ANNO XLIII N. 4 OTTOBRE -DICEMBRE 1991 ~A��JEGNA AWV(Q)CA1rUI~A JIJ)JEJLJLCQ) �1rA1r(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTlfUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1992 ABBONAMENTI ANNO 1992 ANNO � . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 45.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 12.000 Per abbonamertti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Ital, Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (4219059) Roma, 1992 ~ Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -'P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del /'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. 393 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) . . . � 424 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e Antonio Cingolo) . . . . . . . . . . . . . . . � 459 Sezione quarta; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a /'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . cura del � 541 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a vocato Carlo Bafile) . . . . . . . cura dell'av � 555 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI �RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . CONSULTAZIONI . pag. � 35 41 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafanl La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I. F. CARAMAZZA e G. M. DE SocIO, Concessione di committenza e giurisdizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. 459 I. F. CARAMAZZA e G. PALMIERI, L'attivit� della SIAE nella gestione economica dei diritti d'autore . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 393 G. D'AMATO, Improponibilit� del ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 515 O. FIUMARA, Amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi: mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento1 di azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 436 O. FIUMARA, Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� Europee nel corso dell'anno 1991 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. . I, 424 G. PALMIERI, Brevi considerazioni in tema di diniego di rinnovazione alla prima scadenza del contratto) di locazione di immobili stipulato dallo Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 507 U. PERRUCCI, La competenza in materia di infrazioni valutarie pregresse ritorna al Tribunale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 503 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ATTO AMMINISTRATIVO - Procedimento -Legge 7 agosto 1990, n. 241 -Disciplina regolamentare Assunzione di informazionida parte dello Stato nei procedimenti di competenza regionale -Conflitto di attribuzioni -Potere dello Stato � Sussistenza, 419. COM.UNITA: EUROPEE -Ravvicinamentoi delle legislazioni Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, con nota di O. FIUMARA, 435. -Ravvicinamento1 delle legislazioni Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese � Procedura di amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi � Continuazione dell'esercizio di impresa, con nota di O. FIUMARA, 435. -Ravvicinamento delle legislazdoni Tutela dei lavoratori subordinati in caso di insoilvenza del datore di lavoro -Mancata attuazione della direttiva � Diritti dei lavoratori Non azionabilt� davantti ai giudici nazionali -Risarcimento danni, 448. -Transito comunitario � Garanzia Liberazione del garante, con nota di 1. M. BRAGUGLIA, 430. CONTRATTI (IN GENERALE) -Contratti della pubblica Amministrazione � Approvazione dell'organo di controllo � Mancanza � Annullabdlit� del contratto � Deducibilit� da parte del privato, 490. COSA GIUDICATA CIVILE -Giurisdizione -Pronunzia resa da Giudice diverso dalla Corte di Cassazione -Non acquista autorit� di giudicato, 527. ENTi PUBBLICI -S.I.A.E. � Posizione giuridica -Supremazda -Obbligo di coll1trattare � Divieto di discriminazione ai sensi dell'art. 2597 e.e. � Applicabilit�, con nota di I. F. CARAMAZZA e G. PALMIERI, 393. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA: -Occupazione d'urgenza per esigenze militari � Irragionevole protrarsi del!' occupazione -Irreversibile trasformazione dell'area -Effetto acquisitivo in favore della p.a. -Ammissibilit�, 482. GIURISDIZIONE CIVILE -Diritti sindacali � Diritti in senso stretto e diritti � correlati � � Cognizione del giudice ordinario e del giudice ammiruistrativo -L. n. 146/90, 540. - Impiego pubblico � Instaurazione del rapporto � Violazione del divieto di intermediazione di mano d'opera � Giurisdizione del Giudice amministrativo, 527. IMPIEGO PUBBLICO -Stato giuridico -Differen2liazioni dall'impiego privato � Contrasto con artt. 3 e 24 Cost. � Infondatezza, 541. -Stipendi e assegni � Indebito (ripetizione) � Presupposti -Contrasto di giurisprudenza -Rimessione al!' Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 546. -Trattamento economico � � Restitutio in integrum � a seguito di annullamento giudiziale -Presupposti Limiti, 541. ISTRUZIONE E SCUOLE -Istituti tecnici -Spese di gestione Obbligo a carico delle Provincie Limiti, 533. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LAVORO -Dipendenti da imprese di pubblici trasporti -Turni domenicahl. programmati -Previsioni retributive della contrattazione collettiva � Interpretazione, 493. -Prestazioni domenicali Ristoro sotto forma monetaria o altra forma compensativa, 493. -Sindacati -Condotta antisindacale del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica -Ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 � Improponibilit�, con nota di G. D'AMATO, 514. -Trattamento ecQ/nomico-normativo concordato in sede collettiva � Contrariet� ai precetti dell'art. 36 Cost. � Criteri interpretativi, 493. LOCAZIONE -Immobili urbani adibiti ad attivit� ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche nonch� a sedi di partiti o sindacati e condotti in locazione dallo Stato � Diniego di rinnovazione del contrattQI alla prima scadenza, con nota di G. PALMIERI, 507. OPERE PUBBLICHE -Concessione � Bando di gara di appalto predisposto dal concessionani. o � Controversia -Giurisdizione amministrativa, con nota di I. F. CARAMAZZA e G. M. DE SOCIO, 459. PENSIONI -Credito soddisfatto in ritardo -Domanda di rivalutazione unica ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. � Giurisdizione della Corte dei Conti, 537. PROCEDIMENTO CIVILE -Rito del lavoro -Domande non accolte o non esaminate -Onere per la parte vittoriosa di riproporle in appello, 487. REGIONI -Legge regionale � Efficacia retroattiva -Ammissibilit� � Condizioni � RagiOlnevolezza, 416. RESPONSABILITA CIVILE -Pubblica Ammimstrazione -Comportamento del dipendente -Riferibilit� alla p.A., 525. TRASPORTI -Ferrovie -Citazione dell'Ente Ferrovie dello Stato � Obbligo della notifica presso l'Avvocatura dello Stato, 487. - Ferrovie -Concessione all'industria privata -Dichiarazii.one di decadenza e nomina di commissario governativo per la gestione � Passaggio automatico della ferrovia all'Ente Ferrovie dello Stato � Insussistenza, 531. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche e imposta locale sui redditi Reddito di impresa -Laboratorio di analisi cliniche � Pu� essere qualificato impresa, 605. -Imposta sul reddito delle persone giuridiche -Enti non comerciali Interessi passivi sui mutui fondiari - Deducibilt� -Esclusione, 555. -Soggetti passivi � Sostituto di imposta -Curatore del fallimento Esclusione, 582. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registrO\ -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Area scoperta accessoria al fabbricato -Limiti � Norme di piano regolatore o di programma di fabbricazione -Disposizioni di vincolo paesaggistico -Parificazione -Esclusione, 621. -Impoista di registro -Imposta complementare -Imposta dovuta per effetto di decadenza da agevolazione -Solidariet� -Limitazione alla parte a cui � imputabile il fatto che ha prodotto la decadenza, 598. INDICE ANALITICO-ALFABBTICO DELLA GIURISPRUDENZA -Imposta di registro � Trasferimento di azienda -EsCiusione di taluni elementi � Possibilit�; 5n -Imposta di successione -Donazione Coacervo di precedenti donazioni allo stesso donatario -Va eseguito ai fini della determinazione della aliquota, 595. -Imposta di successione � Soggetti passivi -Curatore di eredit� benefieiata -Impugnazione dell'accertamento -Difetto di legittimazione, .597. .-Imposta sul valore aggiunto -Accertamento -Presunzioni -Percentuale di ricartlcQI � Ammissibilit� � Attendibilit� della percentuale � Questione di valutazione estimativa, 601. -Imposta sul valore aggiunto � Ri� valsa di imposta non dovuta �~ Azione di rimborso del cessionario verso l'Amministrazione Finanziaria � Inammissibilit�, 613. TRIBUTI IN GENERE -Acertamento � MotivaZJi.one . Funzione � Mutamento in giudizio dei presupposti di fatto � Inammissibilit�, 560. -Accertamento � Motivazione � Imposta di registro � Cessione di azienda -Sufficienza, 569. -Accertamento � Motivazione . Imposta di registro � Criteri stabiliti nella legge � Tassativit� -EsclusiOllle, 570. -Accertamento � Motivazione � Imposta di registro � Requisiti, 569. -Accertamento -Motivazione � Imposta dti registro -Sufficienza, 570. -Accertamento � Qualificazione giuridica del soggetto passivo . Mutamento in sede contenziosa . Societ� di fatto e organizzazione di persone � Inammissibilit�, 560. -Accertamento tributario � Motivazione � Provvedimento sulla spettanza di esenzioni � Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso Difformit� dalla normativa urbanistica � Richiamo alla norma violata � Sufficienza, 587. -Contenzioso tributario � Accertamento � Nozione � Atto dti diniego di assegnazione � Impugnazione � Difetto� Definitivit�, 577. -Contenzioso tributario � Competenza e giurisdizione -Provvedimento impugnabile � Imposta di registro prenotata a debito � Liquidazione ex art. 43 disp. att. cod. proc. civ. � Ricorso alla commissione tributaria � Ammissibilit�, 619. -Contenzioso tributario � Prova � Insufficiente . documentazione � Dc>vere della commissione di acquisirla, 579. -Dichiarazione � Effetti � Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili � Rettifica del valore finale � Modifica del valore !iniziale da parte del contribuente � Possibilit� � Domanda espressa in giudizio � � Necessit�, 586. -Repressione delle violazioni � Iscrizione di ipoteca legale � Art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 � Giudizio d'opposizione � Natura . Giudizio di convalida � Esclusione, 607. -Repressione delle violazioni � Sanzioni � Pena pecuniaria � Riduzione ex d.m. 1� settembre 1931 � Applicabilit� alla soprattassa � Esclusione, 602. TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili � Dichiarazione � � Spedizione a mezzo del servizio postale � Rilevanza d.ella data di consegna all'ufficio postale � Esclusione, 593. URBANISTICA -Costruzione abusiva � Gratuita acquisizione al patrimonio comunale dell'area di sedime � NO!ll opera nei confronti del proprietario . dell'area estraneo all'abusivismo, 412. VALUTA -Infrazioni valutarie � Decreti m1msteriali emessi anteriormente all'entrata in vigore del D.P.R. 454/87 � Impugnativa giurisdizionale � Competenza funzionale del Pretore � Esclusione, con nota di U. PERRUCCI, 503. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 15 maggio 1990, n. 241 . 15 lugldo 1991, n. 345 . . 31 ottobre 1991, n. 389 . . 13 dicembre 1991, n. 465 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 4 sez., 15 maggio 1991, nella causa C-328/89 . . . . . . . Sed. plen., 25 luglio 1991, nella causa C-362/89 . . . . . Sed. plen., 19 novembre 1991, nella cause riunite C-6 e 9/90 . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 29 dicembre 1990, n. 12221 Sez. I, 7 marzo 1991, n. 2427 . . . Sez. Un., 3 maggio 1991, n. 4874 . . Sez. III civ., 8 luglio 1991, n. 7529 . Sez. I, 15 luglio 1991, n. 7842 . Sez. I, 15 luglio 1991, n. 7844 . Sez. I, 17 luglio 1991, n. 7959 . Sez. I, 19 luglio 1991, n. 8033 . Sez. I, 9 agostd 1991, n. 8678 . Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8692 . Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8696 . Sez. I, 7 settembre 1991, n. 9429 . Sez. I, 7 settembre 1991, n. 9443 . Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606. Sez. I, 24 settembre 1991, n. 9965 . Sez. Un., 8 ottobre 1991, n. 10513. . Sez. Un., 14 ottobre 1991, n. 10769 . Sez. I, 16 ottobre 1991, n. 10899 . . Sez. I, 28 ottobre 1991, n. 11459 . . Sez. III civ., 5 novembre 1991, n. 11756 . Sez. I, 5 novembre 1991, n. 11789 . Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12027 . Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12127 . Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12220 . Pag. 393 )} 412 )} 416 )} 419 Pag. 430 )} 435 )} 44ls Pag. 459 � � � � � )} � � � � � � � � � " � � � � � � � 482 487 490 560 555 560 569 573 569 570 577 579 582 586 493 587 593 503 507 595 597 598 601 INDICE CRONOLOGICO DELLA Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12222 . . Sez. I, 20 novembre 1991, n. 12444 . . Sez. Un., 22 ndvembre 1991, n. 12589 . Sez. Un., 22 novembre 1991, n. 12590 . Sez. Un., 28 novembre 1991, n. 12770 . . Sez. III civ., 3 dicembre 1991, n. 12960 . Sez. Un. Civ., 4 dicembre 1991, n. 13074 . Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 13167 . . . Sez. Un. Civ., 6 dicembre 1991, n. 13169 . Sez. Un., 11 dicembre 1991, n. 13408 . . . Sez. I, 14 dicembre 1991, n. 13502 . . . . Sez. Un. Civ., 20 dicembre 1991, n. 13754 . Sez. I, 23 dicembre 1991, n. 13858 . . . . PRETURA DI ROMA GIURISPRUDENZA IX: Pag. 602'. )) 605 )) 607 )) 613: )) 61g )) 525 )) 527 )) 531 )) 533: )) 537 )) 621 )) 5401 )) 570! Sez. Lavoro, decreto 7 novembre 1991, n. 97890 . . . . . . . . . . . . Pag. 514 GIURISDIZIONI AM.MINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 10 dicembre 1991, n. 10 . Pag. 541 Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 941 . )) 546 Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 943 . )) 546 Sez. IV, ord. 17 dicembre 1991, n. 1121 . � 546 Sez. VI, ord. 9 ottobre 1991, n. 628 . . � 546 PARTE SECONDA :RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PARTE SECONDA :RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -Ouestioni di legittimit� costituzionale: I -Norme dichiarate incostituzionali . Pag. 35 II -Questioni dichiarate non fondate . � 37 CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . � 41 I I II I I PARTE PRIMA .. ~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE �CORTE COSTITUZIONALE, 15 maggio 1990 n. 241 -Pres. Saja -Red. Spagnoli " S.p.A. Telemilano ed altri (avv. Vassalli) c. Presidenza Consiglio Ministri (avv. Stato Caramazza). Enti pubblici -S.I.A.E. -Posizione giuridica -Supremazia -Obbligo di contrattare -Divieto di discriminazione ai sensi dell'art. 2597 e.e. -Ap� plicabilit�. Non � fondata, in riferimento agli artt. 3, 23 e 41 della Costituzione, .la norma dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941 n. 633, in quanto la posi� zione della Societ� Italiana degli Autori ed Editori, sulla questione esclusiva dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno, come .individuata da detta norma, deve qualificarsi come supremazia, che � una reazione omogenea a quella di monopolio, ed � perci� sottoposta, nellQ .contrattazione, al divieto di discriminazioni arbitrarie sancito dall'art. 2597 cod. civ. (1). (in fatto) Con atto di citazione del 14 dicembre 1987 una serie di societ� (Telemilano s.p.a. ed altre 40) esercenti imprese televisive aderenti ,ai circuiti Canale Cinque, Italia Uno e Rete Quattro, facenti capo al _gruppo Fininvest, convenivano innanzi al Tribunale di Roma la S.I.A.E. -Societ� Italiana degli Autori ed Editori -chiedendo che venisse accertata l'illegittimit� della pretesa di quest'ultima di imporre, ai fini del rinnovo dei contratti di utilizzazione delle opere tutelate, condizioni (1) Sulla normativa antimonopolistica nella disciplina dell'informazione cfr. :sentenza n. 826 del 1988. A commento della sentenza pubblichiamo il. testo integrale dell'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri. L'attivit� della S.I.A.E. nella gestione economica dei diritti d'autore. 1) Le societ� in epigrafe, aderenti ai tre noti circuiti televisivi � Italia 1�, �Rete 4 � e �Canale 5 �, convenivano in giudizio la S.IA.E. chiedendo che il Tribunale di Roma adito accertasse la illegittimit� dei comportamenti tenuti dalla S.I.A.E. stessa nel richiedere il corrispettivo per l'utilizzazione del repertorio tutelato e, previa declaratoria di incostituzionalit� dell'art. 180 della legge sul diritto di autore, stabilisse la prosecuzione del precedente rapporto contrat 394 RA$SBGNA DBLL'AVV~TURA DELLO STATO identiche a quelle praticate alla RAI e di determinare il compenso in base ad una percentuale degli introiti per pubblicit� conseguiti dai tre circuiti e raccolti dalla Publitalia s.p.a. A tal fine, chiedevano in via pregiudiziale che venisse sollevata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 180 della legge 22 aprile � 1941, ;n�. 633,; per. contrasto con gli artt. 23, 41, 53 e 97 Cost. (omissis). Pervenute le cause al collegio, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 24 gennaio 1989, ha sollevato in riferimento agli artt. 41, 3 e 23 Cost., una questione di legittimit� costituzionale del citato art. 180 della legge 22 aprile 194i, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizfo), nella parte in.cui (primo e secondo comma) �attribuisce alla SIAE un'esclusiVa, frangibile solo dagli autori o dai loro .. eredi, nella gestione dei diritti di utilizzazione economica delle opere t1Jtelate �, Il Tribunale, ricorda, innanzitutto, che nella sentenza n. 65 del 1972. questa Corte ha ritenuto � che la posizione di preminenza con cui la S.I.A.E; opera sul mercato "-giustificata dall'esigenza di interesse generale di adeguata protezione del d�titto d(autore .:...... non comporta l'eser-� c�zio di poteri arbitrari o comunque incontrollabili in materia �di determinazione dei compensi: e ei� sia perch�, quale ente pubblico, � 1a S.I.A.E. � soggetta a vigilanza governativa �.;._ e quindi ai gravami previsti in via tuale venuto a scadenza o comunque determinasse, in via costitutiva e sostitutiva,. un � equo corrispettivo � integratore del nruovo contratto non concluso. Il Tribunale.. di Rom,a -previa autorizzazione in via cautelare e. provvisoria concessa dal G.L alle attrici �a continuare ad utilizzare il repertorio tutelato. alle stesse condizioni convenute nei contratti scaduti con corrispettivi risultati secondo gli indici ISTAT .._ con l'ordinanza in epigrafe ha sollevato questione di legittimit� .della norma sopra richiamata, che ponendo in posizione di preminenza la S.I.A.E. quale intermediaria esclusiva nella gestione econ01nica dei diritti di autore senza prevedere � alcuna specifica forma di tutela per gli utilizzatori, contrasterebbe con i principi di coordinamento dell'attivit� pubblica. economica a fini sociali, di uguaglianza, del diritto alla difesa e della legalit� dell'imposizione. Secondo il giudique a quo, infatti, lo � stato di necessit� � in cui si troverebbe l'util.izzatore ,il difetto in capo alla S.I.A.E. di un obbligo di contrattare, l'assoluta libert� di questa nella determinazione del prezzo preteso e la impossibilit� per il giudice di� pronunciare. in subiecta�materia, sentenze costitutive, sostitutive o integrative di contratto non concluso, sono tutti elementi che lascerebbero senza difese l'aspirante utilizzatore qualora la S.I.A.E. esercitasse in modo arbitrario le proprie facolt� nel corso della contrattazione o addirittura. rifiutasse di addivenirvi. H ripetuto art. 180 sarebbe quindi illegittimo � nella parte in cui attribuisce� alla S.IA.E. l'esclusiva senza prevedere alcun controllo per limitare una sua eventuale tendenza all'abuso; controllo da esercitarsi vuoi mediante imposizione in determinati casi di un obbligo a contrattare, vuoi mediante un'imposizione� di parit� di trattamento, vuoi mediante predisposizione di tariffe inderogabili� .. PARTI! l,. saz. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE amministrat�va -si� perch� sori.o esperibili contro i suoi atti i ricorsii giurisdizfonali ove l'utente> si ritenga leso nei suoi diritti o interessi legitt�mi. Il giudi~e a q~o �sc111~e, invece, che ove la potest� ~i .determi-nare i comven~i sia dalla. $].A,:g. esercitata in modo arbitrarlo, l'utente: cl~~J?qhga di H#f~d.i���gith:f~i~f idegt!at~. .. .. �. ���... �..� . .. . .���.��.��� .i'..~�. P()s~i�mt~ di . P~#~N~tK �o11.di;z~o�l�.. contratttialf ~p�requ~te�� :ii6n1 .sart}l:>l:>~ ilivero escli1~~> 4�11~ ).a 11a.iura di . ente pubb1icci ec0riomico: ~f}~~(condotta Pc>trebbe essere. cens�iata�� med~an.te ��@'appl�cazio:Ue� ~NPgfca qelle p91'J:l,le (~J:'~t'..� ~S.97 .e.. )6(9 .co?� ... �iv.) .. �;he. imPolJ:~onP al Jl:tono;P�1iji� �1�C>66lig9� l:lf (;pnfr�ttare cori �w@<:J..e �gliene �� faccia :ric;W.e# a.. e di �sserv~e ia i?aiit�. ar tr�liaill~ht�. La s.�.A.E:'I illfatti, .J:l<>n �pera .in conclizi�n(di Il1C>nopoli9 n� legate n� di fatto (sentenza n. 65 del 1972 cit.), l�}a opera <~iure privato~~trz � ed in piena auto11<:>rx{ia, sic�M P:9A sap~1'l:>ti e<:>wigt!r�1l~le... UD; c9rifr()110 preventivo.� sulle � qq.,dizioni di c�ntr�.ttC> c1�. �.essa praHcate ed. anche... l,lll suo ~ifh1to cli.� cQntrattare sarebbe Je�ito . . . . �.� �.�� .. � .. ��.� . . .. .� /. < J.olfre, � es~~.11dQ tassa~vie1 111el..no~tro orcli11amento, le ipotesi.. in cui sono ammess.e. promlll:cie d�t~.ni}lative �.el cC>D.te1luto di 1.lll obbligo,. nqn. sareqqe consend1:() al...� gi.�lfoe, .. in mancanza di . espressa previsione� normativa, emettere s.en.tenze costitutive che determinino Q modifkhi11<>. il.�.contenuto del contratto che.�� c:lett~ sog~etto rifiuti di concludere (). 2) Deve preliminarmente.� eccepirsi un . duplice . profilo di inammissibilit�. delta questione. 2J) Il �primo aft��.ii� al cohtenuto ��della�� pfonuncia domandata a11a� Corte,. che Si sostru:izia in un fu:tenient� furu:iipolativ'O per addii:ione: la norma denun-� ciata dovrebbe essere, infatti, dichiarata incostituzionale nella parte in �cui n�h prevede tutta una sede��di prescrizioni (alcune delle quali� alternative)~ . Questa difesa � ben coriseia del fatto �he la Corte Costituzionale italiana. ha ben pi� ampi poteri di quelli spettanti� ai �legislatore negativo" di� kelseniana. memoria. Tali poteri; tuttavia, pur nella � manipolazione additiva,,, non pos� sono superare -n� mai hanno superato -la soglia critica della raz�onalit� interna del sistema. � In altri �termini, in tanto una norma pu� essere manipolata per addii:ione � dal giud�ce delle leggi in quanto l'addizione stessa trovi la sua fonte nel sistema:: rief prlhcipi �geii�rill . o�. in specifiche�� :norme di� legge. Nella fattispecie, invece, l'additi6rte in'V�eata>non trova: l� sua fonte<nelI'ordinarriento e non pu� essere qumdi che frutto di una scelta politica, come tale riservata al <legislatore (tanto vero che alcune delle addizioni suggerite sono� alternative fra loro). 22) Il secondo profilo di inammissibilit� attiene alla omessa motivazione� sulla rilevanza: l'esercizio arbitrario della facolt� demandata alla SJA.E. � infatti�� denunciato dal giudice a quo non come attualit� �ma come mera� ev'en�� tual�t�. Non risulta dunque motivato -e, per vero, n�mmeno affermato -se� e come rileverebbe nel giudizio di merito la �denunciata incostituzionalit�. N� vale a superare l'eccezione l'accenno, contenuto nella parte finale dell'ord�� 396 M,SSEGN.i\ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. pr1?tenda di stipulare a condizioni esorbitanti. Nemmeno sarebbe possil> ile, poi, dichiarare l'illegittimit� di condizioni contrattuali ritenute di� .scriminatorie, non essendo individuabile un principio normativo che im I ponga alla S,l,,A..E. di osservare la parit� di trattamento tra gli utenti del repert()rio,. Quli:ldi, pur essendo conferita alla S.LA.E. � una posi I zione di. assdtuta preminenza� su}.� mercato, ..� 'l;l<>n vi sarebbero nell'ordinam1e11to italiaru> . -privo di .una a:�g~slaz�One a11titiu:st -strumenti dl. COUtfoUO preventivo O 'SUCCeSS�VO �.(obbligo a contrattare, im)?OSizfone. d� parit� .di�. trattamento, predisposiZioue di tariffe inderogabili) idonei a � contras1:�re eventuali tendenze aU'abriso di tale posizione do:fumante; Nel �aso di specie, uno strumento di intervento glurisdizfortale non sarebbe ricavabile dagli artt. 52 e 56 legge n. 633 cit., che prevedono il diritto dell'ente stataile esercente il servizio di radiodiffusfoiie di Utilizzare -entro certi limiti -le opere dell'ingegno dietro pagamento di un compenso che, in caso di disaccordo, � liquidato �. diill'au.torit� giudiziaria. �Trattasi, infatti, �di previsione non estensibile a favore di aitri soggetti; .. N� potrebbe, ritenersi adeguata la sola tutela amministrativa, in .quanto . fo. concreto utilizzabile. pi� nella fase di . concessione di licenze -0 autorizzazioni che nella vera e propt'ia fase contrattuale. � � J.n questa ...;:;.. osserva �il giudice a quo �in punto di rilevanza -do �vi:"ebbero valere criteri di ragionevolezza ed equit�, specie in un mer nanza, a:lla irrazionalit� della equiparazione della somma pretesa nei confronti II .deli'emittenza privata a queUa pretesa nei confronti della RAI. In materia di composizione di interessi attraverso il contratto, infatti, l.e proposte e le controproposte non sono mai. n� razionali n� irrazionali ma sempre ed alternativamente economicamente accettabili o non accettabili alla luce del principio di convenienza. Il riferimento alfa razionalit�. ~ frutto . di un mero. paralogismo del giudice .a quo, che pril:na . definisce � prestazione patrimoniale con carattere pressoch� impositivo� la so,IUma richiesta dalla $,I.A.E. nella sua proposta contrattuafe ~ applica, poi, . la logica tributaristic;a sottesa dalla propria defiruizione alla .fattispec;ie. La verit�, risultante dagli atti del giudizio pendente dinanzi al Tribunale .di Roma, � che la $.I.A.E., lungi dal rifiutarsi alla contrattazione, invit� pi� �volte e con co1;1gruo anticipo sulla scadenza del precedente contratto le emit� -tenti delle tre reti private ita1iape � a . negoziare, formulando una proposta con trattuale. Comportamento. per vero quaJ:lt(), mai lontano da qucll'� esercizio .arbitrario delle proprie facolt�� che, secondo il giudice a quo, sarebbe legittimato dalla normativa denunciata e che, nell'ordine naturale delle cose e tra contraenti di buona fede, avrebbe dovuto essere seguito da una controproposta .e non da wn atto di citazione in giudizio. 3) �In subordine deve eccepirsi la manifesta infondatezza della questione, . che ripropone sostanzialmente, senza prospettare nuovi argomenti, quelle gi� .decise da codesta Corte con sentenze 17. aprile 1968 n. 25 e 13 aprile 1972 n. 65. In particolare, nella sentenza da ultimo citata, codesta Corte ha precisato .che alla S.I.A.E. non sono attribuiti �poteri arbitrari �, e, comunque, incon PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 397 cato in cui sia impossibile rifornirsi altrove dello stesso bene o servizio; criteri che non sarebbero stati nella specie osservati, non essendo a suo avviso giustificata n� la pretesa della S.I.A.E. di equiparare RAI ed emittenti private, n� quella di esigere quale compenso una percentuale parametrata non sui bilanci delle societ� attrici, bens� sugli introiti della societ� (Publitalia) che svolge per esse la raccolta della pubblicit�. In ragione, perci�, della mancanza di criteri generali ed uniformi di determinazione dei compensi e di specifiche ed adeguate forme d� tutela giudiziaria, il giudice a quo ritiene che siano violati gli artt. 3 e 41 Cost., rispettivamente sotto il profilo della disparit� di trattamento e del non coordinamento dell'attivit� economica pubblica ai fini sociali. Sarebbe altres� violato l'art. 23 Cast., in quanto la posizione di preminenza della S.I.A.E. e la necessit� per le emittenti private di utilizzare le opere tutelate renderebbero il corrispettivo determinato dalla prima � molto simile ad una prestazione patrimoniale con carattere pressoch� impositivo �, Le societ� attrici nel giudizio a quo, aderiscono alla prospettazione del Tribunale. In punto di rilevanza osservano che, vertendo il giudizio a quo essenzialmente sulla facolt� della S.I.A.E. di determinare � secondo merum arbitrium � il�compenso per l'utilizzazione da parte loro trollabili, in quanto essa S.I.A.E. � soggetta a vigilanza governativa ed i suoi atti sono soggetti ai comuni gravami amministrativi e giurisdizionali. Ove il compenso richiesto dalla S.I.A.E. per l'esecuzione di musica leggera sia ritenuto eccessivo -ha precisato ancora codesta Corte -l'imprenditore ha i mezzi legali per far valere le proprie ragioni. Orbene, il Tribunale di Roma ha frettolosamente superato tale pronunciato, � dubitando � che i rimedi offerti all'utente siano adeguati allorch� ie potest� della S.I.A.E. fossero esercitate in modo arbitrario. ed osservando in particolare come tali rimedi 'avrebbero dovuto essere ricondotti a rigorose limitazioni della libert� contrattuale. Tali argomenti non possono evidentemente essere considerati � nuovi �, a tacer d'altro per la considerazione che l'arbitrariet� � di per s� un parametro che esclude la sindacabilit� della normativa sottostante. Diversamente opinando occorrerebbe dichiarare illegittime tutte le norme che fondano ragioni suscettibili di essere arbitrariamente esercitate senza prevedere specifici rimedi contro tale esercizio arbitrario. Che � quanto dire buona parte delle norme del nostro ordinamento, in quanto, come meglio sar� precisato in prosieguo, il rimedio contro gli abusi va generalmente trovato nella normativa generale sull'i!llecito (contrattuale o extracontrattuale). La verit� � che il Tribunale di Roma � incorso in equivoco, confondendo fra �potere arbitrario� (che renderebbe illegittima la norma che lo conferisce ma la cui sussistenza � stata esclusa da codesta Corte) ed esercizio arbitrario di un potere legittimo, che non crea problemi di costituzionalit� della norma che lo conferisce ma solo di responsabilit� da fatto illecito in capo a chi ne fa abuso. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 398 del repertorio tutelato, l'esito di esso dipende dall'ampiezza delle facolt� che possono rit<!nersi insite nella posizione di detto ente, cui la norma impugnata conferisce una posizione di preminenza sul mercato, senza peraltro stabilire limiti procedimentali o sostanziali per la determinazione dei corrispettivi. Nel merito, la difesa osserva che il giudizio principale � stato promosso sulla scorta delle indicazioni contenute nella sentenza n. 65 del 1972, circa i mezzi di tutela giurisdizionale idonei a controllare l'esercizio dei poteri conferiti alla S.I.A.E. Avendo il Tribunale ritenuto di non disporre di strumenti giuridici per censurarne il comportamento, l'accoglimento della questione sarebbe necessario per consentire all'utilizzatore di far valere le proprie ragioni. La S.I.A.E. contesta innanzitutto il presupposto di fatto su cui l'ordinanza di rimessione si fonda, che cio� sia stato nella specie arbitrario pretendere un compenso parametrato sugli introiti complessivi del gruppo Fininvest. Di fronte agli attuali modi di utilizzo di massa di talune categorie di opere da parte delle imprese radiotelevisive, � ormai da tempo invalsa la prassi -non solo in Italia -di stipulare contratti che conferiscono una autorizzazione generale allo sfruttamento del repertorio tutelato, verso un corrispettivo rapportato agli introiti complessivi ed aggirantesi, come nel caso della RAI, sul 4/5 %. 4) In ulteriore subordine e nel merito la questione appare comunque infondata. La propriet� artistica � infatti un peculiarissimo bene della vita la cui libera contrattazione �, de facto e per la generalit� delle situazioni, impossibile se non attraverso forme di tutela organizzata a carattere collettivistico (CIAMPI, Diritto di autore, diritto naturale, Milano, 1957, 82-83). Non a caso le societ� di autori esistono in tutti i Paesi, sia pure in diverse forme (societ� cooperative, societ� civili, societ� commerciali, enti pubblici, enti governativi, ecc.) in quanto un diretto contatto fra autori ed utilizzatori limiterebbe enormemente il mercato dei primi (eccezion fatta per i grandissimi) e renderebbe estremamente oneroso e difficile (oltre a limitare) quello dei secondi, costringendoli a ricerche spesso impossibili. In ogni caso con � inevitabili dispersioni o frammentazioni � e �nocumento all'incremento culturale ed artistico� (Cass. SS.UU. 27 giugno 1966. n. 1646). Nell'ordinamento italiano, la formula prevista per la tutela collettivistica del diritto d'autore �, come � noto, quella che fa capo alla S.I.A.E. (Corte Cost. sent. 25/68 cit.), ente pubblico economico (Cass. SS.UU. 27 giugno 1966 n. 1646) soggetto a vigilanza governativa, avente per oggetto sociale la tutela giuridica ed economica delle opere dell'ingegno e dei diritti connessi in Italia e all'estero (art. 2 Statuto). Mezzo al fine � la riserva in via esclusiva dello svolgimento dell'attivit� di intermediazione nella gestione dei diritti per tutti gli autori iscritti o che conferiscano mandato. Il tutto per assolvere alla funzione della promozione, attraverso la tutela giuridica ed economica delle opere dell'ingegno, dello sviluppo e della diffusione del patrimonio letterario ed artistico italiano. sBZ.� 1, GIURISPRUDENZA. COSTITUZIONALE pAR'fB, 1, r introiti coxn:plessivi del gruppo, gi� praticato nel 1 to ag dipenderebbe tlalressere le societ� emittenti lo, tratto.. . de1. servizio di tliffu.sione dei programmi nei ,a).tratrici introiti per la raccolta. di pubblicit� eh~ per 0 �~~an . , n fle>-stituisce 1.a r1sorsa essenziale. La pretesa del sud . taco d ... iva . di con 1z1on1 contra.ttu.a.li pi�. favorevoli di quelle d:. fruire d' l 1 sarebbe a tra parte infondata, data la posizione a. RJ\1. olo concorrenziale rispetto al servizio pubblico edlP � dll' . � (f -irarnb1to e enntten.z.a pr1vata c r. sentenza n. 826 uisita ne la difesa della S.I.A.E. eccepisce l'inammissibilit� .,..esso, � f tt. h 1 � t f � e... }\Itllll-esso 1n a 1 c e a norma 1mpugna a con erisca tJ.one. osizione dominante sul mercato, non � da essa che e. una ~tica-rnente discendere l'abuso concretamente lamen' au~oro. a quo: abuso che in.fatti � represso dall'art. 86 del giudice el presupposto della liceit� della posizione dominante, c:e.B� n ltro essere acq_uisita anche in assenza di un'esclusiva pu� per:rte. sostiene la difesa, l'attribuzione ex lege di una D'altra . p te non comporta sottrazione al regime ordinario dei d ro.1nan 1e 0 . di privata autonomia (artt. 1337, 1341, 1343 cod. civ.� etc.) � ugli atti � � t d � d1. � d1� h s la necessan.a n1 ro uz1one un regime controlli esuPPone \e. --------s.1.A..E. presenta quindi una dup1ice valenza: quella econo 11 'at�vit� de a elusivo e diretto vantaggio degli autori che abbiano conferito " che va ad e~ I.A.E. (la quale per contro non ha scopo di lucro diretto: 'andato alla �Trattato di diritto industriale, Milano, 1960, II, 149) e quella l f\W'cr.sctiBLt� che si realizza attraverso la tutela e l'esercizio del diritto tic0-cuttttr�:~' rato nella sua funzione sociale (FABIANI, Societ� Italiana degli .s tore co1;1s1 ~ (S.I.A.E.), in Novissimo Digesto, vol. XVII, UTET, 1970). auri e Editori ersegue q_uindi nel campo della propriet� intellettuale finalit� .toLa s.lA�B� P profilo spiccatamente pubblicistico, sottolineato e garantito assun:ion? un dello Statuto con decreto Presidenziale. dalla presenza di ~�ap1'rovazi:egovernativi neg1i organi sociali e dalla vigilanza governativa yresentan 't 773 e 778).'iBIANl, oP: ci ~ini e per concludere sul punto, la disciplina predisposta dal( A 1n altri te\aliano fa ricorso al regime privatistico della libera contratta ' rdinainento 1 to attiene all'interesse economico degli autori, a quello colletl? ne per q_ua~utela associata per garantire, attesa la assoluta specialit� della 'Z>l;~isticO ~ella. lior possibile incontro della domanda e dell'offerta ed a quelio � � f' � t1 ater1a,� i:l. migd ll'organizzaz1one � per ass1curare �1�1 persegu1ment o de1� in1� generali rnubblicistico :bblico avuti di mira dal legislatore. 1'di interesse P adro normativo ,ipotizzare da parte della S.IA.E. un'abuso di ln taledq_u inante appare un non-senso log�ico prima ancora che giuridico. ituazione 0~nfatti, la considerazione di fon.do sulla P�i� che dubbia assimilas /\. parte, 1 re dell'ingegno a merci o servizi cui si appl.icano le leggi antibilit� de:le. Oh1'e (DE SANCllS, Contratto di edizione, contratti di rappresentazione onohst1c e uion" 402 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione sarebbe inoltre inammissibile per omessa motivazione sulla rilevanza, dato che l'arbitrariet� della condotta della S.l.A.E. � prospettata solo come �mera eventualit� e non viene chiarito in che modo ila denunciata incostituzionalit� rileverebbe nel giudizio di merito. L'accenno alla pretesa irrazionalit� dell'equiparazione RAI -emittenza privata sarebbe d'altra parte incongruo rispetto alla fattispecie contrattuale esaminata ed al suo reale svolgimento. La questione � poi manifestamente infondata -' secondo l'Avvocatura -in quanto ripropone sostanzialmente quella gi� decisa con �a sentenza n. 65 del 1972 senza prospettare argomenti nuovi. Tale non sarebbe, in particolare, quello relativo alla pretesa arbitrariet� del comportamento della S.l.A.E., che non � suscettibile di assurgere a motivo d'incostituzionalit� in quanto con esso si confonde tra �potere arbitrario � -che renderebbe illegittima la norma che lo conferisce, ma la cui sussistenza � stata esclusa dalla Corte -ed esercizio arbitrario di un potere legittimo, che non crea problemi di costituzionalit� della norma che fo conferisce ma solo di. responsabilit� da fatto illecito in capo a chi ne fa abuso. D'altra parte -osserva l'Avvocatura -le finalit� eminentemente pubblicistiche assegnate alla S.I.A.E. -di tutela giuridica ed economica delle opere dell'ingegno e di promozione dello sviluppo e diffusione del patrimonio letterario e artistico italiano fanno escludere che sia nei suoi confronti configurabile un abuso di posizione domi- il parametro di costituzionalit� va ragguagliato alla fisiologia e non alla patologia delle norme e che il legislatore non � tenuto a prevedere specifici rimedi per ogni singola specifica patologia (incostituiionaile �, infatti, la norma che conferisce poteri arbitrari, non anche quella che conferisce poteri che possano essere arbitrariamente usati). � irrilevante, quindi, che la normativa de qua non preveda norme calmieratrici o contrattazioni coattive in quanto un comportamento arbitrario .della S.l.A.E. nel senso temuto sarebbe sanzionato dalle clausole generali sull'illecito, e cio� daHe norme sulla responsabilit� contrattuale, extracontrattuale (o precontrattuale) e penale. Ove infatti la S.I.A.E., eludendo obblighi e controlli, si comportasse nel modo paventato, agendo non nell'interesse degli autori, della cultura e dello spettacolo, ma in odio ad una specifica controparte, o per altri fini non istituzionali, sicuramente violerebbe gli. obb!ighi derivantile dal mandato �Conferitole dagli autori. Altrettanto sicuramente violerebbe i doveri pubblici che le incombono, esponendosi a subire tutte le possibili sanzioni irrogabili dal potere di vigilanza governativa. Altrettanto sicuramente. ancora, incorrerebbe in una responsabilit� extracontrattuale (o precontrattuale) nei confronti del mancato contraente. I suoi funzionari, infine, ove avessero agito .dolosamente si renderebbero responsabili penalmente quanto meno per abuso innominato di ufficio (art. 323 c.p.), pacifico essendo che la contrattazione (o la PARTE .:r, .SEZ. X, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 403 La tutela associata dei diritti degli autori, infatti, non creerebbe te. . . "potere contrattuale agg1unt1vo" se non in termini di amplia. e= del :mercato e, quindi in termini soltanto favorevoli agli utiliz: ri�. Inoltre, poich� il concetto di posizione dominante dovrebbe -ere considerato in riferimento alla controparte contrattuale, una , . . ne di soggezione di questa sarebbe nella specie da escludere 1s1z10 � ttandosi del � pi� forte gruppo che opera nel settore dell'emittenza ~ ta 1�taliana in una posizione di oligopolio, con un indice di ascolto nva . � quivalente a quello della RAI e con un fatturato pubblicitario addirit ura superiore �. Ma anche ad ammettere -conclude l'Avvocatura -che la S.I.A.E. a un comportamento � arbitrario �, questo sarebbe sanzionato dalle teng 11'"11 � E � f � � clausole generali de_ 1 ec~to. s~a, .1n .atti, vi.olerebbe sia gli obblighi t . nei confront1 degh autori, sia i doveri pubblici che su di essa assun 1 . . bono e che a suo avv1so escludono che possa rifiutarsi di contrat mcom , . . � . . 0 di tentare d1 1mporre prezzi fuori mercato: sicch� si esporrebbe 1::etutte le possibili sanzioni irrogabili dal potere di vigilanza governa. Incorrerebbe, inoltre, in una responsabilit� extracontrattuale (o tiva �. precontrattuale) nei confronti del mancato contraente, ed i suoi funzionari risponderebbero penalmente ex art. 323 cod. pen. La questione sarebbe quindi infondata sotto tutti i profili; ivi compreso queilo riferito all'art. 23 Cost., dato che la S.I.A.E. manca di poteri impositivi. . . e di non contrattare) della S.IA.F. con gli utilizzatori sarebbe �mani dec1s1on , . . . ne di volont� del1ente rivo1ta, sia pure strumentalmente al raggiungi festaz10 . . , . ' mento di pubbliche flnahta � (Cass. penale, Sez. VI, 10 maggio 1971, Cass. Pen. M anno 1972, 881, m 1179) e qualificherebbe dunque per l'effett� il funass. . S IA E come pubblico ufficiale (cfr. anche Cass pen Sez Ili 10 d1' zionar10 � � � . � ., � � 1966 in Giust. Pen. 1967, Il, 676, m. 835). Tanto a tacere poi della .cerob re . responsabilit� contabile. � Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, che ha limitato il rio esame alla normativa settoriale, la difesa giurisdizionale contro evenprol~ comportamenti arbitrari della S.IA.E. � pi� che ampiamente garantita tua i " d' 1 bb normativa generale come g1a a tronte e e a precisare codesta Corte, d 11 ~ a re con formula ellittica, nella pi� volte ricordata sentenza del 1972. sia ~a ultimo, quanto al richiamo all'art. 23 della Costituzione, sar� appena il so di osservare. come gi� in precedenza accennato, che in assenza di claunque potere impositivo in capo alla S.I.A.E., il qualificare un prezzo qua t � � trattato privatamente come pres az10ne 1mposta e frutto di un vero e con . T t 'd . rio paralogismo. utto quan o sopra cons1 erato, s1 chiede che la que prop . . 'b'l . . stione sia dichiarata inamm1ss1 1 e. o m via gradata, manifestamente infondata 0 infondata. I.�F. CARAMAZZA -G; PALMIERI �406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risoluzione del giudizio a quo. La tutela costitutiva dovrebbe essere ricono. sciuta in ragione del rilievo fondamentale che ha nel nostro ordinamento -pur se non � direttamente applicabile -l'art. 86 del Trattato C.E.E., .che in sede comunitaria consente tale tipo di tutela. Forme di tutela costitutiva sono del resto previste dall'art. 56 e dalla sez. I. del capo III �della legge sul diritto di autore; e la tutela meramente risarcitoria sarebbe inidonea a salvaguardare i diritti dell'utilizzatore. D'altra parte, non dovrebbe neanche escludersi l'applicazione analogica all'impresa in posizione dominante dell'art. 2597 cod. civ.: nel qual ..caso la sentenza che stabilisse d'imperio il contenuto del contratto sarebbe non costitutiva, ma determinativa del regolamento d'interessi non .attuato in via convenzionale, dato che integrerebbe un'applicazione del principio di parit� di trattamento non comportante valutazioni discrezionali da parte del giudice. N� potrebbe dirsi che con ci� la Corte sarebbe �chiamata -come sostiene l'Avvocatura -ad una scelta politica. Una sentenza che sancisce l'applicabilit� dell'art. 2597 cod. civ. e della tutela .determinativa non comporterebbe infatti la creazione di una norma bens� l'individuazione di quella -gi� implicata nel sistema -mediante la quale riempiere immediatamente la lacuna che altrimenti resterebbe aperta .nella disciplina della materia: sarebbe, cio�, una legislazione �a rime <Qbbigate � che troverebbe fondamento, oltre che nell'art. 41, anche nell'art. 21 Cost. A sostegno della fondatezza della questione la difesa assume ancora ..che l'utilizzatore del repertorio S.I.A.E. funge da veicolo di promozione culturale delle opere dell'ingegno e di diffusione della cultura (art. 21 e 23 �Cost.). La sua posizione giuridica dovrebbe perci� qualificarsi come diritto soggettivo e non come interesse legittimo, non potendosi riconoscere .alla S.I.A.E. la potest� discrezionale di incidere su interessi di livello costituzionale. Il diritto alla stipulazione del contratto andrebbe poi affermato in quanto nella specie si sarebbe in presenza di una potest� arbitraria e non dell'esercizio arbitrario di un potere legittimo; e la nor: nia impugnata dovrebbe essere dichiarata incostituzionale perch� conferisce alla S.I.A.E. la pi� ampia e incontrollata discrezionalit� quanto alla �scelta del contraente ed alle condizioni del contratto. D'altra parte, in un ordinamento dominato dal principio di libert� contrattuale, sarebbe inconferente -a dimostrazione dell'esistenza di stru �menti giuridici contro l'abuso -il richiamo tanto ai principi di buona fede e correttezza, dato che la loro operativit� presuppone che il soggetto �decida di contrattare; quanto all'art. 86 del Trattato e.E.E., che � appli. cabile solo laddove !'instaurando rapporto interessi il � commercio tra ;gli Stati membri�. PARTB t, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE lnconferente sarebbe anche il richiamo al dovere di imparzialit� di .cui all'art. 97 Cost., almeno fino a che non si sancisca che da esso deriva il diritto soggettivo del privato a� non subite� un trattamento discriminatorio. Non potrebbe avere ingresso; poi, neanche la tutela risarcitoria -non tichiesta dalle attrici nelgiitdiZio principale -dato che essa presuppone �he si riconosca l'illieeit� della condotta della S.I.A.E. e quindi il diritto soggettivo� dell'utilizzatore. Non potendo aversi azione senza diritto, la .:rorma qtiindi sal'ebbe �censurabile .anche in riferimento all'art. 24 Cost. Peraltro l'effettiva difesa degli interessi coinvolti potrebbe conseguirsi, secondo:.la difesa, solo con un'azione di tipo determinativo, e perci� quella meramente risarcitoria lascerebbe sussistere la denunciata incostituzionalit�. Sotto altro profilo, il compenso richiesto dalla S.I.A.E. andrebbe q�alificato come � prestazione imposta � ex art. 23 Cost., in quanto tale carattere non � escluso per il solo fatto che la richiesta del servizio dipenda dalla volont� del privato, qualora esso sia riservato alla mano pubblica ed il suo uso sia da considerare essenziale ai bisogni della vita (sentenza n. 72 del 1969). Nel caso di specie, quest'ultimo requisito sussisterebbe perch� le attivit� in questione sono destinate a soddisfare l'interesse della collettivit� alla diffusione ..della cultura e perch� la mancata accettazione del compenso � imposto � dalla S.l.A.E. comporta il sacrificio delle libert� di cui agli artt. 21 e 41 Cost. La carenza di tutela giuridica dell'utilizzatore emergerebbe anche, secondo la difesa, dalla mancanza di una norma di azione che disciplini l'attivit� della S.l.A.E. e consideri qualificato, e non di mero fatto, l'interesse di costui. Non potrebbe perci� riconoscersi in capo al medesimo una posizione di �interesse legittimo; e d'altra parte una tutela di tipo pubblicistico sarebbe da escludere in quanto la S.I.A.E. opera con strumenti di diritto privato e non con provvedimenti amministrativi. La difesa chiede infine, in via subordinata, l'emissione di una sen� tenza interpretativa di rigetto, che alla stregua della norma impugnata correlata con altre disposizioni -individui e riconosca l'esistenza nell'ordinamento dell'obbligo della S.l.A.E. di contrarre e di osservare la parit� di trattamento e dell'esperibilit� da parte del privato di rimedi giurisdizionali costitutivi. (In diritto) (omissis) Rispetto alla questione cos� prospettata l'Avvocatura dello Stato e la difesa della S.l.A.E. propongono varie eccezioni di inammissibilit�: ma nessuna di esse pu� essere condivisa. 408 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO Non pu� accogliersi, in primo luogo, la tesi secondo cui l'impugnativa avrebbe dovuto essere rivolta nei confronti di norme diverse dall'art. 180 legge cit., in quanto dalla posizione conferita da tale disposizione� non potrebbe farsi automaticamente discendere l'abuso concretamente ipotizzato dal giudice a quo. Questi, invero, presuppone l'inapplicabilit� dei rimedi contro siffatti abusi previsti in altre norme; ed � logico perci� che la censura sia rivolta nei confronti di quella che tale posizione conferisce_ Non pu� poi essere dedotta come motivo di inammissibilit� la circostanza che nell'ordinanza di rimessione non risulterebbe chiarita la rilevanza nel giudizio principale della pronuncia di incostituzionalit�. Nel valutare la rilevanza, invero, il giudice a quo non deve percorrere l'itinerario dell'esame del merito della causa principale -itinerario sul quale questa Corte non pu� entrare con le proprie valutazioni, a pena di trasfigurare il significato del proprio giudizio -essendo necessario e sufficiente che ricorra una situazione tale, valutata a priori in limine litis, percui la disposizione contestata sia applicabile ai fini della decisione del giudizio a quo (cfr. da ultimo, in questi termini, la sentenza n. 1012 del 1988). A maggior ragione non pu� valutarsi in questa sede l'ipotizzabilit� O�� meno della discriminazione lamentata nel giudizio principale, che S.I.A.E. e Avvocatura contestano in ragione della posizione acquisita nell'emittenza televisiva privata dal gruppo cui fanno capo le societ� attrici, la quale a loro avviso giustifica un trattamento paritario rispetto alla RAI quanto al corrispettivo per l'utilizzazione del repertorio S.I.A.E. Tale questione infatti, pur se concretamente incidente nel giudizio di merito,.. esula non solo dal giudizio di costituzionalit�, ma anche dalle valutazioni sulla rilevanza che il giudice a quo � chiamato ad esprimere. Le anzidette precisazioni inducono altres� ad escludere che in senso� contrario alla rilevanza della questione valga l'argomento -prospettato� dalla S.I.A.E. -secondo cui, anche ove la Corte ritenesse, in via interpretativa, l'applicabilit�, rispetto alla fattispecie di cui al citato art. 180, dell'obbligo di contrarre e di osservare la parit� di trattamento sancito per il monopolista legale dall'art. 2597 cod. civ., ci� non comporterebbe la possibilit� da parte del giudice a quo di emettere una sentenza determinativa del contenuto del contratto, che forma oggetto della domanda nel giu-dizio principale. Si tratta invero di un problema attinente al giudizio di merito e concernente l'individuazione degli effetti delle pronunzie della. Corte: pertanto esso non incide sulla rilevanza della proposta questione.. L'ordinanza del Tribunale di Roma prende le mosse, nel merito, dalla sentenza di questa Corte n. 65 del 1972 ed assume: da un lato, che la. PARTE l, � SEZ. I, G�URISPRUDBNZA COSTITUZIONALE 409 -qualificazione, ivi riconosciuta, della posizione �della SJ.A.E. come di supremazia e non di monopolio comporta l'inapplicabilit� nei suoi confronti �di disposizioni quali quelle di cui agli artt. 2597 e 1679 cod. dv., con la conseguenza che essa non pu� ritenersi legalmente tenuta n� a contrarre e �ad osservare la. patita di trattamento fra gli utilizzatori del repertorion� a praticare condizioni�contrattuali prestabilite; dall'altro, �che l'affermazione secondo cui esistono rimedi giurisdizionali atti ad impedire l'esercizio, da parte dell'ente, di poteri arbitrari o comunque incontrollabili in sede di determinazione dei compensi; non troverebbe riscontro nel vigente ordinamento; sfoch�, data la carenza di una legisla zfone anti~trust, dovrebbero applicarsi i comuni principi dell'autonomia contrattuale. La censura s'incentra quindi essenzialmente sulla dedotta carenza di rimedi specifici ed adeguati� rispetto alla posizione �di supremazia attribuita alla S.I.A;E. dalla norma impugnata; Di conseguenza; non pu� ritenersi risposta appropriata al quesito cos� posto quella -prospettata dell'Avvocatura dello Stato e dalla S.I.A.E. -consistente nell'evidenziare l'applicabilit� dei comuni principi che regolano il corretto� esercizio dell'autonomia privata. I principi di correttezza e buona fede nelle trattative e nella formazione ed esecuzione del contratto (artt. 1175, 1337, 1366, 1375 cod. civ.), le regole della correttezza professionale (art. 2598, n. 3, cod. civ.) ed i doveri �correlati alla responsabilit� extracontrattuale (art. 2043 cod. civ.) non costituiscono un argine sufficiente alla libert� di scelta del contraente e di determinazione del contenuto del contratto che nel vigente ordinamento caratterizzano l'autonomia contrattuale, e non sono perci� idonei a sopperire all'alterazione dell'equilibrio tra le parti che consegue all'essere una di esse in posizione di supremazia. N� � al riguardo sufficiente antidoto la natura e le finalit� di ente pubblico della S.I.A.E. e la conseguente soggezione alla vigilanza governativa, ai doveri di correttezza� ed imparzialit� amministrativa (art. 97 Cost.) ed ai comuni gravami in via amministrativa, giacch� ci� pu� indurre a ritenere improbabile, ma non ad escludere che l'esercizio dei poteri di supremazia conferitile trasmodi in arbitrariet�. Neppure sufficiente appare il rilievo della difesa della S.I.A.E. circa la possibilit� di applicare l'art. 86 del Trattato istitutivo della C.E.E., che -a tutela della concorrenza e dei consumatori -vieta lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante e, tra le altre, le pratiche consistenti (lettera e) �nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando cos� ru . . ,x, , . x , , 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza �. Anche ad ammettere che in singoli casi di negoziazione nell'ambito nazionale aventi tali caratteristiche (e magari nel caso oggetto del giudizio principale) possano ritenersi sussistenti quei requisiti -di sfruttamento abusivo di posizioni dominanti in una � parte sostanziale � del mercato comune, atto a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri -che circoscrivono l'applicabilit� di tale disposizione, � evidente che ci� non potrebbe avvenire: in tutte le ipotesi concretamente configurabili di abuso da parte della S.I.A.E. della propria posizione di supremazia sugli utilizzatori del repertorio. E poich� il giudizio di costituzionalit� investe la norma in riferimento ai vari modi in cui essa opera nell'ordinamento, l'applicabilit� solo sporadica di una disposizione di salvaguardia non pu� comportare un apprezzamento di validit� generale. Del resto, l'eventuale applicazione nei confronti della S.I.A.E. def citato art. 86 potrebbe subire dei limiti funzionali all'adempimento della � specifica missione � affidatale qualora la si inquadrasse tra le imprese� incaricate di gestire servizi di interesse economico generale considerate� nell'art. 90 dello stesso trattato C.E.E. Salvo quanto si dir� in appresso, dalle suesposte considerazioni emerge che la questione sollevata dal Tribunale di Roma non pu� trovare adeguata soluzione con i comuni strumenti previsti dal vigente ordinamento civilistico: e ci� -dato l'indubbio rilievo costituzionale del quesito che con essa � stato posto -evidenzia la grave carenza del suddetto� ordinamento rispetto alle esigenze di adeguamento ai valori costituzionali. Questa Corte ha gi� pi� volte sottolineato la necessit� di una efficace normativa anticoncentrazione nel complessivo settore dell'informazione� (cfr., da ultimo, sent. 826 del 1988): ma essa non � meno necessaria -come si � avvertito nella sentenza n. 223 del 1982 -nel pi� vasto settore del- l'attivit� economica, pur se in questo assume connotati in buona parte diversi, per la diversit� dei valori tutelati. Il principio dell'autonomia contrattuale -che come si � detto comporta, tra l'altro, libert� di scelta del contraente e del contenuto del contratto -se ha rilievo assolutamente preminente nel sistema del codice civile del 1942, non lo ha negli stessi termini nel sistema delineato dalla Costituzione, che non solo lo tutela in via meramente indiretta, come strumento della libert� di iniziativa economica (sentenza n. 159 del 1988), ma pone limiti rilevanti a tale libert�. Questa, invero, non pu� svolgersi in contrasto con l'utilit� sociale, e deve soggiacere ai controlli necessari perch� possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (art. 41, secondo e terzo comma): e tali vincoli sono PARTE.�!, si;:z. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 411: fatalmente scavalcati o elusi in un ordinamento che consente l'acquisi-zione di posizioni di supremazia senza nel contempo prevedere strumenti atti ad evitare un loro esercizio abusivo. L'utilit� ed i fini sociali sonoin tal modo pretermessi, giacch� non solo pu� essere vanificata o distorta la libert� di concorrenza -che pure � valore bashlare della libert� �di iniziativa economica, ed� � funzionale alla protezione degli interes�si della collettivit� dei consumatori (sentenza n. 223 del 1982 cit.) -ma ri-� schiano di essere pregiudicate le esigenze di costoro e dei contraenti pi� deboli, che di quei fini sono parte essenziale. Ci� ostacola, inoltre,. il programma di � eliminazione delle diseguaglianze di fatto additato dall'art. 3, secondo comma, Cost., che va attuato anche nei confronti dei poteri privati e richiede tra l'altro controlli sull'autonomia privata finalizzati; ad evitare discriminazioni arbitrarie. Di tali pressanti esigenze, ncmch� della gi� rilevata insufficienza della sola normativa comunitaria, vi � una crescente presa di coscienza -pur se con ritardo rispetto agli altri Paesi economicamente avanzati -tantoche sono 'Stati apprestati progetti contenenti norme per la tutela della concorrenza e del mercato (cfr., in particolare, il disegno di legge n. 3755. atti Camera, X Legislatura, gi� approvato dal Senato), dei quali � auspicabile la definitiva approvazione, in quanto necessaria ai fini del rispetto� dei suddetti principi costituzionali. Una moderna disciplina sull'abuso di posizione dominante sarebbe� certamente la pi� idonea a risolvere la complessa problematica qui esaminata, anche perch� comporterebbe la possibilit� di interventi di una apposita Autorit� pubblica non concepiti in chiave meramente risarcitoria ma idonei a soddisfare i bisogni della parte che subisce l'abuso. Tuttavia, la questione di costituzionalit� sollevata dal Tribunale di Roma deve ritenersi infondata, non potendosi condividere le conclusioni che il giudice a quo formula a proposito della inapplicabilit� alla fattispecie in esame della disposizione di cui all'.art. 2597 cod. civ. � vero infatti che la sentenza n. 65 del 1972, pur senza occuparsi di tale disposizione, esclude che la S.I.A.E. agisca come monopolista nel complesso-. della sua attivit�, in quanto ogni autore potrebbe provvedere in modo diretto all'esercizio dei propri diritti e quindi alla cessione degli stessi, senza ricorrere alla intermediazione. Tuttavia tale possibilit� di esercizio diretto� si � progressivamente ridotta sino a trasformarsi in mera ipotesi astratta. Infatti l'enorme diffusione delle opere dell'ingegno rende in concreto quasi sempre indispensabile l'attivit� di intermediazione e di protezione da parte della S.I.A.E. Ci� vale in particolare anche per le opere straniere, rispetto alle quali l'accesso all'utilizzazione pu� avvenire in generale solo. 412 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO attraverso il detto ente, legato alle societ� di autori estere da contratti di reciproca rappresentanza. La sostanziale insostituibilit� dell'attivit� di intermediazione comporta che l'ente che � titolare in esclusiva di quest' ultima eserciti in condizioni di sostanziale monopolio la gestione dei diritti di utilizzazione economica delle opere tutelate, in quanto gli attribui� sce il potere di condizionamento degli utenti e del mercato che � proprio del monopolista. Questa qualificazione del fenomeno, del resto, � omogenea alla nozione di monopolio elaborata, proprio a proposito dell'art. 2597 cod. civ., dalla pi� moden;i.a dottrina, che lo definisce secondo un'ottica funzionale, cio� come esclusiva nell'offerta di beni e servizi non facilmente sostituibili da parte dell'utente medio. Pertanto, poich�, nel caso, si tratta di un'esclusiva legale, derivante dall'impugnato art. 180 della legge n. 633 del 1941, deve ritenersi applicabile nei confronti della S.I.A.E. l'obbligo di contrattare con il divieto di discri� minazioni arbitrarie sancito dall'art. 2597 cod. civ., con le conseguenze previste dall'ordinamento. Questa conclusione � coerente con l'interpretazione, alla luce dell'art. 41, secondo comma, Cost., di tale disposizione come intesa alla tutela dell'utente e del consumatore nei confronti dell'esercizio abusivo del proprio potere da parte del soggetto monopolista. D'altra parte, poich� la ratio dell'esclusiva in favore della S.I.A.E. sta, oltre che nella protezione dei diritti dei loro autori, nella funzione di promozione della cultura e nella diffusione delle opere dell'ingegno di carattere creativo, non vi � dubbio che il pieno dispiegarsi di tale compito potrebbe risultare menomato se l'ente non fosse tenuto a contrattare con tutti gli utilizzatori e ad assicurare loro parit� di trattamento a parit� di condizioni oggettive, escludendo posizioni di privilegio o di svantaggio. In tali sensi la questione deve essere dichiarata non fondata. �CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1991 n. 345 -Pres. Gallo -Red. Caianiello -Marocco Giuseppe (avv. Vitucci) -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia). �urbanistica -Costruzione abusiva -Gratuita acquisizione al patrimonio comunale dell'area di sedime -Non opera nei confronti del proprietario dell'area estraneo all'abusivismo. (Cast., artt. 3 e 42; legge 28 febbraio 1985 n. 47, art. 7). .La gratuita acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell'area di sedime in caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolire unal costruzione abusiva -costituendo una sanzione autonoma per l'inot PARm I, SEZ. I, GIURISPRUl>BNZA .COSTl'IUZlONALB 413 temperanza all'ingiunzione -non opera nei confronti del proprietario dell'area che sia completamente estraneo al compimento dell'opera abusiva o che si sia adoperato per impedirlo .(1). e sta:ta sollevata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 7, ter� zo comma, della legge n. 47 del 1985) il quale prevede ,_ in caso di inottemperanza; nel termine di 90 giornii, all'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo �ed,. a ripristinare fo. stato., dei .. luoghi-la gratuita. acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell'opera, dell'area di sedime e di quella necessaria, secondo le vigenti. prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe� a quelle abusive.� Ad a:Wiso del giudice a quo, tale norma violerebbe l'art. 3 della. Costituzione perch� colpirebbe con la stessa sanzione comportamenti diversi, e cio� quello . del proprietario del terreno responsabile dell'abuso edilizio e quello. del proprietario incolpevole, nell'ipotesi che . l'abu.so edilizio sia stato compiuto <la un terzo ....... come avvenuto ntil caso oggetto del giudizio a quo da parte del conduttore del fondo ...;... ed il proprietario non abbia la> possibilit� di ottemperare direttamente a:U'ordine di demolizione, per essere ilbene nell'esCltisiva disponibilit� del conduttore autore dell'abuso . .�$1 sost�ene, altres�, ilcontrasto della norma: �con l'art 42� della Costituzione 'nell'assunto che la perdita del diritto di propriet�, a:i danni di colui che non sia responsabile dell'abuso e non abbia comunque la possibait� di eliminarlo con . la: demolizione del manufatto; costituirebbe� una sanzione eecedente rispetto a1 fine perseguito dalla legge. ' La questione� non � �fondata, nei sensi che verranno precisati. �11 secondo comxn� dell'art. 7 �della legge ri. 47 del' 1985 stabilisce che il sindaco, accertatal'esecuzione di opere abusive, ne ingiunge la demolizione. Il successivo terzo comma, cio� la norma denunciata, stabilisce poi, come si �. rilevato in precedenza, che se il responsabile dell'abtlso �non provveda alla � dem.olizione ed al ripristino dello stato dei Itioghi nel �termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il manufatto -Unitam�nte all'area di sedime, nonch� a quella necessaria ai sensi delle vigenti prescriZioni per la realizzazione di opere analoghe -sia acquisito di d�ritto a titolo di propri~ t� gratuitamente dal comune per essere dem�l�to, come prescrive il quinto comma dello st�sso articolo 7, a spese dei responsabili dell'abuso, (1) La Corte riprende e� sviluppa �il prindpio affermato nell'ord. 15 febbraio 1991 n. 82 in Giur. cosi. 1991; 571, nel senso che l'acquisizione gratuita dell'area su cui insiste la costruzione abusiva � una sanzione auton<;>ma per l'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione xna pur !!empre. collegata al �duplice � illecito di colui che, prima esegue un'opera abusiva �e �poi non adeinpie all'oh� bligo di demolirla. Pertanto, il proprietario dell'area del tutto estraneo alla co. struzione abusiva non subisce la sanzione. 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di preva� lenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Ci� premesso va rilevato che questa Corte, con ordinanza n. 82 del 1991 -in relazione ad una analoga ipotesi sanzionatoria prevista dall'art. 15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 -ha affermato che la gratuita acquisizione al patrimonio indisponibile del comune dell'area sulla quale insiste la costruzione abusiva rappresenta la reazione dell'ordina mento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva e, poi, non adempie all'obbligo di demolirla, in conformit� della regola secondo cui �l'ordinamento reagisce, oltre che sulle cose costituenti il prodotto dell'illecito, .anche su quelle strumentalmente utilizzate per commetterlo �, Secondo il cennato indirizzo della Corte, che pu� essere seguito anche per la presente questione, l'acquisizione gratuita dell'area non � dunque una misura strumentale, per consentire al comune di eseguire la demoli zione, n� una .sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione, abilitando poi il sindaco ad .una scelta fra la demolizione di. ufficio e la conservazione del bene, definitivam,ente gi� acquisito, in presenza di � prevalenti interessi pubblici �1 il che significa per la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Da quanto precede deve dedursi che, essendo l'acquisizione gratuita I una sanzione prevista per il caso dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolire, essa, come risulta dalla. stessa formulazione del terzo comma I dell'art. 7 della legge in questione, si. riferisce esclusivamente al respon� sabile dell'abuso, non potendo di certo operare (come avviene talvolta per I la confisca, quando questa costituisce misura accessoria di altra sanzione i o misura strumentale diretta ad impedire l'ulteriore produzione dell'illecito i o l'utilizzazione dei proventi di questo) nella sfera di altri soggetti e, .in particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneit� al compimento dell'opera abusiva, o che,. essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli .strumenti offertigli dall'ordinamento. L'essere .la sanzione dell'acquisizione dell'area ispirata dall'intento di costringere il responsabile dell'abuso ad eseguire egli stesso la demol�� zione nel termine stabilito dall'ingiunzione, esclude, anche sotto. altro profilo, che essa possa colpire il proprietario estraneo all'esecuzione dell'opera, perch� se fosse vero il contrario si sarebbe in presenza di una sanzione inidonea ad assolvere alla funzione di prevenzione speciale in vista I ' � della quale � comminata, in quanto tale comminatoria non potrebbe eserci ! tare alcuna coazione sul responsabile dell'abuso per costringerlo ad eseguire la demolizione. I l ! I I I I I PARTE I, SEZ. I, .G!VRISPRUllENZA COSTITUZIONALE 415 Una volta escluso che il proprietario estraneo all"abuso -anche nel senso che non risulti che egli, essendone venuto. a conoscenza, non si sia attivato con gli strumenti offerti dall'ordinamento per impedirlo -possa s.pire la Per4~ti3-.4ella propriet� .. dell';:irea; ..non �per. questo viene meno la possibilit� del ripristino. L'art. 7 in questione, pur perdendo la maggior forza intimidatrice insita nell'ulteriore comminatoria della sanzione consi� stente nell'acquisizione gratuita dell'area, in caso di inottemperanza all'mgiumione si riduce alla sola<possibilit� della demolizione del manu fatt��� abusivo. N(>rf s� ignora in: proposito che della norma in questione � stata talvolta �ffert� un'interpretazione riduttiva nel senso, cio�, che la demolizfon�. J?Ofrebbe essere eseg\l�ta d;ufficio dagli organi del comune solo dopo che il bene. sia sfato� acqill:sito al patrimonio pubblico. Se cos� fosse ver� rehbe.111�rl� ogni.possibilit� di applicazione del regime sanzionatorio pre~ istoda detta norma nell'ipotesi . il). cui l'area, . per essere di propriet� cl�l t�rzC> .. estfaned all'abuso, �non p�ssa essere acqmsita gratuitamente e rill1�rr~l:i6ero cos�..frustate le fil1alit� ripristinatorie insite in tale regime Ma la richl.amata interpretazione non pu� essere condivisa perch� essa, erroneamen.te attribuendo all'acquisizione gratuita del bene natura di :rrdsura stl"Ulller1tale (l� dove, la richiamata giurisprudenza della Corte la ~(Jnsidera sanziol1e autonon:ta), connette l'operativit� dell'ingiunzione Ji;5ipri~ti110 esclusiyainep.te. al. Jneccanismo.� :previsto dall'art. 7 in parola il quale, come si arguisce da quanto si � detto in precedenza, tende ad ottenere la collaborazione del responsabile dell'abuso, onde eliminarne gli effetti1 con il comminare l'ulteriore sanzione della perdita dell'area in caso di inottemperanza. Detta interpretazione tralascia invece di const. clerare che l'operativit� dell'ingiunzione a demolire non presuppone sempre necessariamente la preventiva acquisizione clell'immobile al patrimonio comunale, perch� l'ingiunzione � rin provvedimento amministratifo di:il�turl,l autoritat.iva che1 in. quanto tale,.� assistito, in base ai principi i~Il:~r~i ch� regola!lo ...l'azione arll),lllpist~ativa,.. dfll carattere della ese.cutoriet� insito nel potere di autotutela che, come � noto, consiste nel potere-dovere degli �organi amministrativi d�� dare� esecuzione ai provvedimenti cia essist~ssi eID.ail.atL . Di con:segue~~ appare evidente che; q\lalo:ra non ricorrano i presupposti per l'acquisizione gratuita del bene, come nel caso in cui l'area sia di propriet�. del terzo, la funzione ripr:istinator�a dell'interesse pubblico vidlato dall'abuso, sia pur ristretta alla sola possibilit� della demolizione, rimane affidata. al potere-dovere degli organi comunali di darvi esecuzione d'ufficio. E ci� senza che a tal fine necessiti la preventiva acquisizione dell'area che, se di propriet� del terzo estraneo all'abuso, deve rimanere nella titolarit� di questi, anche dopo eseguita d;ufficio la demolizione. ---'.."'?' 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 31 ottobre 1991 n. 389 -Pres. Corasaniti -Red. Caianiello -Regione Campania (avv. Cacciafesta). Regioni � Legge regionale -Efficacia retroattiva -Ammissibilit� -Condi zioni -Ragionevolezza. (Cost. art. 117; l. reg. Campania, 3 luglio 1973, n. 4, art. 7). Anche per il legislatote regionale, e pure in caso di successione di legge regionale a legge statale, il divieto di retmattivit� assume dignit� costituzionale solo in materia penale (peraltro estranea alla competenza normativa delle regioni); tuttavia esso rappresenta pur sempre una regola generale ed essenziale del sistema cui il legislatore deve ragionevolmente attenersi, salvo una effettiva causa giustificatrice, perch� la certezza dei rapporti preferiti costituisce un cardine della civile convivenza e della tranquillit� dei cittadini (pertanto � illegittimo l'art. 7 legge regione Campania 3 luglio 1973, n. 4 che, modificando i requisiti per la concessione di borse di studio, incide anche sui rapporti in corso sacrificando ingiu~ stificatamente diritti gi� acquisiti in base alla legge statale) (1). Con ordinanza pervenuta il 28 gennaio 1991, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno sollevato questione di legittimit� costituzionale ~ dell'art. 7 della legge della Regione Campania 3 luglio 1973, n. 14, il quale I dlspone che ai concorsi annuali per il conferimento di nuove borse di studio I (1) Sentenza di notevole interesse in cui la Corte, nel ribadire che il divieto di retroattivit� delle leggi assume dignit� costituzionale solo in materia penale, I mette a fuoco il principio dell'unit� dell'ordinamento come limite generale alla retroattivit� delle leggi statali e regionali attribuendogli � il significato di ga rantire la coerenza e ragionevolezza del sistema, pi� che la sua continuit� tem I porale�. Da tale principio, quindi, discende non tanto un limite � ratione tem~ poris � della competenza delle regioni a disciplinare situazioni gi� disciplinate con legge statale, bens� un'esigenza di coordinamento tra le due legislazioni che pu� anche comportare il sacrificio di diritti gi� acquisiti purch� sorretto da ragionevole giustificazione. Tra i numerosi precedenti citati dalla Corte si vedano: sent. 4 aprile 1990 n. 155, in Foro it. 1990, I, 3072; sent. 2 febbraio 1988 n. 123, ivi, 1989, I, 652; sent. 18 luglio 1986 n. 199, in Giust. civ. 1986, I, 2641; sent. 13 febbraio 1985 n. 36, in Foro it. 1986, I, 638, con nota di BELLANTUONo; sent. 12 maggio 1982 n. 91, ivi, 1982, I, 2122; sent. 15 febbraio 1980 n. 13, in Giur. cost. 1980, I, 102; sent. 20 marzo 1978 n. 23, ivi, 1978, I, 468; sent. 28 luglio 1976 n. 194, in Foro it., 1977, I, 23; sent. 9 marzo 1967 n. 23, in Giur. cost., 1967, 183; sent. 8 luglio 1957 n. 123, ivi, 1957 Ili, 275. L'elemento di maggiore novit� della sentenza in commento riguarda il principio secondo il quale la legge regiqnale pu� avere efficacia retroattiva, purch� sia rispettato il canone della ragionevolezza, anche nei confronti della preesistente legge statale (in senso contrario sent. 18 marzo 1957 n. 44 e sent. 8 luglio 1957 n. 123. cit.). PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sono tenuti a partecipare anche gli alunni gi� titolari di borse di studio pluriennali conseguite in anni scolastici anteriori al 1973/1974, privando cos� questi ultimi del diritto ormai acquisito -in virt� di concorsi espletati in base alla previgente legislazione statale -a percepire le relative annualit� non ancora maturate. Ad avviso del giudice rimettente, la norma impugnata contrasta con l'art. 117, primo comma, della. Costituzione e con il principio di continuit� (rectius di unit�) dell'ordinamento, trattandosi ,di norma retroattiva diretta a regolare la materia per il tempo in cui la stessa apparteneva alla competenza statale. (omissis) Nel merito la questione � fondata. La giurisprudenza di questa Corte, univoca nel ritenere che il principio della irretroattivit� della legge in generale � stato costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale (fra le altre sentt. n. 19 del 1989, n. 713 del 1988, n. 19 del 1970, n. 23 del 1967), per quel che riguarda la legge regionale ha ..,..... fin dalla sentenza n. 44 del 1957, il cui principio � ribadito in pronuncie successive (v. ad es. sentt. n. 91 del 1982, n. 13 del 1980, n. 23 del 1978, n. 123 del 1957) -ritenuto che la regione non possa regolare retroattivamente situazioni contemplate da una norma statale �senza violare il principio fondamentale dell'unit� dell'ordinamento giuridico dello Stato�, con ci� intendendo attribuire preminente rilevanza all'esigenza di un permanere uniforme sull'intero territorio dello Stato, senza deroghe regionaj.i, dei rapporti e delle situazioni sorte per effetto del preesistente assetto legislativo unitario. In una pi� recente pronuncia (ord. n. 713 del 1988) la Corte, ritenendo detto orientamento non.. pertinente per definire una questione . sollevata con riferimento alla successione temporale fra leggi regionali e, di conseguenza, non assumendo posizione in ordine ad esso, ha considerato risolutivo sul tema della retroattivit� di leggi regionali, l'indirizzo costantemente affermato relativamente a leggi dello Stato (v. per tutte sett. n. 155 del 1990, n. 199 del 1986, n. 36 del 1985, n. 194 del 1976, n. 118 del 1957), ma gi� enunciato anche con specifico riferimento a leggi regionali (sentt. n. 23 del 1967, n. 19 del 1970), secondo cui �il principio della irretroattivit� della legge � stato, come � noto, costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale (art. 25 Cost.) �. Muovendo da tale premessa si � conseguentemente ritenuto che � l'art. 11 disp. prel. e.e., non pu� assumere per il legislatore regionale altro diverso significato da quello che esso assume per quello statale e cio� che, ad esclusione della suddetta materia (peraltro estranea alla competenza normativa delle regioni) �, per l'uno, come per l'altro, possibile l'emanazione di norme alle quali venga attribuita la menzionata efficacia retroattiva �. Ci� premesso, � da ritenersi che tale ultima affermazione -ribadita in prosieguo (sent. n. 19 del 1989) anche se sempre in riferimento a problemi di successione fra leggi regionali -pur non comportando neces RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 418 sariamente il superamento del richiamato principio di unit� dell'ordinamento come limite alla retroattivit� delle leggi regionali, costituisce espressione della tendenza, sempre pi� netta, a considerare preminente nella risoluzione di quel tipo di problemi il carattere pariordinato o di uguale valore giuridico, sia pur nei limiti previsti dalla Costituzione, della legislazione regionale rispetto a quella statale in un sistema, come il nostro, di pluralismo delle fonti normative primarie. Tale tendenza, se da un lato non pu� indurre all'abbandono del �principio dell'unit� dell'ordinamento�, su cui si fondava la tesi dell'intangibilit�, da parte delle norme regionali, delle situazioni prodotte dalle leggi dello Stato, dall'altro, esclude di poter continuare a considerare lo stesso principio come un ostacolo assoluto in ordine alla modificabilit� delle situazioni pregresse ad opera della legislazione delle regioni. Diversamente opinando si perverrebbe a concepire nell'ambito delle materie di competenza regionale una categoria di rapporti assolutamente inalterabili perch� intangibili da parte della regione subentrata nella materia e non pi� disponibili da parte dello Stato che ha perduto la relativa competenza legislativa (sent. n. 279 del 1984). Al principio di unit�, come ha anche rilevato la dottrina, va perci� attribuito il significato di garantire la coerenza e ragionevolezza del sistema, pi� che la sua continuit� temporale. Di conseguenza ed in base ai cennati pi� recenti indirizzi della giurisprudenza che attribuiscono all'art. 11 delle preleggi lo stesso valore sia se riferito alle leggi statali che a quelle regionali, si impone una particolare considerazione del canone di ragionevolezza, quando queste ultime vanno ad incidere su situazioni e rapporti gi� regolati dallo Stato. Canone che la giurisprudenza costituzionale mostra, in via generale, di tenere in particolare conto come limite alla retroattivit� delle leggi, quando afferma che questa � possibile sempre che �non siano contraddetti principi e valori costituzionali� (sentt. n. 123 del 1988, n. 199 del 1986 e n. 194 del 1976). Cos�, in particolare, quando, pur ribadendo la tesi secondo cui il divieto di retroattivit� assume dignit� costituzionale solo in materia penale, riconosce tuttavia che esso � rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillit� dei cittadini� (sent. n. 155 del 1990). L'art. 117 della Costituzione, invocato nella specie dall'ordinanza di rinvio, congiuntamente al � principio di continuit� (rectius di unit�) dell'ordinamento �, che implicitamente richiama l'art. 3 della Costituzione, assume quindi rilievo non tanto sotto il profilo di una incompetenza temporale delle regioni a legiferare su situazioni gi� disciplinate da leggi dello Stato all'epoca competente e, quindi, come ostacolo assoluto alla retroattivit� della legge regionale, bens� come parametro indicativo dell'esi PARTI!' l>; SEZ; I,. GIUlUSl'RUDENZA COSTITUZIONALE genza di assicurare il coordinamento. della. legge regionale con .. la legislazione statale preesistente. Di conseguenza, subentrando la prima alla seconda nella discipll,na della stessa materia, il sacrificio di posizioni facenti capo alla legjslaZione statale preesistente; pu�. essere considerato ragionevole solo se il penrtanere< del precedente assetto .risulti del tutto i:ncoinpll,tibile con ... l'innovativa diseiplina regionale. 4l>:P~re1 clifa.tti;,; W,dispensabile !l.ottolineafe che, <!tl:lil.[l.do s.i . va ad incidete .~.. �itu,aziq:ni e rapporti gi� <lisciplW,a.ti nel contesto :unitario pro.. prio 4eHl;l, legge.�dello Stato, la .regione, che .subentra. come legislatore.� nel. l'.~.1Jil)~t9 teP:itp:riale cl~ pii!,. tjc}ptte dilJ\1~sioni,.deye mostr~si.� cons!,l.pevole 4e11a divetsit~.. 4eij,e yalllt~ic:>.i �onseguenti . alla . djvers!t� d�l .� c9ntesto. ~Il c~~o.�. t;,9ntra.tjq, '7e.rrebbe ad.�� alterarsi, senza alcu.~ valida ragione, l'uniformit� dell'asset~o unitario prece<lente a scapito <lella ragionevolezza del ~iste),11.~� con Wl�� f#glustificato sacrif.icio dell'esigenza . di � certezza dei rapporti preteriti (che) costituisce un il'ldubb�o carc:liile �. i:lell~ civile conviv~ ae de1l!,l. trlil.[l.q:i:@it~ dei cittadini� (sent.n.155 def1990 cit,).�.�.. Sacrificio, queste>, ariC:Ora pil� irragionevole quando si frl:l.ttr~ come �nel .� c~so �lella���legge tegiOnale oggetto di impugnativa� r.t�i �. presente giu. diiid. <�� di s�tu'.aziolli e� �li rapporti destiliati �d esaU:rirsi in breve �tempo e . quih:d:f corfscarsiSsima possibilit� di . interferire nella nuova . disciplina. La legge regionale impugnata ha modificato i requisiti per la C:oncessiotie delle borse di studio con una disciplina che ha: inciso, anche sui rapporti in cors�. Difatti, i soggetti non risultanti ili possesso dei :nuovi requisiti/ ancorch� gi� titolari di borse di studio pluriennali conseguite in �base alla legislazione �statale; sono stati privati della possibilit�� d� . godere delle restanti annualit� .senza che ei� risulti ilidispensabile. nel quadro complessivo della nuova disciplilia. L'assoggettamento al modificat� regime anche dei rapporti in corse> ed in via di esaurimento appare cos� privo di ogni giustificazione in. �termini di compatibilit� e come tale cos:tituzionalmente. lllegittimq. CORTE COSTITUZIONALE, 13 dicembre 1991, n. 465 -Pres. Corasaniti - Red. Cheli -Regione Liguria (aw. Zanchini) c. Presidenza del Consigli() (avv. Stafol.aporta). Atto amministrativo -Procedimento -Legge 7 agosto 1990 n. 241-Disciplina regolamentare -Assunzione di informazioni da parte dello Stato nei procedimenti di competenza��regionale ��Conflitto di.. attribuzioni �Potere dello Stato �-Sussistenza~ Non invade le competenze regionali la circolare della Presidenza del Co~siglio dei Ministri -Dipartimento per la funzione pubblica -n. 72741/ 7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 19 e 20 della! 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 7 agosto 1990, n. 241, nella quale viene chiesto alle regioni, a fini informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonch� osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso di adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale (1). Con la circolare n. 72741/7463 del 14 marzo 1991 la Presidenza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per la funzione pubblica -ha inviato a tutti i Ministeri e a tutte le Regioni tre schemi di regolamento destinati a individuare le attivit� ed i termini relativi ai procedimenti amministrativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'invito a far pervenire, entro un termine prefissato, � eventuali osservazioni e proposte � e con l'avvertimento che, in difetto di risposta entro tale termine, ciascuna amministrazione sarebbe stata ritenuta consenziente alla disciplina proposta. Nella stessa circolare si ricorda anche che, con una precedente lettera, le Amministrazioni destinatarie erano state gi� sollecitate �ad inviare elementi utili alla identificazione dei procedimenti oggetto delle rispettive competenze e che possono rientrare nell'ambito di applicazione degli artt. 19 e. 20 �. Secondo la Regione Liguria la circolare in questfOne rivelerebbe chiaramente l'intenzione del Governo di includere anche le Regioni tra i soggetti disciplinati dai regolamenti governativi di cui agli art. 19 e 20 della legge n. 241, cos� da estendere la normazione che dovr� essere formulata mediante tali regolamenti anche ai procedimenti di competenza regionale, relegandosi le Regioni, ai fini della disciplina di tali procedimenti, ad un ruolo di mera collaborazione oon lo Stato. Da qui -ad avviso della ricorrente -la lesione, oltre che del principio di ragionevolezza, degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 29 della legge n. 241 del 1990, dove si affida alle Regioni a statuto ordinario (1) t!. la prima volta che la Corte Costituzionale si occupa della legge 7 agosto 1990 n. 241 e lo fa per dirimere un conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni che si incentra sull'interpretazione dell'art. 29 nella parte in cui dispone che la legge n. 241/90 opera� direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia �. La Corte opta per una interpretazione restrittiva della norma nel senso cio� che riferendosi soltanto alle disposizioni della nuova legge sul procedimento, essa non consente ai regolamenti governativi (bench� delegati) di disciplinare i procedimenti amministrativi di spettanza regionale fino a quando le regioni non avranno legiferato. Sta di fatto per� che senza l'adozione dei regolamenti di cui agli artt. 19 e 20, appare alquanto difficile rendere operante quella funzione di transitoria supplenza delle leg~i regionali che l'art. 29 attribuisce alla legge 241/90. PARTE I,� SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE la. regolazione delle � materie toccate dalla stessa legge � nel rispetto dei ' principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento �. Il.ricorso non � fondato nei. termini che verranno di seguito precisati. Gli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si riferiscono alla disciplina;��. rispettivamente� �della � <f denuncia �preventiva � e del � silenzio assertso � nell'ambito di procedimenti dove l'attivit� dei privati risulti subcirdfuata ad atti di consenso dell'autorit� amministrativa. In particolare, l'art. 19 richiani.a la possibilit� per il privato di irttraprendere un'attivit� soggetta ad autorizzazione o ad altro atto di cons.enso dehunciand<:>ne l'inizio all'amministrazione competente, salva la sticcessiva verifica da parte� della� �stessa amministrazione della effet tiva sussistenza� dei� presupposti e dei requisiti di legge per lo svolgi mento di tale attivit�. A sua volta, l'art. 20; sempre irt tema di attivit� private sottoposte al consenso dell�. pubblica ariuninistrazione, si riferisce alla ipotesi in cui il decorso di 'I.in t�rn�in� prefissato, senza che sia intervenuto un esplicito provliedimento di diniego dell'atto autorizzatorio richiesto, equivale ad accoglimento della domanda avanzata dal.� privato. ED:trani.be �Ie �disposizi�ni stabiliscono poi che i casi di applicazione degli iStituti dell� �denuneia preventiva � e del � silenzio-assenso � al l'esercizio di atthrit� private subordinate a consenso della pubblica am ministrazione devono essere individuati mediante regolamenti adottati ai sensi dell'art. 17; secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo patere delle.competenti Commissioni parlamentari. Ora, ai fini .della soluzione della controversia in esame, la premessa da cui occorre muovere � che i regolamenti governativi in questione quand'anche caratterizzati dalla speciaie efficacia propria dei regolamenti c.d. � delegati � ...._ :rion risultano legittimati a disciplinare, per la naturale distribuzione delle competenze normative tra Stato e Regioni desumibile dall'art. 117 della Costituzione, le materie di spettanza regionale e, conseguentemente, neppure i procedimenti amministrativi attinenti a tali materie. Se � vero, infatti, che il procedimento amministrativo non coincide con uno specifico ambito materiale di competenza, in quanto modo di esercizio delle diverse competenze, � anChe vero che la disciplina P,ei vari procedimenti dovr� essere affidata a fonti statali o a fonti region:aJ.i, a seconda che gli stessi attengano all'esercizio di competenze materiali proprie dello Stato o delle Regioni. E �questo tanto pi� ove si consideri la connessione naturale esistente tra la disciplina del procedimento e la materia dell'organizzazione, connessione che conduce a individuare nella regolamentazione ad opera della Regione dei procedimenti amministrativi di propria spettanza un corollario della competenza regionale, - 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO richiamata nell'art. 117 della Costituzione, concernente l'� ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalle Regioni�. Queste considerazioni trovano, del resto, piena conferma nella stessa legge n. 241 del 1990, che, all'art. 29, affida alle Regioni a statuto ordinario il potere di regolare gli oggetti investiti da tale legge � nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico�, N� la previsione, espressa nello stesso art. 29, di un'operativit� in via suppletiva di tutte le disposizioni contenute nella legge n. 241 nei confronti delle Regioni che non abbiano ancora legiferato in materia, pu� spostare i termini ciel problema, dal momento che tale operativit� risulta pur sempre limitata alle sole disposizioni conenute nella legge n. 241, n� pu� estendere la sua efficacia fino a legittimare l'incidenza nell'ambito della sfera di competenza regionale di fonti statali di livello secondario, quali quelle espresse nei regolamenti governativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge n. 241. La possibilit� per tali regolamenti di svolgere la loro efficacia anche nella sfera regionale verrebbe, infatti, a contrastare non solo con l'art. 29 della legge n. 241, ma anche con la disciplina formulata, in tema di regolamenti, dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, dove espressamente si esclude che i regolamenti governativi destinati a disciplinare l'attuazione e l'integrazione delle leggi recanti norme di principio possano incidere su materie riservate alla competenza regionale (art. 17, primo comma, lett. b). Quanto precede non conduce, d'altro canto, ad affermare anche l'esistenza della lesione che, con riferimento alla circolare di cui � causa, la Regione Liguria lamenta. Dalla circolare in questione non risulta, infatti, possibile dedurre con certezza l'intenzione dello Stato di voler provvedere all'adozione di una disciplina regolamentare, ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge n. 241, comprensiva anche dei procedimenti amministrativi di competenza regionale. Al contrario, il fine che la circolare dichiara esplicitamente di voler perseguire riguarda soltanto l'assunzione di informazioni relative ai procedimenti di competenza delle varie amministrazioni, statali e regionali nonch� l'eventuale formulazione da parte delle stesse amministrazioni di osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamento gi� predisposti dall'amministrazione statale con riferimento all'esercizio di proprie competenze. La richiesta espressa dalla circolare in esame non mira, pertanto, a intaccare una sfera di competenza regionale, quanto a favorire, attraverso uno scambio di informazioni e valutazioni, un rapporto collaborativo tra le varie amministrazioni, centrali e periferiche, anche ai fini dell'adozione di modelli procedurali non dissonanti: rapporto particolarmente giustificato nell'attuale fase di avvio di una disciplina fortemente PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE innovativa e di grande rilievo istituzionale quale quella espressa dalla legge n. 241 del 1990. p.q;m. dichiara che spetta allo Stato, in relazione alla circolare della Presi� denza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per la funzione pubbli� ca -n. 72741/7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, chiedere alla Regione Liguria a fini informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonch� osserva� zioni e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso di adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� europee pronunciate nel corso dell'anno 1991 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. La Corte cli giustizia delle Comunit� europee nel corso dell'anno 1991 ha pronunciato 204 sentenze: 34 di esse sono state emesse in cause alle quali ha partecipato �l'Italia (4 in ricorsi diretti dell'Italia contro la Commissione delle C. E.; 15 in ricorsi diretti della Commissione contro l'Italia; 1 in una causa fra altro Stato membro e la Commissione nella quale era intervenuta l'Italia; 13 in cause pregiudiziali proposte ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, di cui 6 promosse da giudici italiani). Nel corso dell'anno sono state cancellate dal ruolo molte cause promosse dalla Commissione contro l'Italia, essendo venuta a cessare nella sostanza la materia del contendere, vuoi, in alcuni casi, per aver la Commissione accettato il punto di vista dell'Italia, vuoi, pi� spesso. per il venir meno dello stato di inadempimento ad obblighi comunitari contestato all'Italia: con l'entrata a regime del meccanismo della � legge comunitaria � di cui all'art. 2 legge 9 marzo 1989, n. 86, � stato possibile evitare numerose e poco onorevoli soccombenze in sede giudiziale (oltre che mettersi al passo con gli altri Stati membri), dando finalmente attuazione ad un gran numero cli direttive comunitarie, specificamente indicate nella legge 29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria per il 1990), in relazione alle quali si era accumulato un notevole ritardo negli anni precedenti. L'Italia non ha partecipato ad alcun giudizio innanzi al Tribunale cli primo grado. Oltre a qruelle pubblicate in questo numero e nei numeri precedenti della Rassegna, le sentenze pronunciate in cause che hanno visto la partecipazione italiana sono ile seguenti: -17 gennaio 1991, nella causa C-334/89, Commissione c. Italia, in tema di caccia, citata in nota (1) a pag. 35, parte I, di questa Rassegna; -19 febbraio 1991, nella causa C-281/89, Italia c. Commissione, con la quale la Corte ha respinto un ricorso italiano relativo alla liquidazione dei conti FEOGA per il 1986 riguardante l'ammontare di spese per la colorazione di cereali contestato fra le parti; -26 febbraio 1991, nella causa C-120/88, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato che � la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell'art. 95 del Trattato CEE, non avendo adottato i provvedimenti necessari a permettere ai non soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto, che importino nel territorio italiano beni gi� gravati di tale imposta in un altro Stato membro senza poterne ottenere il rimborso, di detrarre dall'IVA dovuta all'importazione l'importo dell'IVA pagata nello Stato membro di esportazione ancora inglobata nel valore del bene al momento dell'importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non � soggetto passivo all'interno del territorio italiano non sono assoggettate all'IVA �. -28 febbraio 1991, nella causa C-360/87, Commissione c. Italia, con la quale � stato dichiarato che � non avendo adottato nel termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, necessarie per dare I' -~ compiet� e corretta e~�CUZiorie lfell'�rdlllainent��.. giuridico intento alla �. diiettiva del Consigl�<f11 dicembre 1979, ri. 80(68/CEB;�co��cernente .1a� proNzi�ne�dell� acque� sotterranee dal�'inqui71ame11.tO provocato da certe� sostanze� pericolose, la Rep.bl:JJ:i6~ Itatiillia � venuta meno.�.agii . abblighF ad essa incombenti�� ht . forza delTt~dat� c:E:a �: � � .� ��. � � � � � � � � .+ ,2l *1#z� 1~91, ne!Il;l qa,.sa <}2~/$9;Commissione e, Italia, con la q.ale ~�..~~ato. 4iclli~11to��P~~ ��..~��1a.. RePY99li<.:a, �� Jtaliana. � �. ve.\lta.� WeJ;l<> ... a,gli�. obl:>liglli .. illl'. �tt:11@1!t~'i t~f!ti:r~:,J!�r~!~��~ffi{~~~8~it~{:1i: ~qt~0citrs!~~~ii4!a~~ea;, ��.. �ᥥ��� --2�i#arz� l99t, nel!~ caifsa y369j8S:, pelattre; con la quale la� C�~e, r�chiesta di. pron~c�arsi: .l>ulle n.ozitin� dfi~ m.aiattia >; e di .,. mediC�nali�e di nfonopolio per la venaititi#Jatcuni pfod()tti�rMervato ai farmacisti; ha d�cl�arato�'.he: ~t ..::;;;. ta direttiva del Ce>J;lsiS:lio��26 ~e1Y1ajo 1965; n; 65/65/cB:Si per il raVy.i~tiffiento delle disposizioni legislative, reg&1ame:t1tari �� ed . �mtnihlsti'ative tetative �. W��� �specie.~ lit��� me(Ucjnali;�.. n()n. �contieiJ.e ���~~~ᥥ�4e(i.pizi�ne�. della��n(lzi9iJ.e�. dic��lll,l;llattia. 2 .. a).. Uxr prodotto prese11tat\l �otne Q:estUlato . a fl\tv9:W'e talune .funZioni organiche rientra nell'ant'Pitoc di a:P:Plic~~<;>ne ~Ila nozi9ne . com\lt1itaria di medicinale di .cui all'art. l; ;ti,� 2, secori49 comma,)della direttiva del C�nsigli9 65/65/CEE. :Pe:r ... stabilite . se 'Va4a co:$i4e;rato . i;>r�dotto medicinale .�o alimentare � .necess1; 1rio �tener.. conto. delle su.e. pJ;opriet�.. farmaceuticl:te' La circostanza che $letto pro<;lotto venga 9(>risi�leliato ..U~entare in uno ��Stato lnj)m:Oro Jio11 impedisce elle venga; co.$idl\\ratoi roedicjriale nello�.�. Stat9 . interessato;( se .ne. presenta � le <laratteristi<;he. L~ particol.a,# no:p:ile sllll.e. a,cq.e . natura.li SllM si;:p,za >influenza sulla. ~finizione dimedicina.}Lai sensi della direttiva 65/65/CEE; b) .. Non� sussiste un � obl>li.go gi.ric:lic;() '.Per gli Statj me:mbii di .. sollecitare il �parere dei conlitl; l~i..�.� (:<m~w1i'1�����~l~e.���i~ti~~gaj,�.�c9mt:tnita,rie .... ~~~il;lli~1;1ti ..� nel...�se.ttore...�dei.�.. me. c:licmali, 1Jr.inia �df de&:Ure .ne.t diritto interno.� la nozione di medi<;:inale in .at, tUl;lZ�one ���4ella.��direttfv:a���65/65/CEE:����)$petta.�..alle l;lUt�rita�.��� nazionali,�����soggette'a sfud~cato. ~urisc;lizfona�~, st�bitlre. se un prodotto presen�1to co:ttle��.�rimeciio per .. taluni�. spi,tqn;d o.. stati cowe fa,:ine, pei);mt~:iza 1;1lle gambe; m~atlc�:lento o ~~t~06~~),s:;so~omJ!:va& ~fi~c!b~~r;~ioiibll~ro~~:atli0T~~~~\0tt~ f�tti��. col1aterali hond1�, ...�. pitt � iri generale,� �deU� �caratteristiche. comp1�'ssive; d) Un pr�dotto pu� essere considerato niedidrial� per la SU.a presenta:ifone qualora la forn:ia. e fa .confezione� fo rendano abbastanza.�. simile ad Un ihediCinale e, in particolare, la confezione e le indicazioni che lo a&:ompagnano menzionino ricerche di laboratori: farmaceutici� n:ietodi �.. o sostari:ie elaborate 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da medici o anche testimonianze cli medici circa le qualit� del prodotto stesso. L'indicazione che il prodotto non � un medicinale costituisce elemento utile cli cui il giudice pu� tener conto, ma cli per s� non determinante. 3. -Allo stato attuale del diritto comunitario, la fissazione delle norme relative alla distribuzione dei prodotti farmaceutici resta affidata agli Stati membri, fatta salva l'osservanza delle disposizioni del Trattato, segnatamente cli quelle relative alla libera.circolazione delle merci; il monopolio riconosciuto ai farmacisti Iper la clistribtizione di medicinali o altri prodotti pu� costituire un ostacolo alle importazioni; se uno Stato membro opta per un monopo{io cli distribuzione riservato ai farmacisti, un siffatto ostacolo pu� giustificarsi, in linea di principio e fino a prova contraria, per i medicinali ai sensi della direttiva 65/65/CEE del Consiglio; quanto agli altri prodotti, a prescindere dalla qualificazione datane in diritto interno, spetta al giudice nazionale accertare se il monopolio per la loro distribuzione attribuito ai farmacisti sia necessario ai fini della tutela della salute pubblica o del consumatore e se entrambi questi obiettivi non possano conseguirsi mediante strumenti meno restrittivi per il commercio intracomunitario. 4. -La direttiva del Consiglio 18 giugno 1974, n. 74/329/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli emulsionanti, gli stabilizzanti, �gli addensanti e i gelificanti che possono essere impiegati nei prodotti alimentari, nonch� gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE devono essere interpretati nel senso che una disciplina in forza della quale uno Stato membro assoggetta un prodotto come la gomma cli guar, impiegata in un metodo destinato a consentire la perdita cli peso, ad un'autorizzazione di messa in vendita e al monopolio dei farmacisti non rientra a prescindere peraltro dalla qualificazione datane in diritto interno, nella sfera di applicalzione di detta direttiva, ma pu� nondimeno costituire ostacolo alle importa I ~ zioni. Ove il prodotto in parola non sia medicinale ai sensi della direttiva 65/65/CEE. una disciplina del genere � ammissibile, alla luce del diritto comunitario, solo se necessaria ai fini della tutela della salute pubblica o del consun1atore e semprech� proporzionata a tali obiettivi �. -21 marzo 1991, nella causa C-60/89, Monteil e Samanni, ancora in rema di � malattia�� e � medicinali �, con la quale la Corte ha dichiarato: 1. -a) L'eosina al 2 % e. l'alcol �al 70 % modificato sono medicinali ai sensi dell'art. 1, n. 2, primo comma, della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialit� medicinali, allorch� presentati come aventi propriet� terapeutiche o profilattiche; b) La qualificazione cli detti prodotti, con riguardo alla seconda definizione cli medicinale cli cui all'art. 1, n. 2, secondo comma, della direttiva 65/65/CEE. dev'essere effettuata tenendo conto delle sostanze coadiuvanti che ile integrano la composizione, delle modalit� d'uso, della loro diffusione, della conoscenza che ne hanno i consumatori nonch� dei rischi connessi al loro uso �, ripetendo, per il monopolio dei farmacisti, quanto precisato �al .punto 3 della precedente sentenza. -16 aprile 1991, nella causa C-112/89, Upjohn, dove, ancora in tema cli � medicinali� e di � prodotti cosmetici�, � stato statuito che: � 1. -Un prodotto che non ha � propriet� curative o profilattiche. delle malattie umane o animali � � un medicinale se pu� essere somministrato � allo scopo ... di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche � e spetta al giudice nazionale procedere caso per caso alla necessaria qualificazione considerate le propriet� farmacologiche del prodotto cli cui trattasi (determinate in base allo stato attuale delle cognizioni scientifiche), le istruzioni per l'uso, il grado della sua diffusione e la conoscenza che ne hanno i consumatori. 2. -Qual PARTE I, SEZ�. II,� GIURIS, COMUNITARIA E. INTERNAZIONALE siasi prodotto che soddisfi. l'uno o l'altro criterio stabilito d�ll'&rt. 1, n. 2, della direttiva del Consiglio 26 ., gennaio � 1965, .� 65/65/CEE,. per� il ravvicinamento� delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative aMe specialit� medicinalit � un medicinale e; �se. si tta:tta di una; specialit� . medicinale; dev'essere soggetto al corrispondente regime giuridico, escluso quello dei prodotti cosmetici� . .;,,.,. 7 maggio 1991; nella causa C~246/88; Commissione c. Italia, con la quale la/Cor,te ha di�billrafcLche;� <�)J.()n ave:iido,�adottatonei tenninLprescritti le di� spos~ioni necessarie: all'attuazione delle direttive del Consiglio 15. luglio 1980, 80/8$6/:Suta:tq~(c:he modifiC::a le i;lirettive che fissano .�le�.� norme fondam.entali :relative��ani:\ pfotezione � sanitaria della popoJazione e dei lavoratori contro i pericoli de:tivi!nti dalle � radtazioni ionizzanti\�. e J . settembre���1984. 84/467/Buratom, �.he 1,1).oclii:ica)a dire:ttiva80/836/Euratom, la .Repubblica italiana, � venuta meno agli obhlighf che te .incombono ai sensi del Trattato Euratom � . ...,. 7 fuaggi<> 1991, nelfa. gusa 045/89, Commi~.Sion� c. Italia, con la quale � staro� statuito 'Che �la Repubblica�, italiana, mantenendtf in vigore ��un regime di autorizzazioni e/O di contingentamento dei trasporti combinati strada/fer� wvia tra Stati membri e rifiutando il rilascio di autotfazationi ai privati che intendono effettuarectali trasporti; � venuta meno agliobblighi che le incombono ai senskdella direttiva del. Consiglio 17 febbraio 1975�;. 75/130/CEE; relativa alla fissazione dfnorme comuni pet taluni trasporti�di. merci .combinati strada/ /ferrovia tr�; Stati membri, in particolare dell'art. 2 della stessa"� ---7 <maggio 1991; nella causa C-340/89; Vtas.s'opoufou1 secondo. la quale �l'ai:'t 52 ciel Tratfa:fo CEE.� va interpretafo riel senso che le�� autorit� nazionali di uno Stato membro, cui � stata presentata una� d�mi!nda di autorizzazione all'eseroiziac della professione �di avvodatd{ da parte. di lin�. cittadino comunitario gi� � anunesso� ad� :esercitare detta professi01:ie nel suo� paese. d'origine e che 'l�� vora cmne � consulente. giuridico in . detto Stato �membro s0no tenute a valutare in quale misura Ie<conoi>cenze e le qualifiche attestate dal diploma conseguito dall'interessato nel suo cpaese .d'origine corrispondano a quelle. richieste. dalla normativa dello Stato ospitante; qualora vi sia una co:trispctnderiza soltanto par� ziale> tfa�tali dipl�mii ��le autorit� naiionali di� cui trattasi sono legittimate ad esigere che l'interessato dimostri di avere conseguito le eonoscenze e le qualifiche mancanti�. ---8 maggio 1991, nella causa C-266/89; Comrnissione c. Italia, con la quak l� Corte ha dichiarato che �la Repubblka Italiana, continuando a non procedere alla rflevaziane �. statistica 'dei trasporti .di �.merci su strada'. secondo .�le modalit� prescritte dai�a d�i'eitiva ci~l Co:ii$ig1fo 12 giugno ' 1978; 78/546iCE�, relativa alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada I1elraful>ito di �na stati' stica. regionale, � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza delle disposiZi�nf di questa direttiva e dell'art. 171 deltr�ttato CEE ȥ. che:���������~~ fua~o~���~:1t!el~~iu:fe~;~!~~Ju~f1Af~~.~: 1~a~1stut~bh~st~l~~ lidit� .del regolamento della Coinmissfone 4 settemb:r;e 1984, :i:t. 2541, c;he fissa una tassa di compensazione� sitlle imp~rtazioni negli. altri Stati membri, .di a,lcool etilica, di .origine. agriCola � ottenuto . .in. Francia e del regoiamento della � Commis� sione J.2, marzo 1985, n, 644, recante modifica del regola.iexito (CEE) :ri. 2541/84. 2, -. La. tassa�, di. compensazione prevista da tale regolamento deve essere ri� scossa sull'alcool etilico che viene lavorato in zona franca e conglobato in un prodotto finito destinato ad un altro Stato membro1 senza essere stato sottopo� sto a regimi doganali particolari, eccezion fatta per la Vigilanza doganale >>. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 428 -16 maggio 1991; il.ella causa C-263/85, Commissione c. Italia, dove � stato dichiarato che �la Repubblica italiana, esigendo che gli enti pubblici acquistino veicoli di produzione nazionale� per beneficiare di aiuti previsti dalla legge 10 aprile 1981, n. 151, � venuta meno agli obblighi che le incombono in virt� del� l'art; 30 del Trattato CEE "� -11 luglio 1991, nella causa� C-296/90, Commissione� c. Italia, con la quale la Corte ha �dichiarato che��� la Repubblica italiana, non .�adottando entro il ter. mine prescritto i prowedimenti necessari per dare attuazione nell'ordinamento giuridico interno alla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/384/CEB; con� cernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli. del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. alla di� rettiva del tonsiglio 20 dicembre 1985, 85/615/CEE, che modifica la precedente direttiva in. seg.ito all'aciesione della Spagna e del Portogallo, ed alla direttiva del Consiglio 27 gennaio 1986, 86/17/CBE, che modifica, a seguito dell'adesione del Portogallo, la d4'ettiva 85/384/CEE, � venuta meno agli obblighi ad. esso incombenti in forza del Trattato CEE � � .....-11 luglio 1991; nella causa C-351/88, Laboratori Bruneau, dove si � precisato che �1.. .::,... l'art 30 del Trattato CEE va interpretato nel senso che osta ad una disciplina �nazionale � che riserva alle imprese ubicate � in determinate regioni del territorio nazionale una percentuale degli appalti pubblici di forni� tur:e;. 2�. -l'eventuale . qualificazione di una normativa nazionale come aiuto ai sensi ciell'art. 92 del Trattato non pu� sottrarre detta normativa al divieto di c.1ti all'art. 30 del . Trattato �. -25 luglio 1991, nella causa C-32/90, Commissione c. Italia, dove �. stato di� chiarato che �obbligando i fabbricanti di prodotti a pasta filata ad indicare sull'etichetta la data di produzione nonch� il luogo di provenienza o di origine del prodotto, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incom� bono ai sensi dell'art. 3, n. 1, punti 4 e 7, della direttiva del Consiglio 18 dicem� ~ bre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e� la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonch� la relativa pubblicit��, -25 luglio 1991, nella causa C-58/90, Commissione c. Italia, con la quale � stato statuito che � la Rep.bblica italiana � venuta meno agli obblighi che le I incombono ai sensi� degli artt, 48; 52 e 59 del Trattato CEE, mantenendo in vig()re le disposizioni che riservano ai cittaclini italiani la possibilit� di ottenere il riconoscimento in Italia dei titoli esteri che abilitano all'esercizio di profes� sio.ni sanitarie ausiliarie"� . ' -2 ottobre.19Ql, nella causa C-7/90, Vandevenne, dove si � precisato che: � 1. -Il termine "impresa" cii� cui .all'art. 15 del regolamento (CEE)-del Consi� glio 20 dicexnbre<1985, n. 3820, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale n�l settore dei trasporti su strada, siriferisce ad un soggetto di diritto autonomo, quale che sia la sua forma giuridica, che esercita in modo durevole un'attivit� di trasporto e che ha il potere di organizzare e di con� trollare il lavoro dei cond�centi e dei membri dell'equipaggio; 2. -n� l'art. 5 del Trattato CEE, n� l'art. 11, n. 1, del regolamento n~ 3820/85 obbligano uno Stato membro ad introdurre nel proprio ordiliamento nazionale il principio della responsabilit� penale delle persone giuridiche. Le violazioni dell'art. 15 del regolamento n. 3820/85 possono venire punite applicando disposizioni con� formi ai principi fondamentali del diritto penale nazionale, a condizione che k sanzioni risultanti abbiano un carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo; PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 3. -il regolamento n. 3820/85 non impone n� impedisce l'istituzione, da parte degli Stati membri, di un sistema di responsabilit� penale oggettiva al fine di assicurare il rispetto degli obblighi imposti dal regolamento �. -3 ottobre 1991, nella causa C-261/89, Italia c. Commissione, relativa ad aiuti di Stato nel settore dell'alluminio, citata in nota (1) a pag. 224, parte I, di questa Rassegna. -10 ottobre 1991, nelle cause riunite 161 e 162/90, Petruzzi e Longo, secondo la quale � 1. -l'art. 3, n. 2, del regolamento (CEE) della Commissione 10 dicembre 1985, n. 3472, dev'essere interpretato nel senso che, finch� non venga adottata una disciplina comunitaria, l'esame delle caratteristiche organolettiche dell'olio di oliva vergine commestibile viene effettuato secondo procedure nazionali, il cui, solo scopo dev'essere quello di accertare le caratteristiche richieste dalle disposizioni comunitarie per la classificazione secondo le denominazioni elencate in queste stesse disposizioni; 2. -il diritto comunitario autorizza la Commissione, al fine di verificare, secondo rigorose condizioni di affidabilit�, la regolarit� delle operazioni .di intervento, a compiere un controllo che non costituisca una semplice ripetizione delle analisi effettuate al momento della presentazione dell'olio all'intervento �, -17 ottobre 1991, nella causa C-346/89, Italia c. Commissione, dove la Corte ha ritenuto che � la Commissione ha il potere di ridurre, in attesa della decisione definitiva sulla liquidazione dei conti annuali, le somme dovute come anticipi mensili in funzione della situazione contabile di ciascuno Stato membro presso il FEAOG qualora constati che l'ente nazionale, in violazione del diritto comunitario, non ha riscosso talune somme destinate al FEAOG o ha effettuato talune spese a carico dello stesso �. -27 novembre 1991, nella causa C-199/90. Jtaltrade, con la quale la Corte ha dichiarato, in ordine a operazioni di distillazione del vino, che: � 1. -I termini prescritti dall'art. 8 del reg�lamento (CEE) della Commissione 22 agosto 1983, n. 2373, che stabilisce le m�dalit� di applicazione della distillazione di cui all'art. 11 del regolamento (CEE) n. 337/7.9 per la campagna viticola 1983/1984, e prorogati dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1983, n. 3501, sono termini imperativi la cui inosservanza comporta ipso iure come sanzione l'incameramento parziale o, a seconda dei casi, totale, della cauzione; 2. -l'esame congiunto delle questioni seconda e terza non ha rivelato alcun elemento atto ad infirmare la validit� dell'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 >>. -13 dicembre 1991, nella causa C-33/90, Commissione c. Italia, dove la Corte ha dichiarato, in tema di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, che � 1. non avendo fornito i chiarimenti richiesti dalla Commissione con lettera 29 giugno 1987, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 5, primo comma, del Trattato CEE; 2. -non avendo la regione Campania predisposto piani che stabiliscano in particolare i tipi e quantitativi di rifiuti da smaltire, i requisiti tecnici generali, i luoghi adatti allo smaltimento e tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, n� elaborato o aggiornato programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, e dell'art. 12, n. l, della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relal: iva ai rifiuti tossici e nocivi �. -13 dicembre 1991, nella causa C-69/90, Commissione c. Italia, dove la Corte ha dichiarato che � la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi della direttiva del Consiglio 15 dicembre 1986, 87/53/CEE RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO che modifica fa direttiva 83/643/CEE, relativa all'agevolazione dei controlli 430 fisici e delle formalit�� amministrative� nel trasporto di merci tra Stati membri, a) non avendo adottato i provvedimenti necessari per conformarsi all'art. 7 bis della direttiva del Consiglio 1� diceml;>re 1983, 83/643/CEE, come modificata dalla direttiva 87/53 e b) non avendo inviato alla Commissione alcuna comuni cazione relativa all'attuazione delle altre disposizioni inserite nella direttiva 83/643. dalla <lirettiva 87/53 ȥ OSCAR FIUMARA COR'l'E DI GIUSTIZIA DELLE.� COMUNIT! EUROPEE, 4 sez., 15 maggi. o...�.....1991, nella .. causa C-328/89..� -Pres. . Diez de Velasco . .. -Avv. Gen. . . . . . . . . . . Ja�obs -Domanda di< pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione italiana nella causa Bemer.Allgemeine Versicherungsgesellschaft (avv. Pesce) e; Amministrazione delle Finanze dello Stato -Interv. : Governo italiano (avv, Stato Braguglia e Conti)� e Commissione ctei1e e.E. (ag. 13~rardisJ. �� �� � � � � Comunit� europee�� Transito comunitario . Garanzia -Liberazione del garante. (Regolamento e.E.E. del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222/77, artt. 27 e 35). L'art. 35 d.el regolament() del Consiglio J3 dicembre 1976 n. 222/77, relativo al transito comunitario, nel testo in yigone prima della modifica apportata dal regolamento del Consiglio.15 dicembre 198J, n. 3813, va interpretato nel senso che la competenza ad .vvisare il garante del non appuramento del documento Tl apparteneva esclusivam�nte all'ufficio di partenza (1). (Omissis) 1. -Con ordinanza 19 dicembre 1988, pervenuta alla Corte il� 24 ottobre 1989, La Corte Suprema di Cassazione ha proposto, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, un.a questione :Pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 35 del regolamento (CEE) del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222/77, relativo al transito comunitario (GU 1977, L 38, pag. 1). (1) Sentenza nella quale�.il pragmatismo, cui di regola si ispira la Corte, lascia il posto ad un vuoto �d inaccettabile formalismo. La Corte non riesce a superare una piatta interpretaziOne letterale.� del tutto insoddisfacente a sorreggere una soluzione � logica� d�l problema. Inaccettabili appaiono anche i due argomenti che la sentenza adduce a preteso sostegno dell'interpretazione letterale. Non si vede, in primo luogo, come il garant epossa ricevere una dose maggiore di certezza di diritto se l'avviso di non appuramento provenga dall'ufficio di partenza, anzich� dalla Direzione generale delle dogane elvetiche. In secondo luogo, almeno nel nostro ordinamento, a nessuno verrebbe mai in mente di PARTE I, SEZ.�. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 431 2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia tra la compagnia svizzera di assicurazioni Berner Allgemeine Versicherungsgesellschaft (in prosieguo: la � Berner �) e l'Amministrazione delle Finanze dello Stato italiano, in ordine agli obblighi derivanti da una garanzia prestata dalla Berner a norma dell'art. 27. del citato regolamento n. 222/n 3. -n regolamento del Consiglio n. 222/77, recante codificazione del regime del transito comunitario inizialmente istituito dal regolamento (CEE) del Consiglio 18 marzo 1969, n. 542 (GU L 27, pag. 1), stabilisce un 1\~gi;me che, per le me:r:-ci che non soc.J.disfano alle condizioni c.J.egli artt. 9 e 10 del Trattato CEE, � quello c.J.el �transito comunitario esterno �, disciplinato al titolo II, artt. 12-38, del regolamento stesso. 4. -Ai sensi dell'art. 12 di tale regolamento, qualsiasi merce, per circolare in base al regime di cui trattasi, deve formare oggetto di una dichiarazione' compilata sti un modulo Tl. Tale dichiarazione deve essere sottoscritta dalla persona che chiede di effettuare un'operazione di transito comunitario esterno, denominata, ai sensi dell'art. 13, obbligato principale, e presentata all'ufficio di partenza. Si intende per ufficio di partenza, a norma dell'art. 11, lett. c), l'ufficio doganale nel quale ha inizio l'operazione di transito. L'art. 17 dispone che, tra l'altro, l'ufficio di partenza registra la dichiarazione Tl e fissa il termine in cili le merci devono essere ripresentate all'uffieio di destinazione. 5. -In forza dell'art. 27 del regolamento di cui trattasi: �Al ..fine di garantire la riscossione. dei dazi e degli altri diritti e tributi Che uno Stato membro sarebbe in diritto di esigere per le merci che attraverseranno il suo territorio durante il transito comunitario, l'obbligato principale � tenuto a prestare una garanzia... � che . . . � consiste in un impegno mediante il quale una persona, fisica o giuridica, ... si costituisce garante in solido ... �. considerare � come una forma di sanzione � l'obbligo spontaneamente e non gratuitamente assunto dal garante. La realt�, completamente perduta di vista dalla Corte, � che, per uno � scrupolo � delle dogane svizzere (accentrare presso la Direzione generale le pratiche di transito non appurate) -sulle quali certo non potevano intervenire le dogane italiane -la Comunit� (per le risorse proprie) e l'Italia (per la fiscalit� interna) non potrano recuperare ingenti somme (sono pendenti numerosi giudizi analoghi); a tutto beneficio del garante, che si � fatto pagare la garanzia e elle la sentenza in rassegna ha sostanzialmente liberato. " La sentenza della Corte 18 febbraio 1982, nella causa 2n/80, SIC, citata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1982, I, 269. I.M.B. .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 432 6. -L'art. 35 dello stesso regolamento recita: � Il garante � liberato dalle sue obbligazioni nei confronti degli Stati membri il cui territorio � stato toccato in occasione del transito comunitario, quando il documento Tl � appurato dall'ufficio di partenza. Il garante � del pari liberato dalle sue obbligazioni alla scadenza di un periodo di 12 mesi dalla data di allibramento della dichiarazione T1 qualora non sia stato avvisato dall'ufficio di partenza del non appura, nento del documento Tl �. 7. -In .seguito alle modifiche apportate al regolamento (CEE) n. 222/77 del regolamento del Consiglio 15 dicembre 1981, n. 3813, in vigore dal 1� gennaio 1983 (GU L 383, pag. 28), il secondo comma della norma citata � stato sostituito dal testo seguente: � Il garante � del pari liberato dalle sue obbligazioni alla scadenza di un periodo di dodici mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl, qualora non sia stato avvisato dalle autorit� doganali competenti dello Stato membro di partenza del non appuramento del documento Tl �. 8. -In forza dell'accordo concluso tra la Comunit� economica europea e la Confederazione elvetica (regolamento del Consiglio 21 novembre 1972, n. 2812, GU L 294, pag. 1), in vigore dal 1� gennaio 1974 (informazione pubblicata nella GU 1973, L 334, pag. 13), la normativa in materia di transito comunitario si applica alle merci che circolano tra due punti situati nella Comunit� attraversando il territorio svizzero siano esse spedite direttamente, con o senza trasbordo in Svizzera, oppure rispedite dalla Svizzera, eventualmente dopo deposito doganale. Tale normativa pu� ugualmente applicarsi a qualsiasi altro trasporto di merci che attraversi il territorio della Comunit� e quello della Svizzera. 9. -Risulta dagli atti di causa che nell'ottobre del 1978 l'ufficio doganale svizzero di Locamo-Cadenazzo (ufficio di partenza) emetteva due documenti Tl per merci destinate ad essere immesse in consumo in Italia. 10. -La Bemer, costituitasi garante dell'operazione a norma della disciplina in precedenza illustrata, veniva avvisata dall'amministrazione delle dogane svizzere, nel luglio 1979, del non appuramento dei suddetti documenti Tl. 11. -Nel gennaio 1982, l'ufficio doganale di Como ingiungeva al garante di pagare la somma di 6.250.000 Lit: , in conseguenza del mancato appuramento dei documenti Tl di cui sopra. La Bemer si opponeva all'ingiunzione dinanzi al Tribunale di Milano, facendo valere, in particolare, di non essere stata avvisata del mancato appuramento dall'ufficio di partenza, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 16. -Il governo italiano sostiene invece che lo scopo della disposiiione di cui � causa � quello di far s� che il garante sia inforniato, con certezza ed entro il termine prescritto, della sorte del suo obbligo di garanzia. Ora, il garante non potrebbe legittimamente dubitare dell'esattezza di tale informazione qualora essa provenga dall'autorit� sovraordinata rispetto all'ufficio� di partenza. L'interpretazione puramente. letterale della disposiiione considerata dovrebbe quindi ceder� il posto all'interpretazione logica di quest'ultima. La modifica apportata . avrebbe dunque uno scopo chiarificatore. J7.. ~ Quest'ultima tesi non pu� essere accolta. 18. -Infatti, come la Corte ha osservato nella sentenza 18 febbraio 1982, SIC (causa 277/80, Racc. pag. 629), la disposizione considerata mira ad assicura:rela certeZ,za del diritto alle persone che. si .rendono garanti delle operazioni di transito ai. sensi del regolamento di cui trattasi, disponendo in particolare la loro �liberazione allo scadere di un periodo di dodici mesi qualora esse non abbiano� ricevuto l'avviso d�� non appuramento del docuniento Tl. 19. � Pertanto, sulla base di questa esigema di certezza del diritto, le persone che si rendono garanti delle operazioni di transito, non avendo tin collegamento diretto con queste Ultime, hanno il diritto di conoscere :chiaramente le circostanze in cui sorge la foro responsabilit�. Ogni incer tezza. quanto a tali circostanze potrebbe aumentare l costi relativi alla costituzione delle garanzie e sarebbe quindl contraria agli obiettivi stessi del regime di transito comttnitario. 20. -Una delle f�nzioni dell'ufficio di partenza, nella versione dell'art. 35 del regolamento n. 222/77 in vigore riel periodo di cui � causa, era appitnto �quella di avvisare il garante del non appuramento del documento Tl, di guisa che esso poteva attendersi che tale avviso provenisse esclusivamente dall'ufficio di partenza e rioil da un'altra autorit�, anche se gerarchicamente sovraordinata rispetto a quest'tiltimo; � fa sola tesi che possa soddisfare le esigenze di certezza del diritto. 21. -D'altro canto, dato che l'obbligo della garanzia del pagamento dei dazi e degli altri tributi eventualmente dovuti in caso di infrazione o di irregolarit� commessa in occasione dell'operazione di transito pu� essere considerato come una forma di sanzione, occorre sottolineare che, secondo la giurisprudema della Corte, una sanzione, anche di natura non penale, pu� essere inflitta solo qualora abbia uri fondamento giuridico chiaro ed inequivoco (sentema 25 settembre 1984, Konecke, causa 117/83, Racc. pag. 3291). .22; � Alla luce di queste.. considerazioni, :.onvl� motivo. di scostarsi dalla nozione di ufficio di partenza quale determinata in. maniera chiara e precisa. nella formulazione delle disposiziont di euitrattasi. .�. .Z3. -..'l'ale. intemretazione᥏ corroborata dalla modifica app9rtata alla Ai$R()sizi9..~ c():p$i4erata. �tat�itato��regolamentoJ'h 3.813/&kcll:e �pstittd5ce ..na m.o�.~fica $9$.l;~iale .e non. Ul1 cbiaxill1en.to del testo precedentemente >in vigore{cos� �olile riswta ci1ill primo coll,~lcieraJ).d��.ciel reg�l~ento lJ10dificativo; a n0:rma del quale <h � , . cial1'esperiel1Za plttrieil)ilale 1le!J!applicaz~one del. regime del. tJ:'~slto co:�iu.Uario , , , �.� riswtat() possibile re:.(iere piil, .f1essjbilj taj.�e fol't'.llalit� . c6nuesse, c<>n tale regill1e � � . . . �-:.-:�.. �.��... .�.��� ..... 24. -Si deve pertanto risolvere la questione proposta � clal � giudice nazionale c:lichi;:u::anc;l() . �he l'~t. 3!5 cl�l reg()laJl:lel1t() delConsigli() ll� ~22/77, ll,e}t@sl9J:tt, �. yl.gore .. Prill1a 4eP.a Il1P4i~i�a apponata dal, regol~en,t9 del .... �~5!g~iRn� 3~13/~1,va m~!Y.~~at9 :�tel sensg cli,~ la�()Il1Petel1Za�ad.�. av� visaJ'.'e il garaJ:l.te 4el 1).()n aPPuram~to del c,lo�w;nento Tl appartene.va es�l.5~vaJ:p.el).te .. all'u~~�ig di� I?arte11~1i\�, (oniiss.is} . . �: :~ CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, sed. plell., 25 lu' gli<> 199l;i nella causa c;:,362/89;;;; Pres; Due ..-Avv. Gen �. Van Gerven -Do ���� ��manda di pronuncia pr�giudfaiale proposta dakPr�tore di Milano nella causa d'Urso e(i a. c. Ercole Marelli Elettromeccanica gen. S.p.A. -Interv. : Governi francese (ag. Chavance) e italiano (aw. Stato Fiumara) ������.e Cotjli:ajssi~lle��ttelie��;~~(a~3Maren&�eBanks)~� CQmUlllt~ europee � l\avvicbi~ento delle legislazioni -M~ntenimento dei ��diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese. (Direttitia del Consiglio; 14 febbraio 1977 n;< 71/187/C.S.E.~ art; 3, n. 1); Coiti~t~.~ut~~ee � RaV'\Ticirtame.nto .<!elle Iegi~18ziolli � MontellfuieO.to dei diritti deLlavoratori in. caso �di; tral!ferimento di imprel�e ., .~rocedura di amministrazione straordinaria .di� grandi imprese in crisi -. Continuazione dell'esetciZ16 di impresa. (rifret�va delCondiglfo; 14 febbriifo 1917, n. 77/i87/C.E.E., art. 1, ti. 1; <codice civile, �l;lrt~ 2112;qJ, 30'. g~nai~ .1979',� ti~. 26;�onvertito con ltiod .. in legge 3: aprile.1979, � n; 95, e.succ. mod,;. legge 2~ cU~bre 1990, ~�. 4~. ;irt, 47). L'art. 3, n. J, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 71!187/C8E, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei �diritti dei lavcfr<itori. in caso d� trilsferiment~ di i111,ptese, di stabilimef1.ti o di parti di stabilimenti, va �interpretato net1 senso eh.e tutti i contratti o rapporti di lavoro esistenti alla data del trasf erimento di un'impresa tra il cedente e i lavoratori occupati nell'impresa 436 �� RASSEGNA DilLL'AWOCATURA DELLO STATO trasferita si ttasm�ttOno ipso iure al cessionario per il solo fatto del trasferimento (1). L'art. 1, n 1, della direttiva. del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CBE, non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell'ambito di un procediment� concorsuale come quello previsto dalla normativa italiana� ��sulla liquid�ziane coatta�. amministrativa, alla quale si richiama la legge 3.. april� 1979 in materia. di .amministrazione straordinaria delle grandi imprese in Crisi. Le stesse disp�sizioni della stessa direttiva si applicano invece atforch�, .�nell'ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano tamfninistrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il proseguimento dell'attivit�� dell'impresa � stato� deciso e finch� quest'ultima decisione rimane in vigore (2). (Omissis) 1. �Con ordinanza 23 ottobre 1989, giunta alla Corte il 17 novembre successivo, ilpretore diMilanoha S�ttoposto, a nonna dell'art. 177 del �.Trattato� CBE, due��. questioni pregiudiziali�. relative all'interpretazione della direttiva del CdriSiglio 14 febbr�fo 1977, 77/187/CBF., concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri� relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26, in prosieguo: la � direttiva�). 2, � Dette questioni sono insorte nell'ambito di una controversia tra, II da un lato, il sig. Giuseppe d'Urso, la sig,ra Adriana Ventadori ed altri e, (1�2) Amministrazione 11traordinaria di grandi imprese in crisi: mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda. 1. -La Corte di giustizia ha interpretato la direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977 n. 77/187 /'CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei� lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, nel senso che: -essa non trova applicazione ai casi di trasferimenti di imprese operati nell'ambito della �. procedura di �amministrazione straordinaria di � grande impresa in crisi (punto 31); -essa trova applicazione; per�, se il. trasferimento avviene in pendenza della� continuazione dell'esercizio di impresa da parte degli organi della procedura (punto 32); -l'art. 3 n. 1 della direttiva comprende i diritti e le obbligazioni, elle . scaturiscono nei confronti del cedente da un contratto o da un �rapporto di lavoro in corso al momento del trasferimento e stipulato con i lavoratori occupati, per lo svolgimento delle loro mansioni, nella parte trasferita dell'impresa o dello stabilimento (punto 10); -l'art. 4 n. 1 della direttiva vieta che il trasferimento costittlisca di per s� un motivo di licenziamento per il cedente o per il �essionatio; ma noi;i pregiudica i licenziamenti che .possono aver. luogo per motivi economici, tecnici e di organizzazione che comportano variazioni sul .piano dell'occupazione (punto 19, })rima parte); la dfrettiva non si oppone a �che, qualora una disciplina nazionale implichi a favore del cedente disposizioni che gli consentono di alleviare o di sopprimere gli oneri connessi all'occupazione dei lavoratori in soprannumero, per evitare 437 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE dall'altro, la societ� Ercole Marelli Elettromeccanica Generale S.p.A. (in prosieguo: � EMG �), in amministrazione straordinaria, e la societ� Ercole Marelli Nuova Elettromeccanica Generale S.p.A. (in prosieguo: � Nuova EMG�). 3. -Emerge dalle indicazioni contenute nell'ordinanza di rinvio che la EMG � stata sottoposta alla procedura cosiddetta di amministrazione straordinaria mediante decr.eto del ministro dell'Industria datato 26 maggio 1981, pur essendo autorizzata a continuare la propria attivit�. Nel settembre 1985, il complesso dell'impresa veniva ceduto alla societ� Nuova EMG costituita ad hoc. In esecuzione del contratto di cessione conformemente agli accordi sindacali ai quali faceva richiamo il contratto stesso, 940 lavoratori sono passati alle dipendenze del cessionario. Altri 518 sono restati alle dipendenze della societ� cedente; tuttavia il rapporto di lavoro di questi ultimi � stato sospeso e la loro remunerazione � stata presa a carico dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria. 4. -Gli attori nella causa principale, che fanno parte di questi 518 lavoratori, hanno chiesto al pretore di Milano di dichiarare che il loro rapporto di lavoro era continuato con il cessionario, a norma dell'art. 2112, primo comma, del Codice civile in virt� del quale � In caso di trasferimento dell'azienda, se l'alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l'acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dall'anzianit� raggiunta anteriormente al trasferimento�. nella misura del possibile licenziamenti, dette disposizioni si applichino dopo il trasferimento a vantaggio del concessionario (punto 19, seconda parte). 2. -La Corte ha, dunque, riconosciuto l'esattezza in via di principio deTia�tesi sostenuta dall'Avvocatura in causa, secondo cui i trasferimenti di azienda operati nell'ambito di quella particolare procedura corcorsuale che � l'amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi disciplinata dalla c.d. legge Prodi (dl. 30 gennaio 1979. n. 26, conv. con mod. in legge 3 aprile 1979, n. 95, e succ. mod.), non rientrano nella previsione della direttiva 77/187/CEE. Sono soggette alla procedura di amministrazione straordinaria di cui alla legge Prodi, in sostituzione e con esclusione del fallimento -si era detto nelle osservazioni scritte presentate alla Corte, -imprese commerciali di grandi dimensioni (secondo parametri indicati dalla legge stessa), per le quali sia stato accertato giudiziariamente lo stato di insolvenza ovvero l'omesso pagamento di almeno tre mensilit� di retribuzione (art. 1, commi 1-5). La procedura. che si estende all'intero gruppo delle societ� controllanti e controllate o con identica direzione o garanti (art. 3), si attua ad opera di commissari sotto vigilanza dell'autorit� amministrativa e secondo le norme previste dalla legge fallimentare per la procedura, meramente concorsuale, di liquidazione coatta amministrativa (art. 1, co. 6). Pu� essere disposta, per un certo periodo, la continuazione dell'esercizio dell'impresa (art. 2, co. 1). La procedura si attua secondo un programma che � deve prevedere, in quanto possibile e tenendo conto degli in� teressi dei creditori, un piano di risanamento, coerente con gli indirizzi della 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. � Le� convenute nella causa principale hanno contestato detta dolll�nda appellandosi ad una disposizione della normativa nazionale secondo la quale, per le imprese poste sotto amministrazione straordinaria, le I norme summenzionate del Codice civile vanno disapplicate per quanto riguarda il personale che non � stato trasferito contemporaneamente all'im I p:r~sa. 6. � rut~nendo che la soluzione della causa principale richiedesse un'interpretazione della. direttiva, il pretore di Milano ha deciso di sospendere il procedimento finch� la Corte si sia pronunciata in via pregiudiziale .sulle seguenti questioni: �I. Se l'art. 3, n. 11 primo comma, della direttiva 77/187 del 14. 2.1977 prevede il trasferimento automatico al cessionario dei rapporti di lavoro inerenti all'azienda ceduta ed esistenti al momento del trasferimento dell'azienda. II. Se la direttiva sopra indicata si applichi alle cessioni di azienda effettuate.da�imprese in.amministrazione straordinaria. 7. � Per una pi� ampia esposizione dei fatti della controversia principale, dello svolgimento del procedimento nonch� delle oss.ervazioni scritte I e presentate alla Corte, . si fa richiamo alla relazione d'.udienza. Questi elementi del fascicolo sono riportati in prosieguo solo nella misura necessaria a comprendere il ragionamento della Corte. politica industriale, con . indicazione specifica degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonch� degli impianti o complessi aziendali da trasferire e degli eventuali nuovi assetti imprenditoriali; per quanto possibile deve essere preservata l'unit� dei complessi operativi, compresi quelli da trasferire � (art. 2, co. 5). Il Tesoro dello Stato pu� garantire in tutto o in parte i debiti che la procedura contrae con.istituzioni creditizie � per il finanziamento della �gestione corrente e per la riattivazione e il completamento degli impianti, inunobili ed attrezzature industriali � {art. 2 bis). La liquidazione del patrimonio avviene, come si � detto, con le norme previste per le procedure concorsuali, salvi gli opportuni adattamenti . e .. le regole particolari. della . stessa legge Prodi: i trasferimenti di aziende. impianti o complessi. aziendali, che godono di particolari agevolazioni fiscali (art. 5 bis), possono farsi, con le dovute cautele, con o senza incanto e a trattativa privata, in base a valore determinato da periti, che tenga conto della redditivit� all'atto della stima e nel biennio successivo {art. 6 bis). Il trasferimento avviene ad opera degli organi della procedura e senza inge renza della vecchia propriet�. Il ricavato � destinato ovviamente, salve le spese prededucibili, al soddisfacimento dei creditori dell'impresa insolvente. Sono evidenti gli scopi di politica economica e sociale che la normativa speciale persegue. Si � ritenuto opportuno salvare per quanto possibile le parti sane di imprese o gruppi di imprese trasferendole ad un nuovo im� 439 439 ����� ����� ��� sii�fa )?funi questfone pr�giudtti�le. � � .g,. ~ C~~ ~~~ q.~stio~;> tt ~Gclic; nazio11ale chiede se l'art, � 3, n. l, la. dit�tHya n11r' ~ garalJ.#r�. l~ conseryaiforie .dei� dfrhti deffavoratori in l<lfi~jitf@j \!i>~�~~~i~;fJ~=~~!li;~';;~)I~ l'art� 3, ll� 1, della. cUrettiva cC)lllprende i diritti e le obbl.igazfoni che scatu. d.sco11� xfotc?nfronti del. �ec.lente .da 1lll cp);ltratto 9 �.da 1lll. rapporto di ��~;;~iWa~~���~~~s~~Ji~f;~mf:~~~!:::~~i~�!~~fo!i;P~W~����~it!��i~:~~::;~ dell'impresa o dello stabilimento..�� ������ � � � � � ~sfe~n:ti c;li �lllv:rese. di stabi.ll�l�,en:ti o. di parti cij stabili:r;n.enti a nuovi m.i~~~~i~lt~,~~~�irr~~! #eCisato che fa dir�ttlva, e'lt:livoca rtell~ t>�ll fo~ulaZione per quanto riguarda il ftferiri:ienfo � alle �modalit�.�� del�. trasfe#inenfo dell'impresa, ha cpnie obiettivo � iri:iJ?eclir� che�.� �a. ristruttuniiiorte heU'afubito del.� mercato comtille.� si effettiti a dAfin� dei lavoratori delle it:�i\)fese coinvolte~ (Pl.Ulto 18),. e che � �siste nello st.atO attuale dello � sviluppo �. ec�n()Ini�o grafiO:e incertezza per �.quanto . rigU!:!rda le .. incidenze, suI � mera\to .. del. lavoro,. dei trasferimenti . di imprese . in caso di insolvibilit�. del datore di la"�ro e per quelche riguarda i provvedimenti da adotiarsi onde tutelare nel migliore dei modi gli futeressi dei lavoratori � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 11. -La Corte ha inoltre stabilito, nella sentenza 10 febbraio 1988, Daddy's Dance Hall (causa 324/86, punto 14 della motivazione, Racc. pag. 739); che le norme della direttiva dovevano considerarsi imperative, ossia non derogabili in senso sfavorevole ai lavoratori. Di conseguenza, l'attUaziorie dei diritti conferiti ai l�voratori dalla direttiva non pu� venir ��subordinata al consenso n� del cedente o del cessionario, n� dei rappresen� tanti dei lavoratori, n� dei lavoratori stessi, salvo, per quanto riguarda c;J.uesti .ultimi, la.. possibilit�, a seguito di .dimissioni volontarie, di. non continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavor() dopo il trasferimento (sentenza 11 luglio 1985, Mikkelsen, causa 105/84, punto 16 della motivazi.one, Racc. pag. 2639). 12. -Ne consegue che, nell'ipotesi di trasferimento di impresa, il contratto o il ra{'porto di lavoro che vincola il personale occupato nell'impresa trasferita non pu� venire prosegUito con il cedente e continua ipso jitre con il cessionario,�.. fenno .� restando che, secondo la giurisprudenza (sentenza 15 giugno 1988, Bork, causa 101/87, punto 17 della motivazione, Racc. pag. 3057), l'esistenza. o l'inesistenza di un contratto o di un rapporto di lavoro� alla data del trasferimento va valutata alla luce del diritto nazionale . .13. -Per controbattere siffatta interpretazione della direttiva, le parti convenute nella causa principale ed il governo italiano hanno svolto dinanzi alla Corte tre ordini di argomenti. (punto 22). E ha ritenuto che la direttiva stessa non impone agli Stati membri �l'obbligo di estendere le norme che essa contiene ai trasferimenti di imprese, di .stabilimenti o di parti di stabilimenti avvenuti nell'ambito di un procedimento fallimentare mirante, sotto il controilo della competente autorit� giudiziaria, alla liquidazione dei beni del cedente � (punto 23), mentre un tale obbligo impone in relazione a trasferimenti avvenuti in una procedura, in ctd il controllo del giudice abbia ..na portata pi� limitata, la quale persegua . � anzitutto la salvaguardia del patrimonio ed eventualmente il proseguimento dell'.attivit� dell'impresa mediante la sospensione dei pagamenti onde giungere ad una soluzione che consenta di garantire l'attivit� dell'impresa in futuro ,, (punto 28). J\ppllcando questi principi ,~ �aso di specie, la pro�edura di ammini strazione straordinaria non poteva non essere assimilata, agli effetti della ve rifica dell'applicazione della direttiva, alle procedure fallimentari .. � Infatti: a) quale che sia la forma giuridica attraverso la quale si attua di trasferimento, � certo che questo avviene nell'ambito e in forza di una procedura concor suale (� indifferente, sotto il profilo che qui interessa, che essa si svolga sotto il controllo dell'autorit� amministrativa, come la procedura di liquidazione coatta amministrativa, e non sotto il controllo del giudice, come invece il fallimento) e non per libera volont� delle parti; b) non si tratta di un trasfe rimenJo per mera ristrutturazione aziendale, ma di un trasferimento neces� sitato dallo stato di insolvenza dell'impresa; e) la procedura � disposta in so 441 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 14. -In primo luogo, � stato sostenuto che cos� interpretata la direttiva lederebbe la libert� di impresa. 15. -A questo proposito, occorre osservare che questo tipo di lesione � insito nell'oggetto stesso della direttiva che mira, nell'interesse dei lavoratori, a trasferire al cessionario le obbligazioni scaturenti dai contratti o dai rapporti di lavoro. 16. -In secondo luogo, questa interpretazione della direttiva porterebbe, in un'ipotesi come quella della causa principale, a rimettere in discussione gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali e vertenti sulle modalit� del trasferimento e sul numero dei lavoratori trasferiti. 17. -Questo argomento non pu� venire preso in considerazione dal momento che, come si � detto in precedenza, le norme della direttiva si impongono a tutti, ivi compresi i rappresentanti sindacali dei lavoratori, che non possono derogarvi tramite accordi stipulati con il cedente o con il cessionario. 18. -Da ultimo � stato sostenuto che un'interpretazione della direttiva che si risolva nell'impedire che i lavoratori in soprannumero dell'impresa restino alle dipendenze del cedente, potrebbe risultare meno stituzione e con esclusione del fallimento (per casi che oggettivamente prima dell'entrata in vigore della legge Prodi sarebbero sfociati in una dichiarazione di fallimento) non per la prioritaria esigenza di salvaguardare il patrimonio aziendale attraverso la prosecuzione dell'attivit� dell'azienda, ma per interessi di politica economica e sociale che trascendono quelli particolari dell'impresa dissestata (come � reso evidente anche dagli interventi di sostegno dello Stato: garanzia per i crediti assunti, agevolazioni fiscali). 3. -Dopo l'affermazione di principio della inapplicabilit� della direttiva ai trasferimenti operati nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, la Corte, per�, ha precisato che la direttiva si applica se il trasferimento avviene durante il proseguimento dell'attivit� di impresa da parte degli organi della procedura. E cos� la Corte ha drasticamente limitato la portata del principio generale prima affermato. La pronuncia desta perplessit� (anche se, poco prima, il quinto comma dell'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 -legge comunitaria per il 1990 -era intervenuto a distinguere, proprio in sede nazionale, fra trasferimento operato in corso di esercizio di attivit� e trasferimento fuori esercizio, ai fini dell'applicazione dell'art. 2112 cod. civ., nella nuova formulazione �ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente�). Osserva la Corte che � quando il decreto che sancisce l'applicazione del procedimento amministrativo straordinario stabilisce nel contempo la continuazione dell'attivit� dell'impresa in regime commissariale, la finalit� di questo procedimento sta anzitutto nel restituire all'impresa un equilibrio che consenta di garantire la sua attivit� futura�; � l'obiettivo economico-sociale cos� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA, DELLO STATO . . . favorevole ai lavoratori, o perch� il potenziale cessionari(} potrebbe venire dissuaso dall'acquistare l'impresa dalla prospettiva di dover mantenere in servizio il personale eccedente dell'impresa trasferita o perch� il personale sarebbe� licenziato e perderebbe quindi i vantaggi. che avrebbe eventualmente .potuto trarre dalla continuazione del. �rapporto di lavoro con�� il�cedente; 19. -Per ribattere a questo argomento, si deve ricordare che se, in forza dell'art. 4, n. 1, la direttiva vieta che il trasferimento costituisca di per s� un motivo di licenziamento per il cedente o per il cessionario, essa � non 'pregiudica i licenziamenti� che �possono �. aver luogo per motivi econ6mid, tecnici e di orgamz:i�iione che compbrtario variazioni sul piano dell'occupazione�. Va aggiunto che la direttiva non si oppone nemmeno a che, qualora un,a disciplina. nazionale implichi a favore del cedente disposi.oJJi . che gli. consentono . di alleviare o di sopprimere gli oneri connessi all'oCC\lpaZfone . dei lavoratori ..in . soprannumero, per evitare nella misura. del possibile licenziamenti.,� dette ..disposizioni si applichino dopo il trasferimento a vantaggio del cessionario. 20..~� Si deve q\lindi. risolvere la prima. questione. pregi\ldizia}e dichiarando che>l'art. 3, n. l; della, direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187 /CEE; va interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti perseguito non pu� spiegare n� giustificare il fatto che, quando l'impresa interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale. i suoi lavoratori venglll',lQ. privati dei diritti che la direttiva conferisce loro alle condizioni in essa precisate�. In verit� l'istituto dell'amministrazione straordinaria di grande impresa in crisi, sorto nel 1979 nel pieno di una grave crisi economica, � destinato a limitare gli effetti del tracollo di imprese di grandi dimensioni non solo sull'occupazione ma sull'intera economia nazionale. L'uscita di. scena di tali imprese, o gruppi di imprese, dovuta alla loro insolvenza. e alla conseg\lente dichiarazione. di fallimento, pu� avere effetti dirompenti nori solo per le imprese stesse e per i loro.� lavoratori, ma anche per l'intero settore in cui operano e per quelli ad . esso collegati o dipendenti. Si � cercata una via d'uscita, avendo di mira non il risanamento in s� dell'impresa, ma il salvataggio di quel poco che � salvabile dell'impresa stessa. Da un lato quindi .si evita il fallimento. con i suoi effetti meramente liquidatori; da un altro lato si sottrae l'amministrazione dell'impresa alla vecchia propriet� e, attraverso l'affidamento di essa a un commissario straordinario controllato dallo Stato, si cerca di enuclearne -con lo studio di apposito piani e programmi -una eventuale parte sana per affidarla a mani pi� capaci e procedere quindi alla liquidazione finale in favore dei creditori con il ricavo della vendita. In attesa del trasferimento il commissario straordinario gestisce l'impresa per la parte che secondo il programma � utile mandare avanti, onde consentire il trasferimento di una struttura operante. E questa � la continuazione dell'esercizio, che normalmente e logicamente � disposta, PARTE I, saz. II, Gll.llUS. COMUNITARIA E IN'l'll2.NAZIONALB 443 di lavoro esistenti alla data del trasferimento di un'impresa tra il cedente e i lavoratori occupati nell'impresa trasferita si trasmettono ipso jure al cessionario per il solo� fatto del . trasferimento. Sulla seconda questfone pregiudiziale. 2L � �Emerg� dal fe~�re. e. dalla motivazione . dell'ordinanza di rinvio che, ooJ:l .4etta questione, il pretore di Mila.o vuole sapere se la direttiva, coi:ne si cJ.i�J:i4i,ra all'art. 1, n. 1, si � applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti. () df parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione �ontrattuale o a fusione � nell'ipotesi in cui l'impresa mteressata sia disciplinata da. disposizioni come quelle� del decreto legge3() gennaio 1979, n. 26, relativo alle misure d'urgenza per l'amministraiione straordinaria delle grandi imprese in crisi (GURI n. 36, del 6 febbraio J979),.�onvertit� �. con alcune modifiche, nella legge 3 aprile 1979, n.. 95 (CHJRI ~. 94,>c:le14 ~prile 1979). . 22. � Per risolvere�� tale questione �si devono ricordare le distinzioni elabor�te. dalla Corte, spede riella sentenza 7 febbraio 1985, Abels (causa 135/$3, Racc. pag. 469) e, d'altro canto, brevemente riassunte dal pretore di Milano. 23. � La Corte ha stabilito che la direttiva non si applicava ai trasferimenti operati nell'ambito di una procedura di fallimento che mirava, sotto il controllo della competente autorit� giudiziaria, alla liquidazione con� i tempi e le modalit�. consentite, in ogni procedura di amministrazione straordinaria. Poich� il presupposto della procedura � l'insolvenza dell'impresa o del gruppo di imprese, .� chiaro che il trasferimento pu� riguardare solo la parte sana o. sanabile dell'impresa, con esclusione dei .. rami morti, delle foglie secche. Ecco allora che al trasferimento del bene si accompagna il trasferimento di una parte soltanto dei dipendenti, non essendoci posto. per tutti in una struttura pi� ridotta. E l'acquirente si fa avanti solo se prende la parte sana ridotta, .con un numero di dipendenti proporzionato e funzionale rispetto alle nuove e ridimensionate incombenze. L'alternativa � l'assenza di potenziali acquirenti e l'affossamento dell'intera impresa con tutti i dipend�nti! La realt� � che la procedura di amministrazione straordinaria, ci sia o non ci sia la continuazione dell'esercizio di impresa, � una procedura liquidatoria identica strutturalmente al fallimento, con la .sola differenza che in essa, anzich� liquidarsi beni esausti non pi� legati in una struttura imprenditoriale, si liquida, o meglio si cerca di liquidare, un bene vivo, la struttura dell'impresa stessa o quel che di essa conviene conservare e rivitalizzare, il che consente di aiutare non solo l'economia ma anche l'occupazione, nei limiti beninteso del possibile. Ha poco senso, dunque, da un lato dichiarare che la direttiva 77/187/CEE non trova applicazione alla procedura di cui si tratta e dall'altra dichiara 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei beni del cedente. Essa ha fondato la sua conclusione sull'assenza, nella direttiva, di una disposizione espressa riguardante il fallimento (punto 17 della motivazione), sull'obiettivo della direttiva stessa, che � quello di impedire che la ristrutturazione nell'ambito del mercato comune si operi a danno dei lavoratori delle imprese interessate (punto 18) e sul grave rischio di un complessivo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera, in contrasto con gli obiettivi sociali del Trattato (punto 23), qualora la direttiva avesse dovuto applicarsi ai trasferimenti operati nel corso di una procedura di fallimento. 24. -Nella stessa sentenza, la Corte ha invece statuito che la direttiva era applicabile ad un procedimento come quello di � surs�ance van betaling � (sospensione dei pagamenti) bench� esso presenti talune caratteristiche comuni con la procedura di fallimento. La Corte ha infatti ritenuto che i motivi che giustificavano la disapplicazione della direttiva nell'ipotesi di procedure di fallimento non valgono qualora la procedura in questione comporti un controllo del giudice di portata pi� limitata rispetto all'ipotesi di fallimento e miri soprattutto a salvaguardare il patrimonio ed eventualmente la prosecuzione dell'attivit� dell'impresa mediante la sospensione collettiva dei pagamenti per giungere ad un I assetto che consenta di garantire l'attivit� dell'impresa in futuro (punto 28). I I I rare che essa trova applicazione a quei trasferimenti che avvengono in regime r3 di continuazione dell'esercizio di impresa. 4. -Ma la Corte (discostandosi dalle conclusioni del suo avvocato generale Van Gerven, che erano di segno opposto), lo ha dichiarato e non v'� pi� I, da discutere. Del resto, come si � detto, la pronuncia della Corte � stata in un certo senso � anticipata� dall'art. 47, quinto comma, della legge comunitaria del 1990, il quale ha disposto che � qualora il trasferimento riguardi... . imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione... di sottoposizione Iall'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attivit� non sia disposta o sia cessata... ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile, ... � (ma l'esclusione dell'applicazione dell'art 2112 cod. civ. non sarebbe gi� conseguente alla dichiarazione di stato di crisi aziendale richiamata dalla norma stessa e all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, ind1pendentemente dalla continuazione dell'attivit� di impresa?). Quali sono le conseguenze della pronuncia della Corte? Non sorgono problemi nei casi, invero rari, in cui non � stata mai autorizzata la continuazione dell'esercizio di impresa, o in cui l'esercizio sia cessato per revoca o scadenza del termine. In questi casi con l'eventuale trasferimento d'azienda sarebbero salvaguardate solo le posizioni dei lavoratori contestualmente trasferiti (nei limiti dell'art. 47 legge comunitaria 1990). Non pu� non rilevarsi, per�, che, nella seconda ipotesi, si ha pur sempre un risanamento d'azienda, sicch� il taglio occupazionale verrebbe consentito per la circostan �za, che potrebbe essere ben poco rilevante, della cessazione dell'esercizio PARTE I, SEZ. II, GIURIS�. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 445 2s~ -Si deve osservare. che se, al punto 281 la sentenza 7 febbraio 1985, Abels, .. gi�. ricordata, si. riferisce al raggio del controllo esercitato dal giudice sul procedimento, questo richiamo; che si .spiega con la difficolt� illustrata al punto 12 della stessa sentenza di definire la nozione di cessione convenzionale ai sensi dell'art. 1, n. 1, della direttiva, tenuto conto delle differenze. tra �i sistemi �giuridici degli �Stati� membri, non consente, . come d'altra parte si. dichia:ra. nella sentenza.� al punto 13, di individuare la portata della direttiva in base alla sola interpretazione lette:rale di questa nozione di cessione convenzionale e perci� non permette� di definire la sua sfera di applicazione in base alla natura del controllo esercitato dall'auto: rit� amministrativa o giudiziaria sui trasferimenti di imprese nell'ambito di un determinato pro�edimenw concorsuale. 26. -Alla luce del complesso delle considerazioni esposte. dalla Corte nella sentenza �Abels, il criterio determinante da seguire � quindi.quello dell'obiettivo perseguito dal procedimento ill questione. . . 27. -La legge italiana 3 aprile 1979 prevede l'applicazione mediante decreto del procedin:tento d.'amministrazfone straordinaria alle imprese che essa indica. In virt� di detta legge, il decreto comporta o pu� comportare due tipi di effetti. 28. -Da un lato, affinch� vengano raggiunti tutti gli effetti della legge sul fallimento, esso va assimilato al decreto che dispone la liquidazione in Un momento temporale �anteriore al trasferimento d'azienda, magari di poco anteriore e in prevision� pt�prio di esso. E ci� � poco logico. La problematica si pone se il trasferimento d'azienda avviene mentre prosegue l'attivit� d'impresa. Invero se si trasferisce solo un ramo o una speci:liida parte risanata della azienda, con la possibilit� di individuare i lavoratori originariamente occupati nel ramo o nella part� trasferita, essi e solo essi potranno invocare la normativa di favore (cfr. il punfo 10 della s�ntenza annotata) e, ove non risultino esuberanti rispetto alla parte trasferita, non si porrebbero problemi. Ma pi� spesso quel che si vuol trasferire, dopo l'opera di riavvio e risanamento svolta dagli organi della procedura in regime di continuazione dell'esercizio, � proprio la vecchia azienda, nella sua intierezza, seppur ridimensionata nelle sue strutture e� nella sua potenzialit�: un taglio meramente numerico del personale � in questd casi necessario, per renderlo proporzionato alla nuova realt�. Un nuovo impr�nditor� in tanto sar� interessato all'acquisto in quanto non sia costretio ad assumere tutto il personale preesistente, anche se esuberante. E se nessuno acquista (non sarebbe sufficiente ovviamente ridurre il prezzo di cessione, perch� 1a proporzione del personale resta una condizione per il buon andamento futuro dell'azienda), si dovr� procedere alla liquidazione. il che comporter� una perdita di posti di lavoro: non � questo un bel modo per salvaguardare i diritti dei lavoratori. Per sbloccare la situazione, dunque, e garantire almeno quel numero di posti di lavoro proporzionato alle ridotte dimensioni dell'azienda da cedere, si dovr� procedere (ove non si pensi ad una revoca � tempestiva'" prima _..,.. :-: -... :-: ... ... J' ::-: -..._ .. 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO coatta amministrativa prevista dagli artt. 195 e successivi e dall'art. 237 della legge sul fallimento. Emerge dal complesso di queste ultime disposizioni che, salve le peculiarit� di tale disciplina, la liquidazione coatta amministrativa ha effetti che in sostanza sono identici a quelli del fallimento. 29. -D'altro canto, il decreto che stabilisce l'applicazione del procedi mento d'amministrazione straordinaria pu� anche pronunciarsi sulla continuazione dell'attivit� dell'impresa in gestione commissariale per un periodo da stabilirsi secondo le modalit� previste dalla legge. Secondo l'art. 2 della legge 3 aprile 1979 rientra nelle competenze del commissario stabilire un programma la cui esecuzione dovr� essere autorizzata dall'autorit� di controllo e che deve comprendere, nei limiti. del possibile e tenendo conto degli interessi dei creditori, un � piano di risanamento, coerente con gli indirizzi della politica industriale, con l'indicazione specifica degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonch� degli impianti o complessi aziendali da trasferire�. 30. -Da quanto procede emerge che una normativa come la legge italiana sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ha caratteristiche diverse a seconda che il decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa stabilisca o meno la continuazione dell'attivit� dell'impresa. del trasferimento previsto, dell'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio, il che avrebbe per� il sapore di un non commendevole marchingegno) a licenziamenti collettivi del personale ritenuto esuberante (al netto del personale dimissionario o in prepensionamento): il che, come si � detto, � fatto salvo dall'art. 4 n. 1 della direttiva in questione (cfr. il punto 19, prima parte, della sentenza annotata). Questa soluzione, seppure necessitata, non aiuta certo l'occupazione: non era forse meglio lasciare che, attraverso le trattative e gli accordi sindacali, fosse assorbita la parte pi� consistente possibile del vecchio personale, tenuto anche conto delle esigenze del cessionario, e che fossero garantiti agli altri dipendenti non assunti quanto meno gli ammortizzatori sociali? Resta la situazione dei lavoratori non passati alle dipendenze dei cessionari nei trasferimenti operati prima della sentenza della Corte, che, in forza della medesima, come i ricorrenti nella causa principale davanri al giudice nazionale, potrebbero pretendere nei confronti dei cessionari la prosecuzione del rapporto di lavoro, con alterazioni, che potrebbero risultare sensibilissime, delle condizioni contrattuali della cessione (proprio in relazione a questa situazione era stato chiesto alla Corte, ma invano, che, nell'ipotesi che fosse affermata l'applicazione della direttiva CEE, si limitassero temporalmente gli effetti della pronuncia secondo i principi affermati nella sentenza della stessa Corte 8 aprile 1976, nella causa 43/75, Defrenne, in Racc. 455, e ribadita nella sentenza 15 maggio 1990, nella causa C.-262/88, Barber, in Racc. 1889). La posizione di ciascun dipendente dovr� allora essere valutata caso per caso. OSCAR FIUMARA PARTB I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 31. � Se non vi � provvedimento su quest'ultimo punto o quando � scaduta la validit� di un provvedimento che autorizzava la continuazione dell'attivit� deJJ'impresa, la finalit�, le conseguenze e i rischi di un procedimento come quello della liquidazione coatta amministrativa sono comparabili a quelli che hanno indotto la Corte a concludere, nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels; gi� ricordatai che l'art. 1, n. l, della direttiva va disapplicato nel caso di trasferimenti d'impresa, di stabilimento o di una parte di stabilimento in una situazione nella quale il cedente � stato dichiarato fallito. Come il fallimento questo procedimento mira alla liquidazione dei beni del debitore per soddisfare c()llettivamente i creditori e i trasferimenti oper�ti in quest'ambito giuridico sono di . conseguenza esclusi dalla. sfera di appHcazione della direttiva. Come ha osservato la Corte nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels, gi� ricordata, non sarebbe possibile, se. non vi fosse quest'esclusione, eliminare il grave rischio di complessivo deteriqramento delle COJ;ldizioni di vita e .di lavoro della mano d'opera, in cqntrasto con le finalit� del. Tr1:1-ttato. 32. -Emerge per contro dalle disposizioni della legge italiana che, quaJ:ldo il decreto che SaJ:lcisce l'applicazione del procedimento amministrativo straordinario� stabiliSce nel contempo la continuazione dell'attivit� deirimpresa . in. regime . comm.lssariale, la finalit� di questo procedilllento sta anzitutto nel restituire all'impresa un equilibrio che consenti:L .di gi:Lrantire la sua attivit� futura. L'obiettivo economico-sociale cos� perseguito non pu� spiegare n� giustificare il fatto che, quando l'impresa interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale; i suoi lavoratori vengono� .privati dei diritti che� la direttiva conferisce loro alle condizioni in. essa precisate. 33. -A �questo proposito, il giudice nazionale osserva in particolare, nell'ordinanza di rinvio, che la relazione allegata al decreto legge n. 26/1979 dichiara che la funzione del procedimento .� quella di salvare le parti sostanzialmente sane dell'impresa, che �l'impresa in amministrazione stra~ ordinaria pu� ottenere crediti di cui lo Stato garantisce il rimborso e che sono destinati alla riattivazione e al completamento di impianti, di mobili e attrezzature industriali, e infine che, nel procedimento di amministrazione straordinaria, la tutela degli interessi dei creditori � meno incisiva che in altre procedure liquiclatorie e che in particolare � negata ai creditori ogni interferenza sulle decisioni relative alla continuazione dell'esercizio dell'impresa. 34. � Si deve quindi risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l'art. l, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187 /CEE, non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell'ambito di un procedimento concorsuale come quello previsto dalla normativa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 448 italiana sulla liquidazione coatta amministrativa, alla quale si richiama la legge 3 aprile 1979 in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Le stesse disposizioni della stessa direttiva si applicano invece allorch�, nell'ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il proseguimento dell'attivit� dell'impresa � stato deciso e finch� quest'ultima decisione rimane in vigore. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 19 novembre 1991, nelle cause riunite C -6 e 9/90 -Pres. Due -Avv. Gen. Mischo -Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dai Pretori di Vicenza ,e di Bassano del Grappa nelle cause Francovich e Bonifaci ed a. (avv.ti Mondin, Capesan e Dal Ferro) c. Rep. italiana -Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara), olandese (ag. Bot), britannico (ag. Collins e Plender) e tedesco (avv. Sedemund) e Commissione delle C. E. (ag. Marenco e Banks). Comunit� europee . Ravvicinamento delle legislazioni � Tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro � Mancata attuazione della direttiva � Diritti dei lavoratori � Non azionabilit� davanti al giudici nazionali � Risarcimento danni. (Direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/C.E.E.). Le disposizioni della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, che definiscono i diritti dei lavoratori, devono essere interpretate nel senso che gli intieressati non possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di prov~ vedimenti di attuazione adottati entro i termini. Uno Stato membro � tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della suddetta direttiva (1). (1) La Corte, pur rilevando che le disposizioni controverse della direttiva 80/987/CEE erano sufficientemente precise e incondizionate riguardo alla determinazione dei beneficiari della garanzia e al contenuto minimo della garanzia stessa, ha ritenuto per� che i singoli non potevano far valere tali disposizioni direttamente davanti ai giudici nazionali non precisando esse l'identit� di chi � tenuto alla garanzia e non potendosi d'altronde considerare lo Stato debitore per il solo fatto di non aver adottato entro i termini i provvedimenti di attuazione. Fin qui la Corte ha applicato principi gi� ripetutamente affermati in precedenti occasioni. La Corte �, per�, andata ben al di l� dei suoi precedenti allorch� ha proseguito affermando, per Ja prima volta, la responsabilit� aquiliana dello PARTE I, SEZ. li, GIURIS. COMUNITARlA B INTERNAZIONALE 449 (omissis) 1. -Con ordinanze 9 luglio e 30 dicembre 1989, pervenute alla Corte rispettivamente 1'8 e il15 gennaio 1990, la Pretura di Vicenza (nella causa C-6/90) e la Pretura di Bassano del Grappa (nella causa C-9/90) hanno proposto, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, questioni pregiudi~ ziali sull'interpretazione dell'art. 189, terzo� comma, del Trattato CEE nonch� della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987 /CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (GU L 283, pag. 23). 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie tra Andrea Francovich e Danila Bonifaci e a. (in prosieguo: �ricorrenti �) e la Repubblica�. italiana. 3. -La: direttiva 80/987 � diretta a garantire ai lavoratori dipendenti un minimo comunitario di tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro, fatte salve le norme pi� favorevoli esistenti negli Stati membri. A tal fine, essa stabilisce in particolare garanzie specifiche per il pagamento cli loro crediti non pagati relativi alla retribuzione. 4, -A norma dell'art. 11, gli Stati membri erano tenuti a emanare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro un termine scaduto il 23 ottobre 1983, Poich� la Repubblica italiana non ha ottemperato a tale obbligo,� la Corte ha<accertato il suo inadempimento con sentenza 2 febbraio 1989, Commissione/ Italia; causa 22/87, Racc. pag. 143). Stato nei confronti dei singoli per la mancata attuazione di una direttiva. Grossi problemi non sorgono in sede nazionale in relazione alla direttiva di specie, perch� il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, che ha attuato la direttiva stessa in forza della delega contenuta ne1la legge 29 dicembre 1990, n. 428 -legge comunitaria per il 1990 -con l'art. 2 n. 7 ha ora disposto che � per la determinazione dell'indennit� eventualmente spettante, in relazione alle procedure di cui all'art. 1, comma l, per il danno derivante dalla mancata attuazione della direttiva CEE 80/987, trovano applicazione i termini, le misure e le modalit� di cui ai commi 1, 2 e 4 � e che � l'azione va promossa entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto�. Tale normativa sembra assicurare � condizioni, formali e sostanziali, ... non meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non ... conge� gnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento del danno � (punto 43 della sentenza). Resta, per�, la statuizione di principio della responsabilit� dello Stato nei confronti dei privati per aver esso omesso di porre in essere un atto normativo interno che costituisca in capo ai singoli il diritto previsto dalla direttiva, diritto che gli stessi non possono direttamente far valere, statuizione di ben pi� ampia portata di quelle precedenti che pur avevano riguardato la 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Il sig. Francovich, parte nella causa principale nel procedimento C6/ 90, aveva lavorato per l'impresa � C.D.N. Elettronica s.n.c. � a Vicenza e aveva ricevuto a tale titolo solo acconti sporadici sulla propria retribuzione. Egli ha quindi proposto ricorso dinanzi al Pretore di Vicenza che ha condannato l'impresa convenuta al pagamento di una somma di circa 6 milioni di lire. Nel corso del processo di esecuzione, l'ufficiale giudi� ziario del Tribunale di Vicenza ha dovuto redigere un verbale di pignoramento infruttuoso. Il sig. Francovich ha allora fatto valere il diritto di ottenere dallo Stato italiano le garanzie previste dalla direttiva 80/987 o, in via subordinata, un indennizzo. 6. -Nella causa C-9/90, la sig.ra Danila Bonifaci e altre 33 lavoratrici dipendenti hanno proposto un ricorso dinanzi al Pretore di Bassano del Grappa, riferendo di aver lavorato in qualit� di lavoratrici dipendenti per la ditta �Gaia Confezioni S.r.l.�, dichiarata fallita il 5 aprile 1985. Al momento della cessazione dei rispettivi rapporti di lavoro, le ricorrenti erano creditrici di una somma di oltre 253 milioni di lire, che era stata ammessa al passivo dell'impresa dichiarata fallita. Oltre cinque anni dopo il fallimento, nulla era stato loro corrisposto e il curatore del fallimento aveva fatto loro sapere che una ripartizione, anche parziale, in loro favore era assolutamente improbabile. Di conseguenza, le ricorrenti hanno adito il suddetto giudice chiedendo che la Repubblica italiana, alla luce dell'obbligo ad essa incombente di applicare la direttiva 80/987 dal 23 ottobre 1983, fosse condannata a corrispondere loro gli importi ad esse spettanti a titolo di retribuzioni arretrate, quanto meno per le ultime tre mensilit� o, in mancanza, a versare loro un indennizzo. responsabilit� degli Stati ma per comportamenti di organi esecutivi che si fossero posti in contrasto con specifici obblighi comunitari sanciti in norme direttamente applicabili. L'importanza della posta in palio aveva mobilitato nella causa le difese di numerosi governi e la stessa Commissione C. E. aveva svolto una difesa prudente e problematica. Il richiamo nel corpo della sentenza ad alcune delle pi� significative precedenti pronunzie della Corte sulla portata dell'ordinamento giuridico comunitario (sentenze Van Genden en Laos, Costa/Enel, Simmenthal, Factortame) contribuisce a dare la misura dell'importanza del nuovo principio affermato. Comunque, se da un lato la sentenza, sanzionando il comportamento degli Stati al di l� della pronuncia di mera responsabilit� degli stessi nei confronti della Comunit�, potr� indurre ad una pi� puntuale e tempestiva osservanza degli obblighi comunitari, d'altro lato il richiamo delle condizioni per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno (punto 40 della sentenza) nell'ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilit� appaiono circoscrivere, anche se in limiti al momento non ben definibili, la ricaduta nel diritto interno del principio affermato. La sentenza 2 febbraio 1989, nella causa 22/87, COOMMISSIONE c. ITALIA, citata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1989, I, 84, con nota di FIUMARA, Sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. PARTB I, SBZ; II, GIUJUS, COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 451 7. -In questo contesto i giudici nazionali hanno �sottoposto alla Corte la seguenti questioni pregiudiziali, identiche nelle due cause: � 1. In forza del sistema di diritto comunitario vigente pu� il privato che sia stato 1eso dalla mancata attuazione da parte dello Stato della diretti.va 80/987 -mancata attuazione accertata con sentenza di cotidari.ria della Corte di g�.lst�:Zia -pretendere l'adempimento da parte delfo Stato stesso delle disp�siz�oni in essa contenute �he sillii� sufficientemente pre~ise ecl incondizionate invocando direttamente, nei confronti dello Stato membro� inadempiente, la normativa comunitaria per ottenere le garanZie .che lo Stato stesso doveva assicurare e comunque rivendicare il risardm:ento dei danni subiti relativamente alle disposizioni che non godono di tale prerogativa? 2. Il combinato disposto degli artt. 3 e 4 della direttiva 80/987 del Consiglio dev'essere ixlterpretato nel senso che, nel caso in cui lo Stato non si .sia avvalso della. facolt� di introdurre �i. li.miti di cui all'art. 4, lo S�ito stesso �.. tenuto ai pagamento <lei diritti . dei lavoratori subordinati nella misura stabilita dail'art. 3? . 3. Nel caso di risposta negativa alla domanda 2 stabilisca la Corte qual � la gitranzia minima che lo Stato deve assicurare ai sensi della direttiva 80/987 al. lavoratore. avente diritto in IUOdo che la quota di retribuzione a quest'ultimo dovuta possa considerarsi attuazione della direttiva stessa.�. 8. -Per unapi� ampia illustrazione degli antefatti delle cause principali, dello svolgimento del procedimento nonch� <ielle osservazioni scritte presen1a~e alla Corte si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 9. -La prima questione sollevata dal giudice n�zionale pone due problemi che occorre esaminare separatamente. Essa riguarda, in primo luogo, l'efficacia diretta delle norme della direttiva che definiscono i diritti dei lavoratori e, in secondo luogo, l'esistenza e la portata della responsabilit� dello Stato per i danni derivanti dalla violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario. Sull'efficacia diretta delle disposizioni della direttiva che definiscono diritti dei lavoratori. 10. -La prima parte della prima questione formulata dal giudice nazionale � diretta a stabilire se le disposizioni della direttiva che definiscono i diritti dei lavoratori debbano essere interpretate nel senso che gli interessati possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di provvedimenti di attuazione adottati entro i termini. 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 11. � Secondo una giurisprudenza costante, lo Stato membro che non ha adottato entro i termini i provvedimenti di attuazione imposti da ~i una direttiva non pu� opporre ai singoli l'inadempimento, da parte sua, degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa. Perci�, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere richiamate, in mancanza di provvedimenti d'attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero in quanto siano atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato (sentenza 19 gennaio 1982, Becker, punti 24 e 25 della motivazione, causa 8/81, Racc. pag. 53). 12. � Occorre quindi chiedersi se le disposizioni della direttiva 80/987 che definiscono i diritti dei lavoratori siano incondizionate e sufficientemente precise. Tale esame deve riguardare tre aspetti, e cio� la determinazione dei beneficiari della garanzia stabilita da detta disposizione, il contenuto di tale garanzia e, infine, l'identit� del soggetto tenuto alla garanzia. Al riguardo si pone in particolare la questione se lo Stato possa essere considerato tenuto alla garanzia per non aver adottato, entro il termine prescritto, i necessari provvedimenti di attuazione. 13. � Per quanto riguarda, innanzitutto, la determinazione dei beneficiari della garanzia, va rilevato che, in base all'art. l, n. l, la direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovino in stato di insolvenza ai sensi dell'art. 2, n. 1, ossia della disposizione che precisa le ipotesi in cui un datore di lavoro dev'essere considerato in stato di insolvenza. L'art. 2, n. 2, rinvia al diritto nazionale per la determinazione delle nozioni di � lavoratore subordinato � e di � datore di lavoro �. Infine l'art. 1, n. 2, dispone che gli Stati membri possono, in via eccezionale e a determinate condizioni, escludere dall'ambito di applicazione della direttiva talune categorie di lavoratori elencati nell'allegato della direttiva. 14. -Queste disposizioni sono sufficientemente precise ed incondizionate per consentire al giudice nazionale di stabilire se un soggetto possa essere o no considerato beneficiario della direttiva. Infatti, il giudice deve solo verificare, in primo luogo, se l'interessato abbia lo status di lavoratore subordinato in forza del diritto nazionale e se non sia escluso, a norma dell'art. 1, n. 2, e del suo allegato I, dall'ambito di applicazione della direttiva (v., per quanto riguarda le condizioni richieste per una siffatta esclusione, le sentenz�e 2 febbraio 1989, Commissione-Italia, punti 18-23 della motivazione, causa 22/87, cit. , e 8 novembre 1990, Commis PARTE I, SBZ, lI, GltJRtS; COMUNITARIA B INTERNAZIONALE sione/Grecia, punti 11"26 della motivazfone; Racc. pag. I-3.931); in secondo luogo,.>se ci si trovi in una delle>ipotesi di insolvenza di cui all'art. 2 della direttiva . � <: 15. -.:P<:;f Q;\llll1l9 fi~afd,11 p<>i il cQI1teruto � de!la garanzia, l'art, 1 della 4irett~Yll clj.spp.e c:ll.e 4eY'f,'!ssere.gal'.~tito ilpl;lgl:lmento .d,ei.crediti ... I1.on i'�g~H rt~#J.1:@# 4~ cc>ntii�((H.1�v�f� o.da r�pp()l"tLc,.�1avoro. e .. relativi �!~ r~tW~mion~ i?�r if!>�#94o situ~to :Piin�a 41: �.� ciata sia"6Hita . dallo S�~t� 1nell1~i? <:he~ 111 rj~paf#(). P\19 sceg~ierefra fre possi~ilit� e cio�: a) la daf!l in �t:if �.~ .insorta J'hisolveni�. del� dafore di .1avor6; b). �quella� del l'ref.tfW\i() �lfl$f~nii~M�n1:(> c��!lavofatofe .st1l:J6rc1il1.i:tto 1rttefess�to,. comunicafo a <i�u~a d�ll'iI1$6Iveii:Zil del.datore d� Iavofo; e) qtiella ili cui � iris�rtia rinsolven:Za cielcfo.tdre di lavoro o quella della ce~~aiione del contratto d�ia\tcir() o del :rapporto dffavoro del lavoratore subordinato interessato, avvenuta a causa dell'insolvenza del datore di fav()ro~ �16; �� In relazfone a tale sceHa, l� Stato membro ha la. facolt�, in forza dell'art 4, nn;l e 2, dilimi.tare l'obbligo dipagamento a, periodi di tre mesi o d1.>otto settimane,.a seconda dei casi;�~kolati secondo modalit� precisate nelsuddetto articolo, Infinei il Il<. 3 dello stesso articolo� dispone che gli Stati mert:tbri possono fissare . un mMsimale per la garanzia di pagamento .per evitar~ il v~same.to di somme eccedtmti il fine sociale della di.rettiva, Qualora si ayyajgano. di tale facolt�, gli. Stati membri de1:>1:>9ll.CI comuniclll'e alla :Com:rniss.~one i n:ietodi. con cui fissano il mass, inlale. J)'a}tro .canto. l'int.10 precisa che)a>direttiva non pregiudica la facolt� degli Stati membri di adottare le misure necessarie . ad evitare abusi ed in particolare di rifiutare o di ridurre l'obbligo di pagamento in taluni .casi. 17. -L'art. 3 della d.i:t��iVa lascia cos� uria scelta allo Stato membro perdetermin�re la d�.ta a pattire d�lla qua1�Ja g�fanzfa del pagamento dei d�l?fiti dev'e~s~re :fqfnita. � 'f~ttavia, co1lle ristilt~ gi~ implicita:rnente dalla giu:ri~prudenz� �dell�. Cort�'(s�rit�nza.�4 dic:efub:te 1986, FNV, �causa 71/85, R.ac�. pag. 3855; se!lteriza 23 1lla:rzo 1987, Mc ri�rn:ltitt e Cotter, punto 15 della 1Ilotivazione, causa 286/85, Racc. vag'. 1453), la facolt� attribuita allo Stato di. sceslier~ tr� lt11a. Il1o�feplic;it� di riie:l:zi possibili al fine di consegu. �re il dsultat� prescritto. ciatll1a dir~t~~v�� non esclude che i singoli possano far valere ciiJJ.anzi ai giUdici i diritti il cui contenuto pu� essere determinato con mia predsione sufficiente sulla base delle sole disposizioni della direttiva. 18. -Nella fattispecie, il risultato che la direttiva di cui trattasi prescrive � la garanzia del pagamento ai lavoratori dei crediti non pagati in caso di insolvenza del datore di lavoro. Il fatto che gli artt. 3 e 4, nn. 1 e 2, concedano agli Stati membri una certa discrezionalit� per quanto 454 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO concerne i metodi di fissazione di questa garanzia e la limitazione del suo importo non pregiudica il carattere preciso e incondizionato del risultato prescritto. 19. -Infatti, come hanno messo in rilievo la Commissione e i ricorrenti, � possibile determinare la garanzia minima prevista dalla direttiva fondandosi sulla data la cui scelta comporta l'onere meno gravoso per l'organismo di garanzia. Tale data � quella in cui � insorta l'insolvenza del datore di lavoro, poich� le altre due date, cio� quella del preavviso di licenziamento del lavoratore e quella della cessazione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro, sono, in base alle condizioni poste dall'art. 3, necessariamente posteriori all'insorgere dell'insolvenza e delimitano quindi un periodo pi� lungo, durante il quale il pagamento di diritti dev'essere garantito. 20. -Per quanto riguarda la facolt�, di cui all'art. 4, n. 2, di limitare tale garanzia, occorre rilevare che una siffatta facolt� non esclude che si possa determinare la garanzia minima. Infatti, dalla formulazione di tale articolo risulta che gli Stati membri hanno la facolt� di limitare le garanzie accordate ai lavoratori a taluni periodi anteriori alla data di cui all'art. 3. Questi periodi sono stabiliti in relazione a ciascuna delle � I tre date contemplate all'art. 3, onde � possibile, in ogni caso, determinare fino a che punto lo Stato membro avrebbe potuto ridurre la garanzia prevista dalla direttiva a seconda della data che avrebbe scelto se avesse attuato la direttiva. 21. -Quanto all'art. 4, n. 3, secondo il quale gli Stati membri possono fissare un massimale per la garanzia di pagamento al fine di evitare il I ~ versamento di somme eccedenti il fine sociale della direttiva e quanto all'art. 10, in cui si precisa che la direttiva non pregiudica la facolt� degli Stati membri di adottare le misure necessarie per evitare abusi, va rilevato che uno Stato membro che non abbia adempiuto il proprio I obbligo di attuare una direttiva non pu� neutralizzare i diritti che la direttiva fa sorgere a beneficio dei singoli basandosi sulla facolt� di limitare l'importo della garanzia che esso avrebbe potuto esercitare ove avesse preso le misure necessarie all'attuazione della direttiva (v., a proposito di una facolt� analoga relativa alla prevenzione di abusi nell'ambito fiscale, la sentenza 19 gennaio 1982, Becker, punto 34 della motivazione, causa 8/81, Racc. pag. 53). 22. -Va quindi constatato che le disposizioni controverse sono incondizionate e sufficientemente precise per quanto riguarda il contenuto della garanzia. PARTE I, SBZ. �II,� GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZI()NALB 23..~��.� Per quanto riguarda infine.� l'identit� di .chi �. tenuto alla .garanzia, J'art. 5 della direttiva stabilisce c:he: �Gli Stati fissano le modalit� di organiizazione di finanziamento e di :funzfonainentO degtf�rganisrni di garanzia ner rispetto, in particolare, dei s�gueriti prin�:i}li: �� � ..... �.�.��.��� (i)ll p~:trirn,911i9.degU.. 9rg~ismi. dev'essere indipendente dal capitale d) esercki(:) da d,Eltori d.i favor�) e es.$ere �ostit\lito . in xnodo ..da.�non poter essere sequestrato in uri procedimento in caso cl.i insolvenza; b) i datori di. lavoro devono contribuire al .finanziamento, a meno che quest'l�ltixnc> non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri; c)l'obolig� dfpagarnento�a carico degli organismi��esiste indipendentemente dall'adempimento degli obblighi di contribuire al finanziamento �. �� ��� 24; � :e Stiitct sQstenuto che; poich� la� direttiva prevede la possibilit� di finanziamento integrale degli organismi di garanzia da parte dei pubblici poteri, � . inammissibile che uno Stato membro possa neutralizzare gli effetti' delfa dfrettiv� sostenendo che avrebbe . pof;i;ifo porre a carico di altri soggetti, in parte �Fm��foto, l'onere finanziario gravante su di �esso. 25. -Tale ragionamento non pu� essere condiviso. Dalla formulazione della direttiva risillta che lo. Stato membro � tenuto a predisporre tutto un sistema istituzionale di garanzia appropriato. In forza dell'art. 5, lo Stato >membro dispone di. un'ampia dis�rezionalit� quanto all'organizzazione;. al� funzionamento. e al finanziamento degli� organismi di garanzia. Occorre� mettei:e in .rilievo che��il.�fatto1 invocato dalla Commissione, �che la direttiva preveda come una possibilit�, fra le altre, che un sistema deL genere sia finanziato integralmente dai pubblici poteri non pu� significare ��che si possa identificare .lo� Stato.. come � debitore dei crediti non pagati. L'obbligo di pagamento � a carico. degli or~anismi di garanzia.. e solo. esercitando.. il suo . potere. cli organizzare'� il sistema di garanzia lo Stato pu� disporre il finanziamento integrale degli organismi di garanzia da parte dei pubblici poteri. In questa ipotesi lo Stato si accolla tin obbligo che in� linea di principio non gli incombe. 26. �Ne conseg.e che, anche sele disposizioni controverse della direttiva sono sUfficientemente precise e incondizi9nate ..per. quanto. riguarda la determinazione dei beneficiari della garanzia e ilcontenuto della garanzia stessa,. questi . elementi non sono sufficienti perch� i singoli possano far valere tali disposizioni dinanzi ai giudici nazionali. Infatti, da un lato, queste disposizioni non precisano l'identit� di chi � tenuto alla garanzia, e, dall'altro, lo Stato non pu� essere considerato debitore per il solo fatto di non aver adottato entro i termini i provvedimenti di at� tuazione. 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 27. -Si deve pertanto risolvere la prima parte della prima questione dichiarando che le disposizioni della direttiva 80/987 che definiscono i diritti dei lavoratori devono essere interpretate nel senso che gli interessati non possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di provvedimenti di attuazione adottati entro i termini. Sulla responsabilit� dello Stato per danni derivanti dalla violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario. 28. -Con la seconda parte della prima questione il giudice nazionale mira a stabilire se uno Stato membro sia tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della direttiva 80/987. 29. -Il giudice nazionale pone cos� il problema dell'esistenza e della portata di una responsabilit� dello Stato per danni derivanti dalla violazione degli obblighi che ad esso incombono in forza del diritto comunitario. 30. -Questo problema dev'essere esaminato alla luce del sistema generale del Trattato e dei suoi principi fondamentali. a) Sul principio della responsabilit� dello Stato. 31. -Va innanzitutto ricordato che il Trattato CEE ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e che si impone ai loro giudici, i cui soggetti sono non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini e che, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, il diritto comunitario attribuisce loro dei diritti che entrano a far parte del loro patrimonio giuridico; questi diritti insorgono non solo nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche in relazione agli obblighi che il Trattato impone ai singoli, agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie (v. sentenze 5 febbraio 1963, Van Gend en Loos, causa 26/62, Racc. pag. 3, 15 luglio 1964, Costa, causa 6/64, pag. 1126). 32. -Va altres� ricordato che, come risulta da una giurisprudenza costante, � compito dei giudici nazionali incaricati di applicare, nell'ambito delle loro competenze, le norme del diritto comunitario, garantire la piena efficacia di tali norme e tutelare i diritti da esse attribuiti ai singoli (v. in particolare sentenza 9 marzo 1978, Simmenthal, punto 16 della motivazione, causa 106/77, Racc. pag. 629, e sentenza 19 giugno 1990, Factortame, punto 19 della motivazione, causa C-213/89, Racc. pag. I-2433). 33. -Va constatato che sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i singoli non avessero la possibilit� di ottenere un f "~ f f i~ ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro. 34. -La possibilit� di risarcimento a carico dello Stato membro � particolarmente indispensabile qualora, come nella fattispecie, la piena efficacia delle norme comunitarie sia subordinata alla condizione di un'azione da parte dello Stato e, di conseguenza, i singoli, in mancanza di tale azione, non possano far valere dinanzi ai giudici nazionali i diritti loro riconosciuti dal diritto comunitario. 35. -Ne consegue che il principio della responsabilit� dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili � inerente al sistema del Trattato. 36. -L'obbligo degli Stati membri di risarcire tali danni trova il suo fondamento anche nell'art. 5 del Trattato, in forza del quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi ad essi derivanti dal diritto comunitario. Orbene, tra questi obblighi si trova quello di eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto comuni� tario (v. per quanto riguarda l'analago disposto dell'art. 86 del Trattato CECA, la sentenza 16 dicembre 1960, Humblet, causa 6/60, Racc. pag. 1093). 37. -Da tutto quanto precede risulta che il diritto comunitario impone il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili. b) Sulle condizioni della responsabilit� dello Stato. 38. -Se la responsabilit� dello Stato � cos� imposta dal diritto comunitario, le condizioni in cui essa fa sorgere un diritto a risarcimento dipendono dalla natura della violazione del diritto comunitario che � all'origine del danno provocato. 39. -Qualora, come nel caso di specie, uno Stato membro violi l'obbligo, ad esso incombente in forza dell'art. 189, terzo comma, del Trattato, di prendere tutti i provvedimenti necessari a conseguire il risultato prescritto da una direttiva, la piena efficacia di questa norma di diritto comunitario esige che sia riconosciuto un diritto a risarcimento ove ricor� rano tre condizioni. 40. -La prima di queste condizioni � che il risultato prescritto dalla direttiva implichi l'attribuzione di diritti a favore dei singoli. La seconda condizione � che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. Infine, la terza condizione � l'esistenza di un nesso di causalit� tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 458 41. -Tali condizioni sono sufficienti per far sorgere a vantaggio dei singoli un diritto ad ottenere un risarcimento, che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario. 42. -Con questa riserva, � nell'ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilit� che lo Stato � tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato. Infatti, in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascun Stato membro designare il giudice competente e stabilire le modalit� procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario (v. le seguenti sentenze: 22 gennaio 1976, Russo, causa 60/75, Racc. pag. 45; 16 febbraio 1976, Rewe, causa 33/76, Racc. pag. 1989; 7 luglio 1981, Rewe, causa 158/80, Racc. pag. 1805). 43. -Occorre rilevare inoltre che le condizioni, formali e sostanziali, stabilite dalle diverse legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (v. per quanto concerne la materia analoga del rimborso di imposte riscosse in violazione del diritto comunitario, in particolare la sentenza 9 novembre 1983, San Giorgio, causa 199/82, Racc. pag. 3595). 44. -Nella fattispecie, la violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro a seguito della mancata attuazione entro i termini della direttiva 80/987 � stata accertata con una sentenza della Corte. Il risultato prescritto da tale direttiva comporta l'attribuzione ai lavoratori subordinati del diritto ad una garanzia per il pagamento di loro crediti non pagati relativi alla retribuzione. Come risulta dall'esame della prima parte della prima questione, il contenuto di tale diritto pu� essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. 45. -Stando cos� le cose, spetta al giudice nazionale garantire, nell'ambito delle norme di diritto interno relative alla responsabilit�, il diritto dei lavoratori ad ottenere il risarcimento dei danni che siano stati loro provocati a seguito della mancata attuazione della direttiva. 46. -La questione sollevata dal giudice nazionale va pertanto risolta nel senso che uno Stato membro � tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della direttiva 80/987. Sulla seconda e sulla terza questione. 47. -Alla luce della soluzione data alla prima questione pregiudiziale non occorre pronunciarsi sulla seconda e sulla terza questione. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE; sez. un., 29 dicembre 1990 n. 12221; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Vercellone, P. M. Grossi, (concl. conf.); Soc. Mededil (avv. Villani, Acquarone) c. Comune di Napoli (avv. Fico), Soc. Cogefar (avv. Cochetti), Soc. Sincies Chiementin (avv. Stella Richter, Abbamonte). Opere pubbliche� -� Concessione � �Bando di gara di� appalto predisposto dal concessionario � Controversia� � GiUrl.sdizione amministrativa. Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto da impresa privata <ispirante all'aggiudicazione di appalto per la costruzione di opera pubblica avverso il bando di gara disposto da societ� privata concessionaria dell'opera (1). Concessione di collllllittenza e giurisdizione (*). 1) Discrimine fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa. Nel corso della trasformazione. attraverso cui il nostro processo amministrativo. sta evolvendo da circa venf;;i.nni a questa parte, uno degli indicatori piil sensibili � dato dal mutamento del . criterio di discrimine tra giurisdizioni, rappresentato una volta dalla tradizionale distinzione fra diritto soggettivo ed interesse legittimo e soppiantato oggi dalla distinzione per �blocchi di materie �. L'affermazione di principio. condiviso da larga parte della pi� �recente dottrina (1) viene spesso spiegata come effetto dello sviluppo della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, do\ruto a .ricorrenti spinte del legislatore e della giurl.sprudenia. La legge istitutiva del T.A.R. segn� l'avvio del fenomeno con l'attribuzione a detta competenza della materia delle concessioni, cos� intaccando per (*) Il presente articolo � tratto da una relazione tenuta il 6 giugno 1991 al Convegno intitolato: � La concessione di opere pubbliche e le recenti pronunce della Cassazione e del Consiglio di Stato� organizzato dall'I.G.I. Istituto Grandi Infrastrutture, con riferimento alla sentenza della Cassazione SS.UU. 29 dicembre 1990, n. 12221, sopra pubblicata e al Parere del Consiglio di Stato, sez. III, n. 192/90 del 4 dicembre 1990. (1) M. NIGRO, nuovi orientamenti giurisprudenziali in tema di ripartizione della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo, Atti della tavola rotonda, in Foro Amm. 1981, 2140 ss.; G. BERTI, Divisione delle situazioni di tutela e degli ordini dei giudici, in istituto d� diritto pubblico facolt� di giurisprndenza dell'Universit� degliStudi di Firenze; Diritto Amm.vo e giustizia amm.va nel bilancio di un decennio di giurisprudenza a cura di u. ALLEGRETTI, A. ORSI BATTAGLINI -D. SORACE -MAGGIOLI -I, p. 173 ss.; S. GIACCHETTI, La Giurisdizione esclusiva fra l'essere e il divenire, in Studi per il Centenario della Quarta Sezione, Roma 1989, 644 ss.; A. ROMANO, Il giudice amministrativo di fronte alla tutela degli interessi diffusi, in Foro it. 1979, V, 8. ?' .... . ..-:-::�.� . ..-..:::: -�---�-. :-: �---� ........ :-:: :-: . -:-: ... . .................. . 460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Svolgimento del processo -La societ� Mededil s.p.a. � concessionaria del comune di Napoli per la costruzione delle opere per l'interramento delle ferrovie Alifana e Circumvesuviana ed in tale veste ha indetto due bandi di gara per l'affidamento dei lavori di costruzione di gallerie artificiali per l'interramento di tronchi ferroviari. La s.r.l. Chiementin ha proposto ricorso al Tar Lazio. Nel ricorso denuncia l'inadeguatezza dei termini per la domanda di partecipazione in quanto i bandi sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 1985 ed inviati all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Cee il 1� marzo 1985 ed in quei bandi era indicato che la domanda di partecipazione � dovr� pervenire alla Mededil entro e non oltre le ore 12 del 22 marzo 1985 �. Secondo il ricorrente da tale situazione derivava che un soggetto non preventivamente informato della pubblicazione del bando era di fatto impossibilitato a prendere parte alla gara. La Chiementin aveva invitato la Mededil a fissare una. nuova scadenza, ma questa ha risposto negativamente con telegramma del 29 marzo 1985. Sulla base di tali fatti la Chiementin chiede al Tar l'annullamento dei bandi di gara, del rifiuto di indire nuovo termine, � nonch� di ogni altro atto, comunque connesso, presupposto o conseguenziale, ivi com la prima volta, per clausola generale invece che con il classico principio di enumerazione, il criterio tradizionale. Seguirono -in via esemplificativa e non esaustiva -le leggi 20 marzo 1980 n. 75, 24 marzo 1981, n. 145 e pi� di recente la legge 7 agosto 1990, n. 241, che devolve alla competenza esclusiva del giudice amministrativo le controversie sull'� amministrazione contrattata� di nuova istituzione e la legge 10 ottobre 1990, n. 287 sulla tutela della concorrenza e del mercato che devolve al T .A.R. Lazio la competenza in via esclusiva a conoscere dei ricorsi contro i provvedimenti amministrativi in base ad essa adottati. Ma vi � di pi�: la giurisprudenza si � inserita nella linea evolutiva di tendenza cos� segnata dal legislatore ed ha qualificato come esclusiva, in taluni casi, una competenza giurisdizionale che il legislatore, nell'attribuirla al giudice amministrativo, aveva lasciato priva di etichetta. Si allude in particolare all'art. 32 I. 11 giugno 1971, n. 426 relativo ai ricorsi sui provvedimenti del sindaco in materia di autorizzazioni di commercio ed all'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 relativa ai ricorsi in materia di concessione di costruzione, dei relativi contributi e delle sanzioni (2). Alle considerazioni sin qui svolte deve poi aggiungersi un richiamo alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha � civilprocessualizzato >>, con k notissime recenti sentenze (3), i poteri cautelari e probatori del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. (2) Cass. 5 ottobre 1979, n. 5145 e 25 luglio 1980, n. 4831. (3) Corte Cost. 28 giugno 1985, n. 190, in Giur. it. 1985, I, 1, 1297 (700); Corte Cost. 10 aprile 1987, n. 146 in Dir. proc. amm. 1987, p. 582 (sull'istr. probatoria). PARTE I, SEZ. III, GIUIUSPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 461 presa, ove net . frattempo intervenuta, l'aggiudicazione delle anzidette gare� (l'aggi.dicazione � intanto intervenuta). L'annullamento secondo la ricorrente, dovrebbe pronunciarsi per violazione degli artt. 9 e 10 L. 8 agosto 1977 n. 484 e dell'art. 7 1. 2 febbraio 1973 n. 14. La societ� Mededil ha proposto a questa corte ricorso preventivo di giurisdizione ex. art;,/41 C�P�C�; .. chie<le .. �che la corte dichiari l'assoluto difetto. di giurisdizione e, in .. subordine, .. il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all'azione proposta dalla Chiementin. Resiste quest'ultima con controricorso. Con controricorso si sono pure costituiti il comune di Napoli e la s.p.a. Cogefar, capogruppo dell'associazione temporanea di imprese di aggiudicatarie dei lavori, per giudice ammb:dstrativo in orqme all'azione proposta . dalla Chiementin. hanno inoltre presentato memoria. <aggiuntiva; Motivi della decisione -� indiscusso che la Mededil abbia agito, nella fase del preventivo avviso di gara, momento iniziale della procedura� di appalto delle opere. mediante licitazione privata, nella sua. qualit� di concessionaria per la realizzazione delle opere di cui si. tratta, e che queste sono opere pubbliche. � indiscusso dunque che la concessione non si riduce ad un mero appalto di opere: la Mededil, infatti, pu� . e deve svolgere le attivit� di Il rapporto fra giurisdizione generale di legittimit� e giurisdizione esclusiva, che una volta era da regola ad eccezione, tende dunque ad invertirsi e tende pure, per�, ad invertirsi di modello di giudizio: se una volta era il giudizio sull'atto a limitare il giudizio sul rapporto, oggi � il giudizio sul rapporto, nelle dimensioni processual-civilistiche raggiunte, ad informare di s� il giudizio sull'atto, attraendolo verso il giudizio stilla pretesa. Ci� � avvenuto attraverso una serie di linee evolutive che vanno dalla dilatazione dell'uso dello strumento cautelare, alla recessione dalla pratica dell'assorbimento, all'adozione nelle decisioni di prescrizioni ordinative, all'affinamento del giudizio di ottemperanza, all'evoluzione del vizio di eccesso di potere come vizio della nmzione, con .conseguente spostamento del centro di gravit�:. del sin:dacatQ' dall'.att.o. all'attivit�. Va sftmnm:dcr,. dXmque:;.. sempre di pi� la distinzione fra diritto ed interesse come. situazimtl . sostm.;iall tutel1:1;te, avviate come sono le due figure verso una garanzia giurisdizionale . sempre. meno differenziata,. s� che anche con riferimento a)la giurisdizione generale di �legittimit� il criterio discriminatore sostanziale pi� che alla quaJificazione della posizione vantata si riferisce molto spesso al � settore materiale di competenza �, come � stato gi� autorevolmente rilevato, con riguardo alle famose sentenze della Suprema Corte sul diritto alla salute ( 4). A coronamento della tendenza ora descritta, si pone poi la legge di riforma del processo, che, come � noto, fa della giurisdizione esclusiva il modulo (4) F. PIGA, Nuovi criteri di discriminazione delle giurisdizioni amministrative e ordinarie: siamo ad una svolta?, in Giust. civ. 1980, I, 366. 6 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stazione appaltante, che istituzionalmente sono esercitate dall'ente pubblico concedente e che, appunto in forza della concessione, sono invece esercitate dalla concessionaria. � indiscusso pure che la Mededil � societ� per azioni di diritto privato. Quanto alle norme che la Chiementin assume violate, esse riguardano il momento del preventivo avviso della gara. In particolare l'art. 7 I. 2 febbraio 1973 n. 14, quale sostituto della I. 8 ottobre 1984 n. 687, art. 7, impone un determinato procedimento, con pubblicazione del preventivo avviso di gara con precise modalit�, precisando altres� che nell'avviso di gara deve essere indicato un termine non inferiore a dieci giorni dalla pubblicazione della notizia, entro il quale gli interessati possono chiedere di essere invitati alla gara. Quanto all'art. 10 L. 8 agosto 1977 n. 584 (norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunit� europea), questo prevede che, in caso di licitazione privata, il termine di ricezione delle domande di partecipazione non pu� essere inferiore a ventuno giorni dalla data dell'invio del bando all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunit� europee. � qui da precisare, per quanto riguarda la norma di cui all'art. 7 I. 14/73, che la stessa concerne le licitazioni private per appalti di opere ~ , processuale elettivo del processo amministrativo (5) attribuendole dimensioni pressoch� totalizzanti. Cosicch� se gi� adesso la maggioranza delle contro' Iversie pendenti dinarrai ai giudici amministrativi lo � in sede di giurisdizione esclusiva, non � azzardato prevedere che, ove la riforma vada in porto, tale maggioranza diverr� predominio assoluto. Anche il giudice amministrativo italiano, come i giudici amministrativi di altre na2foni, sembra dunque avviato a diventare � il giudice naturale della pubblica amministrazione� (6) con una individuazione della sua competenza ~ I operata prescindendo dalla natura delle situazioni protette. 2) La sentenza delle SS.UU. della Cassazione 29 dicembre 1990, n. 12221. Tanto precisato in via generale, dobbiamo ora chiederci se la sentenza della Cassazione che, con il coevo parere del Consiglio di Stato (7), ha dato spunto a queste riflessioni, si collochi nella linea ora indicata o ne diverga. ILa risposta va differenziata a seconda che si guardi alla motivazione o al dispositivo: tradizionalista l'una, innovatore l'altro. In realt� la sentenza sembra ispirata, nella sua stesura, alla poetica di Andrea Chenier, quella poetica espressa tiques �. mentari indiretta, (5) s. nel famoso verso: � sur cles pensers nouveaux faisons des vers anLa Suprema Corte, infatti, pur utilizzando il pi� classico degli stru (6) s. GIACClIETTI: op. !oc. cit. (7) Consiglio di Stato, Sez. III, parere 192/1990 del 4 dicembre . dogmatici (contrapposizione diritto-interesse, tutela norma di relazione -norrr:a di azione) giunge, GIACCHETTI, op. loc. cit. diretta -tutela in realt�, ad un I ~ f: f: ~= i~ ~'. ~; 1990. ~= ~ ! I ., ., R ! ! I ~~ i'ARTE I, SEZ. IlI, GltJRISii'RUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 463 � che si .eseguono a cuta delle amministrazioni pubbliche e degli enti pubblici, dei loro� concessionari �. Si pu� dunque pervenire ad una prima statuizione. La s.p.a. Mededil tiella sua qualit� di �concessfon�ri� � del� comune di Napoli per la �costruziOne delle �opere Tn.�� questi�ner e::ra tenuta ��a rispettare le modalit� richieste per ilpt()cedimento di> a\ivistf di gara: tenuta non �soltanto in fo:rza def rapptitti derivanti dana c�hcessi6ne, ma anche in forza di un obbligo d�rettal'.ri.�nte derivante da tilla legge dello Stato. Ci�, sieutamente, almeno per quanto riguarda. la nonna ex: art; 7 L 14/73, delfa.<cui violazione appunt�: si duole la s.r.l. Chiementin� ��� I conce~siohi�ri, iI1fatt1, come si � visto, sono posti, dall'art. 1 della stessa legge;�. stllfo Stesso piano .�delle aml'.ri.inist:razioni pubbliche e degli enti ptibbHc:t < Ulteriori osservazioni e statuiz�oni possono ora farsi fu relazione alle finalit� e natura delle disposizioni ora ricordate . .�i :tratta di reg0le :�#.a,tive a,c;l .�..mi:. �pn;ipo:rti;tIJ:l~nto da tenere. nella fase preliminare �lla licitazione privata, Sono nonne che hanno lo scopo di far s� che alle licitazioni private possano concorrere il maggior numero di imprese futeressate alrl:tggiudicaz�one dell'appalto; scopo certamente riyqlto a ga:rantfre l'interesse pubblico che la gar11 sia davvero : <.�� ��:���.�..:: .� .. risultato clamorosameute iullovatore, in Unea. con la pi� evolutiva delle. tenden. ze, devolvendo al giudice ll.lllministrativo. la c()mpetenza in materia in ossequio sost.anzia1e � ad un criterio. di funzionalit�. auC:Or prima che garantistico. Il �nucleo fondante�. della sentenza 7 per.. usa:te<un'.espressione oggi molto in uso -si basa infatti sulla considerazione che la prq�edura l'er l'assegnazione. degli appalti necessari alla realizzazione dell'oper(;l. pubblica � materia. squisitll.lllente pubblicistica da affidare alla elettiva co1Ilp.etenza del giudice amministrativo, a prescindere dalla natura privata o pubblica del soggetto che procede a tale assegnazione. � � . � Al di l� di ogni nominalismo e di .ogni concettualismo, .la .Suprema Corte si wuove . quini:li in perf~tta $int()nia con quel)a. linea di tend,tinza cui prima si accennava che . vede spostarsi . il. discrimine della giurisdizione dalla situazione &ostanziale tutelata al tipo di. materia. giu4ic~bile, . realizzando cos�. appieno una profezfa di Berti, il quale scriveva: � ... diventa. sempre pi� decisiva la distribuzione delle controversie tra giudice ordinario e . giudice apimipistrativo che co:rnpete alla Cqrte dd �a,si;aziqpe, la quale neLdecidere potr� aucora servirsi a lung(). dei. suoi .. top�i giurisprudenziali . (esii:;tenza-inesistenza del potere pubblico; norme di relazione e nonne di azione,. ecc.), ma si muover� in realt� alla stregua di criteri desunti dall'equilibrio che, secondo il suo giudizio, conviene preservare o modificare,. con riferb.nento al. caso concreto,. tra l'ordinamento della giurisdizione ordinaria e quello della. giurisdizione amministrativa: la posizione individuale verr� di volta in volta modellata alla stregua di questa ispirazione � (8). (8) G. BERTI: op. loc. cit~. pag. 194. 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in grado di consentire la scelta pi� rispondente all'esigenza di una corretta e adeguata esecuzione dell'opera. Non sono norme volte a tutelare direttamente l'interesse di ogni imprenditore interessato a partecipare alla gara; questo � solo indirettamente protetto proprio dall'obbligo di chl indice la gara a tenere quei certi comportamenti stabiliti dalla legge, ed in specie dall'obbligo di dare precisi e tempestivi avvisi di gara che lascino ai candidati concorrenti un termine adeguato per risolversi a chledere di essere invitati alla gara. La situazione soggettiva dell'imprenditore si configura dunque secondo il modello dell'interesse legittimo: interesse a che la norma sia rispettata da chi bandisce la gara, perch�, se invece questa � violata, egli pu� subire il pregiudizio insito nella mancata sua partecipazione alla gara. Non � diritto soggettivo, perch� la norma ha per destinatario direttamente ed esclusivamente chi indice la gara ed �, come si � detto, volta In effetti, lo snodarsi dell'argomentazione della Suprema Corte attraverso tutti i classici passaggi del discrimine fra le due giurisdizioni appare tutt'altro che convincente. E proprio la scoperta debolezza dei relativi argomenti lascia sospettare dato che nihil sine ratione -che l'opzione per la giurisdizione amministrativa sia in realt� non la conclusione obiettivamente motivata del ragionamento, ma piuttosto la premessa pregiudiziale e motivante di quest'ultimo. l I presupposti cui la Corte collega la giurisdizione amministrativa sono ~ quelli tradizionali: a) che la situazione soggettiva vantata dal partecipante alla gara d'appalto di opera pubblica 11ffidata in concessione sia un interesse legittimo; b) che la procedura di aggiudicazione posta in essere dal concessionario sia attivit� obiettivamente amministrativa; e) che il concessionario sia soggetto pubblico. Il fatto � che tali presupposti -in astratto sufficienti e tradizionalmente necessari per fondare la giurisdizione amministrativa -nella specie concreta I& non ricorrono. Vale la pena, in proposito, entrare nel dettaglio. A) Innanzitutto la Corte attribuisce natura di interesse legittimo alla situazione soggettiva vantata dal partecipante alla gara, in quanto -afferma -la normativa disciplinante l'aggiudicazione non � tanto volta � a tutelare direttamente l'interesse di ogni imprenditore interessato a partecipare Ialla gara�, quanto a garantire l'interesse pubblico alla selezione dell'impresa pi� idonea all'esecuzione dell'opera. Sostanzialmente la Corte formula due passaggi logici, l'uno sottinteso e l'altro espresso: il primo passaggio (sottinteso) postula che le attivit� disciplinate in funzione del pubblico interesse siano, per ci� solo, attivit� di diritto amministrativo; il secondo passaggio (espresso) postula che a fronte di tali attivit� non possa nascere in capo alle controparti una situazione di diritto soggettivo ma soltanto di interesse legittimo. Ne discende una relazione di equivalenza cos� sintetizzabile: attivit� di interesse pubblico = attivit� di diritto amministrativo = interesse legittimo, relazione che integra la premessa maggiore del sillogismo sulla giurisdizione. Senonch� l'operazione logica sottesa alla descritta equivalenza non appare convincente n� sotto il profilo dogmatico, n� sotto quello storico e normativo. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 465 a tutelare l'interesse pubblico ad una effettiva pluralit� di partecipanti alla gara. Ma nemmeno � interesse semplice, che non sarebbe in alcun modo tutelabile. Certo, occorre che colui che intende far valere giudizialmente quel suo interesse provi di essere non gi� un qualunque cittadino, ma un imprenditore che per il tipo di attivit� svolta avrebbe potuto partecipare alla gara sicch� il mancato od intempestivo avviso gli abbia, almeno potenzialmente, causato un pregiudizio. Ma quando questa particolare qualificazione sia provata o comunque data per ammessa, il modello dell'interesse legittimo appare congruo per identificare la situazione soggettiva. � gi� infatti nena fase precedente alla richiesta di invito che si configura l'interesse collettivo cui prima si � fatto cenno. Certo, la richiesta di invito non vincola l'amministrazione, ma l'interesse ad un'effettiva, od almeno potenziale, pluralit� di concorrenti alla licitazione, gi� si attua con un corretto e tempestivo avviso di gara che consenta di L'analisi dogmatica dimostra, anzitutto, l'erroneit� della equivalenza tra attivit� di interesse pubblico e natura amministrativa della stessa. Gli studi civilistici mostrano infatti che -in un ordinamento ispirato alla recessione della libert� individuale dinanzi al prevalente principio di solidariet� sociale -ogni atto di autonomia privata � funzionalizzato a fini sociali (artt. 41, 42 Cost.). il cui rilievo spiega la sempre pi� estesa regolamentazione imperativa del contratto (c.d. pubblicizzazione del contratto). Se, dunque, anche il negozio privato � allineato (o almeno non confliggente) con interessi superprivati (o pubblici) senza con ci� perdere la natura di negozio privato, (9) deve concludersi che l'interesse pubblico non pu� essere considerato quale indice qualificativo di un'attivit� di diritto amministrativo. N� questa pu� essere desunta dalla posizione di preminenza unilaterale di 1!.Ila parte sull'altra, dato che anche nel diritto privato � ormai pacifico il .!Conoscimento di posizioni di �supremazia� o autoritativit� (di fatto o di diritto), al punto che la dottrina civ.nistica non esita ad attribuire all'autonomia negoziale anche funzioni tradizionalmente riservate ai pubblici poteri (es. negozi con funzioni normative, sanzionatorie, di accertamento) (10). Per converso l'equivalenza tra attivit� di interesse pubblico, potest� amministrativa e interesse legittimo, � posta fortemente in dubbio nel settore degli enti pubblici economici che, pur essendo soggetti di diritto pubblico, si avvalgono di moduli di attivit� tipicamente privati (11). All'esito dell'analisi dogmatica emerge, dunque, che la generica ricorrenza d' un interesse pubblico riferito ad una certa attivit� non equivale a dire (9) E. BETTI: Negozio giuridico in Nov. Dig. XI 1963 p. 1209; G. MIRABBLLI: Negoziogiuridico (teoria), in Enc. dir. XXVIII, p. 13 ss.; D. BARCELLONA: Intervento statale e autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1969, p. 29 ss.; M. Muzzo: Utilit� sociale e autonomia privata, Milano, 1975, p. 87 ss.; F. GALGANO: Il problema del negozio giuridico in Riv. Trim. dir. proc. amm.vo, 1976, p. 449 ss.; M. BIANCA: Diritto civile, III, Milano 1984, p. 31 ss. (10) M. BIANCA: Le autorit� private, Napoli 1977; M. GIORGIANNI: Accertamento (negozio di): in Enc. dir. I, 1958, p. 227 ss. (11) s. CASSESE: Azionariato di Stato in Enc. dir. IV, 1959, p. 774; V. OTTAVIANO: Ente pubblico in Enc. dir., XIV, 1965, p. 969; V. OTTAVIANO: Impresa Pubblica in Enc. dir. XX, 1970, p. 669 ss.; M.S. GIANNINI: Le imprese pubbliche in Italia, in Riv. soc. 195&, p. 931. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 466 chiedere l'invito e dunque, da parte di chi indice la gara, di potere svolgerla come una vera gara, cio� con dei concorrenti. Si pu� quindi pervenire ad una seconda statuizione, conforme a quanto gi� stabilito da questa Suprema corte a sezioni unite, con la sentenza n. 2324 del 4 aprile 1986 (Foro it., Rep. 1986, voce Opere pubbliche, n. 126). In materia di gara per la scelta del contraente di un contratto di appalto di opere pubbliche, la disciplina posta dalla legge non � diretta alla tutela del contraente (o del candidato contraente) ma essenzialmente alla tutela dell'interesse pubblico al corretto svolgimento dell'attivit� della pubblica amministrazione, tendendo allo scopo di escludere ogni arbitrio in materia e di assicurare alla pubblica amministrazione le pi� vantaggiose scelte contrattuali. Il privato pu� da tali norme ricavare la tutela del proprio concorrente interesse allo svolgimento della gara in modo regolare in via indiretta, essendosi nel campo degli interessi che detta attivit� sia espressione di diritto amministrativo; il che rende ancora problematica e tutta da dimostrare la configurabilit� di un interesse legittimo. Se queste sono le perplessit� dogmatiche, ancora maggiori e pi� delicate sono quelle storiche, che emergono ove ci si accinga a valutare le categorie logiche proposte dalla Corte nella loro attualit�, ossia nella capacit� di inserirsi congruamente nel sistema del diritto vivente. L'analisi storica infatti, mette in dubbio proprio l'interesse legittimo come categoria ontologica e la sua utilizzabilit� come criterio di discrimine della giurisdizione. Non � inutile ricordare le origini della figura. creata con alchimia di sapore medievale come � creatura di laboratorio � o � pianta di serra'" al fine di costituire la ragion d'essere per il nuovo giudice amministrativo isti tuito nel 1889 (12). Neppure � fuori luogo sottolineare come all'occhio del giurista pi� sma liziato l'espediente apparisse gi� al.lora un � grande geniale inganno � (13) o �la personificazione di un'ombra� (14). L'artificialit� delle origini � guida per interpretare lo sviluppo della figura. � vero che nel cinquantennio successivo l'interesse legittimo divenne real t� del diritto vivente e, teoricamente, il modo � pi� semplice e lineare � per descrivere il dialogo del privato con l'Amministrazione nell'esercizio del po tere (15); ma � anche vero che l'interesse legittimo � categoria storica e non necessit� ontologica e, pertanto, l'ascesa dell'astro non pu� essere ipostatizzata poich� � sempre suscettibile di dedino in relazione ai mutamenti del sistema. Nel momento attuale � innegabile la frantumazione dell'istituto, che per un verso, nel campo del diritto amministrativo, perde i suoi dati caratterizzanti, per altro verso compare anche in altri rami del diritto. (12) I. F. CARAMAZZA: Il diritto civile e politico del cittadino nella cogmz1one dell'autorit� giudiziaria ordinaria. Relazione presentata al VII convegno di studi giuridici � Contributi per la storia dell'interesse legittimo � organizzato dalla sezione Toscana del CISA Firenze; 2-3 dicembre 1988, in corso di pubblicazione. (13) G. BERTI: In margine al dibattito sulla giustizia amministrativa in Jus 1982, p. 4. (14) F. CORDERO: Le situazioni soggettive nel processo penale, Torino, p. 278. (15) F. G. ScOCA: Interessi protetti (dir. amm.) in Enc. giur. Treccani, p. 3. PARTE I, SEZ. III, GI~J.SPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 467 legittimi, non degli interessi semplici n� in quello dei diritti soggettivi. La cognizione delle controversie relative al rispetto delle regole di svolgimento. delle procedure di scelta del contraente spetta esclusivamente al giudice amministrativo, trattandosi appunto di materia di . interessi legittimi. Si pu�. o:ra affrontare iLtema pi� delicato che presenta la proposta questione di. giurisdizione. :I:? certo che la cognizione della controversia portata innanzi dalla Chiementin sarebbe spettata. al giudice amministrativo qualora il bando di gara fosse stato indetto direttamente dal comune di Napoli. Si domanda se la soluzione debba essere diversa per la circostanza che quelle ope:re pubbliche siano state oggetto d�� concessione di sola costruzione dal� comune ana�Mededil si che il�bando � stato indetto �da quest'ultima e tutta la procedura � stata da questa posta in essere: in specie, da essa In realt� � nell'attuale temperie storica il prevalere dello Stato erogatore di servizi sullo. Stato-Autorit� (16) e l'attualizzarsi dello Stato � Service Pi.bli que ~ . teorizzato� dal .� Dugud.t (17), ha . arricchito di contenuto pretensivo l'in teresse vantato.� dal privato� verso lAmministrazione, novandone gli elementi costitutivi della struttura. Ora se l'oggetto . dell'interesse -originariamente incentrato sulla legittimit� -si sposta direttamente sul bene della vita (18); se la protezione riconosciuta al privato ....,... originariamente inattiva ...,.. si sostanzia in facolt� attive di iniziativa, intervento e collaborazione all'esercizio del potere (19); se la potest� amministrativa -astretta tra la preregolamentazione normativa e l'atto amministrativo� generale -� . sempre meno discrezionale e . sempre pi�. vdncolata; se, in definitiva, il potere .(lic�re agere) . si trasforma in dovere (necesse agere), vuol dire che � mutato il dato essenziale e identificativo del rapporto �tra P.A. e privato. Si pu� ancora continuare a parlare di interesse legittimo, ma � chiaro che, al �di l� dei nominalismi, tali situazioni, almeno in gran parte, sono divenute �quasi dinitti � (20), non sostanzialmente differenziate dai diritti di credito (21). Per converso nel diritfo civile si sono poste in evidenza situazioni sog gettive strutturalmente asSlimilabili all'interesse legittimo, pi� che al diritto soggettivo classico, ci� �sia nel campo dei c.d. poteri privati (22), sia nel campo dei rapporti giuridici preparatori (23), (16) .G, AzZARITI: Dalla discrezionalit� al potere, Padova 1988, p. 361. (17) Sulla concessione del Duguit: v. M. NIGRo: E' ancora attuale una giustizia am� ministrativa? in Foro it. 1983, V. p. 249. (18) M. NIGRO: Giustizia Amministrativa, Bologna 1983, p. 67 ss. (19) M. NIGRO: op. cit. p. 125; M. NmRo: Ma che cos'� questo interesse legittimo? Interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione in Foro it. 1987, V. p. 469; A. ORSI BATTA� GLINI: Attivit� vincolata e situazioni soggettive in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1988, p. 3 ss. (20) M. NrGRo: Ma che cos'�. questo interesse legittimo? op. cit., p. 477-478; F. LuCARELr.r: modelli privatistici e diritti soggettivi pubblici, Padova 1990. (21) F. G. ScoCA: interessi protetti, op. cit., p. 10. (22) L. BIGLIAZZI Gmu: Contributo ad una teoria dell'interesse legittimo nel diritto privato, Milano 1967. (23) G. GABRIELLI: il rapporto giuridico preparatorio, Milano 1974, p. 32 ss. 468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono stati posti in essere quegli atti, tra cui da ultimo l'aggiudicazione, di cui la Chiementin ha chiesto l'annullamento col suo ricorso al Tar. Per la soluzione di questo problema pu� intanto porsi un postulato, tale perch� riguarda problemi ormai da anni univocamente risolti da dottrina e giurisprudenza se non unanime certamente di assoluta prevalenza. Il postulato � che la concessione di sola costruzione � cosa diversa da un appalto proprio perch� al concessionario non � posta la sola obbligazione di compiere l'opera pubblica, vale a dire di svolgere la semplice attivit� materiale di costruzione di questa. Il concessionario, nella sua figura tipica, cui appare corrispondere quella specifica della Mededil, � investito di poteri e facolt� propri dell'ente concedente, quali la progettazione dell'opera, la direzione dei lavori, la sorveglianza, l'espletamento delle necessarie procedure espropriative; proprio, come nel caso in esame, la stipulazione dei contratti di appalto con terzi, contratti che Tali rivolgimenti inducono, dunque, una domanda: � lecito oggi far riferimento all'interesse legittimo come categoria unitaria? Sembra possibile dubitarne, sia con riferimento alla ricchissima tipologia elaborata dalla dottrina pi� recente, sia con riferimento all'empirica constatazione che situazioni perfettamente omogenee vengono qualificate come diritti o come interessi a seconda che si pongano in un rapporto interprivato o in un rapporto con una autorit� amministrativa. Si pensi, per esempio, alle assunzioni ed alle promozioni procedimentalizzate in istituti di credito di dimtto privato ed alle correlate situazioni degLi interessati. Situazioni che in fattispecie regolate dal diritto pubblico verrebbero qualificate interesse legittimo e che vengono invece tutelate come diritti soggettivi dal giudice civile, anche se la giurisprudenza in materia non ha ancora un orientamento UDJivoco ed oscilla fra declaratorie di nullit�, pronuncie di annullamento e ricorso a clausole generali quali quella aquiliana o quelle della buona fede e della correttezza, giungendo peraltro, non di rado, ad affermare il diritto al riconoscimento del� l'utilit� formale perseguita dall'attore (24). La verit� � che la differenza tra dtlrjtto e interesse non appare ormai pi� fondata su caratteristiche strutturali ontologiche, quanto sul �modo� e sulla � misura � della protezione (25) cio� sul complesso dei mezzi di tutela, sia processuali che sostanzia1i, riconosciuti al titolare (26). Se questo � vero, l'fateresse legittimo sembrerebbe aver perso quella capacit� di scriminare la giu!1isdizione che era legata proprio alla sua tipicit� strutturale e alla sua differenziazione dal diritto. In realt� l'interesse legittimo, un tempo dotato del potere di determinare la giurisdizione con connotati evocativ;i quasi magico-simbolici, ha ormru perso tale potere. Come l'empirismo critico e razionaLista del Rinascimento confut� le magie e le certezze fideistiche medievali, cos� oggi dl giurista pratico ammette che (24) Cass. lav. 20 giugno 1990, n. 6184, 17 aprile 1990 n. 3185, 10 aprile 1990 n. 3038 in Foro it. 1990, I, 2817 ss. (25) G. MIELE: Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall'interesse nella giustizia amministrativa in Foro Amm. 1940, IV, p. 49 ss. (26) M. S. GIANNINI: Istituzioni di diritto amministrativo, Milano 1981, p. 259; M. NIGRO: Giustizia op. cit. p. 127-128. PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE; GIURISDIZIONE E APPALTI 469 devono concludersi al termine di una procedura dettata ai fini di puhblicointeresse appunto per consentire una scelta adeguata. Si pu� quindi affermare che con la concessione avviene il trasferimento in capo al concessionario dell'esercizio di funzioni pubbliche, tra cui appunto quella relativa al procedimento per giungere alla stipulazione degli appalti mediante l'adlempimento dei quali si realizzer� l'esecuzione materiale dell'opera pubblica. In questo senso si � gi� pronunciata questa corte; con le sentenze n. 2602 del 14 aprile 1983 (id., rep. 1983, voce cit., n. 63) e n. 6474 del 3 novembre f983 (ibid., n. 69), che parlano espressamente di concessione c.d. traslativa <r'caratterizzata dal trasferimento in tutto o in parte al concessionario dell'esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie 'per la realizzazione delle opere�; Nella sentenza 6474/83 � inoltre posto in evidenza, con affermazione che questo una controversia non spetta al G.A. perch� concerne interessi legittimi, ma concerne. interessi legittimi perch� spetta al GA. conoscerne. L'.interesse legittimo non � pi� H prius rispetto alla giurisdizione, ma il corollario conseguenziale ad un criterio di riparto meno dogmatico e pi� empirico rispetto alla causa petendi: l'indiviquazione del giudice idoneo. Di tali considerazioni, del resto, si fa carico la stessa Cassazione nella sentenza 12221/90 (come pi� oltre si vedr�); senza per� trarne adeguati spunti ricostruttivi. N� giusto peso sembra sia stato dato alla normativa comunitaria in materia di opere pubbliche, di cui � noto lo spiccato orientamento privatistico. Alla discip1ina dell'appalto vengono infatti ricondotte non solo la concessione di sola costruzione, ma anche la concessione al � general contractor � �o. � chiavi in mano � e, infine, nelle direttive servizi, le concessioni di servizi connessi con la rea1izzazione di opere pubbliche (27). :t:. vero che la sentenza 12221/90 si r.i.fer.isce specif.icamente alla sola concessione c.d. di committenza in senso stretro, e che -secondo il criterio seguito dal Consiglio di Stato (28) -essa sta all'appalto come l'obbligazione di mezzo sta all'obbligazione di nisultato. Tuttavia � .innegabile che in sede comunitaria l'interesse dell'impresa alla libera partecipazione alla gara � . conf,igurabile come diritto soggettivo, tant'� che se ne prevede la risarcibi1it� (29). Sembra dunque inevitabile, in sede di adeguamento del diritto interno al diritto comunitario, un ripensamenro anche in materia di giurisdizione. B) Con dl passaggio logico successivo I~ Corte enuncia la natura oggetti vamente amministrativa dell'attivit� compiuta dal concessionario, .in quanto al medesimo sarebbero attribuite funzioni pubbliche proprde dell'ente con� cedente, tra cui appunto quelle connesse alla stipUla di contratti di appalto con terzi. (27) Direttive e.E.E., 1907, n. 305, 18 luglio 1969, n. 440, 21 dicembre 1989, n. 665 e 17 settembre 1990, n. 531. (28) C.d.S. III, 30 novembre 1982, n. 703, III, 15 aprile 1986, n. 582; III, 4 dicembre 1990, n. 152. (29) D.C. 21 dicembre 1989, n. 665. _,_.__,_ Y. __ Y. Y.. ,_ , -� , , , ,m; Y." ,_,, , , E ~~ 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO collegio ritiene di condividere, che in questa ipotesi non si pu� parlare di delegazione amministrativa, nella specie delegazione intersoggettiva, che si realizza invece quando la realizzazione dell'opera pubblica � affidata ad altro ente pubblico; tuttavia, si verificano nei rapporti esterni (concessionario-terzi) effetti analoghi a quelli della delegazione amministrativa, poich�, nell'espletamento dei compiti affidatigli, il concessionario agisce in nome proprio. Da questo postulato ritiene questo collegio che possa dedursi un logico corollario. Gli atti posti in essere dal concessionario in funzione della concessione e che non avrebbe potuto compiere senza la concessione, non sono attivit� di diritto privato. Tali attivit� non sono privatizzate per il fatto che sono poste in essere da soggetti privati; conservano la natura di attivit� amministrativa in senso obiettivo. E non potrebbe essere altri- L'affermazione appare esatta ma sembra necessitare di qualche approfondimento. Di fronte alle diffuse perplessit� sollevate in dottrina sullo stesso nocoetto di funzione pubblica, che appare mera sintesi verbale priva di valenza classificatoria (30), di fronte alle tesi che negano qualsiasi carattere autoritativo all'attivit� del concessionario (in specie nella stipula dei contratti con i Iterzi) risolventesi in atti che ben potrebbero essere svolti da un appaltante privato (31), manca adeguato sostegno argomentativo alla tesi sostenuta dalla J Corte. Di ci� si dar�, di seguito, pi� ampio riscontro (32). I ~ C) La Corte intraprende quindi H passo logico pi� delicato e criticato dai commentatori: la dimostrazione della natura pubblica del concessionario, carattere necessario -secondo i canoni tradizionali -per fondare la giurisdi~ zione amministrativa. Le difficolt� sono sensibili: il concessionario deve essere qualificato come soggetto pubblico per giustificare la soggezione dei suoi atti al G. A., ma non I pu� essere immedesimato nell'organizzazione dell'ente concedente a pena di perdere l'autonomia imprenditoriale della figura. Trovandosi tra tali strettoie, la Corte intraprende una originale via me I diana che cela la novit� dietro i rassicuranti nominalismi della tradizione. Il concessionario, in quanto attributario delle pubbliche funzioni trasferite dall'ente, sarebbe soggetto di diritto pubblico quale � organo indiretto � della P .A. I Ma, mentre nella tradizione la formula aveva valore meramente descrit~ tivo e comunque ininfluente sulla natura del concessionario che restava soggetto privato, la Cassazione reinterpreta il sintagma e spiega il primo termine (organo) come �svolgimento di funzioni amministrative�, il secondo termine (indiretto) come non prepos1z1one ad un ufficio, (diversamente da quanto avverrebbe per un organo diretto). (30) M. s. GIANNINI: Diritto Amministrativo, Milano 1988, p. 86; F. BASSI: Contributo allo studio delle funzioni dello Stato, Milano 1969, p. 174 ss.; M. A. CARNEVALE VENCHI: Contributo allo studio della nozione di diffusione pubblica, Padova 1969, 1974. (31) S. GIACCHETTI: Concessionario di opera pubblica e giurisdizione amministrativa, relazione tenuta al Convegno � La concessione di opere pubbliche e le recenti pronunce della Cassazione e del Consiglio di Stato� organizzato dall'I.G.I. il 6 giugno 1991, atti in corso di pubblicazione; G. LEONE: Opere pubbliche tra appalto e concessione, Padova 1983, p. 124. (32) V. infra � 3 lett. e). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 471 menti dato che la loro funzione � quella di assicurare la protezione dell'interesse pubblico, protezione affidata istituzionalmente all'ente concedente e solo per tramite della concessione trasferita dal concedente al concessionario. Si � ..qui in un caso tipico di esercizio privato di pubbliche funzioni. Le . funzioni non cessano di essere pubbliche per il fatto solo che sono esercitate dal privato. E l'esercizio di pubbliche funzioni, quando queste riguardano attivit� amministrativa in senso stretto, non pu� compiersi che tramite atti sostanzialmente amministrativi. Non si vuole con questo affermare che ogni atto giuridicamente rilevante compiuto dal concessionario nel corso di tutta l'attivit� da essa svolta, dal momento della concessione alla consegna dell'opera, abbia contenuto e natura di atto amministrativo in senso obiettivo. Il concessionario agisce anche e soprattutto (in senso quantitativo rispetto al complesso della sua attivit�) per il conseguimento dei suoi Nasce cos� una nuova figura soggettiva non privata, non immedesimata nell'organizzazione amministrativa, eppure dotata di natura pubblica. Sostanzialmente la Corte postula che l'esercizio di � attivit� amministrativa in senso obiet.tivo � produca una sorta di novazione soggettiva del privato concessionario, .U quale muterebbe la propria na.tura venendo � a parificarsi alla P. A. che l'incarico gli ha attribuito �. L'audacia del ragionamento � pari ai dubbi che solleva, sia sotto il profilo della tesi sostenuta, sia sotto il profilo dimostrativo. Quanto a quest'ultimo appare almeno opinabile desumere la natura soggettivamente pubblica del concessionario dalla natura oggettivamente pubblica della funzione; questa, infatti, potrebbe essere compatibile -e tale � stata sostenuta in dottrina -tanto con l'estraneit� del concessionario ;rispetto all'organizzazione del concedente (33), quanto con la prospettazione di un rapporto organico sia pure limitato alla sola area delle potest� autoritative esercitate dal concessiona11io (34). Altro, infatti, � il rapporto organico, altro � l'attivit� esercitata: del resto la funzione pubblica non si sostituisce ma si aggiunge al fine privato di lucro perseguito dal concessdonamo (35), fiine che depone nel senso del permanere della natura privata dello stesso. Quanto alla tesi dell'�organo indiretto �, � difficile negare la contradditoriet� della categoria giuridica nel modo. inteso dalla Cassa2fone. In realt� se la persona giuridica, come ha dimostrato Gierke, non � la fictio furis ritenuta da Savigny. ma un vero � organismo� giuridico, � impossibile concepire un �organo� di detta persona che non ne sia elemento (diretto) ma resti esterno (indiretto). �L'organo � diretto o non � organo� (36). (33) A. CIANFLONB: L'appalto d� opere pubbliche, Milano 1988, p. 113; V. CAIANIBLLO: La concessione d� opera pubblica in AA.VV. Appalto di opere pubbliche, Roma 1987, p. 524; G. AzzARITI: L'attivit� del concessionario di opere pubbliche in Riv. dir. proc. amm., p. 384 ss. (34) M. s. GIANNINI: op. cit. p. 173-175. (35) M. 8. GIANNINI: op. c�t. p. 128. (36) s. GIACCHETTI: op. cit. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 472 scopi; e quando si tratta di concessionario privato, il suo scopo � essenzialmente quello privatistico del conseguimento del profitto. Non v'� dubbio, quindi, che rientrino nella categoria degli atti privati (anche obiettivamente) tutti quelli che riguardano l'organizzazione dell'impresa propria e basti pensare ai rapporti di lavoro subordinato (cfr., da ultimo, in questo senso Cass., sez. un., 5528/89, id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 167, che si � pronunciata attribuendo alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie di lavoro promosse dai dipendenti dei concessionari). Si vuole invece dire che atti sostanzialmente ed obiettivamente amministrativi sono quelli posti in essere nell'esercizio delle pubbliche funzioni trasferite dal concedente al concessionario e soltanto quelli: tra cui appunto quelli che riguardano la procedura per l'assegnazione degli Tali osservazioni, del resto, trovano risoontro in materia di delega am ministrativa (peraltro richiamata dalla stessa Cassazione), in relazione alla quale infatti nessuno ritiene che a.I delegato diventi organo indiretto del dele gante, imputando a se stesso l'attivit� svolta e applicando H regime dei pro pri atti (37). In ogni caso, anche se convincesse sul piano teorico, la tesi dell'organo indiretto comporterebbe una serie di non superabili inconvenienti pratici. La natura amministrativa del concessionario, infatti, !indurrebbe la pubblicazione di tutte le sfere legate all'esercizio delle funzioni trasferite, dal regime giuridico degli atti alla disciplina del rapporto di lavoro con i dipendenti, con conseguente sacrificio di quei principi di celerit� ed elasticit� che ispirano l'istituto della concessione (38). D'altra parte l'esistenza di un nesso organico (bench� indiretto) tra P.A. e concessionario, importerebbe in capo alla prima forme di responsabilit� (quanto meno ai sensi dell'art. 2049 cc) nei confronti di terzi, con ulteriore conseguente sacrificio dei principi di decentramento e deresponsabil:izzazione perseguiti dal concedente (39). La verit� � che la Cassazione non ha inteso portare un contributo scien tifico alla figura del concessionario di opere pubbliche ma piuttosto risolvere un problema di giustizia sostanziale: assicurare al partecipante alla gara di appalto una tutela giurisdizionale adeguata avverso il sindacato degli atti del concessionario. Poich�, infatti, molto pi� linearmente si sarebbe potuto ricondurre l'isti tuto nell'alveo della giurisdizione ordinaria, si deve ritenere che la vera preoc cupazione della Corte fosse proprio quella di sottrarre la materia a tale giu dice, il cui strumentario di protezione (tutela risarcitoria in forma precontrat� tuale, tutela atipica urgente ex art. 700 c.p.c.) � espressamente ritenuta insuf ficiente (40). (37) G. MIELE: Delega (diritto amministrativo): in Enc. dir. XI 1962, p. 905 ss. (38) M. PALLOTTINO: La concessione di opera pubblica dopo la I. 8 agosto 1977, n. 584 cli adeguamento della procedura degli appalti pubblici alle direttive C.E.E. in Riv. giur. edilizia 1978, Il, p. 120; G. AZZARITI: op. cit. p. 388. (39) G. GUARINO: sulla utilizzazione di modelli differenziati nell'organizzazione pubblica in Scritti di diritto pubblico dell'economia, Milano 1970, p. 7; G. LEONE: op. cit. p. 8. (40) S. GIACCHETTI: op. cit. j k I ~ I II i j I I . ' w~~IJ.'.m'l~~iii9.M''''''"'~'*ffiMHWIJ'''.:'PVl@.''';@11�1wn9�,1~x!~wmr;;:::1~1..Jllwf~frwmmm; �M�~lmYIM1MiW'1Br�-.,llMIC� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZk CIVILE,. GIURISDIZIONE E APPALTI 47 3 appalti; tipica funzione dell'ente p.hi;>lico competente per la realizzazione della singola opera� pubblica. Pare opportuno e corretto, per identificare la. posizione dei concessionari, l'uso dell'espressione � organi indiretti della pubblica a:fu.ministrazione � ben .nota in dottrina� a proposito . pi� in generale . della posizione del privlil.tQ �be esercitapubblich,e funzioni . .L'aggettivo .. �indiretti � mette b1 evidenza il fatto che questi sbggetti non sono organi �nel senso di titolari di uffici pubblici e� per questo non agiscono� in �nome della pubblica amministrazione dalla .quale.sono.. state/loro �.trasferite� le��funzioni pubblic:] J,e, J1~si�servono di mezzi forniti dalla.pubblica amministrazione. 11 sostantivo �organi � mette� invece in. evidenza che anch'essi, come glL organi�� diretti, �svolgono attivit� �di natura atn.ministrativa, in quanto esercitano pubbliche funzioni. Queste funzioni non potrebbero svolgere senza l'avvenuta concessione a natura traslativa; ma in presenza di questa Tale scrupolo potrebbe peraltro ritenersi superato alla luce del disegno di legge attuativo della Direttiva Comunitaria c.d. �servizi �, secondo cui il gii;tdice civiie eventualmente competente a COrioScere le controversie tra conceSsfonaflo e appaltatore, pu� sospendere e aririt.t!lare i prowedimenti relativi all'appalto sia in sede cautelare che cognitoria. Del resto una simile soluzione probabilmente non necessita neppure di un� int�rventO legiSlativo, ove si consideri che -secondo la stessa Corte Suprema -il sihdacato del G.O,, quando abbia ad oggetto l'eserciztlo di un potere discrezionale privato, non pu� non atteggiarsi ih modo analogo al sindacato del G.A. nell'esercizio del potere pubblico (41). Ci� consider:atCI. pcitrebbe . allora porsi in dubbio l'utilit� di sostenere ancora Ja giurisdjzione �del G.A. � Eppure tale utilit� sussiste in quanto la materia de qua, rientra indubitabilmente in un'area di competenza �naturale� del GA. (42). Com'� noto, infatti, la legge. 1074/71 attribuisce alla cognizione dei TAR la materia delle concessioni, cos� fotaccando per la prima volta (e per � clausola generale�) un criterio di ripartizione non pi� basato sulla contrapposizione (o, nella specie, sulta possibile confusione) fra diritto e interesse legittimo ma su 1.Jna distinziqne di � blocchi di materie.)} ( 43). Sembra, dunque, coerente cori tale .scelta legislativa l'estensione della giurisdizione esclusiva a tutte le controversie che siano connesse alla materia delle concessiC1ni. . Tale � scelta, infatti, per le ragioni che saranno pi� avanti . esposte (44). consente l'attribuziC1rie della controversia al giudfoe tecnicamente pi� adeguato. In tale.. ordine di idee pu� essere letta, dunque, la sentenza. 12221 della Cassazione che -criticabile per quanto sia nelle motivazioni -resta convincente nel � decisum � regolatore della giurisdizione, un � decisum � che per l'autorit� da et.ti deriva, per l'essersi pcisto a conclusione di un non breve (41) Cass. S.U. 2 novembre 1979, n. 5688 in Foro it. 1979, I, p. 2546. (42) S. GIACCHETTI: op. cit. (43) I. F. CARAMAZZA � G. M. DE Sacro: Il processo amm.vo nella sua evoluzione storica in questa Rassegna n. 2-3 1990, II, p. 70. (44) V. infra SS 4. 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO possono e debbono svolgerle s� che la concessione opera come investitura del concessionario ad operare, nell'ambito delle funzioni trasferite, con gli stessi poteri e con gli stessi obblighi che avrebbe un organo diretto della pubblica amministrazione. Il concessionario attua certamente i suoi fini che sono normalmente quelli di conseguire lo sperato profitto e sotto questo aspetto agisce ricorrendo ad atti di natura privata; ma agisce anche, proprio in forza dell'investitura in pubbliche funzioni, per attuare i fini propri della pubblica �amministrazione, come ad esempio quando agisce quale stazione appaltante. In questi momenti e sotto questo aspetto agisce come organo della pubblica amministrazione ricorrendo ad atti obiettivamente amministrativi, come amministrativa � la funzione che esercita con quegli atti. L'attribuzione della qualifica di �amministrativi� agli atti posti in essere dal concessionario l� e quando esercita una o pi� delle funzioni contrasto giurisprudenziale fra giudici di merito e per il collocarsi in una linea evolutiva di tendenza non solo giurisprudenziale ben definita, ha tutti i titoli per costituire il � diritto vivente � dei prossimi anni, almeno fino a quando la normativa comunitaria non decider� altrimenti. Tale � decisum �, nei termini esatti in cui � stato deliberato e motivato, pone per� dei seri problemi sistematici, quali ad esempio quello di prefigurare una giurisdizione del giudice amministrativo in litigi di diritto pubblico in terprivati, che presenta qualche carattere di eterodossia. 3) Ricostruzione critica. Crediamo che a questo punto sia facile profezia prevedere che il nostro giudice amministrativo, pur nel rispetto della decisione regolatrice della giurisdizione, si appresti a scrivere un altro capitolo della sua opera pretoria, rielaborando la decisione della Cassazione ed estendendo a questa nuova provincia dell'attivit� del concessionario di committenza attratta nei confini della sua competenza le proprie regole di giudizio. 11 problema, all'attualit�, appare quindi quello di ipotizzare dei principi direttivi cui ispirare una possibile ricostruzione critica. Nelle scienze naturalistiche gli studi epistemologici hanno posto in dubbio l'obiettivit� della conoscenza e sottolineato quanto questa dipenda dal c.d. punto di Vlista dell'osservatore. A maggior ragione ci� � vero nel mondo dei fenomeni giuridici, mosso al di l� di ogni illusione scientista -dal gioco degli interessi, intesi come moventi degli istituti giuridici e della loro interpretazione (45). Tale constatazione pu� essere di qualche aiuto nella ricostruzione critica della concessione di oo.pp. Ricostruzione che deve operarsi non con H semplicismo dogmatico delle categorie giuridiche tradizionali, n� deve operarsi con il pragmatismo esasperato che sacrifica ogni principio alla soluzione prospettante la tutela pi� conveniente. (45) A. FALZECA: Efficacia giuridica in Enc. dir. XIV 1965 p. 432; E. BETTI: Interesse (teoria generale) in Nove dig. VIII 1962 p. 838; AA.VV. Il concetto di interesse a cura di L. ORNAGHI Milano 1984. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 475 pubbliche � trasferitegli � in � � f�rza della��� concessione non � �� risolve pero pienamente il. quesito� se cio� rientri nella giurisdizione dei giudici amministrativi la controversia promossa da un privato che ritenga pregiudieato �un proprio �interesse da. un'asserita illegittimit� dell'atto �compiuto dal concessfonario; �. I.n se.~g :negativo pbttebbe infatti rilevarsi che a norma dell'art. 113 Cost. �c sefi:�prer an:unessa la � tutela giurisdizionale� � (contro� gli atti�. della puhblfoa �fuministraziOne�; che l'llrt.�26 r.d;26giugno 1924 rt. 1054 (testo unico sUl Consiglio di Stato) attribuisce .�al consiglio la decisione sui ricorsi cc:>ntro �atti o provvedimenti di un'autorit� amministrativa�; che ex art. 2'. e 3 L; 6 diciembte 19711 n. 1034 (istituzione dei tribunali am minist:ratM f�gfofu:di) fai giurisdizione del Tar� riguarda> i � riciotsi contro atti e provvedimenti �emessi da organi. periferici o centrali dello Stato, da enti pubblici e territoriali e non territoriali. Da questo rilievo poSe; mbra, jnvect'l, elle. valido principio g.ida per 1a.. ricos.truzione dell'istituto, PQSsa essere qtj:elfo (mec;Jjano} (::he riconosce s� il valore non assoluto delle categorie giilri:diclle e fa loro bisopprim1bile. f.nzionalJ:zzazione all'interesse, ma .proprio p(:lr . q.esto. val<i;rizza il�. momento . di SC(:llta e. valutazione.� di tale inieresse, quaie momento in cui il diritto diventa .. gi�stizia. Sotto questo aspetto si pu�, perci�, cond�.yidere la sceJta della Cassazione in ordine alla prefedbi}it� della G,A. nei. confronti. del concessfonario, .ma ci� non per dogll1.aUs:mcCn� per maggfore convenienza deLpartc::Cipante alla gara, Cl.t.tanto perch� la G.A. risponde ad un interesse gent'lrale ed obiettivo: la concentraiiOn<" di una �� �e.rta �.materi.a � . dinanzi �ad .un certo. giudice .in vista di una. ordinata� e �� razfo!lafo oi;glhli:zzazlone della gfostima. . . E cosi si introduce la� chiave �. di. }ettura ... :Pdvilegi;�a del decisum della sent('lnza J422l/90, � . � � .� .�� �� � � . . . . � �. � . � . � . in. realt� la giurisclizione �per ;materia; . o . per . blocchi normativi pu� *enei-si oggi uria necessit� storica ove:: si voglia continuar<" ad attrH:iuire un fondamento � logico-razionale alla doppia giu�sdizione. Assimilate, infatti, le tipologie dei d.e . processi .(46), ed assottigliata la differenza . tra le situazioni soggt'lttive. (diritl:o-iri.teresse) che. definiscono la lint'la 4e.l discri:miue (47), la ragion d'essei-e del G.A. p'i:J:� . essere trovata solo. uella . pai-ticofare ~pecializziizione -.ratione materiae ...::. di tale giudice. Questa, . del resto, . secondo glLstttdi piil rece!lti, sembra essere stata la ragioue ispirativa . della costituzione della giurisdizione esclusiva, voluta non tanto per rispar;miare al privato ingannevoli indagini sulla natura della situazione di cui chiedeva tutela, quan~o� per assicurare la cognizione di certe materie ad .. giudice . unico � (48). � � � � � � � � � � � � Peraltro con r:iferi.;mento al concessionario di oo.pp. il problema � particolarmente delicato, dovendosi valutare se la giurisdizione amministrativa possa essere agganciata anzich� alla natura del soggetto, alla natura obiettiva della materia. (46) v. supra � 1. (47) v. supra � 2 lett. a). (48) M. S. GIANNINI -A. PrRAs: Giurisdizione Amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della P. A. in Enc. dir. XIX 1970 p. 269. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 476 trebbe discendere l'affermazione per cui, rientrando nella giurisdizione amministrativa tutti, ma soltanto gli atti emessi da enti pubblici od organi dello Stato, non vi rientrerebbero gli atti, seppure obiettivamente amministrativi, che provengano da soggetti privati, sia persone fisiche che giuridiche, ed in specie da concessionari: nella specie, di concessionari di sola costruzione di opera pubblica. Ma ritiene questo collegio che l'obiezione, pur seria, possa essere superata o possa affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo adito anche sotto questo aspetto. In tal senso ebbe a pronunciarsi a suo tempo il Consiglio di Stato con sentenza 15 giugno 1917 (id., Rep. 1917, voce Ferrovie e tranvie, n. 95) che decidendo in ordine a concessionari di ferrovie e tranvie ebbe a stabilire che quei concessionari danno vita a veri e propri atti am- Sembra che ci� sia possibile attraverso i seguenti passaggi logici, considerando: a) che la realizzazione di 00.PP. � funzione amministrativa; b) che tale funzione pu� essere realizzata dalla P.A. in forma autori tativa ovvero mediante moduli convenzionali; e) che, anche quando realizzata con moduli convenzionali, si tratta sempre di attivit� oggettivamente pubblica; d) che, pertanto, la giurisdi:zfone spetta al G.A. Conviene esaminare partitamente i descritti passaggi logici. A) Gi� parecchi anni fa autorevole dottrina rilevava che l'attivit� destinata alle opere pubbliche presenta modald.t� di svolgimento tanto caratteristiche ed esclusive da individuare un vero �procedimento per le 00.PP. >>, sia pure inteso in senso atecnico come strumento concettuale ordinativo di una serie di atti giuridici e operazioni materiali eterogenee (49). In tale ottica oggi la dottrina � incline a ravvisare, pi� che un procedimento unitario, una struttura complessa che raccoglie sub-procedimenti e procedimenti collegati; convergenti verso un unico risultato finale: l'opera pubblica, tale essendo � ogni 'intervento del pubblico potere volto ad ottenere una modificazione durevole del mondo fisico che interessa la collettivit� � (50); B) Con passaggio logico successivo si osserva che il � procedimento per le 00.PP. � pu� essere svolto, in alternativa alla forma autoritativa, mediante forme privatistiche ispirate ad esigenze di decentramento e celerit�, tra le quali � la concessione dell'opera ad un terzo adeguatamente attrezzato. Ci� risponde a quell'ampio fenomeno del moderno ordinamento -indice di una fase partecipativa e democratica di storia del potere -che si definisce �modulazione convenzionale� dell'azione amministrativa (51). Basato sul � principio dell'indifferenza dello strumento adoperato rispet to al fine � (52), il fenomeno trova applicazioni eterogenee: dall'impresa pub (49) A. AMORTH: i procedimenti deliberativi e di controllo per le opere pubbliche degli enti locali in Atti del II Convegno di Studi di Scienza dell'Amministrazione (Varenna 1956) Milano 1957, p. 104, 10. (50) M. A. CARNEVALE VENCHI: Opere pubbliche (ordinamento) in Enc. dir. xxx 1980 p. 342. (51) F. TEDESCHINI: Procedimento Amministrativo in Enc. dir. XXXV 1986 p. 895; M. S. G!ANNTNJ: Diritto Amministrativo cit. I, p. 737. (52) A. QUARANTA: Il principio di contrattualit� nell'azione amministrativa e gli accordi procedimentali, normativi e di organizzazione in Consiglio di Stato 1986, p. 1200. PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 477 ministrativi, i quali, �come tali,� �sono soggetti per �la legittimit� al sindacato di questa IV sezione del Consiglio di. Stato�: chiaramente deducendo la propria giurisdizione dal solo fatto della natura obiettiva di atti. amministrativt Similmen.te �la Corte di cassazione romana (sent. A settembre .1895�a sezioni�� tlnite) ebbe a statuire che �per giudicare se tilla/ funzione abbia � carattere pubblico.� e perCi� se gli atti della medesima sfuggono> all'ordinario sindacato della magistratura, si deve por mente alla funzione in s� non alla persona che la esercita �. Questo collegio ritiene che quelle pur perentoriamente poco moti� vate.�affermazioni� delle due magistrature all'inizio di questo secolo siano sostanzialmente da condividere. L'obiettiva nat'Ura amministrativa dell'atto proveniente da un organo indiretto porta a concludere che lo�. si debba ritenere anche soggettivamente quale atto amministrativo. Si � gi� detto �che il concessionario di sola costruzione, quando agisce in tale sua veste, svolge pubbliche blica, dn cui � la stessa P.A. �ad organizzarsi in impresa (53), all'investitura di sogg�tti privati nella gestione di beni o servdzi pubblici (54), all'uso del contratto in materie tradizionalmente oggetto di potest� amministrativa, siano esse relative a rapporti soggettivi (55) ovvero al rapporto di servizio con i propri dipendenti (56). Si assiste infatti, nell'attuale momento, ad una crisi del principio di autorit�. Alla connessa crisi del principio di legalit� (57), correlato all'esercizio di una pubblica funzione, corrisponde, poi, l'affermarsi di un principio consensuale che presiede all'erogazione di pubblici servizi nella nuova soeiet� ispirata a principi consociativi e partecipativi (58). �Di qui gli spazi concessi all'autono:mda, al decentramento funzionale, alla partecipazione, in quella che se non � una generalizzata � fuga nel privato � � per� sicuramente una � fuga dall'autorit� � (59). Nel passaggi� dallo stato di diritto allo stato sociale e da questo a quello postmoderno, l'azfone amministrativa si estende fino a penetrare le pi� intime connessiom del tessuto sociale, abbandonando il modulo provvedimentale per adottare quello normoproduttivo (60} (non di rado preceduto dalla contrattazione� del contenute:> della norma con le parti sociali), quello per .indiriz:lii e qt.i�llo �per acco11di (61). Impossibile in questa sede qualsiaS<i approfondimento ulteriore del fenomeno, sembra per� potersene prevedere l'estensione, favorita dalle recenti (53) S. CASSESE: Azionariato di �Stato cit.; v. Ottaviano: Impresa pubblica cit. (54) Un esempio � il convenzionamento tra U.S.L. e istituzioni sanitarie private in seno all'organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (l. 23 dicembre 1978, n. 833). (55) In via puramente esemplificativa si ricorda il ricorso al modulo convenzionale in materia urbanistica o nei procedimenti ablatori. (56) Si intende alludere alla contrattualit� nel pubblico impiego (l. quadro 28 marzo 1983, n. 93). (57) N. Boaaro. Giusnaturalismo e positivismo �giuridico, Milano 1972 p. 119 e ss. (58) A. Nocs1.u: Principio di partecipazione e funzione d�l giudice amministrativo in � Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato� III, p. 1671-72. (59) R. FEDERICI. Gli interessi diffusi, Padova, 1984, 19; A. Noccm.u, op. cit., 1631 e segg.; spec. 1654. (60) A. Noccm.u, op. cit., 1655. (61) M. NIGRO, Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale, in Atti dell'incontro di studio 29 marzo 1980 � l'azione amministrativa fra garanzia�ed efficacia �. pag. 38. 7 +78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO funzioni ed incide quindi, o pu� incidere, su interessi di terzi, esattamente come incide o potrebbe incidere un atto emesso dalla pubblica I amministrazione concedente. Il fatto che sia . organo � indiretto �, non toglie che quando emette quegli atti li emette nella sua qualit� di I organo: appunto nella sua qualit� di investito di pubbliche funzioni I tramite la concessione. Altre sono le conseguenze dell'essere organo indiretto�: legittimato passivo sar� esso direttamente e non la pubblica amministrazione; naturalmente, l'atto sar� impugnabile per legittimit� dinanzi al giudice amministrativo solo se si pu� riferire proprio alla funzione trasferita. Ma, se ricorre quest'ultima circostanza, l'atto obiettivamente � amministrativo si deve ritenere atto proveniente dalla pubblica amministrazione, cio� da quell'organo indiretto che, per avere con quell'atto esercitato una funzione propria della pubblica amministrazione e da essa attribuitagli con la concess'ione, �, sotto questo aspetto, leggi sul procedimento amministrativo e sulle autonomie locali (62). La concessione ad una dmpresa privata del complesso delle attivit� inerenti alla realizzazione di .un'opera pubblica costituisce, appunto, uno dei possibili moduli convenzionali di una pubblica funzione. C) Entro il descritto panorama si pu� meglio 'intendere il terzo passaggio logico: anche quando realizzata con moduli convenzionali l'attivit� diretta alla realizzazione dell'opera pubblica conserva natura oggettivamente pubblica. La concessione pu� essere configurata nel suo aspetto formale, quale modulo che � sostituisce � il procedimento amministrativo sopra descritto (63) ovvero pu� essere considerata nel suo aspetto funzionale, quale modulo organizzativo incidente sull'apparato stesso dell'Amministrazione, la quale non avr� pi� bisogno di dotarsi di uffici e strutture per lo svolgimento dell'attivit� affidata al terzo (64). Quale che sia il profilo prescelto (del resto l'uno � strettamente complementare all'altro) unico � il dato caratterizzante: il modulo privatistico ha oggetto e fine (l'opera pubblica) coincidenti con oggetto e fine del procedimento a,mministrativo. Ed � proprio tale coincidenza di oggetto che per un verso ;illumina il momento essenzialmente pubblicistico della concessione (65); per altro verso ne valorizza la strumentalit� rispetto al fine pubblico, che pone il concessionario in posizione di � soggetto strumentale � e � longa manus � dell'amministrazione (66). In realt� la concessione di 00.PP. ha oggetto pubblico non in quanto comporti esercizio di potest� autoritative (del resto spesso assenti) (67); n� perch� dipenda dal trasferimento al privato di funzioni dell'ente (la conces (62) Rispettivamente 1. 7 agosto 1990, n. 241 e 8 giugno 1990, n. 142. (63) M. s. GIANNINI: Diritto amministrativo cit. p. 752. F. TEDESCHINI: procedimentocit. p. 895; A. QUARANTA: il principio di contrattualit� cit. p. 1202. (64) M. s. GIANNINI: Diritto Amm.vo cit. p. 254, 350, 751. (65) F. PELLIZZIER: la concessione di sola costituzione tra pubblico e privato in Foro Amm.vo 1985, Il, p. 1534 ss. F. BASSI: Concessionaria di opera pubblica e atto amministrativo in II diritto dell'economia 1989. (66) T.A.R. LIGURIA: 6 novembre 1987, n. 578, in T.A.R. 1988, I, p. 177. (67) G. AzZARITI: l'attivit� del concessionario cit. p. 412. (68) G. AzZARITI: op. cit. p. 384; T.A.R. Sardegna 25 febbraio 1982, n. 61, in T.A.R. 1981, I, 1426 (riformata da C.D.S. VI 10 ottobre 1983 in 738 in C.D.S. 1983, I, 1094). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO da paiificarsi alla pubblica amministrazione che quelresercizio gli. ha attribuito.� D'altronte, che questa sia l'unica soluzione compatibile col testo e con.��la �ratio dell'art~ 113 �Cost;� pare innegabile. Si � visto che 11 privato ha.� ricorrendone le condiz�oni, un interesse �Iegi.ttimo a�� chela pubblicaᥥamltl:lliistrazione��nspetti�fa.� �disciplina���relativa alle procedure� pel" .l'aggiudicazione��degli�� appalti per opere pubbliche, . anchtf per .�quanto .� riguarda la fase preliminare della. pubblicazione dei bandi. Se �cos��� stanno le cose <quando la pr�<:ed'W:'a � �. svolta> direttamente dalla pubblica amrtdnistrazionenon si vede davvero come potrebbe essere altrlrri�rttiquando l� procedura � stata svolta dal� concessionario. Se contro l'atto che ha pregiudicato Tinteresrse del privato costui non potesse agire per l'annullamento dell'atto che si� pretende v�Ziato, sione non �, infatti/ traslativa ma costitutiva di un potere autonomo derivato da qut;:Uq del cqn<;tild,ente, secon:4q la nota costruzfone dcllo .Jhering}. � PiuttQ$t0 l'oggetto � Pubblioo ~ml?lict;:iilente perch� attiene ad un'attivit� proceditnentaMzzata ��secondo. moduii .� afuministratMstici . .�. ... Del resto �ra�� stessa Cassazione neUa sentenza.� in commento valorizza tale aspetto quando osserva che �tali attivit� non sono privatiZ.zate per il fatto che sono poste in essere da soggetti privati; conservano la natura di attivit� amministrativa dn senso obiettivo�. D} All'individuazjqn~ � dell'oggetto (pubblico) della . concessione consegue }'ultimo passaggi<> logjco: �. l'illdividuazione� della giurisdizione, che spetta � natu. ra1n:iente � a(. giudice amministrativo, in .quanto. tecnicamente specializzatd.. �:..:.::. tatiorie materiae . :..:.::. . all'adeguata cognizione della stessa. Non pu� non rilevarsi in proposito la mancanza in tal senso di un d,ettato legislatjvo espresso, ma non va trascurata la presenza di dati normativi costituenti -se adeguatamente valorizzati -convincente sostegno alla tesi prospettata in via di interpretazione� estensiva. In p:r;iJ:no. luogo si pensa all'art. 5 L. 10'74/1971. Se �. vero, . infatti, che .. 13: . giurisprudenza '.Ila sempre ritenuto di .restrin� gere ai sqli. rapporti tra �oticedente .� e �.� concessionario l'ambito di applicabilit~ della. giurisdiziqne esdusiva ��. del.� giudice amministrativo m materia di concessioni (nia non manca quaiChe isolata decisione di segno contrarlo) (68}, VeJ:'Q � anche che tale giurisdjzi�>ne .. � stata riteJ1Uta SUSSistente quando il p~egiud�:zio lamentato � dal terzo derivi direttamente � dall'atto di concessione del publ;>!tco servizi.o (69), .�. Del resto fa stessa tassazione ..;.. . Pronunciandosi�. sul regolamento di giUrisdizione in materia di rapporti tra concedente e concessionario -ha avuto modo di precisare che �l'art. 5 1� comma L. 10:34it971, l� dove si riferisce alle concessioni di. servizi pubblici, va irtteso riel senso.� (conforme alta sua ratio, ricorrendo i motivi e le finalit� che giustificano l'identica soluzione giuridica} che esso comprende anche le concessioni di ,pubbliche funzioni� (70). (69) Cass. su 13 aprile 1989, n. 1754, in giust. civ. Mass. 1989, fase. 4/89. (70) Cass. su 3 dicembre 1991, n. 12966. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO egli si troverebbe completamente rimesso all'arbitrio del concessionari\>, arbitrio che proprio la legge ha voluto escludere, obbligando il concessionario, sullo stesso piano della pubblica amministrazione in senso stretto, a seguire quelle regole, appunto nell'interesse pubblico della buona amministrazione. Egli non potrebbe trovare protezione presso il giudice ordinario proprio perch� �la sua situazione giuridica, di interes1se legittimo e non di diritto soggettivo, non potrebbe mai ritenersi illegittimamente pregiudicata dal comportamento di un privato. L'interesse legittimo, infatti, non ha normalmente rilevanza nel campo dei rapporti strettamente privatistici ove o c'� un diritto soggettivo da far valere o non c'� luogo a pretesa alcuna. In specie, non potrebbe certo agire per ottenere l'annullamento del contratto di appalto stipulato col terzo, dato che egli non avrebbe alcun diritto ad essere scelto. Sicch�, rimarrebbe privo di qualsiasi tutela che pur, come si � visto, avrebbe invece se il comportamento as'serito illegittimo fosse da rife� rire direttamente all'ente amministrativo concedente. Il che, come si � accennato, risulterebbe contrario all'art. 113 Cost. Per il quale si � voluta assicurare ad ogni cittadino la difesa dei suoi interessi, siano essi diritti od interessi legittimi, senza lasciare scoperto alcun aspetto di questa difesa. Si ricordi che per i1 2� comma di tale I In tal modo resta dunque superata la possibile obiezione che la con I cessione di opera pubblica sia sottratta all'ambito applicativo del predetto art. 5, in quanto non classificabile n� tra le concessioni di beni n� tra quelle cli servizi. In attesa degli sviluppi giurisprudenziali cui dar� prevedibilmente seguito la citata pronuncia della Corte Suprema, sembra comunque utile indicare ulteriori basi normative cooperanti sinergicamente nel senso della attribuzione I della materia alla giurisdizione esclusiva del GA. Innanzitutto si ricorda l'art. 11 della L. 241/90 sul procedimento ammi& nistrativo, che riserva alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie in materfa d!i formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi intraprocedimentali o sostitutivi di procedimenti, cos� contemplando sostanzialmente tutta la materia dei moduli convenzionali dell'azione amministrativa tra cui sicuramente � la concessione (71); il Capo V della stessa legge disciplinante l'accesso ai documenti, configura poi un simile diritto anche nei confronti del concessionario (art. 23), e quindi sottopone anche quest'ultimo alla particolare giurisdizione del TAR di cui all'art. 25. Infine non pu� dimenticarsi l'estensione della giurisdizione esclusiva prevista dal disegno di legge-delega sul processo amministrativo. Un ampliamento della competenza dn via esclusiva del G.A. attraverso la proposta interpretazione estensiva in materia di concessione di committenza, sarebbe d'altronde non solo in linea con la tendenza evolutiva di cui si � (71) s. GIACCHETTI: op. cit. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 481 articolo�si afferma energicamente che� tale.tutela giurisdizionale non pu� essere esclusa o limitata a particolari mezzi di �impugnazione o per determinate categorie di atti �. La tutela giurisdizionale non pu� dunque essere esclusa per quella categoria di atti che possono definirsi come atti amministrativi degli organi indiretti della pubblica amministrazione. Se fosse altrimenti, si dovrebbe ammettere che il pur diffuso sistema delle concessioni di sola costruzione avrebbe come effetto, certo non voluto, �nche quello di togliere ogni . difesa del privato imprenditore nei confronti di comportamenti illegittiini e tendenti a pregiudicare il suo legitthno interesse, concorrente con l'interesse pubblico, a partecipare a gare di appalto per opere pubbliche..Il siste:rna della conloessione, infatti, conferendo al concessionario la funzione pubblica, da esercitare per� in nome proprio, impedisce al terzo di agire nei confronti della pubblica aministrazione concedente; se non vedesse riconosciuta la sua pretesa �d ottenere l'annullamento, da parte del giudice amministrativo, dell'atto emesso dal concessionario, non potrebbe agire in nessun modo dinanzi a nessun giudice. RiSultano dunque infondate le due tesi enunciate dalla s.p.a. Mededil e dalle altre parti che le si sono allineate. Da pretesa della Chiementin deve avere un giudice che la valuti e questo giudice � il giudice ammini detto, ma sembrerebbe anche funzionale ad un migliore adeguamento dell'ordinamento interno a quello comunitario. Quest'ultimo, infatti, sembrerebbe postulare la configurazione come diritto soggettivo dell'interesse dell'impresa alla libera partecipazione alle gare e prevede comunque la risarcibilit� dei danni derivati ai partecipanti alla gara da violazioni della normativa che la regola. Orbene, in tale situaiiione ed in attesa della nuova legge sul processo amministrativo, che, nel testo approvato da uno dei due rami del Parlamento, gi� prevede, in parte qua, l'adeguamento dell'ordinamento interno a quello comunitario, sembra che il ricorso ad una ,ipotesi di giurisdizione esclusiva, anche se insufficiente a risolvere tutti i problemi, ne elimini per� non pochi. A tacer d'altro non sarebbe necessario qualificare espressamente come interesse legittimo la situazione del partecipante alla gara per radicare la giurisdiz.ione e sarebbe lasciata al giudice amministrativo un'ampia gamma di opzioni per modulare pretoriamente la propria risposta ad una domanda di giustizia che presenta risvolti di singolare delicatezza. Una singolare delicatezza alla quale comunque il giudice amministrativo � ben attrezzato a rispondere in ogni sua sede e la cui risposta attendiamo per il tempo a venire. Una risposta, se � consentito azzardare una facile profezia, che sar� data con quella sapiente mescolanza di pragmatismo, fantasia e rigore giuridico che da oltre cento anni caratterizzano la sua giurisprudenza pretoria. IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA GIANNA MARIA DE SOCIO 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativo trattandosi di un interesse legittimo ad ottenere l'annullamento di uno o pi� atti della pubblica amministrazione. Si deve dunque dichiarare la giurisdizione dell'adito giudice am� ministrativo. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 marzo 1991 n. 2427 -Pres. Bologna -Rel. Caturani -P. M. Romagnoli (concl. diff.) -Giaquinto (avv. Alfano) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Laporta). Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza per esigenze militari � Irragionevole protrarsi dell'occupazione � Irreversibile trasformazione dell'area � Effetto acquisitivo in favore della p.a. . Ammissibilit�. Anche nel caso di occupazioni per esigenze militari, bench� la legge non preveda un termine entro il quale possono protrarsi legittimamente, una volta che, per la riscort.frata irr:agion,evolezza del toro prptriarsi senza la pronuncia del decreto di espropriazione, l'occupazion..e sia divenuta; illegittima, l'esecuzione dell'opera pubbl.ica determina, con la trasfor�, mazione rad.i.cale dell'attea, il prodursi dell'effet"b.o estintivo-acquis(tivo in favore della p.a. essendo irrilevanti a tal fine le sopravvenute valutazioni dell'autorit� amministrativa circa la persis~ente utilit� dell'ope~a pubblica (1). (1) La questione affrontata dalla decisione in rassegna riguarda la possibilit� di applicare in materia di occupazione di urgenza disposta per esigenze militari, i principi giurisprudenziali elaborati in tema di � occupazione appropriativa �. L'istituto configura, come � noto, un nuovo modo di acquisto della propl'iet� a favore della Pubblica Amministrazione, in cui si realizza una sorta di accessione invertita, la propri.et� del suolo accedendo all'opera pubblica costruita su di esso e, pertanto, all'ente costruttore: nell'ipotesi in cui la P A. occupi illegittimamente un fondo in propriet� privata, la sua radicale trasformazione e l'irreversibile destinazione alla realizzazione di un'opera pubblica comportano l'estinzione del diritto dominicale e la sua contestuale acquisizione, a titolo originario, .in capo all'ente costruttore. Al privato gi� proprietario del fondo resta il diritto di chiedere alla P.A. il risarcimento dei danni subiti con la perdita del diritto di propriet�. Questi prfooipi .fissati per la prima volta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte nella nota sentenza del 26 marzo 1983, n. 1464 (in Foro it., 1983, I, 626 e segg.), sono stati confermati nelle loro linee fondamentali dalla giurisprudenza successiva, anche di merito, e costituiscono ormai la regola effettivamente vigente sul punto. Fra le numerose sentenze che si sono allineate all'indirizzo iniziato dalle Sez. Un., si vedono, in particolare, poich� ne precisano l'ambito, Cass. Sez. Un. 10 giugno 1988, n. 3940 in Foro it., 1988, I, 2262 (secondo la quale indefettibile punto di partenza della fattispecie del1' � occupazione appropriativa � � una dichiarazione di pubblica utilit� del� I I ! I I 1 PARTB I, SBZ. In;. GIURISPRUDENZA CIVILB; GIURISDIZIONE E APPALTI 483 (omissis) 1 . .;..;.;; N�ll'�tdfue l6gi&> � p:tegitidiZiafo l'esame del .:ricorso (:indd�rital��perch� pfop6sta dop6 il ricorso printi:Pfile) � dell'ammi:nistrazione, . col quale, denuhz�a.rido vfolazione . e falsa applicazione. degli.� artt. 73 e '16 dell~ J; 25 giugno 1865 n. Z359 �nonch� (lifetto dhnotivazione1 si�.assume che ~#6rieaniente I�i���impugnata $~btetiza��ha deciso. la oontrov�rsia appli~ M1t-~l~~aJEt~~:E stessa reali:zzazione dell'opera� pubblica, s~pl'e reve.rs�bile �in ��correla~ zione con}a s�petat~ necessit� dell'impianto nimtare, non vale . a connotare c6tne illedifo il eomportament� della p.a:;> nel cui contesto soltanto p6ssonobI>etar� queipHncipi. ..... Iili ogni 6aso s� soSltiene�chei�i COrle d'ap]!)ello �non ha motivato sulla ii't�gionwole dttl'at� .� della � oocup�zione � d'urgenza. Ammesso; infine,�� che con la realizzaz�one � drell!opel'� pubblica la�. p;a. avesse acquisito�� in via c:tefi!iiti\va. i. terreni OccUpati ��cli urgenza; � da quel fuomento. che avrebbe dovuto verificarsi .fa. ((ragionevolezza)~ o. men� dell!ultel'iore occupazione, s�)Ccorren:do 1'artd3. della legge citata a som:m:inistJ,:are un sic..ro criterio per�U.giudizio.�sulla �ongroit��.del.comporta:mento. dell'autorit� amministrativa oltre che. sulla utilit� delremanato decreto di espropri~ione. 3. -le riasSl:lrite-censure � sono fondate.� nei limiti � tistiltanti �dalle segtienti consideraifoni. l'opera) e, nello stesso senso, Cass. Sez. Un., 6 novembre 1989, ri. 4619 in Giust. Civ., 1990, I, 686 con nota di R. CARANTA Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ridefiniscono l'ambito di operativit� dell'istituto dell'occupazione ap. propriativa; Cass., 11 luglio 1990t n. 7210 in Foro it., 1990, I, 2789 {s�condo la quale l'acquisto a titolo orig:�nario. in favore della P.A. dell'immobile, illegittima. mente occupato, sul.. quale essa abbia realizzato un'opera.. pubblica, conformemente alla dichiarazione di pubblica utilit�; ma in assenza di un legittimo provvedimento espropriativo, comporta il sorgere, .per. U privato gi� proprietario; di un diritto di ci:'edito al controvalore del bene perduto; assoggettato all'ordinario termine deceruiale di pteserizione); L'orientamento ��delle Sez. Un.� 1464/83 � stato �disatteso una sola volta dalla Corte di Cassazione,; precisamente dalla sentenza 18 aprile 1987, n. 3872 (in Giust. Civ. 1987, I, 1662 con nota di. Annunziata) nella quale si. attribuisce all'a2lione di risarcimento deLdanni contro la P.A. il valore di un atto di rinuncia da parte del PI1ivato al diritfo di ptopriet� m favote dell'occupante. �.�. Nonostante ��il.� consolidarsi della tesi giurisprudenziale, Ja.. dottrina ��� con trarla alla figura dell'occupazione appropriativa .Che c;onsidera .un modo di acquisto della propriet� estraneo�� al sistema ed .. anzi .in radicale �co.trasto Con punt�ali previsioni normative; Per un'ampia; disamina cfr> Caranta, op. cit., 700; M; Paradiso La c.d. occupazione appropriativa della P.A. tra esigenze di realistica composizione del conflitto e interventi legislativi in Giur. it., 1990, IV; 366. Nella sentenza in esame la Cassazione ha valutato l'estensibilit� dei prin cipi elaborati in tema di occupazione appropriativa al caso.� di occupazione di urgenza per esigenze militari. - 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte d'appello ha deciso la controversia sottoposta al suo esame partendo dal presupposto della possibile. estensione alle occupazioni di urgenza per esigenze militari dei principi elaborati da questa Corte in tema di occupazione appropriativa (sent. della Sez. unite n. 1464 del 1983). Ha rilevato in proposito la Corte del merito .che nella ipotesi considerata, la esecuzili)ne <lell'opera pubblica col rendere definitiva l'occupazione in contrasto con 1a temporaneit� delle esigenze che la determinarono, impedisce s� la restituzione del bene al proprietario, ma non legittima l'operato della p.a. la quale, per l'indefinito protrarsi d~ll'occupazione medesima � tenuta al risarcimento del danno in favore del privato in misura equivalente al valore venale del bene di cui non � pi� possibile la restituzione. Da tale premessa la Corte ha tratto quindi logicamente la conseguenza della inutilit� del successivo decreto di espropriazione intervenuto quando l'esecuzione dell'opera pubblica era gi� avvenuta con l'estinzione del diritto di propriet� del privato e la contestuale acquisizione a titolo originario della. propriet� in capo all'ente costruttore, secondo la nota giurisprudenza di cui sopra. Va tuttavia osservato che � la premessa maggiore del ragionamento dal quale la Corte d'appello ha preso le mosse per riconoscere astrattamente la legittimazione del ricorrente prilllCipale ad agire con l'azione risarcitoria nei confronti della p.a., che va controllata in questa sede in base alla proposta doglianza. Trattasi di stabilire se il caso in esame sia effettivamente riconducibile alla fattispecie della occupazione appropriativa cui innanzi si � fatto riferimento. A tal fine la Corte ha ritenuto essere presupposto essenziale della fattispecie dell'� occupazione appropriativa �, non gi� la mera costruzione dell'opera pubblica, ma il fatto che la P.A. versi in re illicita, ab origine per totale mancanza di provvedimento autorizzativo all'occupazione d'urgenza ovvero, successivamente, per decorso dei termini in relazione ai quali l'occupazione si configurava legittima -in mancanza del decreto di espropriazione ~ (art. 73 L. 25 giugno 1865 n. 2389). Posto che, nel caso di specie, era stato emanato un provvedimento autorizzativo all'occupazione d'urgenza, si trattava di verificare la sussistenza del� l'illegittimit� successiva per decorso dei termini. Orbene -ha rilevato la Corte -l'occupazione disposta per esigenze militari ai sensi dell'art. 76 L. 25 giugno 1865 n. 2389, pur non essendo soggetta al termine biennale di cui all'art. 73 della stessa legge, risponde pur sempre ad esigenze di carattere temporaneo e non pu� in contrasto con esse protrarsi per un tempo indefinito. Pertanto, posto che la mera irreversibile utilizzazione dell'immobile occupato per esigenze militari non � sufficiente ad integrare una fattispecie di illecito della P.A. che renda perci� possibile la estensione ad essa dei principi della occupazione appropriativa, aff<inch� l'amministrazione versi in re illicita o.ccorre accertare che la occupazione militare sia divenuta irragionevole per il venir meno delle esigenze che la provocarono. Ci� accade quando si sia protratta in concreto per un periodo di tempo talmente ampio da far ritenere irragionevole il suo perdurare in danno l!AR'.nl :C, SEZ. IJ;Ij, ~URlSl!RUDENZAiCIVILE; .GllJRISnlZIONE E APPALTI �. �� �. ��A tal fine �eco:rre :conshl~rare che 1a.radieale: trasrorm.azion;e delfondo alieno intant<fproduce l'effetto estintivo-acquisitivo di cui sopra. in quanto trattitsidioccupazione:posta in essere dalla p.a. ab origine .. illegittima� ~~~0�0=~}&~~~r�il~~�w p~ chpazt<;i~ti:��.<;U;�t@ge~ta Mi&���~'tatb�emariat�{eomeᥥe� accaduto���neUa�ᥥspec1e); ch�l'i>Ccu:Pazfone $ia�.. divenuta illegittima (per la scadenza dal periodi> si co�l$iderano}. e pfocl.:ce il duplice effetttj gi11r'idico: .estintivo. (del cii� deL proprietario senza la pronuncia del provvedimento ablatorio. .Allora, in assenza...� del decre:f:(> di esPxoP:!'iazione1 l'occ11i:iazione .�.diviene. illegitti.la;. Ja e$ec.zione de!l'.�peJ:'a p.l:)blica acqui$ta rUevatlza � g�ii.;idica e s.i produce � I'effetfo acquisitivo iii favore . della :�.A., essendo irrilevanti a tal fine le soprav� venute valutazioni della aufont� amri:iimstrathra circa la persistente utilit� dell'opera Pubblica~ � � ... � Tra i prece4enti cfr;;. Cass< 30 higUo 1964. :n:. .21811� hi <;;iust.. civ. 1965, I, 800 .pel se:P.$0. che�.� le. occ.pa,zioni militari i:irotratte �l�re. .:un ragio11ev()le � lassq di tem:Po div~ng()no illegittime; Ca$$. i2 lugliol968 n. 2453, ivi,19681 I, 1558nel senso ch� deve qualificarsi di interes5e � 1�gittiJ;no l� pretesa . del proprietario di ottenere ii# formale.�� prov\iedimento �riitn4fii~trativo che, c�rtsfafato u venir meno delle esigenz{i militari legittimantlJ'occ.paziqne~ dispoliigala restituzione <lell'immol:!ile;..� Cass. �� 4 . genna~<?��.� W75 .Jl, 1, An 9,.tteiita ~ass(:)gna:, J~6~ J, . � 561, secondo la quale per il dsarchnento .. det danni � ~ :p.ecessario o. tln provve, dimento dell'ammfriistrazione militare che constati i( venir meno delle condfaioni legittimanti � foccupazion�/ � o t:in � riconoscltriento tacito � ih�� tal���� senso della stessa arrtminisft'aziOne, o l'-accertamento ad opera del giudice arrunini� strativo dell'illegittimlt� del � diniego ...della amministrazionei. di . provvedere in proposito ~in tal senso anche Cas$. 29 marzo 1977, n. 1213, in questa Rassegna i977, I, 631); da ultimo si veda Cass. 24 novembre 1983, n. 7027, in questa Rassegna 1984, I, 190, che trae spunto dai principi affermati in quello stesso anno da Cass. Sez. Un. 16 febbraio 1983, n. 1464 cit. � 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritto di propriet� privata sull'area occupata) ed acquisitivo in favore della p.a. Orbene, se � vero che l'occupazione disposta per esigenze militari ai sensi dell'art. 76 della 1. 25 giugno 1865 n. 2389, pur non essendo soggetta al termine biennale di cui all'art'. 73 della stessa legge, risponde pur sempre ad esigenze di carattere temporaneo e non pu� in contrasto .con esse protrarsi per un tempo indefinito in modo da sopprimere di fatto il diritto di propriet� senza la corresponsione di alcun indennizzo (cfr. da ultimo la sent. n. 7027 del 1983), � altres� vero che non � sufficiente la mera irreversibile utilizzazione dell'immobile occupato per esigenze militari ad integrare una fattispecie di illecito della p.a. che renda perci� possibile la estemdone ad essa dei principi della occupazione appropriativa. Come si verifica per le oocupazioni temporanee in genere, previste dagli artt. 71 e 73 della legge anzidetta, per le quali l'esecuzione dell'opera pubblica intanto rileva agli effetti che si consfderano in quanto sia decorso il periodo della occupazione legittima (legato alla scadenza di un termine) senza la pronuncia del decreto espropriativo, cos� per le occupazioni avvenute per esigenze militari ai sensi del successivo art. 76, il presupposto essenziale che deve sussistere � non gi� la mera costruzione dell'opera pubblica, ma il fatto che essa sia avvenuta quando per l'ir I ragionevole protrarsi della occupazione militare, nonostante il venir meno delle originarie esigenze che avevano determina:to l'occupazione, la I p.a. versava in re illecita, per non avere restituito il bene occupato al I legittimo proprietario nonostante il sopravvenuto venir meno di quelle I ~ esigenze. D'altro canto, l'indagine circa la sopravveI11Uta irragionevolezza della occupazione militare per il venir meno delle esigenze che la provocarono, non pu� dirsi assorbita dalla avvenuta esecuzione dell'opera pubblica, come invece ha ritenuto la impugnata sentenza. In questa ipotesi -come si verifica per la occupazione appropriativanon � la mancata restituzione del bene a qualificare l'illecito della p.a., ma il fatto che questa abbia trattenuto il bene altrui nonostante la sopravvenuta illegittimit� dell'occupazione e la irreversibile trasformazione del bene in seguito alla costruzione dell'opera pubblica senza che sia intervenuto il decreto di esproprio. Ci� � tanto vero che se la trasformazione del bene occupato avviene durante il periodo di occupazione legittima (id. est. quando persistono le esigenze militari) ed il successivo provvedimento ablatorio sopraggiunge quando preesistevano quelle esigenze, esso non pu� dirsi inutiliter datum. Infatti, non essendosi in tal caso verificata la occupazione appropriativa in favore della p.a. questa ha la possibilit� giuridica di divenire proprietaria del terreno occupato mediante il decreto di esproprio, secondo il procedimento all'uopo previsto dalla legge. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �CIVIl.E, GIURISDIZIONE I! APPALTI Invero, il punto decisivo dell'indagine che va compiuta per applicare i principi. della occupaZione appropriativa alle� occupazioni militari di cui all'art. 76 cit., risiede nello stabilire se l'occupazione si sia protratta in concreto per un periodo di tempo talmente. axnpio da far ritenere irragionevole il suo perdurare in danno del proprietario senza la pronuncia del provvedimento ablatorio. . . . .� . . . :S soltanto in questo momento che, ove non sia intervenuto il decreto espropriativo, acquista rilevanza giuridica l'esecuzione dell'opera pubblica con i noti effetti giuridici in favore della P A Non ha pregio, pertanto fa tesi sostenuta iri via principale dalla difesa dell'Amministrazione secondo� cui, mutando nel tempo le esigenze� mil�tari ia destinazione dell'�rea a fini di pubblica utilit� non potrebbe giammai ritenersi irreversibile. In contrario, va affermato che, anche per le occupazioni militari co~e per le altre occupazioni per le quali la legge prevede un periodo di tempo durallte il quale possono protrarsi legittimamente, una volta che, per la riscontrata irragionevolezza del loro protrarsi senza la pronuncia . del decreto di espropriazione, l'occupazione sia divenuta illegittima, la esecuzione dell'opera pubblica determina, con la trasformazione radicale dell'area, il prodursi dell'effetto estintivo-acquisitivo in favore della P.A., essendo irrilevanti a tal fine le sopravvenute valutazioni dell'autorit� amministrativa circa la persistente utilit� dell'opera pubblica. In definitiva, l'indagine che nella specie � mancata riguarda il punto se, per tutto o per una parte dei terreni occupati, l'occupazione militare si sia protratta per un periodo di tempo tale da far ritenere irr�gionevole :il suo perdurare in danno del proprietario. E soltanto in questa ipotesi potr� concludersi che, la radicale t'rasformazione del suolo conseguente alla esecuzione dell'opera pubblica ha determinato l'occupazione appro; priativa in favore della P.A., rendendo irrilevante il sopravvenuto decreto di esproprio. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 maggio 1991, n. 4874 -Pres. Montanari Visco -Rel. Pon:trandolfi -P. M. Amatucci -Ente Ferrovie (avv. Stato Stipo) c. Canzian Ivo. Trasporti: Fel'.rovie -Citazione dell'Ente Ferrovie dello Stato -Obbligo della notifica presso l'Avvocatura dello Stato. Procedimento civile -Rito del lavoro -Domande non accolte o non esaminate -Onere per la parte vittoriosa di riproporle in appello. Il Pretore giudice del lavoro non pu� dichiarare la contumacia dell'Ente convenuto qualora il ric.orsv introduttivo di primo grado sia stato notificato alla sede dell'Ente Ferrovie dello StalO direttamente e non 488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'Avvocatura distrettuale dello Stato, in violazione. dell'art. 24 della legge n. 210 del 1985, che richiama espressamente il r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 sul foro erariale e successive modificazioni e integrazioni (1). La parte vittoriosa nel merito in primo grado non ha l'onere e neppure l'interesse di proporre, con specifica impugnazione in appello, questioni non esaminate dal primo giudice (2). (omissis). -Deve osservarvi che pregiudiziale a tale stesso motivo e di carattere virtualmente assorbente rispetto al terzo e quarto motivo, che riguardano il merito della controversia, 1si appalesa l'esame del primo motivo. Con questo, denunciando violazione dell'art. 24 della L. 17 maggio 1985, n. 210, dell'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato dalla L. 25 marzo 1958, n. 260, degli artt. 100, 101, 346, 354 e 436 c.p.e., nonch� omessa, insuff.i.cie;nte e contrad'dittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360, pp., nn. 3 e 5, c.p.c., l'Ente ricorrente si duole del fatto che il tribunale, pur avendo dato atto che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non fu notificato presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato e che, pertanto, questa non ebbe a costituirsi in rappresentanza e difesa di esso Ente davanti al Pretore, con conseguente dichiarazione di contumacia dell'Ente stesso, in contrasto con l'art. 24 della legge n. 210 del 1985, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, che attribuisce a detta Avvocatura il patrocinio obbligatorio dell'Ente, richiamando espressamente il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 sul foro erariale e successive modificazioni e integrazioni, abbia omesso di rilevare che, per l'art. 11 del cit. R.D. n. 1611 del 1933 (nel testo modificato dalla L. 25 marzo 1958, (1) Con la prima massima la Cassazione ha sostanzialmente posto fine alla questione se anche dopo l'istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato (ente pubblico economico distinto dall'Amministrazione dello Stato) sia vigente l'obbligo della notifica presso l'Avvocatura dello Stato di ogni atto introduttivo di un giudizio. (2) La sentenza della Cassazione 23 novembre 1985 n. 5838 (richiamata in motivazione) aveva affermato che il principio di cui all'art. 346 cod. proc. civ. circa l'onere di riproporre in appello le domande non accolte in primo grado o rimaste assorbite opera anche nelle controversie soggette al nuovo rito del lavoro, in quanto l'art. 436, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo introdotto dalla legge n. 533 del 1973) fa obbligo all'appellato di costituirsi mediante deposito di memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese. In senso analogo nel caso della parte che sia rimasta vittoriosa nel merito ma soccombente sulla questione di giurisdizione v. Cass. S.U. 6 settembre 1990 n. 9197. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI n. 260), tutte le citazioni debbono, a pena di nullit�; essere notificate alla com.petente A'Vvocatura. Il tribunale, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare la nullit1� dell'intero giudizio e rimettere le parti al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c. Invece, pur ess'e�l:do stata tale eccezione r.itualm.ertte sollevata dall'Ente appellato in secondo grado; il tribtm.ale ha ritenuto di non doverla esaminare (pur essendo rilevabile anche d'Ufficio), in quanto sul punto l'Ente non avrebbe esperito appello inicidentale. Non ha considerato il tribunale che la parte vittoriosa nel merito in primo gradoJJ.on aveva l'onere (e l'interesse) di riproporre attraverso specifico gravame {mcid,entale) questioni non esaminate o ritenute assorbite dal primo giudke, essendo all'uopo sufficiente che queste fossero riproposte nella memoria difensiva di costituzione (cos� come era stato fatto). Il suenunciato primo motivo del ricorso � fondato. � Per tabulas � risulta che il ricorso introduttivo di primo grado fu notificato alla sede .dell'Ente Ferrovie dello Stato direttamente e non all'Avvocatura Distrettuale dello Stato, dn violazione dell'ar. 24 della legge n. 210 del 1985, che richiama espressamente il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 sul foro erariale e successive modificazioni e integrazioni. Pertanto, il Pretore non avrebbe potuto dichiarare la contumacia dell'Ente convenuto. Il tribunale, peraltro, ha preso atto dell'eccezione di nullit� della sentenza di primo grado, sollevata dall'Ente appellato nella memoria difensiva di costituzione di secondo gr.ado, ma ha ritenuto di non doverla esaminare in quanto tale eccezione era stata sollevata dal suddetto Ente solo in via subordinata, avendo chiesto, in: via principale, la conferma nel merito della sentenza di primo grado. Ora, ci� � erroneo in qu�nto l'eccezione stessa aveva -come riconosciuto dallo stesso tribilnale -carattere assolutamente preliminare rispetto ad ogni altra questione, e non valeva l'ordine dato alle questioni dalle parti ad esimere il tribunale dall'esaminare una questione che, al pos1!utto, sarebbe stata rilevabile anche d'ufficio: ed ancor meno esimersi dall'esaminare la questione stessa per la ragione che su di essa l'Ente appellato non aveva proposto formaLmente UDI appello incidentale. Infatti, sarebbe bastato all'appellato -come fa.tto -pr0porre semplicemente l'ec� cezione (art. 346 c.p.c.), ancorch� in via subordinata, non avendo la parte vittoriosa nel merito in primo grado l'onere (e neppure l'interesse) di proporre, con specifica impugnazione in appello, questioni non esami� nate dal primo giudice (Cass. civ., 23 novembre 1985, n. 5838). Ne deriva che il primo motivo del ricorso va accolto, con assorbi� mento di tutti gli altri motivi (compreso il secondo concernente la giurisdizione), e che la sentenza impugnata va cassata con il rinvio della causa al primo giudice ai sensi dell'art. 383, ultima parte, c.p.c. -.. _.. :-: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 490 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III Civ., 8 luglio 1991, n. 7529 -Pres. Schermi; Rel. Favara U.; P. M. M. Fedeli (concl. conf.) -Lai Michele ed altri (avv. Palermo e Luminoso) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sica). Contratti (in generale) -Contratti della pubblica Amministrazione -Appro vazione dell'organo <U �o;ntrollo -Mancanza -Annullabilit� del contratto -Deducibilit� da parte del privato. L'approvazione di un contratto concluso dalla pubblica Amministrazione da parte dell'organo tutorio ha natura di � condicio iuris � sospensiva dell'efficacia, e non riguarda l'iter fjormativo del contriattxJ, ma la operativit� dello st:esso; la efficacia o meno del contratto per effetto dell� intervenuta o mancata approvazione pu� essere pertanto dedotta da entrambte le parti contraenti, che sono ugual.mente legittimare ad invocare il venir meno del vincolo contr:attuale (1). (omissis) Con il primo mezzo dJ impugnazione i germani Lai, denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 19 R.D. 2440/923, 1441, 1418, 1353 e ss. cc. in riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c., lamentano che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto il contratto di locazione stipulato in data 24 giugno 1981 tra essi ricorrenti ed il Ministero dell'Interno efficace ed operativo, affermando, a sostegno della decisione adottata, che la mancata approvazione, da parte dell'organo di controllo, della predetta convenzione poteva essere dedotta, ai fini della declaratoria di inefficacia del contratto stesso, unicamente dalla pubblica amministrazione nel cui esclusivo interesse la formalit� era prescritta. La censura � fondata. Secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, come conseguenza di ogni forma di anomalia dell'atto giuridico, si � indotti a costruire (1) Nella sentenza che si pubb1ica, la Corte di Cassazione distingue tra invalidit� dell'atto, che derdva da un vizio intrinseco dello stesso, ed inefficacia, dipendente da un elemento estrinseco. L'atto di approvazione, prosegue la Corte, non entra nel processo formativo del negozio ed � pertanto elemento estrinsco, configurabile come condizione legale sospensiva; se la stessa non si verifica, il negozio diviene inefficace ex tune. I vizi concernenti l'attivit� negoziale dell'Ente, ovvero la precedente fase preparatoria, concretizzano pertanto un vizio di capacit�, che legittima unicamente la Amministrazione, ex art. 1441 e.e., ad ottenere l'annullamento del contratto in vfa di azione o di eccezione; per contro la operativit� del contratto, riguardando la stessa esistenza o meno di fatti costitutivi di vincoli obbligatori per i contraenti, pu� essere invocata da ciascuna parte. L'affermazione contenuta nella sentenza, perspicua per lo sforzo ricostruttivo che � stato compiuto, si colloca in posizione isolata rispetto all'orientamento dominante delle non numerose pronunzie giurisprudenziali. Tra le decisioni precedenti si ricordano Cass. 16 maggio 1962, n. 1092, Cass., 4 mag PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 491 una categoria generale di inefficacia nella quale, in concreto, rientrano tufte quelle ipotesi in: cui all'atto non si ricollegano gli effetti ad essi propri. Orbene, in tale ampia categoria vanno comprese sia le ipotesi in cui la mancanza di effetti deriva da una deficienza intrinseca dell'atto, ed in tale caso si suole parlare di invalidit� dell'atto, che le ipotesi in cui, al contrario, la mancanza di effetti deriva da un elemento estrinseco, ed, in tale ultimo caso, si suole parlare di inefficacia dell'atto giuridico. La inefficacia di un negozio, che pi� da vicino riguarda la fatti� specie concreta, suole ora, verificarsi non solo nei casi in cui la efficacia di detto negozio � fatta dipendere da un evento estraneo per autodeterminazione delle parti, ma anche in tutti quelli in cui la legge fa dipendere gli effetti di un negozio da un particolare evento (c.d. �condicio juris �) nel cui ambito vengono ricondotti i casi pi� diversi e nei quali in pratica la fattispecie produttiva di effetti giuridici comprende, oltre il negozio, anche altri fatti o atti, quali quelli emanati da determinate autorit� alle quali � affidato un compito di controllo per specifiche attivit� sia nell'interesse dei singoli (rilascio da parte del giudice di apposite autorizzazioni) che nell'inter�esse pubblico, ad esempio, le richieste di approvazione dei contratti stipulati dalla p.a. Va, a tale punto, precisato che l'approvazione da parte dell'organo di controllo del contratto concluso dagli enti pubblici non pu�, per�, ritenersi elemento integrativo della volont� di una delle parti contraenti, n� la stessa pu� inserirsi nel processo formativo del negozio, cos� da costituirne un elemento rilevante ai fini della sua conclusione, ma deve delinearsi unicamente quale elemento estrinseco al negozio medesimo con la ulteriore conseguenza che la detta approvazione pu� sopravvenire alla conclusione del contratto stesso. gio 1963, n. 1103 e Cass. 5 dicembre 1973, n. 3315 -resa, la prima, proprio in fattispecie relativa alla mancata approvazione di contratto concluso iure privatorum -nelle quali si ribadisce che il difetto di autorizzazione o di approvazione non importa la radicale nullit� del negozio, bens� la sola annullabilit� dello stesso, che pu� essere fatta valere solo dall'Ente pubblico, essendo posta la annullabilit� nel prevalente interesse della collettivit�; si veda anche, pi� in generale, Cass., 13 ottobre 1986, n. 5983. In dottrina non sono molti g1i scritti che si danno compiutamente carico della problematica esaminata dalla Corte, facendosi per lo pi� richiamo tralaticiamente all'orientamento dominante della giurisprudenza (per tutti si veda BIANCA, Diritto Civile, vol III, 43 -ss); qualche spunto problematico in SANDULLI. Diritto Amministrativo, I, 714 -ss. e in S. A. ROMANO, in Dizionario Dir. Amm.vo Guarino, I, 790 -ss. Nel senso che la conclusione di un contratto di contenuto in tutto o in parte diverso da quello deliberato dall'organo competente realizza un vizio del consenso dell'Ente, a rilevare il quale solo l'Ente stesso � legittimato, v. Cass., 7 aprile 1989, n. 1682. 492 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO Da tale principio �scaturisce come principale conseguenza che il contratto non approvato dall'organo di controllo non spiega gli effetti del negozio voluto dai contraenti e ci� fin quando non intervenga la pre I scritta approvazione che, ha pertanto, funzione di vera e propria condizione sospensiva dell'efficacia del contratto stesso. ~ I Specifico effetto di quanto sopra � che la intervenuta approvazione da parte dell'organo di con!trollo vi.ene a determinare la efficacia retroattiva della convenzione con decorrenza dalla data di sua conclusione, mentre il diniego della approvazione stessa fa venire meno gli obblighi gi� sorti con la stipula del contratto che in tale situazione non � pi� eseguibile per cui il privato, nei casi di anticipata esecuzione, ha diritto al ripristino della situazione antecedente con il ristoro di ogni pregiudizio subito dalla sua sfera patrimoniale. Pu�, quindi, concludersi che l'approvazione di un contratto, concluso � jure privato � dalla Pubblica Amministrazione, da parte dell'organo di controllo a tale compito delegato, non riguarda, ripetesi, l'iter formativo del contratto stesso, ma opera unicamente secondo la disciplina delle condizioni, di guisa che, al suo verificarsi, il contratto stesso diviene inefficace � ex tunc �. Come corollario di quanto precede deve, pertanto, affermarsi il prin� cipio che mentre i vizi concernenti l'attivit� negoziale dell'ente pubblico, sia che si riferiscano al processo di formazione della volont� dell'Ente, sia che si riferiscano alla fase preparatoria ad essa precedente, sono deducibili, tradUiCend'osi in un difetto di capacit� dell'ente, esclusi I vamente dall'ente pubblico al fine di ottenere l'annullamento del contratto ex artt. 1441, 1442, IV comma e.e.; la operativit� o meno del contratto per effetto della intervenuta o mancata approvazione tutoria pu� essere, al contrario, dedotta da entrambe le parti contraenti, essendo le stesse sul medesimo piano, per cui sia il privato che la pubblica I amministrazione possono invocare la inefficacia del negozio, in quanto ili l'intervenuto diniego di approvazione, operando quale � condicio juris � ~ retroattivamente sulla efficacia del contratto, fa venir meno allo stesso ogni possibilit� di potere costituire fonte di obbligazione per i contraenti, onde anche il privato, si ribadisce, definitivamente liberato dagli obblighi contrattuali, � legittimato a fare valere, al pari dell'Ente pubblico, la inefficacia della convenzione. Alla luce del principio di diritto dinanzi affermato, l'iter argomentativo della Corte di Appello, secondo la quale la mancanza di approvazione tutoria del contratto e la conseguente inefficacia del medesimo sarebbero deducibili unicamente dalla P.A., non pu� condividersi e ci� perch� il contratto stipulato dall'ente pubblico, in attesa dell'approvazione da parte dell'organo di controllo, � inefficace, come si � sopra ricordato, per entrambe le parti per essere l'approvazione suddetta condizione non derivante dalla volont� delle parti stes,s�e, ma condizione im PARTE I, SBZ. III;.'GIURISPRUDBNU,. CIVILE, GIURISDIZIONE B APPALTI 493 propria, �in quanto rispondente ad esigenze che �hanno fondamento nell'Ordinamento giuridico; quindi non eliminabile od inseribile per volont� dei contraenti; ed in tale situazione giuridica entrambe le parti contraenti possono, pertanto, farne valere la i.:'Operativit�. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un;, 8 ottobre 1991, n. 10513 -Pres. Brancaccio � Rel. Nardino� P. G. Amatucci (conf.). Palombo (avv. D'Aloisio) c. ACOTRAL (avv. Mileto). Lavoro -Prestazi<>ni. domenicali -Ristoro sotto forma monetl;lria o altra forma contp�llsativa �. Lavoro -. Dipendenti da. imprese di pubblici trasporti � Turni domenicali Progranunati..� Previsioni retributive della contrattazione collettiva � In� terpretazione-. Lavoro � �Trattarriento� ec�n�lllic~normativo concordato in sede collettiva Contrariet� ai� precetti dell'art. 36 Cost. -Criteri�. interpretativi. Il diritto del lavoratore � turnista � ad essere compensato per la particolare penosit� del lavoro svolto nelle giornate di domenica; pu� essere soddisfatto non solo mediante l'erogazione di � un supplemento di paga � �specificamente riferito �a tale prestazione e determinato nel suo ammontare, ma anche, indirettamente, con l'attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, che valgano a � differenziare � il loro complessivo trattamento economico-normativo rispetto a quello dei lavoratori che usufruiscono del riposo domenicale (1). Per escludere il riferimento al lavoro �domenicale di benefici .,.__ economici o normativi -accord.ati soltanto ai la.voratori soggetti a detta prestazione, non � sufficiente rilevare la mancanza, nella normativa contrattuale; di una previsione esplicita a tale riguardo, ma occorre individuare concretamente una. ragione diversa e specifica della particolare attribuzione, in quanto l'obbligo del lavoro domenicale per il personale viaggiante delle imprese esercenti pubblici trasporti � un fatto del tutto consueto e normale e si svolge secondo turni �ontrattualmente programmati (2). L'affermazione della contrariet� ai precetti dell'art. 36 Cost. del trattamento economico-normativo dei lavoratori, concordato in sede col (1-3) Le Sezioni Unite, con la sentenza in rassegna, hanno inteso dare un indirizzo ai giudici di merito nelle controversie, in cui il lavoratore chiede qualcosa in pi� di quanto previsto dalla contrattazione collettiva, affrontando poi in particolare la problematica della giusta retribuzione nei confronti dei dipendenti delle aziende di pubblici trasporti impegnati in turni domenicali e festiVi. 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 494 lettiva, richiesta estrema cautela per un duplice ordine di ragioni: a) perch� funzione essenziale e tipica delle Organizzazioni sindacali de~ lavoratori � quella di tutelare, nei confronti della controparte datrice� di lavoro, gli interessi degli associati; bI perch� ogni intervento del 'giudice sull'assetto dei contrapposti interessi realizzato in sede collettiva rischia di incidere sull'autonomia negoziale delle parti contraenti e di rompere gli equilibri economici cui la contrattazione collettiva � pervenuta (3). (omissis) 1) Con il primo mezzo il ricorrente, denunciando �viola� zione dell'art. 360 n. 3 c.p.c. e omessa applicazione dell'art. 36 della Costitu zione Italiana �, addebita al Tribunale di Roma di essersi erroneamente discostato dall'insegnamento di questa Suprema Corte e della Corte Costituzionale secondo cui il lavoratore costretto (sia pure per legittime esigenze del datore di lavoro) a prestare la propria opera nelle giornate di domenica ha diritto ad una specifica maggiorazione retributiva idonea a compensare la penosit� (e quindi la specia~e �qualit��) di tale presta zione, in ossequio al precetto dell'art. 36 !Cost. Con il secondo mezzo il ricorrente deduce � violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. -erronea e contraddittoria motivazione�, e sostiene che il Tribunale, dopo aver riconosciuto essere � il cospicuo muner.o di giorni di riposo aggiuntivo .... mera conseguenza delle delazioni (operativit� h. 24) �, ha contraddittoriamente affermato, senza peraltro esporre le ragioni del suo convincimento, che tali riposi si correlavano casualmente alla particolare penosit� �(m precedenza negata) del lavoro domenicale, disattendendo l'orientamento della giurisprudenza che considera a tal fine rilevanti i soli incrementi retributivi specificamente destinati a compensare il suddetto sacrificio.. Lamenta inoltre il lavoratore che i giudici di appello, neM'esprimere il giudiiio circa l'asserita idoneit� del trattamento � globale � ad assicurare il ristoro del disagio connesso alla prestazione domenicale, abbiano erroneamente considerato .anche la speciale indennit� prevista dall'accordo collettivo del 21 maggio 1981, in vigore dal 1� giugno 1981, senza avvedersi che la domanda giudiziale era chiaramente limitata al periodo anteriore a ta1e data, d!urante il quale nessuna forma di compenso era contrattualmente prevista per l'anzidetta prestazione. 2) Per la corretta soluzione de1le questioni prospettate dal ricorrente � opportuno ripercorrere le tappe della elaborazione giurisprudenziale in tema di lavoro domenicale e puntualizzare i criteri di determinazione del relativo compenso, eventualmente spettante al lavoratore. A tal riguardo si sono, in passato, delineati due contrapposti orienta~ menti della Sezione Lavoro di questa Corte: secondo il primo, i lavoratori � turnisti � obbligati a prestare la loro opera nelle giornate di domenica PARTE I, SEZ. III1 GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI comprese nel turno non avevano diritto ad alcuna maggiorazione. retributiva, ove fruissero. di altro giorno di riposo compensativo nell'arco di sette giorni; il secondo indirizzo seguiva, .invece, l'opposto principio per il quale il lavoro domenicale, pur in. presenza della previsione contrattuale di un riposo compensativo in altro giorno della settimana, deve ritenersi caratterizzato da maggiore penosit� .ed implica pertanto una pi� elevata temurieraoone a :noima dell'art. 36 della Costituzione. �Ii contrasto � stato composto� da11e Sezioni Unite, con la sentenza 10 novembre 1982, n. 59.23, fri senso sostanzialmente conforme a quest'ultimo orientamento, sulla base delle seguenti considerazioni: .:-Bench� l'art. 36,. comma terzo, della Costituzione non contenga alcuna prec:lsazione circa il giorno che deve ritenersi destinato al ripo~o settimanale, � tuttavia possibile ricavare da varie norme (art. 3 L. n. 370 del 1934, non riguardante specificamente il personale dipendente da imprese esera�nti pubblici trasporti; art. 2109, 1� comma, cod. civ. ; art. 8, 2� corro:na, L. n. 138 d.d 1988; art. 2, n. 5, P. H della carta sociale europea 16 ottobre 1961 ratificat~ in Italia c0n la legge n. 929 del 3 luglio 1965) �un principio d'ordine generale presente nell'ordinamento positivo� secondo il quale �il giorno del riposo settimanale deve� eoincidere di regola con la domenica�, essendo questo il giorno� in cui, nell'ambito della comunit� dove illavoratore vive, � organizzata in forme varie l'utilizzazione del tempo libero e nel quale pertanto il lavoratore stess� pu� maggiormente dedicarsi alle tipiche forme di vita familiare ed ai relativi doveri, nella normale concomitanza, �tra raltro, del ripos� settimanale del coniuge che a sua volta svolga attivit� lavorativa �. -Posto, dunque, che il riposo settimanale non ha soltanto lo scopo di consentire il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore, ma serve anche a rendere possibille un'adeguata partecipazione del medesimo a quelle forme di vita familiare, sociale e di relazione che per consuetudine si svolgono di domenica, non pu� disconoscersi che il lavoro espletato in tale giorno, per apprezzabi'li esigenze dell'attivit� economica di determinate imprese (come quelle che gestiscono servizi di pubblico trasporto), sia� caratterizzato da una maggiore penosit� a causa della rinunzia alla vita familiare� e sociale, del che si � detto, per cui tale maggior costo personale, e cio� tale diversa. � qualit� � della prestazione rispetto all'attivit� svolta nel normale periodo settimanale ,impone in ogni caso un adeguamento della retribuzione�, a norma dell'art. 36 -comma 1� della Costituzione, �che per l'appunto rapporta la retribuzione anche alla qualit� del lavoro,. da intendersi non soltanto sotto il profilo dell'intrinseco suo pregio oggettivo, x;na altTes� con riguardo al maggior costo personale che esso comporta per il lavoratore �, E tale � maggiorazione economica �, destinata a compensare � il lavoro svolto nel giorno destinato al riposo settimanale � (anche quando sia previsto il � riposo compensativo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 496 nell'arco cli sette giorni�), pu� essere determinato dal giudioe con riferimento al � supplemento di paga � stabilito dalla contrattazione collettiva per il lavoro festivo o, in mancanza, �al compenso proprio del lavoro straordinario � (nella misura prevista dalle stesse fonti collettive o, in difetto, nella misura legale minima). -Peraltro, � quando si tratti cli lavorazioni programmate secondo turni tali che per determinati lavoratori il giorno di riposo settimanale venga, pur nell'ambito cli sette giorni, ad essere spostato rispetto alla domenica, il giudioe deve specificamente accertare, attraverso l'esame della disciplina collettiva applicabile, se detto spostamento -e perci� il sacrificio della domenica, ancorch� con il riposo compensativo -trovi nella determinazione dell'ammontare complessivo della retribuzione prevista a favore di tali lavoratori una propria conglobata specifica forma di remunerazione, il che potrebbe desumersi dalla circostanza stessa che siffatti turni siano stati contrattualmente concordati e che la retribuzione per i dipendenti ad essi assoggettati presenti conotazioni differenziate rispetto a quella degli altri lavoratori, per cui in tal caso ovviamente non spettano ulteriori maggiorazioni�. 3) Tali concetti sono stati ripresi e ribaditi in tutte le successive pronunzie cli questa Corte nella materia in esame (cfr. Cass. nn. 119/91; 2175/90; 1264/90; 4575/89; 3110/89; 1085/89; 560/89; 54%/88; 5416/88; 5326/88; 4232/88; 8535/87; 8477/87; 8417/87; 5110/87; 7860/86; 6165/86; 5119/86; 3579/86; 3617/85; 3142/85; 3104/85; 5667/84; 3491/83 e numerose altre decisioni conformi), sicch� possono ritenersi ormai consolidati i principi affermati con la menzionata sentenza delle Sezioni Unite: il che, peraltro, non impedisce di cogliere, nella loro concreta applicazione alle singole fattispecie sottoposte al giudizio della Corte, perduranti aspetti di incertezza, che riguardano soprattutto il problema della individuazione cli connotati �differenziati� -nel trattamento globale pattizio dei lavoratori che, per effetto dei turni, prestano la loro opera nelle giornate di domenica -rispetto a quello degli altri dipendenti che fruiscono regolarmente del riposo domenicale, nonch� il connesso problema della riferibilit� causale di tale miglior trattamento alla particolare penosit� della prestazione eseguita la domenica. La mancanza cli una linea uniforme, nella giurisprudenza della Corte, su tali questioni � pi� apparente che reale, dipendendo il pi� delle volte la diversit� delle decisioni -in casi simili o analoghi -da rilievi che attengono alla correttezza logico-giuridica della motivazione delle sentenze impugnate o al rispetto, da parte del giudice del merito, delle regole legali di ermeneutica nella interpretazione della disciplina pattizia dei rapporti di lavoro dedotti in giud�zio. Non mancano, tuttavia, in PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI alcune pronunzie profili sostanziali di contrasto, pur nella dichiarata generale. adesione ai principi innanzi ricordati. Si �, in particolare, osservato che, pur essendo astrattamente configurabtle l'inosservanza, (anche) da parte della contrattazione collettiva, dei precetti di cui all'art. 36 Cost., l'accertamento a tal riguardo deve essere �estremamente rigoroso,.pr9prio in considerazione del contemperamento di interessi fra le parti contrapposte che tale contrattazione rappresenta e .della necessit� cli non rompere gli equilibri economici cui essa � pervenuta�, sicch� �non .� sufficiente ..... la constatazione che il contratto collettivo non prevede una speciale indennit� per il lavoro prestato <li domenica dal personale viaggiante � (alle dipendenze di imprese esercenti pubblici trasporti) � per ritenere automaticamente dovuta una maggiorazione della retribuzione, compensativa cli tale sacrificio. Proprio perch� per il personale viaggiante la prestazione del lavoro domenicale � un fatto del tutto consueto e normale e si svolge secondo turni contrattualmente program~ti, deve scrupolosamente accertarsi se il lavoro domenicale trovi nell'ammontare .complessivo delia retribuzione oppure . . . . . nella riduzione del normale orario di lavoro e nella concessione di un numero di riposi settimanali superiore al minimo legale una propria, ancorch� conglobata, specifica fonna di remunerazione � (Cass. 19. 5. 1983 n. 3491 e 3. 10. 1988 n. 5326, pronunciate nella stessa causa; cfr. anche, in ordine alla rilevanza dei �riposi aggiuntivi� e di altri vantaggi di natura economica o norma,tiva, ai fini che qui interessano, Cass. nn. 5667/84, 5119/86, 5110/87, 1085/89, 4575/89). In linea con le decisioni ora menzionate � una recentissima pronunzia della Sezione Lavoro, nella quale si afferma che l'indagine circa la presenza, nella � retribuzione globale di fatto � e nel � trattamento generale del rapporto �, di un �corrispettivo del maggior disagio derivante dalla prestazione lavorativa in giorno di domenioa �,non pu� essere limitata all'accertamento della previsione, nella disciplina collettiva, di � una maggiorazione economica ad hoc per ogni giorno di lavoro domenicale�, ma deve . tener conto del � complesso del trattamento differenziale concesso ai lavoratori impegnati in turni anche domenicali e ravvisabile -anche se per implicito -nel godimento di un numero di riposi annuali o nella spettanza di erogazioni economiche superiori derivanti da maggiorazioni connesse ai turni di lavoro ovvero al totale della retribuzione pure concessa al lavoratore �. E pertanto, ai fini del giudizio circa la sussistenza, nella disciplina contrattuale del rapporto, di una forma di remunerazione �della penosit� domenicale�, �deve essere privilegiato, pur ove non ricorra una espressa indennit� in tal senso, l'unitario complesso dei benefici usufruiti dal lavoratore, mentre invece deve essere escluso che tale penosit� venga compensata soltanto quando il differenziato trattamento sia espressamente rapportato ad una previsione di onerosit� dei turni lavorativi nel loro normale alternarsi e, quindi, ad una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 498 diversa tipicit� di prestazione senza alcun collegamento, sia pure implicito, con l'attivit� svolta di domenica� (Cass. 9.1.1991 n. 119; cfr. anche le sentenze ivi menzionate). Ad opposti criteri appaiono informate altre sentenze della stessa Sezione Lavoro, nelle quali, indipendentemente dagli accertamenti di fatto che caratterizzano le singole fattispecie decise, assume rilevanza di principio l'affermazione secondo cui le � agevolazioni sui tempi di lavoro� (come la fruizione �di nove giorni in pi� di riposo per ogni anno� ed altri vantaggi �nell'organizzazione dei turni-�) �non appaiono tradursi m una specifica maggiorazione economica per il lavoro Jomenicale, vale a dire in un concreto supplemento di paga � (Cass. 15.9.1987, n. 7256; cfr. anche Cass. n. 1264/90). A maggior chiarimento di tale opinione si aggiunge (nella citata sentenza n. 7256/87) che il giudice del merito deve �acquisire la certez2la che per ogni giorno di lavoro domenicale, senza distinzione �, sia garantita al lavoratore � una maggiorazione economica ad hoc e che l'accertamento � circa la possibilit� che il compenso per il lavoro domenicale sia conglobato nella retribuzione complessiva comporta in ogni caso l'esame della struttura della retribuzione stessa e l'individuazione -contabilmente apprezzabile -di tale compenso �. 4) Le Sezioni Unite, cui il ricorso � stato assegnato ai fini della composizione del cennato profilo di contrasto, ritengono di dover prestare adesione, pur con alcune necessarie puntualizzazioni, all'orientamento segnato dalle sentenze nn. 3491/83 e 119/91. Premesso che non sussistono ragioni per rimettere in discussione i principi dettati, in materia di remunerazione del lavoro domenicale, dalla menzionata pronuncia n. 5923 del 1982, occorre innanzi tutto richiamare l'esatta osservazione, contenuta nella sentenza n. 3491/83 (ed in quelle successive che ne hanno seguito la linea argomentativa), secondo cui l'affermazione della contrariet� ai precetti dell'art. 36 Cost. del trattamento economico -normativo dei lavoratori, concordato in sede collettiva, richiede estrema cautela, per un duplice ordine di ragioni: a) perch� funzione �essenziale e tipica delle organizzazioni Sindacali dei lavoratori � quella di tutelare, nei confronti della controparte datrice di lavoro, gli interessi degli associati, curando in particolare che la remunerazione delle varie categorie di lavoratori sia stabilita avendo riguardo (anche) alle modalit� e caratteristiche delle prestazioni loro richieste e risulti, in definitiva, conforme ai criteri inderogabili dettati dalla suddetta norma costituzionale; b) perch� ogni intervento del giudice sull'assetto dei contrapposti interessi realizzato in sede collettiva rischia di incidere sull'autonomia negoziale delle parti contraenti e di � rompere gli equilibri �economici cui (la contrattazione collettiva) � pervenuta� (cos� Cass. n. 3491/83 cit.). PARTE I, SEZ. '.III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Ti;�i rilievi sono ancor pi� pertinenti se riferiti allo speciale rap� porto di lavoro degli autoferrotramvieri, la cui. disciplina giuridica de� manda totalmente �alle � co01petenti . associazioni . sindacali� il compito di determinare~ sia pur nel rispetto (iei principi generali fissati dalla legge, � gli. stipendi,. Je paghe, le competenze accessorie ed ogni altra . indellll}t� fi,ssa Q. telllpor~ea di ql!alsiasi natura . .spettanti .al personale� (art. 1 cpv. R.D. 8 gennaio 1931 n. 148). Si deve, pertanto, presumere che, ove .. r,i:suJ:tino ~tt.ite ---.. a livello nazionale, locale. o aziendale conQ: i;iioni di favore ris~rvate ai soli lavoratori che, per effetto dei turni di gecy~zio, presta,no.. laJoro opera nelle giornate di dotl1enica, .i vantaggi (di qualsl:asi natura) loro attribuiti siano causalmente collegati, per volont� quanto. meno implicita. delle parti contraenti, alla gravosit� del lavoro domenicale, che differenzia sotto il profilo qualitativo tale prestazione rispetto . a quella ordinariamente svolta negli altri giorni della settimana (c()ll .la giornata di riposo coincidente con la domenica) e conse~entemente .~u.s:tifica la previsione, in sede .. di. contrattazione col� lettiva, di un trattamento globale parimenti �differenziato�, in considera, ziope .. cl.el particolare sacrificio l(Jro richiesto. A. diyersa conclusione pu� giungersi nel caso in cui il giudice, in esito 1ad un'approfondita roialisi della disciplina contrattuale nel suo complesso, escluda l'esistenza di �connotazioni. differenziate � nel trat� tamento dei suddetti lavoratori oppure accerti, sulla base di elementi concreti .e specifici, che le parti contraenti abbiano inteso riferire il pi� faviorevole trattamento degli stessi lavoratori a cause diverse dalla effettuazione dei turni programmati e dall'espletamento del lavoro domenicale (che � conse~enza diretta e necessaria dei turni stessi, ..:omprensivi della domenica). � questo il criterio� di fondo enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 5923/82,. il cui iter argomentativo non giustifica affatto l'af� formazione, contenuta nella successiva pronuncia della Sezione Lavoro n. 7256/87, secondo la quale le anzidette �connotazioni differenziate� dovrebbero necessariamente consistere in un � supplemento di paga�, ossia in un �compenso �contabilmente apprezzabile� (e quindi monetiz� zato), mentre sarebbero irrilevanti, al fine di ritenere contrattualrrfente compensato � il disagio insito nel lavoro domenicale �; vantaggi� di diver� sa natura, costituiti da mere � agevolazioni sui tempi di lavoro, che non appaiono tradursi in una specifica maggiorazione economica � Al contrario, nella .pronuncia delle Sezioni Unite (e nella prevalente giurisprudenza successiva) si � opportunamente precisato che l'esistenza di una forma 1� conglobata � di remunerazione del lavoro domenicale pu� desumersi dalla circostanza che. anche i turni di servizio (e quindi il numero e la cadenza delle prestazioni domenicali) sono, al pari del 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trattamento �differenziato�, �contrattualmente concordati� in sede collettiva, cos� sottolineandosi il nesso normalmente esistente tra la previsione dell'obbligo, per determinate categorie di lavoratori, di prestare a turno la loro opera anche nelle giornate di domenica e la pattuizione di un trattamento pi� vantaggioso, nel suo complesso, rispetto a quello degli altri dipendenti che ad un tale sacrificio non sono soggetti. L'interpretazione �restrittiva�, innanzi riferita, dell'indirizzo delle Sezioni Unite non � condivisibile, perch� limita arbitrariamente la portata dei criteri enunciati in sede di composizione del precedente contrasto di giurisprudenza, senza tener conto del fatto che, nelle articolate previsioni della contrattazione collettiva, il corrispettivo del disagio o della penosit� derivante da particolari modalit� di svolgimento della prestazione lavorativa non sempre � costituito da una indennit� specifica e diretta, ma � sovente rappresentato da vantaggi nel trattamento normativo, non meno rilevanti sul piano concreto, specie quando si traducano -come nell'ipotesi di concessione di un maggior numero di riposi annuali retribuiti -anche in un beneficio economicamente apprezzabile, non potendosi negare consistenza patrimoniale ad una pattuizione in forza della quale le giornate o i tempi di lavoro risultano ridotti, senza una corrispondente riduzione della retribuzione. Non avrebbe senso, del resto, l'accertamento circa l'esistenza, neHa contrattazione collettiva, di un compenso per il lavoro domenicale �conglobato � (cio� ricompreso nel trattamento complessivo dei lavoratori di una determinata categoria, pur se non riferito esplicitamente alla suddetta pres.tazione) e tale da conferire � connotazioni differenziate � al trattamento stesso, se poi si afferma l'irrilevanza di qualsiasi vantaggio o beneficio (come la concessione di un maggior numero di riposi annuali) che non consis.ta in una � specifica maggiorazione economica � ad hoc, � contabilmente apprezzabile�, da ci� derivando l'inaccettabile conclusione che sarebbe -sempre ed automaticamente -dovuto un compenso ulteriore per il lavoro in questione, anche quando sia possibile acquisire, attraverso l'esame della disciplina collettiva e l'interpretazione della volont� delle parti contraenti, la ragionevole certezza che, sotto altra idonea forma, sia stato considerato e compensato il sacrificio delle prestazioni domeni� cali. Non � superfluo aggiungere che l'opinione -qui non condivisa -della Sezione Lavoro (espressa nella sentenza n. 7256/87) contrasta anche con l'orientamento della Corte Costituzionale, che ha dichiarato � non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 della legge 27 maggio 1949 n. 260, modificato dall'art. 1 della legge 31 marzo 1954 n. 90, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost ...... �, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 501 in base al rilievo che, secondo � un indirizzo giurisprudenziale ormai costante, anche della Cassazione, ..... i lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto, per il lavoro prestato nella domenica compresa nel turno, hanno diritto ad una maggiorazione del salario �, a norma dell'art. 36 Cost., che valga a compensare la �maggiore penosit�.� (e quindi la �diversa qualit��) di tale lavoro rispetto a qu�llo svolto nei giorni feriali� (cfr. sentenza n. 16 del 22 gennaio 1987); ma anche la Corte Costituzioriale, recependo integralmente e meglio precisando il cennato �ndirizzo, non ha mancato di avvertire che � si dovr�, in ogni caso, anche considerare se, rispetto ai lavoratori di categorie che riposano normalmente la domenica, un �compenso proprio sia gi� compreso in quello ordinario e normale spettante al lavoratore o in altri eventuali benefici, quali, per esempio, i riposi ulteriori, le riduzioni di orario ecc.,. accordate alla categoria proprio in considerazione della specialit� del lavoro svolto che esige turni laV10tativi comprensivi anche della domenica �. . I..a Corte ha cos� espressamente riconosciuto la rilevanza, ingiustificatamente negata da Cass. n. 7256/87, degli �altri benefici� (ed in particolare della fruizione di un maggior numero di riposi annuali) in alternativa alla previsione contrattuale di un � compenso proprio �, specificamente riferito alla prestazione domenicale �imposta dal turno di servizio. Per identiche ragioni (come si evince dal richiamo alla precedente pronuncia n. 16 del 1987) la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata anche la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 3 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 370, sollevata in riferimento all'art 3 Cost. (cfr. ordin n. 97 del 26 gennaio 1988), sicch� pu� ritenersi definitivamente acquisito, anche nella giurisprudenza costituzionale, il principio secondo cui il diritto del lavoratore � turnista � ad essere compensato per la particolare penosit� del lavoro svolto nelle giornate di domenica pu� essere soddisfatto non solo mediante l'eroga� zione di un � supplemento di paga � specificamente riferito a tale prestazione e determinato nel suo ammontare, ma anche -indirettamente con l'attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, che valgano a � differenziare � il loro complessivo trattamento economico- normativo rispetto a quello dei lavoratori che usufruiscono del riposo domenicale. Ne consegue che, ove sia positivamente accertata l'esistenza, nella disciplina collettiva del rapporto, delle anzidette � connotazioni differenziate �, il solo problema che il giudice deve risolvere consiste nello stabilire se esse siano, o non, sinallagmaticamente collegabili alle prestazioni domenicali imposte dai turni programmati e concordati. L'apprezzamento a tal riguardo -ovviamente riservato al giudice del merito, avendo ad oggetto l'interpretazione della disciplina contrattua RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le -� sindacabile in sede di legittimit� nei limiti del controllo della correttezza logico-giuridica della motivazione e dell'esatta applicazione delle regole legali di ermeneutica. Non � tuttavia superfiluo avvertire che siffatta indagine va compiuta in base a criteri di normalit� causale e di ragionevolezza, senza indulgere ad un eccessivo rigorismo, sicch� per escludere il riferimento al lavoro domenicale dei benefici -economici o normativi -accordati soltanto ai lavoratori soggetti a detta prestazione, non � sufficiente rilevare la mancanza, neHa normativa contrattuale, di una previsione esplicita a tal riguardo oppure ipotizzare in termini astratti altre eventuali cause giustificative del trattamento � differenziato �, e tanto meno collegare genericamente al disagio del � turno � i vantaggi �differenziati� (senza considerare che l'obbligo del lavoro domenicale -come gi� si � detto -� inscindibilmente connesso alla programmazione dei turni di servizio), ma occorr�e individuare concretamente una ragione diversa e specifica della particolare attribuzione. E soltanto in quest'ultimo caso pu� essere riconosciuto il diritto del lavoratore ad una � maggiorazione economica � per le prestazioni svolte di domenica, da liquidarsi in base ai parametri indicati (a titolo esplicativo) nella menzionata sentenza n. 5923/82. 5) Per quanto attiene alla controversia in esame si osserva che l'impugnata sentenza si � puntualmente uniformata ai principi di diritto innanzi enunciati, che le Sezioni Unite intendono ribadire e confermare, ed � inoltre sorretta da adeguata e logica motivazione, riassuntivamente riferita nella parte narrativa che precede, sia in ordine alla previsione contrattuale di un maggior numero di �riposi annuali in favore dei soli lavoratori soggetti a turni di lavoro domenicale (circostanza non contestata nel ricorso) nonch� di una speciale indennit�, esplicitamente riferita alle prestazioni svolte di domenica, a partire dal 1� giugno 1981, sia anche in ordine al collegamento causale dei suddetti benefici a tali prestazioni (e non �al mero effetto della turnazione�), avendo i giudici del merito, con insindacabile apprezzamento, ravvisato nella fruizione di un cospicuo numero di riposi �aggiuntivi� (e, successivamente, nell'attribuzione di una indennit� pecuniaria) l'elemento di differenziazione del trattamento dei lavoratori � turnisti � rispetto a quello del � collega di pari qualifica che presta servizio in sei giorni lavorativi con riposo domenicale�, da ci� traendo l'ineccepibile conclusione che le prestazioni domenicali del ricorrente gi� trovano adeguato compenso (conglobato nel suo trattamento complessivo) nella disciplina collettiva del rapporto e che non sussisteva, di conseguenza, il diritto ad una ulteriore maggiorazione di paga. L'impugnata sentenza si sottrae, pertanto, alle infondate censure del ricorrente (omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 503 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I; 28 ottobre 1991, n.11459 -Pres. Vela Est. Olla '""�� P. M. Fedeli (conf.). Perrucchetti c. Ministero del tesoro (Avv. dello Stato De Figueiredo). Valuta � :Infrazioni valutarie ��Decreti�ministeriali .emessi �anteriormente all'entrata in vigore.deLDJ>;R. 454/87 ~Impugnativa giurisdizionale -Competenza funzionale del Pretore � Esclusione. (d.P.R< 29:. settembre 1987, n. 454,, art. 32 terzo comma; R.D, 14 aprile 1910, n. 639, art. 3). La nuova disciplina introdotta dall'art. 31 sesto comma del D.P.R., 454/87, con competenza in primo grado del Pretore in materia di infrazioni val�tarie, non si applic0: alle ipotesi in cui, alla data di entrata in> vigore del citato JJ.P.R., il procedimento amministrativo sanzionatorio fosse gi� concluso con un decreto del Ministero del tesoro. Noii ha rilievo che il decreto ministeriale fosse, a tale data, gi� notificato, � iii. quanto �z�atto amministrativo � in s� perfetto indipendentemente dalla sua ricezione; Secondo la ricorrente, il decreto del Ministro del Tesoro del 21 settembre 1987 non costituisce un atto amministrativo perfetto, posto che non era stato notificato e la notifica rappresenta un suo requisito essen� La �competenza in materia di infrazioni valutarie pregresse ritorna al Tribunale. Impl'.ovviso e radicale � revirement � della Suprema Corte per quanto riguarda la competenza del Tribunale (o, meglio, del giudice civile competente per valore) in ordine alle infrazioni valutarie sanzionate con decreto ministeriale emesso pl:-ini� del 5 dicembre 1987. Com'� noto, in tale data era entrato in vigore il D.P.R. 29 settembre 1987, n. 454, poi seguito dal D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, il quale, riformando in senso 1iberalizzatore l'intero settore valutario, aveva (all'art. 23) modificato il decreto ministeriale conclusivo della procedura sanzionatoria da atto aromi� nistrativo sanzionatorio, per la cui esecuzione era necessario far ricorso ad nna suc�essiva ingiUJ:lZione emessa ai sensi dell'art. 7 del R.D.L. 5 dicembre 1938, n. 1928, a decreto di ingiunzione secondo l� �normativa delle infrazioni amministrative depenalizzate previste dal� legge 24 novembre 1981, Ii. 689. In tale occasione era stata anche introdotta (�ll'art. 31) una nuova disciplina del procedimento amministrativo san~ionatorio, e, soprattutto, la competenza f:ttnzion�le del Pret<>re � giudicare delle eventuali opposizioni in via giudiziale, con particolari poteri e caratteristiche che Vai�llo d�ll� possibilit� per l'Amrnillistrazione resistente di stare in giudizio � an:che senza patrocinio dell'Avvocatura, all'onere probatorio incombente su di essa, anzich� sull'opponente, . dalle comunicazioni e notificazfond eseguite d'ufficio presso gli Uf� fici dell'Amministrazione del tesoro alla riduzione dei gradi di giudizio da tre a due, giacch� contro la decisione del Pretore � previsto come nnico mezzo di impugnazione il ricorso per Cassazione nei modi e nelle forme ordinarie. Era pure prevista la norma transitoria (costituita dall'art. 32) secondo cui la nuova disciplina si sarebbe applicata � alle violazioni di norme valutarie, che comportano l'applicazione di sanzioni amministrative accertate prima ..di RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.0 STATO 504 ziale, non fosse altro in quanto si tratta d'un atto recettizio; di conseguenza, non pu� produrre alcun effetto giuridico, ivi compreso quello relativo alla perpetuazione della precedente disciplina normativa. Ne deriva che deve trovare applicazione la regolamentazione introdotta dalla nuova legge e, perci�, che l'opposizione era assoggettata al regime processuale delineato dalla L. n. 689 del 1981: da qui la competenza del Pretore di Milano adito. L'Amministrazione del Tesoro ha depositato memoria scritta, resistendo al ricorso. Il pubblico Ministero presso questa Corte, ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso. Il ricorso � infondato. L'art. 32 D.P.R. 29 settembre 1987, n. 454, nel dettare il regime intertemporale relativo alle Disposizioni valutarie introdotte con quel testo legislativo, prescrive, nel terzo comma, che le norme delegate di cui al Titolo quarto che qui interessano (si tratta delle norme relative all'accertamento delle violazioni ed alla applicazione delle sanzioni) � si applicano alle violazioni di norme valutarie che comportano l'applicazione di tale data, semprech� il relativo procedimento non risulti alla data medesima concluso con provvedimento divenuto definitivo >>. Tale formulazione sembrava non lasciare adito a dubbi nel senso che ri� manevano di competenza del Tribunale tutte le opposizioni a decreti mini steriali emanati prima del 5 dicembre 1987; ed era avvalorata dall'art. 31 set timo comma del citato D.P.R. 474/87 secondo cui �resta ferma la competenza... delle Intendenze di finanza all'esecuzione dei decreti del Ministro del tesoro re lativi a violazioni di norme valutarie, secondo la procedura prescritta dal testo unico 14 aprile 1910, n. 639 �. In altre parole l'aggettivo � definitivo � che si legge nel testo dell'art. 43 sembrava chiaramente riferirsi alla categoria amministrativa dei provvedi menti emanati dall'organo di vertice della singola Amministrazione, ancorch� si trattasse di provvedimenti per i quali era ancora aperta la possibilit� del l'impugnativa giurisdizionale (1). Viceversa nelle prime occasioni in cui la Suprema Corte ebbe ad occuparsi della delicata questione, essa ritenne dii interpretare tale aggettivo come rife rito alle pronuncie giurisdizionali non pi� impugnabili (ovvero passate in giu dicato); sicch�, in definitiva, essa fin� per ritenere applicabile la nuova di sciplina processuale, con la competenza funzionale del Pretore, non solo ai procedimenti sanzionatori tuttora in attesa di emissione del decreto mini steriale, ma anche ai procedimenti tuttora pendenti in opposizione a decreti ministeriali emanati prima del 5 dicembre 1987. In questo senso si espresse dapprima Cass. 3 maggio 1989, n. 2061, secondo cui era sufficiente rilevare che anche la disciplina del sequestro valutario si applicava retroattivamente, e che la facolt� di procedere all'esecuzione con la (1) Nella previgente disciplina del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, com'� noto, non esisteva un termine di decadenza per l'impugnazione in via giurisdizionale dei decreti ministeriali di condanna; v. PBRRUCCI, Il diritto valutario, Zanichelli, pag. 190. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 505 sanzioni amministrative accertate prima� del 5 dicembre 1987 �sempre che il relativo procedimento non risulti, alla data medesima, concluso con provvedimento divenuto definitivo�, Dunque, esclude l'applicazione della nuova disciplina allorch�, al 5 dicembre 1987, fosse stato pronunciato il decreto del Ministro del Tesoro ingiungente il pagamento della sanzione pecuniaria pur se non ancora notificato all'autore della violazione. In altri termini, la norma, nel porre come limite di sbarramento la circostanza obbiettiva della conclusione del procedimento con provvedimento definitivo, esclude l'applicabilit� della nuova disciplina ai procedimenti che abbiano esaurito il loro iter amministrativo, ossia non siano pi� suscettibili di ulteriori attivit� in sede amministrativa. A tanto conduce, innanzittutto, l'espressa specificazione che il provvedimento finale deve essere definitivo, termine, questo, che rinvia immediatamente ai provvedimenti amministrativi rispetto ai quali si sia esaurita ogni possibilit� giustiziale nel settore. Indi, la ratio della norma, manifestamente tesa ad evitare che l'entrata in vgiore della nuova disciplina sulla materia relativa al Titoto quarto, previgente disciplina del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 non contraddiceva con la nuova natura giuridica del provvedimento ministeriale, dovendosi, a suo avviso, distinguere le modalit� di esecuzione dei decreti dalla disciplina processuale delle opposizioni ad essi. Tale orientamento fu poi confermato da Cass. 25 ottobre 1989, n. 4391, alla quale finirono per adeguarsi quasi tutti i giudici di merito. In particolare il Pretore di Milano che sino allora aveva declinato la propria competenza a giudicare delle opposizioni a decreti emanati prima del 5 dicembre 1987 (2), mut� radicalmente indirizzo affermando la propria competenza e decidendo le vertenze nel merito (3). Dal canto suo il Tribunale di Milano si adegu� rapidamente all'orientamento della Suprema Corte, ed in ripetute occasioni arriv� alla conclusione che vertenze gi� pendenti avanti al Tribunale, in opposizione a decreti ministeriali emanati prima del 5 dicembre 1987, dovessero essere �devolute� alla competenza del Pretore, senza peraltro affrontare e risolvere il problema delle modalit� di tale auspicata devoluzione, dal momento che quasi mai l'impugnativa originaria avanti al Tribunale era stata proposta entro il termine decadenziale di trenta giorni oggi previsto dalla nuova disciplina processuale (4). Solo in un caso specifico, con sentenza 9 maggio 1991, n. 3498, il Tribunale di Milano afferm� la propria permanente competenza a giudicare delle oppo sizioni a decreti del Ministro del tesoro emanati prima del 5 dicembre 1987, acutamente osservando che giammai la � definitivit�� prevista dall'art. 32 ter zo comma del D.P.R. 454/87 pu� intendersi come definitivit� dn senso giuri sdizionale, giacch� non avrebbe senso escludere l'applicabilit� dello jus su perveniens alle controversie gi� def.inite con sentenza passata in giudicato; e (2) Cos� Pret. Milano, 9 gennaio 1989, n. 162 e 31 marzo 1989, n. 1054. (3) Cos� Pret. Milano, 2 maggio 1991, n. 1764. (4) Cos� Trib. Milano, 20 giugno 1991, n. 4949 e 4969, nonch� numerose altre. 506 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO comporti l'inefficacia dei procedimenti gi� esauriti in sede amministrativa e determini la necessit� di iniziare ex novo la procedura di accertamento delle infrazioni e di applicazione delle sanzioni. Del resto, in questa medesima prospettiva, lo stesso art. 32 dispone che anche ove dovesse applicarsi la nuova disciplina, � non si applicano i termini perentori di cui agli articoli 28, 30 e 31 �; ossia che non trovano applicazione le norme che fissano termini per la contestazione delle violazioni, per adempimenti degli organi amministrativi e per la pronuncia di ingiunzione al pagamento della sanzione pecuniaria, e che ricollegano alla corrispondente omissione !'�estinzione dell'obbligazione al pagamento delle som:me dovute per l'infrazione valutaria. Per vero, siffatto precetto ribadisce la volont� legislativa tesa ad evitare che il nuovo regime possa rendere vana l'attivit� precedentemente svolta, e quindi, anche la volont� di escluderne l'applicabilit� quando il procedimento si sia esaurito. Vale a dire che ai fini dell'inapplicabilit� della nuova disciplina la norma prende in considerazione soltanto l'avvenuto esaurimento della procedura amministrativa e prescinde totalmente dalla esternazione del suo provvedimento finale. Pertanto, a tal fine � del tutto irrilevante accertare se il decreto del Ministro del Tesoro conclusivo dello stesso procedimento abbia natura recettizia e se, perci�, ai fini della perfezione dell'atto nei confronti del I l'autore della violazione valutaria, occorra anche la sua notifica: infatti, I che, pertanto, l'unico significato possibile, oltre che ragionevole, � quello di intendere applicabile la nuova disciplina processuale (con relativa competenza del Pretore) ai soli procedimenti amministrativi ancora in corso alla data del 5 dicembre 1987, restando per tutti gli altri dn vigore la competenza del giudice gi� investito dell'opposizione secondo la previgente disciplina processuale (5). Del resto, gi� in precedenza, con ordinanza 16 gennaio 1991, lo stesso rela tore di quella sentenza, nella sua diversa veste di Pretore, aveva sollevato conflitto di competenza che risulta tuttora all'esame della Suprema Corte. In questa situazione di grave incertezza, non si pu� che apprezzare il nuovo intervento della Corte Regolatrice, la quale, per la verit� senza accennare alle precedenti pronuncie della stessa sezione, finalmente conferma la perdurante competenza del Tribunale per le vertenze in opposizione a decreti ministeriali di condanna emanati prima del 5 dicembre 1987. La chiarezza e la linearit� della relativa motivazione, non solo fa giustizia delle precedenti diverse pronunzie, confermando il significato dell'aggettivo � definitivo� usato dall'art. 23 del D.P.R. 457/87 come riferito al provvedimento amministrativo in s�, ma soggiunge, molto opportunamente che a nulla rileva la data di notificazione del medesimo (se precedente o anteriore al 5 dicembre 1987), essendo tale provvedimento in s� perfetto al momento stesso della (5) Cos� Trib. Milano, 9 maggio 1991, n. 3498. PARm I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE,� GIURISDIZIONE E APPALTI 507 a tal fine, il precetto posit�vo considera sufficiente la semplice pronuncia del provvedimento. Di conseguenza, rispetto al caso di specie, una volta che alla data del 5 dicembre 1987, era stato gi� pronunciato il decreto del Ministero del Tesoro conclusivo del procedimento amministrativo relativo alfa infrazione valutaria ascritta alla Pet:rucchetti, non potevano trovare applicazione le nuove regole; processuali concernenti l'impugnazione in sede giurisdizionale �dello stesso d'.�ereto, ma. rimaneva�.in vigoce la� precedente disciplina sul tema, dettata, come s'� detto, dall'art 3 R..D. 14 aprile 1910, n. 639: sulla sua base, come non � contestato, devono trovare applicazione le reg()le sulla competenza per territorio .e per valore dettate dal co4ice di rit<;> civile, a.Ila cui stregua: la competenza a conoscere dell'opposizione . proposta dalla Perrucchetti appartiene al Tribunale di Milano, come ha. correttaniente statuito la sentenza impugnata. Il ricorso, pertanto, qeve essere respinto. emanazione, e non rilevando, se non ai fini della efficacia, la sua successiva notificazione. In. tal modo � stata autorevolmente dettata una. disciplina transitoria anche per i decr~ti niiniste:dali di condanna cosiddetlti � a cavallo � del suddetto termi'. ne del 5 dicembre 1987; nel senso che, anche quelli notificati dopo ta:le data, ma emanati prima di essa, facendo parte della previgente discipliria, vanno considerati come decreti non di ingiunzione, e vanno impugnati �eventualmente avanti il giudice competente per valore.. UBALDO PERRUCCI CORTE DI CASSAZIO.NE, Sez. III civ., 5 novembre 1991, n. 11756 -Pres. Tropea -Rel. Vittoria -P. M. Lanni (concl. conf.) Ministero dell'Interno (avv. Stato Palmieri) c. Zannelli Anna Maria (avv. Bucchi). Locazione � � Immobili urbani adibiti ad attivit� ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche nonch� a sedi di partiti o sindacati e condotti in locazione dallo Stato -Diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza. Ai contratti contemplati dall'art. 42, 1� comma, della legge n. 392/78, si applica l'intero istituto della rinnovazione tacita come strutturato dall'art. 28 e ulteriormente regolato, per quanto attiene alla rinnovazione alla prima scadenza, dall'art. 29, in virt� del richiamo, contenuto nel. 2o1 comma del medesimo art. 42, al preavviso di rilascio di cui all'art. 28 (1)'. (1) La giurisprudenza di merito ha risolto la questione decisa dalla Suprema Corte in modo non univoco. Infatti, una parte di essa (in verit� prevalente) ritiene, in base ad una interpretazione testuale, Che l'art. 42, 1� comma, cit., limitandosi a richia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 508 1. -Il ricorrente impugna la sentenza del tribunale di Roma denunziando un vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 28, 29, 42, legge 27 \uglio 1978, n. 392 in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Il ricorrente sostiene che il richiamo al � preavviso per il rilascio di cui all'art. 28, richiamo contenuto nell'art. 42 della L. 27 luglio 1978, n. 392, deve intendersi nel senso di un'applicabilit�, ai contratti considerati dallo stesso articolo 42, dell'intera disciplina della rinnovazione recata dagli artt. 28 e 29 della legge �. Il motivo � fondato. 2. -L'art. 42 della legge 27 luglio 1978, n. 392 contempla al primo comma � i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad attivit� ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonch� a sedi di partiti e sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualit� di conduttori �. Tali contratti -dispone l'art. 42 comma primo -� hanno la durata di cui al primo comma dell'art. 27 �. A tali contratti -dispone l'art. 42 comma secondo -� si applicano le disposizioni degli artt. 32 e 41, nonch� le disposizioni processuali .di cui al titolo I, capo III, ed il preacciso per il rilascio di cui all'art. 28 �. L'art. 28 della legge -cos� indirettamente richiamato quale sede di una disposizione circa il preavviso per il rilascio -non contiene per� alcun cenno ad un atto cos� qualificato. L'art. 28, al primo comma, usa il termine disdetta per indicare l'atto, da comunicare non oltre una certa data anteriore alla scadenza, mare il preavviso di ril�scio previsto dal primo comma dell'art. 28 e non con� tenendo alcun riferimento diretto all'art. 29, abbia voluto semplicemente condizionare l'evento o l'effetto giuridico del diniego di rinnovazione all'invio, nei termini previsti dal primo comma dell'art. 28, del preavviso di rilascio. In tal senso si era orientato anche il Tribunale di Roma con sentenza 14 aprile 1986, n. 5540, intervenuta fra le stesse parti in secondo grado e cassata dalla sentenza in epigrafe; nonch� Trib. Napoli, 24 luglio 1990, Giur. merito, 1991, 4; pret. Udine, 3 febbraio 1990, Rep. F.I., 1990, voce Locazione, n. 227; Pret. Palermo, 12 dicembre 1988, ivi, 1989, n. 218; Pret. Firenze, 17 maggio 1988, ibidem, n. 219; id., 1� febbraio 1988, ivi, 1988, 178; Pret. Ozieri, 18 giugno 1987, ibidem, n. 179; Pret. Bari, 8 novembre 1985, in Foro lt., 1986, I, 270, con nota di richiami. In senso contrario, ritenendo il richiamo contenuto nell'art. 42, secondo com� ma, cit. diretto all'intera disciplina costituita dagli artt. 28 e 29 cit.: Pret. Roma, 8 novembre 1984, Rep. F.l., 1985, voce Locazione. n. 314, intervenuta in primo grado sul caso esaminato dalla Cassazione; Trib. Milano, 7 set tembre 1987, ivi, 1988, n. 177; Pret. Gallarate 28 aprile 1987, in Foro lt., 1988, I, 289 con nota di richiami. La dottrina � quasi unanimamente orientata nel senso che ai rapporti locativi di cui all'art. 42 cit. si applichi solo il primo comma dell'art. 28: v. F. LAZ� ZARO -R. PREDEN, Le locazioni per uso non abitativo, Giuffr�, Milano, 1988, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 509 mediante il quale ciascuna delle parti pu� far si che la rinnovazione non abbia luogo. L'art. 28, al secondo comma, attraverso il generico termine di modalit�, richiama la comunicazione, non altrimenti qualificata dal successivo art. 29, mediante la quale il locatore, alla prima scadenza contrattuale, pu� esercitare la facolt� di diniego di rinnovazione, dichiarando la propria volont� di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilit� dell'immobile, per una delle ragioni esplicitate dallo stesso art. 29 e sinteticamente preannunziate dall'art. 28 con il termine motivi. La mancanza nell'art. 28 d'un atto qualificato come preavviso per il rilascio genera incertezza nella individuazione della disposizione contenuta nello stesso articolo, considerata dal legislatore regolare l'anzidetto preavviso e per tale ragione da intendersi richiamata dall'art. 42, comma secondo, e cos� resa applicabile ai contratti contemplati dall'art. 42 comma primo. Una prima considerazione appare per� imporsi. La tecnica normativa adoperata nell'art. 42 � quella di rendere applicabili a contratti, per s� non compresi nell'ambito dell'art. 27 della legge, disposizioni contenute in altri articoli della stessa legge ed operanti per i contratti di cui all'art. 27. L'art. 42, in altri termini, disciplina i contratti in esso contemplati non configurando nuove disposizioni, ma rinviando ad altre che, come tali, gi� regolano i contratti previsti dall'art. 27. Orbene, l'art. 28 contiene due disposizioni: la prima, quella dettata dal comma primo, che regola la rinnovazione tacita ed il rriodo di 5 e 133; Bucc1 -MALPICA -REmvo, Manuale delle locazioni, Cedam, Padova, 1989, 375; salvo P. COSENTINO -P. VITUCCI, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, UTET, Torino, 1986, 421. Brevi considerazioni in tema di diniego di rinnovazione alla prima scadenza del contratto di locazione di immobili stipulato dallo Stato. La sentenza in epigrafe assume notevole importanza perch� rappresenta la prima pronuncia, poi successivamente confermata da Cass., Sez. III, 14 novembre 1991, n. 12167 della Suprema Corte sulla questione -come si � detto, molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza -dell'applicabilit� alle locazioni, previste dall'art. 42, primo comma, cit., della disciplina previst~ dagh artt. 28 e 29 cit., in base ai quali, in mancanza di disdetta giustificata dai motivi tassativamente indicati nell'art. 29, il contratto deve ritenersi tacitamente ri.novato per un ulteriore sessennio. Negli scritti difensivi ed in discussione orale a supporto della tesi che il rimando al preavviso di rilascio di cui all'art. 28 effettuato dal secondo comma dell'art. 42 debba intendersi riferito all'intera disciplina e, quindi, anche all'art. 29, sono stati addotti tre ordini di ragioni: 1) un argomento di ordine testuale poich� l'art. 42, secondo comma, richiama espressamente il preavviso di rilascio e non solo quindi, il primo comma dell'art. 28; 2) la stessa espressione usata dal legislatore � preavviso di rilascio � che si riferisce ad una manifestazione motivata di intenzione in analogia a quanto 9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 510 escluderla; la seconda, quella dettata dal comma secondo e sviluppata dall'art. 29, sulla rinnovazione del contratto alla prima scadenza e sui limiti entro i quali il locatore pu� escluderla. L'esito dell'indagine circa il significato dell'espressione � . � � ed il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 � pu� dunque essere solo quello di dire che, per il suo tramite, l'art. 42 comma secondo ha rinviato ad una o all'altra o ad ambedue le indicate disposizioni contenuto nell'art. 28. Ne derivano due conseguenze. All'art. 42, comma secondo, non pu� prestarsi il significato per cui ai contratti contemplati dal primo comma non si applicherebbe la disciplina della rinnovazione tacita, bens� unicamente un obbligo di indicazione della data per cui si intende riottenere la disponibilit� dell'immobile: una tale disposizione, infatti, nell'art. 28 non � rinvenibile. Al termine preavviso per il rilascio impiegato dall'art. 42, comma secondo, proprio perch� posto da questa norma in relazione all'art. 28, � necessario attribuire il pi� generico significato di atto con cui si esercita la facolt� di escludere la rinnovazione tacita del contratto disciplinata dall'art. 28. 3. -L'art. 42, comma secondo, come s'� veduto, contiene non l'espressione � si applicano le disposizioni dell'art. 28 �, ma quella � (si applica) . . . il preavviso di rilascio di cui all'art. 28 �. Ci� sembrerebbe denunziare nel legislatore un intento di non richiamare l'intero dettato dell'art. 28, ma solo una parte d'esso. previsto sia dagli artt. 59 e 73 legge n. 392/78 cit., sia dalla vecchia normativa, art. 4 legge n. 253/50; 3) la estensione ai contratti in questione delle disposizioni processuali contemplate nel capo .III del titolo primo della legge n. 392/78 ed espressamente richiamate' dall'art. 42, terzo comma che rende �compatibile� l'omogeneit� della: disciplina sostanziale nella rinnovazione del contratto (aspetto particolarmente approfondito dalla citata Pret. Roma, 8 novembre 1984, intervenuta nella fattispec;ie in primo grado). Infatti, dall'immediato confronto delle due disposizioni di cui agli artt. 42 e 29 �i(. appare ictu oculi estremamente riduttiva la interpretazione che ritiene il richiamo, contenuto nel secondo comma dell'art. 42, limitato al solo primo comma dell'art. 28. Va ricordato che il legislatore del 1978, al fine di garantire stabilit� al contratto, ha precisato che, alla scadenza del primo sessennio, il locatore pu� impedire la rinnovazione del contratto solo per i motivi di cui all'art. 29 e con il rispetto del termine e del modo perentorio di cui al quarto e quinto comma dello stesso articolo. Dunque, alla prima scadenza contrattuale convenzionale, il locatore pu� denegare il riDQovo solo per i motivi di cui all'art. 29. Esaminando i peculiari contratti previsti nell'art. 42, va detto che essi sono soggetti alla identica disciplina regolante quelli di cui all'art. 27 cit. A parte, infatti, i chiari rimandi agli artt. 27 e 32, nonch� alle disposizioni processuali di cui al tit. I, capo III della legge, resta da stabilire la ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 51 i Muovendo da questa considerazione, potrebbe �pervenirsi alla conclusione che sia stata richiamata la sola disposizione contenuta nel primo comma dell'art. 28. Questo, perch� potrebbe sostenersi che l'art. 28 contenga la disciplina del solo a:tto>di esercizio della facolt� di escludere J:� rirtnovazione che� esso denotnfua disdetta. La� �disciplina dello stesso �tto, quant� <al caso del diniego di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, dovrebbe infatti dirsi contenuta nel terzultimo e penultimo C:otntna dell'�rt. 29. Questa soluzione non pu� per� essere seguita. Ci� per due ragioni. Se questo fosse stato l'intendimento del legislatore, esso avrebbe potuto esser pi� sicuramente conseguito con un richiamo limitato al .mlo primo comma dell'art. 28. Se � pur vero che l'art. 29 espressamente regola forma e tempi dell'atto di diniego della rinnovazione� alla prima.scadenza l'art. 29 tuttavia svolge un argomento che, �ome parte della disciplina della rinnovazione tacita, � gi� compreso nell'art. 28, al secondo comma. 4. -Scartata la soluzione prima ipotizzata, deve pervenirsi alla ..:onclusione che ai contratti contemplati dall'art. 42, comma primo, si applica l'intero istituto della rinnovazione tacita, quale strutturato dall'art. 28 e ulteriormente regolato, per quanto attiene alla rinnovazione alla prima scadenza, dall'art. � 29. Torna per� a porsi l'interrogativo del perch� il legislatore non abbia impiegato la pi� sicura formula. di un richiamo puro e semplice alle disposizioni contenute negli artt. 28 e 29. esatta portata del richiamo al preavviso di cui all'art. 28. L'interpretazione deve basarsi sul disposto degli artt. 12 e ss. disp. sulla legge in gen., coordinata alla regola per la quale le norme vanno interpretate in coerenza con il dettato costituzionale; per cui fra due possibili interpretazioni, va accolta quella �� che non si ponga in contrasto con la costituzione. Nel caso in esame, una eventuale diversit� di disciplina dei contratti di cui all'art. 42 rispetto agli altri dell'art. 27 non pu� giustificarsi se non in relazione a specifiche e peculiari caratteristiche del contratto. Infatti, � senz'altro da escludere, per i contratti previsti dall'art. 42, l'ap. plicabilit� dell'art. 33 (non sembrando ipotizzabile una locazione stagionale per le attivit� previste nell'art. 42); dell'art. 34 (nori essendo ipotizzabile avviamento commerciale); dell'art. 35 (strettamente connesso all'art. 34); dell'art. 36 (perch� si fa espressamente riferimento alla amenda); dell'art 37 (chiaro il riferimento alle persone fisiche). La necessit� della disdetta e, alla prima scadenza contrattuale (come nel caso di specie), l'esercizio della facolt� di diniego della rinnovazione sol tanto per i motivi di cui all'art. 29, con i modi ed i termini ivi previsti, ri guarda perci�, anche l'ipotesi regolata dall'art. 42. Non si comprenderebbe infatti, il significato dell'esplicito richiamo al preav viso di rilascio, senza riconnettervi le conseguenze espressamente previste 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una risposta possibile � che il richiamo avrebbe dovuto esser limitato a quella parte della disciplina dettata dagli artt. 28 e 29, che riguarda i contratti aventi la durata di cui al primo comma dell'art. 27, cio� la stessa durata dei contratti �contemplati dall'art. 42, comma primo. Di qui la formulazione della disposizione richiamante, considerata idonea a rinviare all'intera disciplina sostanziale dell'istituto della rinnovazione tacita, nei limiti della sua applicabilit� a contratti aventi la durata di cui al primo comma dell'art. 27, attraverso l'impiego di un termine non specifico, suscettibile di ricompredere ambedue i casi e relative modalit� di esercizio della facolt� di escludere la rinnovazione. Un'altra possibile risposta � la seguente. Il legislatore pu� essere mosso dalla considerazione che i contratti di locazione aventi una durata minima legale, giunti alla scadenza, non cessano, ma si rinnovano tacitamente se prima della scadenza e nel termine indicato dalla legge non � data disdetta (art. 2 e 28 legge 27 lu� glio 1978, n. 392; art. 1596, comma 2 cod. civ.). L'applicabilit� di tale regime ai contratti contemplati dall'art. 42, comma pnmo, aventi una durata minima legale, non aveva dunque necessit� d'essere esplicitata. Avendo per contro inteso estendere a tali contratti l'applicazione del particolare aspetto del regime della rinnovazione tacita, costituito dal diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, contemplato dallo stesso art. 28 al secondo comma, il legislatore ha ritenuto di poterlo .fare attraverso il richiamo all'atto di esercizio della facolt� di diniego e, non essendo questo in qualche modo definito nell'art. 28 e nell'art. 29, non potendo impiegare il termine disdetta, ha usato quello di preavviso per il rilascio per la connessione esistente tra disci dalla legge in mancanza di esso. Va, inoltre, sottolineato, che la disdetta ha natura non di elemento costitutivo interno, ma di elemento costitutivo esterno alla tacita rinnovazione: di conseguenza, questa � l'ipotesi e l'archetipo normativo dei rapporti di locazione. Proprio . nel rispetto del suddetto archetipo normativo deve ritenersi chiaro il rinvio contenuto nell'art. 42 all'art. 28 nel suo complesso, nella sua interezza, perch� il preavviso .per il rilascio (richiesto dall'art. 42) e di cui all'art. 28 � quello stesso preavviso per il rilascio che, alla scadenza del primo sessennio, � consentito .solo per i motivi di cui all'art. 29 e che, alla scadenza del secondo sessennio ne prescinde. Se il richiamo fosse stato limitato al solo preavviso, senza le modalit� e con le conseguenze dal medesimo art. 28, al secondo comma, previste, il legislatore avrebbe dovuto espressamente circoscrivere il rimando al solo primo comma. Invece, cos� non �. D'altronde l'eventuale estrapolazione del mero preavviso di rilascio dal meccanismo di cui fa parte .comporterebbe una diversit� di disciplina tra i contratti di cui all'art. 27 e quelli di cui all'art. 42; diversit� che non sembra .conciliabile con il richiamato principio costituzionale venendo a costituire una PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 513 plina sostanziale del diniego di rinnovazione e lo strumento processuale appositamente configurato con il successivo art. 30, appunto definito, nella rubrica; ptocedura per ilrilascio. 5'. -Questa soluzione non incontra insormontabili difficolt� nel dato che. l'art. 42, comma secondo, non richiami tra le norme applicabili btrt. 30 n� in quelli che esso ha Per contro fatto seguire al richiamo dell'art�. 31 quello �. delle corrispondenti ijorme processuali. e che il richiamo di queste pr~cede quello dell'art. 28. �� � Circa quest'ultimo punto va osservato �he la procedura per il rilascio, cio� la disciplina processuale del diniego di rinnovazione non � contenuta nelle ciisposizi9ni processuali. di cui al capo III del titqlo I. della legge, che srlimitano a presupporla: . � � . . Ilfatto, dunque, che queste ultime siano richiamate prima dell'art. 28 nulla prova contro l'applicabilit� dell'art. 30 e '4:lle disposizioni sul diniego di rinnovazione da tale secondo articolo presupposte. Quanto agli altri Punti pu� osservarsi che l'ubicazione del richiamo affa:rt. 28, alla Qrie invece. c:he� all'inizio della disposizione, rivela che esso � stato. i:iggiunt� ad una for.mJ.a no11 �destinata originariamente a com prenderlO.... � � .� ...�.... � � � � Se non.che, con riferimento all'art. 28 e al diniego di rinnovazione alla prima scadenza, il peraltro pleonastico . richiamo alte disposizioni processuali gi� formulato non richiedeva d'essere reiterato a proposito dell'art. 30, giacch� la disposizione in esso contenuta presenta inequivocabili richiami all'atto di esercizio della facolt� di diniego della rinnovazione alla prinia scadenza �contrattuale. 6. -La regolamentazione apprestata dall'art. 42 ai contratti in esso contemplati mostra come il legislatore abbia considerato tali contratti ingiustificata e irrazionale situazjone di privilegio per gli esercenti di cui all'art. � 27. Va, poi, considerato che la stessa giurisprudenza che� ritiene non applicabile nella sua interezza il sistema delineato dagli artt. 28 e 29 cit. ai contratti di cui all'art. 42, riconosce che l'art. l, comma nove bis, legge n. 118/85 (rinnova� zione obbligatoria del contratto), riferendosi a tutti i contratti di locazione ad uso non abitativo, ha introdptto nel sistema una notevole anomalia . pro,. prio con riferimento all'art.. 42, comportandone un rafforzamento di tutela non . previsto nella disciplina.� ordinaria ed � costretta, perci�, a ricorrere ad una forzatura interpretativa della � rati� � della norma di cui all'art. 1 legge n. 118/85 cit., ricercandone motivazioni economico,.sociali e finalit� di superamento del regime transitorio decisamente poco convincenti; mentre pi� semplicemente deve ritenersi che il legislatore -an�he con norme successive alla legge n. 392/78 .;._ � abbia sempre� considerato, ai fini della rinnovazione e con le sole differenze supra evidenziate, in relazione alle peculiari caratteristiche del contratto, unitariamente i contratti previsti dall'art. 27 cit. e quelli previsti dall'art. 42 cit. GABRIELLA PALMIERI - --~ ... -... -... ... --... -... -... :.i: ::::::�� :.i: ... ... � 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO suscettibili d'una disciplina diversa da quella propria dei contratti previsti dall'art. 27. La Corte costituzionale ha cos� avuto modo di porre in evidenza come discipline differenziate dei due tipi di contratto siano costituzionalmente legittime (sent. 20 dicembre 1989 n. 562) e come possano esser per contro prive di giustificazione discipline che equiparino per certi aspetti i due differenti tipi contrattuali (sent. 26 luglio 1988 n. 882). L'interpretazione che si � ritenuto di dover seguire quanto alla portata del richiamo contenuto nell'ultima parte dell'art. 42, comma secondo, non contraddice n� al principio di eguaglianza n� a quello di ragionevolezza. I contratti contemplati dall'art. 42 non sono volti ad assicurare la disponibilit� di un mezzo per il soddisfacimento di esigenze di natura economica: ci� spiega la inestensibilit� ad essi di istituti volti a conservare al conduttore utilit� prodotte attraverso l'esercizio di un'attivit� di questo tipo. Tali contratti si riconnettono per� al soddisfacimento di esigenze rilevanti dal punto di vista etico-sociale, economico e politico. Non � dunque ingiustificato che ad essi sia apprestata, sul piano della durata, non solo la protezione rappresentata dalla durata minima legale, ma anche quella costituita dalla disciplina della rinnovazione tacita in tutta la sua estensione. 7. -Il ricorso deve essere in conclusione accolto in base al principio di diritto che l'art. 42, comma secondo, legge 27 luglio 1978 ,n. 392, nella parte che richiama il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 e lo dice applicabile ai contratti contemplati nel primo comma dell'art. 42, assoggetta questi ultimi alla disciplina del diniego di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, dettata dagli artt. 28, comma secondo, e 29 legge 27 luglio 1978, n. 392. 8. -La sentenza impugnata va cassata e le parti vanno rimesse avanti al giudice di rinvio, che si designa in altra sezione del tribunale di Roma. PRETURA DI ROMA, Sez. lavoro, decreto 7 novembre 1991, n. 97890 - Giud. Costanzo -U.I.L. e Sind. Aut. Dipendenti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica (avv. Pellegrini) c. Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica (avv. Stato D'Amato). Lavoro -Sindacati -Condotta antisindacale del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica -Ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 -Improponibilit�. Anche dopo l'entrata in vigore della legge 12 giugno 1990 n. 146 il ricorso per la repressione di condotta antisindacale ex art. 28 legge 20 mag PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 515 gio 1970 n. 300 non pu� essere proposto nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica il quale, come apparato di un organo costituzionale di vertice, non pu� essere assimilato alle ammini. strazioni dello Stato (1). Con ricorso depositato il 18 giugno 1991 e ritualmente notificato presso l'Avvocatura Generale dello Stato in data 11 luglio 1991, le organizzazioni � sindacali in epigral;e indicate chiedevano che venisse ordinata al Segretario g�nerale della Presidenza della Repubblica la cessazione del comportam�I'J.tQ ritenuto illegittimo in quanto antisindac�lle, trattando direttament� con le ste.sse. A sostegno di tale richiesta; le parti ricorrenti assumevano che: Se deve negarsi nel nostro ordinamento un obbligo del datore di lavoro di �trattare con i sindacati�, tuttavia il rifiuto di iniziare le � trattative � con qualsiasi � controparte � sind.acale potrebbe, se sistematico, concretare un attentato � alL'attiv.it� sindai;:ale, tale da essere valutato ai fini dell'art. 28 legge n. 300 del 1970; (1) Non constano precedenti. Per alcune prime applicazioni dell'art. 28 alle a.mriiinistrazioni dello Stato, nel testo novellato dall'art. 6 legge 12 giugno 1990 n. 146, si veda Pret. Roma 11 novembre 1991, Giud. Gallo, e Pret. Massa 22 ottobre 1991 in Foro it. 1992, I, 238 nonch� T A.R. Toscana 21 ottobre 1991 n. 565 e 12 marzo 1991 n. 94 con nota di ALBENZIO, La repressione della condotta antisindacale nel pubblico impiego fra vecchio e nuovo rito, ivi, 1992, III, 33. A Titolo di commento si ritiene opportuno pubblicare il testo della memoria difensiva redatta dall'avv. Giorgio D'Amato. Improponibilit� del ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970 n. 300 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della� Repubblica. Con ricorso notificato in data 11 luglio 1991 le organizzazioni sindacali in epigrafe specificate chiedendo che venga ordinata al Segretario generale della Presidenza della Repubblica la cessazione di un preteso~ comportamento illegittimo trattando direttamente con le � organizzazioni sindacali medesime. A sostegno di tale richiesta le 00.SS. ricorrenti assumono in linea di principio che: -se deve negarsi nel nostro ordinamento un obbligo del datore di lavoro di � trattare con i sindacati �, tuttavia il rifiuto di iniziare le � trattative � con qualsiasi � controparte � sindacale potrebbe, se sistematico, concretare un attentato all'attivit� sindacale, tale da essere valutato ai finf del~ D~D~~ . -in particolare sarebbe antisind�cale � l'esclusione pregiudiziale di un sindacato dalle trattative �, dovendo il datore di lavoro valutare le istanze di tutte le � controparti � e rifiutare solo quelle ritenute inaccoglibili. Da tali premesse le ricorrenti traggono la conclusione che sarebbe antisindacale il comportamento del Segretario generale della Presidenza della Re� pubblica il quale: 516 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -in particolare, sarebbe antisindacale �l'esclusione pregiudiziale di un sindacato dalle trattative �, dovendo il datore di lavoro valutare le istanze di tutte le � controparti � e rifiutare solo quelle ritenute inaccoglibili; da siffatte premesse si deduceva che il comportamento del Segretario generale della Presidenza della Repubblica era da ritenersi antisindacale in quanto quest'ultimo: -avrebbe sistematicamente rifiutato non solo qualsiasi trattativa, ma addirittura l'instaurazione di relazioni sindacali con le loro organizzazioni, dotate tutte del carattere di maggiore rappresentativit�, in contrasto con le indicazioni di principio di cui all'art. 16 D.P. n. 266/1987; -avrebbe tentato di � trasferire le trattative al Governo �, in palese contrasto con la normativa di cui alla legge n. 1077 del 1948, istitutiva del Segretariato Generale. L'Avvocatura dello Stato nel costituirsi, illustrava oralmente il contenuto della propria memoria difensiva, concludendo per l'inammissibilit� in rito e per l'infondatezza nel merito, del ricorso basato su erronei presupposti di fatto. -avrebbe � sistematicamente rifiutato non solo qualsiasi trattativa, ma addirittura l'instaurazione di relazioni sindacali con una organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa'" in contrasto con le indicazioni di principio di cui all'art. 16 d.P.R. 266/1987; -avrebbe tentato di � trasferire le trat,tative al Governo >>, in palese contrasto con la normativa di cui alla legge 1077 del 1948, istitutiva del Segretariato Generale. Il ricorso, inammissibile in rito ed infondato in diritto, poggia su erronei presupposti di fatto. I) Va contestata, anzitutto, la proponibilit� del rimedio dell'art. 28 legge 300/1970 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. .�: � Com'� noto, anche dopo l'emanazione della legge quadro sul pubblico impiego (legge 93/1983) � rimasta esclusa l'esperibilit� di tale procedimento nei confronti delle amministrazioni dello Stato (v. art. 23� in riferimento all'art. 1 della legge citata). Solo la legge li giugno 1990, n. 146 (art. 6) ha previsto la possibilit� di un'azione ex art. 28 legge 300/1970 contro comportamenti posti in essere da � un'amministrazione statale�. L'area soggettiva definita da tale norma �, peraltro, quella gi� considerata nell'art. 1 della ripetuta legge-quadro 93/1983 (�amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo�), alla quale sono estranei, come ritengono le stesse ricorrenti, gli ordinamenti degli Organi Costituzionali di vertice ed in particolare, per quel che qui interessa, il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Ci� in ragione delle peculiarit� proprie del datore di lavoro, riconducibili al regime di autonomia normativa e di autarchia degli organi supremi dello Stato che qualifica le inerenti relazioni sindacali in termini diversi rispetto a quelli interessanti gli apparati della � pubblica amministrazione � (quale considerata nel titolo III sez. II della Carta Costituzionale) per le inevitabili implicazioni nella sfera delle attribuzioni proprie degli stessi or� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 5� 7 Orbene, va anzitutto esaminata, per evidenti ragioni di priorit� logicogiuridica, l'ec�ezfone sollevata dalla difesa resistente, secondo cui il rimedio previsto dall'art. 28 legge n. 300/70 non sarebbe proponibile nei confronti deLSegretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Invero, anche in seguito all'emanazione della legge quadro sul pubblico impiego (legge <n, 93/1983) � rimasta esclusa l'.esper�bilit� di tale procedimento nei confronti �delle Amministrazioni dello Stato {art. 23 fu. riferimento all'art;>l della legge citata; cfr. Cass. Sez. Un. 26 luglio 1984 nn. 43991 4390, 4387t 4386, in Notiz, guri. lav. 19841 356 ss.). Soltanto in epoca recente la legge 12 giugno 1990 n. 146 (art. 6) ha previsto l'esperibilit� delrazfone� e~ .art; 28; contro comportamenti posti in essere da � un'amministrazione �statale�.�� L'area di incidenza soggettiva delimitata da tale norma, non si discoi; ita, peraltro;>da quella gi� considerata nell'art. 1 della richiamata legge-quadro n. 93/1983 (�amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo�); alla .qual.e rimangono estranei gli orclinamenti degli gani sovrani (nella specie viene direttamente in questione l'esercizio della funzione presidenziale di normazione). Nessun profilo di illegittimit� discende, come � ovvio, dall'accennata improponibilit� dell'azione in questione, incompatibile per il suo carattere penetrante � con le garanzie che assistono gli organi costituzionali, in quanto rimarrebbe comunque salva la �possibilit� della tutela giurisdizionale, nelle forme procedimen.tali ordinarie, di ipotetici diritti dei sindacati, (cfr. Corte Cost; 68/1980). II) Per una corretta impostazione dei problemi appaiono necessarie alcune premesse di quadro, inerenti alla fonte disciplinatrice del rapporto di impiego nonch� ai diritti ed all'attivit� del sindacato nell'ambito del Segretariato Generale della Presidenza della: Repubblica. Ai sensi dell'art. 4 della: legge 1077 del 1948 lo stato giuridico ed economico e gli organici del personale addetto alla Presidenza della Repubblica sono � stabiliti� con decreto del Presidente della Repubblica. Trattasi di� un'autonomia normativa posta a presidio dell'indipendenza costituzionale della carica presidenziale rispetto agli altri poteri dello Stato. Il citato art. 4, che sancisce l'esclusiva potest� del Capo dello Stato nell'organizzazione e nella disciplina della struttura di supporto alle sue funzioni, ha carattere meramente ricognitivo di una competenza che (per evidenti esigenze di indipendenza e di garanzia) deriva, per implicito, direttamente �dalla Costituzione; il che giustifica la stessa possibilit� di una disci� plina presidenziale autonoma e divergente rispetto alla disciplina legislativa comune del pubblico impiego (cfr. Corte Cost. 129/1981). Ne discende che il potere normativo del Presidente non pu� essere condizionato ai risultati di una � trattativa � sindacale se non, eventualmente, per quei limitati aspetti che il Presidente medesimo preventivamente decida (anche mediante rinvio a norme dell'ordinamento generale) di disciplinare in siffatto modo. Ed � al riguardo da rilevare che l'esclusione di ogni automatica possibilit� di riferimento alla disciplina generale del pubblico impiego ed in par 518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Organi Costituzionali cli vertice ed in particolare, per quel che qui inte� ressa, il Segretariato Generale della Presidenza della� Repubblica. Come � stato ampiamente evidenziato dalla migliore dottrina, che non ha esitato a definire l'Ufficio del Segretariato generale �soggetto di autarchia � ovvero �organo dell'organo Capo dello Stato�, tale disciplina � determinata dalle peculiarit� tipiche cli. siffatti �datori di lavoro�, sicuramente riconducibili al regime cli autonomia normativa e . di autarchia, tipica degli organi supremi dello Stato; le relazioni sindacali inerenti a tali rapporti si qualificano, pertanto, in termini diversi rispetto a quelli interessanti gli apparati della �pubblica amministrazione� (quale considerata nel titolo III, sez. II della Carta Costituzionale) per le inevitabili implicazioni che determinano nella sfera delle attribuzioni proprie degli stessi organi sovrani. Nella specie, viene direttamente tutelato l'esercizio della funzione presidenziale �di normazione, come acutamente rilevato dall'Avvocatura dello Stato. Al riguardo, una corretta impostazione dell'indagine ermeneutica impone alcune necessarie premesse concernenti la fonte di:sciplinatrice del rapporto cli impiego nell'ambito del Segretariato Generale della Presi ticolare alla disciplina dalla legge quadro 93/1983 -esclusione sostenuta dalle stesse ricorrenti -significa negazione della sussistenza di spazi di � contrattazione � giuridicamente garantiti nel rapporto di lavoro dei dipendenti del Segretariato Generale, cio� negare che sinanco le materie di cui all'art. 3 della citata legge 93/1983 possano formare oggetto di negoziazione, in difetto di un'apposita normativa presidenziale in tal senso. Del tutto impropriamente, al riguardo, le ricorrenti assumono che il rapporto di lavoro dei dipendenti del Segretariato Generale sarebbe � regolamentato da un contratto�. (V. infra sub III). In coerenza con quanto accennato, premesso che nella specie non � mi� nimamente in questione la libert� sindacale (la cui esplicazione � testimoniata dalla stessa vivace attivit� ex adverso documentata), va sottolineato che le posizioni soggettive del sindacato che si vorrebbero in questa sede tutelare non attengono a � diritti � del sindacato medesimo, che trovino come tali concreto fondamento in specifiche norme applicabili al Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Con l'iniziativa giudiziale assunta le ricorrenti fanno invece valere, nella sostanza, istanze politiche; il che rende anche per tale verso inammissibile l'iniziativa medesima. Come riconoscono le stesse ricorrenti, non � configurabile nell'ordinan;iento generale un diritto alla trattativa collegato al requisito della maggiore rappresentativit� (che l'art. 19 legge 300/1970 utilizza sul diverso terreno della tutela strumentale dell'attivit� sindacale nei luoghi di lavoro); n� esiste un divieto di discriminazione tra sindacati rappresentativi ex art. 19 legge 300/1970 in quanto attraverso di questa non venga oggettivamente ostacolata o limitata l'attivit� sindacale (Cassaz. 4270/1978; 3635/1981). Solo nel contesto istituzionalizzato del pubblico impiego si riconosce alle 00.SS. maggiormente rappresentative la partecipazione al � procedimento negoziale � (v. rispettivamente, per la negoziazione degli accordi di comparto, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 519 denza della Repubblica .. Invero, ai sensi dell'art. 4, legge n. 1077 d�l 1948, lo stato �giuridico ed economico. e gli. organici del . personale addetto alla Presidenza della Repubblica sono � stabiliti� con decreto del Presidente della .Repubblica. Trattasi .di un'autonomia normativa posta a presidio. dell'indipendenza costituzionale della carica presidenziale rispetto. agli altri .poteri dello Stato. Il citato art. 4, che sancisce l'esclusiva potest� del Capo dello Stato nelforgallizi;azione.. e nella dls�iplina della struttura dj .supporto . alle sue funzioni, ha casattere meramente ricognitivo di una competenza che (per evicl.enti esigenze di indipendenza e di garanzia) deriva,. per implicito, direttamente dalla Costituzione; il che giustifica la stessa possibilit� di una ciisciplina presidenziale autonoma e divergente rispetto alla disciplina legislativa �omu;ne del publ:>lico impiego (cfr. in termini, Corte Cost. 24 giugno 1981. n. 129). Al riguardo, ha precisato la Corte: ��.. � . . .� .�....� .. � .�.� �.�;.�. �. a) che � assolutamente indiscusso che il Presidente della Repubblica abbisogna di un proprio apparato che consenta un efficiente eser degli accordi intercompartb:nentali e di quelli decentrati, artt. 6 comma quarto, 12 comma terzo e 14 comma secondo legge 93/1983). Le stesse ricorrenti. peraltro, come. pi� volte sottolineato, non ritengono direttamente applicabile al Segretariato Generale 111-disciplina della legge 93/1983, n� questa � stata richiamata in atti di normazione presidenziale. Ne consegue che, con riferimento all'ordinamento del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, come non .� .configurabile uno spazio di contrattazione normativamente riconosciuto nella disciplina del rapporto di lavoro, cos�, e per necessit� logica (difettandone il presupposto), non � con� figurabile alcun diritto dL un'organizzazione sindacale alla trattativa. In definitiva, ove pure il rimedio dell'art. 28 legge 300/1970 fosse stato in linea di principio esperibile nei confronti del Segretariato Generale .della Presidenza della Repubblica, il. che recisamente si contesta, esso, in ogni caso, sarebbe stato attivato fuor di. luogo. Del tutto inconsistente in. linea di fatto � la denunzia delle ricorrenti. Prima di passare all'esame del comportamento in concreto tenuto dal Segretariato Generale, esigenze di completezza e di chiarezza b:npongono di lumeggiare l'effettiva portata della �prassi� (certamente non vincolante), cui apoditticamente, inconferentemente ed b:nproduttivamente si richiamano le ricorrenti. Va tenuta presente al riguardo la differenza tra la generica �pressione politica � esercitabile dai destinatari della normazione -che pu� dar luogo anche ad una consultazione informale dei medesi.mi -e la vera e propria � contrattazione collettiva �. La �pressione politica �, priva di giuridica rilevanza, pu� tendere alla modificazione della normativa ordinamentale con fonti di pari forza e valore inerente a qualsiasi aspetto di questa; il titolare del potere normativo conserva peraltro giuridicamente integre le sue facolt� decisionali, che nessun negoziato e nessuna consultazione pu� per definizione limitare o circoscrivere. 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cizio delle funzioni presidenziali e garantisca in tal modo la indipendenza del Presidente rispetto ad altri poteri dello Stato; il Segretariato Generale (della Presidenza della Repubblica) non pu� essere riduttivamente configurato quale apparato burogratico, di regime giuridico eguale a quello di ogni altro apparato dell'Amministrazione dello Stato, in quanto addetto allo svolgimento di compiti serventi rispetto alla � funzione presidenziale � costituzionalmente garantita e non gi� rispetto ad una � funzione amministrativa genericamente assunta�; b) che la spiccata autonomia di cui dispone la Presidenza della Repubblica si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che ad essa compete fa produzione di apposite norme giuridiche, disciplinanti l'assetto ed il furizionamento dell'apparato servente e comprende, altres�, il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurare l'osservanza; e) che il regolamento interno inerente al personale, d'emanazione del Presidente della Repubblica in forza dell'attribuzione dettata dalla legge n. 1077/1948, deve considerarsi � sorretto da un implicito fondamento La � contrattazione �, invece, tende alla formazione di accordi sindacali I I fil su materie circoscritte �e predeterminate i cui contenuti sono recepiti mediante fonti normative tendenzialmente vincolate al r�.sultato della trattativa medesima, che acquista dunque una portata giuridica (nel senso di vincolo per la fonte che deve recepirli, nei limiti della non incompatibilit� con la normativa sugli aspetti non negoziabili). Orbene, l'ordinamento del Segretariato generale della Presidenza della Re� pubblica � imputabile� per intero a decisioni presidenziali aventi tutte pari valore e forza; in� esso non � dato sceverare le autonome e unilaterali impostazioni del potere normativo presidenziale da quelle. che in linea di mero fatto derivano dall'accoglimento di istanze del personal!f mediate o meno IIdalle rappresentanze sindacali. La prassi ex adverso genericamente richiamata attiene dunque a forme di libera consultazione delle rappresentanze sindacali tratte ad acquisire informazioni ed indicazioni destinate ad essere autonomamente ed unilateralmente valutate dal Segretario generale nella sua funzione pr�positiva di atti normativi al Presidente, senza che da un lato (in difetto di qualsiasi previsione nor� mativa) sussista alcun vincolo alla consultazione e dall'altro possa nascere dalla consultazione medesima alcun vincolo ed alcun condizionamento alla modifica della disciplina vigente. . Ci� deve essere ben chiaro ai fini di.. 'cogliere l'esatta natura delle attuali istanze e per escludere in radice un qualsiasi obbligo del Segretariato Generale cui faccia riscontro un diritto di alcuna organizzazione sindacale azionabile in questa sede. Del tutto inesattamente, come gi� accennato, le ricorrenti parlano di rapporto di lavoro disciplinato da un � contratto � di cadenza periodica. Chia ra conferma dell'impropriet� di tale prospettazione si trae dal c.d. � protocollo d'intesa � 30 maggio 1985 (n. 2 delle produzioni avversarie). dalle premesse del quale risulta incontestabilmente che l'allora Presidente Pertini aveva sem PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 521 costituzionale, in vista del quale la legge n. 1077 del 1948 assume sul punto -come � stato chiarito gi� nel corso dei lavori preparatori di essa -un carattere ricognitivo piuttosto che attributivo �. Dal che .consegue che il potere normativo del Capo dello Stato, riguardato sotto. altro profilo, non pu� essere condizionato ai risultati di .una � trattativa � sindacale se non, eventualmente, per quegli aspetti che il Presidente ��della '.Repubblica in via autonoma, preventivamente decida (anche mediante rinvio a norme dell'ordinamento generale) di disciplinare in siffatto modo. . � Nel contesto istituzionalizzato del pubblico impiego, invece, si riconosce alle QO,SS.�.maggiormente rappresentative la �partecipazione al �procedimento negoziale� (v. rispettivamente, per la negoziazione degli accordi di comparto, degli accordi intercompartimentali e di quelli d�icentrati, artt. 6, comma quarto, 12, comma terzo e 14, comma secondo, legge n. 93/1983), anche se gli esiti della contrattazione non sono immediatamente operativi, dovendo essere assunti in un autonomo atto plicemente accolto una �petizione � sottoscritta dal personale del -Segreta~ riato inerente anche ad aspetti giuridici (sicuramente non .negoziabili) della disciplina di questo. Impropriamente, pertanto, dopo l'accoglimento unilaterale di tale petizione si � ritenuto di elencare sotto l'incongrua intestazione di �trattativa sindacale per il contratto 1985/1%7 -schema di protocollo d'intesa� (con sigla delle rappresentanze sindacali oltre che del Vice Segretario generale amministrativo) gli oggetti delle concessioni presidenziali .. t::. chiaro infatti che tale documento rappresenta non. gi� la formalizzazione di una trattativa sindacale vincolante (che come tale avrebbe dovuto precedere le ipotetiche determinazioni presidenziali di recepimento dei relativi ristiltati), ma un promemoria meramente conseguenziale ad una precedente determinazione unilaterale del Presidente. � Va escluso in ogni caso, ai fini che qui interessano, che sussista alcuna disposizione normativa che stabilisca una procedimentalizzazione dell'esercizio del potere normativo del Presidente diversa da quella considerata nella legge 1077/1948 e che in particolare preveda la contrattazione con le 00.SS. come strumento di determinazione dei contenuti dei regolamenti presidenziali. IV), t::. .incomprensibile la denunzia che vorrebbe imputare al Segretariato Generale un preteso rifiuto di relazioni con i sindacati. Al contrario, il Segretariato Generale ha da tempo costituito un'apposita delegazione per tali relazioni, dotata della pi� ampia competenza per un confronto su tutti i problemi che le 00.SS. ritengano di porre. Fuori di luogo � assumere, al riguardo, che il Segretario Generale abbia trasferito le trattative al Governo, n� possono le 00.SS. interferire sulla composizione che, nella propria libert� di scelta e nell'assenza d� qualsivoglia vincolo giuridico, il Segretariato Generale ha dato alla propria delegazione in caricata di� condurre le relazioni sindacali. In una rigorosa e responsabile impostazione istituzionale si � ritenuto infatti che ogni istanza sindacale dovesse valutarsi in un quadro complessivo di compatibilit�, che tenesse conto sia dell'aspetto finanziario; in ragione delle 522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del potere esecutivo (cfr. Corte Cost. 8 maggio 1980 n. 68, in Mass. giur. lav. 1980, 699 ss.). Da siffatto contesto normativo risulta, quindi, in modo indubbio, che l'art. 6 della legge 12 giugno 1990 n. 146 -dal quale esclusivamente trae fondamento la possibilit� di un'azione ex art. 28 1. 300/1970 contro comportamenti posti in essere da �un'amministrazione statale� non pu� riguardare il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica; l'area soggettiva dell'Amministrazione, considerata nel citato art. 6, risulta essere quella gi� definita nell'art. 1 della legge-quadro n. 93/1983 sul pubblico impiego �amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo�), alla quale sono estranei gli apparati degli Organi Costituzionali di vertice definiti dai rispettivi autonomi ordinamenti ed, in particolare, il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, formalmente istituito con legge ma totalmente definito e strutturato da normativa presidenziale, quale apparato servente della stessa funzione presidenziale costituzionalmente garantita, di cui � preordinato a salvaguardare l'efficacia e l'autonomia. Con riferimento, poi, all'ordinamento del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, come non � configurabile uno spazio di risorse effettive e ragionevolmente preventivabili secondo la politica generale della spesa pubblica, sia degli orientamenti evolutivi del settore del pubblico impiego. A far parte della delegazione del Segretariato Generale sono stati pertanto chiamati anche esponenti ai massimi livelli dell'Amministrazione del Tesoro e della Funzione Pubblica (che, al pari degli altri componenti, riferiscono direttamente ed esclusivamente al Segretario Generale) per assicurare la possibilit� di una trasparente e responsabile verifica delle condizioni in cui l'autonomia normativa presidenziale potrebbe concretamente esplicarsi. A tale incensurabile scelta, che garantisce il supporto di specifiche competenze tecniche, � sottesa la consapevolezza della particolarit� che le relazioni sindacali presentano per la Presidenza della Repubblica, sia in ragione del carattere monocratico dell'organo costituzionale cui compete la relativa potest� normativa (e cui conseguentemente si dirige l'accennata pressione politica), sia per la circostanza che le spese del Segretariato Generale debbano contenersi nello stanziamento annualmente fissato dal Parlamento, del quale costituisce interlocutore diretto il Governo ed in particolare il Ministro del Tesoro, nelle previsioni di uscita del cui dicastero � iscritto il relativo capitolo di spesa. � dunque del tutto evidente come in realt� si vogliano confondere problemi di metodo con il merito delle � rivendicazioni �. � la rigorosa impostazione data ai problemi dal Segretariato Generale anche nella prospettata esigenza di una riconsiderazione del proprio ordinamento mirata ad una maggiore rispondenza di questo alle finalit� specifiche di una struttura di supporto delle attribuzioni presidenziali -che ha determinato l'abbandono del tavolo di confronto da parte delle organizzazioni ricorrenti ed il malcontento che ha portato all'attuale iniziativa ex art. 28 legge 300/1970; ma in tale impostazione non � per definizione ravvisabile un comportamento illegittimo e lesivo di alcun diritto del sindacato, rientrando essa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 523 contrattazione normativamente riconosciuto nella disciplina del rapporto di lavoro, cos�, e per necessit� logica (difettandone il presupposto), non � configurabile alcun diritto di una qualsiasi organizzazione sindacale alla trattativa. Una eventuale compromissione delle libert� sindacali nell'ambito del Segretariato Generale potr�, quindi, essere denunziata fuori del quadro del richiamato art. 28 novellato ed attraverso i procedimenti giudiziari ordinari, senza che ci� implichi alcun profilo d'illegittimit� ordinamentale (cfr., sul punto, Corte Cost. n. 68/ 1980), in quanto non esiste, come gi� evidenziato, alcuna disposizione normativa che configuri il sindacato come agente contrattuale nell'ambito del Segretariato Generale ovvero stabilisca una procedimentalizzazione dell'esercizio del potere normativo del Presidente della Repubblica, diversa da quella considerata nella legge 1077/1948 e che, in particolare, preveda la contrattazione con le 00.SS. come strumento di determinazione dei contenuti dei regolamenti presidenziali e, tanto meno, sul piano specifico del confronto per l'aggiornamento della disciplina economico-normativa del rapporto di lavoro. Lo schema di azione giudiziale proposta non trova, quindi, rispondenza nell'ordinamento attuale in ragione della natura del soggetto convenuto, e ne consegue che la domanda proposta deve essere dichiarata improponibile. Per completezza di motivazione e con riferimento ai rilievi avanzati dalla difesa ricorrente nelle note autorizzate, va rilevato che � pur nella normale dialettica conflittuale che caratterizza il sistema dei rapporti sindacali. � appena il caso di sottolineare, al riguardo, seguendo la nota distinzione che la giurisprudenza della Suprema Corte ha mutuato dalla dottrina, che il Segretariato Generale, lungi dal porre in essere fatti mirati a � reprimere � il conflitto con il sindacato, si � mosso e si muove invece � nel conflitto ,,, accettandone il metodo e le conseguenze (Cassaz. 7 gennaio 1990, n. 207). Del tutto gratuita, oltre che inconferente, � la denunzia di discriminazione delle 00.SS. ricorrenti rispetto ad altre. Il Segretariato Generale non pu� certo rispondere di affermazioni e comunicati provenienti da altre 00.SS., n� � stato minimamente provato ex adverso un comportamento del Segretariato medesimo effettivamente discriminatorio. Il disappunto delle ricorrenti nasce, come accennato, dal rigore istituzionale con il quale nell'attuale gestione si � inteso affrontare il problema delle relazioni sindacali e che riguarda, com'� ovvio, l'intero arco delle organizzazioni presenti nell'ambito del Segretariato Generale senza riguardi, preferenze e privilegi per alcuna di esse. Al di l� del rilievo che, per pacifico e consolidato insegnamento giurisprudenziale, l'ordinamento sindacale � informato non ai principii della collaborazione ma a quelli della dialettica conflittuale (Cassaz. 5328/1987) e che non risulta per definizione configurabile una condotta antisindacale con riferimento ad ipotesi di comportamento dell'organizzazione datoriale mera 524 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vero che spetta, comunque, all'interprete il compito di garantire la coe renza del sistema; nella specie, le complesse e delicate problematiche di ordine istituzionale e processuale, determinate dalle richiamate decisioni della Corte Costituzionale, possono essere risolte mutuando dalle statuizioni delle Sezioni Unite (cfr. sentenze cit.) quanto era stato affer mato, allorch� l'applicabilit� all'impiego statale della speciale procedura ex art. 28 rimaneva preclusa; invero, nell'ipotesi in cui il comportamento antisindacale dell'amministrazione statale avesse leso direttamente ed esclusivamente diritti propri del sindacato, la tutela giurisdizionale era demandata nel previgente assetto, attualmente modificato dagli artt. 6 e 7, legge 12 giugno 1990 n. 146, all'autorit� giudiziaria ordinaria secondo le norme del rito civile ordinario, essendo il giudice civile nel riparto della giurisdizione, competente a conoscere sia dei diritti civili che politici (art. 2 legge n. 2248/1865, All. E). Come � stato esplicitamente affermato dal S.C., con riferimento all'individuazione di siffatto rimedio giurisdizionale (Cfr. Cass., Sez. Un., 20 luglio 1989 nn. 3404 e 3405, in Mass. giur. lav. 1989, 655 ss. nonch�, Cass. Sez. Un. 26 luglio 1984 nn. 4399, 4390, 4387, 4386, cit.) � da escludersi, nella specie, mutatis mutandis, una violazione degli artt. 3 e 24 Cost. sotto il profilo della diversa intensit� ed incisivit� degli strumenti e difesa dei diritti sindacali, rispettivamente nel processo davanti al giudice ordinario ed a quello davanti al pretore del lavoro, atteso che nell'uno e nell'altro procedimento sono assicurate le fondamentali garanzie delle parti e che mente om1ss1vo, ancorch� un tale comportamento possa risultare di fatto pregiudizievole alla libert� ed attivit� sindacale (Cassaz. 4063/1989), deve ribadirsi che nella specie nessuna violazione di uno specifico � obbligo � di con� trnuto positivo � stata realizzata dal Segretariato Generale, il cui comporta� mP-nto non � stato comunque per alcun verso pregiudizievole per la libert� e l'attivit� delle ricorrenti come delle altre organizzazioni sindacali presenti nel suo ambito. Sono state le ricorrenti ad abbandonare unilateralmente il tavolo di confronto aperto a tutte le organizzazioni sindacali, nel quale esse hanno potuto esprimere liberamente le loro valutazioni. Il Segretariato Generale, pertanto, non pu� che ribadire la sua disponibilit� ad affrontare con la propria gi� formata del<>gazione ogni questione che le 00.SS. riterranno di porre a detto tavolo e che la stessa UIL Pres. Rep. si riservava di portare nella ripetuta sede nel suo documento 22 marzo 1991 (v. allegato al n. 59 delle produzioni avversarie). � infine appena il caso di aggiungere, in relazione a specifico rilievo avv.!rsario, che il Consiglio di Amministrazione si � riunito circa un mese fa ed ha esaurito ogni questione all'ordine del giorno; n� sussistono, allo stato, questioni in sospeso di competenza di tale organo. Si conclude perch� il ricorso in epigrafe sia dichiarato improponibile o inammissibile, o comunque sia respinto perch� infondato. GIORGIO D'AMATO ~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 525 le � indicate differenze si ricollegano all'obbiettiva diversit� delle situa� zioni. L'assoluta novit� nonch� la delicatezza e complessit� delle questioni proposte, costituiscono giusto motivo per disporre la compensazione totale delle spese processuali fra le parti. P.Q.M. Dichlara improponibile l'azione proposta .dalle parti ricorrenti nei .confronti del Segretariato Generale deUa Prei:;idenza. della Repubblica. CORTE DI CASSAZIONE� Sezione Terza Civile, 3 dicembre 1991, n. 12960. Pres. Bile; Rel. Vizza; P. M. Lanni (parz. diff.) � Esposito (avv. Gava) c. Ministero della Difesa (Avv. Stato G. Arena). Responsabilit� civile � Pubblica Amministrazione � Comportamento del di� pendente � Riferibilit� � alla� p.A. Il .. rapporto organico tra la p.A. ed il dipendente, in forza del quale la prima risponde dei danni arrecati a t,erzi dal secondo, risulta inter� rotio soltanto� quando il comportamento de�l'agente non sia diretto al conseguimento di fini istituzionali, ma unicamente al soddisfacimento di finalit� c.d. �egoistiche�, del tutto estranee alle mansioni esplicate (1). Col primo motivo ilricorrente -deducendo violazione degli artt. 360 n. 3 e. 5 c.p.c .., in relazi()ne agli artt. 1176, 2043, 2230, 2236 e.e., 28 Cost., e difetto di motivazione -censura la sentenza impugnata per la parte in cui ha ritenuto . .info1Jdata la domanda sotto il profilo della non rife� ribilit� alla P.A. dell'operato dei .medici militari. A suo avviso la Corte ha erroneamente ritenuto che, essendo tale operato strumentalmente correlato ad un intervento estetico, doveva escludersi la riferibiiit~ dell'evento dannoso alla pubblica amministra� (1) La Suprema C�rte ribadisce un orientamento oramai ampiamente con� solidato in tema di riferibilit�. alla pubblica Amministrazione del fatto illecito del dipendente, dalla quale discende l'obbligo di risarcire il danno causato ad� un terzo. Come � noto, tale riferibilit� pu� essere esclusa solo laddove la attivit�� dell'agente sia del tutto estranea alle finalit� perseguite dall'Ammini� strazione, essendo egli mosso da fini unicamente privati ed egoistici (per due ipotesi, si vedano Cass., 23 ottobre 1979, n. 5544 e Cass. pen., 15 maggio 1987, Zagaria). La giurisprudenza, nell'estendere tendenzialmente l'ambito della responsabilit� dell'Amministrazione, � andata precisando che deve mancare nel comportamento causativo del danno anche qualsivoglia rapporto di � occasionalit� necessaria� con le funzioni pubbliche; nel senso che, per escludersi la attribuibilit� del comportamento alla p.A., il fatto dannoso non deve neanche essere posto in essere, sia pure con abuso di poteri e/o con violazione di norme regolamentari e disciplinari, al fine di perseguire comunque, in ma� 10 5-26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, perch� lo scopo estetico � del tutto estraneo rispetto ai fini istituzionali dell'ente. La censura � fondata. Infatti, il rapporto organico, in forza del quale la p.A. � obbligata a rispondere dei danni arrecati a terzi da propri dipendenti, pu� ritenersi interrotto soltanto quando il comportamento dell'agente, doloso o colposo, non sia diretto al conseguimento dei fini istituzionali propri dell'ufficio o del servizio al quale � addetto, ma sia determinato da motivi strettamente personali ed egoistici, tanto da escludere ogni collegamento di necessaria ocoasionalit� tra le incombenze affidategli e l'attivit� produttiva del danno; per stabilire fa sussistenza del nesso suddetto e la conseguente riferibilit� all'amministrazione dell'evento dannoso, deve aversi riguardo allo scopo ultimo che il dipendente deve raggiungere, e perci� il solo fatto che egli, nel corso delle operazioni tendenti a quel fine, commetta un abuso di potere non v,ale ad escludere il collegamento di necessaria occasionalit� con le sue attribuzioni istituzionali, quando l'abuso, da qualsiasi motivo provocato, risulti strumentale rispetto all'attivit� di ufficio o dii servizio (fra le tante Cass. 18 giugno 1983 n. 4195, Cass. 24 gennaio 1976 11. 227, Cass. 12 luglio 1974 n. 2�07). Nella specie, la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Essa infatti -dopo avere esattamente detto che la responsabilit� della p.A. viene meno solo se il dipendente abbia agito per un fine privato o egoistico, e perci� estraneo alla p.A. -ha contraddittoriamente escluso la riferibilit� alla p.A. dell'opera dei medici militari, solo perch� essi sarebbero stati mossi da � motivi estetici �. Cos� argomentando la Corte noli ha considerato che tali motivi non sono n� privati n� egoistici, e potrebbero anche attenere allo stato di salute (in senso lato) dei militari; n� ha considerato altre pacifiche circostanze del caso concreto, rilevanti ai fini dell'eventuale riferibilit� dell'operato niera per cos� dire �distorta�, gli scopi dei quali la p.A. � attributaria. (Cfr., ad es., Cass. 14 aprile 1981, n. 878, in questa Rassegna, 1981, 432, con nota di DI TARSIA). Rimane pertanto incerta, alla luce di tale impostazione, l'attribuibil�t� alla p.A. dello stesso fatto costituente reato, che ovviamente dovrebbe essere ritenuto per definizione contrario agli scopi perseguiti dall'ente pubblico. Per alcune interessanti fattispecie relative alla responsabilit� dell'Amministrazione di Grazia e Giustizia per fatto di magistrati -prima dell'entrata in vigore della Legge sulla responsabilit� dei giudici, e quindi in presenza di una norma limitativa della responsabilit� dell'agente ai soli casi previsti dagli artt. 55 e 74 c.p.c. -cfr. infine Cass., 3 aprile 1979, n. 1916, in questa Rassegna, 1979, 459, Cass., 24 marzo 1982, n. 1879, in questa Rassegna, 1982, 297, con nota di CARAMAZZA, e Corte d'Appello Roma, 18 luglio 1988. in Foro lt., 88, I, 3622. PARTE I, SEZ. III, .GIWUSPlnJl!llNZA CIVILE;. GIURISDIZIONE E APPALTI 5 2 7 dei medici militari a:lla .p.A. come l'esecuzione. ' d�ll'intertento in ' una i:tlfermeria militare, e. quindi a spese e. nell'ambito delle, strutture p.A. La sentem:� deve quindi es11ere cassata,. �con. il rinvio della causa ad alito giudice, identificato in cU$positivo, ilquale .esaminer� il problema deMa �riferibilit� alla P.A. dehl'operato dei medici militari �alla luce dei principi di .diritto dianzi ricordati e tenendo conto delle ragioni che hanno determinato la cassazione... CORTE DlCASSAZIONE -Seziorii Unite Civili, 4 dice:ri�bte 1991; n~ 13074. Pres'. Montanari Visco; Rel> Ianriott�; P. M. Ariiatucci (conci. conf.) - Amtriinistrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (avv. Stato Cors; ini) ,. c. Cap�stro � P�sCJ.ua1e ed'. �altri (avv. Caprioli). � Cosa giudi~�1:a. ~ivll� >GiUrlsdiziolie : -Pfol)Unzta re~~�:da Giudice.: diverso dalla Corte di Cassazi�ne � Non a�qUtsta aut6rlt� di. giudicato: .. (;ill,rJS~Q,Jl~ <:ivile t }IJlpi�go p.b{)llco .�.~:i: lnst1:luratjone ~el rapporto � Violazione del� divieto� di intennediazione di. mano� d'opera�� Giwisdizione del Giudice alnministrativo. �.� .�. � � � � � � � � � .. � �� � La declaratoria di difetto di giurisdizione .emessa dal Giudice ammfnistrativo, bench� .non impugnata, non spiega effic~cta. vincolante nel giudizio successivamente instaurato din.anzi al Giudice ordinario, investendo soltanto un presupposto processuale .(1). (1) Principio pacificQ nella giurisprudenza della S.C. (cfr. Cass., SS.UU., 23 ottobre 1986, n. 6221, menzionata in motivazione). Al contrario, in caso �di sentenza che affermi la . giurisdizione del Giudice adito, sulla questione dLrito, ove non riproposta nell'atto appello, pu� formarsiil giudicato interno; .Ove, pertanto/il Consiglio di Stato ravvisi ex officio iLclif.etto di giuri&dizione. malgrado. la intervenuta preclusione, il vizio della pronunzia di appello � rilevabile d'ufficio. dalla Corte di Cassazione (Cass., 19 gennaio� 1987; .n. 411). Va poi rammentato che la pronunzia non definitiva sulla giurisdizione, sia o meno passata in giudicato, segna comunque l'esaurirsi della potestas decidendi. del Giudice sulla. questione .(cfr; Cass., .22 gil.tgno 1990, n. 6311; Cass. 27. novembre 1990, n. 11395; .Cass;; 4 dicembre 1990; n..11648). Sempre richiamando le pi� recenti � pronunz�e rese in punto di giurisdizione dalla Suprema Corte, si rileva infine come il generale principio della rilevabilit� di ufficio. del difetto di giurisdizione trova ostacolo . nel� passaggio in giudicato di una pronunzia . che abbia statuito espressamente. sulla giuri� sdizione o, nel merito;� sul necessario presupposto. della stessa, o, ancora, in una espressa o implicita pronunzia delle Sezioni Unite; da una sentenza di Cassazione con rinvio resa a Sezione semplice non discende pertanto alcuna preclusione per il Giudice di rinvio (cos�, Cass., 12 aprile 1990, n. 3159, in una complessa fattispecie). 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sussiste la giurisdizione esclusiva del Giudic~ amministrativo sulla controversia volta all'accertamento della sussistenza di un rapporto di impiego pubblico con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di' Stato in caso di violazione del divieto di intermediazione nelle prestazioni lavorative (2). Con il primo motivo di ricorso si deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della legge 6 dicembre 1971 n. 104. Si sostiene che la domanda dei soci della Cooperativa Lubiam -diretta all'accertamento di un rapporto di lavoro subordinato che si sarebbe costituito con l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato per effetto della violazione dell'art. 1 della legge n. 1369/1960 -si sostanzia, data la natura pubblica dell'ente datore di lavoro, nell'accertamento dell'esistenza di un rapporto di pubblico impiego rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi degli artt. 2 e 7 legge n. 1034/1971. I controricorrenti sostengono preliminarmente che la questione di giurisdizione � preclusa in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza del TAR Puglia che, adito dagli stessi lavoratori per il ricon<> (2) Dopo una iniziale affermazione del carattere privatistico del rapporto ~he si costituisce con l'ente pubblico in seguito alla violazione del divieto di intermediazione di mano d'opera, e della conseguente giurisdizione sulla con' troversia del Giudice ordinario (tra le tante, Cass. SS.UU., 5 agosto 1974, n. 2330, in Foro lt., 1974, I, 3334, con nota di TALLARIDA e in questa Rassegna, 1974, 1129) la giurisprudenza della Suprema Corte � oramai fermissima (a partire da Cass., 1� ottobre 1979, n. 5019, in Foro lt., 1979, I, 716, con nota di MAzzoTTA) nel ritenere la natura pubblicistica del rapporto del quale si chiede la ricognizione e la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (da ultimo, v. anche Cass., 30 maggio 1991, n. 6154). La Legge n. 1369/60 trova peraltro applicazione nei confronti degli Enti pubblici e delle Aziende di Stato, ma non delle altre Amministrazioni statali, di tal che sulla domanda proposta nei confronti di queste ultime sussiste il difetto assoluto di giurisdizione (cfr. Cass., 14 giugno 1980, n. 3805, in questa Rassegna, 1980, 54, co'rt nota di SERNICOLA, cui si fa rinvio, cos� come alla successiva nota in Rassegna, 1983, 489, di G. PALMIERI, per ulteriori approfondimenti). Sussiste tuttavia la giurisdizione del Giudice ordinario laddove il rapporto controverso riguardi ente pubblico non economico che gestisca una attivit� imprenditoriale con criteri di economicit� e con apposita organizzazione, autonoma anche sotto il profilo contabile (Cass., 23 febbraio 1990, n. 1384); ci� anche laddove l'impresa avente i menzionati caratteri sia stata costituita e gestita successivamente all'assunzione da parte del soggetto interposto, senza che osti all'unitariet� del rapporto la trasformazione intervenuta medio tempore (Cass., 5 aprile 1991, n. 3554 e 11 luglio 1991, n. 7709). Per la complessa problematica concernente la distinzione tra il (consentito) comando o distacco e la (vietata) intermediazione di mano d'opera si veda, i.nfine, Cass., 13 aprile 1989, n. 1751. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILll, GIURISDIZIONE E APPALTI 529 scimento dell'esistenza del rapporto di lavoro con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, dichiara il pr�prio difetto di giurisdizione. Aggiungono che l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sollevata dalla ricorrente, � comunque inammissibile per avere il giudice ordinario accolto una domanda di merito con st�tuizione divenuta definitiva tra le parti. La duplice preclusione in concreto non sussiste. In ordine al dedotto giudicato esterno, va rilevato che la declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo emessa dal TAR Puglia, bench� non impugnata, non spiega efficacia vincolante nel procedimento successivamente instaurato davanti al giudice ordinario perch�, investendo soltanto un presupposto processuale, non acquista autorit� di giudicato sostanziale e non spiega effetti al di fuori del processo davanti agli organi della giurisdizione amministrativa (cfr. Cass. s.u. 23 ottobre 1986 n. 6221). Non � ravvisabile poi un giudicato interno sul merito, posto che in appello venne esplicitamente contestata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e la contestazione svolta in questa sede sulla giurisdizione -motivata con la richiesta di accertamento di un rapporto di natura pubblicistica -pone in discussione la qualificazione di detto rapporto e quindi la relativa statuizione del giudice di merito che dovrebbe operare come preclusione del problema di giurisdizione. Passando all'esame del motivo esposto, ritiene la Corte che lo stesso sia meritevole di accoglimento.� Emerge dagli atti e dalla stessa narrativa che precede che i soci della Cooperativa Lupiam di Lecce, sull'assunto .che il formale contratto di appalto stipulato con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato era in violazione della legge 23 ottobre 1960 n. 1369, hanno richiesto al Pretore di Lecce il riconoscimento dell'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. con la predetta Amministrazione. Orbene, la pretesa dei predetti lavoratori di essere considerati dipen< lenti dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato .implica l'accertamento di un rapporto di impiego pubblico posto che: a) ai fini della distinzione tra rapporto di impiego pubblico e rapporto di impiego privato, in funzione del riparto di giurisdizione, � decisiva la natura pubblica del datore di lavoro non rilevando n� la forma dell'atto costitutivo del rapporto, n� la disciplina concreta dello stesso; b) non pu� essere revocata in dubbio la natura pubblica~ neppure contestata -di detta Amministrazione dei Monopoli atteso che trattasi di una branca operativa del Ministero delle Finanze cui appartiene, di una struttura che consente allo Stato di esercitare in prima persona ---;'e'?'� 532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del rapporto di lavoro e la giurisdizione sulla controversia riservata al Pretore del lavoro secondo l'esplicito contenuto degli artt. 21 e 23 della stessa L. 210/85. Le conclusioni del ricorrente sono per� errate. 1. -Le SS.UU. hanno costantemene affermato che il rapporto di lavoro del personale delle Ferrovie secondarie date in concessione, a seguito del venir meno della concessione e dell'affidamento dell'esercizio alla Gestione Commissariale Governativa, si trasforma in un rapporto di pubblico impiego come tale devoluto alla cognizione esclusiva del Giudice Amministrativo in quanto riferibile direttamente allo Stato e non ad impresa distinta dalla sua organizzazione pubblicitaria; specie se (come nel caso dedotto) la domanda del dipendente investa il suddetto rapporto dopo la indicata trasformazione (ex plurimis 5324/82. 558/87; 2259/88). 2. -Non vi sono dubbi che la domanda del ricorrente investa il rapporto di lavoro proprio dopo la trasformazione della impresa ferroviaria da privata (concessionaria) a pubblica (assunzione governativa), sia perch� la prestazione lavorativa, gi� iniziata sotto la gestione del Consorzio Trasporti Pubblici di Napoli, � proseguita fino al 31 ottobre 1987 data del collocamento in quiescenza e quindi per oltre un anno dopo il D.M. del 1986 che dichiarava la decadenza della concessionaria dalla gestione della ferrovia Alifana; sia perch� per effetto della novella 29 maggio 1982 n. 297 che muta il contenuto degli artt. 2120 e 2121 del e.e. in tema di disciplina del trattamento di fine rapporto (buonuscita, indennit� di anzianit�), la indennit� che sarebbe spettata al dipendente alla data della entrata in vigore della novella (14 giugno 1982) seppure calcolata secondo la vecchia normativa dei detti artt. 2120, 2121 e.e. (e quindi tenendo conto di ogni compenso di carattere continuativo indipendentemente dalle scelte della contrattazione collettiva stante la imperativit� delle norme sulla eccezionale omnicomprensivit� della retribuzione) si cumula a tutti gli effetti con il trattamento successivamente maturato con obbligazioni a carico dell'ultimo datore di lavoro; ovvero nei confronti della Gestione Governativa e quindi direttamente riferibile al rapporto di pubblico impiego corrente al momento della cessazione del rapporto di lavoro. 3. -Ai fini della disapplicazione, chiesta dal ricorrente, del D.M. di assunzione della ferrovia Alifana in gestione commissariale governativa non pu� invocarsi il dsposto dell'art. 2 della legge 210/85 secondo il quale �l'Ente Ferrovie dello Stato provvede ..... a) all'esercizio delle linee ferroviarie gi� gestite dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato nonch� all'esercizio delle linee che saranno affidate alla gestione statale�. � sufficiente osservare: a) la decadenza della concessione non comporta che l'esercizio della linea sia automaticamente devoluto allo Stato PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 533 e, quindi, ex art. 2 citato, all'Ente Ferrovie, in quanto l'esercizio, dopo il periodo di gestione � commissariale � potrebbe benissimo essere dato in concessione ad altri; b) la [egge 5 maggio 1989 n. 160 ribadisce, per la Ferrovia Alifana, il permanere (e, quindi, la legittimit�) della gestione �commissariale�, di per s� provvisoria, in attesa della sua �regionalizzazione �. 4. -Conclusivamente, esclusa ogni possibilit� di disattendere il provvedimento con il quale il Ministero dei Trasporti (D.M. 765/1986) ha affidato la gestione provvisoria della Ferrovia Napoli-Piedimonte d'Alife ad un Commissario Governativo, stante la sua conformit� alla legge, e la non automaticit� del passaggio di tutte o di alcune delle ferrovie secondarie gi� date in concessione, e dopo la decadenza della stessa, alla gestione del nuovo Ente Ferrovie dello Stato ex art. 2 L. 210/85 la pretesa del ricorrente di vedersi riliquidare il T.F.R. resta direttamente collegata al precorso rapporto di pubblico impiego che egli aveva proprio con la Gestione Governativa della Alifana al momento del suo collocamento a riposo senza che assuma rilevanza ai fini della qualificazione pubblica del rapporto la circostanza che la inadempienza lamentata sul mancato computo di talune indennit� sia riferibile al maggio 1982 quando la ferrovia era gestita dal Consorzio Trasporti Pubblici di Napoli. Poich� dunque dopo l'assunzione governativa della gestione della ferrovia Alifana, il rapporto di lavoro iniziale si � trasformato in un rapporto di pubblico impiego e tale rapporto � rimasto in vita fino al collocamento a riposo del ricorrente, la giurisdizione nella controversia di che trattasi � devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 7, secondo comma L. 1034/71. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite Civili, 6 dicembre 1991, n. 13169 - Pres. Zucconi Galli Fonseca; Rel. Favara; P. M. Amatucci (concl. conf.) Amministrazione Provincia Modena (avv.ti Benvenuti e Balli) c. Istituto Tecnico Industriale Fermo Corni (Avv. Stato Salvatorelli). Istruzione e scuole -Istituti tecnici . Spese di gestione � Obbligo a carico delle Provincie � Limiti. La previsione dell'art. 144, lett. E, n. 1 del T.U. n. 383/1934, che pone a carico delle provincie le spese di gestione per gli istituti tecnici, trov~ applicazione per tutti gli istituti di tale tipo, anche se costituiti dopo il riordinamento effettuato con la L. n. 889/1931 (1). (1) Con la presente pronunzia le Sezioni Unite della Suprema Corte risolvono, si spera definitivamente, un problema interpretativo -derivato so 534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Al fine di risolvere il problema interpretativo che la Provincia propone a proposito delle diverse locuzioni (�Istituti tecnici� e �Istituti di istruzione tecnica�) che compaiono rispettivamente nei nn. 1 e 3 del� l'art. 144 lett. E T.U. Leggi Com. e Prov. n. 383/1934, ed alle quali corrisponde un diverso ambito di obblighi a carico della Provincia (tenuta a corrispondere, per i primi, le spese per � personale di segreteria, mac� chinisti e personale di servizio, locali, illuminazione, riscaldamento, materiale didattico e scientifico e spese varie di ufficio � e tenuta, per i secondi (soltanto) alla �somministrazione e manutenzione dei [ocali, illuminazione, riscaldamento e provvista di acqua�), occorre tenere pre� sente che il detto T.U. n. 383 del 1934 intervenne dopo il riordinamento dell'istruzione media operata nel 1931 con la Legge 15 giugno n. 889 in materia di istruzione tecnica e con il R.D.L. 3 agosto n. 1069 in materia di scuole medie statali. Esso non pot� perci� non tenere conto -quanto alla tipologia delle scuole e istituti -dello stato della legislazione in materia approvata appena tre anni prima, come del resto � testualmente confermato dall'art. 91 stesso T.V. (che � la norma omologa dell'art. 144, diretta a precisare le spese obbligatorie a carico del Comune, cos� come il 144 elenca le spese a carico della Provincia), l� dove (alla lett. F n. 9, si indicano espressamente le � scuole tecniche di ogni tipo di nuova istitu� zione �, che nella legge n. 889/1931 vengono distinte (rispettivamente ai nn. 2 e 5 dell'art. 1 e poi, quanto alla disciplina, negli 6-8 e 9-15). Cos� pure il detto T.U. n. 383/1934 non pot� non tenere conto del tradizionale criterio di riparto di spesa, tra Stato e enti territoriali, che gi� con il R.D. n. 1054 del 1923 (c.d. riforma Gentile) e poi con la legge n. 889/1931 aveva posto a carico degli enti locali le spese per la istruzione impartita a mezzo delle scuole secondarie. Criterio riprodotto poi nel T.U. del prattutto dal sovrapporsi nel tempo di differenti disposizioni e dalla incerta terminologia adottata dal Legislatore -relativo alle azioni di recupero promosse contro le Provincie da Istituti tecnici di varia tipologia, istituiti in vari momenti successivamente alla c.d. � riforma Gentile � (che contemplava solo alcune di tali scuole); la questione -per la prima volta pervenuta all'esame della S.C. -aveva originato un amplissimo contenzioso, sul quale si erano andati formando due contrapposti orientamenti da parte dei Giudici del merito: l'uno conforme alla sentenza che qui si pubblica (si veda, ad es., Corte d'Appello di Bologna, 18 giugno 1988, in Foro It., 1989, I, 2598, sentenza confermata con la odierna decisione), l'altro -patrocinato dalla Corte d'appello di Torino -contrario invece agli interessi degli Istituti tecnici. Si sosteneva, invero, da parte delle Amministrazioni locali convenute per il rimborso di quanto erogato dai detti Istituti per spese di gestione, che gli obblighi su di esse gravanti avrebbero dovuto essere limitati alla � somministrazione e manutenzione dei locali, illuminazione. riscaldamento e provvista d'acqua� (art. 144, lett. E, n. 3, T.U. n. 383/1984), poich� il diverso e pi� ampio obbligo di cui al n. 1 dello stesso articolo doveva intendersi li� 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuzione, limitatamente per� alla somministrazione dei locali e fornitura di servizi (art. 91 Lett. F n. 9); mentre pose a carico della Provincia, come si � sopra riportato, le spese relative agli �istituti tecnici� (con pi� ampia gamma di erogazioni) e agli altri � istituti di istruzione tecnica � (limitandole, come per le scuole tecniche, alla sola fornitura di locali attrezzati). � significativo notare che gi� la legge Gentile del 1923 per gli istituti tecnici (anche se all'epoca erano tali solo quelli commerciali e per geometri) prevedeva a carico della Provincia una serie cospicua di interventi e precisamente per: 1) personale di segreteria, assistenti e macchinisti; 2) locali; 3) materiale didattico e scientifico; 4) e � ogni altra spesa di ufficio�, con una elencazione che figura riprodotta (dopo che la legge n. 889/1931 regolante il solo riordino amministrativo si era limitata a ribadire genericamente -negli artt. 23, 25 e 41 ss. -che le spese per l'istruzione secondaria cadevano a carico degli enti locali) per quanto riguarda gli istituti tecnici, nell'art. 144 lett. E n. 1 e non nel successivo n. 3. Ne viene pertanto di concludere che il legislatore del 1934, preso atto del riordinamento degli istituti tecnici e della nuova tipologia di sezioni e indirizzi -tra i quali risultavano confermati i soli due tipi preesistenti, commerciale e per geometri -intese riferire a tutti i nuovi tipi di istituti tecnici le sovvenzioni a carico della pro� vincia, dal momento che se avesse inteso limitarle ai soli due tipi pree sistenti lo avrebbe certamente precisato. Tale considerazione e tale conclusione, fondata sull'interpretazione logica e sulla ricostruzione storica della disciplina (oggi sostanzialmente ancora non modificata), risulta sufficiente per affermare che l'art. 144 lett. E n. 1 trova applicazione anche per gli istituti tecnici di tipo industriale, quale � l'Istituto Fermo Corni. Il problema ulteriore di dare un significato al n. 3 dello stesso art. 144 lett. E del T.U. n. 383/1934 (che potrebbe interessare solo per ragioni di completezza, ma che in realt� non riguarda la causa in esame, una volta individuata la disposizione applicabile) pu� essere risolto (come ha opinato la Corte di merito) nel senso che detta disposizione si riferisce solo agli � altri � istituti di istruzione tecnica indicati nei nn. 3 e 4 del� l'art. 1 L. n. 889/1931, diversi dalle scuole tecniche e dagli istituti tecnici, indicati invece nei nn. 2 e 5 dell'art. 1 ,stessa legge (scuole professionali e scuole magistrali professionali e femminili) anche se le espressioni � altri � e � diversi � in effetti non si riscontrano nel testo della norma. Simile interpretazione, posta a base della decisione impugnata, con duce a ritenere fondata la pretesa di rimborso avanzata a suo tempo dall'Istituto controricorrente, riguardante spese varie (di pulizia, di can celleria, di telefono) che l'art. 144 lett. E n. 3 non include tra quelle a carico. della Provincia. In contrario l'Amministrazione ricorrente si limita ad invocare una interpretazione risalente ad una circolare del 1936 del Ministero della PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ClVIL1!1 GIURISDIZIONE E APPALTI P.I. ed una prassi applic�tiva; che ha trovato eonferma anche in taluni decreti {si cita in particolare il D;P.R. 14 novembre 1967 n. 1490) istitutivi di nuovi .istitutLte�nici,. i quali fanno richiamo al n. 3 e non al n; 1 del citato art. 144 lett. E. Ma a questo argomento gi� i giudici del merito h�lmo potuto agevolmente replicare ponend<> in rilievo che n� cir~ cQJ.ari mJnisteriali, n� .prassi amministrative possono ritenersi vincolanti ai �fini di una diversa interpretazione, condotta stilla scorta di criteri lPgico-sis.tematici; e cos� >Pure/ non � vincolante un. decreto istitutivo, che �� pur :sempre un atto amministrativo�, e che .rappresenta> l'esplicazione di. un convincimento degli organi centrali .dell'amministrazione della P:;h Ci�. tanto.pi�� se. siconsidera. Che,. come ha .documentato gi� in .�sede di! merito l'Istituto ricorrente, il .problema � stato in passato molto dibattuto, tanto che si sono avute nuove circolari (tendenti a spostare sullo Stato l'onere delle spese di discussa riferibilit�) ed un. parere del Consiglio di Stato in data .25 ottobre (di segno �opposto alla circolare del 1936h AnChe perci� . sul piano dell'interpretazione sistematica della disciplina concernente gli istituti tecnici e il riparto di spesa a carico degli enti erogatori .di spesa;, deve ritenersi che .le spese (ij.� cui.al decreto ingiuntivo <:>pposto .. cadevano a carico della Provincia. R ric<;>rso principale deve essere quindi rigettato. CORTE DI CASSAZIONE, Sez; Un., 11 dicembre 1991, n~ 13408 -Pres. Sandulli -Rel. Amirante -� P. M. Amatileci -Tavanti (avv; Contaldi) c. C;P;D.EL. (avv>Stato Stipo)~ . . Pensioni.~� Credito soddisfatto in ritardo -Domanda di .rivalut~one unica ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. � GiUrlsdizione deUa Corte dei Cori.ti. La domandq di rivalu,taz.ione .del credito pern;ionistico. sod4isf atto in ritar4o rientra nella materia devoluta .alla giurisdizione della Cortedei Conti, anche se la domanda sia stata formulata invocando alterna.:. tivamen.te gli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. (1). Deve essere accolta la richiesta della controricorrente di dichiarazione della giurisdizione della Corte dei Conti . . . . .. �.��. ''. �r .. : : (1) La sentenza completa quanto in precedenza. affermato dalle Sezioni Unite sulla giurisdizione in materia di rivalutazione dei ratei di pensione cor� risposti in ritardo. � � �� ��Sull'argomento, in aggiunta alla decisione citata in sentenza; v. Cass. SS.UU. 1� febbraio 1990, n. 646, in questa Rassegna 1990, I, 59; id. 17 ottobre 1988, n 5630, ivi, 1988, I, 315; id. 6 ottobre 1988, n. 5379, ivi 1988, I, 306; id. 3 dicembre 1987 n. 9019, ivi 1988, I, 79. La decisione della Corte Costituzionale 12 aprile 1991 n. 156 leggasi in Foro it. 1991, I, 1321. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Rileva, anzitutto, la Corte che la giurisdizione deve essere determinata alla stregua del petitum sostanziale e indipendentemente dalle prospettazioni e qualificazioni della parte, non solo qualora si tratti di identificare l'unica domanda proposta, ma anche quando, come nel caso in esame, la Corte abbia articolato le sue pretese in pi� domande e si tratti di accertare se a tale distinzione normale corrisponda anche una sostanziale diversit�. Ci� premesso, si oss.erva che la Tavanti, nel ricorso al Pretore, ha addotto come causa petendi il macroscopico ritardo con il quale le era stata liquidata la pensione definitiva e le erano state corrisposte le differenze tra gli acconti e i ratei arretrati. Attesa la tormentata storia, da un lato dell'applicabilit� o no dell'art. 429 terzo comma c.p.c. ai crediti previdenziali; dall'altro del ricorso al notorio ed alle presunzioni nell'accertamento e liquidazione dei danni ex art. 1224 e.e., per quanto riguarda l'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, storia che esorbita dai limiti della presente decisione, la ricorrente ha anche affermato che il ritardo stesso, appunto perch� macroscopico non poteva non dipendere da colpa dell'amministrazione. Con tale deduzione, la ricorrente nulla ha aggiunto al fatto del ritardo, ma ha fornito di esso una sogget'tiva qualificazione, a1 fine di sollecitare i poteri del giudice perch� esso fosse valutato anche sotto il profilo dell'art. 1224 e.e. Per quanto concerne i petita, si tratta, in un caso e nell'altro, della richiesta di provvedimenti idonei a ripristinare l'originario potere d'acquisto della somma oggetto della prestazione previdenziale spettante. Ma anche sotto tale profilo, la ricorrente, nel dubbio sulla applicazione della rivalutazione di diritto ai crediti previdenziali, ha sollecitato i poteri del giudice per una liquidazione equitativa, con il ricorso al notorio ed alle presunzioni, ma non ha addotto, a prescindere da ogni giudizio di merito sulla loro rilevanza, inammissibile in questa sede, elementi specifici di danno, diversi da quello derivante dalla sola svalutazione. Accertato, quindi, per quel che si � detto, che si tratta di unica domanda, proposta invocando diverse qualificazioni, resta da determinare la giurisdizione su di essa. Ora, pronunciando su di una fattispecie sul punto simile alla presente, queste sezioni unite hanno affermato che la rivalutazione del credito � pensionistico soddisfatto in ritardo � uno strumento di quantificazione dello stesso, ragion per cui il pagamento ritardato della sola pensione, nel suo originario importo, costituisce adempimento parziale dell'obbligazione (v. S.U. 13 febbraio 1991 n. 1517). La domanda che tale rivalutazione abbia ad oggetto, pertanto, rien tra pienamente nella materia devoluta alla giurisdizione della Corte dei .. l ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Conti, ai sensi degli artt. 13 e 62 del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214. E ci� anche se, la domanda stessa attiene esclusivamente alla rivalutazione ed agli interessi, essendo stato soddisfatto il credito nel suo importo originario (S.U. n. 1517 del 1991 cit., nonch�, anche se con motivazione parzialmente diversa, S.U. 1 febbraio 1990 n. 646). In pendenza del ricorso, � intervenuta la sentenza n. 156 del 12 aprile 1991 della Corte Costituzionale -(G.U. del 17 aprile 1991) -con la quale � stata dichiarata la illegittimit� costituzionale dell'art. 442 c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno evenrtualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit� dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adempimento. A tale decisione, la Corte Costituzionale � pervenuta rilevando il contrasto, nei sensi suindicati, della norma dell'art. 442 c.p.c. cit. con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione, essenzialmente sul rilievo che i crediti previdenziali sono asshnilabili a quelli di lavoro in quanto � hanno la funzione di surrogare o integrare i..i. reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, secondo comma Cost. �. Tale pronuncia della Corte Costituzionale se pu� influire sulla fondatezza delle pretese -(ma di ci� dovr� occuparsi il giudice giurisdizionalmente competente per il merito) -reca conforto all'orientamento gi� seguito da queste sezioni unite nell'attribuzione alla Corte dei Conti delle controversie aventi ad oggetto l'inesatto adempimento dell'obbligo di �erogazione delle pensioni amministrate dal Ministero del Tesoro e dalla C.P.D.E.L. La sentenza, infatti, estende ai crediti previdenziali lo strumento previsto dall'art. 429, terzo comma c.p.c. per il ripristino del patere d'acquisto dei crediti di lavoro soddisfatti con ritardo, differenziandolo solo sul punto della decorrenza, con ci� dissipando ogni dubbio, che ancora poteva sussistere sull'attribuzione delle controversie aventi ad oggetto la rivalutazione e gli interessi sui crediti previdenziali allo stesso giudice avente competenza giurisdizionale per i crediti nella loro originaria entit�. Dalla sentenza stessa, con la motivazione che la sorregge, trova conforto il convincimento sopra espresso che le richieste della parte, formulate invocando alternativamente gli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e., danno luogo in realt� ad un'unica domanda, della quale deve conoscere il giudice competente giurisdizionalmente sul credito previdenziale, e cio� la Corte dei Conti. 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE -Sezioni Unite Civili, 20 dicembre 1991, n. 13754. Pres. Brancaccio -Rel. Finocchiaro; P. M. Caristo (conci. conf.) -Di Taranto, SUMI -COSMED e SILINAIP -CISAL (avv. D'Alessio) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stata Salvato11elli). (Regolamento di giurisdizione). Giurisdizione civile -Diritti sindacali -Diritti in senso stretto e diritti � correlati � -Cognizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo -L. n. 146/90. Spetta al Giudice iamministrativ.o, in sede di giurisdizione esclusiva, la tutela dei diritti sindacali cd. � cor:reDart;i �, in quante attinenti oggettivamente al rapporto di pubblico impiego; tale criterio trova conferma nel disposto dell'art. 6 L. n. J46/90, iimmediat1amenv.e applicabile ai giudizi in corso trattandosi di norma processuale in ~ema di giurisdizione (1). (1) Giurisprudenza oramai costante. La decisione, di cui si omette la pubblicazione, riveste tuttavia un qualche interesse poich� si tratta, a quanto consta, della prima pronunzia della Corte di Cassazione nella quale pur richiamandosi l'oramai consolidato, precedente orientamento della S.C. in tema di riparto di giurisdizione (sul quale, da ultimo, v. Cass., 28 novembre 1990, n. 11461, in questa Rassegna, 1991, I, 266), si fa anche riferimento alla sopravvenuta legge n. 146/90, che, all'art. 6, ha esteso alle Amministrazioni statali il procedimento per la repressione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 St. Lav. La Corte, riaffermato il principio, attualmente pacifico (ma peraltro abbandonato nel nuovo testo dell'art. 5 c.p.c. introdotto con la legge n. 353/90), secondo il quale le norme modificatrici della giurisdizione, salva diversa, espressa previsione, sono immediatamente applicabili ai giudizi in corso (si veda, ad es., da ultimo, tra le tante pronunzie, Cass. 25 gennaio 1989, n. 440), non trovando ostacolo nella c.d. perpetuatio iurisdictionis, n� nella generale irretroattivit� della legge (resta escluso il caso di pronunzia della stessa Corte in materia di giurisdizione, statuizione che � idonea a costituire giudicato pur se il giudizio prosegua dinanzi al Giudice del merito, rimanendo pertanto indifferente allo ius superveniens: cos�, Cass., 4 maggio 1989, n. 2088), afferma, a conclusione della parte motiva, che il criterio di discriminazione della giurisdizione in precedenza fatto proprio dalla giurisprudenza � stato riaffermato dalla norma sopravvenuta, della quale si sottolinea appunto la immediata applicabilit�. L'affermazione, peraltro, per come appare formulata e nel contesto del giudizio in esame, non �chiarisce l'avviso della S.C. in ordine alla reale portata dell'art. 6 della legge n. 146/90: se, cio�, detta norma si sia limitata a recepire sic et simpliciter la ricostruzione del sistema in punto di giurisdizione operata dalla Corte, ovvero abbia introdotto qualcl;le innovazione (sul punto cfr. la nota pubblicata in questa Rassegna, 1990, I, 488). Affinch� sia fatta chiarezza anche sul punto si devono pertanto attendere ulteriori pronunzie della S.C. SBZIONB QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 10 dicembre 1991, n, 10 � Pres. Crisci � Est. Salvo -Ministero della Pubblica Istruzione (avv� Stato M;mgia) c. Polizzi Antonina (n.c.). Impiego pubblico � . Stato� giUJ:ic:lico. � Differenziazioni dall'impiego privato � . . Contrasto con artt. 3 . e24 Cost. � Infondatezza. Impiego pubblico �. Trattament� economico � � Restitutio. in integrum � a seguito di annullamento giudiziale � Presupposti � Limiti. Non � possibile riscontrare la violazione degli artt. J e 24 Cost. in relazione alle differenziazioni esistenti tra impiego pubblico e privato, perch� la parit� di trattamento va assicurata a parit� di struttura del rapporto di lavoro e a parit� di posizione delle parti; come � noto, nel rapporto di lavoro pubblico, a differenza che in .quello privato, la con, siderazione delle finalit� pubbliche, cui � preordinato lo svolgimento del servizio del pubblico dipendente, caratterizza vari aspetti della relativa disciplina (1). La � restitutio in integrum � agli effetti economici non spetta nel l'ipotesi di illegittimo diniego di costituzi<J'ne del rappotto .di lavoro, perch� la prestazione lavorativa non .� mai avvenuta e,� tra �l'altro, la qualit� e la quantit� delle prestazioni irrtpiegatizie non :sono positivamente note (2). . L Il Consiglio di Giustizia Amministrativ� per la Regione Siciliana deferisce alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato il giudizio sull'appello del Ministero . della .. Pubblica Istruzione c.ontro la sentenza n. 570/90 del T.A.R. della Sicilia che a segu,ito .di ric<:>rso per esecuiione di giudicato proposto dalla Signora Antonina Polizzi, esclusa .illegittimamente dalla nomina a coordinatore amministrativo supplente per un (1-2). L'Adunanza Plena~fa conferrria espressiunertte l'orientamento dominante della giurisprudenza del �Consiglio di Stato e do� ribadisce che, nel rapporto �di pubblico . impiego, nei casi in cui sia stata .conferita una nomina tardivamente, con efficacia giuridica retroattiva, a seguito di annullamento (con atto giurisdizionale) di un atto poi ritenuto illegittimo,. il trattamento economico compete esclusivamente dalla data di ~ffettiva assunzione �n servizio: cfr., da ultimo, Cons. Stafo, sez. VI, 3 ottobre 1990 n. 873 in Cons. Stato 1990, I, 1250; 2 novembre 1983, n. 772, in Cons. Stato 1983, I, 1206; 24 settembre 1983, n. � 684, in Cons. Stato 1983, I, 928. � � 11 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anno scolastico (1986/87) in provincia di Trapani, ha riconosciuto alla ricorrente, nominata� ora per allora � ai soli fini giuridici, il diritto di percepire, per l'anno in riferimento, il trattamento economico della qualifica, la rivalutazione del credito e gli interessi su di esso. 1.1. La controversia attiene: a) in via preliminare, alla ammissibilit� del suddetto ricorso per esecuzione di giudicato; b) nel merito, alla spettanza alla Polizzi della retribuzione connessa alla qualifica conferitale, pur non avendo prestato la propria opera a causa della omessa illegittima costituzione del rapporto: di lavoro. L'esistenza di un contrasto giurisprudenziale su questo punto costituisce la ragione del deferimento del giudizio alla Adunanza Plenaria. 2. Nel primo motivo di appello, il Ministero della Pubblica Istruzione deduce la inammissibilit� del ricorso per esecuzione di giudicato proposto dalla Polizzi (cfr. 1.1. a), assumendo che manca dei necessari presupposti. Con la nomina della ricorrente a coordinatore supplente ai soli fini giuridici, l'Amministrazione avrebbe infatti totalmente adempiuto gli obblighi derivanti dal giudicato e pertanto la richiesta della retri j buzione costituirebbe un � quid pluris � che avrebbe dovuto formare oggetto di separato ricorso giurisdizionale. Questo, peraltro, non sarebbe stato proponibile essendo scaduti i I ~ termini per l'impugnativa del suddetto provvedimento di nomina. La censura, rivolta all'intero ricorso per ottemperanza, � infondata. ' Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, nell'ordinanza di remissione I all'Adunanza Plenaria ne ha sottolineato l'inconsistenza, rilevando che il giudizio di ottemperanza rientra nella giurisdizione speciale di legittimit� e di merito e che � possibile, se del caso, il passaggio da esso al rito generale di legittimit�. Del resto, come risulta dagli atti, al momento della proposizione del ricorso per ottemperanza, la Polizzi non Iconosceva l'esistenza del provvedimento con cui era stata nominata coordinatore supplente � ora per allora � ai soli fini giuridici; sicch� non pu� parlarsi di scadenza di termini perentori. Va in effetti rilevato che il ricorso della Sig.ra Polizzi conteneva una molteplicit� di domande riconducibili alla mancata esecuzione del giudicato, ivi compresa quella relativa al trattamento economico con interessi e rivalutazione. Il sopravvenuto provvedimento dell'Amministrazione, proprio perch� non puntualmente satisfatrt:ivo delle pretese prospettate dall'interessata come essenziali alla esecuzione della decisione giurisdizionale, non detennina il difetto di interesse alla prosecuzione del giudizio di ottemperanza, rivolto appunto alla delimitazione dell'esatta estensione degli obblighi derivanti all'Amministrazione dalla PARTE .I, SBZ;.�lV,GIURlSPRUDBNZA AMMINISTRATIVA p;ronunzia. deLgiudice. At:nministrativo; obblighi che, se adempiuti incompiuta. n:te!nte;. l);on detennin�no I'esecuzione del giudicato . � J .� Nel s~qnd.o e te:i;zo motlvo. di appello (argomento 1.1. b) il Minl: ste;r() qe(i~ la e;rr():neit� della sente:Q:Za impugnata per non aver tem1to cc>ptQ <:Ie,lla .ec~~arla consegue,pziajit� tra effettiva prestazioneqhl; �~.t;*i~~Q e, r~trH'x9~i9ne; tipica <J,elJ;'o:iigi.ainento del pubblico impiego, e c#a fa pt�~f,djnte giurisprudenza, a.m,ininist:i;ativa che ammette la � resti~ tj~ in .iui~J!fum. ~ agU � ~ffettl .ecll:O.~micL oMtre. che giuridici, soltanto :t:1~J:~0d~Ui~if/if~iad~�!~io~~s~t!zi:~~o::~d::t~a;~;;o~t:on anche Nell'.a set:lt~aJmpugnata e �;nella ordinanza di remissione alla Adunanza .:rlenarla; iL'I'.!\..R. ed il CQ!ll&jglio .di Giustizia Amministrativa, ri& pe,ttivamente, nCln. qJ5cqnoscol'.);o >che .. le. axgomentazioni dell'appellante coin�icta1lCI c()n q.t!l~crJlella pi:�:v~e11t� gi:.rj�>ptu<:lenza. d!el Consiglio di Stato �. (cfr,. C.s..�VI 684/S3, 772/8�3, 48�83k 570/86, 58/87;. 801/89, 873/90); ttittavia, .�richiamando un �. opposto .mdirizzo .�� giurisprudenziale proprio e di/altri giudici amministrativi; ..ossemrano .che tale .orientamento non garantisce la piena sostanziale tutela del lavoro subordinato, poich� in presenza di comportamenti illegitt��lL dell'Amministrazione, non conSe! nte la effettiva <(.restitutio in integrtirn �della sfera giuridica e patrimoniale � dei lavoratori; com�' invece: � richiesto da un principio generale desumibile dalla nostra � 1egislazfone; ta questfone��pres�nterebbe��an�he �aspetti d� illegittimit� costituzionale con riferimento agli artt. ,f e 24 Cosct; La distinzione tra gli effetti della illegittima interruZione d�l fapporto e quelli della sua� omessa costituzione (piena reintegrazd.otle t: reintegraziOn.e limitata agli effetti giuridici), creerebbe, infatti, una ingiustificata disparit� di trattamento tra dipendenti J>ubbl4ci �. ~ privati i quaH>u:11:imi possono chiedere ed ottenere dallo stesso giudice, inogni c�s�,la condanna del. datore di lavoro a cornspondere le. retribuzi�ni arfJti~te..� . D~I�tronde, ad avviso� del Consi@io. ili Giust�zia Amministrativa, le limitazioni agli . iJ1i1;erventi del giudice aIIlll1inistrativo nel sistema del rapporto di lavoro; pubblico non corrisponderebbero pi� alia realt� derivante dalla contrattf).Z�c>ne collettiva e, se . rif ente apreQCc.pru:ioni per la spesa pubblica,� andrebb~ro ridimensi~nate, tene'ndo � pres�nt� che il dipendente che non ha . cons.eguito la nomina a causa del . comportamento illegittimo delll'Amministrazione, ha l'onere di rivolge:t1sC~i due giudici diversi: quel1o amministrativo, per la r�integrazione � aigli �effetti giuridici, e quello civile, per .il risarci'm�nto del danno. 3.1. Le suesposte considerazioilli, pur suggestive, non sono condivisibili. 544 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Esse sono basate fra l'altro, sul presupposto, non dimostrato, che nessun ostacolo legi'slativo sussista ormai alla piena elquiparazione1 tra 6 rapporto di lavoro pubblico e privato eJ che in questa cornice, il con~ cetto di � restitUJtio in integrum � possa essere esteso fino a far produrre alla pronuncia del giudic� dell'ottemperanza effetti non diretta. ' 1 mente ed esclus1vamente collegati alla decisione da eseguire. Per contro, va rilevato in proposito, che la parit� di regolamehtazione tra rapporto di lavoro pubblico e privato non � stata ancora attuata, tant'� che l'art. 28 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93, la pone tra gli obiettivi da raggiungere in un prossimo futuro; le stesse considerazioni possono trarsi dai contratti collettivi per il pubblico impiego, dai quali, anzi, emerge talvolta la tendenza a sottolineare la specificit� dei rapporti gravitanti sul settore pubblico. N� a questa realt� contrastano i principi di carattere costituzionale citati nell'ordinanza di remissione, poich� la parit� di trattamento va assicurata a parit� di struttura del rapporto di lavoro e a parit� di posizione delle parti: laddove, nel rapporto di lavoro pubblico, a differenza che in quello di lavoro privato, la conside!l"azione� delle finalit� pubbliche aui � preordinato lo svolgimento del servizio del pubblico dipendente, caratterizza vari aspetti della relativa disciplina. A ci� si aggiunge che, talvolta, la diversit� lamentata � solo appar, ente, dipendendo dalla natura della tutela giurisdizionale amministrativa, fermo restando che l'interessato potr� comunque ottenere, per altra via, il pieno risarcimento dell'effettivo danno subito, qualora sia conseguente ad un atto amministrativo illegittimo. In questa situazione non si rilevano vizi di incostituzionaliit�, ma se mai inconvenienti cui solo il legislatore pu� porre rimedio. Per ci� poi che attiene ai limiti della � restitutio in integrum � va considerato che nel caso di omessa costituzione del rapporto di lavoro pubblico, la pronuncia sull'ottemperanza, in quanto adempimento effettuato dal giudice in luogo dell'Amministrazione, non pu� sfociare che nell'adozione � ora per allora� dell'atto amministrativo che, secondo il giudice del merito, l'Amministrazione avrebbe dovuto porre in essere, in relazione al contenuto della decisione costituente giudicato, con tutti gli effetti che direttamente e necessariamente de!'!vano, Nel giudizio di ottemperanza, infatti, debbono essere identificati gli elementi indispensabili per eliminare la illegittimit� constatata nella pronuncia giurisdizionale da eseguire, distinguendoli da quelli inerenti a pretese che abbiano autonomi e specifici presupposti, anche se collegate alla domanda principale. Le pretese relative a questi ultimi elementi sono semmai propriamente inquadrabili in una azione per danni patrimoniali conseguenziali all'illegittimo comportamento dell'Amministrazione, da proporre innanzi al giudice ordinario. PARTE I, saz. IV; GIURI$PRVDENZA AMMI.NISTRATIVA Nel caso in esame, pu� dunque dirsi che la reintegrazione conseguente alla decisione la quale, nell'annullare la nomina conferita ad altri, ha ritenuto che la ricorrente aveva titolo alla nomina stessa, doveva fermarsi alla costituzione del rapporto di lavoro per l'anno scolastico 1986-87 e non poteva estendersi al riconoscimento del diritto alla retribuzione per quel periodo. �>Tale diritto, come per consolidata giurispruclenza si .desume, in partic�lare; dagli artt. 9 e 33 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, pu�, al massimo, ri.tenersi elemento di un rapporto sinallagmatico gi� realmente costituito e consolidato; sicch� la sua illegittima interruzione comporta, �se annullata in sede giurisdizionale, il ripristino integrale del rapporto stesso in tutti i suoi aspetti, compresa quella retribuzione che pu� stimarsi connaturata. alla situazione preesistente. Per contro, se il :rapporto di impiego non era mai esistito, il riconoscere, ora per allora, che l'interessato vi aveva titolo, non significa automaticamente affermare il diritto ad una retribuzione la quale, a differenza dell'ipotesi di rapporto gi� costituito, poteva non essere attribuita per mancata assunzione del servizio o cessare per prova sfavorevole o altro. In a:Itri termini, mentre la retroattivit� degli effetti economici pu� apparire giustificata dalla arbitraria interruzione di un rapporto di impiego gi� in atto, �in cui la qualit� e la quantit� delle prestazioni impiegatizie sono positivamente note, altrettanto non pu� dirsi nel caso di una mancata assunzione illegittima: qui l'attribuzione retroattiva del trattamento economico in aggiunta al riconoscimento del servizio ai fini giuridici, sembra irrealistica, tenuto anche conto che la prestazione 'lavorativa non � mhl avvenuta, e che � da supporre lo svolgimento, in quel periodo, di altra attivit�, idonea alla produzione. di un reddito, mentre nel frattempo, la prestazione inerente al rapporto di lavoro pubblico � stata svolta da altri e ad altri retribuita. Semmai, come si � accennato, star� all'interessato dimostrare i reali pregiudizi subiti a seguito della illegittima mancata assunzione, in sede di azione per risardmento danni davanti al giudice ordinario. In altri termini, pu� giungersi a concepire che l'annullamento dell'atto amministrativo che fa cessare illegittimamente un rapporto di impiego pubblico determini come conseguenza naturale il ripristino del rapporto nella sua pienezza, quale si volgeva e avrebbe dovuto continuare a svolgersi, con tutte le conseguenze di anzianit�, di carriera, di retribuzione, ecc. Non pu� ritenersi invece che l'originaria inesistenza di una qualsiasi prestazione o controprestazione fra Pubblica Amministrazione e privato comporti, a seguito della pronunzia di illegittimit� relativa alla mancata asSIUilZione, oltrech� l'assunzione retroattiva agli effetti giuridici, anche il coniierimento di compensi per prestazioni mai effettuate. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. In conclusione, l'Adunanza Plenaria ritiene che allo stato della legislazione, non vi siano fondati motivi per modificare il prevalente orientamento della citata giurisprudenza delle sezioni del Consiglio di Stato. L'appello del Ministero della Pubblica Istruzione indicato in epigrafe deve pertanto essere accolto. Per l'effetto l'impugnata sentell2la del T.A.R. della Sicilia va annullata ed il ricorso per esecuzione di giudicato proposto dalla Signora Polizzi deve essere respinto. l CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, orid. 9 ottobre 1991, n. 628 -Pres. Imperatrice -Est. Della Valle Pauciullo -Policaripi ed altro (avv. Maiuceri) c. Istituto Suiperiore di educazione filsioa di Firenze (avv. Russo). II CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 941 -Pres. Quartulli -Est. Numerico -Costa V. (avv. Lubrano) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Bruni). III CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 943 -Pres. Quartulli -Est. Numerico -Corda R. (avv. Lubrano) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Bruni). IV CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 17 dicembre 1991, n. 1121 -Pres. Buscema -Est. Numerico -Ministero del Tesoro (avv. Stato Nucaro) c. Pani F. (avv. Bonfante). Impiego pubblico -Stipendi e assegni -Indebito (ripetizione) -Presupposti -Contrasto di giurisprudenza -Rimessione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Considerato il contras1to giurisprudenziale verificatosi in materia, devono essere rimesse all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni in materia di requisiti per il recupero di somme� percepite indebitamente dai pubblici dipendenti a titolo retributivo: J) natura giuridica delil!atto di recupero; 2) necessit� o meno di motivazione; 3) problema dell'esistenza di una possibilit�, da parte dell'.autorit� : f l ~ ! f j _,~~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 547 ab.ilitata, 'di scelta tra il recuperare o il non recupeirar:e; 4) filevllnza dello stato soggettivo originario del percipiente, la c.d. � buona fede�; 5) rUevanza del fattore tempo, .eventualmente anche lungo, tra l'indebita erogazione e la. sua ripetizione; 6) individuazione, una volta ammesso o imposto il recupero, di una percentuale sul trattamento economico mensile da ritenere congrua per definire la rata di trattenuta (1). I I ricorsi devono esser� riuniti, avendo essli. identico contenuto. Con i provvedimenti impugnati del Presidente del Consiglio di Amministrazione delfISEF di Firenze prot. n. 1055/02 e prot. n. 1058/02 del 19 ottobre 1981 veniva comunicato ai dipendenti. di detto Istituto Franco Policarpi e Gina Forconi che, per effetto di errata ricostruzione di carriere, essi erano tenuti. a restituii.re le somme nette, il primo di L. 3.969.815 e la seconda di L. 2.721.895, �mediante detr�Zione del 10% sull'ottanta per cento. dello stipendio base attualmente in godimento a partire dal mese di novembre p.v. �. Quanto innanzi, a seguito dei nuovi decreti di ricostruzione di carriera cofuunicati con raccomandata del 2 aprile 1979. .Gtli appellanti lamentano cori il primo motivo l'dllegittirnit� degli anzidetti provvedimenti, perch� comportano l'implicito annuliamento d'ufficio dei precedenti provvedimcmti, con i quali erano state erogate le somme addebitate, e la restituzione di tali somme mediante trattenute sullo stipendio in godimento. Ci� senza motivazione suU'iinteresse pubblico (che non sussiste) all'annullamento, raffrontato al pregiiudizio di chi � tenuto a restituire le somme. Con lo stesso motivo essi deducono l'illegittimit� del disposto recupero, stante la loro buona fede, trattandosi di somme percepite in base ad atti di ricostruzione di carriera adottati dall'Amministrazione. Appare opportuno rimettere i ricorsi, cos� riuniti, per l'esame e la decisione, al'l.'Adunanza Plenaria delle sezioni giurisdizionali, essendo non univoca � 1a gforisprudenza sulla questione relativa alla ripetizione degli assegni non dovuti, la quale pu� dar luogo a decisioni contrastanti delle singole sezioni, mentre vi � necessit� di soluzione uniforme. Alcune� decisioni{v. Cons. St., sez. V, 15 maggio 1990 n. 412, Cons. St., sez. IV, 9 novembre 1985 n. 505), invero, hanno ritenuto che il pfov (1) L'Adunanza Plenaria ha deciso le qu�stioni prospettate dalle ordinanze in es:.une il 24 febbraio 1992, e si attende il deposito della sentenza. Per un ampio ed esauriente esame degli orientamenti della giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di recupero di emolumenti illegittimamente erogati dalla pubblica Amministrazione ai propri dipendenti, si veda la nota redazionale alla sent. n. 15 del 1990 del Consiglio di Stato, sez. IV, in questa Rassegna 1990, 91 e ss; 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vedimento di recupero di somme retributive illegittimamente corrisposte :~~ deve essere giustificato da una corretta valutazione dell'interesse pub1=~ 1 1 . blico all'annullamento dell'atto illegittimo, comparandolo con l'entit� del , I .sacrmcio dell'interesse privato sottostante, il quale non deve essere cos� . grave da incidere sulle esigenze primarie della sua esistenza. Per varie altre decisioni, (fra le altre, v. Cons. St., sez. V, 10 dicembre 1980 n. 850; Cons. St., sez. IV, 17 maggio 1990 n. 390 Cons. St., sez. IV, 26 aprile 1990 n. 321; Cons. St., sez. IV, 16 gennaio 1990 n. 15; Cons. St., sez. IIIV, 15 maggio 1989 n. 286; Cons. St., s~z. IV, 30 ottobrn 1989 n. 722), il recupero di somme indebitamente erogate dalla pubblica Amministrazione ai propri dipendenti ha carattere di doverosit� (escludente la necessit� di motivazione). nascendo direttamente dal disposto dell'art. 2033 e.e., salvo l'onere di procedervi con modalit�, quali la rateizzazione prevista dal� l'art. 3, d.P.R. 30 giugno 1955 n. 1544, che non incidano soverchiamente sulle esigenze di vita in caso di buona fede del debitore. Secondo altre decisioni, ancora, il recupero presuppone la valutazione compamtiva tra l'interesse pubblico alla restituzione ed il sacri I ficio individuale del dipendente (v. Cons. St., sez. V, 15 marzo 1990 n. 289) I ~ e vi si afferma che non � consentito alla pubblica Ammini:strazione il recupero di somme corrisposte per errore a titolo di stipendi, assegni e indennit� ai pubblici dipendenti che li hanno percepiti e consumati in tr.~ buona fede per il soddisfacimento delle normali esigenze del1a vita fami� tiare, occorrendo, pertanto, la valutazione sulla buona fede del dipen I dente (v. Cons. giust. amm. 26 maggio 1989 n. 212; Cons. St., sez. V, ~ 19 luglio 1989 n. 420). !i ~ II-III-IV ~ Con il primo motivo l'interessato ripropone la nota questione del ~ I ~ ~ f preteso vizio dell'atto di recupero per l'affidamento ingenerato dal comportamento della P.A. sulla legittimit� della percezione del trattamento economico da recuperare, anche per la risalenza del tempo in cui il riassetto economico (poi modificato) fu disposto. Si aggiunge anche che la motiviazione sarebbe contraria, sulla rateazione adottata, a taluni recenti indirizzi che giudicano congrua una trattenuta del 5% e che la medesima motivazione non avrebbe tenuto conto oggettivamente dell'incidenza in ordine al disagio economico provocato sul percipiente e che ai fini di tale valutazione doveva tenersi IIconto, del sacrificio imposto, in vista della misura e della durata della rata mensilmente ripetuta. i:~ ~: In ordine ai temi prospettati le posizioni deHa giurisprudenza si sono evolute in una serie di direzioni distinte. ii r.: La IV Sezione di questo Consesso, (in linea di principio, e salvo eccezioni di cui si dir�, la pi� restrittiva nei confronti dei ricorsi di chi lll I � r: ~ f: IPAma{r~B:~910mr:::::t�m''"Mlltm11'm:~=iwm''q_;;:~a1:mwJtr�;1~:�1JW11:1119=~=mw..iil�::r11==x1J&n'�m:t�'w.k.~rm''.U>J.P�wiwa@n~�"''iL�vm.wnr~lili::rl!i:::m!nllw=~ @%'..@J.,,}W/47"�.if&J.f�fd%'.i%.?fif.)ffuvtrzt w:.1%f.� :W.&.ft:mdW..if.tffi, F.#$.2-ffifiWk.illf��: xifgr.&f1.;1rd-#t$J'tr@P we,� ��:=}~:ff!::::::=:=:-.-:-:::-..:.::=.::.::-...:-: Wn:.:::::--..�:=��.-:::=:::::::.::-.....:.:.-x.x:::.:;:.-:.:...........::?::.:.-..::~ ..:-:=::-.:::::=.::::.:--!.:::::=::::=-n.:::?:::=::=.:=.::--.x~:::::.:~~====Th&.i:)f4f:W.~.:=:::-� ..~::..%~'.-::'.=:-..:::-::ffx:-:W":t:.::m.::::=:.xrt::-.:lf~::.Z::{~fJfi-::::'..::%{{~-.-Aff~f~:~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA subisce i recuperi) presenta negli ultimi anni almeno due filoni interpretativi principali. In una prima prospettiva (prima non necessariamente in senso cronologico perch� sovente i vari indirizzi si intersecano e si accavallano) si prende spunto dalla considerazione ohe l'atto di ripetizione ha una valenza provvedimentale e presuppone, temporalmente o almeno in via di logica. implicita, un provvedimento di annullamento della statuizione che determin� erroneamente le somme da pagare al pubblico dipendente (cfr. IV, 23 settembre 1985, n. 356; 4 agosto 1986, n. 549; 27 aprile 1987, n. 249; 5 maggio 1987, n. 264; 12 maggio 1987, n. 688; 22 settembre 1987, n. 545). A giustificazione della natura provvedimentale del recupero si osserva che l'ordinativo dell'erogazione errata, sebbene di natura �paritetica�~ obbligherebbe pur sempre la P.A. fino alla sua eliminazione e che perfino nel testo unico pensionistico 29 dicembre 1973 n. 1092 le determinazioni del trattamento di quiescenza debbono essere formalmente corrette in via previa (art. 204), pena altrimenti la permanenza del lorovincolo a carico della P .A. Si ammette, comunque, anche nell'ambito dell'orientamento in esposizione, che il � provvedimento � di ripetizione possa esso stesso implicare e contenere l'annullamento degli atti determinativi (cfr., oltre alla cit. IV 549 del 1986, gi� prima sez. IV, 16 novembre 1985, n. 538). Nell'ottica provv,edimentale che, dunque, si attribuisce tanto all'atto� di vero e proprio annullamento, quanto a quello logicamente autonomo,. di specifico recupero, si riconosce a quest'ultimo il carattere discrezionale e autoritativo (sez. IV, 27 marzo 1981, n. 119; 21 settembre 1984, n. 704; citt. 356 del 1985 e 549 del 1986; 30 gennaio 1990, n. 57) tanto che non si dubita dell'onere di impugnativa nel termine ordinario di decadenza (cfr. sez. IV, 27 aprile 1988, n. 258). Qualche oscillazione si manifesta nel ricordato indirizzo circa l'og� getto su cui si dispiega la discrezionalit�. Per esempio nelle premesse della rammentata pronuncia n. 57 del 1990 si ammette che !'�esame dell'Amministrazione possa essere condotto� sulla compatibilit� della rripetizione in s� con l'interesse pubblico nonch�~ pertanto, sull'opportunit� di mantenere in vita gli effetti patrimoniali prodotti dall'atto illegittimo. Tuttavia la stessa decisione e le altre in genere fin qui elencate (cui si pu� aggiungere sez. IV, 27 aprile 1988, n. 822), pur collegando al caratte11e provvedimentale del1a statuizione di recupero l'esigenza di una motivazione, giudicano sufficiente l'accertamento, ad opera della P.A.~ che non venga leso l'interesse del dipendente a non sopportare disagi eccessivi, tali da incidere sulle sue esigenze di vita, reputando che in tal senso possa essere idonea una rateazione del r,ecupero -anche a prescindere dalla richiesta dell'interessato, che pure sembrerebbe prescritta dall'art. 3 u.c. d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544 -capace di decurtare in '550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO misura minima la retr,i;buzione. In proposito si giudica congrua, anche se non paiono escludersi altri live11i di abbattimento, una decurtazione del 5% della retribuzione (cfr. IV dtt. 545/87, 422/87, 249/87, 549/86, 538/85, 356/85, seguite da Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana 28 novembre 1987, n. 269). In genere non � pvecisato se debba aversi riguardo allo stipendio o alla retribuzione complessivia (v. per�, in quest'ultimo senso cit. IV 538/85). Neppure riSIUlta se la percentuale poss'a essere mantenuta costante e, quindi, se l'obbligo di restituzione possa salire con il crescere della retribuzione, ovvero se la rateazione debba restare ancorata al trattamento dell'epoca in cui si calcola il recupero dovuto, onde mantenere costanti� in termini di valuta le aspettative del dipendente in ordine alle somme da restituire. Nella visione interpretativa evidenziata la condizione psicologica dell'interessato -c.d. buona fede -o l'affidamento in lui generato per ,effetto del comportamento della P.A. vengono a chiare lettere svalutati (cfr. ancora 356 e 538 del 1985, 549 del 1986 e 57 del 1990), ricoroandosi il carattere solamente equitativo della soluzione che a quegli elementi faceva capo in antkhi precedenti ed assumendosi che siffatte condizioni costituirebbero unicamente il presupposto per l'adozione di un atto di ripetizione adeguatamente motivato. In qualche pronuncia (ofr. 538 del 1985) si volge l'attenzione "anche" .alla brevit� del tempo trascorso fra la determinazione errata e la corre. zione con la deliberazione di recuperare. In base ad altra tendenza (sez. IV, 9 novembre 1985, n. 505; 3 maggio 1986, n. 320) si riafferma sul piano generale il principio, valido anche per la P.A., di un vero e proprio diritto soggettivo ad otteneve la reinte_ grazione delle somme corrisposte indebitamente. E insieme con il diritto questa giurisprudenza comincia ad indivi. duare un vero e proprio �dovere� di riacquisto (cfr. oltre alla cit. 320 -del 1986, ancora sez. IV 23 novembre 1988, n. 887), sanzionato dalla competenza e conseguente :responsabilit� in merito al r,ecupero degli organi provinciali del tesoro e loro funzionari (art. 3 L. 12 agosto 1962, n. 1290, e art. 3 d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544; sulla responsabilit� dei funzionari v. Corte conti, sez. controllo enti, 7 ottobre 1986, n. 1985). Il passo ulteriore si trova nella pronuncia della IV sezione 6 maggio 1989, n. 286, per la quale il diritto-dovere della P.A., operando a livello paritario con la posizione del dipendente, si esplica con attivit� n� autoritative, n� disarezionali almeno quanto a1la volont� di ripetizione. Non vi �, perci�, bisogno di motivare in proposito, qualunque sia il tipo di atteggiamento che il dipendente avesse avuto ragione ,di mantenere quanto alle somme riscosse e qualunque distanza di tempo sia trascorsa dalla erronea attribuzione di un trattamento economico superiore al dovuto. PARTE i; SEZ. IV; GIURlsP�uDENZA AMMINISTRATIVA Vtinica d1$<;rezionalit� ~ in� senza bisogno che di essa sl dia conto in una ed espressa ap,Posit� giustifk:azione ~� si sposta stil t�ma del � quantum � di rateazione diell'inidebito, in baise ad un potere che si fa risalire al c�t att; 3 &P.R. 1544 del 1955 � Che deve rispondere d� nuovo :ait criterfo gener~te,risaierite �U'aTt. 36 Cost., del rispetto del dipendente, nel senso ch� egli. k fa sua fainiglia non siano .priVati del . sostegno ecol1otrii<': 6 rtecessari6 alle primarie esigenze di vita. _flieUa pronuncia 286 del 1989 si accenna ancora all'affidamento sulla deifiriitivit� .� deli� lii:Sci0s8ione. M� questo profilo appare abbandonato in sentenze su.�-cessi~e {se:t: IV, 30 ottobre 1989, n. 722; 27 dicembre 1989, n; 995). . .. Nella d�dsio.6e fa gennaio 1990, n. 15, si chiarisce il senso del riferhnento alla ~<bi.:�ma red� �, la ql.lal� diviene semplice condizrione perch� I'Arili:l'iinistrazion# esplichi ilpot�f1e di rateazione: in a1tri termini che la �buona fede>~ finisce per ofie�ta11e non l'an del recupero, .ma le sue fu�dl:lllft�. . . . . . .�. ' . L� :ril~des1ma. $ent�riza n..15/90.. dal carattere vincolato e paritetico dell)ttd. ili�. ripetiifo1le trae la� cons�~uenza� dell'impossibilit� di dedurre a suo�� oafibo il vfaio di disparil:��di� trattamento. �. Ne~ff ulthni tel:llpf.questo �orienta.mento .�del1a .sezione si consolida (ofr.>sez~ IV, 26 aprilel990, n. 321; 17 maggio 1990, n. 390; 25 settembre 1990, n. 702; S<I1bveml:>l:� 1990, n.. 877; 26 aprile 1991, n. 319). N�lla proi:)J~c~a :Il. 39() �l 90, nileva l'enu,nciazione della superfluit� d~l1a fuotivazion~ sUl recupero. esui11a stessa rateazione, essendo valutati come dati obietti.vi resistenza del diritto a riottenere l'indebito, l'insussi~ t�nZa� di� .l.ttl < of;:bligo del .preVio. . annullamento � dell'originario decreto di erogazione, illegittimo per i:l'iero contrasto oggettivo con la norma, e .infine l'intereE;E;e pubblico � in .re ipsa � all'eilimin~kme retroattiva degli effetti patrimoniali dell'indebito medesimo, eliwin~ziqne q>stituente esercizio del suddetto diritto soggettiv�. Nella decisk>ne 70Z del 1990 si rafforza la tesi del diritto-dovere di r:ecuper~11e con il<richiamo ail divieto di rinunzie o di elargjzioni pub bliche fuori dei casi espressamente. previsti. Infine, sull',un:licit� dell'elemento delle esigenze prJmarie di vita, da tener presente nel co:r:iso dell'operazione, fonda 1a cit. IV n. 877 del 1990 per asseri11e che quando, per il livello di reddito dell'interessato, non emergano (ovvero non siano dedotti: cos� la n. 319 del 1991) elementi attendibili sul bisogno del peroipiente di destinar.e le somme riscosse ad impellenti inderogabili necessit� di sostentamento, non si pu� nemmeno tener conto del livello di gravit� del sacrificio imposto al medesimo percipiente. Peraltro, a fronte di questi due indirizm, non � estraneo alla giuri spmdenza della IV sezione, l'orientamento che, a proposito del recupero 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c.d. ordinario, disposto cio� mediante trattenute stipendiali, ragiona tuttora in termini di buona fede, affidamento, lontananza nel tempo e simili. Non mancano in tal senso precedenti non troppo lontani perfino della IV sezione (7 giugno 1984 n. 437; 28 agosto 1984 n. 669; 6 dioembre 1985 n. 604; 27 giugno 1986 n. 440; 27 luglio 1987 n. 448). Ma soprattutto nelle altre due Sezioni e netl. Consiglio di giustizia prevale questa linea. Si ribadisce, allora, che l'atto di recupero ha carattere pmvvedimentale; che esso deve tener conto defila buona fede del perc:ipiente e dell'utilizzo delle somme per i bisogni della vita; che la buona fede si presume e che spetta ail.la P.A. dimostrare il contrario, enunciando il relativo � capitolo � nella determinazione les!�.va (cfr. Cons. St. sez. VI 24 maggio 1983, 428; 31 diioombre 1984 n. 744; 5 marzo 1985 n. 77; 13 febbraio 1987 n. 43; 2 marzo 1987 n. 83; 17 ottobre 1988 n. 1139). Quando non si arriva a d!�.re che lie oircostanze di cui sopra impediscono assolutamente il recupero sugli stipendi (c.s!�. 24 maggio 1989' n. 212; dr. anche VI 31 marzo 1987 n. 178 e 8 febbraio 1988 n. 164 a proposito dell'impossibilit� di recuperare sugli stipendi somme erogate indebitamente a titolo previdenZ!�.a:le agli istituti operanti all'uopo), si ritiene, in ogni modo, che si debba motivare nel raffronto fra le conI dizioni del percipiente, specie se risail.enti a tempo lontano, calcolato in termini di va:ri anni, ed il pubblico interesse a1la stessa eliminazione retroattiva dell'indebito oggettivo (cfr. oltre alle sentenze elencate, sez. VI, 14 novembre 1988, n. 1211; 9 ottobre 1989, n. 1312; e 25 gennaio 1991, I n. 36; nonch� sez. V, 15 marzo 1990, n. 289; e 5 maggio 1990 n. 412). Cos� vengono sviluppate casis.tdche sulla buona fede � ragionevole � o � irragionevole � del percettore, assumendosi, tra l'altro, in caso di cumUJlo di due rapporti di impiego, che, in vi.trt� del dubbio sullla natura I retributiva del:1a tredicesima, � impedito aJJa P.A. che l'abbia corrisposta ~ in entrambe le relazioni lavorative di disporre la ripetizione, la quale �, ~ invece, giudicata legittima di fronte al ra:ddopp[o della iindennit� integrativa speciale, mancando ognii. facolt� di affidamento di fronte a specifici divieti di legge (dir., oltre a cit. IV sez. n. 448 del 1987, sez. VI 28 luglio 1982, n. 386; 22 giugno 1987, n. 437; 2 settembre 1987, n. 658). Allo stesso modo [a conferma che la buona fede sia ritenuta un ostacolo al recupero in s�, almeno dal punto di vista di un'esigenza di motivazione (e non come elemento da valutare al solo fine dei �modi� di quel recupero) sembra trovare supporto �a contrario� in quei precedenti in cui si afferma la riJevanza, in favoce del legittimo riacquisto dell'indebito, della ragionevole consapevolezza in capo al dipendente dell'errore sUJl �quantum� conseguito (sez. VI, 24 aprile 1986, n. 342) o dell'impossibilit� oggettiva o anche semplicemente presuntiva di giustificare l'affidamento in proposito (sez. IV, 28 maggio 1986, n. 368; tipica � PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA la casistica sugli emolumenti riscossi con cliausola di provvisoriet� o salvo <:ongUaglio, rispetto ai quali sia dunque scontata l'incertezza S'llllla definitivit� del percepito; sez. V, 27 giugno 1989, n. 398; CJSi 5 maggio 1987, n. 93, e 28 novembre 1987, n. 269; sez. VI; 31 ddcembre 1987, n. 1054 e .29 maggio 1987, n. 333; �he, d'altronde, si rifanno alfa Ad. plen., 4 marzo 1986, n/2). :S �ndrl.tbbio; di fronte alle regole generali sull'indebito del codice civile, ohe la soliti.Ziorie da ultimo esposta si fondi su regioni equitative oollegate a:]lle condizioni del bisogno � ailimootaire � del dipendente (sez. V, 18 novemb:rie 1985, n. 599; 22 febbraio 1988, n. 85; e sez. IV, 26 aip:ri1le 1991, n. 319 cit.), tant'� che in caso di restituzione in qualsiasi modo dell'indebito all'Autorit� non vi � un diritto aJfa � controrestituzione �, :S pur v:ero, per altro, ohe detta soluzione trova numerosi riscontri normativi espressi, soprattutto neMa disciplina pensiionistica del pubblico impiego. . � Si vedan�, cos�, l'art�. 206 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, e la disposizione di� modifica, di cui all'art. 3 L. 7 agosto 1985, n. 428, secondo le quaLi, in caso di revoca o modifica del trattamento di pensione del dipendente statale, salvo il caso� doloso delfinteressato, non si fa luogo a ripetizione deMe somme corrisposte in pi� e !'!impiegato � contabile � �Cui in Concreto sia Stato doVJUtO l'errore ne risponde unicamente in ipotesi di dolo o colpa grave. Analogamente ha disposto l'art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in tema di pensioni a carico dell'assicurazione generale obbil:igatoria per l'invalidit�, vecchiaia e superstiti gestita daJl'INPS. E 1a Corte costituzionale C:on pronuncia � interpretartiva di rigetto � (Corte Cost. 31 luglio 1990, Ii. 383) ha ritenuto la costituzionalit� della norma in quanto da intendere comprensiva di qualsiasi errore anche se ricadente su11'� an � (la c,d, revoca, di cui patlava l'art. 206 del t.u. per lo Stato, formalmente non prevista dalla legge 88/89) del trattamento pensionistko. Ha aggiunto la Corte che la previsione era, per altro, giustificata dalla comune giustificazione (evidentemente ritenuta razionale) della �destinazione delle somme pe:ricep�.te al soddisfacimento dei bisogni fondamentali e de1le esigenze di vita del lavoratore e della sua famiglia�. Naturalmente anche l'esistenza di norme derogative ai principi sulla restituzione dell'indebito potrebbe essere interpr,etata in � senso opposto a quello dell'orientamento pi� favorevole alle tesi dei dipendenti percettori, qualora si volesse osservare che, in mancanza di espresse previsioni di eccezione, si dovrebbe appli�are ai creditori dell'indebito una normativa identica nei rapporti privati ed in quem di lavoro pubblico. Risulta in ogni caso incontrovertibile l'esistenza di almeno tre orienta� menti diversi in giurisprudenza sui temi enunciati. 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sicch� l'interesse acch� non si v:erifiohio:J.o, sru un medesimo argomento, soluzioni differenti nonch� il rfilievo di maissima de1la questione (ohe si riconnette anche alla frequenza con cui si verificano le cause in matevia, in vista dehla complessit� dehle normative sul trattamento economico del pe11sonale dello Stato e degli eruti pubblici e de:1la ripetizione pratioomente triennale degli inquadramenti e delle ricostruzioni di carriera al seguito del rinnovo degJi acc011di di pubblico impiego) giu-stificano il deferimento delle questioni seguenti aill.'Adunanza plenaria: a) se il reaupero debba esisere H faiutto di un provvedimento o dr un atto paritetico; b) ,se si tratti di un atto discrezionaile o vio:J.colaito; e) se la ripetizione debba essere motiv�ata (mche in connessione, con il generalizzato obbligo di motivazione di cui all'art 3 L. 7 agosto� 1990, n. 241); d) se l'eventuale rateazione debba essere riJChiesta daill'i.nteressato,.. previamente avvertito, o se basti una deliberazione d'ufficio in proposito; e) 1se, in che misura ed a quale scopo (iper escludere il reoupero; per imporre una motivazione; o soltanto per giustificare una rateazione)� debba o possa rfilevaire lo stato soggettivo originario del percipiente, la c.d. buona fede o, meglio, l'affidamento che costui abbia creduto ragionevolmente ed oggettivamente di fondare sulHa condotta delil'ammini-strazione; f) se, in tale ottica, possa ulterio:mnente rilevare il protrarsi del tempo, eventualmente anche lungo, a partire dall'indebita erogazione e� se per tutto questo tempo debba permanere lo stato soggettivo, ove e� nei limiti in cui lo si I1itenga oondizionante; g) se, nei limiti di cui all'art. 3 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, e successive integra2lioni, una volta ammesso o imposto il reoU1pero, possa individua.risi una percentuale sUJl trattamento economico mensile da rite-nere congrua per definire la rata di trattenuta; g bis) quale sia i11. parametro su oui calicolare detta peroentuale: se, cio�, il trattamento stipendiale o la retribuzione complessiv.a; g ter) se la pel'Centuale vaida imputata in misura f:1ssa a;J.fa situazione� economica esistente a11'epoca della dete:mninazione del reoupero, ovvero. se la P.A. possa dinamicamente conformare la pel1Cenrtuaile e, quindi, aggiornare periodicamente fa trattenuta, anohe per tener presente il termine quinquennale massimo cui sembra aooennare l'art. 3 d.P.R. 30 giugo 1955, n. 1544; h) a tal proposito, ove si ritorni aH'esigenza di valutazione della. 1 pesantezza della situazione imposta al percipi.ente in comparazione con l'interesse pubblico al recupero, se in un simi[e giudizio entri anche: l'apprezzamento sUilla prospettiva di durata delle trattenute. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 Luglio 1991, n. 7844 -Pres. Scanzano -Est. Ca11bone -P. M. Zenna (conf.) -ENPAM (avv. Manferoce) c. Ministem delle Fiinanze (avv. Stato PailatieLLo) . Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone giuridiche -Enti non commerciali -Interessi passivi sui mutui fondiari -Deducibilit� Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 21). Per gli enti non commendali soggetti all'IRPEG, non sono deducibili dal reddito gli interessi passivi 1sui mutui fondiari inerenti a fabbricati dati in locazione, perch� a norma dell'art. 21 d.P.R. n. 598/1973 gli inte~ ressi ed .altri costi sono 1deducibili solo nel 1oaso che l'ente :eserciti una attivit� di impresa (1). (omissis) Con il primo motivo del proposto ricorso l'Enpam censura l'impugnata sentenza. per violazione del secondo comma dell'art. 21 d.P.R. n. 598/1973, nonoh� per motivaz:ione insufficiente e contraddittoria, per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il presupposto per la deduzione degli intereS1si passivi sarebbe lo svolgimento di un'attivit� commerciaile. La lettera e la ratio della norma consentono, invece, di interpretaTe la disposizione nel seniso del.ila ded'l.llCibilit� degli interessi paisisivi a prescindere daill'attivit� svolta, assimilando in definitiva il trattamento degli enti non commerciali a quello delle persone fisiche. La censura non � fondata e come taile non pu� trov�are accoglimento. La Co~te ha aocertaito incontestabiimente ohe 'l'Enpam ha solo redditi da capita:le e fondiari, queSiti uJHmi relativi ad immobili non strumentaili, ma dati in locaz:ione a terzi. Proprio per hl reddito derivante dalla locazione di fabbricati di propriet� de1l'Enipaim, rispetto ai quali non sono previste specifiche detraz:ioni, � sorto iJ1 probtlema di un'1interpretazione del secondo comma dell'art. 21 d.P.R. 598/1973 che potesse con (1) Decisione di evidente esattezza. Di norma l'ente non commerciale � soggetto all'IRPEG soltanto per i redditi fondiari e i redditi di capitale per i quali non � ammessa alcuna deduzione di costi ed oneri. Secondariamente l'ente pu� esercitare una limitata attivit� commerciale, anche se occasionale; solo in tal caso e nei limiti di questa saranno deducibili costi ed oneri, compresi gli interessi passivi. 556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentire la detraibilit�, dal reddito complessivo imponibile, degili interessi passivi per i mutui relativi agili immobili dati in locazione, cos� come �, invece, prev.isto e disdpUnato, peraltro entro determinati e precisati limiti, in tema di Ir:pef per le peiisone fisiche dall'art. 10 d.P.R. 597/1973. Ma l'interpretazione della norma proposta dai contribuente non � affatto convincente, per cui non pu� che avere una r.i:sposta negativ;a. Per contrastare la soluzione adottata da11a corte territoriale, secondo cui il secondo comma dell'art. 21 del d.P.R. 598/1973 subordina la deducibilit� degli interessi passivi per i mutui fondiari all'osservanza delle disposizioni del d.P.R. 597 del 1973 relativo al reddito di impresa -per cui tali costi devono indefettibiilmente rifel'i11si ad un'attivit� commerciale -con contabilit� necessariamente seprurata -, la ricorrente si avvale di una duplice argomentazione letterale e contenutistica. Sotto il primo profilo, sostiene la ricorrente che solo i.il 1� comma dehl'airt. 21 fa riferimento a.Me attivit� comme11ciali esercitate, mentre il sUJOCessivo comma, secondo cui � gli allitri costi ed oneri, compresi gili interessi passivi sostenuti nell'esercizio di attivit� i cui redditi concorrono a formare il reddito complessivo imponibile sono deducibili a norma delle disposizioni <Ciel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, relative al reddito di impresa se le ,attivit� stesse sono gestite distintamente e con contabilit� separata�, tenendo conto dell'uso del plUI'ale, dov;rebbe leggersi nel senso che tutte le attivit� reddituali e non solo quella commerciale, purch� dotate di �Contabilit� separata dovrebbero tener conto delle componenti negative .dell'imponibile, mentre l'espresso riferimento al reddito di impresa an �drebbe considerato oome semplice qualit� di esecuzione degili oneri stessi. La tesi non � per� fondata in quanto non � conforime �ai canoni ermeneutici �Scindere il contesto normativo espellendo la parte �che � stata posta a fondamento della decisione impugnata. Il citato art. 21, al secondo comma, prevede la deducibilit� di costi, �oneri ed interessi passivi sostenuti nell'�esercizio di attivit� commerciali i cui redditi concorrono a:l1a formazione del reddito complessivo imponibile a norma de1le disposizioni relative al � reddito di impresa se le .attivit� stesse 1sono gestite distintamente e oon oontabrlit� separata�. Non c'� dubbio, anche per l'assenza di interpunzioni, che il riferimento .alla contab1lit� separata � direttamente connesso e funzionale all'attivit� �Commerciale. Nella normativa fiscale, come in definitiva riconosce �anche il ricorrente, �solo per l'attivit� commeociale ill reddito di impresa � un reddito sostanzialmente globale che tende a riportare i singoli addendi .in uno schema unificante, da cui il rilievo per le contabilit� �separate. Per le attivit� redditizie che non costituiscano attivit� di impresa degli .enti non commerciali non si richiedono scritrure contabili e, pertanto, .non sorge alouna necessit� di dar luogo a contabilit� separate, come .accade �appunto per i redditi fondiari o per que1H da oapitale (dr. anche .art. 21 e ss. e 41 e ss. d.P.R. 597/1973). La previsione della contabilit� PARTB I, SEZ. Vi GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA s�,t:)iittM~ hl.t:, qui#di1~a��$1'$ ;ragi~ .'tf~ere '.PWO]?d.o neJil'eventuale poasib~ l(lc 1aitijllit����9.fufuer,cial.e, ~heo�'aisionade;;��ip0$ta�!in��essere� Jd�gli. �enti non, cort�:nleroi�!llli �/ secondo�� J'!�Spresisa .� P.t:�Vi�sione d�ll'airt. � 1!:Lper ilquale, ..re4i:iit0�complessivo��degli�.enti� di.. cui�al.. titolo..tetzodel d�P.R�� 599/1973...�,...,. en#{ di c.Lalla . letter:t:t e) �deWt:trt� 2 dell<,> stesso: i;l�P~~� 4;;.< puj) essere com �J:19~tQ.:���� ��~)����c:J.a����.t~<J.clj,#'�� �fotjdii:~r1<��.��o....�4.i� .ifa.tur~���� ~dnd�ada;.��.bl� da redditi.�di .� .�~p##l~1���6)���4~�*l@t#i�.��4et{V':lfu.#.��<f'Wes'�iciiid�iffiflie���o��a:s?Q#aje.��4i�'attivit� .:~#l.etciiff'.j�:L<.:::� ..........>.�.......... �..................................................................../ � ������ ���������� ����������<�������� .................. l'{C>h.isi tratta C!!\t�IJ:1di �li aj:ia nC>I�lla�� �� fu,Utiile � o �~eori�ticaȥ� ma di~ 1dirSl'o&i.Ziarl:e che rip!>i&enta1ln �corollario/ma anche una con� ~~*��9'.~��$�S.t~mfl'1 cl}' 1'1~ )1;91uto�.J?~��l.~�"21tti'1t~..41' ~p:tes~rseJ?:l)ene�� eserci� .�~t#��:ill�c��\Pwfe$fioAf:tl~##~~�e��� per .fo���PitJl��:'lia�ᥥJ?arte�di����ttn.ᥥ��.e1lte���no11 �.�eco: g~mico,;.::4Qi����-st~~ �t\t'.attaa:ri;~~9����'I?t:op.rio��� delil~Mti.vit���4i .. impresa��� col'.i:illlerciaile,< l�'.l fi� �di evitare diiffere.fu:i:azronl nelta �clisciplma di.�.�questo tipo di� atti:vit� :ftl��.~i~,.�,del.. �O'ggett6.. che�� l'e$1i}~itii:tl�ᥥᥥ�� ������ᥥ�ᥥ ��@�he��ml. :$~�j.]'J;<i@��:P#&flllo~��~�latiya:;aJ;t~�ra:Ho~� non����:��fondato�.��Secondo ll�ᥥ��~trentef���U������d~@Sll~~��.. n;fu��.�:�:avrel:>he��.vo1l:tto�ᥥ� 1*rseguJ.fu;��� il.14a�ᥥ���parcotu1: wia tra d:tfipr&ecOri:itnel"Ci�dl in genere ed e:ventuali attivit� eom 1 meJ:lcia!ij di enti hOII:! con:l1Ji:�terci'ali; ~epevch~ non �avrebbe a~tcf bisogno.� ���� di����c()nfi;�rin.l;lii;e ..�.�Wl��� prmcipio����� ricavabiie anche� �.. (( aliunde �>����bens� perseguire �un'incisiva aiSlsimMazfone degrli enti non commerclaili oon le p�l'$:one .ffsi<:he �, ri<m .�~muta-ta:>alil� determinazione�.. del reddito eompfossiv� imp�nibile; ..��senza .j~ momenrto>uruficante proprio del�ᥓt'eddito�.�di in:lpresai ma estesa �ni�h11f a!Ha deducibilit� di aJouni<oneri come gli iiltete$ si paissivi m @rlnallla icon l'art 10. deld.P.R, 59711973,Matil rlichiamo all'art.<10 non � pertinente~ perch�. relativo: agli oneri 'C.educibilLdatreddito oom:Plessivo ai fini lliPef;; mentre; ne1Jla specie �si vor�t'ebbero detrairre gliinteressipaS>sivi sui mu:tui follidiari per uria riduzione deiWifo.r� bQltre, l'analisi ~menta e 4]sincantata� :del ��testo nonnativo,� �secondo���corretti ptiniciipl el�lileneutid coll�dUJCe � ritenere che et�fettiv�mente i1:�legislatore h:a V�lut��� eviitare1 �in tema di enti non �i0nomicl che svolgessero e:.niche Sa'lti'U:\:tiamente, t\tti'lliit� d'Imp�l'esa; dubbi, mcertezze1 interpretaziQlli oscil� lanti, preferendo che l'interprete �non rk:avasse � .<~ aliu.nde >~ la . disciplina, ma ila �t'itrovarsse iin sede propda in piena armonia con fa disciplina .tributaria dell'attivit� �cOlfnril~irue~ In altri temni�ni, :il 1egi:s'liattore pre.vedendo una posisibile�i eventi;laile attivit� d'itqpresa degrlLenti non���economichha ritenutcFdi dare. dlevanza alle <c�mponenti negative dell'imp<:lnibilc:ii s:e ed in quanto it reddito d'impresa. si:a . .gestito distin1laanente e con< contabilit� separata, garantendo, solo in :presenza di questi presupposti, qUelil� parit� di trattamento oon�da�. nonnale attivit� di �impresa, Pertanto, la determinazione del .reddifto complessivo ai fini Irpeg degli enti non commeociali, va effettuata secondo ile nc>rme specifiche deille singole categorie di reddito; ed iil particolare, per i redditi fondiari basati sulle risultanze catastali, non sono previste specifiche deduzioni, n� � ipotizzabUe 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'applicazione ana:logica di esenzioni dettate per le sole pe11sone fisiche in altra sede e per altra imposta; n� � infine invocabiile per fa perseguita detrazione degli interessi passivi il �secondo comma del ricordato art. 21 che � invece appilicabile come gi� dlevato ail:la sola attivit� d'impresa. In vi:a subordinata il riconrente .ripropone in questa <sede profili di incostituzionalit� dell'art. 21 secondo comma, in relazi()[le agli artt. 3 e 53 Cost., gi� approfonditamente esaminati e motivatamente trespinti dalla Corte territoriia:le. Poioh� non sono stati offerti elementi diversi da quelli gi� disattesi con una motivazione logica e convi111cente, immune da errori o da vizi logici, in questa 1sede � sufficiente ribadire che non sussiste alouna violazione del principio di eguaglianza di cui a11'airt. 3, perch� la deducibilit� degli interessi sui mutui fondiari, in trelazione a redditi divel'.'si da quelli d'impresa � prevista solo per Je pel'.'sone fisiche ai fini Irpef, e rientra pertanto nella discrezionalit� del legislatore che si sottrae al giudice delle \leggi (art. 28 Jegge Cos�t. 37/1953) disciplinare fattispecie relative a soggetti diversi in modo diverso, senza che si possa taicciar�o di �discriminazione� o �di �irragionevolezza�; non 1sussi�ste nep I @ pure la dedotta violazione dell'art. 58 in quanto il reddito non subisce l'affermata �doppia imposizione �, ma � colpito una sola volta in capo al ricorrente oon aliquote razionalmente proporzionate a'l!l'ammontaire del reddito stesso. ~ T�anto premes1so, osserva il Collegio che il ricorrente ha inteso far valere la predetta violazione di legge in relazione al secondo comma dell'airt. 21 del pi� volte ricordato d.P.R. 598/1973 senza richiamare , I l'art. 109 del nuovo testo unico 22 dicembre 1986 n. 917, cos� come I � ~ modificato da:l d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 contenente disposizioni correttive e di coordinamento siisternatico4'onnale del predetto T.U., pubblicato sulla Gazzetta Utfiiciale n. 49 del 29 febbraio 1988, anteriormente ' al ricorso che risale al settembre. Ed infatti mentre l'art. 135 del T.U. considerava l'entrata in vigore della nOl'Inativa del nuovo testo ~ unico con decorrenza 1� gennaio 1988, l'art. 36 del predetto d.P.R. 42/1988 I riconosce efficacia retroattiva a tutte [e disposizioni del T.U. 917/1986 per I i rapporti non definitivi pu:och� conformi �aihle nuove disposizioni, tran ~ ne le eccezioni espressamente previste dallo �stes1so capo III (art. 20 -36) del d.P.R. 42/1986. In proposito rairt. 29 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42, in deroga alla norma de1l'art. 36 esplicitamente rinvia l'applicazione dell'ar. t. 109, secondo e terzo comma, che sostituiscono gli attuali commi secondo e terzo dell'art. 21 a periodi di imposta successivi al 1� gennaio 1988. Con il secondo motivo del proposto ricorso J'Ellllpam deduce violazione del terzo comma dell'art. 21 d.P.R. 598/1973 nonch� motivazione r: insufficiente, in quanto la predetta disposizione non presuppone lo ili svolgimento di un'attivit� commerciale senza contabiUt� !Separata, perch� altrimenti sarebbe inutile, ma si applica anohe all'attivit� diversa da !! !! 1�: fil fil I & r, -:Y..,,Will,:~h.%:,-fa/~,,-b.ml.r~#iirl/llTISJJ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA quella commerciale. A ,sostegno si deducono alcune risoluzioni ministeriali e la relazione all'art. 109 del nuovo T.U. 917/1986 che, come tale, concerne periodi di imposta succesisivi al 1� gennaio 1988. Anche questa ceillsura non � fondata. L'interpretazione del terzo comma dell'art. 21 non pu� essere avulsa da quella relativa aJl secondo comma poich� l'ultima disposizione si pone logicamente come una vairiante dehla precedente per J'ipotesi in cui ID.On vi sia la contabilit� separata. :� questo e non altro il significato dell'espressione �in mancanza della contabilit� separata �. IJ chiaro ed inequivoco collegamento con il comma precedente, alila stregua delle considerazioni gi� svolte, consente di affermare che la deducibilit� di cui al terzo comma dell'art. 21 presuppone pur sempre un'attivit� di impresa non accompagnata da contabhlit� separata. Negli stessi termini anohe le <risoluzioni ministeriali di tenore del tutto divel1So da quello affermato da:l ricorrente (dr. ris. min n. 11/273 del 10 marzo 1987 -dir. gen. II.DD.). Proprio in tema di deducibilit� di oneri per gli enti non commerciaili di cui aJl terzo comma dell'art. 21, si � ribadito �ohe il criterio proporzionale di deducibilit� dei costi non pu� che essere posto in connessione ai proventi ed ai costi relativi alle attivit� commerciali eventualmente esercitate�, in quanto tutti i redditi di natura diversa da quella commerciale che concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile degli enti non commerciali non ammettono deduzione dei costi. N� vale addurre una pretesa, diversa dispairit� di trattamento che potrebbe verificarsi tra enti ID.On commerciali che svolgono sia pure in minima parte, attivit� commerciale in concomitanza con la gestione di immobili non strumentali ed enti non commerciali che posseggono, come nella specie, solo redditi fondiari, trattandosi di una conseguenza connessa ai diversi presupposti giuridico-economici riguardanti le diverse fattispecie distintamente regolamentate dailila normativa fisca[e. In conclusione, come ribadisce H quinto comma delil'art. 4 del d.P.R. 599/1973 per i redditi fondiari degli enti non commerciali (art. 2 lett. e del d.P.R. 598/1973) l'imposta � 81]'.>plicata separatamente. La disposizione trova conferma netl'attuaile primo comma dell'art. 109 T.U. 917/1986, la cui normativa, non � stata invocata, n� � 81]'.>'.]Ylicaibile alla fattispecie. Ed invero, i commi secondo e terzo delil'art. 109, del predetto T.U. disciplinano 'soltanto i periodi di imposta successivi al io gennaio 1988 (cos� ex ar,t. 29 d.P.R. 42 del 4 febbraio 1988). Ma anche l'ai:rt. 110 del nuovo T.U. concerne, com'� evidente, soltanto redditi di impresa per cui non � applicabile a:1la fattispecie. Giova da ultimo osservare che per gli immobili non strumenta:li (e tali sono quelli in oggetto) anche '1'ultimo comma dell'art. 108 del nuovo T.U. prevede l'applicazione separata dell'Ilor pur quando si tratti di immobili relativi all'impresa. Il Ticoriso va peTillanto mspinto. (Omiss,is) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 560 I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1991 n. 7959 -Pres. Falcone -Est. Vignale -P. M. Amiirante (conf.) -Composti (avv. Gentili) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pail.atiello). Tributi in genere � Accertamento -Motivazione -Funzione � Mutamento in giudizio dei presupposti di fatto -Inammissibilit�. Poich� la funzione della motivazione dell'accertamento � di garantire al contri.buente la possibilit� di apprestare una adeguata difesa nel procedimento contenzioso. e di delimitare in via definitiva il thema decidendum contenendolo nei fatti specificati nell'avviso notificato ai contribuente, non � consentito nella fase processuale n� all'ufficio integrare la motivazione deducendo fatti nuovi n� al giudice valutare la fondatezza dell'accertamento sulla base di fatti diversi da quelli conte� stati al contribuente con l'avviso di accertamento (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1991 n. 7842 -Pres. Montanari Visco -Est. Sgroi -P. M. Golia (conf) -Camerino c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi). Tributi in genere . Accertamento -Qualificazione giuridica del soggetto passivo � Mutamento in sede contenziosa � Societ� di fatto e organiz� zazione di persone � Inammissibilit�. Ove l'ufficio con l'avvdso di aocentamento abbia qualificato il destinatario come societ� di fatto (come tale soggetta al regime dell'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973 ai fini IRPEF e direttamente soggetta all'ILOR)\ non pu� il giudice qualificare lo stesso soggetto come organizzazione senza personalit� giuridica (soggetta direttamente all'IRPEG e all'ILOR), poich� sono diversi nei due casi sia i regimi di imposizione sia le regole' del procedimento (2). (1-2) La prima sentenza, prendendo le mosse da premesse ormai pacifiche. nella pi� recente giurisprudenza, ne trae conseguenze esatte in termini generali: se l'accertamento definisce il thema decidendum non � consentito discostarsi da esso. :t:\ cos� evidenziata la funzione processuale dell'atto di accertamento (BAFILE, L'accertamento come atto processuale, in Rass. trib., 1987, Il, 1). Ma di conseguenza la motivazione dell'accertamento va considerata appunto in termini processuali, come determinazione della cosa oggetto della domanda (art. 163 n. 3 e 164 c.p.c.) e non in termini di provvedimento am; ministrativo. Ne discende che il minimo necessario della motivazione � sol PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 I (omissis) Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente censura la decisione impugnata per aver legittimato la pretesa impositiva, basandola su presupposti differenti da quelli dell'aocertamento e su una distinta causa petendi, cos� sottraendo al contribuente la possibilit� di far valere le proprie ragioni nell'intero giudizio di merito ed alterando sia iJ fondamento che i modi e gli esiti dell'accertamento induttivo adottato daH'ufficio. Osserva, inoltre, che l'adozione di tali nuovi presupposti a contraddittorio ormai esaurito finisce con lo svalutare la stessa plausibilit� del1a presunzione di posrseS1so dei redditi. Col secondo motivo, critica la decisione, in quanto fondata su una ordinanza istruttoria adottata d'ufficio, nell'esercizio di poteri inquisitori non spettanti per legge alla Commissione Tributaria Centrale. Col terzo motivo, la ricorrente deduce che la C.T.C. non ha tenuto conto della posizione reddituale di suo mrurito, al quale dovevano essere riferiti i redditi in questione. Denuncia, inoltre, l'omessa motivazione della decisione in merito alla questione relativa al fatto che il predetto consorte, in base al d.l. 5 novembre 1973 n. 660, convertito in legge 19 dicembre 1973 n. 823, nel vigore de1la ,legislaZiione sul oumulo dei redditi tra i coniugi, aveva presentato domanda di condono per l'imposta com tanto la precisazione degli elementi di fatto (che non possono essere totalmente modificati ma sono suscettibili di precisazioni e sviluppi, anche a seguito delle eccezioni dedotte dal soggetto passivo con il ricorso). Non sono invece elemento necessario della motivazione le ragioni giuridiche, che in .<elazione al fatto contestato producono gli effetti, che possono non essere espresse o, se specificate, possono essere modificate o integrate in giudizio ed anche applicate di ufficio (iura novit curia); in particolare il giudice se ritiene non fondata la motivazione in diritto non pu� annullare l'accertamento ma deve valutare se la pretesa tributaria sia fondata in base a ragioni giuridiche diverse. Anche nelle fasi di gravame, se resta immutato il petitum pu� essere ampliata, puntualizzata ed anche modificata, la causa petendi. In buona sostanza, ragionando in termini di atto processuale, diventano assai rare le ipotesi di nullit� dell'accertamento (come assai rare sono le ipotesi di nullit� della citazione). Una direttrice diversa segue la seconda sentenza: sulla premessa che il processo tributario, pur rivolto all'accertamento dell'obbligazione, � strutturato come impugnazione di atti dei quali va verificata la legittimit� anche formale, ritiene che il giudice, che non pu� sostituirsi all'Amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei presupposti del rapporto di imposta, deve arrestarsi all'annullamento dell'atto che si presenti viziato nella iJentificazione del soggetto passivo e non possa quindi dare al destinatario dell'accertamento una qualificazione giuridica diversa da quella contenuta nell'att0 dell'ufficio (nella specie qualificare come organizzazione senza personalit� giuridica non appartenente ad altri soggetti e::1. art. 2 lett. b) d.P.R. n. 598/1973 e ex art. 2 d.P.R. 699/1973 quella che l'ufficio aveva individuato come societ� di fatto ex art. 5 d.P.R. n. 597/1973). Bench� non si ponesse un 562 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO plementa:re relativa agli anni precedenti, tal che il relativo rapporto doveva ritene11si esaurito ed insruscettibHe di modifica da parte dell'Amministrazione finanziaria. Con l'ultimo motivo, la ricorrente osserva che la C.T.C. ha attribuito all'acquisto del predetto pacchetto azionario valore di prova di una capacit� contributiva inesistente, sia peroh� quell'acquisto si inseriva in una fattispecie di negozio fiduciario, sia pe11ch� il semplice acquisto di una partecipazione azionaria non pu� di per s� costituire indice significativo per un �accertamento d'ufficio, sia infine perch� in tutti gli atti di causa manca ogni indicazione dei fatti-indice riferibili alla ricorrente, agli effetti dell'art. 137 D.P.R. n. 645 del 1958. Rileva, infine, che l'Ufficio finanziario ha confuso tra beni di spettanza dell'impresa commericiaile gestita neHa fovma della S,p.A. Albergo d'Inghilterra e beni di appartenenza pe11sonaJe della ricorrente. Il primo motivo di ricorso � fondato. Ri:sulrta dalla stessa decisione impugnata ohe l'aiocertamento tributario fu basato sull'appartenenza, alla contribuente, di azioni della S,p.A. Albe11go d'Inghilterra, da:lla stessa alienate a terzi nel 1973 per una cospicua somma e, pertanto, ritenute daill'Amministrazione fonte sicura di reddito nei cinque anni anteriori alla loro cessione. Orbene, come questa Corte ha gi� altre problema di contraddittorio e bench� l'accertamento fosse fatto in assenza di dichiarazione, la sentenza ritiene che l'inesatta individuazione del soggetto passivo comporta la nullit� dell'atto nella sua interezza anche per la parte relativa all'ILOR che sarebbe stata in entrambi i casi dovuta dall'ente comunque qualificato. La seconda sentenza non nega soltanto il potere di modificare i presupposti di fatto che delimitano l'oggetto della controversia, ma esclude altres� il potere di apprezzare, diversamente dall'ufficio, le ragioni giuridiche che a quel fatto vanno riferite. Ci� significa che nel processo l'accertamento non � riguardato come atto processuale che enuncia una pretesa di cui va verificata la fondatezza ma come provvedimento di cui va verificata la perfezione. Questa impostazione non pu� essere condivisa. Le motivazioni giurdiche in genere e le qualificazioni giuridiche soggettive in particolare non possono mai essere poste come dati infallibili dell'accertamento: il giudice non pu� annullare l'atto imperfetto nella qualificazione giuridica, ma deve correggerlo, fermi rimanendo i fatti storici materiali, se � stato osservato il rispetto del contradittorio. La situazione di specie � poi emblematica proprio di quell'interesse, inteso nella sentenza in senso capovolto, a non lasciare senza imposizione una manifestazione di reddito per la difficolt� di individuare un soggetto che di esso sia � possesore �; quella singolare idea di �altre� organizzazioni (di persone e perfino di beni) senza personalit� giuridica sulle quali il reddito va a fissarsi, perch� non appartengono ad altri soggetti, � per l'appunto concepita p\!r evitare che formalismi sulle qualit� soggettive possano dare occasioni a produzione di redditi in terra di nessuno. Una tale norma per l'appunto di chiusura, come la sentenza pur riconosce, che non esita a introdurre nel- I .. l PARTB I; SEZ, V,.� GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 volte chiarito, nella. cUi&ciplina .. del contenzioso tributario di cui al D.P.R. 26. ottobre 1972 n.�. 036, i!l processo �� strutturato come� impugnazione di spe�ifici provvedimenti dell'Amministrazione ed il giudizio concerne la legittima formaile e . sosta.nziaie di tali >atti, . sic.ch� l'indagine .. sul. rapporto.� � d!impnsta>resta consentita nei limiti in cui si debba���accertare l�ᥥ�W.Cortenza.�dei�.�Pi:'esuppo$tl���df!1tl:a.!�.�Pretesa.�fiscale .assunti .a��� fondamento cteglL1:1;tti. rnedesinil (cfr. Cass. 2 �aprile. 1986 n� 2246; 3 marzo 1986 n; �� 1322). :ta motivazione dell'aa:ertamento �s.volge;. pertanto; la funzione di garantire al contribuente Ja possibilit� �di appa:estare w�tdeguata: � difesa per ilprocedill);ento innanzi .. alle commissioni ..tributarie e dk �.elimitarne in vi� definitiva il thema decidendum, contenend<*o nell'ambito dei fatti specificati. nell'avviso notificato ai1 contriibuente; Conseguentemente, se, per un verso, rimane precluso all'Amministrazione finanziaria integrare tali motivi nel corso del giudizio tributario, indicando per la prima volta in tale sede fatti non contestati prece�.entemente in via amministrativa, per altro verso, e a maggior ragione, neppure al giudice tributario � dato valutare la fondatezza del ricorso sulla base di fatti diversi da quellt. contestati al contribuente con l'avviso di accertamento; � accaduto, invece, nella fattispecie, che di fronte alla prova che negli anni 1969 e 19701 16 azioni della S.p.A. Albergo d'Inghilterra non potevano aver reso alla .� �ontribU:ente ilreddito accertato� (per il motivo che la l'ordinamento tributario una capacit� pi� ampia di quella di diritto comune, non pu� . essere intesa . nella direzione di creare nuove ragioni di �nullit� dell'accertamento ove in situazio;ni ta:nto singolari e. rare l!ufficio non abbia saputo ricercare la soluzione giuridica perfetta. L'ufficio deve ovviamente indicare il fatto che ha dato luogo alla manifestazione di reddito e stabilirne la l11isura, e questo � imprescindibile; l'�ccettament� conterr� poi anche molte o poche q�alificazioni giuridiche e interpretazioni, ma queste sono ipotesi o proposte che possono essere discusse e modificate in giudizio, anche d'uf. fido, .con le conseguenze che ne derivano anche sulla imponibilit�. Se l'ufficio con im .accertamento qualifica un soggetto come imprenditore titolare di un determinato reddito imponibile a fini IRPEF e a fini ILOR, il disconoscimento in giudizio della qualit� di imprenditore non dar� luogo all'artnullament� integrale dell'accertamento (con il risultato che nulla � dovuto) ma <td �n; diverso accertamento dell'obbligazione: l'ILOR sar� dovuta s.olo sui redditi fondiari, l'attivit� produttiva sar� t;;tSsal:>ile come reddito di lavoro autonomo, il frutto dei capitali non sar� . pi� una componente del reddito di impresa ex art. 44 ma un reddito di capitali ex art. 41 e cos� via. Ma non si pu� affermare che la diversa normativa stabilita per l'accertamento delle diverse categorie di soggetti dagli artt: 38 e 40 del d.P.R. 660/1973, che � poi una normativa pi�. esplicativa che precettiva, deve essere rispettata a pena di . nullit�, meno che mai .quando non esist(;l una dichiarazione ed � problematica l'individuazione del soggetto passivo. Naturalmente quanto detto vale anche per il contribuente: se nella .dichiarazione sono indicate erronee qualificazioni giuridiche si -proweder� a correggerle senza parlare di dichiarazione nulla. � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stessa aH'epoca non le aveva ancora acquistate), il giudice del merito ha dichiarato ugualmente legittimo l'accertamento tributario per quegli anni, imputando il reddito oocertato al pos,sesso non pi� delle azioni, ma della notevole somma di danaro necessaria, nel 1971, all'acquisto delle azioni stesse. Pertanto, la prima censura deve essere accolta, restando assorbiti gli ailtri motivi d'impugnazione. La decisione deve, conseguetemente, essere cassata, con rinvio ahla Commissione Tributaria Centrale, che proceder� ail riesame della controvernia nel rispetto del principio che non � consentito al giudice tributario modificare i termini della contestazione originaria contenuta nell'avviso di accertamento e di valutare la fondatezza del ricorso del contribuente alla luce di elementi diversi da que11i specificati nell'accertamento stesso, ancorch� idonei a legittimarlo. (omissis) II (omissis) Col primo motivo, i ricorrenti denunciano l'illegittimo mutamento da parte del giudice tributario del contenuto dell'accerta mento, la violazione dei principi risulltanti dal D.P.R. n. 636/72 e la viola zione degli artt. 2, D.P.R. n. 599/73 e 40 D.P.R. n. 600/73, nonch� la violazione dell'art. 101 c,p.c., in relazione dehl'art. 360 n. 3 c.p.c., osser vando che il giudice tributario non poteva modificare l'avviso di accerta mento, senza con ci� esorbitaire dai suoi poteri e ohe era ina:ocettabile l'affermazione secondo oui quell'avviso avrnbbe chiaramente individuato il soggetto passivo d'imposta e che pertanto non inciderebbe sulla legittimit� di esso la questione della giuridica esattezza della defini zione di esso come societ� di fatto, perch� fra questa e un'organizzazione cli beni e di persone non vi � alcuna fungibilit�, ma anzi una differenza radicale sul piano tributario. La societ� di fatto � soggetto passivo solo delil'ILOR e pertanto la base imponibile � determinata secondo le regole IRPEF (ex art. 4 D.P.R. 599/73) ed � imputata automaticamente ai soci ai fini IRPEF /o IRPEG); per tale soggetto, l'accertamento tributario � comipiuto, ex art. 40 secondo comma D.P.R. 600/73, con unico atto, ai fini dehl'imposta locale sui red diti dovuta dalla societ� ed ai fini dell'imposta sul reddito dovuta dai soci. L'organizzazione di persone o di beni che realizza il presupposto del tributo in modo unitario ed autonomo � in primis soggetto passivo dell'IRPEG ex art. 2 D.P.R. n. 598 del 1973) e solo in via derivata soggetto pas1sivo dell'ILOR; il reddito da essa prodotto � pertanto determinato secondo le vegole IRPEG (ex art. 4, terzo comma D.P.R. n. 599 del 1973) ed � imputato ai soci non automaticamente, ma solo se ed in quanto sia distribuito aw!i stessi, ex art. 42 D.P.R. n. 597/73). Ne deriva che '566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO <lell'an e del quantum deJJl'obbligazione ex lege, avviene in funzione del provvedimento impugnato, in quanto il giudice tributario deve accertare (nei limiti della contestazione) i presupposti materiali e giuridici della pretesa dell'Amministrazione assunti a fondamento dell'atto medesimo. Anche ai fini della tutela giurisdizionale si pone in primo piano l'esevcizio del potere di imposizione, che si intrinseca in una serie di atti (normativamente predeterminata) e la pronuncia del giudice si <leve arrestare all'annullamento dell'atto impugnato se i vizi che lo inficiano incidano sulla sostanza del rapporto, non potendo il giudice sostituirsi all'Amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei presuwosti del rapporto d'imposta (che devono essere ahlegati dall'Amministrazione) (dr. Sez. Un., 3 marzo 1986, n. 1322; 3 giugno 1987, n. 4853; 26 ottobre 1988, n. 5783). Il problema di causa concerne l'identificazione del soggetto dell'imposta. Ai fini dell'ILOR sono soggetti passivi Je pevsone fisiche, le societ� di ogni tipo, comprese le societ� semplici, in nome collettivo e accomandita semplice e gli enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni non riconosciute nonch� le altre ovganizzazioni prive di per. sonalit� giuridica, non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto deH'imposta si verifichi in modo unitario e autonomo (art. 2 D.P.R. n. 599 del 1973; art. 116 diel t.u. 22 dicembre 1986, n. 917). Nell'avviso di accertamento -come risulta dalla sentenza impu_ gnata -fil soggetto passivo era stato identificato in una societ� di fatto fra i comproprietari dell'immobHe, avente come scopo l'alienazione del fondo. Ai sensi deH'art. 5 terzo comma lettera b) del D.P.R. n. 597/73 ,(art. 5 del t.u.) le societ� di fatto sono equiparate alle societ� in nome �collettivo o alle societ� semplici, a seconda che abbiano o non abbiano per oggetto l'esercizio di attivit� commeociali ai sensi dell'art. 51; e poich� era stato, nella specie, applicato l'art. 76 del D.P.R. n. 597, l'Ufficio non aveva ritenuto l'esistenza di un reddito d'impresa, ma di un �reddito diverso�, per cui l'equiparazione andava effettuata con le �sodet� semplici �. La commissione tributaria ha ritenuto che una societ� non esistesse, perch� non ne sussistevano gli elementi costitutivi indicati dall'art. 2247 e.e. (contratto col quale due o pi� persone conferiscono beni o servizi, per l'esercizio in comune di un'attivit� economica, allo scopo di dividerne gli utili); ha per� ritOOJU.to che esistesse un altro soggetto passivo dell'ILOR, e cio� la comunione di cui all'art. 2248 e.e., qualificata come � organizzazione priva di pevsonalit� giuridica, non appartenente ad altri :soggetti passivi, nei confronti della quale hl presurpposto dell'imposta si .� verificato in modo unitario ed autonomo) (limitatamente ai comproprietari di 7/10 dell'immobile), ritenendo del tutto irrilevante l'erroneit� della qualificazione giuridica quale societ� di fatto del soggetto passivo PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dell'imposta, in quanto non incideva sulla legittimit� dell'avviso di ac� .certamento, che comunque aveva chiaramente indicato il suddetto sog� getto passivo). Le affermazioni della e.e. non possono condividersi. In primo luogo, non � corretto ritenere che l'esatta identificazione del soggetto passivo potesse desumersi dal fatto ohe il. processo tributario si era svolto nel pieno contraddittorio di tutti gli interessati. � evidente che se alcuni soggetti (persone fisiche) compongono quell'organismo che � la societ� �di fatto, secondo l'assunto dell'Amministrazione, essi sono indicati nell'avviso di aiocertamento e possono impugnarlo; ma tale possibilit� di impugnazione attiene alla regolarit� del. processo, non alla regolarit� .dell'avviso che ne costituisce l'oggetto e ohe pu� essere contestato proprio sul punto preliminaTe dell'esistenza del soggetto passivo. In secondo luogo, non � soltanto questione di qualificazione diversa <lei medesimi elementi di fatto, in quanto fra la societ� e l'organizzazione di cui alla legislazione fiscale esiste (oltre che la differenza notevole di regolamentazione giuridica posta in luce dai ricorrenti, su cui si torner� infr.a) una dive11sit� di elementi costitutivi fattuali, che sono il presupposto della diveI1Sa qualificazione. La formula della legge tributaria � originata da esigenze pratiche .di accertamento, in capo ad un soggetto, di materia imponibile. Detto .soggetto deve essere centro autonomo di imputazione di rapporti giu ridici, e cio� capace di possedere un reddito anche indipendentemente �dal godimento della personalit� giuridica, in maniera indipendente da .alltri soggetti passivi di imposta, di guisa che non � sufficiente la mera .autonomia patrimoniale, ma � necessario che l'organizzazione non sia "compresa in una pi� ampia organizzazione di altro soggetto passivo. In sostanza, si tratta di una previsione fiscale di chiusura basata sull'esigenza di ricondurre ad imposizione anche figure atipiche, che potrebbero .essere create ad hoc, sia per finalit� legittime che per finalit� di elusione d'imposta. Secondo un'altra dottrina, pi� che all'esistenza di un centro autonomo di rapporti, la norma fiscale ha riguardo principalmente all'esistenza del presupposto di fatto delil'imposta, visto come .momento unificatore delle varie possibiH comiponenti di reddito, ferma l'esigenza dell'indipendenza da altri soggetti passivi d'imposta. Indubbiamente, si tratta di figure che da un punto di vista giuridico possono �Corrispondere a :EatHspecie regolate ad altri fini (si pensi, in via puramente ipotetica, alle asisociazioni temporanee di imprese, nel campo �delle opere pubbliche), ma l'elemento distintivo sicuro � che esse non �devono coincidel'e con le figure tipiche (nella specie: la societ� semplice). Se l'Amministrazione individua, ne11'avviso di accertamento, un sog_ getto tipico, quale � la societ�, con indicazione degli elementi di fatto iehe ne costituiscono l'essenza, non pu� 'I'itenersi consentito al giudice 568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tributario di sostituire a tale soggetto l'organizzazione (non societaria} di cui s'� detto, pereh� l'inesistenza del. soggetto passivo dell'imposta, indicato dalla stessa Amministrazione, costirtuisce Ua:l!a nullit� dell'avvis.o stesso (attenendo ad un essenziale presu1pposto deHa disciplina dell'ac. oertamento). Esso, invero, viene effettuato nei confronrti delle persone fisiche (art. 38 D.P.;R. n. 600. del 1973) e dei soggetti diversi (art. 40), nel caso di rettifica delle loro dichiarazioni, mcui un problema di identificazione dei soggetti evidentemente non si pone, perch� si tratta di dichiaranti. Nel. caso ~come il presente) in cui la dichiarazione ~di cui all'art. 6 D.P.R. n. 600/73) non era stata presentata, l'Ufficio doveva procedere all'accertamento, ai sensi dell'art. 41: ma -a parte le deroghe ivi previste, che lllOlll interessano la specie -H primo fondamento dell'accertamento deH'Uf�ficio � la identificazione del �soggetto passivo, identifioazione senza la quaile manca un elemento cosrtitutivo del rapporto di imposta. 1dentifiicaito il soggetto passivo, nell':oocertamento d'ufficio dovr� poi seguirsi (trailasdando l'ipotesi, ohe qui non intere&Sa, delle persone fisiche) �il sistema previsto dall'a11t. 40, e quindi distinguere, a seconda. che si tratti di soggetti a1l'IRPEG, ovvero di societ� ed associazioni indicate nell'iart. 5 del D.P.R. n. 597. Nella specie, l'ufficio ha seguito il secondo comma dell'a'lt. 40, mentre, alla stregua dcl.la dec1sione della commissione centrale, awebbe dovuto se~re ii sistema pI"evisto dal primo comma. La differenza non � iirrHevante, per fil solo :l�atto che co I munque era dovuto l'ILOR, in entrambi i oasi. NeHa configurazione data dall'Ufficio, si doveva procedere con un unico �atto, ai fini dell'ILOR I dovuta dalla Societ� ed ai fillli dell'IRPEF dovuta dai singoli soci. Nella configurazione data dalla Commissione, si 1sarebbe dovuto pro cedere con unico atto agli effetti de1l'IRPEG e dell'ILOR, dovute dal medesimo soggetto. La base imponibiile ai fini dell'ILOR, nel primo caso, doveva essere� determinata ai sensi del 1� comma dell'a'l't. 4 D.P.R. n. 599/73 (art. 118 letteva a) del T.U. del 1986); nel secondo caso, ai se!Illsi del terzo comma dell'art. 4 cit. (art. 118 lettera c) del T.U.). L'art. 42 del D.P.R. n. 600 dispone ohe l'accertamento � nullo se non reca le indicazioni previste nel:lo stesso articolo, fra cui quelle inerenti agli imponibfili, alle aliquote ed alle imposte liquidate. Pertanto, la diversit� delle imposte e degli imponibili, supra illustrate, nei due casi,. comporta l'ino&Servanza dei11e suddette indicazioni e la nullit� dell'avviso, da dichiararsi daHa Commissione Centraile, con preclusione della possibilit� di scendere aill'esame di poss~bili diverse configurazioni del rapporto d'imposta, non cootenute nell'avviso di accertamento, neppure in via subordinata. Invero, un accertamento nei confronti di una societ� di fatto, che deve l'ILOR, mentre ai soci doveva essere imputata (in: quanto persone fisiche) l'IRPEF su quell'imponibiJe., non pu� essere coi;i.fermato dal giudice come accertamento nei confronti di un'organizza PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 569 :zione non societaria, che deve l'ILOR e l'IRPEG. Non � sufficiente, per ritenere consentito tale mutamento di soggetti e di sistema di imposi. zione, la considerazione che vi � un elemento comune alle due ipotesi (l'ILOR, dovuta in entrambi i casi dal soggetto passivo) perch�, a parte l'unitariet� dell'atto di ooaertamento previsto dall'art. 40 del D.P.R. n. 600 <lei 1973, gli 1:1.��.erta,men,ti Jn rettjfica sono portati a conoscenza dei contdbuenti (art. 42, primi) con:ID.�a). la cui .mdicaiione c!eve essere ritenuta -compresa nelrl'ambito della sa:nzione di nuil1it� di cui al terzo comma, il quale si riferisce al.l� .mancanza di indicazioni � di cui. al presente arti- colo� e non si limita .a.que1le. di CUJi al. second<;> comma. � evidente che, in un avviso in cui � indicato come contribuente U1la societ� di fatto (che la Commissione Centrale ha riitenuto inesistente) manca l'indicaziODJe dell'ente ritenuto esistente e cio� l'mdiicazione di una �organizza� zione � di cui al D.P.R. n. 598, art. 2 Iett. b) (art. 87 comma 2 del T.U.); .indicazione che � prescritta a pena .di nullit�, e. la cui mancanza non c�nsente alla Commissione di scendere �i:l!ll'esame �dell rapporto d'imposta. {omissis) I COR'I'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1991, n. 8033 � Pres. Maltese � Est. Senofonte � P. M. Donnarumma (conf.) � Mini!Sltero delle Finanze avv. Stato Palatiello) c. Kaerner Bekleidungwerke (avv. Colombo). "(ributi in genere � AccertaJ1lento � Motivazione � Imposta di registro -Cessione di azienda � SUfficienza. E sufficientemente 1mo.tivato l'accertamento 1deil valore di 1Una 1azienda che faccia 1riferimento 1alla :primaria. importanza di lessa, ""l \rilevante numero dei dipendenti e al consistente volume di affari (1). II CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8692 � Pres. Granata � Est. Senofonte. � P. M. Martine.lli (diff.) � Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Buonocore. Tributi in genere � Accertamento � Motivazione � Imposta di registro � Requislti. Il riferimento, cumulativo o al.ternativo, ai criteri legali di valuta� zione previsti in astratto dalla legge o a diversi criteri in concreto seguiti .a causa della inutilizzabilit� dei primi, non si concreta in una motivazione apparente o di stile, inidonea a sorreggere l'accertamento (2). (1-4) Un gruppo di sentenze, che sulla base di principi ormai acquisiti �(v. da ultimo Cass. 30 maggio 1990 n. 5115 e 5116, in questa Rassegna, 1990, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8696 -Pnes. Granata -� Est. Senofonte -Mintstero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c.. Soc. Besenzoni Ferraresi. Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Imposta di registro -Criteri stabiliti nella legge -Tassativit� -Esclusione. L'accertamento pu� essere motivato con riferimento a criteri divers[ da quelli indicati nella legge pu11ch� idonei a reaUzzare lo scopo di con-. sentire al destinatario l'esercizio deJ. diritto di difesa (3). IV CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 dilcembre 1991, n. 13858 -P:res. Bologna -Est. Corda -P. M. Dettori ~conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Pa1atiello) c. Busseni. Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Imposta di registro Sufficienza. � adeguatamente motivato l'accertamento che ,oltre alla descrizione dei singoli beni, indichi come criterio di determinazione del valore la vicinanza degli immobili al centro storico essendo tale riferimento un affidabile metro di valutazione secondo un dato di esperienza acquisita (4). I (omissis) La censura -che concreta, nella sostanza, una denuncia di difetto motivazionale e consente, d<Unqrue, a questa Corte l'esame degli atti, come in ogni altro caso di prospettato errar in procedendo deve essere accolta, perch� l'avviso di accertamento del quale si discute contiene effettivamente la indicazione pretesamente omessa, facendo esso riferimento, nella valutazione delle singole componenti aziendali (anali� ticamente esposte: merci, attrezzatuire, crediti e avviamento), alla � primaria importanza dell'azienda, al rilevante numero dei dipendenti e al consistente volume di affari�: elementi, questi, che la C.T.C. ha disinvoltamente ignorato e che in sede di rinvio dovr� prendere, invece, in I ,374) riconducono lo spettro della nullit� dell'accertamento non motivato ad ipotesi ristrettissime. Ci� dovrebbe indurre le commissioni di merito ad abbandonare la tentazione di risolvere la controversia con una comoda censura di legittimit� per affrontare il pi� laborioso giudizio di valutazione estimativa ad esse demandato. PARIE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA esame, \rlill.utandone la con~ruit�. e l'attituilin.e a nutrire �l'avviso conside�'. ato �diunamotivazione adegua1Ja:�.al. coooeguimento del� duplice. scop0> di�� delimitare,. da� un lato, ram.bit.o delle ragioni� adducibilii dall'ufficio. nella fase .. contenziosi;l e (queLche maggiormente rileva nel caso specifico) di eQn'sentir�; dall'alltiro, liii. �ontri'buente resercizio giudiziale. i;:lel diritto .. di.difesa n�i �qnfronti d~la .. maggiore pretesa f:iiscale .�. (v�.. traJe sentenze pi� recenti, CaS1S., Sez~ Un;,. 26 ottobre 1988,> n. 5787), (omissis} Il �. (pmiss~) La r~icl<Ua ~Sllfa (s.b � e �) <leve essere, invece, accolta s.llaba,l)e. degli uJt~riod prJ.i�ilpi ...'.'.':""� anch'essi SO:IJ;1\tllinistrati da:lfa citata SeJ1te~a n.. 5787 dellt} Se:l)ioI1iUnite ~ che qui s�. riportano: a) � nel procedimento di oocmamento dell'obbligazione d'imposta ;...;.. di �registro���� e INVIM ��.;.;;..��bisogna distinguere le ()perazioni �(attivit�:. ticogndtwe e; ttl.omenti logiiCO-ita�ti:tativi) attraverso le��qri:ali si determina il vaio.te d�1l'immobile,� dall'atto� di irrnposizione c:he l!uffido,. nel caso di rettifica del<val�re, deve, ii1 forma d'avviso, porta!re a conoscenza deT contribuente per mezzo �d.elfa notificazione �; >o) trart. 48, Coriima secondo, del d.PR 634/1972, nel teSto originario, . prevede due odted . di valuta.Zi�ne: . cornpa'rativo (avendo riguard<>' ai 1:11asferimeoo, avvenuti rie@:i ultimi tr.e anni, di immobili con analoghe c�Tattemstiche o��deMo stesso ifunib'bile sul cui valore si .controverte) e di cap!tailizza.Zione del. reddiifo ai1 taisso medio alla stessa. data. pet inve-stimenti imniobilfarFnella ��localit� in fui si� trova l'inimobile trasferito; e) a questi. ontel1� .t~uffkio�finanzi~o ctev~; in�via di massima, atte-� nersi ne1liesercizio dei propri poteri di contrC>Ho delV�!lore dichiarato dal contribuente o del corriispettirvo pa.ttuito, pur potend�ne adottare altri, ove quelli espressamente menzionati dailla legge itlisultino, anche implicitamente, awto riguazdo alle colliC'Fete circostanze dei casi singoli, non utilizzabili o insufficienti; . . .� �.� .d).il contoouto nlinwo �ll'atto .. d.i .trop~siziol1~ da . notifica:re aI contribuente �, invece, disegnato�.. dal comma secondo dei suocessivo art.. 49,il quale prescrive che l'avviSo deve inqkare il .valore attribuite> ~� ciasCWlo .~theni. e. !IJli �lementi ... (o cviteri) in. base .. ai .. quali f stato <leterminato,. s\ � ohe � sQ!o del . metocio scelto, non anche deHe oper~foni Svolte in esecuzione di esso, l'uffkio deve informare il sogg�tto passivo, del :rapporto �, Vuol dire, allora, ohe la motivazione delil'awiso di rettifica � deve, di norma, ritenevsi congrua se nutrita del riferimento; cumulativo o alternativo, ai criteri leglill.i di vailutazione previ:sti in as.tratto dalla legge o� a quei diversi criteri in concreto seguirti a causa della inutilizzabilit� C> insufficienza dei primi. 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non �, dunque, esatto, ail. contrario di quanto ritenuto dalla corte salernitana, che il riforimento a questi ultimi si traduca, per s�, in una motivazione apparente o di stile allorch� non sia accompagnata dalla indicazione di elementi concreti che specifilchino ulteriormente i criteri prescelti (sul punto v., diffusamente, anche Cass. 5812/1987), una motivazione di questo tirpo potendosi configurare solo nell'ipotesi in cui .essa, tenuto conto delle peculiarit� del rapporto conrtroverso, non sia in grado di realizzare le finalit� -nel sistema assegnate alla motivazione nella particolare materia -di consentire al contribuente l'esercizio del �diritto di difesa e di delimitare l'ambito delle ragioni destinate a sorreggere, anche nell'eventuale fase contenziosa la maggiore pretesa fiscale. N� � esatto che l'adozione di criteri difformi da quelli legali astrattamente previsti comporti, ineluttabilmente, la nullit� dell'accertamento, dovendosi la nullit� escludere laddove -conviene ripeterlo -questi ultimi risultino nel caso concreto, anche per implicito, insufficienti o inutilizzabili e debbano essere, quindi, necessariamente integrati o addirittura sostituiti da criteri diversi, parimenti idonei -secondo apprezza. �menti riservati al giudice di merito ma, naturalmente, soggetti al sindacato �di legittimit� sotto il profilo della congruit� della motivazione -ad as: solvere la duplice finalit� appena evidenziata, con particolare riguardo all'esplicazione del diritto di difesa del contribuente. Ma di tutta questa complessa problematica non v'� traocia nella '.Sentenza impugnata, paga di sempiliil�icazioni effettivamente errate ~segnatamente: asserita impreteribilit�, in ogni caiso, dei criteri legali di valuta �zione; necessit�, pretesameilite ineludibile anch'essa, di ulteriori specificazioni attrave11so l'indicazione di elementi CODJOI'eti) e ohe deve essere, :pertanto, annullata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, che si Uliliformer� ai principi di diritto sopra enunciati. (omissis) IIJ (omissis) La residua cenSl!lI'a (sub �e �) deve essere, invece, accolta :sulla base dell'ulteriore principio -anch'esso somministrato dalla citata sentenza n. 5787/1988 -secondo il quale, pur essendo l'ufficio finanziario tenuto, di norma a seguire, nell'eserioizio dei poteri di controllo del valore �dichiarato dal contribuente, i criteri espressamente enunciati in astratto dalla legge pu�, tuttavia -quando risulti, anche implicitamente, che essi, avuto riguardo al tempo, al luogo, all'oggetto e ad o~ pecu1iarit� �del rapporto tributario da oocertare siano inutilizzabili o insufficienti -, adottare criteri diversi (e, quindi, diversamente motivare il proprio .accertamento), purch� parimenti idonei (secondo apprezzamenti di merito, �soggetti natmalmente al controllo di legittimit� sotto 11 profilo logico) ..e realizzare la duplice finalit� -assegnata alla motivazione dell'atto .impositivo -di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nell'eventuale fase contenziosa e, soprattutto, di consentire al confribuente l'esercizio del diritto di difesa di fronte alll.a maggiore pretesa filscale. Con questo principio non si concilia -e devesi, dunque, ritenere effettivamente errata -la drastica aiffermamone delJ.a Corte torinese secondo la quale l'avviso di cui si discute � nullo sol peroh� non enuncia ailcU1IJ.o dei oriteri (pretesamente) �tassativi� indicati dalla legge, ancorch� la stessa Corte ne riconosca l'attitudine a consentire un'adeguata esplicazione del diritto di difesa da parte del destinatar.io, in quanto estesamente motivato, contenendo non solo una dirff�usa des1crizione dei smgoli tiipi di cespiti (terreni, fabbricati, aree accessorie, ecc....), ma anche l'ind~cazione de11e rispettive caratteristiche e la specificazione dei prezzi unitari assunti a base defila valut!U)ione deMe singole porzioni (il che avrebbe donito indurre il giudice a quo, per lo meno, a riflettere sulla eventuale inutiJJ.izzabilit� o insud�ficienza, nel caso concreto, dei criteri legali di valutazione espresS'amente menzionati dalla legge). (omissis) IV (omissis) Il ricorso � fondato. La norma applicabile ratione temporum al caso concreto (l'art. 49 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634) preSiCTiveva che l'avviso di aiccertamento dovesse contenere, oltre l'indica~ione di ciasrouno dei beni oggetto di vailutazione, l'indicazione degli elementi in baise ai quali il valore veniva determinato. In concreto, risulta che l'Ufficio ha pienamente adempiuto a quanto la legge preSCI1iveva, perch�, oltre ad avere proceduto alla minuziosa inidicazione dei singoli beni, sulla scorta di una analitica relazione dell'Ufficio tecnico erariaile (addirittura traisaritta in maniera integrale), ha mdicato, appunto qruale criterio di determinazione del valore, la vicinanza dei beni medesimi al centro abitato (un chilometro); e questo �, sicuramente, un affidabile metro di valutazione, poich� ha riguardo all'appetibilit� dei beni nel mericato immobiliare, secondo un dato di esperienza ormai acquisito nell'ambito della prassi giudiziaria. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8678 -Pres. Falcone -Est. Borruso -Soc. Emmedue (avv. Costa) c. Ministero de11e Fi1I1anze (avv. Stato Stigliano). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Trasferimento di azienda Esclusione di taluni elementi -Possibilit�. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 48; e.e. art. 2555). U t,riasferimento dell'azienda va assoggettato unitarriamente al tributo di rregistro, secondo la previsione deU'art. '48 del d.P.R. 26 ot.to RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 574 bre 1972 n. 634, anche se dal trasferimento restano esclusi alcuni elementi essenziali e anche se il complesso aziendale al momento del tra; sferimento � improduttivo, semprech� sussista la continuit� funzionale della azienda e ~he essa mantenga una potenzial<it� produttiva (1). (omissis) Il Tribunale di Treviso, con sentenza del 27 aprile 1980 omologava il concordato preventivo con cessione di beni proposto dalla societ� Mobilificio San Giorgio, autorizzando hl liquidatore alla vendita del relativo complesso, costituito da terreni, fabbricati e macchinari e con esclusione di a:ltri beni aZJiendali, magazzino e arediti. Con atto registrato il 29 dicembre 1980 la societ� a r.I. � EMMEDUE � acquistava il complesso verso il corrispettivo di L. 1.099.705.000. Nell'atto di vendita veniva precisato ohe era applkabHe l'aliquota prevista dall'art. 22 della legge di ireg1st:ro per le cessioni di azienda commisurata alla differenza tra attiv.it� e passivH� con un saldo attivo tassabile di L. 544.335.000. In sede di registrazione l'Ufficio del registro tassava il trasferimento come cessione di beni e non come cessione �di azienda disattendendo la richiesta contenuta nell'atto. La societ� aioquia:"ente pagava l'imposta pretesa dall'Ufficio, ma immediatamente chiedeva il rimborso della maggior somma pagata. La Commissione Tributaria di I grado accoglieva il ricorso e la relativa decisione veniva confermata dalla Commissione di II grado. Su ricorso dehl'Ufficio la Commissione Centrale annullava la decisione impugnata, cos� respingendo la domanda di rimborso, sul rilievo che non si versava m tema di cessione di azienda dal momento che per potersi parlare di detta cessione � necessario il trasferimento di tutti i beni dell'azienda senza esclusione alcuna, mentre nella fattispecie dalla vendita erano 11imasti esclusi cespiti rilevanti quali il magazzino e i crediti e altri beni aziendaili anche se non specificati. (1) La pronunzia, riallacciandosi a precedenti non del tutto pertinenti. non ha dato esauriente risposta al quesito dibattuto. Alcune delle sentenze richiamate (17 marzo 1986, n. 1956 e 8 novembre 1986, n. 6608) sono riferite alla continuit� dei rapporti di lavoro ex art. 2112; altre in via generale riconoscono che la produttivit� dell'azienda trasferita pu� essere soltanto potenziale (20 febbraio 1979, n. 1089; 16 giugno 1981, n. 4009); altre ancora riconoscono compatibile l'esclusione dal trasferimento di elementi che non compromettono l'unit� economica (28 marzo 1980, n. 2058) ed anche l'esclusione congiunta di crediti e debiti (15 febbraio 1979, n. 1001); infine la pi� recente sentenza 23 gennaio 1990, n. 353, al fine di stabilire se la cessione fosse soggetta ad IVA come complesso produttivo o all'imposta di registro riferita a singoli beni, ritiene che l'azienda possa considerarsi unitariamente ceduta anche quando da essa sia escluso qualche elemento marginale, come le merci prodotte che rappresentano il flusso dinamico dell'azienda e non influiscono sulla sua pro- I I f.: i: & PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 575 Avverso la suddetta decisione della Centrale la soc. � EMMEDUE � propone ricorso per cassazione in base a tre motivi. Resiste con controrico[':So l'Amministrazione delle Finanze per chiedere il rigetto del ricorso avversario. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo motivo la societ� ricorrente denuncia violazione dell'art. 48 del d.P.R. n. 634 del 1972 in relazione a1l'art. 2555 cod. civ. e censura la decisione impugnata per aver cons1derato ostativo alla quailifica7iione dell:a fattispecie come cessione di azienda H fatto che nel negozio traslativo fossero esclusi alcuni determinati beni aziendali non indispensabili ai fini della sua organizzazione produttiva. Con il secondo motivo si denW11Cia la violazione dell'art. 2555 cod. civ. in relazione all'art. 2559 e.e. noDJOh� difetto di motivazione sul rilievo che la decisione impugnata awebbe ignorato il principio della non necessaria attualit� de1la produttivit� de1l'azienda ai fini della sua cessione, senza verificare in concreto se, nonostante la mancanza di uno o pi� tra gli elementi costitutivi dell'azienda permanes,se, nel complesso dei beni oggetto del trasferimento, quella organizzazione potenziale idonea all'esei:icizio dell'impresa ad opera del cessionario. Bntrambi i motivi, -che possono essere esaminati congiuntamente in quanto entrambi diretti a st1gmatizzare le condizioni al verificarsi delle quali si pu� considerare giuridicamente avvenuto un trasferimento di azienda -, sono, per quanto di ragione, fondati. Infatti, se � pur vero ohe la cessione dell'azienda ha carattere unitairio sicch�, qualora nell'atto di trasferimento non venga specificamente pattuita l'esclusione da esso di determinati beni aziendali, devono intendersi trasferiti al cessionario tutti gli elementi costituenti di fatto l'universitas (vedi Cass. sent. n. 4094 del 1978 e 2031 del 1973), � per� anche vero (e il non aver saputo distinguere le due diverse ipotesi sembra proprio costiituiTe l'errore di diritto in cui � incorsa la Commissione duttivit�, precisando che non � essenziale il trasferimento dell'avviamento eh~ pu� non esistere. Ma nel caso in esame si presentava una questione diversa: posto che l'art. 48 terzo comma del d.P.R. n. 634/1972 stabilisce che per la determinazione della base imponibile il valore venale delle aziende � costituito dal valore complessivo dei beni che la compongono, compreso l'avviamento, al netto delle passivit� risultanti dai libri contabili e da atti di data certa, occorre stabilire se l'esclusione dal trasferimento di elementi che alterano l'equilibrio delle componenti (nel caso l'esclusione del magazzino e soprattutto dei crediti) sia incompatibile con la valutazione al netto, se cio� la cessione dei beni e delle sole passivit� imponga una determinazione della base imponibile con criteri diversi, e specificamente con quello del valore dei singoli beni di cui al secondo comma dell'art. 48. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 576 Centraile nell'interpretare la gimisprudenza al riguardo) ohe, perch� si abbia cessione di azienda anche agli efifetti dei1l'imrposta di registro, non � affatto indispensabile che i contraenti si astengano dall'escludere dalla cessione determinati beni aziendali purch� visulti che, nonostante detta esclusione: a) le par.ti abbiano inteso trasferire non una semplce somma di beni individualmente �distinti suscettibili di continuare ciascuno ad essere destinato an'-esercizio di un'impresa, ma un insieme di elementi costituenti un complesso organico unitariamente considerato e idoneo a consentire la continuazione dehl'esercizio di quella determinata azienda anche se 11idotto o in pal1te ristruttmato rispetto a quello precedente alla cessione. Da ci� consegue che: a) possono rimanere eS1Clrusi dalla cessione d'amenida per specifica volont� dei contraenti anche elementi essenziaili dell'azienda stessa (come, ad esempio, con riferimento alla :futtispecie, il magazzino e i crediti) rispetto alla precedente organizzazione di essa, pu110h� essi siano surrogabili con altri, sia pure in un momento successivo, o non pi� indispensabili rispetto ad una diversa organizzazione, salva sempre -ovviamente -la continuit� funzionale dell'amenida stessa nel suo nucleo fondamentale; purch�, cio�, permanga nel complesso dei beni oggetto del trasferimento un residuo di 011ganizzazione ohe ne dimostri l'attitudine all'esercizio dell'impresa; b) non � incompatibile con la qruailificazione gimidica di �cessione di azienda � il fatto che il complesso aziendale, al momento della cessione, non si trovi in stato attuale di produttivit�, essendo sufficiente ohe il complesso aziendale, anohe se momentaneamente inutilri.zzato, mantenga, tuttavia, una residua potenzialit� produttiva (o ne presenti una nuova a seguito delle prevedibili ristruttooazioni), potenzialit� che sia contemrplata dai contraenti oome oggetto del trasferimento stesso a:llo scopo di consentire all'acquirente, sia pure con nuove attrezzature o con nuove scorte, di riprendere la precedente attivit� utilizzandone l'avviamento e hl nome. (In tal senso vedi Cass. sent. n. 353 del 1990, 1.829 del1' 86, 6608 dell'83, 4142 e 4009 dell'81, 2058 dell'80, 1089 e 1001 del '79, 3003 del ,'77, 3514 e 1781 del '75, 2608 del '73). L'impugnata sentenza, essendo fondata su una ratio decidendi palesemente in contrasto con i suesposti principi, deve, pertanto, essere cassata e la causa rimessa nuovamente alla Commissione Centrale (ovviamente in diversa composizione) affinch� stabilisca se, alila Luce dei predetti principi, nella specie sia stata posta in essere una cessione d'azienda ovvero soltanto un trasferimento di beni indivic:Lualmente considerati. (omissis) PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 577 CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 7 settembre 1991, n. 9429 � Pre$, Vela: Bst. Cicala ~. P. M. Lanni (conf.) -$oc. Indrusttria Meocaniiea di Facco (avv; Rosrsi) e; Ministero delile Finanze (avv. Stato Stigliano). Trlbutfin�ge�ere" Contellzi�s� tributario��~� Accertamento -Nozione -Atto di diniego di esenzione � lmpugnazione ��� Difetto � �Definitivit�. (d.P;R,. 26 ottobre 1972, n. 6315'; arl:.16); Agli effetti deU'ant. 16 del <$.P.R. 26 ottobre 1972 n. 6361 sia nel testo originario che nel testo novellato con il d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, per acceritam,ento de.ve intendersi ogni atto efficace ne.i confronti del soggetto passivo cO.nc;iltfiSiva .di .. un procedimento o di un subprocedimento' di .accertamento, comunque. denominato che. accer.ta o dichiara la sussistenza,. in tutto o in par,ve, deU'obbliga'!Jione t,ributaria o di un suo elemento'. Di .000segue4't'lia l'atto de.ll'ufficio che nega la spettanza di una. agevolazlofll/{ tri1ftl.ti:l/nia, anche��e:an�.�effetto��pluriennate, se non impugnato preclude su0cessive. richieste di agevolazione (1)�. (omi&s,is) AP!>aire pi:elil�lfnare l'esame del secondo motivo di impugnazione con cui il contribuente contesta la avvenuta dichiarazione d� inammissib: iilit� del ricorso; Sostiene il ricorrente che, siccome il D.M. 18 novembre 1966 coosente di� richiedere l'esenzione anche in sede di opposizione all'avviso di aocertame'nto o alfa iscrizione a ruolo, la richiesta avanzata in tale sede deve essei: ritenuta tempestiva. L'a11gO!Dlento non appare per� pertinente al �aso in esame perch� la Commissione Tr.dbutaria Centrale non ha ritenuto affatto che la domanda di� esenzione fosse ta11diva, ha invece ad�fermato che la questione era preclusa perch� . il contribuente non aveva temp.estivamente impugnato un precedente atto (notificato il giorno 8 aiprile 1975) con cui l'amministrazione 11veva negato, per taluni anni, la spettanza dell'esenzione. Di coIJ1seguenza, la controveirsia ha per o~getto !"applicazione del� l'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che impone di impugnare entro sessanta giorni dalla notifica gli � avvisi di oocertamento � e per (1) Sia�1a Corte Costituzionale (sent. 3 dicembre� 1985 n. 313) che la Corte di Cassazfone (sent. 3 febbraio 1986 n. 661, Foro it., 1986; I, 1898) hanno interpretato l'art. 16 del d.P.R. 26. ottobre 1972 n. 636 intendendo l'accertamento in senso ampio, il che sostanzialmente equivale a negare la tassativit� dell'elencazione. �'. di conseguenza un accertamento il provvedimento che disconosce, in tutto o in parte, la spettanza di agevolazioni e in particolare i1 provvedimento ad effetto pluriennale (esenzione venticinquennale per le case di abitazione, esenzione decennale per i1 Mezzogiorno e simili). Naturalmente contro questo atto l'impugnazione � ammissibile ma anche necessaria per evitare la decadenza (Cass. 8 luglio 1985, n. 4071 in questa Rassegna, 1985, I, 864; 13 novembre 1986, n. 6647, ivi 1987, I, 170; 14 novembre 1990, n. 11006). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 578 c10 stabilisce che, ove questa tempestiva impugnazione non vi sia, il rapporto tributairio � definito nei termini enunciati dalla Amministrazione. N� appare possibile sostenere che il D.M. 18 novembre 1966 costituisce una deroga al principio di cui al citato art. 16 del d.P.R. 636, non foss'altro perich� trattasi di normativa regolamentaire che non pu� incidere su disposizioni poste dall.la legge. Cos� correttamente impostato il problema, occorire considerare se l'atto di diniego della esenzione costituisca un �accertamento� suscettibile di autonoma impugnazione. Ed in questo senso � l'unanime orientamento di questa Corte, in particolare ove si diS1Co:rra, come nel caso di specie, di controveI1Sia aperta prima della entrata in vigore del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, quando l'art. 16 1� comma del d.P.R. 636/1972 non conteneva la espressa affermazione secondo cui � g1i atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili automaticamente�; e perci� si riteneva comunemente che la elencazione degli atti impugnabili fosse semplicemente esemplificativa (cfr. la pronuncia n. 1322 del 1985). Si deve, per altro, sottolineare che questa Corte ha ritenuto che atti quale quello in esame come pacificamente descritto dalle parti e definito, nei suoi elementi di fatto, dalla Commis1sione Tributaria Centrale rientrino nella categoria giuridica degili �avvisi di accertamento�, suscettibili di impugnazione per espressa disposizione di legge, sia in base al testo originario, sia in base al testo oggi in vigore dell'art. 16 del d.P.R. 636/1972 (si veda da ultimo in proposito la sentenza della I se:zione civile 14 novembre 1990, n. 11006). Giova, in proposito, ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno esplicitamente aocolto � l'interpretazione estensiva della nozione di atto di accertamento� (Cass. un. 3 febbraio 1986, estensiva della nozione di atto di accertamento � (Cass. sez. un. 3 febbraio 1986, n. 661); mentre la sezione I di questa Corte ha ritenuto che ad un ministrazione finanziaria gli comunica il diniego di una esenzione fiscale sia preclusa ogni successiva contestazione (Cass. 13 novembre 1986, n. 6647). A sua volta, la Corte Costituzionale ha affermato che per accertamento tributaTio (suscettibile di impugnazione) deve � intendersi un atto efficace nei confronti del soggetto passivo di imposta, conclusivo di un procedimento o di un subprocedimento di accertamento comunque denominato; di un procedimento cio� che accerta e dichiara la sussistenza, in tutto o in parte dell'obbligazione tributaria o di un suo elemento�; ed ha soggiunto che la impugnabilit� deve essere riconosciuta � qua1unque sia la forma e la denominazione dell'atto� (Corte Costituzionale 6 dicembre 1985, n. 313). E da queste premesse di diritto emerge con evidenza come la Commissione Tributaria Centrale bene abbia qualificato come avviso di ac PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 579 certamento l'atto con oui si accerta la non spettanza di una agevolazione e prodromico al1a . formazione del titolo di< riscossione. N� in questa sede � possibile aggirare la preclusione che si � formata in caso di difetto di impugnazione sottolineando veri o presunti vizi dell'atto (quale la mancanza di una adeguata motivazion�) o asserendo �he la esenzione sarebbe derivata automaticament� daJJJ.a � l�gge, .�in q�anto sempre le esenzioni tributarie derivano �dalla legge e non da� u:na l�l"aziosa concessione dell'organo ammittistrativo, ma do non esclude Ohe i r�lativi atti di aocertamento debbano esser tempestivamente impugnati. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1991 n. 9443 -Pres. Vela � Est. Bibolini -P. M. Jannelli (conf) -Min1stero delle Finanze (avv. Stato Favara) c. Soc. Baltera. Tributi in genere -Contellzioso tributario -Prova -Insufficiente documentazfone -Dovere della commissione di acquisirla. (d.P.R. 26 �tti:>bre 1972, n. 636, artt. 35 e 36). Secondo le modalit� che caratterizzano la natura eminentemente inquisitoria del prooesso tributarfo, la Commissione non pu� troncare alla base l'analis,i dei fatti affermando che la mancata produzione del� verbale della polizia giudiziaria Y.ende sfornita di prova la pretesa dell'Ufficio, ma deve, in Y.elazione � al>le contestazioni dei fat.ti mosse dalle� parti, autonomamente acquisire i documenti utili per la decisione (1). (omissis) Con l'unico mezzo di cassazione l'Amministrazione ricorrente ded'IJICe la violazione e la falsa applicazione dell'art. 35/1-6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (come corretto �on D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), degli artt. 24 e 34 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e degli artt. 155 e 158 (1) Pronunzia di molto interesse. SUl tema assai problematico del contemperamento tra .processo inquisitorio e onere della prova, si precisa che specialmente quando non vi sia chiarezza sUl riconoscimento dei fatti o la loro contestazione, il giudice tributario non pu� risolvere il conflitto con la affermazione che l'ufficio non ha dato la prova, ma deve prendere l'iniziativa per acquisire i documenti utili anzich� rimproverarne alla parte la mancata produzione. Trattasi di un indirizzo certamente corretto che rende il processo tributario pi� efficiente sUl piano sostanziale, anche se pi� laborioso. Troppo spesso, al contrario, si leggono decisioni che riportando la sufficienza della prova addirittura sul terreno della legittimit� dell'accertamento, fanno del processo tributario un giudizio di legittimit�. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO c.p.p. (richiamato dall'airt. 70 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600) ed inoltre dell'art. 112 c,p.c. (omessa pronUDJCia), nonch� omesso esame di punti decisivi, in relazione all'art. 360 n. 3; 4 e 5 c.p.c. Con la doglianza l'Amministrazione Finanziairia censura la sentenza della C.T.C. in quanto, limitando la decisione ad un richiamo globale di quella di II grai4o) di cui veniva riferito ed acquisito l'argomento fondamentale inerente alla mrunJCata produzione del ve:ribale del N.P.T. della G. di F., aveva errato in diritto peroh� non erano stati oggetto di controversia i dati di fatto rilevati dalla G. di F., ed inoltre perch�, se ritenuto rilevante in causa, detto ve:ribale av�rebbe dovuto essere oggetto di ordine di esibizione da parte deMa stessa commissione ex airt. 36 D.P.R. n. 636/72; avva errato sul piano motivazionale peroh�, con tale condotta processuale, la decisione ne risultava viziata per omes�sa pronuncia sui punti decisivi che erano stati oggetto della doglianza dell'Aro� ministrazione Finanziaria davanti alla Co:rnmissione di II grado, prima, davanti alla C.T.C., poi. I controricorrenti sostengono l'inammiss1bilit� del ricorso, per omesso rispetto delJa disciiplina dell'art. 366 n. 4 c.ip.c. in quanto l'Ammini� strazione Finanziaria, pur richiamando una serie di airticoli di legge assertivamente violati dalla pronuncia della C.TiC., non avrebbe enunciato i motivi di gravame ed iiiloltre perch� l'articolazione del ricorso in massima parte concernerebbe la pronuncia della Commissione di II grado, e non quella specificamente oggetto del ricorso per cassazione. Entrambi i rilievi pregiudiziali non sono meritevoli di accoglimento, sia peroh� l'esposizione del ricor.so consente adeguatamente la comprensione delle dogliamie avanzate, sia perch�, sotto il secondo profilo, nella stessa decisione della C.T.C. la richiamata motivazione della Commissione Tributaria di secondo grado costitutiva il contenuto, l'unico contenuto, di quella della C.T.C; Ed invero, l'unico elemento autonomo di valutazione che appare nella decisione oggetto del presente ricorso, si concretizza nella seguente espressione: � Considerato che ne1la pronuncia di secondo grado non sussiste il vizio di difetto di motivazione denunciato dall'Ufficio nel suo ricorso, in quanto i giudici di merito hanno dato sufficiente, se pure concisa, giustificazione del r1getto del gravame �. Si trattava, quindi, di una motivazione espressa interamente per relazione al tenore della decisione di II grado, quanto meno nella parte che viene richiamata esplicitamente e sintetizzata come segue: � ritenuto che su aippello dell'Ufficio, la Commissione Tributaria di secondo grado ha disatteso il detto gravame rilevando che l'Ufficio aveva fatto richiamo, per sostenere le sue doglianze, al processo verbale di verifica della Gua:ridia di Finanza, che peraltro non era stato prodotto in giudizio, onde i motivi del gravame non appa� PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rivano sorretti da aLoun supporto probatorio ed erano inidonei a contrastare le determinazioni cui erano pervenuti i giudici di prima istania "� Dalla corirelazione 1Jra le dJUe espres�sioni, si deduce, in sostanza, che la C.T.C. non ritenne valide le censure mosse dall'Ufficio in entrambi i gradi di giudizio, perch� sfornite di prova, prova ohe avrebbe dovuto derivare dal Ve11bale di verifica deMa G,d.F. richiamato, ma non prodotto. La teoniJca espositiva adottata ne1la decisione della C.T.C. giustifica, da una parte, il motivo pe!I' oui, le censuxe sulla decisione della C.T.C. dovevano necessariamente coinvolgere i motivi della decisione di II grado, considerati non in quanto tali, ma quale unico contenuto della decisione della C.T.C.; rende ragione, d'altra par.te, della fondatezza, per quanto di ragione, de1la censura fo!1mulata dall'Amministrazione Finanziaria con il ricorso per Cassazione. Asserire, infatti (in ci� � iJ. senso sostanziale peI1Cepibile della decisione della C.T.C.) ohe la manicata produzione del verbale redatto in sede di verifica dalla G;d.F. rende sfornite di SUipporto probatorio le censure dell'Ufficio, significa negare (sia pure sotto il profilo de1la carrenza probatoria) l'.uniJco elemento dimostrativo che da detto Vierbale potrebbe derivare e, cio�, la veridicit� delle letture di atti e documenti della GuaI1dia �di Fmanza eseguiti sia pr.esso la contribuente, sia presso societ� committenti, con cui la S.p.A. Fratelli Baltera aveva avuto rapporti negoziali. Se non che, il fatto che dette letture fossero avvenute, non era stato oggetto di contestazione tra le parti, contestazione che invece coinvolgeva la natura ed il significato degli atti (�schede e brogliacci letti) esaminati dalla Gd.F., e la loro incidenza nella log�!oa ricostruttiva dell'accertamento (limitatamente alle uniche due voci rimaste in contestazione), in relazione alla documentazione prodotta dal contribuente. Il troncare l'anaHsi alla base, su situazioni ohe, nel loro aspetto formale non erano oggetto specifico di contestazione e che comunque, se rilevanti in causa, le Commis�sioni di merito avevano H potere di autonomamente acquisire, secondo le modalit� che caratterizzano la natura eminentemente inquisitoria del procedimento tributario, ha finito per alterare la linea logica de1la decisione oggetto di ricor.so e per esrcludere dall'esame il tenore sostanziale del contrasto tra le parti derivante dall'analisi e dal significato di due serie documentali, nonch� dalla loro incidenza sulla regolare ricostruzione del conto economico della societ�. Sotto l'indicato profilo le doglianze dell'Amministrazione Finanziaria appaiono fondate ed impongono un'adeguata rilettura, da parte del gh1� dice del rinvio, deMe situazioni controvierse. (omissis) 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606 -Pres. Favara Est. Bibolini -P. M. Martone (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Stigliano) c. Pozzo. Tributi erariali diretti -Soggetti passivi -Sostituto di imposta -Curatore del fallimento -Esclusione. {d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 23 e 25). Il curatore del falliment,o non 1'iveste la figuro. del sostituto di imposta n� per l'attiv~t� che compie nella gestione n� per i pagamenti chej esegue. per crediti ~ns~uati (1). (omissis) Nel merito, l'Amministrazione ricorrente ripropone, senza prospettare sostanziali nuove wgomentazioni, una questione cui questa Corte ha gi� dato soluzione, con precedenti pronum::ie (v. Cass. Sent. 28 ottobre 1980, n. 5777; nonch�, sotto alcuni aspetti, Cass. sent. 8 settembre 1986, n. 5476), alle quali si ritiene di dovere daire continuit�. In particolare, COIIl l'unico mezzo di caissazione la ricorrente deduce la violazione e fa falsa applicazione degli artt. 23 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ed argomenta su tre posizioni logiche essenziali, e cio�: a) il curatore, in quanto amministratore del patrimonio fallimentare, a norma deH'art. 31 L.F. subentra all'imprenditore, dichiarato fallito, in tutte le operazioni di ordine documentale-contabHe, nonch� nelle spese e nelle operazioni di online commerciale; poich� i sostituti di imposta, come da elenco dell'art. 23 d.P.R. n. 600/73, sono caratterizzati da un obbligo contabiil:e�docUJIDentale cui sono assoggettati, nonch� dall'esercizio, il pi� deMe volte, di attivit� comme:rx:ia1e, dette caratteristiche debbono individua11si anche nella funzione del curatore; b) l'ultimo comma dell'art. 10 d.P.R. n. 600/73 fa iriferimento a tutte le situazioni indicate nei commi prec�denti e, tra esse, oltre ai liquidatori sociali, al curatore fallimentare, qualificandolo espressamente come sostituto d'imposta; e) 1se non si seguisse fa linea indicata, il differente regime cui sarebbero sottoposti i paigaimenti di compensi e retribuzioni ai lavoratori dipendenti ed autonomi, 1determinerebbe una �situazione �assurda�, con notevole pregiudizio per l'erario. Le tre affermazioni di principio, su oui si fonda la soluzione del problema prospettato dall'Amministrazione ricorrente, non �sono condivi (1) Si deve prendere atto dell'orientamento della S.C. pur non totalmente convincente. PARTE I; SEZ. V, GIURISPRt}Dl;!NZA TRIBUTARIA sibili; non le argomentazioni dirette,� perch� traggono spunto d.a un'erronea inte;rJpretazione sia. idegli artt. 23 e 25 d.P.R. n. 600/73, :sia delle funzioni del curatore; non l'argomentazione a contrariis di cui al sopraindicato punto e), volta che la diversit;) .sistematica pu� ben trovare giustifi� cazione nella�. funzione fond~c;:ntale del fallimento come procedura esecutiva �o;ncors11ale senza e�, p{;}raltro, �sus�sista �danno sostanziale per rerario, vigendo pur 1sempre l'obb}igo della socklisifazione dell'imposta (~evia dichiarazione) da parte del titolare del rapporto di imiposta stesso, volta ohe in casi particolari non sia individuapile un sostituto, tenuto ad effettuare le ritenute ed i relativi versamenti. In particolare, . l'argomentazione sub a) trae fonte, evidentemente, dall'opinione della. non tassativit�.� dell'elencazione dei sostituti d'imposta, q.ale emerge dall'art. 23 del d.P.R. n. 600/73 �Gelencazione rilevante, per richiamo espresso -art. 25 stesso dJ>.R. -anche per le ritenute sulle imposte da reddito da lavoro autonomo, per quanto interessi la presente dis~a); sul carattere non eccezionaile di �tale normativa, di cui si sostiene l'analogica inte'.l:'Pretazione ed applicazione. L'opinione non .pu�. essere condivi�sa, in quanto contrastante col principio della tassativit� degU.ohl:)lli:ghi tributari e delle relative sanzioni, cui inerisce il carattere personale dehl'obbligazione tributaria e la necessit� della 1specifica indicazione dei soggetti cui fanno carico .gili adempimenti fiscali, la etti omisiiione dia adito a sanzioni (v. art. 47 d.P.R. 600/73 relativo alle violazioni inerenti alle �dichiarazioni dei sostituti d.'imPOsta). In definitiva; l'obbli!go dehla ritenuta alla fonte e della correlativa corresponsione al fisco, come disciplinati in tutte le varie ipotesi del titolo III del d.P.R. n. 600/73, d� luogo al fenomeno della sostituzione, qualificabile come una particolare. modalit� di esazione di imposta cui determinati soggetti sono tenuti, non in virt� di un particolare rapporto con il soggetto di i:mposta (anche se sul presUJppOsto �di taile rapporto), ma in virt� di un partirola:te rapporto e<:>n lo Stato, ipt:!Jr conto del quale il sostituto � tenuto ad operare a seguito di espressa .designazione normativa. Indubbiamente, come �Sostiene la ricorrente, da figura del sostituto d'imposta non trova ragione nella natura del reddito, fonte dell'obbligazione tributaria, ma nella posizione particolare del �sostituto nei coofronti del soggetto primario del rapporto d'imposta, posizione caratterizzata dalla tenuta �di Ul!la contabilit� controllata, o facilmente controhlabile, dalla quale poter.e dedurre con certezza se, e quali, erogazioni sia:no state fatte, se e quali ritenute dovessero. effettuarsi. Il criteirio indicato, peraltro, � solo il motivo alla base~ della designazione novmativa �di alcuni soggetti come sostituti al fine dell'ottimizzazione dell'esazione tributaria, disposizione essa stes�sa espres�sione del principio .generale della tassativit� degli obblighi tributari, senza che il criterio alla base della scelta normativa possa essere enucleato dalfinte;riprete e posto a base di un'estensione analogica delle ipotesi di sostituzione nell'esazione. 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tale inquadramento della �Situazione, resta solo da constatare che il curatore fallimentare non � compreso tra i soggetti espressamente designati in una qualsiasi delle norme del titolo III del d.P.R. n. 600/73, relative alle varie fattispecie di ritenute ailla fonte. N� sotto differente profilo :pu� sostenersi ohe al curatore competa la qualifica di sostituto d'imposta, in relazione alle somme ripartite ai creditori per rapporto di lavoro dipendente o autonomo, in v�lrt� di una generale obbligazione di sostituzione al �fallito negli adempimenti contabili, e ci� in conseguenza della funzione di amministratore del patrimonio del fallito Cihe gli compete (art. 31 L.F.). Questa impostazione di fondo, relativa alla funzione del curatore, non raramente impronta l'azione, nei confronti della curatela, della Pubblica Amministrazione, �dimentica del fatto che anohe il curatore � un pubblico ufficiale (art. 30 L.F.), le oui �funzioni .sono quelle, ed esclusivamente quelle, previste dalla legge, e tra le quali non esiste affatto la sostituzione ail fallito negli adempimenti cui questi sarebbe stato tenuto, qualora l'impresa fosse continuata. N� detto obbligo generale di sostituzione pu� trarsi dalla futnz.ione di amministrazione del patrimonio del fallito, volta che detta funzione � svolta, dal punto di vista soggettivo, non come rappresenta111te o curatore del faHito, ma come componente del.J.'Uffido Fallimentare; � svolta, inoltre, da un punto di vista funzio I nale, per il perseguimento delle finalit�, a rilevanza pubblica, cui la concorsualit� sistematizzata sopperisce, finalit� tra le quali non si individua affatto, come criterio generale, la sostituzione nelle inadempienze contabili o formali� (ed anche nei confronti delle amministrazioni pub IIbliche), in cui il fallito sia iincorso, prima del fallimento, ovvero alle quali il fallito non abbia potuto adempiere a causa dell'inizio del!la pll'OCedura concorsuale. Non vi �, n� pu� esservi, tra gestione di impresa fallita ed amministra I zione fallimentare da parte del curatore, quella continuit� altrimenti I individuabile nelle societ�, tra attivit� di impresa e liquidazione del patri@ monio, se non altro perch� il liquidatore � organo (e quindi, rappresentante) dell'entit� soggettiva (la societ�) unitariamente operante nelle due fasi di 1perseguimento dell'oggetto sociale e di liquidazione; al curatore, al contrario, che non � 011gano sociale (n� leg�le rappresentante dell'imprenditore), come organo della procedwa esecutiva conco11suale fa carico l'amministrazione e la liquidazione del patrimonio del fallito per le finalit� istituzionali della procedura concorsuale, non necessariamente coincidenti con la continuit� operativa, tipica della societ� in .liquidazione. Ci� sia detto in linea generale, senza considerare ulteriormente che i sostituti d'imposta sono tenuti al!la ritenuta alla :fonte (arrtt. 23 e 25 d.P.R. n. 600/73) in quanto � coN�ispondono compensi � e nel momento in cui li corrispondono. Gioca, quindi, come oggetto e momento originario dell'obbligazione sostitutiva, l'adempimento di un'obbligazione inerente ad un rapporto 4i ic;ijritto >sostl:!iUZiale 4L oui il 1sostitut() sia, o divenga, parte al momentQ . Q.~la corresp~:msione e�. ohe lo ()�Q1;>1iga alla tenuta � di una.. precisa contab:Uit� ... U.�c.i;atore,. con esclusJ<>ne.. del .caso di gestione <:lelgimpresa . ll:l ~@:lei.zio pr9yyj~q;r!ll... (art. 90/ t.F.), aUfuioM .pc;:>ne in ril?a:t:i:o un credito di lavor()i e vi da esecuzione, non corrisponde un cQW~:(lls<;J..tW~ :QJ?.~m, al �di 1f'U.o:ddiJ1n. rapporto <:li. di:titto sostlUIZbile che lo �olnv:Qlga direttamente, iJ?er finalit� �satiisfattive in !fOl;.'lIJ.a. coattiva 4ei creditori concorrenti. . Alla mancanza della qualifica soggettiva del sostituto d'imposta corri~ p()Jllcle~ ,rpert;;t11t9~ ~~e la �~z.!i. (iell'eli:ip::1ento oggettivo atto a. ctare COJ:ltent:tt9 �ajl{9p9l~g9 'cli .sq~.tiwzione;... ~econdo. le disposizioni richiamate del d;P.R. ri, 600/73. Infine (argomento sub b) non pu� ritenersi che il quinto comma del� l'arti 10 d.P;;R:;�m 600/73 sia:direttamente attributivo al curatore della�qtia� liffoa del s6$titutg d'iftiposta~ Lii fo:rinufaz�one letter�ie della nonna.� non � ~st�nsiv� d.�~Ii\ &b1"1i$1li d.el sostituto. ii tutttfie �ip�tesf dl liquidazione cui si riferisce la rubrica dell'articolo iri esafue, mi sf limita a. rlch�a� !llare, l:lllJC'he in c~o di Jiquidl:lzi9nc:i.~ 1la pre~rizione deJr~. 9 nei termini ivi pr1avisti.Jl.quarto C9J'.ll1na�de11:'art� 9 prev~e Ltennini per la presenta� zione della 4idliarrazione d~ s()Stitl.l.ti. d'ipo$ta. ��.'Conseguentemente, Ia,.phia:ve .idil1attui:a clel�quinto .CO!ll!lla dell'art. !O si spiega nel senso che, mentre le dichiarazioni iniziali e finali �dei redditi nei vari casi di liquidazione (ed in essi il fallimento e la liquidazione coatta rumminiStrativa} debbbn6 effettuarsi in temnini espressamente previsti dal�la norm�', i sostituti d'irilposta debbono continuare a: �depositare fa diichiararlon� loro propri� nei temmini or.dirnari previsti dal ricor.dato articolo 9, quarto comma. Non, quindi, previsione di ipotesi di sostituzione di imposta in tutte le situazioni liquidative previste dai primi quattro commi dell'art. 10, ma prottiazione �di uri temnine�di prestazione dei sostituti) se ed in� quanto la fattispeeie �del sostituto. sia �individuabile nei singoli casi di liquidazione. do eostih:dsc�Ja 11ormaJlt� pe:t�l� liquidazione � sociale formaliZzata, nella <J,uale su.ssi#e l.lU organo rappresentativo delrente ed op�rante durante la liquidazione; ci� � ravvisabile anche per il fallimento, nel caso di esercizio provvisoriordalla situazione, peraltro, esula la funzione ord�� naria del curat�re, come gi� rilevato, in quanto non autonomamente quailif�<�abne.sostituto del.fallito ~sostituto de1���sostituto d'frriposta). ln ordine al punto sub e), oltre a quanto rlfo\Tato. in ordine alla mancanza di sostanziale. danno per Jo Stato (salvo che per quanto attiene al ritardo nella corresponsione);�. giova ricotidare che n sistema emergente dalla 1soluzione data al problema; non ha caratteristiche . anacronistiche ed � assurde�, ove si consideri che anche in situazione di normalit� debiti di imposta della stessa natura (favoro dipendente o autonomo) possono, o no, � essere 1sottopos�ti a1Ie modalit� di esazione con ritenuta alla fonte - 586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a seconda che l'erogatore dei compensi sia, o no, qualificabile come sostituto d'imposta (p. es. a secol]da che sia, o no, imprenditore). Non essendo il curatore sostituto d'imposta, l'esazione dei relativi tributi, come in tutti i casi della mancanza del sostituto, segue le regole ordinarie di esazione. Per effetto del1e osservazioni svolte, ritiene la Corte di dovere rigettare il ricorso. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 settembre 1991, n. 9965 -Pres. Vela Est. Ci�ala -P. M. Lo Cascio (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara) c. Papairo. Tributi �in genere -Dichiarazione -Effetti -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili -Rettifica del valore finale -Modifica del valore iniziale da parte del contribuente -Possibilit� -Domanda espressa in giudizio -Necessit�. I l'oich� le dichiarazioni fiscali del contribuente hanno iJl valore di mere dichiara-z:ioni di sdenza o di opinione, il contribuente pu� dedurrei I un propr:io errore ,in cui sia incorso indicando un valore iniziale la cui incongruit� risulti palese, ma a tal fine � necessaria una espressa istanza II in giudizio {1). Con l'unico motivo di ricorso la Avvocatura chiede che questa Corte affermi il principio secondo cui le Commissioni tributarie -al pari degli Uffici -non possono modificare �in melius � per i contribuenti i valori da loro diahiarati. I (1) La svalutazione della dichiarazione fino a ridurla ad una mera opinione non pu� essere accettata. In proposito va ricordato che le Sezioni unite I & con la fondamentale sentenza 9 giugno 1989 n. 2786 (in Giust. civ., 1989 n. 2321), hanno stabilito che la dichiarazione, fosse pure di scienza, non consente la � indiscriminata possibilit� per il contribuente di operare la rettifica senza limiti oggettivi e temporali�, perch� ci� costituirebbe una vis. eversiva dell'ir... tero sistema tributario; essa pu� essere ritrattata quanto ai fatti nei limiti dell'art. 2732 cod. civ. Non � quindi consentita una mera ritrattazione del dichiarato, meno che mai manifestata come una sorta di riconvenzionale contro l'accertamento. Del resto anche la sentenza in esame profilando la modifica della dichiarazione come una domanda da proporre in giudizio, la qualifica come una impugnazione per errore; ma questa � ammissibile quando venga dedotto un errore in senso proprio (sull'oggetto del dichiarato) non un (asserito) errore di apprezzamento del valore. La sentenza citata nel testo 4 febbraio 1987 n. 997 (in questa Rassegna, 1987, I, 399) � da ritenere superata e riferita ad un caso di specie. Sugli effetti della dichiarazione v. BAFILE, Considerazioni sugli effetti della dichiarazione, in questa Rassegna, 1983, I, 935; ID. Riflessioni sulla dichiarazione e sul processo, in Rass. trib., 1988, I, 513. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 587 La tesi della Avvocatura merita aocoglimento nei limiti che vengono in prosieguo esposti. Infatti, se � vero che l'imposta sull'incremento del valore degli immobili �, appunto, imposta cihe grava sul!l'incremento di valore (art. 1 d.P.R. 643/1972), � anche vero che al contribuente viene prescritto di dichiarare al fisco non l'aimmontare di questo incremento ma un insieme di dati sulla cui base deve esser calcolata l'imposta. E di questi dati fanno parte sia il valore iniziale sia quello finale del bene. Il potere di rettifica della amministrazione si esercita poi sui va!lori dichiarati dal soggetto privato e ben pu� coinvolgere uno �solo di essi, quale il valore finale. Ci� non significa, come invece vorrebbe l'Avvocatura dello Stato, ohe il valore iniziale divenga cos� definitivo ed immodificabile; perch� le dichiarazioni fiscali del contribuente hanno il valore di mere dichiarazioni di scienza o di opinione e perci� il contribuente pu� dedurre un proprio errore in cui sia incorso, ad esempio indicando un valore venale la cui incongruit� risulti palese, magari alla luce proprio del valore finale accertato dall'ufficio (Cass. 4 febbraio 1987, n. 997). Da quanto esposto appare per� evidente come sia indispensabile che il contribuente faccia valere nel corso del giudizio contenzioso il preteso errore, e come in caso contrario il giudice che innalzi il valore iniziale iIJJcorra nel vizio di ultrapetizione (Cass. 6 luglio 1983 n. 4531). Pe11ci� .la decisione della Commissione Tributaria Centrale deve essere ca:ssata, in quanto fondata sulla convinzione �secondo cui al giudice sarebbe consentito, anche in assenza di una purrrlJuale e tempestiva richiesta delle parti, modificare il vruore iniziale del bene in modo da deteI1Jllinare in modo giusto l'imponibile da tassare. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 14 ottobre 1991, n. 10769 -Pres. Brancaccio -Est. Sensale -P. M. Amatuoci ~diff.) -Ministero de1le Finanze (avv. Stato Cooco) c. Cos�so (avv. Natoli). Tributi in genere -Accertamento tributario . Motivazione � Provvedimento sulla spettanza di esenzioni . Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso � Difformit� dalla normativa urbanistica � Richiamo alla norma violata � Sufficienza. (Legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 15). Per giustificare il diniego delle agevolazioni per le case di abitazione non di lusso, in quanto non conformi alla normativa urbanistica, � suf� fioiente il richiamo all'art. 15 deUa legge 6 agosto 1967 n. 765 (1). (1) Le Sezioni Unite ripudiano definitivamente il tentativo, riaffiorato con la recente sentenza 26 aprile 1991 n. 4615 (in questa Rassegna, 1991, I, 133) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 588 (omissis) 1 -L'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione e falsa applicaziooe delle norme circa la motivazione dell'atto tributario (che non riconosce agevolazioni fiscali) e dell'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765, deducendo che, contrariamente a quanto affermato nella decisione impugnata, l'Ufficio non si era limitato a respingere sic et simplkiter fa domanda di esenzione senza enunciare le ragioni a sostegno del provvedimento, ma aveva giustificato il proprio operato con l'affermazione della sus,sistenza delle violazioni previste dall'art. 15 della legge n. 765/67. Del resto -prosegue ila ricorrente -il provvedimento dell'Ufficio � rig1damente vincolato e l'Amministrazione � obbligata ad emetterlo, senz'alcun mruigine idi discrezionalit�, in base ai risultati dell'accertamento compiuto dall'autorit� locale ~cui spetta la vigilanza in materia edi.lizia), accertamento conosciuto dall'autore dell'illecito, in quanto ne riceve formale notizia attraverso la notifica della dil�fida del Sindaco, costituente il primo atto del procedimento repressivo dell'abuso edilizio. Trattasi, inoltre, di un provvedimento dichiarativo e non costitutivo del dfo:itto dell'Amministrazione a recuperare le imposte dovute nella misura ordinaria. Che nel caso concreto i contribuenti fossero gi� a conoscenza delle ragioni del provvedimento risulta, secondo la ricorrente, dal fatto che essi avevano tentato di giustificare la violazione, chiedendo, in via subortlinata, ch� il diniego dell'esenzione fosse limitato alle parti del fabbricato costruite eventualmente in diffol1Jll�t� della lilcenza edilizia rientrante tra le ipotesi della legge n. 765/67. Il ricorso � fondato. di considerare nullo il provvedimento di diniego della spettanza di esenzioni che non contenga una indicazione specifica delle violazioni della normativa urbanistica. Sono da segnalare le ragioni della motivazione, esposte in un'am pia rassegna della recente giurisprudenza sulla funzione dell'accertamento e sulla natura del processo: dell'accertamento va apprezzata non � la motiva zione dell'atto amministrativo in s� considerato � ma � la idoneit� ad espri mere la pretesa tributaria in modo che su di essa possa svolgersi il giudizio sul rapporto assegnato alle commissioni tributarie �; per soddisfare la vali dti� dell'accertamento si deve � esigere una motivazione per quanto bast8 ad introdurre il giudizio di merito che non si ferma agli elementi indicati nella motivazione e non si esaurisce nel controllo di essi �; viene quindi respin ta �la impostazione che riconduce il problema della motivazione dell'atto tributario in quella, pi� generale, della motivazione dell'atto amministrativo e che non tiene conto della peculiarit� del primo in relazione al giudizio tributario che l'eventuale opposizione del contribuente � destinato ad aprire�. Sulla questione specifica v. Cass. 26 ottobre 1988 n. 5782 in questa Ras segna, 1989, I, 304; 22 maggio 1990 n. 4624, ivi, 1990, 1, 385. Sulla problematica pi� generale Cass. 30 maggio 1990 n. 5115 e 5116, ivi, 374, con richiami. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 2. -Il problema concernente la motivazione dei provvedimenti di diniego dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sui babbricati e, ora, da1l'ILOR � venuto pi� volte all'esame della Corte nei termini in cui si pone nella presente controversia: se, cio�, sia sufficiente il riferimento alla sola norma violata {art. 15 della legige n. 765/67) o debba essere richiamato anche l'accertamento -presU!pposto -della violazione edilizia, effettuato dall"autorit� comunale o dal giudice. Con la sentenza della prima sezione n. 2650 del 27 aprile 1984, muovendo dalla cons~derazione che il diniego non dipende da accertamenti o valutazioni compiute dall'Amministrazione finanziaria, ma costituisce un'automatica conseguenza dell'aooertamento, compiuto dagli organi comunali, della sussistenza di violazioni della normativa urbanistica, si afferm� ohe, ai fini della motivazione del provvedimento di diniego o di revoca del beneficio fiscale, � sufficiente ohe l'Ufficio finanziario richiami la comunicazione ricevuta dal Comune ai sensi del secondo comma del citato art. 15, in quanto il contribuente � gi� a conoscenza della violazione addebitatagli, accertata nei suoi cond�ronti dagli organi comunali, ed ha comunque la possibilit� di accertare presso gli uffici del Comune la sussistenza dell'addebito ipotizzato a suo carico. Su una linea sostanzialmente analoga si pose la sentenza 23 marzo 1985 n. 2085, nel senso che l'obbligo della motivazione � assolto con il richiamo dell'art. 15 della legge n. 765/67 e l'indicazione degli atti dell'autorit� comunale; e ta!le indirizzo fu confermato dalle Sezioni Unite con le sentenze da n. 1322 a 1336 del 3 marzo 1986, da n. 1419 a 1436 del 5 marzo dello stesso anno, nonch� con la sentenza n. 5646 del 26 giugno 1987. Allo stesso indirizzo si uniform� la prima sezione con le decisioni n. 7735 del 19 dicembre 1986 e n. 4371 del 28 giugno 1988, precisando che � invalido per difetto di motivazione il provvedimento che contenga il mero richiamo della nmma, senz'alcun riferimento all'infrazione edilizia, sia pure per relationem con l'indicazione degli atti municipali di accertamento e contestazione dell'infrazione medesima. 3. -La questione fu riesaminata dalle Sezioni Unite in una prospettiva del tutto diversa, imperniata sulla natura e sull'oggetto del processo tributario, con la sentenza n. 5782 del 26 ottobre 1988, para1lela alla coeva sentenza n. 5787, che si oocuip� dell'analogo problema della sufficienza della motivazione degli atti di accertamento relativi all'imposta di registro ed all'Invim. Con quest'ultima sentenza si volle consapevolmente superare la problematica della motivazione dell'atto amministrativo in s� considerato, per valorizzar.ne la idoneit� ad esprimere la pretesa tributaria, in modo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ohe su di essa potes.se svolgersi il giudizio sU!l rapporto assegnato alle Commissioni .Tributarie. Si �, infatti, affermato. che il giudizio tributa'lfo, � costruito. formalmente, come giU!dizio d'impugnazione. dell'atto, ma tende ail'aocertamento sostanziale del. rapporto, nel senso. che l'atto � il � veko'lo di accesso >> al gi;lJldizio dJ :rneritq, al quale si perviene aippunto per il tramite dell'imp.gnazione dell'atto, con la precisazione ohe. al giudizio. di merito sul rapporto non. � . dato pervenire quando ricorrano detera:ninati vizi fo:cmali dell'atto in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla invalidazione di esso, con. cip. non. omettencio affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, ma anz� pienamente e correttamente esplkandola. In particolare,. contrariamente alla tesi soste:nuta dall'Amministrazione al riguardo, il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annullamento dell'atto nel caso di difetto assoluto di motivazione, ossia di mancanza di wi conten.to minimo essenziale eh.e consenta all'atto di realizzare la Sl,J:a ttmzic>ne, i:tl!di'Viduata nel compito di esternare, in termini sommari e. semplificati,. le ragioni del provvedimento. La presenza del � contenuto minimo essenziale� � swflficiente per l'instaurazione del giudiziodi merito sul rapporto ed �, poi, onere dell'Ufficio provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto della sua pretesa. Nel manifesto intento di uniformare e razionalizzare il sistema, nel senso di esigere una motivazione per quanto basta ad introdurre il giudizio di merito, che non si fer.ma agli elementi indicati nella motivazione (e non si esaurisce nel controllo di essi), analoghi principi sono stati a~fermati, con la sentenza n. 5787 (non a caso pronunziata nello stesso giorno), in riferimento alla questione riproposta nella presente controversia. Con tale decisione, premesso che l'Amministrazione finanziaria si limita a recepire i risultati dell'azione di accertamento dell'infrazione urbanistica svolta dagli organi competenti, i quali, adottati i provvedimenti del caso, li portano. a conoscenza dell'interessato (per cui la contestazione dell'illecito, cui si collegano sanzioni di varia natura, compresa quella di decadenza dai benefici fiscali, � gi� nota al contribuente in base ad una vicenda anteriore espressa in atti dell'Amministrazione comunale o del giudice), si �, quindi, pervenuti alla conclusione ohe, secondo il canone. di idoneit� aUo scopo, per. giustificare il diniego della esenzione tributaria � sufficiente l'indicazione della norma applicata da quegli uffici a conclusione dell'indagine amministrativa o giudiziaria, intesa come contenuto minimo essenziale della motivazione al fine della introduzione del giudizio sul rapporto. 4. -Queste conolusioni, seguite dalla prima sezione nella sentenza 22 maggio 1990 n. 2624 e confemiate dalle Sezioni Unite (sent. 28 dicem PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 591 bre 1990 n. 12204), vanno ulteriormente ribadite in questa sede, nonostante la ruscmde decisione della prima sezione n. 1728 dell'll aprile 1989, la quale -premesso che, come ogni altro atto amministrativo, anche il diniego di esenzione tributaria dev'essere adeguatamente motivato -ha esclU!so tale adeguatezza quando il provvedimento si limiti al richiamo della violazione dell'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765 basato sull'affe: rmazione ohe la costruzione sia stata eseguita in contrasto con la licenza edilizia. Poich� dalla norma richiamata emerge che non tutte le violazioni della licenza comportano la poodita dei benefici fiscali -si � concluso -occorre che il provvedimento specifichi le difformit� riscontrate nel caso concreto o, quanto meno, riferisca le risultanze dell'atto amministrativo comunale che le aveva accertate (purch� contenga quelle specificazioni), in modo da consentire al contribuente di esercitare il diiritto di difesa e al giudice di controllare La fondatezza nel merito della pretesa tributaria. In questa sentenza, ohe si riallaccia alla giurisprudenza anteriore all'indirizzo affermato con la decisione delle Sezioni Unite n. 5782 del 1988 (della quale, peraltro, non si fa alcun cenno), si � tornati ad una iimpostazione che riconduce il problei:na della motivazione dell'atto tributario in ,queHo, pi� generale, della motivazione dell'atto amministrativo (� ��.come ogni atto amministrativo, anche il diniego di esenzione... �) e 'Che non tiene conto deMe peculiarit� del primo in relazione al giudizio tributario che l'eventuale opposizione del contribuente � destinato ad aprire, per cui la motivazione, secondo un canone d'idoneit� allo scopo (sufificiente a garantire il diiritto di difesa del destinatario dell'atto), deve soddisfare, pi� che esigenze di carattere formale, la sostanziale idoneit� ad esprimere la pretesa tributaria in modo che su di essa possa svolge:risi il giudizio di merito sul rapporto, pU11Ch� vi sia presente un contenuto minimo essenziale ohe ne escluda ila invalidazione. N�, a tal fine, La sentenza n. 1728/89 tiene conto del fatto che il diniego dell'esenzione rappresenta il momento terminale di un anteriore iter procedimentale, nel quale il destinatario del diniego � stato necessariamente coinvolto e del quale, per ci�, conosce ogni singolo passaggio: da1la diffida del Sindaco (cui � attribuito un potere di vigilanza in materia ediHzia) alla irrogazione delle sanzioni di cui agli artt. 32 e 41 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, come modificata dalla legge n. 765/67, ed in certi casi de1le sanzioni penali a seguito del relativo processo in cui l'autore de1la violazione assume la veste d'imputato. Infatti, il diniego dell'esenzione trae origine esclusivamente -ed in modo vincolato che non lascia all'autorit� finanziaria alcun margine di valutazione e ,di apprezzamento -dall'atto, ad essa comunicato, con H quale l'autorit� amministrativa e/o giudiziaria accertano e puni 592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scono la violazione eclilizia; conseguentemente, i~ diniego, non solo � dichiarativo e non costitutivo del diritto dell'Amministrazione finanziaria al recupero delle imposte dovute nella misura ordinaria, ma recepisce i risultati dell'azione accertatrice dei competenti organi, i cui provvedimenti sono stati gi� portati a conoscenza dell'interessato, poich� gl'illeciti accertati hanno ricevuto impulso dalla denunzia dei Comuni nei confronti dei trasgressori ed hanno, cli regola, gi� esaurito il loro iter nelle com petenti secli giiuri:sdizrl.onali oroinaria o amministrativa ovvero in sede di conciliazione amministrativa, implicante il riconoscimento degli ilieciti. Dire, quindi, che non tutte le violazioilli contemplate nell'art. 15 della !legge n. 765/67 comportano la peiidita di benefici fiscali, s� che il solo riferimento alla norma non costituisca valida motivazione del diniego, � argomento che perde ogni forza persuasiva, ove si consideri che il contenuto della norma va cli volta in volta riferito alle violazioni gi� contestate al tr:asigressore e ohe essa fa espressa menzione dell'obbligo del Comune cli segnalare aH'Intendente di finanza quelle stesse violazioni per le quali si � ~� proceduto, in sede amministrativa e/o giudiziaria, a carico de1l'ootore della violazione. In conseguenza, da I un lato, il richiamo della norma � evidentemente limitato a quella parte I di essa ohe ha gi� formato oggetto della vicenda anteriore; dall'altro, il trasgressore � in grado di opemre immecliatamente il necessario collegamento della norma richiamata a1la specifica violazione gi� conte I statagli. Il riiohiamo al citato art. 15 rappresenta, qui<ndii, quel contenuto minimo essenziale che impedisce la invalidazione delil'atto, salvo l'onere I del!l'Amministrazione di dimostrare nel susseguente giuiclizio t:r�ibutario la fondatezza del diniego; e che il diritto di di!fesa del contribuente I non sia pregiuidi<cato da tale motivazione pu� ritenersi, considerando che, j se per avventura, non vi fosse stato il previo aiocertamento o la conte� stazione della violazione da parte degli organi comunali, egli potrebbe far valere la mancanza dei presupposti per l'esercizio dell'attivit� wncolata deM'Amministrazione finanziaria, cos� come potrebbe opporre l'esito, eventualmente a lui favorevole, delle impugnative proposte nelle competenti sedi giurisdizionali o la pendenza di tali impugnative. 5. -In conclusione, l'indirizzo espresso dalla sentenza cli queste Sezioni Unite n. 5782 del 26 ottobre 1988 va tenuto fermo e, conseguentemente, in accoglimento del ricorso de11'Amministrazione finanziaria, la decisione impugnata va cassata con rinvio alla stessa Commissione Tributaria Centrale pernh� riesamini la controvel'si:a uniformandosi ai suesposti principi. (omissis) PARTE l, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARlA 593 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1991, n. 10899 -Pres. Falcone � Est. De Musis . P.M. Donnarumma (conf.).. Ministero delle Finanze (avv. Stato G. Arena) c. Soc. Madonna del Carmelo. Tributi locali � Imposta comunale sull'incremento�.� di valore degli ilmno bill � Dichiarazione � Spedizione a mezzo del servizio. postale � Rilevanza dell.a data di� consegna all'ufficio postale � Eschtsione. (!:tP.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18). Poich� fra)e normative diverse concernenti la presentazione di atti non � dato rinvenire ,iJl principio generale. che nella spedizione a mezzo del servizio postale sia da considerare ri!levaint.e ai fini dell'osservanza del termine la data di consegna aJ,l't4ficio postate, le dichiarazioni delnmposta INVIM, 1in mancanza �di diversa disposizione, devono pervenire a1.tuffiJeiio nel termine stabilito (1). (omissis) Con l'unico motivo si deduce che la comm1ss1one tributaria c~ntrale, cons~derando te.11pestiva la dichiarazione relativa ali'INVIM straovd�naria �Suif. rilievo ohe essa., bench� pervenuta tardivamente all'Ufficio, era stata a questo spedita nel termine stabilito dalla legge, � incorsa in violazione dell'art. 18, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, il quale pTescrive la presentazione della dichiarazione all'ufficio . finanziario senza prevedere 1a equiparazione a tale presentazione della .. spedizione per posta. Il motivo � fondato. La c:.ommissione ha ritenuto che la circostanza dhe specifiche disposizioni tributarie -art. 12 del d.P.R 29 settembre 1973 n. 600: in tema di imposte sui redditi; art. 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633: in tema di 1IVA -stabiliscono che le diiohiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui sono consegnate all'ufficio postale le raccomandate che . le contengono evidenzia la sussistenza di un principio generale di sid�fatto contenuto; applicabile, come tale, nella specie. L'aif�femnazione � inesatta. La Corte costituzionale ha ri!levato che � nell'ambito amministrativo tributario nomnative .diverse concernenti presentazioni di dichiarazioni, rettifiche e gravami di vario genere offrono una disartkolata prospettazione positiva tale da riJ�iutaire un modello generale cui riferirsi per saggiarne la ragionevolezza a confronto di singole disposizioni (sentenza n. 121 del 1985) e clle (per quanto specificrumente interessa la �specie) �a fronte di riferimenti positivi all'IRPEF, all'IRPEG e a11'IVA, permangono altre normative, ancora pi� af\fini rispetto all'INVIM (imposte di (1) Un importante chiarimento che sembra doversi estendere anche all'imposta sulle successioni (art. 31 d.P.R. 31 ottobre 1990 n. 346). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO registro e di successione) che non prevedono l'invocata equiparazione (ordinanza n. 342 del 22 ottobre 1987) e, sulla base di tali considerazioni, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 26, quarto comma, D.L. 28 febbraio 1983 n. 55 (convertito in legge 26 aprile 1983 n. 131) e degili artt. 18, sesto comma, e 23 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643. Questa Corte condivide la ricostruzione ohe la Corte costituzionale ha fatto della disciplina tributaria, e pertanto non solo non vige l'affermato principio generaile, ma la sua mancanza, e cio� la previsione di regolamentazioni differenti della presentazione della dichiarazione tributaria in r�lazione a specifici tributi, � non contrastante con l'art. 3 della Costituzione. La resistente ha dedotto l'applicabilit� dell'art. 184 del R.D. 18 aprile 1940 n. 689 (regolamento del codke postaile), il quale, dopo aver previsto che la presentazione delle dichiarazioni tributarie possa avvenire tramite il servizio postale dispone che � agli effetti del computo idei termini si ha riguardo alla data di spedizione�. La deduzione � infondata poiich� la norma, che era stata posta in relazione al soppresso regime tributario, deve ritenersi abrogata, ai sensi dell'art. 15 delle preleggi, con la introduzione del nuovo regime, e ci� sia perch� la materia (presentazione della dichiarazione tributaria) � oggi regolata interamente neMa disciplina dei singoli tributi, sia perch� detta norma ha un contenuto generale, come tale incompatibile con la regolamentazione differenziata prevista attualmente in relazione a singoli tributi. La resistente ha ancora eccepito la illegittimit� costitu:zfonale degli artt. 18, sesto comma, e 23 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, per con trasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione. Deve ritenersi che quale iparametro di riferimento per il secondo contrasto essa abbia inteso l'art. 10 della legige ~delega) 9 ottobre 1971 n. 825, nella parte in cud. stabilisce che �ile disposizioni da emanare... saranno intese... ad assicurare... la tutela dei contribuenti, a semplificare i rapporti tributari nelle varie fasi �. La eccezione � manifestamente infondata iperch�: a) non sono state addotte -n� questa Corte rinviene -argomentazioni diverse da quelle gi� esaminate dalla Corte costituzionale, nelle menzionate decisioni, nelle quali � stato escluso il contrasto con l'art. 3 della Costituzione; b) il contenuto del riportato art.� 10 non � tale ohe in esso possa ritenersi prevista la � uniformit� � della presentazione di qualsiasi dichiarazione tributaria, dovendo esso essere inter;pretato piuttosto nel senso che la tutela del contribuente e Ja semplificazione dei rapporti tributari debbano potenzialmente avere la massima es.tensione, ma con il limite che questJa sia compatibile con le esigenze, strutturali e funzionali, degli uffici che devono ricevere la dichiarazione. (omissis) 595 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1991, n. 11789 -Pres. Vercellone -Est. Catalano -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Farroni. Tributi erariali indiretti -Imposta di successione -Donazione -Coacervo di precedenti donazioni allo stesso donatario -Va eseguito ai fini della determinazione della aliquota. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, artt. 7 e 55). Le donazioni eseguite dal medes~mo donan~e in favore dello stesso donatario pur con atti dis.tmti sono sottoposte alla disciplina del coacervo ~n virit� del rich~mo contenuto neU'art. 55 deJ d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637 all'art. 7 deUo st,esso decreto, s� che il valore del bene o del d.fri.tto donato deve essere maggiorato, ai soli fini della determinaJ zione dell'aliquota, di un importo pari al valore di tutte le donazioni anteriori disposte a vantaggio dello stesso donatario (1). (omissis) Passando all'esame del ricorso giova osservare che con un unico motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 55 e 7 del d.P,R. innanzi indicato. Deduce che l'art. 55 dopo l'indicazione delle aliquote che nei singoli casi vanno applicate, nel terzo comma richiama, tra l'altro le disposizioni dell'art. 7 per il quale, nel caso di donazioni precedenti, ai soli fini della determinazione delle aliquote il valore � aumentato di un importo pari al valore complessivo di tutte le pregresse donazioni. Da ci� conseguirebbe ohe nel caso in esame ai fini della determinazione dell'imposta occorre avere riiguar:do alle precedenti donazioni effettuate in favore del medesimo donatario. In 011dine alla censuira cos� proposta va osservato quanto segue. L'art. 55 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 recante la disciplina dell'imposta suMe successioni e donazioni, sotto il titolo concernente la determinazione della base imponibi!le, stabilis�ce che per le donazioni l'imposta � determinata mediante l'applicazione delle aliquote indicate nella lettera a) della tariffa al valore complessivo netto dei beni e dei diritti che formano oggetto di tutte le disposizioni comprese in uno (1) Decisione di evidente esattezza. Il princ1p10 affermato trova conferma ne~ nuovo T.U. approvato con d.P.R. 31 ottobre 1990 n. 346 che non fa pi� richiamo alla disposizione sulla imposta di successione, ma disciplina autonomamente le donazioni anteriori (art. 57); la nuova norma in modo inequivocabile stabilisce che il valore globale dei beni e dei diritti oggetto della donazione � maggiorato, ai soli fini della aliquota, di un importo pari al valo.':'e complessivo � di tutte le donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario�. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Dm.J..O STATO stesso atto ed � ripartita J�ra gli aventi causa in proporzione al valore dei beni e dei diriti attribuiti a ciasicuno. La stessa norma, poi, dichiara, nel terzo comma, espressamente arp[plicaibile nella materia il disposto dell'art. 7 concernente la base imponibile dell'imposta successoria per i1 quale, nella parte che qui interessa, ai soli fini della determinazione delle aliquote il valore globale dell'asse ereditairio � maggiorato cli un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni. Il richiamo cos� operato pone pertanto la questione sul se, nell'ipotesi di pi� donazioni poste in essere tra gli stessi soggetti, come � nella specie, l'imposta 1suille donazioni debba essere commisurata al valore complessiJvo degli atti di liberalit�, ovvero al valore deMa singola donazione. La questione ha dato luogo a contrastanti interpretazioni gi� prima della .riforma tributaria, nella vigenza de1 D.L. 8 marzo 1945, n. 90, poich� secondo le determinazioni dell'amministrazione finanziaria e l'indirizzo della giurispmdenza . tri!butaria l'imposta andava commisurata in ogni caso all'intero COIIl!Plesso dei beni donati, quale ohe fosse il donatario e indipendentemente dall'esistenza cli un unico o cli una pluiralit� di atti cli donazione, mentre un O\PPOSto princi!Pio era affermato dalla giurisprudenza 011dinaria (per tutte: Casis. 8 m~gio 1958, n. 2871). Analogo problema interpretativo si � posto dopo la riforma tributaria. Ed invero, con� rilferimento al caso di Ulberalit� a favore dello stesso donatario, mette conto di rilevare che secondo un primo indirizzo, che si �lega strettamente alla lettura del primo comma dell'art. 55 del citato D.P.R. 637/1972, il coacervo delle donazioni pri!ma dell'apertura della S'Ulacessione, � ritenuto possibile soltanto quando le donazioni siano tutte �comprese in uno stesso atto �, come testualmente dispone la norma cli cui innanzi, mentre un contrario punto di vista seguito dalla giurisprudenza tributaria (Commissione Tributaria Centrale SS.UU. 17 ottobre 1987, n. 6898) sostiene l'ammissibilit� del cumulo di pi� donazioni non contenute ne1lo stesso atto (anche prima dell'apertura della suiOCessione) in virt� del richiamo operato dal terzo comma dell'art. 55 all'intero art. 7. Ritiene la Corte che questa seconda impostazione meriti di essere accolta per la sua intrinseca e sostanziale aderenza al dato normativo. Bd invero, come � reso palese dal signi.fioato della disposizione, di cui al citato avt. 55, il riferimento all'art. 7 ha lo scopo di integrare la disciplina dell'imposta sulle donazioni, non gi� al fine di determinare l'imponibile dell'imposta di successione poich� in tal caso si tratterebbe cli una norma inutile e contraddittoria posto ohe il coacervo era gi� previsto nella no:ru:na richiamata, ma allo scopo di evMenziaire che per la determinazione dell'aliquota cli imposta afferente il �Singolo atto cli donazione, occorre maggiorare il valore da esso risultante di un importo pari al vafore colil!Pless~vo di rotte le donazioni effettuate in favore del PARTB I1 SEZ. v; Git.ilUSPRUDliNZA 'i'RiBUTARIA 597 medesimo donatario. In tal modo, nel c~S:O di uria plu.ralit� di dona ��moni compfutc:f <il:.: un i:iied�sfario �ifoggett<l,dev� a;pplfoa1'si �:!i.�n��soltanto il d,untilo ogigettrvo d� cui M ptinlo coni.ma dell'art. 55, per �ffettQ del qtiail�/ &mie .sf � <l�tto, if'\!aiOre di tutti i di:Htitl dorfati rlsultant� dall'�tt() Vr@no corigl�bfiti in un~tlfil�a base imponibile/ ma a!lttes� il� cumulo �gggetti>V~Ja, �O.r Pi'eYlsi�;te � �t>M~#ta nel tew co:tmna �.�della norma $ 4.u�$#6#~ ri~Uif ffearte izj(f~:rio~ama.� fi1ift;.�� 1; ~ �ie:ii�f onde evitarre 6~p�g$1fat� ~lJ�.si�h~ dell'\Ui:�lp6stat � � � � � � � � � �� J?'�rttWt(J, ili ~ccgglim(lnto ~~lii<:'()tso va cassata la dedsfone impu �gtilil,ta ie:iq# $l��tj'.nyi() (J.eLla ca,it$a ~Ila. Q�,mm�ssJo.e Trlbutada Centrale la ilti~� $i ~foi�fuef� afp~Lpiq per �f qiifil� le.do#~zfon4���esegwte� dal �tii�d~sM:iS��ia:�arit�ᥥ1n.���:f�v'6f�����ael�d��stess0�� cfob.�t�ri�,. �isfu:��� cfo1���atti distinti �s<:>no s6Hopostg �lfa. .. disciplma del.� co�cerv� ili virtif del rfolilamo t:oritepufo riel :tmci �()fritria cJ,ell'ary/ 55 del D;)>;'.R. 26i ott&bre 1972, n; 637 ijlil'~tt< 7 itell() Jt~~$0, di;!#eto: pertanto, il vai<:;fe del berie o del diritto Hs~i#t~����iajfit�f~�ᥥaev&����~$ei:e��#i"!igior�ito.,�����~�. s~1����f.ti���4eua��tt.eterminaiid: ri�> dil1tii:i,~i.ij_l.t,ot� c!e11'1ffi~&sfa( t'li uri imporfo paff a1 va161'e di���fritte le d:C>:tlaziorii a:Ilt~9rt ii1lqa:l:e< a viantag~io . del m.~eSinio donat�rio. (�mlsslst������� CO:RTB Dl CASSAZIONE; Sez. l, 5 novembre 1991, n. 12027 � Pres. Corda � Est. Cicala -P.M. Martone (conf.). Eredit� beneficiata Benedetti c. Mihis:te:ro delle '.Fllianze (avv. Stato Cene:tini)~ . . .. . Trlbut.i erariali indketti. Imposta di sttcc;:e�si�ne � Soggettip�ssM � Cu ratore di eredit� beneficiata � Impugnazione dell'accertamentQ � Difetto cU tegtttim.anone; �������� �. . . �(ci.. :t>.R. 16 otttibr� i!i�':t; h; 631, ai-i:: �6(�ad. �iv. artt: sM i:-s2s). IJ curatore dell'eredit� accettata con beneficia di inventaria (art. 508 c. C\), � differenza det Ctlftitore della ere(jit�[ giacente (art; J28), .ammi� nistra non nell'interesse dell'eredit� ma nell'interesse dei �ereditari; di conseguenza il �curatore; come i .creditori, non ha interesse �a contrastare te pretese. deWA.mministrazione finanziaria� per.�.l'imposta di�� .successione che pu�. riguaidate quant(> residua dopo ��che � f creditori sana .stati soddisfatti (1); ������� �.� � (omissis) Con l'unico motivo di ricorso il curatore della eredit� beneficiata sostiene la propria legittimazione ad impugnare l'avviso di accertamento in questione, in base ai poteri conferitigli dall'art. 507 del codice civile. (1) Non constano precedenti specifici. 598 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il ricorso deve essere respinto. L'art. 26, terzo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, facendo applicazione dei principi generali in materia di interesse a ricorrere e di contenzioso tributario, puntualizza che l'avviso di accertamento pu� essere impugnato dal � contribuente � cio� da colui su cui grava il tributo. E la ipotesi di rilascio dei beni ai creditori regolata dagli artt. 507 e segg. del codice civile, non costituisce che una forma di accettazione con beneficio di inventario; in cui dunque il chiamato all'eredit� non vi rinuncia, ma la accetta, pur garantendosi di fronte alla possibilit� che l'attivo superi il passivo, e liberandosi dagli oneri (e dai rischi) della diretta amministrazione della massa ereditaria. Di conseguenza, il curatore di cui all'art. 508 del codice civile, a differenza del curatore della eredit� giacente (art. 528) non amministra nell'interesse dell'eredit�, ma dei creditori, e consegna il residuo attivo ad un erede gi� individuato. Ed i creditori non hanno alcun interesse a contrastare le pretese dell'erario dal momento che l'imposta di successione verr� pagata con quanto residua dopo che essi siano stati soddisfatti, e nei. limiti del residuo (art. 46 del d.P.R. 637/1972). Nessun interesse ha perci� anche il curatore che non � coobbligato alla imposta e non potrebbe partecipare alla definizione per adesione di cui all'art. 27 del d.P.R. 637/1972. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12127 � Pres. Bologna � Est. Proto -P. M. Iannelli (diff.) -Salomone c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Imposta complementare Imposta dovuta per effetto di decadenza da agevolazione -Solidariet� Limitazione alla parte a cui � imputabile il fatto che ha prodotto la decadenza. (R.D. 30 .dicembre 1923, n. 3269, art. 93; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 55; d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 57 e 79).. L'imposta dovuta in misura ordinaria in conseguenza della decadenza da agevolazione ha natura complementare; di conseguenza l'obbligazione per l'imposta complementare grava soltanto sulla parte (nella specie compratore) alla quale � imputabile la decadenza secondo la norma dell'art. 55 del d.P.R. 634/1972 e 57 del d.P.R. 131/1986, applicabile anche agli atti stipulati sotto il vigore del r.d. n. 3269/1923 (1). (1) Si prende atto della corretta interpretazione, pur assai ampia, dell'art. 79 del vigente T.U. delle imposte di registro che estende la portata delle norme pi� favorevoli ai contribuenti anche agli atti anteriori alla ri� forma del 1972. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) 1. -Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli aitt. 7 e 93 r.d. 30 dicembre .1923 n. 3269, 40 e 55 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, nonch� degli artt. 42, 57 e 79 d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, e censura la decisione impugnata per aver ritenuto inapplicabile alla fattispecie la limitazione della solidariet� di imposta di cui al quarto comma. dell'art. 55 d.P.R. n. 634/1972; nell'erronea. considerazione che quella applicata fosse imposta ordinaria e principale e non complementare e che tale limitazione avesse carattere innovativo; e senza, per altro, considerare che essa, costituendo disposizione pi� favorevole al contribuente, era comunque applicabile a norma dell'art. 79 d.P.R. 26 ottobre 1986 n. 131, che ne aveva esteso l'efficacia, per le controversie pendenti, anche agli atti anteriori. alla sua entrata in vigore. Col secondo motivo la Salomone denuncia violazione degli artt. 93 r;d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e l legge regionale siciliana 4 aprile 1969 n. 6, nonch� dell'art. 109 t.u. 30 giugno 1967 n. 1523, e insufficiente motivazione, censurando la decisione impugnata per non aver considerato che, in base alle richiamate disposizioni, la solidariet� del venditore nel pagamento dell'imposta di registro � limitata alla sola ipotesi in cui non sia stato realizzato .10 stabilimento industriale previsto, ed � esclusa in ogni altra evenienza. 2. -Il primo motivo � fondato. La questione che la censura propone � se, per un atto a titolo oneroso, registrato sotto il vigore della legge del registro 30 dicembre 1923 n. 3269, a seguito della decadenza dell'agevolazione tributaria prevista per. l'acquisto di immobili destinati a stabilimento (secondo il combinato disposto degli artt. 1 1. reg. siciliana 4 aprile 1969 n. 6 e 109 t.u. 30 giugno 1967 n. 1523), l'imposta dovuta abbia natura complementare ovvero ordinaria e principale, e se, in virt� del principio della solidariet� dell'obbligazione tributaria (art. 93 r.d. cit.), debba risponderne anche l'alienante, ancorch� la decadenza non sia a lui addebitabile. 3. -Sul primo problema questa Corte si � gi� espressa nel passato, affermando (cfr., tra le altre, Cass. 3 luglio 1980 n. 4227 e Cass. 23 luglio 1981 n. 4730), pur non senza contrasti (Cass. 9 marzo 1982 n. 1478), la natura ordinaria e principale dell'imposta dovuta per effetto della decadenza dell'agevolazione tributaria prevista per i trasferimenti di aree destinate alla costruzione di case di abitazioni, ai sensi della legge n. 408 del 1949. Questo orientamento non pu� essere seguito. Ai fini della definizione giuridica dell'imposta, di cui sia preteso il pagamento per effetto della decadenza dal beneficio fiscale, il momento qualificante � quello della riscossione, posto che proprio in base a tale elemento l'art. 7 della 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge del registro 30 dicembre 1923 n. 3260, l'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 (�disciplina dell'imposta di registro�) e l'art. 42 della legge vigente (d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) operano la distinzione tra imposta principale da un lato, e suppletiva e complementare dall'altro. L'art. 40 (poi trasfuso, sostanzialmente, nel vigente art. 42) definisce, infatti, come principale �l'imposta liquidata all'atto della registrazione�; suppletiva � quella applicata successivamente � se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio in sede di liquidazione�; e complementare �in ogni altro caso �. N� sussistono sostanziali differenze tra le varie disposizioni, poich� anche la legge del 1923 (art. 7) definisce come complementari o suppletive � le tasse richieste dopo avvenuta la registrazione e la liquidazione della tassa principale�, e precisa che sono complementari quelle che � al momento della liquidazione della tassa principale non poterono essere liquidate integralmente per mancanza o insufficienza degli elementi necessari per la liquidazione e quelle che, rimaste sospese per disposizione di legge, rappresentano integrazione di tasse gi� riscosse�. In base a tali criteri distintivi si deve comunque escludere che l'imposta richiesta a seguito della decadenza dalle agevalazioni fiscali di cui alla legge 30 giugno 1967 n. 1523 possa essere qualificata come imposta principale. Al contrario, essa deve essere definita come imposta complementare, perch� richiesta dopo la registrazione dell'atto, mediante liquidazione � nella misura fis�sa di lire 2.000 � (art. 109 1. n. 1523), e non giustificata da precedente errore od omissione dell'ufficio. N� pu� essere condivisa la contraria impostazione, in quanto, come � gi� stato osservato da questa stessa Corte (Cass. 9 marzo 1982, cit.), nella disciplina disegnata nel r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, gli unici casi di imposta, pretesa dopo l'avvenuta registrazione, che conservano la natura di imposta principale erano l'erronea registrazione gratuita (art. 7, terzo comma c.p.) e la registrazione di atti sottoposti a condizione sospensiva (art. 17): ipotesi non rapportabili al caso in esame, in cui la registrazione dell'atto � avvenuta a tassa fissa e il beneficio era sottoposto a condizione risolutiva. 4. -Dalla qualificazione dell'imposta in esame come imposta complementare discende agevolmente la soluzione del secondo quesito, relativo all'applicabilit� o non di una limitazione al principio di solidariet� stabilito dall'art. 93 della legge del registro del 1923; limitazione prevista dall'art. 55, quarto comma, del d.P.R. n. 634 e riprodotta nell'art. 57 quarto comma, della legge vigente, secondo cui � l'imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti � a carico esclusivamente di questa �. ~ r:. ~ r: f� ��=#ff_#_M,_ff,=M�@����W�''"""'""�'�"''-"M'"@M>>� '''"'''�'>C'>=����>'"'''C>'�''''=w>��R~>=��-=Rffff--ffffJ mF~;,---.,,�=�:==:===::;tJr��:=-=--�,.�.~--�==x=�:!�===di Bf.K-..,,-,,,�-~fr.,_@8.,�,.,����>�Y.��.-.m.,,.,,...�t.1r#All1..,,....~,,,.,,.,,..... w ..�~.A~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 601 Invero, indipendentemente dal carattere innovativo di queste disposizioni, esse risultano indubbiamente applicabili alla fattispecie, in quanto, anche se la registrazione fu effettuata sotto il vigore della legge abrogata ed il presupposto della imposta sia sorto dopo l'entrata in vigore della legge del 1972, ai sensi dell'art. 79 della nuova legge del registro (d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), le disposizioni, come quelle richiamate � pi� favorevoli ai contribuenti � si applicano anche agli atti anteriori alla sua entrata in vigore, relativamente ai quali sia pendente controversia. In conclusione, l'imposta complementare di registro in contestazione sarebbe ad esclusivo carico dell'acquirente, cui sarebbe addebitabile (come � pacifico) la decadenza dal beneficio tributario a suo tempo concesso. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12220 -Pres. Bologna -Est. Cicala -P. M. Morozzo della Rocca (diff.) -Menta c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento -Presunzioni -Percentuale di ricarico -Ammissibilit� -Attendibilit� della percentuale -Questione di valutazione estimativa. L'applicazione di una �percentuale di ricarico� per determinare induttivamente il ricavo globale � uno strumento presuntivo la cui utilizzabilit� � costantemente riconosciuta. L'apprezzamento della attendibilit� della percentuale utilizzata � oggetto di una valutazione estimativa sottratta al giudice di terzo grado (1). (omissis) Con il suo unico motivo il ricorrente deduce due argomentazioni fondamentali, cio� in primo luogo contesta che nel caso di specie possa parlarsi di accertamento �analitico� od ordinario; afferma inoltre che la Corte d'Appello doveva sindacare la attendibilit� della percentuale di ricarico utilizzata dalla amministrazione, riconoscendone la inadeguatezza. La motivazione della sentenza impugnata regge per� alle censure del ricorrente, che debbono esser respinte. Emerge, in primo luogo, dal contesto della decisione che la Corte di Firenze ha ritenuto di trovarsi di fronte ad un accertamento analitico-sintetico, cio� basato nella sua impostazione fondamentale su i dati forniti dal contribuente, (1) Decisione da condividere di grande rilevanza. 602 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ma corretto in qualche profilo sulla base di presunzioni. E questa impostazione � conforme al costante insegnamento di questa Corte secondo cui l'Amministrazione finanziaria procede a determinazione analitica dell'imponibile anche quando, in applicazione dell'art. 54 del d.P.R. 633/1972, deduce da presunzioni semplici l'esistenza o la misura di attivit� non dichiarate, e quindi determina induttivamente l'imponibile; in tal caso l'accertamento rimane analitico mentre l'imponibile � determinato, in tutto o in parte con metodo induttivo. Nel caso di specie la Amministrazione si � trovata davanti alla necessit�, muovendo da due dati noti quali la quantit� di merce venduta e il costo della stessa, di determinare induttivamente un dato ignoto quale il ricavo globale. E ci� ha fatto ricorrendo ad una � percentuale di ricarico �, cio� ad uno strumento presuntivo la cui utilizzabilit� � costantemente riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass. 10 agosto 1990, n. 8141). Naturalmente spetta alla Amministrazione fornire giudizialmente la prova della attendibilit� della percentuale di ricarico utilizzata in ciascuna circostanza, e questa attendibilit� subisce una verifica piena anche nel merito da parte delle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado. Siccome la individuazione del reddito � questione di � estimazione semplice� (art. 26 e 40 del d.P.R. 636/1972), la Corte d'Appello e la Commissione Tributaria Centrale non possono poi scendere a valutazioni in fatto e debbono perci� limitarsi a verificare la sussistenza di eventuali difetti di motivazione, rimettendo -se del caso -la controversia per il merito alla Commissione di II grado (Cass. 3 gennaio 1991, n. 12; Cass. 2 agosto 1990, n. 7763). A questo controllo non si � sottratta la sentenza impugnata laddove ha affermato, con motivazione che non si presta a censure, che la percentuale di ricarico era correttamente fondata su fatti accertati in contraddittorio con l'interessato (Cass. 23 gennaio 1991, n. 604). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12222 -Pres. Vela Est. Greco -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Braguglia) c. Valentini. Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Sanzioni -Pena pecuniaria � Riduzione ex d.m. 1� settembre 1931 -Applicabilit� alla soprattassa -Esclusione. (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3, 4 e 5; d.m. 10 settembre 1931, art. 1). La soprattassa, se pure abbia carattere sanzionatorio, si differenzia nettamente per struttura e finalit� dalla pena pecuniaria: di conseguenza I I f I jI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 603 non � estel'tsibile alla soprattassa la riduzione prevista nell'art. 1 del D.M. 1� settembre 1931 (1). (omissis) L'Amministrazione delle finanze dello Stato denunzia viola~ ione clegli artt. 52 d.P.'.R.. 26 ottobre 1972 n. 637 e 23, secondo comma d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643; falsa applicazione del D.M. 1� settembre 1931, in riferhnento .alflll'.'.t.63 della L. 7 gennaio 1929 n. 4 (art. 360 n. 3 c.p.c,). Rileva ohe � !llegittima la interpretazione della Commissione Centrale sia perch� la lettera della legge, in ordine alla possibilit� di riduzione, fa riierimento alle pene pecuniarie e non alle soprattasse; sia perch� la disciplina � sistematica.mente diversa. Ed, invero, per questo profilo, la ricorrente rileva che la �gradualit�� che il legislatore prevede per la pena pecuniaria non � prevista per le soprattasse che il legislatore determina in maniera fissa, corrispondente all'ammontare del tributo, ovvero, ad una frazione o multiplo di esso. Quanto, poi, alla � continuazione � riconosciuta dal legislatore, la ricorrente sottolinea che l'istituto si applica nel caso di concorrenza di pene e soprattasse non nel caso debbano comminarsi solo le soprattasse. Sicch�, non � consentito �rifarsi a questa disciplina per ricondurre ad �unit�� i �due istituti mentre, secondo l'Amministrazione, diversamente opinando, qualsiasi misura afflittiva pecuniaria sarebbe riconducibile tra le � pene pecuniarie � e tale sarebbe anche la soprattassa in forza del riconosciuto carattere sanzionatorio, non incompatibile con la finalit� di stimolo, comunque secondaria. Conclusivamente, la tesi che l'Amministrazione ricorrente contesta tenderebbe non gi� ad equiparare pene pecuniarie e soprattasse ma aid assimilare totalmente due istituti nel quadro del generale principio che la soprattassa � pena pecuniaria minore ma pena pecuniaria. Il ricorso � fondato. La legge 7 gennaio 1929 n. 4 ha attribuito espressamente tanto alla pena pecuniaria quanto alla soprattassa carattere � civile � con ci� avendo inteso escludere -secondo autorevole dottrina -sopratutto il carattere � penale � di queste obbligazioni. Ma esse hanno struttura e finalit� essenzialmente diverse come agevolmente si desume dai criteri che il legislatore richiama per la loro deteminazione. (1) Decisione di evidente esattezza. Comunque si voglia discutere della funzione risarcitoria o sanzionatoria della soprattassa, certo � che nella legge del 1929 la distinzione tra pena pecuniaria e soprattassa � nettissima, s� che le norme di detta legge (e del D.M. del 1931) riferite alla pena pecuniaria non sono applicabili alla soprattassa, la quale � peraltro irriducibile a causa della rigida predeterminazione legale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La entit�. della pena pecuniaria �, infatti, correlata alla personalit� del trasgressore siccome emerge dalla sua condotta e, quindi,. dai precedenti penali e giudiziari ed � dichiaratamente progressiva proprio in ragione della menzionata correlazione. La soprattassa, quanto alla sua determinazione, prescinde del tutto di,t],la pe:rso:rialit� del trasgressore; �, conseguentemente, priva di progressi'.\ Tit� ed � dal legislatore destinata, fu concreto, a reintegrare il patrimonio dell'ente i:ttlpositore per la mancata o ritardata :riscossione del trib�to.. II che non impedisce di riconoscere anche alla soprattassa carat� tere sanziona.torio. Formulate queste considerazioni, risultano pi� agevoli � resame e la risoluzione del quesito se l'art. 1 del D.M. 1� settembre 1931 -in base al quale le pene pecuniarie possono essere ridotte in caso di particolari circostanze che giustifichino il benevole provvedimento -� applicabile anche alle soprattasse. � Sono� stifficienti, al riquadro, le �considerazioni seguentL le norme del D;M. 1� settembre 1931 furono emanate in esecuzione della delega contenuta nell'art. 63 L. 7 gennaio 1929 n. 4; esse sono tuttora vigenti negli stessi limiti �di �applicabilit� della legge; e, dunque, avendo questa previsto i diversi . istit�ti delle pene pecuniarie e delle soprattasse, allorch� con il decreto ministeriale si ' disciplinarono le riduzioni delle pene pecuniarie, s� intese riservare l'ambito di applicazione del decreto su questo punto alle sole pene. pecuniarie con esclusione delle soprat� tasse; quanto al richiamo dell'istituto della � continuazione � che secondo la decisione . impugnata -dimostrerebbe la identit� delle due obbligazioni, � sufficiente sottolineare che l'art. 8 della L. n. 4/29 secondo cui, . in caso di pi� violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluzione, la sanzione � applicata una sola volta in misura superiore a quella prevista per una sola violazione purch� non superiore alla met� dell'ammontare complessivo delle pene, delle pene pecuniarie e delle soprattasse che si sarebbero dovute applicare cal colando le singole violazioni -non incide sui termini �del problema. Ed invero, allorch� il legislatore, nelle sue scelte di politica ammi: riistrativO:giudiziaria dispone, nel sanzionare la condotta del trasgressore, che l'autfiento di una pena comporta la esclusione di un'altra pena, anche se di natura o strutt�ra diversa, non ha presupposto l'identit�, anche strutturale, di quelle pene. E, dunque, la determinazione della pena inflitta per violazioni continuate prescinde dalla natura o dall'essenza delle pene istituzionalmente previste per le singole violazioni. Conclusivamente, la diversa struttura e le diverse finalit� delle due obbligazioni (pena pecuniaria e soprattassa) inducono a superare ogni incertezza sulla reale portata della disposizione del decreto 1� settembre 1931 e ad escludere che le riduzioni di cui all'art. 1 del D.M. 1� settembre 1931 possono applicarsi anche alle soprattasse. (omissis) PARTE I, SEZ.. V,rGIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 605 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 novembre 1991, n. 12444 -Pres. Favara -Est. Lupo -P.M. Romagnoli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Laboratorio Cavour. Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle� persone fisiche e impo sta locale std redditi � Reddito di impresa -Laboratorio di analisi cli niche -PU� essere qualificato impresa. (d.P;R. 29 settembre 1973,. rt. 597, art. 51; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1; e.e. artt. 2229 e 2238). Un lab9ratorio di analisi cliniche, in quanto presta servizi a terzi, produce reddito di impresa qualora sia organizzato in forma di impresa; iJn tal caso il reddito prodotto, bench� con il concorso di una attivit�. professionale, � .soggetto ad ILOR (1). (omissis) Con l'unico .motivo del ricorso il Ministero delle Finanze deduce la violazione dell'art. 51 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nonch� la motivazione insufficiente su un punto decisivo (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il ricorrente osserva che anche l:attivit� professionale d� luogo a reddito di impresa se � svolta in forma organizzata, come nella specie � stato accertato dalla Commissione tributaria di secondo grado; esso censura, perci�, la decisione impugnata che ha ritenuto irrilevante tale accertamento sulla base della considerazione che l'attivit� di laboratorio di analisi � sempre e comunque un'attivit� di lavoro autonomo. Il motivo di ricorso � fondato. � Va premesso che, a seguito della sentenza d.ella Corte Costituzionale 26 marzo 1980 n. 42, non sono assoggettati ad ILOR (art. 1 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 599) i redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi di impresa. La decisione impugnata ha ritenuto, in applicazione del disposto dell'art. 51 del d.P;R; 29 settembre 1973 n. 597, che �la gestione di un laboratorio di ana1isi cliniche � riconducibile ad un'attivit� professionale � e che il reddito che ne deriva � perci� reddito di lavoro autonomo. Tale affermazione, nella sua assolutezza, si pone in contrasto con il citato art. 51, il quale fornisce la nozione di reddito di impresa rilevante per l'IRPEF, nozione che, nella parte non contrastante con le pronunzie della Corte Costituzionale in tema di ILOR, va applicata anche nella (1) Una sentenza molto importante. che apre un nuovo fronte (v. annotazione a Cass. 7 febbraio 1990 n. 788, in questa Rassegna, 1990, I, 324) sul tema lavoro autonomo ed ILOR. Finora le professioni intellettuali erano rimaste al riparo da ogni pericolo, quale che fosse l'organizzazione di beni e di lavoro in cui � esercitata l'attivit�. Ma le professioni intellettuali non possono essere privilegiate rispetto alle altre categorie di lavoro autonomo. 15 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina di quest'ultima imposta (Cass. 6 febbraio 1990 n. 788; 14 dicembre 1989 n. 5605; 9 aprile 1987 n. 3477). Detto art. 51, nel terzo comma, considera reddito di impresa quello che deriva dalle � attivit� di prestazione di servizi a terzi, che non rientrano nell'art. 2195 e.e., se organizzate in forma di impresa�. Poich� un laboratorio di analisi cliniche presta servizi a terzi, esso produce reddito di impresa se � organizzato in forma di impresa. In assenza di criteri dettati dalla normativa tributaria sulla nozione di impresa, va fatta applicazione della disciplina generale del codice civile. _Al riguardo va osservato che, se � vero che le professioni intellettuali sono una forma di lavoro autonomo (artt. 2229 e seguenti cod. civ., inclusi nel titolo che disciplina il lavoro autonomo), � anche vero che esse possono costituire � elemento di una attivit� organizzata in forma di impresa� (art. 2238 cod. civ.), e cio� essere inserite in una struttura organizzativa che � frutto dell'impiego di capitale. In tal caso il lavoro del professionista ed il capitale concorrono nella produzione del reddito, che non deriva pi� dal solo lavoro, ma dall'attivit� dell'intera struttura imprenditoriale, di cui l'attivit� professionale � soltanto un elemento (c.d. redditi misti, espressamente menzionati dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 42/80, nel par. 9, per affermarne l'assoggettamento all'ILOR). L'art. 2238 cod. civ. vale anche per le professioni protette, e cio� per quelle per il cui esercizio � necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi (art. 2229 cod. civ.). Anche tale attivit� professionale pu�, perci�, costituire elemento di un'impresa. Questa Corte, proprio con riferimento ad un laboratorio di analisi cliniche, ha avuto modo di precisare, sia pure a fini diversi da quelli tributari, che la natura professionale dell'attivit� svolta dall'analista non � di per s� sufficiente per ritenere che essa sia riconducibile soltanto alla sua persona, ove tale attivit� sia svolta in una struttura organizzativa di rilevanti dimensioni e con la stabile collaborazione di una pluralit� di operatori (Cass. 7 giugno 1984 n. 3444). In siffatta ipotesi all'attivit� personale dell'analista si affianca un'at� tivit� di tipo organizzativo consistente nell'approntamento e nella gestione dei mezzi per l'esercizio della professione intellettuale, onde si ha il concorso di lavoro e capitale nel reddito prodotto dalla attivit� del laboratorio di analisi cliniche. Occorre quindi un accertamento in concreto sulle caratteristiche del laboratorio di analisi cliniche Cavour p,er stabilire se il reddito da tale soggetto dichiarato (e di cui si chiede ora il rimborso) sia stato prodotto dal solo lavoro professionale degli analisti (sia pure con l'apporto di un capitale minimo tale da non dare luogo ad una vera organizzazione di impresa; Cass. 14 dicembre 1989 n. 5605, in motivazione) ovvero sia riconducibile anche alla presenza di una struttura organizzativa che ha richiesto una attivit� imprenditoriale consistente nella predisposizione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 e gestione di mezzi personali e materiali finalizzati all'esercizio della professione. Tale accertamento concreto � stato completamente omesso dalla. decisione impugnata, che, col1egando necessariamente la natura di reddito da lavoro autonomo all'attivit� di un laboratorio di analisi cliniche,. ha�presupposto erroneamente la incompatibilit� tra tale attivit� e l'esercizio di un'impresa. La decisione impugnata va perci� cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della stessa Commissione tributaria, che accerter� la presenza o meno, nel caso di specie, di un'organizzazione di tipo imprenditoriale. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1991, n. 12589 -Pres. Carotenuto -Est. Caturani -P. M. Di Renzo (conf.) -Marchesi (avv. J>arrelli) c. Ministero. delle Finanze (avv. Stato Braguglia). Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Iscrizione di ipoteca legale -Art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 � Giudizio d'opposizione � Natura -Giudizio di convalida � Esclusione. (Legge 7 ge:tmaio 1929, n. 4, artt. 26 e 27; c.p.c. art. 616). L'ipoteca legale di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, in analogia a quella regolata dagli artt. 616 e segg. c.p.p., � un mezza cautelare a garanzia di un credito non ancora certo che si basa sul processo verbale di constatazione della violazione; l'iscrizione di ipoteca,. bench� soggetta al giudizio di impugnazione che ha per oggetto soltanto la verifica dell'esistenza del periculum in mora e del fumus boni iuris, desumibile solo dal processo verbale, senza indagare sul merito della controversia, non � soggetta a giudizio di convalida; tuttavia l'iscrizion& di ipoteca perde efficacia qualora il credito che garantisce non sia. accertato entro termini di decadenza stabiliti (1). (omissis) 1. -Col primo motivo il ricorrente sostiene l'inefficacia'. dell'ipoteca legale, iscritta nei suoi beni ai sensi dell'art. 26 della legge: 7 gennaio 1929 n. 4, a causa della mancata instaurazione del giudizio & merito in violazione dell'art. 680 comma quinto c.p.c., applicabiile alla fat- (1) Decisione di molto interesse di. cui va segnalata la approfondita motivazione. Di particolare interesse la precisazione che la verifica del fumus boni iuris sia al momento dell'autorizzazione all'iscrizione sia nel giudizio� di opposizione � circoscritta all'esame del verbale di accertamento, ma non investe il merito della controversia devoluta alla giurisdizione delle com-missioni. 608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tispecie stante il perfetto parallelismo, desumibile dalla legge anzidetta, tra ipoteca legale e sequestro conservativo. 2. � La censura non � fondata. L'art. 26 comma 1 della legge n. 4 del 1929 sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, cos� statuisce: � In base al processo verbale di constatazione di una contravvenzione di competenza dell'intendente di finanza o della violazione di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria e quando vi sia pericolo nel ritardo, l'intendente pu� chiedere al presidente del tribunale competente, l'iscrizione di ipoteca legale sui beni del trasgressore, od anche l'autorizzazione di procedere a mezzo dell'ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo sui beni mobili �. Ai sensi del successivo art. 27 comma 1, �l'iscrizione dell'ipoteca o il sequestro possono essere impugnati da chiunque vi abbia interesse. La impugnazione � proposta: 1) innanzi al giudice civile, quando si tratta di garanzia presa in seguito a violazione delle leggi finanziarie, la quale non costituisce reato�. Per intendere il significato logico-giuridico delle norme anzidette e tenendo presente che, in conformit� a tutta la nostra tradizione storica, possono essere garantiti solo i diritti di credito (art. 2808 comma 1 e.e.) perch� nel nostro diritto positivo l'ipoteca mira a rafforzare l'azione esecutiva per espropriazione, cui a sua volta possono dar luogo solo i crediti, le disposizioni in esame si ricollegano al principio secondo cui, l'accessoriet� ad un credito, tipico del diritto di ipoteca, non implica necessariamente che il credito debba esistere gi� al momento della costituzione della garanzia. Trattasi, in realt�, di una questione di diritto positivo che il nostro ordinamento ha risolto variamente a seconda degli interessi che nelle singole ipotesi prese in considerazione si sono voluti tutelare. Cos�, in analogia alla ipoteca del proprietario, propria del diritto tedesco (paragrafi 1113, 1163 e 1168 cod. civ. germanico), eccezionalmente un vincolo specifico � ammesso anche nel nostro diritto a favore del terzo acquirente del bene ipotecato che, avendo scontato sul prezzo di acquisto l'importo delle ipoteche, paghi i creditori iscritti (art. 1203 n. 2 e 3 e.e.). In tal caso il subingresso del terzo acquirente nell'ipoteca (surrogazione) conferisce a questa una natura ed uno scopo diversi da quella che prima aveva: essa non garantisce pi� un credito, ma costituisce un diritto del terzo acquirente di prelevare una somma in caso di espropriazione del suo bene, con evidente funzione di tutela della posizione del terzo acquirente. Inoltre, in via pi� generale, pur dovendosi ammettere come regola la inammissibilit� di una ipoteca per crediti futuri, non altrimenti determinati, la nostra legge riconosce sia pure in linea eccezionale che PARTII. I, SBZ. V, GIVRIS:t>RUDBNZA TRIBUTARIA il l'.iiritto :reale cij, garanzia pu� ben essere costituito anche per crediti ce>r.i.dbli<;>nali coni 1$fetto ex tunc; attesa JE1;. retroattivit� della condizione, o eventuali, con . effettq ex nunc, Si .. richlecle; peraltro,> che dal titolo devono >ris:qltare >gi���. all'att() Clell',is�rizion,~ � (spetjev. a tutela dei terzi) gli ..�.. estremi �Jd,onei aCI. inCl.i'l.!'iduare il.rapporto � .giuridicp Cl.a cui pu� na~�ere Jl �:re@,t() che Cl� luogQ a11'iscri:z;i(:>ne. ipotec::aria (e$� .cl'e.dito per l'eyjzione nella. yendita: a:rt. 1481 e.e;.; c;:J;e(llto Cl.el fldeiussore nei confr<> nt~ del debitore principale: art. 1950> e.e.). In questi:\ ottica s� inserisce l'art. 26tin esame, iLquale, nella ricorI'. e!'.l:Za Jlei .�. req.i;!)W. (saj., qu;:�L infra) che la norma richiede ai fini dell� �. iscrizimw ipg:tec�"ia, . anmiett.e ��la possibili:t� che .. si. faccia luogo all'iscrizione in base >al processo verbale � di constatazione di una contravvenzione �. di competenza� dell'intendente di finanza della violazione di una norma per la quale sia stabilitai :una pena pecuniaria. In questo casqK q.in!lli si verific� una .. ulterie>re ipotesi normativa neUll. c,i.ale, derqgat:tdos~ al principio per cw; rip()tec:a tittela un diritto di credito attualll)ente esistente, la garEt:nzia reale. . pu� costituirsi in un momento Et:ntecedente alla stessa formazione del:titolo del credito Clell'~ll'.llllinistr~io:ne ...fhiap:ziaria, in � bas� al . fumif:S; �. f)oni juris circa la effettiva .� esistenza . del credito ..� che si.. intende cautelare, desumibile da un att(). pu}?l:>li�o. (proc~~so verbale di constatazione.� della violazione di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria), in considerazione della p11rtii;:9lare natura del crec;lito garantito, sussistendo gi�, seconclo . la val.ta,zio~e norrn�tiva, il rapporto giuridico dal quale pu� nascere il .. credito .. (tributlll'�o) �. che legittima� !;iscrizione. 3. -Da quEt:nto . precede consegue che, nell~ fattispecie prevista dall'art. 26 cit., corne si desum.e. del. resto dalla stessa formulazione della norma, .� .previste> un .. certo�. ~aral1elisino .�tra fa iscrizione ipotecaria ed il sequestro . c�riservativo sui beni .� mobili, ! . 011de . deve riconoscersi che nelcaso de quo l'ipoteca� stata utilizzata dal legislatore c�n una preminente funzione cautelare analoga a quella propria del sequestro conservativo. Trattasi, tuttavia, . di una analogia che . trova nello stesso sistema giuridico �il fondamento �della sua esistenza. � Per cogliere il.. significato logico-sistematieo. dell'art. 26 � neces.sar�o tener presente . che, all'epoca in �cui fu eili�nata la. legge n. 4 del � 1929 (di cui gli artt. 26 e 27 fan!lo parte), l'art. 924 c:p.c. del 1865 ammetteva il sequestro conservativo esclusivamente per i belli mobili e i crediti, mentre soltanto con l'art. 671 C:.p.c. vigente �esso � stato esteso anche ai beni immobili del debitore, in base al rilievo che la cautela< pu� estendersi a tutti i beni dell'obbligato in quanto quest'ultimo risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 e.e.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.O STATO 610 L'iscrizione ipotecaria, pur conservando le sue caratteristiche strutturali, esplica quindi in materia una funzione tipicamente cautelare analoga al sequestro conservativo. Ne discende che, in linea di principio, � esatta la tesi della difesa del ricorrente, secondo cui non pu� ammettersi che il vincolo (reale) sul bene oggetto della iscrizione ipotecaria gravi illimitatamente, ma, dalla disciplina propria dei provcedimenti cautelari, risulta al contrario che quel vincolo � ancorato nella sua efficacia ai termini entro i quali deve instaurarsi il giudizio 'di convalida e di merito (art. 680 comma 5 c.p.c.). Ed in fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio quando cio� la competenza a conoscere la causa di merito appartiene ad arbitri, questa Corte, pur ritenendo inapplicabili i termini previsti dall'art. 680 c.p.c., ha precisato che in tal caso, in mancanza della instaurazione del giudizio di merito almeno durante la pendenza del giudizio di primo grado, il sequestro non pu� essere convalidato (sent. n. 7056 del 1982). Nel presente giudizio tuttavia l'art. 680 c.p.c. risulta inapplicabile per ragioni intrinseche alla stessa disciplina del procedimento cautelare previsto dall'art. 26. L'art. 27 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, invero, non solo disciplina un particolare giudizio di impugnazione contro l'iscrizione ipotecaria, ma statuisce che l'impugnazione stessa � proponibile da chiunque vi abbia interesse. L'impugnazione ha per oggetto la esistenza dei requisiti cui il precedente art. 26 fa riferimento ai fini della concessione della misura cautelare: e cio� il fumus boni Juris, desumibile dal processo verbale di constatazione dell'infrazione ed il periculum in mora (vale a dire il fondato timore del creditore di perdere la garanzia del proprio credito). Questa disciplina, che sostituisce il giudizio di convalida nel procedimento ordinario di sequestro, � mutuata dal codice di procedura penale ed in particolare dagli artt. 616 ss. L'art. 616 dispone che il pubblico ministero presso il tribunale o presso la Corte innanzi cui � in corso il procedimento e il pretore nei procedimenti di sua competenza possono richiedere, dopo il primo atto del procedimento contro l'imputato o successivamente, la iscrizione del l'ipoteca legale prevista dagli artt. 189 e 190 c.p. Ed analoga facolt� � attribuita dal successivo art. 617 per quanto riguarda il sequestro di cui alle menzionate norme del codice penale. Tale disciplina ha poi subito alcune sostanziali modifiche con l'en trata in vigore del nuovo codice di procedura penale approvato con d.P.R. 22 settembre 1988 n. 447, specie per quanto concerne da un lato la estensione del sequestro agli immobili e la conseguente eliminazione dell'ipoteca legale che non ha pi� ragion d'essere dopo quella estensione (cfr. gli artt. 316 ss. del nuovo testo). PARTE I, SEZ. �V, GIURISPRUDENZA TR.IBUTARIA In conformit�:. a quanto statuito dall'art. 27 della legge .n. 4, l'art. 618 c.p.p. (nel testo originario) prevedeva contro le anzidette misure cautelari un apposito giudizio di opposizione, .sostituito poi da un giudizio .di riesame proponibile; in perfetta .assonanza con l'art. 27, da chiunque vi abbia interesse (art; 318 del tmovo testo). 4. -Non sipone quindi; nella specie, un problema di osservanza dei termini per la instaurazione del giudizio di merito secondo quanto previsto neM'ambito del. procedimento di sequestro conservativo, di cui al codice .�di procedura civile, per il semplice.. motivo che nel procedimento cautelare di cui agli art. 26 ss. della Jegge in esame, non � previsto un giudizio di convalida, conforme a quello civilistico, n� sono applicabili, in linea di principio le relative norme processuali. Trattasi invece di un giudizio di convalida analogo a quello penalistico. Ne consegue che il giudizio> di impugnazione della iscrizione ipotecaria e del sequestro, che .ha la natura di un giudizio di nullit�, essendo proponibile (come quello penalistico) da chiunque vi abbia interesse, ha per oggetto. esclusivo .. la ricorrenza in concreto dei presupposti per la concessione della �misura cautelare (fumus bcmi juris e .periculum in mora), mentre fuoriescono dai suoi confini tutte le questioni che attengono al merito . della controversia). Un .. accenno particolareva tuttavia compiuto con riferimento al termine per la instaurazione del giudizio di merito, che deve ritenersi immanente ad ogni procediment0. cautelare (cfr. l'art. 680 c.p.c. in tema di sequestro .�civilistico; l'art. 701 c.p.c. in tema di provvedimenti d'urgenza). Tale esigenza che un .termine sia comunque previsto .Per la instaurazione del giudizio di merito dipende dalla circostanza che i provvedimenti cautelari, av�endo natura strumentale in quanto diretti ad evitare che. la futura pronuncia di;:l giudice possa restare pregiudicata dal tempo necessario ad ottenerla, esauriscono la loro funzione con la decisione emessa nel successivo giudizio di merito (cfr. le sentenze nn. 382/86; 5412/84;. 444/80). E dalla stessa disciplina penalistica cui, come si � accennato, il procedime.to cautelare in oggetto si �. ispirato, risulta chiaramente l'intento legislativo di non attribuire alla ji;crizione ipotecaria i;:d al sequestro che siano stati eseguiti a tutela di determinati crediti dello Stato nei confronti dell'imputato, effetti giuridici illimitati nel tempo, essendo previsto che la cancellazione dell'ipoteca e la liberazione del sequestro devono essere eseguite dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento a cura del P.M. o del pretore competente per l'esecuzione (cfr. altres� l'art. 317 della legge .di riforma del processo penale, secondo cui gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o� di non luogo a. provvedere non � pi� soggetta ad impugnazione), RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO In applicazione analogica del principio giuridico che sottende la disciplina penalistica in materia, pu� quindi concludersi anche in . sede di interpretazione dell'art. 27 della legge n. 4, che l'efficacia della iscrizione ipotecaria (come del sequestro conservativo ivi previsto) non pu� essere ritenuta illimitata, ma segue le sorti del giudiZio di merito che l'amministrazione finanziaria ha l'onere di introdurre. E non � esatto che, in mancanza di una applicazione dell'art. 680 comma 5 c.p.c., non sussistono in� materia termini di sorta per l'instaurazione del giudizio di merito da parte della Amministrazione. Al .riguardo � opportuno precisare che, secondo la disciplina del nuovo contenzioso tributario, anche per quanto riguarda l'IVA il giudizio innanzi alle commissioni tributarie � strutturato come giudizio di impugnazione dell'atto emesso dall'Amministrazione finanziaria entro determinati termini di decadenza (art. 50 d.P.R. 633/72). Ove, pertanto, quest'ultima non abbia emesso alcun atto attraverso il quale far valere la: pretesa tributaria, il credito dell'Amministrazione (anche� per ci� che riguarda la applicazione delle pene pecilniarie) si estingue per decadenza dei termini previsti dalla legge per la notificazione delI'a\iviso di rettifica o di accertamento (art. 57 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633). Ove, invece, l'Amministrazione abbia provveduto alla notificazione dell'avviso di irrogazione della sanzione, ogni questione attinente alla legittimit� della pretesa tributaria deve farsi valere in sede di impugnativa dell'atto da parte del contribuente, cui incombe per legge il relativo onere a pena di definitivit� �della pretesa fiscale. Ed in tale ipotesi a nulla vale eccepire nel presente giudizio -che ha per oggetto il solo controllo circa i presupposti della iscrizione ipotecaria -che l'atto di irrogazione della pena era illegittimo perch� non comunicato al contribuente con lo stesso avviso di rettifica o di accertamento, come prescrive rart; 50 d~P.R. 633/72 per le violazioni che danno luogo a rettifica o ad accertamento dell'imposta, essendo evidente che, in tal caso, qualsiasi contestazione circa la legittimit� della irrogazione della sanzione � devoluta ex lege alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, essendo strettamente collegata al merito della controversia come si vedr� nell'esame del secondo motivo. Ed in questa ipotesi (di avvenuta irrogazione �della pena pecuniaria) deve altres� ritenersi superato in sede di giudizio di impugn�zione della iscrizione ipotecaria ex art. 27 cit., qualsiasi problema attinente alla osservanza dei termini entro i quali la Finanza deve far valere il credito tributario in sede di merito. 5. -Dalle precedenti considerazioni discende che sono destituiti di fondamento gli argomenti addotti dalla difesa del ricorrente a sostegno della (affermata) nullit� della iscrizione ipotecaria di cui si tratta, in quanto, come si � dimostrato, non mancano nella specie i termini entro PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 i quali la pretesa tributaria (in tema di IVA) deve essere fatta valere dall'Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente, a pena di decadenza. 6. -Priva di consistenza deve poi ritenersi la tesi del ricorrente circa la insussistenza dei presupposti per la concessione della misura cautelare, avendo la Corte del merito dimostrato con ampia e congrua motivazione la ricorrenza in concreto sia del fumus boni juris che del periculum in mora, tenendo correttamente distinta la parte relativa alla impugnazione della misura cautelare, da quella attinente invece al merito della controversia. 7. -Col secondo motivo, denunziandosi violazione e falsa applicazione dell'art. 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 nonch� difetto di motivazione, si assume che il ricorrente non � obbligato al pagamento delle pene pecuniarie per violazione dell'IVA, le quali ricadono esclusivamente sulla societ� Tecnonord s.r.l., cui � imputabile la pretesa violazione. 8. -La questione che forma oggetto del motivo in esame � improponibile dinanzi al giudice ordinario poich� il giudizio riflettente il merito della controversia (e cio� sul diritto della Finanza a richiedere il pagamento della pena pecuniaria nei confronti del ricorrente) rientra nella giurisdizione delle Commissioni tributarie, ai sensi degli artt. 1 e 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, riflettente la revisione della disciplina del contenzioso tributario. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1991 n. 12590 -Pres. Caturani -Est. Baldassarre -P. M. Di Renzo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Grosso (avv. Castellano). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Rivalsa di imposta non dovuta -Azione di rimborso del cessionario verso lAmministra-� zione Finanziaria -Inammissibilit�. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 10, 18, 26 e 41; e.e. art. 2900). Il cedente (o committente) che abbia subito la rivalsa per una imposta applicata su operazione esente, non � legittimato a ripetere; dall'Amministrazione Finanziaria la somma pagata (1). (1) Per arrivare alla esatta conclusione riassunta nella massima la sen-� tenza ha dovuto sciogliere diversi dubbi. La domanda di rimborso verso l'Amministrazione proposta dal cessionario o committente (contribuente di fatto) non ha natura di azione surrogatoria ex art. 2900 e.e. Non si pone pertanto una questione di giurisdizione ma di legittimazione. Ma la legitti �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis) Gabriella Grosso, con le dichiarazioni relative agli anni 1974 e 1975, chiedeva il rimborso dell'I.V.A., che, nell'esercizio della _propria azienda agricola, aveva corrisposto, in via di rivalsa, su fatture _per prestazioni di servizi richiesti per esigenze dell'azienda. I crediti venivano; per�, diSconosciufr dal competente ufficio finan. zfario sul . rilievo� che, trattandosi �di�. prestazione� di servizi, rispetto alla "qt�tle, a. ilOtm� deU'art. 10, n. 20 del d.i>.R. n. 663/1972, nessuna imposta ,efa dovuta; .� nessl.lna ..detrazione . potesse essere . ammessa.. La. C�mmissiOne tributaria di primo grado di Treviso, adita dalla �Grosso, ne rkonosceva � il diritto; quale contribuente di fatto, e dichiarava rimborsabili le somme versate. La decisione era riformata poi dalla �Commissione . di secondo. grado,. che riteneva la Grosso sfornita di legittimazfone, non avendo agito iJ;J. surroga del soggetto passivo, ossia del prestatore dei servizi. Di diverso avviso era la Commissione l'ributaria Centrale, la quale, .accogliendo il . ficqrso della Gr9sso, dopo .�avere richiamato alcune pronunce di questa � Corte, osservava che nella specie era incontroversa l'inerzia del contribuente di diritto e che la domanda doveva ritenersi ..spiegata come (ammissibile) azione surrogatoria ex art. 2900 cod. civ., .atteso l'esplicito riferimento fatto, nel ricorso introduttivo, all'avvenuta ~orresponsione dell'imposta in via di. rivalsa. Per la cassazione della decisione di terzo grado ricorre l'Amministra: zione delle finanze con un articolato mezzo d'annullamento, resistito da controricorso. Motivi della decisione. L'Amministrazjone ricorrente, denunziando violazione e falsa applica: zione degli artt. 2900 cod. civ. e 102 cod. proc. civ., anche in relazione all'art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nonch� degli artt. 17, 18, 21 e 26 del .d.P.R. 26 ottobre . 1972 n. 633 (art. 360 nn. l, 3 e . 4 cod. proc. civ.), deduce. a) Se si ammette .che. la CTC abbia inteso qualificare come surrogatoria l'azione intrapresa dal contribuente di fatto, ne . deriva che: 1) la pronuncia � nulla per non essere stato integrato il contradittorio nei -confronti del contribuente di diritto; 2) difetta la giurisdizione del giudice tributario; mazione � da escludere perch� essendo al rimborso legittimato il contribuente di diritto (cedente o prestatore del servizio), l'Amministrazione restert': bbe esposta ad una duplice azione per lo stesso titolo. Il cedente pu� invece domandare il rimborso al cessionario, come gi� ritenuto con la sent. :28 aprile 1990 n. 3602, in Corirere trib., 1990, 1883. Sull'argomento cfr. MEssrNA, Note in tema di rimborso e di risarcimento .dei danni per erronea applicazione dell'IVA, in Riv. dir. trib., 1991, I, 935. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 b) Se si ritiene, al contrario, che la Commissione Centrale sia incorsa in impropriet� terminologka ed errore materiale nella qualificazione dell'azione, deve riconoscersi che la Grosso, la quale aveva assunto la veste di committente dei servizi nella veste di titolare dell'azienda agricola, � soggetto d'IVA, ancorch� non soggetto passivo del rapporto tributario (veste non: priva di effetti nel sistema del tributo); con la conseguenza che allo stesso committente rimane applicabile, in relazione agli obblighi che gli derivano dagli artt. 21 e 41 del d.P.R. n. 633/1972, la norma dell'art. 26 dello stesso decreto che disciplina le variazioni, in aumento �O diminuzione, dell'imposta. Posto che il meccanismo, attraverso il quale � consentito ovviare alla inesatta fatturazione, � quello dell'art. 26, la variazione -una volta che sia stata effettuata nelle forme e termini di legge -non pu�, al tempo stesso, rendere il cessionario debitore (verso l'Amministrazione) dell'imposta relativa al corrispettivo registrato e .creditore verso la stessa Amministrazione per la restituzione della me. desima imposta �gi� addebitatagli in rivalsa dal cedente; effetto che, �Oltre a contrastare con la logica, � escluso dalla normativa in esame, l� dove fa salvo il diritto del cessionario a ripetere dal cedente quanto versatogli a titolo di rivalsa. Per tanto, colui che, essendo soggetto d'IVA, abbia sopportato in rivalsa una imposta non dovuta, non ha altri rimedi per definire la propria posizione nei confronti dell'Amministrazione se non quelli indicati nella legge d'imposta, che vanno coordinati al meccanismo delle detrazioni, e, fatta salva, sul piano del rapporto privatistico, l'azione di ripetizione nei confronti del soggetto passivo, non pu� agire in ripetizione verso l'Amministrazione, surrogandosi a tale soggetto. Al fine della decisione delle distinte questioni poste con le censure, di natura pregiudiziale, riassunte sub a), si rende necessaria l'esatta qualificazione dell'azione proposta dall'attuale resistente innanzi al giu �dice tributario, prescindendo dalla formale definizione espressa nella decisione impugnata. Come rileva anche parte ricorrente, gi� le sentenze di questa Corte richiamate in motivazione (nn. 3021/60, 1427/67, 1608/78) non sono idonee a dare sostegno alla predetta definizione, in quanto, con riguardo alla soppressa IGE, il pi� recente arresto afferma la legittimazione del contribuente di diritto ad esperire nei confronti dell'ente impositore l'azione di ripetizione per l'indebito pagamento dell'imposta, nonostante l'esperita rivalsa� verso il contribuente di fatto. Per le due pi� remote decisioni il contribuente di fatto (compratore), nell'analoga ipotesi di versamento dell'IGE in misura superiore al dovuto pu� surrogarsi al contribuente di diritto (venditore) nell'azione di ripetizione verso il fisco. - 616 P~r altro, la sentenza n. 3021/60, che risulta emessa in causa tra_ le parti private. non ha statuito sulla proponibilit� di azioni verso l'Amlllinistrazione e ne_mmeno. }a sentenza n, 1427 /67 � riconi;luce -la fattispecie nell'aml>ito 4ell'art~ 2900 c.oct. ci,v., n� l'adone. 4el �o:rnpratore alla tipi�a funzione.~autelare di, tale ~orma,atteso. che..con:essa.la Corte afferma che ~i~~~~J:~t:~~:~!~~~~�~~� pag;:i,to in pi� del doyuto � e. che � non. v'ha (,lubbio . . . che l'indebito si verifichi solo �(danni del contribuente di fatt(), cio� del compratore c:&e :b.a. n~i~t:o t!na��$oll1llia� superiore a quena real�nente.� dowta,�� nei; �l"igrl.arcti ��n1J�r~iio .'. .~. �. � � � �Al �contrario l'azione surrogatoria postula, innaniitutto, la sussi stenza di diritti e azioni, esercitabili verso terzi dal debitore inattivo . . . �._ _.� :ti~n;:i, sPecie poP. �. controvel'.'.so .che l'att.ale res~stente.. non ha. mteso pl'opog~ ajl'a~�t Commissione di pri:rno/grado. un'azione. ex; .. art. 2900 cit., . Utnto .che la stessa ha accolto l'istanza di rimborso, correlando la legittiIB:;p;ione ajla P()~izione cti. contribtfente . di. fatto,. ossia ad .un. diritto proppo ctel1'istante. . Vie.e Jii~po, q:uipdi, JlpresuJ>posto .su c:ui .si fonda l'eccezione di di: fetto ><li. giurisdizione, ossia)�i propos,izione di :una tipica azione surro gat()ria, cht,\ a4. avviS.() di parte ricorrente, esuler:ebbe dalla cognizione delle.�commissioni tributarie. . . Appartiene, infatti, a}la �ompetenza giurisdizionale di dette Com missio.i, ai sensi dell'art. 1, Jettera cl) ctel. d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, la domanda proposta nei confronti . defrAinil1inistrazione finanziaria per la restituzione di somme indebitamente vei:sate a titolo d'imposta sul valore aggiunto, :una volta che, come nella specie, ne sia stato rifiutato il rimbors(), senza che la giurisdizione del giudice tributario possa venir meno per es$ere stato propo$t�. il ricorso dalsoggetto d'IVA (cessionario del bene o committente del servizio), invece che dal soggetto passivo deLrappo:rto tributario, atteso che esulano dal tema della giurisdizione e $ono al suo accertamento gradate le questioni relative alla legittima zione -attiva� ed all'ammissibilit�. della domanda. Una volta .esclusa la proposizione ctell'azione surrogatoria, va conse guentemente disattesa l'eccezione di non integrit� del contraddittorio, riferita a tale asserita azione. Dovendo essere decise le rimanenti questioni, afferenti al merito, � bene prendere le mosse dal non controverso accertamento in fatto, secondo c:ui la Grosso aveva assunto la veste di committente di ser vizi -rispetto ai quali era stata assolta l'IVA senza tener conto del l'esenzione pacificamente spettante -e dalla premessa, in diritto, che - PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA .ella non era il soggetto passivo del rapporto tributario (intercorrente, .ai sensi dell'art. 17 del d.P.R. n. 633/1972, tra chi effettua la cessione di beni o, come nella specie, la prestazione di servizi e l'Amministrazione filianrlaria). � Merita anche consenso il rilievo della ricorrente secondo cui il �committente dei servizi (o cessionario dei beni), pur non essendo sog~ etfo � passivo . di� detto rapport�, �~ .� ~l.J.ttavia soggetto d'IVA e che tale veste n�n � del tutto priva di conseguenze. Queste non possono essere, per�~ tali da far assumere al cessionario o committente la stessa posi. zione del cedente o prestatore, come avverrebbe se si affermasse che .sonoobbligati, in tale veste, a versare l'imposta o la differenza d'imposta .dovute. ta norma dell'art. 41 del d.P.R. n. 633/1972 -vigente, all'epoca dei fatti, nel suo testo originario, . di portata precettiva pi� ristretta rispetto a quella dell'articolo. risultante dalle modifiche di cui al cl,P.R. 29 gennaio 1979 n. 24 -non autorizza, nemmeno nella sua .attuale formula: zione, a ritenere che il cessionario del bene o il committente del servizio sia obbligato . al pagamento dell'imposta nei casi, ben diversi da quello in esame, di totale o parziale evasione da parte del soggetto tenuto ad emettere la (regolare) fattura. Secondo la norma originaria cessionario o committente erano obbligati al pagamento. della pena pecuniaria, in solido con l'autore della violazione, per il solo fatto di avere effettuato l'operazione nell'esercizio di un'impresa, arte o professione, salva la possibilit� di evitare la sanzione, ponendo in essere, nei modi e nei termini prescritti, le previste attivit� in sanatoria, implicanti il pagamento dell'imposta non versata dal sog_ getto passivo. Il nuovo testo del quarto comma dell'art. 41 precisa la natura della solidariet� del cessionario o committente per la pena pecuniaria, elimi� nando il dubbio, giustificato dalla precedente formulazione lessicale della norma, che si trattasse di solidariet� limitata al pagamento dell'altrui obbligazione e ricollega invece la solidariet� alla diretta responsabilit� di tali soggetti ed all'omissione della predetta attivit� in sanatoria. Rimane in ogni caso presupposto indefettibile. per l'applicazione della pena pecuniaria o, in alternativa, per il versamento sostitutivo (nei modi e termini prescritti) l'evasione dell'imposta da parte del soggetto passivo (cedente o committente). E, nell'ipotesi di pagamento effettuato dal soggetto non direttamente obbligato il problema del rimborso presenta aspetti, ovviamente, del tutto diversi, che qui non rilevano, salvo a volerne ricavare � a contrario � argomenti a sostegno della soluzione accolta. Ove l'evasione sia esdusa, come nel caso in cui si accerti il diritto all'esenzione e sia, addirittura, effettuato un versamento non dovuto, 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non � a parlarsi di pena pecuniaria, n� di obbligazione a carico deJ; semplice soggetto d'IVA. L'obbligo di quest'ultimo di pagare l'imposta, in via diretta all'Amministrazione non si desume neppure dagli artt. 21, sulla fatturazione delle operazioni, e 25 suMa registrazione degli acquisti. Ne deriva che, in relazione alla fattispecie in esame, non sussiste alcuna correlazione tra obbligo di pagare e pretesa di restituzione e rimane ben definita la posizione del committente, (o cessionario), quale soggetto che ha (soltanto) pagato, in rivalsa verso l'altro contraente, un'imposta. da questi non dovuta. Al fine di risolvere la questione sul se, posta tale situazione, possa esperirsi dal soggetto d'IVA l'azione d'indebito verso l'Amministrazione, � opportuno ribadire che egli per legge (art. 26, comma secondo) ha diritto ad ottenere la restituzione dal prestatore (o cedente) dell'imposta allo stesso versata a titolo di rivalsa (v. sent. nn. 3602/90, 6808/88), anche se il medesimO prestatore (o cedente) non abbia provveduto, nel termine� annuale, a norma dell'art. 26, a recuperare il maggior importo versato I ~ con successive registrazioni correttive (e quindi in via di detrazione), come ha chiarito la citata sent. n. 3602/90. Da questo stesso precedente si ricava, per altro, come siffatta omissione nov precluda al cedente (e vale anche per il prestatore di servizi), soggetto passivo del rapporto tributario. ed autore del pagamento in favore dell'erario, di ripetere dall'Amministrazione quanto versato sen I za titolo. Per tanto, se si ammettesse che anche il committente (o cessionario) I sia abilitato ad esperire -pur in assenza di un diretto pagamento e di fil una espressa previsione di legge -la stessa azione di indebito verso l'Amministrazione, questa si vedrebbe esposta a domande di restituzione I dello stesso tributo da parte di due distinti soggetti e, al tempo stesso, fil il committente (o cessionario) attribuita la facolt� di esperire due azioni, tra loro autonome, senza che, come chiarito da questa Corte con la citata pronuncia, quella ex art. 26 sia condizionata all'effettivo rimborso spettante all'altro contraente. Consegue che, in accoglimento del ricorso, per le ragioni e nei limiti su indicati, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla stessa Commissione Tributaria Centrale, la quale, procedendo a nuovo esame della causa, dovr� fare applicazione del seguente principio di diritto: � Il committente, il quale, in via di rivalsa, abbia corrisposto al prestore di servizi, esenti a norma deM'art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, l'imposta sul valore aggiunto, non � legittimato a ripetere dall'Amministrazione finanziaria la somma pagata a tale titolo'" (omissis) 620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte adita, giudicando sulla opposizione, con la sentenza impugnata in questa sede, affermava la propria giurisdizione e rigettava nel merito l'opposizione. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Franchino, sulla base di due motivi di annullamento. Resiste con controricorso l'amministrazione finanziaria. MOTIVI Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che la competenza giurisdizionale a conoscere l'opposizione sia delle Commissioni tributarie, a norma dell'art. 1 del d.P.R. n. 636/72. Denunzia all'uopo la violazione od erronea applicazione della norma .di cui all'art. l, comma secondo lett. F del d.P.R. n. 636/72, la violazione ed erronea applicazione della norma di cui all'art. 43 delle disp. att. . del c.p.c., la violazione ed erronea applicazione della norma di cui all'art. 59 del d.P.R. n. 634/72 e la violazione dell'art. 295 c.p.c. Con il secondo motivo, denunciando violazione od erronea applicazione delle norme di cui all'art. 37 del d.P.R. n. 131/86 e del successivo art. 38, nonch� degli artt. 27 e 35 d.P.R. n. 634/72 e ancora omessa .e insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, contesta la decisione impugnata nel merito. La prima censura � fondata e va accolta con assorbimento della .seconda. � appena il caso di ricordare che, in attuazione della riforma tributaria, l'art. l, comma 2, lett. F. del d.P.R. n. 636/72 ha attribuito alle �Commissioni Tributarie la cognizione delle controversie tra l'amministrazione finanziaria e i contribuenti in materia di imposta di registro, con la .conseguente carenza di giurisdizione del giudice ordinario in merito alle .dette controversie. Resta in vigore il previgente sistema di prenotazione a debito e suc. cessiva riscossione delle imposte di registro afferenti agli atti dei giu dizi compiuti nell'interesse delle persone e degli enti ammessi al gratuito patrocinio od assimilati, quali gli atti delle procedure fallimentari di cui agli artt. 91 e 133 della L. F. Tale sistema, peraltro, non costituisce deroga in punto di giurisdi zione ai criteri di cui al citato art. 1 del d.P.R. del 1972, assumendo, rispetto al sistema di devoluzione generale alla competenza giurisdizio nale delle Commissioni Tributarie delle controversie in materia tributaria, il carattere di un momento di accertamento della obbligazione fiscale (ai fini del successivo procedimento speciale di riscossione), che produce gli effetti di un qualsiasi �atto di accertamento� e consente, come tale, la possibilit� del ricorso al contenzioso tributario, secondo la <lisci plina di quest'ultimo. PARlS I; Sl\Z, V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 621 II �mezzo giuridico assegnato al .cancelliere per la riscossione delle somme iscritte a campione civile non integra,� perci� un decreto ingiuntivo del tipo disciplinato dal �codice processuale civile e non �, di conseguenza, opponibile davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che lo ha emesso. Va, pertanto, esclusa la competenza funzionale della Corte torinese a conoscere l'opposizione de qua derivante dalla competenza monitoria delsuo presidente ai sensi dell'art. 43 att. c.p.c. e va affermata la competenza giurisdizionale delle Commissioni tributarie in tema di imposta di registra. . I�l. condusione; va accolto il primo motivo di ricorso e dichiarata la gilirisdizione delle ��Commissioni tributarie, con assorbimento del secondo motivo, attinente al merito: per l'effetto la sentenza impugnata va cassata senza rinvio. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. I, 14 dicembre 1991 n. 13502 -Pres. Favara -Est. Borruso -Martone (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Arena) c. Bontempi. Trlbuti erariali indiretti � Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di luss() -Area s�operta . accessoria al fabbricato Limiti � Norme di piano. regolatore o di programma di fabbricazione � Disposizioni di vincolo paesaggistico � Parificazione � Esclusione. (legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; d.l. H dicembre 1967, n. 1150, art. 6-bis). Il principio dell'art. 6 bis del d. l. 11 dicembre 1967 n. 1150 secondo il quale l'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 prevista., per le case di abitazione non di lusso si estende all'area scoperta accessoria del fabbricato nella quantit� necessaria per poter eseguire la costruzione in conformit� delle norme di piano regolatore o di programma di fabbricazione non si estende alle superfici scoperte inedificabili . �.�� �.� .� . . I in favore di vincolo paesistico (1). (omissis) 11 ricorso �de quo� (perfettamente ammissibile essendo stato notificat(),. entro un anno dal deposito della dedsione�impugnata che non risulta notificata in precedenza, anno prolungato di un mese e mezzo per effetfo della legge sulle ferie giudiziarie, al domicilio dichiarato dalla . contribuente nel corso del procedimento tributario) � fondato per le seguenti concatenate ragioni: 1) le Commissioni Tributarie hanno, in sostanza applicato, nella specie, l'analogia: esse, infatti, hanno ritenuto che una disposizione det (1) Decisione da� condividere. Non constano precedenti in termini. l6 - 622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tata in riferimento espresso ai Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione -quale � l'art. 6 ter della 1. 2 luglio 1949 n. 408, cos� come modificato dalla 1. 7 fobbraio 1968 n. 26 -potesse estendersi alla diversa situazione di un terreno sul quale siano stati imposti dalla sovraintendenza delle Belle Arti vincoli parziali di inedificabilit�. 2) Il ricorso alla analogia non � consentito in materia di conces� sione di agevolazioni tributarie a norma dell'art. 14 delle preleggi (come costantemente ritenuto nella giurisprudenza di questa Corte) che ammette in proposito solo l'interpretazione estensiva, la quale, per�, qui non � ravvisabile, non potendosi in alcun modo far rientrare nel concetto di piano regolatore o di programma di fabbricazione anche quello ben diverso, per natura e finalit�, dei vincoli paesaggistici imposti dalle Belle Arti; 3) Anche a voler prescindere da quanto sopra, nella specie non sembra potersi applicare il principio � ubi eadem ratio, ibi eadem juris, dispositio � che dell'analogia � il presupposto. Se, infatti, si considera che la � ratio � del citato art. 6 ter consiste nella volont� da parte del legislatore di favorire la costruzione di case anche nei Comuni nei quali i piani regolatori o i programmi di fabbricazione impongono un determinato rapporto tra il volume fabbricabile e il terreno adiacente che deve rimanere inedificato, analoga intenzione del legislatore non � affatto presumibile per quei Comuni il cui territorio abbia un particolare valore paesaggistico e siano sforniti cli strumenti urbanistici: in essi � infatti, da presumere che non si vogliano affatto favorire le costruzioni, ma, al contrario, limitarle e che questo proprio sia lo scopo dei prnvvedimenti presi dalle Belle Arti per imporre, a chi voglia costruire, l'onere di acquistare una notevole estensione di terreno circostante da lasciare verde. Se, pure, quindi, l'effetto pratico � il medesimo in entrambi i casi, ben diverse possono ritenersi .le finalit� del legislatore, sicch� non appaia affatto ingiustificata la non estensione delle agevolazioni fiscali previste per i Comuni dotati di strumenti urbanistici a quei Comuni che ne siano sforniti, ma il cui territorio abbia rilevante valore paesaggistico: e ci� specie se si considera che il primo tipo di Comune � solitamente quello che presenta una forte concentrazione di popolazione per la cui vita sana e ordinata � parimenti necessario sia un piano regolatore (o un programma di fabbricazione) da rispettare quanto la costruzione di un numero di abitazioni corrispondenti alle esigenze (e di qui l'intento di favorirle mediante le agevolazioni fiscali), mentre per il secondo tipo di Comune la assenza di specifici strumenti urbanistici destinati a regolare lo sviluppo delle abitazioni e, contemporaneamente, la presenza di vincoli PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA paesaggistici fanno presumere che l'intento dell'Autorit� sia quello non di regolare lo sviluppo delle abitazioni, ma piuttosto, di impedirlo (o, quanto meno, frenarlo) per la preminenza di interessi ritenuti superiori a quello abitativo. 4) Ci� spiega anche perch�, in tal caso, non si profila alcuna questione di illegittimit� costituzionale del citato art. 6 ter per sospetta violazione del principio di eguaglianza, trattandosi di situazioni aventi presupposti diversi che giustificano trattamenti diversi. (omissis) PARTE SECONDA l cui jresso .dii.io 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 12 gennaio 1991, n. 6, art. 2, terzo comma, [convertito in legge 15 marzo 1991, n. 80] (artt. 117, 118 e 119, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 476, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi secondo, terzo, quarto, quinto, settimo, ottavo e decimo [come convertito nella legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 4 comma primo, n. 7; 9, comma primo, n. 10; 16, comma primo; 54, comma primo �ello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, ottavo comma, ultimo periodo [come convertito dalla legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 87 e 88 dello statuto per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. legge 19 febbraio 1991, n. 50, art. 3 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 440, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. disegno di legge reg. Sicilia approvato il 16 aprile 1991, art. 1 (art. 17, lett. e, dello statuto siciliano e art. 97 della Costituzione). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 387, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. disegno di legge approvato dall'Ass. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 31, lettere c) e g) (artt. 14 e 17 dello statuto siciliano e 119 della Costituzione). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. CONSULTAZIONI BELLEZZE NATURALI -Nulla osta paesistico -Se si applichi l'istituto del silenzio-assenso. Se per il nulla osta relativo alle trasformazioni di aree protette da vincolo paesistico sia configurabile il ricorso al silenzio-assenso in conformit� a quanto previsto per le concessioni edilizie (es. 9911/90). BENI -Immobili -Persone giuridiche -Societ� di persone -Autorizzazione all'acquisto -Immobili ubicati in zone di confine -Se sia necessaria. Se l'autorizzazione prefettizia per l'acquisto di immobili siti in zone di confine -la cui necessit� � esclusa per le persone giuridiche dall'art. 9 L. n. 104/90 -sia o meno necessaria per le societ� di persone (es. 4726/91). CIRCOLAZIONE STRADALE -Violazione delle disposizioni relative al cronotachigrafo -Sanzioni -Limiti soggettivi. Se, nella ipotesi di violazione da parte del conducente di disposizioni relative all'utilizzazione del cronotachigrafo, sia configurabile, accanto alla responsabilit� dello stesso conducente, anche quella del titolare della autorizzazione al trasporto di cose (es. 688/91). COMUNIT� EUROPEE -Aiuti alla produzione -Olio di oliva -Rilevanza delle risultanze del catasto oleicolo. Se e quale rilevanza abbiano i dati del catasto oleicolo ai fini degli aiuti riconosciuti in conformit� alle norme comunitarie (es. 3740/91). DEMANIO -Concessione -Canone -Determinazione. In quale misura debba essere determinato il canone per la concessione di beni demaniali in seguito alla entrata in vigore della L. n. 692/ 81 (es. 6598/91). FALLIMENTO -Procedure concursuali -Amministrazione straordinaria � Compensazione di crediti vantati nei confronti della impresa in bonis con debiti successivamente sorti nei confronti della gestione commissariale. Se, nella ipotesi di sottoposizione di impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, siano suscettibili di compensazione crediti vantati nei confronti della impresa sorti precedentemente all'inizio della procedura concursuale con debiti sorti successivamente (es. 4970/ 91). 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO -Agenti di P.S. e di P.G. -Difesa in giudizio. In quali ipotesi l'Agente di P.S. o di P.G. sottoposto a procedi-� mento possa avvalersi, ai fini del patrocinio, della disposizione agevolativa di etti all'art. 32 L. n. 152/75, alla luce del sopravvenuto art. 9� L. n. 232/90 (es. 2407/91). Dipendenti delle Universit� -Personale tecnico ed amministrativo Inquadramento. Come si debbano risolvere, ai fini dell'inquadramento del personale tecnico ed amministrativo dipendente da Universit�, talune questioni interpretative poste dall'art. 9 L. 23 novembre 1991 n. 21 (es. 5552/91). Sospensione cautelare dal servizio -Sospensione facoltativa -Efficacia. temporale. Se la disposizione concernente la efficacia temporale della sospensione cautelare contenuta nella L. n. 19/90 si applichi alle sospensioni dal servizio irrogate prima della entrata in vigore della legge stessa (es. 8847/90). MEZZOGIORNO -Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica -Risorse� non utilizzate -Se debbano essere ripartite tra i fondi di cui all'art. 12, comma IV, L. n. 64/86. Se le risorse del Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica costituito con l'art. 14 L. n. 46/82 che, alla fine di ogni gestione, risultino non utilizzate dagli imprenditori debbano rimanere nella disponibilit� del Fondo stesso per una successiva utilizzazione nell'esercizio successivo, ovvero debbano essere ripartite tra i vari fondi di cui al comma IV dell'art. 12 L. n. 64/86, destinati alla concessione di mutui a tasso agevolato (es. 7638/90). MISURE CAUTELARI -Errore giudiziario ed ingiusta detenzione -Riparazione -Se spetti per le detenzioni anteriori all'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale. Se la riparazione per ingiusta detenzione di cui all'art. 314 c.p.p. spetti anche nel caso che la detenzione si sia conclusa anteriormente <lll'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale (es. 3469/91). POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Programmi-contenitore destinati ai ragazzi Se operi il divieto di pubblicit�. Se il divieto di pubblicit~ nei cartoni animati operi anche con riferimento ai od. �programmi-contenitore�, nell'ambito dei quali, nel� l'intervallo tra la programmazione di cartoni animati, telefilm, documentari, vengano trasmessi annunci pubblicitari (es. 4903/91). PARTE II, CONSULTAZIONI 4J REATO -Reati connessi a servizi postali -� Esperimenti di prova � -Se costituiscano attivit� di agente provocatore. Se i cosiddetti �esperimenti di prova� -attraverso i quali l'Amministrazione postale controlla la regolarit� delle prestazioni effettuate dai dipendenti, anche ai fini del rilievo di una eventuale attivit� penalmente rilevante -possano costituire attivit� assimilabile a quella dell'� agente provocatore� (es. 5989/87). SANIT� -Malattie epizaotiche -Abbattimento animali infetti -Indennit� Distruzione di prodotti contaminati -Se spetti. Se la indennit� prevista nella ipotesi di abbattimento di animali infetti spetti anche per la distruzione di materiale contaminato (es. 5158/91). SANZIONI AMMINISTRATIVE (IN GENERALE) -Violazioni amministrative -Estinzione per oblazione -Confisca -Esperibilit�. Se, nel caso di estinzione per oblazione di un illecito amministrativo sanzionato con pena pecuniaria, sia possibile applicare la sanzione accessoria della sospensione della licenza prevista dall'art. 21, comma 4, della L. n. 689/81 (es. 9148/90). STRADE -Sclassificazione -Competenza ad emanare il decreto. Se il decreto di sclassificazione di strade in gestione all'ANAS debba essere emanato dal Direttore Generale dell'Azienda (su delega del Ministro dei LL.PP.), ovvero debba essere oggetto di decreto interministeriale del Ministro dei LL.PP. e del Ministro delle Finanze, in. considerazione della natura demaniale dei beni (es. 4938/90). TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -IRPEF -Versamento diretto tramite Istituto' di credito -Termine -Scadenza -Proroga. Se ai decreti di proroga dei termini in forza di decreto adottatoex D. Lgs. n. 1/48, applicabili per il versamento da parte di Istituto di credito, al quale sia conferita delega irrevocabile da parte del contribuente, di somme dovute a titolo di IRPEF, siano applicabili le modalit� di computo stabilite dall'art. 2963 e.e. (es. 3565/88). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di consumo gas metano -Utilizzazione per la gestione di campeggi -Se sia applicabile o meno l'imposta per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali. Se il gas metano utilizzato per le necessit� della gestione di campeggi sia assoggettato all'aliquota di imposta di consumo prevista per impieghi diversi da quelli industriali, ovvero a quella per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali (es. 8392/90). 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DElJ..O STATO .Imposta sul Valore Aggiunto -Canone di locazione -Somme corrisposte dopo la scadenza del contratto o in base a verbale di conciliazione Se siano assimilabili. Se, ai fini IVA, le somme dovute dal conduttore al locatore dopo 1a scadenza del contratto ed in costanza di occupazione dell'immobile -e le somme corrisposte in base ad una conciliazione siano assimilabili .ai canoni di locazione (es. 4851/91) . .Imposta sul Valore Aggiunto -Regime IVA delle attivit� agricole -Se sia applicabile all'attivit� di �ingrasso� degli animali. Se rientri tra le attivit� agricole contemplate dall'art. 2135 e.e., ai fini della applicazione del regime IV A forfettario previsto dall'art. 34 d.P.R. n. 633/72, l'attivit� limitata unicamente all'ingrasso di animali .della spede bovina (es. 5072/91). TRIBUTI (IN GENERALE) -Violazioni tributarie -Misure cautelari -Se debbano essere revocate in seguito a pronunzie non definitive delle Commissioni tributarie. Se le misure cautelari adottate a garanzia di debiti sorgenti da vio1azioni tributarie debbano essere revocate in seguito a pronunzie -negative per gli interessi erariali -adottate da Commissioni tributarie, non ancora definitive (es. 3859/91). TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale di pubblicit� -Regime delle vetrofanie su cabine telefoniche pubbliche. Se siano soggette alla imposta comunale di pubblicit� le vetrofanie recanti il marchio SIP apposte sulle cabine telefoniche pubbliche (es. 7365/90). :Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani -Sgombero della neve -Applicabilit�. Se la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani si applichi anche allo sgombero della neve (es. 4349/91). 1JSI CIVICI -Accertamento -Competenza. Se, tra le competenze trasferite alle Regioni in materia, rientri quella dell'accertamento della sussistenza di usi civici, ovvero se prevalga il .carattere giurisdizionale di detto accertamento (es. 8981/90). RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 11, terzo comma. Sentenza 31 ottobre 1991, n. 390, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. codice di procedura .penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prev�de che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il .giudice per le . indagini preliminari presso il tribunale che abbia emesso l'ordinanza di cui all'art. � 409, quinto comma, del medesimo codice. Sentenza 12 novembre 1991, n. 401, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. codice penale militl.'e di pace, art. 215, limitatamente alle parole � ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri >>. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 448, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma, nella parte in cui non prevede che i reati ivi previsti siano puniti a richiesta del comandante di altro ente superiore, allorch� il comandante del corpo di appartenenza del militare colpevole sia la persona offesa dalla condotta contestata. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 449, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, primo comma, nella parte in cui non prevede, nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rappo1;to di . lavoro a. tempo parziale e viceversa, il proporzionamento dell'ammontare dell'indennit� premio di servizio ai periodi pregressi di servizio .a tempo pieno o, rispettivamente, ai periodi di servizio a tempo parziale. Sentenza 22 novembre 1991, n. 421, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44, ultimo comma, e d.P.R. 23 dicembre 1978, n. !�lS, art. 40, terzo comma, nella parte in cui non consentono al coniuge superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in cui sono state contratte le ferite o malattie dalle .quali � derivata la morte del militare o d�l civile, sia durato, senza che sia nata prole .ancorch� postuma, meno di un anno. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 4SO, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. legge 15 dicembre 1972, n, 772, art. 8, terzo comma, nella parte in cui non prevede che l'espiazione della pena da parte di chi, al di fuori dei casi di ammissione ai benefici .concessi dalla suddetta legge, rifiuta, in tempo di pace, per i motivi di coscienza indicati nell'art. 1 della predetta legge, il servizio militare di leva, dopo averlo assunto, esonera dalla prestazione del :Servizio militare. Sentenza 19 dicembre 1991, n. 467, G.U. 24 dicembre 1991, n. Sl. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Campania 3 luglio 1973, n. 14, art. 7. Sentenza 31 ottobre 1991, n. 389, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter [nel testo introdotto dall'art. 13 della legge 10 ottobre 1986, n. 663], nella parte in cui non prevede che la reclusione militare sia espfata in detenzione domiciliare quando trattasi di � persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti con� tatti con i presidi sanitari territoriali �, Sentenza 19 novembre 1991, n. 414, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 40, terzo ci>mma, e legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44 ultimo comma, nella parte in cui non consentono al coniuge superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in cui sono state contratte le ferite o malattie dalle quali � derivata la morte del militare o del civile, sia durato, senza che sia nata prole ancorch� postuma, meno di un anno. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 450, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma, nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilit� a consigliere regionale del dipendente regionale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma dello stesso art. 2. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 388, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. legge 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, primo comma, nella parte in cui non eccettua dalla limitazione della responsabilit� del vettore per i danni derivanti da perdita o avaria delle cose trasportate il caso di dolo o colpa grave. Sentenza 22 novembre 1991, n. 420, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, primo comma, nella parte in cui non prevede un meccanismo di aggiornamento del massimale prescritto per l'ammontare del risarcimento. Sentenza 22 novembre 1991, n. 420, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 28 ottobre 1986, n. 42, art. 3. Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. legg" 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, direttiva n. 18, nell'inciso � eccezion fatta per i reati commessi in udienza �. Sentenza 31 ottobre 1991, n. 390, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 1989, n. 36, art. 1. Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U; 18 dicembre 1991, n. 50. � PARTE II, RASSEGNA J:)I LEGISLAZIONE Jl d,l. 12 gennaio 19911 n.. 6, art. 5;. qullito comma, . .[convertito in legge. 15 mar-Z<> 19!U., n< 80], nella partedn cui prevede l'iscrizione nello stato di previsione del Ministero; dell'Interno dell'autorizzazione di �spesa per le finalit� di cui alla legge. 23 marzo 1981, n. 93 e successive inodificazioni e ne fissa le modalit� di ripartizione, al;IZicM nsc~~ione dell'a.t:<>rizzazione nei. capitoli dello stato di previsione d�lla ��spesa. per i finanziain�hti .11,lle . regio:iii destinati. alle finalit� Predette. . . . S~~tenza 19 diceil1bre 19~1, n. 476, G.u: 24 dicembre 1991, n. SL decreto-legge 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi settimo e ottavo [come: convertito C'la�JaJegge4. aprile 1991, n. nu.. nella.parte in ;cui attribuiscono al Commiss11,rio det gi:w~rno i poteri so.stit.t:ivi1 ivi previsti. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. . .. .. . ... .. legge 1 febbrafo 1991, n. 42, artt. 2, secondo e terzo comma, e 7, secondo. collll�l�. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 384, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. disegno df legge aipprovato dall'J\$s. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 30, nella parte in cui non prevede che l'organo competente per il controllo sugli atti delle unit� sanitarie focali sia W.tegi?ato da un rappres�ntante del Ministero del tesoro e da un espert� ix,( i:I).ateria sanitaria designato dai consiglio regio~le. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. II -QUESTIONI DICHJAAATE NON FONDATE Codice civile, art. 244, ultimo ~a(nel testo sostituito dall'art. 81 della legge 4 maggio 1983, n. 184] (artt. 3 e 30 della Costituzione). Sentenia 27 novembre 1991, n. 429, G.ri. 4 c:licembre 1991, ri. 48. codice dl procedura civile, art. 444, terzo comma (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 477, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'incompatibj�~ del giudice per le indagini preliminari . presso il tribunale che abbia dispo11to il giudizio immediato a partecipare ai giudizio. abbreviato (artt. 25 e 101 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991, n..401, G.U: 20 novembre 1991, n. 46.. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'incompatibilit� del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale che ha emesso l'ordinanza di cui al predetto art. 409, quinto comma, a partecipare all'udienza preliminare (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991, n. 401, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267, art. 50 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 31 ottobre 1991, n. 393, G.U. 13 novembre 1991, n. 45. r.d, 28 aprile 1938, n. 1165, art. 32 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1991, n. 419, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 [nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53] (artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 13 dicembre 1991, n. 452, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 3, 4, 5 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 22 novembre 1991, n. 423, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge reg. Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2 (artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione). Sentenza 13 dicembre 1991, n. 454, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. d.P.R. 31 ottobre 1967, n. 1401, art. 1, primo comma, lett. b) (artt. 56, 57 e 65 dello statuto speciale reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 31 ottobre 1991, n. 392, G.U. 13 novembre 1991, n. 45. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 27 novembre 1991, n. 430, G.U. 4 dicembre 1991, n. 48. legge 29 ottobre 1971, n. 889, art. 27 (artt. 3 e 52, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 469, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39, primo comma (artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991 n. 404, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 1, n. 1, lett. b)(artt. 3, secondo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, 41, primo e secondo comma, 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 439, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. I I I I I ...............~ PARTE II; RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . legge pl.'.ov. Trento 9 dice1DbJ:e 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3 (artt.S, 116 e 117 della Costittizione)~ � � � .�. � � � � Sentenza 13 dicemb:re 1991, n. 4S4, G,U. 18 dicembre 1991, n. 50. d.}'.R,. ZO. dicembl'e .. 1979~. n, 761, iU't, .53 (artt. 3 .�e 38, secondo .. comma, della Cost~~tiz~9i;ie).�� � �������. ��. � � / � � ���� / /� ��� � � � � . , < � ��� / .�. �.� �.�.. � Sente~a 9 dicemln;e 1991, n. 440><G.U. 18 dicembre 1991; Il� 50. legge reg. Ve11etc;1 .s. maggi,o. 1980, n. 47, art, 13,. quartc;1. comma (artt. 3, 41, primo comma, e 117 della Costituzione). � � � � � � �� �.. Serite~a 19 dicembre ;l991 .n,478, G.U.. 24 ~icembre 1991, n. 51. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 11, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991, n. 402, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. legge 1 luglio 1982, n. 426, art. 4, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991, n' 403, G.U. 20 novembre 1991, n�. 46. decreto legge 12 settembre 19831 n� 463, .art. 6, settimo �c;1~a.. [convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3. e .38 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1991, n. 418, G;U; 27 novembre 1991, n. 47. legge .n agosto .1985, n. 45f), !ll""~ .. 1, primo co:w,nia .(art. 3 della �Cos~ituzione). Sentenza 22 novembre 1991; il. 420, G.U. 27 novembre 1991, n; 47. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42, artt. 1 e 2 (artt. 4, n. 12 e 6, n. 3, dello statuto spec. reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. d.P.R. 15 gennaio 1987, n .469, art. 6, terzo comma (artt. 4, n. 12 e 6, n. 3, dello statuto spec. reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. legge 5 agosto 1988, n. 341, art. 1 (artt. 3, 24, 102, 104, primo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 13 dicembre 1991, n. 451, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. dJgs. 28 luglio 1989, n. 27, art. 247, primo e secondo comma (artt. 101, �capoverso, e 111, primo comma, della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 470, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. d.l. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, comma quarto-quinqules [convertito in legge 28 febbraio 1990 n. 37] (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 440, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 12 gennaio 1991, n. 6, art. 2, terzo comma, [convertito in legge 15 marzo 1991, n. 80] (artt. 117, 118 e 119, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 476, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi secondo, terzo, quarto, quinto, settbno, ottavo e decbno [come convertito nella legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 4 comma primo, n. 7; 9, conima primo, n. 10; 16, comma primo; 54, comma primo �ello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. dJ; 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, ottavo comma, ultbno periodo [cOIDe convertito dalla legge 4 aprile 1991, n. 111] (artt. 87 e 88 dello statuto per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. legge 19 febbraio 1991, n. 50, art. 3 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 440, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. disegno dMegge reg. Sicilia approvato il 16 aprile 1991, art. 1 (art. 17, lett. e, dello statuto siciliano e art. 97 della Costituzione). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 387, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. disegno di legge approvato dall'Ass. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 31, lettere e) e g) (artt; 14 e 17 dello statuto siciliano e 119 della Costituzione). Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. PARTE SECONDA CONSULTAZIONI BELLEZZE NATURALI -Nulla osta paesistico -Se si applichi l'istituto del silenzio-assenso. Se per il nulla osta relativo alle trasformazioni di aree protette da vincolo paesistico sia configurabile il ricorso al silenzio-assenso in conformit� a quanto previsto per le concessioni edilizie (es. 9911/90). BENI -Immobili -Persone giuridic.he -Societ� di persone -Autorizzazione all'acquisto -Immobili ubicati in zane di confine -Se sia necessaria. Se l'autorizzazione prefettizia per l'acquisto di immobili siti in zone di confine -la cui necessit� � esclusa per le persone giuridiche dall'art. 9 L. n. 104/90 -sia o meno necessaria per le societ� di persone (es. 4726/91). CIRCOLAZIONE STRADALE -Violazione delle disposizioni relative al cronotachigrafo -Sanzioni -Limiti soggettivi. Se, nella ipotesi di violazione da parte del conducente di disposizioni relative all'utilizzazione del cronotachigrafo, sia configurabile, accanto alla responsabilit� dello stesso conducente, anche quella del titolare della autorizzazione al trasporto di cose (es. 688/91). COMUNIT� EUROPEE -Aiuti alla produzione -Olio di oliva -Rilevanza delle risultanze del catasto oleicolo. Se e quale rilevanza abbiano i dati del catasto oleicolo ai fini degli aiuti riconosciuti in conformit� alle norme comunitarie (es. 3740/91). DEMANIO -Concessione -Canone -Determinazione. In quale misura debba essere determinato il canone per la concessione di beni demaniali in seguito alla entrata in vigore della L. n. 692/ 81 (es. 6598/91). FALLIMENTO -Procedure concursuali -Amministrazione straordinaria � Compensazione di crediti vantati nei confronti della impresa in bonis con debiti successivamente sorti nei confronti della gestione commissariale. Se, nella ipotesi di sottoposizione di impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, siano suscettibili di compensazione crediti vantati nei .confronti della impresa sorti precedentemente all'inizio della procedura concursuale con debiti sorti successivamente (es. 4970/ 91). 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO -Agenti di P.S. e di P.G. -Difesa in giudizio. In quali ipotesi l'Agente di P.S. o di P.G. sottoposto a procedimento possa avvalersi, ai fini del patrocinio, della disposizione agevolativa di cui all'art. 32 L. n. 152/75, alla luce del sopravvenuto art. 9� L. n. 232/90 (es. 2407/91). Dipendenti delle Universit� -Personale tecnico ed amministrativo Inquadramento. Come si debbano risolvere, ai fini dell'inquadramento del personale tecnico ed amministrativo dipendente da Universit�, talune questioni interpretative poste dall'art. 9 L. 23 novembl'e 1991 n. 21 (es. 5552/91) .. Sospensione cautelare dal servizio -Sospensione facoltativa -Efficacia temporale. Se la disposizione concernente la efficacia temporale della sospensione cautelare contenuta nella L. n. 19/90 si applichi alle sospensioni dal servizio irrogate prima della entrata in vigore della legge stessa (es. 8847/90). MEZZOGIORNO -Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica -Risorse� non utilizzate -Se debbano essere ripartite tra i fondi di cui all'art. 12, comma IV, L. n. 64/86. Se le risorse del Fondo di rotazione per l'innovazione tecnologica costituito con l'art. 14 L. n. 46/82 che, alla fine di ogni gestione, risultino non utilizzate dagli imprenditori debbano rimanere nella disponibilit� del Fondo stesso per una successiva utilizzazione nell'esercizio successivo, ovvero debbano essere ripartite tra i vari fondi di cui al comma IV dell'art. 12 L. n. 64/86, destinati alla concessione di mutui a tasso agevolato (es. 7638/90). MISURE CAUTELARI -Errore giudiziario ed ingiusta detenzione -Riparazione -Se spetti per le detenzioni anteriori all'entrata in vigore de! nuovo Codice di procedura penale. Se la riparazione per ingiusta detenzione di cui all'art. 314 c.p.p. spetti anche nel caso che la detenzione si sia conclusa anteriormente all'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale (es. 3469/91). POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Programmi-contenitore destinati ai ragazzi Se operi il divieto di pubblicit�. Se il divieto di pubblicit� nei cartoni animati operi anche con riferimento ai cd. �programmi-contenitore�, nell'ambito dei quali, nell'intervallo tra la programmazione di cartoni animati, telefilm, documentari, vengano trasmessi annunci pubblicitari (es. 4903/91). PARIB II, CONSULTAZIONI 4J REATO -Reati connessi a servizi postali -�Esperimenti di prova � -Se costituiscano attivit� di agente provocatore. Se i cosiddetti �esperimenti di prova� -attraverso i quali l'Amministrazione postale controlla la regolarit� delle prestazioni effettuate dai dipendenti, anche ai fini del rilievo di una eventuale attivit� penalmente rilevante -possano costituire attivit� assimilabile a quella dell'� agente provocatore� (es. 5989/87). SANIT� -Malattie epizaotiche -Abbattimento animali infetti -Indennit� Distruzione di prodotti contaminati -Se spetti. Se la indennit� prevista nella ipotesi di abbattimento di animali infetti spetti anche per la distruzione di materiale contaminato (es. 5158/91). SANZIONI AMMINISTRATIVE (IN GENERALE) � Violazioni amministrative -Estinzione per oblazione -Confisca -Esperibilit�. Se, nel caso di estinzione per oblazione di un illecito amministrativo sanzionato con pena pecuniaria, sia possibile applicare la sanzione accessoria della sospensione della licenza prevista dall'art. 21, comma 4, della L. n. 689/81 (es. 9148/90). STRADE -Sclassificazione -Competenza ad emanare il decreto. Se il decreto di sclassificazione di strade in gestione all'ANAS debba essere emanato dal Direttore Generale dell'Azienda (su delega del Ministro dei LL.PP.), ovvero debba essere oggetto di decreto interministeriale del Ministro dei LL.PP. e del Ministro delle Finanze, in considerazione della natura demaniale dei beni (es. 4938/90). TRIBUTI ERARIALI DIRETTI � IRPEF . Versamento diretto tramite Istituto' di credito -Termine -Scadenza -Proroga. Se ai decreti di proroga dei termini in forza di decreto adottate> ex D. Lgs. n. 1/48, applicabili per il versamento da parte di Istituto di credito, al quale sia conferita delega irrevocabile da parte del contribuente, di somme dovute a titolo di IRPEF, siano applicabili le modalit� di computo stabilite dall'art. 2963 e.e. (es. 3565/88). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di consumo gas metano -Utilizzazione per la gestione di campeggi -Se sia applicabile o meno l'imposta per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali. Se il gas metano utilizzato per le necessit� della gestione di campeggi sia assoggettato all'aliquota di imposta di consumo prevista per impieghi diversi da quelli industriali, ovvero a quella per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali (es. 8392/90). 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .Imposta sul Valore Aggiunto -Canone di locazione -Somme corrisposte dopo la scadenza del contratto o in base a verbale di conciliazione Se siano assimilabili. Se, ai fini IVA, le somme dovute dal conduttore al locatore dopo 1a scadenza del contratto ed in costanza di occupazione dell'immobile <e le somme corrisposte in base ad una conciliazione siano assimilabili .ai canoni di locazione (es. 4851/91). Imposta sul Valore Aggiunto -Regime IVA delle attivit� agricole -Se sia applicabile all'attivit� di �ingrasso� degli animali. Se rientri tra le attivit� agricole contemplate dall'art. 2135 e.e., ai fini della applicazione del regime IV A forfettario previsto dall'art. 34 d.P.R. n. 633/72, l'attivit� limitata unicamente all'ingrasso di animali .della specie bovina (es. 5072/91). TRIBUTI (IN GENERALE) -Violazioni tributarie -Misure cautelari -Se debbano essere revocate in seguito a pronunzie non definitive delle Commissioni tributarie. Se le misure cautelari adottate a garanzia di debiti sorgenti da vio1azioni tributarie debbano essere revocate in seguito a pronunzie -ne_ gative per gli interessi erariali -adottate da Commissioni tributarie, non ancora definitive (es. 3859/91). TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale di pubblicit� -Regime delle vetrofanie su cabine telefoniche pubbliche. Se siano soggette alla imposta comunale di pubblicit� le vetrofanie :recanti il marchio SIP apposte sulle cabine telefoniche pubbliche (es. 7365/90). Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani -Sgombero della neve -Applicabilit�. Se la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani si applichi anche allo sgombero della neve (es. 4349/91). 1JSI CIVICI -Accertamento -Competenza. Se, tra le competenze trasferite alle Regioni in materia, rientri quella <dell'accertamento della sussistenza di usi civici, ovvero se prevalga il .carattere giurisdizionale di detto accertamento (es. 8981/90).