PUBBLICAZIONE RASSEGNA D'l SER.V l Z 1 O DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO xv -N. IO-II-I2 OTTOBRE� NovEMBRE-DICEMBRE I 963 DECISIONI DI RIGETTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE CED ESTINZIONE DEL PROCESSO Dt APPELLO lNCIDENTATO (ln margine ad un recente caso giudiziario) I. Una recente pronunzia del Tribunale di Napoli; (l) conoscendo degli effetti dell'estinzione. del processo d'appello contro una sua precedente sentenza, che, nell955, prima dell'entrata in funzione della Corte Costituzionale, aveva dichiarato inciden, ter tantum (a norma della VII disp. trans. della Costituzione) l'illegittimit� costituzionale di un decreto legislativo di espropriazione a favore della Sezione Speciale per la riforma fondiaria presso l'O.N .0., disapplicandolo, ha ritenuto inutiliter data la sentenza della Corte Costituzionale, che, investita successivamente della questione dal giudice d'appello, l'aveva dichiarata infondata, affermando che l'estinzione del processo �a quo, per mancata riassunzione a norma dell'art. 297 C.p.c., ha comportato il passaggio in giudicato della propria sentenza del 1955. Il Tribunale � pervenuto a tale conclusione, negando che la decisione della Corte Costituzionale possa annoverarsi fra quei� provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto �, che, modificando la sentenza impugnata, ne impediscono il passaggio in giudicato (art. 338 O. p. c.), e ci� perch� il giudizio incidentale di costituzionalit� ex artt. l legge Costituzionale 9 febbraio 1948, n. l e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, non sarebbe una fase, sia pure devoluta alla cognizione di un giudice diverso, dello stesso processo in cui la questione viene sollevata. Non lo sarebbe, perch�, secondo il Tribunale, << siffatta configurazione mal si concilia con la indipendenza del processo costituzionale, che non soltanto prescinde dalla costituzione delle parti (art. 26, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87) e non propone una causa petendi ed un petitum uguali a quelli del processo principale, ma � svincolato dalle vicende processuali che successivamente si svolgono nel giudizio che ha dato occasione alla questione incidentale, come � ribadito espressamente dall'art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Oorte�Oostituzionale del16 marzo 1956, il quale, disponendo che le norme sulla sospen� sione, interruzione ed estinzione del processo non si applicano ai giudizi davanti alla Corte Oostituzio� naie neppure nel caso in cui per qualsiasi causa sia venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso davanti all'autorit� giurisdizionale che ha promosso il giudizio di legittimit� costituzionale, prevede la pos� sibilit� di una sopravvivenza autonoma del giudizio di costituzionalit� �. Non lo sarebbe, perch�, sempre secondo il Tribunale, positivamente il rapporto fra processo costituzionale e processo principale � riconducibile allo schema della pregiudizialit� in senso tecnico-giuridico, <<di cui riveste le caratteri� stiche essenziali date dall'esistenza di una questio� ne, la cui risoluzione � necessaria per la decisione della causa ... e dal trasformarsi di questa questione in causa, che per volont� di legge deve essere decisa in via principale >>. La conversione della questione in vera e propria << causa >> suppone, per6, che nel nuovo processo sia proposta un'azione diversa e distinta da quella in corso nel processo incidentato e non solo un mero rapporto di pregiudizialit� logica della questione rispetto alla controversia originaria. La configurazione del processo ex artt. l legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87 nello schema della pregiudizialit� in senso tecnico comporta, pertanto, non gi� l'affermazione di un caso di giurisdizione senza azione, ma il tentativo di trasformare la mancanza di autonomia genetica di quel processo da oggettiva in soggettiva, nel senso che la legittimazione ad agire sarebbe costituita dalla qualit� di p.arte o di giudice nel processo a quo. � questo, precisa-~mente, ilpensiero del Tribunale, secondo il quale �le numerose e sovente sottili obiezioni sollevate contro tale configurazione sono destinate a cadere di fronte agli argomenti prospettati da acuta dottrina>> (2). -166 II. � ben noto, tuttavia, che codesta dottrina, poich� nel nostro sistema positivo l'istanza di parte o del Pubblico Ministero non � un dato costante, potendo la questione essere sollevata di ufficio dal giudice a quo (art. l legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l; art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87), ravvisa nell'ordinanza di trasmissione di quel giudice l'atto introduttivo del processo costituzionale, come vero e proprio esercizio di un diritto d'azione (3). E poich� non poteva sfu.ggirle il paradosso di un giudice, che, essendo tenuto per la sua stessa funzione ad applicare la legge conforme ai dettami costituzionali, n� avendo ricevuto dalla Costituzione il potere di disapplicare definitivamente, ai fini della decisione della causa, quella, della costituzionalit� della quale non sia convinto, si faccia parte ed impugni l'atto legislativo innanzi alla Corte Costituzionale ed in questo processo venga a trovarsi in lite (4) con lo stesso soggetto del processo a quo interessato alla validit� della legge, o col Presidente del Consiglio o della Giunta Regionale, o con altro organo dello Stato o delle Regioni, che vi siano intervenuti (artt. 20 e 25 legge n. 87 del 1953), non ha trovato altro modo di spiegare l'istituto secondo il paradigma della pregiudizialit� tecnico-giuridica, se non eliminando addirittura la lite e facendo (o credendo di fare, come si vedr�) del processo costituzionale un processo di stato, col che l'� parso di sottrarsi anche alla grave disputa sull'efficacia delle pronunzie della Corte. Si tratta, per�, a nostro avviso, soltanto di un tentativo pur se ingegnoso e certamente assistito da vastit� di apparato. Alla sua base sta l'idea che l'efficacia della legge incostituzionale (5) possa considerarsi in astratto e subiettivarsi, tuttavia, in una situazione giuridica (sostanziale e preliminare) (6) prima ancora del verificarsi della. fattispecie ipotizzata dalla norma e, quindi, del verificarsi dei suoi effetti concreti. Si tratterebbe di un indi:fferenziato status di soggezione di tutta l'universitas civium (7), riguardante, per�, direttamente (8) solo i giudici. Con questa idea si accomunano le parti litiganti ed il giudice del processo a quo in un'unica situazione (9) ed in un unico interesse, distinto da quelli in conflitto, interesse a liberarsi dalla soggezione (10), che sarebbe occasionalmente protetto soltanto a favore del giudice, (11) al quale sarebbe concesso il diritto di agire per �l'annullamento� dello status (12), consumando (in caso di accoglimento) l'azione per tutti i collegittimati (13). Ora il concetto di soggezione in senso tecnico indica la situazione di chi non pu� impedire che con l'esercizio di un potere altrui si produca un certo effetto nella propria sfera giuridica (14) e cio� implica sempre una relazione intersoggettiva, a differenza di quanto assume quella teoria, secondo la quale si tratterebbe, invece, di una relazione... con l'ordinamento, di una qualificazione preliminare alla nascita di rapporti intersubiettivi. Ma � facile accorgersi, allora, che una tale subtilitas non � in grado di indicare in che si distinguerebbe tale qualificazione della impersonale universitas civium dalla qualificazione della stessa legge come norma . vigente ed efficace (15 ), finch� non ne sia dichiarata la illegittimit� dall'apposito organo a ci� predisposto dall'ordinamento medesimo. Di preliminare alla rilevanza giuridica della fattispecie concreta v'.�, poi, subiettivamente, il c. d. presupposto soggettivo di qualificazione (15-bis) e cio� il singolo soggetto (16), a cui sar� imputato l'effetto, in base ad un problema di l~ggittimazione (17), che non pu� essere certo astratta qualificazione di una universitas, di una collettivit�, n� pu� consistere in una situazione giuridica sostanziale, la quale suppone gi� avvenuta tale imputazione. E, d'altra parte, come parlare di status (18) subiectionis dell'universitas civium, senza personi-� ficare (19) la collettivit�, contrapponendola allo Stato Oonditor legum, tornando, cos�, alla relazione intersubiettiva~ Se, invece, la collettivit� non � personificata, come pu� parlarsi di status e di situazione soggettiva unica? E se, infine, questa immaginaria situazione giuridica della collettivit� si trasforma nella somma di tanti status individuali, quanti sono i suoi componenti (20), come � possibile pensare che �l'annullamento>> (21) di uno status individuale coinvolga quello di tutti coloro che no11 llanno partecipato al processo? Non ci si accorge, inoltre, che, se l'interesse all'annullamento dello status � tutelato occasionaimente, solo quando sia gi� sorto un processo nel qual.e sorga questione sulla costituzionalit� della norma da cui promana la predetta soggezione, e si parla di legittimazione per categoria, ci� vuoi dire che l'azione di � annullamento � dello status sarebbe concessa proprio a chi non � pi� titolare della mera situazione preliminare nei� senso ipotizzato dalla teoria, ma di una situazione, in tal senso, definitiva? E se la prima non si trasforma o non � assorbita necessariamente nella seconda, ma ne resta sempre distinta, come presupposto di una serie aperta di poteri, doveri o rapporti, non riesce possibile distinguere queste pretese, innumerevoli situazioni preliminari di soggezione, corrispondenti ad ogni norma dell'ordinamento, subiettivamente dalla capacit� giuridica del singolo, che � precisamente l'attitudine alla titolarit� di situazioni giuridiche e di rapporti, ed obiettivamente dalla vigenza stessa della norma (la qualificazione dell'universitas civium come subiecta legi latae si riduce alla proposizione che quella legge, finch� non ne sia accertata nel modo prescritto l'incostituzionalit�, produrr� necessariamente il suo effetto nei confronti di qualsiasi membro dell'universitas che venga a trovarsi nella prevista relazione con la fattispecie concreta, porrispondente a quella ipotizzata dalla norma, ossia afferma che a un dato fatto seguir� ineluttabilmente un dato effetto sub specie juris nei confronti di un certo o di certi soggetti). Ed ancora, come pu� essere proprio questa situazione di soggezione alla norma da applicare nel processo, che il gi1;tdice, anzi solo il giudice, � legittimato a fare �annullare~, sttl'o._bbligo di applicarla, ove conforme alla costituzione, non gli deriva, certo, dalla stessa norma e se, d'altra parte, egli � tanto poco soggetto ad essar da avere il potere di sospenderne l'applicazione, -161. f�nch� non si sia pronunziata la Corte Costitu zionale~ Cos� quella teoria � costretta e ripiegare sull'affermazione che lo status subiectionis dei giudici :alla legge incostituzionale sarebbe creato non da �quest'ultima, ma... dalla Costituzione, la quale �pone un divieto ai giudici di disapplicare � (definitivamente) le leggi contrarie ad essa (22). Ma basta questa nuova formulazione della tesi a rinnegare il concetto di soggezione prima adottato, :al quale � connaturale lo stato di passivit� e di inerzia. La Costituzione non rende il giudice inerte, passivo inn!l,nzi alla norma incostituzionale, incapace di impedirne l'efficacia, ma, col ricono. scergli il potere di saggiarla e di astenersi dall'ap- plicarla, in attesa che la incostituzionalit� sia conosciuta principaliter da uno speciale Giudice, a -ci� faitto competente dall'ordinamento, non lo degrada a parte interessata, attribuendogli le legittimazione ad agire per l'annullamento di uno .status della collettivit�, ma rispetta la sua posizione di giudice disinteressato e super partes, per il quale la norma resta oggetto di ricerca, conoscenza .ed applicazione (23). Innanzi alla Corte Costituzionale non si presenta il giudice a quo per farsi liberare da uno status personale, ma per chiedere -ed ottenere istruzione necessaria ai fini dell'espletamento della jurisdictio; hanno, invece, diritto di presentarsi le parti del processo a quo ad illustrare, in contraddittorio, i vari aspetti della questione di costituzionalit� della legge denunziata (24), oltre :alla facolt� di intervento degli organi di cui agli :artt. 20 e 25 legge n. 87 del 1953. Da ultimo, deve osservarsi che la teoria in esame, con l'ammettere, sia pure 'implicitamente, l'impropriet� del concetto di � annullamento � di uno status (sono suscettibili di invalidit� e di annullamento gli atti dei soggetti e non gi� le qualifiche in s� dell'ordinamento) e col riconoscere che trattasi della norm�le conseguenza dell'annullamento della stessa legge incostituzionale (25), :finisce per tornare, senza accorgersene, al punto �di partenza: processo di annullamento di atti e non gi� processo di stato, ritrovando innanzi a s� tutti quei gravi interrogativi, che il sistema positivo autorizza ad opporre a tale configurazione e -che essa aveva ritenuto di superare. III. Con autorevole interpretazione, ben pi� :aderente ai testi, � stato, invece, riconosciuto che il giudizio costituzionale incidentale � in quanto -possiede la caratteristica di sorgere in occasione e �in vista della risoluzione di una questione pre. giudiziale, relativa a un giudizio pendente innanzi :a un'altra magistratura, viene a porsi in posizione .strumentale e ausiliaria rispetto a quest'ultimo� (26) -e che, fin quando la pronuncia della Corte resta �� una pronuncia giurisdizionale in senso proprio �, �essa non pu� operare che nel processo a quo (27). �� Nata dal giudizio a quo e per il giudizio a quo, -per essere risolta in sede giurisdizionale, la questione ritorna al giudizio a quo, risolta appunto da -una decisione giurisdizionale>> (28). Il fatto che il processo in esame, � oltre ai oCaratteri del procedimento propriamente giurisdi zionale >> (29), possieda anche altri caratteri (30), non pu� inficiare questa verit� fondamentale. Come espressione dell'esercizio di giurisdizione, esso � una fase del processo a quo e non un processo obiettivamente autonomo, appu:p.to perQ'IJ,~. -non v~ si esercita un'azione distinta e diversa da quella in corso nel primo e perch�, di cons~guenza, l'effetto dell'esercizio di quella potest� giurisdizionale deve prodursi nel processo principale (31). Parlare di azione del giudice nel nostro ordinamento (32) � arbitrario ed aberrante. Se, quando ritiene manifestamente infondata la questione di costituzionalit� -e ci� nei vari gradi e fino a giungere alla Corte di Cassazione -il giudice ordinario si sostituisce alla stessa Corte Costituzionale ed in propria competenza giudica della costituzionalit� della legge, non si vede come e perch�, quando ritiene la questione non manifestamente infondata e per ragione di competenza la sottopone allo speciale Giudice costituzionale, dovrebbe cessare di esplicare attivit� di giudice e divenire, invece, �parte >> attrice, tanto pi� se si pensi che sarebbe ben strana l'attribuzione di un diritto di azione, che la parte del processo a quo, prima dell'ordinanza di trasmissione, pu� ben escludere, rinunciando al giudizio in corso (33), cos� come potrebbe escluderla, in presenza di una eccezione di incostituzionalit�, l'eventuale conciliazione delle parti (art. 185 O. p. c.) intervenuta prima di quell'ordinanza (34). Epper� � stato autorevolmente osservato che, anche nel caso in cui la questione sia rilevata d'ufficio dal giudice a quo, essa �rimane ugualmente una controversia fra le parti, come tale considerata e regolata dalla legge >> (35), cosicch� �non � della legge in astratto che si decide, ma in quanto si applica al caso concreto>> (36). La configurazione trova riscontro nell'analogo caso in cui, a norma dell'art. 23 legge 7 gennaio 1929, n. 4, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono investite con ordinanza del giudice a quo della eventuale questione di inapplicabilit� (in relazione all'art. l legge n. 4 del 1929) di norme penali contenute in leggi concernenti i singoli tributi e la decidono con efficacia di << giudicato irrevocabile� (cit. art. 23, legge n. 4 dell929) fra le parti (37). Come fase (38) del processo incidentato, il procedimento innanzi alla Corte Costituzionale adempie alla funzione di accertare in via contenziosa, con la possibilit� di contradittorio fra le parti del processo incidentato e degli interventi previsti dagli artt. 20 e 25 legge 11 marzo 1953, n. 87, la conformit� o meno di una data formula (39) legislativa ad una o pi� norme della Costituzione, facendo conoscere al giudice del processo a quo, se la norma, da questi ritenuta applicabile al caso solo condizionatamente al favorevole esito del controllo di costituzionalit� richiesto alla Corte, vada o meno applicata. La Corte accerta in definitiva (se una data formula costituisca) una regula juris valevole per un caso concreto� �d il controllo che essa compie della esistenza e della chiarezza della valutazione di rilevanza della questione, fatta dal giudice a quo, � espressione dello stesso suo dovere di accertare � il titolo o il -168presupposto dell'esercizio in concreto della propria �da qualsiasi riferimento sia pure potenziale alla -168presupposto dell'esercizio in concreto della propria �da qualsiasi riferimento sia pure potenziale alla competenza)) (40) . .Alla Corte, di Cassazione compete, invece, di stabilire se mia data � regola )) si attagli perfettamente al caso concreto (41). Nell'uno e nell'altro caso si tratta di pronunzie che non si riferiscono direttamente al rapporto controverso, ma ad una questione di diritto, pregiudiziale alla pronunzia di merito (42). E la regola �, pertanto, identica: la vincolativit� della decisione della questione non solo nel processo a quo, ma � anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda n (art. 393 C.p.c.) (43). Epper�, mentre � semplicemente un fuor d'opera negare che dalla pronuncia della Corte sorga anche so~o una preclusione per il giudice a quo, poich� si tratterebbe di processi diversi, mentre quella opera nello stesso processo, appare, peraltro, tendenzioso e preconcetto opporre il contenuto dell'art. 22 del Regolamento interno della Corte Costituzionale per pretendere di snaturare l'istituto, attribuendogli caratteri che positivamente esso non ha. .Ad orientare nella giusta direzione gli interpreti di questa norma valga, anzitutto, la lettura dell'art. 14 legge 11 marzo 1953, n. 87, comma primo, secondo il quale: � La Corte pu� disciplinare l'esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti n, ma non pu� certo modificare le precise linee dell'istituto del controllo della legittimit� delle leggi em artt. l legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, com'� ribadito, se ce ne fosse bisogno, dall'art. l legge costituzionale 11 marzo 1953, n. l (�La Corte costituzionale esercita le sue funzioni nei limiti ed alle condizioni di cui alla Carta Costituzionale, alla legge costi tuzionale 9 febbraio 1948, n. l ed alla legge ordinaria emanata per la prima attuazione delle predette norme costituzionali n). Il sullodato art. 22 Reg. int. Corte Costituzionale si spiega, pertanto, agevolmente, ove si ricordi che, oltre alla funzione propriamente giurisdizionale di cui innanzi, la Corte ne esplica eventualmente un'altra, (44) come espressione di potest� sui generis, (45) di cui l'ordinamento, checch� possa dirsi per dottrinarismo o per passionalit�, non le ha consentito l'esercizio autonomo, ma soltanto condizionato al legittimo esercizio della funzione giurisdizionale (ancorata, a sua volta, ineluttabilmente, alla denunzia del giudice di una controversia concreta ed agli atti del processo principale). E proprio per disciplinare il contemporaneo, eventuale esercizio di quest'altra funzione, la Corte, senza snaturare quella giurisdizionale affidatale, epper� continuando a giudicare della legge nei limiti della questione sollevata dal giudice a quo e sempre sugli atti del processo incidentato, ha sancito una regola di irrilevanza delle successive vicende di quel processo, che conferma, anzitutto, la vincolativit� inter partes della sua pronunzia di diritto anche al di fuori del processo incidentato e finch� la controversia possa essere riproposta in un altro proce!lSo fra le stesse parti (46). Bene � stato osservato, iii proposito, che questa pretesa indipendenza del processo costituzional� non consente alla Corte di � svellere )) la sua pronunzia causa in cui � sorta la questione sulla legge n (47). Quest'altra funzione della Corte non pu� confondersi con quella giurisdizionale da essa normalmente esplicata, se non a patto di tornare a,. postulare nel processo costituzionale una vera e� propria azione, diversa e distinta da quella del processo principale, la regola di legittimazione del primo �, invece, esclusivamente commisurata agli effetti che dovr� produrre la sentenza del giudice a quo (48). La Corte Costituzionale non annulla l'atto legislativo, perch� non v'� un'azione di annullamento (49-50). Ed il Costituente non ha voluto attribuire ad un organo pubblico e tanto meno ad un privato (51) questo diritto di azioner n� alla Corte il potere di eliminare addirittura le manifestazioni di volont� del Parlamento, e cosi non � stata conferita al processo costituzionale la stuttura �adeguata ad un vero e proprio processo di annullamento della legge in generale ed in astratto (52), sospingendosi quella pi� vasta funzione di interesse generale quasi al margine del processo (53). Quando la Corte dichiara la non conformit� costituzionale di una legge, da questa. declaratoria consegue, oltre all'effetto vincolante per il giudice (o i giudici) della controversia incidentata (inapplicabilit� della norma), la generale cessazione di efficacia della legge erga omnes (art. 136 Cost.) (54). La conferma della diversit� e della non confondibilit� delle due funzioni si trae dal fatto che questo effetto erga omnes (55) � stato attribuito soltanto alle pronuncie di accoglimento� e non anche a quelle di rigetto (56-57), in aderenza alla specifica natura della seconda funzione~ espressione della potest� propria della Corte di assicurare il rispetto dei limiti (58) posti dalla. Costituzione all'attivit� del legislatore; si trae ancora dalla diversit� delle fattispecie produttive dei due effetti, quello proprio del processo costituzionale e quello che si determina al di fuori di esso,. �identificandosi la fattispecie per gli effetti inter partes con la sentenza in s� e per s�, e richiedendo, per gli effetti erga omnes, gli ulteriori fatti -esterni alla sentenza -della pubblicazione ai sensi dell'art. 30 cit. I comma, e della vacatio fino al giorno successivo)) (59). Che il Costituente abbia voluto soltanto la cessazione di efficacia della legge incostituzionale, si �spiega, poi, sia col fondamentale principio dell'autonomia dei poteri fondamentali dello Stato (60) (col quale mal si sarebbe conciliata l'appli-. cazione di sanzioni contro l'atto legislativo), (61) che con l'intento' di evitare in linea di principio la revivisceza del diritto abrogato (62) e di giustificare il controllo costituzionale del diritto preesistente (63). IV. .Appare, pertanto, dimostrata l'erroneit� del ragionamento del Tribunale di Napoli, irretito dalle conclusioni di una tesi dottrinale viziata alla. base (64). La sentenza della Cort� Oostitgzio.nale era intervenuta nel processo di appello, allorci�� questo non si era ancora estinto ed aveva modificato� il precedente giudizio del Tribunale, (65) nella premessa, laddove esso aveva ritenuto la illegit -169 timit� costituzionale della legge-provvedimento di cui trattasi ! Questo rilievo, assorbendo ogni altra critica, vale a confutare anche l'assunto della Corte di Appello di Catanzaro (66), che in un caso analogo a quello deciso dal Tribunale di N a poli, pur ammettendo che la pregiudiziale costituzionale si distingue dalle pregiudiziali disciplinate dal diritto comune (penale, civile, amministrativo), << perch� priva della caratteristica dell'autonomia rispetto all'oggetto della domanda principale sotto il duplice profilo che la questione di legittimit� non pu�, come questione astratta, formare oggetto di un processo autonomo e che anche la Corte Costituzionale la sottopone ad esame come semplice premessa logica per la decisione del caso concreto � (67), ha ugualmente ritenuto inutiliter data la sentenza della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato la infondatezza della questione di costituzionalit� di un decreto legislativo di esproprio, e ci� perch� �quando il processo principale viene, comunque, a cessare, viene anche meno l'efficacia d.iretta della sentenza, perch� non esiste pi� la controversia ancorata alla decisione della pregiu diziale costituzionale, o, perch�, come nella specie, la controversia � rimasta irrevocabilmente decisa dal giudice che all'epoca era competente a risol� vere la stessa pregiudiziale � (68). Evidentemente, � sfuggito alla Corte di Catanzaro che l'estinzione del processo di appello, per mancata riassunzione a norma dell'art. 297 C.p.c. nel termine perentorio di sei mesi dal deposito della decisione della Corte Costituzionale, non poteva operare che dalla (inutile) scadenza di tale termine (69), ossia dopo che in quel processo era gi� intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale a modificare la sentenza di primo grado, impedendone il passaggio in giudicato (art. 338 O. p. c.). V. A corroborare definitivamente questo risultato, non resta che citare, a m� di conclusione, lo stesso insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la de-� cisione della Corte Costituzionale che dichiari l'infondatezza della questione di costituzionalit� � si deve ritenere emessa dal giudice a quo del processo e deve avere la stessa portata di una sua decisione incidentale sulla questione� (70). FRANCO OARUSI NOTE (l) La si veda pubblicata in �Temi Napoletana, 1962, 396 ss. ed in Giur. it. �, 1963, I, 2, 205, ss. (2) � la nota tesi svolta dal C.Al'PELLETTI in La pregiudizialit� costituzionale nel processo civile, Milano, 1957, pagg. 4 e segg. (3) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 52, 100, 210. (4) Cos� il CAPPELLETTI, op. cit., pag. 20, conviene col MoNTESANO (v. appresso a nota 61) che nel nostro ordinamento l'incostituzionalit� della legge pu� essere oggetto di questione ma non di lite. (5) Cfr. KELSEN: Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano 1952, P� 160; PIERANDREI; Corte Costituzionale, in �Enciclopedia del Diritto�, vol. X, Milano, 1962, pag. 972. (6) CAPPELLETTI, op. cit., pagg. 24, 25 (in nota), 140, 171. Secondo il predetto autore (op. cit. pag. 25, nota 42) si tratterebbe di una mera qualifica dell'ordina mento e non gi� di un rapporto intersubiettivo. Si tratterebbe di una situazione sostanziale preliminare. Ma la preliminarit� o prodromicit� � una categoria della concreta efficacia della norma, che suppone gi� verificata una frazione della fattispecie da questa ipotizzata; � gi� un rapporto, v. in argomento RuBINO: La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, pag. 127 e segg.; sugli effetti preliminari osserva il FALZEA: Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano 1939, pagine 15-16, essere �possibile che, pur non essendo esistenti tutti gli elementi necessari perch�, intervenendo la qualificazione concernente la situazione di fatto, sorgano le conseguenze giuridiche predisposte, questi elementi semplici, possano, per s� stessi, essere oggetto di una qualificazione a).ltonoma � e perci� sono dei veri e propri fatti giuridici e che (pag. 17) �la situazione di fatto parziale, qualificata, produce delle conseguenze giuridiche autonome, indipendentemente dalla possibilit� di divenire totale... salva la interdipendenza funzionale � degli effetti preliminari e di quelli definitivi. (7) C.Al'PELLETTI: op. cit., pag. 140, testo e nota 59. (8) Id., op. cit., pagg. 76 e segg., 139 e segg. (9) Id., op. cit., pag. 171. (IO) Interesse proprio anche della parte che fonda la sua difesa precisamente sulla norma rispetto alla quale venga sollevata la questione di costituzionalit� 1 (11) C.Al'PELLETTI: op.cit., pag. 142-149; 192, nota 145. (12) Id., op. cit., pagg. 79, 84, 141 e segg. (13) Id., op. cit., pag. 171. (14) Trattasi, cio�, della situazione correlativa .al potere o al diritto potestativo di .un altro soggetto: cfr. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1954, pag. 55; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1952, pag. 47, nonch� AA. citati da CASSARINO. Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano 1956, pag. 233, nota 46. Questo A. osserva, peraltro, (op.cit., pag. 234), che la necessit� di subire gli effetti dell'esercizio del potere �non significa nulla, poich� ogni necessit� in tanto � concepibile in quanto abbia ad oggetto un detenninato comportamento. N el caso della soggezione non viene in rilievo alcun comportamento, neanche negativo... Si tratta, quindi, nient'altro che della generica posizione in cui si trova ogni soggetto, in capo�al�quale. possono prodursi effetti giuridici. .. a seguito di compor-�� tamenti altrui giuridicamente rilevanti�. (15) C.Al'PELLETTI, op. cit., pag. 41, ove critica la nota concezione dell'EsPOSITO della legge nulla, ma esecu toria; v. anche a pagg. 82-84. Sul punto v. le considerazioni del PmRANDREI, Corte Costituzionale, in �Enciclopedia del Diritto�, vol. X, pag. 972, il quale osserva che � difficile ritenere che le leggi incostituzionali <<mentre vigano e il loro vizio non sia appariscente e sospettato e comunqu� non ancora accertato, non si pongano come obbligatorie al pari di tutte le altre leggi per il fatto che sia possibile sollevare n loro confronti la questione (in rapporto ad un potere non ancora esercitato e che non si sa quando verr� esercitato)�. Sulla questione di �responsabilit�� dei cittadini v. PALADIN Cenni sul sistema delle responsabilit� civili per l'applicazione di leggi incostituzionali in � Giur. Cost. �, 1960, 1029 e segg. (15-bis) Cfr. FALZEA, op. cit., pag. 7 e 78 (v. avvertenza a pag. 79 ed artt. ,I, comma secondo, 462, 600, 643, 784 Cod. civ.). (16) Dire soggetto significa dire capacit� giuridica, ossia attitudine ad essere punto di legittimazione soggettiva di conseguenze giuridiche v. FALZEA, op. cit., pag. 74; SANDULLI, Manuale cit., pag. 40. (17) Non ha senso, pertanto, postulare ulteriori qualificazioni soggettive rispetto alla singola norma, se non appunto in termini di legittimazione all'effetto concreto. Se prima del fatto la norma non esiste se non nel testo, come_ formula, mentre �opera � soltanto quando avviene il fatto, al quale deve essere applicata (v. la interessante polemica fra AsCARELLI e CARNELUTTI, in �Riv. di dir. procn, 1957, pagg. 351, 364 ed ivi, 1958, pagg. 14-26; in particolare, CARNELUTTI, ibidem, pag. 24; v. anche Corte Cost., sent. 23 giugno 1956, n. 3, � Giur. Cost. �, 1956, pag. 574), l'unico modo di essere del soggetto, che pu� avere significato, � precisamente la legittimazione all'effetto. �Il che esclude, anche, melius re perpensa, che rispetto alla norma di legge avente carattere generale possa parlarsi di legittimazione unica ed indivisibile. Ogni effetto concreto pone un problema di legittimazione, per poter essere imputato al singolo soggetto ( � effettivo � destinatario della norma: ANDRIOLI, L'intervento nei giudizi di legittimit� costituzionale, in � Giur. Cost. �, 1957, pag. 284). Con la divisibilit� della legittimazione pu� giustificarsi, peraltro, anche il fenomeno della c.d. sopravvivenza del diritto abolito, per cui una legge, pur se abrogata, continua a costituire la regola dei rapporti sorti prima dell'abrogazione e non ancora esauriti. � (18-19) Il concetto di status �sta appunto a indicare l'appartenenza di un soggetto ad una certa categoria caratterizzata da una particolare sfera di capacit� �: SANDULLI, Manuale cit., pag. 41; v. anche SANTORO PASSARELLI: Dottrine generali, ecc., cit. pag. 7-8. (20) V. sopra, nel testo in corrispondenza delle note (16, 17). (21) V. appresso, nel testo, in corrispondenza della nota {25). (22) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 78. (23) Di mediazione col fatto direbbe il CARNELUTTI: Risposta al prof. Ascarelli, in �Riv. Dir. proc. �, 1958, 25, il quale-ivi, pag. 26 -riconosce che l'Ascarelli �ha ragione quando riduce l'applicazione nel quadro dell'interpretazione�. (2~) Il SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce della Corte Costituzionale sulla legittimit� delle leggi, in �Riv. trim. di dir. pubbl. �, 1959, pag. 28, in nota, avverte che �ci� che � indispensabile in ogni procedi- n;J.ento a carattere contenzioso � soltanto che i soggetti che l'ordinamento considera legittimi contradittori siano messi in grado, mediante la comunicazione dell'inizio del procedimento, di conoscere che della questione sia stata investita l'autorit�>>. (25) CAPPELLETTI, op. cit,, pagg. �a8 segg. 82, 91. (26) SANDULLI, Natura, funzione ed effetti, ecc., cit., pag. 33. {27-28) Id., op. cit., pag. 36. (29) Id., op. cit., pag. 35. (30) Cfr. LIEBMAN: Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in �Riv. dir. proc. �, 1957, pag. 523: << il processo costituzionale � destinato ad esercitare eventualmente una doppia funzione, perch� deve decidere una questione del processo principale e nello stesso tempo, se la decisione sar� positiva, spiegher� una efficacia indiretta e secondaria che trascende l'ambito di quel processo e raggiunge il piano degli elementi costitutivi dello stesso ordinamento giuridico�. (31) Cfr. LIEBMAN, op. cit., pag. 523, il quale sottolinea ch� secondo i dati positivi il processo costituzion~J,le �appare configurato dalla legge come legato al processo principale da un rapporto non soltanto genetico, ma funzionale, che perdura inalterato, salvi eventi straordinari, fino alla sua conclusione: � per cos� dire una propaggine del processo principale, qualche cosa come un ramo che se ne diparte e vi ritorna � pur essendo dotato, altres�, di �caratteristiche diverse ed altamente significative, che gli danno un'identit� propria non confondibile � in vista della sua � funzione indiretta �, su cui v. nota precedente; cfr. anche GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, vol. IV, Padova 1950, pagg. 196-198 e 210, ove mette in evidenza l'analogia con la �fase processuale che in base all'art. 23 legge 7 gennaio 1929, n. 4 si svolge dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per la decisione della questione sulla inapplicabilit� di norme penali contenute in leggi concernenti i singoli tributi �, su cui v. anche AzzARITI, Considerazioni sulla disciplina del sindacato sulla costituzionalit� delle leggi, in �Foro Padano �, 1948, IV, col. 52; cfr., infine, appresso, nota 38. (32) Quando il CAPPELLETTI, op.cit., pag.-143, osserva che �la configurazione del ricorso costituzionale come azione (anche) del giudice del processo pregiudicato� non dovrebbe stupire chi ricordi che l'istituto ex art. 100, comma I, della Costituzione di Bonn viene definito dalla dottrina tedesca come Richterklage, ossia, precisamente, �azione del giudice n, questo A. non considera la differenza che passa fra actio e Klage, in cui il momento prevalente non � l'affermazione di diritto in giudizio, ma la querela intesa ad ottenere l'attivit� del giudice, � �l'invocazione del giudice n cfr. CIOVENDA, l'Azione nel sistema dei diritti -Saggi di dir. proc. civ., vol. I, Roma 1930, pag. 7 a 57; v. anche SATTA, Sui rapporti, ecc., cit., pag. 593 << parlare di una azione del giudice, come si dice dagli scrittori tedeschi, non � proprio per il nostro ordinamento n. Epper� non di azione si tratta, ma di denuncia: cfr. CALAMANDREI, L'illegittimit� costituzionale delle leggi nel processo civile, Padova, 1950, pag. 52 e segg.; ANnRIOLI, L'intervento �nei giudizi, ecc., cit., pag. 283; REDENTI, Legittimit� delle leggi e aort� Costituzionale, Milano 1957, pag. 41 e 57; LIEBMAN, Contenuto, ecc., cit., pag. 520, il quale ritiene che non sia neppure necessario pensare a una vera e propria lfH lfH -171 denuncia, mettando in evidenza che il giudizio di costituzionalit� � promosso dal giudice della causa perch� egli �ha sempre il compito di stabilire liberamente quale sia la norma giuridica applicabile ai fatti della causa (iura novit curia) e in questa attivit� rientra necessariamente anche l'indagine sulla validit� costituzionale della norma stessa. Sebbene egli non abbia pi� oggi il potere di decidere la questione, � peraltro suo dovere proporsela e, in caso di dubbio, rimetterla alla Corte ,; Nwmo, Il procedimento nei giudizi di legittimit� costituzionale, in �La Corte Costituzionale " (Raccolta di studi), suppl. de �La Rassegna mensile dell'Avvocatura dello Stato "� Roma 1957, pag. 150. (33) Cfr. SATTA, Sui rapporti fra la giurisdizione co;tituzionale e il processo (a proposito di un recente libro), in �Riv. Trim. dir. e proc. civ. "� 1959, pag. 593, ove si osserva che �Il giudice agisce sempre nella sua funzione di giudice, che jura novit, anche se in luogo di pronunciare sull'eccezione a norma dell'art. 112, seconda parte, si limita a sollevarla per lo speciale meccanismo della legge"� (34) CHICCO e CORONAS, L'interpretazione giudiziale della Costituzione, in �La Corte Costituzionale "� cit, pag. 619. (35) AzzARITI, Gli effetti delle pronunzie sulla costituzion( 1lit� delle leggi, in �Riv. dir. proc. "� 1950, I, pag. 189 e pag. 190 (<<non mi sembra... che sia giusto considerare la quest'ione sollevata d'ufficio dal giudice come una denunzia fatta nell'interesse generale, perch� si rimane sempre nell'ambito di.una controversia pregiudiziale, la risoluzione della quale sia ritenuta necessaria per la decisione della causa in corso >>) e in Pr_oblemi attuali di diritto costituzionale, Milano, 1951,,pag. 157. (36) SEGNI, Il processo civile nello Stato contemporaneo in << Jus ll, 1954, p. 36; PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pag. 947, ove si mette in evidenza che la prima condizione dell'incidente di costituzionalit�, ossia la r.ilevanza della questione, << implica che la legge impugnata sia precisamente quella che deve trovare immediata applicazione ll, ' (37) D'AMELIO, La Corte di Cassazione come giudice di prima istanza,, in << Riv. di dir. Pubbl. ll, 1930, pag. 6 e segg. (a pag. 10 sottolinea che <<l'art, 23 non dichiara che la decisione abbia efficacia anche in confronto di estranei al giudizio ll}. Sulle differenze fra i due istituti v. AzZARITI, Gli effetti delle pronuncie, ecc., in << Riv. dir. proc. "� 1950, I, pag. 188. (38) Cfr. Ordinanza 23 giugno 1956 delle Sezioni Unite Civ. della Corte di Cassazione in causa Mazza c. Min. Agricoltura ed Opera Valorizzazione Sila, in << Giust. Civ. "� 1956, CXXI: <<la questione non pu� sorgere in via astratta, avulsa da un interesse specifico all'attribuzione di un bene della vita o (nel processo penale) all'affermazione della inesistenza (o della esistenza) di una pretesa punitiva verso soggetto determinato per un fatto storicamente avvenuto" ed ancora (ivi): << l'incidentalit� intesa ai fini della sollevabilit� della questione di legittimit� costituzionale non postula quella rigorosa separazione concettuale tra la questione stessa e l'oggetto principale del giudizio, ma soltanto che la risoluzione della questione valga alla decisione di una �ontroversia concreta)). (39) V. SANDULLI, Atto legislativo, Statuizione legislativa e giudizio di legittimit� costituzionale, in << Riv.. trim. dir e proc. civ. ll, 1961, pagg. 6 e segg.; MoNTESANO, N orma e formula legislativa nel giudizio costituzionale, in << Riv. dir. proc "� 1958, pa:gg. 524 e segg.; Id., Le sentenze costituzionali e l'individuazione delle norme, ivi, 1963, pagg. 20 e segg.; v. anche DE FINA, Il controllo sulla legislazione, ivi, 1961, pag. 48.. (40) Cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pagine 962, 963, ove mette in rilievo perch� quel controllo non solo � giustificato, ma necessario ed in nota (337) elenca numerose pronunce della Corte in ot(j.ine al controllo medesimo circa l'esistenza e la sufficienza del giudizio (del giudice a quo) sulla rilevanza della questione. .Sul punto, di recente, v. Corte Cost., 9 aprile 1963, n. 45, in Sentenza ed ordinanze della O. O. suppl. della Giurisprudenza Costituzionale "� 1963, 127. (41) SATTA, Corte di Cassazione (dir. proc. civ.), in <<Enciclopedia del diritto "� vol. X, Milano 1962, pag. 823. (42) GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 211. (43) Il GARBAGNATI, op. cit<.� pag. 213, sottolinea che le decisioni della Corte Cost. hanno l'efficacia processuale della cosa giudicata, analogamente a quelle delle Sezioni Unite a norma dell'art. 23 legge 7 gennaio 1929, n. 4: i loro effetti non si esauriscono nell'ambito del processo a quo, ma si estendono a qualsiasi processo nel quale fra le stesse parti dovesse successivamente sullevarsi la questione. Sul punto v. anche il nostro studio: Gli effetti delle pronunzie della Corte Costituzionale, ecc. in <<La Corte Costituzionale >> (Raccolta di Studi) cit., pagg. 239 e segg_, ove si segnala anche la differenza fra efficacia << panprocessuale >> ed efficacia <<materiale>> del giudicato. (44) Che si tratti di funzione distinta non <<propriamente>> giurisdizionale ammette il SANDULLI, Natura, funzioni ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pagg. 35 e segg.; v. ancheLIEBMAN, Contenuto, ecc., cit., pag. 523 (45) Che la Corte Costituzionale costituisca un potere distinto dai tre tradizionali mette in evidenza il GuGLIELMI, I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato in <<La Corte Costituzionale)) (Raccolta di studi), cit., pag. 424, 425; v. anche REDENTI, Legittimit� delle leggi e Corte Costituzionale, Milano 1957, pagg. 33-34; TESAURO, La Corte Costituzionale, in << R_ass. Dir. Pubbl. "� 1950, pagg. 205 e segg., il quale sottolinea che la Corte � al di fuori e al di sopra dei vari poteri dello Stato (pag. 244245); ha natura anfibia (pag. 245) e la sua decisione (di accoglimento) << � un atto supergiurisdizionale, perch� ha una efficacia superiore e vincolante nei confronti di tutte le manifestazioni dell'attivit� degli organi giurisdizionali>> (pag. 227); SANDULLI, op. cit., pag. 24, nota 3, secondo il quale, per�, <<l'individualit�, l'indipendenza e l'autonomia riconosciute a ciascun potere nell'ordinamento costituzionale non sono collegate alle funzioni esercitate, bens� al piano sul quale esse vengono esercitate>> (op. loc. cit.). (46) Ed infatti la Corte Costituzionale continua a giudicare nei limiti della questione sollevata dal giudice a quo e sugli atti del processo principale, di modo che non pu� dirsi che oggetto di quel giudizio divenga la legge in s�, ma deve dirsi, soltanto, che l'eventuale inutilit� dell'effetto principale della decisione (spetta ..s~mpre << al giudice non costituzionale, ove e quando se ne pre-._ senti l'occasione, decidere se lo scioglimento di quella questione possa avere efficacia o rilevanza tra le parti della causa >> : MONTESANO, Le sentenze costituzionali ,e l'individuazione delle norme, cit. in << Riv. dir. proc. � � &!&:EF E &!&:EF E -172 1963, cit., pag. 43) non impedisce alla decisione di spiegare ugualmente � il suo effetto secondario... totalment� estraneo>> al processo a quo, cfr. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 523. (47) MONTESANO, op. ult. cit., pag. 43. (48) Cfr. ANDRIOLI, Profili processuali del controllo giurisdizionale delle leggi, in �Riv. Dir. Pubbl. ll, 1950, I, pag. 44. (49) E ci�, del resto, neppure nell'altra ipotesi di giudizi di legittimit� costituzionale instaurati in via principale: cfr. SANDULLI; Sulla discriminazione delle competenze, ecc. in �Foro it. ll, 1956, IV, col. 50-52, nota 3; v. anche appresso, nota 61. (50) Lo stesso CAPPELLETTI, op. cit., pag. 187 esclude un potere della Corte Costituzionale di annullare le leggi sine actione. (51) �Si � voluto evitare la proposizione di una lite tra il singolo e il legislatore ll, cfr. ordinanza 23 giugno 1956, Cass. SS. UU. Civ., cit., in � Giust. Civ. ll, 1956, CXXI; v. anche per la storia dei lavori preparatori AzZARITI, Gli effetti delle pronunzie, ecc., cit., in �Problemi attuali di dir. cost. >> cit., pagg. 144 e segg. (52) Cfr. ANDRIOLI, Profili processuali, eec., cit., loc. cit.,: �invano si andrebbe in cerca di un organo o rappresentante cui fosse commessa la cura di una massa di interessi che � differenziata solo dalla qualit� di destinatari della norma di cui si discute: non il P.M., che � s� il rappresentante della legge, ma presso il potere esecutivo e per giunta della legge con l'elle maiuscola, non i presidenti delle due Cqmere, non tanto perch� la chiamata in causa non si addice alla loro dignit�, quanto e sopratutto perch� la legge, una volta entrata in vigore, � affare che interessa ai suoi destinatari e non agli autori�, v. anche le osservazioni del PIOOARDI, La Corte Costituzionale in Italia, in �Riv. Amministrativa ll, 1951, pagg. 239-241. (53) Cfr. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 522. (54) Osserva il SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., cit.: pag. 40, che �nell'imporre ai giudici comuni di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimit� costituzionale delle norme legislative che altrimenti dovrebbero applicare nel corso di un giudizio questo articolo (l legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l) implica appunto che la pronuncia di incostituzionalit� � destinata senz'altro a operare nel giudizio a quo (il quale, infatti, viene sospeso in attesa di quella pronuncia: art. 23, 2� comma, legge Il marzo 1953, n. 87). Perch� possa prodursi tale operativit� -la quale discende direttamente e immediatamente dalla pronuncia e si realizza quindi col semplice perfezionarsi di essa (vale a dire col deposito in cancelleria: art. 26, 3� comma, legge Il marzo 1953, n. 87) -non occorre dunque la pubblicazione della sentenza della Corte ai sensi dell'art. 30, 1� comma, legge ult. cit. >> e che la disposizione dell'art. 136 Cost., �redatta e approvata quando non ancora si prevedeva l'adozione nel nostro sistema del giudizio costituzionale incidentale (introdotto con la successiva legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l), si riferisce palesemente agli effetti erga omnes delle sentenze di accoglimento della Corte>>. (55) Osserva l'AZZARITI, Gli effetti delle pronunzie, ecc. cit., in <<Problemi attuali di diritto costituzionale n, cit., pag. 151 che esso Ǐ indubbiamente fuori del nostro sistema processuale, secondo il quale ogni pronunzia � destinata a produrre effetti tra le parti e non gi� in confronto di coloro che sono estranei al giudizio>>. (56) Mentre, se si trattasse di azione di annullamento della legge in s�, non si �giustificherebbe questa diversa estensione soggettiva del giudicato secundum eventum litis: il SANDULLI, Appunti sull'atto amministrativo collettivo, ecc., in �Scritti giuridici per il centenario della casa editrice Jovene ll, Napoli, s.d., pag. 439, nota 64, avverte che la tesi della variabilit� dell'estensione della cosa giudicata secundum eventum litis � decisamente superata; v. anche nostro studio Gli effetti delle pronuncie, ecc., cit., pag. 221. (57) Sulla efficacia vincolante delle pronunce di rigetto in ogni altro processo in cui fra le stesse parti fosse riproposta la questione, v. GARBAGNATI, op. cit~, pag. 212-213; sull'efficacia vincolante delle pronunce medesime non solo nel giudizio a quo, ma anche in altro giudizio che fra le stesse parti e sulla stessa controversia fosse instaurato ex novo, in caso di estinzione del processo incidentato, v. GIONFRIDA, Giudizio di legittimit� costituzionale della legge, ecc., in �Studi in onore di E. Eula n, Milano 1957, pag. ll6, anche in nota; SEGNI, L'unit� del processo, �Riv. it. n, scienze giurid. n, 1954, 235, nota; PIERANDREI, Corte Costituzionale, <iit., pagg. 978-979, il quale (pag. 979) si riporta al principio del ne bis in idem, che vincola i giudici a non pi� pronunciarsi sull'oggetto del precedente giudicato ed a conformarsi ad esso quando debbano decidere questioni che lo presuppongono; v. anche � Cass. Sez. Un. n, 22 gennaio 1958, n. 147, in � Giust. Civ. n, 1958, p. l, pagg. 1093 e segg. ed ivi nota con ampie citazioni di dottrina. Al principio del ne bis in idem si rif� anche il CHIEPPA, Ancora sulla riproponibilit� di questione di legittimit� costituzionale, ecc., in � Giur. Cost. ll, 1961, pag. 1063. (58) Il REDENTI, Legittimit� delle leggi, ecc., cit., pag. 34, designa la Corte� custode supremo degli argini)), (59) SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pag. 43, il quale, pur parlando di �effetto di annullamento )) sottolinea che esso � non discende...... dal dispositivo della sentenza)) (ibidem). (60) Osserva il PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pag. 968, che �il nostro sistema, se da un lato non ritiene che le disposizioni legislative incostituzionali siano affette dal vizio della nullit�>> (v. infatti, ivi, pag. 972) �dall'altro lato non consente, a tutela della autonomia degli organi fondamentali, che le manifestazioni di volont� degli organi stessi vengano direttamente eliminate da un altro organo>>. (61) Cfr. MoNTESANO, Legge incostituzionale, processo e responsabilit�, in �Foro it. n, 1952, IV, Col. 157, il quale, per�, negando che vi sia �un'applicazione giurisdizionale di sanzioni>> contro l'atto incostituzionale, ritiene di potere affermare che �l'atto legislativo incostituzionale non � annullabile, ma nullo>> (op. loc. cit.). Sulla critica della concezione che l'invalidit� costituisca una pura conseguenza logica della difettosit� della fattispecie, v. SooGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, pag. 369 .e segg., il quale giustamente rileva che �l'invalidit� non � la sola con~guenza della disformit� al diritto... potendosi a;ere sanzioni diverse o addirit'tura la semplice inefficacia, onde la necessit� di rifarsi al disposto del legislatore>> (pag. 401); v. anche CANNADA-BARTOLI, L'inappli :: ::::r :: ::::r -173 cabilit� degli atti amministrativi, Milano 1950, pag. 31, � altro � la teoria delle forme di divergenza, altro la teoria delle conseguenze della divergenza ed altro ancora la teoria delle cause di divergenza"� (62) Mentre, non trattandosi di abrogazione legislativa (v. le osservazioni del GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni, ecc., cit., pagg. 206-208; v. anche SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., dt., pagg. 24-25), quella cessazione di efficacia � radicale, nel senso che esclude ogni ultrattivit� della legge dichiarata incostituzionale (cfr. PIERANDREI, op. cit., pag. 968, nonch� nostro studio, Gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale, ecc., cit., pag. 247). (63) Si veda il rilievo del TRACANNA, La illegittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, in <<La Corte Costituzionale" (Raccolta di studi) cit. pag. 323, il quale, op. cit., pag. 300, osserva che << l'istituto della illegittimit� costituzionale riguarda la valutazione della costituzionalit� attuale della norma, considerata come astratta dall'atto legislativo e la attitudine della norma stessa a disciplinare fatti attuali. � solo la illegittimit� dell'atto legislativo che sar� valutato alla stregua dell'ordinamento vigente al momento della emissione dell'atto stesso"� (64) Le critiche del CAPPELLETTI, op. cit., pag. 10 .e segg., ad un processualista della tempra dell'ANDRIOLI non colpiscono, pertanto, nel segno. (65) E ci� a prescindere dalla esattezza dell'affermazione della sentenza del Tribunale di N a poli, di cui si discorre nel testo, secondo la quale l'ordinanza di trasmissione degli atti della Corte di Appello non era idonea a modificare gli effetti della sentenza di primo grado. Contro la natura meramente ordinatoria del provvedimento di trasmissione potrebbe, infatti, opporsi che il suo contenuto rappresenta l'esercizio di un potere di << valutazione che implica un giudizio sui termini e sui limiti della controversia e sulla norma da applicare nel caso concreto " (cos� la Corte Costituzionale nella sentenza 9 aprile 1963, n. 40, in � Giur. it. "� 1963, 822, con <mi � stato escluso che il P.M. possa disporre la trasmissione degli atti alla Corte �in quanto non ha potere di emettere provvedimenti decisori"; v. anche Corte Costituzionale, sentenza 20 dicembre 1962, n. 109, in supplemento della �Giurisprudenza Costituzionale" 1962, 44 7, dove si esclude che il potere di sollevare la questione di costituzionalit� competa al Giudice Istruttore del processo a quo e si ribadisce che esso spetta solo al .Collegio, trattandosi di attivit� <<tale da interferire sull'attivit� di giudizio�. Il contenuto decisorio del potere del giudice a 'quo di delibare la questione pu� apparire pi� evidente, allorch� egli la dichiari manifestamente infondata (Cass. .SS. UU. civ., ordinanza 23 giugno 1956, cit., in << Gius. civ. "� 1956, cit. CXXI: �l'infondatezza deve risultare da un esame in limine, ma che pure escluda ogni possibilit� di dubbio di una soluzione differente ") e lo stesso provvedimento sia adottato nei successivi gradi del giudizio, precludendo definitivamente la possibilit� di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per l'esame della questione. E la natura dell'attivit� eser< litata dal giudice a quo e del provvedimento da lui .adottato non pu� certo mutare... a seconda del risultato a cui pervenga ! No n si ometta neppure di considerare che l'ordinanza di trasmissione degli atti � irrevocabile (cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit. pag. 953), mentre la revocabilit� � caratteristica del provvedimento ordinatorio e cos� del provvedimento di sospensione (App. Torino. 13 aprile 1954, �Foro it. "� I, 1064; Ti%: Roma 16 giugno 1945, �Giur. Compi. Cass. Civ. "� 1945, l 299; Trib. Varese 7 luglio 1953, � Giur. it. "� 1954, l, 2, 2434, ecc.) esclude che l'ordinanza di rimessione della questione di costituzionalit� possa ascriversi fra i �provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto", che, a norma dell'art. 338 C.p.c., impediscono il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, il CARNELUTTI, Un caso singolare, ecc. in �Riv. di Dir. Proc.>>, 1963, 669. In questo breve scritto non si esamina, per�, la questione trattata nel testo e cio� se, dato che il giudizio di costituzionalit� ex art. l legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l costituisca una fase del giudizio incidentato, la pronuncia della Corte che lo conclude debba essere considerata provvedimento idoneo ai sensi dell'art. 338 C.p.c. ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. � da ritenere, per�, che, se la questione fosse stata posta, l'A. non avrebbe mancato di tener conto di quanto gi� scritto (Una pezza all'art. 136 della Costituzione? in �Riv. di Dir. Proc. �, 1958, 243) per avallare la tesi del LIEBMAN (v. supra, note 30 e 31), collimante con quella sostenuta, qui, nel testo. In ordine al punto che la se,ntenza confermativa d'appello modifica, ai sensi e per gli effetti dell'art. 338 C.p.c., gli effetti della sentenza di primo grado, che sostituisce, sebbene non ne modifichi il dictum e cio� giunga alle medesime conclusioni, v. GroDICEANDREA, Estinzione del procedimento d'appello, ecc., in �Giur. it. >>, 1953, I, l, 62. Sul principio che �la n�tura di un provvedimento del giudice va desunta non dalla qualifica ad esso attribuita o dalla forma di cui � rivestito bens� dal suo contenuto sostanziale e dagli effetti che esso produce in ordine alla materia cui di riferisce>> v. di recente Cass., 20 aprile 1963, n. 975, << Mass. Giur. it. "� 1963, 326. (66) App. Catanzaro 22 novembre 1961, in � Giur. it. �, 1963, col. 210 e segg. (67) App. Catanzaro, 22 novembre 1961, cit. in� Giur. it. "� 1963, col. 212. (68) App. Catanzaro 22 novembre 1961, cit. in � Giur. it. "� 1963, cit. col. 213. (69) L'espressione �l'estinzione opera di diritto,, di cui all'ultimo comma dell'art. 307 C.p.c., significa che il provvedimento dichiarativo dell'estinzione retroagisce al momento in cui si � verificata la causa dell'estinzione, cfr. ANDRIOLI, Commento al Codice di procedura civile, vol. II, Napoli, 1956, pag. 339; M.A.ssARr, Questioni intorno alla proroga del termine, ecc., nota a Cass. civ., 27 ottobre 1956, n. 4005, in << Giur. it. "� 1957, I, l, col. 1378. Nella specie, pertanto, il processo si estinse allorch� fu scaduto inutilmente il termine di sei mesi �dal passaggio in giudicato >> della sentenza della Corte Costituzionale (art. 297 C.p.c.). (70) Cassazione, Sezioni Unite, 18 aprile 1962, n. 770, in << Giust. Civ. "� 1962, p. 3, pag. 253; v. anche Corte Costituzionale, 11 luglio 1961, n. 54 in << Gi:ur. it. "� 1961, I, l, col. 1237 e segg. fiifl@ITF 'M fiifl@ITF 'M RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE COSTITUZIONE-Leggi in materia costituzionale Approvazione. COSTITUZIONE -Consiglio Superiore della Magi stratura -Elezione dei componenti -Art. 23 legge 24 marzo 1958, n. 195. COSTITUZIONE -Consiglio Superiore della Magistratura -Poteri di iniziativa del Ministro. COSTITUZIONE -Consiglio Superiore della Magistratura -Provvedimenti di esecuzione delle deliberazioni -Atti amministrativi. (Corte Costituzionale, Sentenza n. 168 del23 dicembre 1963 -Pres.: Ambrasini; Rei.: Manca. I �disegni di legge in materia costituzionale� previsti dall'art. 72 della Costituzione non sono altro che i disegni di �leggi di revisione della Costituzione e di altre leggi costituzionali � di cui al successivo art. 138. Non viola, pertanto, l'art. 72 della Costituzione la legge 24 marzo 1958, n. 195 per il fatto di essere stata approvata in sede deliberante dalla competente Commissione della Camera dei Deputati. Non sussiste illegittimit� costituzionale dello art. 23, primo, terzo e quarto comma della legge 24 marzo 1958, n. 195 in relazione agli artt. 104 e 107 della Costituzione per il fatto che detto art. 23 regola l'elettorato attivo e passivo dei magistrati in relazione alla elezione dei componenti del Consiglio Superiore in maniera differenziata a seconda della diversit� delle funzioni svolte. � costituzionalmente illegittimo l'art. 11 primo comma della legge 24 marzo 1958, n. 195, in riferimento agli artt. 104, 1� comma, 105 e 110 della Costituzione, in quanto per le materie indicate nel n. l dell'art. 10 della legge stessa esclude la iniziativa del Consiglio Superiore della Magistratura attribuendo tale iniziativa in via esclusiva al Ministro di Grazia e Giustizia. Non sussiste illegittimit� costituzionale dello art. 17, 1� comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, in quanto stabilisce i provvedimenti del Consiglio Superiore sono adottati con decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro di Grazia e Giustizia ovvero in determinati casi preveduti dalla legge con decreto del Ministro stesso. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: l. Preliminarmente non si ritiene fondato il dubbio cui accenna l'Avvocatura dello Stato (pur rimettendosi al giudizio di questa Corte), circa la non adeguata giustificazione, nelle ordinanze di rinvio, della rilevanza delle questioni sollevate. In proposito la Corte non pu� che riferirsi alla sua costante giurisprudenza, secondo la quale � rimesso al giudice del merito accertare se le questioni sollevate costituiscano presupposto necessario per la definizione della lite: accertamento che, quando, come nel caso, sia sufficientemente motivato, si sottrae al controllo di questa Corte. 2. N el merito si osserva che,� nelle ordinanze e nelle difese di parte, come si � accennato, � dedotta, in via principale, l'illegittimit� della legge 24 marzo 1958, n. 195 (istitutiva del Consiglio superiore della magistratura) da un punto di vista formale, in quanto detta legge � stata approvata dalla competente Commissione della Camera dei deputati in sede deliberante, e non gi� dall'Assemblea, con la procedura ordinaria. Il che sarebbe in contrasto con il quarto comma dell'art. 72 della Costituzione, trattandosi, come si sostiene, di legge che, emanata in attuazione delle norme costituzionali concernenti il Consiglio superiore della magistratura, riguarderebbe sostanzialmente materia costituzionale, sia per l'organo cui si riferisce, sia per le disposizioni che formano oggetto della legge stessa, attinenti cio� all'ordinamento giudiziario. La questione quindi consiste nell'esaminare se, come si sostiene, il citato quarto comma, l� dove dispone che la procedura decentrata � esclusa per cc i disegni di legge in materia costituzionale n si riferisca .a un tipo di leggi che, pur avendo la forma ordinaria, tuttavia, per la sostanza, siano da considerare comprese nella materia anzidetta: leggi perci� differenziate dalle leggi di revisione della Costituzione e dalle altre leggi costituzionali menzionate nell'art. 138. Tale opinione, a. favore della quale non risultano elementi di chiarificazione dai lavori preparatori, non pu� essere accolta. Ad avviso della Corte, invero, la disposizione delcitato 4� comma, deve intendersi riferita al successivo art. 138 e, con esso, logicamente coordinata nell'armonia del sistema. -175 L'argomento che si adduce in contrario, nelle ordinanze e nelle difese di parte, 1 oltre che sulla diversa dizione usata nei due testi legislativi (rispettivamente, <<disegni di legge in materia costituzionale n e <<leggi costituzionali n), si fonda specialmente sul rilievo che, se ai 'detti due testi legislativi si attribuisse lo stesso contenuto, si giungerebbe alla conseguenza che la disposizione del 4� comma dell'art. 72 resterebbe priva di qualsiasi portata pratica, costituendo un'inutile ripetizione. Ci� per il motivo che l'esclusione della procedura decentrata per l'approvazione delle leggi costituzionali, risulterebbe implicitamente dallo stesso art. 138; il quale, prevedendo, per tali leggi, la seconda lettura con una speciale maggioranza, presupporrebbe la sussistenza di una prima lettura in .Assemblea, con la maggioranza ordinaria. .A parte peraltro la scarsa importanza della diversit� di formulazione, il rilievo anzidetto non appare risolutivo del problema, nel senso prospettato. Pur ammettendo, infatti, che le disposizioni si riferiscano, come la Corte ritiene, allo stesso oggetto, ci� non toglie che ad esso, nell'ambito del sistema, debba attribuirsi una propria funzione: alla prima (cio� quella dell'art. 72), perch� compresa nelle norme dettate, in via generale, per la formazione di tutte le leggi, mediante l'approvazione con la procedura ordinaria, abbreviata o decentrata, salvo, riguardo a quest'ultima, le eccezioni espressivamente prevedute, alle altre (quelle dell'art. 138), perch� concernenti, in particolare, le garanzie che circondano le leggi costituzionali, mediante la seconda lettura, con l'intervallo non minore di tre mesi, l'approvazione con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e la possibilit� del referendum. N�, che alla formula<< disegni di legge in ~ateria costituzionale n siano da attribuire significato e portata diversi da quelli ora precisati pu� indurre, come si assume, il solo fatto che, nel testo legislativo, � menzionata insieme alla materia elettorale: materia disciplinata peraltro con leggi ordinarie concernenti anche le elezioni amministrative, sulla natura della quale, nella incertezza della dottrina, nessun chiarimento, nel senso sostenuto negli scritti difensivi, si pu� desumere dai lavori preparatori. Data l'interpretazione seguita della Corte, pertanto, la disposizione del 4� comma, pi� volte ricordata, in base al coordinamento con l'art. 138, cui si � accennato, viene, in definitiva, a costituire un'espressa limitazione, che opera nel senso di escludere la procedura decentrata riguardo a quelle norme, alle quali il Parlamento, per finalit� di carattere politico, intenda attribuire efficacia di legge costituzionale. Non opera invece per le leggi ordinarie, per le quali pu� avvalersi anche della procedura decentrata, ovviamente con quelle cautele rispondenti all'esigenza che l'atto legislativo sia, per quanto possibile, sottoposto all'esame della .Assemblea, con la pubblicit� che il regolamento stabilisce; come, del resto, � gi� preveduto dall'art. 40 del regolamento della Camera dei deputati, che esclude la procedura decentrata per le leggi tributarie. Deriva da quanto si � esposto che l'anzidetta legge del 24 marzo 1958 non pu� ritenersi illegittima, perch� approvata dalla Commissione di giustizia in sede deliberante. 3. Circa le questioni concernenti alcune disposizioni della legge ora ricordata, � da osservare che, negli scritti difensivi di parte, si � preliminarmente sostenuto che il sistema, adottato dalla legge anzidetta, non garantirebbe la indipendenza della magistratura, la. quale sarebbe anzi, inconseguenza di quel sistema, soggetta alle ingerenze del potere esecutivo. Ora, la Corte non pu� non rilevare che l'indipendenza della magistratura trova la prima e dondamentale garanzia nel senso del dovere dei magistrati e nella loro obbedienza alla legge morale, che � propria dell'altissimo ufficio e che consiste nel rendere imparzialmente giustizia: principi questi ai quali si � costantemente uniformata la magistratura italiana. Ma, a prescindere da ci�, la Corte osserva che il sistema legislativo attualmente in vigore, considerato nel suo complesso e nelle linee generali, non appare inidoneo al fine assegnatogli di garantire l'indipendenza e l'autonomia della magistratura. 4. Venendo all'esame delle sollevate questioni di incostituzionalit�, � da premettere che, nelle ordinanze, � stato prospettato il dubbio circa la incostituzionalit� dell'art. 23, 1o, 3o e 4� comma, relativi all'elezione dei componenti il Consiglio superiore; dell'art. n, 1o comma, riguardante la richiesta del Ministro per la giustizia; e dell'art. 17, il quale, nella prima parte del 1o comma, stabilisce che i provvedimenti del Consiglio superiore concernenti i magistrati sono adottati con decreto del Capo dello Stato, o, nei casi previsti dalla legge, con decreto del Ministro per la giustizia. Non sono state invece ritenute rilevanti dal Pretore le eccezioni di incostituzionalit�, dedotte dalle parti nel giudizio di merito e riproposte avanti a questa Corte, relative alle altre disposizioni dell'art. 11, degli artt. 12 e 13 e del 2o comma dell'art. 17; questioni quindi che, in questa sede, non possono essere esaminate, non essendo comprese nelle ordinanze di rimessione. 5. L'impugnazione del 1� comma dell'art. 23 si riferisce, come si � in precedenza accennato, al numero maggiore dei componenti il Consiglio superiore (sei), da eleggere fra i magistrati di Corte di cassazione, in confronto dei quattro da' eleggere rispettivamente, fra i magistrati delle Corti di appello e dei Tribunali. Si violerebbe, in tal maniera, il principio (contenuto negli artt. 104, 1o comma, e 107 della Costituzione), circa la parit�, nella composizione dell'organo, della rappresentanza di tutte le categorie dei magistrati, attribuendo una. posizione di superiorit� ad una delle categorie stesse. �� � La questione non � fondata. � da premettere che, nel sistema adottato dalla Costituzione, eccetto alcune disposizioni fondamentali, come ad esempio quelle sancite dall'art. 48, -176 la disciplina della materia elettorale, date le modificazioni eventualmente determinate dalle mutate esigenze, resta deferita al legislatore ordinario (in proposito, da ultimo la sentenza n. 111 del 196S, relativamente all'elezione dei giudici costituzionali). n principio deve essere applicato anche per quanto attiene al Consiglio superiore della magistratura, per la formazione del quale, dal punto di vista dell'elettorato passivo, il precetto costituzionale esige soltanto che i componenti siano scelti fra i magistrati appartenenti alle varie categorie (art. 104, 40 comma). Ora, n� questo precetto, n� l'altro contenuto nell'art. 107, S0 comma (secondo il quale i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversit�. di funzioni) possono ritenersi elusi, come si assume, per il fatto che la disposizione impugnata attribuisce un maggior numero di rappresentanti alla categoria dei magistrati di cassazione (compresi due con ufficio direttivo), in confronto alle altre due categorie. Se � vero, infatti, che, secondo la Costituzione, a coloro che fanno parte dell'ordine giudiziario, non si applicano le disposizioni relative all'ordinamento gerarchico statale, ci� non significa che, a tutti i magistrati ordinari, sia riconosciuta, sotto altro aspetto, una posizione di assoluta parificazione. Questa sussiste, invero, in relazione all'art. 101, 2o comma, della Costituzione (i giudici sono soggetti soltanto alla legge) per quanto riguarda l'esercizio delle funzioni istituzionali e gli atti che ad esse si ricollegano, i quali devono essere emanati in base alla legge e sono sottratti a qualsiasi sindacato, che non sia quello espressamente preveduto dalle leggi processuali. Non sussiste invece relativamente alla posizione soggettiva che, al di fuori delle predette funzioni, i magistrati assumono nell'ordinamento giudiziario; poich� anche l'art. 107, S0 comma della Costituzione, sopra citato, postula una differenziazione, che si riconnette ai tre gradi della giurisdizione previsti dall'ordinamento processuale. E, in attuazione appunto del precetto costituzionale, la legge del 24 maggio 1951, n. 392, stabilisce, nell'art. 1, che i componenti dell'ordine giudiziario, fatta eccezione per gli uditori, si distinguono in magistrati di tribunale, di corte di appello e di cassazione, compersi il primo presidente, il procuratore generale e i magistrati con ufficio direttivo. Ora, la disposizione impugnata ha preveduto una rappresentanza numerica pi� elevata per la categoria dei magistrati di cassazione, ispirandosi, non tanto al numero dei componenti delle varie categorie, quanto alla qualificazione di coloro che compongono l'anzidetta categoria dei magistrati di cassazione. E ci�, non soltanto in relazione alle esigenze del funzionamento del Consiglio superiore, dato il numero dei componenti e i compiti che gli sono assegnati, ma tenuto conto, in particolare, della maggiore esperienza dei magistrati di cassazione, derivante dalle funzioni alle quali essi pervengono a seguito delle selezioni prevedute dalla legge, e dal prestigio che coerentemente spetta ai magistrati stessi. Se quindi, nella disposizione impugnata, si riscontra una disparit�. di trattamento fra le varie categorie dei magistrati, essa non pu� ritenersi in contrasto con la Costituzione, essendo consentito al legislatore ordinario, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, di disciplinare diversamente situazioni differenziate, quando, come nel caso, per le ragioni accennate, trovino logica giustificazione. N�, d'altra parte, appare fondato il dubbio che l'accennata composizione dell'organo possa esercitare una qualche influenza sulle sue deliberazioni. Giacch� ad un tale inconveniente, se mai sussistesse, ovvierebbe la funzione equilibratrice, che, in seno al collegio, viene esercitata dai componenti, non magistrati, eletti dal Parlamento, fra i quali � scelto il vice-presidente (art. 104, 5� comma, della Costituzione). 6. Nella legge del 1958, (art. 23, 3o comma) alla distinzione fra le varie categorie dei magistrati, si fa riferimento, pure per ci� che riguarda l'elettorato attivo. Anche questa disposizione � impugnata, perch� lederebbe il precetto dell'eguaglianza del voto, san'Cito dall'art. 48 della Costituzione e i principi che si desumono dagli artt. 104, 105 e 107, secondo i quali, nel Consiglio superiore, la magistratura dovrebbe essere rappresentata con carattere unitario ed omogeneo, e non gi�. in relazione alle singole categorie dei magistrati. La questione non pu� ritenersi fondata. n principio dell'eguaglianza del voto (che si assume violato), come ha precisato questa Corte nella sentenza n. 43 del 1962, deve intendersi nel senso del divieto del voto multiplo o plurimo e della pari efficacia potenziale del medesimo. Questo principio peraltro non appare vulnerato dalla disposizione denunziata. Con essa il legislatore ordinario attribuisce a tutti indistintamente i magistrati il diritto di partecipare alla formazione elettiva del Consiglio superiore, ma, per quanto attiene alla modalit�. dell'elezione, ha adottato il sistema della votazione per categorie, in corrispondenza con la eleggibilit�., pure per categorie, stabilita dallo stesso art. 104 della Costituzione. Tale sistema, peraltro, dettato da apprezzabili ragioni di opportunit�. inerenti alla scelta del candidato, non impedisce ch� i magistrati siano posti in grado di esprimere il voto in condizioni di perfetta parit�. fra loro; e, rispetto all'eletto, con pari efficacia. Onde la composizione dell'organo resta omogenea, nel senso che i' componenti, pur provenienti da categorie differenziate, si trovano tutti in posizione giuridica, sotto ogni aspetto, parificata. D'altra parte, se � vero che la Costituzione prevede la distinzione per categorie, con riferimento soltanto all'elettorato passivo, da ci� non pu� deriva come si assume, la illegittimit�. delle norme di attuazione, per il fatto che, agli stessi criteri di ripartizione, si � attenuto per la formazione dei collegi elettorali. Giacch� la rispondenza fra questi e le condizioni di eleggibilit�. (come si � del resto gi�. rilevato nella ricordata sentenza n. 111 del 1963) non pu� ritenersi ingiustificata, anche in questo caso, dato lo speciale carattere dell'organo elettivo, preposto dalla -177 Costituzione al governo della magistratura e per garantirne l'indipendenza. Non � infine esatto il rilievo che, con il sistema della votazione per categorie, si riprodurrebbe nel Consiglio superiore, anche dal punto di vista formale, una rappresentanza di interessi non consentanea con il carattere unitario dell'organo, perch� una tale differenziazione deriverebbe, se mai sussistesse, non gi�. dalla disposizione impugnata, bens� direttamente dallo stesso precetto costituzionale, che, per la scelta dei magistrati, alle varie categorie espressamente si riferisce. 7. Non � neppure fondata la questione relativa al 4� comma dell'art. 23, che esclude gli uditori giudiziari dall'elettorato attivo. � vero che questi, superate le prove del concorso, entrano a far parte della magistratura, ma non conseguono, perci� solo, la stabilit�, n� sono investiti per legge delle funzioni giudiziarie. Essi infatti sono dispensati dal servizio se, entro quattro anni dalla nomina, non si presentano all'esame per la promozione ad aggiunto giudiziario, o se, nel detto periodo, non superano, per due volte, tale prova (art. 136 dell'ordinamento approvato con decreto del 20 gennaio 1941, n. 12, per questa parte tuttora in vigore e che riproduce disposizioni contenute nelle leggi precedenti). Ed inoltre, il conferimento delle funzioni giurisdizionali, in base all'ordinamento del 1941 (art. 129) e alle leggi successivamente emanate (11 ottobre 1942, n. 1352, art. 6; 14 febbraio 1948, n. 113, art. 1, e 15 febbraio 1956, n. 59), non spetta ad essi di diritto, come per gli altri magistrati, ma deriva da un provvedimento facoltativo, demandato, prima al Ministro per la giustizia, ed ora al Consiglio superiore della magistratura; provvedimento che pu� essere revocato. Ed � perci� che la gi�. ricordata legge del 24 maggio 1951, n. 392, nella tabella allegata, non comprende gli uditori nelle tre categorie dei magistrati, ma li considera separatamente, e che la disposizione impugnata li esclude dal partecipare all'elezione dei componenti il Consiglio superiore. La disposizione stessa quindi non pu� ritenersi in contrasto con l'esigenza costituzionale che tutti i magistrati partecipino alle elezioni dei componenti il Cqnsiglio superiore, poich� gli uditori, per le ragioni accennate, non possono considerarsi magistrati compiutamente per tutti gli effetti preveduti dall'ordinamento. A questi soltanto, dato il delicato compito loro affidato nell'elezione, deve intendersi riferito il precetto della Costituzione; al quale si adeguano le norme di attuazione, assicurando il diritto di voto a tutti indistintamente i magistrati, compresi quelli fuori ruolo o con incarichi speciali, anche non giudiziari (art. 5 del decreto legislativo del 16 settembre 1958, n. 916, contenente disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marzo 1958, n. 195). 8. Dell'art. 11 � impugnato, come si � accennato, soltanto il l 0 comma, circa il quale, nelle ordinanze, si pone in rilievo come la necessit�. della richiesta, da parte del Ministro, per promuovere le deliberazioni riguardanti i magistrati, sarebbe in contrasto con le disposizioni, fra loro coordinate, degli artt. 104, l 0 comma, 105 e 110 della Costituzione. La richiesta, infatti, lederebbe l'autonomia del Consiglio superiore e quindi indirettamente dell'ordine giudiziario, limitando, o addirittura escludendo, l'attivit�. dell'organo nelle materie indicate nell'art.l05, e mantenendo un'indebita ingerenza del potere esecutivo sullo stato giuridico dei magistrati. Questa opinione si ricollega, come si accenna anche negli scritti difensivi, ad un'interpretazione restrittiva dell'art. 110 della Costituzione; nel senso che i servizi, l'organizzazione e il funzionamento dei quali spetta al Ministro, sarebbero soltanto quelli inerenti al personale delle cancellerie e segreterie, agli ufficiali giudiziari, alle circoscrizioni giudiziarie, ai locali, all'arredamento dei medesimi, ed, in genere, a tutti i mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni giudiziarie. Tale interpretazione non pu� essere accolta. Dall'autonomia riconosciuta al Consiglio superiore, nelle materie indicate nell'art. 105 della, Costituzione, non deriva, secondo che si sostiene,: una netta separazione di compiti fra il Ministro guardasigilli e l'Organo preposto al governo della, magistratura; come si verificherebbe se, a questo ultimo, fosse riconosciuta (il che non �, come r1sulta chiaro dai lavori preparatori) una autonomia, integrale, compresa, quella finanziaria, riguardante l'ordine giudiziario. Se quindi tale autonomia esclude (come pure si desume dai lavori preparatori) ogni intervento del potere esecutivo nelle deliberazioni concernenti lo status dei magistrati, non esclude peraltro, che, fra i due organi, nel rispetto delle competenze a ciascuno attribuite, possa sussistere un rapporto di collaborazione: il quale importa che i servizi, affidati al guardasigilli dall'art. 110 della Costituzione, non sono limitati a quelli sopra accennati, ma, vi si comprendono altres�, sia l'organizzazione degli uffici nella loro efficienza numerica, con l'assegnazione dei magistrati in base alle piante organiche, sia, il funzionamento dei medesimi in relazione all'attivit�. e al comportamento dei magistrati che vi sono addetti. Che in questo senso non restrittivo debba intendersi l'art. 110 risulta anche dalla considerazione che al Ministro l'art. 107, 2� comma, della Costituzione attribuisce la facolt�. di promuovere l'azione disciplinare, ed � confermato dal fatto che le attribuzioni anzidette e gli oneri finanziari che necessariamente vi si ricollegano, impegnano la responsabilit�. politica del guardasigilli, come esponente del Governo, verso il Parlamento, per l'esercizio dei poteri che istituzionalmente a questo competono. Dalle osservazioni finora esposte discende che la. richiesta, cui si riferisce la disposizione impugnata (richiamando espressamente l'art. 10, n. l)~ considerata. quale espressione della collaborazione, di cui si � fatto cenno, e volta a segnalare all'organo competente le esigenze sopra indicate, per i necessari provvedimenti, non pu� ritenersi.,. di per s�, lesiva dell'autonomia del Consiglio superiore, ... che ovviamente resta libero nelle sue determinazioni. Onde, sotto questo aspetto, la disposizione anzidetta, non pu� ravvisarsi in contrasto con i richiamati precetti costituzionali. -178 9. Tuttavia la disposizione stessa non sfugge al vizio di illegittimit� se considerata in relazione alla portata che viene ad assumere nel sistema della legge del 1958, come mezzo esclusivo stabilito per promuovere l'attivit� del Consiglio su periore. � da ricordare, in proposito, che, nel progetto ministeriale, la disposizione non era isolata, ma era seguita da un'altra, che attribuiva al predetto Consiglio, la facolt� di deliberare anche di ufficio, sentito il Ministro, il quale poteva fare osservazioni e proposte nel termine stabilito dallo stesso Consiglio. E, nella relazione, si chiariva che la disposizione era dettata dal concetto che l'autonomia dell'organo non poteva subire limitazio~, e dalla necessit� di evitare che, un'eventuale inerzia del Ministro, potesse recar pregiudizio al funzionamento dei servizi. Si trattava quindi di due disposizioni, dal necessario coordinamento delle quali, risultava chiarito che, alla richiesta del Ministro, non si poteva attribuire carattere determinante rispetto all'attivit� del Consiglio superiore, nelle materie di sua competenza: carattere che ha assunto invece, data la soppressione della seconda disposizione, nell'ulteriore elaborazione legislativa. Di guisa che il fatto che la dispo sizione impugnata sia rimasta isolata nel testo definitivo, sta a dimostrare che ad essa si � inteso attribuire carattere tassativo, nel senso di esclusivit� del potere attribuito al Ministro: condizionando, in tal maiera, come si rileva nelle ordinanze, l'attivit� dell'organo collegiale. Si verificaquindi la dedotta lesione dell'autonomia del medesimo in contrasto perci� con i precetti della Costituzione. 10. L'art. 17 della legge in esame, nella prima parte dell0 comma, come si � accennato, � impugnato, in quanto stabilisce che i provvedimenti del Consiglio superiore sono adottati con decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro, ovvero con decreto di quet'ultimo nei casi preveduti dalla legge, in contrasto con l'art. 105 della Costituzione. La questione non � fondata. � vero che, in base al precetto che distingue i magistrati secondo le funzioni, essi come si � gi� accennato, non possono ritenersi inquadrati nell'ordinamento gerarchico dell'amministrazione statale. Ma da ci� non deriva che la magistratura sia avulsa dall'ordinamento generale dello Stato, dato il carattere unitario del medesimo, in relazione al precetto dell'art. 5 della Costituzione. Ne consegue che ai magistrati, salve le garanzie per l'indipendenza, sono applicabili i principi fondamentali dell'ordinamento medesimo. A tali principi non ha inteso derogare il legislatore costituente, essendosi affermato, nella relazione al progetto, che, con le norme intese a garantire l'indipendenza della magistratura, non si intendeva stabilire una forma piena di autogoverno. N e deriva pertanto che i provvedimenti emanati dal Consiglio superiore, ai sensi dell'art. 105 della Costituzione e della disposizione dell'art. 17 della legge in esame, debbono assumere, dato il carat tere sostanzialmente amministrativo dei provvedimenti stessi, anche per quanto attiene al controllo finanziario, la forma che, sulla base dei principi fondamentali del sistema, � prescritta per i provvedimenti del genere : la forma cio� del decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro; ovvero di questo nei casi stabiliti dalla legge. La disposizione impugnata pertanto non pu� ritenersi in contrasto con i precetti costituzionali riehiamati, donde l'infondatezza della questione. l) Ancora un esempio di sapienza e di illuminata giustizia che ci viene dalla Oorte Oostituzionale. Sulla posizione costituzionale della Magistratura, sulla legittimit� del suo organo di autogoverno, sui rapporti di quest'ultimo con l'esecutivo, si erano levate -e non sempre dal terreno della pura speculazione giuridica -brume di dubbi e di incertezze. Era necessario che la luce tornasse a diffondersi. E questo ha fatto la Oorte� Oostituzionale, in quattro proposizioni. 2) Prima proposizione: �i disegni di legge in materia costituzionale� di cui all'art. 72 della Oostituzione non sono altro che i disegni di �leggi di revisione della Oostituzione e (di) altre leggi costituzionali n di cui al successivo art. 138. La riserva della procedura di a.pprora;;ione in aula vige solo per questo tipo di leggi. Per tutte le altre � pienamente legittima la procedura decentrata in Oommissioni. Spetta all'apprezzamento politico del Parlamento attribuire efficacia di leggi costituzionali a determinati atti normativi, determinando cos� per i relativi progetti, l'operativit� della riserva in questione. Per le leggi ordinarie non c'� normalmente riserva, ma apprezzamento discrezionale, e la procedura decentrata � del tutto legittima. Oonclusione: l'isolamento di una categoria dogmatica di � leggi in materia costituzionale n, altra da quella delle leggi costituzionali vere e proprie non � consentita. Il Oonsiglio Superiore della M agistratura, � stato legittimamente istituito dalla legge 24 marzo 1958, n. 195, approvata in Oommissione in sede deliberante dalla Oamera del Deputati. 3) Seconda proposizione: esatto che i Magistrati non sono inseriti in un ordinamento di carattere gerarchico, ed altrettanto vero che essi, tutti, sono egualmente soggetti soltanto alla legge. Ma questo principio (non fosse altro, per la differenziazione insita nell'esistenza di gradi di giurisdizione) non impone di tener conto unicamente del dato numerico ai fini dell'elettorato passivo e non postula che non abbia affatto peso quanto ha tratto all'esperienza ed al prestigio derivanti e dall'anzianit� e dalla sele zione. Inesistenza di una gerarchia e pari sogge zione alla legge non comporta di necessit� l'implica zione dall'eguaglianza assoluta e l'a,l)olizione di ogni considerazione di peso specifico. . Tale argomento d� la chiave per risolvere, in senso positivo, la questione dell'elettorato attivo differen ziato e della formazione dei collegi, dove � chiaro che non possa ravvisarsi voto multiplo. Appropria IDI 'E E L &J:mj3 # IDI 'E E L &J:mj3 # -179 tamente qui viene ricordata la sentenza n.lll dell963, ed in genere la giurisprudenza della Corte, secondo la quale � consentito al legislatore ordinario di disciplinare diversamente situazioni differenti, quando ci� abbia adeguata giustificazione. 4) Terza proposizione: non si dice che ogni inter� "Vento del Ministro di Grazia e Giustizia nel funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura ~ia illegittimo. E non lo si pu� dire senza ignorare la realt�, dato che il Consiglio Superiore non dispone di un apparato burocratico, che, quanto meno, gli ~egnali l'esistenza di una materia del deliberare, -compia le istruttorie, ecc. Si dice, invece, che l'iniziativa del Ministro non .� esclusiva; e si dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 11 della legge, in quanto stabilisce non potere deliberare il Consiglio senza l'impulso del �l'esecutivo. Giustissimo. Ma, ove si consideri l'impossibilit� di una sanzione alla delibera del Consiglio Superiore, adottata in vigenza dell'art. 11, delibera che sia stata .emessa senza richiesta ministeriale, ove si conside"! ino, ancora, come dovuti gli atti amministrativi di esecuzione di siffatta delibera, dovuti -ripetiamo in ogni caso, anche se il Ministro sia convinto dell'illegittimit� di essa, la dichiarazione d'illegittimit� costituzionale assume -quanto meno in pratica -senso e valore di un Schlag in die Lehre, per altro altamente apprezzabile e di indubbia .esattezza. 5) Quarta propostzwne: i Magistrati non fanno parte dell'ordinamento amministrativo. Gli atti che li concernono non sono, quindi, atti (soggettivamente) amministrativi. M a la Magistratura non � avulsa dall'ordinamento dello Stato, e ne segue quindi, in mancanza di una deroga espresssa, le regole. .Abbiamo quindi: a) delibere del Consiglio Superiore, .ehe sono atti � di tipo n amministrativo; b) decreti del Ministro o del Capo dello Stato, che sono atti di mera esecuzione. Le delibere non possono essere sin- dacate se non in quella Sede di gravame che � il plenum del Consiglio Superiore; i decreti solo per vizio proprio, o per difformit� dalla delibera che li .determina, in sede di giurisdizione amministrativa di legittimit�. Ci� -naturalmente -restando salvo �il controllo finanziario. 6) La nobilt� della sentenza che si � venuti rias:. sumendo, rifulge allorquando essa -trattando del. l'indipendenza della Magistratura -istituzionalizza �in una formula giuridica, l'esigenza morale della .sua indipendenza. � �������� la Corte non pu� non rilevare -osserva .la sentenza -che l'indipendenza della Magistratura �trova la prima e fondamentale garanzia nel senso -del dovere dei Magistrati e nella loro obbedienza :alla legge morale, che � propria all'altissimo ufficio -e che consiste nel rendere imparzialmente giustizia; �principi questi ai quali si � costantemente unifor mata la Magistratura italiana n. Non si poteva .dire meglio: e la Corte in queste brevi frasi si � vera mente resa interprete dello stato d'animo di tutto ~il Paese. CORTE COSTITUZIONALE -Questione di legittimit� costituzionale pormossa da Consiglio comunaleInammissibilit�. (Corte Costituzionale, 13 dicem� bre 1963, n. 157 -Pres.: Ambrosini; Rel.: Bianca). Il Consiglio comunale, nel corso d'un procedimento relativo alla decadenza di componenti la commissione amministrativa di aziende municipalizzate, non pu� sollevare questioni di costituzionalit�. Con questa sentenza la Corte ha confermato la natura eccezionale della funzione giurisdizionale attribuita ai Consigli comunali (e provinciali) limitatamente alla materia elettorale, escludendo ancora una volta che il Consiglio comunale possa, in occasione di procedimenti amministrativi, sollevare questioni di costituzionalit�. La sentenza cos� motiva: CONSIDERATO IN DIRITTO l. Occorre innanzi tutto esaminare l'eccezione d'inammissibilit� fondata sugli artt. l-leggi costituzionali 1948, n. l e 1953, n. l, nonch� sull'art. 23 legge 1953, n. 87: infatti l'Avvocatura dello Stato assume che il procedimento, attraverso cui il Consiglio comunale dichiara la decadenza d'un componente della commissione amministrativa di una azienda municipalizzata, non � giurisdizionale; perci�, nel corso di tale procedimento non potrebbe essere proposta una questione di legittimit� costituzionale. L'eccezione � fondata. Il Consiglio comunale non ha di regola funzioni giurisdizionali; ma le svolge eccezionalemnte quando decide delle controversie in materia elettorale: e questa singolare potest�, com'� noto, ha la sua origine in un'antica tradizione di autonomia, c;ttadina, alla quale si richiama il principio che primo giudice della composizione d'un organo eletto dal popolo debba essere lo stesso organo su cui � confluito il voto popolare. Poich� invece la commissione amministratrice dell'azienda municipalizzata si compone di persone non elette col voto cittadino, ma nominate dal Consiglio comunale, le deliberazioni consigliari che le riguardano non toccano la materia del contenzioso elettorale e in conseguenza non sono atti giurisdizionali. Il Consiglio comunale, avendo la potest� di nomina e di controllo delle commissioni amministratrici, quando dichiara la decadenza d'un loro componente, esercita nient'altro che questa potest� e pertanto svolge attivit� amministrativa. Il relativo procedimento � analogo a quello, ritenuto da alcuni giurisdizionale, che conduce alla dichiarazione di decadenza d'un consigliere comunale (art. 160 R. D. 12 febbraio 1911, n. 297); ma l'analogia � solo parziale ed esteriore,. determinata soprattutto dalla stessa esigenza di inte-.. ressare i cittadini all'attivit� delle aziende comunali (onde la facolt� dell'elettore o del contribuente di avanzare una proposta di decadenza) e di mettere gli stessi componenti della commissione ammini 457777 457777 -180 stratrice in condizione di difendersi. Del resto :per escludere la giurisdizionalit� del :procedimento ririguardante le commissioni amministrative, :pu� anche rilevarsi innanzi tutto che la dichiarazione relativa alla decadenza d'un consigliere comunale apre il campo ai vari stadi tipici del c. d. Qontenzioso elettorale in virt� dell'art. 160, terzo comma, mentre niente di simile ha disposto il legislatore rispetto alla dichiarazione di decadenza d'un componente della commissione amministratrice di aziende munici:palizzate: :per cui � da credere che, in quest'ultimo caso, dopo la dichiarazione del Consiglio comunale si debba seguire la via della giurisdizione amministrativa ordinaria; o :pu� rilevarsi, in secondo luogo, che un semplice rego1amento esecutivo, come quello che conferisce al Consiglio comunale la :potest� di dichiarare la decadenza dei componenti le commissioni amministrative, non :poteva introdurre una nuova giurisdizione ed estendere ad altra materia una :potest� giurisdizionale avente carattere di eccezionalit� e limitata alle controversie elettorali. Si conclude che il Consiglio comunale, nel corso d'un :procedimento relativo alla decadenza di componenti la commissione amministratrice di aziende munici:palizzate, non :pu� sollevare questioni di costituzionalit�. CORTE COSTITUZIONALE-Conflitto di attribuzione non attuale -Inammissibilit�. (Corte Costituzionale 19 dicembre 1963, n. 164-Pres.: Ambrosini; Rei.: Castelli Avolio -Regione Autonoma della Sardegna c. Presidente del Consiglio). Non � ammissibile la richiesta :preventiva di regolamento di competenza. Per una pi� completa cognizione delle questioni, si ritiene opportuno trascrivere integralmente la motivazione della sentenza: l. Superata la fase del :procedimento riguardante la domanda di sospensione, viene ora la causa all'esame della Corte :per la decisione del merito. Il quale � sostanzialmente prospettato dalle parti in causa sotto tre distinti riflessi: a) illegittimit�; in se stesso, del provvedimento impugnato, in quanto, con conseguente invasione della sfera di competenza della Regione, sarebbe errata la attribuzione del carattere demaniale allo stagno Tortoli; b) invasione della sfera di attribuzione della Regione, in quanto al :provvedimento si attribuisca l'effetto conseguenziale della revoca o decadenza della concessione di :pesca fatta dalla Regione in tempo anteriore alla dichiarazione di demanialit� dello stagno; c) se al :procedimento non si riconosca tale effetto conseguenziale, si richiede dalla Corte una :pronuncia :preventiva circa l'attribuzione, in base alla norma statutaria (art. 3, lettera i, dello Statuto speciale), del :potere della Regione di :provvedere alle concessioni di :pesca anche se si tratti di acque marittime. 2. Sul primo :punto -a :parte ogni questione sulla competenza della Corte all'accertamento della demanialit� dello stagno, quale :presupposto del conflitto di attribuzione -la difesa della Regione non ha insistito; si deve ritenere-.che abbia, anzi1 abbandonato ogni richiesta in :proposito. Gi� nel ricorso si adombrava un'interpretazione del :provvedimento impugnato, indipendente da ogni accertamento sulla demanialit� e da una :possibile conseguente questione che implicasse un conflitto di attribuzione, quando si affermava che la interpretazione del decreto impugnato :poteva risolversi in una mera affermazione relativa alla :propriet� demaniale dello stagno, senza incidere sui diritti di :pesca che su di esso si esercitano: il che significa completa indipendenza della dichiarazione di demanialit� dello stagno dalla concessione di :pesca :precedentemente accordata alla Regione quando lo stagno era formalmente incluso fra i beni di sua :pertinenza a. norma dell'art. 14 dello Statuto regionale. Da ultimo :poi, nella seconda memoria, conclusiva del :proced:. mento, la difesa della Regione, dopo aver rilevate le affermazioni contenute nelle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, che un :provvedimento di decadenza della concessione assentita dalla Regione (( non � stato ancora emanato e, in verit�, neppure in concreto minacciato�, e che un atto di ingerenza diretta dell'Amministrazione statale in tema di diritto di :pesca non sarebbe implicito nel decreto ministeriale impugnato, n� dovrebbe essere :prospettato come un suo necessario sviluppo, in base a queste affermazioni dichiarava che, se cos� dovesse ritenersi, il campo della competenza amministrativa regionale non sarebbe stato invaso, n� i suoi confini risulterebbero contestati. Onde apertamente riconosceva che � conseguentemente il ricorso :potrebbe essere considerato come una :precauzione inutile �. Se cosi � -ed �, come si vedr� -non vi sarebbe luogo ad un giudizio :per conflitto di attribuzione. 3. � vero -e questo riguarda il secondo :punto innanzi ricordato -che l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto di :potere affermare, in un :primo momento, che la nuova qualificazione delle acquet siccome acque salse o salmastre, come tali facenti :parte del demanio marittimo ai sensi dell'art. 28 del Codice della navigazione e in relazione all'art. 14 dello Statuto sardo, comporterebbe la illegittimit� della concessione :precedentemente accordata dalla Regione; e questa spiega che sarebbe stata indotta a :proporre il ricorso :per conflitto di attribuzione :per il caso che l'Amministrazione dello Stato intendesse, appunto, essendosi modificata la qualificazione delle acque dello stagno, non fare una mera questione di :propriet�, ma mettere in discussione il :potere della Regione di rilasciare concessioni di :pesca nelle dette acque. Aggiunge, anzi, la difesa. della Regione, che questa i:potesi__ :p_otrebbe forse trovare un fondamento nell'ordine dato, nell!1seconda :parte del :provvedimento impugnato, alla Intendenza di finanza di Nuoro di �:provvedere alla formale :presa di :possesso dello stagno �. Ma,. in verit�, il :provvedimento impugnato non legit -181 tima affatto simili illazi.oni e quella perentoria conclusione. In esso si premette che lo stagno, quale bene di demanio marittimo, come tale riconosciuto a seguito degli accertamenti tecnici eseguiti, doveva rimanere escluso dall'elenco dei beni trasferiti alla Regione sarda, e che pertanto si era reso necessario provvedere alla sua restituzione formale al demanio pubblico dello Stato, e si dispone, con l'art. 1, la revoca del trasferimento alla Regione dello stagno, in primo. tempo avvenuta in base all'art. 14 dello Statuto sardo, e, con l'art. 2, si manda all'Intendenza di finanza di Nuoro di provvedere alle conseguenti <<variazioni delle scritture ipotecarie c catastali )) e di provvedere, con le .Amministrazioni interessate, �alla formale presa di possesso della realit�, quale bene del demanio pubblico marittimo ll. Ma, provvedere alle variazioni sui registri immobiliari e prendere il formale possesso della �realit� ))' cio� del bene immobile, da parte dell'autorit� marittima non significa far decadere tutti i diritti che siano stati legittimamente costituiti sull'immobile, e quindi anche la concessione di pesca, a suo tempo accordata dalla Regione quando aveva potest� di accordarla in base ad una norma statutaria ed ha ancora :potest� di farlo in b!'!!se alla norma stessa tuttora in vigore. Sembra di tutta evidenza che; in siffatte circostanze, occorreva una dichiarazione espressa di decadenza della c�ncessione assentita dalla Regione, e solo di fronte ad un atto simile o ad una sia pure non formale ma chiara, univoca determinazione di volont� dell' .Amministrazione nel :senso della decadenza della precedente concessione fatta dalla Regione, poteva questa ritenersi legittimata a proporre il conflitto di attribuzione, per non sentir menomato il suo diritto -riconosciuto altresi da questa Corte con le ricordate sentenze, nn. 23 del 1957 e 49 del 1958 -ad accordare le concessioni di pesca anche in acque marittime, :aia pure con certe limitazioni, nell'interesse nazionale, e quindi d'intesa con la competente .Amministrazione statale. 4. La mancanza di un atto formale o, almeno, .di una univoca non formale manifestazione di �volont� -come pure � stato ammesso da questa {)orte (v. sentenze 18 gennaio 1957, nn. 11 e 12) -con cui si affermi il diritto di esercitare un potere, per competenza propria, in contrasto con l'affermazione di altro ente o amministrazione che pre- tenda che quel potere a s� competa, non pu� legitmare, come precedentemente si � visto, l'ammis; Sione del procedimento per conflitto di attribuzione .dinanzi a questa Corte. .A parte il rilievo -che ::pure � stato fatto dall'Avvocatura dello Stato in .occasione della discussione orale -che agendosi, in materia, in via di ricorso, una richiesta preventiva di regolamento di competenza, cui in definitiva -� giunta la difesa della Regione, costituirebbe una domanda nuova e perci� inammissibile, l'istiiuto del conflitto di attribuzione deve essere man- tenuto entro i confini ad esso segnati dalla Costi tuzione, per non trasformare la Corte costituzionale in un organo meramente consultivo, N� si vede come la Corte possa preventi.vamente esaminare un caso che pu� dar luogo a conflitto di attribuzione, quando, in mancanza di tina pre�is� determinazione dei presupposti, delle ragioni e dei motivi che possano indurre, in concreto, un ente od una amministrazione ad affermare la propria competenza, la Corte dovrebbe decidere in base ad astratte formulazioni di ipotesi, che potrebbero non trovare concreto riscontro nella realt�. E pertanto, rispetto al caso in esame, soltanto quando venisse revocata o dichiarata decaduta la concessione di pesca accordata dalla Regione, o, sia pure non formalmente, ma in modo chiaro, fosse espressa la volont�, in tal senso, dall'Amministrazione, solo allora, palesandone i concreti motivi, la Corte potrebbe giudicare se il caso possa essere inquadrato entro la sfera di un conflitto di attribuzione costituzionalmente rilevante e se, nel merito, competa il potere all'Ente o all'.Ammini;. strazione che ha agito. Sotto tutti i profili il ricorso proposto dalla Regione sarda � pertanto da dichiarare inammissibile. Oon questa sentenza la Oorte conferma l'inammissibilit� del ricorso per regolamento preventivo di competenza, che porterebbe ad una pronuncia meramente ipotetica, ma con una motivazione, che, interpretando estensivamente l'art. 39 legge 11 marzo 1953, n. 87, riconduce l'atto, con cui lo Stato e la Regione � invadono la sfera di competenza riservata alla Costituzione all'altro ente, ad una qualsiasi non formale purch� univoca manifestazione di volont�, che determini con precisione i presupposti, le ragioni ed i motivi, che inducono uno dei due enti in conflitto ad affermare la propria competenza. Il conflitto, perch� possa esserne chiesta la risoluzione alla Oorte, deve essere, ai sensi degli artt. 134 Oost. e 39 legge 11 marzo 1953, n. 87, positivo e reale; ma l'atto concreto che lo pone in essere, non � necessario che abbia i requisiti, di forma e di sostanza, del provvedimento amministrativo. Non solo una circolare, che dia istruzioni ad organi periferici, ma qualunque manifestazione univoca di volont�, ancorch� non formale, � sufficiente a porre in essere il conflitto ed a legittitnare la proposizione del ricorso per regolamento di competenza. La sentenza, perci�, non pregiudica, a nostro avviso, la questione relativa all'ammissibilit� del ricorso prima che sia emanato un provvedimento con efficacia esterna quando fra Stato e Regione non si sia potuto raggiungere una intesa sulla ripartizione di competenza, essendo, peraltro, ben precisi e determinati i presupposti, le ragioni e i motivi, per cui entrambi gli enti ritengono di affermare la propria competenza. I n tal caso, infatti, il ricorso non potrebbe dirsi proposto per il regolamento preventivo di competenza, perch� il conflitto sarebbe in atto; reale. preciso e determinato nei suoi presupposti e nel suo �� contenuto. � � -182 CORTE DI CASSAZIONE DEMANIO -Aerodromi militari -Suolo -Esclusione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1710/63 - Pres.: Stella Richter; Est.: Rossano; P. M.: Maccarone (conf.) -A=inistrazione Difesa Aeronautica c. Comune Catania). Gli aerodromi, se destinati alla difesa nazionale, appartengono al demanio statale. La natura demaniale si riferisce alle sole opere che sono il risultato dell'attivit� dell'uomo e non al suolo che � da esse separabile, secondo quanto risulta dal titolo o dalla legge. La sentenza � pubblicata in � Giust. Oiv. �, 1963, I, 1811. L'argomento centrale della Oorte pu� riassumersi in questa proposizione: << gli aerodromi, se destinati alla funzione della difesa nazionale, in quanto sono opere con immediata destinazione alla funzione, non possono che appartenere allo Stato �; la parola <<opere� comprende, secondo il significato suo proprio, i beni che siano il risultato dell'attivit� -dell'uomo, non le cose naturalmente esistenti, quindi le costruzioni, non anche il suolo �. Il salto logico dal quale � viziata la sentenza risulta evidente sol che si rifletta che il concetto di << opera ,, nei riguardi di un aerodromo non ha la stessa portata che ha nei riguardi di altre parti del demanio militare classico ad esempio le fortezze. I n un aerodromo � da escludere che le << opere ,, possono limitarsi solo alle costruzioni vere e proprie (aviorimesse, edifici per la truppa, per il comando, ecc.), esse comprendono certamente anche le piste che non � agevole distinguere dal suolo, tanto pi� che, per certi aerodromi (e particolarmente per quelli militari) sono costituite proprio solo dal suolo appena spianato e ripulito dalle piantagioni. Il vizio � tanto pi� grave in quanto, col progresso e la trasformazione della organizzazione della difesa nazionale e dei suoi strumenti, appa.re ormai inadeguato l'uso dei criteri tradizionali per identificare le cose appartenenti al demanio militare, non potendo pi� la categoria delle opere destinate alla difesa nazionale limitarsi a comprendere solo le costruzioni intese nel senso classico di opere eseguite sopra il suolo ma dovendo sempre pUt comprendere le opere eseguite sotto il suolo stesso. La verit� � che come dice giustamente il GmcCIARDI (Il demanio); << Oedam �, 1934, pag. 114) � nel demanio militare non rientrano diritti reali parziari � e se una porzione del suolo viene trasformata in un bene che sia suscettibile di utilizzazione diretta per la difesa nazionale (aerodromo) questo bene diventa integralmente demaniale non appena .la trasformazione � completata dato che con questa trasformazione si verifica la combinazione dei due mondi, oggettivo e soggettivo, essenziali per l'inizio della demanialit� (v. GUICCIARDI, op.cit., pag. 164). E, secondo noi, il pensiero del Guicciardi dev'essere chiarito e integrato nel senso che, con questa trasfor mazione, si determina il trasferimento dell'immobile al demanio militare dello Stato, sia che esso gi� appartenesse al patrimonio dello Stato (o ad altra categoria di demanio), sia che esso appartenesse a privato proprietario. I n altri termini, il fatto amministrativo � esecuzione di opera destinata alla difesa nazionale� costicostituisce modo di acquisto della propriet� demaniale, fermo restanto, beninteso, il diritto del precedente privato proprietario all'indennizzo dovuto a tutti coloro che subiscono espropriazioni a causa di pubblica utilit�. Ohe di questo, in sostanza si tratta: di una espropriazione per pubblica utilit� effettuata in forme diverse da quella ordinaria, ma non per ci� solo lesiva delle situazioni di interesse legittimo e di diritto subiettivo che si presentano a fronte di qualsiasi ordine di espropriazione ch� anzi l'effettiva esecuzione dell'opera destinata alla difesa nazionale da parte dell'autorit� pubblica cui spetta la competenza di eseguirla elimina in radice ogni dubbio per eventuali vizi di sviamento di potere o di cattivo uso di esso. Probabilmente, ed � questo uno spunto suscettibile di proficuo approfondimento, bisogner� convincersi che la categoria dell'acquist,o per accessione nello istituto della propriet� demaniale funziona in senso inverso a quello regolato in relazione all'istituto della propriet� privata. . Dobbiamo convenire che la giurisprudenza della. Oorte Suprema � finora orientata in senso nettFJ,mente contrario, in quanto esclude recisamente che la propriet� dell'immobile che sia stato trasformato mediante esecuzione di opera pubblica, si trasferisca nella .Amministrazione senza che si faccia luogo alla regolare procedura di espropriazione (v. per tutte sent. n. 2087/60 delle Sezioni Unite in questa << Rassegna �, 1960, pag. 78), ma � anche vero che la stessa giurisprudenza ticonosce esplicitamente che il diritto del privato proprietario si limita al risarcimento del danno essendo << inconcepibile la restituzione del bene occupato, stante la radicale trasformazione da questo subito per effetto della attuazione dell'opera pubblica�. Sulla particolare natura degli aerodromi e sulla loro connessione essenziale con la difesa nazionale . v. infra, pag. 194. IMPOSTA DI REGISTRO -Sentenze -Imposta di registro sulle sentenze -Limiti di applicazione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2495/62 - Pres.: Celentano; Est.: Del Conte; P. M.: Tavolaro� (conf.) -Frascaro c. Amministrazione Finanze delloStato). A norma dell'art. 93 n. l della legge di registro,. l'imposta sulle convenzioni si applica a tutte le parti contraenti; viceversa, l'imposta sulle sentenze, prevista dal n. 2 dello stesso art. 93, prescinde dalla partecipazione all'atto o al contratto. -183 enunciato ed ha riguardo unicamente alla posi� zione formale di parti istanti o che fanno uso della sentenza. Pertanto essa comprende anche coloro che siano del tutto estran�i all'atto o al contratto medesimo. La motivazione della sentenza, che ha accolto la tesi dell'Amministrazione, � sostanzialmente riprodotta sulla massima. lMPOSTA DI REGISTRO-Transazione dichiarativaTransazione novativa -Contratto d'appalto stipulato in occasione di transazione novativa. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2526/62-Pres.: Celentano; Est.: Bartolomei; P. M.: Pedace (conf.)-Soc. Fab� brica Accumulatori Partenope (F.A.P.) c. Amministrazione delle Finanze). Ai sensi dell'art. 60 della legge di Registro, mentre l'atto contenente una transazione dichiarativa � soggetto a tassa fissa, quello contenente una transazione novativa � invece soggetto alla tassa dovuta secondo la natura del negozio attraverso il quale le parti hanno novato la preesistente situazione giuridica. Pertanto, se in occasione di una transazione novativa, � stato stipulato un contratto di appalto, l'atto contenente l'appalto e la transazione � sog getto alla tassa di registrazione dovuta per l'intero ammontare del prezzo di appalto, anche se, ai fini specifici della transazione sia, stata utilizzata solo nna parte del predetto prezzo. Le conclusioni, cui � pervenuta la sentenza che si annota, non possono non essere condivise. Gravi perplessit� suscita, invece, l'iter logico della decisione. I n sostanza il ragionamento della Cassazione � il seguente: premesso che la transazione ha normal mente natura dichiarativa, nel senso che essa tende rebbe non gi� a modificare la preesistente sitaz.ione giuridica, ma solo ad accertarla con efficacia t-ra le parti, si afferma che unicamente a tale situazione sarebbe applicabile la prima parte dell'art. 60 della legge del Registro relativa alla tassa fissa di registra zione. Ove le parti eliminando la insorta controversia dessero, invece, vita ad un m.wvo rapporto negoziale, la transazione assumerebbe carattere novativo; in tal caso, dovendosi considerare come effettivamente conclusi due distinti negozi (il negozio nuovo, i cui effetti vengono utilizzati ai fini della transazione, nonch� la transazione stessa), l'art. 60 sopracitato, ai fini della registrazione dell'atto, darebbe la preva lenza al nuovo negozio con la conseguenza che questo ultimo andrebbe tassato secondo la natura sua propria. Appare evidente che tale ordine di idee si inse risce in quell'orientamento che afferma la natura dichiaratit�a della transazione (cos�, in dottrina, PoLAcco: Del con\ratto di transazione, Roma 1921; GROPALLO: La natura giuridica della transazione, in � Riv. Dir. Civ. n, 1931, 320; BUTERA: Delle transazioni, Torino, 1933; STOLFI: La transazione, Napoli, 1931; COVIELLO: Trascrizione, in �Nuovo Di{]. it. n, XII, 2, 290; pi� di recente, cfr. CARRESI, La transazione, in cc Trattato dir. civ. it. ))' Torino, 1954): orientamento che, pur pot endosi considerare tradizionale in senso eminentemente storico (si riallaccia, infatti, al diritto intermedio ed alla letteratura francese formatasi intorno al Code Napol�on), deve considerarsi -nel vigore. del nuovo Codice ed alla luce dei pi� recenti studi (cfr. V ALSEccm: La transazione, in cc Tmttato dir. civ. it., ))' a cura di CICU e MESSINEO, Milano, 1954; PUGLIATTI: La transazione, in cc Oomm. cod. civ. ))' Firenze, 1949; SANTORO PASSARELLI: La transazione, N apoli, 1958. Ancora sotto l'impero del .vecchio codice si esprimevano per la costitutivit� della transazione: NICOL�: n riconoscimento e la transazione nel problema della rinnovazione del negozio e della novazione dell'obbligazione, in Annali Universit�. di Messina, vol. VII, 1932-33, 377; GuiCCIARDI, La transazione degli enti pubblici, in cc Arch. Dir. Pen. ))' 1936, I, 64; VITERBO: L'assicurazione della responsabilit�. civile, Milano, 1936; GIORGIANNI: n negozio di accertamento, Milano, 1939), definitivamente superato. Se questo � vero, la decisione della Cassazione appare manchevole nel suo stesso presupposto. �, per�, da ritenere che al fondo di siffatta impostazione della sentenza in esame sia quel particolare atteggiamento della dottrina tributaria, che (in ci� divergendo dalla soluzione civilistica) ripete ancor oggi il dogma della dichiarativit� della transazione (cos�, tra i maggiori, UBERTAZZI: La legge del registro, Gasale Monferrato, 1924, 241; CAPPELLOTTO: Le tasse di registro, Venezia, 1932, 551; JARACH: Principi per l'applicazione delle tasse di registro, Padova, 1937, 46 sgg.; e, pi� di recente, UcKMAR: La legge del registro, Padova, 1953, I, 185 e II, 405; J.AMMARINo: Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino, 1959, I, 566; cos� anche BERLIRI: Le leggi di registro, Milano, 1960, 391, il quale, per�, con maggior consapevolezza, precisa che, ove non vi fosse la regola enunciata nel l o comma dell'art. 60, la transazione non andrebbe soggetta alla semplice tassa fissa, ma ad una tassa graduale o proporzionale). La decisione annotata sembra, tuttavia, andare oltre queste affermazioni (che, valide su di un piano unicamente tributario, non possono essere estese ol tre l'ambito dello comma dell'art. 60: n� pu� in que sta sede af/1�ontarsi il raffronto tra detta norma e i principi del Codice civile), affermando generica mente un preteso carattere dichiarativo della transa zione, con un riferimento (non si sa bene quanto consapevole) a funzioni di accertamento, che par rebbe riecheggiare la vecchia tesi dottrinale della quali ficazione dell'atto di transazione come negozio di accer tamento. I n questo senso la sentenza non fa che inserirsi in un insegnamento ormai tradizionale. Tuttavia, ai fini della presente decisione, sarebbe stato prefe ribile procedere in un diverso ordine concettuale, che -evitando di prendere posizione sul problema della nat~tra dichiarativa o costitutiva della transa~ione avrebbe consentito alla Cassazione di sottrarsi alla~. esigenza di certe affermazioni, quanto meno discutibili. Oome s'� visto in precedenza, infatti, la sentenza, premessa la affermazione circa la natura normalmente dichiarativa dell'atto transattivo, ha poi fatto -184 leva, per giungere alle conclusioni accolte, sul concetto di transazione novativa, tale ritenendo tipicamente l'ipotesi in discussione. Ed allora, il richiamo alla normale dichiarati1Jit� della transazione appare inconferente, ben potendosi risolvere la questione in esame nell'ambito esclusivo del concetto di transazione novativa. Si trattava, infatti, di una pluralit� di controversie, insorte tra le parti in dipendenza dell'esecuzione di un precedente contratto di appalto, controversie che erano state transatte mediante posizione di un nuovo (e complesso) regolamento negoziale. Discutendosi dell'applicazione della tassa di registro, la Oassazione ha ritenuto trattarsi di una transazione con effetti novativi stabilendo conseguentemente l'applicabilit� alla specie della seconda parte dello art. 60 della legge del registro. Giova soffermarsi brevemente su questi concetti. *** Non par dubbio che, ai fini dell'imposta di regi stro, debba farsi distinzione tra transazione nova tiva e non novativa, dovendosi applicare soltanto nella seconda ipotesi la tassa fissa. I n questo senso � esplicito l'art. 60 della legge sul registro, con una norma che -considerata in relazione all'epoca in cui fu posta -appare retrospettivamente come un esempio notevole di anticipazione sulla futura legi slazione. Vigente l'art. 1772, I comma Oodice civile 1865, infatti, era opinione assolutamente dominante che la transazione non potesse produrre effetti nova tivi sui rapporti preesistenti (in tal senso tutti gli autori meno recenti: unica voce in contrario quella del NICOL�, op. cit., il quale, partendo dal presup posto che pu� aversi novazione sia quando il secondo rapporto costituito dalla dichiarazione novativa si viene a trovare in una situazione di obbiettiva incom patibilit� con il rapporto al quale si � sostituito, sia quando la incompatibilit� fra i due rapporti non attiene alla loro natura ma deriva da uno spe ciale atteggiamento della volont� delle parti (animus novandi), deduceva essere ben concepibile una tran sazione la quale, realizzando una situazione di diritto obbiettivamente incompatibile con quella precedente, ne determinasse l'estinzione per una forza che � nella natura delle cose prima ancora che nella volont� degli uomini. Sulle orme di NICCOL� cfr. anche GIORGIANNI, op. cjt. Una impostazione originale del problema, sotto il profilo della rinnovazione del negozio, era in OARNELUTTI, Documento e negozio giuridico, in � Riv. dir. proc. civ. �, 1926, 181 sgg.). Il nuovo Oodice, affermando all'art. 1976 che la risoluzione della transazione per inadempimento non pu� essere richiesta se il rapporto preesistente � st�to estinto per novazione, ha riacceso la disputa. Facendo leva sulla dizione letterale dell'art. 1976 (senza peraltro approfondire ulteriormente il pro blema) ammettono l'idoneit� della transazione a produrre effetti novativi il VALSEccm ed il OARRESI. Anche il BETTI: Teoria generale del negozio giu ridico, Torino, 1955, 263 sgg., pur ritenendo che si tratti di istituti sostanzialmente differenti, ammette che la transazione possa avere effetti novativi. Gravi e sostanziali critiche, dalle quali non pu� prescin dersi, sono state per� autorevolmente mosse a tale concezione (PUGLIATTI: Della transazione, in �Oomm. cod. civ. �, .Firenze, 1949, 448 sgg.; SANTORO PASS.ARELLI, op. cit.). Si �, cos1., detto che il termine di novazione in riferimento alla transazione sarebbe usa.to dfilla legge in senso impr-oprio, per indicare ogni ipotesi di sostituzione di una precedente situazione con altra successiva, posta in essere appunto con il negozio transattivo. M a la inidoneit�della transazione a produrre effetti novativi in senso tecnico si dovrebbe desumere dalla struttura diversa e reciprocamente incompatibile dei due istituti (cos� SANTORO PASS.ARELLI, op. cit., 83). Il problema merita una ulteriore considerazione. * * * Precisiamo immediatamente che non si tratta di vedere se l'effetto novativo sia tipico e costante della transazione. Su questo punto non si fa questione. Lo stesso art. 1976 Oodice civile., ammettendo la possi bilit� che il rapporto preesistente sia estinto per nova zione, fa intendere che si tratta di una mera eventua lit�. Occorre invece indagare se la produzione di effetti novativi sia compatibile con lo schema negoziale della transazione, in rapporto alla struttura dei due istituti. Per esprimere il concetto della funzione della nova zione si parla spesso di causa novandi. L'espres sione � impropria, se si accetta la tesi secondo la quale la novazione non � (o almeno non � necessa riamente) un negozio tipico, individttato e distinto dagli altri previsti dal nostro ordinamento, ma � invece un evento in rapporto di effetto a causa con un precedente atto. Tale tesi � confortata dal testo legi slativo, il quale ricollega l'effetto estintivo ad ogni ipotes�i in cui si abbia sostituzione della obbligazione originaria con quella successiva, richiedendo sola mente l'aliquid novi e l'animus novandi. Non v'� dubbio che il concorso di questi due requisiti non � di per s� sufficiente ad individuare un contratto tipico. � vero piuttosto che l'art. 1234 Oodice civile, introduce un elemento causale che potrebbe indurre a conclusioni diverse; ma di tale articolo vedremo in seguito la portata e il valore. Quindi, anzich� di novazione dovr� pi� correttamente parlarsi di effetti novativi, collegati ad un atto negoziale che pu� assumere una qualunque delle forme previste dall'ordinamento, esclusi -ben s'intende -quei negozi che per loro struttura sono inidonei a tali effetti. Quanto si � detto finora non esclude che le parti possano dare vita a un distinto negozio innominato, che sia rivolto unicamente al fine di novare. I n questo caso legittimamente potr� dirsi che si � posto in essere un negozio individuato dalla specifica causa novandi, cio� dalla funzione di estinguere una precedente obbli gazione per creazione di altra successiva, che alla pri ma si sovrappone. Qui acquista il suo pieno rilievo la norma dell'art. 1234 Oodice civile la quale, stabi lendo che la novazione � senza effetto ..nel caso di ine sistenza (o di nullit�) dell'obbligazione originariq., fa in sostanza riferimento a una ipotesi di man canza di causa, che determina secondo i principi il venir meno del negozio di novazione. I n questo caso veramente pu� parlarsi con piena consapevo -185 lezza tecnica di causa novandi, giacck� si � presenza in di un elemento essenziale del contratto, che proprio da tale elemento � individuato e scolpito nella sua struttura tipica. M a fuori di questa ipotesi, che � concettualmente l'eccezione, la regola rimane pur sempre .che l'effetto novativo pu� nascere da un qualsiasi contratto, il quale -inquadrandosi nella propria struttura causale -produrr�, oltre i suoi effetti tipici, anche ulteriori effetti novativi, perch� la volont� delle parti si � a ci� specialmente indirizzata. Pertanto non � necessario che gli effetti novativi siano individuati da una causa tipica. I n altri termini, quel che la legge costantemente richiede � l'animus, cio� la volont� delle parti di novare; ci�, per�, non significa che l'animus non possa essere inserito in un negozio individuato da una causa tipica diversa da quella novandi, di modo che il negozio oltre i suoi effetti normali produca anche effetti 1wvativi. Una tale coesistenza sarebbe impossibile solo quando la causa tipica del negozio fosse concettualmente incompatibile con la novazione. Cos� non potrebbero le parti fare ricorso a un negozio di accertamento (ove si ammetta tale figura negoziale) al fine di novare, giacch� la funzione di accertamento importa per definizione la conservazione del rapporto accertato. M a questo non � il caso della transazione rispetto alla quale, dopo gli ampi risultati ottenuti dalla dottrina pi� recente (SANTORO PASSARELLr, op. cit.), sarebbe veramente un fuor d'opera insistere sul punto che essa non pu� inquadrarsi nella figura dell'accertamento. * * * Richiamati i suesposti principi in materia di novazione, sembra agevole dedurre che non si potrebbe per la transazione invocare contro l'ammissibilit� di effetti novativi l'impossibilit� concettuale di ammettere la simultanea presenza di due distinte cause negoziali (e � novandi � e � transigendi �), IZ riferimento alla causa novandi, infatti, � legittimo solo nell'ipotesi in cui la novazione sia attuata mediante uno specifico negozio individuato dalla unica funzione di estinguere una precedente obbligazione mediante l'assunzione di un'altra. Ma in tutte le altre ipotesi (che costituiscono, come si � visto in precedenza, la normalit�) l'effetto novativo non discende da una specifica causa dello stesso genere, qualificandosi, al contrario, come conseguenza ulteriore di un distinto fJchema negoziale. Sotto questo profilo, per affermare l'inidoneit� della transazione a novare i precedenti rapporti sui quali essa opera, dovrebbe affermarsi l'impossibilit� concettuale di apporre alla tipica causa transigendi un ulteriore atteggiamento della volont� delle parti, indirizzata all'estinzione per novazione dei precedenti rapporti obbligatori. Nulla, per�, consente una simile affermazione. Al contrario ci sembra che l'estinzione del rapporto litigioso possa essere, in un certo senso, normale alla composizione della lite, in quanto mezzo ed, a un tempo, effetto della composizione: mezzo, in quanto inquadrabile nell'ambito delle concessioni che le parti reciprocamente si fanno; effetto, in quanto dal nuovo assetto di interessi realizzato con la transazione discender� ,normalmente il superamento integrale della situazione precedente. Deve, quindi, concludersi che la funzione di comporre la lite mediante reciproche concessioni, non essendo incompatibile con l'estinzione del rapporto (o dei rapporti) precedente, ben consente l'apposizione allo schema negoziale, mediante il quale tale funzione si realizza, di quell'elemento volontaristico che tradizionalmente si designa come � animus novandi �. * * * L'obbiezione fondamentale che si muove alla tesi della compatibilit� di effetti novativ~ con la transazione � che gli eventuali vizi dell'obbligazione novata reagiscono su quella successiva diversamente da quel che avviene nella transazione per i vizi afferenti al titolo, relativamente al quale la transazione � stata fatta. A tale obbiezione, per quanto ci risulta, non � stata ancora data una valida risposta. N� sembra sufficiente il puro e semplice richiamo al testo dello art. 1976 Codice civile., il quale in realt� non d� alcuna ragione dell'eccezione mossa. Qui occorre precisare che, quando la legge parla di titolo, si riferisce indubbiamente al fatto da cui sorge il rapporto obbligatorio, in ordine al quale � insorta la lite. Parlare di invalidit� del titolo equivale, quindi, a parlare di invalidit� dell'obbligazione che ne deriva. Trazionalmente si dice che la inesistenza (cui � parificata la nullit�) dell'obbligazione novata determina nullit� della novazione, indipendentemente da ogni considerazione sull'atteggiamento psicologico delle parti. Per la transazione, invece, in virt� dello art. 1972, II comma, Codice civile, la eventuale nullit� dell'obbligazione dedotta in lite opera sul negozio transattivo solo per il tramite del vizio della volont� delle parti. Si dovrebbe da ci� desumere che la transazione, essendo nel suo meccanismo causale svincolata dall'eventuale invalidit� dell'obbligazione precedente, non � compatibile con la novazione, la quale � per definizione individuata dal collegamento delle due obbligazioni. Osserviamo anzitutto che la disciplina dell'art. 1972 Codice civile non si applica a tutte le ipotesi di transazione. Ci riferiamo a quei casi che una autorevole dottrina ha di recente assunto sotto il concetto di transazione non innovativa, quella transazione cio� in cui cc la situazione preesistente non � interamente dedotta in lite, e quindi non � interamente sostituita, ma integrata da quella creata con la transazione � (cos� SANTORO PASSARELLI, op. cit., 79). Concretere! Jbe tale ipotesi la transazione che, lasciando immutato il titolo del rapporto litigioso, ne modificasse l'oggetto, come chi transigesse sul quantum della prestazione, ovvero sostituisse la prestazione con altra qualitativamente diversa (ad esempio una somma di denaro in luogo di una cosa determinata). I n tal caso il rapporto, anche dopo la transazione, � sempre sorretto dal fatto costitutivo originario, onde l'eventuale nullit� (o inesistenza) di tal fatto importer� il venir meno di tutta la situazione suecessiva, anche per quegli effetti che dipendevano dalla transa-� zione. La nullit� (o inesistenza) del titolo originario opera di per s�, indipendentemente dall'atteggiamento delle parti, a nulla rilevando se esse conoscessero o meno il vizio quando si indussero alla transazione. -186 Ecco dunque che nel caso di transazione in esame si applicano, quanto agli effetti che sulla, t1�ansazione possono operare gli eventuali vizi del titolo in riferimento al quale si � transatto, le stesse norme della novazione. ' Ora, pu� dubitarsi che una transazione siffatta abbia tutti i requisiti occorrenti per novare ? Non ci sembra. Oirca l'animus novandi, di cui abbiamo in precedenza dimostrato la compatibilit� con lo schema negoziale transattivo, esso ricorre per ipotesi se assumiamo che le parti transigendo 'I)Ogliano ottenere il risultato di novare i precedenti rapporti obbligatori. Quanto all'aliquid novi, la diversit� dell'oggetto � sufficiente aconcretare il mutamento richiesto dalla legge. Se poi la diversit� dell'oggetto debba essere qualitativa, o possa anche essere meramente quantitativa, � problema che qui non interessa. Basti dire che, almeno nel caso in cui le parti abbiano sostituito la prestazione originaria con altra qualitativamente diversa, esprimendo a un tempo la loro volont� di novare, si sono verificate tutte le condizioni necessarie perch� si abbia novazione. Ben pu� dunque una transazione che lascia inalterato il titolo, relativamente al quale si transige, realizzare la novazione dell'obbligazione precedente, e, poich� s'� gi� visto che in tale ipotesi l'efficacia novativa. non pu� essere contestata neppure sotto il profilo dell'art. 1972 O.c., dovr� concludersi, contrariamente alla dottrina prevalente, che vi sono casi in cui la transazione pu� certamente novare. * * * La conclusione apparentemente paradossale che, almeno per quanto attiene alla transazione c. d. non innovativa, non sia lecito invece dubitare della possibilit� che si producano effetti novativi, � di per s� sufficiente a dimostrare il nostro assunto. Ma ci sembra sia possibile ampliare tale conclusione anche alla ipotesi in cui la situazione preesistente sia interamente dedotta in lite. In tal caso non v'� dubbio che trovi applicazione la disciplina dell'art. 1972, 2� comma, Oodice civile. Se ne deduce che la situazione creata con la transazione �, rispetto alla situazione precedente, ad un grado di indifferenza molto pi� elevato di q1~anto accade nella novazione. Qui la seconda obbligazione � funzionalmente collegata con quella precedente, sicch� gli eventuali vizi di quest'ultima reagiscono necessariamente sull'altra. Il meccanismo � obbiettivo e riposa sulla str1dtura dell'istituto. N ella transazione, invece, il vizio del precedente rapporto pu� diventa,re rilevante solo quando si risolva in un vizio della volont� delle parti (SANTORO PASSARELLI, op. cit., 142). La differenza del dettato legislativo va riportata al fatto che funzione tipica del negozio di transazione non � di novare ma di comporre la lite. Rispetto alla causa transattiva (di composizione) l'eventuale effetto novativo sar� necessariamente indifferente. Oos� si comprende che il collegamento fra le due obbligazioJti non pu� essere obbiettivo. Per chiarire tale sitttazione occorre riflettere che, mentre l'art. 1234 Oodice civile ha presente l'ipotesi di novazione per cos� dire pura, nel caso in cui si novi mediante transazione inter viene una causa tipica (quella transattiva), che � diretta a produrre effetti ai quali quello novativo � indifferente. Sicch� � naturale che l'eventuale vizio del titolo dell'obbligazione novata urti contro il diaframma di una causa diversa da quella novativa. Non potrebbe infatti l'invalidit� del negozio, eh& ha una sua struttura e una sua funzione tipica, essere determinata dal vizio di una obbligazione che � collegata solo con un effetto eventuale, non tipi,co~ del negozio stesso. Se cos� non fosse, si dovrebbe a1nmettere che l'effetto novativo � necessariamente tipico di un contratto individuato da una speciale causa novandi. Si dovrebbe cio� escludere che novazion& possa essere determinata genericamente da un qualsiasi schema negoziale, giacch� � evidente che non solo rispetto alla transazione, ma in genere rispetto a qualsiasi contratto la reazione del vizio dell'obbligazione precedente sarebbe paralizzata dalla ca~tsa tipica del contratto, cui l'effetto novativo inerisce. Deve, quindi, concludersi che l'ipotesi dell'art. 1234 Oodice civile va limitata al caso in cui la novazion& sia operata attraverso un contratto innominato, costruito escl,usivamente al fine di novare, e quindi individuato da una autonoma causa novandi. Qui veramente l'estinzione dell'obbligazione mediante creazione di un'altra non � pi� un semplice effetto di un negozio individuato da una propria e diversa causa~ ma � essa stessa causa di un nuovo negozio individuato al fine di produrre quell'effetto. Oome si � detto in precedenza, in questa ipotesi pu� esattamente parlarsi di causa novandi. � ovvio quindi che la nullit� dell'obbligazione novata, risolvendosi in mancanza della causa del negozio di novazione, importi nullit� di qttest'ultimo e della obbligazione che ne deriva. Oi� non potrebbe dirsi nel caso della transazione. Nell'ipotesi dell'art. 1234 O o dice civile la nuova obbligazione � nulla per forza obbiettiva d'i cose, giacch� non ptt� essere novato quello che non esiste. E poich�, d'altra parte, la stipulazione novativa non aveva altro senso che quello di novare, essa non ha pi� ragione d'es8ere, e cade interamente. Nella tran8azione, invece, pnr se l'effetto novativo non si potr� produrre per mancanza del rapporto da novare, ci sono ben altri effetti ( i pi� importanti, i tipici) da far salvi. � logico, quindi, e coerente ai principi che il contratto sia salvo nei limiti di cui all'art. 1972 Oodice civile. * * * Se si accettano le conclusioni che precedono circa la compatibilit� di effetti novativi con l'atto di transazione (ci� che, del resto, la giurisprudenza -pur senza adeguato approfondimento -ha sempre ammesso: cos�, sotto l'impero del vecchio Oodice, Oassazione, 14 gennaio 1933, n. 115, in �Foro it. Rep. >>, 1933, voce: Transazione, n. 17, e, di recente, Appello, Firenze 31 gennaio 1962, in << Giur. Toso. >>, 1962, 352), la sentenza annotata appare aver fatto buon governo della legge, non potendosi seriamente dubitare che nella specie si trattasse� di 'Una transazione ad effetti novativi. Va piuttosto rilevato -per compiutezza d'indagine -che, ferma rimanendo su di un piano teorico l'esattezza delle massime affermate dalla sentenza annotata, ai fini della decisione di specie si sarebb& w �-187 potuto addirittura prescindere dall'affrontare la vexata quaestio, dei rapporti fra transazione e novazione. Trattandosi, infatti, senza alcun dubbio di una transazione c. d. mista (di una transazione, cio� in cui la causa transattiva concorre con altro schema negoziale: nella specie, di appalto), si sarebbe pot~~to senz'altro ritenere applicabile l'ultimo inciso della seconda parte dell'art. 60 della legge di registro, che si� riferisce appunto a siffatta specie di transazione (cos�. implicitamehte, BERLIRI: Le leggi di registro, Milano, 1960, 392). Anche in tal caso, comunque, la soluzione non sarebbe mutata in virt� del principio di cui all'art. 8 della legge di registro. �, pertanto, sotto ogni profilo -pur con le riserve esposte in ordine alla motivazione -non pu� che concordarsi nelle conclusioni assunte dalla sentenza in esame. T. ALIBR.ANDI IMPOSTA DI REGISTRO -Errori in procedendo Poteri del Giudice di Diritto -Impugnativa di sen tenza-Riesame della controversia-Societ� di fatto fra societ� di capitali e societ� di persone o persone fisiche -Inammissibilit� -Tassazione conferimenti Presupposti -Societ� ed associazione in partecipa zione -Imponibile -Appalto conferito contestual mente a pi� imprese-Associazione per l'esecuzione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 342/63 - Pres.: Farallo; Est.: Di Maio-Finanze c. Ferrobeton). l) La denuncia di errore in procedendo (precl~tsione da giudicato nello stesso processo) abilita il Giudice di diritto a conoscere delle questioni relative anche attraverso indagini al merito. 2) Il giudicato parziale si forma solo su capi distinti ed autonomi di una sentenza e non su capi necessariamente legati ad altro capo impugnato, perch� l'accoglimento della impugnazione relativa a quest'ultimo fa venir meno anche la decisione sul capo esplicitamente non impugnato collegato a quello riformato o annullato. N el caso, pertanto, di appello che, per effetto dell'impugnativa di un punto fondamentale della causa, investa tutta la sentenza, il giudice di secondo grado ha il dovere di esaminare la intera controversia con conseguente pos.Yibilit� di dare al rapporto giuridico controverso, anche di sua iniziativa, una config~trazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti o ritenuta dal primo giudice. 3) N o n � configurabile nell'ordinamento positivo vigente, cui partecipa la legge organica di registro, un rapporto di societ� di fatto fra una societ� di capitali, con personalit� giuridica, ed una persona fisica o una societ� di persone. 4) L'imposizione disciplinata dall'art. 81 della T.A. annessa alla Legge organica di registro colpisce il fenomeno della produzione associata ed a tal fine si ha, ai fini del tributo di registro, una equiparazione fra Societ� ed Associazione in partecipazione. 5) La realizzazione del conferimento, oggetto della imposizione predetta, esige elementi soggettivi ed oggettivi: gli uni sono dati dalla Societ�, Associazione o altro organismo che, in via di analogia, a norma dell'art. 8 della Legge organica di registm, consegua il raggiungimento, sul piano giuridico economico, degli stessi effetti tipici, che operi il trapasso di un bene o valore di cui � titolare ad altro soggetto od organismo; gli altri sono dati dal bene o valore effettivamente trasferito per la sua utilizzazione nella prodnzione associata. 6) La base imponibile in tali casi � rappresentata dalle somme dei valori apportati. 7) Il conferimento di un appalto ad �imprese riunite� non integra l'ipotesi contemplata nell'art. 81 della T. A. annessa alla L. O. R. escludendo tale fatto la possibilit� di configurare l'associazione in partecipazione quale � caratterizzata dal fatto che la titolarit� dell'impresa � nel solo associante e la partecipazione dell'associato � limitata ai risultati della impresa medesima. La sentenza � cos� motivata: Con il primo mezzo di denuncia la violazione a.rt. 2909 C.c., 99, 112, 329, 342 C.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 e 4 stesso Codice. Si assume che la corte di merito abbia violato il giudicato (parziale) che si sarebbe formato con la sentenza del tribunale sul punto (non impugnato in appello) in cui i primi giudici avevano ritenuto che il rapporto attuato in concreto con la scrittura del 5 giugno 1951 costituiva una societ� in nome collettivo irregolare in luogo della dichiarata asso ciazione in partecipazione. Si spiega infatti al riguardo che avendo la Fer robeton contestato nei suoi motivi di appello non l'esistenza del rapporto, n� la sua qualificazione, bens� solo gli estremi in concreto del conferimento, l'esame di detto punto non impugnato si risolveva nella violazione del principio dispositivo sancito nell'art. 112 C:p.c., relativo alla corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. La censura non ha consistenza. Trattandosi di denunciato errore in procedendo (pretesa preclu sione da giudicato nello stesso processo) al supre mo collegio � consentito conoscere delle questioni relative anche attraverso indagini di merito (cfr. sent. 348 e 31.36/60). Ora, in proposito � decisivo rilevare che la Fer robeton aveva chiesto in appello, in riforma della sentenza dei primi giudici, la declaratoria di ille gittimit� della imposizione tributaria controversa con la conseguente domanda di rimborso delle somme pagate, censurando in particolare sotto molteplici profili (nel pl!imo, secondo, terzo e quinto motivo del relativo atto di impugnativa} il ritenuto � conferimento n di beni, che secondo l'avviso del tribunale era costituito daWappalto; sicch� risulta manifesto che la pronuncia di primQ grado veniva impugnata in toto, e l'accertamento essenziale della controversia (conferimento) impli cava ovviamente l'indagine sulla qualificazione giuridica del rapporto societario configurato (soc. �g[J@� -188 -!JHZWC collettiva irregolare) che del conferimento rappresentava il necessario presupposto. � ben noto che il principio secondo cui il giudice di appello non ha il potere di riesaminare i punti della sentenza di primo grado non investiti mediante appositi motivi di gravame non opera allorch� per effetto della impugnativa di un punto fondamentale della causa l'appello investa tutta la sentenza del primo giudice, in quanto in tale ipotesi il giudice di secondo grado ha il dovere di esaminare l'intera controversia con la conseguente possibilit� di dare al rapporto giuridico controverso, anche di sua iniziativa, una configurazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti ritenuta dal primo giudice (cfr. sent. n.. 2251 e 2773/60). Il che vale quanto dire che il giudicato (parziaJ.e) pu� formarsi solo su capi distinti ed autonomi di una sentenza e non gi� su capi che siano necessariamente legati ad altro capo impugnato giacch� l'accoglimento della impugnazione relativa a questo ultimo fa venir meno anche la decisione sul capo non esplicitamente impugnato, collegato a quello riformato o annullato (cfr. sent. 3512/58-1032/59-3265/60). Come appunto � avvenuto nel caso concreto, in cui i giudici di appello, per giudicare delle condizioni di legittimazione della pretesa tributaria (contestata in radice), hanno dovuto indirizzare la loro prima indagine su uno degli elementi costitutivi della fattispecie, ossia sulla qualificazione del rapporto (societario o associativo) che solo avrebbe potuto legittimare in concreto l'oggetto dell'imposizione conferimento ai sensi dell'art. 81 della tariffa allegata alla legge del registro. Il primo mezzo del ricorso � quindi da respingere. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 8, 11, 12, 14 e art. 81 tariffa allegato A del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269, dell'art. 112 C.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3, 4 e 5 C.p.c. Spiega la ricorrente Amministrazione delle Finanze che la corte del merito, allorch� � pervenuta alla dichiarazione di illegittimit� dell'imposizione tributaria controversa, ha errato perch� non ha esaminato in concreto la natura giuridico-economica del contratto 5 giugno 1951. Di fronte al fatto della costituzione di un vincolo, non bastava limitarsi a dichiarare la impossibilit� giuridica di tale vincolo, ma se ne dovevano specificamente esaminare natura giuridica ed effetti economici (art. 8 legge registro). N � poteva rilevare ilvizio dell'atto, dato che la domanda della Ferrobeton non era fondata sulla nullit� dell'atto ma sulla intassabilit� del conferimento. Si aggiunge infine che la corte di appello ha anche Qmesso l'esame di un punto decisivo relativo al contenuto concreto dell'atto, quanto meno in ragione dell'analogia esistente fra tale atto e quello preveduto dalla norma dell'art. 81 applicato da essa Amministrazione Finanziaria. Anche questa censura deve essere disattesa. La corte del merito a sostegno del decisum ha considerato che: a) una soc. di fatto o irregolare fra soc. di capitali e soc. di persone ovvero fra soc. di capitali e imprese individuali, non era nel caso ipotizzabile per l'impossibilit� giuridica di una coesistenza, in un rapporto associativo a carattere personale di enti o persone caratterizzate intuitu personae e enti caratterizzati intuitu rei; _ b) una associazione in partecipazione era poi stata gi� esclusa dal tribunale e il relativo capo della sentenza non era stato impugnato da alcuna delle parti; c) il rapporto convenuto con la scrittura privata 5 giugno 1951 partecipava dei contratti innominati, nella nozione datane dall'art. 1322 C.c. perch�, non rientrando in alcuno dei tipi forniti di una disciplina particolare, era diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela; d) la natura del contratto, in concreto attuato, data la inosservanza dei requisiti richiesti dal diritto comune per un rapporto associativo tipico, escludeva la configurazione di un conferimento di beni, che solo � preso in considerazione dall'art. 81 della tariffa della legge di registro. Orbene, questo ragionamento sfugge, dal punto di vista logico e giuridico, alle critiche che ad esso vengono rivolte dalla ricorrente. In primo luogo pu� subito dirsi che tali critiche si muovono su di un piano del tutto astratto, perch� non dicono esse stesse, contro le argomentazioni dei giudici di appello, quale sarebbe stato nel caso concreto, nell'ambito di applicazione della legge tributaria, il rapporto (associativo o societario o comunque a questo analogo) cui le parti vollero dar vita con la scrittura del 5 giugno 1951. E ci�, se non � detto della parte interessata, non pu� certo esser detto dalla cassazione, che � giudice di legittimit� e non di merito. Sul piano poi strettamente giuridico non � certamente contestabile l'esattezza del principio richiamato nell'impugnata decisione secondo cui non � configurabile nel nostro ordinamento positivo (cui partecipava ovviamente la legge di registro) un rapporto di societ� di fatto fra una societ� di capitali con personalit�� giuridica e una persona fisica o una societ� di persone. Tale principio � conforme all'indirizzo ormai consolidato nella giurisprudenza del supremo collegio e non vi sono ragioni per discorstarsene (cfr. sent. 2024 e 3035 del1958). Se perci� nella fattispecie in esame si trattava unicamente di stabilire l'applicabilit� o meno dell'art. 81 della tariffa allegato A della legge di registro, occorreva tener presente che questa norma, in collegamento con l'art. 8 della legge organica di registro, indica l'aliquota e quindi la misura della imposta sugli atti che implicano, nella costituzione di societ� di qualunque specie o di associazione in partecipazione, conferimenti di beni o valori che il conferente intende trasferire, ancorch� in semplice uso o godimento, alla soc. o alla associazione cui il bene o il valore � destinato (cfr. sent. 2016 del 1955, 2727 del 1958). Occorrono quindi, per la realizzazi~~~ piena della fattispecie prevista (conferimento) estremi SQgg_{�lt-_ tivi ed oggettivi, vale a dire da un lato un soggetto (societ�, associazione o altro organismo che in via analoga, ex art. 8 legge registro, possa della societ� o associazione conseguire il raggiungimento sul EEE & EEE & -189 piano giuridico economico degli stessi effetti tipici), il quale, essendo titolare di un certo bene o valore, lo conferisca ad altro soggetto od organismo, e quindi altro soggetto od organismo destinatario del conferimento, e dall'altro un bene o valore oggetto del conferimento medesimo; sicch�, nel complesso svolgimento della sequenza prevista, a tacer d'altro, ci� che � necessario � appunto la sussistenza di un soggetto od organismo destinatario dello apporto o conferimento che trapassa a detto soggetto od organismo dal suo titolare originario. E, al riguardo, la sentenza impugnata ha escluso per la gi� detta impossibilit� giuridica di un nesso sociale tra soc. di capitali e soc. di persone, la configurazione di ente collettivo irregolare, ed ha del pari escluso (alla stregua di quanto ritenuto dal tribunale e non impugnato) la configurazione di un'associazione in partecipazione. Questa invero si sarebbe potuta configurare solo nell'ipotesi in cui l'appalto fosse stato conferito ad uno dei due soggetti contraenti. In tal caso infatti, giusta un vecchio e consolidato indirizzo di questo supremo collegio, atteso che il legislatore fiscale ha voluto equiparare ai fini dell'imposta di registro i due istituti (soc. e associazione in partecipazione) si � ritenuto che la specifica imposizione qui viene a colpire il fenomeno di produzione associata, alla stessa guisa di quanto accade nell'ambito societario (cfr. sent. 2465 del1935, 174 del1947). Ma, una volta accertato in fatto -come del resto era pacifico, che l'appalto venne conferito congiuntamente �alle imprese riunite� (FerrobetonDe Lieto) esulava completamente la possibilit� di configurare l'assQciazione in partecipazione, la quale � caratterizzata dal fatto che la titolarit� della impresa � nel solo associante e la partecipazione dell'associato limitata ai risultati dell'impresa medesima (cifr. sent. 2292) del1958, 2791 del1959). Tutto ci� ha detto e bene la corte del merito, alla quale non pu� poi essere addebitata indagine monca o deficiente; perch� i giudici di appello hanno avuto cura di aggiungere che nella scrittura del giugno 1951 (su cui l'ufficio applic� l'imposta in questione in base all'art. 81 della indicata tariffa) non vi era nemmeno menzione di conferimenti nel senso tecnico-giuridico e specialmente di �conferimento )) del contratto di appalto, ma solamente si poteva ritenere che i contraenti vollero consacrare nello scritto di unire i loro mezzi e le loro attivit� <<per l'esecuzione dei lavori relativi alla costruzione dell'opera)). Mera quindi unione delle attivit� e dei mezzi dei singoli contraenti (ognuno dei quali rimaneva titolare della propria posizione originaria) con esclusione perci� nel negozio documentato della capacit� di attivare quel movimento di ricchezza (ossia il conferimento) che � a base della specifica tassazione. E questo � d'altra parte giudizio di mero fatto congruamente motivato sull'interpretazione dei negozi giuridici, che sfugge come tale al controllo di legittimit� del supremo collegio. .A) Le affermazioni contenute nella 1a e 2a massima costituiscono giurisprudenza consolidata -(cfr. sent. 348 e 3146/60; 2051 e 2773/60; 3512/58; 1032/59; 3265/60) anche se nella economia della sentenza il principio relativo non risulta integralmente osservato. In ordine, infatti, alla configurazione giuridica del rapporto, per la quale era mancata una specifica impugnativa, il principio di cui alla-mllssima -�ha operato per ritenere erronea la configurazione riconosciuta e non anche per quella dagli stessi primi giudici esclusa. A tale riguardo � stato sottolineato nella sentenza quella mancata specifica impugnativa che, prima, era stata dichiarata non necessaria. B) Le affermazioni contenute nelle massime 3, 4, 5 e 6 costituiscono anche esse giurisprudenza consolidata: per la 3a cfr. sent. 2024 e 3035 iJ,el 1958; per la 4, 5 e 6 cfr. sent. 2016 del 1955, 2727 del 1958 e 391 del 1963 in <<Rassegna Mensile dell'Avvocatura dello Stato�, 1963, pag. 85 e segg. con nota di richiamo. � O) L'affermazione contenuta nella 7a massima � frutto di un accertamento di fatto che la sentenza ha dato per a�quisito e che, al pari di quanto avevano fatto i giudici di appello, � stato utilizzato per negare la configurazione, nel caso di specie, dell'istituto della associazione in partecipazione. I n ci� la sentenza si rivela lacunosa. Per escludere nel caso concreto l'operativit� dell'art. 81 della T. A. annessa alla L. O. R. non basta affermare che il rapporto in concreto attuato non costituiva n� societ� di fatto fra societ� di capitali e persone fisiche, o societ� di persone n� una associazione in partecipazione, ma un contratto atipico, innominato del genere. previsto dall'art. 1332 del Codice civile. Per il-principio, infatti, racchiuso nel secondo comma dell'art. 8 della L.O.R. sarebbe stato necessario-e a tale riguardo era stato proposto esplicito motivo di ricorso accertare se il rapporto in concreto attuato, atipico, innominato, partecipava, in via di analogia, .della disciplina fiscale posta dal ricordato art. 81 della T. A. N el sistema della legge di registro il fatto giuridico che determina il sorgere del rapporto di imposta � noto -non � il trasferimento di un bene o l'assunzione di una obbligazione, ma la stipulazione di un atto, capace di provocare un mutamento dello stato giuridico preesistente. Determinante, perci�, � l'esistenza di un atto che, considerato in s� e per s�, sia capace di produrre la obbligazione o di attuare il mutamento suddetto, indipendentemente da tutte le circostanze che possanQ impedire la produzione dei suoi effetti (cfr. Cassazione, 10 luglio 1954, Montana c. Finanze in << Riv. Leg. Fiscale))' 1954, 1331). E poich� la tassazione � eseguita in relazione al contenuto dell'atto, l'art. 8 della legge organica 30 dicembre 1923, n. 3269, postQ a disciplina della ricerca di detto contenuto, stabilisce che le tasse sono applicate secondo la intrinseca natura (giuridica) e gli effetti (economico-giuridici) dell() atto, quali sono manifestatati dal documento oggett() della registrazione e della conseguente tassazione (cfr. Cassazione, 14 luglio 1952, III, n. 3166), in relazione alle singole voci della Tariffa e con le aliquote ivi stabilite. Dato, per�, che per il principio relativo alla auto nomia contrattuale, gli atti in concreto posti in essere, possono non rientrare negli schemi tipici, che soli -190 sono stati contemplati nella tariffa, recependoli dal diritto comune, l'art. 8citato, ad evitare che atti capaci di determinare una modificazione dello stato giuridico preesistente sfuggano alla dovuta loro tassazione, ha stabilito che 'ttn atto, il quale per la sua natura e per i suoi effetti risulti, secondo le norme stabilite nello art. 4 della Legge, soggetto a tassa progressiva, proporzionale e graduale, ma non si trovi nominativamente indicato nella ta?�iffa, � soggetto alla tassa stabilita per l'atto con il quale, per la sua natura e per i suoi etetto ha maggiore analogia. Con tale precisazione, mentre resta stabilito che le voci indicate nella tariffa sono esemplificative e non tassative, resta anche confermato che: a) l'imposta di registro incide sugli effetti non soltanto giuridici o soltanto economici dell'atto, bens� sugli effetti economici e giuridici al tempo stesso; b) che in ptesenza di un atto che rientri nelle categorie poste dall'art. 4 della L. O. R. per �a tassazione con la proporzionale, progressiva o la graduale, la individuazione della natura e dei suoi effetti va eseguita in funzione delle singole voci della tariffa che indicano le singole aliquote e che, per gli atti in esso non indicati, pone il ricordato criterio analogico. I n tale stato di cose le indagini che, per la decisione sttlla legittimit� della imposizione controversa si imponeva ai giudici di appello, era di un duplice ordine: a) quello di sta.bilire se il rapporto in concreto attuato rientrava nella previsione tipica del rapporto associativo in genere o dell'associazione in partecipazione, espressamente contemplate nell'art. 81 della T. A.; b) in caso negativo, quello di' stabilire se il rapporto suddetto, per il suo contenuto concreto quale era dato desumere dalla scrittura privata che ne aveva sanzionata la posizione in applicazione dei principi posti dall'art. 1322 del Codice civile, non risultando nominativamente indicato nella T. A., poteva e doveva, in via analogica, essere tassato a norma dell'art. 81 della T. A. piit volte detto, applicato dall'Amministrazione Finanziaria. I giudici di appello, per�, hanno del tutto omessa la seconda indagine e da ci� i Giudici di diritto non pare abbiano tratto le dovute conseguenze, investendone, al riguardo, i giudici di rinvio. � La indagine eseguita, infatti non ha accertato se il rapporto inconcreto attuato aveva la potenzialit� e la efficacia strumentale a produrre quei determinati effetti che, secondo l'art. 81 della T. A. importavano per il caso di specie il pagamento della imposta controversa. La T. A. allegata alla legge organica di registro alla quale si riferisce l'articolo 8 della legge predetta allorch� dispone sulla ricerca del contenuto dell'atto ed al secondo comma rinvia all'istituto dell'analogia, nell'art. 81 ha tratto infatti ai rapporti in cui si verifica il fenomeno della cooperazione di pi� .forze per il compimento di un affare, di una serie di affari o di una determinata attivit� in comune. L'imposta proporzionale, nella economia di detto articolo, colpisce la entit� economica del rapporto ed il termine �conferimento� prescinde sia �dalla titolarit� del diritto di propriet� del bene conferito sia della necessit� di un trasferimento giuridico del bene stesso, ma ha tratto alla destinazione del bene. Per effetto di tale destinazione, infatti, diviene lo strumento necessa1�io per il compimento dell'affare, della serie di affari, dell'attivit� comune in vista delle quali cose il negozio giuridico � stato ideato ed attuato dalle parti. IMPOSTA DI REGISTRO-Bonifica Integrale-Privilegio oggettivo -Estremi �e limiti. (Corte di Cassazione, Sezione I, n. 1724/63 -Consorzio di Bonifica del Salto c. Finanze). L'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134 e l'art. 9 lettera a) del T. U. 30 dicembre 1923, n. 3256 sono stati abrogati dall'art. 119 del Testo unico 13 febbraio 1933, n. 215 e trasfusi nell'art. 2 di detto Testo unico, il quale, elencando, in modo organico, tutte le opere di bonifica, comprese quelle stradali di cui ai ricordati art. 6 della legge 3134/28 e 9 del Testo unico 3256/23, nettamente distingue le opere stradali predette, considerate nella lettera g dell'art. 2 del Testo unico 215/33 sia dalle opere di bonifica idraulica, considerate nella lettera b) dell'articolo stesso sia dalle opere interessanti la montagna considerate nella lettera a). Conseguentemente le opere stradali esulano, dalle agevolazioni previste, ai fini della imposta di registro, dall'art. 88 del Testo unico 215/33, che, per il privilegio oggettivo, limita le agevolazioni stesse alle opere di bonifica idraulica (lettera b) dell'art. 2 citato) o di sistemazione montana (lettera a dello stesso art. 2). La sentenza � cos� motivata in diritto: Oon il primo motivo, il ricorrente lamenta che la Oorte abbia escluso la registrazione con tassa fissa, nella considerazione che l'� opera non rientrava tra quelle di bonifica idraulica in base alla distinzione contenute nella elencazione di cui allo art. 2 del T. U. 13 febbraio 1933, n. 215. Secondo il ricorrente, invece, per accertare se ricorreva la ipotesi del c. d. privilegio tributario oggettivo, e cio� del privilegio stabilito in relazione alla natura di opera di bonifica idraulica, occorreva far riferimento alle leggi anteriori al menzionato Testo unico, dato il rinvio alle leggi stesse contenuto nell'art. 88. Inoltre, il ricorrente lamenta che la Oorte abbia escluso il privilegio anche in base alla legislazione anteriore e deduce la violazione dell'art. 9 lettera a) del Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, che prevedeva fra le opere di bonifica idraulica la costruzione delle strade necessarie, per mettere il territorio bonificato in comunicazione con i prossimi centri abitati, nonch� dell'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134, che equiparava alle strade di bonifica idraulica quelle necessarie alla trasformazione fondiaria dei terreni del Mezzogiorno. La doglianza � infondata. Invero, come questa Suprema Oorte ha -{)sser-.. vato, con le sentenze n. 787 del 13 aprile 1961 e 788 del 13 aprile 1961, l'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134 � stato abrogato dall'art. 119 del T. U. 13 febbraio 1933, n. 215 e trasfuso -191 nell'art. 2 di detto Testo unico il quale, elencando in modo organico tutte le opere di bonifica, compr�se quelle stradali di cui al menzionato art. 6 della legge n. 3134 del 1928, nettamente distingue le dette opere stradali considerate nella lettera g) di esso art. 2 sia dalle opere di "'Jonifica idraulica, considerata nella lettera b) dell'articolo stesso, sia dalle opere interessanti la montagna considerate nella lettera a) e induce perci� a ritenere che non possono le ripetute opere stradali essere inquadrate fra le opere di bonifica idraulica o di sistemazione montana, e che conseguentemente non � possibile far rientrare le prime nella previsione dell'art. 88 del Testo unico 215 del 1933,_il quale per la applicabilit� del privilegio tributario oggettivo in esso contemplato richiede che si tratti di opere di bonifica idraulica o di sistemazione montana. Quanto poi all'art. 9 lettera a) del Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256 va ripetuto lo stesso rilievo, giacch� anche tale Testo unico � stato abrogato dall'art. 119 del Testo unico n. 215 del 1933 e trasfuso in quest'ultimo Testo unico. D'altronde come ha posto in evidenza lo stesso ricorrente, dal contesto della sentenza impugnata si rileva che la Corte d'appello, ha in sostanza, escluso la natura di opere di bonifica idraulica della strada in questione, anche in base alla legislazione anteriore al Testo unico, n. 215 del 1933. Orbene, al riguardo non sussiste la lamentalia violazione di legge, in quanto la costruz;one di una strada di bonifica non rientra di per se stessa nel concetto di bonifica idraulica o di trasformazione fondiaria (equiparata per il Mezzogiorno alla bonifica idraulica) secondo le anzidette leggi, ben potendo invece rientrare nel pi� ampio regime della bonifica integrale. Infatti, da un lato l'art. 9 lettera a) del Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256 richiede che si tratti di strade che siano in connessione con opere di bonificazione di laghi, stagni, paludi e terre paludose (art. l di detto Testo unico); dall'altro l'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134, Tichiede che le strade siano necessarie alla trasformazione fondiaria dei terreni. Nella specie, invece, l'esistenza sia dell'uno che dell'altro presupposto non risultava provata e nemmeno dedotta: onde esattameme la Corte ha ritenuto che l'opera non potesse considerarsi di bonifica idraulica neanche in base alle suddette norme�. Il privilegio oggettivo mantenuto in vita, dall'art. 88, :20 comma del Testo unico 215/33, per le opere di lJonifica idraulica e di sistemazione montana, ha ricevuto, con la sentenza annotata, il suo assetto naturale. La Corte di Cassazione~ infatti, nel confer- mare l'indirizzo assunto al riguardo, con le sentenze 787 e 788 del 1961, fornisce un parametro certo per individuare le opere di bonifica privilegiate, ponendo .fine alle incertezze determinate, in passato, dalla .difficolt� di stabilire la linea di demarcazione fra il -regime della bonifica idraulica e di sistemazione montana da quello della bonifica integrale, per il quale � posto, in via generale, il principio del normale trattamento fiscale. (Cfr. �Contenzioso dello Stato �1 56, 60, vol. II, pag. 630-624). Per effetto dell'abrogazione che l'art. 119 del Testo unico 215/33 ha fatto della legislazione anteriore in materia 4i bonifica idraulica, di sistemazione montana e di . miglioramento fondiario, il rinvio contenuto nel ricordato art. 88, 2o comma del Testo unico 215/33 alla legislazione, predetta resta limitato alla posizione del privilegio per le opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana (art. 33 in relazione all'art. 66 del Testo unico 3256/23) e non anche ai criteri che, nella legislazione abrogata, disciplinavano e classificavano le une e le altre opere (art. 9 del Testo unico 3256/23 e 4 e 6 della legge 3134/1928). I criteri differenziali delle opere pi� volte dette, dato il carattere oggettivo del privilegio, non possono essere diversi da quelli che, nell'assetto definitivo dato alla bonifica integrale con il Testo unico 215/33, distinguono, attraverso una dichiarata differenziazione, in categorie nettamente separate, distinte e non comunicanti, le opere stesse. Il Testo unico 215/33, infatti, emanato in forza della delegazione dei poteri conferita dalla legge 3134 del 1928, dopo aver nell'art. l precisato che la bonifica integrale comprende le opere di bonifica e di miglioramento fondiario e dopo aver definito le une, comprendendovi sia le opere idrauliche che di sistemazione montana, e le altre, all'art. 2 elenca le opere necessarie ai fini generali di bonifica e distingue: l) le opere di sistemazione montana a.lla lettera a); 2) le opere di bonifica idraulica alla let tera b): 3) il consolidamento delle dune e la pianta gione di alberi frangivento alla. lettera c); 4) le opere di provvista di acqua potabile per le popolazioni rurali alla lettera d); 5) le opere di difesa delle acque, di provvista e ~ttilizzazione agricola di esse alla let tera e); 6) le opere afferenti la distribuzione della energia elettrica per gli usi agricoli alla lettera f); 7) le opere stradali alla lettera g); 8) le costituzioni di unit� fondiarie alla lettera h). I n tale classificazione e distinzione le opere di bonifica idraulica, alla lettera b), sono state limitate alle << opere di bonificazione dei laghi e stagni, delle paludi e delle terre paludose o comunque deficienti di scolo � e le opere di sistemazione montana, alle lettera a), sono state limitate alle �opere di rimbo schimento e ricostituzione di boschi deteriorati, di correzione dei tronchi montani di corsi di acqua, di rinsaldamento delle relative pendici, anche mediante creazione di prati o pascoli alberati, di sistemazione idraulica agraria delle pendici stesse, in quanto tali opere siano volte ai fini pubblici �. I n tale delimitazione sono state assorbite le opere gi� enunciate negli artt. 9 del Testo unico 3256/23 e 4 e 6 della legge 3134/28, dichiaratamente abrogati, e la ulteriore precisazione e caratterizzazione dalle stesse subite, attraverso l'assorbimento predetto, va lendo ai fini generali della legislazione della bonifica non possono non valere, per ragioni di ermeneutica letterale, logica e finalistica ai fini del tra_~ta_mento tributario, che la stessa legislazione ha ritenuto nel l'ambito della bonifica integrale, di dover affrontare e differenziare per determinati rami della stessa. h o. -192 IMPOSTE E T ASSE -Terzo acquirente di immobile gravatQ da privilegio speciale per debito di impQsta Pagamento dell'imposta garantita-Sgravio totale Parziale -Conseguenze nei confronti del ter~;. (Corte di Cassazione, Sezione I, 14 marzo 1963 Finanze c. Berselli, Masini e Sutti). L'acquirente, terzo possessore dell'immobile gravato da privilegio speciale per debito di imposta, � non � obbligato personalmente al pagamento della imposta garantita, ma � tenuto al mero comportamento passivo di subire l'espropriazione forzata dell'immobile nel caso che il debitore non assolva il suo debito. Esso, peraltro, ha la facolt�, concessa a qualsiasi terzo, di pagare l'imposta stessa (art. 66 del Testo unico n. 1401 del 1922 e 204 del Testo unico n. 645 del 1958) con conseguente estinzione del processo di esecuzione e cessazione di ogni rapporto con l'Amministrazione Finanziaria in ordine al debito di imposta. Lo accertamento successivo della insussistenza totale o parziale del debito fra i soggetti del rapporto, non esplica, pertanto, nei confronti del terzo acquirente, alcuna influenza sull'eseguito pagamento. La Corte ha, cos� motivato: Omissis. La sentenza impugnata ha ritenuto che gli opponenti Berselli, avendo pagato l'imposta di lire 3.416.855 per sottrarre l'immobile da essi acquistato dal debitore dell'imposta di contingenza Sutti alla esecuzione immobiliare, fossero divenuti proprietari della somma di lire 2.088.000, che il decreto di sgravio aveva messo a disposizione del Sutti, dopo l'accoglimento del suo reclamo. Essa ha giustificat-o tale convincimento considerando che, sebbene per il pagamento del debito di imposta di contingenza l'.Amministrazione avesse privilegio reale sull'immobile e quindi diritto a subastarla, tuttavia gli acquirenti, quali condebitori o responsabili d'imposta avevano pagato l'intero debito, e la loro posizione, se doveva valere ai fini della riscossione, non poteva non valere anche ai fini del rimborso, di tal che era del tutto identica a quella dello originario contribuente Sutti. I Berselli invece non erano condebitori del debito di imposta n�, comunque, responsabili del debito di imposta. In vero l'acquirente, terzo possessore dell'immobile sul quale � accordato il privilegio reale di imposta, non �, in quanto tale e fuori di ogni previ:;~ ione legislativa, obbligato personalmente al pagamento dell'imposta. Ncn vale opporre, per dedurne una generica figura di condebitore di imposta, applicabile nei confronti del terzo possessore di immobile soggetto a privilegio reale, che questi, secondo l'opinione di parte della dottrina, � surrogato all'Amministrazione per conseguirne il rimborso dell'imposta pagata quale condebitore, nei confronti del debitore d'imposta a norma d~H'art. 98 della legge di registro R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 69' della legge sulla successione R. D. 30 dicembre 1923~ n. 3270. Le norme su indicate non fanno alcun riferimentoalla figura del condebitore di imposta, qualificabile� tale soltanto perch� paga un debito di imposta di altri, ma a colui che paghi U debito d'imposta di altri � a termini delle rispettive leggi per conto di altri �: l'art. 98 della legge di registro, invero~ riguarda �gli ufficiali pubblici e tutti coloro i quali,. a termini della legge di registro � hanno pagato la tassa di registro per conto delle parti obbligate e l'art. 64 legge sulle successioni, sebbene pi� genericaIrl. ente, concerne tutti coloro i quali, a termini della. legge� medesima, hanno pagato l'imposta di successione. N� la questione � stata dalla dottrina esaminata sotto l'aspetto generico, sostenuto dai resistenti nei confronti dell'Amministrazione e l'opinione della stessa dottrina, nemmeno nei limiti della surrogazione nei confronti del debitore di imposta, � stata accolta da questo supremo Collegio, il quale (sentenza 16 gennaio 1942, n. 140 << Foro it. �~ Rep. 1942, voce Registro, n. 136-138) ha affermato che occorre applicare nei confronti del terzopossessore i principi di diritto comune sulla surrogazione e non la citata norma della legge di registro. L'opinione non pu� ritenersi confermata dall'articolo 15 D. P. 29 gennaio 1958, n. 645, come sostengono i resistenti. Tale articolo dispone che colui il quale, in forza di particolare disposizione di legge,. � obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri, per fatto o situazione esclusivamente rifer�bile a questi, ha diritto a rivalsa. Occorre pertantouna disposizione di legge che stabilisca l'obbligo di pagare l'imposta e riconosca con ci� rilevanza. a particolari circostanze o rapporti, come nei casi di coloro che sono obbligati a richiedere la registrazione di atti e a provvedere al pagamento della. imposta (notai, cancellieri, tutori, esecutori testamentari, eredi: art. SO, 84, 93, n. 6, legge del registro), e di tutti coloro che sono solidalmente tenuti al pagamento della imposta di successione (art. 66 legge di successione). N� il terzo possessore dell'immobile soggetto a. privilegio � obbligato al pagamento dell'imposta,. come sostituto di imposta. Tale figura, quale � stata precisata, conformemente alla legislazione anteriore: dall'art. 127 T. U. 29 gennaio 1958,. n. 645, ha riferimento ai casi in cui la legge sostituisce al soggetto, che dovrebbe pagare l'impos~a, altri in considerazione di un rapporto tra il bene, presupposto del tributo, e la persona che � sostituita nel debito. Nessuna previsione di legge sostituisce invece il terzo possessore dell'immobile soggetto a privilegio reale !l! debitore. Egli � tenuto soltanto al comportamento meramente passivo di subire l'espropriazione forzata. -193 dell'immobile nel caso che il debitore non paghi. .� questo un effetto sia dell'atto di accertamento della imposta che ha natura di atto amministrativo autoritativo con efficacia esecutoria nei limiti previsti dalla legge che autorizza l'esecuzione, sia della natura del credito accertato, il quale, per essere privilegiato con efficacia .reale, implica un diritto di seguito dell'AmmiJ. ristrazione (art. 2741, capv., 2746, 2770 segg. Cod. civ.). Il terzo possessore, peraltro, se non ha l'obbligo di pagare il debito come condebitore o sostituto di imposta pu� avvalersi della facolt�., concessa :a qualunque terzo, di pagarlo con gli accessori {art. 66 T. U. 17 ottobre 1922, n. 1401 ed ora 204 T. U. 29 gennaio 1958, n. 645), con l'effetto della ~stinzione del processo di esecuzione. E se di tale fa. colt�. si avvale, con l'estinzione del processo, cessa .ogni rapporto con l'Amministrazione, relativamente :al debito d'imposta accertato, per il quale l'Amministrazione ha proceduto, e conseguentemente nes. suna influenza pu� avere sull'eseguito pagamento un accertamento successivo dell'insussistenza totale o parziale del debito fra i soggetti del rapporto di imposta. La posizione giuridica del terzo acquirente di immobile gravato da privilegio speciale per debito .di imposta � stata, nella riportata sentenza, definita dalla Corte di Cassazione con nettezza di contorni, in stretta aderenza ai principi che disciplinano il mpporto giuridico d'imposta dal suo nascere alla .estinzione. Esclusa per il terzo possessore un'obbligazione personale al soddisfacimento del credito di imposta .sia perch� manca al riguardo una espressa previ. sione normativa sia perch� il diritto alla rivalsa al terzo escusso riconosciuto � in attuazione dell'istituto .della surrogazione civilistica (cfr. Cassaz., Sent.enza 140/42), la soluzione adottata � conseguenziale alla necessit� obiettiva di escludere, nel terzo, sia la figura .di responsabile che di sostituto di imposta. L'una perch�, estranea alla discussa distinzione fra debito e responsabilit�, importa l'estensione dell'obbliga. zione tributaria a persone che non si trovano con il presupposto del tributo nella prevista relazione (cfr. GIANNINI: Istituz. Diritto Tributario, Ediz. 1960, pag. 105); l'altra perch�, nella sua struttura tecnicagiuridica, importa non l'aggiunta, la la sostituzione, in luogo del soggetto passivo, di altra persona nello intero rapporto di imposta e non soltanto nella fase relativa alla riscossione. La facolt�, indubbiamente riservata al terzo, di pagare il debito di imposta � diretto ad evitare, nel suo esclusivo interesse, l'esecuzione sull'immobile gra vato da privilegio speciale e una volta esercitata, comportando la estinzione del processo esecutivo, comporta la cessazione di ogni rapporto diretto nei confronti dell'Amministrazione. Il terzo, resta pertanto, titolare di un diritto .di credito, di natura civilistica, nei confronti del .debitore d'imposta, anche nel caso di eventuali .sgravi del tributo assolto nell'esercizio della facolt� predettx. PRESCRIZIONE -Prescrizione e decadenza -Diffe� rente fondamento dei due istituti. APPALTO-Pubblica Amministrazione-FornitureCondizioni generali d'oneri d~llo St~!o .-:-Norme regolamentari -Forza vincolante per il privato Termini di decadenza posti in dette condizioni generali d'oneri -Liceit� e legittimit�. (Corte di Cassazione, 'Sezione III, Sentenza n. 1568/63 -Pres.:. Naso; Est.: Laporta; P. M. Trotta -Soc. Unione Manifatture c. Amministrazione Difesa-Esercito). Tanto per la legislazione anteriore (Cod. civ. del 1865) quanto per quella attuale (Cod. civ. del 1942) il fondamento della prescrizione � la presunzione di abbandono di un diritto per inerzia del titolare, mentre fondamento della decadenza � la esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio, stabilito dalla legge o dalla volont�. dei privati, indipendentemente dalle circostanze subiettive ed obiettive dalle quali dipende l'inutile decorso del tempo. Le disposizioni contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno carattere di norme regolamentari (regolamenti di organizzazione), sempre che si tratti di contratti interessanti lo Stato, nei cui confronti il privato contraente � in un rapporto di subordinazione, che giustifica la sua sottoposizione a norme regolamentari obbligatorie. .Al carattere normativo delle dette disposizioni consegue la loro forza vincolante, che � ribadita dal richiamo, di solito espresso, fatto ad esse nel contratto. Non pu�, pertanto, dubitarsi della liceit� e legittimit�. della determinazione di termini di decadenza con le disposizioni delle Condizioni generali d'oneri: inver.o; l'art. 2966 C. c. che ammette che il termine di decadenza possa essere stabilito dal contratto o da una norma di legge, va correttamente inteso nel senso dell'ammissibilit�. di termini di decadenza per determinazione pattizia o normativa (legislativa o regolamentare) . Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza nella quale � riaffermata la natura regolamentare dei capitolati generali di oneri. Il primo mezzo del ricorso principale denuncia la impugnata sentenza per violazione dell'art. 2936 C. c., in relazione all'art. 83 del Capitolato generale approvato con D. M. 20 giugno 1930, per avere ritenuto che il termine di sei mesi stabilito nel detto art. 83 � di decadenza e non gi�. di prescrizione, nonostante che la norma parli espressamente di prescrizione. La censura � priva di fondamento. Il giudice, nell'interpretare la norma, deve attribuirle il senso che � fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione, sempre che tale significato (lettera della legge) appaia chiara e sicura la volont� del legislatore. Quando la lettera d�. luogo a dubbi, il giudice deve ricercare quale sia stata la precisa intenzione._ del legislatore. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione di tali principi di ermeneutiea, in riferimento alla norma citata dell'art. 83 delle -194 Condizioni generali d'oneri per le forniture alle / forze armate. Essa, infatti, ha rilevato che l'espressione �s'intendono prescritti ed estinti))' che nella detta norma si legge, � ambigua, perch� riferita sia alle azioni, diritti e ragioni per restituzione di multe inflitte in dipendenza dei patti contrattuali, sia alle azioni, ai diritti ed alle ragioni per pagamento di interessi che fossero dovuti, essendo indiscutibile la propriet� della terminologia soltanto con riguardo all'azione per il pagamento degli interessi, rispett:> alla quale pu� parlarsi tecnicamente di prescrizione. Invero, con riguardo alla azione per restituzione di multe, il termine fissato per l'esercizio va logicamente ricollegato alla esigenza di pronta definizione dei rapporti nascenti dal capitolato (esigenza che costituisce H fondamento dello istituto della decadenza) e non gi� alla presunzione di abbandono dei diritti non esercitati dal titolare (che costituisce il fondamento logico-giuridico dell'istituto della prescrizione). Siffatto ragionamento va condiviso. Infatti, tanto per la legislazione anteriore (Cod. civ. del 1865) quanto per quella vigente (Cod. civ. del 1942), il fondamento della prescrizione � la presunzione di abbandono di un diritto per inerzia del titolare, mentre fondamento della decadenza � la esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio, stabilito dalla legge o dalla volont� dei privati, indipendentemente dalle circostanze subiettive od obiettive dalle quali dipende l'inutile decorso del tempo. Col secondo motivo si denuncia l'impugnata sentenza per violazione degli artt. 2936 e 2966 O. c., e 113 della Costituzione, assumendosi che la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere opponibile il termine di mesi sei, ci� sia nella ipotesi che si tratti di termine di decadenza, sia in quella che si tratti di termine di prescrizione; perch� la decadenza pu� essere stabilita soltanto da legge formale o da convenzione e non da un atto normativo di carattere regolamentare, quale il Capitolato, e perch�, per il principio della inderogabilit� delle norme sulla prescri.zione, il termine. di questa non poteva essere abbreviato se ~1on con legge formale, ed, infine, perch�, per l'art. 113� della Costituzione deve ritenersi abrogata ogni limitazione alle impugnazioni giudiziali contenuta nei Capitolati d'oneri. Anche tale censura � infondata. � costante l'insegnamento di questa Suprema. Corte (v. sent. 23 giugno 1958, n. 2219; 21 maggio � 1959, n. 1523; e 9 giugno 1960, n. 1524) secondo� cui le disposizioni contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno carattere di norme� regolamentari (regolamenti di organizzazione), sempre che si tratti di contratti interessanti lo Stato,. nei cui confronti il privato contraente � in un rapporto di subordinazione, che giustifica la sua. sottoposizione a norme regolamentari obbligatorie. Al carattere normativo delle dette disposizioni consegue la loro forza vincolante, che � ribadita.. dal richiamo, di solito espresso (come nel caso),. fatto nel contratto, ad esse. Non �, pertanto,. a dubitare della liceit� e legittimit� della determinazione di termini di decadenza con le disposi-zioni delle Condizioni generali d'oneri; invero,. l'art. 2966 O. c. che ammette che il termine di decadenza possa essere stabilito dal contratto o da una norma di legge, va correttamente inteso nel senso dell'ammissibilit� di termini di decadenza. per determinazione pattizia o normativa (legislativa o regolamentare). Il richiamo, fatto nel motivo di ricorso, al principio della inderogabilit� delle norme sulla prescrizione, di cui all'art. 2936 O. c., � fuori di luogo,. posto che, come si � innanzi precisato, nel caso si verte in tema di decadenza. Non pertinente �, altres�, il richiamo all'art. 113della Costituzione, essendo chiaro che la fissazionedi un termine di decadenza non importa violazionedel principio della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione, in quanto lo presuppone~ CONSIGLIO DI STATO SERVIT� -Servit� militari -Opere a cui vantaggio la servit� � imposta -Natura militare -Estensione ad opere, anche non militarr, interessanti la difesa dello Stato -Aeroporti civili. (Consiglio di Stato, Sezione 'rv, decisione 30 ottobre 1963, n. 667 - Pres.: De Marco; Est.: Santaniello-Consiglio dei Orfanotrofi e Pio A. Trivuglio c. Ministero Difesa Aeronautica). Le servit� militari possono essere imposte sul diritto di propriet� sia in relazione ad opere esclusivamente militari (ad esempio: fortificazioni, depositi di munizioni, polveriere, ecc.), sia in relazione ad altri beni che ricevono la stessa tutela non per la loro natura (che pu� essere anche non militare), bens� in ragione della loro funzione che pu� interessare, anche non attualmente, la difesa dello Stato. In tale seconda categoria rientrano appunto gli aeroporti (quale sia sia la loro natura, militare o civile, pubblica o privata), giacch� la navigazion�aerea di per s� stessa costituisce un'attivit� che,. direttamente o di riflesso, pu� sempre essere connessa o comunque incidere su esigenze di difesa. militare. (Art. 1, legge 20 dicembre 1932, n. 1849~ articolo unico, legge 10 ottobre 1935, n. 1998~ art. 15, D. P. R. 28 giugno 1950, n. 1106; legge 27 gennaio 1936, n. 245). Trascriviamo la motivazione in diritto della decisione. Il primo mezzo si scinde in varie. cens-q_re, :nes_suna delle quali � assistita da fondamento. Fra.. tali doglianze va esaminata per prima, in ordine logico, quella relativa al difetto di motivazione; ed,. in proposito, osserva il Collegio che non sussiste. Ff fif ik��ihJit.liJitit I Ff fif ik��ihJit.liJitit I -195 il denunciato VIZIO, giacch� ciascuno dei quattro atti impugnati contiene l'enunciazione sommaria, ma sufficiente-in relazione al tipo e alla natura dei provvedimenti -delle ragioni su cui si fonda la determinazione adottata dall'Amministrazione. Gli ~tti medesimi sono stati emessi dall'Autorit� militare nell'esercizio di un'attivit� caratterizzata da una netta discrezionalit�, quale potere di imporre la servit� nei casi di urgenza (art. 4, 5� comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849): sicch� le ordinanze in parola, con la indicazione delle ragioni essenziali che hanno indotto l'Autorit� ad emanarle (necessit� di garantire il regolare funzionamento degli impianti aeronautici installati nel territorio del Comune di Peschiera, quanto ai provvedimenti 3 maggio e 24 maggio 1960; necessit� di assicurare il funzionamento del servizio radar, quanto al provvedimento 17 dicembre 1960; necessit� di garantire la sicurezza del volo sulla pista aeroportuale, quanto al provvedimento 16 febbraio 1961) contengono elementi di per s� bastevoli ad individuare la presenza di una motivazione concisa, ma sufficiente, entro i limiti imposti dalla speciale natura dell'atto. N� ha pregio l'altra censura, con cui si assume la falsa applicazione degli artt. l e segg. della legge 20 dicembre 1932, n. 1849 e, comunque, l'eccesso di potere sul riflesso che i provvedimenti impugnati non parlano di opere militari, ma fanno riferimento ad impianti genericamente aeronautici o al servizio radar o alla pista aeroportuale, senza specificare la loro destinazione a scopi militari: e che, nella specie, il carattere militare delle opere sarebbe anzi da escludere, proprio in relazione alla circostanza che il sistema aeroportuale in questione � adibito al traffico aereo civile. Si:ffatta tesi non pu� essere condivisa dal Collegio, per il seguente ordine di considerazioni: a) l'opinione del ricorrente poggia sull'erroneo presupposto che le servit� militari siano imponibili solo in presenza di un'opera esclusivamente militare: senonch� l'art. l della ridetta legge n. 1849 dell932 ricomprende nella sua previsione normativa non solo le << opere militari di qualunque genere, occorrenti per la difesa dello Stato n e gli stabilimenti militari n, ma altres� gli << aeroporti >> e i << campi di fortuna n, senza alcuna differenziazione -per tali due ultime categorie di beni -fra quelli militari e quelli civili, fra quelli pubblici e quelli privati; b) la ratio della norma sembra palese; mentre alcuni beni sono suscettibili di essere tutelati nelle forme e nei modi previsti dalla ridetta legge n. 1849 del 1932, solo in quanto abbiano struttura di opera direttamente ed esclusivamente militare (ad esempio fortilizi; fortificazioni; depositi di munizioni; polveriere ecc.) altri beni, invece, ricevono la stessa tutela non pi� in relazione alla loro natura (che pu� essere anche non militare), ma in ragione della loro funzione, che pu� interessare -anche a prescindere dalla specifica destinazione in atto -la difesa dello Stato. In tale secondo n�vero rientrano per l'appunto gli aeroporti (quale che sia la loro natura, militare o civile; pubblica o privata): giacch� la navigazione aerea di per s� stessa costituisce una attivit� che, direttamente o di riflesso, pu� sempre essere connessa o comunque incidere su esigenze di difesa militare. Onde anche l'aeroporto destinato al traffico aereo civile pu� acquistare rilevanza, di guisa che si faccia luogo alla imposizione dei vincoli previsti dalla legge del .1932 suUe servit� militari. E che si fidi della tutela predisposta dall'ordine citato complesso di norme, gli aeroporti prescindano dalla qualificazione militari o civili, desume altres� -oltre che dalla dizione letteraledel gi� menzionato art. l -dell'esame dei lavori preparatori della legge stessa: dai quali risulta. esplicito l'intento legislativo di ricomprendere nella. nuova disciplina normativa non solo le opere fortilizie e i depositi e stabilimenti militari (gi� previsti dal Testo unico approvato con R. D. 16 maggio 1900, n. 401, e del relativo Regolamento approvato con R. D. 2 gennaio 1901, n. 32), ma di estendere i vincoli stessi agli aereoporti e ai campi di fortuna in genere, con astrazione dalla loro specifica� qualificazione. DANNI DI GUERRA -Requisiti per la concessione dell'indennizzo -Necessit� della loro esistenza alla data del decreto di concessione. (Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 655 - Pres.: D'Avino; Est.: Trott~t -Fiorino Gostino c. Ministero del Tesoro). Ai fini della concessione di indennizzi e contributi per danni di guerra, il requisito della cittadinanza. italiana deve sussistere alla data del decreto di concessione, e non anche al tempo dell'erogazioneessendo irrilevante, ai fini della legittimit� della. concessione, ogni mutamento nella cittadinanza che abbia luogo successivamente alla data di quel decreto (art. 1, legge 27 dicembre 1953, n. 968). Trascriviamo la motivazione in diritto della decisione. N el merito il ricorso si appalesa fondato, essendo ininfluente ai fini dell'indennizzo che l'avente diritto abbia in tempo successivo al decreto di concessione acquistato una cittadinanza straniera. L'Amministrazione resistente oppone che il requi sito della cittadinanza deve sussistere anche al momento dell'erogazione, poich� � in tale momento che viene soddisfatta la pretesa del cittadino al risarcimento del danno di guerra, che ha natura e consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. L'annullamento operato dovrebbe per tanto ritenersi regolare, essendo stato eliminato un atto emanato sulla base di un presupposto che in seguito � venuto a mancare. Pur convenendo, secondo la ben nota giurispru denza di questo Consiglio e della Corte di Cassa zione che la pretesa alla reintegrazione dei danni di guerra si concreta in un interesse legittimo, la� tesi dell'Amministrazione resistente non pu� tut" ... tavia essere condivisa poich� � irrilevante ai fini di detta reintegrazione, ogni mutamento sullo stato- di cittadinanza che si verifichi posteriormente allo atto che costituisce il titolo per la concessione. w B::" TI d.k i 18& -196 Tale atto infatti, appena emanato compie ed esaurisce la sua funzione ponendo l'interessato nella teorica condizione di poterne subito realizzare il ()Ontenuto con l'effetto che ogni mutamento intervenuto in tempo successivo all'emanazione del decreto non pu� produrre alcuna conseguenza ai fini dell'avvenuta concessione. PORTI -Opere portuali -Spese di manutenzione e riparazione -Provvedimenti di ripartizione -Impu gnativa-Competenza dell'A.G.O. (Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 665 - Pres.: Meregazzi; Est.: Santaniello-Comune di Capan nori c. Ministero Lavori Pubblici). Es1�a dalla giurisdizione del Consiglio di Stato il provvedimento ministeriale con il quale sono ripartite fra gli enti interessati, in base ai criteri fissi stabiliti dal R. D. 12 luglio 1912, n. 974 e ()On esclusione di ogni discrezionalit� amministrativa, le spese occorse per opere portuali. (Cfr. IV Sezione, 29 maggio 1963, n. 383; �Il Consiglio di Stato �, 1963, 716, con note di richiamo). Trascriviamo la motivazione in diritto della deoi. sione. Il Collegio ritiene fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione, opposta dalla .Amministrazione resistente, sul profilo che esula dalla presente ()Ontroversia ogni posizione di interessi legittimi o di diritti affievoliti, data la natura della obbligazione pecuniaria di cui si discute l'assenza di ogni discrezionalit� della determinazione dell'obbligazione stessa. Come � stato gi� affermato da questa Sezione in una fattispecie del tutto analoga (v. dee. 29 maggio 1963, n. 383), esula dalla giurisdizione del Consiglio di Stato il provvedimento ministeriale ()On il quale sono ripartite fra gli enti interessati, in base a criteri fissi stabiliti dal R. D. 12luglio 1912, n. 974, e con esclusione di ogni discrezionalit� amministrativa, le spese occorrenti per opere portuali. Ed, invero, va considerato che l'attivit� della P. .A. nella determinazione delle spese occorrenti per opere relative ai porti e nella ripartizione delle spese stesse fra le varie amministrazioni centrali .e locali interessate, � strettamente vincolata la legge fondamentale (R. D. 2 aprile 1885, n. 3092 che approva il Testo unico delle leggi sulla dedotta materia) stabilisce, in primo luogo, in base a criteri del tutto obbiettivi, come debba procedersi alla classificazione dei porti in categorie e classi; stabilisce, poi, sempre in base a criteri obbiettivi quale quota delle spese per i porti di seconda categoria sia posta a carico dello Stato e quale parte faccia carico alle provincie ed ai comuni . .Anche il riparto tra le provincie e comuni si effettua sulla base di percentuali fissate dalla legge. E quest'ultima determina anche i criteri in base ai quali si deve accertare quali provincie e quali comuni debbano considerarsi come � interessati � alla costruzione, al miglioramento e alla manutenzione del porto, qualificando come tali le provincie e i comuni che si servono del porto per la esportazione dei loro prodotti agricoli e industriali e l'importazione delle derrate e di qualsivoglia altro prodotto per uso e consumo dei rispettivi abitanti. Nel regolamento approvato con R. D. 26 settembre 1904, n. 713 si precisa, sempre in base a criteri oggettivi, quali siano le opere nuove straordinarie e quali quelle di manutenzione e di miglioramento quali siano le opere che riguardano i porti, le spiagge ed i fari soggetti alle disposizioni del regolamento stesso. Il procedimento di ripartizione delle spese fra pi� comuni interessati ad un medesimo porto, regolato dal R. D. 12 luglio 1912, n. 974, che ha sostituito l'art. 18 del R .D. n. 713 del1904 sopra richiamato, prevede l'attribuzione a ciascuno dei comuni iscritti negli elenchi di un coefficiente variabile, a seconda che si tratti di comune sede di porto o luogo di residenza delle agenzie e dei commercianti o di comune per il quale non ricorrano dette condizioni. La quota di concorso � la risultante della combinazione di tre quote, determinate rispettivamrnte in ragione del principale dei contributi diretti, in ragione della popolazione e in ragione inversa della distanza dal porto. Come risulta da questa particolareggiata rego lamentazione, il potere che l'Amministrazione � chiamata ad esercitare nella determinazione e nella ripartizione della spesa di che trattasi � regolar mente vincolato, esulando da esso ogni margine di discrezionalit�. N� puo dirsi anoora ohe la norma sia dettata nel prevalente pubblico interesse. giacch� essa discrimina l'onere in base alle prestazioni di cui possono fruire gli enti interessati: Deve quindi dichiararsi il difetto di giurisdizione di questo Consiglio. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI D E L L E C O R T I D I M E R I __ T O GIURISDIZIONE E COMPETENZA -Controversie agrarie -Sezioni Specializzate per le controversie agrarie -Concessioni di pertinenze idrauliche e di bonifica -Proroga legale -Competenza funzionale del Foro dello Stato. (Tribunale di Firenze, Sezione Specializzata per le controversie agrarie) 13 marzo 17 aprile 1962 -Pieraccini e Coop. Ponti di Badia c. Amministrazione Finanziaria dello Stato e Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco Laziale). La competenza funzionale affidata dall'art. 7 della legge 4 agosto 1948, n. 1094 alle Sezioni Specializzate per le controversie agrarie, traendo origine dal modo di costituzione dell'organo giudiziario, prevale su quella funzionale del foro dello Stato prevista dall'art. 25 del C. p. c. e o e 7 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611. Il Tribunale di Firenze ha cos� motivato: Fin dall0 maggio 1959, con memoria depositata in Cancelleria, il ricorrente Pieraccini aveva prospettato l'incompetenza territoriale di questa Sezione e correlativamente la competenza territoriale della Sezione Specializzata per le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto. A sostegno di tale eccezione cosi sollevata il Pieraccini produceva copia della sentenza 17 marzo 1958, n. 3016 della Corte di Cassazione in causa Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Cooperativa Agricola �Unit� e Lavoro� di Macchiascadona ed altri. Si legge, in tale sentenza, fra l'altro e senza specifica ulteriore motivazione, che � va... dichiarata la competenza della Sezione Specializzata per le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto, dove sono situati i fondi in controversia �. In memoria di replica il Pieraccini si � poi richiamato alla sentenza del 27 gennaio 1962, n. 52 in causa La Castiglionese c. Amministrazione Finanziaria dello Stato, con la quale sentenza la Corte di Appello di Firenze, per essere il terreno in contestazione in quella causa ubicato nel Comune di Grosseto, dichiara l'incompetenza territoriale di questa Sezione e la competenza della Sezione Specializzata per le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto. Questa ultima sentenza, ampiamente motivata, induce il Collegio a riesaminare la prospettata questione alla luce di nuovi argomenti che si dimostrano fondati. Infatti, l'art. 6 R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 cbe, per le cause nelle quali � parte l'Amministra zione dello Stato, radica la competenza territoriale presso l'Ufficio Giudiziario dove ha sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato, viene derogato per espressa disposizione del successivo art. 7 nelle varie ipotesi in questo previste, ipotesi che rendono nuovamente applicabili i principi generali in materia di competenza, salvo per quanto attiene al giudizio di appello. Ora l'intenzione del legislatore (cfr. articolo 12 delle Preleggi), nel costituire con l'art. 7 della legge 4 agosto 1948, n. 1094 un organo specializzato della Magistratura Ordinaria, ha avuto di mira la creazione di una competenza funzionale, e come tale inderogabile, non soltanto per ragione di materia, ma altres� per ragione di territorio. Lo si desume dal fatto che i quattro esperti, chiamati a far parte della Sezione, debbono essere designati dalle organizzazioni provinciali di categoria, con un riferimento, perci�, all'ambito della provincia ossia ad un territorio rispetto al quale gli esperti sono in grado di integrare sul piano tecnico, economico e sociale le cognizioni del giudice collegiale. Il nome stesso di � esperto >> indica. come questo componente debba conferire al Collegio non un puro e semplice apprezzamento in materia di contrapposizione sindacale di contrastanti interessi economici, bens� una esperienza di usi, consuetudini, terreni, culture, sistemi di conduzioni ed in genere di situazioni legate a quel particolare territorio nel cui ambito l'organo giudiziario � chiamato ad esercitare la propria giurisdizione. Pertanto, il principio della inderogabilit� della. competenza funzionale delle Sezioni Specializzate � destinato a prevalere anche rispetto alla competenza territoriale del foro erariale il quale tutela un interesse secondario rispetto a quello che determina il modo di costituzione dell'organo giudiziario. E poich� i rapporti sui quali si controverte� nel presente giudizio hanno per oggetto terreni posti nel Comune di Grosseto, la competenza a. giudicare di tali rapporti appartiene alla sezione Specializzata per le Controversie Agrarie presso� quel Tribunale. La novit� e la difficolt� della questione giustifica l'integrale compensazione tra. le parti delle spese di questo giudizio �. A) A seguito di tale pronuncia, nell;interesse:_ dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato �" stato proposto Ricorso per Regolamento di Giurisdizione ed istanza per Regolamento di Competen- za. r�"' r�"' -198 B) Rilevato il carattere assolutamente pregiudiziale della questione di giurisdizione, espressamente proposta dall'Amministrazione Finanziaria sotto il profilo della improponibilit� assoluta d'ella domanda diretta ad ottenere il riconos.cimento dello istituto della proroga legale delle affittanze agrarie per le Ooncessioni Amministrative di pertinenze idrauliche e di bonifica, la giurisdizione dell'A. G. O. � stata contestata con richiamo al fatto che il rapporto che, in concreto, ha caratterizzato la utilizzazione dei beni oggetto di concessione, costituisce, sia nelle forma che nella sostanza, un rapporto tipico di diritto pubblico e precisamente una concessione amministrativa, attraverso la quale gli artt. 822 e 825 del Oodice civile consentono appunto la utilizzazione da parte di privati .di beni, che, natura rerum o destinationis causa, fanno parte del demanio dello Stato o del patrimonio indisponibile (Ofr. Oassaz. Sez. Unite, n. 1067 del 1949). O) La esclusione, per le controversie agrarie, della operativit� del Foro dello Stato � stata censurata con il motivo che integralmente si trascrive: Violazione delle norme sulla competenza -Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge 4 agosto 1948, n. 1094; 4 della legge 18 agosto 1948, n. 1140; 2 e 5 della legge 26 giugno 1949, n. 359 c�n norme sulla competenza per le controversie relative alla proroga dei contratti a.grari di affitto dei fondi rustici in relazione all'(J;rt. 25 del O. p. c., 6 e 7 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611 con norme sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato. Art. 42 O. p. c. l) Il Tribunale di Firenze, con la sentenza denunciata, ha dichiarato che esso, adito, a suo tempo, sia dal Pieraccini che dalla Ooop. Agricola Ponti di Badia in osservanza delle norme sul Foro dello Stato, � sfornito di competenza territoriale ed ha affermato quella del Tribunale di Grosseto. Ha ritenuto il Tribunale suddetto che la competenza funzionale ed inderobabile del Foro dello Stato dovesse cedere di fronte a quella, parimenti funzionale e inderogabile, delle Sezioni Specializzate per la risoluzione delle controversie agrarie operanti presso i singoli Tribunali. Ci� in considerazione del fatto che, per queste 1�time, il carattere funzionale � stato determinato dalla partecipazione di esperti designati dalle Associazioni di categoria, i quali sono forniti sia di particolare conoscenza della situazione agricola sia di particolare esperienza sui problemi economici del luogo. Ha tratto conforto, al riguardo dal fatto, posto in rilievo dalla giurisprudenza formatasi sull'argomento, che la partecipazione degli esperti suddetti conferisce al �Collegio � non un puro e semplice apprezzamento in materia di contrapposizione sindacale di contrastanti interessi economici, bens� una esperienza di usi, consuetudini, terreni, culture, sistemi di conduzione ed in genere di situazioni legate a quel particolare territorio nel cui ambito l'organo giudiziario � chiamato ad esercitare la propria funzione ll. Nessun dubbio che la competenza delle Sezioni .Specializzate � funzionale. Nessun dubbio del pari che le ragioni le quali hanno determinato il rilevato carattere funzionale sono quelle precisate dal Tribunale di Firenze. N � l'uno n� l'altro argomento, per�, � decisivo per affermare che la competenza territoriale delle Sezioni Specializzate prevalga su quella, funzionale anche essa, del Foro dello Stato e che quest'ultima tuteli un interesse secondario rispetto a quella suddetta, che si ripercuote sul modo di costituzione dell'organo giudiziario. 2) La ricorrente Amministrazione finanziaria non si nasconde la delicatezza della questione, ma ritiene necessario sottoporre all'esame della Ecc.ma Corte un duplice ordine di motivi che, trovando riscontro in norme positive, dovrebbero escludere la affermata prevalenza. Il primo ordine di motivi � dato dal fatto che le norme sul Foro dello Stato; nella loro interpretazione letterale logica e finalistica, istituiscono un Foro speciale per un oggetto determinato nel quale si compongono, in unit� di intenti, gli elementi del territorio e della materia e richiedono, in vista di ci�, una norma derogativa espressa. Orientative a riguardo sono le eccezioni tassativamente poste dall'art. 7 del Testo unico n. 1611 del 1933 ed il carattere di ordine pubblico attribuito alla disciplina cos� sancita dall'art. 9 successivo. Rispetto a tale situazione, la natura di organi di giurisdizione ordinaria serbata dalle Sezioni (vedasi in �Giurisprudenza))' Cassazione, 11 dicembre 1950, n. 2711; id. 23 dicembre 1950, n. 28130 13 gennaio 1951, n. 80; in �Dottrina ll TORRENTE, in << Giurisprudenza sui Contratti Agrari ))' pagina 12-13; O.ARR.ARA, ((Contratti Agrari n, pag. 317 in nota) posta in relazione al fatto che le leggi istitutive delle Sezioni Specializzate per la proroga legale (art. 7 della legge 1094 del1948 e 2 e 5 della legge 353 del 1949) hanno disciplinato la competenza delle stesse soltanto ratione materiae, senza nulla statuire ratione loci, porta a ritenere che, territorialmente, valgono le norme ordinarie di competenza con la inderogabilit� sancit� dalle norme comuni, rispetto alle quali il Foro speciale dello Stato risulta prevalente. L'art. 28, infatti, del O. p. c. oltre i casi espressi di inderogabilit�, richiede, per eventuali altri casi, un'apposita disposizione di legge. Il secondo ordine di motivi � dato dal fatto che, mentre per le Sezioni Specializzate per la pro roga legale, il legislatore ha disciplinato la com petenza soltanto ratione materiae, per le Sezioni Specializzate per l'equo canone il legislatore ha disciplinato la competenza sia ratione materiae che ratione loci. Le prime trovano la loro disciplina nelle leggi 1094-cel 1948 e 392 del 1950; le seconde nella legge 1140 del 1948 con la quale fu disposta la sostituzione delle Commissioni Arbitrali isti tuite dal D. L. O. P. S. n. 277 del1947. Di diversa composizione nella scelta degli esperti, le prime hanno, ai fini della competenza, la determinazione della meteria; le seconde non solo..d~lla materia, ma anche del luogo, richiedendosi espressamentE)_ dall'art. 10 della legge 277 del1947, che la domand� introduttiva sia presentata <<presso il Tribunale nella cui giurisdizione � posto il fondo oggetto della controversia )), -199 La diversa intensit� con la quale il legislatore � intervenuto nella particolare materia consente di ritenere che, se un rapporto di prevalenza fra il Foro dello Stato e la competenza delle Sezioni debba affrontarsi, le ragioni addotte dal Tribunale di Firenze sono pertinenti per l'equo canone pi� di quanto non lo siano per la proroga legale: per il primo, infatti, � di particolare rilievo la produttivit� del fondo, la situazione agriccla contingente ed i problemi tecnici del luogo nel quale risiedOilP gli esperti; per la seconda, gli aspetti determinanti sono la natura giuridica del rapporto e la qualificar di coltivatore diretto del conduttore. La conferma di una diversa disciplina fra le due specie di Sezioni si pu� rinvenire anche nel fatto che le rispettive decisioni sono soggette a distinti mezzi di impugnazione: quelle della Sezione per la proroga ai mezzi consueti e quelle per l'equo canone al solo ricorso per Cassazione. IMPOSTA DI REGISTRO -Mutuo contratto dai Comuni con Istituto di credito -Delegazioni di paga� mento sulle imposte di consumo in gestione diretta, emesse dal Comune ad estinzione del mutuo ed accet� tate con obbligo del non riscosso per riscosso dalla Tesoreria Comunale -Tassazione autonoma dei due rapporti-Esclusione. (Corte di Appello di Torino, Sentenza 25 ottobre-11 novembre 1963-Pres.: Prati; Est.: Marigardi-Amministrazione Finanziaria c. Citt� di Torino. Le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo rilasciate dai Comuni per la estinzione di un mutuo da essi contratto, in mancanza di altri cespiti delegabili, costituiscono mandati di pagamento non soggetti ad autonoma tassazione di registro in aggiunta e distintamente dalla tassazione del mutuo, cui si riferiscono. A) La Corte di Torino ha cos� motivato: Il problema che si propone alla Corte � inteso a stabilire se il mutuo e le delegazioni di pagamento contemplati nel medesimo atto debbano considerarsi negozi distinti e singolarmente tassabili oppure costituiscano disposizioni << necessariamente connesse e derivanti per l'intrinseca loro natura le une dalle altre n in modo da consentire l'applicazione dell'art. 9 Cpv. Legge di Registro che, nella seconda ipotesi, considera l'atto quanto all'imposta come << se comprendesse la sola disposizione che da luogo all'imposta pi� grave n. L'unicit� del negozio giuridico di mutuo e delegazioni � contestata dall'Amministrazione delle Finanze sul rilievo che mediante la delegazione il delegante ed il delegato assumono precisi obblighi che non possono considerarsi come elementi costitutivi di un unico negozio di mutuo: che la delegazione integra una obbligazione autonoma -non necessariamente connessa con quella di mutuo con la quale le parti stabiliscono l'assunzione di obblighi da parte del delegato e le modalit� di pagamento, cos� stipul�ndo una vera e propria garanzia indipendente ed autonoma rispetto al contratto di mutuo. Trattasi di interpretare la norma dell'art. 9 Legge di Registro e di stabilire la sfera di applicazione della stessa. Non ritiene questa ()orte che sia accettabile il criterio dell'Amministrazione appellante secondo cui la lettera della norma ed il criterio informatore della stessa precisano che l'ambito di applicazione della norma abbraccia unicamente la concatenazione strutturale, oggettivar concettuale delle disposizioni secondo lo schema tipico del negozio e con una causa giuridica che assolva la stessa funzione economica e sociale. In sostanza l'Ammini:strazione Finanziaria con criterio restrittivo limita la connessione agli obblighi che in un determinato tipo di contratto assumono la natura di elementi strutturali, come le obbligazioni che costituiscono il corrispettivo della prestazione principale oppure i corollari giuridici delle contrapposte obbligazioni. Premesso che quella prevista dall'articolo citato� deve essere connessione oggettiva, non rimessa cio� alla determinazione dei contraenti, agli effetti di stabilire il collegamento tra pi� disposizioni di un medesimo atto per l'applicazione della sola imposta relativa alla disposizione che d� luogo all'imposta pi� grave, ritiene questa doversi adeguare Corte alla interpretazione che della norma ha fatto il Supremo Collegio (Cass., 4 ottobre 1958, n. 3106): ((agli effetti dell'art. 9 della Legge di Registro secondo cui se un atto contiene pi� disposizioni indipendenti ognuna. di queste � sottoposta a tassa come se formasse un atto distinto, la nozione di disposizione indi pendente va intesa nel senso di negozio giuridico autonomamente previsto dalla tariffa e la neces saria connessione tra pi� disposizioni derivanti le une dalle altre, si verifica solo allorquando tra le varie disposizioni esiste per forza di legge e non per semplice volont� delle parti una concatenazione tale da poter avere riassunta in un unico rapporto tassabile n. � da ritenersi cio� che la formulazione dell'art. 9' Legge di Registro non fa riferimento ad un legame necessario tra le varie disposizioni derivante dal . sinallagma tipico contrattuale nel senso di esclu dere da tassazioni distinte ed autonome soltanto le obbligazioni che siano corrispettive di quella principale ovvero siano corollari giuridici delle contrapposte obbligazioni: il testo della norma ha. portata pi� vasta considerando e comprendendo tutte le ipotesi in cui la pluralit� delle disposizioni e la loro concatenazione sono cagionate da forza di legge e non dalla discredionalit� dei contraenti. La connessione deve ritenersi ricoiTente anche� quando dipende da norme che pur non incidendo direttamente sulla disciplina del contratto tipico, debbono, necessariamente, essere osservate nella. stipulazione di un particolare contratto. Il legame si ha cos� tutte le volte che una disposizione viene ad aggiungersi a quelle tipiche strutturali.del con tratto tipo per virt� di una norma legislativa che< la impone in relazione anche a finalit� non proprie del negozio ma di carattere pubblico. Ci� premesso occorre considerare se il Comune di Torino abbia rilasciato le delegazioni di paga -200 mento di cui trattasi perch� costrettovi dalla legge e se la Cassa di Risparmio le abbia accettate con la dausola del non riscosso a sua volta costrettovi per forza cogente. La risposta al quesito non � dubbia ove si considerino le norme legislative che regolano la materia. La Legge Comunale e Provinciale (T. U. 3 marzo 1934, n. 383) stabilisce all'art. 299 n. 3 l'obbligo per il Comune di garantire l'ammortamento del mutuo determinando i mezzi per provv- edervi nonch� i mezzi per il pagamento degli interessi. A sua volta l'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175 dispone che se non sussistono altri cespiti comunali delegabili per legge (e questo � il caso di specie) il Comune � tenuto a rilasciare delegazioni sull'imposta di consumo. Del che consegue che rilasciando le delegazioni sull'imposta di consumo il Comune di Torino non ha scelto liberamente un mezzo, ma ha ottemperato ad una modalit�. di pagamento del mutuo alla cui osservanza era tenuto per forza di legge. Il che svuota di ogni contenuto l'argomentazione dell'Amministraziohe Finanziaria secondo la quale l'avere il Comune di Torino esaurito gli altri .cespiti e l'essere stato costretto a ricorrere ai proventi futuri delle imposte di consumo non deriva da norme cogenti ma dalla situazione patrimoniale .contingente che riconosciuta nella competente sede gerarchica, abilita all'esercizio della facolt�. ipotizzata dall'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale. Non vi � dubbio infatti -si sostiene . che se il Comune di Torino avesse in concreto potuto ricorrere ad altre fonti patrimoniali per fronteggiare gli oneri del prestito il ricorso ai proventi delle imposte di consumo sarebbe mancato senza .che, per tale fatto, venisse a mancare anche il mutuo. Pare facile l'obiezione che se � indubbio .che la situazione patrimoniale del Comune ha rilev- anza, la stessa va per� rapportata al sistema della legge che �, ripetesi, nel senso che nel difetto di altri cespiti comunali delegabili il Comune, sempre per garantire l'ammortamento del mutuo, deve Tilasciare delegazioni sulle imposte di consumo a � norma dell'art. 94 del citato Testo unico, in ottemperanza cio� ad una facolt�.. Le difese dell'Amministrazione appellante postulano un particolare esame della clausola del � non l'iscosso per riscosso �. � canone fondamentale prescritto all'esattore dalla legge per riscossione delle imposte dirette quello del �non riscosso per riscosso>> (art. 5 legge 17 ottobre 1922, n. 1401). Sull'assunto che tale obbligo � posto a carico dell'Esattore per i tributi comunali esigibili mediante l'Uoli si sostiene che per le imposte di consumo in gestione diretta, per le quali il Comune prov-vede direttamente~ all'accertamento ed alla riscossione affidandone il solo esercizio di cassa ad un ente distinto, Tesoriere Comunale, l'obbligo predetto non {l posto dalla legge n� dal contratto esattoriale .che nel particolare sistema non entra affatto in gioco: con la conseguenza che se, non potendo parlarsi d'obbligo imposto dalla legge, il Tesol'iere lo assume, ci� va riportato alla sua volont�. .con la conseguenza ulteriore della costituzione di un negozio di garanzia distinto da quello di mutuo, non legato a questo da alcuna correlazione di necessit�. e quindi autonomamente tassabile. L'argomentazione con � fondata. L'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale �pone come specifica, imprescindibile condizione per le delegazioni sull'imposte di consumo che la riscossione sia data in carico all'appaltatore delle dette imposte e, nel caso di gestione diretta, all'esattore delle imposte dirette e al Tesoriere comunale con le condizioni� stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette. Ne consegue cb.e la Cassa di Risparmio -tesoriere Comunale, alla quale i ricevitori delle imposte di consumo versano gli importi di dette imposte con correlativo obbligo di ricevimento, � tenuto nell'esercizio del suo servizio all'osservanza delle condizioni di legge per la riscossione delle imposte dirette. Si � detto che canone fondamentale della riscossione delle imposte dirette � quello cel �non riscosso per riscosso>>. I capitoli normali esattoriali (D. M. Finanze 18 settembre 1823) che hanno natura di norme integrative delle disposizioni contenute nella legge e nel regolamento di riscossione dispongono che l'esattore ed il ricevitore provinciale sono tenuti a firmare le delegazioni emesse dai Comuni e dalla provincia, ed a versarne l'importo alle scadenze con l'obbligo del �non riscosso per riscosso>>. Lo stesso obbligo � applicabile per le delegazioni sui proventi del dazio consumo e delle tasse comunali affidati in riscossione agli esattori emesse in garanzia di mutui fatti dalla Cassa Depositi e Prestiti o da altro Istituto (art. 9). Pare evidente, e lo ha gi�. rilevato il Tribunale, che dal complesso delle disposizioni summenzionate risulta che il prt\SUpposto per emettere delegazioni sulle imposte di consumo � appunto che la riscossione nel caso di gestione diretta sia affidata allo esattore o al Tesoriere con l'obbligo del �non riscosso per riscosso �, e che il tesoriere, nel caso di gestione diretta � posto dalla legge nelle condizioni stesse dell'esattore o in quella dell'appaltatore nel caso di gestione appaltata. Non pu� pertanto parlarsi di obbligo liberamente assunto dalle parti, ma trattasi dell'osservanza di un precetto legislativo che vincola il comportamento del mutuante. Solo per la compiutezza di motivazione va rile vato che dal contesto del rogito Burlando nulla appare che consenta di ritenere l'assunzione di un obbligo diretto tra la Cassa di Risparmio e l'Istituto mutuante: la sottoscrizione del rappresentante della Cassa vale unicamente come accettazione passiva delle pattuizioni intervenute tra mutuante e mutua tario, ma non implica l'assunzione di una qualche particolare specifica obbligazione diretta della stessa verso l'Istituto San Paolo. Ritiene pertanto questa Corte, ribadendo quanto gi�. affermato in sentenza 20 aprile ...... che le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo, rilasciate in mancanza di altri cespiti delegabili, siano da considerarsi mandati da pagamento non soggetti ad autonoma tassazione di registro in aggiunta e distintamente dalla tassazione del mutuo cui si riferiscono. Onde l'appello va respinto. -201 B) La sentenza della Corte di Torino � stata gravata di Ricorso in Cassazione sulla base dei due seguenti motivi: I -Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della Legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269 nonoh� dell'art. 30 della tariffa A annessa alla legge di Registro predetta -Omessa insufficiente e oontrad� dittoria motivazione -A i sensi e per gli effetti dell'art. 360 nn. 3 e 5 del O. p. o. .A) L'imposta. di registro,, della cui legittimit� i giudici di appello erano stati investiti, concerneva, fra l'altro, la tassazione a norma dell'art. 30 della tariffa A della L. O. R. di 12 delegazioni semestrali di pagamento, emesse dalla Citt� di Torino sui proventi delle imposte di consumo, sottoscritte dal Sindaco, accettate dalla Cassa di Risparmio di Torino, alla quale � affidato il servizio di Tesoreria Comunale, e consegnate all'Istituto Bancario San Paolo di Torino per l'importo complessivo di J.J. 116.071.272, a fronte del mutuo da detto Istituto concesso alla Citt� di Torino con il rogito Burlando 17 aprile 1958, n. 4232 di rep. per il maggior importo di L. 217.000.000, da restituirsi con versamenti semestrali in 25 anni. La tassazione predetta, contestata in sede giudiziaria dalla Citt� di Torino, era stata operata, in via suppletiva, in occasione della verifica delle percezioni eseguite dall'Ufficio sul rogito Burlando, con la iscrizione dell'art. 19010 A. O. Chieri nell'importo di L. 2.437.507. I Giudici di appello, al pari dei primi giudici, hanno affermato l'illegittimit� della eseguita tassazione, giacch� il mutuo concesso alla Citt� di Torino e le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo accettate dalla Cassa di Risparmio, incaricata del servizio di Tesoreria Comunale, integrando delle disposizioni necessariamente connesse e derivanti le une dalle altre, vanno disciplinati, ai fini del tributo di registro, dal secondo comma dell'art. 9 della L. O. R.: tassazione dell'unica disposizione che d� luogo alla tassa maggiore. Hanno, infatti, affermato i giudici di appello che: � ... la formulazione dell'art. 9 Legge di Registro non fa riferimento ad un legame necessario tra le varie disposizioni derivanti dal sinallagma tipico contrattuale nel senso di escludere da tassazioni distinte ed autonome soltanto le obbligazioni che siano corrispettive di quella principale ovvero siano corollari giuridici delle contrapposte obbligazioni: il testo della norma ha portata pi� vasta considerando e comprendendo tutte le ipotesi in cui la pluralit� delle disposizioni e la loro concatenazione sono cagionate da forza di legge e non dalla discrezionalit� dei contraenti. La concessione deve ritenersi ricorrente anche quanto dipenda da norma che pur non incidendo direttamente sulla disciplina del contratto tipico, debbono, necessariamente, essere osservate nella stipulazione di un particolare contratto. n legame -proseguono i giudici di appello -si ha tutte le volte che una disposizione viene ad aggiungersi a quelle tipiche strutturali del contratto tipo per virt� di una norma legislativa che la impone in relazione anche a finalit� non proprie del negozio, ma di carattere pubblico. �. L'obbligo posto ai Comuni dall'art. 299 n. 3 della. Legge Comunale e Provinciale del)~ marzo 1934, n. 383 di garantire l'ammortamento dei mutui da essi contratti determinando i mezzi per provvedervi; la mancanza per la Citt� di Torino di cespiti delegabili per legge, con conseguente esercizio dar parte dello stesso della facolt� prevista dall'art. 94 del Testo unico sulla Finanza locale 14 settembre 1931, 11. 1175; e l'obbligo posto dall'art. 9 del D. M . 18 settembre 1923 con i Capitoli Normali Esattoriali per gli Esattori Comunali di accettare le delegazioni con l'assunzione dell'onere del<< non riscosso per riscosso�, sono stati assunti, nell'economia della sentenza impugnata, in conseguenza della, adottata interpretazione dell'art. 9 della L. O. R., ad elementi determinanti la << connessione necessaria �, presupposto della unicit� della tassazione. In tali statuizioni le violazioni denunciate sono certe. B) L'art. 9 della L. O. R., al secondo comma. stabilisce ohe << un atto � che comprende pi� dispo sizioni necessariamente connesse e derivanti, per l'intrinseca loro natura, le une dalle altre, � consi derato, quanto alla tassa di registro, come com prendesse la sola disposizione che d� luogo allar tassa pi� grave >>. La lettera della norma -disposizioni necessa riamente connesse e derivanti, per la intrinseca loro natura, le une dalle altre -ed il criterio ispi ratore della stessa -evitare il carattere vessatorio delle distinte tassazioni nei casi in cui le disposizionir anche se distinte, sono caratterizzate da una con catenazione logica si da essere riassorbite nell'unico� rapporto oggetto di tassazione -precisano, a chiare note, che l'ambito di sua applicazione ab braccia unicamente e soltanto la concatenazione strutturale, oggettiva, concettuale delle disposi zioni, secondo lo schema tipico del negozio e con una causa giuridica che assolva la stessa funzione economica e sociale. � N e restano escluse le concatenazioni occasionali soggettive, non concettuali, quale che sia la finalit�,. che le concatenazioni stesse vogliono attuare. In tali casi, infatti, delle singole disposizioni � dato concepirne l'esistenza anche senza la conca tenazione predetta. L'insegnamento della Corte di Cassazione � tas sativo al riguardo. Nella sentenza 3 ottobre 1958r n. 3087 e 4 ottobre 1958, n. 3106 (la motivazione di quest'ultima � riportata nella << Riv. Leg. Fisc. �, 1959 col. 214 e segg.) � detto che, <<ai sensi e per gli effetti dell'art. 9 della legge sull'imposta di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, se in un atto sono comprese pi� disposizioni indipendenti o non derivanti necessariamente le une dalle altre, ciascuna di esse � sottoposta ad imposta come se formasse un atto distinto; nella quale norma di__ legge la nozione di disposizione indipendente var intesa nel senso di negozio giuridico autonomamente previsto dalle tariffe allegate alla legge di registromentre quella di disposizioni necessariamente deri� -202 "Vanti le une dalle altre si delimita nel senso che essa si verifica solo allorquando esista fra esse in forza di legge e non per mera volont� delle parti, una concatenazione logica necessa1�ia, cos� da essere tutte riassorbite, per la loro natura, quali elementi indi. spensabili, nell'unico rapporto giuridico tassabile ai fini del registro. N ella sentenza 4 agosto 1941 Finanze contro Banca Trentino .Alto .Adige, � detto che: � .. � ove uno o pi� disposizioni siano necessariamente connesse, cio� interceda fra loro un rapporto tale che l'una genera l'altra per la s1ta stessa indole, e soggetta a tassazione solo la disposizione che d� luogo alla tassa pi� grave n. Nella sentenza 29 maggio 1942, n. 1498 Banco Bertolli contro Finanze � affermato lo stesso prin. cipio: � perch� si abbiano due disposizioni connesse, .a norma dell'art. 9, � necessario che fra le due disposizioni vi sia una connessione informata a 7agioni di compenetrazione obiettiva, in guisa che non si possa concepire la sussistenza giuridica dell'una senza quella dell'altra >>. Sempre lo stesso principio � affermato nella sentenza 13 febbraio 1951 Soc. Selt -Valdarno contro Finanze in � Riv. Fiscale n, 1951, 279; 9 maggio 1956, n. 1520 in<< G. Civ. Mass. >>, 1956, 513. In applicazione di tale principio � stata esclusa la connessione necessaria (cfr. Cassaz. 7 giugno 1947, n. 864 Istituto Romano Beni Stabili contro Finanze in� Foro Ital. n, 1947, 268) persino nel caso dell'obbligo del pagamento del prezzo nella compravendita qualora detto obbligo viene disciplinato dalle parti in modo particolare, con una speciale ratea: zione, col pagamento di interessi corrispettivi ad un tasso superiore a quello legale, con rimborso dell'imposta di ricchezza mobile, rilascio di cambiali e garanzia ipotecaria consensuale, perch� l'obbligo stesso viene ad assumere una fisionomia che, per sua natura, non deriva dal negozio di vendita. Lettera, pertanto, spirito informatore della norma .ed applicazione giurisprudenziale portano, necessa- riamente, a ritenere che: a) disposizione indipendente � quella di rap porto o negozio giuridico autonomamente previsto dalle Tariffe allegate alla legge di registro; b) tale disposizione � tassata in via separata .e distinta sempre che non costituisca un elemento integratore del negozio giuridico posto in essere, secondo lo schema tipico del negozio, quale � fis sato dalla legge; c) l'intervento della legge, dovendo soddisfare .all'esigenza di una connessione obiettiva ed inscindibile fra le varie disposizioni, che assolva alla .medesima causa giuridica -�per l'intrinseca loro natura >> richiede lo art. 9 citato -deve determinare una situazione non di accessoriet� della disposizione, ma di connaturale compenetrazione, con .esclusione di quei casi in cui la stessa impone delle cautele richieste da esigenze di opportunit� .amministrativa, che non influiscono sulla possibilit� di concepire il negozio giuridico anche senza le .cautele predette. C) I tre ordini di ragioni, pertanto, nei quali i giudici di appello hanno riscontrato gli estremi della connessione necessaria sono in violazione della dovuta interpretazione delle norme e sono frutto di un vizio logico di motivazione. Essi, infatti, integrano cautele indicate dalla legge per finalit� non proprie del negozio, ma per esigenze di buona amministrazione. .o L'art. 299 n. 3 del Testo unico della legge Comunale e Provinciale del 1934 disciplina le condizioni che abilitano i Comuni e le provincie a contrarre mutui, ma tale disciplina non risponde alla causa giuridica del negozio generale di mutuo ed a questo risultino legati da un vincolo di accessoriet� e non di connaturalezza, nel senso voluto dalle norme, di compenetrazione strutturale, oggettiva, concettuale. La disciplina predetta, prevedendo per i Comuni l'obbligo della garanzia e della indicazione dei mezzi di pagamento, assolve ad esigenze di buona amministrazione, di necessit� di bilancio e tali cose hanno una causa giuridica che assolve una funzione economica e sociale diversa da quella propria del mutuo, nello schema tipico previsto dalla legge civile. La mancanza per la Citt� di Torino di cespiti delegabili per legge con il conseguente esercizio della facolt� prevista dall'art. 94 del Testo unico, della Finanza Locale e l'assunzione da parte del Tesoriere Comunale, incaricato dei servizi di riscossione delle imposte di consumo dell'onere del non riscosso per riscosso, sono estrinsecazioni concrete della disciplina posta dal ricordato articolo 299 n. 3 della legge Comunale e Provinciale e rispondono alla causa giuridica della disciplina suddetta, con esclusione assoluta della compenetrazione strutturale e concettuale con il negozio di mutuo. Le disposizioni relative alle delegazioni di pagamento costituiscono, infatti una voce separata e distinta dalla tariffa A della legge di Registro -art. 30 e, per la loro natura, la loro funzione, la loro causa giuridica nei contratti di mutuo stipulati dai Comuni, sono rishieste da norme diverse, separate e distinte da quelle regolatrici del contratto. Il mutuo dei Comuni, peraltro pu� essere garantito e soddisfatto anche con mezzi diversi senza che per tale fatto perda la sua fisionomia e la sua vitalit�. Le delegazioni sui proventi delle imposte di consumo richiamano, pertanto, il concetto della accessoriet� e non della connaturalezza con il negozio di mutuo garantito a norma dell'art. 299, terzo comma della Legge Comunale e Provinciale. II-Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della Legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, dell'art. 5 della legge 17 ottobre 1922, n. 1401 sulla riscossione delle Imposte Dirette, dell'art. 9 del Decreto del Ministero delle Finanze 18 settembre 1923 con norme esecutive ed interpretative della legge sulle riscossioni (Capitoli Normali esattoriali) -Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo. -A i sensi e fJer gli effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5 d_~l.C. p. c. .A) I giudici di appello nel presupposto che la connessione necessaria derivante da norme di legge, non � soltanto quella strutturale propria fra le varie obbligazioni a seconda del tipo del contratto, ma anche queJla resa necessaria da norme cogenti -203 diverse da quelle regola.trici del contratto, hanno poggiato la loro decisione su tre ordini di motivi: a) sull'oblbligo posto ai Comuni dell'art. 299, n. 3 della legge Comunale e Provinciale del 1934 di garantire l'ammm,tamento dei mutui determinando i mezzi per provvedervi; b) sulla mancanza per la Oi�tt� di Torino di �0esp:Lti del�egabili 1per le1gge con conseguente esercizio della facolt� prevista dall'art. 94 del T�esto unico sulla finanza locale del 1931; a) sull'obbligo del non riscosso per riscosso posto dall'art. '9' dei Capitoli Normali per Esattori Comunali di accettare le delegazioni di pagamento .tratte dai Comuni. La erroneit� del presupposto dal quale i giudici di a ppel.lo hanno �pr�eso le mosrse, i.UustNIIOO. nel primo motivo, travolge, la sentenza da E�ssi pronunciata. Pari erroneit�, per� inficia�, sia sotto il profilo di viola.zione di legge che di vizio logico di motivazione, con omesso es3!Ille di punto decisivo, l�e affermazioni che, nel presupposto predetto, sono state fatte in particolare. B) sub a) L'art. 299, terzo comma della legge ComunaJ..e e Provinciale del1934 impone ai Comuni l'obbligo di garantire l'ammortamento dei mutui determinando i mezzi per provvedervi. Le delegazioni sono in es�trinsecazione dell'obbligo generale suddetto e sono frutto della libera .scelta della parte che alle stesse fa ricorso per .a,s,solvere non le �es.Lg�enze caus.aJi �e .funzionali del mutuo, ma quelle della buona amministrazione e della situazione contingente dei bilanci. sub b) L'avere la Citt� di Torino esaurito gli .altri cespiti e l'essere stata costretta a ricorrere ai proventi futuri delle imposte di consumo, non deriva da norme cogenti, ma dalla situaz.ione patrimoniale contingente che, riconosciuta nella competente sede gerarchica, abilita all'esercizio della facolt� ipotiz.zata nell'art. 94 del Testo unico della Finanz!lJ locale del1931. Non vi � dubbio, infa. tti che se ;La. 1C[tt� d;i Torino M"e,s�se� in 0onc.reto potuto ricorrere ad altre fonti patrimoniali per fronteggiare gli oneri del prestito, il ricorso ai prov�enti de:hle :iJJ:nposte di wnsumo sa1rehbe :mancato, senza ehe, per tale fatto, sarebbe ma.ncato anche il mutuo. Nell'ambito stesso delle delegazioni di pa�gamento !Vi � �di�stinz:ione !f.ra facoltatime ed o�bbligatorie: le une, v. �Nuovissimo Digesto Italiano �, yoce Delegazioni di pagamento -Diritto Finanziario) 5, pag. 358, �sono �quelle che i <Comuni e gli altri Enti in veste di mandatari si obbligano a rilasciare in base ad un accordo con gli Enti mutuanti liberamente stipulato, facendo rieor.so alla facolt� prevista dal ricordato art. 94 del Testo unico della Finanza locale; le altre sono quelle che i Comuni sono obbligati a rilasciare a favore degli Enti Comunali di assistenza, deUe Amministrazioni degli Ospedali e delle Istituzioni di Beneficem:a, quando sono debitori ve1~so questi Enti per le spese di speda1it� da essi anticipate. s.ub a) L'obbli~go del n�on .risoos,so 1per ri,s�cosso � posto a carirx� dell'Esattore per i tributi comunali esigibili mediante Ruoli, in quanto tale obbligo :sorga per legge o per contratto Esattoriale. L'art. 5 ultima parte della legge di Riscossione del 1922 � tassativa al riguardo. Per le imposte di consumo in gestione diretta per le quali il Comune provvede direttamente all'accertamento ed alla riscossione, affidandone il solo esercizio di cassa ad un Ente distinto, Tesoriere Comunale, l'obbligo predetto non � posto n� dalla legge n� dal contratto Esattoria�e che, nel particolare sistema, non entra affatto in gioco. E questo � il caso della citt� di Torino. Essa infatti provvede alla gestione diretta del servizio delle imposte di consumo e la Cassa di Risparmio in quella sede, in funzione di Tesoriere, ha solo il servizio di cassa. Il richiamo all'art. 94 del Testo unico sulla Finanza Locale non � affatto risolutivo in contrario. Detto articolo precisa soltanto che, nel concorso di varie altre condizioni, sono delegabili le imposte di consumo la cui riscossione sia data in carico all'appaltatore delle imposte stesse e, nel caso di gestione diretta, all'Esattore delle imposte dirette o al Tesoriere Comunale, con le condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette. In mancanza le imposte pi� volte dette non sono delegabili. Esso, pertanto, non pone affatto l'obbligo per l'Esattore o il Tesoriere dell'assunzione della riscossione con la clausola del non riscosso per riscosso, n� avrebbe potuto porlo non essendo l'art. 94 la sede che regola i rapporti di Esattoria e di Tesoreria. L'assunzione predetta resta una mera facolt� della Tesoreria e se ricorre, ci� avviene per libera determinazione contrattuale. In mancanza di tale assunzione volontaria il Tesoriere, diversamente per quanto avviene per i tributi riscuotibili mediante Ruoli e per i quali agisce in funzione di Esattore Comunale, non ha affatto, per le imposte di consumo, l'obbligo di versare l'importo accertato, del quale, per� non sia stato possibile l'esazione. Il Tesoriere Comunale estingue i mandati nei limiti dei fondi stanziati in bilancio e se non sono conformi alle disposizioni di legge pu� rifiutarsi di pagarli (T. U. 3 marzo 1934, n. 383 art. 325). Egli ha dunque nei confronti dell'ordine di paga mento fattogli dalla Amministrazione una certa facolt� discrezionale di apprezzamento circa le circostanze in cui avviene o deve avvenire il paga mento. Per le delegazioni, pertanto, sui proventi delle imposte di consumo in gestione diretta l'obbligo giuridico per il Tesoriere di firmare le delegazioni stesse e di versarne alla scadenza l'importo relativo con l'onere del non riseosso per riseosso, non ricorre affatto. L'art. 9 dei Capitoli Normali Esattoriali, approvato con D. M. 18 settembre 1923, infatti, tale obbligo giuridico pone per le delegazioni sui proventi delle imposte di consumo, che siano state �affidate in riscossione agli Esattori ,,, e ci� ovviamente, in appalto o con altro sistema. In mancanza -� il caso della Citt� di Torino -il Tesoriere Comunale che esplicando il solo servizio di cassa, sottoscriva le delegazioni ed accetti in maniera espressa l'obbligo di versarne alla scadenz� 'l'importo con l'onere del non riscosso per riscm;so, assume una obbligazione autonoma ehe esula dal normale rapporto di Tesoreria, quale � regolato dalla legge e dal Contratto Esattoriale e di Tesoreria. -204 Chiarito, pertanto, che per i Tesorieri Comunali non ricorre affatto l'obbligo di legge, per i proventi delle imposte di consumo in gestione diretta dei Comuni, di accettare le delegazioni di pagamento e di versarne alla scadenza l'importo ultra vires, l'obbligazione in concreto assunta, d�. luogo ad un negozio che, distinto da quello di mutuo, � chiamato a spiegare una vera e propria funzione di garanzia che si affianca, per volont�. delle parti, al sinallagma proprio dei rapporti Citt� di TorinoIstituto Bancario di San Paolo a quella sede. L'Ingrosso, in� Foro Ital. �, 1938, 546, parla, infatti, di accollo cumulativo. Non a caso, d'altra parte, nel rogito Burlando: a) l'obbligazione pi� volte detta del versamento con l'onere del non riscosso per riscosso � stata espressamente sancita, con la partecipazione del Tesoriere Comunale, attraverso una precisa manifestazione di volont�. dello stesso; b) il Comune ha assunto l'obbligo di far sottoscrivere le future delegazioni con l'onere del �non riscosso per riscosso >> dal futuro Tesoriere oVv-ero dell'appaltatore, nel caso di gestione in appalto. Il carattere convenzionale dell'obbligazione da detta manifestazione di volont�. non poteva prescindere e, con i rilevati caratteri, non risulta affatto legata da connessione necessaria, per forza di legge, con il negozio di mutuo. IMPOSTA DI REGISTRO-Decisione delle Commis� sioni Amministrative in tema di valutazione -Ricorso all'A.G.O, a norma dell'art. 29 del R.D.L. 7 ago� sto 1936, n. 1639-Decisione Definitiva -Nozione Estremi. (Tribunale L'Aquila, 24 aprile-lO giugno 1963 -Pizzoferrato ed altri c. Finanze). La decisione pronunciata dalla Commissione Distrettuale delle Imposte in sede di determinazione del valore nei trasferimenti della ricchezza, non impugnata nei termini e nei modi prescritti alla Commissione Provinciale delle Imposte, � definitiva ed avverso la stessa � ammissinile l'azione giudiziaria prevista dall'art. 29 del R.D.L. 7 �agosto 1936, n. 1639 per mancanza ed insufficienza di calcolo e per grave ed evidente errore di apprezzamento. Proposto, per�, il ricorso alla Commissione Provinciale l'azione giudiziaria � ammissibile solo dopo la decisione che dalla stessa sar�. emessa. La sentenza � cos� motivata: Come � noto, anche in materia di imposte indirette -senza alcuna limitazione -l'Autorit~ Giudiziaria ordinaria pu� essere adita per questioni di diritto e per questioni di fatto connessa a questioni di diritto (estimazione complessa). Vale, quindi, anche per dette imposte il principio ipotizzato nell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ribadito, peraltro, in successive disposizioni di legge in base al quale dalla competenza dell'Autorit� giudiziaria sono escluse le questioni di estimazione semplice. E ci� anche se l'art. 29 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 che suddivide le controversie relative alle imposte indirette sui. trasferimenti della ricchezza in due categorie, attinente la prima alla determinazione del valore (terzo comma) e la seconda all'applicazione della. legge (quarto comma) abbia, con la prima di dette categorie, introdotto una eccezione a tale principio (sia pure limitata, come si chiarir� in seguito) permettendo, a maggiore tutela degli interessi del contribuente, che l'Autorit� giudiziaria ordinaria possa esercitare, per grave ed evidente errore di apprezzamento o insufficienza di calcolo, un controllo sulle questioni di determinazione del valore (quindi, di estimazione semplice) ed anche se, per� tale controllo, ed in ispecie per il potere di annullamento della decisione viziata, non possa escludersi che, in deroga al principio dell'autonomia dei due giudizi (e sia pure per il solo controllo dell'errore di apprezzamento o della insufficienza di calcolo), una certa interferenza abbia a verificarsi: tra giurisdizione speciale e giurisdizione ordinaria~ Contrariamente a quanto avviene per le imposte� dirette riscuotibili col sistema dei ruoli, per le quali l'azione giudiziaria pu� proporsi soltantodopo che si sia reclamato alla giurisdizione speciale,. e, propriamente, soltanto dopo che sia intervenuta. una decisione definitiva anche soltanto della Commissione distrettuale o di quella provinciale, in materia di imposte indirette, invece, l'azione giudiziaria pu� proporsi indipendentemente da quella amministrativa, ed anche dura!fte, e dopo, la pendenza del giudizio davanti alle Commissioni amministrative. N� pare sostenibile che ilD. L. del 1936, n.1639,. con gli artt. 28 e 29, quarto comma abbia, in modo diretto o mediato, atbrogato alle disposizioni ipotizzate nell'art. 93 della legge tributaria. sulle successioni, approvata con R. D. 30 dicembre 1933, n. 3270 e nell'art. 145 della legge di registro R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269; disposizioni che, facultando il contribuente ad opporsi all'ingiunzione fiscale o in via amministrativa o in via giudiziaria, consentono di dedurre che il debitore possa ricorrere alla Autorit� Giudiziaria ordinaria direttamente e cio� senza che prima sia stata. adita l'autorit� amministrativa. Invero l'art. 28 dalla citata legge del 1936, in base al quale la risoluzione in via amministrativa. delle controversie relative all'applicazione delle imposte di registro, di successione ed in surrogagazione di manomorta ed ipotecarie, � demandata. alle Commissioni amministrative per le imposte dirette, autorizza a ritenere che illegisl�tore abbia inteso �unificare l'organo giurisdizionale chiamato� a decidere in sede amministrativa le controversie tributarie, senza distinzione tra imposte dirette ed indirette>> (Cass. 19 novembre 1954, n. 4246), ma. non ad estendere alla categoria delle imposte indirette il sistema processuale proprio delle imposte dirette (esercizio dell'azione giudizi~#:;t subordinatamente all'esperimento del ricorso in via am.mini-_ strativa), essendo una tale estensione completa~ mente estranea alla sua sfera normativa. A sua volta l'art. 29, quarto ed ultimo comma,. della stessa legge_del1936, concernente la determi -205 nazione della competenza della Commissione amministrativa in materia di imposte indirette, se � vero che fu salvo il ricorso alla .Autorit� giudiziaria, avvalorando l'interpretazione che il ricorso stesso non possa che essere successivo al reclamo amministrativo, � altrettanto vero, per�, che lo fa salvo nei modi e termini stabiliti dalle vigenti leggi, e cio� richiamando le precedenti norme sul contenzioso delle imposte indirette (cfr. sentenz~ citata). Ad avvalorare l'affermazione di principio in esame concorre, poi, anche l'art. 39 R. D. 1937, n. 1516, il quale -e si badi bene con espresso richiamo al quarto ed ultimo comma del pi� volte �Citato art. 29 della legge del 1936 -stabilendo il modo in cui debbono essere inviati alla Commissione per la decisione di merito gli atti relativi al ricorso << in sede di procedura coattiva contro la quale sia stata fatta dal contribuente opposizione giudiziale n, chiaramente lascia intendere che il debitore possa immediatamente adire l' .Autorit� giudiziaria ordinaria, prescindendo dal ricorso amministrativo. Se il caso specifico_ previsto dal terzo comma del pi� volte citato art. 29 della legge del 1936 si �Stranea -come gi� innanzi si � detto -in via di limitata eccezione (e di limitata eccezione, perch� l'intervento dell'Autorit� giudiziaria ordinaria nella determinazione del valore � limitato soltanto al .controllo dell'errore di apprezzamento o della man< Janza o insufficienza di calcolo), dal principio sopra riferito, in base al quale, anche in tema di imposte indirette, l'Autorit� giudiziaria ordinaria non pu� �ssere adita per le questioni di diritto o promiscue e non per le questioni di estimazione semplice, lo stesso caso specifico del terzo comma si estranea _pure dall'altro principio pure sopra riferito, in base al quale, sempre in tema di imposte indirette � per questioni di diritto o promiscue, l'azione giurisdizionale amministrativa non � condizione _per l'azione giudiziaria. E si estranea da quest'ultimo principio in primo luogo per il modo letterale in cui lo stesso comma terzo lo esprime. Invero detto comma, nello stabilire che il giudi zio delle Commissioni provinciali sulle questioni <Jhe si riferiscono alla determinazione di valore � definitivo, fa salvo �il ricorso all'autorit� giudi ziaria per grave ed evidente errore di apprezza mento ovvero per mancanza o insufficienza di cal <Jolo nella determinazione del valore �; ma non lo :fa salvo come nel successivo quarto comma e cio� (( nei modi e termini stabiliti dalle vigenti leggi �. Orbene se, per avere il legislatore espressamente richiamato nel comma quarto i �modi e termini stabiliti dalle vigenti leggi�, s'� sopra respinta, in tema di controversie per questioni di diritto o <Jomplesse, l'interpretazione che il ricorso non possa .che essere successivo, e cio�, che l'Autorit� giudiziaria non possa che essere adita posteriormente alla decisione amministrativa, il non averli invece, detti modi e termini, espressamente richiamati nel pr�cedente comma terzo, sta per contrario, ad avvalorare la tesi che, in tema di controversie per il controllo dei gravi ed evidenti errori di apprezzamento o della mancanza o insufficienza di calcolo, il ricorso non possa che essere successivo alla decisione amministrativa. Ed in secondo luogo si estranea per il suo stesso contenuto sostanziale. Invero il caso previsto dal ripetuto comma terzo non pu� che presupporre necessariamente una precedente decisione, non apparendo oVViamente possibile sindacare la legittimit� di una decisione e per di pi� annullarla, senza che essa esista. .A maggior ragione, poi, se si considera che secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, l'art. 29 (terzo comma) in esame va posto in relazione all'art. 42 del R. D. del 1937, n. 1516, che l'esistenza di una decisione espressamente prevede, laddove stabilisce che �le decisioni delle Commissioni distrettuali e di quelle provinciali ... debbono contenere una sommaria motivazione ... ,, Che detta decisione possa dar luogo all'azione giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento o mancanza o deficienza. di calcolo soltanto dopo che sia divenuta definitiva, non pare che possa dubitarsi (cfr. Cass., 23 marzo 1957, n. 988). � lo stesso comma terzo dal citato art. 29 a fare riferimento ad una decisione definitiva. D'altra parte, un sindacato di legittimit� nei limiti ristretti del grave ed evidente errore di apprezzamento e della mancanza o deficienza di calcolo potrebbe non risultare utile se dovesse riguardare una decisione che non fosse definitiva. Che detta decisione, per essere definitiva, debba poi necessariamente essere emessa dalla Commis sione provinciale � ipotesi da escludere. Secondo il costante insegnamento della S. C. (tra altre, citata sentenza n. 988 del 1957) la deci sione �, infatti, definitiva, oltre che per il suo con� tenuto sostanziale, principalmente perch� non � pi� � soggetta ad impugnazione o ad ulteriore im pugnazione in via amministrativa per difetto di gravame nei termini e nei modi prescritti �. N el caso in esame -e con espresso richiamo a quanto gi� si � detto in narrativa -pu� darsi atto che contro la decisione della Commissione distret tuale pende ricorso alla Commissione provinciale. Ne � prospettabile, in base a quanto risulta dagli atti; l'ipotesi di una rinunzia al ricorso stesso; rinunzia, peraltro, non prospettata neppure dagli interessati, tanto meno in modo circostanziato e formale. Manca quindi per potersi considerare validamente adita l'autorit� giudiziaria ordinaria (e, di conseguenza, questo Tribunale) il presupposto della decisione definitiva prescritto dal citato comma terzo dell'art. 29. DEL RIOORSO ALL'A.G.O. AVVERSO LE DEOISIONI EMESSE DALLE COMMIS~IONI AMMINISTRATIVE IN TEMA DI VALUTAZIONE, PER MANOANZA E INSUFFIOENZA DI OALOOLO E PER GRAVE ED EVIDENTE ERRORE DI APPREZZAMENTO. Il D. L. 7 agosto 1936 (convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1061 che con il D. R. 8 -luglio del 1937, n. 1516 ha riformato il preesistente ord�-namento) ha disciplinato con procedu�re diverse, pur provvedendo all'unificazione dell'organo di giurisdizione speciale, la risoluzione delle controversie aventi RE m Ff7 FWTZ? Wl& 15 L -� 206 per oggetto le imposte dirette e quelle aventi per oggetto le controversie in tema di imposte indirette. Infatti gli artt. 22 e segg. della legge citata hanno stabilito che la risoluzione di tutte le controversie in tema di imposte dirette � demandata, rispettivamente in primo e secondo grado, alle Commissioni Distrettuali, ed a quelle Prot,inciali e che contro le decisioni delle Commissioni provinciali, quando si tratti di questioni di diritto (in esse comprese quelle di �estimazione complessa �) � ammesso ricorso alla Commissione centrale. Lo stesso articolo espressamente ammette il diretto ricorso all'autorit� giudiziaria, contro una decisione della Commissione provinciale o distrettuale, purch� si tratti di questione non riguardante semplice estimazione dei redditi (cfr. art. 6 legge 20 marzo dell865, allegato E). Dalla lettera della legge risulta con evidenza un primo punto e cio� che le controversie di semplice estimazione sfuggono in ogni grado all'esame dell'A.G.O. Diverso � invece il sistema fissato dal legislatore in materia d'imposte indirette. L'art. 29 della legge sopra citata dispone infatti che: <<la competenza_ delle Commissioni ammini strative in materia di imposte indir(3tte sui trasferi menti di ricchez.za � determinata nel modo seguente: le controversie che si riferiscono alla determinazione del valore sono decise in prima istanza dalle Corn missioni distrettuali e in secondo grado da quelle provinciali �. Il giudizio delle Comtnissioni provinciali sulle questioni di cui al comma precedente � definitivo, salvo ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per man canza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore. Tutte le altre controversie relative all'applicazione della legge sono decise in primo grado dalle Com missioni provinciali e in secondo grado dalla Com missione centrale, salvo il ricorso all'autorit� giudi ziaria nei modi e termini di legge �. Dalla lettura della norma sopra riportata risulta chiaro che il legislatore ha inteso nettatnente distin guere, pur nell'ambito delle ~ontroversie in materia di imposte indirette, d1te distinti procedimenti: l) quelli aventi ad oggetto questioni relative all'ap plicazione della legge i quali sono di competenza in prima istanza delle Commissioni provinciali (nella speciale composizione prevista dall'art. 30) ed in seconda istanza della Commissione centrale. Contro quest'ultima decisione � ammesso ricorso all'autorit� giudiziaria (alla quale, peraltro, il contribuente o la Finanza possono sempre ricorrere anche senza l'esperimento dell'azione amministrativa quando ci� sia consentito dalle leggi riflettenti il tributo contro verso; vedi ad esempio art. 145 legge di registro; 2) quelli aventi ad oggetto la risoluzione di questioni relative alla << determinazione del valore �, i quali invece sono devoluti alla competenza delle Commis sioni distrettuali in I grado, provinciali in grado di appello. Contro quest'ultima � ammesso il ricorso all'autorit� giudiziaria, ma ci� per soli vizi di legit timit� della decisione. La conseguenza immediata di tale distinzione � che mentre le controversie aventi ad oggetto la riso luzione di questioni di diritto possono essere portate contemporan�amente all'esame sia della giurisdizione amministrativa sia dell'autorit� giudiziaria ordinaria, senza interferenze tra i due giudizi (fatto, questo, che ha portato aWafferm,azi.Q1~(3 del.. principia di perfetta autonomia delle due giurisdi.zioni: confermo Cassazione Sezioni Unite, 19 gennaio 1957, in �Riv. Leg. Fiscale�, 1957, 725; conf. ved. DE MARINI in cc Riv. Prat. Trib. �, 1949, II, 89; Cassazione 12 aprile 1957 in �Dir. Prat. Trib. �, 1959, II, 297; Cassazione 7 luglio 1959 in cc Riv. Leg. Fiscale�, 1958, 1727; CoNTRA .ALLORio, cc Diritto Processuale Tributa1�io �, Torino 1962, 400 e segg., il quale ritiene invece che tra gi~tdizio avanti la giu.risdizione speciale tributaria e l'autorit� giudiziaria ordinaria vi sia la stessa dipendenza che esiste nei giudizi di gravame. Per le controversie, invece, aventi ad oggetto la risuluzione di questioni relative alla determinazione del valore, il ricorso all'A.G. d� luogo ad un controllo di legittimit� che non si sovrappone n� si sostituisce alla decisione amministrativa; ma che porta o al riconoscimento della validit� delle decisioni o al loro annullamento. In quest'ultima caso l'A.G., la quale accerti l'illegittimit� della decisione della Commissione, non pu� sostituirsi al giudice amministrativo per determinare il giusto apprezzamento o l'esatto calcolo da seguire per stabilire il valore del bene, ma deve limitarsi (ove ne ricorrano~ ben:inteso, gli estremi fissati inderogabilmente dalla. legge; grave ed evidente errore di apprezzamento; assenza ed insufficienza di calcolo), ad annullare lcrr decisione impugnata rimettendo quindi la vertenza. alla stessa Commissione per riesame (la giurisprudenza � costante sul punto cfr. Cassazione 26 settembre 1956, n. 3265 in cc Mass. Foro It. �, 1956, 601,. Cassazione 11 marzo 1958, n. 828 �Foro I t. �, 1958, I, 332; Cassazione 29 novembre 1958, n. 3818 cc Foro It. Mass. �, 1958, n. 792; Cassazione 15 gennaio 1960, n. 24, ivi 1960, 5, e da ultimo Cassazione Sezione Inite, 6 ottobre 1962, n. 2828 in cc Giur. I t. �, 1962; I, 1, 1486 oppure in cc Foro Padano �~ 1962, l, 1121}. Da ci� discende, come ulteriore conseguenza, che� in tema di controversia aventi ad oggetto la congruit� del valore, non p~t� parlarsi di autonomia del procedimento contenzioso amministrativo rispetto al giudizio avanti la giurisdizione ordinaritt. Riconosciuto infatti che nelle controversie riflett~ nti le imposte dirette, nei giudizi di estimazionenon � ammesso il sindacato dell'A.G.O. sulle decisioni delle Commissioni); e che in tema di valutazione in materia di imposte indirette ricorre autonomia del giudizio amministrativo rispetto a quello davanti all'A.G. per essere quest'ultimo un controllo di legittinit� che ha come necessario presupposto una decisi o ne cc Definitiva � delle Commissioni amministrative, l'ammissibilit� dell'impugnazione diretta. di una decisione della Commissione distrettuale da�vanti all'A.G. resta radicalmente esclusa. La Cassazione in un suo solo e non�recente arresto (sentenza 11 aprile 1951 in � Riv. Leg. Fiscale �,___ 19�1, 611) � stato di diverso avviso e nello stesso sens�~ si � pronunciato, in seguito il Tribunale di Milana (sentenza 17 giugno 1957 in �Foro P ad. �, 1957, 2, 1019). -..:... 207 ---' n� s. o. ha basato la tesi accolta sugli. artt. i48 legge di registro � 39 � secondo comma della legge 8 luglio 1937, n: 1516. � �� � Ha ritenuto, in particolare, la Cassazione che, prevedendo gli articoli sopra citati, la possibilit� di ricorso all'A.G. anche prima dell'esperimento dell' azione amministrativa, non fosse dubitabile che l'art. 29 della legge 1936, facendo salvo il ricorso all'A.G. abbia altres� escluso che il reclamo alla Oom~ missione Provinciale possa costituire condizione di procedibilit� dell'azione stessa. M a tale argomentazione non pu� condividersi. Sia infatti, l'art. 148 sia l'art. 39 sopra citati trovano applicazione solo nelle controversie aventi ad oggetto una questione di diritto << non in quelle in tema di valutazione �. Il primo comma dell'art. 39 secondo comma, richiama espressamente ed esclusivamente le controve �rsie previste dal quarto comma dell'art. 29; (che prevede appunto le controversie relative all'applicazione della legge). Parimenti per l'art. 148 della legge di registro; gli artt. 34, 35, 36, 37 e 38 della stessa legge (ora abrogati proprio dalla legge n. 1639 del 1936) infatti prevedevano per le contestazioni in tema di valutazione un particolare procedimento in sede giurisdizionale speciale e ne dichiaravano espressamente l'inderogabilit� (vedasi sopratutto al riguardo l'art. 36), obbligando l'Amministrazione a promuovere, in seguito alla opposizione del contribuente contro l'accertamento fiscale, gli atti relativi. Al collegio pe.ritale sono state sostituite, con la legge del 1936, le Commissioni amministrative, ma non � perci� venuta meno l'obbligatoriet� della proposizione dello speciale preliminare procedimento. Pi� gravi, ma superabili, sono i motivi addotti dal Tribunale di Milano nella decisione pi� sopra citata. A sostegno della tesi accolta il Tribunale ha richiamato come conforme la giurisprudenza del Supremo Collegio (sentenze 1 febbraio 1947, n. 123 in �Foro It. �1 1947, I, 893 con nota di Berliri; 3 aprile 1949, n. 1069 in �Foro I t. �, 1949, I, 833; Cassazione, 19 novembre 1954, n. 4-264 in �Giur. Oompl. Oass. �1 1956, VI, 3497); ma tale richiamo non � pertinente. Tutte le decisioni sopra citate prendono in esame il diverso problema della esperibilit� dell'azione giudiziaria in tema di controversie di diritto, su cui, come d'altronde � stato gi� chiarito, non possono sussistere dubbi. Si afferma inoltre che la parola �definitiva � usata dal terzo comma dell'art. 29 della legge 1639 del1939 non pu� avere altro significato se non quello di escludere il rico1�so alla Commissione centrale (che � invece la regola in tema di controversie relative all'applicazione della legge) contro le decisioni emesse dalla Commissione provinciale in tema di controversie di valore, mentre la stessa espressione non riguarderebbe l'impugnazione avanti all'Autorit� Giudiziaria delle stesse decisioni; che anzi avendo il legislatore usato le stesse parole adoperate nel comma seguente dello stesso m�ticolo (il quale contempla controversie per le quali � pacifico che l'azione davanti l'A.G. � esperibile anche prima di ogni decisione delle Commissioni) per far salva l'azione avanti l'A.G., implicitamente avrebbe confermato l'ammissibilit� di tale azione anch'e contro una deci;. sione della Commissione distrettuale. Aggiunge ancora Za decisione che ulteriore argomento a sostegno della tesi accolta pu� tr-arsi dal raffronto dell'art. 29 con l'art. 22 della. stessa legge. Quest'ultimo articolo concede infatti la facolt� di adire l'A.G., anche c�ntro una decisione �definitiva della Commissione distrettuale o provinciale, purch� l'imposta sia stata iscritta a ruolo �. Dal che i giu.:. dici milanesi hanno tratto l'osservazione che sarebbe molto strano che il legislatore usando nell'art. 29 le stesse parole adoperate nell'art. 22, avesse attribuito ad esse un significato tanto diverso. Gli argomenti addotti, per quanto acuti, non sono decisivi. Non convince innanzitutto il richiamo alla identit� di espressioni usate dal terzo e quarto commar dell'art. 29, perch� tale identit� non sussiste in quanto il quarto comma, mentre omette di richiamare proprio la parola �definitiva� (che non ha solo il significato che gli ha attribuito il Tribunale di escludere il ricorso alla Commissione centrale, ma ha anche quello di non consentire il ricorso all'A. G. contro una decisione non .definitiva, che non abbia cio� percorso tutto l'iter previsto dalla legge), richiama invece la norma.tiva vigente per ciascuna imposta, il che consente (specie in materia di imposta di registro) il ricoTso all'A. G., senza che sia stata addirittura iniziatar l'azione davanti alle Commissioni a1nministrative: vedi artt. 145 e 148. N � conviene il richiamo allart. 22, nel quale risulta evidente che la parola definitivo ha 'nn significato (non soggetto a gravame per scadenza del termine) ben diverso da quello che la stessa parolar ha nell'art. 29 (impugnabile solo davanti all'A. G.). Il Tribunale non ha considerato infatti (mentre proprio il richiamo all'art. 22 avrebbe su ci� dovuto� richiamare l'attenzione) che in tema di imposte dirette l'azione davanti all'autorit� giudiziaria � consentita solo per le controversie che abbiano ad oggetto questioni non attinenti alla semplice estimazione dei redditi (cio� questioni di diritto), mentre le controversie in tema di estimazione semplice sfuggono addirittura all'esame dell'autorit� giudiziaria ordinaria. E sfuggita in sostanza al Tribunale la natura del tutto particolare che riveste il giudizio di valutazione in materia di imposte indirette previsto dall'art. 29, terzo comma della legge del1936. Ammettendo infatti un controllo, sia pure di mera legittimit�, sull'operato delle Commissioni da parte dell'autorit� giudiziariar ordinaria, il legislatore ha creato un istituto nuovo che non ha riscontro alcuno per le imposte dirette. Oi� precisato, due motivi sono decisivi per l'opposta tesi: l'uno di origine storico letterale, l'altro di ordine logico-sistematico. Il primo riflette il significato della parola definitivo usato dallegislato�re del1936. Non sembra dubbio oggi, anche a coloro che pi� strenuamente difendono la tesi dalla nat�nra giurisdizionale delle Commissioni tributarie (ved. .ALLORIO, op. cit., pag. 578 .dove viene riesaminata funditus tutta la questione e dove si rimettono anche ampi richiami di giurisprudenza e dottrina) che l'intendimento iniziale del legislatore, anche se poi l'evoluzione della legislazione e dell'interpretazione ha portato ad accogliere la soluzione !fiFFF -208 contraria, fosse quello di creare con le Com1nissioni tributarie degli organi amministrativi (e non giuri. sdizionali) di controllo e di giustizia nell'ambito della Amminist'razione Finanziaria. Da questa constatazione deriva che la parola << definitivo n usata nel terzo comma del pi� volte citato art. 29 non pu� .avere altro significato se non quello che la parola ~< definitivo n ha per gli atti amministrativi. Ora non sembra dubbio, secondo l'insegnamento costante della dottrina e della giurisprudenza, che -un atto amministrativo � definitivo, non quando siano scaduti i termini per impugnarlo davanti all'organo .superiore, ma solo allorch� abbia percorso tutti l'iter gerarchico e l'organo superiore in grado abbia emesso una valutazione ultima e per questo detta definitiva. Ora quando l'art. 29 dichiara che � definitiva la .decisione della Commissione Provinciale vuol non solo dire che contro di essa non � ammesso ricorso alla Commissione centrale, ma sopratutto che tale decisione rappresenta l'ultima e cio� definitiva nella Beala gerarchica; il che esclude l'amn~issibilit� del 1'icor8o contro una decisione della Commissione diBtrettuale che, se non impugnata nel termine, determina in modo definitivo il valore del bene della cui valutazione si tratta, ma che mai potr� qualificarsi .decisione definitiva e quindi soggetta al controllo .dell'autorit� giudiziaria ordinaria. Il secondo motivo, di ordine logico e sistematico, si ricava per assurdo portando alle estreme conseguenze la tesi avversata. Se infatti fosse ammissibile, come ritiene il Tribunale nella annotata decisione, impugnare davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria una decisione di una Commissione distrettuale nei cui confronti'sia scaduto il termine di impugnativa avanti alla Commissione provi~ciale (o a ..oui si Hia rinunziato), si verificherebbe che, qualora l'autorit� giudiziaria ordinaria dovesse ritenere esistente alcuno dei vizi denunziati, dovrebbe annullare la decisione e rimettere gli atti ad una diversa Commissione distrettuale per nuovo esame, rendendo cos� possibile, contro la decisione emessa in questa nuova sede, l'esperimento del ricorso alla Commissione provinciale, quando da tale diritto (vu.oi per effetto della scadenza del termine vuoi per rinunzia) si era in precedenza decaduti. L'assurdit� delle conseguenze dimostra altres� l'erroneit� della tesi che si contrasta ed � ulteriore e definitivo argomento della soluzione prospettata. N� si abbietti che ci� potrebbe verificar8i anche per le imposte dirette per le quali l'art. 22 ammette il ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria, anche contro una decisione della Commissione distrettuale, purch� << definitiva n. L'obiezione infatti prescinde da quanto gi� chiarito e cio� che il giudizio dell'A.G.O. in tema di imposte dirette � ammesso solo in tema di controver.�ie di diritto, per le quali non � previsto n� consentito un giudizio di controllo da parte dell'A.G.O. trattandosi invece di giudizio autonomo e quindi senza rimessione alle Commissioni. ADRIANO ROSSI PROCURATORE DELLO STATO INDICE SIST.EMATICO DELLE C O N SU L T AZ I 0-�N I LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE E' STATA DATA ACQUE PUBBLICHE LAGHI. Se un lago, quale il lago di Lesina, che sia in diretta comunicazione col mare, quando la efficienza di tale comunicazione sia condizionata all'opera dell'uomo di escavazione dei materiali che si accumulano lungo i canali, abbia le caratteristiche di libera comunicazione col mare volute dall'art. 28 lettera b) del Codice della Navigazione per essere considerato bene del demanio (n. 76). AERONAUTICA E AEROMOBILI PILOTI MILITARI IN CONGEDO -PREMIO DI ALLENAMENTO AL VOLO. l) Se il premio di allenamento al volo per i militari piloti in congedo concesso con R. D. L. 20 luglio 1934, n. 1302 spetti anche a coloro che compiono le prescritte ore di addestramento presso organizzazioni aeronautiche civili. (n. 12). 2) Se al premio di allenamento al volo sia applicabile la prescrizione biennale di cui'al R. D. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 12). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA CONCESSIONARI DI OPERE PUBBLICHE. l) Se il concessionario di opere pubbliche possa acquisire i poteri di rappresentante dell'Amministrazione concedente per l'acquisto di aree necessarie alla esecuzione dell'opera concesRa (n. 269). CONSIGLIO NAZIONALE RICERCHE -CANONE DI ABBONA� MENTO TELEFONICO. 2) Se spetti anche al Consiglio Nazionale delle Ricerche il trattamento a riduzione per il canone di abbonamento t.elefonico urbano del quale fruiscono le Amministra: zioni dello Stato (n. 270). CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 3) Se le Amministrazione dello Stato possano stipulare contratti di assicurazione per i danni dalle medesime patiti o arrecati a terzi (n. 271), CRocE RossA ITALIANA -AcQUISTO DI .BENI IMMOBILI. 4) Se sia necessaria l'autorizzazione governativa per l'acquisto di beni immobili da parte della C. R. I. (n. 272). FORO ERARIALE. 5) Se, a norma delle disposizioni sul foro erariale, il giudice competente a conoscere della causa relativa ad un infortunio occorso in occasione di un trasporto ferroviario sia la Corte di Appello nel cui distretto si trova il luogo dell'incidente anche se il tratto in cui questo si � verificato appartenga ad un Compartimento della� Amministrazione ferroviaria sito entro il distretto di altra Corte di Appello (n. 273). POSTE E TELECOMUNICAZIONI -DIRITTO DI ESCLUSIVA. 6) Se il diritto di esclusivit� che spetta alla Amministrazione postale per i servizi di posta e telecomunicazione, e, in particolare per quelli relat,ivi alla raccolta, trasporto e distribuzione della corrispondenza espistolare, sia operante anche nei confronti delle altre Amministrazioni statali (n. 275). UNIONE NAZIONALE INCREMENTO RAZZE EQUINE. 7) Se l'U.N.I.R.E. sia da considerarsi ente pubblico economico (n. 276). ASSICURAZIONI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. Se le Amministrazioni dello Stato possano stipulare contratti di assicurazione per i danni dalle medesime patiti o arrecati a terzi (n. 60). -210 C,AMBIALI IMPOSTA DI BOLLO. Se ung, cambiale gi� compilata e rimasta inutilizzata possa in un secondo tempo essere usata per la emissione di m:�. nuovo titolo, previe .le .opportune correzioni ed eventualmente la integrazione del bollo mediante apposizione qi p1ar~he ~n: 7). CITTADINANZA OPTANTI ALTO-ATESINI. Se coloro che siano nati cittadini italiani ed abbiano quindi ~;tcquisito la cittadinanza germanica per avere il loro genitore optato per quest'ultima ai sensi della legge 21 agosto 1939, n. 1341 possa ottenere il riacquisto della cittadinanza italiana dopo che ci� sia stato definitivamente negato al genitore per indegnit� in applicazione del D. L. 2 febbraio 1948, n. 23 avvalendosi, come residenti in Italia, delle disposizioni di cui agli artt. 3, n. l e 2 e 9 n. l della legge organica 13 giugno 1912, n. 555 (n. 14). COMMERCIO AsSUNZIONE SERVIZIO DI RISCALDAMENTO -IMPOSTA DI REGISTRO. Se i contratti con i quali le aziende grossiste di olio combustibile assumono la gestione degli impianti di riscaldamento invernale presso i condomini, ai fini del trattamento tributario di registro, debbano qualificarsi vendite o appalti (n. 19). COMPROMESSO ED ARBITRI ART. 45 LETTERA d) Nuovo� CAPITOLATO n'APPALTO PER I LAVORI DELL'AMMINISTRAZIONE DEI LAVORI PUBBLICI. Se competa all'Amministrazione dei Lavori Pubblici la nomina dell'arbitro, di cui all'art. 45 lettera d) del nuovo Capitolato generale di appalto approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nell'ipotesi in cui la Amministrazione appaltante sia un ente diverso dallo Stato e l'appalto si riferisca ad opera finanziata con contributo statale (n. 16). COMUNI E PROVINCIE DONAZIONI. l) Se si debbano criticamente esaminare gli atti di alienazione dei beni ceduti ai Comuni e Provincie in esecuzione dell'art. 20 D. Lgt. 7 luglio 1866, n. 3036 quando non siano impostati su base economica e se il Ministero dell'Interno sia tenuto ad indirizzare l'attivit� di controllo dei prefetti e della G. P. A. ad una maggiore aderenza agli interessi pubblici e ad una corretta interpretazione delle norme in vigore (n. 104). 2) Se l'Amministrazione demaniale possa intervenir& direttamente richiedendo, eventualmente, che l'immobile venga trasferito allo Stato ovvero che venga alienatodal C�>mune con rispetto delle disposizioni regolatrici delle materie e con imputazione del :cicavato. al propriobilancio (n. 104). IMPOSTA DI FAMIGLIA. 3) Se le norme di cui agli articoli 93 legge comunale e provinciale, 117 T. U. Finanza locale, 44 legge 11 gennaio 1951, n. 25 e 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014~ relativi all'imposta di famiglia, possano ritenersi in contrasto con il disposto dell'art. 23 della Costituzione (n. 105). ORDINANZE DEL SINDACO IN MATERIA DI IGIENE E SANIT�. 4) Se le ordinanze emanate dal Sindaco in materia. di igiene e sanit�, ai sensi dell'art. 54 T. U. legge comunale e provinciale, siano vincolanti anche per le Amministrazioni dello Stato (n. 106). PIANI REGOLATORI. 5) Se le prescrizioni dei programmi di fabbricazione dei Comuni sprovvisti di piano regolatore siano vincolanti anche relativamente alla viabilit� (n. 107). CONCESSIONI CONCESSIONI A SEGUITO DI PUBBLICO INCANTO -CANONE AFFITTO FONDI RUSTICI. Se la legislazione vincolistica in materia di equocanone di affitto di fondi rustici debba applicarsi anche nell'ipotesi in cui il fondo appartenente al patrimonioindisponibile dello Stato sia dato in concessione al privato a seguito di pubblico incanto (n. 70). CONTABILITA GENERALE DELLO STATO GARA -INTERVENTO DEL NOTAIO. l) Se nell'eccezione, espressa per i casi di incantoper asta pubblica, al divieto per il notaio di rivevere atti nei quali intervengano il coniuge, i suoi parenti od affini ecc. (art. 28 legge notarile 16 febbraio 1913~ n. 89) si possa ricomprendere anche la licitazione privata. (n. 191). MANDATO. 2) Se la revoca1della procura c. d. irrevocabile ritualmente comunicata abbia efficacia rispetto al terzo (n. 192). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI CREDITO PESCHERECCIO. l) Se il versamento delle rate di a:p;:rro.ortamento ab Fondo di rotazione del credito peschereccio, da part~ degli Istituti di credito che provvedono alla erogazione dei mutui, possa cessare, in caso di inadempienza dei mutuatari, prima della dichiarazione formale di perdita. del credito (n. 47). -�211 2) Se debba far carico al Fondo. di rotazione il pagamento degli interessi di mora, per ilritardo nei pagamenti -da parte dei mutuatari, nella stessa misura pretesa -dall'Istituto .di credito nei confronti dei mutuatari medesimi (n. 47). INTERESSI. 3) Se la dizione� interessi normali� usata in una Convenzione Tesoro-IRFIS per determinare la ripartizione -delle perdite di una operazione finanziaria tra il Fondo -di rotazione e Istituto finanziatore esprima il tasso di interessi in vigore al momento della conclusione del eontratto di finanziamento o al momento della stipulazione della predetta Convenzione (n. 48). COSTITUZIONE IMPOSTA DI FAMIGLIA. l) Se le norme di cui agli articoli 93 legge comunale e provinciale, 117 Testo unico Finanza locale, 44 legge ll gennaio 1951, n. 25 a 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014, relative all'imposta di famiglia, possano ritenersi in contrasto con il disposto dell'art. 23 della Costituzione (n. 18). LEGGI REGIONALI. 2) Se debba ritenersi viziata di illegittimit� costituzionale, in relazione all'art. 15, 3� comma, S.S.T.A., la norma di una legge regionale che attribuisce al ViceProvveditore agli studi di Bolzano funzioni aventi rilevanza esterna ed esorbitanti dai fini pervisti dalla eitata norma della S.S.T.A. (n. 19). DANNI DI GUERRA RIOOSTRUZIONE ABITAZIONI -MISURA DEI .CONTRmUTI. l) Se la misura dei contributi per la ricostruzione di abitazioni distrutte da eventi bellici debba stabilirsi secondo la legislazione vigente all'epoca della emanazione della �determina � di concessione ovvero secondo la diversa legislazione intervenuta prima della comunieazione della �determina � all'interessato, ma dopo la emanazione (n. 113). 2) Se le liquidazioni dei suddetti contributi effettuate in forza di una legge successiva alla legge 26 ottobre 1940, n. 1513, e divenuta definitiva per mancata impugnazione, siano soggette a revisione in virt� della legge n. 968/1953 (n. 113). DEMANIO BENI [GI� APPARTENENTI ALLA CORONA -CESSIONE IN USO. l)' Se i beni gi� appartenenti alla Corona siano soggetti a regime giuridico diverso da quello degli altri beni .appartenenti al patrimonio dello Stato (n. 176). BENI PATRIMONIALI INDISPONIBILI -ALIENAZIONE. 2) Quali elementi caratterizzano l'appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile dello Stato (n. 177). 3) Se la alienazione di un bene patrimoniale indisponibile, senza che ne sia avvenuto il formale mutamento di destinazione da parte della P. A., sia da considerarsi nulla o annullabile (n. 177). CONCESSIONI BENI PATRIMONIALI. 4) Se la legislazione vincolistica in materia di equo canone di affitto di fondi rustici debba applicarsi anche nell'ipotesi in cui il fondo appartenente al patrimonio indisponibile dello St�to sia dato in concessione al privato a seguito di pubblico incanto (n. 178). ;DEMANIO MARITTIMO COSTRUZIONI ABUSIVE -SAN ZIONI. 5) Se colui che costruisca abusivamente su terreno appartenente al demanio marittimo sia soggetto alla sanzione penale dell'art. 1161 Codice della navigazione o a quella dell'art. 633 C. p. (n. 179). '"cHIESA S. IGNAZIO IN ROMA -CONDIZIONE GIURIDICA. 6) Se la Chiesa di S. Ignazio in Roma debba ritenersi di propriet� del Demanio o del Fondo per il Culto (n. 180). LAGHI. 7) Se un lago, quale illago di Lesina, che sia in diretta comunicazione col mare, quando l'efficienza di tale comunicazione sia condizionata all'opera dell'uomo di escavazione di materiali che si accumulano lungo i canali, abbia le caratteristiche di libera comunicazione col mare volute dall'art. 28 lettera d) del Codice della Navigazione per esser� considerato bene del demanio (n. 181). Uso DI BENI DELLO STATO DA PARTE DI ISTITUTI DI ISTRUZIONE SUPERIORE. 8) Se gli osservatori astronomici, geofisici e vulcanologici e le istituzioni universitarie di assistenza abbiano diritto, alla pari delle universit� e degli istituti superiori universitari, all'uso gratuito e perpetuo degli immobili dello Stato destinati al loro servizio, qualunque sia l'epoca in cui l'assegnazione � stata o sar� realizzata (n. 182). DONAZIONI COMUNI E PROVINCIE. l) Se si debbano criticamente esaminare gli atti di alienazione dei beni ceduti ai Comuni e Provincie in esecuzione dell'art. 20 D. Lgt. 7 luglio 1866, n. 3036 quando non: siano impostati su base economica e se il Ministero dell'Interno sia tenuto ad indirizzare l'attivit� di controllo dei prefetti e della G. P. A. ad una maggiore aderenza agli interessi pubblici e ad una corretta interpretazione delle norme in vigore (n. 34). 2) Se l'Amministrazione demaniale possa intervenire direttamente richiedendo, eventualmente, che l'iniinobile venga trasferito allo Stato ovvero che venga alienato dal Comune con rispetto delle disposizioni regolatrici delle materie e con imputazione del ricavato al proprio bilancio (n. 34). ZE?R: ::: 212 ENTI E BENI ECCLESIASTICI CHIESA S. IGNAZIO IN ROMA -CONDIZIONE GIURIDICA. Se la Chiesa di Sant'Ignazio in Roma debba ritenersi di propriet� del Demanio o del Fondo per ilCulto (n. 39). ESECUZIONE FISCALE ESA'I:TORE -INDENNIT� DI MORA. l) Se il termine �notifica� degli addebiti agli esattori di cui all'art. 3 legge 8 luglio 1957, n. 579 debba inten� dersi esclusivamente in senso tecnico (n. 65). 2) Se l'indennit� di mora possa applicarsi agli esattori anche quando manca una espressa delegazione (n. 65). RISCOSSIONE ENTRATE PATRIMONIALI. 3) Se l'Amministrazione possa avvalersi del parti� colare procedimento ingiunzionale disciplinato dal Testo unico del 1910 per accertare e liquidare in via autori.. tativa le somme ad essa dovute per risarcimento dei danni (n. 66). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� OccUPAZIONE D'URGENZA. l) Se nella occupazione di urgenza al deposito dell'indennit� stabilita dal Prefetto debba seguire la sua determinazione in sede giudiziaria non contenziosa ai sensi . dell'art. 31 della legge sull'espropriazione pei' p.u. (n.l79). SCELTA DELLE AREE -CRITERI. 2) Se, per procedere alla valutazione comparativa d'idoneit� tra un'area designata per l'espropriazione ed altra indicata dall'espropriando in sede di opposi� zione, occorra che l'opponente abbia la disponibilit� dell'area indicata (n. 180). FALLIMENTO RISCOSSIONE CREDITI. Se occorra l'autorizzazione del Giudice delegato per la riscossione da parte del curatore di capitali di spet� tanza del fallito (n. 78). FERROVIE COADIUTORI DEGLI ASSUNTORI F. S. l) Se sussista rapporto d'impiego tra l'Amministrazione e i coadiutori degli assuntori delle F. S. (n. 345). DANNI. ALLE PERSONE -FORO COMPETENTE. 2) Se, a norma delle disposizioni sul foro erariale il giudice competente a conoscere della causa relativa ad un infortunio occorso in occasione di un trasporto ferroviario sia la Corte di Appello nel cui distretto si trova il luogo dell'incidente anche se il tratto ferroviario in cui questo si � verificato appartenga ad un Compartimento dell'Amministrazione ferroviaria sito entro il distretto di altra Corte di Appello (n. 346). FERROVIE CONCESSE -IMPOSTA FABBRICATI E TERRENI. 3) Se le societ� concessionarie di ferrovie sottoposte a gestione governativa siano soggette alle imposte sui fabbricati e sui terreni destinati al servizio ferroviario (n. 347). GESTIONE DI MAGAZZINO FERROVIARIO PER RICOVERO MERCI DA SDOGANARE. 4) Se la gestione di un magazzino ferroviario per il ricovero di merci estere da sdoganare possa essere affidata a soggetti diversi dai facchini nominati dal Direttore Compartimentale della Dogana ai sensi dell'art. l Reg. approvato con R. D. 4 dicembre 1864, n. 2046 (n. 348). IMPIEGO PUBBLICO AGENTI TECNICI DEI TRASPORTI. l) Se, agli agenti tecnici dei trasporti, applicati press<> i Centri Automezzi P. T., possano essere attribuiti, in base alla legge 21 dicembre 1961, n. 1406, le mansioni di riparazione meccanica ed elettrica nonch� quelle di, carrozziere e garagista (n. 551). CESSIONE DI STIPENDIO. 2) Se la detrazione dalla liquidazione disposta dalla. legge a favore dell'I.N.P.S. per la ricostituzione della posizione assicurativa del dipendente che cessa dal rapporto senza diritto a pensione prevalga sulle cessioni effettuate dal dipendente a favore dell'E. N. P. A. S �. (n. 552). IMPIEGATI ADIBITI ALLA CONDUZIONE DI AUTOVEICOLI RESPONSABILIT� PATRIMONIALE. 3) Se la legge 31 dicembre 1962, n. 1833, recante modificazioni ed integrazioni alla disciplina della respon-sabilit� patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici,. sia applicabile anche alla ipotesi di veicoli non circolanti per via terra (n. 553). IMPOSTA DI BOLLO CAMBIALI. Se una cambiale gi� compilata e rimasta inutilizzata. possa in un secondo tempo essere usata per la emissione di un nuovo titolo, previe le opportune correzioni ed eventualmente la integrazione del bollo mediante appo-sizione di marche (n. 23). IMPOSTA DI REGISTRO CONTRATTI ASSUNZIONE SERVIZIO RISCALDAMENTO. Se i contratti con i quali le aziend��grossiste di olio� combustibile assumono la gestione degli impianti di riscaldamento invernale presso i condomini, ai fini del trattamento tributario di registro, debbano qualificarsi vendite o appalti (n. 194). -213 I. G. E. LOTTO E LOTTERIE CASSA DEL MEZZOGIORNO -ANTICIPATA E PROYVISORIA GESTIONE DI ACQUEDOTTI. Se lo speciale regime di abbonamento previsto per la Cassa del Mezzogiorno in materia di imposta possa applicarsi anche alle entrate, sia pure a titolo di rimborso spese, conseguenti alla gestione provvisoria che la Cassa fa ai Comuni mettendo in attivazione anticipata acque� dotti non ancora interamente costruiti o collaudati (n. 103). IMPOSTE E TASSE IMPOSTA DI FAMIGLIA. l) Se la norma di cui agli articoli 93 legge comunale e provinciale, 117 T. U. Finanza locale, 44 legge Il gennaio 1951, n. 25 e 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014, relative all'imposta di famiglia, possa ritenersi in contrasto con il disposto dell'art. 23 Costituzione (n. 358)� IMPOSTA FABBRICATI E TERRENI. 2) Se le societ� concessionarie di ferrovie sottoposte a gestione governativa siano soggette alle imposte sui fabbricati e sui terreni destinati al servizio ferroviario (n. 359). ISTRUZIONE SUPERIORE Uso DI BENI DELLO STATO, Se gli osservatori astronomici, geofisici e vulcanologici e le istituzioni universitarie di assistenza abbiano diritto, alla pari delle universit� e degli istituti superiori universitari, all'uso gratuito e perpetuo degli immobili dello Stato destinati al loro servizio, qualunque sia la epoca in cui l'assegnazione � stata o sar� realizzata (n. 14). LAVORO SERVIZIO MILITARE DI LEVA. Se, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 8 del 1963 della Corte Costituzionale, sussista comunque il diritto del lavoratore al computo del tempo trascorso in servizio militare di leva sulla anzianit� e se detto computo debba essere effettuato non solo ai fini della liquidazione della indennit� di quiescenza ma a tutti gli altri effetti (n. 35). LOCAZIONI LEGGE 30 SETTEMBRE 1963 N, 1307 -PROROGA ESECU� ZIONE SFRATTI. Se l'art. l della legge 30 settembre 1963, n. 1307, disponente la facolt� del pretore di prorogare l'esecuzione degli sfratti, sia applicabile alle locazioni d'immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione o dall'attivit� artigiana, ed in particolare se sia applicabile agli immobili locati ad uso di uffici pubblici (n. 118). SMARRIMENTO BOLLETTE VINCENTI DA PARTE DEL RICEw VITORE. l) Se debba procedersi al pagamento di una vincit� al lotto quando siano andate smarrite le bollette vincent! debitamente consegnate dal giocatore al ricevitore (n. 19). 2) Se possa ritenersi responsabile il ricevitore per aver spedito le bollette vincenti, di poi smarritesi, a mezzo di raccomandata invece che di assicurata, e se la sua responsabilit� possa estendersi all'Amministrazione (n. 19). MANDATO MANDATO IRREVOCABILE -REVOCA, Se la revoca della procura c. d. irrevocabile ritualmente comunicata abbia efficacia rispetto al terzo� (n. 9). MEZZOGIORNO CONSORZI PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE -ESPROPRIA� ZIONE DI IM+\[OBILI. l) Se i Consorzi per lo sviluppo industriale previsti dalla legge 29 luglio 1957, n. 634 possano procedere all'espropriazione di immobili per l'esecuzione di opere di attrezzatura industriale dichiarate di pubblica utilit� dalla stessa legge indipendentemente dalla redazione dei piani regolatori previsti dall'art. 21 cit., aventi in virt� di tale disposizione efficacia giuridica identica ai piani territoriale di coordinamento (n. 24). I. G. E.-ANTICIPATA E PROVVISORIA GESTIONE DI ACQUE�� DOTTI. 2) Se lo speciale regime di abbonamento previsto per la Cassa del Mezzogiorno in materia di imposte possa applicarsi anche alle entrate, sia pure a titolo di rimw borso spese, conseguenti alla gestione provvisoria che la Cassa fa ai Comuni mettendo in attivazione anticipata acquedotti non ancora interamente costruiti o collaudati (n. 25). MILITARI CONDUCENTI MILITARI-AziONE DI RIVALSA DELLA P. A. l) Se sia rinunciabile, nelle forme e nei limiti previsti dall'art. 8, 2o comma, legge 31 dicembre 1962, n. 1833,. il diritto dell'Amministrazione a rivalersi nei confronti del dipendente militare riconosciuto responsabile di un incidente automobilistico, con decisione della Corte dei Conti anteriore alla entrata in vigore della predetta� legge e che non abbia accertato il grado di colpa del dipendente (n. 18). MILITARE IN SERVIZIO DI LEVA. 2) Se la limitazione di responsabilit� stabilita nella -legge n. 1833 del 1962 sia applicabile al militare di leva che, alla guida di una autovettura dell'Amministrazione per un servizio non autorizzato, cagioni un danno alla Amministrazione medesima (n. 19). 214. MONOPOLI LICENZA COLTIVAZIONE TABACCO. l) Se la licenza per coltivazione di tabacco, oggetto di legato da parte del concessionario ad una persona giuridica, debba essere a questa intestata con riferimento ~lla data della morte del testatore o a quella della autorizzazione governativa ad acquistare il legato (n. 41). 2) Se, in attesa dell'autorizzazione governativa ad acquistare il legato, la licenza per la coltivazione di tabacco, legata ad una persona giuridica, possa essere_ provvisoriamente intestata all'erede ed esecutore testamentario (n. 41). OPERE PUBBLICHE ARBITRATO. l) Se competa all'Amministrazione dei Lavori Pubblici la nomina dell'arbitro, di cui all'art. 45 lettera d) del nuovo capitolato generale di appalto approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione appaltante sia un ente diverso dallo ~tato e l'appalto di riferisca ad opera finanziaria con contributo statale (n. 54). POTERI DEL CONCESSIONARIO. 2) Se il concessionario di opere pubbliche possa acquisire i poteri di rappresentante dell'Amministrazione concedente per l'acquisto di aree necessarie alla esecuzione dell'opera concessa (n. 55). PENE PENE PECUNIARm. Se la quota di compartecipazione alle pene pecuniarie spettante, in forza della legge 5 aprile 1961, n. 322, agli scopritori delle frodi nella preparazione e commercio dei prodotti agrari e delle sostanze di uso agrario, debba essere attribuita globalmente, in relazione all'accertamento di trasgressione, ovvero ad ogni singolo agente o funzionario scopritore (n. 18). POLIZIA LOCALI DI MERETRICIO. Se, a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (legge Merlin) debbano considerarsi abrogati gli artt. 190 e 191 del Testo unico di Pubblica sicurezza e l'art. 346 del Relativo Regolamento di esecuzione (n. 29). POSTE E TELECOMUNICAZIONI ,AsSEGNI POSTALI LOCALIZZATI -PRESCRIZIONE -RINNOVO. l) Se gli assegni postali localizzati, caduti in prescrizione, possano essere rinnovati (n. 98). AGENTI TECNICI DEI TRASPORTI; 2) Se agli esperti tecnici dei trasporti, applicati presso i Centri Automezzi P. T., possano essere attribuiti, in base alla legge 31 dicembre 1961, n. 1406, le mansioni di riparazione meccanica ed elettricac nonch� quelle di carrozziere e garagista (n. 99). DIRITTO DI ESCLUSIVA. � 3) Se il diritto di esclusivit� che spetta alla Amministrazione Postale per i servizi di posta e telecomunicazione e, in particolare, per quelli relativi alla raccolta trasporto e distribuzione della corrispondenza epistolare sia operante anche nei confronti delle altre Amministrazioni statali (n. 100). PREVIDENZA ED ASSISTENZA IMPIEGATI STATALI -CESSIONE STIPENDIO. , Se la detrazione dalla liquidazione disposta dalla legge a favore dell'I.N.P.S. per la ricostituzione della posizione assicurativa del dipendente che cessa dal rapporto senza diritto a pensione prevalga sulle cessioni effettuate dal dipendente a favore dell'E.N.P.A.S. (n. 42). REGIONI REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE -LEGGE REGIONALE. Se debba ritenersi viziata di illegittimit� costituzionale, in relazione all'art. 15; 3� comma, S.S.T.A., la norma di una legge regionale che attribuisca al Vice-Provveditore agli studi di Bolzano funzioni aventi rilevanza esterna ed esorbitanti dai fini previsti dalla citata norma dello S.S.T.A. (n. 109). RESPONSABILITA CIVILE AziONE DI RIVALSA. l) Se sia rinunciabile, nelle forme e nei limiti previsti dall'art. 8�, 2o comma, legge 31 dicembre 1962, n. 1883, il diritto dell'Amministrazione a rivalersi nei confronti di un dipendente militare riconosciuto responsabile di un incidente automobilistico, con decisione della Corte die Conti anteriore alla entrata in vigore della predetta legge e che non abbia accertato il grado di colpa del dipendente (n. 203). CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 2) Se le Amministrazioni dello Stato possano stipulare contratti di assicurazione per i danni dalle medesime patiti o arrecati a terzi (n. 204). IMPIEGATI STArALI-RESPONSABILIT� PATRIMONIALE. 3) Se la legge 31 dicembre 1962, n. 1833, recante modificazioni ed integrazioni alla discipiii�a della._responsabilit� patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici, sia applicabile anche alla ipotesi di veicoli non circolanti per via terra (n. 205). -215 "MILITARE IN SERVIZIO DI LEVA. 4) Se la limitazione di responsabilit� stabilita nella legge n. 1833 del 1962 sia applicabile al militare di leva -che, alla guida di una autovettura dell'Amministrazione per un servizio non autorizzato, cagioni un danno alla .Amministrazione medesima (n. 206). -RESFONSABILIT� DEL :MAGISTRATO. 5) Se la responsabilit� in cui sia incorw il magistrato nell'esercizio di funzioni giurisdizionali possa estendersi . all'Amministrazione (n. 207). RICORSI AMMINISTRATIVI :RICORSO GERARCmCO. l) Se indipendentemente dalla presenza di altri requi 'siti di sostanza e di forma possa qualificarsi come ricorso gerarchico la lettera indirizzata sia all'Autorit� peri� ferica che ha provveduto sia all'Amministrazione Cen �trale gerarchicamente superiore con la quale si chieda una revisione del provvedimento da parte dell'organo o{lhe lo ha emanato (n. 10). 2) Se l'autorit� gerarchicamente superiore abbia il ,potere di revocare d'ufficio per motivi di merito il provvedimento emanato dall'organo inferiore (n. 10). STRADE ALBERATURE ESISTENTI AI LATI DELLE STRADE. l) Se la responsabilit� per i danni cagionati dalla im missione di radici o rami nel fondo altrui sia esclusa o limitata dal mancato esercizio da parte del proprietario .danneggiato del diritto di autotutela attribuitogli dal l'art. 896 C. c. (n. 49). .Al'FROVAZIONE :PROGETTI, 2) Se il Ministro dei Lavori Pubblici che abbia approvato il progetto di variante ad una strada stat�le7Si'a -competente anche ad approvare il progetto, necessario per l'esecuzione dell'opera, di spostamento di un elettrodotto ferroviario (n. 50). TELEFONI CANONE. l) Se spetti anche al Consiglio Nazionale delle Ricerche il trattamento a riduzione per il canone di abbonamento telefonico urbano del quale fruiscono le Amministrazioni dello Stato (n. 24). RIMOZIONE IMPIANTI -SEQUESTRO Al'FARECCHI. 2) Se il potere conferito all'Amministrazione P. T . di rimuovere gli impianti e di sequestrare gli apparecchi nel caso previsto dall'art. 178 del Codice postale (esercenti esclusivi di linee di telecomunicazioni) si riferisca solo a fatti commessi a bordo di navi nazionali oppure si estenda a tutti gli altri casi di concessionari inadempienti o di esercenti abusivi di linee telefoniche ad uso privato, in qualsiasi luogo esistano i relativi impianti (n. 25). 3) Se per la rimozione degli impianti e per il sequestro degli apparecchi esistenti nel domicilio o nel fondo altrui, sia necessario osservare le norme che garantiscono costituzionalmente l'inviolabilit� dell'altrui domicilio (n. 25). TRANSAZIONI AFFROVAZIONE. Se dopo l'entrata in vigore della legge 31 dicembre 1962, n. 1833 gli org~ centrali dell'Amministrazione abbiano conservato le competenze ad approvare le transazioni stipulate ai sensi della legge citata, il cui importo non superi il limite di tre milioni di lire (n. 9). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI AcCORDO ITALO�FRANCESE 29 NOVEMBRE 1947 . Se il Governo italiano, cessionario del Governo francese in esecuzione dell'accordo itala-francese del 29 novembre 1947, possa pretendere da ditte italiane la restituzione di anticipi corrisposti dal governo francese in relazione a contratti di fornitura rimasti ineseguiti per l'intervenuto stato di guerra tra i due Paesi (n. 12).