ANNO XLIV N. 4 OTTOBRE -DICEMBRE 1992 IRlAJEGNA AWW(Q)CCA1f1UIRlA TIJ)JEILIL(Q) 1fA1f(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO .ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1993 ABBONAMENTI ANNO 1993 ANNO L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . 13.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e . Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 \5219052) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. .. .. .... ... ...... -.. :-: .. .. ... :-: INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: Sezione seconda: Sezione terza: Sezione quarta; Sezione quinta: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/' avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . . . GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI fa cura degli avvocati Giuseppe Stipo e Antonio Cingolo} . . . . . . . . . . . . . . GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de//' avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato Carlo Bafi/e) . . . . . . . 377 413 440 483 495 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . CONSULTAZIONI ...... . pag. . 63 69 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani - La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE; OSSERVAZIONI, QUESTIONI O. FIUMARA, Le sentenze della Corte di giustizia delle comunit europee pronunciate nel corso dell'anno 1992 in cause alle quali ha partecipato l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 413 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ARBITRATO -Lodo (sentenza arbitrale) Impugnazione per nullit Esame dcl merito Esclusione Giudizio rescindente e rescissorio Fattispecie in tema di interpretazione di un contratto, 440. ATTO AMMINISTRATIVO -Legge 7 agosto 1990 n. 241, artt. 10, 22, 24, 25 e 31 -Diritto di accesso ai documenti Contenuto Operativit -Limiti, 491. -Legge 7 agosto 1990 n. 241, art. 25 e art. 31 -Accesso ai documenti -Operativit -Entrata in vigore dei decreti ex art. 24 stessa legge -Necessit -Atto amministrativo Accesso ai documenti -Entrata in vigore d.P.R. 27 giugno 1992 n. 352 Effetti Immediata e piena operativit del diritto -Esclusione, 488. AVVOCATURA DELLO STATO -Commissario per la formazione del1' Albo degli psicologi -Patrocinio in via organica ed esclusiva -Sussistenza, 466. COMUNIT EUROPEE -Concorrenza sui mercati Imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi -Poteri di vigilanza della Commissione -Trattato, 428. - Concorrenza sui mercati -Servizi di telecomunicazione -Diritti speciali e diritm esclusivi -Esercizio dei poteri di vigilanza della Commissione Limiti, 428. -Libera circolazione delle merci -Additivi alimentari -Aggiunta di ni trato al formaggio -Limiti all'im portazione, 418. -Libera circolazione delle merci Misure di effetto equivalente -Birra -Anidl'ide solforosa, 417. -Ravvicinamento delle legislazioni Tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro -Divitti scaturenti dalla direttiva 80/987/CEE -Decorrenza, 435. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Occupazione appropriativa -Dichiarazione di pubblica utilit -Scadenza del termine di validit -Risarcimento del danno -Criteri di Liquidazione -Fattispecie in tema di cava, 461. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Regolamento di competenza -Mancato deposito dell'atto di autorit centrale impugnato -Inammissibilit -Esclusione -Giustizia amministrativa -Regolamento di competenza -Deferimento dell'intera controversia ad un unico giudice -Contestuale impugnativa di atti fra loro collegati -Condizioni, 483. LAVORO -Compenso a cotmmo -Compenso per straordinario Differente regime, 455. -Cottimo misto -Non esclude l'obbligo dell'orario legale -Compenso maggiorato in base al risultato, 455. -Prestazione oltre l'orario legale Retribuzione a tempo e a cottimo Differenze, 455. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VI I I r:: ili I ~ PROCEDIMENTO CIVILE -Convenuto contumace in condizioni di abituale infermit mentale Interruzione del processo -Esclusione -Violazione dell'art. 24 cost. Infondatezza della questione, 383. -Giudizio di rinvio -Nuovi documenti decisivi non prodotti in precedenza per causa di forza maggiore Produzione -Ammissibilit -Fatti specie, 474. -Question(! di legittimit costituzionale sollevata in altro giudizio -Sospensione del processo -Onere del giudice di comunicare alle parti l'avvenuta decisione della Corte Costituzionale -Inosservanza -Estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine di sei mesi Esclusione, 444. -Ricorso per Cassazione -Mancato deposito della procedura conferita con atto separato -Improcedibilit del ricorso -Impossibilit di sanatoria -Questione non manifestamente infondata di costituzionalit, 386. -Ricorso per Cassazione -Notifica- zione al Pubblico Ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza dmpugnata -Necessit -Condizioni -Fattispecie in tema di iscrizione all'Albo degli psicologi, 466. - Ricorso per Cassazione -Omesso deposito della procura speciale nel termine di cui all'art. 369 cod. proc. civ. -Improcedibdlit -Possibilit di sanatoria -Esclusione -Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. -Inammissibilit della questione, 385. --Rito camerale -Sentenza -Regime ordinario di impugnazione -Fattispecie in tema di iscrizione all'Albo degli psicologi, 466. PROCEDIMENTO PENALE -Astensione, ricusazione e responsabilit del giudice -Pretore che ab bia rigettato la richiesta di applicazione della pena concordata Omessa previsione dell'incompatibi lit a procedere al dibattimento Incostituzionalit, 377. -Giudizio pretorile -Citazione della persona offesa dal reato -Termine di cinque giorni prima dell'udienza Incongruit -Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. -Inammissibilit della questione, 378. -Giudizio pretorile -Citazione del responsabile civile -Omessa previsione del medesimo termine prescritto per la citazione dell'dmputato -Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. -Illegittimit costituzionale dell'art. 83, quinto comma, cod. proc. pen., 379. PROFESSIONI -Albo professionale degli psicologi Controversie relative all'iscrizione in regime transitorio -Giurisdizione del giudice ordinario -Sussistenza, 466. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Contratto ad oggetto pubblico e modulo convenzionale nel procedimento amministrativo -Caratteri e differenze, 451. REGIONI (A STATUTO ORDINARIO) -Legge regionale rinviata dal Gover no al Consiglio regionale -Nuova approvazione di una legge diversa cOIIl maggioranza semplice -Questio ne di legittimit costituzionale sol levata dal Governo -Inammissibd lit -Fattispecie, 407. TRASPORTI -Concessione di autolinee -Poteri discrezionali dell'Amministrazione in ordine alle caratteristiche di linea di Gran Turismo e ordinaria indipendentemente dalla domanda, 494. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Societ di persone -Accertamento del reddito societario -Necessit della notifica ai singoli soci Esclusione -Impugnazione posticipata da parte dei soci -Ammissibilit, 495. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Societ di persone -Reddito di partecipazione per quota Dipendenza dal reddito accertato nei confronti della societ, 495. -Imposte sul reddito -Impresa fa. miliare -Redditi imputati ai collaboratori -Natura -Difetto di autonomia, 506. -Restituzioni e rimborsi Prova dei presupposti che escludono l'imponibilit -Onere a carico del contribuente, 507. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta ipotecaria -Agevolazione per il credito a medio e lungo termine -Iscrizione di ipoteca a fa. vore di soggetto diverso dall'istituto finanziatore -Esclusione, 518. -Imposte doganali -Incompatibilit con norme comunitarie -Rimborsi Traslazione dell'onere su altri soggetti Onere della prorva -Norr.a sopravvenuta dell'art. 29 della legge 29 dicembre 1990 n. 428 -Applicabilit Retroattivit Mezzi di prova, 502. TRIBUTI IN GENERE -Dichiarazione -Effetti Revocabilit -Limiti Errore materiale e riconoscibile, 519. TRIBUTI LOCALI -Imposta locale sui redditi -Impresa artigiana Soggezione -Presupposti -Componente patrimoniale Necessit, 507. -Imposta locale sui redditi -Impresa familiare -Redditi imputati ai collaboratori -Applicabilit della norma sopravvenuta dell'art. 115 del t.u. 22 dicembre 1986 n. 917 Condizioni -Art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988 A 42, 507. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 26 ottobre 1992, n. 399 17 novembre 1992, n. 453 . 19 novembre 1992, n. 468 . 24 novembre 1992, n. 471 . 29 dicembre 1992, n. 497 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sez. V, 4 giugno 1992, nelle cause riunite C-13/91 e C-113/91 . . . . . . Sed. plen., 16 luglio 1992, nella causa C-95/89 . . . . . . . . . . . . . . Sed. plen., 17 novembre 1992, nelle cause riunite C-271/90, C-281/90, C-289/90 ............................ . Sez. I, 3 dicembre 1992, nelle cause riunite C-140, 141, 278 e. 279/91 . . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 3 febbraio 1992, n. 1124 . . . . . Sez. I, ordinanza 12 febbraio 1992, n. 123 . Sez. I, 1 aprile 1992, n. 3922 ... Sez. I, 15 aprile 1992, n. 4572 . . Sez. lavoro, 2 luglio 1992, n. 8100 Sez. I, 6 agosto 1992, n. Sez. I, 8 agosto 1992, n. Sez. Un., 10 agosto 1992, Sez. Un., 10 agosto 1992, Sez. I, 12 agosto 1992, n. Sez. I, 13 agosto 1992, n. Sez. I, 7 settembre 1992, 9313 . . 9389 . n. 9459 . n. 9461 . 9551 . 9554 . n. 10261 . Sez. I, 17 settembre 1992, n. 10667 Sez. Un., 7 dicembre 1992, n. 12966 Sez. I, 23 dicembre 1992, n. 13629 . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE pag. 377 378 383 385 )) 407 pag. 417 )) 418 428 )) 435 pag. 440 386 )) 444 451 )) 453 495 502 506 507 )) 518 519 461 )) 495 466 " )) 474 CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 14 ottobre 1992, n. 13 Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969 . Sez. VI, 9 settembre 1992, n. 630 . Sez. VI, 14 ottobre 1992, n. 754 . . pag. )) )) 483 488 491 499 PARTE SECONDA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: Questioni di legittimit costituzionale: I. Norme dichiarate incostituzionali . Il. Questioni dichiarate non fondate . pag. 63 65 CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . )) 69 ~~AP"-,~-illifili--"Affi"'''""'~' ... _rn .. -'-'-'W~..df.-' "~ .. EEEiIWfil ':x... ~~ .mt "' .. ,, . ru ... y, .. .. .. .. ..~ PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 26 ottobre 1992, n. 399 Pres. Corasaniti Red. Spagnoli Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia di Belmonte). Procedimento penale Astensione, ricusazione e responsabilit del giu dice Pretore che abbia rigettato la richiesta di applicazione della pena concordata Omssa previsione dell'incompatibilit a procedere al dibattimento Incostituzionalit. (Cost., art. 76; cod. proc. pen., art. 34). illegittimo, per violazione dell'art. 76 Cast., l'art. 34, secondo comma, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede l'incompatibilit a procedere al dibattimento da parte del pretore che, prima dell'apertura di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per non aver ravvisato un'ipotesi attenuata del reato contestato (1). (omissis) Il Pretore di Bassano del Grappa -sezione distaccata di Asiago -dubita della legittimit costituzionale dell'art. 34, secondo comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa procedere al dibattimento il giudice che, prima della sua apertura, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta configurabilit dell'ipotesi di reato base anzich di quella attenuata indicata nella richiesta. A suo avviso, tale provvedimento comporta una pregnante valutazione di merito delle risultanze degli atti processuali, s che la mancata previsione dell'incompatibilit sarebbe in contraddizione sia col modello (1) Continuano le pronunce di incostituzionalit in materia di incompatibilit del giudice; cfr. Corte cost. ord. 1 luglio 1992, n. 313 in Foro it. 1991, I, 2312; sent. 22 aprile 1992 n. 186, ivi, 1991, I, 1993; sent. 25 marzo 1992, n. 124, ivi, 1991, I, 1994; sent. 30 dicembre 1991, n. 502, ivi, 1991, I, 1992; sent. 12 novembre 1991, n. 401, ivi, 1991, I, 3286; sent. 26 ottobre 1990, n. 496, ivi, 1991, I, 719. La Corte non fa che richiamare espressamente la sent. 25 marzo 1992 n. 124 cit. con cui stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, per eccesso 378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO accusatorio voluto dal legislatore delegante (direttive nn. 67 e 103), sia coi principi di imparzialit ed indipendenza del giudice sanciti dagli artt. 25 e 101 Cost., sia col principio di uguaglianza, essendo stata l'incompatibilit riconosciuta da questa Corte in situazioni analoghe con sentenze nn. 496 del 1990, 401 e 502 del 1991. La questione fondata. Con la sentenza n. 124 del 1992, questa Corte ha, in riferimento all'art. 76 Cast., dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 34, secondo comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilit a partecipare all'udienza dibattimentale del giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non concedibilit di circostanze attenuanti . La situazione ora considerata, di rigetto della richiesta per la ritenuta non ricorrenza di un'ipotesi di reato attenuata in luogo di quella base pi grave, -ai fini che qui interessano -analoga, dato che anche in tal caso viene compiuta una valutazione non formale, ma di contenuto circa l'idoneit delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilit dell'imputato, per di pi accompagnata da una valutazione di applicabilit di una pena superiore a quella richiesta dal pubblico ministero . Va perci dichiarata l'illegittimit costituzionale della norma impugnata, nella parte in cui non prevede l'incompatibilit a procedere al di I battimento del pretore che, prima dell'apertura di questo, abbia respin I to la richiesta di applicazione di pena concordata per il ritenuto non I ~ ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato. (omissis) di delega, della stessa norma nella parte in cui non prevede analoga incompatibilit per il giudice delle indagini preliminari che abbia respinto la ri I chiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non concedibilit di circostanze attenuanti. In dottrina si veda da ultimo RIVELLO, Un articolato intervento della Corte Costituzionale in materia di incompatibilit del giudice, in Giur. cost., 1991, 3498. CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1992, n. 453 -Pres. Corasaniti - Red. Vassalli -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia di Belmonte). Procedimento penale -Giudizio pretorile -Citazione della persona offesa dal reato -Termine di cinque giorni prima dell'udienza Incongruit Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. . Inammissibilit della questione. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 379 Procedimento penale Giudizio pretorile Citazione del responsabile civile Omessa previsione del medesimo termine prescritto per la citazione dell'imputato Violazione degli artt. 3 e 24 Cost. Illegitti mit costituzi()nale dell'art. 83, quinto comma, cod. proc. pen. La scelta del termine congruo per. la citazione della persona offesa dal. reato nel giudizio pretorile ippartiene alla discrezionalit del legislatore, pertanto ~ inammissibile la qestione di. legittimit costituzionale dell'art. 558, secondo comma, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prescrive il termine di cinque giorni prima della d,ata d,ell'udienza per la citazione della persona offesa (1). E illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., l'art. 83, quinto comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede per la citazione del responsabile civile nel processo pretorile il medesimo termine di quarantacinque giorni previsto per la citazione dell'imputato dall'art. 555, terzo comma, cod. proc. pen, (2). (omissis) Il giudice a quo dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimit di due norme, entrambe riguardanti il procedimento davanti al pretore: per un verso, dell'art. 558, secondo comma, cod. proc. pen., nel punto in cui impone un termine di giorni cinque per la citazione della persona offesa, e non un termine idoneo a consentire la concreta esplicazione della propria facolt e, per un altro verso, dell'art. 83, quinto comma, dello stesso codice, nella parte in cui nOIJ. pone, al predetto fine, un termine di notifica per la chiamata in giudizio del responsabile civile , Pi in particolare, in relazione alla persona offesa, si denuncia l'esi guit del termine stabilito dalla prima delle norme censurate in quan to precludente la possibilit della parte civile di svolgere la propria atti vit essendo previsto in cinque giorni precedenti al dibattimento il termine ultimo per la sua citazione, un termine assolutamente inade guato per predisporre la sua difesa, sia perch tale termine vanifi cante, di fatto, di quello menzionato e previsto dall'art. 142 disp. att. sia perch, alla stregua del disposto dell'art. 78, secondo comma, cod. (1-2) La Corte riconosce che nel processo pretorile il termine rmnrmo di cinque giorni, dalla data del dibattimento, per la citazione della persona offesa pu di fatto vanificare il diritto di costituirsi parte civile soprattutto quando si debba citare il responsabile civile, tuttavia dichiara inammissibile la que stione per la mancanza di un tertium comparationis in quanto il termine pre scritto per la citazione dell'imputato non riferibile all'offeso dal reato il quale non nemmeno parte del processo. Diverso il discorso per l'art. 83, quinto comma, cod. proc. pen. il quale non prevede alcun termine limitandosi a sancire la nullit della citazione del respon sabile civile se quest'ultimo non viene posto in condizione di esercitare i suoi 380 RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO proc. pen., l'efficacia della costituzione di parte civile subordinata alla notificazione .. della costituzione stessa' alle parti private: con la conseguenza che nei confronti del responsabile civile l'azione civile potr essere esercitata soltanto dalla parte civile costituita e, quindi, dopo la detta notificazione, mediante la richiesta di citazione del civilmente responsabile a norma dell'art. 83 cod. proc. pen. La previsine di un termine cos esiguo vulnererebbe anche l'art. 3 della Costituzione, risultart do compromesso il principio di pari condizione della patte civile con l'imputato , cui, , invece, riservato un termine di notifica niinimo di 45 giorni dal decreto di citazione . Con riguardo al responsabile civile, si denuncia -un'affermazione formulata in punto di rilevanza ma che coinvolge anche la non manifesta infondatezza della norma censurata -che, pure ove ne venisse dichiarata valida la citazione, l'art. 83, quinto comma, nel prevedere un termine assolutamente generico, pu anch'esso ledere il suo dirtto di difesa, imponendosi al giudicante, in assenza di un termine specifico, di valutare arbitrariamente l'effettiva potenziale esplicazione della facolt difensiva di tale parte . La prima questione inammissibile. Pur dovendo riconoscersi che nell'ambito del processo pretorile il termine minimo di cinque giorni dalla data fissata per il dibattimento per la citazione della persona offesa pu in taluni casi vanificare, di fatto, il diritto di costituirsi parte civile soprattutto quando sia ii gioco la citazione del responsabile civile, l'assenza di un tertium comparationis ricavabile dal sistema non consente di individuare una soluzione costituzionalmente obbligata in grado di colmare le conseguenze derivanti dall'applicazione del precetto di cui si censura il contrasto con le norme costituzionali invocate. Il richiamo del giudice a quo al termine stabilito per l'imputato si rivela, infatti, non riferibile all'offeso dal reato, non solo per l'evidente diversit delle posizioni poste a confronto, ma anche sul pi specifico riflesso che la prescrizione dell'art. 555, terzo comma, cod. proc. pen. -nella quale si fissa un termine, opportuno ricordarlo, pi esteso di diritti nell'udienza preliminare o nel giudizio. Sul punto la Corte si era gi espressa per l'infondatezza nella sent....... 1992, n. 430 riguardo al processo davanti al Tribunale o alla Corte di assise con argomentazioni che, tuttavia, non possono essere richiamate nel processo pretorile dove la mancanza dell'udienza preliminare non consente di invocare l'art. 133 delle norme di attuazione a garanzia del diritto di difesa del responsabile civile. evidente per che il sistema dovr essere armonizzato perch se nel processo pretorile la citazione del responsabile civile deve avvenire nel termine di almeno quarantacinque giorni dalla data del giudizio, allora, la citazione della persona offesa nel termine di almeno cinque giorni dal giudizio preclude a quest'ultima di citare il responsabile civile. """ --~?:..-~..., X~/.""-';h"-'" " """ --~?:..-~..., X~/.""-';h"-'" " 381 PARTE I, SBZ. I,. GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE quello. previsto per la citazione dell'impqtato. per il dibattimento davanti al tribunale e alla corte di assise - strettamente collegata alla facolt ~per l'imputato stesso di richiedere i riti alternativi di deflazione del dibattimento entr.o quindici giorni dalla notifica del .decreto. di citazione (v. art. 555, primo comma, lettera e). e. non quindi ragionevolmen te estensibile alla persona. offesa. Senza contare che, non. rivestendo ancora la persona offesa la qualit di parte, l'applicazione ad essa dello stesso .termine assegnato all'.imputato comporterebbe l'operativit di un-identico regime rispetto a posizioni non omogenee. N potrebbe utilmente soccorrere, sempre al fine di colmare l'ipotizzato vuoto normativo, il ricor.so al termine previsto per la persona offesa dal reato nel procedimento davanti al tribunale ed alla Corte di Assise (esteso, in via interpretativa, al responsabile civile dalla sentenza n. 430 del 1992) perch tale termine finirebbe con interferire, travolgendola, con la duplicit dei termini previsti dall'art. 555, con conseguenti riverberi sull'intero assetto normativo collegato alla citazione delle parti nel processo davanti al pretore. Ne deriva che poich le soluzioni possibili al fine di porre . rimedio al regime predisposto dall'art. 558, secondo comma, del codice di procedura penale, si profilano come discrezionali, la scelta del termine congruo per la citazione della . persona offesa nel giudizio pretorile non appartiene alla competenza di questa Corte, . dovendo essere affidata al legislatore. Fondata , invece, la questione di legittimit dell'art. 83, quinto comma, del codice di procedura penale. L'assenza per il responsabile civile della previsione di alcun termine per la sua citazione, da disporre ad opera del giudice su richiesta della parte civile, lede il suo diritto di difesa sotto un duplice profilo: in primo luogo, perch, nel concreto, il termine fissato dal giudice potrebbe rivelarsi incongruo ai fini della costituzione di tale parte; in secondo luogo, perch, comunque, resta affidato all'apprezzamento insindacabile del giudice stabilire se il responsabile civile sia stato posto in grado di esercitare i suoi diritti nel giudizio. Poich, peraltro, viene qui in considerazione non un termine determinato ma esiguo sibbene un termine indeterminato, l'art. 83, qufuto comma, del codice di procedura penale, va ritenuto non conforme all'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede per il procedimento pretorile la determinazione del termine per il responsabile civile. Nel modello processuale che viene qui in discorso, d'altra parte, non possono essere utilmente evocati, per sanare l'indicata lacuna normativa, i rilievi posti a fondamento della ricordata sentenza n. 430 del 1992, con la quale questa Corte ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, ---:nx,.-,.. .. ....,_,,.... ,,._. -" . :-:........ %.......,...... :::::...........:-:~.. 382 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO una non dissimile censura riguardante la dedotta, omessa prev1s1one di un termine dilatorio per la citazione del responsabile civile davanti al tribunale o alla corte di assise. Infatti, la mancanza nel rito pretorile dell'udienza preliminare e, dunque, di quella specifica fase processuale antecedente.alla translatio iudicii nella .quale i soggetti privati diversi dall'imputato possono assumere la qualit di parti, non consente di fare appello agli indispensabili .referenti normativi offerti dall'art. 425, terzo e quarto comma, del codice. di procedura penale e, . soprattutto, dall'art. 133 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, .n. 271), dalla cui combinata lettura, iscritta nel quadro dei principi generali che assicurano l'armonia . del sistema, possibile per:venire a quella interpretazione secundum Constitutionem che questa Corte ha avuto modo di delineare nella sent.enza appena richiamata. Considerato, infatti, che nello schema processuale ordinario che regola i procedimenti devoluti alla competenza. del tribunale e della corte di assise, tutte le parti private godono dell'identico termine di compari~ zione, diviene agevole presupporre che lo stesso termine valga anche per il .responsabile civile che debba essere citato per la prima volta al dibattimento. Nel procedimento :lavanti al pretore, invece, l'unico termine di com I ~ parizione quello previsto per l'imputato, proprio perch l'unica parte che pu esistere all'atto della emissione del decreto di citazione a giudizio. Ci premesso, rimane tuttavia il problema della individuazione del I precetto a cui fare attualmente. capo alla stregua dei principi costituzionali in attesa di un auspicabile intervento legislativo diretto a riequilibrare l'intero sistema dei termini per la citazione dei soggetti privati diversi dall'imputato nel processo pretorile. Ora, la constatazione che la citazione del civi~mente responsabile segue necessariamente alla costituzione di parte civile, non interferendo in alcun modo con la conformazione binaria della v.o.catio in iudicium dell'imputato, consente di rinvenire nell'attuale assetto normativo -anche considerando il ruolo di civilmente responsabile per il fatto dell'imputato che il responsabile civile assume -come unico termine ad esso riferibile queHo indicato dall'art. 555. Un termine, oltre tutto, omogeneo, quanto a posizioni soggettive, rivestendo il civilmente responsabile, una volta citato -e pure a prescindere dalla sua costituzione -la .qualit di parte. L'art. 83, quinto comma, del codice di procedura penale deve pertanto essere dichiarato. costituzionalmente illegittimo neMa parte in cui non prevede per la citazione del responsabile civile nel procedimento pretorile il medesimo termine assegnato all'imputato dall'art. 555, terzo comma, dello stesso codice. (omissis) PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA .COSTITUZIONALE 383 CORTE COSTITUZIONALE, 19 novembre 1992, n. 468 Pres. Corasaniti Red. Mirabelli Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato D'Amato). Procedimento civile Convenuto contumace in condizioni di abituale infermit mentale Interruzione del processo Esclusione Violazione dell'art. 24 Cost. Infondatezza della questione. Non fondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 75 e 300 cod. proc. civ., in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedono, quando il convenuto non costituito in giudizio versi in condizioni di abituale infermit mentale, l'interruzione del processo e la segnalazione da parte del giudice al pubblico ministero perch promuova l'interdizione e la nomina di un tutore provvisorio (1). (omissis) Il Tribunale di Padova dubita della legittimit costituzionale degli artt. 75 e 300 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevedono, quando il convenuto non costituito in giudizio versi in condi zioni di abituale infermit di mente, l'interruzione del processo e la segnalazione da parte del giudice al pubblico ministero, perch promuova la interdizione e la nomina di un tutore provvisorio. La questione stata prospettata con riferimento all'art. 24 della Costituzione, sull'assunto che le norme processuali vigenti non offrirebbero strumenti per ovviare alla situazione di menomata difesa in cui versa chi, pur non essendo interdetto, si trovi in stato di abituale incapacit di intendere o di volere ed essendo convenuto non sia in grado di rendersi conto che nei suoi confronti stato instaurato un giudizio. Il giudice rimettente ha ritenuto la questione rilevante in un procedi mento di divisione ereditaria nel quale un certificato prodotto da altro convenuto attestava che la parte non costituita era affetta da sindrome di Down, con grave insufficienza mentale. Il Tribunale di Padova manifesta la giusta esigenza di assicurare un'adeguata tutela aWincapace naturale, infermo di mente, convenuto in giudizio e per il quale non sia stato ancora promosso un procedimento di interdizione o di. inabilitazione. Prospetta quindi la necessit, per (1) Secondo la Corte dal combinato disposto degli artt. 70 e 71 cod. proc. civ. che prevedono la facolt di intervento del p.m. a tutela dell'incapace non ancora interdetto o inabilitato e il correlativo potere del giudice di sollecitare detto intervento -deriva una efficace tutela dell'infermo di mente anche nella situazione prospettata dal giudice a quo. Le stesse norme esaminate nella sentenza in commento sono state dichiarate illegittime nella parte in cui non si riferiscono al convenuto scomparso (sent. 16 ottobre 1986 n. 220 in Giur. Cast. '86, 1759) ma nella questione in esame la Corte non ritiene di poter giungere alla stessa conclusione perch si tratta di una situazione di incapacit che, essendo soggetta a verifica giudiziale, ancora incerta. 384 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO adeguare le norme processuali alle prescrizioni costituzionali di garanzia del diritto di difesa in giudizio (art.. 24 della Costituzione), che sia prevista la comunicazione da parte del giudice al pubblico ministero, perch questi possa, ricorrendone le condizioni, proporre domanda di interdizione o di inabilitazione e chiedere i provvedimenti provvisori che questa procedura consente. Il Tribunale ritiene inoltre che, per una adeguata difesa, debba essere disposta la interruzione del processo, prevista in caso di morte o di perdita della capacit di stare in giudizio della parte costituita o del contumace (art. 300 cod. proc. civ.), con l'effetto che nessun atto possa essere compiuto e che il processo debba essere riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dalla interruzione (art. 305 cod. proc. civ.). Alla interruzione del processo per una situazione gi esistente -quale anche quella che ha dato luogo alla dichiarazione di illegittimit costituzionale delle stesse disposizioni qui denunciate (art. 75 e 300 cod. proc. civ.) nella parte in cui non si riferiscono al convenuto scomparso (sentenza n. 220 del 1986) -si vorrebbe ora aggiungere, quale ulteriore causa di necessaria interruzione del processo, una situazione di infermit -gi esaminata dalla Corte sotto il profilo della capacit processuale con due pronunzie di manifesta infondatezza (ordinanze n. 41 e n. 605 del 1988) per la quale eventuale quanto al promovimento della relativa azione, ed incerta negli esiti, la verifica della incapacit a provvedere ai propri interessi, come pure la dichiarazione, con effetti costitutivi, della incapacit legale. Nell'ipotesi della incapacit naturale confluiscono interessi diversi che devono essere contemperati. La garanzia di difesa nel processo comprende anche il diritto di non essere privato della capacit processuale, se non mediante un giudizio in cui previsto l'esame dell'infermo di mente (ordinanza n. 41 del 1988) e nel quale lo stesso pu compiere da solo tutti gli atti del procedimento (art. 716 cod. proc. civ.). Per altro verso il .diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende il potere di proporre una domanda giudiziale anche nei confronti dell'incapace naturale, senza che l'azione possa restare paralizzata indefinatamente per effetto della interruzione del processo ed in mancanza di una rappresentante legale, la cui nomina solo eventuale, nei confronti del quale il processo possa essere tempestivamente riassunto. L'ordinamento gi appresta; ed opportuno che ne predisponga di sempre pi efficaci, strumenti di tutela dell'infermo, anche quando tale condizione non sia stata ancora giudizialmente accertata come idonea a determinare la interdizione o la inabilitazione. Non mancano disposizioni volte alla protezione processuale di chi versi in stato di permanente incapacit naturale, come nella situazione prospettata dal Tribunale di Padova. L'ordinamento giudiziario comprende tra le attribuzioni generali del pub PARTE I, .SEZ. I,. lico che ne giustifichi l'adozine, Pll:)egittimament imporre all1esercizio di facolt e di poteri preC:essurui li:mifazioni temp<>ralf immutabili e irreversibili, per ff fatto C:he T terinini pereiitc:fri, ciii sdiio conriatt.l:rali i caratteri delfimprorO. gabilit e dWinsariabilit, tendono a garantire, oltre alla fondamentale esigenza di gt1stizia relativa alla celerit o alla speditezza dei processi, un'effettiva parit dei diritti delle parti in causa: mediante il contemperamento dell'esercizio dei rispettivi diritti d difesa (v. Spec. sent. n. 106 del 1973 e ord. ri. 900 del 1988, nonch sentt. nn. 138 del 1975 e 63 del 1977). Nel domandare il superamento della perentoriet del termine pre; Visto dall'art: 369, secondo c<>mma, n~ 3 cod. proc. civ;, il giudice a quo chiede. in sostanza a questa Corte una pronunzia di tipo additivo, comportante fa possibilit di applicare sanatorie al mancato o al tardivo deposito della procura speciale, segnatamente le snatorie previste dall'art. 372 o dall'art; 182 del codice di procedura civile: Ma una tale pronunzia presuppone che si introducano nel processo di cassazione innovazioni che, per la loro ampiezza e significativit e per l'estrema molteplicit delle solutfoni astrattamente possibili, potrebbero essere adottate soltanto dal legislatore nell'esercizio dell'ampio potere ad esso spettante in ordine alla conformazione-del processo. In relazione all'art. 372 cod. proc. civ., il giudiCe a quo chiede' una pronunzia additiva vlta a introdrr nell'ordinamento una norma in base alla quale il deposito della procura speciale possa avvenire, pur se con il viricol<> della notifica all'altra parte1 in qualsiasi momento del processo anteriore all'udienza, cos da render possibile al resistente l'effettuazione delle verifiche sulla esistenza e sulla validt della procura in udienza prima dell'inizio della discussione. Con riguardo all'art. 182 cod. proc. civ., la richiesta di una pronunzia additiva , invece, diretta a modificare l'ordinamento con l'introduzione di una norma secondo la quale il deposito della procura speciale potrebbe esser effettuato, dietro invito del giudice1 pur dopo che la .discussione fosse iniziata. e, finanche, dopo che l'udienza fosse terminata. L'innesto di ambedue le addizioni in un sistema, che imperniato sulla perentoriet e sulla legalit dei termini per il deposito del ricorso 390 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO e degli atti con questo. connessi (al chiaro fine di assicurare che tutti gli elementi necessari alla decisione siano disponibili per l'udienza pubblica, quando alle parti, in contraddittorio fra loro, data l'ultima occasione di illustrare le rispettive difese, prima della decisione del collegio), comporta l'introduzione di innovazioni coinvolgenti scelte di carattere eminentemente politico, riservate al solo legislatore. In particolare, l'inserimento nel giudizio di cassazione di un potere giudiziale di collaborazione e di intervento attivo, come quello previsto dall'art. 182 cod. proc. civ., esige che sia modificato l'attuale ruolo del giudice di legittimit e, ip.oltre, che siano compiute scelte fra un'estrema molteplicit di modalit di attuazione (quali, ad esempio, l'eliminazione di tutte le cause di improcedibilit ovvero la distinzione fra quelle sanzionate con termine perentorio e quelle sanabili, l'adozione del provvedimento di sanatoria in camera di consiglio ovvero in udienza, la fissazione di un termine finale per l'esercizio del potere giudiziale di regolarizzazione). Quelle richieste dal giudice a quo sono addizioni che non possono essere considerate come costituzionalmente imposte e che, pertanto, sono necessariamente affidate alla scelta pienamente discrezionale del legislatore. E, una volta che quest'ultimo, nell'esercizio di tale discrezionalit, abbia optato per un sistema basato sulla perentoriet dei termini per il deposito della procura speciale e, in genere, degli atti indicati nell'art. 369 cod. proc. civ., l'estensione a quest'ultimo sistema di forme di sanatoria tanto se rimesse all'iniziativa autonoma delle parti (art. 372 cod. proc. civ.), quanto se dipendenti dall'intervento collaborativo del giudice (art. 182 cod. proc. civ.) -pu6 conseguire soltanto a decisioni che, per l'ampiezza delle innovazioni comportate e la variet delle modalit attuative, sono riservate al potere legislativo in relazione alla discrezionalit ad esso riconosciuta dalla Costituzione in ordine alla conformazione del processo. Il giudice a quo, nell'addurre argomenti a sostegno delle proprie richieste, espone anche una sua ricostruzione della giurisprudenza di legittimit, dalla quale traspare che, fra le previsioni a pena di improcedibilit contenute nell'art. 369 cod. proc civ., soltanto quella relativa al deposito della procura speciale riceverebbe, a causa della natura giuridica di quest'ultima (unilateralit, unicit e necessariet della stessa), un'interpretazione rigorosa. A parte i dubbi che si possono nutrire sulla predetta ricostruzione, sta di fatto che le asserite diverse applicazioni delle distinte disposizioni contenute nell'art. 369 cod. proc. civ. non suscitano problemi di legittimit costituzionale. Si tratta, invece, di problemi di interpretazione delle norme di legge ordinaria la cui risoluzione spetta alla Corte di cassazione. (omissis) PARTE I, SEZ. I, GlURISPRUDENZA,COSTlTUZIONALE II ..... . .. . . . .. . . ... . . . . . . cbn ~tt<> di c:it~~i~ne nqtfoc~to ild U marzo 1982l'ing. Nino Rovelli conveniva .. pr~9isat0: ....., che il 17 lugJio 1979 era .stata stipulata una convenzione tra le sgciet per a~i()ni Fii;td e :t>lenit nonch l'ing. Nino Rovelli. (a titolo perSona~ a$egtito df cqntienzibne Hpetitva .e. pa.i."zi:al:ttiente integrativa in data 19fogiio .. 1919),.da umfparte; dalt'filfra parten prof. Pier() Schlesinger, nella yeste dichiafafa di pi."esidertte designato di un c6stituendo C:d6.s6fiM 6fuiario M se'.sfdeifa fogge 181/ta, .tlonch 11stitufmobiliare italfaifo iri perso'.: def$ti(f presidente mg. Gforgio Cappon, entramb1 l:lgn,ti pet corifo enell'friteresse def costituendo consorzio, con le mddalft previste dalla Citata lgge 787/78 e per il conseguimento dello sc6p() afrisanafuento deifa soiet del gruppo Sir-Rurriianca, scopo coerente c9l. fine indica,to dalla.Jegge . ste~sa; ......... / d:fie. i'attoft/ e{ le sbtit .f'iJid e . Piell.it .. ~vevano partecipato al i'accqpci~ ai firte' dj}tjar~fo di ageyolare l'attuazione di' un piano. di' risal1fu~ hifo \lel1e s()riiet cM grupp .. sir-Rmnianca, . piano gi . predisposto cta11rfu( e approvato dai ipi; . . . . . ... . . . . . . .. .:...: b11e esso attore' ele S()Ciet Find e Plenit avevano dato immeciiata', ..e. corJ;lpleta. att.azi<)lle ,',agli . impe~i assunti mentre il consorzio, una -volta costituit9, 001l avva ratificfl,to la <;onvenzione e si era rifiut~ fa ~ ~?llvlli;e l'ng, Nno ~oyelli dalle i.i~~ative. giudiziarie di terzi (a fr<)nte di. fideittsi;ionf c)le . eglfa:veva dato a favore delle banche creditrici cie~l.a i;ocet: d~(grtiJ:>po Sir".R.limianca), . e9 mpltre non. aveva dato corso al1'tjlteriore .iD1pegr1p, ', asslin,to ,''per il consorzio, in ' allora non ancora costituito, . daWI1lli e dal . prgf. Sch1~singer, ..di accertare con rausilio di orgaizzazioni cli analisi C:onta'bili . la consistenza patrimoniale del gruppo Sir-R.l1iiianca; -t~~o pre:i:nesso~.J'atto~e.form.lava le seguenti cl.omande: l) dichiarare la responsabilit dell'Inii ai sensi dell'art. 2331 cod. civ. per le obbligazioni assurite nelle convenzioni 17 e 19 luglio 1979, come sopra indicate; . . . . .. ... . . . . ... . 2) . dichlai."are l'lmi tenut9 .. a sollevarlo da ogiii richiesta gi proposta, o propo11ibile' in segtiit, cla lln quaJsiasi terzo' garantito in conseguenza delle fideiussioni chel'ing. Rovellaveva rilasciato per le esposizioni verso banche delle societ del gruppo Sir-Rumianca; 3) cond,annare .l'Imi, sicc9me inadempiente. alle citate .convenzioni, al risarcimento dei danni per ci provocati; 4) riconoscere il diritto dell'ing. Rovelli all'accertamento dell'eventua. Ie valore positivo dellle azioni cedute, in coerenza con l'art. 4 della RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 392 convenzione, e la condanna conseguente dell'Imi al pagamento del valore accertato in base all'art. 5 della medesima convenzione, attesa l'impossibilit di utilizzo delle azioni stesse per la destinazione prevista nella convenzione o, in via di subordine, la condanna al pagamento della medesima somma a titolo di risarcimento, con interessi e rivalutazione monetaria. All'atto della precisazione delle conclusioni veniva chiesto che la liquidazione del quantum richiesto avvenisse in corso di causa e non in separato giudizio (come inizialmente domandato). Instaurato il contraddittorio e contestata la lite, l'Istituto mobiliare italiano chiedeva il rigetto di tutte le domande proposte nei suoi confronti, previa eccezione della propria carenza di legittimazione passiva sostenendo che l'ing. Cappon aveva agito a titolo personale e non quale presidente dell'Imi (tesi respinta nella sentenza di primo e di secondo grado e non pi riproposta in prosieguo). All'udienza del 24 gennaio 1983 interveniva in aula la s.r.l. (gi s.p.a.) Find, assumendo posizione adesiva alle domande dell'ing. Nino Rovelli e chiedendo l'estensione nei suoi confronti degli effetti della pronuncia. Il Tribunale di Roma emetteva in data 31 ottobre 1986 sentenza non definitiva limitatamente a:ll'an debeatur, nella quale, ritenuto ammissibile l'intervento della s.r.l. Find (qualificato intervento adesivo autonomo), e rigettata l'eccezione di carenza di legittimazione da parte dell'Imi, condannava l'Imi stesso al risarcimento dei danni subiti dall'ing. RoveHi per l'inadempimento all'impegno della lettera 19 luglio 1979 (liberazione dalle esecuzioni per garanzie concesse d.al Rovelli), nonch al risarcimento dei danni subiti e dall'ing. Rovelli e dalla soc. Find per l'inadempimento della clausola n. 4 della convenzione (impegno di accertare la consistenza patrimoniale del gruppo Sir-Rumianca, secondo modalit espressamente previste), danni da liquidarsi nel prosieguo del giudizio, disposto con separata ordinanza. Sull'appeilo proposto dall'Imi con citazione notificata il 7 aprile 1987, e nel contraddittorio deH'ing. Nino Rovelli e della Find, la Corte d'appello di Roma pronunciava con sentenza 26 aprile 1988 con cui dava integrale conferma alla decisione di primo grado. Avverso detta sentenza propose ricorso per cassazione l'Imi deducendo sei mezzi di cassazione; nella resistenza dell'ing. Nino Rovelli e della Find, la Corte di cassazione, pronunciando con sentenza n. 3228 del 7 luglio 1989 (Foro it., Rep. 1989, voce Economia nazionale, n. 20), dava accoglimento al primo motivo di ricorso e dichiarava assorbiti gli altri, cassando l'impugnata decisione ce rinviando ad altra sezione della Corte d'appello di Roma. Contemporaneamente allo svolgersi della vicenda processuale ora delineata, dopo la sentenza non definitiva di primo grado il procedimento PARTE I, SEZ. I, . GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE era continuato sul quantum, avendo come presupposto la linea logica gi tracciata dalla sentenza non definitiva del Tribunale di Roma, cos che, con sentenza 13 maggio 1989, il Tribunale di Roma condannava l'Imi al pagamento in favore dell'ing. Nino Rovelli della somma di lire 750 miliardi a titolo di risarcimento dei danni per inadempimento delle clausole. economiche della convenzione (somma comprensiva della rivalutazione dal luglio 1980), oltre agli interessi al tasso legale sull'intera somma rivalutata, con decorrenza dal luglio 1979; condannava, inoltre, l'Imi a pagare all'ing. Nino Rovelli la somma ulteriore di lire 21,1 miliardi, con gli interessi legali dal 9 gennaio 1985, quale risarcimento del danno neHa cessione dei titoli obbligazionari al portatore effettuato da:ll'irig. Rovelli al comitato di intervenfo nella Sir a seguito dell'accordo transattivo stipulat nel 1985. Avverso detta sentenza proponeva appello l'ing. Rovelli e la Find; proponeva anch appello incidentale l'Imi il quale sosteneva la nullit della sentenza de1 tribunale a seguito e per effetto della cassazione di quella sull'an debeatur da patte di questa corte; in subordine chiedeva la rifornia della sentenza impugnata ed il rigetto di tutte le domande proposte dall'ing. Nino Rovelli; in ogni caso sosteneva l'inammissibilit dell'appello proposto dall'ing. Rovelli e dalla Find. Le due cause (il giudizio rescissorio e la procedura d'appello contro la sentenza del Tribunale di Roma sul quantum debeatur), assegnate alla stessa sezione della Corte d'appello di Roma ed allo stesso istruttore, procedevano separatamente, ma parallelamente, tanto che all'udienza del 30 maggio 1990 venivano precisate separate conclusioni coeve. Con la sentenza 4809/90 (oggetto dell'odierno ricorso) in data 26 novembre 1990, la Corte d'appeHo di Roma. riuniva i due procedimenti e pronunciando su di essi unica sentenza, sull'an e sul quantum debeatur, rigettava l'appello contro la sentenza non definitiva del 31 ottobre 1986; dava accoglimento per quanto di ragione all'appello principale dell'ing. Rovelli e della s.r.l. Find avverso la sentenza 13 maggio 1989; dava accoglimento, altres, per quanto di ragione all'appello incidentale dell'Imi. Inoltre, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava l'Imi al pagamento, a favore dell'ing. Rovelli e della s.r.l. Find, in via tra di loro solidale, della somma di lire 500 miliardi (gi rivalutata), con gli interessi al tasso legale da luglio 1980 fino all'effettivo soddisfo, nonch al pagamento in favore dello stesso ing. Rovelli dell'ulteriore somma di lire 28.485.000.000 con gli interessi a:l tasso legale dal 9 gennaio 1985 fino all'effettivo soddisfo; condannava, infine, l'Imi al pagamento delle spese processuali, confermando nel resto l'impugnata sentenza. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l'Imi deducendo otto motivi, integrati da memoria; si costituivano con controricorso, integrato da memoria, la s.r.l. (gi s.p.a.) Find, nonch la sig. Prima RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 394 rosa Battistella, qua'1e erede dell'ing. Nino Rovelli; si costituiva,. inoltre, con autonomo controricorso l'ing. Felice Rovelli, figlio dell'ing. Nino Rovelli. In ordine all'eccezione di improcedibilit del ricorso, proposta in udienza dalla difesa dei controricorrenrti, parte ricorrente depositava note d'udienza, note in relazione alle conclusioni del p.m., il cui senso era quello di rimettere alla Corte l'esame degli atti, da lui non potuto compiere; con l'applicazione, all'esito, della. normativa del caso. Motivi della decisione. -La pregiudizialit delle questioni di ammissibilit del ricorso, rispetto a quelle di procedibilit, richiede l'esame preventivo dell'eccezione (sollevata dal controricorrente ing. Felice Rovelli nonch, nella memoria, dalla controricorrente sig. Primarosa Battistella) secondo cui la nullit della notificazione in data 3 gennaio 1991 all'ing. Nino Rovelli alcuni giorni dopo il decesso (avvenuto il 30 dicembre 1990), nel domicilio eletto presso il difensore per il giudizio d'appello, e la nullit dello stesso rico:rso per errata individuazione del soggetto passivo, renderebbe il ricorso stesso del tutto inammissibile. L'eccezione (da delibarsi .ai fini della rilevanza della questione di costituzionalit, di cui in appresso) infondata, alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale, al quale si ritiene di dovere dare continuit, secondo cui valido il ricorso per cassazione, e la sua notifica presso il procuratore della parte costituito nel giudizio di merito, non spiegando rilievo la morte della parte dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove non si dimostri che il ricorrente fosse a conoscenza di tale evento (v. Cass., 6 dicembre 1984, n. 6404; id., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n. 55; 25 novembre 1985, n. 5857, id., Rep. 1985, voce cit., n. 56; Sez. Un. 27 aprile 1983, n. 2881, id., Rep. 1983, voce cit., n. 103). Nella specie, il fatto che il ricorso fosse stato redatto prima del decesso dell'ing. Nino Rovelli (esso datato 21 dicemhre 1990); che della morte fosse stata data notizia giornalistica solo il 31 dicembre 1990; che a detta informazione giornalistica fosse seguita una festivit tradizionale e nazionale (il capodanno) e che la notificazione fosse stata eseguita il secondo giorno successivo, non fornisce la prova della conoscenza effettiva e sicura, n dell'ignoranza colpevole, da parte del ricorrente, del decesso dell'ing. Rovelli prima del 3 gennaio 1991; elementi che abbisognavano, oltre tutto, di adeguato controllo. Alla ritualit della notificazione del 3 gennaio 1991 segue l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilit sotto i profili indicati. Pregiudiziale, ancora, all'esame delle altre questioni di rito e di merito sollevate dalle parti, la valutazione dell'eccezione di improcedibilit del ricorso proposta dall'avv. Michele Giorgianni, al termine del suo intervento dibattimentale sul ricorso, eccezione ripresa dall'avv. Mario Are. 395 PARTE. I, SEZ. I, GlU.RISPRUDBNZA COSTI'WZIONALB . :SI>tierte: aj, fine t?arte controricorrente essersi verificata, nella spe cie, l'ipntesi prevista dall'art. 369, n. 3,. cod. proc. civ., che sanziona di hn~9W il ~"qper 9'8'~~ ~cui ~PQ!ito .nnn a~,nel lii (:{ata 30: ge!U:afo l99Z; ssel;fdo l collegi ili risrva di decisione, gli avv. Carmine Punzi ed Antonio Zito hanno . depositato nella cance:lle:da deifu. &:irte Uria scoriili nota. quaiificatit << dr udienza ,; con allegata do e~lli~&t~~m,~~t~,~:;6s1;~;;..iigimo sticcess.ivo.atl'uderiza;~~ .Qi.. ffiqrtdiqualsiasi.. ritttl:tle;essa .cteve.. ~uindiessere ...dichi~ratirricevitiiil ei rion pu essere sllmil1at dal collegio; . con separato . ptovvedimeiitd ;i. stata disposti:\, ia testittiZiri.e agli interesstt .. Tant(i gl'emessfril <;qtte/ch su11e questfohl dirito anche giudice del fattO: J?roessuaie,Hieva ed accerta: ~il.~1~!i~~!&-~~l4 6 dicembre 1990:, rep. n. 24368 ,;; .. .. .. . .. 2))n .ca.J;ce al ricorso vi esp:ressa menzione dei documentLche il :ricprre.,t~ ~<~ro~~~~ ~i t~r:r.;ii ai dep9sit~ ~ (originale notificato del tj9rs9 i;tess9;, .pop~a at:t,;e11ti1;:a .. 4ella se11t~a i.ipugnata, . istanza. di tra ~!1tl!~~;~ci1ef;~~i~;P!.~~~i;i~:~~~~!~i:a~!~iia.~~o:~:!e4;~~=~! pura sp:f?Ci.ale; 3) sAm,inatLgli: atti, si constata. la materi.aie assenza della procura speciale sopra: indicata; 4) l:ii nota d deposito del 22 genn::1o 199.t, relativa. altiorso noti ficato il 3.x.gennaio 1991 (notifica chei essendo regolare, come sopranle vato, comporta il decovso del tetm:ne dell'art. 369, 1 comma, t:od. proci. civ;.erende superflue, a questo effetto; le Ulteriori notifihe integrative}, porta l'annotazione del deposito dei fascicoli di precedenti gradi, di copia autentica delprovvedimento.impugnato e di istanza ex art. 369 cod. proc. civ. in. duplo} non vi in essa menzione del deposito della procura n esiste atto che; ai sensi . dell'art. 3721 Ultimo cpv., cod. proc. civ.,. ne 396 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dimostri il deposito nel giorno successivo (il ventesimo dalla predetta notifica); 5) agli atti esistono i documenti dei quali nella predetta nota indicato il deposito e, in particolare, il ricorso con le relative notifiche, la sentenza oggetto di ricorso in copia autentica nonch i fascicoli di parte delle precedenti fasi e gradi ed i fascicoli d'ufficio; 6) in calce alla copertina del fascicolo d'ufficio esiste un'annotazione, preceduta da un asterisco che ne richiama altro posto a fianco dei nomi degli avvocati del ricorrente, dicente manca la procura ad hoc. Detta annotazione identica ad altra esistente nel ruolo generale degli affari civili, al n. 755/91, nel quale appare ancora la dicitura, con riferimento alla situazione difensiva del ricorrente: manca la procura ad hoc; 7) ritiene la Corte non avere pregio il rilievo espresso nella nota d'udienza, secondo cui nel modulo delle note di deposito non predisposta a stampa la prev~sione della separata procura, quasi che del deposito della procura non si debba dare prova, volta che nei moduli stessi vi sono righe in bianco da integrare con l'indicazi9ne dei documenti depositati e non previsti espressamente nella modulistica a stampa. Ci tanto vero che nella nota di deposito del controricorso della sig. Primarosa Battistella vi espressa integrazione manoscritta relativa al deposito della procura speciale della controricorrente. D'altra parte, nella stessa nota di deposito del precedente ricorso per cassazione dell'Imi (che diede luogo al giudizio deciso con la sentenza 3228/89 di questa Corte), vi era espressa menzione manoscritta del deposito della procura speciale notarile rilasciata per quella fase del giudizio. Dai rilievi sopra espletati si deduce la mancanza della prova del tempestivo deposito della procura notarile indicata nel ricorso, prova che compete al ricorrente (v. Cass., 23 luglio 1966, n. 2031, id., Rep. 1966, voce Cassazione civile, n. 266). La nota, che deve essere sottoscritta dall'avvocato e controfirmata dal funzionario addetto, fa prova a favore della parte che l'ha redatta e sottoscritta, per i documenti in essa indicati, ed inoltre contro la parte per i documenti che la stessa non abbia menzionato. D'altronde le annotazioni relative al mancato deposito. della procura, apparenti sia sulla copertina del fascicolo d'ufficio, sia nel registro generale (e che non si ha ragione di non attribuire al funzionario addetto), denotano che la mancanza stata rilevata nella cancelleria del registro generale di questa corte. Pertanto, l'asserito deposito della procura non potrebbe, eventualmente, essere che una produzione tardiva o irrituale (allo stato, dunque, irrilevante), ma suscettibile di essere regolarizzata, anche ad iniziativa RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 398 Cos per la situazione dell'art. 369, 2 comma, n. 2, cod. proc. civ., allorch si ritenne che il mancato deposito tempestivo della copia autentica della sentenza oggetto di ricorso (essendo prodotta copia non autentica o autentica incompleta) potesse avere elementi integrativi, o sostitutivi, funzionalmente equivalenti, nella produzione della stessa copia da parte del cotroricorrente, ovvero nell'esistenza di detta copia nel fascicolo d'ufficio (Cass., 18 gennaio 1982, n. 343, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 216; 4 luglio 1986, n. 4388, id., Rep. 1986, cit., n. 101). Cos , in relazione all'ipotesi dell'art. 369, 2 comma, n. 4, cod. proc. civ., allorch venne separata la situazione preclusiva nel caso in cui l'allegazione dei fascicoli, o di atti dei fascicoli, dei precedenti gradi di giudizio (di fatto non depositati) fosse funzionalmente ininfluente in relazione alle situazioni dedotte in controversia in sede di legittimit (Cass., 12 gennaio 1987, n. 112, id., Rep. 1987, voce Giurisdizione civile, n. 99). Identico indirizzo stato seguito da questa corte (v. sent. 15 dicembre 1980, n. 6495 id., Rep. 1980, voce Cassazione civile, n. 219; 5 luglio 1982, n. 3990, id., Rep. 1982, voce cit., n. 224) in relazione alla fattispecie processuale dell'art. 369, 3 comma, cod. proc. civ., allorch ritenne che la tardivit del deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio, cos come l'omissione di detto deposito, non determinasse l'improcedibilit del ricorso qualora il fascicolo fosse comunque pervenuto alla corte prima dell'emananda pronuncia, ovvero quando gli atti del fascicolo d'ufficio non fossero necessari, limitando l'improcedibilit del ricorso alle ipotesi in cui dagli atti inseriti nei fascicoli di parte (in mancanza di quello d'ufficio del precedente grado) non si potessero ricavare gli elementi indispensabili per la decisione del ricorso (Cass., 5 aprile 1982, n. 2099, ibid., n. 223; 5 dicembre 1986, n. 7241, id., Rep. 1986, voce cit., n. 106). Ampliando il campo dell'indagine, inoltre, la giurisprudenza di questa corte ha costantemente interpretato la norma processuale nel senso del superamento delle previsioni rituali meramente, o prevalentemente, sanzionatorie, dando rilievo non solo all'aspetto funzionale, ma interpretando la norma stessa secondo il principio generale del diritto delle parti ad un giudizio equo >>, quale espressione che trova il precetto normativo nell'art. 6 della convenzione europea dei diritti dell'uomo (Roma 4 novembre 1950, resa esecutiva in Italia il 26 ottobre 1955 con la legge 4 agosto 1955, n. 848). Contrasta, infatti, con il diritto del titolare di una situazione giuridica sostanziale ad un giudizio equo di merito, e secondo i principi dell'ordinamento, una norma rituale che, superando la strumentalit della disciplina processuale, precluda il perseguimento del diritto fondamentale al giudizio per finalit che, pur essendo coordinabili con l'esigenza di fluidit e di speditezza del processo, ledano sostanzialmente una .0' 400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fine di dimostrare i poteri dei soggetti muniti dello ius postulandi, funzione necessaria in causa, soprattutto in un procedimento civile, come il nostro, improntato essenzialmente all'attivit di mandatari professionali. N sarebbe consentita l'analogica applicazione dell'art. 182, secondo comma, cod. proc. civ., quanto meno perch non permessa l'attivit di collaborazione del giudice in presenza di una decadenza, che nella specie connessa alla perentoriet del termine di deposito della procura speciale concessa con atto separato. Dall'analisi ora eseguita, in definitiva, pu trarsi la deduzione che l'orientamento giurisprudenziale formatosi su norme analoghe, nella funzione di costituzione di una parte in giudizio, all'art. 369 cod. proc. civ., elastico e tollerante, s da consentire di ricavarne un principio consolidato, a mo' di diritto vivente, che le declaratorie di improcedibilit non possono avere carattere meramente sanzionatorio. Costituisce, infine, diritto vivente la rigida applicazione dell'improcedibilit per mancato deposito della procura speciale, nel. ricorso per cassazione, essendo considerato non derogabile il relativo adempimento nel termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso (v. Cass., 17 aprile 1982, n. 2362, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 220; 28 novembre 1953, n. 3609, id., Rep. 1953, voce cit., n. 200; 21 dicembre 1962, n. 3412, id., Rep. ~ 1962, voce cit., n. 244; 23 luglio 1966, n. 2031, id., Rep. 1966, voce cit., li n. 266; 6 luglio 1983, n. 4547, id., Rep. 1983, voce cit., n. 131), finanche nei giudizi elettorali in cui la parte pu stare in giudizio di persona, I qualora abbia agito con difensore (Cass., 10 ottobre 1983, n. 5878, ibd., voce Elezioni, n. 109). Peraltro, una discrepanza rilevante e, sotto certi aspetti arbitraria, tra le situazioni che, con la formalit del deposito della procura, entro un termine perentorio, la legge intende tutelare, ed il diritto la cui I analisi in sede di legittimit viene di fatto preclusa, pu individuarsi anche nella fattispecie dell'art. 369, secondo comma, n. 3, cod. pro. civ., discrasia che, se non superabile secondo i criteri interpretativi della legge processuale (come gi notato), assume diversa rilevanza qualora incida sui principi costituzionali attinenti all'esercizio della giurisdizione. Un esempio dell'indicata discrasia della norma in esame evidenziato nel caso di specie, in cui ad una controversia che ha comportato un dibattito tra le parti di alto rilievo su questioni di diritto sostanziale di notevole difficolt e con incidenza finanziaria e patrimoniale notevolissime (in considerazione degli importi in gioco), negata quella forma di tutela che, nell'estensione della garanzia costituzionale della giurisdizione (art. 24 Cost.), trova nella legge fondamentale dello Stato una tutela ulteriore e specifica (art. 111, secondo comma, Cost.), e ci PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE unicamente per una situazione di irritualit che in diverso grado di giudizid pu trovare pacifica soluzione nelle facolt di regolarizzazione concesse alle .parti e nell'esercizio dei poteri di collaborazione del giudice (art' 182 cod. proc. civ;), atti a consentire la sanatoria, tra l'altro, proprio di situazioni di irritualit concernenti l'intempestivit, o l'omissione, nella. produzione della .procura .. (Cass., 8 febbraio 1977,. n. 553; id., 1978, I, 731; 27 aprile 1979, n. 2436, id., 1979, I, 1772; 23 gennaio 1982, n. 466, id., gep. 1982, voce Procedimento civile, n. 129; 10 maggio 1986, n. 3120, }d., Rep, 1986, voce Layoro e. previdenza (controversie), n. 431). Nel caso di specie; la gravit delle situazioni trattate e l'entit degli interessi economici in gioco indubbiamente esalta l'icomparabilit tra l'entit della lesione rituale e la sanzione procedurale che preclude l'esercizfo del giudizio di legittimit; enfatizza l'arbitrariet della negazi. one del giudizio di legittimit, che oggetto di garanzia specifica costituzionale,. di fronte. ad un effetto sanzionatorio. che non trova riscontro quivafonte, sul piano dei valori cui l'esercfaio della giurisdiziori deve uniftma:rsi, nla tutela delle parti e della rapidit processuale. L'ftrazionalit, per, non nel caso di specie, ma nella legge, qualunque sfa Ianatura e i'entit del diritto sostanziale controverso, legge che non consentendo un'adeguamento fuzionale in via d'interpretazione, e prechidendci,di fronte alla perentoriet del termine, le soluzioni tipiche pur presenti nel nostro ordinatnerito processuale con l'art. 182 cod. proc. civ., nega l'esercizio della giurisdizione, e la tutela processUale d tin diritto sostanziale, proprio nella forma pi elevata definitiva di giurisdizione, e ci al fine di tutelare una situazione di ritualit, priva cli eguale rilievo e di eguale valore sul piano dei principi costituzionali. I principi ricavabili, nel nostro 'ordinamento processuale civile, da norme . esplicite mediante un procedime11to d'astrazione generalizzatrice, ed inoltre radicati sulla legge fondamenfale, sono richiamabili come segue: a) il processo, come esternato dall'art. 24, primo comma, Cost., deve concedere le stesse utilit che si sarebbero potute conseguire attraverso l'applicazione della norma di diritto sostanziale, per cui eccezionali debbono ritenersi i casi nei quali la coincidenza di risultati, tra diritto sostanziale e tutela giurisdizionale, non sia realizzabile; b) come variazione logica del punto precedente, si evince l'ulteriore principio secondo cui la cognizione mira a concludersi con una pronuncia di merito, per cui eccezionali dbbono essere le ipotesi in cui la violazione dell norme disciplinatrici del processo imponga che questo si concluda con sentenza che non conosca del diritto sostanziale controverso; 402 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO e) la ricorribilit (art. 111, secondo comma, Cost.) comunque in Cassazione per violazione di legge delle sentenze, individuando nella lettura di legittimit un rafforzamento della garanzia sancita dall'art. 24, primo comma, Cost., sia che essa sia ritenuta integrare una garanzia soggettiva, sia che, superando ma non escludendo le situazioni soggettive, individui essenzialmente una garanzia oggettiva di uniforme interpretazione ed applicazione della legge; d) la tutela della difesa e del contraddittorio (art. 24, secondo comma, Cost.), che strettamente inerente all'effettivit della tutela giurisdizionale nella sua correlazione di affermazione delle situazioni di diritto sostanziale. Dal coordinamento dei vari principi ricavabili dal dettato costituzionale in tema di giurisdizione, si pu dedurre che il giudizio di legittimit deve ad essi corrispondere, per cui debbono essere eccezionali le situazioni rituali che pongano nel nulla l'esercizio della giurisdizione nella lettura della causa, anche in fase di legittimit, con la previsione di preclusioni perentorie e di improcedibilit conseguenti. Appaiono ormai superati, infatti, gli indirizzi propensi ad identificare la garanzia di cui al primo comma dell'art. 24 Cost., e la situazione soggettiva ivi tutelata, con l'esercizio dell'azione in senso tecnico-processuale; , infatti, decisamente prevalente l'idea che la possibilit d'azione non si esaurisca nella semplice possibilit di accesso originario alle corti, ma comprenda anche l'attivit processuale successiva alla domanda iniziale, in quanto indispensabile a rendere effettiva e concreta la tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di vantaggio. La giurisprudenza della Corte costituzionale, pur essendo concorde nel ritenere che la tutela giurisdizionale dei diritti sia suscettiva di limitazioni, ha pi volte riconosciuto l'illegittimit costituzionale di limiti irragionevoli o, comunque, atti a svuotare la garanza sancita, volta che il legislatore libero di atteggiare i mezzi di tutela dei diritti in relazione alla tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti, con il limite, per, di non vanificare in sede di giurisdizione situazioni riconosciute in sede sostanziale e di non opporre ostacoli all'esercizio dell'azione che, per incongruit o non pertinenza, si rivelino irragionevoli. Cos, pur essendo in linea generale lecita la previsione di limiti di tempo al diritto di azione, poich l'art. 24 Cost. non richiede che la tutela giurisdizionale debba essere perpetua o, d'altro verso, immediata, occorre pur tuttavia che detti limiti non si traducano in preclusione o impedimento di una effettiva tutela della situazione di vantaggio (Corte cost., 118/63, id., 1963, I, 1608; 2/64, id., 1964, I, 420; 26 e 87/69, id., 1969, I, 548 e 1409; 10/70, id., 1970, I, 711; 24 e 85/73, id., 1973, I, 609 e 2020; 46/74, id., 1974, I, 980; 372/88, id., 1989, I, 3015). PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE In ba.se all'idea che l'art.. 24 Cst; si riferisce. alla tutela processuale del diritto, e perci se ne pu assumere la violazione solo quando il legislatore limitasse ingiustificatamente la difesa processuale di un diritto da esso stesso attribuito o riconosciuto (Corte cost., 57/62, id., 1962, I, 1073), detta violazione stata, pur tuttavia, riconosciuta quando la ~revbdon d'inall1l'l1issibiiit .sia . priva di razionalit, se collega la produzione di un effetto grave ed irreparabile aUa. mera omissione di unJnajfompime~to formale (v, C0rte cost., 98/75, id., 1975; I, 1321, con riferbnento all'inammissibilit .di costituzione di parte civile nel processo penale per omessa elezione di domicilio nel comune ove sia in corso il giudiZio, ,alla q;uale Pa:rt; 94, secondo comma, c.p.p; previgente ricollegava l~ffetto: dell'esclusione dal giudizio penale della parte lesa costituita parte ciVile). Nello stesso ordine logico si pone; poi, l'indirizzo espresso (Corte cost;/82/66, id~; 1966; I/1201), con riferimento alla norma degli artt. 27 e 28 r.d; 25 giugno 1940; n; 954, essendosiritenuto che la non rieezione detratto presentato dalla parte o daf difensore assume carattere sanzfonatorio; non .proporzionato alla portata ed all'entit del precetto, se non giustificabile alla stregua di quelle guarentigie giuridiche che lo Stato di diritto offre ai singoli per fa tutela dei loto diritti ed interessi legittimi. ldenticanierite . (Crte cost., 19/73, id., 1973, I, 1353, con riferimento all'art 509 c.p.p. previgente, sanzionante d'inammssibilit la non contestuale esposizione di motiVi d'opposizione al decreto penale) stato riteritito che << la limitata fi:rialit deU'onre processuale in esame e la sita cfrcoscriita portata, poste a paragone della gravit e drasticit delle cob.seguenze impedtvecomminate, denotano la sproporzione tra obblig6 e sanzione e l'incongruit che l'esercizio dell'essenziale diritto della difesa giudiziale in contraddittorio, debba essere precluso di fronte all'inadempimento di un onere che ha, bens, una sua ragion d'essere, ma che tuttavia .non rilevante ai fini processtialstid. Si ribadisce, quindi/che il diritto ad uria giU:risdlzione equa si traduce rieli'illegfttimt di quegli impedimenti, normativamente previsti, che. ledano un dfrit~o fondamentale, costituzionall:llente garantito, senza .persegttlI"e la t\ltela di un..inter<:?sse di egtmle valore, o comunque apprezzabile~ evicien.~fando che fa riorn:u1.processuale. eminentemente sanzionatoria . finisce . per essere irrazionale ..o arbitraria quando dalla sua lesione consegua l'impedimento all'esercizio della giurisdizione, anche e specialmente con riferimento al giudizio di legittimit che trova la sua guarentigia nell'art. 111, secondo comma, Cost, Nell'ambito dei principi indicati si tratta di valutare quale sia la funzione del deposito della procura speciale, rilasciata con atto separato dal ricorso, volta che la sua enunciazione nel ricorso, costituente condi 404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zione di ammissibilit dello stesso (art. 366, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), sia stata soddisfatta., che le controparti costituite non hanno contestato la sussistenza della procura speciale n hano formulato alcuna eccezione sulla sottoscrizione del ricorso a norma dell'art. 365 cod. proc. civ .. Il deposito del ricorso e degli atti indicati dall'art. 369 nel termine ivi previsto, pu svolgere una funzione sostanzialmente equivalente alla costituzione dell'attore, nel giudizio di primo grado (art. 165 cod. proc. civ.), o dell'appellante nel giudizio di secondo grado (art. 347 cod. proc. civ.). Ci malgrado, la manchevolezza, o il ritardo, nel deposito degli atti in primo grado possono essere sanati con l'esercizio da parte del giudice del potere di collaborazione previsto dall'art. 182 cod. proc. civ., (potere esteso al collegio ed inoltre al giudice d'appello -v. Cass., 27 aprile 1979, n. 2436, cit.; 8 febbraio 1977, n. 553, cit.), ed analogamente nel giudizio d'appello, alla drastica preclusione dell'attivit processuale si . contrappone la sanabilit con le modalit dell'art. 348 cod. proc. civ e talora (Cass., 1 giugno 1982, n. 3342, cit.), ancora con l'applicazione della disciplina dell'art. 182 cod. proc. civ.. Significativo , quindi, che nel procedimento civile, il termine normativo per l'espletamento delle modalit di costituzione, ed in ispecie per la produzione della procura prima dell'inizio dell'attivit di giurisdizione (volta che ne siano indicati gli estremi nell'atto introduttivo I del giudizio o del grado}, pur corrispondendo ad un'esigenza di ordine logico-sequenziale degli atti negli adempimenti di parte e nello svolgi I mento del processo, non coincide con la tutela di valori essenziali parti, tanto vero che nei gradi di merito se ne consente la sanabilit, sia pure con la concessione di un termine da parte del giudice, questo s giustamente perentorio, dopo la constatazione di un'inattivit protratta. Non diverse ragioni possono reggere il giudizio di legittimit, volta che l'enunciazione degli estremi della procura nel riconO sottoscritto dall'avvocato (cui l'ordinamento processuale conferisce affidabilit, tanto da consentirgli l'autenticazione della firma del mandante, quando la procura sia apposta sull'atto iniziale della fase o del grado del giudizio) soddisfa la condizione di ammissibilit (art, 366, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) dando affidabilit iniziale dell'avvenuto rilascio della II procura nella data indicata nel ricorso (soprattutto quando, come nel caso di specie, la contestazione concerna specificamente l'omessa produzione, non l'esistenza, della procura speciale secondo i dati enunciati I nel ricorso, n, quindi, la sottoscrizione del ricrso a norma del1'art. I 365 cod. proc. civ.). Non sussiste, inoltre, nessuna ragione fondamentale per negare alle parti le opportune iniziative di regolarizzazione, ed al giudice di legit-1 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE timit l'esercizio di quei poteri di collaborazione, volti a sanare inadempienze momentanee, non lesive in maniera apprezzabile dei diritti delle controparti processuali, poteri che la legge riconosce al giudice del merito; poteri che, d'altronde, non sono incompatibili con la funzione di questa corte (e che nella specie non sarebbero certamente. preclusi dall'asserzione dell'avvenuto regolare deposito, volta che essa risulti indimostrata). Basti ricordare che, in ipotesi ben pi essenziali (art. 331 cod. proc. civ.) nelle quali una scelta legislativa di preclusione avrebbe potuto anche non essere violatrice della tutela dell'art. 24 Cost. in considerazione dell'equivalenza delle posizioni in gioco (la lesione del diritto difesa dei litisconsorti), la norma processuale ha invece ritenuto di fare una scelta funzionale, dando potere al giudice di legittimit di concessione di un termine (questa volta perentorio) per l'integrazione del contraddittorio. Si consideri, ancora, che anche la disciplina dell'art. 291 cod. proc. civ., stata ritenuta applicabile nel giudizio di cassazione (Cass., 7 aprile 1972, n. 1060, id., 1972, I, 3191; 434/75, id., Rep. 1975, voce Impugnazioni civili, n. 73; 26 novembre 1987, n. 8759, id., Rep. 1987, voce Cassazione civile, n. 96), imponendo in tale caso al giudice di disporre la rinnovazione della notifica della citazione viziata. Si consideri, infine, che si consente la regolarizzazione della notifi. ca postale del ricorso, concedendosi termini per l'esibizione della ricevuta di ritorno. Se, quindi, anche nel giudizio di legittimit, l'omissione di una parte, pur incidente su diritti essenziali, consente la concessione di un termine di regolarizzazione; se, inoltre, la tutela inerente al termine di deposito della procura, non ha funzine dissimile da quella relativa alla costi tuzione dell'attore nel giudizio di merito, nel quale pur tuttavia (oltre ai rimedi consentiti direttamente alle parti) con la previsione dell'art. 182 cod. proc. civ., si consente al giudice di esplicare quei poteri di collaborazione volti a sanare l'irritualit originaria; se ci vero, non si evidenziano ragioni essenziali a fondamento della diversa normati va dell'art. 369, secondo comma, n. 3, cod. proc. civ., la quale, per ra gioni di mera regolarit rituale con funzione sanzionatoria, finisce per pregiudicare il diritto al giudizio di legittimit delle parti, costitu zionalmente garantito, al solo fine di perseguire una funzione non com patibile, sul piano dei valori costituzionali, all'impedimento all'eserci zio della giurisdizione. La distonia tra causa ed effetto denota l'irragionevolezza della nor ma, vuoi sotto il profilo dell'art. 3 della legge fondamentale (creando una diversit di trattamento essenziale, e non giustificabile, tra la par te che adisca il giudice del merito e quella che agisca nella sede ultima 406 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di legittimit, che della prima costituisce l'essenziale estensione e complemento, nella previsione di espressa garanzia costituzionale ex art. 111, secondo comma, Cost.), ed inoltre sotto il profilo dell'art. 24 Cost., ponendo una preclusione temporale irrazionale all'esercizio del giudice di legittimit, senza la possibilit di sanatoria, n ad opera della parte autonomamente, n con l'intervento collaborativo del giudice. N gioverebbe, in contrario, rilevare che nella fase di legittimit manca la figura del giudice istruttore; basti considerare, infatti, che, come gi ricordato, l'esercizio dei poteri dell'art. 182 cod. proc. civ., stato riconosciuto anche al collegio (in primo grado ed in appello) e che nel giudizio di legittimit solo il collegio agisce anche per i provvedimenti di carattere ordinatorio. N, infine, giova a delineare una differenza essenziale sul punto, il fatto che per la promozione del giudizio di legittimit si richiede una procura speciale, quale manifestazione di una volont espressa della parte di accedere a quel tipo di giudizio, volta che nella specie non si discute del fatto che quel tipo di procura debba esservi e debba essere depositata, ma solo della razionalit del termine perentorio di deposito, in relazione alla definitivit delle conseguenze che la sua violazione comporta. chiaro, quindi, che non si verte in una situazione di inadeguatezza della durata del termine per il deposito della procura, ma di irrazionalit, nella comparazione dei contrapposti interessi, della perentoriet del ter mine in quanto tale. Non deve d'altronde ritenersi che, generalizzando, il principio fini sca per coinvolgere tutti i termini perentori del codice di rito, i quali assumono comunque una funzione di ordine processuale. Al contrario, la correlazione tra la funzione della perentoriet di un termine e le conseguenze della sua violazione, impone un'analisi specifica e puntuale, evidenziandosi l'illogicit quando la funzione della singola previsione nor mativa sia meramente, o eminentemente, sanzionatoria. Tale appare la perentoriet del termine nella previsione dell'art. 369, secondo comma n. 3, cod. proc. civ., il cui superamento sanziona, a carico del titolare del diritto, il mancato compimento, non di un'attivit giuridica, ma essenzialmente di una attivit materiale (il deposito) da parte del mandatario professionale. In definitiva, la corte ritiene legittimo il dubbio di costituzionalit della norma denunciata in quanto essa, imponendo un termine perentorio a pena di improcedibilit del ricorso, per un adempimento che, a differenza di altri indicati nella norma stessa, non ammette equipollen ti di sorta, impedisce alle parti di compiere attivit di regolarizzazione ed alla Cassazione di applicare l'art. 182 cod. proc. civ., con la conseguenza, non sorretta da apprezzabili ragioni, di privilegiare una finalit puramente sanzionatoria, rispetto alla tutela sostanziale dei diritti i. I I ' PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE controvrsi;. . e. di creare ingiustificata disparit ditrattamento rispetto a situazioni analoghe ed ai gradi antedod di giudizio, La rilevanza in concreto. della questione, infine, non viene preclusa 4.i;\l f~ttqlie gu i:i:yvoc1:l# c:lel.ricofl.'entet presenti . in udienzJ'h nelle I}Qt~ a:pl>ian? .prqm;:a a:fferm~to J'li\y:vexu;i.tt) .deposito te:mpestiv:o .delli;i .~s~!r~f~~:ij~1~l!;c~~~v4!?1i:o1!r~tI1~~fJ~~~r~~n!1~;i1gi~~ic~u~!i~ :i:;egq~ar.~~iqqe d~ situaziP1l:LPl'Q<.:essuaU1 I1t'.>l'l precluso da.. llll'afferllla zi(,)ne J.li parte pf,l, ll,el caso <:()I}reto, er~ foJ;Jqati;i s.l c:lato 1Iler1,1m~te p.ip/:~ffiopio sell,~a. Pc>s$i1>ilit dL ccmtrc>lJ,o< di atti J,\'ufficio, e la cui esaJtezz~. ~llh . stat() n,qn t:rova riscontro. Xn tal~ s~si J~.4uestid11e.ditesitth:nit qstituzjonale dell'art. 369, secon<;loc.lllllla,. ., 3~ cod., proc. civ., d:everitenersi .non manifestamente il1fon4ata. Essa, inoltrn, ome, si. vist>, rilevante Perch dl:l!Ja sua df~:f!cie~iiTu19l~t r~te~~:::?~~~tal~~=::~:~o~~!i~: d:i:Zi~~:. cura, o l'esame del merito del ri9or$() previa i;egolarizzaziqne della $it.azj.011cr; ad QPera. cleUa parte, spc;:>ntap,eig1~er1te.ex. art.372. cqd.. proc. i;., o~l'~;vi~ c9nces~~o~e. cli un termine .ex art~ Jsi.cocl. pr()..civ ... Al~aOspensjo1'le. ciel.. giudizio,. co}lsegue, .. a .. 11orma:. d~ll;art. 23 legge 11 Illarzq J953 n, .87, l'invi().. clegli atti .alla Corte costituz.ionaje, la notificazio11e . della prese);tte ordinanza alle parti in causa, al . procuratore . generale presso>la Corte. ~uprema. c1i assazione,al .P:residente.. del .. Consiglio. dei irlil;listri, .. no1lch la comunicaziol'J,e .. ai.. presidenti delle .due. camere del {tarla.mento. CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1992, n. 497 Prei. Casavola Red. Baldassarre " Regione Marche (avv~ Capotosti). Presidente del Cnsiglo deiMiriistri(avv. Stato Favara). Regioni (a statuto ordinarlo) . Legge regionale rinViata dal Governo al Consiglio regionale . Nuova approvazione di una legge div.ersa con maggioranza semplice Questione di legittimit costituzionale sollevata dal Governo Inammissibilit Fattispecie. (Cast;, art. 127r legge .reg; Marche 2 giugno 1992> determinazione delle aliquote, per l'an,no .1992, dell'addizionale all'impQSta erariale. di trascrizione di. cui alla legge 952/1977 e successive modificaziohl, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gasmetan,o usato come combustibile e dell'importo regionale sostitutivo per le utenze esenti). P, inammi$sibile la questione di legittimit costituzionale sollevata. dal Governo dvver$o una legge regionale rinViata at Consiglio regionale per il riesame ai sensi dell'art. 121, terzo comma, Cost. e nuovamente ap-. provata con una maggioranza semplice, allorch si tratti in realt di una legge diversa da quella rinviata perch approvata a seguito di nuo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 408 va proposta e con un procedimento diverso da quello utilizzato in occasione della legge rinviata (1). (omissis) Il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritualmente depositato un ricorso di legittimit costituzionale nei confronti della legge della Regione Marche 2 giugno 1992 (Determinazione delle aliiquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti), adducendo che la stssa, essendo stata riapprovata a maggioranza semplice, avrebbe violato l'art. 127 della Costituzione, il quale, come questa Corte ha pi volte affermato, richiede che una legge regionale, gi approvata una prima volta e poi rinviata al Consiglio regionale per il riesame, pu ritenersi validamente deliberata soltanto ove abbia riportato, in sede di riapprovazione, la maggioranza assoluta dei voti. Il ricorso va dichiarato inammissibile. Al fine di decidere sulle contestazioni di legittimit costituzionale mosse dal Governo nei confronti della legge della Regione Marche oggetto di impugnazione, occorre verificare se quest'ultima configuri una legge nuova, per la quale, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, sufficiente l'approvazione a maggioranza semplice oppure se la stessa legge debba esser considerata come la riapprovazione di una legge, gi votata una prima volta dal Consiglio regionale e rinviata a quest'ultimo per procedere a un riesame, per la quale il ricordato art. 127 della Costituzione impone la maggioranza assoluta (v., specialmente, sent. n. 154 del 1990). Nella decisione appena citata questa Corte ha gi rilevato come la definizione giurisprudenziale di una legge regionale quale legge nuova , ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione, si ispirata nel corso degli anni a criteri di vario genere. Dopo alcune iniziali pronunzie che hanno ancorato la qualificazione della novit della legge regionale a un criterio sostanzialistico e, segnatamente, al (1) La sentenza, nel ripercorrere il cammino compiuto dalla Corte Sull'interpretazione dell'art. 127 Cost. ed in particolare sulla nozione di legge nuova, si uniforma al pi recente orientamento secondo il quale la novit della legge non dipende dalla natura od importanza del mutamento bens dal dato, certo ed evidente, che la disposizione modificata nel suo significato normativo dal legislatore regionale sia (o non sia) stata coinvolta dalle censure contenute nel precedente rinvio governativo >>. In tal senso da ultimo C. Cost. 4 aprile 1990, n. 154, in Giur. cost. 1990, 931 con nota di BRANCA, La riapprovazione a maggioranza assoluta delle leggi regionali: la Corte attenua il rigore; PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 409 grado di incisivit e alla rilevanza delle modificazioni apportate in sede di riesame al testo della legge rinviata -cos da poter dedurre dalla natura sostanziale dei mutamenti introdotti la ricorrenza in concreto della intenzione innovativa del legislatore regionale -, questa Corte, allo scopo. di. evitare le numerose contestazioni e le ineludibili incertezze connesse alla determinazione caso per caso dell'importanza delle modificazioni apportate, ha fatto ricorso, a partire dalla sentenza n. 40 del 1977, a un critex;io formale particolarmente rigoroso. Secondo quest'ultimo orientamento, infatti, andavano considerate come non nuove, ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione, solamente le leggi che fossero state riapprovate dal Consiglio regionale nel medesimo identico testo che. aveva formato oggetto della prima deliberazione e del successivo rinvio . Tuttavia, anche l'applicazione di tale criterio ha dato luogo a gravi inconvenienti. In particolare, l'orientamento appena ricordato -nel permettere l'instaurarsi di una catena di rinvii a seguito di modificazioni del tutto formali o estrinseche alle norme contenute nell'atto rinviato e, persino, a seguito dell'introduzione da parte del legislatore regionale delle stesse modificazioni suggerite dal Governo in sede di rinvio ha favorito l'indebito innesto, nell'ambito di una fase preordinata al controllo di legittimit, di prassi di negoziazione politica fra controllore e controllato, destinate a produrre di sovente ingiustificate disparit fra regione e regione nei risultati del controllo medesimo. Allo scopo di porre fine a tali deprecate prassi, questa Corte, a partire dalla sentenza n. 158 del 1988, ha applicato un diverso criterio di qualificazione della . novit delle leggi regionali, il quale, senza ritornare a parametri sostanzialistici, rivolto a impedire la reiterazione dei rinvii e a restituire alla relativa fase i caratteri propri del controllo di legittimit costituzionale, nel pi rigoroso rispetto di quanto richiede l'art~ 127 della Costituzione. Nelle sue pi recenti pronunzie (v. sentt. nn. 158 del 1988, 79, 80 e 561 del 1989, 122 e 154 del 1990) questa Corte ha affermato che, ai fini dell'art. 127 della Costituzione, deve considerarsi come non nuova qualsiasi legge regionale rinviata che in sede di riesame sia stata modificata dal Consiglio regionale esclusivamente nelle disposizioni consequenzialmente interessate dal rinvio ovvero in parti dell'atto legislativo medesimo prive di significato normativo (preambolo, formula promulgativa, ecc.); mentre, semprech si resti nell'ambito di un medesimo procedimento legislativo, una legge regionale rinviata va considerata come nuova , ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, soltanto nell'ipotesi (inversa) in cui il legislatore in sede di riesame abbia apportato modificazioni (ovviamente comportanti mutamenti del significato normativo) dirette a inserirsi in parti estranee rispetto a quelle censurate o, comunque, dirette 410 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO a incidere su disposizioni non interessate dalle osservazioni contenute nel rinvio governativo. Questo criterio -il quale di carattere formale, e non sostanziale , poich fa dipendere la novit della legge, non gi dalla natura o dall'importanza del mutamento apportato, bens dal dato, certo ed evidente, che la disposizione modificata nel suo significato normativo dal legislatore regionale sia o non sia stata coinvolta dalle censure contenute nel precedente rinvio governativo -non preclude, tuttavia, al legislatore regionale di disporre liberamente del procedimento legislativo in corso. Come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 154 del 1990, il legislatore regionale, essendo nella posizione di chi investito .di una potest libera , ha la piena disponibilit del procedimento legislativo, nel senso che pu6 rinunciare ad esso o pu revocare la delibera di cui quello consta e pu, persino, iniziare un nuovo procedimento legislativo sulla stessa materia avente ad oggetto (...) anche un testo normativo identico a quello votato nella prima deliberazione, salva l'espunzione delle disposizioni contestate. Proprio la vicenda da ultimo rievocata risponde integralmente al caso di specie. In data 15 gennaio 1992 il Consiglio regionale delle Marche ha approvato con l'ordinaria procedura legislativa la proposta di legge n. 197, presentata 1'8 gennaio 1992 ad inziativa della Giunta regionale, recante il titolo Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive I modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas ~ metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti. Questa delibera legislativa, con telegramma del 18 febbraio 1992, stata rinviata al Consiglio regionale da parte del Presidente I del Consiglio dei ministri in relazione alle disposizioni contenute negli I artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma, le quali, in contrasto con le leggi statali che fissano la decorrenza delle addizionali introdotte a partire dalla data di entrata in vigore delle leggi regionali che le adottano, prevedevano l'inizio dell'efficacia delle addizionali da esse varate al 31 dicembre 1991, cio a partire da una data anteriore all'entrata in vigore della legge regionale medesima. Tuttavia, dopo che la Giunta regionale delle Marche aveva deliberato in data 2 marzo 1992 di presentare al Consiglio regionale una nuova proposta di legge, avente lo stesso titolo e un contenuto normativo analogo a quello proprio della delibera precedente, salva l'espunzione delle disposizioni colpite dal rinvio, il Consiglio regionale ha proceduto al- l'esame della stessa proposta, contrassegnata con il distinto numero d'ordine 213, seguendo la procedura d'urgenza, culminata, nella seduta del 2 giugno 1992, con l'approvazione della legge a maggioranza semplice. PARTE I, SEZ. !,GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Dopo che la delibera legislativa approvata . stata comunicata,. in data 8 giugno 1992, al Commissario del Governo, quest'ultimo ha. provveduto a trasmetterla alla Presidenza del Consiglio dei ministri accompagnando il testo ~ormativo con una lettera con la quale si diceva che la legge inviata era stata riapprovata a niaggiorailZa . semplice dal Consiglio regionale a seguito di rinvi.o. governativo. ȥ > Non vi pu esser dubbio che la legge regionale oggetto del ricorso governativo deve. considerarsi comi::ic nuova , ai sensi e ai fini dell'art. 127< della Costituzione. Infatti, pur a pr;escindere dal rilievo (che sarebbe, di per s, sufficiente) per il quale la novit della legge si deduce dal fatto che il legislatore regionale ha introdotto modifiche incidenti su disposizioni diverse da quelle consequenzialmente interessate dal rinvio (segnatamente: l'art. 1, primo comma, stato innovato grazie alla elevazione dell'aliquota dal 50 per cento al 55 per cento), l'incontestabilit della scelta del legislatore regionale di dar vita a un nuovo procedimento legislativo si deduce chiaramente, oltre che dal rilievo che la proposta approvata contrassegnata con un numero d'ordine diverso da quello proprio del disegno di legge oggetto del rinvio, dal fatto che sia stato seguito per l'approvazione della delibera impugnata un procedimento diverso da que!lo utilizzato in occasione della legge rinviata, iniziato con una nuova proposta della Giunta regionale. E ci tanto pi rilevante se si tiene presente che l'art. 89 del Regolamento consiliare della Regione Marche prevede che la legge regionale rinviata dal Governo ai sensi dell'art. 127 della Costituzione viene riassegnata alla competente commissione ed riesaminata dal Consiglio con la stessa procedura seguita a norma del presente regolamento per la prima approvazione del provvedimento . N pu valere in senso in senso contrario l'oservazione in base alla quale, in assenza di un potere di controllo sugli interna corporis del Consiglio regionale, il Governo sarebbe privo degli elementi necessari per poter verificare se la regione abbia iniziato un nuovo procedimento legislativo. In realt, poich non precluso al Commissario del Governo seguire i lavori legislativi 1regionali -costituendo, anzi, questa attivit espressione del principio di leale cooperazione, che deve informare i rapporti tra Stato e regioni -non vi pu esser dubbio che il Governo nella giuridica possibilit di essere adeguatamente informato dal suo stesso Commissario del procedimento legislativo seguito e dell'eventuale fatto che il Consiglio regionale abbia iniziato, successivamente al rinvio governativo, un nuovo procedimento legislativo. Naturalmente ci non esime la regione dal dovere, anch'esso inerente al principio di leale cooperazione, di mettere in atto tutte le iniziative idonee a render riconoscibile, da parte del Commissario del Governo, la natura e la identit RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 412 dell'iter legislativo seguito e sfociato nella deliberazione comunicata al Commissario medesimo. Sulla base dei motivi sopra indicati il ricorso esaminato in questo giudizio dev'essere dichiarato inammissibile. Infatti, poich la legge approvata il 2 giugno 1992 dal Consiglio regionale con un voto adottato a maggioranza semplice deve essere considerata una legge nuova ai sensi dell'art. 127 della Costituzionae, il Governo, prima di promuovere la questione di legittimit costituzionale, avrebbe dovuto dar corso al rinvio della legge al Consiglio regionale affinch quest'ultimo, a norma dello stesso art. 127 della Costituzione, fosse posto nella condizione_ di procedere al riesame della legge stessa. SEZIONE SECO:NDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA . . . .. E INTERNAZIONALE te $ent~iii della torte df glusilzta celle coriiunittt nropee ptonunclaie nel corso deU'IUllo 1992 . ht cause alle quali h partecipato rltlia. ..... .. . . . . La Corte di giustw delle comUriit europee nel corso dell'anno 1992 ha pronunciato 210 sentenze: 24 di esse sono state emesse in ca:use alle quali ha partecipato l'Ifalia (2 in ricorsi diretti dell'Italia cntro fa Commissione, 9 in ricorsi diretti della Commissione contro l'Italia; 13 in cause pregiudiziali proposte ai sensi dell'art; 177 del Trattato CEE, di cui 7 promosse da giudici italiani), Alcufie altre cause sono state cancellate dal ruolo per intervenuta de. fhiiziotte stragiqdiziale delle controversie irisorte. Oltre a quelle pubblicate per esteso in questo numero e nei numeri precedenti della Rassegna:, le sentenze pronunciate in cause che hanno visto la partecipazione. italiana sono le seguenti: -8 gerlriaio.1992, 11.en causa C-197/90, .. Jtalia c. Commissione, con la quale la Corte ha respinto il ricorso italiano relativo alla liquidazione dei conti FEOGA per l'es.rcizo 1987 per i1 riftito di imputazione al Fondo di alcuni aiuti alla trasformazionedi latte scremato in polvere e al consumo di olio di oliva; ;;.;..;, 21 gennaio 1992, nella causa C3i0/90, Egle, dofo la Corte ha statuito che l'art. 4, Ii. 1, ltt. a) della direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 83/384/CEE, concernente il reciproco ricdn0seimento dei diplomi, certificati ed altri titoli nel settore. dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'eser dzio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi, dev'es.sere interpretato :Jlel. senso che una formazione della durata di quattro anni, comprensiva dei semestri di tirocinio diretti e controllati dalla Fachhochschule. deve conside~arsi studio a tempo pieno della durata di. quattro anni . -6,. febbraio 1992, nella causa C-77/91, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato .che non adottando,. nei termini prescritti, le disposizioni necessarie all'attuazione della direttiva . del Consiglio 2& settembre 1981, 81/851/CEE, per U ravvicUiamento delle legislazioni degli Stati membri r.elative ai medicinali veterinari, e della direttiva del Consigli.o 28 settembre 1981, 81/852/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative aUt;) norme e ai protocolli C/.naliiici, tossico4arrnacologici e clinici in materia di prove effetti.tate su ):)'.:).edicinali veterinari, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi. ad essa iniposti dal Trattato CEE . -26 febbraio 1992, nella causa 357/89, Raulin, con la quale 1a Corte ha statuito, in tem di libera circolazione di lavoratori, che: 1) le condizioni di lavoro di un lavoratore che ha stipulato un oproep contract (contratto di lavoro a chiamata}, non impediscono di considerarlo un lavoratore ai sensi dell'art. 48 del Trattato CEE; 2) la durata dell'attivit lavorativa esercitata dall'interessato un elemento di cui il giudice nazionale pu tenere conto per valutare se tale attivit sia reale ed effettiva o se sa invece talmente ridotta da risultare meramente marginale ed accessoria; 3) per accertare lo status del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 414 lavoratore, occorre prendere in considerazione tutte le attivit lavorative svolte dall'interessato nello Stato membro ospitante, ma non le attivit dallo stesso esercitate in altri Stati della Comunit; 4) un lavoratore migrante che lascia il proprio lavoro per frequentare studi a tempo pieno che non hanno alcun nesso con le attivit lavorative precedentemente svolte non conserva il proprio status di lavoratore migrante ai sensi dell'art. 48 del Trattato CEE, a meno che non sia involontariamente disoccupato; 5) l'art. 7, primo comma, del Trattato si applica ad un aiuto finanziario accordato da uno Stato membro ai propri cittadini per consentire loro di conseguire una formazione professionale, nei 1imiti in cui tale aiuto sia inteso a coprire le spese di accesso alla detta formazione; 6) il cittadino di uno Stato membro ammesso a ricevere una formazione professionale in un altro Stato membro consegue in forza della normativa comunitaria un diritto di soggiornare in quest'ultimo Stato per potervi ricevere la suddetta formazione e per il periodo di durata della stessa. Tale diritto pu essere esercitato indipendentemente dal rilascio di un permesso di soggiorno da parte dello Stato membro ospitante. Il suddetto diritto di soggiorno pu tuttavia essere subordinato a determinate condizioni in relazione alle quali non si applica il principio di non discriminazione nell'accesso alla formazione professionale; 7) l'art. 7 del Trattato osta a che uno Stato membro richieda ad uno studente, cittadino di un altro Stato membro e titolare, in forza della normativa comunitaria, di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, il possesso di un permesso di soggiorno per poter fruire del regime di sostegno finanziario agli studi . -26 febbraio 1992, nella causa C-3/90, Bernini, dove la Corte, parallelamente alla sentenza precedente, sempre in tema di libera circolazione dei lavoratori, ha statuito che 1) il cittadino di un Paese membro che ha lavorato in un altro Stato membro nell'ambito del conseguimento di una formazione professionale va considerato lavoratore ai sensi dell'art. 48 del Trattato CEE e del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit, qualora abbia prestato attivit lavorativa ricevendo in cambio una retribuzione, a condizione che la sua attivit sia reale ed effettiva; 2) il lavoratore migrante che lasci volontariamente il proprio lavoro per dedicarsi, trascorso un certo periodo, a studi a tempo pieno nel Paese di cui cittadino, conserva lo status di lavoratore a condizione che esista una connessione tra la sua precedente attivit lavorativa e gli studi di cui trattasi; 3) un sostegno finanziario agli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per un lavoratore migrante, un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7 n. 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68, se il lavoratore continui a provvedere al mantenimento del figlio. In tal caso, il figlio pu avvalersi dell'art. 7, n. 2, per ottenere un aiuto finanziario agli studi alle stesse condizioni che si applicano ai figli dei lavoratori nazionali e, segnatamente, senza che possa essergli imposta alcuna condizione aggiuntiva relativa alla sua residenza. -8 aprile 1992, nella causa C-166/91, Bauer, con la quale stato dichiarato che l'art. 11, lett. a), terzo comma, della direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/384/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certifi cati ed altri titoli del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera presta zione dei servizi, va interpretato nel senso che studi della durata di quattro anni di cui facciano parte integrante due Praxissemester sotto la supervi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 415 sione della Fachhochschule dLStoccarda vanno considerati equi.valenti a quattro anni di studi "' ;;..;.. 3gitign() 1992,< nella causa 0.360/89, Cammissine c. Italia, con la quale l Ccirte ha dfohiarato che avendo adcittato la legge 17 fobbraio 1987, n. 80/87, che contiene dis:(>osliioni straordinarie miranti ii.d accelerare l'esecuzione . dei lavoripubbli.ci, la Repubblica italii.ria venuta men.oagli obblighi che le incombono in forza dell'art. 59 del Trattato CEB nonch della direttiva del Consiglio 26 .luglio 1971, 71/305/CBB che .coordina procedure. di aggiudicazione dt1gli appalti pubblici di fornitura " . ..::... 3 gitigno 1992, :O.ella causa C-287/91, Commissione c. Italia, do.ve si dichiarato che consentendo che il Ministero delle Finanze ometta sistematicamente . di osservare i tei'i:nini di rimborso dell'imposta sul .valcire aggiunto a favore dei soggetti non stabiliti all'interno del paese e Ii.on intervenendo per eliminare. fin. dall'origine gli .effetti giuridici. novici .che ne consegono per il diritto comunitario, l Repubblica italiana venuta meno agli obbllghi che le incombono. in. virt. dell'art. 7, n .4,. dell'ottava diretti.va del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/10272/CBE, in materia d. anmonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -modalit di .rimborso s,ulla tassa.. det valore aggiunto ai soggetti non stabiliti aWintt1rno del paese ..::... 9 giugno 1992, nelle cause riuriite c~228/90 ed altre, Simba, con la quale l: Corte ha dichiarato che: un tributo quale l'imposta nazionale di consumo introdotto nel sistema giuridico italiano dalla legge n. 986/1964, come modificata dalla legge n. 87.3/1982, me acilift~YQ C()ntienean,ctridesolforosa iqragjoile di 36,Smg per litro, il che confanne alla normativa fu~ceseJn: matetja.Ta:le birra stata importata in Italia ove venduta come bevanda alcolica a base dibirraȥ .... 5. Il NA$i (N.~e() ~t5Qfj.s1;iaziQni e.~allit,) ha. Prelc:watCl .Wl ,c11mP<> nec .. il.ella (ietta Pevl:\Pdlit Pr.esso. J1ll p.bblico <;seri;:izio s}!o in . .f\:zzano Peci;m.Q. J.>qicM dall'a:t..isi. 4elc.:al!lpio11e. ~ emeJ'.$a.. };:i, prfilsem:a .di anidri4e sQlforqsa i11 q.~ntit. superi~e .a. quella. co11s(ITTtita :dalla normativa italiana . per si;n::1JU proc:tottij H. :Pr9curatC1re della ij,ep.qblj.ca promuoveva dei procedimenti pe11ali per frode a f,u::io del sig. Deb.s. 6. In questo contesto i giudici nazionali hanno sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali, idenHche P,a far rite.;ner(e on essi non (:()mpatjJ>illla. nom1.atiya itajian.a. sulla discip),ina igieaja .della. produzione circolazione delle merci del di~ieto ass6Il1to di cbmmercialiizazfone in italia della birra con . un quantitative>. di artidrlde solforc>sa ectiderifo .. quetfo stabilito dalla norma nazionale ma contenuto in limiti tali da non risttltare nocivo all salute secondar rsltatfdella ricercasciehtifica internazona!e; mentre essa ha potuto astenersi nella seconda causa dal -valutare-se la. presenza. di nitrati 11ei .. for.u1gg) inJ.p9rta,.tJ Josse. gimitificat:.l. >, e 13 dicembre 1990, BELLON, gi citate, la Corte ha desunto dal principio di proporzionalit, su cui si basa l'ultimo inciso dell'art. 36 del Trattato, che i divieti di mettere in vendita prodotti contenenti additivi autorizzati nello Stato membro di produzione, ma vietati nello Stato membro di importazione, devono esser limitati allo stretto necessario per garantire la tutela della sanit pubblica. 17. La Corte ne ha pure desunto che l'impiego di un determinato additivo, ammesso in un altro Stato membro, dev'essere autorizzato se si tratta di un prodotto importato da tale Stato membro, qualora tenuto conto, da un lato, dei risultati della ricerca scientifica iri,ternazionale e specialmente dei lavori del comitato scientifico comunitario per l'alimentazione umana, della commissione del Codex alimentarius della FAO e dell'Organizzazione mondiale della sanit e, dall'altro, delle abitudini alimentari esistenti nello Stato membro di importazione, tale additivo nn sia pericoloso per la sanit pubblica e risponda ad un'esigenza reale, segnatamente di ordine tecnologico. 18. Si deve poi ricordare che, come si desume in particolare dalle sentenze MtiLLER, COMMISSIONE I GERMANIA e BELLON, gi citate, nonch dalla sentenza 30 novembre 1983, VAN BENNEKOM (causa 227/82 Racc. pag. 3883), spetta alle autorit nazionali dimostrare che la loro normativa giustificata da esigenze di tutela della salute della loro popolazione. 19. A questo proposito il governo italiano fa notare che, secondo il comitato misto di esperti FAO/OMS e il comitato scientifico per l'alimentazione umana, l'uso eccessivo di anidride solforosa nuoce alla salute umana, specie nel caso dei forti bevitori di birra. Di conseguenza, esso considera che la politica consistente nel ridurre al minimo l'assorbimento di anidride solforosa per vie diverse dalle vie respiratorie giustificata dalle esigenze della sanit pubblica. 20. Dal canto suo, il governo olandese osserva che spetta in linea di massima a ciascuno Stato membro giudicare se le esigenze della tu . . . . . . . . . . . .<::::::::::/ >::(.::::::::: .. . :::.::::.::. :::::::.: . _..::: ..:..::-...::: :.:.. ... tf.ll~d.~lla -saj.~~ &lnsentfulo< 4ii-a#tori~zare--o-rrieno -l'impiego- di: un det~riri#,,f!t0:-(:b#*~l:'Vtitenei generi alin:leritari~ te:O:eridocdrifo- delle abitt: f-diili al.Je:.tad l:ie~fa sua; popolazione. Esso sostiene elle l'OMS ha fissato __ i#4q-ms_l~-.. c.tcl~~qt,t9tf(;Jl:an:a_....iassin,11.t-. _di-___ awctri4~ so~forsa tollel:'abile -~ᥥc!l~l?:~~i~t~.l'mi*~f~-~~ 4.1.la.#~it~ᥥ 4t- anj9l'id~--~dlforosaassol:bitt -dai . tj~ij~~~~9t# ~~ 4#!~#~#~t '#,~9 4e~ f~~~? e~~ l'#i~J:'4ei ~Plf:<:>wsa , ---...-.... ~#~~~ ~H~'l:J~#~t ~igj~~~Va 9J:#~i~sft>rai;t<>-t-ti ~i'.riltart- ....................................... .. ................... .. .......... ................... . ... ... . . ..... ~l. ~a t~~l1\lssi~ll~ sostfe~~ 6~~ u~ divieto ge~;;:i~ :~ i:portare -~ <:W ni~#e#~ -!# i:lt:>ritiri~fc.Q'J;)'rqdqjtf.-1galiriente--messt111coritritefo10 in un --~ttt:>-$ji~#-m~wl#to~ᥥ:r;~rU.-~~#9ᥥc~ijt;6!ltegono-moᥥcJ.et--oonservanti/fi~ /_ ~r~*t n~W~l#c~ aj~e~~t() ll];i* ('t~l'ettva 64/54 in una proporzione sl:tP~#9~~ ~:-q:.;~~l~-~'1.t8~*~ta ({all ,ht#iativa letio _Stato li ii;tip(:>rt~one, ~ ece~sivQ\ ~l9~i4 M~~i.rl.t~ 4~1 <;:on5:ervant~f resta entro 1 umiti -am ----- mfss:i'biJ:-a1iaJti.6i:r d~)l~ ~(>l).q$#Ze$(;liceiltifichet1ttnazi0nali.. ~~.. ~~ ~ii~~!iii~ti~ $P~~iiJ~~I~~-ii~i4ridi s9~bfk~, 1~ cg~, __ ..s~~~i?#~ᥥ~f'461;t#~i9f della ~pijhbli~a-~l:'e.sso fa Pr~turacircondadal-di PordePRl'. l~ ##1:,t~bto t~t-J;>.l'98(ilgfu~ljf_O:_a᥍a,dpO . <:IW:sig, -Deblis) che._ esluso ilCll f~iji~p(;le $oifofl;)si ~i:1#~#itta n~Ma l)b;:rl:t ft'$Jlceser sequestrata possa -~y~i:e~$~#i t<:ls$i9i.._I:dfaid, .._i*'bas~-.U>dati-:. tossi<;pfogict-faborati- congfuiiarp~ rite.... tǥ F4.0-e:l'.QM$>suggerscorto-l'assun'lione;. p. @\l~~rot~ ~ o,as I;tlg p~r ~g d,i,. _P~<> eorporeoi il che; per uil:99l,l~l;lfl'!.~W~~ ~i Al) . _!$,!J:.f-li }?el!9 ~q~hrale1 -al u.a q.untlt massnna---di jp~ ,~_l l1lg aj_; m9~:io~ (j:.t'.~e:tl.~~ !!~.9rid().-f- ~$. ᥥ-sjcl.~y.__ gi~x~:i::~heJ~ c:l.isipJina_.. p;~tq.aJ~ -_tl~-_:ui _.!r~ttii,i_... $~_Ji !Plv~.. Jii-~#-dfri~t9.-g~!i~r~l~~d-_~~~~l.tq..cu. q.aJsi~l!i--9irl'~ .cont~nente 9ltr~2Q mg <:U.Mli4r!4e solf9rsa, $eili~.alcuna ~cez1one ..-/ ~1.- J:<~ -*-~~~~~Mi~ᥥ1~1~,_4iYi~tq i?~F._-.1~.-.vi:i~~iqn~4~M~.--~~1'1t ti<>n --sfafa--ctiffibi#Ua.-Miii,J~---iitfxiiazioiil ____ foil---cotl.f~sfate_.... 4~11~--c91llil:iis siol1ellfulrio lll.&;$('.) iil! lllc dl 11asstthzibhe di anidride solfdf6sa cfo.Jhi al consumo di una birra contenente 36,8 mg/1 di tale additivo non comporta gravi rischi di superamento dei limiti della dose quotidiana massima di anidride solforosa ammessa dalla FAO e dall'OMS. 25; - Il carattere sproporzionato di tale divieto generale ed assoluto nei confronti delle birre di importazione inoltre evidenziato dal fatto che la normativa dello stesso Stato membro ammette fimpiego deU'ani 424 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dride solforosa in proporzioni molto maggiori per altre bevande, specie per il vino, il cui consumo nel detto Stato membro sembra essere pi ingente di quello della birra. I 26. Il governo italiano sostiene tuttavia che l'aggiunta di anidride I solforosa non affatto indispensabile per la conservazione della birra, in quanto il suo effetto pu esser ottenuto mediante altri metodi, come la pastorizzazione. 27. Questa circostanza non pu giustificare un divieto generale ed assoluto come quello di cui si discute. 28. Infatti, come risulta dalla citata sentenza legge sulla purezza della birra, per escludere che taluni additivi possano rispondere ad esigenze di ordine tecnologico, non basta richiamarsi ad un altro metodo di fabbricazione del prodotto, impiegato dai produttori nazionali, in quanto una siffatta interpretazione della nozione di esigenza di ordine tecnologico, che si risolve nel favorire i metodi di produzione nazionali, costituisce una restrizione dissimulata del commercio tra gli Stati membri. 29. La nozione di esigenza di ordine tecnologico va valutata in relazione alle materie prime impiegate e tenendo conto della valutazione effettuata dalle autorit dello Stato membro nel quale la merce legalmente prodotta e messa in commercio. Si deve inoltre tener conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale ed in particolare dei risultati dei lavori del comitato scientifico comunitario per l'alimentazione umana, della commissione del Codex alimentarius della FAO e dell'Organizzazione mondiale della sanit (sentenza legge sulla purezza della birra, gi citata). 30. Dalle considerazioni che precedono risulta che la prima questione sollevata dal giudice a quo va risolta come segue: gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che vieta la messa in commercio di birre importate da un altro Stato membro, nel quale sono legalmente messe in commercio, se contengono un quantitativo di anidride solforosa superiore a 20 mg per litro. Sulla seconda e sulla terza questione. 31. Con la seconda e la terza questione il giudice a quo mira a far accertare se il giudice nazionale debba disapplicare una normativa nazionale contrastante con il diritto comunitario oppure debba attendere l'adozione di una normativa generale. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 425 32. A questo proposito, basta ricordare la consolidata giurisprudenza secondo cui il giudice nazionale,. incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario, ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione confliggente della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza 9 marzo 1978, SIMMENTHAL, causa 106/77, Racc. pag. 629). 33. La seconda e la terza questione sollevate dal giudice a quo vanno pertanto risolte nel senso che il giudice nazionale deve disapplicare una normativa nazionale contrastante con il diritto comunitario. (omissis) II (omissis) 1. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 20 marzo 1989, la Commissione delle Comunit europee ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, vietando l'importazione di formaggi ai quali, durante il processo di caseificazione, stato aggiunto nitrato entro i limiti ammessi dall'ambiente scientifico internazionale (SO mg per chilogrammo di formaggio), mentre tali prodotti sono legalmente fabbricati e smerciati in altri Stati membri, venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi dell'art. 30 del trattato CEE. 2. In taluni Stati membri il nitrato viene aggiunto nella preparazione di vari tipi di formaggi al fine di eliminare determinati batteri che ne provocano un anormale rigonfiamento. 3. La legge italiana 30 aprile 1962, n. 283, relativa alla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (Guri 4 giugno 1962, n. 139), vieta l'impiego di additivi chimici di qualsiasi natura nella preparazione di sostanze alimentari e la distribuzione per il consumo di alimenti che contengano tali additivi senza atorizzazione rilasciata con decreto del ministro della Sanit. Orbene, nessuno dei decreti emanati in base alla detta legge consente l'uso del nitrato nella produzione dei formaggi. Ne consegue che in Italia non sono consentiti n l'impiego di tale sostanza nella preparazione dei detti prodotti n lo smercio di formaggi contenenti nitrato. 4. Nella normativa comunitaria, il nitrato menzionato nel punto II dell'elenco degli additivi allegato alla direttiva del Consiglio 5 novembre 1963, 64/54/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 426 membri sui conservativi che possono essere impiegati nelle derrate desti nate all'alimentazione umana (G.U. 1964, 64, pag. 161, in prosieguo: la direttiva), come modificata dalla direttiva del Consiglio 27 giugno 1967, 67/427/CEE relativa all'impiego di taluni agenti conservativi pr il trattamento in superficie degli agrumi, nonch alle misure di controllo qualitativo e quantitativo degli agenti conservativi contenuti negli e sugli agrumi (G;U. L. 148, pag. 1). 5. L'inclusione del nitrato nel detto elenco significa che tale sostanza costituisce uno di quegli additivi il cui impiego negli alimenti pu essere autorizzato dagli Stati membri e che compete a questi ultimi stabilire le condizioni per il suo impiego. 6. Per una pi ampia illustrazione della direttiva, della normativa nazionale, dello svolgimento del procedimento nonch dei mezzi e degli argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 7. Nell'ambito del presente ricorso la Commissione contesta alla Repubblica italiana di vietare l'importazione di formaggi provenienti da altri Stati membri in quanto contenenti nitrato. Secondo la Commissione, infatti, l'importazione di alimenti prodotti in un altro Stato membro e che contengano un additivo incluso nell'elenco comunitario deve essere autorizzata qualora l'additivo medesimo non presenti alcun pericolo per la sanit pubblica e risponda ad un'esigenza effettiva, segnatamente di ordine tecnico. Orbene, dai risultati della ricerca internazionale emerge che il nitrato risponde a tali requisiti. II 8. Si deve ricordare, ai fini della decisione del ricorso, che, secondo la giurisprudenza della Corte (vedansi le sentenze 10 dicembre 1985, MOTTE, causa 247/84., Racc. pag. 3887, punto 25 della motivazione, 6 maggio 1986, MtiLLER, causa 304/84, Racc. pag. 1511, punto 26 della motivazione, e 13 dicembre 1990, BELLON, C-42/90, Racc. pag. 1-4863, punti 16 e 17 della motivazione), una normativa che subordini ad autorizzazione l'uso di un additivo conforme al diritto comunitario ove sussistano due condizioni. 9. Anzitutto, tale normativa deve prevedere una procedura che consenta agli operatori economici di ottenere !"inclusione dell'additivo medesimo nell'elenco nazionale degli additivi consentiti. La detta procedura deve essere facilmente accessibile, deve poter essere conclusa entro termini ragionevoli e, qualora sfoci in un rifiuto, tale rifiuto deve poter essere oggetto di impugnazione giurisdizionale. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 427 10. Inoltre, una domanda diretta ad ottenere l'inclusione di un additivo nell'elenco di cui trattasi pu6 essere respinta dalle competenti autorit amministrative solamente ove tale additivo non risponda ad alcuna esigenza effettiva, segnatamente di ordine tecnico, o presenti un pericolo per la sanit pubblica. 11. Per quanto attiene alle esigenze di ordine tecnico, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza (vedasi la sentenza 12 mar zo 1987, legge sulla purezza della birra, COMMISSIONE/GERMANIA, causa 178/84, Racc. pag. 1227, punto 52 della motivazione), la necessit di impiegare un additivo va giudicata in considerazione dei risultati della ricerca scientifica internazionale e della valutazione effettuata in merito dalle autorit degli altri Stati membri. 12. Si deve inoltre precisare che, per escludere che un additivo risponda ad un'esigenza effettiva, non basta invocare la possibilit di fabbricare il prodotto impiegando un'altra sostanza. Una siffatta interpretazione della nozione di esigenza di ordine tecnico finirebbe, infatti, col favorire i metodi di produzione nazionali, il che costituirebbe una restrizione dissimulata del commercio tra gli Stati membri (vedansi le sentenze legge sulla purezza della birra, citata, punto 51 della motivazione, e 4 giugno 1992, DEBus, cause C-13/91 e C-113/91, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28 della motivazione). 13. Per quanto attiene alla tutela della sanit pubblica, si deve ricordare che, secondo la .costante giurisprudenza (vedansi, in particolare, le citate sentenze Milller, punto 26 della motivazione, e Bellon, punto 17 della motivazione), l'esistenza di un rischio per la sanit pubblica derivante dall'impiego di un additivo deve essere valutata tenendo soprattutto conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale, in particolare dei lavori del Comitato scientifico per l'alimentazione umana, e delle abitudini alimentari proprie dello Stato membro interessato. 14. Dalle menzionate sentenze emerge che, in un caso come quello di specie, pu ritenersi che uno Stato membro sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti, nel campo degli additivi, ai sensi degli artt. 30 e 36 del Trattato, solamente qualora non abbia predisposto una procedura conforme ai requisiti ricordati nel precedente punto 9, ovvero qualora le sue autorit abbiano ingiustificatamente respinto una richiesta di inclusione di una determinata sostanza nell'elenco degli additivi con sentiti. 15. Nella specie, va rilevato che la normativa italiana in materia di additivi ha sancito un divieto, derogabile mediante autorizzazione, che si applica anche agli additivi aggiunti a prodotti alimentari prove RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 428 nienti da altri Stati membri in cui siano lecitamente fabbricati e smerciati. 16. La commissione non ha fatto valere n che la. procedura prevista dalla detta normativa sia contraria al diritto comunitario n che, precedentemente alla proposizione del presente ricorso, le autorit italiane abbiano respinto la richiesta di uno o pi operatori economici diretta ad ottenere l'inclusione del nitrato nell'elenco degli additivi consentiti. 17. Il ricorso della Commission,e deve essere, pertanto, respinto. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, sed. plen., 17 novenbre 1992, nelle cause riunite C-271/90, C-281/90, C-289/90. Pres. f. f. Rodriguez Iglesias -Avv. Gen. Jacobs -Regno di Spagna (ag. Bastarreche Sagiies, Navarro Gonzales e Silva de Lapuerta), Rep. Francese (intervenuta; ag. Puissochet e de Bergues), Regno del Belgio (avv. Marissens) e Rep. Italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione delle C. E. (ag. Jansen, Rodriguez Galindo, Lewis e Traversa). Comunit Europee Concorrenza sul mercati Imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi -Poteri di vigilanza della Commissione -Estensione. (Trattato CEE, art. 90 n. 3). Comunit Europee: Concorrenza sul mercati Servizi di telecomunicazione -Diritti speciali e diritti esclusivi -Esercizio dei poteri di vigilanza della Commissione -Limiti. (Trattato CEE, artt. 86 e 90; direttiva della Commissione 28 giugno 1990, n. 90/388/CEE). L'art. 90 n. 3 del Trattato CEE, consentendo alla Commissione l'adozione di direttive; conferisce alla stessa non solo poteri di mera vigilanza in ordine all'applicazione delle norme comunitarie gi esistenti, ma altres poteri -diversi e non incompatibili con quelli generali e particolari del Consiglio -di emanare norme generali specificanti gli obblighi che discendono dal Trattato (e in particolare dall'art. 59, direttamente applicabile senza bisogno di un preventivo intervento legislativo del Consiglio), norme vincolanti per gli Stati membri per quanto attiene alle imprese di cui ai due capoversi del citato articolo (1). (1-2) La Corte, accogliendo parzialmente i ricorsi proposti e sostenuti da vari Stati membri, fra cui l'Italia, conferma quanto gi ritenuto in ordine alla direttiva 16 maggio 1988, n. 88/301/CEE sui terminali di telecomunicazione con la sentenza 19 marzo 1991, nella causa C-202/88, Francia c. Commissione (con intervento dell'Italia). PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE Vart; 8 della direttiva della Commissione 28 giugno 1990/n .. 90/388/ CEE, relativa alla concorrenza nei. mercati dei servizi di telecomunica zione, adottata ai sensi dell'art. 90 n. 3 del Trattato CEE, va annullato, non attribuendo tate norma alla Commissione il patere di obbligare gli Stitii membri a imporre la niodiffca dei contratti che sono stati liberamente conclusi fra. gestori e. Utenti di servizi di. telecomunicazione. Vanno ltres aririllate; per difetto di motivazione, .le disposizioni .della diret tiva stessa che sono dirette a disciplinare i diritti speCitili, non consen~ tendo tali disposizioni di determinare n il tipo di diritti speciali cui si intende farriferimentO n ilcontrasto on te disposizioni del Trattato. La COmmission~ era, invece, legittimata ad esigere l'abolizione dei diritti esclusivi, per quanto riguarda la prestazione di alcuni servizidi telepomunicazione, in quanto risulta. che la concessione di tali <#ritti agli organismi di telecomunicazione porta qu,esti ultimi ad escludere i concorrenti, dal mercato dei servizi di telecomunicazione O; .per lo meno, a limitare il loro accesso a tale mercato (2). (omissis) 1. Con ricorsi depositati presso la cancelleria della Corte rispettivamente. n 7; n 14 e il 20 settmbre1990, il Regno di.Spagna, il Regn del Belgio e la Repubblica italiana hanno chiesta ai sensi dell'art. 173, primo comma, del Trattato CEE, l'annu11amento della direttiva della Commissione 28 giugno 1990, 90/388/CEE, relativa alla concorrenza nei mereati dei servizi di telcomunicaziorii (G. U. L. 182, pag. 10). La Repubblica francese intei'Venuta nel procedime!ito C-271/90 a sostegno delle. conclusioni d.e1 Regno di Spagna. 2. La direttiva 90/388 stata adottata sulla base dell'art. 90, n. 3, del Trattato. L'.art. 1 contiene una definizione di vari termini utilizzati nella direttiva, quali in particolare organismi di telecomunicazioni , diritti speciali o esclusivi, rete pubblica di telecomunicazioni, . servizi di telecomunicazioni , punto terminale di rete , esigenze fondamentali . Essa precisa inoltre che la direttiva non si applica al servizio telex, alla radiotelefonia mobile, al radioavviso e. alle comunicazioni . via satellite . .3. In forza all'art. 2 della direttiva gli Stati membri provvedono all'abolizione dei diritti esclusivi o speciali per lafornitura di servizi di telecomunicazioni diversi dai servizi di telefonia vocale e adottano le misure atte a garantire ad ogni operatore economico il diritto di fornire detti. servizi di telecomunicazione. 4. L'art. 4 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire la pubblicit, l'oggettivit e la parit delle condiZioni di accesso alle reti e di comunicare, in occasione di ogni aumento delle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 430 tariffe applicabili ai circuiti affittati, gli elementi che consentano alla Commissione di valutarne il fondamento. 5. L'art. 6 prevede, fra l'altro, l'abrogazione, da parte degli Stati membri, delle restrizioni esistenti relative al trattamento dei segnali prima della loro trasmissione nella rete pubblica o dopo la loro ricezione, nonch l'obbligo di comunicare alla Commissione le misure adottate a questo proposito. 6. L'art. 7 prevede che gli Stati membri, a decorrere dal 1 luglio 1991, attribuiscano alcune funzioni amministrative ad un ente indipendente dagli organismi di telecomunicazioni. 7. L'art. 8 riconosce agli utilizzatori, vincolati da un contratto di fornitura di servizi di telecomunicazione, che alla data della sua conclusione costituiva oggetto di diritti esclusivi o speciali, il diritto di risolvere il trattato con un certo preavviso. 8. Infine, secondo l'art. 9, gli Stati membri comunicano alla Commissione le informazioni necessarie al fine di consentirle di redigere, alla fine di ogni anno, per un periodo di 3 anni, una relazione generale sull'applicazione della direttiva. 9. Per una pi ampia illustrazione degli antefatti, delle disposizioni della direttiva in esame, dello svolgimento del procedimento nonch dei mezzi e degli argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 10. A sostegno del loro ricorso, gli Stati membri deducono diversi mezzi relativi in sostanza all'incompetenza della Commissione, al difetto di motivazione e alla violazione del principio di proporzionalit. Su1lacompetenza della Commissione. 11. Nelle sue memorie scritte, il governo belga ha sostenuto, in primo luogo, che le disposizioni dell'art. 90, n. 3, del Trattato non conferiscono alla Commissione un potere normativo, ma si limitano ad attribuirle .ln compito di vigilanza sulle norme comunitarie gi esistenti. A suo avviso, la Commissione non poteva emanare nuove norme sulla base dell'art. 90, n. 3, del Trattato, come essa ha fatto negli artt. 1, 2, 4 e 6 della direttiva di cui trattasi. 12. Tale argomento deve essere respinto. Come la Corte ha statuito nella sentenza 19 marzo 1991, FRANCIA/COMMISSIONE (causa C-202/88, Racc. PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE pag. 1-1223; punto 14 della motivazione), l'art. 90, n. 3, del Trattato, consentendo alla Comn:iiSsione l'adozione di direttive, conferisce alla stessa il. potere di emanare norme generali specificanti gli .obblighi che di scendono dal Trattato, norme vincolanti per gli $ta:ti membri per quanto attiene alle impresdicui.aiprecedenti due capoversi.del dettoartieok>. Il.potere.della.. Commissfone . n0l1 si limita quindi alla mera vigilanza fu ordine all'applicazione delle norme comunitarie gi e~istenti; 13. Il governo. belga ha sostenuto, in secondo.. luogo, che prescri vendo l'abolizione dei diritti speciali ed. esclusivi la Commissione ha usurpato. le competenze attribuite al Consiglio dagli artt. 100 A e .. 87 del Trattato. J 14. A. questo riguardo, basta ricordare che l'oggetto della competenza attribuito alla Commissione dall'art. 90, n. 3, diverso e pi specifico di quello delle competenze attribuite al Consiglio da un lato, dalrart..100 A., e, dall'altro, dall'art. 87, e che l'eventualit di una normativa emanata dal Consiglio facendo uso deL potere generale che esso .detiene iri base ad altri .artieoli del Trattato; e contenente ctispSiZioni attinenti al .settore specifico dell'art. 90, non osta all'esercizio della competenza che quest'ultimo articolo conferisce alla Commissione (sentenza 19 marzo 1991, FRANCIA/COMMISSIONE, gi .citata, punti 25 e 26 della motivazione). 15. In udienza il governo belga ha inoltre addotto i seguenti argomenti. 16. Esso ha s.ostenuto, in primo luogo, che se nella direttiva 16 maggio 1988, 88/301/CEE, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni (G. U. L. 131, pag. 73), la cosiddetta direttiva ~ Terminali , la Commissione era stata in grado di definire vali,damente gli obblighi derivanti dall'art. 30 del Trattato, poich tale articolo era stato sufficiente:ro.ente precisato dalle norme del diritto derivato,< nella direttiva controversa essa non aveva potuto definire validamente gli obblighi derivanti dall'art. 59 del Trattato, la cui applicazione solleva complessi problemi nel settore delle telecomunicazioni, in assenza di una direttiva del Consiglio che avesse preventivamente precisato la portata di tale .articolo. 17. In secondo luogo, esso ha sostenuto che, nei .limiti in cui si possono configurare vari modi, per gli Stati membri, . di adempiere gli obblighi che incombono agli stessi in forza dell'art; 86 del Trattato CEE nel' settore dei servizi di telecomunicazione, la Commissione non aveva il diritto di imporre loro un mezzo particolare per pervenire ad un risultato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 432 18~ Va ricordato che, nella sentenza 19 marzo 1991, FRANCIA/COM~ MSSIONE (causa. C202/88, gi citata; punto 21 della motivazione), la Corte ha statuito che il potere di vigilanza affidato alla Commissione comprende la possibilit, basata sull'art. 90, n. 3, di precisare gli obblighi derivanti dal Trattato e.. che, conseguentemente, l'ampiezza di tale potere dipende dalla portata delle norme delle quali si tratta di assicurare l'osservanza, 19. In forza dell'art. 59, del Trattato, le restrizioni alla libera prestazione di servizi all'interno della Comunit dovevano essere soppresse al termine del periodo transitorio nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunit diverso da quello del destinatario della prestazione. Tale norma implica in particolare l'obbligo. di eliminare ogni discriminazione nei confronti di un prestatore stabilito in uno Stat membrO diverso da qello in cui la prestazione fornita. 20. Secondo una costante giurisprudenza (v. in particolare la sentenza 17 dicembre 1981, WEBB, causa 279/80, Racc. pag. 3305, punto 13 della motivazione) .l'art. 59 prescrive un'obbligazione di risultato precisa, la cui esecuzione. dev'essere agevolata, ma non condizionata, dall'attuazione di un programma di misure graduali. Pertanto, l'art. 59 del Trattato, scaduto il periodo transitorio, non pi sottoposto ad alcuna condizione (sentenza 3 dicembre 1974, BINSBERGEN, causa 33/74, Racc. pag. 1299, punto 24 della motivazione). 21. Poich l'art. 59 quindi, come l'art. 30, una norma direttamente applicabile, la Commissione, allo scopo di favorire foffettivo esercizio del diritto alla libera prestazione dei servizi, poteva precisare gli obblighi derivanti da tale articolo senza bisogno di un preventivo intervento legislativo del Consiglio. Stando cos le cose, una limitazione del potere della Commissione come quella considerata dal governo belga porterebbe a rendere praticamente inefficace l'art. 90, n. 3. Il primo argomento del governo belga va di conseguenza respinto. 22. Per quanto riguarda l'art. 86 del Trattato, basta constatare che, contrariamente a quanto sostiene il governo belga, la direttiva 90/388, che questo governo nel corso dell'udienza ha preso ad esempio degli obblighi imposti agli Stati membri, si limita a prescrivere, in conformit con quanto richiede il regime di concorrenza non falsata, di cui all'art. 3, lett, f), del Trattato (v;, in particolare, la sentenza FRANCIA/COMMISSIONE, gi citata, punti 51 e 52 della motivazione), che il titolare dei poteri di autorizzazione, di controllo e di vigilanza dei servizi di telecomuniazioni deve essere indipendente dagli organismi di telecomunicazioni. Tale PARTE I, SBZ. II, GlUlUS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 433 norma sancisce una regola ..giuridica e lascia .alle utorit nazionali un'ampia scelta di mezzi per attuarla. L'argomento secondo cui la Commissione, dettando una disciplina troppo rigida per l'eliminazione delle infrazioni all'art. 86, ha abusato dei poteri che essa detiene in bas all'art. 90, n. 3, va quindi del pari respinto. 23. I governi spagnolo .e.italiano da parte loro rilevano che l'art. 90, n. 3, del Trattato non attribuisce alla Commissione il potere di obbligare gli Stati membri a imporre la modifica dei contratti che sono stati liberamente conclusi tra gestori e utenti di servizi di telecomunicazioni, come prevede l'art. 8 della direttiva. 24. Nella sentenza FRANCIA/COMMISSIONE (gi citata, punto 55 della motivazione), la Corte ha ribadito che l'art. 90 del Trattato attribuiva alla Commissione un potere soltanto nei confronti delle misure statali e che i comportamenti anticoncorrenziali posti in essere di propria iniziativa dalle imprese non potevano essere censurati se non con decisioni individuali adottate a norma degli artt. 85 e 86 del Trattato. 25. Alla stessa stregua della citata direttiva Terminali , dalla direttiva a cui si riferiscno i presenti ricorsi non risulta in alcun modo che i detentori dei diritti speciali o esclusivi siano stati ostretti o indotti, attrav~rso normative pubbliche, a coh.ludere contratti di. Iim~a durata. 26. L'art. 90 non pu quindi essere visto come una base deguata per sopprimere gli ostacoli alla concorrenza che risultino da contratti di lunga durata, considerati dalla direttiva. 27. Ne consegue che l'art. 8 della direttiva dev'essere annullato. Sul difetto di motivazione. 28. Il governo spagnolo sostiene che la direttiva controversa, per quanto riguarda i diritti speciali, insufficientemente motivata. 29. Nella citata sentenza 19 marzo 1991, F'RANcIA/COMMIS.SIONE (punto 45 della motivazione), li;i Corte, a proposito della ri:ordata direttiva Terminali, ha statuito che va ritenuta insufficientemente motivata una direttiva che,.. pilr essendo diretta 0alla .sppressione. di diritti speciali iri un settore determfuato; non precisi nella parte-dispositiva o nell motivazione n quale tipo di .diritti specialLsia concretamente. considerato n per quale motivo l'esistenza di tali diritti sia in contrasto cn le varie disposizioni del Trattato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 30; Orbene; la direttiva controversa non contiene precisazioni del genere; 31.. In particolare, la. definizione che figura nell'art. l, secondo la quale per diritti speciali ed esc~usivi si intendono i diritti concessi da uno Stato membro o da un'autorit pubblica ad uno o pi organismi ptibblii e> ~privati mediante ogni strumento -legislativo, regolamentare o amministrativo che riservi-lorola fornitura di un servizio o fa gestfone di una detrminata attivit non consente di determinare il tipo di diritti speciali a cui si riferisce la direttiva contro'Versa n per quale motivo l'esistenza di tali diritti sia in contrasto con le varie disposizioni del Trattato. 32. Di conseguenia vanno annullate le disposizioni della direttiva controversa che sono dirette . disciplinare i diritti speciali. Sulla giustificazione del divieto generale dei diritti esclusivi . . 33. Il governo italian,o ritiene che, nei limiti in cuila concessione di diritti speciali o esclusM non , come tale, in contrasto con il Trattato, la Comn:iissione non avrebbe .Q.ovuto formulare l'obbligo generale di abolire tali diritti,. nel settore considerato, senza avre preventivamente proce duto ad un'indagine circostanziata sui vari comportamenti adottati nell'esercizio di tali diritti. A parere di questo governo, un divieto generale poteva . essere giustificato solo se da un'indagine fosse risultato che la conc~ssione di diritti speciali . o esclusivi escludeva qualsiasi possibilit di concorrenza nel settore di cui trattasi. Esso ritiene tuttavia che un'indagine avrebbe evidenziato solo circoscritte limitazioni all'accesso al mercato, dovute, ad esempio, ad oneri finanziari eccessivi. Di conseguenza spettava alla Commissione adottare provvedimenti miranti esclusivamente a eliminare i casi concreti di abuso, in confon.it~ con, il principio di proporzionalit. 34. Si deve rilevare, in via . preliminare, che detto mezzo viene esa.minato solo nei limiti in cui riguarda i diritti esclusivi, dovendo la direttiva ssere annullata nella parte in cui rivolta a disciplinare i diritti speciali (v. pUnto 32 della motivazione della presente sentenza). 35. Dalla costante giurisprudenza della Corte discende che il mero fatto di creare una posizione dominante con la concessione di diritti esclusivi, ai sensi dell'art. 90,. n. 1, del Trattato, non , come tale, incompatibile con l'art. 86 (v., in particolare, la sentenza 10 dicembre 1991, MERCI, causa C-179/90, Racc. pag. 1-5889, punto 16 della motivazione). PARTE I, SEZ. II, GIURIS.COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 36. Tuttavia la Corte ha anche dichiarato che l'estensione del monopolio dell'installazione e dell'esercizio della rete telefonica al mercato degli apparecchi telefonici, senza giustificazione oggettiva, era vietata come tale dall'art. 86 o dal combinato disposto dell'art. 90, n. 1, con l'art. 86, qualora tale estensione derivi da un provvedimento pubblico, che porti cos ad eliminare la concorrenza (sentenza 13 dicembre 1991, RTT/GB-INNO BM, causa C-18/88, Racc. pag. I-5941, punto 24 della motivazione). La stessa conclusiQne. s'impone q.alora il monopolio dell'installazione e dell'esercizio si estenda al mercato dei servizi di telecomunicazioni. 37. A questo proposito, dal sedicesimo considerando della direttiva controversa, di cui il governo italiano non ha in alcun modo contestato la formulazione, risulta che fa concessione di diritti esclusivi agli organismi di telecomunicazioni porta questi ultimi ad escludere i concorrenti dal mercato dei servizi di telecomunicazioni o, per lo meno a limitare il loro accesso a tale mercato. Orbene, secondo questo stesso considerando, tutti i servizi di cui trattasi possono, in via di principio, essere offerti da prestatori stabiliti in altri Stati membri. 38. La Commissione era quindi legittimata a esigere l'abolizione dei diritti esclusivi, per quanto riguarda la prestazione di alcuni servizi di telecomunicazione. Il mezzo dedotto a tale propsito va pertanto respinto. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 1a sez., 3 dicembre 1992, nelle cause riunite C-140, 141, 278 e 279/91 ~ Pres. Rodriguez Iglesias -Avv. Gen. Lenz -Domande di pronuncia pregiudiziale pro poste dal Pretore di Bologna nelle cause Suffritti ed altri c. INPS - Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara) e tedesco (ag. Roder e Karl) e Commissione delle C.E. (ag. Gouloussis, Berardis e Banks e avv. Dal Ferro). Comunit Europee -Ravvicinamento delle legislazioni -Tutela dei lavo ratori subordinati in caso di !insolvenza del datore di lavoro -Di ritti scaturenti dalia direttiva 80/987/CEE -Decorrenza. (Direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/CEE; legge 29 maggio 1982, n. 297). I lavoratori dipendenti non possono far valere le disposizioni della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, dinanzi ai giudici nazionali per ottenere il pagamento, da parte del fondo di garanzia istituito ai sensi della legge italiana n. 297/82, dell'indennit 436 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di fine rapporto prevista da:: tale legge senza tener. conto della condizione temporale prescritta da quest'ultima, vale a dire che le prestazioni pre I ~ viste dal fondo sono accordate solo se la cessazione del rapporto di lavoro e la procedura fallimentare od esecutiva hanno avuto luogo dopo l'entrata in vigore della legge (1). (Omissis) l. Con ordinanze 25 gennaio 1991 (cause C-140/91 e C-141/91), 23 lugli6 1991 (causa C-278/91) e 25 luglio 1991 (causa C-279/91), pervenute alla Corte rispettivamente il 27 maggio ed il 31 ottobre 1991; la Pretura circondariale di Bologna ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, alcune domande di pronuncia pregiudiziale sull'interpretazione d.ella direttiva del Consglio20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro (G. U. L. 283, pag. 23). 2; Tali questioni sono .state . sollevate nell'ambito di controversie in essete. tra i .sigg..Suffritti, Fiori, Giacometti, Dal Pane e Balletti, da un lato, e l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (in prosieguo: l' INPS) dall'altro, in quanto quest'ultimo non aveva accordato loro il trattamento di fine rapporto. 3. La direttiva 80/987 rivolta a garantire ai lavoratori subordinati un livello minimo comunitario di tutela in caso di insolvenza 4el dato:r:e di lavoro, fatte salve le disposizioni pi favorevoli esistenti negli Stati membri. A questo fine, essa prevede, in particolare, garanzie specifiche per il pagamento delle loro spettanze retributive non corrisposte. 4. In base all'art. 11, gli Stati membri erano tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative neces( 1) Soluzione .ovvia. La Corte, con sentenza 2 febbraio 1989, nella cau!>a 22/87, Commissione c. Italia (in questa Rassegna, 1989, I, 84, con nota di O. FIUMARA; Sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro), aveva constatato la mancata attuazione da parte dell'Italia della direttiva -80/987/CEE, che avrebbe dovuto essere trasposta nell'ordinamento giuridico nazionale entro il 23 ottobre 1983. Inquell'occasone la Corte aveva ritenuto irrilevante l'esistenza, nello stesso ordinamento italiano, di un complesso di disposizioni atte a garantire una tutela equivalente, e in certi casi addirittura superiore, a quella perseguita dalla direttiva: fra esse la garanzia del pagamento del trattamento di fine rapporto di cui alla legge 29 maggio 1982, n. 297. Successivamente, con la sentenza 19 novembre 1991; nelle cause riunite C-6 Ii e :9/90, FRANCOVICH (in qu,esta Rassegna, 1991, I, 448), la Corte ha -statuito che e_ lis:gosfaioni deila direttiva ~udletta, che Q.efb;tlscono i diritti dei' l~vi;>;ratri,, devono essere interpretate nel sern;; che gli interessati non possono far valere tali diritti nei corfl:-orti . dello Si:ato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza I di -provvedimenti di attuazione adottati entro i termini (non contenendo la I I I I I PARTE I, SEZ. "II,.GIURIS. COMUNITARIA E'INTBRNAZIONALE 437 sarie per ,conformarsi alla direttiva entro un termine che scaduto il 23 ottobre 1983. Poich la. Repubblica italiana non ha rispettato tale obbligo, la Corte ha accertato il suo inadempimento con la sentenza 2 feb braio 1989, COMMISSIONE/ITALIA (causa 22/87, Racc. pag. 143). 5. Il sig. Suffritti ed iLsig. Fiorisono stati dlpendenti della societ Tecnoq.arzi, a partire rispettivam~nte dal 24 maggio 1971 e ~al 27 settembre 1971. Entrambi si sono dimessi per il mancato pagamento delle loro retribmioni, il primo 1'11 settembre 1981 ed il secndo il 30 aprile 1981. Il 6 novembre 1982 fa societ Tecnoquarzi stata dichiarata fallita dal Tribunale di Bologna e le dinande dei signori Suffritti e Fiori miranti ad ottenere l'indennit d fine rapporto sono sfate inserite nel passiv della societ. Il sig. Gfacometti> ed i sigg. Dal Pane e Balletti sono stati dipendenti della societ. Giuseppe Minganti SPA, i primi due fino al 24 maggio 1982 ed il terzo fino all'll settembre 1981, date in cui si sono volontariamente dimessi a seguito del mancato .'pagamento della loro retribuzione. Il 17 maggio 1983, il Tribunale di Bologna ha dichiarato il fallri:iento della societ e le domande dei ricorrenti sono state inserite nel passivo di quest'ultima. Non ne seguito alcun pagamento. 6. Le parti di cui trattasi nelle quattro cause hanno presentato domande al fondo di garanzia istituito presso rTNPS ai sensi della legge italiana n. 297/82 (GURI n. 147 del 31 giugno 1982), al fine di ottenere il pagamento delI'inde:lnit di fine raj)pcfrto; Tali'domande sono state respinte stilla base dell'art. 2 dlla prdetta lgge, il quale prescrive che la cessazione del rapporto di lavoro dev'essere avvenuta dopo l'entrata in vigore di tale legge, il che non si era verificato nelle fattispecie oggetto delle cause principalL direttiva disposizioni sufficientemente precise e incondizionate), ma ha aggunto che uno Stato membro tenuto arisarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della suddetta direttiva'. Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, che ha finalmente attuato la direttiva in questione; ha anche lettato disposizioni per la detei:minazione dell'indennit spettante ai lavoratori che avrebbero dovuto beneficiare delle "disposizioni della direttiva. prima della sua _attuazione. B ovvio, per, che una pretesa pu essere fatta valere dai lavoratori solo se relativa ad una posiZione maturata dopo la scaden'la del termii,ie per il recepimento in Italia della direttiva (e la data appurito quella del 23 ottobre 1983), non essendo configurabile prima alcun diritto dei lavoratori. A meno che non vi sia urta disposizione pi favorevole ad essi, per i diritti mat\,lrati in base a ta:(e disposizione. E una siffatta cb.sposizione pi favore vole quella relativa alla garanzia del pagamento del trattamento dLfine r.ap porto (non prevista specificamente dalla direttiva) di cui alla legge 297/82: nol1 avendo, per, la legge eHicacia retroattiva, le prestazioni. da essa previste possono ssere accordate solo se la cessazione dei rapporto :e la procedura concorsuale od esecutiva hanno avuto luogo dopo l'entrata in vigore: della legge. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 438 7. I ricorrenti hanno quindi adito il Pretore di Bologna richiamandosi alle disposizioni della direttiva 80/987 ed alla gi citata sentenza Commissione/Italia. 8. Alla luce di quanto sopra, il giudice nazionale ha sottoposto alla Corte, in termini pressoch identici, le seguenti questioni pregiudiziali: 1) se la direttiva in questione sia immediatamente applicabile; 2) in caso di risposta affermativa, se la validit dell'atto sia fatta decorrere dall'ottobre 1980 o dalla data di pubblica:cione sulla GUCE o da quella di notifica allo Stato italiano; 3) se pertanto in capo ai lavoratori dipendenti che abbiano risolto il rapporto di lavoro o a quelli dipendenti di un'impresa dichiarata fallita, dopo la data precedentemente indicata, sia sorto il diritto di percepire dal Fondo di garanzia quanto per legge spettante come indennit di fine rapporto . 9. Per una pi ampia illustrazione degli antefatti delle cause principali, dello svolgimento del procedimento, nonch delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 10. Le questioni sottoposte mirano ad accertare se i lavoratori dipendenti possano far valere dinanzi ad un giudice nazionale le disposizioni della direttiva 80/987 per ottenere il pagamento, da parte del fondo di garanzia istituito ai sensi della legge italiana n. 297/82, dell'indennit di fine rapporto prevista da tale legge senza tener conto della condizione temporale prescritta da quest'ultima, vale a dire che le prestazioni previste dal fondo vengono accordate unicamente se la cessazione del rapporto di lavoro e la procedura fallimentare od esecutiva hanno avuto luogo dopo l'entrata in vigore della legge. 11. Si deve constatare che il termine per la trasposizione della direttiva 80/987 scadeva solo il 23 ottobre 1983 e che tanto le dichiarazioni di insolvenza quanto la cessazione dei rapporti di lavoro di cui trattasi nelle cause principali si sono verificate in date anteriori alla scadenza del suddetto termine. 12. Di conseguenza, i lavoratori non possono far valere le disposizioni della direttiva per evitare l'applicazione di talune disposizioni della legge nazionale. 13. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, solo nel caso in cui uno Stato membro non abbia correttamente attuato una direttiva PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE alla scadenza del termine fissato per la sua trasposizione i singoli possono, ad alcune condizioni, far valere dinanzi ai giudici nazionali diritti da essi derivati direttamente dalle disposizioni della direttiva stessa. 14. La questione sollevata dal giudice nazionale va quindi risolta nel senso che i lavoratori dipendenti non possono far valere le disposizioni della direttiva 80/987 dinanzi ai giudici nazionali per ottenere il pagamento, da parte del fondo di garanzia istituito ai sensi della legge italiana n. 297/82, dell'indennit di fine rapporto prevista da tale legge senza tener conto della condizione temporale prescritta da quest'ultima, vale a dire .che le prestazioni previste dal fondo sono accordate solo se la cessazione del rapporto di lavoro e la procedura fallimentare od esecutiva hanno avuto luogo dopo l'entrata in vigore della legge. (omissis) Sl!ZIONB' TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 febbraio 1992, n. 1124 Pres. Bologna Rel. Borruso. P. M. Iannelli (concl. conf.); Ministero della Difesa (avv. Stato D'Amato) c. S.p.A. Fincantieri (avv. Carusi). Arbitrato . Lodo (sentenza arbitrale) Impugnazione per nullit Esame del merito Esclusione Giudizio rescindente e rescissorio Fatti specie in tema di interpretazione di un contratto. L'impugnazione del lodo arbitrale per nullit non d luogo ad un giudizio di appello che abiliti il giudice dell'impugnazione a riesaminare direttamente nel merito la decisione arbitrale, bens ad un giudizio ri volto ad accertare dapprima se sussista o meno taluna delle nullit previste dall'art. 829 cod. proc. civ.; quindi esaurisce i suoi effetti nei limiti del c.d. judicium rescindens e solo se quest'ultimo si conclude con l'accertamento di una delle suddette nullit possibile il riesame. del merito (nella specie si afferma che il giudice dell'impugnazione pu censurare la sentenza arbitrale per violazione delle norme sull'interpre-. tazione dei contratti ma non pu procedere direttamente all'interpretazione del contratto che ha formato oggetto del lodo senza aver rilevato alcuna nullit di quest'ultimo). (1) (Omissis) Col primo motivo di ricorso la P.A. denunzia la violazione dell'art. 829 c.p.c. in relaz. all'art. 360 nn. 3 e 5 st. cod. nella parte in cui la Corte d'Appello ha disatteso le censure di legittimit formulate dalla P.A. avverso il lodo arbitrale relativamente alla decisione della questione se, ai fini della rilevazione delle variazioni del costo della mano d'opera relativo alla componente nave , intervenute nel periodo (1) L'impugnazione per nullit del lodo nasce dalla soluzione di compromesso adottata dal legislatore del 1942 e non assimilabile n all'appello n alla tlomanda di nullit rispettivamente previsti dagli artt. 28 e 33 del codice di procedura civile del 1865. L'orientamento prevalente infatti nel senso di considerarla come un'impugnazione sui generis che si articola in una prima fase rescindente -che pu anche esaurire il giudizio se il lodo non viene Iiannullato -avente ad oggetto la valutazione dei vizi del lodo tra quelli tassativamente elencati dall'art. 829 c.p.c., ed in una successiva ed eventuale fase ! !I rescissoria il cui oggetto coincide con il merito della controversia devoluta alla cognizione degli arbitri (cos CARNACINI, Arbitrato rituale, in Nss. D. I., I, 2, i I I I I I I l ' ' m:#::~~~r:====~:%::~~16'#&"'::~=~~~~:::~~::==~:~~:~::~.,1,llill PARTB I, .SEZ. III, GIURISpRUl)ENZA CIVILE, GIURlSPRUl)ENZA B APPALTI 441 c;li :e~ec'UZione i;lel ctiti'atto> dO\te$s teMrsi: Conto delle c~d;; .. quote. di adeg(lairiento >).della gratifica nataliza e dell'indennit .di..anzianit; ..del sin~qlp. ~9P9PfiM d~lla, ~y:.J,, g.u,q;li\ 4L ai;lf.'lgullWep.ta api;i.al:e .del fondo iA4f.'lM.it. !PZi~.,~~i.l P.reip;~~~L . > >>. rnv~o, il . crlittere pattfaio del valore attribaj,Jq (].ai, ontra,el'lti, .al ffi~i9...2r,rt9.. 9-~!!.'.2R7ffii~..... qt.. ~,!9~!96:6:J.... ,Yrf.'lPPf.'l ... 49yu,t()......P>s~ri1:1,~ere gli ~l~ii~ir~1~t1~lf{~~:#~~\~~~!~~~;~t~d4~b:tfa~~~~i~~c~~f~h~b foillo ill.od ffateoriiessa irida fa. trifait, er efi'efthd hiloi:riissic>rie d~~wi:1..ff~tii~~1.,.rfi~i~, afb1ti-~fi~ ~ iiit~btvai~, .~e>n. sa~et>he stato 8.) /in ordine ~tla gratifica natalizia e alla indennit di anzianit {quoti:k~.ale}; P!>icb leJl'ocldi .()nere .;:n . oggetto.erano state calcolate ~<~.8 aprile '75; sisatebbe dovt;lto assumere;;. aLiini. iitell~: revisione, . per . i:)~P.:k~9><:li tif~rj.W:~.llt<>1 li:l\ sca;d.e:i:tztJ l'.e .~.~essiyg, ~vtt~dQ:, c.Q$, AiL an.ttci:Jil.are nel tempo.. a.menti dei cC!$ti . verificate.$i solo.$U:essivamente; / o} in pt'dlne affondo fndettftit df ~ftziaftit: jlregfes'sa: pokh essa nh: era stata d:>i:isid:i:'ta nella definizfori/ del cost~base;..essa. non avrebb> 'ptutd essere c6nsiderafa rie]?pure nelle . successive... rilevaziOni dei costi: > .. . . e). il prol:>.~ di n1~rfr() trattat in $ed~ arbr'ale nol rigJB.rdava tanto fa Hcffi.Jii:'eiisifo1e 6ffi.eI1() di ta1f oD.rinel catcdl della revisione preizl. qtilfu.tclle ffi.&:ta}itdi Hivaiio:H di"tifC:uiede fa:Ir rievai:lta; ... chiecieyAAo, con ricorso 24 ottobre 1986, la fiss~zione di nuova, udienza collegiale, della sentenza della Corte costituzionale, non avendo la mnzi9ne specifi~a di fare consegl,l.re alle parti la conoscenza dell'avvenuta decisione, non idpnea a fare decorrere quel termine; b) che il giudice della rimessione alla Corte costituzionale non pu lui pre~dere l'iniziativa di riprendere il processo sospeso, appunto perch la relativa decisione lasciata alle parti cui pu6 convenire di lasciare estinguere il procedimento, proprio perch la decisione della Corte costituzionale stata tale da togliere ogni motivo per proseguire la lite tra di loro; decorrenza del termine, della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della deci sione della Corte costituzionale. Con la sentenza in esame la Cassazione, affrontando il problema della riass: unzione del processo, applica alla fattispecie la disciplina dettata per. quel caso. di sospensione impropria. che si verifica quando in un giudizio viene sollevata una questione di legittimit costituzionale (artt. 23 e 29 legge 87/53). Le ragioni dell'applicazione analcigica del citato articolo 29 -ponendo per a carico del giudice l'onere dLconoscere e:comunicare alle parti quando viene pronunciata la decisione della Corte costituzionale -sono, da un lato, il prin cipio dispositivo, second,o il .quale la ripresa di un processo sospeso dipende dall'iniziativa di parte, dall'altro, l'impossibilit di assegnare alle parti gravoso onere di conoscere la cessazione della causa di sospensione in quanto ci significherebbe richiedere ad esse Urta diligenza processuale sicuramente esor bitante (al riguardo si veda Corte cpst. 12 marzo 1970. n. 34, in Foro it., 1970, I, 681 che ha dichiarato l'incostituzionalit. dell'art. 297, primo comma, c,p.c. nella parte iri cui dispone ia decorrenz del termirie utile per la ri1;;hiesta di fissa zione della nuova udienza dalla cessazione della causa di. sospensione, anzich dalla conoscenza che ne abbiano le parti del processo sospeso). ---, , ,, -, ,;rn - RASSEGNA.AVVOCATURA DllILO STATO e) che per il giudice della rimessione; essendo il destinatario della trasmissione ex art. 29 legge 87/1953, e dunque l'unico a ricevere informazione.. diretta e specifica detla cessazione della causa di sospensione, ha !!obbligo di dare comunicazione alle parti della avvenuta decisione, comunicazione dalla quale decorreJl termine perentorio di cui aWart. 297 cod. proc. civ. Ma diveri>i i>ono i termini del problema che si pone ora a questo collegio. Il giudice non ha l)eguito il procedimento previsto dall'art. 23 legge >87/53,non ba pronunciato ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte . costituzionale, limitandosi a sospendere il pro.cesso; motivando .. tale decisione di sospensione per la. circostanza eh.e la Corte costituzionale era gi stata ip.vestita, da altro .od altri giudici, di una questione di legittimit costituzionale la cui soluzione glJ sembrava necessaria per la definizione del giudizio pendente dinanzi a lui. Si tratta di una prassi che risulta assai diffusa. Si pu dubitare della sua legittirnit, ma il ricorrente non la contesta nel ricorso sicch ql.lesta Corte deve limitarsi a prendere atto della situazione quale si venuta a verificare e stabilire quali ne sono le conseguenze. Il fatto che: a) il processo stato sospeso senza fissazione di un termine di scadenza della sospensione; b) la Corte costituzionale non stata investita di una decisione che avesse rilevanza diretta ed immediata sul process9. sospeso, sicch non si verificata n avrebbe mai potuto verificarsi la trasmissione al giudice a quo della decisione della Corte ex art. 29 I. 87/53. Non si dunque verificato un caso di . sospensione c.d. impropria che ricorre .quando. l'arresto del processo solo apparente, nel senso che i:1 giudizio in realt prosegue in una sede speciale determinata dalla necessit di decidere una questione appartenente alla esclusiva competenza di un giudice diverso (categoria nella quale rientra la sospensione ex art. 23 I. 87/53). Il giudizio in questione rimasto proprio soltanto sospeso, non proseguito in nessuna altra sede, appunto perch mancata la rimessione del procedimnto alla Corte costituzionale. Nemmeno pu dirsi che il provvedimento sia stato preso ex art..295 cod. proc. civ., vale a dire che si sia trattato di una sospensione necessaria. La norma prevede che pregiudiziale alla decisione della causa (a parte la ipotesi ex art. 3 cod. proc. pen.). sia la risoluzione di un'altra con troversia civile od amministrativa; ora, la soluzione del dubbio se una Questa essendo la .situazione che viJ.le a ..crearsi a seguito di un provvedimento di questo genere:.:ed essendo postulato. che non sii;i, s;tato subito posto un termine ..alla. sospensfone (com' logico ... dato . che:> non sii sa quando la decisione della Corte costituzionale inte;rverr), .pare a. questo Collegio che la soluzione relativa:mente. alla decorrenz~ del termine perentorio per la richiesta della fissazione di una, n.ov~ uclien 450 RASSEGNA AVVOCATRA DELLO STATO za non possa discostarsi sostanzialmente da quella gi accolta dalla Corte per i casi di sospensione ex art. 23 I. 87/53. Alle parti non pu certo attribuirsi l'onere di cbnoscere la cessazione di una causa di sospensione nell'ipotesi in cui non v', non ipotizzabile, una pronuncia della Corte costituzionale che riguardi direttamente il procedimento al quale sono partecipi. La pubblicazione della sentenza che pronunci relativamente al dubbio di costituzionalit di una o pi norme non idbnea a far decorrere il termine nemmeno se quella sentenza stata pronunciata a seguito di rimessione da parte del giudice della causa in questione; a maggior ragione non idonea quandb pronunciata in altra causa alla quale il giudice della sospensione Iiofi ha fatto diretto e preciso riferimento nella sua ordinanza di sospensione. dunque compito del giudice rimuovere la situazione di stallo che egli ha creato con la sua ordinanza di sospensione. 1!. da escludere che il giudice della sospensibne abbia il potere-dovere di fissare di sua iniziativa una nubva udienza; come si prima detto, la ripresa di un processo sospeso dipende, deve dipendere, dalla volont di almeno una delle parti; le quali devono potere valutare se loro convenga pr:oseguire il processo a:lla luce della intervenuta decisione della Corte costituzionale. invece dovere del giudice della sospensione, di quella sospensione I meramente di opportunit_ che egli solo ha deciso per una sua discrezionale valutazione, di controllare lui il succedersi degli eventi, di co I noscere lui quando viene pronunciata la. decisione da lui attesa; sulla base di tale conoscenza provvedendo poi, con biglietto. di cancelleria, I a comunicare alle parti la cessazione della causa di sospensione, per essersi appunt() la Corte costituzionale pronunciata sulla questione che I egli aveva informalmente ritenuto rilevante per la decisione del pro~ cesso sospeso. Dal momento di quella necessaria e dovuta comunicazione decorre il termine perentorio di sei mesi perch le parti scelgano se lasciare estin I guere il processo o chiedere la fissazione della nuova udienza alla quale esse, come il giudice, potranno prendere le loro iniziative anche in funzione della rilevanza della questione decisa dalla Corte e della stessa opportunit di rimettere ancora la questione alla Corte stessa. Applicando questo principio al caso di specie, essendo certo che nessuna iniziativa di quel genere era stata. presa dal giudice della sospensione, correttamente la Corte di merito ha statuito non. essere mai iniziato a decorrere il . termine e quindi essere tempestiva la riassunzione. Il ricorso va dunque rigettato. Pare opportuna la compensazione totale delle spese. PARTE I, SEZ. III, Glmp'.SPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 451 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1992, n. 4572 Pres. Corda -Rel. Morelli -P. M. Grossi (concl. conf.) -S;p.A. Sirti (avv. Salberini) c. Ministero di Grazia e Giustizia (vice Avv. Gen. Stato Bruno). Pubblica amministrazione Contratte>. ad oggetto pubblico e modulo convenzionale nel procedimento a111111inistrativo .. Caratteri e dif. ferenze. NeWambito. dell'amminiStrazione parteipata o per onsenso il contratto di diritto pubblico ricorre quando la P.A. disciplina gli aspetti patrimoniali' di un rapport ad oggetto pubblico dove ii momento discrezionale della funzione si gi esternato in un provvedimento rispe.tto ai quale il neg6zio si trova, di regoia, in un rapporto di accessoriet Od ausilia. riet; il modulo convenzionale nel procedimnto amministrativo si realizza invece ogni qualvolta funzionari e privati si siedono intorno ad un tavolo e discutono sul possibile contenuto del provvedimento da adpttare; pertanto, mentre ii contratto si ponecome fonte autonoma di disciplina del rapporto, o di un aspetto di esso, d autonomamente impugnabile, il modulo convenzionale non raggiunge la stessa autonomia giuridica, e quindi non autonomamnte impugnabile, perch l'unica fonte di regolamentazione def rapporto rimane il provvedimento amministrativo (fattispecie in tema di accordi con cui il privato, al fine di ottenere la concessione edilizia su suoli di sua propriet, si obbliga a determinati comportamenti' o compie determinate rinunzie nei confronti della P.k (1). (omissis) Cori i tre mezzi dell'im:pugI1azione (la cui . reciproca connessione di fondo ne autorizza l'esame congiunto), la SIRTI -muovendo dalla qualificazione dell'atto obbligatorio, a suo tempo da essa sottoscritto, come prestazione richiesta e dovuta di un rapporto negoziale sinallag (1) una delle prime pronunce della Cassazione sull'amministrazione per consenso dopo l'istituzionalizzazione degli accordi amministrativi da parte della legge 7 agosto 1990,. n.. 241. Nell'esaminare le differenze di fondo tra i c.d. con~ tratti ad oggetto pubblico e i moduli convenzionali che si possono realizzare nel procedimento amministrativo, la Corte sot.tolinea .come i secondi si realizzino attraverso uno schema specularmente inverso rispetto a. quello proprio dell'iter di formazione .del contratto. Infatti, quando la P.A. conclude un contratto, sia pure ad oggetto pubblico, si colloca sullo stesso piano dell'altro contraente dove le. volont si fondono rtel sinallagma contrattuale e dove non v' spazio per il provvedimento con cui la P.A. ha manifestato l'intento di contrattare, provvedimento che resta a monte del contratto quale atto autonomamente impugnabile (dinanzi al giudice amministrativo) anche per vizi del procedimento. Viceversa nel caso delle intese o convenzioni nel procedimento amm1mstrativo la trattativa con jl privia~o trova }1 suo epilogo nel provvedimento RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 452 matico; la cui controprestazione era costituita dall'autorizzazione a costruire -reitera e, in parte, riformula le. eccezioni di nullit della fattispecie negoziale cosi configurata, sotto il profilo: -== a) del difetto di legittimazione ad negotium del Comune di Roma per non essere in ordine a tale vicenda intervenuta alcuna deliberazione del Consiglio comunale ; b) della illecit della causa per la evidente commercializzazione di un atto che, pur nell'ambito .dei po.teri discrezionali della P.A. deve soddisfare esclusiv1;imente esigenze di. confo:rmit al generale interesse, certamnte non rintracciabili nella sua mercantilizzazion.e . contra legem . Ribadisce poi. ancora l censura di sopravvenuta inefficacia del predetto negozio, per il mutato quadro .della normativa urbanistica che avrebbe reso inattuali le prescrizioni in vista. delle quali gli obblighi della ricorrente eran stati assunti. E reintrociuce, infine, l'eccezione di violazione dell'art. 2645 cod. civ., sul dlievp che la rinunziain argomento, in quanto di contenuto meramente obbligatorio e non assimHabi~e ai rapporti reali tipici, non poteva,. per ci appunto, esse.re trascritta: Tutte le riferite censure, ove pur ammissibili, vanno comunque disattese. In premessa va rilevato l'equivoco di fondo (non compiutamente dissipato neppure .dalla motivazione dell'impugnata sentenza: che, a norma dell'art. 384 cod. proc. civ., dovr intendersi, quindi, corretta nei limiti e nei sens.i che risulteranno daHa successiva esposizione), .che infirma in radice ogni difesa della ricorrente. della p;a., atto unilaterale ed autoritativo, rispetto al quale l'accordo raggiunto con il privato assume rilevanza solo all'interno del procedimento come mera tecnica organizzatoria di individuazione e selezione degli interessi in gioco . Nella fattispecie la Corte ribadisce il principi, pi volte affermato in materia di convenzioni edilizie, secondo il quale gli accordi intercorsi con il privato pur essendo vincolanti nei confronti del Comune non interferiscono sulla potest pubblicistica di disciplina dell'assetto del territorio (Cass., Sez. Un., 16 gennaio 1987, il. 307, in Cons. di Stato, 1987, II, 1225; Cass., Sez. Un., 1 marzo 1990, n. 1589, in Riv. giur. ed., 1990, I, 489). La sentenza non si sofferma, per, ad analizzare le innovazioni introdotte con l'istituzionalizzazione degli accordi amministrativi da parte degli artt. 11 e ss. legge 7 agosto 1990, n. 241 dove si ravvisa la distinzione tra accordi endoprocedimentali (diretti a determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale) e accordi sostitutivi (stipulati in luogo del provvedimento) ntrambi disciplinati dai principi civilistici. in materia di contratti, se compatibili, e devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (sul punto si rinvia a G. SALA, Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm., 1992, 206). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI Equivoco consistente nel presupporre l'autonoma impugnabilit del negozio in questione e la conseguente valorizzabilit, a tal fine, di vizi del procedimento amministrativo di concessione della licenza edilizia (pretesa mancanza di delibera approvata dal Consiglio comunale) e del suo atto conclusivo (che si assume appunto viziato nella causa e per contrasto con norme di legge): in una prospettiva completamente ribaltata rispetto a quella imposta dalla corretta configurazione della fattispecie considerata. Nel quadro delle intese (si usa qui il termine intesa nella eccezione pi lata possibile) -che possano intercorrere tra la P.A. ed il privato, quando la prima comunque decida di avvalersi di strumenti paritetici di tipo negoziale, in una logica di amministrazione partecipata o per consenso (che poi quello che ha condotto alla istituzionalizzazione degli accordi amministrativi di cui agli artt. 11 ss. della 1. 241 del 7 agosto 1990, recante nuove norme sui procedimenti amministrativi) -una distinzione fondamentale va invero tenuta ferma (al di l della estrema eterogeneit e non agevole classificabilit delle varie fattispecie) tra ipotesi di contratti di diritto pubblico (altrimenti detti ad oggetto o ad evidenza pubblica) ed ipotesi di atti (o c.d. moduli) convenzionali nel procedimento amministrativo. Il punto di discrimine fra tali due categorie di atti, in sede teorica, individuato nel senso che vi contratto l dove vi obbligazione in senso tecnico, e si in presenza invece di moduli convenzionali atipici (alternativamente designati anche come fatti convenzioni accordi), quando ne derivino (unilateralmente o bilateralmente) meri obblighi comportamentali. Sul piano descrittivo, la differenza, fra le due tipologie di figure, si specifica nel senso che con il contratto la P.A. disciplina gli aspetti patrimoniali di un rapporto (ad oggetto pubblico) in relazione al quale il momento discrezionale della funzione si gi esternato in un provvedimento (rispetto al quale il negozio si trova, di regola, in un rapporto di accessoriet od ausiliariet); mentre il modulo convenzionale nel procedimento quello che (attraverso la forma alternativa di un accordo ufficioso, di un atto di sottomissione del privato, di un accordo preliminare ecc.) si realizza in pratica ogni qualvolta funzionari e privati si siedono -secondo la plastica immagine di un illustre Autore -intorno ad un tavolo e discutono sul possibile contenuto del provvedimento richiesto e sulle condizioni in presenza delle quali la P.A. disposta a concederlo. Si puntualizza -con riguardo a tale secondo gruppo di casi, e per superare le riserve e le obiezioni di fondo alla negoziabilit o pattegiabilit dell'esercizio del pubblico potere -che l'accordo rileva, all'interno del procedimento, come mera tecnica organizzatoria di individuazione 454 . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO . e selezione degli interessi in gioco, restando pur sempre il provvedimento, fin che il procedimento si conclude, lo strumento giuridico e il fondamento della correlativa composizione. Ci significa sul piano strutturale (per venire a considerazioni che pi direttamente rilevano per la soluzione delle questioni ora sub iudice) che in entrambe le ipotesi comparate vi una intersezione tra una sequenza procedimentale ed uno schema negoziale. Ma, mentre nel caso del contratto ad oggetto pubblico la fase procedimentale preordinata alla formulazione della volont (a contrarre) della P.A. (secondo la logica di esternazione dell'interesse pubblico che deve sorreggere tale opzione), venendo poi la volont del soggetto pubblico, cos formata ed evidenziata, a comporsi con quella contrapposta del privato nel sinallagma contrattuale; nell'ipotesi dei moduli convenzionali, si ha una situazione specularmente inversa,. dacch l'accordo non gi segue il provvedimento, ma ne precede invece la conclusione, inserendosi, in funzione. di questa, .come un segmento interno alla procedura. Con l'ulteriore conseguenza che mentre il contratto, una volta esau rito il procedimento di evidenza pubblica, si pone come fonte autonoma di disciplina del rapporto (o di un aspetto dLesso) essendo anche autonomamente impugnabile (per vicende inerenti alla sua esecuzione, ovvero anche per l'incidenza che su di esso possono esercitare eventuali vizi del pregresso procedimento), il modulo convenzionale, viceversa, non .raggiunge una equivalente autonomia giuddica, potendo alternativamente o essere disattes dalla PA. (che, anche dopo le intese raggiunte con il privato, resta pur sempre titolare del potere pubblicistico) ovvero, essere trasfuso in un elemento -eventualmente accidentale (condizione, onere) -del provvedimento che, come detto, in questo caso l'unico strumento di regolamentazione del rapporto. Ci posto, allora evidente come, nella specie -attraverso la surrettizia qualificazione come contratto (sinallagmatico) di quello che, viceversa un tipico modulo convenzionale (unilaterale) interno al procedimento -si tenti dalla ricorrente, con l'utilizzazione di tecniche impugnatorie proprie dei soli contratti ad evidenza pubblica, di modificare, in realt, il contenuto e gli effetti di un procedimento amministrativo, attraverso la rimozione di un atto (sia pur negoziale) ad esso preparatorio. Il che appunto pone il ricorso; nel suo complesso, in una prospettiva di aberratio ictus. Venendo, comunque, ad esaminare pi in dettaglio le singole censure, osserva il Collegio: a) Non esiste il presunto vizio di mancata accettazione dell'atto d'obbligo della societ da parte dell'organo comunale deliberante, per l'assorbente ragione che il modulo negoziale che inerisce ad .un prv PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 455 vedimento amministrativo, come presupposto del medesimo, non deve essere accettato ma piuttosto valutato ed approvato. E tale approvazione resta comunque di competenza dell'organo che deve adottare il provvedimento (nella specie, trattandosi di licenza edilizia, appunto il sindaco) manifestandosi implicitamente con l'adozione stessa dell'atto e la conformazione del suo contenuto in correlazione alle intese pregresse. b) Non delibabile in questa sede la denunzia di mercantilizzazione contra legem della licenza, risolventesi in un tipico vizio di eccesso di potere che avrebbe dovuto, nella sede propria, essere rivolto nei riguardi del provvedimento amministrativo. c) Analoghe considerazioni valgono per la censura di sopravvenuta inefficacia, sostanzialmente rivolta alle condizioni inscritte nel provvedimento: poich la correlativa rimozione avrebbe dovuto richiedersi alla P.A., con conseguente eventuale impugnazione del provvedimento negativo (espresso od implicito) pronunciato sulla istanza. d) Laddove, per quanto infine attiene al problema di trascrivibilit1della rinunzia in esame, va .comunque ribadito (al di l delle impli1 cazioni elusive dell'efficacia del provvedimento amministrativo, insite anche in tale censura) che -trattandosi, nella specie, di obbligazioni assunte dal proprietario del suolo anche in funzione della loro ambulatoriet in relazione agli eventuali mutamenti di titolarit del bene e qualificabili come propter rem -sussiste appunto quell'elemento di realt che giustifica l'inquadramento dell'atto in questione nella categoria dei negozi soggetti a trascrizione ai sensi degli artt. 2643, 2645 cod. civ. Il ricorso va pertanto integralmente respinto. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 2 luglio 1992, n. 8100 -Pres. Ruperto -Rel. Miliardi -P. M. Lo Cascio -Cancellara (avv. Fornario) c. Ente Ferrovie (avv. Stato Stipo). Lavoro -Cottimo misto -Non esclude l'obbligo dell'orario legale -Compenso maggiorato in base al risultato. Lavoro -Prestazione oltre l'orario legale -Retribuzione a tempo e a cottimo -Differenze. Lavoro -Compenso a cottimo -Compenso per straordinario -Differente regime. Il sistema del cottimo misto non esclude il principio dell'obbligatoriet dell'orario legale di lavoro, per cui la prestazione lavorativa resa oltre detto limite d diritto ad un compenso maggiorato non in base alla RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 456 proporzionalit fra il. tempo necessario ed il conseguimento della prestazione; bens in base al risultato della prestazione (1). L'istituto del cottimo non altro che un tipico e normale rapporto di lavoro che si differenzia da quello a tempo esclusivamente in relazione alle modalit di calcolo della retribuzione, per cui la. straordinariet della prestazione ed il diritto alla relativa maggiorazione retributiva sono configurabili soltanto se ed in quanto l'attivit lavorativa sia stata pr.estata, come nel contratto a tempo, fuori del normale orario di lavoro (2). Non esiste un principio di correlazione automatica fra compenso di cottimo e compenso per straordinario (3). Con il 1 motivo, denunciando insufficiente e comunque contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 cod. proc. civ., i ricorrenti rimproverano al Tribunale di non avere considerato: a) che i compensi di cottimo .si riferiscono al lavoro svolto, in pratica, al di fuori dell'orario ordinario e che proprio in relazione a questa circostanza si spiegava il chiarimento, contenuto nella circolare istitutiva del cottimo, che la produzione relativa alle posizioni contabili compensate a cottimo non (dava) titolo alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario; b) che il principio che il cottimo lo straordinario erano, nella specie, soltanto due diversi sistemi retributivi di prestazioni straordinarie trovava riscontro, fra l'altro, nella legge 9 gennaio 1978 n. 7 la quale nel regolare all'art. 4 il trattamento accessorio complessivo spettante ai dipendenti, esludeva dal computo il compenso per lavoro straordinario a tempo o a cottimo; c) che pertanto era contraddittorio interpretare il riferimento costantemente fatto dal direttore generale al compenso per lo straordinario come assunzione di un mero indice contabile nell'ambito di una discrezionalit attribuita dalla legge allo stesso direttore. Con il 2 motivo, lamentando la violazione e falsa applicazione dell'art. 17 1. n. 42/1979 e di tutte le leggi connesse e cio 1. n. 34/1970l d.P.R: n. 1188/1977, d.P.R. n. 1079/1970 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), assumono i ricorrenti che la rideterminazione dei compensi di cottimo era comunque prevista dal citato art. 17 e che il Tribunale non aveva tenuto conto n delle prodotte circolari nelle quali si faceva riferimento al trat( 1-2-3) Nel sistema del cottimo misto la retribuzione consta di una paga base, corrisposta a prescindere dal rendimento, alla quale. si aggiunge sempre, anche se in misura variabile, un compenso proporzionato all'intero rendimento del lavoratore (v. Pret. Napoli, 6 dicembre 1966, in Temi nap., 1967, I, 83). Nei sensi della prima massima v. Cass., 23 maggio 1967, n. 1128. La sentenza in rassegna puntualizza come il lavoro prestato oltre l'orario legale pu essere retribuito a tempo o a cottimo, per cui la disciplina legale o convenzionale prevista per l'un sistema non pu estendersi all'altro. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI tamento di cottimo in relazione alla liquidazione del lavoro straordinario nel periodo antecedente alla introduzione del nuovo sistema, n di tutte le norme che a partire dal febbraio 1979 avevano introdotto miglioramenti economici in favore dei ferrovieri, prevedendo aumenti per le prestazioni straordinarie e .quindi anche per lo straordinario e il cottimo. Il ricorso deve essere rigettato. . Trattando congiuntamente dei due motivi in ciascuno dei quali, al di l della loro titolazione, si alternano e si confondono questioni inerenti all'interpretazione tanto della volont manifestata dell'azienda con le ricordate circolari quanto delle norme legislative sui compensi dei ferrovieri, anzitutto infondata la prima proposizione difensiva secondo cui il giudice del merito non avrebbe considerato che il compenso di cottimo si riferiva in pratica al lavoro svolto al di fuori dell'orario ordinario e pertanto finiva per essere drettamente disciplinato dall'art. 17 della 1. n. 42/1979 e da quelle successive. ben vero che il sistema della retribuzione a cottimo (nella specie cottimo misto) non esclude il principio de1l'obbligatoriet dell'orario legale di lavoro per cui la prestazione lavorativa resa oltre detto limite d diritto ad un compenso maggiorato rispetto a quello dovuto per il lavoro ordinario. Senonch, di contro ad un accertamento del Tribunale che implicitamente la esclude, i ricorrenti non dicono in base a quelli specifici elementi la circostanza di fatto avrebbe dovuto ritenersi concretamente dimostrata. La deduzione si risolve in una mera e generica affermazione priva come , in particolare, di qualsiasi argomentazione o valutazione circa la . proporzionalit fra il tempo necessario al conseguimento della prestazione unitaria (nella specie: revisione o liquidazione di una singola competenza retributiva) ed il risultato produttivo complessivo costituito dal numero delle operazioni richieste al fine della corresponsione della tariffa di cottimo sulla base del compenso unitario prestabilito. Tanto ritenuto, maggior pregio non ha la doglianza circa l'interpretazione da parte del giudice dell'appello, dello stesso art. 17 1. n. 42/1979 l dove stabilisce che le misure degli stipendi risultanti dall'applicazione della stessa legge hanno effetto; fra l'altro, sui compensi per prestazioni straordinarie . Si dice, in definitiva, coordinando le proposizioni contenute in entrambi i motivi, che il legislatore considererebbe anche il cottimo come prestazione straordinaria, regolandone il trattamento economico unitamente a quello del lavoro straordinario, e che il giudice l'avrebbe escluso senza tenere conto della lettera della norma e comunque della possibilit di una sua interpretazione estensiva tanto pi che la stessa legge 9 gennaio 1978 n. 7 all'art. 4, disciplinando il trattamento. accessorio, mostrava di includere il cottimo misto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fra le prestazioni straordinarie l dove parlava. di compenso per 1avoro straordinario a tempo o a cottimo . Alla conclusione, pi sopra ricordata, che nessuna disposizione legislativa equiparava,. ai fini del trattamento economico e delle relative variazioni nel tenipo, il lavoro a cotti.mo al lavoro straordinario, il Tribunale di Torino pervenuto osservando: .a) che il citato art. 17 non consentivi:\,. di per s, di includere fra le .prestazioni straordinarie il cottimo misto; b) che ai fini di . tale qualificazione non valeva richiamarsi alfa 1. 34/1970 (revisione delle. competenze accessorie del perscr nale dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato) poich gli articoli 32 e 36 disciplinavano rispettivam~nte il lavoro straordinario (quello protratto oltre. }a durata giornaliera del lavoro ordinario) e quello notturno mentre l'art. 35, prevedendo la possibilit di adozione del lavpro a cottimq a determinate condizioni, per ci stesso escludeva la assunta identificazione fra gli istituti del lavoro straordinario e del cottimo m,isto; e) che la possibilit di un'interpretai;ione estensiva era esclusa (}alla circostanza .che i detti istituti erano disciplinati separatamente aJ:).che dal successivo cl.P.R. n. 1188/1977 il qm1le dopo aver ribadito, all'art. 2, che straordinario .era il lavoro prestato oltre la durata giornaliera del lavoro ordinario, all'art. 5 riaffermava la possibilt del lavoro a cottimo previa autorizzazione del direttore generale. N per teva valere, smpre ai fini d un'equiparazione, la intestazione dello stesso d.P.R. ( nuova disciplina delle prestazioni straordinarie del personale... >>) poich, a parte ogni considerazione sulla sua< forza cogente, restava insuperable la circostanza che soltantO per il lavoro straordinario l'art. 4 prevedeva la misura del compenso orario mentre nell'art. 5 relativo al cottimo non v'era alcun richiamo a tale disciplina retributiva. Orbene se cos , la conclusione del giudice di merito che le prestazioni straordinarie, cui si riferisce l'art. 17 l. n. 42/1979, erano e sono cosa diversa dal lavoro a cottimo, tutt'altro che censurabile poich sorretta da un'interpretazione delle norme succedutesi nel tempo, a cominciare dalla L 34/1970, che da un lato rispetta il canone ermeneutico di cui all'art. 12; 1 comma, delle disposizioni sulla legge in generale (e non ; si pu negare che nelle norme citate lo aggettivo straordinario >~ sia sempre correlato al sostantivo lavoro s da far assumere alla intera locuzione il significato tecnico .di. prestazione resa .oltre l'orario normale), dall'altro conforme al consolidato principio (per tutte Cass. n. 6363/1983) per cui non pu6 farsi luogo ad interpretazioni estensive le volte che la lettera della legge sia chiara ed univoca; e nella specie parimenti certo che tanto con la 1. n. 34/1970 quanto con il d.P.R. n. 1188/1977 il legislatore ha sempre distinto fra lavoro straordinario e cottimo, provvedendo a regolare direttamente-.il primo (rispettivamente art. 32 e art. 29 e, come ha sottolineato il Tribunale investendo in cottimo misto. Principio che stato esattamente colto dal giudice del meritoe ched'altronde, .stil. piano dogmatico, coerente con .ncostante orintamrtto di questa Corte secondo la quale (per fotte: sent..n. 5340/ 1987} l'istituto delENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 465 La censura non fondata, perch il criterio d valutazione proposto dal ricorrente si adatta, in principio, ai c.d. debiti di cosa, alle ipotesi, cio, in cui il danneggiato avr.ebbe diritto alla restituzione del bene divenuto non restituibile per cause diverse dall'acqui1sto deHa sua propriet da parte di altri (e, perci, surrogato dal suo controvalore al momento della liquidazione del danno giudiziale o pattizia); mentre in questa seconda ipotesi, ricorrente nel caso di specie, si configura, per giurisprudenza pressoch costante, un tipico debito di valore, caratterizzato dalla nota distinzione (comune ad ogni debito di questo tipo) tra determinazione del danno, consistente nelli;t aestimatio della cosa (individuazione del suo controvalore al momento della partita: data di consumazione dell'illecito acquisitivo) e successiva liquidazione di esso (taxatio) da effettuare, questa, tenendo conto non gi dell'apprezzamento o deprezzamento del bene nel frattempo intervenuti (e rispetto all'originario proprietario, ormai, irrilevanti), bens delle oscillazioni monetarie verificatesi nel periodo considerato e, quindi, rivalutando, anche d'ufficio, in base agli indici ISTAT, la somma rappresentativa del controvalore, per modo da salvaguardarne il potere reale di acquisto. Col settimo motivo, infine, muovendosi nell'ottica della nota sentenza n. 1464/1983 delle Sezioni Unite di questa Corte (secondo la quale, allorch l'opera pubblica sia stata realizzata in pendenza dell'occupazione legittima, l'illecita appropriazione del bene privato da parte dell'occupante assume rilevanza, nei confronti dell'originario proprietario, solo alla scadenza del relativo priodo), censura la denunciata sentenza per aver liquidato gli interessi sulla somma rivalutata con decorrenza dall'aprile 1972 (data di inizio dell'occupazione), anzich dall'aprile del 1974 (data di 1scadenza della medesima). Il motivo inammissibi'le, perch propone una questione nuova, non risultando che essa 'Sia stata proposta nel giudizio di appell, ancorch proprio nell'aprile del 1972 il c.t.u. (in ci seguito dalla Corte di Appello) avesse fissato la data di consumazione dell'illecito, non senza aggiungere che a:lla stes,sa data il ricorrente si , non contestativamente, riferito ad ogni altro effetto anche in questa sede e non pu, dunque, metterla, contraddittoriamente, in discussione al solo fine di scongiurarne le conseguenze per lui sfavorevoli in ordine alla decorrenza degli interessi considerati. Il ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo stadio del processo, in favore del Mancini compensandola, per giusti motivi, nei confronti dell'Ente Ferrovie estraneo alla lite in questa fase. Il ricorso incidentale condizionato (relativo al. minor valore attribuito al materiale estraibile dallo Sperone Mancini) _rimane assorbito. 466 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1992, n. 12966 -Pres. Brancaccio -Rel. Finocchiaro -P. M. Morozzo della Rocca (concl. diff.) -Giacoia (avv. Panza) c. Commissario per la formazione dell'Albo degli psicologi della regione Puglia (avv. Stato Salvatorelli). Professioni -Albo professionale degli psicologi -Controversie relative all'iscrizione in regime transitorio -Giurisdizione del giudice ordinarlo -Sussistenza. Procedimento civile -Ricorso per cassazione -Notificazione al Pubblico Ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza impugnata Necessit Condizioni Fattispecie in tema di iscrizione all'Albo degli psicologi. Procedimento civile . Rito camerale Sentenza Regime ordinarlo di impugnazione Fattispecie in tema di iscrizione all'Albo degli psicologi. Avvocatura dello Stato Commissario per la formazione dell'Albo degli psicologi Patrocinio in via organica ed esclusiva Sussistenza. Le controversie relative all'iscrizione all'Albo professionale degli psicologi in regime transitorio appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario. (1) I Nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione la notificazione del I ricorso al Pubblico Ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza impugnata necessaria, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., solo nelle cause in cui il P. M. ha proposto l'azione o poteva promuoverla I ed in quelle nelle quali ha poteri di impugnazione; pertanto essa non I ~ ~ necessaria nei giudizi di impugnazione dei provvedimenti di diniego di iscrizione all'Albo professionale degli psicologi in regime transitorio (2). (1) Le Sezioni Unite confermano quanto gi affermato per la prima volta nella sent. 20 marzo 1991, , n. 2994 (in questa Rassegna, 1991, I, 63 con nota di SALVATORELLI, Iscrizione all'Albo degli psicologi e disciplina transitoria) e successivamente ribadito in altre decisioni. (2) Esclusa la possibilit di applicare analogicamente l'art. 17 legge 18 febbraio 1989, n. 56 -il quale prevede la legittimazione del P.M. ad impugnare dinanzi al tribunale le deliberazioni del Consiglio dell'ordine in regime ordinario -la Corte si rif alla costante giurisprudenza secondo la quale, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., l'impugnazione deve essere notificata al P.M. solo nelle cause in cui quest'ultimo ha proposto l'azione o poteva promuoverla, oppure nelle quali la legge gli riconosce poteri di impugnazione, e non anche in quelle in cui ha solo la facolt di intervento (in tal senso Cass., 8 maggio 1986, n. 3078, in Giust. civ., 1986, I, 2111; Cass., 28 giugno 1986, n. 4305; Cass., 14 gennaio 1987, n. 187, in Arch. civile, 1987, 392; Cass.. 21 marzo 1990, n. 2350, in Giust. civ., 1990, I, 1739). PAR'l'E I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 467 Le sentenze emesse a seguito di un procedimento camerale sono soggette aLre:gime brdndrid di impugnazione;. pertanto in tema di iscrizione all'Albo professionale degli . psicologi in .regime transitorio il termine per la proposizione dell'appelto avverso la sentenza pronunciata sull'impugnazione del provvedimento del Commissario per la f ormcizione dell'Albo va>determinato alla stregua.dei principi generali; e .quindi in trenta giorni in caso di notificazione della sentenza (3). Il Commissario per la formazione dell'Albo degli psieofogi organo straordinario di amministrazione attiva dello Corte la notificazione del rkorso al pubblico ministi:'o Presso il giUdce che ha emesso l sentenza impugnata necessaria; ai sensi dell'art. 331 tod>proc. civ., solo nelle cause in cui il pubblico ministero ha proposto l'zione, o poteva promuoverla ed m quelle nelle quali ba poteri d'impugnazione (Cass. 8 maggio 1986 n. 3078; Cass. 21 marzo 1990 n. 2350). Per quanto riguarda l'iscrizione --" nel periodo transitorio -nell'Albo degli psicologi la lgge non individua il p.m. fra i soggetti legittimati all'impugnazione del provvedimento adottato dal Commissario per la. foimazjon dell'Albo .(art. 31 L n. 56 del.1989). In tema: di legittimazione all'impugnazione non si pu fare applica zione analogica di disposizioni che regolano diversi procedimenti in presenza dell'art. 69 cod. proc. civ. che.abilita il pubblico ministero ad esercitare l'azione civile ni casi stabiliti dalla legge. Non. si deve, quindi, procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti. del. pubblico ministero . presso il. giudice. a quo, essendo le funzioni allo. stesso spettanti svolte; in ,sede di giudizio di legittimit, dal Procuratore Generale presso. la Corte . di cassazione. (3) Principio pacifico; . oltre ai precedenti citati in motivazione, si. veda da ultimo Cass., 24 gennaio .1991, n. 687; Cass., 18 ottobre 1991, n. 11042; Cass., 25 febbraio 1992, n. 2317, in Foro it., 1992, i, 1712; Cass., 5 marzo 1992, n. 2652. (4) Nel riconoscete lo ius postulandi all'Avvocatura dello Stato, la Corte sottolinea di non aver affermato, neppure implicitamente, nella sentenza 20 .mar zo 1991, n. 2994 cit., che il Commissario abbia la medesima natura dell'ordine professionale che diretto a costituire in quanto l'aver riconosciuto che il primo provvede su diritti soggettivi, come il secondo, nn vale certo ad identificarli, stante il diverso modo in cui sono costituiti ed organizzati. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 468 Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.. 324, 739 e 742 cod. proc. civ. n relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. per avere la Corte d'ap1 pello ritenuto che per la proposizione dell'appello andava osservato il termine per l'impugnazione .delle. sentenze e non quello di cui all'art. 739 cod. proc. civ .. dettato per i provvedjm.enti adottati con la forma del decreto, che invece doveva .essere osservato i sensi dell'art. 19, comma 2, 1. n. 56 del 19891 che prevede per l'appello il rito camerale. Con il secondo motivo si dedu-ce violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 1 r.d. 30 dicembre 1933 n. 1611 e dell'art. 83 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per avere la Corte d'.appello affermato lo ius postulandi dell'Avvocatura dello Stato con riferimento alla difesa in giudizio del Commissario, senza tenere presente che quest'ultimo -in considerazione del fatto che gli sono stati attribuiti, per il periodo transitorio, poteri identici a quelli attribuiti, in via ordinaria, ai Consigli provinciali e regionali (Cass. n. 2984 del 1991) -non costituisce un organo straordinario della amministrazione dello Stato, ma ha la stessa natura di tali consigli i quali non possono considerarsi enti parastatali, ma si presentano in forma associativa, nella quale elemento costitutivo preponderante la collettivit degli associati che cooperano al conseguimento dei fini dell'ente. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli art. 100 cod. proc. civ. e 19 1. n. 56 del 1989, in relazione all'art. 360 n. 4 cod. proc. civ,, per avere affermato la sussistenza dell'interesse del Commissario all'impugnazione della sentenza,. laddve invece l'art. 19 l. n. 56 del 1989 individua quali unici legittimati all'impugnazione il pubblico ministero e l'aspirante all'iscrizione all'albo. Con il quarto motivo di ricorso, infine, si deduce violazione e falsa applicazione delle norme in tema di riparto della giurisdizione in relazione al n. 1 dell'art. 360 cod. proc. civ., per avere la Corte d'appello negato la giurisdizione del giudice ordinario, laddove invece tale giurisdizione andava affermata, vertendosi in materia di controveI'sia su diritti soggettivi. Nell'ordine delle questioni va esaminato in via preliminare il quarto motivo di ricorso relativo alla giurisdizione, attesa la logica pregiudizialit di tale questione su tutte le altre proposte in via d'impugnazione. Il motivo fondato sulla base delle considerazioni che seguono. Per risolvere la questione di giurisdizione prospettata necessario esporre la normativa contenuta nella 1. 18 febbraio 1989 n. 56, concer nente l'ordinamento della professione di psicologo. Questa legge ha istituito l'albo degli psicologi indicando le condizioni necessarie per l'iscrizione modalit da seguire (art. 8). (art. 4, comma 1), ! stessa (art. 7) e le ! I I I I I I I I i i PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI La stessa legge stabilisce inoltre che per esercitare la professione di psicologo nce$1Sario avere conseguito l'abilitazione in psicologia mediante l'esame di Stato ed essere iscrit1o nell'apposito albo professionale (art. 2). Sui}a; i:scrizio;ne prcwved.Qn.o "'"'."' su i$tanza dell'interessato (art. 8) ....,_ il Consiglio regionale o H Consiglio pro\linciale, limitatamente alle province autonome di Trento e Bolzano (art. 5 e 9). I provvedimenti di tali .consigli; relativamente all'iscrizione, sono imipughbiii dall'interessato e dal procuratore della Repubblica competente per territorio, iririainzi al predetto tribunale (art. 17), il quale provvede, in camera di consiglio, cn sentenza (art 19, comma 1). ti:>ntfo 1a sentenza.. del tribunale gli interessati possono ricorrere allaCol'te ci'a~pnCi (art 19, comma .2). Nella prima.. applicazJ<,>ne ciella 1egge il Presidente del tribunale dei capoluoghi..Ili regione () di pr\J~hl,cia autonoma. nomina un commissario Che provvede aU~ formazfone dell'aibo professi~nale degli aventi diritto (Jill't. 31, somma 1). Sempre.in te~i;i; Ili.. prima applicazione, l'iscrizione all'albo -ferme restando le disposizioni di cui alle lettere a), b) e d) dell'art. 7 -e quindi con esclusione della condizione di cui alla lettera e), relativa al possesso dell'abilitazione .all'esercizio della professione - consentita, su domanda, da presentarsi entro sessanta giorni dallJ.a nomina del commissario, ad una 1serie di.. soggetti che si trovino in deteminate condizioni e precisamente: a) ai professori ordinari, straordinari, associati, fuori ruolo e in quiescenza che insegnino o abbiano insegnato discipline psicologiche nelle univel'.sit italiane o in 1strutture di particolare rilevanza scientifica anche sul piano ..inter:nazio:nale, nonch. ai ricercatori. e assistenti di ruolo in di~cipline psicologiche e ai laureati che ..ricoprono o abiano ricoperto un posto di ruolo presso una istituzione p:r,i.bblica in materia psicologica per i!l cui accesso sia attualmente richiesto il diploma di laurea in psicologia; o) a oloro che ricoprono od abbiano ricoperto un posto di ruoio presso istituzioni ptibblkhe cdn 1.ll'attivit di servizio attinente alla psicologia, per il cui accesso sia richiesto il diploma di laurea e che abbiano superato un. pubblico concorso, ovvero che abbiano fruito delle disposizioni in rnateria di. sanatoria; e) ai laureati che da almeno sette anni svolgano effettivamente in manie)"a continuativa. attivit di collaborazione o consulenza attinenti ala_ psicologia con J~nti. o istituzioni pubbliche o_ private; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 470 d) a coloro che abbiano operato per almeno tre anni nelle discipline psicologiche ottenendo riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale (art. 32). Come risulta dalla precedente espos1z10ne, mentre sono espressamente indicati i rimedi proponibili avvers i provvedimenti dei Consigli regionali (o provinciali), nulla detto per quanto riguarda l'mpugnazione dei provvedimenti relativi all'iscrizione, adottati dal Commissario nominato dal Presidente del tribunale in sede di disciplina transitoria. La questione circa l'individuazione clel giudice avente giurisdizione in materia va risolta sulla base dei principi generali secondo i quali va affermata la giurisdizione dell'a.g.o. ogni qualvolta l'interessato faccia valere una posizione di diritto soggettivo -a meno che non sia legislativamente affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo mentre va dichiarata la giurisdizione di legittimit di quest'ultimo quando la posizione del privato sia di interesse legittimo. La costante giurisprudenza di questa Corte ha sempre affermato che il rapporto tra colui che aspira all'iscrizione all'albo professionale e l'ordine preposto alla tenuta dell'albo medesimo si identifica con la dicotomia diritto soggettivo-obbligo, anzich con quella interesse legittimo-potere pubblico. Infatti l'ordine professionale non ha facolt di valutare se la chiesta iscrizione corrisponda all'interesse pubblico, ma ha solo il compito di verificare se in realt l'aspirante sia nel possesso dei requisiti appositamente voluti dalla legge, in quanto tale possesso condizione necessaria e sufficiente per ottenere l'iscrizione, la qua:le deve essere disposta se quei requisiti sussistano e dev-e essere invece negata nel caso contrario (Cass. 16 marzo 1978, n. 1322; Cass. 4 ottobre 1983, n. 5998; Cass. 23 febbraio 1990, n. 1399). N potrebbe essere diversamente, perch lo 1svolgimento di una qualunque attivit professionale espressione della generale situazione di libert assicurata dall'ordinamento italiano ad ogni cittadino (art. 4 Cost.) in ordine alla scelta del lavoro. Pu accadere -come stato osservato da queste Sezioni Unite (Cass. 14 ottobre 1983, n. 5998) -che, in un dato momento storico, certe attivit, prima liberamente esercitabili, sembrino bisognose di una regolamentazione nell'interesse generale e vengano perci consentite soltanto a chi dimostri di essere 1capace e degno di esercitarle. Ma qualunque diritto, appunto perch tale e non puro arbitrio o irrilevante possibilit di agire, richiede di essere ancorato a determinati presupposti e circoscritto entro determinati limiti; l'importante che, ove ricorrano i presupposti e siano ossrvati i 'limiti, esso possa pienamente esercitarsi. Nel caso di specie, mentre non pu negarsi -anche in virt dell'esplicita previsione normativa -che per quanto riguarda le iscrizioni PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 471 all'albo professionale ad opera dei competenti Consigli regionali (o provinciali) si in presenza di un diritto soggettivo dell'aspirante, si deve ritenere che l'intento di tutelare in via immediata e diretta la posizione del cittadino italiano -o del cittadino di uno Stato membro della C.E.E. o di uno Stato con cui esiste trattamento di reciprocit (art. 7, lettera a) -sussiste anche nell'ipotesi che l'iscrizione sia richiesta, in periodo transitorio, al Commissario nominato dal Presidente del tribunale ai sensi dell'art. 31. Depongono in tale senso: -il confronto con l'iscrizione decisa dai Consigli regionali (o provinciali), essendo logicamente incoerente negare l'esistenza di un diritto soggettivo all'iscrizione in periodo transitorio, dal momento che anche per tale periodo sono richieste le stesse condizioni necessarie per l'iscrizione nel periodo a regime , ove si eccettui il requisito dell'abilitazione all'esercizio della professione di cui all'art. 7, lett. e) (impossibile per l'insistenza, per il passato, dell'esame di Stato), sostituito dal possesso dei requisiti soggettivi elencati nelle lettere a), b), e) e d) dell'art. 32; -le condizioni tassativamente prescritte per far luogo all'iscrizione, il cui accertamento non implica valutazioni di carattere amministrativo, ossia scelte del comportamento pi rispondenti all'interesse pubblico, ma solo l'individuazione di circostanze 1senza alcun margine di discrezionalit. N in senso contrario alle raggiunte conclusioni pu trarsi argomento dal fatto che l'art. 32, lett. d) prevede l'iscrizione a favore di soggetti che abbiano operato per a1meno tre anni nelle discipline psicologiche ottenendo riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale e cio sulla base di una previsione per il cui accertamento il commissario dispone di potest discrezionale. infatti sufficiente osservare che i'accertamento di riconoscimento a livello nazionale o internazionale non indice di discrezionalit amministrativa, allo stesso modo come si ritenuto che non sussiste tale discrezionalit per il fatto che nscrizione in alcuni albi professionali subordinata all'accertamento del requisito della buona condotta dell'aspirante (cfr. giurisprudenza in precedenza citata): si tratta di d~screzionalit tecnica che non incide sul diritto soggettivo dell'interessato all'iscrizione. Va, pertanto, confermato il principio gi altra volta affermato da queste S.U. in analoghe controversie (Cass. 20 marzo 1991, n. 2994: Cass.. 23 dicembre 1991, n. 13866) e va ritenuto che la tutela giurisdizionale delle ragioni di colui che chiede, in periodo transitorio, l'iscrizione all'albo degli psicologi al commissario nominato dal presidente del tribunale ai sensi dell'art. 31 1. 18 febbraio 1989, n. 56, non pu essere affidata ad altri che non sia il giudice ordinario, istituzionalmente competente in tutte le controversie su diritti soggettivi (art. 2907 cod. civ. e 1 cod. proc. civ.). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 472 A lui spetta di provvedere con pienezza di poteri e quindi anche con pronunce di condanna ad eseguire l'iscrizione, in quanto non gli sono opponibili i noti limiti che la 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, ha posto a salvaguardia dell'attivit discrezionale ammini:strativa. Va, quindi, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia e, per l'effetto, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, va cassata la decisione impugnata e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari. Passando all'esame dei primi tre motivi di ricorso occorre rilevarne l'infondatezza sulla base delle considerazioni che seguono, anche se deve correggersi la motivazione della sentenza impugnata. Va innanzitutto premesso che -come per la soluzione in ordine all'istanza del P.G. sull'integrazione del contraddittorio e per l'esame della questione di giurisdizione -occorre prescindere dalla possibilit di applicare in via analogica le disposizioni che di:sciplinano il procedimento d'impugnazione disciplinato in ipotesi di iscrizione all'Albo effettuato in via ordinaria, una volta costituiti i normali organi e contenuto negli artt. 17 e seguenti della 1. n. 56 del 1989. Va, poi, rilevato che la questione, relativa alla proponibilit dell'impugnazione con ricorso o con citazione, non pu essere esaminata d'ufficio da questa Corte, trattandosi di questione decisa nel primo senso dalla sentenza impugnata e non oggetto di censura in questa sede. Dal momento che la disciplina contenuta nelle norme da ultimo richiamate si presenta come eccezionale rispetto al regime normale delle impugnazioni di tutta evidenza che -in difetto di una qualsiasi norma che tale disciplina richiami -occorre fare applicazione dei principi generali dell'ordinamento. In base a tali principi costante, nella giurisprudenza di questa Corte, l'affermazione del principio secondo cui le sentenze, anche se emesse a conclusione di un procedimento camerale, sono soggette al regime d'impugnazione ordinario e quindi tempestiva l'impugnazione che sia proposta entro i trenta giorni dalla notifica della sentenza (CassJl25 luglio 1964, n. 2050; Cass. 18 luglio 1973, n. 2102; Cass. 13 otto, bre 1986, n. 5980; Cass. 23 febbraio 1990, n. 1399 e successive conformi) ( A maggior ragione tale principio si applica in una fattispecie, qua'le quella in esame, in cui, nell'assoluto silenzio serbato dagli artt. 31 e ss. I. n. 56 del 1989, non neppure indicato il rito da applicare per l'impugnazione avverso il provvedfmento adottato dal Commissario nominato dal Presidente del tribunale. Ritiene il Collegio di non dovere affrontare tale questione, che non viene direttamente in considerazione nella fattispecie in esame, dal momento che -attesa la forma della sentenza adottata per la decisione avverso il provvedimento del Commissario -'-n-termine per l'appello sempre quello di trenta giorni dalla notificazione della stessa. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA:CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 473 Tale termine stato rispettato e la decisione della Corte d'Appello che ha dichiarato l'ammissibilit del gravame non merita censura anche se deve coJTeggersi la motivazione della pronuncia che ha invece fondato la sua decisione facendo applicazione dell'art. 19 1. n. 56 del 1989, che, per quanto stato in precedenza rilevato, non pu essere invece invocato. Ci sufficiente per il rigetto del primo motivo di ricorso. N maggiormente fondato il secondo motivo di ricorso circa il difetto di ius postulan.di dell'Avvocatura dello Stato per la difesa del Commissario nominato dal Presidente del Tribunale. Il Commissario nominato ai sensi dell'art. 31 un organo di amministrazione attiva dello Stato al quale il legislatore affida limitati e ben determinati compiti e, precisamente, la prima formazione dell'Albo professionale e la indizione delle prime elezioni dell'organo naturale dell'Ordine. N tale natura dell'organo viene meno per il fatto che la nomina affidata al Presidente del Tribunale o che al Commissario siano affidati -nella prima formazione dell'albo -quelli che sono i compiti propri dell'Ordine, ove si tenga presente, da un lato, che il Presidente svolge, con la nomina del Commissario, attivit amministrativa e non giurisdizionale -e non raro rinvenire nell'ordinamento l'attribuzione ad organi giuriisdizionali di funzioni amministrative -e, dall'altro, che in questa prima fase -a differenza del Commissario straordinario che viene nominato in caso di scioglimento del Consiglio dell'Ordine ai sensi dell'art. 16 1. cit. -il Commissario per la formazione dell'albo, pur svolgendo funzioni proprie dell'Ordine, nominato proprio per la costituzione di quest'ultimo, sicch non pu ritenersi che lo sostituisca. N alcunch in contrario pu ricavarsi -come mostra di ritenere la difesa del ricorrente -dalla sentenza di queste S.U. 20 marzo 1991 n. 2994, che nell'affermare la giurisdizione dell'a,g.o., in sede d'impugnazione avverso i provvedimenti relativi alla prima formazione dell'Albo, non ha mai affermato che il Commissario abbia la medesima natura dell'Ordine professionale che diretto a costituii-e anche 1se ha riconosciuto che lo stesso -come risulta anche dal precedente 4 -provvede su diritti soggettivi, allo stesso modo dei Consigli degli ordini, ma ci al solo fine dell'individuazione della giurisdizione sulle relative controversie. La natura di un organo infatti va individuata non gi in base alle funzioni che svolge, ma in ragione dei modi attraverso i quali costituito ed organizzato. Attesa, quindi, la natura di organo straordinario dello Stato del Commissario, il Commissario pu avvalersi -come esattamente rilevato dalla sentenza impugnata -del regime processuale di assistenza legale e di patrocinio legale valevole ex lege per le Amministrazioni dello Stato, senza necessit di. mandato-e senza. he possa riteneq;,i applicabile RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 474 l'art. 43 r.d. n. 1611 del 1933, che riguarda la difesa di enti diversi dallo Stato. Parimenti infondato il terzo motivo relativo alla mancanza di interesse all'impugnazione del Commissario. Irrilevante, per quanto in precedenza osservato, il richiamo agli art. 17 e ss. 1. n. 56 del 1989 circa la legittimazione all'impugnazione delle decisioni del Consiglio dell'Ordine, i quali, peraltro, ove correttamente interpretati, non conducono alle conclusioni volute dal ricorrente. E. in proposito da richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte per la quale, in tema di iscrizione agli albi professionali, contraddittore necessario nei procedimenti di impugnazione del relativo provvedimento sempre l'organo che ha provveduto sulla domanda di iscrizione, al quale spetta anche il potere di impugnare non gi il provvedimento che lo stesso ha emesso, ma la pronuncia emessa sull'impugnazione in quanto proprio tale organo che chiamato a difendere, in sede giurisdizionale, il provvedimento contro gli attacchi del controinteressato (Cfr., in proposito, Cass., Sez. Un., 23 febbraio 1990, n. 1399, ove ampia indicazione di ulteriori precedenti). Nel caso ,di specie il provvedimento amministrativo stato adottato dal Commissario nominato dal presidente e, pertanto, l'impugnazione in sede giurisdizionale non pu essere proposta che contro di lui, il quale, quindi, anche legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado che il provvedimento amministrativo abbia annullato. A tali principi si attenuta la sentenza impugnata e la relativa pronuncia non merita censura, anche se va corretta la motivazione nei sensi in precedenza esposti, avendo la Corte fatto riferimento all'art. 17 I. cit. Conclusivamente, quindi, va accolto il quarto motivo e vanno rigettati gli altri; va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e, per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata sul punto e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte d'appello di Bari, la quale provveder anche sulle spese di questa fase di giudizio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 dicembre 1992, n. 13629 -Pres. Scanzano -Rel. Nardino -P. M. Amirante ~conci. conf.) Redaelli (avv. De Angelis) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Favara). Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Nuovi documenti decisivi non prodotti in precedenza per causa di forza maggiore -Produzione Ammissibilit -Fattispecie. (cod. proc. civ., artt. 394' e 395 n. 3). Nel giudizio di rinvio ammessa la produzione di nuovi documenti ogni volta che, pur non ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 394, ultimo comma, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 475 cod. proc. civ., si tratti di documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre nelle precedenti fasi di giudizio per causa di forza maggiore, la quale sussiste anche quando la parte abbia, senza sua colpa, ignorato l'esistenza o il luogo in cui i documenti si trovavano (1). (omissis) 1) Con il prinio motivo, denunciando violazione degli artt. 395 nn. 1 e 2, 394 ult. comma, 112 secondo inciso e 215 cod. proc. civ., nonch dell'art. 2937 cod. civ., il ricorrente sostiene, sulla scorta di alcune pronunce di questa Corte, che la produzione di nuovi documenti nel giudizio di rinvio deve ritenersi consentita anche nell'ipotesi (erroneamente pretermessa dalla sentenza impugnata), in cui siano rinvenuti -come nella specie -documenti decisivi, la cui tempestiva produzione sia stata impedita da una causa di forza maggiore, la quale ricorre anche quando la parte abbia ignorato senza colpa l'esistenza di tali documenti o il luogo in cui essi si trovavano: E se non poteva concepirsi alcuna preclusione formale in sede di giudizio di rinvio (ove il rinvenimento fosse avvenuto prima della conclusione della fase istruttoria dello stesso giudizio), non poteva correlativamente 'Concepirsi preclusione alcuna in sede di giudizio di revocazione proposto nei termini, subito dopo il ritrovamento dei documenti, intervenuto dopo la cosa giudicata formale . Il ricorrente denunda un ulteriore errore nella sentenza impugnata, non avendo questa considerato che i rilievi e le difese (eccezioni solo in (1) Nell'interpretare l'art. 394 cod. proc. civ. giurisprudenza e dottrina hanno sempre sottolineato il carattere chiuso del giudizio di rinvio (per uno studio approfondito si veda PROVINCIALI, Il giudizio di rinvio, Padova, 1936; PAVANINI, Contributo allo studio del giudizio civile di rinvio, Padova, 1937; RICCI, Il giudizio civile di rinvio, Milano, 1967), ammettendo per la produzione di nuovi documenti sia nell'ipotesi (prevista dall'art. 394, terzo comma, ultima previsione cod. proc. civ. in cui vi sia la necessit di nuove conclusioni per effetto della sentenza che ha disposto il rinvio, sia nel caso di documenti decisivi non prodotti per causa di forza maggiore (Cass., 4 maggio 1963, n. 1104, in Riv. dir. proc. 1963, 445; Cass., Sez. Un., 20 novembre 1971, n 3348; Cass., 18 novembre 1971, n. 3348; Cass., 18 novembre 1987, n. 8454 in Not. giur. lav., 1988, 453 e in Giur. it., 1988, I, 1, 1810; Cass., 15 gennaio 1990, n. 116, in Dir. lav., 1990, II, 296). La sentenza che si annota conferma il suddetto orientamento ammettendo l'impugnazione per revocazione della decisione resa nel giudizio di rinvio a seguito della scoperta di documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre prima, neppure nel giudizio di rinvio, perch ne ignorava l'esistenza senza sua colpa. Sul requisito della decisivit dei nuovi documenti si veda Cass., 22 novembre 1984, n. 5990, in Foro it., 1985, I, 753 nel senso che esso implica l'idoneit del documento a provocare una decisione diversa o, quanto meno, a mutare sostanzialmente un punto decisivo in senso favorevole alla parte che provvede alla produzione (Cass., 9 aprile 1984, n. 2299). . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 476 senso generico), contrapposti dal Redaelli all'eccezione di prescrizione sollevata dall'Amministrazione del Tesoro; riguardavano fatti e situa zioni rilevabili d'ufficio,. nell'ambito del potere del giudice di valutare, in sede. di decisione, se l'eccezine sia effettivamente fondata e degna di essere accolta . Nessuna ,preclusione, peraltro, poteva essersi verificata nel caso in esame a causa della mancata deduzione di altri fatti interruttivi della prescrizione nei pregressLgiudizi di primo grado e di appello e neppure. sotto il .profilo della .limitazione dell'esame demandato a suo tempo al giudice di rinvio dalla sentenza n. 2661/76 della Corte di Cassazione, giacch il Redaelli non avrebbe. potuto, in detti giudizi, proporre eccezioni in ordine. a ci che non conosceva senza sua colpa, o addirittura per il dolo ,della controparte, e tanto meno produrre documenti solo ora ritrovati. Con il secondo mezzo di. annullamento il ricorrente denuncia difetto assoluto di motivazione in ordine ai requisiti di ammissibilit e di fondatezza della revocazione proposta ai sensi 'clell'art. 345 (rectius: art. 395) n. 1 e n. 3 cod. proc. civ.; e addebita alla Corte d'Appello di Roma di avere pretermesso, in dipendenza dell'erronea preclusione affermata ... qualsivoglia esame di merito e qualsiasi inizio di motivazione sui punti sopra indicati. 2) Il primo motivo di ricorso fondato. La sostanziale ratio decidendi della pronuncia impugnata consiste e si esaurisce nell'affermazione che, considerato il carattere chiuso del giudizio di rinvio e la conseguente impossibilit di introdurre in esso nuove eccezioni nonch di formulare conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio definito con la sentenza cassata, non pu essere soggetta a revocazione la sentenza emessa in sede di rinvio per fatti che quel giudice non avrebbe potuto nemmeno esaminare, ossia per atti o fatti interruttivi della prescrizione che nei precedenti gradi di giudizio non erano stati dedotti. Secorido la Corte del merito, in. due soli casi sarebbe .consentita, nel giudizio di rinvio, la prospettazione di nuovi presupposti di fatto, e precisamente: a) in ipotesi di jus superveniens; b) se la necessit di nuove conclusioni sorge dalla sentenza della Cassazione che ha disposto l rinvio. Questi assunti, nella loro assolutezza, non possono essere condivisi. A prescindere dal rilievo che i giudici di appello hanno escluso l'ammissibilit dell'impugnazione straordinaria per revocazione unicamente in base a norme e principi afferenti al giudizio di rinvio, senza un'adeguata considerazione della diversit -per presupposto e per funzione tra i due giudizi, la conclusione da essi accolta viziata_ da errore .di diritto, perch contrasta con l'ormai 'consolidato orientamento della giu PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 477 risprudenza di questa Suprema Corte, puntualmente richiamato nel ricorso e nella memoria del Reda:elli. Invero, gi con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1104 del 4 maggio 1%3 s stabilito che, n deroga al principio secondo cui nel giudizio di rinvio non ammessa la produzione di nuovi documenti, salvo che ricorra l'ipotesi .considerata. dal comma terzo, ultima previsione, dell'art; 394 cod. proc~ civ. (necessita di nuove conclusioni per effetto della sentenza che ha disposto il rinvio), la produzione medesima deve ritenersi ammissibile qualora si tratti dL documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre. nella precedente fase del giudizio per causa di forza maggiore; la. quale Sussiste anche quando la parte abbia,. senza sua colpa, ign,orato l'esistenza o illuogo in cui i documenti si trovavano fino alla data di assegnazione a sentenza della causa definita con la pronuncia successivamente annullata (con rinvio) dalla Cassazione. A giustificazione di tale deroga le Sezio.i. Unite .di questa Corte, dopo avere osservato che il motivo di revocazione previsto dall'art. ,395 n. 3 cod. proc..civ .. trova. la sua ratio nell' interesse al ripristino della giustizia sostanziale, considerato dalla legge prevalente rispetto alla certezza del diritto, che indurrebbe a mantenere ferme le decisioni di merito non pi censurabHi , hanno persuasivamente ritenuto che lo stesso principio nduce, a maggior ragione" ad ammettere che, qualora una vfolaifone della giustizia sostanziale stia per essere consumata per effetto di una preclusione nella quale la parte sia incorsa senza alcuna sua colpa, la preclusione medesima non possa operare, giacch l'esigenza di evitare intralci o ritavdi alla definizione del processo (cui preordinato il divieto di produzione di nuovi docu:rnenti nel giudizio di rinvio), (( men imperiosa di quella della certezza del diritto e quindi non pu non essere sacrificata, come lo quest'ultima con l'impugnazione per revocazione, al fine di evitare una decisione ingiusta ;.. . Questi concetti sono stati ripresi e ribaditi nella successiva sentenza deMe Sezioni Unite Civili n. 3349 del 20 novembre 1971 (pronunciata nella stessa causa), nella quale si richiamata anche la regola dell'economia dei giudizi a sostegno della tes secondo la quale, ricorrendo << i presupposti dell'art.395 n. 3 cod. proc. civ., possibile dare ingresso di nuovi documenti, n sede di rinvio, nvece di far luogo ad un successivo procedimento per revocazione . Particolarmente importante n quest'l.dtima sentenza l'affermazione che , in tal caso, ammissibile non soltanto la produzione di una documentazione nuova , dimostrativa di vicende rilevanti ai fini del decidere, ma anche la prospettazione di una nuova ragione giuridica, basata su deduzioni di fatto in parte nuove , perch afferente ad una questione di merito proposta ab origine e non preclusa per effetto di precedente pronuncia giurisdizionale. 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 478 Nel solco di questo orientamento si pongono le sentenze n. 8454 del 18 novembre 1987 e n. 116 del 15 gennaio 1990: nella prima, premesso che nel giudizio tendenzialmente chiuso di rinvio -di regola preclusa la proposizione di nuove domande ed eccezioni, di nuove prove, di conclusioni diverse, intese nell'ampio senso di nuove attivit assertive o probatorie, e sinanche di nuove produzioni documentali , si riafferma che tale principio non opera quando la tardivit della produzione ... sia ascrivibile a ca:si di forza maggiore che giustificherebbero la revocazione della sentenza; nella seconda delle citate pronunce si ammette poi la possibilit che il giudice di rinvio prenda in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti e sulle loro pretese, senza con ci violare il divieto di esaminare punti non prospettati dalle parti nelle fasi precedenti, a condizione che si tratti di fatti impeditivi, estintivi o modificativi intervenuti in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle fasi pregresse del giudizio di me rito. opportuno precisare che con i suesposti principi non contrasta la gi menzionata sentenza n. 1830/82, resa nella presente controversia. Con questa pronuncia, infatti, dopo l'indicazione dell'oggetto e dei limiti specifici del giudizio di rinvio disposto da questa Corte con fa precedente 'sentenza n. 2661/76 (accertare se fosse stata proposta e coltivata dal Redaelli una domanda di restituzi01I1e delle merci in sequestro o di pagamento del }oro controvalore, essendo -di per s -priva di efficacia interruttiva della prescrizione del relativo diritto la domanda giudiziale di declaratoria dell'1llegittimit del decreto ministeriale), la Corte esplicitamente riconosce che la questione di prescrizione era stata affrontata e decisa (ovviamente nei limiti delle possibi,li allegazioni delle parti) nelle fase precedenti del giudizio, esistendo nel processo fin dall'inizio ; esclude tuttavia che potessero esser presi in esame, in sede di rinvio, altri fatti interruttivi della prescrizione (costituenti vere e proprie controeccezioni di merito , e non mere argomentazioni di diritto sulla fondatezza dell'eccezione di prescrizione in s e per s), trattandosi di questioni di merito del tutto nuove, la cui proponibi,lit si era esaurita gi con la proposizione del precedente giudizio di appello , A quest'ultimo riguardo spiega la sentenza che gli altri atti o fatti interruttivi allegati dal RedaelJi, quali la prospettata rinuncia tacita alla prescrizione da parte dell'Amministrazione, l'istanza diretta dal Redaelli per la restituzione delle merci, la potenzialit interruttiva della risposta a detta istanza ecc., erano fatti del tutto diversi da quello costituito dalla proposizione della domanda originaria, i quali ben avrebbero potuto essere controeccepiti in primo grado o, al massimo, in grado di appello, ma che non lo furono per carenza di attivit difensiva e che PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 479 per questa r~solutiva ragione non erano deducibili per la prima volta in sede di rinvio . H pensiero della Corte , dunque, nel senso che, in applicazione della disciplina regolatrice del giudizio di rinvio, era inibito al Redaelli prospettare in quella sede fatti ed atti interruttivi della prescrizione nuovi (ossia non esposti in precedenza) ma gi noti alla parte (e quindi deducibili nelle pregresse fasi del giudizio), cos come noti, nella loro esistenza e nel loto contenuto, erano i documenti prodotti a prova di tali fatti (lettera del Redaelli all'Avvocatura dello Stato in data 29 novembre 1960; risposta dell'Avvocatura in data 2 dicembre 1960, asseritamente contenenti riconoscimento del debito dell'Amministrazione). Ma questo principio, assolutamente corretto in relazione a1la fatti specie decisa, non estensibile alla domanda di revocazione, fondata su documenti diversi da quelli sopra indicati ( parere della Commissione consultiva per le infrazioni valutarie in data 20 gennaio 1967; nota dell'Ufficio del contenzioso valutarfo in data 4 giugno 1960, diretta al Gabinetto del Ministro), dei quali il Redaelli assume non avere avuto conoscenza prima del luglio 1986, perch in possesso dell'Amministrazione e da questa dolosamente occultati, sicch egli non era stato in grado, senza sua colpa, di avvalersene per dimostrare che il suo diritto alla restituzione (o al pagamento del controvalore) delle merci non era prescritto. Alla luce delle suesposte considerazioni l'unica argomentazione addotta dailla Corte di Appello di Roma per negaire l'ammissibilit della impugnazione per revocazione (la sentenza emessa a seguito di rinvio non pu ... essere revocata per fatti che quel giudice non avrebbe potuto nemmeno esaminare) si pone palesemente in contrasto -come si rilevato aill'inizio -con i richiamati principi di diritto ed appare, inoltre, gravemente illogica, perch aiddebita al RadaelH di non avere allegato, nelle precedenti fasi de[ processo, altri atti o fatti interruttivi della prescrizione, senza considerare che non potevano materialmente essere dedotti dalil'attore, in replica all'avversa eccezione di prescrizione, fatti potenzialmente dotati di efficacia interruttiva che, emergendo da documenti asseritamente rinvenuti nel luglio 1986, non potevano essergli noti prima del1a scoperta dei documenti stessi. Quest'ultimo rilievo dimostra anche l'infondatezza deHa tesi della resistente, la quale suMa scorta della sentenza impugnata (ed indicando, per giunta, erroneamente i documenti in questione), sostiene che il Redaelli non avrebbe adempiuto l'onere di arlegazione dei fatti addotti a sostegno delle eccezioni . N ha maggior pregio l'opinione, espressa nel controricorso deM'Amministrazione del Tesoro, secondo cui la sentenza deHa Corte di Appello di Roma 21 giugno 1980 non sarebbe soggetta a revocazione, non poten 480 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dosi riaprire il processo civile dopo una sentenza di rigetto (o di cassazione senza rinvio) detla Suprema Corte, per effetto della quale il giudizio si defirutivamente concluso . A sostegno di tale assunto non invocabille la disposizione del quarto comma dell'art. 395 cod. proc. civ., la quale regola l'ipotesi del (possibile) concorso tra domanda di revocazione e ricorso per cassazione contro la medesima sentenza (ipotesi che nella specie non ricorre), ma non autorizza a ritenere che la sentenza di appeUo, ove sia formalmente passata in giudicato a seguito del rigetto del ricorso per cassazione proposto contro di essa, resti sottratta al!l'impugnazione per revocazione straordinaria, fondata su un evento cronologicamente successivo alla sentenza stessa e consistente nel rinvenimento di documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario (art. 395 n. 3 cod. proc. civ.). Proprio per il suo carattere di rimedio processuale straordinario, la domanda di revocazione di cui all'art. 395 n. 3 proponibile anche nei confronti di una sentenza di appello passata formalmente in giudicato (e presuppone in ta:l caso ravvenuta conolusione del processo). N ha alcuna rilevanza ai fini dell'ammissibilit di detta impugnazione, come autorevole dottrina ha osservato, che ill giudicato si sia formato per decorso del termine prescritto per la proposizione del ricorso per cassazione ovvero per effetto della reiezione del ricorso medesimo da parte della Suprema Corte (cfr. anche Cass. 28.6.1951 n. 1727, in cui -tra l'altro si afferma che J'esito negativo del ricorso per cassazione non preclude alla ... parte che lo ha proposto la facolt di proporre istanza per revocazione, se non siano decorsi i termini previsti dagli artt. 325, 326 e quello di decadenza previsto dall'art. 327 cod. proc. civ.). Ritiene, in definitiva, il Collegio che non sussiste 1a preclusione, erroneamente ravvisata dal!la Corte del merito, all'ammissibilit della impugnazione per revocazione deMa sentenza 21 giugno 1980, deducendo il Redaelli una situazione puntualmente corrispondente, in astratto, a quella prevista dall'art. 395 nn. 1 e 3 cod. proc. civ. Egli, infatti, denuncia -come si gi detto -la scoperta di documenti, a suo dire, decisivi, che non aveva potuto produrre nelle fasi precedenti del processo, e neppure nel giudizio di rinvio concluso con la suddetta sentenza, perch dolosamente celati dalla controparte e, comunque, da lui ignorati senza colpa fino al lugHo 1986; ed assume di non aver potuto di conseguenza, svolgere deduzioni e difese fondate suHe risultanze di quei documenti che, ove fossero state conosciute ed esaminate dai giudici del merito, avrebbero condotto ad una decisione diversa in quanto alla prescrizione del diritto controverso. Quest'ultima puntualizzazione essenziale. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI Poich lo strumento della revocazione straordinaria non pu6 essere utMizzato per porre rimedio, dopo Qa pronuncia della sentenza, ad errori o negligenze della parte nell'assolvimento dell'onere probatorio n pu servire per ampliare il thema decidendum mediante la proposizione, sulla base dei documenti ritrovati, di questioni o ragioni giuridiche mai prima prospettate e. dibattute, la proponibilit dell'istanza per revoazione dovrebbe essere esclusa in radice, ove ll contenuto dei suddetti documenti non si riferi:sse direttamente ai fatti posti a fondamento della sentenza di cui si chiede la revocazione e non inidesse in modo decisivo sulla soluzione delle questioni di merito rispetto alle quali l'istante rimasto soccombente. Nel caso di specie il dibattito processuale si incentrato fin dall'inizio (come ha correttamente rilevato Cass. n. 1830/82) sull'eccezione di prescrizione, sollevata dall'Amministrazione del Tesoro, e sulle repliche (o controeccezioni ) dell'attore tese a dimostrare che il diritto dedotto in giudizio non era ancora estinto per essere intervenuti atti o fatti interruttivi della prescrizione. Ne consegue che la nuova produzione documentale e l'attivit difensiva su di essi fondata si inseriscono puntualmente nell'ambito della materia affrontata e decisa con la sentenza 21 giugno 1980, sicch non sussiste alcuna preclusione, neppure sotto il profilo da ultimo considerato, alla proposizione della domanda di revocazione, con la quale -giova ribadirlo -i!l Redaelli fa valere una causa interruttiva ulteriore e diversa sia da quella prospettata ad initio e ritenuta irrilevante da questa Corte (proposizione della domanda giudiziale di declaratoria dell'illegittimit del decreto ministeriale di confisca) sia da quella basata su fatti e documenti gi noti al Redaelli e perci non deduciMli per la prima volta, nel giudizio di rinvio. In tale situazione la Corte d'Appello di Roma avrebbe dovuto non gi dichiarare finammissibilit della revocazione per una preclusione insussistente, ma procedere aUa verifica, in concreto, dei presupposti dell'impugnazione, accertando in particolare se effettivamente i documenti di cui trattasi non erano conosciuti (n conoscibili con l'ordinaria diligenza) dal Redaelli prima della seconda met di luglio del 1986; se l'istanza per revocazione straordinaria stata proposta nel termine perentorio prescritto dagli artt. 325 e 326 cod. proc. civ.; se il contenuto dei documenti decisivo (nel senso innanzi precisato). Ed in esito a questi accertamenti la stessa Corte avrebbe dovuto adottare i provvedimenti conseguenziali in ordine all'istanza. Si deve, pertanto, cassare l'impugnata sentenza, in accoglimento per quanto di ragione -del primo motivo di ricorso, con la precisazione che non ha il minimo fondamento la censura del ricorrente secondo cui la Corte del merito, nell'esercizio del potere-dovere di controllare RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 482 la fondatezza deH'eccezione della convenuta, avrebbe dovuto rilevare d'ufficio fatti e situazioni idonei a contrastarila. La Corte ha, infatti, accolto l'eccezione di prescrizione in base alla mera constatazione del decorso del periodo di tempo previsto dalla legge, senza l'intervento di validi atti interruttivi. N si comprende come quei giudici avrebbero potuto rilevare fatti e >, e cio, date le esigenze di celerit proprie del processo per regolamento di competenza, imponendo termini molto brevi. Si noti, del resto, che nei procedimenti cautelari, i quali devono svolgersi con il massimo di celerit per la possibilit del verificarsi di danni gravi e irreparabili, stato sempre ammesso, in termini compatibili con la natura di tali procedimenti, lo svolgimento di attivit istruttorie. Altrettanto e a maggior ragione deve ammettersi l dove si tratti di un giudizio mirante a determinare la competenza o meno del giudice adito: giudizio che se pu provocare qualche ritardo, non per questo, in assenza di qualsiasi elemento rinvenibile nella normazione, appare idoneo a giustificare una grave deroga a regole di carattere generale. Di conseguenza, l'Adunanza Generale ritiene che, qualora il provvedimento impugnato non sia stato depositato, il provvedimento stesso possa essere richiesto, in tempi brevi, dal giudice della competenza. La seconda questione sottoposta all'esame dell'Adunanza Plenaria consiste nello stabilire se in materia di diritti patrimoniali inerenti a rapporto di pubblico impiego e, quindi, in sede di giurisdizione esclusiva, l'impugnazione di una circolare emanata da un Organo Centrale dello Stato sia di per s idonea a radicare la cm;npetenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con sede in Roma, ai sensi dell'art. 3 u.c. legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Nella specie, in uno con il provvedimento del Comune di Taranto d diniego di corresponsione di rendita vitalizia, stata impugnata la circolare del Ministero per la Funzione Pubblica 19 luglio 1986 numero 50720/282, sulla base della quale il provvedimento stato adottato, ed stata chiesta la declaratoria del diritto a tale rendita. Va ricordato che questo Consiglio, giudicando in sede di regolamento di competenza, ha in pi occasioni affermato che la connessione per accessoriet d luogo all'attrazione della causa relativa all'atto conseguente o applicativo nel foro della causa dell'atto presupposto generale, sempre che l'impugnazione dei due atti sia contestuale (Ad. PI. 19 aprile 1977, n. 5 e Sez. VI, 16 giugno 1978, n. 746). Dato che l'oggetto della controversia deve essere considerato in relazione al titolo della domanda, 486 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stato anche affermato che la riunione delle cause con spostamento di competenza pu aver luogo soltanto se la impugnativa investe pure l'atto presupposto generale e deduce l'illegittimit derivata dell'atto conseguente o applicativo (Sez. VI, 7 marzo 1978, n. 325); e non se l'atto prosupposto venga soltanto menzionato nell'atto impugnato come premessa procedimentale del provvedimento lesivo (Sez. VI, 21 giugno 1977, n. 669). Nelle varie ipotesi considerate dalla giurisprudenza amministrativa, perci, il deferimento dell'intera controversia ad un unico giudice (quello competente a pronunciarsi sulla legittimit dell'atto a carattere normativo) stato in linea generale ravvisato ammissibile nel caso di contestuale impugnativa di atti fra loro collegati con un asserito nesso di conseguenzialit, nel senso che l'atto presupposto costituisca un atto amministrativo a contenuto generale la cui invalidit sia considerata a sua volta causa invalidante conseguenziale. Con riguardo alla fattispecie, si prospettato il dubbio che nell'ambito di un giudizio concernente diritti patrimoniali relativi a rapporto di pubblico impiego o comunque rientranti nella giurisdizione esclusiva, l'impugnazione di circolari esplicative o interpretative, sia inidonea a determinare la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sez. V, 26 maggio 1990, n. 464; Sez. VI, 17 ottobre 1988, n. 1121; Sez. VI, 10 giugno 1987, n. 375 e 9 giugno 1986, n. 407). I Infatti, in materia di pretese patrimoniali del pubblico dipendente (come d'altronde di diritti soggettivi in genere) il concreto atto di deter I minazione del trattamento economico della singola indennit spettante r~ avrebbe natura di atto paritetico. D'altra parte le circolari esplicative o 1:: interpretative di norme di legge o di accordo collettivo recepito in un I regolamento non avrebbero alcun contenuto provvedimentale e sarebbero inidonee ad incidere sul diritto azionato. L'impugnazione di detti atti non I sarebbe necessaria, e sarebbe comunque irrilevante ai fini della decisione II sulla pretesa dedotta in giudizio. Secondo tale orientamento, per ritenere inoperante il foro speciale (ma il rilievo sembra valido per qualsiasi altro foro territoriale) in ragione della impugnativa di una circolare contestualmente al conseguente atto ~ applicativo dell'organo periferico, dovrebbe necessariamente sussistere una stretta connessione tra le due impugnazioni; connessione che non pu che individuarsi nel rapporto di pregiudizialit necessaria della decisione sull'impugnazione della circolare rispetto a quella relativa all'atto applicativo. Al riguardo, l'Adunanza Plenaria osserva che il giudizio sulla natura e sulla efficacia della circolare del Ministro per la Funzione Pubblica, nonch sulla influenza che essa ha potuto esercitare sulle determinazioni del Comune di Taranto, appartiene al merito della controversia. Il giudice della I I I I I I 488 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO fini dell'invalidazione in via derivata della determinazione del Comune di I I ID Taranto. La circolare, pertanto, appare obiettivamente non estranea ma pertinente al provvedimento impugnato e costituisce nell'articolazione della domanda, possibile causa invalidante dell'atto del Comune di Taranto. Di conseguenza, la competenza a conoscere della controversia in esame I spetta al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con sede in Roma. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969 -Pres. Paleologo Est. Tumbiolo -Palermo ed altro (avv. Palermo) c. Ministero di Grazia e Giustizia ed altri (Avv. Stato Cingolo). Atto amministrativo -Legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 25 e art. 31 -Accesso ai documenti -Operativit Entrata in vigore dei decreti ex art. 24 stessa legge Necessit Atto amministrativo Accesso ai documenti Entrata in vigore d.P .R. 27 giugno 1992, n. 352 .Effetti . Immediata e piena operativit del diritto Esclusione. In base al disposto dell'art. 31 della legge 7 agosto 1990, n. 241, le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della stessa legge, e, quindi, di tutti i regolamenti previsti da tale norma, sia governativi che ministeriali (1). L'emanazione del d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento per la disciplina delle modalit di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, non conferisce immediata e piena operativit al diritto stesso: nelle more dell'adozione dei regolamenti ministeriali concernenti le categorie da sottrarre all'accesso, e in (1) Cfr. negli stessi termini della sentenza in esame, Cons. Stato, Sez. VI, 9 settembre 1992, n. 630 che segue; Cons. Stato Sez. IV, 6 maggio 1992, n. 499 in Il Cons. Stato, 1992, p. 693; Cons. Stato, Sez. VI, 27 marzo 1992, n. 193, in questa Rassegna, 1992 I, 93, con nota di A. CINGOLO e in Giur. lt., 1992, p. Ili, p. 878, con nota critica di CANNADA BARTOLI. In dottrina, sull'argomento R. VILLATA, Ulteriori orientamenti giurisprudenziali sull'art. 25 della legge 241 del 1990, in Dir. proc. amm., 1991, 791; negli stessi termini della giurisprudenza del Consiglio di Stato, si veda F. CuocoLo, Commento agli artt. 22 e 24 legge n. 241 del 1990, nel volume a cura di V. ITALIA e M. BASSANI, Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti, Milano, 1991, 407 ss.; P. ALBERTI, L'accesso ai documenti amministrativi, in ALBERTI e Autori vari, Lezioni sul procedimento amministrativo, Torino, 1992, 121 ss.. Nel senso, invece, che la legge 241 del 1990 non subordinerebbe l'entrata in vigore delle norme sul diritto di accesso alla data di adozione dei regolamenti cfr. E. CANNADA-BARTOLI, Brevi note sull'accesso ai documenti amministra tivi, in Foro Amm., 1991, 2655. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 489 ogni caso non oltre un anno a decorrere dal 13 agosto 1992, data di entrata in vigore del d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento per la disciplina delle modalit di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, secondo comma, della suddetta legge n. 241, il diniego di accesso non pu essere opposto con provvedimento motivato in relazione alle esigenze di salvaguardia degli interessi di cui al summenzionato art. 24 e con riferimento ai criteri delineati all'art. 8 dello stesso regolamento governativo. 1. -Va anzitutto dichiarata la cessazione della materia del contendere nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per avvenuto rilascio dei documenti richiesti dagli appellanti. 2. -Per il resto, l'appello infondato. Invero, come la Sezione ha gi avuto modo di affermare (6 maggio 1992, n. 499), l'art. 31 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispone espressamente che le norme sul diritto di accesso di cui al capo V della legge medesima hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24. La norma, dunque, subordina la stessa esistenza e l'esercizio del diritto di accesso all'entrata in vigore dei cennati decreti e non alla scadenza del termine semestrale previsto, termine che, peraltro, non qualificato n pu ritenersi perentorio, siccome inerente all'esercizio di indefettibili poteri regolamentari. Anche la Sezione VI di questo Consiglio ha espresso l'avviso che la applicabilit del particolare procedimento introdotto dall'art. 25, comma 5, della legge n. 241 del 1990 resta temporaneamente bloccata dalla prescrizione dell'art. 31, in base alla quale le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della legge (cfr. VI, 9 settembre 1992, n. 630; 27 marzo 1992, n. 193). 3. -Nelle more del giudizio entrato in vigore il d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento per la disciplina delle modalit di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, comma 2, della legge n. 241 suindicata. L'emanazione di tale regolamento non conferisce, per, immediata e piena operativit al diritto azionato dagli appellanti. Invero, a parte il fatto che il rifiuto dell'Amministrazione anteriore all'entrata in vigore del d.P.R. n. 352 del 1992, l'art. 31 della legge n. 241 del 1990, secondo cui le norme sul diritto di accesso hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24, si riferisce chiaramente a tutti i regolamenti previsti dall'art. 24, sia governativi che ministeriali. Se il legislatore avesse voluto riferirsi soltanto ai primi, avrebbe 490 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I fatto riferimento soltanto ai decreti di cui al comma 2 dell'art. 24 e non, I ~ globalmente, ai decreti di cui all'articolo 24 . E, proprio per tale motivo, l'art. 13 del regolamento governativo ha disposto che nelle more dell'adozione dei regolamenti ministeriali concernenti le categorie di documenti da sottrarre all'accesso, e in ogni caso fil non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il diniego di accesso pu essere opposto con provvedimento motivato dal Ministro, per le amministrazioni dello Stato, e dall'organo che ha la legale rappresentanza dell'ente, negli altri casi, in relazione alle esigenze di salvaguardia degli interessi di cui all'art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e con riferimento ai criteri delineati all'art. 8 . Non si tratta di una sostanziale proroga di termini, come ritiene l'Avvocatura dello Stato, ma di una autodisciplina, della durata di un anno, intesa a mitigare gli effetti negativi di un eventuale eccessivo ritardo nella adozione dei regolamenti ministeriali. Il regolamento governativo (d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352) stato pubblicato nella G. U. del 29 luglio 1992 ed entrato quindi in vigore il 13 agosto 1992, per cui, a decorrere dal 13 agosto 1993, l'accesso non pu essere negato se non nei casi previsti dalla legge, come precisa il comma 2 del richiamato art. 13 del d.P.R. n. 352. Nel frattempo, il diniego di accesso pu essere opposto con provvedimento motivato e con riferimento ai criteri delineati all'art. 8 dello stesso regolamento governativo. E ci, ovviamente, a decorrere dalla data di entrata in vigore di quest'ultimo (13 agosto 1992). Va sottolineato, a tal riguardo, che l'Amministrazione deve far riferimento ai criteri delineati nell'art. 8, che disciplina i casi di esclusione dell'accesso. Pertanto, nei casi in cui vi siano gi stati, prima dell'entrata in vigore del suindicato regolamento, casi di diniego di accesso, tacito od espresso (motivato o immotivato), occorre una nuova richiesta dell'interessato. Ci, non soltanto perch l'Amministrazione, alla luce della disciplina transitoria contenuta nell'art. 13 del d.P .R. n. 352 del 1992, deve attenersi, in caso di diniego, ai criteri delineati all'art. 8 del recente provvedimento governativo, esplicitando il motivo del diniego stesso, ma anche perch il termine di giorni trenta previsto, dall'art. 25, comma 4, della 1. n. 241 del 1990, per la formazione del silenzio-rifiuto, non pu che decorrere dalla data di presentazione della nuova richiesta, a seguito dell'entrata in vigore (13 agosto 1992) del d.P.R. n. 352. Ci posto, occorre, nel caso di specie, che gli appellanti rinnovino la richiesta di accesso, alla luce della normativa transitoria introdotta dall'art. 13 del richiamato d.P.R. n. 352 del 1992, impugnando quindi avanti al T.A.R. l'eventuale provvedimento di diniego ovvero il silenzio-rifiuto. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 491 4. -L'appello va perci respinto, salvo che per la parte in cui proposto contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la quale va dichiarata la cessazione della materia del contendere. CONSIGLIO DI STATO -Sez. VI, 9 settembre 1992, n. 630 -Pres. La schena -Est. Adamo -Ministero Pubblica Istruzione (Avv. Stato Cin golo) c. Monari (n.c.). Atto amministrativo -Legge 7 agosto 1990, n. 241, artt. 10, 22, 24, 25 e 31 -Diritto di accesso ai documenti Contenuto Operativit Limiti. Il diritto di cui all'art. 10 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dei soggetti partecipanti al procedimento di prendere visione degli atti del medesimo si configura come lo stesso diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui all'art. 22 della suddetta l. n. 241, avendo entrambe le ipotesi normative lo stesso scopo di assicurare la trasparenza dell'attivit ammi~ istrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale; di conseguenza, il diritto di accesso unico e pu vantare assicurazione in sede giurisdi: zionale secondo lo speciale procedimento regolato dall'art. 25, quinto comma, l. n. 241, con il puntuale limite prescritto dall'art. 31, stessa legge, 'Secondo il quale le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della pi volte menzionata l. n. 241 del 1990 (l). Dei tre motivi di appello della sentenza impugnata, dedotti dall'Amministrazione e che riproducono le altrettante eccezioni di inammissibilit sollevate in primo grado avverso l'atto introduttivo del ricorso della prof.ssa Maria Monari, inteso ad ottenere la declaratoria del proprio diritto a prendere visione della documentazione relativa al procedimento concernente l'esito (negativo) del periodo di prova quale docente di filosofia nelle scuole secondarie superiori e l'ordine di esibizione dei documenti richiesti, conviene trattare per ragioni di ordine logico, in via prioritaria, il terzo motivo. Con tale motivo la sentenza viene censurata perch il ricorso della Monari avrebbe dovuto essere dichiarato dal Tribunale amministrativo inammissibile, in quanto la docente avrebbe dovuto rivolgersi, per ottenere i documenti desiderati, non al Provveditorato agli studi di Mantova bens al Ministero della pubblica istruzione. Era stata partecipata dal Provveditorato agli studi all'insegnante, invero, l'avvenuta trasmissione al Ministero, a norma dell'art. 59 del d.PR. 31 maggio 1974, n. 417, degli (1) Si veda, sull'argomento, la nota redazionale alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969 che precede. 492 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO atti comprovanti l'esito sfavorevole della prova, con la proposta di ripetizione della stessa nel successivo anno scolastico. La censura fondata alla luce della normativa che disciplina la fattispecie. L'art. 8 della 1. 7 agosto 1990, n. 241, stabilisce che l'Amministrazione debba dare notizia ai soggetti, nei confronti dei quali il provvedimento finale destinato a produrre effetti diretti, dell'avvio del relativo procedimento mediante comunicazione personale, che deve, tra l'altro, indicare l'Amministrazione competente. Il citato art. 59 del d.P.R. 4 luglio 1974, dispone, a sua volta, che, in caso di esito sfavorevole della prova del personale della Scuola statale appartenente ai ruoli nazionali, sia il Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, competente a concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione in ordine alle capacit ed al rendimento, dell'insegnante in prova , Risulta, quindi, evidente che la Mmi.ari attraverso la cennata comunicazione del Provveditorato agli studi, era stata messa in condizione di conoscere che l'Autorit competente a concludere il provvedimento di rinnovo del periodo di prova era il Ministero della pubblica istruzione e non gi il Provveditorato agli studi (come, del resto, previsto dalla legge). Ella avrebbe dovuto rivolgere, perci, la istanza di prendere visione degli atti del procedimento al Ministero e non al Provveditorato. La rilevanza di siffatta circostanza sarebbe sufficiente, di per s, a ritenere inammissibile il. ricorso al Tribunale amministrativo. Tuttavia, sembra opportuno precisare che l'inammissibilit del ricorso di primo grado deriva anche dalle ragioni dedotte dall'Amministrazione appellante con i primi due motivi dell'appello, ragioni che vanno parzialmente condivise. Non pu condividersi, infatti, l'assunto che l'azione proposta dalla Monari sia inammissibile in radice in quanto sarebbe diversa da quella contemplata dall'art. 25, quinto comma, della legge n. 241 del 1990, dato che non atterrebbe alla tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al Capo V della legge ma al differente diritto dei destinatari del provvedimento finale a poter visionare gli atti del procedi mento stesso. La salvezza contenuta nella lett. a) dell'art. 10 della legge relativa al diritto dei soggetti partecipanti al procedimento di prendere visione degli atti del medesimo e concernente l'osservanza delle statuizioni di cui al successivo art. 24 -e cio di una norma facente parte del Capo V della legge che disciplina l'accesso ai documenti amministrativi - indubbio segno della complementariet della intera normativa del detto Capo V rispetto a quella del Capo III. Peraltro, per quanto riguarda il PARTE I. SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA diritto a prendere visione degli atti del procedimento del tutto evidente che esso si configuri con riferimento ai soggetti partecip~nti al procedimento, come il medesimo diritto di accesso (ai documenti amministrativi) di cui all'art. 22, analogo essendo lo scopo del riconoscimento del diritto contemplato negli artt. 10 lett. a) e 22. In entrambe le ipotesi normative fine del riconoscimento del diritto , infatti, quello di assicurare la trasparenza dell'attivit amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti. Unico essendo il diritto (d accesso) previsto nei due articoli menzionati non risulta esatta l'osservazione del primo giudice che il Capo III non contempla le forme di tutela del diritto di accesso agli atti e documenti di cui al predetto punto a) dell'art. 10 e che, quindi, in mancanza di disposizioni specifiche il predetto diritto possa vantare assicurazione in sede giurisdizionale secondo lo speciale procedimento regolato dall'art. 25, quinto comma, della legge. Il rito abbreviato contemplato in quest'ultimo articolo risulta, infatti, direttamente applicabile ai casi di accesso prefigurato dalla legge sia che esso trovi collocazione nell'art. 10 lett. a) in sede partecipativa al procedimento sia che attenga alla conoscenza di documenti amministrativi da parte di chiunque vi abbia interesse (art. 22, primo comma). Ma, se cos -se, cio, il diritto di accesso riconosciuto dagli artt. 10 lett. a) e 22 lo stesso -l'applicabilit del particolare procedimento introdotto dal quinto comma dell'art. 25 resta temporaneamente bloccata dalla prescrizione dell'art. 31, in base alla quale le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al Capo V hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della legge . La chiara e tassativa lettera della prescrizione -dettata col preciso intento di differire l'applicazione, nella sua globalit, della normativa sul diritto di accesso fino al momento della definizione dell'ambito delle materie escluse dall'accesso in relazione alle ipotesi specificate nell'art. 24, secondo comma, e della indicazione delle modalit di esercizio del diritto -non consente, peraltro, di apprezzare la tesi del Tribunale amministrativo che ritiene estrapolabile dalla previsione complessiva dell'art. 31 e di immediata applicabilit la norma di cui al quinto comma dell'art. 25, in quanto disposizione di carattere procedurale. Va rimarcato, inoltre, che alla data in cui venne presentata la domanda di visione dei documenti (8 novembre 1990) il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, previsto per l'emanazione dei decreti governativi di cui all'art. 24 della stessa legge, non era ancora decorso. Alla fondatezza dell'appello dell'amministrazione scolastica consegue che, in riforma della sentenza impugnata, l'originario ricorso della Monari debba essere respinto. La peculiarit e la novit della questione trattata inducono alla compensazione tra le parti delle spese di giudizio. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 494 CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 14 ottobre 1992, n. 754 -Pres. Laschena - Rel. Salvatore C. -Ministero Trasporti (Avv. Stato Stipo) e Impresa Daversa (avv. Gaito) c. SADEM (avv. Zammit). Trasporti -Concessione di autolinee -Poteri discrezionali dell'Amministrazione in ordine alle caratteristiche di linea di Gran Turismo e ordinarla indipendentemente dalla domanda. Le domande delle imprese interessate costituiscono soltanto il presupposto della concessione di una nuova autolinea, ma non ne limitano il contenuto, spettando unicamente all'Amministrazione di compiere le occorrenti valutazioni e trarne le conclusioni che, nel suo discrezionale apprezzamento, ritenga pi conformi al pubblico interesse sia in ordine alle caratteristiche della linea da istituire (ordinaria o di gran turismo) sia al percorso sia alle modalit di esercizio (fermate, tariffe, tipi di pullmans); pertanto l'Amministrazione, impostata l'istruttoria per l'esame di autolinea di gran turismo, legittimamente pu d'ufficio -istituire un'autolinea ordinaria. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 agosto 1992, n. 9313 Pres. Bologna Est. Bibolini -P. M. Zema (conf.). -Cobianchi c. Mnistero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi erariali diretti Imposta sul reddito delle persone fisiche -So ciet di persone ~ Reddito di partecipazione per quota Dipendenza dal reddito accertato nei confronti della socief. (d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 5; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, artt. 6 e 40; cod. civ., artt. 2257 e 2266). Nelle societ di persone si verifica una identificazione oggettiva tra utile sociale e reddito, in proporzione, del socio, che si riflette sul procedimento di dichiarazione e di accertamento e sul processo, con la conseguenza che, trovandosi il socio in una posizione di subordinazione rispetto alla societ, il reddito definitivamente accertato nei confronti della societ vincolante per i soci che abbiano amministrazione disgiuntiva della societ (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 settembre 1992, n. 10667 -Pres. Vela Est. De Musis P. M. Martinelli (conf.). Ferrini c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Tributi erariali diretti Imposta sul reddito delle persone fisiche Societ di persone Accertamento del reddito societario Necessit della notifica ai singoM soci Esclusione Impugnazione posticipata da parte dei soci Ammissibilit. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. S; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40). L'accertamento del reddito della societ di persone non esige che sia notificato, oltre che alla societ, ai singoli soci; ci non significa che l'ac (1-2) La prima sentenza contiene una affermazione indubbiamente esatta ma forse limitativa. Infatti anche nella societ nella quale i poteri di amministrazione non spettino disgiuntamente a tutti i soci, l'identificazione tra reddito della societ (soggetto ad IL.O.R.) e somma dei redditi di tutti i soci si verifica 496 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO certamento notificato soltanto alla societ diventa definitivo per i soci, perch questi possono impugnarlo successivamente quando sar ad essi comunicato l'accertamento del reddito personale (2). I. (omissis) Con il mezzo di cassazione il sig. Roberto Cobianchi denuncia l'ins-ufficienza e l'illogicit della motivazione sui punti decisivi della controversia nonch l'erronea applicazione di principi e norme di diritto, e cio degli artt. 5 d.P.R. n. 597/73, 6 e 40 d.P.R. n. 600/73. In particolare il ricorrente sostiene che l'art. 6 d.P.R. n. 600/73 non stato evocato esattamente in quanto, se vero che le dichiarazioni delle societ sono presentate anche agli effetti dell'I.R.P.E.F. dovute dai soci, ci ha un valore formale e di controllo, giacch i soci debbono presentare la propria dichiarazione annuale ed questa che ha pregnanza sostanziale ai fini IRPEF, pure in presenza di un reddito attribuito in relazione a quello prodotto dalla societ di persone. L'art. 40 d.P.R. n. 600/73 tratta della rettifica delle dichiarazioni dei I ~ soggetti diversi dalle persone giuridiche in sede di accertamento; ci non significherebbe affatto che in sede contenziosa la difesa del socio sia meramente dipendente da quella della societ, in quanto sarebbe illogico parlare di autonome notifiche di distinti avvisi di accertamento alla societ ed ai soci, e poi sostenere che dette autonomie sono del tutto ininfluenti, I come se non esistessero. Si sostiene che le societ di persone sono soggetti ~ I ~ passivi di accertamento, non di imposta ai fini I.R.P.E.F. per cui non si pu punire il soggetto di imposta che ha rispettato tutte le regole del contenzioso, perch la societ ritenuta in fallo. Infine, ritenuto inconferente ed incongruo l'accenno della Corte d'Appello al fatto che il Cobianchi aveva anche sottoscritto il ricorso della societ ed aveva nel proprio personale ricorso chiesto che il proprio red I dito da partecipazione fosse determinato in riferimento a quello che sarebbe stato definito per la societ, sia perch il sig. Cobianchi fece detta dichiarazione sul presupposto che il ricorso della societ fosse regolare formalmente, sia perch comunque nella memoria aggiunta al suo ricorso ugualmente per la stessa costruzione legislativa del reddito da partecipazione definito nell'art. 5 del t.u. delle imposte sui redditi. Al pari della dichiarazione della societ, sono vincolanti per i soci gli altri prowedimenti (accertamento, giudicato) che definiscono il reddito societario. Non persuade invece la seconda sentenza. Se si consente al socio di ri mettere in discussione la sua quota, dissentendo dalla dichiarazione della societ o impugnando l'accertamento, si spezzerebbe la necessaria unit (art. 6 e 40 d.P.R. n. 600/73) tra reddito della societ e reddito della somma delle quote sociali. PARTE I, SEZ. V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 497 p(;)rSo!l!ill~ (;)gli .!:\V<::V!:\ sst~al:<::, un aspett() procedurale . ed .un aspetto pt~slJ~le;, .. Sotto il prqfilo sostanziale l'art.. 5 del. d;P.'R. 597/73,. in riferimento all'art, 1, individua la relazfone tra il presupposto della I.L.O.R. gravante sulla societ equello dela I.R.P;RKgravante sul socio (limitatamente lla voce (( redd,ito d1:1 partecipazione },in una situazione di ((identit.ȥ Se vero, infatti, che per l'art. l del d.P.R. n. 597/73 citato il presuppo$' to dell'imposta sul reddito delle persone fisiche iL<~ possesso di reddit >> secqndo .no dt!Hipi indicati nel successivo articolo 6; detto possesso, re.J;l,ltiYai:Ilel)te agli utijLdellei societ di persone .parteqipate, . in4h4duato daJJ:'..art. 5' nella pura e semplice imputazione, itidipendentemente da qtJaj5iast ipotest di distribuzione da .p~~ della societ e di percezione da parte del sqcio. L;;i:J.l;lerapartecipazone::i,4 una cqmpagine sociale del tipo, quin~1 in:iplica cll:l parte del socio, e proporzionalmente alla partecipazione, << PPsseSS!> dell'utile sociale che, in quanto tale; diviene componente del reddito personale .. del socio ai fini della I.R.P .E.F. Non solo, quindi, vi identit og~ettiva tra utile sociale e reddito del soci() (in. proporzione), .ma perch l'utile sociale dhrenga reddito posseduto . dal socio; non occorre alcun movimento patrimoniale o finan~ zati poich; quand'anche l'utile rimanesse impieg-afo nell'azienda quale componente o entit del patrhnonio sociale, il rapporto societario indiViduerebbe di per s il pssesso di reddito sociale per il socio quale proprio reddito, indipendentemente dalla percezione ; come precisa espressamente l'atticolo citato. L'entit di presupposto si riflette sulle modalit o'Petative del con tribuente; tanto che (rut 6 d,P.R. 29 settembre 73, :i:l. 600) la dichiarazione dei redditi sodali viene fatta dalla societ agli effetti dell'imposta locale sui fdcliti dovuta dalla stessa societ, e <Poich; pefaltto, i soei ai fini dello t.R.P;:S.P. :iion sono esonerati dalla propria e personale dichiarazione, l'effetto estensivo della dichia razione soeile ai fini del presupposto de1lo LR.P.E.F. dei soci, non pu avere che un unico sghlficato, e cio: i soci sono tenuti ad esporre nelle loro personli dichiarazfoni un reddito da partecipazione identico a quello esposto dalla societ, imputandolo pro quota a proprio reddito. Si individua, pertanto, sul piano dell'applicazione dell'imposta perso nale, cui il socio chiamato con -la propria dichiarazione, una situa - 498 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO zione di subordinazione alla posizione ed alla dichiarazione della societ, in virt dell'effetto estensivo che la legge attribuisce alla dichiarazione di quest'ultima, come conseguenza della situazione di identit di presupposto che la I.L.O.R. della societ e la I.R.P.E.F. del socio (quanto meno pro quota) hanno. La richiamata unit sostanziale, inoltre, si riflette sul piano procedurale, in base alla disciplina dell'art. 40 del d.P.R. n. 600/73 citato. Come, infatti, alla dichiarazione della societ la legge conferisce effetto estensivo sull'oggetto della dichiarazione personale del socio, cos l'art. 40 citato dispone che alla rettifica della dichiarazione della societ si procede con unico atto ai fini dell'imposta locale sui redditi dovuta dalla societ stessa e ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche... dovute dai singoli soci o associati . L'accertamento unico, quindi, (disposto con terminologia identica a quella del primo comma dell'art. 40 per le societ di capitali ai fini della I.L.O.R. e della I.R.P.E.G. dalle stesse dovute), con effetto duplice sia sull'imposta sociale sia su quella personale del socio, delinea ancora sul piano procedurale la subordinazione della posizione del socio rispetto a quella della societ, nel caso che non pu esservi una revisione dell'utile sociale che non debba riflettersi proporzionalmente sul reddito da partecipazione del socio, n possa esservi una revisione del reddito da partecipazione se non in coerenza con analoga revisione del reddito sociale nei confronti della societ stessa. L'identit di presupposto delle due imposte, gravanti su soggetti di imposta diversi, ma maturato nell'ambito dell'organizzazione societaria, comporta sia sul piano sostanziale, sia su quello operativo dei contribuenti, sia su quello delle procedure devolute all'amministrazione finanziaria, una derivazione della posizione del socio rispetto a quella espressa dalla societ, nel senso che nelle varie fasi indicate, non possa individuarsi un reddito da partecipazione del socio se non rapportato al reddito realizzato, dichiarato o accertato per la societ. Si tratta, ora, di valutare se la predetta identit di presupposto, e l'individuata derivazione di situazioni, debba esprimersi anche sul piano processuale, nel senso che non possa esservi un ricorso alle Commissioni Tributarie del socio che intenda porre in controversia l'entit del suo reddito da partecipazione, quando non sia stato proposto ricorso contro l'accertamento nei confronti della societ partecipata e che sia divenuto, per ci stesso definitivo, ovvero, proposti entrambi i ricorsi, quando quello della societ abbia un esito diverso da quello auspicato dal socio, a sua volta ricorrente in proprio. Il quesito, se limitato alla societ di fatto e dei soci (la F.lli Co bianchi, di cui Roberto Cobianchi era partecipe, era societ di fatto) merita una risposta affermativa. per l'appunto una I I i I I I I I I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDEWLA TRIBUTARIA Ed invero, nella societ che na~da .dal senplice fatto della gestione in Coml.11:1e dell'~tnpres11 cm pai-te ci~ pi P~rsone fisic;he (e con stinzione anclie rispetto aUa collettiva irregblare,jn . cui possa distinguersi tra. soci Vers la socit,. . Nmf . si pu, . quindi, sciri4ere sUI, piano pi:oC:ssuaie la posi'zion~ dei singoli soci da quella della societ (ai fini della individuazione del rapporto di imposta sopra delineato)~ n:~ puF sostt}nersh che un sistema del genere violi iL diritto di difesa di casC'Un socio il qitale (J.ebba subire gli effetti, anche pregiudfaevoli; di un'eventuale non accurata difesa da parte della societ; e do proprie> perch fa societ ricorre e sta in . giudizio in persona di tutti; e di.ciasciino de soci; i quali rappresentando; o potendo rappresentare, la societ, in giudizio, per ci stesso difendono le proprie situazioni di diritto sostanziale in posizione derivativa. rispetto a quella della societ~ Una situazione del genere si verificata . nel caso di specie in cui il sig. Roberto Cobianchi aveva sottoscritto il ricorso della societ (come accertato dalla Corte del merito) gestendo l fase gi'udizi.ale di impugnazione .. dell'ccertamento della societ stessa, ed .aveva.chiesto nel dcorso contro !!accertamento personale che il suo reddito da partecipazione fosse determinato n proporzione (il 50 %) . al reddit. che sarebbe.stato deterriinato.. per la societ in sede contenziosa, ditlostrndo con ci la piena consapevolezia di quella subordinazione di posizioni, gi .sopra illustrata ed operante sia sul . piano sostanziale, sia su quello processuale. La dfohiarazione di inammissibilit, per tardivit, del .rfootsO. della soeiet, dallo stesso sig' .Roberto Cobianchi sottoscritto, di conseguenza, ha reso operativb il vincolo di derivazione tra la posizione deI socio (limitatamente al reddito da partecipazione) e quella sodale, per cui, in coerenza con i presuppostflndicati e validi quanto meno nelle situazioni correlate della societ di fatto e dei soci, la pronuncia della Corte d'Appello di Milano non meritevole delle censure mosse dal ricorrente. 500 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO II. (omissis) Con l'unico motivo si deduce che la Corte di appello incorsa in violazione e falsa applicazione degli artt. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e 40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 perch non ha esaminato le questioni che le erano state sottoposte, e cio: a) in via principale: la nullit dell'accertamento svolto nei confronti della societ, in quanto notificato solo a questa e non pure ai soci, laddove l'art. 40, prescrivendo la unitariet dell'accertamento, imponeva altres, conseguentemente, la notifica di questo anche ai soci; b) in via subordinata: la illegittimit costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della costituzione, di detto articolo, se interpretato nel senso della sufficienza della notifica dell'accertamento del reddito della societ solo a questa. Va preliminarmente rilevato che, poich si censura l'omesso esame delle questioni, con il motivo, bench formalmente si denunzia la violazione di norme di diritto, in realt si deduce il vizio di omessa motivazione. E poich si tratta di questioni di natura esclusivamente giuridica, necessario delibare la fondatezza delle stesse, dal momento che in caso di esito negativo sufficiente integrare la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., a nulla rilevando, al fine (Cass., 3 aprile 1990, n. 2756), che si tratti non di erroneit, ma di omissione della motivazione. Con la conseguenza, in tal caso, che il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile perch con esso viene dedotto difetto di motivazione su un punto (che si accerta essere) non decisivo della controversia. La prima questione infondata. L'art. 40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 dispone, al secondo comma, che. alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalla societ ed associazioni indicate nell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, si procede con unico atto ai fini della imposta locale sui redditi dovuta dalle societ stesse e ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche dovute dai singoli soci o associati . La unitariet dell'accertamento, che la norma prescrive, non importa, come assume il ricorrente, che l'accertamento debba essere notificato, oltre ch_e alla societ, anche ai soci, dal momento che la unitariet costituisce prescrizione intesa soltanto ad evitare che si proceda ad accertamenti distinti dello stesso reddito (anche se su questo devono essere applicate distinte imposte). vero che la stessa ratio che ha determinato la previsione della unitariet dell'accertamento imporrebbe la unicit della (eventuale) pronl, lnzia giurisdizionale sullo stesso, e, conseguentemente, richiederebbe la PARTa l, saz. v, GI~I$P!lUDENZA 'mIBt.TTARIA ~~::~1bii~tc:~~::=~~::i:~t~eii:~:~p~g=~::,0knst~:~:~e~t~:~;:::: tivf giudizi . ..... Ma la. auspkabilt di.. 1.lna pronunzia giurisdizionale unitaria . non.. $lif~<:fenfo._a 'ta dclivare i~ ()l:)&li~fo*~~M1 delll:l #<'tific~ 4eira8&~h~C m.........en... .....h...... .a.....1...'..... s ..:...c....~...t... ᥥ (:<: .> ..ᥥ. ...:::;:-;. .............. :;::::: . .. ... . ...t . ...._o. Av '.:::.:::.:)\~)>:./: \1'!.~t,A -~9lje,~nAA4~ .~.:>ni~-s~~~ :... 7.... .. ~liilili~~~i=~ dFpron#fliie gitdsdizionali/ ereatldo .. tosi un iiiconvenfonte tlelfa .stes~ ;;~,e~~~::~~~~~~ parte non qrrl~p().den~e al relc:l~to dLpartecipl;\Zi9.e. .. . ih~ttr~ J'e;f:tt: :h~ s~ Mti!la~ ~&r ier1t:re dalla oilii~siC>ne dHa n9tiftc:i~ eq la ntl,Jit d~lf~c:eh~hi~4t~ . a) in'. qgant!> sci\turente dalla violazoo della menzionata unitariet, qvrebbe investir-e J!acert~merttd nclla sua interezza; e . cio anche nei Confronti della scietr 16 (:ii (per vel'o non. sstetrufo neppure dal ricor~ rerite) sarebb Privo di fondamento ~ttrfclico; e. . . cibn!~~t~r~~~~~=~:oi:~~~o!~n~~~~~i~:ili ~:pd~;:i:i~t:e: teinhre ig1a, .;L 6qtj ~1e;~a ~spre.~s~werite e analiti<;~1llente ie ipo1:~1 di n.Jlit1: deJl'ac:~:rtametito~.. le: quali, pertanJo; devono ritenersi tassative. L~ :se~n4a.... 9ue~,ti~n.e. .. m~1feiotament~.IJ.fond~ta,. La circostanza che la disciplina :tributaria non imponga la notifica~ zione dell'accertamento eseguito nei. con~ronti della: societ. anche ai soci, con . la .co11seguenza, gi .. rilevata, che ili,difetto di tale notifiel:lzione I1011 itl'lporta lanuUit. dell'~ccertanlnto; non significa. che.questo divenga defimtiv nei confronti dei'. socrdru momento che costro potranno impu gnarlo allorch esso sar. a loro comunicato in occasione della notifica deiracertamento delfororeddito prsoll.ale. La tutela dei sd, qtn&i, non esdusa ina sotam.e1lte procrastinata: e non si (neppure solamente) dedotto che ci -possa rendere lai difesa minorata. Il ricC>rso 4ev'essere . pert&nto dichia:rato inammissibile. 502 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 agosto 1992, n. 9389 -Pres. Falcone Est. Sgroi -P. M. Romagnoli (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara) c. Soc. SACAP (avv. Maiorino). Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Incompatibilit con norme comunitarie -Rimborsi -Traslazione dell'onere su altri soggetti Onere della prova -Norma sopravvenuta dell'art. 29 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 Applicabilit Retroattivit Mezzi di prova. (I. 29 dicembre 1990 n. 428, art. 29). Ai rimborsi di imposte incompatibili con norme comunitarie applicabile la norma, dichiarata retroattiva, dell'art. 29 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 in forza della quale l'Amministrazione pu sottrarsi all'obbligo del rimborso dando la prova della avvenuta traslazione dell'onore economico a carico di altri soggetti; a tal fine l'Amministrazione pu domandare la esibizione delle scritture contabili e l'ammissione di consulenza tecnica (1). (omissis) Col primo motivo, l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione della legge 14 novembre 1977, n. 889, degli artt. 35 ultimo comma e 91 primo comma del t.u. n. 43/73, degli artt. 12 n. 8, 23, 24, 25, 26 e 32 n. lett. b e n. 3 della Direttiva del Consiglio C.E.E. 12 dicembre 1972, n. 462, dell'art. 19 primo comma del d.l. 30 settembre 1982, n. 688, dell'art. 2033 e.e., nonch omesso ed insufficiente esame di punti decisivi, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., osservando, in primo luogo, che la legge n. 889 del 1977 ha confermato la legittimit della percezione dei diritti di visita sanitaria prima della sua entrata in vigore, per cui era palese la sussistenza di un potere impositivo (art. 32 t.u. leggi sanitarie) il quale porta con s (a monte di ogni questione di prescrizione) l'irripetibilit delle somme riscosse dalla Dogana, non sussistendo la ratio su cui la giurisprudenza ha costruito la ripetibilit nel termine decennale, restando applicabile il principio della legge doganale secondo cui le riscossioni sono definitive, salva l'eccezionale deroga contenuta nell'art. 29 legge del 1940 (art. 91 t.u. del 1973). L'Amministrazione osserva, poi, che l'art. 20 n. 2 del regolamento C.E.E. n. 805/68 stato integrato dalla Direttiva del Consiglio C.E.E. n. 72/462, da attuarsi dal 1 gennaio 1976, la quale ha confermato che le spese per i controlli sanitari devono essere poste a carico degli operatori economici. In terzo luogo, l'Amministrazione sostiene che la sentenza della Corte C.E.E. 28 giugno 1977, in causa n. 70/77, ha chiarito che i diritti (1) Sulla traccia della pronunzia 2 luglio 1991, n. 7248, in questa Rassegna, 1991, I, 355, viene dato avvio al nuovo corso dei rimborsi riconoscendo alla Amministrazione la possibilit di dare la prova della traslazione. S0.3 1!1!~~=,~==~~=:o::::.: .... Si&&e-E~t~:: . .u sl:.dt~ii:t.~.:I ............ i. . : . . > <>/ < ri:sl::~u; e~:~:~: l'fulp.re~a il:lPrtil.trii::e l;tbbi tf'.iil.ttenuta a Stto atico la tassa di tti $fitfa(unitatic~t~m=~~!bi!~~: soltanto l'art. 19 d.l.. n; 688/82, con ci ammettenc!o espressamente l'in. ~~J~l:~::~~":i:i::::;.: vedano~ .fra le molte altre; Cass. 17 maggio 1989 Il:,. 2358; 17 maggi 1989, n 2347); Per .quel che concrne }!frnica qttestione ammissibiie1 pur prenietten. do che nonin un modo. specifico; a tale mezzo>, che non > amroissil?ile, ai sensi del primo comma dell'art. 2711 e.e. Infatti, poich il giudice ha poteri d'ufficio, in proposito (secondo comma l,.SEZ,. I(, .ClJ.PRJ:Sl'RUOONZA. TRIBUTARIA 507 PARU> l,.SEZ,. I(, .ClJ.PRJ:Sl'RUOONZA. TRIBUTARIA 507 TribuU loeli Imposta locale sui redditi Impresa artigiana Soggeztmte Presuppqsti . Compo11e11te patrimoniale Neeessltll. (d.P.R, 29 settembr.e< 1973 .n;. 599; .~t~ h d.P~R. 29 settembre 1973 n. 597, art~ 51). Tifbutt:~in~i:~itni~~t:n;~O:~~~:;o~e~~=b:r::~:postl .. .~~~-~~:;;tll!l!':..~~a>;:1":.,.::,1::= .. ... inv~ce ta stess natura del rJ~ddo prodotta. dal .titolare dell'impresa (1). ll reddto dell'impresa atiigiana gi sotto il vigore del d.P;R; n; 599/1973 r(J; e..~en~~ 4a J~~'OR.. se l'4ttilt,l#1. era .. organizzata prevalentemente cn il l(l,vorQ de~.titolate (IJi net caso di in?;Presa. familiare, .dei suoi familiari); seii.t,a unarilevante CftTiP grava stil. contri" /:Jq:e.n.t-?(3)>,........,............ cqf{fl; PJ GA$AiioNE, S~z.. JJn., lQ .~~osto .199l. n. 9461. -Pres. .Bran" . . c~cd~ ~ E#> Sgroi - P. M. aristo (couti.i~~aft ~ tll)p~t~ I~~e s~... redditi...". Imprei;a familll\re Jledditi . WP"4t~t(ai. ~:mriboratqri. - .i\ppij~btUtit . della noi-n:ia .S.opl,"avvenutattentri. J.is ..ff t.l1. 2f ~. r,iver portata r~tr9.attiva.a:gli effetti della imponibi[itin I.tOR dei redditi ftftpf,{.taii ai c()ltaborator(f dmitldri, .ove ta .dichiarazione ..a suo tf!impq. presei&tatr.i si~ confqrme a,lla dis.(;ipUna. sostanziale stabilita per tali redditi,, in tal caso pu. essere domandata il rimborso di imposta a suo tmpopagata stilla base dlla dichiarazione (4). (1-4) Le pron.nzie. l:lelle Sezioni Unite, elle si propongono .di fare chiarezza su una materia sulla quaie . attivo un.. vivace contenzioso, non. riescono ad eli!:ninare tutti i dubbi. . La prilli.1:1 massima si impone. con l1:1. sua autorit~:. i redditi imputati ai collal:) oratori c1ell:iml,'>:res"" familiwe non. hanno autonomia (e non sono quindi sc;m:ipre qualificabilLcome reddito di lavoro) ed hanno invece fa stessa natura del reddito. prodotto dall'impresa familiare percepito dal suo titolare, Questo si deve rite11ere. o;rmai un dato irreversibile. Molto meno precisa. e co11creta .. la seconda massima che rl:tie11e . che gi sotto il vigore del dl'.R. n. 599/1973 l'impresa .artigiana (familiare o non) 508 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I. (omissis) Non si pu, invece, seguire l'interpretazione data dalla stessa prima sezione, con sentenza n. 4030 del 2 aprile 1992, secondo cui i redditi imputati ai familiari collaboratori sono redditi di puro lavoro, non assimilabile ai redditi d'impresa e, non essendo consentito discriminare all'interno delle varie forme di lavoro (dipendente, autonomo od equiparato), i redditi dei familiari collaboratori debbono ritenersi esclusi dall'I.L.0.R. gi in forza dell'art. l, comma secondo, lett. a) del d.P.R. n. 599 del 1973, integrato dalla sentenza n. 42 del 1980 della Corte Cost., s che l'art. 115 lettera e) del t.u. del 1986 ha un valore ricognitivo di un principio gi enucleabile dal sistema, applicabile al di fuori dell'art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988 perch, quand'anche avesse valore innovativo, lo stesso art. 115 lettera e) ha efficacia retroattiva, in quanto norma correttiva, volta a costituzionalizzare il sistema. Invero, non si pu accogliere la base di partenza dell'assunto, e cio che il reddito imputato ai collaboratori familiari sia sempre reddito assimilabile ai redditi di lavoro, per cui l'esclusione dall'I.L.O.R. era imma I nente al sistema e l'art. 115 lettera e) del t.u. non avrebbe fatto altro che rendere esplicito un principio ricavabile in via di interpretazione conforme alla Costituzione. Si vedr, pi oltre, che tale reddito pu essere Iassimilabile ai redditi di lavoro, ma non sempre. fil Il problema della tassazione dei redditi dell'impresa familiare sorto 0 & dopo l'entrata in vigore dell'art. 230-bis e.e. (art. 89 legge 19 maggio 1975, f: n. 151), quando gi, sotto il vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, si f; distinguevano i redditi in fondiari, di capitali, di impresa, di I lavoro e diversi, a seconda della loro natura oggettiva, e in indi- I fosse soggetta all'I.L.O.R. solo quando impegnava nella sua organizzazione una rilevante componente patrimoniale. La troppo sbrigativa liquidazione dell'orientamento, assai accredidato in giurisprudenza, che, sulla base dell'art. 51 del d.P.R. n. 597/1973 riteneva in ogni caso soggetta all'I.L.O.R. l'impresa produttrice di beni o di servizi rientranti nella previsione dell'art. 2195 cod. civ., indipenI dentemente dalla organizzazione in forma di impresa (criterio questo rigoroso, ma chiaro ed univoco) non seguita da una proposta interpretativa sufficiente Iimente chiara. Che cosa significa in concreto (al momento di decidere le tante controversie) organizzazione incardinata su una propriet capitalistica ; rilevante componente patrimoniale? Si resta nel generico e nell'incerto. I Ma soprattutto non pu essere condivisa l'affermazione che l'organizzazione del lavoro altrui irrilevante ai fini della sottoposizione all'I.L.O.R. e che soltanto l'organizzazione che impegni una apprezzabile componente patrimoniale I pu dar luogo ad una impresa che produce redditi soggetti ad I.L.O.R. Si pu I I avere una organizzazione anche grande di lavoratori subordinati (si pensi alle I, industrie manifatturiere) che crea una impresa vera e propria, anche se modesta e non prevalente la componente patrimoniale. Quel che crea l'impresa l'assunzione del rischio attraverso una organizzazione nella quale il PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 509 viduali o in forma associata , a seconda del loro modo di produzione. I redditi delle imprese familiari furono presi in considerazione nell'art. 9 della legge 2 dicembre 1975, n. 576 ed inclusi fra quelli prdotti in forma associata, come poi confermato dalle leggi del 1977, del 1983 e del 1984 gi citate supra. In particolare, dalle ultime leggi risulta chiara l'unitariet del centro di riferimento del reddito prodotto (l'imprenditore, che presenta la dichiarazione ed il soggetto passivo dell'accertamento), mentre sono state .chiarite in dettaglio le rigorose formalit (presidiate da norme sanzionatorie severe, per le false attestazioni) a cui subordinata l'imputazione ai collaboratori familiari di una quota-parte di tale reddito. Il reddito dei collaboratori familiari, daL punto di vista tributario, non ha quindi una propria oggettivit autonoma, perch, essendo reddito prodotto in. forma associata e imputato a titolo di partecipazione, deve presentare la stessa natura tributaria del reddito prodotto dalla struttura della quale il titolare dell'impresa responsabile fiscalmente ed alla quale il collaboratore partecipa. Che il legislatore tributario sia partito dalla premessa che il reddito dell'impresa familiare imputato al collaboratore non sia reddito di lavoro autonomo n reddito. di lavoro dipendente, n reddito assimilabile ai suddetti, risulta da alcuni indici significativi. Il reddito di lavoro dipendente. (art. 48 d.P.R. n. 597/73; art. 48 t.u.) costituito dai compensi in dipendenza del rapporto di lavoro, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ma non soggetto aH'aleatoriet deHa loro produzione, essendo la retribuzione dovuta per il solo fatto del!la prestazione del [avoro. profitto dell'imprenditore sia dissociato dalla remunerazione del lavoro. Ed infatti la lettera e-bis) dell'art. 115 del t.u., introdotto con l'art. 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, stabilisce che sono eslusi dall'I.L.O.R. i redditi di impresa organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei familiari a condizione che il numero complessivo delle persone addette non sia superiore a tre; il che significa che se il numero degli addetti superiore a tre viene meno l'esclusione dall'I.L.0.R. anche se la componente patrimoniale dell'impresa sia modesta o nulla. Con quest'ultima norma si creata una regola di facile applicazione; per il passato bisogna continuare a valutare caso per caso il peso (relativo) dell'investimento patrimoniale con risultati di grande incertezza. La quarta massima contradittoria. Dopo aver premesso agli effetti dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988 che una istanza di rimborso presentata dopo la scadenza del termine per la dichiarazione non pu essere considerata una dichiarazione validamente presentata, la sentenza si dilunga sulla verifica delle condizioni sostanziali, succedutesi nel tempo, alle quali subordinato il regime della impresa familiare per concludere che quando vi sia corrispondenza con tale regime sostanziale ben possibile che la conformit della dichiarazione alle nuove disposizioni ... sia posta a base di una istanza di restituzione del 10 510 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO Il reddito di lavoro autonomo (art. 49 e 50 d.P.R. n. 597/73 ed art. 49-50 t.u. ) costituito dalla differenza fra l'ammontare dei compensi in denaTo o natura percepiti, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese (deducibili, in casi particolari, in forma forfettaria), mentre il collaboratore fam.iiliare non produce un reddito risultante dailla differenza fra costi e ricavi, essendo gli uni e gli altri calcolabili solo in sede di determinazione del reddito dell'imprenditore, titolare dell'impresa familiare, dato che i1l collaboratore partecipa agli utili, i quali, se ed in quanto vi siano, gli sono attribuiti in una prefissata proporzione. Non si possono utilizzare le categorie dei redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo o dipendente (rispettivamente, art. 47 ed art. 49 dei richiamati testi) perch si tratta di elencazioni tassative, che solo il legislatore pu compiere, appunto perch le assimilazioni sono ispirate allo scopo di estendere la disciplina fiscale ritenuta dal legislatore pi confacente al tipo peculiare di reddito, non strettamente rientrante nella categoria base. Di tale estensione l'interprete (in aggiunta ai casi espressamente previsti) non ha bisogno, quando dalla stessa legge risulta evidente che l'assimilazione pu essere effettuata soltanto con i redditi prodotti dalla struttura a cui partecipa il collaboratore familiare. Invero, il legislatore ha considerato il caso che l'imprenditore corrisponda compensi ai familiari per l'opera da loro svolta, e lo ha regolato in modo del tutto diverso da come. ha regolato gli utili imputati ai familiari collaboratori nell'impresa familiare (art. 59 d.P.R. n. 597 del 1973 ed art. 62 del t.u.). La disciplina anteriore prevedeva l'ipotesi in cui l'imprenditore dovesse corrispondere compensi per l'opera svolta dalle persone indicate nel terzo comma dell'art. 15 (coniuge, figli) ovvero compensi_ per l'I.L.O.R, ritenuta dovuta al momento del versamento per autotassazione in realt non dovuta. Dunque la condizione posta dall'art. 36 che la norma nuova del T.U. abbia effetto nei periodi di imposta precedenti se la relativa dichiarazione validamente presentata risulti conforme alla norn;ia sopravvenuta intesa nel senso che la dichiarazione sia conforme su altri e diversi elementi dell'imposizione e che peraltro riguardano l'I.R.P.E.F, (imputazione del reddito ai collaboratori nella misura del 49 %, attestazione che le quote sono proporzionate al lavoro effettivamente prestato, ecc.), ma non invece nel senso, evidentemente determinante, che i redditi .siano esclusi dall'I.L.O.R. Si dice infatti che l'I.L.O.R. era stata pagata sulla base di dichiarazione, ritenendola dovuta nel momento del versamento per autotassazione, ma che ci non impedisce di dissentire dalla dichiarazione in sede di rimborso facendo valere la norma sopravvenuta. Ci in aperto contrasto con l'art. 36 il quale esige che la disciplina sopravvenuta fosse stata osservata fin dalla dichiarazione. Resta pertanto insuperata l'affermazione, tante volte ripetuta, che l'art. 36 non trova mai applicazione in sede di rimborso di somme pagate sulla base di dichiarazione che necessariamente seguiva una interpretazione diversa da quella in forza della quale si pretende il rimborso. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 511 lavoro dipendente ai parenti ed affini entro il quarto grado, non rientranti nella precedente categoria. I primi non erano deducibili; i secondi erano deducibili nella misura in cui risultavano dalle registrazioni ai fini dei contributi previdenziali ed assistenziali. In questa fase, dunque, venivano disciplinati diversamente i compensi per lavoro subordinato dovuti al familiare e quelli (non compensi, ma utili) dovuti al collaboratore nell'impresa familiare, che, per definizione, non lavoratore dipendente. Pi precisa la disciplina dell'art. 62 del t.u. n. 917, che riguarda l'ipotesi in cui ai partecipanti all'impresa di cui al comma 4 dell'art. 5, e cio al collaboratore familiare, sia dovuto un compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta, che indeducibile come costo dell'impresa e, correlativamente, non concorre a formare il reddito complessivo dei percipienti. Dalla norma risulta che una cosa il suddetto compenso, un'altra cosa il reddito di partecipazione imputato al collaboratore, che ha disciplina fiscale del tutto diversa. La ratio di tale disciplina consiste nella considerazione che il reddito imputato al familiare non altro che una quota di un tutto, e -come tale -non pu cambiare natura, per il fatto che per il 51 per cento sia imputato al titolare dell'impresa e per il 49 per cento al collaboratore familiare; la sua fonte di produzione rimane identica, sia che sia imputato all'uno, sia che sia imputato agli altri. Se l'imprenditore si avvale di un'organizzazione aziendale di tipo capitalistico, il reddito pro-quota imputato al collaboratore prodotto non soltanto dal lavoro del collaboratore (che costituisce soltanto il criterio di misura dell'imputazione), ma -ovviamente -da quell'organizzazione capitalistica. Se questa manca, ovvero prevalente il lavoro dell'imprenditore e dei collaboratori familiari, questi ultimi partecipano ad un reddito che, a certi fini, pu sfuggire alla catalogazione nell'ambito del reddito d'impresa, ma non per una caratteristica propria ed intrinseca del reddito di partecipazione del collaboratore, bens per derivazione dalla qualifica attribuibile al reddito del titolare dell'impresa familiare (ai fini fiscali). Attraverso l'analisi completa del sistema risulta che la legge fiscale non ha dato una definizione sostanziale del reddito del collaboratore familiare, evidentemente perch conscio che l'impresa fainiliare corrisponde a realt talmente differenziate che quella definizione sostanziale non era possibile. stato infatti osservato che l'impresa familiare pu svolgere qualsiasi attivit (agricola, commerciale, industriale, artigiana) e pu essere di qualsiasi dimensione. Queste caratteristichhe potranno essere rilevanti ai fini fiscali (art. 51 del d.P.R. 597/73 e del t.u., nonch, come si vedr, ai fini dell'I.L.O.R.), ma non in quanto riguardino il reddito imputato al collaboratore, bens in quanto riguardino quello dell'impresa e -di riflesso -la quota imputata al collaboratore. Se non il 512 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fatto della produzione in forma associata o dell'imputazione per quote che rileva fiscalmente, perch il reddito del collaboratore parte di un tutto e quindi partecipa della natura dell'intero, il problema della rile vanza fiscale della derivazione del diritto dal lavoro (o dalla prevalenza del lavoro) non si pu porre due volte, e cio con riguardo al reddito del collaboratore, ma una volta sola, e cio con riguardo al momento della sua produzione, non a quello della sua imputazione ai diversi soggetti. Non si pu trarre argomento in contrario dalle parole imputati a ciascun familiare che abbia prestato... la sua attivit di lavoro nell'im presa c,ontenuta nel d.l. del 1984 e nell'art. 5 del t.u., perch si gi detto che lo scopo di tale espressione soltanto quello di escludere la rilevanza fiscale del lavoro prestato nella famiglia (che civilisticamente ha, invece, rilievo), non quello di definire il tipo di reddito (di lavoro). Il problema di costituzionalit, alla stregua delle citate sentenze della Corte Cost. (ai fini di escludere dall'I.L.O.R. i redditi nei quali non esiste una rilevante componente patrimoniale, che la giustificazione di tale imposizione) non si pone neppure, per i redditi del collaboratore fami liare, una volta che esso sia risolto a monte e cio con riguardo a tutto il reddito dell'impresa familiare (vedi infra). Se il reddito derivi da lavoro (come tale, non tassabile ai fini I.L.O.R.) un problema che non ~ pu riguardare il collaboratore familiare, per il quale il lavoro sol ! tanto il criterio dell'imputazione (cio della quantit) e non il titolo (e cio la qualit) del reddito, che si produce unitariamente in capo all'im I prenditore. Ci si pu domandare allora perch mai il t.u. abbia ritenuto Cll escludere sempre dall'I.L.O.R. il reddito del collaboratore familiare; la I Irisposta pu essere la pi varia, ma l'unica inattendibilit quella secon do cui il t.u. ha voluto introdurre una norma correttiva, intesa ad adeguare alle pronuncie della Corte Cost. il sistema previgente, ovvero una norma integrativa, rivolta ad esplicitare precetti gi sottintesi o impliciti I nelle precedenti disposizioni. Si tratta di una innovazione, che come tale d.:ve essere apprezzata, del tutto irrilevante in questa causa, riguardante redditi del 1980. III) Il problema essenziale della causa, pertanto, consiste nello sta bilire se il reddito dell'impresa familiare artigiana (tale quella a cui partecipa l'intimata; nella specie, di autotrasporti) sia sottratto all'I.L.O.R. In numerose sentenze della I sezione (n. 3880 del 1991; n. 10737/90; n. 9743/90; n. 6215/90, fra le molte altre) si sostenuto che l'assoggettamento ad I.L.O.R. del reddito d'impresa artigiana dipende dalla piena applicazione dell'art. 51 d.P.R. n. 597/73 (art. 51 t.u.): se l'artigiano produce beni, o se si tratta di attivit incluse nella previsione dell'art. 2195 e.e. (ad es.: trasporto), non rileva la mancanza di organizzazione di impresa. PARTE 1,SEz. V, GIURISPRUDENZA TRIDUTARIA 513 Se l'artigiano produce servizi non rientranti nell'ambito dell'articolo 2195 e.e., soggetto ad I.L.O.R. soltanto quando ha un'attivit organizzata in forma d'impresa. Secondo altre sentenze (n~ 5605/89; v. pure n. 3719/91, in tema di rappresentanti di COfilmercio, con principi applicabili al reddito dell'artigian9), jnvece, :p,on possibile trasferire sic et simpliciter la nozione di re GIURISPRUDIINZA TRIBUTARIA 519 norma implica che esse possano riferirsi a credito diverso da quello di finanziamento a medio o lungo termine e a soggetto diverso dal l'Istituto che. lo ha. concesso; Nella specie,. il finanziamento di tal tipo .stato erogato dall'I.C.C.RI., mentreJ'ipoteca, .del cui. regime. tributario si . tratta, stata consentita in favore della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto.. Ci porta fuori (le,i J~it~ de1la n()rma. est1ntiva; non. essendo suffiiente a farla ritenere tiPPlic:al)Ue ilfatto .c:be. l'ipotea . alla Cassl;l ione jlllpug.ata, e:r:roneamente trae, dal ca;rattere di (1) Finalmente una .presa di posizione chiara sugli effetti della dichiarazione tributaria. Pi volte la S.C. aveva affermato la irretrattabilit .della dichiara z10ne (sent. 6 lugliio 1983, n. 45311 in questa Rassegna, 1983, I, 935 con nota di C. BAFILE). ma altre volte, raccogliendo la voce corrente della dichiarazione di scienza, aveva assai svalutato la responsabilit. dell'atto (23 gennaio 1985, n. 271, ivi, 1985, I, 472) tranne che nel caso di dichiarazioni presentate per fruire di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 520 manifestazione di scienza proprio della dichiarazione dei redditi, la conseguenza della sua rettificabilit, anche quando, come nella specie, non si tratta di emenda di errori materiali o di calcolo entro la logica della dichiarazione originaria, ma di vera e propria reimpostazione di questa attraverso l'allegazione di elementi di fatto nuovi e la enunciazione di nuovi effetti giuridici. La censura fondata. Infatti il contribuente, attraverso il procedimento di rimborso di cui all'art. 38 d.P.R. 602/1973, deduce fatti prima non segnalati e cio che l'autovettura venduta apparteneva all'impresa, che era stata acquistata per un certo prezzo, che il costo era stato ammortfazato in una certa misura, e che, quindi, per la disciplina delle plusvalenze, solo una parte del ricavato costituiva reddito, allegando proprio quello che -secondo gli artt. 1 e 3 del d.P.R. 600/1973 e con riferimento all'art. 54 del decreto lrpef -avrebbe dovuto indicare e documentare in sede di dichiarazione originaria. Ritiene la Corte che tale mutamento di prospettiva, sostanzialmente integrante, in parte qua, una nuova dichiarazione, non possa trovar fondamento nella natura non negoziale della dichiarazione dei redditi, considerato che per questa sono dalla legge dettate specifiche prescrizioni di forma e di tempo (artt. 8 e 9 del d.P.R. 600/1973), le quali sarebbero vanificate da un regime di emendabilit non ancorato al carattere materiale e alla testuale riconoscibilit dell'errore. In virt di tali vincoli temporali e formali, che improntano la disciplina positiva del procedimento, perde consistenza l'assunto di una pretesa interdipendenza fra natura di dichiarazione di scienza dell'atto in esame e persistente rettificabilit al di fuori dei tipici strumenti di impugnazione concessi condono (15 luglio 1986, n. 4655, ivi 1986, I, 550). Pi recentemente il valore vincolante della dichiarazione stato affermato dalle Sezioni Unite con la sent. 9 giugno 1989, n. 2786 (Giust. civ., 1989, I, 2321), anche se ancora continua a riaffiorare l'idea che la dichiarazione di scienza non imi:>edisce la ritrattazione (24 settembre 1991, n. 9965, in questa Rassegna, 1991, I, 586), tanto che si rimane sulle premesse della ritrattabilit anche quando si atferma che ci possa avvenire soltanto entro il termine fissato per la presentazione (17 febbraio 1992, n. 1901, ivi 1992, I, 122). La sentenza ora intervenuta esce dagli antichi, inadeguati schemi: la di chiarazione tributaria, se pure non negoziale (anzi proprio perch non riducibile alle categorie privatistiche), ha una sua disciplina di forma e di tempo che non ammette una illimitata emendabilit. Della dichiarazione possono essere emendati soltanto gli errori materiali e riconoscibiil dallo stesso atto. Non ha quindi nessun rilievo (viene finalmente proclamato) il mito della natura di dichiarazione di scienza. invece rilevante la considerazione che il proce dimento di diritto pubblico nel quale la dichiarazione si inserisce, aspira al con seguimento della stabilit. ...,,.,., .... ,.!;,lrl PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 521 dalla legge al contribuente (Sezioni unite, sentenza 9 giugno 1989, n. 2786). Si aggiunga che la dichiarazione dei redditi non valutabile in base a categorie meramente privatistiche, costituendo il momento di avvio di un procedimento di diritto pubblico, come tale caratterizzato da esigenze di razionale svolgimento e dalla aspirazione al conseguimento della stabilit. Deve dunque accogliersi il ricorso con rinvio della causa alla Commissione tributaria centrale (omissis). PARTE SECONDA I 1 ~ i ~ I ~ I ! I I RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I NORME J:)ICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura civile, a.J:1, 710:; nel testo precedente a quello sostituito dall'art. 1 legge 29 luglio 1988, n. 331, nella parte in cui non prevede l'intervento del pubblico ministero_ per la modifica dei provvedimenti riguardanti la prole. Sentenza 9 novembre 1992, n. 416, G. U. 11 novembre 1992, n. 47. Codice di procedura CiVUe; art. '710, nel testo sostituito dall'art. 1 legge 29 luglio 1988, n. 331, nella parte in cui non prevede la partecipazione del pubblico :ministero -per la modifica dei provvedimenti riguardanti la prole. Sentenza 9 nov!mlbre 1992, n. 416, G. U, 11 novembre 1992, n. 47. Codice di procedura _Penale, art. 3'4, sec9ndo _ (:omma, nella parte _in cui. non prevede l'incompatibilit -a -procedere -al -dibattimento del pretore che, prima dell'apertura di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena con cordata per il ritenuto non ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato. Sentenza 26 ottobre 1992, n. 399, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. Codice di procedura penale, art. 83, quinto comma, nella parte in cui non prevede per la citazione del responsabile civile nel proedimento davanti al pretore il medesimo termine assegnato all'imputato dall'art. 555, terzo comma, dello stesso codice. Sentenza 17 novembre 1992, n. 453, G. U; 25 novembre 1992, n. 49. Codice penale lllilitare-di pace; art. 263, nella parte in cui assoggetta alla giurisdizione militare le persone alle quali applicabile la legge penale militare, anzich i soli militari in servizio alle armi o -considerati tali dalla legge al momento del commesso reato. Sentenza 10 novembre 1992, n. 429, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge 27 luglio 1962, n. 1115, art. 4. Sentenza 13 novembre 1992, n. 436, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge 9 gennaio 19631 .n. 9, art. 1, -secondo comma, nella parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit a carico del Fondo speciale per i coltivatori diretti, coloni e mezzadri, in caso di cumulo con pensione diretta erogata dal Fondo di previdenza della Cassa nazionale per la previdenza marinara. Sentenza 13 novembre 1992, n. 438, G. U. 18 .novembre 1992, n. 48. 11 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma, nella parte in cui non consente, in caso di pensione di anzianit, che dopo il raggiungimento dell'et pensionabile, la pensione debba essere ricalcolata sulla base della sola contribuzione obbligatoria qualora porti ad un risultato pi favorevole per l'assicurato. Sentenza 10 novembre 1992, n. 428, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge reg. siciliana 24 giugno 1986, n. 31, art. 9, n. 8, nella parte in cui non dispone l'ineleggibilit dei dipendenti dell'unit sanitaria locale facenti parte dell'ufficio di direzione e dei coordinatori dell'ufficio stesso, per i consigli dei comuni che concorrono a costituire l'unit sanitaria locale. Sentenza 19 novembre 1992, n. 463, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. legge 5 ottobre 1991, n. 317, art. 21, quinto comma, nella parte in cui non contempla che il potere sostitutivo del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sia esercitato, in caso di loro inerzia, previa diffida alle stesse. Sentenza 10 novembre 1992, n. 427, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge reg. Lombardia 25 novembre 1991, n. 28, artt. 1 e 2. Sentenza 13 novembre 1992, n. 437, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 41, sesto comma, nella parte in cui, con riguardo alla lettera a), prevede che il Comitato si avvale di, anzich Ǐ composto da. Sentenza 29 ottobre 1992, n. 406, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, secondo comma. Sentenza 19 novembre 1992, n. 461, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo comma. Sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. legge reg. Liguria approvata il 18 dicembre 1991 e riapprovata il 26 febbraio 1992, art. 4. Sentenza 19 ottobre 1992, n. 392, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. legge 26 febbraio 1992, n. 211, art. 1, secondo comma, nella parte in cui non prevede che il potere sostitutivo del Ministro per i problemi delle aree urbane, sia esercitato, in caso di inerzia delle regioni o delle province autonome, previa richiesta alle stesse di pronunciarsi positivamente o negativamente, entro un congruo termine, in ordine alla proposta di individuazione dei comuni interessati agli interventi previsti dalla legge stessa. Sentenza 19 novembre 1992, n. 462, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE delibera legislativa riapprovata dal Consiglio regionale del Veneto in data 5 marzo 1992, recante Referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge statale per la modifica di disposizioni concernenti l'ordinamento delle Regioni . . . . Sentenza 24 novembre 1992, n. 470, .G. U. 2 dicmbre 1992, n. 50. Il o. QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 1510, secondo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1992, n. 465, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. Codice di procedura civile, artt. 75 e 300 (art. 24 della Costituziione). Sentenza 19 novembre 1992, n. 468, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. Codice penale, art. 708 (artt. 25, secondo comma, 42 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1992, n. 464, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. Codice di procedura penale, art. 83 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 10 novembre 1992, n. 430, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. Co.dice di. :procedura pena1e, ~1: .197, Iett. e) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 dicembre 1992, n. 477, G. U. 30 dicembre 1992, n. 54. Codice di procedura penale, art: 324, sesto co:nm:ta (artt. 76 e 77, primo comma, e 112 della Costituzione). Sentenza 10 novembre 1992, n. 432, G. U. J8 novembre 1992, n. 48. Codice di procedura penale, art. 513, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 dicembre 1992, n. 476, G. U. 30 dicembre 1992, n. 54. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4 (artt. 3, 8 e 53 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1992, n. 467, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. d.P.R. 29 settembre 1973, n; 598; art. 20 (artt. 3, 8 e 53 della Costituzione). Sentenia 19 novembre 1992, n. 467, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5, terzo comma, n. 1 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 412, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 50, n. 1 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 412, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 3 (artt. 8, n. l, e 54, n. 5 dello statuto reg. Trentino e 3 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 407, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, commi 4-bis e 4-ter (artt. 49 e 51 statuto Trentino-Alto Adige, e 1 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 407, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, commi 4-septies e 4-octies (art. 8, n. 1, dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e 3 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 407, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 27 dicembre 1990, n. 404, art. 10 (artt. 3, 24, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 13 novembre 1992, n. 440, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge 5 ottobre 1991, n. 317, artt. da 1 a 24, da 27 a 34, 36 e 43 (artt. 8, nn. 9 e 20, 9, nn. 3 e 8, 15 e 16 e titolo VI dello statuto prov. Bolzano). Sentenza 10 novembre 1992, n. 427, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge 5 ottobre 1991, n. 317, artt. 1, commi. 2 e 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, comma 1, lett. a), 41 e 43, comma 1 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione e vari articoli dello statuto prov. Trento). Sentenza 10 novembre 1992, n. 427, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge reg. Liguria approvata il 18 dicembre 1991 e riapprovata il 26 febbraio 1992, art. 1, secondo comma. Sentenza 19 ottobre 1992, n. 392, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 7, prhno comma (artt. 3, 24, 52, 53, 101 e 104 della Costituzione). Sentenza 17 novembre 1992, n. 455, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 13, terzo comma. Sentenza 17 novembre 1992, n. 454, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. d.P.R. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 18, terzo comma (artt. 97, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 26 ottobre 1992, n. 401, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 5 febbraio 1992, n. 104, artt. 4, 10, terzo e sesto comma, 11, secondo comma, 18, quarto comma, 19, 40, prbno e secondo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 406, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 10, sesto comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1992, n. 406, G. U. 4 novembre 1992, n. 46. legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, prbno comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1992, n. 461, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16, primo e secondo comma (artt. 3, 9, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione). Sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16, nono comma e art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, G. U. 21 ottobre 1992, n. 44. legge 24 febbraio 1992, n. 225, artt. 1, secondo e terzo comma, 2, 4, prbno comma, 5, quarto comma e 14 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 9 novembre 1992, n. 418, G. U. 18 novembre 1992, n. 48. legge 26 febbraio 1992, n. 211, artt. 1, prbno comma, 4, 5, 7, 9 e 10 (art. 8, nn. 5, 17 e 18, art. 16 e titolo VI dello Statuto prov. Trento e artt. 117, 118, 119 e 128 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1992, n. 462, G. U. 25 novembre 1992, n. 49. I I 1 I t I *' ~ ~ I! i j I I I II I I i CONSULTAZIONI Ass1CURAZIONE -Impresa assicuratrice -Imprese esercenti le assicurazioni sulla vita prima della legge 742/86 -Ultrattivit delle autorizzazioni Decadenza dall'autorizzazione ex lege all'esercizio di un ramo assicurativo per mancato inizio entro l'anno -Possibilit. Se le imprese che gi prima dell'entrata in vigore della legge 742/86 erano autorizzate all'esercizio delle assicurazioni sulla vita e che -dall'art. 84 della .ridetta legge -vennero autorizzate ad esercitare determinati rami di siffatta attivit assicurativa, rami poi rideterminati dall'art. 20 della legge 20/91 (che ha sostituito il precitato art. 84), decadano dalla autorizzazione disposta dalla legge per uno di detti rami ove entro un anno dall'entrata in vigore della legge 20/91 -non abbiano dato inizio all'esercizio di questo ramo; mentre sia da escludere siffatta decadenza per mancato esercizio entro l'anno seguente l'entrata in vigore della legge 742/86 (es. 4175/92). Liquidazione volontaria di impresa assicuratrice -Decadenza dall'attivit -Contratti in corso con clausola di rinnovazione tacita o per pagamento del premio. Liquidazione volontaria di impresa assicuratrice -Recesso dal contratto in corso. Se la possibilit di gestire i contratti in corso da parte di una societ di assicurazione (nazionale o sede secondaria di societ estera) comporti il rinnovo del contratto nel quale sia prevista la rinnovazione tacita o mediante pagamento del premio per tutta la durata della vita (es. 7899/91). Se, in caso di liquidazione volontaria di una societ assicuratrice (nazionale o sede secondaria di societ estera) l'assicuratore e/o l'assicurato abbiano la facolt di recesso dal contratto in corso (es. 7899/91). Polizze fideiussorie -Natura -Emissione ad opera di impresa non autorizzata all'esercz"zio di attivit assicurativa (es. societ finanziaria) -Effetti. Se il contratto nella prassi denominato di assicurazione fideiussoria (e la cui causa consiste nella garanzia dell'adempimento del terzo) abbia natura di contratto di assicurazione e, pertanto, l'emissione di polizze fideiussorie, dirette a garantire il summenzionato adempimento, costituisca esercizio di attivit assicurativa vietata alle imprese che siano prive della relativa autorizzazione; e se, quindi, l'impresa che, priva della considerata autorizzazione (nella specie societ finanziaria) abbia emesso polizze del tipo surriferito, possa essere posta in liquidazione coatta amministrativa (es. 2594/92). 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I ATTI AMMINISTRATIVI -Istanze di riesame di provvedimenti amministrativi divenuti inoppugnabili -Insussistenza per l'Amministrazione dell'obrn bligo di conclusione del procedimento amministrativo -Inconfigurabilit silenzio rifiuto. rJI l @ r:: Se -dopo l'entrata in vigore delle norme in materia di procedi, . mcent.o amministrativo di cui alla legge 241/90 -l'amministrazione abbia . l'obbligo di provvedere su di un'istanza diretta ad ottenere il riesame di un provvedimento autoritativo divenuto inoppugnabile; o quantomeno se sussista tale obbligo per l'amministrazione allorch questa -dopo la presentazione dell'istanza di cui sopra -abbia proceduto al compimento d. attivit istruttoria, richiedendo pareri di altre amministrazioni (es. 805/92). AVVOCATURA DELLO STATO -Presidente della giunta regionale della Campania quale Commissario straordinario del Governo -Patrocinio obbligatorio o facoltativo. Se nei giudizi nei quali sia parte il Presidente della Giunta regionale della Campania (o della Basilicata) nella qualit di Commissario straordinario del Governo nella realizzazione di piani regionali di sviluppo (di cui all'art. 4 1. 80/84) relativamente ad opere e a progetti per l'esecuzione dei quali si adottino procedure straordinarie, la rappresentanza e difesa in giudizio del Presidente della Giunta regionale debbano essere necessariamente assunte dall'Avvocatura dello Stato (es. 3293/92). COMUNI -Consigliere comunale -Decadenza dalla carica -Giudizio a tal fine promosso dal Prefetto -Tribunale competente -Applicabilit della regola del foro erariale. Consigliere comunale -Decadenza dalla carica -Giudizio a tal fine promosso dal Prefetto -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato -Necessit o meno. Se la competenza a conoscere dell'azione promossa dal Prefetto (ai sensi dell'art. 9-bis, comma 4, d.P.R. 570/1960) al fine di far dichiarare la decadenza di taluno dalla qualit di consigliere comunale (a cagione di impedimenti, incapacit, incompatibilit contemplati dalla legge) appartenga al Tribunale nel cui circondario si trova il comune interessato (e quindi non trovi applicazione -pel considerato tipo di giudizio -la regola del foro dello Stato) (es. 2273/92). Se il Prefetto possa promuovere i giudizi previsti dall'art. 9-bis, 4 comma, d.P.R. 570/60 e diretti a far dichiarare la decadenza di taluno dalla qualit di consigliere comunale (a cagione di impedimenti, incapacit, incompatibilit contemplati dalla legge), senza ricorrere al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (es. 2273/92). Consiglio comunale -Scioglimento per infiltrazioni della criminalit organizzata -Perdita della qualit di Consigliere e di Sindaco -Decadenza da incarichi connessi -Fattispecie (cariche negli enti di gestione dei parchi naturali). Se la perdita dello status di consigliere o di sindaco, a seguito dello scioglimento del Consiglio comunale per accertate infiltrazioni della cri PARTE II, CONSULTAZIONI minalit organizzata, comporti la decadenza dagli incarichi connessi alle menzionate qualit (nella specie componente di consiglio di parco istituito nella regione Sicilia) (es. 2007/92). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Alloggi per i quali vi sia stato condono edilizio -Prezzo di cessione in propriet dell'alloggio -Determinazione. Se in caso di esercizio del diritto di riscatto (di cui agli artt. 27 e 28 legge 513/1977) di un alloggio di edilizia residenziale pubblica da parte dell'assegnatario che abbia ampliato la superficie coperta mediante la costruzione di vani abusivi (ad esempio perch realizzati senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire) poi sanati ex l. 47/1985, il prezzo della cessione in propriet dell'alloggio stesso vada determinato tenendo conto del maggior valore che quest'ultimo avrebbe avuto -alla data 'del 18 agosto 1977 (e cio di entrata in vigore della 1. 513/77) -per effetto della realizzazione delle opere abusive e senza tener conto delle spese d costruzione e sanatoria (es. oblazione) (es. 4161/87). ENTI PUBBLICI -Nomine -Conferma nella carica di presidente e vicepresidente -Divieto di legge o di statuto a pi conferme -Fattispecie. Se, per effetto di quanto disposto dall'art. 6 della legge 14 del 1978 (sul controllo parlamentare delle nomiri.e negli enti pubblici), vale a dire eh.e la conferma nella carica di Presidente o Vicepresidente di un ente pubblico non pu essere effettuata per pi di due volte, possa procedersi a seconda conferma nella carica di Presidente di un ente (nella specie Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) per il quale norme (di legge o di statuto) anteriori alla data di entrata in vigore della l. 14 del 1978 prevedano che il Presidente possa essere confermato una sola volta o se ..;.. alternativamente -nell'ipotesi considerata, ove sia lo Statuto a vietare la seconda conferma, questa -ove adottata dall'Organo competente a modificare lo Statuto -valga necessariamente quale modifica implicita di quest'ultimo (es; 1689/92). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA t.JTILIT--Occupazione. d'urgenza -Concordamento dell'indennit di esproprio ~ Effetto traslativo -Configurabilit. Occupazione d'urgenza -Concordamento dell'indennit di esproprio Revoca della procedura espropriativa -Restituzione dell'indennit Configurabilit -Criteri. Se l'avvenuto perfezionamnto dei verbali d,i concordamento dell'indennit di espropriazione possa far ritenere insorto nei proprietari il diritto di conseguire l'indennit (e di ritenere -quindi -la parte di essa gi corrisposta) e nell'Amministrazione, parallelamente, il diritto di propriet dei beni indennizzati (es. 566/92). Se l'indennit di occupazione di urgenza e quella di espropriazione (ed in particolare l'indennit aggiuntiva dovuta ex art. 17 legge 22 ottobre 1971 n. 865 al proprietario coltivatore diretto nonch ai tittavoli e coloni del fondo espropriato), le .quali siano state_ gi corrisposte nelle 72 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATCl more del procedimento di esproprio, debbano essere integralmente restituite qualora l'espropriante rinunci a portare a compimento la procedura, revocandone gli effetti compiuti (es. 566/92). GIUDIZIO CIVILE E PENALE -Reati tributari Sentenza irrevocabile di assoluzione Declaratoria di difetto di prova del superamento dei limiti di punibilit Efficacia vincolante nel processo tributario. Se la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, con la quale il giudice abbia dichiarato l'inesistenza della prova del superamento della soglia di punibilit, prevista dalla legge per il reato tl"ibutario (in materia di imposte dirette o IVA) di cui al capo di imputazione, abbia effetto vincolante nel giudizio tributario (es. 720/92). GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Diniego di riconoscimento della qualit di rifugiato politico -Espulsione dal territorio nazionale Diniego o revoca del permesso di soggiorno -Ricorsi giurisdizionali di cittadini extracomunitari -Ordinanze e sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali -Appello -Termine. Se il termine breve per proporre appello al Consiglio di Stato avverso sentenze o ordinanze rese dai Tribunali Amministrativi Regionali, su ricorsi proposti da cittadini extracomunitari, contro provvedimenti di diniego dello status di rifugiato politico di espulsione dal territorio nazionale, di diniego o revoca del permesso di soggiorno, sia di sessanta giorni dalla notificazione dell'ordinanza o della sentenza (es. 3298/92). IMPIEGO PUBBLICO Appartenenti a corpi di Polizia Legge 6 marzo 1976 n. 52 -Assegnazione in locazione di alloggi -Cessazione dal servizio dell'assegnatario -Revoca assegnazione e riso!uzione locazione -Necessit. Se gli alloggi assegnati in locazione al personale -in attivit di servizio -della pubblica sicurezza (del Corpo della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza, del Corpo degli Agenti di custodia, del Corpo Forestale) e realizzati in attuazione della legge 6 marzo 1976, n. 52, abbiano natura di alloggi di servizio e se pertanto (con eccezione dei casi di diritto a permanere nell'alloggio previsti dall'art. 22 legge 18 agosto 1978, n. 492) il collocamento a riposo o comunque la cessazione dal servizio del locatario sia causa di revoca dell'assegnazione e di risoluzione del contratto di locazione (es. 3756/91). Decesso di dipendente statale -Somme a questi dovute in esecuzione di sentenze relative a differenze retributive -Interessi e rivalutazione Spettanza iure proprio al coniuge o in mancanza ai figli. Se in caso di decesso di dipendente statale in attivit di servizio gli emolumenti al medesimo dovuti in esecuzione d sentenze relative a differenze retributive, interessi e rivalutazione spettino iure proprio al coniuge non legalmente separato per sua colpa o, in mancanza, ai figli come previsto dall'art. 14 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 per i ratei di stipendio lasciati insoluti (es. 10758/89). PARTE II, CONSULTAZIONI Dipendente dello Stato Sospensione cautelare dal servizio in pen denza di procedimento. penale . Collocamento a riposo prima della conclusione del processo penale Assegni non percepiti durante la sospensione. Delitto contro la P.A. commesso dal dipendente statale Sussistenza --di solo dann morale per l'amministrazione offesa Assunzione di garanzi'e {sequestro conservativo . Fermo amministratfvo). Se il dipendente statale sospeso cautelarmente dal servizio (ex art. 91 t.u. impiegati civili) in pendenza di processo penale, per il solo fatto che vi sia stato -prima della conclusione del predetto procedimento penale. -. suo. collocamento a riposo per raggiunti limiti di et, abbia diritto al pagamento della differenza fra l'ammontare degli stipendi non percepiti durante la sospensione e quanto a lui corrisposto -nel detto periodo -a titolo di assegno alimentare (es. 10796/89). Se l'amministrazione statale possa richiedere sequestro conservativo penale dei beni o fermo amministrativo dei crediti di un suo dipendente imputato di un delitto contro la P. A. commesso in occasione del servizib .(nella specie concussione) dal quale sia derivato all'amministrazione- stessa esclusivamente danno non patrimoniale (non quantificato dal giudice) (es. 10796/89). Procedimento disciplinare Termine finale In caso di sentenza penale definitiva di condanna . Perentoriet. Se il termine di 90 giorni, previsto dall'art. 9 della legge 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare intrapreso a carico del dipendente statale che abbia riportato condanna penale con sentenza divenuta irrevocabile, sia pertntorio (es. 1147 /92). INDUSTRIA Comune . Energia elettrica . Esonero dal sovraprezza termico di cui al provvedimento CIP n. 3 del 27 gennaio 1988 Servizi comunali Ambito di applicazione. Se l'esenzione dal sovraprezzo termico che il provvedimento del Comitato. intenninisteriale prezzi n. 3 .del 27 gennaio 1988 prevede per l'energia elettrica che le imprese municipalizzate cedono ai comuni per l'uso esclusivo dei servizi comunali sia applicabile, oltre che all'energia destinata ad attivit riguardanti servizi che devono necessariamente essere gestiti dai comuni, anche all'energia destinata a servizi che il comune ha affidato o avrebbe potuto-affidare in gestione ad altro ente o privato (es. 4990/91). LOCAZIONE -Locazione immobili urbani -Equo canone Integrazione del corrispettivo di locazione per opere o lavori di manutenzione straordinaria . Variazione in aumento del tasso legale di interesse. Se l'interesse legale (sul capitale impiegato) a mezzo del quale determinare l'integrazione del canone di locazione prevista dall'art. 23 legge 392/78 (per il caso di riparazioni straordinarie o li altre opere ru , 74 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO di straordinaria manutenzione di rilevante entit eseguite dal locatore) sia non quello vigente al momento dell'esecuzione delle opere (o della concreta effettuazione della spesa) bens quello corrente al momento in cui viene effettuata la richiesta di integrazione; e se il concedente che; abbia gi richiesto, prima dell'elevazione del saggio legale degli interessi (nella specie aumento al 10 per cento previsto dalla legge 353/90), la considerata maggiorazione del corrispettivo di locazione possa chiedere, dopo l'aumento del tasso legale, che la medesima venga elevata a cagione del mutamento della misura degli interessi legali (es. 874/92). MISURE DI SICUREZZA -Riparazione per ingiusta detenzione -Procedimento -Spese di giudizio -Onorari -Avvocatura dello Stato. Se nel giudizio di riparazione dell'ingiusta detenzione trovi applicazione l'istituto della condanna alla rifusione delle spese di lite (es. 5713/91). NAVE E NAVIGAZIONE -Nave di propriet di societ italiana dichiarata fallita -Vendita per esecuzione forzata all'estero -Autorizzazione a dismissione di bandiera -Procedimento -Norme disciplinatrici I Pubblicazioni a tutela dei creditori o di altri terzi. Nave di nazionalit italiana -Procedura fallimentare -Vendita in Ita I lia a cittadino straniero -Autorizzazione a dismissione di bandiera I ~ Procedimento -Norme disciplinatrici -Pubblicazioni a tutela dei creditori o altri terzi. Se, ove venga chiesta, dall'acquirente cittadino straniero, l'autorizzazione alla dismissione di bandiera, relativamente a una nave di nazionalit italiana, di propriet di una societ dichiarata fallita e venduta all'estero a conclusione di una procedura di vendita coattiva ivi I tenutasi, il Ministero della Marina Mercantile debba applicare nel procedimento di autorizzazione le norme (poste a tutela dei titolari di diritti reali o di garanzia sulla nave o dei titolari dei crediti connessi I all'esercizio della nave) di cui agli artt. 156 e 157 del codice della navigazione e pertanto debbano essere poste in essere le forme di pub I blicit (pubblicazione negli uffici di porto e inserzione nel foglio degli ! annunzi legali) e osservati gli eventuali ulteriori adempimenti previsti dalle summenzionate disposizioni di legge (es. 941/92). Se, ove una nave di nazionalit italiana, a seguito di procedura fallimentare, sia venduta -in Italia -a cittadino straniero, sia necessaria l'autorizzazione alla dismissione di bandiera e l'adozione di forme di pubblicit (pubblicazione negli uffici di porto e inserzione nel foglio degli annunci legali) previste dagli artt. 156 e 157 del codice della navigazione (a tutela dei titolari di diritti reali o di garanzia sulla nave o di crediti connessi all'esercizio della nave) (es. 941/92). Porti -Attivit portuali -Servizio di imbarco sbarco e trasporto dei bagagli dei passeggeri -Affidamento in esclusiva -Contrasto con norme comunitarie o con norme interne in tema di concorrenza Esclusione. PARTE II,.. CONSULTAZIONI 7f Attivit portuali -Servizio. di imbarca .sbarco e trasporto dei bagagli dei .passeggeri -Regolameff,.to. che prevede; ..affidamento. in esclusiva ad un ente collettivo di .lavoratori -Illegittimit. Se Jia.ffidamento in esclusiva ad un ente (nella specie gruppo portab1: 1;gagli di Venezil!) c:lell'esecuzione (all'interno. di_. u11 porto) del servivizio_.. di sl:)arco, inibarcQ. trasporto. dei bagagli _.dei passeggeri sia in confrasforu 'per s~c~J~norriwdel t.ratfato.CEE..o_con le_ nonne.poste a tutela della concorrenza e del mercato dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (segnatl!mente quelle che prevedono le intese restrittive della libert di concorrenza, l'abuso d posizione t.ommante, l'autoproduzione) (es. 805/92). . . . . ; . . . .. . Se sia legittimo ~ alla stregua de1Ia legislazione vigente in tema di polizia delle attivit esercitate riei porti {e segnafamrite dell'art. 68 codice della navigazione.) -un regolamento che affidi in via esclusiva ad un ente . collettivo di lavoratori (nella specie. gruppo portabagagli di v~nezia). l'esec.zione del servizio d,i carico, scarico, trasporto dei bagagli dei passeggeri all'interno di un porto, facendo divieto alle persone non fipp~tennti al predet~() grt;lPpO: di eseguire il lavoro di imbarco, sbarco e trasporto dei bagagli (es~ 805/92). ORPINE E SICUW!ZZA PUBBLICA -Certificazione antimafia -Attestazione di pracdimenti di prevenzione a carica di conviventi dell'intressato. Certificazione antimafia -Attestazione di procedimento penale per il delitto di associazione di tipo mafioso in assenza di un procedimento di prevenzione. Se nel certificato da rilaseiarsi ai flrii della verifica della mancanza di situazioni di mafiosit del contraente privato, ostative alla stipulazione di contratti con la Pubblica mmiistrazone (c.d. certificazione antimafia), si debba dare atto; per quanto concerne i conviventi dell'interessato, non soltanto dell'avvenuta applicazione a loro carico di una misura definitiva di prevenzione, ma anche della pendenza di procedirneriti volti ad applicare tale misura (es. 2506/92). Se nel certificato da rilasciarsi ai fini della verifica della mancanza di situazioni di mafiosit del contraente privato, ostative aila stipulazione di contratti con la pubblica amministrazione (c.d. certificazione antimafia), debba essete attestata la peri