ANNO XLIV N. 4 OTTOBRE -DICEMBRE 1992 


IRlA��JEGNA 
AWW(Q)CCA1f1UIRlA 
TIJ)JEILIL(Q) �1fA1f(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

.ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1993 



ABBONAMENTI ANNO 1993 

ANNO L. 52.000 
UN NUMERO SEPARATO . . � . . . . . � � . . � � . � . . � . � . � � � � � � � 13.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

Direzione Marketing e . Commerciale 

Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 

e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


\5219052) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. 

.. .. .... ... ...... -.. :-: .. .. ... :-: 


INDICE 
Parte prima: GIURISPRUDENZA 
Sezione prima: 
Sezione seconda: 
Sezione terza: 
Sezione quarta; 
Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'
avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . . . � 
GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
fa cura degli avvocati Giuseppe Stipo e 
Antonio Cingolo} . . . . . . . . . . . . . . � 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de//'
avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . � 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato 
Carlo Bafi/e) . . . . . . . � 
377 
413 
440 
483 
495 
Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . 
CONSULTAZIONI ...... . 
pag. 
. � 
63 
69 
Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia 
Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani 
-
La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTE; OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

O. 
FIUMARA, Le sentenze della Corte di giustizia delle comunit� europee 
pronunciate nel corso dell'anno 1992 in cause alle quali ha partecipato 
l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 413 

PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ARBITRATO 

-Lodo (sentenza arbitrale) � Impugnazione 
per nullit� � Esame dcl 
merito � Esclusione � Giudizio rescindente 
e rescissorio � Fattispecie 
in tema di interpretazione di un 
contratto, 440. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Legge 7 agosto 1990 n. 241, artt. 10, 
22, 24, 25 e 31 -Diritto di accesso ai 
documenti � Contenuto � Operativit� 
-Limiti, 491. 

-Legge 7 agosto 1990 n. 241, art. 25 e 
art. 31 -Accesso ai documenti -Operativit� 
-Entrata in vigore dei decreti 
ex art. 24 stessa legge -Necessit� 
-Atto amministrativo � Accesso 
ai documenti -Entrata in vigore 
d.P.R. 27 giugno 1992 n. 352 Effetti 
� Immediata e piena operativit� 
del diritto -Esclusione, 488. 

AVVOCATURA DELLO STATO 

-Commissario per la formazione del1'
Albo degli psicologi -Patrocinio in 
via organica ed esclusiva -Sussistenza, 
466. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Concorrenza sui mercati � Imprese 
cui sono riconosciuti diritti speciali 

o esclusivi -Poteri di vigilanza della 
Commissione -Trattato, 428. 
- 
Concorrenza sui mercati -Servizi di 
telecomunicazione -Diritti speciali 
e diritm esclusivi -Esercizio dei poteri 
di vigilanza della Commissione Limiti, 
428. 

-Libera circolazione delle merci -Additivi 
alimentari -Aggiunta di ni


trato al formaggio -Limiti all'im


portazione, 418. 

-Libera circolazione delle merci Misure 
di effetto equivalente -Birra 
-Anidl'ide solforosa, 417. 

-Ravvicinamento delle legislazioni Tutela 
dei lavoratori subordinati in 
caso di insolvenza del datore di lavoro 
-Divitti scaturenti dalla direttiva 
80/987/CEE -Decorrenza, 435. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA 

-Occupazione appropriativa -Dichiarazione 
di pubblica utilit� -Scadenza 
del termine di validit� -Risarcimento 
del danno -Criteri di Liquidazione 
-Fattispecie in tema di cava, 
461. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Regolamento di competenza -Mancato 
deposito dell'atto di autorit� 
centrale impugnato -Inammissibilit� 
-Esclusione -Giustizia amministrativa 
-Regolamento di competenza 
-Deferimento dell'intera controversia 
ad un unico giudice -Contestuale 
impugnativa di atti fra loro 
collegati -Condizioni, 483. 

LAVORO 

-Compenso a cotmmo -Compenso 
per straordinario � Differente regime, 
455. 

-Cottimo misto -Non esclude l'obbligo 
dell'orario legale -Compenso 
maggiorato in base al risultato, 455. 

-Prestazione oltre l'orario legale Retribuzione 
a tempo e a cottimo Differenze, 
455. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

I


I


r:: 

ili

I 


~ 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Convenuto contumace in condizioni 
di abituale infermit� mentale � Interruzione 
del processo -Esclusione 
-Violazione dell'art. 24 cost. � Infondatezza 
della questione, 383. 

-Giudizio di rinvio -Nuovi documenti 
decisivi non prodotti in precedenza 
per causa di forza maggiore Produzione 
-Ammissibilit� -Fatti� 
specie, 474. � 

-Question(! di legittimit� costituzionale 
sollevata in altro giudizio -Sospensione 
del processo -Onere del 
giudice di comunicare alle parti l'avvenuta 
decisione della Corte Costituzionale 
-Inosservanza -Estinzione 
del processo per mancata riassunzione 
nel termine di sei mesi Esclusione, 
444. 

-Ricorso per Cassazione -Mancato 
deposito della procedura conferita 
con atto separato -Improcedibilit� 
del ricorso -Impossibilit� di sanatoria 
-Questione non manifestamente 
infondata di costituzionalit�, 

386. 
-Ricorso per Cassazione -Notifica-� 
zione al Pubblico Ministero presso 
il giudice che ha emesso la sentenza 
dmpugnata -Necessit� -Condizioni 
-Fattispecie in tema di iscrizione 
all'Albo degli psicologi, 466. 

- 
Ricorso per Cassazione -Omesso 
deposito della procura speciale nel 
termine di cui all'art. 369 cod. proc. 

civ. -Improcedibdlit� -Possibilit� 
di sanatoria -Esclusione -Violazione 
degli artt. 3 e 24 Cost. -Inammissibilit� 
della questione, 385. 
--Rito camerale -Sentenza -Regime 
ordinario di impugnazione -Fattispecie 
in tema di iscrizione all'Albo 
degli psicologi, 466. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Astensione, ricusazione e responsabilit� 
del giudice -Pretore che ab� 
bia rigettato la richiesta di applicazione 
della pena concordata Omessa 
previsione dell'incompatibi� 
lit� a procedere al dibattimento 
Incostituzionalit�, 377. 

-Giudizio pretorile -Citazione della 
persona offesa dal reato -Termine 
di cinque giorni prima dell'udienza Incongruit� 
-Violazione degli artt. 3 
e 24 Cost. -Inammissibilit� della 
questione, 378. 

-Giudizio pretorile -Citazione del responsabile 
civile -Omessa previsione 
del medesimo termine prescritto per 
la citazione dell'dmputato -Violazione 
degli artt. 3 e 24 Cost. -Illegittimit� 
costituzionale dell'art. 83, 
quinto comma, cod. proc. pen., 379. 

PROFESSIONI 

-Albo professionale degli psicologi Controversie 
relative all'iscrizione 
in regime transitorio -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Sussistenza, 
466. 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

-Contratto ad oggetto pubblico e 
modulo convenzionale nel procedimento 
amministrativo -Caratteri e 
differenze, 451. 

REGIONI (A STATUTO ORDINARIO) 

-Legge regionale rinviata dal Gover� 
no al Consiglio regionale -Nuova 
approvazione di una legge diversa 
cOIIl maggioranza semplice -Questio� 
ne di legittimit� costituzionale sol� 
levata dal Governo -Inammissibd� 
lit� -Fattispecie, 407. 

TRASPORTI 

-Concessione di autolinee -Poteri 
discrezionali dell'Amministrazione 
in ordine alle caratteristiche di linea 
di Gran Turismo e ordinaria 
indipendentemente dalla domanda, 

494. 
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Societ� di persone -Accertamento 
del reddito societario -Necessit� 
della notifica ai singoli soci � 
Esclusione -Impugnazione posticipata 
da parte dei soci -Ammissibilit�, 
495. 



INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Societ� di persone -Reddito 
di partecipazione per quota Dipendenza 
dal reddito accertato 
nei confronti della societ�, 495. 

-Imposte sul reddito -Impresa fa. 
miliare -Redditi imputati ai collaboratori 
-Natura -Difetto di autonomia, 
506. 

-Restituzioni e rimborsi � Prova dei 
presupposti che escludono l'imponibilit� 
-Onere a carico del contribuente, 
507. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta ipotecaria -Agevolazione 
per il credito a medio e lungo termine 
-Iscrizione di ipoteca a fa. 
vore di soggetto diverso dall'istituto 
finanziatore -Esclusione, 518. 

-Imposte doganali -Incompatibilit� 
con norme comunitarie -Rimborsi 
� Traslazione dell'onere su altri soggetti 
� Onere della prorva -Norr.a 

sopravvenuta dell'art. 29 della legge 
29 dicembre 1990 n. 428 -Applicabilit� 
� Retroattivit� � Mezzi di 
prova, 502. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Dichiarazione -Effetti � Revocabilit� 
-Limiti � Errore materiale e 
riconoscibile, 519. 

TRIBUTI LOCALI 

-Imposta locale sui redditi -Impresa 
artigiana � Soggezione -Presupposti 
-Componente patrimoniale � 
Necessit�, 507. 

-Imposta locale sui redditi -Impresa 
familiare -Redditi imputati ai collaboratori 
-Applicabilit� della norma 
sopravvenuta dell'art. 115 del 

t.u. 22 dicembre 1986 n. 917 � Condizioni 
-Art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988 
A� 42, 507. 

INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 

26 ottobre 1992, n. 399 
17 novembre 1992, n. 453 . 
19 novembre 1992, n. 468 . 
24 novembre 1992, n. 471 . 
29 dicembre 1992, n. 497 . 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

Sez. V, 4 giugno 1992, nelle cause riunite C-13/91 e C-113/91 . . . . . . 
Sed. plen., 16 luglio 1992, nella causa C-95/89 . . . . . . . . . . . . . . 
Sed. plen., 17 novembre 1992, nelle cause riunite C-271/90, C-281/90, 
C-289/90 ............................ . 
Sez. I, 3 dicembre 1992, nelle cause riunite C-140, 141, 278 e. 279/91 . . . 


GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 


Sez. I, 3 febbraio 1992, n. 1124 . . . . . 
Sez. I, ordinanza 12 febbraio 1992, n. 123 . 
Sez. I, 1� aprile 1992, n. 3922 ... 
Sez. I, 15 aprile 1992, n. 4572 . . 
Sez. lavoro, 2 luglio 1992, n. 8100 


Sez. I, 6 agosto 1992, n. 
Sez. I, 8 agosto 1992, n. 
Sez. Un., 10 agosto 1992, 
Sez. Un., 10 agosto 1992, 
Sez. I, 12 agosto 1992, n. 
Sez. I, 13 agosto 1992, n. 
Sez. I, 7 settembre 1992, 


9313 . . 
9389 . 


n. 9459 . 
n. 
9461 . 
9551 . 
9554 . 
n. 10261 . 
Sez. I, 17 settembre 1992, n. 10667 
Sez. Un., 7 dicembre 1992, n. 12966 
Sez. I, 23 dicembre 1992, n. 13629 . . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

pag. 377 
� 378 
� 383 
� 385 
)) 407 

pag. 417 
)) 418 

� 428 
)) 435 

pag. 440 
� 386 
)) 444 
� 451 
)) 453 
� 495 
� 502 
� 506 
� 507 
)) 518 
� 519 
� 461 
)) 495 

466

" 

)) 474 

CONSIGLIO DI STATO 
Ad. Plen., 14 ottobre 1992, n. 13 
Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969 . 
Sez. VI, 9 settembre 1992, n. 630 . 
Sez. VI, 14 ottobre 1992, n. 754 . . 
pag. 
)) 
)) 
� 
483 
488 
491 
499 

PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: 
Questioni di legittimit� costituzionale: 
I. Norme dichiarate incostituzionali . 
Il. Questioni dichiarate non fondate . 
pag. 
� 
63 
65 
CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . )) 69 

~~AP"�-�,~-�illifili-��-"Affi"'''""�'~' ... �_�rn

.. -'-�'-'�W~..df.�-'

"~� .. EEEiIWfil '�:x��...

~~ .mt "' .. ,, . ru ... y, .. .. .. .. ..~ � 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 ottobre 1992, n. 399 � Pres. Corasaniti � 
Red. Spagnoli � Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di 
Tarsia di Belmonte). 

Procedimento penale � Astensione, ricusazione e responsabilit� del giu


dice � Pretore che abbia rigettato la richiesta di applicazione della 

pena concordata � Om�ssa previsione dell'incompatibilit� a procedere 

al dibattimento � Incostituzionalit�. 

(Cost., art. 76; cod. proc. pen., art. 34). 

� illegittimo, per violazione dell'art. 76 Cast., l'art. 34, secondo comma, 
cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede l'incompatibilit� a 
procedere al dibattimento da parte del pretore che, prima dell'apertura 
di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata 
per non aver ravvisato un'ipotesi attenuata del reato contestato 
(1). 

(omissis) Il Pretore di Bassano del Grappa -sezione distaccata di 
Asiago -dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 34, secondo 
comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa 
procedere al dibattimento il giudice che, prima della sua apertura, abbia 
respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta 
configurabilit� dell'ipotesi di reato base anzich� di quella attenuata indicata 
nella richiesta. 

A suo avviso, tale provvedimento comporta una pregnante valutazione 
di merito delle risultanze degli atti processuali, s� che la mancata 
previsione dell'incompatibilit� sarebbe in contraddizione sia col modello 

(1) Continuano le pronunce di incostituzionalit� in materia di incompatibilit� 
del giudice; cfr. Corte cost. ord. 1 luglio 1992, n. 313 in Foro it. 1991, I, 
2312; sent. 22 aprile 1992 n. 186, ivi, 1991, I, 1993; sent. 25 marzo 1992, n. 124, ivi, 
1991, I, 1994; sent. 30 dicembre 1991, n. 502, ivi, 1991, I, 1992; sent. 12 novembre 
1991, n. 401, ivi, 1991, I, 3286; sent. 26 ottobre 1990, n. 496, ivi, 1991, I, 719. 
La Corte non fa che richiamare espressamente la sent. 25 marzo 1992 

n. 124 cit. con cui � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, per eccesso 

378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

accusatorio voluto dal legislatore delegante (direttive nn. 67 e 103), sia 
coi principi di imparzialit� ed indipendenza del giudice sanciti dagli artt. 
25 e 101 Cost., sia col principio di uguaglianza, essendo stata l'incompatibilit� 
riconosciuta da questa Corte in situazioni analoghe con sentenze 
nn. 496 del 1990, 401 e 502 del 1991. 

La questione � fondata. 

Con la sentenza n. 124 del 1992, questa Corte ha, in riferimento all'art. 
76 Cast., dichiarato �l'illegittimit� costituzionale dell'art. 34, secondo 
comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilit� a 
partecipare all'udienza dibattimentale del giudice per le indagini preliminari 
presso la pretura che abbia respinto la richiesta di applicazione 
di pena concordata per la ritenuta non concedibilit� di circostanze attenuanti
�. La situazione ora considerata, di rigetto della richiesta per 
la ritenuta non ricorrenza di un'ipotesi di reato attenuata in luogo di 
quella base pi� grave, � -ai fini che qui interessano -analoga, dato 
che anche in tal caso viene compiuta � una valutazione non formale, ma 
di contenuto circa l'idoneit� delle risultanze delle indagini preliminari 
a fondare un giudizio di responsabilit� dell'imputato, per di pi� accompagnata 
da una valutazione di applicabilit� di una pena superiore a quella 
richiesta dal pubblico ministero �. 

Va perci� dichiarata l'illegittimit� costituzionale della norma impugnata, 
nella parte in cui non prevede l'incompatibilit� a procedere al di


I 

battimento del pretore che, prima dell'apertura di questo, abbia respin


I

to la richiesta di applicazione di pena concordata per il ritenuto non 

I ~ 

ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato. (omissis) 

di delega, della stessa norma nella parte in cui non prevede analoga incompatibilit� 
per il giudice delle indagini preliminari che abbia respinto la ri


I

chiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non concedibilit� di 
circostanze attenuanti. 

In dottrina si veda da ultimo RIVELLO, Un articolato intervento della Corte 
Costituzionale in materia di incompatibilit� del giudice, in Giur. cost., 1991, 
3498. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1992, n. 453 -Pres. Corasaniti -
Red. Vassalli -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di 
Tarsia di Belmonte). 

Procedimento penale -Giudizio pretorile -Citazione della persona offesa 
dal reato -Termine di cinque giorni prima dell'udienza � Incongruit� 
� Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. . Inammissibilit� della 
questione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 379 

Procedimento � penale � Giudizio pretorile � Citazione del responsabile 
civile � Omessa previsione del medesimo termine prescritto per la 
citazione dell'imputato � Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. � Illegitti� 
mit� costituzi()nale dell'art. 83, quinto comma, cod. proc. pen. 

La scelta del termine congruo per. la citazione della persona offesa 
dal. reato nel giudizio pretorile �ippartiene alla discrezionalit� del legislatore,
� pertanto ~ inammissibile la q�estione di. legittimit� costituzionale 
dell'art. 558, secondo comma, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 
e 24 Cost., nella parte in cui prescrive il termine di cinque giorni prima 
della d,ata d,ell'udienza per la citazione della persona offesa (1). 

E illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., l'art. 83, quinto 
comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede per la citazione 
del responsabile civile nel processo pretorile il medesimo termine di quarantacinque 
giorni previsto per la citazione dell'imputato dall'art. 555, 
terzo comma, cod. proc. pen, (2). 

(omissis) Il giudice a quo dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 
della Costituzione, della legittimit� di due norme, entrambe riguardanti il 
procedimento davanti al pretore: per un verso, dell'art. 558, secondo 
comma, cod. proc. pen., � nel punto in cui impone un termine di giorni 
cinque per la citazione della persona offesa, e non un termine idoneo 
a consentire la concreta esplicazione della propria facolt�� e, per un altro 
verso, dell'art. 83, quinto comma, dello stesso codice, �nella parte in 
cui nOIJ. pone, al predetto fine, un termine di notifica per la chiamata in 
giudizio del responsabile civile �, 

Pi� in particolare, in relazione alla persona offesa, si denuncia l'esi


guit� del termine stabilito dalla prima delle norme censurate �in quan


to precludente la possibilit� della parte civile di svolgere la propria atti


vit� � essendo previsto in cinque giorni precedenti al dibattimento il 

� termine ultimo � per la sua citazione, un termine assolutamente inade


guato per predisporre la sua difesa, sia perch� tale termine � � vanifi


cante, di fatto, di quello menzionato e previsto dall'art. 142 disp. att. � 

sia perch�, alla stregua del disposto dell'art. 78, secondo comma, cod. 

(1-2) La Corte riconosce che nel processo pretorile il termine rmnrmo di 

cinque giorni, dalla data del dibattimento, per la citazione della persona offesa 

pu� di fatto vanificare il diritto di costituirsi parte civile soprattutto quando 

si debba citare il responsabile civile, tuttavia dichiara inammissibile la que


stione per la mancanza di un tertium comparationis in quanto il termine pre


scritto per la citazione dell'imputato non � riferibile all'offeso dal reato il 

quale non � nemmeno parte del processo. 

Diverso � il discorso per l'art. 83, quinto comma, cod. proc. pen. il quale non 

prevede alcun termine limitandosi a sancire la nullit� della citazione del respon


sabile civile se quest'ultimo non viene posto in condizione di esercitare i suoi 



380 

RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO 

proc. pen., l'efficacia della costituzione di parte civile � subordinata alla 
notificazione .. della costituzione stessa' alle parti private: con la conseguenza 
che nei confronti �del responsabile civile l'azione civile potr� 
essere esercitata soltanto dalla parte civile costituita e, quindi, dopo 
la detta notificazione, mediante la richiesta di citazione del civilmente 
responsabile a norma dell'art. 83 cod. proc. pen. La previsi�ne di un 
termine cos� esiguo vulnererebbe anche l'art. 3 della Costituzione, risultart� 
do compromesso � il principio di pari condizione della patte civile con 
l'imputato �, cui, �, invece, � riservato un termine di notifica niinimo di 
45 giorni dal decreto di citazione �. 

Con riguardo al responsabile civile, si denuncia -un'affermazione 
formulata in punto di rilevanza ma che coinvolge anche la non manifesta 
infondatezza della norma censurata -che, pure ove ne venisse dichiarata 
valida la citazione, l'art. 83, quinto comma, nel prevedere un 
termine assolutamente generico, pu� anch'esso ledere il suo dirtto di 
difesa, � imponendosi al giudicante, in assenza di un termine specifico, 
di valutare arbitrariamente l'effettiva potenziale esplicazione della facolt� 
difensiva di tale parte �. 

La prima questione � inammissibile. 

Pur dovendo riconoscersi che nell'ambito del processo pretorile il 
termine minimo di cinque giorni dalla data fissata per il dibattimento 
per la citazione della persona offesa pu� in taluni casi vanificare, di 
fatto, il diritto di costituirsi parte civile soprattutto quando sia i�i gioco 
la citazione del responsabile civile, l'assenza di un tertium comparationis 
ricavabile dal sistema� non consente di individuare una soluzione 
costituzionalmente obbligata in grado di colmare le conseguenze derivanti 
dall'applicazione del precetto di cui si censura il contrasto con le 
norme costituzionali invocate. 

Il richiamo del giudice a quo al termine stabilito per l'imputato si 
rivela, infatti, non riferibile all'offeso dal reato, non solo per l'evidente diversit� 
delle posizioni poste a confronto, ma anche sul pi� specifico riflesso 
che la prescrizione dell'art. 555, terzo comma, cod. proc. pen. 
-nella quale si fissa un termine, � �opportuno ricordarlo, pi� esteso di 

diritti nell'udienza preliminare o nel giudizio. Sul punto la Corte si era gi� 
espressa per l'infondatezza nella sent....... 1992, n. 430 riguardo al processo davanti 
al Tribunale o alla Corte di assise con argomentazioni che, tuttavia, non possono 
essere richiamate nel processo pretorile dove la mancanza dell'udienza 
preliminare non consente di invocare l'art. 133 delle norme di attuazione a 
garanzia del diritto di difesa del responsabile civile. 

� evidente per� che il sistema dovr� essere armonizzato perch� se nel 
processo pretorile la citazione del responsabile civile deve avvenire nel termine 
di almeno quarantacinque giorni dalla data del giudizio, allora, la citazione 
della persona offesa nel termine di almeno cinque giorni dal giudizio 
preclude a quest'ultima di citare il responsabile civile. 



""" --~���?�:�..-~�...,����� X�~/."�"-';h"-'" �" 
""" --~���?�:�..-~�...,����� X�~/."�"-';h"-'" �" 
381

PARTE I, SBZ. I,. GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

quello. previsto per la citazione dell'impqtato. per il dibattimento davanti 
al tribunale e alla corte di assise -� strettamente collegata alla 
facolt� ~per l'imputato stesso di richiedere i riti alternativi di deflazione 
del dibattimento entr.o quindici giorni dalla notifica del .decreto. di citazione 
(v. art. 555, primo comma, lettera e). e. non � quindi ragionevolmen� 
te estensibile alla persona. offesa. 

Senza contare che, non. rivestendo ancora la persona offesa la qualit� 
di parte, l'applicazione ad essa dello stesso .termine assegnato all'.imputato 
comporterebbe l'operativit� di un-identico regime rispetto a posizioni 
non omogenee. 

N� potrebbe utilmente soccorrere, sempre al fine di colmare l'ipotizzato 
vuoto normativo, il ricor.so al termine previsto per la persona 
offesa dal reato� nel procedimento davanti al tribunale ed alla Corte 
di Assise (esteso, in via interpretativa, al responsabile civile dalla sentenza 
n. 430 del 1992) perch� tale termine finirebbe con interferire, travolgendola, 
con la duplicit� dei termini previsti dall'art. 555, con conseguenti 
riverberi sull'intero assetto normativo collegato alla citazione delle parti 
nel processo davanti al pretore. 

Ne deriva che poich� le soluzioni possibili al fine di porre . rimedio 
al regime predisposto dall'art. 558, secondo comma, del codice di 
procedura penale, si profilano come discrezionali, la �scelta del termine 
congruo per la citazione della . persona offesa nel giudizio pretorile non 
appartiene alla competenza di questa Corte, . dovendo essere affidata al 
legislatore. 

Fondata �, invece, la questione di legittimit� dell'art. 83, quinto 
comma, del codice di procedura penale. 

L'assenza per il responsabile civile della previsione di alcun termine 
per la sua citazione, da disporre ad opera del giudice su richiesta della 
parte civile, lede il suo diritto di difesa sotto un duplice profilo: in 
primo luogo, perch�, nel concreto, il termine fissato dal giudice potrebbe 
rivelarsi incongruo ai fini della costituzione di tale parte; in secondo 
luogo, perch�, comunque, resta affidato all'apprezzamento insindacabile 
del giudice stabilire se � il responsabile civile sia stato posto in grado 
di esercitare i suoi diritti� nel giudizio. 

Poich�, peraltro, viene qui in considerazione non un termine determinato 
ma esiguo sibbene un termine indeterminato, l'art. 83, qufuto comma, 
del codice di procedura penale, va ritenuto non conforme all'art. 24 della 
Costituzione, nella parte in cui non prevede per il procedimento pretorile 
la determinazione del termine per il responsabile civile. Nel modello processuale 
che viene qui in discorso, d'altra parte, non possono essere utilmente 
evocati, per sanare l'indicata lacuna normativa, i rilievi posti 
a fondamento della ricordata sentenza n. 430 del 1992, con la quale 
questa Corte ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, 

---:nx,��.�-,��.�.

.�.� ....,_,,.... ,,._. -" 


.� :-:........ %.......,...... :::::...........:-:�~�.. 



382 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

una non dissimile censura riguardante la dedotta, omessa prev1s1one 
di un termine dilatorio per la citazione del responsabile civile davanti al 
tribunale o alla corte di assise. Infatti, la mancanza nel rito pretorile 
dell'udienza preliminare e, dunque, di quella specifica fase processuale 
antecedente.alla translatio iudicii nella .quale i soggetti privati diversi dall'imputato 
possono assumere la qualit� di parti, non consente di fare 
appello agli indispensabili .referenti normativi offerti dall'art. 425, terzo 
e quarto comma, del codice. di procedura penale e, . soprattutto, dall'art. 
133 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie 
del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 
28 luglio 1989, .n. 271), dalla cui combinata lettura, iscritta nel quadro 
dei principi generali che assicurano l'armonia . del sistema, � possibile 
per:venire a quella interpretazione secundum Constitutionem che questa 
Corte ha avuto modo di delineare nella sent.enza appena richiamata. 

Considerato, infatti, che nello schema processuale ordinario che regola 
i procedimenti devoluti alla competenza. del tribunale e della corte 
di assise, tutte le parti private godono dell'identico termine di compari~ 
zione, diviene agevole presupporre che lo stesso termine valga anche 
per il .responsabile civile che debba essere citato per la prima volta 
al dibattimento. 

Nel procedimento �:lavanti al pretore, invece, l'unico termine di com


I ~ parizione � quello previsto per l'imputato, proprio perch� � l'unica parte 
che pu� � esistere � all'atto della emissione del decreto di citazione a 
giudizio. 

Ci� premesso, rimane tuttavia il problema della individuazione del 

I

precetto a cui fare attualmente. capo alla stregua dei principi costituzionali 
in attesa di un auspicabile intervento legislativo diretto a riequilibrare 
l'intero sistema dei termini per la citazione dei soggetti privati 
diversi dall'imputato nel processo pretorile. Ora, la constatazione che la 
citazione del civi~mente responsabile segue necessariamente alla costituzione 
di parte civile, non interferendo in alcun modo con la conformazione 
binaria della v.o.catio in iudicium dell'imputato, consente di rinvenire 
nell'attuale assetto normativo -anche considerando il ruolo di civilmente 
responsabile per il fatto dell'imputato che il responsabile civile 
assume -come unico termine ad esso riferibile queHo � indicato dall'art. 
555. Un termine, oltre tutto, omogeneo, quanto a posizioni soggettive, 
rivestendo il civilmente responsabile, una volta citato -e pure a 
prescindere dalla sua costituzione -la .qualit� di parte. 

L'art. 83, quinto comma, del codice di procedura penale deve pertanto 
essere dichiarato. costituzionalmente illegittimo neMa parte in cui 
non prevede per la citazione del responsabile civile nel procedimento pretorile 
il medesimo termine assegnato all'imputato dall'art. 555, terzo comma, 
dello stesso codice. (omissis) 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA .COSTITUZIONALE 383 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 novembre 1992, n. 468 � Pres. Corasaniti � 
Red. Mirabelli � Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
D'Amato). 

Procedimento civile � Convenuto contumace in condizioni di abituale 

infermit� mentale � Interruzione del processo � Esclusione � Violazione 

dell'art. 24 Cost. � Infondatezza della questione. 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 75 
e 300 cod. proc. civ., in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui 
non prevedono, quando il convenuto non costituito in giudizio versi in 
condizioni di abituale infermit� mentale, l'interruzione del processo e 
la segnalazione da parte del giudice al pubblico ministero perch� promuova 
l'interdizione e la nomina di un tutore provvisorio (1). 

(omissis) Il Tribunale di Padova dubita della legittimit� costituzionale 
degli artt. 75 e 300 del codice di procedura civile, nella parte in cui non 
prevedono, quando il convenuto non costituito in giudizio versi in condi� 
zioni di abituale infermit� di mente, l'interruzione del processo e la 
segnalazione da parte del giudice al pubblico ministero, perch� promuova 
la interdizione e la nomina di un tutore provvisorio. La questione � stata 
prospettata con riferimento all'art. 24 della Costituzione, sull'assunto che 
le norme processuali vigenti non offrirebbero strumenti per ovviare alla 
situazione di menomata difesa in cui versa chi, pur non essendo interdetto, 
si trovi in stato di abituale incapacit� di intendere o di volere ed essendo 
convenuto non sia in grado di rendersi conto che nei suoi confronti � 
stato instaurato un giudizio. 

Il giudice rimettente ha ritenuto la questione rilevante in un procedi� 
mento di divisione ereditaria nel quale un certificato prodotto da altro 
convenuto attestava che la parte non costituita era affetta da sindrome 
di Down, con grave insufficienza mentale. 

Il Tribunale di Padova manifesta la giusta esigenza di assicurare 

un'adeguata tutela aWincapace naturale, infermo di mente, convenuto 

in giudizio e per il quale non sia stato ancora promosso un procedimento 

di interdizione o di. inabilitazione. Prospetta quindi la necessit�, per 

(1) Secondo la Corte dal combinato disposto degli artt. 70 e 71 cod. proc. civ. 
che prevedono la facolt� di intervento del p.m. a tutela dell'incapace non 
ancora interdetto o inabilitato e il correlativo potere del giudice di sollecitare 
detto intervento -deriva una efficace tutela dell'infermo di mente anche nella 
situazione prospettata dal giudice a quo. Le stesse norme esaminate nella sentenza 
in commento sono state dichiarate illegittime nella parte in cui non 
si riferiscono al convenuto scomparso (sent. 16 ottobre 1986 n. 220 in Giur. Cast. 
'86, 1759) ma nella questione in esame la Corte non ritiene di poter giungere 
alla stessa conclusione perch� si tratta di una situazione di incapacit� che, 
essendo soggetta a verifica giudiziale, � ancora incerta. 



384 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

adeguare le norme processuali alle prescrizioni costituzionali di garanzia 
del diritto di difesa in giudizio (art.. 24 della Costituzione), che sia prevista 
la comunicazione da parte del giudice al pubblico ministero, perch� 
questi possa, ricorrendone le condizioni, proporre domanda di interdizione 
o di� inabilitazione e chiedere i provvedimenti provvisori che questa 
procedura consente. Il Tribunale ritiene inoltre che, per una adeguata 
difesa, debba essere disposta la interruzione del� processo, prevista in 
caso di morte o di perdita della capacit� di stare in giudizio della parte 
costituita o del contumace (art. 300 cod. proc. civ.), con l'effetto che 
nessun atto possa essere compiuto e che il processo debba essere riassunto 
entro il termine perentorio di sei mesi dalla interruzione (art. 305 
cod. proc. civ.). 

Alla interruzione del processo per una situazione gi� esistente -quale 
� anche quella che ha dato luogo alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
delle stesse disposizioni qui denunciate (art. 75 e 300 cod. proc. 
civ.) nella parte in cui non si riferiscono al convenuto scomparso (sentenza 
n. 220 del 1986) -si vorrebbe ora aggiungere, quale ulteriore causa 
di necessaria� interruzione del processo, una situazione di infermit� -gi� 
esaminata dalla Corte sotto il profilo della capacit� processuale con due 
pronunzie di manifesta infondatezza (ordinanze n. 41 e n. 605 del 1988) per 
la quale � eventuale quanto al promovimento della relativa azione, 
ed incerta negli esiti, la verifica della incapacit� a provvedere ai propri 
interessi, come pure la dichiarazione, con effetti costitutivi, della incapacit� 
legale. 

Nell'ipotesi della incapacit� naturale confluiscono interessi diversi 
che devono essere contemperati. La garanzia di difesa nel processo comprende 
anche il diritto di non essere privato della capacit� processuale, 
se non mediante un giudizio in cui � previsto l'esame dell'infermo di mente 
(ordinanza n. 41 del 1988) e nel quale lo stesso pu� compiere da solo tutti 
gli atti del procedimento (art. 716 cod. proc. civ.). Per altro verso il .diritto 
di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende il potere 
di proporre una domanda giudiziale anche nei confronti dell'incapace 
naturale, senza che l'azione possa restare paralizzata indefinatamente 
per effetto della interruzione del processo ed in mancanza di una rappresentante 
legale, la cui nomina � solo eventuale, nei confronti del quale 
il processo possa essere tempestivamente riassunto. 

L'ordinamento gi� appresta; ed � opportuno che ne predisponga di 
sempre pi� efficaci, strumenti di tutela dell'infermo, anche quando tale 
condizione non sia stata ancora giudizialmente accertata come idonea a 
determinare la interdizione o la inabilitazione. Non mancano disposizioni 
volte alla protezione processuale di chi versi in stato di permanente incapacit� 
naturale, come nella situazione prospettata dal Tribunale di Padova. 
L'ordinamento giudiziario comprende tra le attribuzioni generali del pub




PARTE I, .SEZ. I,. <l!URl.SPRUDENZA COSTIT'lJZIONALE 

blico ministero la .tutela dei diritti degli incapaci, anche mediante la richiesta, 
nei casi di urgenza, dei necessari provvedimenti cautelari (art. 73 
del r. d. 30 gennaio 1941, n.. 12). La tutela degli incapaci, prevista quale 
tipica . attribuzione del pubblico ministero, risponde ad un interesse pubblico, 
che, in quanto tale, abilita il pubblico ministero ad intervenire nel 
processo (art. 70, ultimo comma, cod. proc. civ.) nel quale l'incapace, non 
ancora interdetto o inabilitato, sia parte. 

D'altra� parte, in presenza di� una causa nella quale il pubblico ministero 
pu� intervenire, � previsto che il giudice davanti al quale il giudizio 
� proposto ordini la comunicazione degli atti al titolare di quell'ufficio 
(art. 71 cod. proc. civ.) perch�, nel doveroso esercizio delle sue funzioni e 
ricorrendone i presupposti, il pubblico ministero assuma le iniziative 
necessarie per tutelare la posizione dell'incapace nel processo gi� pendente, 
promuovendo, ove del caso, il procedimento di interdizione o di 
inabilitazione e chiedendo la urgente nomina di un tutore o di un curatore 
provvisorio. 

Non mancano dunque strumenti volti ad evitare pregiudizi per l'incapace 
naturale nel processo e ad attivare con urgenza la sua rappresentanza 
o assistenza, anche al di l� dello specifico processo nel quale si 
prospetta la inidoneit� della persona alla cura dei propri interessi. 

N� a superare tale conclusione varrebbe l'obiezione che l'effettivit� 
della difesa dell'incapace naturale potrebbe essere nel concreto vanificata 
dall'eventuale mancat� estrinsecazione di tutti � poteri attribuiti dalla 
legge a soggetti investiti di pubbliche funzioni. Da tale inconveniente 
pratico non pu� derivare un vizio di incostituzionalit� d�lle disp�sizioni 
censurate, la cui legittimit� va apprezzata in relazione alla piena osservanza 
delle disposizioni dell'ordinamento giuridico complessivo. 

La questione di legittimit� costituzionale sollevata dal Tribunale di 
Padova non � pertanto fondata. (omissis) 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 novembre 1992, n. 471 -Pres. Corasaniti 
Red. Baldassarre -Istituto Mobiliare Italiano (avv. Barile, De Vergottini, 
Picardi, Punzi) c. S.r.l. Find ed altri (avv. Giorgianni, Mezzanotte, 
Are) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta). 

Procedimento civ.ne -Ricorso per cassazione -Omesso deposito della 

procura speciale nel termine di cui all'art. 369 cod. proc. civ. 


Improcedibilit� -Possibilit� di sanatoria -Esclusione -Violazione 

degli artt. 3 e 24 Cost. -Inammissibilit� della questione. 

(Cost., artt. 3 e 24; ccid. proc~� dv., art. 369, .secondo comma, n. 3). 

� inammissibile, perch� comporta una pronuncia additiva che appartiene 
alla discrezionalit� politica del legislatore, la questione di legit



386 RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO 

timit� �costituzionale dell'art. 369~ secondo comma, n. 3 cod. proc. civ., in 
riferimento agli artt~ 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, prevedendo 
a pena di improcedibilit� il �deposito della procura speciale, 
~ 

I

preclude la possibilit� di sanatoria tanto ad opera della parte autonomamente 
quanto con l'intervento collaborativo del giudice (1). 

I 

(1) L'Avvocatura dello Stato ha sostenuto in giudizio. la tesi dell'inammissibilit� 
.. della �questione sotto il profilo del -difetto di rilevanza osservando che 
il deposito della procura serve per verificare l'effettiva esistenza della condizione 
di cui all'art. 365 cod. proc. civ. che � di ammissibilit� dell'impugna� 
zione e ch� pertanto comporta l'applicabilit� dell'art. 372 cod. proc. civ. il 
quale consente il deposito, anche all'U:dfortza di discussione, dei documenti che 
attengono all'ammissibilit� del . ricorso. 
� In breve �, conclude l'atto di ip.tervento del Presidente del Consiglio dei 
Ministri, . � pare lecito ricostruire il. si.sterna vigente nel senso che l'improcedibilit� 
di cUi all'art. 369 n. 3 cod. proc. civ. debba ritenersi oggetto cii un'eccezione 
in senso stretto rimessa alla disponibilit� della parte interessata ad 
avvalersene (nella form:a: -deve aggiungersi :..... di una esplicita deduzione nel 
controricorso:; arg. ex .art. 366,. richiamato dall'art. 370, 2� comma), e che l'accertamento 
effettuabile ex officio abbia ad oggetto -bens� -il medesimo 
fatto, riguardato tuttavia per la rilevanza che assume (in un momento anteriore 
al processo) agli effetti dell'ammissibilit� stessa dell'impugnazione�.

La� Corte non si pronuncia su tale e��eiione ed osserva che in un sistema 
processuale basato sulla perentoriet�� dei termini �per il deposito degli atti indicati 
dall'art. 369 solo il legislatore pu� introdurre forme di sanatoria; poi 
per� conclude rimettendo. la decisione alla Cassazione e lasciando intendere 
che l'art. 369 � suscettibile. di diverse applicazioni. 

� Su:lle conseguenze per il mancato rispetto dei termini processuali perentori 
si veda da u:ltihlo Corte cost. ord. 12 giugno 1991, n. 270, in Foro it. 1991, 
I, 1711 e Corte c�st., ord. 26 luglio 1988, n. 900, ivi; 1989, I, 2032. 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, ordinanza 12 febbraio 1992, n. 123 � Pres. 
Scanzano � Rel. Bibolini � P. M. Di Renzo (conci. diff.). 1.M.I. (avv. 
Irti, Guerra, Punzi) c. Soc. Find ed eredi M. Rovelli (avv. Giorgianni, 
Ung�ro, Are). 

Procedimento civile -Ricorso per Cassazione � Mancato deposito della 
proced.ra conferita con atto separato -Improcedibilit� del ricorso � 
Impossibilit� di sanatoria � Questione non manifestamente infondata 
di costituzionalit�. 
(Cost., artt. 3, 24, 111; cod, proc. cjv., art. 369, secondo comma, n. 3). 

Non � manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, 
secondo comma, Cost., la questione di legittimit� costituzionale del-

I 

l 

I

I 

I 

I 

I 

I 



387

PARTE Ii SBZ. I,. GIURJ:SPRUDBNZA. COSTlTUZIONALB 

rart; 369, secondo com.ma, n. 3 cod~ proc. civ;, nella parte in cui sanziona 
con l'improcedibilit� �il� mancato. deposito �tempestivo della procura. conte:. 
rita con atto. separato .senza ammettere possibilit� di sanatoria (2). 


(Qtn;iss~s) ti:L Corte di �assazione, $ezio1w pr.in:la �ivUe, ad�ta c()n 
dco:i:so �� �lelJ'IMituto Mobiliare Italiano avverso una sentenza della Corte 
d'appello �u Ro:ina, con la quale era stata confermata in sede di rinvio 
la. cpnctl;llllla. clel ricorrente pronunziata nei :precede.n:ti gra.di del giudizio 
di merito, ha sollevato questione di legittimit� costituzionale, in .rjferi� 
p;ie..to agli j;lrtt.� 3 e 24 de!Ia. Costitu:z:i9ne, nei confronti dell'art. 369, 
seco~q() C():tnma, l1� 3; c�.d. proc. civ., nella parte. in cui prevede, a pena 
d'improced,~:biJittl,, il.. c1epo5it(). c;J.ella. procur;:i.. speciale,. ove. questa sia stata 

�qnfe~ita, C()l1 !tt() separa~()���������.��.�� ��.�.�. 
JI g~.dic::e a, � q..o . <l.ubita .. della ragionevolezza/ della pr~crizione.. di 
t1ll, t~ine perent()r:~o per iLdeposito.deUa procura speciale, dl;ll :rnwnento 

�he �qu~Ua. .pte$cr!zioue compoi;terebbe una sa.rizione (preclusione del 
gi:u:9jzio sul mei;ito della< causa) rite9uta sproporzi911at:;i rispetto a un 
oi;iere (cieposito della proc.ra), che, sebbene sia legato da un rapporto 
�ltneC:essat"ia funzionalit� tjsPett() .�al. processo,. consisterebbe . pur ..se:inpre 
in.< .:wia formalit� l1olL final,izzata l;ll .perseg.imer,t�~ di u11 i11tere~sei con,� 
):l~sso c()n. ia tut~la �di valori es.senzfali ovv;ero �apprezzabili o,. comunque, 
equivalenti a quello sacrificato con la sanzione den1improcedibilit�. Tale 
distonia tra causa ed effetto, secondo lo stesso giudice a quo, denoterebbe 
l'irragionevolezza della norma impugnata sia sotto il .profilo dell'art. 3 

(2) N1;1ll'ordinanza di rim1;1ssione la. Corte di Cassazione passa in rassegna 
la propria; giurisprudenza sulle. di.verse ipotesi di improce�).ibilit� previste dal� 
l'art..369 cod.. proc.�� civ. richiamando .le��. decisioni �che ammettono la .sanatoria 
del mancato deposito di �opia�.autentica� della sentenza impugnata (Cass�. 18. gen� 
naio 1982; n. 343, in !loro it; Rep. 1982, vo.ce Cassazione civile, n. 216; Cass. 
24 marzo 1980, n. 1957; id, Rep. 1980, voce cit., n. 212; Cass. 25 giugno 1986, n.. 4172, 
id; Rep. 19S6, voce cit., n. 103; . Cass. 11 dicembre 19S7; n�. 9203, id. Rep, 1987, 
voce<cit. n" 108} e quelle che ritengono irrilevante a certe condizioni, l'omesso 
deposito dell'istanza di trasmissione det fascicolo d'ufficio {Cass. 5 aprile 1982, 
n. 2099; id; Rep. 1982, voce it., n. 223; Cass; 5 dic;embre 1986, n~ 7241; id. Rep. 
1986, voce cit,, n. 106; Cass. 17 febbraio 1988, n. 1681, id. Rep. 1988� voce Giurisdizione 
civile n. 145). Viene poi-;ricmamata per analogia la. giurisprudenza pi� 
permissiva sull'improcedibilit� dell'appello per mancato. deposito della �sentenza 
impugnata (Ca$s.. 23 luglio 1987; n. 6429; id. Rep. 1988; voce Appello civile, n. 85; 
Cass. 25 luglio 1981,. n. 4816, id. Rep; 1981; voc:e cit;; n.: 156; Cass. �14 felJ.. 
braio 1981, n. 904, in Foro it. 1981; I, 1026) e l'orientamento che ammette il 
deposito. tardivo della procura generale alle� liti di cui siano indicati gli estremi 
nell'atto introduttivo del giudizio (Cass. 8 febbraio 1977, n. 553, :in Foro it. 

388 

RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO 

della Costituzione, per il fatto che creerebbe una disparit� di trattamento 
tra coloro che adiscono il giudizio di merito e coloro che agiscono nella 
sede del giudizio di cassazione, sia sotto il profilo dell'art. 24 della Costituzione, 
per il fatto che, ponendo una preclusione temporale irragionevole 
allo svolgimento del giudizio di cassazione, impedirebbe alle parti 

di sanare di propria iniziativa l'eventuale inadempimento del deposito, 
ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ., e non permetterebbe alla Corte di 
cassazione di applicare l'art. 182 cod. proc. civ., il quale conferisce al 
giudice il potere di assegnare alle parti un termine per la regolarizzazione 
di eventuali difetti attinenti alla costituzione delle parti stesse. 

Definita nei termini ora precisati, la questione va dichiarata inammissibile. 


Nel delineare i principi informatori della disciplina legislativa della 
giurisdizione con riferimento ai diritti delle parti, la Costituzione, all'art. 
24, riconosce i diritti della difesa come valori primari, che, in 
quanto tali, godono dell'immediata garanzia costituzionale quali diritti 
inviolabili ai sensi dell'art. 2 della medesima Carta fondamentale 

(v. sentt. nn. 98 del 1965, 125 del 1979, 18 del 1982, 243 del 1989, 329 del 
1992). Tuttavia, i diritti della difesa, nei quali va ricompreso anche il 
cosiddetto diritto al gfodizio (v. sentt. nn. 220 del 1986, 123 del 1987), 
si traducono in specifiche e concrete situazioni giuridiche soggettive 
soltanto a seguito della loro articolazione in diritti e pretese . attinenti 
al processo o, pi� precisamente, soltanto in conseguenza della disciplina 
legislativa delle attivit� e dei procedimenti connessi con l'esercizio della 

1978, I, 731; Cass. 21 dicembre �1983, n. 7535, id. Rep. 1983, voce Procedimento 
civile n. 181). 

La Corte di Cassazione riconosce infine l'esistenza di un princ1p10 gmnsprud�nziale 
secondo il quale � le dedaratorie di improcedibilit� non possono 
avere carattere meramente sanzionatorio�, il quale per� non ha impedito il 
consolidarsi di un'interpretazione rigorosa dell'art. 369 cod. proc. civ. sull'improcedibilit� 
del ricorso per il mancato deposito della procura speciale in 
quanto trattasi di adempimento che solo il ricorrente pu� compiere e che � 
necessario per verificare la riferibilit� del ricorso alla parte. 

Pertanto, dopo aver richiamato le pronunce di incostituzionalit� di norme 

I


I 


processuali eminentemente sanzionatorie (Corte Cost. 29 aprile 1975, n. 98, in 
Foro it., 1975, I, 1321; Corte Cost. 2 luglio 1966, n. 82, ivi, 1966, I, 1201; Corte 
Cost. 27 febbraio 1973, n. 19, ivi, 1973, I, 1353), la Cassazione solleva la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 369, 2� comma, n. 3 osservando che 
la funzione del deposito della procura nel termine previsto dalla norma � sostanzialmente 
equivalente a quella della costituzione dell'attore o dell'appellante, 
quindi se non si ammette la sanatoria dell'improcedibilit� mediante il 
deposito tardivo si finisce-� pet pregiudicare il diritto al giudizio di leg�ttimit� 
delle part�, costituzionalmente garantito, al solo fine di perseguire una �funzione 
non comparabile, sul piano dei valori costituzionali, all'impedimento all'esercizio 
della giurisdizione�. 



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COS1'1WZIONALE 

giurisdizione. Per tale.ragione questa Corte ha costantemente sottolineato 
il principio secondo. il quale l'effettiva garanzia dei diritti della difesa 
riposa ��sull'esercizio, non irragionevole,.. dell'ampia. potest� discrezionale 
che il lei~slatore possiede in relazione all'opera di co.nformazione del 
processo (v. sentt. nn. 89 del 1972, 49 del 1979, 100 del 1987, 82 del 1992,
or<ld. .n, 37e 3$ clell988, S179el 1990). . . . . . . . 

.. .JilJ.:ifetjll'.l~ntp ~llo ~v91gi111e~to di tale .discrezionalit� politica, questa 
.Cor1:~ ha i::9sta:tlte1:1:len1:e afferrn.ato che H legislatore, ove riconosca la SUS� 
sistem;a in concreto di unospecifico interesse publ;>lico che ne giustifichi 
l'adozi�ne, Pll:�)egittimament� imporre all1esercizio di facolt� e di poteri 
preC:essurui li:mifazioni temp<>ralf immutabili e irreversibili, per ff fatto 
C:he T terinini �pereiitc:fri, ciii sdiio conriatt.l:rali i caratteri delfimprorO. 
gabilit� ��e� d�Winsariabilit�, tendono a �garantire, oltre � alla fondamentale 
esigenza di g�t1stizia relativa alla celerit� o alla speditezza dei processi, 
un'effettiva parit� dei diritti delle parti in causa: mediante il contemperamento 
dell'esercizio dei rispettivi diritti d� difesa (v. Spec. sent. n. 106 
del 1973 e ord. ri. 900 del 1988, nonch� sentt. nn. 138 del 1975 e 63 del 1977). 

Nel domandare il superamento della perentoriet� del termine pre; 
Visto dall'art:��� 369, secondo c<>mma, �n~ 3 �cod. proc. civ;, il giudice a quo 
chiede. in sostanza a questa Corte una pronunzia di tipo additivo, comportante 
fa possibilit� di applicare sanatorie al mancato o al tardivo deposito 
della procura speciale, segnatamente le s�natorie previste dall'art. 372 

o dall'art; 182 �del codice di procedura civile: Ma una tale pronunzia 
presuppone che si introducano nel processo di cassazione innovazioni 
che, per la loro ampiezza e significativit� e per l'estrema molteplicit� 
delle solutfoni astrattamente possibili, potrebbero essere adottate soltanto 
dal legislatore nell'esercizio dell'ampio potere ad esso spettante 
in ordine alla conformazione-del processo. 
In relazione all'art. 372 cod. proc. civ., il giudiCe a quo chiede' una 
pronunzia additiva v�lta a introd�rr� nell'ordinamento una norma in 
base alla quale il deposito della procura speciale possa avvenire, pur 
se con il viricol<> della notifica all'altra parte1 in qualsiasi momento del 
processo anteriore all'udienza, cos� da render possibile al resistente 
l'effettuazione delle verifiche sulla esistenza e sulla valid�t� della procura 
in udienza prima dell'inizio della discussione. Con riguardo all'art. 182 
cod. proc. civ., la richiesta di una pronunzia additiva �, invece, diretta 
a modificare l'ordinamento con l'introduzione di una norma secondo la 
quale il deposito della procura speciale potrebbe esser effettuato, dietro 
invito del giudice1 pur dopo che la .discussione fosse iniziata. e, finanche, 
dopo che l'udienza fosse terminata. 

L'innesto di ambedue le addizioni in un sistema, che � imperniato 
sulla perentoriet� e sulla legalit� dei termini per il deposito del ricorso 


390 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

e degli atti con questo. connessi (al chiaro fine di assicurare che tutti 
gli elementi necessari alla decisione siano disponibili per l'udienza pubblica, 
quando alle parti, in contraddittorio fra loro, � data l'ultima 
occasione di illustrare le rispettive difese, prima della decisione del collegio), 
comporta l'introduzione di innovazioni coinvolgenti scelte di 
carattere eminentemente politico, riservate al solo legislatore. In particolare, 
l'inserimento nel giudizio di cassazione di un potere giudiziale di 
collaborazione e di intervento attivo, come quello previsto dall'art. 182 
cod. proc. civ., esige che sia modificato l'attuale ruolo del giudice di legittimit� 
e, ip.oltre, che siano compiute scelte fra un'estrema molteplicit� 
di modalit� di attuazione (quali, ad esempio, l'eliminazione di tutte le 
cause di improcedibilit� ovvero la distinzione fra quelle sanzionate con 
termine perentorio e quelle sanabili, l'adozione del provvedimento di 
sanatoria in camera di consiglio ovvero in udienza, �la fissazione di un 
termine finale per l'esercizio del potere giudiziale di regolarizzazione). 

Quelle richieste dal giudice a quo sono addizioni che non possono 
essere considerate come costituzionalmente imposte e che, pertanto, sono 
necessariamente affidate alla scelta pienamente discrezionale del legislatore. 
E, una volta che quest'ultimo, nell'esercizio di tale discrezionalit�, 
abbia optato per un sistema basato sulla perentoriet� dei termini per il 
deposito della procura speciale e, in genere, degli atti indicati nell'art. 369 
cod. proc. civ., l'estensione a quest'ultimo sistema di forme di sanatoria tanto 
se rimesse all'iniziativa autonoma delle parti (art. 372 cod. proc. 
civ.), quanto se dipendenti dall'intervento collaborativo del giudice (art. 
182 cod. proc. civ.) -pu6 conseguire soltanto a decisioni che, per l'ampiezza 
delle innovazioni comportate e la variet� delle modalit� attuative, 
sono riservate al potere legislativo in relazione alla discrezionalit� ad esso 
riconosciuta dalla Costituzione in ordine alla conformazione del processo. 

Il giudice a quo, nell'addurre argomenti a sostegno delle proprie 
richieste, espone anche una sua ricostruzione della giurisprudenza di 
legittimit�, dalla quale traspare che, fra le previsioni a pena di improcedibilit� 
contenute nell'art. 369 cod. proc civ., soltanto quella relativa al 
deposito della procura speciale riceverebbe, a causa della natura giuridica 
di quest'ultima (unilateralit�, unicit� e necessariet� della stessa), un'interpretazione 
rigorosa. 

A parte i dubbi che si possono nutrire sulla predetta ricostruzione, 
sta di fatto che le asserite diverse applicazioni delle distinte disposizioni 
contenute nell'art. 369 cod. proc. civ. non suscitano problemi di legittimit� 
costituzionale. Si tratta, invece, di problemi �di interpretazione delle 
norme di legge ordinaria la cui risoluzione spetta alla Corte di cassazione. 
(omissis) 



PARTE I, SEZ. I, GlURISPRUDENZA,COSTlTUZIONALE 

II 

....��. . .. . . . .. . . ... . . . . . . 

cbn ~tt<> di c:it~~i~ne nqtfoc~to ild� U marzo 1982l'ing. Nino Rovelli 
conveniva <li~AA�. .�l'll. t:d'bunale di Roma l'Istituto mobi�are itali~
o.... <~~i>��..���� pr~9isat0:� 

....., che il 17 lugJio 1979 era .stata stipulata una convenzione tra le 
sgciet� per a~i()ni Fii;td e :t>lenit nonch� l'ing. Nino Rovelli. (a titolo perSona�~ 
a$egti�to df cqntienzibne Hpetit�va .��e�. pa.i."zi:al:ttiente ��integrativa in 
data 19fogiio .. 1919),.da umfparte; � dalt'filfra parte�n prof. Pier() Schlesinger, 
nella yeste dichiafafa di pi."esidertte designato di un c6stituendo 
C:d6.s6fiM� 6fui�ario �M se'�.sfdeifa fogge�� 181/ta,� .tlonch� �1�1stituf����mobiliare 
italfaifo iri perso'�.�: def$ti(f presidente mg. Gforgio � Cappon, entramb1 
�� �� l:lg�n,ti pet corifo e��nell'friteresse� def costituendo consorzio, con le 
mddalft� previste dalla Citata l�gge 787/78 e per il conseguimento dello 
sc6p() afrisanafuento deifa� so�iet�� �del gruppo Sir-Rurriianca, scopo� coerente 
c9l. fine indica,to dalla.Jegge .� ste~sa;� 
....�..... / d:fie. i'attoft/ e{ le sbti�t� .f'iJid ��e . Piell.it .. ~vevano partecipato al


i'accqpci~ ai firte'� dj�}tjar~fo di ageyolare l'attuazione di' un piano. di' risal1�fu~
hifo \lel1e s()riiet� cM grupp� .. sir-Rmnianca, �. piano gi� . predisposto 

cta11�rfu( e� approvato dai �ipi; . . . . . .�.. . �. . . . . � .. 

.:...: b11e esso attore' ele S()Ciet� Find e Plenit avevano dato immeciiata', 
�..e�.� corJ;lpleta. att.azi<)lle ,',agli �. impe~i assunti mentre il consorzio, 
una -volta costituit9, 001l av�va ratificfl,to la <;onvenzione e si era rifiut~
fa ~ ~?ll�vlli;e l'�ng, N�no ~oyelli dalle i.i~~ative. giudiziarie di� terzi (a 
fr<)nte di. fideittsi;ionf c)le . eglfa:veva dato a favore delle banche creditrici 
cie~l.a� i;ocet�: d~(grtiJ:>po Sir".R.limianca), �. e9 mpltre non. aveva dato corso 
al1'tjlteriore .iD1pegr1p, ', asslin,to ,''per il consorzio, in ' allora non ancora 
costituito, . daWI1lli ��e dal . prgf. Sch1~singer, ..di accertare con rausilio di 
orgai�zzazioni cli �analisi C:onta'bili . la consistenza patrimoniale del gruppo 

Sir-R.l1i�iianca; � � � � � � 

-t~~o pre:i:nesso~.J'atto~e.form.lava le seguenti cl.omande: 

l) dichiarare la responsabilit� dell'Inii ai sensi dell'art. 2331 cod. 

civ. per le obbligazioni assurite nelle convenzioni 17 e 19 luglio 1979, come 
sopra indicate; 
. . . . .. ... . . . . ... 

. 2) .� dichlai."are l'lmi� tenut9 .. a sollevarlo da ogiii richiesta gi� proposta, 
o propo11ibile' in segtiit�, cla lln quaJsiasi terzo' garantito in conseguenza 
delle fideiussioni chel'ing. Rovell�aveva rilasciato per le esposizioni 
verso banche delle societ� del gruppo Sir-Rumianca; 

3) cond,annare .l'Imi, sicc9me inadempiente. alle citate .convenzioni, 
al risarcimento dei danni per ci� provocati; 
4) riconoscere il diritto dell'ing. Rovelli all'accertamento dell'eventua.
Ie valore positivo dellle azioni cedute, in coerenza con l'art. 4 della 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

392 

convenzione, e la condanna conseguente dell'Imi al pagamento del valore 
accertato in base all'art. 5 della medesima convenzione, attesa l'impossibilit� 
di utilizzo delle azioni stesse per la destinazione prevista 
nella convenzione o, in via di subordine, la condanna al pagamento della 
medesima somma a titolo di risarcimento, con interessi e rivalutazione 
monetaria. 

All'atto della precisazione delle conclusioni veniva chiesto che la 
liquidazione del quantum richiesto avvenisse in corso di causa e non 
in separato giudizio (come inizialmente domandato). 

Instaurato il contraddittorio e contestata la lite, l'Istituto mobiliare 
italiano chiedeva il rigetto di tutte le domande proposte nei suoi confronti, 
previa eccezione della propria carenza di legittimazione passiva 
sostenendo che l'ing. Cappon aveva agito a titolo personale e non quale 
presidente dell'Imi (tesi respinta nella sentenza di primo e di secondo 
grado e non pi� riproposta in prosieguo). 

All'udienza del 24 gennaio 1983 interveniva in aula la s.r.l. (gi� s.p.a.) 
Find, assumendo posizione adesiva alle domande dell'ing. Nino Rovelli 
e chiedendo l'estensione nei suoi confronti degli effetti della pronuncia. 

Il Tribunale di Roma emetteva in data 31 ottobre 1986 sentenza non 
definitiva limitatamente a:ll'an debeatur, nella quale, ritenuto ammissibile 
l'intervento della s.r.l. Find (qualificato intervento adesivo autonomo), e 
rigettata l'eccezione di carenza di legittimazione da parte dell'Imi, condannava 
l'Imi stesso al risarcimento dei danni subiti dall'ing. RoveHi 
per l'inadempimento all'impegno della lettera 19 luglio 1979 (liberazione 
dalle esecuzioni per garanzie concesse d.al Rovelli), nonch� al risarcimento 
dei danni subiti e dall'ing. Rovelli e dalla soc. Find per l'inadempimento 
della clausola n. 4 della convenzione (impegno di accertare la 
consistenza patrimoniale del gruppo Sir-Rumianca, secondo modalit� 
espressamente previste), danni da liquidarsi nel prosieguo del giudizio, 
disposto con separata ordinanza. 

Sull'appeilo proposto dall'Imi con citazione notificata il 7 aprile 1987, 
e nel contraddittorio deH'ing. Nino Rovelli e della Find, la Corte d'appello 
di Roma pronunciava con sentenza 26 aprile 1988 con cui dava 
integrale conferma alla decisione di primo grado. 

Avverso detta sentenza propose ricorso per cassazione l'Imi deducendo 
sei mezzi di cassazione; nella resistenza dell'ing. Nino Rovelli e 
della Find, la Corte di cassazione, pronunciando con sentenza n. 3228 del 
7 luglio 1989 (Foro it., Rep. 1989, voce Economia nazionale, n. 20), dava 
accoglimento al primo motivo di ricorso e dichiarava assorbiti gli altri, 
cassando l'impugnata decisione ce rinviando ad altra sezione della Corte 
d'appello di Roma. 

Contemporaneamente allo svolgersi della vicenda processuale ora 

delineata, dopo la sentenza non definitiva di primo grado il procedimento 


PARTE I, SEZ. I, . GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

era continuato sul quantum, avendo come presupposto la linea logica 
gi� tracciata dalla sentenza non definitiva del Tribunale di Roma, cos� 
che, con sentenza 13 maggio 1989, il Tribunale di Roma condannava l'Imi 
al pagamento in favore dell'ing. Nino Rovelli della somma di lire 750 
miliardi a titolo di risarcimento dei danni per inadempimento delle clausole. 
economiche della convenzione (somma comprensiva della rivalutazione 
dal luglio 1980), oltre agli interessi al tasso legale sull'intera 
somma rivalutata, con decorrenza dal luglio 1979; condannava, inoltre, 
l'Imi a pagare all'ing. Nino Rovelli la somma ulteriore di lire 21,1 miliardi, 
con gli interessi legali dal 9 gennaio 1985, quale risarcimento del 
danno � neHa cessione dei titoli obbligazionari al portatore effettuato 
da:ll'irig. Rovelli al comitato� di intervenfo nella Sir a seguito dell'accordo 
transattivo stipulat� nel 1985. 

Avverso detta sentenza proponeva appello l'ing. Rovelli e la Find; 
proponeva anch� appello incidentale l'Imi il quale sosteneva la nullit� 
della sentenza de1 tribunale a seguito e per effetto della cassazione di quella 
sull'an debeatur da patte di questa corte; in subordine chiedeva la 
rifornia della sentenza impugnata ed il rigetto di tutte le domande proposte 
dall'ing. Nino Rovelli; in ogni caso sosteneva l'inammissibilit� dell'appello 
proposto dall'ing. Rovelli e dalla Find. 

Le due cause (il giudizio rescissorio e la procedura d'appello contro 
la sentenza del Tribunale di Roma sul quantum debeatur), assegnate alla 
stessa sezione della Corte d'appello� di Roma ed allo stesso istruttore, procedevano 
separatamente, ma parallelamente, tanto che all'udienza del 
30 maggio 1990 venivano precisate separate conclusioni coeve. 

Con la sentenza 4809/90 (oggetto dell'odierno ricorso) in data 26 novembre 
1990, la Corte d'appeHo di Roma. riuniva i due procedimenti e 
pronunciando su di essi unica sentenza, sull'an e sul quantum debeatur, 
rigettava l'appello contro la sentenza non definitiva del 31 ottobre 1986; 
dava accoglimento per quanto di ragione all'appello principale dell'ing. 
Rovelli e della s.r.l. Find avverso la sentenza 13 maggio 1989; dava accoglimento, 
altres�, per quanto di ragione all'appello incidentale dell'Imi. 

Inoltre, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava 
l'Imi al pagamento, a favore dell'ing. Rovelli e della s.r.l. Find, in via 
tra di loro solidale, della somma di lire 500 miliardi (gi� rivalutata), con 
gli interessi al tasso legale da luglio 1980 fino all'effettivo soddisfo, nonch� 
al pagamento in favore dello stesso ing. Rovelli dell'ulteriore somma di 
lire 28.485.000.000 con gli interessi a:l tasso legale dal 9 gennaio 1985 fino 
all'effettivo soddisfo; condannava, infine, l'Imi al pagamento delle spese 
processuali, confermando nel resto l'impugnata sentenza. 

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l'Imi deducendo 
otto motivi, integrati da memoria; si costituivano con controricorso, 
integrato da memoria, la s.r.l. (gi� s.p.a.) Find, nonch� la sig. Prima



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

394 

rosa Battistella, qua'1e erede dell'ing. Nino Rovelli; si costituiva,. inoltre, 
con autonomo controricorso l'ing. Felice Rovelli, figlio dell'ing. Nino Rovelli. 
In ordine all'eccezione di improcedibilit� del ricorso, proposta in 
udienza dalla difesa dei controricorrenrti, parte ricorrente depositava note 
d'udienza, note in relazione alle conclusioni del p.m., il cui senso era 
quello di rimettere alla Corte l'esame degli atti, da lui non potuto compiere; 
con l'applicazione, all'esito, della. normativa del caso. 

Motivi della decisione. -La pregiudizialit� delle questioni di ammissibilit� 
del ricorso, rispetto a quelle di procedibilit�, richiede l'esame 
preventivo dell'eccezione (sollevata dal controricorrente ing. Felice 
Rovelli nonch�, nella memoria, dalla controricorrente sig. Primarosa 
Battistella) secondo cui la nullit� della notificazione in data 3 gennaio 
1991 all'ing. Nino Rovelli alcuni giorni dopo il decesso (avvenuto il 
30 dicembre 1990), nel domicilio eletto presso il difensore per il giudizio 
d'appello, e la nullit� dello stesso rico:rso per errata individuazione del 
soggetto passivo, renderebbe il ricorso stesso del tutto inammissibile. 

L'eccezione (da delibarsi .ai fini della rilevanza della questione di 
costituzionalit�, di cui in appresso) � infondata, alla luce dell'indirizzo 
giurisprudenziale, al quale si ritiene di dovere dare continuit�, secondo 
cui � valido il ricorso per cassazione, e la sua notifica presso il procuratore 
della parte costituito nel giudizio di merito, non spiegando rilievo 
la morte della parte dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove 
non si dimostri che il ricorrente fosse a conoscenza di tale evento (v. Cass., 
6 dicembre 1984, n. 6404; id., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n. 55; 
25 novembre 1985, n. 5857, id., Rep. 1985, voce cit., n. 56; Sez. Un. 27 aprile 
1983, n. 2881, id., Rep. 1983, voce cit., n. 103). 

Nella specie, il fatto che il ricorso fosse stato redatto prima del decesso 
dell'ing. Nino Rovelli (esso � datato 21 dicemhre 1990); che della 
morte fosse stata data notizia giornalistica solo il 31 dicembre 1990; che 
a detta informazione giornalistica fosse seguita una festivit� tradizionale 
e nazionale (il capodanno) e che la notificazione fosse stata eseguita il 
secondo giorno successivo, non fornisce la prova della conoscenza effettiva 
e sicura, n� dell'ignoranza colpevole, da parte del ricorrente, del 
decesso dell'ing. Rovelli prima del 3 gennaio 1991; elementi che abbisognavano, 
oltre tutto, di adeguato controllo. 

Alla ritualit� della notificazione del 3 gennaio 1991 segue l'infondatezza 
dell'eccezione di inammissibilit� sotto i profili indicati. 

Pregiudiziale, ancora, all'esame delle altre questioni di rito e di merito 
sollevate dalle parti, � la valutazione dell'eccezione di improcedibilit� 
del ricorso proposta dall'avv. Michele Giorgianni, al termine del suo 
intervento dibattimentale sul ricorso, eccezione ripresa dall'avv. Mario 
Are. 



395

PARTE. I, SEZ. I, GlU.RISPRUDBNZA COSTI'WZIONALB 

.� �� :S�I>tierte: aj, fine t?arte controricorrente essersi verificata, nella spe� 
cie, l'ipntesi prevista dall'art. 369, n. 3,. cod. proc. civ., che sanziona di 
hn~9W�� il ~"qper 9'8'~~ ~cui ~PQ!ito .nnn a~,�nel 

lii (:{ata 30: ge!U:�afo l99Z; �ssel;fdo �l collegi� ili ris�rva di decisione, gli 
avv. Carmine Punzi ed Antonio Zito hanno . depositato nella cance:lle:da 
deifu. &:irte Uria s�coriili�� nota. quaiificatit << dr udienza ,; con allegata do


�e~lli~&t�~~m,�~~t~,���~:;6s1;~;;�..�ii���gi�mo�� sticcess.ivo.�atl'ud�eriza;�����~�����~ 

.Qi�.�. ffiqrt��di���qualsiasi�.. ritttl:tle;�����essa .�cteve��.�. ~uindi����essere � ...dichi~rat���irricevitiiil� 
ei rion pu� essere �sllmil1at� dal collegio; .� con separato . ptovvedimeiitd 
;i�. � stata disposti:\, ia testittiZi�ri.e agli interess�tt� � 

�.�. Tant(i gl'emessfril� <;qtte/ch� su11e questfohl dirito � anche giudice del 
fattO: J?roe�ssuaie,��Hieva ed accerta:����� 

~il.~1~!i~~!&-~~l4


6 dicembre 1990:, rep. n. 24368 ,;; ������.. � .. � �� ..� � �� � � �. � .. � � � � � 

2))n .ca.J;ce al ricorso vi � esp:ressa menzione dei documentLche il 
:ricprre.,t~ ~<~ro~~~~ ~i t~r:r.�;ii ai dep9sit~ ~ (originale notificato del 
tj�9rs9 i;tess9;, .pop~a at:t,;e11ti1;:a �.. 4ella se11t~a i.ipugnata, . istanza. di tra


~!1tl!~~;~�ci1ef;~~i~;P!.~~~i;i~:~~~~!~i:a~!~iia.~~o:~:!e4;~~=~! 


pura sp:f?Ci.ale; 
3) �sAm,inatLgli: atti, si constata. la materi.aie assenza della procura � 
speciale sopra: indicata; 

4) l�:ii nota d� deposito del 22 genn::�1o 199.t, relativa.� alti�orso noti� 

ficato il 3.x.gennaio 1991 (notifica�� chei essendo regolare,� come sopra��nle


vato, comporta il decovso del tetm�:ne dell'art. 369, 1� comma, t:od. proci. 

civ;.�erende superflue, a questo effetto; le Ulteriori notifi�he integrative}, 

porta l'annotazione del deposito dei fascicoli di precedenti gradi, di copia 

autentica delprovvedimento.impugnato e di istanza ex art. 369 cod. proc. 

civ. in. duplo} non vi � in essa menzione del deposito della procura n� 
esiste atto �che; ai sensi . dell'art. 3721 �Ultimo cpv., cod. proc. civ.,. ne 

396 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dimostri il deposito nel giorno successivo (il ventesimo dalla predetta 
notifica); 

5) agli atti esistono i documenti dei quali nella predetta nota � 
indicato il deposito e, in particolare, il ricorso con le relative notifiche, la 
sentenza oggetto di ricorso in copia autentica nonch� i fascicoli di parte 
delle precedenti fasi e gradi ed i fascicoli d'ufficio; 

6) in calce alla copertina del fascicolo d'ufficio esiste un'annotazione, 
preceduta da un asterisco che ne richiama altro posto a fianco dei 
nomi degli avvocati del ricorrente, dicente �manca la procura ad hoc�. 
Detta annotazione � identica ad altra esistente nel ruolo generale degli 
affari civili, al n. 755/91, nel quale appare� ancora la dicitura, con riferimento 
alla situazione difensiva del ricorrente: � manca la procura ad 
hoc�; 

7) ritiene la Corte non avere pregio il rilievo espresso nella nota 
d'udienza, secondo cui nel modulo delle note di deposito non � predisposta 
a stampa la prev~sione della separata procura, quasi che del deposito 
della procura non si debba dare prova, volta che nei moduli stessi 
vi sono righe in bianco da integrare con l'indicazi9ne dei documenti depositati 
e non previsti espressamente nella modulistica a stampa. Ci� tanto 
� vero che nella nota di deposito del controricorso della sig. Primarosa 
Battistella vi � espressa integrazione manoscritta relativa al deposito della 
procura speciale della controricorrente. D'altra parte, nella stessa nota 
di deposito del precedente ricorso per cassazione dell'Imi (che diede 
luogo al giudizio deciso con la sentenza 3228/89 di questa Corte), vi era 
espressa menzione manoscritta del deposito della procura speciale notarile 
rilasciata per quella fase del giudizio. 

Dai rilievi sopra espletati si deduce la mancanza della prova del 
tempestivo deposito della procura notarile indicata nel ricorso, prova 
che compete al ricorrente (v. Cass., 23 luglio 1966, n. 2031, id., Rep. 1966, 
voce Cassazione civile, n. 266). La nota, che deve essere sottoscritta dall'avvocato 
e controfirmata dal funzionario addetto, fa prova a favore della 
parte che l'ha redatta e sottoscritta, per i documenti in essa indicati, ed 
inoltre contro la parte per i documenti che la stessa non abbia menzionato. 


D'altronde le annotazioni relative al mancato deposito. della procura, 
apparenti sia sulla copertina del fascicolo d'ufficio, sia nel registro generale 
(e che non si ha ragione di non attribuire al funzionario addetto), 
denotano che la mancanza � stata rilevata nella cancelleria del registro 
generale di questa corte. 

Pertanto, l'asserito deposito della procura non potrebbe, eventualmente, 
essere che una produzione tardiva o irrituale (allo stato, dunque, 
irrilevante), ma suscettibile di essere regolarizzata, anche ad iniziativa 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

398 

Cos� � per la situazione dell'art. 369, 2� comma, n. 2, cod. proc. civ., 
allorch� si ritenne che il mancato deposito tempestivo della copia autentica 
della sentenza oggetto di ricorso (essendo prodotta copia non 
autentica o autentica incompleta) potesse avere elementi integrativi, 

o sostitutivi, funzionalmente equivalenti, nella produzione della stessa 
copia da parte del cotroricorrente, ovvero nell'esistenza di detta copia 
nel fascicolo d'ufficio (Cass., 18 gennaio 1982, n. 343, id., Rep. 1982, voce 
Cassazione civile, n. 216; 4 luglio 1986, n. 4388, id., Rep. 1986, cit., n. 101). 
Cos� �, in relazione all'ipotesi dell'art. 369, 2� comma, n. 4, cod. proc. 
civ., allorch� venne separata la situazione preclusiva nel caso in cui l'allegazione 
dei fascicoli, o di atti dei fascicoli, dei precedenti gradi di 
giudizio (di fatto non depositati) fosse funzionalmente ininfluente in 
relazione alle situazioni dedotte in controversia in sede di legittimit� 
(Cass., 12 gennaio 1987, n. 112, id., Rep. 1987, voce Giurisdizione civile, 

n. 99). 
Identico indirizzo � stato seguito da questa corte (v. sent. 15 dicembre 
1980, n. 6495 id., Rep. 1980, voce Cassazione civile, n. 219; 5 luglio 
1982, n. 3990, id., Rep. 1982, voce cit., n. 224) in relazione alla fattispecie 
processuale dell'art. 369, 3� comma, cod. proc. civ., allorch� 
ritenne che la tardivit� del deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo 
d'ufficio, cos� come l'omissione di detto deposito, non determinasse 
l'improcedibilit� del ricorso qualora il fascicolo fosse comunque 
pervenuto alla corte prima dell'emananda pronuncia, ovvero quando gli 
atti del fascicolo d'ufficio non fossero necessari, limitando l'improcedibilit� 
del ricorso alle ipotesi in cui dagli atti inseriti nei fascicoli di 
parte (in mancanza di quello d'ufficio del precedente grado) non si potessero 
ricavare gli elementi indispensabili per la decisione del ricorso 
(Cass., 5 aprile 1982, n. 2099, ibid., n. 223; 5 dicembre 1986, n. 7241, id., 
Rep. 1986, voce cit., n. 106). 

Ampliando il campo dell'indagine, inoltre, la giurisprudenza di questa 
corte ha costantemente interpretato la norma processuale nel senso 
del superamento delle previsioni rituali meramente, o prevalentemente, 
sanzionatorie, dando rilievo non solo all'aspetto funzionale, ma interpretando 
la norma stessa secondo il principio generale del diritto delle 
parti ad un � giudizio equo >>, quale espressione che trova il precetto 
normativo nell'art. 6 della convenzione europea dei diritti dell'uomo 
(Roma 4 novembre 1950, resa esecutiva in Italia il 26 ottobre 1955 con 
la legge 4 agosto 1955, n. 848). 

Contrasta, infatti, con il diritto del titolare di una situazione giuridica 
sostanziale ad un giudizio equo di merito, e secondo i principi dell'ordinamento, 
una norma rituale che, superando la strumentalit� della 
disciplina processuale, precluda il perseguimento del diritto fondamentale 
al giudizio per finalit� che, pur essendo coordinabili con l'esigenza 
di fluidit� e di speditezza del processo, ledano sostanzialmente una 



.0' 


400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

fine di dimostrare i poteri dei soggetti muniti dello ius postulandi, � 
funzione necessaria in causa, soprattutto in un procedimento civile, 
come � il nostro, improntato essenzialmente all'attivit� di mandatari 
professionali. 

N� sarebbe consentita l'analogica applicazione dell'art. 182, secondo 
comma, cod. proc. civ., quanto meno perch� non � permessa l'attivit� 
di collaborazione del giudice in presenza di una decadenza, che nella 
specie � connessa alla perentoriet� del termine di deposito della procura 
speciale concessa con atto separato. 

Dall'analisi ora eseguita, in definitiva, pu� trarsi la deduzione che 
l'orientamento giurisprudenziale formatosi su norme analoghe, nella 
funzione di costituzione di una parte in giudizio, all'art. 369 cod. proc. 
civ., � elastico e tollerante, s� da consentire di ricavarne un principio 
consolidato, a mo' di diritto vivente, che le declaratorie di improcedibilit� 
non possono avere carattere meramente sanzionatorio. Costituisce, 
infine, diritto vivente la rigida applicazione dell'improcedibilit� per 
mancato deposito della procura speciale, nel. ricorso per cassazione, essendo 
considerato non derogabile il relativo adempimento nel termine 
di venti giorni dalla notificazione del ricorso (v. Cass., 17 aprile 1982, 

n. 2362, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 220; 28 novembre 1953, 
n. 3609, id., Rep. 1953, voce cit., n. 200; 21 dicembre 1962, n. 3412, id., Rep. ~ 
1962, voce cit., n. 244; 23 luglio 1966, n. 2031, id., Rep. 1966, voce cit., li 
n. 266; 6 luglio 1983, n. 4547, id., Rep. 1983, voce cit., n. 131), finanche 
nei giudizi elettorali in cui la parte pu� stare in giudizio di persona, 
I 
qualora abbia agito con difensore (Cass., 10 ottobre 1983, n. 5878, ib�d., 
voce Elezioni, n. 109). 

Peraltro, una discrepanza rilevante e, sotto certi aspetti arbitraria, 
tra le situazioni che, con la formalit� del deposito della procura, entro 
un termine perentorio, la legge intende tutelare, ed il diritto la cui 

I

analisi in sede di legittimit� viene di fatto preclusa, pu� individuarsi 
anche� nella fattispecie dell'art. 369, secondo comma, n. 3, cod. pro�. 
civ., discrasia che, se non superabile secondo i criteri interpretativi 
della legge processuale (come gi� notato), assume diversa rilevanza 
qualora incida sui principi costituzionali attinenti all'esercizio della 
giurisdizione. 

Un esempio dell'indicata discrasia della norma in esame � evidenziato 
nel caso di specie, in cui ad una controversia che ha comportato 
un dibattito tra le parti di alto rilievo su questioni di diritto sostanziale 
di notevole difficolt� e con incidenza finanziaria e patrimoniale 
notevolissime (in considerazione degli importi in gioco), � negata quella 
forma di tutela che, nell'estensione della garanzia costituzionale della 
giurisdizione (art. 24 Cost.), trova nella legge fondamentale dello Stato 
una tutela ulteriore e specifica (art. 111, secondo comma, Cost.), e ci� 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

unicamente per una situazione di irritualit� che in diverso grado di 
giudizid pu� trovare pacifica soluzione nelle facolt� di regolarizzazione 
concesse alle .parti e nell'esercizio dei poteri di collaborazione del giudice 
(art' 182 cod. proc. civ;), atti a consentire la sanatoria, tra l'altro, proprio 
di �situazioni di irritualit� concernenti l'intempestivit�, o l'omissione, 
nella. produzione della .procura .. (Cass., 8 febbraio 1977,. n. 553; id., 1978, 
I, 731; 27 aprile 1979, n. 2436, id., 1979, I, 1772; 23 gennaio 1982, n. 466, 
id., gep. 1982, voce Procedimento civile, n. 129; 10 maggio 1986, n. 3120, 
}d., Rep, 1986, voce Layoro e. previdenza (controversie), n. 431). 

Nel caso di specie; la gravit� delle situazioni trattate e l'entit� degli 
interessi economici in gioco indubbiamente esalta l'icomparabilit� tra 
l'entit� della lesione rituale e la sanzione procedurale che preclude 
l'esercizfo del giudizio di legittimit�; enfatizza l'arbitrariet� della negazi.
one del giudizio di legittimit�, che � oggetto di garanzia specifica 
costituzionale,. di fronte. �ad un effetto sanzionatorio. che non trova riscontro 
�quivafonte, sul piano dei valori cui l'esercfaio della giurisdiziori� 
deve unif�tma:rsi, n�l�a tutela delle parti e della rapidit� processuale. 


L'ftrazionalit�, per�, non � nel caso di specie, ma nella legge, qualunque 
sfa Ianatura e i'entit� del diritto sostanziale controverso, legge 
che non consentendo un'adeguamento fuzionale in via d'interpretazione, 
e prechidendci,���di fronte alla perentoriet� del termine, le soluzioni 
tipiche pur presenti nel nostro ordinatnerito processuale con 
l'art. 182 cod. proc. civ., nega l'esercizio della giurisdizione, e la tutela 
processUale d� tin diritto sostanziale, proprio nella forma pi� elevata 
� definitiva di giurisdizione, e ci� al fine di tutelare una situazione 
di ritualit�, priva cli eguale rilievo e di eguale valore sul piano dei principi 
costituzionali. 

I principi ricavabili, nel nostro 'ordinamento processuale civile, da 

norme . esplicite �mediante un procedime11to d'astrazione generalizzatrice, 

ed inoltre radicati sulla legge fondamenfale, sono richiamabili come 

segue: 

a) il processo, come esternato dall'art. 24, primo comma, Cost., 
deve concedere le stesse utilit� che si sarebbero potute conseguire attraverso 
l'applicazione della norma di diritto sostanziale, per cui eccezionali 
debbono ritenersi i casi nei� quali la coincidenza di risultati, tra 
diritto sostanziale e tutela giurisdizionale, non sia realizzabile; 

b) come variazione logica del punto precedente, si evince l'ulteriore 
principio secondo cui la cognizione mira a concludersi con una 
pronuncia di merito, per cui eccezionali d�bbono essere le� ipotesi in 
cui la violazione dell� norme disciplinatrici del processo imponga che 
questo si concluda con sentenza che non conosca del diritto sostanziale 
controverso; 


402 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

e) la ricorribilit� (art. 111, secondo comma, Cost.) comunque in 
Cassazione per violazione di legge delle sentenze, individuando nella 
lettura di legittimit� un rafforzamento della garanzia sancita dall'art. 24, 
primo comma, Cost., sia che essa sia ritenuta integrare una garanzia 
soggettiva, sia che, superando ma non escludendo le situazioni soggettive, 
individui essenzialmente una garanzia oggettiva di uniforme interpretazione 
ed applicazione della legge; 

d) la tutela della difesa e del contraddittorio (art. 24, secondo 
comma, Cost.), che � strettamente inerente all'effettivit� della tutela 
giurisdizionale nella sua correlazione di affermazione delle situazioni 
di diritto sostanziale. 

Dal coordinamento dei vari principi ricavabili dal dettato costituzionale 
in tema di giurisdizione, si pu� dedurre che il giudizio di legittimit� 
deve ad essi corrispondere, per cui debbono essere eccezionali 
le situazioni rituali che pongano nel nulla l'esercizio della giurisdizione 
nella lettura della causa, anche in fase di legittimit�, con la previsione di 
preclusioni perentorie e di improcedibilit� conseguenti. 

Appaiono ormai superati, infatti, gli indirizzi propensi ad identificare 
la garanzia di cui al primo comma dell'art. 24 Cost., e la situazione soggettiva 
ivi tutelata, con l'esercizio dell'azione in senso tecnico-processuale; 
�, infatti, decisamente prevalente l'idea che la possibilit� d'azione non 
si esaurisca nella semplice possibilit� di accesso originario alle corti, 
ma comprenda anche l'attivit� processuale successiva alla domanda 
iniziale, in quanto indispensabile a rendere effettiva e concreta la tutela 
giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di vantaggio. 

La giurisprudenza della Corte costituzionale, pur essendo concorde 
nel ritenere che la tutela giurisdizionale dei diritti sia suscettiva di 
limitazioni, ha pi� volte riconosciuto l'illegittimit� costituzionale di limiti 
irragionevoli o, comunque, atti a svuotare la garanza sancita, volta 
che il legislatore � libero di atteggiare i mezzi di tutela dei diritti 
in relazione alla tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti, 
con il limite, per�, di non vanificare in sede di giurisdizione situazioni 
riconosciute in sede sostanziale e di non opporre ostacoli all'esercizio 
dell'azione che, per incongruit� o non pertinenza, si rivelino irragionevoli. 


Cos�, pur essendo in linea generale lecita la previsione di limiti di 
tempo al diritto di azione, poich� l'art. 24 Cost. non richiede che la 
tutela giurisdizionale debba essere perpetua o, d'altro verso, immediata, 
occorre pur tuttavia che detti limiti non si traducano in preclusione 

o impedimento di una effettiva tutela della situazione di vantaggio 
(Corte cost., 118/63, id., 1963, I, 1608; 2/64, id., 1964, I, 420; 26 e 87/69, id., 
1969, I, 548 e 1409; 10/70, id., 1970, I, 711; 24 e 85/73, id., 1973, I, 609 e 
2020; 46/74, id., 1974, I, 980; 372/88, id., 1989, I, 3015). 

PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

In ba.se all'idea che �l'art.. � 24 C�st; �si riferisce.� alla tutela processuale 
del diritto, e perci� se ne pu� assumere la violazione solo quando 
il legislatore limitasse ingiustificatamente la difesa processuale di un 
diritto da esso stesso attribuito o riconosciuto � (Corte cost., 57/62, id., 
1962, I, 1073), detta violazione � stata, pur tuttavia, riconosciuta quando 
la ~revbdon� � d'inall1l'l1issibiiit� .sia . priva di �razionalit�, se collega la 
produzione di un effetto grave ed irreparabile aUa. mera omissione di 
unJnajfompime~to formale (v, C0rte cost., 98/75, id., 1975; I, 1321, con 
riferbnento all'inammissibilit� .di costituzione di parte civile nel processo 
penale per omessa elezione di domicilio nel comune ove sia in corso 
il giudiZio, ,alla q;uale Pa:rt; 94, � secondo comma, c.p.p; previgente ricollegava 
l~�ffetto: dell'esclusione � dal giudizio penale della parte lesa costituita 
parte ciVile). 

Nello stesso ordine logico si pone; poi, l'indirizzo espresso (Corte 
cost;/82/66, id~; 1966; I/1201), con riferimento alla norma degli artt. 27 
e 28 r.d; 25 giugno 1940; n; 954, essendosiritenuto che la non rieezione 
detratto presentato dalla parte o daf difensore assume carattere sanzfonatorio; 
non .proporzionato alla portata ed all'entit� del precetto, se 
non giustificabile alla stregua di quelle � guarentigie giuridiche che lo 
Stato di diritto offre ai singoli per fa tutela dei loto diritti ed interessi 
legittimi. 

ldenticanierite . (C�rte cost., 19/73, id., 1973, I, 1353, con riferimento 
all'art 509 c.p.p. previgente, sanzionante d'inamm�ssibilit� la non contestuale 
esposizione di motiVi d'opposizione al decreto penale) � stato 
riteritito che << la limitata fi:rialit� deU'on�re processuale in esame e la 
sita cfrcoscriita portata, poste a paragone della gravit� e drasticit� delle 
cob.seguenze imped�t�ve��comminate, denotano la sproporzione tra �obblig6 
e sanzione e l'incongruit� che l'esercizio dell'essenziale diritto della 
difesa giudiziale in contraddittorio, debba essere precluso di fronte all'inadempimento 
di un onere che ha, bens�, una sua ragion d'essere, 

�ma che tuttavia .non � rilevante ai fini �processtial�stid�. 

Si ribadisce, quindi/che il diritto ad uria giU:risdlzione equa si traduce 
rieli'illegfttim�t� di quegli impedimenti, normativamente previsti, 
che. ledano un dfrit~o fondamentale, costituzionall:llente garantito, senza 
.persegttlI"e la t\ltela � di� un..inter<:?sse di egtmle valore, o comunque apprezzabile~
�� evicien.~fando che fa riorn:u1.processuale. eminentemente sanzionatoria 
. finisce . per essere irrazionale .�.o arbitraria quando dalla 
sua lesione consegua l'impedimento all'esercizio della giurisdizione, anche 
e specialmente con riferimento al giudizio di legittimit� che trova 
la sua guarentigia nell'art. 111, secondo comma, Cost, 

Nell'ambito dei principi indicati si tratta di valutare quale sia la 

funzione del deposito della procura speciale, rilasciata con atto separato 

dal ricorso, volta che la sua enunciazione nel ricorso, costituente condi



404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di ammissibilit� dello stesso (art. 366, primo comma, n. 5, cod. 
proc. civ.), sia stata soddisfatta., che le controparti costituite non hanno 
contestato la sussistenza della procura speciale n� hano formulato alcuna 
eccezione sulla sottoscrizione del ricorso a norma dell'art. 365 cod. 
proc. civ .. 

Il deposito del ricorso e degli� atti indicati dall'art. 369 nel termine 
ivi previsto, pu� svolgere una funzione sostanzialmente equivalente alla 
costituzione dell'attore, nel giudizio di primo grado (art. 165 cod. proc. 
civ.), o dell'appellante nel giudizio di secondo grado (art. 347 cod. proc. 
civ.). 

Ci� malgrado, la manchevolezza, o il ritardo, nel deposito degli atti 
in primo grado possono essere sanati con l'esercizio da parte del giudice 
del potere di collaborazione previsto dall'art. 182 cod. proc. civ., (potere 
esteso al collegio ed inoltre al giudice d'appello -v. Cass., 27 aprile 1979, 

n. 2436, cit.; 8 febbraio 1977, n. 553, cit.), ed analogamente nel giudizio 
d'appello, alla drastica preclusione dell'attivit� processuale si . contrappone 
la sanabilit� con le modalit� dell'art. 348 cod. proc. civ e talora 
(Cass., 1� giugno 1982, n. 3342, cit.), ancora con l'applicazione della 
disciplina dell'art. 182 cod. proc. civ.. 
Significativo �, quindi, che nel procedimento civile, il termine normativo 
per l'espletamento delle modalit� di costituzione, ed in ispecie 
per la produzione della procura prima dell'inizio dell'attivit� di giurisdizione 
(volta che ne siano indicati gli estremi nell'atto introduttivo 

I 

del giudizio o del grado}, pur corrispondendo ad un'esigenza di ordine 
logico-sequenziale degli atti negli adempimenti di parte e nello svolgi


I

mento del processo, non coincide con la tutela di valori essenziali 
parti, tanto � vero che nei gradi di merito se ne consente la sanabilit�, 
sia pure con la concessione di un termine da parte del giudice, questo 
s� giustamente perentorio, dopo la constatazione di un'inattivit� protratta. 


Non diverse ragioni possono reggere il giudizio di legittimit�, volta 
che l'enunciazione degli estremi della procura nel ricon�O sottoscritto 
dall'avvocato (cui l'ordinamento processuale conferisce affidabilit�, tanto 
da consentirgli l'autenticazione della firma del mandante, quando la 
procura sia apposta sull'atto iniziale della fase o del grado del giudizio) 
soddisfa la condizione di ammissibilit� (art, 366, primo comma, n. 5, 
cod. proc. civ.) dando affidabilit� iniziale dell'avvenuto rilascio della 

II

procura nella data indicata nel ricorso (soprattutto quando, come nel 
caso di specie, la contestazione concerna specificamente l'omessa produzione, 
non l'esistenza, della procura speciale secondo i dati enunciati 

I 

nel ricorso, n�, quindi, la sottoscrizione del ric�rso a norma del1'art. 

I

365 cod. proc. civ.). � 
Non sussiste, inoltre, nessuna ragione fondamentale per negare alle 
parti le opportune iniziative di regolarizzazione, ed al giudice di legit-1 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

timit� l'esercizio di quei poteri di collaborazione, volti a sanare inadempienze 
momentanee, non lesive in maniera apprezzabile dei diritti delle 
controparti� processuali, poteri che la legge riconosce al giudice del 
merito; poteri che, d'altronde, non sono incompatibili con la funzione 
di questa corte (e che nella specie non sarebbero certamente. preclusi 
dall'asserzione dell'avvenuto regolare deposito, volta che essa risulti indimostrata). 
Basti ricordare che, in ipotesi ben pi� essenziali (art. 331 
cod. proc. civ.) nelle quali una scelta legislativa di preclusione avrebbe 
potuto anche non essere violatrice della tutela dell'art. 24 Cost. in considerazione 
dell'equivalenza delle posizioni in gioco (la lesione del diritto 
difesa dei litisconsorti), la norma processuale ha invece ritenuto di fare 
una scelta funzionale, dando potere al giudice di legittimit� di concessione 
di un termine (questa volta perentorio) per l'integrazione del contraddittorio. 


Si consideri, ancora, che anche la disciplina dell'art. 291 cod. proc. 
civ., � stata ritenuta applicabile nel giudizio di cassazione (Cass., 7 aprile 
1972, n. 1060, id., 1972, I, 3191; 434/75, id., Rep. 1975, voce Impugnazioni 
civili, n. 73; 26 novembre 1987, n. 8759, id., Rep. 1987, voce Cassazione 
civile, n. 96), imponendo in tale caso al giudice di disporre la rinnovazione 
della notifica della citazione viziata. 

Si �consideri, infine, che si consente la regolarizzazione della notifi.
ca postale del ricorso, concedendosi termini per l'esibizione della ricevuta 
di ritorno. 

Se, quindi, anche nel giudizio di legittimit�, l'omissione di una parte, 

pur incidente su diritti essenziali, consente la concessione di un termine 

di regolarizzazione; se, inoltre, la tutela inerente al termine di deposito 

della procura, non ha funzi�ne dissimile da quella relativa alla costi


tuzione dell'attore nel giudizio di merito, nel quale pur tuttavia (oltre 

ai rimedi consentiti direttamente alle parti) con la previsione dell'art. 

182 cod. proc. civ., si consente al giudice di esplicare quei poteri di 

collaborazione volti a sanare l'irritualit� originaria; se ci� � vero, non 

si evidenziano ragioni essenziali a fondamento della diversa normati


va dell'art. 369, secondo comma, n. 3, cod. proc. civ., la quale, per ra


gioni di mera regolarit� rituale con funzione sanzionatoria, finisce 

per pregiudicare il diritto al giudizio di legittimit� delle parti, costitu


zionalmente garantito, al solo fine di perseguire una funzione non com


patibile, sul piano dei valori costituzionali, all'impedimento all'eserci


zio della giurisdizione. 

La distonia tra causa ed effetto denota l'irragionevolezza della nor


ma, vuoi sotto il profilo dell'art. 3 della legge fondamentale (creando 

una diversit� di trattamento essenziale, e non giustificabile, tra la par


te che adisca il giudice del merito e quella che agisca nella sede ultima 


406 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di legittimit�, che della prima costituisce l'essenziale estensione e complemento, 
nella previsione di espressa garanzia costituzionale ex art. 111, 
secondo comma, Cost.), ed inoltre sotto il profilo dell'art. 24 Cost., ponendo 
una preclusione temporale irrazionale all'esercizio del giudice di 
legittimit�, senza la possibilit� di sanatoria, n� ad opera della parte 
autonomamente, n� con l'intervento collaborativo del giudice. 

N� gioverebbe, in contrario, rilevare che nella fase di legittimit� 
manca la figura del giudice istruttore; basti considerare, infatti, che, 
come gi� ricordato, l'esercizio dei poteri dell'art. 182 cod. proc. civ., 
� stato riconosciuto anche al collegio (in primo grado ed in appello) e 
che nel giudizio di legittimit� solo il collegio agisce anche per i provvedimenti 
di carattere ordinatorio. 

N�, infine, giova a delineare una differenza essenziale sul punto, 
il fatto che per la promozione del giudizio di legittimit� si richiede 
una procura speciale, quale manifestazione di una volont� espressa 
della parte di accedere a quel tipo di giudizio, volta che nella specie 
non si discute del fatto che quel tipo di procura debba esservi e debba 
essere depositata, ma solo della razionalit� del termine perentorio di 
deposito, in relazione alla definitivit� delle conseguenze che la sua 
violazione comporta. 

� chiaro, quindi, che non si verte in una situazione di inadeguatezza 
della durata del termine per il deposito della procura, ma di irrazionalit�, 
nella comparazione dei contrapposti interessi, della perentoriet� del ter� 
mine in quanto tale. 

Non deve d'altronde ritenersi che, generalizzando, il principio fini� 
sca per coinvolgere tutti i termini perentori del codice di rito, i quali 
assumono comunque una funzione di ordine processuale. Al contrario, la 
correlazione tra la funzione della perentoriet� di un termine e le conseguenze 
della sua violazione, impone un'analisi specifica e puntuale, evidenziandosi 
l'illogicit� quando la funzione della singola previsione nor� 
mativa sia meramente, o eminentemente, sanzionatoria. Tale appare la 
perentoriet� del termine nella previsione dell'art. 369, secondo comma 

n. 3, cod. proc. civ., il cui superamento sanziona, a carico del titolare 
del diritto, il mancato compimento, non di un'attivit� giuridica, ma essenzialmente 
di una attivit� materiale (il deposito) da parte del mandatario 
professionale. 
In definitiva, la corte ritiene legittimo il dubbio di costituzionalit� 
della norma denunciata in quanto essa, imponendo un termine perentorio 
a pena di improcedibilit� del ricorso, per un adempimento che, a 
differenza di altri indicati nella norma stessa, non ammette equipollen� 
ti di sorta, impedisce alle parti di compiere attivit� di regolarizzazione 
ed alla Cassazione di applicare l'art. 182 cod. proc. civ., con la conseguenza, 
non sorretta da apprezzabili ragioni, di privilegiare una finalit� 
puramente sanzionatoria, rispetto alla tutela sostanziale dei diritti 

i. 
I 

I

' 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

controv�rsi;. �. e�. di creare ingiustificata disparit� ditrattamento�� rispetto 
a situazioni analoghe ed ai gradi antedod di giudizio, 

La rilevanza in concreto. della questione, infine, non viene preclusa 
4.i;\l f~ttq�lie �gu i:i:yvoc1:l# c:lel.�ricofl.'entet presenti . in��� udienzJ'h� nelle 
I}Qt~ a:pl>ian? .prq�m;:a

a:fferm~to J'li\y:vexu;i.tt) .deposito te:mpestiv:o .delli;i 

.~s~!r~f~~:ij~���1~l!;c~~~v4!?1i:o1!r~tI1~~fJ~~~r~~n!1~;i1gi~~ic~u~!i~ 

���:i:;egq~ar.~~iqqe d~ situaziP1l:LPl'Q<.:essuaU1 I1t'.>l'l �precluso da.. llll'afferllla� 
zi(,)ne J.li parte �pf,l, ll,el caso <:()I}�reto, er~ foJ;Jqati;i s.l c:lato 1Iler1,1m~te 
p.ip/:~ffiopi�o sell,~a. Pc>s$i1>ilit� dL ccmtrc>lJ,o< di atti J,\'ufficio, e la cui 
esaJtezz~. ~llh . stat() n,qn t:rova riscontro. 
� � �Xn tal~ s~si J~.4uestid11e.ditesitth:nit� �qstituzjonale dell'art. 369, 
secon<;loc.�lllllla,. ., 3~ cod., proc. civ., d:everitenersi .�non manifestamente 
il1fon4ata. Essa, inoltrn, �ome, si. � vist�>, � rilevante Perch� dl:l!Ja sua 

df~:f!cie~iiTu19l~t r~te~~:::?~~~tal~~=::~:~o~~!i~: d:i�:Zi~~:. 

cura, o l'esame del merito del ri9or$() previa i;egolarizzaziqne della 
$it.azj.011cr; ad QPera. cleUa parte, spc;:>ntap,eig1~er1te.ex. art.�372. cqd.. proc.

�i;., o~l'~;vi~ c9nces~~o~e. cli un termine .ex art~ Jsi.cocl. pr()�..civ ... 

� Al~a�Ospensjo1'le. ciel.. giudizio,. co}lsegue, .. a .. 11orma:. d~ll;art. 23 legge 
11 Illarzq J953 n, .87, l'invi().. clegli atti .alla Corte costituz.ionaje, la notificazio11e 
. della prese);tte ordinanza alle parti in causa, al . procuratore . generale 
presso>la Corte. ~uprema.� c1i �assazione,al .P:residente�.. del .. Consiglio. dei 
irlil;listri, .. no1lch� la comunicaziol'J,e .. ai.. presidenti delle .due. camere del 

{tarla.mento. � � � � � � 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 � dicembre 1992, n. 497 � Prei. Casavola � 
Red. Baldassarre " Regione Marche (avv~ Capotosti). Presidente del 
C�nsigl�o deiMiriistri(avv. Stato Favara). 

Regioni (a statuto �ordinarlo) � .� Legge regionale rinViata dal� Governo al 
Consiglio regionale �. Nuova approvazione di una legge div.ersa con 
maggioranza semplice � Questione di legittimit� costituzionale sollevata 
dal Governo � Inammissibilit� � Fattispecie. 
(Cast;, art. 127r legge .reg; Marche 2 giugno 1992> determinazione delle aliquote, per

l'an,no .1992, dell'addizionale all'impQSta erariale. di trascrizione di. cui alla legge 952/1977 
e successive modificaziohl, dell'addizionale regionale �all'imposta� di consumo sul gasmetan,o usato come combustibile� e dell'importo regionale sostitutivo per le utenze esenti). 

P, �inammi$sibile la �questione di legittimit� costituzionale� sollevata. dal 
Governo dvver$o una legge regionale rinViata at Consiglio regionale per 
il riesame ai sensi dell'art. 121, terzo comma, Cost. e nuovamente ap-. 
provata con una maggioranza semplice, allorch� si tratti in realt� di 
una legge diversa da quella rinviata perch� approvata a seguito di nuo



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

408 

va proposta e con un procedimento diverso da quello utilizzato in occasione 
della legge rinviata (1). 

(omissis) Il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritualmente depositato 
un ricorso di legittimit� costituzionale nei confronti della legge 
della Regione Marche 2 giugno 1992 (Determinazione delle aliiquote, 
per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di 
cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale 
all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile 
e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti), adducendo 
che la st�ssa, essendo stata riapprovata a maggioranza semplice, avrebbe 
violato l'art. 127 della Costituzione, il quale, come questa Corte ha 
pi� volte affermato, richiede che una legge regionale, gi� approvata 
una prima volta e poi rinviata al Consiglio regionale per il riesame, pu� 
ritenersi validamente deliberata soltanto ove abbia riportato, in sede di 
riapprovazione, la maggioranza assoluta dei voti. 

Il ricorso va dichiarato inammissibile. 

Al fine di decidere sulle contestazioni di legittimit� costituzionale 
mosse dal Governo nei confronti della legge della Regione Marche oggetto 
di impugnazione, occorre verificare se quest'ultima configuri una 
� legge nuova�, per la quale, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, 
� sufficiente l'approvazione a maggioranza semplice oppure se la stessa 
legge debba esser considerata come la riapprovazione di una legge, gi� 
votata una prima volta dal Consiglio regionale e rinviata a quest'ultimo 
per procedere a un riesame, per la quale il ricordato art. 127 della Costituzione 
impone la maggioranza assoluta (v., specialmente, sent. n. 154 
del 1990). 

Nella decisione appena citata questa Corte ha gi� rilevato come 

la definizione giurisprudenziale di una legge regionale quale � legge 

nuova �, ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione, si � 

ispirata nel corso degli anni a criteri di vario genere. Dopo alcune 

iniziali pronunzie che hanno ancorato la qualificazione della � novit� � 

della legge regionale a un criterio � sostanzialistico � e, segnatamente, al 

(1) La sentenza, nel ripercorrere il cammino compiuto dalla Corte Sull'interpretazione 
dell'art. 127 Cost. ed in particolare sulla nozione di � legge nuova�, 
si uniforma al pi� recente orientamento secondo il quale la novit� della legge 
non dipende dalla natura od importanza del mutamento � bens� dal dato, 
certo ed evidente, che la disposizione modificata nel suo significato normativo 
dal legislatore regionale sia (o non sia) stata coinvolta dalle censure contenute 
nel precedente rinvio governativo >>. 
In tal senso da ultimo C. Cost. 4 aprile 1990, n. 154, in Giur. cost. 1990, 
931 con nota di BRANCA, La riapprovazione a maggioranza assoluta delle leggi 
regionali: la Corte attenua il rigore; 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 409 


grado di incisivit� e alla rilevanza delle modificazioni apportate in sede 
di riesame al testo della legge rinviata -cos� da poter dedurre dalla 
natura � sostanziale � dei mutamenti introdotti la ricorrenza in concreto 
della intenzione � innovativa � del legislatore regionale -, questa Corte, 
allo scopo. di. evitare le numerose contestazioni e le ineludibili incertezze 
connesse alla determinazione caso per caso dell'importanza delle modificazioni 
apportate, ha fatto ricorso, a partire dalla sentenza n. 40 del 1977, a 
un critex;io formale particolarmente rigoroso. Secondo quest'ultimo 
orientamento, infatti, andavano considerate come �non nuove�, ai fini 
dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione, solamente le leggi che 
fossero state riapprovate dal Consiglio regionale � nel medesimo identico 
testo che. aveva formato oggetto della prima deliberazione e del 

successivo rinvio �. 

Tuttavia, anche l'applicazione di tale criterio ha dato luogo a gravi 
inconvenienti. In particolare, l'orientamento appena ricordato -nel permettere 
l'instaurarsi di una catena di rinvii a seguito di modificazioni del 
tutto formali o estrinseche alle norme contenute nell'atto rinviato e, 
persino, a seguito dell'introduzione da parte del legislatore regionale 
delle stesse modificazioni suggerite dal Governo in sede di rinvio ha 
favorito l'indebito innesto, nell'ambito di una fase preordinata al 
controllo di legittimit�, di prassi di negoziazione politica fra controllore 
e controllato, destinate a produrre di sovente ingiustificate disparit� 
fra regione e regione nei risultati del controllo medesimo. Allo scopo 
di porre fine a tali deprecate prassi, questa Corte, a partire dalla sentenza 
n. 158 del 1988, ha applicato un diverso criterio di qualificazione 
della . �novit�� delle leggi regionali, il quale, senza ritornare a parametri 
�sostanzialistici�, � rivolto a impedire la reiterazione dei rinvii e a restituire 
alla relativa fase i caratteri propri del controllo di legittimit� costituzionale, 
nel pi� rigoroso rispetto di quanto richiede l'art~ 127 della 
Costituzione. 

Nelle sue pi� recenti pronunzie (v. sentt. nn. 158 del 1988, 79, 80 e 
561 del 1989, 122 e 154 del 1990) questa Corte ha affermato che, ai fini 
dell'art. 127 della Costituzione, deve considerarsi come � non nuova � qualsiasi 
legge regionale rinviata che in sede di riesame sia stata modificata 
dal Consiglio regionale esclusivamente nelle disposizioni consequenzialmente 
interessate dal rinvio ovvero in parti dell'atto legislativo medesimo 
prive di significato normativo (preambolo, formula promulgativa, 
ecc.); mentre, semprech� si resti nell'ambito di un medesimo procedimento 
legislativo, una legge regionale rinviata va considerata come � nuova 
�, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, soltanto nell'ipotesi (inversa) 
in cui il legislatore in sede di riesame abbia apportato modificazioni (ovviamente 
comportanti mutamenti del significato normativo) dirette a inserirsi 
in parti estranee rispetto a quelle censurate o, comunque, dirette 



410 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

a incidere su disposizioni non interessate dalle osservazioni contenute 
nel rinvio governativo. 
Questo criterio -il quale � di carattere �formale�, e non � sostanziale
�, poich� fa dipendere la �novit�� della legge, non gi� dalla natura 

o dall'importanza del mutamento apportato, bens� dal dato, certo ed 
evidente, che la disposizione modificata nel suo significato normativo 
dal legislatore regionale� sia o non sia stata coinvolta dalle censure contenute 
nel precedente rinvio governativo -non preclude, tuttavia, al 
legislatore regionale di disporre liberamente del procedimento legislativo 
in corso. Come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 154 del 1990, 
il legislatore regionale, essendo nella posizione di chi � investito .di una 
potest� � libera �, ha la piena disponibilit� del procedimento legislativo, 
nel senso che pu6 rinunciare ad esso o pu� revocare la delibera di cui 
quello consta e �pu�, persino, iniziare un nuovo procedimento legislativo 
sulla stessa materia avente ad oggetto (...) anche un testo normativo 
identico a quello votato nella prima deliberazione, salva l'espunzione delle 
disposizioni contestate�. 
Proprio la vicenda da ultimo rievocata risponde integralmente al 
caso di specie. 

In data 15 gennaio 1992 il Consiglio regionale delle Marche ha approvato 
con l'ordinaria procedura legislativa la proposta di legge n. 197, 
presentata 1'8 gennaio 1992 ad inziativa della Giunta regionale, recante 
il titolo �Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale 
all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive 

I modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas ~ 
metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per 
le utenze esenti�. Questa delibera legislativa, con telegramma del 18 febbraio 
1992, � stata rinviata al Consiglio regionale da parte del Presidente 

I 

del Consiglio dei ministri in relazione alle disposizioni contenute negli 

I

artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma, le quali, in contrasto con 
le leggi statali che fissano la decorrenza delle addizionali introdotte a 
partire dalla data di entrata in vigore delle leggi regionali che le adottano, 
prevedevano l'inizio dell'efficacia delle addizionali da esse varate al 
31 dicembre 1991, cio� a partire da una data anteriore all'entrata in 
vigore della legge regionale medesima. 

Tuttavia, dopo che la Giunta regionale delle Marche aveva deliberato 
in data 2 marzo 1992 di presentare al Consiglio regionale una nuova 
proposta di legge, avente lo stesso titolo e un contenuto normativo analogo 
a quello proprio della delibera precedente, salva l'espunzione delle 
disposizioni colpite dal rinvio, il Consiglio regionale ha proceduto al-
l'esame della stessa proposta, contrassegnata con il distinto numero d'ordine 
213, seguendo la procedura d'urgenza, culminata, nella seduta del 
2 giugno 1992, con l'approvazione della legge a maggioranza semplice. 


PARTE I, SEZ. !,�GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Dopo che la delibera legislativa approvata .� stata comunicata,. in data 8 
giugno 1992, al Commissario del Governo, quest'ultimo ha. provveduto 
a trasmetterla alla Presidenza del Consiglio dei ministri accompagnando 
il testo ~ormativo con una lettera con la quale si diceva che la legge 
inviata era �stata � riapprovata a niaggiorailZa . semplice dal Consiglio 
regionale a seguito di rinvi.o. governativo. ȥ > 

���� Non vi pu� esser dubbio che la legge� regionale oggetto del ricorso 
governativo deve. considerarsi comi::ic �nuova �, ai sensi e ai fini dell'art. 
127< della Costituzione. Infatti, pur a pr;escindere dal rilievo (che sarebbe, 
di per s�, sufficiente) per il quale la �novit�� della legge si deduce dal 
fatto che il legislatore regionale ha introdotto modifiche incidenti su 
disposizioni diverse da quelle consequenzialmente interessate dal rinvio 
(segnatamente: l'art. 1, primo comma, � stato innovato grazie alla elevazione 
dell'aliquota dal 50 per cento al 55 per cento), l'incontestabilit� 
della scelta del legislatore regionale di dar vita a un nuovo procedimento 
legislativo si deduce chiaramente, oltre che dal rilievo che la proposta 
approvata � contrassegnata con un numero d'ordine diverso da 
quello proprio del disegno di legge oggetto del rinvio, dal fatto che sia 
stato seguito per l'approvazione della delibera impugnata un procedimento 
diverso da que!lo utilizzato in occasione della legge rinviata, iniziato 
con una nuova proposta della Giunta regionale. E ci� � tanto pi� 
rilevante se si tiene presente che l'art. 89 del Regolamento consiliare 
della Regione Marche prevede che �la legge regionale rinviata dal Governo 
ai sensi dell'art. 127 della Costituzione viene riassegnata alla competente 
commissione ed � riesaminata dal Consiglio con la stessa 
procedura seguita a norma del presente regolamento per la prima approvazione 
del provvedimento �. 

N� pu� valere in senso in senso contrario l'oservazione in base alla 
quale, in assenza di un potere di controllo sugli interna corporis del Consiglio 
regionale, il Governo sarebbe privo degli elementi necessari per 
poter verificare se la regione abbia iniziato un nuovo procedimento legislativo. 
In realt�, poich� non � precluso al Commissario del Governo 
seguire i lavori legislativi 1regionali -costituendo, anzi, questa attivit� 
espressione del principio di leale cooperazione, che deve informare i 
rapporti tra Stato e regioni -non vi pu� esser dubbio che il Governo 
� nella giuridica possibilit� di essere adeguatamente informato dal suo 
stesso Commissario del procedimento legislativo seguito e dell'eventuale 
fatto che il Consiglio regionale abbia iniziato, successivamente al rinvio 
governativo, un nuovo procedimento legislativo. Naturalmente ci� non 
esime la regione dal dovere, anch'esso inerente al principio di leale cooperazione, 
di mettere in atto tutte le iniziative idonee a render riconoscibile, 
da parte del Commissario del Governo, la natura e la identit� 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

412 

dell'iter legislativo seguito e sfociato nella deliberazione comunicata 
al Commissario medesimo. 

Sulla base dei motivi sopra indicati il ricorso esaminato in questo giudizio 
dev'essere dichiarato inammissibile. Infatti, poich� la legge approvata 
il 2 giugno 1992 dal Consiglio regionale con un voto adottato a 
maggioranza semplice deve essere considerata una legge � nuova � ai 
sensi dell'art. 127 della Costituzionae, il Governo, prima di promuovere 
la questione di legittimit� costituzionale, avrebbe dovuto dar corso al 
rinvio della legge al Consiglio regionale affinch� quest'ultimo, a norma 
dello stesso art. 127 della Costituzione, fosse posto nella condizione_ di 
procedere al riesame della legge stessa. 



SEZIONE SECO:NDA 

�GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
. . . .. E INTERNAZIONALE 

te 
$ent~iii� della torte df glusilzta c�elle coriiunittt �nropee ptonunclaie nel 
� corso deU'IUl�lo 1992 .� ht cause�� alle quali h� partecipato� rlt�lia. �� 

..... .. 
. . . . 

La Corte di giustw� � delle comUriit� europee nel corso� dell'anno 1992 
ha pronunciato 210 sentenze: � 24 di esse sono state� emesse in ca:use � alle quali ha 
partecipato l'Ifalia (2 in ricorsi diretti dell'Italia c�ntro fa Commissione, 9 in 
ricorsi diretti della Commissione contro l'Italia; 13 in cause pregiudiziali proposte 
ai sensi dell'art; 177 del Trattato CEE, di cui 7 promosse da giudici italiani), 
Alcufie altre cause sono state� cancellate dal ruolo per intervenuta de. 
fhiiziotte stragiqdiziale delle controversie irisorte. 

Oltre a quelle pubblicate per esteso in questo numero e nei numeri precedenti 
della Rassegna:, le sentenze pronunciate in cause che hanno visto la partecipazione. 
italiana�� sono le seguenti: 

-8 gerlriaio��.�1992, 11.en� causa C-197/90, .. Jtalia c. Commissione, con la 
quale la Corte ha respinto il ricorso italiano relativo alla liquidazione dei 
conti FEOGA per l'es�.rciz�o 1987 per i1 rif�tito di imputazione al Fondo di 
alcuni ��aiuti alla trasformazione���di latte scremato �in polvere e al consumo 
di olio di oliva; 

;;.;..;, 21 gennaio 1992, nella causa C3i0/90, Egle, dofo la Corte ha statuito 
che � l'art. 4, Ii. 1, l�tt. a) della direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 83/384/CEE, 
concernente il reciproco ricdn0seimento dei diplomi, certificati ed altri titoli 
nel settore�. dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'eser� 
dzio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi, 
dev'es.sere interpretato :Jlel. senso che una formazione della durata di quattro 
anni, comprensiva dei semestri di tirocinio diretti e controllati dalla Fachhochschule. 
deve conside~arsi studio a tempo pieno della durata di. quattro anni �. 

-6,. febbraio 1992, nella causa C-77/91, Commissione c. Italia, con la quale 
la Corte ha dichiarato .che �non adottando,. nei termini prescritti, le disposizioni 
necessarie all'attuazione della direttiva . del Consiglio 2& settembre 1981, 
81/851/CEE, per U � ravvicUiamento delle legislazioni degli Stati membri r.elative 
ai medicinali veterinari, e della direttiva del Consigli.o 28 settembre 1981, 
81/852/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative 
aUt;) norme e ai protocolli C/.naliiici, tossico4arrnacologici e clinici in materia 
di prove effetti.tate su ):)'.:).edicinali veterinari, la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi. ad essa iniposti dal Trattato CEE �. 

-26 febbraio 1992, nella causa 357/89, Raulin, con la quale 1a Corte ha 
statuito, in tem� di libera circolazione di lavoratori, che: 1) le condizioni di 
lavoro di un lavoratore che ha stipulato un � oproep contract � (contratto di 
lavoro a chiamata}, non impediscono di considerarlo un lavoratore ai sensi 
dell'art. �48 del Trattato� CEE; 2) la durata dell'attivit� lavorativa esercitata 
dall'interessato � un elemento di cui il giudice nazionale pu� tenere conto per 
valutare se tale attivit� sia reale ed effettiva o se s�a invece talmente ridotta 
da risultare meramente marginale ed accessoria; 3) per accertare lo status del 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

414 

lavoratore, occorre prendere in considerazione tutte le attivit� lavorative 
svolte dall'interessato nello Stato membro ospitante, ma non le attivit� dallo 
stesso esercitate in altri Stati della Comunit�; 4) un lavoratore migrante che 
lascia il proprio lavoro per frequentare studi a tempo pieno che non hanno 
alcun nesso con le attivit� lavorative precedentemente svolte non conserva il 
proprio status di lavoratore migrante ai sensi dell'art. 48 del Trattato CEE, a 
meno che non sia involontariamente disoccupato; 5) l'art. 7, primo comma, del 
Trattato si applica ad un aiuto finanziario accordato da uno Stato membro ai 
propri cittadini per consentire loro di conseguire una formazione professionale, 
nei 1imiti in cui tale aiuto sia inteso a coprire le spese di accesso alla detta 
formazione; 6) il cittadino di uno Stato membro ammesso a ricevere una formazione 
professionale in un altro Stato membro consegue in forza della normativa 
comunitaria un diritto di soggiornare in quest'ultimo Stato per potervi 
ricevere la suddetta formazione e per il periodo di durata della stessa. Tale 
diritto pu� essere esercitato indipendentemente dal rilascio di un permesso di 
soggiorno da parte dello Stato membro ospitante. Il suddetto diritto di soggiorno 
pu� tuttavia essere subordinato a determinate condizioni in relazione 
alle quali non si applica il principio di non discriminazione nell'accesso alla 
formazione professionale; 7) l'art. 7 del Trattato osta a che uno Stato membro 
richieda ad uno studente, cittadino di un altro Stato membro e titolare, in forza 
della normativa comunitaria, di un diritto di soggiorno nello Stato membro 
ospitante, il possesso di un permesso di soggiorno per poter fruire del regime 

di sostegno finanziario agli studi �. 

-26 febbraio 1992, nella causa C-3/90, Bernini, dove la Corte, parallelamente 
alla sentenza precedente, sempre in tema di libera circolazione dei lavoratori, 
ha statuito che � 1) il cittadino di un Paese membro che ha lavorato 
in un altro Stato membro nell'ambito del conseguimento di una formazione 
professionale va considerato lavoratore ai sensi dell'art. 48 del Trattato CEE e 
del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera 
circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit�, qualora abbia prestato 
attivit� lavorativa ricevendo in cambio una retribuzione, a condizione che la 
sua attivit� sia reale ed effettiva; 2) il lavoratore migrante che lasci volontariamente 
il proprio lavoro per dedicarsi, trascorso un certo periodo, a studi a 
tempo pieno nel Paese di cui � cittadino, conserva lo status di lavoratore a 
condizione che esista una connessione tra la sua precedente attivit� lavorativa 
e gli studi di cui trattasi; 3) un sostegno finanziario agli studi concesso da uno 
Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per un lavoratore migrante, un 
vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7 n. 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68, se 
il lavoratore continui a provvedere al mantenimento del figlio. In tal caso, il 
figlio pu� avvalersi dell'art. 7, n. 2, per ottenere un aiuto finanziario agli studi 
alle stesse condizioni che si applicano ai figli dei lavoratori nazionali e, segnatamente, 
senza che possa essergli imposta alcuna condizione aggiuntiva relativa 
alla sua residenza�. 

-8 aprile 1992, nella causa C-166/91, Bauer, con la quale � stato dichiarato 

che � l'art. 11, lett. a), terzo comma, della direttiva del Consiglio 10 giugno 

1985, 85/384/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certifi


cati ed altri titoli del settore dell'architettura e comportante misure destinate 

ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera presta


zione dei servizi, va interpretato nel senso che studi della durata di quattro 

anni di cui facciano parte integrante due � Praxissemester � sotto la supervi




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 415 

sione della Fachhochschule dLStoccarda vanno considerati equi.valenti a quattro 
anni �di studi "' 
;;..;.. 3gitign() 1992,< nella causa 0.360/89, Cammissi�ne c. Italia, con la quale 
l� Ccirte ha dfohiarato che �avendo adcittato la legge 17 fobbraio 1987, n. 80/87, 

che contiene dis:(>osliioni straordinarie miranti ii.d accelerare l'esecuzione . dei 
lavori�pubbli.ci, la Repubblica ital�ii.ria � venuta men.o�agli obblighi� che le incombono 
in forza dell'art. 59 del Trattato CEB nonch� della direttiva del Consiglio 

26 .luglio 1971, 71/305/CBB che .coordina procedure. di aggiudicazione dt1gli appalti 
pubblici�� di fornitura "�� . 

�..::... 3 gitigno 1992, :O.ella causa C-287/91, Commissione c. Italia, do.ve si � 
dichiarato che �consentendo che il Ministero delle Finanze ometta sistematicamente 
. di osservare i tei'i:nini di rimborso dell'imposta sul .valcire aggiunto a 
favore dei soggetti non stabiliti all'interno del paese e Ii.on intervenendo per 
eliminare.� fin. dall'origine gli .effetti giuridici. novici .che ne conseg�ono per il 
diritto comunitario, l� Repubblica italiana � venuta meno agli obbllghi che le 
incombono. in. virt�. dell'art. 7, n� .4,. dell'ottava diretti.va del Consiglio 6 dicembre 
1979, 79/10272/CBE, in materia d�. anmonizzazione delle legislazioni degli 
Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -modalit� di .rimborso 
s,ulla tassa.. det valore aggiunto ai soggetti non stabiliti aWintt1rno del paese� � 
..::... 9 giugno 1992, nelle cause riuriite c~228/90 ed altre, Simba, con la quale 
l�: Corte ha dichiarato che: � un tributo quale l'imposta �nazionale di consumo 
introdotto nel sistema giuridico italiano dalla legge n. 986/1964, come modificata 
dalla legge n. 87.3/1982, <non rientra nel c�:i:npo di applicazione dell'art. 95 del 
Trattato, in quanto tale tributo si applica ad importazioni di lnznane fresche 
pro.venienti direttamente da Stati terzi; 2) in quanto si applica ad importazionidi 
banane fresche pro.venienti direttamente da Paesi terzi, un tributo 
quale l'imposta � nazionale � di. consumo non � incompatibile con lo spirito. ed il 
sistema del. diritto comunitario quali risultano dalle disposizioni .. del Trattato 
relative all'i.stituzione della� politica commerciale comune, senza.. �. pregiudicare 
tutta.via l'applicazione di disposizioni di accordi internazionali eventualmente in 
vigore tra la Comunit� ed i Paesi terzi di provenienza delle banane di cui 
trattasi nelle cause principali; 3) in quanto una legge nazionale che introduce 
un tributo quale l'imposta di consumo viene ritenuta incompatibile con disposizioni 
del .diritto comunitario convenzionale che conferiscono diritti ai singoli~ 
tale legge de.ve essere disapplicata dai giudici nazionali e in tale ipotesi gli 
interessati. non sono tenuti a versare il tributo di cui trattasi �, 

-25 giugno 1992, nella causa C-88/91, Federconsorzi, dove la Corte ha 
statuito, in tema di responsabilit� di assuntori per esecuzione di misure di 
intervento, che � l'art. 3; n. 2, quarto comma, del regolamento (CEE) del Consiglio 
9 novembre 1991, n.. 3247, relativo al finanziamento da parte del Fondo 
europeo . agricolo . di orientamento e di garanzia, sezione � garanzia �; di talune 
misure d'intervento, � .. e in< particolare di . quelle consistenti nell'acquisto, nel 
magazzinaggio e nella vendita di prodotti agricoli da parte degli organismi 
d'intervento e l'allegato II, punto VIII, di detto regolamento, nella .versione 
modificata del regolamento (CEE) del Consiglio 16 settembre 1985, n. 2632, 
vanno interpretati nel senso che,. per la tenuta dei conti annuali per il finanziamento
� di misure di intervento nella forma di magazzinaggio da parte del 
Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia, sezione garanzia, il valore 
dei quantitativi di olio di oli.va vergine lampante sottratti per furto va determinato 
moltiplicando i quantitativi sottratti per il prezzo di acquisto che si 
applica.va, durante la campagna di commercializzazione nel corso della quale 



416 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

il furto � stato commesso o accertato, aumentato di tutte le maggiorazioni 
mensili applicabili ad un tipo di olio con un grado di acidit� corrispondente a 
quello del quantitativo sottratto oppure, qualora nessun elemento di prova 
consenta di accertare il grado di acidit� minimo dell'olio di oliva sottratto, 
applicando a quest'ultimo il prezzo di acquisto corrispondente al grado di acidit� 
minimo dell'olio che si trovava depositato nei magazzini in cui il furto � 
avvenuto durante la campagna di commercializzazione di cui trattasi �. 

-7 luglio 1982, nella causa C-369/90, Micheletti, dove la Corte ha statuito 
che � le disposizioni del diritto comunitario in materia di libert� di stabilimento 
ostano a che uno Stato membro rifiuti il beneficio di tale libert� al 
cittadino di un altro Stato membro che possiede contemporaneamente la nazionalit� 
di uno Stato terzo, per la mgione che la legislazione dello Stato ospitante 
lo considera come cittadino di uno Stato terzo"� 

-8 luglio 1992, nella causa C-270/91, Commissione c. Italia, con la quale la 
Corte ha dichiarato che � non avendo adottato entro i termini stabiliti le 
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi 
alla direttiva della Commissione 27 aprile 1989, 89/321/CEE, che modifica 
per la seconda volta gli allegati della direttiva del Consiglio 77/96/CEE concernente 
la ricerca delle trichine all'importazione dai paesi terzi di carni fresche 
provenienti da animali domestici della specie suina, ed alla direttiva del Consiglio 
30 maggio 1989, 89/360/CEE, che modifica la direttiva 64/432/CEE per 
quanto riguarda le zone amministrative e l'abolizione dell'esame sierologico 
per la brucellosi per taluni tipi di suini, la Repubblica Italiana ha mancato agli 
obblighi ad essa incombenti in virt� del Trattato CEE "� 

I

-14 ottobre 1992, nella causa C-262/91, Commissione c. Italia, con la quale 
la Corte ha statuito che la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi 
che ad essa incombono ai sensi dell'art. 171 del Trattato CEE, non avendo dato 

Iesecuzione alle sentenze 24 novembre 1987, nelle cause 124 e 125/86 con le quali 
la Corte aveva dichiarato e statuito che non adottando entro il termine pre~ 


I 

scritto le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 

28 marzo 1983, n. 83/173, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importa


I

zioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro, 

e alla direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, n. 83/181, che determina il campo 

I

di applicazione dell'art. 14, n. l, lett. d) della direttiva 77/388, per quanto concerne 
l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di talune importazioni defini! 


Ii ~ 

tive di beni, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa 

incombenti in forza del Trattato CEE. 

-28 ottobre 1992, nella causa C-219/91, Ter Voort, dove, in ordine alla 
nozione di medicinale ai sensi della direttiva 65/65/CEB, si � statuito che 
� 1) un prodotto raccomandato o descritto come avente propriet� di prevenzione 
o terapeutiche costituisce un medicinale ai sensi dell'art. 1, n. 2, primo 
comma, della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento 
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative 
alle specialit� medicinali, anche qualora sia generalmente considerato un pro


I

dotto alimentare ed anche qualora non possieda alcun effetto terapeutico ! 
accertato alla luce delle attuali conoscenze scientifiche; 2) un prodotto le cui ' f 
propriet� terapeutiche siano indicate unicamente in una pubblicazione quale f' f 


' 

un opuscolo illustrativo, inviato all'acquirente, su propria richiesta, successivamente 
alla vendita, o dal fabbricante o dal venditore del prodotto, ovvero 
da un terzo, pu� essere qualificato, qualora, in tale ultimo caso, il terzo non 
agisca in modo totalmente indipendente dal fabbricante o dal venditore, come 




PARTE I, SEZ. 11, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 417 

medicinale ai sensi delle disposizioni dell'art. I, n. 2, primo comma, della direttiva 
65/65; 3) un prodotto che non costituisca un medicinale ai sensi dell'art. 
l, n. 2, della direttiva 65/65 pu� essere soggetto, fermi restando gli artt. 30 
e seguenti del Trattato relativi ai. prodotti importati da altri Stati membri, al 
regime . dei medicinali nell'ambito della normativa nazionale di uno Stato 
membro�. 

-3 dicembre 1992, nella causa C-283/91, Contarini, dove la Corte ha dichiarato 
che � l'ultima frase dell'art. 9 del regolamento (CEE) della Commissione 
30 aprile 1975, n. 1153, che stabilisce nel settore vitivinicolo i documenti d'accompagnamento 
e gli obblighi dei produttori e dei commercianti diversi dai rivenditori 
al minuto, nella sua versione originaria figurante nella Gazzetta Ufficiale 
30 aprile 1975 L 113, si riferisce esclusivamente alle disposizioni del n. 3 di detto 
articolo�. 

OSCAR FIUMARA 

I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 5a sez., 4 giugno 
1992, nelle cause riunite C-13/91 e C-113/91 -Pres. Joliet -Avv. Gen. 
Van Gerven . Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dai Pre~ 
tori di Pordenone e di Vigevano in procedimenti penati contro Miche! 
Debus -Interv.: Governi olandese (ag. Bot) e italiano (avv. Stato 
Braguglia) e Commissione delle C.E. (ag. Aresu). 

Comunit� Europee -. Libera circolazione delle merci -Misure di effetto 

equivalente � Birra -Anidride solforosa. 

(Trattato CEE, a.rtt. 30 e 36l� direttiva del Consiglio S novembre 1963, n. 64/54/CEE, e 

succ. mod.; legge 16 agosto 962, n. 1354, art. 4). 

Gli artt. 30 e 36 del .Trattato CEE devono .essere interpretati nel 
senso che essi ostano ad una normativa nazionale che vieta la messa in 
commercio di birre importate da un altro Stato membro, nel quale 
sono legalmente messe in commercio, se contengono un quantitativo di 
anidride solforosa superiore a 20 mg per litro. Il giudice nazionale deve 
disapplicare una normativa nazionale contrastante con il diritto comunitario 
(1). 

(1-2) Le due cause prospettavano situazioni simili. Nella prima si discuteva 
della commerciabilit� in Italia di birra di importazione contenente anidride 
solforosa in misura eccedente quella consentita dalla normativa nazionale, nella 
seconda di formaggi importati contenenti nitrati di uso vietato secondo la 
medesima normativa: in entrambi i casi l'alimento era per� legalmente prodotto 
e messo in commercio nello Stato membro di origine. 

La Corte ha ricordato, nelle due sentenze, la sua copiosa giurisprudenza 
sulla conformit� al diritto comunitario di una normativa nazionale che subordini 
ad autorizzazione l'uso di additivi nei prodotti alimentari e sulla libert� 
degli Stati membri di disciplinare tale uso, ma anche sulle limitazioni che tale 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

418 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, sed. plen., 16 luglio 
1992, nella causa C-95/89 -Pres. Due -Avv. Gen. Gulmann -Commissione 
delle C.E. (ag. De Marche White) c. Repubblica italiana (avv. 
Stato Fiwnara). 

Comunit� Europee . Libera circolazione delle merci -Additivi alimen


tari � Aggiunta di nitrato al formaggio -Limiti all'importazione. 

(Trattato CEE, artt. 30 e 36; direttiva del Consiglio 5 novembre 1963, n. 64/54/CEE, e 

succ. mod.; legge 30 aprile 1962, n. 283, artt. 5 e 22). 

La Repubblica italiana, vietando l'importazione di formaggi ai quali, 
durante il processo di caseificazione, � stato aggiunto nitrato entro i limiti 
ammessi dall'ambiente scientifico internazionale (50 mg. per chilogrammo 
di formaggio), mentre tali prodotti sono legalmente fabbricati e 
smerciati in altri Stati membri, non � venuta meno agli obblighi che 
ad essa incombono ai sensi dell'art. 30 del Trattato CEE, in quanto la 
normativa italiana in materia di additivi prevede la derogabilit� del 
divieto mediante autorizzazione (2). 

I 

(omissis) 1. Con ordinanze 9 gennaio 1991 e 25 marzo 1991, pervenute 
in cancelleria rispettivamente il 16 gennaio 1991 e il 12 aprile 1991, la 
Pretura circondariale di Pordenone (causa C-13/91) e la Pretura circondariale 
di Vigevano (causa C-113/91) hanno sottoposto a questa Corte, 
ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, talune questioni pregiudiziali 
vertenti sull'interpretazione degli artt. 30 e 36 del Trattato CEE. 

2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di procedimenti 
penali promossi a carico del sig. Michel Debus, rappresentante legale 
della societ� francese Brasserie Fischer SA. 
libert� incontra: da un lato che non sia autorizzato l'impiego di conservanti 
non figuranti nell'allegato alla direttiva 64/54/CEE e succ. mod., dall'altro che 
non sia totalmente vietato l'uso di un conservante ivi figurante, salvo che 
l'uso di esso non corrisponda ad alcuna esigenza tecnologica (che va giudicata 
in considerazione dei risultati della ricerca scientifica internazionale e della 
valutazione effettuata in merito dalle autorit� dello Stato membro produttore), 
ovvero che tale uso possa risultare nocivo per la salute (secondo una valutazione 
che tenga conto anch'essa dei risultati della ricerca scientifica internazionale 
e delle abitudini alimentari proprie dello Stato membro interessato). 

In base a questi principi la Corte ha potuto risolvere la prima causa 
(introdotta da domande pregiudiziali di interpretazione ex art. 177 del Trattato 
CEE) nel senso della incompatibilit� con le norme del Trattato sulla libera 



PARTB l, SBZ. 111 GIURlS. �COMUNITARIA� B IN'l:BRNAZIONALB 419 

��3, ��L'art~ .4, ��lett e), della legge�italia:na 16agosto �1962,n.. 1354 (Guri 
n; �. 234 �del � 11 settembre 1962); �precisa che il contenuto massimo� consentito 
di anidride solforosa nella birra � di 20 milligrammi per litro� Questo 
limite.. vale anche per l� bin:e impo.ttate, ai. sensl�� dell'.art. 19r primo comma. 
ctena. ~t~ssa legge~jl q.aje ~�gj)C).lle c;J:le .Ja Qirl'.~ i~portata deve possedere 
le c,:aratteristic.:b<; �.�e rj~I?OnAA,t~ al re�i,tdsiti :sta,py~~i dall<;J. legge. di 
cui trattasi. 

... 4.. l.ll. ~rassetie .;I\'isch.er SA prqi::l:.9e! �una birl'a, . .speciale �.�a, base.. (li 
estratti .1laWrl1~hvegetali, dc;:p()n;ii11at;.i. �36,15 .Pecheur '"'.'"" La. bi�re a.:i9ure.'. 
se�,;�]le ��>me acilif�t~YQ C()ntienean�,ctridesolforosa iqragjoile di� 36,S�mg 
per litro, il che � confanne alla normativa fu~ceseJn: matetja�.Ta:le birra 
� stata importata in Italia ove � venduta come � bevanda alcolica a 
base dibirraȥ ��� � � 

�� ...�. 5. Il N�A�$i (N.~e() ~t�5Qfj.s1;i�aziQni e.~allit�,) ha. Prelc:watCl �.Wl ,c11mP�<>
nec .. il.ella (ietta Pevl:\Pdlit Pr.esso. J1ll �� p.bblico <;seri;:izio s}!o in . .f\:zzano 
Peci;m.Q. J.>qicM dall'a:t..isi. 4elc.:al!lpio11e�. ~ emeJ'.$a.. };:i, prfilsem:a .di anidri4e 
sQlforqsa i11 q.~ntit�. superi~e .�a. quella. co11s(ITTtita :dalla normativa 
italiana . per si;n::1JU proc:tottij H�. :Pr9curatC1re della ij,ep.qblj.ca � promuoveva 
dei procedimenti pe11ali per frode a �f,u::i�o del sig. Deb.s. 

6. In questo contesto i giudici nazionali hanno sottoposto alla Corte 
di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali, idenHche<nelle dtfo cause: 
�, �))se gJi: aft~'. 30 e }6 del Tri:1,tta;to elle i~tit.isc�l la Comupit� . Eco11omica 
Eurppea VJ'\4gi:t() ill~e.rpretatic ~n. :m,()<ic.> P,a far rite.;ner(e �on essi non 
(:()mpatjJ>il�lla. nom1.atiya itajian.a. sulla� discip),ina igieaj�a .della. produzione 
circolazione delle� merci � del di~ieto ass6Il1to � di cbmmercialiizazfone in italia 
della birra con . un quantitative>. di artidrlde solforc>sa ec�tiderifo .�. quetfo stabilito 
dalla norma nazionale ma contenuto in limiti tali da non risttltare nocivo 
all��� salute seconda�r r�s�ltatfdella ricerca�sciehtifica internaz�ona!e; mentre 
essa ha potuto astenersi nella seconda causa dal -valutare-se la. presenza. di 
nitrati 11ei .�. for.u1gg) �� inJ.p9rta,.tJ Josse. gimitificat:.l. <la. effettjve ��esigenze tecnologiche 
e/o f9ss.e inn9cuia, .per. la salute .(il eh.e .era�.stato pt.: cont!'ls.tato qalla 

fj~f~��~t:f~~Jhr!1~~JWf0~x���a;t.~~f;.�c~~Irtfu\i:~~d~��.~:Htici~~v�J~Y�~J~~e:~~ 

nella i:i:Oi'fu�ti'va italiana� di usare nitrati � derogabile, � pi:evedertd� la 'normativa 
stessa (cfr; �artt; .5 e �22. �della legge 3CLaprile 1962; n. 285). una procedi.tra, con 
adeguate garanzie, per una ri�bjesta diinclusione P.el 11itratQ nell'elei;ico< degli 
additivi consentiti (cfr. nello stesso senso le sentenze in pari data nelle cause 
similari. �,293/89, Comin.issione c.. Grecia, e C.344/90, Commissione ..c' Francia). 

Per i I.imiti che . incontra 1a .11ormativa nazfonale . rigii�rdo alli;i qualit� dei 
fon:Ilaggi (tenore minimo di materia grassa) cfr. in questa Rassegna, 1990, i. 437, 
le sentenze della Corte 11 ottobre� 1990, nella causa C-196/89, Nespoli, e nella 
causa C.Jl0/89, CommiSsi�ne c. Italia. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

420 

e del commercio della birra (legge 16 agosto 1962, n. 1354, e legge 17 aprile 
1989, n. 141) nella parte in cui consente l'impiego dell'anidride solforosa 
in quantitativo non superiore a mg 20 per litro; 

2) se la normativa italiana vada disattesa dal giudice penale; 
3) se debba consertirsi la libera circolazione della birra con percentuale 
di anidride solforosa superiore a 20 mg �. 

7. Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti delle cause principali, 
dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni presentate 
alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo 
sono� richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione 
del ragionamento della Corte. 
8. Per quanto riguarda i dubbi espressi dalla Commissione sulla 
ricevibilit� della domanda di interpretazione pregiudiziale presentata 
nella causa C-113/91, in quanto proveniente da un giudice che, ai sensi 
del diritto processuale penale nazionale, sarebbe incompetente a conoscere 
della causa principale, � sufficiente rilevare che, in linea di massima 
e non sussistendo circostanze eccezionali, la Corte non � tenuta a controllare 
la competenza del giudice nazionale con riguardo alle norme 
nazionali in materia di procedura. 
Sulla prima questione. 

9. Con la prima questione il giudice a� quo mira a far accertare se 
gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE debbano essere interpretati nel 
senso che essi ostano ad una normativa nazionale che vieta la messa 
in commercio di birre importate da un altro Stato membro, nel quale 
sono legalmente messe in commercio, se contengono un quantitativo di 
anidride solforosa superiore a 20 mg per litro. 
10. Si deve rilevare anzitutto che ai sensi dell'art. 1 della direttiva 
del Consiglio 5 novembre 1963, 64/54/CEE, relativa al ravvicinamento delle 
legislazioni degli Stati membri sui conservativi che possono esser impiegati 
nelle derrate destinate all'alimentazione umana (G.U. 1964, n. 12, pag. 
161), gli Stati membri non possono autorizzare, per la protezione delle 
derrate alimentari contro le alterazioni provocate dai microrganismi, 
l'uso di conservanti diversi da quelli elencati nell'allegato della stessa 
direttiva, tra i quali � inclusa l'anidride solforosa. 
11. Come emerge dai suoi considerando, la direttiva costituisce solo 
una prima fase del ravvicinamento delle legislazioni nazionali nel settore 
di cui trattasi. In tale fase gli Stati membri non sono dunque tenuti 
ad autorizzare l'uso di tutte le sostanze menzionate nell'allegato della 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

direttiva, Tuttavia, la loro libert� di fissare norme sull'aggiunta di conservanti 
ai prodotti alimentari �pu� essere esercitata solo rispettando 
la duplice condizione che non sia autorizzato l'impiego di conservanti 
non f.iguranti nell'allegato della direttiva e che non sia totalmente vietato 
l'uso di un conservante ivi figurante, eccettuati i casi particolari in 
cui, trattandosi di generi alimentari prodotti e consumatinel loro territorio, 
l'uso del conservante non risponda ad alcuna esigenza tecnologica 
(v. sentenze 12 giugno 1980, GRUNERT, causa 88/79, Racc. pag. 1827, 
5 febbraio 1981, K.tiGELMANN; causa 108/80, Racc. pag. 433, e 13 dicembre 
1990, BELLON, causa C42/90, Racc. pag. I-4863). 

12��.Nel cas(). di pr�<:lotti importi;iti da un altro Stato membro, ove 
sono legittimamente fabbricati e messi in commercio, si deve riconoscere 
elle l'applicazione di una normativa nazionale come quella sulla quale 
vertono le cause principali ostacola n commercio intracomunitario e 
costituisce per< q.esto motivo, in linea di massima, una misura d'etfotto 
equivalente ad una restrizione quantitativa ai 5ensi dell'art. 30 
del Trattato. Dato che l'armonizzazione comunitaria nel settore considerato 
� solo parziale, � occorre accertare. se� siffatta misura possa esser 
giustificata da motivi di tutela della salute delle persone in base all'art. 
36 del Trattato. 

13. . Si deve. ricordare .. che, secondo la costante giurisprudenza della 
Cor.te (v., in p~rtico1are, seritenza 14 luglio 1983, SANDOZ, causa 174/82, 
Racc. pag. 2445), qualora nello stato attuale delli;i. ricerca scientifica 
sussistano incertezze sulla nocivit� degli additivi alimentari, spetta agli 
Stati membri, � in mancanza � di armonizzazione completa, decidere il livell� 
al quale essi intendono garantire la tutela d�lia salute e della vita 
delle persone, sempre tenendo conto delle esigenze della libera circolazione 
delle merci all'interno della Comunit� .. 
14. Dalla giurisprudenza �della Corte (specie c1alle sentenze 14 luglio 
1983, SANDoZ, gi� �itata, 10 dicembre 1985, MOTTE, causa 247/84, Racc. 
pag. 3887; 6 ma~gio 1?86, MfuiilR, causa 304/84, Racc. pag. 1511; e 12marzo 
1987, riguardante la � legge sulla purezza della birra �, COMMISSIONE I 
GERMAN:iA, causa 178/84, Rac;c. pag, .1227) emerge delpari che, alla luce 
di quanto sopra, il diritto comunitario non osta a che gliStati membri 
adottino una normativa elle sqbordini l'impiego di additivi ad una autorizzazione 
previa concessa mediante un atto cli portata generale per 
determinati additivi, vuoi per tutti i prodotti, vuoi per taluni di . essi 
soltanto, vuoi per taluni usi. Lo stesso� vale per la fissazione di un 
limite massimo per l'uso di un additivo per taluni prodotti. Una normativa 
di questo tipo risponde ad un legittimo obiettivo di politica sanitaria, 
che � quello di limitare il consumo jncontrollato di additivi alimentari. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

422 

15. L'applicazione ai prodotti importati del divieto di mettere in 
commercio prodotti che contengano una quantit� di additivi superiore 
al massimo autorizzato dalla normativa dello Stato membro di importazione, 
mentre tale quantit� � autorizzata nello Stato membro di produzione, 
� tuttavia ammissibile solo purch� sia conforme a quanto 
prescritto dall'art. 36 del Trattato, come � stato interpretato dalla 
Corte. 
16. A questo proposito si deve ricordare, anzitutto, che. nelle sentenze 
14 luglio 1983, SANDOZ, 10 dicembre 1985; MOTTE, 6 maggio 1986, 
MtlLLER, 12 marzo 1987, �legge sulla purezza della birra>>, e 13 dicembre 
1990, BELLON, gi� citate, la Corte ha desunto dal principio di proporzionalit�, 
su cui si basa l'ultimo inciso dell'art. 36 del Trattato, che i divieti 
di mettere in vendita prodotti contenenti additivi autorizzati nello 
Stato membro di produzione, ma vietati nello Stato membro di importazione, 
devono esser limitati allo stretto necessario per garantire 
la tutela della sanit� pubblica. 
17. La Corte ne ha pure desunto che l'impiego di un determinato 
additivo, ammesso in un altro Stato membro, dev'essere autorizzato se 
si tratta di un prodotto importato da tale Stato membro, qualora 
tenuto conto, da un lato, dei risultati della ricerca scientifica iri,ternazionale 
e specialmente dei lavori del comitato scientifico comunitario 
per l'alimentazione umana, della commissione del Codex alimentarius della 
FAO e dell'Organizzazione mondiale della sanit� e, dall'altro, delle abitudini 
alimentari esistenti nello Stato membro di importazione, tale additivo 
n�n sia pericoloso per la sanit� pubblica e risponda ad un'esigenza 
reale, segnatamente di ordine tecnologico. 
18. Si deve poi ricordare che, come si desume in particolare dalle 
sentenze MtiLLER, COMMISSIONE I GERMANIA e BELLON, gi� citate, nonch� 
dalla sentenza 30 novembre 1983, VAN BENNEKOM (causa 227/82 Racc. 
pag. 3883), spetta alle autorit� nazionali dimostrare che la loro normativa 
� giustificata da esigenze di tutela della salute della loro popolazione. 
19. A questo proposito il governo italiano fa notare che, secondo il 
comitato misto di esperti FAO/OMS e il comitato scientifico per l'alimentazione 
umana, l'uso eccessivo di anidride solforosa nuoce alla salute 
umana, specie nel caso dei forti bevitori di birra. Di conseguenza, esso 
considera che la politica consistente nel ridurre al minimo l'assorbimento 
di anidride solforosa per vie diverse dalle vie respiratorie � giustificata 
dalle esigenze della sanit� pubblica. 
20. Dal canto suo, il governo olandese osserva che spetta in linea 
di massima a ciascuno Stato membro giudicare se le esigenze della tu

. . . . . . . . . . . .<:::::�:::::/ >::(�.::::::::: .�. .� :::.::::.::�. :::::::.: �. _..:::�� ..:..::-...::: :��.:��.. ... 

�tf.ll~��d.~lla -�saj.~~�� &lnsentfulo< 4ii�-a#tori~zare-�-�o���-�rrieno ��-�l'impiego�-�� di�:�� un 
�det~riri#,,f!t0:-(:b#*~l:'Vtite����nei�� generi alin:leritari~�� te:O:erido���cdrifo-� �delle abitt:
f-diili al�.Je:.tad l:ie~fa sua; popolazione. Esso sostiene elle l'OMS ha fissato 

__ i#���4q���-ms��_l~-��.. c.tcl~~���qt,t9tf(;Jl:an:a_....iassin,11.t�-.� _di-___ awctri4~�� so~for�sa tollel:'abile 
�-�~�ᥥc!l~�l?:~~�����i~t~.l'mi*~f~�-��~~��� 4.1.la.#~it~ᥥ� 4t-� anj9l'id~-��-~dlforosa��assol:bitt� -dai 
. tj~ij~~~~9t#� ~~ 4#!~#~#~t �'�#,~9 4e~ f~~~? e~~ l'�#i~J:'�4ei ~Plf:<:>wsa �, ---...-.... �~#~��~~ ~H~��'l:J~#~t ~igj~~~Va ��9J:#~i~sf�t>rai;t<>-t-ti� ~�i'.ril�tart�-


...���.��.�.�.��.�.��.�.�.�.��.�.�.�.��.�.�.�.�.���.�..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.. �� .. �.�.�.�.��.��.�.�.�.�.�.�.��.�.�.��.��.�.. � .. �.�..�.��..�.�.�.�.� �.�.�.�.�.��.��.�.�.�.�.�..�.�.�.�.�.�.� .�� .�.�.� ..�.� ��.�� .� �..... 

~l. ~a t~~l1\lssi~ll~ sostfe~~ 6~~ u~ divieto ge~;;:i~ :~ i:portare 
-~ <:W� ni~#e#~ -!#�� i:lt:>ritiri~fc.�Q'�J;)'rqdqjtf.-1�galiriente�--messt���111�coritritefo10� in un 
--���~ttt:>�-�$ji~#�-�m~wl#to~�ᥥ:r;~r����U.-~~#9ᥥ�c~ij�t;6!ltegono�-moᥥcJ.et�--�oonservanti/�fi~

�/_ 
~r~*t n~W~l�#c~ aj~e~~t() ll];i* ('t~l'ett�va 64/54 in una proporzione 
sl:tP~#9~~ ~:-q:.;~~l~-~'1.t8~*~ta ({all� ,h�t#iativa �letio _Stato �li�� ii;tip(:>rt~one, 
~� ec�e~sivQ\ ~�l9~�i4 M~~i.rl.t~ 4~1 <;:on5:ervant~f resta entro 1 umiti -am


-----�� mfss:i'biJ�:�-�a1ia��Jti.6i:r d~)l~ ~(>l).q$��#Ze$(;liceiltifiche��t1t�tnazi0nali.���. 

~~.. �~~ ~ii~~!iii~ti~ $P~~iiJ~~I~~-ii~i4ridi s9�~bf�k~, 1~ cg~, __ ..s~~~i?#~ᥥ~<?'~~~~~~���IP���~~~�/~��� ~.~~t���t<~~8ji;qidi!!6i---~l.i~p.rat~.--.cJaj~a-._.f4P�--�e-.� 4~l~ 

--.�gQM$�.-~{Jffe__ 9M~H~U~ tllW.l:~~tJ#~ d~J�.����9p.sw#l~~��ᥥt~~~q���.� 4e$ig~:t9��--4al 
I>f'461;t#~i9f� della ~�pijhbli~a-~l:'e.sso fa Pr~tura�circondadal�-di PordePRl'.
l~ ##1:,t~b�to �t~t�-�J;>.l'98(ilg�fu~ljf_O�:_a��᥍a,dpO .� <:IW:�sig, -Deblis) che._� � es�luso 
�ilCll f~iji~p(;le $oifofl;)si ~i:1#~#itta n~Ma l)b;:rl:t ft'$Jlceser sequestrata possa 
-~y~i:e���~$~#i�� t<:ls$i9i.�._I:dfaid, .._i*'���bas~�-�.U>dati-�:. tossi<;pfogict��-�faborati�-� cong�fuiiarp~
rite.�.�.. tǥ F4.0��-�e:��l'.QM$��>�sugger�scorto��-��l'assun'lione;.� <di: una����dose 
~r~aj~~.;:t m;>p. @\l~~r�ot~ ~ o,as I;tlg p~r ~g d,i,. _P~<> eorporeoi il che; per 
uil��:99l,l~l;lfl'!.~W~~ ~i Al) �. _!$,!J:.�f-li� }?el!9 ~q~hrale1 ��-a�l� u.a � q.u�ntlt� massnna�--�-di 
�jp�~ ,~_l l1lg aj_; m9~�:io~ (j:.t'.~e:tl.~~ !!~�.9rid().-f<clllcoli�-eff~ttuati dal. consti.� 
lente tee.nico n�iitinale la dose:che assorbirebbe iL consumatore ita


------ 
�--.----------_ -���-��--� --�-�--A---����-----------------------� ----


lianQ �che :{)evesse una birra contel).ente 36,8 mg/1 di anidrlde solforosa 
sarebbe, in media, di 5,5 mg al giorno . 

.-.�.�.�.�.��..��.�-�.�.��::�����-�. 

. ........... ............. ..... .... ... ... . ... . ... ... . .. ...... .. . . . 


�. >�-�� ~$. ᥥ�-�sj����cl.~y�.__ gi~x~:i::~�heJ~ c:l.is�ipJina_.. p;~tq.aJ~ -_tl~��-_�:ui _.!r~ttii,�i_... $~_��Ji� 
!Plv~..� Jii-~#-dfri~t9.�-g~!i~r~l~����~d-_��~~~~l.tq���..cu�.� �q.aJsi~l!i--��9irl'~ .cont~nente 
9ltr~2Q mg <:U.Mli4r!4e solf9r�sa, $eili~.alcuna ~cez1one� 
..-/ ~1.����-�� J:<~ -*-~~~~~Mi��~��ᥥ1~1~,_4iYi~tq�� i?~F._-.1~.-.vi:�i~~iqn~��4~M~.-�-~~1'1t� ti<>n

�--sfafa�-�-ctiffibi#Ua.��-��Miii,�J~�---iit�fxiiazioiil ____ �foil-�--cotl.f~sfate_�.... 4~11~--c91llil:iis� 
siol1ellfulrio ��lll.&;$('.) iil! lllc� dl� 11asstthzibhe di anidride solfdf6sa cfo.Jhi� 
al consumo di una birra contenente 36,8 mg/1 di tale additivo non 
comporta gravi rischi di superamento ��dei limiti della dose quotidiana 
massima di anidride solforosa ammessa dalla FAO e dall'OMS. 

25; -� Il carattere sproporzionato di tale divieto generale ed assoluto 
nei confronti delle birre di importazione � inoltre evidenziato dal fatto 
che la normativa dello stesso Stato membro ammette fimpiego deU'ani



424 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dride solforosa in proporzioni molto maggiori per altre bevande, specie 
per il vino, il cui consumo nel detto Stato membro sembra essere pi� 
ingente di quello della birra. 

I 

26. Il governo italiano sostiene tuttavia che l'aggiunta di anidride 
I 
solforosa non � affatto indispensabile per la conservazione della birra, 
in quanto il suo effetto pu� esser ottenuto mediante altri metodi, come 
la pastorizzazione. 

27. Questa circostanza non pu� giustificare un divieto generale ed 
assoluto come quello di cui si discute. 
28. Infatti, come risulta dalla citata sentenza � legge sulla purezza 
della birra�, per escludere che taluni additivi possano rispondere ad 
esigenze di ordine tecnologico, non basta richiamarsi ad un altro metodo 
di fabbricazione del prodotto, impiegato dai produttori nazionali, in 
quanto una siffatta interpretazione della nozione di esigenza di ordine 
tecnologico, che si risolve nel favorire i metodi di produzione nazionali, 
costituisce una restrizione dissimulata del commercio tra gli Stati membri. 
29. La nozione di esigenza di ordine tecnologico va valutata in 
relazione alle materie prime impiegate e tenendo conto della valutazione 
effettuata dalle autorit� dello Stato membro nel quale la merce � legalmente 
prodotta e messa in commercio. Si deve inoltre tener conto 
dei risultati della ricerca scientifica internazionale ed in particolare dei 
risultati dei lavori del comitato scientifico comunitario per l'alimentazione 
umana, della commissione del Codex alimentarius della FAO e dell'Organizzazione 
mondiale della sanit� (sentenza � legge sulla purezza della 
birra�, gi� citata). 
30. Dalle considerazioni che precedono risulta che la prima questione 
sollevata dal giudice a quo va risolta come segue: gli artt. 30 e 36 del 
Trattato CEE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una 
normativa nazionale che vieta la messa in commercio di birre importate 
da un altro Stato membro, nel quale sono legalmente messe in commercio, 
se contengono un quantitativo di anidride solforosa superiore a 20 
mg per litro. 
Sulla seconda e sulla terza questione. 

31. Con la seconda e la terza questione il giudice a quo mira a far 
accertare se il giudice nazionale debba disapplicare una normativa nazionale 
contrastante con il diritto comunitario oppure debba attendere 
l'adozione di una normativa generale. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

425 

32. A questo proposito, basta ricordare la consolidata giurisprudenza 
secondo cui il giudice nazionale,. incaricato di applicare, nell'ambito 
della propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario, ha l'obbligo 
di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, 
di propria iniziativa, qualsiasi disposizione confliggente della 
legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere 
la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro 
procedimento costituzionale (sentenza 9 marzo 1978, SIMMENTHAL, causa 
106/77, Racc. pag. 629). 
33. La seconda e la terza questione sollevate dal giudice a quo vanno 
pertanto risolte nel senso che il giudice nazionale deve disapplicare 
una normativa nazionale contrastante con il diritto comunitario. (omissis) 
II 

(omissis) 1. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della 
Corte il 20 marzo 1989, la Commissione delle Comunit� europee ha proposto, 
ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far 
dichiarare che la Repubblica italiana, vietando l'importazione di formaggi 
ai quali, durante il processo di caseificazione, � stato aggiunto nitrato 
entro i limiti ammessi dall'ambiente scientifico internazionale (SO mg 
per chilogrammo di formaggio), mentre tali prodotti sono legalmente fabbricati 
e smerciati in altri Stati membri, � venuta meno agli obblighi 
che ad essa incombono ai sensi dell'art. 30 del trattato CEE. 

2. In taluni Stati membri il nitrato viene aggiunto nella preparazione 
di vari tipi di formaggi al fine di eliminare determinati batteri 
che ne provocano un anormale rigonfiamento. 
3. La legge italiana 30 aprile 1962, n. 283, relativa alla disciplina 
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari 
e delle bevande (Guri 4 giugno 1962, n. 139), vieta l'impiego di additivi 
chimici di qualsiasi natura nella preparazione di sostanze alimentari e 
la distribuzione per il consumo di alimenti che contengano tali additivi 
senza a�torizzazione rilasciata con decreto del ministro della Sanit�. 
Orbene, nessuno dei decreti emanati in base alla detta legge consente 
l'uso del nitrato nella produzione dei formaggi. Ne consegue che in Italia 
non sono consentiti n� l'impiego di tale sostanza nella preparazione 
dei detti prodotti n� lo smercio di formaggi contenenti nitrato. 
4. Nella normativa comunitaria, il nitrato � menzionato nel punto 
II dell'elenco degli additivi allegato alla direttiva del Consiglio 5 novembre 
1963, 64/54/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

426 

membri sui conservativi che possono essere impiegati nelle derrate desti


nate all'alimentazione umana (G.U. 1964, 64, pag. 161, in prosieguo: 
�la direttiva�), come modificata dalla direttiva del Consiglio 27 giugno 
1967, 67/427/CEE relativa all'impiego di taluni agenti conservativi 
p�r il trattamento in superficie degli agrumi, nonch� alle misure di 

controllo qualitativo e quantitativo degli agenti conservativi contenuti 
negli e sugli agrumi (G;U. L. 148, pag. 1). 

5. L'inclusione del nitrato nel detto elenco significa che tale sostanza 
costituisce uno di quegli additivi il cui impiego negli alimenti pu� 
essere autorizzato dagli Stati membri e che compete a questi ultimi 
stabilire le condizioni per il suo impiego. 
6. Per una pi� ampia illustrazione della direttiva, della normativa 
nazionale, dello svolgimento del procedimento nonch� dei mezzi e degli 
argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi 
del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla 
comprensione del ragionamento della Corte. 
7. Nell'ambito del presente ricorso la Commissione contesta alla Repubblica 
italiana di vietare l'importazione di formaggi provenienti da 
altri Stati membri in quanto contenenti nitrato. Secondo la Commissione, 
infatti, l'importazione di alimenti prodotti in un altro Stato membro 
e che contengano un additivo incluso nell'elenco comunitario deve essere 
autorizzata qualora l'additivo medesimo non presenti alcun pericolo per 
la sanit� pubblica e risponda ad un'esigenza effettiva, segnatamente di 
ordine tecnico. Orbene, dai risultati della ricerca internazionale emerge 
che il nitrato risponde a tali requisiti. 
II

8. Si deve ricordare, ai fini della decisione del ricorso, che, secondo 
la giurisprudenza della Corte (vedansi le sentenze 10 dicembre 1985, 
MOTTE, causa 247/84., Racc. pag. 3887, punto 25 della motivazione, 6 maggio 
1986, MtiLLER, causa 304/84, Racc. pag. 1511, punto 26 della motivazione, 
e 13 dicembre 1990, BELLON, C-42/90, Racc. pag. 1-4863, punti 16 e 17 
della motivazione), una normativa che subordini ad autorizzazione l'uso 
di un additivo � conforme al diritto comunitario ove sussistano due 
condizioni. 
9. Anzitutto, tale normativa deve prevedere una procedura che consenta 
agli operatori economici di ottenere !"inclusione dell'additivo 
medesimo nell'elenco nazionale degli additivi consentiti. La detta procedura 
deve essere facilmente accessibile, deve poter essere conclusa entro 
termini ragionevoli e, qualora sfoci in un rifiuto, tale rifiuto deve poter 
essere oggetto di impugnazione giurisdizionale. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 427 

10. Inoltre, una domanda diretta ad ottenere l'inclusione di un additivo 
nell'elenco di cui trattasi pu6 essere respinta dalle competenti 
autorit� amministrative solamente ove tale additivo non risponda ad 
alcuna esigenza effettiva, segnatamente di ordine tecnico, o presenti un 
pericolo per la sanit� pubblica. 
11. Per quanto attiene alle esigenze di ordine tecnico, si deve ricordare 
che, secondo costante giurisprudenza (vedasi la sentenza 12 mar� 
zo 1987, �legge sulla purezza della birra�, COMMISSIONE/GERMANIA, causa 
178/84, Racc. pag. 1227, punto 52 della motivazione), la necessit� di impiegare 
un additivo va giudicata in considerazione dei risultati della ricerca 
scientifica internazionale e della valutazione effettuata in merito dalle 
autorit� degli altri Stati membri. 
12. Si deve inoltre precisare che, per escludere che un additivo risponda 
ad un'esigenza effettiva, non basta invocare la possibilit� di fabbricare 
il prodotto impiegando un'altra sostanza. Una siffatta interpretazione 
della nozione di esigenza di ordine tecnico finirebbe, infatti, col 
favorire i metodi di produzione nazionali, il che costituirebbe una 
restrizione dissimulata del commercio tra gli Stati membri (vedansi le 
sentenze �legge sulla purezza della birra�, citata, punto 51 della motivazione, 
e 4 giugno 1992, DEBus, cause C-13/91 e C-113/91, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 28 della motivazione). 
13. Per quanto attiene alla tutela della sanit� pubblica, si deve ricordare 
che, secondo la .costante giurisprudenza (vedansi, in particolare, le 
citate sentenze Milller, punto 26 della motivazione, e Bellon, punto 17 
della motivazione), l'esistenza di un rischio per la sanit� pubblica derivante 
dall'impiego di un additivo deve essere valutata tenendo soprattutto 
conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale, in particolare 
dei lavori del Comitato scientifico per l'alimentazione umana, e delle 
abitudini alimentari proprie dello Stato membro interessato. 
14. Dalle menzionate sentenze emerge che, in un caso come quello 
di specie, pu� ritenersi che uno Stato membro sia venuto meno agli 
obblighi ad esso incombenti, nel campo degli additivi, ai sensi degli 
artt. 30 e 36 del Trattato, solamente qualora non abbia predisposto una 
procedura conforme ai requisiti ricordati nel precedente punto 9, ovvero 
qualora le sue autorit� abbiano ingiustificatamente respinto una richiesta 
di inclusione di una determinata sostanza nell'elenco degli additivi con� 
sentiti. 
15. Nella specie, va rilevato che la normativa italiana in materia 
di additivi ha sancito un divieto, derogabile mediante autorizzazione, 
che si applica anche agli additivi aggiunti a prodotti alimentari prove

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO� STATO

428 

nienti da altri Stati membri in cui siano lecitamente fabbricati e smerciati. 


16. La commissione non ha fatto valere n� che la. procedura prevista 
dalla detta normativa sia contraria al diritto comunitario n� che, precedentemente 
alla proposizione del presente ricorso, le autorit� italiane 
abbiano respinto la richiesta di uno o pi� operatori economici diretta ad 
ottenere l'inclusione del nitrato nell'elenco degli additivi consentiti. 
17. Il ricorso della Commission,e deve essere, pertanto, respinto. 
(omissis) 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, sed. plen., 17 novenbre 
1992, nelle cause riunite C-271/90, C-281/90, C-289/90. Pres. f. f. 
Rodriguez Iglesias -Avv. Gen. Jacobs -Regno di Spagna (ag. Bastarreche 
Sagiies, Navarro Gonzales e Silva de Lapuerta), Rep. Francese 
(intervenuta; ag. Puissochet e de Bergues), Regno del Belgio 
(avv. Marissens) e Rep. Italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione 
delle C. E. (ag. Jansen, Rodriguez Galindo, Lewis e Traversa). 

Comunit� Europee � Concorrenza sul mercati � Imprese cui� sono riconosciuti 
diritti speciali o esclusivi -Poteri di vigilanza della Commissione 
-Estensione. 
(Trattato CEE, art. 90 n. 3). 

Comunit� Europee: Concorrenza sul mercati � Servizi di telecomunicazione 
-Diritti speciali e diritti esclusivi -Esercizio dei poteri di 
vigilanza della Commissione -Limiti. 
(Trattato CEE, artt. 86 e 90; direttiva della Commissione 28 giugno 1990, n. 90/388/CEE). 

L'art. 90 n. 3 del Trattato CEE, consentendo alla Commissione l'adozione 
di direttive; conferisce alla stessa non solo poteri di mera vigilanza 
in ordine all'applicazione delle norme comunitarie gi� esistenti, ma 
altres� poteri -diversi e non incompatibili con quelli generali �e particolari 
del Consiglio -di emanare norme generali specificanti gli obblighi 
che discendono dal Trattato (e in particolare dall'art. 59, direttamente 
applicabile senza bisogno di un preventivo intervento legislativo del Consiglio), 
norme vincolanti per gli Stati membri per quanto attiene alle 
imprese di cui ai due capoversi del citato articolo (1). 

(1-2) La Corte, accogliendo parzialmente i ricorsi proposti e sostenuti da 
vari Stati membri, fra cui l'Italia, conferma quanto gi� ritenuto in ordine alla 
direttiva 16 maggio 1988, n. 88/301/CEE sui terminali di telecomunicazione con 
la sentenza 19 marzo 1991, nella causa C-202/88, Francia c. Commissione (con 
intervento dell'Italia). 



PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

Vart; 8 della direttiva della Commissione 28 giugno 1990/n .. 90/388/ 
CEE, relativa alla concorrenza nei. mercati dei servizi di telecomunica� 
zione, adottata ai sensi dell'art. 90 n. 3 del Trattato CEE, va annullato, 
non attribuendo tate norma alla �Commissione il patere di obbligare gli 
Stitii membri a imporre la niodiffca dei contratti che sono stati liberamente 
conclusi fra. gestori e. Utenti �di servizi di. telecomunicazione. Vanno 
�ltres� ariri�llate; per difetto di motivazione, .�le disposizioni .della diret� 
tiva stessa che sono dirette a disciplinare i diritti speCitili, non consen~ 
tendo tali disposizioni di determinare n� il tipo di diritti speciali cui si 
intende farriferimentO n� ilcontrasto �on te disposizioni del Trattato. 
La COmmission~ era, invece, legittimata ad esigere l'abolizione dei diritti 
esclusivi, per quanto riguarda la prestazione di alcuni servizidi telepomunicazione, 
in quanto risulta. che la concessione di tali <#ritti agli 
organismi di telecomunicazione porta qu,esti ultimi ad escludere i concorrenti, 
dal mercato dei servizi di telecomunicazione O; .per lo meno, a 
limitare il loro accesso a tale mercato (2). 

�(omissis) 1. Con ricorsi depositati presso la cancelleria della Corte 
rispettivamente. n� 7; �n 14� e il 20� sett�mbre1990, il Regno di.Spagna, il 
Regn� del Belgio e la Repubblica italiana hanno chiesta ai sensi dell'art. 
173, primo comma, del Trattato CEE, l'annu11amento della direttiva 
della Commissione 28 giugno 1990, 90/388/CEE, relativa alla concorrenza 
nei mereati dei servizi di tel�comunicaziorii (G. U. L. 182, pag. 10). La 
Repubblica francese � intei'Venuta nel procedime!ito C-271/90 a sostegno 
delle. conclusioni d.e1� Regno di Spagna. 
2. La direttiva 90/388 � � �stata adottata sulla base dell'art. 90, n. 3, 
del Trattato. L'.art. 1 contiene una definizione di vari termini utilizzati 
nella direttiva, quali in particolare � organismi di telecomunicazioni �, 
� diritti speciali o esclusivi�, � rete pubblica di telecomunicazioni�, . � servizi 
di telecomunicazioni �, � punto terminale di rete �, � esigenze fondamentali 
�. Essa precisa inoltre che la direttiva non si applica al servizio 
telex, alla radiotelefonia mobile, al radioavviso e. alle comunicazioni . via 
satellite . 
.3. In forza all'art. 2 della direttiva gli Stati membri provvedono 
all'abolizione dei diritti esclusivi o speciali �per la�fornitura di servizi di 
telecomunicazioni diversi dai� servizi di telefonia vocale e adottano le 
misure atte a garantire ad ogni operatore economico il diritto di fornire 
detti. servizi di telecomunicazione. 

4. L'art. 4 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie 
per garantire la pubblicit�, l'oggettivit� e la parit� delle condiZioni 
di accesso alle reti e di comunicare, in� occasione di ogni aumento delle 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

430 

tariffe applicabili ai circuiti affittati, gli elementi che consentano alla 
Commissione di valutarne il fondamento. 

5. L'art. 6 prevede, fra l'altro, l'abrogazione, da parte degli Stati 
membri, delle restrizioni esistenti relative al trattamento dei segnali 
prima della loro trasmissione nella rete pubblica o dopo la loro ricezione, 
nonch� l'obbligo di comunicare alla Commissione le misure adottate 
a questo proposito. 
6. L'art. 7 prevede che gli Stati membri, a decorrere dal 1� luglio 
1991, attribuiscano alcune funzioni amministrative ad un ente 
indipendente dagli organismi di telecomunicazioni. 
7. L'art. 8 riconosce agli utilizzatori, vincolati da un contratto di 
fornitura di servizi di telecomunicazione, che alla data della sua conclusione 
costituiva oggetto di diritti esclusivi o speciali, il diritto di risolvere 
il trattato con un certo preavviso. 
8. Infine, secondo l'art. 9, gli Stati membri comunicano alla Commissione 
le informazioni necessarie al fine di consentirle di redigere, 
alla fine di ogni anno, per un periodo di 3 anni, una relazione generale 
sull'applicazione della direttiva. 
9. Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti, delle disposizioni 
della direttiva in esame, dello svolgimento del procedimento nonch� 
dei mezzi e degli argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d'udienza. 
Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria 
alla comprensione del ragionamento della Corte. 
10. A sostegno del loro ricorso, gli Stati membri deducono diversi 
mezzi relativi in sostanza all'incompetenza della Commissione, al difetto 
di motivazione e alla violazione del principio di proporzionalit�. 
Su1lacompetenza della Commissione. 

11. Nelle sue memorie scritte, il governo belga ha sostenuto, in 
primo luogo, che le disposizioni dell'art. 90, n. 3, del Trattato non conferiscono 
alla Commissione un potere normativo, ma si limitano ad attribuirle 
�.ln compito di vigilanza sulle norme comunitarie gi� esistenti. 
A suo avviso, la Commissione non poteva emanare nuove norme sulla 
base dell'art. 90, n. 3, del Trattato, come essa ha fatto negli artt. 1, 2, 4 
e 6 della direttiva di cui trattasi. 
12. Tale argomento deve essere respinto. Come la Corte ha statuito 
nella sentenza 19 marzo 1991, FRANCIA/COMMISSIONE (causa C-202/88, Racc. 

PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

pag. 1-1223; punto 14 della motivazione), l'art. 90, n. 3, del Trattato, 
consentendo alla Comn:iiSsione l'adozione � di direttive, conferisce alla 
stessa il. potere di emanare norme generali specificanti gli .obblighi� che di� 
scendono dal Trattato, norme vincolanti per gli $ta:ti membri per quanto 
attiene alle impres�dicui.aiprecedenti due capoversi.del detto�artieok>. 
Il.potere.della.. Commissfone . n0l1 � si limita quindi alla mera vigilanza fu 
ordine all'applicazione delle norme comunitarie gi� e~istenti;� � 

13. Il governo. belga ha sostenuto, in secondo.. luogo, che prescri� 
vendo l'abolizione dei diritti speciali ed. esclusivi la Commissione ha 
usurpato. le competenze attribuite al Consiglio dagli artt. 100 A e .. 87 del 
Trattato. � 
J 

14. A. questo riguardo, basta ricordare che l'oggetto della competenza 
attribuito alla Commissione dall'art. 90, n. 3, � diverso e pi� specifico 
di quello delle competenze attribuite al Consiglio da un lato, dalrart..100 
A., e, dall'altro, dall'art. 87, e che l'eventualit� di una normativa emanata 
dal Consiglio facendo uso deL potere generale che esso .detiene iri base 
ad altri .artieoli del Trattato;� e�� contenente �ctisp�SiZioni attinenti al .settore 
specifico dell'art. 90, non osta all'esercizio della competenza che 
quest'ultimo articolo conferisce alla Commissione (sentenza 19 marzo 
1991, FRANCIA/COMMISSIONE, gi� .citata, punti 25 e 26 della motivazione). 
15. In udienza il governo belga ha inoltre addotto i seguenti argomenti. 
16. Esso ha s.ostenuto, in primo luogo, che se nella direttiva 16 maggio 
1988, 88/301/CEE, relativa �alla concorrenza sui mercati dei terminali 
di telecomunicazioni (G. U. L. 131, pag. 73), la cosiddetta direttiva ~ Terminali 
�, la Commissione era stata in grado di definire vali,damente gli 
obblighi derivanti dall'art. 30 del Trattato, poich� tale articolo era stato 
sufficiente:ro.ente precisato dalle norme del diritto derivato,< nella direttiva 
controversa essa non aveva potuto definire validamente gli obblighi 
derivanti dall'art. 59 del Trattato, la cui applicazione solleva complessi 
problemi nel settore delle telecomunicazioni, in assenza di una direttiva 
del Consiglio che avesse preventivamente precisato�� la portata di 
tale .articolo. 
17. In secondo luogo, esso ha sostenuto che, nei .limiti in cui si 
possono configurare vari modi, per gli Stati membri, . di adempiere gli 
obblighi che incombono agli stessi in forza dell'art; 86 del Trattato CEE 
nel' settore dei servizi di telecomunicazione, la Commissione non aveva 
il diritto di imporre loro un mezzo particolare per pervenire ad un 
risultato. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

432 

18~ Va ricordato che, nella sentenza 19 marzo 1991, FRANCIA/COM~ 
M�SSIONE (causa. C202/88, gi� citata; punto 21 della motivazione), la 
Corte ha statuito che il potere di vigilanza affidato alla Commissione 
comprende la possibilit�, basata sull'art. 90, n. 3, di precisare gli obblighi 
derivanti dal Trattato e.. che, conseguentemente, l'ampiezza di tale potere 
dipende dalla portata delle norme delle quali si tratta di assicurare 
l'osservanza, 

19. In forza dell'art. 59, del Trattato, le restrizioni alla libera prestazione 
di servizi all'interno della Comunit� dovevano essere soppresse 
al termine del periodo transitorio nei confronti dei cittadini degli Stati 
membri stabiliti in un paese della Comunit� diverso da quello del 
destinatario della prestazione. Tale norma implica in particolare l'obbligo. 
di eliminare ogni discriminazione nei confronti di un prestatore 
stabilito in uno Stat� membrO diverso da q�ello in cui la prestazione 
� fornita. 
20. Secondo una costante giurisprudenza (v. in particolare la sentenza 
17 dicembre 1981, WEBB, causa 279/80, Racc. pag. 3305, punto 13 
della motivazione) .l'art. 59 prescrive un'obbligazione di risultato precisa, 
la cui �esecuzione. dev'essere agevolata, ma non condizionata, dall'attuazione 
di un programma di misure graduali. Pertanto, l'art. 59 del Trattato, 
scaduto il periodo transitorio, non � pi� sottoposto ad alcuna 
condizione (sentenza 3 dicembre 1974, BINSBERGEN, causa 33/74, Racc. 
pag. 1299, punto 24 della motivazione). 
21. Poich�� l'art. 59 � quindi, come l'art. 30, una norma direttamente 
applicabile, la Commissione, allo scopo di favorire foffettivo esercizio 
del diritto alla libera prestazione dei servizi, poteva precisare gli obblighi 
derivanti da tale articolo senza bisogno di un preventivo intervento 
legislativo del Consiglio. Stando cos� le cose, una limitazione del 
potere�� della Commissione come quella considerata dal governo belga 
porterebbe a rendere praticamente inefficace l'art. 90, n. 3. Il primo 
argomento del governo belga va di conseguenza respinto. 
22. Per quanto riguarda l'art. 86 del Trattato, basta constatare che, 
contrariamente a quanto sostiene il governo belga, la direttiva 90/388, 
che questo governo nel corso dell'udienza ha preso ad esempio degli 
obblighi imposti agli Stati membri, si limita a prescrivere, in conformit� 
con quanto� richiede il regime di concorrenza non falsata, di cui all'art. 3, 
lett, f), del Trattato (v;, in particolare, la sentenza FRANCIA/COMMISSIONE, 
gi� citata, punti 51 e 52 della motivazione), che il titolare dei poteri di 
autorizzazione, di controllo e di vigilanza dei servizi� di telecomuni�azioni 
deve essere indipendente dagli organismi di telecomunicazioni. Tale 

PARTE I, SBZ. II, GlUlUS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 433 

norma sancisce una�� regola ..giuridica e lascia .�alle �utorit� nazionali 
un'ampia scelta di mezzi per attuarla. L'argomento secondo cui la Commissione, 
dettando una disciplina troppo rigida per l'eliminazione delle 
infrazioni all'art. 86, ha abusato dei poteri che essa detiene in bas� all'art. 
90, n. 3, va quindi del pari respinto. 

23. I governi spagnolo .e.italiano da parte loro rilevano che l'art. 90, 
n. 3, del Trattato non attribuisce alla Commissione il potere di obbligare 
gli Stati membri a imporre la modifica dei contratti che sono stati 
liberamente conclusi tra gestori e utenti di servizi di telecomunicazioni, 
come prevede l'art. 8 della direttiva. 
24. Nella sentenza FRANCIA/COMMISSIONE (gi� citata, punto 55 della 
motivazione), la Corte ha ribadito che l'art. 90 del Trattato attribuiva alla 
Commissione un potere soltanto nei confronti delle misure statali e che 
i comportamenti anticoncorrenziali posti in essere di propria iniziativa 
dalle imprese non potevano essere censurati se non con decisioni individuali 
adottate a norma degli artt. 85 e 86 del Trattato. 
25. Alla stessa stregua della citata direttiva � Terminali �, dalla 
direttiva a cui si riferisc�no i presenti ricorsi non risulta in alcun modo 
che i detentori dei diritti speciali o esclusivi siano stati �ostretti o 
indotti, attrav~rso normative pubbliche, a coh.�ludere contratti di. Iim~a 
durata. 
26. L'art. 90 non pu� quindi essere visto come una base �deguata 
per sopprimere gli ostacoli alla concorrenza che risultino da contratti 
di lunga durata, considerati dalla direttiva. 
27. Ne consegue che l'art. 8 della direttiva dev'essere annullato. 
Sul difetto di motivazione. 

28. Il governo spagnolo sostiene che la direttiva controversa, per 
quanto riguarda i diritti speciali, � insufficientemente motivata. 
29. Nella citata sentenza 19 marzo 1991, F'RANcIA/COMMIS.SIONE (punto 
45 della motivazione), li;i Corte, a proposito della ri�:ordata �direttiva 
�Terminali�, ha statuito che va ritenuta insufficientemente motivata 
una direttiva che,.. pilr essendo diretta 0alla .s�ppressione. di diritti speciali 
iri un� settore� determfuato; non precisi nella parte-dispositiva o nell� 
motivazione n� quale tipo di .diritti �specialLsia concretamente. considerato 
n� per quale motivo l'esistenza di tali diritti sia in contrasto� c�n 
le varie disposizioni del Trattato. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO� 

� 30; Orbene; la direttiva controversa non contiene precisazioni del 
genere; 

31.. In particolare, la. definizione che figura nell'art. l, secondo la 
quale per � diritti speciali ed esc~usivi � si intendono � i diritti concessi 
da uno Stato membro o da un'autorit� pubblica ad uno o pi� organismi 
ptibbli�i e> ~privati mediante�� ogni strumento �-legislativo, regolamentare o 
amministrativo che riservi-loro�la fornitura �di un servizio o fa gestfone 
di una detrminata attivit� � non consente di determinare il tipo di diritti 
speciali a cui si riferisce la direttiva contro'Versa n� per quale motivo 
l'esistenza di tali diritti sia in contrasto con le varie disposizioni del Trattato. 


32. Di conseguenia vanno annullate le disposizioni della direttiva 
controversa che� sono dirette �. disciplinare i diritti speciali. 
Sulla giustificazione del divieto generale dei diritti esclusivi . 

. 33. Il governo italian,o ritiene che, nei limiti in cuila concessione di 
diritti speciali o esclusM non �, come tale, in contrasto con il Trattato, 
la Comn:iissione non avrebbe .Q.ovuto formulare l'obbligo generale di abolire 
tali diritti,. nel settore considerato, senza av�re preventivamente proce


duto ad un'indagine circostanziata sui vari comportamenti adottati nell'esercizio 
di tali diritti. A parere �di questo governo, un divieto generale poteva 
. essere giustificato solo se da un'indagine fosse risultato che la 
conc~ssione di diritti speciali . o esclusivi escludeva qualsiasi possibilit� 
di concorrenza nel settore di cui trattasi. Esso ritiene tuttavia che un'indagine 
avrebbe evidenziato solo circoscritte limitazioni all'accesso al mercato, 
dovute, ad esempio, ad oneri finanziari eccessivi. Di conseguenza 
spettava alla Commissione adottare provvedimenti miranti esclusivamente 
a eliminare i casi concreti di abuso, in confon.it~ con, il principio di proporzionalit�. 


34. Si deve rilevare, in via . preliminare, che detto mezzo viene esa.minato 
solo nei limiti in cui riguarda i diritti esclusivi, dovendo la direttiva 
�ssere annullata nella parte in cui � rivolta a disciplinare i diritti 
speciali (v. pUnto 32 della motivazione della presente sentenza). 
35. Dalla costante giurisprudenza della Corte discende �che il mero 
fatto di creare una �posizione dominante con la concessione di diritti 
esclusivi, ai sensi dell'art. 90,. n. 1, del Trattato, non �, come tale, incompatibile 
con l'art. 86 (v., in particolare, la sentenza 10 dicembre 1991, MERCI, 
causa C-179/90, Racc. pag. 1-5889, punto 16 della motivazione). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS�.COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

36. Tuttavia la Corte ha anche dichiarato che l'estensione del monopolio 
dell'installazione e dell'esercizio della rete telefonica al mercato degli 
apparecchi telefonici, senza giustificazione oggettiva, era vietata come 
tale dall'art. 86 o dal combinato disposto dell'art. 90, n. 1, con l'art. 86, 
qualora tale estensione derivi da un provvedimento pubblico,� che porti cos� 
ad eliminare la concorrenza (sentenza 13 dicembre 1991, RTT/GB-INNO BM, 
causa C-18/88, Racc. pag. I-5941, punto 24 della motivazione). La stessa 
conclusiQne. s'impone q.alora il monopolio dell'installazione e dell'esercizio
� si estenda al mercato dei servizi di telecomunicazioni. 
37. A questo proposito, dal sedicesimo considerando della direttiva 
controversa, di cui il governo italiano non ha in alcun modo contestato 
la formulazione, risulta che fa concessione di diritti esclusivi agli organismi 
di telecomunicazioni porta questi ultimi ad escludere i concorrenti 
dal mercato dei servizi di telecomunicazioni o, per lo meno a limitare 
il loro accesso a tale mercato. Orbene, secondo questo stesso considerando, 
tutti i servizi di cui trattasi possono, in via di principio, essere offerti da 
prestatori stabiliti in altri Stati membri. 
38. La Commissione era quindi legittimata a esigere l'abolizione dei 
diritti esclusivi, per quanto riguarda la prestazione di alcuni servizi di telecomunicazione. 
Il mezzo dedotto a tale prop�sito va pertanto respinto. 
(omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 1a sez., 3 dicembre 
1992, nelle cause riunite C-140, 141, 278 e 279/91 ~ Pres. Rodriguez 
Iglesias -Avv. Gen. Lenz -Domande di pronuncia pregiudiziale pro� 
poste dal Pretore di Bologna nelle cause Suffritti ed altri c. INPS -
Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara) e tedesco (ag. Roder 
e Karl) e Commissione delle C.E. (ag. �Gouloussis, Berardis e Banks 
e avv. Dal Ferro). 

Comunit� Europee -Ravvicinamento delle legislazioni -Tutela dei lavo� 
ratori subordinati in caso di !insolvenza del datore di lavoro -Di� 
ritti scaturenti dalia direttiva 80/987/CEE -Decorrenza. 
(Direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/CEE; legge 29 maggio 1982, n. 297). 

I lavoratori dipendenti non possono far valere le disposizioni della 
direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento 
delle �legislazioni degli Stati membri relative alla tutela 
dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, 
dinanzi ai giudici nazionali per ottenere il pagamento, da parte del fondo 
di garanzia istituito ai sensi della legge italiana n. 297/82, dell'indennit� 


436 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di fine rapporto prevista da:: tale legge senza tener. conto della condizione 
temporale prescritta da quest'ultima, vale a dire che le prestazioni pre


I ~ viste dal fondo sono accordate solo se la cessazione del rapporto di 
lavoro e la procedura� fallimentare od esecutiva hanno avuto luogo 
dopo l'entrata in vigore della legge (1). 

(Omissis) l. Con ordinanze 25 gennaio 1991 (cause C-140/91 e C-141/91), 
23 lugli6 1991 (causa C-278/91) e 25 luglio 1991 (causa C-279/91), pervenute 
alla Corte rispettivamente il 27 maggio ed il 31 ottobre 1991; la Pretura 
circondariale di Bologna ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, alcune domande di pronuncia pregiudiziale sull'interpretazione 
d.ella direttiva� del Cons�glio20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il 
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei 
lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro (G. U. L. 283, pag. 23). 

2; Tali questioni sono .state . sollevate nell'ambito di controversie 
in essete. tra i .sigg..Suffritti, Fiori, Giacometti, Dal Pane e Balletti, da 
un lato, e l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (in prosieguo: 
l'� INPS�) dall'altro, in quanto quest'ultimo non aveva accordato loro il 
trattamento di fine� rapporto. 

3. La direttiva 80/987 � rivolta a garantire ai lavoratori subordinati 
un livello minimo comunitario di tutela in caso di insolvenza 4el da�to:r:e 
di lavoro, fatte salve le disposizioni pi� favorevoli esistenti negli Stati 
membri. A questo fine, essa prevede, in particolare, garanzie specifiche 
per il pagamento delle loro spettanze retributive non corrisposte. 
4. In base all'art. 11, gli Stati membri erano tenuti a mettere in 
vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative neces(
1) Soluzione .ovvia. 
La Corte, con sentenza 2 febbraio 1989, nella cau!>a 22/87, Commissione 
c. Italia (in questa Rassegna, 1989, I, 84, con nota di O. FIUMARA; Sulla tutela 
dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro), aveva 
constatato la mancata attuazione da parte dell'Italia della direttiva -80/987/CEE, 
che avrebbe dovuto essere trasposta nell'ordinamento giuridico nazionale entro 
il 23 ottobre 1983. Inquell'occas�one la Corte aveva ritenuto irrilevante l'esistenza, 
nello stesso ordinamento italiano, di un complesso di disposizioni atte 
a garantire una tutela equivalente, e in certi casi addirittura superiore, a 
quella perseguita dalla direttiva: fra esse la garanzia del pagamento del trattamento
� di fine rapporto di cui alla legge 29 maggio 1982, n. 297. 
Successivamente, con la sentenza 19 novembre 1991; nelle cause riunite C-6 

Ii

e :9/90, FRANCOVICH (in qu,esta Rassegna, 1991, I, 448), la Corte ha -statuito che 
�e_ �lis:gosfaioni deila direttiva ~ud�letta, che Q.efb;tlscono i diritti dei' l~vi;>;rat�ri,, 
devono essere interpretate nel sern;;� che gli interessati non possono far valere 
tali diritti nei cor�fl:-or�ti . dello Si:ato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza 

I

di -provvedimenti di attuazione adottati entro i termini (non contenendo la 

I

I 

I

I 

I 



PARTE I, SEZ. "II,.GIURIS. COMUNITARIA E'INTBRNAZIONALE 437 

sarie per ,conformarsi alla direttiva entro un termine che � scaduto il 
23 ottobre 1983. Poich� la. Repubblica italiana non ha rispettato tale obbligo, 
la Corte ha accertato il suo inadempimento con la sentenza 2 feb� 
braio 1989, COMMISSIONE/ITALIA (causa 22/87, Racc. pag. 143). 

5. Il sig. Suffritti ed iLsig. Fiorisono stati dlpendenti della societ� 
Tecnoq.arzi, a partire rispettivam~nte dal 24 maggio 1971 e ~al 27 settembre 
1971. Entrambi si sono dimessi per il mancato pagamento delle 
loro retribmioni, il primo 1'11 settembre 1981 ed il sec�ndo il 30 aprile 
1981. Il 6 novembre 1982 fa societ� Tecnoquarzi � stata dichiarata fallita 
dal Tribunale di Bologna e le � d�inande dei signori Suffritti e Fiori 
miranti ad ottenere l'indennit� d� fine rapporto sono sfate inserite nel 
passiv� della societ�. Il sig. Gfacometti> ed i sigg. Dal Pane e Balletti 
sono stati dipendenti� della societ�.� Giuseppe Minganti SPA, i primi due 
fino al 24 maggio 1982 ed il terzo fino all'll settembre 1981, date in cui 
si sono volontariamente dimessi a seguito del mancato .'pagamento della 
loro retribuzione. Il 17 maggio 1983, il Tribunale di Bologna ha dichiarato 
il fall�ri:iento della societ� e le domande dei ricorrenti sono state 
inserite nel passivo di quest'ultima. Non ne � seguito alcun pagamento. 
6. Le parti di cui trattasi nelle quattro cause hanno presentato 
domande al fondo di garanzia istituito presso rTNPS ai sensi della legge 
italiana n. 297/82 (GURI n. 147 del 31 giugno 1982), al fine di ottenere il 
pagamento delI'inde:�lnit� di fine raj)pcfrto; Tali'domande sono state respinte 
�stilla base dell'art. 2 �d�lla pr�detta l�gge, il quale prescrive che la 
cessazione del rapporto di lavoro dev'essere avvenuta dopo l'entrata in 
vigore di tale legge, il che non si era verificato nelle fattispecie� oggetto 
delle cause principalL 
direttiva disposizioni sufficientemente precise e incondizionate), ma ha agg�unto 
che uno Stato membro � tenuto arisarcire i danni derivanti ai singoli dalla 
mancata attuazione della suddetta direttiva'. 

Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, che ha finalmente attuato la 
direttiva in questione; ha anche �lettato disposizioni per la detei:minazione dell'indennit� 
spettante ai lavoratori che avrebbero dovuto beneficiare delle "disposizioni 
della direttiva. prima della sua _attuazione. 

� � B ovvio, per�, che una pretesa pu� essere fatta valere dai lavoratori solo 
se relativa ad una posiZione maturata dopo la scaden'la del termii,ie per il 
recepimento in Italia della direttiva (e la data � appurito quella del 23 ottobre 
1983), non essendo configurabile prima alcun diritto dei lavoratori. A 
meno che non vi sia urta disposizione pi� favorevole ad essi, per i diritti 
mat\,lrati in base a ta:(e disposizione. E una siffatta cb.sposizione pi� favore� 
vole � quella relativa alla garanzia del pagamento del trattamento dLfine r.ap� 
porto (non prevista specificamente dalla direttiva) di cui alla legge 297/82: nol1 
avendo, per�, la legge eHicacia retroattiva, le prestazioni. da essa previste possono 
�ssere accordate solo se la cessazione dei rapporto :e la procedura concorsuale 
od esecutiva hanno avuto luogo dopo l'entrata in vigore: della legge. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

438 


7. I ricorrenti hanno quindi adito il Pretore di Bologna richiamandosi 
alle disposizioni della direttiva 80/987 ed alla gi� citata sentenza 
Commissione/Italia. 
8. Alla luce di quanto sopra, il giudice nazionale ha sottoposto alla 
Corte, in termini pressoch� identici, le seguenti questioni pregiudiziali: 
� 1) se la direttiva in questione sia immediatamente applicabile; 
2) in caso di risposta affermativa, se la validit� dell'atto sia 
fatta decorrere dall'ottobre 1980 o dalla data di pubblica:cione sulla 
GUCE o da quella di notifica allo Stato italiano; 
3) se pertanto in capo ai lavoratori dipendenti che abbiano risolto 
il rapporto di lavoro o a quelli dipendenti di un'impresa dichiarata 
fallita, dopo la data precedentemente indicata, sia sorto il diritto di 
percepire dal Fondo di garanzia quanto per legge spettante come indennit� 
di fine rapporto �. 

9. Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti delle cause principali, 
dello svolgimento del procedimento, nonch� delle osservazioni 
scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi 
elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla 
comprensione del ragionamento della Corte. 
10. Le questioni sottoposte mirano ad accertare se i lavoratori 
dipendenti possano far valere dinanzi ad un giudice nazionale le disposizioni 
della direttiva 80/987 per ottenere il pagamento, da parte del fondo 
di garanzia istituito ai sensi della legge italiana n. 297/82, dell'indennit� 
di fine rapporto prevista da tale legge senza tener conto della condizione 
temporale prescritta da quest'ultima, vale a dire che le prestazioni previste 
dal fondo vengono accordate unicamente se la cessazione del rapporto 
di lavoro e la procedura fallimentare od esecutiva hanno avuto 
luogo dopo l'entrata in vigore della legge. 
11. Si deve constatare che il termine per la trasposizione della direttiva 
80/987 scadeva solo il 23 ottobre 1983 e che tanto le dichiarazioni 
di insolvenza quanto la cessazione dei rapporti di lavoro di cui trattasi 
nelle cause principali si sono verificate in date anteriori alla scadenza 
del suddetto termine. 
12. Di conseguenza, i lavoratori non possono far valere le disposizioni 
della direttiva per evitare l'applicazione di talune disposizioni della legge 
nazionale. 
13. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, solo nel caso in 
cui uno Stato membro non abbia correttamente attuato una direttiva 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

alla scadenza del termine fissato per la sua trasposizione i singoli possono, 
ad alcune condizioni, far valere dinanzi ai giudici nazionali diritti da 
essi derivati direttamente dalle disposizioni della direttiva stessa. 

14. La questione sollevata dal giudice nazionale va quindi risolta 
nel senso che i lavoratori dipendenti non possono far valere le disposizioni 
della direttiva 80/987 dinanzi ai giudici nazionali per ottenere il 
pagamento, da parte del fondo di garanzia istituito ai sensi della legge 
italiana n. 297/82, dell'indennit� di fine rapporto prevista da tale legge 
senza tener conto della condizione temporale prescritta da quest'ultima, 
vale a dire .che le prestazioni previste dal fondo sono accordate solo se 
la cessazione del rapporto di lavoro e la procedura fallimentare od esecutiva 
hanno avuto luogo dopo l'entrata in vigore della legge. (omissis) 

Sl!ZIONB' TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE, 
GIURISDIZIONE E APPALTI 


II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 febbraio 1992, n. 1124 � Pres. Bologna � 
Rel. Borruso. P. M. Iannelli (concl. conf.); Ministero della Difesa (avv. 
Stato D'Amato) c. S.p.A. Fincantieri (avv. Carusi). 

Arbitrato . Lodo (sentenza arbitrale) � Impugnazione per nullit� � Esame 

del merito � Esclusione � Giudizio rescindente e rescissorio � Fatti


specie in tema di interpretazione di un contratto. 

L'impugnazione del lodo arbitrale per nullit� non d� luogo ad un 
giudizio di appello che abiliti il giudice dell'impugnazione a riesaminare 
direttamente nel merito la decisione arbitrale, bens� ad un giudizio ri� 
volto ad accertare dapprima se sussista o meno taluna delle nullit� 
previste dall'art. 829 cod. proc. civ.; quindi esaurisce i suoi effetti nei 
limiti del c.d. judicium rescindens e solo se quest'ultimo si conclude 
con l'accertamento di una delle suddette nullit� � possibile il riesame. 
del merito (nella specie si afferma che il giudice dell'impugnazione pu� 
censurare la sentenza arbitrale per violazione delle norme sull'interpre-. 
tazione dei contratti ma non pu� procedere direttamente all'interpretazione 
del contratto che ha formato oggetto del lodo senza aver rilevato 
alcuna nullit� di quest'ultimo). (1) 

(Omissis) Col primo motivo di ricorso la P.A. denunzia la violazione 
dell'art. 829 c.p.c. in relaz. all'art. 360 nn. 3 e 5 st. cod. nella parte in 
cui la Corte d'Appello ha disatteso le censure di legittimit� formulate 
dalla P.A. avverso il lodo arbitrale relativamente alla decisione della 
questione se, ai fini della rilevazione delle variazioni del costo della 
mano d'opera relativo alla componente � nave �, intervenute nel periodo 

(1) L'impugnazione per nullit� del lodo nasce dalla soluzione di compromesso 
adottata dal legislatore del 1942 e non � assimilabile n� all'appello n� 
alla tlomanda di nullit� rispettivamente previsti dagli artt. 28 e 33 del codice 
di procedura civile del 1865. L'orientamento prevalente � infatti nel senso di 
considerarla come un'impugnazione sui generis che si articola in una prima 
fase rescindente -che pu� anche esaurire il giudizio se il lodo non viene 
Iiannullato -avente ad oggetto la valutazione dei vizi del lodo tra quelli tassativamente 
elencati dall'art. 829 c.p.c., ed in una successiva ed eventuale fase ! 

!I

rescissoria il cui oggetto coincide con il merito della controversia devoluta 

alla cognizione degli arbitri (cos� CARNACINI, Arbitrato rituale, in Nss. D. I., I, 2, 

i 

I

I

I 

I 

I 

I 

l 

' ' 

m:#::~~~r:====~:%::~~16'#&"'::~=~~~~:::~~::==~:~~:~::~.,1,llill 



PARTB I, .SEZ. III, GIURISpRUl)ENZA CIVILE, GIURlSPRUl)ENZA B APPALTI 

441 

c;li� :e~ec'UZione i;lel c�titi'atto> � dO\te$s� teMrsi: Conto delle �c~d;; ..� quote�. di 
adeg(lairiento >).�della gratifica nataliz�a e dell'indennit� .di..anzianit�; ..del 
sin~qlp. ~9P9PfiM d~lla, ~y:.J,, g.u,q;li\ 4L ai;lf.'lgullWep.ta api;i.al:e .del fondo 
iA4f.'lM.it�. !PZi~.,~~i.l P.reip;~~~L . > >>. 

rnv~o, il . c�rlittere pattfaio del valore attribaj,Jq (].ai, �ontra,el'lti, .al 

ffi~i9�..��.2r,rt9.. 9-~!!.'.2R7ffii~.�.... qt�.. �~,!9~!�96:6:J.�... ,Yrf.'lPPf.'l ... 49yu,t()......P>s~ri1:1,~ere gli

� ��~l~ii~ir~1~t1~lf{~��~:#~~\~~~!~~~;~t~d4~b:tfa~~�~~i~~c~~f~h~b 

foillo ill.od� �ffateoriiessa irida fa�. trifait�,� er efi'efth�d� hil�oi:riissic>rie

d~~wi:1..ff~t�ii~~1.,.rfi~i~, afb1ti-~fi~ ~�� iiit~bt�vai~, .~e>n. sa~et>he stato 

8.) /in ordine ~tla gratifica natalizia e alla indennit� di anzianit� 
{quoti:k~.ale};� P!>icb� leJl'ocldi .()nere .;:n �. oggetto.erano �state calcolate 
~<~.8 aprile '75; sisatebbe dovt;lto assumere;;. aLiini. iitell~: revisione, . per 

. 
i:)~P.:k~9><:li tif~rj.W:~.llt<>1 li:l\ sca;d.e:i:tztJ <iel.~& aprile ~:\1.Ql'l��quelIEkdel 31 dtl:<
eml:>l'.e .~.~essiyg, ~vtt~dQ:, c.Q$�, AiL an.ttci:Jil.are nel tempo.. a.menti �� dei 
cC!$ti .� verificate.$i�� solo.$U:�essivamente; 

/ o} in pt'dlne affondo fndettftit� df ~ftziaftit�: jlregfes'sa: pokh� essa 
n�h: era stata d:>i:isid�:i:'�ta nella definizfori�/ del cost~base;.�.�essa. non 
avrebb�> 'p�tutd essere c6nsiderafa rie]?pure nelle .� successive.�.. rilevaziOni 
dei costi: > � � � � 

..� . . e). il prol:>���.~ di n1~rfr()� trattat� in $ed~ arb�r'ale no�l �rigJB.rdava 
tanto fa Hc�ffi.Jii:'eiisifo1e 6ffi.eI1() di ta1f oD.�rinel catcdl� della revisione 
preizl. qtilfu.tclle ffi.&:ta}it�di Hi�vaiio:H� di"t�ifC:uied��e �fa:I�r� ri�evai:lta; 

�..�.� <l) J~ ~?zi~h~ ~ ~,CC)�.11~ a~,l~:�m~~ � d'op~r~ � �ll' � gar~ttere �relativo, 
Percl:l� \t'iiiultJ;\. senwi::~ WJ.ld.~Zl()J:lata. (jalla scelta. (soggettiva .e con:venziogale) 
.. c,lella metod,oJQ.gia. 4i :rappresentazione del costo medesimo, mentre 
di �.. 1.tp. <:lato ~qn q�alipc~t(} �.�da.� al�11va met94olo~i~ non potreb~e e.ssere 
po$si})Ue df,'lfinire. le .successive �variazioni�; 

. . _..; dastit{riva goritr~dcUzio~~ con~iderare iic1oriurne1lto da cui risultav~. 
il~b~to fl~ll�. ih~~~ d;bp~f~ ~f28 aprile 7s.��yn~. ~6ita coirie elem61lio 

Toi;in9. J957; �� 913;. G~AGNAT!, .l n tema dk impu.gna.z.ione per ... riullit�t ,del . lodo 
arbitrale, ln ;�iv�.dii'.' Proc, 1947;.1, 260; PuNZI, voce ,4rbitrato, ln J3n�. giur. 
19~8,)1;. R~Bl3!'fo, Pfr#t�{pf(J9~sst,t~J.~piyitfi.J~51,,MiI~o, nr; 4!11)��� ������ .� .��..�.� .�.. 

� ��� Nel�. senso che �il gfod�zfo �d� �fatto compl.ttt� dagli arbitri � siridacabile dal 
g�i.tdiee d'.�ll'fui.pugnazforie solo entro i limiti del controllo di corigri.te:ii.za �si 
veda da ultimo cass. 27 gennaio 1989 n~ 485; Cass;. J;4 ottobre 1988 n. 5603; Cass. 
24 aprile 1987. n. 399.0; Cass.16 .genn;�o 198!1 n�. 233; Casso 12 luglio 1979 n. 4020 
e Cass. 21 luglio .1978 n, 3622, nonch� FAz;zALARI, Arbitrat�i .(Teoria generale .e 
diritto. processita1.e �iv,ile) .iU: �D{gesio � disc. priv., I, ..� 403.. Sul�'insindacabilit� 
delle� va'.iutaziorii'. �. r~lathie aW�riterpretazi�ne delle cfaus��e contrattuali, alla 
stessa � streg�a d�l 'giuditio di cassazione, si veda. da Ultimo Cass. 21 maggio 
1990, n:; 4577. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

442 

contrattuale, rilevante ai fini della ricostruzione della volont� delle parti, 
e una volta come elemento non rilevante a tali fini; 

-era illogico e immotivato ritenere che per la componente � nave � e 
per la componente � sistema di combattimento � vi fosse una identica 
previsione contrattuale; 

-gli arbitri avevano finito, in sostanza, con l'invertire l'onere della 
prova, affermando che sarebbe spettato alla P.A. fornire la prova che, 
dalla pacifica mancata considerazione degli oneri di una certa natura 
nel prospetto del costo base dovesse desumersi l'intenzione delle parti 
di escludere le successive variazioni di questi dal novero di quelle computabili 
ai fini revisionali. 

Col secondo motivo di ricorso la P.A. denunzia la violazione dell'art. 829 

c.p.c. e 2697 e.e. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 st. cod. lamentando 
che la Corte d'Appello avrebbe ritenuto immotivatamente ed erroneamente 
scevra da errori di diritto e di logica l'affermazione degli arbitri 
secondo cui la prestazione del lavoro straordinario doveva intendersi 
compresa, per presupposizione, fra i fattori tenuti presenti nella programmazione 
dei tempi di lavorazione (e, quindi, giustificato il ritardo nell'adempimento 
conseguente alla astensione degli operai dal lavoro straordinario) 
senza considerare il carattere eccezionale di tale tipo di lavoro 
e la fissazione, in relazione ad esso, di massimi individuali. 
Col terzo motivo di ricorso la P.A. denunzia la violazione dell'art. 829 

c.p.c. e 1362 e.e. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 st. cod. lamentando 
-sul punto della definizione dei periodi revisionali -che la 
Corte d'Appello illogicamente e immotivatamente avrebbe ritenuto che 
gli arbitri avessero in proposito dato una esauriente e ben coordinata 
interpretazione letterale logica e sistematica alle espressioni usate dai 
contraenti e al collegamento fra le varie clausole che dette espresse. 
I tre suesposti motivi di ricorso, che si possono esaminare congiuntamente 
in quanto comuni sono le considerazioni che il loro esame 
involge in questa sede, non meritano accoglimento per le seguenti 
ragioni. 

Innanzitutto � d� ricordare che l'impugnazione del lodo arbitrale per 
nullit�, ai sensi dell'art. 829 cod. proc. civ., non d� luogo ad un giudizio 
di appello che abiliti il giudice dell'impugnazione a riesaminare nel merito 
la decisione del collegio arbitrale, ma d�, invece, adito solamente ad un 
giudizio rivolto ad accertare se sussista o meno taluna delle nullit�, 
previste dall'art. 829 cod. proc. civ. citato, come conseguenza di errores 
in procedendo, onde esaurisce i suoi effetti nei limiti del cosiddetto 
judicium rescindens. Eccezionalmente � consentito al giudice dell'impugnazione 
di accertare, inoltre, le nullit� dipendenti da errore in iudicando, 
ma solamente nei Hmiti dell'ultimo comma del predetto art. 829 cod. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 443 

proc. civ., e, cio�, in riferimento a violazione di regole di diritto, qualora 
le parti non abbiano autorizzato gli arbitri a decidere secondo equit� 
e non abbiano rinunciato alle possibilit� di impugnare il lodo. 

Solo se il � judicium rescindens � si conclude con l'accertamento 
di una delle predette nullit� previste dalla norma citata, � possibile il 
riesame del merito della decisione arbitrale a termini dell'art. 830 cod. 
proc. civ., come oggetto di un successivo ed eventuale judicium rescisorium. 
(conf. Cass. sent. n. 899/69). 

A tale promessa consegue che: 

1) i poteri del giudice adito in sede di impugnazione per nullit� 
della sentenza arbitrale ai sensi dell'art. 829, ultimo comma, cod. proc. civ. 
si limitano ad un sindacato di legittimit� inteso ad accertare se sussista 

o meno violazione o falsa applicazione di norme di diritto nello stesso 
senso di cui all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. (conf. Cass. sent. n. 1491 
e 3575 del 68; 899 del 69); 
2) resta ovviamente salva la possibilit� di impugnare il lodo per 
contraddittoriet� delle disposizioni ai sensi dell'art. 829 n. 4 c.p.c.; 

3) il giudice dell'impugnazione ben pu�, quindi, nella parte rescindente 
della sua pronuncia, censurare la sentenza arbitrale per violazione 
delle norme di legge sull'interpretazione dei contratti e contro detta 
pronuncia pu� ricorrersi per cassazione per i motivi qui esposti sub 1 
e 2 (Cass. sent. n. 403 e 5190 del 77; 1986/64; 250 del 70), ma il giudice 
predetto non � legittimato a procedere direttamente all'interpretazione 
del contratto che ha formato oggetto della pronunzia degli arbitri (conf. 
Cass. sent. n. 1491 del 68); 

4) pertanto, l'interpretazione degli arbitri in ordine al contenuto 
di una clausola contrattuale non pu� essere contestata sulla base della 
mera deduzione di una interpretazione diversa (ancorch� non solo astrattamente 
possibile, ma concretamente pi� plausibile), perch� preferire 
questa o quella interpretazione costituisce un giudizio di merito che 
nella specie, per le ragioni di cui ai punti 1, 2, 3, non � ammissibile 
(vedi Cass. sent. n. 1288 dell'89). 

In termini forse pi� chiari si pu� dire che, per rimanere nei limiti 
del giudizio rescindente in relazione alle norme sulla interpretazione 
del contratto (art. 1362 e segg. del e.e.), non � sufficiente sostenere che, 
ad esempio, la �comune intenzione delle parti� o �il loro comportamento 
complessivo� (cio� i criteri che l'art. 1362 impone di rispettare) 
furono diversi da quelli accertati dagli arbitri, ma � necessario dimostrare 
che gli arbitri vollero decidere sulla base di altri criteri e che in 
tal senso i primi rimasero violati. 

Orbene, se si tengono presenti tutti i principi di diritto sovraesposti, 
devesi concludere che la sentenza della Corte d'Appello non merita 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

444 

alcuna delle censure contro di essa mosse dall'Amministrazione ricorrente, 
in quanto n� in sede di impugnazione avanti a quella Corte n� 
in sede di ricorso avanti a questa Corte, la ricorrente � riuscita a 
dimostrare che gli arbitri violarono le norme ermeneutiche (nel senso 
sopTacitato di sostituzione di altri criteri a quelli imposti dalla legge) 
ovvero incorsero in contraddizioni insanabili. 

Tutte le censure contenute nei tre motivi di ricorso, infatti, si 
risolvono nella prospettazione di una interpretazione diversa, che avrebbe 
potuto essere anche data, al contratto �de quo�, ma la cui possibilit� 
non equivale alla dimostrazi:one di pTecisi errori di diritto e di contrad�:
lizioni commessi dagli arbitri: la ricorrente si � sforzata di dedurli, 
ma non � riuscita a dimostrarli. 

N� la sentenza impugnata pu� essere censurata per non aver preso 
in considerazione tutte le circostanze e le argomentazioni prospettate 
dal ricorrendo; in quanto perch� il giudice di merito adempia all'obbligo 
della motivazione � sufficiente che esponga chiaramente tutti i 
passaggi logico-giuridici del suo ragionamento che implicitamente escludono 
quelli con essi incompatibili, s� da rendere sottintesa (ma, in egual 
maniera, perfettamente comprensibile) la loro reiezione (GiurispTUdenza 
costante: vedi da ultimo Cass. sent. nn. 480/88; 107/83; 4324/81). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� aprile 1992, n. 3922 -Pres. Bologna -
Rel. Vercellone -P. M. Romagnoli (concl. diff.). A.N.A.S. (avv. Stato 
Laporta) c. Palazzolo ed altri (avv. Pace). 

Procedimento civile -Questione di legittimit� costituzionale sollevata in 
altro giudizio -Sospensione del processo -Onere del giudice di comunieare 
alle parti l'avvenuta decisione della Corte Costituzionale Inosservanza 
� Estinzione del processo per mancata riassunzione nel 
termine di sei mesi -Esclusione. 

In caso di sospensione del processo in attesa che la Corte costituzionale 
decida una questione di legittimit� sollevata in un altro giudizio 
� onere del giudice di conoscere quando viene pronunciata la decisione' 
'della Corte e di darne comunicazione alle parti; da tale comunicazione 
decorre il termine perentorio di sei mesi perch� le parti scelgano se 
lasciare estinguere il processo o chiedere la fissazione di una nuova udienza 
alla quale esse, come il giudice, potranno prendere le loro iniziative anche 
in funzione della rilevanza della questione decisa dalla Corte e della 
stessa opportunit� di rimettere ancora la questione alla Corte stessa. (1) 

(1) La sentenza che si -annota riguarda l'ipotesi, del tutto peculiare ma 
non r�ra nella pratica, della sospensione di un processo in attes� della deci

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �c1VILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 445 

Nel corso di un procedimento di opposizione .alla stima di alcuni 
terreni espropriati di propriet� di . Giuseppe Pala;z;zolo ed altri,. l'adita 
Corte di appello di Palermo aveva sospeso il processo in attesa della 
decisione della Corte . costituzionale .sulla legittim,it� o no della legge 
385/1980. La decisione della� Corte costittizionale, pronunciata su rimessione 
(j.ecisa d;:i, aj,tri g,i.dici, inte:rveru;ie .�on sentenza 19 luglio 1983 
pubblicata sulla Gazzettq. ,llfficiale .del 27 lu~io 1983. 

I Palazzolo >chiecieyAAo, con ricorso 24 ottobre 1986, la fiss~zione 
di nuova, udienza collegiale,<ma, la convenuta Anas eccepiva l'estinzione 
del giudizio per decorso . del termine perentorio di cui all'art. 297 cod. 
proc. civ., da ritenere decorrente dalla data di, pubblic;;izione della sentenia 
sulla Gazzetta UffiCiale. . . . 

La Cqrte di ~ppello; con la sentenza 13 febbraio, 23 april� 1987, 
ora oggetto di ricorso per cassazione, disattendeva l'eccezione di estin~ 
zione,� riportandosi alla� decisione di questo .supremo collegio (sent .. n~ 21 
dicembre 1984, n.. 6653) secondo la quale il termine per la riassunzione 
del processo decorre daila ��c:omunic�ziorie aua� parte costituita., a �mezzo 
di biglietto a C:ura d~�la C:�ncelleria del giudic� del processo sosp�so, 
della sentenza della stessa Corte costituzion�le a norma dell'art. 29 . della 
legge 11 marzo 1953, n. 87. Poich� nel caso di specie, non vi er� stata: 
rimessione degii atti alh:f Corte costituzionale in quanto la sosp�n~ione 
era stata decis� prendendo atto della questione� di�legittimit� costitilzionale 
sollevata nel corso di altri giudizi; non restava, secondo la Corte di 
merito, che afferniare che il termine per la-riassun:iiorie era rimasto 
� aperto � e che dunque la riassunzione era stata rituale. La Corte di 
appello pronunciava poi nel merito determinando in L. 25 milioni ed in 

L. 5,750.000 rispettivamente l'indennit� di espropriazione . e quella per 
occupazione. 
sione di una questione di legittimit� costituzionale sollevata da altro giudice in 
altro giudizio. 

La fattispecie, non disciplinata dalla legge, viene esaminata per la prima 
volta dalla Suprema. Corte. con. riguardo in particolare �al . problema della indi~ 
viduazione � del modo e del tempo � della riassunzione �di un processo che si 
trova in questo stato di sospensione atipica la quale non � assimilabile n� a 
quella c;d. necessaria (art. 295 cod, proc. civ;) n� a quella. c.d. impropria. (sulla 
sospensione del processo in generale si veda: TRISORIO LIUZZI, La sospensione 
del processo civile di cognizione, Bari 1987; F. CIPRIANl, Appunti sulla sospen� 
sione del processo civile, in Studi in onore di E. Allorio, I, Milano, 1989, 935 
e ss.; LIEBMAN, Sulla sospensione propria ed impropria del processo civile, 
Napoli, 1962; CHIARLONI, Il provvedimento di sospensione necessaria, in Riv. 
trim. dir. e proc. civ., 1963, p. 368. e ss.). 

La Corte esclude l'analogia con la sospensione necessaria in quanto la 

definizione di una ques.tione di legittimit� costituzionale non pu� equipararsi 

alla � risoluzione vera e propria � di una controversia ciVile o amtninistrativa. 

6 

-


-~ 



RASSEGN'A AVVOCATURA DELLO STATO

446 

L' Anas � ha pr�posto ricorso per cassaiione con unico motivo di 
doglianza. Resistono-gli intimati con controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

�Viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 297 e 307 

c.p.c. nonch� dell'art. 30 legge l� marzo� 1953 n. 87. 
Sostiene la ricorrente Anas essere incompatibile coi principi del 
vigente ordinamento -l'ipotesi di uri processo civile destinato a durare 
per un tempo indefinito nell'inerzia delle parti.� 

Premesse � serie riserve � sul principio asserito da questa Corte 
nella sentenza prima ricordata, e successivamente nella sentenza 2344 
del 5 marzo 1987, la ricorrente afferma che comunque quel criterio 
si rivela concretamente inoperante nei casi in cui la sospensione del 
processo non si accompagni alla proposizione effettiva dell'incidente 
di costituzionalit�, secondo una prassi forse non del tutto ortodossa 
ma ormai consolidata e che risponde del resto ai generali principi che 
presiedono alla regola della sospensione necessaria ex art. 295 cod. proc. 

civ. e al criterio. della economia dei giudizi. 
Mancando in questi casi concretamente la praticabilit� della soluzione 
delineata dalla Corte di cassazione -prosegue la ricorrente -o 
si ipotizza una soluzione radicalmente diversa per. questi casi (ad 
esempio pensando ad un impulso di ufficio) o deve rimettersi in discussione 
quel criterio generale. 

Va premesso che questa Corte non ritiene di andare in contrario 
avviso rispetto alla soluzione gi� accolta nelle precedenti sentenze 
prima citate per l'ipotesi di sospensione del processo per trasmissione 
degli atti alla Corte costituzionale secondo la previsione dell'art. 23 della 

Tuttavia, la fattispecie non viene qualificata nemmeno come sospensione 
impropria, perch� nel caso de quo il giudizio sospeso non prosegue in altra 
sede (come invece avviene ad es. nell'ipotesi di rimessione alla Corte Costituzionale 
ex art. 23 legge 87/53). 

L'ipotesi in esame, dove l'arresto del processo non � solo apparente ma 
effettivo, presenta invece una marcata analogia con quelli:. prevista dall'art. 296 
cod. proc. civ. in quanto anche in questo caso sono motivi di opportunit� e convenienza 
�he giustificano la sospensione del processo (evitare pronunce di 
merito che potrebbero rivelarsi errate � proprio perche fondate su norme che 
sono sub judice �) �. 

In precedenza la Corte si � occupata di questa forma di sospensione 
atipica in due pronunce: in una (Cass. 22 dicembre 1989 n. 5779) ha escluso 
l'esistenza di un termine perentorio per la riassunzione, stante il carattere non 
necessario di questo tipo di sospensione; nell'altra (Cass. 23 aprile 1987 n. 3928 
in Foro it. 1988, I, 513) si � limitata ad affermare l'irrilevanza, agli effetti della 



PARTE I, SEZ. III, GIVRISPRUDENZA CIVILE, G,CURlSPRUDENZA E APPALTI 447 

legge 11 marzo 19531 n. 87; -soluzione ,d'altronde, fav�revohnente accolta 
dalla maggior parte:della dottrina. 

� postulato che anche per quell'ipotesi; come nelle altre di sospensione 
del giudizio . espressamente previste negli art. 295 � 296 c.p.c., 
� rimessa alle parti la decisione se fare o no riprendere il processo 
sospeso, in applicazione del principio dispositivo; decisione che si manifesta 
con la richiesta, appunto formulata da almeno una delle parti, 
della fissazfone da parte del ghidiee di una udienza in cui il processo 
deve proseguire. 

� pure postulato il principio, affer:rnato dalla sentenza della Corte 
costituzi�nale n. 34 del 4 rriatzo 1970, per cui il terinine perentorio di 
sei mesi entrd il quale chiedere la fissazfone dell'udienza, decorre dal 
giorno in cui le parti harino a\Tuto conoscenza della cessazione della 
causa di sospensione: conoscenza eff�ttiya e concreta. 

Ne� risulta� corne hi�vltabile coro1Iario: 

. .. .. 

a) che la pul)blicazione> della sentenza della Corte costituzionale, 
non avendo la mnzi9ne specifi~a di fare consegl,l.�re alle parti la conoscenza 
dell'avvenuta decisione, non � idpnea a fare decorrere quel termine; 


b) che il giudice della rimessione alla Corte costituzionale non 
pu� lui pre~dere l'iniziativa di riprendere il processo sospeso, appunto 
perch� la relativa decisione � lasciata alle parti cui pu6 convenire di 
lasciare estinguere il procedimento, proprio perch� la decisione della 
Corte costituzionale � stata tale da togliere ogni motivo per proseguire 
la lite tra di loro; 

decorrenza del termine, della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della deci


sione della Corte costituzionale. 

Con la sentenza in esame la Cassazione, affrontando il problema della riass:
unzione del processo, applica alla fattispecie la disciplina dettata per. quel 
caso. di sospensione impropria. che si verifica quando in un giudizio viene 
sollevata una questione di legittimit� costituzionale (artt. 23 e 29 legge 87/53). 

Le ragioni dell'applicazione analcigica del citato articolo 29 -ponendo per� 

a carico del giudice l'onere dLconoscere e�:comunicare alle parti quando viene 

pronunciata la decisione della Corte costituzionale -sono, da un lato, il prin


cipio dispositivo, second,o il .quale la ripresa di un processo sospeso dipende 

dall'iniziativa di parte, dall'altro, l'impossibilit� di assegnare alle parti � gravoso 

onere di conoscere la cessazione della causa di sospensione in quanto ci� 

significherebbe richiedere ad esse Urta diligenza processuale sicuramente esor


bitante (al riguardo si veda Corte cpst. 12 marzo 1970. n. 34, in Foro it., 1970, 

I, 681 che ha dichiarato l'incostituzionalit�. dell'art. 297, primo comma, c,p.c. nella 

parte iri cui dispone ia decorrenz� �del termirie utile per la ri1;;hiesta di fissa


zione della nuova udienza dalla cessazione della causa di. sospensione, anzich� 

dalla conoscenza che ne abbiano le parti del processo sospeso). 

---, , ,, -, ,;rn

-


RASSEGNA.AVVOCATURA DllILO STATO 
e) che per� il giudice della rimessione; essendo il destinatario 


della trasmissione ex art. 29 legge 87/1953, �e dunque l'unico a ricevere 
informazione.. diretta e specifica detla cessazione della causa di sospensione, 
ha !!obbligo � di dare comunicazione� alle parti della avvenuta 
decisione, comunicazione dalla quale decorreJl termine perentorio di cui 
aWart. 297 cod. proc. civ. 

Ma diveri>i i>ono i termini del problema che si pone ora a questo 
collegio. 

Il giudice non ha l)eguito il procedimento previsto dall'art. 23 
legge >87/53,non ba pronunciato ordinanza di trasmissione degli atti 
alla Corte . costituzionale, limitandosi a sospendere il pro.cesso; motivando 
.. tale decisione di sospensione per la. circostanza eh.e la Corte 
costituzionale era gi� stata ip.vestita, da altro .od altri giudici, di una 
questione di legittimit� costituzionale la cui soluzione glJ sembrava necessaria 
per la definizione del giudizio pendente dinanzi a lui. 

Si tratta di una prassi che risulta assai diffusa. Si pu� dubitare 
della sua legittirnit�, ma il ricorrente non la contesta nel ricorso sicch� 
ql.lesta Corte deve limitarsi a prendere atto della situazione quale si � 
venuta a verificare e stabilire quali ne sono le conseguenze. 

Il fatto � che: 
a) il processo � stato sospeso senza fissazione di un termine di 
scadenza della sospensione; 

b) la Corte costituzionale non � stata investita di una decisione 
che avesse rilevanza diretta ed immediata sul process9. sospeso, sicch� 
non si � verificata n� avrebbe mai potuto verificarsi la trasmissione 
al giudice a quo della decisione della Corte ex art. 29 I. 87/53. 

Non si � dunque verificato un caso di . sospensione c.d. impropria 
che ricorre .quando. l'arresto del processo � solo apparente, nel senso 
che i:1 giudizio in realt� prosegue in una sede speciale determinata dalla 
necessit� di decidere una questione appartenente alla esclusiva competenza 
di un giudice diverso (categoria nella quale rientra la sospensione 
ex art. 23 I. 87/53). Il giudizio in questione � rimasto proprio 
soltanto sospeso, non � proseguito in nessuna altra sede, appunto 
perch� � mancata la rimessione del procedim�nto alla Corte costituzionale. 


Nemmeno pu� dirsi che il provvedimento sia stato preso ex art..295 
cod. proc. civ., vale a dire che si sia trattato di una sospensione necessaria. 

La norma prevede che pregiudiziale alla decisione della causa (a 

parte la ipotesi ex art. 3 cod. proc. pen.). sia la risoluzione di un'altra con


troversia civile od amministrativa; ora, la soluzione del dubbio se una 



Questa essendo la .situazione che vi�J.le a ..crearsi a seguito di un 
provvedimento di questo genere:.:ed essendo postulato. che non sii;i, s;tato 
subito �posto un termine ..alla. sospensfone ��(com'��� logico ... dato . che:> non 
sii sa quando la decisione della Corte costituzionale inte;rverr�), .pare 
a.� questo Collegio che la soluzione relativa:mente. alla decorrenz~ del 
termine perentorio per la richiesta della fissazione di una, n.ov~ uclien



450 RASSEGNA AVVOCAT�RA DELLO STATO 

za non possa discostarsi sostanzialmente da quella gi� accolta dalla 
Corte per i casi di sospensione ex art. 23 I. 87/53. 


Alle parti non pu� certo attribuirsi l'onere di cbnoscere la cessazione 
di una causa di sospensione nell'ipotesi in cui non v'�, non � 
ipotizzabile, una pronuncia della Corte costituzionale che riguardi direttamente 
il procedimento al quale sono partecipi. La pubblicazione della 
sentenza che pronunci� relativamente al dubbio di costituzionalit� di 
una o pi� norme non � idbnea a far� decorrere il termine nemmeno 
se quella sentenza � stata pronunciata a seguito di rimessione da parte 
del giudice della causa in questione; a maggior ragione non � idonea 
quandb � pronunciata in altra causa alla quale il giudice della sospensione 
Iiofi ha fatto diretto e preciso riferimento nella sua ordinanza di 
sospensione. 

� dunque compito del giudice rimuovere la situazione di stallo che 
egli ha creato con la sua ordinanza di sospensione. 

1!. da escludere che il giudice della sospensibne abbia il potere-dovere 
di fissare di sua iniziativa una nubva udienza; come si � prima detto, 
la ripresa di un processo sospeso dipende, deve dipendere, dalla volont� 
di almeno una delle parti; le quali devono potere valutare se loro convenga 
pr:oseguire il processo a:lla luce della intervenuta decisione della 
Corte costituzionale. 

� invece dovere del giudice della sospensione, di quella sospensione 

I

meramente di opportunit_� che egli solo ha deciso per una sua discrezionale 
valutazione, di controllare lui il succedersi degli eventi, di co


I 

noscere lui quando viene pronunciata la. decisione da lui attesa; sulla 
base di tale conoscenza provvedendo poi, con biglietto.� di cancelleria, 

I 

a comunicare alle parti la cessazione della causa di sospensione, per 
essersi appunt() la Corte costituzionale pronunciata sulla questione che 

I 

egli aveva informalmente ritenuto rilevante per la decisione del pro~ 
cesso sospeso. 
Dal momento di quella� necessaria e dovuta comunicazione decorre 
il termine perentorio �di sei mesi perch� le parti scelgano se lasciare estin


I guere il processo o chiedere la fissazione della nuova udienza alla quale 
esse, come il giudice, potranno prendere le loro iniziative anche in funzione 
della rilevanza della questione decisa dalla Corte e della stessa 
opportunit� di rimettere ancora la questione alla Corte stessa. 

Applicando questo principio al caso di specie, essendo certo che 
nessuna iniziativa di quel genere era stata. presa dal giudice della sospensione, 
correttamente la Corte �di merito ha statuito non. essere mai iniziato 
a decorrere il . termine e quindi essere tempestiva la riassunzione. 

Il ricorso va dunque rigettato. Pare opportuna la compensazione totale 
delle spese. 


PARTE I, SEZ. III, Glmp'.SPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 451 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1992, n. 4572 � Pres. Corda -Rel. 
Morelli -P. M. Grossi (concl. conf.) -S;p.A. Sirti (avv. Salberini) c. 
Ministero di Grazia e Giustizia (vice Avv. Gen. Stato Bruno). 

Pubblica amministrazione � Contratte>. ad oggetto pubblico e modulo 
convenzionale nel procedimento a111111inistrativo �.. Caratteri e dif. 
ferenze. 

NeWambito. dell'amminiStrazione parte�ipata o per �onsenso il contratto 
di diritto pubblico ricorre quando la� P.A. disciplina gli aspetti 
patrimoniali' di un rapport� ad oggetto pubblico�� dove �ii momento discrezionale 
della funzione si � gi� esternato in un provvedimento rispe.tto ai 
quale il neg6zio si trova, di regoia, in un rapporto di accessoriet� Od ausilia.
riet�; il modulo convenzionale nel procedim�nto amministrativo si realizza 
invece ogni qualvolta funzionari e privati si siedono intorno ad un 
tavolo e discutono sul possibile contenuto del provvedimento da adpttare; 
pertanto, mentre ii contratto si ponecome fonte autonoma di disciplina 
del rapporto, o di un aspetto di esso, �d � autonomamente impugnabile, 
il modulo convenzionale non raggiunge la stessa autonomia giuridica, 
e quindi non � autonomam�nte impugnabile, perch� l'unica fonte di 
regolamentazione def rapporto rimane il provvedimento amministrativo 
(fattispecie in tema di accordi con cui il privato, al fine di ottenere la 
concessione edilizia su suoli di sua propriet�, si obbliga a determinati 
comportamenti' o compie determinate rinunzie nei confronti della P.k (1). 

(omissis) Cori i tre mezzi dell'im:pugI1azione (la cui . reciproca connessione 
di fondo ne autorizza l'esame congiunto), la SIRTI -muovendo dalla 
qualificazione dell'atto obbligatorio, a suo tempo da essa sottoscritto, 
come � prestazione richiesta e dovuta di un rapporto negoziale sinallag


(1) � una delle prime pronunce della Cassazione sull'amministrazione per 
consenso dopo l'istituzionalizzazione degli accordi amministrativi da parte della 
legge 7 agosto 1990,. n.. 241. Nell'esaminare le differenze di fondo tra i c.d. con~ 
tratti ad oggetto pubblico e i moduli convenzionali che si possono realizzare 
nel procedimento amministrativo, la Corte sot.tolinea .come i secondi si realizzino 
attraverso uno schema specularmente inverso rispetto a. quello proprio 
dell'iter di formazione .del contratto. Infatti, quando la P.A. conclude un contratto, 
sia pure ad oggetto pubblico, si colloca sullo stesso piano dell'altro 
contraente dove le. volont� si fondono rtel sinallagma contrattuale e dove non 
v'� spazio per il provvedimento con cui la P.A. ha manifestato l'intento di contrattare, 
provvedimento che resta � a monte � del contratto quale atto autonomamente 
impugnabile (dinanzi al giudice amministrativo) anche per vizi del 
procedimento. 
Viceversa nel caso delle intese o convenzioni nel procedimento amm1mstrativo 
la trattativa con jl privia~o trova }1 suo epilogo nel provvedimento 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

452 

matico; la cui controprestazione era costituita dall'autorizzazione a costruire 
� -reitera e, in parte, riformula le. eccezioni di nullit� della fattispecie 
negoziale cosi configurata, sotto il profilo: 

-== a) del difetto di legittimazione ad negotium del Comune di Roma 
� per non essere in ordine a tale vicenda intervenuta alcuna deliberazione 
del Consiglio comunale �; 

b) della illecit� della causa per la �evidente commercializzazione 
di un atto che, pur nell'ambito .dei po.teri discrezionali della P.A. deve soddisfare 
esclusiv1;imente esigenze di. confo:rmit� al generale interesse, certam�nte 
non rintracciabili nella sua mercantilizzazion.e . contra legem �. 

Ribadisce poi. ancora l� censura di sopravvenuta inefficacia del predetto 
negozio, per il mutato quadro .della normativa urbanistica che avrebbe 
reso inattuali le prescrizioni in vista. delle quali gli obblighi della 
ricorrente eran� stati assunti. 

E � reintrociuce, infine, l'eccezione di violazione dell'art. 2645 cod. 
civ., sul dlievp che la rinunziain argomento, in quanto di contenuto 
meramente obbligatorio e non assimHabi~e ai rapporti reali tipici, non 
poteva,. per ci� appunto, esse.re trascritta: 

Tutte le riferite censure, ove pur ammissibili, vanno comunque disattese. 


In premessa va rilevato l'equivoco di fondo (non compiutamente dissipato 
neppure .dalla motivazione dell'impugnata sentenza: che, a norma 
dell'art. 384 cod. proc. civ., dovr� intendersi, quindi, corretta nei limiti 
e nei sens.i che risulteranno daHa successiva esposizione), .che infirma 
in radice ogni difesa della ricorrente. 

della p;a., atto unilaterale� ed autoritativo, rispetto al quale l'accordo raggiunto 
con il privato assume rilevanza solo all'interno del procedimento �come mera 
tecnica organizzatoria di individuazione e selezione degli interessi in gioco �. 

Nella fattispecie la Corte ribadisce il principi�, pi� volte affermato in materia 
di convenzioni edilizie, secondo il quale gli accordi intercorsi con il privato 
pur essendo vincolanti nei confronti del Comune non interferiscono sulla potest� 
pubblicistica di disciplina dell'assetto del territorio (Cass., Sez. Un., 16 gennaio 
1987, il. 307, in Cons. di Stato, 1987, II, 1225; Cass., Sez. Un., 1� marzo 1990, 

n. 1589, in Riv. giur. ed., 1990, I, 489). 
La sentenza non si sofferma, per�, ad analizzare le innovazioni introdotte 
con l'istituzionalizzazione degli accordi amministrativi da parte degli artt. 11 
e ss. legge 7 agosto 1990, n. 241 dove si ravvisa la distinzione tra accordi endoprocedimentali 
(diretti a determinare il contenuto discrezionale �del provvedimento 
finale) e accordi sostitutivi (stipulati in luogo del provvedimento) 
�ntrambi disciplinati dai principi civilistici. in materia di contratti, se compatibili, 
e devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (sul 
punto si rinvia a� G. SALA, Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento 
e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm., 1992, 206). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 

Equivoco consistente nel presupporre l'autonoma impugnabilit� del 
negozio in questione e la conseguente valorizzabilit�, a tal fine, di vizi 
del procedimento amministrativo di concessione della licenza edilizia 
(pretesa mancanza di delibera approvata dal Consiglio comunale) e del 
suo atto conclusivo (che si assume appunto viziato nella causa e per contrasto 
con norme di legge): in una prospettiva completamente ribaltata 
rispetto a quella imposta dalla corretta configurazione della fattispecie 
considerata. 

Nel quadro delle intese (si usa qui il termine �intesa� nella eccezione 
pi� lata possibile) -che possano intercorrere tra la P.A. ed il privato, 
quando la prima comunque decida di avvalersi di strumenti paritetici 
di tipo negoziale, in una logica di amministrazione partecipata o 
per consenso (che � poi quello che ha condotto alla istituzionalizzazione 
degli �accordi amministrativi� di cui agli artt. 11 ss. della 1. 241 del 7 agosto 
1990, recante nuove norme sui procedimenti amministrativi) -una 
distinzione fondamentale va invero tenuta ferma (al di l� della estrema 
eterogeneit� e non agevole classificabilit� delle varie fattispecie) tra 
ipotesi di contratti di diritto pubblico (altrimenti detti � ad oggetto � o 
�ad evidenza pubblica�) ed ipotesi di atti (o c.d. moduli) convenzionali 
nel procedimento amministrativo. 

Il punto di discrimine fra tali due categorie di atti, in sede teorica, 
� individuato nel senso che vi � contratto l� dove vi � obbligazione in senso 
tecnico, e si � in presenza invece di moduli convenzionali atipici (alternativamente 
designati anche come fatti convenzioni accordi), quando 
ne derivino (unilateralmente o bilateralmente) meri obblighi comportamentali. 


Sul piano descrittivo, la differenza, fra le due tipologie di figure, 
si specifica nel senso che con il contratto la P.A. disciplina gli aspetti 
patrimoniali di un rapporto (ad oggetto pubblico) in relazione al quale 
il momento discrezionale della funzione si � gi� esternato in un provvedimento 
(rispetto al quale il negozio si trova, di regola, in un rapporto 
di accessoriet� od ausiliariet�); mentre il modulo convenzionale nel procedimento 
� quello che (attraverso la forma alternativa di un accordo 
ufficioso, di un atto di sottomissione del privato, di un accordo preliminare 
ecc.) si realizza in pratica ogni qualvolta funzionari e privati si 
siedono -secondo la plastica immagine di un illustre Autore -intorno 
ad un tavolo e discutono sul possibile contenuto del provvedimento richiesto 
e sulle condizioni in presenza delle quali la P.A. � disposta a 
concederlo. 

Si puntualizza -con riguardo a tale secondo gruppo di casi, e per 
superare le riserve e le obiezioni di fondo alla negoziabilit� o pattegiabilit� 
dell'esercizio del pubblico potere -che l'accordo rileva, all'interno 
del procedimento, come mera tecnica organizzatoria di individuazione 


454 . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO . 
e selezione degli interessi in gioco, restando pur sempre il provvedimento, 
fin che il procedimento si conclude, lo strumento giuridico e il fondamento 
della correlativa composizione. 

Ci� significa sul piano strutturale (per venire a considerazioni che 
pi� direttamente rilevano per la soluzione delle� questioni ora sub iudice) 
che in entrambe le ipotesi comparate vi � una intersezione tra una sequenza 
procedimentale ed uno schema negoziale.� 

Ma, mentre nel caso del contratto ad oggetto pubblico la fase procedimentale 
� preordinata alla formulazione della volont� (a contrarre) 
della P.A. (secondo la logica di esternazione dell'interesse pubblico che 
deve sorreggere tale opzione), venendo poi la volont� del soggetto pubblico, 
cos� formata ed evidenziata, a comporsi con quella contrapposta 
del privato nel sinallagma contrattuale; nell'ipotesi dei moduli convenzionali, 
si ha una situazione specularmente inversa,. dacch� l'accordo non 
gi� segue il provvedimento, ma ne precede invece la conclusione, inserendosi, 
in funzione. di questa, .come un segmento interno alla procedura. 

Con l'ulteriore conseguenza che mentre il contratto, una volta esau� 
rito il procedimento di evidenza� pubblica, si pone come fonte autonoma 
di disciplina del rapporto (o di un aspetto dLesso) essendo anche autonomamente 
impugnabile (per vicende inerenti alla sua esecuzione, ovvero 
anche per l'incidenza che su di esso possono esercitare eventuali vizi 
del pregresso procedimento), il modulo convenzionale, viceversa, non .raggiunge 
una equivalente autonomia giuddica, potendo alternativamente 

o essere disattes� dalla PA. (che, anche dopo le intese raggiunte con 
il privato, resta pur sempre titolare del potere pubblicistico) ovvero, 
essere trasfuso in un elemento -eventualmente accidentale (condizione, 
onere) -del provvedimento che, come detto, � in questo caso l'unico 
strumento di regolamentazione del rapporto. 
Ci� posto, � allora evidente come, nella specie -attraverso la surrettizia 
qualificazione come contratto (sinallagmatico) di quello che, viceversa 
� un tipico modulo convenzionale (unilaterale) interno al procedimento 
-si tenti dalla ricorrente, con l'utilizzazione di tecniche impugnatorie 
proprie dei soli contratti ad evidenza pubblica, di modificare, 
in realt�, il contenuto e gli effetti di un procedimento amministrativo, 
attraverso la rimozione di un atto (sia pur negoziale) ad esso preparatorio. 


Il che appunto pone il ricorso; nel suo complesso, in una prospettiva 
di aberratio ictus. 
Venendo, comunque, ad esaminare pi� in dettaglio le singole censure, 
osserva il Collegio: 

a) Non esiste il presunto vizio di mancata accettazione dell'atto 
d'obbligo della societ� da parte dell'organo comunale deliberante, per 
l'assorbente ragione che il modulo negoziale che inerisce ad .un pr�v




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 455 

vedimento amministrativo, come � presupposto � del medesimo, non deve 
essere accettato ma piuttosto valutato ed approvato. E tale approvazione 
resta comunque di competenza dell'organo che deve adottare 
il provvedimento (nella specie, trattandosi di licenza edilizia, appunto il 
sindaco) manifestandosi implicitamente con l'adozione stessa dell'atto 
e la conformazione del suo contenuto in correlazione alle intese pregresse. 


b) Non � delibabile in questa sede la denunzia di mercantilizzazione 
contra legem della licenza, risolventesi in un tipico vizio di eccesso di 
potere che avrebbe dovuto, nella sede propria, essere rivolto nei riguardi 
del provvedimento amministrativo. 

c) Analoghe considerazioni valgono per la censura di sopravvenuta 
inefficacia, sostanzialmente rivolta alle condizioni inscritte nel provvedimento: 
poich� la correlativa rimozione avrebbe dovuto richiedersi alla P.A., 
con conseguente eventuale impugnazione del provvedimento negativo 
(espresso od implicito) pronunciato sulla istanza. 

d) Laddove, per quanto infine attiene al problema di trascrivibilit�1della 
rinunzia in esame, va .comunque ribadito (al di l� delle impli1 
cazioni elusive dell'efficacia del provvedimento amministrativo, insite anche 
in tale censura) che -trattandosi, nella specie, di obbligazioni assunte 
dal proprietario del suolo anche in funzione della loro ambulatoriet� 
in relazione agli eventuali mutamenti di titolarit� del bene e qualificabili 
come propter rem -sussiste appunto quell'elemento di realt� che giustifica 
l'inquadramento dell'atto in questione nella categoria dei negozi 
soggetti a trascrizione ai sensi degli artt. 2643, 2645 cod. civ. 

Il ricorso va pertanto integralmente respinto. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 2 luglio 1992, n. 8100 -Pres. 
Ruperto -Rel. Miliardi -P. M. Lo Cascio -Cancellara (avv. Fornario) 

c. Ente Ferrovie (avv. Stato Stipo). 
Lavoro -Cottimo misto -Non esclude l'obbligo dell'orario legale -Compenso 
maggiorato in base al risultato. 

Lavoro -Prestazione oltre l'orario legale -Retribuzione a tempo e a 
cottimo -Differenze. 

Lavoro -Compenso a cottimo -Compenso per straordinario -Differente 
regime. 

Il sistema del cottimo misto non esclude il principio dell'obbligatoriet� 
dell'orario legale di lavoro, per cui la prestazione lavorativa resa 
oltre detto limite d� diritto ad un compenso maggiorato non in base alla 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

456 

proporzionalit� fra il. tempo necessario ed il conseguimento della prestazione; 
bens� in base al risultato della prestazione (1). 

L'istituto del cottimo non � altro che un tipico e normale rapporto 
di lavoro che si differenzia da quello a tempo esclusivamente in relazione 
alle modalit� di calcolo della retribuzione, per cui la. straordinariet� 

della prestazione ed il diritto alla relativa maggiorazione retributiva sono 
configurabili soltanto se ed in quanto l'attivit� lavorativa sia stata pr.estata, 
come nel contratto a tempo, fuori del normale orario di lavoro (2). 

Non esiste un principio di correlazione automatica fra compenso di 
cottimo e compenso per straordinario (3). 

Con il 1� motivo, denunciando insufficiente e comunque contraddittoria 
motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 

n. 5 cod. proc. civ., i ricorrenti rimproverano al Tribunale di non avere 
considerato: a) �che i compensi di cottimo .si riferiscono al lavoro svolto, 
in pratica, al di fuori dell'orario ordinario� e che proprio in relazione a 
questa circostanza si spiegava il chiarimento, contenuto nella circolare 
istitutiva del cottimo, che � la produzione relativa alle posizioni contabili 
compensate a cottimo non (dava) titolo alla corresponsione del compenso 
per lavoro straordinario�; b) che il principio che il cottimo � lo straordinario 
erano, nella specie, soltanto due diversi sistemi retributivi di 
prestazioni straordinarie trovava riscontro, fra l'altro, nella legge 9 gennaio 
1978 n. 7 la quale nel regolare all'art. 4 il trattamento accessorio 
complessivo spettante ai dipendenti, es�ludeva dal computo �� il compenso 
per lavoro straordinario a tempo o a cottimo�; c) che pertanto era contraddittorio 
interpretare il riferimento costantemente fatto dal direttore 
generale al compenso per lo straordinario come assunzione di un mero 
indice contabile nell'ambito di una discrezionalit� attribuita dalla legge 
allo stesso direttore. 
Con il 2� motivo, lamentando la violazione e falsa applicazione dell'art. 
17 1. n. 42/1979 e di tutte le leggi connesse e cio� 1. n. 34/1970l 

d.P.R: n. 1188/1977, d.P.R. n. 1079/1970 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), assumono 
i ricorrenti che � la rideterminazione dei compensi di cottimo � era 
comunque prevista dal citato art. 17 e che il Tribunale non aveva tenuto 
conto n� delle prodotte circolari nelle quali si faceva riferimento al trat(
1-2-3) Nel sistema del cottimo misto la retribuzione consta di una paga 
base, corrisposta a prescindere dal rendimento, alla quale. si aggiunge sempre, 

anche se in misura variabile, un compenso proporzionato all'intero rendimento 

del 
lavoratore (v. Pret. Napoli, 6 dicembre 1966, in Temi nap., 1967, I, 83). 
Nei sensi della prima massima v. Cass., 23 maggio 1967, n. 1128. 
La sentenza in rassegna puntualizza come il lavoro prestato oltre l'orario 

legale pu� essere retribuito a tempo o a cottimo, per cui la disciplina legale 

o convenzionale prevista per l'un sistema non pu� estendersi all'altro. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 

tamento di cottimo in relazione alla liquidazione del lavoro straordinario 
nel periodo antecedente alla introduzione del nuovo sistema, n� di 
tutte le norme che a partire dal febbraio 1979 avevano introdotto miglioramenti 
economici in favore dei ferrovieri, prevedendo aumenti per le 
prestazioni straordinarie e .quindi anche per lo straordinario e il cottimo. 

Il ricorso deve essere rigettato. 

. Trattando congiuntamente dei due motivi in ciascuno dei quali, al 
di l� della loro titolazione, si alternano e si confondono questioni inerenti 
all'interpretazione tanto della volont� manifestata dell'azienda con le 
ricordate circolari quanto delle norme legislative sui compensi dei 
ferrovieri, � anzitutto infondata la prima proposizione difensiva secondo 
cui il giudice del merito non avrebbe considerato che il compenso di cottimo 
si riferiva in pratica al lavoro svolto al di fuori dell'orario ordinario 
e pertanto finiva per essere d�rettamente disciplinato dall'art. 17 della 

1. n. 42/1979 e da quelle successive. 
� ben vero che il sistema della retribuzione a cottimo (nella specie 
cottimo misto) non esclude il principio de1l'obbligatoriet� dell'orario 
legale di lavoro per cui la prestazione lavorativa resa oltre detto limite 
d� diritto ad un compenso maggiorato �rispetto a quello dovuto per il 
lavoro ordinario. 

Senonch�, di contro ad un accertamento del Tribunale che implicitamente 
la esclude, i ricorrenti non dicono in base a quelli specifici elementi 
la circostanza di fatto avrebbe dovuto ritenersi concretamente 
dimostrata. La deduzione si risolve in una mera e generica affermazione 
priva come �, in particolare, di qualsiasi argomentazione o valutazione 
circa la . proporzionalit� fra il tempo necessario al conseguimento della 
prestazione unitaria (nella specie: revisione o liquidazione di una 
singola competenza retributiva) ed il risultato produttivo complessivo 
costituito dal numero delle operazioni richieste al fine della corresponsione 
della tariffa di cottimo sulla base del compenso unitario prestabilito. 

Tanto ritenuto, maggior pregio non ha la doglianza circa l'interpretazione 
da parte del giudice dell'appello, dello stesso art. 17 1. n. 
42/1979 l� dove stabilisce che le misure degli stipendi risultanti dall'applicazione 
della stessa legge hanno effetto; fra l'altro, �sui compensi 
per prestazioni straordinarie �. Si dice, in definitiva, coordinando le 
proposizioni contenute in entrambi i motivi, che il legislatore considererebbe 
anche il cottimo come prestazione straordinaria, regolandone il 
trattamento economico unitamente a quello del lavoro straordinario, e 
che il giudice l'avrebbe escluso senza tenere conto della lettera della 
norma e comunque della possibilit� di una sua interpretazione estensiva 
tanto pi� che la stessa legge 9 gennaio 1978 n. 7 all'art. 4, disciplinando 
il trattamento. accessorio, mostrava di includere il cottimo misto 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

fra le prestazioni straordinarie l� dove parlava. di � compenso per �1avoro 
straordinario a tempo o a cottimo �. 

Alla conclusione, �pi� sopra ricordata, che nessuna disposizione 
legislativa equiparava,. ai fini del trattamento economico e delle relative 
variazioni nel tenipo, il lavoro a cotti.mo al lavoro straordinario, il 
Tribunale di Torino � pervenuto osservando: .a) che il� citato art. 17 
non consentivi:\,. di per s�, di includere fra le �.prestazioni straordinarie � 
il�� cottimo misto; b) �che ai fini di . tale qualificazione non valeva richiamarsi 
alfa 1. 34/1970 (revisione delle. competenze accessorie del perscr 
nale dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato�) poich� gli articoli 
32 e 36 disciplinavano rispettivam~nte il lavoro straordinario 
(quello protratto oltre. }a durata giornaliera del lavoro ordinario) e 
quello notturno mentre l'art. 35, prevedendo la possibilit� di adozione 
del lavpro a cottimq a determinate condizioni, per ci� stesso escludeva 
la assunta identificazione fra gli istituti del lavoro straordinario e del 
cottimo m,isto; e) che la possibilit� di un'interpretai;ione estensiva era 
esclusa (}alla circostanza .che i detti istituti erano disciplinati separatamente 
aJ:).che dal successivo cl.P.R. n. 1188/1977 il qm1le dopo aver ribadito, 
all'art. 2, che straordinario .era il lavoro prestato oltre la durata 
giornaliera del lavoro ordinario, all'art. 5 riaffermava la possibil�t� del 
lavoro a cottimo previa autorizzazione del direttore generale. N� per 
teva valere, s�mpre ai fini d� un'equiparazione, la intestazione dello 
stesso d.P.R. (� nuova disciplina delle prestazioni straordinarie ��del �personale... 
>>) poich�, a parte ogni considerazione sulla sua< forza cogente, 
restava insuperab�le la circostanza che soltantO per il lavoro straordinario 
l'art. 4 prevedeva la misura del compenso orario mentre nell'art. 5 
relativo al �cottimo non v'era alcun richiamo a� tale disciplina retributiva. 

Orbene se cos� �, la conclusione del giudice di merito che le prestazioni 
straordinarie, cui si riferisce l'art. 17 l. n. 42/1979, erano e sono 
cosa diversa dal lavoro a cottimo, � tutt'altro che censurabile poich� 
sorretta da un'interpretazione delle norme succedutesi nel tempo, a cominciare 
dalla L 34/1970, che da un lato rispetta il canone ermeneutico 
di cui all'art. 12; 1� comma, delle disposizioni sulla legge in generale (e 
non ; si pu� negare che nelle norme citate lo aggettivo � straordinario >~ 
sia sempre correlato al sostantivo � lavoro � s� da far assumere alla 
intera locuzione il significato tecnico .di. prestazione resa .oltre l'orario 
normale), dall'altro � conforme al consolidato principio (per tutte Cass. 

n. 6363/1983) per cui non pu6 farsi luogo ad interpretazioni estensive 
le volte che la lettera della legge sia chiara ed univoca; e nella specie 
� parimenti certo che tanto con la 1. n. 34/1970 quanto con il d.P.R. 
n. 1188/1977 il legislatore ha sempre distinto fra lavoro straordinario e 
cottimo, provvedendo a regolare direttamente-.il primo (rispettivamente 
art. 32 e art. 29 e, come ha sottolineato il Tribunale investendo in

cottimo misto. Principio che � stato esattamente colto dal giudice del 
merito�e che���d'altronde, .stil. piano� dogmatico, � coerente con .n��costante 
ori�ntam�rtto di questa Corte secondo la quale (per fotte: sent..n. 5340/ 
1987} l'istituto del<cottirrio non � altro che un tipico e normale rapporto 


460 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di lavoro che si differenzia da quello a tempo esclusivamente in relazione 
alle modalit� di calcolo della retribuzione e la straordinariet� 
della prestazione ed il diritto alla relativa .. maggiorazione retributiva 
sono configurabili soltanto se, ed in quanto (come appunto intende 
l'art. 4 I. n. 7/1978) l'attivit� lavorativa sia stata. prestata, come nel 
contratto a tempo, fuori del normale orario di lavoro. 

Una terza prospettazione difensiva, contenuta nei motivi di ricorso, 
�.. quella che l'obbligo di parametrare il compenso per il .cottimo 
misto alle variazioni disposte per il lavoro straordinario deriverebbe 
comunque dal fatto, desunto dal contenuto delle circolari esibite, che 
la stessa azienda, quanto meno per i periodi a decorrere dal 1� gennaio 
1981, al 1� gennaio 1982 e al 1� gennaio 1983, ha rivalutato il compenso 
in questione in connessione con l'incremento subito, dalle stesse date, 
dai . compensi per il lavoro straordinario. 

Anche sotto questo profilo, con il quale implicitamente sembra farsi 
riferimento alla costituz.ione di una prassi aziendale (art. 1340 e.e.) vincolante 
l'azienda anche per il futuro, il ricorso-� privo di fondamento. 

Il giudice dell'appello, come gi� ricordato, ha ritenuto la detta parametraZJione 
niente di pi� che esplicitazione del potere discrezionale, 
attribuito al direttore generale dall'art. 35 l. 34/1970 e poi dall'art. 5 

d.P.R. n. 1188/1977, di determinare il compenso in discorso avvalendosi 
del criterio ritenuto pi� opportuno; cos� come era avvenuto per il diverso 
criterio adottato n�l periodo anteriore al 1� gennaio 1981. 
A parte che si tratta di apprezzamento di fatto insindacabile in 

Iquesta sede e che la circostanza accertata � tale da escludere la contiriuativit� 
ed obbligatoriet� del comportamento (Cass. n. 3005/1989, 

n. 4383/1987, n. 3902/1983), la tesi dei ricorrentri non solo � incongrua 
I

sotto il profilo logico e giuridico l� dove estende l'efficacia del preteso 
uso aziendale ad un tempo addirittura anteriore al suo costituirsi {la 
rivalutazione dei compensi viene richiesta a decorrere dal �1� ottobre 

I 1978 e quindi prima che avvenisse la detta parametrazione), ma non 
pu� essere condivisa anche per un'altra ed assorbente considerazione. 

I 

Con riferimento al periodo del rapporto di lavoro in ordine al quale 
.viene !richiesta la rivalutazione dei compensi (1� ottobre 1978 -31 dicembre 
1986 come da ricorso notificato nel luglio 1987), va infatti riIevato 
come per �giurisprudenza consolidata (Cass. n. 2050/1989, n. 3049/ 
1991), la disciplina regolante il rapporto dei dipendenti. delle FF.SS. era 
quella legislativa, esplicitata nelle disposizioni sopra richiamate, rimasta 
in vigore fino alla stipulazione del contratto collettivo 23 giugno 
1988. 

Precisato che ai sensi dell'art. 8 delle preleggi nelle materie regolate 
dalla legge pu� valere soltanto, quale fonte integrativa sussidiaria, l'uso 
normativo con efficacia limitata ai casi �cui la legge stessa espressa




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 461 

mente rinvia (per tutte: Cass. n. 4388/1985), non solo, quindi, non potrebbe 
trovare spazio, nella specie, la costituzione di un uso negoziale 
ma comunque neppure � stato dedotto che le disposizioni prima indi� 
cate richiamassero un uso normativo e che il comportamento del direttore 
generale ne rea1izzaSJSe i relativi elementi (opinio iuris ac necessitatis). 


Non senza per altro osservare che proprio per la natura pubblica 
del rapporto negli anni in cui le circolari furono emanate, la circostanza 
di una� diversa parametrazione del compenso di cottimo finiva per 
essere espressione di un diverso modo di valutare la situazione che rientrava 
nell'esercizio dei poteri discrezionali propri dell'ente pubblico 
(per ai:J.alogia cfr. Cons. Stato sez. IV dee. n. 62/1986). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1992 n. 10261 � Pres. Falcone 
� Est. Senofonte � P. M. Buonaiuto (conci. conf.) � Mancini (avv. 
Lopez) c. Consorzio SA.MO.GI. (avv. Montuori) e Ente Ferrovie dello 
Stato (avv. Stato Laporta). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione appropriativa � Di� 
chiarazione di pubblica utilit� � Scadenza del termine di validit� � 
Risarcimento del danno � Criteri di liquidazione -Fattispecie in tema 
di cava. 

La c.d. occupazione appropriativa presuppone la sussistenza e 
perdurante validit� della dichiarazione di pubblica utilit� dato che � 
proprio e solo questa a connotare come pubblica l'opera programmata 
cos� da renderla idonea a mutare la situazione di appartenenza del bene 
privato facendone acquistare, a titolo originario, la propriet� al costruttore 
che, diversamente, non avrebbe titolo all'acquisto per il solo fatto 
materiale della costruzione; poich� l'attitudine a produrre ricchezza 
costituisce la qualit� attuale di un bene ancorch� proiettata nel futuro, 
i canoni di locazione e gli altri redditi derivanti dalla propriet� di un terreno 
destinato a cava tufacea vanno computati nella determinazione del 
risarcimento del danno spettante al proprietario del suolo a seguito, 
dell'occupazione protrattasi oltre il termine di validit� della dichiarazione 
di pubblica utilit�. (1) 

(1) Il principio che la non edificabilit� di un terreno non esclude che si 
tenga conto delle altre utilizzazioni, diverse da quella agricola, � stato da tempo 
affermato proprio con riferimento ai terreni suscettibili di sfruttamento 
per cava i quali abbiano una valutazione di mercato che rispecchia questa possibilit� 
di utilizzazione intermedia tra l'agricola e l'edificatoria, con la precisazione 
che la prova di tale utilizzazione intermedia deve comunque essere for� 
7 



462 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Col primo motivo del ricorso principale, il Consorzio deduce 
che ha errato la Corte di Appello nel considerare il decreto di espropriazione 
praticamente irrilevante (avendo l'attore perduto, sostanzialmente, 
in precedenza la propriet� del bene per effetto della realizzazione del1'
opera pubblica), ancorch� emesso in costanza della dichiarazione di 
pubblica utilit� e, quindi, nella persistenza del potere espropriativo, 
con la conseguente non applicabilit�, nella specie, dei principi propri 
della c.d. acoessione invertita, in quanto questa postula -secondo il 
ricorrente -la mancanza o la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione 
di p.u., sicch� all'originario proprietario 1spetterebbe, oltre all'indennit� 
di espropriazione, l'indennizzo, pari al mancato reddito, per la durata 
dell'occupazione temporanea. 

Il motivo non � fondato, perch�, al contrario di quanto il ricorrente 
sostiene, l'occupazione c.d. appropriativa presuppone, invece, la sussistenza 
e perdurante validit� �della dichiarazione di p.u. (v., per tutte 
Cass. 3940 e 6125/1988), dato che � proprio (e solo) questa a connotare 
come �pubblica� l'opera programmata, cos� da renderla idonea, in 
forza del carattere pubblico cos� prospetticamente acquisito, a mutare 
la situazione di appartenenza del bene privato, facendone acquistare, a 
titolo originario, la propriet� a1l'ente costruttore, che, diversamente, non 

avrebbe titolo all'acquisto, non essendo, a questo fine, sufficiente il solo 
fatto materiale de1la costruzione, non preventivamente qualificata dalla 
dichiarazione che le imprime la natura di opera pubblica. 

Col secondo motivo, il ricorrente rimprovera al giudice del merito: 
in primo luogo, di aver commisurato il danno per la perdita della propriet� 
del suolo ai redditi (canoni di loci;tzione) perduti dal proprietario, 
anzich� al suo. valore al momento della cristallizzazione dell'illecito, atteso 
che, determinando questo l'acquisto della propriet� da parte dell'occupante, 
noll pu� ammettersi che l'originario proprietario abbia 

nta dal privato il cui suolo � divenuto irreversibilmente parte integrante dell'opera 
pubblica: Cass., 18 dicembre 1980, n. 326, in Foro it;, 1980, I, 276, con 
nota di C. M. BARONE; secondo tale decisione � l'indennit� di esproprio, ex 
legge n. 2359 del 1865, di terreno costituito da cava di ghiaia per l'edilizia, si 
determina sulla base del valore materiale estraibile dalla cava espropriata al 
netto dei costi di estrazione �; la giurisprudenza si � mantenuta costante in tale 
indirizzo: cfr. Cass., 3 maggio 1991, n. 4848, in Foro it. 1992, 1, 2791 (con note di 

R. CASO e di M. COSTANTINO); Cass., 26 febbraio 1991, n. 2061, id., Rep. 1991, voce 
Espropriazione per p.i., n. 112; Cass., 20 dicembre 1990, n. 12085, id., Rep. 1990, 
voce cit., n. 98; Cass., 10 maggio 1988, n. 3407, id., Rep. 1988, voce cit., n. 107; 
Cass., 29 settembre 1987, n. 7310, id., Rep. 1989, voce cit., n. 133. 
Il principio � stato affermato per tutti i terreni suscettibili di produrre 
ricchezza con uno sfruttamento diverso da quello agricolo: cos�, ad es., per i 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 463 

diritto all'equivalente dei rediliti futuri; in secondo luogo, di non aver 
�attualizzato� il valore (istantaneamente percepibile) del mancato 
reddito in relazione al tempo necessario per smaltire l'intero quantitativo 
,di tufo estraibile dal fondo (tre anni e nove mesi), bench� questo 
criterio fosse stato proposto dal consulente tecnico d'ufficio. 

Il motivo � privo di fondamento in entrambe le sue articolazioni: 
quanto alla prima, perch� l'attitudine concreta di un bene dato a produrre 
ricchezza ne costituisce una qualit� attuale, ancorch� proiettata 
nel futuro, e da essa non si pu�, quindi, prescindere nel determinarne 
il valore della data di riferimento, contrariamente la valutazione risulterebbe 
amputata di una sua componente essenziale e ineliminabile, posi� 
tivamente apprezzata, per comune esperienza, dal mercato; quanto alla 
seconda, perch� le variabili modalit� di utilizzazione del bene, da parte 
del proprietario, al momento in cui ne viene spogliato, non incidono, in. 
linea di principio, decisivamente sul suo valore venale, che �, invece, 
figlio, fondamentalmente, delle sue caratteristiche intrinseche, materiali 
e/o giuridiche, in base alle quali deve essere, quindi, determinato, 
senza aprioristiche esclusioni, inoltre, della possibilit� di integrale rea� 
Hzzo istantaneo, correlato al potere di disposizione del titolare liberamente 
esercitabile e, dunque, non precluso da occasionali concessioni di 
godimento a terzi. 

Col successivo motivo, il ricorrente addebita alla Corte ili Appello 
di aver ritenuto non sfruttabili (e di aver, quindi, attribuito il risarcimento 
del corrispondente danno), in forza del divieto di scavi imposto 
dall'art. 104 del d.P.R. 128/1959, le c.d. zone di rispetto (cinquanta 
metri dalla .linea f.erroviaria), pur trattandosi, da un lato, di divieto 
non assoluto, ma rimovibile mediante autorizzazione prefettizia, e, 
dall'altro, di limitazioni legali della propriet�, come tali, non inden� 
nizzabili. 

terreni compresi nella fascia di rispetto cimiteriale: Cass., 25 febbraio 1987, 

n. 1988, id., Rep. 1987, voce cit. n. 144; Cass., 16 marzo 1987, n. 2685, ibid., n. 145); 
Cass., 21 ottobre 1991, n. 11133, id., 1992, I, 1200 (con nota di E. PELLECCHIA). 
Tuttavia parte della dottrina (cfr. E. PELLECCHIA, op. cit.) esprime perplessit� 
sul tertium genus evocato dalla Cassazione in quanto vi vede una � desi� 
gnificazione � dello spazio residuale riconosciuto alla propriet� conformata. 

'.�. da notare inoltre che la sentenza in esame afferma che il risarcimento 
pu� riguardare anche i quantitativi di tufo compresi nella fascia di rispetto 
di cui all'art.104 del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 (che vieta gli scavi a cielo aperto 
a meno di 50 m. dalla linea ferroviaria), in quanto non � possibile escludere 
aprioristicamente dalla valutazione le succitate aree di rispetto, ma � occorre 
accertare caso per caso se l'occupazione ha determinato la loro totale o parziale 
inutilizzazione �, 



464 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

Anche questo motivo � infondato, perch� la rimozione del divieto di 
cui trattasi si configura come un'eventualit� non idonea, in ragione 
della sua naturale incertezza, a farlo considerare inesistente; mentre la 
non indennizzabilit� delle limitazioni legali postula, notoriamente, la 
non illeceit� del fatto che le ha �determinate, contrariamente il pregiudizio 
derivatone al proprietario si iscrive, a pieno titolo, nel � danno ingiusto
� (e, perci�, risarcibile) contemplato dall'art. 2043 cod. civ. 

Col quarto motivo, il ricorrente si duole che la Corte territoriale 
abbia calcolato, con riferimento all'aprile 1972, in L. 250 mc. (L. 200 mc. 
per l'area compresa nel e.e. �Sperone Mancini�) il prezzo del tufo, 
utilizzando i dati forniti dall'U.T.E., ancorch� frutto di accertamenti 
unilaterali compiuti dall'ufficio del registro e, per di pi�, contraddetti 
da altri, come quelli relativi ai prezzi (L. 125-175 mc.) ricavabili dai 
contratti di affitto stipulati, negli anni 1977 e 1978, daHa Universit� 
agraria di Riano. La censura non � fondata. 

La scelta delle fonti del proprio convincimento �, infatti affidata al 
potere discrezionale del giudice di merito; n� si ravvisano, nella specie, 
inadeguatezze motivazionali idonee a inficiare la sentenza impugnata, 
stante la mancanza di elementi atti a confortare il maggior tasso di rappresentativit� 
che sii vorrebbe attribuire ai dati non valorizzati dal 
giudice a quo e non potendosi, perci�, ad essi assegnare lo spessore di 
circostanze decisive. 

Col quinto motivo, il ricorrente lamenta che sia stata attribuita 
all'attore la somma di L. 1.880.000 a titolo di risarcimento del danno 
costituito �dalla spesa per lo scavo dei canali necessari, a seguito della 
realizzazione della galleria, per consentire ii deflusso a valle delle acque 
e permettere, quindi, la coltiv�azione del tufo compreso fra quota 56 e 
quota 53, sul presupposto che in futuro venga aperta, a monte della 
zona di rispetto, una cava di circa 10.000 mq. di superficie�, pur trattandosi 
di danno soltanto eventuale; �a prescindere dal rilievo che 
la eduzione delle acque � problema che riguavda il gestore delle cave 
e non il proprietario che le concede in affitto�. 

Neppure questo motivo pu� accogliersi, perch� nella prima parte 
propone una questione nuova, indipendentemente dalla considerazione 
che l'intento (attuale) del proprietario di sfruttare al meglio i propri 
beni -e di predisporre, quindi, al fine, i mezzi necessari -costituisce un 
dato di comune esperienza (art. 115 cod. proc. civ.); mentre nella rimanente 
parte si limita a riproporre un assunto gi� esaurientemente confutato 
nel grado pregresso. 

Col sesto motivo, il ricorrente sostiene che la Corte del merito � incorsa 
in errore nel rivalutare il credito facendo riferimento aghi indici 
ISTAT, anzich� all'andamento del mercato tufaceo nel periodo intercorso 
tra la data della trasformazione del terreno e la data deHa decisione. 



PARTE I, SEZ. III, GJURISPRUl>ENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 465 

La censura non � fondata, perch� il criterio d� valutazione proposto 
dal ricorrente si adatta, in principio, ai c.d. debiti di cosa, alle ipotesi, 
cio�, in cui il danneggiato avr.ebbe diritto alla restituzione del bene 
divenuto non restituibile per cause diverse dall'acqui1sto deHa sua 
propriet� da parte di altri (e, perci�, surrogato dal suo controvalore 
al momento della liquidazione del danno giudiziale o pattizia); mentre 
in questa seconda ipotesi, ricorrente nel caso di specie, si configura, per 
giurisprudenza pressoch� costante, un tipico debito di valore, caratterizzato 
dalla nota distinzione (comune ad ogni debito di questo tipo) tra 
determinazione del danno, consistente nelli;t aestimatio della cosa (individuazione 
del suo controvalore al momento della partita: data di 
consumazione dell'illecito acquisitivo) e successiva liquidazione di esso 
(taxatio) da effettuare, questa, tenendo conto non gi� dell'apprezzamento 
o deprezzamento del bene nel frattempo intervenuti (e rispetto 
all'originario proprietario, ormai, irrilevanti), bens� delle oscillazioni 
monetarie verificatesi nel periodo considerato e, quindi, rivalutando, 
anche d'ufficio, in base agli indici ISTAT, la somma rappresentativa del 
controvalore, per modo da salvaguardarne il potere reale di acquisto. 

Col settimo motivo, infine, muovendosi nell'ottica della nota sentenza 
n. 1464/1983 delle Sezioni Unite di questa Corte (secondo la quale, 
allorch� l'opera pubblica sia stata realizzata in pendenza dell'occupazione 
legittima, l'illecita appropriazione del bene privato da parte dell'occupante 
assume rilevanza, nei confronti dell'originario proprietario, 
solo alla scadenza del relativo p�riodo), censura la denunciata sentenza 
per aver liquidato gli interessi sulla somma rivalutata con decorrenza 
dall'aprile 1972 (data di inizio dell'occupazione), anzich� dall'aprile del 
1974 (data di 1scadenza della medesima). 

Il motivo � inammissibi'le, perch� propone una questione nuova, 
non risultando che essa 'Sia stata proposta nel giudizio di appell�, ancorch� 
proprio nell'aprile del 1972 il c.t.u. (in ci� seguito dalla Corte di 
Appello) avesse fissato la data di consumazione dell'illecito, non senza 
aggiungere che a:lla stes,sa data il ricorrente si �, non contestativamente, 
riferito ad ogni altro effetto anche in questa sede e non pu�, dunque, 
metterla, contraddittoriamente, in discussione al solo fine di scongiurarne 
le conseguenze per lui sfavorevoli in ordine alla decorrenza degli 
interessi considerati. 

Il ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato, con la condanna 
del ricorrente al pagamento delle spese di questo stadio del processo, 
in favore del Mancini compensandola, per giusti motivi, nei confronti 
dell'Ente Ferrovie estraneo alla lite in questa fase. 

Il ricorso incidentale condizionato (relativo al. minor valore attribuito 
al materiale estraibile dallo �Sperone Mancini�) _rimane assorbito. 



466 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1992, n. 12966 -Pres. 
Brancaccio -Rel. Finocchiaro -P. M. Morozzo della Rocca (concl. 
diff.) -Giacoia (avv. Panza) c. Commissario per la formazione dell'Albo 
degli psicologi della regione Puglia (avv. Stato Salvatorelli). 

Professioni -Albo professionale degli psicologi -Controversie relative 
all'iscrizione in regime transitorio -Giurisdizione del giudice ordinarlo 
-Sussistenza. 

Procedimento civile -Ricorso per cassazione -Notificazione al Pubblico 
Ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza impugnata � 
Necessit� � Condizioni � Fattispecie in tema di iscrizione all'Albo degli 
psicologi. 

Procedimento civile . Rito camerale � Sentenza � Regime ordinarlo di 
impugnazione � Fattispecie in tema di iscrizione all'Albo degli psicologi. 


Avvocatura dello Stato � Commissario per la formazione dell'Albo degli 
psicologi � Patrocinio in via organica ed esclusiva � Sussistenza. 

Le controversie relative all'iscrizione all'Albo professionale degli 
psicologi in regime transitorio appartengono alla giurisdizione del giudice 
ordinario. (1) 

I 

Nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione la notificazione del 

I 

ricorso al Pubblico Ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza 
impugnata � necessaria, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., solo 
nelle cause in cui il P. M. ha proposto l'azione o poteva promuoverla 

I 

ed in quelle nelle quali ha poteri di impugnazione; pertanto essa non 

I 
~ 

~

� necessaria nei giudizi di impugnazione dei provvedimenti di diniego 
di iscrizione all'Albo professionale degli psicologi in regime transitorio (2). 

(1) Le Sezioni Unite confermano quanto gi� affermato per la prima volta 
nella sent. 20 marzo 1991, , n. 2994 (in questa Rassegna, 1991, I, 63 con nota di 
SALVATORELLI, Iscrizione all'Albo degli psicologi e disciplina transitoria) e successivamente 
ribadito in altre decisioni. 
(2) Esclusa la possibilit� di applicare analogicamente l'art. 17 legge 18 febbraio 
1989, n. 56 -il quale prevede la legittimazione del P.M. ad impugnare 
dinanzi al tribunale le deliberazioni del Consiglio dell'ordine in regime ordinario 
-la Corte si rif� alla costante giurisprudenza secondo la quale, ai sensi 
dell'art. 331 cod. proc. civ., l'impugnazione deve essere notificata al P.M. solo 
nelle cause in cui quest'ultimo ha proposto l'azione o poteva promuoverla, 
oppure nelle quali la legge gli riconosce poteri di impugnazione, e non anche 
in quelle in cui ha solo la facolt� di intervento (in tal senso Cass., 8 maggio 
1986, n. 3078, in Giust. civ., 1986, I, 2111; Cass., 28 giugno 1986, n. 4305; Cass., 
14 gennaio 1987, n. 187, in Arch. civile, 1987, 392; Cass.. 21 marzo 1990, n. 2350, 
in Giust. civ., 1990, I, 1739). 

PAR'l'E I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 467 

Le� sentenze emesse a seguito di� un procedimento camerale sono soggette 
aLre:gime brd�ndrid di impugnazione;. pertanto in tema di iscrizione 
all'Albo professionale degli . psicologi in .regime transitorio il 
termine per la proposizione dell'appelto avverso la sentenza pronunciata 
sull'impugnazione del provvedimento del Commissario �per� la� f ormcizione 
dell'Albo �va>determinato� alla stregua��.�dei principi�� generali; e .quindi� in 
trenta giorni in caso di notificazione della sentenza (3). 

Il Commissario per la formazione dell'Albo degli psieofogi � organo 
straordinario di amministrazione attiva dello <Stato; pertanto si avvaltt 
del patrocinio dell'Avvocatura dello. Stato in via organica ed esclusiva (4). 

(omissis)� Va�esaminata; invia preliminare, l'istanza del �Procuratore 
Generale presso questa Corte in ordine all'integrazione del contraddittorio'
�� 

L'istanza� non pu�. 'essere. accolta. 

Nel giudfafo iriilami a questa> Corte la notificazione del rkorso al 
pubblico minist�i:'o Presso� il giUd�ce che ha emesso l� sentenza impugnata 
� necessaria; ai sensi dell'art. 331 tod>proc. civ., solo nelle cause in 
cui il pubblico ministero ha proposto l'�zione, o poteva promuoverla ed m 
quelle nelle quali ba poteri d'impugnazione (Cass. � 8 maggio 1986 n. 3078; 
Cass. 21 marzo 1990 n. 2350). 

Per quanto riguarda l'iscrizione --" nel periodo transitorio -nell'Albo 
degli psicologi la l�gge non individua il p.m. fra i soggetti legittimati 
all'impugnazione del provvedimento adottato dal Commissario per 
la. foimazjon� dell'Albo .(art. 31 L n. 56 del.1989). 

In tema: di legittimazione all'impugnazione non si pu� fare applica� 
zione analogica di disposizioni che regolano diversi procedimenti in 
presenza dell'art.�� 69 �cod. proc. civ. che�.abilita �il pubblico ministero ad 
esercitare l'azione civile n�i casi stabiliti dalla legge. 

Non. si deve, quindi, procedere all'integrazione del contraddittorio 
nei confronti. del. pubblico ministero . presso il.� giudice. a quo, essendo le 
funzioni allo. stesso spettanti svolte; in ,sede di giudizio di legittimit�, 
dal Procuratore Generale presso. la Corte . di cassazione. 

(3) Principio pacifico; . oltre ai precedenti citati in motivazione, si. veda da 
ultimo Cass., 24 gennaio .1991, n. 687; Cass., 18 ottobre 1991, n. 11042; Cass., 
25 febbraio 1992, n. 2317, in Foro it., 1992, i, 1712; Cass., 5 marzo 1992, n. 2652. 
(4) Nel riconoscete lo ius postulandi all'Avvocatura dello Stato, la Corte 
sottolinea di non aver affermato, neppure implicitamente, nella sentenza 20 .mar� 
zo 1991, n. 2994 cit., che il Commissario abbia la medesima natura dell'ordine 
professionale che � diretto a costituire in quanto l'aver riconosciuto che il 
primo provvede su diritti �soggettivi, come il secondo, n�n vale certo ad identificarli, 
stante il diverso modo in cui sono costituiti ed� organizzati. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

468 

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione 
del combinato disposto degli artt.. 324, 739 e 742 cod. proc. civ. 
�n relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. per avere la Corte d'ap1 
pello ritenuto che per la proposizione dell'appello andava osservato il 
termine per l'impugnazione .delle. sentenze e non quello di cui all'art. 739 
cod. proc. civ .. dettato per i provvedjm.enti adottati con la forma del 
decreto, che invece doveva .essere osservato �i sensi dell'art. 19, comma 2, 

1. n. 56 del 19891 che prevede per l'appello il rito camerale. 
Con il secondo motivo si dedu-ce violazione e falsa applicazione del 
combinato disposto dell'art. 1 r.d. 30 dicembre 1933 n. 1611 e dell'art. 83 
cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per avere la Corte 
d'.appello affermato lo ius postulandi dell'Avvocatura dello Stato con riferimento 
alla difesa in giudizio del Commissario, senza tenere presente che 
quest'ultimo -in considerazione del fatto che gli sono stati attribuiti, 
per il periodo transitorio, poteri identici a quelli attribuiti, in via 
ordinaria, ai Consigli provinciali e regionali (Cass. n. 2984 del 1991) -non 
costituisce un organo straordinario della amministrazione dello Stato, 
ma ha la stessa natura di tali consigli i quali non possono considerarsi 
enti parastatali, ma si presentano in forma associativa, nella quale 
elemento costitutivo preponderante � la collettivit� degli associati che 
cooperano al conseguimento dei fini dell'ente. 

Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli 
art. 100 cod. proc. civ. e 19 1. n. 56 del 1989, in relazione all'art. 360 n. 4 cod. 
proc. civ,, per avere affermato la sussistenza dell'interesse del Commissario 
all'impugnazione della sentenza,. ladd�ve invece l'art. 19 l. n. 56 del 
1989 individua quali unici legittimati all'impugnazione il pubblico ministero 
e l'aspirante all'iscrizione all'albo. 

Con il quarto motivo di ricorso, infine, si deduce violazione e falsa 
applicazione delle norme in tema di riparto della giurisdizione in relazione 
al n. 1 dell'art. 360 cod. proc. civ., per avere la Corte d'appello negato la 
giurisdizione del giudice ordinario, laddove invece tale giurisdizione andava 
affermata, vertendosi in materia di controveI'sia su diritti soggettivi. 

Nell'ordine delle� questioni va esaminato in via preliminare il quarto 
motivo di ricorso relativo alla giurisdizione, attesa la logica pregiudizialit� 
di tale questione su tutte le altre proposte in via d'impugnazione. 

Il motivo � fondato sulla base delle considerazioni che seguono. 
Per risolvere la questione di giurisdizione prospettata � necessario 
esporre la normativa contenuta nella 1. 18 febbraio 1989 n. 56, concer


nente l'ordinamento della professione di psicologo. 

Questa legge ha istituito l'albo degli psicologi 
indicando le condizioni necessarie per l'iscrizione 
modalit� da seguire (art. 8). 

(art. 4, comma 1), ! 
stessa (art. 7) e le ! I 

I 

I I 

I

I 

I 

I 

i 

i 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 

La stessa legge stabilisce inoltre che� per esercitare la professione 
di psicologo � n�ce$1Sario avere conseguito l'abilitazione in psicologia 
mediante l'esame di Stato ed essere iscrit1o nell'apposito albo professionale 
(art�. 2). 

Sui}a; i:scrizio;ne prcwved.Qn.o "'"'."' su i$tanza dell'interessato (art. 8) ....,_ il 
Consiglio regionale o H Consiglio pro\linciale, limitatamente alle province 
autonome di Trento e Bolzano (art. 5 e 9).� 

I provvedimenti di tali .consigli; relativamente all'iscrizione, sono 
imipugh�biii dall'interessato e dal procuratore della Repubblica competente 
per territorio, iririainzi al predetto tribunale (art. 17), il quale 
provvede, in camera di consiglio, c�n sentenza (art 19, comma 1). 

ti:>ntfo � 1a sentenza.. del �tribunale gli� interessati�� possono ricorrere 
allaCol'te ci'a~p�nCi (art 19, comma .2). � 

Nella prima.. applicazJ<,>ne ciella 1egge il Presidente del tribunale dei 
capoluoghi..Ili regione () di pr\J~hl,cia �autonoma. nomina un commissario 
Che provvede aU~ formazfone dell'aibo profes�si~nale degli aventi diritto 
(Jill't. 31, somma 1). 

Sempre.in te~i;i; Ili.. prima applicazione, l'iscrizione all'albo -ferme 
restando le disposizioni di cui alle lettere a), b) e d) dell'art. 7 -e quindi 
con esclusione della condizione di cui alla lettera e), relativa al possesso 
dell'abilitazione .all'esercizio della professione -� consentita, su domanda, 
da presentarsi entro sessanta giorni dallJ.a nomina del commissario, ad 
una 1serie di.. soggetti che si� trovino in deteminate condizioni e precisamente: 


� a) ai professori ordinari, straordinari, associati, fuori ruolo e in 
quiescenza che insegnino o abbiano insegnato discipline psicologiche 
nelle univel'.sit� italiane o in 1strutture di particolare rilevanza scientifica 
anche sul piano ..inter:nazio:nale, nonch�. ai ricercatori. e assistenti di ruolo 
in di~cipline psicologiche e ai laureati che ..ricoprono o a�biano ricoperto 
un posto di ruolo presso una istituzione �p:r,i.bblica in materia psicologica 
per i!l cui accesso sia attualmente richiesto il diploma di laurea in 
psicologia; 

o) a �oloro che ricoprono od abbiano ricoperto un posto di ruoio 
presso istituzioni ptibblkhe cdn 1.l�l'attivit� di servizio attinente alla 
psicologia, per il cui accesso sia richiesto il diploma di laurea e che 
abbiano superato un. pubblico concorso, ovvero che abbiano fruito delle 
disposizioni in rnateria di. sanatoria; 

e) ai laureati che da almeno sette anni svolgano effettivamente 
in manie)"a continuativa. attivit� di collaborazione o consulenza attinenti 
ala_ psicologia con J~nti. o istituzioni pubbliche o_ private; 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

470 

d) a coloro che abbiano operato per almeno tre anni nelle discipline 
psicologiche ottenendo riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale 
o internazionale� (art. 32). 

Come risulta dalla precedente espos1z10ne, mentre sono espressamente 
indicati i rimedi proponibili avvers� i provvedimenti dei Consigli 
regionali (o provinciali), nulla � detto per quanto riguarda l'mpugnazione 
dei provvedimenti relativi all'iscrizione, adottati dal Commissario nominato 
dal Presidente del tribunale in sede di disciplina transitoria. 

La questione circa l'individuazione clel giudice avente giurisdizione 
in materia va risolta sulla base dei principi generali secondo i quali va 
affermata la giurisdizione dell'a.g.o. ogni qualvolta l'interessato faccia 
valere una posizione di diritto soggettivo -a meno che non sia legislativamente 
affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo mentre 
va dichiarata la giurisdizione di legittimit� di quest'ultimo quando 
la posizione del privato sia di interesse legittimo. 

La costante giurisprudenza di questa Corte ha sempre affermato che 
il rapporto tra colui che aspira all'iscrizione all'albo professionale e l'ordine 
preposto alla tenuta dell'albo medesimo si identifica con la �dicotomia diritto 
soggettivo-obbligo, anzich� con quella interesse legittimo-potere pubblico. 


Infatti l'ordine professionale non ha facolt� di valutare se la chiesta 
iscrizione corrisponda all'interesse pubblico, ma ha solo il compito di 
verificare se in realt� l'aspirante sia nel possesso dei requisiti appositamente 
voluti dalla legge, in quanto tale possesso � condizione necessaria 
e sufficiente per ottenere l'iscrizione, la qua:le deve essere disposta 
se quei requisiti sussistano e dev-e essere invece negata nel caso contrario 
(Cass. 16 marzo 1978, n. 1322; Cass. �4 ottobre 1983, n. 5998; Cass. 
23 febbraio 1990, n. 1399). 

N� potrebbe essere diversamente, perch� lo 1svolgimento di una 
qualunque attivit� professionale � espressione della generale situazione 
di libert� assicurata dall'ordinamento italiano ad ogni cittadino (art. 4 
Cost.) in ordine alla scelta del lavoro. 

Pu� accadere -come � stato osservato da queste Sezioni Unite (Cass. 
14 ottobre 1983, n. 5998) -che, in un dato momento storico, certe attivit�, 
prima liberamente esercitabili, sembrino bisognose di una regolamentazione 
nell'interesse generale e vengano perci� consentite soltanto a chi 
dimostri di essere 1capace e degno di esercitarle. Ma qualunque diritto, 
appunto perch� tale e non puro arbitrio o irrilevante possibilit� di agire, 
richiede di essere ancorato a determinati presupposti e circoscritto entro 
determinati limiti; l'importante � che, ove ricorrano i presupposti e siano 
oss�rvati i 'limiti, esso possa pienamente esercitarsi. 

Nel caso di specie, mentre non pu� negarsi -anche in virt� dell'esplicita 
previsione normativa -che per quanto riguarda le iscrizioni 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 471 

all'albo professionale ad opera dei competenti Consigli regionali (o provinciali) 
si � in presenza di un diritto soggettivo dell'aspirante, si deve 
ritenere che l'intento di tutelare in via immediata e diretta la posizione 
del cittadino italiano -o del cittadino di uno Stato membro della C.E.E. 

o di uno Stato con cui esiste trattamento di reciprocit� (art. 7, lettera 
a) -sussiste anche nell'ipotesi che l'iscrizione sia richiesta, in periodo 
transitorio, al Commissario nominato dal Presidente del tribunale ai sensi 
dell'art. 31. 
Depongono in tale senso: 

-il confronto con l'iscrizione decisa dai Consigli regionali (o provinciali), 
essendo logicamente incoerente negare l'esistenza di un diritto 
soggettivo all'iscrizione in periodo transitorio, dal momento che anche 
per tale periodo sono richieste le stesse condizioni necessarie per l'iscrizione 
nel periodo � a regime �, ove si eccettui il requisito dell'abilitazione 
all'esercizio della professione di cui all'art. 7, lett. e) (impossibile per 
l'insistenza, per il passato, dell'esame di Stato), sostituito dal possesso 
dei requisiti soggettivi elencati nelle lettere a), b), e) e d) dell'art. 32; 

-le condizioni tassativamente prescritte per far luogo all'iscrizione, 
il cui accertamento non implica valutazioni di carattere amministrativo, 
ossia scelte del comportamento pi� rispondenti all'interesse pubblico, ma 
solo l'individuazione di circostanze 1senza alcun margine di discrezionalit�. 

N� in senso contrario alle raggiunte conclusioni pu� trarsi argomento 
dal fatto che l'art. 32, lett. d) prevede l'iscrizione a favore di soggetti � che 
abbiano operato per a1meno tre anni nelle discipline psicologiche ottenendo 
riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale 
� e cio� sulla base di una previsione per il cui accertamento il 
commissario dispone di potest� discrezionale. 

�� infatti sufficiente osservare che i'accertamento di riconoscimento 
a livello nazionale o internazionale non � indice di discrezionalit� amministrativa, 
allo stesso modo come si � ritenuto che non sussiste tale 
discrezionalit� per il fatto che nscrizione in alcuni albi professionali � 
subordinata all'accertamento del requisito della buona condotta dell'aspirante 
(cfr. giurisprudenza in precedenza citata): si tratta di d~screzionalit� 
tecnica che non incide sul diritto soggettivo dell'interessato all'iscrizione. 

Va, pertanto, confermato il principio gi� altra volta affermato da 
queste S.U. in analoghe controversie (Cass. 20 marzo 1991, n. 2994: Cass.. 
23 dicembre 1991, n. 13866) e va ritenuto che la tutela giurisdizionale delle 
ragioni di colui che chiede, in periodo transitorio, l'iscrizione all'albo 
degli psicologi al commissario nominato dal presidente del tribunale 
ai sensi dell'art. 31 1. 18 febbraio 1989, n. 56, non pu� essere affidata ad 
altri che non sia il giudice ordinario, istituzionalmente competente in 
tutte le controversie su diritti soggettivi (art. 2907 cod. civ. e 1 cod. 
proc. civ.). 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

472 

A lui spetta di provvedere con pienezza di poteri e quindi anche con 
pronunce di condanna ad eseguire l'iscrizione, in quanto non gli sono 
opponibili i noti limiti che la 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, ha posto 
a salvaguardia dell'attivit� discrezionale ammini:strativa. 

Va, quindi, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere 
della controversia e, per l'effetto, in accoglimento del quarto 
motivo di ricorso, va cassata la decisione impugnata e la causa va 
rinviata ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari. 

Passando all'esame dei primi tre motivi di ricorso occorre rilevarne 
l'infondatezza sulla base delle considerazioni che seguono, anche se deve 
correggersi la motivazione della sentenza impugnata. 

Va innanzitutto premesso che -come per la soluzione in ordine 
all'istanza del P.G. sull'integrazione del contraddittorio e per l'esame della 
questione di giurisdizione -occorre prescindere dalla possibilit� di 
applicare in via analogica le disposizioni che di:sciplinano il procedimento 
d'impugnazione disciplinato in ipotesi di iscrizione all'Albo effettuato 
in via ordinaria, una volta costituiti i normali organi e contenuto 
negli artt. 17 e seguenti della 1. n. 56 del 1989. 

Va, poi, rilevato che la questione, relativa alla proponibilit� dell'impugnazione 
con ricorso o con citazione, non pu� essere esaminata 
d'ufficio da questa Corte, trattandosi di questione decisa nel primo senso 
dalla sentenza impugnata e non oggetto di censura in questa sede. 

Dal momento che la disciplina contenuta nelle norme da ultimo 
richiamate si presenta come eccezionale rispetto al regime normale delle 
impugnazioni � di tutta evidenza che -in difetto di una qualsiasi norma 
che tale disciplina richiami -occorre fare applicazione dei principi 
generali dell'ordinamento. 

In base a tali principi � costante, nella giurisprudenza di questa 
Corte, l'affermazione del principio secondo cui le sentenze, anche se 
emesse a conclusione di un procedimento camerale, sono soggette al 
regime d'impugnazione ordinario e quindi � tempestiva l'impugnazione 
che sia proposta entro i trenta giorni dalla notifica della sentenza 
(CassJl25 luglio 1964, n. 2050; Cass. 18 luglio 1973, n. 2102; Cass. 13 otto, 
bre 1986, n. 5980; Cass. 23 febbraio 1990, n. 1399 e successive conformi) ( 

A maggior ragione tale principio si applica in una fattispecie, qua'le 
quella in esame, in cui, nell'assoluto silenzio serbato dagli artt. 31 e ss. 

I. n. 56 del 1989, non � neppure indicato il rito da applicare per l'impugnazione 
avverso il provvedfmento adottato dal Commissario nominato dal 
Presidente del tribunale. 
Ritiene il Collegio di non dovere affrontare tale questione, che non 
viene direttamente in considerazione nella fattispecie in esame, dal momento 
che -attesa la forma della sentenza adottata per la decisione 
avverso il provvedimento del Commissario -'-n-termine per l'appello 

� sempre quello di trenta giorni dalla notificazione della stessa. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA:CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 473 

Tale termine � stato rispettato e la decisione della Corte d'Appello 
che ha dichiarato l'ammissibilit� del gravame non merita censura anche 
se deve coJTeggersi la motivazione della pronuncia che ha invece fondato 
la sua decisione facendo applicazione dell'art. 19 1. n. 56 del 1989, che, 
per quanto � stato in precedenza rilevato, non pu� essere invece invocato. 

Ci� � sufficiente per il rigetto del primo motivo di ricorso. 

N� maggiormente fondato � il secondo motivo di ricorso circa il 
difetto di ius postulan.di dell'Avvocatura dello Stato per la difesa del 
Commissario nominato dal Presidente del Tribunale. 

Il Commissario nominato ai sensi dell'art. 31 � un organo di amministrazione 
attiva dello Stato al quale il legislatore affida limitati e 
ben determinati compiti e, precisamente, la prima formazione dell'Albo 
professionale e la indizione delle prime elezioni dell'organo naturale dell'Ordine. 


N� tale natura dell'organo viene meno per il fatto che la nomina 
� affidata al Presidente del Tribunale o che al Commissario siano affidati
� -nella prima formazione dell'albo -quelli che sono i compiti 
propri dell'Ordine, ove si tenga presente, da un lato, che il Presidente 
svolge, con la nomina del Commissario, attivit� amministrativa e non 
giurisdizionale -e non � raro rinvenire nell'ordinamento l'attribuzione 
ad organi giuriisdizionali di funzioni amministrative -e, dall'altro, che 
in questa prima fase -a differenza del Commissario straordinario che 
viene nominato in caso di scioglimento del Consiglio dell'Ordine ai sensi 
dell'art. 16 1. cit. -il Commissario per la formazione dell'albo, pur 
svolgendo funzioni proprie dell'Ordine, � nominato proprio per la costituzione 
di quest'ultimo, sicch� non pu� ritenersi che lo sostituisca. 

N� alcunch� in contrario pu� ricavarsi -come mostra di ritenere 
la difesa del ricorrente -dalla sentenza di queste S.U. 20 marzo 1991 

n. 2994, che nell'affermare la giurisdizione dell'a,g.o., in sede d'impugnazione 
avverso i provvedimenti relativi alla prima formazione dell'Albo, 
non ha mai affermato che il Commissario abbia la medesima natura 
dell'Ordine professionale che � diretto a costituii-e anche� 1se ha riconosciuto 
che lo stesso -come risulta anche dal precedente � 4 -provvede su 
diritti soggettivi, allo stesso modo dei Consigli degli ordini, ma ci� al 
solo fine dell'individuazione della giurisdizione sulle relative controversie. 
La natura di un organo infatti va individuata non gi� in base alle 
funzioni che svolge, ma in ragione dei modi attraverso i quali � costituito 
ed organizzato. 

Attesa, quindi, la natura di organo straordinario dello Stato del 
Commissario, il Commissario pu� avvalersi -come esattamente rilevato 
dalla sentenza impugnata -del regime processuale di assistenza legale 
e di patrocinio legale valevole ex lege per le Ammini�strazioni dello Stato, 
senza necessit� di. mandato-e senza. �he possa riteneq;,i applicabile 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

474 

l'art. 43 r.d. n. 1611 del 1933, che riguarda la difesa di enti diversi dallo 
Stato. 
Parimenti infondato � il terzo motivo relativo alla mancanza di interesse 
all'impugnazione del Commissario. 

Irrilevante, per quanto in precedenza osservato, � il richiamo agli 
art. 17 e ss. 1. n. 56 del 1989 circa la legittimazione all'impugnazione delle 
decisioni del Consiglio dell'Ordine, i quali, peraltro, ove correttamente 
interpretati, non conducono alle conclusioni volute dal ricorrente. 

E. in proposito da richiamare la costante giurisprudenza di questa 
Corte per la quale, in tema di iscrizione agli albi professionali, contraddittore 
necessario nei procedimenti di impugnazione del relativo provvedimento 
� sempre l'organo che ha provveduto sulla domanda di iscrizione, 
al quale spetta anche il potere di impugnare non gi� il provvedimento che 
lo stesso ha emesso, ma la pronuncia emessa sull'impugnazione in quanto 
� proprio tale organo che � chiamato a difendere, in sede giurisdizionale, 
il provvedimento contro gli attacchi del controinteressato (Cfr., in proposito, 
Cass., Sez. Un., 23 febbraio 1990, n. 1399, ove ampia indicazione di 
ulteriori precedenti). 
Nel caso ,di specie il provvedimento amministrativo � stato adottato 
dal Commissario nominato dal presidente e, pertanto, l'impugnazione 
in sede giurisdizionale non pu� essere proposta che contro di lui, il quale, 
quindi, � anche legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado che 
il provvedimento amministrativo abbia annullato. 

A tali principi si � attenuta la sentenza impugnata e la relativa pronuncia 
non merita censura, anche se va corretta la motivazione nei 
sensi in precedenza esposti, avendo la Corte fatto riferimento all'art. 17 

I. cit. 
Conclusivamente, quindi, va accolto il quarto motivo e vanno rigettati 
gli altri; va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e, per l'effetto, 
la sentenza impugnata va cassata sul punto e la causa va rinviata 
ad altra sezione della Corte d'appello di Bari, la quale provveder� anche 
sulle spese di questa fase di giudizio. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 dicembre 1992, n. 13629 -Pres. Scanzano 
-Rel. Nardino -P. M. Amirante ~conci. conf.) Redaelli (avv. De 
Angelis) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Favara). 

Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Nuovi documenti decisivi non 
prodotti in precedenza per causa di forza maggiore -Produzione � 
Ammissibilit� -Fattispecie. 
(cod. proc. civ., artt. 394' e 395 n. 3). 

Nel giudizio di rinvio � ammessa la produzione di nuovi documenti 
ogni volta che, pur non ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 394, ultimo comma, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 475 

cod. proc. civ., si tratti di documenti decisivi che la parte non aveva potuto 
produrre nelle precedenti fasi di giudizio per causa di forza maggiore, 
la quale sussiste anche quando la parte abbia, senza sua colpa, 
ignorato l'esistenza o il luogo in cui i documenti si trovavano (1). 

(omissis) 1) Con il prinio motivo, denunciando � violazione degli artt. 
395 nn. 1 e 2, 394 ult. comma, 112 secondo inciso e 215 cod. proc. civ., nonch� 
dell'art. 2937 cod. civ.�, il ricorrente sostiene, sulla scorta di alcune pronunce 
di questa Corte, che la produzione di nuovi documenti nel giudizio di 
rinvio deve ritenersi consentita anche nell'ipotesi �(erroneamente pretermessa 
dalla sentenza impugnata)�, in cui siano rinvenuti -come nella 
specie -�documenti decisivi�, la cui �tempestiva produzione sia stata 
impedita da una causa di forza maggiore�, la quale ricorre anche quando 
la parte abbia ignorato senza colpa l'esistenza di tali documenti o il luogo 
in cui essi si trovavano: E se � non poteva concepirsi alcuna preclusione 
formale in sede di giudizio di rinvio (ove il rinvenimento fosse avvenuto 
prima della conclusione della fase istruttoria dello stesso giudizio), 
non poteva correlativamente 'Concepirsi preclusione alcuna in sede di giudizio 
di revocazione proposto nei termini, subito dopo il ritrovamento 
dei documenti, intervenuto dopo la cosa giudicata formale �. 

Il ricorrente denunda un ulteriore errore nella sentenza impugnata, 
non avendo questa considerato che �i rilievi e le difese (eccezioni solo in 

(1) Nell'interpretare l'art. 394 cod. proc. civ. giurisprudenza e dottrina hanno 
sempre sottolineato il carattere chiuso del giudizio di rinvio (per uno studio 
approfondito si veda PROVINCIALI, Il giudizio di rinvio, Padova, 1936; PAVANINI, 
Contributo allo studio del giudizio civile di rinvio, Padova, 1937; RICCI, Il 
giudizio civile di rinvio, Milano, 1967), ammettendo per� la produzione di nuovi 
documenti sia nell'ipotesi (prevista dall'art. 394, terzo comma, ultima previsione 
cod. proc. civ. in cui vi sia la necessit� di nuove conclusioni per effetto 
della sentenza che ha disposto il rinvio, sia nel caso di documenti decisivi non 
prodotti per causa di forza maggiore (Cass., 4 maggio 1963, n. 1104, in Riv. 
dir. proc. 1963, 445; Cass., Sez. Un., 20 novembre 1971, n 3348; Cass., 18 novembre 
1971, n. 3348; Cass., 18 novembre 1987, n. 8454 in Not. giur. lav., 1988, 453 e 
in Giur. it., 1988, I, 1, 1810; Cass., 15 gennaio 1990, n. 116, in Dir. lav., 1990, 
II, 296). 
La sentenza che si annota conferma il suddetto orientamento ammettendo 
l'impugnazione per revocazione della decisione resa nel giudizio di rinvio a 
seguito della scoperta di documenti decisivi che la parte non aveva potuto 
produrre prima, neppure nel giudizio di rinvio, perch� ne ignorava l'esistenza 
senza sua colpa. 

Sul requisito della decisivit� dei nuovi documenti si veda Cass., 22 novembre 
1984, n. 5990, in Foro it., 1985, I, 753 nel senso che esso implica l'idoneit� del 
documento a provocare una decisione diversa o, quanto meno, a mutare sostanzialmente 
un punto decisivo in senso favorevole alla parte che provvede alla 
produzione (Cass., 9 aprile 1984, n. 2299). 



. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

476 

senso generico), contrapposti� dal Redaelli all'eccezione di prescrizione 
sollevata� dall'Amministrazione del Tesoro; riguardavano �fatti e situa� 
zioni � rilevabili d'ufficio,.� nell'ambito del potere del giudice di valutare, 
in sede. di decisione, se l'eccezi�ne sia effettivamente fondata e degna di 
essere accolta �. 

Nessuna ,preclusione, peraltro, poteva essersi verificata nel caso in esame 
a causa della mancata deduzione di �altri fatti interruttivi della 
prescrizione� nei pregressLgiudizi di primo grado e di appello e neppure. 
�sotto il .profilo della .limitazione dell'esame demandato a suo tempo 
al giudice di rinvio � dalla sentenza n. 2661/76 della Corte di Cassazione, 
giacch� il Redaelli non avrebbe. potuto, in detti giudizi, �proporre 
eccezioni in ordine. a ci� che non conosceva � senza sua colpa, o addirittura 
per il dolo ,della controparte, e tanto meno produrre � documenti 
solo ora ritrovati�. 

Con il secondo mezzo di. annullamento il ricorrente denuncia � difetto 
assoluto di motivazione in ordine ai requisiti di ammissibilit� e di fondatezza 
della revocazione proposta ai sensi 'clell'art. 345 � (rectius: art. 
395) � n. 1 e n. 3 cod. proc. civ.�; e addebita alla Corte d'Appello di Roma di 
avere pretermesso, � in dipendenza dell'erronea preclusione affermata ... 
qualsivoglia esame di merito e qualsiasi inizio di motivazione � sui punti 
sopra indicati. 

2) Il primo motivo di ricorso � fondato. 

La sostanziale ratio decidendi della pronuncia impugnata consiste e 
si esauris�ce nell'affermazione che, considerato il carattere � chiuso � del 
giudizio di rinvio e la conseguente impossibilit� di introdurre in esso 
nuove eccezioni nonch� di formulare conclusioni diverse da quelle prese 
nel giudizio definito con la sentenza cassata, non pu� essere soggetta a 
revocazione la sentenza emessa in sede di rinvio �per fatti che quel giudice 
non avrebbe potuto nemmeno esaminare�, ossia per � atti o fatti 
interruttivi della prescrizione � che nei precedenti gradi di giudizio non 
erano stati dedotti. 

Secorido la Corte del merito, in. due soli casi sarebbe .consentita, nel 
giudizio di rinvio, �la prospettazione di nuovi presupposti di fatto�, e precisamente: 
a) in ipotesi di jus superveniens; b) se la necessit� di nuove 
conclusioni sorge dalla sentenza della Cassazione che ha disposto �l rinvio. 


Questi assunti, nella loro assolutezza, non possono essere condivisi. 

A prescindere dal rilievo che i giudici di appello hanno escluso l'ammissibilit� 
dell'impugnazione straordinaria per revocazione unicamente 
in base a norme e principi afferenti al giudizio di rinvio, senza un'adeguata 
considerazione della diversit� -per presupposto e per funzione tra 
i due giudizi, la conclusione da essi accolta � viziata_ da errore .di 
diritto, perch� contrasta con l'ormai 'consolidato orientamento della giu




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 477 

risprudenza di questa Suprema Corte, puntualmente richiamato nel ricorso 
�e nella memoria del �Reda:elli. 

Invero, gi� con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1104 del 4 maggio 
1%3 s� � stabilito che, �n deroga al principio secondo cui nel giudizio di 
rinvio non � ammessa la produzione di nuovi documenti, salvo che ricorra 
l'ipotesi� .considerata. dal comma� terzo, ultima previsione, dell'art; 394 
cod. proc~ civ. (necessita di nuove conclusioni per effetto della sentenza che 
ha disposto il rinvio), la produzione medesima deve ritenersi ammissibile 
qualora si tratti dL documenti decisivi, che la parte non aveva potuto 
produrre. nella precedente fase del giudizio per causa di forza maggiore; 
la. quale �Sussiste anche quando la parte abbia,. senza sua colpa, 
ign,orato l'esistenza o illuogo in cui i documenti si trovavano fino alla data 
di assegnazione a sentenza della causa definita con la pronuncia successivamente 
annullata (con rinvio) dalla Cassazione. 

A giustificazione di tale �deroga� le Sezio.i. Unite .di questa Corte, 
dopo avere osservato che il motivo di revocazione previsto dall'art. ,395 

n. 3 cod. proc..civ .. trova. la sua ratio nell' � interesse al ripristino della giustizia 
sostanziale�, considerato dalla legge �prevalente rispetto alla certezza 
del diritto, che indurrebbe a mantenere ferme le decisioni di merito 
non pi� censurabHi �, hanno persuasivamente ritenuto che lo stesso 
principio �nduce, �a maggior ragione"� ad ammettere che, �qualora una 
vfolaifone della� giustizia sostanziale stia� per essere consumata per effetto 
di una preclusione nella quale la parte sia incorsa senza alcuna 
sua colpa, la preclusione medesima non possa operare�, giacch� l'esigenza 
di evitare intralci o ritavdi alla definizione del processo (cui � 
preordinato il divieto di produzione di nuovi docu:rnenti nel giudizio di 
rinvio), ((� men� imperiosa di quella della certezza del diritto e quindi 
non pu� non essere sacrificata, come lo � quest'ultima con l'impugnazione 
per revocazione, al fine di evitare una decisione ingiusta ;.. �. 
Questi concetti sono stati ripresi e ribaditi nella successiva sentenza 
deMe Sezioni Unite Civili n. 3349 del 20 novembre 1971 (pronunciata 
nella stessa causa), nella quale si � richiamata anche �la regola dell'economia 
dei �giudizi � a sostegno della tes� secondo la quale, ricorrendo 
<< i presupposti dell'art.�395 � n. 3 cod. proc. civ., � possibile � dare ingresso 
di nuovi documenti�, �n sede di rinvio, � �nvece di far luogo ad un successivo 
procedimento per revocazione �. 

Particolarmente importante �n quest'l.dtima sentenza � l'affermazione 
che �, in tal caso, ammissibile non soltanto la produzione di una 
� documentazione nuova �, dimostrativa di vicende rilevanti ai fini del 
decidere, ma anche la � prospettazione di una nuova ragione giuridica, 
basata su deduzioni di fatto in parte nuove �, perch� afferente ad una 
� questione di merito proposta ab origine� e non preclusa per effetto 
di precedente pronuncia giurisdizionale. 

8 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

478 

Nel solco di questo orientamento si pongono le sentenze n. 8454 
del 18 novembre 1987 e n. 116 del 15 gennaio 1990: nella prima, premesso 
che nel � giudizio tendenzialmente chiuso � di rinvio � -di regola preclusa 
la proposizione �di nuove domande ed eccezioni, di nuove prove, 
di conclusioni diverse, intese nell'ampio senso di nuove attivit� 
assertive o probatorie, e sinanche di nuove produzioni documentali �, si 
riafferma che tale principio non opera quando � la tardivit� della produzione 
... sia ascrivibile a ca:si di forza maggiore che giustificherebbero la 
revocazione della sentenza�; nella seconda delle citate pronunce si ammette 
poi la possibilit� che il giudice di rinvio prenda in considerazione 
� fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti e sulle loro pretese, 
senza con ci� violare il divieto di esaminare punti non prospettati dalle 
parti nelle fasi precedenti, a condizione che si tratti di fatti impeditivi, 
estintivi o modificativi intervenuti in un momento successivo a quello 
della loro possibile allegazione nelle fasi pregresse del giudizio di me


rito�. 

� opportuno precisare che con i suesposti principi non contrasta la 
gi� menzionata sentenza n. 1830/82, resa nella presente controversia. 
Con questa pronuncia, infatti, dopo l'indicazione dell'oggetto e dei limiti 
specifici del giudizio di rinvio disposto da questa Corte con fa precedente 
'�sentenza n. 2661/76 (accertare se fosse stata proposta e coltivata dal 
Redaelli una domanda di restituzi01I1e delle merci in sequestro o di pagamento 
del }oro controvalore, essendo -di per s� -priva di efficacia interruttiva 
della prescrizione del relativo diritto la domanda giudiziale di 
declaratoria dell'1llegittimit� del decreto ministeriale), la Corte esplicitamente 
riconosce che la questione di prescrizione era stata affrontata 
e decisa (ovviamente nei limiti delle possibi,li allegazioni delle parti) 
nelle fase precedenti del giudizio, � esistendo nel processo fin dall'inizio �; 
esclude tuttavia che potessero esser presi in esame, in sede di rinvio, 
altri �fatti interruttivi della prescrizione� (costituenti �vere e proprie 
controeccezioni di merito �, e non mere � argomentazioni di diritto sulla 
fondatezza dell'eccezione di prescrizione in s� e per s�), trattandosi di 

� questioni di merito del tutto nuove, la cui proponibi,lit� si era esaurita 
gi� con la proposizione del precedente giudizio di appello �, 

A quest'ultimo riguardo spiega la sentenza che gli � altri atti o fatti 
interruttivi� allegati dal RedaelJi, �quali la prospettata rinuncia tacita alla 
prescrizione da parte dell'Amministrazione, l'istanza diretta dal Redaelli 
per la restituzione delle merci, la potenzialit� interruttiva della risposta 
a detta istanza ecc.�, erano �fatti del tutto diversi da quello costituito 
dalla proposizione della domanda originaria, i quali ben avrebbero 
potuto essere controeccepiti in primo grado o, al massimo, in grado di 
appello, ma che non lo furono per carenza di attivit� difensiva� e che 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 479 

per questa r~solutiva ragione non erano deducibili �per la prima volta 
in sede di rinvio �. 

H pensiero della Corte �, dunque, nel senso che, in applicazione della 
disciplina regolatrice del giudizio di rinvio, era inibito al Redaelli prospettare 
in quella sede fatti ed atti interruttivi della prescrizione nuovi 
(ossia non esposti in precedenza) ma gi� noti alla parte (e quindi deducibili 
nelle pregresse fasi del giudizio), cos� come noti, nella loro esistenza 
e nel loto contenuto, erano i documenti prodotti a prova di tali fatti 
(lettera del Redaelli all'Avvocatura dello Stato in data 29 novembre 1960; 
risposta dell'Avvocatura in data 2 dicembre 1960, asseritamente contenenti 
riconoscimento del debito dell'Amministrazione). 

Ma questo principio, assolutamente corretto in relazione a1la fatti� 
specie decisa, non � estensibile alla domanda di revocazione, fondata su 
documenti diversi da quelli sopra indicati ( � parere � della Commissione 
consultiva per le infrazioni valutarie in data 20 gennaio 1967; �nota� dell'Ufficio 
del contenzioso valutarfo in data 4 giugno 1960, diretta al Gabinetto 
del Ministro), dei quali il Redaelli assume non avere avuto conoscenza 
prima del luglio 1986, perch� in possesso dell'Amministrazione e 
da questa �dolosamente � occultati, sicch� egli non era stato in grado, 
senza sua colpa, di avvalersene per dimostrare che il suo diritto alla 
restituzione (o al pagamento del controvalore) delle merci non era prescritto. 


Alla luce delle suesposte considerazioni l'unica argomentazione addotta 
dailla Corte di Appello di Roma per negaire l'ammissibilit� della impugnazione 
per revocazione (�la sentenza emessa a seguito di rinvio 
non pu� ... essere revocata per fatti che quel giudice non avrebbe potuto 
nemmeno esaminare�) si pone palesemente in contrasto -come si 
� rilevato aill'inizio -con i richiamati principi di diritto ed appare, inoltre, 
gravemente illogica, perch� aiddebita al RadaelH di non avere allegato, 
nelle precedenti fasi de[ processo, � altri atti o fatti interruttivi 
della prescrizione�, senza considerare che non potevano materialmente 
essere dedotti dalil'attore, in replica all'avversa eccezione di prescrizione, 
fatti potenzialmente dotati di efficacia interruttiva che, emergendo da documenti 
asseritamente rinvenuti nel luglio 1986, non potevano essergli 
noti prima del1a scoperta dei documenti stessi. 

Quest'ultimo rilievo dimostra anche l'infondatezza deHa tesi della 
resistente, la quale suMa scorta della sentenza impugnata (ed indicando, 
per giunta, erroneamente i documenti in questione), sostiene che il Redaelli 
non avrebbe adempiuto �l'onere di arlegazione dei fatti addotti 
a sostegno delle eccezioni �. 

N� ha maggior pregio l'opinione, espressa nel controricorso deM'Amministrazione 
del Tesoro, secondo cui la sentenza deHa Corte di Appello 
di Roma 21 giugno 1980 non sarebbe soggetta a revocazione, non poten




480 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dosi �riaprire il processo civile dopo una sentenza di rigetto (o di cassazione 
senza rinvio) � detla Suprema Corte, per effetto della quale �il 
giudizio si � defirutivamente concluso �. 

A sostegno di tale assunto non � invocabille la disposizione del quarto 
comma dell'art. 395 cod. proc. civ., la quale regola l'ipotesi del (possibile) 
concorso tra domanda di revocazione e ricorso per cassazione contro 
la medesima sentenza (ipotesi che nella specie non ricorre), ma non autorizza 
a ritenere che la sentenza di appeUo, ove sia formalmente passata 
in giudicato a seguito del rigetto del ricorso per cassazione proposto 
contro di essa, resti sottratta al!l'impugnazione per revocazione straordinaria, 
fondata su un evento cronologicamente successivo alla sentenza 
stessa e consistente nel rinvenimento di �documenti decisivi, che la parte 
non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore 

o per fatto dell'avversario� (art. 395 n. 3 cod. proc. civ.). 
Proprio per il suo carattere di rimedio processuale straordinario, la 
domanda di revocazione di cui all'art. 395 n. 3 � proponibile anche nei 
confronti di una sentenza di appello passata formalmente in giudicato 
(e presuppone in ta:l caso ravvenuta conolusione del processo). N� ha 
alcuna rilevanza ai fini dell'ammissibilit� di detta impugnazione, come 
autorevole dottrina ha osservato, che ill giudicato si sia formato per decorso 
del termine prescritto per la proposizione del ricorso per cassazione 
ovvero per effetto della reiezione del ricorso medesimo da parte della 
Suprema Corte (cfr. anche Cass. 28.6.1951 n. 1727, in cui -tra l'altro si 
afferma che � J'esito negativo del ricorso per cassazione non preclude 
alla ... parte che lo ha proposto la facolt� di proporre istanza per revocazione, 
se non siano decorsi i termini previsti dagli artt. 325, 326 e quello 
di decadenza previsto dall'art. 327 cod. proc. civ.�). 

Ritiene, in definitiva, il Collegio che non sussiste 1a preclusione, erroneamente 
ravvisata dal!la Corte del merito, all'ammissibilit� della 
impugnazione per revocazione deMa sentenza 21 giugno 1980, deducendo 
il Redaelli una situazione puntualmente corrispondente, in astratto, a 
quella prevista dall'art. 395 nn. 1 e 3 cod. proc. civ. Egli, infatti, denuncia 
-come si � gi� detto -la scoperta di documenti, a suo dire, decisivi, che 
non aveva potuto produrre nelle fasi precedenti del processo, e neppure 
nel giudizio di rinvio concluso con la suddetta sentenza, perch� dolosamente 
� celati � dalla controparte e, comunque, da lui ignorati senza colpa 
fino al lugHo 1986; ed assume di non aver potuto di conseguenza, svolgere 
deduzioni e difese fondate suHe risultanze di quei documenti che, ove 
fossero state conosciute ed esaminate dai giudici del merito, avrebbero 
condotto ad una decisione diversa in quanto alla prescrizione del diritto 
controverso. 

Quest'ultima puntualizzazione � essenziale. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 

Poich� lo strumento della revocazione straordinaria non pu6 essere 
utMizzato per porre rimedio, dopo Qa pronuncia della sentenza, ad errori 

o negligenze della parte nell'assolvimento dell'onere probatorio n� pu� 
servire per ampliare il thema decidendum mediante la proposizione, 
sulla base dei documenti ritrovati, di questioni o ragioni giuridiche 
mai prima prospettate e. dibattute, la proponibilit� dell'istanza per 
revo�azione dovrebbe essere esclusa in radice, ove �ll contenuto dei� suddetti 
documenti non si riferi:sse direttamente ai fatti posti a fondamento 
della sentenza di cui si chiede la revocazione e non in�idesse in modo 
decisivo sulla soluzione delle questioni di merito rispetto alle quali 
l'istante � rimasto soccombente. 
Nel caso di specie il dibattito processuale si � incentrato � fin dall'inizio 
� (come ha correttamente rilevato Cass. n. 1830/82) sull'eccezione 
di prescrizione, sollevata dall'Amministrazione del Tesoro, e sulle repliche 
(o � controeccezioni �) dell'attore tese a dimostrare che il diritto dedotto 
in giudizio non era ancora estinto per essere intervenuti atti o fatti 
interruttivi della prescrizione. 

Ne consegue che la nuova produzione documentale e l'attivit� difensiva 
su di essi fondata si inseriscono puntualmente nell'ambito della 
materia affrontata e decisa con la sentenza 21 giugno 1980, sicch� non 
sussiste alcuna preclusione, neppure sotto il profilo da ultimo considerato, 
alla proposizione della domanda di revocazione, con la quale -giova 
ribadirlo -i!l Redaelli fa valere una causa interruttiva ulteriore e 
diversa sia da quella prospettata ad initio e ritenuta irrilevante da 
questa Corte (proposizione della domanda giudiziale di declaratoria dell'illegittimit� 
del decreto ministeriale di confisca) sia da quella basata su 
fatti e documenti gi� noti al Redaelli e perci� non deduciMli per la 
prima volta, nel giudizio di rinvio. 

In tale situazione la Corte d'Appello di Roma avrebbe dovuto non 
gi� dichiarare finammissibilit� della revocazione per una preclusione 
insussistente, ma procedere aUa verifica, in concreto, dei presupposti 
dell'impugnazione, accertando in particolare se effettivamente i documenti 
di cui trattasi non erano conosciuti (n� conoscibili con l'ordinaria 
diligenza) dal Redaelli prima della seconda met� di luglio del 
1986; se l'istanza per revocazione straordinaria � stata proposta nel 
termine perentorio prescritto dagli artt. 325 e 326 cod. proc. civ.; se il contenuto 
dei documenti � �decisivo� (nel senso innanzi precisato). Ed in 
esito a questi accertamenti la stessa Corte avrebbe dovuto adottare i provvedimenti 
conseguenziali in ordine all'istanza. 

Si deve, pertanto, cassare l'impugnata sentenza, in accoglimento per 
quanto di ragione -del primo motivo di ricorso, con la precisazione 
che non ha il minimo fondamento la censura del ricorrente secondo 
cui la Corte del merito, nell'esercizio del potere-dovere di controllare 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

482 

la fondatezza deH'eccezione della convenuta, avrebbe dovuto rilevare 
d'ufficio � fatti e situazioni� idonei a contrastarila. La Corte ha, infatti, 
accolto l'eccezione di prescrizione in base alla mera constatazione del 
decorso del periodo di tempo previsto dalla legge, senza l'intervento 
di validi atti interruttivi. N� si comprende come quei giudici avrebbero 
potuto rilevare �fatti e <situazioni� mai allegati dalla parte interessata 
e che, emergendo da documenti asseritamente rinvenuti solo nel luglio 
del 1986, erano ignoti allo stesso Redaelli. 

L'accoglimento del primo mezzo comporta l'assorbimento del secondo. 

11 giudice di rinvio -che si designa in una diversa Sezione della 
Corte romana -si uniformer� agli enunciati principi di diritto e 
proceder� al riesame della controversia compiendo gli accertamenti di 
cui si � detto e provvedendo in esito ad essi sull'istanza di revocazione. 




SEZIONI! QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 14 ottobre 1992, n. 13 -Pres. Crisci � 
Est. Perricone -Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento 
della Funzione Pubblica (avv. Stato Criscuoli) c. Laruccia e altro 
(n.c.). 

Giustizia amministrativa -Regolamento di competenza -Mancato deposito 
dell'atto di autorit� centrale impugnato -Inammissibilit� Esclusione. 


Giustizia amministrativa -Regolamento di competenza -Deferimento dell'intera 
controversia ad un unico giudice -Contestuale impugnativa 
di atti fra loro collegati -Condizioni. 

Nel giudizio per regolamento di competenza, il mancato deposito a 
cura della parte istante dell'atto di autorit� centrale impugnato in primo 
grado, non comporta, di per s�, il rigetto dell'istanza per mancanza di 
prova: infatti, qualora il provvedimento impugnato non sia stato depositato, 
lo stesso pu� essere richiesto, in tempi brevi, dal giudice della 
competenza (1). 

Il deferimento dell'intera controversia ad un unico giudice, competente 
a pronunciarsi sulla legittimit� dell'atto a carattere normativo, �, 
in linea generale, ammissibile nel caso di contestuale impugnativa di 
atti fra loro collegati con un asserito nesso di conseguenzialit�, nel senso 
che l'atto presupposto costituisca un atto amministrativo a contenuto 
generale la cui invalidit� sia considerata a sua volta causa invalidante 
conseguenziale. 

La prima questione sottoposta all'esame dell'Adunanza Plenaria consiste 
nel determinare se il mancato deposito a cura della parte istante 
dell'atto di autorit� centrale impugnato, in primo grado, e precisamente 
della circolare del Ministero per la funzione pubblica 19 luglio 1986 

n. 50720/6.28.2, comporti di per s� il rigetto della istanza per mancanza di 
prove. 
(1) La sentenza in esame modifica un indirizzo giurisprudenziale recente 
del Consiglio di Stato, secondo il quale, in sede di regolamento di competenza, 
il mancato deposito a cura della parte istante dell'atto di autorit� centrale 
impugnato in primo grado comportava, di per s�, il rigetto dell'istanza per 
mancanza di prove: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 gennaio 1991, n. 22 e 22 gennaio 
1991 n. 28, in Il Cons. Stato 1991, I, p. 4 e 6. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

484 

In tal senso si sono pronunziate alcune decisioni del Consiglio di 
Stato, (Sez. IV, 22 gennaio 1991, n. 28, 9 gennaio 1991, n. 22 e 20 maggio. 
1987, n. 295). 

Occorre dunque verificare se l'accennato indirizzo possa essere o 
meno condiviso, con specifico riferimento alle circolari ministeriali, e se 
la particolare speditezza del procedimento per regolamento di competenza 
-che, per esempio, comporta l'impossibilit� di una integrazione 
del contraddittorio (da ultimo, Sez. VI, 13 settembre 1990, n. 809) -imponga 
l'onere, per l'istante, di depositare in giudizio l'atto su cui fonda la 
sua richiesta. 

In proposito, vanno prese in esame le disposizioni vigenti per il giu.
dizio amministrativo in genere, per accertare se e in qual misura esse 
siano applicabili anche al particolare processo per regolamento di competenza. 


Come � noto l'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, al secondo 
comma, prevede che unitamente al ricorso sia depositata copia del 
provvedimento impugnato o, quanto meno, sia fornita prova del rifiuto 
dell'Amministrazione di rilasciare copia del provvedimento medesimo. 
Ma, al comma successivo, precisa che la mancata produzione di copia del 
.provvedimento impugnato non implica decadenza. 

In altri termini, innovando sulla normativa precedente eccessivamente 
formalista, il sistema delineato dalla citata legge 6 dicembre 1971, 

n. 1034, ha escluso che la omessa produzione dell'atto oggetto del ricorso 
possa costituire causa di inammissibilit�. 
La copia dell'atto impugnato potr�, in ogni caso, essere acquisita nel 
corso del. giudizio. A tale fine �. previsto che l'Amm�nistrazione depositi 
il provvedimento all'atto della costituzione in giudizio (comma 4) o, in 
mancanza, che il Presidente ne ordini la esibizione (comma 5). 

� stato ritenuto che all'applicazione di tali principi, anche nell'ambito 
del procedimento per regolamento di competenza, osterebbe la particolare 
speditezza che la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (art. 31) ha voluto 
imprimere a tale procedimento: sicch� dovrebbe escludersi la possibilit� 
di qualsiasi intervento istruttorio. 

Ora, il procedimento per regolamento di competenza, cos� come 
regolato dall'art. 31 surrichiamato, appare indubbiamente ispirato a criteri 
che, nel rispetto di rigorosi forme e termini, ne assicurino la massima 
speditezza. La quale cosa risponde, del resto, ad esigenze connaturali a 
tale tipo di procedimento che, inserendosi in un giudizio in corso e determinandone 
la sospensione, deve svolgersi in tempi ristretti, affinch� non 
venga eccessivamente ritardata la decisione di merito. 

Tuttavia nessuna disposizione vieta che anche nel processo per regolamento 
di competenza sia applicato il principio secondo cui la mancata 
produzione dell'atto impugnato non ha effetto preclusivo_ o,_ comun




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

que, sfavorevole alla parte interessata; principio innovatore di carattere 
generale, che � stato introdotto, come si � accennato, al fine di eliminare 
eccessivi formalismi, avendo maggior riguardo alla sostanza della contesa. 

Qualora, pertanto, il Consiglio di Stato ritenesse indispensabile, ai fini 
della pronunzia sulla competenza, l'acquisizione di una circolare ministeriale 
(che del resto � normalmente pubblicata), non si vede perch� 
non potrebbe ordinarne l'esibizione �nel tempo e nei modi opportuni>>, 
e cio�, date le esigenze di celerit� proprie del processo per regolamento 
di competenza, imponendo termini molto brevi. 

Si noti, del resto, che nei procedimenti cautelari, i quali devono 
svolgersi con il massimo di celerit� per la possibilit� del verificarsi di 
danni gravi e irreparabili, � stato sempre ammesso, in termini compatibili 
con la natura di tali procedimenti, lo svolgimento di attivit� istruttorie. 


Altrettanto e a maggior ragione deve ammettersi l� dove si tratti di 
un giudizio mirante a determinare la competenza o meno del giudice 
adito: giudizio che se pu� provocare qualche ritardo, non per questo, in 
assenza di qualsiasi elemento rinvenibile nella normazione, appare idoneo 
a giustificare una grave deroga a regole di carattere generale. 

Di conseguenza, l'Adunanza Generale ritiene che, qualora il provvedimento 
impugnato non sia stato depositato, il provvedimento stesso 
possa essere richiesto, in tempi brevi, dal giudice della competenza. 

La seconda questione sottoposta all'esame dell'Adunanza Plenaria 
consiste nello stabilire se in materia di diritti patrimoniali inerenti a 
rapporto di pubblico impiego e, quindi, in sede di giurisdizione esclusiva, 
l'impugnazione di una circolare emanata da un Organo Centrale dello 
Stato sia di per s� idonea a radicare la cm;npetenza del Tribunale Amministrativo 
Regionale del Lazio, con sede in Roma, ai sensi dell'art. 3 u.c. 
legge 6 dicembre 1971, n. 1034. 

Nella specie, in uno con il provvedimento del Comune di Taranto 
d� diniego di corresponsione di rendita vitalizia, � stata impugnata la 
circolare del Ministero per la Funzione Pubblica 19 luglio 1986 numero 
50720/282, sulla base della quale il provvedimento � stato adottato, ed 
� stata chiesta la declaratoria del diritto a tale rendita. 

Va ricordato che questo Consiglio, giudicando in sede di regolamento 
di competenza, ha in pi� occasioni affermato che la connessione per 
accessoriet� d� luogo all'attrazione della causa relativa all'atto conseguente 
o applicativo nel foro della causa dell'atto presupposto generale, 
sempre che l'impugnazione dei due atti sia contestuale (Ad. PI. 19 aprile 
1977, n. 5 e Sez. VI, 16 giugno 1978, n. 746). Dato che l'oggetto della controversia 
deve essere considerato in relazione al titolo della domanda, � 


486 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

stato anche affermato che la riunione delle cause con spostamento di competenza 
pu� aver luogo soltanto se la impugnativa investe pure l'atto 
presupposto generale e deduce l'illegittimit� derivata dell'atto conseguente 

o applicativo (Sez. VI, 7 marzo 1978, n. 325); e non se l'atto prosupposto 
venga soltanto menzionato nell'atto impugnato come premessa procedimentale 
del provvedimento lesivo (Sez. VI, 21 giugno 1977, n. 669). 
Nelle varie ipotesi considerate dalla giurisprudenza amministrativa, 
perci�, il deferimento dell'intera controversia ad un unico giudice (quello 
competente a pronunciarsi sulla legittimit� dell'atto a carattere normativo) 
� stato in linea generale ravvisato ammissibile nel caso di contestuale 
impugnativa di atti fra loro collegati con un asserito nesso di conseguenzialit�, 
nel senso che l'atto presupposto costituisca un atto amministrativo 
a contenuto generale la cui invalidit� sia considerata a sua volta 
causa invalidante conseguenziale. 

Con riguardo alla fattispecie, si � prospettato il dubbio che nell'ambito 
di un giudizio concernente diritti patrimoniali relativi a rapporto di 
pubblico impiego o comunque rientranti nella giurisdizione esclusiva, 
l'impugnazione di circolari esplicative o interpretative, sia inidonea a determinare 
la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio 
(Sez. V, 26 maggio 1990, n. 464; Sez. VI, 17 ottobre 1988, n. 1121; Sez. VI, 
10 giugno 1987, n. 375 e 9 giugno 1986, n. 407). 

I 

Infatti, in materia di pretese patrimoniali del pubblico dipendente 
(come d'altronde di diritti soggettivi in genere) il concreto atto di deter


I

minazione del trattamento economico della singola indennit� spettante r~ 
avrebbe natura di atto paritetico. D'altra parte le circolari esplicative o 1:: 
interpretative di norme di legge o di accordo collettivo recepito in un 

I

regolamento non avrebbero alcun contenuto provvedimentale e sarebbero 
inidonee ad incidere sul diritto azionato. L'impugnazione di detti atti non 

I 

sarebbe necessaria, e sarebbe comunque irrilevante ai fini della decisione 

II

sulla pretesa dedotta in giudizio. 

Secondo tale orientamento, per ritenere inoperante il foro speciale 
(ma il rilievo sembra valido per qualsiasi altro foro territoriale) in ragione 
della impugnativa di una circolare contestualmente al conseguente atto ~ 
� applicativo � dell'organo periferico, dovrebbe necessariamente sussistere 
una stretta connessione tra le due impugnazioni; connessione che non pu� 
che individuarsi nel rapporto di pregiudizialit� necessaria della decisione 
sull'impugnazione della circolare rispetto a quella relativa all'atto applicativo. 


Al riguardo, l'Adunanza Plenaria osserva che il giudizio sulla natura e 

sulla efficacia della circolare del Ministro per la Funzione Pubblica, nonch� 

sulla influenza che essa ha potuto esercitare sulle determinazioni del 

Comune di Taranto, appartiene al merito della controversia. Il giudice della 

I 

I 

I 

I

I 

I 


488 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 


fini dell'invalidazione in via derivata della determinazione del Comune di 

I 
I 
ID 

Taranto. La circolare, pertanto, appare obiettivamente non estranea ma 
pertinente al provvedimento impugnato e costituisce nell'articolazione della 
domanda, possibile causa invalidante dell'atto del Comune di Taranto. 
Di conseguenza, la competenza a conoscere della controversia in esame 

I

spetta al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con sede in Roma. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969 -Pres. Paleologo Est. 
Tumbiolo -Palermo ed altro (avv. Palermo) c. Ministero di Grazia 
e Giustizia ed altri (Avv. Stato Cingolo). 

Atto amministrativo -Legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 25 e art. 31 -Accesso 
ai documenti -Operativit� � Entrata in vigore dei decreti ex 
art. 24 stessa legge � Necessit� 

Atto amministrativo � Accesso ai documenti � Entrata in vigore d.P .R. 27 
giugno 1992, n. 352 � .Effetti . Immediata e piena operativit� del diritto 
� Esclusione. 

In base al disposto dell'art. 31 della legge 7 agosto 1990, n. 241, le norme 
sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V hanno 
effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della 
stessa legge, e, quindi, di tutti i regolamenti previsti da tale norma, sia 
governativi che ministeriali (1). 


L'emanazione del d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento 
per la disciplina delle modalit� di esercizio e dei casi di esclusione del 
diritto di accesso ai documenti amministrativi, non conferisce immediata 
e piena operativit� al diritto stesso: nelle more dell'adozione dei regolamenti 
ministeriali concernenti le categorie da sottrarre all'accesso, e in 


(1) Cfr. negli stessi termini della sentenza in esame, Cons. Stato, Sez. VI, 
9 settembre 1992, n. 630 che segue; Cons. Stato Sez. IV, 6 maggio 1992, 
n. 499 in Il Cons. Stato, 1992, p. 693; Cons. Stato, Sez. VI, 27 marzo 1992, n. 193, 
in questa Rassegna, 1992 I, 93, con nota di A. CINGOLO e in Giur. lt., 1992, p. Ili, 
p. 878, con nota critica di CANNADA BARTOLI. 
In dottrina, sull'argomento R. VILLATA, Ulteriori orientamenti giurisprudenziali 
sull'art. 25 della legge 241 del 1990, in Dir. proc. amm., 1991, 791; negli 
stessi termini della giurisprudenza del Consiglio di Stato, si veda F. CuocoLo, 
Commento agli artt. 22 e 24 legge n. 241 del 1990, nel volume a cura di V. ITALIA 
e M. BASSANI, Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti, 
Milano, 1991, 407 ss.; P. ALBERTI, L'accesso ai documenti amministrativi, in 
ALBERTI e Autori vari, Lezioni sul procedimento amministrativo, Torino, 1992, 
121 ss.. Nel senso, invece, che la legge 241 del 1990 non subordinerebbe l'entrata 
in vigore delle norme sul diritto di accesso alla data di adozione dei regolamenti 
cfr. E. CANNADA-BARTOLI, Brevi note sull'accesso ai documenti amministra� 
tivi, in Foro Amm., 1991, 2655. 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 489 

ogni caso non oltre un anno a decorrere dal 13 agosto 1992, data di entrata 
in vigore del d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento per la 
disciplina delle modalit� di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di 
accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, secondo 
comma, della suddetta legge n. 241, il diniego di accesso non pu� essere 
opposto con provvedimento motivato in relazione alle esigenze di salvaguardia 
degli interessi di cui al summenzionato art. 24 e con riferimento 
ai criteri delineati all'art. 8 dello stesso regolamento governativo. 

1. -Va anzitutto dichiarata la cessazione della materia del contendere 
nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per avvenuto 
rilascio dei documenti richiesti dagli appellanti. 
2. -Per il resto, l'appello � infondato. 
Invero, come la Sezione ha gi� avuto modo di affermare (6 maggio 
1992, n. 499), l'art. 31 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispone espressamente 
che le norme sul diritto di accesso di cui al capo V della legge 
medesima hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui 
all'art. 24. 

La norma, dunque, subordina la stessa esistenza e l'esercizio del diritto 
di accesso all'entrata in vigore dei cennati decreti e non alla scadenza 
del termine semestrale previsto, termine che, peraltro, non � qualificato 
n� pu� ritenersi perentorio, siccome inerente all'esercizio di indefettibili 
poteri regolamentari. 

Anche la Sezione VI di questo Consiglio ha espresso l'avviso che la 
applicabilit� del particolare procedimento introdotto dall'art. 25, comma 5, 
della legge n. 241 del 1990 resta temporaneamente bloccata dalla prescrizione 
dell'art. 31, in base alla quale � le norme sul diritto di accesso ai 
documenti amministrativi di cui al capo V hanno effetto dalla data di 
entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della legge� (cfr. VI, 9 settembre 
1992, n. 630; 27 marzo 1992, n. 193). 

3. -Nelle more del giudizio � entrato in vigore il d.P.R. 27 giugno 
1992, n. 352, contenente il regolamento per la disciplina delle modalit� di 
esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti 
amministrativi, in attuazione dell'art. 24, comma 2, della legge n. 241 
suindicata. 
L'emanazione di tale regolamento non conferisce, per�, immediata e 
piena operativit� al diritto azionato dagli appellanti. 

Invero, a parte il fatto che il rifiuto dell'Amministrazione � anteriore 
all'entrata in vigore del d.P.R. n. 352 del 1992, l'art. 31 della legge n. 241 
del 1990, secondo cui le norme sul diritto di accesso hanno effetto dalla 
data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24, si riferisce chiaramente 
a tutti i regolamenti previsti dall'art. 24, sia governativi che ministeriali. 
Se il legislatore avesse voluto riferirsi soltanto ai primi, avrebbe 


490 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I

fatto riferimento soltanto ai decreti di cui al comma 2 dell'art. 24 e non, 

I ~ 

globalmente, ai �decreti di cui all'articolo 24 �. 

E, proprio per tale motivo, l'art. 13 del regolamento governativo ha 
disposto che � nelle more dell'adozione dei regolamenti ministeriali concernenti 
le categorie di documenti da sottrarre all'accesso, e in ogni caso fil 
non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, 
il diniego di accesso pu� essere opposto con provvedimento motivato dal 
Ministro, per le amministrazioni dello Stato, e dall'organo che ha la legale 
rappresentanza dell'ente, negli altri casi, in relazione alle esigenze di salvaguardia 
degli interessi di cui all'art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 
1990, n. 241, e con riferimento ai criteri delineati all'art. 8 �. 

Non si tratta di una sostanziale proroga di termini, come ritiene 
l'Avvocatura dello Stato, ma di una autodisciplina, della durata di un anno, 
intesa a mitigare gli effetti negativi di un eventuale eccessivo ritardo nella 
adozione dei regolamenti ministeriali. 

Il regolamento governativo (d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352) � stato pubblicato 
nella G. U. del 29 luglio 1992 ed � entrato quindi in vigore il 
13 agosto 1992, per cui, a decorrere dal 13 agosto 1993, � l'accesso non pu� 
essere negato se non nei casi previsti dalla legge�, come precisa il comma 
2 del richiamato art. 13 del d.P.R. n. 352. 

Nel frattempo, il diniego di accesso pu� essere opposto con provvedimento 
motivato e con riferimento ai criteri delineati all'art. 8 dello stesso 
regolamento governativo. E ci�, ovviamente, a decorrere dalla data di 
entrata in vigore di quest'ultimo (13 agosto 1992). 

Va sottolineato, a tal riguardo, che l'Amministrazione deve far riferimento 
ai criteri delineati nell'art. 8, che disciplina i casi di esclusione 
dell'accesso. 

Pertanto, nei casi in cui vi siano gi� stati, prima dell'entrata in vigore 
del suindicato regolamento, casi di diniego di accesso, tacito od espresso 
(motivato o immotivato), occorre una nuova richiesta dell'interessato. Ci�, 
non soltanto perch� l'Amministrazione, alla luce della disciplina transitoria 
contenuta nell'art. 13 del d.P .R. n. 352 del 1992, deve attenersi, in caso di 
diniego, ai criteri delineati all'art. 8 del recente provvedimento governativo, 
esplicitando il motivo del diniego stesso, ma anche perch� il termine di 
giorni trenta previsto, dall'art. 25, comma 4, della 1. n. 241 del 1990, per la 
formazione del silenzio-rifiuto, non pu� che decorrere dalla data di presentazione 
della nuova richiesta, a seguito dell'entrata in vigore (13 agosto 
1992) del d.P.R. n. 352. 

Ci� posto, occorre, nel caso di specie, che gli appellanti rinnovino la 
richiesta di accesso, alla luce della normativa transitoria introdotta dall'art. 
13 del richiamato d.P.R. n. 352 del 1992, impugnando quindi avanti 
al T.A.R. l'eventuale provvedimento di diniego ovvero il silenzio-rifiuto. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 491 

4. -L'appello va perci� respinto, salvo che per la parte in cui � proposto 
contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la quale va 
dichiarata la cessazione della materia del contendere. 
CONSIGLIO DI STATO -Sez. VI, 9 settembre 1992, n. 630 -Pres. La


schena -Est. Adamo -Ministero Pubblica Istruzione (Avv. Stato Cin


golo) c. Monari (n.c.). 

Atto amministrativo -Legge 7 agosto 1990, n. 241, artt. 10, 22, 24, 25 e 
31 -Diritto di accesso ai documenti � Contenuto � Operativit� � Limiti. 

Il diritto di cui all'art. 10 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dei soggetti 
partecipanti al procedimento di prendere visione degli atti del medesimo 
si configura come lo stesso diritto di accesso ai documenti amministrativi 
di cui all'art. 22 della suddetta l. n. 241, avendo entrambe le ipotesi 
normative lo stesso scopo di assicurare la trasparenza dell'attivit� ammi~
istrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale; di conseguenza, il 
diritto di accesso � unico e pu� vantare assicurazione in sede giurisdi: 
zionale secondo lo speciale procedimento regolato dall'art. 25, quinto comma, 
l. n. 241, con il puntuale limite prescritto dall'art. 31, stessa legge, 
'Secondo il quale le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi 
hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui 
all'art. 24 della pi� volte menzionata l. n. 241 del 1990 (l). 

Dei tre motivi di appello della sentenza impugnata, dedotti dall'Amministrazione 
e che riproducono le altrettante eccezioni di inammissibilit� 
sollevate in primo grado avverso l'atto introduttivo del ricorso della 
prof.ssa Maria Monari, inteso ad ottenere la declaratoria del proprio 
diritto a prendere visione della documentazione relativa al procedimento 
concernente l'esito (negativo) del periodo di prova quale docente di 
filosofia nelle scuole secondarie superiori e l'ordine di esibizione dei documenti 
richiesti, conviene trattare per ragioni di ordine logico, in via 
prioritaria, il terzo motivo. 

Con tale motivo la sentenza viene censurata perch� il ricorso della 
Monari avrebbe dovuto essere dichiarato dal Tribunale amministrativo 
inammissibile, in quanto la docente avrebbe dovuto rivolgersi, per ottenere 
i documenti desiderati, non al Provveditorato agli studi di Mantova 
bens� al Ministero della pubblica istruzione. Era stata partecipata dal 
Provveditorato agli studi all'insegnante, invero, l'avvenuta trasmissione 
al Ministero, a norma dell'art. 59 del d.PR. 31 maggio 1974, n. 417, degli 

(1) Si veda, sull'argomento, la nota redazionale alla sentenza del Consiglio 
di Stato, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969 che precede. 

492 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

atti comprovanti l'esito sfavorevole della prova, con la proposta di ripetizione 
della stessa nel successivo anno scolastico. 
La censura � fondata alla luce della normativa che disciplina la 
fattispecie. 

L'art. 8 della 1. 7 agosto 1990, n. 241, stabilisce che l'Amministrazione 
debba dare notizia ai soggetti, nei confronti dei quali il provvedimento 
finale � destinato a produrre effetti diretti, dell'avvio del relativo procedimento 
mediante comunicazione personale, che deve, tra l'altro, indicare 
�l'Amministrazione competente�. 

Il citato art. 59 del d.P.R. 4 luglio 1974, dispone, a sua volta, che, in 
caso di esito sfavorevole della prova del personale della Scuola statale 
appartenente ai ruoli nazionali, sia il Ministro della pubblica istruzione, 
sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, competente a 
�concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire 
maggiori elementi di valutazione in ordine alle capacit� ed al rendimento, 
dell'insegnante in prova �, 

Risulta, quindi, evidente che la Mmi.ari attraverso la cennata comunicazione 
del Provveditorato agli studi, era stata messa in condizione di 
conoscere che l'Autorit� competente a concludere il provvedimento di 
rinnovo del periodo di prova era il Ministero della pubblica istruzione e 
non gi� il Provveditorato agli studi (come, del resto, previsto dalla legge). 
Ella avrebbe dovuto rivolgere, perci�, la istanza di prendere visione degli 
atti del procedimento al Ministero e non al Provveditorato. 

La rilevanza di siffatta circostanza sarebbe sufficiente, di per s�, a 
ritenere inammissibile il. ricorso al Tribunale amministrativo. Tuttavia, 
sembra opportuno precisare che l'inammissibilit� del ricorso di primo 
grado deriva anche dalle ragioni dedotte dall'Amministrazione appellante 
con i primi due motivi dell'appello, ragioni che vanno parzialmente 
condivise. 

Non pu� condividersi, infatti, l'assunto che l'azione proposta dalla 
Monari sia inammissibile in radice in quanto sarebbe diversa da quella 
contemplata dall'art. 25, quinto comma, della legge n. 241 del 1990, dato 
che non atterrebbe alla tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi 
di cui al Capo V della legge ma al differente diritto dei destinatari 
del provvedimento finale a poter visionare gli atti del procedi


mento stesso. 

La � salvezza � contenuta nella lett. a) dell'art. 10 della legge relativa 
al diritto dei soggetti partecipanti al procedimento di prendere visione 
degli atti del medesimo e concernente l'osservanza delle statuizioni di 
cui al successivo art. 24 -e cio� di una norma facente parte del Capo V 
della legge che disciplina l'accesso ai documenti amministrativi -� 
indubbio segno della complementariet� della intera normativa del detto 
Capo V rispetto a quella del Capo III. Peraltro, per quanto riguarda il 



PARTE I. SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

� diritto a prendere visione degli atti del procedimento � � del tutto evidente 
che esso si configuri con riferimento ai soggetti partecip~nti al 
procedimento, come il medesimo diritto di accesso (ai documenti amministrativi) 
di cui all'art. 22, analogo essendo lo scopo del riconoscimento 
del diritto contemplato negli artt. 10 lett. a) e 22. In entrambe le ipotesi 
normative fine del riconoscimento del diritto �, infatti, quello di � assicurare 
la trasparenza dell'attivit� amministrativa e di favorirne lo svolgimento 
imparziale per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti�. 

Unico essendo il diritto (d� accesso) previsto nei due articoli menzionati 
non risulta esatta l'osservazione del primo giudice che il Capo III 
�non contempla le forme di tutela del diritto di accesso agli atti e documenti 
di cui al predetto punto a) � dell'art. 10 e che, quindi, in mancanza 
di disposizioni specifiche il predetto diritto possa vantare assicurazione 
in sede giurisdizionale secondo lo speciale procedimento regolato dall'art. 
25, quinto comma, della legge. Il rito abbreviato contemplato in 
quest'ultimo articolo risulta, infatti, direttamente applicabile ai casi di 
accesso prefigurato dalla legge sia che esso trovi collocazione nell'art. 10 
lett. a) in sede partecipativa al procedimento sia che attenga alla conoscenza 
di documenti amministrativi da parte di � chiunque vi abbia interesse
� (art. 22, primo comma). 

Ma, se cos� � -se, cio�, il diritto di accesso riconosciuto dagli artt. 10 
lett. a) e 22 � lo stesso -l'applicabilit� del particolare procedimento 
introdotto dal quinto comma dell'art. 25 resta temporaneamente bloccata 
dalla prescrizione dell'art. 31, in base alla quale �le norme sul diritto di 
accesso ai documenti amministrativi di cui al Capo V hanno effetto dalla 
data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della legge �. 

La chiara e tassativa lettera della prescrizione -dettata col preciso 
intento di differire l'applicazione, nella sua globalit�, della normativa sul 
diritto di accesso fino al momento della definizione dell'ambito delle 
materie escluse dall'accesso in relazione alle ipotesi specificate nell'art. 24, 
secondo comma, e della indicazione delle modalit� di esercizio del diritto 
-non consente, peraltro, di apprezzare la tesi del Tribunale amministrativo 
che ritiene estrapolabile dalla previsione complessiva dell'art. 31 
e di immediata applicabilit� la norma di cui al quinto comma dell'art. 25, 
in quanto disposizione di carattere procedurale. Va rimarcato, inoltre, che 
alla data in cui venne presentata la domanda di visione dei documenti 
(8 novembre 1990) il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge 

n. 241 del 1990, previsto per l'emanazione dei decreti governativi di cui 
all'art. 24 della stessa legge, non era ancora decorso. 
Alla fondatezza dell'appello dell'amministrazione scolastica consegue 
che, in riforma della sentenza impugnata, l'originario ricorso della Monari 
debba essere respinto. 

La peculiarit� e la novit� della questione trattata inducono alla compensazione 
tra le parti delle spese di giudizio. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

494 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 14 ottobre 1992, n. 754 -Pres. Laschena -
Rel. Salvatore C. -Ministero Trasporti (Avv. Stato Stipo) e Impresa Daversa 
(avv. Gaito) c. SADEM (avv. Zammit). 

Trasporti -Concessione di autolinee -Poteri discrezionali dell'Amministrazione 
in ordine alle caratteristiche di linea di Gran Turismo e 
ordinarla indipendentemente dalla domanda. 

Le domande delle imprese interessate costituiscono soltanto il presupposto 
della concessione di una nuova autolinea, ma non ne limitano il 
contenuto, spettando unicamente all'Amministrazione di compiere le occorrenti 
valutazioni e trarne le conclusioni che, nel suo discrezionale apprezzamento, 
ritenga pi� conformi al pubblico interesse sia in ordine alle caratteristiche 
della linea da istituire (ordinaria o di gran turismo) sia al percorso 
sia alle modalit� di esercizio (fermate, tariffe, tipi di pullmans); 
pertanto l'Amministrazione, impostata l'istruttoria per l'esame di autolinea 
di gran turismo, legittimamente pu� d'ufficio -istituire un'autolinea ordinaria. 




SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 agosto 1992, n. 9313 � Pres. Bologna � 
Est. Bibolini -P. M. Zema (conf.). -Cobianchi c. M�nistero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello). 

Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche -So� 
ciet� di persone ~ Reddito di partecipazione per quota � Dipendenza 
dal reddito accertato nei confronti della socief�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 5; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, artt. 6 e 40; 
cod. civ., artt. 2257 e 2266). 
Nelle societ� di persone si verifica una identificazione oggettiva tra 
utile sociale e reddito, in proporzione, del socio, che si riflette sul procedimento 
di dichiarazione e di accertamento e sul processo, con la conseguenza 
che, trovandosi il socio in una posizione di subordinazione rispetto 
alla societ�, il reddito definitivamente accertato nei confronti della societ� 
� vincolante per i soci che abbiano amministrazione disgiuntiva della 
societ� (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 settembre 1992, n. 10667 -Pres. Vela � 
Est. De Musis � P. M. Martinelli (conf.). � Ferrini c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Favara). 

Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche � Societ� 
di persone � Accertamento del reddito societario � Necessit� 
della notifica ai singoM soci � Esclusione � Impugnazione posticipata 
da parte dei soci � Ammissibilit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. S; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40). 
L'accertamento del reddito della societ� di persone non esige che sia 
notificato, oltre che alla societ�, ai singoli soci; ci� non significa che l'ac


(1-2) La prima sentenza contiene una affermazione indubbiamente esatta 
ma forse limitativa. Infatti anche nella societ� nella quale i poteri di amministrazione 
non spettino disgiuntamente a tutti i soci, l'identificazione tra reddito 
della societ� (soggetto ad IL.O.R.) e somma dei redditi di tutti i soci si verifica 



496 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

certamento notificato soltanto alla societ� diventa definitivo per i soci, 
perch� questi possono impugnarlo successivamente quando sar� ad essi 
comunicato l'accertamento del reddito personale (2). 

I. 
(omissis) Con il mezzo di cassazione il sig. Roberto Cobianchi denuncia 
l'ins-ufficienza e l'illogicit� della motivazione sui punti decisivi della controversia 
nonch� l'erronea applicazione di principi e norme di diritto, e 
cio� degli artt. 5 d.P.R. n. 597/73, 6 e 40 d.P.R. n. 600/73. 

In particolare il ricorrente sostiene che l'art. 6 d.P.R. n. 600/73 non � 
stato evocato esattamente in quanto, se � vero che le dichiarazioni delle 
societ� sono presentate anche agli effetti dell'I.R.P.E.F. dovute dai soci, ci� 
ha un valore formale e di controllo, giacch� i soci debbono presentare 
la propria dichiarazione annuale ed � questa che ha pregnanza sostanziale 
ai fini IRPEF, pure in presenza di un reddito attribuito in relazione a 
quello prodotto dalla societ� di persone. 

L'art. 40 d.P.R. n. 600/73 tratta della rettifica delle dichiarazioni dei 

I ~

soggetti diversi dalle persone giuridiche in sede di accertamento; ci� non 
significherebbe affatto che in sede contenziosa la difesa del socio sia meramente 
dipendente da quella della societ�, in quanto sarebbe illogico parlare 
di autonome notifiche di distinti avvisi di accertamento alla societ� ed 
ai soci, e poi sostenere che dette autonomie sono del tutto ininfluenti, 

I 

come se non esistessero. Si sostiene che le societ� di persone sono soggetti ~ 

I 
~ 
passivi di accertamento, non di imposta ai fini I.R.P.E.F. per cui non si pu� 
punire il soggetto di imposta che ha rispettato tutte le regole del contenzioso, 
perch� la societ� � ritenuta in fallo. 

Infine, � ritenuto inconferente ed incongruo l'accenno della Corte 
d'Appello al fatto che il Cobianchi aveva anche sottoscritto il ricorso della 
societ� ed aveva nel proprio personale ricorso chiesto che il proprio red


I

dito da partecipazione fosse determinato in riferimento a quello che sarebbe 
stato definito per la societ�, sia perch� il sig. Cobianchi fece detta 
dichiarazione sul presupposto che il ricorso della societ� fosse regolare 
formalmente, sia perch� comunque nella memoria aggiunta al suo ricorso 

ugualmente per la stessa costruzione legislativa del reddito da partecipazione 
definito nell'art. 5 del t.u. delle imposte sui redditi. Al pari della dichiarazione 
della societ�, sono vincolanti per i soci gli altri prowedimenti (accertamento, 
giudicato) che definiscono il reddito societario. 

Non persuade invece la seconda sentenza. Se si consente al socio di ri� 
mettere in discussione la sua quota, dissentendo dalla dichiarazione della 
societ� o impugnando l'accertamento, si spezzerebbe la necessaria unit� (art. 
6 e 40 d.P.R. n. 600/73) tra reddito della societ� e reddito della somma delle 
quote sociali. 



PARTE I, SEZ. V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 497 

p(;)rSo!l!ill~ �(;)gli .!:\V<::V!:\ s<moposto a . critica diretta!lle11te l'accertamento. del 
~ed9ito soc.iwe;,,jn periodo in cui l;;i societ� aveva cumulato tante perdite 
d~ colllport;;i.:ie l'insqlvenza concordat;;iria. 

N~I'!lr.talisi del rapporto tta l'utile di impresa della societ� di persone 
(quale presupposto della I.L;O.R. sociale) ed il presupposto di imposta 
(;~44~t4 cla p!:\rt<::cip\:)Zi9I1e. gel socio)� aLfi.Il.i .. U~..P.E.F.i. occ()rrei.�distinguere 

�~ a~P~ttq/di Qidtto s<>st~al:<::, un aspett() procedurale �. ed .un aspetto 
pt�~slJ~le;, .. 

Sotto il prqfilo sostanziale l'art.. 5 del. d;P.'R. 597/73,. in riferimento 
all'art, 1, individua la relazfone tra il presupposto della I.L.O.R. gravante 
sulla societ� equello del�a I.R.P;RKgravante sul socio (limitatamente �lla 
voce (( redd,ito d1:1 partecipazione �},��in una situazione di ((identit�.ȥ 

Se � vero, infatti, che per l'art. l del d.P.R. n. 597/73 citato il presuppo$'
to dell'imposta sul reddito delle persone fisiche � iL<~ possesso di reddit� 
>> secqndo .no dt!Hipi indicati nel successivo articolo 6; detto possesso, 
re.J;l,ltiYai:Ilel)te agli utijLdellei societ� di persone .parteqipate, � .� in4h4duato 
daJJ:'..art. 5' nella pura e semplice � imputazione�, itidipendentemente da 
qtJaj5iast ipotest di distribuzione da .p~~ della societ� e di percezione da 
parte del sqcio. L;;i:J.l;lerapartecipaz�one::i,4 una cqmpagine sociale del tipo, 
quin~1 in:iplica cll:l parte del socio, e proporzionalmente alla partecipazione, 
<< PPsseSS!> � dell'utile sociale che, in quanto tale; diviene componente del 
reddito� personale .. del socio ai fini della I.R.P .E.F. 

Non solo, quindi, vi � identit� � og~ettiva tra utile sociale e� reddito 
del soci() (in. proporzione), .ma perch� l'utile sociale dhrenga reddito posseduto 
. dal �socio; non ��occorre� alcun movimento patrimoniale o finan~ 
z�ati� poich�; quand'anche l'utile rimanesse impieg-afo nell'azienda quale 
componente o entit� del patrhnonio sociale, il rapporto societario indiViduerebbe 
di per s� �il p�ssesso di reddito sociale per il socio quale 
proprio reddito, � indipendentemente dalla percezione �; come precisa 
espressamente l'atticolo citato. 

L'entit� di presupposto si riflette sulle modalit� o'Petative del con


tribuente; tanto che (rut 6 d,P.R. 29 settembre 73, :i:l. 600) la dichiarazione 

dei redditi sodali viene fatta dalla societ� � agli effetti dell'imposta locale 

sui f�dcliti � dovuta dalla stessa societ�, e <<agli effetti dell'imposta sul 

reddito delle persone fisiche... dovute dai soci ed associati�. 

>Poich�; pefaltto, i soei ai fini dello t.R.P;:S.P. :iion sono esonerati 

dalla propria e personale dichiarazione, l'effetto estensivo della dichia


razione soei�le ai fini del presupposto de1lo LR.P.E.F. dei soci, non 

pu� avere che un unico s�ghlficato, e cio�: i soci sono tenuti ad esporre 

nelle loro person�li dichiarazfoni un reddito da partecipazione identico 

a quello esposto dalla societ�, imputandolo pro quota a proprio reddito. 

Si individua, pertanto, sul piano dell'applicazione dell'imposta perso


nale, cui il socio � chiamato con -la propria dichiarazione, una situa


-



498 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

zione di subordinazione alla posizione ed alla dichiarazione della societ�, 
in virt� dell'effetto estensivo che la legge attribuisce alla dichiarazione 
di quest'ultima, come conseguenza della situazione di identit� di presupposto 
che la I.L.O.R. della societ� e la I.R.P.E.F. del socio (quanto 
meno pro quota) hanno. 

La richiamata unit� sostanziale, inoltre, si riflette sul piano procedurale, 
in base alla disciplina dell'art. 40 del d.P.R. n. 600/73 citato. Come, 
infatti, alla dichiarazione della societ� la legge conferisce effetto estensivo 
sull'oggetto della dichiarazione personale del socio, cos� l'art. 40 
citato dispone che alla rettifica della dichiarazione della societ� si procede 
� con unico atto � ai fini dell'imposta locale sui redditi dovuta 
dalla societ� stessa �e ai fini delle imposte sul reddito delle persone 
fisiche... dovute dai singoli soci o associati �. 

L'accertamento unico, quindi, (disposto con terminologia identica a 
quella del primo comma dell'art. 40 per le societ� di capitali ai fini 
della I.L.O.R. e della I.R.P.E.G. dalle stesse dovute), con effetto duplice 
sia sull'imposta sociale sia su quella personale del socio, delinea ancora 
sul piano procedurale la subordinazione della posizione del socio rispetto 
a quella della societ�, nel caso che non pu� esservi una revisione 
dell'utile sociale che non debba riflettersi proporzionalmente sul reddito 
da partecipazione del socio, n�� possa esservi una revisione del reddito 
da partecipazione se non in coerenza con analoga revisione del reddito 
sociale nei confronti della societ� stessa. 

L'identit� di presupposto delle due imposte, gravanti su soggetti di 
imposta diversi, ma maturato nell'ambito dell'organizzazione societaria, 
comporta sia sul piano sostanziale, sia su quello operativo dei contribuenti, 
sia su quello delle procedure devolute all'amministrazione finanziaria, 
una derivazione della posizione del socio rispetto a quella espressa 
dalla societ�, nel senso che nelle varie fasi indicate, non possa individuarsi 
un reddito da partecipazione del socio se non rapportato al 
reddito realizzato, dichiarato o accertato per la societ�. 

Si tratta, ora, di valutare se la predetta identit� di presupposto, e 
l'individuata derivazione di situazioni, debba esprimersi anche sul piano 
processuale, nel senso che non possa esservi un ricorso alle Commissioni 
Tributarie del socio che intenda porre in controversia l'entit� del 
suo reddito da partecipazione, quando non sia stato proposto ricorso 
contro l'accertamento nei confronti della societ� partecipata e che sia 
divenuto, per ci� stesso definitivo, ovvero, proposti entrambi i ricorsi, 
quando quello della societ� abbia un esito diverso da quello auspicato 
dal socio, a sua volta ricorrente in proprio. 

Il quesito, se limitato alla societ� di fatto e dei soci (la F.lli Co


bianchi, di cui Roberto Cobianchi era partecipe, era 
societ� di fatto) merita una risposta affermativa. 

per l'appunto una 

I 

I 

i 

I 

I

I 

I 

I 

I

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDEWLA TRIBUTARIA 

Ed invero, nella societ� che na~da .dal se�nplice fatto della gestione 
in Coml.11:1e dell'~tnpres11 cm pai-te ci~ pi� P~rsone fisic;he (e con �stinzione 
anclie rispetto aUa collettiva irregblare,jn . cui possa �distinguersi tra. soci 

<L� sddet� cli� attraverso f soci, e das�U�fo �di essi;�. sf obbllg� ed 
aliisce stif piano tfof diritfo sosfaridal�; a:ttravetso i sod; e ciasc'Und di 
essi, agis�e uf�fase���gitidiZfale, impugfian:do l'acC:ert!lrtlento, ovvero nori 
impugnandolo e riversando sUlla posfaion� dei soci gli effetti della definitivit� 
�.dell'accertani~ntf> Vers� la soci�t�,. �.�� Nmf . si �pu�, . quindi, sciri4ere 
sUI, piano pi:oC:�ssuaie la posi'zion~ dei� singoli soci da� quella della 
societ� (ai fini della individuazione del rapporto di imposta sopra 
delineato)~ n:~ pu�F sostt}nersh che un sistema del genere violi iL diritto 
di difesa di c�asC'Un socio il qitale (J.ebba subire gli effetti, anche pregiudfa�evoli; 
di un'eventuale non accurata�� difesa da parte� della societ�; 
e do proprie> perch� fa societ�� ricorre e��� sta in .� giudizio in persona di 
tutti; e� di.ciasciino de� soci; i quali rappresentando; o potendo rappresentare, 
la societ�, in giudizio, per ci� stesso difendono le proprie situazioni 
di diritto sostanziale in posizione derivativa. rispetto a quella della 
societ�~��� 

Una situazione del genere si � verificata . nel caso di specie in cui 
il sig. Roberto Cobianchi aveva sottoscritto il ricorso della societ� 
(come accertato dalla Corte del merito) gestendo l� fase gi'udizi.ale di 
impugnazione .. dell'�ccertamento della� societ�� stessa,� ed .aveva.���chiesto 
nel dcorso contro !!accertamento personale che il suo reddito da partecipazione 
�fosse � determinato �n proporzione (il��� 50 %) �. al reddit��. che 
sarebbe.��stato deterri�inato.�. per �la societ� in���� sede contenziosa, dit�lostr�ndo 
�con ci� la piena consapevolezia di quella subordinazione di 
posizioni, ��gi� .sopra illustrata ed operante� sia sul . piano� sostanziale, sia 
su�� quello processuale. � � 

La dfohiarazione di inammissibilit�, per tardivit�, del .rfootsO. della 
soeiet�, dallo � stesso sig' .�Roberto Cobianchi sottoscritto, di conseguenza, 
ha reso operativb il vincolo di derivazione tra la posizione deI socio 
(limitatamente al reddito da partecipazione) e quella sodale, per cui, in 
coerenza con i presuppostflndicati e validi quanto meno nelle situazioni 
correlate della societ� di fatto e dei soci, la pronuncia della Corte 
d'Appello di Milano non � meritevole delle censure mosse dal ricorrente. 


500 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

II. 
(omissis) Con l'unico motivo si deduce che la Corte di appello � 
incorsa in violazione e falsa applicazione degli artt. 5 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597 e 40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 perch� non ha 
esaminato le questioni che le erano state sottoposte, e cio�: a) in via principale: 
la nullit� dell'accertamento svolto nei confronti della societ�, in 
quanto notificato solo a questa e non pure ai soci, laddove l'art. 40, prescrivendo 
la unitariet� dell'accertamento, imponeva altres�, conseguentemente, 
la notifica di questo anche ai soci; b) in via subordinata: la illegittimit� 
costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della costituzione, 
di detto articolo, se interpretato nel senso della sufficienza della 
notifica dell'accertamento del reddito della societ� solo a questa. 

Va preliminarmente rilevato che, poich� si censura l'omesso esame 
delle questioni, con il motivo, bench� formalmente si denunzia la violazione 
di norme di diritto, in realt� si deduce il vizio di omessa motivazione. 


E poich� si tratta di questioni di natura esclusivamente giuridica, � 
necessario delibare la fondatezza delle stesse, dal momento che in caso 
di esito negativo � sufficiente integrare la motivazione della sentenza 
impugnata, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., a nulla rilevando, al fine (Cass., 
3 aprile 1990, n. 2756), che si tratti non di erroneit�, ma di omissione della 
motivazione. 

Con la conseguenza, in tal caso, che il ricorso dev'essere dichiarato 
inammissibile perch� con esso viene dedotto difetto di motivazione su un 
punto (che si accerta essere) non decisivo della controversia. 

La prima questione � infondata. 

L'art. 40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 dispone, al secondo comma, 
che. � alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalla societ� ed 
associazioni indicate nell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, si 
procede con unico atto ai fini della imposta locale sui redditi dovuta 
dalle societ� stesse e ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche 
o delle persone giuridiche dovute dai singoli soci o associati �. 

La unitariet� dell'accertamento, che la norma prescrive, non importa, 
come assume il ricorrente, che l'accertamento debba essere notificato, 
oltre ch_e alla societ�, anche ai soci, dal momento che la unitariet� costituisce 
prescrizione intesa soltanto ad evitare che si proceda ad accertamenti 
distinti dello stesso reddito (anche se su questo devono essere 
applicate distinte imposte). 

� vero che la stessa ratio che ha determinato la previsione della 
unitariet� dell'accertamento imporrebbe la unicit� della (eventuale) pronl,
lnzia giurisdizionale sullo stesso, e, conseguentemente, richiederebbe la 



PARTa l, saz. v, GI~I$P!lUDENZA 'mIBt.TTARIA 

~~::~1bii~tc:~~::=~~::i:~t~eii:~:~p~g=~::,0knst~:~:~e~t~:~;:::: 

tivf �giudizi . 

..... Ma la. auspkabil�t� di.. 1.lna� pronunzia giurisdizionale unitaria . non.�. � 
$lif~<:fenfo._a 'ta� dclivare i~ ()l:)&li~fo*~~M1 delll:l #<'tific~� �4eira8&~h~C 
m.�.�.�......en.�.��.�� ...��.�.h.��.�.��.������.�.�� �.a.�.�.�.�.1.�.�.'.�.�.��.�. s ..:��.�.�.c.�.�..�~.�.�.t.��.. ᥥ�� �(:<:��� .��>���������� ������� ������������ ..���ᥥ�.� �.�.�.�:<r>��::;:-;. .............. :;::::: . .�.� �.�.�.� �.�

..�.t .� ....�_o.� Av '.:::.:::.:)\~)>:./: 

���� \1'!�.�~t,A -~�9lje,~nAA4~ .~.:>ni~-���s~~~ :..�. �7.�����... �.�. 

~liilili~~~i=~


dFpron#fliie gi�tdsdizionali/ ereatldo .. tosi un� �iiiconvenfonte tlelfa .stes~� 

;;�~,e~~~::~~~~~~


parte non �qrrl~p().den~e al re�lc:l~to dLpartecipl;\Zi9.e. 

.. . ih~ttr~ J'e;f:�tt: :h~ s~ Mti!la~ ~&r ier1t:re dalla oilii~siC>ne d�Ha 

n9tiftc:i~ e��q� la ntl,�Jit� d~lf~c:�eh~hi~4t�~ . 

a) in'. qgant!>� sci\turente dalla violaz�oo� della menzionata unitariet�, 
q�vrebbe investir-e J!a�cert~merttd nclla sua interezza; e . cio� anche nei 
Confronti della s�ciet�r 16 (:ii� (per vel'o �� non. s�stetrufo � neppure �dal� ricor~ 
rerite) sarebb� Privo di fondamento ~ttrfclico; e. � . . 

cib�����n!����~~t~r~~~~~=~:o���i:~~~o!~n~~~~~��i~:ili �~:pd~;:i:i~t:e: 


teinhre ig1a, .;L 6qtj ~1e;~a ~spre.~s~werite e analiti<;~1llente ie ipo1:~1 di 
n.Jlit�1: �deJl'a�c:~:rtametito~.. le: quali, pertanJo; ��devono ritenersi tassative. 

L~�� :se~n4a.... 9ue~,ti~n.e�.� �.�. �m~1feiotament~.��IJ.fond~ta,�. 

La circostanza che la disciplina :tributaria non imponga la notifica~ 
zione dell'accertamento� eseguito nei. con~ronti della: societ�. anche ai soci, 
con . la .co11seguenza, gi� .. rilevata, che ili,difetto di tale notifiel:lzione �I1011 
itl'lporta� lanuUit�. dell'~ccertanl�nto;� non significa.� che.��questo divenga 
defimtiv� nei confronti dei'. soc�rdru momento che cost�ro potranno impu� 
gnarlo allorch� esso sar�. a loro comunicato in occasione della notifica 
deirac�ertamento delforo��reddito p�rsoll.ale. � 

La tutela dei s�d, qt�n&i, non � esdusa ina � sotam.e1lte procrastinata: 
e non si � (neppure solamente) dedotto che ci� -possa rendere 
lai difesa minorata. 

Il� ricC>rso 4ev'essere . pert&nto dichia:rato inammissibile. 


502 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 agosto 1992, n. 9389 -Pres. Falcone Est. 
Sgroi -P. M. Romagnoli (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Favara) c. Soc. SACAP (avv. Maiorino). 

Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Incompatibilit� con norme 
comunitarie -Rimborsi -Traslazione dell'onere su altri soggetti � 
Onere della prova -Norma sopravvenuta dell'art. 29 della legge 
29 dicembre 1990, n. 428 � Applicabilit� � Retroattivit� � Mezzi di prova. 

(I. 29 dicembre 1990 n. 428, art. 29). 
Ai rimborsi di imposte incompatibili con norme comunitarie � applicabile 
la norma, dichiarata retroattiva, dell'art. 29 della legge 29 dicembre 
1990, n. 428 in forza della quale l'Amministrazione pu� sottrarsi all'obbligo 
del rimborso dando la prova della avvenuta traslazione dell'onore 
economico a carico di altri soggetti; a tal fine l'Amministrazione pu� 
domandare la esibizione delle scritture contabili e l'ammissione di consulenza 
tecnica (1). 

(omissis) Col primo motivo, l'Amministrazione denuncia la violazione 
e falsa applicazione della legge 14 novembre 1977, n. 889, degli artt. 35 
ultimo comma e 91 primo comma del t.u. n. 43/73, degli artt. 12 n. 8, 23, 
24, 25, 26 e 32 n. lett. b e n. 3 della Direttiva del Consiglio C.E.E. 12 dicembre 
1972, n. 462, dell'art. 19 primo comma del d.l. 30 settembre 1982, 

n. 688, dell'art. 2033 e.e., nonch� omesso ed insufficiente esame di punti 
decisivi, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., osservando, in primo 
luogo, che la legge n. 889 del 1977 ha confermato la legittimit� della percezione 
dei diritti di visita sanitaria prima della sua entrata in vigore, 
per cui era palese la sussistenza di un potere impositivo (art. 32 t.u. leggi 
sanitarie) il quale porta con s� (a monte di ogni questione di prescrizione) 
l'irripetibilit� delle somme riscosse dalla Dogana, non sussistendo 
la ratio su cui la giurisprudenza ha costruito la ripetibilit� nel termine 
decennale, restando applicabile il principio della legge doganale secondo 
cui le riscossioni sono definitive, salva l'eccezionale deroga contenuta nell'art. 
29 legge del 1940 (art. 91 t.u. del 1973). 
L'Amministrazione osserva, poi, che l'art. 20 n. 2 del regolamento 

C.E.E. n. 805/68 � stato integrato dalla Direttiva del Consiglio C.E.E. 
n. 72/462, da attuarsi dal 1� gennaio 1976, la quale ha confermato che le 
spese per i controlli sanitari devono essere poste a carico degli operatori 
economici. 
In terzo luogo, l'Amministrazione sostiene che la sentenza della 
Corte C.E.E. 28 giugno 1977, in causa n. 70/77, ha chiarito che i diritti 

(1) Sulla traccia della pronunzia 2 luglio 1991, n. 7248, in questa Rassegna, 
1991, I, 355, viene dato avvio al nuovo corso dei rimborsi riconoscendo alla 
Amministrazione la possibilit� di dare la prova della traslazione. 

S0.3 

���� 1!1!~~=,~==~~=:o::::.: 
.... Si&&e-E~t~::


�� . �.u sl:.dt~ii:t.~.:I ............ i. . �:�� . �.� > <>/ <� <�i<�������� 


�� i::tl(\nttf(l~nnegjja#i~ noti si: ha~. per�.��tioper�re nor:illaledei nriti� .. mecca� 

���}i 911!WiiitH.9m 

��ᥥ�����ᥥ��������� $iff:;ttt~�� t'a,ttispecie����l'o~~� ti~��~;gb�~rni���di pr�v�;��� alfa���� sttegu~����della 

sen#~J:lia.�� &~lllli Corte di" Gltistizi;:),. Ci:B;E.� ~ novemhte 1983; in�� ���sa 

~~~{~8=~1~i~! ;f~.d~~~;ii;~;i:~:: ~:=~~;~;t~n~;:=o1:1a::::~ 

che. fo �ra #afo cl;�esfo... 

��������ᥥ�����n��ltra�� pfti'tei. f��tclttge....Ia�� ticorrente1 ��� P\16 .. �on$lcierarsi��ᥥ�pacifico in 
��,t,ls~.���(J?~ii�..� esplicito:��. ric()nQs()iltlento contenuto���a����pag~����to��della��citazione 

~n\~~Uo~,9~~ot/�� ~et~�t~::~���r:::te:::�����~:!:t>ri:sl::����~u;� e~:~:~: 

l'fulp.re~a �il:lP�rt�il.trii::e �l;tbbi� tf'.iil.ttenuta a Stto �atico la� �tassa ��di� �tti 

�$f�itfa�(unitati<ti'ii.ente� molto �sigl'la);��.���. 
< �<ll IPotiv9 ��~~.� quantcf(lf tag��ne, fortdatck� � � 
.� '.!;):elle qtiattro ar~Rrn�nt~#6iH .fri ~$s6 cont~nut~, lW prhtje tte. d~ 

::;~nfn~~l:i:t~a;;~1:.�i~~fu~~?stf!~; Z~e;:!$�>c~t~m=~~!bi!~~: 

soltanto l'art. �� 19 ��� d.l.. n; 688/82, con ci� ammettenc!o espressamente l'in. 

~~J~l:~::~~":i:i::::;.:

vedano~ .fra le molte altre; Cass. 17 maggio 1989 Il:,. 2358; 17 maggi� 1989, 
n� 2347);���������� 

Per .quel che conc�rne }!frnica qttestione ammissibiie1 pur prenietten. 
do che non<risulta affatto nella citazione futrodtitti'Va (la quale non reca 
la. data�.indicata ... nel�� ri�orso).��iL��riconoscirnento. della� traslaiione��della 
fassa,.dl problema deve esaminarsi alla stregua dello jus superveniens 
costituito dal secondo comma dell'art 29 della legge 29 dicembre .1990, 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

504 

n. 428: �I diritti doganali all'importazione (omissis) riscossi in applicazione 
di disposizioni nazionali incompatibili con il diritto comunitario 
sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito 
su altri soggetti �. La norma, infatti, � espressamente retroattiva 
(comma 7�) e quindi applicabile alla fattispecie. La precedente giurisprudenza 
di questa Corte (cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 2216 del 
1989) aveva ritenuto che la normativa sostituita dall'art. 29 della legge 
n. 428/90, cit., e cio� l'art. 19 del d.l. n. 688/82, conv. in legge n. 873 
del 1982, fosse disapplicabile, per contrasto con i principi comunitari, 
per l'impossibilit� di distinguere il precetto riguardante la prova da 
quello rigUardante l'indebito. 
Nella considerazione parimenti unitaria della nuova norma, che non 
pone l'onere probatorio a carico del privato che ha pagato l'indebito, di 
guisa che (a meno che non risulti gi� in modo pacifico) la traslazione 
della tassa deve essere provata dall'Amministrazione, non sussistono ragioni 
di incompatibilit� col diritto comunitario, alla stregua dei principi 
esposti dalla Corte di giustizia della CEE nelle sentenze 9 novembre 
1983, in causa n. 199/82, e 24 marzo 1988, in causa n. 104/86, in 
quanto il diritto comunitario non esclude che la norma nazionale tenga 
conto del fatto che l'onere dei tributi indebitamente riscossi pu� essere 
stato trasferito, mentre sono incompatibili tutte le modalit� di prova 
che abbiano l'effetto di rendere eccessivamente difficile ottenere il rimborso. 


Nella specie, poich� l'operatore, oltre il fatto obiettivo dell'indebito 

pagamento, non deve provare altro, alla stregua dell'art. 29 della legge 

del 1990, tale incompatibilit� non si verifica, neppure con riguardo ad 

una pretesa diversit� di trattamento con l'analogo indebito di diritto 

interno ovvero extracomunitario, nel quale vige l'art. 19 della legge 

del 1982, assai pi� rigoroso a carico del privato, ritenuto costituzional


mente legittimo dalla Corte cost. (ord. n. 651 e n. 807/88), per cui � 

pi� favorito l'importatore nell'ambito della C.E.E. 

Quindi, la norma dell'art. 29 cit. � applicabile e comporta che la 

controversia debba essere riesaminata dal giudice del merito, in ordine 

alla pronuncia sulla prova. 

Invero, con il secondo motivo, l'Amministrazione denuncia la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 118, 198, 210, 258 e 259 c.p.c. e degli 
artt. 2709 e 2711 e.e., nonch� della sentenza 9 novembre 1983 della 
Corte di Giustizia della C.E.E., in causa n. 199/82, nonch� l'omesso esame 
di punti decisivi, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., lamentando 
che la Corte abbia dichiarato inammissibili i mezzi istruttori richiesti 
dall'Amministrazione, per provare la traslazione, attraverso l'ispezione 
e/o l'esibizione di taluni documenti (fatture) e scritture contabili, 
anche con l'ausilio di un consulente tecnico. 



Se<:!@�do �� l'.Amministra�ione/ � $fUggitQ alla ��Corte .� torinese che documenti: 
e � scritture sono redatti e conservati proprio per . essere letti; 
asserire chel'esibizione:e/o�.l'ispezione, come pure.il �sequestro ex art.. 670 
c.:p.c., di. dm::umenti e scritture non passe.mo. essete: .. utilizzati<per Ieg. 

r�i&ii*E~~:~~7f~


btizione, a fav9:re .e contro l'inlprend�tore, di valenze non pi:� solo Pri� 
:vatee.. riservi;\~~ alle: documenfa:dom.e scritture de~le.imprese. Osserva 
�l'Amkinistraii�~e �be la par9Ia � iI14ispensa"Qili � �ontenuta .ell'art. �118 
�.p.�, �. ~9~. ptil),e���lirpiti ..�ag~~~ti;i.�..� al���non.al~... �tjteri. di. ai:nmi~.sibilit�... dei 
m~zi.. di:lll:'()Ya .. (arg..e; artt,}4?.e.. 1.81)~.e la.. parola �pU��� si rinviene, 
.oltre eh~ iieli'art. �s � c.p.c., jn... tutte. le ..�cli.spo.sizior� che prevedono mezzi 

;111r~i~J1=~~~~i~


nori pr�iriit�, perch� l'Amministrazione ha solo. proposto al giudice di 
avvalersi dell'ausilio di un consulente. � � � . �. � .� � . � �� 
� IFtnotiVo �/per quanto diragione/ f�ildafo. 
� Le censure d�vono essete esamioc11te Sep�ratamente; per quanto ri� 
guarda fisp.ezione, l'esibiZi�rie e la Consulenza tecnica. 

�. al.L'fsp~zibriehon. pare ammissibile. Essa pu�... riguardare �(oltre 

the�Ie persdne� e��1~ cose�� in�fuobi1i, e cio� �oggetti�� rt�n pertiAenti alla 

materfa di cui � �ausa) andie C:os� mobili, purch� sftratti di dose {tali 

sono anche T << doctirir�riti�) Che nori pdssorict acquisirsi al processo in 

altro fuOdo (art~ ex a:tt 261: S� pensi, per esempio, ad Un raro incuna~ 

bulo o libro� antieo; custodito in uha biblioteca o in tin archivio); Se 

la ��legge �. prevede��� la pi:Jssibillt� di acquisizi:one ����al processo del docu~ 

mento >in un modo. specifico; a tale mezzo<occorre fare...ricotso. 

In tema di esibizione, sono citate proprio le scritture contabili del


l'imprenditore (art. 212 c.p.c., in relazione all'art. 2711 e.e.) e pertanto 

� ammissibile soltanto l'esibizione, quale mezzo di acquisizione di tale 

prova documentale (l'art. 210 richiama, infatti l'art. 118 c.p.c., di guisa 

che i due mezzi di prova sono uno esclusivo dell'altro). 

b) llesibizione delle scritture contabili, per.. quanto si � gi� detto, 
�.� ammissibile. Non ril.eva --"��in� contrario.;_ ~he�sembra che sia stata 
richiesta la loro esibizione � integrale >>, che non �> amroissil?ile, ai sensi 
del primo comma dell'art. 2711 e.e. Infatti, poich� il giudice ha poteri 
d'ufficio, in proposito (secondo comma <feU0 $tesso art. 2711), pu� disporrel'esibizfone 
per estr.arne)e registrazioni concernenti la controversia 
in corso: (per esempio, come �' det.to nel.la memoria, delle risul



506 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tanze del libro degli inventari e dei bilanci, nonch� delle fatture di 
vendita delle merci di cui si tratta), anche mediante l'ausilio di un 
consulente tecnico, esperto della materia contabile, per poter leggere 
adeguatamente quelle risultanze. 

La richiesta non � meramente esplorativa, come afferma il giudice 
del merito, perch� la sua finalit� � sufficientemente determinata (� accertare 
l'avvenuta ripercussione totale, o quanto meno parziale, su altri 
soggetti, dell'onere relativo ai diritti di visita sanitaria di cui si pretende 
il rimborso �). 

Anche l'affermazione secondo cui le scritture contabili dell'impresa 
non sarebbero rilevanti ai fini della prova della traslazione � stata fatta, 
talvolta, dalla giurisprudenza nell'ambito della precedente disciplina, e 
cio� come riprova della sua contrariet� al diritto comunitario, perch� 
essa faceva gravare sull'imprenditore l'eventuale carenza della prova 
precostituita della non traslazione. Alla stregua della nuova normativa, 

Itale argomento non regge, perch� la carenza della prova della traslazione 
resta a carico dell'Amministrazione, che pu� giovarsi, peraltro della 
norma generale dell'art. 2709 (efficacia probatoria delle scritture contabili 
contro l'imprenditore). 

I

e) La Consulenza tecnica � ammissibile, in quanto non sia meramente 
esplorativa, ma rivolta ad interpretare (cio� leggere correttamente, 
dal punto di vista contabile) la suddetta documentazione acqui


I 

sita; e perch� non si pu� ritenere a priori insuperabile la difficolt� di 
dimostrare che l'importatore abbia aumentato il prezzo di vendita delle 
merci in misura pari (od anche inferiore, perch� non � necessario che 

I 

la traslazione sia integrale, affinch� sia rilevante) all'importo della 
tassa de qua. Invero, il C.T.U. pu� essere autorizzato a chiedere chia


I

rimenti alle parti e ad assumere informazioni da terzi (art. 194) e cio� 1 

f 
ad effettuare un'analisi ragionata dei prezzi di mercato delle merci � 

importate, nonch� della loro composizione analitica (a parte le magi


i 

giori facolt� dell'esame contabile di cui all'art. 198 c.p.c.) (omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 agosto 1992, n. 9459 -Pres. Brancaccio 
-Est. Sgroi -P. M. Caristo (conf.). -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Fusi. 

Tributi erariali diretti -Imposte sul reddito -Impresa familiare -Redditi 
imputati ai collaboratori -Natura -Difetto di autonomia. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 5; t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5). 

PARU> l,.SEZ,. I(, .ClJ.PRJ:Sl'RUOONZA. TRIBUTARIA 507 PARU> l,.SEZ,. I(, .ClJ.PRJ:Sl'RUOONZA. TRIBUTARIA 507 
TribuU loe�li � Imposta locale sui � redditi � Impresa �artigiana � Soggeztmte 
� Presuppqsti � .� Compo11e11te patrimoniale � Neeessltll. 
��������� ��� (d.P.R, �29 settembr.e< 1973 .n;. 599; .~t~ h d.P~R. 29 settembre� 1973� n. 597, art~ �51). 

Tifbutt����:~in~i:~itni~~t:n;~O:~~~��:;o~e~~=b:r::~:postl 

.. .~~~-~~:;;tll!l!':..~~a>;:1":.,.::,1::= 

.. � ... inv~ce ta stess� natura �del rJ~dd�o prodotta. dal .titolare dell'impresa (1). 
������ ll redd�to dell'impresa atiigiana gi� sotto il vigore del d.P;R; n; 599/1973 
�r(J; e..~en~~ 4a J~~'O�R.. se l'4ttilt,l#1. era .. organizzata prevalentemente c�n il 
l(l,vorQ de~.titolate (IJi net caso di in?;Presa. familiare, .dei �suoi �familiari); 
seii.t,a unarilevante Cf��tTiP<mentepatrimoniale (2). 

Nell'azione dLrestituzione dell'LL�O;R .. gi� pagata l'onere della prova 
della. ~ussistenza dei requisiti per Bes elusione dall' J;L.0.R> �grava stil. contri" 
/:Jq:e.n.t-?�����(3)>,........,............ ������������ 


cqf{fl; PJ GA$�AiioNE, S~z.. JJn., lQ .~~osto .199l. n. 9461. -Pres. .Bran" 
�.� ��� �. c~cd~ ~ E#> Sgroi -�� P. M. �aristo (c<mf:) �, Ministero delle Finanze 

� (avv. Stato Palatieilo) �:��C()Il1i. � � � � � � � � .� � 

tr�J>outi.i~~aft ~ tll)p~t~ I~~e s~... redditi�...".� Imprei;a familll\re � Jledditi 
� �. � WP"4t~t(ai. �~:mriboratqri.�� -� .i\ppij~btUtit .� della noi-n:ia .S.opl,"avvenutattent�ri. �J.is ��� ..f�f t.l1. 2f <rl~embl'� 1986 n. �9i7 �.�.condizioni �. Art. 36 

a.P;R. 4 f�bbfato 1988 n; 42. . . . . 
/ / (t.u. 22 diceixi!Jre 19S6, Il: ~11; art. 115; d.P:R. 4 tebbrafo 1988 n. 42, art. 36). 

L'art. 36 deld.P;R. 4 febbraio 1988, n. 42, che hr,i valore di legge ordin(
J;r!af .i>~�.� r,iver� portata r~tr9.attiva.a:gli effetti della imponibi[it���in I.tOR 
dei redditi ftftpf,{.taii ai c()ltaborator(f dmitldri, �.ove ta .dichiarazione ..a suo 
tf!impq�. presei&tatr.i� si~ confqrme a,lla dis.(;ipUna. sostanziale stabilita per 
tali redditi,, in tal caso pu�. essere domandata il rimborso di imposta a 
suo t�mpo�pagata stilla base d�lla ��dichiarazione (4). 


(1-4) Le pron.nzie. l:lelle Sezioni Unite, elle si propongono .di fare chiarezza 
su una materia sulla quaie � �. attivo �un.�. vivace contenzioso, non�. riescono ad 
eli!:ninare tutti i dubbi. . 

La prilli.1:1 massima si impone�. con l1:1. sua �autorit~:. i redditi imputati ai collal:)
oratori c1ell:iml,'>:res"" familiwe non. hanno autonomia (e non sono quindi 
sc;m:ipre qualificabilLcome reddito di lavoro) ed hanno invece fa stessa natura 
del reddito. prodotto dall'impresa familiare percepito dal suo titolare, Questo 
si deve rite11ere. o;rmai un dato irreversibile. 

Molto meno precisa. e co11creta � .. la seconda massima che rl:tie11e . che 
gi� sotto il vigore del d�l'.R. n. 599/1973 l'impresa .artigiana (familiare o non) 



508 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I. 
(omissis) Non si pu�, invece, seguire l'interpretazione data dalla 
stessa prima sezione, con sentenza n. 4030 del 2 aprile 1992, secondo cui 
i redditi imputati ai familiari collaboratori sono redditi di puro lavoro, 
non assimilabile ai redditi d'impresa e, non essendo consentito discriminare 
all'interno delle varie forme di lavoro (dipendente, autonomo od 
equiparato), i redditi dei familiari collaboratori debbono ritenersi esclusi 
dall'I.L.0.R. gi� in forza dell'art. l, comma secondo, lett. a) del d.P.R. 

n. 599 del 1973, integrato dalla sentenza n. 42 del 1980 della Corte Cost., 
s� che l'art. 115 lettera e) del t.u. del 1986 ha un valore ricognitivo di 
un principio gi� enucleabile dal sistema, applicabile al di fuori dell'art. 36 
del d.P.R. n. 42 del 1988 perch�, quand'anche avesse valore innovativo, lo 
stesso art. 115 lettera e) ha efficacia retroattiva, in quanto norma correttiva, 
volta a costituzionalizzare il sistema. 
Invero, non si pu� accogliere la base di partenza dell'assunto, e cio� 
che il reddito imputato ai collaboratori familiari sia sempre reddito assimilabile 
ai redditi di lavoro, per cui l'esclusione dall'I.L.O.R. era imma


I nente al sistema e l'art. 115 lettera e) del t.u. non avrebbe fatto altro che 
rendere esplicito un principio ricavabile in via di interpretazione conforme 
alla Costituzione. Si vedr�, pi� oltre, che tale reddito pu� essere 

Iassimilabile ai redditi di lavoro, ma non sempre. 

fil

Il problema della tassazione dei redditi dell'impresa familiare � sorto 0 

&

dopo l'entrata in vigore dell'art. 230-bis e.e. (art. 89 legge 19 maggio 1975, 

f: 
n. 151), quando gi�, sotto il vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, si f; 
distinguevano i redditi in �fondiari�, di �capitali�, di �impresa�, di 
I 

� lavoro � e � diversi�, a seconda della loro natura oggettiva, e in � indi-

I

fosse soggetta all'I.L.O.R. solo quando impegnava nella sua organizzazione una 
rilevante componente patrimoniale. La troppo sbrigativa liquidazione dell'orientamento, 
assai accredidato in giurisprudenza, che, sulla base dell'art. 51 del 

d.P.R. n. 597/1973 riteneva in ogni caso soggetta all'I.L.O.R. l'impresa produttrice 
di beni o di servizi rientranti nella previsione dell'art. 2195 cod. civ., indipenI 
dentemente dalla organizzazione in forma di impresa (criterio questo rigoroso, ma 
chiaro ed univoco) non � seguita da una proposta interpretativa sufficiente


Iimente chiara. Che cosa significa in concreto (al momento di decidere le tante 
controversie) � organizzazione incardinata su una propriet� capitalistica �; 
�rilevante componente patrimoniale�? Si resta nel generico e nell'incerto. 

I

Ma soprattutto non pu� essere condivisa l'affermazione che l'organizzazione 
del lavoro altrui � irrilevante ai fini della sottoposizione all'I.L.O.R. e che soltanto 
l'organizzazione che impegni una apprezzabile componente patrimoniale 

I 

pu� dar luogo ad una impresa che produce redditi soggetti ad I.L.O.R. Si pu� I

I 

avere una organizzazione anche grande di lavoratori subordinati (si pensi alle I, 
industrie manifatturiere) che crea una impresa vera e propria, anche se 
modesta e non prevalente � la componente patrimoniale. Quel che crea l'impresa 
� l'assunzione del rischio attraverso una organizzazione nella quale il 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 509 

viduali � o � in forma associata �, a seconda del loro modo di produzione. 
I redditi delle imprese familiari furono presi in considerazione 
nell'art. 9 della legge 2 dicembre 1975, n. 576 ed inclusi fra quelli pr�dotti 
in forma associata, come poi confermato dalle leggi del 1977, del 1983 e 
del 1984 gi� citate supra. In particolare, dalle ultime leggi risulta chiara 
l'unitariet� del centro di riferimento del reddito prodotto (l'imprenditore, 
che presenta la dichiarazione ed � il soggetto passivo dell'accertamento), 
mentre sono state .chiarite in dettaglio le rigorose formalit� (presidiate 
da norme sanzionatorie severe, per le false attestazioni) a cui � subordinata 
l'imputazione ai collaboratori familiari di una quota-parte di tale 
reddito. 

Il reddito dei collaboratori familiari, daL punto di vista tributario, 
non ha quindi una propria oggettivit� autonoma, perch�, essendo reddito 
prodotto in. forma associata e imputato a titolo di partecipazione, deve 
presentare la stessa natura tributaria del reddito prodotto dalla struttura 
della quale il titolare dell'impresa � responsabile fiscalmente ed alla 
quale il collaboratore partecipa. 

Che il legislatore tributario sia partito dalla premessa che il reddito 
dell'impresa familiare imputato al collaboratore non sia reddito di lavoro 
autonomo n� reddito. di lavoro dipendente, n� reddito assimilabile ai 
suddetti, risulta da alcuni indici significativi. 

Il reddito di lavoro dipendente. (art. 48 d.P.R. n. 597/73; art. 48 t.u.) 
� costituito dai compensi in dipendenza del rapporto di lavoro, anche 
sotto forma di partecipazione agli utili, ma non � soggetto aH'aleatoriet� 
deHa loro produzione, �essendo la retribuzione dovuta per il solo � fatto 
del!la �prestazione del [avoro. 

profitto dell'imprenditore sia dissociato dalla remunerazione del lavoro. Ed infatti 
la lettera e-bis) dell'art. 115 del t.u., introdotto con l'art. 9 della legge 
29 dicembre 1990, n. 408, stabilisce che sono es�lusi dall'I.L.O.R. i redditi di 
impresa organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei familiari a 
condizione che il numero complessivo delle persone addette non sia superiore a 
tre; il che significa che se il numero degli� addetti � superiore a tre viene 
meno l'esclusione dall'I.L.0.R. anche se la componente patrimoniale dell'impresa 
sia modesta o nulla. 

Con quest'ultima norma si � creata una regola di facile applicazione; 
per il passato bisogna continuare a valutare caso per caso il peso (relativo) 
dell'investimento patrimoniale con risultati di� grande incertezza. 

La quarta massima � contradittoria. Dopo aver premesso agli effetti 
dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988 che una istanza di rimborso presentata dopo la 
scadenza del termine per la dichiarazione non pu� essere considerata una dichiarazione 
validamente presentata, la sentenza si dilunga sulla verifica delle 
condizioni sostanziali, succedutesi nel tempo, alle quali � subordinato il regime 
della impresa familiare per concludere che quando vi sia corrispondenza 
con tale regime sostanziale � ben possibile che la � conformit� della dichiarazione 
alle nuove disposizioni ... sia posta a base di una istanza di restituzione del


10 



510 

RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO 

Il reddito di lavoro autonomo (art. 49 e 50 d.P.R. n. 597/73 ed art. 49-50 

t.u. ) � costituito dalla differenza fra l'ammontare dei compensi in denaTo 
o natura percepiti, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello 
delle spese (deducibili, in casi particolari, in forma forfettaria), mentre 
il collaboratore fam.iiliare non produce un reddito risultante dailla differenza 
fra costi e ricavi, essendo gli uni e gli altri calcolabili solo in sede 
di determinazione del reddito dell'imprenditore, titolare dell'impresa familiare, 
dato che i1l collaboratore partecipa agli utili, i quali, se ed in 
quanto vi siano, gli sono attribuiti in una prefissata proporzione. 
Non si possono utilizzare le categorie dei redditi assimilati a quelli 
di lavoro autonomo o dipendente (rispettivamente, art. 47 ed art. 49 dei 
richiamati testi) perch� si tratta di elencazioni tassative, che solo il 
legislatore pu� compiere, appunto perch� le � assimilazioni � sono ispirate 
allo scopo di estendere la disciplina fiscale ritenuta dal legislatore 
pi� confacente al tipo peculiare di reddito, non strettamente rientrante 
nella categoria base. Di tale estensione l'interprete (in aggiunta ai casi 
espressamente previsti) non ha bisogno, quando dalla stessa legge risulta 
evidente che l'assimilazione pu� essere effettuata soltanto con i redditi 
prodotti dalla struttura a cui partecipa il collaboratore familiare. 

Invero, il legislatore ha considerato il caso che l'imprenditore corrisponda 
compensi ai familiari per l'opera da loro svolta, e lo ha regolato 
in modo del tutto diverso da come. ha regolato gli utili imputati ai familiari 
collaboratori nell'impresa familiare (art. 59 d.P.R. n. 597 del 1973 ed 
art. 62 del t.u.). La disciplina anteriore prevedeva l'ipotesi in cui l'imprenditore 
dovesse corrispondere compensi per l'opera svolta dalle persone 
indicate nel terzo comma dell'art. 15 (coniuge, figli) ovvero compensi_ per 

l'I.L.O.R, ritenuta dovuta al momento del versamento per autotassazione in realt� 
non dovuta�. 

Dunque la condizione posta dall'art. 36 che la norma nuova del T.U. abbia 
effetto nei periodi di imposta precedenti se la relativa dichiarazione validamente 
presentata risulti conforme alla norn;ia sopravvenuta � intesa nel senso che 
la dichiarazione sia conforme su altri e diversi elementi dell'imposizione e 
che peraltro riguardano l'I.R.P.E.F, (imputazione del reddito ai collaboratori 
nella misura del 49 %, attestazione che le quote sono proporzionate al lavoro effettivamente 
prestato, ecc.), ma non invece nel senso, evidentemente determinante, 
che i redditi .siano esclusi dall'I.L.O.R. Si dice infatti che l'I.L.O.R. era stata 
pagata sulla base di dichiarazione, ritenendola dovuta nel momento del versamento 
per autotassazione, ma che ci� non impedisce di dissentire dalla dichiarazione 
in sede di rimborso facendo valere la norma sopravvenuta. Ci� 
� in aperto contrasto con l'art. 36 il quale esige che la disciplina sopravvenuta 
fosse stata osservata fin dalla dichiarazione. Resta pertanto insuperata l'affermazione, 
tante volte ripetuta, che l'art. 36 non trova mai applicazione in 
sede di rimborso di somme pagate sulla base di dichiarazione che necessariamente 
seguiva una interpretazione diversa da quella in forza della quale si 
pretende il rimborso. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

511 

lavoro dipendente ai parenti ed affini entro il quarto grado, non rientranti 
nella precedente categoria. I primi non erano deducibili; i secondi 
erano deducibili nella misura in cui risultavano dalle registrazioni ai fini 
dei contributi previdenziali ed assistenziali. In questa fase, dunque, venivano 
disciplinati diversamente i compensi per lavoro subordinato dovuti 
al familiare e quelli (non �compensi�, ma �utili�) dovuti al collaboratore 
nell'impresa familiare, che, per definizione, non � lavoratore dipendente. 


Pi� precisa � la disciplina dell'art. 62 del t.u. n. 917, che riguarda l'ipotesi 
in cui ai partecipanti all'impresa di cui al comma 4 dell'art. 5, e 
cio� al collaboratore familiare, sia dovuto un compenso del lavoro prestato 
o dell'opera svolta, che � indeducibile come costo dell'impresa e, 
correlativamente, non concorre a formare il reddito complessivo dei 
percipienti. Dalla norma risulta che una cosa � il suddetto compenso, 
un'altra cosa � il reddito di partecipazione imputato al collaboratore, che 
ha disciplina fiscale del tutto diversa. 

La ratio di tale disciplina consiste nella considerazione che il reddito 
imputato al familiare non � altro che una quota di un tutto, e -come 
tale -non pu� cambiare natura, per il fatto che per il 51 per cento sia 
imputato al titolare dell'impresa e per il 49 per cento al collaboratore 
familiare; la sua fonte di produzione rimane identica, sia che sia imputato 
all'uno, sia che sia imputato agli altri. Se l'imprenditore si avvale 
di un'organizzazione aziendale di tipo capitalistico, il reddito pro-quota 
imputato al collaboratore � prodotto non soltanto dal lavoro del collaboratore 
(che costituisce soltanto il criterio di misura dell'imputazione), 
ma -ovviamente -da quell'organizzazione capitalistica. Se questa 
manca, ovvero � prevalente il lavoro dell'imprenditore e dei collaboratori 
familiari, questi ultimi partecipano ad un reddito che, a certi fini, 
pu� sfuggire alla catalogazione nell'ambito del reddito d'impresa, ma 
non per una caratteristica propria ed intrinseca del reddito di partecipazione 
del collaboratore, bens� per derivazione dalla qualifica attribuibile 
al reddito del titolare dell'impresa familiare (ai fini fiscali). 

Attraverso l'analisi completa del sistema risulta che la legge fiscale 
non ha dato una definizione � sostanziale � del reddito del collaboratore 
familiare, evidentemente perch� conscio che l'impresa fainiliare corrisponde 
a realt� talmente differenziate che quella definizione sostanziale 
non era possibile. � stato infatti osservato che l'impresa familiare pu� 
svolgere qualsiasi attivit� (agricola, commerciale, industriale, artigiana) 
e pu� essere di qualsiasi dimensione. Queste caratteristichhe potranno 
essere rilevanti ai fini fiscali (art. 51 del d.P.R. 597/73 e del t.u., nonch�, 
come si vedr�, ai fini dell'I.L.O.R.), ma non in quanto riguardino il reddito 
imputato al collaboratore, bens� in quanto riguardino quello dell'impresa 
e -di riflesso -la quota imputata al collaboratore. Se non � il 



512 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

fatto della produzione in forma associata o dell'imputazione per quote 
che rileva fiscalmente, perch� il reddito del collaboratore � parte di un 
tutto e quindi partecipa della natura dell'intero, il problema della rile� 
vanza fiscale della derivazione del diritto dal lavoro (o dalla prevalenza 
del lavoro) non si pu� porre due volte, e cio� con riguardo al reddito 
del collaboratore, ma una volta sola, e cio� con riguardo al momento 
della sua produzione, non a quello della sua imputazione ai diversi 
soggetti. 

Non si pu� trarre argomento in contrario dalle parole � imputati a 
ciascun familiare che abbia prestato... la sua attivit� di lavoro nell'im� 
presa� c,ontenuta nel d.l. del 1984 e nell'art. 5 del t.u., perch� si � gi� 
detto che lo scopo di tale espressione � soltanto quello di escludere la 
rilevanza fiscale del lavoro prestato nella famiglia (che civilisticamente 
ha, invece, rilievo), non quello di definire il tipo di reddito (di lavoro). 

Il problema di costituzionalit�, alla stregua delle citate sentenze della 
Corte Cost. (ai fini di escludere dall'I.L.O.R. i redditi nei quali non esiste 
una rilevante componente patrimoniale, che � la giustificazione di tale 
imposizione) non si pone neppure, per i redditi del collaboratore fami� 
liare, una volta che esso sia risolto �a monte� e cio� con riguardo a 
tutto il reddito dell'impresa familiare (vedi infra). Se il reddito derivi 
da lavoro (come tale, non tassabile ai fini I.L.O.R.) � un problema che non ~ 
pu� riguardare il collaboratore familiare, per il quale il lavoro � sol� ! 
tanto il criterio dell'imputazione (cio� della quantit�) e non il titolo (e 
cio� la qualit�) del reddito, che si produce unitariamente in capo all'im� 

I 

prenditore. 
Ci si pu� domandare allora perch� mai il t.u. abbia ritenuto Cll 
escludere sempre dall'I.L.O.R. il reddito del collaboratore familiare; la 

I Irisposta pu� essere la pi� varia, ma l'unica inattendibilit� � quella secon� 
do cui il t.u. ha voluto introdurre una norma correttiva, intesa ad adeguare 
alle pronuncie della Corte Cost. il sistema previgente, ovvero una 
norma integrativa, rivolta ad esplicitare precetti gi� sottintesi o impliciti 

I 

nelle precedenti disposizioni. Si tratta di una innovazione, che come tale 

d.:ve essere apprezzata, del tutto irrilevante in questa causa, riguardante 

redditi del 1980. 

III) Il problema essenziale della causa, pertanto, consiste nello sta


bilire se il reddito dell'impresa familiare artigiana (tale � quella a cui 

partecipa l'intimata; nella specie, di autotrasporti) sia sottratto all'I.L.O.R. 

In numerose sentenze della I sezione (n. 3880 del 1991; n. 10737/90; 

n. 9743/90; n. 6215/90, fra le molte altre) si � sostenuto che l'assoggettamento 
ad I.L.O.R. del reddito d'impresa artigiana dipende dalla piena 
applicazione dell'art. 51 d.P.R. n. 597/73 (art. 51 t.u.): se l'artigiano produce 
beni, o se si tratta di attivit� incluse nella previsione dell'art. 2195 e.e. 
(ad es.: trasporto), non rileva la mancanza di organizzazione di impresa. 

PARTE �1,SEz. V, GIURISPRUDENZA TRIDUTARIA 

513 

Se l'artigiano produce servizi non rientranti nell'ambito dell'articolo 
2195 e.e., � soggetto ad I.L.O.R. soltanto quando ha un'attivit� organizzata 
in forma d'impresa. 

Secondo altre sentenze (n~ 5605/89; v. pure n. 3719/91, in tema di rappresentanti 
di COfilmercio, con principi applicabili al reddito dell'artigian9), 
jnvece, :p,on � possibile trasferire sic et simpliciter la nozione di 
re<icJ.~to d'.ifilpresa, data ai fini dell'I.R.P.E.F., nel campo. dell'I.L.Q.R., senza 
t:r~ya}icare i limiti di costituzionalit� della. normativa, limiti dati dall'esistenza 
<ii una rilevante componente patrimoniale, ai fini della produzone 
del reddito; di guisa che. un reddito prodotto prevalentemente dal lavoro 
(dell'imprenditore e/o dei collaboratori familiari) non pu� essere soggetto 
all'I.L.O.R. 

L'indirizzo da seguire �, sostanzialmente, il secondo, . con le seguenti 
precisazioni. 

Quando -si parla di � organizzazione � dell'impresa si fa riferimento 
tanto. all'organizzazione del lavoro altrui quanto all'organizzazione degli 
altri mezzi <ii produzione (il capitale), ma il primo elemento, ai fini della 
sottoposizione all'I.L.O.R., � necessariamente irrilevante, perch� organizzare 
il lavoro altrui non equivale a disporre di elementi patrimoniali rilevanti 
ai fini di tale imposta. Soltanto un'organizzazione incardinata su una 
propriet� capitalistica che persegue lo scopo del profitto attraverso l'applicazione 
ai mezzi di produzione della forza di lavoro acquisita, produce 
reddito d'impresa ai fini I.L.O.R. Se l'impresa � organizzata prevalentemente 
col lavoro proprio dell'imprenditore e con quello dei collaboratori, 
non sussiste quella rilevante componente patrimoniale la quale 
giustifica l'I.L.O.R. (si .veda, ora., l'art. 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, 
che aggiunge una lettera e-bis all'art. 115 del t.u. n, 917/86, nel senso 
suddetto; la norma vale per il futuro, ma il criterio adottato da essa pu� 
riguardare sostanzialmente anche il passato). 

Alla stregua del suddetto .principio, si deve esaminare la decisione 
impugnata, la quale. presenta i vizi di violazione e falsa applicazione di 
legge denunciati, nonch� quelli inerenti alla motivazione (questi ultimi 
da valutare non alla stregua dell'art. 360 n. 5 c.p.c., che � inapplicabile 
in sede di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., ma -secondo la pi� 
recente giurisprudenza delle Sezioni Unite -nell'ambito di una motivazione 
puramente apparente ed intimamente contraddittoria). 

Infatti -premesso che il contribuente, quando svolge un'azione di 
rimborso ha l'onere di provare tutti i presupposti dell'asserito indebito la 
Commissione ha preteso di affidarsi ad accertamenti compiuti da 
quella di secondo grado, quando invece, come risulta dalla stessa decisione 
qui impugnata, quella commissione non si era occupata del problema 
delle dimensioni e del tipo dell'impresa familiare, ma soltanto del 
diverso problema della natura del reddito imputato al collaboratore 
familiare, inteso come reddito di lavoro. 



514 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Si tratta, quindi, di una motivazione contraddittoria cori le stesse 
premesse poste e meramente apparente, perch� priva di qualsiasi riferimento 
con la realt� processuale concreta. 

In secondo luogo, l'affermazione secondo cui una � modesta � attivit� 
artigianale non � soggetta ad I.L.O.R. viola i principi di diritto supra 
esposti, perch� non si chiarisce a che cosa si riferisca la modestia 
(l'entit� del reddito � evidentemente irrilevante) e, se essa vuole riguardare 
il fattore patrimoniale della produzione (nella specie: del servizio 
di autotrasporto) il principio da applicare non � quello di valutare tale 
fattore patrimoniale in s�, ma comparativamente a quello del lavoro del 
titolare e dei collaboratori, che deve essere accertato, in concreto e non 
secondo � tipologie� di attivit�, come prevalente. 

La decisione impugnata deve essere cassata e la controversia deve 
essere rimessa alla Commissione Tributaria Centrale, che applicher� i 
seguenti principi, previ gli accertamenti di fatto che potr� compiere indipendentemente 
da quelli (effettuati o meno) nei gradi precedenti, dato 
che essi rientrano nella sua competenza, non essendo relativi a valutazione 
estimativa (art. 26 d.P.R. n. 636 del 1972): 

� I redditi delle imprese familiari imputati ai familiari collaboratori 
sono esenti dall'I.L.O.R., a norma del combinato disposto dell'art. 115 t.u. 
22 dicembre 1987, n. 917 e dell'art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, soltanto 
se sono relativi a periodi d'imposta dal 1� gennaio 1985 in poi, alle 
condizioni di validit� e conformit� della dichiarazione dei redditi alle 
disposizioni dell'art. 5 comma 4 t.u. n. 917 del 1987. 

Con riguardo a periodi d'imposta anteriori, il suddetto reddito poteva 
essere esente da I.L.O.R. soltanto se l'esenzione potesse applicarsi al reddito 
dell'impresa familiare a cui il collaboratore partecipa �. 

�Il reddito dell'impresa artigiana, sotto il vigore del d.P.R. n. 599 
del 1973, tanto produttrice di beni e di servizi rientranti nell'ambito dell'art. 
2195 e.e., quanto produttrici di servizi che non rientrano nell'art. 
2195 e.e., era es�nte da ILOR soltanto se l'attivit� era organizzata 
prevalentemente col lavoro del titolare (e dei familiari, in caso di impresa 
familiare), senza una rilevante componente patrimoniale. 

Nell'azione di restituzione dell'I.L.O.R. gi� pagata, l'onere della prova 
della sussistenza dei requisiti per l'esclusione dall'l.L.O.R. grava sul contribuente
� (omissis) 

II. 
(omissis) 1) La risposta al primo quesito data dalla Commissione 
Centrale, nel senso che l'esenzione espressa dall'ILOR (disposta dall'art. 
115 lettera e) del t.u. del 1986) si applica sempre anche a periodi 
d'imposta anteriori, per effetto dell'art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, 
si deve respingere, nella sua assolutezza, senza peraltro rifiutare una 



516 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 3 del d.l. 30 settembre 1983, n. 512, conv. in 1. 25 novembre 1983, 

n. 649, l'art. 3, dodicesimo comma, del d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, 
conv. in 1. n. 17 del 1985), si pu� osservare che il t.u. ha riprodotto le 
norme dell'ultimo provvedimento, in ordine di tempo, con le seguenti 
modifiche: a) in luogo delle parole �possono essere imputati� ha usato 
le parole �sono imputati�; b) in luogo delle parole �dichiarazione annuale
�, alla lettera b), ha usato le parole �dichiarazione dei redditi�. 
Mentre questa seconda espressione � palesemente equivalente alla prima, 
la circostanza che l'imputazione del 49 per cento del reddito � concepita 
come �possibile � dal d.l. n. 853 del 1984, ed invece come necessaria dal 
t.u., non sembra rilevante, ai fini che qui interessano, perch� quel che 
importa � il limite del 49 per cento e soprattutto perch� al fine di 
poter considerare � conforme � una dichiarazione anteriore al t.u. quel 
che conta � che tale limite sia stato, di fatto, osservato. 
Non possono, invece, ritenersi conformi al testo unico le dichiarazioni 
(ai fini del reddito che interessa) redatte alla stregua di una 
normativa sostanzialmente e formalmente diversa, quale � quella del 
1975, del 1977 ed anche del 1983, come risulta ictu oculi dal confronto 
fra le norme. I requisiti formali e sostanziali sono diversi anche con 
riguardo alla normativa del 1983, che sembra la pi� vicina a quella 
del testo unico, perch� il d.l. del 1983 non conteneva la limitazione 
risultante dalla lettera b) dell'art. 3 d.l. 19 dicembre 1984, n. 853, il 
quale disponeva gi� (come il testo unico) che la dichiarazione dei redditi 
dell'imprenditore recasse l'attestazione che le quote (spettanti ai 
familiari) �sono proporzionate alla qualit� e quantit� del lavoro effettivamente 
prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel 
periodo d'imposta �. 

Invece, l'art. 3 del d.l. 30 settembre 1983, n. 512, conv. in legge 

n. 649 del 1983 subordinava la imputazione ai familiari dei redditi risultanti 
dalla dichiarazione annuale presentata dall'imprenditore alla 
condizione � che la dichiarazione stessa rechi l'attestazione che le quote 
di partecipazione dei collaboratori familiari agli utili siano proporzionate 
alla quantit� e qualit� del lavoro effettivamente prestato da ciascuno 
di essi in modo continuativo e prevalente�, senza. contenere il 
riferimento all'impresa. Poich�, nell'interpretare l'art. 230-bis cod. civ. 
(che si riferisce al familiare che presta in modo continuativo la sua 
attivit� di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare) � opinione pacifica 
che il familiare, per poter godere dei diritti riconosciuti dalla 
norma, non � necessario che presti la propria attivit� nell'impresa, ma 
� sufficiente che la presti nella famiglia, � evidt:!nte la diversit� sostanziale 
di contenuto delle attestazioni redatte rispettivamente ai sensi 
della normativa del 1983, ovvero di quella del 1984 (o del testo unico), 
per cui quelle attestazioni redatte in base alla precedente disposizione 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

non potevano essere conformi a quelle redatte ai fini delle dichiarazioni 
dei redditi relative al periodo d'imposta avente inizio dal 1� gennaio 
1985 (art. 4 del citato d.l. n. 853 del 1984, che reca la suddetta data 
d'efficacia della norma). Si possono trascurare altre modifiche, in ordine 
al contenuto ed alle formalit� delle attestazioni dell'imprenditore e dei 
familiari collaboratori, nonch� dell'atto che deve contenere l'indicazione 
della struttura dell'impresa familiare, che pure risultano dal confronto 
fra la normativa del 1983 e quella successiva. 

Concludendo, � ben possibile che, con riguardo a periodi d'imposta 
anteriori al 1� gennaio 1988, ai quali non si applica direttamente il t.u. 
(e quindi l'esenzione dall'I.L.O.R. di cui � causa) vi siano dichiarazioni 
di redditi di imprese familiari, attinenti ai familiari collaboratori, del 
tutto ;conformi al testo unico, di guisa che nulla si oppone -a norma 
dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/88 -a che il contribuente (che pure aveva 
versato l'I.L.O.R., ritenendola dovuta alla stregua delle norme allora vigenti) 
chieda tempestivamente la restituzione dell'imposta versata, invocando 
retroattivamente la norma esoneratrice dell'art. 115 lettera e), 
e cio� chiedendone l'applicazione ad una dichiarazione validamente presentata 
a suo tempo, e conforme al testo unico. Ci� � possibile, si 
ripete, soltanto per le dichiarazioni relative ai periodi d'imposta dal 1985 
in poi, perch� anche le dichiarazioni del 1985, pur redatte dopo l'entrata 
in vigore del d.l. del 1984, essendo relative all'anno 1984, erano redatte 
secondo la precedente normativa, diversa sia formalmente che sostanzialmente. 


In tal modo si assegna all'art. 36, con riguardo all'art. 115 del t.u., 
un significato che non confligge n� con la sua lettera n� con la sua 
ratio, da determinarsi alla stregua della delega contenuta nell'art. 1 
comma 6 della legge n. 550/87 ( � saranno emanate ... le disposizioni occorrenti 
per il miglior coordinamento sistematico-formale delle norme 
contenute nel t.u. delle imposte sui redditi�). Infatti, sembra sistematicamente 
corretto che, se l'esenzione dall'I.L.O.R. per i redditi imputati ai 
familiari collaboratori � collegata all'imputazione effettuata a norma dell'art. 
5 comma 4, ogni volta che l'imputazione � conforme ad una norma 
che (seppure anteriore) � sostanzialmente e formalmente identica al 
suddetto comma quarto dell'art. 5, si ritengono verificati tutti i presupposti 
dell'esclusione dall'imposta gi� a decorrere dal momento in cui 
la norma-base {alla quale � collegata l'esclusione dalil.'I.L.O.R.) era operante. 

Con l'interpretazione accolta si segue l'impostazione della sentenza 
della I sezione n. 4031 del 2 aprile 1992, mentre si rifiuta quella pi� 
restrittiva data da numerose altre sentenze precedenti (fra cui la n. 3370 
del 1990, la n. 10737 del 1990, la n. 3880 del 1991) secondo le quali, in 
una controversia di ripetizione d'indebito, alla stregua dell'art. 36 d.P.R. 

n. 42/88, l'art. 115 lettera e) del t.u. del 1986 non � mai applicabile, es

518 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

sendo possibile la sua applicazione (eventualmente e cio� subordinatamente 
alla verifica della conformit� della dichiarazione alla nuova normativa) 
soltanto nelle controversie iniziate per contestare un accertamento 
dell'Ufficio. L'esigenza della conformit� della dichiarazione alle 
nuove disposizioni si deve osservare, ma non esclude che tale conformit� 
sia posta a base di un'istanza di restituzione dell'I.L.O.R. (ritenuta 
dovuta, al momento del versamento per autotassazione) in realt� non 
dovuta, per la (limitata, a decorrere dal 1985) possibilit� di applicazione 
retroattiva dell'art. 115 lettera c) (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 12 agosto 1992 n. 9551 � Pres. Bologna � 
Est. Borr� � P. M. Di Salvo (diff.) � Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Palatiello) c. Soc. Abetone. 

Tributi erariali indiretti� � Imposta ipotecaria � Agevolazione per il credito 
'a medio e lungo termine � Iscrizione di ipoteca a favore di soggetto 
diverso dall'istituto finanziatore � Esclusione. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, artt. 15 e 17). 
Le garanzie che, a norma dell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 601, godono dell'agevolazione sulle operazioni di credito a medio e 
lungo termine, sono solo quelle che si connettono al credito finanziato 
e all'istituto che lo ha concesso; sono quindi escluse le garanzie a fa� 
vore di soggetto diverso (1). 
(omissis) 1. La ricorrente deduce violazione degli artt. 15 e 17 d.P.R. 

29 settembre 1973, n. 601, nonch� insufficienza di motivazione su punto 

decisivo, sostenendo che il citato art. 15 esenta dall'imposta ipotecaria 

(essendo dal successivo art. 17 prevista un'imposta sostitutiva) soltanto 

le garanzie prestate in favore dell'Istituto erogatore del finanziamento, 

mentre l'ipoteca, di cui si tratta nella specie, � stata consentita in favore 

di altro soggetto. 

La censura � fondata. 

L'art. 15 � certamente formulato in modo molto ampio, ma non vi 

� in esso alcun elemento che consenta di ritenere che il destinatario 

della garanzia ipotecaria, sottratta alla ordinaria imposta, possa essere 

soggetto diverso dall'Istituto che, essendo abilitato all'esercizio del cre


dito a medio e lungo termine, abbia erogato un siffatto finanziamento. 

Le garanzie, come la norma dice, possono essere da chiunque e in qua


lunque momento prestate, ma nessun elemento letterale o logico della 

(1) Decisione di evidente esattezza. 

PARTII I 1 SEZ. V> GIURISPRUDIINZA TRIBUTARIA 519 

norma implica che esse possano riferirsi a credito diverso da quello 
di finanziamento a medio o lungo termine e a soggetto diverso dal� 
l'Istituto che. lo ha. concesso; 

Nella specie,. il finanziamento di tal tipo �.stato erogato dall'I.C.C.RI., 
mentreJ'ipoteca, .del cui. regime.� tributario si . tratta,� � stata consentita in 
favore della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto.�. Ci� porta fuori 
(le,i J~it~ de1la n()rma. est1ntiva; non�. essendo suffi�iente a farla ritenere 
tiPPlic:al)Ue ilfatto .c:be. l'ipote�a . alla Cassl;l <sia �stata concessa .�a� garanzia 
della fideius~ione cl.a ess;;i prestata. in. :relazione al. finanziame,l}to <,lell'J.
C.C.R.I. �Questa circostanza .. evidenzia un nesso economico-fuilzionale 
fr~ .i negozi di garal1zia,. ma ci� non consente. di forzare i confini . dell'art, 
rs, con~istenti ~ ripetesi~ nelfatto �he le garanzie, da chiunque 
e cortmnque prestate, riguardino I1operazione �finanziaria a medio o lungo 
termine e sipongario in favore dell'Istituto che l'ha effettuata (omissis). 

CORTE Dl CASSAZIONE, $ez. I; 13 agosto 1992, n. 9554 � Pres. Bologna � 
.Est. Borr� ~ P. M.. Martinelli (~onf.) � Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Palatiello} c. V~zzali. 

Tributi.in genere -DtchiaJ:~ne � Sff~tti � Rev�abilit� . �. Unliti -Errore 
. materiale ..il l'lconoscibile. 

(d.P.R. 29 setteinbre 1973, ;n. 600, artt. 8 e 9), 
Le prescrizioni di forma e d� tempo stabilite specificamente per la 
dichiarazione sarebbero vaniftcate da �n regime� di emendabilit� .che non 
sia limitato alla verifica di errori materiali e riconoscibili. La dichiarazione 
tributaria, non valutabile secondo categorie meramente privatistiche, 
non pu� essere rettificata al di fuori dei tipici strumentl di impugnazione 
previsti dalla �legge (1). 

La ricorrente deduce violazione degli artt. l, 2, 8,. 9 d.P.R .. 29 settembre 
197.3, n. 600, anche con riferimento agli artt. 36-bis dello stesso decreto, 
38 d.P.R'. 29 settembre 1973, n. 602 e 2732 e.e., nonch~ insuff�cienza 
di motivazione; iri relazforie all'art. 360 nI1. 3 es c.p.c. Assume l'Amministrazione 
che la deci:>ione jlllpug.ata, e:r:roneamente trae, dal ca;rattere di 

(1) Finalmente una .presa di posizione chiara sugli effetti della dichiarazione 
tributaria. Pi� volte la S.C. aveva affermato la irretrattabilit� .della dichiara� 
z10ne (sent. 6 lugliio 1983, n. 45311 in questa Rassegna, 1983, I, 935 con nota di C. 
BAFILE). ma altre volte, raccogliendo la voce corrente della dichiarazione di 
scienza,� aveva assai svalutato la responsabilit�. dell'atto (23 gennaio 1985, n. 271, 
ivi, 1985, I, 472) tranne che nel caso di dichiarazioni presentate per fruire di 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

520 

manifestazione di scienza proprio della dichiarazione dei redditi, la conseguenza 
della sua rettificabilit�, anche quando, come nella specie, non 
si tratta di emenda di errori materiali o di calcolo entro la logica della 
dichiarazione originaria, ma di vera e propria reimpostazione di questa 
attraverso l'allegazione di elementi di fatto nuovi e la enunciazione di 
nuovi effetti giuridici. 

La censura � fondata. Infatti il contribuente, attraverso il procedimento 
di rimborso di cui all'art. 38 d.P.R. 602/1973, deduce fatti prima 
non segnalati e cio� che l'autovettura venduta apparteneva all'impresa, 
che era stata acquistata per un certo prezzo, che il costo era stato 
ammortfazato in una certa misura, e che, quindi, per la disciplina delle 
plusvalenze, solo una parte del ricavato costituiva reddito, allegando 
proprio quello che -secondo gli artt. 1 e 3 del d.P.R. 600/1973 e con riferimento 
all'art. 54 del decreto lrpef -avrebbe dovuto indicare e documentare 
in sede di dichiarazione originaria. 

Ritiene la Corte che tale mutamento di prospettiva, sostanzialmente 
integrante, in parte qua, una nuova dichiarazione, non possa trovar� 
fondamento nella natura non negoziale della dichiarazione dei redditi, 
considerato che per questa sono dalla legge dettate specifiche prescrizioni 
di forma e di tempo (artt. 8 e 9 del d.P.R. 600/1973), le quali sarebbero 
vanificate da un regime di emendabilit� non ancorato al carattere 
materiale e alla testuale riconoscibilit� dell'errore. In virt� di tali 
vincoli temporali e formali, che improntano la disciplina positiva del 
procedimento, perde consistenza l'assunto di una pretesa interdipendenza 
fra natura di dichiarazione di scienza dell'atto in esame e persistente 
rettificabilit� al di fuori dei tipici strumenti di impugnazione concessi 

condono (15 luglio 1986, n. 4655, ivi 1986, I, 550). Pi� recentemente il valore 

vincolante della dichiarazione � stato affermato dalle Sezioni Unite con la 

sent. 9 giugno 1989, n. 2786 (Giust. civ., 1989, I, 2321), anche se ancora continua 

a riaffiorare l'idea che la dichiarazione di scienza non imi:>edisce la ritrattazione 

(24 settembre 1991, n. 9965, in questa Rassegna, 1991, I, 586), tanto che si rimane 

sulle premesse della ritrattabilit� anche quando si atferma che ci� possa 

avvenire soltanto entro il termine fissato per la presentazione (17 febbraio 

1992, n. 1901, ivi 1992, I, 122). 

La sentenza ora intervenuta esce dagli antichi, inadeguati schemi: la di


chiarazione tributaria, se pure non negoziale (anzi proprio perch� non riducibile 

alle categorie privatistiche), ha una sua disciplina di forma e di tempo che 

non ammette una illimitata emendabilit�. Della dichiarazione possono essere 

emendati soltanto gli errori materiali e riconoscibiil� dallo stesso atto. Non 

ha quindi nessun rilievo (viene finalmente proclamato) il mito della natura 

di dichiarazione di scienza. � invece rilevante la considerazione che il proce


dimento di diritto pubblico nel quale la dichiarazione si inserisce, aspira al con


seguimento della stabilit�. 

...,,.,., .... ,.!;,�����lrl 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 521 

dalla legge al contribuente (Sezioni unite, sentenza 9 giugno 1989, n. 2786). 
Si aggiunga che la dichiarazione dei redditi non � valutabile in base a 
categorie meramente privatistiche, costituendo il momento di avvio di 
un procedimento di diritto pubblico, come tale caratterizzato da esigenze 
di razionale svolgimento e dalla aspirazione al conseguimento della stabilit�. 


Deve dunque accogliersi il ricorso con rinvio della causa alla Commissione 
tributaria centrale (omissis). 



PARTE SECONDA 



I 


1 


~ 

i 
~ 
I ~ 

I


! 


I 


I 




RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 



QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I� NORME J:)ICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura civile, a.J:1, 710:; nel testo precedente a quello sostituito 
dall'art. 1 legge 29 luglio 1988, n. 331, nella parte in cui non prevede l'intervento 
del pubblico ministero_ per la modifica dei provvedimenti riguardanti la prole. 

Sentenza 9 novembre 1992, n. 416, G. U. 11 novembre 1992, n. 47. 

Codice di procedura CiVUe; art. '710, nel testo sostituito dall'art. 1 legge 
29 luglio 1988, n. 331, nella parte in cui non prevede la partecipazione del 
pubblico :ministero -per la modifica dei provvedimenti riguardanti la prole. 

Sentenza 9 nov!mlbre 1992, n. 416, G. U, 11 novembre 1992, n. 47. 

Codice di procedura _Penale, art. 3'4, sec9ndo _ (:omma, nella parte _in cui. non 
prevede l'incompatibilit� -a -procedere -al -dibattimento del pretore che, prima 
dell'apertura di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena con� 
cordata per il ritenuto non ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato. 

Sentenza 26 ottobre 1992, n. 399, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 

Codice di procedura penale, art. 83, quinto comma, nella parte in cui non 
prevede per la citazione del responsabile civile nel pro�edimento davanti al 
pretore il medesimo termine assegnato all'imputato dall'art. 555, terzo comma, 
dello stesso codice. 

Sentenza 17 novembre 1992, n. 453, G. U; 25 novembre 1992, n. 49. 

Codice penale lllilitare-di pace; art. 263, nella parte in cui assoggetta alla 
giurisdizione militare le persone alle quali � applicabile la legge penale militare, 
anzich� i soli militari in servizio alle armi o -considerati tali dalla legge 
al momento del commesso reato. 

Sentenza 10 novembre 1992, n. 429, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge 27 luglio 1962, n. 1115, art. 4. 

Sentenza 13 novembre 1992, n. 436, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge 9 gennaio 19631 .n. 9, art. 1, -secondo comma, nella parte in cui non 
consente l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit� a carico del 
Fondo speciale per i coltivatori diretti, coloni e mezzadri, in caso di cumulo 
con pensione diretta erogata dal Fondo di previdenza della Cassa nazionale 
per la previdenza marinara. 

Sentenza 13 novembre 1992, n. 438, G. U. 18 .novembre 1992, n. 48. 

11 



64 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma, nella parte in cui non 
consente, in caso di pensione di anzianit�, che dopo il raggiungimento dell'et� pensionabile, 
la pensione debba essere ricalcolata sulla base della sola contribuzione 
obbligatoria qualora porti ad un risultato pi� favorevole per l'assicurato. 

Sentenza 10 novembre 1992, n. 428, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge reg. siciliana 24 giugno 1986, n. 31, art. 9, n. 8, nella parte in cui non 
dispone l'ineleggibilit� dei dipendenti dell'unit� sanitaria locale facenti parte 
dell'ufficio di direzione e dei coordinatori dell'ufficio stesso, per i consigli dei 
comuni che concorrono a costituire l'unit� sanitaria locale. 

Sentenza 19 novembre 1992, n. 463, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

legge 5 ottobre 1991, n. 317, art. 21, quinto comma, nella parte in cui non 
contempla che il potere sostitutivo del Ministro dell'industria, del commercio 
e dell'artigianato, nelle materie di competenza delle regioni e delle province 
autonome di Trento e di Bolzano, sia esercitato, in caso di loro inerzia, previa 
diffida alle stesse. 

Sentenza 10 novembre 1992, n. 427, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge reg. Lombardia 25 novembre 1991, n. 28, artt. 1 e 2. 

Sentenza 13 novembre 1992, n. 437, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 41, sesto comma, nella parte in cui, con 
riguardo alla lettera a), prevede che il Comitato �si avvale di�, anzich� Ǐ 
composto da�. 

Sentenza 29 ottobre 1992, n. 406, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 

legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, secondo comma. 

Sentenza 19 novembre 1992, n. 461, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo 
comma. 

Sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. 

legge reg. Liguria approvata il 18 dicembre 1991 e riapprovata il 26 febbraio 
1992, art. 4. 

Sentenza 19 ottobre 1992, n. 392, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. 

legge 26 febbraio 1992, n. 211, art. 1, secondo comma, nella parte in cui 
non prevede che il potere sostitutivo del Ministro per i problemi delle aree 
urbane, sia esercitato, in caso di inerzia delle regioni o delle province autonome, 
previa richiesta alle stesse di pronunciarsi positivamente o negativamente, 
entro un congruo termine, in ordine alla proposta di individuazione dei 
comuni interessati agli interventi previsti dalla legge stessa. 

Sentenza 19 novembre 1992, n. 462, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

delibera legislativa riapprovata dal Consiglio regionale del Veneto in data 
5 marzo 1992, recante � Referendum �consultivo in merito alla presentazione 
di proposta di legge statale per la modifica di disposizioni concernenti l'ordinamento 
delle Regioni �. 

�. . . 

Sentenza 24 novembre 1992, n. 470, .G. U. 2 dic�mbre 1992, n. 50. 

Il o. QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, art. 1510, secondo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). 
Sentenza 19 novembre 1992, n. 465, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

Codice di procedura civile, artt. 75 e 300 (art. 24 della Costituziione). 
Sentenza 19 novembre 1992, n. 468, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

Codice penale, art. 708 (artt. 25, secondo comma, 42 e 24, secondo comma, 
della Costituzione). � 

Sentenza 19 novembre 1992, n. 464, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

Codice di procedura penale, art. �83 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 10 novembre 1992, n. 430, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 


Co.dice �� di. :procedura pena1e, ~1:� .197, Iett. e) (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 dicembre 1992, n. 477, G. U. 30 dicembre 1992, n. 54. 

Codice di procedura penale, art: 324, sesto co:nm:ta (artt. 76 e 77, primo 
comma, e 112 della Costituzione). 

Sentenza 10 novembre 1992, n. 432, G. U. J8 novembre 1992, n. 48. 

Codice di procedura penale, art. 513, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 dicembre 1992, n. 476, G. U. 30 dicembre 1992, n. 54. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4 (artt. 3, 8 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 19 novembre 1992, n. 467, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n; 598; art.� 20 (artt. 3, 8 e 53 della Costituzione). 
Sentenia 19 novembre 1992, n. 467, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 
legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5, terzo comma, n. 1 (artt. 3 e 97 della 
Costituzione). 

Sentenza 29 ottobre 1992, n. 412, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 


66 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 50, n. 1 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 29 ottobre 1992, n. 412, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 
legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 3 (artt. 8, n. l, e 54, n. 5 dello 
statuto reg. Trentino e 3 della Costituzione). 
Sentenza 29 ottobre 1992, n. 407, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 


legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, commi 4-bis e 4-ter (artt. 49 e 51 statuto 
Trentino-Alto Adige, e 1 della Costituzione). 
Sentenza 29 ottobre 1992, n. 407, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 


legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, commi 4-septies e 4-octies (art. 8, n. 1, 
dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e 3 della Costituzione). 

Sentenza 29 ottobre 1992, n. 407, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 

legge 27 dicembre 1990, n. 404, art. 10 (artt. 3, 24, 36 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 13 novembre 1992, n. 440, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge 5 ottobre 1991, n. 317, artt. da 1 a 24, da 27 a 34, 36 e 43 (artt. 8, nn. 9 
e 20, 9, nn. 3 e 8, 15 e 16 e titolo VI dello statuto prov. Bolzano). 

Sentenza 10 novembre 1992, n. 427, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge 5 ottobre 1991, n. 317, artt. 1, commi. 2 e 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 
19, 20, 21, 22, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, comma 1, lett. a), 41 e 43, 
comma 1 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione e vari articoli dello statuto 
prov. Trento). 

Sentenza 10 novembre 1992, n. 427, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge reg. Liguria approvata il 18 dicembre 1991 e riapprovata il 26 febbraio 
1992, art. 1, secondo comma. 
Sentenza 19 ottobre 1992, n. 392, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. 

legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 7, prhno comma (artt. 3, 24, 52, 53, 101 
e 104 della Costituzione). 
Sentenza 17 novembre 1992, n. 455, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 13, terzo comma. 
Sentenza 17 novembre 1992, n. 454, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 


d.P.R. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 18, terzo comma (artt. 97, 117, 118 e 119 
della Costituzione). 
Sentenza 26 ottobre 1992, n. 401, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 5 febbraio 1992, n. 104, artt. 4, 10, terzo e sesto comma, 11, secondo 
comma, 18, quarto comma, 19, 40, prbno e secondo comma (artt. 117 e 118 della 
Costituzione). 

Sentenza 29 ottobre 1992, n. 406, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 

legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 10, sesto comma (artt. 3 e 97 della 
Costituzione). 

Sentenza 29 ottobre 1992, n. 406, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 

legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, prbno comma (artt. 117 e 118 della 
Costituzione). 

Sentenza 19 novembre 1992, n. 461, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 

legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16, primo e secondo comma (artt. 3, 
9, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione). 

Sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. 

legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16, nono comma e art. 2, secondo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. 

legge 24 febbraio 1992, n. 225, artt. 1, secondo e terzo comma, 2, 4, prbno 
comma, 5, quarto comma e 14 (art. 117 della Costituzione). 

Sentenza 9 novembre 1992, n. 418, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. 

legge 26 febbraio 1992, n. 211, artt. 1, prbno comma, 4, 5, 7, 9 e 10 (art. 8, 
nn. 5, 17 e 18, art. 16 e titolo VI dello Statuto prov. Trento e artt. 117, 118, 
119 e 128 della Costituzione). 

Sentenza 19 novembre 1992, n. 462, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. 


I


I 


1


I 


t 

I 
*' 
~ 
~ 
I! 


i 

j 

I


I 
I 


II 

I 

I 

i 



CONSULTAZIONI 


Ass1CURAZIONE -Impresa assicuratrice -Imprese esercenti le assicurazioni 
sulla vita prima della legge 742/86 -Ultrattivit� delle autorizzazioni Decadenza 
dall'autorizzazione ex lege all'esercizio di un ramo assicurativo 
per mancato inizio entro l'anno -Possibilit�. 

Se le imprese che gi� prima dell'entrata in vigore della legge 742/86 
erano autorizzate all'esercizio delle assicurazioni sulla vita e che -dall'art. 
84 della .ridetta legge -vennero autorizzate ad esercitare determinati 
rami di siffatta attivit� assicurativa, rami poi rideterminati dall'art. 
20 della legge 20/91 (che ha sostituito il precitato art. 84), decadano 
dalla autorizzazione disposta dalla legge per uno di detti rami ove entro 
un anno dall'entrata in vigore della legge 20/91 -non abbiano 
dato inizio all'esercizio di questo ramo; mentre sia da escludere siffatta 
decadenza per mancato esercizio entro l'anno seguente l'entrata in vigore 
della legge 742/86 (es. 4175/92). 

Liquidazione volontaria di impresa assicuratrice -Decadenza dall'attivit� 
-Contratti in corso con clausola di rinnovazione tacita o per 
pagamento del premio. 

Liquidazione volontaria di impresa assicuratrice -Recesso dal contratto 
in corso. 

Se la possibilit� di gestire i contratti in corso da parte di una societ� 
di assicurazione (nazionale o sede secondaria di societ� estera) comporti 
il rinnovo del contratto nel quale sia prevista la rinnovazione tacita o 
mediante pagamento del premio � per tutta la durata della vita � (es. 
7899/91). 

Se, in caso di liquidazione volontaria di una societ� assicuratrice 
(nazionale o sede secondaria di societ� estera) l'assicuratore e/o l'assicurato 
abbiano la facolt� di recesso dal contratto in corso (es. 7899/91). 

Polizze fideiussorie -Natura -Emissione ad opera di impresa non 
autorizzata all'esercz"zio di attivit� assicurativa (es. societ� finanziaria) 
-Effetti. 

Se il contratto nella prassi denominato di assicurazione fideiussoria 
(e la cui causa consiste nella garanzia dell'adempimento del terzo) abbia 
natura di contratto di assicurazione e, pertanto, l'emissione di polizze fideiussorie, 
dirette a garantire il summenzionato adempimento, costituisca 
esercizio di attivit� assicurativa vietata alle imprese che siano prive della 
relativa autorizzazione; e se, quindi, l'impresa che, priva della considerata 
autorizzazione (nella specie societ� finanziaria) abbia emesso polizze del 
tipo surriferito, possa essere posta in liquidazione coatta amministrativa 
(es. 2594/92). 



70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

I

ATTI AMMINISTRATIVI -Istanze di riesame di provvedimenti amministrativi 

divenuti inoppugnabili -Insussistenza per l'Amministrazione dell'obrn 
bligo di conclusione del procedimento amministrativo -Inconfigurabilit� 
silenzio rifiuto. rJI 

l 
@

r::

Se -dopo l'entrata in vigore delle norme in materia di procedi, 


.

mcent.o amministrativo di cui alla legge 241/90 -l'amministrazione abbia 

�.�

l'obbligo di provvedere su di un'istanza diretta ad ottenere il riesame di 
un provvedimento autoritativo divenuto inoppugnabile; o quantomeno se 
sussista tale obbligo per l'amministrazione allorch� questa -dopo la 
presentazione dell'istanza di cui sopra -abbia proceduto al compimento 
d�. attivit� istruttoria, richiedendo pareri di altre amministrazioni (es. 
805/92). 

AVVOCATURA DELLO STATO -Presidente della giunta regionale della Campania 
quale Commissario straordinario del Governo -Patrocinio obbligatorio 
o facoltativo. 

Se nei giudizi nei quali sia parte il Presidente della Giunta regionale 
della Campania (o della Basilicata) nella qualit� di Commissario straordinario 
del Governo nella realizzazione di piani regionali di sviluppo (di 
cui all'art. 4 1. 80/84) relativamente ad opere e a progetti per l'esecuzione 
dei quali si adottino procedure straordinarie, la rappresentanza e difesa 
in giudizio del Presidente della Giunta regionale debbano essere necessariamente 
assunte dall'Avvocatura dello Stato (es. 3293/92). 

COMUNI -Consigliere comunale -Decadenza dalla carica -Giudizio a tal 
fine promosso dal Prefetto -Tribunale competente -Applicabilit� della 
regola del foro erariale. 

Consigliere comunale -Decadenza dalla carica -Giudizio a tal fine 
promosso dal Prefetto -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato -Necessit� 
o meno. 


Se la competenza a conoscere dell'azione promossa dal Prefetto (ai 
sensi dell'art. 9-bis, comma 4, d.P.R. 570/1960) al fine di far dichiarare la 
decadenza di taluno dalla qualit� di consigliere comunale (a cagione di 
impedimenti, incapacit�, incompatibilit� contemplati dalla legge) appartenga 
al Tribunale nel cui circondario si trova il comune interessato (e 
quindi non trovi applicazione -pel considerato tipo di giudizio -la 
regola del foro dello Stato) (es. 2273/92). 

Se il Prefetto possa promuovere i giudizi previsti dall'art. 9-bis, 
4� comma, d.P.R. 570/60 e diretti a far dichiarare la decadenza di taluno 
dalla qualit� di consigliere comunale (a cagione di impedimenti, incapacit�, 
incompatibilit� contemplati dalla legge), senza ricorrere al patrocinio 
dell'Avvocatura dello Stato (es. 2273/92). 

Consiglio comunale -Scioglimento per infiltrazioni della criminalit� 
organizzata -Perdita della qualit� di Consigliere e di Sindaco -Decadenza 
da incarichi connessi -Fattispecie (cariche negli enti di gestione 
dei parchi naturali). 


Se la perdita dello �status di consigliere o di sindaco, a seguito dello 
scioglimento del Consiglio comunale per accertate infiltrazioni della cri




PARTE II, CONSULTAZIONI 

minalit� organizzata, comporti la decadenza dagli incarichi connessi alle 
menzionate qualit� (nella specie componente di consiglio di parco istituito 
nella regione Sicilia) (es. 2007/92). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Alloggi per i quali vi sia stato condono 
edilizio -Prezzo di cessione in propriet� dell'alloggio -Determinazione. 

Se in caso di esercizio del diritto di riscatto (di cui agli artt. 27 e 
28 legge 513/1977) di un alloggio di edilizia residenziale pubblica da parte 
dell'assegnatario che abbia� ampliato� la superficie coperta mediante la 
costruzione di vani abusivi (ad esempio� perch� realizzati senza licenza 

o concessione edilizia o autorizzazione a costruire) poi sanati ex l. 47/1985, 
il prezzo della cessione in propriet� dell'alloggio stesso vada determinato 
tenendo conto del maggior valore che quest'ultimo avrebbe avuto -alla 
data 'del 18 agosto 1977 (e cio� di entrata in vigore della 1. 513/77) -per 
effetto della realizzazione delle opere abusive e senza tener conto delle 
spese d� costruzione e sanatoria (es. oblazione) (es. 4161/87). 
ENTI PUBBLICI -Nomine -Conferma nella carica di presidente e vicepresidente 
-Divieto di legge o di statuto a pi� conferme -Fattispecie. 

Se, per effetto di quanto disposto dall'art. 6 della legge 14 del 1978 
(sul controllo parlamentare delle nomiri.e negli enti� pubblici), vale a dire 
eh.e la conferma nella carica di Presidente o Vicepresidente di un ente 
pubblico non pu� essere effettuata per pi� di due volte, possa procedersi 
a seconda conferma nella carica di Presidente di un ente (nella specie 
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) per il quale norme (di legge o di 
statuto) anteriori alla data di entrata in vigore della l. 14 del 1978 prevedano 
che il Presidente possa essere confermato una sola volta o se 
..;.. alternativamente -nell'ipotesi considerata, ove sia lo Statuto a vietare 
la seconda conferma, questa -ove adottata dall'Organo competente a 
modificare lo Statuto -valga necessariamente quale modifica implicita 
di quest'ultimo (es; 1689/92). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA t.JTILIT�--Occupazione. d'urgenza -Concordamento 
dell'indennit� di esproprio ~ Effetto traslativo -Configurabilit�. 

Occupazione d'urgenza -Concordamento dell'indennit� di esproprio Revoca 
della procedura espropriativa -Restituzione dell'indennit� Configurabilit� 
-Criteri. 

Se l'avvenuto perfezionam�nto dei verbali d,i concordamento dell'indennit� 
di espropriazione possa far ritenere insorto nei proprietari il 
diritto di conseguire l'indennit� (e di ritenere -quindi -la parte di essa 
gi� corrisposta) e nell'Amministrazione, parallelamente, il diritto di propriet� 
dei beni indennizzati (es. 566/92). 

Se l'indennit� di occupazione di urgenza e quella di espropriazione 
(ed in particolare l'indennit� aggiuntiva dovuta ex art. 17 legge 22 ottobre 
1971 n. 865 al proprietario coltivatore diretto nonch� ai tittavoli e 
coloni del fondo espropriato), le .quali siano state_ gi� corrisposte nelle 


72 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATCl 

more del procedimento di esproprio, debbano essere integralmente restituite 
qualora l'espropriante rinunci a portare a compimento la procedura, 
revocandone gli effetti compiuti (es. 566/92). 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE -Reati tributari � Sentenza irrevocabile di assoluzione 
� Declaratoria di difetto di prova del superamento dei limiti 
di punibilit� � Efficacia vincolante nel processo tributario. 

Se la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, con la quale il 
giudice abbia dichiarato l'inesistenza della prova del superamento della 
soglia di punibilit�, prevista dalla legge per il reato tl"ibutario (in materia 
di imposte dirette o IVA) di cui al capo di imputazione, abbia effetto 
vincolante nel giudizio tributario (es. 720/92). 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA � Diniego di riconoscimento della qualit� di 
rifugiato politico -Espulsione dal territorio nazionale � Diniego o 
revoca del permesso di soggiorno -Ricorsi giurisdizionali di cittadini 
extracomunitari -Ordinanze e sentenze dei Tribunali Amministrativi 
Regionali -Appello -Termine. 

Se il termine breve per proporre appello al Consiglio di Stato avverso 
sentenze o ordinanze rese dai Tribunali Amministrativi Regionali, su 
ricorsi proposti da cittadini extracomunitari, contro provvedimenti di 
diniego dello status di rifugiato politico di espulsione dal territorio nazionale, 
di diniego o revoca del permesso di soggiorno, sia di sessanta giorni 
dalla notificazione dell'ordinanza o della sentenza (es. 3298/92). 

IMPIEGO PUBBLICO � Appartenenti a corpi di Polizia � Legge 6 marzo 1976 

n. 52 -Assegnazione in locazione di alloggi -Cessazione dal servizio 
dell'assegnatario -Revoca assegnazione e riso!uzione locazione -Necessit�. 
Se gli alloggi assegnati in locazione al personale -in attivit� di 
servizio -della pubblica sicurezza (del Corpo della Polizia di Stato, dell'Arma 
dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza, del Corpo 
degli Agenti di custodia, del Corpo Forestale) e realizzati in attuazione 
della legge 6 marzo 1976, n. 52, abbiano natura di alloggi di servizio e se 
pertanto (con eccezione dei casi di diritto a permanere nell'alloggio previsti 
dall'art. 22 legge 18 agosto 1978, n. 492) il collocamento a riposo o comunque 
la cessazione dal servizio del locatario sia causa di revoca dell'assegnazione 
e di risoluzione del contratto di locazione (es. 3756/91). 

Decesso di dipendente statale -Somme a questi dovute in esecuzione 
di sentenze relative a differenze retributive -Interessi e rivalutazione Spettanza 
�iure proprio� al coniuge o in mancanza ai figli. 

Se in caso di decesso di dipendente statale in attivit� di servizio gli 
emolumenti al medesimo dovuti in esecuzione d� sentenze relative a differenze 
retributive, interessi e rivalutazione spettino � iure proprio � al 
coniuge non legalmente separato per sua colpa o, in mancanza, ai figli 
come previsto dall'art. 14 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 per i ratei di 
stipendio lasciati insoluti (es. 10758/89). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Dipendente dello Stato � Sospensione cautelare dal servizio in pen� 
denza di procedimento. penale . � Collocamento a riposo prima della 
conclusione del processo penale � Assegni non percepiti durante la 
sospensione. 

Delitto contro la P.A. commesso dal dipendente statale � Sussistenza 
-�-di solo dann� morale per l'amministrazione offesa � Assunzione di 
garanzi'e {sequestro conservativo . Fermo amministratfvo). 

Se il dipendente statale sospeso cautelarmente dal servizio (ex 
art. 91 t.u. impiegati civili) in pendenza di processo penale, per il solo 
fatto che vi sia stato -prima della conclusione del predetto procedimento 
penale. -. suo. collocamento a riposo per raggiunti limiti di et�, 
abbia diritto al pagamento della differenza fra l'ammontare degli stipendi 
non percepiti durante la sospensione e quanto a lui corrisposto 
-nel detto periodo -a titolo di assegno alimentare (es. 10796/89). 

Se l'amministrazione statale possa richiedere sequestro conservativo 
penale dei beni o fermo amministrativo dei crediti di un suo dipendente 
imputato di un delitto contro la P. A. commesso in occasione del 
servizib .(nella specie concussione) dal quale sia derivato all'amministrazione-
stessa esclusivamente danno �non patrimoniale (non quantificato 
dal giudice) (es. 10796/89). 

Procedimento disciplinare � Termine finale � In caso di sentenza 
penale definitiva di condanna . Perentoriet�. 

Se il termine di 90 giorni, previsto dall'art. 9 della legge 7 febbraio 
1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare intrapreso 
a carico del dipendente statale che abbia riportato condanna 
penale con sentenza divenuta irrevocabile, sia pertntorio (es. 1147 /92). 

INDUSTRIA � Comune . Energia elettrica . Esonero dal sovraprezza termico 
di cui� al provvedimento CIP n. 3 del 27 gennaio 1988 � Servizi 
comunali � Ambito di applicazione. 

Se l'esenzione dal sovraprezzo termico che il provvedimento del 
Comitato. intenninisteriale prezzi n. 3 .del 27 gennaio 1988 prevede per 
l'energia elettrica che le imprese municipalizzate cedono ai comuni per 
l'uso esclusivo dei servizi comunali sia applicabile, oltre che all'energia 
destinata ad attivit� riguardanti servizi che devono necessariamente 
essere gestiti dai comuni, anche all'energia destinata a servizi che il 
comune ha affidato o avrebbe potuto-affidare in gestione ad altro ente 

o privato (es. 4990/91). 
LOCAZIONE -Locazione immobili urbani -Equo canone � Integrazione del 
corrispettivo di locazione per opere o lavori di manutenzione straordinaria 
. Variazione in aumento del tasso legale di interesse. 

Se l'interesse legale (sul capitale impiegato) a mezzo del quale 
determinare l'integrazione del canone di locazione prevista dall'art. 23 
legge 392/78 (per il caso di riparazioni straordinarie o �li altre opere 

ru , 



74 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

di straordinaria manutenzione di rilevante entit� eseguite dal locatore) 
sia non quello vigente al momento dell'esecuzione delle opere (o della 
concreta effettuazione della spesa) bens� quello corrente al momento in 
cui viene effettuata la richiesta di integrazione; e se il concedente che; 
abbia gi� richiesto, prima dell'elevazione del saggio legale degli interessi 
(nella specie aumento al 10 per cento previsto dalla legge 353/90), la 
considerata maggiorazione del corrispettivo di locazione possa chiedere, 
dopo l'aumento del tasso legale, che la medesima venga elevata a cagione 
del mutamento della misura degli interessi legali (es. 874/92). � 

MISURE DI SICUREZZA -Riparazione per ingiusta detenzione -Procedimento 
-Spese di giudizio -Onorari -Avvocatura dello Stato. 

Se nel giudizio di riparazione dell'ingiusta detenzione trovi applicazione 
l'istituto della condanna alla rifusione delle spese di lite (es. 
5713/91). 

NAVE E NAVIGAZIONE -Nave di propriet� di societ� italiana dichiarata 
fallita -Vendita per esecuzione forzata all'estero -Autorizzazione 
a dismissione di bandiera -Procedimento -Norme disciplinatrici 


I

Pubblicazioni a tutela dei creditori o di altri terzi. 

Nave di nazionalit� italiana -Procedura fallimentare -Vendita in Ita


I

lia a cittadino straniero -Autorizzazione a dismissione di bandiera 


I ~ 

Procedimento -Norme disciplinatrici -Pubblicazioni a tutela dei 

creditori o altri terzi. 

Se, ove venga chiesta, dall'acquirente cittadino straniero, l'autorizzazione 
alla dismissione di bandiera, relativamente a una nave di nazionalit� 
italiana, di propriet� di una societ� dichiarata fallita e venduta 
all'estero a conclusione di una procedura di vendita coattiva ivi 

I

tenutasi, il Ministero della Marina Mercantile debba applicare nel procedimento 
di autorizzazione le norme (poste a tutela dei titolari di 
diritti reali o di garanzia sulla nave o dei titolari dei crediti connessi 

I

all'esercizio della nave) di cui agli artt. 156 e 157 del codice della navigazione 
e pertanto debbano essere poste in essere le forme di pub


I

blicit� (pubblicazione negli uffici di porto e inserzione nel foglio degli ! 
annunzi legali) e osservati gli eventuali ulteriori adempimenti previsti 
dalle summenzionate disposizioni di legge (es. 941/92). 

Se, ove una nave di nazionalit� italiana, a seguito di procedura fallimentare, 
sia venduta -in Italia -a cittadino straniero, sia necessaria 
l'autorizzazione alla dismissione di bandiera e l'adozione di forme 
di pubblicit� (pubblicazione negli uffici di porto e inserzione nel foglio 
degli annunci legali) previste dagli artt. 156 e 157 del codice della navigazione 
(a tutela dei titolari di diritti reali o di garanzia sulla nave 

o di crediti connessi all'esercizio della nave) (es. 941/92). 
Porti -Attivit� portuali -Servizio di imbarco sbarco e trasporto dei 
bagagli dei passeggeri -Affidamento in esclusiva -Contrasto con 
norme comunitarie o con norme interne in tema di concorrenza � 
Esclusione. 




PARTE II,.. CONSULTAZIONI 7f 

Attivit� portuali -�Servizio. di imbarca .sbarco e trasporto dei bagagli 
dei .passeggeri -Regolameff,.to. che prevede; ..affidamento. in esclusiva 
ad un ente collettivo di .lavoratori -Illegittimit�. 

Se Jia.ffidamento in esclusiva ad un ente (nella specie gruppo portab1:
1;gagli di Venezil!) c:lell'esecuzione �(all'interno.� di_. u11 porto) del servivizio_.. 
di �sl:)arco, inibarcQ�. trasporto. dei bagagli _.dei passeggeri sia in 
confrasfo�ru 'per s~c~J~�norriwdel t.ratfato.CEE..o_con le_ nonne.poste 
a tutela della concorrenza e del mercato dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 
(segnatl!mente quelle che prevedono le intese restrittive della libert� 
di concorrenza, l'abuso d� posizione �t.ommante, l'autoproduzione) (es.

805/92). .� . . . ; . . .� .. . 

Se sia legittimo ~ alla stregua de1Ia legislazione vigente in tema di 
polizia delle attivit� esercitate riei porti {e segnafam�rite dell'art. 68 
codice della navigazione.) -un regolamento che affidi in via esclusiva 
ad un ente . collettivo di lavoratori (nella specie. gruppo portabagagli di 
v~nezia). l'esec.zione del servizio d,i carico, scarico, trasporto dei bagagli 
dei passeggeri all'interno di un porto, facendo divieto alle persone 
non fipp~ten�nti al predet~() grt;lPpO: di eseguire il lavoro di imbarco, 
sbarco e trasporto dei bagagli (es~ 805/92). 

ORPINE E SICUW!ZZA PUBBLICA -Certificazione antimafia -Attestazione di 
� prac�dimenti di prevenzione a carica di conviventi dell'int�ressato. 

Certificazione antimafia -Attestazione di procedimento penale per 
il delitto di associazione di tipo mafioso in assenza di un procedimento 
di prevenzione. 

Se nel certificato da rilaseiarsi ai flrii della verifica della mancanza 
di situazioni di mafiosit� del contraente privato, ostative alla stipulazione 
di contratti con la �Pubblica �mmi�istraz�one (c.d. certificazione 
antimafia), si debba dare atto; per quanto concerne i conviventi dell'interessato, 
non soltanto dell'avvenuta applicazione a� loro carico di una 
misura definitiva di prevenzione, ma anche della pendenza di procedirneriti 
volti ad applicare tale misura (es. 2506/92). 

Se nel certificato da rilasciarsi ai fini della verifica della mancanza 
di situazioni di mafiosit� del contraente privato, ostative aila stipulazione 
di contratti con la pubblica amministrazione (c.d. certificazione 
antimafia), debba essete attestata la �peri<lenza a carieo dell'interessato di 
un procedimento penale per il reato di associazione a delinquere di tipo 
mi;tfioso anche se non vi sia. pendenza del collaterale procedimento per 
l'applkazfon� di niisura di prevenifone (es. 2506/92). 

Disposizioni coiztro la mafia -Confisca definitiva dei beni del sospettato 
di appartenenza ad organizzazione mafiosa -Gestione dell'intendente 
di finanza -Casa adibita ad abitazione del sospettato o dei 
suoi familiari -Poteri dell'intendente -Intimazione rilascio -esecuzione 
ln via di autotutela dell'ordine di rilascio. 

Se -intervenuta la confisca definitiva dei beni della persona sospettata 
di appartenere ad associazione di tipo mafioso _._ e prima che 
si. sia proceduto alla. liquidazione delle altre attivit� confiscate -l'in




RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

76 


tendente di finanza possa intimare al sottoposto alla summenzionata 
misura antimafia -o ai familiari di questo -il rilascio della casa 
(gi� di propriet� del sospettato di appartenenza all'organizzazione illecita) 
adibita ad abitazione del sottoposto a confisca e/o della sua famiglia; 
nonch� dare esecuzione in via amministrativa all'impartito ordine 
di rilascio (anche ove, in precedenza, il Giudice delegato al sequestro con 
provvedimento peraltro di dubbia legittimit� -abbia disposto la 
non distrazione dall'uso della abitazione) (es. 4366/91). 

Disposizioni contro la mafia � Confisca definitiva o comunque esecutiva 
di beni immobili o mobili costituiti in azienda � Natura di detti 
beni dal momento della confisca esecutiva a quello di attuazione del 
decreto ministeriale di destinazione. 

Se i beni immobili e i beni mobili costituiti in azienda confiscati 
(con provvedimento definitivo o comunque esecutivo) a persona sospettata 
di appartenenza ad organizzazione mafiosa, dal momento della confisca 
(definitiva o comunque esecutiva) a quello in cui viene data attuazione 
al decreto del Ministro delle Finanze relativo alla loro destinazione, 
abbiano natura di beni del patrimonio indisponibile dello Stato 
(es. 5631/90). 

Disposizioni contro la mafia -Gestione dei beni sequestrati e confiscati 
-Custode e amministratore -Cessazione dalle funzioni -Momento. 


Disposizioni contro la mafia -Confisca esecutiva dei beni -Attivit� 
svolte dall'Amministratore Giudiziario o dal custode dei beni sequestrati 
-Effetti nei confronti dell'Amministrazione delle Finanze. 

Disposizioni contro la mafia -Processi instaurati da o contro l'Amministratore 
Giudiziario o il custode dei beni sequestrati -Confisca 
esecutiva -Interruzione. 

Se il custode dei beni sequestrati alla persona sospettata di appartenere 
ad organizzazione mafiosa -nominato ai sensi dell'art. 2 quater 
legge 575/65 -cessi dall'ufficio allorch� venga adottato provvedimento 
definitivo o comunque esecutivo di confisca e se l'Amministratore nominato 
-dall'Intendente di finanza -ai sensi dell'art. 7, 5� comma, d.l. 
230/89 (per la gestione dei beni che alla data di entrata in vigore del 
ridetto d.l. 230/89 fossero oggetto di confisca non definitiva e non avessero 
ancora ricevuto destinazione) cessi dalla carica del momento dell'esaurimento 
delle operazioni di liquidazione ovvero al successivo momento 
in cui sia stata data attuazione al Decreto Ministeriale di destinazione 
(es. 5818/86). 

Se, intervenuto provvedimento definitivo o comunque esecutivo di 
confisca dei beni della persona sospettata di appartenenza ad organizzazione 
mafiosa, l'Amministrazione delle Finanze subentri nei rapporti 
giuridici sostanziali posti in essere dall'Amministratore Giudiziario o dal 
custode durante la fase di sequestro dei beni stessi (es. 5818/86). 

Se, intervenuto provvedimento definitivo o comunque esecutivo di 
confisca dei beni della persona sospettata di appartenenza ad organiz



. PARTE II, CONSULTAZIONI 

zazione mafiosa, vi sia interruzione dei giudizi civili e amministrativi 
pendenti instaurati da o contro l'amministratore giudiziario o il custode 
dei beni stessi durante la fase del sequestro (es. 5818/86). 

Misure di prevenzione -Disposizioni contro la mafia -Aree confiscate 
al sospettato di appartenenza ad associazione mafiosa -Opere edilizie 
abusive ivi esistenti -Destinazione a scopi pubblici o sociali o vendita 
-Possibilit� e modalit�. 

Misure di prevenzione -Disposizioni contro la mafia -Aree confiscate 
al sospettato di appartenere ad associazione mafiosa -Opere edilizie 
abusive ivi esistenti -Demolizione. 

Se gli immobili insistenti su terreni confiscati a persona sospettata di 
appartenenza ad organizzazione mafiosa, edificati (gi� prima della confisca) 
abusivamente (e precisamente in assenza di concessione edilizia o in 
totale difformit� da essa o con variazioni essenziali) e per i quali non vi 
sia stata sanatoria (ad esempio condono edilizio ex 1. 47/85) debbano essere 
necessariamente abbattuti oppure possano essere destinati al soddisfacimento 
di fini istituzionali dello Stato o di altri scopi pubblici o sociali 
oppure essere posti in vendita (es. 2225/92). 

Se, ove si debbano abbattere immobili edificati abusivamente (ad esempio 
senza concessione edilizia) -e gi� prima della confisca -su terreni 
confiscati a persona sospettata di appartenere alla mafia (o altra organizzazione 
similare), alla demolizione delle considerate opere edilizie 
debba provvedere il Sindaco, a carico e spese del responsabile dell'abuso 
edilizio, previa diffida a quest'ultimo; e se in tali casi alla demolizione 
possa provvedere, in via di autotutela, anche l'Amministrazione 
delle Finanze (es. 2225/92). 

PESCA -Acquacultura e piscicoltura -Acque marittime interne -Polizia, 
vigilanza e rilascio concessioni -Competenza regionale. 

Se -in virt� dell'art. 100 d.P.R. 616/77 -debbano ritenersi trasferite 
alle Regioni le funzioni attinenti alla piscicoltura e all'acquacoltura 
nel demanio marittimo interno e se -pertanto -i relativi atti di concessione 
vadano rilasciati dalla Regione (previo parere favorevole dell'organo 
statale competente) (es. 8231/91). 

PROCEDIMENTO PENALE -Reati tributari -Verbale di accertamento redatto 
dalla Guardia di Finanza -Possibilit� di acquisizione nel fascicolo del 
dibattimento. 

Reati tributari -Prova -Presunzioni previste da norme tributarie Utilizzabilit�. 


Se -nei procedimenti penali relativi a reati tributari (nella specie 
in materia di imposte dirette e IVA) -il processo verbale di constatazione 
redatto dalla polizia tributaria possa essere acquisito al fascicolo 
del dibattimento (es. 720/92). 


RASSEGNA AVVOCATURA.DELLO STATO

78 

Se nel giudizio penale concernente reati tributari (nella specie in 
materia di imposte dirette e IVA) possano essere utilizzate le presunzioni 
previste da norme tributarie (es. 720/92). 

REGIONI -Piano paesistico e piano urbanistico-territoriale -Competenza 
della Regione Campania -Delegabilit� alle Comunit� Montane. 

Se, nell'ambito delle competenze delegate dalla Regione Campania 
alle Comunit� Montane ci sia anche quella relativa ai piani paesistici o 
urbanistico-territoriali (es. 2412/92). 

RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Servizio di riscossione dei tributi -Concessionari 
-Contributi per squilibri gestionali -Decadenza dalla concessione. 


Servizio di riscossione dei tributi -Commissario governativo delegato 
provvisoriamente alla riscossione -Successione nell'azienda del concessionario 
decaduto o nei debiti di questi verso i dipendenti. 

Se il contributo previsto (dall'art. 3 dJ. 417/91) a favore dei concessionari 
del servizio di riscossione dei tributi (o dei commissari governativi 
delegati provvisoriamente alla riscossione) nell'eventualit� che 
per l'anno 1990 siano stati accertati -relativamente alle aziende degli 
stessi -sq�ilibri gestionali che abbiano compromesso il regolare svolgimento 
del servizio, spetti al concessionario che, svolto il servizio nel 1990, 
sia incorso in decadenza dalla concessione nel successivo anno 1991 
(es. 2864/92). 

Se il commissario governativo, nominato a seguito della decadenza 
di concessionario del servizio di riscossione dei tributi, succeda nell'azienda 
di quest'ultimo o comunque risponda dei debiti di lavoro contratti 
dal concessionario decaduto con i propri dipendenti (es. 2864/92). 

SPESE GIUDIZIALI CIVILI -Patrocinatore distrattario -Onorari e diritti Imposta 
sul reddito delle persone fisiche -Ritenuta di acconto -Imposta 
sul valore aggiunto -Fattura. 

Se (ai sensi del combinato disposto degli artt. 25 e 29 d.P.R. 600/73) 
siano soggette a ritenuta diretta in acconto dell'IRPEF le somme corri~ 
sposte in esecuzione di una sentenza di condanna alle spese di giudizio 
ed a titolo di onorari e competenze professionali dall'Amministrazione 
statale al difensore della controparte vittoriosa, a favore del quale sia 
stato emesso provvedimento di distrazione ex art. 93 c.p.c.; e se il patrocinatore 
distrattario ai fini dell'IVA debba emettere fattura (e precisamente 
fattura-quietanza a saldo) nei confronti del proprio assistito e non 
gi� della parte soccombente (es. 4332/92). 

Rimborso forfettario sulle spese generali -Omessa considerazione nella 
liquidazione operata in sentenza -Ripetizione nei confronti del soccombente. 


Se ove il giudice -nell'operare la liquidazione delle spese di giudizio 
-non abbia preso in considerazione il rimborso forfettario .delle 



79

PARTE II, CONSULTAZIONI 

spese generali spettante . (giusta . previsione � della tariffa professionale 
forense) aLdifensore, la parte soccombente sia tenuta a corrisponcJ.ere a 
quella vincitrice, in aggiunta alle somme oggetto di condanna nelle spese, 
un'ulteriore. so;rnma (pari al 10 % dell'ammontare dei diritti ed o:norari 
liquidati.ii;l sent<;:Jlia) a titolo ..,...-appunto -di iimborso forfettario sulle 

~:Pese ge1l~raH (es. 2806/92). � � � � � � � 

-.Spes~ di .giudizio� Contributo previdenziale integrativo dovuto dall'esercente 
la pt;ofes#one forense,.� Ripetibilit� ~ Legale,libero professionista 
delegato dall'Avvocatura dello Stato � Obbligazione di pagamento non 
derivante da condanna. 

Se fra le spese pr�ces!!tiai�, ch� llil parte soccdmbente � tenuta a rimborsare 
a quella vincitrice, rientri anche la somma da quest'ultima dovuta 
al :Propri� .difensore a titolo di contributo Cassa di previdenza Avvocati 
e Procuratori e se l'Amministrazione sia tenuta al pagamento del 
ridetto .contributo previde11ziale (del 2 % sugli onorari e didtti esposti in 
parcella) quando debba corrispondere le competenze per l'opera svolta 
ad avvocato o procuratore libero professionista che abbia agito quale 
i:Ielegato dell'Avvoc11turadello Stato (ai sensi dell'.art,. 2 r.d. 1611/1933) o 
quando i;ia tenut11 (non in forza di condanna ma ad altro titolo: es. transazione) 
a corrispondere (o rimborsare somme .anticipate per) spese 
legali (es. 3811/92). 

STAMPA,. Editoria .~ ]mPresa ecJitrice � Societ� .di capitali � Intestazione 
a<l una societ(I. in accomandita. semplice delle azioni (o quote) di 
soc:iet� socie della societ� editrice. � � 

Se ai sensi dell'art. 1 comma 4 legge S agosto 1981 n. 416 la maggioranza 
delle azioni aventi diritto di voto (o delle quote) della societ� di 
capitali che' sia a sua volta socia di altra societ� �li capitali titolare di 
impresa editrice possa essere calcolata tenendo conto, oltre che di quelle 
intestate . a persone fisiche, anche di quelle spettanti ad una societ� in 
accomandita semplice (�s. 2933/92). 

Garante per la radiodiffusi�me e l'editoria � Sanzioni amministrative � 
Diffida ex art. 31 legge 6 agosto 1990 n. 223 � Carattere permanente o 
.istantaneo del.l'illecito � Rilevanza. 

Gara:nte per la ra4iodiffusione e l'editoria � Sanzioni ammini$trative Procedimento 
� Pagamento in mi$ura ridotta (oblazione) -Applicabilit�. 

Se per l'applicazione . c;lelle sanzioni amministrative di competenza 
del Garant� per la �radio�iiffusione e l'e�itorfa la diffida di cul. all'art. 31 
legge 6 agosto 1990, n. 223. sia necessaria solamente per gli illeciti di carattere 
permanente (es, 2124/92). 

Se nel procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative di 
competenza del Garante per. la radiodiffusione e l'editoria il contravven~ 
tore possa essere ammesso al pagamento in misura. ridotta ai sensi dell'art. 
16 legge 24 novembre 1981, n. 689 quanP.o vi sia stata la diffida 
ex art. 31 legge 6 agosto 1990, n. 223 (es. 2124/92). 



80 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Radio e televisione -Garante per la radiodiffusione e l'editoria -Consiglio 
consultivo degli utenti -Natura -Oggetto dell'attivit� consultiva. 


Se il Consiglio consultivo degli utenti istituito presso l'Ufficio del 
garante per la radiodiffusione e l'editoria dall'art. 28 legge 6 agosto 1990, 

n. 223 possa esprimere pareri, oltre che su questioni generali ed astratte 
in materia radiotelevisiva, anche su fattispecie concrete o singole trasmissioni, 
in particolare per quelle che secondo il garante potrebbero 
essere assoggettate a procedimenti sanzionatori (es. 1909/92). 
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Dogana -Diritti doganali dovuti da una Amministrazione 
dello Stato -Ritardato pagamento -Interessi di mora. 

Se un'Amministrazione dello Stato, nel caso in cui assuma la qualit� 
di soggetto passivo di un'obbligazione doganale, si� tenuta al pagamento 
degli interessi di mora per il ritardato versamento di diritti doganali 
(es. 238/92). 

Dogane -Pagamento di diritti doganali effettuato con modalit� diverse 
da quelle prescritte -Rimborso -Disciplina applicabile -Misura e 
decorrenza degli interessi. 

Se la restituzione di diritti doganali in primo momento versati con 
modalit� difformi da quelle prescritte e poi pagati di nuovo nelle forme 
prescritte comporti l'applicazione delle regole proprie dei rimborsi di 
diritti doganali indebitamente percetti ed in particolare quelle (art. 93 t.u. 
leggi doganali) concernenti la decorrenza. e la misura degli interessi 
ovvero di quelle di diritto comune sull'indebito oggettivo (es. 4572/91). 

TRIBUTI IN GENERE -Accensione di garanzie reali (ipoteca) ed esecuzione 
forzata sui beni del debitore di imposta costituiti in fondo patrimoniale. 


Se si possa iscrivere ipoteca legale e/o procedere ad esecuzione 
forzata sui beni immobili che il debitore di tributi abbia costituito in 
fondo patrimoniale per far fronte ai bisogni della famiglia (es. 2448/92). 

-Rimborso di crediti di imposta -Imputazione dei pagamenti -Criteri. 

Se i pagamenti parziali di rimborsi di imposta debbano essere imputati 
prima agli interessi e per la parte residua al capitale, secondo la regola 
dettata dall'art. 1194 cod. civ. (es. 1788/92). 

Riscossione -Procedimenti cautelari -Sequestro ex art. 26 legge 
7 gennaio 1929 n. 4 -Necessit� della notifica degli atti di accertamento. 

Se le modifiche introdotte alla disciplina comune del sequestro comportino 
che l'Amministrazione finanziaria, ottenuta dal Presidente del 
Tribunale l'autorizzazione al sequestro in garanzia dei tributi ex art. 26 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, debba provvedere nel termine di scadenza di 
trenta giorni a notificare gli atti di accertamento relativi ai tributi garantiti 
(es. 4186/91). 



PARTE Il, CONSULTAZIONI 81 

Violazioni -Pena pecuniaria -Definizione in via breve -Ripetizione 
di indebito. 

Se, in caso di violazione di leggi finanziarie il contribuente possa 
proporre azione di ripetizione di indebito per ottenere il rimborso di 
quanto pagato ai sensi dell'art. 15 legge 7 gennaio 1929, n. 4 all'atto della 
definizione in via breve della violazione invocando l'intervenuto accertamento 
dell'insussistenza della violazione in sede giurisdizionale o amministrativa 
(es. 6418/91). 

TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale sulla pubblicit� -Determinazione della 
superfici(!, imponibile -Esposizione pubblicitaria mediante collocazione 
senza soluzione di continuit� di pi� mezzi pubblicitari di identico 
contenuto -Etichette adesive applicate sugli schienali dei seggiolini 
di uno stadio. 

Se agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale sulla pubblicit�, 
ed in particolare della determinazione della superficie imponibile, 
sia da considerarsi come unico mezzo pubblicitario ciascuna fila di seggiolini 
di uno stadio di calcio, uniti tra loro e non intervallati da camminamenti, 
sui quali siano state applicate etichette adesive contenenti 
identici messaggi pubblicitari (es. 9460/90). 



m 

l ffi 
�:�' 

I


II


I


I 


I


I


1 

~ 

\