della Commissione provinciale di Palermo, pervenuta all'ufficio il 26 maggio 
successivo fu notificata al Taormina il 12 settembre 1953, il termine 

dal dirito di apello � stabilita appunto dall'art. 35. Non si vede, quindi, come sia 
possibile attribuire al citato art. 41 quella portata, non solo generale, ma addirittura 
di cardine nel sistema di decadenze dall'azione dinanzi all'a.g.o. 

In realt�, come hanno ben visto le Sezioni Unite, la sedes materiae ordinaria 
delle norme concernenti i termini, le eventuali decadenze ed i limiti per la proposizione 
dell'azione giudiziaria, deve ricercarsi nelle singole leggi tributarie ed in 
particolare, per quanto riguarda le controversie in materia di imposte indirette 
sugli affari, nell'art. 146 della legge di registro. 

Ne a tale regola si sottrae il ricorso consentito dall'art. 29, terzo comma, 

d.l. n. 1639 del 1936. I limitati poteri ivi attribuiti al giudice ordinario, in deroga 
al generale principio che esclude dalla competenza dell'autorit� giudiziaria le questioni 
di estimazione semplice (art. 6, I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e disposizioni 
successive), se autorizzano a parlare di giurisdizione di mera legittimit� o di 
mero annullamento, non consentono affatto di snaturale l'azione giudiziaria trasformandola 
in una fase del contenzioso amministrativo. 
Per riuscire persuasiva, la tesi qui contrastata avrebbe dovuto perlomeno spiegare 
in quale modo il giudice ordinario possa inserirsi in un procedimento di 
giurisdizione speciale senza avere n� i relativi poteri, n� la corrispondente struttura 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1074 

di sei mesi per l'impugnazione di tale pronuncia davanti al giudice 

'ordinario non era sicuramente scaduto al momento in cui r Amministra


zione delle finanze, con la citazione del 27 gennaio 1954, instaur� il 

giudizio innanzi al Tribunale di Palermo chiedendo rannullamento della 

decisione stessa per mancanza assoluta di calcolo e p~r grave, evidente 

errnre di apprezzamento. 

Ogni altra considerazione � superflua, ditalch� la impugnata pronuncia, 
che dai principi sin qui affermati si � discostata, deve essere 
cassata con rinvio ad altra Corte d'Appello che, nel nuovo esam~, si 
atterr� al principio secondo ,cui unica decadenza comminata dalla legge 
del registro per il .�ricorso alla Autorit�� giudiziaria ex art. 29; � terzo 
comma stessa legge, � quella che consegue alla mancata proposizione 
�del ricorso medesimo; sia da parte dell'ufficio che del contribuente, nel 
termine di sei mesi dalla data della notificazione della decisione �della 

Commissione� provinciale. -{Omissis). 

e per converso giustificare .come un procedimento di giurisdizione speciale possa 

svolgersi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria. 

L'evidente impossibilit� di risportder� positivamente a tali quesiti, conferma 

che anche le �ontroversie ex art. 29, terzo comma, devono nettamente distinguersi, 

sotto il profilo concettuale e normativo, dai procedimenti dinanzi alle Commissioni 

delle imposte dalla . cui specifica disciplina non mutuano alcuna disposizione. 

Le Sezioni Unite hanno infine disatteso, con eloquente silenzio, lo specioso 

argomento secondo cui le norme che comminano la decadenza dovrebbero appli


carsi anche nelle controversie previste dal cit. art. 29, terzo comma, perch� ispi


rate al fine di contenere entro ragionevoli limiti temporali la durata delle contro


versie tribut;uie. . 

� infatti evidente che tale interpretazione della norma varrebbe tutt'al pi� a 

segnalare un inconveniente della vigente disciplina, non a realizzarne la pretesa 

finalit� perch� alla supposta decadenza dell'Ufficio per tardiva notifica, non corri


sponderebbe affatto analoga decadenza del contribuente, il quale conserverebbe 

pur sempre il diritto di impugnativa dinanzi all'a.g.o. entro i sei mesi dalla notif�ca 

della decisione della Commissione. 

R. SEMBIANTE 

SEZIONE SESTA SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE .PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 marzo 1965; n. 462 -Pres. Pece ~ 
Est. Gambogi -P.M. Pedace (conf.) -Consorzio Interprovinciale 
fra cooperative di produzione e di lavoro di Genova (avy.ti Fa;n.. 
ciani, B'evilacqua) c. Fallimento di V. Frunzo (avv. �Appiani). ,,:.. �. 

Fallimento -. Clausola compromissoria contenuta iD. contratto . Inefficacia. 


Contratti pubblici -Enti pubblici diversi dallo StatQ -:aichiamo 
al capitolato generale per gli appalti di opere pubbliche ... 
Valore negoziale. 
(c.p.c., art. 806; legge fallimentare, artt. 24 e 52). 

La dichiarazione di fallimento, se interviene prima della costitu;;. 
zione del collegio arbitrale, fa venir meno refficacia' della clausola com'promissoria 
ex contractu stipulata anteriormente dalfimprenditore poi 
fallito (1). � 

Mentre le clausole del Capitolato generale dello Stato per gli appalti 
delle opere pubbliche hanno natura regolamentare, ha invece 
carattere negoziale il richiamo che di quelle clausole viene fatto nei 
c�pitolati predisposti dagli enti pubblici diversi dallo Stato (2). 

(1-2) Mentre, in ordine al problema oggetto della seconda massima; si osserva 
che la breve motivazione della sentenza in rassegna non appare esauriente (si 
rimanda alle note di G. DEL GRECO, Sulla natura giuridica del Cap.itolato di appalto 
della Gestione Case per lavoratori, ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 603 e segg. e 
di F. CARus1, Spunti in tema di efficacia regolamentare del Capitolato Generale! 
oo.pp, e di rinvio alle sue norme, in questa Rassegna, 1965, I, 225 e segg., in part. 
232 e segg., ove anche riferimenti di legislazione, dottrina e giurisprudenza), si 
correda la prima massima in rassegna della seguente nota di commento. 

Effetti� del fallimento sulla clausola compromissoria. 

L'affermazione secondo cui la clausola compromissoria diviene inoperante ex 
lege per effetto della dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti � costante 
nella giurisprudenza della Corte di Cassazione. Le prime enunciazioni del principio 
possono rinvenirsi nella sentenza 17 novembre 1926 (Pea c. Venturelli, Dir. fall.; 



1076 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Poich� la sentenza impugnata ha ritenuto il carattere 
obbligatorio ed assoluto della competenza arbitrale stabilita dai capitolati 
di appalto relativi alle costruzioni per la gestione dell'INA-Casa, 
� pregiudiziale l'esame del secondo mezzo del ricorso, col quale si 
contesta appunto tale carattere normativo della clausola compromissoria 
in questione. 

La contestazione � fondata. 

Per giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (sentenze 

n. 1266 del 1963; n. 1474 del 1959; n. 923 del 1958) solo le clausole del 
Capitolato generale dello Stato per gli appalti delle opere pubbliche 
1927, 146); 20 dicembre (Bucchetti c. Agip, Foro it., 1985, I, 262) e 22 giugno 
1942, n. 1754 (inedita, la massima � in Foro it., Mass., 1942, 414); pi� recentemente 
il principio risulta confermato, prima che nella sentenza che si annota, nelle 
sentenze 12 gennaio 1956, n. 30, Foro it., 1956, I, 528; Giust. civ., 1956, I, 209 e 
Dir. fall., 1956, II, 57; 4 agosto 1958, n. 2866, Foro pad., 1958, I, 970; Giust. civ., 
1959, I, 130; Dir. fall., 1958, Il, 590; 18 maggio 1959, n. 1474, Giur. it., 1959, I, 
1, 838; Foro it., 1959, I, 848 e Giust. civ., 1959, I, 1751; nonch� -a quanto � 
dato comprendere dalla massima -nella sentenza 18 novembre 1961, n. 2694, 
Giur. it., Rep., 962, 1815, mass. 189. 

Le pi� antiche delle citate sentenze, invero, affermano soltanto che il fallimento 
non travolge il giudizio arbitrale gi� pendente, rimanendo cos� inespressa 
la implicita adesione della giurisprudenza all'opinione espressa dal MORTARA (nel 
Commentario, 1928, voi. III, 71) secondo il quale il fallimento produrrebbe la 

� decadenza del compromesso � in quanto questo non sarebbe " perfetto � che 
con l'accettazione dell'incarico da parte degli arbitri. 
Solo nelle sentenze pi� recenti viene enunciato chiaramente che il fallimento 
priva di efficacia la clausola compromissoria. A sostegno di questa affermazione 
si adducono: o la inopponibilit� della clausola compromissoria ali' Amministrazione 
fallimentare � in quanto non pu� dirsi che il curatore succeda al fallito � (nella 
sentenza n. 30 del 1956); o il " carattere funzionale e inderogabile � della competenza 
del tribunale fallimentare a conoscere delle cause che derivano dal fallimento 
{nella sentenza n. 2866 del 1958); o l'argomentazione secondo cui "la 
clausola compromissoria presuppone...... la fiducia che una parte ripone nella scelta 
che la controparte far� del proprio arbitro � (nella sentenza n. 1474 del 1959); 

o (nella medesima sentenza) la configurazione della clausola compromissoria come 
contratto avente � efficacia e valore preliminare... s� che la sua stipulazione d� 
luogo ad una fattispecie incompleta... produttiva soltanto di alcuni effetti preliminari 
�; o, infine (nella sentenza che si annota), l'argomentazione secondo cui i 
crediti nei confronti del fallito non possono essere fatti valere " se non attraverso 
la procedura di accertamento stabilita dagli artt. 52 e 92 e segg. della legge 
fallimentare �. 
Il riferito orientamento giurisprudenziale -anche in relazione alle argomentazioni 
addotte a suo sostegno -non pare possa andare esente da critiche. In 
primo luogo, la questione relativa alla possibilit� di un giudizio arbitrale in materie 
attribuite alla competenza del giudice delegato o a quella del tribunale fallimentare, 
non pu� essere risolta sulla base dell'art. 24 della legge fallimentare, posto che 

I

tale disposizione quando attribuisce al tribunale fallimentare la competenza a 
conoscere delle controversie derivanti dal fallimento, detta una norma regolatrice 
della competenza dei diversi giudici appartenenti all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria, 

I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURI$. IN MATERlA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1077 

hanno natura regolamentare, mentre ha carattere negoziale il richiamo 
che di quelle clausole viene fatto nei capitolati predisposti dagli enti 
pubblici diversi dallo Stato. 

La sentenza impugnata, per vero, si � richiamata specificamente 
al capoverso dell'art. 6 del d.P. 22 giugno 1949, n. 340, per sostenere da 
altro punto �li vista il carattere obbligatorio della competenza arbitrale 
ivi prevista; ma nemmeno tale richiamo � rilevante all'uopo. 

Infatti, la predetta disposizione non vincola in modo assoluto le 
parti alle norme del Capitolato Generale dello Stato; al contrario prevede 
espressamente la possibilit� che le parti convengano di adottare 

ma non riserva a questa Autorit� la materia delle cause derivanti dal fallimento e cio� 
non esclude la possibilit� di un giudizio arbitrale (in tal senso, CAPACCIOLI, L'amministrazione 
fallimentare di fronte all'arbitrato, Riv. dir. proc., 1959, 534 e segg.). 

L'ordine attribuisce in via generale ai soggetti il potere di �far decidere da 
arbitri le controversie tra di loro insorte n (art. 806 c.p.c.) o quelle che potranno 
nascere da un contratto (art. 808 c.p.c.), e quindi attribuisce il potere di stipulare 
quei negozi (compromessi o clausole compromissorie) che hanno per � causa 11 il 
deferimento della lite agli arbitri. Questo generale potere incontra certamente dei 
limiti, ma -evidentemente -i limiti hanno carattere eccezionale e debbono 
perci� essere posti da norme espresse o quanto meno da norme ricavabili dal 
sistema. Cos� esplicitamente l'art. 806 c.p.c. esclude la deferibilit� agli arbitri delle 
controversie concernenti diritti indisponibili (oltre ad altre ipotesi specificatamente 
indicate); mentre implicitamente il giudizio arbitrale � escluso, ad esempio, nelle 
controversie nelle quali � previsto l'intervento del Pubblico Ministero. Pu� comun� 
que escludersi che le norme che attribuiscono le controversie insorte in una determinata 
materia ad un ufficio giudiziario anzich� ad altro ufficio giudiziario contengano 
implicitamente l'esclusione per quella materia del potere dei soggetti contendenti 
di deferire la lite ad arbitri. '.� sufficiente considerare quanto assurdo sarebbe 
escludere la deferibilit� ad arbitri delle cause di cui all'art. 8, n. 2 e n. 4 c.p.c. 

Tuttavia, quando si supera l'argomentazione fondata sul disposto dell'art. 24 

citato, non si esaurisce affatto la trattazione della questione relativa alle conseguenze 

del fallimento sulla competenza arbitrale; altre norme della legge fallimentare, 

coordinate con la disciplina dell'arbitrato, limitano il potere di adire la giustizia 

arbitrale. Cos�, anzitutto l'art. 52, secondo comma, l.f. esclude la possibilit� che 

l'accertamento del passivo o anche l'accertamento di singoli debiti possa avvenire 

in sede arbitrale, o comunque fuori dell'ambito del procedimento previsto dagli 

artt. 92 e segg l.f. (in parte contraria, senza una esplicita considerazione dell'art. 52 

l.f., l'opinione del CAPACCIOLI, op. cit., 539). Un secondo limite alla competenza 

arbitrale pu� ricavarsi dal sistema e concerne le azioni revocatorie; non �, infatti, 

possibile la stipulazione di una clausola compromissoria (o anche di un compro


messo) anteriore al fallimento, avente ad oggetto delle controversie nelle quali 

-salva l'ipotesi della revocatoria ordinaria -viene esercitato un potere, che sorge 

solo con la dichiarazione di fallimento ed al cui esercizio � legittimata solo l'ammi


nistrazione fallimentare. 

La competenza arbitrale non pu� invece ritenersi esclusa, almeno per quanto 

concerne i limiti al potere di � far decidere da arbitri " (ossia i limiti operanti sul 

piano della competenza), nelle controversie -ancorch� � derivanti n o � influen


zate 11 dal fallimento -concernenti le azioni con le quali l'imprenditore poi fallito 

(dopo il fallimento sostituito dall'amministrazione fallimentare) fa valere un proprio 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1078 

capitdla:ti diversi, sia pure dopo una valutazione della idoneit� di essi; 
E tale possibilit� � sufficiente ad escludere il carattere obbligatorio 
assoluto della clausola compromissoria di cui si discute; che ne richiederebbe, 
invece, la imposizione ex lege in ogni caso e con riferimento 

ad una composizione del Collegio arbitrale che fosse anche essa direttamente 
predisposta dalla legge (Sez. Un., sent. n. 2250 del 1950). 

Ritenuto cos� che anche nel caso di specie si verte in una ipotesi 
di normale competenza arbitrale a carattere �Convenzionale, resta assorbito 
il problema della prevalenza o meno della competenza del Tribunale 
faliimentare in relazione ad altre eventuali competenze a carattere 
funzionale. 

diritto reale o di credito, le azioni costitutive relative ai " rapporti giuridici preesii>
tenti al fallimento '" le azioni reali immobiliari contro il fallito. Nessuna norma 
CiJSplicita o implicita, infatti, impedisce che la decisione di ,queste controversie� sia 
resa da arbitri anzich� dal giudice ordinario competente (sia esso o meno il Tribunale 
fallimentare);. e in difetto di una siffatta deroga non si vede come possa privarsi 
di efficacia la clausola compromissoria e il compromesso stipulato anteriormente al 
~allimento nell'esercizio di un potere ai soggetti contraenti attribuito dall'ordinamento. 

A sostegno della affermata " inoperativit� � della clausola compromissoria non 
pu�� per� neppure addursi che la clausola stessa sarebbe 11 inopponibile all'amministrazione 
fallimentare � (nel senso della inopponibilit� si � espresso AzzoLINA, Il 
fallimento, 1953, II, 1049). Sembra infatti che alla base della tesi, secondo cui la 
clausola compromissoria sarebbe inopponibile all'Amministrazione fallimentare, si 
cela un equivoco: e precisamente lerronea. opinione che i contratti stipulati dallo 
ir.prenditore prima del ,suo fallimento non vincolino detta amministrazione. In 
realt�, il principio di diritto -cui numerosi articoli della legge fallimentare danno 
applicazione o a)lche apportano deroga o correzione -� che lAmministrazione 
fallimentare . subentra in tutte le situazioni soggettive del fallito, e che quindi alla 
stessa sono oppor�ibili i contratti stipulati dall'imprenditore prima del suo fallimento; 
tanto � vero che l'art. 44 l.f. esplicitamente dichiara inopponibili <il fallimi;
into. solo gli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento (cfr. 
anche art. 50, terzo comma, l.f.), ed anche gli artt. 72 e segg. l.f. sostanzialmente 
confermano ,il. principio dell'efficacia dei contratti stipulati prima del fallimento, 
ove . solo si consideri che, se lopposta tesi fosse esatta, essi si rivelerebbero del 
tutto superflui. 

Ancora, a sostegno della massima che si commenta non pu� essere addotto 
che l'amministrazione fallimentare sarebbe priva,. non � chiaro se della capacit� 

o :del .potere di nominare l'arbitro (o gli arbitri) in sostituzione del fallito. Ora, per 
quanto attiene alla capacit� del fallimento di nominare (e quindi anche di sostituire) 
arbitri, essa pu� ritenersi riconosciuta dalla stessa legge fallimentare, quando 
~ come si � visto sopra -agli artt. 43 e 35 riconosce all'amministrazione fallimentare 
l~ capacit� di essere parte in un giudizio arbitrale sia in corso sia successivo 
al fallimento. 
E che il curatore abbia il potere (o se si preferisce la legittimazione) per 
emettere l'atto di nomina dall'arbitro disce~de da ci� che, in linea di principio, 
l'ufficio fallimentare sostituisce il fallito in tutti i diritti soggettivi, i poteri e le 
facolt�, negoziali processuali ed effettuali, che attengono a rapporti patrimoniali 
(art. 31 l.f.), eccezion fatta per quei diritti soggettivi, poteri e facolt�, che si estin


. =~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1079 

Per affermare, invece, la prevalenza della competenza del Tribunale 
fallimentare sulla normale competenza arbitrale � sufficiente 
richiamare che la intervenuta preventiva dichiarazione di fallimento 
rende inoperante ex lege la clausola compromissoria (sent. n. 2866 
del 1958). 

A torto, infatti, la sentenza impugnata ha ritenuto di potere contestare 
il normale carattere generale della competenza del Tribunale 
fallimentare in conseguenza del richiamo fatto dell'art. 24 della legge 
relativa alle azioni relative ai rapporti di lavoro. 

Posto che quel richiamo si rese necessario per evitare perplessit� 
che avrebbero potuto originarsi per la speciale composizione degli 

guono per effetto della dichiarazione di fallimento; e nulla induce a ritenere che 
il potere in questione si estingue per effetto del fallimento, al contrario inducendo 
'per la sua permanenza se non altro la considerazione del possibile pregiudizio' 
dell'altro contraente la clausola compromissoria. 

Dimostrata la capacit� e il potere giuridico dell'amministrazione fallimentare 
di nominare gli arbitri, rimane da esaminare se detta amministrazione sia obbligata 
ad emettere latto di nomina. Parte della dottrina (CAPACCIOLI, L'amministrazione 
fallimentare, cit., 546; BoNELLI, op. cit., I, 552; REDENTI, voce Compromesso, Nuovissimo 
Digesto Italiano, 794) � dell'opinione che l'ufficio fallimentare pu� scegliere 
tra nominare gli arbitri, cos� accettando il giudizio che essi emetteranno, o, invece, 
non procedere alla nomina, cos� rendendo inoperante la clausola compromissoria. 
I sostenitori di questa tesi si basano su un principio generale che -a loro avviso sarebbe 
possibile trarre dal complesso delle norme della legge fallimentare che 
regolano i rapporti giuridici preesistenti (artt. 72 e segg. l.f.): principio secondo cui 
preq'.tessa una distinzione tra rapporti solo attivi, rapporti solo passivi e rapporti 
ad im tempo attivi e passivi -per questi ultimi all'amministrazione fallimentare 
verrebbe lasciata la liber� scelta tra l'esecuzione o lo scioglimento. Tale principio 
opererebbe anche in mancanza di una esplicita norma di legge e "in caso di dubbio �. 

� A questa opinione possono muoversi due obiezioni. La prima, che � per lo 
meno molto discutibile che, in mancanza di una norma espressa, possa ravvisarsi 
nell'ordinamento un principio quale quello esposto, che comprime e distrugge i 
diritti del contraente in bonis, per favorire l'interesse della massa dei creditori, 
interesse questo che -a quanto risulta -nulla induce a considerare di maggiore 
importanza sociale e perci� dall'ordinamento sopraordinato a quello del contraente 
in bonis. 

La seconda obiezione � pi� radicale: la nomina degli arbitri non costituisce 

oggetto di un " obbligo ,, del compromittente (e perci� dell'amministrazione falli


mentare in sostituzione del fallito); com'� noto, l'obbligo � una posizione soggettiva 

che lascia al� soggetto la possibilit� dell'inadempimento, anche se -poi -l'ina


dempimento � di regola sanzionato, ed anche se � di regola possibile l'esecuzione 

in norma specifica. La parte compromittente, invece, ha il potere, ma non � sotto


posta all'obbligo, di nominare gli arbitri; e il mancato esercizio del potere di effet


tuare la nomina non costituisce un illecito, n� d� luogo a sanzione. 

Tanto nella sentenza che si annota, quanto nella sentenza n. 1474 del 1959 

la Corte di Cassazione ha evitato di pronunciarsi sulla questione relativa all'appli


cabilit�, in caso di fallimento, della disposizione di capitolato generale, che prevede 

il giudizio arbitrale, ed ha preferito affermare la competenza del giudice ordinario 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1080 

organi giurisdizionali del lavoro, composti con l'intervento degli 
� esperti � accanto ai giudici togati, il richiamo stesso, lungi dall'avere 

I

portata limitativa e, al contrario, riprova del carattere generale che il Y. . 
legislatore volle attribuire alla competenza del giudice fallimentare. ' 

. 

Anche il primo mezzo del ricorso deve essere quindi accolto. 
L'accoglimento dei primi due mezzi di ricorso f�n qui esaminati 
e la conseguente affermazione della competenza del Tribunale falli


Imentare di La Spezia determinano l'assorbimento del terzo mezzo, col 
quale il ricorrente richiama che, in costanza della procedura fallimentare, 
la realizzazione di un preesistente credito verso il debitore poscia 
dichiarato fallito non pu� essere perseguita se non attraverso la pro-

per altra via (la questione � invece esplicitamente affrontata e risolta nel senso 
della permanenza della competenza arbitrale nella sentenza Trib. Roma, 28 febbraio 
1959, Dir. fall., 1959, Il, 268). 

!!: comunque palese il contrasto tra la norma di legge che preveda il giudizio 
dinanzi al tribunale fallimentare e la norma di capitolato generale che invece preveda 
il giudizio arbitrale; contrasto che, ad avviso di chi scrive, rimane limitato 
alle controversie aventi ad oggetto pretese creditorie contro il fallimento (art. 52, 
secondo comma, l.f.). 

Per vero, in tanto la soluzione di tale contrasto presenta delle difficolt�, in 
quanto si neghi che il rapporto -tra legge e capitolato generale, la cui natura 
regolamentare pu� assumersi come un postulato -sia definibile mediante una 
meccanica applicazione del criterio di gerarchia delle fonti (quale posto dall'art. 4 
delle disp. prel.). Ed in effetti. non � necessario dilungarsi sul problema dei rapporti 
tra legge e regolamento, per giungere ad osservare che anche la pi� piena 
affermazione del principio di legalit� non abbia impedito (ed in effetti non abbia 
ragione di impedire) l'ammissibilit� di regolamenti abilitati a derogare (sulla nozione 
di deroga, REscIGNO, Deroga, Enc. dir., 303) a norme di legge. Resta quindi da 
vedere se tale possibilit� di deroga debba essere espressamente prevista da una 
norma di legge (quale la n9rma attributiva del potere regolamentare in una data 
materia, o la stessa norma che dovrebbe subire la deroga, o anche altra norma), 
oppure se possa essere ravvisata nel contenuto implicito di norme (specie delle 
norme sulle attribuzioni degli enti e degli uffici) e, pi� in genere,. desunta per via 
di coordinamento del sistema delle norme. E. che questa seconda alternativa sia 
preferibile appare sostenibile sulla base della considerazione che il rapporto tra 
legge e regolamento (l'una e l'altro intesi come fonti di diritto oggettivo) � conseguenziale 
al rapporto -non gerarchico ma paritetico -tra le norme di legge 
che affidano alla p.a. la cura di uno specifica pubblico interesse e per il suo 
perseguimento le riconoscono la potest� regolamentare, e tutte le rimanenti norme 
di legge contenute nell'ordinamento generale (sul tema vi �, com'� noto, una lette


ratura vastissima; tra le pi� recenti, MoRTATI, Atti con forza di legge e sindacato 
di costituzionalit�, 1964, 57 e segg.; PmRANDREI, Corte Costituzionale, Enc. dir., 
902; PucLIATTI, Abrogazione, Enc. dir., 14B; CRISAFULLI, Gerarchia e competenza 
nel sistema costituzionale delle fonti, Riv. trim. dir. pub., 1960, 783; SANDULLI, La 


li

potest� regolamentare e l'ordinamento vigente, Studi nel primo decennale della 
Costituzione, 1958, III, 367; TREVES, Regolamenti in deroga alla legge, Giur. it., 
1953, I, 2; GuARINO, Sul carattere discrezionale dei regolamenti, Foro it., 
Hl53, I, 536). 




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORN:rruRE 1081 

cedura di accertamento stabilita dagli artt. 52 e 92 e seguenti della 
legge fallimentare. � 

D'altra parte va ricordato che la competenza del Tribunale fallimentare 
a prqnunziare sulle opposizioni allo stato passiv� si ricollega 
anche essa al principio generale della �competenza funzionale attribuita 
al Tribunale predetto dall'art. 24 della legge speciale (Sez. Un., sent. 

n. 3140 del 1953). 
Devesi di conseguenza accogliere l'istanza di regolamento proposta 
dal Consorzio, dichiarandosi la competenza del Tribunale fallimentare 
di La Spezia e condannandosi il fallimento resistente al pagamento 
delle spese del presente giudizio. -{Omissis). 

Comunque, ove si limiti il problema al solo art. 52 della legge fallimentare, 
appare ragionevole negare che esso sia derogabile da disposizioni di capitolato 
generale, dal momento che nulla induce a ritenere una siffatta derogabilit�, e che, 
al contrario, l'interesse pubblico (di natura non solo processuale) all'unitaria e 
concorsuale trattazione di tutte le controversie aventi ad oggetto pretese creditorie 
contro il fallito ha pieno ed ampio riconoscimento nella legge fallimentare. 

Sicch�, nei riguardi della norma di cui al secondo comma dell'art. 52, non 
ha rilevanza la distinzione tra clausole compromissorie contenute in capitolati generan
�aventi natura di regolamenti e clausole compromissorie aventi natura contrattuale. 
Tanto in linea di massima, dal momento che tale distinzione torna ad avere 
rilievo nelle ipotesi di connessione tra causa di competenza arbitrale e causa di 
competenza del giudice ordinario, o di pregiudizialit� della prima rispetto alla 
seconda; in queste ipotesi -secondo quanto si afferma in giurisprudenza (Cass., 
22 giugno 1963, n. 1593, Giust. civ., 1963, I, 2404, e precedentemente Cass., 
23 maggio 1959, n. 1577, 22 ottobre 1955, n. 3424, e 29 ottobre 1954, n. 4188, 
questa in Giust. civ., 1955, l, 1919 e le altre due inedite) -la competenza arbittale 
resiste allo " assorbimento " da parte della " prevalerite " competenza del 
giudice ordinario soltanto se derivante non da clausola compromissoria avente 
natura contrattuale ma da norma legislativa o regolamentare; il che ha importanza 
pratica ove si consideri quanto frequentemente una causa avente ad oggetto pretese 
creditorie verso il fallito (per quanto si � detto riservata alla cognizione del tribunale 
fallimentare) pu� essere connessa con (o pregiudicata da) una causa avente 
diverso oggetto (suscettiva invece di giudizio arbitrale). 

F. FAVARA 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1404 -Pres. Torrente 
-Est. Tamburrino -P.M. Criscuoli i(conf.) -Societ� Italiana 
Acquedotto Genovese e Societ� Stabili e Acquedotti (avv.ti Dedin 
�e Giorgianni) c. Ministeri LL.PP. e Fiilanze (avv. Stato Albisinni) e 
Comune di Genova (avv.ti Romanelli e Astuti). 

Acque pubbliche -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle acque 
-Termine di impugnazione -Decorrenza -Soggetti direttamente 
contemplati nel provvedbpento ~ Nozione. 

(r.d. 11 dfcembre 1933, n. �1775, art. 146). 
16 



1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Soggetti direttamente contemplati nel provvedimento amministrativo, 
agli effetti di cui all'art. 146 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
devono considerarsi, oltre quelli espressamente nominati nell'atto, anche 
quelli che, pur senza essere indicati, siano direttamente interessati perch� 

hanno partecipato alla procedura �amministrativa di cui l'atto imP'ugnato 
� la conclusione, ovvero hanno nel corso della stessa presentate opposizioni 
o istanze, ovvero si trovino, rispetto all'affare controverso e definito 
con il provvedimento impugnato, in una situazione qualificata, in 
dipendenza dei rapporti intercorsi, in ordine a quell'affare, con l'Amministrazione, 
che � quindi in grado di individuarli (1). 

(Omissis). -Il ricorso attiene all'unico punto deciso dal Tribunale 
Superiore delle Acque in ordine alla irricevibilit� del ricorso innanzi 
ad esso Tribunale proposto, e censura siffatta decisione come violatrice 
della norma dell'art. 146 del t.u. delle disposizioni di legge sulle acque 
e sugli impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
norma, secondo la quale � qualora si pretenda che un atto o provvedimento 
amministrativo offenda interessi di individui o di enti giuridici, 
i quali, non essendo direttamente contemplati nell'atto o provvedimento 
medesimo, non ne abbiano avuto notificazione nelle forme prescritte 
dagli articoli precedenti, il termine per ricorrere al Tribunale decorre 
dal giorno della pubblicazione di un estratto di quell'atto o provvedimento 
nella Gazzetta Uffi�ciale della Repubblica o nel foglio degli 
annunzi legali della provincia �. Risulta chiaro da questa norma che 

(1) Con la sentenza in rassegna, che ha escluso, nella specie, la ricorrenza 
dei presupposti di applicazione del principio enunciato nella massima e ha dichiarato 
priva di rilevanza la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 146 del r.d. 
11 dicembre 1933, n. 1775 per il preteso contrasto con l'art. 24 della Costituzione 
(essendo la norma relativa non alla difesa dei diritti ma alle modalit� di esercizio), 
le Sezioni Unite si sono espressamente richiamate, per interpretare l'art. 146 del 
r.d. 11 dicembre 193, n. 1775, ai principi pi� volte affermati dalla giurisprudenza 
amministrativa con riguardo all'analoga disposizione dell'art. 2 del r.d. 17 agosto 
1907, n. 642. Cfr.: Gons. Stato, V, 5 febbraio 1965, n. 86, Il Consiglio di Stato, 
1965, I, 226; id., IV, 10 febbraio 1965, n. 150, ibidem, 176; Cons. giust. amm. reg. 
sic., 18 luglio 1964, n. 286, Foro amm., 1964, II, 940; id., 14 dicembre 1963, n. 371, 
Il Consiglio di Stato, 1963, I, 2018; Cons. Stato, A. P., 13 novembre 1963, n. 23, 
ibidem, 1530; id., V, 27 aprile 1963, n. 223, ibidem, 583. 
La sentenza, nell'escludere l'applicabilit� del principio alla fattispecie, ha 
opportunamente precisato che " se � vero che l'Amministrazione ha il dovere di 

.

notificare individualmente l'atto alle persone o enti che essa conosce come direttamente 
interessati a quel provvedimento e a quella procedura, tale dovere cessa 
qualora si tratti di persone che erano interessate esclusivamente in altra e diversa 
procedura, pendente dinanzi a diverse autorit� e che nulla ha a che vedere con 

~l

quella in esito alla quale � emanato il provvedimento da impugnare ". 

Nel senso, invece, che l'Amministrazione non ha l'obbligo di comunicare rr: 
individualmente il provvedimento ai controinteressati che abbiano proposto opposi. 
:; 



PARTE i, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA D1 ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1083 

nel sistema delle impugnazioni degli atti amministrativi innanzi al Tribunale 
Superiore delle Acque (come nel sistema delle impugnazioni 
innanzi il Consiglio di Stato, in quanto l'art. 146 ora citato � del tutto 
analogo all'art. 2 del regolamento di procedura dinanzi al Consiglio di 
Stato in sede giurisdizionale, approvato con r.d. 17 agosto 1907, n. 642) 
per stabilire il momento iniziale del decorso del termine per ricorrere, 
si devono distinguere due ipotesi, quella in cui � necessaria la notif�cazione 
individuale dell'atto o provvedimento amministrativo (notificazione 
che, per i procediment� di competenza del Tribunale � regolata 
in speciali forme dall'art. 145 del t.u.) e quella in cui � sufficiente la 
pubblicazione per estratto nella cc Gazzetta Ufficiale n o nel foglio degli 
annunzi legali della provincia. Il criterio di distinzione tra le due ipotesi 
� unico e determinato dalla norma in esame: la notifica individuale va 
fatta agli individui o agli enti giuridici direttamente contemplati nell'atto 
o provvedimento amministrativo, la pubblicazione � sufficiente 
nei confronti degli individui e degli enti non direttamente contemplati 
nell'atto o provvedimento. Di guisa che, allorch� devesi stabilire, ai fini 
della decorrenza del termine per ricorrere, qual forma di comunicazione 
devesi tener presente, la prima questione � quella di stabilire se si tratti 
di persona direttamente o meno contemplata nell'atto o provvedimento. 

In linea di principio la interpretazione dell'art. 146 e la determinazione 
di quel criterio discriminatore non appar dubbio: persone direttamente 
contemplate nell'atto sono non solo quelle che siano nominate 
esplicitamente, ma anche quelle, che, pur non nominate espressamente, 
siano cio� quei soggetti cui l'atto direttamente si riferisce. La dizione in 
esame cio� non va interpretata in senso del tutto restrittivo, nel senso 
di ritenere cc direttamente contemplate n solo le persone e gli enti nominativamente 
indicati nell'atto o provvedimento, ma nemmeno in senso 
talmente largo da comprendervi tutti gli interessati, in senso tale da far 
venir meno e svuotare di contenuto la distinzione stessa. Onde � che 

zione nel corso della procedura di formazione dell'atto, cfr. Cons. Stato, VI, 19 ottobre 
1949, n. 166, Foro amm., 1950, I, 3, 64. 

Sul termine per l'impugnazione, nel senso che per le persone direttamente 
contemplate decorre solo dalla notificazione del provvedimento, cfr. Cons. Stato, 
V, 27 febbraio 1965, n. 173, Foro amm., 1965, Il, 204; id., IV, 20 ottobre 1964, 

n. 1041; Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1696; id., V, 13 marzo 1964, n. 351, ibidem, 
485; id., V, 28 febbraio 1964, n. 300, Foro amm., 1964, II, 203; Cons. giust. amm. 
reg. sic., 16 novembre 1963, n. 303, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1779; Cons. 
Stato, VI, 28 novembre 1962, n. 798, ivi, 1962, I, 1903; id., V, 16 giugno 1962, 
n. 521, ibidem, 1203; id., VI, 28 febbraio 1962, n. 212, ibidem, 339; id., VI, 
28 febbraio 1962, n. 209, Foro amm., 1962, I, 575; per i precedenti, cfr. Massimario 
completo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, 1932-1961, Il, 
4326 e segg. 
La sentenza confermata, Trib. Sup. Acque, 11 marzo 1963, n. 6, � massimata 
in Consiglio di Stato, 1963, Il, 121. 



Alla pronuncia dell'arbitro che esplicitamente o implicitamente 
abbia deciso sulla propria competenza, senza definire il giudizio, deve 
Alla pronuncia dell'arbitro che esplicitamente o implicitamente 
abbia deciso sulla propria competenza, senza definire il giudizio, deve 
1084 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questo Supremo Collegio non pu� che affermare, concordemente con 
l'unanime giurisprudenza amministrativa, che u direttamente contemplati
� sono anche coloro che, pur non nominati nell'atto, siano direttamente 
interessati perch� hanno partecipato alla procedura amministrativa. 
di cui l'atto o provvedimento impugnato � la conclusione, ovvero 
hanno nel corso della stessa presentate opposizioni o istanze, ovvero di 
coloro che si trovino rispetto all'affare controverso e definito con il 
provvedimento impugnato in una situazione qualificata, in dipendenza 
di rapporti intercorsi, in ordine a quell'affare, con l'Amministrazione. 
Tutti costoro possono ben dirsi contemplati direttamente (esplicitamente 

o implicitamente non rileva) nell'atto che si impugna. Di modo che la 
nozione di persona direttamente contemplata si identifica con quella, 
in uso nella prassi procedurale amministrativa, di controinteressati cio� 
di persone cui l'atto o provvedimento direttamente si riferisce e ai quali 
quindi l'atto medesimo va direttamente notificato {cfr. art. 7 del regolamento 
del 1907). Il che in realt� � confermato anche nella recentissima 
decisione del Consiglio di Stato richiamata lungamente dalla difesa 
delle societ� ricorrenti nella memoria e nella discussione orale, decisione 
(10 febbraio 1965, n. 150) la quale ha ribadito che sono da considerarsi 
direttamente contemplati coloro che, pur non apparendo dall'atto, sono 
direttamente individuabili dall'Amministrazione come controinteressati 
dell'atto: e controinteressati sono ~ come si � visto -solo quei soggetti 
cui l'atto direttamente si riferisce e che quindi possono e debbono 
essere conosciuti dall'Amministrazione come direttamente lesi, anche 
se non nominati espressamente. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1965, n. 1431 -Pres. Pece Est. 
Rossi -P.M. Pedace {conf.) -Societ� Italiana Costruzioni 
Appalti Mezzogiorno {avv.ti Giordano e Barraud) c. Aministrazione 
Provinciale di Catanzaro (avv.ti Correale, Santacroce). 

Arbitrato -Provvedimento sulla compe~enza -Natura. 

(c.p.c., artt. 42, 816, quinto comma). 

Competenza e giurisdizione -Arbitrato -Provvedimento arbitrale 
sulla competenza -Regolamento di competenza -Inammissibilit�. 


(c.p.c., artt. 42, 817, 827, 829, n. 4). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1085 

riconoscersi il carattere di ordinanza revocabile non suscettibile d'impugnazione 
in sede di regolamento di competenza (l). 
� inammissibile il regolamento di competenza per i procedimenti 
arbitrali (2). 

{Omissis). -L'Amministrazione resistente eccepisce l'inammissibilit� 
del ricorso. 

L'eccezione � fondata, per un duplice ordine di considerazioni. 

In relazione all'esigenza di semplicit� e celerit� che informa tutto 
l'istituto dell'arbitrato, l'art. 816 c.p.c. stabilisce che tutte le questioni 
-nessuna esclusa, neanche quella di competenza -che si presentino 
nel corso del procedimento arbitrale, prima della pronuncia del lodo, 

(1-2) Lodi parziali e regolamento di competenza. 

I. -Con la sentenza in rassegna la Corte di Cassazione ribadisce il principio, 
pi� volte affermato, della inammissibilit� del regolamento di competenza per le 
decisioni arbitrali: inammissibilit� motivata nella specie, come gi� nella sentenza 
20 aprile 1950, n. 1062 (Temi, 1951, 228), sotto un duplice profilo. Il provvedimento 
arbitrale che decida solo sulla competenza, osserva infatti .il Supremo Collegio, 
se pur emesso in forma di sentenza e anche se, per ipotesi, dichiarato esecutivo 
dal Pretore, ha natura sostanziale di ordinanza per il disposto di cui all'art. 816, 
ultimo comma, c.p.c. (cfr. Trib. Cagliari, 23 gennaio 1959, Foro it., Rep., 1960, 171, 
n. 101) e gi� come tale non � suscettibile di impugnazione -per regolamento di 
competenza. Alla stessa conclusione, prosegue la sentenza in rassegna, si perviene 
con riguardo alla limitazione che l'art. 827 c.p.c. prevede per i mezzi di impugnazione 
delle sentenze arbitrali, s� che anche le questioni di competenza devono 
ritenersi � attratte nell'impugnazione per nullit� (artt. .817 e 829, n. 4, c.p.c.) e 
possono, quindi, essere fatte valere solo per mezzo di questa � . 
II. -La prima . delle due proposizioni, enunciata nella prima massima, non 
convince, in quanto presuppone necessariamente risolto in senso negativo (senza 
avervi peraltro riguardo) il problema sull'ammissibilit� dei lodi parziali. 
Tale questione (che sotto il rigore del codice di procedura del 1865 non si 
poneva per essere il lodo parziale espressamente previsto al secondo comma del1'
art. 34) venne risolta in senso positivo dalle Corti di Appello di Genova (implicitamente, 
con sentenza 30 giugno 1946, Temi, 1946, 672) e di Roma (2 settembre 
1947, Foro it., 1947, I, 1035), ma la Corte di Cassazione, annullando la citata 
decisione della Corte di Genova, escludeva l'ammissibilit� dei lodi parziali (sent. 
23 aprile 1948, n. 575, . Foro it., 1948, I, 601, commentata favorevolmente da 
BARBAREscm, Inammissibilit� dei lodi parziali, Giur. it., 1948, I, 1, 493, e in senso 
contrario da CALAMANDREI, Questioni sull'ammissibilit� dei lodi parziali e sulla loro 
impugnazione, Riv. dir. proc., 1948, Il, 260, e da Vocrno, Sentenze arbitrali parziali, 
Giur. compl. Cass. Civ., 1948, III, 459) e a tale soluzione aderivano le Corti 
di Appello di Milano (8 aprile 1949, Temi, 1949, 153), di Roma {l�o luglio 1949, 
Foro it., 1950, I, 128 e Giur. compl. Cass. Civ., 1949, II, 837, con nota contraria 
di CALvosA, Ancora sull'ammissibilit� dei lodi parziali), e di Venezia ( ord. 26 febbraio 
1950, Giur. it., 1951, Il, 484). In seguito, per�, l� Corte di Cassazione, decidendo 
a Sezioni Unite, mutava il primo� orientamento e con sentenza redatta dallo 



1086 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siano decise con ordinanza non soggetta a deposito e revocabile, tranne 
che nel caso {che non ricorre nella specie) previsto nell'art. 819. 

Ne consegue -come la Corte Suprema ha gi� avuto occasione 
di rilevare (sentenza 20 aprile 1950, n. 1062) -che alla pronuncia del1'
arbitro, che esplicitamente o implicitamente abbia deciso sulla propria 
competenza, senza peraltro definire il giudizio, deve riconoscersi il 
carattere di ordinanza revocabile non suscettibile d'impugnazione in 
sede di regolamento di competenza, e ci� anche se per avventura, 
l'arbitro abbia attribuito alla propria pronuncia la denominazione di 
sentenza. N� in senso contrario pu� rilevare il particolare che il provvedimento 
arbitrale sia stato dichiarato esecutivo dal pretore. Infatti, 
dovendo le ragioni di sostanza prevalere su quelle della forma, pre


stesso autorevole estensore della citata sentenza 2 settembre 1947 della Corte di 
Appello di Roma (Torrente), riteneva espressamente ammissibile, nel vigente sistema 
procedurale, l'emanazione di lodi parziali, annullando per tale motivo l'impugnata 
sentenza l'o luglio 1949 della Corte di Appello di Roma, sopra citata (sent. 7 agosto 
1950, n. 2419, Foro it., 1951, I, 22, con note di dissenso di BARBARESCHI, 
Ancora sull'ammissibilit� dei lodi parziali, Giur. it., 1951, I, 497, e di DA MILANO, 
Intorno alla validit� dei lodi parziali, Riv. dir. proc., 1952, Il, 79). 

Dopo la decisione delle Sezioni Unite, che affrontando il problema sul piano 
sistematico, aveva motivatamente disatteso le argomentazioni addotte a sostegno 
dell'opposta tesi (argumenta ex artt. 816, quinto comma, c.p.c. e 228, secondo 
comma, disp. att. c.p.c.; mancata riproduzione delle norme di cui all'art. 34, secondo 
comma, c.p.c. 1865; formula� adottata negli artt. 820, 824 e 825 c.p.c.; carattere 
di celerit� del procedimento arbitrale; autonomia del procedimento e difetto di 
specifica disciplina) la giurisprudenza ha mantenuto costante il proprio orientamento 
nel ritenere ammissibili i lodi parziali (lodo 1� settembre 1950, Giur. 00.PP., 
1950, I, 102; Cass., 8 marzo 1951, n. 569, Giur. it., 1951, I, 1, 392; App. Torino, 
23 ottobre 1951, Temi, 1952, 24, in motivazione; Cass., 7 maggio 1952, n. 1275, 
Foro it., Mass., 1952, 314, id., 21 marzo 1953, n. 729, Foro it., 1953, I, 1072; App. 
Firenze, 9 settembre 1955, Foro it., 1956, I, 584; App. Torino, 20 gennaio 1958, 
Giust. civ., Rep., 1958, voce compromesso, n. 75; da ultimo, implicitamente, App. 
Genova, 21 gennaio 1963, Giust. civ., 1963, I, 1191 e Cass., 25 settembre 1964, 

n. 2433, Foro it., 1964, I, 1926) e nello stesso senso risulta indirizzata la prevalente 
dottrina (cfr. oltre CALAMANDREI e Vocrno, sopra citati, CARNACINI, Nuovissimo 
digesto italiano, I, 2, 905; CARNELU'ITI, Istituzioni del processo civile italiano, 1951, 
II, 239 e gi� prima nell'edizione del 1942, Il, 570; CrANFLONE, L'appalto di opere 
pubbliche, 1964, 842; D'ONOFRIO, Commento al. codice di procedura civile, 1951, 
I, 402, con qualche riserva; REDENTI, Diritto processuale civile, 1954, III, 473; 
SATIA, Diritto processuale civile, 1950, 561; ScHizzERorro, Dell'arbitrato, 1958, 
349; contra, oltre BARBARESCHI e DA MILANO, sopra citati, cfr. ANDRIOLI, Commento 
al codice di procedura civile, 1947, III, 558, v. per� ora ed. 1964, IV, 831; 
PASTORE, L'arbitrato negli appalti di opere pubbliche, 1964, 157; VECCHIONE, 
L'arbitrato nel sistema del processo civile, 1953, 347). Allo stato, quindi, deve 
ritenersi consolidato il principio dell'ammissibilit� dei lodi parziali. 
III. -Nella decisione in rassegna, la questione, come si � accennato, non � 
affrontata, ma il principio di cui alla prima massima appare evidentemente incompatibile 
con l'ammissibilit� dei lodi parziali e gi� sotto questo primo profilo non 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1087 

supposto necessario perch� lelaborato degli arbitri acquisti, attraverso 
il decreto del pretore, efficacia di sentenza, � pur sempre il fatto che 
quell'elaborato racchiuda gli estremi sostanziali di una vera e propria 
sentenza. 

Alla stessa conclusione di inammissibilit� del proposto ricorso si 
perviene esamin�ndo il problema sotto un altro aspetto, quello dei 
mezzi d'impugnazione. 

Secondo il sistema' del codice di rito, quale risulta dagli artt. 827 
e seguenti c.p.c. la sentenza arbitrale � soggetta � soltanto � all'impugnazione 
per nullit� e a quella per revocazione. 

Restano, quindi, necessariamente esclusi dal novero dei rimedi 
consentiti avverso la sentenza arbitrale tutti gli altri mezzi di impu


pu� essere condivisa; e ci� a maggior ragione ove si consideri che la sentenza 
20 aprile 1950, n. 1062 (Temi, 1950, 228), alla quale la decisione in rassegna 
espressamente si richiama, aveva affermato il principio in esame proprio sulla base 
di una ritenuta inammissibilit� dei lodi parziali : evidente, quindi, l'errore del 
Supremo Collegio che, nel ribadire la massima, non ha tenuto presente che il 
principio sul quale si fondava era ormai venuto meno. 

La prima massima, del resto, .� suscettibile di critica anche sotto un ulteriore 
profilo, con riguardo, cio�, all'altro consolidato principio secondo il quale cc il provvedimento 
con cui il Giudice decide una questione di competenza o altra pregiudiziale, 
anche se emesso con la forma dell'ordinanza, ha carattere ed efficacia di 
sentenza a norma dell'art. 279, n. 1, c.p.c. n (Cass., 29 maggio 1964, n. 1331, 
Foro it., 1964, I, 1399; id., 21 aprile 1964, n. 938, Foro it., Mass., 1964, 237; 
id., 7 aprile 1964, n. 761, ibidem, 193; id., 22 giugno 1963, n. 1669; ivi, 1963, 486; 
id., 16 ottobre 1961, n. 2174, ivi, 1961, 569; id., 10 marzo 1960, n. 462, ivi, 1960, 
105; id., 15 ottobre 1959, n. 2867, ivi, 1959, 538; id., 6 ottobre �95S, n. 3119, ivi, 
1958, 634; id., 8 febbr'lio 1958,, n. 401, ivi, 1958, 76; id" 5 ottobre 1955, n. 2831, 
Giur. it., 1957, I, 1, 926). 

IV. -Esclusa la possibilit� di risolvere l'inammissibilit� del ricorso per regolamento 
di competenza nella natura di ordinanza del provvedimento arbitrale che 
decida sulla competenza, assume quindi rilievo determinante la seconda delle due 
argomentazioni sopra ricordate, e ad essa sarebbe stato invero sufficiente, oltre che 
pi� esatto, limitare la motivazione della sentenza. 
Il lodo arbitrale, dispone infatti lart. 827 c.p.c., � soggetto soltanto all'impugnazione 
per nullit� e a quella per revocazione: specifica limitazione dei mezzi 
di gravame con riguardo alla quale dottrina e giurisprudenza hanno sempre ritenuto 
inammissibiie l'ordinario ricorso per cassazione (Cass., 30 marzo 1960, n. 687, 
Foro pad., 1960, I, 538; id., 21 dicembre 1954, n. 4575, Foro it., Mass., 1954, 
920; id., 21 dicembre 1946, n. 1395, Giur. compl. Cass. Civ., 1946, II, 2, 736, con 
nota di Vocrno, In tema di ricorso per cassazione contro la sentenza arbitrale secondo 
equit�), l'opposizione di terzo (Cass., 6 marzo 1962, n. 437, Giust. civ., 1962, I, 
1773; ANDRIOLI, op. cit., IV, 899; ScmzzEROTTO, op. cit., 379) e, in particolare, il 
ricorso per regolamento di competenza (Cass., 20 settembre 1961, n. 1776, Sett. 
Cass., 1961, 1168; id., Sez. Un., 19 luglio 1957, n. 3050, Foro it., 1957, I, 1408; 
id., 9 maggio 1957, n. 1613, Foro it., Mass., 1957, 321; id., 17 luglio 1956, n. 2742, 
ivi, 1956, 502; id., Sez. Un., 31 luglio 1950, n. 2250, ivi, 1950, 455; id., 20 aprile 
1950, n. 1062, cit.; sul valore tassativo dell'art. 827, cfr. App. Firenze, 25 marzo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA QELLO STATO 

gnazione, e tra questi il regolamento di competenza il quale � anche 
mezzo d'impugnazione (artt. 42 e seguenti c.p.c.) che mira a provocare 
direttamente dalla Corte di Cassazione, omisso medio, la decisione 
separata delle questioni di competenza sorte nel corso del giudizio. 

Tali question~ qualora si presentino nel giudizio arbitrale, vengono 
attratte nell'impugnazione per nullit� (artt. 817 e 829 n. 4 c.p.c.) e possono, 
,quindi, essere fatte valere solo per mezzo di questa {sent. n. 3050 
del 1957; n. 2742 del 1956). -(Omissis). 

1961, Foro it., Rep., 1961, 167, n. 88; App. Milano, 18 febbraio 1947, Temi, 1947, 
358; in dottrina, cfr . .ANnruoLI, op. cit., IV, 899; CARNACINI, loc. cit., 911; contra: 
AzARA, Ammissibilit� del regolamento di competenza contro il provvedimento di 
un giudice arbitrale che decida sulla propria competenza senza giudicare nel merito, 
Temi, 228 e, con riguardo alle opposte argomentazioni desumibili dall'art. 46 c.p.c., 
BIAMONTI, Enciclopedia del diritto, II, 929). La sentenza del giudice ordinario che 
abbia dichiarato la propria incompetenza a favore degli arbitri, � impugnabile, 
invece, unicamente con ricorso per regolamento di competenza {Cass., 7 dicembre 
1961, n. 2781, Foro it., Mass., 1961, 741; id., 16 giugno 1961, n. 1410, ibidem, 
354; id., 23 gennaio 1959, n. 72, ivi, 1959, 36; id., 28 novembre 1955, n. 3810, 
ivi, 1955, 833). 

A. MARZANO 
,

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un.; 4 ottobre 1965, n. 2075 -Pres. 
Torrente -Est. Tamburrino -P.M. Di Majo (conf.) -Consorzio 

, 

Alto Tartaro, Tione e Influenti {avv.ti Spano, Trabucchi, Aversani . 
e Nicol�) c. Ministero LL.PP. {avv. Stato Carmelo Carbone) e . 
Corsorzi di bonifica Agro Veronese {avv.ti Rosati, Cavalieri e Riz,


I

zardi), Alto Veronese {avv.ti Viola, Guicciardi e Innocenti), Alto ' 
Valeggio (avv.ti Pedi:coni e Buffatti) e Roverbella (avv.ti Stoppani 
e Maccari). � 

Acque pubbliche -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle acque 
-Accertamenti tecnici -Procedura. 

(r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 167). 
Nei procedimenti dinanzi ai Tribunali delle Acque, nei quali agli 
accertamenti tecnici procede il giudice delegato con t assistenza del 
componente tecn�co del Collegio, la consulenza tecnica costituisce un 
mezzo istruttorio del tutto eccezionale {l). 

(1) Della decisione, prevalentemente di specie, va segnalato il principio enunf
��t:':,',,:�'..�

ciato nella massima, per la prima volta affermato dalle Sezioni Unite. Conf.: Cass., 
23 marzo 1965, n. 471, Foro amm., 1965, I, 188; id., 30 aprile 1964, n. 1350, 
Foro it., Mass., 1954, 277; Trib. Sup. Acque, 24 giugno 1946, n. 7, Riv. dir. pubbl., 
1944-1946, 389; id., 21 novembre 1945, n. 9, ibidem, 393; id., 29 luglio 1941, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1089 

(Omissis). -Quanto alla ispezione dei luoghi, si afferma dal ricorrente 
che essa non � stata idonea n� sufficiente essendosi limitata a due 
soli giorni, il che non potrebbe dar ragione di un fenomeno cos� vasto 
~ complesso. Qui si rientra nella discrezionalit� dell'ammissione delle 
prove tecniche e della loro valutazione. ~ noto -che nei procedimenti 
dinanzi al Tribunale delle Acque, l'ispezione dei luoghi, con le relative 
dirette indagini, compiute dal relatore insieme al componente tecnico 
del collegio, sostituisce la consulenza tecnica, la quale diventa un mezzo 
istruttorio del tutto eccezionale: la presenza del tecnico d� maggiore 
e specifica rilevanza ali' esame ed �alle indagini dirette da parte dell'ufficio. 


Non si pu� quindi, da un punto di vista di principio, censurare la 
sentenza impugnata per avere dato rilevanza assoluta e preferenziale 
alle risultanze dell'ispezione e dell'esame diretto dei luoghi e della 
situazione denunciata. Il dire poi che per giungere al risultato cui � 
pervenuta la sentenza impugnata erano del tutto inidonee le indagini 
svolte, significa sindacare l'apprezzamento delle risultanze dell'ispezione. 
f giudici del merito hanno chiarito come l'ispezione si era svolta, 
in quali giorni essa si era effettuata e quali i fatti constatati: il che 
� del tutto sufficiente ai fini della motivazione, il resto rientrando 
nell'apprezzamento e valutazione insindacabili di quelle prove. (
Omissis). 

Foro it., Rep., 1941, 26, n. 135; in dottrina, cfr. A. D. GIANNINI, Enciclopedia 
forense, I, 83. 

Lo stesso principio � implicito in altre decisioni, nelle quali si sottolinea la 
possibilit� di incaricare delle indagini un tecnico estraneo al Collegio, in quanto 
nulla vieta il ricorso alla consulenza tecnica (Trib. Sup. Acque, 8 novembre 1963, 

n. 27, Foro amm., 1964, I, 334; App. Firenze, 8 maggio 1963, Giur. it., Rep., 1964, 
34, n. 143; Trib. Sup. Acque, 18 maggio 1942, Dir. beni pubbl., 1942, 88). 
Nel senso che ove gli accertamenti siano disposti dal Collegio l'incarico va 
affidato al solo giudice tecnico, non potendo ritenersi applicabile lart. 167 del 

r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, cfr. Trib. Sup. Acque, 15 luglio 1953, n. 7, Acque, 
bonif., costr., 1953, 452, con nota critica di A. D. GIANNINI. 
Sulla possibilit� di avvalersi, ai fini della decisione, di accertamenti tecnici 
compiuti in altri giudizi, ai quali una parte faccia riferimento come ad una sua 
alligazione tecnica, e di tener conto di accertamenti compiuti dalla stessa amministrazione, 
cfr. Trib. Sup. Acque, 24 ottobre 1960, n. 32, Acque, bonif., costr., 
1960, 472 e Foro amm., 1961, II, 566. 

Con sentenza n. 2950 del 22 dicembre 1964 (retro, 128) le Sezioni Unite 
hanno dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 138 e 139 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulla composizione 
dei Tribunali delle acque, in quanto contemplano la partecipazione di membri 
estranei alla magistratura. 

Sul procedimento dinanzi ai Tribunali delle acque, in genere, cfr. Cass., Sez. 
Un., 5 luglio 1965, n. 1404, retro, 1081; id., 25 maggio 1965, n. 1029, retro, 566 e 
Trib. Sup. Acque, 30 gennaio 1965, n. 1, retro, 233 e le decisioni richiamate nelle 
rispettive note. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1090 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 1� luglio 1965, n. 16 -Pres. Reale 
-Est. Daniele -Comune di Arenzano (avv.ti Tumedei e Antonelli) 

c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Carmelo Carbone) e Negrotto Cam�iaso 
(avv. Di Segni). 
Acque pubbliche -� Concessione -Dichiarazione di decadenza 

Posizione giuridica dell'aspirante alla concessione. 

(r.<l. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 55 e 143). 

Acque pubbliche -Importanza dell'utilizzazione -Valutazione 
Discrezionalit�. 

(r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). 
Acque pubbliche -Sottensione di utenza -Importanza dell'utilizzazione 
-Criterio di valutazione. 

(r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). 
L'aspirante alla concessione di acque pubbliche non � titolare 
di interesse qualificato alla dichiarazione di decadenza del concessionario 
(1). 

Il giudizio circa la maggiore o minore importanza della nuova 
richiesta di utilizzazione di acque ai fini della sottensione di precedenti 
utenze � essenzialmente discrezionale e non � suscettibile di sindacato 
nel merito in sede di legittimit� (2). 

Ai fini della sottensione l'importanza della utilizzazione dell'acqua 
� data non solo dall'elemento quantitativo delle acque da utilizzare ma 
anche da ogni altro elemento infiuente sulla pi� razionale utilizzazione 
delle acque (3). 

(Omissis). -Con il secondo motivo il Comune deduce la violazione 
della legge 18 ottobre 1942 n. 1434 e dell'art. 55 del t.u. sulle 
acque, in quanto illegittimamente l'Amministrazione si sarebbe rifiutata 
di dichiarare la decadenza della N egrotto dalla concessione. 

Ma, come ha esattamente rilevato la difesa della resistente conces


sionaria, la violazione delle citate norme (anche se sussistesse) non pro


(1) La massima � ispirata ai principi pi� volte affermati in merito alla posizione 
del terzo, estraneo al rapporto in contestazione, che dal provvedimento del1'
Amministrazione possa derivare un vantaggio solo mediato e riflesso. Per analoghe 
fattispecie, cfr. App. Firenze, 4 aprile 1964, Giur. it., Rep., 1964, 32, n. 128 (sulla 
posizione di mero interesse dell'aspirante che abbia presentato domanda di concessione 
ali' osservanza delle norme procedurali che disciplinano il conferimento 
della concessione); Trib. Sup. Acque, 12 luglio 1962, n. 10, Foro amm., 1963, Il, 
144 (sul difetto di interesse dell'aspirante che abbia presentato domanda di concessione 
all'impugnativa del provvedimento che ammetta ad istruttoria abbreviata 
una domanda di variante non sostanziale di altra domanda concorrente). Nel senso 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E. FORNITURE 1091 

durrebbe la lesione di un interesse legittimo del Comune di Arenzano, 
atteso che questo si presenta come un qualsiasi aspirante alla concessione 
di acque pubbliche. 

Dopo lemanazione della legge 18 ottobre 1942 n. 1494 la giurisprudenza 
ha pi� volte affermato che, data l'inequivocabile espressione 
usata dalla legge ( � � in facolt� del Ministro... n), rientra nel potere 
discrezionale della p.a. pronunziare o non la decadenza dalle concessioni 
di acque pubbliche, previa valutazione delle ragioni di pubblico 
interesse che militino a favore della continuazione o della cessazione 
della concessione in atto (Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche 
26 aprile 1961, n. 19; 17 novembre 1953, n. 13; 28 giugno 1951, 

n. 9 e da ultimo 22 dicembre 1962, n. 30). Di fronte a tale potere discrezionale 
dell'Amministrazione esiste l'interesse legittimo del concessionario, 
ma non esiste una situazione soggettiva tutelata, sia pure indirettamente 
ed occasionalmente, dei soggetti che aspirino alla concessione 
delle acque spettanti al concessionario. 
� invero principio pi� volte affermato dalla giurisprudenza che 
le norme che attribuiscono alla p.a. un potere sanzionatorio (es. sanzioni 
disciplinari; decadenza da concessioni amministrative), sono 
dirette a tutelare il pubblico interesse al regolare e prof�cuo svolgimento 
dei rapporti pubblicistici, dei quali lAmministrazione � parte, 
e non anche a tutelare leventuale interesse di soggetti estranei ai rapporti 
stessi. {Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 febbraio 1930, n. 81, 
in materia d'impugnativa di sanzioni disciplinari; Sez. V, 13 marzo 1927, 

n. 256 e 28 agosto 1951, n. 563, in tema di impugnativa di decadenze 
da concessioni). 
In materia di concessione di acque pubbliche, l'interesse delraspirante 
alla concessione � e resta interesse di mero fatto sino al momento 
in cui, apertasi la procedura concorsuale stabilita dalla legge, egli 
presenti una domanda intesa ad ottenere la concessione, inserendosi 
cosl nel procedimento concorsuale. 

Inoltre non � dubbio che chi abbia avanzato una domanda diretta 
ad eccitare l'esercizio del potere discrezionale di dichiarazione della 
decadenza di una concessione, non acquisti, per ci� solo, una situa-

che l'aspirante ad una concessione difetti di interesse attuale all'impugnativa delle 
clausole del disciplinare, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 aprile 1964, n. 332, Giust. civ., 
1964, Il, 203; id., 12 febbraio 1964, n. 141, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 345. 
Sull'interesse a ricorrere, in generale cfr., da ultimo, AGR�, Ancora sulla distinzione 
tra interesse legittimo e interesse a ricorrere, in questa Rassegna, 1964, I, 44; 
SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 
40 e segg. e ivi richiami. 

Sulla diversa posizione giuridica del concessionario in tema di decadenza, nel 
senso che il concessionario deve riconoscersi titolare di un diritto soggettivo o di 
un interesse legittimo (con la giurisdizione, rispettivamente, dei Tribunali Regionali 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1092 

zione di interesse legittimo: egli � e resta un quisque de populo, non 
distinguendosi da tutti gli altri possibili aspiranti alla concessione delle 
acque, in atto godute dal concessionario. 

(Omissis). -Come bene ha posto in luce la difesa della resistente 

concessionaria, il giudizio circa la maggiore o minore importanza della nuova 
richiesta di utilizzazione di acque, al fine della sottensione di 
precedenti utenze, ai sensi dell'art. 45 del t.u. sulle acque, � essenzialmente 
discrezionale e non pu� essere sindacato, nel merito, in questa 
sede di legittimit�. 

(Omissis). -In particolare, per quel che attiene alla motivazione, 
si osserva che il provvedimento impugnato ha negato che il progetto 
del Comune comportasse una pi� importante utilizzazione �di acque, 
tale da giustificare la sottensione, perch� tale progetto prevedeva solo 
un limitato incremento delle utilizzazioni in atto, in parte predisposto 
con l'intento di assorbire l'utenza, regolarmente concessa alla marchesa 
Negrotto. 

Inoltre, ha aggiunto il provvedimento impugnato, le domande del 
Comune di Arenzano, in corso d'istruttoria, erano idonee a soddisfare 
le esigenze potabili della popolazione del Comune stesso. 

Ci� posto il Collegio ritiene che non sussista il vizio di illogicit� 
della m9tivazione, per essersi l'Amministrazione limitata a valutazioni 
quantitative. 

~ esatto che l'importanza della utilizzazione dell'acqua, ai fini 
della sottensione, � data non solo dall'elemento quantitativo delle acque 

o del Tribunale Superiore) a seconda che contesti la ricorrenza dei presupposti 
di fatto della decadenza o lamenti il cattivo uso del potere discrezionale, cfr. Trib. 
Sup. Acque, 22 dicembre 1962, n. 30, Foro it., 1963, III, 38; Cass., Sez. Un., 
18 luglio 1961, n. 1749, Acque, bonif., costruz., 1961, 573; Trib. Sup. Acque, 
7 luglio 1961, n. 10, ibidem, 372; Trib. Acque Palermo, 30 marzo 1959, Foro it., 
Rep., 1960, 38, n. 145; Cass., Sez. Un., 13 luglio 1955, n. 2227, Acque, bonif ., 
costruz., 1956, 148, con nota di CONTE; Trib. Sup. Acque, 18 giugno 1954, n. 20, 
ivi, 1954, 595, con nota di GuGLIELMI; id., 17 novembre 1953, n. 13, Foro� it., 
1954, I, 971; Trib. Acque Venezia, 25 marzo 1952, Foro pad., 1952, I, 857; Trib. 
Sup. Acque, 28 giugno 1951, n. 9, Foro amm., 1951, Il, 2, 47. Contra, per la 
giurisdizione del Tribunale Superiore in sede di legittimit� anche quando si contesti 
la ricorrenza delle cause di decadenza, cfr. Trib. Sup. Acque, 26 ottobre 1961, 
n. 19, Acque, bonif., costruz., 1961, 479 (decisione rimasta isolata) e, implicitamente, 
Mrccou, Le acque pubbliche, 1958, 232. 
La distinzione ora ricordata non sembra per� rilevante in tema di decadenza 
dai diritti esclusivi di pesca, avuto riguardo agli � artt. 23, quinto comma, 24, 
secondo comma, 26, quarto comma e 28, secondo comma, del r.d. 8 ottobre 1931, 

n. 1604 (richiamati all'art. 143, let. c, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775): ci� a 
maggior ragione per il difetto di una modifica delle disposizioni analoga a quella 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1093 

da utilizzare ma anche da ogni altro estremo influente sulla pi� razionale 
utilizzazione delle acque stesse (Tribunale Superiore Acque Pubbliche, 
14 settembre 1942, n. 31); ma nella specie il Comune aveva 
previsto nel progetto (secondo quanto risulta dalla motivazione del 
provvedimento, non contestata su questo punto) non una diversa utilizzazione 
delle acque bensl solo un incremento quantitativo delle utilizzazioni 
in atto. Era, pertanto, logico che la motivazione del provvedimento 
si soffermasse sulla valutazione dell'elemento quantitativo. -{Omissis). 

apportata, con la legge 18 ottobre 1942, n. 1434, all'art. 55 del r.d. 11 dicembre 
1933, n. 1775 e per largomentazione desumibile, a contrario, dall'abrogazione, 
ad opera dell'art. 140, lett. f, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, del terzo comma 
degli artt. 25 e 29 del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604. In argomento, cfr., da ultimo, 
Trib. Sup. Acque, 30 gennaio 1964, n. 7, in questa Rassegna, 1964, I, 398 (in 
motivazione); Cons, Stato, Sez. V, 2 gennaio 1963, n. 4, Foro it., 1963, Ili, 50. 

(2-3) Non risultano precedenti recenti. Conf.: Trib..Sup. Acque, 14 settembre 
1942, n. 31, Dir. beni pubbl., 1942, 342 (alla quale la decisione in rassegna si 
richiama espressamente); Mrccou, op. cit., 221. Sulla sottensione di utenza e sulla 
differenza dei presupposti di applicazione degli artt. 45 e 47 del r.d. 11 dicembre 
1933, n. 1775, cfr. da ultimo: Cass., Sez. Un., 25 maggio 1965, n. 1029', retro, 
567 ed ivi richiami in nota. 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 14 aprile 1964, n. 747 -Pres. Ricciardelli 
-Rel. Galifi -P.M. Sergio (conf.) -Rie. Sacchi. 

Danni -Disastro ferroviario -Gravit� dell'evento -Limiti. 
(c.p., art. 430). 

La ragione del disastro ferroviario risiede nella non comune gravit� 
dell'evento. Non � per� necessario che questo sia immane nella est�nsione 
e complessit� dei danni alle persone ed alle cose o per la pubblica 
commozione conseguita dal fatto (1). 

(Omissis). -Con il secondo motivo si denunzia dal ricorrente la 
erronea valutazione giuridica delle risultanze processuali agli effetti 
della definizione del reato di disastro ferroviario. 

{l) Numerosi sono i precedenti giurisprudenziali, anche se non recenti, sulla 
nozione di � disastro ferroviario �: Cass., 6 luglio 1946, Giur. completa della C.S., 
XXIII, 2, 988; Cass., 24 febbraio 1943, Riv. pen., 1943, 261; Cass., 10 dicembre 
1941, Riv. pen., 1942, mass. 259; Cass., 21 dicembre 1934, Annuali, 1935, 1058. 

t: stato affermato -e la sentenza che si annota ne segue le tracce -che il 
concetto di disastro ferroviario rilevante penalmente deve essere desunto dalla 
gravit� ed estensione del danno e del pericolo causato, a nulla rilevando la commozione 
pubblica, che, essendo elastica, non pu� alterare la materialit� del fatto. 

Cos� la Relazione ministeriale sul progetto del c.p., II, 222. 

In questo senso � anche la gran parte della dottrina (fra gli altri A.NrousEr, 

Manuale di diritto penale, 1954, parte speciale, vol. Il, 418). 

Parzialmente discorde � la lontana sentenza della C.S. 15 marzo 1926 (Giust. 
pen., 1926, 819), nella quale si afferma che per aversi disastro terroviario � necessario 
che vi sia un evento dannoso, grave ed intenso, tale da provocare pubblica 
commozione. Cos� il MANZINI, Dir. pen., 1959, VI, 270. ::: 

Tuttavia, il richiedere l'ulteriore elemento della pubblica commozione, oltre 
l'estrema gravit� dell'evento dannoso o pericoloso, non pu� giustificarsi alla stregua 
del sistema del codice penale vigente. Infatti, la categoria dei reati cui quello de 
quo agitur appartiene (titolo VI, libro Il, c.p.), ha come unica caratteristica il fatto 
che l'elemento materiale del reato produce effetti che si propagano o possono propagarsi 
ad un numero non determinabile di individui. Il richiedere in pi� che levento 
sia di tale gravit� da suscitare pubblica commozione � quanto meno arbitrario, 
senza tener conto che si verrebbe cos� ad inserire nella struttura del reato, dai 
confini gi� di per s� imprecisi, un elemento estremamente elastico, evanescente e 
di difficile accertamento. 

G. ZOTTA 

PARTE I, SEZ. vn, GIURISPRUDENZA PENALE 1095 

L'evento, a giudizio della Corte di merito, non avrebbe generato 
quella pubblica commozione necessaria ad integrare la nozione del 
reato di disastro, che, tuttavia, fu ritenuto sussistente. Ma il rilievo non 
ha base. 

:�: gi� stato affermato da questa Corte (sentenza 17 aprile 1947 in 
ricorso Carpani) che la nozione di disastro ferroviario risiede nella 
non comune gravit� dell'evento, che non �, per�, necessario che sia 
immane nella estensione e complessit� dei danni alle persone ed alle 
cose e nella pubblica commozione che del fatto sia conseguita. 

Questo principio ha testualmente accolto la Corte torinese, soggiungendo, 
con un pleonasmo che nulla toglie alla validit� della fatta 
affermazione, che qtialche voce, in dottrina, prescindeva dalla ricorrenza 
dell'elemento della pubblica commozione; ma senza, con ci�, 
escluderne la sussistenza nella specie, contrariamente a quanto assume 
il ricorrente. E bene fu affermata la sussistenza del disastro ferroviario 
nel fatto in esame concluso con un bilancio di due morti ed undici 
feriti sulle venti persone che il direttissimo trasportava, con la distruzione 
di varie vetture, di un buon tratto della linea aerea, di sette 
tralicci e con lo scardinamento del binario e delle traversine, bilancio 
gravemente dannoso e tale da suscitare pubblica commozione. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 settembre 1964, n. 1209 -Pres. 
Foschini -Rel. Vigorita -P.M. Lenzi (conf.) -Rie. Riu1ini. 

Importazione ed esportazione -Importazione temporanea di autoveicoli 
in Italia -Art. 11 della Convenzione di Ginevra Nozione 
di residenza -Residenza abituale o principale in 
Italia -Dimora effettiva per un periodo inferiore a sei mesi Non 
esclude la qualifica di residente. 

(l. 29 settembre 1940, n. 1424, art. 106; I. 30 luglio 1952, n. 1747). 
L'art. 11 della convenzione di Ginevra, resa esecutiva in Italia con 
la legge 30 luglio 1952 n. 1747, pur introducendo un criterio aggiuntivo 
e presuntivo per la determinazione della residenza, non altera n� sopprime 
la nozione comune, secondo la quale la residenza costituisce il 
luogo dell'attivit� giuridica della persona, e quindi postula una dimora 
relativamente stabile, indicativa dello svolgimento effettivo della vita 
privata in un determinato posto. La predetta norma ipotizza una residenza 
abituale (prima parte) ed una residenza prevalente (seconda 
parte); ove si accerti che il soggetto ha la residenza abituale o princi



1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pale in Italia, la circostanza che la dimora effettiva nel Paese sia inferiore 
a sei mesi deve considerarsi priva di rilievo, e quindi la qualifica 
di residente in Italia a tutti gli effetti di legge (1). 

(1) Giurisprudenza costante: Cass., 10 ottobre 1962, Jakubowski, Mass. pen., 
1963, 286; Cass., 2 ottobre 1961, Pantani, Temi nap., 1962, Il, 291; Cass., 2 ottobre 
1961, Cesare, Vita dog., 1962, 395. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 settembre 1964, n. 2347 -Pres. 
Migliardi -Rel. Mazzei -P.'M. Reviglio della Veneria�-Rie. Cardile. 

Reato -Circostanze del reato -Attenuante del danno patrimoniale 
di particolare tenuit� -Criterio di valutazione -Entit� obiettiva 
del danno. 

(c.p., art. 62, n. 4). 

Per l'art. 62, n. 4, c.p. � circostanza attenuante comune l'avere, 
nei delitti contro il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato 
un danno patrimoniale di particolare modesto valore. Dalla formulazione 
di tale articolo si desume che un danno obiettivamente non di 
speciale tenuit� esclude rapplicazione dell'attenuante anche se la persona 
offesa dal reato sia, da un punto di vista soggettivo, in buone 

� condizioni economiche. � la tenuit� particolare in s� che viene considerata 
dalla legge per la concessione deliattenuante (l). 

(1) Giurisprudenza ormai consolidata sul punto della pregiudizialit� della 
valutazione obiettiva rispetto a quella subiettiva, solo eventuale {Cass., 20 maggio 
1964, SANTORO, in questa Rassegna, 1965, I, 422 ed ivi richiami). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 9 ottobre 1964, n. 2600 -Pres. 
Grieeo -Rel. Folino -P.M. Moscarini (eonf.) -Rie. Chiappalone. 

Reato -Millantato credito -Obiettivit� giuridica -Estremi del 
reato -Specifica indicazione del funzionario presso il quale si 
millanta credito -Non � necessaria. 

(c.p., art. 346). 

Oggetto specifico della tutela penale predisposta dali art. 346 c.p. 
� iinteresse concernente il prestigio della Pubblica Amministrazione, 
che viene leso ogni qual volta si mercanteggino pretese in-fiuenze presso 
pubblici ufficiali o pubblici impiegati che prestino un pubblico servizio, 

.' 

, 
. 

-:~ 

�':




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1097 

facendo credere falsamente che gli stessi siano corruttib_ili o comunque 
arrendevoli ad illecite inframmettenze. Per la sussistenza del delitto di 
millantato credito, in entrambe� le ipotesi previste dalla citata norma, �, 
pertanto, sufficiente che il soggetto attivo abbia affermato di poter 
efficacemente intervenire, immediatamente o mediatamente, presso il 
pubblico ufficiale o pubblico impiegato. Non �, invece, necessaria la 
specifica indicazione del funzionario presso cui si millanta credito, bastando 
il riferimento a pubblici ufficiali od impiegati predetti (I). 

(1) Giurisprudenza assolutamente costante. Poich�, infatti, il bene giuridico 
tutelato dall'art. 346 c.p. � il prestigio dell'Amministrazione in genere, e non dei 
singoli uffici, non solo non � necesaria l'indicazione nominativa del funzionario 
corruttibile, ma neppure l'indicazione di un settore della P.A. o di un ufficio centrale 
o periferico, essendo sufficiente invece la generica millanteria di potere efficacemente 
intervenire presso l'autorit� pubblica (Cass., 21 novembre 1962, Creatore, 
Riv. pen., 1964, II, 107; Cass., 17 gennaio 1963, Ladiano, Giust. pen., 1964, II, 75 
(m); Cass., 20 novembre 1963, Marfoglia, Mass. pen., 1964, 311 {m.). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, 12 ottobre 1964, n. 6680 -Pres. 
Frisali -Rel. De Andreis -P.M. Paternostro -Rie. Ventimiglia. 

Impugnazione -Dichiarazione inviata a mezzo telegramma -Auten


ticazione della firma del dichiarante -Necessit� -Mancanza 

-Inammissibilit� del gravame. 

(c.p.p., artt. 190, 197, 198). 

Nel caso di impugnazione proposta per telegramma, rattestazione, 
sul dispaccio da trasmettere al destinatario, della autenticazione della 
firma del dichiarante, costituisce formalit� essenziale, la cui mancanza 
� causa di inammissibilit� del gravame (I). 

{l) Giurisprudenza assolutamente costante (Cass., 20 febbraio 1963, Magli, 
Giust. pen., 1964, III, 12 e 93; Cass., 7 ottobre 1963, Gatta Gheren, Giust. pen., 
1964, III, 218). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 9 novembre 1964, n. 7170 -Pres. 
Loschiavo -Rel. Giorgioni -P.M. Braccia (conf.) -Rie. Pascale 
ed altro. 

Contrabbando -Partecipazione al delitto di guardie di finanza Figura 
autonoma di reato. 

(I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 3). 

1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il fatto che al delitto di contrabbando abbiano partecipato agenti 
del corpo della Guardia di Finanza pone in essere una figura autonoma 
ifi reato e non una circostanza aggravante del delitto di contrabbando 
(1). 

(1) Il principio di diritto enunciato trova il suo autorevole precedente in una 
pronuncia delle Sezioni Unite penali (sent. 1� luglio 1930, Biagio, Giust. pen., 
1951, III, 1): quando agenti della Guardia di Finanza e privati concorrano nel 
commettere fatti di contrabbando, non si configura un delitto di contrabbando, 
aggravato, per i finanzieri, dalle circostanze attinenti alla loro qualit� personale, 
sibbene lautonoma figura del reato di collusione previsto dall'art. 3 I. 9 dicembre 
1941, n. 1383, in cui i privati concorrono. 

PARTE SECONDA 




RASSEGNA DI DOTTRINA 


AUTORI VARI, Enciclopedia del diritto, voli. XIII e XIV -Editore A. Giuffr�, Milano, 
1964 e 1965. 

Si � data notizia in questa Rassegna (anno 1964, parte II, pagg. 32-36) della 
pubblicazione del XII volume dell'Enciclopedia del diritto, edita da Giuffr�. 

Recentemente, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro, sono usciti anche i 
volumi XIII e XIV, comprendenti il primo le voci da Disarmo (della nave) a Doppia 
imposizione (diritto tributario), il secondo quelle da Dote ad Enti (ecclesiastici). 

Nel primo dei due volumi in rassegna sono da segnalare, come meritevoli di 
particolare attenzione da parte dello studioso, le voci relative a: Atto di dispensa 
(diritto amministrativo), a cura di C. CARBONE (pagg. 146-150); Atto di disposizione, 
a cura di L. MENGONI e F. REALMONTE (pagg. 189-194); Dissenso (diritto civile), a cura 
di F. MESSINEo (pagg. 244-279); Documento (diritto -amministrativo), a cura di A. M. 
SANDULLI (pagg. 6o1-622). 

Nel volume XIV le voci di maggiore interesse sono, a nostro avviso, le seguenti: 
Dovere giuridico (teoria generale del diritto), a cura di E. BETTI (pagg. 53-58); Eccezione 
(teoria generale del diritto), a cura di S. PuGLIATTI (pagg. 151-172); Eccezione 
(diritto processuale civile), a cura di V. CoLESANTI (pagg. 172-205); Eccezione (diritto 
processuale penale), a cura di V. G1ANTURCO (pagg. '205-214); Edilizia economica e 
popolare, a cura di G. RoHERSSEN (pagg. 312-350); Efficacia giuridica, a cura di 

A. FALZEA (pagg. 432-509); Ente pubblico, a cura di V. OTTAVIANO (pagg. 963-975); 
Energia elettrica (nazionalizzazione), a cura di G. LANDI (pagg. 875-913). 
Della Discrezionalit� amministrativa, trattata da A. P1RAS nel XIII volume 
(pagg. 65-91) e dell'Eccesso di potere (diritto amministrativo), curato da P. GASPARRI 
nel volume XIV (pagg. 124-134), riteniamo utile dare, qui di seguito, una breve 
sintesi, trattandosi di argomenti di particolare delicatezza, in cui l'elaborazione 
concettuale presenta notevoli difficolt� di ordine teorico ed ha, d'altra -parte, implicazioni 
pratiche di enorme importanza. 

A. PIRAS, Discrezionalit� amministrativa. 
Lo studio del Piras inizia con una storia accurata e dettagliata della c.d. progressiva 
evoluzione del concetto di discrezionalit� amministrativa, che occupa una 
parte notevole dell'intera trattazione ma di cui omettiamo qui la sintesi per la semplice 
considerazione che i lettori di questa Rassegna ben conoscono, a causa della 
diuturna pratica professionale, quali e quante restrizioni abbia subito nel corso degli 
anni, specie degli ultimi, il margine di discrezionalit� della P.A. 

Quale utilit� potrebbe avere, infatti, il ricordare che una volta l'espressione 
attivit� amministrativa discrezionale, in contrapposto all'altra di a_ttivit� vincolata, 
era sinonimo di attivit� essenzialmente libera dell'Amministrazione, sicch� l'atto 
discrezionale poteva riguardarsi come frutto di volizione dettata unicamente dalla 
considerazione del pubblico interesse? 

In dottrina e nella pratica giurisprudenziale questa concezione non !rova pi� 
consensi e di conseguenza riteniamo di maggiore utilit� per lo studioso entrare 
immediatamente nel vivo del problema e riassumere il contenuto delle teorie attuali 
-ricordate nello studio in rassegna -che si danno carico di individuare e descrivere 
i limiti della discrezionalit� amministrativa. 

La prima teoria moderna che l'A. ricorda, ritenendola, peraltro, inappagante 
per la sua genericit� e vaghezza di contorni, � quella che vede nella norma attri


17 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

134 

butiva di discrezionalit� alla P.A. una norma regolativa dell'azione amministrativa 
di carattere � impreciso >>, perch� rispondente all'unico imperativo di agire in con


formit� dell'interesse pubblico. 

Tale teoria -secondo il Piras -avrebbe avuto il merito, rispetto alla vecchia 
dottrina, di aver ricondotto l'attivit� discrezionale sotto un paradigma normativo, 
ma presenterebbe il difetto di prendere in considerazione interessi generici, che si 
dicono pubblici solo perch� tali appaiono nella realt� sociale. 

Dopo questa teoria, l'A. passa ad esaminare quelle tesi, pi� estremiste, secondo 
le quali la legge, nei casi in cui rimette alla discrezionalit� della P.A. l'attuazione 
di una disposizione, rinvia per la disciplina del rapporto a norme e regole non 
giuridiche gi� certe ed obbiettivamente accertabili e capaci di dare sempre la misura 
dell'unica soluzione possibile per la realizzazione dell'interesse pubblico. 

Rileva in proposito l'A. che regole o principi, contenuti di esperienza o criteri 
di giudizio, capaci di individuare la ragione predeterminante dell'unica soluzione 
possibile in ogni concreta ipotesi che si possa presentare all'esame del giurista, non 
� dato rinvenirne nella nostra realt� giuridica. La dimostrazione, veramente convincente, 
di questo assunto � data da una ampia esemplificazione desunta dal diritto 
positivo, che costituisce la parte pi� incisiva e di maggiore utilit� pratica di tutto 
il lavoro in esame. 

L'opinione del Piras � che, nonostante tutti gli sforzi delle teorizzazioni pi� 
radicali ed estremiste, si deve necessariamente riconoscere che nella discrezionalit� 
amministrativa esiste un margine libero di scelta e di volont� costituito, appunto, 
dall'attivit� rivolta alla ponderazione dell'opportunit� di attuare in un modo o nell'altro 
questo o quello interesse pubblico. La scelta discrezionale dipende dal valore 
che si assegna all'interesse pubblico emergente dalla situazione, ossia da un giudizio, 
lato sensu, politico, che in nessun modo risulta dall'applicazione di una preesistente 
norma o regola non giuridica d'esperienza. 

Solo che -prosegue l'A. -l'interesse pubblico, per svolgere il suo ruolo rispetto 

alla discrezionalit�, dev'essere rilevante rispetto agli scopi della funz�one assegnata 

all'organo della P.A.; deve riflettere il soddisfacimento di, un bisogno gi� qualificato 

pubblico da una norma (o direttamente mediante l'attribuzione di una certa com


petenza a questa o quella autorit� amministrativa, o indirettamente con l'ordina


mento dei pubblici uffici). Dev'essere, in poche parole, un interesse pubblico specifico 

e non generico. Da queste considerazioni l'A. fa derivare, altresi, la necessit� di col


legare il concetto di discrezionalit� alla funzione ed all'attivit� della P.A., in senso 

lato, e non all'atto, potendo la discrezionalit� manifestarsi anche con il non-agire, 

in un momento anteriore, cio�, all'emanazione dell'atto. 

Com'� chiaro, l'A., ricalcando vie gi� tracciate da altri e dalla giurisprudenza, 

tenta di raggiungere un punto di �equilibrid tra opposte vedute anche se egli stesso 

non si nasconde l'obbiezione che nell'attivit� amministrativa non sempre � agevole 

isolare un interesse pubblico specifico correlato alla funzione che non si trovi in 

necessaria ed indissolubile connessione con altri pubblici interessi che ogni organo 

della P.A. deve pur valutare nell'esercizio della sua attivit�. 

In definitiva, ci sembra di poter dire che lo studio in rassegna, pur offrendo un� 

notevole contributo all'informazione per la ricchezza di dati su dottrine italiane e 

straniere e pur imponendosi all'attenzione per lo sforzo sotteso di dare sempre ai 

problemi soluzioni equilibrate e lontane dagli estremismi, ispirati, in special modo, 

a certa giurisprudenza di origine germanica, non riesce ad eliminare dal campo 

della discrezionalit� amministrativa tutte quelle ambiguit� e confusioni che sempre 

hanno caratterizzato l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in materia. Ma � 

chiaro che di tali ambiguit� e confusioni non si pu� far carico n� al Piras n� agli 

altri illustri ed autorevoli studiosi che si sono occupati dell'argomento, bensl unica


mente all'assoluta mancanza di disposizioni legislative chiarificatrici. 

...: 

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�: 



PARTE Il, RASSEGNA DI DOITRINA 

Vogliamo aggiungere che dall'impossibilit� di un'elaborazione concettuale della 
discrezionalit� amministrativa su sicure basi normative � derivata una situazione 
in cui la proliferazione delle teorie pi� che essere alimentata da riuove considerazioni 
di ordine giuridico � continuamente sollecitata dall'ansia, latente anche in giuristi 
di ben noto equilibrio, di vedere progressivamente sempre pi� ridotto il margine 
di libert� di scelta della P.A. nell'esercizio delle proprie funzioni. 

E su questa via una giurisprudenza, pressocch� libera dal tradizionale mito dell'amministrazione 
della giustizia come opera di mera deduzione logica da norme 
giuridiche (nella specie, inesistenti), ha fatto il resto, corrispondendo a quell'ansia, 
pi� politica che giuridica, in misura a volte pi� larga di quella sperata. 

Come ultimo rilievo, osserviamo che poco sviluppato, rispetto all'intera economia 
del lavoro, ci sembra il tema della discrezionalit� tecnica, sul quale, per questo 
motivo, non ci soffermiamo oltre. 

P. GASPARRI, Eccesso di potere (in diritto amministrativo). 
Anche dello studio del Gasparri, che s'inserisce nel filone della lunga e difficile 
elaborazione teorica del concetto dell'eccesso di potere, ricorderemo qui di seguito, 
sintetizzandolo, solo il nucleo essenziale, tralasciando sia l'analisi dell'originl'! storica 
dell'espressione, nel diritto francese ed in quello italiano, sia le considerazioni 
sull'eziologia del vizio in esame, cio� sulle possibili cause (involontarie ed intenzionali) 
del suo verificarsi, e sia, infine, la sua differenziazione dalle altre figure di 
vizi di legittimit�: incompetenza e violazione di legge. 

Per una migliore comprensione della tesi posta dall'A. a fondamento del suo 
studio, � necessario ricordare che gi� da tempo la migliore dottrina (seguita dalla 
giurisprudenza) ha individuato la presenza di un nesso, di un legame tra la configurabilit� 
del vizio di eccesso di potere e l'esistenza di un potere discrezionale nella 

P.A. (Sul punto v. Relazione Avv. Stato, anni 1956-60, par. 337). Si �, cio�, rilevato 
che la discrezionalit� amministrativa costituisce un presupposto necessario per la 
sussistenza dell'eccesso di potere, il quale non appare configurabile di fronte ad una 
attivit� amministrativa vincolata.. 
Ora se ci� � vero, � per� altrettanto incontestabile che l'esatta definizione del 
legame e, sopratutto, la linea di demarcazione tra l'eccesso di potere ed il vizio di 
merito, che � il tipico errore di apprezzamento e di scelta discrezionale, non sono 
state fino ad oggi sufficientemente chiarite e sono tuttora oggetto di vivace discussione 
fra i vari autori. 

Nella soluzione adottata nel lavoro in esame per delineare la figura dell'eccesso 
di potere, definito concisamente come vizio di legittimit� inerente ad una scelta 
discrezionale, il Gasparri prende appunto l'avvio dall'esame dei rapporti tra eccesso 
di potere e vizio di merito. 

Egli, partendo dalla considerazione che quando si parla di eccesso di potere ci 
si riferisce sempre ad un dato tipo di scorrettezza di una scelta discrezionale, precisa 
successivamente .che tale scorrettezza non consiste in un errore di apprezzamento, e 
quindi di scelta (errore che costituisce l'essenza del vizio di merito) ma piuttosto 
nel fatto che il tipo di apprezzamento che l'Amministrazione fa non � conforme al 
modello di appr�zzamento che la legge vuole sia fatto: in questo senso, ed in questo 
senso soltanto, pu� dirsi che la scelta discrezionale non � corretta. 

Tutto ci� -secondo il Gasparri -certamente non pu� verificarsi quando alla 

P.A. � attribuita quella competenza di valutazione e di scelta cosi ampia che si suol 
chiamare � politica � perch�, in tal caso, il legislatore non delimitando i tipi di interessi 
che la P.A. deve tener presenti, consente alla medesima di prescindere da ogni 
tipo precostituito di apprezzamento. 
Ma quando la delimitazione dei tipi di interesse da valutare � imposta alla P.A. 
unitamente all'imposizione di prescindere dalla considerazione di ogni altro tipo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

136 

di interesse non contemplato, quando, cio�, la discrezionalit� � propriamente "amministrativa 
� e non politica, l'iter mentale segulto dall'organo della P.A. non pu� 
essere diverso da quello che, per legge, doveva essere segulto: altrimenti -secondo 
I' A -si ha eccesso di potere. 

Questa espressione, in altri termini, metterebbe in evidenza che l'organo della 
P.A., titolare di un potere discrezionale e responsabile del suo uso, � uscito dal :~ 
binario logico che la l�gge gli prescriveva di rispettare nei ragionamenti preliminari 
sull'uso del potere. 

Dopo aver cos� configurato l'eccesso di potere, come vizio, cio�, consistente nella 
considerazione da parte della P.A. di un quadro di interessi diverso., in tutto o in 
parte, da quello stabilito dalla legge, il Gasparri, per far rientrare nella nozione da 
lui delineata il cosiddetto " travisamento dei fatti >>, aggiunge che, a suo avviso, 
anche in tale figura l'erronea rappresentazione dei fatti conduce, fuorviando l'iter 
mentale dell'organo amministrativo, ad una scelta abnorme rispetto al modello 
legislativo. 

Diciamo subito che � proprio quest'ultimo non convincente tentativo a determinare 
serie perplessit� sulla tesi dell' A., la quale se ha la piacevole chiarezza dei 
contorni non ha la possibilit� di comprendere in unica nozione le varie figure di 
eccesso di potere che si sono venute delineando nella nostra realt� giuridica. Nel 
cosidetto travisamento dei fatti non vi � affatto la considerazione di un quadro 
d'interessi diverso da quello stabilito dalla legge, ma solo la considerazione di una 
situazione di fatto diversa da quella effettiva; che � cosa ben diversa. Ma se ci� � 
vero, non pu� negarsi, d'altro canto, che i contributi del tipo di quello in rassegna, 
mirando dichiaratamente a soddisfare l'esigenza, da pi� parti avvertita, di mettere 
ordine in un campo cosl importante e delicato, sono estremamente salutari per la 
scienza giuridica. 

A maggior ragione ci� deve dirsi quando essi tendono, altresl, come quello in 
esame a porre un argine a quella caotica proliferazione, accanto alla figura tradizionale, 
di altre figure di eccesso di potere, verificatasi a ritmo crescente in questi 
ultimi anni specie ad opera della giurisprudenza. 

L. MAZZELLA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* 

D.L. 6 SETrEMBRE 1965, N. 1022 (1) -Prevede norme per l'incentivazione dell'attivit� 
edilizia, in tre titoli: il primo contenente provvedimenti per l'edilizia popolare; il 
secondo relativo alle agevolazioni creditizie per l'edilizia; il terzo comprendente le 
disposizioni finali e le agevolazioni fiscali (G.U. 6 settembre 1965, n. 224). 
D.P.R. 26 LUGLIO 1965, N. 1074 -Reca, disposizioni di attuazione dello statuto della 
Regione Siciliana in materia finanziaria con dieci articoli e quattro tabelle annesse 
(G.U. 18 settembre lg65, n. 235). 
D.P.R. 26 AGOSTO 1965, N. 1098 -Sostituisce il d.p. 8 marzo 1965, n. 699, e stabilisce 
che l'anno finanziario degli elencati enti pubblici sottoposti al controllo della Corte 
dei conti a norma della legge 21 marzo 1958, n. 259, �comincia il lo gennaio e 
termina il 31. dicembre di ogni anno �, dettando conseguenzi�li �disposizioni pure 
transitorie (G.U. 29 settembre 1965, n. 245). 
LEGGE lo OTTOBRE 1965, N. l IIO -Proroga al 31 dicembre 1965 talune disposizioni 
in tema di locazioni di immobili urbani (G.U. 2 ottobre 1965, n. 248). 

D.P.R. 26 AGOSTO 1965, N. u 16 -Reca disposizioni di attuazione dello statuto speciale 
della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di� agricoltura e foreste, industria 
e commercio, turismo ed industria alberghiera, istituzioni ricreative e sportive, lavori 
pubblici, nonch� in materia di trasferimento di uffici statali e personale, con norme 
finali e transitorie (G.U. 8 ottobre 1965, n. 253). 
D.L. 7 OTTOBRE 1965, N. 1118 (2) -Prevede la sospensione dell'imposta di fabbricazione 
sui filati di lana e la istituzione di una addizionale speciale all'imposta generale 
sull'entrata per le materie prime tessili di lana (G.U. 9 ottobre 1965, n. 254). 
D.P.R. 30 GIUGNO 1965, N. 1124 -Coordina in un unico testo legislativo le norme 
sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. 
Il testo unico consta di tre titoli: il primo contenente le norme sull'assicurazione 
infortuni e malattie professionali nell'industria, suddiviso in dieci capi, 
rispettivamente relativi alle attivit� protette (art. l ), all'oggetto dell'assicurazione 
(artt. 2-3), alle persone assicurate (artt. 4-8), ai datori di lavoro (artt. 9-65), alle 
prestazioni (artt. 66-130), alle disposizioni speciali per le malattie professionali 
(artt. 131-139), alle disposizioni speciali per la silicosi e l'asbetosi (artt. 140-177), 
all'assistenza ai grandi invalidi (artt. 178-189), alle disposizioni generali, transitorie 
e finali (artt. 190-204); il secondo contenente le norme sull'assicurazione infortuni e 
malatti� professionali nell'agricoltura, suddiviso in sei capi, rispettivamente relativi 
al campo di applicazione -soggetti e lavorazioni -(artt. 205-209), all'oggetto dell'assicurazione 
(artt. 210-2u), alle prestazioni (artt. 212-248), alle disposizioni spe" 
Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. 

(1) � stato convertito nella legge 1-0 novembre 1965, n. n79 (G. U. 3 novembre 1965, 
n. 275), con modificazioni varie. 
(2) �� stato convertito nella legge 4 dicembre 1965, n. 1309 (G. U. 7 dicembre 1965, 
n. 305), con alcune modificazioni. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

138 

ciali per le malattie professionali (artt. 249-255), all'organizzazione tecnica e finanziaria 
dell'assicurazione (attt, 256-285), alle disposizioni generali, transitorie e finali 
(artt. 286-290); il terzo contenente le norme sui regimi speciali (art. 291); il quarto 
contenente le norme con disposizioni per particolari categorie (artt. 292-294) e con 
disposizioni finali del provvedimento (artt. 295-296), ivi comprese quelle relative alla 
deco~renza del provvedimento stesso (G.U. 13 ottobre 1965, n. 257, supplemento). 

LEGGE 13 OTTOBRE 1965, N. rr71 -Modifica il r.d. 20 luglio 1934 n. 1404, convertito 
in legge 27 maggio 1935 n. 835, concernente la istituzione ed il funzionamento del, 
Tribunale per i minorenni, nell'art. 20, relativo alla sospensione condizionale della 
pena (G.U. 30 ottobre 1965, n. 272). 

DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

DISEGNO nr LEGGE n. 985 (Senato), presentato il 5 febbraio 1965 dai senatori Bonacina, 
Alberti ed altri: Istituzione di una relazione annuale sullo stato della pubblica 
amministrazione. � 

cc Testo�: 
ART. I. 


Il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo 
stato della pubblica amministrazione. 
La relazione indica, con riferimento al precedente anno finanziario: 

r) i dati opportunamente elaborati, concernenti la spesa per il personale in 
attivit� di servizio e in quiescenza, nonch� la spesa corrente per l'acquisto di beni 
e servizi; 

2) i problemi concernenti il reclutamento, la preparazione professionale e l'impiego 
del personale, con particolare riferimento ai funzionari direttivi, ai tecnici e 
agli specialisti, nonch� i problemi concernenti l'incremento della produttivit�; 

3) lo stato delle attrezzature e la situazione organizzativa della pubblica amministrazione, 
nonch� le iniziative adottate dal Governo per migliorarle e i risultati 
conseguiti; � 

4) i provvedimenti adottati in attuazione del decentramento amministrativo; 

5) i criteri generali a cui si � ispirata l'attivit� di vigilanza e tutela della pubblica 
amministrazione sugli enti pubblici, i principali rilievi sollevati e i risultati 
conseguiti. La relazione illustra in particolare l'attivit� di vigilanza e tutela svolta 
nei confronti degli enti pubblici aventi dimensioni e compiti di rilevante importanza 
economica e sociale, o i cui conti consuntivi debbono essere presentati al Parlamento 
ai sensi dell'articolo 35-bis del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440; 

6) l'andamento del contenzioso amministrativo. 

La relazione fornisce al Parlamento ogni altra informazione utile ad aggiornarlo 
sull'efficienza dell'azione amministrativa, sulle carenze e sui mezzi pi� idonei per 
superarle. 

~1

" Pubblicirto, con le osservazioni, in Rassegna Parlamentare, n. 7-9 del 1965. 

, 

. .

'. 

<:" 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 

La relazione indica specificamente: 

a) l'elenco delle gestioni di fondi, in tutto o in parte non stanziati nel bilancio 
dello Stato, qualunque sia il titolo e la denominazione sotto la quale i fondi stessi 
siano stati percetti o erogati, condotte direttamente o indirettamente nell'ambito delle 
amministrazioni dello Stato, ivi comprese le amministrazioni con ordinamento autonomo. 
L'elenco � integrato dal rendiconto consuntivo, se previsto, o dalla situazione 
contabile di ciascuna gestion.e, che evidenzi le entrate e le uscite relative all'ultimo 
esercizio, e i corrispondenti titoli giustificativi. Per ciascuna gestione viene inoltre 
indicato l'ente .o l'istituto al quale � affidato il servizio di cassa o presso il quale sono 
depositati i fondi; 

b) l'elenco nominativo dei magistrati ordinari e dei magistrati del Consiglio 
di Stato e della Corte dei conti che, nel precedente anno finanziario, siano stati impiegati 
nei gabinetti, negli uffici legislativi o nelle segreterie particolari dei Ministeri, 
anche con incarichi temporanei o accessori; 

e) il numero degli insegnanti e dei dipendenti dello Stato civili e militari, di 
ruolo e non di ruolo, qualunque sia la carriera di appartenenza, e degli estranei alla 
pubblica amministrazione, i quali siano di fatto addetti, anche saltuariamente o 
parzialmente o con semplici incarichi di consulenza, ai gabinetti o alle segreterie 
particolari, distintamente individuate, dei Ministri, dei Sottosegretari e dei Direttori 
generali. !/indicazione di cui al presente punto ripartisce gli addetti secondo le 
classificazioni per carriere e per coefficienti contemplate dalla tabella unica allegata 
al decreto del Pr,esidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 19; 

d) il numero, per ciascuno dei Ministeri e delle Aziende autonome dello Stato. 
dei dipendenti i quali si trovino in posizione di distacco o di comando presso i gabinetti 
o le segreterie particolari di altri Ministeri o presso enti pubblici; 

e) l'elenco nominativo dei magistrati di Cassazione e di Corte d'appello, dei 
magistrati amministrativi, degli insegnarzti e dei funzionari civili e militari dello 
Stato aventi qualifica con coefficiente pari o superiore a 500, che durante il precedente 
anno finanziario, o in parte di esso, abbiano ricoperto incarichi di membro 
del consiglio di amministrazione o� del collegio sindacale o di amministratore straordinario 
in istituti o aziende di credito, in enti pubblici sottoposti al controllo della 
Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, o in imprese con partecipazione 
azionaria dello Stato, diretta o indiretta. Per ciascun nominativo devono 
essere elencati tutti gli incarichi ricoperti. 

La relazione si coordina anche mediante �rinvio alle indicazioni, ai dati e alle 
comunicazioni che, sulle stesse materie di cui al presente articolo, sono contenuti 
in altri analoghi documenti sottoposti al Parlamento, riguardanti particolari settori 
della pubblica amministrazione. 

ART. 2. 

Il Consiglio di Stato e la Corte dei conti riferiscono annualmente al Parlamento 
sull'attivit� giurisdizionale, di controllo e consultiva, svolta nel precedente anno 
finanziario, con particolare riferimento ai principali oggetti dei ricorsi decisi, dei 
rilievi formulati e dei pareri emessi. 

Le relazioni di cui al presente articolo contengono osservazioni intorno al modo 
con il quale le varie amministrazioni si sono conformate alle leggi ed ai regolamenti; 
esse inoltre si esprimono intorno alle riforme che rispettivamente il Consiglio di Stato 
e la Corte dei conti ritengono opportuno siano apportate alle leggi ed ai regolamenti 
riguardanti l'ordinamento, le attribuzioni, le procedure e la responsabilit� della pubblica 
amministrazione, ovvero riguardanti la gestione e i conti del pubblico denaro. 

Alle relazioni si uniscono prospetti dimostrativi dell'attivit� svolta. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

140 

ART. 3� 

La relazione del Presidente del Consiglio dei ministri � presentata in allegato alla 
relazione generale sulla situazione economica del Paese, di cui all'articolo 4 della 
legge 10 marzo 1964, n. 62. 

Le relazioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti sono presentate entro 
il mese di marzo. 
La prima applicazione della presente legge avr� luogo con la presentazione della 
relazione generale sulla situazione economica del Paese relativa al 1964. 

� Osservazioni � : 

Il disegno di legge n. 985 si propone di istituire una relazione annuale sullo 
stato della pubblica amministrazione al fine di porre in grado il Parlamento e, per 
il suo tramite, la pubblica opinione di conoscere i problemi, le eventuali deficienze 
e le esigenze della P.A. nonch� i rapporti fra questa ed il cittadino. 

La relazione, che accompagna il disegno di legge, afferma che � le condizioni, 
in cui versa la P.A., nel suo complesso, sono note e per nulla edificanti >>, ma riconosce 
che il fenomeno investe � per dire la verit� fino in fondo la stessa vita politica 
organizzata nei partiti, senza dei quali tuttavia nessun ordinamento democratico 
pu� sopravvivere �. Per la prima volta viene, cosl, posta, sia pure implicitamente e 
con qualche riserva, la questione circa la responsabilit� per il � notevole scadimento 
del costume � e cc i gravi fenomeni d'involuzione politica, organizzativa e, in alcuni 
casi, perfino morale dell'apparato politico-amministrativo �; se essa, cio�, incomba 
in misura maggiore sulla classe politica o sulla burocrazia. 

Peraltro, questa visione cosl diffusamente pessimistica dello stato della P.A. 
e dei suoi rapporti con i cittadini non corrisponde del tutto alla realt�. Vi sono 
stati, vi sono e certamente vi saranno ancora fenomeni, anche gravi, di malcostume, 
peraltro, propri di tutte le epoche; ma nella generalit� dei casi la P.A. 
funziona correttamente, anche se con quella lentezza dovuta alla complessit� del 
procedimento ed all'aumento, considerevole, delle funzioni attribuite alla P.A. In 
proposito, peraltro, non si crede possa trascurarsi il fenomeno, cui pure accenna la 
Relazione del cc diffuso ottundimento del senso dello Stato �, per cui il cittadino 
� pronto a pretendere, ma sempre pi� restio a dare. L'esigenza di tutela del cittadino 
nei confronti della P.A. non pu� far trascurare l'esigenza del funzionamento 
di questa, spesso paralizzato da iniziative giudiziarie o da interventi para-politici 
mossi da spirito di chicane o di speculazione, piuttosto che dal sentito bisogno di 
giustizia. E su queste iniziative tutti sono portati a indulgere! 

Si crede, perci�, che il problema dei rapporti fra cittadino e P.A. nonch� quello 

della tutela dei diritti e degli interessi legittimi del primo nei riguardi della seconda 

debba essere affrontato con serena obiettivit� e con animo scevro di pregiudizi 

contro la P.A. Da un lato � giusto pretendere che il cittadino veda soddisfatte e con 

sollecitudine le sue legittime richieste; dall'altro lato, per�, � necessario evitare la 

paralisi della P.A. In proposito, degna di meditazione profonda � la giurisprudenza 

del Consiglio di Stato, che amplia sempre pi� la tutela del cittadino contro gli atti 

della P.A. fino a comprendervi interessi semplici e pervenire, cosl, a sterili annulla


menti di provvedimenti amministrativi per violazione di norme poste nell'esclusivo 

interesse del!' Amministrazione, senza alcuna, sia pure occasionale, considerazione 

dell'interesse privato. Ci� importa una duplice, grave conseguenza: che il provve


dimento amministrativo, dopo una lunga quanto inutile remora, � legittimamente 

confermato con la eliminazione del vizio formale riscontrato ed il cittadino rimane 

.de�uso� per gli effetti -si ripete legittimamente -nulli del suo effimero e, spesso, 

costoso successo. , 

Questo aspetto del problema, relativo ai rapporti del cittadino con la P.A., induce 

ad esaminare quello della opportunit� e, sotto certi aspetti, della legittimit� della 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

istituzione, anche in Italia, di un � relatore del Parlamento " incaricato di riferire 
sulle esigenze di tutela del cittadino nei rapporti con la P.A. ed eventualmente 
spiegare interventi concreti per l'attuazione della tutela stessa. 

Aggiungere alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi del 
cittadino contro la P.A. anche una tutela parlamentare, peraltro, non sembra 
opportuno. Essa si tradurrebbe, in definitiva, in un ulteriore intralcio dell'attivt� 
amministrativa. D'altra parte, il Parlamento pu� gi� intervenire, con interrogazioni, 
interpellanze e, nei casi pi� gravi, con inchieste, per conoscere e controllare atti e 
fatti della P.A. L'istituzione di un organo parlamentare permanente, incaricato di 
vigilare sulla P.A. ed assicurare al cittadino la tutela nei rapporti con questa, non 
sarebbe neppure del tutto conforme al principio della separazione dei poteri, 
sancito dalla Costituzione, e tenderebbe ad invadere il campo da questa riservato 
agli organi giurisdizionali. Per gli stessi motivi si crede debba dubitarsi della 
legittimit� costituzionale della norma contenuta nell'art. 2 del disegno di legge, 
che fa obbligo al Consiglio di Stato ed alla Corte dei Conti di riferire annualmente 
al Parlamento sull'attivit� giurisdizionale svolta, presentando, altres�, prospetti dimostrativi 
dell'attivit� svolta. Questa relazione, accompagnata da dati statistici, menoma 
anche se non lede l'autonomia del potere giurisdizionale e, d'altra parte, per conoscere 
l'andamento del contenzioso amministrativo � sufficiente la relazione del Presidente 
del Consiglio. 

Per il resto, il disegno di legge non d� luogo ad osservazioni. La relazione 
prevista dall'art. 1, piuttosto complessa e certamente costosa, serve ad illustrare al 
Parlamento la reale situazione della P.A. anche se � difficile sperare che serva a 
superare la crisi della P.A., lo stato di disagio, morale ed economico, dei pubblici 
funzionari e la scarsa, reciproca fiducia, che, purtroppo e il pi� delle volte senza 
ragione, permea di s� i rapporti fra il cittadino e la P.A. o, per essere pi� precisi, 
gli altri cittadini investiti di una pubblica funzione. 

G. GUGLIELMI 
PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 
SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' 


DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

CODICE CIVILE: art. 156 (Effetti della separazione), primo comma. 
La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione in relazione 
all'art. 145 e.e., per quanto nel caso di separazione senza colpa di alcuno dei 
coniugi creerebbe una situazione di disparit� tra marito e moglie rispetto ai doveri 
di carattere patrimoniale, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale 
di La Spezia, con riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione (ord. 19 maggio 
1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.). 

CODICE CIVILE: art. 340 (Nuove nozze della madre). 
La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione, in quanto 
collega determinati effetti alle nuove nozze della madre soltanto, per l'amministra



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

142 


zione del patrimonio e per l'educazione dei figli, � stata ritenuta non manifestamente 
infondata dal Tribunale per i minorenni di Torino, con riferimento agli artt. 3 
e 29 della Costituzione (ord. IO luglio 1965, G.U. 25 settembre 1965, n. 242, ed. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA CIVILE: art. 348 (Improcedibilit� dell'appello), secondo comma. 

R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3269 (Legge del registro): art. u7, primo comma. 
La questione di legittimit� costituzionale, alternativamente, dell'art. 348 c.p.c., 
secondo comma, in relazione all'art. 347 c.p.c., secondo comma, o dell'art. I17 del 

r.d. n. 3269 del 1923, limitatamente al divieto fatto ai cancellieri di rilasciare prima 
della registrazione copia delle sentenze, anche non munite di ,formula esecutiva, � 
stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Corte d'Appello di Catania, con 
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione (ord. I6 luglio 1965, G.U. 25 settembre 
1965, n. 242, ed. spec.). Per ogni buon fine si segnala che la questione di legittimit� 
costituzionale degli artt. 85, 106, 108, u8, 121 e 122 del r.d. 30 dicembre I923, 
n. 3269 (modificati con il r.d. 23 gennaio 1936, n. 2313, e con l'art. 7 r.d. 15 novembre 
1937, n. I924, allegato B) e dell'art. 2 della legge 3 dicembre 1942, n. I548, contenente 
norme relative al bollo e alla registrazione degli atti e documenti prodotti dalle 
parti nei procedimenti civili, � stata dichiarata non fondata dalla Corte costituzionale, 
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione (sent. 9 aprile 1963, n. 45, G.U. 
13 aprile I963, n. IOI, ed. spec.; ordinanze di rimessione: Pretore Firenze, 5 dicembre 
I96I, G.U. 24 febbraio I962, n. 51, ed. spec., e Pretore Cuneo, 9 maggio 1962, 
G.U. 30 giugno 1962, n. 164, ed. spec.). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE: art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria) 
e �rt. 392 (Forme, avocazione e trasformazione dell'istruzione sommaria). 

La questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, in quanto 
rendano inapplicabili all'istruzione sommaria le norme degli artt. 304 bis, 304 ter, 
304 quater e 320 c.p.p., � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore 
di Catania, con riferimento all'art. 24 della Costituzione (ord. 28 maggio 1965, G.U. 
4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.). La disposizione dell'art. 392 c.p.p., peraltro, � 
stata dichiarata costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, 
proprio nella parte in cui, con l'inciso � in quanto applicabili >>, rende 
possibile non applicare all'istruzione sommaria le norme degli artt. 304 bis. 304 ter 
e 304 quater c.p.p. (v., retro, II, 104; v. pure retro, II, 47 e Io7), mentre, come � noto, 
l'art. 320 c.p.p. tratta del compimento della perizia ne'.l'istruzione sommaria e l'ultimo 
comma dell'art. 389 c.p.p. si limita a disporre che �il Pretore per i reati di sua 
competenza procede con istruzione sommaria, quando non procede a giudizio direttissimo 
o con decreto '" 

CODICE DI PROCEDURA PENALE: art. 398 (Poteri del Pretore nel procedimento con 
istruzione sommaria), ultimo comma. 

La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione, nella 
parte che facoltizza il Pretore a rinviare a giudizio l'imputato senza interrogarlo o 
senza enunciare il fatto in un mandato rimasto privo di effetto, � stata ritenuta non 
manifestamente infondata dal Pretore di Padova, con riferimento agli artt. 3 e 24 
della Costituzione (ord. 8_ luglio 1965, G.U. 4 settembre I965, n. 223, ed. spec.; v. pure, 
retro, II; 78 e Io7). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE: art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del 
Pretore). 

La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione, nella parte 
che facoltizza il Pretore a pronunciare condanna per decreto penale, senza aver prima 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

interrogato l'imputato o enunciato il fatto in un mandato rimasto privo di effetto, 
� stata ritenuta non manifestamente 'infondata dal Pretore di Padova, con riferimento 
all'art. 24 della Costituzione (ord. 19 luglio 1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, ed. spec). 

T.u. 4 FEBBRAIO 1915, N. 148 (Legge comunale e provinciale): art. 132. 
D.P.R. 16 MAGGIO 1960, N. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione degli 
organi delle amministrazioni comunali): art. 15, nn. 3, 6, 8 e 9. 
La questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni � stata 
rimessa alla Corte Costituzipnale, per quanto riguarda l'art. 132 del t.u. n. 148 del 
1915, con riferimento all'art. 130 della Costituzione (v. retro, II, 78) ed il n. 3 del 
l'art. 15 del d.P.R. n. 570 del 196o con riferimento agli artt. 48 e 51 della Costituzione, 
dal Consiglio comunale di Belcastro (delib. 19 febbraio 1965, G.U. 25 settembre 1965, 

n. 242, ed. spec.); per quanto riguarda il n. 8 dell'art. 15 del d.P.R. n. 570 del 1960 
con riferimento agli artt. 48 e 51 della Costituzione, dal Consiglio comunale di Lucera 
(delib. 6 lug!lo 1965, G.U. 25 settembre 1965, n. HZ, ed. spec.); per quanto riguarda i 
nn. 6 e .9 dell'art. 15 del d.P.R. n. 570 del 1960 con riferimento agli artt. 3 e 24 della 
Costituzione, dal Consiglio comunale di Roccarainola (delib. 27 febbraio 1965, G.U. 
30 ottobre 1965, n. 273, ed. spec.). Per ragguagli in merito alle disposizioni dell'art. 15 
del d.P.R. n. 570 del 1960 e nei vari suoi numeri con riferimento alle diverse norme 
della Costituzione v. retro, Il, 110 ed, ivi, i richiami alle precedenti ordinanze di 
rimessione nonch� alle gi� intervenute pronunzie della Corte Costituzionale. 
R.D. 30 DICEMBRE 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in 
materia di boschi e terreni montani) : artt. 10 e 11. 
Le questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, in quanto, 
tra l'altro, sarebbe demandato per esse ad organi amministrativi di emanare, nella 
materia, norme penalmente sanzionate, � stata ritenuta non manifestamente infondata 
dal Tribunale di Ascoli Piceno, con riferimento agli artt. 3, 25 e 70 della Costituzione 
(ord. 10 maggio 1965, G.U. 25 settembre 1965, n. 242, ed. spec.). 

LEGGE 24 DICEMBRE 1928, N. 3134 (Provvedimenti per la bonifica integrale): art. 13. 

R.D. 13 FEBBRAIO 1933, N. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale): artt. 11 e 59. 
La questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, per quanto 
il governo delegato ad emanare norme nella materia (art. 13 cit.) avrebbe delegato, a 
sua volta, i consorzi di bonifica per la ripartizione, in principio con i propri statuti 

o con successive delibere, delle quote di contribuzione da imporre ai proprietari consorziati 
(artt. 11 e 59 citati), il che sarebbe tutto avvenuto senza la fissazione dei 
criteri relativi alla imposizione ed alla durata dei contributi a carico degli utenti, 
� stata ritenuta non manifestamente infondata dal Conciliatore di Irsina, con riferimento 
agli artt. 23 e 76 della Costituzione (ord. 20 agosto 1965, G.U. 30 ottobre 1965, 
n. 273, ed. spec.). 
R.D. 18 GWGNO 1931, N. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza): art. 156. 
R.D. 6 MAGGIO 1940, N. 635 (Regolamento per l'esecuzione del testo unico di pubblica 
sicurezza) artt. 285 e 286, ultimo comma. 
La questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, per ci� 
che vietano le collette e le questue senza licenza del Questore, salvo quanto disposto 
in materia ecclesiastica, ��stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale 
di Brescia, con riferimento all'art. 3 della Costituzione (ord. 14 settembre 1965, G.U. 
30 ottobre 1965, n. 273, ed. spec.). In relazione alle stesse disposizioni e con rife1~mento 
agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 .della Costituzione la questione � stata 
gi� dichiarata non fondata dalla Corte Costituzionale (sent. 26 gennaio 1957, n. 2, 

G.U. 30 gennaio 1957, n. 27, ed. spec.). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LEGGE 18 GIUGNO 1931, N. 987 (Disposizioni per la difesa delle piante coltivate e 
dei prodotti agrari dalle cause nemiche e sui relativi servizi): art. 1, primo comma, 
parte prima. 

La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione, in quanto 
n� dalla stessa � n� da alcuna altra disposizione della legge sono neppure sommariamente 
indicati i criteri per i quali l'autorizzazione" dell'autorit� amministrativa 
all'impianto di vivai ecc. o al commercio di piante ecc. � pu� o deve essere concessa 

o negata >>, � stata dal Pretore di Strambino ritenuta non manifestamente infondata, 
con riferimento all'art. 41, primo, secondo e terzo compia, della Costituzione (ord. 
27 luglio 1965, G.U. 25 settembre 1g65, n. 242, ed. spec.). 
R.D.L. 29 SETIEMBRE 1931, N. 1207 (Autorizzazione al Ministro per le finanze ad 
emanare norme per la disciplina del commercio dei cambi): art. 1, convertito in 
LEGGE Il GENNAIO 1932, N. 18. 
La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione, concer


nente la facolt� data al Ministro di emanare con propri decreti provvedimenti diretti 
a disciplinare il commercio dei cambi, � stata ritenuta non manifestamente infondata 
dalla Corte di appello di Roma, con riferimento agli artt. 76, 77 e 41 della Costituzione 
(ord. 13 aprile 1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.) e dal Tribunale 
di Roma, con riferimento agli artt. 76, 77, 41 e 43 della Costituzione (ord. 26 febbraio 
1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, ed spec.). 

R.D. 27 NOVEMBRE 1933, N. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore): 
art. 5. 
La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizi�ne, per 
quanto prevede che i procuratori possano esercitare la professione solo nel distretto, 
in cui � compreso il Tribunale al quale sono assegnati (e di conseguenza quella 
dell'art. 6 del r.d. n. 1578 del 1933 per la parte in cui limita territorialmente l'esercizio 
della professione dei procuratori pure nei giudizi penali) � stata ritenuta non manifestamente 
infondata dal Pretore di Rovato, con riferimento agli artt. 24 e 33 della 
Costituzione (ord. 26 giugno 1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, ed. spec.). 

R.D. 3 MARZO 1934, N. 383 (Testo .unico della legge comunale e provinciale): artt. 
23, 29, 251, 26o, 3!0 e 3II. 
La questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, concernenti 
la composizione ed il modo di operare dei Consigli di prefettura in sede giurisdizionale, 
.� stata dalla Corte dei conti -sezione giurisdizionale -ritenuta non 
manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 24, IOI e w8 della Costituzione 
(ord. 4 maggio 1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.). La questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 26o del r.d. n. 383 del 1934 � stata, con riferimento' 
all'art. w3 della Costituzione ed al principio costituzionale di imparzialit� della 
funzione giurisdizionale, dichiarata non fondata dalla Corte Costituzionale (sent. 
31 marzo I'965, n. 17, G.U. 3 aprile 1965, n. 85, ed. spec.; ord. di rimessione, Corte dei 
conti -sezione giurisdizionale -28 aprile 1964, G.U. 11 luglio 1964, n. 16g, ed spec. � 

v. retro, Il, 44 ed in questa stessa Rassegna, 1964, II, 133). 
R.D.L. 4 OTIOBRE 1935, N. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della 
previdenza sociale: artt. 111 e 112. 
LEGGE 4 APRILE 1952, N. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria 
per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti): artt. 23 e 24. 

n.P.R. 30 MAGGIO 1955, N. 797 (Testo unico delle leggi sugli assegni familan): art. 
82, primo comma. 
La questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni, di cui agli artt. 111 
e 112 del r.d.l. n. 1827 del 1935 e 23 e 24 della legge n. 218 del 1952, in quanto 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 145 

prevedono a carico degli inadempienti il pagamento di somme aggiuntive attribuendo 
un ampio potere discrezionale all'ente creditore per la determinazione dell'ammontare 
della prestazione, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale 
di Rovereto, con riferimento all'art. 23, nonch� agli artt. 3 e 53, della Costituzione 
(ord. 19 maggio 1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.). La questione di legittimit� 
costituzionale delle disposizioni, di cui agli artt. 23, primo comma, della legge 

n. 218 del 1952 e 82, primo comma, del d.P.R. n. 797 del 1955, per quanto prevedono 
il versamento a carico del datore di lavoro, che non provvede al pagamento dei contributi 
entro il termine stabilito o vi provvede in misura inferiore al dovuto, di una 
somma aggiuntiva pari a quella non pagata, � stata ritenuta non manifestamente 
infondata dal Pretore di Filadelfia, con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, 
primo comma, della Costituzione (ord. 28 giugno 1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, 
ed. spec.). 
R.D. 5 GIUGNO 1939, N. 1016 (Approvazione del testo unico delle norme per la protezione 
della selvaggina e per l'esercizio della caccia): art. 19, terzo comma, ultima 
parte. 
La questione di legittimit� costituzionale della suindicata disposizione, in quanto 
fa � salvi i diritti quesiti � di fronte alla previsione di consenso dei proprietari del 
terreno contenuto nel raggio di rispetto di un appostamento, � stata ritenuta non 
manifestamente infondata dal Pretore di Rovato, con riferimento agli artt. 3, 41 e 42 
della Costituzione (ord. 2 luglio 1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, ed. spec.). 

D.L.P. 6 MAGGIO 1948, N. 655 (Istituzione di sezioni della Corte dei conti per la 
Regione siciliana): artt. 2, secondo comma, e 6, primo e secondo comma. 
La questione di legittimit� co�stituzionale delle suindicate disposizioni, concernenti 
gli effetti del rifiuto di registrazione e della registrazione con riserva rispetto 
agli atti degli organi regionali, � stata rimessa alla Corte Costituzionale dalle sezioni 
riunite della Corte dei Conti per la Regim;_e siciliana, con riferimento agli artt. 100 
e 125 della Costituzione e, nei riflessi di quest'ultimo, all'art. 23 dello statuto della 
Regione siciliana (ord. 10 luglio 1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.). 

LEGGE 23 MARZO 1956, N. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la 
composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali): art. 43. 

La questione di legittimit� costituzionale della suindicata norma, concernente 
l'attribuzione di funzioni giurisdizionali ai consigli comunali � stata rimessa alla Corte 
Costituzionale dal Consiglio comunale di Noto, con riferimento agli artt. 3, 102, 103, 
104 e VI disposizione transitoria della Costituzione (delib. 14 giugno 1965, 25 settembre 
1965, n. 242, ed. spec.; v. pure retro, Il, 109). 

LEGGE 31 DICEMBRE 1962, N. 1859 (Istituzione ed ordinamento della scuola media 
statale): artt. 4 e 9. 

La questione di kgittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, per quanto 
prevedono, con l'art. 4, il solo esonero dalle tasse e dai contributi e, con l'art. 9, facilitazioni 
esclusivamente per gli alunni appartenenti a famiglie di disagiate condizioni 
economiche, � stata ritenuta non manifestamente infondata dal Pretore di Campopasso, 
in riferimento agli artt. 34, secondo comma, e 3, prima parte, della Costituzione 
(ord. 16 luglio 1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, ed. spec.). 

LEGGE 3 FEBBRAIO 1963, N. 126 (Disciplina della riproduzione bovina): artt. 2 e 3. 

La questione di legittimit� costituzionale delle suindicate disposizioni, in quanto 
limiterebbero la libera iniziativa dei privati allevatori di bestiame, demandando 
all'autorit� amministrativa la determinazione concreta di tali limiti �nell'ambito di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

146 

una discrezionalit� di fatto illimitata>>, � stata ritenuta non manifestamente infon


data dal Pretore di Padova con riferimento all'art. 41, terzo comma, della Costitu
�zione (ord. 16 giugno 1965, G.U. 4 settembre 1965, n. 223, ed. spec.) 

LEGGE 14 LUGLIO 1965, N. 91 -rectius: 901 -(Delega al Governo per l'organizzazione 
degli Enti di sviluppo e norme relative alla loro attivit�): artt. l, primo comma, 

n. 2, 2 e 3, secondo e terzo comma. 
La Regione sarda ha chiesto la declaratoria di illegittimit� costituzionale delle 
suindicate disposizioni, nonch� di quella prevista dall'art. 8, quinto comma, della 
medesima legge se agli enti di sviluppo andasse riconosciuto carattere regionale, e 
di ogni altra, la quale dovesse essere ritenuta dalle stesse logicamente derivata, in 
quanto sarebbero interpretabili come invasive o disconoscitive di competenze di essa 
Regione, con riferimento agli artt. 3, lettere A e D, e 4, lettera C, dello statuto speciale 
(rie. depositato nella cancelleria della Corte Costituzionale 1'8 settembre 1965, 

G.U. 25 settembre 1965, n. 242, ed. lfpec.). 

CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

A.N.. 4.S. -Consiglio di Amministrazione. 
r) Se vi sia incompatibilit� tra la qualit� di membro effettivo del Consiglio di 
Amministrazione dell'A.N.A.S. e l'incarico di Sindaco effettivo delle societ� la cui 
attivit� sia diretta alla costruzione, sistemazione o manutenzione di strade (n. 302). 

Competenza -Pesca. 

2) Se la competenza a disciplinare l'attivit� peschereccia nelle acque interne anche 
se appartenenti al demanio marittimo, spetti al Ministero Agricoltura e Foreste (n. 303). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione temporanea. 

r) Se il potere di disporre l'occupazione temporanea di immobili privati per la 
esecuzione di ricerche archeologiche sia condizionato alla mancata realizzazione dell'accordo 
sulla determinazione della indennit� (n. 56). 

2) Quali criteri debbono aversi per la determinazione dell'indennit� stessa (n. 56). 

APPALTO 

Fallimento dell'appaltatore. 

r) Se in caso di fallimento della impresa appaltatrice il rapporto di appalto possa 
continuare nei confronti del supplente anche agli effetti della ciiuzione e delle ritenute 
di garanzia, in base all'art. 9, C. 3, del capitolato generale della Cassa 1954 

(n. 287). 
Revisione prezzi -Conduzioni manutenzione impianti fissi. 

2) Se per gli appalti affidati a ditte private per la conduzione e manutenzione di 
impianti fissi (nei quali la prestazione di mano d'opera costituisce la parte preponderante) 
possa applicarsi l'istituto della revisione dei prezzi, previsto dalla legislazione 
per gli appalti di opere pubbliche (n. 288). 

CACCIA E PESCA 

Se la competenza a disciplinare l'attivit� peschereccia nelle acque interne, anche 
se appartenenti al demanio marittimo, spetti al Ministero Agricoltura e Foreste (n. 29). 

COMPROMESSO ED ARBITRI 

Infortuni sul lavoro. 

Se l'assenza dell'arbitro di parte per l'infortunato dalla riunione del collegio arbitrale, 
nominato per la decisione di controversie relative ad infortuni sul lavoro, comprometta 
la validit� della decisione stessa in quei casi in cui l'arbitro di parte, prima 
della riunione abbia dichiarato di concordare con il giudizio del terzo arbitro (n. 21). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

148 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Concessione pioppicoltura. 

1) Se il valore della met� delle piante da versare all'Amministrazione vada determinato 
con il riferimento alla maturazione delle stesse o al taglio (n. 76). 
2) Se l'onere delle spese di abbattimento debba gravare esclusivamente sul concessionario 
(n. 76). 

Spiaggie lacuali. 

3) Se, nel caso in cui siano presentate pi� istanze di concessione di aree lacuali, 
possa derogarsi alle disposizioni dell'art. 10 r.d. 1 dicembre 1895, n. 726, e in particolare 
alla disposizione che prevede la risoluzione della concorrenza mediante il 
sistema del pubblico incanto, sostituendo ad esse un criterio puramente cronologico 

(n. 77). 
CONCORSI 

Compagnie lavoratori portuali. 

Se sia applicabile ad un concorso bandito da una compagnia lavoratori portuali 
il principio dell'aumento del decimo dei posti messi a concorso (n. 8). 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

.,, 

Notifica di atti (decisioni tributarie). 

Se, avendo il contribuente eletto domicilio presso lo studio del proprio avvocato, 
le notificazioni di tutti gli atti del procedimento tributario debbono essere effettuate 
nel domicilio eletto (n. 2). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Cumulabilit� dei contributi. 

Se gli interventi dello Stato, disciplinati dalla legge 622 / 59, nei vari settori dell'economia 
nazionale, siano cumulabili con interventi, pure dello Stato, previsti da 
altre disposizioni di legge, ivi compresi i mutui di favore accordati con anticipazioni 
dalla Cassa per il Mezzogiorno (n. 57). 

DEMANIO 

Condizione giuridica dei fabbricati ex conventuali, concessi ai Comuni a seguito di 
provvedimenti eversivi -Interpretazione dell'art. 21, .l. n. 3036 del 1866. 

1) Se l'art. 21 della l. n. 3036 del 1866, che stabilisca il definitivo acquisto da 
parte dello Stato, delle Provincie e dei Comuni, degli edifici monastici, gi� concessi 
in esecuzione alle leggi anteriori soppressive, si riferisca ai soli provvedimenti adottati 
dallo stesso Stato Italiano dal 1859 al 1862, o non si estenda anche alle concessioni 
gi� disposte per effetto di provvedimenti emanati dai governi degli ex Stati (nella 
specie Regno delle Due Sicilie) (n. 200). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 
149 

Spiagge lacuali -Concessioni. 
2) Se, nel caso in cui siano presentate pi� istanze di concessione di aree lacuali, 
possa� derogarsi alle disposizioni dell'art. 10, r.d. 1 dicembre 1895, n. 726, e in partico!
are alla disposizione che prevede la risoluzione della concorrenza mediante il sistema 
del pubblico incanto, sostituendo ad esse un criterio puramente cronologico (n. 20I). 

ESECUZIONE FORZATA 

Obbligo di demolizione di immobile. 

Se l'onere reale di demolizione derivante da violazione di norme regolamentari 
urbanistiche di un immobile assoggettato ad esecuzione forzata, si estingua con il 
provvedimento di aggiudicazione (n. 38). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U; 

Occupazione temporanea -Antichit� e belle arti. 
l) Se il potere di disporre l'occupazione temporanea di immobili privati per la esecuzione 
di ricerche archeologiche sia condizionato alla mancata realizzazione dell'accordo 
sulla determinazione delle indennit� (n. 209). 
2) Quali criteri debbono osservarsi per la determinazione delle indennit� stesse 

(n. 209). 
FALLIMENTO 

Appalto 

Se in caso di fallimento della impresa appaltatrice il rapporto di appalto possa 
continuare nei confronti del supplente anche agli effetti della cauzione e della ritenuta 
di garanzia, in base all'art. 9 c. 3, del capitolato generale della Cassa 1954 (n. 94). 

FERROVIE 

Navi traghetto -Personale a contratto. 
Se il contratto collettivo nazionale di lavoro 23 luglio 1959, dichiarato efficace 
erga omnes con il d.P.R. 28 agosto 1960, n. 1333 sia applicabile anche al personale a 
contratto (non di ruolo) imbarcato su navi traghetto (n. 371). 

FORESTE 

Concessioni pioppicultura. 

Se il valore della met� delle piante da versare alla Amministrazione vada determinato 
con riferimento alla maturazione delle stesse o al loro taglio (n. 4). 
Se l'onere delle spese di abbattimento debba gravare esclusivamente sul concessionario 
(n. 4). 

IMPIEGO PUBBLICO 

A.N.A.S. 
-Indennit� speciale dipendenti. 
1) Se l'indennit� speciale prevista dall'art. 2 c. l, I. 31 dicembre 1962, n. 1845 debba 
essere concessa soltanto al personale che svolge mansioni direttamente inerenti alla 
gestione tecnica ed amministrativa dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria (n. 588). 

18 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ~TATO

150 

Consiglio Nazionale Ricerche. 

2) Se possa il Consiglio Nazionale delle Ricerche -in relazione al disposto dell'art. 
17, C. 4, d.1.1. r marzo 1945, n. 82, e dell'art. 7, I. II dicembre 1962, n. 1683 assumere, 
con contratto a tempo determinato, personale per l'esplicazione di funzioni 
e mansioni di carattere amministrativo (n. 589). 

Istituto Commercio Estero. 

3) Se, in mancanza di specifiche disposizioni normative che regolino il rapporto di 
lavoro del personale assunto dagli uffici l.C.E. all'estero, ad esso possano applicarsi le 
norme vigenti per il persona'.e dell'I.C.E. (n. 590). 

4) Se per l'ipotesi che non vadano applicate le norme vigenti per il personale del-
1'1.C.E., il suddetto rapporto venga regolato dalla legge italiana o straniera (n. ,590). 

Quote di aggiunta di famiglia. 

5) Se spettino al coniuge superstite, nel caso di dichiarazione di morte presunta, le 
quote di aggiunta di famiglia sin dalla data presunta di morte, indicata nella relativa 
sentenza (n. 591). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Quietanza. 

Se le quietanze rilasciate all'I.N.A.l.L. dai propri dipendenti per gli assegni riscossi 
siano soggette al normale trattamento dell'imposta di bollo (n. 27). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Mancata registrazione dell'atto e decadenza dai benefici fiscali. 

r) Se in mancanza di pagamento della imposta di registro per inadeguata costituzione 
del relativo deposito, sia legittima la dichiarazione di decadenza ex art. r ro l.r. 
dal beneficio fiscale (n. 226). 

Vendita immobiliare pubblici incanti -Accertamento maggior valore. 

2) Se sia ammissibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro l'accertamento 
di maggior valore, quando il prezzo del trasferimento immobiliare risulti da un regolare 
procedimento di vendita ai pubblici incanti (n. 227). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Amministrazione e manutenzione ordinaria alloggi G.E.S.C.A.L. dati in locazione. 

Se siano soggette all'l.G.E. le somme che gli enti amministratori degli alloggi 
costruiti dalla G.E.S.C.A.L. e dati in locazione trattengono sui canoni a copertura de.le 
spese di amministrazione e manutenzione ordinaria (n. 109). 

IMPOSTE E TASSE 

Ispezione tributaria -Ordinanza intendentizia. 

r) Se l'ordinanza intendentizia di cui all'art. 55, I. 7 gennaio 1929, n. 4 sia esecutiva 
nonostante la pendenza di intempestivo ricorso al Ministro, ricorso non ancora dichiarato 
irricevibile (n. 393). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 151 

Notifica decisioni tribfitarie. 

2) Se avendo il contribuente eletto domicilio presso lo studio del proprio avvocato, 
le notificazioni di tutti gli atti del procedimento tributario debbano essere effettuate 
nel domicilio eletto (n. 394). 

Notifica verbale di accertamento di trasgressione di norme tributarie a societ� di 
capitali -Inesatte indicazioni, in detti verbali, della norma punitiva. 

3) Se i processi verbali della Guardia di Finanza per violazione di norme tributarie 
da parte di societ� di capitali, regolarmente costituite, possano legittimamente contestarsi 
al Consigliere delegato (n. 395). 

4) Se nei processi verbali della Guardia di Finanza per violazione di norme tributarie, 
l'erronea indicazione delle norme punitive, ove siano stati indicati esattamente 
gli articoli di legge trasgrediti, comporti la invalidit� formale dell'atto (n. 395). 

Sospensione dei termini processuali di cui alla l. 14 luglio 1965, n. 818. 

5) Se la sospensione dei termini processuali di cui alla !. 14 luglio 1965, n. 818, 
possa applicarsi ai termini stabiliti per i ricorsi al'e Commissioni tributarie di primo 
grado (n. 396). 

Trattamento tributario. istituti di credito a medio e lungo termine. 

6) Se la !. 27 luglio 1962, n. 1228, concernente la nuova disciplina del sistema di 
pagamento dei tributi dovuti dagli Istituti e Aziende di Credito per i finanziamenti 
a medio e lungo termine, si applichi alle convenzioni recanti clauso:a per estinzione 
anticipata (n. 397). 

INFORTUNI SUL LAVORO 

Compromesso ed arbitri. 

Se l'assenza dell'arbitro di parte per l'infortunato dalla riunione del collegio arbitrale, 
nominato per la decisione di controversie relative ad infortuni sul lavoro, comprometta 
la validit� del'.a decisione stessa in quei casi in cui l'arbitro di parte, prima 
della riunione abbia dichiarato di concordare con il giudizio del terzo arbitro (n. 46). 

LOCAZIONE DI COSE 

Cessazione regime vincolistico. 

Se, in seguito alla cessazione del regime vincolistico degli immobili urbani adibiti 
ad uso diverso dall'abitazione, sia da ritenere implicitamente abrogato anche H disposto 
dell'art. 2, u.co., !. 21 dicembre 196o, n. 1521, secondo cui il locatore che intende avvalersi 
della cessazione della proroga � tenuto a dare il preavviso al conduttore almeno 
4 mesi prima della data in cui vuole conseguire la disponibilit� del:'immobile (n. 124). 

NAVI 

Navi traghetto -Personale a contratto. 

Se il contratto col!ettivo nazionale di lavoro 23 luglio 1959, dichiarato efficace erga 
omnes con il d.P.R. 28 agosto 1960, n. 1333� sia applicabile anche al personale a contratto 
(non di ruolo) imbarcato sulle navi traghetto (n. u2). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

152 

NOTIFICAZIONE 

Procedimento tributario. 

Se, avendo il contribuente eletto domicilio presso lo studio del proprio avvocato, 
le notificazioni di tutti gli atti del procedimento tributario debbano essere effettuate 
nel domicilio eletto (n. 22). 

PIANI REGOLATORI 

Natura dell'interesse leso in caso di violazione di norme regolamentari urbanistiche. 

Se la violazione di norme regolamentari urbanistiche possa dar luogo a lesione� 
di diritto soggettivo o interesse legittimo (n. I'.2). 

PORTI 

Concorso compagnia lavoratori portuali. 

Se sia applicabile ad un concorso bandito da una compagnia lavoratori portuali 
il principio dell'aumento del decimo dei posti messi a concorso (n. 14). 

POSTE E TELEGRAFI 

Servizi Telex -Canoni. 
Se sia dovuta dal Centro Euratom di Ispra l'indennit� di mora, che l'utente del 
serv1z10 telex � tenuto a corrispondere in caso di ritardato pagamento dei canoni 
stabiliti (n. 118). 

PREZZI 

Revisione -Conduzione manutenzione impianti fissi. 
Se per gli appalti affidati a ditte private per la conduzione e manutenzione di 
impianti fissi (nei quali la prestazione di mano d'opera costituisca la parte preponderante) 
possa applicarsi l'istituto della revisione dei prezzi, prevista dalla legislazione 
per gli appalti di opere pubbliche (n. 63). 

PROPRIETA' 

Prova. 

1) Se, ai fini del parere sulla propriet� e libert� degli immobili sia necessario l'esame 
dei certificati immobi,liari per l'intero ventennio a carico dei successivi intestatari 

(n. 
41). 
2) Se siano assoggettabili a trascrizione gli eventuali atti iii disposizione anteriore 
all'acquisto di un bene immobile (n. 41). 
3) Se l'esame dei certificati immobiliari possa essere contenuto dei limiti del ventennio 
(n. 41). 
4) Secondo quali criteri debba essere condotto l'esame dei certificati immobiliari ai 
fini del parere indicato (n. 41). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 153 

REGIONI 

Regione Siciliana -Calamit� naturali. 
1) Se sia possibile nell'utilizzazione dei fondi di cui all'art. 2, l: 6 aprile 1965, 

n. 351, comprendere qualsiasi tipo di provvidenza a favore dell'agricoltura e delle 
provincie di Catania e Ragusa, ivi compreso l'indennizzo per i danni della produzione 
(n. 130). 
2) Se per stabilire le quote di ripartizione, di cui all'art. 6, l.r. 25 giugno 1965, n. 16, 
si debba far riferimento alla disciplina statale (l. 15 agosto 1964, n. 756) ovvero a 
quella regionale (l.r. 16 marzo 1964, n. 4) (n. 130). 

RESPONSABILITA' CIVILE 

Convenzione di Londra 19 giugno 1951 -Danni causati da automezzi della N.A.T.O. 
Se debba applicarsi il principio dell'indennit� ex gratia prevista dall'art. VII, 
Convenzione di Londra 19 giugno 1951, per danni provocati dall'uso non autorizzato 
di veicoli appartenenti alle Forze Armate di uno degli Stati appartenenti alla N.A.T.O., 
oppure il principio dell'integrale risarcimento, in caso di incidente causato da veicolo 
autorizzato, che abbia per� seguito un itinerario diverso da quello assegnato (n. 221). 

SINDACATI 

Istituto Poligrafico dello Stato. 

Se l'Istituto Poligrafico dello Stato possa aderire ad una associazione sindacale di 
datori di lavoro (n. 22). 

TRANSAZIONE 

Forma delle transazioni stipulate dalla P.A. 

Se la P.A. -nella specie FF.SS. -per la definizione transattiva delle controversie 
relative a risarcimento di danni da fatto illecito, debba necessariamente stipulare 
regolari contratti di transazione in forma pubblica amministrativa o in forma 
privata (n. 12). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Convenzione di Londra 19 giugno 1951 -Danni causati da automezzi della N.A.T.O. 
Se debba applicarsi il principio dell'indennit� ex gratia -previsto dall'art. VIII, 
Convenzione di Londra 19 giugno 1951, per danni provocati dall'uso non autorizzato 
di veicoli appartenenti alla N.A.T.O. -oppure il principio dell'integrale risarcimento, 
in caso di incidente causato da veicolo autorizzato, che abbia seguito itinerario diverso 
da quello assegnato (n. 21). 



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