ANNO XLIII N. 4 OTTOBRE -DICEMBRE 1991 


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AWV(Q)CA1rUI~A 


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PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTlfUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1992 



ABBONAMENTI ANNO 1992 

ANNO � . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 45.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 12.000 


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ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

Direzione Marketing e Commerciale 

Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 

e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Ital, 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(4219059) Roma, 1992 ~ Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -'P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del


/'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. 393 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
del/'avv. Oscar 
E INTERNA-
Fiumara) . . . � 424 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
(a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e 
Antonio Cingolo) . . . . . . . . . . . . . . . � 459 
Sezione quarta; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a 
/'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . 
cura del
� 541 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a 
vocato Carlo Bafile) . . . . . . . 
cura dell'av
� 555 
Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 
�RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . 
CONSULTAZIONI 
. pag. 
� 
35 
41 

Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia -
Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafanl 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


I. 
F. CARAMAZZA e G. M. DE SocIO, Concessione di committenza e giurisdizione 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. 459 
I. F. CARAMAZZA e G. PALMIERI, L'attivit� della SIAE nella gestione economica 
dei diritti d'autore . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 393 
G. D'AMATO, Improponibilit� del ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, 
n. 300 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della 
Repubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 515 
O. 
FIUMARA, Amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi: 
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento1 di 
azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 436 
O. 
FIUMARA, Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� Europee 
nel corso dell'anno 1991 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. . I, 424 
G. 
PALMIERI, Brevi considerazioni in tema di diniego di rinnovazione alla 
prima scadenza del contratto) di locazione di immobili stipulato dallo 
Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 507 
U. PERRUCCI, La competenza in materia di infrazioni valutarie pregresse 
ritorna al Tribunale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 503 

PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ATTO AMMINISTRATIVO 

- 
Procedimento -Legge 7 agosto 1990, 

n. 241 -Disciplina regolamentare Assunzione 
di informazionida parte 
dello Stato nei procedimenti di competenza 
regionale -Conflitto di attribuzioni 
-Potere dello Stato � Sussistenza, 
419. 
COM.UNITA: EUROPEE 

-Ravvicinamentoi delle legislazioni Mantenimento 
dei diritti dei lavoratori 
in caso di trasferimento di 
imprese, con nota di O. FIUMARA, 435. 

-Ravvicinamento1 delle legislazioni Mantenimento 
dei diritti dei lavoratori 
in caso di trasferimento di 
imprese � Procedura di amministrazione 
straordinaria di grandi imprese 
in crisi � Continuazione dell'esercizio 
di impresa, con nota di O. FIUMARA, 
435. 

-Ravvicinamento delle legislazdoni Tutela 
dei lavoratori subordinati in 
caso di insoilvenza del datore di 
lavoro -Mancata attuazione della 
direttiva � Diritti dei lavoratori Non 
azionabilt� davantti ai giudici 
nazionali -Risarcimento danni, 448. 

-Transito comunitario � Garanzia Liberazione 
del garante, con nota di 

1. M. BRAGUGLIA, 430. 
CONTRATTI (IN GENERALE) 

-Contratti della pubblica Amministrazione 
� Approvazione dell'organo 
di controllo � Mancanza � Annullabdlit� 
del contratto � Deducibilit� da 
parte del privato, 490. 

COSA GIUDICATA CIVILE 

-Giurisdizione -Pronunzia resa da 
Giudice diverso dalla Corte di Cassazione 
-Non acquista autorit� di 
giudicato, 527. 

ENTi PUBBLICI 

-S.I.A.E. � Posizione giuridica -Supremazda 
-Obbligo di coll1trattare � 
Divieto di discriminazione ai sensi 
dell'art. 2597 e.e. � Applicabilit�, con 
nota di I. F. CARAMAZZA e G. PALMIERI, 
393. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA: 

-Occupazione d'urgenza per esigenze 
militari � Irragionevole protrarsi del!'
occupazione -Irreversibile trasformazione 
dell'area -Effetto acquisitivo 
in favore della p.a. -Ammissibilit�, 
482. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

-Diritti sindacali � Diritti in senso 
stretto e diritti � correlati � � Cognizione 
del giudice ordinario e del 
giudice ammiruistrativo -L. n. 146/90, 

540. 
- 
Impiego pubblico � Instaurazione del 
rapporto � Violazione del divieto di 
intermediazione di mano d'opera � 
Giurisdizione del Giudice amministrativo, 
527. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Stato giuridico -Differen2liazioni 
dall'impiego privato � Contrasto con 
artt. 3 e 24 Cost. � Infondatezza, 541. 

-Stipendi e assegni � Indebito (ripetizione) 
� Presupposti -Contrasto 
di giurisprudenza -Rimessione al!'
Adunanza plenaria del Consiglio 
di Stato, 546. 

-Trattamento economico � � Restitutio 
in integrum � a seguito di annullamento 
giudiziale -Presupposti Limiti, 
541. 

ISTRUZIONE E SCUOLE 

-Istituti tecnici -Spese di gestione 
Obbligo a carico delle Provincie Limiti, 
533. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LAVORO 

-Dipendenti da imprese di pubblici 
trasporti -Turni domenicahl. programmati 
-Previsioni retributive 
della contrattazione collettiva � Interpretazione, 
493. 

-Prestazioni domenicali Ristoro 
sotto forma monetaria o altra forma 
compensativa, 493. 

-Sindacati -Condotta antisindacale 
del Segretariato Generale della Presidenza 
della Repubblica -Ricorso 
ex art. 28 legge 20 maggio 1970, 

n. 300 � Improponibilit�, con nota 
di G. D'AMATO, 514. 
-Trattamento ecQ/nomico-normativo 
concordato in sede collettiva � Contrariet� 
ai precetti dell'art. 36 Cost. � 
Criteri interpretativi, 493. 

LOCAZIONE 

-Immobili urbani adibiti ad attivit� 
ricreative, assistenziali, culturali e 
scolastiche nonch� a sedi di partiti 

o sindacati e condotti in locazione 
dallo Stato � Diniego di rinnovazione 
del contrattQI alla prima scadenza, 
con nota di G. PALMIERI, 507. 
OPERE PUBBLICHE 

-Concessione � Bando di gara di 
appalto predisposto dal concessionani.
o � Controversia -Giurisdizione 
amministrativa, con nota di I. F. CARAMAZZA 
e G. M. DE SOCIO, 459. 

PENSIONI 

-Credito soddisfatto in ritardo -Domanda 
di rivalutazione unica ai 
sensi degli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. � 
Giurisdizione della Corte dei Conti, 

537. 
PROCEDIMENTO CIVILE 

-Rito del lavoro -Domande non 
accolte o non esaminate -Onere per 
la parte vittoriosa di riproporle in 
appello, 487. 

REGIONI 

-Legge regionale � Efficacia retroattiva 
-Ammissibilit� � Condizioni � 
RagiOlnevolezza, 416. 

RESPONSABILITA CIVILE 

-Pubblica Ammimstrazione -Comportamento 
del dipendente -Riferibilit� 
alla p.A., 525. 

TRASPORTI 

-Ferrovie -Citazione dell'Ente Ferrovie 
dello Stato � Obbligo della notifica 
presso l'Avvocatura dello Stato, 

487. 
- 
Ferrovie -Concessione all'industria 
privata -Dichiarazii.one di decadenza 
e nomina di commissario governativo 
per la gestione � Passaggio automatico 
della ferrovia all'Ente Ferrovie 
dello Stato � Insussistenza, 

531. 
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche e imposta locale sui redditi Reddito 
di impresa -Laboratorio di 
analisi cliniche � Pu� essere qualificato 
impresa, 605. 

-Imposta sul reddito delle persone 
giuridiche -Enti non comerciali Interessi 
passivi sui mutui fondiari -
Deducibilt� -Esclusione, 555. 

-Soggetti passivi � Sostituto di imposta 
-Curatore del fallimento Esclusione, 
582. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registrO\ -Agevolazione 
per le case di abitazione non di 
lusso -Area scoperta accessoria al 
fabbricato -Limiti � Norme di piano 
regolatore o di programma di fabbricazione 
-Disposizioni di vincolo 
paesaggistico -Parificazione -Esclusione, 
621. 

-Impoista di registro -Imposta complementare 
-Imposta dovuta per 
effetto di decadenza da agevolazione 
-Solidariet� -Limitazione alla 
parte a cui � imputabile il fatto 
che ha prodotto la decadenza, 598. 


INDICE ANALITICO-ALFABBTICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Imposta di registro � Trasferimento 
di azienda -EsCiusione di taluni 
elementi � Possibilit�; 5n 

-Imposta di successione -Donazione Coacervo 
di precedenti donazioni 
allo stesso donatario -Va eseguito 
ai fini della determinazione della 
aliquota, 595. 

-Imposta di successione � Soggetti 
passivi -Curatore di eredit� benefieiata 
-Impugnazione dell'accertamento 
-Difetto di legittimazione, 
.597. 

.-Imposta sul valore aggiunto -Accertamento 
-Presunzioni -Percentuale 
di ricartlcQI � Ammissibilit� � Attendibilit� 
della percentuale � Questione 
di valutazione estimativa, 601. 

-Imposta sul valore aggiunto � Ri� 
valsa di imposta non dovuta �~ 
Azione di rimborso del cessionario 
verso l'Amministrazione Finanziaria 
� Inammissibilit�, 613. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Acertamento � MotivaZJi.one . Funzione 
� Mutamento in giudizio dei 
presupposti di fatto � Inammissibilit�, 
560. 

-Accertamento � Motivazione � Imposta 
di registro � Cessione di azienda 
-Sufficienza, 569. 

-Accertamento � Motivazione . Imposta 
di registro � Criteri stabiliti nella 
legge � Tassativit� -EsclusiOllle, 570. 

-Accertamento � Motivazione � Imposta 
di registro � Requisiti, 569. 

-Accertamento -Motivazione � Imposta 
dti registro -Sufficienza, 570. 

-Accertamento � Qualificazione giuridica 
del soggetto passivo . Mutamento 
in sede contenziosa . Societ� 
di fatto e organizzazione di persone � 
Inammissibilit�, 560. 

-Accertamento tributario � Motivazione 
� Provvedimento sulla spettanza 
di esenzioni � Agevolazioni per 
le case di abitazione non di lusso Difformit� 
dalla normativa urbanistica 
� Richiamo alla norma violata � 
Sufficienza, 587. 

-Contenzioso tributario � Accertamento 
� Nozione � Atto dti diniego 

di assegnazione � Impugnazione � 
Difetto� Definitivit�, 577. 

-Contenzioso tributario � Competenza 
e giurisdizione -Provvedimento impugnabile 
� Imposta di registro prenotata 
a debito � Liquidazione ex 
art. 43 disp. att. cod. proc. civ. � 
Ricorso alla commissione tributaria 
� Ammissibilit�, 619. 

-Contenzioso tributario � Prova � 
Insufficiente . documentazione � Dc>vere 
della commissione di acquisirla, 
579. 

-Dichiarazione � Effetti � Imposta comunale 
sull'incremento di valore 
degli immobili � Rettifica del valore 
finale � Modifica del valore !iniziale 
da parte del contribuente � Possibilit� 
� Domanda espressa in giudizio 
� � Necessit�, 586. 

-Repressione delle violazioni � Iscrizione 
di ipoteca legale � Art. 26 legge 
7 gennaio 1929, n. 4 � Giudizio d'opposizione 
� Natura . Giudizio di convalida 
� Esclusione, 607. 

-Repressione delle violazioni � Sanzioni 
� Pena pecuniaria � Riduzione 
ex d.m. 1� settembre 1931 � Applicabilit� 
alla soprattassa � Esclusione, 

602. 
TRIBUTI LOCALI 

-Imposta comunale sull'incremento 
di valore degli immobili � Dichiarazione 
� � Spedizione a mezzo del 
servizio postale � Rilevanza d.ella 
data di consegna all'ufficio postale � 
Esclusione, 593. 

URBANISTICA 

-Costruzione abusiva � Gratuita acquisizione 
al patrimonio comunale dell'area 
di sedime � NO!ll opera nei 
confronti del proprietario . dell'area 
estraneo all'abusivismo, 412. 

VALUTA 

-Infrazioni valutarie � Decreti m1msteriali 
emessi anteriormente all'entrata 
in vigore del D.P.R. 454/87 � 
Impugnativa giurisdizionale � Competenza 
funzionale del Pretore � 
Esclusione, con nota di U. PERRUCCI, 

503. 

INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

15 maggio 1990, n. 241 . 

15 lugldo 1991, n. 345 . . 

31 ottobre 1991, n. 389 . . 

13 dicembre 1991, n. 465 . 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

4 sez., 15 maggio 1991, nella causa C-328/89 . . . . . . . 
Sed. plen., 25 luglio 1991, nella causa C-362/89 . . . . . 
Sed. plen., 19 novembre 1991, nella cause riunite C-6 e 9/90 . 


GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 


Sez. un., 29 dicembre 1990, n. 12221 
Sez. I, 7 marzo 1991, n. 2427 . . . 
Sez. Un., 3 maggio 1991, n. 4874 . . 
Sez. III civ., 8 luglio 1991, n. 7529 . 
Sez. I, 15 luglio 1991, n. 7842 . 
Sez. I, 15 luglio 1991, n. 7844 . 
Sez. I, 17 luglio 1991, n. 7959 . 
Sez. I, 19 luglio 1991, n. 8033 . 
Sez. I, 9 agostd 1991, n. 8678 . 
Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8692 . 
Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8696 . 
Sez. I, 7 settembre 1991, n. 9429 . 
Sez. I, 7 settembre 1991, n. 9443 . 
Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606. 
Sez. I, 24 settembre 1991, n. 9965 . 
Sez. Un., 8 ottobre 1991, n. 10513. . 
Sez. Un., 14 ottobre 1991, n. 10769 . 
Sez. I, 16 ottobre 1991, n. 10899 . . 
Sez. I, 28 ottobre 1991, n. 11459 . . 
Sez. III civ., 5 novembre 1991, n. 11756 . 
Sez. I, 5 novembre 1991, n. 11789 . 
Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12027 . 
Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12127 . 
Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12220 . 


Pag. 393 
)} 412 
)} 416 
)} 419 

Pag. 430 
)} 435 
)} 44ls 

Pag. 459 

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482 
487 
490 
560 
555 
560 
569 
573 
569 
570 
577 
579 
582 
586 
493 
587 
593 
503 
507 
595 
597 
598 
601 


INDICE CRONOLOGICO DELLA 

Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12222 . . 
Sez. I, 20 novembre 1991, n. 12444 . . 
Sez. Un., 22 ndvembre 1991, n. 12589 . 
Sez. Un., 22 novembre 1991, n. 12590 . 
Sez. Un., 28 novembre 1991, n. 12770 . . 
Sez. III civ., 3 dicembre 1991, n. 12960 . 
Sez. Un. Civ., 4 dicembre 1991, n. 13074 . 
Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 13167 . . . 
Sez. Un. Civ., 6 dicembre 1991, n. 13169 . 
Sez. Un., 11 dicembre 1991, n. 13408 . . . 
Sez. I, 14 dicembre 1991, n. 13502 . . . . 
Sez. Un. Civ., 20 dicembre 1991, n. 13754 . 
Sez. I, 23 dicembre 1991, n. 13858 . . . . 

PRETURA DI ROMA 

GIURISPRUDENZA IX: 

Pag. 602'. 
)) 605 
)) 607 
)) 613: 
)) 61g 
)) 525 
)) 527 
)) 531 

)) 

533: 
)) 537 
)) 

621 

)) 5401 

)) 570! 

Sez. Lavoro, decreto 7 novembre 1991, n. 97890 . . . . . . . . . . . . Pag. 514 
GIURISDIZIONI AM.MINISTRATIVE 
CONSIGLIO DI STATO 
Ad. Plen., 10 dicembre 1991, n. 10 . Pag. 541 
Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 941 . )) 546 
Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 943 . )) 546 
Sez. IV, ord. 17 dicembre 1991, n. 1121 . � 546 
Sez. VI, ord. 9 ottobre 1991, n. 628 . . � 546 


PARTE SECONDA 
:RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
PARTE SECONDA 
:RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
-Ouestioni di legittimit� costituzionale: 
I -Norme dichiarate incostituzionali . Pag. 35 
II -Questioni dichiarate non fondate . � 37 
CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . � 41 

I 


I


II 
I 


I 


PARTE PRIMA 



.. ~ 


GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

�CORTE COSTITUZIONALE, 
15 maggio 1990 n. 241 -Pres. Saja -Red. Spagnoli 
" S.p.A. Telemilano ed altri (avv. Vassalli) c. Presidenza Consiglio 
Ministri (avv. Stato Caramazza). 
Enti pubblici -S.I.A.E. -Posizione giuridica -Supremazia -Obbligo di 
contrattare -Divieto di discriminazione ai sensi dell'art. 2597 e.e. -Ap� 
plicabilit�. 

Non � fondata, in riferimento agli artt. 3, 23 e 41 della Costituzione, 
.la norma dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941 n. 633, in quanto la posi� 
zione della Societ� Italiana degli Autori ed Editori, sulla questione esclusiva 
dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno, come 
.individuata da detta norma, deve qualificarsi come supremazia, che � una 

reazione omogenea a quella di monopolio, ed � perci� sottoposta, nellQ 
.contrattazione, al divieto di discriminazioni arbitrarie sancito dall'art. 
2597 cod. civ. (1). 

(in fatto) Con atto di citazione del 14 dicembre 1987 una serie di 
societ� (Telemilano s.p.a. ed altre 40) esercenti imprese televisive aderenti 
,ai circuiti Canale Cinque, Italia Uno e Rete Quattro, facenti capo al 
_gruppo Fininvest, convenivano innanzi al Tribunale di Roma la S.I.A.E. 
-Societ� Italiana degli Autori ed Editori -chiedendo che venisse accertata 
l'illegittimit� della pretesa di quest'ultima di imporre, ai fini del 
rinnovo dei contratti di utilizzazione delle opere tutelate, condizioni 

(1) Sulla normativa antimonopolistica nella disciplina dell'informazione cfr. 
:sentenza n. 826 del 1988. 
A commento della sentenza pubblichiamo il. testo integrale dell'atto di 
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri. 

L'attivit� della S.I.A.E. nella gestione economica dei diritti d'autore. 

1) Le societ� in epigrafe, aderenti ai tre noti circuiti televisivi � Italia 1�, 
�Rete 4 � e �Canale 5 �, convenivano in giudizio la S.IA.E. chiedendo che il 
Tribunale di Roma adito accertasse la illegittimit� dei comportamenti tenuti 
dalla S.I.A.E. stessa nel richiedere il corrispettivo per l'utilizzazione del repertorio 
tutelato e, previa declaratoria di incostituzionalit� dell'art. 180 della legge 
sul diritto di autore, stabilisse la prosecuzione del precedente rapporto contrat




394 

RA$SBGNA DBLL'AVV~TURA DELLO STATO 

identiche a quelle praticate alla RAI e di determinare il compenso in 
base ad una percentuale degli introiti per pubblicit� conseguiti dai 
tre circuiti e raccolti dalla Publitalia s.p.a. A tal fine, chiedevano in 
via pregiudiziale che venisse sollevata questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 180 della legge 22 aprile � 1941, ;n�. 633,; per. contrasto con 
gli artt. 23, 41, 53 e 97 Cost. (omissis). 

Pervenute le cause al collegio, il Tribunale di Roma, con ordinanza 
del 24 gennaio 1989, ha sollevato in riferimento agli artt. 41, 3 e 23 Cost., 
una questione di legittimit� costituzionale del citato art. 180 della legge 
22 aprile 194i, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti 
connessi al suo esercizfo), nella parte in.cui (primo e secondo comma) 
�attribuisce alla SIAE un'esclusiVa, frangibile solo dagli autori o dai 
loro .. eredi, nella gestione dei diritti di utilizzazione economica delle 
opere t1Jtelate �, 

Il Tribunale, ricorda, innanzitutto, che nella sentenza n. 65 del 1972. 
questa Corte ha ritenuto � che la posizione di preminenza con cui la 
S.I.A.E; opera sul mercato "-giustificata dall'esigenza di interesse generale 
di adeguata protezione del d�titto d(autore .:...... non comporta l'eser-� 
c�zio di poteri arbitrari o comunque incontrollabili in materia �di determinazione 
dei compensi: e ei� sia perch�, quale ente pubblico, � 1a S.I.A.E. 
� soggetta a vigilanza governativa �.;._ e quindi ai gravami previsti in via 

tuale venuto a scadenza o comunque determinasse, in via costitutiva e sostitutiva,. 
un � equo corrispettivo � integratore del nruovo contratto non concluso. 

Il Tribunale.. di Rom,a -previa autorizzazione in via cautelare e. provvisoria 
concessa dal G.L alle attrici �a continuare ad utilizzare il repertorio tutelato. 
alle stesse condizioni convenute nei contratti scaduti con corrispettivi risultati 
secondo gli indici ISTAT .._ con l'ordinanza in epigrafe ha sollevato questione 
di legittimit� .della norma sopra richiamata, che ponendo in posizione di preminenza 
la S.I.A.E. quale intermediaria esclusiva nella gestione econ01nica dei 
diritti di autore senza prevedere � alcuna specifica forma di tutela per gli utilizzatori, 
contrasterebbe con i principi di coordinamento dell'attivit� pubblica. 
economica a fini sociali, di uguaglianza, del diritto alla difesa e della legalit� 
dell'imposizione. 

Secondo il giudique a quo, infatti, lo � stato di necessit� � in cui si troverebbe 
l'util.izzatore ,il difetto in capo alla S.I.A.E. di un obbligo di contrattare, 
l'assoluta libert� di questa nella determinazione del prezzo preteso e la impossibilit� 
per il giudice di� pronunciare. in subiecta�materia, sentenze costitutive, 
sostitutive o integrative di contratto non concluso, sono tutti elementi che 
lascerebbero senza difese l'aspirante utilizzatore qualora la S.I.A.E. esercitasse 
in modo arbitrario le proprie facolt� nel corso della contrattazione o addirittura. 
rifiutasse di addivenirvi. 

H ripetuto art. 180 sarebbe quindi illegittimo � nella parte in cui attribuisce� 
alla S.IA.E. l'esclusiva senza prevedere alcun controllo per limitare una sua 
eventuale tendenza all'abuso; controllo da esercitarsi vuoi mediante imposizione 
in determinati casi di un obbligo a contrattare, vuoi mediante un'imposizione� 
di parit� di trattamento, vuoi mediante predisposizione di tariffe inderogabili� .. 


PARTI! l,. saz. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

amministrat�va -si� perch� sori.o esperibili contro i suoi atti i ricorsii 
giurisdizfonali ove l'utente> si ritenga leso nei suoi diritti o interessi 
legitt�mi. 

Il giudi~e a q~o �sc111~e, invece, che ove la potest� ~i .determi-nare 
i comven~i sia dalla. $].A,:g. esercitata in modo arbitrarlo, l'utente: 
cl~~J?qhga di H#f~d.i���gith:f~i~f idegt!at~. .. .. �. ���... �..� . .. . 

.���.��.��� .i'..~�. P()s~i�mt~ di . P~#~N~tK �o11.di;z~o�l�.. contratttialf ~p�requ~te�� :ii6n1 

.sart}l:>l:>~ ilivero escli1~~> 4�11~ ).a 11a.iura di . ente pubb1icci ec0riomico: 

~f}~~(condotta Pc>trebbe essere. cens�iata�� med~an.te ��@'appl�cazio:Ue� 

~NPgfca qelle p91'J:l,le (~J:'~t'..� ~S.97 .e.. )6(9 .co?� ... �iv.) .. �;he. imPolJ:~onP al 
Jl:tono;P�1iji� �1�C>66lig9� l:lf (;pnfr�ttare cori �w@<:J..e �gliene �� faccia :ric;W.e#
a.. e di �sserv~e ia i?aiit�. ar tr�liaill~ht�. La s.�.A.E:'I illfatti, .J:l<>n 
�pera .in conclizi�n(di Il1C>nopoli9 n� legate n� di fatto (sentenza n. 65 
del 1972 cit.), l�}a opera <~iure privato~~trz � ed in piena auto11<:>rx{ia, sic�M 
P:9A sap~1'l:>ti e<:>wigt!r�1l~le... UD; c9rifr()110 preventivo.� sulle � qq.,dizioni 

di c�ntr�.ttC> c1�. �.essa praHcate ed. anche... l,lll suo ~ifh1to cli.� cQntrattare


sarebbe Je�ito . 

. . . �.� �.�� .. � .. ��.� . . .. .� 

/. < J.olfre, � es~~.11dQ tassa~vie1 111el..no~tro orcli11amento, le ipotesi.. in cui 
sono ammess.e. promlll:cie d�t~.ni}lative �.el cC>D.te1luto di 1.lll obbligo,. 
nqn. sareqqe consend1:() al...� gi.�lfoe, .. in mancanza di . espressa previsione� 

normativa, emettere s.en.tenze costitutive che determinino Q modifkhi11<>. 
il.�.contenuto del contratto che.�� c:lett~ sog~etto rifiuti di concludere (). 

2) Deve preliminarmente.� eccepirsi un . duplice . profilo di inammissibilit�. 
delta questione. 

2J) Il �primo aft��.ii� al cohtenuto ��della�� pfonuncia domandata a11a� Corte,. 
che Si sostru:izia in un fu:tenient� furu:iipolativ'O per addii:ione: la norma denun-� 
ciata dovrebbe essere, infatti, dichiarata incostituzionale nella parte in �cui n�h 
prevede tutta una sede��di prescrizioni (alcune delle quali� alternative)~ 

. Questa difesa � ben coriseia del fatto �he la Corte Costituzionale italiana. 
ha ben pi� ampi poteri di quelli spettanti� ai �legislatore negativo" di� kelseniana. 
memoria. Tali poteri; tuttavia, pur nella � manipolazione additiva,,, non pos� 
sono superare -n� mai hanno superato -la soglia critica della raz�onalit� 
interna del sistema. � 

In altri �termini, in tanto una norma pu� essere manipolata per addii:ione � 
dal giud�ce delle leggi in quanto l'addizione stessa trovi la sua fonte nel 
sistema:: rief prlhcipi �geii�rill . o�. in specifiche�� :norme di� legge. 

Nella fattispecie, invece, l'additi6rte in'V�eata>non trova: l� sua fonte<nelI'ordinarriento 
e non pu� essere qumdi che frutto di una scelta politica, come 
tale riservata al <legislatore (tanto vero che alcune delle addizioni suggerite sono� 
alternative fra loro). 

22) Il secondo profilo di inammissibilit� attiene alla omessa motivazione� 
sulla rilevanza: l'esercizio arbitrario della facolt� demandata alla SJA.E. � 
infatti�� denunciato dal giudice a quo non come attualit� �ma come mera� ev'en�� 
tual�t�. Non risulta dunque motivato -e, per vero, n�mmeno affermato -se� 
e come rileverebbe nel giudizio di merito la �denunciata incostituzionalit�. 
N� vale a superare l'eccezione l'accenno, contenuto nella parte finale dell'ord��




396 M,SSEGN.i\ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

pr1?tenda di stipulare a condizioni esorbitanti. Nemmeno sarebbe possil>
ile, poi, dichiarare l'illegittimit� di condizioni contrattuali ritenute di� 
.scriminatorie, non essendo individuabile un principio normativo che im


I 

ponga alla S,l,,A..E. di osservare la parit� di trattamento tra gli utenti 
del repert()rio,. Quli:ldi, pur essendo conferita alla S.LA.E. � una posi


I zione di. assdtuta preminenza� su}.� mercato, ..� 'l;l<>n vi sarebbero nell'ordinam1e11to 
italiaru> . -privo di .una a:�g~slaz�One a11titiu:st -strumenti dl. COUtfoUO preventivo O 'SUCCeSS�VO �.(obbligo a contrattare, im)?OSizfone. 
d� parit� .di�. trattamento, predisposiZioue di tariffe inderogabili) 
idonei a � contras1:�re eventuali tendenze aU'abriso di tale posizione 
do:fumante; Nel �aso di specie, uno strumento di intervento glurisdizfortale 
non sarebbe ricavabile dagli artt. 52 e 56 legge n. 633 cit., che 
prevedono il diritto dell'ente stataile esercente il servizio di radiodiffusfoiie 
di Utilizzare -entro certi limiti -le opere dell'ingegno 
dietro pagamento di un compenso che, in caso di disaccordo, � liquidato 
�. diill'au.torit� giudiziaria. �Trattasi, infatti, �di previsione non estensibile 
a favore di aitri soggetti; .. 

N� potrebbe, ritenersi adeguata la sola tutela amministrativa, in 
.quanto . fo. concreto utilizzabile. pi� nella fase di . concessione di licenze 
-0 autorizzazioni che nella vera e propt'ia fase contrattuale. 

� � J.n questa ...;:;.. osserva �il giudice a quo �in punto di rilevanza -do
�vi:"ebbero valere criteri di ragionevolezza ed equit�, specie in un mer


nanza, a:lla irrazionalit� della equiparazione della somma pretesa nei confronti 

II

.deli'emittenza privata a queUa pretesa nei confronti della RAI. 
In materia di composizione di interessi attraverso il contratto, infatti, 

l.e proposte e le controproposte non sono mai. n� razionali n� irrazionali ma 
sempre ed alternativamente economicamente accettabili o non accettabili alla 
luce del principio di convenienza. 
Il riferimento alfa razionalit�. ~ frutto . di un mero. paralogismo del giudice 
.a quo, che pril:na . definisce � prestazione patrimoniale con carattere pressoch� 
impositivo� la so,IUma richiesta dalla $,I.A.E. nella sua proposta contrattuafe 
~ applica, poi, . la logica tributaristic;a sottesa dalla propria defiruizione alla 
.fattispec;ie. 

La verit�, risultante dagli atti del giudizio pendente dinanzi al Tribunale 
.di Roma, � che la $.I.A.E., lungi dal rifiutarsi alla contrattazione, invit� pi� 
�volte e con co1;1gruo anticipo sulla scadenza del precedente contratto le emit� 
-tenti delle tre reti private ita1iape � a . negoziare, formulando una proposta con


trattuale. Comportamento. per vero quaJ:lt(), mai lontano da qucll'� esercizio 
.arbitrario delle proprie facolt�� che, secondo il giudice a quo, sarebbe legittimato 
dalla normativa denunciata e che, nell'ordine naturale delle cose e tra 
contraenti di buona fede, avrebbe dovuto essere seguito da una controproposta 

.e non da wn atto di citazione in giudizio. 

3) �In subordine deve eccepirsi la manifesta infondatezza della questione, 
. che ripropone sostanzialmente, senza prospettare nuovi argomenti, quelle gi� 
.decise da codesta Corte con sentenze 17. aprile 1968 n. 25 e 13 aprile 1972 n. 65. 

In particolare, nella sentenza da ultimo citata, codesta Corte ha precisato 
.che alla S.I.A.E. non sono attribuiti �poteri arbitrari �, e, comunque, incon




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

397 

cato in cui sia impossibile rifornirsi altrove dello stesso bene o servizio; 
criteri che non sarebbero stati nella specie osservati, non essendo 
a suo avviso giustificata n� la pretesa della S.I.A.E. di equiparare 
RAI ed emittenti private, n� quella di esigere quale compenso una percentuale 
parametrata non sui bilanci delle societ� attrici, bens� sugli 
introiti della societ� (Publitalia) che svolge per esse la raccolta della 
pubblicit�. 

In ragione, perci�, della mancanza di criteri generali ed uniformi 
di determinazione dei compensi e di specifiche ed adeguate forme d� 
tutela giudiziaria, il giudice a quo ritiene che siano violati gli artt. 3 e 
41 Cost., rispettivamente sotto il profilo della disparit� di trattamento 
e del non coordinamento dell'attivit� economica pubblica ai fini sociali. 
Sarebbe altres� violato l'art. 23 Cast., in quanto la posizione di preminenza 
della S.I.A.E. e la necessit� per le emittenti private di utilizzare 
le opere tutelate renderebbero il corrispettivo determinato dalla prima 
� molto simile ad una prestazione patrimoniale con carattere pressoch� 
impositivo �, 

Le societ� attrici nel giudizio a quo, aderiscono alla prospettazione 
del Tribunale. In punto di rilevanza osservano che, vertendo il giudizio 
a quo essenzialmente sulla facolt� della S.I.A.E. di determinare � secondo 
merum arbitrium � il�compenso per l'utilizzazione da parte loro 

trollabili, in quanto essa S.I.A.E. � soggetta a vigilanza governativa ed i suoi 
atti sono soggetti ai comuni gravami amministrativi e giurisdizionali. Ove il 
compenso richiesto dalla S.I.A.E. per l'esecuzione di musica leggera sia ritenuto 
eccessivo -ha precisato ancora codesta Corte -l'imprenditore ha i 
mezzi legali per far valere le proprie ragioni. 

Orbene, il Tribunale di Roma ha frettolosamente superato tale pronunciato, 
� dubitando � che i rimedi offerti all'utente siano adeguati allorch� ie 
potest� della S.I.A.E. fossero esercitate in modo arbitrario. ed osservando in 
particolare come tali rimedi 'avrebbero dovuto essere ricondotti a rigorose 
limitazioni della libert� contrattuale. 

Tali argomenti non possono evidentemente essere considerati � nuovi �, a 
tacer d'altro per la considerazione che l'arbitrariet� � di per s� un parametro 
che esclude la sindacabilit� della normativa sottostante. Diversamente opinando 
occorrerebbe dichiarare illegittime tutte le norme che fondano ragioni suscettibili 
di essere arbitrariamente esercitate senza prevedere specifici rimedi contro 
tale esercizio arbitrario. Che � quanto dire buona parte delle norme del nostro 
ordinamento, in quanto, come meglio sar� precisato in prosieguo, il rimedio 
contro gli abusi va generalmente trovato nella normativa generale sull'i!llecito 
(contrattuale o extracontrattuale). 

La verit� � che il Tribunale di Roma � incorso in equivoco, confondendo 
fra �potere arbitrario� (che renderebbe illegittima la norma che lo conferisce 
ma la cui sussistenza � stata esclusa da codesta Corte) ed esercizio arbitrario 
di un potere legittimo, che non crea problemi di costituzionalit� della norma 
che lo conferisce ma solo di responsabilit� da fatto illecito in capo a chi ne 
fa abuso. 

2 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

398 

del repertorio tutelato, l'esito di esso dipende dall'ampiezza delle facolt� 
che possono rit<!nersi insite nella posizione di detto ente, cui la 
norma impugnata conferisce una posizione di preminenza sul mercato, 
senza peraltro stabilire limiti procedimentali o sostanziali per la determinazione 
dei corrispettivi. 

Nel merito, la difesa osserva che il giudizio principale � stato promosso 
sulla scorta delle indicazioni contenute nella sentenza n. 65 
del 1972, circa i mezzi di tutela giurisdizionale idonei a controllare l'esercizio 
dei poteri conferiti alla S.I.A.E. Avendo il Tribunale ritenuto di 
non disporre di strumenti giuridici per censurarne il comportamento, 
l'accoglimento della questione sarebbe necessario per consentire all'utilizzatore 
di far valere le proprie ragioni. 

La S.I.A.E. contesta innanzitutto il presupposto di fatto su cui l'ordinanza 
di rimessione si fonda, che cio� sia stato nella specie arbitrario 
pretendere un compenso parametrato sugli introiti complessivi del gruppo 
Fininvest. Di fronte agli attuali modi di utilizzo di massa di talune 
categorie di opere da parte delle imprese radiotelevisive, � ormai da 
tempo invalsa la prassi -non solo in Italia -di stipulare contratti 
che conferiscono una autorizzazione generale allo sfruttamento del repertorio 
tutelato, verso un corrispettivo rapportato agli introiti complessivi 
ed aggirantesi, come nel caso della RAI, sul 4/5 %. 

4) In ulteriore subordine e nel merito la questione appare comunque 
infondata. 

La propriet� artistica � infatti un peculiarissimo bene della vita la cui 
libera contrattazione �, de facto e per la generalit� delle situazioni, impossibile 
se non attraverso forme di tutela organizzata a carattere collettivistico (CIAMPI, 
Diritto di autore, diritto naturale, Milano, 1957, 82-83). Non a caso le societ� 
di autori esistono in tutti i Paesi, sia pure in diverse forme (societ� cooperative, 
societ� civili, societ� commerciali, enti pubblici, enti governativi, ecc.) in quanto 
un diretto contatto fra autori ed utilizzatori limiterebbe enormemente il mercato 
dei primi (eccezion fatta per i grandissimi) e renderebbe estremamente 
oneroso e difficile (oltre a limitare) quello dei secondi, costringendoli a ricerche 
spesso impossibili. In ogni caso con � inevitabili dispersioni o frammentazioni � 
e �nocumento all'incremento culturale ed artistico� (Cass. SS.UU. 27 giugno 1966. 

n. 1646). 
Nell'ordinamento italiano, la formula prevista per la tutela collettivistica 
del diritto d'autore �, come � noto, quella che fa capo alla S.I.A.E. (Corte Cost. 
sent. 25/68 cit.), ente pubblico economico (Cass. SS.UU. 27 giugno 1966 n. 1646) 
soggetto a vigilanza governativa, avente per oggetto sociale la tutela giuridica 
ed economica delle opere dell'ingegno e dei diritti connessi in Italia e all'estero 
(art. 2 Statuto). Mezzo al fine � la riserva in via esclusiva dello svolgimento 
dell'attivit� di intermediazione nella gestione dei diritti per tutti gli autori 
iscritti o che conferiscano mandato. Il tutto per assolvere alla funzione della 
promozione, attraverso la tutela giuridica ed economica delle opere dell'ingegno, 
dello sviluppo e della diffusione del patrimonio letterario ed artistico italiano. 



sBZ.� 1, GIURISPRUDENZA. COSTITUZIONALE 
pAR'fB, 1, 

r 
introiti coxn:plessivi del gruppo, gi� praticato nel

1 

to ag dipenderebbe tlalressere le societ� emittenti lo,
tratto.. . de1. servizio di tliffu.sione dei programmi nei 
,a).tratrici introiti per la raccolta. di pubblicit� eh~ per

0

�~~an . , 
n fle>-stituisce 1.a r1sorsa essenziale. La pretesa del sud


. 
taco d ...

iva . di con 1z1on1 contra.ttu.a.li pi�. favorevoli di quelle 

d:. 
fruire d' l

1 sarebbe a tra parte infondata, data la posizione 

a. 
RJ\1. olo concorrenziale rispetto al servizio pubblico edlP 
� dll' . � (f
-irarnb1to e enntten.z.a pr1vata c r. sentenza n. 826 
uisita ne 


la difesa della S.I.A.E. eccepisce l'inammissibilit� 
.,..esso, � f tt. h 1 � t f � 

e... }\Itllll-esso 1n a 1 c e a norma 1mpugna a con erisca 
tJ.one. osizione dominante sul mercato, non � da essa che 
e. una ~tica-rnente discendere l'abuso concretamente lamen' 
au~oro. a quo: abuso che in.fatti � represso dall'art. 86 del 
giudice el presupposto della liceit� della posizione dominante, 
c:e.B� n ltro essere acq_uisita anche in assenza di un'esclusiva 


pu� per:rte. sostiene la difesa, l'attribuzione ex lege di una 
D'altra . p te non comporta sottrazione al regime ordinario dei 
d ro.1nan 

1e 0 . di privata autonomia (artt. 1337, 1341, 1343 cod. civ.� etc.) 
� ugli atti � � t d � d1. � d1�

h s la necessan.a n1 ro uz1one un regime controlli 
esuPPone 

\e. 

--------s.1.A..E. presenta quindi una dup1ice valenza: quella econo


11

'at�vit� de a elusivo e diretto vantaggio degli autori che abbiano conferito 
" che va ad e~ I.A.E. (la quale per contro non ha scopo di lucro diretto: 
'andato alla �Trattato di diritto industriale, Milano, 1960, II, 149) e quella 
l f\W'cr.sctiBLt� che si realizza attraverso la tutela e l'esercizio del diritto 

tic0-cuttttr�:~' rato nella sua funzione sociale (FABIANI, Societ� Italiana degli 
.s tore co1;1s1 ~ (S.I.A.E.), in Novissimo Digesto, vol. XVII, UTET, 1970). 
auri e Editori ersegue q_uindi nel campo della propriet� intellettuale finalit� 
.toLa s.lA�B� P profilo spiccatamente pubblicistico, sottolineato e garantito 

assun:ion? un dello Statuto con decreto Presidenziale. dalla presenza di 
~�ap1'rovazi:egovernativi neg1i organi sociali e dalla vigilanza governativa 

yresentan 't 773 e 778).'iBIANl, oP: ci ~ini e per concludere sul punto, la disciplina predisposta dal( 
A 1n altri te\aliano fa ricorso al regime privatistico della libera contratta


' rdinainento 1 to attiene all'interesse economico degli autori, a quello colletl? 
ne per q_ua~utela associata per garantire, attesa la assoluta specialit� della 
'Z>l;~isticO ~ella. lior possibile incontro della domanda e dell'offerta ed a quelio 

� 
� f' �

t1 ater1a,� i:l. migd ll'organizzaz1one � per ass1curare �1�1 persegu1ment o de1� in1� generali 
rnubblicistico :bblico avuti di mira dal legislatore. 

1'di interesse P adro normativo ,ipotizzare da parte della S.IA.E. un'abuso di 
ln taledq_u inante appare un non-senso log�ico prima ancora che giuridico. 
ituazione 0~nfatti, la considerazione di fon.do sulla P�i� che dubbia assimilas 
/\. parte, 1 re dell'ingegno a merci o servizi cui si appl.icano le leggi antibilit� 
de:le. Oh1'e (DE SANCllS, Contratto di edizione, contratti di rappresentazione

onohst1c e 

uion" 


402 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La questione sarebbe inoltre inammissibile per omessa motivazione 
sulla rilevanza, dato che l'arbitrariet� della condotta della S.l.A.E. � 
prospettata solo come �mera eventualit� e non viene chiarito in che 
modo ila denunciata incostituzionalit� rileverebbe nel giudizio di merito. 
L'accenno alla pretesa irrazionalit� dell'equiparazione RAI -emittenza 
privata sarebbe d'altra parte incongruo rispetto alla fattispecie 
contrattuale esaminata ed al suo reale svolgimento. 

La questione � poi manifestamente infondata -' secondo l'Avvocatura 
-in quanto ripropone sostanzialmente quella gi� decisa con �a 
sentenza n. 65 del 1972 senza prospettare argomenti nuovi. Tale non 
sarebbe, in particolare, quello relativo alla pretesa arbitrariet� del comportamento 
della S.l.A.E., che non � suscettibile di assurgere a motivo 
d'incostituzionalit� in quanto con esso si confonde tra �potere arbitrario 
� -che renderebbe illegittima la norma che lo conferisce, ma 
la cui sussistenza � stata esclusa dalla Corte -ed esercizio arbitrario 
di un potere legittimo, che non crea problemi di costituzionalit� della 
norma che fo conferisce ma solo di. responsabilit� da fatto illecito in 
capo a chi ne fa abuso. 

D'altra parte -osserva l'Avvocatura -le finalit� eminentemente 
pubblicistiche assegnate alla S.I.A.E. -di tutela giuridica ed economica 
delle opere dell'ingegno e di promozione dello sviluppo e diffusione 
del patrimonio letterario e artistico italiano fanno escludere 
che sia nei suoi confronti configurabile un abuso di posizione domi-

il parametro di costituzionalit� va ragguagliato alla fisiologia e non alla 
patologia delle norme e che il legislatore non � tenuto a prevedere specifici 
rimedi per ogni singola specifica patologia (incostituiionaile �, infatti, la 
norma che conferisce poteri arbitrari, non anche quella che conferisce poteri 
che possano essere arbitrariamente usati). 

� irrilevante, quindi, che la normativa de qua non preveda norme calmieratrici 
o contrattazioni coattive in quanto un comportamento arbitrario 
.della S.l.A.E. nel senso temuto sarebbe sanzionato dalle clausole generali 
sull'illecito, e cio� daHe norme sulla responsabilit� contrattuale, extracontrattuale 
(o precontrattuale) e penale. 

Ove infatti la S.I.A.E., eludendo obblighi e controlli, si comportasse nel 
modo paventato, agendo non nell'interesse degli autori, della cultura e dello 
spettacolo, ma in odio ad una specifica controparte, o per altri fini non 
istituzionali, sicuramente violerebbe gli. obb!ighi derivantile dal mandato 
�Conferitole dagli autori. Altrettanto sicuramente violerebbe i doveri pubblici 
che le incombono, esponendosi a subire tutte le possibili sanzioni irrogabili 
dal potere di vigilanza governativa. Altrettanto sicuramente. ancora, 
incorrerebbe in una responsabilit� extracontrattuale (o precontrattuale) nei 
confronti del mancato contraente. I suoi funzionari, infine, ove avessero agito 
.dolosamente si renderebbero responsabili penalmente quanto meno per abuso 
innominato di ufficio (art. 323 c.p.), pacifico essendo che la contrattazione (o la 



PARTE .:r, .SEZ. X, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

403 

La tutela associata dei diritti degli autori, infatti, non creerebbe

te. . . 

"potere contrattuale agg1unt1vo" se non in termini di amplia.
e= del :mercato e, quindi in termini soltanto favorevoli agli utiliz:
ri�. 

Inoltre, poich� il concetto di posizione dominante dovrebbe 
-ere considerato in riferimento alla controparte contrattuale, una 
, . . ne di soggezione di questa sarebbe nella specie da escludere

1s1z10 � 
ttandosi del � pi� forte gruppo che opera nel settore dell'emittenza 

~ ta 1�taliana in una posizione di oligopolio, con un indice di ascolto

nva . � 
quivalente a quello della RAI e con un fatturato pubblicitario addirit


ura superiore �. 
Ma anche ad ammettere -conclude l'Avvocatura -che la S.I.A.E. 
a un comportamento � arbitrario �, questo sarebbe sanzionato dalle 
teng 11'"11 � E � f � � 

clausole generali de_ 1 ec~to. s~a, .1n .atti, vi.olerebbe sia gli obblighi 

t . nei confront1 degh autori, sia i doveri pubblici che su di essa 
assun 1 . 

. bono e che a suo avv1so escludono che possa rifiutarsi di contrat


mcom , . . � . . 

0 di tentare d1 1mporre prezzi fuori mercato: sicch� si esporrebbe 
1::etutte le possibili sanzioni irrogabili dal potere di vigilanza governa. 
Incorrerebbe, inoltre, in una responsabilit� extracontrattuale (o

tiva �. 
precontrattuale) nei confronti del mancato contraente, ed i suoi funzionari 
risponderebbero penalmente ex art. 323 cod. pen. La questione 
sarebbe quindi infondata sotto tutti i profili; ivi compreso queilo riferito 
all'art. 23 Cost., dato che la S.I.A.E. manca di poteri impositivi. 

. . e di non contrattare) della S.IA.F. con gli utilizzatori sarebbe �mani


dec1s1on , . . 

. ne di volont� del1ente rivo1ta, sia pure strumentalmente al raggiungi


festaz10 . . , . ' 

mento di pubbliche flnahta � (Cass. penale, Sez. VI, 10 maggio 1971, Cass. Pen. 
M anno 1972, 881, m 1179) e qualificherebbe dunque per l'effett� il funass. 
. S IA E come pubblico ufficiale (cfr. anche Cass pen Sez Ili 10 d1'


zionar10 � � � . � ., � � 

1966 in Giust. Pen. 1967, Il, 676, m. 835). Tanto a tacere poi della 

.cerob re . 
responsabilit� contabile. 
� Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, che ha limitato il 

rio esame alla normativa settoriale, la difesa giurisdizionale contro evenprol~ 
comportamenti arbitrari della S.IA.E. � pi� che ampiamente garantita 
tua i " d' 1 bb

normativa generale come g1a a tronte e e a precisare codesta Corte,

d 11 

~ a re con formula ellittica, nella pi� volte ricordata sentenza del 1972. 

sia ~a ultimo, quanto al richiamo all'art. 23 della Costituzione, sar� appena 
il so di osservare. come gi� in precedenza accennato, che in assenza di 
claunque potere impositivo in capo alla S.I.A.E., il qualificare un prezzo 

qua t � � 


trattato privatamente come pres az10ne 1mposta e frutto di un vero e 

con . T t 'd .

rio paralogismo. utto quan o sopra cons1 erato, s1 chiede che la que


prop . . 'b'l . .

stione sia dichiarata inamm1ss1 1 e. o m via gradata, manifestamente infondata 
0 infondata. 

I.�F. CARAMAZZA -G; PALMIERI 

�406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

risoluzione del giudizio a quo. La tutela costitutiva dovrebbe essere ricono.
sciuta in ragione del rilievo fondamentale che ha nel nostro ordinamento 
-pur se non � direttamente applicabile -l'art. 86 del Trattato C.E.E., 
.che in sede comunitaria consente tale tipo di tutela. Forme di tutela 
costitutiva sono del resto previste dall'art. 56 e dalla sez. I. del capo III 
�della legge sul diritto di autore; e la tutela meramente risarcitoria sarebbe 
inidonea a salvaguardare i diritti dell'utilizzatore. 

D'altra parte, non dovrebbe neanche escludersi l'applicazione analogica 
all'impresa in posizione dominante dell'art. 2597 cod. civ.: nel qual 
..caso la sentenza che stabilisse d'imperio il contenuto del contratto sarebbe 
non costitutiva, ma determinativa del regolamento d'interessi non 
.attuato in via convenzionale, dato che integrerebbe un'applicazione del 
principio di parit� di trattamento non comportante valutazioni discrezionali 
da parte del giudice. N� potrebbe dirsi che con ci� la Corte sarebbe 
�chiamata -come sostiene l'Avvocatura -ad una scelta politica. Una 
sentenza che sancisce l'applicabilit� dell'art. 2597 cod. civ. e della tutela 
.determinativa non comporterebbe infatti la creazione di una norma bens� 
l'individuazione di quella -gi� implicata nel sistema -mediante la quale 
riempiere immediatamente la lacuna che altrimenti resterebbe aperta 
.nella disciplina della materia: sarebbe, cio�, una legislazione �a rime 
<Qbbigate � che troverebbe fondamento, oltre che nell'art. 41, anche nell'art. 
21 Cost. 

A sostegno della fondatezza della questione la difesa assume ancora 
..che l'utilizzatore del repertorio S.I.A.E. funge da veicolo di promozione 
culturale delle opere dell'ingegno e di diffusione della cultura (art. 21 e 23 
�Cost.). La sua posizione giuridica dovrebbe perci� qualificarsi come diritto 
soggettivo e non come interesse legittimo, non potendosi riconoscere 
.alla S.I.A.E. la potest� discrezionale di incidere su interessi di livello 
costituzionale. Il diritto alla stipulazione del contratto andrebbe poi affermato 
in quanto nella specie si sarebbe in presenza di una potest� 
arbitraria e non dell'esercizio arbitrario di un potere legittimo; e la nor:
nia impugnata dovrebbe essere dichiarata incostituzionale perch� conferisce 
alla S.I.A.E. la pi� ampia e incontrollata discrezionalit� quanto alla 
�scelta del contraente ed alle condizioni del contratto. 

D'altra parte, in un ordinamento dominato dal principio di libert� contrattuale, 
sarebbe inconferente -a dimostrazione dell'esistenza di stru
�menti giuridici contro l'abuso -il richiamo tanto ai principi di buona 
fede e correttezza, dato che la loro operativit� presuppone che il soggetto 
�decida di contrattare; quanto all'art. 86 del Trattato e.E.E., che � appli.
cabile solo laddove !'instaurando rapporto interessi il � commercio tra 
;gli Stati membri�. 



PARTB t, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

lnconferente sarebbe anche il richiamo al dovere di imparzialit� di 
.cui all'art. 97 Cost., almeno fino a che non si sancisca che da esso deriva 
il diritto soggettivo del privato a� non subite� un trattamento discriminatorio. 


Non potrebbe avere ingresso; poi, neanche la tutela risarcitoria -non 
tichiesta dalle attrici nelgiitdiZio principale -dato che essa presuppone 
�he si riconosca l'illieeit� della condotta della S.I.A.E. e quindi il diritto 
soggettivo� dell'utilizzatore. Non potendo aversi azione senza diritto, la 
.:rorma qtiindi sal'ebbe �censurabile .anche in riferimento all'art. 24 Cost. 
Peraltro l'effettiva difesa degli interessi coinvolti potrebbe conseguirsi, 
secondo:.la difesa, solo con un'azione di tipo determinativo, e perci� quella 
meramente risarcitoria lascerebbe sussistere la denunciata incostituzionalit�. 


Sotto altro profilo, il compenso richiesto dalla S.I.A.E. andrebbe 
q�alificato come � prestazione imposta � ex art. 23 Cost., in quanto tale 
carattere non � escluso per il solo fatto che la richiesta del servizio dipenda 
dalla volont� del privato, qualora esso sia riservato alla mano pubblica 
ed il suo uso sia da considerare essenziale ai bisogni della vita (sentenza 
n. 72 del 1969). Nel caso di specie, quest'ultimo requisito sussisterebbe 
perch� le attivit� in questione sono destinate a soddisfare l'interesse 
della collettivit� alla diffusione ..della cultura e perch� la mancata accettazione 
del compenso � imposto � dalla S.l.A.E. comporta il sacrificio delle 
libert� di cui agli artt. 21 e 41 Cost. 

La carenza di tutela giuridica dell'utilizzatore emergerebbe anche, secondo 
la difesa, dalla mancanza di una norma di azione che disciplini 
l'attivit� della S.l.A.E. e consideri qualificato, e non di mero fatto, l'interesse 
di costui. Non potrebbe perci� riconoscersi in capo al medesimo 
una posizione di �interesse legittimo; e d'altra parte una tutela di tipo 
pubblicistico sarebbe da escludere in quanto la S.I.A.E. opera con strumenti 
di diritto privato e non con provvedimenti amministrativi. 

La difesa chiede infine, in via subordinata, l'emissione di una sen� 
tenza interpretativa di rigetto, che alla stregua della norma impugnata correlata 
con altre disposizioni -individui e riconosca l'esistenza nell'ordinamento 
dell'obbligo della S.l.A.E. di contrarre e di osservare la 
parit� di trattamento e dell'esperibilit� da parte del privato di rimedi 
giurisdizionali costitutivi. 

(In diritto) (omissis) Rispetto alla questione cos� prospettata l'Avvocatura 
dello Stato e la difesa della S.l.A.E. propongono varie eccezioni di 
inammissibilit�: ma nessuna di esse pu� essere condivisa. 


408 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 

Non pu� accogliersi, in primo luogo, la tesi secondo cui l'impugnativa 
avrebbe dovuto essere rivolta nei confronti di norme diverse dall'art. 
180 legge cit., in quanto dalla posizione conferita da tale disposizione� 
non potrebbe farsi automaticamente discendere l'abuso concretamente 
ipotizzato dal giudice a quo. Questi, invero, presuppone l'inapplicabilit� dei 
rimedi contro siffatti abusi previsti in altre norme; ed � logico perci� che 
la censura sia rivolta nei confronti di quella che tale posizione conferisce_ 

Non pu� poi essere dedotta come motivo di inammissibilit� la circostanza 
che nell'ordinanza di rimessione non risulterebbe chiarita la rilevanza 
nel giudizio principale della pronuncia di incostituzionalit�. 

Nel valutare la rilevanza, invero, il giudice a quo non deve percorrere 
l'itinerario dell'esame del merito della causa principale -itinerario sul 
quale questa Corte non pu� entrare con le proprie valutazioni, a pena di 
trasfigurare il significato del proprio giudizio -essendo necessario e sufficiente 
che ricorra una situazione tale, valutata a priori in limine litis, percui 
la disposizione contestata sia applicabile ai fini della decisione del 
giudizio a quo (cfr. da ultimo, in questi termini, la sentenza n. 1012 del 
1988). 

A maggior ragione non pu� valutarsi in questa sede l'ipotizzabilit� O�� 
meno della discriminazione lamentata nel giudizio principale, che S.I.A.E. 
e Avvocatura contestano in ragione della posizione acquisita nell'emittenza 
televisiva privata dal gruppo cui fanno capo le societ� attrici, la 
quale a loro avviso giustifica un trattamento paritario rispetto alla RAI 
quanto al corrispettivo per l'utilizzazione del repertorio S.I.A.E. Tale 
questione infatti, pur se concretamente incidente nel giudizio di merito,.. 
esula non solo dal giudizio di costituzionalit�, ma anche dalle valutazioni 
sulla rilevanza che il giudice a quo � chiamato ad esprimere. 

Le anzidette precisazioni inducono altres� ad escludere che in senso� 
contrario alla rilevanza della questione valga l'argomento -prospettato� 
dalla S.I.A.E. -secondo cui, anche ove la Corte ritenesse, in via interpretativa, 
l'applicabilit�, rispetto alla fattispecie di cui al citato art. 180, dell'obbligo 
di contrarre e di osservare la parit� di trattamento sancito per il 
monopolista legale dall'art. 2597 cod. civ., ci� non comporterebbe la possibilit� 
da parte del giudice a quo di emettere una sentenza determinativa 
del contenuto del contratto, che forma oggetto della domanda nel giu-dizio 
principale. Si tratta invero di un problema attinente al giudizio di 
merito e concernente l'individuazione degli effetti delle pronunzie della. 
Corte: pertanto esso non incide sulla rilevanza della proposta questione.. 

L'ordinanza del Tribunale di Roma prende le mosse, nel merito, dalla 
sentenza di questa Corte n. 65 del 1972 ed assume: da un lato, che la. 


PARTE l, � SEZ. I, G�URISPRUDBNZA COSTITUZIONALE 

409 

-qualificazione, ivi riconosciuta, della posizione �della SJ.A.E. come di supremazia 
e non di monopolio comporta l'inapplicabilit� nei suoi confronti 
�di disposizioni quali quelle di cui agli artt. 2597 e 1679 cod. 
dv., con la conseguenza che essa non pu� ritenersi legalmente tenuta 
n� a contrarre e �ad osservare la. patita di trattamento fra gli utilizzatori 
del repertorion� a praticare condizioni�contrattuali prestabilite; dall'altro, 
�che l'affermazione secondo cui esistono rimedi giurisdizionali atti ad 
impedire l'esercizio, da parte dell'ente, di poteri arbitrari o comunque 
incontrollabili in sede di determinazione dei compensi; non troverebbe 
riscontro nel vigente ordinamento; sfoch�, data la carenza di una legisla


zfone anti~trust, dovrebbero applicarsi i comuni principi dell'autonomia 
contrattuale. 

La censura s'incentra quindi essenzialmente sulla dedotta carenza di 
rimedi specifici ed adeguati� rispetto alla posizione �di supremazia attribuita 
alla S.I.A;E. dalla norma impugnata; Di conseguenza; non pu� ritenersi 
risposta appropriata al quesito cos� posto quella -prospettata dell'Avvocatura 
dello Stato e dalla S.I.A.E. -consistente nell'evidenziare l'applicabilit� 
dei comuni principi che regolano il corretto� esercizio dell'autonomia 
privata. 

I principi di correttezza e buona fede nelle trattative e nella formazione 
ed esecuzione del contratto (artt. 1175, 1337, 1366, 1375 cod. civ.), le 
regole della correttezza professionale (art. 2598, n. 3, cod. civ.) ed i doveri 
�correlati alla responsabilit� extracontrattuale (art. 2043 cod. civ.) non 
costituiscono un argine sufficiente alla libert� di scelta del contraente e 
di determinazione del contenuto del contratto che nel vigente ordinamento 
caratterizzano l'autonomia contrattuale, e non sono perci� idonei a 
sopperire all'alterazione dell'equilibrio tra le parti che consegue all'essere 
una di esse in posizione di supremazia. N� � al riguardo sufficiente antidoto 
la natura e le finalit� di ente pubblico della S.I.A.E. e la conseguente 
soggezione alla vigilanza governativa, ai doveri di correttezza� ed imparzialit� 
amministrativa (art. 97 Cost.) ed ai comuni gravami in via amministrativa, 
giacch� ci� pu� indurre a ritenere improbabile, ma non ad 
escludere che l'esercizio dei poteri di supremazia conferitile trasmodi in 
arbitrariet�. 

Neppure sufficiente appare il rilievo della difesa della S.I.A.E. circa 
la possibilit� di applicare l'art. 86 del Trattato istitutivo della C.E.E., 
che -a tutela della concorrenza e dei consumatori -vieta lo sfruttamento 
abusivo di una posizione dominante e, tra le altre, le pratiche consistenti 
(lettera e) �nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti 
condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando cos� 

ru . . ,x, , . x , , 


410 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza �. Anche ad ammettere 
che in singoli casi di negoziazione nell'ambito nazionale aventi tali 
caratteristiche (e magari nel caso oggetto del giudizio principale) possano 
ritenersi sussistenti quei requisiti -di sfruttamento abusivo di posizioni 
dominanti in una � parte sostanziale � del mercato comune, atto a pregiudicare 
il commercio tra gli Stati membri -che circoscrivono l'applicabilit� 
di tale disposizione, � evidente che ci� non potrebbe avvenire: 
in tutte le ipotesi concretamente configurabili di abuso da parte della 

S.I.A.E. della propria posizione di supremazia sugli utilizzatori del repertorio. 
E poich� il giudizio di costituzionalit� investe la norma in riferimento 
ai vari modi in cui essa opera nell'ordinamento, l'applicabilit� 
solo sporadica di una disposizione di salvaguardia non pu� comportare 
un apprezzamento di validit� generale. 

Del resto, l'eventuale applicazione nei confronti della S.I.A.E. def 
citato art. 86 potrebbe subire dei limiti funzionali all'adempimento della 
� specifica missione � affidatale qualora la si inquadrasse tra le imprese� 
incaricate di gestire servizi di interesse economico generale considerate� 
nell'art. 90 dello stesso trattato C.E.E. 

Salvo quanto si dir� in appresso, dalle suesposte considerazioni emerge 
che la questione sollevata dal Tribunale di Roma non pu� trovare 
adeguata soluzione con i comuni strumenti previsti dal vigente ordinamento 
civilistico: e ci� -dato l'indubbio rilievo costituzionale del quesito 
che con essa � stato posto -evidenzia la grave carenza del suddetto� 
ordinamento rispetto alle esigenze di adeguamento ai valori costituzionali. 


Questa Corte ha gi� pi� volte sottolineato la necessit� di una efficace 
normativa anticoncentrazione nel complessivo settore dell'informazione� 
(cfr., da ultimo, sent. 826 del 1988): ma essa non � meno necessaria -come 
si � avvertito nella sentenza n. 223 del 1982 -nel pi� vasto settore del-
l'attivit� economica, pur se in questo assume connotati in buona parte 
diversi, per la diversit� dei valori tutelati. Il principio dell'autonomia contrattuale 
-che come si � detto comporta, tra l'altro, libert� di scelta del 
contraente e del contenuto del contratto -se ha rilievo assolutamente 
preminente nel sistema del codice civile del 1942, non lo ha negli stessi 
termini nel sistema delineato dalla Costituzione, che non solo lo tutela in 
via meramente indiretta, come strumento della libert� di iniziativa economica 
(sentenza n. 159 del 1988), ma pone limiti rilevanti a tale libert�. 
Questa, invero, non pu� svolgersi in contrasto con l'utilit� sociale, e deve 
soggiacere ai controlli necessari perch� possa essere indirizzata e coordinata 
a fini sociali (art. 41, secondo e terzo comma): e tali vincoli sono 


PARTE.�!, si;:z. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 411: 

fatalmente scavalcati o elusi in un ordinamento che consente l'acquisi-zione 
di posizioni di supremazia senza nel contempo prevedere strumenti 
atti ad evitare un loro esercizio abusivo. L'utilit� ed i fini sociali sonoin 
tal modo pretermessi, giacch� non solo pu� essere vanificata o distorta 
la libert� di concorrenza -che pure � valore bashlare della libert� �di 
iniziativa economica, ed� � funzionale alla protezione degli interes�si della 
collettivit� dei consumatori (sentenza n. 223 del 1982 cit.) -ma ri-� 
schiano di essere pregiudicate le esigenze di costoro e dei contraenti 
pi� deboli, che di quei fini sono parte essenziale. Ci� ostacola, inoltre,. 
il programma di � eliminazione delle diseguaglianze di fatto additato dall'art. 
3, secondo comma, Cost., che va attuato anche nei confronti dei poteri 
privati e richiede tra l'altro controlli sull'autonomia privata finalizzati; 
ad evitare discriminazioni arbitrarie. 

Di tali pressanti esigenze, ncmch� della gi� rilevata insufficienza della 
sola normativa comunitaria, vi � una crescente presa di coscienza -pur 
se con ritardo rispetto agli altri Paesi economicamente avanzati -tantoche 
sono 'Stati apprestati progetti contenenti norme per la tutela della 
concorrenza e del mercato (cfr., in particolare, il disegno di legge n. 3755. 
atti Camera, X Legislatura, gi� approvato dal Senato), dei quali � auspicabile 
la definitiva approvazione, in quanto necessaria ai fini del rispetto� 
dei suddetti principi costituzionali. 

Una moderna disciplina sull'abuso di posizione dominante sarebbe� 
certamente la pi� idonea a risolvere la complessa problematica qui esaminata, 
anche perch� comporterebbe la possibilit� di interventi di una apposita 
Autorit� pubblica non concepiti in chiave meramente risarcitoria 
ma idonei a soddisfare i bisogni della parte che subisce l'abuso. 

Tuttavia, la questione di costituzionalit� sollevata dal Tribunale di 
Roma deve ritenersi infondata, non potendosi condividere le conclusioni 
che il giudice a quo formula a proposito della inapplicabilit� alla fattispecie 
in esame della disposizione di cui all'.art. 2597 cod. civ. 

� vero infatti che la sentenza n. 65 del 1972, pur senza occuparsi di tale 
disposizione, esclude che la S.I.A.E. agisca come monopolista nel complesso-. 
della sua attivit�, in quanto ogni autore potrebbe provvedere in modo diretto 
all'esercizio dei propri diritti e quindi alla cessione degli stessi, senza 
ricorrere alla intermediazione. Tuttavia tale possibilit� di esercizio diretto� 
si � progressivamente ridotta sino a trasformarsi in mera ipotesi astratta. 

Infatti l'enorme diffusione delle opere dell'ingegno rende in concreto 
quasi sempre indispensabile l'attivit� di intermediazione e di protezione 
da parte della S.I.A.E. Ci� vale in particolare anche per le opere straniere, 
rispetto alle quali l'accesso all'utilizzazione pu� avvenire in generale solo. 


412 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

attraverso il detto ente, legato alle societ� di autori estere da contratti di 
reciproca rappresentanza. La sostanziale insostituibilit� dell'attivit� di 
intermediazione comporta che l'ente che � titolare in esclusiva di quest' 
ultima eserciti in condizioni di sostanziale monopolio la gestione dei diritti 
di utilizzazione economica delle opere tutelate, in quanto gli attribui� 
sce il potere di condizionamento degli utenti e del mercato che � proprio 
del monopolista. 

Questa qualificazione del fenomeno, del resto, � omogenea alla nozione 
di monopolio elaborata, proprio a proposito dell'art. 2597 cod. civ., dalla 
pi� moden;i.a dottrina, che lo definisce secondo un'ottica funzionale, cio� 
come esclusiva nell'offerta di beni e servizi non facilmente sostituibili da 
parte dell'utente medio. 

Pertanto, poich�, nel caso, si tratta di un'esclusiva legale, derivante 
dall'impugnato art. 180 della legge n. 633 del 1941, deve ritenersi applicabile 
nei confronti della S.I.A.E. l'obbligo di contrattare con il divieto di discri� 
minazioni arbitrarie sancito dall'art. 2597 cod. civ., con le conseguenze 
previste dall'ordinamento. 

Questa conclusione � coerente con l'interpretazione, alla luce dell'art. 
41, secondo comma, Cost., di tale disposizione come intesa alla tutela dell'utente 
e del consumatore nei confronti dell'esercizio abusivo del proprio 
potere da parte del soggetto monopolista. 

D'altra parte, poich� la ratio dell'esclusiva in favore della S.I.A.E. sta, 
oltre che nella protezione dei diritti dei loro autori, nella funzione di promozione 
della cultura e nella diffusione delle opere dell'ingegno di carattere 
creativo, non vi � dubbio che il pieno dispiegarsi di tale compito potrebbe 
risultare menomato se l'ente non fosse tenuto a contrattare con tutti gli 
utilizzatori e ad assicurare loro parit� di trattamento a parit� di condizioni 
oggettive, escludendo posizioni di privilegio o di svantaggio. In tali 
sensi la questione deve essere dichiarata non fondata. 

�CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1991 n. 345 -Pres. Gallo -Red. Caianiello 
-Marocco Giuseppe (avv. Vitucci) -Presidente del Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia). 

�urbanistica -Costruzione abusiva -Gratuita acquisizione al patrimonio 
comunale dell'area di sedime -Non opera nei confronti del proprietario 
dell'area estraneo all'abusivismo. 
(Cast., artt. 3 e 42; legge 28 febbraio 1985 n. 47, art. 7). 

.La 
gratuita acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell'area di 
sedime in caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolire unal 
costruzione abusiva -costituendo una sanzione autonoma per l'inot



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUl>BNZA .COSTl'IUZlONALB 

413 

temperanza all'ingiunzione -non opera nei confronti del proprietario 
dell'area che sia completamente estraneo al compimento dell'opera 
abusiva o che si sia adoperato per impedirlo .(1). 

e sta:ta sollevata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 7, ter� 
zo comma, della legge n. 47 del 1985) il quale prevede ,_ in caso di inottemperanza; 
nel termine di 90 giornii, all'ingiunzione a demolire un manufatto 
abusivo �ed,. a ripristinare fo. stato., dei .. luoghi-la gratuita. acquisizione 
di diritto al patrimonio comunale dell'opera, dell'area di sedime e di 
quella necessaria, secondo le vigenti. prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione 
di opere analoghe� a quelle abusive.� 

Ad a:Wiso del giudice a quo, tale norma violerebbe l'art. 3 della. Costituzione 
perch� colpirebbe con la stessa sanzione comportamenti diversi, e 
cio� quello . del proprietario del terreno responsabile dell'abuso edilizio 
e quello. del proprietario incolpevole, nell'ipotesi che . l'abu.so edilizio sia 
stato compiuto <la un terzo ....... come avvenuto ntil caso oggetto del giudizio 
a quo da parte del conduttore del fondo ...;... ed il proprietario non abbia 
la> possibilit� di ottemperare direttamente a:U'ordine di demolizione, per 
essere ilbene nell'esCltisiva disponibilit� del conduttore autore dell'abuso . 

.�$1 sost�ene, altres�, ilcontrasto della norma: �con l'art 42� della Costituzione 
'nell'assunto che la perdita del diritto di propriet�, a:i danni di colui 
che non sia responsabile dell'abuso e non abbia comunque la possibait� di 
eliminarlo con . la: demolizione del manufatto; costituirebbe� una sanzione 
eecedente rispetto a1 fine perseguito dalla legge. 

' La questione� non � �fondata, nei sensi che verranno precisati. 

�11 secondo comxn� dell'art. 7 �della legge ri. 47 del' 1985 stabilisce che il 
sindaco, accertatal'esecuzione di opere abusive, ne ingiunge la demolizione. 
Il successivo terzo comma, cio� la norma denunciata, stabilisce poi, come 
si �. rilevato in precedenza, che se il responsabile dell'abtlso �non provveda 
alla � dem.olizione ed al ripristino dello stato dei Itioghi nel �termine di novanta 
giorni dall'ingiunzione, il manufatto -Unitam�nte all'area di sedime, 
nonch� a quella necessaria ai sensi delle vigenti prescriZioni per la 
realizzazione di opere analoghe -sia acquisito di d�ritto a titolo di propri~
t� gratuitamente dal comune per essere dem�l�to, come prescrive il 
quinto comma dello st�sso articolo 7, a spese dei responsabili dell'abuso, 

(1) La Corte riprende e� sviluppa �il prindpio affermato nell'ord. 15 febbraio 
1991 n. 82 in Giur. cosi. 1991; 571, nel senso che l'acquisizione gratuita dell'area 
su cui insiste la costruzione abusiva � una sanzione auton<;>ma per l'inottemperanza 
all'ingiunzione di demolizione xna pur !!empre. collegata al �duplice � 
illecito di colui che, prima esegue un'opera abusiva �e �poi non adeinpie all'oh� 
bligo di demolirla. Pertanto, il proprietario dell'area del tutto estraneo alla co. 
struzione abusiva non subisce la sanzione. 

414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di preva� 

lenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti 

interessi urbanistici o ambientali. 

Ci� premesso va rilevato che questa Corte, con ordinanza n. 82 del 

1991 -in relazione ad una analoga ipotesi sanzionatoria prevista dall'art. 

15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 -ha affermato che la 

gratuita acquisizione al patrimonio indisponibile del comune dell'area sulla 

quale insiste la costruzione abusiva rappresenta la reazione dell'ordina


mento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera 

abusiva e, poi, non adempie all'obbligo di demolirla, in conformit� della 

regola secondo cui �l'ordinamento reagisce, oltre che sulle cose costituenti 

il prodotto dell'illecito, .anche su quelle strumentalmente utilizzate per 

commetterlo �, 

Secondo il cennato indirizzo della Corte, che pu� essere seguito anche 

per la presente questione, l'acquisizione gratuita dell'area non � dunque 

una misura strumentale, per consentire al comune di eseguire la demoli


zione, n� una .sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione 

autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione, abilitando poi 

il sindaco ad .una scelta fra la demolizione di. ufficio e la conservazione 

del bene, definitivam,ente gi� acquisito, in presenza di � prevalenti interessi 

pubblici �1 il che significa per la destinazione a fini pubblici, sempre che 

l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. 

Da quanto precede deve dedursi che, essendo l'acquisizione gratuita 

I 

una sanzione prevista per il caso dell'inottemperanza all'ingiunzione di 
demolire, essa, come risulta dalla. stessa formulazione del terzo comma 


I

dell'art. 7 della legge in questione, si. riferisce esclusivamente al respon� 
sabile dell'abuso, non potendo di certo operare (come avviene talvolta per 


I

la confisca, quando questa costituisce misura accessoria di altra sanzione 

i

o misura strumentale diretta ad impedire l'ulteriore produzione dell'illecito i 
o l'utilizzazione dei proventi di questo) nella sfera di altri soggetti e, .in 
particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo 
inequivocabile, la sua completa estraneit� al compimento dell'opera abusiva, 
o che,. essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per 
impedirlo con gli .strumenti offertigli dall'ordinamento. 
L'essere .la sanzione dell'acquisizione dell'area ispirata dall'intento 
di costringere il responsabile dell'abuso ad eseguire egli stesso la demol�� 
zione nel termine stabilito dall'ingiunzione, esclude, anche sotto. altro profilo, 
che essa possa colpire il proprietario estraneo all'esecuzione dell'opera, 
perch� se fosse vero il contrario si sarebbe in presenza di una sanzione 
inidonea ad assolvere alla funzione di prevenzione speciale in vista 


I

' 

� della quale � comminata, in quanto tale comminatoria non potrebbe eserci


! 

tare alcuna coazione sul responsabile dell'abuso per costringerlo ad eseguire 
la demolizione. I 


l 

! 

I 

I

I 

I 
I 



PARTE I, SEZ. I, .G!VRISPRUllENZA COSTITUZIONALE 

415 

Una volta escluso che il proprietario estraneo all"abuso -anche nel 
senso che non risulti che egli, essendone venuto. a conoscenza, non si sia 
attivato con gli strumenti offerti dall'ordinamento per impedirlo -possa 
s.pire la Per4~ti3-.4ella propriet� .. dell';:irea; ..non �per. questo viene meno 
la possibilit� del ripristino. L'art. 7 in questione, pur perdendo la maggior 
forza intimidatrice insita nell'ulteriore comminatoria della sanzione consi� 
stente nell'acquisizione gratuita dell'area, in caso di inottemperanza 
all'mgiumione si riduce alla sola<possibilit� della demolizione del manu


fatt��� abusivo. 

N(>rf s� ignora in: proposito che della norma in questione � stata talvolta 
�ffert� un'interpretazione riduttiva nel senso, cio�, che la demolizfon�. 
J?Ofrebbe essere eseg\l�ta d;ufficio dagli organi del comune solo dopo 
che il bene. sia sfato� acqill:sito al patrimonio pubblico. Se cos� fosse ver� 
rehbe.111�rl� ogni.possibilit� di applicazione del regime sanzionatorio pre~
istoda detta norma nell'ipotesi . il). cui l'area, . per essere di propriet� 
cl�l t�rzC> .. estfaned all'abuso, �non p�ssa essere acqmsita gratuitamente e 
rill1�rr~l:i6ero cos�..frustate le fil1alit� ripristinatorie insite in tale regime 

Ma la richl.amata interpretazione non pu� essere condivisa perch� 
essa, erroneamen.te attribuendo all'acquisizione gratuita del bene natura 
di :rrdsura stl"Ulller1tale (l� dove, la richiamata giurisprudenza della Corte 
la ~(Jnsidera sanziol1e autonon:ta), connette l'operativit� dell'ingiunzione 
Ji;5ipri~ti110 esclusiyainep.te. al. Jneccanismo.� :previsto dall'art. 7 in parola 
il quale, come si arguisce da quanto si � detto in precedenza, tende ad 
ottenere la collaborazione del responsabile dell'abuso, onde eliminarne 
gli effetti1 con il comminare l'ulteriore sanzione della perdita dell'area in 
caso di inottemperanza. Detta interpretazione tralascia invece di const.
clerare che l'operativit� dell'ingiunzione a demolire non presuppone 
sempre necessariamente la preventiva acquisizione clell'immobile al patrimonio 
comunale, perch� l'ingiunzione � rin provvedimento amministratifo 
di:il�turl,l autoritat.iva che1 in. quanto tale,.� assistito, in base ai principi 
i~Il:~r~i ch� regola!lo ...l'azione arll),lllpist~ativa,.. dfll carattere della 
ese.cutoriet� insito nel potere di autotutela che, come � noto, consiste 
nel potere-dovere degli �organi amministrativi d�� dare� esecuzione ai provvedimenti 
cia essist~ssi eID.ail.atL 

. Di con:segue~~ appare evidente che; q\lalo:ra non ricorrano i presupposti 
per l'acquisizione gratuita del bene, come nel caso in cui l'area sia 
di propriet�. del terzo, la funzione ripr:istinator�a dell'interesse pubblico 
vidlato dall'abuso, sia pur ristretta alla sola possibilit� della demolizione, 
rimane affidata. al potere-dovere degli organi comunali di darvi esecuzione 
d'ufficio. E ci� senza che a tal fine necessiti la preventiva acquisizione 
dell'area che, se di propriet� del terzo estraneo all'abuso, deve rimanere 
nella titolarit� di questi, anche dopo eseguita d;ufficio la demolizione. 

---'.."'?' 


416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 31 ottobre 1991 n. 389 -Pres. Corasaniti -Red. 
Caianiello -Regione Campania (avv. Cacciafesta). 

Regioni � Legge regionale -Efficacia retroattiva -Ammissibilit� -Condi


zioni -Ragionevolezza. 

(Cost. art. 117; l. reg. Campania, 3 luglio 1973, n. 4, art. 7). 

Anche per il legislatote regionale, e pure in caso di successione di legge 
regionale a legge statale, il divieto di retmattivit� assume dignit� costituzionale 
solo in materia penale (peraltro estranea alla competenza normativa 
delle regioni); tuttavia esso rappresenta pur sempre una regola generale 
ed essenziale del sistema cui il legislatore deve ragionevolmente 
attenersi, salvo una effettiva causa giustificatrice, perch� la certezza dei 
rapporti preferiti costituisce un cardine della civile convivenza e della 
tranquillit� dei cittadini (pertanto � illegittimo l'art. 7 legge regione Campania 
3 luglio 1973, n. 4 che, modificando i requisiti per la concessione 
di borse di studio, incide anche sui rapporti in corso sacrificando ingiu~ 
stificatamente diritti gi� acquisiti in base alla legge statale) (1). 

Con ordinanza pervenuta il 28 gennaio 1991, le Sezioni unite della 
Corte di cassazione hanno sollevato questione di legittimit� costituzionale ~ 
dell'art. 7 della legge della Regione Campania 3 luglio 1973, n. 14, il quale 

I

dlspone che ai concorsi annuali per il conferimento di nuove borse di studio 

I 

(1) Sentenza di notevole interesse in cui la Corte, nel ribadire che il divieto 
di retroattivit� delle leggi assume dignit� costituzionale solo in materia penale, 
I

mette a fuoco il principio dell'unit� dell'ordinamento come limite generale alla 

retroattivit� delle leggi statali e regionali attribuendogli � il significato di ga


rantire la coerenza e ragionevolezza del sistema, pi� che la sua continuit� tem


I porale�. Da tale principio, quindi, discende non tanto un limite � ratione tem~ 
poris � della competenza delle regioni a disciplinare situazioni gi� disciplinate 
con legge statale, bens� un'esigenza di coordinamento tra le due legislazioni che 
pu� anche comportare il sacrificio di diritti gi� acquisiti purch� sorretto da 
ragionevole giustificazione. 

Tra i numerosi precedenti citati dalla Corte si vedano: sent. 4 aprile 1990 

n. 155, in Foro it. 1990, I, 3072; sent. 2 febbraio 1988 n. 123, ivi, 1989, I, 652; sent. 
18 luglio 1986 n. 199, in Giust. civ. 1986, I, 2641; sent. 13 febbraio 1985 n. 36, in 
Foro it. 1986, I, 638, con nota di BELLANTUONo; sent. 12 maggio 1982 n. 91, ivi, 
1982, I, 2122; sent. 15 febbraio 1980 n. 13, in Giur. cost. 1980, I, 102; sent. 20 marzo 
1978 n. 23, ivi, 1978, I, 468; sent. 28 luglio 1976 n. 194, in Foro it., 1977, I, 23; sent. 
9 marzo 1967 n. 23, in Giur. cost., 1967, 183; sent. 8 luglio 1957 n. 123, ivi, 1957 
Ili, 275. 
L'elemento di maggiore novit� della sentenza in commento riguarda il principio 
secondo il quale la legge regiqnale pu� avere efficacia retroattiva, purch� 
sia rispettato il canone della ragionevolezza, anche nei confronti della preesistente 
legge statale (in senso contrario sent. 18 marzo 1957 n. 44 e sent. 8 luglio 1957 

n. 123. cit.). 

PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sono tenuti a partecipare anche gli alunni gi� titolari di borse di studio 
pluriennali conseguite in anni scolastici anteriori al 1973/1974, privando 
cos� questi ultimi del diritto ormai acquisito -in virt� di concorsi 
espletati in base alla previgente legislazione statale -a percepire le relative 
annualit� non ancora maturate. 

Ad avviso del giudice rimettente, la norma impugnata contrasta con 
l'art. 117, primo comma, della. Costituzione e con il principio di continuit� 
(rectius di unit�) dell'ordinamento, trattandosi ,di norma retroattiva diretta 
a regolare la materia per il tempo in cui la stessa apparteneva alla competenza 
statale. (omissis) 

Nel merito la questione � fondata. 

La giurisprudenza di questa Corte, univoca nel ritenere che il principio 
della irretroattivit� della legge in generale � stato costituzionalizzato 
soltanto riguardo alla materia penale (fra le altre sentt. n. 19 del 1989, 

n. 713 del 1988, n. 19 del 1970, n. 23 del 1967), per quel che riguarda la 
legge regionale ha ..,..... fin dalla sentenza n. 44 del 1957, il cui principio � 
ribadito in pronuncie successive (v. ad es. sentt. n. 91 del 1982, n. 13 del 
1980, n. 23 del 1978, n. 123 del 1957) -ritenuto che la regione non possa 
regolare retroattivamente situazioni contemplate da una norma statale 
�senza violare il principio fondamentale dell'unit� dell'ordinamento giuridico 
dello Stato�, con ci� intendendo attribuire preminente rilevanza 
all'esigenza di un permanere uniforme sull'intero territorio dello Stato, 
senza deroghe regionaj.i, dei rapporti e delle situazioni sorte per effetto del 
preesistente assetto legislativo unitario. 
In una pi� recente pronuncia (ord. n. 713 del 1988) la Corte, ritenendo 
detto orientamento non.. pertinente per definire una questione . sollevata 
con riferimento alla successione temporale fra leggi regionali e, di conseguenza, 
non assumendo posizione in ordine ad esso, ha considerato risolutivo 
sul tema della retroattivit� di leggi regionali, l'indirizzo costantemente 
affermato relativamente a leggi dello Stato (v. per tutte sett. n. 155 
del 1990, n. 199 del 1986, n. 36 del 1985, n. 194 del 1976, n. 118 del 1957), ma 
gi� enunciato anche con specifico riferimento a leggi regionali (sentt. n. 23 
del 1967, n. 19 del 1970), secondo cui �il principio della irretroattivit� 
della legge � stato, come � noto, costituzionalizzato soltanto riguardo alla 
materia penale (art. 25 Cost.) �. Muovendo da tale premessa si � conseguentemente 
ritenuto che � l'art. 11 disp. prel. e.e., non pu� assumere per 
il legislatore regionale altro diverso significato da quello che esso assume 
per quello statale e cio� che, ad esclusione della suddetta materia (peraltro 
estranea alla competenza normativa delle regioni) �, per l'uno, 
come per l'altro, possibile l'emanazione di norme alle quali venga attribuita 
la menzionata efficacia retroattiva �. 

Ci� premesso, � da ritenersi che tale ultima affermazione -ribadita 
in prosieguo (sent. n. 19 del 1989) anche se sempre in riferimento a problemi 
di successione fra leggi regionali -pur non comportando neces



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

418 


sariamente il superamento del richiamato principio di unit� dell'ordinamento 
come limite alla retroattivit� delle leggi regionali, costituisce espressione 
della tendenza, sempre pi� netta, a considerare preminente nella 
risoluzione di quel tipo di problemi il carattere pariordinato o di uguale 
valore giuridico, sia pur nei limiti previsti dalla Costituzione, della legislazione 
regionale rispetto a quella statale in un sistema, come il nostro, 
di pluralismo delle fonti normative primarie. 

Tale tendenza, se da un lato non pu� indurre all'abbandono del �principio 
dell'unit� dell'ordinamento�, su cui si fondava la tesi dell'intangibilit�, 
da parte delle norme regionali, delle situazioni prodotte dalle leggi 
dello Stato, dall'altro, esclude di poter continuare a considerare lo stesso 
principio come un ostacolo assoluto in ordine alla modificabilit� delle 
situazioni pregresse ad opera della legislazione delle regioni. Diversamente 
opinando si perverrebbe a concepire nell'ambito delle materie 
di competenza regionale una categoria di rapporti assolutamente inalterabili 
perch� intangibili da parte della regione subentrata nella materia 
e non pi� disponibili da parte dello Stato che ha perduto la relativa 
competenza legislativa (sent. n. 279 del 1984). 

Al principio di unit�, come ha anche rilevato la dottrina, va perci� 
attribuito il significato di garantire la coerenza e ragionevolezza del 
sistema, pi� che la sua continuit� temporale. Di conseguenza ed in base 
ai cennati pi� recenti indirizzi della giurisprudenza che attribuiscono 
all'art. 11 delle preleggi lo stesso valore sia se riferito alle leggi statali 
che a quelle regionali, si impone una particolare considerazione del canone 
di ragionevolezza, quando queste ultime vanno ad incidere su situazioni 
e rapporti gi� regolati dallo Stato. Canone che la giurisprudenza costituzionale 
mostra, in via generale, di tenere in particolare conto come limite 
alla retroattivit� delle leggi, quando afferma che questa � possibile sempre 
che �non siano contraddetti principi e valori costituzionali� (sentt. n. 123 
del 1988, n. 199 del 1986 e n. 194 del 1976). Cos�, in particolare, quando, 
pur ribadendo la tesi secondo cui il divieto di retroattivit� assume dignit� 
costituzionale solo in materia penale, riconosce tuttavia che esso � rappresenta 
pur sempre una regola essenziale del sistema cui, salva un'effettiva 
causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, 
in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine 
della civile convivenza e della tranquillit� dei cittadini� (sent. n. 155 
del 1990). 

L'art. 117 della Costituzione, invocato nella specie dall'ordinanza di 
rinvio, congiuntamente al � principio di continuit� (rectius di unit�) dell'ordinamento 
�, che implicitamente richiama l'art. 3 della Costituzione, 
assume quindi rilievo non tanto sotto il profilo di una incompetenza temporale 
delle regioni a legiferare su situazioni gi� disciplinate da leggi dello 
Stato all'epoca competente e, quindi, come ostacolo assoluto alla retroattivit� 
della legge regionale, bens� come parametro indicativo dell'esi



PARTI!' l>; SEZ; I,. GIUlUSl'RUDENZA COSTITUZIONALE 

genza di assicurare il coordinamento. della. legge regionale con .. la legislazione 
statale preesistente. Di conseguenza, subentrando la prima alla 
seconda nella discipll,na della stessa materia, il sacrificio di posizioni 
facenti capo alla legjslaZione statale preesistente; pu�. essere considerato 
ragionevole solo se il penrtanere< del precedente assetto .risulti del tutto 
i:ncoinpll,tibile con ... l'innovativa diseiplina regionale. 

4l>:P~re1 clifa.tti;,; W,dispensabile !l.ottolineafe che, <!tl:lil.[l.do s.i . va ad incidete 
.~.. �itu,aziq:ni e rapporti gi� <lisciplW,a.ti nel contesto :unitario pro.. 
prio 4eHl;l, legge.�dello Stato, la .regione, che .subentra. come legislatore.� nel.
l'.~.1Jil)~t9 teP:itp:riale cl~ pii!,. tjc}ptte dilJ\1~sioni,.deye mostr~si.� cons!,l.pevole 
4e11a divetsit~.. 4eij,e yalllt~ic:>.i �onseguenti . alla . djvers!t� d�l .� c9ntesto. 
~Il c~~o.�. t;,9ntra.tjq, '7e.rrebbe ad.�� alterarsi, senza alcu.~ valida ragione, 
l'uniformit� dell'asset~o unitario prece<lente a scapito <lella ragionevolezza 
del ~iste),11.~� con Wl�� f#glustificato sacrif.icio dell'esigenza . di � certezza dei 
rapporti preteriti (che) costituisce un il'ldubb�o carc:liile �. i:lell~ civile conviv~
ae de1l!,l. trlil.[l.q:i:@it~ dei cittadini� (sent.n.155 def1990 cit,).�.�.. 

Sacrificio, queste>, ariC:Ora pil� irragionevole quando si frl:l.ttr~ come 
�nel .� c~so �lella���legge tegiOnale oggetto di impugnativa� r.t�i �. presente giu.
diiid. <�� di s�tu'.aziolli e� �li rapporti destiliati �d esaU:rirsi in breve �tempo 

e . quih:d:f corfscarsiSsima possibilit� di . interferire nella nuova . disciplina. 
La legge regionale impugnata ha modificato i requisiti per la C:oncessiotie 
delle borse di studio con una disciplina che ha: inciso, anche sui 
rapporti in cors�. Difatti, i soggetti non risultanti ili possesso dei :nuovi 
requisiti/ ancorch� gi� titolari di borse di studio pluriennali conseguite 
in �base alla legislazione �statale; sono stati privati della possibilit�� d� . godere 
delle restanti annualit� .senza che ei� risulti ilidispensabile. nel quadro 
complessivo della nuova disciplilia. L'assoggettamento al modificat� regime 
anche dei rapporti in corse> ed in via di esaurimento appare cos� 
privo di ogni giustificazione in. �termini di compatibilit� e come tale 
cos:tituzionalmente. lllegittimq. 

CORTE COSTITUZIONALE, 13 dicembre 1991, n. 465 -Pres. Corasaniti -
Red. Cheli -Regione Liguria (aw. Zanchini) c. Presidenza del Consigli() 
(avv. Stafol.aporta). 

Atto amministrativo -Procedimento -Legge 7 agosto 1990 n. 241-Disciplina 
regolamentare -Assunzione di informazioni da parte dello Stato 
nei procedimenti di competenza��regionale ��Conflitto di.. attribuzioni 


�Potere dello Stato �-Sussistenza~ 

Non invade le competenze regionali la circolare della Presidenza del 
Co~siglio dei Ministri -Dipartimento per la funzione pubblica -n. 72741/ 
7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 19 e 20 della! 


420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 7 agosto 1990, n. 241, nella quale viene chiesto alle regioni, a fini 
informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione 
dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonch� osservazioni 
e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso di 
adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale (1). 

Con la circolare n. 72741/7463 del 14 marzo 1991 la Presidenza del 
Consiglio dei ministri -Dipartimento per la funzione pubblica -ha 
inviato a tutti i Ministeri e a tutte le Regioni tre schemi di regolamento 
destinati a individuare le attivit� ed i termini relativi ai procedimenti amministrativi 
di cui agli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con 
l'invito a far pervenire, entro un termine prefissato, � eventuali osservazioni 
e proposte � e con l'avvertimento che, in difetto di risposta entro 
tale termine, ciascuna amministrazione sarebbe stata ritenuta consenziente 
alla disciplina proposta. 

Nella stessa circolare si ricorda anche che, con una precedente lettera, 
le Amministrazioni destinatarie erano state gi� sollecitate �ad inviare 
elementi utili alla identificazione dei procedimenti oggetto delle rispettive 
competenze e che possono rientrare nell'ambito di applicazione degli artt. 
19 e. 20 �. 

Secondo la Regione Liguria la circolare in questfOne rivelerebbe 
chiaramente l'intenzione del Governo di includere anche le Regioni tra i 
soggetti disciplinati dai regolamenti governativi di cui agli art. 19 e 20 
della legge n. 241, cos� da estendere la normazione che dovr� essere formulata 
mediante tali regolamenti anche ai procedimenti di competenza 
regionale, relegandosi le Regioni, ai fini della disciplina di tali procedimenti, 
ad un ruolo di mera collaborazione oon lo Stato. 

Da qui -ad avviso della ricorrente -la lesione, oltre che del principio 
di ragionevolezza, degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 29 
della legge n. 241 del 1990, dove si affida alle Regioni a statuto ordinario 

(1) t!. la prima volta che la Corte Costituzionale si occupa della legge 7 agosto 
1990 n. 241 e lo fa per dirimere un conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni 
che si incentra sull'interpretazione dell'art. 29 nella parte in cui dispone 
che la legge n. 241/90 opera� direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando 
esse non avranno legiferato in materia �. 
La Corte opta per una interpretazione restrittiva della norma nel senso cio� 
che riferendosi soltanto alle disposizioni della nuova legge sul procedimento, 
essa non consente ai regolamenti governativi (bench� delegati) di disciplinare i 
procedimenti amministrativi di spettanza regionale fino a quando le regioni non 
avranno legiferato. 

Sta di fatto per� che senza l'adozione dei regolamenti di cui agli artt. 19 
e 20, appare alquanto difficile rendere operante quella funzione di transitoria 
supplenza delle leg~i regionali che l'art. 29 attribuisce alla legge 241/90. 


PARTE I,� SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE 

la. regolazione delle � materie toccate dalla stessa legge � nel rispetto dei 
' principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono 

principi generali dell'ordinamento �. 

Il.ricorso non � fondato nei. termini che verranno di seguito precisati. 

Gli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si riferiscono alla 

disciplina;��. rispettivamente� �della � <f denuncia �preventiva � e del � silenzio


assertso � nell'ambito di procedimenti dove l'attivit� dei privati risulti 

subcirdfuata ad atti di consenso dell'autorit� amministrativa. 

In particolare, l'art. 19 richiani.a la possibilit� per il privato di 

irttraprendere un'attivit� soggetta ad autorizzazione o ad altro atto di 

cons.enso dehunciand<:>ne l'inizio all'amministrazione competente, salva 

la sticcessiva verifica da parte� della� �stessa amministrazione della effet


tiva sussistenza� dei� presupposti e dei requisiti di legge per lo svolgi


mento di tale attivit�. 

A sua volta, l'art. 20; sempre irt tema di attivit� private sottoposte al 

consenso dell�. pubblica ariuninistrazione, si riferisce alla ipotesi in cui 

il decorso di 'I.in t�rn�in� prefissato, senza che sia intervenuto un esplicito 

provliedimento di diniego dell'atto autorizzatorio richiesto, equivale ad 

accoglimento della domanda avanzata dal.� privato. 

ED:trani.be �Ie �disposizi�ni stabiliscono poi che i casi di applicazione 

degli iStituti dell� �denuneia preventiva � e del � silenzio-assenso � al


l'esercizio di atthrit� private subordinate a consenso della pubblica am


ministrazione devono essere individuati mediante regolamenti adottati 

ai sensi dell'art. 17; secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, 

previo patere delle.competenti Commissioni parlamentari. 

Ora, ai fini .della soluzione della controversia in esame, la premessa 

da cui occorre muovere � che i regolamenti governativi in questione 


quand'anche caratterizzati dalla speciaie efficacia propria dei regolamenti 

c.d. � delegati � ...._ :rion risultano legittimati a disciplinare, per la naturale 
distribuzione delle competenze normative tra Stato e Regioni desumibile 
dall'art. 117 della Costituzione, le materie di spettanza regionale 
e, conseguentemente, neppure i procedimenti amministrativi attinenti 
a tali materie. 
Se � vero, infatti, che il procedimento amministrativo non coincide 
con uno specifico ambito materiale di competenza, in quanto modo 
di esercizio delle diverse competenze, � anChe vero che la disciplina P,ei 
vari procedimenti dovr� essere affidata a fonti statali o a fonti region:aJ.i, 
a seconda che gli stessi attengano all'esercizio di competenze materiali 
proprie dello Stato o delle Regioni. E �questo tanto pi� ove si consideri 
la connessione naturale esistente tra la disciplina del procedimento 
e la materia dell'organizzazione, connessione che conduce a individuare 
nella regolamentazione ad opera della Regione dei procedimenti amministrativi 
di propria spettanza un corollario della competenza regionale, 

-



422 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

richiamata nell'art. 117 della Costituzione, concernente l'� ordinamento 

degli uffici e degli enti dipendenti dalle Regioni�. 

Queste considerazioni trovano, del resto, piena conferma nella 
stessa legge n. 241 del 1990, che, all'art. 29, affida alle Regioni a statuto 
ordinario il potere di regolare gli oggetti investiti da tale legge � nel 
rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che 
costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico�, N� la previsione, 
espressa nello stesso art. 29, di un'operativit� in via suppletiva di 
tutte le disposizioni contenute nella legge n. 241 nei confronti delle 
Regioni che non abbiano ancora legiferato in materia, pu� spostare 
i termini ciel problema, dal momento che tale operativit� risulta pur 
sempre limitata alle sole disposizioni conenute nella legge n. 241, n� 
pu� estendere la sua efficacia fino a legittimare l'incidenza nell'ambito 
della sfera di competenza regionale di fonti statali di livello secondario, 
quali quelle espresse nei regolamenti governativi di cui agli artt. 19 e 20 
della legge n. 241. La possibilit� per tali regolamenti di svolgere la loro efficacia 
anche nella sfera regionale verrebbe, infatti, a contrastare non solo 
con l'art. 29 della legge n. 241, ma anche con la disciplina formulata, 
in tema di regolamenti, dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, dove espressamente 
si esclude che i regolamenti governativi destinati a disciplinare 
l'attuazione e l'integrazione delle leggi recanti norme di principio possano 
incidere su materie riservate alla competenza regionale (art. 17, 
primo comma, lett. b). 

Quanto precede non conduce, d'altro canto, ad affermare anche 
l'esistenza della lesione che, con riferimento alla circolare di cui � causa, 
la Regione Liguria lamenta. 

Dalla circolare in questione non risulta, infatti, possibile dedurre con 
certezza l'intenzione dello Stato di voler provvedere all'adozione di una 
disciplina regolamentare, ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge n. 241, 
comprensiva anche dei procedimenti amministrativi di competenza regionale. 
Al contrario, il fine che la circolare dichiara esplicitamente di voler 
perseguire riguarda soltanto l'assunzione di informazioni relative ai 
procedimenti di competenza delle varie amministrazioni, statali e regionali 
nonch� l'eventuale formulazione da parte delle stesse amministrazioni 
di osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamento gi� 
predisposti dall'amministrazione statale con riferimento all'esercizio di 
proprie competenze. 

La richiesta espressa dalla circolare in esame non mira, pertanto, 
a intaccare una sfera di competenza regionale, quanto a favorire, attraverso 
uno scambio di informazioni e valutazioni, un rapporto collaborativo 
tra le varie amministrazioni, centrali e periferiche, anche ai fini 
dell'adozione di modelli procedurali non dissonanti: rapporto particolarmente 
giustificato nell'attuale fase di avvio di una disciplina fortemente 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

innovativa e di grande rilievo istituzionale quale quella espressa dalla 
legge n. 241 del 1990. 

p.q;m. 

dichiara che spetta allo Stato, in relazione alla circolare della Presi� 
denza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per la funzione pubbli� 
ca -n. 72741/7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 
19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, chiedere alla Regione Liguria a fini 
informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione 
dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonch� osserva� 
zioni e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso 
di adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� europee pronunciate nel 
corso dell'anno 1991 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. 

La Corte cli giustizia delle Comunit� europee nel corso dell'anno 1991 ha 
pronunciato 204 sentenze: 34 di esse sono state emesse in cause alle quali ha 
partecipato �l'Italia (4 in ricorsi diretti dell'Italia contro la Commissione delle 

C. E.; 15 in ricorsi diretti della Commissione contro l'Italia; 1 in una causa fra 
altro Stato membro e la Commissione nella quale era intervenuta l'Italia; 
13 in cause pregiudiziali proposte ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, di cui 
6 promosse da giudici italiani). Nel corso dell'anno sono state cancellate dal 
ruolo molte cause promosse dalla Commissione contro l'Italia, essendo venuta 
a cessare nella sostanza la materia del contendere, vuoi, in alcuni casi, per 
aver la Commissione accettato il punto di vista dell'Italia, vuoi, pi� spesso. 
per il venir meno dello stato di inadempimento ad obblighi comunitari contestato 
all'Italia: con l'entrata a regime del meccanismo della � legge comunitaria
� di cui all'art. 2 legge 9 marzo 1989, n. 86, � stato possibile evitare numerose 
e poco onorevoli soccombenze in sede giudiziale (oltre che mettersi al passo 
con gli altri Stati membri), dando finalmente attuazione ad un gran numero cli 
direttive comunitarie, specificamente indicate nella legge 29 dicembre 1990, n. 428 
(legge comunitaria per il 1990), in relazione alle quali si era accumulato un 
notevole ritardo negli anni precedenti. 
L'Italia non ha partecipato ad alcun giudizio innanzi al Tribunale cli primo 
grado. 

Oltre a qruelle pubblicate in questo numero e nei numeri precedenti della 
Rassegna, le sentenze pronunciate in cause che hanno visto la partecipazione 
italiana sono ile seguenti: 

-17 gennaio 1991, nella causa C-334/89, Commissione c. Italia, in tema di 
caccia, citata in nota (1) a pag. 35, parte I, di questa Rassegna; 

-19 febbraio 1991, nella causa C-281/89, Italia c. Commissione, con la quale 
la Corte ha respinto un ricorso italiano relativo alla liquidazione dei conti FEOGA 
per il 1986 riguardante l'ammontare di spese per la colorazione di cereali contestato 
fra le parti; 

-26 febbraio 1991, nella causa C-120/88, Commissione c. Italia, con la quale 
la Corte ha dichiarato che � la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi 
ad essa incombenti a norma dell'art. 95 del Trattato CEE, non avendo adottato 
i provvedimenti necessari a permettere ai non soggetti passivi dell'imposta sul 
valore aggiunto, che importino nel territorio italiano beni gi� gravati di tale 
imposta in un altro Stato membro senza poterne ottenere il rimborso, di detrarre 
dall'IVA dovuta all'importazione l'importo dell'IVA pagata nello Stato 
membro di esportazione ancora inglobata nel valore del bene al momento 
dell'importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non 
� soggetto passivo all'interno del territorio italiano non sono assoggettate all'IVA
�. 

-28 febbraio 1991, nella causa C-360/87, Commissione c. Italia, con la quale 
� stato dichiarato che � non avendo adottato nel termine prescritto tutte le 
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, necessarie per dare 

I' 


-~ 



compiet� e corretta e~�CUZiorie lfell'�rdlllainent��.. giuridico intento alla �. diiettiva 
del Consigl�<f11 dicembre 1979, ri. 80(68/CEB;�co��cernente .1a� proNzi�ne�dell� 
acque� sotterranee dal�'inqui71ame11.tO provocato da certe� sostanze� pericolose, la 
Rep.bl:JJ:i6~ Itatiillia � venuta meno.�.agii . abblighF ad essa incombenti�� ht . forza 

delTt~dat� c:E:a �: � � .� ��. � � � � � � � � 

.+ ,2l *1#z� 1~91, ne!Il;l qa,.sa <}2~/$9;Commissione e, Italia, con la q.ale 
~�..~~ato. 4iclli~11to��P~~ ��..~��1a.. RePY99li<.:a, �� Jtaliana. � �. ve.\lta.� WeJ;l<> ... a,gli�. obl:>liglli .. illl'. 

�tt:11@1!t~'i
t~f!ti:r~:,J!�r~!~��~ffi{~~~8~it~{:1i: ~qt~0citrs!~~~ii4!a~~ea;, 

��.. �ᥥ��� --2�i#arz� l99t, nel!~ caifsa y369j8S:, pelattre; con la quale la� C�~e, r�chiesta

di. pron~c�arsi: .l>ulle n.ozitin� dfi~ m.aiattia >; e di .,. mediC�nali�e di nfonopolio per 
la venaititi#Jatcuni pfod()tti�rMervato ai farmacisti; ha d�cl�arato�'.he: ~t ..::;;;. ta 
direttiva del Ce>J;lsiS:lio��26 ~e1Y1ajo 1965; n; 65/65/cB:Si per il raVy.i~tiffiento delle 
disposizioni legislative, reg&1ame:t1tari �� ed . �mtnihlsti'ative tetative �. W��� �specie.~ 
lit��� me(Ucjnali;�.. n()n. �contieiJ.e ���~~~ᥥ�4e(i.pizi�ne�. della��n(lzi9iJ.e�. dic��lll,l;llattia. 2 .. a).. 
Uxr prodotto prese11tat\l �otne Q:estUlato . a fl\tv9:W'e talune .funZioni organiche 
rientra nell'ant'Pitoc di a:P:Plic~~<;>ne ~Ila nozi9ne . com\lt1itaria di medicinale 
di .cui all'art. l; ;ti,� 2, secori49 comma,)della direttiva del C�nsigli9 65/65/CEE. 
:Pe:r ... stabilite . se 'Va4a co:$i4e;rato . i;>r�dotto medicinale .�o alimentare � .necess1;
1rio �tener.. conto. delle su.e. pJ;opriet�.. farmaceuticl:te' La circostanza che $letto 
pro<;lotto venga 9(>risi�leliato ..U~entare in uno ��Stato lnj)m:Oro Jio11 impedisce 
elle venga; co.$idl\\ratoi roedicjriale nello�.�. Stat9 . interessato;( se .ne. presenta � le 
<laratteristi<;he. L~ particol.a,# no:p:ile sllll.e. a,cq.e . natura.li SllM si;:p,za >influenza 
sulla. ~finizione dimedicina.}Lai sensi della direttiva 65/65/CEE; b) .. Non� sussiste 
un � obl>li.go gi.ric:lic;() '.Per gli Statj me:mbii di .. sollecitare il �parere dei conlitl;
l~i..�.� (:<m~w1i'1�����~l~e.���i~ti~~gaj,�.�c9mt:tnita,rie .... ~~~il;lli~1;1ti ..� nel...�se.ttore...�dei.�.. me. 
c:licmali, 1Jr.inia �df de&:Ure .ne.t diritto interno.� la nozione di medi<;:inale in .at, 
tUl;lZ�one ���4ella.��direttfv:a���65/65/CEE:����)$petta.�..alle l;lUt�rita�.��� nazionali,�����soggette'a sfud~cato. ~urisc;lizfona�~, st�bitlre. se un prodotto presen�1to co:ttle��.�rimeciio 
per .. taluni�. spi,tqn;d o.. stati cowe fa,:ine, pei);mt~:iza 1;1lle gambe; m~atlc�:lento o 

~~t~06~~),s:;so~omJ!:va& ~fi~c!b~~r;~ioiibll~ro~~:atli0T~~~~\0tt~ 

f�tti��. col1aterali hond1�, ...�. pitt � iri generale,� �deU� �caratteristiche. comp1�'ssive; 
d) Un pr�dotto pu� essere considerato niedidrial� per la SU.a presenta:ifone 
qualora la forn:ia. e fa .confezione� fo rendano abbastanza.�. simile ad Un ihediCinale 
e, in particolare, la confezione e le indicazioni che lo a&:ompagnano 
menzionino ricerche di laboratori: farmaceutici� n:ietodi �.. o sostari:ie elaborate 


426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da medici o anche testimonianze cli medici circa le qualit� del prodotto stesso. 
L'indicazione che il prodotto non � un medicinale costituisce elemento utile 
cli cui il giudice pu� tener conto, ma cli per s� non determinante. 3. -Allo 
stato attuale del diritto comunitario, la fissazione delle norme relative alla 
distribuzione dei prodotti farmaceutici resta affidata agli Stati membri, fatta 
salva l'osservanza delle disposizioni del Trattato, segnatamente cli quelle relative 
alla libera.circolazione delle merci; il monopolio riconosciuto ai farmacisti 

Iper la clistribtizione di medicinali o altri prodotti pu� costituire un ostacolo 
alle importazioni; se uno Stato membro opta per un monopo{io cli distribuzione 
riservato ai farmacisti, un siffatto ostacolo pu� giustificarsi, in linea di 
principio e fino a prova contraria, per i medicinali ai sensi della direttiva 
65/65/CEE del Consiglio; quanto agli altri prodotti, a prescindere dalla qualificazione 
datane in diritto interno, spetta al giudice nazionale accertare se il 
monopolio per la loro distribuzione attribuito ai farmacisti sia necessario ai 
fini della tutela della salute pubblica o del consumatore e se entrambi questi 
obiettivi non possano conseguirsi mediante strumenti meno restrittivi per il 
commercio intracomunitario. 4. -La direttiva del Consiglio 18 giugno 1974, 

n. 74/329/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri 
concernenti gli emulsionanti, gli stabilizzanti, �gli addensanti e i gelificanti che 
possono essere impiegati nei prodotti alimentari, nonch� gli artt. 30 e 36 del 
Trattato CEE devono essere interpretati nel senso che una disciplina in forza 
della quale uno Stato membro assoggetta un prodotto come la gomma cli guar, 
impiegata in un metodo destinato a consentire la perdita cli peso, ad un'autorizzazione 
di messa in vendita e al monopolio dei farmacisti non rientra a prescindere 
peraltro dalla qualificazione datane in diritto interno, nella sfera di applicalzione 
di detta direttiva, ma pu� nondimeno costituire ostacolo alle importa


I ~ 

zioni. Ove il prodotto in parola non sia medicinale ai sensi della direttiva 
65/65/CEE. una disciplina del genere � ammissibile, alla luce del diritto comunitario, 
solo se necessaria ai fini della tutela della salute pubblica o del consun1atore 
e semprech� proporzionata a tali obiettivi �. 

-21 marzo 1991, nella causa C-60/89, Monteil e Samanni, ancora in rema di 
� malattia�� e � medicinali �, con la quale la Corte ha dichiarato: 1. -a) L'eosina 
al 2 % e. l'alcol �al 70 % modificato sono medicinali ai sensi dell'art. 1, n. 2, 
primo comma, della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il 
riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative 
relative alle specialit� medicinali, allorch� presentati come aventi propriet� terapeutiche 
o profilattiche; b) La qualificazione cli detti prodotti, con riguardo 
alla seconda definizione cli medicinale cli cui all'art. 1, n. 2, secondo comma, 
della direttiva 65/65/CEE. dev'essere effettuata tenendo conto delle sostanze 
coadiuvanti che ile integrano la composizione, delle modalit� d'uso, della loro 
diffusione, della conoscenza che ne hanno i consumatori nonch� dei rischi 
connessi al loro uso �, ripetendo, per il monopolio dei farmacisti, quanto precisato
�al .punto 3 della precedente sentenza. 

-16 aprile 1991, nella causa C-112/89, Upjohn, dove, ancora in tema cli 
� medicinali� e di � prodotti cosmetici�, � stato statuito che: � 1. -Un prodotto 
che non ha � propriet� curative o profilattiche. delle malattie umane o 
animali � � un medicinale se pu� essere somministrato � allo scopo ... di ripristinare, 
correggere o modificare funzioni organiche � e spetta al giudice nazionale 
procedere caso per caso alla necessaria qualificazione considerate le 
propriet� farmacologiche del prodotto cli cui trattasi (determinate in base allo 
stato attuale delle cognizioni scientifiche), le istruzioni per l'uso, il grado 
della sua diffusione e la conoscenza che ne hanno i consumatori. 2. -Qual



PARTE I, SEZ�. II,� GIURIS, COMUNITARIA E. INTERNAZIONALE 

siasi prodotto che soddisfi. l'uno o l'altro criterio stabilito d�ll'&rt. 1, n. 2, della 
direttiva del Consiglio 26 ., gennaio � 1965, .� 65/65/CEE,. per� il ravvicinamento� delle 
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative aMe specialit� 
medicinalit � un medicinale e; �se. si tta:tta di una; specialit� . medicinale; dev'essere 
soggetto al corrispondente regime giuridico, escluso quello dei prodotti cosmetici� . 

.;,,.,. 7 maggio 1991; nella causa C~246/88; Commissione c. Italia, con la quale 
la/Cor,te ha di�billrafcLche;� <�)J.()n ave:iido,�adottatonei tenninLprescritti le di� 
spos~ioni necessarie: all'attuazione delle direttive del Consiglio 15. luglio 1980, 
80/8$6/:Suta:tq~(c:he modifiC::a le i;lirettive che fissano .�le�.� norme fondam.entali 
:relative��ani:\ pfotezione � sanitaria della popoJazione e dei lavoratori contro i pericoli 
de:tivi!nti dalle � radtazioni ionizzanti\�. e J . settembre���1984. 84/467/Buratom, 
�.he 1,1).oclii:ica)a dire:ttiva80/836/Euratom, la .Repubblica italiana, � venuta meno 
agli obhlighf che te .incombono ai sensi del Trattato Euratom � . 

...,. 7 fuaggi<> 1991, nelfa. gusa 045/89, Commi~.Sion� c. Italia, con la quale 
� staro� statuito 'Che �la Repubblica�, italiana, mantenendtf in vigore ��un regime 
di autorizzazioni e/O di contingentamento dei trasporti combinati strada/fer� 
wvia tra Stati membri e rifiutando il rilascio di autotfazationi ai privati che 
intendono effettuarectali trasporti; � venuta meno agliobblighi che le incombono 
ai senskdella direttiva del. Consiglio 17 febbraio 1975�;. 75/130/CEE; relativa 
alla fissazione dfnorme comuni pet taluni trasporti�di. merci .combinati strada/ 
/ferrovia tr�; Stati membri, in particolare dell'art. 2 della stessa"� 

---7 <maggio 1991; nella causa C-340/89; Vtas.s'opoufou1 secondo. la quale 
�l'ai:'t 52 ciel Tratfa:fo CEE.� va interpretafo riel senso che le�� autorit� nazionali 
di uno Stato membro, cui � stata presentata una� d�mi!nda di autorizzazione 
all'eseroiziac della professione �di avvodatd{ da parte. di lin�. cittadino comunitario 
gi� � anunesso� ad� :esercitare detta professi01:ie nel suo� paese. d'origine e che 'l�� 
vora cmne � consulente. giuridico in . detto Stato �membro s0no tenute a valutare 
in quale misura Ie<conoi>cenze e le qualifiche attestate dal diploma conseguito 
dall'interessato nel suo cpaese .d'origine corrispondano a quelle. richieste. dalla 

normativa dello Stato ospitante; qualora vi sia una co:trispctnderiza soltanto par� 
ziale> tfa�tali dipl�mii ��le autorit� naiionali di� cui trattasi sono legittimate ad 
esigere che l'interessato dimostri di avere conseguito le eonoscenze e le qualifiche 
mancanti�. 

---8 maggio 1991, nella causa C-266/89; Comrnissione c. Italia, con la quak 
l� Corte ha dichiarato che �la Repubblka Italiana, continuando a non procedere 
alla rflevaziane �. statistica 'dei trasporti .di �.merci su strada'. secondo .�le modalit� 
prescritte dai�a d�i'eitiva ci~l Co:ii$ig1fo 12 giugno ' 1978; 78/546iCE�, relativa alla 
rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada I1elraful>ito di �na stati' 
stica. regionale, � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza delle 
disposiZi�nf di questa direttiva e dell'art. 171 deltr�ttato CEE ȥ. 

che:���������~~ fua~o~���~:1t!el~~iu:fe~;~!~~Ju~f1Af~~.~: 1~a~1stut~bh~st~l~~ 

lidit� .del regolamento della Coinmissfone 4 settemb:r;e 1984, :i:t. 2541, c;he fissa 
una tassa di compensazione� sitlle imp~rtazioni negli. altri Stati membri, .di a,lcool 
etilica, di .origine. agriCola � ottenuto . .in. Francia e del regoiamento della � Commis� 
sione J.2, marzo 1985, n, 644, recante modifica del regola.iexito (CEE) :ri. 2541/84. 
2, -. La. tassa�, di. compensazione prevista da tale regolamento deve essere ri� 
scossa sull'alcool etilico che viene lavorato in zona franca e conglobato in un 
prodotto finito destinato ad un altro Stato membro1 senza essere stato sottopo� 
sto a regimi doganali particolari, eccezion fatta per la Vigilanza doganale >>. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

428 

-16 maggio 1991; il.ella causa C-263/85, Commissione c. Italia, dove � stato 
dichiarato che �la Repubblica italiana, esigendo che gli enti pubblici acquistino 
veicoli di produzione nazionale� per beneficiare di aiuti previsti dalla legge 

10 aprile 1981, n. 151, � venuta meno agli obblighi che le incombono in virt� del� 
l'art; 30 del Trattato CEE "� 

-11 luglio 1991, nella causa� C-296/90, Commissione� c. Italia, con la quale la 
Corte ha �dichiarato che��� la Repubblica italiana, non .�adottando entro il ter. 
mine prescritto i prowedimenti necessari per dare attuazione nell'ordinamento 
giuridico interno alla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/384/CEB; con� 
cernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli. del 
settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio 
effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. alla di� 
rettiva del tonsiglio 20 dicembre 1985, 85/615/CEE, che modifica la precedente 
direttiva in. seg.ito all'aciesione della Spagna e del Portogallo, ed alla direttiva 
del Consiglio 27 gennaio 1986, 86/17/CBE, che modifica, a seguito dell'adesione 
del Portogallo, la d4'ettiva 85/384/CEE, � venuta meno agli obblighi ad. esso 
incombenti in forza del Trattato CEE � � 

.....-11 luglio 1991; nella causa C-351/88, Laboratori Bruneau, dove si � precisato 
che �1.. .::,... l'art 30 del Trattato CEE va interpretato nel senso che osta 
ad una disciplina �nazionale � che riserva alle imprese ubicate � in determinate 

regioni del territorio nazionale una percentuale degli appalti pubblici di forni� 
tur:e;. 2�. -l'eventuale . qualificazione di una normativa nazionale come aiuto ai 
sensi ciell'art. 92 del Trattato non pu� sottrarre detta normativa al divieto di 
c.1ti all'art. 30 del . Trattato �. 

-25 luglio 1991, nella causa C-32/90, Commissione c. Italia, dove �. stato di� 
chiarato che �obbligando i fabbricanti di prodotti a pasta filata ad indicare 
sull'etichetta la data di produzione nonch� il luogo di provenienza o di origine 
del prodotto, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incom� 
bono ai sensi dell'art. 3, n. 1, punti 4 e 7, della direttiva del Consiglio 18 dicem� 

~ 


bre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati 
membri concernenti l'etichettatura e� la presentazione dei prodotti alimentari 
destinati al consumatore finale, nonch� la relativa pubblicit��, 

-25 luglio 1991, nella causa C-58/90, Commissione c. Italia, con la quale � 
stato statuito che � la Rep.bblica italiana � venuta meno agli obblighi che le 

I

incombono ai sensi� degli artt, 48; 52 e 59 del Trattato CEE, mantenendo in 
vig()re le disposizioni che riservano ai cittaclini italiani la possibilit� di ottenere 
il riconoscimento in Italia dei titoli esteri che abilitano all'esercizio di profes� 
sio.ni sanitarie ausiliarie"� 

. ' 

-2 ottobre.19Ql, nella causa C-7/90, Vandevenne, dove si � precisato che: 

� 1. -Il termine "impresa" cii� cui .all'art. 15 del regolamento (CEE)-del Consi� 
glio 20 dicexnbre<1985, n. 3820, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni 
in materia sociale n�l settore dei trasporti su strada, siriferisce ad un soggetto 
di diritto autonomo, quale che sia la sua forma giuridica, che esercita in modo 
durevole un'attivit� di trasporto e che ha il potere di organizzare e di con� 
trollare il lavoro dei cond�centi e dei membri dell'equipaggio; 2. -n� l'art. 5 
del Trattato CEE, n� l'art. 11, n. 1, del regolamento n~ 3820/85 obbligano uno 
Stato membro ad introdurre nel proprio ordiliamento nazionale il principio 
della responsabilit� penale delle persone giuridiche. Le violazioni dell'art. 15 
del regolamento n. 3820/85 possono venire punite applicando disposizioni con� 
formi ai principi fondamentali del diritto penale nazionale, a condizione che 
k sanzioni risultanti abbiano un carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo; 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

3. -il regolamento n. 3820/85 non impone n� impedisce l'istituzione, da parte 
degli Stati membri, di un sistema di responsabilit� penale oggettiva al fine di 
assicurare il rispetto degli obblighi imposti dal regolamento �. 
-3 ottobre 1991, nella causa C-261/89, Italia c. Commissione, relativa ad 
aiuti di Stato nel settore dell'alluminio, citata in nota (1) a pag. 224, parte I, 
di questa Rassegna. 

-10 ottobre 1991, nelle cause riunite 161 e 162/90, Petruzzi e Longo, secondo 
la quale � 1. -l'art. 3, n. 2, del regolamento (CEE) della Commissione 10 dicembre 
1985, n. 3472, dev'essere interpretato nel senso che, finch� non venga 
adottata una disciplina comunitaria, l'esame delle caratteristiche organolettiche 
dell'olio di oliva vergine commestibile viene effettuato secondo procedure nazionali, 
il cui, solo scopo dev'essere quello di accertare le caratteristiche richieste 
dalle disposizioni comunitarie per la classificazione secondo le denominazioni 
elencate in queste stesse disposizioni; 2. -il diritto comunitario autorizza 
la Commissione, al fine di verificare, secondo rigorose condizioni di affidabilit�, 
la regolarit� delle operazioni .di intervento, a compiere un controllo che non 
costituisca una semplice ripetizione delle analisi effettuate al momento della 
presentazione dell'olio all'intervento �, 

-17 ottobre 1991, nella causa C-346/89, Italia c. Commissione, dove la Corte 
ha ritenuto che � la Commissione ha il potere di ridurre, in attesa della decisione 
definitiva sulla liquidazione dei conti annuali, le somme dovute come 
anticipi mensili in funzione della situazione contabile di ciascuno Stato membro 
presso il FEAOG qualora constati che l'ente nazionale, in violazione del diritto 
comunitario, non ha riscosso talune somme destinate al FEAOG o ha effettuato 
talune spese a carico dello stesso �. 

-27 novembre 1991, nella causa C-199/90. Jtaltrade, con la quale la Corte 
ha dichiarato, in ordine a operazioni di distillazione del vino, che: � 1. -I termini 
prescritti dall'art. 8 del reg�lamento (CEE) della Commissione 22 agosto 1983, 

n. 2373, che stabilisce le m�dalit� di applicazione della distillazione di cui all'art. 
11 del regolamento (CEE) n. 337/7.9 per la campagna viticola 1983/1984, e 
prorogati dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1983, n. 3501, 
sono termini imperativi la cui inosservanza comporta ipso iure come sanzione 
l'incameramento parziale o, a seconda dei casi, totale, della cauzione; 2. -l'esame 
congiunto delle questioni seconda e terza non ha rivelato alcun elemento 
atto ad infirmare la validit� dell'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 >>. 
-13 dicembre 1991, nella causa C-33/90, Commissione c. Italia, dove la 
Corte ha dichiarato, in tema di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, che � 1. non 
avendo fornito i chiarimenti richiesti dalla Commissione con lettera 29 giugno 
1987, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono 
in forza dell'art. 5, primo comma, del Trattato CEE; 2. -non avendo la regione 
Campania predisposto piani che stabiliscano in particolare i tipi e quantitativi 
di rifiuti da smaltire, i requisiti tecnici generali, i luoghi adatti allo smaltimento 
e tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, n� elaborato 
o aggiornato programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, la 
Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 
6 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, 
e dell'art. 12, n. l, della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relal:
iva ai rifiuti tossici e nocivi �. 

-13 dicembre 1991, nella causa C-69/90, Commissione c. Italia, dove la Corte 
ha dichiarato che � la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad 
essa incombono ai sensi della direttiva del Consiglio 15 dicembre 1986, 87/53/CEE 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
che modifica fa direttiva 83/643/CEE, relativa all'agevolazione dei controlli 


430 

fisici e delle formalit�� amministrative� nel trasporto di merci tra Stati membri, 
a) non avendo adottato i provvedimenti necessari per conformarsi all'art. 7 bis 
della direttiva del Consiglio 1� diceml;>re 1983, 83/643/CEE, come modificata 
dalla direttiva 87/53 e b) non avendo inviato alla Commissione alcuna comuni


cazione relativa all'attuazione delle altre disposizioni inserite nella direttiva 
83/643. dalla <lirettiva 87/53 ȥ 
OSCAR FIUMARA 

COR'l'E DI GIUSTIZIA DELLE.� COMUNIT! EUROPEE, 4 sez., 15 maggi.
o...�.....1991, nella .. causa C-328/89..� -Pres. . Diez de Velasco . .. -Avv. Gen. 

. . . . . . . . . . 

Ja�obs -Domanda di< pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte 
di cassazione italiana nella causa Bemer.Allgemeine Versicherungsgesellschaft 
(avv. Pesce) e; Amministrazione delle Finanze dello Stato -Interv. 
: Governo italiano (avv, Stato Braguglia e Conti)� e Commissione 
ctei1e e.E. (ag. 13~rardisJ. �� �� � � � � 


Comunit� europee�� Transito comunitario . Garanzia -Liberazione del garante. 
(Regolamento e.E.E. del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222/77, artt. 27 e 35). 

L'art. 35 d.el regolament() del Consiglio J3 dicembre 1976 n. 222/77, relativo 
al transito comunitario, nel testo in yigone prima della modifica apportata 
dal regolamento del Consiglio.15 dicembre 198J, n. 3813, va interpretato 
nel senso che la competenza ad .vvisare il garante del non appuramento 
del documento Tl apparteneva esclusivam�nte all'ufficio di partenza 
(1). 

(Omissis) 1. -Con ordinanza 19 dicembre 1988, pervenuta alla Corte 
il� 24 ottobre 1989, La Corte Suprema di Cassazione ha proposto, in forza 
dell'art. 177 del Trattato CEE, un.a questione :Pregiudiziale sull'interpretazione 
dell'art. 35 del regolamento (CEE) del Consiglio 13 dicembre 1976, 

n. 222/77, relativo al transito comunitario (GU 1977, L 38, pag. 1). 
(1) Sentenza nella quale�.il pragmatismo, cui di regola si ispira la Corte, 
lascia il posto ad un vuoto �d inaccettabile formalismo. La Corte non riesce a 
superare una piatta interpretaziOne letterale.� del tutto insoddisfacente a sorreggere 
una soluzione � logica� d�l problema. Inaccettabili appaiono anche i due argomenti 
che la sentenza adduce a preteso sostegno dell'interpretazione letterale. 
Non si vede, in primo luogo, come il garant epossa ricevere una dose maggiore 
di certezza di diritto se l'avviso di non appuramento provenga dall'ufficio di 
partenza, anzich� dalla Direzione generale delle dogane elvetiche. In secondo 
luogo, almeno nel nostro ordinamento, a nessuno verrebbe mai in mente di 

PARTE I, SEZ.�. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 431 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia 
tra la compagnia svizzera di assicurazioni Berner Allgemeine Versicherungsgesellschaft 
(in prosieguo: la � Berner �) e l'Amministrazione delle Finanze 
dello Stato italiano, in ordine agli obblighi derivanti da una garanzia 
prestata dalla Berner a norma dell'art. 27. del citato regolamento n. 222/n 
3. -n regolamento del Consiglio n. 222/77, recante codificazione del 
regime del transito comunitario inizialmente istituito dal regolamento 
(CEE) del Consiglio 18 marzo 1969, n. 542 (GU L 27, pag. 1), stabilisce un 
1\~gi;me che, per le me:r:-ci che non soc.J.disfano alle condizioni c.J.egli artt. 9 
e 10 del Trattato CEE, � quello c.J.el �transito comunitario esterno �, 
disciplinato al titolo II, artt. 12-38, del regolamento stesso. 
4. -Ai sensi dell'art. 12 di tale regolamento, qualsiasi merce, per circolare 
in base al regime di cui trattasi, deve formare oggetto di una dichiarazione' 
compilata sti un modulo Tl. Tale dichiarazione deve essere sottoscritta 
dalla persona che chiede di effettuare un'operazione di transito 
comunitario esterno, denominata, ai sensi dell'art. 13, obbligato principale, 
e presentata all'ufficio di partenza. Si intende per ufficio di partenza, a norma 
dell'art. 11, lett. c), l'ufficio doganale nel quale ha inizio l'operazione 
di transito. L'art. 17 dispone che, tra l'altro, l'ufficio di partenza registra 
la dichiarazione Tl e fissa il termine in cili le merci devono essere ripresentate 
all'uffieio di destinazione. 
5. -In forza dell'art. 27 del regolamento di cui trattasi: 
�Al ..fine di garantire la riscossione. dei dazi e degli altri diritti e 
tributi Che uno Stato membro sarebbe in diritto di esigere per le merci 
che attraverseranno il suo territorio durante il transito comunitario, l'obbligato 
principale � tenuto a prestare una garanzia... � che . . . � consiste 
in un impegno mediante il quale una persona, fisica o giuridica, ... si costituisce 
garante in solido ... �. 

considerare � come una forma di sanzione � l'obbligo spontaneamente e non 
gratuitamente assunto dal garante. 

La realt�, completamente perduta di vista dalla Corte, � che, per uno � scrupolo
� delle dogane svizzere (accentrare presso la Direzione generale le pratiche 
di transito non appurate) -sulle quali certo non potevano intervenire le dogane 
italiane -la Comunit� (per le risorse proprie) e l'Italia (per la fiscalit� 
interna) non potrano recuperare ingenti somme (sono pendenti numerosi giudizi 
analoghi); a tutto beneficio del garante, che si � fatto pagare la garanzia 
e elle la sentenza in rassegna ha sostanzialmente liberato. 

" La sentenza della Corte 18 febbraio 1982, nella causa 2n/80, SIC, citata in 
motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1982, I, 269. 

I.M.B. 

.RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

432 

6. -L'art. 35 dello stesso regolamento recita: 
� Il garante � liberato dalle sue obbligazioni nei confronti degli Stati 
membri il cui territorio � stato toccato in occasione del transito comunitario, 
quando il documento Tl � appurato dall'ufficio di partenza. 

Il garante � del pari liberato dalle sue obbligazioni alla scadenza di 
un periodo di 12 mesi dalla data di allibramento della dichiarazione T1 
qualora non sia stato avvisato dall'ufficio di partenza del non appura,
nento del documento Tl �. 

7. -In .seguito alle modifiche apportate al regolamento (CEE) n. 222/77 
del regolamento del Consiglio 15 dicembre 1981, n. 3813, in vigore dal 1� gennaio 
1983 (GU L 383, pag. 28), il secondo comma della norma citata � 
stato sostituito dal testo seguente: 
� Il garante � del pari liberato dalle sue obbligazioni alla scadenza 
di un periodo di dodici mesi dalla data di allibramento della dichiarazione 
Tl, qualora non sia stato avvisato dalle autorit� doganali competenti 
dello Stato membro di partenza del non appuramento del documento 
Tl �. 

8. -In forza dell'accordo concluso tra la Comunit� economica europea 
e la Confederazione elvetica (regolamento del Consiglio 21 novembre 1972, 
n. 2812, GU L 294, pag. 1), in vigore dal 1� gennaio 1974 (informazione pubblicata 
nella GU 1973, L 334, pag. 13), la normativa in materia di transito 
comunitario si applica alle merci che circolano tra due punti situati nella 
Comunit� attraversando il territorio svizzero siano esse spedite direttamente, 
con o senza trasbordo in Svizzera, oppure rispedite dalla Svizzera, 
eventualmente dopo deposito doganale. Tale normativa pu� ugualmente 
applicarsi a qualsiasi altro trasporto di merci che attraversi il territorio 
della Comunit� e quello della Svizzera. 
9. -Risulta dagli atti di causa che nell'ottobre del 1978 l'ufficio doganale 
svizzero di Locamo-Cadenazzo (ufficio di partenza) emetteva due 
documenti Tl per merci destinate ad essere immesse in consumo in Italia. 
10. -La Bemer, costituitasi garante dell'operazione a norma della disciplina 
in precedenza illustrata, veniva avvisata dall'amministrazione delle 
dogane svizzere, nel luglio 1979, del non appuramento dei suddetti documenti 
Tl. 
11. -Nel gennaio 1982, l'ufficio doganale di Como ingiungeva al garante 
di pagare la somma di 6.250.000 Lit: , in conseguenza del mancato appuramento 
dei documenti Tl di cui sopra. La Bemer si opponeva all'ingiunzione 
dinanzi al Tribunale di Milano, facendo valere, in particolare, di non 
essere stata avvisata del mancato appuramento dall'ufficio di partenza, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

16. -Il governo italiano sostiene invece che lo scopo della disposiiione 
di cui � causa � quello di far s� che il garante sia inforniato, con certezza 
ed entro il termine prescritto, della sorte del suo obbligo di garanzia. 
Ora, il garante non potrebbe legittimamente dubitare dell'esattezza di 
tale informazione qualora essa provenga dall'autorit� sovraordinata rispetto 
all'ufficio� di partenza. L'interpretazione puramente. letterale della 
disposiiione considerata dovrebbe quindi ceder� il posto all'interpretazione 
logica di quest'ultima. La modifica apportata . avrebbe dunque uno 
scopo chiarificatore. 
J7.. ~ Quest'ultima tesi non pu� essere accolta. 

18. -Infatti, come la Corte ha osservato nella sentenza 18 febbraio 1982, 
SIC (causa 277/80, Racc. pag. 629), la disposizione considerata mira ad 
assicura:rela certeZ,za del diritto alle persone che. si .rendono garanti delle 
operazioni di transito ai. sensi del regolamento di cui trattasi, disponendo 
in particolare la loro �liberazione allo scadere di un periodo di dodici mesi 
qualora esse non abbiano� ricevuto l'avviso d�� non appuramento del docuniento 
Tl. 
19. � Pertanto, sulla base di questa esigema di certezza del diritto, le 
persone che si rendono garanti delle operazioni di transito, non avendo 
tin collegamento diretto con queste Ultime, hanno il diritto di conoscere 
:chiaramente le circostanze in cui sorge la foro responsabilit�. Ogni incer


tezza. quanto a tali circostanze potrebbe aumentare l costi relativi alla 

costituzione delle garanzie e sarebbe quindl contraria agli obiettivi stessi 
del regime di transito comttnitario. 

20. -Una delle f�nzioni dell'ufficio di partenza, nella versione dell'art. 
35 del regolamento n. 222/77 in vigore riel periodo di cui � causa, 
era appitnto �quella di avvisare il garante del non appuramento del documento 
Tl, di guisa che esso poteva attendersi che tale avviso provenisse 
esclusivamente dall'ufficio di partenza e rioil da un'altra autorit�, anche se 
gerarchicamente sovraordinata rispetto a quest'tiltimo; � fa sola tesi che 
possa soddisfare le esigenze di certezza del diritto. 
21. -D'altro canto, dato che l'obbligo della garanzia del pagamento 
dei dazi e degli altri tributi eventualmente dovuti in caso di infrazione o di 
irregolarit� commessa in occasione dell'operazione di transito pu� essere 
considerato come una forma di sanzione, occorre sottolineare che, secondo 
la giurisprudema della Corte, una sanzione, anche di natura non penale, 
pu� essere inflitta solo qualora abbia uri fondamento giuridico chiaro ed 
inequivoco (sentema 25 settembre 1984, Konecke, causa 117/83, Racc. pag. 
3291). 

.22; � Alla luce di queste.. considerazioni, :.onvl� motivo. di scostarsi 
dalla nozione di ufficio di partenza quale determinata in. maniera chiara e 
precisa. nella formulazione delle disposiziont di euitrattasi. 

.�. .Z3. -..'l'ale. intemretazione᥏ corroborata dalla modifica app9rtata alla 
Ai$R()sizi9..~ c():p$i4erata. �tat�itato��regolamentoJ'h 3.813/&kcll:e �pstittd5ce 
..na m.o�.~fica $9$.l;~iale .e non. Ul1 cbiaxill1en.to del testo precedentemente 

>in vigore{cos� �olile riswta ci1ill primo coll,~lcieraJ).d��.ciel reg�l~ento lJ10dificativo; 
a n0:rma del quale <h � , . cial1'esperiel1Za plttrieil)ilale 1le!J!applicaz~one 
del. regime del. tJ:'~slto co:�iu.Uario , , , �.� riswtat() possibile re:.(iere piil, .f1essjbilj 
taj.�e fol't'.llalit� . c6nuesse, c<>n tale regill1e � � 

. . . �-:.-:�.. �.��... .�.��� ..... 

24. -Si deve pertanto risolvere la questione proposta � clal � giudice 
nazionale c:lichi;:u::anc;l() . �he l'~t. 3!5 cl�l reg()laJl:lel1t() delConsigli() ll� ~22/77, 
ll,e}t@sl9J:tt, �. yl.gore .. Prill1a 4eP.a Il1P4i~i�a apponata dal, regol~en,t9 del 
.... �~5!g~iRn� 3~13/~1,va m~!Y.~~at9 :�tel sensg cli,~ la�()Il1Petel1Za�ad.�. av� 
visaJ'.'e il garaJ:l.te 4el 1).()n aPPuram~to del c,lo�w;nento Tl appartene.va 
es�l.5~vaJ:p.el).te .. all'u~~�ig di� I?arte11~1i\�, (oniiss.is} . 

. �: :~ 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, sed. plell., 25 lu'
gli<> 199l;i nella causa c;:,362/89;;;; Pres; Due ..-Avv. Gen �. Van Gerven -Do


���� ��manda di pronuncia pr�giudfaiale proposta dakPr�tore di Milano nella 
causa d'Urso e(i a. c. Ercole Marelli Elettromeccanica gen. S.p.A. -Interv. 
: Governi francese (ag. Chavance) e italiano (aw. Stato Fiumara) 
������.e Cotjli:ajssi~lle��ttelie��;~~(a~3Maren&�eBanks)~� 

CQmUlllt~ europee � l\avvicbi~ento delle legislazioni -M~ntenimento dei 
��diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese. 
(Direttitia del Consiglio; 14 febbraio 1977 n;< 71/187/C.S.E.~ art; 3, n. 1); 

Coiti~t~.~ut~~ee � RaV'\Ticirtame.nto .<!elle Iegi~18ziolli � MontellfuieO.to dei 
diritti deLlavoratori in. caso �di; tral!ferimento di imprel�e ., .~rocedura 
di amministrazione straordinaria .di� grandi imprese in crisi -. Continuazione 
dell'esetciZ16 di impresa. 
(rifret�va delCondiglfo; 14 febbriifo 1917, n. 77/i87/C.E.E., art. 1, ti. 1; <codice civile, 

�l;lrt~ 2112;qJ, 30'. g~nai~ .1979',� ti~. 26;�onvertito con ltiod .. in legge 3: aprile.1979, � n; 95, 
e.succ. mod,;. legge 2~ cU~bre 1990, ~�. 4~. ;irt, 47). 

L'art. 3, n. J, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 71!187/C8E, 
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative 
al mantenimento dei �diritti dei lavcfr<itori. in caso d� trilsferiment~ 
di i111,ptese, di stabilimef1.ti o di parti di stabilimenti, va �interpretato net1 
senso eh.e tutti i contratti o rapporti di lavoro esistenti alla data del trasf erimento 
di un'impresa tra il cedente e i lavoratori occupati nell'impresa 


436 �� RASSEGNA DilLL'AWOCATURA DELLO STATO 

trasferita si ttasm�ttOno ipso iure al cessionario per il solo fatto del 
trasferimento (1). 


L'art. 1, n 1, della direttiva. del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CBE, 
non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell'ambito di un procediment� 
concorsuale come quello previsto dalla normativa italiana� 


��sulla liquid�ziane coatta�. amministrativa, alla quale si richiama la legge 
3.. april� 1979 in materia. di .amministrazione straordinaria delle grandi imprese 
in Crisi. Le stesse disp�sizioni della stessa direttiva si applicano invece 
atforch�, .�nell'ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano 
tamfninistrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il 
proseguimento dell'attivit�� dell'impresa � stato� deciso e finch� quest'ultima 
decisione rimane in vigore (2). 

(Omissis) 1. �Con ordinanza 23 ottobre 1989, giunta alla Corte il 17 novembre 
successivo, ilpretore diMilanoha S�ttoposto, a nonna dell'art. 177 
del �.Trattato� CBE, due��. questioni pregiudiziali�. relative all'interpretazione 
della direttiva del CdriSiglio 14 febbr�fo 1977, 77/187/CBF., concernente il 
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri� relative al mantenimento 
dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di 
stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26, in prosieguo: la 
� direttiva�). 


2, � Dette questioni sono insorte nell'ambito di una controversia tra, 

II

da un lato, il sig. Giuseppe d'Urso, la sig,ra Adriana Ventadori ed altri e, 

(1�2) Amministrazione 11traordinaria di grandi imprese in crisi: mantenimento 
dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda. 


1. -La Corte di giustizia ha interpretato la direttiva del Consiglio 14 febbraio 
1977 n. 77/187 /'CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli 
Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei� lavoratori in caso di trasferimento 
di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, nel senso che: 
-essa non trova applicazione ai casi di trasferimenti di imprese operati nell'ambito 
della �. procedura di �amministrazione straordinaria di � grande impresa 
in crisi (punto 31); -essa trova applicazione; per�, se il. trasferimento avviene 
in pendenza della� continuazione dell'esercizio di impresa da parte degli organi 
della procedura (punto 32); -l'art. 3 n. 1 della direttiva comprende i diritti e 
le obbligazioni, elle . scaturiscono nei confronti del cedente da un contratto o 
da un �rapporto di lavoro in corso al momento del trasferimento e stipulato 
con i lavoratori occupati, per lo svolgimento delle loro mansioni, nella parte 
trasferita dell'impresa o dello stabilimento (punto 10); -l'art. 4 n. 1 della direttiva 
vieta che il trasferimento costittlisca di per s� un motivo di licenziamento 
per il cedente o per il �essionatio; ma noi;i pregiudica i licenziamenti 
che .possono aver. luogo per motivi economici, tecnici e di organizzazione che 
comportano variazioni sul .piano dell'occupazione (punto 19, })rima parte); la 
dfrettiva non si oppone a �che, qualora una disciplina nazionale implichi a 
favore del cedente disposizioni che gli consentono di alleviare o di sopprimere 
gli oneri connessi all'occupazione dei lavoratori in soprannumero, per evitare 


437

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

dall'altro, la societ� Ercole Marelli Elettromeccanica Generale S.p.A. (in 
prosieguo: � EMG �), in amministrazione straordinaria, e la societ� Ercole 
Marelli Nuova Elettromeccanica Generale S.p.A. (in prosieguo: � Nuova 
EMG�). 

3. -Emerge dalle indicazioni contenute nell'ordinanza di rinvio che 
la EMG � stata sottoposta alla procedura cosiddetta di amministrazione 
straordinaria mediante decr.eto del ministro dell'Industria datato 26 maggio 
1981, pur essendo autorizzata a continuare la propria attivit�. Nel settembre 
1985, il complesso dell'impresa veniva ceduto alla societ� Nuova 
EMG costituita ad hoc. In esecuzione del contratto di cessione conformemente 
agli accordi sindacali ai quali faceva richiamo il contratto stesso, 
940 lavoratori sono passati alle dipendenze del cessionario. Altri 518 sono 
restati alle dipendenze della societ� cedente; tuttavia il rapporto di lavoro 
di questi ultimi � stato sospeso e la loro remunerazione � stata presa a 
carico dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria. 
4. -Gli attori nella causa principale, che fanno parte di questi 518 
lavoratori, hanno chiesto al pretore di Milano di dichiarare che il loro 
rapporto di lavoro era continuato con il cessionario, a norma dell'art. 2112, 
primo comma, del Codice civile in virt� del quale � In caso di trasferimento 
dell'azienda, se l'alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto 
di lavoro continua con l'acquirente, e il prestatore di lavoro conserva 
i diritti derivanti dall'anzianit� raggiunta anteriormente al trasferimento�. 
nella misura del possibile licenziamenti, dette disposizioni si applichino dopo 
il trasferimento a vantaggio del concessionario (punto 19, seconda parte). 

2. -La Corte ha, dunque, riconosciuto l'esattezza in via di principio deTia�tesi 
sostenuta dall'Avvocatura in causa, secondo cui i trasferimenti di azienda operati 
nell'ambito di quella particolare procedura corcorsuale che � l'amministrazione 
straordinaria di grandi imprese in crisi disciplinata dalla c.d. legge Prodi (dl. 
30 gennaio 1979. n. 26, conv. con mod. in legge 3 aprile 1979, n. 95, e succ. mod.), 
non rientrano nella previsione della direttiva 77/187/CEE. 
Sono soggette alla procedura di amministrazione straordinaria di cui alla 
legge Prodi, in sostituzione e con esclusione del fallimento -si era detto nelle 
osservazioni scritte presentate alla Corte, -imprese commerciali di grandi 
dimensioni (secondo parametri indicati dalla legge stessa), per le quali sia stato 
accertato giudiziariamente lo stato di insolvenza ovvero l'omesso pagamento di 
almeno tre mensilit� di retribuzione (art. 1, commi 1-5). La procedura. che si 
estende all'intero gruppo delle societ� controllanti e controllate o con identica 
direzione o garanti (art. 3), si attua ad opera di commissari sotto vigilanza dell'autorit� 
amministrativa e secondo le norme previste dalla legge fallimentare 
per la procedura, meramente concorsuale, di liquidazione coatta amministrativa 
(art. 1, co. 6). Pu� essere disposta, per un certo periodo, la continuazione dell'esercizio 
dell'impresa (art. 2, co. 1). La procedura si attua secondo un programma 
che � deve prevedere, in quanto possibile e tenendo conto degli in� 
teressi dei creditori, un piano di risanamento, coerente con gli indirizzi della 



438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. � Le� convenute nella causa principale hanno contestato detta dolll�nda 
appellandosi ad una disposizione della normativa nazionale secondo 
la quale, per le imprese poste sotto amministrazione straordinaria, le 
I 
norme summenzionate del Codice civile vanno disapplicate per quanto riguarda 
il personale che non � stato trasferito contemporaneamente all'im


I 

p:r~sa. 

6. � rut~nendo che la soluzione della causa principale richiedesse 
un'interpretazione della. direttiva, il pretore di Milano ha deciso di sospendere 
il procedimento finch� la Corte si sia pronunciata in via pregiudiziale 
.sulle seguenti questioni: 
�I. Se l'art. 3, n. 11 primo comma, della direttiva 77/187 del 14. 2.1977 
prevede il trasferimento automatico al cessionario dei rapporti di lavoro 
inerenti all'azienda ceduta ed esistenti al momento del trasferimento dell'azienda. 
II. Se la direttiva sopra indicata si applichi alle cessioni di azienda 
effettuate.da�imprese in.amministrazione straordinaria. 
7. � Per una pi� ampia esposizione dei fatti della controversia principale, 
dello svolgimento del procedimento nonch� delle oss.ervazioni scritte 
I 

e presentate alla Corte, . si fa richiamo alla relazione d'.udienza. Questi 
elementi del fascicolo sono riportati in prosieguo solo nella misura necessaria 
a comprendere il ragionamento della Corte. 

politica industriale, con . indicazione specifica degli impianti da riattivare e di 
quelli da completare, nonch� degli impianti o complessi aziendali da trasferire 
e degli eventuali nuovi assetti imprenditoriali; per quanto possibile deve essere 
preservata l'unit� dei complessi operativi, compresi quelli da trasferire � (art. 2, 
co. 5). Il Tesoro dello Stato pu� garantire in tutto o in parte i debiti che la 
procedura contrae con.istituzioni creditizie � per il finanziamento della �gestione 
corrente e per la riattivazione e il completamento degli impianti, inunobili ed 
attrezzature industriali � {art. 2 bis). La liquidazione del patrimonio avviene, 
come si � detto, con le norme previste per le procedure concorsuali, salvi gli 
opportuni adattamenti . e .. le regole particolari. della . stessa legge Prodi: i trasferimenti 
di aziende. impianti o complessi. aziendali, che godono di particolari 
agevolazioni fiscali (art. 5 bis), possono farsi, con le dovute cautele, con o senza 
incanto e a trattativa privata, in base a valore determinato da periti, che tenga 
conto della redditivit� all'atto della stima e nel biennio successivo {art. 6 bis). 
Il trasferimento avviene ad opera degli organi della procedura e senza inge


renza della vecchia propriet�. Il ricavato � destinato ovviamente, salve le spese 
prededucibili, al soddisfacimento dei creditori dell'impresa insolvente. 

Sono evidenti gli scopi di politica economica e sociale che la normativa 
speciale persegue. Si � ritenuto opportuno salvare per quanto possibile le 
parti sane di imprese o gruppi di imprese trasferendole ad un nuovo im� 


439 439 
����� ����� ��� sii�fa )?funi questfone pr�giudtti�le. � 
� .g,. ~ C~~ ~~~ q.~stio~;> tt ~Gclic; nazio11ale chiede se l'art, � 3, n. l, 



la. dit�tHya n11r' ~ garalJ.#r�. l~ conseryaiforie .dei� dfrhti deffavoratori in 

l&ltlfi~jitf@j 


\!i>~�~~~i~;fJ~=~~!li;~';;~)I~ 


l'art� 3, ll� 1, della. cUrettiva cC)lllprende i diritti e le obbl.igazfoni che scatu.
d.sco11� xfotc?nfronti del. �ec.lente .da 1lll cp);ltratto 9 �.da 1lll. rapporto di 

��~;;~iWa~~���~~~s~~Ji~f;~mf:~~~!:::~~i~�!~~fo!i;P~W~����~it!��i~:~~::;~


dell'impresa o dello stabilimento..�� ������ � � � � � 


~sfe~n:ti c;li �lllv:rese. di stabi.ll�l�,en:ti o. di parti cij stabili:r;n.enti a nuovi 

m.i~~~~i~lt~,~~~�irr~~! 


#eCisato che fa dir�ttlva, e'lt:livoca rtell~ t>�ll fo~ulaZione per quanto riguarda 
il ftferiri:ienfo � alle �modalit�.�� del�. trasfe#inenfo dell'impresa, ha cpnie obiettivo 
� iri:iJ?eclir� che�.� �a. ristruttuniiiorte heU'afubito del.� mercato comtille.� si effettiti 
a dAfin� dei lavoratori delle it:�i\)fese coinvolte~ (Pl.Ulto 18),. e che � �siste nello 
st.atO attuale dello � sviluppo �. ec�n()Ini�o grafiO:e incertezza per �.quanto . rigU!:!rda 
le .. incidenze, suI � mera\to .. del. lavoro,. dei trasferimenti . di imprese . in caso di 
insolvibilit�. del datore di la"�ro e per quelche riguarda i provvedimenti da 
adotiarsi onde tutelare nel migliore dei modi gli futeressi dei lavoratori � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

440 

11. -La Corte ha inoltre stabilito, nella sentenza 10 febbraio 1988, 
Daddy's Dance Hall (causa 324/86, punto 14 della motivazione, Racc. 
pag. 739); che le norme della direttiva dovevano considerarsi imperative, 
ossia non derogabili in senso sfavorevole ai lavoratori. Di conseguenza, 
l'attUaziorie dei diritti conferiti ai l�voratori dalla direttiva non pu� venir 
��subordinata al consenso n� del cedente o del cessionario, n� dei rappresen� 
tanti dei lavoratori, n� dei lavoratori stessi, salvo, per quanto riguarda 

c;J.uesti .ultimi, la.. possibilit�, a seguito di .dimissioni volontarie, di. non 
continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavor() dopo il 
trasferimento (sentenza 11 luglio 1985, Mikkelsen, causa 105/84, punto 16 
della motivazi.one, Racc. pag. 2639). 

12. -Ne consegue che, nell'ipotesi di trasferimento di impresa, il 
contratto o il ra{'porto di lavoro che vincola il personale occupato nell'impresa 
trasferita non pu� venire prosegUito con il cedente e continua 
ipso jitre con il cessionario,�.. fenno .� restando che, secondo la giurisprudenza 
(sentenza 15 giugno 1988, Bork, causa 101/87, punto 17 della motivazione, 
Racc. pag. 3057), l'esistenza. o l'inesistenza di un contratto o di un 
rapporto di lavoro� alla data del trasferimento va valutata alla luce del 
diritto nazionale . 
.13. -Per controbattere siffatta interpretazione della direttiva, le parti 

convenute nella causa principale ed il governo italiano hanno svolto 
dinanzi alla Corte tre ordini di argomenti. 

(punto 22). E ha ritenuto che la direttiva stessa non impone agli Stati membri 
�l'obbligo di estendere le norme che essa contiene ai trasferimenti di imprese, 
di .stabilimenti o di parti di stabilimenti avvenuti nell'ambito di un procedimento 
fallimentare mirante, sotto il controilo della competente autorit� giudiziaria, 
alla liquidazione dei beni del cedente � (punto 23), mentre un tale 
obbligo impone in relazione a trasferimenti avvenuti in una procedura, in 
ctd il controllo del giudice abbia ..na portata pi� limitata, la quale persegua 
. � anzitutto la salvaguardia del patrimonio ed eventualmente il proseguimento 
dell'.attivit� dell'impresa mediante la sospensione dei pagamenti onde giungere 
ad una soluzione che consenta di garantire l'attivit� dell'impresa in futuro ,, 


(punto 28). 

J\ppllcando questi principi ,~ �aso di specie, la pro�edura di ammini


strazione straordinaria non poteva non essere assimilata, agli effetti della ve


rifica dell'applicazione della direttiva, alle procedure fallimentari .. � Infatti: 

a) quale che sia la forma giuridica attraverso la quale si attua di trasferimento, 

� certo che questo avviene nell'ambito e in forza di una procedura concor


suale (� indifferente, sotto il profilo che qui interessa, che essa si svolga sotto 

il controllo dell'autorit� amministrativa, come la procedura di liquidazione 

coatta amministrativa, e non sotto il controllo del giudice, come invece il 

fallimento) e non per libera volont� delle parti; b) non si tratta di un trasfe


rimenJo per mera ristrutturazione aziendale, ma di un trasferimento neces� 

sitato dallo stato di insolvenza dell'impresa; e) la procedura � disposta in so



441

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

14. -In primo luogo, � stato sostenuto che cos� interpretata la direttiva 
lederebbe la libert� di impresa. 
15. -A questo proposito, occorre osservare che questo tipo di lesione 
� insito nell'oggetto stesso della direttiva che mira, nell'interesse dei 
lavoratori, a trasferire al cessionario le obbligazioni scaturenti dai contratti 
o dai rapporti di lavoro. 
16. -In secondo luogo, questa interpretazione della direttiva porterebbe, 
in un'ipotesi come quella della causa principale, a rimettere in 
discussione gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali e vertenti 
sulle modalit� del trasferimento e sul numero dei lavoratori trasferiti. 
17. -Questo argomento non pu� venire preso in considerazione dal 
momento che, come si � detto in precedenza, le norme della direttiva si impongono 
a tutti, ivi compresi i rappresentanti sindacali dei lavoratori, 
che non possono derogarvi tramite accordi stipulati con il cedente o 
con il cessionario. 
18. -Da ultimo � stato sostenuto che un'interpretazione della direttiva 
che si risolva nell'impedire che i lavoratori in soprannumero dell'impresa 
restino alle dipendenze del cedente, potrebbe risultare meno 
stituzione e con esclusione del fallimento (per casi che oggettivamente prima 
dell'entrata in vigore della legge Prodi sarebbero sfociati in una dichiarazione 
di fallimento) non per la prioritaria esigenza di salvaguardare il patrimonio 
aziendale attraverso la prosecuzione dell'attivit� dell'azienda, ma per interessi 
di politica economica e sociale che trascendono quelli particolari dell'impresa 
dissestata (come � reso evidente anche dagli interventi di sostegno dello 
Stato: garanzia per i crediti assunti, agevolazioni fiscali). 

3. -Dopo l'affermazione di principio della inapplicabilit� della direttiva 
ai trasferimenti operati nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, 
la Corte, per�, ha precisato che la direttiva si applica se il trasferimento 
avviene durante il proseguimento dell'attivit� di impresa da parte degli organi 
della procedura. E cos� la Corte ha drasticamente limitato la portata del principio 
generale prima affermato. 
La pronuncia desta perplessit� (anche se, poco prima, il quinto comma 
dell'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 -legge comunitaria per il 
1990 -era intervenuto a distinguere, proprio in sede nazionale, fra trasferimento 
operato in corso di esercizio di attivit� e trasferimento fuori esercizio, 
ai fini dell'applicazione dell'art. 2112 cod. civ., nella nuova formulazione �ai 
lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente�). 

Osserva la Corte che � quando il decreto che sancisce l'applicazione del 
procedimento amministrativo straordinario stabilisce nel contempo la continuazione 
dell'attivit� dell'impresa in regime commissariale, la finalit� di questo 
procedimento sta anzitutto nel restituire all'impresa un equilibrio che consenta 
di garantire la sua attivit� futura�; � l'obiettivo economico-sociale cos� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA, DELLO STATO 

. . . 
favorevole ai lavoratori, o perch� il potenziale cessionari(} potrebbe venire 

dissuaso dall'acquistare l'impresa dalla prospettiva di dover mantenere 
in servizio il personale eccedente dell'impresa trasferita o perch� il personale 
sarebbe� licenziato e perderebbe quindi i vantaggi. che avrebbe 
eventualmente .potuto trarre dalla continuazione del. �rapporto di lavoro 
con�� il�cedente; 

19. -Per ribattere a questo argomento, si deve ricordare che se, in 
forza dell'art. 4, n. 1, la direttiva vieta che il trasferimento costituisca di 
per s� un motivo di licenziamento per il cedente o per il cessionario, 
essa � non 'pregiudica i licenziamenti� che �possono �. aver luogo per motivi 
econ6mid, tecnici e di orgamz:i�iione che compbrtario variazioni sul piano 
dell'occupazione�. Va aggiunto che la direttiva non si oppone nemmeno 
a che, qualora un,a disciplina. nazionale implichi a favore del cedente 
disposi.oJJi . che gli. consentono . di alleviare o di sopprimere gli oneri connessi 
all'oCC\lpaZfone . dei lavoratori ..in . soprannumero, per evitare nella 
misura. del possibile licenziamenti.,� dette ..disposizioni si applichino dopo 
il trasferimento a vantaggio del cessionario. 
20..~� Si deve q\lindi. risolvere la prima. questione. pregi\ldizia}e dichiarando 
che>l'art. 3, n. l; della, direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 
77/187 /CEE; va interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti 

perseguito non pu� spiegare n� giustificare il fatto che, quando l'impresa 
interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale. i suoi 
lavoratori venglll',lQ. privati dei diritti che la direttiva conferisce loro alle condizioni 
in essa precisate�. 

In verit� l'istituto dell'amministrazione straordinaria di grande impresa 
in crisi, sorto nel 1979 nel pieno di una grave crisi economica, � destinato a 

limitare gli effetti del tracollo di imprese di grandi dimensioni non solo sull'occupazione 
ma sull'intera economia nazionale. L'uscita di. scena di tali imprese, 
o gruppi di imprese, dovuta alla loro insolvenza. e alla conseg\lente 
dichiarazione. di fallimento, pu� avere effetti dirompenti nori solo per le imprese 
stesse e per i loro.� lavoratori, ma anche per l'intero settore in cui operano 
e per quelli ad . esso collegati o dipendenti. Si � cercata una via d'uscita, 
avendo di mira non il risanamento in s� dell'impresa, ma il salvataggio di 
quel poco che � salvabile dell'impresa stessa. 

Da un lato quindi .si evita il fallimento. con i suoi effetti meramente liquidatori; 
da un altro lato si sottrae l'amministrazione dell'impresa alla vecchia 
propriet� e, attraverso l'affidamento di essa a un commissario straordinario 
controllato dallo Stato, si cerca di enuclearne -con lo studio di apposito 
piani e programmi -una eventuale parte sana per affidarla a mani pi� 
capaci e procedere quindi alla liquidazione finale in favore dei creditori con 
il ricavo della vendita. In attesa del trasferimento il commissario straordinario 
gestisce l'impresa per la parte che secondo il programma � utile mandare 
avanti, onde consentire il trasferimento di una struttura operante. E questa 
� la continuazione dell'esercizio, che normalmente e logicamente � disposta, 


PARTE I, saz. II, Gll.llUS. COMUNITARIA E IN'l'll2.NAZIONALB 443 

di lavoro esistenti alla data del trasferimento di un'impresa tra il cedente 
e i lavoratori occupati nell'impresa trasferita si trasmettono ipso jure 
al cessionario per il solo� fatto del . trasferimento. 

Sulla seconda questfone pregiudiziale. 

2L � �Emerg� dal fe~�re. e. dalla motivazione . dell'ordinanza di rinvio 
che, ooJ:l .4etta questione, il pretore di Mila.o vuole sapere se la direttiva, 
coi:ne si cJ.i�J:i4i,ra all'art. 1, n. 1, si � applica ai trasferimenti di imprese, 
di stabilimenti. () df parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore 
in seguito a cessione �ontrattuale o a fusione � nell'ipotesi in cui l'impresa 
mteressata sia disciplinata da. disposizioni come quelle� del decreto 
legge3() gennaio 1979, n. 26, relativo alle misure d'urgenza per l'amministraiione 
straordinaria delle grandi imprese in crisi (GURI n. 36, del 6 febbraio 
J979),.�onvertit� �. con alcune modifiche, nella legge 3 aprile 1979, 
n.. 95 (CHJRI ~. 94,>c:le14 ~prile 1979). . 

22. � Per risolvere�� tale questione �si devono ricordare le distinzioni 
elabor�te. dalla Corte, spede riella sentenza 7 febbraio 1985, Abels (causa 
135/$3, Racc. pag. 469) e, d'altro canto, brevemente riassunte dal pretore 
di Milano. 
23. � La Corte ha stabilito che la direttiva non si applicava ai trasferimenti 
operati nell'ambito di una procedura di fallimento che mirava, 
sotto il controllo della competente autorit� giudiziaria, alla liquidazione 
con� i tempi e le modalit�. consentite, in ogni procedura di amministrazione 
straordinaria. 

Poich� il presupposto della procedura � l'insolvenza dell'impresa o del 
gruppo di imprese, .� chiaro che il trasferimento pu� riguardare solo la parte 
sana o. sanabile dell'impresa, con esclusione dei .. rami morti, delle foglie 
secche. Ecco allora che al trasferimento del bene si accompagna il trasferimento 
di una parte soltanto dei dipendenti, non essendoci posto. per tutti 
in una struttura pi� ridotta. E l'acquirente si fa avanti solo se prende la 
parte sana ridotta, .con un numero di dipendenti proporzionato e funzionale 
rispetto alle nuove e ridimensionate incombenze. L'alternativa � l'assenza di 
potenziali acquirenti e l'affossamento dell'intera impresa con tutti i dipend�nti! 


La realt� � che la procedura di amministrazione straordinaria, ci sia 

o non ci sia la continuazione dell'esercizio di impresa, � una procedura liquidatoria 
identica strutturalmente al fallimento, con la .sola differenza che in 
essa, anzich� liquidarsi beni esausti non pi� legati in una struttura imprenditoriale, 
si liquida, o meglio si cerca di liquidare, un bene vivo, la struttura 
dell'impresa stessa o quel che di essa conviene conservare e rivitalizzare, il 
che consente di aiutare non solo l'economia ma anche l'occupazione, nei limiti 
beninteso del possibile. 
Ha poco senso, dunque, da un lato dichiarare che la direttiva 77/187/CEE 
non trova applicazione alla procedura di cui si tratta e dall'altra dichiara




444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei beni del cedente. Essa ha fondato la sua conclusione sull'assenza, 
nella direttiva, di una disposizione espressa riguardante il fallimento 
(punto 17 della motivazione), sull'obiettivo della direttiva stessa, che � 
quello di impedire che la ristrutturazione nell'ambito del mercato comune 
si operi a danno dei lavoratori delle imprese interessate (punto 18) e 
sul grave rischio di un complessivo deterioramento delle condizioni di 
vita e di lavoro della mano d'opera, in contrasto con gli obiettivi sociali 
del Trattato (punto 23), qualora la direttiva avesse dovuto applicarsi ai 
trasferimenti operati nel corso di una procedura di fallimento. 

24. -Nella stessa sentenza, la Corte ha invece statuito che la direttiva 
era applicabile ad un procedimento come quello di � surs�ance van 
betaling � (sospensione dei pagamenti) bench� esso presenti talune caratteristiche 
comuni con la procedura di fallimento. La Corte ha infatti ritenuto 
che i motivi che giustificavano la disapplicazione della direttiva 
nell'ipotesi di procedure di fallimento non valgono qualora la procedura 
in questione comporti un controllo del giudice di portata pi� limitata 
rispetto all'ipotesi di fallimento e miri soprattutto a salvaguardare il 
patrimonio ed eventualmente la prosecuzione dell'attivit� dell'impresa 
mediante la sospensione collettiva dei pagamenti per giungere ad un 
I

assetto che consenta di garantire l'attivit� dell'impresa in futuro (punto 
28). I

I

I

rare che essa trova applicazione a quei trasferimenti che avvengono in regime r3 
di continuazione dell'esercizio di impresa. 

4. -Ma la Corte (discostandosi dalle conclusioni del suo avvocato generale 
Van Gerven, che erano di segno opposto), lo ha dichiarato e non v'� pi� 
I,

da discutere. Del resto, come si � detto, la pronuncia della Corte � stata in 
un certo senso � anticipata� dall'art. 47, quinto comma, della legge comunitaria 
del 1990, il quale ha disposto che � qualora il trasferimento riguardi... . 
imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione... di sottoposizione 


Iall'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attivit� 
non sia disposta o sia cessata... ai lavoratori il cui rapporto di lavoro 
continua con l'acquirente non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile, ... � 
(ma l'esclusione dell'applicazione dell'art 2112 cod. civ. non sarebbe gi� conseguente 
alla dichiarazione di stato di crisi aziendale richiamata dalla norma 
stessa e all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, ind1pendentemente 
dalla continuazione dell'attivit� di impresa?). 

Quali sono le conseguenze della pronuncia della Corte? 

Non sorgono problemi nei casi, invero rari, in cui non � stata mai autorizzata 
la continuazione dell'esercizio di impresa, o in cui l'esercizio sia cessato 
per revoca o scadenza del termine. In questi casi con l'eventuale trasferimento 
d'azienda sarebbero salvaguardate solo le posizioni dei lavoratori 
contestualmente trasferiti (nei limiti dell'art. 47 legge comunitaria 1990). Non 
pu� non rilevarsi, per�, che, nella seconda ipotesi, si ha pur sempre un risanamento 
d'azienda, sicch� il taglio occupazionale verrebbe consentito per la circostan
�za, che potrebbe essere ben poco rilevante, della cessazione dell'esercizio 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS�. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

445 

2s~ -Si deve osservare. che se, al punto 281 la sentenza 7 febbraio 1985, 
Abels, .. gi�. ricordata, si. riferisce al raggio del controllo esercitato dal 
giudice sul procedimento, questo richiamo; che si .spiega con la difficolt� 
illustrata al punto 12 della stessa sentenza di definire la nozione di cessione 
convenzionale ai sensi dell'art. 1, n. 1, della direttiva, tenuto conto delle 
differenze. tra �i sistemi �giuridici degli �Stati� membri, non consente, . come 
d'altra parte si. dichia:ra. nella sentenza.� al punto 13, di individuare la portata 
della direttiva in base alla sola interpretazione lette:rale di questa nozione 
di cessione convenzionale e perci� non permette� di definire la sua 
sfera di applicazione in base alla natura del controllo esercitato dall'auto:
rit� amministrativa o giudiziaria sui trasferimenti di imprese nell'ambito 
di un determinato pro�edimenw concorsuale. 

26. -Alla luce del complesso delle considerazioni esposte. dalla Corte 
nella sentenza �Abels, il criterio determinante da seguire � quindi.quello 
dell'obiettivo perseguito dal procedimento ill questione. . . 
27. -La legge italiana 3 aprile 1979 prevede l'applicazione mediante 
decreto del procedin:tento d.'amministrazfone straordinaria alle imprese 
che essa indica. In virt� di detta legge, il decreto comporta o pu� comportare 
due tipi di effetti. 
28. -Da un lato, affinch� vengano raggiunti tutti gli effetti della legge 
sul fallimento, esso va assimilato al decreto che dispone la liquidazione 
in Un momento temporale �anteriore al trasferimento d'azienda, magari di poco 
anteriore e in prevision� pt�prio di esso. E ci� � poco logico. 
La problematica si pone se il trasferimento d'azienda avviene mentre prosegue 
l'attivit� d'impresa. 

Invero se si trasferisce solo un ramo o una speci:liida parte risanata della 
azienda, con la possibilit� di individuare i lavoratori originariamente occupati 
nel ramo o nella part� trasferita, essi e solo essi potranno invocare la normativa 
di favore (cfr. il punfo 10 della s�ntenza annotata) e, ove non risultino 
esuberanti rispetto alla parte trasferita, non si porrebbero problemi. 

Ma pi� spesso quel che si vuol trasferire, dopo l'opera di riavvio e risanamento 
svolta dagli organi della procedura in regime di continuazione dell'esercizio, 
� proprio la vecchia azienda, nella sua intierezza, seppur ridimensionata 
nelle sue strutture e� nella sua potenzialit�: un taglio meramente numerico 
del personale � in questd casi necessario, per renderlo proporzionato 
alla nuova realt�. Un nuovo impr�nditor� in tanto sar� interessato all'acquisto 
in quanto non sia costretio ad assumere tutto il personale preesistente, anche 
se esuberante. E se nessuno acquista (non sarebbe sufficiente ovviamente ridurre 
il prezzo di cessione, perch� 1a proporzione del personale resta una 
condizione per il buon andamento futuro dell'azienda), si dovr� procedere 
alla liquidazione. il che comporter� una perdita di posti di lavoro: non � 
questo un bel modo per salvaguardare i diritti dei lavoratori. 

Per sbloccare la situazione, dunque, e garantire almeno quel numero di 
posti di lavoro proporzionato alle ridotte dimensioni dell'azienda da cedere, 
si dovr� procedere (ove non si pensi ad una revoca � tempestiva'" prima 

_..,.. 

:-: -... :-: ... ... J' ::-: -..._ .. 


446 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

coatta amministrativa prevista dagli artt. 195 e successivi e dall'art. 237 
della legge sul fallimento. Emerge dal complesso di queste ultime disposizioni 
che, salve le peculiarit� di tale disciplina, la liquidazione coatta amministrativa 
ha effetti che in sostanza sono identici a quelli del fallimento. 

29. -D'altro canto, il decreto che stabilisce l'applicazione del procedi 
mento d'amministrazione straordinaria pu� anche pronunciarsi sulla continuazione 
dell'attivit� dell'impresa in gestione commissariale per un periodo 
da stabilirsi secondo le modalit� previste dalla legge. Secondo l'art. 2 
della legge 3 aprile 1979 rientra nelle competenze del commissario stabilire 
un programma la cui esecuzione dovr� essere autorizzata dall'autorit� di 
controllo e che deve comprendere, nei limiti. del possibile e tenendo conto 
degli interessi dei creditori, un � piano di risanamento, coerente con gli 
indirizzi della politica industriale, con l'indicazione specifica degli impianti 
da riattivare e di quelli da completare, nonch� degli impianti o complessi 
aziendali da trasferire�. 
30. -Da quanto procede emerge che una normativa come la legge 
italiana sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi 
ha caratteristiche diverse a seconda che il decreto che dispone la liquidazione 
coatta amministrativa stabilisca o meno la continuazione dell'attivit� 
dell'impresa. 
del trasferimento previsto, dell'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio, 
il che avrebbe per� il sapore di un non commendevole marchingegno) a licenziamenti 
collettivi del personale ritenuto esuberante (al netto del personale 
dimissionario o in prepensionamento): il che, come si � detto, � fatto salvo 
dall'art. 4 n. 1 della direttiva in questione (cfr. il punto 19, prima parte, della 
sentenza annotata). Questa soluzione, seppure necessitata, non aiuta certo 
l'occupazione: non era forse meglio lasciare che, attraverso le trattative e gli 
accordi sindacali, fosse assorbita la parte pi� consistente possibile del vecchio 
personale, tenuto anche conto delle esigenze del cessionario, e che fossero 
garantiti agli altri dipendenti non assunti quanto meno gli ammortizzatori 
sociali? 

Resta la situazione dei lavoratori non passati alle dipendenze dei cessionari 
nei trasferimenti operati prima della sentenza della Corte, che, in forza 
della medesima, come i ricorrenti nella causa principale davanri al giudice nazionale, 
potrebbero pretendere nei confronti dei cessionari la prosecuzione del 
rapporto di lavoro, con alterazioni, che potrebbero risultare sensibilissime, delle 
condizioni contrattuali della cessione (proprio in relazione a questa situazione 
era stato chiesto alla Corte, ma invano, che, nell'ipotesi che fosse affermata 
l'applicazione della direttiva CEE, si limitassero temporalmente gli effetti della 
pronuncia secondo i principi affermati nella sentenza della stessa Corte 
8 aprile 1976, nella causa 43/75, Defrenne, in Racc. 455, e ribadita nella sentenza 
15 maggio 1990, nella causa C.-262/88, Barber, in Racc. 1889). La posizione di 
ciascun dipendente dovr� allora essere valutata caso per caso. 

OSCAR FIUMARA 


PARTB I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

31. � Se non vi � provvedimento su quest'ultimo punto o quando � 
scaduta la validit� di un provvedimento che autorizzava la continuazione 
dell'attivit� deJJ'impresa, la finalit�, le conseguenze e i rischi di un procedimento 
come quello della liquidazione coatta amministrativa sono comparabili 
a quelli che hanno indotto la Corte a concludere, nella sentenza 
7 febbraio 1985, Abels; gi� ricordatai che l'art. 1, n. l, della direttiva va 
disapplicato nel caso di trasferimenti d'impresa, di stabilimento o di una 
parte di stabilimento in una situazione nella quale il cedente � stato dichiarato 
fallito. Come il fallimento questo procedimento mira alla liquidazione 
dei beni del debitore per soddisfare c()llettivamente i creditori e i trasferimenti 
oper�ti in quest'ambito giuridico sono di . conseguenza esclusi 
dalla. sfera di appHcazione della direttiva. Come ha osservato la Corte 
nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels, gi� ricordata, non sarebbe possibile, 
se. non vi fosse quest'esclusione, eliminare il grave rischio di complessivo 
deteriqramento delle COJ;ldizioni di vita e .di lavoro della mano d'opera, 
in cqntrasto con le finalit� del. Tr1:1-ttato. 
32. -Emerge per contro dalle disposizioni della legge italiana che, 
quaJ:ldo il decreto che SaJ:lcisce l'applicazione del procedimento amministrativo 
straordinario� stabiliSce nel contempo la continuazione dell'attivit� 
deirimpresa . in. regime . comm.lssariale, la finalit� di questo procedilllento 
sta anzitutto nel restituire all'impresa un equilibrio che consenti:L .di gi:Lrantire 
la sua attivit� futura. L'obiettivo economico-sociale cos� perseguito 
non pu� spiegare n� giustificare il fatto che, quando l'impresa interessata 
costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale; i suoi lavoratori 
vengono� .privati dei diritti che� la direttiva conferisce loro alle condizioni 
in. essa precisate. 
33. -A �questo proposito, il giudice nazionale osserva in particolare, 
nell'ordinanza di rinvio, che la relazione allegata al decreto legge n. 26/1979 
dichiara che la funzione del procedimento .� quella di salvare le parti 
sostanzialmente sane dell'impresa, che �l'impresa in amministrazione stra~ 
ordinaria pu� ottenere crediti di cui lo Stato garantisce il rimborso e che 
sono destinati alla riattivazione e al completamento di impianti, di mobili 
e attrezzature industriali, e infine che, nel procedimento di amministrazione 
straordinaria, la tutela degli interessi dei creditori � meno incisiva 
che in altre procedure liquiclatorie e che in particolare � negata ai creditori 
ogni interferenza sulle decisioni relative alla continuazione dell'esercizio 
dell'impresa. 
34. � Si deve quindi risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando 
che l'art. l, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 
77/187 /CEE, non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell'ambito 
di un procedimento concorsuale come quello previsto dalla normativa 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

448 

italiana sulla liquidazione coatta amministrativa, alla quale si richiama la 
legge 3 aprile 1979 in materia di amministrazione straordinaria delle grandi 
imprese in crisi. Le stesse disposizioni della stessa direttiva si applicano 
invece allorch�, nell'ambito di un complesso di leggi come quelle che 
disciplinano l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, 
il proseguimento dell'attivit� dell'impresa � stato deciso e finch� quest'ultima 
decisione rimane in vigore. (omissis) 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 19 novembre 
1991, nelle cause riunite C -6 e 9/90 -Pres. Due -Avv. Gen. 
Mischo -Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dai Pretori 
di Vicenza ,e di Bassano del Grappa nelle cause Francovich e Bonifaci 
ed a. (avv.ti Mondin, Capesan e Dal Ferro) c. Rep. italiana -Interv.: 
Governi italiano (avv. Stato Fiumara), olandese (ag. Bot), britannico 
(ag. Collins e Plender) e tedesco (avv. Sedemund) e Commissione 
delle C. E. (ag. Marenco e Banks). 

Comunit� europee . Ravvicinamento delle legislazioni � Tutela dei lavoratori 
subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro � Mancata attuazione 
della direttiva � Diritti dei lavoratori � Non azionabilit� davanti 
al giudici nazionali � Risarcimento danni. 
(Direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/C.E.E.). 

Le disposizioni della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, 
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative 
alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di 
lavoro, che definiscono i diritti dei lavoratori, devono essere interpretate 
nel senso che gli intieressati non possono far valere tali diritti nei 
confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di prov~ 
vedimenti di attuazione adottati entro i termini. Uno Stato membro � 
tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione 
della suddetta direttiva (1). 

(1) La Corte, pur rilevando che le disposizioni controverse della direttiva 
80/987/CEE erano sufficientemente precise e incondizionate riguardo alla determinazione 
dei beneficiari della garanzia e al contenuto minimo della garanzia 
stessa, ha ritenuto per� che i singoli non potevano far valere tali disposizioni 
direttamente davanti ai giudici nazionali non precisando esse l'identit� 
di chi � tenuto alla garanzia e non potendosi d'altronde considerare lo 
Stato debitore per il solo fatto di non aver adottato entro i termini i provvedimenti 
di attuazione. Fin qui la Corte ha applicato principi gi� ripetutamente 
affermati in precedenti occasioni. 
La Corte �, per�, andata ben al di l� dei suoi precedenti allorch� ha proseguito 
affermando, per Ja prima volta, la responsabilit� aquiliana dello 



PARTE I, SEZ. li, GIURIS. COMUNITARlA B INTERNAZIONALE 449 

(omissis) 1. -Con ordinanze 9 luglio e 30 dicembre 1989, pervenute alla 
Corte rispettivamente 1'8 e il15 gennaio 1990, la Pretura di Vicenza (nella 
causa C-6/90) e la Pretura di Bassano del Grappa (nella causa C-9/90) 
hanno proposto, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, questioni pregiudi~ 
ziali sull'interpretazione dell'art. 189, terzo� comma, del Trattato CEE 
nonch� della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987 /CEE, concernente 
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla 
tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro 
(GU L 283, pag. 23). 

2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie tra 
Andrea Francovich e Danila Bonifaci e a. (in prosieguo: �ricorrenti �) e la 
Repubblica�. italiana. 
3. -La: direttiva 80/987 � diretta a garantire ai lavoratori dipendenti 
un minimo comunitario di tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro, 
fatte salve le norme pi� favorevoli esistenti negli Stati membri. A tal 
fine, essa stabilisce in particolare garanzie specifiche per il pagamento cli 
loro crediti non pagati relativi alla retribuzione. 
4, -A norma dell'art. 11, gli Stati membri erano tenuti a emanare le 
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per 
conformarsi alla direttiva entro un termine scaduto il 23 ottobre 1983, 
Poich� la Repubblica italiana non ha ottemperato a tale obbligo,� la Corte 
ha<accertato il suo inadempimento con sentenza 2 febbraio 1989, Commissione/
Italia; causa 22/87, Racc. pag. 143). 

Stato nei confronti dei singoli per la mancata attuazione di una direttiva. 
Grossi problemi non sorgono in sede nazionale in relazione alla direttiva di 
specie, perch� il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, che ha attuato la 
direttiva stessa in forza della delega contenuta ne1la legge 29 dicembre 1990, n. 428 
-legge comunitaria per il 1990 -con l'art. 2 n. 7 ha ora disposto che � per 
la determinazione dell'indennit� eventualmente spettante, in relazione alle procedure 
di cui all'art. 1, comma l, per il danno derivante dalla mancata attuazione 
della direttiva CEE 80/987, trovano applicazione i termini, le misure 
e le modalit� di cui ai commi 1, 2 e 4 � e che � l'azione va promossa entro 
un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto�. Tale normativa 
sembra assicurare � condizioni, formali e sostanziali, ... non meno favorevoli 
di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non ... conge� 
gnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile 
ottenere il risarcimento del danno � (punto 43 della sentenza). 

Resta, per�, la statuizione di principio della responsabilit� dello Stato 

nei confronti dei privati per aver esso omesso di porre in essere un atto 

normativo interno che costituisca in capo ai singoli il diritto previsto dalla 

direttiva, diritto che gli stessi non possono direttamente far valere, statuizione 

di ben pi� ampia portata di quelle precedenti che pur avevano riguardato la 



450 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -Il sig. Francovich, parte nella causa principale nel procedimento C6/
90, aveva lavorato per l'impresa � C.D.N. Elettronica s.n.c. � a Vicenza 
e aveva ricevuto a tale titolo solo acconti sporadici sulla propria retribuzione. 
Egli ha quindi proposto ricorso dinanzi al Pretore di Vicenza che 
ha condannato l'impresa convenuta al pagamento di una somma di circa 
6 milioni di lire. Nel corso del processo di esecuzione, l'ufficiale giudi� 
ziario del Tribunale di Vicenza ha dovuto redigere un verbale di pignoramento 
infruttuoso. Il sig. Francovich ha allora fatto valere il diritto di 
ottenere dallo Stato italiano le garanzie previste dalla direttiva 80/987 o, 
in via subordinata, un indennizzo. 
6. -Nella causa C-9/90, la sig.ra Danila Bonifaci e altre 33 lavoratrici 
dipendenti hanno proposto un ricorso dinanzi al Pretore di Bassano del 
Grappa, riferendo di aver lavorato in qualit� di lavoratrici dipendenti per 
la ditta �Gaia Confezioni S.r.l.�, dichiarata fallita il 5 aprile 1985. Al momento 
della cessazione dei rispettivi rapporti di lavoro, le ricorrenti erano 
creditrici di una somma di oltre 253 milioni di lire, che era stata ammessa 
al passivo dell'impresa dichiarata fallita. Oltre cinque anni dopo il 
fallimento, nulla era stato loro corrisposto e il curatore del fallimento 
aveva fatto loro sapere che una ripartizione, anche parziale, in loro favore 
era assolutamente improbabile. Di conseguenza, le ricorrenti hanno 
adito il suddetto giudice chiedendo che la Repubblica italiana, alla luce 
dell'obbligo ad essa incombente di applicare la direttiva 80/987 dal 23 ottobre 
1983, fosse condannata a corrispondere loro gli importi ad esse 
spettanti a titolo di retribuzioni arretrate, quanto meno per le ultime 
tre mensilit� o, in mancanza, a versare loro un indennizzo. 
responsabilit� degli Stati ma per comportamenti di organi esecutivi che si 
fossero posti in contrasto con specifici obblighi comunitari sanciti in norme 
direttamente applicabili. L'importanza della posta in palio aveva mobilitato 
nella causa le difese di numerosi governi e la stessa Commissione C. E. aveva 
svolto una difesa prudente e problematica. Il richiamo nel corpo della sentenza 
ad alcune delle pi� significative precedenti pronunzie della Corte sulla 
portata dell'ordinamento giuridico comunitario (sentenze Van Genden en Laos, 
Costa/Enel, Simmenthal, Factortame) contribuisce a dare la misura dell'importanza 
del nuovo principio affermato. Comunque, se da un lato la sentenza, 
sanzionando il comportamento degli Stati al di l� della pronuncia di mera 
responsabilit� degli stessi nei confronti della Comunit�, potr� indurre ad una 
pi� puntuale e tempestiva osservanza degli obblighi comunitari, d'altro lato 
il richiamo delle condizioni per il riconoscimento del diritto al risarcimento 
del danno (punto 40 della sentenza) nell'ambito delle norme del diritto nazionale 
relative alla responsabilit� appaiono circoscrivere, anche se in limiti al 
momento non ben definibili, la ricaduta nel diritto interno del principio affermato. 


La sentenza 2 febbraio 1989, nella causa 22/87, COOMMISSIONE c. ITALIA, citata 
in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1989, I, 84, con nota di FIUMARA, 
Sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. 


PARTB I, SBZ; II, GIUJUS, COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 451 

7. -In questo contesto i giudici nazionali hanno �sottoposto alla Corte 
la seguenti questioni pregiudiziali, identiche nelle due cause: 
� 1. In forza del sistema di diritto comunitario vigente pu� il privato 
che sia stato 1eso dalla mancata attuazione da parte dello Stato 
della diretti.va 80/987 -mancata attuazione accertata con sentenza di 
cotidari.ria della Corte di g�.lst�:Zia -pretendere l'adempimento da parte 
delfo Stato stesso delle disp�siz�oni in essa contenute �he sillii� sufficientemente 
pre~ise ecl incondizionate invocando direttamente, nei confronti 
dello Stato membro� inadempiente, la normativa comunitaria per ottenere 
le garanZie .che lo Stato stesso doveva assicurare e comunque rivendicare 
il risardm:ento dei danni subiti relativamente alle disposizioni che non 
godono di tale prerogativa? 
2. Il combinato disposto degli artt. 3 e 4 della direttiva 80/987 del 
Consiglio dev'essere ixlterpretato nel senso che, nel caso in cui lo Stato 
non si .sia avvalso della. facolt� di introdurre �i. li.miti di cui all'art. 4, 
lo S�ito stesso �.. tenuto ai pagamento <lei diritti . dei lavoratori subordinati 
nella misura stabilita dail'art. 3? . 
3. Nel caso di risposta negativa alla domanda 2 stabilisca la Corte 
qual � la gitranzia minima che lo Stato deve assicurare ai sensi della 
direttiva 80/987 al. lavoratore. avente diritto in IUOdo che la quota di 
retribuzione a quest'ultimo dovuta possa considerarsi attuazione della 
direttiva stessa.�. 
8. -Per unapi� ampia illustrazione degli antefatti delle cause principali, 
dello svolgimento del procedimento nonch� <ielle osservazioni scritte 
presen1a~e alla Corte si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi 
del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione 
del ragionamento della Corte. 
9. -La prima questione sollevata dal giudice n�zionale pone due problemi 
che occorre esaminare separatamente. Essa riguarda, in primo 
luogo, l'efficacia diretta delle norme della direttiva che definiscono i 
diritti dei lavoratori e, in secondo luogo, l'esistenza e la portata della 
responsabilit� dello Stato per i danni derivanti dalla violazione degli 
obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario. 
Sull'efficacia diretta delle disposizioni della direttiva che definiscono 
diritti dei lavoratori. 

10. -La prima parte della prima questione formulata dal giudice 
nazionale � diretta a stabilire se le disposizioni della direttiva che definiscono 
i diritti dei lavoratori debbano essere interpretate nel senso che 
gli interessati possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato 
dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di provvedimenti di attuazione 
adottati entro i termini. 

452 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

11. � Secondo una giurisprudenza costante, lo Stato membro che non 
ha adottato entro i termini i provvedimenti di attuazione imposti da ~i 
una direttiva non pu� opporre ai singoli l'inadempimento, da parte sua, 
degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa. Perci�, in tutti i casi in 
cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, 
incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono 
essere richiamate, in mancanza di provvedimenti d'attuazione adottati 
entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno 
non conforme alla direttiva, ovvero in quanto siano atte a definire diritti 
che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato (sentenza 19 
gennaio 1982, Becker, punti 24 e 25 della motivazione, causa 8/81, Racc. 
pag. 53). 

12. � Occorre quindi chiedersi se le disposizioni della direttiva 80/987 
che definiscono i diritti dei lavoratori siano incondizionate e sufficientemente 
precise. Tale esame deve riguardare tre aspetti, e cio� la determinazione 
dei beneficiari della garanzia stabilita da detta disposizione, il 
contenuto di tale garanzia e, infine, l'identit� del soggetto tenuto alla 
garanzia. Al riguardo si pone in particolare la questione se lo Stato possa 
essere considerato tenuto alla garanzia per non aver adottato, entro il 
termine prescritto, i necessari provvedimenti di attuazione. 
13. � Per quanto riguarda, innanzitutto, la determinazione dei beneficiari 
della garanzia, va rilevato che, in base all'art. l, n. l, la direttiva si 
applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro 

o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che 
si trovino in stato di insolvenza ai sensi dell'art. 2, n. 1, ossia della disposizione 
che precisa le ipotesi in cui un datore di lavoro dev'essere considerato 
in stato di insolvenza. L'art. 2, n. 2, rinvia al diritto nazionale per la 
determinazione delle nozioni di � lavoratore subordinato � e di � datore 
di lavoro �. Infine l'art. 1, n. 2, dispone che gli Stati membri possono, in 
via eccezionale e a determinate condizioni, escludere dall'ambito di 
applicazione della direttiva talune categorie di lavoratori elencati nell'allegato 
della direttiva. 
14. -Queste disposizioni sono sufficientemente precise ed incondizionate 
per consentire al giudice nazionale di stabilire se un soggetto possa 
essere o no considerato beneficiario della direttiva. Infatti, il giudice 
deve solo verificare, in primo luogo, se l'interessato abbia lo status di 
lavoratore subordinato in forza del diritto nazionale e se non sia escluso, 
a norma dell'art. 1, n. 2, e del suo allegato I, dall'ambito di applicazione 
della direttiva (v., per quanto riguarda le condizioni richieste per una 
siffatta esclusione, le sentenz�e 2 febbraio 1989, Commissione-Italia, punti 
18-23 della motivazione, causa 22/87, cit. , e 8 novembre 1990, Commis

PARTE I, SBZ, lI, GltJRtS; COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

sione/Grecia, punti 11"26 della motivazfone; Racc. pag. I-3.931); in secondo 
luogo,.>se ci si trovi in una delle>ipotesi di insolvenza di cui all'art. 2 
della direttiva . 

� <: 15. -.:P<:;f Q;\llll1l9 fi~afd,11 p<>i il cQI1teruto � de!la garanzia, l'art, 1 della 
4irett~Yll clj.spp.e c:ll.e 4eY'f,'!ssere.gal'.~tito ilpl;lgl:lmento .d,ei.crediti ... I1.on 
i'�g~H rt~#J.1:@# 4~ cc>ntii�((H.1�v�f� o.da r�pp()l"tLc,.�1avoro. e .. relativi 
�!~ r~tW~mion~ i?�r if!>�#94o situ~to :Piin�a 41: �.� ciata sia"6Hita . dallo 
S�~t� 1nell1~i? <:he~ 111 rj~paf#(). P\19 sceg~ierefra fre possi~ilit� e cio�: a) 
la daf!l in �t:if �.~ .insorta J'hisolveni�. del� dafore di .1avor6; b). �quella� del 
l'ref.tfW\i() �lfl$f~nii~M�n1:(> c��!lavofatofe .st1l:J6rc1il1.i:tto 1rttefess�to,. comunicafo 
a <i�u~a d�ll'iI1$6Iveii:Zil del.datore d� Iavofo; e) qtiella ili cui � iris�rtia 
rinsolven:Za cielcfo.tdre di lavoro o quella della ce~~aiione del contratto 
d�ia\tcir() o del :rapporto dffavoro del lavoratore subordinato interessato, 
avvenuta a causa dell'insolvenza del datore di fav()ro~ 
�16; �� In relazfone a tale sceHa, l� Stato membro ha la. facolt�, in forza 
dell'art 4, nn;l e 2, dilimi.tare l'obbligo dipagamento a, periodi di tre 
mesi o d1.>otto settimane,.a seconda dei casi;�~kolati secondo modalit� 
precisate nelsuddetto articolo, Infinei il Il<. 3 dello stesso articolo� dispone 
che gli Stati mert:tbri possono fissare . un mMsimale per la garanzia di 
pagamento .per evitar~ il v~same.to di somme eccedtmti il fine sociale 
della di.rettiva, Qualora si ayyajgano. di tale facolt�, gli. Stati membri 
de1:>1:>9ll.CI comuniclll'e alla :Com:rniss.~one i n:ietodi. con cui fissano il mass,
inlale. J)'a}tro .canto. l'int.10 precisa che)a>direttiva non pregiudica la 
facolt� degli Stati membri di adottare le misure necessarie . ad evitare 
abusi ed in particolare di rifiutare o di ridurre l'obbligo di pagamento in 
taluni .casi. 
17. -L'art. 3 della d.i:t��iVa lascia cos� uria scelta allo Stato membro 
perdetermin�re la d�.ta a pattire d�lla qua1�Ja g�fanzfa del pagamento dei 
d�l?fiti dev'e~s~re :fqfnita. � 'f~ttavia, co1lle ristilt~ gi~ implicita:rnente dalla 
giu:ri~prudenz� �dell�. Cort�'(s�rit�nza.�4 dic:efub:te 1986, FNV, �causa 71/85, 
R.ac�. pag. 3855; se!lteriza 23 1lla:rzo 1987, Mc ri�rn:ltitt e Cotter, punto 15 
della 1Ilotivazione, causa 286/85, Racc. vag'. 1453), la facolt� attribuita allo 
Stato di. sceslier~ tr� lt11a. Il1o�feplic;it� di riie:l:zi possibili al fine di consegu.
�re il dsultat� prescritto. ciatll1a dir~t~~v�� non esclude che i singoli 
possano far valere ciiJJ.anzi ai giUdici i diritti il cui contenuto pu� essere 
determinato con mia predsione sufficiente sulla base delle sole disposizioni 
della direttiva. 
18. -Nella fattispecie, il risultato che la direttiva di cui trattasi prescrive 
� la garanzia del pagamento ai lavoratori dei crediti non pagati 
in caso di insolvenza del datore di lavoro. Il fatto che gli artt. 3 e 4, 
nn. 1 e 2, concedano agli Stati membri una certa discrezionalit� per quanto 

454 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

concerne i metodi di fissazione di questa garanzia e la limitazione del 
suo importo non pregiudica il carattere preciso e incondizionato del risultato 
prescritto. 

19. -Infatti, come hanno messo in rilievo la Commissione e i ricorrenti, 
� possibile determinare la garanzia minima prevista dalla direttiva 
fondandosi sulla data la cui scelta comporta l'onere meno gravoso 
per l'organismo di garanzia. Tale data � quella in cui � insorta l'insolvenza 
del datore di lavoro, poich� le altre due date, cio� quella del preavviso 
di licenziamento del lavoratore e quella della cessazione del contratto 
di lavoro o del rapporto di lavoro, sono, in base alle condizioni poste 
dall'art. 3, necessariamente posteriori all'insorgere dell'insolvenza e delimitano 
quindi un periodo pi� lungo, durante il quale il pagamento 
di diritti dev'essere garantito. 
20. -Per quanto riguarda la facolt�, di cui all'art. 4, n. 2, di limitare 
tale garanzia, occorre rilevare che una siffatta facolt� non esclude che 
si possa determinare la garanzia minima. Infatti, dalla formulazione di 
tale articolo risulta che gli Stati membri hanno la facolt� di limitare 
le garanzie accordate ai lavoratori a taluni periodi anteriori alla data 
di cui all'art. 3. Questi periodi sono stabiliti in relazione a ciascuna delle �
I 

tre date contemplate all'art. 3, onde � possibile, in ogni caso, determinare 
fino a che punto lo Stato membro avrebbe potuto ridurre la garanzia 
prevista dalla direttiva a seconda della data che avrebbe scelto se avesse 
attuato la direttiva. 

21. -Quanto all'art. 4, n. 3, secondo il quale gli Stati membri possono 
fissare un massimale per la garanzia di pagamento al fine di evitare il 
I ~ 

versamento di somme eccedenti il fine sociale della direttiva e quanto 
all'art. 10, in cui si precisa che la direttiva non pregiudica la facolt� degli 
Stati membri di adottare le misure necessarie per evitare abusi, va 
rilevato che uno Stato membro che non abbia adempiuto il proprio 

I 

obbligo di attuare una direttiva non pu� neutralizzare i diritti che la 
direttiva fa sorgere a beneficio dei singoli basandosi sulla facolt� di 
limitare l'importo della garanzia che esso avrebbe potuto esercitare ove 
avesse preso le misure necessarie all'attuazione della direttiva (v., a proposito 
di una facolt� analoga relativa alla prevenzione di abusi nell'ambito 
fiscale, la sentenza 19 gennaio 1982, Becker, punto 34 della 
motivazione, causa 8/81, Racc. pag. 53). 

22. -Va quindi constatato che le disposizioni controverse sono incondizionate 
e sufficientemente precise per quanto riguarda il contenuto 
della garanzia. 

PARTE I, SBZ. �II,� GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZI()NALB 

23..~��.� Per quanto riguarda infine.� l'identit� di .chi �. tenuto alla .garanzia,
J'art. 5 della direttiva stabilisce c:he: 

�Gli Stati fissano le modalit� di organiizazione di finanziamento 
e di :funzfonainentO degtf�rganisrni di garanzia ner rispetto, in particolare, 
dei s�gueriti prin�:i}li: �� � 

..... �.�.��.��� (i)ll p~:trirn,911i9.degU.. 9rg~ismi. dev'essere indipendente dal capitale 
d) esercki(:) da d,Eltori d.i favor�) e es.$ere �ostit\lito . in xnodo ..da.�non 
poter essere sequestrato in uri procedimento in caso cl.i insolvenza; 

b) i datori di. lavoro devono contribuire al .finanziamento, a meno 
che quest'l�ltixnc> non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri; 

c)l'obolig� dfpagarnento�a carico degli organismi��esiste indipendentemente 
dall'adempimento degli obblighi di contribuire al finanziamento
�. 

�� ��� 24; � :e Stiitct sQstenuto che; poich� la� direttiva prevede la possibilit� 
di finanziamento integrale degli organismi di garanzia da parte dei pubblici 
poteri, � . inammissibile che uno Stato membro possa neutralizzare 
gli effetti' delfa dfrettiv� sostenendo che avrebbe . pof;i;ifo porre a carico 
di altri soggetti, in parte �Fm��foto, l'onere finanziario gravante su di �esso. 

25. -Tale ragionamento non pu� essere condiviso. Dalla formulazione 
della direttiva risillta che lo. Stato membro � tenuto a predisporre tutto 
un sistema istituzionale di garanzia appropriato. In forza dell'art. 5, lo 
Stato >membro dispone di. un'ampia dis�rezionalit� quanto all'organizzazione;. 
al� funzionamento. e al finanziamento degli� organismi di garanzia. 
Occorre� mettei:e in .rilievo che��il.�fatto1 invocato dalla Commissione, �che 
la direttiva preveda come una possibilit�, fra le altre, che un sistema 
deL genere sia finanziato integralmente dai pubblici poteri non pu� 
significare ��che si possa identificare .lo� Stato.. come � debitore dei crediti 
non pagati. L'obbligo di pagamento � a carico. degli or~anismi di garanzia..
e solo. esercitando.. il suo . potere. cli organizzare'� il sistema di garanzia 
lo Stato pu� disporre il finanziamento integrale degli organismi di 
garanzia da parte dei pubblici poteri. In questa ipotesi lo Stato si accolla 
tin obbligo che in� linea di principio non gli incombe. 
26. �Ne conseg.e che, anche sele disposizioni controverse della direttiva 
sono sUfficientemente precise e incondizi9nate ..per. quanto. riguarda 
la determinazione dei beneficiari della garanzia e ilcontenuto della garanzia 
stessa,. questi . elementi non sono sufficienti perch� i singoli possano 
far valere tali disposizioni dinanzi ai giudici nazionali. Infatti, da un 
lato, queste disposizioni non precisano l'identit� di chi � tenuto alla 
garanzia, e, dall'altro, lo Stato non pu� essere considerato debitore per 
il solo fatto di non aver adottato entro i termini i provvedimenti di at� 
tuazione. 

456 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

27. -Si deve pertanto risolvere la prima parte della prima questione 
dichiarando che le disposizioni della direttiva 80/987 che definiscono i 
diritti dei lavoratori devono essere interpretate nel senso che gli interessati 
non possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato dinanzi 
ai giudici nazionali in mancanza di provvedimenti di attuazione adottati 
entro i termini. 
Sulla responsabilit� dello Stato per danni derivanti dalla violazione 
degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario. 

28. -Con la seconda parte della prima questione il giudice nazionale 
mira a stabilire se uno Stato membro sia tenuto a risarcire i danni 
derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della direttiva 80/987. 
29. -Il giudice nazionale pone cos� il problema dell'esistenza e della 
portata di una responsabilit� dello Stato per danni derivanti dalla violazione 
degli obblighi che ad esso incombono in forza del diritto comunitario. 
30. -Questo problema dev'essere esaminato alla luce del sistema generale 
del Trattato e dei suoi principi fondamentali. 
a) Sul principio della responsabilit� dello Stato. 

31. -Va innanzitutto ricordato che il Trattato CEE ha istituito un 
ordinamento giuridico proprio, integrato negli ordinamenti giuridici degli 
Stati membri e che si impone ai loro giudici, i cui soggetti sono non 
soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini e che, nello stesso 
modo in cui impone ai singoli degli obblighi, il diritto comunitario attribuisce 
loro dei diritti che entrano a far parte del loro patrimonio 
giuridico; questi diritti insorgono non solo nei casi in cui il Trattato 
espressamente li menziona, ma anche in relazione agli obblighi che il 
Trattato impone ai singoli, agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie 
(v. sentenze 5 febbraio 1963, Van Gend en Loos, causa 26/62, Racc. 
pag. 3, 15 luglio 1964, Costa, causa 6/64, pag. 1126). 
32. -Va altres� ricordato che, come risulta da una giurisprudenza 
costante, � compito dei giudici nazionali incaricati di applicare, nell'ambito 
delle loro competenze, le norme del diritto comunitario, garantire la 
piena efficacia di tali norme e tutelare i diritti da esse attribuiti ai singoli 
(v. in particolare sentenza 9 marzo 1978, Simmenthal, punto 16 della 
motivazione, causa 106/77, Racc. pag. 629, e sentenza 19 giugno 1990, 
Factortame, punto 19 della motivazione, causa C-213/89, Racc. pag. I-2433). 
33. -Va constatato che sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia 
delle norme comunitarie e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da 
esse riconosciuti se i singoli non avessero la possibilit� di ottenere un 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario 
imputabile ad uno Stato membro. 

34. -La possibilit� di risarcimento a carico dello Stato membro � 
particolarmente indispensabile qualora, come nella fattispecie, la piena 
efficacia delle norme comunitarie sia subordinata alla condizione di 
un'azione da parte dello Stato e, di conseguenza, i singoli, in mancanza di 
tale azione, non possano far valere dinanzi ai giudici nazionali i diritti 
loro riconosciuti dal diritto comunitario. 
35. -Ne consegue che il principio della responsabilit� dello Stato per 
danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili 
� inerente al sistema del Trattato. 
36. -L'obbligo degli Stati membri di risarcire tali danni trova il suo 
fondamento anche nell'art. 5 del Trattato, in forza del quale gli Stati 
membri sono tenuti ad adottare tutte le misure di carattere generale o 
particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi ad essi derivanti 
dal diritto comunitario. Orbene, tra questi obblighi si trova quello di 
eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto comuni� 
tario (v. per quanto riguarda l'analago disposto dell'art. 86 del Trattato 
CECA, la sentenza 16 dicembre 1960, Humblet, causa 6/60, Racc. pag. 1093). 
37. -Da tutto quanto precede risulta che il diritto comunitario impone 
il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire 
i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi 
imputabili. 
b) Sulle condizioni della responsabilit� dello Stato. 

38. -Se la responsabilit� dello Stato � cos� imposta dal diritto 
comunitario, le condizioni in cui essa fa sorgere un diritto a risarcimento 
dipendono dalla natura della violazione del diritto comunitario che � 
all'origine del danno provocato. 
39. -Qualora, come nel caso di specie, uno Stato membro violi l'obbligo, 
ad esso incombente in forza dell'art. 189, terzo comma, del Trattato, 
di prendere tutti i provvedimenti necessari a conseguire il risultato 
prescritto da una direttiva, la piena efficacia di questa norma di diritto 
comunitario esige che sia riconosciuto un diritto a risarcimento ove ricor� 
rano tre condizioni. 
40. -La prima di queste condizioni � che il risultato prescritto dalla 
direttiva implichi l'attribuzione di diritti a favore dei singoli. La seconda 
condizione � che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla 
base delle disposizioni della direttiva. Infine, la terza condizione � l'esistenza 
di un nesso di causalit� tra la violazione dell'obbligo a carico 
dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

458 

41. -Tali condizioni sono sufficienti per far sorgere a vantaggio dei 
singoli un diritto ad ottenere un risarcimento, che trova direttamente il 
suo fondamento nel diritto comunitario. 
42. -Con questa riserva, � nell'ambito delle norme del diritto nazionale 
relative alla responsabilit� che lo Stato � tenuto a riparare le conseguenze 
del danno provocato. Infatti, in mancanza di una disciplina comunitaria, 
spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascun Stato membro 
designare il giudice competente e stabilire le modalit� procedurali dei 
ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai 
singoli in forza del diritto comunitario (v. le seguenti sentenze: 22 gennaio 
1976, Russo, causa 60/75, Racc. pag. 45; 16 febbraio 1976, Rewe, causa 
33/76, Racc. pag. 1989; 7 luglio 1981, Rewe, causa 158/80, Racc. pag. 1805). 
43. -Occorre rilevare inoltre che le condizioni, formali e sostanziali, 
stabilite dalle diverse legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei 
danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami 
analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in 
modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile 
ottenere il risarcimento (v. per quanto concerne la materia analoga del 
rimborso di imposte riscosse in violazione del diritto comunitario, in 
particolare la sentenza 9 novembre 1983, San Giorgio, causa 199/82, Racc. 
pag. 3595). 
44. -Nella fattispecie, la violazione del diritto comunitario da parte 
di uno Stato membro a seguito della mancata attuazione entro i termini 
della direttiva 80/987 � stata accertata con una sentenza della Corte. Il 
risultato prescritto da tale direttiva comporta l'attribuzione ai lavoratori 
subordinati del diritto ad una garanzia per il pagamento di loro 
crediti non pagati relativi alla retribuzione. Come risulta dall'esame 
della prima parte della prima questione, il contenuto di tale diritto pu� essere 
individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. 
45. -Stando cos� le cose, spetta al giudice nazionale garantire, nell'ambito 
delle norme di diritto interno relative alla responsabilit�, il diritto 
dei lavoratori ad ottenere il risarcimento dei danni che siano stati 
loro provocati a seguito della mancata attuazione della direttiva. 
46. -La questione sollevata dal giudice nazionale va pertanto risolta 
nel senso che uno Stato membro � tenuto a risarcire i danni derivanti ai 
singoli dalla mancata attuazione della direttiva 80/987. 
Sulla seconda e sulla terza questione. 

47. -Alla luce della soluzione data alla prima questione pregiudiziale 
non occorre pronunciarsi sulla seconda e sulla terza questione. (omissis) 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE, 
GIURISDIZIONE E APPALTI 


CORTE DI CASSAZIONE; sez. un., 29 dicembre 1990 n. 12221; Pres. Zucconi 
Galli Fonseca, Est. Vercellone, P. M. Grossi, (concl. conf.); Soc. 
Mededil (avv. Villani, Acquarone) c. Comune di Napoli (avv. Fico), 
Soc. Cogefar (avv. Cochetti), Soc. Sincies Chiementin (avv. Stella 
Richter, Abbamonte). 

Opere pubbliche� -� Concessione � �Bando di gara di� appalto predisposto dal 
concessionario � Controversia� � GiUrl.sdizione amministrativa. 

Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso 
proposto da impresa privata <ispirante all'aggiudicazione di appalto per 
la costruzione di opera pubblica avverso il bando di gara disposto da 
societ� privata concessionaria dell'opera (1). 

Concessione di collllllittenza e giurisdizione (*). 

1) Discrimine fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa. 
Nel corso della trasformazione. attraverso cui il nostro processo amministrativo. 
sta evolvendo da circa venf;;i.nni a questa parte, uno degli indicatori piil 
sensibili � dato dal mutamento del . criterio di discrimine tra giurisdizioni, rappresentato 
una volta dalla tradizionale distinzione fra diritto soggettivo ed interesse 
legittimo e soppiantato oggi dalla distinzione per �blocchi di materie �. 
L'affermazione di principio. condiviso da larga parte della pi� �recente dottrina 
(1) viene spesso spiegata come effetto dello sviluppo della giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo, do\ruto a .ricorrenti spinte del legislatore e 
della giurl.sprudenia. 
La legge istitutiva del T.A.R. segn� l'avvio del fenomeno con l'attribuzione 
a detta competenza della materia delle concessioni, cos� intaccando per 

(*) Il presente articolo � tratto da una relazione tenuta il 6 giugno 1991 al Convegno 
intitolato: � La concessione di opere pubbliche e le recenti pronunce della Cassazione 
e del Consiglio di Stato� organizzato dall'I.G.I. Istituto Grandi Infrastrutture, 
con riferimento alla sentenza della Cassazione SS.UU. 29 dicembre 1990, n. 12221, sopra 
pubblicata e al Parere del Consiglio di Stato, sez. III, n. 192/90 del 4 dicembre 1990. 

(1) M. NIGRO, nuovi orientamenti giurisprudenziali in tema di ripartizione della giurisdizione 
fra giudice ordinario e giudice amministrativo, Atti della tavola rotonda, in 
Foro Amm. 1981, 2140 ss.; G. BERTI, Divisione delle situazioni di tutela e degli ordini 
dei giudici, in istituto d� diritto pubblico facolt� di giurisprndenza dell'Universit� degliStudi di Firenze; Diritto Amm.vo e giustizia amm.va nel bilancio di un decennio di 
giurisprudenza a cura di u. ALLEGRETTI, A. ORSI BATTAGLINI -D. SORACE -MAGGIOLI -I, 
p. 173 ss.; S. GIACCHETTI, La Giurisdizione esclusiva fra l'essere e il divenire, in Studi 
per il Centenario della Quarta Sezione, Roma 1989, 644 ss.; A. ROMANO, Il giudice amministrativo 
di fronte alla tutela degli interessi diffusi, in Foro it. 1979, V, 8. 
?' .... 

. ..-:-::�.� . ..-..:::: -�---�-. :-: �---� ........ :-:: :-: . -:-: ... . .................. . 



460 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Svolgimento del processo -La societ� Mededil s.p.a. � concessionaria 
del comune di Napoli per la costruzione delle opere per l'interramento 
delle ferrovie Alifana e Circumvesuviana ed in tale veste ha indetto 
due bandi di gara per l'affidamento dei lavori di costruzione di 
gallerie artificiali per l'interramento di tronchi ferroviari. 

La s.r.l. Chiementin ha proposto ricorso al Tar Lazio. Nel ricorso denuncia 
l'inadeguatezza dei termini per la domanda di partecipazione 
in quanto i bandi sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 
14 marzo 1985 ed inviati all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Cee 
il 1� marzo 1985 ed in quei bandi era indicato che la domanda di partecipazione 
� dovr� pervenire alla Mededil entro e non oltre le ore 12 del 
22 marzo 1985 �. 

Secondo il ricorrente da tale situazione derivava che un soggetto non 
preventivamente informato della pubblicazione del bando era di fatto 
impossibilitato a prendere parte alla gara. La Chiementin aveva invitato 
la Mededil a fissare una. nuova scadenza, ma questa ha risposto negativamente 
con telegramma del 29 marzo 1985. 

Sulla base di tali fatti la Chiementin chiede al Tar l'annullamento 
dei bandi di gara, del rifiuto di indire nuovo termine, � nonch� di ogni 
altro atto, comunque connesso, presupposto o conseguenziale, ivi com


la prima volta, per clausola generale invece che con il classico principio di enumerazione, 
il criterio tradizionale. 
Seguirono -in via esemplificativa e non esaustiva -le leggi 20 marzo 
1980 n. 75, 24 marzo 1981, n. 145 e pi� di recente la legge 7 agosto 1990, 

n. 241, che devolve alla competenza esclusiva del giudice amministrativo le 
controversie sull'� amministrazione contrattata� di nuova istituzione e la legge 
10 ottobre 1990, n. 287 sulla tutela della concorrenza e del mercato che devolve 
al T .A.R. Lazio la competenza in via esclusiva a conoscere dei ricorsi contro 
i provvedimenti amministrativi in base ad essa adottati. 
Ma vi � di pi�: la giurisprudenza si � inserita nella linea evolutiva di 
tendenza cos� segnata dal legislatore ed ha qualificato come esclusiva, in taluni 
casi, una competenza giurisdizionale che il legislatore, nell'attribuirla al 
giudice amministrativo, aveva lasciato priva di etichetta. Si allude in particolare 
all'art. 32 I. 11 giugno 1971, n. 426 relativo ai ricorsi sui provvedimenti 
del sindaco in materia di autorizzazioni di commercio ed all'art. 16 della legge 
28 gennaio 1977, n. 10 relativa ai ricorsi in materia di concessione di costruzione, 
dei relativi contributi e delle sanzioni (2). 

Alle considerazioni sin qui svolte deve poi aggiungersi un richiamo alla 
giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha � civilprocessualizzato >>, con 
k notissime recenti sentenze (3), i poteri cautelari e probatori del giudice 
amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. 

(2) Cass. 5 ottobre 1979, n. 5145 e 25 luglio 1980, n. 4831. 
(3) Corte Cost. 28 giugno 1985, n. 190, in Giur. it. 1985, I, 1, 1297 (700); Corte 
Cost. 10 aprile 1987, n. 146 in Dir. proc. amm. 1987, p. 582 (sull'istr. probatoria). 

PARTE I, SEZ. III, GIUIUSPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 461 

presa, ove net . frattempo intervenuta, l'aggiudicazione delle anzidette 
gare� (l'aggi.dicazione � intanto intervenuta). L'annullamento secondo 
la ricorrente, dovrebbe pronunciarsi per violazione degli artt. 9 e 10 L. 8 
agosto 1977 n. 484 e dell'art. 7 1. 2 febbraio 1973 n. 14. 

La societ� Mededil ha proposto a questa corte ricorso preventivo di 
giurisdizione ex. art;,/41 C�P�C�; .. chie<le .. �che la corte dichiari l'assoluto 
difetto. di giurisdizione e, in .. subordine, .. il difetto di giurisdizione del 
giudice amministrativo in ordine all'azione proposta dalla Chiementin. 

Resiste quest'ultima con controricorso. Con controricorso si sono 
pure costituiti il comune di Napoli e la s.p.a. Cogefar, capogruppo dell'associazione 
temporanea di imprese di aggiudicatarie dei lavori, per 
giudice ammb:dstrativo in orqme all'azione proposta . dalla Chiementin. 
hanno inoltre presentato memoria. <aggiuntiva; 

Motivi della decisione -� indiscusso che la Mededil abbia agito, 
nella fase del preventivo avviso di gara, momento iniziale della procedura� 
di appalto delle opere. mediante licitazione privata, nella sua. qualit� 
di concessionaria per la realizzazione delle opere di cui si. tratta, e che 
queste sono opere pubbliche. 

� indiscusso dunque che la concessione non si riduce ad un mero 
appalto di opere: la Mededil, infatti, pu� . e deve svolgere le attivit� di 

Il rapporto fra giurisdizione generale di legittimit� e giurisdizione esclusiva, 
che una volta era da regola ad eccezione, tende dunque ad invertirsi e 
tende pure, per�, ad invertirsi di modello di giudizio: se una volta era il giudizio 
sull'atto a limitare il giudizio sul rapporto, oggi � il giudizio sul rapporto, 
nelle dimensioni processual-civilistiche raggiunte, ad informare di s� 
il giudizio sull'atto, attraendolo verso il giudizio stilla pretesa. 

Ci� � avvenuto attraverso una serie di linee evolutive che vanno dalla 
dilatazione dell'uso dello strumento cautelare, alla recessione dalla pratica 
dell'assorbimento, all'adozione nelle decisioni di prescrizioni ordinative, all'affinamento 
del giudizio di ottemperanza, all'evoluzione del vizio di eccesso 
di potere come vizio della nmzione, con .conseguente spostamento del centro 
di gravit�:. del sin:dacatQ' dall'.att.o. all'attivit�. 

Va sftmnm:dcr,. dXmque:;.. sempre di pi� la distinzione fra diritto ed interesse 
come. situazimtl . sostm.;iall tutel1:1;te, avviate come sono le due figure 
verso una garanzia giurisdizionale . sempre. meno differenziata,. s� che anche 
con riferimento a)la giurisdizione generale di �legittimit� il criterio discriminatore 
sostanziale pi� che alla quaJificazione della posizione vantata si riferisce 
molto spesso al � settore materiale di competenza �, come � stato gi� 
autorevolmente rilevato, con riguardo alle famose sentenze della Suprema Corte 
sul diritto alla salute ( 4). 

A coronamento della tendenza ora descritta, si pone poi la legge di riforma 
del processo, che, come � noto, fa della giurisdizione esclusiva il modulo 

(4) F. PIGA, Nuovi criteri di discriminazione delle giurisdizioni amministrative e ordinarie: 
siamo ad una svolta?, in Giust. civ. 1980, I, 366. 
6 



462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stazione appaltante, che istituzionalmente sono esercitate dall'ente pubblico 
concedente e che, appunto in forza della concessione, sono invece 
esercitate dalla concessionaria. 

� indiscusso pure che la Mededil � societ� per azioni di diritto privato. 


Quanto alle norme che la Chiementin assume violate, esse riguardano 
il momento del preventivo avviso della gara. In particolare l'art. 7 I. 2 febbraio 
1973 n. 14, quale sostituto della I. 8 ottobre 1984 n. 687, art. 7, 
impone un determinato procedimento, con pubblicazione del preventivo 
avviso di gara con precise modalit�, precisando altres� che nell'avviso 
di gara deve essere indicato un termine non inferiore a dieci giorni 
dalla pubblicazione della notizia, entro il quale gli interessati possono 
chiedere di essere invitati alla gara. 

Quanto all'art. 10 L. 8 agosto 1977 n. 584 (norme di adeguamento 
delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle 
direttive della Comunit� europea), questo prevede che, in caso di licitazione 
privata, il termine di ricezione delle domande di partecipazione 
non pu� essere inferiore a ventuno giorni dalla data dell'invio del bando 
all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunit� europee. 

� qui da precisare, per quanto riguarda la norma di cui all'art. 7 I. 
14/73, che la stessa concerne le licitazioni private per appalti di opere ~ 

, 

processuale elettivo del processo amministrativo (5) attribuendole dimensioni 
pressoch� totalizzanti. Cosicch� se gi� adesso la maggioranza delle contro'


Iversie pendenti dinarrai ai giudici amministrativi lo � in sede di giurisdizione 
esclusiva, non � azzardato prevedere che, ove la riforma vada in porto, 
tale maggioranza diverr� predominio assoluto. 

Anche il giudice amministrativo italiano, come i giudici amministrativi 
di altre na2foni, sembra dunque avviato a diventare � il giudice naturale della 
pubblica amministrazione� (6) con una individuazione della sua competenza ~ 

I

operata prescindendo dalla natura delle situazioni protette. 

2) La sentenza delle SS.UU. della Cassazione 29 dicembre 1990, n. 12221. 
Tanto precisato in via generale, dobbiamo ora chiederci se la sentenza 
della Cassazione che, con il coevo parere del Consiglio di Stato (7), ha dato 
spunto a queste riflessioni, si collochi nella linea ora indicata o ne diverga. 

ILa risposta va differenziata a seconda che si guardi alla motivazione o al 
dispositivo: tradizionalista l'una, innovatore l'altro. In realt� la sentenza sembra 
ispirata, nella sua stesura, alla poetica di Andrea Chenier, quella poetica 

espressa 
tiques �. 
mentari 
indiretta, 

(5) s. 
nel famoso verso: � sur cles pensers nouveaux faisons des vers anLa 
Suprema Corte, infatti, pur utilizzando il pi� classico degli stru


(6) s. GIACClIETTI: op. !oc. cit. 
(7) Consiglio di Stato, Sez. III, parere 192/1990 del 4 dicembre 
. 

dogmatici (contrapposizione diritto-interesse, tutela 
norma di relazione -norrr:a di azione) giunge, 

GIACCHETTI, op. loc. cit. 

diretta -tutela 
in realt�, ad un 

I 

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f: 
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~;

1990. 

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i'ARTE I, SEZ. IlI, GltJRISii'RUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 463 

� che si .eseguono a cuta delle amministrazioni pubbliche e degli enti pubblici, 
dei loro� concessionari �. 

Si pu� dunque pervenire ad una prima statuizione. La s.p.a. Mededil 
tiella sua qualit� di �concessfon�ri� � del� comune di Napoli per la �costruziOne 
delle �opere Tn.�� questi�ner e::ra tenuta ��a rispettare le modalit� richieste 
per ilpt()cedimento di> a\ivistf di gara: tenuta non �soltanto in fo:rza 
def rapptitti derivanti dana c�hcessi6ne, ma anche in forza di un obbligo 
d�rettal'.ri.�nte derivante da tilla legge dello Stato. Ci�, sieutamente, 
almeno per quanto riguarda. la nonna ex: art; 7 L 14/73, delfa.<cui violazione 
appunt�: si duole la s.r.l. Chiementin� 

��� I conce~siohi�ri, iI1fatt1, come si � visto, sono posti, dall'art. 1 della 
stessa legge;�. stllfo Stesso piano .�delle aml'.ri.inist:razioni pubbliche e degli 
enti ptibbHc:t < 
Ulteriori osservazioni e statuiz�oni possono ora farsi fu relazione 
alle finalit� e natura delle disposizioni ora ricordate . 
.�i :tratta di reg0le :�#.a,tive a,c;l .�..mi:. �pn;ipo:rti;tIJ:l~nto da tenere. nella 
fase preliminare �lla licitazione privata, Sono nonne che hanno lo scopo 
di far s� che alle licitazioni private possano concorrere il maggior numero 
di imprese futeressate alrl:tggiudicaz�one dell'appalto; scopo certamente 
riyqlto a ga:rantfre l'interesse pubblico che la gar11 sia davvero 

: <.�� ��:���.�..:: .� .. 

risultato clamorosameute iullovatore, in Unea. con la pi� evolutiva delle. tenden.
ze, devolvendo al giudice ll.lllministrativo. la c()mpetenza in materia in ossequio 
sost.anzia1e � ad un criterio. di funzionalit�. auC:Or prima che garantistico. 

Il �nucleo fondante�. della sentenza 7 per.. usa:te<un'.espressione oggi 
molto in uso -si basa infatti sulla considerazione che la prq�edura l'er l'assegnazione. 
degli appalti necessari alla realizzazione dell'oper(;l. pubblica � materia. 
squisitll.lllente pubblicistica da affidare alla elettiva co1Ilp.etenza del giudice 
amministrativo, a prescindere dalla natura privata o pubblica del soggetto 
che procede a tale assegnazione. � � . � 

Al di l� di ogni nominalismo e di .ogni concettualismo, .la .Suprema Corte 
si wuove . quini:li in perf~tta $int()nia con quel)a. linea di tend,tinza cui prima 
si accennava che . vede spostarsi . il. discrimine della giurisdizione dalla situazione 
&ostanziale tutelata al tipo di. materia. giu4ic~bile, . realizzando cos�. appieno una 
profezfa di Berti, il quale scriveva: � ... diventa. sempre pi� decisiva la distribuzione 
delle controversie tra giudice ordinario e . giudice apimipistrativo che 
co:rnpete alla Cqrte dd �a,si;aziqpe, la quale neLdecidere potr� aucora servirsi 
a lung(). dei. suoi .. top�i giurisprudenziali . (esii:;tenza-inesistenza del potere pubblico; 
norme di relazione e nonne di azione,. ecc.), ma si muover� in realt� 
alla stregua di criteri desunti dall'equilibrio che, secondo il suo giudizio, 
conviene preservare o modificare,. con riferb.nento al. caso concreto,. tra l'ordinamento 
della giurisdizione ordinaria e quello della. giurisdizione amministrativa: 
la posizione individuale verr� di volta in volta modellata alla stregua di 
questa ispirazione � (8). 

(8) G. BERTI: op. loc. cit~. pag. 194. 

464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in grado di consentire la scelta pi� rispondente all'esigenza di una corretta 
e adeguata esecuzione dell'opera. Non sono norme volte a tutelare 
direttamente l'interesse di ogni imprenditore interessato a partecipare 
alla gara; questo � solo indirettamente protetto proprio dall'obbligo di 
chl indice la gara a tenere quei certi comportamenti stabiliti dalla legge, 
ed in specie dall'obbligo di dare precisi e tempestivi avvisi di gara che 
lascino ai candidati concorrenti un termine adeguato per risolversi a 
chledere di essere invitati alla gara. 

La situazione soggettiva dell'imprenditore si configura dunque secondo 
il modello dell'interesse legittimo: interesse a che la norma sia rispettata 
da chi bandisce la gara, perch�, se invece questa � violata, egli pu� 
subire il pregiudizio insito nella mancata sua partecipazione alla gara. 
Non � diritto soggettivo, perch� la norma ha per destinatario direttamente 
ed esclusivamente chi indice la gara ed �, come si � detto, volta 

In effetti, lo snodarsi dell'argomentazione della Suprema Corte attraverso 
tutti i classici passaggi del discrimine fra le due giurisdizioni appare tutt'altro 
che convincente. 

E proprio la scoperta debolezza dei relativi argomenti lascia sospettare dato 
che nihil sine ratione -che l'opzione per la giurisdizione amministrativa 
sia in realt� non la conclusione obiettivamente motivata del ragionamento, 
ma piuttosto la premessa pregiudiziale e motivante di quest'ultimo. 

l 

I presupposti cui la Corte collega la giurisdizione amministrativa sono ~ 
quelli tradizionali: a) che la situazione soggettiva vantata dal partecipante 
alla gara d'appalto di opera pubblica 11ffidata in concessione sia un interesse 
legittimo; b) che la procedura di aggiudicazione posta in essere dal concessionario 
sia attivit� obiettivamente amministrativa; e) che il concessionario 
sia soggetto pubblico. 

Il fatto � che tali presupposti -in astratto sufficienti e tradizionalmente 
necessari per fondare la giurisdizione amministrativa -nella specie concreta 

I&

non ricorrono. 

Vale la pena, in proposito, entrare nel dettaglio. 

A) Innanzitutto la Corte attribuisce natura di interesse legittimo alla situazione 
soggettiva vantata dal partecipante alla gara, in quanto -afferma 
-la normativa disciplinante l'aggiudicazione non � tanto volta � a tutelare 
direttamente l'interesse di ogni imprenditore interessato a partecipare 

Ialla gara�, quanto a garantire l'interesse pubblico alla selezione dell'impresa 
pi� idonea all'esecuzione dell'opera. 

Sostanzialmente la Corte formula due passaggi logici, l'uno sottinteso e l'altro 
espresso: il primo passaggio (sottinteso) postula che le attivit� disciplinate 
in funzione del pubblico interesse siano, per ci� solo, attivit� di diritto amministrativo; 
il secondo passaggio (espresso) postula che a fronte di tali attivit� 
non possa nascere in capo alle controparti una situazione di diritto soggettivo 
ma soltanto di interesse legittimo. 

Ne discende una relazione di equivalenza cos� sintetizzabile: attivit� di 
interesse pubblico = attivit� di diritto amministrativo = interesse legittimo, 
relazione che integra la premessa maggiore del sillogismo sulla giurisdizione. 

Senonch� l'operazione logica sottesa alla descritta equivalenza non appare 
convincente n� sotto il profilo dogmatico, n� sotto quello storico e normativo. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

465 

a tutelare l'interesse pubblico ad una effettiva pluralit� di partecipanti 
alla gara. Ma nemmeno � interesse semplice, che non sarebbe in alcun 
modo tutelabile. Certo, occorre che colui che intende far valere giudizialmente 
quel suo interesse provi di essere non gi� un qualunque cittadino, 
ma un imprenditore che per il tipo di attivit� svolta avrebbe potuto 
partecipare alla gara sicch� il mancato od intempestivo avviso gli abbia, 
almeno potenzialmente, causato un pregiudizio. Ma quando questa particolare 
qualificazione sia provata o comunque data per ammessa, il modello 
dell'interesse legittimo appare congruo per identificare la situazione 
soggettiva. � gi� infatti nena fase precedente alla richiesta di invito che 
si configura l'interesse collettivo cui prima si � fatto cenno. Certo, la 
richiesta di invito non vincola l'amministrazione, ma l'interesse ad un'effettiva, 
od almeno potenziale, pluralit� di concorrenti alla licitazione, 
gi� si attua con un corretto e tempestivo avviso di gara che consenta di 

L'analisi dogmatica dimostra, anzitutto, l'erroneit� della equivalenza tra 
attivit� di interesse pubblico e natura amministrativa della stessa. 

Gli studi civilistici mostrano infatti che -in un ordinamento ispirato 
alla recessione della libert� individuale dinanzi al prevalente principio di solidariet� 
sociale -ogni atto di autonomia privata � funzionalizzato a fini sociali 
(artt. 41, 42 Cost.). il cui rilievo spiega la sempre pi� estesa regolamentazione 
imperativa del contratto (c.d. pubblicizzazione del contratto). 

Se, dunque, anche il negozio privato � allineato (o almeno non confliggente) 
con interessi superprivati (o pubblici) senza con ci� perdere la natura 
di negozio privato, (9) deve concludersi che l'interesse pubblico non pu� essere 
considerato quale indice qualificativo di un'attivit� di diritto amministrativo. 


N� questa pu� essere desunta dalla posizione di preminenza unilaterale 
di 1!.Ila parte sull'altra, dato che anche nel diritto privato � ormai pacifico il 
.!Conoscimento di posizioni di �supremazia� o autoritativit� (di fatto o di 
diritto), al punto che la dottrina civ.nistica non esita ad attribuire all'autonomia 
negoziale anche funzioni tradizionalmente riservate ai pubblici poteri (es. negozi 
con funzioni normative, sanzionatorie, di accertamento) (10). 

Per converso l'equivalenza tra attivit� di interesse pubblico, potest� amministrativa 
e interesse legittimo, � posta fortemente in dubbio nel settore 
degli enti pubblici economici che, pur essendo soggetti di diritto pubblico, 
si avvalgono di moduli di attivit� tipicamente privati (11). 

All'esito dell'analisi dogmatica emerge, dunque, che la generica ricorrenza 
d' un interesse pubblico riferito ad una certa attivit� non equivale a dire 

(9) E. BETTI: Negozio giuridico in Nov. Dig. XI 1963 p. 1209; G. MIRABBLLI: Negoziogiuridico (teoria), in Enc. dir. XXVIII, p. 13 ss.; D. BARCELLONA: Intervento statale e 
autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1969, p. 29 ss.; M. Muzzo: 
Utilit� sociale e autonomia privata, Milano, 1975, p. 87 ss.; F. GALGANO: Il problema del 
negozio giuridico in Riv. Trim. dir. proc. amm.vo, 1976, p. 449 ss.; M. BIANCA: Diritto 
civile, III, Milano 1984, p. 31 ss. 
(10) M. BIANCA: Le autorit� private, Napoli 1977; M. GIORGIANNI: Accertamento (negozio 
di): in Enc. dir. I, 1958, p. 227 ss. 
(11) s. CASSESE: Azionariato di Stato in Enc. dir. IV, 1959, p. 774; V. OTTAVIANO: 
Ente pubblico in Enc. dir., XIV, 1965, p. 969; V. OTTAVIANO: Impresa Pubblica in Enc. 
dir. XX, 1970, p. 669 ss.; M.S. GIANNINI: Le imprese pubbliche in Italia, in Riv. soc. 
195&, p. 931. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

466 

chiedere l'invito e dunque, da parte di chi indice la gara, di potere svolgerla 
come una vera gara, cio� con dei concorrenti. 

Si pu� quindi pervenire ad una seconda statuizione, conforme a 
quanto gi� stabilito da questa Suprema corte a sezioni unite, con la 
sentenza n. 2324 del 4 aprile 1986 (Foro it., Rep. 1986, voce Opere pubbliche, 
n. 126). In materia di gara per la scelta del contraente di un 
contratto di appalto di opere pubbliche, la disciplina posta dalla legge 
non � diretta alla tutela del contraente (o del candidato contraente) ma 
essenzialmente alla tutela dell'interesse pubblico al corretto svolgimento 
dell'attivit� della pubblica amministrazione, tendendo allo scopo di escludere 
ogni arbitrio in materia e di assicurare alla pubblica amministrazione 
le pi� vantaggiose scelte contrattuali. Il privato pu� da tali norme 
ricavare la tutela del proprio concorrente interesse allo svolgimento della 
gara in modo regolare in via indiretta, essendosi nel campo degli interessi 

che detta attivit� sia espressione di diritto amministrativo; il che rende ancora 
problematica e tutta da dimostrare la configurabilit� di un interesse 
legittimo. 

Se queste sono le perplessit� dogmatiche, ancora maggiori e pi� delicate 
sono quelle storiche, che emergono ove ci si accinga a valutare le categorie 
logiche proposte dalla Corte nella loro attualit�, ossia nella capacit� di inserirsi 
congruamente nel sistema del diritto vivente. 

L'analisi storica infatti, mette in dubbio proprio l'interesse legittimo come 
categoria ontologica e la sua utilizzabilit� come criterio di discrimine della 
giurisdizione. 

Non � inutile ricordare le origini della figura. creata con alchimia di 

sapore medievale come � creatura di laboratorio � o � pianta di serra'" al 

fine di costituire la ragion d'essere per il nuovo giudice amministrativo isti


tuito nel 1889 (12). 

Neppure � fuori luogo sottolineare come all'occhio del giurista pi� sma


liziato l'espediente apparisse gi� al.lora un � grande geniale inganno � (13) o 

�la personificazione di un'ombra� (14). 

L'artificialit� delle origini � guida per interpretare lo sviluppo della figura. 

� vero che nel cinquantennio successivo l'interesse legittimo divenne real


t� del diritto vivente e, teoricamente, il modo � pi� semplice e lineare � per 

descrivere il dialogo del privato con l'Amministrazione nell'esercizio del po


tere (15); ma � anche vero che l'interesse legittimo � categoria storica e non 

necessit� ontologica e, pertanto, l'ascesa dell'astro non pu� essere ipostatizzata 

poich� � sempre suscettibile di dedino in relazione ai mutamenti del sistema. 

Nel momento attuale � innegabile la frantumazione dell'istituto, che per 

un verso, nel campo del diritto amministrativo, perde i suoi dati caratterizzanti, 

per altro verso compare anche in altri rami del diritto. 

(12) I. F. CARAMAZZA: Il diritto civile e politico del cittadino nella cogmz1one dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria. Relazione presentata al VII convegno di studi giuridici � Contributi 
per la storia dell'interesse legittimo � organizzato dalla sezione Toscana del CISA 
Firenze; 2-3 dicembre 1988, in corso di pubblicazione. 
(13) G. BERTI: In margine al dibattito sulla giustizia amministrativa in Jus 1982, p. 4. 
(14) F. CORDERO: Le situazioni soggettive nel processo penale, Torino, p. 278. 
(15) F. G. ScOCA: Interessi protetti (dir. amm.) in Enc. giur. Treccani, p. 3. 

PARTE I, SEZ. III, GI~J.SPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

467 

legittimi, non degli interessi semplici n� in quello dei diritti soggettivi. 
La cognizione delle controversie relative al rispetto delle regole di 
svolgimento. delle procedure di scelta del contraente spetta esclusivamente 
al giudice amministrativo, trattandosi appunto di materia di 

. interessi legittimi. 
Si pu�. o:ra affrontare iLtema pi� delicato che presenta la proposta 
questione di. giurisdizione. 

:I:? certo che la cognizione della controversia portata innanzi dalla 
Chiementin sarebbe spettata. al giudice amministrativo qualora il bando 
di gara fosse stato indetto direttamente dal comune di Napoli. Si domanda 
se la soluzione debba essere diversa per la circostanza che quelle 
ope:re pubbliche siano state oggetto d�� concessione di sola costruzione 
dal� comune ana�Mededil si che il�bando � stato indetto �da quest'ultima 
e tutta la procedura � stata da questa posta in essere: in specie, da essa 

In realt� � nell'attuale temperie storica il prevalere dello Stato erogatore 

di servizi sullo. Stato-Autorit� (16) e l'attualizzarsi dello Stato � Service Pi.bli


que ~ . teorizzato� dal .� Dugud.t (17), ha . arricchito di contenuto pretensivo l'in


teresse vantato.� dal privato� verso lAmministrazione, novandone gli elementi 

costitutivi della struttura. 

Ora se l'oggetto . dell'interesse -originariamente incentrato sulla legittimit� 
-si sposta direttamente sul bene della vita (18); se la protezione riconosciuta 
al privato ....,... originariamente inattiva ...,.. si sostanzia in facolt� 
attive di iniziativa, intervento e collaborazione all'esercizio del potere (19); 
se la potest� amministrativa -astretta tra la preregolamentazione normativa 
e l'atto amministrativo� generale -� . sempre meno discrezionale e 
. sempre pi�. vdncolata; se, in definitiva, il potere .(lic�re agere) . si trasforma in 
dovere (necesse agere), vuol dire che � mutato il dato essenziale e identificativo 
del rapporto �tra P.A. e privato. 

Si pu� ancora continuare a parlare di interesse legittimo, ma � chiaro 

che, al �di l� dei nominalismi, tali situazioni, almeno in gran parte, sono 

divenute �quasi dinitti � (20), non sostanzialmente differenziate dai diritti di 

credito (21). 

Per converso nel diritfo civile si sono poste in evidenza situazioni sog


gettive strutturalmente asSlimilabili all'interesse legittimo, pi� che al diritto 

soggettivo classico, ci� �sia nel campo dei c.d. poteri privati (22), sia nel campo 

dei rapporti giuridici preparatori (23), 

(16) .G, AzZARITI: Dalla discrezionalit� al potere, Padova 1988, p. 361. 
(17) Sulla concessione del Duguit: v. M. NIGRo: E' ancora attuale una giustizia am� 
ministrativa? in Foro it. 1983, V. p. 249. 
(18) M. NIGRO: Giustizia Amministrativa, Bologna 1983, p. 67 ss. 
(19) M. NIGRO: op. cit. p. 125; M. NmRo: Ma che cos'� questo interesse legittimo? 
Interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione in Foro it. 1987, V. p. 469; A. ORSI BATTA� 
GLINI: Attivit� vincolata e situazioni soggettive in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1988, p. 3 ss. 
(20) M. NrGRo: Ma che cos'�. questo interesse legittimo? op. cit., p. 477-478; F. LuCARELr.r: 
modelli privatistici e diritti soggettivi pubblici, Padova 1990. 
(21) F. G. ScoCA: interessi protetti, op. cit., p. 10. 
(22) L. BIGLIAZZI Gmu: Contributo ad una teoria dell'interesse legittimo nel diritto 
privato, Milano 1967. 
(23) G. GABRIELLI: il rapporto giuridico preparatorio, Milano 1974, p. 32 ss. 

468 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono stati posti in essere quegli atti, tra cui da ultimo l'aggiudicazione, 
di cui la Chiementin ha chiesto l'annullamento col suo ricorso al Tar. 

Per la soluzione di questo problema pu� intanto porsi un postulato, 
tale perch� riguarda problemi ormai da anni univocamente risolti da 
dottrina e giurisprudenza se non unanime certamente di assoluta prevalenza. 
Il postulato � che la concessione di sola costruzione � cosa diversa 
da un appalto proprio perch� al concessionario non � posta la sola obbligazione 
di compiere l'opera pubblica, vale a dire di svolgere la semplice 
attivit� materiale di costruzione di questa. Il concessionario, nella sua 
figura tipica, cui appare corrispondere quella specifica della Mededil, � 
investito di poteri e facolt� propri dell'ente concedente, quali la progettazione 
dell'opera, la direzione dei lavori, la sorveglianza, l'espletamento 
delle necessarie procedure espropriative; proprio, come nel caso in 
esame, la stipulazione dei contratti di appalto con terzi, contratti che 

Tali rivolgimenti inducono, dunque, una domanda: � lecito oggi far riferimento 
all'interesse legittimo come categoria unitaria? Sembra possibile dubitarne, 
sia con riferimento alla ricchissima tipologia elaborata dalla dottrina 
pi� recente, sia con riferimento all'empirica constatazione che situazioni perfettamente 
omogenee vengono qualificate come diritti o come interessi a seconda 
che si pongano in un rapporto interprivato o in un rapporto con una 
autorit� amministrativa. Si pensi, per esempio, alle assunzioni ed alle promozioni 
procedimentalizzate in istituti di credito di dimtto privato ed alle 
correlate situazioni degLi interessati. Situazioni che in fattispecie regolate 
dal diritto pubblico verrebbero qualificate interesse legittimo e che vengono 
invece tutelate come diritti soggettivi dal giudice civile, anche se la giurisprudenza 
in materia non ha ancora un orientamento UDJivoco ed oscilla fra declaratorie 
di nullit�, pronuncie di annullamento e ricorso a clausole generali 
quali quella aquiliana o quelle della buona fede e della correttezza, giungendo 
peraltro, non di rado, ad affermare il diritto al riconoscimento del� 
l'utilit� formale perseguita dall'attore (24). 

La verit� � che la differenza tra dtlrjtto e interesse non appare ormai pi� 
fondata su caratteristiche strutturali ontologiche, quanto sul �modo� e sulla 
� misura � della protezione (25) cio� sul complesso dei mezzi di tutela, sia processuali 
che sostanzia1i, riconosciuti al titolare (26). 

Se questo � vero, l'fateresse legittimo sembrerebbe aver perso quella capacit� 
di scriminare la giu!1isdizione che era legata proprio alla sua tipicit� 
strutturale e alla sua differenziazione dal diritto. 

In realt� l'interesse legittimo, un tempo dotato del potere di determinare 

la giurisdizione con connotati evocativ;i quasi magico-simbolici, ha ormru perso 

tale potere. 

Come l'empirismo critico e razionaLista del Rinascimento confut� le magie 
e le certezze fideistiche medievali, cos� oggi dl giurista pratico ammette che 

(24) Cass. lav. 20 giugno 1990, n. 6184, 17 aprile 1990 n. 3185, 10 aprile 1990 n. 3038 in 
Foro it. 1990, I, 2817 ss. 
(25) G. MIELE: Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall'interesse 
nella giustizia amministrativa in Foro Amm. 1940, IV, p. 49 ss. 
(26) M. S. GIANNINI: Istituzioni di diritto amministrativo, Milano 1981, p. 259; M. NIGRO: 
Giustizia op. cit. p. 127-128. 

PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE; GIURISDIZIONE E APPALTI 

469 

devono concludersi al termine di una procedura dettata ai fini di puhblicointeresse 
appunto per consentire una scelta adeguata. 

Si pu� quindi affermare che con la concessione avviene il trasferimento 
in capo al concessionario dell'esercizio di funzioni pubbliche, tra 
cui appunto quella relativa al procedimento per giungere alla stipulazione 
degli appalti mediante l'adlempimento dei quali si realizzer� l'esecuzione 
materiale dell'opera pubblica. 

In questo senso si � gi� pronunciata questa corte; con le sentenze 

n. 2602 del 14 aprile 1983 (id., rep. 1983, voce cit., n. 63) e n. 6474 del 3 novembre 
f983 (ibid., n. 69), che parlano espressamente di concessione c.d. 
traslativa <r'caratterizzata dal trasferimento in tutto o in parte al concessionario 
dell'esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie 
del concedente e necessarie 'per la realizzazione delle opere�; Nella sentenza 
6474/83 � inoltre posto in evidenza, con affermazione che questo 
una controversia non spetta al G.A. perch� concerne interessi legittimi, ma 
concerne. interessi legittimi perch� spetta al GA. conoscerne. 

L'.interesse legittimo non � pi� H prius rispetto alla giurisdizione, ma il 
corollario conseguenziale ad un criterio di riparto meno dogmatico e pi� 
empirico rispetto alla causa petendi: l'indiviquazione del giudice idoneo. 

Di tali considerazioni, del resto, si fa carico la stessa Cassazione nella 
sentenza 12221/90 (come pi� oltre si vedr�); senza per� trarne adeguati spunti 
ricostruttivi. 

N� giusto peso sembra sia stato dato alla normativa comunitaria in 

materia di opere pubbliche, di cui � noto lo spiccato orientamento privatistico. 

Alla discip1ina dell'appalto vengono infatti ricondotte non solo la concessione 
di sola costruzione, ma anche la concessione al � general contractor � 
�o. � chiavi in mano � e, infine, nelle direttive servizi, le concessioni di servizi 
connessi con la rea1izzazione di opere pubbliche (27). 

:t:. vero che la sentenza 12221/90 si r.i.fer.isce specif.icamente alla sola concessione 
c.d. di committenza in senso stretro, e che -secondo il criterio seguito 
dal Consiglio di Stato (28) -essa sta all'appalto come l'obbligazione 
di mezzo sta all'obbligazione di nisultato. 

Tuttavia � .innegabile che in sede comunitaria l'interesse dell'impresa alla 

libera partecipazione alla gara � . conf,igurabile come diritto soggettivo, tant'� 

che se ne prevede la risarcibi1it� (29). 

Sembra dunque inevitabile, in sede di adeguamento del diritto interno al 

diritto comunitario, un ripensamenro anche in materia di giurisdizione. 

B) Con dl passaggio logico successivo I~ Corte enuncia la natura oggetti


vamente amministrativa dell'attivit� compiuta dal concessionario, .in quanto 

al medesimo sarebbero attribuite funzioni pubbliche proprde dell'ente con� 

cedente, tra cui appunto quelle connesse alla stipUla di contratti di appalto con 

terzi. 

(27) Direttive e.E.E., 1907, n. 305, 18 luglio 1969, n. 440, 21 dicembre 1989, n. 665 e 
17 settembre 1990, n. 531. 
(28) C.d.S. III, 30 novembre 1982, n. 703, III, 15 aprile 1986, n. 582; III, 4 dicembre 
1990, n. 152. 
(29) D.C. 21 dicembre 1989, n. 665. 
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~~ 


470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

collegio ritiene di condividere, che in questa ipotesi non si pu� parlare 
di delegazione amministrativa, nella specie delegazione intersoggettiva, 
che si realizza invece quando la realizzazione dell'opera pubblica � affidata 
ad altro ente pubblico; tuttavia, si verificano nei rapporti esterni 
(concessionario-terzi) effetti analoghi a quelli della delegazione amministrativa, 
poich�, nell'espletamento dei compiti affidatigli, il concessionario 
agisce in nome proprio. 

Da questo postulato ritiene questo collegio che possa dedursi un 
logico corollario. 

Gli atti posti in essere dal concessionario in funzione della concessione 
e che non avrebbe potuto compiere senza la concessione, non sono 
attivit� di diritto privato. Tali attivit� non sono privatizzate per il fatto 
che sono poste in essere da soggetti privati; conservano la natura di attivit� 
amministrativa in senso obiettivo. E non potrebbe essere altri-

L'affermazione appare esatta ma sembra necessitare di qualche approfondimento. 
Di fronte alle diffuse perplessit� sollevate in dottrina sullo stesso 
nocoetto di funzione pubblica, che appare mera sintesi verbale priva di valenza 
classificatoria (30), di fronte alle tesi che negano qualsiasi carattere autoritativo 
all'attivit� del concessionario (in specie nella stipula dei contratti con i 

Iterzi) risolventesi in atti che ben potrebbero essere svolti da un appaltante 
privato (31), manca adeguato sostegno argomentativo alla tesi sostenuta dalla 

J

Corte. Di ci� si dar�, di seguito, pi� ampio riscontro (32). 

I ~ 

C) La Corte intraprende quindi H passo logico pi� delicato e criticato dai 
commentatori: la dimostrazione della natura pubblica del concessionario, carattere 
necessario -secondo i canoni tradizionali -per fondare la giurisdi~ 
zione amministrativa. 

Le difficolt� sono sensibili: il concessionario deve essere qualificato come 

soggetto pubblico per giustificare la soggezione dei suoi atti al G. A., ma non 

I

pu� essere immedesimato nell'organizzazione dell'ente concedente a pena di 
perdere l'autonomia imprenditoriale della figura. 
Trovandosi tra tali strettoie, la Corte intraprende una originale via me


I diana che cela la novit� dietro i rassicuranti nominalismi della tradizione. Il 
concessionario, in quanto attributario delle pubbliche funzioni trasferite dall'ente, 
sarebbe soggetto di diritto pubblico quale � organo indiretto � della P .A. 

I 

Ma, mentre nella tradizione la formula aveva valore meramente descrit~ 
tivo e comunque ininfluente sulla natura del concessionario che restava soggetto 
privato, la Cassazione reinterpreta il sintagma e spiega il primo termine 
(organo) come �svolgimento di funzioni amministrative�, il secondo 
termine (indiretto) come non prepos1z1one ad un ufficio, (diversamente da 
quanto avverrebbe per un organo diretto). 

(30) M. s. GIANNINI: Diritto Amministrativo, Milano 1988, p. 86; F. BASSI: Contributo 
allo studio delle funzioni dello Stato, Milano 1969, p. 174 ss.; M. A. CARNEVALE VENCHI: Contributo 
allo studio della nozione di diffusione pubblica, Padova 1969, 1974. 
(31) S. GIACCHETTI: Concessionario di opera pubblica e giurisdizione amministrativa, 
relazione tenuta al Convegno � La concessione di opere pubbliche e le recenti pronunce
della Cassazione e del Consiglio di Stato� organizzato dall'I.G.I. il 6 giugno 1991, atti 
in corso di pubblicazione; G. LEONE: Opere pubbliche tra appalto e concessione, Padova 
1983, p. 124. 
(32) V. infra � 3 lett. e). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

471 

menti dato che la loro funzione � quella di assicurare la protezione 
dell'interesse pubblico, protezione affidata istituzionalmente all'ente concedente 
e solo per tramite della concessione trasferita dal concedente al 
concessionario. 

Si � ..qui in un caso tipico di esercizio privato di pubbliche funzioni. 
Le . funzioni non cessano di essere pubbliche per il fatto solo che sono 
esercitate dal privato. E l'esercizio di pubbliche funzioni, quando queste 
riguardano attivit� amministrativa in senso stretto, non pu� compiersi 
che tramite atti sostanzialmente amministrativi. Non si vuole con questo 
affermare che ogni atto giuridicamente rilevante compiuto dal concessionario 
nel corso di tutta l'attivit� da essa svolta, dal momento della 
concessione alla consegna dell'opera, abbia contenuto e natura di atto 
amministrativo in senso obiettivo. 

Il concessionario agisce anche e soprattutto (in senso quantitativo 
rispetto al complesso della sua attivit�) per il conseguimento dei suoi 

Nasce cos� una nuova figura soggettiva non privata, non immedesimata 
nell'organizzazione amministrativa, eppure dotata di natura pubblica. 

Sostanzialmente la Corte postula che l'esercizio di � attivit� amministrativa 
in senso obiet.tivo � produca una sorta di novazione soggettiva del privato 
concessionario, .U quale muterebbe la propria na.tura venendo � a parificarsi 
alla P. A. che l'incarico gli ha attribuito �. 

L'audacia del ragionamento � pari ai dubbi che solleva, sia sotto il 
profilo della tesi sostenuta, sia sotto il profilo dimostrativo. 

Quanto a quest'ultimo appare almeno opinabile desumere la natura soggettivamente 
pubblica del concessionario dalla natura oggettivamente pubblica 
della funzione; questa, infatti, potrebbe essere compatibile -e tale � stata 
sostenuta in dottrina -tanto con l'estraneit� del concessionario ;rispetto all'organizzazione 
del concedente (33), quanto con la prospettazione di un rapporto 
organico sia pure limitato alla sola area delle potest� autoritative esercitate 
dal concessiona11io (34). 

Altro, infatti, � il rapporto organico, altro � l'attivit� esercitata: del 
resto la funzione pubblica non si sostituisce ma si aggiunge al fine privato di 
lucro perseguito dal concessdonamo (35), fiine che depone nel senso del permanere 
della natura privata dello stesso. 

Quanto alla tesi dell'�organo indiretto �, � difficile negare la contradditoriet� 
della categoria giuridica nel modo. inteso dalla Cassa2fone. 

In realt� se la persona giuridica, come ha dimostrato Gierke, non � la fictio 
furis ritenuta da Savigny. ma un vero � organismo� giuridico, � impossibile 
concepire un �organo� di detta persona che non ne sia elemento (diretto) 
ma resti esterno (indiretto). �L'organo � diretto o non � organo� (36). 

(33) A. CIANFLONB: L'appalto d� opere pubbliche, Milano 1988, p. 113; V. CAIANIBLLO: 
La concessione d� opera pubblica in AA.VV. Appalto di opere pubbliche, Roma 1987, p. 524; 
G. AzzARITI: L'attivit� del concessionario di opere pubbliche in Riv. dir. proc. amm., 
p. 384 ss. 
(34) M. s. GIANNINI: op. cit. p. 173-175. 
(35) M. 8. GIANNINI: op. c�t. p. 128. 
(36) s. GIACCHETTI: op. cit. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

472 

scopi; e quando si tratta di concessionario privato, il suo scopo � essenzialmente 
quello privatistico del conseguimento del profitto. Non v'� dubbio, 
quindi, che rientrino nella categoria degli atti privati (anche obiettivamente) 
tutti quelli che riguardano l'organizzazione dell'impresa propria 
e basti pensare ai rapporti di lavoro subordinato (cfr., da ultimo, in 
questo senso Cass., sez. un., 5528/89, id., Rep. 1989, voce Impiegato dello 
Stato, n. 167, che si � pronunciata attribuendo alla giurisdizione del giudice 
ordinario le controversie di lavoro promosse dai dipendenti dei concessionari). 


Si vuole invece dire che atti sostanzialmente ed obiettivamente amministrativi 
sono quelli posti in essere nell'esercizio delle pubbliche funzioni 
trasferite dal concedente al concessionario e soltanto quelli: tra 
cui appunto quelli che riguardano la procedura per l'assegnazione degli 

Tali osservazioni, del resto, trovano risoontro in materia di delega am


ministrativa (peraltro richiamata dalla stessa Cassazione), in relazione alla 

quale infatti nessuno ritiene che a.I delegato diventi organo indiretto del dele


gante, imputando a se stesso l'attivit� svolta e applicando H regime dei pro


pri atti (37). 

In ogni caso, anche se convincesse sul piano teorico, la tesi dell'organo 
indiretto comporterebbe una serie di non superabili inconvenienti pratici. 

La natura amministrativa del concessionario, infatti, !indurrebbe la pubblicazione 
di tutte le sfere legate all'esercizio delle funzioni trasferite, dal regime 
giuridico degli atti alla disciplina del rapporto di lavoro con i dipendenti, 
con conseguente sacrificio di quei principi di celerit� ed elasticit� che ispirano 
l'istituto della concessione (38). 

D'altra parte l'esistenza di un nesso organico (bench� indiretto) tra P.A. 
e concessionario, importerebbe in capo alla prima forme di responsabilit� 
(quanto meno ai sensi dell'art. 2049 cc) nei confronti di terzi, con ulteriore 
conseguente sacrificio dei principi di decentramento e deresponsabil:izzazione 
perseguiti dal concedente (39). 

La verit� � che la Cassazione non ha inteso portare un contributo scien


tifico alla figura del concessionario di opere pubbliche ma piuttosto risolvere 

un problema di giustizia sostanziale: assicurare al partecipante alla gara di 

appalto una tutela giurisdizionale adeguata avverso il sindacato degli atti del 

concessionario. 

Poich�, infatti, molto pi� linearmente si sarebbe potuto ricondurre l'isti


tuto nell'alveo della giurisdizione ordinaria, si deve ritenere che la vera preoc


cupazione della Corte fosse proprio quella di sottrarre la materia a tale giu


dice, il cui strumentario di protezione (tutela risarcitoria in forma precontrat� 

tuale, tutela atipica urgente ex art. 700 c.p.c.) � espressamente ritenuta insuf


ficiente (40). 

(37) G. MIELE: Delega (diritto amministrativo): in Enc. dir. XI 1962, p. 905 ss. 
(38) M. PALLOTTINO: La concessione di opera pubblica dopo la I. 8 agosto 1977, n. 584 
cli adeguamento della procedura degli appalti pubblici alle direttive C.E.E. in Riv. giur. 
edilizia 1978, Il, p. 120; G. AZZARITI: op. cit. p. 388. 
(39) G. GUARINO: sulla utilizzazione di modelli differenziati nell'organizzazione pubblica 
in Scritti di diritto pubblico dell'economia, Milano 1970, p. 7; G. LEONE: op. cit. p. 8. 
(40) S. GIACCHETTI: op. cit. 
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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZk CIVILE,. GIURISDIZIONE E APPALTI 47 3 

appalti; tipica funzione dell'ente p.hi;>lico competente per la realizzazione 
della singola opera� pubblica. 

Pare opportuno e corretto, per identificare la. posizione dei concessionari, 
l'uso dell'espressione � organi indiretti della pubblica a:fu.ministrazione 
� ben .nota in dottrina� a proposito . pi� in generale . della posizione 
del privlil.tQ �be esercitapubblich,e funzioni . .L'aggettivo .. �indiretti � mette 
b1 evidenza il fatto che questi sbggetti non sono organi �nel senso di titolari 
di uffici pubblici e� per questo non agiscono� in �nome della pubblica 
amministrazione dalla .quale.sono.. state/loro �.trasferite� le��funzioni pubblic:]
J,e, J1~si�servono di mezzi forniti dalla.pubblica amministrazione. 

11 sostantivo �organi � mette� invece in. evidenza che anch'essi, come 
glL organi�� diretti, �svolgono attivit� �di natura atn.ministrativa, in quanto 
esercitano pubbliche funzioni. Queste funzioni non potrebbero svolgere 
senza l'avvenuta concessione a natura traslativa; ma in presenza di questa 

Tale scrupolo potrebbe peraltro ritenersi superato alla luce del disegno 
di legge attuativo della Direttiva Comunitaria c.d. �servizi �, secondo cui il 
gii;tdice civiie eventualmente competente a COrioScere le controversie tra conceSsfonaflo 
e appaltatore, pu� sospendere e aririt.t!lare i prowedimenti relativi 
all'appalto sia in sede cautelare che cognitoria. 

Del resto una simile soluzione probabilmente non necessita neppure di 
un� int�rventO legiSlativo, ove si consideri che -secondo la stessa Corte Suprema 
-il sihdacato del G.O,, quando abbia ad oggetto l'eserciztlo di un 
potere discrezionale privato, non pu� non atteggiarsi ih modo analogo al sindacato 
del G.A. nell'esercizio del potere pubblico (41). 

Ci� consider:atCI. pcitrebbe . allora porsi in dubbio l'utilit� di sostenere ancora 
Ja giurisdjzione �del G.A. � 
Eppure tale utilit� sussiste in quanto la materia de qua, rientra indubitabilmente 
in un'area di competenza �naturale� del GA. (42). 

Com'� noto, infatti, la legge. 1074/71 attribuisce alla cognizione dei TAR 
la materia delle concessioni, cos� fotaccando per la prima volta (e per � clausola 
generale�) un criterio di ripartizione non pi� basato sulla contrapposizione 
(o, nella specie, sulta possibile confusione) fra diritto e interesse legittimo 
ma su 1.Jna distinziqne di � blocchi di materie.)} ( 43). 

Sembra, dunque, coerente cori tale .scelta legislativa l'estensione della giurisdizione 
esclusiva a tutte le controversie che siano connesse alla materia delle 
concessiC1ni. 

. Tale � scelta, infatti, per le ragioni che saranno pi� avanti . esposte (44). 
consente l'attribuziC1rie della controversia al giudfoe tecnicamente pi� adeguato. 

In tale.. ordine di idee pu� essere letta, dunque, la sentenza. 12221 della 
Cassazione che -criticabile per quanto sia nelle motivazioni -resta convincente 
nel � decisum � regolatore della giurisdizione, un � decisum � che per 
l'autorit� da et.ti deriva, per l'essersi pcisto a conclusione di un non breve 

(41) Cass. S.U. 2 novembre 1979, n. 5688 in Foro it. 1979, I, p. 2546. 
(42) S. GIACCHETTI: op. cit. 
(43) I. F. CARAMAZZA � G. M. DE Sacro: Il processo amm.vo nella sua evoluzione storica 
in questa Rassegna n. 2-3 1990, II, p. 70. 
(44) V. infra SS 4. 

474 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

possono e debbono svolgerle s� che la concessione opera come investitura 
del concessionario ad operare, nell'ambito delle funzioni trasferite, con 
gli stessi poteri e con gli stessi obblighi che avrebbe un organo diretto 
della pubblica amministrazione. 

Il concessionario attua certamente i suoi fini che sono normalmente 
quelli di conseguire lo sperato profitto e sotto questo aspetto agisce 
ricorrendo ad atti di natura privata; ma agisce anche, proprio in forza 
dell'investitura in pubbliche funzioni, per attuare i fini propri della pubblica 
�amministrazione, come ad esempio quando agisce quale stazione 
appaltante. In questi momenti e sotto questo aspetto agisce come organo 
della pubblica amministrazione ricorrendo ad atti obiettivamente amministrativi, 
come amministrativa � la funzione che esercita con quegli 
atti. 

L'attribuzione della qualifica di �amministrativi� agli atti posti in 
essere dal concessionario l� e quando esercita una o pi� delle funzioni 

contrasto giurisprudenziale fra giudici di merito e per il collocarsi in una 
linea evolutiva di tendenza non solo giurisprudenziale ben definita, ha tutti i 
titoli per costituire il � diritto vivente � dei prossimi anni, almeno fino a 
quando la normativa comunitaria non decider� altrimenti. 

Tale � decisum �, nei termini esatti in cui � stato deliberato e motivato, 

pone per� dei seri problemi sistematici, quali ad esempio quello di prefigurare 

una giurisdizione del giudice amministrativo in litigi di diritto pubblico in


terprivati, che presenta qualche carattere di eterodossia. 

3) Ricostruzione critica. 
Crediamo che a questo punto sia facile profezia prevedere che il nostro 
giudice amministrativo, pur nel rispetto della decisione regolatrice della giurisdizione, 
si appresti a scrivere un altro capitolo della sua opera pretoria, 
rielaborando la decisione della Cassazione ed estendendo a questa nuova provincia 
dell'attivit� del concessionario di committenza attratta nei confini 
della sua competenza le proprie regole di giudizio. 
11 problema, all'attualit�, appare quindi quello di ipotizzare dei principi 
direttivi cui ispirare una possibile ricostruzione critica. 
Nelle scienze naturalistiche gli studi epistemologici hanno posto in dubbio 
l'obiettivit� della conoscenza e sottolineato quanto questa dipenda dal c.d. 
punto di Vlista dell'osservatore. 
A maggior ragione ci� � vero nel mondo dei fenomeni giuridici, mosso al 
di l� di ogni illusione scientista -dal gioco degli interessi, intesi come 
moventi degli istituti giuridici e della loro interpretazione (45). 
Tale constatazione pu� essere di qualche aiuto nella ricostruzione critica 
della concessione di oo.pp. Ricostruzione che deve operarsi non con H semplicismo 
dogmatico delle categorie giuridiche tradizionali, n� deve operarsi 
con il pragmatismo esasperato che sacrifica ogni principio alla soluzione prospettante 
la tutela pi� conveniente. 

(45) A. FALZECA: Efficacia giuridica in Enc. dir. XIV 1965 p. 432; E. BETTI: Interesse 
(teoria generale) in Nove dig. VIII 1962 p. 838; AA.VV. Il concetto di interesse a cura di 
L. ORNAGHI Milano 1984. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

475 

pubbliche � trasferitegli � in � � f�rza della��� concessione non � �� risolve pero 
pienamente il. quesito� se cio� rientri nella giurisdizione dei giudici amministrativi 
la controversia promossa da un privato che ritenga pregiudieato
�un proprio �interesse da. un'asserita illegittimit� dell'atto �compiuto 
dal concessfonario; �. 

I.n se.~g :negativo pbttebbe infatti rilevarsi che a norma dell'art. 113 
Cost. �c sefi:�prer an:unessa la � tutela giurisdizionale� � (contro� gli atti�. della 
puhblfoa �fuministraziOne�; che l'llrt.�26 r.d;26giugno 1924 rt. 1054 (testo 
unico sUl Consiglio di Stato) attribuisce .�al consiglio la decisione sui 
ricorsi cc:>ntro �atti o provvedimenti di un'autorit� amministrativa�; 
che ex art. 2'. e 3 L; 6 diciembte 19711 n. 1034 (istituzione dei tribunali am 
minist:ratM f�gfofu:di) fai giurisdizione del Tar� riguarda> i � riciotsi contro 
atti e provvedimenti �emessi da organi. periferici o centrali dello Stato, 
da enti pubblici e territoriali e non territoriali. Da questo rilievo poSe;
mbra, jnvect'l, elle. valido principio g.ida per 1a.. ricos.truzione dell'istituto, 
PQSsa essere qtj:elfo (mec;Jjano} (::he riconosce s� il valore non assoluto delle 
categorie giilri:diclle e fa loro bisopprim1bile. f.nzionalJ:zzazione all'interesse, 
ma .proprio p(:lr . q.esto. val<i;rizza il�. momento . di SC(:llta e. valutazione.� di tale inieresse, 
quaie momento in cui il diritto diventa .. gi�stizia. 

Sotto questo aspetto si pu�, perci�, cond�.yidere la sceJta della Cassazione 
in ordine alla prefedbi}it� della G,A. nei. confronti. del concessfonario, .ma ci� 
non per dogll1.aUs:mcCn� per maggfore convenienza deLpartc::Cipante alla gara, 
Cl.t.tanto perch� la G.A. risponde ad un interesse gent'lrale ed obiettivo: la concentraiiOn<" 
di una �� �e.rta �.materi.a � . dinanzi �ad .un certo. giudice .in vista di 
una. ordinata� e �� razfo!lafo oi;glhli:zzazlone della gfostima. . . 

E cosi si introduce la� chiave �. di. }ettura ... :Pdvilegi;�a del decisum della 

sent('lnza J422l/90, � . � � .� .�� �� � � . . . . � �. � . � . � . 
in. realt� la giurisclizione �per ;materia; . o . per . blocchi normativi pu� 
*enei-si oggi uria necessit� storica ove:: si voglia continuar<" ad attrH:iuire un 
fondamento � logico-razionale alla doppia giu�sdizione. 
Assimilate, infatti, le tipologie dei d.e . processi .(46), ed assottigliata la 
differenza . tra le situazioni soggt'lttive. (diritl:o-iri.teresse) che. definiscono la 
lint'la 4e.l discri:miue (47), la ragion d'essei-e del G.A. p'i:J:� . essere trovata 
solo. uella . pai-ticofare ~pecializziizione -.ratione materiae ...::. di tale giudice. 
Questa, . del resto, . secondo glLstttdi piil rece!lti, sembra essere stata la 
ragioue ispirativa . della costituzione della giurisdizione esclusiva, voluta non 
tanto per rispar;miare al privato ingannevoli indagini sulla natura della situazione 
di cui chiedeva tutela, quan~o� per assicurare la cognizione di certe 
materie ad .. giudice . unico � (48). � � � � � � � � � � � � 
Peraltro con r:iferi.;mento al concessionario di oo.pp. il problema � particolarmente 
delicato, dovendosi valutare se la giurisdizione amministrativa 
possa essere agganciata anzich� alla natura del soggetto, alla natura obiettiva 
della materia. 

(46) v. supra � 1. 
(47) v. supra � 2 lett. a). 
(48) M. S. GIANNINI -A. PrRAs: Giurisdizione Amministrativa e giurisdizione ordinaria 
nei confronti della P. A. in Enc. dir. XIX 1970 p. 269. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

476 

trebbe discendere l'affermazione per cui, rientrando nella giurisdizione 
amministrativa tutti, ma soltanto gli atti emessi da enti pubblici od 
organi dello Stato, non vi rientrerebbero gli atti, seppure obiettivamente 
amministrativi, che provengano da soggetti privati, sia persone 
fisiche che giuridiche, ed in specie da concessionari: nella specie, di 
concessionari di sola costruzione di opera pubblica. 

Ma ritiene questo collegio che l'obiezione, pur seria, possa essere 
superata o possa affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo 
adito anche sotto questo aspetto. 

In tal senso ebbe a pronunciarsi a suo tempo il Consiglio di Stato 
con sentenza 15 giugno 1917 (id., Rep. 1917, voce Ferrovie e tranvie, 

n. 95) che decidendo in ordine a concessionari di ferrovie e tranvie ebbe 
a stabilire che quei concessionari danno vita a veri e propri atti am-
Sembra che ci� sia possibile attraverso i seguenti passaggi logici, considerando: 


a) che la realizzazione di 00.PP. � funzione amministrativa; 

b) che tale funzione pu� essere realizzata dalla P.A. in forma autori


tativa ovvero mediante moduli convenzionali; 
e) che, anche quando realizzata con moduli convenzionali, si tratta 
sempre di attivit� oggettivamente pubblica; 

d) che, pertanto, la giurisdi:zfone spetta al G.A. 

Conviene esaminare partitamente i descritti passaggi logici. 

A) Gi� parecchi anni fa autorevole dottrina rilevava che l'attivit� destinata 
alle opere pubbliche presenta modald.t� di svolgimento tanto caratteristiche 
ed esclusive da individuare un vero �procedimento per le 00.PP. >>, 
sia pure inteso in senso atecnico come strumento concettuale ordinativo di 
una serie di atti giuridici e operazioni materiali eterogenee (49). 

In tale ottica oggi la dottrina � incline a ravvisare, pi� che un procedimento 
unitario, una struttura complessa che raccoglie sub-procedimenti e 
procedimenti collegati; convergenti verso un unico risultato finale: l'opera 
pubblica, tale essendo � ogni 'intervento del pubblico potere volto ad ottenere 
una modificazione durevole del mondo fisico che interessa la collettivit� � (50); 

B) Con passaggio logico successivo si osserva che il � procedimento per 
le 00.PP. � pu� essere svolto, in alternativa alla forma autoritativa, mediante 
forme privatistiche ispirate ad esigenze di decentramento e celerit�, tra le 
quali � la concessione dell'opera ad un terzo adeguatamente attrezzato. 

Ci� risponde a quell'ampio fenomeno del moderno ordinamento -indice 
di una fase partecipativa e democratica di storia del potere -che si definisce 
�modulazione convenzionale� dell'azione amministrativa (51). 

Basato sul � principio dell'indifferenza dello strumento adoperato rispet


to al fine � (52), il fenomeno trova applicazioni eterogenee: dall'impresa pub


(49) A. AMORTH: i procedimenti deliberativi e di controllo per le opere pubbliche 
degli enti locali in Atti del II Convegno di Studi di Scienza dell'Amministrazione (Varenna 
1956) Milano 1957, p. 104, 10. 
(50) M. A. CARNEVALE VENCHI: Opere pubbliche (ordinamento) in Enc. dir. xxx 1980 p. 342. 
(51) F. TEDESCHINI: Procedimento Amministrativo in Enc. dir. XXXV 1986 p. 895; M. S. 
G!ANNTNJ: Diritto Amministrativo cit. I, p. 737. 
(52) A. QUARANTA: Il principio di contrattualit� nell'azione amministrativa e gli accordi 
procedimentali, normativi e di organizzazione in Consiglio di Stato 1986, p. 1200. 

PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

477 

ministrativi, i quali, �come tali,� �sono soggetti per �la legittimit� al sindacato 
di questa IV sezione del Consiglio di. Stato�: chiaramente deducendo 
la propria giurisdizione dal solo fatto della natura obiettiva di 
atti. amministrativt Similmen.te �la Corte di cassazione romana (sent. 
A settembre .1895�a sezioni�� tlnite) ebbe a statuire che �per giudicare se 
tilla/ funzione abbia � carattere pubblico.� e perCi� se gli atti della medesima 
sfuggono> all'ordinario sindacato della magistratura, si deve por 
mente alla funzione in s� non alla persona che la esercita �. 

Questo collegio ritiene che quelle pur perentoriamente poco moti� 
vate.�affermazioni� delle due magistrature all'inizio di questo secolo siano 
sostanzialmente da condividere. 

L'obiettiva nat'Ura amministrativa dell'atto proveniente da un organo 
indiretto porta a concludere che lo�. si debba ritenere anche soggettivamente 
quale atto amministrativo. Si � gi� detto �che il concessionario 
di sola costruzione, quando agisce in tale sua veste, svolge pubbliche 

blica, dn cui � la stessa P.A. �ad organizzarsi in impresa (53), all'investitura di 
sogg�tti privati nella gestione di beni o servdzi pubblici (54), all'uso del contratto 
in materie tradizionalmente oggetto di potest� amministrativa, siano 
esse relative a rapporti soggettivi (55) ovvero al rapporto di servizio con 
i propri dipendenti (56). 

Si assiste infatti, nell'attuale momento, ad una crisi del principio di 
autorit�. Alla connessa crisi del principio di legalit� (57), correlato all'esercizio 
di una pubblica funzione, corrisponde, poi, l'affermarsi di un principio 
consensuale che presiede all'erogazione di pubblici servizi nella nuova soeiet� 
ispirata a principi consociativi e partecipativi (58). �Di qui gli spazi 
concessi all'autono:mda, al decentramento funzionale, alla partecipazione, in 
quella che se non � una generalizzata � fuga nel privato � � per� sicuramente 
una � fuga dall'autorit� � (59). 

Nel passaggi� dallo stato di diritto allo stato sociale e da questo a 
quello postmoderno, l'azfone amministrativa si estende fino a penetrare le 
pi� intime connessiom del tessuto sociale, abbandonando il modulo provvedimentale 
per adottare quello normoproduttivo (60} (non di rado preceduto 
dalla contrattazione� del contenute:> della norma con le parti sociali), 
quello per .indiriz:lii e qt.i�llo �per acco11di (61). 

Impossibile in questa sede qualsiaS<i approfondimento ulteriore del fenomeno, 
sembra per� potersene prevedere l'estensione, favorita dalle recenti 

(53) S. CASSESE: Azionariato di �Stato cit.; v. Ottaviano: Impresa pubblica cit. 
(54) Un esempio � il convenzionamento tra U.S.L. e istituzioni sanitarie private in 
seno all'organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (l. 23 dicembre 1978, n. 833). 
(55) In via puramente esemplificativa si ricorda il ricorso al modulo convenzionale 
in materia urbanistica o nei procedimenti ablatori. 
(56) Si intende alludere alla contrattualit� nel pubblico impiego (l. quadro 28 marzo 
1983, n. 93). 
(57) N. Boaaro. Giusnaturalismo e positivismo �giuridico, Milano 1972 p. 119 e ss. 
(58) A. Nocs1.u: Principio di partecipazione e funzione d�l giudice amministrativo in 
� Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato� III, p. 1671-72. 
(59) R. FEDERICI. Gli interessi diffusi, Padova, 1984, 19; A. Noccm.u, op. cit., 1631 e 
segg.; spec. 1654. 
(60) A. Noccm.u, op. cit., 1655. 
(61) M. NIGRO, Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale, in Atti dell'incontro 
di studio 29 marzo 1980 � l'azione amministrativa fra garanzia�ed efficacia �. pag. 38. 
7 



+78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

funzioni ed incide quindi, o pu� incidere, su interessi di terzi, esattamente 
come incide o potrebbe incidere un atto emesso dalla pubblica 

I

amministrazione concedente. Il fatto che sia . organo � indiretto �, non 
toglie che quando emette quegli atti li emette nella sua qualit� di 

I 

organo: appunto nella sua qualit� di investito di pubbliche funzioni 

I

tramite la concessione. Altre sono le conseguenze dell'essere organo 
indiretto�: legittimato passivo sar� esso direttamente e non la pubblica 
amministrazione; naturalmente, l'atto sar� impugnabile per legittimit� 
dinanzi al giudice amministrativo solo se si pu� riferire proprio alla 
funzione trasferita. Ma, se ricorre quest'ultima circostanza, l'atto obiettivamente
� amministrativo si deve ritenere atto proveniente dalla pubblica 
amministrazione, cio� da quell'organo indiretto che, per avere 
con quell'atto esercitato una funzione propria della pubblica amministrazione 
e da essa attribuitagli con la concess'ione, �, sotto questo aspetto, 

leggi sul procedimento amministrativo e sulle autonomie locali (62). La concessione 
ad una dmpresa privata del complesso delle attivit� inerenti alla 
realizzazione di .un'opera pubblica costituisce, appunto, uno dei possibili moduli 
convenzionali di una pubblica funzione. 

C) Entro il descritto panorama si pu� meglio 'intendere il terzo passaggio 
logico: anche quando realizzata con moduli convenzionali l'attivit� diretta 
alla realizzazione dell'opera pubblica conserva natura oggettivamente pubblica. 

La concessione pu� essere configurata nel suo aspetto formale, quale 
modulo che � sostituisce � il procedimento amministrativo sopra descritto (63) 
ovvero pu� essere considerata nel suo aspetto funzionale, quale modulo organizzativo 
incidente sull'apparato stesso dell'Amministrazione, la quale non 
avr� pi� bisogno di dotarsi di uffici e strutture per lo svolgimento dell'attivit� 
affidata al terzo (64). 

Quale che sia il profilo prescelto (del resto l'uno � strettamente complementare 
all'altro) unico � il dato caratterizzante: il modulo privatistico 
ha oggetto e fine (l'opera pubblica) coincidenti con oggetto e fine del procedimento 
a,mministrativo. 

Ed � proprio tale coincidenza di oggetto che per un verso ;illumina il 
momento essenzialmente pubblicistico della concessione (65); per altro verso 
ne valorizza la strumentalit� rispetto al fine pubblico, che pone il concessionario 
in posizione di � soggetto strumentale � e � longa manus � dell'amministrazione 
(66). 

In realt� la concessione di 00.PP. ha oggetto pubblico non in quanto 
comporti esercizio di potest� autoritative (del resto spesso assenti) (67); n� 
perch� dipenda dal trasferimento al privato di funzioni dell'ente (la conces


(62) Rispettivamente 1. 7 agosto 1990, n. 241 e 8 giugno 1990, n. 142. 
(63) M. s. GIANNINI: Diritto amministrativo cit. p. 752. F. TEDESCHINI: procedimentocit. p. 895; A. QUARANTA: il principio di contrattualit� cit. p. 1202. 
(64) M. s. GIANNINI: Diritto Amm.vo cit. p. 254, 350, 751. 
(65) F. PELLIZZIER: la concessione di sola costituzione tra pubblico e privato in Foro 
Amm.vo 1985, Il, p. 1534 ss. F. BASSI: Concessionaria di opera pubblica e atto amministrativo 
in II diritto dell'economia 1989. 
(66) T.A.R. LIGURIA: 6 novembre 1987, n. 578, in T.A.R. 1988, I, p. 177. 
(67) G. AzZARITI: l'attivit� del concessionario cit. p. 412. 
(68) G. AzZARITI: op. cit. p. 384; T.A.R. Sardegna 25 febbraio 1982, n. 61, in T.A.R. 
1981, I, 1426 (riformata da C.D.S. VI 10 ottobre 1983 in 738 in C.D.S. 1983, I, 1094). 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

da paiificarsi alla pubblica amministrazione che quelresercizio gli. ha 

attribuito.� 

D'altronte, che questa sia l'unica soluzione compatibile col testo e 

con.��la �ratio dell'art~ 113 �Cost;� pare innegabile. 

Si � visto che 11 privato ha.� ricorrendone le condiz�oni, un interesse 
�Iegi.ttimo a�� chela pubblicaᥥamltl:lliistrazione��nspetti�fa.� �disciplina���relativa 
alle procedure� pel" .l'aggiudicazione��degli�� appalti per opere pubbliche, 
. anchtf per .�quanto .� riguarda la fase preliminare della. pubblicazione dei 
bandi. 

Se �cos��� stanno le cose <quando la pr�<:ed'W:'a � �. svolta> direttamente 
dalla pubblica amrtdnistrazionenon si vede davvero come potrebbe essere 
altrlrri�rttiquando l� procedura � stata svolta dal� concessionario. 

Se contro l'atto che ha pregiudicato Tinteresrse del privato costui 
non potesse agire per l'annullamento dell'atto che si� pretende v�Ziato, 

sione non �, infatti/ traslativa ma costitutiva di un potere autonomo derivato 
da qut;:Uq del cqn<;tild,ente, secon:4q la nota costruzfone dcllo .Jhering}. 

� PiuttQ$t0 l'oggetto � Pubblioo ~ml?lict;:iilente perch� attiene ad un'attivit� 
proceditnentaMzzata ��secondo. moduii .� afuministratMstici . 
.�. ... Del resto �ra�� stessa Cassazione neUa sentenza.� in commento valorizza tale 
aspetto quando osserva che �tali attivit� non sono privatiZ.zate per il fatto 
che sono poste in essere da soggetti privati; conservano la natura di attivit� 
amministrativa dn senso obiettivo�. 

D} All'individuazjqn~ � dell'oggetto (pubblico) della . concessione consegue 
}'ultimo passaggi<> logjco: �. l'illdividuazione� della giurisdizione, che spetta � natu.
ra1n:iente � a(. giudice amministrativo, in .quanto. tecnicamente specializzatd.. 
�:..:.::. tatiorie materiae . :..:.::. . all'adeguata cognizione della stessa. 

Non pu� non rilevarsi in proposito la mancanza in tal senso di un 
d,ettato legislatjvo espresso, ma non va trascurata la presenza di dati normativi 
costituenti -se adeguatamente valorizzati -convincente sostegno 
alla tesi prospettata in via di interpretazione� estensiva. 

In p:r;iJ:no. luogo si pensa all'art. 5 L. 10'74/1971. 

Se �. vero, . infatti, che .. 13: . giurisprudenza '.Ila sempre ritenuto di .restrin� 
gere ai sqli. rapporti tra �oticedente .� e �.� concessionario l'ambito di applicabilit~ 
della. giurisdiziqne esdusiva ��. del.� giudice amministrativo m materia di 
concessioni (nia non manca quaiChe isolata decisione di segno contrarlo) (68}, 
VeJ:'Q � anche che tale giurisdjzi�>ne .. � stata riteJ1Uta SUSSistente quando il 
p~egiud�:zio lamentato � dal terzo derivi direttamente � dall'atto di concessione 
del publ;>!tco servizi.o (69), 

.�. Del resto fa stessa tassazione ..;.. . Pronunciandosi�. sul regolamento di giUrisdizione 
in materia di rapporti tra concedente e concessionario -ha avuto 
modo di precisare che �l'art. 5 1� comma L. 10:34it971, l� dove si riferisce 
alle concessioni di. servizi pubblici, va irtteso riel senso.� (conforme alta sua 
ratio, ricorrendo i motivi e le finalit� che giustificano l'identica soluzione giuridica} 
che esso comprende anche le concessioni di ,pubbliche funzioni� (70). 

(69) Cass. su 13 aprile 1989, n. 1754, in giust. civ. Mass. 1989, fase. 4/89.
(70) Cass. su 3 dicembre 1991, n. 12966. 

480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

egli si troverebbe completamente rimesso all'arbitrio del concessionari\>, 
arbitrio che proprio la legge ha voluto escludere, obbligando il concessionario, 
sullo stesso piano della pubblica amministrazione in senso 
stretto, a seguire quelle regole, appunto nell'interesse pubblico della 
buona amministrazione. 

Egli non potrebbe trovare protezione presso il giudice ordinario 
proprio perch� �la sua situazione giuridica, di interes1se legittimo e non 
di diritto soggettivo, non potrebbe mai ritenersi illegittimamente pregiudicata 
dal comportamento di un privato. L'interesse legittimo, infatti, 
non ha normalmente rilevanza nel campo dei rapporti strettamente 
privatistici ove o c'� un diritto soggettivo da far valere o non c'� luogo 
a pretesa alcuna. In specie, non potrebbe certo agire per ottenere l'annullamento 
del contratto di appalto stipulato col terzo, dato che egli non 
avrebbe alcun diritto ad essere scelto. 

Sicch�, rimarrebbe privo di qualsiasi tutela che pur, come si � visto, 
avrebbe invece se il comportamento as'serito illegittimo fosse da rife� 
rire direttamente all'ente amministrativo concedente. 

Il che, come si � accennato, risulterebbe contrario all'art. 113 Cost. 
Per il quale si � voluta assicurare ad ogni cittadino la difesa dei suoi 
interessi, siano essi diritti od interessi legittimi, senza lasciare scoperto 
alcun aspetto di questa difesa. Si ricordi che per i1 2� comma di tale 

I 

In tal modo resta dunque superata la possibile obiezione che la con


I

cessione di opera pubblica sia sottratta all'ambito applicativo del predetto 
art. 5, in quanto non classificabile n� tra le concessioni di beni n� tra quelle 
cli servizi. 

In attesa degli sviluppi giurisprudenziali cui dar� prevedibilmente seguito 
la citata pronuncia della Corte Suprema, sembra comunque utile indicare ulteriori 
basi normative cooperanti sinergicamente nel senso della attribuzione 

I

della materia alla giurisdizione esclusiva del GA. 

Innanzitutto si ricorda l'art. 11 della L. 241/90 sul procedimento ammi& 
nistrativo, che riserva alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie 
in materfa d!i formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi intraprocedimentali 
o sostitutivi di procedimenti, cos� contemplando sostanzialmente 
tutta la materia dei moduli convenzionali dell'azione amministrativa 
tra cui sicuramente � la concessione (71); il Capo V della stessa legge disciplinante 
l'accesso ai documenti, configura poi un simile diritto anche nei confronti 
del concessionario (art. 23), e quindi sottopone anche quest'ultimo alla 
particolare giurisdizione del TAR di cui all'art. 25. 

Infine non pu� dimenticarsi l'estensione della giurisdizione esclusiva prevista 
dal disegno di legge-delega sul processo amministrativo. 

Un ampliamento della competenza dn via esclusiva del G.A. attraverso la 
proposta interpretazione estensiva in materia di concessione di committenza, 
sarebbe d'altronde non solo in linea con la tendenza evolutiva di cui si � 

(71) s. GIACCHETTI: op. cit. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 481 

articolo�si afferma energicamente che� tale.tutela giurisdizionale non pu� 
essere esclusa o limitata a particolari mezzi di �impugnazione o per 
determinate categorie di atti �. La tutela giurisdizionale non pu� dunque 
essere esclusa per quella categoria di atti che possono definirsi come 
atti amministrativi degli organi indiretti della pubblica amministrazione. 
Se fosse altrimenti, si dovrebbe ammettere che il pur diffuso sistema 
delle concessioni di sola costruzione avrebbe come effetto, certo non 
voluto, �nche quello di togliere ogni . difesa del privato imprenditore nei 
confronti di comportamenti illegittiini e tendenti a pregiudicare il suo 
legitthno interesse, concorrente con l'interesse pubblico, a partecipare a 
gare di appalto per opere pubbliche..Il siste:rna della conloessione, infatti, 
conferendo al concessionario la funzione pubblica, da esercitare per� in 
nome proprio, impedisce al terzo di agire nei confronti della pubblica 
aministrazione concedente; se non vedesse riconosciuta la sua pretesa 
�d ottenere l'annullamento, da parte del giudice amministrativo, dell'atto 
emesso dal concessionario, non potrebbe agire in nessun modo dinanzi a 
nessun giudice. 

RiSultano dunque infondate le due tesi enunciate dalla s.p.a. Mededil 
e dalle altre parti che le si sono allineate. Da pretesa della Chiementin 
deve avere un giudice che la valuti e questo giudice � il giudice ammini


detto, ma sembrerebbe anche funzionale ad un migliore adeguamento dell'ordinamento 
interno a quello comunitario. 

Quest'ultimo, infatti, sembrerebbe postulare la configurazione come diritto 
soggettivo dell'interesse dell'impresa alla libera partecipazione alle gare 
e prevede comunque la risarcibilit� dei danni derivati ai partecipanti alla gara 
da violazioni della normativa che la regola. 

Orbene, in tale situaiiione ed in attesa della nuova legge sul processo 
amministrativo, che, nel testo approvato da uno dei due rami del Parlamento, 
gi� prevede, in parte qua, l'adeguamento dell'ordinamento interno a 
quello comunitario, sembra che il ricorso ad una ,ipotesi di giurisdizione 
esclusiva, anche se insufficiente a risolvere tutti i problemi, ne elimini per� 
non pochi. 

A tacer d'altro non sarebbe necessario qualificare espressamente come 
interesse legittimo la situazione del partecipante alla gara per radicare la 
giurisdiz.ione e sarebbe lasciata al giudice amministrativo un'ampia gamma 
di opzioni per modulare pretoriamente la propria risposta ad una domanda 
di giustizia che presenta risvolti di singolare delicatezza. 

Una singolare delicatezza alla quale comunque il giudice amministrativo 
� ben attrezzato a rispondere in ogni sua sede e la cui risposta attendiamo 
per il tempo a venire. Una risposta, se � consentito azzardare una facile profezia, 
che sar� data con quella sapiente mescolanza di pragmatismo, fantasia 
e rigore giuridico che da oltre cento anni caratterizzano la sua giurisprudenza 
pretoria. 

IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 
GIANNA MARIA DE SOCIO 



482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strativo trattandosi di un interesse legittimo ad ottenere l'annullamento 
di uno o pi� atti della pubblica amministrazione. 
Si deve dunque dichiarare la giurisdizione dell'adito giudice am� 
ministrativo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 marzo 1991 n. 2427 -Pres. Bologna -Rel. 
Caturani -P. M. Romagnoli (concl. diff.) -Giaquinto (avv. Alfano) c. 
Ministero della Difesa (avv. Stato Laporta). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza per esigenze 
militari � Irragionevole protrarsi dell'occupazione � Irreversibile trasformazione 
dell'area � Effetto acquisitivo in favore della p.a. . Ammissibilit�. 


Anche nel caso di occupazioni per esigenze militari, bench� la legge 
non preveda un termine entro il quale possono protrarsi legittimamente, 
una volta che, per la riscort.frata irr:agion,evolezza del toro prptriarsi senza 
la pronuncia del decreto di espropriazione, l'occupazion..e sia divenuta; 
illegittima, l'esecuzione dell'opera pubbl.ica determina, con la trasfor�, 
mazione rad.i.cale dell'attea, il prodursi dell'effet"b.o estintivo-acquis(tivo 
in favore della p.a. essendo irrilevanti a tal fine le sopravvenute valutazioni 
dell'autorit� amministrativa circa la persis~ente utilit� dell'ope~a 
pubblica (1). 

(1) La questione affrontata dalla decisione in rassegna riguarda la possibilit� 
di applicare in materia di occupazione di urgenza disposta per esigenze 
militari, i principi giurisprudenziali elaborati in tema di � occupazione 
appropriativa �. 
L'istituto configura, come � noto, un nuovo modo di acquisto della propl'iet� 
a favore della Pubblica Amministrazione, in cui si realizza una sorta 
di accessione invertita, la propri.et� del suolo accedendo all'opera pubblica 
costruita su di esso e, pertanto, all'ente costruttore: nell'ipotesi in cui la 
P A. occupi illegittimamente un fondo in propriet� privata, la sua radicale 
trasformazione e l'irreversibile destinazione alla realizzazione di un'opera pubblica 
comportano l'estinzione del diritto dominicale e la sua contestuale acquisizione, 
a titolo originario, .in capo all'ente costruttore. Al privato gi� 
proprietario del fondo resta il diritto di chiedere alla P.A. il risarcimento dei 
danni subiti con la perdita del diritto di propriet�. 

Questi prfooipi .fissati per la prima volta dalle Sezioni Unite della Suprema 
Corte nella nota sentenza del 26 marzo 1983, n. 1464 (in Foro it., 1983, 
I, 626 e segg.), sono stati confermati nelle loro linee fondamentali dalla giurisprudenza 
successiva, anche di merito, e costituiscono ormai la regola 
effettivamente vigente sul punto. Fra le numerose sentenze che si sono allineate 
all'indirizzo iniziato dalle Sez. Un., si vedono, in particolare, poich� ne 
precisano l'ambito, Cass. Sez. Un. 10 giugno 1988, n. 3940 in Foro it., 1988, 
I, 2262 (secondo la quale indefettibile punto di partenza della fattispecie del1'
� occupazione appropriativa � � una dichiarazione di pubblica utilit� del� 

I 
I 


! 

I

I 

1 


PARTB I, SBZ. In;. GIURISPRUDENZA CIVILB; GIURISDIZIONE E APPALTI 

483 

(omissis) 1 . .;..;.;; N�ll'�tdfue l6gi&> � p:tegitidiZiafo l'esame del .:ricorso 
(:indd�rital��perch� pfop6sta dop6 il ricorso printi:Pfile) � dell'ammi:nistrazione, 
. col quale, denuhz�a.rido vfolazione . e falsa applicazione. degli.� artt. 73 
e '16 dell~ J; 25 giugno 1865 n. Z359 �nonch� (lifetto dhnotivazione1 si�.assume 
che ~#6rieaniente I�i���impugnata $~btetiza��ha deciso. la oontrov�rsia appli~ 

M1t-~l~~aJEt~~:E 


stessa reali:zzazione dell'opera� pubblica, s~pl'e reve.rs�bile �in ��correla~ 
zione con}a s�petat~ necessit� dell'impianto nimtare, non vale . a connotare 
c6tne illedifo il eomportament� della p.a:;> nel cui contesto soltanto 
p6ssonobI>etar� queipHncipi. 

..... Iili ogni 6aso s� soSltiene�chei�i COrle d'ap]!)ello �non ha motivato sulla 
ii't�gionwole dttl'at� .� della � oocup�zione � d'urgenza. Ammesso; infine,�� che 
con la realizzaz�one � drell!opel'� pubblica la�. p;a. avesse acquisito�� in via 
c:tefi!iiti\va. i. terreni OccUpati ��cli urgenza; � da quel fuomento. che avrebbe 
dovuto verificarsi .fa. ((ragionevolezza)~ o. men� dell!ultel'iore occupazione, 
s�)Ccorren:do 1'artd3. della legge citata a som:m:inistJ,:are un sic..ro criterio 
per�U.giudizio.�sulla �ongroit��.del.comporta:mento. dell'autorit� amministrativa 
oltre che. sulla utilit� delremanato decreto di espropri~ione. 

3. -le riasSl:lrite-censure � sono fondate.� nei limiti � tistiltanti �dalle 
segtienti consideraifoni. 
l'opera) e, nello stesso senso, Cass. Sez. Un., 6 novembre 1989, ri. 4619 in Giust. 
Civ., 1990, I, 686 con nota di R. CARANTA Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
ridefiniscono l'ambito di operativit� dell'istituto dell'occupazione ap. 
propriativa; Cass., 11 luglio 1990t n. 7210 in Foro it., 1990, I, 2789 {s�condo la 
quale l'acquisto a titolo orig:�nario. in favore della P.A. dell'immobile, illegittima.
mente occupato, sul.. quale essa abbia realizzato un'opera.. pubblica, conformemente 
alla dichiarazione di pubblica utilit�; ma in assenza di un legittimo 
provvedimento espropriativo, comporta il sorgere, .per. U privato gi� 
proprietario; di un diritto di ci:'edito al controvalore del bene perduto; assoggettato 
all'ordinario termine deceruiale di pteserizione); 

L'orientamento ��delle Sez. Un.� 1464/83 � stato �disatteso una sola volta 
dalla Corte di Cassazione,; precisamente dalla sentenza 18 aprile 1987, n. 3872 
(in Giust. Civ. 1987, I, 1662 con nota di. Annunziata) nella quale si. attribuisce 
all'a2lione di risarcimento deLdanni contro la P.A. il valore di un atto di rinuncia 
da parte del PI1ivato al diritfo di ptopriet� m favote dell'occupante. 

�.�. Nonostante ��il.� consolidarsi della tesi giurisprudenziale, Ja.. dottrina ��� con


trarla alla figura dell'occupazione appropriativa .Che c;onsidera .un modo di 

acquisto della propriet� estraneo�� al sistema ed .. anzi .in radicale �co.trasto 

Con punt�ali previsioni normative; Per un'ampia; disamina cfr> Caranta, op. 

cit., 700; M; Paradiso La c.d. occupazione appropriativa della P.A. tra esigenze 

di realistica composizione del conflitto e interventi legislativi in Giur. it., 

1990, IV; 366. 

Nella sentenza in esame la Cassazione ha valutato l'estensibilit� dei prin


cipi elaborati in tema di occupazione appropriativa al caso.� di occupazione di 

urgenza per esigenze militari. 

-



484 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte d'appello ha deciso la controversia sottoposta al suo esame 
partendo dal presupposto della possibile. estensione alle occupazioni di 
urgenza per esigenze militari dei principi elaborati da questa Corte in 
tema di occupazione appropriativa (sent. della Sez. unite n. 1464 del 1983). 
Ha rilevato in proposito la Corte del merito .che nella ipotesi considerata, 
la esecuzili)ne <lell'opera pubblica col rendere definitiva l'occupazione 
in contrasto con 1a temporaneit� delle esigenze che la determinarono, 
impedisce s� la restituzione del bene al proprietario, ma non legittima 
l'operato della p.a. la quale, per l'indefinito protrarsi d~ll'occupazione 
medesima � tenuta al risarcimento del danno in favore del privato in 
misura equivalente al valore venale del bene di cui non � pi� possibile 
la restituzione. Da tale premessa la Corte ha tratto quindi logicamente 
la conseguenza della inutilit� del successivo decreto di espropriazione 
intervenuto quando l'esecuzione dell'opera pubblica era gi� avvenuta con 
l'estinzione del diritto di propriet� del privato e la contestuale acquisizione 
a titolo originario della. propriet� in capo all'ente costruttore, secondo 
la nota giurisprudenza di cui sopra. Va tuttavia osservato che � la premessa 
maggiore del ragionamento dal quale la Corte d'appello ha preso le 
mosse per riconoscere astrattamente la legittimazione del ricorrente 
prilllCipale ad agire con l'azione risarcitoria nei confronti della p.a., che 
va controllata in questa sede in base alla proposta doglianza. 

Trattasi di stabilire se il caso in esame sia effettivamente riconducibile 
alla fattispecie della occupazione appropriativa cui innanzi si � 
fatto riferimento. 

A tal fine la Corte ha ritenuto essere presupposto essenziale della fattispecie 
dell'� occupazione appropriativa �, non gi� la mera costruzione dell'opera 
pubblica, ma il fatto che la P.A. versi in re illicita, ab origine per totale 
mancanza di provvedimento autorizzativo all'occupazione d'urgenza ovvero, 
successivamente, per decorso dei termini in relazione ai quali l'occupazione 
si configurava legittima -in mancanza del decreto di espropriazione ~ 
(art. 73 L. 25 giugno 1865 n. 2389). 

Posto che, nel caso di specie, era stato emanato un provvedimento autorizzativo 
all'occupazione d'urgenza, si trattava di verificare la sussistenza del� 
l'illegittimit� successiva per decorso dei termini. 

Orbene -ha rilevato la Corte -l'occupazione disposta per esigenze militari 
ai sensi dell'art. 76 L. 25 giugno 1865 n. 2389, pur non essendo soggetta 
al termine biennale di cui all'art. 73 della stessa legge, risponde pur sempre 
ad esigenze di carattere temporaneo e non pu� in contrasto con esse protrarsi 
per un tempo indefinito. Pertanto, posto che la mera irreversibile utilizzazione 
dell'immobile occupato per esigenze militari non � sufficiente ad 
integrare una fattispecie di illecito della P.A. che renda perci� possibile la 
estensione ad essa dei principi della occupazione appropriativa, aff<inch� l'amministrazione 
versi in re illicita o.ccorre accertare che la occupazione militare 
sia divenuta irragionevole per il venir meno delle esigenze che la provocarono. 
Ci� accade quando si sia protratta in concreto per un periodo di 
tempo talmente ampio da far ritenere irragionevole il suo perdurare in danno 


l!AR'.nl :C, SEZ. IJ;Ij, ~URlSl!RUDENZAiCIVILE; .GllJRISnlZIONE E APPALTI 

�. �� �. ��A tal fine �eco:rre :conshl~rare che 1a.radieale: trasrorm.azion;e delfondo 
alieno intant<fproduce l'effetto estintivo-acquisitivo di cui sopra. in quanto 
trattitsidioccupazione:posta in essere dalla p.a. ab origine .. illegittima� 

~~~0�0=~}&~~~r�il~~�w p~ 


chpazt<;i~ti:��.<;U;�t@ge~ta Mi&���~'tatb�emariat�{eomeᥥe� accaduto���neUa�ᥥspec1e); 
ch�l'i>Ccu:Pazfone $ia�.. divenuta illegittima (per la scadenza dal periodi> 

si co�l$iderano}. e pfocl.:ce il duplice effetttj gi11r'idico: .estintivo. (del cii� 

deL proprietario senza la pronuncia del provvedimento ablatorio. .Allora, in 
assenza...� del decre:f:(> di esPxoP:!'iazione1 l'occ11i:iazione .�.diviene. illegitti.la;. Ja 
e$ec.zione de!l'.�peJ:'a p.l:)blica acqui$ta rUevatlza � g�ii.;idica e s.i produce � I'effetfo 
acquisitivo iii favore . della :�.A., essendo irrilevanti a tal fine le soprav� 
venute valutazioni della aufont� amri:iimstrathra circa la persistente utilit� 
dell'opera Pubblica~ � � ... 

� Tra i prece4enti cfr;;. Cass< 30 higUo 1964. :n:. .21811� hi <;;iust.. civ. 1965, I, 

800 .pel se:P.$0. che�.� le. occ.pa,zioni militari i:irotratte �l�re. .:un ragio11ev()le � lassq 
di tem:Po div~ng()no illegittime; Ca$$. i2 lugliol968 n. 2453, ivi,19681 I, 1558nel 
senso ch� deve qualificarsi di interes5e � 1�gittiJ;no l� pretesa . del proprietario 
di ottenere ii# formale.�� prov\iedimento �riitn4fii~trativo che, c�rtsfafato u venir 
meno delle esigenz{i militari legittimantlJ'occ.paziqne~ dispoliigala restituzione 
<lell'immol:!ile;..� Cass. �� 4 . genna~<?��.� W75 .Jl, 1, An 9,.tteiita ~ass(:)gna:, J~6~ J, . � 561, 
secondo la quale per il dsarchnento .. det danni � ~ :p.ecessario o. tln provve, 
dimento dell'ammfriistrazione militare che constati i( venir meno delle condfaioni 
legittimanti � foccupazion�/ � o t:in � riconoscltriento tacito � ih�� tal���� senso 
della stessa arrtminisft'aziOne, o l'-accertamento ad opera del giudice arrunini� 
strativo dell'illegittimlt� del � diniego ...della amministrazionei. di . provvedere in 
proposito ~in tal senso anche Cas$. 29 marzo 1977, n. 1213, in questa Rassegna 
i977, I, 631); da ultimo si veda Cass. 24 novembre 1983, n. 7027, in 
questa Rassegna 1984, I, 190, che trae spunto dai principi affermati in quello 
stesso anno da Cass. Sez. Un. 16 febbraio 1983, n. 1464 cit. � 

486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritto di propriet� privata sull'area occupata) ed acquisitivo in favore 
della p.a. 

Orbene, se � vero che l'occupazione disposta per esigenze militari 
ai sensi dell'art. 76 della 1. 25 giugno 1865 n. 2389, pur non essendo soggetta 
al termine biennale di cui all'art'. 73 della stessa legge, risponde pur 
sempre ad esigenze di carattere temporaneo e non pu� in contrasto .con 
esse protrarsi per un tempo indefinito in modo da sopprimere di fatto il 
diritto di propriet� senza la corresponsione di alcun indennizzo (cfr. da 
ultimo la sent. n. 7027 del 1983), � altres� vero che non � sufficiente la 
mera irreversibile utilizzazione dell'immobile occupato per esigenze militari 
ad integrare una fattispecie di illecito della p.a. che renda perci� 
possibile la estemdone ad essa dei principi della occupazione appropriativa. 


Come si verifica per le oocupazioni temporanee in genere, previste 
dagli artt. 71 e 73 della legge anzidetta, per le quali l'esecuzione dell'opera 
pubblica intanto rileva agli effetti che si consfderano in quanto sia decorso 
il periodo della occupazione legittima (legato alla scadenza di un 
termine) senza la pronuncia del decreto espropriativo, cos� per le occupazioni 
avvenute per esigenze militari ai sensi del successivo art. 76, il presupposto 
essenziale che deve sussistere � non gi� la mera costruzione 
dell'opera pubblica, ma il fatto che essa sia avvenuta quando per l'ir


I

ragionevole protrarsi della occupazione militare, nonostante il venir 
meno delle originarie esigenze che avevano determina:to l'occupazione, la 

I 

p.a. versava in re illecita, per non avere restituito il bene occupato al 
I

legittimo proprietario nonostante il sopravvenuto venir meno di quelle 

I ~ 

esigenze. 

D'altro canto, l'indagine circa la sopravveI11Uta irragionevolezza della 
occupazione militare per il venir meno delle esigenze che la provocarono, 
non pu� dirsi assorbita dalla avvenuta esecuzione dell'opera pubblica, 
come invece ha ritenuto la impugnata sentenza. 

In questa ipotesi -come si verifica per la occupazione appropriativanon 
� la mancata restituzione del bene a qualificare l'illecito della p.a., 
ma il fatto che questa abbia trattenuto il bene altrui nonostante la 
sopravvenuta illegittimit� dell'occupazione e la irreversibile trasformazione 
del bene in seguito alla costruzione dell'opera pubblica senza che 
sia intervenuto il decreto di esproprio. Ci� � tanto vero che se la trasformazione 
del bene occupato avviene durante il periodo di occupazione 
legittima (id. est. quando persistono le esigenze militari) ed il successivo 
provvedimento ablatorio sopraggiunge quando preesistevano quelle 
esigenze, esso non pu� dirsi inutiliter datum. Infatti, non essendosi in 
tal caso verificata la occupazione appropriativa in favore della p.a. questa 
ha la possibilit� giuridica di divenire proprietaria del terreno occupato 
mediante il decreto di esproprio, secondo il procedimento all'uopo previsto 
dalla legge. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �CIVIl.E, GIURISDIZIONE I! APPALTI 

Invero, il punto decisivo dell'indagine che va compiuta per applicare 
i principi. della occupaZione appropriativa alle� occupazioni militari 
di cui all'art. 76 cit., risiede nello stabilire se l'occupazione si sia protratta 
in concreto per un periodo di tempo talmente. axnpio da far ritenere 
irragionevole il suo perdurare in danno del proprietario senza la pronuncia 
del provvedimento ablatorio. . . . .� . . . 

:S soltanto in questo momento che, ove non sia intervenuto il decreto 
espropriativo, acquista rilevanza giuridica l'esecuzione dell'opera pubblica 
con i noti effetti giuridici in favore della P A 

Non ha pregio, pertanto fa tesi sostenuta iri via principale dalla difesa 
dell'Amministrazione secondo� cui, mutando nel tempo le esigenze� mil�tari 
ia destinazione dell'�rea a fini di pubblica utilit� non potrebbe giammai 
ritenersi irreversibile. 

In contrario, va affermato che, anche per le occupazioni militari co~e 
per le altre occupazioni per le quali la legge prevede un periodo di tempo 
durallte il quale possono protrarsi legittimamente, una volta che, per la 
riscontrata irragionevolezza del loro protrarsi senza la pronuncia . del decreto 
di espropriazione, l'occupazione sia divenuta illegittima, la esecuzione 
dell'opera pubblica determina, con la trasformazione radicale dell'area, 
il prodursi dell'effetto estintivo-acquisitivo in favore della P.A., 
essendo irrilevanti a tal fine le sopravvenute valutazioni dell'autorit� amministrativa 
circa la persistente utilit� dell'opera pubblica. 

In definitiva, l'indagine che nella specie � mancata riguarda il punto 
se, per tutto o per una parte dei terreni occupati, l'occupazione militare 
si sia protratta per un periodo di tempo tale da far ritenere irr�gionevole 
:il suo perdurare in danno del proprietario. E soltanto in questa ipotesi 
potr� concludersi che, la radicale t'rasformazione del suolo conseguente 
alla esecuzione dell'opera pubblica ha determinato l'occupazione appro;
priativa in favore della P.A., rendendo irrilevante il sopravvenuto decreto 
di esproprio. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 maggio 1991, n. 4874 -Pres. Montanari 
Visco -Rel. Pon:trandolfi -P. M. Amatucci -Ente Ferrovie (avv. 
Stato Stipo) c. Canzian Ivo. 

Trasporti: Fel'.rovie -Citazione dell'Ente Ferrovie dello Stato -Obbligo della notifica 
presso l'Avvocatura dello Stato. 

Procedimento civile -Rito del lavoro -Domande non accolte o non esaminate 
-Onere per la parte vittoriosa di riproporle in appello. 

Il Pretore giudice del lavoro non pu� dichiarare la contumacia dell'Ente 
convenuto qualora il ric.orsv introduttivo di primo grado sia stato 
notificato alla sede dell'Ente Ferrovie dello StalO direttamente e non 


488 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'Avvocatura distrettuale dello Stato, in violazione. dell'art. 24 della legge 

n. 210 del 1985, che richiama espressamente il r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 
sul foro erariale e successive modificazioni e integrazioni (1). 
La parte vittoriosa nel merito in primo grado non ha l'onere e neppure 
l'interesse di proporre, con specifica impugnazione in appello, questioni 
non esaminate dal primo giudice (2). 

(omissis). -Deve osservarvi che pregiudiziale a tale stesso motivo e 
di carattere virtualmente assorbente rispetto al terzo e quarto motivo, 
che riguardano il merito della controversia, 1si appalesa l'esame del primo 
motivo. 

Con questo, denunciando violazione dell'art. 24 della L. 17 maggio 
1985, n. 210, dell'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato 
dalla L. 25 marzo 1958, n. 260, degli artt. 100, 101, 346, 354 e 436 c.p.e., 
nonch� omessa, insuff.i.cie;nte e contrad'dittoria motivazione, il tutto ai 
sensi dell'art. 360, pp., nn. 3 e 5, c.p.c., l'Ente ricorrente si duole del fatto 
che il tribunale, pur avendo dato atto che il ricorso introduttivo del giudizio 
di primo grado non fu notificato presso l'Avvocatura Distrettuale 
dello Stato e che, pertanto, questa non ebbe a costituirsi in rappresentanza 
e difesa di esso Ente davanti al Pretore, con conseguente dichiarazione 
di contumacia dell'Ente stesso, in contrasto con l'art. 24 della legge 

n. 210 del 1985, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, che attribuisce a 
detta Avvocatura il patrocinio obbligatorio dell'Ente, richiamando espressamente 
il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 sul foro erariale e successive 
modificazioni e integrazioni, abbia omesso di rilevare che, per l'art. 11 
del cit. R.D. n. 1611 del 1933 (nel testo modificato dalla L. 25 marzo 1958, 
(1) Con la prima massima la Cassazione ha sostanzialmente posto fine 
alla questione se anche dopo l'istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato (ente 
pubblico economico distinto dall'Amministrazione dello Stato) sia vigente l'obbligo 
della notifica presso l'Avvocatura dello Stato di ogni atto introduttivo 
di un giudizio. 
(2) La sentenza della Cassazione 23 novembre 1985 n. 5838 (richiamata in 
motivazione) aveva affermato che il principio di cui all'art. 346 cod. proc. 
civ. circa l'onere di riproporre in appello le domande non accolte in primo 
grado o rimaste assorbite opera anche nelle controversie soggette al nuovo 
rito del lavoro, in quanto l'art. 436, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo 
introdotto dalla legge n. 533 del 1973) fa obbligo all'appellato di costituirsi 
mediante deposito di memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta 
dettagliata esposizione di tutte le sue difese. 
In senso analogo nel caso della parte che sia rimasta vittoriosa nel 
merito ma soccombente sulla questione di giurisdizione v. Cass. S.U. 6 settembre 
1990 n. 9197. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

n. 260), tutte le citazioni debbono, a pena di nullit�; essere notificate alla 
com.petente A'Vvocatura. 
Il tribunale, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare la nullit1� dell'intero 
giudizio e rimettere le parti al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c. 
Invece, pur ess'e�l:do stata tale eccezione r.itualm.ertte sollevata dall'Ente 
appellato in secondo grado; il tribtm.ale ha ritenuto di non doverla esaminare 
(pur essendo rilevabile anche d'Ufficio), in quanto sul punto l'Ente 
non avrebbe esperito appello inicidentale. 

Non ha considerato il tribunale che la parte vittoriosa nel merito in 
primo gradoJJ.on aveva l'onere (e l'interesse) di riproporre attraverso specifico 
gravame {mcid,entale) questioni non esaminate o ritenute assorbite 
dal primo giudke, essendo all'uopo sufficiente che queste fossero riproposte 
nella memoria difensiva di costituzione (cos� come era stato fatto). 

Il suenunciato primo motivo del ricorso � fondato. 

� Per tabulas � risulta che il ricorso introduttivo di primo grado fu 
notificato alla sede .dell'Ente Ferrovie dello Stato direttamente e non 
all'Avvocatura Distrettuale dello Stato, dn violazione dell'ar. 24 della legge 

n. 210 del 1985, che richiama espressamente il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 
sul foro erariale e successive modificazioni e integrazioni. Pertanto, il 
Pretore non avrebbe potuto dichiarare la contumacia dell'Ente convenuto. 
Il tribunale, peraltro, ha preso atto dell'eccezione di nullit� della sentenza 
di primo grado, sollevata dall'Ente appellato nella memoria difensiva 
di costituzione di secondo gr.ado, ma ha ritenuto di non doverla esaminare 
in quanto tale eccezione era stata sollevata dal suddetto Ente solo 
in via subordinata, avendo chiesto, in: via principale, la conferma nel merito 
della sentenza di primo grado. 

Ora, ci� � erroneo in qu�nto l'eccezione stessa aveva -come riconosciuto 
dallo stesso tribilnale -carattere assolutamente preliminare 
rispetto ad ogni altra questione, e non valeva l'ordine dato alle questioni 
dalle parti ad esimere il tribunale dall'esaminare una questione che, al 
pos1!utto, sarebbe stata rilevabile anche d'ufficio: ed ancor meno esimersi 
dall'esaminare la questione stessa per la ragione che su di essa l'Ente 
appellato non aveva proposto formaLmente UDI appello incidentale. Infatti, 
sarebbe bastato all'appellato -come fa.tto -pr0porre semplicemente l'ec� 
cezione (art. 346 c.p.c.), ancorch� in via subordinata, non avendo la parte 
vittoriosa nel merito in primo grado l'onere (e neppure l'interesse) di 
proporre, con specifica impugnazione in appello, questioni non esami� 
nate dal primo giudice (Cass. civ., 23 novembre 1985, n. 5838). 

Ne deriva che il primo motivo del ricorso va accolto, con assorbi� 
mento di tutti gli altri motivi (compreso il secondo concernente la giurisdizione), 
e che la sentenza impugnata va cassata con il rinvio della 
causa al primo giudice ai sensi dell'art. 383, ultima parte, c.p.c. 

-.. _.. :-: 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

490 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III Civ., 8 luglio 1991, n. 7529 -Pres. Schermi; 
Rel. Favara U.; P. M. M. Fedeli (concl. conf.) -Lai Michele ed altri 
(avv. Palermo e Luminoso) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sica). 

Contratti (in generale) -Contratti della pubblica Amministrazione -Appro


vazione dell'organo <U �o;ntrollo -Mancanza -Annullabilit� del contratto 

-Deducibilit� da parte del privato. 

L'approvazione di un contratto concluso dalla pubblica Amministrazione 
da parte dell'organo tutorio ha natura di � condicio iuris � sospensiva 
dell'efficacia, e non riguarda l'iter fjormativo del contriattxJ, ma la 
operativit� dello st:esso; la efficacia o meno del contratto per effetto dell� 
intervenuta o mancata approvazione pu� essere pertanto dedotta da 
entrambte le parti contraenti, che sono ugual.mente legittimare ad invocare 
il venir meno del vincolo contr:attuale (1). 

(omissis) Con il primo mezzo dJ impugnazione i germani Lai, denunziata 
violazione e falsa applicazione degli artt. 19 R.D. 2440/923, 
1441, 1418, 1353 e ss. cc. in riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c., lamentano 
che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto il contratto di locazione 
stipulato in data 24 giugno 1981 tra essi ricorrenti ed il Ministero 
dell'Interno efficace ed operativo, affermando, a sostegno della decisione 
adottata, che la mancata approvazione, da parte dell'organo di controllo, 
della predetta convenzione poteva essere dedotta, ai fini della declaratoria 
di inefficacia del contratto stesso, unicamente dalla pubblica amministrazione 
nel cui esclusivo interesse la formalit� era prescritta. 

La censura � fondata. 
Secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, come conseguenza 
di ogni forma di anomalia dell'atto giuridico, si � indotti a costruire 

(1) Nella sentenza che si pubb1ica, la Corte di Cassazione distingue tra 
invalidit� dell'atto, che derdva da un vizio intrinseco dello stesso, ed inefficacia, 
dipendente da un elemento estrinseco. L'atto di approvazione, prosegue la Corte, 
non entra nel processo formativo del negozio ed � pertanto elemento estrinsco, 
configurabile come condizione legale sospensiva; se la stessa non si verifica, 
il negozio diviene inefficace ex tune. 
I vizi concernenti l'attivit� negoziale dell'Ente, ovvero la precedente fase 
preparatoria, concretizzano pertanto un vizio di capacit�, che legittima unicamente 
la Amministrazione, ex art. 1441 e.e., ad ottenere l'annullamento del 
contratto in vfa di azione o di eccezione; per contro la operativit� del contratto, 
riguardando la stessa esistenza o meno di fatti costitutivi di vincoli 
obbligatori per i contraenti, pu� essere invocata da ciascuna parte. 

L'affermazione contenuta nella sentenza, perspicua per lo sforzo ricostruttivo 
che � stato compiuto, si colloca in posizione isolata rispetto all'orientamento 
dominante delle non numerose pronunzie giurisprudenziali. Tra le 
decisioni precedenti si ricordano Cass. 16 maggio 1962, n. 1092, Cass., 4 mag



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

491 

una categoria generale di inefficacia nella quale, in concreto, rientrano 
tufte quelle ipotesi in: cui all'atto non si ricollegano gli effetti ad essi 
propri. 

Orbene, in tale ampia categoria vanno comprese sia le ipotesi in 
cui la mancanza di effetti deriva da una deficienza intrinseca dell'atto, 
ed in tale caso si suole parlare di invalidit� dell'atto, che le ipotesi in 
cui, al contrario, la mancanza di effetti deriva da un elemento estrinseco, 
ed, in tale ultimo caso, si suole parlare di inefficacia dell'atto giuridico. 
La inefficacia di un negozio, che pi� da vicino riguarda la fatti� 
specie concreta, suole ora, verificarsi non solo nei casi in cui la efficacia 
di detto negozio � fatta dipendere da un evento estraneo per autodeterminazione 
delle parti, ma anche in tutti quelli in cui la legge fa dipendere 
gli effetti di un negozio da un particolare evento (c.d. �condicio 
juris �) nel cui ambito vengono ricondotti i casi pi� diversi e nei quali 
in pratica la fattispecie produttiva di effetti giuridici comprende, oltre 
il negozio, anche altri fatti o atti, quali quelli emanati da determinate 
autorit� alle quali � affidato un compito di controllo per specifiche attivit� 
sia nell'interesse dei singoli (rilascio da parte del giudice di apposite 
autorizzazioni) che nell'inter�esse pubblico, ad esempio, le richieste 
di approvazione dei contratti stipulati dalla p.a. 

Va, a tale punto, precisato che l'approvazione da parte dell'organo 
di controllo del contratto concluso dagli enti pubblici non pu�, per�, 
ritenersi elemento integrativo della volont� di una delle parti contraenti, 
n� la stessa pu� inserirsi nel processo formativo del negozio, cos� da 
costituirne un elemento rilevante ai fini della sua conclusione, ma deve 
delinearsi unicamente quale elemento estrinseco al negozio medesimo 
con la ulteriore conseguenza che la detta approvazione pu� sopravvenire 
alla conclusione del contratto stesso. 

gio 1963, n. 1103 e Cass. 5 dicembre 1973, n. 3315 -resa, la prima, proprio in 
fattispecie relativa alla mancata approvazione di contratto concluso iure privatorum 
-nelle quali si ribadisce che il difetto di autorizzazione o di approvazione 
non importa la radicale nullit� del negozio, bens� la sola annullabilit� 
dello stesso, che pu� essere fatta valere solo dall'Ente pubblico, essendo posta 
la annullabilit� nel prevalente interesse della collettivit�; si veda anche, pi� 
in generale, Cass., 13 ottobre 1986, n. 5983. 

In dottrina non sono molti g1i scritti che si danno compiutamente carico 
della problematica esaminata dalla Corte, facendosi per lo pi� richiamo tralaticiamente 
all'orientamento dominante della giurisprudenza (per tutti si veda 
BIANCA, Diritto Civile, vol III, 43 -ss); qualche spunto problematico in SANDULLI. 
Diritto Amministrativo, I, 714 -ss. e in S. A. ROMANO, in Dizionario Dir. Amm.vo 
Guarino, I, 790 -ss. 

Nel senso che la conclusione di un contratto di contenuto in tutto o in 
parte diverso da quello deliberato dall'organo competente realizza un vizio del 
consenso dell'Ente, a rilevare il quale solo l'Ente stesso � legittimato, v. Cass., 
7 aprile 1989, n. 1682. 



492 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Da tale principio �scaturisce come principale conseguenza che il contratto 
non approvato dall'organo di controllo non spiega gli effetti del 
negozio voluto dai contraenti e ci� fin quando non intervenga la pre


I

scritta approvazione che, ha pertanto, funzione di vera e propria condizione 
sospensiva dell'efficacia del contratto stesso. ~


I 

Specifico effetto di quanto sopra � che la intervenuta approvazione 
da parte dell'organo di con!trollo vi.ene a determinare la efficacia retroattiva 
della convenzione con decorrenza dalla data di sua conclusione, 
mentre il diniego della approvazione stessa fa venire meno gli obblighi 
gi� sorti con la stipula del contratto che in tale situazione non � pi� 
eseguibile per cui il privato, nei casi di anticipata esecuzione, ha diritto 
al ripristino della situazione antecedente con il ristoro di ogni pregiudizio 
subito dalla sua sfera patrimoniale. 

Pu�, quindi, concludersi che l'approvazione di un contratto, concluso 
� jure privato � dalla Pubblica Amministrazione, da parte dell'organo di 
controllo a tale compito delegato, non riguarda, ripetesi, l'iter formativo 
del contratto stesso, ma opera unicamente secondo la disciplina 
delle condizioni, di guisa che, al suo verificarsi, il contratto stesso diviene 
inefficace � ex tunc �. 

Come corollario di quanto precede deve, pertanto, affermarsi il prin� 
cipio che mentre i vizi concernenti l'attivit� negoziale dell'ente pubblico, 
sia che si riferiscano al processo di formazione della volont� dell'Ente, 
sia che si riferiscano alla fase preparatoria ad essa precedente, 
sono deducibili, tradUiCend'osi in un difetto di capacit� dell'ente, esclusi


I

vamente dall'ente pubblico al fine di ottenere l'annullamento del contratto 
ex artt. 1441, 1442, IV comma e.e.; la operativit� o meno del 
contratto per effetto della intervenuta o mancata approvazione tutoria 
pu� essere, al contrario, dedotta da entrambe le parti contraenti, essendo 
le stesse sul medesimo piano, per cui sia il privato che la pubblica 

I

amministrazione possono invocare la inefficacia del negozio, in quanto ili 
l'intervenuto diniego di approvazione, operando quale � condicio juris � ~ 
retroattivamente sulla efficacia del contratto, fa venir meno allo stesso 
ogni possibilit� di potere costituire fonte di obbligazione per i contraenti, 
onde anche il privato, si ribadisce, definitivamente liberato 
dagli obblighi contrattuali, � legittimato a fare valere, al pari dell'Ente 
pubblico, la inefficacia della convenzione. 

Alla luce del principio di diritto dinanzi affermato, l'iter argomentativo 
della Corte di Appello, secondo la quale la mancanza di approvazione 
tutoria del contratto e la conseguente inefficacia del medesimo 
sarebbero deducibili unicamente dalla P.A., non pu� condividersi e ci� 
perch� il contratto stipulato dall'ente pubblico, in attesa dell'approvazione 
da parte dell'organo di controllo, � inefficace, come si � sopra ricordato, 
per entrambe le parti per essere l'approvazione suddetta condizione 
non derivante dalla volont� delle parti stes,s�e, ma condizione im



PARTE I, SBZ. III;.'GIURISPRUDBNU,. CIVILE, GIURISDIZIONE B APPALTI 

493 

propria, �in quanto rispondente ad esigenze che �hanno fondamento nell'Ordinamento 
giuridico; quindi non eliminabile od inseribile per volont� 
dei contraenti; ed in tale situazione giuridica entrambe le parti contraenti 
possono, pertanto, farne valere la i.:'Operativit�. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un;, 8 ottobre 1991, n. 10513 -Pres. Brancaccio 
� Rel. Nardino� P. G. Amatucci (conf.). Palombo (avv. D'Aloisio) 

c. ACOTRAL (avv. Mileto). 
Lavoro -Prestazi<>ni. domenicali -Ristoro sotto forma monetl;lria o altra 
forma contp�llsativa �. 

Lavoro -. Dipendenti da. imprese di pubblici trasporti � Turni domenicali 
Progranunati..� Previsioni retributive della contrattazione collettiva � In� 
terpretazione-. 

Lavoro � �Trattarriento� ec�n�lllic~normativo concordato in sede collettiva Contrariet� 
ai� precetti dell'art. 36 Cost. -Criteri�. interpretativi. 

Il diritto del lavoratore � turnista � ad essere compensato per la 
particolare penosit� del lavoro svolto nelle giornate di domenica; pu� 
essere soddisfatto non solo mediante l'erogazione di � un supplemento 
di paga � �specificamente riferito �a tale prestazione e determinato nel 
suo ammontare, ma anche, indirettamente, con l'attribuzione di vantaggi 
e benefici contrattuali di diversa natura, che valgano a � differenziare � 
il loro complessivo trattamento economico-normativo rispetto a quello 
dei lavoratori che usufruiscono del riposo domenicale (1). 

Per escludere il riferimento al lavoro �domenicale di benefici .,.__ economici 
o normativi -accord.ati soltanto ai la.voratori soggetti a detta 
prestazione, non � sufficiente rilevare la mancanza, nella normativa contrattuale; 
di una previsione esplicita a tale riguardo, ma occorre individuare 
concretamente una. ragione diversa e specifica della particolare 
attribuzione, in quanto l'obbligo del lavoro domenicale per il personale 
viaggiante delle imprese esercenti pubblici trasporti � un fatto del tutto 
consueto e normale e si svolge secondo turni �ontrattualmente programmati 
(2). 

L'affermazione della contrariet� ai precetti dell'art. 36 Cost. del 
trattamento economico-normativo dei lavoratori, concordato in sede col


(1-3) Le Sezioni Unite, con la sentenza in rassegna, hanno inteso dare un 
indirizzo ai giudici di merito nelle controversie, in cui il lavoratore chiede 
qualcosa in pi� di quanto previsto dalla contrattazione collettiva, affrontando 
poi in particolare la problematica della giusta retribuzione nei confronti dei 
dipendenti delle aziende di pubblici trasporti impegnati in turni domenicali 
e festiVi. 

8 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

494 

lettiva, richiesta estrema cautela per un duplice ordine di ragioni: a) 
perch� funzione essenziale e tipica delle Organizzazioni sindacali de~ 
lavoratori � quella di tutelare, nei confronti della controparte datrice� 
di lavoro, gli interessi degli associati; bI perch� ogni intervento del 

'giudice sull'assetto dei contrapposti interessi realizzato in sede collettiva 
rischia di incidere sull'autonomia negoziale delle parti contraenti e di 
rompere gli equilibri economici cui la contrattazione collettiva � pervenuta 
(3). 

(omissis) 1) Con il primo mezzo il ricorrente, denunciando �viola� 

zione dell'art. 360 n. 3 c.p.c. e omessa applicazione dell'art. 36 della Costitu


zione Italiana �, addebita al Tribunale di Roma di essersi erroneamente 

discostato dall'insegnamento di questa Suprema Corte e della Corte 

Costituzionale secondo cui il lavoratore costretto (sia pure per legittime 

esigenze del datore di lavoro) a prestare la propria opera nelle giornate 

di domenica ha diritto ad una specifica maggiorazione retributiva idonea 

a compensare la penosit� (e quindi la specia~e �qualit��) di tale presta


zione, in ossequio al precetto dell'art. 36 !Cost. 

Con il secondo mezzo il ricorrente deduce � violazione dell'art. 360 

n. 5 c.p.c. -erronea e contraddittoria motivazione�, e sostiene che il 
Tribunale, dopo aver riconosciuto essere � il cospicuo muner.o di giorni di 
riposo aggiuntivo .... mera conseguenza delle delazioni (operativit� h. 
24) �, ha contraddittoriamente affermato, senza peraltro esporre le ragioni 
del suo convincimento, che tali riposi si correlavano casualmente 
alla particolare penosit� �(m precedenza negata) del lavoro domenicale, 
disattendendo l'orientamento della giurisprudenza che considera a tal fine 
rilevanti i soli incrementi retributivi specificamente destinati a compensare 
il suddetto sacrificio.. Lamenta inoltre il lavoratore che i giudici di 
appello, neM'esprimere il giudiiio circa l'asserita idoneit� del trattamento 
� globale � ad assicurare il ristoro del disagio connesso alla prestazione 
domenicale, abbiano erroneamente considerato .anche la speciale indennit� 
prevista dall'accordo collettivo del 21 maggio 1981, in vigore dal 
1� giugno 1981, senza avvedersi che la domanda giudiziale era chiaramente 
limitata al periodo anteriore a ta1e data, d!urante il quale nessuna forma 
di compenso era contrattualmente prevista per l'anzidetta prestazione. 
2) Per la corretta soluzione de1le questioni prospettate dal ricorrente 

� opportuno ripercorrere le tappe della elaborazione giurisprudenziale in 

tema di lavoro domenicale e puntualizzare i criteri di determinazione del 

relativo compenso, eventualmente spettante al lavoratore. 

A tal riguardo si sono, in passato, delineati due contrapposti orienta~ 

menti della Sezione Lavoro di questa Corte: secondo il primo, i lavoratori 

� turnisti � obbligati a prestare la loro opera nelle giornate di domenica 



PARTE I, SEZ. III1 GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

comprese nel turno non avevano diritto ad alcuna maggiorazione. retributiva, 
ove fruissero. di altro giorno di riposo compensativo nell'arco di 
sette giorni; il secondo indirizzo seguiva, .invece, l'opposto principio per il 
quale il lavoro domenicale, pur in. presenza della previsione contrattuale 
di un riposo compensativo in altro giorno della settimana, deve ritenersi 
caratterizzato da maggiore penosit� .ed implica pertanto una pi� elevata 
temurieraoone a :noima dell'art. 36 della Costituzione. 

�Ii contrasto � stato composto� da11e Sezioni Unite, con la sentenza 
10 novembre 1982, n. 59.23, fri senso sostanzialmente conforme a quest'ultimo 
orientamento, sulla base delle seguenti considerazioni: 

.:-Bench� l'art. 36,. comma terzo, della Costituzione non contenga alcuna 
prec:lsazione circa il giorno che deve ritenersi destinato al ripo~o 
settimanale, � tuttavia possibile ricavare da varie norme (art. 3 L. n. 370 
del 1934, non riguardante specificamente il personale dipendente da imprese 
esera�nti pubblici trasporti; art. 2109, 1� comma, cod. civ. ; art. 8, 
2� corro:na, L. n. 138 d.d 1988; art. 2, n. 5, P. H della carta sociale europea 
16 ottobre 1961 ratificat~ in Italia c0n la legge n. 929 del 3 luglio 1965) �un 
principio d'ordine generale presente nell'ordinamento positivo� secondo 
il quale �il giorno del riposo settimanale deve� eoincidere di regola con 
la domenica�, essendo questo il giorno� in cui, nell'ambito della comunit� 
dove illavoratore vive, � organizzata in forme varie l'utilizzazione del tempo 
libero e nel quale pertanto il lavoratore stess� pu� maggiormente dedicarsi 
alle tipiche forme di vita familiare ed ai relativi doveri, nella normale 
concomitanza, �tra raltro, del ripos� settimanale del coniuge che a 
sua volta svolga attivit� lavorativa �. 

-Posto, dunque, che il riposo settimanale non ha soltanto lo scopo 
di consentire il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore, ma 
serve anche a rendere possibille un'adeguata partecipazione del medesimo 
a quelle forme di vita familiare, sociale e di relazione che per consuetudine 
si svolgono di domenica, non pu� disconoscersi che il lavoro espletato 
in tale giorno, per apprezzabi'li esigenze dell'attivit� economica di 
determinate imprese (come quelle che gestiscono servizi di pubblico trasporto), 
sia� caratterizzato da una maggiore penosit� a causa della rinunzia 
alla vita familiare� e sociale, del che si � detto, per cui tale maggior 
costo personale, e cio� tale diversa. � qualit� � della prestazione rispetto 
all'attivit� svolta nel normale periodo settimanale ,impone in ogni caso un 
adeguamento della retribuzione�, a norma dell'art. 36 -comma 1� della 
Costituzione, �che per l'appunto rapporta la retribuzione anche alla 
qualit� del lavoro,. da intendersi non soltanto sotto il profilo dell'intrinseco 
suo pregio oggettivo, x;na altTes� con riguardo al maggior costo personale 
che esso comporta per il lavoratore �, E tale � maggiorazione economica 
�, destinata a compensare � il lavoro svolto nel giorno destinato al 
riposo settimanale � (anche quando sia previsto il � riposo compensativo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

496 

nell'arco cli sette giorni�), pu� essere determinato dal giudioe con riferimento 
al � supplemento di paga � stabilito dalla contrattazione collettiva 
per il lavoro festivo o, in mancanza, �al compenso proprio del lavoro 
straordinario � (nella misura prevista dalle stesse fonti collettive o, in difetto, 
nella misura legale minima). 

-Peraltro, � quando si tratti cli lavorazioni programmate secondo 
turni tali che per determinati lavoratori il giorno di riposo settimanale 
venga, pur nell'ambito cli sette giorni, ad essere spostato rispetto alla 
domenica, il giudioe deve specificamente accertare, attraverso l'esame 
della disciplina collettiva applicabile, se detto spostamento -e perci� 
il sacrificio della domenica, ancorch� con il riposo compensativo -trovi 
nella determinazione dell'ammontare complessivo della retribuzione prevista 
a favore di tali lavoratori una propria conglobata specifica forma 
di remunerazione, il che potrebbe desumersi dalla circostanza stessa che 
siffatti turni siano stati contrattualmente concordati e che la retribuzione 
per i dipendenti ad essi assoggettati presenti conotazioni differenziate 
rispetto a quella degli altri lavoratori, per cui in tal caso ovviamente 
non spettano ulteriori maggiorazioni�. 

3) Tali concetti sono stati ripresi e ribaditi in tutte le successive 
pronunzie cli questa Corte nella materia in esame (cfr. Cass. nn. 119/91; 
2175/90; 1264/90; 4575/89; 3110/89; 1085/89; 560/89; 54%/88; 5416/88; 5326/88; 
4232/88; 8535/87; 8477/87; 8417/87; 5110/87; 7860/86; 6165/86; 5119/86; 3579/86; 
3617/85; 3142/85; 3104/85; 5667/84; 3491/83 e numerose altre decisioni 
conformi), sicch� possono ritenersi ormai consolidati i principi affermati 
con la menzionata sentenza delle Sezioni Unite: il che, peraltro, non impedisce 
di cogliere, nella loro concreta applicazione alle singole fattispecie 
sottoposte al giudizio della Corte, perduranti aspetti di incertezza, 
che riguardano soprattutto il problema della individuazione cli connotati 
�differenziati� -nel trattamento globale pattizio dei lavoratori che, per 
effetto dei turni, prestano la loro opera nelle giornate di domenica -rispetto 
a quello degli altri dipendenti che fruiscono regolarmente del 
riposo domenicale, nonch� il connesso problema della riferibilit� causale 
di tale miglior trattamento alla particolare penosit� della prestazione 
eseguita la domenica. 

La mancanza cli una linea uniforme, nella giurisprudenza della Corte, 
su tali questioni � pi� apparente che reale, dipendendo il pi� delle volte 
la diversit� delle decisioni -in casi simili o analoghi -da rilievi che 
attengono alla correttezza logico-giuridica della motivazione delle sentenze 
impugnate o al rispetto, da parte del giudice del merito, delle 
regole legali di ermeneutica nella interpretazione della disciplina pattizia 
dei rapporti di lavoro dedotti in giud�zio. Non mancano, tuttavia, in 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

alcune pronunzie profili sostanziali di contrasto, pur nella dichiarata 
generale. adesione ai principi innanzi ricordati. 

Si �, in particolare, osservato che, pur essendo astrattamente configurabtle 
l'inosservanza, (anche) da parte della contrattazione collettiva, 
dei precetti di cui all'art. 36 Cost., l'accertamento a tal riguardo deve 
essere �estremamente rigoroso,.pr9prio in considerazione del contemperamento 
di interessi fra le parti contrapposte che tale contrattazione rappresenta 
e .della necessit� cli non rompere gli equilibri economici cui essa 
� pervenuta�, sicch� �non .� sufficiente ..... la constatazione che il contratto 
collettivo non prevede una speciale indennit� per il lavoro prestato 
<li domenica dal personale viaggiante � (alle dipendenze di imprese esercenti 
pubblici trasporti) � per ritenere automaticamente dovuta una maggiorazione 
della retribuzione, compensativa cli tale sacrificio. Proprio 
perch� per il personale viaggiante la prestazione del lavoro domenicale 
� un fatto del tutto consueto e normale e si svolge secondo turni contrattualmente 
program~ti, deve scrupolosamente accertarsi se il lavoro 
domenicale trovi nell'ammontare .complessivo delia retribuzione oppure 
. . . . . nella riduzione del normale orario di lavoro e nella concessione 
di un numero di riposi settimanali superiore al minimo legale una propria, 
ancorch� conglobata, specifica fonna di remunerazione � (Cass. 

19. 5. 1983 n. 3491 e 3. 10. 1988 n. 5326, pronunciate nella stessa causa; cfr. 
anche, in ordine alla rilevanza dei �riposi aggiuntivi� e di altri vantaggi 
di natura economica o norma,tiva, ai fini che qui interessano, Cass. nn. 
5667/84, 5119/86, 5110/87, 1085/89, 4575/89). 
In linea con le decisioni ora menzionate � una recentissima pronunzia 
della Sezione Lavoro, nella quale si afferma che l'indagine circa la 
presenza, nella � retribuzione globale di fatto � e nel � trattamento generale 
del rapporto �, di un �corrispettivo del maggior disagio derivante 
dalla prestazione lavorativa in giorno di domenioa �,non pu� essere limitata 
all'accertamento della previsione, nella disciplina collettiva, di � una 
maggiorazione economica ad hoc per ogni giorno di lavoro domenicale�, 
ma deve . tener conto del � complesso del trattamento differenziale concesso 
ai lavoratori impegnati in turni anche domenicali e ravvisabile -anche 
se per implicito -nel godimento di un numero di riposi annuali o 
nella spettanza di erogazioni economiche superiori derivanti da maggiorazioni 
connesse ai turni di lavoro ovvero al totale della retribuzione 
pure concessa al lavoratore �. E pertanto, ai fini del giudizio circa la 
sussistenza, nella disciplina contrattuale del rapporto, di una forma di 
remunerazione �della penosit� domenicale�, �deve essere privilegiato, 
pur ove non ricorra una espressa indennit� in tal senso, l'unitario complesso 
dei benefici usufruiti dal lavoratore, mentre invece deve essere 
escluso che tale penosit� venga compensata soltanto quando il differenziato 
trattamento sia espressamente rapportato ad una previsione di onerosit� 
dei turni lavorativi nel loro normale alternarsi e, quindi, ad una 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

498 

diversa tipicit� di prestazione senza alcun collegamento, sia pure implicito, 
con l'attivit� svolta di domenica� (Cass. 9.1.1991 n. 119; cfr. anche le sentenze 
ivi menzionate). 

Ad opposti criteri appaiono informate altre sentenze della stessa 
Sezione Lavoro, nelle quali, indipendentemente dagli accertamenti di 
fatto che caratterizzano le singole fattispecie decise, assume rilevanza 
di principio l'affermazione secondo cui le � agevolazioni sui tempi di 
lavoro� (come la fruizione �di nove giorni in pi� di riposo per ogni 
anno� ed altri vantaggi �nell'organizzazione dei turni-�) �non appaiono 
tradursi m una specifica maggiorazione economica per il lavoro 
Jomenicale, vale a dire in un concreto supplemento di paga � (Cass. 
15.9.1987, n. 7256; cfr. anche Cass. n. 1264/90). A maggior chiarimento 
di tale opinione si aggiunge (nella citata sentenza n. 7256/87) che il 
giudice del merito deve �acquisire la certez2la che per ogni giorno di 
lavoro domenicale, senza distinzione �, sia garantita al lavoratore � una 
maggiorazione economica ad hoc e che l'accertamento � circa la possibilit� 
che il compenso per il lavoro domenicale sia conglobato nella 
retribuzione complessiva comporta in ogni caso l'esame della struttura 
della retribuzione stessa e l'individuazione -contabilmente apprezzabile 
-di tale compenso �. 

4) Le Sezioni Unite, cui il ricorso � stato assegnato ai fini della 
composizione del cennato profilo di contrasto, ritengono di dover prestare 
adesione, pur con alcune necessarie puntualizzazioni, all'orientamento 
segnato dalle sentenze nn. 3491/83 e 119/91. 

Premesso che non sussistono ragioni per rimettere in discussione 
i principi dettati, in materia di remunerazione del lavoro domenicale, 
dalla menzionata pronuncia n. 5923 del 1982, occorre innanzi tutto 
richiamare l'esatta osservazione, contenuta nella sentenza n. 3491/83 
(ed in quelle successive che ne hanno seguito la linea argomentativa), 
secondo cui l'affermazione della contrariet� ai precetti dell'art. 36 Cost. 
del trattamento economico -normativo dei lavoratori, concordato in 
sede collettiva, richiede estrema cautela, per un duplice ordine di 
ragioni: a) perch� funzione �essenziale e tipica delle organizzazioni Sindacali 
dei lavoratori � quella di tutelare, nei confronti della controparte 
datrice di lavoro, gli interessi degli associati, curando in particolare 
che la remunerazione delle varie categorie di lavoratori sia stabilita 
avendo riguardo (anche) alle modalit� e caratteristiche delle prestazioni 
loro richieste e risulti, in definitiva, conforme ai criteri inderogabili 
dettati dalla suddetta norma costituzionale; b) perch� ogni intervento 
del giudice sull'assetto dei contrapposti interessi realizzato in sede collettiva 
rischia di incidere sull'autonomia negoziale delle parti contraenti 
e di � rompere gli equilibri �economici cui (la contrattazione collettiva) 
� pervenuta� (cos� Cass. n. 3491/83 cit.). 



PARTE I, SEZ. '.III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

Ti;�i rilievi sono ancor pi� pertinenti se riferiti allo speciale rap� 
porto di lavoro degli autoferrotramvieri, la cui. disciplina giuridica de� 
manda totalmente �alle � co01petenti . associazioni . sindacali� il compito 
di determinare~ sia pur nel rispetto (iei principi generali fissati dalla 
legge, � gli. stipendi,. Je paghe, le competenze accessorie ed ogni altra 

. indellll}t� fi,ssa Q. telllpor~ea di ql!alsiasi natura . .spettanti .al personale� 
(art. 1 cpv. R.D. 8 gennaio 1931 n. 148). Si deve, pertanto, presumere 
che, ove .. r,i:suJ:tino ~tt.ite ---.. a livello nazionale, locale. o aziendale conQ:
i;iioni di favore ris~rvate ai soli lavoratori che, per effetto dei turni 
di gecy~zio, presta,no.. laJoro opera nelle giornate di dotl1enica, .i vantaggi 
(di qualsl:asi natura) loro attribuiti siano causalmente collegati, per 
volont� quanto. meno implicita. delle parti contraenti, alla gravosit� del 
lavoro domenicale, che differenzia sotto il profilo qualitativo tale prestazione 
rispetto . a quella ordinariamente svolta negli altri giorni della 
settimana (c()ll .la giornata di riposo coincidente con la domenica) e 
conse~entemente .~u.s:tifica la previsione, in sede .. di. contrattazione col� 
lettiva, di un trattamento globale parimenti �differenziato�, in considera,
ziope .. cl.el particolare sacrificio l(Jro richiesto. 

A. diyersa conclusione pu� giungersi nel caso in cui il giudice, in 
esito 1ad un'approfondita roialisi della disciplina contrattuale nel suo 
complesso, escluda l'esistenza di �connotazioni. differenziate � nel trat� 
tamento dei suddetti lavoratori oppure accerti, sulla base di elementi 
concreti .e specifici, che le parti contraenti abbiano inteso riferire il 
pi� faviorevole trattamento degli stessi lavoratori a cause diverse 
dalla effettuazione dei turni programmati e dall'espletamento del lavoro 
domenicale (che � conse~enza diretta e necessaria dei turni stessi, 
..:omprensivi della domenica). 
� questo il criterio� di fondo enunciato nella sentenza delle Sezioni 
Unite n. 5923/82,. il cui iter argomentativo non giustifica affatto l'af� 
formazione, contenuta nella successiva pronuncia della Sezione Lavoro 

n. 7256/87, secondo la quale le anzidette �connotazioni differenziate� 
dovrebbero necessariamente consistere in un � supplemento di paga�, 
ossia in un �compenso �contabilmente apprezzabile� (e quindi monetiz� 
zato), mentre sarebbero irrilevanti, al fine di ritenere contrattualrrfente 
compensato � il disagio insito nel lavoro domenicale �; vantaggi� di diver� 
sa natura, costituiti da mere � agevolazioni sui tempi di lavoro, che non 
appaiono tradursi in una specifica maggiorazione economica � Al contrario, 
nella .pronuncia delle Sezioni Unite (e nella prevalente giurisprudenza 
successiva) si � opportunamente precisato che l'esistenza di una 
forma 1� conglobata � di remunerazione del lavoro domenicale pu� 
desumersi dalla circostanza che. anche i turni di servizio (e quindi il 
numero e la cadenza delle prestazioni domenicali) sono, al pari del 

500 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trattamento �differenziato�, �contrattualmente concordati� in sede 
collettiva, cos� sottolineandosi il nesso normalmente esistente tra la 
previsione dell'obbligo, per determinate categorie di lavoratori, di prestare 
a turno la loro opera anche nelle giornate di domenica e la pattuizione 
di un trattamento pi� vantaggioso, nel suo complesso, rispetto 
a quello degli altri dipendenti che ad un tale sacrificio non sono soggetti. 


L'interpretazione �restrittiva�, innanzi riferita, dell'indirizzo delle 
Sezioni Unite non � condivisibile, perch� limita arbitrariamente la 
portata dei criteri enunciati in sede di composizione del precedente 
contrasto di giurisprudenza, senza tener conto del fatto che, nelle articolate 
previsioni della contrattazione collettiva, il corrispettivo del disagio 

o della penosit� derivante da particolari modalit� di svolgimento della 
prestazione lavorativa non sempre � costituito da una indennit� specifica e 
diretta, ma � sovente rappresentato da vantaggi nel trattamento normativo, 
non meno rilevanti sul piano concreto, specie quando si traducano 
-come nell'ipotesi di concessione di un maggior numero di riposi 
annuali retribuiti -anche in un beneficio economicamente apprezzabile, 
non potendosi negare consistenza patrimoniale ad una pattuizione in 
forza della quale le giornate o i tempi di lavoro risultano ridotti, senza 
una corrispondente riduzione della retribuzione. Non avrebbe senso, 
del resto, l'accertamento circa l'esistenza, neHa contrattazione collettiva, 
di un compenso per il lavoro domenicale �conglobato � (cio� ricompreso 
nel trattamento complessivo dei lavoratori di una determinata 
categoria, pur se non riferito esplicitamente alla suddetta pres.tazione) 
e tale da conferire � connotazioni differenziate � al trattamento stesso, 
se poi si afferma l'irrilevanza di qualsiasi vantaggio o beneficio (come la 
concessione di un maggior numero di riposi annuali) che non consis.ta 
in una � specifica maggiorazione economica � ad hoc, � contabilmente 
apprezzabile�, da ci� derivando l'inaccettabile conclusione che sarebbe 
-sempre ed automaticamente -dovuto un compenso ulteriore per 
il lavoro in questione, anche quando sia possibile acquisire, attraverso 
l'esame della disciplina collettiva e l'interpretazione della volont� delle 
parti contraenti, la ragionevole certezza che, sotto altra idonea forma, 
sia stato considerato e compensato il sacrificio delle prestazioni domeni� 
cali. 
Non � superfluo aggiungere che l'opinione -qui non condivisa -della 
Sezione Lavoro (espressa nella sentenza n. 7256/87) contrasta anche con 
l'orientamento della Corte Costituzionale, che ha dichiarato � non fondata, 
nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 5 della legge 27 maggio 1949 n. 260, modificato dall'art. 1 della 
legge 31 marzo 1954 n. 90, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost ...... �, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 501 

in base al rilievo che, secondo � un indirizzo giurisprudenziale ormai 
costante, anche della Cassazione, ..... i lavoratori addetti ai pubblici servizi 
di trasporto, per il lavoro prestato nella domenica compresa nel turno, 
hanno diritto ad una maggiorazione del salario �, a norma dell'art. 36 
Cost., che valga a compensare la �maggiore penosit�.� (e quindi la �diversa 
qualit��) di tale lavoro rispetto a qu�llo svolto nei giorni feriali� 
(cfr. sentenza n. 16 del 22 gennaio 1987); ma anche la Corte Costituzioriale, 
recependo integralmente e meglio precisando il cennato �ndirizzo, 
non ha mancato di avvertire che � si dovr�, in ogni caso, anche considerare 
se, rispetto ai lavoratori di categorie che riposano normalmente 
la domenica, un �compenso proprio sia gi� compreso in quello ordinario 
e normale spettante al lavoratore o in altri eventuali benefici, quali, per 
esempio, i riposi ulteriori, le riduzioni di orario ecc.,. accordate alla categoria 
proprio in considerazione della specialit� del lavoro svolto che esige 
turni laV10tativi comprensivi anche della domenica �. 

. I..a Corte ha cos� espressamente riconosciuto la rilevanza, ingiustificatamente 
negata da Cass. n. 7256/87, degli �altri benefici� (ed in 
particolare della fruizione di un maggior numero di riposi annuali) in 
alternativa alla previsione contrattuale di un � compenso proprio �, specificamente 
riferito alla prestazione domenicale �imposta dal turno di 
servizio. Per identiche ragioni (come si evince dal richiamo alla precedente 
pronuncia n. 16 del 1987) la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato 
manifestamente infondata anche la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 3 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 370, sollevata in riferimento 
all'art 3 Cost. (cfr. ordin n. 97 del 26 gennaio 1988), sicch� pu� 
ritenersi definitivamente acquisito, anche nella giurisprudenza costituzionale, 
il principio secondo cui il diritto del lavoratore � turnista � ad 
essere compensato per la particolare penosit� del lavoro svolto nelle 
giornate di domenica pu� essere soddisfatto non solo mediante l'eroga� 
zione di un � supplemento di paga � specificamente riferito a tale prestazione 
e determinato nel suo ammontare, ma anche -indirettamente con 
l'attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, 
che valgano a � differenziare � il loro complessivo trattamento economico-
normativo rispetto a quello dei lavoratori che usufruiscono del riposo 
domenicale. 

Ne consegue che, ove sia positivamente accertata l'esistenza, nella 
disciplina collettiva del rapporto, delle anzidette � connotazioni differenziate
�, il solo problema che il giudice deve risolvere consiste nello stabilire 
se esse siano, o non, sinallagmaticamente collegabili alle prestazioni domenicali 
imposte dai turni programmati e concordati. 

L'apprezzamento a tal riguardo -ovviamente riservato al giudice del 
merito, avendo ad oggetto l'interpretazione della disciplina contrattua



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le -� sindacabile in sede di legittimit� nei limiti del controllo della 
correttezza logico-giuridica della motivazione e dell'esatta applicazione 
delle regole legali di ermeneutica. Non � tuttavia superfiluo avvertire che 
siffatta indagine va compiuta in base a criteri di normalit� causale e di 
ragionevolezza, senza indulgere ad un eccessivo rigorismo, sicch� per 
escludere il riferimento al lavoro domenicale dei benefici -economici o 
normativi -accordati soltanto ai lavoratori soggetti a detta prestazione, 
non � sufficiente rilevare la mancanza, neHa normativa contrattuale, di 
una previsione esplicita a tal riguardo oppure ipotizzare in termini 
astratti altre eventuali cause giustificative del trattamento � differenziato 
�, e tanto meno collegare genericamente al disagio del � turno � i vantaggi 
�differenziati� (senza considerare che l'obbligo del lavoro domenicale 
-come gi� si � detto -� inscindibilmente connesso alla programmazione 
dei turni di servizio), ma occorr�e individuare concretamente una 
ragione diversa e specifica della particolare attribuzione. E soltanto in 
quest'ultimo caso pu� essere riconosciuto il diritto del lavoratore ad una 
� maggiorazione economica � per le prestazioni svolte di domenica, da liquidarsi 
in base ai parametri indicati (a titolo esplicativo) nella menzionata 
sentenza n. 5923/82. 

5) Per quanto attiene alla controversia in esame si osserva che l'impugnata 
sentenza si � puntualmente uniformata ai principi di diritto innanzi 
enunciati, che le Sezioni Unite intendono ribadire e confermare, ed � 
inoltre sorretta da adeguata e logica motivazione, riassuntivamente 
riferita nella parte narrativa che precede, sia in ordine alla previsione 
contrattuale di un maggior numero di �riposi annuali in favore dei soli 
lavoratori soggetti a turni di lavoro domenicale (circostanza non contestata 
nel ricorso) nonch� di una speciale indennit�, esplicitamente riferita 
alle prestazioni svolte di domenica, a partire dal 1� giugno 1981, sia 
anche in ordine al collegamento causale dei suddetti benefici a tali prestazioni 
(e non �al mero effetto della turnazione�), avendo i giudici 
del merito, con insindacabile apprezzamento, ravvisato nella fruizione 
di un cospicuo numero di riposi �aggiuntivi� (e, successivamente, nell'attribuzione 
di una indennit� pecuniaria) l'elemento di differenziazione 
del trattamento dei lavoratori � turnisti � rispetto a quello del � collega di 
pari qualifica che presta servizio in sei giorni lavorativi con riposo 
domenicale�, da ci� traendo l'ineccepibile conclusione che le prestazioni 
domenicali del ricorrente gi� trovano adeguato compenso (conglobato 
nel suo trattamento complessivo) nella disciplina collettiva del rapporto 
e che non sussisteva, di conseguenza, il diritto ad una ulteriore maggiorazione 
di paga. 

L'impugnata sentenza si sottrae, pertanto, alle infondate censure del 
ricorrente (omissis). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 503 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I; 28 ottobre 1991, n.11459 -Pres. Vela Est. 
Olla '""�� P. M. Fedeli (conf.). Perrucchetti c. Ministero del tesoro 
(Avv. dello Stato De Figueiredo). 

Valuta � :Infrazioni valutarie ��Decreti�ministeriali .emessi �anteriormente all'entrata 
in vigore.deLDJ>;R. 454/87 ~Impugnativa giurisdizionale -Competenza 
funzionale del Pretore � Esclusione. 
(d.P.R< 29:. settembre 1987, n. 454,, art. 32 terzo comma; R.D, 14 aprile 1910, n. 639, 

art. 3). 

La nuova disciplina introdotta dall'art. 31 sesto comma del D.P.R., 
454/87, con competenza in primo grado del Pretore in materia di infrazioni 
val�tarie, non si applic0: alle ipotesi in cui, alla data di entrata in> 
vigore del citato JJ.P.R., il procedimento amministrativo sanzionatorio 
fosse gi� concluso con un decreto del Ministero del tesoro. 

Noii ha rilievo che il decreto ministeriale fosse, a tale data, gi� notificato,
� iii. quanto �z�atto amministrativo � in s� perfetto indipendentemente 
dalla sua ricezione; 

Secondo la ricorrente, il decreto del Ministro del Tesoro del 21 settembre 
1987 non costituisce un atto amministrativo perfetto, posto che 
non era stato notificato e la notifica rappresenta un suo requisito essen� 

La �competenza in materia di infrazioni valutarie pregresse ritorna al Tribunale. 
Impl'.ovviso e radicale � revirement � della Suprema Corte per quanto 
riguarda la competenza del Tribunale (o, meglio, del giudice civile competente 
per valore) in ordine alle infrazioni valutarie sanzionate con decreto ministeriale 
emesso pl:-ini� del 5 dicembre 1987. 
Com'� noto, in tale data era entrato in vigore il D.P.R. 29 settembre 1987, 

n. 454, poi seguito dal D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, il quale, riformando in 
senso 1iberalizzatore l'intero settore valutario, aveva (all'art. 23) modificato 
il decreto ministeriale conclusivo della procedura sanzionatoria da atto aromi� 
nistrativo sanzionatorio, per la cui esecuzione era necessario far ricorso ad nna 
suc�essiva ingiUJ:lZione emessa ai sensi dell'art. 7 del R.D.L. 5 dicembre 1938, 
n. 1928, a decreto di ingiunzione secondo l� �normativa delle infrazioni amministrative 
depenalizzate previste dal� legge 24 novembre 1981, Ii. 689. 
In tale occasione era stata anche introdotta (�ll'art. 31) una nuova disciplina 
del procedimento amministrativo san~ionatorio, e, soprattutto, la competenza 
f:ttnzion�le del Pret<>re � giudicare delle eventuali opposizioni in via 
giudiziale, con particolari poteri e caratteristiche che Vai�llo d�ll� possibilit� 
per l'Amrnillistrazione resistente di stare in giudizio � an:che senza patrocinio 
dell'Avvocatura, all'onere probatorio incombente su di essa, anzich� sull'opponente, 
. dalle comunicazioni e notificazfond eseguite d'ufficio presso gli Uf� 
fici dell'Amministrazione del tesoro alla riduzione dei gradi di giudizio da tre 
a due, giacch� contro la decisione del Pretore � previsto come nnico mezzo 
di impugnazione il ricorso per Cassazione nei modi e nelle forme ordinarie. 

Era pure prevista la norma transitoria (costituita dall'art. 32) secondo 
cui la nuova disciplina si sarebbe applicata � alle violazioni di norme valutarie, 
che comportano l'applicazione di sanzioni amministrative accertate prima ..di 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.0 STATO

504 

ziale, non fosse altro in quanto si tratta d'un atto recettizio; di conseguenza, 
non pu� produrre alcun effetto giuridico, ivi compreso quello 
relativo alla perpetuazione della precedente disciplina normativa. Ne 
deriva che deve trovare applicazione la regolamentazione introdotta dalla 
nuova legge e, perci�, che l'opposizione era assoggettata al regime processuale 
delineato dalla L. n. 689 del 1981: da qui la competenza del Pretore 
di Milano adito. 

L'Amministrazione del Tesoro ha depositato memoria scritta, resistendo 
al ricorso. 
Il pubblico Ministero presso questa Corte, ha chiesto, con requisitoria 
scritta, il rigetto del ricorso. 

Il ricorso � infondato. 

L'art. 32 D.P.R. 29 settembre 1987, n. 454, nel dettare il regime intertemporale 
relativo alle Disposizioni valutarie introdotte con quel testo 
legislativo, prescrive, nel terzo comma, che le norme delegate di cui al 
Titolo quarto che qui interessano (si tratta delle norme relative all'accertamento 
delle violazioni ed alla applicazione delle sanzioni) � si applicano 
alle violazioni di norme valutarie che comportano l'applicazione di 

tale data, semprech� il relativo procedimento non risulti alla data medesima 
concluso con provvedimento divenuto definitivo >>. 

Tale formulazione sembrava non lasciare adito a dubbi nel senso che ri� 

manevano di competenza del Tribunale tutte le opposizioni a decreti mini


steriali emanati prima del 5 dicembre 1987; ed era avvalorata dall'art. 31 set


timo comma del citato D.P.R. 474/87 secondo cui �resta ferma la competenza... 

delle Intendenze di finanza all'esecuzione dei decreti del Ministro del tesoro re


lativi a violazioni di norme valutarie, secondo la procedura prescritta dal testo 

unico 14 aprile 1910, n. 639 �. 

In altre parole l'aggettivo � definitivo � che si legge nel testo dell'art. 43 

sembrava chiaramente riferirsi alla categoria amministrativa dei provvedi


menti emanati dall'organo di vertice della singola Amministrazione, ancorch� 

si trattasse di provvedimenti per i quali era ancora aperta la possibilit� del


l'impugnativa giurisdizionale (1). 

Viceversa nelle prime occasioni in cui la Suprema Corte ebbe ad occuparsi 

della delicata questione, essa ritenne dii interpretare tale aggettivo come rife


rito alle pronuncie giurisdizionali non pi� impugnabili (ovvero passate in giu


dicato); sicch�, in definitiva, essa fin� per ritenere applicabile la nuova di


sciplina processuale, con la competenza funzionale del Pretore, non solo ai 

procedimenti sanzionatori tuttora in attesa di emissione del decreto mini


steriale, ma anche ai procedimenti tuttora pendenti in opposizione a decreti 

ministeriali emanati prima del 5 dicembre 1987. 

In questo senso si espresse dapprima Cass. 3 maggio 1989, n. 2061, secondo 

cui era sufficiente rilevare che anche la disciplina del sequestro valutario si 

applicava retroattivamente, e che la facolt� di procedere all'esecuzione con la 

(1) Nella previgente disciplina del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, com'� noto, non 
esisteva un termine di decadenza per l'impugnazione in via giurisdizionale dei decreti 
ministeriali di condanna; v. PBRRUCCI, Il diritto valutario, Zanichelli, pag. 190. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

505 

sanzioni amministrative accertate prima� del 5 dicembre 1987 �sempre 
che il relativo procedimento non risulti, alla data medesima, concluso 
con provvedimento divenuto definitivo�, 

Dunque, esclude l'applicazione della nuova disciplina allorch�, al 5 dicembre 
1987, fosse stato pronunciato il decreto del Ministro del Tesoro 
ingiungente il pagamento della sanzione pecuniaria pur se non ancora 
notificato all'autore della violazione. 

In altri termini, la norma, nel porre come limite di sbarramento la 
circostanza obbiettiva della conclusione del procedimento con provvedimento 
definitivo, esclude l'applicabilit� della nuova disciplina ai procedimenti 
che abbiano esaurito il loro iter amministrativo, ossia non siano pi� 
suscettibili di ulteriori attivit� in sede amministrativa. 

A tanto conduce, innanzittutto, l'espressa specificazione che il provvedimento 
finale deve essere definitivo, termine, questo, che rinvia immediatamente 
ai provvedimenti amministrativi rispetto ai quali si sia 
esaurita ogni possibilit� giustiziale nel settore. 

Indi, la ratio della norma, manifestamente tesa ad evitare che l'entrata 
in vgiore della nuova disciplina sulla materia relativa al Titoto quarto, 

previgente disciplina del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 non contraddiceva con la 
nuova natura giuridica del provvedimento ministeriale, dovendosi, a suo avviso, 
distinguere le modalit� di esecuzione dei decreti dalla disciplina processuale 
delle opposizioni ad essi. 

Tale orientamento fu poi confermato da Cass. 25 ottobre 1989, n. 4391, 
alla quale finirono per adeguarsi quasi tutti i giudici di merito. 

In particolare il Pretore di Milano che sino allora aveva declinato la propria 
competenza a giudicare delle opposizioni a decreti emanati prima del 
5 dicembre 1987 (2), mut� radicalmente indirizzo affermando la propria competenza 
e decidendo le vertenze nel merito (3). 

Dal canto suo il Tribunale di Milano si adegu� rapidamente all'orientamento 
della Suprema Corte, ed in ripetute occasioni arriv� alla conclusione che 
vertenze gi� pendenti avanti al Tribunale, in opposizione a decreti ministeriali 
emanati prima del 5 dicembre 1987, dovessero essere �devolute� alla competenza 
del Pretore, senza peraltro affrontare e risolvere il problema delle 
modalit� di tale auspicata devoluzione, dal momento che quasi mai l'impugnativa 
originaria avanti al Tribunale era stata proposta entro il termine decadenziale 
di trenta giorni oggi previsto dalla nuova disciplina processuale (4). 

Solo in un caso specifico, con sentenza 9 maggio 1991, n. 3498, il Tribunale 

di Milano afferm� la propria permanente competenza a giudicare delle oppo


sizioni a decreti del Ministro del tesoro emanati prima del 5 dicembre 1987, 

acutamente osservando che giammai la � definitivit�� prevista dall'art. 32 ter


zo comma del D.P.R. 454/87 pu� intendersi come definitivit� dn senso giuri


sdizionale, giacch� non avrebbe senso escludere l'applicabilit� dello jus su


perveniens alle controversie gi� def.inite con sentenza passata in giudicato; e 

(2) Cos� Pret. Milano, 9 gennaio 1989, n. 162 e 31 marzo 1989, n. 1054. 
(3) Cos� Pret. Milano, 2 maggio 1991, n. 1764. 
(4) Cos� Trib. Milano, 20 giugno 1991, n. 4949 e 4969, nonch� numerose altre. 

506 

RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

comporti l'inefficacia dei procedimenti gi� esauriti in sede amministrativa 

e determini la necessit� di iniziare ex novo la procedura di accertamento 
delle infrazioni e di applicazione delle sanzioni. 

Del resto, in questa medesima prospettiva, lo stesso art. 32 dispone 

che anche ove dovesse applicarsi la nuova disciplina, � non si applicano 
i termini perentori di cui agli articoli 28, 30 e 31 �; ossia che non trovano 
applicazione le norme che fissano termini per la contestazione delle violazioni, 
per adempimenti degli organi amministrativi e per la pronuncia 
di ingiunzione al pagamento della sanzione pecuniaria, e che ricollegano 
alla corrispondente omissione !'�estinzione dell'obbligazione al pagamento 
delle som:me dovute per l'infrazione valutaria. Per vero, siffatto precetto 
ribadisce la volont� legislativa tesa ad evitare che il nuovo regime 
possa rendere vana l'attivit� precedentemente svolta, e quindi, anche 
la volont� di escluderne l'applicabilit� quando il procedimento si sia 
esaurito. 

Vale a dire che ai fini dell'inapplicabilit� della nuova disciplina la 
norma prende in considerazione soltanto l'avvenuto esaurimento della 
procedura amministrativa e prescinde totalmente dalla esternazione 
del suo provvedimento finale. 

Pertanto, a tal fine � del tutto irrilevante accertare se il decreto del 
Ministro del Tesoro conclusivo dello stesso procedimento abbia natura 
recettizia e se, perci�, ai fini della perfezione dell'atto nei confronti del


I

l'autore della violazione valutaria, occorra anche la sua notifica: infatti, 

I 

che, pertanto, l'unico significato possibile, oltre che ragionevole, � quello di 
intendere applicabile la nuova disciplina processuale (con relativa competenza 
del Pretore) ai soli procedimenti amministrativi ancora in corso alla data del 
5 dicembre 1987, restando per tutti gli altri dn vigore la competenza del giudice 
gi� investito dell'opposizione secondo la previgente disciplina processuale 
(5). 

Del resto, gi� in precedenza, con ordinanza 16 gennaio 1991, lo stesso rela


tore di quella sentenza, nella sua diversa veste di Pretore, aveva sollevato conflitto 
di competenza che risulta tuttora all'esame della Suprema Corte. 

In questa situazione di grave incertezza, non si pu� che apprezzare il 
nuovo intervento della Corte Regolatrice, la quale, per la verit� senza accennare 
alle precedenti pronuncie della stessa sezione, finalmente conferma la 
perdurante competenza del Tribunale per le vertenze in opposizione a decreti 
ministeriali di condanna emanati prima del 5 dicembre 1987. 

La chiarezza e la linearit� della relativa motivazione, non solo fa giustizia 
delle precedenti diverse pronunzie, confermando il significato dell'aggettivo 
� definitivo� usato dall'art. 23 del D.P.R. 457/87 come riferito al provvedimento 
amministrativo in s�, ma soggiunge, molto opportunamente che a nulla rileva 

la data di notificazione del medesimo (se precedente o anteriore al 5 dicembre 
1987), essendo tale provvedimento in s� perfetto al momento stesso della 

(5) Cos� Trib. Milano, 9 maggio 1991, n. 3498. 

PARm I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE,� GIURISDIZIONE E APPALTI 507 

a tal fine, il precetto posit�vo considera sufficiente la semplice pronuncia 
del provvedimento. 

Di conseguenza, rispetto al caso di specie, una volta che alla data del 
5 dicembre 1987, era stato gi� pronunciato il decreto del Ministero del 
Tesoro conclusivo del procedimento amministrativo relativo alfa infrazione 
valutaria ascritta alla Pet:rucchetti, non potevano trovare applicazione 
le nuove regole; processuali concernenti l'impugnazione in sede 
giurisdizionale �dello stesso d'.�ereto, ma. rimaneva�.in vigoce la� precedente 
disciplina sul tema, dettata, come s'� detto, dall'art 3 R..D. 14 aprile 1910, 

n. 639: sulla sua base, come non � contestato, devono trovare applicazione 
le reg()le sulla competenza per territorio .e per valore dettate 
dal co4ice di rit<;> civile, a.Ila cui stregua: la competenza a conoscere 
dell'opposizione . proposta dalla Perrucchetti appartiene al Tribunale di 
Milano, come ha. correttaniente statuito la sentenza impugnata. 
Il ricorso, pertanto, qeve essere respinto. 

emanazione, e non rilevando, se non ai fini della efficacia, la sua successiva 
notificazione. 

In. tal modo � stata autorevolmente dettata una. disciplina transitoria anche 
per i decr~ti niiniste:dali di condanna cosiddetlti � a cavallo � del suddetto termi'.
ne del 5 dicembre 1987; nel senso che, anche quelli notificati dopo ta:le data, 
ma emanati prima di essa, facendo parte della previgente discipliria, vanno considerati 
come decreti non di ingiunzione, e vanno impugnati �eventualmente 
avanti il giudice competente per valore.. 

UBALDO PERRUCCI 

CORTE DI CASSAZIO.NE, Sez. III civ., 5 novembre 1991, n. 11756 -Pres. 
Tropea -Rel. Vittoria -P. M. Lanni (concl. conf.) Ministero dell'Interno 
(avv. Stato Palmieri) c. Zannelli Anna Maria (avv. Bucchi). 

Locazione � � Immobili urbani adibiti ad attivit� ricreative, assistenziali, 
culturali e scolastiche nonch� a sedi di partiti o sindacati e condotti 
in locazione dallo Stato -Diniego di rinnovazione del contratto alla 
prima scadenza. 

Ai contratti contemplati dall'art. 42, 1� comma, della legge n. 392/78, 
si applica l'intero istituto della rinnovazione tacita come strutturato 
dall'art. 28 e ulteriormente regolato, per quanto attiene alla rinnovazione 
alla prima scadenza, dall'art. 29, in virt� del richiamo, contenuto nel. 2o1 
comma del medesimo art. 42, al preavviso di rilascio di cui all'art. 28 (1)'. 

(1) La giurisprudenza di merito ha risolto la questione decisa dalla Suprema 
Corte in modo non univoco. 
Infatti, una parte di essa (in verit� prevalente) ritiene, in base ad una 
interpretazione testuale, Che l'art. 42, 1� comma, cit., limitandosi a richia




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

508 

1. -Il ricorrente impugna la sentenza del tribunale di Roma denunziando 
un vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto 
(artt. 28, 29, 42, legge 27 \uglio 1978, n. 392 in relazione all'art. 360 n. 3 
cod. proc. civ.). 
Il ricorrente sostiene che il richiamo al � preavviso per il rilascio 
di cui all'art. 28, richiamo contenuto nell'art. 42 della L. 27 luglio 1978, 

n. 392, deve intendersi nel senso di un'applicabilit�, ai contratti considerati 
dallo stesso articolo 42, dell'intera disciplina della rinnovazione recata 
dagli artt. 28 e 29 della legge �. 
Il motivo � fondato. 

2. -L'art. 42 della legge 27 luglio 1978, n. 392 contempla al primo 
comma � i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti 
ad attivit� ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonch� 
a sedi di partiti e sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri 
enti pubblici territoriali in qualit� di conduttori �. 
Tali contratti -dispone l'art. 42 comma primo -� hanno la durata 
di cui al primo comma dell'art. 27 �. 

A tali contratti -dispone l'art. 42 comma secondo -� si applicano 
le disposizioni degli artt. 32 e 41, nonch� le disposizioni processuali 
.di cui al titolo I, capo III, ed il preacciso per il rilascio di cui all'art. 28 �. 

L'art. 28 della legge -cos� indirettamente richiamato quale sede 
di una disposizione circa il preavviso per il rilascio -non contiene 
per� alcun cenno ad un atto cos� qualificato. 

L'art. 28, al primo comma, usa il termine disdetta per indicare 
l'atto, da comunicare non oltre una certa data anteriore alla scadenza, 

mare il preavviso di ril�scio previsto dal primo comma dell'art. 28 e non con� 
tenendo alcun riferimento diretto all'art. 29, abbia voluto semplicemente condizionare 
l'evento o l'effetto giuridico del diniego di rinnovazione all'invio, 
nei termini previsti dal primo comma dell'art. 28, del preavviso di rilascio. In 
tal senso si era orientato anche il Tribunale di Roma con sentenza 14 aprile 
1986, n. 5540, intervenuta fra le stesse parti in secondo grado e cassata 
dalla sentenza in epigrafe; nonch� Trib. Napoli, 24 luglio 1990, Giur. merito, 
1991, 4; pret. Udine, 3 febbraio 1990, Rep. F.I., 1990, voce Locazione, n. 227; 
Pret. Palermo, 12 dicembre 1988, ivi, 1989, n. 218; Pret. Firenze, 17 maggio 1988, 
ibidem, n. 219; id., 1� febbraio 1988, ivi, 1988, 178; Pret. Ozieri, 18 giugno 1987, 
ibidem, n. 179; Pret. Bari, 8 novembre 1985, in Foro lt., 1986, I, 270, con nota 
di richiami. 

In senso contrario, ritenendo il richiamo contenuto nell'art. 42, secondo com� 

ma, cit. diretto all'intera disciplina costituita dagli artt. 28 e 29 cit.: Pret. 

Roma, 8 novembre 1984, Rep. F.l., 1985, voce Locazione. n. 314, intervenuta 

in primo grado sul caso esaminato dalla Cassazione; Trib. Milano, 7 set


tembre 1987, ivi, 1988, n. 177; Pret. Gallarate 28 aprile 1987, in Foro lt., 1988, 

I, 289 con nota di richiami. 

La dottrina � quasi unanimamente orientata nel senso che ai rapporti 

locativi di cui all'art. 42 cit. si applichi solo il primo comma dell'art. 28: v. F. LAZ� 

ZARO -R. PREDEN, Le locazioni per uso non abitativo, Giuffr�, Milano, 1988, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 509 

mediante il quale ciascuna delle parti pu� far si che la rinnovazione non 
abbia luogo. 

L'art. 28, al secondo comma, attraverso il generico termine di modalit�, 
richiama la comunicazione, non altrimenti qualificata dal successivo 
art. 29, mediante la quale il locatore, alla prima scadenza contrattuale, 
pu� esercitare la facolt� di diniego di rinnovazione, dichiarando la propria 
volont� di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilit� 
dell'immobile, per una delle ragioni esplicitate dallo stesso art. 29 e 
sinteticamente preannunziate dall'art. 28 con il termine motivi. 

La mancanza nell'art. 28 d'un atto qualificato come preavviso per il 
rilascio genera incertezza nella individuazione della disposizione contenuta 
nello stesso articolo, considerata dal legislatore regolare l'anzidetto 
preavviso e per tale ragione da intendersi richiamata dall'art. 42, comma 
secondo, e cos� resa applicabile ai contratti contemplati dall'art. 42 comma 
primo. 

Una prima considerazione appare per� imporsi. 

La tecnica normativa adoperata nell'art. 42 � quella di rendere applicabili 
a contratti, per s� non compresi nell'ambito dell'art. 27 della 
legge, disposizioni contenute in altri articoli della stessa legge ed operanti 
per i contratti di cui all'art. 27. 

L'art. 42, in altri termini, disciplina i contratti in esso contemplati 
non configurando nuove disposizioni, ma rinviando ad altre che, come 
tali, gi� regolano i contratti previsti dall'art. 27. 

Orbene, l'art. 28 contiene due disposizioni: la prima, quella dettata 
dal comma primo, che regola la rinnovazione tacita ed il rriodo di 

5 e 133; Bucc1 -MALPICA -REmvo, Manuale delle locazioni, Cedam, Padova, 
1989, 375; salvo P. COSENTINO -P. VITUCCI, Le locazioni dopo le riforme 
del 1978-1985, UTET, Torino, 1986, 421. 

Brevi considerazioni in tema di diniego di rinnovazione alla prima scadenza 

del contratto di locazione di immobili stipulato dallo Stato. 

La sentenza in epigrafe assume notevole importanza perch� rappresenta 
la prima pronuncia, poi successivamente confermata da Cass., Sez. III, 14 novembre 
1991, n. 12167 della Suprema Corte sulla questione -come si � detto, 
molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza -dell'applicabilit� alle locazioni, 
previste dall'art. 42, primo comma, cit., della disciplina previst~ dagh artt. 
28 e 29 cit., in base ai quali, in mancanza di disdetta giustificata dai motivi tassativamente 
indicati nell'art. 29, il contratto deve ritenersi tacitamente ri.novato 
per un ulteriore sessennio. 

Negli scritti difensivi ed in discussione orale a supporto della tesi che 
il rimando al preavviso di rilascio di cui all'art. 28 effettuato dal secondo comma 
dell'art. 42 debba intendersi riferito all'intera disciplina e, quindi, anche all'art. 
29, sono stati addotti tre ordini di ragioni: 

1) un argomento di ordine testuale poich� l'art. 42, secondo comma, richiama 
espressamente il preavviso di rilascio e non solo quindi, il primo comma 
dell'art. 28; 

2) la stessa espressione usata dal legislatore � preavviso di rilascio � che 
si riferisce ad una manifestazione motivata di intenzione in analogia a quanto 

9 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

510 

escluderla; la seconda, quella dettata dal comma secondo e sviluppata 
dall'art. 29, sulla rinnovazione del contratto alla prima scadenza e sui 
limiti entro i quali il locatore pu� escluderla. 

L'esito dell'indagine circa il significato dell'espressione � . � � ed il 
preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 � pu� dunque essere solo quello 

di dire che, per il suo tramite, l'art. 42 comma secondo ha rinviato ad 
una o all'altra o ad ambedue le indicate disposizioni contenuto nell'art. 
28. 

Ne derivano due conseguenze. 

All'art. 42, comma secondo, non pu� prestarsi il significato per cui 
ai contratti contemplati dal primo comma non si applicherebbe la disciplina 
della rinnovazione tacita, bens� unicamente un obbligo di indicazione 
della data per cui si intende riottenere la disponibilit� dell'immobile: 
una tale disposizione, infatti, nell'art. 28 non � rinvenibile. 

Al termine preavviso per il rilascio impiegato dall'art. 42, comma 
secondo, proprio perch� posto da questa norma in relazione all'art. 28, 
� necessario attribuire il pi� generico significato di atto con cui si 
esercita la facolt� di escludere la rinnovazione tacita del contratto disciplinata 
dall'art. 28. 

3. -L'art. 42, comma secondo, come s'� veduto, contiene non l'espressione 
� si applicano le disposizioni dell'art. 28 �, ma quella � (si applica) 
. . . il preavviso di rilascio di cui all'art. 28 �. 
Ci� sembrerebbe denunziare nel legislatore un intento di non richiamare 
l'intero dettato dell'art. 28, ma solo una parte d'esso. 

previsto sia dagli artt. 59 e 73 legge n. 392/78 cit., sia dalla vecchia normativa, 
art. 4 legge n. 253/50; 

3) la estensione ai contratti in questione delle disposizioni processuali 

contemplate nel capo .III del titolo primo della legge n. 392/78 ed espressamente 
richiamate' dall'art. 42, terzo comma che rende �compatibile� l'omogeneit� 
della: disciplina sostanziale nella rinnovazione del contratto (aspetto particolarmente 
approfondito dalla citata Pret. Roma, 8 novembre 1984, intervenuta 
nella fattispec;ie in primo grado). 

Infatti, dall'immediato confronto delle due disposizioni di cui agli artt. 42 
e 29 �i(. appare ictu oculi estremamente riduttiva la interpretazione che ritiene 
il richiamo, contenuto nel secondo comma dell'art. 42, limitato al solo primo 
comma dell'art. 28. 

Va ricordato che il legislatore del 1978, al fine di garantire stabilit� al 
contratto, ha precisato che, alla scadenza del primo sessennio, il locatore pu� 
impedire la rinnovazione del contratto solo per i motivi di cui all'art. 29 
e con il rispetto del termine e del modo perentorio di cui al quarto e quinto 
comma dello stesso articolo. Dunque, alla prima scadenza contrattuale convenzionale, 
il locatore pu� denegare il riDQovo solo per i motivi di cui all'art. 29. 

Esaminando i peculiari contratti previsti nell'art. 42, va detto che essi 
sono soggetti alla identica disciplina regolante quelli di cui all'art. 27 cit. 
A parte, infatti, i chiari rimandi agli artt. 27 e 32, nonch� alle disposizioni 
processuali di cui al tit. I, capo III della legge, resta da stabilire la 

~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 51 i 

Muovendo da questa considerazione, potrebbe �pervenirsi alla conclusione 
che sia stata richiamata la sola disposizione contenuta nel primo 
comma dell'art. 28. Questo, perch� potrebbe sostenersi che l'art. 28 contenga 
la disciplina del solo a:tto>di esercizio della facolt� di escludere 
J:� rirtnovazione che� esso denotnfua disdetta. La� �disciplina dello stesso 
�tto, quant� <al caso del diniego di rinnovazione alla prima scadenza 
contrattuale, dovrebbe infatti dirsi contenuta nel terzultimo e penultimo 
C:otntna dell'�rt. 29. 

Questa soluzione non pu� per� essere seguita. 

Ci� per due ragioni. 

Se questo fosse stato l'intendimento del legislatore, esso avrebbe 
potuto esser pi� sicuramente conseguito con un richiamo limitato al 
.mlo primo comma dell'art. 28. 

Se � pur vero che l'art. 29 espressamente regola forma e tempi dell'atto 
di diniego della rinnovazione� alla prima.scadenza l'art. 29 tuttavia 
svolge un argomento che, �ome parte della disciplina della rinnovazione 
tacita, � gi� compreso nell'art. 28, al secondo comma. 

4. -Scartata la soluzione prima ipotizzata, deve pervenirsi alla 
..:onclusione che ai contratti contemplati dall'art. 42, comma primo, si 
applica l'intero istituto della rinnovazione tacita, quale strutturato dall'art. 
28 e ulteriormente regolato, per quanto attiene alla rinnovazione 
alla prima scadenza, dall'art. � 29. 
Torna per� a porsi l'interrogativo del perch� il legislatore non abbia 
impiegato la pi� sicura formula. di un richiamo puro e semplice alle 
disposizioni contenute negli artt. 28 e 29. 

esatta portata del richiamo al preavviso di cui all'art. 28. L'interpretazione 
deve basarsi sul disposto degli artt. 12 e ss. disp. sulla legge in gen., coordinata 
alla regola per la quale le norme vanno interpretate in coerenza con 
il dettato costituzionale; per cui fra due possibili interpretazioni, va accolta 
quella �� che non si ponga in contrasto con la costituzione. 

Nel caso in esame, una eventuale diversit� di disciplina dei contratti di 

cui all'art. 42 rispetto agli altri dell'art. 27 non pu� giustificarsi se non in 

relazione a specifiche e peculiari caratteristiche del contratto. 

Infatti, � senz'altro da escludere, per i contratti previsti dall'art. 42, l'ap. 
plicabilit� dell'art. 33 (non sembrando ipotizzabile una locazione stagionale 
per le attivit� previste nell'art. 42); dell'art. 34 (nori essendo ipotizzabile avviamento 
commerciale); dell'art. 35 (strettamente connesso all'art. 34); dell'art. 
36 (perch� si fa espressamente riferimento alla amenda); dell'art 37 
(chiaro il riferimento alle persone fisiche). 

La necessit� della disdetta e, alla prima scadenza contrattuale (come 

nel caso di specie), l'esercizio della facolt� di diniego della rinnovazione sol


tanto per i motivi di cui all'art. 29, con i modi ed i termini ivi previsti, ri


guarda perci�, anche l'ipotesi regolata dall'art. 42. 

Non si comprenderebbe infatti, il significato dell'esplicito richiamo al preav


viso di rilascio, senza riconnettervi le conseguenze espressamente previste 



512 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Una risposta possibile � che il richiamo avrebbe dovuto esser limitato 
a quella parte della disciplina dettata dagli artt. 28 e 29, che riguarda 
i contratti aventi la durata di cui al primo comma dell'art. 27, cio� la 
stessa durata dei contratti �contemplati dall'art. 42, comma primo. 

Di qui la formulazione della disposizione richiamante, considerata 
idonea a rinviare all'intera disciplina sostanziale dell'istituto della rinnovazione 
tacita, nei limiti della sua applicabilit� a contratti aventi la 
durata di cui al primo comma dell'art. 27, attraverso l'impiego di un 
termine non specifico, suscettibile di ricompredere ambedue i casi e 
relative modalit� di esercizio della facolt� di escludere la rinnovazione. 

Un'altra possibile risposta � la seguente. 

Il legislatore pu� essere mosso dalla considerazione che i contratti 
di locazione aventi una durata minima legale, giunti alla scadenza, non 
cessano, ma si rinnovano tacitamente se prima della scadenza e nel 
termine indicato dalla legge non � data disdetta (art. 2 e 28 legge 27 lu� 
glio 1978, n. 392; art. 1596, comma 2 cod. civ.). 

L'applicabilit� di tale regime ai contratti contemplati dall'art. 42, 
comma pnmo, aventi una durata minima legale, non aveva dunque necessit� 
d'essere esplicitata. 

Avendo per contro inteso estendere a tali contratti l'applicazione 
del particolare aspetto del regime della rinnovazione tacita, costituito 
dal diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, 
contemplato dallo stesso art. 28 al secondo comma, il legislatore ha 
ritenuto di poterlo .fare attraverso il richiamo all'atto di esercizio della 
facolt� di diniego e, non essendo questo in qualche modo definito nell'art. 
28 e nell'art. 29, non potendo impiegare il termine disdetta, ha usato 
quello di preavviso per il rilascio per la connessione esistente tra disci


dalla legge in mancanza di esso. Va, inoltre, sottolineato, che la disdetta ha 
natura non di elemento costitutivo interno, ma di elemento costitutivo esterno 
alla tacita rinnovazione: di conseguenza, questa � l'ipotesi e l'archetipo 
normativo dei rapporti di locazione. 

Proprio . nel rispetto del suddetto archetipo normativo deve ritenersi 
chiaro il rinvio contenuto nell'art. 42 all'art. 28 nel suo complesso, nella sua 
interezza, perch� il preavviso .per il rilascio (richiesto dall'art. 42) e di cui 
all'art. 28 � quello stesso preavviso per il rilascio che, alla scadenza del 
primo sessennio, � consentito .solo per i motivi di cui all'art. 29 e che, alla 
scadenza del secondo sessennio ne prescinde. 

Se il richiamo fosse stato limitato al solo preavviso, senza le modalit� 
e con le conseguenze dal medesimo art. 28, al secondo comma, previste, il 
legislatore avrebbe dovuto espressamente circoscrivere il rimando al solo 
primo comma. Invece, cos� non �. 

D'altronde l'eventuale estrapolazione del mero preavviso di rilascio dal 
meccanismo di cui fa parte .comporterebbe una diversit� di disciplina tra i 
contratti di cui all'art. 27 e quelli di cui all'art. 42; diversit� che non sembra 
.conciliabile con il richiamato principio costituzionale venendo a costituire una 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 513 

plina sostanziale del diniego di rinnovazione e lo strumento processuale 
appositamente configurato con il successivo art. 30, appunto definito, 
nella rubrica; ptocedura per ilrilascio. 

5'. -Questa soluzione non incontra insormontabili difficolt� nel dato 
che. l'art. 42, comma secondo, non richiami tra le norme applicabili 
btrt. 30 n� in quelli che esso ha Per contro fatto seguire al richiamo 
dell'art�. 31 quello �. delle corrispondenti ijorme processuali. e che il richiamo 
di queste pr~cede quello dell'art. 28. �� � 

Circa quest'ultimo punto va osservato �he la procedura per il rilascio, 
cio� la disciplina processuale del diniego di rinnovazione non � contenuta 
nelle ciisposizi9ni processuali. di cui al capo III del titqlo I. della legge, 
che srlimitano a presupporla: . � � . . 

Ilfatto, dunque, che queste ultime siano richiamate prima dell'art. 28 
nulla prova contro l'applicabilit� dell'art. 30 e '4:lle disposizioni sul diniego 
di rinnovazione da tale secondo articolo presupposte. 

Quanto agli altri Punti pu� osservarsi che l'ubicazione del richiamo 
affa:rt. 28, alla Qrie invece. c:he� all'inizio della disposizione, rivela che esso 
� stato. i:iggiunt� ad una for.mJ.a no11 �destinata originariamente a com


prenderlO.... � � .� ...�.... � � � � 
Se non.che, con riferimento all'art. 28 e al diniego di rinnovazione alla 
prima scadenza, il peraltro pleonastico . richiamo alte disposizioni processuali 
gi� formulato non richiedeva d'essere reiterato a proposito dell'art. 
30, giacch� la disposizione in esso contenuta presenta inequivocabili 
richiami all'atto di esercizio della facolt� di diniego della rinnovazione 
alla prinia scadenza �contrattuale. 

6. -La regolamentazione apprestata dall'art. 42 ai contratti in esso 
contemplati mostra come il legislatore abbia considerato tali contratti 
ingiustificata e irrazionale situazjone di privilegio per gli esercenti di cui all'art.
� 27. 

Va, poi, considerato che la stessa giurisprudenza che� ritiene non applicabile 
nella sua interezza il sistema delineato dagli artt. 28 e 29 cit. ai contratti 
di cui all'art. 42, riconosce che l'art. l, comma nove bis, legge n. 118/85 (rinnova� 
zione obbligatoria del contratto), riferendosi a tutti i contratti di locazione 
ad uso non abitativo, ha introdptto nel sistema una notevole anomalia . pro,. 
prio con riferimento all'art.. 42, comportandone un rafforzamento di tutela 
non . previsto nella disciplina.� ordinaria ed � costretta, perci�, a ricorrere ad 
una forzatura interpretativa della � rati� � della norma di cui all'art. 1 
legge n. 118/85 cit., ricercandone motivazioni economico,.sociali e finalit� di superamento 
del regime transitorio decisamente poco convincenti; mentre pi� 
semplicemente deve ritenersi che il legislatore -an�he con norme successive 
alla legge n. 392/78 .;._ � abbia sempre� considerato, ai fini della rinnovazione 
e con le sole differenze supra evidenziate, in relazione alle peculiari caratteristiche 
del contratto, unitariamente i contratti previsti dall'art. 27 cit. e 
quelli previsti dall'art. 42 cit. 

GABRIELLA PALMIERI 

-


--~ ... -... -... ... --... -... -... :.i: ::::::�� :.i: ... ... � 


514 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

suscettibili d'una disciplina diversa da quella propria dei contratti previsti 
dall'art. 27. 

La Corte costituzionale ha cos� avuto modo di porre in evidenza come 
discipline differenziate dei due tipi di contratto siano costituzionalmente 
legittime (sent. 20 dicembre 1989 n. 562) e come possano esser per 
contro prive di giustificazione discipline che equiparino per certi aspetti 
i due differenti tipi contrattuali (sent. 26 luglio 1988 n. 882). 

L'interpretazione che si � ritenuto di dover seguire quanto alla portata 
del richiamo contenuto nell'ultima parte dell'art. 42, comma secondo, 
non contraddice n� al principio di eguaglianza n� a quello di ragionevolezza. 


I contratti contemplati dall'art. 42 non sono volti ad assicurare la 
disponibilit� di un mezzo per il soddisfacimento di esigenze di natura 
economica: ci� spiega la inestensibilit� ad essi di istituti volti a conservare 
al conduttore utilit� prodotte attraverso l'esercizio di un'attivit� di 
questo tipo. 

Tali contratti si riconnettono per� al soddisfacimento di esigenze 
rilevanti dal punto di vista etico-sociale, economico e politico. 

Non � dunque ingiustificato che ad essi sia apprestata, sul piano 
della durata, non solo la protezione rappresentata dalla durata minima 
legale, ma anche quella costituita dalla disciplina della rinnovazione 
tacita in tutta la sua estensione. 

7. -Il ricorso deve essere in conclusione accolto in base al principio 
di diritto che l'art. 42, comma secondo, legge 27 luglio 1978 ,n. 392, 
nella parte che richiama il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 e lo 
dice applicabile ai contratti contemplati nel primo comma dell'art. 42, 
assoggetta questi ultimi alla disciplina del diniego di rinnovazione alla 
prima scadenza contrattuale, dettata dagli artt. 28, comma secondo, e 
29 legge 27 luglio 1978, n. 392. 
8. -La sentenza impugnata va cassata e le parti vanno rimesse 
avanti al giudice di rinvio, che si designa in altra sezione del tribunale 
di Roma. 
PRETURA DI ROMA, Sez. lavoro, decreto 7 novembre 1991, n. 97890 -
Giud. Costanzo -U.I.L. e Sind. Aut. Dipendenti del Segretariato Generale 
della Presidenza della Repubblica (avv. Pellegrini) c. Segretariato Generale 
della Presidenza della Repubblica (avv. Stato D'Amato). 

Lavoro -Sindacati -Condotta antisindacale del Segretariato Generale della 
Presidenza della Repubblica -Ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, 

n. 300 -Improponibilit�. 
Anche dopo l'entrata in vigore della legge 12 giugno 1990 n. 146 il 
ricorso per la repressione di condotta antisindacale ex art. 28 legge 20 mag



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 515 

gio 1970 n. 300 non pu� essere proposto nei confronti del Segretariato 
Generale della Presidenza della Repubblica il quale, come apparato di un 
organo costituzionale di vertice, non pu� essere assimilato alle ammini.
strazioni dello Stato (1). 

Con ricorso depositato il 18 giugno 1991 e ritualmente notificato 
presso l'Avvocatura Generale dello Stato in data 11 luglio 1991, le organizzazioni
� sindacali in epigral;e indicate chiedevano che venisse ordinata 
al Segretario g�nerale della Presidenza della Repubblica la cessazione 
del comportam�I'J.tQ ritenuto illegittimo in quanto antisindac�lle, trattando 
direttament� con le ste.sse. 

A sostegno di tale richiesta; le parti ricorrenti assumevano che: 

Se deve negarsi nel nostro ordinamento un obbligo del datore di 
lavoro di �trattare con i sindacati�, tuttavia il rifiuto di iniziare le � trattative 
� con qualsiasi � controparte � sind.acale potrebbe, se sistematico, 
concretare un attentato � alL'attiv.it� sindai;:ale, tale da essere valutato 
ai fini dell'art. 28 legge n. 300 del 1970; 

(1) Non constano precedenti. Per alcune prime applicazioni dell'art. 28 
alle a.mriiinistrazioni dello Stato, nel testo novellato dall'art. 6 legge 12 giugno 
1990 n. 146, si veda Pret. Roma 11 novembre 1991, Giud. Gallo, e Pret. 
Massa 22 ottobre 1991 in Foro it. 1992, I, 238 nonch� T A.R. Toscana 21 ottobre 
1991 n. 565 e 12 marzo 1991 n. 94 con nota di ALBENZIO, La repressione della 
condotta antisindacale nel pubblico impiego fra vecchio e nuovo rito, ivi, 
1992, III, 33. 
A Titolo di commento si ritiene opportuno pubblicare il testo della memoria 
difensiva redatta dall'avv. Giorgio D'Amato. 

Improponibilit� del ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970 n. 300 nei confronti 
del Segretariato Generale della Presidenza della� Repubblica. 

Con ricorso notificato in data 11 luglio 1991 le organizzazioni sindacali 
in epigrafe specificate chiedendo che venga ordinata al Segretario generale della 
Presidenza della Repubblica la cessazione di un preteso~ comportamento 
illegittimo trattando direttamente con le � organizzazioni sindacali medesime. 

A sostegno di tale richiesta le 00.SS. ricorrenti assumono in linea di 
principio che: 

-se deve negarsi nel nostro ordinamento un obbligo del datore di lavoro 
di � trattare con i sindacati �, tuttavia il rifiuto di iniziare le � trattative 
� con qualsiasi � controparte � sindacale potrebbe, se sistematico, concretare 
un attentato all'attivit� sindacale, tale da essere valutato ai finf del~
D~D~~ . 

-in particolare sarebbe antisind�cale � l'esclusione pregiudiziale di un 
sindacato dalle trattative �, dovendo il datore di lavoro valutare le istanze di 
tutte le � controparti � e rifiutare solo quelle ritenute inaccoglibili. 

Da tali premesse le ricorrenti traggono la conclusione che sarebbe antisindacale 
il comportamento del Segretario generale della Presidenza della Re� 
pubblica il quale: 



516 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-in particolare, sarebbe antisindacale �l'esclusione pregiudiziale di 
un sindacato dalle trattative �, dovendo il datore di lavoro valutare le 
istanze di tutte le � controparti � e rifiutare solo quelle ritenute inaccoglibili; 
da siffatte premesse si deduceva che il comportamento del 
Segretario generale della Presidenza della Repubblica era da ritenersi 
antisindacale in quanto quest'ultimo: 

-avrebbe sistematicamente rifiutato non solo qualsiasi trattativa, ma 
addirittura l'instaurazione di relazioni sindacali con le loro organizzazioni, 
dotate tutte del carattere di maggiore rappresentativit�, in contrasto 
con le indicazioni di principio di cui all'art. 16 D.P. n. 266/1987; 

-avrebbe tentato di � trasferire le trattative al Governo �, in palese 
contrasto con la normativa di cui alla legge n. 1077 del 1948, istitutiva 
del Segretariato Generale. L'Avvocatura dello Stato nel costituirsi, illustrava 
oralmente il contenuto della propria memoria difensiva, concludendo 
per l'inammissibilit� in rito e per l'infondatezza nel merito, 
del ricorso basato su erronei presupposti di fatto. 

-avrebbe � sistematicamente rifiutato non solo qualsiasi trattativa, ma 
addirittura l'instaurazione di relazioni sindacali con una organizzazione sindacale 
maggiormente rappresentativa'" in contrasto con le indicazioni di principio 
di cui all'art. 16 d.P.R. 266/1987; 

-avrebbe tentato di � trasferire le trat,tative al Governo >>, in palese contrasto 
con la normativa di cui alla legge 1077 del 1948, istitutiva del Segretariato 
Generale. 

Il ricorso, inammissibile in rito ed infondato in diritto, poggia su erronei 
presupposti di fatto. 

I) Va contestata, anzitutto, la proponibilit� del rimedio dell'art. 28 legge 
300/1970 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. 
.�: � 

Com'� noto, anche dopo l'emanazione della legge quadro sul pubblico impiego 
(legge 93/1983) � rimasta esclusa l'esperibilit� di tale procedimento nei 
confronti delle amministrazioni dello Stato (v. art. 23� in riferimento all'art. 1 
della legge citata). 

Solo la legge li giugno 1990, n. 146 (art. 6) ha previsto la possibilit� di 
un'azione ex art. 28 legge 300/1970 contro comportamenti posti in essere da 
� un'amministrazione statale�. 

L'area soggettiva definita da tale norma �, peraltro, quella gi� considerata 
nell'art. 1 della ripetuta legge-quadro 93/1983 (�amministrazioni dello 
Stato, anche ad ordinamento autonomo�), alla quale sono estranei, come ritengono 
le stesse ricorrenti, gli ordinamenti degli Organi Costituzionali di 
vertice ed in particolare, per quel che qui interessa, il Segretariato Generale 
della Presidenza della Repubblica. 

Ci� in ragione delle peculiarit� proprie del datore di lavoro, riconducibili 
al regime di autonomia normativa e di autarchia degli organi supremi 
dello Stato che qualifica le inerenti relazioni sindacali in termini diversi rispetto 
a quelli interessanti gli apparati della � pubblica amministrazione � 
(quale considerata nel titolo III sez. II della Carta Costituzionale) per le 
inevitabili implicazioni nella sfera delle attribuzioni proprie degli stessi or� 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 5� 7 

Orbene, va anzitutto esaminata, per evidenti ragioni di priorit� logicogiuridica, 
l'ec�ezfone sollevata dalla difesa resistente, secondo cui il 
rimedio previsto dall'art. 28 legge n. 300/70 non sarebbe proponibile nei 
confronti deLSegretariato Generale della Presidenza della Repubblica. 

Invero, anche in seguito all'emanazione della legge quadro sul pubblico 
impiego (legge <n, 93/1983) � rimasta esclusa l'.esper�bilit� di tale 
procedimento nei confronti �delle Amministrazioni dello Stato {art. 23 
fu. riferimento all'art;>l della legge citata; cfr. Cass. Sez. Un. 26 luglio 1984 
nn. 43991 4390, 4387t 4386, in Notiz, guri. lav. 19841 356 ss.). Soltanto in 
epoca recente la legge 12 giugno 1990 n. 146 (art. 6) ha previsto l'esperibilit� 
delrazfone� e~ .art; 28; contro comportamenti posti in essere da 
� un'amministrazione �statale�.�� 

L'area di incidenza soggettiva delimitata da tale norma, non si discoi;
ita, peraltro;>da quella gi� considerata nell'art. 1 della richiamata 
legge-quadro n. 93/1983 (�amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento 
autonomo�); alla .qual.e rimangono estranei gli orclinamenti degli 

gani sovrani (nella specie viene direttamente in questione l'esercizio della 
funzione presidenziale di normazione). 

Nessun profilo di illegittimit� discende, come � ovvio, dall'accennata improponibilit� 
dell'azione in questione, incompatibile per il suo carattere penetrante
� con le garanzie che assistono gli organi costituzionali, in quanto rimarrebbe 
comunque salva la �possibilit� della tutela giurisdizionale, nelle 
forme procedimen.tali ordinarie, di ipotetici diritti dei sindacati, (cfr. Corte 
Cost; 68/1980). 

II) Per una corretta impostazione dei problemi appaiono necessarie alcune 
premesse di quadro, inerenti alla fonte disciplinatrice del rapporto di impiego 
nonch� ai diritti ed all'attivit� del sindacato nell'ambito del Segretariato 
Generale della Presidenza della: Repubblica. 

Ai sensi dell'art. 4 della: legge 1077 del 1948 lo stato giuridico ed economico 
e gli organici del personale addetto alla Presidenza della Repubblica sono 
� stabiliti� con decreto del Presidente della Repubblica. 

Trattasi di� un'autonomia normativa posta a presidio dell'indipendenza costituzionale 
della carica presidenziale rispetto agli altri poteri dello Stato. 

Il citato art. 4, che sancisce l'esclusiva potest� del Capo dello Stato nell'organizzazione 
e nella disciplina della struttura di supporto alle sue funzioni, 
ha carattere meramente ricognitivo di una competenza che (per evidenti 
esigenze di indipendenza e di garanzia) deriva, per implicito, direttamente 
�dalla Costituzione; il che giustifica la stessa possibilit� di una disci� 
plina presidenziale autonoma e divergente rispetto alla disciplina legislativa 
comune del pubblico impiego (cfr. Corte Cost. 129/1981). 

Ne discende che il potere normativo del Presidente non pu� essere condizionato 
ai risultati di una � trattativa � sindacale se non, eventualmente, 
per quei limitati aspetti che il Presidente medesimo preventivamente decida 
(anche mediante rinvio a norme dell'ordinamento generale) di disciplinare in 
siffatto modo. 

Ed � al riguardo da rilevare che l'esclusione di ogni automatica possibilit� 
di riferimento alla disciplina generale del pubblico impiego ed in par




518 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Organi Costituzionali cli vertice ed in particolare, per quel che qui inte� 
ressa, il Segretariato Generale della Presidenza della� Repubblica. 

Come � stato ampiamente evidenziato dalla migliore dottrina, che non 
ha esitato a definire l'Ufficio del Segretariato generale �soggetto di autarchia
� ovvero �organo dell'organo Capo dello Stato�, tale disciplina � 
determinata dalle peculiarit� tipiche cli. siffatti �datori di lavoro�, sicuramente 
riconducibili al regime cli autonomia normativa e . di autarchia, 
tipica degli organi supremi dello Stato; le relazioni sindacali inerenti 
a tali rapporti si qualificano, pertanto, in termini diversi rispetto a 
quelli interessanti gli apparati della �pubblica amministrazione� (quale 
considerata nel titolo III, sez. II della Carta Costituzionale) per le inevitabili 
implicazioni che determinano nella sfera delle attribuzioni proprie 
degli stessi organi sovrani. Nella specie, viene direttamente tutelato 
l'esercizio della funzione presidenziale �di normazione, come acutamente 
rilevato dall'Avvocatura dello Stato. 

Al riguardo, una corretta impostazione dell'indagine ermeneutica 
impone alcune necessarie premesse concernenti la fonte di:sciplinatrice 
del rapporto cli impiego nell'ambito del Segretariato Generale della Presi


ticolare alla disciplina dalla legge quadro 93/1983 -esclusione sostenuta dalle 
stesse ricorrenti -significa negazione della sussistenza di spazi di � contrattazione 
� giuridicamente garantiti nel rapporto di lavoro dei dipendenti 
del Segretariato Generale, cio� negare che sinanco le materie di cui all'art. 3 
della citata legge 93/1983 possano formare oggetto di negoziazione, in difetto 
di un'apposita normativa presidenziale in tal senso. 

Del tutto impropriamente, al riguardo, le ricorrenti assumono che il rapporto 
di lavoro dei dipendenti del Segretariato Generale sarebbe � regolamentato 
da un contratto�. (V. infra sub III). 

In coerenza con quanto accennato, premesso che nella specie non � mi� 
nimamente in questione la libert� sindacale (la cui esplicazione � testimoniata 
dalla stessa vivace attivit� ex adverso documentata), va sottolineato che le 
posizioni soggettive del sindacato che si vorrebbero in questa sede tutelare 
non attengono a � diritti � del sindacato medesimo, che trovino come tali concreto 
fondamento in specifiche norme applicabili al Segretariato Generale 
della Presidenza della Repubblica. Con l'iniziativa giudiziale assunta le ricorrenti 
fanno invece valere, nella sostanza, istanze politiche; il che rende anche 
per tale verso inammissibile l'iniziativa medesima. 

Come riconoscono le stesse ricorrenti, non � configurabile nell'ordinan;iento 
generale un diritto alla trattativa collegato al requisito della maggiore rappresentativit� 
(che l'art. 19 legge 300/1970 utilizza sul diverso terreno della 
tutela strumentale dell'attivit� sindacale nei luoghi di lavoro); n� esiste un 
divieto di discriminazione tra sindacati rappresentativi ex art. 19 legge 300/1970 
in quanto attraverso di questa non venga oggettivamente ostacolata o limitata 
l'attivit� sindacale (Cassaz. 4270/1978; 3635/1981). 

Solo nel contesto istituzionalizzato del pubblico impiego si riconosce alle 
00.SS. maggiormente rappresentative la partecipazione al � procedimento negoziale
� (v. rispettivamente, per la negoziazione degli accordi di comparto, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 519 

denza della Repubblica .. Invero, ai sensi dell'art. 4, legge n. 1077 d�l 1948, 
lo stato �giuridico ed economico. e gli. organici del . personale addetto alla 
Presidenza della Repubblica sono � stabiliti� con decreto del Presidente 
della .Repubblica. 

Trattasi .di un'autonomia normativa posta a presidio. dell'indipendenza 
costituzionale della carica presidenziale rispetto. agli altri .poteri 
dello Stato. 

Il citato art. 4, che sancisce l'esclusiva potest� del Capo dello Stato 
nelforgallizi;azione.. e nella dls�iplina della struttura dj .supporto . alle sue 
funzioni, ha casattere meramente ricognitivo di una competenza che 
(per evicl.enti esigenze di indipendenza e di garanzia) deriva,. per implicito, 
direttamente dalla Costituzione; il che giustifica la stessa possibilit� di 
una ciisciplina presidenziale autonoma e divergente rispetto alla disciplina 
legislativa �omu;ne del publ:>lico impiego (cfr. in termini, Corte Cost. 
24 giugno 1981. n. 129). Al riguardo, ha precisato la Corte: 

��.. � . . .� .�....� .. � .�.� �.�;.�. �. 

a) che � assolutamente indiscusso che il Presidente della Repubblica 
abbisogna di un proprio apparato che consenta un efficiente eser


degli accordi intercompartb:nentali e di quelli decentrati, artt. 6 comma quarto, 
12 comma terzo e 14 comma secondo legge 93/1983). 

Le stesse ricorrenti. peraltro, come. pi� volte sottolineato, non ritengono 
direttamente applicabile al Segretariato Generale 111-disciplina della legge 93/1983, 
n� questa � stata richiamata in atti di normazione presidenziale. 

Ne consegue che, con riferimento all'ordinamento del Segretariato Generale 
della Presidenza della Repubblica, come non .� .configurabile uno spazio 
di contrattazione normativamente riconosciuto nella disciplina del rapporto 
di lavoro, cos�, e per necessit� logica (difettandone il presupposto), non � con� 
figurabile alcun diritto dL un'organizzazione sindacale alla trattativa. 

In definitiva, ove pure il rimedio dell'art. 28 legge 300/1970 fosse stato in 
linea di principio esperibile nei confronti del Segretariato Generale .della Presidenza 
della Repubblica, il. che recisamente si contesta, esso, in ogni caso, 
sarebbe stato attivato fuor di. luogo. 

Del tutto inconsistente in. linea di fatto � la denunzia delle ricorrenti. 

Prima di passare all'esame del comportamento in concreto tenuto dal 
Segretariato Generale, esigenze di completezza e di chiarezza b:npongono di 
lumeggiare l'effettiva portata della �prassi� (certamente non vincolante), cui 
apoditticamente, inconferentemente ed b:nproduttivamente si richiamano le ricorrenti. 


Va tenuta presente al riguardo la differenza tra la generica �pressione 
politica � esercitabile dai destinatari della normazione -che pu� dar luogo 
anche ad una consultazione informale dei medesi.mi -e la vera e propria 
� contrattazione collettiva �. 

La �pressione politica �, priva di giuridica rilevanza, pu� tendere alla modificazione 
della normativa ordinamentale con fonti di pari forza e valore 
inerente a qualsiasi aspetto di questa; il titolare del potere normativo conserva 
peraltro giuridicamente integre le sue facolt� decisionali, che nessun 
negoziato e nessuna consultazione pu� per definizione limitare o circoscrivere. 



520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cizio delle funzioni presidenziali e garantisca in tal modo la indipendenza 
del Presidente rispetto ad altri poteri dello Stato; il Segretariato Generale 
(della Presidenza della Repubblica) non pu� essere riduttivamente 
configurato quale apparato burogratico, di regime giuridico eguale a 
quello di ogni altro apparato dell'Amministrazione dello Stato, in quanto 
addetto allo svolgimento di compiti serventi rispetto alla � funzione presidenziale
� costituzionalmente garantita e non gi� rispetto ad una � funzione 
amministrativa genericamente assunta�; 

b) che la spiccata autonomia di cui dispone la Presidenza della Repubblica 
si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che ad essa 
compete fa produzione di apposite norme giuridiche, disciplinanti l'assetto 
ed il furizionamento dell'apparato servente e comprende, altres�, 
il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti 
la concreta adozione delle misure atte ad assicurare l'osservanza; 

e) che il regolamento interno inerente al personale, d'emanazione del 
Presidente della Repubblica in forza dell'attribuzione dettata dalla legge 

n. 1077/1948, deve considerarsi � sorretto da un implicito fondamento 
La � contrattazione �, invece, tende alla formazione di accordi sindacali 

I 
I
fil 

su materie circoscritte �e predeterminate i cui contenuti sono recepiti mediante 
fonti normative tendenzialmente vincolate al r�.sultato della trattativa 
medesima, che acquista dunque una portata giuridica (nel senso di vincolo per 
la fonte che deve recepirli, nei limiti della non incompatibilit� con la normativa 
sugli aspetti non negoziabili). 

Orbene, l'ordinamento del Segretariato generale della Presidenza della Re� 
pubblica � imputabile� per intero a decisioni presidenziali aventi tutte pari 
valore e forza; in� esso non � dato sceverare le autonome e unilaterali impostazioni 
del potere normativo presidenziale da quelle. che in linea di mero 
fatto derivano dall'accoglimento di istanze del personal!f mediate o meno 

IIdalle rappresentanze sindacali. 

La prassi ex adverso genericamente richiamata attiene dunque a forme di 
libera consultazione delle rappresentanze sindacali tratte ad acquisire informazioni 
ed indicazioni destinate ad essere autonomamente ed unilateralmente 
valutate dal Segretario generale nella sua funzione pr�positiva di atti normativi 
al Presidente, senza che da un lato (in difetto di qualsiasi previsione nor� 
mativa) sussista alcun vincolo alla consultazione e dall'altro possa nascere 
dalla consultazione medesima alcun vincolo ed alcun condizionamento alla 
modifica della disciplina vigente. . 

Ci� deve essere ben chiaro ai fini di.. 'cogliere l'esatta natura delle attuali 
istanze e per escludere in radice un qualsiasi obbligo del Segretariato Generale 
cui faccia riscontro un diritto di alcuna organizzazione sindacale azionabile 
in questa sede. 

Del tutto inesattamente, come gi� accennato, le ricorrenti parlano di 

rapporto di lavoro disciplinato da un � contratto � di cadenza periodica. Chia


ra conferma dell'impropriet� di tale prospettazione si trae dal c.d. � protocollo 

d'intesa � 30 maggio 1985 (n. 2 delle produzioni avversarie). dalle premesse 

del quale risulta incontestabilmente che l'allora Presidente Pertini aveva sem



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

521 

costituzionale, in vista del quale la legge n. 1077 del 1948 assume sul 
punto -come � stato chiarito gi� nel corso dei lavori preparatori 
di essa -un carattere ricognitivo piuttosto che attributivo �. 

Dal che .consegue che il potere normativo del Capo dello Stato, riguardato 
sotto. altro profilo, non pu� essere condizionato ai risultati 
di .una � trattativa � sindacale se non, eventualmente, per quegli aspetti 
che il Presidente ��della '.Repubblica in via autonoma, preventivamente 
decida (anche mediante rinvio a norme dell'ordinamento generale) di 
disciplinare in siffatto modo. . � 

Nel contesto istituzionalizzato del pubblico impiego, invece, si riconosce 
alle QO,SS.�.maggiormente rappresentative la �partecipazione al 
�procedimento negoziale� (v. rispettivamente, per la negoziazione degli 
accordi di comparto, degli accordi intercompartimentali e di quelli d�icentrati, 
artt. 6, comma quarto, 12, comma terzo e 14, comma secondo, 
legge n. 93/1983), anche se gli esiti della contrattazione non sono immediatamente 
operativi, dovendo essere assunti in un autonomo atto 

plicemente accolto una �petizione � sottoscritta dal personale del -Segreta~ 
riato inerente anche ad aspetti giuridici (sicuramente non .negoziabili) della 
disciplina di questo. Impropriamente, pertanto, dopo l'accoglimento unilaterale 
di tale petizione si � ritenuto di elencare sotto l'incongrua intestazione 
di �trattativa sindacale per il contratto 1985/1%7 -schema di protocollo 
d'intesa� (con sigla delle rappresentanze sindacali oltre che del Vice Segretario 
generale amministrativo) gli oggetti delle concessioni presidenziali .. t::. chiaro 
infatti che tale documento rappresenta non. gi� la formalizzazione di una 
trattativa sindacale vincolante (che come tale avrebbe dovuto precedere le 
ipotetiche determinazioni presidenziali di recepimento dei relativi ristiltati), 
ma un promemoria meramente conseguenziale ad una precedente determinazione 
unilaterale del Presidente. � 

Va escluso in ogni caso, ai fini che qui interessano, che sussista alcuna 
disposizione normativa che stabilisca una procedimentalizzazione dell'esercizio 
del potere normativo del Presidente diversa da quella considerata nella legge 
1077/1948 e che in particolare preveda la contrattazione con le 00.SS. come 
strumento di determinazione dei contenuti dei regolamenti presidenziali. 

IV), t::. .incomprensibile la denunzia che vorrebbe imputare al Segretariato 
Generale un preteso rifiuto di relazioni con i sindacati. 

Al contrario, il Segretariato Generale ha da tempo costituito un'apposita 
delegazione per tali relazioni, dotata della pi� ampia competenza per un 
confronto su tutti i problemi che le 00.SS. ritengano di porre. 

Fuori di luogo � assumere, al riguardo, che il Segretario Generale abbia 

trasferito le trattative al Governo, n� possono le 00.SS. interferire sulla 

composizione che, nella propria libert� di scelta e nell'assenza d� qualsivoglia 

vincolo giuridico, il Segretariato Generale ha dato alla propria delegazione in


caricata di� condurre le relazioni sindacali. 

In una rigorosa e responsabile impostazione istituzionale si � ritenuto 

infatti che ogni istanza sindacale dovesse valutarsi in un quadro complessivo 

di compatibilit�, che tenesse conto sia dell'aspetto finanziario; in ragione delle 



522 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del potere esecutivo (cfr. Corte Cost. 8 maggio 1980 n. 68, in Mass. giur. 
lav. 1980, 699 ss.). Da siffatto contesto normativo risulta, quindi, in modo 
indubbio, che l'art. 6 della legge 12 giugno 1990 n. 146 -dal quale esclusivamente 
trae fondamento la possibilit� di un'azione ex art. 28 1. 300/1970 
contro comportamenti posti in essere da �un'amministrazione statale� non 
pu� riguardare il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica; 
l'area soggettiva dell'Amministrazione, considerata nel citato 
art. 6, risulta essere quella gi� definita nell'art. 1 della legge-quadro 

n. 93/1983 sul pubblico impiego �amministrazioni dello Stato, anche ad 
ordinamento autonomo�), alla quale sono estranei gli apparati degli 
Organi Costituzionali di vertice definiti dai rispettivi autonomi ordinamenti 
ed, in particolare, il Segretariato Generale della Presidenza della 
Repubblica, formalmente istituito con legge ma totalmente definito e strutturato 
da normativa presidenziale, quale apparato servente della stessa 
funzione presidenziale costituzionalmente garantita, di cui � preordinato 
a salvaguardare l'efficacia e l'autonomia. 
Con riferimento, poi, all'ordinamento del Segretariato Generale della 
Presidenza della Repubblica, come non � configurabile uno spazio di 

risorse effettive e ragionevolmente preventivabili secondo la politica generale 
della spesa pubblica, sia degli orientamenti evolutivi del settore del pubblico 
impiego. 

A far parte della delegazione del Segretariato Generale sono stati pertanto 
chiamati anche esponenti ai massimi livelli dell'Amministrazione del 
Tesoro e della Funzione Pubblica (che, al pari degli altri componenti, riferiscono 
direttamente ed esclusivamente al Segretario Generale) per assicurare 
la possibilit� di una trasparente e responsabile verifica delle condizioni 
in cui l'autonomia normativa presidenziale potrebbe concretamente esplicarsi. 

A tale incensurabile scelta, che garantisce il supporto di specifiche competenze 
tecniche, � sottesa la consapevolezza della particolarit� che le relazioni 
sindacali presentano per la Presidenza della Repubblica, sia in ragione 
del carattere monocratico dell'organo costituzionale cui compete la relativa 
potest� normativa (e cui conseguentemente si dirige l'accennata pressione politica), 
sia per la circostanza che le spese del Segretariato Generale debbano 
contenersi nello stanziamento annualmente fissato dal Parlamento, del quale 
costituisce interlocutore diretto il Governo ed in particolare il Ministro del 
Tesoro, nelle previsioni di uscita del cui dicastero � iscritto il relativo capitolo 
di spesa. 

� dunque del tutto evidente come in realt� si vogliano confondere problemi 
di metodo con il merito delle � rivendicazioni �. 

� la rigorosa impostazione data ai problemi dal Segretariato Generale anche 
nella prospettata esigenza di una riconsiderazione del proprio ordinamento 
mirata ad una maggiore rispondenza di questo alle finalit� specifiche 
di una struttura di supporto delle attribuzioni presidenziali -che ha determinato 
l'abbandono del tavolo di confronto da parte delle organizzazioni ricorrenti 
ed il malcontento che ha portato all'attuale iniziativa ex art. 28 legge 
300/1970; ma in tale impostazione non � per definizione ravvisabile un comportamento 
illegittimo e lesivo di alcun diritto del sindacato, rientrando essa 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

523 

contrattazione normativamente riconosciuto nella disciplina del rapporto 
di lavoro, cos�, e per necessit� logica (difettandone il presupposto), non � 
configurabile alcun diritto di una qualsiasi organizzazione sindacale alla 
trattativa. 

Una eventuale compromissione delle libert� sindacali nell'ambito del 
Segretariato Generale potr�, quindi, essere denunziata fuori del quadro 
del richiamato art. 28 novellato ed attraverso i procedimenti giudiziari ordinari, 
senza che ci� implichi alcun profilo d'illegittimit� ordinamentale 
(cfr., sul punto, Corte Cost. n. 68/ 1980), in quanto non esiste, come gi� 
evidenziato, alcuna disposizione normativa che configuri il sindacato 
come agente contrattuale nell'ambito del Segretariato Generale ovvero 
stabilisca una procedimentalizzazione dell'esercizio del potere normativo 
del Presidente della Repubblica, diversa da quella considerata nella legge 
1077/1948 e che, in particolare, preveda la contrattazione con le 00.SS. 
come strumento di determinazione dei contenuti dei regolamenti presidenziali 
e, tanto meno, sul piano specifico del confronto per l'aggiornamento 
della disciplina economico-normativa del rapporto di lavoro. 

Lo schema di azione giudiziale proposta non trova, quindi, rispondenza 
nell'ordinamento attuale in ragione della natura del soggetto convenuto, 
e ne consegue che la domanda proposta deve essere dichiarata 
improponibile. 

Per completezza di motivazione e con riferimento ai rilievi avanzati 
dalla difesa ricorrente nelle note autorizzate, va rilevato che � pur 

nella normale dialettica conflittuale che caratterizza il sistema dei rapporti 
sindacali. 

� appena il caso di sottolineare, al riguardo, seguendo la nota distinzione 
che la giurisprudenza della Suprema Corte ha mutuato dalla dottrina, che il 
Segretariato Generale, lungi dal porre in essere fatti mirati a � reprimere � 
il conflitto con il sindacato, si � mosso e si muove invece � nel conflitto ,,, 
accettandone il metodo e le conseguenze (Cassaz. 7 gennaio 1990, n. 207). 

Del tutto gratuita, oltre che inconferente, � la denunzia di discriminazione 
delle 00.SS. ricorrenti rispetto ad altre. 

Il Segretariato Generale non pu� certo rispondere di affermazioni e comunicati 
provenienti da altre 00.SS., n� � stato minimamente provato ex adverso 
un comportamento del Segretariato medesimo effettivamente discriminatorio. 


Il disappunto delle ricorrenti nasce, come accennato, dal rigore istituzionale 
con il quale nell'attuale gestione si � inteso affrontare il problema 
delle relazioni sindacali e che riguarda, com'� ovvio, l'intero arco delle organizzazioni 
presenti nell'ambito del Segretariato Generale senza riguardi, preferenze 
e privilegi per alcuna di esse. 

Al di l� del rilievo che, per pacifico e consolidato insegnamento giurisprudenziale, 
l'ordinamento sindacale � informato non ai principii della collaborazione 
ma a quelli della dialettica conflittuale (Cassaz. 5328/1987) e che 
non risulta per definizione configurabile una condotta antisindacale con riferimento 
ad ipotesi di comportamento dell'organizzazione datoriale mera




524 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vero che spetta, comunque, all'interprete il compito di garantire la coe


renza del sistema; nella specie, le complesse e delicate problematiche 
di ordine istituzionale e processuale, determinate dalle richiamate decisioni 
della Corte Costituzionale, possono essere risolte mutuando dalle 
statuizioni delle Sezioni Unite (cfr. sentenze cit.) quanto era stato affer


mato, allorch� l'applicabilit� all'impiego statale della speciale procedura 
ex art. 28 rimaneva preclusa; invero, nell'ipotesi in cui il comportamento 
antisindacale dell'amministrazione statale avesse leso direttamente ed 
esclusivamente diritti propri del sindacato, la tutela giurisdizionale era 
demandata nel previgente assetto, attualmente modificato dagli artt. 6 
e 7, legge 12 giugno 1990 n. 146, all'autorit� giudiziaria ordinaria secondo 
le norme del rito civile ordinario, essendo il giudice civile nel riparto 
della giurisdizione, competente a conoscere sia dei diritti civili che politici 
(art. 2 legge n. 2248/1865, All. E). 

Come � stato esplicitamente affermato dal S.C., con riferimento all'individuazione 
di siffatto rimedio giurisdizionale (Cfr. Cass., Sez. Un., 
20 luglio 1989 nn. 3404 e 3405, in Mass. giur. lav. 1989, 655 ss. nonch�, Cass. 
Sez. Un. 26 luglio 1984 nn. 4399, 4390, 4387, 4386, cit.) � da escludersi, nella 
specie, mutatis mutandis, una violazione degli artt. 3 e 24 Cost. sotto il 
profilo della diversa intensit� ed incisivit� degli strumenti e difesa dei 
diritti sindacali, rispettivamente nel processo davanti al giudice ordinario 
ed a quello davanti al pretore del lavoro, atteso che nell'uno e nell'altro 
procedimento sono assicurate le fondamentali garanzie delle parti e che 

mente om1ss1vo, ancorch� un tale comportamento possa risultare di fatto pregiudizievole 
alla libert� ed attivit� sindacale (Cassaz. 4063/1989), deve ribadirsi 
che nella specie nessuna violazione di uno specifico � obbligo � di con� 
trnuto positivo � stata realizzata dal Segretariato Generale, il cui comporta� 
mP-nto non � stato comunque per alcun verso pregiudizievole per la libert� 

e l'attivit� delle ricorrenti come delle altre organizzazioni sindacali presenti 

nel suo ambito. 

Sono state le ricorrenti ad abbandonare unilateralmente il tavolo di confronto 
aperto a tutte le organizzazioni sindacali, nel quale esse hanno potuto 
esprimere liberamente le loro valutazioni. 

Il Segretariato Generale, pertanto, non pu� che ribadire la sua disponibilit� 
ad affrontare con la propria gi� formata del<>gazione ogni questione 
che le 00.SS. riterranno di porre a detto tavolo e che la stessa UIL Pres. 
Rep. si riservava di portare nella ripetuta sede nel suo documento 22 marzo 
1991 (v. allegato al n. 59 delle produzioni avversarie). 

� infine appena il caso di aggiungere, in relazione a specifico rilievo 
avv.!rsario, che il Consiglio di Amministrazione si � riunito circa un mese 
fa ed ha esaurito ogni questione all'ordine del giorno; n� sussistono, allo 
stato, questioni in sospeso di competenza di tale organo. 

Si conclude perch� il ricorso in epigrafe sia dichiarato improponibile o 
inammissibile, o comunque sia respinto perch� infondato. 

GIORGIO D'AMATO 

~~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 525 

le � indicate differenze si ricollegano all'obbiettiva diversit� delle situa� 
zioni. 

L'assoluta novit� nonch� la delicatezza e complessit� delle questioni 
proposte, costituiscono giusto motivo per disporre la compensazione totale 
delle spese processuali fra le parti. P.Q.M. Dichlara improponibile l'azione 
proposta .dalle parti ricorrenti nei .confronti del Segretariato Generale 
deUa Prei:;idenza. della Repubblica. 

CORTE DI CASSAZIONE� Sezione Terza Civile, 3 dicembre 1991, n. 12960. 
Pres. Bile; Rel. Vizza; P. M. Lanni (parz. diff.) � Esposito (avv. Gava) 

c. Ministero della Difesa (Avv. Stato G. Arena). 
Responsabilit� civile � Pubblica Amministrazione � Comportamento del di� 
pendente � Riferibilit� � alla� p.A. 

Il .. rapporto organico tra la p.A. ed il dipendente, in forza del quale 
la prima risponde dei danni arrecati a t,erzi dal secondo, risulta inter� 
rotio soltanto� quando il comportamento de�l'agente non sia diretto al 
conseguimento di fini istituzionali, ma unicamente al soddisfacimento 
di finalit� c.d. �egoistiche�, del tutto estranee alle mansioni esplicate (1). 

Col primo motivo ilricorrente -deducendo violazione degli artt. 360 

n. 3 e. 5 c.p.c .., in relazi()ne agli artt. 1176, 2043, 2230, 2236 e.e., 28 Cost., 
e difetto di motivazione -censura la sentenza impugnata per la parte 
in cui ha ritenuto . .info1Jdata la domanda sotto il profilo della non rife� 
ribilit� alla P.A. dell'operato dei .medici militari. 
A suo avviso la Corte ha erroneamente ritenuto che, essendo tale 
operato strumentalmente correlato ad un intervento estetico, doveva 
escludersi la riferibiiit~ dell'evento dannoso alla pubblica amministra� 

(1) La Suprema C�rte ribadisce un orientamento oramai ampiamente con� 
solidato in tema di riferibilit�. alla pubblica Amministrazione del fatto illecito 
del dipendente, dalla quale discende l'obbligo di risarcire il danno causato 
ad� un terzo. Come � noto, tale riferibilit� pu� essere esclusa solo laddove la 
attivit�� dell'agente sia del tutto estranea alle finalit� perseguite dall'Ammini� 
strazione, essendo egli mosso da fini unicamente privati ed egoistici (per due 
ipotesi, si vedano Cass., 23 ottobre 1979, n. 5544 e Cass. pen., 15 maggio 1987, 
Zagaria). La giurisprudenza, nell'estendere tendenzialmente l'ambito della responsabilit� 
dell'Amministrazione, � andata precisando che deve mancare nel 
comportamento causativo del danno anche qualsivoglia rapporto di � occasionalit� 
necessaria� con le funzioni pubbliche; nel senso che, per escludersi 
la attribuibilit� del comportamento alla p.A., il fatto dannoso non deve neanche 
essere posto in essere, sia pure con abuso di poteri e/o con violazione di 
norme regolamentari e disciplinari, al fine di perseguire comunque, in ma� 
10 



5-26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, perch� lo scopo estetico � del tutto estraneo rispetto ai fini istituzionali 
dell'ente. 
La censura � fondata. 
Infatti, il rapporto organico, in forza del quale la p.A. � obbligata a 
rispondere dei danni arrecati a terzi da propri dipendenti, pu� ritenersi 

interrotto soltanto quando il comportamento dell'agente, doloso o colposo, 
non sia diretto al conseguimento dei fini istituzionali propri dell'ufficio 

o del servizio al quale � addetto, ma sia determinato da motivi strettamente 
personali ed egoistici, tanto da escludere ogni collegamento di necessaria 
ocoasionalit� tra le incombenze affidategli e l'attivit� produttiva 
del danno; per stabilire fa sussistenza del nesso suddetto e la conseguente 
riferibilit� all'amministrazione dell'evento dannoso, deve aversi riguardo 
allo scopo ultimo che il dipendente deve raggiungere, e perci� il solo fatto 
che egli, nel corso delle operazioni tendenti a quel fine, commetta un 
abuso di potere non v,ale ad escludere il collegamento di necessaria occasionalit� 
con le sue attribuzioni istituzionali, quando l'abuso, da 
qualsiasi motivo provocato, risulti strumentale rispetto all'attivit� di 
ufficio o dii servizio (fra le tante Cass. 18 giugno 1983 n. 4195, Cass. 24 gennaio 
1976 11. 227, Cass. 12 luglio 1974 n. 2�07). 
Nella specie, la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione 
di tali principi. Essa infatti -dopo avere esattamente detto che la 
responsabilit� della p.A. viene meno solo se il dipendente abbia agito 
per un fine privato o egoistico, e perci� estraneo alla p.A. -ha contraddittoriamente 
escluso la riferibilit� alla p.A. dell'opera dei medici 
militari, solo perch� essi sarebbero stati mossi da � motivi estetici �. 
Cos� argomentando la Corte noli ha considerato che tali motivi non sono 
n� privati n� egoistici, e potrebbero anche attenere allo stato di salute 
(in senso lato) dei militari; n� ha considerato altre pacifiche circostanze 
del caso concreto, rilevanti ai fini dell'eventuale riferibilit� dell'operato 

niera per cos� dire �distorta�, gli scopi dei quali la p.A. � attributaria. (Cfr., 
ad es., Cass. 14 aprile 1981, n. 878, in questa Rassegna, 1981, 432, con nota di 
DI TARSIA). Rimane pertanto incerta, alla luce di tale impostazione, l'attribuibil�t� 
alla p.A. dello stesso fatto costituente reato, che ovviamente dovrebbe 
essere ritenuto per definizione contrario agli scopi perseguiti dall'ente 
pubblico. 

Per alcune interessanti fattispecie relative alla responsabilit� dell'Amministrazione 
di Grazia e Giustizia per fatto di magistrati -prima dell'entrata 
in vigore della Legge sulla responsabilit� dei giudici, e quindi in presenza 
di una norma limitativa della responsabilit� dell'agente ai soli casi previsti 
dagli artt. 55 e 74 c.p.c. -cfr. infine Cass., 3 aprile 1979, n. 1916, in questa 
Rassegna, 1979, 459, Cass., 24 marzo 1982, n. 1879, in questa Rassegna, 1982, 
297, con nota di CARAMAZZA, e Corte d'Appello Roma, 18 luglio 1988. in Foro lt., 
88, I, 3622. 


PARTE I, SEZ. III, .GIWUSPlnJl!llNZA CIVILE;. GIURISDIZIONE E APPALTI 5 2 7 

dei medici militari a:lla .p.A. come l'esecuzione. ' d�ll'intertento in ' una 
i:tlfermeria militare, e. quindi a spese e. nell'ambito delle, strutture p.A. 

La sentem:� deve quindi es11ere cassata,. �con. il rinvio della causa ad 
alito giudice, identificato in cU$positivo, ilquale .esaminer� il problema 
deMa �riferibilit� alla P.A. dehl'operato dei medici militari �alla luce dei 
principi di .diritto dianzi ricordati e tenendo conto delle ragioni che hanno 
determinato la cassazione... 

CORTE DlCASSAZIONE -Seziorii Unite Civili, 4 dice:ri�bte 1991; n~ 13074. 
Pres'. Montanari Visco; Rel> Ianriott�; P. M. Ariiatucci (conci. conf.) -
Amtriinistrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (avv. Stato Cors;
ini) ,. c. Cap�stro � P�sCJ.ua1e ed'. �altri (avv. Caprioli). � 

Cosa giudi~�1:a. ~ivll� >GiUrlsdiziolie : -Pfol)Unzta re~~�:da Giudice.: diverso 
dalla Corte di Cassazi�ne � Non a�qUtsta aut6rlt� di. giudicato: .. 

(;ill,rJS~Q,Jl~ <:ivile t }IJlpi�go p.b{)llco .�.~:i: lnst1:luratjone ~el rapporto � Violazione 
del� divieto� di intennediazione di. mano� d'opera�� Giwisdizione 

del Giudice alnministrativo. �.� .�. � � � � � � � � � .. � �� � 

La declaratoria di difetto di giurisdizione .emessa dal Giudice ammfnistrativo, 
bench� .non impugnata, non spiega effic~cta. vincolante nel 
giudizio successivamente instaurato din.anzi al Giudice ordinario, investendo 
soltanto un presupposto processuale .(1). 

(1) Principio pacificQ nella giurisprudenza della S.C. (cfr. Cass., SS.UU., 23 ottobre 
1986, n. 6221, menzionata in motivazione). 
Al contrario, in caso �di sentenza che affermi la . giurisdizione del Giudice 
adito, sulla questione dLrito, ove non riproposta nell'atto appello, pu� formarsiil 
giudicato interno; .Ove, pertanto/il Consiglio di Stato ravvisi ex officio 
iLclif.etto di giuri&dizione. malgrado. la intervenuta preclusione, il vizio della 
pronunzia di appello � rilevabile d'ufficio. dalla Corte di Cassazione (Cass., 
19 gennaio� 1987; .n. 411). 

Va poi rammentato che la pronunzia non definitiva sulla giurisdizione, sia 

o meno passata in giudicato, segna comunque l'esaurirsi della potestas decidendi. 
del Giudice sulla. questione .(cfr; Cass., .22 gil.tgno 1990, n. 6311; Cass. 
27. novembre 1990, n. 11395; .Cass;; 4 dicembre 1990; n..11648). 
Sempre richiamando le pi� recenti � pronunz�e rese in punto di giurisdizione 
dalla Suprema Corte, si rileva infine come il generale principio della 
rilevabilit� di ufficio. del difetto di giurisdizione trova ostacolo . nel� passaggio 
in giudicato di una pronunzia . che abbia statuito espressamente. sulla giuri� 
sdizione o, nel merito;� sul necessario presupposto. della stessa, o, ancora, in 
una espressa o implicita pronunzia delle Sezioni Unite; da una sentenza di 
Cassazione con rinvio resa a Sezione semplice non discende pertanto alcuna 
preclusione per il Giudice di rinvio (cos�, Cass., 12 aprile 1990, n. 3159, in 
una complessa fattispecie). 



528 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Sussiste la giurisdizione esclusiva del Giudic~ amministrativo sulla 
controversia volta all'accertamento della sussistenza di un rapporto di 
impiego pubblico con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di' 
Stato in caso di violazione del divieto di intermediazione nelle prestazioni 
lavorative (2). 

Con il primo motivo di ricorso si deduce il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario e la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della 
legge 6 dicembre 1971 n. 104. Si sostiene che la domanda dei soci della 
Cooperativa Lubiam -diretta all'accertamento di un rapporto di lavoro 
subordinato che si sarebbe costituito con l'Amministrazione autonoma 
dei Monopoli di Stato per effetto della violazione dell'art. 1 della legge 

n. 1369/1960 -si sostanzia, data la natura pubblica dell'ente datore di 
lavoro, nell'accertamento dell'esistenza di un rapporto di pubblico impiego 
rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai 
sensi degli artt. 2 e 7 legge n. 1034/1971. 

I controricorrenti sostengono preliminarmente che la questione di 
giurisdizione � preclusa in conseguenza del passaggio in giudicato della 
sentenza del TAR Puglia che, adito dagli stessi lavoratori per il ricon<> 

(2) Dopo una iniziale affermazione del carattere privatistico del rapporto 
~he si costituisce con l'ente pubblico in seguito alla violazione del divieto di 
intermediazione di mano d'opera, e della conseguente giurisdizione sulla con' 
troversia del Giudice ordinario (tra le tante, Cass. SS.UU., 5 agosto 1974, 
n. 2330, in Foro lt., 1974, I, 3334, con nota di TALLARIDA e in questa Rassegna, 
1974, 1129) la giurisprudenza della Suprema Corte � oramai fermissima (a 
partire da Cass., 1� ottobre 1979, n. 5019, in Foro lt., 1979, I, 716, con nota di 
MAzzoTTA) nel ritenere la natura pubblicistica del rapporto del quale si chiede 
la ricognizione e la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (da 
ultimo, v. anche Cass., 30 maggio 1991, n. 6154). La Legge n. 1369/60 trova 
peraltro applicazione nei confronti degli Enti pubblici e delle Aziende di 
Stato, ma non delle altre Amministrazioni statali, di tal che sulla domanda 
proposta nei confronti di queste ultime sussiste il difetto assoluto di giurisdizione 
(cfr. Cass., 14 giugno 1980, n. 3805, in questa Rassegna, 1980, 54, co'rt 
nota di SERNICOLA, cui si fa rinvio, cos� come alla successiva nota in Rassegna, 
1983, 489, di G. PALMIERI, per ulteriori approfondimenti). 
Sussiste tuttavia la giurisdizione del Giudice ordinario laddove il rapporto 
controverso riguardi ente pubblico non economico che gestisca una attivit� 
imprenditoriale con criteri di economicit� e con apposita organizzazione, autonoma 
anche sotto il profilo contabile (Cass., 23 febbraio 1990, n. 1384); ci� 
anche laddove l'impresa avente i menzionati caratteri sia stata costituita e 
gestita successivamente all'assunzione da parte del soggetto interposto, senza 
che osti all'unitariet� del rapporto la trasformazione intervenuta medio tempore 
(Cass., 5 aprile 1991, n. 3554 e 11 luglio 1991, n. 7709). 

Per la complessa problematica concernente la distinzione tra il (consentito) 
comando o distacco e la (vietata) intermediazione di mano d'opera si 
veda, i.nfine, Cass., 13 aprile 1989, n. 1751. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILll, GIURISDIZIONE E APPALTI 

529 

scimento dell'esistenza del rapporto di lavoro con l'Amministrazione Autonoma 
dei Monopoli di Stato, dichiara il pr�prio difetto di giurisdizione. 
Aggiungono che l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, 
sollevata dalla ricorrente, � comunque inammissibile per avere il 
giudice ordinario accolto una domanda di merito con st�tuizione divenuta 
definitiva tra le parti. 

La duplice preclusione in concreto non sussiste. 

In ordine al dedotto giudicato esterno, va rilevato che la declaratoria 
di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo emessa dal TAR 
Puglia, bench� non impugnata, non spiega efficacia vincolante nel procedimento 
successivamente instaurato davanti al giudice ordinario perch�, 
investendo soltanto un presupposto processuale, non acquista autorit� 
di giudicato sostanziale e non spiega effetti al di fuori del processo davanti 
agli organi della giurisdizione amministrativa (cfr. Cass. s.u. 23 ottobre 
1986 n. 6221). 

Non � ravvisabile poi un giudicato interno sul merito, posto che in 
appello venne esplicitamente contestata l'esistenza di un rapporto di 
lavoro subordinato e la contestazione svolta in questa sede sulla giurisdizione 
-motivata con la richiesta di accertamento di un rapporto 
di natura pubblicistica -pone in discussione la qualificazione di detto 
rapporto e quindi la relativa statuizione del giudice di merito che dovrebbe 
operare come preclusione del problema di giurisdizione. 

Passando all'esame del motivo esposto, ritiene la Corte che lo stesso 
sia meritevole di accoglimento.� 

Emerge dagli atti e dalla stessa narrativa che precede che i soci della 
Cooperativa Lupiam di Lecce, sull'assunto .che il formale contratto di 
appalto stipulato con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato 
era in violazione della legge 23 ottobre 1960 n. 1369, hanno richiesto al 
Pretore di Lecce il riconoscimento dell'instaurazione di un rapporto di 
lavoro subordinato a tempo indeterminato. con la predetta Amministrazione. 


Orbene, la pretesa dei predetti lavoratori di essere considerati dipen<
lenti dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato .implica l'accertamento 
di un rapporto di impiego pubblico posto che: 

a) ai fini della distinzione tra rapporto di impiego pubblico e rapporto 
di impiego privato, in funzione del riparto di giurisdizione, � 
decisiva la natura pubblica del datore di lavoro non rilevando n� la 
forma dell'atto costitutivo del rapporto, n� la disciplina concreta dello 
stesso; 

b) non pu� essere revocata in dubbio la natura pubblica~ neppure 
contestata -di detta Amministrazione dei Monopoli atteso che trattasi 
di una branca operativa del Ministero delle Finanze cui appartiene, di 
una struttura che consente allo Stato di esercitare in prima persona 

---;'e'?'�



532 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del rapporto di lavoro e la giurisdizione sulla controversia riservata al 
Pretore del lavoro secondo l'esplicito contenuto degli artt. 21 e 23 della 
stessa L. 210/85. 

Le conclusioni del ricorrente sono per� errate. 

1. -Le SS.UU. hanno costantemene affermato che il rapporto di 
lavoro del personale delle Ferrovie secondarie date in concessione, a 
seguito del venir meno della concessione e dell'affidamento dell'esercizio 
alla Gestione Commissariale Governativa, si trasforma in un rapporto 
di pubblico impiego come tale devoluto alla cognizione esclusiva del 
Giudice Amministrativo in quanto riferibile direttamente allo Stato e 
non ad impresa distinta dalla sua organizzazione pubblicitaria; specie 
se (come nel caso dedotto) la domanda del dipendente investa il suddetto 
rapporto dopo la indicata trasformazione (ex plurimis 5324/82. 
558/87; 2259/88). 
2. -Non vi sono dubbi che la domanda del ricorrente investa il rapporto 
di lavoro proprio dopo la trasformazione della impresa ferroviaria 
da privata (concessionaria) a pubblica (assunzione governativa), sia perch� 
la prestazione lavorativa, gi� iniziata sotto la gestione del Consorzio 
Trasporti Pubblici di Napoli, � proseguita fino al 31 ottobre 1987 data del 
collocamento in quiescenza e quindi per oltre un anno dopo il D.M. del 
1986 che dichiarava la decadenza della concessionaria dalla gestione della 
ferrovia Alifana; sia perch� per effetto della novella 29 maggio 1982 n. 297 
che muta il contenuto degli artt. 2120 e 2121 del e.e. in tema di disciplina 
del trattamento di fine rapporto (buonuscita, indennit� di anzianit�), 
la indennit� che sarebbe spettata al dipendente alla data della entrata 
in vigore della novella (14 giugno 1982) seppure calcolata secondo la vecchia 
normativa dei detti artt. 2120, 2121 e.e. (e quindi tenendo conto di 
ogni compenso di carattere continuativo indipendentemente dalle scelte 
della contrattazione collettiva stante la imperativit� delle norme sulla 
eccezionale omnicomprensivit� della retribuzione) si cumula a tutti gli 
effetti con il trattamento successivamente maturato con obbligazioni a 
carico dell'ultimo datore di lavoro; ovvero nei confronti della Gestione 
Governativa e quindi direttamente riferibile al rapporto di pubblico impiego 
corrente al momento della cessazione del rapporto di lavoro. 
3. -Ai fini della disapplicazione, chiesta dal ricorrente, del D.M. 
di assunzione della ferrovia Alifana in gestione commissariale governativa 
non pu� invocarsi il dsposto dell'art. 2 della legge 210/85 secondo il 
quale �l'Ente Ferrovie dello Stato provvede ..... a) all'esercizio delle 
linee ferroviarie gi� gestite dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello 
Stato nonch� all'esercizio delle linee che saranno affidate alla gestione 
statale�. 
� sufficiente osservare: a) la decadenza della concessione non comporta 
che l'esercizio della linea sia automaticamente devoluto allo Stato 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 533 

e, quindi, ex art. 2 citato, all'Ente Ferrovie, in quanto l'esercizio, dopo il 
periodo di gestione � commissariale � potrebbe benissimo essere dato in 
concessione ad altri; b) la [egge 5 maggio 1989 n. 160 ribadisce, per la 
Ferrovia Alifana, il permanere (e, quindi, la legittimit�) della gestione 
�commissariale�, di per s� provvisoria, in attesa della sua �regionalizzazione
�. 

4. -Conclusivamente, esclusa ogni possibilit� di disattendere il provvedimento 
con il quale il Ministero dei Trasporti (D.M. 765/1986) ha affidato 
la gestione provvisoria della Ferrovia Napoli-Piedimonte d'Alife 
ad un Commissario Governativo, stante la sua conformit� alla legge, e 
la non automaticit� del passaggio di tutte o di alcune delle ferrovie secondarie 
gi� date in concessione, e dopo la decadenza della stessa, alla 
gestione del nuovo Ente Ferrovie dello Stato ex art. 2 L. 210/85 la pretesa 
del ricorrente di vedersi riliquidare il T.F.R. resta direttamente collegata 
al precorso rapporto di pubblico impiego che egli aveva proprio con la 
Gestione Governativa della Alifana al momento del suo collocamento 
a riposo senza che assuma rilevanza ai fini della qualificazione pubblica 
del rapporto la circostanza che la inadempienza lamentata sul mancato 
computo di talune indennit� sia riferibile al maggio 1982 quando la ferrovia 
era gestita dal Consorzio Trasporti Pubblici di Napoli. 
Poich� dunque dopo l'assunzione governativa della gestione della 
ferrovia Alifana, il rapporto di lavoro iniziale si � trasformato in un rapporto 
di pubblico impiego e tale rapporto � rimasto in vita fino al collocamento 
a riposo del ricorrente, la giurisdizione nella controversia di 
che trattasi � devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
ai sensi dell'art. 7, secondo comma L. 1034/71. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite Civili, 6 dicembre 1991, n. 13169 -
Pres. Zucconi Galli Fonseca; Rel. Favara; P. M. Amatucci (concl. conf.) Amministrazione 
Provincia Modena (avv.ti Benvenuti e Balli) c. Istituto 
Tecnico Industriale Fermo Corni (Avv. Stato Salvatorelli). 

Istruzione e scuole -Istituti tecnici . Spese di gestione � Obbligo a carico 
delle Provincie � Limiti. 

La previsione dell'art. 144, lett. E, n. 1 del T.U. n. 383/1934, che pone 
a carico delle provincie le spese di gestione per gli istituti tecnici, trov~ 
applicazione per tutti gli istituti di tale tipo, anche se costituiti dopo il 
riordinamento effettuato con la L. n. 889/1931 (1). 

(1) Con la presente pronunzia le Sezioni Unite della Suprema Corte risolvono, 
si spera definitivamente, un problema interpretativo -derivato so

534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Al fine di risolvere il problema interpretativo che la Provincia 
propone a proposito delle diverse locuzioni (�Istituti tecnici� e �Istituti 
di istruzione tecnica�) che compaiono rispettivamente nei nn. 1 e 3 del� 
l'art. 144 lett. E T.U. Leggi Com. e Prov. n. 383/1934, ed alle quali corrisponde 
un diverso ambito di obblighi a carico della Provincia (tenuta a 
corrispondere, per i primi, le spese per � personale di segreteria, mac� 
chinisti e personale di servizio, locali, illuminazione, riscaldamento, materiale 
didattico e scientifico e spese varie di ufficio � e tenuta, per i 
secondi (soltanto) alla �somministrazione e manutenzione dei [ocali, 
illuminazione, riscaldamento e provvista di acqua�), occorre tenere pre� 
sente che il detto T.U. n. 383 del 1934 intervenne dopo il riordinamento 
dell'istruzione media operata nel 1931 con la Legge 15 giugno n. 889 in 
materia di istruzione tecnica e con il R.D.L. 3 agosto n. 1069 in materia 
di scuole medie statali. Esso non pot� perci� non tenere conto -quanto 
alla tipologia delle scuole e istituti -dello stato della legislazione in 
materia approvata appena tre anni prima, come del resto � testualmente 
confermato dall'art. 91 stesso T.V. (che � la norma omologa dell'art. 144, 
diretta a precisare le spese obbligatorie a carico del Comune, cos� come 
il 144 elenca le spese a carico della Provincia), l� dove (alla lett. F n. 9, 
si indicano espressamente le � scuole tecniche di ogni tipo di nuova istitu� 
zione �, che nella legge n. 889/1931 vengono distinte (rispettivamente ai 
nn. 2 e 5 dell'art. 1 e poi, quanto alla disciplina, negli 6-8 e 9-15). Cos� 
pure il detto T.U. n. 383/1934 non pot� non tenere conto del tradizionale 
criterio di riparto di spesa, tra Stato e enti territoriali, che gi� con 
il R.D. n. 1054 del 1923 (c.d. riforma Gentile) e poi con la legge n. 889/1931 
aveva posto a carico degli enti locali le spese per la istruzione impartita 
a mezzo delle scuole secondarie. Criterio riprodotto poi nel T.U. del 

prattutto dal sovrapporsi nel tempo di differenti disposizioni e dalla incerta 
terminologia adottata dal Legislatore -relativo alle azioni di recupero promosse 
contro le Provincie da Istituti tecnici di varia tipologia, istituiti in 
vari momenti successivamente alla c.d. � riforma Gentile � (che contemplava 
solo alcune di tali scuole); la questione -per la prima volta pervenuta all'esame 
della S.C. -aveva originato un amplissimo contenzioso, sul quale si 
erano andati formando due contrapposti orientamenti da parte dei Giudici 
del merito: l'uno conforme alla sentenza che qui si pubblica (si veda, ad es., 
Corte d'Appello di Bologna, 18 giugno 1988, in Foro It., 1989, I, 2598, sentenza 
confermata con la odierna decisione), l'altro -patrocinato dalla Corte d'appello 
di Torino -contrario invece agli interessi degli Istituti tecnici. 

Si sosteneva, invero, da parte delle Amministrazioni locali convenute per 
il rimborso di quanto erogato dai detti Istituti per spese di gestione, che 
gli obblighi su di esse gravanti avrebbero dovuto essere limitati alla � somministrazione 
e manutenzione dei locali, illuminazione. riscaldamento e provvista 
d'acqua� (art. 144, lett. E, n. 3, T.U. n. 383/1984), poich� il diverso e 
pi� ampio obbligo di cui al n. 1 dello stesso articolo doveva intendersi li� 


536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuzione, limitatamente per� alla somministrazione dei locali e fornitura 
di servizi (art. 91 Lett. F n. 9); mentre pose a carico della Provincia, 
come si � sopra riportato, le spese relative agli �istituti tecnici� (con 
pi� ampia gamma di erogazioni) e agli altri � istituti di istruzione tecnica � 
(limitandole, come per le scuole tecniche, alla sola fornitura di locali attrezzati). 
� significativo notare che gi� la legge Gentile del 1923 per gli 
istituti tecnici (anche se all'epoca erano tali solo quelli commerciali e 
per geometri) prevedeva a carico della Provincia una serie cospicua di 
interventi e precisamente per: 1) personale di segreteria, assistenti e macchinisti; 
2) locali; 3) materiale didattico e scientifico; 4) e � ogni altra 
spesa di ufficio�, con una elencazione che figura riprodotta (dopo che 
la legge n. 889/1931 regolante il solo riordino amministrativo si era limitata 
a ribadire genericamente -negli artt. 23, 25 e 41 ss. -che le 
spese per l'istruzione secondaria cadevano a carico degli enti locali) 
per quanto riguarda gli istituti tecnici, nell'art. 144 lett. E n. 1 e non 
nel successivo n. 3. Ne viene pertanto di concludere che il legislatore 
del 1934, preso atto del riordinamento degli istituti tecnici e della nuova 
tipologia di sezioni e indirizzi -tra i quali risultavano confermati i 
soli due tipi preesistenti, commerciale e per geometri -intese riferire 
a tutti i nuovi tipi di istituti tecnici le sovvenzioni a carico della pro� 
vincia, dal momento che se avesse inteso limitarle ai soli due tipi pree


sistenti lo avrebbe certamente precisato. 

Tale considerazione e tale conclusione, fondata sull'interpretazione 
logica e sulla ricostruzione storica della disciplina (oggi sostanzialmente 
ancora non modificata), risulta sufficiente per affermare che l'art. 144 
lett. E n. 1 trova applicazione anche per gli istituti tecnici di tipo industriale, 
quale � l'Istituto Fermo Corni. 

Il problema ulteriore di dare un significato al n. 3 dello stesso art. 144 
lett. E del T.U. n. 383/1934 (che potrebbe interessare solo per ragioni di 
completezza, ma che in realt� non riguarda la causa in esame, una volta 
individuata la disposizione applicabile) pu� essere risolto (come ha 
opinato la Corte di merito) nel senso che detta disposizione si riferisce 
solo agli � altri � istituti di istruzione tecnica indicati nei nn. 3 e 4 del� 
l'art. 1 L. n. 889/1931, diversi dalle scuole tecniche e dagli istituti tecnici, 
indicati invece nei nn. 2 e 5 dell'art. 1 ,stessa legge (scuole professionali 
e scuole magistrali professionali e femminili) anche se le espressioni 
� altri � e � diversi � in effetti non si riscontrano nel testo della norma. 

Simile interpretazione, posta a base della decisione impugnata, con


duce a ritenere fondata la pretesa di rimborso avanzata a suo tempo 

dall'Istituto controricorrente, riguardante spese varie (di pulizia, di can


celleria, di telefono) che l'art. 144 lett. E n. 3 non include tra quelle a 

carico. della Provincia. 

In contrario l'Amministrazione ricorrente si limita ad invocare una 

interpretazione risalente ad una circolare del 1936 del Ministero della 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ClVIL1!1 GIURISDIZIONE E APPALTI 

P.I. ed una prassi applic�tiva; che ha trovato eonferma anche in taluni 
decreti {si cita in particolare il D;P.R. 14 novembre 1967 n. 1490) istitutivi 
di nuovi .istitutLte�nici,. i quali fanno richiamo al n. 3 e non al n; 1 
del citato art. 144 lett. E. Ma a questo argomento gi� i giudici del merito 
h�lmo potuto agevolmente replicare ponend<> in rilievo che n� cir~ 
cQJ.ari mJnisteriali, n� .prassi amministrative possono ritenersi vincolanti 
ai �fini di una diversa interpretazione, condotta stilla scorta di criteri 
lPgico-sis.tematici; e cos� >Pure/ non � vincolante un. decreto istitutivo, 
che �� pur :sempre un atto amministrativo�, e che .rappresenta> l'esplicazione 
di. un convincimento degli organi centrali .dell'amministrazione della 
P:;h Ci�. tanto.pi�� se. siconsidera. Che,. come ha .documentato gi� in .�sede 
di! merito l'Istituto ricorrente, il .problema � stato in passato molto 
dibattuto, tanto che si sono avute nuove circolari (tendenti a spostare 
sullo Stato l'onere delle spese di discussa riferibilit�) ed un. parere del 
Consiglio di Stato in data .25 ottobre (di segno �opposto alla circolare 
del 1936h 
AnChe perci� . sul piano dell'interpretazione sistematica della disciplina 
concernente gli istituti tecnici e il riparto di spesa a carico degli 
enti erogatori .di spesa;, deve ritenersi che .le spese (ij.� cui.al decreto ingiuntivo 
<:>pposto .. cadevano a carico della Provincia. 

R ric<;>rso principale deve essere quindi rigettato. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez; Un., 11 dicembre 1991, n~ 13408 -Pres. 
Sandulli -Rel. Amirante -� P. M. Amatileci -Tavanti (avv; Contaldi) 

c. C;P;D.EL. (avv>Stato Stipo)~ 
. . 

Pensioni.~� Credito soddisfatto in ritardo -Domanda di .rivalut~one unica 

ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. � GiUrlsdizione deUa Corte dei 

Cori.ti. 

La domandq di rivalu,taz.ione .del credito pern;ionistico. sod4isf atto 
in ritar4o rientra nella materia devoluta .alla giurisdizione della Cortedei 
Conti, anche se la domanda sia stata formulata invocando alterna.:. 
tivamen.te gli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. (1). 

Deve essere accolta la richiesta della controricorrente di dichiarazione 
della giurisdizione della Corte dei Conti . 

. . . .. �.��. ''. �r .. : : 

(1) La sentenza completa quanto in precedenza. affermato dalle Sezioni 
Unite sulla giurisdizione in materia di rivalutazione dei ratei di pensione cor� 
risposti in ritardo. � � 
�� ��Sull'argomento, in aggiunta alla decisione citata in sentenza; v. Cass. SS.UU. 
1� febbraio 1990, n. 646, in questa Rassegna 1990, I, 59; id. 17 ottobre 1988, 
n 5630, ivi, 1988, I, 315; id. 6 ottobre 1988, n. 5379, ivi 1988, I, 306; id. 3 dicembre 
1987 n. 9019, ivi 1988, I, 79. 
La decisione della Corte Costituzionale 12 aprile 1991 n. 156 leggasi in 
Foro it. 1991, I, 1321. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Rileva, anzitutto, la Corte che la giurisdizione deve essere determinata 
alla stregua del petitum sostanziale e indipendentemente dalle prospettazioni 
e qualificazioni della parte, non solo qualora si tratti di 
identificare l'unica domanda proposta, ma anche quando, come nel caso 
in esame, la Corte abbia articolato le sue pretese in pi� domande e si 
tratti di accertare se a tale distinzione normale corrisponda anche una 
sostanziale diversit�. 

Ci� premesso, si oss.erva che la Tavanti, nel ricorso al Pretore, ha 
addotto come causa petendi il macroscopico ritardo con il quale le era 
stata liquidata la pensione definitiva e le erano state corrisposte le differenze 
tra gli acconti e i ratei arretrati. Attesa la tormentata storia, 
da un lato dell'applicabilit� o no dell'art. 429 terzo comma c.p.c. ai crediti 
previdenziali; dall'altro del ricorso al notorio ed alle presunzioni nell'accertamento 
e liquidazione dei danni ex art. 1224 e.e., per quanto riguarda 
l'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, storia che esorbita 
dai limiti della presente decisione, la ricorrente ha anche affermato che 
il ritardo stesso, appunto perch� macroscopico non poteva non dipendere 
da colpa dell'amministrazione. 

Con tale deduzione, la ricorrente nulla ha aggiunto al fatto del ritardo, 
ma ha fornito di esso una sogget'tiva qualificazione, a1 fine di sollecitare 
i poteri del giudice perch� esso fosse valutato anche sotto il 
profilo dell'art. 1224 e.e. 

Per quanto concerne i petita, si tratta, in un caso e nell'altro, della 
richiesta di provvedimenti idonei a ripristinare l'originario potere d'acquisto 
della somma oggetto della prestazione previdenziale spettante. 

Ma anche sotto tale profilo, la ricorrente, nel dubbio sulla applicazione 
della rivalutazione di diritto ai crediti previdenziali, ha sollecitato 
i poteri del giudice per una liquidazione equitativa, con il ricorso al 
notorio ed alle presunzioni, ma non ha addotto, a prescindere da ogni 
giudizio di merito sulla loro rilevanza, inammissibile in questa sede, elementi 
specifici di danno, diversi da quello derivante dalla sola svalutazione. 


Accertato, quindi, per quel che si � detto, che si tratta di unica 
domanda, proposta invocando diverse qualificazioni, resta da determinare 
la giurisdizione su di essa. 

Ora, pronunciando su di una fattispecie sul punto simile alla presente, 
queste sezioni unite hanno affermato che la rivalutazione del credito 
� pensionistico soddisfatto in ritardo � uno strumento di quantificazione 
dello stesso, ragion per cui il pagamento ritardato della sola 
pensione, nel suo originario importo, costituisce adempimento parziale 
dell'obbligazione (v. S.U. 13 febbraio 1991 n. 1517). 

La domanda che tale rivalutazione abbia ad oggetto, pertanto, rien


tra pienamente nella materia devoluta alla giurisdizione della Corte dei 

.. l 


~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

Conti, ai sensi degli artt. 13 e 62 del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214. E ci� 
anche se, la domanda stessa attiene esclusivamente alla rivalutazione 
ed agli interessi, essendo stato soddisfatto il credito nel suo importo 
originario (S.U. n. 1517 del 1991 cit., nonch�, anche se con motivazione 
parzialmente diversa, S.U. 1 febbraio 1990 n. 646). 

In pendenza del ricorso, � intervenuta la sentenza n. 156 del 12 aprile 
1991 della Corte Costituzionale -(G.U. del 17 aprile 1991) -con la quale 
� stata dichiarata la illegittimit� costituzionale dell'art. 442 c.p.c. nella 
parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di 
condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni 
di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella 
misura legale, il maggior danno evenrtualmente subito dal titolare per 
la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi 
calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando 
al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno 
in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dell'istituto 

o ente debitore per il ritardo dell'adempimento. A tale decisione, la Corte 
Costituzionale � pervenuta rilevando il contrasto, nei sensi suindicati, 
della norma dell'art. 442 c.p.c. cit. con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 
della Costituzione, essenzialmente sul rilievo che i crediti previdenziali 
sono asshnilabili a quelli di lavoro in quanto � hanno la funzione di surrogare 
o integrare i..i. reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno 
degli eventi considerati dall'art. 38, secondo comma Cost. �. 
Tale pronuncia della Corte Costituzionale se pu� influire sulla fondatezza 
delle pretese -(ma di ci� dovr� occuparsi il giudice giurisdizionalmente 
competente per il merito) -reca conforto all'orientamento 
gi� seguito da queste sezioni unite nell'attribuzione alla Corte dei Conti 
delle controversie aventi ad oggetto l'inesatto adempimento dell'obbligo 
di �erogazione delle pensioni amministrate dal Ministero del Tesoro e 
dalla C.P.D.E.L. 

La sentenza, infatti, estende ai crediti previdenziali lo strumento 
previsto dall'art. 429, terzo comma c.p.c. per il ripristino del patere 
d'acquisto dei crediti di lavoro soddisfatti con ritardo, differenziandolo 
solo sul punto della decorrenza, con ci� dissipando ogni dubbio, che 
ancora poteva sussistere sull'attribuzione delle controversie aventi ad 
oggetto la rivalutazione e gli interessi sui crediti previdenziali allo stesso 
giudice avente competenza giurisdizionale per i crediti nella loro originaria 
entit�. 

Dalla sentenza stessa, con la motivazione che la sorregge, trova conforto 
il convincimento sopra espresso che le richieste della parte, formulate 
invocando alternativamente gli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e., danno 
luogo in realt� ad un'unica domanda, della quale deve conoscere il giudice 
competente giurisdizionalmente sul credito previdenziale, e cio� la 
Corte dei Conti. 


540 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE -Sezioni Unite Civili, 20 dicembre 1991, n. 13754. 
Pres. Brancaccio -Rel. Finocchiaro; P. M. Caristo (conci. conf.) -Di 
Taranto, SUMI -COSMED e SILINAIP -CISAL (avv. D'Alessio) c. 
Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stata Salvato11elli). (Regolamento 
di giurisdizione). 

Giurisdizione civile -Diritti sindacali -Diritti in senso stretto e diritti � correlati 
� -Cognizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo 
-L. n. 146/90. 

Spetta al Giudice iamministrativ.o, in sede di giurisdizione esclusiva, 
la tutela dei diritti sindacali cd. � cor:reDart;i �, in quante attinenti oggettivamente 
al rapporto di pubblico impiego; tale criterio trova conferma 
nel disposto dell'art. 6 L. n. J46/90, iimmediat1amenv.e applicabile ai giudizi 
in corso trattandosi di norma processuale in ~ema di giurisdizione (1). 

(1) Giurisprudenza oramai costante. La decisione, di cui si omette la pubblicazione, 
riveste tuttavia un qualche interesse poich� si tratta, a quanto consta, 
della prima pronunzia della Corte di Cassazione nella quale pur richiamandosi 
l'oramai consolidato, precedente orientamento della S.C. in tema di riparto di giurisdizione 
(sul quale, da ultimo, v. Cass., 28 novembre 1990, n. 11461, in questa 
Rassegna, 1991, I, 266), si fa anche riferimento alla sopravvenuta legge n. 146/90, 
che, all'art. 6, ha esteso alle Amministrazioni statali il procedimento per la 
repressione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 St. Lav. 
La Corte, riaffermato il principio, attualmente pacifico (ma peraltro abbandonato 
nel nuovo testo dell'art. 5 c.p.c. introdotto con la legge n. 353/90), secondo 
il quale le norme modificatrici della giurisdizione, salva diversa, espressa 
previsione, sono immediatamente applicabili ai giudizi in corso (si veda, 
ad es., da ultimo, tra le tante pronunzie, Cass. 25 gennaio 1989, n. 440), non 
trovando ostacolo nella c.d. perpetuatio iurisdictionis, n� nella generale irretroattivit� 
della legge (resta escluso il caso di pronunzia della stessa Corte 
in materia di giurisdizione, statuizione che � idonea a costituire giudicato pur 
se il giudizio prosegua dinanzi al Giudice del merito, rimanendo pertanto 
indifferente allo ius superveniens: cos�, Cass., 4 maggio 1989, n. 2088), afferma, 
a conclusione della parte motiva, che il criterio di discriminazione della giurisdizione 
in precedenza fatto proprio dalla giurisprudenza � stato riaffermato 
dalla norma sopravvenuta, della quale si sottolinea appunto la immediata 
applicabilit�. 

L'affermazione, peraltro, per come appare formulata e nel contesto del 
giudizio in esame, non �chiarisce l'avviso della S.C. in ordine alla reale portata 
dell'art. 6 della legge n. 146/90: se, cio�, detta norma si sia limitata a recepire 
sic et simpliciter la ricostruzione del sistema in punto di giurisdizione 
operata dalla Corte, ovvero abbia introdotto qualcl;le innovazione (sul punto 
cfr. la nota pubblicata in questa Rassegna, 1990, I, 488). Affinch� sia fatta 
chiarezza anche sul punto si devono pertanto attendere ulteriori pronunzie 
della S.C. 


SBZIONB QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 10 dicembre 1991, n, 10 � Pres. Crisci � 
Est. Salvo -Ministero della Pubblica Istruzione (avv� Stato M;mgia) 

c. Polizzi Antonina (n.c.). 
Impiego pubblico � . Stato� giUJ:ic:lico. � Differenziazioni dall'impiego privato � 
. . Contrasto con artt. 3 . e24 Cost. � Infondatezza. 

Impiego pubblico �. Trattament� economico � � Restitutio. in integrum � a 
seguito di annullamento giudiziale � Presupposti � Limiti. 

Non � possibile riscontrare la violazione degli artt. J e 24 Cost. in 
relazione alle differenziazioni esistenti tra impiego pubblico e privato, 
perch� la parit� di trattamento va assicurata a parit� di struttura del 
rapporto di lavoro e a parit� di posizione delle parti; come � noto, nel 
rapporto di lavoro pubblico, a differenza che in .quello privato, la con, 
siderazione delle finalit� pubbliche, cui � preordinato lo svolgimento del 
servizio del pubblico dipendente, caratterizza vari aspetti della relativa 
disciplina (1). 

La � restitutio in integrum � agli effetti economici non spetta nel 
l'ipotesi di illegittimo diniego di costituzi<J'ne del rappotto .di lavoro, 
perch� la prestazione lavorativa non .� mai avvenuta e,� tra �l'altro, la 
qualit� e la quantit� delle prestazioni irrtpiegatizie non :sono positivamente 
note (2). 

. L Il Consiglio di Giustizia Amministrativ� per la Regione Siciliana 
deferisce alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato il giudizio sull'appello 
del Ministero . della .. Pubblica Istruzione c.ontro la sentenza 

n. 570/90 del T.A.R. della Sicilia che a segu,ito .di ric<:>rso per esecuiione 
di giudicato proposto dalla Signora Antonina Polizzi, esclusa .illegittimamente 
dalla nomina a coordinatore amministrativo supplente per un 
(1-2). L'Adunanza Plena~fa conferrria espressiunertte l'orientamento dominante 
della giurisprudenza del �Consiglio di Stato e do� ribadisce che, nel 
rapporto �di pubblico . impiego, nei casi in cui sia stata .conferita una nomina 
tardivamente, con efficacia giuridica retroattiva, a seguito di annullamento 
(con atto giurisdizionale) di un atto poi ritenuto illegittimo,. il trattamento 
economico compete esclusivamente dalla data di ~ffettiva assunzione �n servizio: 
cfr., da ultimo, Cons. Stafo, sez. VI, 3 ottobre 1990 n. 873 in Cons. Stato 
1990, I, 1250; 2 novembre 1983, n. 772, in Cons. Stato 1983, I, 1206; 24 settembre 
1983, n. � 684, in Cons. Stato 1983, I, 928. � � 

11 



542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anno scolastico (1986/87) in provincia di Trapani, ha riconosciuto alla 
ricorrente, nominata� ora per allora � ai soli fini giuridici, il diritto di 
percepire, per l'anno in riferimento, il trattamento economico della 
qualifica, la rivalutazione del credito e gli interessi su di esso. 

1.1. La controversia attiene: 
a) in via preliminare, alla ammissibilit� del suddetto ricorso per 
esecuzione di giudicato; 

b) nel merito, alla spettanza alla Polizzi della retribuzione connessa 
alla qualifica conferitale, pur non avendo prestato la propria opera 
a causa della omessa illegittima costituzione del rapporto: di lavoro. 

L'esistenza di un contrasto giurisprudenziale su questo punto costituisce 
la ragione del deferimento del giudizio alla Adunanza Plenaria. 

2. Nel primo motivo di appello, il Ministero della Pubblica Istruzione 
deduce la inammissibilit� del ricorso per esecuzione di giudicato 
proposto dalla Polizzi (cfr. 1.1. a), assumendo che manca dei necessari 
presupposti. 
Con la nomina della ricorrente a coordinatore supplente ai soli 
fini giuridici, l'Amministrazione avrebbe infatti totalmente adempiuto 
gli obblighi derivanti dal giudicato e pertanto la richiesta della retri


j

buzione costituirebbe un � quid pluris � che avrebbe dovuto formare 
oggetto di separato ricorso giurisdizionale. 
Questo, peraltro, non sarebbe stato proponibile essendo scaduti i 

I 

~ 

termini per l'impugnativa del suddetto provvedimento di nomina. 
La censura, rivolta all'intero ricorso per ottemperanza, � infondata. ' 
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, nell'ordinanza di remissione 

I

all'Adunanza Plenaria ne ha sottolineato l'inconsistenza, rilevando che 
il giudizio di ottemperanza rientra nella giurisdizione speciale di legittimit� 
e di merito e che � possibile, se del caso, il passaggio da esso 
al rito generale di legittimit�. Del resto, come risulta dagli atti, al momento 
della proposizione del ricorso per ottemperanza, la Polizzi non 

Iconosceva l'esistenza del provvedimento con cui era stata nominata 
coordinatore supplente � ora per allora � ai soli fini giuridici; sicch� 
non pu� parlarsi di scadenza di termini perentori. 

Va in effetti rilevato che il ricorso della Sig.ra Polizzi conteneva 
una molteplicit� di domande riconducibili alla mancata esecuzione del 
giudicato, ivi compresa quella relativa al trattamento economico con 
interessi e rivalutazione. Il sopravvenuto provvedimento dell'Amministrazione, 
proprio perch� non puntualmente satisfatrt:ivo delle pretese 
prospettate dall'interessata come essenziali alla esecuzione della decisione 
giurisdizionale, non detennina il difetto di interesse alla prosecuzione 
del giudizio di ottemperanza, rivolto appunto alla delimitazione 
dell'esatta estensione degli obblighi derivanti all'Amministrazione dalla 



PARTE .I, SBZ;.�lV,GIURlSPRUDBNZA AMMINISTRATIVA 

p;ronunzia. deLgiudice. At:nministrativo; obblighi che, se adempiuti incompiuta.
n:te!nte;. l);on detennin�no I'esecuzione del giudicato . 

� J .� Nel s~qnd.o e te:i;zo motlvo. di appello (argomento 1.1. b) il Minl:
ste;r() qe(i~ la e;rr():neit� della sente:Q:Za impugnata per non aver 
tem1to cc>ptQ <:Ie,lla .ec~~arla consegue,pziajit� tra effettiva prestazioneqhl; �~.t;*i~~Q e, r~trH'x9~i9ne; tipica <J,elJ;'o:iigi.ainento del pubblico impiego, e 
c#a fa pt�~f,djnte giurisprudenza, a.m,ininist:i;ativa che ammette la � resti~
tj~ in .iui~J!fum. ~ agU � ~ffettl .ecll:O.~micL oMtre. che giuridici, soltanto 
:t:1~J:~0d~Ui~if/if~iad~�!~io~~s~t!zi:~~o::~d::t~a;~;;o~t:on anche 
Nell'.a set:lt~aJmpugnata e �;nella ordinanza di remissione alla Adunanza 
.:rlenarla; iL'I'.!\..R. ed il CQ!ll&jglio .di Giustizia Amministrativa, ri&
pe,ttivamente, nCln. qJ5cqnoscol'.);o >che .. le. axgomentazioni dell'appellante 
coin�icta1lCI c()n q.t!l~crJlella pi:�:v~e11t� gi:.rj�>ptu<:lenza. d!el Consiglio di 
Stato �. (cfr,. C.s..�VI 684/S3, 772/8�3, 48�83k 570/86, 58/87;. 801/89, 873/90); 
ttittavia, .�richiamando un �. opposto .mdirizzo .�� giurisprudenziale proprio e 
di/altri giudici amministrativi; ..ossemrano .che tale .orientamento non garantisce 
la piena sostanziale tutela del lavoro subordinato, poich� in 
presenza di comportamenti illegitt��lL dell'Amministrazione, non conSe!
nte la effettiva <(.restitutio in integrtirn �della sfera giuridica e patrimoniale
� dei lavoratori; com�' invece: � richiesto da un principio generale 
desumibile dalla nostra � 1egislazfone; 
ta questfone��pres�nterebbe��an�he �aspetti d� illegittimit� costituzionale 
con riferimento agli artt. ,f e 24 Cosct; La distinzione tra gli effetti 
della illegittima interruZione d�l fapporto e quelli della sua� omessa costituzione 
(piena reintegrazd.otle t: reintegraziOn.e limitata agli effetti giuridici), 
creerebbe, infatti, una ingiustificata disparit� di trattamento tra 
dipendenti J>ubbl4ci �. ~ privati i quaH>u:11:imi possono chiedere ed ottenere 
dallo stesso giudice, inogni c�s�,la condanna del. datore di lavoro 
a cornspondere le. retribuzi�ni arfJti~te..� . 
D~I�tronde, ad avviso� del Consi@io. ili Giust�zia Amministrativa, le 
limitazioni agli . iJ1i1;erventi del giudice aIIlll1inistrativo nel sistema del 
rapporto di lavoro; pubblico non corrisponderebbero pi� alia realt� derivante 
dalla contrattf).Z�c>ne collettiva e, se . rif ente apreQCc.pru:ioni per 
la spesa pubblica,� andrebb~ro ridimensi~nate, tene'ndo � pres�nt� che il 
dipendente che non ha . cons.eguito la nomina a causa del . comportamento 
illegittimo delll'Amministrazione, ha l'onere di rivolge:t1sC~i due 
giudici diversi: quel1o amministrativo, per la r�integrazione � aigli �effetti 
giuridici, e quello civile, per .il risarci'm�nto del danno. 

3.1. Le suesposte considerazioilli, pur suggestive, non sono condivisibili. 

544 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

Esse sono basate fra l'altro, sul presupposto, non dimostrato, che 
nessun ostacolo legi'slativo sussista ormai alla piena elquiparazione1 tra 

6 

rapporto di lavoro pubblico e privato eJ che in questa cornice, il con~ 
cetto di � restitUJtio in integrum � possa essere esteso fino a far produrre 
alla pronuncia del giudic� dell'ottemperanza effetti non diretta. 
'

1 

mente ed esclus1vamente collegati alla decisione da eseguire. 

Per contro, va rilevato in proposito, che la parit� di regolamehtazione 
tra rapporto di lavoro pubblico e privato non � stata ancora attuata, 
tant'� che l'art. 28 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 
1983 n. 93, la pone tra gli obiettivi da raggiungere in un prossimo 
futuro; le stesse considerazioni possono trarsi dai contratti collettivi 
per il pubblico impiego, dai quali, anzi, emerge talvolta la tendenza a sottolineare 
la specificit� dei rapporti gravitanti sul settore pubblico. 

N� a questa realt� contrastano i principi di carattere costituzionale 
citati nell'ordinanza di remissione, poich� la parit� di trattamento va 
assicurata a parit� di struttura del rapporto di lavoro e a parit� di 
posizione delle parti: laddove, nel rapporto di lavoro pubblico, a differenza 
che in quello di lavoro privato, la conside!l"azione� delle finalit� 
pubbliche aui � preordinato lo svolgimento del servizio del pubblico 
dipendente, caratterizza vari aspetti della relativa disciplina. 

A ci� si aggiunge che, talvolta, la diversit� lamentata � solo appar,
ente, dipendendo dalla natura della tutela giurisdizionale amministrativa, 
fermo restando che l'interessato potr� comunque ottenere, per altra 
via, il pieno risarcimento dell'effettivo danno subito, qualora sia conseguente 
ad un atto amministrativo illegittimo. 

In questa situazione non si rilevano vizi di incostituzionaliit�, ma 
se mai inconvenienti cui solo il legislatore pu� porre rimedio. 

Per ci� poi che attiene ai limiti della � restitutio in integrum � va 
considerato che nel caso di omessa costituzione del rapporto di lavoro 
pubblico, la pronuncia sull'ottemperanza, in quanto adempimento effettuato 
dal giudice in luogo dell'Amministrazione, non pu� sfociare che 
nell'adozione � ora per allora� dell'atto amministrativo che, secondo 
il giudice del merito, l'Amministrazione avrebbe dovuto porre in essere, 
in relazione al contenuto della decisione costituente giudicato, con tutti 
gli effetti che direttamente e necessariamente de!'!vano, 

Nel giudizio di ottemperanza, infatti, debbono essere identificati gli 
elementi indispensabili per eliminare la illegittimit� constatata nella 
pronuncia giurisdizionale da eseguire, distinguendoli da quelli inerenti a 
pretese che abbiano autonomi e specifici presupposti, anche se collegate 
alla domanda principale. Le pretese relative a questi ultimi 
elementi sono semmai propriamente inquadrabili in una azione per 
danni patrimoniali conseguenziali all'illegittimo comportamento dell'Amministrazione, 
da proporre innanzi al giudice ordinario. 



PARTE I, saz. IV; GIURI$PRVDENZA AMMI.NISTRATIVA 

Nel caso in esame, pu� dunque dirsi che la reintegrazione conseguente 
alla decisione la quale, nell'annullare la nomina conferita ad altri, ha 
ritenuto che la ricorrente aveva titolo alla nomina stessa, doveva fermarsi 
alla costituzione del rapporto di lavoro per l'anno scolastico 1986-87 
e non poteva estendersi al riconoscimento del diritto alla retribuzione 
per quel periodo. 

�>Tale diritto, come per consolidata giurispruclenza si .desume, in 
partic�lare; dagli artt. 9 e 33 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, pu�, al 
massimo, ri.tenersi elemento di un rapporto sinallagmatico gi� realmente 
costituito e consolidato; sicch� la sua illegittima interruzione 
comporta, �se annullata in sede giurisdizionale, il ripristino integrale del 
rapporto stesso in tutti i suoi aspetti, compresa quella retribuzione che 
pu� stimarsi connaturata. alla situazione preesistente. 

Per contro, se il :rapporto di impiego non era mai esistito, il riconoscere, 
ora per allora, che l'interessato vi aveva titolo, non significa 
automaticamente affermare il diritto ad una retribuzione la quale, a 
differenza dell'ipotesi di rapporto gi� costituito, poteva non essere 
attribuita per mancata assunzione del servizio o cessare per prova sfavorevole 
o altro. In a:Itri termini, mentre la retroattivit� degli effetti 
economici pu� apparire giustificata dalla arbitraria interruzione di un 
rapporto di impiego gi� in atto, �in cui la qualit� e la quantit� delle 
prestazioni impiegatizie sono positivamente note, altrettanto non pu� 
dirsi nel caso di una mancata assunzione illegittima: qui l'attribuzione 
retroattiva del trattamento economico in aggiunta al riconoscimento del 
servizio ai fini giuridici, sembra irrealistica, tenuto anche conto che la 
prestazione 'lavorativa non � mhl avvenuta, e che � da supporre lo svolgimento, 
in quel periodo, di altra attivit�, idonea alla produzione. di un 
reddito, mentre nel frattempo, la prestazione inerente al rapporto di 
lavoro pubblico � stata svolta da altri e ad altri retribuita. 

Semmai, come si � accennato, star� all'interessato dimostrare i reali 
pregiudizi subiti a seguito della illegittima mancata assunzione, in sede 
di azione per risardmento danni davanti al giudice ordinario. 

In altri termini, pu� giungersi a concepire che l'annullamento dell'atto 
amministrativo che fa cessare illegittimamente un rapporto di 
impiego pubblico determini come conseguenza naturale il ripristino del 
rapporto nella sua pienezza, quale si volgeva e avrebbe dovuto continuare 
a svolgersi, con tutte le conseguenze di anzianit�, di carriera, di 
retribuzione, ecc. Non pu� ritenersi invece che l'originaria inesistenza 
di una qualsiasi prestazione o controprestazione fra Pubblica Amministrazione 
e privato comporti, a seguito della pronunzia di illegittimit� 
relativa alla mancata asSIUilZione, oltrech� l'assunzione retroattiva agli 
effetti giuridici, anche il coniierimento di compensi per prestazioni mai 
effettuate. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. In conclusione, l'Adunanza Plenaria ritiene che allo stato della 
legislazione, non vi siano fondati motivi per modificare il prevalente 
orientamento della citata giurisprudenza delle sezioni del Consiglio di 
Stato. 
L'appello del Ministero della Pubblica Istruzione indicato in epigrafe 
deve pertanto essere accolto. 

Per l'effetto l'impugnata sentell2la del T.A.R. della Sicilia va annullata 
ed il ricorso per esecuzione di giudicato proposto dalla Signora 
Polizzi deve essere respinto. 

l 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, orid. 9 ottobre 1991, n. 628 -Pres. Imperatrice 
-Est. Della Valle Pauciullo -Policaripi ed altro (avv. Maiuceri) 

c. Istituto Suiperiore di educazione filsioa di Firenze (avv. Russo). 
II 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 941 -Pres. 
Quartulli -Est. Numerico -Costa V. (avv. Lubrano) c. Ministero 
Pubblica Istruzione (avv. Stato Bruni). 

III 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 943 -Pres. 
Quartulli -Est. Numerico -Corda R. (avv. Lubrano) c. Ministero 
Pubblica Istruzione (avv. Stato Bruni). 

IV 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 17 dicembre 1991, n. 1121 -Pres. 
Buscema -Est. Numerico -Ministero del Tesoro (avv. Stato Nucaro) 

c. Pani F. (avv. Bonfante). 
Impiego pubblico -Stipendi e assegni -Indebito (ripetizione) -Presupposti 
-Contrasto di giurisprudenza -Rimessione all'Adunanza plenaria 
del Consiglio di Stato. 

Considerato il contras1to giurisprudenziale verificatosi in materia, 
devono essere rimesse all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le 
seguenti questioni in materia di requisiti per il recupero di somme� 
percepite indebitamente dai pubblici dipendenti a titolo retributivo: 
J) natura giuridica delil!atto di recupero; 2) necessit� o meno di motivazione; 
3) problema dell'esistenza di una possibilit�, da parte dell'.autorit� :


f 

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_,~~ 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 547 

ab.ilitata, 'di scelta tra il recuperare o il non recupeirar:e; 4) filevllnza dello 
stato soggettivo originario del percipiente, la c.d. � buona fede�; 5) 
rUevanza del fattore tempo, .eventualmente anche lungo, tra l'indebita 
erogazione e la. sua ripetizione; 6) individuazione, una volta ammesso o 
imposto il recupero, di una percentuale sul trattamento economico 
mensile da ritenere congrua per definire la rata di trattenuta (1). 

I 

I ricorsi devono esser� riuniti, avendo essli. identico contenuto. 

Con i provvedimenti impugnati del Presidente del Consiglio di Amministrazione 
delfISEF di Firenze prot. n. 1055/02 e prot. n. 1058/02 del 
19 ottobre 1981 veniva comunicato ai dipendenti. di detto Istituto Franco 
Policarpi e Gina Forconi che, per effetto di errata ricostruzione di carriere, 
essi erano tenuti. a restituii.re le somme nette, il primo di L. 3.969.815 
e la seconda di L. 2.721.895, �mediante detr�Zione del 10% sull'ottanta 
per cento. dello stipendio base attualmente in godimento a partire dal 
mese di novembre p.v. �. Quanto innanzi, a seguito dei nuovi decreti di 
ricostruzione di carriera cofuunicati con raccomandata del 2 aprile 1979. 

.Gtli appellanti lamentano cori il primo motivo l'dllegittirnit� degli anzidetti 
provvedimenti, perch� comportano l'implicito annuliamento d'ufficio 
dei precedenti provvedimcmti, con i quali erano state erogate le somme 
addebitate, e la restituzione di tali somme mediante trattenute sullo 
stipendio in godimento. Ci� senza motivazione suU'iinteresse pubblico 
(che non sussiste) all'annullamento, raffrontato al pregiiudizio di chi � 
tenuto a restituire le somme. 

Con lo stesso motivo essi deducono l'illegittimit� del disposto recupero, 
stante la loro buona fede, trattandosi di somme percepite in base 
ad atti di ricostruzione di carriera adottati dall'Amministrazione. 

Appare opportuno rimettere i ricorsi, cos� riuniti, per l'esame e la 
decisione, al'l.'Adunanza Plenaria delle sezioni giurisdizionali, essendo non 
univoca � 1a gforisprudenza sulla questione relativa alla ripetizione degli 
assegni non dovuti, la quale pu� dar luogo a decisioni contrastanti delle 
singole sezioni, mentre vi � necessit� di soluzione uniforme. 

Alcune� decisioni{v. Cons. St., sez. V, 15 maggio 1990 n. 412, Cons. St., 
sez. IV, 9 novembre 1985 n. 505), invero, hanno ritenuto che il pfov


(1) L'Adunanza Plenaria ha deciso le qu�stioni prospettate dalle ordinanze 
in es:.une il 24 febbraio 1992, e si attende il deposito della sentenza. 
Per un ampio ed esauriente esame degli orientamenti della giurisprudenza 
del Consiglio di Stato in materia di recupero di emolumenti illegittimamente 
erogati dalla pubblica Amministrazione ai propri dipendenti, si veda la nota 
redazionale alla sent. n. 15 del 1990 del Consiglio di Stato, sez. IV, in questa 
Rassegna 1990, 91 e ss; 



548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
vedimento di recupero di somme retributive illegittimamente corrisposte :~~ 
deve essere giustificato da una corretta valutazione dell'interesse pub1=~ 


1
1
.

blico all'annullamento dell'atto illegittimo, comparandolo con l'entit� del , 

I 
.sacrmcio dell'interesse privato sottostante, il quale non deve essere cos� . 

grave da incidere sulle esigenze primarie della sua esistenza. 

Per varie altre decisioni, (fra le altre, v. Cons. St., sez. V, 10 dicembre 
1980 n. 850; Cons. St., sez. IV, 17 maggio 1990 n. 390 Cons. St., sez. IV, 
26 aprile 1990 n. 321; Cons. St., sez. IV, 16 gennaio 1990 n. 15; Cons. St., sez. 

IIIV, 15 maggio 1989 n. 286; Cons. St., s~z. IV, 30 ottobrn 1989 n. 722), il recupero 
di somme indebitamente erogate dalla pubblica Amministrazione ai 
propri dipendenti ha carattere di doverosit� (escludente la necessit� di 
motivazione). nascendo direttamente dal disposto dell'art. 2033 e.e., salvo 
l'onere di procedervi con modalit�, quali la rateizzazione prevista dal� 
l'art. 3, d.P.R. 30 giugno 1955 n. 1544, che non incidano soverchiamente sulle 
esigenze di vita in caso di buona fede del debitore. 

Secondo altre decisioni, ancora, il recupero presuppone la valutazione 
compamtiva tra l'interesse pubblico alla restituzione ed il sacri


I

ficio individuale del dipendente (v. Cons. St., sez. V, 15 marzo 1990 n. 289) 

I ~ 

e vi si afferma che non � consentito alla pubblica Ammini:strazione il 
recupero di somme corrisposte per errore a titolo di stipendi, assegni 
e indennit� ai pubblici dipendenti che li hanno percepiti e consumati in 

tr.~ 
buona fede per il soddisfacimento delle normali esigenze del1a vita fami� 
tiare, occorrendo, pertanto, la valutazione sulla buona fede del dipen


I

dente (v. Cons. giust. amm. 26 maggio 1989 n. 212; Cons. St., sez. V, 

~ 

19 luglio 1989 n. 420). !i 

~ 

II-III-IV ~ 

Con il primo motivo l'interessato ripropone la nota questione del ~ 

I 
~ 
~ 

f

preteso vizio dell'atto di recupero per l'affidamento ingenerato dal comportamento 
della P.A. sulla legittimit� della percezione del trattamento 
economico da recuperare, anche per la risalenza del tempo in cui il 
riassetto economico (poi modificato) fu disposto. 

Si aggiunge anche che la motiviazione sarebbe contraria, sulla rateazione 
adottata, a taluni recenti indirizzi che giudicano congrua una 
trattenuta del 5% e che la medesima motivazione non avrebbe tenuto 
conto oggettivamente dell'incidenza in ordine al disagio economico provocato 
sul percipiente e che ai fini di tale valutazione doveva tenersi 

IIconto, del sacrificio imposto, in vista della misura e della durata della 
rata mensilmente ripetuta. i:~ 

~:

In ordine ai temi prospettati le posizioni deHa giurisprudenza si 
sono evolute in una serie di direzioni distinte. 

ii 

r.:

La IV Sezione di questo Consesso, (in linea di principio, e salvo 
eccezioni di cui si dir�, la pi� restrittiva nei confronti dei ricorsi di chi lll 

I 
�
r: 

~ 

f: 
IPAma{r~B:~910mr:::::t�m''"Mlltm11'm:~=iwm''q_;;:~a1:mwJtr�;1~:�1JW11:1119=~=mw..iil�::r11==x1J&n'�m:t�'w.k.~rm''.U>J.P�wiwa@n~�"''iL�vm.wnr~lili::rl!i:::m!nllw=~


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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

subisce i recuperi) presenta negli ultimi anni almeno due filoni interpretativi 
principali. 

In una prima prospettiva (prima non necessariamente in senso cronologico 
perch� sovente i vari indirizzi si intersecano e si accavallano) si 
prende spunto dalla considerazione ohe l'atto di ripetizione ha una valenza 
provvedimentale e presuppone, temporalmente o almeno in via di logica. 
implicita, un provvedimento di annullamento della statuizione che determin� 
erroneamente le somme da pagare al pubblico dipendente (cfr. 
IV, 23 settembre 1985, n. 356; 4 agosto 1986, n. 549; 27 aprile 1987, n. 249; 
5 maggio 1987, n. 264; 12 maggio 1987, n. 688; 22 settembre 1987, n. 545). 

A giustificazione della natura provvedimentale del recupero si osserva 
che l'ordinativo dell'erogazione errata, sebbene di natura �paritetica�~ 
obbligherebbe pur sempre la P.A. fino alla sua eliminazione e che perfino 
nel testo unico pensionistico 29 dicembre 1973 n. 1092 le determinazioni 
del trattamento di quiescenza debbono essere formalmente corrette 
in via previa (art. 204), pena altrimenti la permanenza del lorovincolo 
a carico della P .A. 

Si ammette, comunque, anche nell'ambito dell'orientamento in esposizione, 
che il � provvedimento � di ripetizione possa esso stesso implicare 
e contenere l'annullamento degli atti determinativi (cfr., oltre alla cit. 
IV 549 del 1986, gi� prima sez. IV, 16 novembre 1985, n. 538). 

Nell'ottica provv,edimentale che, dunque, si attribuisce tanto all'atto� 
di vero e proprio annullamento, quanto a quello logicamente autonomo,. 
di specifico recupero, si riconosce a quest'ultimo il carattere discrezionale 
e autoritativo (sez. IV, 27 marzo 1981, n. 119; 21 settembre 1984, 

n. 704; citt. 356 del 1985 e 549 del 1986; 30 gennaio 1990, n. 57) tanto che 
non si dubita dell'onere di impugnativa nel termine ordinario di decadenza 
(cfr. sez. IV, 27 aprile 1988, n. 258). 
Qualche oscillazione si manifesta nel ricordato indirizzo circa l'og� 
getto su cui si dispiega la discrezionalit�. 

Per esempio nelle premesse della rammentata pronuncia n. 57 del 
1990 si ammette che !'�esame dell'Amministrazione possa essere condotto� 
sulla compatibilit� della rripetizione in s� con l'interesse pubblico nonch�~ 
pertanto, sull'opportunit� di mantenere in vita gli effetti patrimoniali 
prodotti dall'atto illegittimo. 

Tuttavia la stessa decisione e le altre in genere fin qui elencate (cui 
si pu� aggiungere sez. IV, 27 aprile 1988, n. 822), pur collegando al caratte11e 
provvedimentale del1a statuizione di recupero l'esigenza di una 
motivazione, giudicano sufficiente l'accertamento, ad opera della P.A.~ 
che non venga leso l'interesse del dipendente a non sopportare disagi 
eccessivi, tali da incidere sulle sue esigenze di vita, reputando che in tal 
senso possa essere idonea una rateazione del r,ecupero -anche a prescindere 
dalla richiesta dell'interessato, che pure sembrerebbe prescritta 
dall'art. 3 u.c. d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544 -capace di decurtare in 


'550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

misura minima la retr,i;buzione. In proposito si giudica congrua, anche 
se non paiono escludersi altri live11i di abbattimento, una decurtazione 
del 5% della retribuzione (cfr. IV dtt. 545/87, 422/87, 249/87, 549/86, 
538/85, 356/85, seguite da Consiglio di Giustizia amministrativa per la 
Regione siciliana 28 novembre 1987, n. 269). 

In genere non � pvecisato se debba aversi riguardo allo stipendio 

o alla retribuzione complessivia (v. per�, in quest'ultimo senso cit. IV 
538/85). Neppure riSIUlta se la percentuale poss'a essere mantenuta costante 
e, quindi, se l'obbligo di restituzione possa salire con il crescere della 
retribuzione, ovvero se la rateazione debba restare ancorata al trattamento 
dell'epoca in cui si calcola il recupero dovuto, onde mantenere 
costanti� in termini di valuta le aspettative del dipendente in ordine alle 
somme da restituire. 
Nella visione interpretativa evidenziata la condizione psicologica dell'interessato 
-c.d. buona fede -o l'affidamento in lui generato per 
,effetto del comportamento della P.A. vengono a chiare lettere svalutati 
(cfr. ancora 356 e 538 del 1985, 549 del 1986 e 57 del 1990), ricoroandosi 
il carattere solamente equitativo della soluzione che a quegli elementi 
faceva capo in antkhi precedenti ed assumendosi che siffatte condizioni 
costituirebbero unicamente il presupposto per l'adozione di un atto di 
ripetizione adeguatamente motivato. 

In qualche pronuncia (ofr. 538 del 1985) si volge l'attenzione "anche" 
.alla brevit� del tempo trascorso fra la determinazione errata e la corre.
zione con la deliberazione di recuperare. 

In base ad altra tendenza (sez. IV, 9 novembre 1985, n. 505; 3 maggio 
1986, n. 320) si riafferma sul piano generale il principio, valido anche 
per la P.A., di un vero e proprio diritto soggettivo ad otteneve la reinte_
grazione delle somme corrisposte indebitamente. 

E insieme con il diritto questa giurisprudenza comincia ad indivi.
duare un vero e proprio �dovere� di riacquisto (cfr. oltre alla cit. 320 
-del 1986, ancora sez. IV 23 novembre 1988, n. 887), sanzionato dalla competenza 
e conseguente :responsabilit� in merito al r,ecupero degli organi 
provinciali del tesoro e loro funzionari (art. 3 L. 12 agosto 1962, n. 1290, 
e art. 3 d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544; sulla responsabilit� dei funzionari 

v. Corte conti, sez. controllo enti, 7 ottobre 1986, n. 1985). 
Il passo ulteriore si trova nella pronuncia della IV sezione 6 maggio 
1989, n. 286, per la quale il diritto-dovere della P.A., operando a 
livello paritario con la posizione del dipendente, si esplica con attivit� 
n� autoritative, n� disarezionali almeno quanto a1la volont� di ripetizione. 
Non vi �, perci�, bisogno di motivare in proposito, qualunque sia 
il tipo di atteggiamento che il dipendente avesse avuto ragione ,di mantenere 
quanto alle somme riscosse e qualunque distanza di tempo sia 
trascorsa dalla erronea attribuzione di un trattamento economico superiore 
al dovuto. 


PARTE i; SEZ. IV; GIURlsP�uDENZA AMMINISTRATIVA 

Vtinica d1$<;rezionalit� ~ in� senza bisogno che di essa sl dia conto 
in una ed espressa ap,Posit� giustifk:azione ~� si sposta stil t�ma del 
� quantum � di rateazione diell'inidebito, in baise ad un potere che si fa 
risalire al c�t att; 3 &P.R. 1544 del 1955 � Che deve rispondere d� nuovo 
:ait criterfo gener~te,risaierite �U'aTt. 36 Cost., del rispetto del dipendente, 
nel senso ch� egli. k fa sua fainiglia non siano .priVati del . sostegno ecol1otrii<':
6 rtecessari6 alle primarie esigenze di vita. 

_flieUa pronuncia 286 del 1989 si accenna ancora all'affidamento sulla 
deifiriitivit� .� deli� lii:Sci0s8ione. M� questo profilo appare abbandonato in 
sentenze su.�-cessi~e {se:t: IV, 30 ottobre 1989, n. 722; 27 dicembre 1989, 

n; 995). . .. 

Nella d�dsio.6e fa gennaio 1990, n. 15, si chiarisce il senso del riferhnento 
alla ~<bi.:�ma red� �, la ql.lal� diviene semplice condizrione perch� 
I'Arili:l'iinistrazion# esplichi ilpot�f1e di rateazione: in a1tri termini che 
la �buona fede>~ finisce per ofie�ta11e non l'an del recupero, .ma le sue

fu�dl:lllft�. . . . . . .�. ' . 

L� :ril~des1ma. $ent�riza n..15/90.. dal carattere vincolato e paritetico 
dell)ttd. ili�. ripetiifo1le trae la� cons�~uenza� dell'impossibilit� di dedurre 
a suo�� oafibo il vfaio di disparil:��di� trattamento. 

�. Ne~ff ulthni tel:llpf.questo �orienta.mento .�del1a .sezione si consolida 
(ofr.>sez~ IV, 26 aprilel990, n. 321; 17 maggio 1990, n. 390; 25 settembre 
1990, n. 702; S<I1bveml:>l:� 1990, n.. 877; 26 aprile 1991, n. 319). 

N�lla proi:)J~c~a :Il. 39() �l 90, nileva l'enu,nciazione della superfluit� 
d~l1a fuotivazion~ sUl recupero. esui11a stessa rateazione, essendo valutati 
come dati obietti.vi resistenza del diritto a riottenere l'indebito, l'insussi~
t�nZa� di� .l.ttl < of;:bligo del .preVio. . annullamento � dell'originario decreto 
di erogazione, illegittimo per i:l'iero contrasto oggettivo con la norma, e 
.infine l'intereE;E;e pubblico � in .re ipsa � all'eilimin~kme retroattiva degli 
effetti patrimoniali dell'indebito medesimo, eliwin~ziqne q>stituente esercizio 
del suddetto diritto soggettiv�. 

Nella decisk>ne 70Z del 1990 si rafforza la tesi del diritto-dovere di 

r:ecuper~11e con il<richiamo ail divieto di rinunzie o di elargjzioni pub


bliche fuori dei casi espressamente. previsti. 

Infine, sull',un:licit� dell'elemento delle esigenze prJmarie di vita, da 
tener presente nel co:r:iso dell'operazione, fonda 1a cit. IV n. 877 del 
1990 per asseri11e che quando, per il livello di reddito dell'interessato, 
non emergano (ovvero non siano dedotti: cos� la n. 319 del 1991) elementi 
attendibili sul bisogno del peroipiente di destinar.e le somme riscosse 
ad impellenti inderogabili necessit� di sostentamento, non si pu� 
nemmeno tener conto del livello di gravit� del sacrificio imposto al 
medesimo percipiente. 

Peraltro, a fronte di questi due indirizm, non � estraneo alla giuri


spmdenza della IV sezione, l'orientamento che, a proposito del recupero 


552 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c.d. ordinario, disposto cio� mediante trattenute stipendiali, ragiona tuttora 
in termini di buona fede, affidamento, lontananza nel tempo e 
simili. 
Non mancano in tal senso precedenti non troppo lontani perfino 
della IV sezione (7 giugno 1984 n. 437; 28 agosto 1984 n. 669; 6 dioembre 
1985 n. 604; 27 giugno 1986 n. 440; 27 luglio 1987 n. 448). 

Ma soprattutto nelle altre due Sezioni e netl. Consiglio di giustizia 
prevale questa linea. 

Si ribadisce, allora, che l'atto di recupero ha carattere pmvvedimentale; 
che esso deve tener conto defila buona fede del perc:ipiente e dell'utilizzo 
delle somme per i bisogni della vita; che la buona fede si presume 
e che spetta ail.la P.A. dimostrare il contrario, enunciando il relativo 
� capitolo � nella determinazione les!�.va (cfr. Cons. St. sez. VI 24 maggio 
1983, 428; 31 diioombre 1984 n. 744; 5 marzo 1985 n. 77; 13 febbraio 
1987 n. 43; 2 marzo 1987 n. 83; 17 ottobre 1988 n. 1139). 

Quando non si arriva a d!�.re che lie oircostanze di cui sopra impediscono 
assolutamente il recupero sugli stipendi (c.s!�. 24 maggio 1989' 

n. 212; dr. anche VI 31 marzo 1987 n. 178 e 8 febbraio 1988 n. 164 a 
proposito dell'impossibilit� di recuperare sugli stipendi somme erogate 
indebitamente a titolo previdenZ!�.a:le agli istituti operanti all'uopo), si 
ritiene, in ogni modo, che si debba motivare nel raffronto fra le conI


dizioni del percipiente, specie se risail.enti a tempo lontano, calcolato in 
termini di va:ri anni, ed il pubblico interesse a1la stessa eliminazione 
retroattiva dell'indebito oggettivo (cfr. oltre alle sentenze elencate, sez. 
VI, 14 novembre 1988, n. 1211; 9 ottobre 1989, n. 1312; e 25 gennaio 1991, 

I 

n. 
36; nonch� sez. V, 15 marzo 1990, n. 289; e 5 maggio 1990 n. 412). 
Cos� vengono sviluppate casis.tdche sulla buona fede � ragionevole � 
o � irragionevole � del percettore, assumendosi, tra l'altro, in caso di 
cumUJlo di due rapporti di impiego, che, in vi.trt� del dubbio sullla natura 
I

retributiva del:1a tredicesima, � impedito aJJa P.A. che l'abbia corrisposta ~ 
in entrambe le relazioni lavorative di disporre la ripetizione, la quale �, 
~ 
invece, giudicata legittima di fronte al ra:ddopp[o della iindennit� integrativa 
speciale, mancando ognii. facolt� di affidamento di fronte a specifici 
divieti di legge (dir., oltre a cit. IV sez. n. 448 del 1987, sez. VI 
28 luglio 1982, n. 386; 22 giugno 1987, n. 437; 2 settembre 1987, n. 658). 


Allo stesso modo [a conferma che la buona fede sia ritenuta un 
ostacolo al recupero in s�, almeno dal punto di vista di un'esigenza di 
motivazione (e non come elemento da valutare al solo fine dei �modi� 
di quel recupero) sembra trovare supporto �a contrario� in quei precedenti 
in cui si afferma la riJevanza, in favoce del legittimo riacquisto 
dell'indebito, della ragionevole consapevolezza in capo al dipendente dell'errore 
sUJl �quantum� conseguito (sez. VI, 24 aprile 1986, n. 342) o 
dell'impossibilit� oggettiva o anche semplicemente presuntiva di giustificare 
l'affidamento in proposito (sez. IV, 28 maggio 1986, n. 368; tipica � 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

la casistica sugli emolumenti riscossi con cliausola di provvisoriet� o salvo 
<:ongUaglio, rispetto ai quali sia dunque scontata l'incertezza S'llllla definitivit� 
del percepito; sez. V, 27 giugno 1989, n. 398; CJSi 5 maggio 1987, 

n. 93, e 28 novembre 1987, n. 269; sez. VI; 31 ddcembre 1987, n. 1054 e 
.29 maggio 1987, n. 333; �he, d'altronde, si rifanno alfa Ad. plen., 4 marzo 
1986, n/2). 
:S �ndrl.tbbio; di fronte alle regole generali sull'indebito del codice 
civile, ohe la soliti.Ziorie da ultimo esposta si fondi su regioni equitative 
oollegate a:]lle condizioni del bisogno � ailimootaire � del dipendente (sez. V, 
18 novemb:rie 1985, n. 599; 22 febbraio 1988, n. 85; e sez. IV, 26 aip:ri1le 1991, 

n. 319 cit.), tant'� che in caso di restituzione in qualsiasi modo dell'indebito 
all'Autorit� non vi � un diritto aJfa � controrestituzione �, 
:S pur v:ero, per altro, ohe detta soluzione trova numerosi riscontri 
normativi espressi, soprattutto neMa disciplina pensiionistica del pubblico 
impiego. . 

� Si vedan�, cos�, l'art�. 206 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, e la 
disposizione di� modifica, di cui all'art. 3 L. 7 agosto 1985, n. 428, secondo 
le quaLi, in caso di revoca o modifica del trattamento di pensione del 
dipendente statale, salvo il caso� doloso delfinteressato, non si fa luogo 
a ripetizione deMe somme corrisposte in pi� e !'!impiegato � contabile � 
�Cui in Concreto sia Stato doVJUtO l'errore ne risponde unicamente in ipotesi 
di dolo o colpa grave. 

Analogamente ha disposto l'art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88, 
in tema di pensioni a carico dell'assicurazione generale obbil:igatoria per 
l'invalidit�, vecchiaia e superstiti gestita daJl'INPS. 

E 1a Corte costituzionale C:on pronuncia � interpretartiva di rigetto � 
(Corte Cost. 31 luglio 1990, Ii. 383) ha ritenuto la costituzionalit� della 
norma in quanto da intendere comprensiva di qualsiasi errore anche 
se ricadente su11'� an � (la c,d, revoca, di cui patlava l'art. 206 del t.u. 
per lo Stato, formalmente non prevista dalla legge 88/89) del trattamento 
pensionistko. Ha aggiunto la Corte che la previsione era, per 
altro, giustificata dalla comune giustificazione (evidentemente ritenuta 
razionale) della �destinazione delle somme pe:ricep�.te al soddisfacimento 
dei bisogni fondamentali e de1le esigenze di vita del lavoratore e della 
sua famiglia�. 

Naturalmente anche l'esistenza di norme derogative ai principi sulla 
restituzione dell'indebito potrebbe essere interpr,etata in � senso opposto 
a quello dell'orientamento pi� favorevole alle tesi dei dipendenti percettori, 
qualora si volesse osservare che, in mancanza di espresse previsioni 
di eccezione, si dovrebbe appli�are ai creditori dell'indebito una 
normativa identica nei rapporti privati ed in quem di lavoro pubblico. 
Risulta in ogni caso incontrovertibile l'esistenza di almeno tre orienta� 
menti diversi in giurisprudenza sui temi enunciati. 


554 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sicch� l'interesse acch� non si v:erifiohio:J.o, sru un medesimo argomento, 
soluzioni differenti nonch� il rfilievo di maissima de1la questione 
(ohe si riconnette anche alla frequenza con cui si verificano le cause 
in matevia, in vista dehla complessit� dehle normative sul trattamento 
economico del pe11sonale dello Stato e degli eruti pubblici e de:1la ripetizione 
pratioomente triennale degli inquadramenti e delle ricostruzioni 
di carriera al seguito del rinnovo degJi acc011di di pubblico impiego) giu-stificano 
il deferimento delle questioni seguenti aill.'Adunanza plenaria: 

a) se il reaupero debba esisere H faiutto di un provvedimento o dr 
un atto paritetico; 
b) ,se si tratti di un atto discrezionaile o vio:J.colaito; 

e) se la ripetizione debba essere motiv�ata (mche in connessione, 
con il generalizzato obbligo di motivazione di cui all'art 3 L. 7 agosto� 
1990, n. 241); 

d) se l'eventuale rateazione debba essere riJChiesta daill'i.nteressato,.. 
previamente avvertito, o se basti una deliberazione d'ufficio in proposito; 

e) 1se, in che misura ed a quale scopo (iper escludere il reoupero; 
per imporre una motivazione; o soltanto per giustificare una rateazione)� 
debba o possa rfilevaire lo stato soggettivo originario del percipiente, la 

c.d. buona fede o, meglio, l'affidamento che costui abbia creduto ragionevolmente 
ed oggettivamente di fondare sulHa condotta delil'ammini-strazione; 
f) se, in tale ottica, possa ulterio:mnente rilevare il protrarsi del 
tempo, eventualmente anche lungo, a partire dall'indebita erogazione e� 
se per tutto questo tempo debba permanere lo stato soggettivo, ove e� 
nei limiti in cui lo si I1itenga oondizionante; 

g) se, nei limiti di cui all'art. 3 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, e successive 
integra2lioni, una volta ammesso o imposto il reoU1pero, possa 
individua.risi una percentuale sUJl trattamento economico mensile da rite-nere 
congrua per definire la rata di trattenuta; 

g bis) quale sia i11. parametro su oui calicolare detta peroentuale: 
se, cio�, il trattamento stipendiale o la retribuzione complessiv.a; 

g ter) se la pel'Centuale vaida imputata in misura f:1ssa a;J.fa situazione� 
economica esistente a11'epoca della dete:mninazione del reoupero, ovvero. 
se la P.A. possa dinamicamente conformare la pel1Cenrtuaile e, quindi, 
aggiornare periodicamente fa trattenuta, anohe per tener presente il termine 
quinquennale massimo cui sembra aooennare l'art. 3 d.P.R. 30 giugo 
1955, n. 1544; 

h) a tal proposito, ove si ritorni aH'esigenza di valutazione della.

1

pesantezza della situazione imposta al percipi.ente in comparazione con 
l'interesse pubblico al recupero, se in un simi[e giudizio entri anche: 
l'apprezzamento sUilla prospettiva di durata delle trattenute. 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 Luglio 1991, n. 7844 -Pres. Scanzano 
-Est. Ca11bone -P. M. Zenna (conf.) -ENPAM (avv. Manferoce) 

c. Ministem delle Fiinanze (avv. Stato PailatieLLo) . 
Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone giuridiche -Enti 

non commerciali -Interessi passivi sui mutui fondiari -Deducibilit� 


Esclusione. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 21). 
Per gli enti non commendali soggetti all'IRPEG, non sono deducibili 
dal reddito gli interessi passivi 1sui mutui fondiari inerenti a fabbricati 
dati in locazione, perch� a norma dell'art. 21 d.P.R. n. 598/1973 gli inte~ 
ressi ed .altri costi sono 1deducibili solo nel 1oaso che l'ente :eserciti una 
attivit� di impresa (1). 

(omissis) Con il primo motivo del proposto ricorso l'Enpam censura 
l'impugnata sentenza. per violazione del secondo comma dell'art. 21 

d.P.R. n. 598/1973, nonoh� per motivaz:ione insufficiente e contraddittoria, 
per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il presupposto 
per la deduzione degli intereS1si passivi sarebbe lo svolgimento di 
un'attivit� commerciaile. La lettera e la ratio della norma consentono, 
invece, di interpretaTe la disposizione nel seniso del.ila ded'l.llCibilit� degli 
interessi paisisivi a prescindere daill'attivit� svolta, assimilando in definitiva 
il trattamento degli enti non commerciali a quello delle persone 
fisiche. 
La censura non � fondata e come taile non pu� trov�are accoglimento. 

La Co~te ha aocertaito incontestabiimente ohe 'l'Enpam ha solo redditi 
da capita:le e fondiari, queSiti uJHmi relativi ad immobili non strumentaili, 
ma dati in locaz:ione a terzi. Proprio per hl reddito derivante dalla 
locazione di fabbricati di propriet� de1l'Enipaim, rispetto ai quali non 
sono previste specifiche detraz:ioni, � sorto iJ1 probtlema di un'1interpretazione 
del secondo comma dell'art. 21 d.P.R. 598/1973 che potesse con


(1) Decisione di evidente esattezza. Di norma l'ente non commerciale � 
soggetto all'IRPEG soltanto per i redditi fondiari e i redditi di capitale per 
i quali non � ammessa alcuna deduzione di costi ed oneri. Secondariamente 
l'ente pu� esercitare una limitata attivit� commerciale, anche se occasionale; 
solo in tal caso e nei limiti di questa saranno deducibili costi ed oneri, 
compresi gli interessi passivi. 

556 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sentire la detraibilit�, dal reddito complessivo imponibile, degili interessi 
passivi per i mutui relativi agili immobili dati in locazione, cos� come 
�, invece, prev.isto e disdpUnato, peraltro entro determinati e precisati 
limiti, in tema di Ir:pef per le peiisone fisiche dall'art. 10 d.P.R. 597/1973. 
Ma l'interpretazione della norma proposta dai contribuente non � affatto 
convincente, per cui non pu� che avere una r.i:sposta negativ;a. Per contrastare 
la soluzione adottata da11a corte territoriale, secondo cui il 
secondo comma dell'art. 21 del d.P.R. 598/1973 subordina la deducibilit� 
degli interessi passivi per i mutui fondiari all'osservanza delle disposizioni 
del d.P.R. 597 del 1973 relativo al reddito di impresa -per cui 
tali costi devono indefettibiilmente rifel'i11si ad un'attivit� commerciale 
-con contabilit� necessariamente seprurata -, la ricorrente si avvale di 
una duplice argomentazione letterale e contenutistica. Sotto il primo 
profilo, sostiene la ricorrente che solo i.il 1� comma dehl'airt. 21 fa riferimento 
a.Me attivit� comme11ciali esercitate, mentre il sUJOCessivo comma, 
secondo cui � gli allitri costi ed oneri, compresi gili interessi passivi sostenuti 
nell'esercizio di attivit� i cui redditi concorrono a formare il reddito 
complessivo imponibile sono deducibili a norma delle disposizioni 
<Ciel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, relative al reddito di impresa se le 
,attivit� stesse sono gestite distintamente e con contabilit� separata�, 
tenendo conto dell'uso del plUI'ale, dov;rebbe leggersi nel senso che tutte 
le attivit� reddituali e non solo quella commerciale, purch� dotate di 
�Contabilit� separata dovrebbero tener conto delle componenti negative 
.dell'imponibile, mentre l'espresso riferimento al reddito di impresa an
�drebbe considerato oome semplice qualit� di esecuzione degili oneri stessi. 

La tesi non � per� fondata in quanto non � conforime �ai canoni ermeneutici 
�Scindere il contesto normativo espellendo la parte �che � stata 
posta a fondamento della decisione impugnata. 

Il citato art. 21, al secondo comma, prevede la deducibilit� di costi, 
�oneri ed interessi passivi sostenuti nell'�esercizio di attivit� commerciali 
i cui redditi concorrono a:l1a formazione del reddito complessivo imponibile 
a norma de1le disposizioni relative al � reddito di impresa se le 
.attivit� stesse 1sono gestite distintamente e oon oontabrlit� separata�. 
Non c'� dubbio, anche per l'assenza di interpunzioni, che il riferimento 
.alla contab1lit� separata � direttamente connesso e funzionale all'attivit� 

�Commerciale. Nella normativa fiscale, come in definitiva riconosce �anche 
il ricorrente, �solo per l'attivit� commeociale ill reddito di impresa � un 
reddito sostanzialmente globale che tende a riportare i singoli addendi 
.in uno schema unificante, da cui il rilievo per le contabilit� �separate. 
Per le attivit� redditizie che non costituiscano attivit� di impresa degli 
.enti non commerciali non si richiedono scritrure contabili e, pertanto, 
.non sorge alouna necessit� di dar luogo a contabilit� separate, come 
.accade �appunto per i redditi fondiari o per que1H da oapitale (dr. anche 
.art. 21 e ss. e 41 e ss. d.P.R. 597/1973). La previsione della contabilit� 

PARTB I, SEZ. Vi GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

s�,t:)iittM~ hl.t:, qui#di1~a��$1'$ ;ragi~ .'tf~ere '.PWO]?d.o neJil'eventuale poasib~
l(lc 1aitijllit����9.fufuer,cial.e, ~heo�'aisionade;;��ip0$ta�!in��essere� Jd�gli. �enti 
non, cort�:nleroi�!llli �/ secondo�� J'!�Spresisa .� P.t:�Vi�sione d�ll'airt. � 1!:Lper ilquale, 
..re4i:iit0�complessivo��degli�.enti� di.. cui�al.. titolo..tetzodel d�P.R�� 599/1973...�,...,. 
en#{ di c.Lalla . letter:t:t e) �deWt:trt� 2 dell<,> stesso: i;l�P~~� 4;;.< puj) essere com
�J:19~tQ.:���� ��~)����c:J.a����.t~<J.clj,#'�� �fotjdii:~r1<��.��o....�4.i� .ifa.tur~���� ~dnd�ada;.��.bl� da redditi.�di 

.� .�~p##l~1���6)���4~�*l@t#i�.��4et{V':lfu.#.��<f'Wes'�iciiid�iffiflie���o��a:s?Q#aje.��4i�'attivit� 
.:~#l.etciiff'.j�:L<.:::� ..........>.�.......... �..................................................................../ � ������ ���������� ����������<�������� .................. 

l'{C>h.isi tratta C!!\t�IJ:1di �li aj:ia nC>I�lla�� �� fu,Utiile � o �~eori�ticaȥ� ma 

di~ 1dirSl'o&i.Ziarl:e che rip!>i&enta1ln �corollario/ma anche una con� 

~~*��9'.~��$�S.t~mfl'1 cl}' 1'1~ )1;91uto�.J?~��l.~�"21tti'1t~..41' ~p:tes~rseJ?:l)ene�� eserci� 

.�~t#��:ill�c��\Pwfe$fioAf:tl~##~~�e��� per .fo���PitJl��:'lia�ᥥJ?arte�di����ttn.ᥥ��.e1lte���no11 �.�eco:
g~mico,;.::4Qi����-st~~ �t\t'.attaa:ri;~~9����'I?t:op.rio��� delil~Mti.vit���4i .. impresa��� col'.i:illlerciaile,<
l�'.l fi� �di evitare diiffere.fu:i:azronl nelta �clisciplma di.�.�questo tipo 
di� atti:vit� :ftl��.~i~,.�,del.. �O'ggett6.. che�� l'e$1i}~itii:tl�ᥥᥥ�� 
������ᥥ�ᥥ ��@�he��ml. :$~�j.]'J;<i@��:P#&flllo~��~�latiya:;aJ;t~�ra:Ho~� non����:��fondato�.��Secondo 
ll�ᥥ��~trentef���U������d~@Sll~~��.. n;fu��.�:�:avrel:>he��.vo1l:tto�ᥥ� 1*rseguJ.fu;��� il.14a�ᥥ���parcotu1:
wia tra d:tfipr&ecOri:itnel"Ci�dl in genere ed e:ventuali attivit� eom


1

meJ:lcia!ij di enti hOII:! con:l1Ji:�terci'ali; ~epevch~ non �avrebbe a~tcf bisogno.�
���� di����c()nfi;�rin.l;lii;e ..�.�Wl��� prmcipio����� ricavabiie anche� �.. (( aliunde �>����bens� 
perseguire �un'incisiva aiSlsimMazfone degrli enti non commerclaili oon le 
p�l'$:one .ffsi<:he �, ri<m .�~muta-ta:>alil� determinazione�.. del reddito eompfossiv� 
imp�nibile; ..��senza .j~ momenrto>uruficante proprio del�ᥓt'eddito�.�di 
in:lpresai ma estesa �ni�h11f a!Ha deducibilit� di aJouni<oneri come gli iiltete$
si paissivi m @rlnallla icon l'art 10. deld.P.R, 59711973,Matil rlichiamo 
all'art.<10 non � pertinente~ perch�. relativo: agli oneri 'C.educibilLdatreddito 
oom:Plessivo ai fini lliPef;; mentre; ne1Jla specie �si vor�t'ebbero detrairre 
gliinteressipaS>sivi sui mu:tui follidiari per uria riduzione deiWifo.r� bQltre, 
l'analisi ~menta e 4]sincantata� :del ��testo nonnativo,� �secondo���corretti 
ptiniciipl el�lileneutid coll�dUJCe � ritenere che et�fettiv�mente i1:�legislatore 

h:a V�lut��� eviitare1 �in tema di enti non �i0nomicl che svolgessero e:.niche 
Sa'lti'U:\:tiamente, t\tti'lliit� d'Imp�l'esa; dubbi, mcertezze1 interpretaziQlli oscil� 
lanti, preferendo che l'interprete �non rk:avasse � .<~ aliu.nde >~ la . disciplina, 
ma ila �t'itrovarsse iin sede propda in piena armonia con fa disciplina .tributaria 
dell'attivit� �cOlfnril~irue~ In altri temni�ni, :il 1egi:s'liattore pre.vedendo 
una posisibile�i eventi;laile attivit� d'itqpresa degrlLenti non���economichha 
ritenutcFdi dare. dlevanza alle <c�mponenti negative dell'imp<:lnibilc:ii s:e 
ed in quanto it reddito d'impresa. si:a . .gestito distin1laanente e con< contabilit� 
separata, garantendo, solo in :presenza di questi presupposti, qUelil� 
parit� di trattamento oon�da�. nonnale attivit� di �impresa, Pertanto, la 
determinazione del .reddifto complessivo ai fini Irpeg degli enti non commeociali, 
va effettuata secondo ile nc>rme specifiche deille singole categorie 
di reddito; ed iil particolare, per i redditi fondiari basati sulle risultanze 
catastali, non sono previste specifiche deduzioni, n� � ipotizzabUe 

558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'applicazione ana:logica di esenzioni dettate per le sole pe11sone fisiche 
in altra sede e per altra imposta; n� � infine invocabiile per fa perseguita 
detrazione degli interessi passivi il �secondo comma del ricordato art. 21 
che � invece appilicabile come gi� dlevato ail:la sola attivit� d'impresa. 

In vi:a subordinata il riconrente .ripropone in questa <sede profili di 
incostituzionalit� dell'art. 21 secondo comma, in relazi()[le agli artt. 3 
e 53 Cost., gi� approfonditamente esaminati e motivatamente trespinti 
dalla Corte territoriia:le. Poioh� non sono stati offerti elementi diversi 
da quelli gi� disattesi con una motivazione logica e convi111cente, immune 
da errori o da vizi logici, in questa 1sede � sufficiente ribadire che non 
sussiste alouna violazione del principio di eguaglianza di cui a11'airt. 3, 
perch� la deducibilit� degli interessi sui mutui fondiari, in trelazione a 
redditi divel'.'si da quelli d'impresa � prevista solo per Je pel'.'sone fisiche 
ai fini Irpef, e rientra pertanto nella discrezionalit� del legislatore che 
si sottrae al giudice delle \leggi (art. 28 Jegge Cos�t. 37/1953) disciplinare 
fattispecie relative a soggetti diversi in modo diverso, senza che si possa 
taicciar�o di �discriminazione� o �di �irragionevolezza�; non 1sussi�ste nep


I @

pure la dedotta violazione dell'art. 58 in quanto il reddito non subisce 
l'affermata �doppia imposizione �, ma � colpito una sola volta in capo al 
ricorrente oon aliquote razionalmente proporzionate a'l!l'ammontaire del 
reddito stesso. 

~ 

T�anto premes1so, osserva il Collegio che il ricorrente ha inteso far 
valere la predetta violazione di legge in relazione al secondo comma 
dell'airt. 21 del pi� volte ricordato d.P.R. 598/1973 senza richiamare ,

I

l'art. 109 del nuovo testo unico 22 dicembre 1986 n. 917, cos� come I � ~ 
modificato da:l d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 contenente disposizioni correttive 
e di coordinamento siisternatico4'onnale del predetto T.U., pubblicato 
sulla Gazzetta Utfiiciale n. 49 del 29 febbraio 1988, anteriormente ' 
al ricorso che risale al settembre. Ed infatti mentre l'art. 135 del 


T.U. considerava l'entrata in vigore della nOl'Inativa del nuovo testo ~ 
unico con decorrenza 1� gennaio 1988, l'art. 36 del predetto d.P.R. 42/1988 
I 

riconosce efficacia retroattiva a tutte [e disposizioni del T.U. 917/1986 per 

I

i rapporti non definitivi pu:och� conformi �aihle nuove disposizioni, tran


~ 

ne le eccezioni espressamente previste dallo �stes1so capo III (art. 20 -36) 
del d.P.R. 42/1986. In proposito rairt. 29 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42, in 
deroga alla norma de1l'art. 36 esplicitamente rinvia l'applicazione dell'ar.
t. 109, secondo e terzo comma, che sostituiscono gli attuali commi 
secondo e terzo dell'art. 21 a periodi di imposta successivi al 1� gennaio 
1988. 

Con il secondo motivo del proposto ricorso J'Ellllpam deduce violazione 
del terzo comma dell'art. 21 d.P.R. 598/1973 nonch� motivazione r: 
insufficiente, in quanto la predetta disposizione non presuppone lo 

ili 
svolgimento di un'attivit� commerciale senza contabiUt� !Separata, perch� 
altrimenti sarebbe inutile, ma si applica anohe all'attivit� diversa da 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

quella commerciale. A ,sostegno si deducono alcune risoluzioni ministeriali 
e la relazione all'art. 109 del nuovo T.U. 917/1986 che, come tale, 
concerne periodi di imposta succesisivi al 1� gennaio 1988. 

Anche questa ceillsura non � fondata. L'interpretazione del terzo 
comma dell'art. 21 non pu� essere avulsa da quella relativa aJl secondo 
comma poich� l'ultima disposizione si pone logicamente come una 
vairiante dehla precedente per J'ipotesi in cui ID.On vi sia la contabilit� 
separata. :� questo e non altro il significato dell'espressione �in mancanza 
della contabilit� separata �. IJ chiaro ed inequivoco collegamento 
con il comma precedente, alila stregua delle considerazioni gi� svolte, 
consente di affermare che la deducibilit� di cui al terzo comma dell'art. 
21 presuppone pur sempre un'attivit� di impresa non accompagnata 
da contabhlit� separata. Negli stessi termini anohe le <risoluzioni ministeriali 
di tenore del tutto divel1So da quello affermato da:l ricorrente (dr. 
ris. min n. 11/273 del 10 marzo 1987 -dir. gen. II.DD.). Proprio in tema 
di deducibilit� di oneri per gli enti non commerciaili di cui aJl terzo 
comma dell'art. 21, si � ribadito �ohe il criterio proporzionale di deducibilit� 
dei costi non pu� che essere posto in connessione ai proventi ed 
ai costi relativi alle attivit� commerciali eventualmente esercitate�, 
in quanto tutti i redditi di natura diversa da quella commerciale che 
concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile degli 
enti non commerciali non ammettono deduzione dei costi. N� vale addurre 
una pretesa, diversa dispairit� di trattamento che potrebbe verificarsi 
tra enti ID.On commerciali che svolgono sia pure in minima parte, 
attivit� commerciale in concomitanza con la gestione di immobili non 
strumentali ed enti non commerciali che posseggono, come nella specie, 
solo redditi fondiari, trattandosi di una conseguenza connessa ai diversi 
presupposti giuridico-economici riguardanti le diverse fattispecie distintamente 
regolamentate dailila normativa fisca[e. 

In conclusione, come ribadisce H quinto comma delil'art. 4 del d.P.R. 
599/1973 per i redditi fondiari degli enti non commerciali (art. 2 lett. e del 

d.P.R. 598/1973) l'imposta � 81]'.>plicata separatamente. La disposizione 
trova conferma netl'attuaile primo comma dell'art. 109 T.U. 917/1986, la 
cui normativa, non � stata invocata, n� � 81]'.>'.]Ylicaibile alla fattispecie. Ed 
invero, i commi secondo e terzo delil'art. 109, del predetto T.U. disciplinano 
'soltanto i periodi di imposta successivi al io gennaio 1988 (cos� 
ex ar,t. 29 d.P.R. 42 del 4 febbraio 1988). Ma anche l'ai:rt. 110 del nuovo 
T.U. concerne, com'� evidente, soltanto redditi di impresa per cui non 
� applicabile a:1la fattispecie. Giova da ultimo osservare che per gli immobili 
non strumenta:li (e tali sono quelli in oggetto) anche '1'ultimo comma 
dell'art. 108 del nuovo T.U. prevede l'applicazione separata dell'Ilor 
pur quando si tratti di immobili relativi all'impresa. 
Il Ticoriso va peTillanto mspinto. (Omiss,is) 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

560 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1991 n. 7959 -Pres. Falcone -Est. 
Vignale -P. M. Amiirante (conf.) -Composti (avv. Gentili) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Pail.atiello). 

Tributi in genere � Accertamento -Motivazione -Funzione � Mutamento in 
giudizio dei presupposti di fatto -Inammissibilit�. 

Poich� la funzione della motivazione dell'accertamento � di garantire 
al contri.buente la possibilit� di apprestare una adeguata difesa nel 
procedimento contenzioso. e di delimitare in via definitiva il thema 
decidendum contenendolo nei fatti specificati nell'avviso notificato ai 
contribuente, non � consentito nella fase processuale n� all'ufficio integrare 
la motivazione deducendo fatti nuovi n� al giudice valutare la 
fondatezza dell'accertamento sulla base di fatti diversi da quelli conte� 
stati al contribuente con l'avviso di accertamento (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1991 n. 7842 -Pres. Montanari 
Visco -Est. Sgroi -P. M. Golia (conf) -Camerino c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Polizzi). 

Tributi in genere . Accertamento -Qualificazione giuridica del soggetto 
passivo � Mutamento in sede contenziosa � Societ� di fatto e organiz� 
zazione di persone � Inammissibilit�. 

Ove l'ufficio con l'avvdso di aocentamento abbia qualificato il destinatario 
come societ� di fatto (come tale soggetta al regime dell'art. 5 
del d.P.R. n. 597/1973 ai fini IRPEF e direttamente soggetta all'ILOR)\ 
non pu� il giudice qualificare lo stesso soggetto come organizzazione 
senza personalit� giuridica (soggetta direttamente all'IRPEG e all'ILOR), 
poich� sono diversi nei due casi sia i regimi di imposizione sia le regole' 
del procedimento (2). 

(1-2) La prima sentenza, prendendo le mosse da premesse ormai pacifiche. 
nella pi� recente giurisprudenza, ne trae conseguenze esatte in termini generali: 
se l'accertamento definisce il thema decidendum non � consentito 
discostarsi da esso. :t:\ cos� evidenziata la funzione processuale dell'atto di accertamento 
(BAFILE, L'accertamento come atto processuale, in Rass. trib., 1987, 
Il, 1). Ma di conseguenza la motivazione dell'accertamento va considerata appunto 
in termini processuali, come determinazione della cosa oggetto della 
domanda (art. 163 n. 3 e 164 c.p.c.) e non in termini di provvedimento am; 
ministrativo. Ne discende che il minimo necessario della motivazione � sol




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

561 

I 

(omissis) Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente censura la 
decisione impugnata per aver legittimato la pretesa impositiva, basandola 
su presupposti differenti da quelli dell'aocertamento e su una distinta 
causa petendi, cos� sottraendo al contribuente la possibilit� di far valere 
le proprie ragioni nell'intero giudizio di merito ed alterando sia iJ 
fondamento che i modi e gli esiti dell'accertamento induttivo adottato 
daH'ufficio. Osserva, inoltre, che l'adozione di tali nuovi presupposti a 
contraddittorio ormai esaurito finisce con lo svalutare la stessa plausibilit� 
del1a presunzione di posrseS1so dei redditi. 

Col secondo motivo, critica la decisione, in quanto fondata su una 
ordinanza istruttoria adottata d'ufficio, nell'esercizio di poteri inquisitori 
non spettanti per legge alla Commissione Tributaria Centrale. 

Col terzo motivo, la ricorrente deduce che la C.T.C. non ha tenuto 
conto della posizione reddituale di suo mrurito, al quale dovevano essere 
riferiti i redditi in questione. Denuncia, inoltre, l'omessa motivazione 
della decisione in merito alla questione relativa al fatto che il predetto 
consorte, in base al d.l. 5 novembre 1973 n. 660, convertito in legge 19 dicembre 
1973 n. 823, nel vigore de1la ,legislaZiione sul oumulo dei redditi tra 
i coniugi, aveva presentato domanda di condono per l'imposta com


tanto la precisazione degli elementi di fatto (che non possono essere totalmente 
modificati ma sono suscettibili di precisazioni e sviluppi, anche a 
seguito delle eccezioni dedotte dal soggetto passivo con il ricorso). Non 
sono invece elemento necessario della motivazione le ragioni giuridiche, che 
in .<elazione al fatto contestato producono gli effetti, che possono non essere 
espresse o, se specificate, possono essere modificate o integrate in giudizio 
ed anche applicate di ufficio (iura novit curia); in particolare il giudice se 
ritiene non fondata la motivazione in diritto non pu� annullare l'accertamento 
ma deve valutare se la pretesa tributaria sia fondata in base a ragioni 
giuridiche diverse. Anche nelle fasi di gravame, se resta immutato il petitum 
pu� essere ampliata, puntualizzata ed anche modificata, la causa petendi. 

In buona sostanza, ragionando in termini di atto processuale, diventano 
assai rare le ipotesi di nullit� dell'accertamento (come assai rare sono le 
ipotesi di nullit� della citazione). 

Una direttrice diversa segue la seconda sentenza: sulla premessa che il 
processo tributario, pur rivolto all'accertamento dell'obbligazione, � strutturato 
come impugnazione di atti dei quali va verificata la legittimit� anche 
formale, ritiene che il giudice, che non pu� sostituirsi all'Amministrazione 
nella ricerca della materia imponibile e dei presupposti del rapporto di imposta, 
deve arrestarsi all'annullamento dell'atto che si presenti viziato nella 
iJentificazione del soggetto passivo e non possa quindi dare al destinatario 
dell'accertamento una qualificazione giuridica diversa da quella contenuta nell'att0 
dell'ufficio (nella specie qualificare come organizzazione senza personalit� 
giuridica non appartenente ad altri soggetti e::1. art. 2 lett. b) d.P.R. 

n. 598/1973 e ex art. 2 d.P.R. 699/1973 quella che l'ufficio aveva individuato 
come societ� di fatto ex art. 5 d.P.R. n. 597/1973). Bench� non si ponesse un 

562 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

plementa:re relativa agli anni precedenti, tal che il relativo rapporto doveva 
ritene11si esaurito ed insruscettibHe di modifica da parte dell'Amministrazione 
finanziaria. 

Con l'ultimo motivo, la ricorrente osserva che la C.T.C. ha attribuito 

all'acquisto del predetto pacchetto azionario valore di prova di una 
capacit� contributiva inesistente, sia peroh� quell'acquisto si inseriva 
in una fattispecie di negozio fiduciario, sia pe11ch� il semplice acquisto 
di una partecipazione azionaria non pu� di per s� costituire indice 
significativo per un �accertamento d'ufficio, sia infine perch� in tutti 
gli atti di causa manca ogni indicazione dei fatti-indice riferibili alla 
ricorrente, agli effetti dell'art. 137 D.P.R. n. 645 del 1958. Rileva, infine, 
che l'Ufficio finanziario ha confuso tra beni di spettanza dell'impresa 
commericiaile gestita neHa fovma della S,p.A. Albergo d'Inghilterra e 
beni di appartenenza pe11sonaJe della ricorrente. 

Il primo motivo di ricorso � fondato. Ri:sulrta dalla stessa decisione 
impugnata ohe l'aiocertamento tributario fu basato sull'appartenenza, 
alla contribuente, di azioni della S,p.A. Albe11go d'Inghilterra, da:lla 
stessa alienate a terzi nel 1973 per una cospicua somma e, pertanto, 
ritenute daill'Amministrazione fonte sicura di reddito nei cinque anni 
anteriori alla loro cessione. Orbene, come questa Corte ha gi� altre 

problema di contraddittorio e bench� l'accertamento fosse fatto in assenza di 
dichiarazione, la sentenza ritiene che l'inesatta individuazione del soggetto 
passivo comporta la nullit� dell'atto nella sua interezza anche per la parte 
relativa all'ILOR che sarebbe stata in entrambi i casi dovuta dall'ente comunque 
qualificato. 

La seconda sentenza non nega soltanto il potere di modificare i presupposti 
di fatto che delimitano l'oggetto della controversia, ma esclude altres� 
il potere di apprezzare, diversamente dall'ufficio, le ragioni giuridiche 
che a quel fatto vanno riferite. Ci� significa che nel processo l'accertamento 

non � riguardato come atto processuale che enuncia una pretesa di cui va 
verificata la fondatezza ma come provvedimento di cui va verificata la perfezione. 

Questa impostazione non pu� essere condivisa. Le motivazioni giurdiche 
in genere e le qualificazioni giuridiche soggettive in particolare non possono 
mai essere poste come dati infallibili dell'accertamento: il giudice non pu� 
annullare l'atto imperfetto nella qualificazione giuridica, ma deve correggerlo, 
fermi rimanendo i fatti storici materiali, se � stato osservato il rispetto del 
contradittorio. 

La situazione di specie � poi emblematica proprio di quell'interesse, inteso 
nella sentenza in senso capovolto, a non lasciare senza imposizione una 
manifestazione di reddito per la difficolt� di individuare un soggetto che di 
esso sia � possesore �; quella singolare idea di �altre� organizzazioni (di persone 
e perfino di beni) senza personalit� giuridica sulle quali il reddito va a 
fissarsi, perch� non appartengono ad altri soggetti, � per l'appunto concepita 
p\!r evitare che formalismi sulle qualit� soggettive possano dare occasioni 
a produzione di redditi in terra di nessuno. Una tale norma per l'appunto 
di chiusura, come la sentenza pur riconosce, che non esita a introdurre nel-

I 

.. l 


PARTB I; SEZ, V,.� GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 

volte chiarito, nella. cUi&ciplina .. del contenzioso tributario di cui al D.P.R. 

26. ottobre 1972 n.�. 036, i!l processo �� strutturato come� impugnazione di 
spe�ifici provvedimenti dell'Amministrazione ed il giudizio concerne la 
legittima formaile e . sosta.nziaie di tali >atti, . sic.ch� l'indagine .. sul. rapporto.�
� d!impnsta>resta consentita nei limiti in cui si debba���accertare 
l�ᥥ�W.Cortenza.�dei�.�Pi:'esuppo$tl���df!1tl:a.!�.�Pretesa.�fiscale .assunti .a��� fondamento 
cteglL1:1;tti. rnedesinil (cfr. Cass. 2 �aprile. 1986 n� 2246; 3 marzo 1986 n; �� 1322). 
:ta motivazione dell'aa:ertamento �s.volge;. pertanto; la funzione di garantire 
al contribuente Ja possibilit� �di appa:estare w�tdeguata: � difesa per 
ilprocedill);ento innanzi .. alle commissioni ..tributarie e dk �.elimitarne in 
vi� definitiva il thema decidendum, contenend<*o nell'ambito dei fatti 
specificati. nell'avviso notificato ai1 contriibuente; Conseguentemente, se, 
per un verso, rimane precluso all'Amministrazione finanziaria integrare 
tali motivi nel corso del giudizio tributario, indicando per la prima 
volta in tale sede fatti non contestati prece�.entemente in via amministrativa, 
per altro verso, e a maggior ragione, neppure al giudice tributario 
� dato valutare la fondatezza del ricorso sulla base di fatti diversi da 
quellt. contestati al contribuente con l'avviso di accertamento; � accaduto, 
invece, nella fattispecie, che di fronte alla prova che negli 
anni 1969 e 19701 16 azioni della S.p.A. Albergo d'Inghilterra non potevano 
aver reso alla .� �ontribU:ente ilreddito accertato� (per il motivo che la 
l'ordinamento tributario una capacit� pi� ampia di quella di diritto comune, 
non pu� . essere intesa . nella direzione di creare nuove ragioni di �nullit� dell'accertamento 
ove in situazio;ni ta:nto singolari e. rare l!ufficio non abbia 
saputo ricercare la soluzione giuridica perfetta. L'ufficio deve ovviamente indicare 
il fatto che ha dato luogo alla manifestazione di reddito e stabilirne la 
l11isura, e questo � imprescindibile; l'�ccettament� conterr� poi anche molte 

o poche q�alificazioni giuridiche e interpretazioni, ma queste sono ipotesi 
o proposte che possono essere discusse e modificate in giudizio, anche d'uf. 
fido, .con le conseguenze che ne derivano anche sulla imponibilit�. 
Se l'ufficio con im .accertamento qualifica un soggetto come imprenditore 
titolare di un determinato reddito imponibile a fini IRPEF e a fini ILOR, 
il disconoscimento in giudizio della qualit� di imprenditore non dar� luogo 
all'artnullament� integrale dell'accertamento (con il risultato che nulla � dovuto) 
ma <td �n; diverso accertamento dell'obbligazione: l'ILOR sar� dovuta 
s.olo sui redditi fondiari, l'attivit� produttiva sar� t;;tSsal:>ile come reddito di 
lavoro autonomo, il frutto dei capitali non sar� . pi� una componente del 
reddito di impresa ex art. 44 ma un reddito di capitali ex art. 41 e cos� via. 
Ma non si pu� affermare che la diversa normativa stabilita per l'accertamento 
delle diverse categorie di soggetti dagli artt: 38 e 40 del d.P.R. 660/1973, 
che � poi una normativa pi�. esplicativa che precettiva, deve essere rispettata 
a pena di . nullit�, meno che mai .quando non esist(;l una dichiarazione ed � 
problematica l'individuazione del soggetto passivo. 

Naturalmente quanto detto vale anche per il contribuente: se nella .dichiarazione 
sono indicate erronee qualificazioni giuridiche si -proweder� a 
correggerle senza parlare di dichiarazione nulla. � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stessa aH'epoca non le aveva ancora acquistate), il giudice del merito ha 
dichiarato ugualmente legittimo l'accertamento tributario per quegli 
anni, imputando il reddito oocertato al pos,sesso non pi� delle azioni, 
ma della notevole somma di danaro necessaria, nel 1971, all'acquisto 
delle azioni stesse. Pertanto, la prima censura deve essere accolta, restando 
assorbiti gli ailtri motivi d'impugnazione. La decisione deve, conseguetemente, 
essere cassata, con rinvio ahla Commissione Tributaria 
Centrale, che proceder� ail riesame della controvernia nel rispetto del 
principio che non � consentito al giudice tributario modificare i termini 
della contestazione originaria contenuta nell'avviso di accertamento 
e di valutare la fondatezza del ricorso del contribuente alla luce di 
elementi diversi da que11i specificati nell'accertamento stesso, ancorch� 
idonei a legittimarlo. (omissis) 

II 

(omissis) Col primo motivo, i ricorrenti denunciano l'illegittimo 

mutamento da parte del giudice tributario del contenuto dell'accerta


mento, la violazione dei principi risulltanti dal D.P.R. n. 636/72 e la viola


zione degli artt. 2, D.P.R. n. 599/73 e 40 D.P.R. n. 600/73, nonch� la 

violazione dell'art. 101 c,p.c., in relazione dehl'art. 360 n. 3 c.p.c., osser


vando che il giudice tributario non poteva modificare l'avviso di accerta


mento, senza con ci� esorbitaire dai suoi poteri e ohe era ina:ocettabile 

l'affermazione secondo oui quell'avviso avrnbbe chiaramente individuato 

il soggetto passivo d'imposta e che pertanto non inciderebbe sulla 

legittimit� di esso la questione della giuridica esattezza della defini


zione di esso come societ� di fatto, perch� fra questa e un'organizzazione 

cli beni e di persone non vi � alcuna fungibilit�, ma anzi una differenza 

radicale sul piano tributario. 

La societ� di fatto � soggetto passivo solo delil'ILOR e pertanto la 

base imponibile � determinata secondo le regole IRPEF (ex art. 4 D.P.R. 

599/73) ed � imputata automaticamente ai soci ai fini IRPEF /o IRPEG); 

per tale soggetto, l'accertamento tributario � comipiuto, ex art. 40 secondo 

comma D.P.R. 600/73, con unico atto, ai fini dehl'imposta locale sui red


diti dovuta dalla societ� ed ai fini dell'imposta sul reddito dovuta dai 

soci. 

L'organizzazione di persone o di beni che realizza il presupposto 

del tributo in modo unitario ed autonomo � in primis soggetto passivo 

dell'IRPEG ex art. 2 D.P.R. n. 598 del 1973) e solo in via derivata soggetto 

pas1sivo dell'ILOR; il reddito da essa prodotto � pertanto determinato 

secondo le vegole IRPEG (ex art. 4, terzo comma D.P.R. n. 599 del 1973) 

ed � imputato ai soci non automaticamente, ma solo se ed in quanto 

sia distribuito aw!i stessi, ex art. 42 D.P.R. n. 597/73). Ne deriva che 


'566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

<lell'an e del quantum deJJl'obbligazione ex lege, avviene in funzione del 
provvedimento impugnato, in quanto il giudice tributario deve accertare 
(nei limiti della contestazione) i presupposti materiali e giuridici della 
pretesa dell'Amministrazione assunti a fondamento dell'atto medesimo. 

Anche ai fini della tutela giurisdizionale si pone in primo piano 
l'esevcizio del potere di imposizione, che si intrinseca in una serie di 
atti (normativamente predeterminata) e la pronuncia del giudice si 
<leve arrestare all'annullamento dell'atto impugnato se i vizi che lo 
inficiano incidano sulla sostanza del rapporto, non potendo il giudice 
sostituirsi all'Amministrazione nella ricerca della materia imponibile e 
dei presuwosti del rapporto d'imposta (che devono essere ahlegati dall'Amministrazione) 
(dr. Sez. Un., 3 marzo 1986, n. 1322; 3 giugno 1987, 

n. 4853; 26 ottobre 1988, n. 5783). 
Il problema di causa concerne l'identificazione del soggetto dell'imposta. 
Ai fini dell'ILOR sono soggetti passivi Je pevsone fisiche, le societ� 
di ogni tipo, comprese le societ� semplici, in nome collettivo e accomandita 
semplice e gli enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le 
associazioni non riconosciute nonch� le altre ovganizzazioni prive di per.
sonalit� giuridica, non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti 
delle quali il presupposto deH'imposta si verifichi in modo unitario 
e autonomo (art. 2 D.P.R. n. 599 del 1973; art. 116 diel t.u. 22 dicembre 
1986, n. 917). 

Nell'avviso di accertamento -come risulta dalla sentenza impu_
gnata -fil soggetto passivo era stato identificato in una societ� di fatto 
fra i comproprietari dell'immobHe, avente come scopo l'alienazione del 
fondo. Ai sensi deH'art. 5 terzo comma lettera b) del D.P.R. n. 597/73 
,(art. 5 del t.u.) le societ� di fatto sono equiparate alle societ� in nome 
�collettivo o alle societ� semplici, a seconda che abbiano o non abbiano 
per oggetto l'esercizio di attivit� commeociali ai sensi dell'art. 51; e 
poich� era stato, nella specie, applicato l'art. 76 del D.P.R. n. 597, l'Ufficio 
non aveva ritenuto l'esistenza di un reddito d'impresa, ma di un 

�reddito diverso�, per cui l'equiparazione andava effettuata con le �sodet� 
semplici �. 
La commissione tributaria ha ritenuto che una societ� non esistesse, 
perch� non ne sussistevano gli elementi costitutivi indicati dall'art. 2247 

e.e. (contratto col quale due o pi� persone conferiscono beni o servizi, 
per l'esercizio in comune di un'attivit� economica, allo scopo di dividerne 
gli utili); ha per� ritOOJU.to che esistesse un altro soggetto passivo 
dell'ILOR, e cio� la comunione di cui all'art. 2248 e.e., qualificata come 
� organizzazione priva di pevsonalit� giuridica, non appartenente ad altri 
:soggetti passivi, nei confronti della quale hl presurpposto dell'imposta si 
.� verificato in modo unitario ed autonomo) (limitatamente ai comproprietari 
di 7/10 dell'immobile), ritenendo del tutto irrilevante l'erroneit� 
della qualificazione giuridica quale societ� di fatto del soggetto passivo 

PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dell'imposta, in quanto non incideva sulla legittimit� dell'avviso di ac� 
.certamento, che comunque aveva chiaramente indicato il suddetto sog� 
getto passivo). 

Le affermazioni della e.e. non possono condividersi. In primo luogo, 
non � corretto ritenere che l'esatta identificazione del soggetto passivo 
potesse desumersi dal fatto ohe il. processo tributario si era svolto nel 
pieno contraddittorio di tutti gli interessati. � evidente che se alcuni 
soggetti (persone fisiche) compongono quell'organismo che � la societ� 
�di fatto, secondo l'assunto dell'Amministrazione, essi sono indicati nell'avviso 
di aiocertamento e possono impugnarlo; ma tale possibilit� di 
impugnazione attiene alla regolarit� del. processo, non alla regolarit� 
.dell'avviso che ne costituisce l'oggetto e ohe pu� essere contestato proprio 
sul punto preliminaTe dell'esistenza del soggetto passivo. 

In secondo luogo, non � soltanto questione di qualificazione diversa 
<lei medesimi elementi di fatto, in quanto fra la societ� e l'organizzazione 
di cui alla legislazione fiscale esiste (oltre che la differenza notevole di 
regolamentazione giuridica posta in luce dai ricorrenti, su cui si torner� 
infr.a) una dive11sit� di elementi costitutivi fattuali, che sono il presupposto 
della diveI1Sa qualificazione. 

La formula della legge tributaria � originata da esigenze pratiche 
.di accertamento, in capo ad un soggetto, di materia imponibile. Detto 
.soggetto deve essere centro autonomo di imputazione di rapporti giu


ridici, e cio� capace di possedere un reddito anche indipendentemente 
�dal godimento della personalit� giuridica, in maniera indipendente da 
.alltri soggetti passivi di imposta, di guisa che non � sufficiente la mera 
.autonomia patrimoniale, ma � necessario che l'organizzazione non sia 
"compresa in una pi� ampia organizzazione di altro soggetto passivo. 

In sostanza, si tratta di una previsione fiscale di chiusura basata sull'esigenza 
di ricondurre ad imposizione anche figure atipiche, che potrebbero 
.essere create ad hoc, sia per finalit� legittime che per finalit� di elusione 
d'imposta. Secondo un'altra dottrina, pi� che all'esistenza di un 
centro autonomo di rapporti, la norma fiscale ha riguardo principalmente 
all'esistenza del presupposto di fatto delil'imposta, visto come 
.momento unificatore delle varie possibiH comiponenti di reddito, ferma 
l'esigenza dell'indipendenza da altri soggetti passivi d'imposta. Indubbiamente, 
si tratta di figure che da un punto di vista giuridico possono 
�Corrispondere a :EatHspecie regolate ad altri fini (si pensi, in via puramente 
ipotetica, alle asisociazioni temporanee di imprese, nel campo 
�delle opere pubbliche), ma l'elemento distintivo sicuro � che esse non 
�devono coincidel'e con le figure tipiche (nella specie: la societ� semplice). 


Se l'Amministrazione individua, ne11'avviso di accertamento, un sog_
getto tipico, quale � la societ�, con indicazione degli elementi di fatto 
iehe ne costituiscono l'essenza, non pu� 'I'itenersi consentito al giudice 


568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tributario di sostituire a tale soggetto l'organizzazione (non societaria} 
di cui s'� detto, pereh� l'inesistenza del. soggetto passivo dell'imposta, 
indicato dalla stessa Amministrazione, costirtuisce Ua:l!a nullit� dell'avvis.o 
stesso (attenendo ad un essenziale presu1pposto deHa disciplina dell'ac. 
oertamento). Esso, invero, viene effettuato nei confronrti delle persone 
fisiche (art. 38 D.P.;R. n. 600. del 1973) e dei soggetti diversi (art. 40), 
nel caso di rettifica delle loro dichiarazioni, mcui un problema di identificazione 
dei soggetti evidentemente non si pone, perch� si tratta di 
dichiaranti. Nel. caso ~come il presente) in cui la dichiarazione ~di cui 
all'art. 6 D.P.R. n. 600/73) non era stata presentata, l'Ufficio doveva procedere 
all'accertamento, ai sensi dell'art. 41: ma -a parte le deroghe 
ivi previste, che lllOlll interessano la specie -H primo fondamento dell'accertamento 
deH'Uf�ficio � la identificazione del �soggetto passivo, identifioazione 
senza la quaile manca un elemento cosrtitutivo del rapporto di 
imposta. 1dentifiicaito il soggetto passivo, nell':oocertamento d'ufficio dovr� 
poi seguirsi (trailasdando l'ipotesi, ohe qui non intere&Sa, delle persone 
fisiche) �il sistema previsto dall'a11t. 40, e quindi distinguere, a seconda. 
che si tratti di soggetti a1l'IRPEG, ovvero di societ� ed associazioni 
indicate nell'iart. 5 del D.P.R. n. 597. Nella specie, l'ufficio ha seguito il 
secondo comma dell'a'lt. 40, mentre, alla stregua dcl.la dec1sione della 
commissione centrale, awebbe dovuto se~re ii sistema pI"evisto dal 
primo comma. La differenza non � iirrHevante, per fil solo :l�atto che co


I

munque era dovuto l'ILOR, in entrambi i oasi. NeHa configurazione data 
dall'Ufficio, si doveva procedere con un unico �atto, ai fini dell'ILOR 


I 

dovuta dalla Societ� ed ai fillli dell'IRPEF dovuta dai singoli soci. 

Nella configurazione data dalla Commissione, si 1sarebbe dovuto pro


cedere con unico atto agli effetti de1l'IRPEG e dell'ILOR, dovute dal 

medesimo soggetto. 

La base imponibiile ai fini dell'ILOR, nel primo caso, doveva essere� 

determinata ai sensi del 1� comma dell'a'l't. 4 D.P.R. n. 599/73 (art. 118 
letteva a) del T.U. del 1986); nel secondo caso, ai se!Illsi del terzo comma 
dell'art. 4 cit. (art. 118 lettera c) del T.U.). 

L'art. 42 del D.P.R. n. 600 dispone ohe l'accertamento � nullo se non 
reca le indicazioni previste nel:lo stesso articolo, fra cui quelle inerenti 
agli imponibfili, alle aliquote ed alle imposte liquidate. Pertanto, la diversit� 
delle imposte e degli imponibili, supra illustrate, nei due casi,. 
comporta l'ino&Servanza dei11e suddette indicazioni e la nullit� dell'avviso, 
da dichiararsi daHa Commissione Centraile, con preclusione della 
possibilit� di scendere aill'esame di poss~bili diverse configurazioni del 
rapporto d'imposta, non cootenute nell'avviso di accertamento, neppure 
in via subordinata. Invero, un accertamento nei confronti di una societ� 
di fatto, che deve l'ILOR, mentre ai soci doveva essere imputata (in: 
quanto persone fisiche) l'IRPEF su quell'imponibiJe., non pu� essere coi;i.fermato 
dal giudice come accertamento nei confronti di un'organizza



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

569 

:zione non societaria, che deve l'ILOR e l'IRPEG. Non � sufficiente, per 
ritenere consentito tale mutamento di soggetti e di sistema di imposi.
zione, la considerazione che vi � un elemento comune alle due ipotesi 
(l'ILOR, dovuta in entrambi i casi dal soggetto passivo) perch�, a parte 
l'unitariet� dell'atto di ooaertamento previsto dall'art. 40 del D.P.R. n. 600 
<lei 1973, gli 1:1.��.erta,men,ti Jn rettjfica sono portati a conoscenza dei contdbuenti 
(art. 42, primi) con:ID.�a). la cui .mdicaiione c!eve essere ritenuta 
-compresa nelrl'ambito della sa:nzione di nuil1it� di cui al terzo comma, 
il quale si riferisce al.l� .mancanza di indicazioni � di cui. al presente arti-
colo� e non si limita .a.que1le. di CUJi al. second<;> comma. � evidente che, 
in un avviso in cui � indicato come contribuente U1la societ� di fatto 
(che la Commissione Centrale ha riitenuto inesistente) manca l'indicaziODJe 
dell'ente ritenuto esistente e cio� l'mdiicazione di una �organizza� 
zione � di cui al D.P.R. n. 598, art. 2 Iett. b) (art. 87 comma 2 del T.U.); 
.indicazione che � prescritta a pena .di nullit�, e. la cui mancanza non 
c�nsente alla Commissione di scendere �i:l!ll'esame �dell rapporto d'imposta. 

{omissis) 

I 

COR'I'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1991, n. 8033 � Pres. Maltese � 
Est. Senofonte � P. M. Donnarumma (conf.) � Mini!Sltero delle Finanze 
avv. Stato Palatiello) c. Kaerner Bekleidungwerke (avv. Colombo). 

"(ributi in genere � AccertaJ1lento � Motivazione � Imposta di registro -Cessione 
di azienda � SUfficienza. 

E sufficientemente 1mo.tivato l'accertamento 1deil valore di 1Una 1azienda 
che faccia 1riferimento 1alla :primaria. importanza di lessa, ""l \rilevante numero 
dei dipendenti e al consistente volume di affari (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8692 � Pres. Granata � 
Est. Senofonte. � P. M. Martine.lli (diff.) � Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Palatiello) c. Buonocore. 

Tributi in genere � Accertamento � Motivazione � Imposta di registro � Requislti. 


Il riferimento, cumulativo o al.ternativo, ai criteri legali di valuta� 
zione previsti in astratto dalla legge o a diversi criteri in concreto seguiti 
.a causa della inutilizzabilit� dei primi, non si concreta in una motivazione 
apparente o di stile, inidonea a sorreggere l'accertamento (2). 

(1-4) Un gruppo di sentenze, che sulla base di principi ormai acquisiti 

�(v. da ultimo Cass. 30 maggio 1990 n. 5115 e 5116, in questa Rassegna, 1990, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8696 -Pnes. Granata -� 
Est. Senofonte -Mintstero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c.. 
Soc. Besenzoni Ferraresi. 

Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Imposta di registro -Criteri 
stabiliti nella legge -Tassativit� -Esclusione. 

L'accertamento pu� essere motivato con riferimento a criteri divers[ 
da quelli indicati nella legge pu11ch� idonei a reaUzzare lo scopo di con-. 
sentire al destinatario l'esercizio deJ. diritto di difesa (3). 

IV 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 dilcembre 1991, n. 13858 -P:res. Bologna 
-Est. Corda -P. M. Dettori ~conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Pa1atiello) c. Busseni. 

Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Imposta di registro Sufficienza. 


� adeguatamente motivato l'accertamento che ,oltre alla descrizione 
dei singoli beni, indichi come criterio di determinazione del valore la 
vicinanza degli immobili al centro storico essendo tale riferimento un 
affidabile metro di valutazione secondo un dato di esperienza acquisita 
(4). 

I 

(omissis) La censura -che concreta, nella sostanza, una denuncia 
di difetto motivazionale e consente, d<Unqrue, a questa Corte l'esame degli 
atti, come in ogni altro caso di prospettato errar in procedendo deve 
essere accolta, perch� l'avviso di accertamento del quale si discute 
contiene effettivamente la indicazione pretesamente omessa, facendo esso 
riferimento, nella valutazione delle singole componenti aziendali (anali� 
ticamente esposte: merci, attrezzatuire, crediti e avviamento), alla � primaria 
importanza dell'azienda, al rilevante numero dei dipendenti e 
al consistente volume di affari�: elementi, questi, che la C.T.C. ha disinvoltamente 
ignorato e che in sede di rinvio dovr� prendere, invece, in 

I ,374) riconducono lo spettro della nullit� dell'accertamento non motivato 
ad ipotesi ristrettissime. Ci� dovrebbe indurre le commissioni di merito ad 
abbandonare la tentazione di risolvere la controversia con una comoda censura 
di legittimit� per affrontare il pi� laborioso giudizio di valutazione estimativa 
ad esse demandato. 


PARIE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

esame, \rlill.utandone la con~ruit�. e l'attituilin.e a nutrire �l'avviso conside�'.
ato �diunamotivazione adegua1Ja:�.al. coooeguimento del� duplice. scop0> 
di�� delimitare,. da� un lato, ram.bit.o delle ragioni� adducibilii dall'ufficio. 
nella fase .. contenziosi;l e (queLche maggiormente rileva nel caso specifico) 
di eQn'sentir�; dall'alltiro, liii. �ontri'buente resercizio giudiziale. i;:lel 
diritto .. di.difesa n�i �qnfronti d~la .. maggiore pretesa f:iiscale .�. (v�.. traJe 
sentenze pi� recenti, CaS1S., Sez~ Un;,. 26 ottobre 1988,> n. 5787), (omissis} 

Il 

�. (pmiss~) La r~icl<Ua ~Sllfa (s.b � e �) <leve essere, invece, accolta 
s.llaba,l)e. degli uJt~riod prJ.i�ilpi ...'.'.':""� anch'essi SO:IJ;1\tllinistrati da:lfa citata 
SeJ1te~a n.. 5787 dellt} Se:l)ioI1iUnite ~ che qui s�. riportano: 
a) � nel procedimento di oocmamento dell'obbligazione d'imposta 
;...;.. di �registro���� e INVIM ��.;.;;..��bisogna distinguere le ()perazioni �(attivit�:. 
ticogndtwe e; ttl.omenti logiiCO-ita�ti:tativi) attraverso le��qri:ali si determina 
il vaio.te d�1l'immobile,� dall'atto� di irrnposizione c:he l!uffido,. nel caso di 
rettifica del<val�re, deve, ii1 forma d'avviso, porta!re a conoscenza deT 
contribuente per mezzo �d.elfa notificazione �; 

>o) trart. 48, Coriima secondo, del d.PR 634/1972, nel teSto originario, 
. prevede due odted . di valuta.Zi�ne: . cornpa'rativo (avendo riguard<>' 
ai 1:11asferimeoo, avvenuti rie@:i ultimi tr.e anni, di immobili con analoghe 
c�Tattemstiche o��deMo stesso ifunib'bile sul cui valore si .controverte) 
e di cap!tailizza.Zione del. reddiifo ai1 taisso medio alla stessa. data. pet inve-stimenti 
imniobilfarFnella ��localit� in fui si� trova l'inimobile trasferito; 

e) a questi. ontel1� .t~uffkio�finanzi~o ctev~; in�via di massima, atte-� 
nersi ne1liesercizio dei propri poteri di contrC>Ho delV�!lore dichiarato 
dal contribuente o del corriispettirvo pa.ttuito, pur potend�ne adottare altri, 
ove quelli espressamente menzionati dailla legge itlisultino, anche implicitamente, 
awto riguazdo alle colliC'Fete circostanze dei casi singoli, non 
utilizzabili o insufficienti; 
. . .� �.� .d).il contoouto nlinwo �ll'atto .. d.i .trop~siziol1~ da . notifica:re aI 
contribuente �, invece, disegnato�.. dal comma secondo dei suocessivo 
art.. 49,il quale prescrive che l'avviSo deve inqkare il .valore attribuite> 
~� ciasCWlo .~theni. e. !IJli �lementi ... (o cviteri) in. base .. ai .. quali f stato 
<leterminato,. s\ � ohe � sQ!o del . metocio scelto, non anche deHe oper~foni 
Svolte in esecuzione di esso, l'uffkio deve informare il sogg�tto passivo, 
del :rapporto �, 

Vuol dire, allora, ohe la motivazione delil'awiso di rettifica � deve, di 
norma, ritenevsi congrua se nutrita del riferimento; cumulativo o alternativo, 
ai criteri leglill.i di vailutazione previ:sti in as.tratto dalla legge o� 
a quei diversi criteri in concreto seguirti a causa della inutilizzabilit� C> 
insufficienza dei primi. 


572 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non �, dunque, esatto, ail. contrario di quanto ritenuto dalla corte 
salernitana, che il riforimento a questi ultimi si traduca, per s�, in 
una motivazione apparente o di stile allorch� non sia accompagnata dalla 
indicazione di elementi concreti che specifilchino ulteriormente i criteri 
prescelti (sul punto v., diffusamente, anche Cass. 5812/1987), una 
motivazione di questo tirpo potendosi configurare solo nell'ipotesi in cui 
.essa, tenuto conto delle peculiarit� del rapporto conrtroverso, non sia 
in grado di realizzare le finalit� -nel sistema assegnate alla motivazione 
nella particolare materia -di consentire al contribuente l'esercizio del 
�diritto di difesa e di delimitare l'ambito delle ragioni destinate a sorreggere, 
anche nell'eventuale fase contenziosa la maggiore pretesa fiscale. 
N� � esatto che l'adozione di criteri difformi da quelli legali astrattamente 
previsti comporti, ineluttabilmente, la nullit� dell'accertamento, 
dovendosi la nullit� escludere laddove -conviene ripeterlo -questi 
ultimi risultino nel caso concreto, anche per implicito, insufficienti o inutilizzabili 
e debbano essere, quindi, necessariamente integrati o addirittura 
sostituiti da criteri diversi, parimenti idonei -secondo apprezza.
�menti riservati al giudice di merito ma, naturalmente, soggetti al sindacato 
�di legittimit� sotto il profilo della congruit� della motivazione -ad as:
solvere la duplice finalit� appena evidenziata, con particolare riguardo 

all'esplicazione del diritto di difesa del contribuente. 

Ma di tutta questa complessa problematica non v'� traocia nella 
'.Sentenza impugnata, paga di sempiliil�icazioni effettivamente errate ~segnatamente: 
asserita impreteribilit�, in ogni caiso, dei criteri legali di valuta
�zione; necessit�, pretesameilite ineludibile anch'essa, di ulteriori specificazioni 
attrave11so l'indicazione di elementi CODJOI'eti) e ohe deve essere, 
:pertanto, annullata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, che si Uliliformer� 
ai principi di diritto sopra enunciati. (omissis) 

IIJ 
(omissis) La residua cenSl!lI'a (sub �e �) deve essere, invece, accolta 
:sulla base dell'ulteriore principio -anch'esso somministrato dalla citata 
sentenza n. 5787/1988 -secondo il quale, pur essendo l'ufficio finanziario 
tenuto, di norma a seguire, nell'eserioizio dei poteri di controllo del valore 
�dichiarato dal contribuente, i criteri espressamente enunciati in astratto 
dalla legge pu�, tuttavia -quando risulti, anche implicitamente, che 
essi, avuto riguardo al tempo, al luogo, all'oggetto e ad o~ pecu1iarit� 
�del rapporto tributario da oocertare siano inutilizzabili o insufficienti 
-, adottare criteri diversi (e, quindi, diversamente motivare il proprio 
.accertamento), purch� parimenti idonei (secondo apprezzamenti di merito, 
�soggetti natmalmente al controllo di legittimit� sotto 11 profilo logico) 
..e realizzare la duplice finalit� -assegnata alla motivazione dell'atto 
.impositivo -di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nell'eventuale fase contenziosa e, soprattutto, di consentire al confribuente 
l'esercizio del diritto di difesa di fronte alll.a maggiore pretesa filscale. 

Con questo principio non si concilia -e devesi, dunque, ritenere 
effettivamente errata -la drastica aiffermamone delJ.a Corte torinese 
secondo la quale l'avviso di cui si discute � nullo sol peroh� non enuncia 
ailcU1IJ.o dei oriteri (pretesamente) �tassativi� indicati dalla legge, ancorch� 
la stessa Corte ne riconosca l'attitudine a consentire un'adeguata 
esplicazione del diritto di difesa da parte del destinatar.io, in quanto 
estesamente motivato, contenendo non solo una dirff�usa des1crizione dei 
smgoli tiipi di cespiti (terreni, fabbricati, aree accessorie, ecc....), ma 
anche l'ind~cazione de11e rispettive caratteristiche e la specificazione dei 
prezzi unitari assunti a base defila valut!U)ione deMe singole porzioni (il 
che avrebbe donito indurre il giudice a quo, per lo meno, a riflettere 
sulla eventuale inutiJJ.izzabilit� o insud�ficienza, nel caso concreto, dei criteri 
legali di valutazione espresS'amente menzionati dalla legge). (omissis) 

IV 

(omissis) Il ricorso � fondato. 
La norma applicabile ratione temporum al caso concreto (l'art. 49 del 


d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634) preSiCTiveva che l'avviso di aiccertamento 
dovesse contenere, oltre l'indica~ione di ciasrouno dei beni oggetto di 
vailutazione, l'indicazione degli elementi in baise ai quali il valore veniva 
determinato. 
In concreto, risulta che l'Ufficio ha pienamente adempiuto a quanto 
la legge preSCI1iveva, perch�, oltre ad avere proceduto alla minuziosa 
inidicazione dei singoli beni, sulla scorta di una analitica relazione dell'Ufficio 
tecnico erariaile (addirittura traisaritta in maniera integrale), ha 
mdicato, appunto qruale criterio di determinazione del valore, la vicinanza 
dei beni medesimi al centro abitato (un chilometro); e questo �, 
sicuramente, un affidabile metro di valutazione, poich� ha riguardo all'appetibilit� 
dei beni nel mericato immobiliare, secondo un dato di esperienza 
ormai acquisito nell'ambito della prassi giudiziaria. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8678 -Pres. Falcone 
-Est. Borruso -Soc. Emmedue (avv. Costa) c. Ministero de11e Fi1I1anze 
(avv. Stato Stigliano). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Trasferimento di azienda Esclusione 
di taluni elementi -Possibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 48; e.e. art. 2555). 
U t,riasferimento dell'azienda va assoggettato unitarriamente al tributo 
di rregistro, secondo la previsione deU'art. '48 del d.P.R. 26 ot.to



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

574 

bre 1972 n. 634, anche se dal trasferimento restano esclusi alcuni elementi 
essenziali e anche se il complesso aziendale al momento del tra; 
sferimento � improduttivo, semprech� sussista la continuit� funzionale 
della azienda e ~he essa mantenga una potenzial<it� produttiva (1). 

(omissis) Il Tribunale di Treviso, con sentenza del 27 aprile 1980 
omologava il concordato preventivo con cessione di beni proposto dalla 
societ� Mobilificio San Giorgio, autorizzando hl liquidatore alla vendita 
del relativo complesso, costituito da terreni, fabbricati e macchinari e 
con esclusione di a:ltri beni aZJiendali, magazzino e arediti. 

Con atto registrato il 29 dicembre 1980 la societ� a r.I. � EMMEDUE � 
acquistava il complesso verso il corrispettivo di L. 1.099.705.000. Nell'atto 
di vendita veniva precisato ohe era applkabHe l'aliquota prevista dall'art. 
22 della legge di ireg1st:ro per le cessioni di azienda commisurata 
alla differenza tra attiv.it� e passivH� con un saldo attivo tassabile di 

L. 544.335.000. 
In sede di registrazione l'Ufficio del registro tassava il trasferimento 
come cessione di beni e non come cessione �di azienda disattendendo la 
richiesta contenuta nell'atto. 

La societ� aioquia:"ente pagava l'imposta pretesa dall'Ufficio, ma immediatamente 
chiedeva il rimborso della maggior somma pagata. 
La Commissione Tributaria di I grado accoglieva il ricorso e la relativa 
decisione veniva confermata dalla Commissione di II grado. 

Su ricorso dehl'Ufficio la Commissione Centrale annullava la decisione 
impugnata, cos� respingendo la domanda di rimborso, sul rilievo che 
non si versava m tema di cessione di azienda dal momento che per 
potersi parlare di detta cessione � necessario il trasferimento di tutti 
i beni dell'azienda senza esclusione alcuna, mentre nella fattispecie dalla 
vendita erano 11imasti esclusi cespiti rilevanti quali il magazzino e i 
crediti e altri beni aziendaili anche se non specificati. 

(1) La pronunzia, riallacciandosi a precedenti non del tutto pertinenti. 
non ha dato esauriente risposta al quesito dibattuto. Alcune delle sentenze 
richiamate (17 marzo 1986, n. 1956 e 8 novembre 1986, n. 6608) sono riferite 
alla continuit� dei rapporti di lavoro ex art. 2112; altre in via generale riconoscono 
che la produttivit� dell'azienda trasferita pu� essere soltanto potenziale 
(20 febbraio 1979, n. 1089; 16 giugno 1981, n. 4009); altre ancora riconoscono 
compatibile l'esclusione dal trasferimento di elementi che non compromettono 
l'unit� economica (28 marzo 1980, n. 2058) ed anche l'esclusione congiunta di 
crediti e debiti (15 febbraio 1979, n. 1001); infine la pi� recente sentenza 
23 gennaio 1990, n. 353, al fine di stabilire se la cessione fosse soggetta ad IVA 
come complesso produttivo o all'imposta di registro riferita a singoli beni, 
ritiene che l'azienda possa considerarsi unitariamente ceduta anche quando 
da essa sia escluso qualche elemento marginale, come le merci prodotte che 
rappresentano il flusso dinamico dell'azienda e non influiscono sulla sua pro-
I 


I f.: 

i: 
& 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 575 

Avverso la suddetta decisione della Centrale la soc. � EMMEDUE � 
propone ricorso per cassazione in base a tre motivi. 
Resiste con controrico[':So l'Amministrazione delle Finanze per chiedere 
il rigetto del ricorso avversario. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Col primo motivo la societ� ricorrente denuncia violazione dell'art. 48 
del d.P.R. n. 634 del 1972 in relazione a1l'art. 2555 cod. civ. e censura la 
decisione impugnata per aver cons1derato ostativo alla quailifica7iione dell:a 
fattispecie come cessione di azienda H fatto che nel negozio traslativo 
fossero esclusi alcuni determinati beni aziendali non indispensabili ai 
fini della sua organizzazione produttiva. 

Con il secondo motivo si denW11Cia la violazione dell'art. 2555 cod. 

civ. in relazione all'art. 2559 e.e. noDJOh� difetto di motivazione sul rilievo 
che la decisione impugnata awebbe ignorato il principio della non necessaria 
attualit� de1la produttivit� de1l'azienda ai fini della sua cessione, 
senza verificare in concreto se, nonostante la mancanza di uno o pi� 
tra gli elementi costitutivi dell'azienda permanes,se, nel complesso dei 
beni oggetto del trasferimento, quella organizzazione potenziale idonea 
all'esei:icizio dell'impresa ad opera del cessionario. 
Bntrambi i motivi, -che possono essere esaminati congiuntamente 
in quanto entrambi diretti a st1gmatizzare le condizioni al verificarsi 
delle quali si pu� considerare giuridicamente avvenuto un trasferimento 
di azienda -, sono, per quanto di ragione, fondati. 

Infatti, se � pur vero ohe la cessione dell'azienda ha carattere unitairio 
sicch�, qualora nell'atto di trasferimento non venga specificamente 
pattuita l'esclusione da esso di determinati beni aziendali, devono intendersi 
trasferiti al cessionario tutti gli elementi costituenti di fatto l'universitas 
(vedi Cass. sent. n. 4094 del 1978 e 2031 del 1973), � per� anche 
vero (e il non aver saputo distinguere le due diverse ipotesi sembra 
proprio costiituiTe l'errore di diritto in cui � incorsa la Commissione 

duttivit�, precisando che non � essenziale il trasferimento dell'avviamento eh~ 
pu� non esistere. Ma nel caso in esame si presentava una questione diversa: 
posto che l'art. 48 terzo comma del d.P.R. n. 634/1972 stabilisce che per 
la determinazione della base imponibile il valore venale delle aziende � costituito 
dal valore complessivo dei beni che la compongono, compreso l'avviamento, 
al netto delle passivit� risultanti dai libri contabili e da atti di 
data certa, occorre stabilire se l'esclusione dal trasferimento di elementi che 
alterano l'equilibrio delle componenti (nel caso l'esclusione del magazzino e 
soprattutto dei crediti) sia incompatibile con la valutazione al netto, se cio� 
la cessione dei beni e delle sole passivit� imponga una determinazione della 
base imponibile con criteri diversi, e specificamente con quello del valore dei 
singoli beni di cui al secondo comma dell'art. 48. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

576 


Centraile nell'interpretare la gimisprudenza al riguardo) ohe, perch� si 
abbia cessione di azienda anche agli efifetti dei1l'imrposta di registro, 
non � affatto indispensabile che i contraenti si astengano dall'escludere 
dalla cessione determinati beni aziendali purch� visulti che, nonostante 
detta esclusione: 

a) le par.ti abbiano inteso trasferire non una semplce somma di 
beni individualmente �distinti suscettibili di continuare ciascuno ad essere 
destinato an'-esercizio di un'impresa, ma un insieme di elementi costituenti 
un complesso organico unitariamente considerato e idoneo a consentire 
la continuazione dehl'esercizio di quella determinata azienda 
anche se 11idotto o in pal1te ristruttmato rispetto a quello precedente 
alla cessione. 

Da ci� consegue che: 

a) possono rimanere eS1Clrusi dalla cessione d'amenida per specifica 
volont� dei contraenti anche elementi essenziaili dell'azienda stessa (come, 
ad esempio, con riferimento alla :futtispecie, il magazzino e i crediti) 
rispetto alla precedente organizzazione di essa, pu110h� essi siano surrogabili 
con altri, sia pure in un momento successivo, o non pi� indispensabili 
rispetto ad una diversa organizzazione, salva sempre -ovviamente 
-la continuit� funzionale dell'amenida stessa nel suo nucleo fondamentale; 
purch�, cio�, permanga nel complesso dei beni oggetto del trasferimento 
un residuo di 011ganizzazione ohe ne dimostri l'attitudine 
all'esercizio dell'impresa; 

b) non � incompatibile con la qruailificazione gimidica di �cessione 
di azienda � il fatto che il complesso aziendale, al momento della cessione, 
non si trovi in stato attuale di produttivit�, essendo sufficiente ohe 
il complesso aziendale, anohe se momentaneamente inutilri.zzato, mantenga, 
tuttavia, una residua potenzialit� produttiva (o ne presenti una 
nuova a seguito delle prevedibili ristruttooazioni), potenzialit� che sia 
contemrplata dai contraenti oome oggetto del trasferimento stesso a:llo 
scopo di consentire all'acquirente, sia pure con nuove attrezzature o con 
nuove scorte, di riprendere la precedente attivit� utilizzandone l'avviamento 
e hl nome. (In tal senso vedi Cass. sent. n. 353 del 1990, 1.829 del1'
86, 6608 dell'83, 4142 e 4009 dell'81, 2058 dell'80, 1089 e 1001 del '79, 3003 
del ,'77, 3514 e 1781 del '75, 2608 del '73). 

L'impugnata sentenza, essendo fondata su una ratio decidendi 
palesemente in contrasto con i suesposti principi, deve, pertanto, essere 
cassata e la causa rimessa nuovamente alla Commissione Centrale (ovviamente 
in diversa composizione) affinch� stabilisca se, alila Luce dei predetti 
principi, nella specie sia stata posta in essere una cessione d'azienda 
ovvero soltanto un trasferimento di beni indivic:Lualmente considerati. 

(omissis) 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 577 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 7 settembre 1991, n. 9429 � Pre$, Vela: 
Bst. Cicala ~. P. M. Lanni (conf.) -$oc. Indrusttria Meocaniiea di Facco 
(avv; Rosrsi) e; Ministero delile Finanze (avv. Stato Stigliano). 

Trlbutfin�ge�ere" Contellzi�s� tributario��~� Accertamento -Nozione -Atto 

di diniego di esenzione � lmpugnazione ��� Difetto � �Definitivit�. 

(d.P;R,. 26 ottobre 1972, n. 6315'; arl:.16); 

Agli effetti deU'ant. 16 del <$.P.R. 26 ottobre 1972 n. 6361 sia nel testo 
originario che nel testo novellato con il d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, 
per acceritam,ento de.ve intendersi ogni atto efficace ne.i confronti del soggetto 
passivo cO.nc;iltfiSiva .di .. un procedimento o di un subprocedimento' 
di .accertamento, comunque. denominato che. accer.ta o dichiara la sussistenza,. 
in tutto o in par,ve, deU'obbliga'!Jione t,ributaria o di un suo elemento'. 
Di .000segue4't'lia l'atto de.ll'ufficio che nega la spettanza di una. 
agevolazlofll/{ tri1ftl.ti:l/nia, anche��e:an�.�effetto��pluriennate, se non impugnato 
preclude su0cessive. richieste di agevolazione (1)�. 

(omi&s,is) AP!>aire pi:elil�lfnare l'esame del secondo motivo di impugnazione 
con cui il contribuente contesta la avvenuta dichiarazione d� inammissib:
iilit� del ricorso; Sostiene il ricorrente che, siccome il D.M. 18 novembre 
1966 coosente di� richiedere l'esenzione anche in sede di opposizione 
all'avviso di aocertame'nto o alfa iscrizione a ruolo, la richiesta 
avanzata in tale sede deve essei: ritenuta tempestiva. 

L'a11gO!Dlento non appare per� pertinente al �aso in esame perch� 
la Commissione Tr.dbutaria Centrale non ha ritenuto affatto che la domanda 
di� esenzione fosse ta11diva, ha invece ad�fermato che la questione 
era preclusa perch� . il contribuente non aveva temp.estivamente impugnato 
un precedente atto (notificato il giorno 8 aiprile 1975) con cui 
l'amministrazione 11veva negato, per taluni anni, la spettanza dell'esenzione. 

Di coIJ1seguenza, la controveirsia ha per o~getto !"applicazione del� 
l'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che impone di impugnare 
entro sessanta giorni dalla notifica gli � avvisi di oocertamento � e per


(1) Sia�1a Corte Costituzionale (sent. 3 dicembre� 1985 n. 313) che la Corte 
di Cassazfone (sent. 3 febbraio 1986 n. 661, Foro it., 1986; I, 1898) hanno interpretato 
l'art. 16 del d.P.R. 26. ottobre 1972 n. 636 intendendo l'accertamento 
in senso ampio, il che sostanzialmente equivale a negare la tassativit� dell'elencazione. 
�'. di conseguenza un accertamento il provvedimento che disconosce, 
in tutto o in parte, la spettanza di agevolazioni e in particolare i1 provvedimento 
ad effetto pluriennale (esenzione venticinquennale per le case di 
abitazione, esenzione decennale per i1 Mezzogiorno e simili). Naturalmente contro 
questo atto l'impugnazione � ammissibile ma anche necessaria per evitare la 
decadenza (Cass. 8 luglio 1985, n. 4071 in questa Rassegna, 1985, I, 864; 13 novembre 
1986, n. 6647, ivi 1987, I, 170; 14 novembre 1990, n. 11006). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

578 

c10 stabilisce che, ove questa tempestiva impugnazione non vi sia, il 
rapporto tributairio � definito nei termini enunciati dalla Amministrazione. 
N� appare possibile sostenere che il D.M. 18 novembre 1966 costituisce 
una deroga al principio di cui al citato art. 16 del d.P.R. 636, non 
foss'altro perich� trattasi di normativa regolamentaire che non pu� incidere 
su disposizioni poste dall.la legge. 

Cos� correttamente impostato il problema, occorire considerare se 
l'atto di diniego della esenzione costituisca un �accertamento� suscettibile 
di autonoma impugnazione. Ed in questo senso � l'unanime orientamento 
di questa Corte, in particolare ove si diS1Co:rra, come nel caso di 
specie, di controveI1Sia aperta prima della entrata in vigore del d.P.R. 
3 novembre 1981, n. 739, quando l'art. 16 1� comma del d.P.R. 636/1972 
non conteneva la espressa affermazione secondo cui � g1i atti diversi 
da quelli indicati non sono impugnabili automaticamente�; e perci� si 
riteneva comunemente che la elencazione degli atti impugnabili fosse semplicemente 
esemplificativa (cfr. la pronuncia n. 1322 del 1985). 

Si deve, per altro, sottolineare che questa Corte ha ritenuto che atti 
quale quello in esame come pacificamente descritto dalle parti e definito, 
nei suoi elementi di fatto, dalla Commis1sione Tributaria Centrale 
rientrino nella categoria giuridica degili �avvisi di accertamento�, suscettibili 
di impugnazione per espressa disposizione di legge, sia in base al 
testo originario, sia in base al testo oggi in vigore dell'art. 16 del d.P.R. 
636/1972 (si veda da ultimo in proposito la sentenza della I se:zione civile 
14 novembre 1990, n. 11006). Giova, in proposito, ricordare che le Sezioni 
Unite di questa Corte hanno esplicitamente aocolto � l'interpretazione 
estensiva della nozione di atto di accertamento� (Cass. un. 3 febbraio 1986, 
estensiva della nozione di atto di accertamento � (Cass. sez. un. 3 febbraio 
1986, n. 661); mentre la sezione I di questa Corte ha ritenuto che ad un 
ministrazione finanziaria gli comunica il diniego di una esenzione fiscale 
sia preclusa ogni successiva contestazione (Cass. 13 novembre 1986, 

n. 6647). 
A sua volta, la Corte Costituzionale ha affermato che per accertamento 
tributaTio (suscettibile di impugnazione) deve � intendersi un atto 
efficace nei confronti del soggetto passivo di imposta, conclusivo di un 
procedimento o di un subprocedimento di accertamento comunque 
denominato; di un procedimento cio� che accerta e dichiara la sussistenza, 
in tutto o in parte dell'obbligazione tributaria o di un suo elemento�; ed 
ha soggiunto che la impugnabilit� deve essere riconosciuta � qua1unque 
sia la forma e la denominazione dell'atto� (Corte Costituzionale 6 dicembre 
1985, n. 313). 

E da queste premesse di diritto emerge con evidenza come la Commissione 
Tributaria Centrale bene abbia qualificato come avviso di ac



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

579 

certamento l'atto con oui si accerta la non spettanza di una agevolazione 
e prodromico al1a . formazione del titolo di< riscossione. N� in questa 
sede � possibile aggirare la preclusione che si � formata in caso di difetto 
di impugnazione sottolineando veri o presunti vizi dell'atto (quale la 
mancanza di una adeguata motivazion�) o asserendo �he la esenzione 
sarebbe derivata automaticament� daJJJ.a � l�gge, .�in q�anto sempre le esenzioni 
tributarie derivano �dalla legge e non da� u:na l�l"aziosa concessione 
dell'organo ammittistrativo, ma do non esclude Ohe i r�lativi atti di 
aocertamento debbano esser tempestivamente impugnati. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1991 n. 9443 -Pres. Vela � 
Est. Bibolini -P. M. Jannelli (conf) -Min1stero delle Finanze (avv. 
Stato Favara) c. Soc. Baltera. 

Tributi in genere -Contellzioso tributario -Prova -Insufficiente documentazfone 
-Dovere della commissione di acquisirla. 

(d.P.R. 26 �tti:>bre 1972, n. 636, artt. 35 e 36). 
Secondo le modalit� che caratterizzano la natura eminentemente 
inquisitoria del prooesso tributarfo, la Commissione non pu� troncare 
alla base l'analis,i dei fatti affermando che la mancata produzione del� 
verbale della polizia giudiziaria Y.ende sfornita di prova la pretesa dell'Ufficio, 
ma deve, in Y.elazione � al>le contestazioni dei fat.ti mosse dalle� 
parti, autonomamente acquisire i documenti utili per la decisione (1). 

(omissis) Con l'unico mezzo di cassazione l'Amministrazione ricorrente 
ded'IJICe la violazione e la falsa applicazione dell'art. 35/1-6 del D.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 636 (come corretto �on D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), 
degli artt. 24 e 34 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e degli artt. 155 e 158 

(1) Pronunzia di molto interesse. SUl tema assai problematico del contemperamento 
tra .processo inquisitorio e onere della prova, si precisa che 
specialmente quando non vi sia chiarezza sUl riconoscimento dei fatti o la 
loro contestazione, il giudice tributario non pu� risolvere il conflitto con la 
affermazione che l'ufficio non ha dato la prova, ma deve prendere l'iniziativa 
per acquisire i documenti utili anzich� rimproverarne alla parte la mancata 
produzione. Trattasi di un indirizzo certamente corretto che rende il processo 
tributario pi� efficiente sUl piano sostanziale, anche se pi� laborioso. Troppo 
spesso, al contrario, si leggono decisioni che riportando la sufficienza 
della prova addirittura sul terreno della legittimit� dell'accertamento, fanno 
del processo tributario un giudizio di legittimit�. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

c.p.p. (richiamato dall'airt. 70 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600) ed 
inoltre dell'art. 112 c,p.c. (omessa pronUDJCia), nonch� omesso esame di 
punti decisivi, in relazione all'art. 360 n. 3; 4 e 5 c.p.c. 
Con la doglianza l'Amministrazione Finanziairia censura la sentenza 
della C.T.C. in quanto, limitando la decisione ad un richiamo globale di 
quella di II grai4o) di cui veniva riferito ed acquisito l'argomento fondamentale 
inerente alla mrunJCata produzione del ve:ribale del N.P.T. della 

G. di F., aveva errato in diritto peroh� non erano stati oggetto di controversia 
i dati di fatto rilevati dalla G. di F., ed inoltre perch�, se ritenuto 
rilevante in causa, detto ve:ribale av�rebbe dovuto essere oggetto 
di ordine di esibizione da parte deMa stessa commissione ex airt. 36 
D.P.R. n. 636/72; avva errato sul piano motivazionale peroh�, con tale 
condotta processuale, la decisione ne risultava viziata per omes�sa pronuncia 
sui punti decisivi che erano stati oggetto della doglianza dell'Aro� 
ministrazione Finanziaria davanti alla Co:rnmissione di II grado, prima, 
davanti alla C.T.C., poi. 
I controricorrenti sostengono l'inammiss1bilit� del ricorso, per omesso 
rispetto delJa disciiplina dell'art. 366 n. 4 c.ip.c. in quanto l'Ammini� 
strazione Finanziaria, pur richiamando una serie di airticoli di legge assertivamente 
violati dalla pronuncia della C.TiC., non avrebbe enunciato i 
motivi di gravame ed iiiloltre perch� l'articolazione del ricorso in massima 
parte concernerebbe la pronuncia della Commissione di II grado, 
e non quella specificamente oggetto del ricorso per cassazione. 

Entrambi i rilievi pregiudiziali non sono meritevoli di accoglimento, 
sia peroh� l'esposizione del ricor.so consente adeguatamente la comprensione 
delle dogliamie avanzate, sia perch�, sotto il secondo profilo, nella 
stessa decisione della C.T.C. la richiamata motivazione della Commissione 
Tributaria di secondo grado costitutiva il contenuto, l'unico contenuto, 
di quella della C.T.C; 

Ed invero, l'unico elemento autonomo di valutazione che appare nella 
decisione oggetto del presente ricorso, si concretizza nella seguente espressione: 
� Considerato che ne1la pronuncia di secondo grado non sussiste 
il vizio di difetto di motivazione denunciato dall'Ufficio nel suo ricorso, 
in quanto i giudici di merito hanno dato sufficiente, se pure concisa, 
giustificazione del r1getto del gravame �. Si trattava, quindi, di una motivazione 
espressa interamente per relazione al tenore della decisione 
di II grado, quanto meno nella parte che viene richiamata esplicitamente 
e sintetizzata come segue: � ritenuto che su aippello dell'Ufficio, la Commissione 
Tributaria di secondo grado ha disatteso il detto gravame rilevando 
che l'Ufficio aveva fatto richiamo, per sostenere le sue doglianze, 
al processo verbale di verifica della Gua:ridia di Finanza, che peraltro 
non era stato prodotto in giudizio, onde i motivi del gravame non appa� 


PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rivano sorretti da aLoun supporto probatorio ed erano inidonei a contrastare 
le determinazioni cui erano pervenuti i giudici di prima istania "� 

Dalla corirelazione 1Jra le dJUe espres�sioni, si deduce, in sostanza, che 
la C.T.C. non ritenne valide le censure mosse dall'Ufficio in entrambi i 
gradi di giudizio, perch� sfornite di prova, prova ohe avrebbe dovuto 
derivare dal Ve11bale di verifica deMa G,d.F. richiamato, ma non prodotto. 


La teoniJca espositiva adottata ne1la decisione della C.T.C. giustifica, 
da una parte, il motivo pe!I' oui, le censuxe sulla decisione della C.T.C. 
dovevano necessariamente coinvolgere i motivi della decisione di II grado, 
considerati non in quanto tali, ma quale unico contenuto della decisione 
della C.T.C.; rende ragione, d'altra par.te, della fondatezza, per quanto 
di ragione, de1la censura fo!1mulata dall'Amministrazione Finanziaria con 
il ricorso per Cassazione. 

Asserire, infatti (in ci� � iJ. senso sostanziale peI1Cepibile della decisione 
della C.T.C.) ohe la manicata produzione del verbale redatto in sede 
di verifica dalla G;d.F. rende sfornite di SUipporto probatorio le censure 
dell'Ufficio, significa negare (sia pure sotto il profilo de1la carrenza probatoria) 
l'.uniJco elemento dimostrativo che da detto Vierbale potrebbe 
derivare e, cio�, la veridicit� delle letture di atti e documenti della 
GuaI1dia �di Fmanza eseguiti sia pr.esso la contribuente, sia presso societ� 
committenti, con cui la S.p.A. Fratelli Baltera aveva avuto rapporti negoziali. 


Se non che, il fatto che dette letture fossero avvenute, non era stato 
oggetto di contestazione tra le parti, contestazione che invece coinvolgeva 
la natura ed il significato degli atti (�schede e brogliacci letti) esaminati 
dalla Gd.F., e la loro incidenza nella log�!oa ricostruttiva dell'accertamento 
(limitatamente alle uniche due voci rimaste in contestazione), 
in relazione alla documentazione prodotta dal contribuente. Il troncare 
l'anaHsi alla base, su situazioni ohe, nel loro aspetto formale non erano 
oggetto specifico di contestazione e che comunque, se rilevanti in causa, 
le Commis�sioni di merito avevano H potere di autonomamente acquisire, 
secondo le modalit� che caratterizzano la natura eminentemente 
inquisitoria del procedimento tributario, ha finito per alterare la linea 
logica de1la decisione oggetto di ricor.so e per esrcludere dall'esame il 
tenore sostanziale del contrasto tra le parti derivante dall'analisi e dal 
significato di due serie documentali, nonch� dalla loro incidenza sulla 
regolare ricostruzione del conto economico della societ�. 

Sotto l'indicato profilo le doglianze dell'Amministrazione Finanziaria 
appaiono fondate ed impongono un'adeguata rilettura, da parte del gh1� 
dice del rinvio, deMe situazioni controvierse. (omissis) 


582 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606 -Pres. Favara Est. 
Bibolini -P. M. Martone (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Stigliano) c. Pozzo. 

Tributi erariali diretti -Soggetti passivi -Sostituto di imposta -Curatore 
del fallimento -Esclusione. 

{d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 23 e 25). 
Il curatore del falliment,o non 1'iveste la figuro. del sostituto di imposta 
n� per l'attiv~t� che compie nella gestione n� per i pagamenti chej 
esegue. per crediti ~ns~uati (1). 

(omissis) Nel merito, l'Amministrazione ricorrente ripropone, senza 
prospettare sostanziali nuove wgomentazioni, una questione cui questa 
Corte ha gi� dato soluzione, con precedenti pronum::ie (v. Cass. Sent. 
28 ottobre 1980, n. 5777; nonch�, sotto alcuni aspetti, Cass. sent. 8 settembre 
1986, n. 5476), alle quali si ritiene di dovere daire continuit�. 

In particolare, COIIl l'unico mezzo di caissazione la ricorrente deduce 
la violazione e fa falsa applicazione degli artt. 23 e 25 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 600, ed argomenta su tre posizioni logiche essenziali, 
e cio�: 

a) il curatore, in quanto amministratore del patrimonio fallimentare, 
a norma deH'art. 31 L.F. subentra all'imprenditore, dichiarato fallito, 
in tutte le operazioni di ordine documentale-contabHe, nonch� nelle 
spese e nelle operazioni di online commerciale; poich� i sostituti di imposta, 
come da elenco dell'art. 23 d.P.R. n. 600/73, sono caratterizzati da 
un obbligo contabiil:e�docUJIDentale cui sono assoggettati, nonch� dall'esercizio, 
il pi� deMe volte, di attivit� comme:rx:ia1e, dette caratteristiche 
debbono individua11si anche nella funzione del curatore; 

b) l'ultimo comma dell'art. 10 d.P.R. n. 600/73 fa iriferimento a tutte 
le situazioni indicate nei commi prec�denti e, tra esse, oltre ai liquidatori 
sociali, al curatore fallimentare, qualificandolo espressamente come sostituto 
d'imposta; 

e) 1se non si seguisse fa linea indicata, il differente regime cui sarebbero 
sottoposti i paigaimenti di compensi e retribuzioni ai lavoratori dipendenti 
ed autonomi, 1determinerebbe una �situazione �assurda�, con notevole 
pregiudizio per l'erario. 

Le tre affermazioni di principio, su oui si fonda la soluzione del 
problema prospettato dall'Amministrazione ricorrente, non �sono condivi


(1) Si deve prendere atto dell'orientamento della S.C. pur non totalmente 
convincente. 

PARTE I; SEZ. V, GIURISPRt}Dl;!NZA TRIBUTARIA 

sibili; non le argomentazioni dirette,� perch� traggono spunto d.a un'erronea 
inte;rJpretazione sia. idegli artt. 23 e 25 d.P.R. n. 600/73, :sia delle funzioni 
del curatore; non l'argomentazione a contrariis di cui al sopraindicato 
punto e), volta che la diversit;) .sistematica pu� ben trovare giustifi� 
cazione nella�. funzione fond~c;:ntale del fallimento come procedura esecutiva 
�o;ncors11ale senza e�, p{;}raltro, �sus�sista �danno sostanziale per 
rerario, vigendo pur 1sempre l'obb}igo della socklisifazione dell'imposta 
(~evia dichiarazione) da parte del titolare del rapporto di imiposta stesso, 
volta ohe in casi particolari non sia individuapile un sostituto, tenuto 
ad effettuare le ritenute ed i relativi versamenti. 

In particolare, . l'argomentazione sub a) trae fonte, evidentemente, 
dall'opinione della. non tassativit�.� dell'elencazione dei sostituti d'imposta, 
q.ale emerge dall'art. 23 del d.P.R. n. 600/73 �Gelencazione rilevante, per 
richiamo espresso -art. 25 stesso dJ>.R. -anche per le ritenute sulle 
imposte da reddito da lavoro autonomo, per quanto interessi la presente 
dis~a); sul carattere non eccezionaile di �tale normativa, di cui si 
sostiene l'analogica inte'.l:'Pretazione ed applicazione. 

L'opinione non .pu�. essere condivi�sa, in quanto contrastante col principio 
della tassativit� degU.ohl:)lli:ghi tributari e delle relative sanzioni, 
cui inerisce il carattere personale dehl'obbligazione tributaria e la necessit� 
della 1specifica indicazione dei soggetti cui fanno carico .gili adempimenti 
fiscali, la etti omisiiione dia adito a sanzioni (v. art. 47 d.P.R. 600/73 
relativo alle violazioni inerenti alle �dichiarazioni dei sostituti d.'imPOsta). 

In definitiva; l'obbli!go dehla ritenuta alla fonte e della correlativa corresponsione 
al fisco, come disciplinati in tutte le varie ipotesi del titolo 
III del d.P.R. n. 600/73, d� luogo al fenomeno della sostituzione, qualificabile 
come una particolare. modalit� di esazione di imposta cui determinati 
soggetti sono tenuti, non in virt� di un particolare rapporto con il 
soggetto di i:mposta (anche se sul presUJppOsto �di taile rapporto), ma in 
virt� di un partirola:te rapporto e<:>n lo Stato, ipt:!Jr conto del quale il sostituto 
� tenuto ad operare a seguito di espressa .designazione normativa. 
Indubbiamente, come �Sostiene la ricorrente, da figura del sostituto d'imposta 
non trova ragione nella natura del reddito, fonte dell'obbligazione 
tributaria, ma nella posizione particolare del �sostituto nei coofronti del 
soggetto primario del rapporto d'imposta, posizione caratterizzata dalla 
tenuta �di Ul!la contabilit� controllata, o facilmente controhlabile, dalla 
quale poter.e dedurre con certezza se, e quali, erogazioni sia:no state 
fatte, se e quali ritenute dovessero. effettuarsi. Il criteirio indicato, peraltro, 
� solo il motivo alla base~ della designazione novmativa �di alcuni 
soggetti come sostituti al fine dell'ottimizzazione dell'esazione tributaria, 
disposizione essa stes�sa espres�sione del principio .generale della tassativit� 
degli obblighi tributari, senza che il criterio alla base della 
scelta normativa possa essere enucleato dalfinte;riprete e posto a base di 
un'estensione analogica delle ipotesi di sostituzione nell'esazione. 


584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In tale inquadramento della �Situazione, resta solo da constatare che 
il curatore fallimentare non � compreso tra i soggetti espressamente designati 
in una qualsiasi delle norme del titolo III del d.P.R. n. 600/73, 
relative alle varie fattispecie di ritenute ailla fonte. 

N� sotto differente profilo :pu� sostenersi ohe al curatore competa la 
qualifica di sostituto d'imposta, in relazione alle somme ripartite ai 
creditori per rapporto di lavoro dipendente o autonomo, in v�lrt� di una 
generale obbligazione di sostituzione al �fallito negli adempimenti contabili, 
e ci� in conseguenza della funzione di amministratore del patrimonio 
del fallito Cihe gli compete (art. 31 L.F.). 

Questa impostazione di fondo, relativa alla funzione del curatore, 
non raramente impronta l'azione, nei confronti della curatela, della Pubblica 
Amministrazione, �dimentica del fatto che anohe il curatore � un 
pubblico ufficiale (art. 30 L.F.), le oui �funzioni .sono quelle, ed esclusivamente 
quelle, previste dalla legge, e tra le quali non esiste affatto la 
sostituzione ail fallito negli adempimenti cui questi sarebbe stato tenuto, 
qualora l'impresa fosse continuata. N� detto obbligo generale di sostituzione 
pu� trarsi dalla futnz.ione di amministrazione del patrimonio del 
fallito, volta che detta funzione � svolta, dal punto di vista soggettivo, 
non come rappresenta111te o curatore del faHito, ma come componente 
del.J.'Uffido Fallimentare; � svolta, inoltre, da un punto di vista funzio


I

nale, per il perseguimento delle finalit�, a rilevanza pubblica, cui la 
concorsualit� sistematizzata sopperisce, finalit� tra le quali non si individua 
affatto, come criterio generale, la sostituzione nelle inadempienze 
contabili o formali� (ed anche nei confronti delle amministrazioni pub


IIbliche), in cui il fallito sia iincorso, prima del fallimento, ovvero alle 
quali il fallito non abbia potuto adempiere a causa dell'inizio del!la pll'OCedura 
concorsuale. 

Non vi �, n� pu� esservi, tra gestione di impresa fallita ed amministra


I 

zione fallimentare da parte del curatore, quella continuit� altrimenti 

I 

individuabile nelle societ�, tra attivit� di impresa e liquidazione del patri@ 
monio, se non altro perch� il liquidatore � organo (e quindi, rappresentante) 
dell'entit� soggettiva (la societ�) unitariamente operante nelle due 
fasi di 1perseguimento dell'oggetto sociale e di liquidazione; al curatore, 
al contrario, che non � 011gano sociale (n� leg�le rappresentante dell'imprenditore), 
come organo della procedwa esecutiva conco11suale fa carico 
l'amministrazione e la liquidazione del patrimonio del fallito per le finalit� 
istituzionali della procedura concorsuale, non necessariamente coincidenti 
con la continuit� operativa, tipica della societ� in .liquidazione. 


Ci� sia detto in linea generale, senza considerare ulteriormente che 
i sostituti d'imposta sono tenuti al!la ritenuta alla :fonte (arrtt. 23 e 25 d.P.R. 

n. 600/73) in quanto � coN�ispondono compensi � e nel momento in cui 
li corrispondono. Gioca, quindi, come oggetto e momento originario 
dell'obbligazione sostitutiva, l'adempimento di un'obbligazione inerente 

ad un rapporto 4i ic;ijritto >sostl:!iUZiale 4L oui il 1sostitut() sia, o divenga, 
parte al momentQ . Q.~la corresp~:msione e�. ohe lo ()�Q1;>1iga alla tenuta � di 
una.. precisa contab:Uit� ... U.�c.i;atore,. con esclusJ<>ne.. del .caso di gestione 
<:lelgimpresa . ll:l ~@:lei.zio pr9yyj~q;r!ll... (art. 90/ t.F.), aUfuioM .pc;:>ne in 
ril?a:t:i:o un credito di lavor()i e vi da esecuzione, non corrisponde un 
cQW~:(lls<;J..tW~ :QJ?.~m, al �di 1f'U.o:ddiJ1n. rapporto <:li. di:titto sostlUIZbile che 
lo �olnv:Qlga direttamente, iJ?er finalit� �satiisfattive in !fOl;.'lIJ.a. coattiva 4ei 
creditori concorrenti. . 

Alla mancanza della qualifica soggettiva del sostituto d'imposta corri~
p()Jllcle~ ,rpert;;t11t9~ ~~e la �~z.!i. (iell'eli:ip::1ento oggettivo atto a. ctare 
COJ:ltent:tt9 �ajl{9p9l~g9 'cli .sq~.tiwzione;... ~econdo. le disposizioni richiamate 

del d;P.R. ri, 600/73. 

Infine (argomento sub b) non pu� ritenersi che il quinto comma del� 
l'arti 10 d.P;;R:;�m 600/73 sia:direttamente attributivo al curatore della�qtia� 
liffoa del s6$titutg d'iftiposta~ Lii fo:rinufaz�one letter�ie della nonna.� non � 
~st�nsiv� d.�~Ii\ &b1"1i$1li d.el sostituto. ii tutttfie �ip�tesf dl liquidazione 
cui si riferisce la rubrica dell'articolo iri esafue, mi sf limita a. rlch�a� 
!llare, l:lllJC'he in c~o di Jiquidl:lzi9nc:i.~ 1la pre~rizione deJr~. 9 nei termini 
ivi pr1avisti.Jl.quarto C9J'.ll1na�de11:'art� 9 prev~e Ltennini per la presenta� 
zione della 4idliarrazione d~ s()Stitl.l.ti. d'ipo$ta. 

��.'Conseguentemente, Ia,.phia:ve .idil1attui:a clel�quinto .CO!ll!lla dell'art. !O si 
spiega nel senso che, mentre le dichiarazioni iniziali e finali �dei redditi 
nei vari casi di liquidazione (ed in essi il fallimento e la liquidazione 
coatta rumminiStrativa} debbbn6 effettuarsi in temnini espressamente previsti 
dal�la norm�', i sostituti d'irilposta debbono continuare a: �depositare 
fa diichiararlon� loro propri� nei temmini or.dirnari previsti dal ricor.dato 
articolo 9, quarto comma. 

Non, quindi, previsione di ipotesi di sostituzione di imposta in tutte 
le situazioni liquidative previste dai primi quattro commi dell'art. 10, ma 
prottiazione �di uri temnine�di prestazione dei sostituti) se ed in� quanto 
la fattispeeie �del sostituto. sia �individuabile nei singoli casi di liquidazione. 

do eostih:dsc�Ja 11ormaJlt� pe:t�l� liquidazione � sociale formaliZzata, 
nella <J,uale su.ssi#e l.lU organo rappresentativo delrente ed op�rante 
durante la liquidazione; ci� � ravvisabile anche per il fallimento, nel caso 
di esercizio provvisoriordalla situazione, peraltro, esula la funzione ord�� 
naria del curat�re, come gi� rilevato, in quanto non autonomamente 
quailif�<�abne.sostituto del.fallito ~sostituto de1���sostituto d'frriposta). 

ln ordine al punto sub e), oltre a quanto rlfo\Tato. in ordine alla 
mancanza di sostanziale. danno per Jo Stato (salvo che per quanto attiene al 
ritardo nella corresponsione);�. giova ricotidare che n sistema emergente 
dalla 1soluzione data al problema; non ha caratteristiche . anacronistiche 
ed � assurde�, ove si consideri che anche in situazione di normalit� debiti 
di imposta della stessa natura (favoro dipendente o autonomo) possono, 

o no, � essere 1sottopos�ti a1Ie modalit� di esazione con ritenuta alla fonte 
-



586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a seconda che l'erogatore dei compensi sia, o no, qualificabile come sostituto 
d'imposta (p. es. a secol]da che sia, o no, imprenditore). 

Non essendo il curatore sostituto d'imposta, l'esazione dei relativi 
tributi, come in tutti i casi della mancanza del sostituto, segue le regole 
ordinarie di esazione. 

Per effetto del1e osservazioni svolte, ritiene la Corte di dovere rigettare 
il ricorso. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 settembre 1991, n. 9965 -Pres. Vela Est. 
Ci�ala -P. M. Lo Cascio (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Favara) c. Papairo. 

Tributi �in genere -Dichiarazione -Effetti -Imposta comunale sull'incremento 
di valore degli immobili -Rettifica del valore finale -Modifica 
del valore iniziale da parte del contribuente -Possibilit� -Domanda 
espressa in giudizio -Necessit�. 

I 

l'oich� le dichiarazioni fiscali del contribuente hanno iJl valore di 
mere dichiara-z:ioni di sdenza o di opinione, il contribuente pu� dedurrei 

I

un propr:io errore ,in cui sia incorso indicando un valore iniziale la cui 
incongruit� risulti palese, ma a tal fine � necessaria una espressa istanza 

II 

in giudizio {1). 

Con l'unico motivo di ricorso la Avvocatura chiede che questa Corte 
affermi il principio secondo cui le Commissioni tributarie -al pari degli 
Uffici -non possono modificare �in melius � per i contribuenti i valori 
da loro diahiarati. 

I 

(1) La svalutazione della dichiarazione fino a ridurla ad una mera opinione 
non pu� essere accettata. In proposito va ricordato che le Sezioni unite 
I 

&

con la fondamentale sentenza 9 giugno 1989 n. 2786 (in Giust. civ., 1989 n. 2321), 
hanno stabilito che la dichiarazione, fosse pure di scienza, non consente la 
� indiscriminata possibilit� per il contribuente di operare la rettifica senza 
limiti oggettivi e temporali�, perch� ci� costituirebbe una vis. eversiva dell'ir...
tero sistema tributario; essa pu� essere ritrattata quanto ai fatti nei limiti 
dell'art. 2732 cod. civ. Non � quindi consentita una mera ritrattazione del 
dichiarato, meno che mai manifestata come una sorta di riconvenzionale 
contro l'accertamento. Del resto anche la sentenza in esame profilando la 
modifica della dichiarazione come una domanda da proporre in giudizio, la 
qualifica come una impugnazione per errore; ma questa � ammissibile quando 
venga dedotto un errore in senso proprio (sull'oggetto del dichiarato) non 
un (asserito) errore di apprezzamento del valore. 

La sentenza citata nel testo 4 febbraio 1987 n. 997 (in questa Rassegna, 
1987, I, 399) � da ritenere superata e riferita ad un caso di specie. 

Sugli effetti della dichiarazione v. BAFILE, Considerazioni sugli effetti della 
dichiarazione, in questa Rassegna, 1983, I, 935; ID. Riflessioni sulla dichiarazione 
e sul processo, in Rass. trib., 1988, I, 513. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 587 

La tesi della Avvocatura merita aocoglimento nei limiti che vengono in 
prosieguo esposti. 
Infatti, se � vero che l'imposta sull'incremento del valore degli immobili 
�, appunto, imposta cihe grava sul!l'incremento di valore (art. 1 

d.P.R. 643/1972), � anche vero che al contribuente viene prescritto di 
dichiarare al fisco non l'aimmontare di questo incremento ma un insieme 
di dati sulla cui base deve esser calcolata l'imposta. E di questi dati 
fanno parte sia il valore iniziale sia quello finale del bene. 
Il potere di rettifica della amministrazione si esercita poi sui va!lori 
dichiarati dal soggetto privato e ben pu� coinvolgere uno �solo di essi, 
quale il valore finale. Ci� non significa, come invece vorrebbe l'Avvocatura 
dello Stato, ohe il valore iniziale divenga cos� definitivo ed immodificabile; 
perch� le dichiarazioni fiscali del contribuente hanno il valore 
di mere dichiarazioni di scienza o di opinione e perci� il contribuente pu� 
dedurre un proprio errore in cui sia incorso, ad esempio indicando un 
valore venale la cui incongruit� risulti palese, magari alla luce proprio 
del valore finale accertato dall'ufficio (Cass. 4 febbraio 1987, n. 997). 

Da quanto esposto appare per� evidente come sia indispensabile che 
il contribuente faccia valere nel corso del giudizio contenzioso il preteso 
errore, e come in caso contrario il giudice che innalzi il valore 
iniziale iIJJcorra nel vizio di ultrapetizione (Cass. 6 luglio 1983 n. 4531). 

Pe11ci� .la decisione della Commissione Tributaria Centrale deve essere 
ca:ssata, in quanto fondata sulla convinzione �secondo cui al giudice sarebbe 
consentito, anche in assenza di una purrrlJuale e tempestiva richiesta delle 
parti, modificare il vruore iniziale del bene in modo da deteI1Jllinare in 
modo giusto l'imponibile da tassare. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 14 ottobre 1991, n. 10769 -Pres. Brancaccio 
-Est. Sensale -P. M. Amatuoci ~diff.) -Ministero de1le Finanze 
(avv. Stato Cooco) c. Cos�so (avv. Natoli). 

Tributi in genere -Accertamento tributario . Motivazione � Provvedimento 

sulla spettanza di esenzioni . Agevolazioni per le case di abitazione 

non di lusso � Difformit� dalla normativa urbanistica � Richiamo alla 

norma violata � Sufficienza. 

(Legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 15). 

Per giustificare il diniego delle agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso, in quanto non conformi alla normativa urbanistica, � suf� 
fioiente il richiamo all'art. 15 deUa legge 6 agosto 1967 n. 765 (1). 

(1) Le Sezioni Unite ripudiano definitivamente il tentativo, riaffiorato 
con la recente sentenza 26 aprile 1991 n. 4615 (in questa Rassegna, 1991, I, 133) 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

588 

(omissis) 1 -L'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione e 
falsa applicaziooe delle norme circa la motivazione dell'atto tributario 
(che non riconosce agevolazioni fiscali) e dell'art. 15 della legge 6 agosto 
1967 n. 765, deducendo che, contrariamente a quanto affermato nella 
decisione impugnata, l'Ufficio non si era limitato a respingere sic et simplkiter 
fa domanda di esenzione senza enunciare le ragioni a sostegno 
del provvedimento, ma aveva giustificato il proprio operato con l'affermazione 
della sus,sistenza delle violazioni previste dall'art. 15 della legge 

n. 765/67. 
Del resto -prosegue ila ricorrente -il provvedimento dell'Ufficio 
� rig1damente vincolato e l'Amministrazione � obbligata ad emetterlo, 
senz'alcun mruigine idi discrezionalit�, in base ai risultati dell'accertamento 
compiuto dall'autorit� locale ~cui spetta la vigilanza in materia edi.lizia), 
accertamento conosciuto dall'autore dell'illecito, in quanto ne riceve 
formale notizia attraverso la notifica della dil�fida del Sindaco, costituente 
il primo atto del procedimento repressivo dell'abuso edilizio. Trattasi, 
inoltre, di un provvedimento dichiarativo e non costitutivo del dfo:itto 
dell'Amministrazione a recuperare le imposte dovute nella misura ordinaria. 


Che nel caso concreto i contribuenti fossero gi� a conoscenza delle 
ragioni del provvedimento risulta, secondo la ricorrente, dal fatto che 
essi avevano tentato di giustificare la violazione, chiedendo, in via subortlinata, 
ch� il diniego dell'esenzione fosse limitato alle parti del fabbricato 
costruite eventualmente in diffol1Jll�t� della lilcenza edilizia rientrante tra 
le ipotesi della legge n. 765/67. 

Il ricorso � fondato. 

di considerare nullo il provvedimento di diniego della spettanza di esenzioni 

che non contenga una indicazione specifica delle violazioni della normativa 

urbanistica. Sono da segnalare le ragioni della motivazione, esposte in un'am


pia rassegna della recente giurisprudenza sulla funzione dell'accertamento e 

sulla natura del processo: dell'accertamento va apprezzata non � la motiva


zione dell'atto amministrativo in s� considerato � ma � la idoneit� ad espri


mere la pretesa tributaria in modo che su di essa possa svolgersi il giudizio 

sul rapporto assegnato alle commissioni tributarie �; per soddisfare la vali


dti� dell'accertamento si deve � esigere una motivazione per quanto bast8 

ad introdurre il giudizio di merito che non si ferma agli elementi indicati 

nella motivazione e non si esaurisce nel controllo di essi �; viene quindi respin


ta �la impostazione che riconduce il problema della motivazione dell'atto 

tributario in quella, pi� generale, della motivazione dell'atto amministrativo 

e che non tiene conto della peculiarit� del primo in relazione al giudizio 

tributario che l'eventuale opposizione del contribuente � destinato ad aprire�. 

Sulla questione specifica v. Cass. 26 ottobre 1988 n. 5782 in questa Ras


segna, 1989, I, 304; 22 maggio 1990 n. 4624, ivi, 1990, 1, 385. Sulla problematica 

pi� generale Cass. 30 maggio 1990 n. 5115 e 5116, ivi, 374, con richiami. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

2. -Il problema concernente la motivazione dei provvedimenti di 
diniego dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sui babbricati e, ora, 
da1l'ILOR � venuto pi� volte all'esame della Corte nei termini in cui si 
pone nella presente controversia: se, cio�, sia sufficiente il riferimento 
alla sola norma violata {art. 15 della legige n. 765/67) o debba essere 
richiamato anche l'accertamento -presU!pposto -della violazione edilizia, 
effettuato dall"autorit� comunale o dal giudice. 
Con la sentenza della prima sezione n. 2650 del 27 aprile 1984, muovendo 
dalla cons~derazione che il diniego non dipende da accertamenti 

o valutazioni compiute dall'Amministrazione finanziaria, ma costituisce 
un'automatica conseguenza dell'aooertamento, compiuto dagli organi comunali, 
della sussistenza di violazioni della normativa urbanistica, si afferm� 
ohe, ai fini della motivazione del provvedimento di diniego o di revoca 
del beneficio fiscale, � sufficiente ohe l'Ufficio finanziario richiami la 
comunicazione ricevuta dal Comune ai sensi del secondo comma del citato 
art. 15, in quanto il contribuente � gi� a conoscenza della violazione addebitatagli, 
accertata nei suoi cond�ronti dagli organi comunali, ed ha comunque 
la possibilit� di accertare presso gli uffici del Comune la sussistenza 
dell'addebito ipotizzato a suo carico. 
Su una linea sostanzialmente analoga si pose la sentenza 23 marzo 1985 

n. 2085, nel senso che l'obbligo della motivazione � assolto con il richiamo 
dell'art. 15 della legge n. 765/67 e l'indicazione degli atti dell'autorit� 
comunale; e ta!le indirizzo fu confermato dalle Sezioni Unite con le 
sentenze da n. 1322 a 1336 del 3 marzo 1986, da n. 1419 a 1436 del 5 marzo 
dello stesso anno, nonch� con la sentenza n. 5646 del 26 giugno 1987. 
Allo stesso indirizzo si uniform� la prima sezione con le decisioni n. 7735 
del 19 dicembre 1986 e n. 4371 del 28 giugno 1988, precisando che � invalido 
per difetto di motivazione il provvedimento che contenga il mero richiamo 
della nmma, senz'alcun riferimento all'infrazione edilizia, sia pure per 
relationem con l'indicazione degli atti municipali di accertamento e contestazione 
dell'infrazione medesima. 
3. -La questione fu riesaminata dalle Sezioni Unite in una prospettiva 
del tutto diversa, imperniata sulla natura e sull'oggetto del processo 
tributario, con la sentenza n. 5782 del 26 ottobre 1988, para1lela alla coeva 
sentenza n. 5787, che si oocuip� dell'analogo problema della sufficienza 
della motivazione degli atti di accertamento relativi all'imposta di registro 
ed all'Invim. 
Con quest'ultima sentenza si volle consapevolmente superare la problematica 
della motivazione dell'atto amministrativo in s� considerato, 
per valorizzar.ne la idoneit� ad esprimere la pretesa tributaria, in modo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ohe su di essa potes.se svolgersi il giudizio sU!l rapporto assegnato alle 
Commissioni .Tributarie. 

Si �, infatti, affermato. che il giudizio tributa'lfo, � costruito. formalmente, 
come giU!dizio d'impugnazione. dell'atto, ma tende ail'aocertamento 
sostanziale del. rapporto, nel senso. che l'atto � il � veko'lo di accesso >> al 
gi;lJldizio dJ :rneritq, al quale si perviene aippunto per il tramite dell'imp.gnazione 
dell'atto, con la precisazione ohe. al giudizio. di merito sul rapporto 
non. � . dato pervenire quando ricorrano detera:ninati vizi fo:cmali dell'atto 
in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla invalidazione di esso, 
con. cip. non. omettencio affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, 
ma anz� pienamente e correttamente esplkandola. 

In particolare,. contrariamente alla tesi soste:nuta dall'Amministrazione 
al riguardo, il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annullamento dell'atto 
nel caso di difetto assoluto di motivazione, ossia di mancanza di 
wi conten.to minimo essenziale eh.e consenta all'atto di realizzare la 
Sl,J:a ttmzic>ne, i:tl!di'Viduata nel compito di esternare, in termini sommari 

e. semplificati,. le ragioni del provvedimento. La presenza del � contenuto 
minimo essenziale� � swflficiente per l'instaurazione del giudiziodi merito 
sul rapporto ed �, poi, onere dell'Ufficio provare la sussistenza dei concreti 
elementi di fatto della sua pretesa. 
Nel manifesto intento di uniformare e razionalizzare il sistema, nel 
senso di esigere una motivazione per quanto basta ad introdurre il giudizio 
di merito, che non si fer.ma agli elementi indicati nella motivazione 
(e non si esaurisce nel controllo di essi), analoghi principi sono stati 
a~fermati, con la sentenza n. 5787 (non a caso pronunziata nello stesso 
giorno), in riferimento alla questione riproposta nella presente controversia. 
Con tale decisione, premesso che l'Amministrazione finanziaria si 
limita a recepire i risultati dell'azione di accertamento dell'infrazione 
urbanistica svolta dagli organi competenti, i quali, adottati i provvedimenti 
del caso, li portano. a conoscenza dell'interessato (per cui la contestazione 
dell'illecito, cui si collegano sanzioni di varia natura, compresa 
quella di decadenza dai benefici fiscali, � gi� nota al contribuente in base 
ad una vicenda anteriore espressa in atti dell'Amministrazione comunale 

o del giudice), si �, quindi, pervenuti alla conclusione ohe, secondo il 
canone. di idoneit� aUo scopo, per. giustificare il diniego della esenzione 
tributaria � sufficiente l'indicazione della norma applicata da quegli uffici 
a conclusione dell'indagine amministrativa o giudiziaria, intesa come 
contenuto minimo essenziale della motivazione al fine della introduzione 
del giudizio sul rapporto. 
4. -Queste conolusioni, seguite dalla prima sezione nella sentenza 
22 maggio 1990 n. 2624 e confemiate dalle Sezioni Unite (sent. 28 dicem

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 591 

bre 1990 n. 12204), vanno ulteriormente ribadite in questa sede, nonostante 
la ruscmde decisione della prima sezione n. 1728 dell'll aprile 1989, la 
quale -premesso che, come ogni altro atto amministrativo, anche il 
diniego di esenzione tributaria dev'essere adeguatamente motivato -ha 
esclU!so tale adeguatezza quando il provvedimento si limiti al richiamo 
della violazione dell'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765 basato sull'affe:
rmazione ohe la costruzione sia stata eseguita in contrasto con la licenza 
edilizia. Poich� dalla norma richiamata emerge che non tutte le violazioni 
della licenza comportano la poodita dei benefici fiscali -si � concluso -occorre 
che il provvedimento specifichi le difformit� riscontrate nel caso 
concreto o, quanto meno, riferisca le risultanze dell'atto amministrativo 
comunale che le aveva accertate (purch� contenga quelle specificazioni), 
in modo da consentire al contribuente di esercitare il diiritto di difesa e al 
giudice di controllare La fondatezza nel merito della pretesa tributaria. 

In questa sentenza, ohe si riallaccia alla giurisprudenza anteriore all'indirizzo 
affermato con la decisione delle Sezioni Unite n. 5782 del 
1988 (della quale, peraltro, non si fa alcun cenno), si � tornati ad una 
iimpostazione che riconduce il problei:na della motivazione dell'atto tributario 
in ,queHo, pi� generale, della motivazione dell'atto amministrativo 
(� ��.come ogni atto amministrativo, anche il diniego di esenzione... �) 
e 'Che non tiene conto deMe peculiarit� del primo in relazione al giudizio 
tributario che l'eventuale opposizione del contribuente � destinato ad 
aprire, per cui la motivazione, secondo un canone d'idoneit� allo scopo 
(sufificiente a garantire il diiritto di difesa del destinatario dell'atto), 
deve soddisfare, pi� che esigenze di carattere formale, la sostanziale 
idoneit� ad esprimere la pretesa tributaria in modo che su di essa 
possa svolge:risi il giudizio di merito sul rapporto, pU11Ch� vi sia presente 
un contenuto minimo essenziale ohe ne escluda ila invalidazione. 

N�, a tal fine, La sentenza n. 1728/89 tiene conto del fatto che il 
diniego dell'esenzione rappresenta il momento terminale di un anteriore 
iter procedimentale, nel quale il destinatario del diniego � stato necessariamente 
coinvolto e del quale, per ci�, conosce ogni singolo passaggio: 
da1la diffida del Sindaco (cui � attribuito un potere di vigilanza 
in materia ediHzia) alla irrogazione delle sanzioni di cui agli artt. 32 
e 41 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, come modificata dalla legge 

n. 765/67, ed in certi casi de1le sanzioni penali a seguito del relativo 
processo in cui l'autore de1la violazione assume la veste d'imputato. 
Infatti, il diniego dell'esenzione trae origine esclusivamente -ed in 
modo vincolato che non lascia all'autorit� finanziaria alcun margine 
di valutazione e ,di apprezzamento -dall'atto, ad essa comunicato, 
con H quale l'autorit� amministrativa e/o giudiziaria accertano e puni



592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

scono la violazione eclilizia; conseguentemente, i~ diniego, non solo � 
dichiarativo e non costitutivo del diritto dell'Amministrazione finanziaria 
al recupero delle imposte dovute nella misura ordinaria, ma recepisce i 
risultati dell'azione accertatrice dei competenti organi, i cui provvedimenti 
sono stati gi� portati a conoscenza dell'interessato, poich� gl'illeciti 
accertati hanno ricevuto impulso dalla denunzia dei Comuni nei confronti 
dei trasgressori ed hanno, cli regola, gi� esaurito il loro iter nelle com 
petenti secli giiuri:sdizrl.onali oroinaria o amministrativa ovvero in sede di 
conciliazione amministrativa, implicante il riconoscimento degli ilieciti. 

Dire, quindi, che non tutte le violazioilli contemplate nell'art. 15 
della !legge n. 765/67 comportano la peiidita di benefici fiscali, s� che 
il solo riferimento alla norma non costituisca valida motivazione del 
diniego, � argomento che perde ogni forza persuasiva, ove si consideri 
che il contenuto della norma va cli volta in volta riferito alle violazioni 
gi� contestate al tr:asigressore e ohe essa fa espressa menzione dell'obbligo 
del Comune cli segnalare aH'Intendente di finanza quelle stesse 
violazioni per le quali si � ~� proceduto, in sede amministrativa e/o 
giudiziaria, a carico de1l'ootore della violazione. In conseguenza, da 

I 

un lato, il richiamo della norma � evidentemente limitato a quella parte 

I

di essa ohe ha gi� formato oggetto della vicenda anteriore; dall'altro, il 
trasgressore � in grado di opemre immecliatamente il necessario collegamento 
della norma richiamata a1la specifica violazione gi� conte


I

statagli. 
Il riiohiamo al citato art. 15 rappresenta, qui<ndii, quel contenuto minimo 
essenziale che impedisce la invalidazione delil'atto, salvo l'onere 

I

del!l'Amministrazione di dimostrare nel susseguente giuiclizio t:r�ibutario 
la fondatezza del diniego; e che il diritto di di!fesa del contribuente 

I 

non sia pregiuidi<cato da tale motivazione pu� ritenersi, considerando che, 

j

se per avventura, non vi fosse stato il previo aiocertamento o la conte� 
stazione della violazione da parte degli organi comunali, egli potrebbe 
far valere la mancanza dei presupposti per l'esercizio dell'attivit� wncolata 
deM'Amministrazione finanziaria, cos� come potrebbe opporre l'esito, 
eventualmente a lui favorevole, delle impugnative proposte nelle competenti 
sedi giurisdizionali o la pendenza di tali impugnative. 

5. -In conclusione, l'indirizzo espresso dalla sentenza cli queste Sezioni 
Unite n. 5782 del 26 ottobre 1988 va tenuto fermo e, conseguentemente, 
in accoglimento del ricorso de11'Amministrazione finanziaria, la 
decisione impugnata va cassata con rinvio alla stessa Commissione Tributaria 
Centrale pernh� riesamini la controvel'si:a uniformandosi ai 
suesposti principi. (omissis) 

PARTE l, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARlA 593 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1991, n. 10899 -Pres. Falcone � 

Est. De Musis . P.M. Donnarumma (conf.).. Ministero delle Finanze 

(avv. Stato G. Arena) c. Soc. Madonna del Carmelo. 

Tributi locali � Imposta comunale sull'incremento�.� di valore degli ilmno


bill � Dichiarazione � Spedizione a mezzo del servizio. postale � Rilevanza 

dell.a data di� consegna all'ufficio postale � Eschtsione. 

(!:tP.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18). 

Poich� fra)e normative diverse concernenti la presentazione di atti 
non � dato rinvenire ,iJl principio generale. che nella spedizione a mezzo 
del servizio postale sia da considerare ri!levaint.e ai fini dell'osservanza 
del termine la data di consegna aJ,l't4ficio postate, le dichiarazioni delnmposta 
INVIM, 1in mancanza �di diversa disposizione, devono pervenire 
a1.tuffiJeiio nel termine stabilito (1). 

(omissis) Con l'unico motivo si deduce che la comm1ss1one tributaria 
c~ntrale, cons~derando te.11pestiva la dichiarazione relativa ali'INVIM 
straovd�naria �Suif. rilievo ohe essa., bench� pervenuta tardivamente 
all'Ufficio, era stata a questo spedita nel termine stabilito dalla 
legge, � incorsa in violazione dell'art. 18, sesto comma, del D.P.R. 26 
ottobre 1972, n. 643, il quale pTescrive la presentazione della dichiarazione 
all'ufficio . finanziario senza prevedere 1a equiparazione a tale presentazione 
della .. spedizione per posta. 

Il motivo � fondato. 

La c:.ommissione ha ritenuto che la circostanza dhe specifiche disposizioni 
tributarie -art. 12 del d.P.R 29 settembre 1973 n. 600: in tema 
di imposte sui redditi; art. 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633: in 
tema di 1IVA -stabiliscono che le diiohiarazioni si considerano presentate 
nel giorno in cui sono consegnate all'ufficio postale le raccomandate 
che . le contengono evidenzia la sussistenza di un principio generale di 
sid�fatto contenuto; applicabile, come tale, nella specie. 

L'aif�femnazione � inesatta. 

La Corte costituzionale ha ri!levato che � nell'ambito amministrativo 
tributario nomnative .diverse concernenti presentazioni di dichiarazioni, 
rettifiche e gravami di vario genere offrono una disartkolata prospettazione 
positiva tale da riJ�iutaire un modello generale cui riferirsi per 
saggiarne la ragionevolezza a confronto di singole disposizioni (sentenza 

n. 121 del 1985) e clle (per quanto specificrumente interessa la �specie) �a 
fronte di riferimenti positivi all'IRPEF, all'IRPEG e a11'IVA, permangono 
altre normative, ancora pi� af\fini rispetto all'INVIM (imposte di 
(1) Un importante chiarimento che sembra doversi estendere anche all'imposta 
sulle successioni (art. 31 d.P.R. 31 ottobre 1990 n. 346). 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

registro e di successione) che non prevedono l'invocata equiparazione 
(ordinanza n. 342 del 22 ottobre 1987) e, sulla base di tali considerazioni, 
ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 26, quarto comma, D.L. 28 febbraio 1983 n. 55 (convertito 
in legge 26 aprile 1983 n. 131) e degili artt. 18, sesto comma, e 
23 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643. 

Questa Corte condivide la ricostruzione ohe la Corte costituzionale 
ha fatto della disciplina tributaria, e pertanto non solo non vige l'affermato 
principio generaile, ma la sua mancanza, e cio� la previsione di 
regolamentazioni differenti della presentazione della dichiarazione tributaria 
in r�lazione a specifici tributi, � non contrastante con l'art. 3 della 
Costituzione. 

La resistente ha dedotto l'applicabilit� dell'art. 184 del R.D. 18 aprile 
1940 n. 689 (regolamento del codke postaile), il quale, dopo aver previsto 
che la presentazione delle dichiarazioni tributarie possa avvenire tramite 
il servizio postale dispone che � agli effetti del computo idei termini si 
ha riguardo alla data di spedizione�. 

La deduzione � infondata poiich� la norma, che era stata posta in 
relazione al soppresso regime tributario, deve ritenersi abrogata, ai sensi 
dell'art. 15 delle preleggi, con la introduzione del nuovo regime, e ci� 
sia perch� la materia (presentazione della dichiarazione tributaria) � oggi 
regolata interamente neMa disciplina dei singoli tributi, sia perch� detta 
norma ha un contenuto generale, come tale incompatibile con la regolamentazione 
differenziata prevista attualmente in relazione a singoli 
tributi. 

La resistente ha ancora eccepito la illegittimit� costitu:zfonale degli 

artt. 18, sesto comma, e 23 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, per con


trasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione. 

Deve ritenersi che quale iparametro di riferimento per il secondo 

contrasto essa abbia inteso l'art. 10 della legige ~delega) 9 ottobre 1971 

n. 825, nella parte in cud. stabilisce che �ile disposizioni da emanare... 
saranno intese... ad assicurare... la tutela dei contribuenti, a semplificare 
i rapporti tributari nelle varie fasi �. 
La eccezione � manifestamente infondata iperch�: a) non sono state 
addotte -n� questa Corte rinviene -argomentazioni diverse da quelle 
gi� esaminate dalla Corte costituzionale, nelle menzionate decisioni, nelle 
quali � stato escluso il contrasto con l'art. 3 della Costituzione; b) il 
contenuto del riportato art.� 10 non � tale ohe in esso possa ritenersi 
prevista la � uniformit� � della presentazione di qualsiasi dichiarazione 
tributaria, dovendo esso essere inter;pretato piuttosto nel senso che la 
tutela del contribuente e Ja semplificazione dei rapporti tributari debbano 
potenzialmente avere la massima es.tensione, ma con il limite che 
questJa sia compatibile con le esigenze, strutturali e funzionali, degli uffici 
che devono ricevere la dichiarazione. (omissis) 


595

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1991, n. 11789 -Pres. Vercellone 
-Est. Catalano -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) 

c. Farroni. 
Tributi erariali indiretti -Imposta di successione -Donazione -Coacervo 

di precedenti donazioni allo stesso donatario -Va eseguito ai fini della 

determinazione della aliquota. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, artt. 7 e 55). 
Le donazioni eseguite dal medes~mo donan~e in favore dello stesso 
donatario pur con atti dis.tmti sono sottoposte alla disciplina del coacervo 
~n virit� del rich~mo contenuto neU'art. 55 deJ d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 637 all'art. 7 deUo st,esso decreto, s� che il valore del bene o 
del d.fri.tto donato deve essere maggiorato, ai soli fini della determinaJ 
zione dell'aliquota, di un importo pari al valore di tutte le donazioni 
anteriori disposte a vantaggio dello stesso donatario (1). 

(omissis) Passando all'esame del ricorso giova osservare che con 
un unico motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 55 e 7 
del d.P,R. innanzi indicato. Deduce che l'art. 55 dopo l'indicazione delle aliquote 
che nei singoli casi vanno applicate, nel terzo comma richiama, tra 
l'altro le disposizioni dell'art. 7 per il quale, nel caso di donazioni precedenti, 
ai soli fini della determinazione delle aliquote il valore � aumentato 
di un importo pari al valore complessivo di tutte le pregresse donazioni. 
Da ci� conseguirebbe ohe nel caso in esame ai fini della determinazione 
dell'imposta occorre avere riiguar:do alle precedenti donazioni effettuate 
in favore del medesimo donatario. 

In 011dine alla censuira cos� proposta va osservato quanto segue. 

L'art. 55 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 recante la disciplina 
dell'imposta suMe successioni e donazioni, sotto il titolo concernente la 
determinazione della base imponibi!le, stabilis�ce che per le donazioni 
l'imposta � determinata mediante l'applicazione delle aliquote indicate 
nella lettera a) della tariffa al valore complessivo netto dei beni e dei 
diritti che formano oggetto di tutte le disposizioni comprese in uno 

(1) Decisione di evidente esattezza. Il princ1p10 affermato trova conferma 
ne~ nuovo T.U. approvato con d.P.R. 31 ottobre 1990 n. 346 che non fa pi� richiamo 
alla disposizione sulla imposta di successione, ma disciplina autonomamente 
le donazioni anteriori (art. 57); la nuova norma in modo inequivocabile 
stabilisce che il valore globale dei beni e dei diritti oggetto della 
donazione � maggiorato, ai soli fini della aliquota, di un importo pari al 
valo.':'e complessivo � di tutte le donazioni anteriormente fatte dal donante al 
donatario�. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Dm.J..O STATO 

stesso atto ed � ripartita J�ra gli aventi causa in proporzione al valore 
dei beni e dei diriti attribuiti a ciasicuno. La stessa norma, poi, dichiara, 
nel terzo comma, espressamente arp[plicaibile nella materia il disposto 
dell'art. 7 concernente la base imponibile dell'imposta successoria per 
i1 quale, nella parte che qui interessa, ai soli fini della determinazione 
delle aliquote il valore globale dell'asse ereditairio � maggiorato cli un 
importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni. 

Il richiamo cos� operato pone pertanto la questione sul se, nell'ipotesi 
di pi� donazioni poste in essere tra gli stessi soggetti, come � 
nella specie, l'imposta 1suille donazioni debba essere commisurata al valore 
complessiJvo degli atti di liberalit�, ovvero al valore deMa singola donazione. 


La questione ha dato luogo a contrastanti interpretazioni gi� prima 
della .riforma tributaria, nella vigenza de1 D.L. 8 marzo 1945, n. 90, poich� 
secondo le determinazioni dell'amministrazione finanziaria e l'indirizzo 
della giurispmdenza . tri!butaria l'imposta andava commisurata in ogni 
caso all'intero COIIl!Plesso dei beni donati, quale ohe fosse il donatario e 
indipendentemente dall'esistenza cli un unico o cli una pluiralit� di atti 
cli donazione, mentre un O\PPOSto princi!Pio era affermato dalla giurisprudenza 
011dinaria (per tutte: Casis. 8 m~gio 1958, n. 2871). 

Analogo problema interpretativo si � posto dopo la riforma tributaria. 
Ed invero, con� rilferimento al caso di Ulberalit� a favore dello 
stesso donatario, mette conto di rilevare che secondo un primo indirizzo, 
che si �lega strettamente alla lettura del primo comma dell'art. 55 del 
citato D.P.R. 637/1972, il coacervo delle donazioni pri!ma dell'apertura 
della S'Ulacessione, � ritenuto possibile soltanto quando le donazioni siano 
tutte �comprese in uno stesso atto �, come testualmente dispone la 
norma cli cui innanzi, mentre un contrario punto di vista seguito dalla 
giurisprudenza tributaria (Commissione Tributaria Centrale SS.UU. 17 
ottobre 1987, n. 6898) sostiene l'ammissibilit� del cumulo di pi� donazioni 
non contenute ne1lo stesso atto (anche prima dell'apertura della 
suiOCessione) in virt� del richiamo operato dal terzo comma dell'art. 55 
all'intero art. 7. 

Ritiene la Corte che questa seconda impostazione meriti di essere 

accolta per la sua intrinseca e sostanziale aderenza al dato normativo. 

Bd invero, come � reso palese dal signi.fioato della disposizione, di cui 

al citato avt. 55, il riferimento all'art. 7 ha lo scopo di integrare la 

disciplina dell'imposta sulle donazioni, non gi� al fine di determinare 

l'imponibile dell'imposta di successione poich� in tal caso si tratterebbe 

cli una norma inutile e contraddittoria posto ohe il coacervo era gi� 

previsto nella no:ru:na richiamata, ma allo scopo di evMenziaire che per 

la determinazione dell'aliquota cli imposta afferente il �Singolo atto cli 

donazione, occorre maggiorare il valore da esso risultante di un importo 

pari al vafore colil!Pless~vo di rotte le donazioni effettuate in favore del 


PARTB I1 SEZ. v; Git.ilUSPRUDliNZA 'i'RiBUTARIA 597 

medesimo donatario. In tal modo, nel c~S:O di uria plu.ralit� di dona


��moni 
compfutc:f <il:.: un i:iied�sfario �ifoggett<l,dev� a;pplfoa1'si �:!i.�n��soltanto 
il d,untilo ogigettrvo d� cui M ptinlo coni.ma dell'art. 55, per �ffettQ del 
qtiail�/ &mie .sf � <l�tto, if'\!aiOre di tutti i di:Htitl dorfati rlsultant� dall'�tt() 
Vr@no corigl�bfiti in un~tlfil�a base imponibile/ ma a!lttes� il� cumulo 
�gggetti>V~Ja, �O.r Pi'eYlsi�;te � �t>M~#ta nel tew co:tmna �.�della norma 
$ 4.u�$#6#~ ri~Uif ffearte izj(f~:rio~ama.� fi1ift;.�� 1; ~ �ie:ii�f onde evitarre 
6~p�g$1fat� ~lJ�.si�h~ dell'\Ui:�lp6stat � � � � � � � � � 
�� J?'�rttWt(J, ili ~ccgglim(lnto ~~lii<:'()tso va cassata la dedsfone impu
�gtilil,ta ie:iq# $l��tj'.nyi() (J.eLla ca,it$a ~Ila. Q�,mm�ssJo.e Trlbutada Centrale la 
ilti~� $i ~foi�fuef� afp~Lpiq per �f qiifil� le.do#~zfon4���esegwte� dal 

�tii�d~sM:iS��ia:�arit�ᥥ1n.���:f�v'6f�����ael�d��stess0�� cfob.�t�ri�,. �isfu:��� cfo1���atti distinti 
�s<:>no s6Hopostg �lfa. .. disciplma del.� co�cerv� ili virtif del rfolilamo t:oritepufo 
riel :tmci �()fritria cJ,ell'ary/ 55 del D;)>;'.R. 26i ott&bre 1972, n; 637 

ijlil'~tt< 7 itell() Jt~~$0, di;!#eto: pertanto, il vai<:;fe del berie o del diritto 
Hs~i#t~����iajfit�f~�ᥥaev&����~$ei:e��#i"!igior�ito.,�����~�. s~1����f.ti���4eua��tt.eterminaiid:
ri�> dil1tii:i,~i.ij_l.t,ot� c!e11'1ffi~&sfa( t'li uri imporfo paff a1 va161'e di���fritte 
le d:C>:tlaziorii a:Ilt~9rt ii1lqa:l:e< a viantag~io . del m.~eSinio donat�rio. 

(�mlsslst������� 

CO:RTB Dl CASSAZIONE; Sez. l, 5 novembre 1991, n. 12027 � Pres. Corda � 
Est. Cicala -P.M. Martone (conf.). Eredit� beneficiata Benedetti 

c. Mihis:te:ro delle '.Fllianze (avv. Stato Cene:tini)~ 
. . .. . 

Trlbut.i erariali indketti. Imposta di sttcc;:e�si�ne � Soggettip�ssM � Cu


ratore di eredit� beneficiata � Impugnazione dell'accertamentQ � Difetto 

cU tegtttim.anone; �������� �. 
. . �(ci.. :t>.R. 16 otttibr� i!i�':t; h; 631, ai-i:: �6(�ad. �iv. artt: sM i:-s2s). 


IJ curatore dell'eredit� accettata con beneficia di inventaria (art. 508 

c. C\), � differenza det Ctlftitore della ere(jit�[ giacente (art; J28), .ammi� 
nistra non nell'interesse dell'eredit� ma nell'interesse dei �ereditari; di 
conseguenza il �curatore; come i .creditori, non ha interesse �a contrastare 
te pretese. deWA.mministrazione finanziaria� per.�.l'imposta di�� .successione 
che pu�. riguaidate quant(> residua dopo ��che � f creditori sana .stati 
soddisfatti (1); ������� �.� � 
(omissis) Con l'unico motivo di ricorso il curatore della eredit� 
beneficiata sostiene la propria legittimazione ad impugnare l'avviso di 
accertamento in questione, in base ai poteri conferitigli dall'art. 507 
del codice civile. 

(1) Non constano precedenti specifici. 

598 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorso deve essere respinto. 

L'art. 26, terzo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, facendo 
applicazione dei principi generali in materia di interesse a ricorrere 
e di contenzioso tributario, puntualizza che l'avviso di accertamento 
pu� essere impugnato dal � contribuente � cio� da colui su cui grava 
il tributo. E la ipotesi di rilascio dei beni ai creditori regolata dagli 
artt. 507 e segg. del codice civile, non costituisce che una forma di 
accettazione con beneficio di inventario; in cui dunque il chiamato 
all'eredit� non vi rinuncia, ma la accetta, pur garantendosi di fronte 
alla possibilit� che l'attivo superi il passivo, e liberandosi dagli oneri 
(e dai rischi) della diretta amministrazione della massa ereditaria. 

Di conseguenza, il curatore di cui all'art. 508 del codice civile, a 
differenza del curatore della eredit� giacente (art. 528) non amministra 
nell'interesse dell'eredit�, ma dei creditori, e consegna il residuo attivo 
ad un erede gi� individuato. Ed i creditori non hanno alcun interesse 
a contrastare le pretese dell'erario dal momento che l'imposta di successione 
verr� pagata con quanto residua dopo che essi siano stati 
soddisfatti, e nei. limiti del residuo (art. 46 del d.P.R. 637/1972). Nessun 
interesse ha perci� anche il curatore che non � coobbligato alla imposta 
e non potrebbe partecipare alla definizione per adesione di cui all'art. 27 
del d.P.R. 637/1972. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12127 � Pres. Bologna 
� Est. Proto -P. M. Iannelli (diff.) -Salomone c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Cingolo). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Imposta complementare Imposta 
dovuta per effetto di decadenza da agevolazione -Solidariet� Limitazione 
alla parte a cui � imputabile il fatto che ha prodotto la 
decadenza. 

(R.D. 30 .dicembre 1923, n. 3269, art. 93; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 55; d.P.R. 26 
aprile 1986, n. 131, artt. 57 e 79).. 
L'imposta dovuta in misura ordinaria in conseguenza della decadenza 
da agevolazione ha natura complementare; di conseguenza l'obbligazione 
per l'imposta complementare grava soltanto sulla parte (nella 
specie compratore) alla quale � imputabile la decadenza secondo la 
norma dell'art. 55 del d.P.R. 634/1972 e 57 del d.P.R. 131/1986, applicabile 
anche agli atti stipulati sotto il vigore del r.d. n. 3269/1923 (1). 

(1) Si prende atto della corretta interpretazione, pur assai ampia, dell'art. 
79 del vigente T.U. delle imposte di registro che estende la portata 
delle norme pi� favorevoli ai contribuenti anche agli atti anteriori alla ri� 
forma del 1972. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(omissis) 1. -Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione 
degli aitt. 7 e 93 r.d. 30 dicembre .1923 n. 3269, 40 e 55 d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 634, nonch� degli artt. 42, 57 e 79 d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, e 
censura la decisione impugnata per aver ritenuto inapplicabile alla 
fattispecie la limitazione della solidariet� di imposta di cui al quarto 
comma. dell'art. 55 d.P.R. n. 634/1972; nell'erronea. considerazione che 
quella applicata fosse imposta ordinaria e principale e non complementare 
e che tale limitazione avesse carattere innovativo; e senza, per 
altro, considerare che essa, costituendo disposizione pi� favorevole al 
contribuente, era comunque applicabile a norma dell'art. 79 d.P.R. 26 
ottobre 1986 n. 131, che ne aveva esteso l'efficacia, per le controversie 
pendenti, anche agli atti anteriori. alla sua entrata in vigore. 

Col secondo motivo la Salomone denuncia violazione degli artt. 93 
r;d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e l legge regionale siciliana 4 aprile 1969 

n. 6, nonch� dell'art. 109 t.u. 30 giugno 1967 n. 1523, e insufficiente motivazione, 
censurando la decisione impugnata per non aver considerato 
che, in base alle richiamate disposizioni, la solidariet� del venditore 
nel pagamento dell'imposta di registro � limitata alla sola ipotesi in 
cui non sia stato realizzato .10 stabilimento industriale previsto, ed � 
esclusa in ogni altra evenienza. 
2. -Il primo motivo � fondato. 
La questione che la censura propone � se, per un atto a titolo 
oneroso, registrato sotto il vigore della legge del registro 30 dicembre 
1923 n. 3269, a seguito della decadenza dell'agevolazione tributaria prevista 
per. l'acquisto di immobili destinati a stabilimento (secondo il 
combinato disposto degli artt. 1 1. reg. siciliana 4 aprile 1969 n. 6 e 
109 t.u. 30 giugno 1967 n. 1523), l'imposta dovuta abbia natura complementare 
ovvero ordinaria e principale, e se, in virt� del principio della 
solidariet� dell'obbligazione tributaria (art. 93 r.d. cit.), debba risponderne 
anche l'alienante, ancorch� la decadenza non sia a lui addebitabile. 


3. -Sul primo problema questa Corte si � gi� espressa nel passato, 
affermando (cfr., tra le altre, Cass. 3 luglio 1980 n. 4227 e Cass. 23 
luglio 1981 n. 4730), pur non senza contrasti (Cass. 9 marzo 1982 n. 1478), 
la natura ordinaria e principale dell'imposta dovuta per effetto della 
decadenza dell'agevolazione tributaria prevista per i trasferimenti di 
aree destinate alla costruzione di case di abitazioni, ai sensi della legge 
n. 408 del 1949. 
Questo orientamento non pu� essere seguito. Ai fini della definizione 
giuridica dell'imposta, di cui sia preteso il pagamento per effetto 
della decadenza dal beneficio fiscale, il momento qualificante � quello 
della riscossione, posto che proprio in base a tale elemento l'art. 7 della 


600 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge del registro 30 dicembre 1923 n. 3260, l'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 634 (�disciplina dell'imposta di registro�) e l'art. 42 della legge 
vigente (d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) operano la distinzione tra imposta 
principale da un lato, e suppletiva e complementare dall'altro. L'art. 40 
(poi trasfuso, sostanzialmente, nel vigente art. 42) definisce, infatti, come 

principale �l'imposta liquidata all'atto della registrazione�; suppletiva 
� quella applicata successivamente � se diretta a correggere errori od 
omissioni dell'ufficio in sede di liquidazione�; e complementare �in 
ogni altro caso �. N� sussistono sostanziali differenze tra le varie disposizioni, 
poich� anche la legge del 1923 (art. 7) definisce come complementari 
o suppletive � le tasse richieste dopo avvenuta la registrazione 
e la liquidazione della tassa principale�, e precisa che sono complementari 
quelle che � al momento della liquidazione della tassa principale 
non poterono essere liquidate integralmente per mancanza o insufficienza 
degli elementi necessari per la liquidazione e quelle che, rimaste 
sospese per disposizione di legge, rappresentano integrazione di tasse gi� 
riscosse�. 

In base a tali criteri distintivi si deve comunque escludere che l'imposta 
richiesta a seguito della decadenza dalle agevalazioni fiscali di cui 
alla legge 30 giugno 1967 n. 1523 possa essere qualificata come imposta 
principale. 

Al contrario, essa deve essere definita come imposta complementare, 
perch� richiesta dopo la registrazione dell'atto, mediante liquidazione 
� nella misura fis�sa di lire 2.000 � (art. 109 1. n. 1523), e non 
giustificata da precedente errore od omissione dell'ufficio. 

N� pu� essere condivisa la contraria impostazione, in quanto, come 
� gi� stato osservato da questa stessa Corte (Cass. 9 marzo 1982, cit.), 
nella disciplina disegnata nel r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, gli unici 
casi di imposta, pretesa dopo l'avvenuta registrazione, che conservano 
la natura di imposta principale erano l'erronea registrazione gratuita 
(art. 7, terzo comma c.p.) e la registrazione di atti sottoposti a condizione 
sospensiva (art. 17): ipotesi non rapportabili al caso in esame, in cui la 
registrazione dell'atto � avvenuta a tassa fissa e il beneficio era sottoposto 
a condizione risolutiva. 

4. -Dalla qualificazione dell'imposta in esame come imposta complementare 
discende agevolmente la soluzione del secondo quesito, relativo 
all'applicabilit� o non di una limitazione al principio di solidariet� 
stabilito dall'art. 93 della legge del registro del 1923; limitazione prevista 
dall'art. 55, quarto comma, del d.P.R. n. 634 e riprodotta nell'art. 57 quarto 
comma, della legge vigente, secondo cui � l'imposta complementare dovuta 
per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti � a carico 
esclusivamente di questa �. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 601 

Invero, indipendentemente dal carattere innovativo di queste disposizioni, 
esse risultano indubbiamente applicabili alla fattispecie, in quanto, 
anche se la registrazione fu effettuata sotto il vigore della legge abrogata 
ed il presupposto della imposta sia sorto dopo l'entrata in vigore 
della legge del 1972, ai sensi dell'art. 79 della nuova legge del registro 

(d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), le disposizioni, come quelle richiamate 
� pi� favorevoli ai contribuenti � si applicano anche agli atti anteriori 
alla sua entrata in vigore, relativamente ai quali sia pendente controversia. 
In conclusione, l'imposta complementare di registro in contestazione 
sarebbe ad esclusivo carico dell'acquirente, cui sarebbe addebitabile 
(come � pacifico) la decadenza dal beneficio tributario a suo 
tempo concesso. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12220 -Pres. Bologna 
-Est. Cicala -P. M. Morozzo della Rocca (diff.) -Menta c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Lancia). 

Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento -Presunzioni 
-Percentuale di ricarico -Ammissibilit� -Attendibilit� della 
percentuale -Questione di valutazione estimativa. 

L'applicazione di una �percentuale di ricarico� per determinare induttivamente 
il ricavo globale � uno strumento presuntivo la cui utilizzabilit� 
� costantemente riconosciuta. L'apprezzamento della attendibilit� 
della percentuale utilizzata � oggetto di una valutazione estimativa sottratta 
al giudice di terzo grado (1). 

(omissis) Con il suo unico motivo il ricorrente deduce due argomentazioni 
fondamentali, cio� in primo luogo contesta che nel caso di 
specie possa parlarsi di accertamento �analitico� od ordinario; afferma 
inoltre che la Corte d'Appello doveva sindacare la attendibilit� della 
percentuale di ricarico utilizzata dalla amministrazione, riconoscendone 
la inadeguatezza. La motivazione della sentenza impugnata regge per� 
alle censure del ricorrente, che debbono esser respinte. Emerge, in primo 
luogo, dal contesto della decisione che la Corte di Firenze ha ritenuto 
di trovarsi di fronte ad un accertamento analitico-sintetico, cio� basato 
nella sua impostazione fondamentale su i dati forniti dal contribuente, 

(1) Decisione da condividere di grande rilevanza. 

602 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

ma corretto in qualche profilo sulla base di presunzioni. E questa impostazione 
� conforme al costante insegnamento di questa Corte secondo 
cui l'Amministrazione finanziaria procede a determinazione analitica 
dell'imponibile anche quando, in applicazione dell'art. 54 del d.P.R. 
633/1972, deduce da presunzioni semplici l'esistenza o la misura di 
attivit� non dichiarate, e quindi determina induttivamente l'imponibile; 
in tal caso l'accertamento rimane analitico mentre l'imponibile � determinato, 
in tutto o in parte con metodo induttivo. 


Nel caso di specie la Amministrazione si � trovata davanti alla necessit�, 
muovendo da due dati noti quali la quantit� di merce venduta e il 
costo della stessa, di determinare induttivamente un dato ignoto quale 
il ricavo globale. E ci� ha fatto ricorrendo ad una � percentuale di 
ricarico �, cio� ad uno strumento presuntivo la cui utilizzabilit� � costantemente 
riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass. 10 agosto 1990, n. 8141). 

Naturalmente spetta alla Amministrazione fornire giudizialmente la 
prova della attendibilit� della percentuale di ricarico utilizzata in ciascuna 
circostanza, e questa attendibilit� subisce una verifica piena 
anche nel merito da parte delle Commissioni Tributarie di primo e 
secondo grado. 

Siccome la individuazione del reddito � questione di � estimazione 
semplice� (art. 26 e 40 del d.P.R. 636/1972), la Corte d'Appello e la 
Commissione Tributaria Centrale non possono poi scendere a valutazioni 
in fatto e debbono perci� limitarsi a verificare la sussistenza di eventuali 
difetti di motivazione, rimettendo -se del caso -la controversia per il 
merito alla Commissione di II grado (Cass. 3 gennaio 1991, n. 12; Cass. 
2 agosto 1990, n. 7763). 

A questo controllo non si � sottratta la sentenza impugnata laddove 
ha affermato, con motivazione che non si presta a censure, che la percentuale 
di ricarico era correttamente fondata su fatti accertati in 
contraddittorio con l'interessato (Cass. 23 gennaio 1991, n. 604). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12222 -Pres. Vela Est. 
Greco -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Braguglia) c. Valentini. 

Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Sanzioni -Pena pecuniaria 
� Riduzione ex d.m. 1� settembre 1931 -Applicabilit� alla soprattassa 
-Esclusione. 
(legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3, 4 e 5; d.m. 10 settembre 1931, art. 1). 

La soprattassa, se pure abbia carattere sanzionatorio, si differenzia 
nettamente per struttura e finalit� dalla pena pecuniaria: di conseguenza 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 603 

non � estel'tsibile alla soprattassa la riduzione prevista nell'art. 1 del 

D.M. 1� settembre 1931 (1). 
(omissis) L'Amministrazione delle finanze dello Stato denunzia viola~
ione clegli artt. 52 d.P.'.R.. 26 ottobre 1972 n. 637 e 23, secondo comma 

d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643; falsa applicazione del D.M. 1� settembre 1931, 
in riferhnento .alflll'.'.t.63 della L. 7 gennaio 1929 n. 4 (art. 360 n. 3 c.p.c,). 
Rileva ohe � !llegittima la interpretazione della Commissione Centrale sia 
perch� la lettera della legge, in ordine alla possibilit� di riduzione, fa riierimento 
alle pene pecuniarie e non alle soprattasse; sia perch� la 
disciplina � sistematica.mente diversa. 
Ed, invero, per questo profilo, la ricorrente rileva che la �gradualit�� 
che il legislatore prevede per la pena pecuniaria non � prevista per le 
soprattasse che il legislatore determina in maniera fissa, corrispondente 
all'ammontare del tributo, ovvero, ad una frazione o multiplo di esso. 

Quanto, poi, alla � continuazione � riconosciuta dal legislatore, la 
ricorrente sottolinea che l'istituto si applica nel caso di concorrenza di 
pene e soprattasse non nel caso debbano comminarsi solo le soprattasse. 
Sicch�, non � consentito �rifarsi a questa disciplina per ricondurre ad 
�unit�� i �due istituti mentre, secondo l'Amministrazione, diversamente 
opinando, qualsiasi misura afflittiva pecuniaria sarebbe riconducibile tra 
le � pene pecuniarie � e tale sarebbe anche la soprattassa in forza del 
riconosciuto carattere sanzionatorio, non incompatibile con la finalit� di 
stimolo, comunque secondaria. Conclusivamente, la tesi che l'Amministrazione 
ricorrente contesta tenderebbe non gi� ad equiparare pene pecuniarie 
e soprattasse ma aid assimilare totalmente due istituti nel quadro 
del generale principio che la soprattassa � pena pecuniaria minore ma 
pena pecuniaria. 

Il ricorso � fondato. 

La legge 7 gennaio 1929 n. 4 ha attribuito espressamente tanto alla 
pena pecuniaria quanto alla soprattassa carattere � civile � con ci� avendo 
inteso escludere -secondo autorevole dottrina -sopratutto il carattere 
� penale � di queste obbligazioni. Ma esse hanno struttura e finalit� essenzialmente 
diverse come agevolmente si desume dai criteri che il 
legislatore richiama per la loro deteminazione. 

(1) Decisione di evidente esattezza. Comunque si voglia discutere della 
funzione risarcitoria o sanzionatoria della soprattassa, certo � che nella 
legge del 1929 la distinzione tra pena pecuniaria e soprattassa � nettissima, 
s� che le norme di detta legge (e del D.M. del 1931) riferite alla pena pecuniaria 
non sono applicabili alla soprattassa, la quale � peraltro irriducibile 
a causa della rigida predeterminazione legale. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La entit�. della pena pecuniaria �, infatti, correlata alla personalit� 
del trasgressore siccome emerge dalla sua condotta e, quindi,. dai precedenti 
penali e giudiziari ed � dichiaratamente progressiva proprio in ragione 
della menzionata correlazione. 

La soprattassa, quanto alla sua determinazione, prescinde del tutto 
di,t],la pe:rso:rialit� del trasgressore; �, conseguentemente, priva di progressi'.\
Tit� ed � dal legislatore destinata, fu concreto, a reintegrare il patrimonio 
dell'ente i:ttlpositore per la mancata o ritardata :riscossione del 
trib�to.. II che non impedisce di riconoscere anche alla soprattassa carat� 
tere sanziona.torio. 

Formulate queste considerazioni, risultano pi� agevoli � resame e la 
risoluzione del quesito se l'art. 1 del D.M. 1� settembre 1931 -in base al 
quale le pene pecuniarie possono essere ridotte in caso di particolari 
circostanze che giustifichino il benevole provvedimento -� applicabile 
anche alle soprattasse. � 

Sono� stifficienti, al riquadro, le �considerazioni seguentL le norme 
del D;M. 1� settembre 1931 furono emanate in esecuzione della delega 
contenuta nell'art. 63 L. 7 gennaio 1929 n. 4; esse sono tuttora vigenti 
negli stessi limiti �di �applicabilit� della legge; e, dunque, avendo questa 
previsto i diversi . istit�ti delle pene pecuniarie e delle soprattasse, allorch� 
con il decreto ministeriale si ' disciplinarono le riduzioni delle 
pene pecuniarie, s� intese riservare l'ambito di applicazione del decreto 
su questo punto alle sole pene. pecuniarie con esclusione delle soprat� 
tasse; quanto al richiamo dell'istituto della � continuazione � che secondo 
la decisione . impugnata -dimostrerebbe la identit� delle 
due obbligazioni, � sufficiente sottolineare che l'art. 8 della L. n. 4/29 secondo 
cui, . in caso di pi� violazioni commesse anche in tempi diversi 
in esecuzione della medesima risoluzione, la sanzione � applicata una sola 
volta in misura superiore a quella prevista per una sola violazione purch� 
non superiore alla met� dell'ammontare complessivo delle pene, delle 
pene pecuniarie e delle soprattasse che si sarebbero dovute applicare cal 
colando le singole violazioni -non incide sui termini �del problema. 

Ed invero, allorch� il legislatore, nelle sue scelte di politica ammi:
riistrativO:giudiziaria dispone, nel sanzionare la condotta del trasgressore, 
che l'autfiento di una pena comporta la esclusione di un'altra pena, 
anche se di natura o strutt�ra diversa, non ha presupposto l'identit�, 
anche strutturale, di quelle pene. E, dunque, la determinazione della pena 
inflitta per violazioni continuate prescinde dalla natura o dall'essenza 
delle pene istituzionalmente previste per le singole violazioni. 

Conclusivamente, la diversa struttura e le diverse finalit� delle due 
obbligazioni (pena pecuniaria e soprattassa) inducono a superare ogni 
incertezza sulla reale portata della disposizione del decreto 1� settembre 
1931 e ad escludere che le riduzioni di cui all'art. 1 del D.M. 1� settembre 
1931 possono applicarsi anche alle soprattasse. (omissis) 


PARTE I, SEZ.. V,rGIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 605 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 novembre 1991, n. 12444 -Pres. Favara 
-Est. Lupo -P.M. Romagnoli (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Palatiello) c. Laboratorio Cavour. 

Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle� persone fisiche e impo


sta locale std redditi � Reddito di impresa -Laboratorio di analisi cli


niche -PU� essere qualificato impresa. 

(d.P;R. 29 settembre 1973,. rt. 597, art. 51; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1; 

e.e. artt. 2229 e 2238). 
Un lab9ratorio di analisi cliniche, in quanto presta servizi a terzi, 
produce reddito di impresa qualora sia organizzato in forma di impresa; 
iJn tal caso il reddito prodotto, bench� con il concorso di una attivit�. 
professionale, � .soggetto ad ILOR (1). 

(omissis) Con l'unico .motivo del ricorso il Ministero delle Finanze 
deduce la violazione dell'art. 51 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nonch� 
la motivazione insufficiente su un punto decisivo (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). 
Il ricorrente osserva che anche l:attivit� professionale d� luogo a reddito 
di impresa se � svolta in forma organizzata, come nella specie � stato 
accertato dalla Commissione tributaria di secondo grado; esso censura, 
perci�, la decisione impugnata che ha ritenuto irrilevante tale accertamento 
sulla base della considerazione che l'attivit� di laboratorio di 
analisi � sempre e comunque un'attivit� di lavoro autonomo. 

Il motivo di ricorso � fondato. 

� Va premesso che, a seguito della sentenza d.ella Corte Costituzionale 
26 marzo 1980 n. 42, non sono assoggettati ad ILOR (art. 1 del d.P.R. 
29 settembre 1973 n. 599) i redditi di lavoro autonomo non assimilabili 
ai redditi di impresa. 

La decisione impugnata ha ritenuto, in applicazione del disposto 
dell'art. 51 del d.P;R; 29 settembre 1973 n. 597, che �la gestione di un 
laboratorio di ana1isi cliniche � riconducibile ad un'attivit� professionale � 
e che il reddito che ne deriva � perci� reddito di lavoro autonomo. 

Tale affermazione, nella sua assolutezza, si pone in contrasto con il 
citato art. 51, il quale fornisce la nozione di reddito di impresa rilevante 
per l'IRPEF, nozione che, nella parte non contrastante con le pronunzie 
della Corte Costituzionale in tema di ILOR, va applicata anche nella 

(1) Una sentenza molto importante. che apre un nuovo fronte (v. annotazione 
a Cass. 7 febbraio 1990 n. 788, in questa Rassegna, 1990, I, 324) sul tema 
lavoro autonomo ed ILOR. Finora le professioni intellettuali erano rimaste al 
riparo da ogni pericolo, quale che fosse l'organizzazione di beni e di lavoro 
in cui � esercitata l'attivit�. Ma le professioni intellettuali non possono essere 
privilegiate rispetto alle altre categorie di lavoro autonomo. 
15 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disciplina di quest'ultima imposta (Cass. 6 febbraio 1990 n. 788; 14 dicembre 
1989 n. 5605; 9 aprile 1987 n. 3477). 

Detto art. 51, nel terzo comma, considera reddito di impresa quello 
che deriva dalle � attivit� di prestazione di servizi a terzi, che non rientrano 
nell'art. 2195 e.e., se organizzate in forma di impresa�. Poich� 
un laboratorio di analisi cliniche presta servizi a terzi, esso produce 
reddito di impresa se � organizzato in forma di impresa. 

In assenza di criteri dettati dalla normativa tributaria sulla nozione 
di impresa, va fatta applicazione della disciplina generale del codice 
civile. _Al riguardo va osservato che, se � vero che le professioni intellettuali 
sono una forma di lavoro autonomo (artt. 2229 e seguenti cod. civ., 
inclusi nel titolo che disciplina il lavoro autonomo), � anche vero che 
esse possono costituire � elemento di una attivit� organizzata in forma 
di impresa� (art. 2238 cod. civ.), e cio� essere inserite in una struttura 
organizzativa che � frutto dell'impiego di capitale. In tal caso il lavoro 
del professionista ed il capitale concorrono nella produzione del reddito, 
che non deriva pi� dal solo lavoro, ma dall'attivit� dell'intera struttura 
imprenditoriale, di cui l'attivit� professionale � soltanto un elemento 

(c.d. redditi misti, espressamente menzionati dalla citata sentenza della 
Corte Costituzionale n. 42/80, nel par. 9, per affermarne l'assoggettamento 
all'ILOR). 
L'art. 2238 cod. civ. vale anche per le professioni protette, e cio� per 
quelle per il cui esercizio � necessaria l'iscrizione in appositi albi o 
elenchi (art. 2229 cod. civ.). Anche tale attivit� professionale pu�, perci�, 
costituire elemento di un'impresa. Questa Corte, proprio con riferimento 
ad un laboratorio di analisi cliniche, ha avuto modo di precisare, sia pure a 
fini diversi da quelli tributari, che la natura professionale dell'attivit� 
svolta dall'analista non � di per s� sufficiente per ritenere che essa sia 
riconducibile soltanto alla sua persona, ove tale attivit� sia svolta in una 
struttura organizzativa di rilevanti dimensioni e con la stabile collaborazione 
di una pluralit� di operatori (Cass. 7 giugno 1984 n. 3444). 

In siffatta ipotesi all'attivit� personale dell'analista si affianca un'at� 
tivit� di tipo organizzativo consistente nell'approntamento e nella gestione 
dei mezzi per l'esercizio della professione intellettuale, onde si ha il 
concorso di lavoro e capitale nel reddito prodotto dalla attivit� del 
laboratorio di analisi cliniche. 

Occorre quindi un accertamento in concreto sulle caratteristiche del 
laboratorio di analisi cliniche Cavour p,er stabilire se il reddito da tale 
soggetto dichiarato (e di cui si chiede ora il rimborso) sia stato prodotto 
dal solo lavoro professionale degli analisti (sia pure con l'apporto 
di un capitale minimo tale da non dare luogo ad una vera organizzazione 
di impresa; Cass. 14 dicembre 1989 n. 5605, in motivazione) ovvero sia 
riconducibile anche alla presenza di una struttura organizzativa che ha 
richiesto una attivit� imprenditoriale consistente nella predisposizione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 

e gestione di mezzi personali e materiali finalizzati all'esercizio della 
professione. 

Tale accertamento concreto � stato completamente omesso dalla. 
decisione impugnata, che, col1egando necessariamente la natura di reddito 
da lavoro autonomo all'attivit� di un laboratorio di analisi cliniche,. 
ha�presupposto erroneamente la incompatibilit� tra tale attivit� e l'esercizio 
di un'impresa. La decisione impugnata va perci� cassata e la causa 
va rinviata ad altra sezione della stessa Commissione tributaria, che 
accerter� la presenza o meno, nel caso di specie, di un'organizzazione di 
tipo imprenditoriale. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1991, n. 12589 -Pres. Carotenuto 
-Est. Caturani -P. M. Di Renzo (conf.) -Marchesi (avv. 
J>arrelli) c. Ministero. delle Finanze (avv. Stato Braguglia). 

Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Iscrizione di ipoteca legale 
-Art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 � Giudizio d'opposizione � Natura 
-Giudizio di convalida � Esclusione. 
(Legge 7 ge:tmaio 1929, n. 4, artt. 26 e 27; c.p.c. art. 616). 

L'ipoteca legale di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, in 
analogia a quella regolata dagli artt. 616 e segg. c.p.p., � un mezza 
cautelare a garanzia di un credito non ancora certo che si basa sul 
processo verbale di constatazione della violazione; l'iscrizione di ipoteca,. 
bench� soggetta al giudizio di impugnazione che ha per oggetto soltanto 
la verifica dell'esistenza del periculum in mora e del fumus boni iuris, 
desumibile solo dal processo verbale, senza indagare sul merito della 
controversia, non � soggetta a giudizio di convalida; tuttavia l'iscrizion& 
di ipoteca perde efficacia qualora il credito che garantisce non sia. 
accertato entro termini di decadenza stabiliti (1). 

(omissis) 1. -Col primo motivo il ricorrente sostiene l'inefficacia'. 
dell'ipoteca legale, iscritta nei suoi beni ai sensi dell'art. 26 della legge: 
7 gennaio 1929 n. 4, a causa della mancata instaurazione del giudizio & 
merito in violazione dell'art. 680 comma quinto c.p.c., applicabiile alla fat-


(1) Decisione di molto interesse di. cui va segnalata la approfondita motivazione. 
Di particolare interesse la precisazione che la verifica del fumus 
boni iuris sia al momento dell'autorizzazione all'iscrizione sia nel giudizio� 
di opposizione � circoscritta all'esame del verbale di accertamento, ma non 
investe il merito della controversia devoluta alla giurisdizione delle com-missioni. 

608 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tispecie stante il perfetto parallelismo, desumibile dalla legge anzidetta, 
tra ipoteca legale e sequestro conservativo. 

2. � La censura non � fondata. 
L'art. 26 comma 1 della legge n. 4 del 1929 sulla repressione delle 
violazioni delle leggi finanziarie, cos� statuisce: � In base al processo 
verbale di constatazione di una contravvenzione di competenza dell'intendente 
di finanza o della violazione di una norma per la quale sia 
stabilita una pena pecuniaria e quando vi sia pericolo nel ritardo, 
l'intendente pu� chiedere al presidente del tribunale competente, l'iscrizione 
di ipoteca legale sui beni del trasgressore, od anche l'autorizzazione 
di procedere a mezzo dell'ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo 
sui beni mobili �. 

Ai sensi del successivo art. 27 comma 1, �l'iscrizione dell'ipoteca o 
il sequestro possono essere impugnati da chiunque vi abbia interesse. 
La impugnazione � proposta: 1) innanzi al giudice civile, quando si 
tratta di garanzia presa in seguito a violazione delle leggi finanziarie, 
la quale non costituisce reato�. 

Per intendere il significato logico-giuridico delle norme anzidette 
e tenendo presente che, in conformit� a tutta la nostra tradizione storica, 
possono essere garantiti solo i diritti di credito (art. 2808 comma 1 
e.e.) perch� nel nostro diritto positivo l'ipoteca mira a rafforzare l'azione 
esecutiva per espropriazione, cui a sua volta possono dar luogo solo 
i crediti, le disposizioni in esame si ricollegano al principio secondo 
cui, l'accessoriet� ad un credito, tipico del diritto di ipoteca, non 
implica necessariamente che il credito debba esistere gi� al momento 
della costituzione della garanzia. 

Trattasi, in realt�, di una questione di diritto positivo che il nostro 
ordinamento ha risolto variamente a seconda degli interessi che nelle 
singole ipotesi prese in considerazione si sono voluti tutelare. Cos�, in 
analogia alla ipoteca del proprietario, propria del diritto tedesco (paragrafi 
1113, 1163 e 1168 cod. civ. germanico), eccezionalmente un vincolo 
specifico � ammesso anche nel nostro diritto a favore del terzo acquirente 
del bene ipotecato che, avendo scontato sul prezzo di acquisto 
l'importo delle ipoteche, paghi i creditori iscritti (art. 1203 n. 2 e 3 e.e.). 
In tal caso il subingresso del terzo acquirente nell'ipoteca (surrogazione) 
conferisce a questa una natura ed uno scopo diversi da quella 
che prima aveva: essa non garantisce pi� un credito, ma costituisce un 
diritto del terzo acquirente di prelevare una somma in caso di espropriazione 
del suo bene, con evidente funzione di tutela della posizione 
del terzo acquirente. 

Inoltre, in via pi� generale, pur dovendosi ammettere come regola 
la inammissibilit� di una ipoteca per crediti futuri, non altrimenti 
determinati, la nostra legge riconosce sia pure in linea eccezionale che 


PARTII. I, SBZ. V, GIVRIS:t>RUDBNZA TRIBUTARIA 

il l'.iiritto :reale cij, garanzia pu� ben essere costituito anche per crediti 
ce>r.i.dbli<;>nali coni 1$fetto ex tunc; attesa JE1;. retroattivit� della condizione, 

o eventuali, con . effettq ex nunc, Si .. richlecle; peraltro,> che dal titolo 
devono >ris:qltare >gi���. all'att() Clell',is�rizion,~ � (spetjev. a tutela dei terzi) 
gli ..�.. estremi �Jd,onei aCI. inCl.i'l.!'iduare il.rapporto � .giuridicp Cl.a cui pu� 
na~�ere Jl �:re@,t() che Cl� luogQ a11'iscri:z;i(:>ne. ipotec::aria (e$� .cl'e.dito per 
l'eyjzione nella. yendita: a:rt. 1481 e.e;.; c;:J;e(llto Cl.el fldeiussore nei confr<>
nt~ del debitore principale: art. 1950> e.e.). 
In questi:\ ottica s� inserisce l'art. 26tin esame, iLquale, nella ricorI'.
e!'.l:Za Jlei .�. req.i;!)W. (saj., qu;:�L infra) che la norma richiede ai fini 
dell� �. iscrizimw ipg:tec�"ia, . anmiett.e ��la possibili:t� che .. si. faccia luogo 
all'iscrizione in base >al processo verbale � di constatazione di una contravvenzione
�. di competenza� dell'intendente di finanza della violazione 
di una norma per la quale sia stabilitai :una pena pecuniaria. 

In questo casqK q.in!lli si verific� una .. ulterie>re ipotesi normativa 
neUll. c,i.ale, derqgat:tdos~ al principio per cw; rip()tec:a tittela un diritto 
di credito attualll)ente esistente, la garEt:nzia reale. . pu� costituirsi in 
un momento Et:ntecedente alla stessa formazione del:titolo del credito 
Clell'~ll'.llllinistr~io:ne ...fhiap:ziaria, in � bas� al . fumif:S; �. f)oni juris circa la 
effettiva .� esistenza . del credito ..� che si.. intende cautelare, desumibile da 
un att(). pu}?l:>li�o. (proc~~so verbale di constatazione.� della violazione di 
una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria), in considerazione 
della p11rtii;:9lare natura del crec;lito garantito, sussistendo gi�, 
seconclo . la val.ta,zio~e norrn�tiva, il rapporto giuridico dal quale pu� 
nascere il .. credito .. (tributlll'�o) �. che legittima� !;iscrizione. 

3. -Da quEt:nto . precede consegue che, nell~ fattispecie prevista dall'art. 
26 cit., corne si desum.e. del. resto dalla stessa formulazione della 
norma, .� .previste> un .. certo�. ~aral1elisino .�tra fa iscrizione ipotecaria ed 
il sequestro . c�riservativo sui beni .� mobili, ! . 011de . deve riconoscersi che 
nelcaso de quo l'ipoteca� stata utilizzata dal legislatore c�n una preminente 
funzione cautelare analoga a quella propria del sequestro conservativo. 
Trattasi, tuttavia, . di una analogia che . trova nello stesso sistema 
giuridico �il fondamento �della sua esistenza. � 

Per cogliere il.. significato logico-sistematieo. dell'art. 26 � neces.sar�o 
tener presente . che, all'epoca in �cui fu eili�nata la. legge n. 4 del � 1929 
(di cui gli artt. 26 e 27 fan!lo parte), l'art. 924 c:p.c. del 1865 ammetteva 
il sequestro conservativo esclusivamente per i belli mobili e i crediti, 
mentre soltanto con l'art. 671 C:.p.c. vigente �esso � stato esteso anche 
ai beni immobili del debitore, in base al rilievo che la cautela< pu� 
estendersi a tutti i beni dell'obbligato in quanto quest'ultimo risponde 
dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri 
(art. 2740 e.e.). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.O STATO

610 

L'iscrizione ipotecaria, pur conservando le sue caratteristiche strutturali, 
esplica quindi in materia una funzione tipicamente cautelare analoga 
al sequestro conservativo. Ne discende che, in linea di principio, 
� esatta la tesi della difesa del ricorrente, secondo cui non pu� 
ammettersi che il vincolo (reale) sul bene oggetto della iscrizione 
ipotecaria gravi illimitatamente, ma, dalla disciplina propria dei provcedimenti 
cautelari, risulta al contrario che quel vincolo � ancorato nella 
sua efficacia ai termini entro i quali deve instaurarsi il giudizio 'di 
convalida e di merito (art. 680 comma 5 c.p.c.). Ed in fattispecie analoga 
a quella oggetto del presente giudizio quando cio� la competenza 
a conoscere la causa di merito appartiene ad arbitri, questa Corte, pur 
ritenendo inapplicabili i termini previsti dall'art. 680 c.p.c., ha precisato 
che in tal caso, in mancanza della instaurazione del giudizio di merito 
almeno durante la pendenza del giudizio di primo grado, il sequestro 
non pu� essere convalidato (sent. n. 7056 del 1982). 

Nel presente giudizio tuttavia l'art. 680 c.p.c. risulta inapplicabile 
per ragioni intrinseche alla stessa disciplina del procedimento cautelare 
previsto dall'art. 26. 

L'art. 27 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, invero, non solo disciplina 
un particolare giudizio di impugnazione contro l'iscrizione ipotecaria, ma 
statuisce che l'impugnazione stessa � proponibile da chiunque vi abbia 
interesse. 

L'impugnazione ha per oggetto la esistenza dei requisiti cui il precedente 
art. 26 fa riferimento ai fini della concessione della misura 
cautelare: e cio� il fumus boni Juris, desumibile dal processo verbale 
di constatazione dell'infrazione ed il periculum in mora (vale a dire il 
fondato timore del creditore di perdere la garanzia del proprio credito). 

Questa disciplina, che sostituisce il giudizio di convalida nel procedimento 
ordinario di sequestro, � mutuata dal codice di procedura 
penale ed in particolare dagli artt. 616 ss. 

L'art. 616 dispone che il pubblico ministero presso il tribunale o 

presso la Corte innanzi cui � in corso il procedimento e il pretore nei 

procedimenti di sua competenza possono richiedere, dopo il primo atto 

del procedimento contro l'imputato o successivamente, la iscrizione del


l'ipoteca legale prevista dagli artt. 189 e 190 c.p. 

Ed analoga facolt� � attribuita dal successivo art. 617 per quanto 

riguarda il sequestro di cui alle menzionate norme del codice penale. 

Tale disciplina ha poi subito alcune sostanziali modifiche con l'en


trata in vigore del nuovo codice di procedura penale approvato con 

d.P.R. 22 settembre 1988 n. 447, specie per quanto concerne da un lato 
la estensione del sequestro agli immobili e la conseguente eliminazione 
dell'ipoteca legale che non ha pi� ragion d'essere dopo quella estensione 
(cfr. gli artt. 316 ss. del nuovo testo). 

PARTE I, SEZ. �V, GIURISPRUDENZA TR.IBUTARIA 

In conformit�:. a quanto statuito dall'art. 27 della legge .n. 4, l'art. 618 

c.p.p. (nel testo originario) prevedeva contro le anzidette misure cautelari 
un apposito giudizio di opposizione, .sostituito poi da un giudizio 
.di riesame proponibile; in perfetta .assonanza con l'art. 27, da chiunque 
vi abbia interesse (art; 318 del tmovo testo). 
4. -Non sipone quindi; nella specie, un problema di osservanza dei 
termini per la instaurazione del giudizio di merito secondo quanto 
previsto neM'ambito del. procedimento di sequestro conservativo, di cui 
al codice .�di procedura civile, per il semplice.. motivo che nel procedimento 
cautelare di cui agli art. 26 ss. della Jegge in esame, non � 
previsto un giudizio di convalida, conforme a quello civilistico, n� sono 
applicabili, in linea di principio le relative norme processuali. Trattasi 
invece di un giudizio di convalida analogo a quello penalistico. 
Ne consegue che il giudizio> di impugnazione della iscrizione ipotecaria 
e del sequestro, che .ha la natura di un giudizio di nullit�, essendo 
proponibile (come quello penalistico) da chiunque vi abbia interesse, ha 
per oggetto. esclusivo .. la ricorrenza in concreto dei presupposti per la 
concessione della �misura cautelare (fumus bcmi juris e .periculum in 
mora), mentre fuoriescono dai suoi confini tutte le questioni che attengono 
al merito . della controversia). 

Un .. accenno particolareva tuttavia compiuto con riferimento al termine 
per la instaurazione del giudizio di merito, che deve ritenersi immanente 
ad ogni procediment0. cautelare (cfr. l'art. 680 c.p.c. in tema 
di sequestro .�civilistico; l'art. 701 c.p.c. in tema di provvedimenti d'urgenza). 


Tale esigenza che un .termine sia comunque previsto .Per la instaurazione 
del giudizio di merito dipende dalla circostanza che i provvedimenti 
cautelari, av�endo natura strumentale in quanto diretti ad evitare 
che. la futura pronuncia di;:l giudice possa restare pregiudicata dal tempo 
necessario ad ottenerla, esauriscono la loro funzione con la decisione 
emessa nel successivo giudizio di merito (cfr. le sentenze nn. 382/86; 
5412/84;. 444/80). 

E dalla stessa disciplina penalistica cui, come si � accennato, il procedime.to 
cautelare in oggetto si �. ispirato, risulta chiaramente l'intento 
legislativo di non attribuire alla ji;crizione ipotecaria i;:d al sequestro 
che siano stati eseguiti a tutela di determinati crediti dello Stato nei 
confronti dell'imputato, effetti giuridici illimitati nel tempo, essendo previsto 
che la cancellazione dell'ipoteca e la liberazione del sequestro 
devono essere eseguite dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento 
a cura del P.M. o del pretore competente per l'esecuzione (cfr. altres� 
l'art. 317 della legge .di riforma del processo penale, secondo cui gli effetti 
del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o� di non 
luogo a. provvedere non � pi� soggetta ad impugnazione), 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

In applicazione analogica del principio giuridico che sottende la 
disciplina penalistica in materia, pu� quindi concludersi anche in . sede di 
interpretazione dell'art. 27 della legge n. 4, che l'efficacia della iscrizione 
ipotecaria (come del sequestro conservativo ivi previsto) non pu� essere 
ritenuta illimitata, ma segue le sorti del giudiZio di merito che l'amministrazione 
finanziaria ha l'onere di introdurre. 

E non � esatto che, in mancanza di una applicazione dell'art. 680 
comma 5 c.p.c., non sussistono in� materia termini di sorta per l'instaurazione 
del giudizio di merito da parte della Amministrazione. 

Al .riguardo � opportuno precisare che, secondo la disciplina del 
nuovo contenzioso tributario, anche per quanto riguarda l'IVA il giudizio 
innanzi alle commissioni tributarie � strutturato come giudizio di impugnazione 
dell'atto emesso dall'Amministrazione finanziaria entro determinati 
termini di decadenza (art. 50 d.P.R. 633/72). 

Ove, pertanto, quest'ultima non abbia emesso alcun atto attraverso 
il quale far valere la: pretesa tributaria, il credito dell'Amministrazione 
(anche� per ci� che riguarda la applicazione delle pene pecilniarie) si 
estingue per decadenza dei termini previsti dalla legge per la notificazione 
delI'a\iviso di rettifica o di accertamento (art. 57 d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633). 

Ove, invece, l'Amministrazione abbia provveduto alla notificazione 
dell'avviso di irrogazione della sanzione, ogni questione attinente alla 
legittimit� della pretesa tributaria deve farsi valere in sede di impugnativa 
dell'atto da parte del contribuente, cui incombe per legge il 
relativo onere a pena di definitivit� �della pretesa fiscale. Ed in tale 
ipotesi a nulla vale eccepire nel presente giudizio -che ha per oggetto 
il solo controllo circa i presupposti della iscrizione ipotecaria -che 
l'atto di irrogazione della pena era illegittimo perch� non comunicato 
al contribuente con lo stesso avviso di rettifica o di accertamento, come 
prescrive rart; 50 d~P.R. 633/72 per le violazioni che danno luogo a 
rettifica o ad accertamento dell'imposta, essendo evidente che, in tal 
caso, qualsiasi contestazione circa la legittimit� della irrogazione della 
sanzione � devoluta ex lege alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, 
essendo strettamente collegata al merito della controversia come 
si vedr� nell'esame del secondo motivo. Ed in questa ipotesi (di avvenuta 
irrogazione �della pena pecuniaria) deve altres� ritenersi superato 
in sede di giudizio di impugn�zione della iscrizione ipotecaria ex art. 27 
cit., qualsiasi problema attinente alla osservanza dei termini entro i 
quali la Finanza deve far valere il credito tributario in sede di merito. 

5. -Dalle precedenti considerazioni discende che sono destituiti di 
fondamento gli argomenti addotti dalla difesa del ricorrente a sostegno 
della (affermata) nullit� della iscrizione ipotecaria di cui si tratta, in 
quanto, come si � dimostrato, non mancano nella specie i termini entro 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 

i quali la pretesa tributaria (in tema di IVA) deve essere fatta valere 
dall'Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente, a pena 
di decadenza. 

6. -Priva di consistenza deve poi ritenersi la tesi del ricorrente circa 
la insussistenza dei presupposti per la concessione della misura cautelare, 
avendo la Corte del merito dimostrato con ampia e congrua motivazione 
la ricorrenza in concreto sia del fumus boni juris che del periculum 
in mora, tenendo correttamente distinta la parte relativa alla 
impugnazione della misura cautelare, da quella attinente invece al merito 
della controversia. 
7. -Col secondo motivo, denunziandosi violazione e falsa applicazione 
dell'art. 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 nonch� difetto di motivazione, 
si assume che il ricorrente non � obbligato al pagamento delle 
pene pecuniarie per violazione dell'IVA, le quali ricadono esclusivamente 
sulla societ� Tecnonord s.r.l., cui � imputabile la pretesa violazione. 
8. -La questione che forma oggetto del motivo in esame � improponibile 
dinanzi al giudice ordinario poich� il giudizio riflettente il 
merito della controversia (e cio� sul diritto della Finanza a richiedere 
il pagamento della pena pecuniaria nei confronti del ricorrente) rientra 
nella giurisdizione delle Commissioni tributarie, ai sensi degli artt. 1 e 16 
del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, riflettente la revisione della disciplina 
del contenzioso tributario. (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1991 n. 12590 -Pres. Caturani 
-Est. Baldassarre -P. M. Di Renzo (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Laporta) c. Grosso (avv. Castellano). 

Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Rivalsa di imposta 
non dovuta -Azione di rimborso del cessionario verso lAmministra-� 
zione Finanziaria -Inammissibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 10, 18, 26 e 41; e.e. art. 2900). 
Il cedente (o committente) che abbia subito la rivalsa per una 
imposta applicata su operazione esente, non � legittimato a ripetere; 
dall'Amministrazione Finanziaria la somma pagata (1). 

(1) Per arrivare alla esatta conclusione riassunta nella massima la sen-� 
tenza ha dovuto sciogliere diversi dubbi. La domanda di rimborso verso 
l'Amministrazione proposta dal cessionario o committente (contribuente di 
fatto) non ha natura di azione surrogatoria ex art. 2900 e.e. Non si pone 
pertanto una questione di giurisdizione ma di legittimazione. Ma la legitti

�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis) Gabriella Grosso, con le dichiarazioni relative agli anni 
1974 e 1975, chiedeva il rimborso dell'I.V.A., che, nell'esercizio della 
_propria azienda agricola, aveva corrisposto, in via di rivalsa, su fatture 
_per prestazioni di servizi richiesti per esigenze dell'azienda. 

I crediti venivano; per�, diSconosciufr dal competente ufficio finan.
zfario sul . rilievo� che, trattandosi �di�. prestazione� di servizi, rispetto alla 
"qt�tle, a. ilOtm� deU'art. 10, n. 20 del d.i>.R. n. 663/1972, nessuna imposta 
,efa dovuta; .� nessl.lna ..detrazione . potesse essere . ammessa.. 

La. C�mmissiOne tributaria di primo grado di Treviso, adita dalla 
�Grosso, ne rkonosceva � il diritto; quale contribuente di fatto, e dichiarava 
rimborsabili le somme versate. La decisione era riformata poi dalla 
�Commissione . di secondo. grado,. che riteneva la Grosso sfornita di legittimazfone, 
non avendo agito iJ;J. surroga del soggetto passivo, ossia del 
prestatore dei servizi. 

Di diverso avviso era la Commissione l'ributaria Centrale, la quale, 
.accogliendo il . ficqrso della Gr9sso, dopo .�avere richiamato alcune pronunce 
di questa � Corte, osservava che nella specie era incontroversa 
l'inerzia del contribuente di diritto e che la domanda doveva ritenersi 
..spiegata come (ammissibile) azione surrogatoria ex art. 2900 cod. civ., 
.atteso l'esplicito riferimento fatto, nel ricorso introduttivo, all'avvenuta 
~orresponsione dell'imposta in via di. rivalsa. 

Per la cassazione della decisione di terzo grado ricorre l'Amministra:
zione delle finanze con un articolato mezzo d'annullamento, resistito da 
controricorso. 

Motivi della decisione. 

L'Amministrazjone ricorrente, denunziando violazione e falsa applica:
zione degli artt. 2900 cod. civ. e 102 cod. proc. civ., anche in relazione 
all'art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nonch� degli artt. 17, 18, 21 e 26 del 
.d.P.R. 26 ottobre . 1972 n. 633 (art. 360 nn. l, 3 e . 4 cod. proc. civ.), deduce. 

a) Se si ammette .che. la CTC abbia inteso qualificare come surrogatoria 
l'azione intrapresa dal contribuente di fatto, ne . deriva che: 1) la 
pronuncia � nulla per non essere stato integrato il contradittorio nei 
-confronti del contribuente di diritto; 2) difetta la giurisdizione del giudice 
tributario; 

mazione � da escludere perch� essendo al rimborso legittimato il contribuente 
di diritto (cedente o prestatore del servizio), l'Amministrazione restert':
bbe esposta ad una duplice azione per lo stesso titolo. Il cedente pu� 
invece domandare il rimborso al cessionario, come gi� ritenuto con la sent. 

:28 aprile 1990 n. 3602, in Corirere trib., 1990, 1883. 
Sull'argomento cfr. MEssrNA, Note in tema di rimborso e di risarcimento 
.dei danni per erronea applicazione dell'IVA, in Riv. dir. trib., 1991, I, 935. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

615 

b) Se si ritiene, al contrario, che la Commissione Centrale sia incorsa 
in impropriet� terminologka ed errore materiale nella qualificazione dell'azione, 
deve riconoscersi che la Grosso, la quale aveva assunto la veste 
di committente dei servizi nella veste di titolare dell'azienda agricola, 
� soggetto d'IVA, ancorch� non soggetto passivo del rapporto tributario 
(veste non: priva di effetti nel sistema del tributo); con la conseguenza 
che allo stesso committente rimane applicabile, in relazione agli obblighi 
che gli derivano dagli artt. 21 e 41 del d.P.R. n. 633/1972, la norma dell'art. 
26 dello stesso decreto che disciplina le variazioni, in aumento 
�O diminuzione, dell'imposta. Posto che il meccanismo, attraverso il quale 
� consentito ovviare alla inesatta fatturazione, � quello dell'art. 26, la 
variazione -una volta che sia stata effettuata nelle forme e termini di 
legge -non pu�, al tempo stesso, rendere il cessionario debitore (verso 
l'Amministrazione) dell'imposta relativa al corrispettivo registrato e 
.creditore verso la stessa Amministrazione per la restituzione della me.
desima imposta �gi� addebitatagli in rivalsa dal cedente; effetto che, 
�Oltre a contrastare con la logica, � escluso dalla normativa in esame, l� 
dove fa salvo il diritto del cessionario a ripetere dal cedente quanto versatogli 
a titolo di rivalsa. Per tanto, colui che, essendo soggetto d'IVA, 
abbia sopportato in rivalsa una imposta non dovuta, non ha altri rimedi 
per definire la propria posizione nei confronti dell'Amministrazione se 
non quelli indicati nella legge d'imposta, che vanno coordinati al meccanismo 
delle detrazioni, e, fatta salva, sul piano del rapporto privatistico, 
l'azione di ripetizione nei confronti del soggetto passivo, non pu� agire 
in ripetizione verso l'Amministrazione, surrogandosi a tale soggetto. 

Al fine della decisione delle distinte questioni poste con le censure, 
di natura pregiudiziale, riassunte sub a), si rende necessaria l'esatta 
qualificazione dell'azione proposta dall'attuale resistente innanzi al giu
�dice tributario, prescindendo dalla formale definizione espressa nella 
decisione impugnata. 

Come rileva anche parte ricorrente, gi� le sentenze di questa Corte 
richiamate in motivazione (nn. 3021/60, 1427/67, 1608/78) non sono idonee 
a dare sostegno alla predetta definizione, in quanto, con riguardo alla 
soppressa IGE, il pi� recente arresto afferma la legittimazione del contribuente 
di diritto ad esperire nei confronti dell'ente impositore l'azione 
di ripetizione per l'indebito pagamento dell'imposta, nonostante l'esperita 
rivalsa� verso il contribuente di fatto. 

Per le due pi� remote decisioni il contribuente di fatto (compratore), 
nell'analoga ipotesi di versamento dell'IGE in misura superiore al dovuto 
pu� surrogarsi al contribuente di diritto (venditore) nell'azione di ripetizione 
verso il fisco. 

-



616 

P~r altro, la sentenza n. 3021/60, che risulta emessa in causa tra_ 
le parti private. non ha statuito sulla proponibilit� di azioni verso l'Amlllinistrazione 
e ne_mmeno. }a sentenza n, 1427 /67 � riconi;luce -la fattispecie 
nell'aml>ito 4ell'art~ 2900 c.oct. ci,v., n� l'adone. 4el �o:rnpratore alla tipi�a 
funzione.~autelare di, tale ~orma,atteso. che..con:essa.la Corte afferma che 

~i~~~~J:~t:~~:~!~~~~�~~� 


pag;:i,to in pi� del doyuto � e. che � non. v'ha (,lubbio . . . che l'indebito si 
verifichi solo �(danni del contribuente di fatt(), cio� del compratore 
c:&e :b.a. n~i~t:o t!na��$oll1llia� superiore a quena real�nente.� dowta,�� nei; 

�l"igrl.arcti ��n1J�r~iio .'. .~. �. � � � 

�Al �contrario l'azione surrogatoria postula, innaniitutto, la sussi


stenza di diritti e azioni, esercitabili verso terzi dal debitore inattivo . 

. . �._ _.� :ti~n;:i, sPecie poP. �. controvel'.'.so .che l'att.ale res~stente.. non ha. mteso


pl'opog~ ajl'a~�t Commissione di pri:rno/grado. un'azione. ex; .. art. 2900 

cit., . Utnto .che la stessa ha accolto l'istanza di rimborso, correlando la 

legittiIB:;p;ione ajla P()~izione cti. contribtfente . di. fatto,. ossia ad .un. diritto 

proppo ctel1'istante. . 

Vie.e Jii~po, q:uipdi, JlpresuJ>posto .su c:ui .si fonda l'eccezione di di:


fetto ><li. giurisdizione, ossia)�i propos,izione di :una tipica azione surro


gat()ria, cht,\ a4. avviS.() di parte ricorrente, esuler:ebbe dalla cognizione 

delle.�commissioni tributarie. . 

. Appartiene, infatti, a}la �ompetenza giurisdizionale di dette Com


missio.i, ai sensi dell'art. 1, Jettera cl) ctel. d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, 

la domanda proposta nei confronti . defrAinil1inistrazione finanziaria per 

la restituzione di somme indebitamente vei:sate a titolo d'imposta sul 

valore aggiunto, :una volta che, come nella specie, ne sia stato rifiutato


il rimbors(), senza che la giurisdizione del giudice tributario possa venir 

meno per es$ere stato propo$t�. il ricorso dalsoggetto d'IVA (cessionario 

del bene o committente del servizio), invece che dal soggetto passivo 

deLrappo:rto tributario, atteso che esulano dal tema della giurisdizione 

e $ono al suo accertamento gradate le questioni relative alla legittima


zione -attiva� ed all'ammissibilit�. della domanda. 

Una volta .esclusa la proposizione ctell'azione surrogatoria, va conse


guentemente disattesa l'eccezione di non integrit� del contraddittorio, 

riferita a tale asserita azione. 

Dovendo essere decise le rimanenti questioni, afferenti al merito, � 

bene prendere le mosse dal non controverso accertamento in fatto, 

secondo c:ui la Grosso aveva assunto la veste di committente di ser


vizi -rispetto ai quali era stata assolta l'IVA senza tener conto del


l'esenzione pacificamente spettante -e dalla premessa, in diritto, che 

-



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

.ella non era il soggetto passivo del rapporto tributario (intercorrente, 
.ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, tra chi effettua la cessione di 
beni o, come nella specie, la prestazione di servizi e l'Amministrazione 
filianrlaria). � 

Merita anche consenso il rilievo della ricorrente secondo cui il 
�committente dei servizi (o cessionario dei beni), pur non essendo sog~
etfo � passivo . di� detto rapport�, �~ .� ~l.J.ttavia soggetto d'IVA e che tale 
veste n�n � del tutto priva di conseguenze. Queste non possono essere, 
per�~ tali da far assumere al cessionario o committente la stessa posi.
zione del cedente o prestatore, come avverrebbe se si affermasse che 
.sonoobbligati, in tale veste, a versare l'imposta o la differenza d'imposta 
.dovute. 

ta norma dell'art. 41 del d.P.R. n. 633/1972 -vigente, all'epoca dei 
fatti, nel suo testo originario, . di portata precettiva pi� ristretta rispetto 
a quella dell'articolo. risultante dalle modifiche di cui al cl,P.R. 29 gennaio 
1979 n. 24 -non autorizza, nemmeno nella sua .attuale formula:
zione, a ritenere che il cessionario del bene o il committente del servizio 
sia obbligato . al pagamento dell'imposta nei casi, ben diversi da quello in 
esame, di totale o parziale evasione da parte del soggetto tenuto ad 
emettere la (regolare) fattura. 

Secondo la norma originaria cessionario o committente erano obbligati 
al pagamento. della pena pecuniaria, in solido con l'autore della 
violazione, per il solo fatto di avere effettuato l'operazione nell'esercizio di 
un'impresa, arte o professione, salva la possibilit� di evitare la sanzione, 
ponendo in essere, nei modi e nei termini prescritti, le previste attivit� 
in sanatoria, implicanti il pagamento dell'imposta non versata dal sog_
getto passivo. 

Il nuovo testo del quarto comma dell'art. 41 precisa la natura della 
solidariet� del cessionario o committente per la pena pecuniaria, elimi� 
nando il dubbio, giustificato dalla precedente formulazione lessicale della 
norma, che si trattasse di solidariet� limitata al pagamento dell'altrui 
obbligazione e ricollega invece la solidariet� alla diretta responsabilit� 
di tali soggetti ed all'omissione della predetta attivit� in sanatoria. 

Rimane in ogni caso presupposto indefettibile. per l'applicazione della 
pena pecuniaria o, in alternativa, per il versamento sostitutivo (nei modi 
e termini prescritti) l'evasione dell'imposta da parte del soggetto passivo 
(cedente o committente). E, nell'ipotesi di pagamento effettuato dal 
soggetto non direttamente obbligato il problema del rimborso presenta 
aspetti, ovviamente, del tutto diversi, che qui non rilevano, salvo a volerne 
ricavare � a contrario � argomenti a sostegno della soluzione accolta. 

Ove l'evasione sia esdusa, come nel caso in cui si accerti il diritto 
all'esenzione e sia, addirittura, effettuato un versamento non dovuto, 


618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non � a parlarsi di pena pecuniaria, n� di obbligazione a carico deJ; 
semplice soggetto d'IVA. 

L'obbligo di quest'ultimo di pagare l'imposta, in via diretta all'Amministrazione 
non si desume neppure dagli artt. 21, sulla fatturazione 
delle operazioni, e 25 suMa registrazione degli acquisti. 

Ne deriva che, in relazione alla fattispecie in esame, non sussiste 
alcuna correlazione tra obbligo di pagare e pretesa di restituzione e rimane 
ben definita la posizione del committente, (o cessionario), quale soggetto 
che ha (soltanto) pagato, in rivalsa verso l'altro contraente, un'imposta. 
da questi non dovuta. 

Al fine di risolvere la questione sul se, posta tale situazione, possa 
esperirsi dal soggetto d'IVA l'azione d'indebito verso l'Amministrazione, 
� opportuno ribadire che egli per legge (art. 26, comma secondo) ha 
diritto ad ottenere la restituzione dal prestatore (o cedente) dell'imposta 
allo stesso versata a titolo di rivalsa (v. sent. nn. 3602/90, 6808/88), anche 
se il medesimO prestatore (o cedente) non abbia provveduto, nel termine� 
annuale, a norma dell'art. 26, a recuperare il maggior importo versato 

I ~ 
con successive registrazioni correttive (e quindi in via di detrazione), 
come ha chiarito la citata sent. n. 3602/90. 

Da questo stesso precedente si ricava, per altro, come siffatta omissione 
nov precluda al cedente (e vale anche per il prestatore di servizi), 
soggetto passivo del rapporto tributario. ed autore del pagamento 
in favore dell'erario, di ripetere dall'Amministrazione quanto versato sen


I

za titolo. 
Per tanto, se si ammettesse che anche il committente (o cessionario) 

I 

sia abilitato ad esperire -pur in assenza di un diretto pagamento e di fil 
una espressa previsione di legge -la stessa azione di indebito verso 
l'Amministrazione, questa si vedrebbe esposta a domande di restituzione 

I 
dello stesso tributo da parte di due distinti soggetti e, al tempo stesso, fil 
il committente (o cessionario) attribuita la facolt� di esperire due azioni, 
tra loro autonome, senza che, come chiarito da questa Corte con la 
citata pronuncia, quella ex art. 26 sia condizionata all'effettivo rimborso 
spettante all'altro contraente. 

Consegue che, in accoglimento del ricorso, per le ragioni e nei limiti 
su indicati, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla 
stessa Commissione Tributaria Centrale, la quale, procedendo a nuovo 
esame della causa, dovr� fare applicazione del seguente principio di 
diritto: 

� Il committente, il quale, in via di rivalsa, abbia corrisposto al 
prestore di servizi, esenti a norma deM'art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 634, l'imposta sul valore aggiunto, non � legittimato a ripetere dall'Amministrazione 
finanziaria la somma pagata a tale titolo'" (omissis) 

620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
La Corte adita, giudicando sulla opposizione, con la sentenza impugnata 
in questa sede, affermava la propria giurisdizione e rigettava nel 
merito l'opposizione. 
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Franchino, 
sulla base di due motivi di annullamento. 
Resiste con controricorso l'amministrazione finanziaria. 
MOTIVI 

Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che la competenza giurisdizionale 
a conoscere l'opposizione sia delle Commissioni tributarie, 
a norma dell'art. 1 del d.P.R. n. 636/72. 

Denunzia all'uopo la violazione od erronea applicazione della norma 
.di cui all'art. l, comma secondo lett. F del d.P.R. n. 636/72, la violazione 
ed erronea applicazione della norma di cui all'art. 43 delle disp. att. 
. del c.p.c., la violazione ed erronea applicazione della norma di cui all'art. 
59 del d.P.R. n. 634/72 e la violazione dell'art. 295 c.p.c. 

Con il secondo motivo, denunciando violazione od erronea applicazione 
delle norme di cui all'art. 37 del d.P.R. n. 131/86 e del successivo 
art. 38, nonch� degli artt. 27 e 35 d.P.R. n. 634/72 e ancora omessa 
.e insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della 
controversia, contesta la decisione impugnata nel merito. 

La prima censura � fondata e va accolta con assorbimento della 
.seconda. 

� appena il caso di ricordare che, in attuazione della riforma tributaria, 
l'art. l, comma 2, lett. F. del d.P.R. n. 636/72 ha attribuito alle 
�Commissioni Tributarie la cognizione delle controversie tra l'amministrazione 
finanziaria e i contribuenti in materia di imposta di registro, con la 
.conseguente carenza di giurisdizione del giudice ordinario in merito alle 
.dette controversie. 

Resta in vigore il previgente sistema di prenotazione a debito e suc.
cessiva riscossione delle imposte di registro afferenti agli atti dei giu


dizi compiuti nell'interesse delle persone e degli enti ammessi al gratuito 

patrocinio od assimilati, quali gli atti delle procedure fallimentari di 

cui agli artt. 91 e 133 della L. F. 

Tale sistema, peraltro, non costituisce deroga in punto di giurisdi


zione ai criteri di cui al citato art. 1 del d.P.R. del 1972, assumendo, 

rispetto al sistema di devoluzione generale alla competenza giurisdizio


nale delle Commissioni Tributarie delle controversie in materia tributaria, 

il carattere di un momento di accertamento della obbligazione fiscale 

(ai fini del successivo procedimento speciale di riscossione), che produce 

gli effetti di un qualsiasi �atto di accertamento� e consente, come 

tale, la possibilit� del ricorso al contenzioso tributario, secondo la <lisci


plina di quest'ultimo. 


PARlS I; Sl\Z, V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

621 

II �mezzo giuridico assegnato al .cancelliere per la riscossione delle 
somme iscritte a campione civile non integra,� perci� un decreto ingiuntivo 
del tipo disciplinato dal �codice processuale civile e non �, di conseguenza, 
opponibile davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice 
che lo ha emesso. 

Va, pertanto, esclusa la competenza funzionale della Corte torinese a 
conoscere l'opposizione de qua derivante dalla competenza monitoria 
delsuo presidente ai sensi dell'art. 43 att. c.p.c. e va affermata la competenza 
giurisdizionale delle Commissioni tributarie in tema di imposta di 
registra. 

. I�l. condusione; va accolto il primo motivo di ricorso e dichiarata la 
gilirisdizione delle ��Commissioni tributarie, con assorbimento del secondo 
motivo, attinente al merito: per l'effetto la sentenza impugnata 
va cassata senza rinvio. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. I, 14 dicembre 1991 n. 13502 -Pres. Favara 
-Est. Borruso -Martone (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Arena) c. Bontempi. 

Trlbuti erariali indiretti � Imposta di registro -Agevolazione per le case 
di abitazione non di luss() -Area s�operta . accessoria al fabbricato Limiti 
� Norme di piano. regolatore o di programma di fabbricazione � 
Disposizioni di vincolo paesaggistico � Parificazione � Esclusione. 
(legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; d.l. H dicembre 1967, n. 1150, art. 6-bis). 

Il principio dell'art. 6 bis del d. l. 11 dicembre 1967 n. 1150 secondo 
il quale l'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 prevista., 
per le case di abitazione non di lusso si estende all'area scoperta accessoria 
del fabbricato nella quantit� necessaria per poter eseguire la 
costruzione in conformit� delle norme di piano regolatore o di programma 
di fabbricazione non si estende alle superfici scoperte inedificabili 

. �.�� �.� .� . . I 

in favore di vincolo paesistico (1). 

(omissis) 11 ricorso �de quo� (perfettamente ammissibile essendo 
stato notificat(),. entro un anno dal deposito della dedsione�impugnata che 
non risulta notificata in precedenza, anno prolungato di un mese e mezzo 
per effetfo della legge sulle ferie giudiziarie, al domicilio dichiarato 
dalla . contribuente nel corso del procedimento tributario) � fondato 
per le seguenti concatenate ragioni: 

1) le Commissioni Tributarie hanno, in sostanza applicato, nella 
specie, l'analogia: esse, infatti, hanno ritenuto che una disposizione det


(1) Decisione da� condividere. Non constano precedenti in termini. 
l6 

-



622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tata in riferimento espresso ai Comuni dotati di piano regolatore generale 
o di programma di fabbricazione -quale � l'art. 6 ter della 1. 2 luglio 
1949 n. 408, cos� come modificato dalla 1. 7 fobbraio 1968 n. 26 -potesse 
estendersi alla diversa situazione di un terreno sul quale siano 
stati imposti dalla sovraintendenza delle Belle Arti vincoli parziali di 
inedificabilit�. 

2) Il ricorso alla analogia non � consentito in materia di conces� 
sione di agevolazioni tributarie a norma dell'art. 14 delle preleggi (come 
costantemente ritenuto nella giurisprudenza di questa Corte) che ammette 
in proposito solo l'interpretazione estensiva, la quale, per�, qui 
non � ravvisabile, non potendosi in alcun modo far rientrare nel concetto 
di piano regolatore o di programma di fabbricazione anche quello 
ben diverso, per natura e finalit�, dei vincoli paesaggistici imposti dalle 
Belle Arti; 

3) Anche a voler prescindere da quanto sopra, nella specie non 
sembra potersi applicare il principio � ubi eadem ratio, ibi eadem juris, 
dispositio � che dell'analogia � il presupposto. 

Se, infatti, si considera che la � ratio � del citato art. 6 ter consiste 
nella volont� da parte del legislatore di favorire la costruzione di case 
anche nei Comuni nei quali i piani regolatori o i programmi di fabbricazione 
impongono un determinato rapporto tra il volume fabbricabile 
e il terreno adiacente che deve rimanere inedificato, analoga intenzione 
del legislatore non � affatto presumibile per quei Comuni il cui 
territorio abbia un particolare valore paesaggistico e siano sforniti cli 
strumenti urbanistici: in essi � infatti, da presumere che non si vogliano 
affatto favorire le costruzioni, ma, al contrario, limitarle e che questo 
proprio sia lo scopo dei prnvvedimenti presi dalle Belle Arti per imporre, 
a chi voglia costruire, l'onere di acquistare una notevole estensione 
di terreno circostante da lasciare verde. Se, pure, quindi, l'effetto pratico 
� il medesimo in entrambi i casi, ben diverse possono ritenersi .le 
finalit� del legislatore, sicch� non appaia affatto ingiustificata la non 
estensione delle agevolazioni fiscali previste per i Comuni dotati di 
strumenti urbanistici a quei Comuni che ne siano sforniti, ma il cui 
territorio abbia rilevante valore paesaggistico: e ci� specie se si considera 
che il primo tipo di Comune � solitamente quello che presenta 
una forte concentrazione di popolazione per la cui vita sana e ordinata 
� parimenti necessario sia un piano regolatore (o un programma di 
fabbricazione) da rispettare quanto la costruzione di un numero di 
abitazioni corrispondenti alle esigenze (e di qui l'intento di favorirle 
mediante le agevolazioni fiscali), mentre per il secondo tipo di Comune 
la assenza di specifici strumenti urbanistici destinati a regolare lo sviluppo 
delle abitazioni e, contemporaneamente, la presenza di vincoli 


PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

paesaggistici fanno presumere che l'intento dell'Autorit� sia quello non 
di regolare lo sviluppo delle abitazioni, ma piuttosto, di impedirlo (o, 
quanto meno, frenarlo) per la preminenza di interessi ritenuti superiori 
a quello abitativo. 

4) Ci� spiega anche perch�, in tal caso, non si profila alcuna questione 
di illegittimit� costituzionale del citato art. 6 ter per sospetta 
violazione del principio di eguaglianza, trattandosi di situazioni aventi 
presupposti diversi che giustificano trattamenti diversi. (omissis) 


PARTE SECONDA 

l cui 
jresso


.dii.io 


40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l. 12 gennaio 1991, n. 6, art. 2, terzo comma, [convertito in legge 15 marzo 
1991, n. 80] (artt. 117, 118 e 119, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 19 dicembre 1991, n. 476, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. 

d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi secondo, terzo, quarto, quinto, settimo, 
ottavo e decimo [come convertito nella legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 4 
comma primo, n. 7; 9, comma primo, n. 10; 16, comma primo; 54, comma primo 
�ello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, ottavo comma, ultimo periodo [come 
convertito dalla legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 87 e 88 dello statuto per il 
Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

legge 19 febbraio 1991, n. 50, art. 3 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 9 dicembre 1991, n. 440, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

disegno di legge reg. Sicilia approvato il 16 aprile 1991, art. 1 (art. 17, lett. e, 
dello statuto siciliano e art. 97 della Costituzione). 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 387, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

disegno di legge approvato dall'Ass. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 31, 
lettere c) e g) (artt. 14 e 17 dello statuto siciliano e 119 della Costituzione). 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 



CONSULTAZIONI 


BELLEZZE NATURALI -Nulla osta paesistico -Se si applichi l'istituto del 
silenzio-assenso. 

Se per il nulla osta relativo alle trasformazioni di aree protette da 
vincolo paesistico sia configurabile il ricorso al silenzio-assenso in conformit� 
a quanto previsto per le concessioni edilizie (es. 9911/90). 

BENI -Immobili -Persone giuridiche -Societ� di persone -Autorizzazione 
all'acquisto -Immobili ubicati in zone di confine -Se sia necessaria. 

Se l'autorizzazione prefettizia per l'acquisto di immobili siti in zone 
di confine -la cui necessit� � esclusa per le persone giuridiche dall'art. 
9 L. n. 104/90 -sia o meno necessaria per le societ� di persone 
(es. 4726/91). 

CIRCOLAZIONE STRADALE -Violazione delle disposizioni relative al cronotachigrafo 
-Sanzioni -Limiti soggettivi. 

Se, nella ipotesi di violazione da parte del conducente di disposizioni 
relative all'utilizzazione del cronotachigrafo, sia configurabile, accanto 
alla responsabilit� dello stesso conducente, anche quella del titolare 
della autorizzazione al trasporto di cose (es. 688/91). 

COMUNIT� EUROPEE -Aiuti alla produzione -Olio di oliva -Rilevanza 
delle risultanze del catasto oleicolo. 

Se e quale rilevanza abbiano i dati del catasto oleicolo ai fini degli 
aiuti riconosciuti in conformit� alle norme comunitarie (es. 3740/91). 

DEMANIO -Concessione -Canone -Determinazione. 

In quale misura debba essere determinato il canone per la concessione 
di beni demaniali in seguito alla entrata in vigore della L. n. 692/ 
81 (es. 6598/91). 

FALLIMENTO -Procedure concursuali -Amministrazione straordinaria � 
Compensazione di crediti vantati nei confronti della impresa in bonis 
con debiti successivamente sorti nei confronti della gestione commissariale. 


Se, nella ipotesi di sottoposizione di impresa alla procedura di 
amministrazione straordinaria, siano suscettibili di compensazione crediti 
vantati nei confronti della impresa sorti precedentemente all'inizio 
della procedura concursuale con debiti sorti successivamente (es. 4970/ 
91). 



42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO -Agenti di P.S. e di P.G. -Difesa in giudizio. 

In quali ipotesi l'Agente di P.S. o di P.G. sottoposto a procedi-� 
mento possa avvalersi, ai fini del patrocinio, della disposizione agevolativa 
di etti all'art. 32 L. n. 152/75, alla luce del sopravvenuto art. 9� 

L. n. 232/90 (es. 2407/91). 
Dipendenti delle Universit� -Personale tecnico ed amministrativo Inquadramento. 


Come si debbano risolvere, ai fini dell'inquadramento del personale 
tecnico ed amministrativo dipendente da Universit�, talune questioni 
interpretative poste dall'art. 9 L. 23 novembre 1991 n. 21 (es. 5552/91). 

Sospensione cautelare dal servizio -Sospensione facoltativa -Efficacia. 
temporale. 

Se la disposizione concernente la efficacia temporale della sospensione 
cautelare contenuta nella L. n. 19/90 si applichi alle sospensioni 
dal servizio irrogate prima della entrata in vigore della legge stessa 
(es. 8847/90). 

MEZZOGIORNO -Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica -Risorse� 
non utilizzate -Se debbano essere ripartite tra i fondi di cui 
all'art. 12, comma IV, L. n. 64/86. 

Se le risorse del Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica 
costituito con l'art. 14 L. n. 46/82 che, alla fine di ogni gestione, 
risultino non utilizzate dagli imprenditori debbano rimanere nella disponibilit� 
del Fondo stesso per una successiva utilizzazione nell'esercizio 
successivo, ovvero debbano essere ripartite tra i vari fondi di cui al 
comma IV dell'art. 12 L. n. 64/86, destinati alla concessione di mutui 
a tasso agevolato (es. 7638/90). 

MISURE CAUTELARI -Errore giudiziario ed ingiusta detenzione -Riparazione 
-Se spetti per le detenzioni anteriori all'entrata in vigore del 
nuovo Codice di procedura penale. 

Se la riparazione per ingiusta detenzione di cui all'art. 314 c.p.p. 
spetti anche nel caso che la detenzione si sia conclusa anteriormente 
<lll'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale (es. 3469/91). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Programmi-contenitore destinati ai ragazzi Se 
operi il divieto di pubblicit�. 

Se il divieto di pubblicit~ nei cartoni animati operi anche con 
riferimento ai od. �programmi-contenitore�, nell'ambito dei quali, nel� 
l'intervallo tra la programmazione di cartoni animati, telefilm, documentari, 
vengano trasmessi annunci pubblicitari (es. 4903/91). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 4J 

REATO -Reati connessi a servizi postali -� Esperimenti di prova � -Se 
costituiscano attivit� di agente provocatore. 

Se i cosiddetti �esperimenti di prova� -attraverso i quali l'Amministrazione 
postale controlla la regolarit� delle prestazioni effettuate dai 
dipendenti, anche ai fini del rilievo di una eventuale attivit� penalmente 
rilevante -possano costituire attivit� assimilabile a quella dell'� agente 
provocatore� (es. 5989/87). 

SANIT� -Malattie epizaotiche -Abbattimento animali infetti -Indennit� Distruzione 
di prodotti contaminati -Se spetti. 

Se la indennit� prevista nella ipotesi di abbattimento di animali 
infetti spetti anche per la distruzione di materiale contaminato (es. 
5158/91). 

SANZIONI AMMINISTRATIVE (IN GENERALE) -Violazioni amministrative -Estinzione 
per oblazione -Confisca -Esperibilit�. 

Se, nel caso di estinzione per oblazione di un illecito amministrativo 
sanzionato con pena pecuniaria, sia possibile applicare la sanzione 
accessoria della sospensione della licenza prevista dall'art. 21, comma 4, 
della L. n. 689/81 (es. 9148/90). 

STRADE -Sclassificazione -Competenza ad emanare il decreto. 

Se il decreto di sclassificazione di strade in gestione all'ANAS 
debba essere emanato dal Direttore Generale dell'Azienda (su delega 
del Ministro dei LL.PP.), ovvero debba essere oggetto di decreto interministeriale 
del Ministro dei LL.PP. e del Ministro delle Finanze, in. 
considerazione della natura demaniale dei beni (es. 4938/90). 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -IRPEF -Versamento diretto tramite Istituto' 
di credito -Termine -Scadenza -Proroga. 

Se ai decreti di proroga dei termini in forza di decreto adottatoex 
D. Lgs. n. 1/48, applicabili per il versamento da parte di Istituto 
di credito, al quale sia conferita delega irrevocabile da parte del contribuente, 
di somme dovute a titolo di IRPEF, siano applicabili le 
modalit� di computo stabilite dall'art. 2963 e.e. (es. 3565/88). 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di consumo gas metano -Utilizzazione 
per la gestione di campeggi -Se sia applicabile o meno l'imposta 
per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali. 

Se il gas metano utilizzato per le necessit� della gestione di campeggi 
sia assoggettato all'aliquota di imposta di consumo prevista per 
impieghi diversi da quelli industriali, ovvero a quella per gli usi delle 
imprese artigiane, agricole e industriali (es. 8392/90). 


44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DElJ..O STATO 

.Imposta sul Valore Aggiunto -Canone di locazione -Somme corrisposte 
dopo la scadenza del contratto o in base a verbale di conciliazione Se 
siano assimilabili. 

Se, ai fini IVA, le somme dovute dal conduttore al locatore dopo 
1a scadenza del contratto ed in costanza di occupazione dell'immobile 
-e le somme corrisposte in base ad una conciliazione siano assimilabili 
.ai canoni di locazione (es. 4851/91) . 

.Imposta sul Valore Aggiunto -Regime IVA delle attivit� agricole -Se 
sia applicabile all'attivit� di �ingrasso� degli animali. 

Se rientri tra le attivit� agricole contemplate dall'art. 2135 e.e., ai 
fini della applicazione del regime IV A forfettario previsto dall'art. 34 

d.P.R. n. 633/72, l'attivit� limitata unicamente all'ingrasso di animali 
.della spede bovina (es. 5072/91). 
TRIBUTI (IN GENERALE) -Violazioni tributarie -Misure cautelari -Se debbano 
essere revocate in seguito a pronunzie non definitive delle Commissioni 
tributarie. 

Se le misure cautelari adottate a garanzia di debiti sorgenti da vio1azioni 
tributarie debbano essere revocate in seguito a pronunzie -negative 
per gli interessi erariali -adottate da Commissioni tributarie, 
non ancora definitive (es. 3859/91). 

TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale di pubblicit� -Regime delle vetrofanie 
su cabine telefoniche pubbliche. 

Se siano soggette alla imposta comunale di pubblicit� le vetrofanie 
recanti il marchio SIP apposte sulle cabine telefoniche pubbliche (es. 
7365/90). 

:Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani -Sgombero della 
neve -Applicabilit�. 

Se la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani si applichi 
anche allo sgombero della neve (es. 4349/91). 

1JSI CIVICI -Accertamento -Competenza. 

Se, tra le competenze trasferite alle Regioni in materia, rientri quella 
dell'accertamento della sussistenza di usi civici, ovvero se prevalga il 
.carattere giurisdizionale di detto accertamento (es. 8981/90). 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura penale, art. 11, terzo comma. 

Sentenza 31 ottobre 1991, n. 390, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. 

codice di procedura .penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui 
non prev�de che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il 
.giudice per le . indagini preliminari presso il tribunale che abbia emesso 
l'ordinanza di cui all'art. � 409, quinto comma, del medesimo codice. 

Sentenza 12 novembre 1991, n. 401, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. 

codice penale militl.'e di pace, art. 215, limitatamente alle parole � ovvero 
lo distrae a profitto proprio o di altri >>. 

Sentenza 13 dicembre 1991, n. 448, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. 

codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma, nella parte in 
cui non prevede che i reati ivi previsti siano puniti a richiesta del comandante 
di altro ente superiore, allorch� il comandante del corpo di appartenenza 
del militare colpevole sia la persona offesa dalla condotta contestata. 

Sentenza 13 dicembre 1991, n. 449, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, primo comma, nella parte in cui non 
prevede, nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno 
in rappo1;to di . lavoro a. tempo parziale e viceversa, il proporzionamento dell'ammontare 
dell'indennit� premio di servizio ai periodi pregressi di servizio 
.a tempo pieno o, rispettivamente, ai periodi di servizio a tempo parziale. 

Sentenza 22 novembre 1991, n. 421, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. 

legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44, ultimo comma, e d.P.R. 23 dicembre 1978, 

n. !�lS, art. 40, terzo comma, nella parte in cui non consentono al coniuge 
superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto 
successivamente alla data in cui sono state contratte le ferite o malattie dalle 
.quali � derivata la morte del militare o d�l civile, sia durato, senza che sia 
nata prole .ancorch� postuma, meno di un anno. 
Sentenza 13 dicembre 1991, n. 4SO, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. 

legge 15 dicembre 1972, n, 772, art. 8, terzo comma, nella parte in cui 
non prevede che l'espiazione della pena da parte di chi, al di fuori dei casi 
di ammissione ai benefici .concessi dalla suddetta legge, rifiuta, in tempo di 
pace, per i motivi di coscienza indicati nell'art. 1 della predetta legge, il servizio 
militare di leva, dopo averlo assunto, esonera dalla prestazione del 
:Servizio militare. 

Sentenza 19 dicembre 1991, n. 467, G.U. 24 dicembre 1991, n. Sl. 



16 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Campania 3 luglio 1973, n. 14, art. 7. 

Sentenza 31 ottobre 1991, n. 389, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter [nel testo introdotto dall'art. 13 della 
legge 10 ottobre 1986, n. 663], nella parte in cui non prevede che la reclusione 
militare sia espfata in detenzione domiciliare quando trattasi di � persona 
in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti con� 
tatti con i presidi sanitari territoriali �, 

Sentenza 19 novembre 1991, n. 414, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. 

d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 40, terzo ci>mma, e legge 18 marzo 1968, 
n. 313, art. 44 ultimo comma, nella parte in cui non consentono al coniuge 
superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto 
successivamente alla data in cui sono state contratte le ferite o malattie dalle 
quali � derivata la morte del militare o del civile, sia durato, senza che sia 
nata prole ancorch� postuma, meno di un anno. 
Sentenza 13 dicembre 1991, n. 450, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma, nella parte in cui non 
prevede che la causa di ineleggibilit� a consigliere regionale del dipendente 
regionale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo 
comma dello stesso art. 2. 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 388, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

legge 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, primo comma, nella parte in cui non 
eccettua dalla limitazione della responsabilit� del vettore per i danni derivanti 
da perdita o avaria delle cose trasportate il caso di dolo o colpa grave. 

Sentenza 22 novembre 1991, n. 420, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. 

legge 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, primo comma, nella parte in cui non 
prevede un meccanismo di aggiornamento del massimale prescritto per l'ammontare 
del risarcimento. 

Sentenza 22 novembre 1991, n. 420, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 28 ottobre 1986, n. 42, art. 3. 

Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

legg" 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, direttiva n. 18, nell'inciso � eccezion 
fatta per i reati commessi in udienza �. 

Sentenza 31 ottobre 1991, n. 390, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 1989, n. 36, art. 1. 

Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U; 18 dicembre 1991, n. 50. 



� PARTE II, RASSEGNA J:)I LEGISLAZIONE Jl 

d,l. 12 gennaio 19911 n.. 6, art. 5;. qullito comma, . .[convertito in legge. 15 mar-Z<> 
19!U., n< 80], nella partedn cui prevede l'iscrizione nello stato di previsione del 
Ministero; dell'Interno dell'autorizzazione di �spesa per le finalit� di cui alla 
legge. 23 marzo 1981, n. 93 e successive inodificazioni e ne fissa le modalit� 
di ripartizione, al;IZicM nsc~~ione dell'a.t:<>rizzazione nei. capitoli dello stato di 

previsione d�lla ��spesa. per i finanziain�hti .11,lle . regio:iii destinati. alle finalit� 
Predette. 
. . . S~~tenza 19 diceil1bre 19~1, n. 476, G.u: 24 dicembre 1991, n. SL 

decreto-legge 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi settimo e ottavo [come: 
convertito C'la�JaJegge4. aprile 1991, n. nu.. nella.parte in ;cui attribuiscono al 
Commiss11,rio det gi:w~rno i poteri so.stit.t:ivi1 ivi previsti. 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

. .. .. . ... .. 

legge 1 febbrafo 1991, n. 42, artt. 2, secondo e terzo comma, e 7, secondo. 
collll�l�. 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 384, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

disegno df legge aipprovato dall'J\$s. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 30, 
nella parte in cui non prevede che l'organo competente per il controllo sugli 
atti delle unit� sanitarie focali sia W.tegi?ato da un rappres�ntante del Ministero 
del tesoro e da un espert� ix,( i:I).ateria sanitaria designato dai consiglio 
regio~le. 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

II -QUESTIONI DICHJAAATE NON FONDATE 

Codice civile, art. 244, ultimo ~a(nel testo sostituito dall'art. 81 della 
legge 4 maggio 1983, n. 184] (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Sentenia 27 novembre 1991, n. 429, G.ri. 4 c:licembre 1991, ri. 48. 

codice dl procedura civile, art. 444, terzo comma (artt. 3, 24 e 25 della 
Costituzione). 

Sentenza 19 dicembre 1991, n. 477, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. 

codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui 
non prevede l'incompatibj�~ del giudice per le indagini preliminari . presso 
il tribunale che abbia dispo11to il giudizio immediato a partecipare ai giudizio. 
abbreviato (artt. 25 e 101 della Costituzione). 

Sentenza 12 novembre 1991, n..401, G.U: 20 novembre 1991, n. 46.. 


38 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui 
non prevede l'incompatibilit� del giudice per le indagini preliminari presso 
il tribunale che ha emesso l'ordinanza di cui al predetto art. 409, quinto 
comma, a partecipare all'udienza preliminare (artt. 76 e 77 della Costituzione). 

Sentenza 12 novembre 1991, n. 401, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. 

r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267, art. 50 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 31 ottobre 1991, n. 393, G.U. 13 novembre 1991, n. 45. 

r.d, 28 aprile 1938, n. 1165, art. 32 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 19 novembre 1991, n. 419, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 [nel testo sostituito dall'art. 11 della 
legge 21 marzo 1990, n. 53] (artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 13 dicembre 1991, n. 452, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. 

legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 3, 4, 5 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 22 novembre 1991, n. 423, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. 

legge reg. Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2 (artt. 2, 
3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione). 

Sentenza 13 dicembre 1991, n. 454, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

d.P.R. 31 ottobre 1967, n. 1401, art. 1, primo comma, lett. b) (artt. 56, 57 e 65 
dello statuto speciale reg. Friuli-Venezia Giulia). 
Sentenza 31 ottobre 1991, n. 392, G.U. 13 novembre 1991, n. 45. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 27 novembre 1991, n. 430, G.U. 4 dicembre 1991, n. 48. 


legge 29 ottobre 1971, n. 889, art. 27 (artt. 3 e 52, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 19 dicembre 1991, n. 469, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39, primo comma (artt. 3, primo comma, 
e 97, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 12 novembre 1991 n. 404, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. 

legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 1, n. 1, lett. b)(artt. 3, secondo comma, 36, 
primo comma, 38, secondo comma, 41, primo e secondo comma, 97, primo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 9 dicembre 1991, n. 439, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. I 

I 

I 

I

I 

...............~ 



PARTE II; RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

. legge pl.'.ov. Trento 9 dice1DbJ:e 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3 (artt.S, 116 e 117 
della Costittizione)~ � � � .�. � � � � 
Sentenza 13 dicemb:re 1991, n. 4S4, G,U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

d.}'.R,. ZO. dicembl'e .. 1979~. n, 761, iU't, .53 (artt. 3 .�e 38, secondo .. comma, della 
Cost~~tiz~9i;ie).�� � �������. ��. � � / � � ���� / /� ��� � � � � . , < � ��� / .�. �.� �.�.. � 
Sente~a 9 dicemln;e 1991, n. 440><G.U. 18 dicembre 1991; Il� 50. 

legge reg. Ve11etc;1 .s. maggi,o. 1980, n. 47, art, 13,. quartc;1. comma (artt. 3, 41, 
primo comma, e 117 della Costituzione). � � � � � � �� 

�.. Serite~a 19 dicembre ;l991 .n,478, G.U.. 24 ~icembre 1991, n. 51. 
legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 11, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 12 novembre 1991, n. 402, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. 

legge 1 luglio 1982, n. 426, art. 4, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 12 novembre 1991, n' 403, G.U. 20 novembre 1991, n�. 46. 

decreto legge 12 settembre 19831 n� 463, .art. 6, settimo �c;1~a.. [convertito 
in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3. e .38 della Costituzione). 
Sentenza 19 novembre 1991, n. 418, G;U; 27 novembre 1991, n. 47. 

legge .n agosto .1985, n. 45f), !ll""~ .. 1, primo co:w,nia .(art. 3 della �Cos~ituzione). 
Sentenza 22 novembre 1991; il. 420, G.U. 27 novembre 1991, n; 47. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42, artt. 1 e 2 (artt. 4, 

n. 
12 e 6, n. 3, dello statuto spec. reg. Friuli-Venezia Giulia). 
Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 
d.P.R. 15 gennaio 1987, n .469, art. 6, terzo comma (artt. 4, n. 12 e 6, n. 3, 
dello statuto spec. reg. Friuli-Venezia Giulia). 
Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

legge 5 agosto 1988, n. 341, art. 1 (artt. 3, 24, 102, 104, primo comma e 108, 
secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 13 dicembre 1991, n. 451, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

dJgs. 28 luglio 1989, n. 27, art. 247, primo e secondo comma (artt. 101, 
�capoverso, e 111, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 19 dicembre 1991, n. 470, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. 

d.l. 
27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, comma quarto-quinqules [convertito in 
legge 
28 febbraio 1990 n. 37] (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 9 dicembre 1991, n. 440, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l. 12 gennaio 1991, n. 6, art. 2, terzo comma, [convertito in legge 15 marzo 
1991, n. 80] (artt. 117, 118 e 119, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 19 dicembre 1991, n. 476, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. 

d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi secondo, terzo, quarto, quinto, settbno, 
ottavo e decbno [come convertito nella legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 4 
comma primo, n. 7; 9, conima primo, n. 10; 16, comma primo; 54, comma primo 
�ello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

dJ; 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, ottavo comma, ultbno periodo [cOIDe 
convertito dalla legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 87 e 88 dello statuto per il 
Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

legge 19 febbraio 1991, n. 50, art. 3 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 9 dicembre 1991, n. 440, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. 

disegno dMegge reg. Sicilia approvato il 16 aprile 1991, art. 1 (art. 17, lett. e, 
dello statuto siciliano e art. 97 della Costituzione). 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 387, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 

disegno di legge approvato dall'Ass. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 31, 
lettere e) e g) (artt; 14 e 17 dello statuto siciliano e 119 della Costituzione). 

Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. 


PARTE SECONDA 



CONSULTAZIONI 


BELLEZZE NATURALI -Nulla osta paesistico -Se si applichi l'istituto del 
silenzio-assenso. 

Se per il nulla osta relativo alle trasformazioni di aree protette da 
vincolo paesistico sia configurabile il ricorso al silenzio-assenso in conformit� 
a quanto previsto per le concessioni edilizie (es. 9911/90). 

BENI -Immobili -Persone giuridic.he -Societ� di persone -Autorizzazione 
all'acquisto -Immobili ubicati in zane di confine -Se sia necessaria. 

Se l'autorizzazione prefettizia per l'acquisto di immobili siti in zone 
di confine -la cui necessit� � esclusa per le persone giuridiche dall'art. 
9 L. n. 104/90 -sia o meno necessaria per le societ� di persone 
(es. 4726/91). 

CIRCOLAZIONE STRADALE -Violazione delle disposizioni relative al cronotachigrafo 
-Sanzioni -Limiti soggettivi. 

Se, nella ipotesi di violazione da parte del conducente di disposizioni 
relative all'utilizzazione del cronotachigrafo, sia configurabile, accanto 
alla responsabilit� dello stesso conducente, anche quella del titolare 
della autorizzazione al trasporto di cose (es. 688/91). 

COMUNIT� EUROPEE -Aiuti alla produzione -Olio di oliva -Rilevanza 
delle risultanze del catasto oleicolo. 

Se e quale rilevanza abbiano i dati del catasto oleicolo ai fini degli 
aiuti riconosciuti in conformit� alle norme comunitarie (es. 3740/91). 

DEMANIO -Concessione -Canone -Determinazione. 

In quale misura debba essere determinato il canone per la concessione 
di beni demaniali in seguito alla entrata in vigore della L. n. 692/ 
81 (es. 6598/91). 

FALLIMENTO -Procedure concursuali -Amministrazione straordinaria � 
Compensazione di crediti vantati nei confronti della impresa in bonis 
con debiti successivamente sorti nei confronti della gestione commissariale. 


Se, nella ipotesi di sottoposizione di impresa alla procedura di 
amministrazione straordinaria, siano suscettibili di compensazione crediti 
vantati nei .confronti della impresa sorti precedentemente all'inizio 
della procedura concursuale con debiti sorti successivamente (es. 4970/ 
91). 



42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO -Agenti di P.S. e di P.G. -Difesa in giudizio. 

In quali ipotesi l'Agente di P.S. o di P.G. sottoposto a procedimento 
possa avvalersi, ai fini del patrocinio, della disposizione agevolativa 
di cui all'art. 32 L. n. 152/75, alla luce del sopravvenuto art. 9� 

L. n. 232/90 (es. 2407/91). 
Dipendenti delle Universit� -Personale tecnico ed amministrativo 
Inquadramento. 

Come si debbano risolvere, ai fini dell'inquadramento del personale 
tecnico ed amministrativo dipendente da Universit�, talune questioni 
interpretative poste dall'art. 9 L. 23 novembl'e 1991 n. 21 (es. 5552/91) .. 

Sospensione cautelare dal servizio -Sospensione facoltativa -Efficacia 
temporale. 

Se la disposizione concernente la efficacia temporale della sospensione 
cautelare contenuta nella L. n. 19/90 si applichi alle sospensioni 
dal servizio irrogate prima della entrata in vigore della legge stessa 
(es. 8847/90). 

MEZZOGIORNO -Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica -Risorse� 
non utilizzate -Se debbano essere ripartite tra i fondi di cui 
all'art. 12, comma IV, L. n. 64/86. 

Se le risorse del Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica 
costituito con l'art. 14 L. n. 46/82 che, alla fine di ogni gestione, 
risultino non utilizzate dagli imprenditori debbano rimanere nella disponibilit� 
del Fondo stesso per una successiva utilizzazione nell'esercizio 
successivo, ovvero debbano essere ripartite tra i vari fondi di cui al 
comma IV dell'art. 12 L. n. 64/86, destinati alla concessione di mutui 
a tasso agevolato (es. 7638/90). 

MISURE CAUTELARI -Errore giudiziario ed ingiusta detenzione -Riparazione 
-Se spetti per le detenzioni anteriori all'entrata in vigore de! 
nuovo Codice di procedura penale. 

Se la riparazione per ingiusta detenzione di cui all'art. 314 c.p.p. 
spetti anche nel caso che la detenzione si sia conclusa anteriormente 
all'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale (es. 3469/91). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Programmi-contenitore destinati ai ragazzi Se 
operi il divieto di pubblicit�. 

Se il divieto di pubblicit� nei cartoni animati operi anche con 
riferimento ai cd. �programmi-contenitore�, nell'ambito dei quali, nell'intervallo 
tra la programmazione di cartoni animati, telefilm, documentari, 
vengano trasmessi annunci pubblicitari (es. 4903/91). 


PARIB II, CONSULTAZIONI 4J 

REATO -Reati connessi a servizi postali -�Esperimenti di prova � -Se 
costituiscano attivit� di agente provocatore. 

Se i cosiddetti �esperimenti di prova� -attraverso i quali l'Amministrazione 
postale controlla la regolarit� delle prestazioni effettuate dai 
dipendenti, anche ai fini del rilievo di una eventuale attivit� penalmente 
rilevante -possano costituire attivit� assimilabile a quella dell'� agente 
provocatore� (es. 5989/87). 

SANIT� -Malattie epizaotiche -Abbattimento animali infetti -Indennit� Distruzione 
di prodotti contaminati -Se spetti. 

Se la indennit� prevista nella ipotesi di abbattimento di animali 
infetti spetti anche per la distruzione di materiale contaminato (es. 
5158/91). 

SANZIONI AMMINISTRATIVE (IN GENERALE) � Violazioni amministrative -Estinzione 
per oblazione -Confisca -Esperibilit�. 

Se, nel caso di estinzione per oblazione di un illecito amministrativo 
sanzionato con pena pecuniaria, sia possibile applicare la sanzione 
accessoria della sospensione della licenza prevista dall'art. 21, comma 4, 
della L. n. 689/81 (es. 9148/90). 

STRADE -Sclassificazione -Competenza ad emanare il decreto. 

Se il decreto di sclassificazione di strade in gestione all'ANAS 
debba essere emanato dal Direttore Generale dell'Azienda (su delega 
del Ministro dei LL.PP.), ovvero debba essere oggetto di decreto interministeriale 
del Ministro dei LL.PP. e del Ministro delle Finanze, in 
considerazione della natura demaniale dei beni (es. 4938/90). 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI � IRPEF . Versamento diretto tramite Istituto' 
di credito -Termine -Scadenza -Proroga. 

Se ai decreti di proroga dei termini in forza di decreto adottate> 
ex D. Lgs. n. 1/48, applicabili per il versamento da parte di Istituto 
di credito, al quale sia conferita delega irrevocabile da parte del contribuente, 
di somme dovute a titolo di IRPEF, siano applicabili le 
modalit� di computo stabilite dall'art. 2963 e.e. (es. 3565/88). 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di consumo gas metano -Utilizzazione 
per la gestione di campeggi -Se sia applicabile o meno l'imposta 
per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali. 

Se il gas metano utilizzato per le necessit� della gestione di campeggi 
sia assoggettato all'aliquota di imposta di consumo prevista per 
impieghi diversi da quelli industriali, ovvero a quella per gli usi delle 
imprese artigiane, agricole e industriali (es. 8392/90). 


44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.Imposta sul Valore Aggiunto -Canone di locazione -Somme corrisposte 

dopo la scadenza del contratto o in base a verbale di conciliazione 


Se siano assimilabili. 

Se, ai fini IVA, le somme dovute dal conduttore al locatore dopo 
1a scadenza del contratto ed in costanza di occupazione dell'immobile 
<e le somme corrisposte in base ad una conciliazione siano assimilabili 
.ai canoni di locazione (es. 4851/91). 

Imposta sul Valore Aggiunto -Regime IVA delle attivit� agricole -Se 
sia applicabile all'attivit� di �ingrasso� degli animali. 

Se rientri tra le attivit� agricole contemplate dall'art. 2135 e.e., ai 
fini della applicazione del regime IV A forfettario previsto dall'art. 34 

d.P.R. n. 633/72, l'attivit� limitata unicamente all'ingrasso di animali 
.della specie bovina (es. 5072/91). 
TRIBUTI (IN GENERALE) -Violazioni tributarie -Misure cautelari -Se debbano 
essere revocate in seguito a pronunzie non definitive delle Commissioni 
tributarie. 

Se le misure cautelari adottate a garanzia di debiti sorgenti da vio1azioni 
tributarie debbano essere revocate in seguito a pronunzie -ne_
gative per gli interessi erariali -adottate da Commissioni tributarie, 
non ancora definitive (es. 3859/91). 

TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale di pubblicit� -Regime delle vetrofanie 
su cabine telefoniche pubbliche. 

Se siano soggette alla imposta comunale di pubblicit� le vetrofanie 
:recanti il marchio SIP apposte sulle cabine telefoniche pubbliche (es. 
7365/90). 

Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani -Sgombero della 
neve -Applicabilit�. 

Se la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani si applichi 
anche allo sgombero della neve (es. 4349/91). 

1JSI CIVICI -Accertamento -Competenza. 

Se, tra le competenze trasferite alle Regioni in materia, rientri quella 
<dell'accertamento della sussistenza di usi civici, ovvero se prevalga il 
.carattere giurisdizionale di detto accertamento (es. 8981/90).