PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

D'l SER.V l Z 1 O

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO xv -N. IO-II-I2 OTTOBRE� NovEMBRE-DICEMBRE I 963 

DECISIONI DI RIGETTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE 
CED ESTINZIONE DEL PROCESSO Dt APPELLO lNCIDENTATO 
(ln margine ad un recente caso giudiziario) 

I. Una recente pronunzia del Tribunale di Napoli; 
(l) conoscendo degli effetti dell'estinzione. del 
processo d'appello contro una sua precedente sentenza, 
che, nell955, prima dell'entrata in funzione 
della Corte Costituzionale, aveva dichiarato inciden,
ter tantum (a norma della VII disp. trans. della 
Costituzione) l'illegittimit� costituzionale di un decreto 
legislativo di espropriazione a favore della 
Sezione Speciale per la riforma fondiaria presso 
l'O.N .0., disapplicandolo, ha ritenuto inutiliter data 
la sentenza della Corte Costituzionale, che, investita 
successivamente della questione dal giudice d'appello, 
l'aveva dichiarata infondata, affermando che 
l'estinzione del processo �a quo, per mancata riassunzione 
a norma dell'art. 297 C.p.c., ha comportato 
il passaggio in giudicato della propria sentenza 
del 1955. 
Il Tribunale � pervenuto a tale conclusione, 
negando che la decisione della Corte Costituzionale 
possa annoverarsi fra quei� provvedimenti pronunciati 
nel procedimento estinto �, che, modificando 
la sentenza impugnata, ne impediscono il passaggio 
in giudicato (art. 338 O. p. c.), e ci� perch� il 
giudizio incidentale di costituzionalit� ex artt. l 
legge Costituzionale 9 febbraio 1948, n. l e 23 
legge 11 marzo 1953, n. 87, non sarebbe una fase, 
sia pure devoluta alla cognizione di un giudice 
diverso, dello stesso processo in cui la questione 
viene sollevata. Non lo sarebbe, perch�, secondo il 
Tribunale, << siffatta configurazione mal si concilia 
con la indipendenza del processo costituzionale, che 
non soltanto prescinde dalla costituzione delle parti 
(art. 26, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87) 
e non propone una causa petendi ed un petitum uguali 
a quelli del processo principale, ma � svincolato 
dalle vicende processuali che successivamente si 
svolgono nel giudizio che ha dato occasione alla questione 
incidentale, come � ribadito espressamente 
dall'art. 22 delle norme integrative per i giudizi 

davanti alla Oorte�Oostituzionale del16 marzo 1956, 
il quale, disponendo che le norme sulla sospen� 
sione, interruzione ed estinzione del processo non si 
applicano ai giudizi davanti alla Corte Oostituzio� 
naie neppure nel caso in cui per qualsiasi causa sia 
venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso davanti 
all'autorit� giurisdizionale che ha promosso il giudizio 
di legittimit� costituzionale, prevede la pos� 
sibilit� di una sopravvivenza autonoma del giudizio 
di costituzionalit� �. Non lo sarebbe, perch�, sempre 
secondo il Tribunale, positivamente il rapporto 
fra processo costituzionale e processo principale � 
riconducibile allo schema della pregiudizialit� in 
senso tecnico-giuridico, <<di cui riveste le caratteri� 
stiche essenziali date dall'esistenza di una questio� 
ne, la cui risoluzione � necessaria per la decisione 
della causa ... e dal trasformarsi di questa questione 
in causa, che per volont� di legge deve essere 
decisa in via principale >>. 

La conversione della questione in vera e propria 
<< causa >> suppone, per6, che nel nuovo processo 
sia proposta un'azione diversa e distinta da quella 
in corso nel processo incidentato e non solo un mero 
rapporto di pregiudizialit� logica della questione 
rispetto alla controversia originaria. 

La configurazione del processo ex artt. l legge 
costituzionale 9 febbraio 1948, n. l e 23 legge 
11 marzo 1953, n. 87 nello schema della pregiudizialit� 
in senso tecnico comporta, pertanto, non gi� 
l'affermazione di un caso di giurisdizione senza 
azione, ma il tentativo di trasformare la mancanza 
di autonomia genetica di quel processo da oggettiva 
in soggettiva, nel senso che la legittimazione 
ad agire sarebbe costituita dalla qualit� di p.arte o 
di giudice nel processo a quo. � questo, precisa-~mente, 
ilpensiero del Tribunale, secondo il quale �le 
numerose e sovente sottili obiezioni sollevate contro 
tale configurazione sono destinate a cadere di fronte 
agli argomenti prospettati da acuta dottrina>> (2). 



-166


II. � ben noto, tuttavia, che codesta dottrina, 
poich� nel nostro sistema positivo l'istanza di parte 
o del Pubblico Ministero non � un dato costante, 
potendo la questione essere sollevata di ufficio dal 
giudice a quo (art. l legge costituzionale 9 febbraio 
1948, n. l; art. 23 legge 11 marzo 1953, 
n. 87), ravvisa nell'ordinanza di trasmissione di 
quel giudice l'atto introduttivo del processo costituzionale, 
come vero e proprio esercizio di un 
diritto d'azione (3). 
E poich� non poteva sfu.ggirle il paradosso di 
un giudice, che, essendo tenuto per la sua stessa 
funzione ad applicare la legge conforme ai dettami 
costituzionali, n� avendo ricevuto dalla Costituzione 
il potere di disapplicare definitivamente, ai fini 
della decisione della causa, quella, della costituzionalit� 
della quale non sia convinto, si faccia parte 
ed impugni l'atto legislativo innanzi alla Corte Costituzionale 
ed in questo processo venga a trovarsi 
in lite (4) con lo stesso soggetto del processo a 
quo interessato alla validit� della legge, o col 
Presidente del Consiglio o della Giunta Regionale, 
o con altro organo dello Stato o delle Regioni, 
che vi siano intervenuti (artt. 20 e 25 legge n. 87 
del 1953), non ha trovato altro modo di spiegare 
l'istituto secondo il paradigma della pregiudizialit� 
tecnico-giuridica, se non eliminando addirittura la 
lite e facendo (o credendo di fare, come si vedr�) 
del processo costituzionale un processo di stato, 
col che l'� parso di sottrarsi anche alla grave 
disputa sull'efficacia delle pronunzie della Corte. 

Si tratta, per�, a nostro avviso, soltanto di un 
tentativo pur se ingegnoso e certamente assistito 
da vastit� di apparato. Alla sua base sta l'idea che 
l'efficacia della legge incostituzionale (5) possa 
considerarsi in astratto e subiettivarsi, tuttavia, 
in una situazione giuridica (sostanziale e preliminare) 
(6) prima ancora del verificarsi della. fattispecie 
ipotizzata dalla norma e, quindi, del verificarsi 
dei suoi effetti concreti. Si tratterebbe di 
un indi:fferenziato status di soggezione di tutta 
l'universitas civium (7), riguardante, per�, direttamente 
(8) solo i giudici. Con questa idea si 
accomunano le parti litiganti ed il giudice del 
processo a quo in un'unica situazione (9) ed in un 
unico interesse, distinto da quelli in conflitto, interesse 
a liberarsi dalla soggezione (10), che sarebbe 
occasionalmente protetto soltanto a favore del 
giudice, (11) al quale sarebbe concesso il diritto 
di agire per �l'annullamento� dello status (12), 
consumando (in caso di accoglimento) l'azione 
per tutti i collegittimati (13). 

Ora il concetto di soggezione in senso tecnico 
indica la situazione di chi non pu� impedire che 
con l'esercizio di un potere altrui si produca un 
certo effetto nella propria sfera giuridica (14) e 
cio� implica sempre una relazione intersoggettiva, 
a differenza di quanto assume quella teoria, secondo 
la quale si tratterebbe, invece, di una relazione... 
con l'ordinamento, di una qualificazione preliminare 
alla nascita di rapporti intersubiettivi. 
Ma � facile accorgersi, allora, che una tale subtilitas 
non � in grado di indicare in che si distinguerebbe 
tale qualificazione della impersonale 
universitas civium dalla qualificazione della stessa 

legge come norma . vigente ed efficace (15 ), finch� 
non ne sia dichiarata la illegittimit� dall'apposito 
organo a ci� predisposto dall'ordinamento medesimo. 
Di preliminare alla rilevanza giuridica della 
fattispecie concreta v'.�, poi, subiettivamente, il 

c. d. presupposto soggettivo di qualificazione 
(15-bis) e cio� il singolo soggetto (16), a cui sar� 
imputato l'effetto, in base ad un problema di l~ggittimazione 
(17), che non pu� essere certo 
astratta qualificazione di una universitas, di una 
collettivit�, n� pu� consistere in una situazione 
giuridica sostanziale, la quale suppone gi� avvenuta 
tale imputazione. 
E, d'altra parte, come parlare di status (18) 
subiectionis dell'universitas civium, senza personi-� 
ficare (19) la collettivit�, contrapponendola allo 
Stato Oonditor legum, tornando, cos�, alla relazione 
intersubiettiva~ Se, invece, la collettivit� non � 
personificata, come pu� parlarsi di status e di situazione 
soggettiva unica? E se, infine, questa 
immaginaria situazione giuridica della collettivit� 
si trasforma nella somma di tanti status individuali, 
quanti sono i suoi componenti (20), come 
� possibile pensare che �l'annullamento>> (21) di 
uno status individuale coinvolga quello di tutti 
coloro che no11 llanno partecipato al processo? 

Non ci si accorge, inoltre, che, se l'interesse 
all'annullamento dello status � tutelato occasionaimente, 
solo quando sia gi� sorto un processo nel 
qual.e sorga questione sulla costituzionalit� della 
norma da cui promana la predetta soggezione, e si 
parla di legittimazione per categoria, ci� vuoi dire 
che l'azione di � annullamento � dello status sarebbe 
concessa proprio a chi non � pi� titolare 
della mera situazione preliminare nei� senso ipotizzato 
dalla teoria, ma di una situazione, in tal senso, 
definitiva? E se la prima non si trasforma o non 
� assorbita necessariamente nella seconda, ma ne 
resta sempre distinta, come presupposto di una 
serie aperta di poteri, doveri o rapporti, non 
riesce possibile distinguere queste pretese, innumerevoli 
situazioni preliminari di soggezione, corrispondenti 
ad ogni norma dell'ordinamento, subiettivamente 
dalla capacit� giuridica del singolo, 
che � precisamente l'attitudine alla titolarit� di 
situazioni giuridiche e di rapporti, ed obiettivamente 
dalla vigenza stessa della norma (la qualificazione 
dell'universitas civium come subiecta legi 
latae si riduce alla proposizione che quella legge, 
finch� non ne sia accertata nel modo prescritto 
l'incostituzionalit�, produrr� necessariamente il suo 
effetto nei confronti di qualsiasi membro dell'universitas 
che venga a trovarsi nella prevista relazione 
con la fattispecie concreta, porrispondente 
a quella ipotizzata dalla norma, ossia afferma che 
a un dato fatto seguir� ineluttabilmente un dato 
effetto sub specie juris nei confronti di un certo o 
di certi soggetti). Ed ancora, come pu� essere 
proprio questa situazione di soggezione alla norma 
da applicare nel processo, che il gi1;tdice, anzi solo 
il giudice, � legittimato a fare �annullare~, sttl'o._bbligo 
di applicarla, ove conforme alla costituzione, 
non gli deriva, certo, dalla stessa norma e se, 
d'altra parte, egli � tanto poco soggetto ad essar 
da avere il potere di sospenderne l'applicazione, 


-161.


f�nch� non si sia pronunziata la Corte Costitu


zionale~ 

Cos� quella teoria � costretta e ripiegare sull'affermazione 
che lo status subiectionis dei giudici 
:alla legge incostituzionale sarebbe creato non da 
�quest'ultima, ma... dalla Costituzione, la quale 
�pone un divieto ai giudici di disapplicare � (definitivamente) 
le leggi contrarie ad essa (22). Ma 
basta questa nuova formulazione della tesi a rinnegare 
il concetto di soggezione prima adottato, 
:al quale � connaturale lo stato di passivit� e di 
inerzia. La Costituzione non rende il giudice inerte, 
passivo inn!l,nzi alla norma incostituzionale, 
incapace di impedirne l'efficacia, ma, col ricono.
scergli il potere di saggiarla e di astenersi dall'ap-
plicarla, in attesa che la incostituzionalit� sia conosciuta 
principaliter da uno speciale Giudice, a 
-ci� faitto competente dall'ordinamento, non lo 
degrada a parte interessata, attribuendogli le legittimazione 
ad agire per l'annullamento di uno 
.status della collettivit�, ma rispetta la sua posizione 
di giudice disinteressato e super partes, per il quale 
la norma resta oggetto di ricerca, conoscenza 
.ed applicazione (23). Innanzi alla Corte Costituzionale 
non si presenta il giudice a quo per farsi 
liberare da uno status personale, ma per chiedere 
-ed ottenere istruzione necessaria ai fini dell'espletamento 
della jurisdictio; hanno, invece, diritto di 
presentarsi le parti del processo a quo ad illustrare, 
in contraddittorio, i vari aspetti della questione 
di costituzionalit� della legge denunziata (24), oltre 
:alla facolt� di intervento degli organi di cui agli 
:artt. 20 e 25 legge n. 87 del 1953. 

Da ultimo, deve osservarsi che la teoria in esame, 
con l'ammettere, sia pure 'implicitamente, 
l'impropriet� del concetto di � annullamento � di 
uno status (sono suscettibili di invalidit� e di annullamento 
gli atti dei soggetti e non gi� le qualifiche 
in s� dell'ordinamento) e col riconoscere che 
trattasi della norm�le conseguenza dell'annullamento 
della stessa legge incostituzionale (25), 
:finisce per tornare, senza accorgersene, al punto 
�di partenza: processo di annullamento di atti e 
non gi� processo di stato, ritrovando innanzi a s� 
tutti quei gravi interrogativi, che il sistema positivo 
autorizza ad opporre a tale configurazione e 
-che essa aveva ritenuto di superare. 

III. Con autorevole interpretazione, ben pi� 
:aderente ai testi, � stato, invece, riconosciuto che 
il giudizio costituzionale incidentale � in quanto 
-possiede la caratteristica di sorgere in occasione e 
�in vista della risoluzione di una questione pre.
giudiziale, relativa a un giudizio pendente innanzi 
:a un'altra magistratura, viene a porsi in posizione 
.strumentale e ausiliaria rispetto a quest'ultimo� (26) 
-e che, fin quando la pronuncia della Corte resta 
�� una pronuncia giurisdizionale in senso proprio �, 
�essa non pu� operare che nel processo a quo (27). 
�� Nata dal giudizio a quo e per il giudizio a quo, 
-per essere risolta in sede giurisdizionale, la questione 
ritorna al giudizio a quo, risolta appunto da 
-una decisione giurisdizionale>> (28). 
Il fatto che il processo in esame, � oltre ai 
oCaratteri del procedimento propriamente giurisdi


zionale >> (29), possieda anche altri caratteri (30), 
non pu� inficiare questa verit� fondamentale. Come 
espressione dell'esercizio di giurisdizione, esso 
� una fase del processo a quo e non un processo 
obiettivamente autonomo, appu:p.to perQ'IJ,~. -non v~ 
si esercita un'azione distinta e diversa da quella in 
corso nel primo e perch�, di cons~guenza, l'effetto 
dell'esercizio di quella potest� giurisdizionale deve 
prodursi nel processo principale (31). 

Parlare di azione del giudice nel nostro ordinamento 
(32) � arbitrario ed aberrante. Se, quando 
ritiene manifestamente infondata la questione di 
costituzionalit� -e ci� nei vari gradi e fino a 
giungere alla Corte di Cassazione -il giudice 
ordinario si sostituisce alla stessa Corte Costituzionale 
ed in propria competenza giudica della costituzionalit� 
della legge, non si vede come e perch�, 
quando ritiene la questione non manifestamente 
infondata e per ragione di competenza la sottopone 
allo speciale Giudice costituzionale, dovrebbe cessare 
di esplicare attivit� di giudice e divenire, invece, 
�parte >> attrice, tanto pi� se si pensi che sarebbe 
ben strana l'attribuzione di un diritto di azione, 
che la parte del processo a quo, prima dell'ordinanza 
di trasmissione, pu� ben escludere, rinunciando 
al giudizio in corso (33), cos� come potrebbe escluderla, 
in presenza di una eccezione di incostituzionalit�, 
l'eventuale conciliazione delle parti (art. 
185 O. p. c.) intervenuta prima di quell'ordinanza 

(34). Epper� � stato autorevolmente osservato che, 
anche nel caso in cui la questione sia rilevata 
d'ufficio dal giudice a quo, essa �rimane ugualmente 
una controversia fra le parti, come tale 
considerata e regolata dalla legge >> (35), cosicch� 
�non � della legge in astratto che si decide, ma 
in quanto si applica al caso concreto>> (36). 

La configurazione trova riscontro nell'analogo 
caso in cui, a norma dell'art. 23 legge 7 gennaio 
1929, n. 4, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
sono investite con ordinanza del giudice a 
quo della eventuale questione di inapplicabilit� (in 
relazione all'art. l legge n. 4 del 1929) di norme 
penali contenute in leggi concernenti i singoli 
tributi e la decidono con efficacia di << giudicato 
irrevocabile� (cit. art. 23, legge n. 4 dell929) fra 
le parti (37). 

Come fase (38) del processo incidentato, il procedimento 
innanzi alla Corte Costituzionale adempie 
alla funzione di accertare in via contenziosa, 
con la possibilit� di contradittorio fra le parti del 
processo incidentato e degli interventi previsti dagli 
artt. 20 e 25 legge 11 marzo 1953, n. 87, la 
conformit� o meno di una data formula (39) legislativa 
ad una o pi� norme della Costituzione, 
facendo conoscere al giudice del processo a quo, se 
la norma, da questi ritenuta applicabile al caso 
solo condizionatamente al favorevole esito del 
controllo di costituzionalit� richiesto alla Corte, 
vada o meno applicata. La Corte accerta in 
definitiva (se una data formula costituisca) una 
regula juris valevole per un caso concreto� �d il 
controllo che essa compie della esistenza e della 
chiarezza della valutazione di rilevanza della questione, 
fatta dal giudice a quo, � espressione dello 
stesso suo dovere di accertare � il titolo o il 


-168presupposto 
dell'esercizio in concreto della propria �da qualsiasi riferimento sia pure potenziale alla 
-168presupposto 
dell'esercizio in concreto della propria �da qualsiasi riferimento sia pure potenziale alla 
competenza)) (40) . .Alla Corte, di Cassazione compete, 
invece, di stabilire se mia data � regola )) si 
attagli perfettamente al caso concreto (41). Nell'uno 
e nell'altro caso si tratta di pronunzie che 
non si riferiscono direttamente al rapporto controverso, 
ma ad una questione di diritto, pregiudiziale 
alla pronunzia di merito (42). E la regola �, pertanto, 
identica: la vincolativit� della decisione 
della questione non solo nel processo a quo, ma 
� anche nel nuovo processo che sia instaurato con la 
riproposizione della domanda n (art. 393 C.p.c.) (43). 

Epper�, mentre � semplicemente un fuor d'opera 
negare che dalla pronuncia della Corte sorga anche 
so~o una preclusione per il giudice a quo, poich� 
si tratterebbe di processi diversi, mentre quella 
opera nello stesso processo, appare, peraltro, tendenzioso 
e preconcetto opporre il contenuto dell'art. 
22 del Regolamento interno della Corte Costituzionale 
per pretendere di snaturare l'istituto, 
attribuendogli caratteri che positivamente esso non 
ha. .Ad orientare nella giusta direzione gli interpreti 
di questa norma valga, anzitutto, la lettura 
dell'art. 14 legge 11 marzo 1953, n. 87, comma 
primo, secondo il quale: � La Corte pu� disciplinare 
l'esercizio delle sue funzioni con regolamento 
approvato a maggioranza dei suoi componenti n, 
ma non pu� certo modificare le precise linee dell'istituto 
del controllo della legittimit� delle leggi 
em artt. l legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l e 
23 legge 11 marzo 1953, n. 87, com'� ribadito, se 
ce ne fosse bisogno, dall'art. l legge costituzionale 
11 marzo 1953, n. l (�La Corte costituzionale 
esercita le sue funzioni nei limiti ed alle condizioni 
di cui alla Carta Costituzionale, alla legge costi tuzionale 
9 febbraio 1948, n. l ed alla legge ordinaria 
emanata per la prima attuazione delle 
predette norme costituzionali n). 

Il sullodato art. 22 Reg. int. Corte Costituzionale 
si spiega, pertanto, agevolmente, ove si ricordi 
che, oltre alla funzione propriamente giurisdizionale 
di cui innanzi, la Corte ne esplica eventualmente 
un'altra, (44) come espressione di potest� 
sui generis, (45) di cui l'ordinamento, checch� 
possa dirsi per dottrinarismo o per passionalit�, 
non le ha consentito l'esercizio autonomo, ma 
soltanto condizionato al legittimo esercizio della 
funzione giurisdizionale (ancorata, a sua volta, 
ineluttabilmente, alla denunzia del giudice di una 
controversia concreta ed agli atti del processo 
principale). E proprio per disciplinare il contemporaneo, 
eventuale esercizio di quest'altra funzione, 
la Corte, senza snaturare quella giurisdizionale 
affidatale, epper� continuando a giudicare della 
legge nei limiti della questione sollevata dal giudice 
a quo e sempre sugli atti del processo incidentato, 
ha sancito una regola di irrilevanza delle successive 
vicende di quel processo, che conferma, anzitutto, 
la vincolativit� inter partes della sua pronunzia 
di diritto anche al di fuori del processo incidentato 
e finch� la controversia possa essere riproposta in 
un altro proce!lSo fra le stesse parti (46). Bene � 
stato osservato, iii proposito, che questa pretesa 
indipendenza del processo costituzional� non consente 
alla Corte di � svellere )) la sua pronunzia 

causa in cui � sorta la questione sulla legge n (47). 
Quest'altra funzione della Corte non pu� confondersi 
con quella giurisdizionale da essa normalmente 
esplicata, se non a patto di tornare a,. 
postulare nel processo costituzionale una vera e� 
propria azione, diversa e distinta da quella del 
processo principale, la regola di legittimazione del 
primo �, invece, esclusivamente commisurata agli 
effetti che dovr� produrre la sentenza del giudice 
a quo (48). La Corte Costituzionale non annulla 
l'atto legislativo, perch� non v'� un'azione di 
annullamento (49-50). Ed il Costituente non ha 
voluto attribuire ad un organo pubblico e tanto 
meno ad un privato (51) questo diritto di azioner 
n� alla Corte il potere di eliminare addirittura le 
manifestazioni di volont� del Parlamento, e cosi 
non � stata conferita al processo costituzionale la 
stuttura �adeguata ad un vero e proprio processo 
di annullamento della legge in generale ed in 
astratto (52), sospingendosi quella pi� vasta funzione 
di interesse generale quasi al margine del 
processo (53). Quando la Corte dichiara la non 
conformit� costituzionale di una legge, da questa. 
declaratoria consegue, oltre all'effetto vincolante 
per il giudice (o i giudici) della controversia 
incidentata (inapplicabilit� della norma), la generale 
cessazione di efficacia della legge erga omnes 
(art. 136 Cost.) (54). La conferma della diversit� 
e della non confondibilit� delle due funzioni si trae 
dal fatto che questo effetto erga omnes (55) � stato 
attribuito soltanto alle pronuncie di accoglimento� 
e non anche a quelle di rigetto (56-57), in aderenza 
alla specifica natura della seconda funzione~ 
espressione della potest� propria della Corte di 
assicurare il rispetto dei limiti (58) posti dalla. 
Costituzione all'attivit� del legislatore; si trae 
ancora dalla diversit� delle fattispecie produttive 
dei due effetti, quello proprio del processo costituzionale 
e quello che si determina al di fuori di esso,. 
�identificandosi la fattispecie per gli effetti inter 
partes con la sentenza in s� e per s�, e richiedendo, 
per gli effetti erga omnes, gli ulteriori 
fatti -esterni alla sentenza -della pubblicazione 
ai sensi dell'art. 30 cit. I comma, e della 
vacatio fino al giorno successivo)) (59). 

Che il Costituente abbia voluto soltanto la 
cessazione di efficacia della legge incostituzionale, 
si �spiega, poi, sia col fondamentale principio 
dell'autonomia dei poteri fondamentali dello Stato 

(60) (col quale mal si sarebbe conciliata l'appli-. 
cazione di sanzioni contro l'atto legislativo), (61) 
che con l'intento' di evitare in linea di principio 
la revivisceza del diritto abrogato (62) e di giustificare 
il controllo costituzionale del diritto preesistente 
(63). 
IV. .Appare, pertanto, dimostrata l'erroneit� del 
ragionamento del Tribunale di Napoli, irretito 
dalle conclusioni di una tesi dottrinale viziata alla. 
base (64). La sentenza della Cort� Oostitgzio.nale 
era intervenuta nel processo di appello, allorci�� 
questo non si era ancora estinto ed aveva modificato� 
il precedente giudizio del Tribunale, (65) nella 
premessa, laddove esso aveva ritenuto la illegit



-169


timit� costituzionale della legge-provvedimento di 
cui trattasi ! 

Questo rilievo, assorbendo ogni altra critica, vale 
a confutare anche l'assunto della Corte di Appello 
di Catanzaro (66), che in un caso analogo a quello 
deciso dal Tribunale di N a poli, pur ammettendo 
che la pregiudiziale costituzionale si distingue 
dalle pregiudiziali disciplinate dal diritto comune 
(penale, civile, amministrativo), << perch� priva 
della caratteristica dell'autonomia rispetto all'oggetto 
della domanda principale sotto il duplice 
profilo che la questione di legittimit� non pu�, 
come questione astratta, formare oggetto di un 
processo autonomo e che anche la Corte Costituzionale 
la sottopone ad esame come semplice premessa 
logica per la decisione del caso concreto � 
(67), ha ugualmente ritenuto inutiliter data la 
sentenza della Corte Costituzionale, che aveva 
dichiarato la infondatezza della questione di costituzionalit� 
di un decreto legislativo di esproprio, 
e ci� perch� �quando il processo principale viene, 
comunque, a cessare, viene anche meno l'efficacia 
d.iretta della sentenza, perch� non esiste pi� la 
controversia ancorata alla decisione della pregiu


diziale costituzionale, o, perch�, come nella specie, 
la controversia � rimasta irrevocabilmente decisa 
dal giudice che all'epoca era competente a risol� 
vere la stessa pregiudiziale � (68). 

Evidentemente, � sfuggito alla Corte di Catanzaro 
che l'estinzione del processo di appello, per 
mancata riassunzione a norma dell'art. 297 C.p.c. 
nel termine perentorio di sei mesi dal deposito 
della decisione della Corte Costituzionale, non 
poteva operare che dalla (inutile) scadenza di tale 
termine (69), ossia dopo che in quel processo era gi� 
intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale 
a modificare la sentenza di primo grado, impedendone 
il passaggio in giudicato (art. 338 O. p. c.). 

V. A corroborare definitivamente questo risultato, 
non resta che citare, a m� di conclusione, 
lo stesso insegnamento delle Sezioni Unite della 
Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la de-� 
cisione della Corte Costituzionale che dichiari 
l'infondatezza della questione di costituzionalit� 
� si deve ritenere emessa dal giudice a quo del 
processo e deve avere la stessa portata di una 
sua decisione incidentale sulla questione� (70). 
FRANCO OARUSI 

NOTE 


(l) La si veda pubblicata in �Temi Napoletana, 1962, 
396 ss. ed in Giur. it. �, 1963, I, 2, 205, ss. 
(2) � la nota tesi svolta dal C.Al'PELLETTI in La pregiudizialit� 
costituzionale nel processo civile, Milano, 
1957, pagg. 4 e segg. 
(3) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 52, 100, 210. 
(4) Cos� il CAPPELLETTI, op. cit., pag. 20, conviene 
col MoNTESANO (v. appresso a nota 61) che nel nostro 
ordinamento l'incostituzionalit� della legge pu� essere 
oggetto di questione ma non di lite. 
(5) Cfr. KELSEN: Teoria generale del diritto e dello 
Stato, Milano 1952, P� 160; PIERANDREI; Corte Costituzionale, 
in �Enciclopedia del Diritto�, vol. X, Milano, 
1962, pag. 972. 
(6) CAPPELLETTI, op. cit., pagg. 24, 25 (in nota), 140, 
171. Secondo il predetto autore (op. cit. pag. 25, nota 
42) si tratterebbe di una mera qualifica dell'ordina 
mento e non gi� di un rapporto intersubiettivo. Si tratterebbe 
di una situazione sostanziale preliminare. Ma 
la preliminarit� o prodromicit� � una categoria della 
concreta efficacia della norma, che suppone gi� verificata 
una frazione della fattispecie da questa ipotizzata; 
� gi� un rapporto, v. in argomento RuBINO: La fattispecie 
e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, 
pag. 127 e segg.; sugli effetti preliminari osserva il 
FALZEA: Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, 
Milano 1939, pagine 15-16, essere �possibile che, pur 
non essendo esistenti tutti gli elementi necessari perch�, 
intervenendo la qualificazione concernente la situazione 
di fatto, sorgano le conseguenze giuridiche predisposte, 
questi elementi semplici, possano, per s� stessi, essere 
oggetto di una qualificazione a).ltonoma � e perci� sono 
dei veri e propri fatti giuridici e che (pag. 17) �la 
situazione di fatto parziale, qualificata, produce delle 
conseguenze giuridiche autonome, indipendentemente 
dalla possibilit� di divenire totale... salva la interdipendenza 
funzionale � degli effetti preliminari e di quelli 
definitivi. 

(7) C.Al'PELLETTI: op. cit., pag. 140, testo e nota 59. 
(8) Id., op. cit., pagg. 76 e segg., 139 e segg. 
(9) Id., op. cit., pag. 171. 
(IO) Interesse proprio anche della parte che fonda la 
sua difesa precisamente sulla norma rispetto alla quale 
venga sollevata la questione di costituzionalit� 1 

(11) C.Al'PELLETTI: op.cit., pag. 142-149; 192, nota 145. 
(12) Id., op. cit., pagg. 79, 84, 141 e segg. 
(13) Id., op. cit., pag. 171. 
(14) Trattasi, cio�, della situazione correlativa .al 
potere o al diritto potestativo di .un altro soggetto: 
cfr. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto 
civile, Napoli, 1954, pag. 55; SANDULLI, Manuale di 
diritto amministrativo, Napoli 1952, pag. 47, nonch� 
AA. citati da CASSARINO. Le situazioni giuridiche e 
l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano 1956, 
pag. 233, nota 46. Questo A. osserva, peraltro, (op.cit., 
pag. 234), che la necessit� di subire gli effetti dell'esercizio 
del potere �non significa nulla, poich� ogni necessit� 
in tanto � concepibile in quanto abbia ad oggetto un 
detenninato comportamento. N el caso della soggezione 
non viene in rilievo alcun comportamento, neanche 
negativo... Si tratta, quindi, nient'altro che della generica 
posizione in cui si trova ogni soggetto, in capo�al�quale. 
possono prodursi effetti giuridici. .. a seguito di compor-�� 
tamenti altrui giuridicamente rilevanti�. 
(15) C.Al'PELLETTI, op. cit., pag. 41, ove critica la 
nota concezione dell'EsPOSITO della legge nulla, ma esecu

toria; v. anche a pagg. 82-84. Sul punto v. le considerazioni 
del PmRANDREI, Corte Costituzionale, in �Enciclopedia 
del Diritto�, vol. X, pag. 972, il quale osserva 
che � difficile ritenere che le leggi incostituzionali <<mentre 
vigano e il loro vizio non sia appariscente e sospettato 
e comunqu� non ancora accertato, non si pongano 
come obbligatorie al pari di tutte le altre leggi per il 
fatto che sia possibile sollevare n loro confronti la 
questione (in rapporto ad un potere non ancora esercitato 
e che non si sa quando verr� esercitato)�. Sulla 
questione di �responsabilit�� dei cittadini v. PALADIN 

Cenni sul sistema delle responsabilit� civili per l'applicazione 
di leggi incostituzionali in � Giur. Cost. �, 1960, 
1029 e segg. 

(15-bis) Cfr. FALZEA, op. cit., pag. 7 e 78 (v. avvertenza 
a pag. 79 ed artt. ,I, comma secondo, 462, 600, 
643, 784 Cod. civ.). 

(16) Dire soggetto significa dire capacit� giuridica, 
ossia attitudine ad essere punto di legittimazione 
soggettiva di conseguenze giuridiche v. FALZEA, op. cit., 
pag. 74; SANDULLI, Manuale cit., pag. 40. 
(17) Non ha senso, pertanto, postulare ulteriori qualificazioni 
soggettive rispetto alla singola norma, se non 
appunto in termini di legittimazione all'effetto concreto. 
Se prima del fatto la norma non esiste se non nel testo, 
come_ formula, mentre �opera � soltanto quando avviene 
il fatto, al quale deve essere applicata (v. la interessante 
polemica fra AsCARELLI e CARNELUTTI, in �Riv. di 
dir. procn, 1957, pagg. 351, 364 ed ivi, 1958, pagg. 14-26; 
in particolare, CARNELUTTI, ibidem, pag. 24; v. anche 
Corte Cost., sent. 23 giugno 1956, n. 3, � Giur. Cost. �, 
1956, pag. 574), l'unico modo di essere del soggetto, 
che pu� avere significato, � precisamente la legittimazione 
all'effetto. �Il che esclude, anche, melius re perpensa, 
che rispetto alla norma di legge avente carattere 
generale possa parlarsi di legittimazione unica ed 
indivisibile. Ogni effetto concreto pone un problema di 
legittimazione, per poter essere imputato al singolo 
soggetto ( � effettivo � destinatario della norma: ANDRIOLI, 
L'intervento nei giudizi di legittimit� costituzionale, 
in � Giur. Cost. �, 1957, pag. 284). Con la divisibilit� 
della legittimazione pu� giustificarsi, peraltro, anche il 
fenomeno della c.d. sopravvivenza del diritto abolito, 
per cui una legge, pur se abrogata, continua a costituire 
la regola dei rapporti sorti prima dell'abrogazione 
e non ancora esauriti. 
� (18-19) Il concetto di status �sta appunto a indicare 
l'appartenenza di un soggetto ad una certa categoria 
caratterizzata da una particolare sfera di capacit� �: 
SANDULLI, Manuale cit., pag. 41; v. anche SANTORO 
PASSARELLI: Dottrine generali, ecc., cit. pag. 7-8. 
(20) V. sopra, nel testo in corrispondenza delle note 
(16, 17). 
(21) V. appresso, nel testo, in corrispondenza della 
nota {25). 
(22) CAPPELLETTI, op. cit., pag. 78. 
(23) Di mediazione col fatto direbbe il CARNELUTTI: 
Risposta al prof. Ascarelli, in �Riv. Dir. proc. �, 1958, 
25, il quale-ivi, pag. 26 -riconosce che l'Ascarelli 
�ha ragione quando riduce l'applicazione nel quadro 
dell'interpretazione�. 
(2~) Il SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce 
della Corte Costituzionale sulla legittimit� delle leggi, 
in �Riv. trim. di dir. pubbl. �, 1959, pag. 28, in nota, 
avverte che �ci� che � indispensabile in ogni procedi-

n;J.ento a carattere contenzioso � soltanto che i soggetti 
che l'ordinamento considera legittimi contradittori siano 
messi in grado, mediante la comunicazione dell'inizio 
del procedimento, di conoscere che della questione sia 
stata investita l'autorit�>>. 

(25) CAPPELLETTI, op. cit,, pagg. �a8 segg. 82, 91. 
(26) SANDULLI, Natura, funzione ed effetti, ecc., cit., 
pag. 
33. 
{27-28) Id., op. cit., pag. 36. 


(29) Id., op. cit., pag. 35. 
(30) Cfr. LIEBMAN: Contenuto ed efficacia delle decisioni 
della Corte Costituzionale, in �Riv. dir. proc. �, 1957, 
pag. 523: << il processo costituzionale � destinato ad 
esercitare eventualmente una doppia funzione, perch� 
deve decidere una questione del processo principale e 
nello stesso tempo, se la decisione sar� positiva, spiegher� 
una efficacia indiretta e secondaria che trascende 
l'ambito di quel processo e raggiunge il piano degli 
elementi costitutivi dello stesso ordinamento giuridico�. 
(31) Cfr. LIEBMAN, op. cit., pag. 523, il quale sottolinea 
ch� secondo i dati positivi il processo costituzion~J,le 
�appare configurato dalla legge come legato al processo 
principale da un rapporto non soltanto genetico, ma 
funzionale, che perdura inalterato, salvi eventi straordinari, 
fino alla sua conclusione: � per cos� dire una 
propaggine del processo principale, qualche cosa come 
un ramo che se ne diparte e vi ritorna � pur essendo 
dotato, altres�, di �caratteristiche diverse ed altamente 
significative, che gli danno un'identit� propria non confondibile 
� in vista della sua � funzione indiretta �, su 
cui v. nota precedente; cfr. anche GARBAGNATI, Sull'efficacia 
delle decisioni della Corte Costituzionale, in Scritti 
giuridici in onore di F. Carnelutti, vol. IV, Padova 1950, 
pagg. 196-198 e 210, ove mette in evidenza l'analogia 
con la �fase processuale che in base all'art. 23 legge 
7 gennaio 1929, n. 4 si svolge dinanzi alle Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione, per la decisione della 
questione sulla inapplicabilit� di norme penali contenute 
in leggi concernenti i singoli tributi �, su cui v. anche 
AzzARITI, Considerazioni sulla disciplina del sindacato 
sulla costituzionalit� delle leggi, in �Foro Padano �, 1948, 
IV, col. 52; cfr., infine, appresso, nota 38. 
(32) Quando il CAPPELLETTI, op.cit., pag.-143, osserva 
che �la configurazione del ricorso costituzionale come 
azione (anche) del giudice del processo pregiudicato� 
non dovrebbe stupire chi ricordi che l'istituto ex art. 100, 
comma I, della Costituzione di Bonn viene definito dalla 
dottrina tedesca come Richterklage, ossia, precisamente, 
�azione del giudice n, questo A. non considera la differenza 
che passa fra actio e Klage, in cui il momento 
prevalente non � l'affermazione di diritto in giudizio, 
ma la querela intesa ad ottenere l'attivit� del giudice, 
� �l'invocazione del giudice n cfr. CIOVENDA, l'Azione 
nel sistema dei diritti -Saggi di dir. proc. civ., vol. I, 
Roma 1930, pag. 7 a 57; v. anche SATTA, Sui rapporti, 
ecc., cit., pag. 593 << parlare di una azione del giudice, 
come si dice dagli scrittori tedeschi, non � proprio per 
il nostro ordinamento n. Epper� non di azione si tratta, 
ma di denuncia: cfr. CALAMANDREI, L'illegittimit� costituzionale 
delle leggi nel processo civile, Padova, 1950, 
pag. 52 e segg.; ANnRIOLI, L'intervento �nei giudizi, ecc., 
cit., pag. 283; REDENTI, Legittimit� delle leggi e aort� 
Costituzionale, Milano 1957, pag. 41 e 57; LIEBMAN, 
Contenuto, ecc., cit., pag. 520, il quale ritiene che non 
sia neppure necessario pensare a una vera e propria 

lfH lfH 
-171


denuncia, mettando in evidenza che il giudizio di costituzionalit� 
� promosso dal giudice della causa perch� 
egli �ha sempre il compito di stabilire liberamente 
quale sia la norma giuridica applicabile ai fatti della 
causa (iura novit curia) e in questa attivit� rientra 
necessariamente anche l'indagine sulla validit� costituzionale 
della norma stessa. Sebbene egli non abbia pi� 
oggi il potere di decidere la questione, � peraltro suo 
dovere proporsela e, in caso di dubbio, rimetterla alla 
Corte ,; Nwmo, Il procedimento nei giudizi di legittimit� 
costituzionale, in �La Corte Costituzionale " (Raccolta di 
studi), suppl. de �La Rassegna mensile dell'Avvocatura 
dello Stato "� Roma 1957, pag. 150. 

(33) Cfr. SATTA, Sui rapporti fra la giurisdizione co;tituzionale 
e il processo (a proposito di un recente libro), 
in �Riv. Trim. dir. e proc. civ. "� 1959, pag. 593, ove 
si osserva che �Il giudice agisce sempre nella sua 
funzione di giudice, che jura novit, anche se in luogo 
di pronunciare sull'eccezione a norma dell'art. 112, 
seconda parte, si limita a sollevarla per lo speciale 
meccanismo della legge"� 
(34) CHICCO e CORONAS, L'interpretazione giudiziale 
della Costituzione, in �La Corte Costituzionale "� cit, 
pag. 619. 
(35) AzzARITI, Gli effetti delle pronunzie sulla costituzion(
1lit� delle leggi, in �Riv. dir. proc. "� 1950, I, 
pag. 189 e pag. 190 (<<non mi sembra... che sia giusto 
considerare la quest'ione sollevata d'ufficio dal giudice 
come una denunzia fatta nell'interesse generale, perch� 
si rimane sempre nell'ambito di.una controversia pregiudiziale, 
la risoluzione della quale sia ritenuta necessaria 
per la decisione della causa in corso >>) e in Pr_oblemi 
attuali di diritto costituzionale, Milano, 1951,,pag. 157. 
(36) SEGNI, Il processo civile nello Stato contemporaneo 
in << Jus ll, 1954, p. 36; PIERANDREI, Corte Costituzionale, 
cit., pag. 947, ove si mette in evidenza che la 
prima condizione dell'incidente di costituzionalit�, ossia 
la r.ilevanza della questione, << implica che la legge impugnata 
sia precisamente quella che deve trovare immediata 
applicazione ll, ' 
(37) D'AMELIO, La Corte di Cassazione come giudice 
di prima istanza,, in << Riv. di dir. Pubbl. ll, 1930, pag. 6 
e segg. (a pag. 10 sottolinea che <<l'art, 23 non dichiara 
che la decisione abbia efficacia anche in confronto di 
estranei al giudizio ll}. Sulle differenze fra i due istituti 
v. AzZARITI, Gli effetti delle pronuncie, ecc., in << Riv. 
dir. proc. "� 1950, I, pag. 188. 
(38) Cfr. Ordinanza 23 giugno 1956 delle Sezioni Unite 
Civ. della Corte di Cassazione in causa Mazza c. Min. 
Agricoltura ed Opera Valorizzazione Sila, in << Giust. 
Civ. "� 1956, CXXI: <<la questione non pu� sorgere 
in via astratta, avulsa da un interesse specifico all'attribuzione 
di un bene della vita o (nel processo penale) 
all'affermazione della inesistenza (o della esistenza) 
di una pretesa punitiva verso soggetto determinato per 
un fatto storicamente avvenuto" ed ancora (ivi): << l'incidentalit� 
intesa ai fini della sollevabilit� della questione 
di legittimit� costituzionale non postula quella 
rigorosa separazione concettuale tra la questione stessa 
e l'oggetto principale del giudizio, ma soltanto che la 
risoluzione della questione valga alla decisione di una 
�ontroversia concreta)). 

(39) V. SANDULLI, Atto legislativo, Statuizione legislativa 
e giudizio di legittimit� costituzionale, in << Riv.. 
trim. dir e proc. civ. ll, 1961, pagg. 6 e segg.; MoNTESANO, 
N orma e formula legislativa nel giudizio costituzionale, 
in << Riv. dir. proc "� 1958, pa:gg. 524 e segg.; Id., Le sentenze 
costituzionali e l'individuazione delle norme, ivi, 
1963, pagg. 20 e segg.; v. anche DE FINA, Il controllo 
sulla legislazione, ivi, 1961, pag. 48.. 

(40) Cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit., pagine 
962, 963, ove mette in rilievo perch� quel controllo 
non solo � giustificato, ma necessario ed in nota 
(337) elenca numerose pronunce della Corte in ot(j.ine 
al controllo medesimo circa l'esistenza e la sufficienza 
del giudizio (del giudice a quo) sulla rilevanza della questione. 
.Sul punto, di recente, v. Corte Cost., 9 aprile 
1963, n. 45, in Sentenza ed ordinanze della O. O. suppl. 
della Giurisprudenza Costituzionale "� 1963, 127. 
(41) SATTA, Corte di Cassazione (dir. proc. civ.), in 
<<Enciclopedia del diritto "� vol. X, Milano 1962, pag. 823. 
(42) GARBAGNATI, Sull'efficacia delle decisioni, ecc., 
cit., pag. 211. 
(43) Il GARBAGNATI, op. cit<.� pag. 213, sottolinea 
che le decisioni della Corte Cost. hanno l'efficacia processuale 
della cosa giudicata, analogamente a quelle 
delle Sezioni Unite a norma dell'art. 23 legge 7 gennaio 
1929, n. 4: i loro effetti non si esauriscono nell'ambito 
del processo a quo, ma si estendono a qualsiasi processo 
nel quale fra le stesse parti dovesse successivamente 
sullevarsi la questione. Sul punto v. anche il nostro studio: 
Gli effetti delle pronunzie della Corte Costituzionale, 
ecc. in <<La Corte Costituzionale >> (Raccolta di Studi) 
cit., pagg. 239 e segg_, ove si segnala anche la differenza 
fra efficacia << panprocessuale >> ed efficacia <<materiale>> 
del giudicato. 
(44) Che si tratti di funzione distinta non <<propriamente>> 
giurisdizionale ammette il SANDULLI, Natura, 
funzioni ed effetti delle pronunce, ecc., cit., pagg. 35 
e segg.; v. ancheLIEBMAN, Contenuto, ecc., cit., pag. 523 
(45) Che la Corte Costituzionale costituisca un potere 
distinto dai tre tradizionali mette in evidenza il GuGLIELMI, 
I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato 
in <<La Corte Costituzionale)) (Raccolta di studi), cit., 
pag. 424, 425; v. anche REDENTI, Legittimit� delle leggi 
e Corte Costituzionale, Milano 1957, pagg. 33-34; TESAURO, 
La Corte Costituzionale, in << R_ass. Dir. Pubbl. "� 1950, 
pagg. 205 e segg., il quale sottolinea che la Corte � al 
di fuori e al di sopra dei vari poteri dello Stato (pag. 244245); 
ha natura anfibia (pag. 245) e la sua decisione (di 
accoglimento) << � un atto supergiurisdizionale, perch� 
ha una efficacia superiore e vincolante nei confronti di 
tutte le manifestazioni dell'attivit� degli organi giurisdizionali>> 
(pag. 227); SANDULLI, op. cit., pag. 24, 
nota 3, secondo il quale, per�, <<l'individualit�, l'indipendenza 
e l'autonomia riconosciute a ciascun potere 
nell'ordinamento costituzionale non sono collegate alle 
funzioni esercitate, bens� al piano sul quale esse vengono 
esercitate>> (op. loc. cit.). 
(46) Ed infatti la Corte Costituzionale continua a 
giudicare nei limiti della questione sollevata dal giudice 
a quo e sugli atti del processo principale, di modo che non 
pu� dirsi che oggetto di quel giudizio divenga la legge 
in s�, ma deve dirsi, soltanto, che l'eventuale inutilit� 
dell'effetto principale della decisione (spetta ..s~mpre 
<< al giudice non costituzionale, ove e quando se ne pre-._ 
senti l'occasione, decidere se lo scioglimento di quella 
questione possa avere efficacia o rilevanza tra le parti 
della causa >> : MONTESANO, Le sentenze costituzionali 
,e l'individuazione delle norme, cit. in << Riv. dir. proc. � � 

&!&:EF E &!&:EF E 
-172


1963, cit., pag. 43) non impedisce alla decisione di spiegare 
ugualmente � il suo effetto secondario... totalment� 
estraneo>> al processo a quo, cfr. LIEBMAN, Contenuto 
ed efficacia delle decisioni, ecc., cit., pag. 523. 

(47) MONTESANO, op. ult. cit., pag. 43. 
(48) Cfr. ANDRIOLI, Profili processuali del controllo 
giurisdizionale delle leggi, in �Riv. Dir. Pubbl. ll, 1950, 
I, pag. 44. 
(49) E ci�, del resto, neppure nell'altra ipotesi di 
giudizi di legittimit� costituzionale instaurati in via 
principale: cfr. SANDULLI; Sulla discriminazione delle 
competenze, ecc. in �Foro it. ll, 1956, IV, col. 50-52, 
nota 3; v. anche appresso, nota 61. 
(50) Lo stesso CAPPELLETTI, op. cit., pag. 187 esclude 
un potere della Corte Costituzionale di annullare le 
leggi sine actione. 
(51) �Si � voluto evitare la proposizione di una lite 
tra il singolo e il legislatore ll, cfr. ordinanza 23 giugno 
1956, Cass. SS. UU. Civ., cit., in � Giust. Civ. ll, 1956, 
CXXI; v. anche per la storia dei lavori preparatori 
AzZARITI, Gli effetti delle pronunzie, ecc., cit., in �Problemi 
attuali di dir. cost. >> cit., pagg. 144 e segg. 
(52) Cfr. ANDRIOLI, Profili processuali, eec., cit., 
loc. cit.,: �invano si andrebbe in cerca di un organo o 
rappresentante cui fosse commessa la cura di una massa 
di interessi che � differenziata solo dalla qualit� di destinatari 
della norma di cui si discute: non il P.M., che 
� s� il rappresentante della legge, ma presso il potere 
esecutivo e per giunta della legge con l'elle maiuscola, 
non i presidenti delle due Cqmere, non tanto perch� 
la chiamata in causa non si addice alla loro dignit�, 
quanto e sopratutto perch� la legge, una volta entrata 
in vigore, � affare che interessa ai suoi destinatari e non 
agli autori�, v. anche le osservazioni del PIOOARDI, La 
Corte Costituzionale in Italia, in �Riv. Amministrativa ll, 
1951, pagg. 239-241. 
(53) Cfr. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni, 
ecc., cit., pag. 522. 
(54) Osserva il SANDULLI, Natura, funzione ed effetti 
delle pronunce, ecc., cit.: pag. 40, che �nell'imporre ai 
giudici comuni di rimettere alla Corte Costituzionale 
la questione di legittimit� costituzionale delle norme 
legislative che altrimenti dovrebbero applicare nel corso 
di un giudizio questo articolo (l legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. l) implica appunto che la pronuncia 
di incostituzionalit� � destinata senz'altro a operare 
nel giudizio a quo (il quale, infatti, viene sospeso in 
attesa di quella pronuncia: art. 23, 2� comma, legge 
Il marzo 1953, n. 87). Perch� possa prodursi tale operativit� 
-la quale discende direttamente e immediatamente 
dalla pronuncia e si realizza quindi col 
semplice perfezionarsi di essa (vale a dire col deposito 
in cancelleria: art. 26, 3� comma, legge Il marzo 1953, 
n. 87) -non occorre dunque la pubblicazione della 
sentenza della Corte ai sensi dell'art. 30, 1� comma, 
legge ult. cit. >> e che la disposizione dell'art. 136 Cost., 
�redatta e approvata quando non ancora si prevedeva 
l'adozione nel nostro sistema del giudizio costituzionale 
incidentale (introdotto con la successiva legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. l), si riferisce palesemente 
agli effetti erga omnes delle sentenze di accoglimento 
della Corte>>. 
(55) Osserva l'AZZARITI, Gli effetti delle pronunzie, ecc. 
cit., in <<Problemi attuali di diritto costituzionale n, 
cit., pag. 151 che esso Ǐ indubbiamente fuori del nostro 
sistema processuale, secondo il quale ogni pronunzia 
� destinata a produrre effetti tra le parti e non gi� in 
confronto di coloro che sono estranei al giudizio>>. 

(56) Mentre, se si trattasse di azione di annullamento 
della legge in s�, non si �giustificherebbe questa diversa 
estensione soggettiva del giudicato secundum eventum 
litis: il SANDULLI, Appunti sull'atto amministrativo 
collettivo, ecc., in �Scritti giuridici per il centenario della 
casa editrice Jovene ll, Napoli, s.d., pag. 439, nota 64, 
avverte che la tesi della variabilit� dell'estensione della 
cosa giudicata secundum eventum litis � decisamente 
superata; v. anche nostro studio Gli effetti delle pronuncie, 
ecc., cit., pag. 221. 
(57) Sulla efficacia vincolante delle pronunce di 
rigetto in ogni altro processo in cui fra le stesse parti 
fosse riproposta la questione, v. GARBAGNATI, op. cit~, 
pag. 212-213; sull'efficacia vincolante delle pronunce 
medesime non solo nel giudizio a quo, ma anche in altro 
giudizio che fra le stesse parti e sulla stessa controversia 
fosse instaurato ex novo, in caso di estinzione del 
processo incidentato, v. GIONFRIDA, Giudizio di legittimit� 
costituzionale della legge, ecc., in �Studi in onore 
di E. Eula n, Milano 1957, pag. ll6, anche in nota; 
SEGNI, L'unit� del processo, �Riv. it. n, scienze giurid. n, 
1954, 235, nota; PIERANDREI, Corte Costituzionale, <iit., 
pagg. 978-979, il quale (pag. 979) si riporta al principio 
del ne bis in idem, che vincola i giudici a non pi� pronunciarsi 
sull'oggetto del precedente giudicato ed a 
conformarsi ad esso quando debbano decidere questioni 
che lo presuppongono; v. anche � Cass. Sez. Un. n, 
22 gennaio 1958, n. 147, in � Giust. Civ. n, 1958, p. l, 
pagg. 1093 e segg. ed ivi nota con ampie citazioni di dottrina. 
Al principio del ne bis in idem si rif� anche il 
CHIEPPA, Ancora sulla riproponibilit� di questione di 
legittimit� costituzionale, ecc., in � Giur. Cost. ll, 1961, 
pag. 1063. 
(58) Il REDENTI, Legittimit� delle leggi, ecc., cit., 
pag. 34, designa la Corte� custode supremo degli argini)), 
(59) SANDULLI, Natura, funzione ed effetti delle pronunce, 
ecc., cit., pag. 43, il quale, pur parlando di �effetto 
di annullamento )) sottolinea che esso � non discende...... 
dal dispositivo della sentenza)) (ibidem). 
(60) Osserva il PIERANDREI, Corte Costituzionale, 
cit., pag. 968, che �il nostro sistema, se da un lato non 
ritiene che le disposizioni legislative incostituzionali 
siano affette dal vizio della nullit�>> (v. infatti, ivi, 
pag. 972) �dall'altro lato non consente, a tutela della 
autonomia degli organi fondamentali, che le manifestazioni 
di volont� degli organi stessi vengano direttamente 
eliminate da un altro organo>>. 
(61) Cfr. MoNTESANO, Legge incostituzionale, processo 
e responsabilit�, in �Foro it. n, 1952, IV, Col. 157, il 
quale, per�, negando che vi sia �un'applicazione giurisdizionale 
di sanzioni>> contro l'atto incostituzionale, 
ritiene di potere affermare che �l'atto legislativo incostituzionale 
non � annullabile, ma nullo>> (op. loc. cit.). 
Sulla critica della concezione che l'invalidit� costituisca 
una pura conseguenza logica della difettosit� della fattispecie, 
v. SooGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del 
negozio giuridico, Napoli, 1950, pag. 369 .e segg., il quale 
giustamente rileva che �l'invalidit� non � la sola con~guenza 
della disformit� al diritto... potendosi a;ere 
sanzioni diverse o addirit'tura la semplice inefficacia, 
onde la necessit� di rifarsi al disposto del legislatore>> 
(pag. 401); v. anche CANNADA-BARTOLI, L'inappli

:: ::::r :: ::::r 
-173


cabilit� degli atti amministrativi, Milano 1950, pag. 31, 
� altro � la teoria delle forme di divergenza, altro la teoria 
delle conseguenze della divergenza ed altro ancora la 
teoria delle cause di divergenza"� 

(62) Mentre, non trattandosi di abrogazione legislativa 
(v. le osservazioni del GARBAGNATI, Sull'efficacia 
delle decisioni, ecc., cit., pagg. 206-208; v. anche SANDULLI, 
Natura, funzione ed effetti delle pronunce, ecc., 
dt., pagg. 24-25), quella cessazione di efficacia � radicale, 
nel senso che esclude ogni ultrattivit� della legge dichiarata 
incostituzionale (cfr. PIERANDREI, op. cit., pag. 968, 
nonch� nostro studio, Gli effetti delle pronunce della Corte 
Costituzionale, ecc., cit., pag. 247). 
(63) Si veda il rilievo del TRACANNA, La illegittimit� 
costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di 
legge, in <<La Corte Costituzionale" (Raccolta di studi) 
cit. pag. 323, il quale, op. cit., pag. 300, osserva che 
<< l'istituto della illegittimit� costituzionale riguarda la 
valutazione della costituzionalit� attuale della norma, 
considerata come astratta dall'atto legislativo e la 
attitudine della norma stessa a disciplinare fatti attuali. 
� solo la illegittimit� dell'atto legislativo che sar� 
valutato alla stregua dell'ordinamento vigente al momento 
della emissione dell'atto stesso"� 
(64) Le critiche del CAPPELLETTI, op. cit., pag. 10 
.e segg., ad un processualista della tempra dell'ANDRIOLI 
non colpiscono, pertanto, nel segno. 
(65) E ci� a prescindere dalla esattezza dell'affermazione 
della sentenza del Tribunale di N a poli, di cui si 
discorre nel testo, secondo la quale l'ordinanza di trasmissione 
degli atti della Corte di Appello non era idonea 
a modificare gli effetti della sentenza di primo grado. 
Contro la natura meramente ordinatoria del provvedimento 
di trasmissione potrebbe, infatti, opporsi che il 
suo contenuto rappresenta l'esercizio di un potere di 
<< valutazione che implica un giudizio sui termini e sui 
limiti della controversia e sulla norma da applicare nel 
caso concreto " (cos� la Corte Costituzionale nella sentenza 
9 aprile 1963, n. 40, in � Giur. it. "� 1963, 822, con 
<mi � stato escluso che il P.M. possa disporre la trasmissione 
degli atti alla Corte �in quanto non ha potere di 
emettere provvedimenti decisori"; v. anche Corte Costituzionale, 
sentenza 20 dicembre 1962, n. 109, in supplemento 
della �Giurisprudenza Costituzionale" 1962, 44 7, 
dove si esclude che il potere di sollevare la questione 
di costituzionalit� competa al Giudice Istruttore del 
processo a quo e si ribadisce che esso spetta solo al 
.Collegio, trattandosi di attivit� <<tale da interferire sull'attivit� 
di giudizio�. 
Il contenuto decisorio del potere del giudice a 'quo 
di delibare la questione pu� apparire pi� evidente, 
allorch� egli la dichiari manifestamente infondata (Cass. 
.SS. UU. civ., ordinanza 23 giugno 1956, cit., in << Gius. 

civ. "� 1956, cit. CXXI: �l'infondatezza deve risultare 
da un esame in limine, ma che pure escluda ogni possibilit� 
di dubbio di una soluzione differente ") e lo stesso 
provvedimento sia adottato nei successivi gradi del 
giudizio, precludendo definitivamente la possibilit� 
di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per 
l'esame della questione. E la natura dell'attivit� eser<
litata dal giudice a quo e del provvedimento da lui 
.adottato non pu� certo mutare... a seconda del risultato 
a cui pervenga ! No n si ometta neppure di considerare 
che l'ordinanza di trasmissione degli atti � irrevocabile 
(cfr. PIERANDREI, Corte Costituzionale, cit. pag. 953), 
mentre la revocabilit� � caratteristica del provvedimento 
ordinatorio e cos� del provvedimento di sospensione (App. 
Torino. 13 aprile 1954, �Foro it. "� I, 1064; Ti%: Roma 
16 giugno 1945, �Giur. Compi. Cass. Civ. "� 1945, l 
299; Trib. Varese 7 luglio 1953, � Giur. it. "� 1954, l, 2, 
2434, ecc.) esclude che l'ordinanza di rimessione della 
questione di costituzionalit� possa ascriversi fra i �provvedimenti 
pronunciati nel procedimento estinto", che, 
a norma dell'art. 338 C.p.c., impediscono il passaggio 
in giudicato della sentenza impugnata, il CARNELUTTI, 
Un caso singolare, ecc. in �Riv. di Dir. Proc.>>, 1963, 

669. In questo breve scritto non si esamina, per�, la 
questione trattata nel testo e cio� se, dato che il giudizio 
di costituzionalit� ex art. l legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. l costituisca una fase del giudizio 
incidentato, la pronuncia della Corte che lo conclude 
debba essere considerata provvedimento idoneo ai sensi 
dell'art. 338 C.p.c. ad impedire il passaggio in giudicato 
della sentenza impugnata. � da ritenere, per�, che, se 
la questione fosse stata posta, l'A. non avrebbe mancato 
di tener conto di quanto gi� scritto (Una pezza all'art. 
136 della Costituzione? in �Riv. di Dir. Proc. �, 
1958, 243) per avallare la tesi del LIEBMAN (v. supra, 
note 30 e 31), collimante con quella sostenuta, qui, 
nel testo. In ordine al punto che la se,ntenza confermativa 
d'appello modifica, ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 338 C.p.c., gli effetti della sentenza di primo 
grado, che sostituisce, sebbene non ne modifichi il 
dictum e cio� giunga alle medesime conclusioni, v. GroDICEANDREA, 
Estinzione del procedimento d'appello, ecc., 
in �Giur. it. >>, 1953, I, l, 62. Sul principio che �la 
n�tura di un provvedimento del giudice va desunta 
non dalla qualifica ad esso attribuita o dalla forma di 
cui � rivestito bens� dal suo contenuto sostanziale e 
dagli effetti che esso produce in ordine alla materia cui 
di riferisce>> v. di recente Cass., 20 aprile 1963, n. 975, 
<< Mass. Giur. it. "� 1963, 326. 
(66) App. Catanzaro 22 novembre 1961, in � Giur. 
it. �, 1963, col. 210 e segg. 
(67) App. Catanzaro, 22 novembre 1961, cit. in� Giur. 
it. "� 1963, col. 212. 
(68) App. Catanzaro 22 novembre 1961, cit. in � Giur. 
it. "� 1963, cit. col. 213. 
(69) L'espressione �l'estinzione opera di diritto,, di cui 
all'ultimo comma dell'art. 307 C.p.c., significa che il 
provvedimento dichiarativo dell'estinzione retroagisce 
al momento in cui si � verificata la causa dell'estinzione, 
cfr. ANDRIOLI, Commento al Codice di procedura civile, 
vol. II, Napoli, 1956, pag. 339; M.A.ssARr, Questioni 
intorno alla proroga del termine, ecc., nota a Cass. civ., 
27 ottobre 1956, n. 4005, in << Giur. it. "� 1957, I, l, 
col. 1378. Nella specie, pertanto, il processo si estinse 
allorch� fu scaduto inutilmente il termine di sei mesi 
�dal passaggio in giudicato >> della sentenza della Corte 
Costituzionale (art. 297 C.p.c.). 

(70) Cassazione, Sezioni Unite, 18 aprile 1962, n. 770, 
in << Giust. Civ. "� 1962, p. 3, pag. 253; v. anche Corte 
Costituzionale, 11 luglio 1961, n. 54 in << Gi:ur. it. "� 
1961, I, l, col. 1237 e segg. 

fiifl@ITF 'M fiifl@ITF 'M 
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 


COSTITUZIONE-Leggi in materia costituzionale Approvazione. 


COSTITUZIONE -Consiglio Superiore della Magi


stratura -Elezione dei componenti -Art. 23 legge 

24 marzo 1958, n. 195. 

COSTITUZIONE -Consiglio Superiore della Magistratura 
-Poteri di iniziativa del Ministro. 

COSTITUZIONE -Consiglio Superiore della Magistratura 
-Provvedimenti di esecuzione delle deliberazioni 
-Atti amministrativi. (Corte Costituzionale, 
Sentenza n. 168 del23 dicembre 1963 -Pres.: Ambrasini; 
Rei.: Manca. 

I �disegni di legge in materia costituzionale� 
previsti dall'art. 72 della Costituzione non sono 
altro che i disegni di �leggi di revisione della Costituzione 
e di altre leggi costituzionali � di cui al 
successivo art. 138. 

Non viola, pertanto, l'art. 72 della Costituzione 
la legge 24 marzo 1958, n. 195 per il fatto di essere 
stata approvata in sede deliberante dalla competente 
Commissione della Camera dei Deputati. 

Non sussiste illegittimit� costituzionale dello 
art. 23, primo, terzo e quarto comma della legge 
24 marzo 1958, n. 195 in relazione agli artt. 104 
e 107 della Costituzione per il fatto che detto 
art. 23 regola l'elettorato attivo e passivo dei 
magistrati in relazione alla elezione dei componenti 
del Consiglio Superiore in maniera differenziata 
a seconda della diversit� delle funzioni 
svolte. 

� costituzionalmente illegittimo l'art. 11 primo 
comma della legge 24 marzo 1958, n. 195, in riferimento 
agli artt. 104, 1� comma, 105 e 110 della 
Costituzione, in quanto per le materie indicate 
nel n. l dell'art. 10 della legge stessa esclude la 
iniziativa del Consiglio Superiore della Magistratura 
attribuendo tale iniziativa in via esclusiva al 
Ministro di Grazia e Giustizia. 

Non sussiste illegittimit� costituzionale dello 
art. 17, 1� comma, della legge 24 marzo 1958, 

n. 195, in quanto stabilisce i provvedimenti del 
Consiglio Superiore sono adottati con decreto del 
Capo dello Stato controfirmato dal Ministro di 
Grazia e Giustizia ovvero in determinati casi 
preveduti dalla legge con decreto del Ministro 
stesso. 
Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: 


l. Preliminarmente non si ritiene fondato il 
dubbio cui accenna l'Avvocatura dello Stato (pur 
rimettendosi al giudizio di questa Corte), circa la 
non adeguata giustificazione, nelle ordinanze di 
rinvio, della rilevanza delle questioni sollevate. 
In proposito la Corte non pu� che riferirsi alla 
sua costante giurisprudenza, secondo la quale � 
rimesso al giudice del merito accertare se le questioni 
sollevate costituiscano presupposto necessario 
per la definizione della lite: accertamento che, 
quando, come nel caso, sia sufficientemente motivato, 
si sottrae al controllo di questa Corte. 

2. N el merito si osserva che,� nelle ordinanze e 
nelle difese di parte, come si � accennato, � dedotta, 
in via principale, l'illegittimit� della legge 24 marzo 
1958, n. 195 (istitutiva del Consiglio superiore 
della magistratura) da un punto di vista formale, 
in quanto detta legge � stata approvata dalla competente 
Commissione della Camera dei deputati in 
sede deliberante, e non gi� dall'Assemblea, con la 
procedura ordinaria. Il che sarebbe in contrasto 
con il quarto comma dell'art. 72 della Costituzione, 
trattandosi, come si sostiene, di legge che, emanata 
in attuazione delle norme costituzionali concernenti 
il Consiglio superiore della magistratura, 
riguarderebbe sostanzialmente materia costituzionale, 
sia per l'organo cui si riferisce, sia per le disposizioni 
che formano oggetto della legge stessa, attinenti 
cio� all'ordinamento giudiziario. 
La questione quindi consiste nell'esaminare se, 
come si sostiene, il citato quarto comma, l� dove 
dispone che la procedura decentrata � esclusa per 
cc i disegni di legge in materia costituzionale n si 
riferisca .a un tipo di leggi che, pur avendo la forma 
ordinaria, tuttavia, per la sostanza, siano da considerare 
comprese nella materia anzidetta: leggi 
perci� differenziate dalle leggi di revisione della 
Costituzione e dalle altre leggi costituzionali menzionate 
nell'art. 138. 

Tale opinione, a. favore della quale non risultano 
elementi di chiarificazione dai lavori preparatori, 
non pu� essere accolta. 

Ad avviso della Corte, invero, la disposizione delcitato 
4� comma, deve intendersi riferita al successivo 
art. 138 e, con esso, logicamente coordinata 
nell'armonia del sistema. 


-175 

L'argomento che si adduce in contrario, nelle 
ordinanze e nelle difese di parte, 1 oltre che sulla 
diversa dizione usata nei due testi legislativi 
(rispettivamente, <<disegni di legge in materia costituzionale 
n e <<leggi costituzionali n), si fonda specialmente 
sul rilievo che, se ai 'detti due testi legislativi 
si attribuisse lo stesso contenuto, si giungerebbe 
alla conseguenza che la disposizione del 
4� comma dell'art. 72 resterebbe priva di qualsiasi 
portata pratica, costituendo un'inutile ripetizione. 
Ci� per il motivo che l'esclusione della procedura 
decentrata per l'approvazione delle leggi costituzionali, 
risulterebbe implicitamente dallo stesso 
art. 138; il quale, prevedendo, per tali leggi, la 
seconda lettura con una speciale maggioranza, 
presupporrebbe la sussistenza di una prima lettura 
in .Assemblea, con la maggioranza ordinaria. 

.A parte peraltro la scarsa importanza della diversit� 
di formulazione, il rilievo anzidetto non appare 
risolutivo del problema, nel senso prospettato. 

Pur ammettendo, infatti, che le disposizioni si 
riferiscano, come la Corte ritiene, allo stesso oggetto, 
ci� non toglie che ad esso, nell'ambito del sistema, 
debba attribuirsi una propria funzione: alla prima 
(cio� quella dell'art. 72), perch� compresa nelle 
norme dettate, in via generale, per la formazione 
di tutte le leggi, mediante l'approvazione con la 
procedura ordinaria, abbreviata o decentrata, salvo, 
riguardo a quest'ultima, le eccezioni espressivamente 
prevedute, alle altre (quelle dell'art. 138), 
perch� concernenti, in particolare, le garanzie 
che circondano le leggi costituzionali, mediante 
la seconda lettura, con l'intervallo non minore 
di tre mesi, l'approvazione con la maggioranza 
assoluta dei componenti di ciascuna Camera e 
la possibilit� del referendum. 

N�, che alla formula<< disegni di legge in ~ateria 
costituzionale n siano da attribuire significato e 
portata diversi da quelli ora precisati pu� indurre, 
come si assume, il solo fatto che, nel testo legislativo, 
� menzionata insieme alla materia elettorale: 
materia disciplinata peraltro con leggi ordinarie 
concernenti anche le elezioni amministrative, 
sulla natura della quale, nella incertezza della 
dottrina, nessun chiarimento, nel senso sostenuto 
negli scritti difensivi, si pu� desumere dai lavori 
preparatori. 

Data l'interpretazione seguita della Corte, pertanto, 
la disposizione del 4� comma, pi� volte 
ricordata, in base al coordinamento con l'art. 138, 
cui si � accennato, viene, in definitiva, a costituire 
un'espressa limitazione, che opera nel senso 
di escludere la procedura decentrata riguardo a 
quelle norme, alle quali il Parlamento, per finalit� 
di carattere politico, intenda attribuire efficacia di 
legge costituzionale. Non opera invece per le leggi 
ordinarie, per le quali pu� avvalersi anche della 
procedura decentrata, ovviamente con quelle cautele 
rispondenti all'esigenza che l'atto legislativo 
sia, per quanto possibile, sottoposto all'esame della 
.Assemblea, con la pubblicit� che il regolamento stabilisce; 
come, del resto, � gi� preveduto dall'art. 40 
del regolamento della Camera dei deputati, che 
esclude la procedura decentrata per le leggi tributarie. 


Deriva da quanto si � esposto che l'anzidetta 
legge del 24 marzo 1958 non pu� ritenersi illegittima, 
perch� approvata dalla Commissione di giustizia 
in sede deliberante. 

3. Circa le questioni concernenti alcune disposizioni 
della legge ora ricordata, � da osservare 
che, negli scritti difensivi di parte, si � preliminarmente 
sostenuto che il sistema, adottato dalla 
legge anzidetta, non garantirebbe la indipendenza 
della magistratura, la. quale sarebbe anzi, inconseguenza 
di quel sistema, soggetta alle ingerenze del 
potere esecutivo. 
Ora, la Corte non pu� non rilevare che l'indipendenza 
della magistratura trova la prima e dondamentale 
garanzia nel senso del dovere dei magistrati 
e nella loro obbedienza alla legge morale, 
che � propria dell'altissimo ufficio e che consiste 
nel rendere imparzialmente giustizia: principi questi 
ai quali si � costantemente uniformata la magistratura 
italiana. Ma, a prescindere da ci�, la Corte 
osserva che il sistema legislativo attualmente in 
vigore, considerato nel suo complesso e nelle linee 
generali, non appare inidoneo al fine assegnatogli 
di garantire l'indipendenza e l'autonomia della 
magistratura. 

4. Venendo all'esame delle sollevate questioni di 
incostituzionalit�, � da premettere che, nelle ordinanze, 
� stato prospettato il dubbio circa la incostituzionalit� 
dell'art. 23, 1o, 3o e 4� comma, relativi 
all'elezione dei componenti il Consiglio superiore; 
dell'art. n, 1o comma, riguardante la richiesta 
del Ministro per la giustizia; e dell'art. 17, il quale, 
nella prima parte del 1o comma, stabilisce che i 
provvedimenti del Consiglio superiore concernenti 
i magistrati sono adottati con decreto del Capo 
dello Stato, o, nei casi previsti dalla legge, con 
decreto del Ministro per la giustizia. 
Non sono state invece ritenute rilevanti dal Pretore 
le eccezioni di incostituzionalit�, dedotte dalle 
parti nel giudizio di merito e riproposte avanti a 
questa Corte, relative alle altre disposizioni dell'art. 
11, degli artt. 12 e 13 e del 2o comma dell'art. 
17; questioni quindi che, in questa sede, 
non possono essere esaminate, non essendo comprese 
nelle ordinanze di rimessione. 

5. L'impugnazione del 1� comma dell'art. 23 si 
riferisce, come si � in precedenza accennato, al 
numero maggiore dei componenti il Consiglio superiore 
(sei), da eleggere fra i magistrati di Corte di 
cassazione, in confronto dei quattro da' eleggere 
rispettivamente, fra i magistrati delle Corti di 
appello e dei Tribunali. Si violerebbe, in tal maniera, 
il principio (contenuto negli artt. 104, 1o comma, 
e 107 della Costituzione), circa la parit�, nella 
composizione dell'organo, della rappresentanza di 
tutte le categorie dei magistrati, attribuendo una. 
posizione di superiorit� ad una delle categorie 
stesse. �� � 
La questione non � fondata. 
� da premettere che, nel sistema adottato dalla 

Costituzione, eccetto alcune disposizioni fondamentali, 
come ad esempio quelle sancite dall'art. 48, 


-176


la disciplina della materia elettorale, date le modificazioni 
eventualmente determinate dalle mutate 
esigenze, resta deferita al legislatore ordinario (in 
proposito, da ultimo la sentenza n. 111 del 196S, 
relativamente all'elezione dei giudici costituzionali). 

n principio deve essere applicato anche per 
quanto attiene al Consiglio superiore della magistratura, 
per la formazione del quale, dal punto di 
vista dell'elettorato passivo, il precetto costituzionale 
esige soltanto che i componenti siano 
scelti fra i magistrati appartenenti alle varie categorie 
(art. 104, 40 comma). 

Ora, n� questo precetto, n� l'altro contenuto 
nell'art. 107, S0 comma (secondo il quale i magistrati 
si distinguono fra loro soltanto per diversit�. 
di funzioni) possono ritenersi elusi, come si assume, 
per il fatto che la disposizione impugnata attribuisce 
un maggior numero di rappresentanti alla 
categoria dei magistrati di cassazione (compresi 
due con ufficio direttivo), in confronto alle altre 
due categorie. 

Se � vero, infatti, che, secondo la Costituzione, a 
coloro che fanno parte dell'ordine giudiziario, non 
si applicano le disposizioni relative all'ordinamento 
gerarchico statale, ci� non significa che, a tutti i 
magistrati ordinari, sia riconosciuta, sotto altro 
aspetto, una posizione di assoluta parificazione. 
Questa sussiste, invero, in relazione all'art. 101, 
2o comma, della Costituzione (i giudici sono soggetti 
soltanto alla legge) per quanto riguarda 
l'esercizio delle funzioni istituzionali e gli atti che 
ad esse si ricollegano, i quali devono essere emanati 
in base alla legge e sono sottratti a qualsiasi 
sindacato, che non sia quello espressamente preveduto 
dalle leggi processuali. Non sussiste invece 
relativamente alla posizione soggettiva che, al 
di fuori delle predette funzioni, i magistrati assumono 
nell'ordinamento giudiziario; poich� anche 
l'art. 107, S0 comma della Costituzione, sopra citato, 
postula una differenziazione, che si riconnette ai 
tre gradi della giurisdizione previsti dall'ordinamento 
processuale. E, in attuazione appunto del 
precetto costituzionale, la legge del 24 maggio 1951, 

n. 392, stabilisce, nell'art. 1, che i componenti 
dell'ordine giudiziario, fatta eccezione per gli uditori, 
si distinguono in magistrati di tribunale, di 
corte di appello e di cassazione, compersi il primo 
presidente, il procuratore generale e i magistrati 
con ufficio direttivo. 
Ora, la disposizione impugnata ha preveduto una 
rappresentanza numerica pi� elevata per la categoria 
dei magistrati di cassazione, ispirandosi, non 
tanto al numero dei componenti delle varie categorie, 
quanto alla qualificazione di coloro che compongono 
l'anzidetta categoria dei magistrati di 
cassazione. E ci�, non soltanto in relazione alle 
esigenze del funzionamento del Consiglio superiore, 
dato il numero dei componenti e i compiti che gli 
sono assegnati, ma tenuto conto, in particolare, 
della maggiore esperienza dei magistrati di cassazione, 
derivante dalle funzioni alle quali essi pervengono 
a seguito delle selezioni prevedute dalla 
legge, e dal prestigio che coerentemente spetta ai 
magistrati stessi. Se quindi, nella disposizione impugnata, 
si riscontra una disparit�. di trattamento 

fra le varie categorie dei magistrati, essa non pu� 
ritenersi in contrasto con la Costituzione, essendo 
consentito al legislatore ordinario, secondo la costante 
giurisprudenza di questa Corte, di disciplinare 
diversamente situazioni differenziate, quando, 
come nel caso, per le ragioni accennate, trovino 
logica giustificazione. 

N�, d'altra parte, appare fondato il dubbio che 
l'accennata composizione dell'organo possa esercitare 
una qualche influenza sulle sue deliberazioni. 
Giacch� ad un tale inconveniente, se mai 
sussistesse, ovvierebbe la funzione equilibratrice, 
che, in seno al collegio, viene esercitata dai componenti, 
non magistrati, eletti dal Parlamento, fra i 
quali � scelto il vice-presidente (art. 104, 5� comma, 
della Costituzione). 

6. Nella legge del 1958, (art. 23, 3o comma) 
alla distinzione fra le varie categorie dei magistrati, 
si fa riferimento, pure per ci� che riguarda 
l'elettorato attivo. 
Anche questa disposizione � impugnata, perch� 
lederebbe il precetto dell'eguaglianza del voto, 
san'Cito dall'art. 48 della Costituzione e i principi 
che si desumono dagli artt. 104, 105 e 107, secondo 
i quali, nel Consiglio superiore, la magistratura 
dovrebbe essere rappresentata con carattere unitario 
ed omogeneo, e non gi�. in relazione alle singole 
categorie dei magistrati. 

La questione non pu� ritenersi fondata. 

n principio dell'eguaglianza del voto (che si 
assume violato), come ha precisato questa Corte 
nella sentenza n. 43 del 1962, deve intendersi nel 
senso del divieto del voto multiplo o plurimo e 
della pari efficacia potenziale del medesimo. Questo 
principio peraltro non appare vulnerato dalla disposizione 
denunziata. Con essa il legislatore ordinario 
attribuisce a tutti indistintamente i magistrati il 
diritto di partecipare alla formazione elettiva del 
Consiglio superiore, ma, per quanto attiene alla 
modalit�. dell'elezione, ha adottato il sistema della 
votazione per categorie, in corrispondenza con la 
eleggibilit�., pure per categorie, stabilita dallo stesso 
art. 104 della Costituzione. Tale sistema, peraltro, 
dettato da apprezzabili ragioni di opportunit�. 
inerenti alla scelta del candidato, non impedisce 
ch� i magistrati siano posti in grado di esprimere 
il voto in condizioni di perfetta parit�. fra loro; 
e, rispetto all'eletto, con pari efficacia. Onde la 
composizione dell'organo resta omogenea, nel senso 
che i' componenti, pur provenienti da categorie 
differenziate, si trovano tutti in posizione giuridica, 
sotto ogni aspetto, parificata. 

D'altra parte, se � vero che la Costituzione 
prevede la distinzione per categorie, con riferimento 
soltanto all'elettorato passivo, da ci� non 
pu� deriva come si assume, la illegittimit�. delle 
norme di attuazione, per il fatto che, agli 
stessi criteri di ripartizione, si � attenuto per 
la formazione dei collegi elettorali. Giacch� la 
rispondenza fra questi e le condizioni di eleggibilit�. 
(come si � del resto gi�. rilevato nella 
ricordata sentenza n. 111 del 1963) non pu� ritenersi 
ingiustificata, anche in questo caso, dato lo 
speciale carattere dell'organo elettivo, preposto dalla 


-177


Costituzione al governo della magistratura e per 
garantirne l'indipendenza. 

Non � infine esatto il rilievo che, con il sistema 
della votazione per categorie, si riprodurrebbe nel 
Consiglio superiore, anche dal punto di vista formale, 
una rappresentanza di interessi non consentanea 
con il carattere unitario dell'organo, perch� 
una tale differenziazione deriverebbe, se mai sussistesse, 
non gi�. dalla disposizione impugnata, 
bens� direttamente dallo stesso precetto costituzionale, 
che, per la scelta dei magistrati, alle varie 
categorie espressamente si riferisce. 

7. Non � neppure fondata la questione relativa 
al 4� comma dell'art. 23, che esclude gli uditori 
giudiziari dall'elettorato attivo. � vero che questi, 
superate le prove del concorso, entrano a far 
parte della magistratura, ma non conseguono, 
perci� solo, la stabilit�, n� sono investiti per legge 
delle funzioni giudiziarie. 
Essi infatti sono dispensati dal servizio se, entro 
quattro anni dalla nomina, non si presentano 
all'esame per la promozione ad aggiunto giudiziario, 

o se, nel detto periodo, non superano, per due volte, 
tale prova (art. 136 dell'ordinamento approvato 
con decreto del 20 gennaio 1941, n. 12, per questa 
parte tuttora in vigore e che riproduce disposizioni 
contenute nelle leggi precedenti). Ed inoltre, il 
conferimento delle funzioni giurisdizionali, in base 
all'ordinamento del 1941 (art. 129) e alle leggi 
successivamente emanate (11 ottobre 1942, n. 1352, 
art. 6; 14 febbraio 1948, n. 113, art. 1, e 15 febbraio 
1956, n. 59), non spetta ad essi di diritto, come per 
gli altri magistrati, ma deriva da un provvedimento 
facoltativo, demandato, prima al Ministro 
per la giustizia, ed ora al Consiglio superiore della 
magistratura; provvedimento che pu� essere revocato. 
Ed � perci� che la gi�. ricordata legge del 
24 maggio 1951, n. 392, nella tabella allegata, non 
comprende gli uditori nelle tre categorie dei magistrati, 
ma li considera separatamente, e che la 
disposizione impugnata li esclude dal partecipare 
all'elezione dei componenti il Consiglio superiore. 
La disposizione stessa quindi non pu� ritenersi 
in contrasto con l'esigenza costituzionale che tutti 
i magistrati partecipino alle elezioni dei componenti 
il Cqnsiglio superiore, poich� gli uditori, per 
le ragioni accennate, non possono considerarsi magistrati 
compiutamente per tutti gli effetti preveduti 
dall'ordinamento. A questi soltanto, dato il 
delicato compito loro affidato nell'elezione, deve 
intendersi riferito il precetto della Costituzione; 
al quale si adeguano le norme di attuazione, assicurando 
il diritto di voto a tutti indistintamente i 
magistrati, compresi quelli fuori ruolo o con incarichi 
speciali, anche non giudiziari (art. 5 del decreto 
legislativo del 16 settembre 1958, n. 916, contenente 
disposizioni di attuazione e di coordinamento 
della legge 24 marzo 1958, n. 195). 

8. Dell'art. 11 � impugnato, come si � accennato, 
soltanto il l 0 comma, circa il quale, nelle ordinanze, 
si pone in rilievo come la necessit�. della richiesta, 
da parte del Ministro, per promuovere le deliberazioni 
riguardanti i magistrati, sarebbe in contrasto 
con le disposizioni, fra loro coordinate, degli 
artt. 104, l 0 comma, 105 e 110 della Costituzione. 
La richiesta, infatti, lederebbe l'autonomia del 
Consiglio superiore e quindi indirettamente dell'ordine 
giudiziario, limitando, o addirittura escludendo, 
l'attivit�. dell'organo nelle materie indicate 
nell'art.l05, e mantenendo un'indebita ingerenza del 
potere esecutivo sullo stato giuridico dei magistrati. 

Questa opinione si ricollega, come si accenna 
anche negli scritti difensivi, ad un'interpretazione 
restrittiva dell'art. 110 della Costituzione; nel senso 
che i servizi, l'organizzazione e il funzionamento 
dei quali spetta al Ministro, sarebbero soltanto 
quelli inerenti al personale delle cancellerie e segreterie, 
agli ufficiali giudiziari, alle circoscrizioni 
giudiziarie, ai locali, all'arredamento dei medesimi, 
ed, in genere, a tutti i mezzi necessari per l'esercizio 
delle funzioni giudiziarie. 

Tale interpretazione non pu� essere accolta. 

Dall'autonomia riconosciuta al Consiglio superiore, 
nelle materie indicate nell'art. 105 della, 
Costituzione, non deriva, secondo che si sostiene,: 
una netta separazione di compiti fra il Ministro 
guardasigilli e l'Organo preposto al governo della, 
magistratura; come si verificherebbe se, a questo 
ultimo, fosse riconosciuta (il che non �, come 
r1sulta chiaro dai lavori preparatori) una autonomia, 
integrale, compresa, quella finanziaria, riguardante 
l'ordine giudiziario. Se quindi tale autonomia 
esclude (come pure si desume dai lavori preparatori) 
ogni intervento del potere esecutivo nelle 
deliberazioni concernenti lo status dei magistrati, 
non esclude peraltro, che, fra i due organi, nel 
rispetto delle competenze a ciascuno attribuite, 
possa sussistere un rapporto di collaborazione: il 
quale importa che i servizi, affidati al guardasigilli 
dall'art. 110 della Costituzione, non sono limitati 
a quelli sopra accennati, ma, vi si comprendono 
altres�, sia l'organizzazione degli uffici nella loro 
efficienza numerica, con l'assegnazione dei magistrati 
in base alle piante organiche, sia, il funzionamento 
dei medesimi in relazione all'attivit�. e al 
comportamento dei magistrati che vi sono addetti. 

Che in questo senso non restrittivo debba intendersi 
l'art. 110 risulta anche dalla considerazione 
che al Ministro l'art. 107, 2� comma, della Costituzione 
attribuisce la facolt�. di promuovere l'azione 
disciplinare, ed � confermato dal fatto che le attribuzioni 
anzidette e gli oneri finanziari che necessariamente 
vi si ricollegano, impegnano la responsabilit�. 
politica del guardasigilli, come esponente del 
Governo, verso il Parlamento, per l'esercizio dei 
poteri che istituzionalmente a questo competono. 

Dalle osservazioni finora esposte discende che la. 
richiesta, cui si riferisce la disposizione impugnata 
(richiamando espressamente l'art. 10, n. l)~ 
considerata. quale espressione della collaborazione, 
di cui si � fatto cenno, e volta a segnalare all'organo 
competente le esigenze sopra indicate, per i 
necessari provvedimenti, non pu� ritenersi.,. di per 
s�, lesiva dell'autonomia del Consiglio superiore, ... 
che ovviamente resta libero nelle sue determinazioni. 
Onde, sotto questo aspetto, la disposizione 
anzidetta, non pu� ravvisarsi in contrasto con i 
richiamati precetti costituzionali. 


-178


9. Tuttavia la disposizione stessa non sfugge 
al vizio di illegittimit� se considerata in relazione 
alla portata che viene ad assumere nel sistema 
della legge del 1958, come mezzo esclusivo stabilito 
per promuovere l'attivit� del Consiglio su 
periore. 
� da ricordare, in proposito, che, nel progetto 
ministeriale, la disposizione non era isolata, ma 
era seguita da un'altra, che attribuiva al predetto 
Consiglio, la facolt� di deliberare anche di ufficio, 
sentito il Ministro, il quale poteva fare osservazioni 
e proposte nel termine stabilito dallo stesso 
Consiglio. E, nella relazione, si chiariva che la 
disposizione era dettata dal concetto che l'autonomia 
dell'organo non poteva subire limitazio~, 
e dalla necessit� di evitare che, un'eventuale inerzia 
del Ministro, potesse recar pregiudizio al funzionamento 
dei servizi. 

Si trattava quindi di due disposizioni, dal necessario 
coordinamento delle quali, risultava chiarito 
che, alla richiesta del Ministro, non si poteva 
attribuire carattere determinante rispetto all'attivit� 
del Consiglio superiore, nelle materie di sua 
competenza: carattere che ha assunto invece, 
data la soppressione della seconda disposizione, 
nell'ulteriore elaborazione legislativa. Di guisa che 
il fatto che la dispo sizione impugnata sia 
rimasta isolata nel testo definitivo, sta a dimostrare 
che ad essa si � inteso attribuire carattere 
tassativo, nel senso di esclusivit� del potere 
attribuito al Ministro: condizionando, in tal maiera, 
come si rileva nelle ordinanze, l'attivit� 
dell'organo collegiale. Si verificaquindi la dedotta 
lesione dell'autonomia del medesimo in contrasto 
perci� con i precetti della Costituzione. 

10. L'art. 17 della legge in esame, nella prima 
parte dell0 comma, come si � accennato, � impugnato, 
in quanto stabilisce che i provvedimenti del 
Consiglio superiore sono adottati con decreto del 
Capo dello Stato controfirmato dal Ministro, ovvero 
con decreto di quet'ultimo nei casi preveduti 
dalla legge, in contrasto con l'art. 105 della Costituzione. 
La questione non � fondata. 

� vero che, in base al precetto che distingue i 
magistrati secondo le funzioni, essi come si � gi� 
accennato, non possono ritenersi inquadrati nell'ordinamento 
gerarchico dell'amministrazione statale. 
Ma da ci� non deriva che la magistratura sia 
avulsa dall'ordinamento generale dello Stato, dato 
il carattere unitario del medesimo, in relazione al 
precetto dell'art. 5 della Costituzione. Ne consegue 
che ai magistrati, salve le garanzie per l'indipendenza, 
sono applicabili i principi fondamentali 
dell'ordinamento medesimo. A tali principi 
non ha inteso derogare il legislatore costituente, 
essendosi affermato, nella relazione al progetto, 
che, con le norme intese a garantire l'indipendenza 
della magistratura, non si intendeva stabilire una 
forma piena di autogoverno. 

N e deriva pertanto che i provvedimenti emanati 
dal Consiglio superiore, ai sensi dell'art. 105 della 
Costituzione e della disposizione dell'art. 17 della 
legge in esame, debbono assumere, dato il carat


tere sostanzialmente amministrativo dei provvedimenti 
stessi, anche per quanto attiene al controllo 
finanziario, la forma che, sulla base dei 
principi fondamentali del sistema, � prescritta per 
i provvedimenti del genere : la forma cio� del 
decreto del Capo dello Stato controfirmato dal 
Ministro; ovvero di questo nei casi stabiliti dalla 
legge. 

La disposizione impugnata pertanto non pu� 
ritenersi in contrasto con i precetti costituzionali 
riehiamati, donde l'infondatezza della questione. 

l) Ancora un esempio di sapienza e di illuminata 
giustizia che ci viene dalla Oorte Oostituzionale. 

Sulla posizione costituzionale della Magistratura, 
sulla legittimit� del suo organo di autogoverno, sui 
rapporti di quest'ultimo con l'esecutivo, si erano 
levate -e non sempre dal terreno della pura speculazione 
giuridica -brume di dubbi e di incertezze. 
Era necessario che la luce tornasse a diffondersi. 
E questo ha fatto la Oorte� Oostituzionale, in quattro 
proposizioni. 

2) Prima proposizione: �i disegni di legge in 
materia costituzionale� di cui all'art. 72 della Oostituzione 
non sono altro che i disegni di �leggi di revisione 
della Oostituzione e (di) altre leggi costituzionali 
n di cui al successivo art. 138. 

La riserva della procedura di a.pprora;;ione in 
aula vige solo per questo tipo di leggi. Per tutte le 
altre � pienamente legittima la procedura decentrata 
in Oommissioni. Spetta all'apprezzamento politico 
del Parlamento attribuire efficacia di leggi costituzionali 
a determinati atti normativi, determinando cos� 
per i relativi progetti, l'operativit� della riserva in 
questione. 

Per le leggi ordinarie non c'� normalmente riserva, 
ma apprezzamento discrezionale, e la procedura decentrata 
� del tutto legittima. 

Oonclusione: l'isolamento di una categoria dogmatica 
di � leggi in materia costituzionale n, altra 
da quella delle leggi costituzionali vere e proprie non 
� consentita. Il Oonsiglio Superiore della M agistratura, 
� stato legittimamente istituito dalla legge 
24 marzo 1958, n. 195, approvata in Oommissione 
in sede deliberante dalla Oamera del Deputati. 

3) Seconda proposizione: esatto che i Magistrati 

non sono inseriti in un ordinamento di carattere 

gerarchico, ed altrettanto vero che essi, tutti, sono 

egualmente soggetti soltanto alla legge. Ma questo 

principio (non fosse altro, per la differenziazione 

insita nell'esistenza di gradi di giurisdizione) non 

impone di tener conto unicamente del dato numerico 

ai fini dell'elettorato passivo e non postula che non 

abbia affatto peso quanto ha tratto all'esperienza ed 

al prestigio derivanti e dall'anzianit� e dalla sele


zione. Inesistenza di una gerarchia e pari sogge


zione alla legge non comporta di necessit� l'implica


zione dall'eguaglianza assoluta e l'a,l)olizione di ogni 

considerazione di peso specifico. . 

Tale argomento d� la chiave per risolvere, in senso 

positivo, la questione dell'elettorato attivo differen


ziato e della formazione dei collegi, dove � chiaro 

che non possa ravvisarsi voto multiplo. Appropria



IDI 'E E L &J:mj3 # IDI 'E E L &J:mj3 # 
-179


tamente qui viene ricordata la sentenza n.lll dell963, 
ed in genere la giurisprudenza della Corte, secondo 
la quale � consentito al legislatore ordinario di disciplinare 
diversamente situazioni differenti, quando ci� 
abbia adeguata giustificazione. 

4) Terza proposizione: non si dice che ogni inter� 
"Vento del Ministro di Grazia e Giustizia nel funzionamento 
del Consiglio Superiore della Magistratura 
~ia illegittimo. E non lo si pu� dire senza ignorare 
la realt�, dato che il Consiglio Superiore non dispone 
di un apparato burocratico, che, quanto meno, gli 
~egnali l'esistenza di una materia del deliberare, 
-compia le istruttorie, ecc. 

Si dice, invece, che l'iniziativa del Ministro non 
.� esclusiva; e si dichiara l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 11 della legge, in quanto stabilisce non 
potere deliberare il Consiglio senza l'impulso del
�l'esecutivo. 

Giustissimo. Ma, ove si consideri l'impossibilit� 
di una sanzione alla delibera del Consiglio Superiore, 
adottata in vigenza dell'art. 11, delibera che sia stata 
.emessa senza richiesta ministeriale, ove si conside"!
ino, ancora, come dovuti gli atti amministrativi di 
esecuzione di siffatta delibera, dovuti -ripetiamo in 
ogni caso, anche se il Ministro sia convinto 
dell'illegittimit� di essa, la dichiarazione d'illegittimit� 
costituzionale assume -quanto meno in 
pratica -senso e valore di un Schlag in die 
Lehre, per altro altamente apprezzabile e di indubbia 
.esattezza. 

5) Quarta propostzwne: i Magistrati non fanno 
parte dell'ordinamento amministrativo. Gli atti che 
li concernono non sono, quindi, atti (soggettivamente) 
amministrativi. M a la Magistratura non � 
avulsa dall'ordinamento dello Stato, e ne segue quindi, 
in mancanza di una deroga espresssa, le regole. 
.Abbiamo quindi: a) delibere del Consiglio Superiore, 
.ehe sono atti � di tipo n amministrativo; b) decreti 
del Ministro o del Capo dello Stato, che sono atti di 
mera esecuzione. Le delibere non possono essere sin-
dacate se non in quella Sede di gravame che � il 
plenum del Consiglio Superiore; i decreti solo per 
vizio proprio, o per difformit� dalla delibera che li 
.determina, in sede di giurisdizione amministrativa di 
legittimit�. Ci� -naturalmente -restando salvo 
�il controllo finanziario. 

6) La nobilt� della sentenza che si � venuti rias:.
sumendo, rifulge allorquando essa -trattando del.
l'indipendenza della Magistratura -istituzionalizza 
�in una formula giuridica, l'esigenza morale della 
.sua indipendenza. 

� �������� la Corte non pu� non rilevare -osserva 
.la sentenza -che l'indipendenza della Magistratura 
�trova la prima e fondamentale garanzia nel senso 
-del dovere dei Magistrati e nella loro obbedienza 
:alla legge morale, che � propria all'altissimo ufficio 
-e che consiste nel rendere imparzialmente giustizia; 
�principi questi ai quali si � costantemente unifor


mata la Magistratura italiana n. Non si poteva 

.dire meglio: e la Corte in queste brevi frasi si � vera


mente resa interprete dello stato d'animo di tutto 

~il Paese. 

CORTE COSTITUZIONALE -Questione di legittimit� 
costituzionale pormossa da Consiglio comunaleInammissibilit�. 
(Corte Costituzionale, 13 dicem� 
bre 1963, n. 157 -Pres.: Ambrosini; Rel.: Bianca). 

Il Consiglio comunale, nel corso d'un procedimento 
relativo alla decadenza di componenti la 
commissione amministrativa di aziende municipalizzate, 
non pu� sollevare questioni di costituzionalit�. 


Con questa sentenza la Corte ha confermato la 
natura eccezionale della funzione giurisdizionale attribuita 
ai Consigli comunali (e provinciali) limitatamente 
alla materia elettorale, escludendo ancora una 
volta che il Consiglio comunale possa, in occasione 
di procedimenti amministrativi, sollevare questioni 
di costituzionalit�. 

La sentenza cos� motiva: 

CONSIDERATO IN DIRITTO 

l. Occorre innanzi tutto esaminare l'eccezione 
d'inammissibilit� fondata sugli artt. l-leggi costituzionali 
1948, n. l e 1953, n. l, nonch� sull'art. 23 
legge 1953, n. 87: infatti l'Avvocatura dello Stato 
assume che il procedimento, attraverso cui il Consiglio 
comunale dichiara la decadenza d'un componente 
della commissione amministrativa di una 
azienda municipalizzata, non � giurisdizionale; perci�, 
nel corso di tale procedimento non potrebbe 
essere proposta una questione di legittimit� costituzionale. 
L'eccezione � fondata. 

Il Consiglio comunale non ha di regola funzioni 
giurisdizionali; ma le svolge eccezionalemnte quando 
decide delle controversie in materia elettorale: 
e questa singolare potest�, com'� noto, ha la sua 
origine in un'antica tradizione di autonomia, c;ttadina, 
alla quale si richiama il principio che primo 
giudice della composizione d'un organo eletto dal 
popolo debba essere lo stesso organo su cui � confluito 
il voto popolare. Poich� invece la commissione 
amministratrice dell'azienda municipalizzata 
si compone di persone non elette col voto cittadino, 
ma nominate dal Consiglio comunale, le deliberazioni 
consigliari che le riguardano non toccano la 
materia del contenzioso elettorale e in conseguenza 
non sono atti giurisdizionali. Il Consiglio 
comunale, avendo la potest� di nomina e di controllo 
delle commissioni amministratrici, quando 
dichiara la decadenza d'un loro componente, esercita 
nient'altro che questa potest� e pertanto svolge 
attivit� amministrativa. 

Il relativo procedimento � analogo a quello, 
ritenuto da alcuni giurisdizionale, che conduce alla 
dichiarazione di decadenza d'un consigliere comunale 
(art. 160 R. D. 12 febbraio 1911, n. 297); 
ma l'analogia � solo parziale ed esteriore,. determinata 
soprattutto dalla stessa esigenza di inte-.. 
ressare i cittadini all'attivit� delle aziende comunali 

(onde la facolt� dell'elettore o del contribuente di 
avanzare una proposta di decadenza) e di mettere 
gli stessi componenti della commissione ammini



457777 457777 
-180


stratrice in condizione di difendersi. Del resto :per 
escludere la giurisdizionalit� del :procedimento ririguardante 
le commissioni amministrative, :pu� 
anche rilevarsi innanzi tutto che la dichiarazione 
relativa alla decadenza d'un consigliere comunale 
apre il campo ai vari stadi tipici del c. d. Qontenzioso 
elettorale in virt� dell'art. 160, terzo comma, 
mentre niente di simile ha disposto il legislatore 
rispetto alla dichiarazione di decadenza d'un componente 
della commissione amministratrice di aziende 
munici:palizzate: :per cui � da credere che, in 
quest'ultimo caso, dopo la dichiarazione del Consiglio 
comunale si debba seguire la via della giurisdizione 
amministrativa ordinaria; o :pu� rilevarsi, 
in secondo luogo, che un semplice rego1amento 
esecutivo, come quello che conferisce al Consiglio 
comunale la :potest� di dichiarare la decadenza dei 
componenti le commissioni amministrative, non 
:poteva introdurre una nuova giurisdizione ed estendere 
ad altra materia una :potest� giurisdizionale 
avente carattere di eccezionalit� e limitata alle 
controversie elettorali. 

Si conclude che il Consiglio comunale, nel corso 
d'un :procedimento relativo alla decadenza di componenti 
la commissione amministratrice di aziende 
munici:palizzate, non :pu� sollevare questioni di 
costituzionalit�. 

CORTE COSTITUZIONALE-Conflitto di attribuzione 
non attuale -Inammissibilit�. (Corte Costituzionale 
19 dicembre 1963, n. 164-Pres.: Ambrosini; Rei.: Castelli 
Avolio -Regione Autonoma della Sardegna 

c. Presidente del Consiglio). 
Non � ammissibile la richiesta :preventiva di regolamento 
di competenza. 

Per una pi� completa cognizione delle questioni, 
si ritiene opportuno trascrivere integralmente la motivazione 
della sentenza: 

l. Superata la fase del :procedimento riguardante 
la domanda di sospensione, viene ora la causa 
all'esame della Corte :per la decisione del merito. 
Il quale � sostanzialmente prospettato dalle parti 
in causa sotto tre distinti riflessi: a) illegittimit�; in 
se stesso, del provvedimento impugnato, in quanto, 
con conseguente invasione della sfera di competenza 
della Regione, sarebbe errata la attribuzione del 
carattere demaniale allo stagno Tortoli; b) invasione 
della sfera di attribuzione della Regione, in 
quanto al :provvedimento si attribuisca l'effetto 
conseguenziale della revoca o decadenza della concessione 
di :pesca fatta dalla Regione in tempo 
anteriore alla dichiarazione di demanialit� dello 
stagno; c) se al :procedimento non si riconosca 
tale effetto conseguenziale, si richiede dalla Corte 
una :pronuncia :preventiva circa l'attribuzione, in 
base alla norma statutaria (art. 3, lettera i, dello 
Statuto speciale), del :potere della Regione di :provvedere 
alle concessioni di :pesca anche se si tratti 
di acque marittime. 
2. Sul primo :punto -a :parte ogni questione 
sulla competenza della Corte all'accertamento della 
demanialit� dello stagno, quale :presupposto del 
conflitto di attribuzione -la difesa della Regione 
non ha insistito; si deve ritenere-.che abbia, anzi1 
abbandonato ogni richiesta in :proposito. Gi� nel 
ricorso si adombrava un'interpretazione del :provvedimento 
impugnato, indipendente da ogni accertamento 
sulla demanialit� e da una :possibile conseguente 
questione che implicasse un conflitto di 
attribuzione, quando si affermava che la interpretazione 
del decreto impugnato :poteva risolversi in 
una mera affermazione relativa alla :propriet� demaniale 
dello stagno, senza incidere sui diritti di :pesca 
che su di esso si esercitano: il che significa completa 
indipendenza della dichiarazione di demanialit� 
dello stagno dalla concessione di :pesca :precedentemente 
accordata alla Regione quando lo stagno era 
formalmente incluso fra i beni di sua :pertinenza a. 
norma dell'art. 14 dello Statuto regionale. Da ultimo 
:poi, nella seconda memoria, conclusiva del :proced:.
mento, la difesa della Regione, dopo aver rilevate 
le affermazioni contenute nelle deduzioni dell'Avvocatura 
dello Stato, che un :provvedimento di 
decadenza della concessione assentita dalla Regione 
(( non � stato ancora emanato e, in verit�, neppure 
in concreto minacciato�, e che un atto di 
ingerenza diretta dell'Amministrazione statale in 
tema di diritto di :pesca non sarebbe implicito nel 
decreto ministeriale impugnato, n� dovrebbe essere 
:prospettato come un suo necessario sviluppo, in 
base a queste affermazioni dichiarava che, se cos� 
dovesse ritenersi, il campo della competenza amministrativa 
regionale non sarebbe stato invaso, n� 
i suoi confini risulterebbero contestati. Onde apertamente 
riconosceva che � conseguentemente il 
ricorso :potrebbe essere considerato come una :precauzione 
inutile �. 
Se cosi � -ed �, come si vedr� -non vi 
sarebbe luogo ad un giudizio :per conflitto di attribuzione. 


3. � vero -e questo riguarda il secondo :punto 
innanzi ricordato -che l'Avvocatura dello Stato 
ha ritenuto di :potere affermare, in un :primo 
momento, che la nuova qualificazione delle acquet 
siccome acque salse o salmastre, come tali facenti 
:parte del demanio marittimo ai sensi dell'art. 28 
del Codice della navigazione e in relazione all'art. 14 
dello Statuto sardo, comporterebbe la illegittimit� 
della concessione :precedentemente accordata dalla 
Regione; e questa spiega che sarebbe stata indotta 
a :proporre il ricorso :per conflitto di attribuzione 
:per il caso che l'Amministrazione dello Stato intendesse, 
appunto, essendosi modificata la qualificazione 
delle acque dello stagno, non fare una mera 
questione di :propriet�, ma mettere in discussione 
il :potere della Regione di rilasciare concessioni di 
:pesca nelle dette acque. Aggiunge, anzi, la difesa. 
della Regione, che questa i:potesi__ :p_otrebbe forse 
trovare un fondamento nell'ordine dato, nell!1seconda 
:parte del :provvedimento impugnato, alla 
Intendenza di finanza di Nuoro di �:provvedere 
alla formale :presa di :possesso dello stagno �. Ma,. 
in verit�, il :provvedimento impugnato non legit

-181


tima affatto simili illazi.oni e quella perentoria 
conclusione. In esso si premette che lo stagno, 
quale bene di demanio marittimo, come tale riconosciuto 
a seguito degli accertamenti tecnici eseguiti, 
doveva rimanere escluso dall'elenco dei beni 
trasferiti alla Regione sarda, e che pertanto si 
era reso necessario provvedere alla sua restituzione 
formale al demanio pubblico dello Stato, e si 
dispone, con l'art. 1, la revoca del trasferimento 
alla Regione dello stagno, in primo. tempo avvenuta 
in base all'art. 14 dello Statuto sardo, e, 
con l'art. 2, si manda all'Intendenza di finanza di 
Nuoro di provvedere alle conseguenti <<variazioni 
delle scritture ipotecarie c catastali )) e di provvedere, 
con le .Amministrazioni interessate, �alla 
formale presa di possesso della realit�, quale bene 
del demanio pubblico marittimo ll. Ma, provvedere 
alle variazioni sui registri immobiliari e prendere 
il formale possesso della �realit� ))' cio� del bene 
immobile, da parte dell'autorit� marittima non 
significa far decadere tutti i diritti che siano stati 
legittimamente costituiti sull'immobile, e quindi 
anche la concessione di pesca, a suo tempo accordata 
dalla Regione quando aveva potest� di accordarla 
in base ad una norma statutaria ed ha ancora 
:potest� di farlo in b!'!!se alla norma stessa tuttora 
in vigore. Sembra di tutta evidenza che; in siffatte 
circostanze, occorreva una dichiarazione espressa 
di decadenza della c�ncessione assentita dalla 
Regione, e solo di fronte ad un atto simile o ad 
una sia pure non formale ma chiara, univoca determinazione 
di volont� dell' .Amministrazione nel 
:senso della decadenza della precedente concessione 
fatta dalla Regione, poteva questa ritenersi legittimata 
a proporre il conflitto di attribuzione, per 

non sentir menomato il suo diritto -riconosciuto 
altresi da questa Corte con le ricordate sentenze, 
nn. 23 del 1957 e 49 del 1958 -ad accordare le 
concessioni di pesca anche in acque marittime, 
:aia pure con certe limitazioni, nell'interesse nazionale, 
e quindi d'intesa con la competente .Amministrazione 
statale. 

4. La mancanza di un atto formale o, almeno, 
.di una univoca non formale manifestazione di 
�volont� -come pure � stato ammesso da questa 
{)orte (v. sentenze 18 gennaio 1957, nn. 11 e 12) 
-con cui si affermi il diritto di esercitare un potere, 
per competenza propria, in contrasto con l'affermazione 
di altro ente o amministrazione che pre-
tenda che quel potere a s� competa, non pu� legitmare, 
come precedentemente si � visto, l'ammis;
Sione del procedimento per conflitto di attribuzione 
.dinanzi a questa Corte. .A parte il rilievo -che 
::pure � stato fatto dall'Avvocatura dello Stato in 
.occasione della discussione orale -che agendosi, 
in materia, in via di ricorso, una richiesta preventiva 
di regolamento di competenza, cui in definitiva 
-� giunta la difesa della Regione, costituirebbe 
una domanda nuova e perci� inammissibile, l'istiiuto 
del conflitto di attribuzione deve essere man-
tenuto entro i confini ad esso segnati dalla Costi


tuzione, per non trasformare la Corte costituzionale 
in un organo meramente consultivo, N� si vede 
come la Corte possa preventi.vamente esaminare 
un caso che pu� dar luogo a conflitto di attribuzione, 
quando, in mancanza di tina pre�is� determinazione 
dei presupposti, delle ragioni e dei 
motivi che possano indurre, in concreto, un ente 
od una amministrazione ad affermare la propria 
competenza, la Corte dovrebbe decidere in base 
ad astratte formulazioni di ipotesi, che potrebbero 
non trovare concreto riscontro nella realt�. 
E pertanto, rispetto al caso in esame, soltanto 
quando venisse revocata o dichiarata decaduta la 
concessione di pesca accordata dalla Regione, o, 
sia pure non formalmente, ma in modo chiaro, fosse 
espressa la volont�, in tal senso, dall'Amministrazione, 
solo allora, palesandone i concreti motivi, la 
Corte potrebbe giudicare se il caso possa essere 
inquadrato entro la sfera di un conflitto di attribuzione 
costituzionalmente rilevante e se, nel 
merito, competa il potere all'Ente o all'.Ammini;. 
strazione che ha agito. 

Sotto tutti i profili il ricorso proposto dalla 
Regione sarda � pertanto da dichiarare inammissibile. 


Oon questa sentenza la Oorte conferma l'inammissibilit� 
del ricorso per regolamento preventivo di 
competenza, che porterebbe ad una pronuncia meramente 
ipotetica, ma con una motivazione, che, interpretando 
estensivamente l'art. 39 legge 11 marzo 1953, 

n. 87, riconduce l'atto, con cui lo Stato e la Regione � 
invadono la sfera di competenza riservata alla Costituzione 
all'altro ente, ad una qualsiasi non formale 
purch� univoca manifestazione di volont�, che determini 
con precisione i presupposti, le ragioni ed i 
motivi, che inducono uno dei due enti in conflitto 
ad affermare la propria competenza. 
Il conflitto, perch� possa esserne chiesta la risoluzione 
alla Oorte, deve essere, ai sensi degli artt. 134 
Oost. e 39 legge 11 marzo 1953, n. 87, positivo e 
reale; ma l'atto concreto che lo pone in essere, non � 
necessario che abbia i requisiti, di forma e di sostanza, 
del provvedimento amministrativo. Non solo una 
circolare, che dia istruzioni ad organi periferici, ma 
qualunque manifestazione univoca di volont�, ancorch� 
non formale, � sufficiente a porre in essere il conflitto 
ed a legittitnare la proposizione del ricorso per 
regolamento di competenza. 


La sentenza, perci�, non pregiudica, a nostro 
avviso, la questione relativa all'ammissibilit� del 
ricorso prima che sia emanato un provvedimento con 
efficacia esterna quando fra Stato e Regione non si 
sia potuto raggiungere una intesa sulla ripartizione 
di competenza, essendo, peraltro, ben precisi e determinati 
i presupposti, le ragioni e i motivi, per cui 
entrambi gli enti ritengono di affermare la propria 
competenza. I n tal caso, infatti, il ricorso non potrebbe 
dirsi proposto per il regolamento preventivo di 
competenza, perch� il conflitto sarebbe in atto; reale. 
preciso e determinato nei suoi presupposti e nel suo �� 
contenuto. 


� � 
-182


CORTE DI CASSAZIONE 


DEMANIO -Aerodromi militari -Suolo -Esclusione. 
(Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1710/63 -
Pres.: Stella Richter; Est.: Rossano; P. M.: Maccarone 
(conf.) -A=inistrazione Difesa Aeronautica 

c. Comune Catania). 
Gli aerodromi, se destinati alla difesa nazionale, 
appartengono al demanio statale. 

La natura demaniale si riferisce alle sole opere 
che sono il risultato dell'attivit� dell'uomo e non al 
suolo che � da esse separabile, secondo quanto 
risulta dal titolo o dalla legge. 

La sentenza � pubblicata in � Giust. Oiv. �, 1963, 
I, 1811. 

L'argomento centrale della Oorte pu� riassumersi 
in questa proposizione: << gli aerodromi, se destinati 
alla funzione della difesa nazionale, in quanto sono 
opere con immediata destinazione alla funzione, 
non possono che appartenere allo Stato �; la parola 
<<opere� comprende, secondo il significato suo proprio, 
i beni che siano il risultato dell'attivit� -dell'uomo, 
non le cose naturalmente esistenti, quindi le costruzioni, 
non anche il suolo �. 

Il salto logico dal quale � viziata la sentenza risulta 
evidente sol che si rifletta che il concetto di << opera ,, 
nei riguardi di un aerodromo non ha la stessa portata 
che ha nei riguardi di altre parti del demanio militare 
classico ad esempio le fortezze. 

I n un aerodromo � da escludere che le << opere ,, 
possono limitarsi solo alle costruzioni vere e proprie 
(aviorimesse, edifici per la truppa, per il comando, 
ecc.), esse comprendono certamente anche le piste 
che non � agevole distinguere dal suolo, tanto pi� 
che, per certi aerodromi (e particolarmente per quelli 
militari) sono costituite proprio solo dal suolo appena 
spianato e ripulito dalle piantagioni. 

Il vizio � tanto pi� grave in quanto, col progresso 
e la trasformazione della organizzazione della difesa 
nazionale e dei suoi strumenti, appa.re ormai inadeguato 
l'uso dei criteri tradizionali per identificare 
le cose appartenenti al demanio militare, non potendo 
pi� la categoria delle opere destinate alla difesa nazionale 
limitarsi a comprendere solo le costruzioni intese 
nel senso classico di opere eseguite sopra il suolo 
ma dovendo sempre pUt comprendere le opere eseguite 
sotto il suolo stesso. 

La verit� � che come dice giustamente il GmcCIARDI 
(Il demanio); << Oedam �, 1934, pag. 114) 
� nel demanio militare non rientrano diritti reali 
parziari � e se una porzione del suolo viene trasformata 
in un bene che sia suscettibile di utilizzazione 
diretta per la difesa nazionale (aerodromo) questo 
bene diventa integralmente demaniale non appena 
.la trasformazione � completata dato che con questa 
trasformazione si verifica la combinazione dei due 
mondi, oggettivo e soggettivo, essenziali per l'inizio 
della demanialit� (v. GUICCIARDI, op.cit., pag. 164). 

E, secondo noi, il pensiero del Guicciardi dev'essere 

chiarito e integrato nel senso che, con questa trasfor


mazione, si determina il trasferimento dell'immobile 
al demanio militare dello Stato, sia che esso gi� 
appartenesse al patrimonio dello Stato (o ad altra 
categoria di demanio), sia che esso appartenesse a 
privato proprietario. 

I n altri termini, il fatto amministrativo � esecuzione 
di opera destinata alla difesa nazionale� costicostituisce 
modo di acquisto della propriet� demaniale, 
fermo restanto, beninteso, il diritto del precedente 
privato proprietario all'indennizzo dovuto a tutti 
coloro che subiscono espropriazioni a causa di pubblica 
utilit�. Ohe di questo, in sostanza si tratta: di 
una espropriazione per pubblica utilit� effettuata 
in forme diverse da quella ordinaria, ma non per 
ci� solo lesiva delle situazioni di interesse legittimo 
e di diritto subiettivo che si presentano a fronte di 
qualsiasi ordine di espropriazione ch� anzi l'effettiva 
esecuzione dell'opera destinata alla difesa nazionale 
da parte dell'autorit� pubblica cui spetta la 
competenza di eseguirla elimina in radice ogni dubbio 
per eventuali vizi di sviamento di potere o di cattivo 
uso di esso. 

Probabilmente, ed � questo uno spunto suscettibile 
di proficuo approfondimento, bisogner� convincersi 
che la categoria dell'acquist,o per accessione nello 
istituto della propriet� demaniale funziona in senso 
inverso a quello regolato in relazione all'istituto 
della propriet� privata. . 

Dobbiamo convenire che la giurisprudenza della. 
Oorte Suprema � finora orientata in senso nettFJ,mente 
contrario, in quanto esclude recisamente che la propriet� 
dell'immobile che sia stato trasformato mediante 
esecuzione di opera pubblica, si trasferisca 
nella .Amministrazione senza che si faccia luogo alla 
regolare procedura di espropriazione (v. per tutte 
sent. n. 2087/60 delle Sezioni Unite in questa << Rassegna
�, 1960, pag. 78), ma � anche vero che la stessa 
giurisprudenza ticonosce esplicitamente che il diritto 
del privato proprietario si limita al risarcimento del 
danno essendo << inconcepibile la restituzione del bene 
occupato, stante la radicale trasformazione da questo 
subito per effetto della attuazione dell'opera pubblica�. 

Sulla particolare natura degli aerodromi e sulla 
loro connessione essenziale con la difesa nazionale 
. v. infra, pag. 194. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Sentenze -Imposta di 
registro sulle sentenze -Limiti di applicazione. 
(Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2495/62 -
Pres.: Celentano; Est.: Del Conte; P. M.: Tavolaro� 
(conf.) -Frascaro c. Amministrazione Finanze delloStato). 


A norma dell'art. 93 n. l della legge di registro,. 
l'imposta sulle convenzioni si applica a tutte le 
parti contraenti; viceversa, l'imposta sulle sentenze, 
prevista dal n. 2 dello stesso art. 93, prescinde 
dalla partecipazione all'atto o al contratto. 


-183


enunciato ed ha riguardo unicamente alla posi� 
zione formale di parti istanti o che fanno uso della 
sentenza. Pertanto essa comprende anche coloro 
che siano del tutto estran�i all'atto o al contratto 
medesimo. 

La motivazione della sentenza, che ha accolto la 
tesi dell'Amministrazione, � sostanzialmente riprodotta 
sulla massima. 

lMPOSTA DI REGISTRO-Transazione dichiarativaTransazione 
novativa -Contratto d'appalto stipulato 
in occasione di transazione novativa. (Corte di Cassazione, 
Sezione I, Sentenza n. 2526/62-Pres.: Celentano; 
Est.: Bartolomei; P. M.: Pedace (conf.)-Soc. Fab� 
brica Accumulatori Partenope (F.A.P.) c. Amministrazione 
delle Finanze). 

Ai sensi dell'art. 60 della legge di Registro, 
mentre l'atto contenente una transazione dichiarativa 
� soggetto a tassa fissa, quello contenente 
una transazione novativa � invece soggetto alla 
tassa dovuta secondo la natura del negozio attraverso 
il quale le parti hanno novato la preesistente 
situazione giuridica. 

Pertanto, se in occasione di una transazione 

novativa, � stato stipulato un contratto di appalto, 

l'atto contenente l'appalto e la transazione � sog


getto alla tassa di registrazione dovuta per l'intero 

ammontare del prezzo di appalto, anche se, ai fini 

specifici della transazione sia, stata utilizzata solo 

nna parte del predetto prezzo. 

Le conclusioni, cui � pervenuta la sentenza che 

si annota, non possono non essere condivise. Gravi 

perplessit� suscita, invece, l'iter logico della decisione. 

I n sostanza il ragionamento della Cassazione � 

il seguente: premesso che la transazione ha normal


mente natura dichiarativa, nel senso che essa tende


rebbe non gi� a modificare la preesistente sitaz.ione 

giuridica, ma solo ad accertarla con efficacia t-ra le 

parti, si afferma che unicamente a tale situazione 

sarebbe applicabile la prima parte dell'art. 60 della 

legge del Registro relativa alla tassa fissa di registra


zione. Ove le parti eliminando la insorta controversia 

dessero, invece, vita ad un m.wvo rapporto negoziale, 

la transazione assumerebbe carattere novativo; in 

tal caso, dovendosi considerare come effettivamente 

conclusi due distinti negozi (il negozio nuovo, i cui 

effetti vengono utilizzati ai fini della transazione, 

nonch� la transazione stessa), l'art. 60 sopracitato, 

ai fini della registrazione dell'atto, darebbe la preva


lenza al nuovo negozio con la conseguenza che questo 

ultimo andrebbe tassato secondo la natura sua propria. 

Appare evidente che tale ordine di idee si inse


risce in quell'orientamento che afferma la natura 

dichiaratit�a della transazione (cos�, in dottrina, 

PoLAcco: Del con\ratto di transazione, Roma 1921; 

GROPALLO: La natura giuridica della transazione, 

in � Riv. Dir. Civ. n, 1931, 320; BUTERA: Delle 

transazioni, Torino, 1933; STOLFI: La transazione, 

Napoli, 1931; COVIELLO: Trascrizione, in �Nuovo 

Di{]. it. n, XII, 2, 290; pi� di recente, cfr. CARRESI, 

La transazione, in cc Trattato dir. civ. it. ))' Torino, 

1954): orientamento che, pur pot endosi considerare 
tradizionale in senso eminentemente storico (si riallaccia, 
infatti, al diritto intermedio ed alla letteratura 
francese formatasi intorno al Code Napol�on), 
deve considerarsi -nel vigore. del nuovo Codice 
ed alla luce dei pi� recenti studi (cfr. V ALSEccm: 
La transazione, in cc Tmttato dir. civ. it., ))' a cura 
di CICU e MESSINEO, Milano, 1954; PUGLIATTI: 
La transazione, in cc Oomm. cod. civ. ))' Firenze, 
1949; SANTORO PASSARELLI: La transazione, N apoli, 
1958. Ancora sotto l'impero del .vecchio codice 
si esprimevano per la costitutivit� della transazione: 

NICOL�: n riconoscimento e la transazione nel 
problema della rinnovazione del negozio e della 
novazione dell'obbligazione, in Annali Universit�. 
di Messina, vol. VII, 1932-33, 377; GuiCCIARDI, 
La transazione degli enti pubblici, in cc Arch. Dir. 
Pen. ))' 1936, I, 64; VITERBO: L'assicurazione della 
responsabilit�. civile, Milano, 1936; GIORGIANNI: 
n negozio di accertamento, Milano, 1939), definitivamente 
superato. 

Se questo � vero, la decisione della Cassazione 
appare manchevole nel suo stesso presupposto. 

�, per�, da ritenere che al fondo di siffatta impostazione 
della sentenza in esame sia quel particolare 
atteggiamento della dottrina tributaria, che (in ci� 
divergendo dalla soluzione civilistica) ripete ancor 
oggi il dogma della dichiarativit� della transazione 
(cos�, tra i maggiori, UBERTAZZI: La legge del registro, 
Gasale Monferrato, 1924, 241; CAPPELLOTTO: 
Le tasse di registro, Venezia, 1932, 551; JARACH: 
Principi per l'applicazione delle tasse di registro, 
Padova, 1937, 46 sgg.; e, pi� di recente, UcKMAR: 
La legge del registro, Padova, 1953, I, 185 e II, 
405; J.AMMARINo: Commento alla legge sulle imposte 
di registro, Torino, 1959, I, 566; cos� anche 
BERLIRI: Le leggi di registro, Milano, 1960, 391, 
il quale, per�, con maggior consapevolezza, precisa 
che, ove non vi fosse la regola enunciata nel l o comma 
dell'art. 60, la transazione non andrebbe soggetta 
alla semplice tassa fissa, ma ad una tassa graduale 

o proporzionale). 
La decisione annotata sembra, tuttavia, andare 

oltre queste affermazioni (che, valide su di un piano 

unicamente tributario, non possono essere estese ol


tre l'ambito dello comma dell'art. 60: n� pu� in que


sta sede af/1�ontarsi il raffronto tra detta norma e i 

principi del Codice civile), affermando generica


mente un preteso carattere dichiarativo della transa


zione, con un riferimento (non si sa bene quanto 

consapevole) a funzioni di accertamento, che par


rebbe riecheggiare la vecchia tesi dottrinale della quali


ficazione dell'atto di transazione come negozio di accer


tamento. 

I n questo senso la sentenza non fa che inserirsi 

in un insegnamento ormai tradizionale. Tuttavia, 

ai fini della presente decisione, sarebbe stato prefe


ribile procedere in un diverso ordine concettuale, che 

-evitando di prendere posizione sul problema della 

nat~tra dichiarativa o costitutiva della transa~ione 


avrebbe consentito alla Cassazione di sottrarsi alla~. 

esigenza di certe affermazioni, quanto meno discutibili. 

Oome s'� visto in precedenza, infatti, la sentenza, 
premessa la affermazione circa la natura normalmente 
dichiarativa dell'atto transattivo, ha poi fatto 


-184


leva, per giungere alle conclusioni accolte, sul concetto 
di transazione novativa, tale ritenendo tipicamente 
l'ipotesi in discussione. Ed allora, il richiamo 
alla normale dichiarati1Jit� della transazione appare 
inconferente, ben potendosi risolvere la questione in 
esame nell'ambito esclusivo del concetto di transazione 
novativa. Si trattava, infatti, di una pluralit� 
di controversie, insorte tra le parti in dipendenza 
dell'esecuzione di un precedente contratto di appalto, 
controversie che erano state transatte mediante posizione 
di un nuovo (e complesso) regolamento negoziale. 
Discutendosi dell'applicazione della tassa di registro, 
la Oassazione ha ritenuto trattarsi di una transazione 
con effetti novativi stabilendo conseguentemente 
l'applicabilit� alla specie della seconda parte dello 
art. 60 della legge del registro. 

Giova soffermarsi brevemente su questi concetti. 

*** 

Non par dubbio che, ai fini dell'imposta di regi


stro, debba farsi distinzione tra transazione nova


tiva e non novativa, dovendosi applicare soltanto 

nella seconda ipotesi la tassa fissa. I n questo senso 

� esplicito l'art. 60 della legge sul registro, con una 

norma che -considerata in relazione all'epoca in 

cui fu posta -appare retrospettivamente come un 

esempio notevole di anticipazione sulla futura legi


slazione. Vigente l'art. 1772, I comma Oodice civile 

1865, infatti, era opinione assolutamente dominante 

che la transazione non potesse produrre effetti nova


tivi sui rapporti preesistenti (in tal senso tutti gli 

autori meno recenti: unica voce in contrario quella 

del NICOL�, op. cit., il quale, partendo dal presup


posto che pu� aversi novazione sia quando il secondo 

rapporto costituito dalla dichiarazione novativa si 

viene a trovare in una situazione di obbiettiva incom


patibilit� con il rapporto al quale si � sostituito, 

sia quando la incompatibilit� fra i due rapporti 

non attiene alla loro natura ma deriva da uno spe


ciale atteggiamento della volont� delle parti (animus 

novandi), deduceva essere ben concepibile una tran


sazione la quale, realizzando una situazione di diritto 

obbiettivamente incompatibile con quella precedente, 

ne determinasse l'estinzione per una forza che � 

nella natura delle cose prima ancora che nella volont� 

degli uomini. Sulle orme di NICCOL� cfr. anche 

GIORGIANNI, op. cjt. Una impostazione originale 

del problema, sotto il profilo della rinnovazione del 

negozio, era in OARNELUTTI, Documento e negozio 

giuridico, in � Riv. dir. proc. civ. �, 1926, 181 sgg.). 

Il nuovo Oodice, affermando all'art. 1976 che la 

risoluzione della transazione per inadempimento 

non pu� essere richiesta se il rapporto preesistente 

� st�to estinto per novazione, ha riacceso la disputa. 

Facendo leva sulla dizione letterale dell'art. 1976 

(senza peraltro approfondire ulteriormente il pro


blema) ammettono l'idoneit� della transazione a 

produrre effetti novativi il VALSEccm ed il OARRESI. 

Anche il BETTI: Teoria generale del negozio giu


ridico, Torino, 1955, 263 sgg., pur ritenendo che 

si tratti di istituti sostanzialmente differenti, ammette 

che la transazione possa avere effetti novativi. Gravi 

e sostanziali critiche, dalle quali non pu� prescin


dersi, sono state per� autorevolmente mosse a tale 

concezione (PUGLIATTI: Della transazione, in �Oomm. 
cod. civ. �, .Firenze, 1949, 448 sgg.; SANTORO 
PASS.ARELLI, op. cit.). Si �, cos1., detto che il 
termine di novazione in riferimento alla transazione 
sarebbe usa.to dfilla legge in senso impr-oprio, per 
indicare ogni ipotesi di sostituzione di una precedente 
situazione con altra successiva, posta in essere 
appunto con il negozio transattivo. M a la inidoneit�della 
transazione a produrre effetti novativi in senso 
tecnico si dovrebbe desumere dalla struttura diversa 
e reciprocamente incompatibile dei due istituti (cos� 

SANTORO PASS.ARELLI, op. cit., 83). 

Il problema merita una ulteriore considerazione. 

* * * 

Precisiamo immediatamente che non si tratta di 

vedere se l'effetto novativo sia tipico e costante della 

transazione. Su questo punto non si fa questione. Lo 

stesso art. 1976 Oodice civile., ammettendo la possi


bilit� che il rapporto preesistente sia estinto per nova


zione, fa intendere che si tratta di una mera eventua


lit�. Occorre invece indagare se la produzione di 

effetti novativi sia compatibile con lo schema negoziale 

della transazione, in rapporto alla struttura dei due 

istituti. 

Per esprimere il concetto della funzione della nova


zione si parla spesso di causa novandi. L'espres


sione � impropria, se si accetta la tesi secondo la 

quale la novazione non � (o almeno non � necessa


riamente) un negozio tipico, individttato e distinto 

dagli altri previsti dal nostro ordinamento, ma � 

invece un evento in rapporto di effetto a causa con un 

precedente atto. Tale tesi � confortata dal testo legi


slativo, il quale ricollega l'effetto estintivo ad ogni 

ipotes�i in cui si abbia sostituzione della obbligazione 

originaria con quella successiva, richiedendo sola


mente l'aliquid novi e l'animus novandi. Non v'� 

dubbio che il concorso di questi due requisiti non � 

di per s� sufficiente ad individuare un contratto 

tipico. � vero piuttosto che l'art. 1234 Oodice civile, 

introduce un elemento causale che potrebbe indurre 

a conclusioni diverse; ma di tale articolo vedremo 

in seguito la portata e il valore. Quindi, anzich� 

di novazione dovr� pi� correttamente parlarsi di 

effetti novativi, collegati ad un atto negoziale che 

pu� assumere una qualunque delle forme previste 

dall'ordinamento, esclusi -ben s'intende -quei 

negozi che per loro struttura sono inidonei a tali 

effetti. 

Quanto si � detto finora non esclude che le parti 

possano dare vita a un distinto negozio innominato, 

che sia rivolto unicamente al fine di novare. I n questo 

caso legittimamente potr� dirsi che si � posto in essere 

un negozio individuato dalla specifica causa novandi, 

cio� dalla funzione di estinguere una precedente obbli


gazione per creazione di altra successiva, che alla pri


ma si sovrappone. Qui acquista il suo pieno rilievo 

la norma dell'art. 1234 Oodice civile la quale, stabi


lendo che la novazione � senza effetto ..nel caso di ine


sistenza (o di nullit�) dell'obbligazione originariq., 

fa in sostanza riferimento a una ipotesi di man


canza di causa, che determina secondo i principi 

il venir meno del negozio di novazione. I n questo 

caso veramente pu� parlarsi con piena consapevo



-185


lezza tecnica di causa novandi, giacck� si � presenza in 
di un elemento essenziale del contratto, che proprio 
da tale elemento � individuato e scolpito nella sua 
struttura tipica. M a fuori di questa ipotesi, che � 
concettualmente l'eccezione, la regola rimane pur 
sempre .che l'effetto novativo pu� nascere da un qualsiasi 
contratto, il quale -inquadrandosi nella propria 
struttura causale -produrr�, oltre i suoi effetti 
tipici, anche ulteriori effetti novativi, perch� la 
volont� delle parti si � a ci� specialmente indirizzata. 
Pertanto non � necessario che gli effetti novativi 
siano individuati da una causa tipica. 

I n altri termini, quel che la legge costantemente 
richiede � l'animus, cio� la volont� delle parti di 
novare; ci�, per�, non significa che l'animus non 
possa essere inserito in un negozio individuato da 
una causa tipica diversa da quella novandi, di modo 
che il negozio oltre i suoi effetti normali produca 
anche effetti 1wvativi. Una tale coesistenza sarebbe 
impossibile solo quando la causa tipica del negozio 
fosse concettualmente incompatibile con la novazione. 
Cos� non potrebbero le parti fare ricorso a un negozio 
di accertamento (ove si ammetta tale figura negoziale) 
al fine di novare, giacch� la funzione di accertamento 
importa per definizione la conservazione del 
rapporto accertato. M a questo non � il caso della 
transazione rispetto alla quale, dopo gli ampi risultati 
ottenuti dalla dottrina pi� recente (SANTORO PASSARELLr, 
op. cit.), sarebbe veramente un fuor d'opera 
insistere sul punto che essa non pu� inquadrarsi 
nella figura dell'accertamento. 

* * * 

Richiamati i suesposti principi in materia di novazione, 
sembra agevole dedurre che non si potrebbe 
per la transazione invocare contro l'ammissibilit� 
di effetti novativi l'impossibilit� concettuale di ammettere 
la simultanea presenza di due distinte cause negoziali 
(e � novandi � e � transigendi �), IZ riferimento 
alla causa novandi, infatti, � legittimo solo nell'ipotesi 
in cui la novazione sia attuata mediante uno 
specifico negozio individuato dalla unica funzione 
di estinguere una precedente obbligazione mediante 
l'assunzione di un'altra. Ma in tutte le altre ipotesi 
(che costituiscono, come si � visto in precedenza, la 
normalit�) l'effetto novativo non discende da una 
specifica causa dello stesso genere, qualificandosi, al 
contrario, come conseguenza ulteriore di un distinto 
fJchema negoziale. 

Sotto questo profilo, per affermare l'inidoneit� 
della transazione a novare i precedenti rapporti sui 
quali essa opera, dovrebbe affermarsi l'impossibilit� 
concettuale di apporre alla tipica causa transigendi 
un ulteriore atteggiamento della volont� delle parti, 
indirizzata all'estinzione per novazione dei precedenti 
rapporti obbligatori. Nulla, per�, consente 
una simile affermazione. Al contrario ci sembra che 
l'estinzione del rapporto litigioso possa essere, in un 
certo senso, normale alla composizione della lite, in 
quanto mezzo ed, a un tempo, effetto della composizione: 
mezzo, in quanto inquadrabile nell'ambito 
delle concessioni che le parti reciprocamente si fanno; 
effetto, in quanto dal nuovo assetto di interessi realizzato 
con la transazione discender� ,normalmente il 

superamento integrale della situazione precedente. 
Deve, quindi, concludersi che la funzione di comporre 
la lite mediante reciproche concessioni, non essendo 
incompatibile con l'estinzione del rapporto (o dei 
rapporti) precedente, ben consente l'apposizione allo 
schema negoziale, mediante il quale tale funzione si 
realizza, di quell'elemento volontaristico che tradizionalmente 
si designa come � animus novandi �. 

* * * 

L'obbiezione fondamentale che si muove alla tesi 
della compatibilit� di effetti novativ~ con la transazione 
� che gli eventuali vizi dell'obbligazione novata reagiscono 
su quella successiva diversamente da quel che 
avviene nella transazione per i vizi afferenti al titolo, 
relativamente al quale la transazione � stata fatta. 

A tale obbiezione, per quanto ci risulta, non � 
stata ancora data una valida risposta. N� sembra 
sufficiente il puro e semplice richiamo al testo dello 
art. 1976 Codice civile., il quale in realt� non d� 
alcuna ragione dell'eccezione mossa. Qui occorre precisare 
che, quando la legge parla di titolo, si riferisce 
indubbiamente al fatto da cui sorge il rapporto obbligatorio, 
in ordine al quale � insorta la lite. Parlare 
di invalidit� del titolo equivale, quindi, a parlare 
di invalidit� dell'obbligazione che ne deriva. 

Trazionalmente si dice che la inesistenza (cui � 
parificata la nullit�) dell'obbligazione novata determina 
nullit� della novazione, indipendentemente 
da ogni considerazione sull'atteggiamento psicologico 
delle parti. Per la transazione, invece, in virt� dello 
art. 1972, II comma, Codice civile, la eventuale nullit� 
dell'obbligazione dedotta in lite opera sul negozio 
transattivo solo per il tramite del vizio della volont� 
delle parti. Si dovrebbe da ci� desumere che la transazione, 
essendo nel suo meccanismo causale svincolata 
dall'eventuale invalidit� dell'obbligazione precedente, 
non � compatibile con la novazione, la quale � per 
definizione individuata dal collegamento delle due 
obbligazioni. 

Osserviamo anzitutto che la disciplina dell'art. 1972 
Codice civile non si applica a tutte le ipotesi di transazione. 
Ci riferiamo a quei casi che una autorevole 
dottrina ha di recente assunto sotto il concetto di 
transazione non innovativa, quella transazione cio� 
in cui cc la situazione preesistente non � interamente 
dedotta in lite, e quindi non � interamente sostituita, 
ma integrata da quella creata con la transazione � 
(cos� SANTORO PASSARELLI, op. cit., 79). Concretere!
Jbe tale ipotesi la transazione che, lasciando immutato 
il titolo del rapporto litigioso, ne modificasse 
l'oggetto, come chi transigesse sul quantum della 
prestazione, ovvero sostituisse la prestazione con 
altra qualitativamente diversa (ad esempio una 
somma di denaro in luogo di una cosa determinata). 
I n tal caso il rapporto, anche dopo la transazione, � 
sempre sorretto dal fatto costitutivo originario, onde 
l'eventuale nullit� (o inesistenza) di tal fatto importer� 
il venir meno di tutta la situazione suecessiva, 
anche per quegli effetti che dipendevano dalla transa-� 
zione. La nullit� (o inesistenza) del titolo originario 
opera di per s�, indipendentemente dall'atteggiamento 
delle parti, a nulla rilevando se esse conoscessero o 
meno il vizio quando si indussero alla transazione. 


-186


Ecco dunque che nel caso di transazione in esame 
si applicano, quanto agli effetti che sulla, t1�ansazione 
possono operare gli eventuali vizi del titolo in riferimento 
al quale si � transatto, le stesse norme della 
novazione. ' 

Ora, pu� dubitarsi che una transazione siffatta 
abbia tutti i requisiti occorrenti per novare ? Non 
ci sembra. Oirca l'animus novandi, di cui abbiamo 
in precedenza dimostrato la compatibilit� con lo 
schema negoziale transattivo, esso ricorre per ipotesi 
se assumiamo che le parti transigendo 'I)Ogliano ottenere 
il risultato di novare i precedenti rapporti obbligatori. 
Quanto all'aliquid novi, la diversit� dell'oggetto 
� sufficiente aconcretare il mutamento richiesto 
dalla legge. Se poi la diversit� dell'oggetto debba 
essere qualitativa, o possa anche essere meramente 
quantitativa, � problema che qui non interessa. 
Basti dire che, almeno nel caso in cui le parti abbiano 
sostituito la prestazione originaria con altra qualitativamente 
diversa, esprimendo a un tempo la loro 
volont� di novare, si sono verificate tutte le condizioni 
necessarie perch� si abbia novazione. 

Ben pu� dunque una transazione che lascia inalterato 
il titolo, relativamente al quale si transige, 
realizzare la novazione dell'obbligazione precedente, 
e, poich� s'� gi� visto che in tale ipotesi l'efficacia 
novativa. non pu� essere contestata neppure sotto 
il profilo dell'art. 1972 O.c., dovr� concludersi, 
contrariamente alla dottrina prevalente, che vi sono 
casi in cui la transazione pu� certamente novare. 

* * * 

La conclusione apparentemente paradossale che, 
almeno per quanto attiene alla transazione c. d. non 
innovativa, non sia lecito invece dubitare della possibilit� 
che si producano effetti novativi, � di per s� 
sufficiente a dimostrare il nostro assunto. Ma ci 
sembra sia possibile ampliare tale conclusione anche 
alla ipotesi in cui la situazione preesistente sia interamente 
dedotta in lite. 

In tal caso non v'� dubbio che trovi applicazione 
la disciplina dell'art. 1972, 2� comma, Oodice civile. 
Se ne deduce che la situazione creata con la transazione 
�, rispetto alla situazione precedente, ad un 
grado di indifferenza molto pi� elevato di q1~anto 
accade nella novazione. Qui la seconda obbligazione 
� funzionalmente collegata con quella precedente, 
sicch� gli eventuali vizi di quest'ultima reagiscono 
necessariamente sull'altra. Il meccanismo � obbiettivo 
e riposa sulla str1dtura dell'istituto. N ella transazione, 
invece, il vizio del precedente rapporto pu� 
diventa,re rilevante solo quando si risolva in un vizio 
della volont� delle parti (SANTORO PASSARELLI, 
op. cit., 142). 

La differenza del dettato legislativo va riportata 
al fatto che funzione tipica del negozio di transazione 
non � di novare ma di comporre la lite. Rispetto alla 
causa transattiva (di composizione) l'eventuale effetto 
novativo sar� necessariamente indifferente. Oos� si 
comprende che il collegamento fra le due obbligazioJti 
non pu� essere obbiettivo. Per chiarire tale sitttazione 
occorre riflettere che, mentre l'art. 1234 Oodice civile 
ha presente l'ipotesi di novazione per cos� dire pura, 
nel caso in cui si novi mediante transazione inter


viene una causa tipica (quella transattiva), che � 
diretta a produrre effetti ai quali quello novativo � 
indifferente. Sicch� � naturale che l'eventuale vizio 
del titolo dell'obbligazione novata urti contro il diaframma 
di una causa diversa da quella novativa. 
Non potrebbe infatti l'invalidit� del negozio, eh& 
ha una sua struttura e una sua funzione tipica, 
essere determinata dal vizio di una obbligazione che 
� collegata solo con un effetto eventuale, non tipi,co~ 
del negozio stesso. Se cos� non fosse, si dovrebbe a1nmettere 
che l'effetto novativo � necessariamente tipico 
di un contratto individuato da una speciale causa 
novandi. Si dovrebbe cio� escludere che novazion& 
possa essere determinata genericamente da un qualsiasi 
schema negoziale, giacch� � evidente che non 
solo rispetto alla transazione, ma in genere rispetto a 
qualsiasi contratto la reazione del vizio dell'obbligazione 
precedente sarebbe paralizzata dalla ca~tsa 
tipica del contratto, cui l'effetto novativo inerisce. 

Deve, quindi, concludersi che l'ipotesi dell'art. 1234 
Oodice civile va limitata al caso in cui la novazion& 
sia operata attraverso un contratto innominato, 
costruito escl,usivamente al fine di novare, e quindi 
individuato da una autonoma causa novandi. Qui 
veramente l'estinzione dell'obbligazione mediante creazione 
di un'altra non � pi� un semplice effetto di un 
negozio individuato da una propria e diversa causa~ 
ma � essa stessa causa di un nuovo negozio individuato 
al fine di produrre quell'effetto. Oome si � detto 
in precedenza, in questa ipotesi pu� esattamente parlarsi 
di causa novandi. � ovvio quindi che la nullit� 
dell'obbligazione novata, risolvendosi in mancanza 
della causa del negozio di novazione, importi nullit� 
di qttest'ultimo e della obbligazione che ne deriva. 

Oi� non potrebbe dirsi nel caso della transazione. 

Nell'ipotesi dell'art. 1234 O o dice civile la nuova 
obbligazione � nulla per forza obbiettiva d'i cose, giacch� 
non ptt� essere novato quello che non esiste. E 
poich�, d'altra parte, la stipulazione novativa non 
aveva altro senso che quello di novare, essa non ha 
pi� ragione d'es8ere, e cade interamente. Nella tran8azione, 
invece, pnr se l'effetto novativo non si potr� 
produrre per mancanza del rapporto da novare, ci 
sono ben altri effetti ( i pi� importanti, i tipici) da 
far salvi. � logico, quindi, e coerente ai principi che 
il contratto sia salvo nei limiti di cui all'art. 1972 
Oodice civile. 

* * * 

Se si accettano le conclusioni che precedono circa 
la compatibilit� di effetti novativi con l'atto di transazione 
(ci� che, del resto, la giurisprudenza -pur 
senza adeguato approfondimento -ha sempre 
ammesso: cos�, sotto l'impero del vecchio Oodice, 
Oassazione, 14 gennaio 1933, n. 115, in �Foro it. 
Rep. >>, 1933, voce: Transazione, n. 17, e, di recente, 
Appello, Firenze 31 gennaio 1962, in << Giur. Toso. >>, 
1962, 352), la sentenza annotata appare aver fatto 
buon governo della legge, non potendosi seriamente 
dubitare che nella specie si trattasse� di 'Una transazione 
ad effetti novativi. 

Va piuttosto rilevato -per compiutezza d'indagine 
-che, ferma rimanendo su di un piano teorico 
l'esattezza delle massime affermate dalla sentenza 
annotata, ai fini della decisione di specie si sarebb& 


w 


�-187 


potuto addirittura prescindere dall'affrontare la vexata 
quaestio, dei rapporti fra transazione e novazione. 
Trattandosi, infatti, senza alcun dubbio di 
una transazione c. d. mista (di una transazione, cio� 
in cui la causa transattiva concorre con altro schema 
negoziale: nella specie, di appalto), si sarebbe pot~~to 
senz'altro ritenere applicabile l'ultimo inciso della 
seconda parte dell'art. 60 della legge di registro, 
che si� riferisce appunto a siffatta specie di transazione 
(cos�. implicitamehte, BERLIRI: Le leggi di 
registro, Milano, 1960, 392). Anche in tal caso, 
comunque, la soluzione non sarebbe mutata in virt� 
del principio di cui all'art. 8 della legge di registro. 

�, pertanto, sotto ogni profilo -pur con le riserve 
esposte in ordine alla motivazione -non pu� che 
concordarsi nelle conclusioni assunte dalla sentenza 
in esame. 

T. ALIBR.ANDI 
IMPOSTA DI REGISTRO -Errori in procedendo 


Poteri del Giudice di Diritto -Impugnativa di sen


tenza-Riesame della controversia-Societ� di fatto 

fra societ� di capitali e societ� di persone o persone 

fisiche -Inammissibilit� -Tassazione conferimenti 


Presupposti -Societ� ed associazione in partecipa


zione -Imponibile -Appalto conferito contestual


mente a pi� imprese-Associazione per l'esecuzione. 

(Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 342/63 -
Pres.: Farallo; Est.: Di Maio-Finanze c. Ferrobeton). 

l) La denuncia di errore in procedendo (precl~tsione 
da giudicato nello stesso processo) abilita il 
Giudice di diritto a conoscere delle questioni relative 
anche attraverso indagini al merito. 

2) Il giudicato parziale si forma solo su capi 
distinti ed autonomi di una sentenza e non su capi 
necessariamente legati ad altro capo impugnato, 
perch� l'accoglimento della impugnazione relativa a 
quest'ultimo fa venir meno anche la decisione sul 
capo esplicitamente non impugnato collegato a quello 
riformato o annullato. N el caso, pertanto, di appello 
che, per effetto dell'impugnativa di un punto fondamentale 
della causa, investa tutta la sentenza, il giudice 
di secondo grado ha il dovere di esaminare la 
intera controversia con conseguente pos.Yibilit� di dare 
al rapporto giuridico controverso, anche di sua iniziativa, 
una config~trazione giuridica diversa da 
quella prospettata dalle parti o ritenuta dal primo 
giudice. 

3) N o n � configurabile nell'ordinamento positivo 
vigente, cui partecipa la legge organica di registro, 
un rapporto di societ� di fatto fra una societ� di 
capitali, con personalit� giuridica, ed una persona 
fisica o una societ� di persone. 

4) L'imposizione disciplinata dall'art. 81 della T.A. 
annessa alla Legge organica di registro colpisce il 
fenomeno della produzione associata ed a tal fine si 
ha, ai fini del tributo di registro, una equiparazione 
fra Societ� ed Associazione in partecipazione. 

5) La realizzazione del conferimento, oggetto della 
imposizione predetta, esige elementi soggettivi ed 
oggettivi: gli uni sono dati dalla Societ�, Associazione 
o altro organismo che, in via di analogia, a norma 
dell'art. 8 della Legge organica di registm, consegua 
il raggiungimento, sul piano giuridico economico, 
degli stessi effetti tipici, che operi il trapasso di un 
bene o valore di cui � titolare ad altro soggetto od organismo; 
gli altri sono dati dal bene o valore effettivamente 
trasferito per la sua utilizzazione nella prodnzione 
associata. 

6) La base imponibile in tali casi � rappresentata 
dalle somme dei valori apportati. 

7) Il conferimento di un appalto ad �imprese 
riunite� non integra l'ipotesi contemplata nell'art. 81 
della T. A. annessa alla L. O. R. escludendo tale 
fatto la possibilit� di configurare l'associazione in 
partecipazione quale � caratterizzata dal fatto che la 
titolarit� dell'impresa � nel solo associante e la partecipazione 
dell'associato � limitata ai risultati della 
impresa medesima. 

La sentenza � cos� motivata: 

Con il primo mezzo di denuncia la violazione 
a.rt. 2909 C.c., 99, 112, 329, 342 C.p.c. in relazione 
all'art. 360, n. 3 e 4 stesso Codice. 

Si assume che la corte di merito abbia violato 

il giudicato (parziale) che si sarebbe formato con 

la sentenza del tribunale sul punto (non impugnato 

in appello) in cui i primi giudici avevano ritenuto 

che il rapporto attuato in concreto con la scrittura 

del 5 giugno 1951 costituiva una societ� in nome 

collettivo irregolare in luogo della dichiarata asso


ciazione in partecipazione. 

Si spiega infatti al riguardo che avendo la Fer


robeton contestato nei suoi motivi di appello non 

l'esistenza del rapporto, n� la sua qualificazione, 

bens� solo gli estremi in concreto del conferimento, 

l'esame di detto punto non impugnato si risolveva 

nella violazione del principio dispositivo sancito 

nell'art. 112 C:p.c., relativo alla corrispondenza 

tra il chiesto ed il pronunciato. 

La censura non ha consistenza. Trattandosi di 

denunciato errore in procedendo (pretesa preclu


sione da giudicato nello stesso processo) al supre


mo collegio � consentito conoscere delle questioni 

relative anche attraverso indagini di merito (cfr. 

sent. 348 e 31.36/60). 

Ora, in proposito � decisivo rilevare che la Fer


robeton aveva chiesto in appello, in riforma della 

sentenza dei primi giudici, la declaratoria di ille


gittimit� della imposizione tributaria controversa 

con la conseguente domanda di rimborso delle 

somme pagate, censurando in particolare sotto 

molteplici profili (nel pl!imo, secondo, terzo e 

quinto motivo del relativo atto di impugnativa} 

il ritenuto � conferimento n di beni, che secondo 

l'avviso del tribunale era costituito daWappalto; 

sicch� risulta manifesto che la pronuncia di primQ 

grado veniva impugnata in toto, e l'accertamento 

essenziale della controversia (conferimento) impli


cava ovviamente l'indagine sulla qualificazione 

giuridica del rapporto societario configurato (soc. 


�g[J@� 


-188


-!JHZWC 

collettiva irregolare) che del conferimento rappresentava 
il necessario presupposto. 

� ben noto che il principio secondo cui il giudice 
di appello non ha il potere di riesaminare i punti 
della sentenza di primo grado non investiti mediante 
appositi motivi di gravame non opera allorch� 
per effetto della impugnativa di un punto fondamentale 
della causa l'appello investa tutta la 
sentenza del primo giudice, in quanto in tale ipotesi 
il giudice di secondo grado ha il dovere di esaminare 
l'intera controversia con la conseguente 
possibilit� di dare al rapporto giuridico controverso, 
anche di sua iniziativa, una configurazione 
giuridica diversa da quella prospettata dalle parti 
ritenuta dal primo giudice (cfr. sent. n.. 2251 e 
2773/60). Il che vale quanto dire che il giudicato 
(parziaJ.e) pu� formarsi solo su capi distinti ed 
autonomi di una sentenza e non gi� su capi che 
siano necessariamente legati ad altro capo impugnato 
giacch� l'accoglimento della impugnazione 
relativa a questo ultimo fa venir meno anche la 
decisione sul capo non esplicitamente impugnato, 
collegato a quello riformato o annullato (cfr. sent. 
3512/58-1032/59-3265/60). 

Come appunto � avvenuto nel caso concreto, 
in cui i giudici di appello, per giudicare delle condizioni 
di legittimazione della pretesa tributaria 
(contestata in radice), hanno dovuto indirizzare 
la loro prima indagine su uno degli elementi costitutivi 
della fattispecie, ossia sulla qualificazione 
del rapporto (societario o associativo) che solo 
avrebbe potuto legittimare in concreto l'oggetto 
dell'imposizione conferimento ai sensi dell'art. 81 
della tariffa allegata alla legge del registro. 

Il primo mezzo del ricorso � quindi da respingere. 

Con il secondo mezzo si denuncia la violazione 
e falsa applicazione degli art. 8, 11, 12, 14 e art. 81 
tariffa allegato A del R. D. 30 dicembre 1923, 

n. 3269, dell'art. 112 C.p.c. in relazione all'art. 360, 
n. 3, 4 e 5 C.p.c. 
Spiega la ricorrente Amministrazione delle Finanze 
che la corte del merito, allorch� � pervenuta alla 
dichiarazione di illegittimit� dell'imposizione tributaria 
controversa, ha errato perch� non ha esaminato 
in concreto la natura giuridico-economica 
del contratto 5 giugno 1951. Di fronte al fatto della 
costituzione di un vincolo, non bastava limitarsi 
a dichiarare la impossibilit� giuridica di tale vincolo, 
ma se ne dovevano specificamente esaminare natura 
giuridica ed effetti economici (art. 8 legge 
registro). 

N � poteva rilevare ilvizio dell'atto, dato che la domanda 
della Ferrobeton non era fondata sulla nullit� 
dell'atto ma sulla intassabilit� del conferimento. 

Si aggiunge infine che la corte di appello ha anche 
Qmesso l'esame di un punto decisivo relativo al 
contenuto concreto dell'atto, quanto meno in ragione 
dell'analogia esistente fra tale atto e quello 
preveduto dalla norma dell'art. 81 applicato da 
essa Amministrazione Finanziaria. 

Anche questa censura deve essere disattesa. 
La corte del merito a sostegno del decisum ha 
considerato che: 
a) una soc. di fatto o irregolare fra soc. di capitali 
e soc. di persone ovvero fra soc. di capitali e 

imprese individuali, non era nel caso ipotizzabile 
per l'impossibilit� giuridica di una coesistenza, 
in un rapporto associativo a carattere personale 
di enti o persone caratterizzate intuitu personae 
e enti caratterizzati intuitu rei; _ 

b) una associazione in partecipazione era poi 
stata gi� esclusa dal tribunale e il relativo capo 
della sentenza non era stato impugnato da alcuna 
delle parti; 

c) il rapporto convenuto con la scrittura privata 
5 giugno 1951 partecipava dei contratti innominati, 
nella nozione datane dall'art. 1322 C.c. 
perch�, non rientrando in alcuno dei tipi forniti 
di una disciplina particolare, era diretto a 
realizzare interessi meritevoli di tutela; 

d) la natura del contratto, in concreto attuato, 
data la inosservanza dei requisiti richiesti dal diritto 
comune per un rapporto associativo tipico, escludeva 
la configurazione di un conferimento di beni, 
che solo � preso in considerazione dall'art. 81 della 
tariffa della legge di registro. 

Orbene, questo ragionamento sfugge, dal punto 
di vista logico e giuridico, alle critiche che ad esso 
vengono rivolte dalla ricorrente. In primo luogo 
pu� subito dirsi che tali critiche si muovono su di 
un piano del tutto astratto, perch� non dicono esse 
stesse, contro le argomentazioni dei giudici di 
appello, quale sarebbe stato nel caso concreto, 
nell'ambito di applicazione della legge tributaria, 
il rapporto (associativo o societario o comunque a 
questo analogo) cui le parti vollero dar vita con la 
scrittura del 5 giugno 1951. E ci�, se non � detto 
della parte interessata, non pu� certo esser detto 
dalla cassazione, che � giudice di legittimit� e non 
di merito. 

Sul piano poi strettamente giuridico non � certamente 
contestabile l'esattezza del principio richiamato 
nell'impugnata decisione secondo cui non � 
configurabile nel nostro ordinamento positivo (cui 
partecipava ovviamente la legge di registro) un 
rapporto di societ� di fatto fra una societ� di capitali 
con personalit�� giuridica e una persona fisica 

o una societ� di persone. Tale principio � conforme 
all'indirizzo ormai consolidato nella giurisprudenza 
del supremo collegio e non vi sono ragioni 
per discorstarsene (cfr. sent. 2024 e 3035 del1958). 
Se perci� nella fattispecie in esame si trattava 
unicamente di stabilire l'applicabilit� o meno 
dell'art. 81 della tariffa allegato A della legge di 
registro, occorreva tener presente che questa 
norma, in collegamento con l'art. 8 della legge 
organica di registro, indica l'aliquota e quindi la 
misura della imposta sugli atti che implicano, nella 
costituzione di societ� di qualunque specie o di 
associazione in partecipazione, conferimenti di 
beni o valori che il conferente intende trasferire, 
ancorch� in semplice uso o godimento, alla soc. o 
alla associazione cui il bene o il valore � destinato 
(cfr. sent. 2016 del 1955, 2727 del 1958). 

Occorrono quindi, per la realizzazi~~~ piena della 
fattispecie prevista (conferimento) estremi SQgg_{�lt-_ 
tivi ed oggettivi, vale a dire da un lato un soggetto 
(societ�, associazione o altro organismo che in via 
analoga, ex art. 8 legge registro, possa della societ� 

o associazione conseguire il raggiungimento sul 

EEE & EEE & 
-189


piano giuridico economico degli stessi effetti tipici), 
il quale, essendo titolare di un certo bene o valore, 
lo conferisca ad altro soggetto od organismo, e 
quindi altro soggetto od organismo destinatario del 
conferimento, e dall'altro un bene o valore oggetto 
del conferimento medesimo; sicch�, nel complesso 
svolgimento della sequenza prevista, a tacer d'altro, 
ci� che � necessario � appunto la sussistenza 
di un soggetto od organismo destinatario dello 
apporto o conferimento che trapassa a detto soggetto 
od organismo dal suo titolare originario. 

E, al riguardo, la sentenza impugnata ha escluso 
per la gi� detta impossibilit� giuridica di un 
nesso sociale tra soc. di capitali e soc. di persone, 
la configurazione di ente collettivo irregolare, ed 
ha del pari escluso (alla stregua di quanto ritenuto 
dal tribunale e non impugnato) la configurazione 
di un'associazione in partecipazione. 

Questa invero si sarebbe potuta configurare solo 
nell'ipotesi in cui l'appalto fosse stato conferito 
ad uno dei due soggetti contraenti. In tal caso 
infatti, giusta un vecchio e consolidato indirizzo di 
questo supremo collegio, atteso che il legislatore 
fiscale ha voluto equiparare ai fini dell'imposta di 
registro i due istituti (soc. e associazione in partecipazione) 
si � ritenuto che la specifica imposizione 
qui viene a colpire il fenomeno di produzione associata, 
alla stessa guisa di quanto accade nell'ambito 
societario (cfr. sent. 2465 del1935, 174 del1947). 

Ma, una volta accertato in fatto -come del 
resto era pacifico, che l'appalto venne conferito 
congiuntamente �alle imprese riunite� (FerrobetonDe 
Lieto) esulava completamente la possibilit� 
di configurare l'assQciazione in partecipazione, la 
quale � caratterizzata dal fatto che la titolarit� 
della impresa � nel solo associante e la partecipazione 
dell'associato limitata ai risultati dell'impresa 
medesima (cifr. sent. 2292) del1958, 2791 del1959). 

Tutto ci� ha detto e bene la corte del merito, 
alla quale non pu� poi essere addebitata indagine 
monca o deficiente; perch� i giudici di appello hanno 
avuto cura di aggiungere che nella scrittura del 
giugno 1951 (su cui l'ufficio applic� l'imposta in 
questione in base all'art. 81 della indicata tariffa) 
non vi era nemmeno menzione di conferimenti nel 
senso tecnico-giuridico e specialmente di �conferimento 
)) del contratto di appalto, ma solamente si 
poteva ritenere che i contraenti vollero consacrare 
nello scritto di unire i loro mezzi e le loro attivit� 
<<per l'esecuzione dei lavori relativi alla costruzione 
dell'opera)). Mera quindi unione delle attivit� 
e dei mezzi dei singoli contraenti (ognuno dei 
quali rimaneva titolare della propria posizione 
originaria) con esclusione perci� nel negozio documentato 
della capacit� di attivare quel movimento 
di ricchezza (ossia il conferimento) che � a base 
della specifica tassazione. 

E questo � d'altra parte giudizio di mero fatto 
congruamente motivato sull'interpretazione dei 
negozi giuridici, che sfugge come tale al controllo 
di legittimit� del supremo collegio. 

.A) Le affermazioni contenute nella 1a e 2a massima 
costituiscono giurisprudenza consolidata -(cfr. sent. 
348 e 3146/60; 2051 e 2773/60; 3512/58; 1032/59; 

3265/60) anche se nella economia della sentenza il 
principio relativo non risulta integralmente osservato. 

In ordine, infatti, alla configurazione giuridica 
del rapporto, per la quale era mancata una specifica 
impugnativa, il principio di cui alla-mllssima -�ha 
operato per ritenere erronea la configurazione riconosciuta 
e non anche per quella dagli stessi primi giudici 
esclusa. A tale riguardo � stato sottolineato nella 
sentenza quella mancata specifica impugnativa che, 
prima, era stata dichiarata non necessaria. 

B) Le affermazioni contenute nelle massime 3, 
4, 5 e 6 costituiscono anche esse giurisprudenza consolidata: 
per la 3a cfr. sent. 2024 e 3035 iJ,el 1958; per 
la 4, 5 e 6 cfr. sent. 2016 del 1955, 2727 del 1958 
e 391 del 1963 in <<Rassegna Mensile dell'Avvocatura 
dello Stato�, 1963, pag. 85 e segg. con nota di 
richiamo. � 

O) L'affermazione contenuta nella 7a massima � 
frutto di un accertamento di fatto che la sentenza ha 
dato per a�quisito e che, al pari di quanto avevano 
fatto i giudici di appello, � stato utilizzato per negare 
la configurazione, nel caso di specie, dell'istituto della 
associazione in partecipazione. 

I n ci� la sentenza si rivela lacunosa. Per escludere 
nel caso concreto l'operativit� dell'art. 81 della T. A. 
annessa alla L. O. R. non basta affermare che il 
rapporto in concreto attuato non costituiva n� societ� 
di fatto fra societ� di capitali e persone fisiche, o 
societ� di persone n� una associazione in partecipazione, 
ma un contratto atipico, innominato del genere. 
previsto dall'art. 1332 del Codice civile. Per il-principio, 
infatti, racchiuso nel secondo comma dell'art. 8 
della L.O.R. sarebbe stato necessario-e a tale riguardo 
era stato proposto esplicito motivo di ricorso accertare 
se il rapporto in concreto attuato, atipico, 
innominato, partecipava, in via di analogia, .della disciplina 
fiscale posta dal ricordato art. 81 della T. A. 

N el sistema della legge di registro il fatto giuridico 
che determina il sorgere del rapporto di imposta � 
noto -non � il trasferimento di un bene o l'assunzione 
di una obbligazione, ma la stipulazione di un 
atto, capace di provocare un mutamento dello stato 
giuridico preesistente. 

Determinante, perci�, � l'esistenza di un atto che, 
considerato in s� e per s�, sia capace di produrre la 
obbligazione o di attuare il mutamento suddetto, 
indipendentemente da tutte le circostanze che possanQ 
impedire la produzione dei suoi effetti (cfr. Cassazione, 
10 luglio 1954, Montana c. Finanze in << Riv. 
Leg. Fiscale))' 1954, 1331). E poich� la tassazione � 
eseguita in relazione al contenuto dell'atto, l'art. 8 
della legge organica 30 dicembre 1923, n. 3269, postQ 
a disciplina della ricerca di detto contenuto, stabilisce 
che le tasse sono applicate secondo la intrinseca natura 
(giuridica) e gli effetti (economico-giuridici) dell() 
atto, quali sono manifestatati dal documento oggett() 
della registrazione e della conseguente tassazione 
(cfr. Cassazione, 14 luglio 1952, III, n. 3166), in 
relazione alle singole voci della Tariffa e con le 
aliquote ivi stabilite. 

Dato, per�, che per il principio relativo alla auto


nomia contrattuale, gli atti in concreto posti in essere, 

possono non rientrare negli schemi tipici, che soli 


-190 


sono stati contemplati nella tariffa, recependoli dal 
diritto comune, l'art. 8citato, ad evitare che atti capaci 
di determinare una modificazione dello stato giuridico 
preesistente sfuggano alla dovuta loro tassazione, ha 
stabilito che 'ttn atto, il quale per la sua natura e per 
i suoi effetti risulti, secondo le norme stabilite nello 
art. 4 della Legge, soggetto a tassa progressiva, proporzionale 
e graduale, ma non si trovi nominativamente 
indicato nella ta?�iffa, � soggetto alla tassa stabilita 
per l'atto con il quale, per la sua natura e per i suoi etetto 
ha maggiore analogia. Con tale precisazione, mentre 
resta stabilito che le voci indicate nella tariffa sono 
esemplificative e non tassative, resta anche confermato 
che: a) l'imposta di registro incide sugli effetti non 
soltanto giuridici o soltanto economici dell'atto, bens� 
sugli effetti economici e giuridici al tempo stesso; b) 
che in ptesenza di un atto che rientri nelle categorie 
poste dall'art. 4 della L. O. R. per �a tassazione 
con la proporzionale, progressiva o la graduale, la 
individuazione della natura e dei suoi effetti va eseguita 
in funzione delle singole voci della tariffa che 
indicano le singole aliquote e che, per gli atti 
in esso non indicati, pone il ricordato criterio analogico. 


I n tale stato di cose le indagini che, per la decisione 
sttlla legittimit� della imposizione controversa si 
imponeva ai giudici di appello, era di un duplice 
ordine: a) quello di sta.bilire se il rapporto in concreto 
attuato rientrava nella previsione tipica del rapporto 
associativo in genere o dell'associazione in partecipazione, 
espressamente contemplate nell'art. 81 
della T. A.; b) in caso negativo, quello di' stabilire 
se il rapporto suddetto, per il suo contenuto concreto 
quale era dato desumere dalla scrittura privata 
che ne aveva sanzionata la posizione in applicazione 
dei principi posti dall'art. 1322 del Codice 
civile, non risultando nominativamente indicato 
nella T. A., poteva e doveva, in via analogica, 
essere tassato a norma dell'art. 81 della T. A. piit 
volte detto, applicato dall'Amministrazione Finanziaria. 


I giudici di appello, per�, hanno del tutto omessa 
la seconda indagine e da ci� i Giudici di diritto non 
pare abbiano tratto le dovute conseguenze, investendone, 
al riguardo, i giudici di rinvio. � 

La indagine eseguita, infatti non ha accertato se 
il rapporto inconcreto attuato aveva la potenzialit� 
e la efficacia strumentale a produrre quei determinati 
effetti che, secondo l'art. 81 della T. A. importavano 
per il caso di specie il pagamento della imposta controversa. 


La T. A. allegata alla legge organica di registro alla 
quale si riferisce l'articolo 8 della legge predetta allorch� 
dispone sulla ricerca del contenuto dell'atto ed al 
secondo comma rinvia all'istituto dell'analogia, nell'art. 
81 ha tratto infatti ai rapporti in cui si verifica 
il fenomeno della cooperazione di pi� .forze per il 
compimento di un affare, di una serie di affari 

o di una determinata attivit� in comune. L'imposta 
proporzionale, nella economia di detto articolo, colpisce 
la entit� economica del rapporto ed il termine 
�conferimento� prescinde sia �dalla titolarit� del 
diritto di propriet� del bene conferito sia della necessit� 
di un trasferimento giuridico del bene stesso, ma 
ha tratto alla destinazione del bene. 
Per effetto di tale destinazione, infatti, diviene 
lo strumento necessa1�io per il compimento dell'affare, 
della serie di affari, dell'attivit� comune in vista 
delle quali cose il negozio giuridico � stato ideato 
ed attuato dalle parti. 

IMPOSTA DI REGISTRO-Bonifica Integrale-Privilegio 
oggettivo -Estremi �e limiti. (Corte di Cassazione, 
Sezione I, n. 1724/63 -Consorzio di Bonifica 
del Salto c. Finanze). 

L'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134 
e l'art. 9 lettera a) del T. U. 30 dicembre 1923, 

n. 3256 sono stati abrogati dall'art. 119 del Testo 
unico 13 febbraio 1933, n. 215 e trasfusi nell'art. 2 
di detto Testo unico, il quale, elencando, in modo 
organico, tutte le opere di bonifica, comprese 
quelle stradali di cui ai ricordati art. 6 della legge 
3134/28 e 9 del Testo unico 3256/23, nettamente 
distingue le opere stradali predette, considerate 
nella lettera g dell'art. 2 del Testo unico 215/33 
sia dalle opere di bonifica idraulica, considerate 
nella lettera b) dell'articolo stesso sia dalle opere 
interessanti la montagna considerate nella lettera a). 
Conseguentemente le opere stradali esulano, dalle 
agevolazioni previste, ai fini della imposta di registro, 
dall'art. 88 del Testo unico 215/33, che, per 
il privilegio oggettivo, limita le agevolazioni stesse 
alle opere di bonifica idraulica (lettera b) dell'art. 2 
citato) o di sistemazione montana (lettera a dello 
stesso art. 2). 
La sentenza � cos� motivata in diritto: 

Oon il primo motivo, il ricorrente lamenta che 
la Oorte abbia escluso la registrazione con tassa 
fissa, nella considerazione che l'� opera non rientrava 
tra quelle di bonifica idraulica in base alla 
distinzione contenute nella elencazione di cui allo 
art. 2 del T. U. 13 febbraio 1933, n. 215. 

Secondo il ricorrente, invece, per accertare se 
ricorreva la ipotesi del c. d. privilegio tributario 
oggettivo, e cio� del privilegio stabilito in relazione 
alla natura di opera di bonifica idraulica, occorreva 
far riferimento alle leggi anteriori al menzionato 
Testo unico, dato il rinvio alle leggi stesse contenuto 
nell'art. 88. 

Inoltre, il ricorrente lamenta che la Oorte abbia 
escluso il privilegio anche in base alla legislazione 
anteriore e deduce la violazione dell'art. 9 lettera a) 
del Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, che 
prevedeva fra le opere di bonifica idraulica la costruzione 
delle strade necessarie, per mettere il territorio 
bonificato in comunicazione con i prossimi 
centri abitati, nonch� dell'art. 6 della legge 24 dicembre 
1928, n. 3134, che equiparava alle strade 
di bonifica idraulica quelle necessarie alla trasformazione 
fondiaria dei terreni del Mezzogiorno. 

La doglianza � infondata. 

Invero, come questa Suprema Oorte ha -{)sser-.. 
vato, con le sentenze n. 787 del 13 aprile 1961 e 
788 del 13 aprile 1961, l'art. 6 della legge 24 dicembre 
1928, n. 3134 � stato abrogato dall'art. 119 
del T. U. 13 febbraio 1933, n. 215 e trasfuso 


-191


nell'art. 2 di detto Testo unico il quale, elencando 
in modo organico tutte le opere di bonifica, compr�se 
quelle stradali di cui al menzionato art. 6 
della legge n. 3134 del 1928, nettamente distingue 
le dette opere stradali considerate nella lettera g) 
di esso art. 2 sia dalle opere di "'Jonifica idraulica, 
considerata nella lettera b) dell'articolo stesso, sia 
dalle opere interessanti la montagna considerate 
nella lettera a) e induce perci� a ritenere che non 
possono le ripetute opere stradali essere inquadrate 
fra le opere di bonifica idraulica o di sistemazione 
montana, e che conseguentemente non � 
possibile far rientrare le prime nella previsione 
dell'art. 88 del Testo unico 215 del 1933,_il quale 
per la applicabilit� del privilegio tributario oggettivo 
in esso contemplato richiede che si tratti 
di opere di bonifica idraulica o di sistemazione 

montana. 

Quanto poi all'art. 9 lettera a) del Testo unico 
30 dicembre 1923, n. 3256 va ripetuto lo stesso 
rilievo, giacch� anche tale Testo unico � stato 
abrogato dall'art. 119 del Testo unico n. 215 
del 1933 e trasfuso in quest'ultimo Testo unico. 

D'altronde come ha posto in evidenza lo stesso 
ricorrente, dal contesto della sentenza impugnata 
si rileva che la Corte d'appello, ha in sostanza, 
escluso la natura di opere di bonifica idraulica 
della strada in questione, anche in base alla legislazione 
anteriore al Testo unico, n. 215 del 1933. 

Orbene, al riguardo non sussiste la lamentalia 
violazione di legge, in quanto la costruz;one di 
una strada di bonifica non rientra di per se stessa 
nel concetto di bonifica idraulica o di trasformazione 
fondiaria (equiparata per il Mezzogiorno alla 
bonifica idraulica) secondo le anzidette leggi, ben 
potendo invece rientrare nel pi� ampio regime della 
bonifica integrale. 

Infatti, da un lato l'art. 9 lettera a) del Testo 
unico 30 dicembre 1923, n. 3256 richiede che si 
tratti di strade che siano in connessione con opere 
di bonificazione di laghi, stagni, paludi e terre 
paludose (art. l di detto Testo unico); dall'altro 
l'art. 6 della legge 24 dicembre 1928, n. 3134, 
Tichiede che le strade siano necessarie alla trasformazione 
fondiaria dei terreni. 

Nella specie, invece, l'esistenza sia dell'uno che 
dell'altro presupposto non risultava provata e nemmeno 
dedotta: onde esattameme la Corte ha ritenuto 
che l'opera non potesse considerarsi di bonifica 
idraulica neanche in base alle suddette norme�. 

Il privilegio oggettivo mantenuto in vita, dall'art. 88, 
:20 comma del Testo unico 215/33, per le opere di 
lJonifica idraulica e di sistemazione montana, ha 
ricevuto, con la sentenza annotata, il suo assetto 
naturale. La Corte di Cassazione~ infatti, nel confer-
mare l'indirizzo assunto al riguardo, con le sentenze 
787 e 788 del 1961, fornisce un parametro certo per 
individuare le opere di bonifica privilegiate, ponendo 
.fine alle incertezze determinate, in passato, dalla 
.difficolt� di stabilire la linea di demarcazione fra il 
-regime della bonifica idraulica e di sistemazione 
montana da quello della bonifica integrale, per il 

quale � posto, in via generale, il principio del normale 
trattamento fiscale. (Cfr. �Contenzioso dello 
Stato �1 56, 60, vol. II, pag. 630-624). Per effetto 
dell'abrogazione che l'art. 119 del Testo unico 215/33 
ha fatto della legislazione anteriore in materia 4i 
bonifica idraulica, di sistemazione montana e di . 
miglioramento fondiario, il rinvio contenuto nel ricordato 
art. 88, 2o comma del Testo unico 215/33 alla 
legislazione, predetta resta limitato alla posizione del 
privilegio per le opere di bonifica idraulica e di 
sistemazione montana (art. 33 in relazione all'art. 66 
del Testo unico 3256/23) e non anche ai criteri che, 
nella legislazione abrogata, disciplinavano e classificavano 
le une e le altre opere (art. 9 del Testo unico 
3256/23 e 4 e 6 della legge 3134/1928). I criteri differenziali 
delle opere pi� volte dette, dato il carattere 
oggettivo del privilegio, non possono essere diversi 
da quelli che, nell'assetto definitivo dato alla bonifica 
integrale con il Testo unico 215/33, distinguono, 
attraverso una dichiarata differenziazione, in categorie 
nettamente separate, distinte e non comunicanti, 
le opere stesse. Il Testo unico 215/33, infatti, emanato 
in forza della delegazione dei poteri conferita 
dalla legge 3134 del 1928, dopo aver nell'art. l precisato 
che la bonifica integrale comprende le opere 
di bonifica e di miglioramento fondiario e dopo aver 
definito le une, comprendendovi sia le opere idrauliche 
che di sistemazione montana, e le altre, all'art. 2 

elenca le opere necessarie ai fini generali di bonifica 

e distingue: l) le opere di sistemazione montana a.lla 

lettera a); 2) le opere di bonifica idraulica alla let


tera b): 3) il consolidamento delle dune e la pianta


gione di alberi frangivento alla. lettera c); 4) le opere 

di provvista di acqua potabile per le popolazioni 

rurali alla lettera d); 5) le opere di difesa delle acque, 

di provvista e ~ttilizzazione agricola di esse alla let


tera e); 6) le opere afferenti la distribuzione della 

energia elettrica per gli usi agricoli alla lettera f); 

7) le opere stradali alla lettera g); 8) le costituzioni 

di unit� fondiarie alla lettera h). 

I n tale classificazione e distinzione le opere di 

bonifica idraulica, alla lettera b), sono state limitate 

alle << opere di bonificazione dei laghi e stagni, delle 

paludi e delle terre paludose o comunque deficienti 

di scolo � e le opere di sistemazione montana, alle 

lettera a), sono state limitate alle �opere di rimbo


schimento e ricostituzione di boschi deteriorati, di 

correzione dei tronchi montani di corsi di acqua, di 

rinsaldamento delle relative pendici, anche mediante 

creazione di prati o pascoli alberati, di sistemazione 

idraulica agraria delle pendici stesse, in quanto 

tali opere siano volte ai fini pubblici �. 

I n tale delimitazione sono state assorbite le opere 

gi� enunciate negli artt. 9 del Testo unico 3256/23 

e 4 e 6 della legge 3134/28, dichiaratamente abrogati, 

e la ulteriore precisazione e caratterizzazione dalle 

stesse subite, attraverso l'assorbimento predetto, va


lendo ai fini generali della legislazione della bonifica 

non possono non valere, per ragioni di ermeneutica 

letterale, logica e finalistica ai fini del tra_~ta_mento 

tributario, che la stessa legislazione ha ritenuto nel


l'ambito della bonifica integrale, di dover affrontare 

e differenziare per determinati rami della stessa. 

h o. 


-192


IMPOSTE E T ASSE -Terzo acquirente di immobile 
gravatQ da privilegio speciale per debito di impQsta Pagamento 
dell'imposta garantita-Sgravio totale Parziale 
-Conseguenze nei confronti del ter~;. 

(Corte di Cassazione, Sezione I, 14 marzo 1963 Finanze 
c. Berselli, Masini e Sutti). 

L'acquirente, terzo possessore dell'immobile gravato 
da privilegio speciale per debito di imposta, 

� non � obbligato personalmente al pagamento della 
imposta garantita, ma � tenuto al mero comportamento 
passivo di subire l'espropriazione forzata 
dell'immobile nel caso che il debitore non assolva 
il suo debito. Esso, peraltro, ha la facolt�, concessa 
a qualsiasi terzo, di pagare l'imposta stessa (art. 66 
del Testo unico n. 1401 del 1922 e 204 del Testo 
unico n. 645 del 1958) con conseguente estinzione 
del processo di esecuzione e cessazione di ogni rapporto 
con l'Amministrazione Finanziaria in ordine 
al debito di imposta. 

Lo accertamento successivo della insussistenza 
totale o parziale del debito fra i soggetti del rapporto, 
non esplica, pertanto, nei confronti del terzo 
acquirente, alcuna influenza sull'eseguito pagamento. 


La Corte ha, cos� motivato: 

Omissis. 

La sentenza impugnata ha ritenuto che gli 
opponenti Berselli, avendo pagato l'imposta di 
lire 3.416.855 per sottrarre l'immobile da essi 
acquistato dal debitore dell'imposta di contingenza 
Sutti alla esecuzione immobiliare, fossero divenuti 
proprietari della somma di lire 2.088.000, che il 
decreto di sgravio aveva messo a disposizione del 
Sutti, dopo l'accoglimento del suo reclamo. Essa 
ha giustificat-o tale convincimento considerando che, 
sebbene per il pagamento del debito di imposta di 
contingenza l'.Amministrazione avesse privilegio 
reale sull'immobile e quindi diritto a subastarla, 
tuttavia gli acquirenti, quali condebitori o responsabili 
d'imposta avevano pagato l'intero debito, 
e la loro posizione, se doveva valere ai fini 
della riscossione, non poteva non valere anche 
ai fini del rimborso, di tal che era del tutto 
identica a quella dello originario contribuente 
Sutti. 

I Berselli invece non erano condebitori del debito 
di imposta n�, comunque, responsabili del debito 
di imposta. 

In vero l'acquirente, terzo possessore dell'immobile 
sul quale � accordato il privilegio reale di 
imposta, non �, in quanto tale e fuori di ogni previ:;~
ione legislativa, obbligato personalmente al pagamento 
dell'imposta. 

Ncn vale opporre, per dedurne una generica 
figura di condebitore di imposta, applicabile nei 
confronti del terzo possessore di immobile soggetto 

a privilegio reale, che questi, secondo l'opinione 
di parte della dottrina, � surrogato all'Amministrazione 
per conseguirne il rimborso dell'imposta 
pagata quale condebitore, nei confronti del debitore 
d'imposta a norma d~H'art. 98 della legge di registro 
R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 69' 
della legge sulla successione R. D. 30 dicembre 1923~ 

n. 3270. 
Le norme su indicate non fanno alcun riferimentoalla 
figura del condebitore di imposta, qualificabile� 
tale soltanto perch� paga un debito di imposta di 
altri, ma a colui che paghi U debito d'imposta di 
altri � a termini delle rispettive leggi per conto di 
altri �: l'art. 98 della legge di registro, invero~ 
riguarda �gli ufficiali pubblici e tutti coloro i quali,. 
a termini della legge di registro � hanno pagato la 
tassa di registro per conto delle parti obbligate e 
l'art. 64 legge sulle successioni, sebbene pi� genericaIrl.
ente, concerne tutti coloro i quali, a termini della. 
legge� medesima, hanno pagato l'imposta di successione. 
N� la questione � stata dalla dottrina esaminata 
sotto l'aspetto generico, sostenuto dai resistenti 
nei confronti dell'Amministrazione e l'opinione 
della stessa dottrina, nemmeno nei limiti della 
surrogazione nei confronti del debitore di imposta, 
� stata accolta da questo supremo Collegio, il quale 
(sentenza 16 gennaio 1942, n. 140 << Foro it. �~ 
Rep. 1942, voce Registro, n. 136-138) ha affermato 
che occorre applicare nei confronti del terzopossessore 
i principi di diritto comune sulla surrogazione 
e non la citata norma della legge di 
registro. 

L'opinione non pu� ritenersi confermata dall'articolo 
15 D. P. 29 gennaio 1958, n. 645, come sostengono 
i resistenti. Tale articolo dispone che colui 
il quale, in forza di particolare disposizione di legge,. 
� obbligato al pagamento dell'imposta insieme con 
altri, per fatto o situazione esclusivamente rifer�bile 
a questi, ha diritto a rivalsa. Occorre pertantouna 
disposizione di legge che stabilisca l'obbligo 
di pagare l'imposta e riconosca con ci� rilevanza. 
a particolari circostanze o rapporti, come nei casi 
di coloro che sono obbligati a richiedere la registrazione 
di atti e a provvedere al pagamento della. 
imposta (notai, cancellieri, tutori, esecutori testamentari, 
eredi: art. SO, 84, 93, n. 6, legge del registro), 
e di tutti coloro che sono solidalmente tenuti 
al pagamento della imposta di successione 
(art. 66 legge di successione). 

N� il terzo possessore dell'immobile soggetto a. 
privilegio � obbligato al pagamento dell'imposta,. 
come sostituto di imposta. Tale figura, quale � 
stata precisata, conformemente alla legislazione 
anteriore: dall'art. 127 T. U. 29 gennaio 1958,. 

n. 645, ha riferimento ai casi in cui la legge 
sostituisce al soggetto, che dovrebbe pagare 
l'impos~a, altri in considerazione di un rapporto 
tra il bene, presupposto del tributo, e la persona 
che � sostituita nel debito. Nessuna previsione 
di legge sostituisce invece il terzo possessore 
dell'immobile soggetto a privilegio reale !l! 
debitore. 
Egli � tenuto soltanto al comportamento meramente 
passivo di subire l'espropriazione forzata. 


-193


dell'immobile nel caso che il debitore non paghi. 
.� questo un effetto sia dell'atto di accertamento 
della imposta che ha natura di atto amministrativo 
autoritativo con efficacia esecutoria 
nei limiti previsti dalla legge che autorizza 
l'esecuzione, sia della natura del credito accertato, 
il quale, per essere privilegiato con efficacia 
.reale, implica un diritto di seguito dell'AmmiJ.
ristrazione (art. 2741, capv., 2746, 2770 segg. 
Cod. civ.). 

Il terzo possessore, peraltro, se non ha l'obbligo 
di pagare il debito come condebitore o sostituto 
di imposta pu� avvalersi della facolt�., concessa 
:a qualunque terzo, di pagarlo con gli accessori 
{art. 66 T. U. 17 ottobre 1922, n. 1401 ed ora 204 

T. U. 29 gennaio 1958, n. 645), con l'effetto della 
~stinzione del processo di esecuzione. E se di tale fa.
colt�. si avvale, con l'estinzione del processo, cessa 
.ogni rapporto con l'Amministrazione, relativamente 
:al debito d'imposta accertato, per il quale l'Amministrazione 
ha proceduto, e conseguentemente nes.
suna influenza pu� avere sull'eseguito pagamento 
un accertamento successivo dell'insussistenza totale 
o parziale del debito fra i soggetti del rapporto di 
imposta. 
La posizione giuridica del terzo acquirente di 
immobile gravato da privilegio speciale per debito 
.di imposta � stata, nella riportata sentenza, definita 
dalla Corte di Cassazione con nettezza di contorni, 
in stretta aderenza ai principi che disciplinano il 
mpporto giuridico d'imposta dal suo nascere alla 
.estinzione. 

Esclusa per il terzo possessore un'obbligazione 
personale al soddisfacimento del credito di imposta 
.sia perch� manca al riguardo una espressa previ.
sione normativa sia perch� il diritto alla rivalsa al 
terzo escusso riconosciuto � in attuazione dell'istituto 
.della surrogazione civilistica (cfr. Cassaz., Sent.enza 
140/42), la soluzione adottata � conseguenziale alla 
necessit� obiettiva di escludere, nel terzo, sia la figura 
.di responsabile che di sostituto di imposta. L'una 
perch�, estranea alla discussa distinzione fra debito 
e responsabilit�, importa l'estensione dell'obbliga.
zione tributaria a persone che non si trovano con il 
presupposto del tributo nella prevista relazione (cfr. 
GIANNINI: Istituz. Diritto Tributario, Ediz. 1960, 
pag. 105); l'altra perch�, nella sua struttura tecnicagiuridica, 
importa non l'aggiunta, la la sostituzione, 
in luogo del soggetto passivo, di altra persona nello 
intero rapporto di imposta e non soltanto nella fase 
relativa alla riscossione. 

La facolt�, indubbiamente riservata al terzo, di 

pagare il debito di imposta � diretto ad evitare, nel 

suo esclusivo interesse, l'esecuzione sull'immobile gra


vato da privilegio speciale e una volta esercitata, 

comportando la estinzione del processo esecutivo, 

comporta la cessazione di ogni rapporto diretto nei 

confronti dell'Amministrazione. 

Il terzo, resta pertanto, titolare di un diritto 
.di credito, di natura civilistica, nei confronti del 
.debitore d'imposta, anche nel caso di eventuali 
.sgravi del tributo assolto nell'esercizio della facolt� 
predettx. 

PRESCRIZIONE -Prescrizione e decadenza -Diffe� 
rente fondamento dei due istituti. 

APPALTO-Pubblica Amministrazione-FornitureCondizioni 
generali d'oneri d~llo St~!o .-:-Norme 
regolamentari -Forza vincolante per il privato Termini 
di decadenza posti in dette condizioni generali 
d'oneri -Liceit� e legittimit�. (Corte di Cassazione, 
'Sezione III, Sentenza n. 1568/63 -Pres.:. Naso; 
Est.: Laporta; P. M. Trotta -Soc. Unione Manifatture 
c. Amministrazione Difesa-Esercito). 

Tanto per la legislazione anteriore (Cod. civ. 
del 1865) quanto per quella attuale (Cod. civ. 
del 1942) il fondamento della prescrizione � la 
presunzione di abbandono di un diritto per inerzia 
del titolare, mentre fondamento della decadenza 
� la esigenza obiettiva del compimento di particolari 
atti entro un termine perentorio, stabilito 
dalla legge o dalla volont�. dei privati, indipendentemente 
dalle circostanze subiettive ed obiettive 
dalle quali dipende l'inutile decorso del tempo. 

Le disposizioni contenute nelle condizioni generali 
d'oneri dello Stato hanno carattere di norme 
regolamentari (regolamenti di organizzazione), sempre 
che si tratti di contratti interessanti lo Stato, 
nei cui confronti il privato contraente � in un 
rapporto di subordinazione, che giustifica la sua 
sottoposizione a norme regolamentari obbligatorie. 
.Al carattere normativo delle dette disposizioni 
consegue la loro forza vincolante, che � ribadita 
dal richiamo, di solito espresso, fatto ad esse nel 
contratto. Non pu�, pertanto, dubitarsi della liceit� 
e legittimit�. della determinazione di termini di 
decadenza con le disposizioni delle Condizioni generali 
d'oneri: inver.o; l'art. 2966 C. c. che ammette 
che il termine di decadenza possa essere stabilito 
dal contratto o da una norma di legge, va correttamente 
inteso nel senso dell'ammissibilit�. di termini 
di decadenza per determinazione pattizia o 
normativa (legislativa o regolamentare) . 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza 
nella quale � riaffermata la natura regolamentare 
dei capitolati generali di oneri. 

Il primo mezzo del ricorso principale denuncia 
la impugnata sentenza per violazione dell'art. 2936 

C. c., in relazione all'art. 83 del Capitolato generale 
approvato con D. M. 20 giugno 1930, per avere 
ritenuto che il termine di sei mesi stabilito nel detto 
art. 83 � di decadenza e non gi�. di prescrizione, 
nonostante che la norma parli espressamente di 
prescrizione. La censura � priva di fondamento. 
Il giudice, nell'interpretare la norma, deve attribuirle 
il senso che � fatto palese dal significato 
proprio delle parole secondo la loro connessione, 
sempre che tale significato (lettera della legge) 
appaia chiara e sicura la volont� del legislatore. 
Quando la lettera d�. luogo a dubbi, il giudice 
deve ricercare quale sia stata la precisa intenzione._ 
del legislatore. La Corte di merito ha fatto corretta 
applicazione di tali principi di ermeneutiea, in 
riferimento alla norma citata dell'art. 83 delle 


-194


Condizioni generali d'oneri per le forniture alle 

/ forze armate. Essa, infatti, ha rilevato che l'espressione 
�s'intendono prescritti ed estinti))' che nella 
detta norma si legge, � ambigua, perch� riferita sia 
alle azioni, diritti e ragioni per restituzione di multe 
inflitte in dipendenza dei patti contrattuali, sia 
alle azioni, ai diritti ed alle ragioni per pagamento 
di interessi che fossero dovuti, essendo indiscutibile 
la propriet� della terminologia soltanto con 
riguardo all'azione per il pagamento degli interessi, 
rispett:> alla quale pu� parlarsi tecnicamente di 
prescrizione. Invero, con riguardo alla azione per 
restituzione di multe, il termine fissato per l'esercizio 
va logicamente ricollegato alla esigenza di 
pronta definizione dei rapporti nascenti dal capitolato 
(esigenza che costituisce H fondamento dello 
istituto della decadenza) e non gi� alla presunzione 
di abbandono dei diritti non esercitati dal titolare 
(che costituisce il fondamento logico-giuridico dell'istituto 
della prescrizione). Siffatto ragionamento 
va condiviso. Infatti, tanto per la legislazione 
anteriore (Cod. civ. del 1865) quanto per quella 
vigente (Cod. civ. del 1942), il fondamento della 
prescrizione � la presunzione di abbandono di un 
diritto per inerzia del titolare, mentre fondamento 
della decadenza � la esigenza obiettiva del compimento 
di particolari atti entro un termine perentorio, 
stabilito dalla legge o dalla volont� dei privati, 
indipendentemente dalle circostanze subiettive 
od obiettive dalle quali dipende l'inutile decorso 
del tempo. 
Col secondo motivo si denuncia l'impugnata sentenza 
per violazione degli artt. 2936 e 2966 O. c., 
e 113 della Costituzione, assumendosi che la Corte 
di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere 
opponibile il termine di mesi sei, ci� sia nella 
ipotesi che si tratti di termine di decadenza, sia in 
quella che si tratti di termine di prescrizione; perch� 
la decadenza pu� essere stabilita soltanto da 
legge formale o da convenzione e non da un atto 
normativo di carattere regolamentare, quale il 

Capitolato, e perch�, per il principio della inderogabilit� 
delle norme sulla prescri.zione, il termine. 
di questa non poteva essere abbreviato se ~1on con 
legge formale, ed, infine, perch�, per l'art. 113� 
della Costituzione deve ritenersi abrogata ogni 
limitazione alle impugnazioni giudiziali contenuta 
nei Capitolati d'oneri. Anche tale censura � infondata. 
� costante l'insegnamento di questa Suprema. 
Corte (v. sent. 23 giugno 1958, n. 2219; 21 maggio
� 1959, n. 1523; e 9 giugno 1960, n. 1524) secondo� 
cui le disposizioni contenute nelle condizioni generali 
d'oneri dello Stato hanno carattere di norme� 
regolamentari (regolamenti di organizzazione), sempre 
che si tratti di contratti interessanti lo Stato,. 
nei cui confronti il privato contraente � in un 
rapporto di subordinazione, che giustifica la sua. 
sottoposizione a norme regolamentari obbligatorie. 
Al carattere normativo delle dette disposizioni 
consegue la loro forza vincolante, che � ribadita.. 
dal richiamo, di solito espresso (come nel caso),. 
fatto nel contratto, ad esse. Non �, pertanto,. 
a dubitare della liceit� e legittimit� della determinazione 
di termini di decadenza con le disposi-zioni 
delle Condizioni generali d'oneri; invero,. 
l'art. 2966 O. c. che ammette che il termine di 
decadenza possa essere stabilito dal contratto o da 
una norma di legge, va correttamente inteso nel 
senso dell'ammissibilit� di termini di decadenza. 
per determinazione pattizia o normativa (legislativa 
o regolamentare). 

Il richiamo, fatto nel motivo di ricorso, al principio 
della inderogabilit� delle norme sulla prescrizione, 
di cui all'art. 2936 O. c., � fuori di luogo,. 
posto che, come si � innanzi precisato, nel caso si 
verte in tema di decadenza. 

Non pertinente �, altres�, il richiamo all'art. 113della 
Costituzione, essendo chiaro che la fissazionedi 
un termine di decadenza non importa violazionedel 
principio della tutela giurisdizionale dei diritti 
e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica 
amministrazione, in quanto lo presuppone~ 

CONSIGLIO DI STATO 


SERVIT� -Servit� militari -Opere a cui vantaggio 
la servit� � imposta -Natura militare -Estensione 
ad opere, anche non militarr, interessanti la difesa 
dello Stato -Aeroporti civili. (Consiglio di Stato, 
Sezione 'rv, decisione 30 ottobre 1963, n. 667 -
Pres.: De Marco; Est.: Santaniello-Consiglio dei Orfanotrofi 
e Pio A. Trivuglio c. Ministero Difesa Aeronautica). 


Le servit� militari possono essere imposte sul 
diritto di propriet� sia in relazione ad opere esclusivamente 
militari (ad esempio: fortificazioni, depositi 
di munizioni, polveriere, ecc.), sia in relazione 
ad altri beni che ricevono la stessa tutela non per 
la loro natura (che pu� essere anche non militare), 
bens� in ragione della loro funzione che pu� interessare, 
anche non attualmente, la difesa dello 
Stato. In tale seconda categoria rientrano appunto 

gli aeroporti (quale sia sia la loro natura, militare


o civile, pubblica o privata), giacch� la navigazion�aerea 
di per s� stessa costituisce un'attivit� che,. 
direttamente o di riflesso, pu� sempre essere connessa 
o comunque incidere su esigenze di difesa. 
militare. (Art. 1, legge 20 dicembre 1932, n. 1849~ 
articolo unico, legge 10 ottobre 1935, n. 1998~ 
art. 15, D. P. R. 28 giugno 1950, n. 1106; legge 
27 gennaio 1936, n. 245). 
Trascriviamo la motivazione in diritto della decisione. 


Il primo mezzo si scinde in varie. cens-q_re, :nes_suna 
delle quali � assistita da fondamento. Fra.. 
tali doglianze va esaminata per prima, in ordine 
logico, quella relativa al difetto di motivazione; ed,. 
in proposito, osserva il Collegio che non sussiste. 


Ff fif ik��ihJit.liJitit I Ff fif ik��ihJit.liJitit I 
-195


il denunciato VIZIO, giacch� ciascuno dei quattro 
atti impugnati contiene l'enunciazione sommaria, 
ma sufficiente-in relazione al tipo e alla natura 
dei provvedimenti -delle ragioni su cui si fonda 
la determinazione adottata dall'Amministrazione. 
Gli ~tti medesimi sono stati emessi dall'Autorit� 
militare nell'esercizio di un'attivit� caratterizzata 
da una netta discrezionalit�, quale potere di imporre 
la servit� nei casi di urgenza (art. 4, 5� comma, 
della legge 20 dicembre 1932, n. 1849): sicch� le 
ordinanze in parola, con la indicazione delle ragioni 
essenziali che hanno indotto l'Autorit� ad emanarle 
(necessit� di garantire il regolare funzionamento 
degli impianti aeronautici installati nel territorio 
del Comune di Peschiera, quanto ai provvedimenti 
3 maggio e 24 maggio 1960; necessit� di 
assicurare il funzionamento del servizio radar, 
quanto al provvedimento 17 dicembre 1960; necessit� 
di garantire la sicurezza del volo sulla pista 
aeroportuale, quanto al provvedimento 16 febbraio 
1961) contengono elementi di per s� bastevoli 
ad individuare la presenza di una motivazione 
concisa, ma sufficiente, entro i limiti imposti dalla 
speciale natura dell'atto. 

N� ha pregio l'altra censura, con cui si assume 
la falsa applicazione degli artt. l e segg. della 
legge 20 dicembre 1932, n. 1849 e, comunque, 
l'eccesso di potere sul riflesso che i provvedimenti 
impugnati non parlano di opere militari, ma fanno 
riferimento ad impianti genericamente aeronautici 

o al servizio radar o alla pista aeroportuale, senza 
specificare la loro destinazione a scopi militari: e 
che, nella specie, il carattere militare delle opere 
sarebbe anzi da escludere, proprio in relazione alla 
circostanza che il sistema aeroportuale in questione 
� adibito al traffico aereo civile. Si:ffatta tesi non 
pu� essere condivisa dal Collegio, per il seguente 
ordine di considerazioni: a) l'opinione del ricorrente 
poggia sull'erroneo presupposto che le servit� militari 
siano imponibili solo in presenza di un'opera 
esclusivamente militare: senonch� l'art. l della 
ridetta legge n. 1849 dell932 ricomprende nella sua 
previsione normativa non solo le << opere militari 
di qualunque genere, occorrenti per la difesa dello 
Stato n e gli stabilimenti militari n, ma altres� gli 
<< aeroporti >> e i << campi di fortuna n, senza alcuna 
differenziazione -per tali due ultime categorie di 
beni -fra quelli militari e quelli civili, fra quelli 
pubblici e quelli privati; b) la ratio della norma 
sembra palese; mentre alcuni beni sono suscettibili 
di essere tutelati nelle forme e nei modi previsti 
dalla ridetta legge n. 1849 del 1932, solo in quanto 
abbiano struttura di opera direttamente ed esclusivamente 
militare (ad esempio fortilizi; fortificazioni; 
depositi di munizioni; polveriere ecc.) altri 
beni, invece, ricevono la stessa tutela non pi� in 
relazione alla loro natura (che pu� essere anche 
non militare), ma in ragione della loro funzione, 
che pu� interessare -anche a prescindere dalla 
specifica destinazione in atto -la difesa dello 
Stato. In tale secondo n�vero rientrano per l'appunto 
gli aeroporti (quale che sia la loro natura, 
militare o civile; pubblica o privata): giacch� la 
navigazione aerea di per s� stessa costituisce una 
attivit� che, direttamente o di riflesso, pu� sempre 

essere connessa o comunque incidere su esigenze di 
difesa militare. Onde anche l'aeroporto destinato 
al traffico aereo civile pu� acquistare rilevanza, di 
guisa che si faccia luogo alla imposizione dei vincoli 
previsti dalla legge del .1932 suUe servit� 
militari. E che si fidi della tutela predisposta dall'ordine 
citato complesso di norme, gli aeroporti 
prescindano dalla qualificazione militari o civili, 
desume altres� -oltre che dalla dizione letteraledel 
gi� menzionato art. l -dell'esame dei lavori 
preparatori della legge stessa: dai quali risulta. 
esplicito l'intento legislativo di ricomprendere nella. 
nuova disciplina normativa non solo le opere fortilizie 
e i depositi e stabilimenti militari (gi� previsti 
dal Testo unico approvato con R. D. 16 maggio 
1900, n. 401, e del relativo Regolamento approvato 
con R. D. 2 gennaio 1901, n. 32), ma di estendere 
i vincoli stessi agli aereoporti e ai campi di 
fortuna in genere, con astrazione dalla loro specifica� 

qualificazione. 

DANNI DI GUERRA -Requisiti per la concessione 

dell'indennizzo -Necessit� della loro esistenza alla 

data del decreto di concessione. (Consiglio di Stato, 

Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 655 -

Pres.: D'Avino; Est.: Trott~t -Fiorino Gostino c. 

Ministero del Tesoro). 

Ai fini della concessione di indennizzi e contributi 
per danni di guerra, il requisito della cittadinanza. 
italiana deve sussistere alla data del decreto di 
concessione, e non anche al tempo dell'erogazioneessendo 
irrilevante, ai fini della legittimit� della. 
concessione, ogni mutamento nella cittadinanza 
che abbia luogo successivamente alla data di quel 
decreto (art. 1, legge 27 dicembre 1953, n. 968). 

Trascriviamo la motivazione in diritto della decisione. 


N el merito il ricorso si appalesa fondato, essendo


ininfluente ai fini dell'indennizzo che l'avente


diritto abbia in tempo successivo al decreto di 

concessione acquistato una cittadinanza straniera. 

L'Amministrazione resistente oppone che il requi


sito della cittadinanza deve sussistere anche al 

momento dell'erogazione, poich� � in tale momento 

che viene soddisfatta la pretesa del cittadino al 

risarcimento del danno di guerra, che ha natura 

e consistenza di interesse legittimo e non di diritto


soggettivo. L'annullamento operato dovrebbe per


tanto ritenersi regolare, essendo stato eliminato un 

atto emanato sulla base di un presupposto che in 

seguito � venuto a mancare. 

Pur convenendo, secondo la ben nota giurispru


denza di questo Consiglio e della Corte di Cassa


zione che la pretesa alla reintegrazione dei danni 

di guerra si concreta in un interesse legittimo, la� 

tesi dell'Amministrazione resistente non pu� tut" ... 

tavia essere condivisa poich� � irrilevante ai fini 

di detta reintegrazione, ogni mutamento sullo stato-

di cittadinanza che si verifichi posteriormente allo


atto che costituisce il titolo per la concessione. 


w

B::" TI d.k i 18& 

-196


Tale atto infatti, appena emanato compie ed esaurisce 
la sua funzione ponendo l'interessato nella 
teorica condizione di poterne subito realizzare il 
()Ontenuto con l'effetto che ogni mutamento intervenuto 
in tempo successivo all'emanazione del 
decreto non pu� produrre alcuna conseguenza ai 
fini dell'avvenuta concessione. 

PORTI -Opere portuali -Spese di manutenzione e 

riparazione -Provvedimenti di ripartizione -Impu


gnativa-Competenza dell'A.G.O. (Consiglio di Stato, 

Sezione IV, decisione 30 ottobre 1963, n. 665 -

Pres.: Meregazzi; Est.: Santaniello-Comune di Capan


nori c. Ministero Lavori Pubblici). 

Es1�a dalla giurisdizione del Consiglio di Stato 
il provvedimento ministeriale con il quale sono 
ripartite fra gli enti interessati, in base ai criteri 
fissi stabiliti dal R. D. 12 luglio 1912, n. 974 e 
()On esclusione di ogni discrezionalit� amministrativa, 
le spese occorse per opere portuali. (Cfr. 
IV Sezione, 29 maggio 1963, n. 383; �Il Consiglio 
di Stato �, 1963, 716, con note di richiamo). 

Trascriviamo la motivazione in diritto della deoi.
sione. 

Il Collegio ritiene fondata l'eccezione di difetto 
di giurisdizione, opposta dalla .Amministrazione 
resistente, sul profilo che esula dalla presente 
()Ontroversia ogni posizione di interessi legittimi o 
di diritti affievoliti, data la natura della obbligazione 
pecuniaria di cui si discute l'assenza di ogni 
discrezionalit� della determinazione dell'obbligazione 
stessa. 

Come � stato gi� affermato da questa Sezione 
in una fattispecie del tutto analoga (v. dee. 29 maggio 
1963, n. 383), esula dalla giurisdizione del 
Consiglio di Stato il provvedimento ministeriale 
()On il quale sono ripartite fra gli enti interessati, 
in base a criteri fissi stabiliti dal R. D. 12luglio 1912, 

n. 974, e con esclusione di ogni discrezionalit� amministrativa, 
le spese occorrenti per opere portuali. 
Ed, invero, va considerato che l'attivit� della 

P. .A. nella determinazione delle spese occorrenti 
per opere relative ai porti e nella ripartizione delle 
spese stesse fra le varie amministrazioni centrali 
.e locali interessate, � strettamente vincolata la 
legge fondamentale (R. D. 2 aprile 1885, n. 3092 
che approva il Testo unico delle leggi sulla dedotta 
materia) stabilisce, in primo luogo, in base a criteri 
del tutto obbiettivi, come debba procedersi alla 
classificazione dei porti in categorie e classi; stabilisce, 
poi, sempre in base a criteri obbiettivi quale 
quota delle spese per i porti di seconda categoria 
sia posta a carico dello Stato e quale parte faccia 
carico alle provincie ed ai comuni . .Anche il riparto 
tra le provincie e comuni si effettua sulla base di 
percentuali fissate dalla legge. E quest'ultima 
determina anche i criteri in base ai quali si deve 
accertare quali provincie e quali comuni debbano 
considerarsi come � interessati � alla costruzione, 
al miglioramento e alla manutenzione del porto, 
qualificando come tali le provincie e i comuni 
che si servono del porto per la esportazione dei loro 
prodotti agricoli e industriali e l'importazione delle 
derrate e di qualsivoglia altro prodotto per uso e 

consumo dei rispettivi abitanti. 

Nel regolamento approvato con R. D. 26 settembre 
1904, n. 713 si precisa, sempre in base a 
criteri oggettivi, quali siano le opere nuove straordinarie 
e quali quelle di manutenzione e di miglioramento 
quali siano le opere che riguardano i 
porti, le spiagge ed i fari soggetti alle disposizioni 
del regolamento stesso. 

Il procedimento di ripartizione delle spese fra 
pi� comuni interessati ad un medesimo porto, 
regolato dal R. D. 12 luglio 1912, n. 974, che ha 
sostituito l'art. 18 del R .D. n. 713 del1904 sopra 
richiamato, prevede l'attribuzione a ciascuno dei 
comuni iscritti negli elenchi di un coefficiente 
variabile, a seconda che si tratti di comune sede 
di porto o luogo di residenza delle agenzie e dei 
commercianti o di comune per il quale non ricorrano 
dette condizioni. La quota di concorso � la 
risultante della combinazione di tre quote, determinate 
rispettivamrnte in ragione del principale 
dei contributi diretti, in ragione della popolazione 
e in ragione inversa della distanza dal porto. 

Come risulta da questa particolareggiata rego


lamentazione, il potere che l'Amministrazione � 

chiamata ad esercitare nella determinazione e nella 

ripartizione della spesa di che trattasi � regolar


mente vincolato, esulando da esso ogni margine di 

discrezionalit�. N� puo dirsi anoora ohe la norma 

sia dettata nel prevalente pubblico interesse. giacch� 

essa discrimina l'onere in base alle prestazioni di 

cui possono fruire gli enti interessati: 

Deve quindi dichiararsi il difetto di giurisdizione 

di questo Consiglio. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
D E L L E C O R T I D I M E R I __ T O 


GIURISDIZIONE E COMPETENZA -Controversie 
agrarie -Sezioni Specializzate per le controversie 
agrarie -Concessioni di pertinenze idrauliche e di 
bonifica -Proroga legale -Competenza funzionale 
del Foro dello Stato. (Tribunale di Firenze, Sezione 
Specializzata per le controversie agrarie) 13 marzo 17 
aprile 1962 -Pieraccini e Coop. Ponti di Badia c. 
Amministrazione Finanziaria dello Stato e Ente per 
la Colonizzazione della Maremma Tosco Laziale). 

La competenza funzionale affidata dall'art. 7 
della legge 4 agosto 1948, n. 1094 alle Sezioni 
Specializzate per le controversie agrarie, traendo 
origine dal modo di costituzione dell'organo giudiziario, 
prevale su quella funzionale del foro dello 
Stato prevista dall'art. 25 del C. p. c. e o e 7 del 
Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611. 

Il Tribunale di Firenze ha cos� motivato: 

Fin dall0 maggio 1959, con memoria depositata 
in Cancelleria, il ricorrente Pieraccini aveva prospettato 
l'incompetenza territoriale di questa Sezione 
e correlativamente la competenza territoriale 
della Sezione Specializzata per le Controversie 
Agrarie presso il Tribunale di Grosseto. A sostegno 
di tale eccezione cosi sollevata il Pieraccini produceva 
copia della sentenza 17 marzo 1958, n. 3016 
della Corte di Cassazione in causa Amministrazione 
delle Finanze dello Stato contro Cooperativa Agricola 
�Unit� e Lavoro� di Macchiascadona ed 
altri. Si legge, in tale sentenza, fra l'altro e senza 
specifica ulteriore motivazione, che � va... dichiarata 
la competenza della Sezione Specializzata per 
le Controversie Agrarie presso il Tribunale di Grosseto, 
dove sono situati i fondi in controversia �. 
In memoria di replica il Pieraccini si � poi richiamato 
alla sentenza del 27 gennaio 1962, n. 52 in 
causa La Castiglionese c. Amministrazione Finanziaria 
dello Stato, con la quale sentenza la Corte 
di Appello di Firenze, per essere il terreno in contestazione 
in quella causa ubicato nel Comune di 
Grosseto, dichiara l'incompetenza territoriale di 

questa Sezione e la competenza della Sezione Specializzata 
per le Controversie Agrarie presso il 
Tribunale di Grosseto. Questa ultima sentenza, 
ampiamente motivata, induce il Collegio a riesaminare 
la prospettata questione alla luce di nuovi 
argomenti che si dimostrano fondati. 

Infatti, l'art. 6 R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 
cbe, per le cause nelle quali � parte l'Amministra


zione dello Stato, radica la competenza territoriale 
presso l'Ufficio Giudiziario dove ha sede l'Ufficio 
dell'Avvocatura dello Stato, viene derogato per 
espressa disposizione del successivo art. 7 nelle 
varie ipotesi in questo previste, ipotesi che rendono 
nuovamente applicabili i principi generali in materia 
di competenza, salvo per quanto attiene al giudizio 
di appello. Ora l'intenzione del legislatore (cfr. articolo 
12 delle Preleggi), nel costituire con l'art. 7 
della legge 4 agosto 1948, n. 1094 un organo specializzato 
della Magistratura Ordinaria, ha avuto 
di mira la creazione di una competenza funzionale, 
e come tale inderogabile, non soltanto per ragione 
di materia, ma altres� per ragione di territorio. 
Lo si desume dal fatto che i quattro esperti, chiamati 
a far parte della Sezione, debbono essere 
designati dalle organizzazioni provinciali di categoria, 
con un riferimento, perci�, all'ambito della 
provincia ossia ad un territorio rispetto al quale 
gli esperti sono in grado di integrare sul piano 
tecnico, economico e sociale le cognizioni del giudice 
collegiale. Il nome stesso di � esperto >> indica. 
come questo componente debba conferire al Collegio 
non un puro e semplice apprezzamento in 
materia di contrapposizione sindacale di contrastanti 
interessi economici, bens� una esperienza di 
usi, consuetudini, terreni, culture, sistemi di conduzioni 
ed in genere di situazioni legate a quel 
particolare territorio nel cui ambito l'organo giudiziario 
� chiamato ad esercitare la propria giurisdizione. 


Pertanto, il principio della inderogabilit� della. 
competenza funzionale delle Sezioni Specializzate 
� destinato a prevalere anche rispetto alla competenza 
territoriale del foro erariale il quale tutela 
un interesse secondario rispetto a quello che determina 
il modo di costituzione dell'organo giudiziario. 
E poich� i rapporti sui quali si controverte� 
nel presente giudizio hanno per oggetto terreni 
posti nel Comune di Grosseto, la competenza a. 
giudicare di tali rapporti appartiene alla sezione 
Specializzata per le Controversie Agrarie presso� 
quel Tribunale. La novit� e la difficolt� della questione 
giustifica l'integrale compensazione tra. le 
parti delle spese di questo giudizio �. 

A) A seguito di tale pronuncia, nell;interesse:_ 
dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato �" 
stato proposto Ricorso per Regolamento di Giurisdizione 
ed istanza per Regolamento di Competen-
za. 


r�"' r�"' 
-198


B) Rilevato il carattere assolutamente pregiudiziale 
della questione di giurisdizione, espressamente 
proposta dall'Amministrazione Finanziaria sotto il 
profilo della improponibilit� assoluta d'ella domanda 
diretta ad ottenere il riconos.cimento dello istituto 
della proroga legale delle affittanze agrarie per le 
Ooncessioni Amministrative di pertinenze idrauliche 
e di bonifica, la giurisdizione dell'A. G. O. � stata 
contestata con richiamo al fatto che il rapporto che, 
in concreto, ha caratterizzato la utilizzazione dei beni 
oggetto di concessione, costituisce, sia nelle forma che 
nella sostanza, un rapporto tipico di diritto pubblico 
e precisamente una concessione amministrativa, attraverso 
la quale gli artt. 822 e 825 del Oodice civile 
consentono appunto la utilizzazione da parte di privati 

.di beni, che, natura rerum o destinationis causa, 
fanno parte del demanio dello Stato o del patrimonio 
indisponibile (Ofr. Oassaz. Sez. Unite, n. 1067 
del 1949). 

O) La esclusione, per le controversie agrarie, della 
operativit� del Foro dello Stato � stata censurata con 
il motivo che integralmente si trascrive: 

Violazione delle norme sulla competenza -Violazione 
e falsa applicazione degli artt. 7 della legge 
4 agosto 1948, n. 1094; 4 della legge 18 agosto 1948, 

n. 1140; 2 e 5 della legge 26 giugno 1949, n. 359 
c�n norme sulla competenza per le controversie relative 
alla proroga dei contratti a.grari di affitto dei 
fondi rustici in relazione all'(J;rt. 25 del O. p. c., 
6 e 7 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611 
con norme sulla rappresentanza e difesa in giudizio 
dello Stato. Art. 42 O. p. c. 
l) Il Tribunale di Firenze, con la sentenza 
denunciata, ha dichiarato che esso, adito, a suo 
tempo, sia dal Pieraccini che dalla Ooop. Agricola 
Ponti di Badia in osservanza delle norme sul Foro 
dello Stato, � sfornito di competenza territoriale 
ed ha affermato quella del Tribunale di Grosseto. 
Ha ritenuto il Tribunale suddetto che la competenza 
funzionale ed inderobabile del Foro dello 
Stato dovesse cedere di fronte a quella, parimenti 
funzionale e inderogabile, delle Sezioni Specializzate 
per la risoluzione delle controversie agrarie 
operanti presso i singoli Tribunali. Ci� in considerazione 
del fatto che, per queste 1�time, il carattere 
funzionale � stato determinato dalla partecipazione 
di esperti designati dalle Associazioni di categoria, 
i quali sono forniti sia di particolare conoscenza 
della situazione agricola sia di particolare esperienza 
sui problemi economici del luogo. Ha tratto conforto, 
al riguardo dal fatto, posto in rilievo dalla 
giurisprudenza formatasi sull'argomento, che la 
partecipazione degli esperti suddetti conferisce al 
�Collegio � non un puro e semplice apprezzamento 
in materia di contrapposizione sindacale di contrastanti 
interessi economici, bens� una esperienza di 
usi, consuetudini, terreni, culture, sistemi di conduzione 
ed in genere di situazioni legate a quel particolare 
territorio nel cui ambito l'organo giudiziario 
� chiamato ad esercitare la propria funzione ll. 

Nessun dubbio che la competenza delle Sezioni 
.Specializzate � funzionale. Nessun dubbio del pari 

che le ragioni le quali hanno determinato il rilevato 
carattere funzionale sono quelle precisate dal 
Tribunale di Firenze. N � l'uno n� l'altro argomento, 
per�, � decisivo per affermare che la competenza 
territoriale delle Sezioni Specializzate prevalga su 
quella, funzionale anche essa, del Foro dello Stato 
e che quest'ultima tuteli un interesse secondario 
rispetto a quella suddetta, che si ripercuote sul 
modo di costituzione dell'organo giudiziario. 

2) La ricorrente Amministrazione finanziaria non 
si nasconde la delicatezza della questione, ma ritiene 
necessario sottoporre all'esame della Ecc.ma Corte 
un duplice ordine di motivi che, trovando riscontro 
in norme positive, dovrebbero escludere la affermata 
prevalenza. 

Il primo ordine di motivi � dato dal fatto che le 
norme sul Foro dello Stato; nella loro interpretazione 
letterale logica e finalistica, istituiscono un 
Foro speciale per un oggetto determinato nel quale 
si compongono, in unit� di intenti, gli elementi del 
territorio e della materia e richiedono, in vista di 
ci�, una norma derogativa espressa. Orientative 
a riguardo sono le eccezioni tassativamente poste 
dall'art. 7 del Testo unico n. 1611 del 1933 ed il 
carattere di ordine pubblico attribuito alla disciplina 
cos� sancita dall'art. 9 successivo. 

Rispetto a tale situazione, la natura di organi 
di giurisdizione ordinaria serbata dalle Sezioni 
(vedasi in �Giurisprudenza))' Cassazione, 11 dicembre 
1950, n. 2711; id. 23 dicembre 1950, n. 28130 
13 gennaio 1951, n. 80; in �Dottrina ll TORRENTE, 
in << Giurisprudenza sui Contratti Agrari ))' pagina 
12-13; O.ARR.ARA, ((Contratti Agrari n, pag. 317 in 
nota) posta in relazione al fatto che le leggi istitutive 
delle Sezioni Specializzate per la proroga legale 
(art. 7 della legge 1094 del1948 e 2 e 5 della legge 353 
del 1949) hanno disciplinato la competenza delle 
stesse soltanto ratione materiae, senza nulla statuire 
ratione loci, porta a ritenere che, territorialmente, 
valgono le norme ordinarie di competenza con la 
inderogabilit� sancit� dalle norme comuni, rispetto 
alle quali il Foro speciale dello Stato risulta prevalente. 
L'art. 28, infatti, del O. p. c. oltre i casi 
espressi di inderogabilit�, richiede, per eventuali 
altri casi, un'apposita disposizione di legge. 

Il secondo ordine di motivi � dato dal fatto che, 

mentre per le Sezioni Specializzate per la pro


roga legale, il legislatore ha disciplinato la com


petenza soltanto ratione materiae, per le Sezioni 

Specializzate per l'equo canone il legislatore ha 

disciplinato la competenza sia ratione materiae che 

ratione loci. Le prime trovano la loro disciplina 

nelle leggi 1094-cel 1948 e 392 del 1950; le seconde 

nella legge 1140 del 1948 con la quale fu disposta 

la sostituzione delle Commissioni Arbitrali isti


tuite dal D. L. O. P. S. n. 277 del1947. Di diversa 

composizione nella scelta degli esperti, le prime 

hanno, ai fini della competenza, la determinazione 

della meteria; le seconde non solo..d~lla materia, 

ma anche del luogo, richiedendosi espressamentE)_ 

dall'art. 10 della legge 277 del1947, che la domand� 

introduttiva sia presentata <<presso il Tribunale 

nella cui giurisdizione � posto il fondo oggetto della 

controversia )), 


-199


La diversa intensit� con la quale il legislatore � 
intervenuto nella particolare materia consente di 
ritenere che, se un rapporto di prevalenza fra il 
Foro dello Stato e la competenza delle Sezioni 
debba affrontarsi, le ragioni addotte dal Tribunale 
di Firenze sono pertinenti per l'equo canone pi� 
di quanto non lo siano per la proroga legale: per 
il primo, infatti, � di particolare rilievo la produttivit� 
del fondo, la situazione agriccla contingente 
ed i problemi tecnici del luogo nel quale risiedOilP 
gli esperti; per la seconda, gli aspetti determinanti 
sono la natura giuridica del rapporto e la qualificar 
di coltivatore diretto del conduttore. La conferma 
di una diversa disciplina fra le due specie di Sezioni 
si pu� rinvenire anche nel fatto che le rispettive 
decisioni sono soggette a distinti mezzi di impugnazione: 
quelle della Sezione per la proroga ai mezzi 
consueti e quelle per l'equo canone al solo ricorso 
per Cassazione. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Mutuo contratto dai 
Comuni con Istituto di credito -Delegazioni di paga� 
mento sulle imposte di consumo in gestione diretta, 
emesse dal Comune ad estinzione del mutuo ed accet� 
tate con obbligo del non riscosso per riscosso dalla 
Tesoreria Comunale -Tassazione autonoma dei due 
rapporti-Esclusione. (Corte di Appello di Torino, 
Sentenza 25 ottobre-11 novembre 1963-Pres.: Prati; 
Est.: Marigardi-Amministrazione Finanziaria c. Citt� 
di Torino. 

Le delegazioni di pagamento sulle imposte di 
consumo rilasciate dai Comuni per la estinzione di 
un mutuo da essi contratto, in mancanza di altri 
cespiti delegabili, costituiscono mandati di pagamento 
non soggetti ad autonoma tassazione di 
registro in aggiunta e distintamente dalla tassazione 
del mutuo, cui si riferiscono. 

A) La Corte di Torino ha cos� motivato: 

Il problema che si propone alla Corte � inteso a 
stabilire se il mutuo e le delegazioni di pagamento 
contemplati nel medesimo atto debbano considerarsi 
negozi distinti e singolarmente tassabili 
oppure costituiscano disposizioni << necessariamente 
connesse e derivanti per l'intrinseca loro natura le 
une dalle altre n in modo da consentire l'applicazione 
dell'art. 9 Cpv. Legge di Registro che, nella 
seconda ipotesi, considera l'atto quanto all'imposta 
come << se comprendesse la sola disposizione 
che da luogo all'imposta pi� grave n. 

L'unicit� del negozio giuridico di mutuo e delegazioni 
� contestata dall'Amministrazione delle 
Finanze sul rilievo che mediante la delegazione il 
delegante ed il delegato assumono precisi obblighi 
che non possono considerarsi come elementi costitutivi 
di un unico negozio di mutuo: che la delegazione 
integra una obbligazione autonoma -non 
necessariamente connessa con quella di mutuo con 
la quale le parti stabiliscono l'assunzione di 
obblighi da parte del delegato e le modalit� di 
pagamento, cos� stipul�ndo una vera e propria 

garanzia indipendente ed autonoma rispetto al 
contratto di mutuo. 

Trattasi di interpretare la norma dell'art. 9 
Legge di Registro e di stabilire la sfera di applicazione 
della stessa. Non ritiene questa ()orte che 
sia accettabile il criterio dell'Amministrazione appellante 
secondo cui la lettera della norma ed il 
criterio informatore della stessa precisano che 
l'ambito di applicazione della norma abbraccia 
unicamente la concatenazione strutturale, oggettivar 
concettuale delle disposizioni secondo lo schema 
tipico del negozio e con una causa giuridica che 
assolva la stessa funzione economica e sociale. In 
sostanza l'Ammini:strazione Finanziaria con criterio 
restrittivo limita la connessione agli obblighi 
che in un determinato tipo di contratto assumono 
la natura di elementi strutturali, come le obbligazioni 
che costituiscono il corrispettivo della prestazione 
principale oppure i corollari giuridici delle 
contrapposte obbligazioni. 

Premesso che quella prevista dall'articolo citato� 

deve essere connessione oggettiva, non rimessa cio� 

alla determinazione dei contraenti, agli effetti di 

stabilire il collegamento tra pi� disposizioni di un 

medesimo atto per l'applicazione della sola imposta 

relativa alla disposizione che d� luogo all'imposta 

pi� grave, ritiene questa doversi adeguare Corte alla 

interpretazione che della norma ha fatto il Supremo 

Collegio (Cass., 4 ottobre 1958, n. 3106): ((agli effetti 

dell'art. 9 della Legge di Registro secondo cui se un 

atto contiene pi� disposizioni indipendenti ognuna. 

di queste � sottoposta a tassa come se formasse 

un atto distinto, la nozione di disposizione indi


pendente va intesa nel senso di negozio giuridico


autonomamente previsto dalla tariffa e la neces


saria connessione tra pi� disposizioni derivanti le 

une dalle altre, si verifica solo allorquando tra le 

varie disposizioni esiste per forza di legge e non per 

semplice volont� delle parti una concatenazione 

tale da poter avere riassunta in un unico rapporto


tassabile n. 

� da ritenersi cio� che la formulazione dell'art. 9' 

Legge di Registro non fa riferimento ad un legame 

necessario tra le varie disposizioni derivante dal . 

sinallagma tipico contrattuale nel senso di esclu


dere da tassazioni distinte ed autonome soltanto


le obbligazioni che siano corrispettive di quella 

principale ovvero siano corollari giuridici delle 

contrapposte obbligazioni: il testo della norma ha. 

portata pi� vasta considerando e comprendendo 

tutte le ipotesi in cui la pluralit� delle disposizioni 

e la loro concatenazione sono cagionate da forza di 

legge e non dalla discredionalit� dei contraenti. 

La connessione deve ritenersi ricoiTente anche� 

quando dipende da norme che pur non incidendo


direttamente sulla disciplina del contratto tipico, 

debbono, necessariamente, essere osservate nella. 

stipulazione di un particolare contratto. Il legame 

si ha cos� tutte le volte che una disposizione viene 

ad aggiungersi a quelle tipiche strutturali.del con


tratto tipo per virt� di una norma legislativa che< 

la impone in relazione anche a finalit� non proprie 

del negozio ma di carattere pubblico. 

Ci� premesso occorre considerare se il Comune 

di Torino abbia rilasciato le delegazioni di paga



-200


mento di cui trattasi perch� costrettovi dalla legge 
e se la Cassa di Risparmio le abbia accettate con la 
dausola del non riscosso a sua volta costrettovi per 
forza cogente. 

La risposta al quesito non � dubbia ove si considerino 
le norme legislative che regolano la materia. 
La Legge Comunale e Provinciale (T. U. 
3 marzo 1934, n. 383) stabilisce all'art. 299 n. 3 
l'obbligo per il Comune di garantire l'ammortamento 
del mutuo determinando i mezzi per provv-
edervi nonch� i mezzi per il pagamento degli 
interessi. 

A sua volta l'art. 94 del Testo unico sulla Finanza 
locale 14 settembre 1931, n. 1175 dispone che se 
non sussistono altri cespiti comunali delegabili per 
legge (e questo � il caso di specie) il Comune � 
tenuto a rilasciare delegazioni sull'imposta di consumo. 
Del che consegue che rilasciando le delegazioni 
sull'imposta di consumo il Comune di Torino 
non ha scelto liberamente un mezzo, ma ha ottemperato 
ad una modalit�. di pagamento del mutuo 
alla cui osservanza era tenuto per forza di legge. 
Il che svuota di ogni contenuto l'argomentazione 
dell'Amministraziohe Finanziaria secondo la quale 
l'avere il Comune di Torino esaurito gli altri 
.cespiti e l'essere stato costretto a ricorrere ai proventi 
futuri delle imposte di consumo non deriva 
da norme cogenti ma dalla situazione patrimoniale 
.contingente che riconosciuta nella competente sede 
gerarchica, abilita all'esercizio della facolt�. ipotizzata 
dall'art. 94 del Testo unico sulla Finanza 
locale. Non vi � dubbio infatti -si sostiene .
che se il Comune di Torino avesse in concreto potuto 
ricorrere ad altre fonti patrimoniali per fronteggiare 
gli oneri del prestito il ricorso ai proventi 

delle imposte di consumo sarebbe mancato senza 
.che, per tale fatto, venisse a mancare anche il 
mutuo. Pare facile l'obiezione che se � indubbio 
.che la situazione patrimoniale del Comune ha rilev-
anza, la stessa va per� rapportata al sistema della 
legge che �, ripetesi, nel senso che nel difetto di 
altri cespiti comunali delegabili il Comune, sempre 
per garantire l'ammortamento del mutuo, deve 
Tilasciare delegazioni sulle imposte di consumo a 

� norma dell'art. 94 del citato Testo unico, in ottemperanza 
cio� ad una facolt�.. 

Le difese dell'Amministrazione appellante postulano 
un particolare esame della clausola del � non 
l'iscosso per riscosso �. � canone fondamentale prescritto 
all'esattore dalla legge per riscossione delle 
imposte dirette quello del �non riscosso per riscosso>> 
(art. 5 legge 17 ottobre 1922, n. 1401). 
Sull'assunto che tale obbligo � posto a carico dell'Esattore 
per i tributi comunali esigibili mediante 
l'Uoli si sostiene che per le imposte di consumo in 
gestione diretta, per le quali il Comune prov-vede 
direttamente~ all'accertamento ed alla riscossione 
affidandone il solo esercizio di cassa ad un ente 
distinto, Tesoriere Comunale, l'obbligo predetto non 
{l posto dalla legge n� dal contratto esattoriale 
.che nel particolare sistema non entra affatto in 
gioco: con la conseguenza che se, non potendo 
parlarsi d'obbligo imposto dalla legge, il Tesol'iere 
lo assume, ci� va riportato alla sua volont�. 
.con la conseguenza ulteriore della costituzione di 

un negozio di garanzia distinto da quello di mutuo, 
non legato a questo da alcuna correlazione di necessit�. 
e quindi autonomamente tassabile. 

L'argomentazione con � fondata. L'art. 94 del 
Testo unico sulla Finanza locale �pone come specifica, 
imprescindibile condizione per le delegazioni 
sull'imposte di consumo che la riscossione 
sia data in carico all'appaltatore delle dette imposte 
e, nel caso di gestione diretta, all'esattore delle 
imposte dirette e al Tesoriere comunale con le 
condizioni� stabilite dalla legge sulla riscossione 
delle imposte dirette. Ne consegue cb.e la Cassa 
di Risparmio -tesoriere Comunale, alla quale i 
ricevitori delle imposte di consumo versano gli 
importi di dette imposte con correlativo obbligo di 
ricevimento, � tenuto nell'esercizio del suo servizio 
all'osservanza delle condizioni di legge per la riscossione 
delle imposte dirette. 

Si � detto che canone fondamentale della riscossione 
delle imposte dirette � quello cel �non riscosso 
per riscosso>>. I capitoli normali esattoriali (D. M. 
Finanze 18 settembre 1823) che hanno natura di 
norme integrative delle disposizioni contenute nella 
legge e nel regolamento di riscossione dispongono 
che l'esattore ed il ricevitore provinciale sono tenuti 
a firmare le delegazioni emesse dai Comuni e dalla 
provincia, ed a versarne l'importo alle scadenze 
con l'obbligo del �non riscosso per riscosso>>. Lo 
stesso obbligo � applicabile per le delegazioni sui 
proventi del dazio consumo e delle tasse comunali 
affidati in riscossione agli esattori emesse in garanzia 
di mutui fatti dalla Cassa Depositi e Prestiti o da 
altro Istituto (art. 9). 

Pare evidente, e lo ha gi�. rilevato il Tribunale, 
che dal complesso delle disposizioni summenzionate 
risulta che il prt\SUpposto per emettere delegazioni 
sulle imposte di consumo � appunto che la riscossione 
nel caso di gestione diretta sia affidata allo 
esattore o al Tesoriere con l'obbligo del �non 
riscosso per riscosso �, e che il tesoriere, nel caso di 
gestione diretta � posto dalla legge nelle condizioni 
stesse dell'esattore o in quella dell'appaltatore nel 
caso di gestione appaltata. 

Non pu� pertanto parlarsi di obbligo liberamente 

assunto dalle parti, ma trattasi dell'osservanza di un 

precetto legislativo che vincola il comportamento 

del mutuante. 

Solo per la compiutezza di motivazione va rile


vato che dal contesto del rogito Burlando nulla 

appare che consenta di ritenere l'assunzione di un 

obbligo diretto tra la Cassa di Risparmio e l'Istituto 

mutuante: la sottoscrizione del rappresentante della 

Cassa vale unicamente come accettazione passiva 

delle pattuizioni intervenute tra mutuante e mutua


tario, ma non implica l'assunzione di una qualche 

particolare specifica obbligazione diretta della stessa 

verso l'Istituto San Paolo. 

Ritiene pertanto questa Corte, ribadendo quanto 

gi�. affermato in sentenza 20 aprile ...... che le 

delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo, 

rilasciate in mancanza di altri cespiti delegabili, 

siano da considerarsi mandati da pagamento non 

soggetti ad autonoma tassazione di registro in 

aggiunta e distintamente dalla tassazione del mutuo 

cui si riferiscono. Onde l'appello va respinto. 


-201


B) La sentenza della Corte di Torino � stata gravata 
di Ricorso in Cassazione sulla base dei due 
seguenti motivi: 

I 
-Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della 
Legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269 nonoh� 
dell'art. 30 della tariffa A annessa alla legge di 
Registro predetta -Omessa insufficiente e oontrad� 
dittoria motivazione -A i sensi e per gli effetti 
dell'art. 360 nn. 3 e 5 del O. p. o. 

.A) L'imposta. di registro,, della cui legittimit� i 
giudici di appello erano stati investiti, concerneva, 
fra l'altro, la tassazione a norma dell'art. 30 della 
tariffa A della L. O. R. di 12 delegazioni semestrali 
di pagamento, emesse dalla Citt� di Torino sui 
proventi delle imposte di consumo, sottoscritte dal 
Sindaco, accettate dalla Cassa di Risparmio di 
Torino, alla quale � affidato il servizio di Tesoreria 
Comunale, e consegnate all'Istituto Bancario 
San Paolo di Torino per l'importo complessivo di 

J.J. 116.071.272, a fronte del mutuo da detto Istituto 
concesso alla Citt� di Torino con il rogito Burlando 
17 aprile 1958, n. 4232 di rep. per il maggior 
importo di L. 217.000.000, da restituirsi con versamenti 
semestrali in 25 anni. 
La tassazione predetta, contestata in sede giudiziaria 
dalla Citt� di Torino, era stata operata, in 
via suppletiva, in occasione della verifica delle percezioni 
eseguite dall'Ufficio sul rogito Burlando, 
con la iscrizione dell'art. 19010 A. O. Chieri nell'importo 
di L. 2.437.507. 

I Giudici di appello, al pari dei primi giudici, 
hanno affermato l'illegittimit� della eseguita tassazione, 
giacch� il mutuo concesso alla Citt� di 
Torino e le delegazioni di pagamento sulle imposte 
di consumo accettate dalla Cassa di Risparmio, 
incaricata del servizio di Tesoreria Comunale, integrando 
delle disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti le une dalle altre, vanno disciplinati, ai 
fini del tributo di registro, dal secondo comma 
dell'art. 9 della L. O. R.: tassazione dell'unica disposizione 
che d� luogo alla tassa maggiore. 

Hanno, infatti, affermato i giudici di appello 
che: 

� ... la formulazione dell'art. 9 Legge di Registro 
non fa riferimento ad un legame necessario 
tra le varie disposizioni derivanti dal sinallagma 
tipico contrattuale nel senso di escludere da tassazioni 
distinte ed autonome soltanto le obbligazioni 
che siano corrispettive di quella principale 
ovvero siano corollari giuridici delle contrapposte 
obbligazioni: il testo della norma ha portata pi� 
vasta considerando e comprendendo tutte le ipotesi 
in cui la pluralit� delle disposizioni e la loro 
concatenazione sono cagionate da forza di legge 
e non dalla discrezionalit� dei contraenti. 

La concessione deve ritenersi ricorrente anche 
quanto dipenda da norma che pur non incidendo 
direttamente sulla disciplina del contratto tipico, 
debbono, necessariamente, essere osservate nella 
stipulazione di un particolare contratto. n legame 
-proseguono i giudici di appello -si ha tutte 
le volte che una disposizione viene ad aggiungersi 
a quelle tipiche strutturali del contratto tipo per 

virt� di una norma legislativa che la impone in 
relazione anche a finalit� non proprie del negozio, 
ma di carattere pubblico. �. 

L'obbligo posto ai Comuni dall'art. 299 n. 3 
della. Legge Comunale e Provinciale del)~ marzo 
1934, n. 383 di garantire l'ammortamento dei mutui 
da essi contratti determinando i mezzi per provvedervi; 
la mancanza per la Citt� di Torino di cespiti 
delegabili per legge, con conseguente esercizio dar 
parte dello stesso della facolt� prevista dall'art. 94 
del Testo unico sulla Finanza locale 14 settembre 
1931, 11. 1175; e l'obbligo posto dall'art. 9 del D. M . 
18 settembre 1923 con i Capitoli Normali Esattoriali 
per gli Esattori Comunali di accettare le delegazioni 
con l'assunzione dell'onere del<< non riscosso 
per riscosso�, sono stati assunti, nell'economia 
della sentenza impugnata, in conseguenza della, 
adottata interpretazione dell'art. 9 della L. O. R., 
ad elementi determinanti la << connessione necessaria 
�, presupposto della unicit� della tassazione. 

In tali statuizioni le violazioni denunciate sono 

certe. 

B) L'art. 9 della L. O. R., al secondo comma. 

stabilisce ohe << un atto � che comprende pi� dispo


sizioni necessariamente connesse e derivanti, per 

l'intrinseca loro natura, le une dalle altre, � consi


derato, quanto alla tassa di registro, come com


prendesse la sola disposizione che d� luogo allar 

tassa pi� grave >>. 

La lettera della norma -disposizioni necessa


riamente connesse e derivanti, per la intrinseca 

loro natura, le une dalle altre -ed il criterio ispi


ratore della stessa -evitare il carattere vessatorio 

delle distinte tassazioni nei casi in cui le disposizionir 

anche se distinte, sono caratterizzate da una con


catenazione logica si da essere riassorbite nell'unico� 

rapporto oggetto di tassazione -precisano, a 

chiare note, che l'ambito di sua applicazione ab


braccia unicamente e soltanto la concatenazione 

strutturale, oggettiva, concettuale delle disposi


zioni, secondo lo schema tipico del negozio e con 

una causa giuridica che assolva la stessa funzione 

economica e sociale. 
� 

N e restano escluse le concatenazioni occasionali 

soggettive, non concettuali, quale che sia la finalit�,. 

che le concatenazioni stesse vogliono attuare. 

In tali casi, infatti, delle singole disposizioni �


dato concepirne l'esistenza anche senza la conca


tenazione predetta. 

L'insegnamento della Corte di Cassazione � tas


sativo al riguardo. Nella sentenza 3 ottobre 1958r 
n. 3087 e 4 ottobre 1958, n. 3106 (la motivazione 
di quest'ultima � riportata nella << Riv. Leg. Fisc. �, 
1959 col. 214 e segg.) � detto che, <<ai sensi e per 
gli effetti dell'art. 9 della legge sull'imposta di 
Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, se in un atto 
sono comprese pi� disposizioni indipendenti o non 
derivanti necessariamente le une dalle altre, ciascuna 
di esse � sottoposta ad imposta come se 
formasse un atto distinto; nella quale norma di__ 
legge la nozione di disposizione indipendente var 
intesa nel senso di negozio giuridico autonomamente 
previsto dalle tariffe allegate alla legge di registromentre 
quella di disposizioni necessariamente deri� 


-202


"Vanti le une dalle altre si delimita nel senso che essa 
si verifica solo allorquando esista fra esse in forza 
di legge e non per mera volont� delle parti, una 
concatenazione logica necessa1�ia, cos� da essere tutte 
riassorbite, per la loro natura, quali elementi indi.
spensabili, nell'unico rapporto giuridico tassabile ai 
fini del registro. 

N ella sentenza 4 agosto 1941 Finanze contro 
Banca Trentino .Alto .Adige, � detto che: � .. � ove 
uno o pi� disposizioni siano necessariamente connesse, 
cio� interceda fra loro un rapporto tale che 
l'una genera l'altra per la s1ta stessa indole, e soggetta 
a tassazione solo la disposizione che d� 
luogo alla tassa pi� grave n. 

Nella sentenza 29 maggio 1942, n. 1498 Banco 
Bertolli contro Finanze � affermato lo stesso prin.
cipio: � perch� si abbiano due disposizioni connesse, 
.a norma dell'art. 9, � necessario che fra le due 
disposizioni vi sia una connessione informata a 
7agioni di compenetrazione obiettiva, in guisa che 
non si possa concepire la sussistenza giuridica 
dell'una senza quella dell'altra >>. 

Sempre lo stesso principio � affermato nella 
sentenza 13 febbraio 1951 Soc. Selt -Valdarno contro 
Finanze in � Riv. Fiscale n, 1951, 279; 9 maggio 
1956, n. 1520 in<< G. Civ. Mass. >>, 1956, 513. 

In applicazione di tale principio � stata esclusa 
la connessione necessaria (cfr. Cassaz. 7 giugno 1947, 

n. 864 Istituto Romano Beni Stabili contro Finanze 
in� Foro Ital. n, 1947, 268) persino nel caso dell'obbligo 
del pagamento del prezzo nella compravendita 
qualora detto obbligo viene disciplinato dalle 
parti in modo particolare, con una speciale ratea:
zione, col pagamento di interessi corrispettivi ad 
un tasso superiore a quello legale, con rimborso 
dell'imposta di ricchezza mobile, rilascio di cambiali 
e garanzia ipotecaria consensuale, perch� l'obbligo 
stesso viene ad assumere una fisionomia che, 
per sua natura, non deriva dal negozio di vendita. 
Lettera, pertanto, spirito informatore della norma 
.ed applicazione giurisprudenziale portano, necessa-
riamente, a ritenere che: 

a) disposizione indipendente � quella di rap


porto o negozio giuridico autonomamente previsto 

dalle Tariffe allegate alla legge di registro; 

b) tale disposizione � tassata in via separata 

.e distinta sempre che non costituisca un elemento 

integratore del negozio giuridico posto in essere, 

secondo lo schema tipico del negozio, quale � fis


sato dalla legge; 

c) l'intervento della legge, dovendo soddisfare 
.all'esigenza di una connessione obiettiva ed inscindibile 
fra le varie disposizioni, che assolva alla 
.medesima causa giuridica -�per l'intrinseca loro 
natura >> richiede lo art. 9 citato -deve determinare 
una situazione non di accessoriet� della disposizione, 
ma di connaturale compenetrazione, con 
.esclusione di quei casi in cui la stessa impone 
delle cautele richieste da esigenze di opportunit� 
.amministrativa, che non influiscono sulla possibilit� 
di concepire il negozio giuridico anche senza le 
.cautele predette. 

C) I tre ordini di ragioni, pertanto, nei quali i 
giudici di appello hanno riscontrato gli estremi 
della connessione necessaria sono in violazione della 

dovuta interpretazione delle norme e sono frutto di 
un vizio logico di motivazione. Essi, infatti, integrano 
cautele indicate dalla legge per finalit� non 
proprie del negozio, ma per esigenze di buona amministrazione. 


.o 

L'art. 299 n. 3 del Testo unico della legge Comunale 
e Provinciale del 1934 disciplina le condizioni 
che abilitano i Comuni e le provincie a contrarre 
mutui, ma tale disciplina non risponde alla 
causa giuridica del negozio generale di mutuo ed 
a questo risultino legati da un vincolo di accessoriet� 
e non di connaturalezza, nel senso voluto 
dalle norme, di compenetrazione strutturale, oggettiva, 
concettuale. La disciplina predetta, prevedendo 
per i Comuni l'obbligo della garanzia e della 
indicazione dei mezzi di pagamento, assolve ad 
esigenze di buona amministrazione, di necessit� 
di bilancio e tali cose hanno una causa giuridica 
che assolve una funzione economica e sociale 
diversa da quella propria del mutuo, nello schema 
tipico previsto dalla legge civile. 

La mancanza per la Citt� di Torino di cespiti 
delegabili per legge con il conseguente esercizio 
della facolt� prevista dall'art. 94 del Testo unico, 
della Finanza Locale e l'assunzione da parte del 
Tesoriere Comunale, incaricato dei servizi di riscossione 
delle imposte di consumo dell'onere del non 
riscosso per riscosso, sono estrinsecazioni concrete 
della disciplina posta dal ricordato articolo 299 n. 3 
della legge Comunale e Provinciale e rispondono 
alla causa giuridica della disciplina suddetta, con 
esclusione assoluta della compenetrazione strutturale 
e concettuale con il negozio di mutuo. Le 
disposizioni relative alle delegazioni di pagamento 
costituiscono, infatti una voce separata e distinta 
dalla tariffa A della legge di Registro -art. 30 e, 
per la loro natura, la loro funzione, la loro 
causa giuridica nei contratti di mutuo stipulati 
dai Comuni, sono rishieste da norme diverse, separate 
e distinte da quelle regolatrici del contratto. 
Il mutuo dei Comuni, peraltro pu� essere garantito 
e soddisfatto anche con mezzi diversi senza 
che per tale fatto perda la sua fisionomia e la sua 
vitalit�. 

Le delegazioni sui proventi delle imposte di consumo 
richiamano, pertanto, il concetto della accessoriet� 
e non della connaturalezza con il negozio di 
mutuo garantito a norma dell'art. 299, terzo comma 
della Legge Comunale e Provinciale. 

II-Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della 
Legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, 
dell'art. 5 della legge 17 ottobre 1922, n. 1401 
sulla riscossione delle Imposte Dirette, dell'art. 9 
del Decreto del Ministero delle Finanze 18 settembre 
1923 con norme esecutive ed interpretative 
della legge sulle riscossioni (Capitoli Normali esattoriali) 
-Omessa insufficiente e contraddittoria 
motivazione sul punto decisivo. -A i sensi e fJer 
gli effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5 d_~l.C. p. c. 

.A) I giudici di appello nel presupposto che la 
connessione necessaria derivante da norme di legge, 
non � soltanto quella strutturale propria fra le 
varie obbligazioni a seconda del tipo del contratto, 
ma anche queJla resa necessaria da norme cogenti 


-203


diverse da quelle regola.trici del contratto, hanno 
poggiato la loro decisione su tre ordini di motivi: 
a) sull'oblbligo posto ai Comuni dell'art. 299, n. 3 
della legge Comunale e Provinciale del 1934 di 
garantire l'ammm,tamento dei mutui determinando 
i mezzi per provvedervi; b) sulla mancanza per 
la Oi�tt� di Torino di �0esp:Lti del�egabili 1per le1gge 
con conseguente esercizio della facolt� prevista 
dall'art. 94 del T�esto unico sulla finanza locale del 
1931; a) sull'obbligo del non riscosso per riscosso 
posto dall'art. '9' dei Capitoli Normali per Esattori 
Comunali di accettare le delegazioni di pagamento 
.tratte dai Comuni. 

La erroneit� del presupposto dal quale i giudici 

di a ppel.lo hanno �pr�eso le mosrse, i.UustNIIOO. nel 
primo motivo, travolge, la sentenza da E�ssi pronunciata. 


Pari erroneit�, per� inficia�, sia sotto il profilo 
di viola.zione di legge che di vizio logico di motivazione, 
con omesso es3!Ille di punto decisivo, l�e 
affermazioni che, nel presupposto predetto, sono 
state fatte in particolare. 

B) sub a) L'art. 299, terzo comma della legge 
ComunaJ..e e Provinciale del1934 impone ai Comuni 
l'obbligo di garantire l'ammortamento dei mutui 
determinando i mezzi per provvedervi. 

Le delegazioni sono in es�trinsecazione dell'obbligo 
generale suddetto e sono frutto della libera 
.scelta della parte che alle stesse fa ricorso per 
.a,s,solvere non le �es.Lg�enze caus.aJi �e .funzionali del 
mutuo, ma quelle della buona amministrazione e 
della situazione contingente dei bilanci. 

sub b) L'avere la Citt� di Torino esaurito gli 
.altri cespiti e l'essere stata costretta a ricorrere ai 
proventi futuri delle imposte di consumo, non 
deriva da norme cogenti, ma dalla situaz.ione patrimoniale 
contingente che, riconosciuta nella 
competente sede gerarchica, abilita all'esercizio 
della facolt� ipotiz.zata nell'art. 94 del Testo unico 
della Finanz!lJ locale del1931. Non vi � dubbio, infa.
tti che se ;La. 1C[tt� d;i Torino M"e,s�se� in 0onc.reto 
potuto ricorrere ad altre fonti patrimoniali per 
fronteggiare gli oneri del prestito, il ricorso ai 
prov�enti de:hle :iJJ:nposte di wnsumo sa1rehbe :mancato, 
senza ehe, per tale fatto, sarebbe ma.ncato 
anche il mutuo. Nell'ambito stesso delle delegazioni 
di pa�gamento !Vi � �di�stinz:ione !f.ra facoltatime 
ed o�bbligatorie: le une, v. �Nuovissimo Digesto 
Italiano �, yoce Delegazioni di pagamento -Diritto 
Finanziario) 5, pag. 358, �sono �quelle che i 
<Comuni e gli altri Enti in veste di mandatari si 
obbligano a rilasciare in base ad un accordo con 
gli Enti mutuanti liberamente stipulato, facendo 

rieor.so alla facolt� prevista dal ricordato art. 94 
del Testo unico della Finanza locale; le altre sono 
quelle che i Comuni sono obbligati a rilasciare a 
favore degli Enti Comunali di assistenza, deUe 
Amministrazioni degli Ospedali e delle Istituzioni 
di Beneficem:a, quando sono debitori ve1~so questi 
Enti per le spese di speda1it� da essi anticipate. 

s.ub a) L'obbli~go del n�on .risoos,so 1per ri,s�cosso � 
posto a carirx� dell'Esattore per i tributi comunali 
esigibili mediante Ruoli, in quanto tale obbligo 
:sorga per legge o per contratto Esattoriale. L'art. 5 
ultima parte della legge di Riscossione del 1922 � 

tassativa al riguardo. Per le imposte di consumo 
in gestione diretta per le quali il Comune provvede 
direttamente all'accertamento ed alla riscossione, 
affidandone il solo esercizio di cassa ad un Ente 
distinto, Tesoriere Comunale, l'obbligo predetto non 
� posto n� dalla legge n� dal contratto Esattoria�e 
che, nel particolare sistema, non entra affatto in 
gioco. E questo � il caso della citt� di Torino. 
Essa infatti provvede alla gestione diretta del servizio 
delle imposte di consumo e la Cassa di Risparmio 
in quella sede, in funzione di Tesoriere, ha solo 
il servizio di cassa. 

Il richiamo all'art. 94 del Testo unico sulla 
Finanza Locale non � affatto risolutivo in contrario. 
Detto articolo precisa soltanto che, nel concorso 
di varie altre condizioni, sono delegabili le imposte 
di consumo la cui riscossione sia data in carico 
all'appaltatore delle imposte stesse e, nel caso di 
gestione diretta, all'Esattore delle imposte dirette 

o al Tesoriere Comunale, con le condizioni stabilite 
dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette. 
In mancanza le imposte pi� volte dette non sono 
delegabili. Esso, pertanto, non pone affatto l'obbligo 
per l'Esattore o il Tesoriere dell'assunzione 
della riscossione con la clausola del non riscosso 
per riscosso, n� avrebbe potuto porlo non essendo 
l'art. 94 la sede che regola i rapporti di Esattoria 
e di Tesoreria. L'assunzione predetta resta una mera 
facolt� della Tesoreria e se ricorre, ci� avviene per 
libera determinazione contrattuale. 

In mancanza di tale assunzione volontaria il 

Tesoriere, diversamente per quanto avviene per 

i tributi riscuotibili mediante Ruoli e per i quali 

agisce in funzione di Esattore Comunale, non ha 

affatto, per le imposte di consumo, l'obbligo di 

versare l'importo accertato, del quale, per� non 

sia stato possibile l'esazione. 

Il Tesoriere Comunale estingue i mandati nei 

limiti dei fondi stanziati in bilancio e se non sono 

conformi alle disposizioni di legge pu� rifiutarsi 

di pagarli (T. U. 3 marzo 1934, n. 383 art. 325). 

Egli ha dunque nei confronti dell'ordine di paga


mento fattogli dalla Amministrazione una certa 

facolt� discrezionale di apprezzamento circa le 

circostanze in cui avviene o deve avvenire il paga


mento. 

Per le delegazioni, pertanto, sui proventi delle 
imposte di consumo in gestione diretta l'obbligo 
giuridico per il Tesoriere di firmare le delegazioni 
stesse e di versarne alla scadenza l'importo relativo 
con l'onere del non riseosso per riseosso, non ricorre 
affatto. L'art. 9 dei Capitoli Normali Esattoriali, 
approvato con D. M. 18 settembre 1923, infatti, 
tale obbligo giuridico pone per le delegazioni sui 
proventi delle imposte di consumo, che siano state 
�affidate in riscossione agli Esattori ,,, e ci� ovviamente, 
in appalto o con altro sistema. In mancanza 
-� il caso della Citt� di Torino -il Tesoriere 
Comunale che esplicando il solo servizio di cassa, 
sottoscriva le delegazioni ed accetti in maniera 
espressa l'obbligo di versarne alla scadenz� 'l'importo 
con l'onere del non riscosso per riscm;so, 
assume una obbligazione autonoma ehe esula dal 
normale rapporto di Tesoreria, quale � regolato 
dalla legge e dal Contratto Esattoriale e di Tesoreria. 



-204


Chiarito, pertanto, che per i Tesorieri Comunali 
non ricorre affatto l'obbligo di legge, per i proventi 
delle imposte di consumo in gestione diretta 
dei Comuni, di accettare le delegazioni di pagamento 
e di versarne alla scadenza l'importo ultra 
vires, l'obbligazione in concreto assunta, d�. luogo 
ad un negozio che, distinto da quello di mutuo, 
� chiamato a spiegare una vera e propria funzione 
di garanzia che si affianca, per volont�. delle parti, 
al sinallagma proprio dei rapporti Citt� di TorinoIstituto 
Bancario di San Paolo a quella sede. 
L'Ingrosso, in� Foro Ital. �, 1938, 546, parla, infatti, 
di accollo cumulativo. 

Non a caso, d'altra parte, nel rogito Burlando: 
a) l'obbligazione pi� volte detta del versamento 
con l'onere del non riscosso per riscosso � stata 
espressamente sancita, con la partecipazione del 
Tesoriere Comunale, attraverso una precisa manifestazione 
di volont�. dello stesso; b) il Comune 
ha assunto l'obbligo di far sottoscrivere le future 
delegazioni con l'onere del �non riscosso per riscosso 
>> dal futuro Tesoriere oVv-ero dell'appaltatore, 
nel caso di gestione in appalto. 

Il carattere convenzionale dell'obbligazione da 
detta manifestazione di volont�. non poteva prescindere 
e, con i rilevati caratteri, non risulta affatto 
legata da connessione necessaria, per forza di legge, 
con il negozio di mutuo. 

IMPOSTA DI REGISTRO-Decisione delle Commis� 
sioni Amministrative in tema di valutazione -Ricorso 
all'A.G.O, a norma dell'art. 29 del R.D.L. 7 ago� 
sto 1936, n. 1639-Decisione Definitiva -Nozione Estremi. 
(Tribunale L'Aquila, 24 aprile-lO giugno 
1963 -Pizzoferrato ed altri c. Finanze). 

La decisione pronunciata dalla Commissione 
Distrettuale delle Imposte in sede di determinazione 
del valore nei trasferimenti della ricchezza, non 
impugnata nei termini e nei modi prescritti alla 
Commissione Provinciale delle Imposte, � definitiva 
ed avverso la stessa � ammissinile l'azione 
giudiziaria prevista dall'art. 29 del R.D.L. 7 �agosto 
1936, n. 1639 per mancanza ed insufficienza 
di calcolo e per grave ed evidente errore di apprezzamento. 
Proposto, per�, il ricorso alla Commissione 
Provinciale l'azione giudiziaria � ammissibile 
solo dopo la decisione che dalla stessa sar�. 
emessa. 

La sentenza � cos� motivata: 

Come � noto, anche in materia di imposte indirette 
-senza alcuna limitazione -l'Autorit~ 
Giudiziaria ordinaria pu� essere adita per questioni 
di diritto e per questioni di fatto connessa a questioni 
di diritto (estimazione complessa). 

Vale, quindi, anche per dette imposte il principio 
ipotizzato nell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, ribadito, peraltro, in successive disposizioni 
di legge in base al quale dalla competenza 
dell'Autorit� giudiziaria sono escluse le questioni 
di estimazione semplice. E ci� anche se l'art. 29 
del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 che suddivide 
le controversie relative alle imposte indirette sui. 
trasferimenti della ricchezza in due categorie, 
attinente la prima alla determinazione del valore 
(terzo comma) e la seconda all'applicazione della. 
legge (quarto comma) abbia, con la prima di dette 
categorie, introdotto una eccezione a tale principio 
(sia pure limitata, come si chiarir� in seguito) 
permettendo, a maggiore tutela degli interessi del 
contribuente, che l'Autorit� giudiziaria ordinaria 
possa esercitare, per grave ed evidente errore di 
apprezzamento o insufficienza di calcolo, un controllo 
sulle questioni di determinazione del valore 
(quindi, di estimazione semplice) ed anche se, per� 
tale controllo, ed in ispecie per il potere di annullamento 
della decisione viziata, non possa escludersi 
che, in deroga al principio dell'autonomia dei 
due giudizi (e sia pure per il solo controllo dell'errore 
di apprezzamento o della insufficienza di calcolo), 
una certa interferenza abbia a verificarsi: 
tra giurisdizione speciale e giurisdizione ordinaria~ 

Contrariamente a quanto avviene per le imposte� 
dirette riscuotibili col sistema dei ruoli, per le 
quali l'azione giudiziaria pu� proporsi soltantodopo 
che si sia reclamato alla giurisdizione speciale,. 
e, propriamente, soltanto dopo che sia intervenuta. 
una decisione definitiva anche soltanto della Commissione 
distrettuale o di quella provinciale, in 
materia di imposte indirette, invece, l'azione giudiziaria 
pu� proporsi indipendentemente da quella 
amministrativa, ed anche dura!fte, e dopo, la 
pendenza del giudizio davanti alle Commissioni 
amministrative. 

N� pare sostenibile che ilD. L. del 1936, n.1639,. 
con gli artt. 28 e 29, quarto comma abbia, in 
modo diretto o mediato, atbrogato alle disposizioni 
ipotizzate nell'art. 93 della legge tributaria. 
sulle successioni, approvata con R. D. 30 dicembre 
1933, n. 3270 e nell'art. 145 della legge di registro 
R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269; disposizioni 
che, facultando il contribuente ad opporsi 
all'ingiunzione fiscale o in via amministrativa o in 
via giudiziaria, consentono di dedurre che il debitore 
possa ricorrere alla Autorit� Giudiziaria ordinaria 
direttamente e cio� senza che prima sia stata. 
adita l'autorit� amministrativa. 

Invero l'art. 28 dalla citata legge del 1936, in 
base al quale la risoluzione in via amministrativa. 
delle controversie relative all'applicazione delle 
imposte di registro, di successione ed in surrogagazione 
di manomorta ed ipotecarie, � demandata. 
alle Commissioni amministrative per le imposte 
dirette, autorizza a ritenere che illegisl�tore abbia 
inteso �unificare l'organo giurisdizionale chiamato� 
a decidere in sede amministrativa le controversie 
tributarie, senza distinzione tra imposte dirette ed 
indirette>> (Cass. 19 novembre 1954, n. 4246), ma. 
non ad estendere alla categoria delle imposte indirette 
il sistema processuale proprio delle imposte 
dirette (esercizio dell'azione giudizi~#:;t subordinatamente 
all'esperimento del ricorso in via am.mini-_ 
strativa), essendo una tale estensione completa~ 
mente estranea alla sua sfera normativa. 

A sua volta l'art. 29, quarto ed ultimo comma,. 
della stessa legge_del1936, concernente la determi



-205


nazione della competenza della Commissione amministrativa 
in materia di imposte indirette, se � 
vero che fu salvo il ricorso alla .Autorit� giudiziaria, 
avvalorando l'interpretazione che il ricorso 
stesso non possa che essere successivo al reclamo 
amministrativo, � altrettanto vero, per�, che lo fa 
salvo nei modi e termini stabiliti dalle vigenti leggi, 
e cio� richiamando le precedenti norme sul contenzioso 
delle imposte indirette (cfr. sentenz~ citata). 

Ad avvalorare l'affermazione di principio in esame 
concorre, poi, anche l'art. 39 R. D. 1937, 

n. 1516, il quale -e si badi bene con espresso 
richiamo al quarto ed ultimo comma del pi� volte 
�Citato art. 29 della legge del 1936 -stabilendo 
il modo in cui debbono essere inviati alla Commissione 
per la decisione di merito gli atti relativi al 
ricorso << in sede di procedura coattiva contro la 
quale sia stata fatta dal contribuente opposizione 
giudiziale n, chiaramente lascia intendere che il 
debitore possa immediatamente adire l' .Autorit� 
giudiziaria ordinaria, prescindendo dal ricorso 
amministrativo. 
Se il caso specifico_ previsto dal terzo comma del 
pi� volte citato art. 29 della legge del 1936 si 
�Stranea -come gi� innanzi si � detto -in via 
di limitata eccezione (e di limitata eccezione, perch� 
l'intervento dell'Autorit� giudiziaria ordinaria nella 
determinazione del valore � limitato soltanto al 
.controllo dell'errore di apprezzamento o della man<
Janza o insufficienza di calcolo), dal principio sopra 
riferito, in base al quale, anche in tema di imposte 
indirette, l'Autorit� giudiziaria ordinaria non pu� 
�ssere adita per le questioni di diritto o promiscue 
e non per le questioni di estimazione semplice, lo 
stesso caso specifico del terzo comma si estranea 
_pure dall'altro principio pure sopra riferito, in 
base al quale, sempre in tema di imposte indirette 
� per questioni di diritto o promiscue, l'azione 
giurisdizionale amministrativa non � condizione 
_per l'azione giudiziaria. 

E si estranea da quest'ultimo principio in primo 

luogo per il modo letterale in cui lo stesso comma 

terzo lo esprime. 

Invero detto comma, nello stabilire che il giudi


zio delle Commissioni provinciali sulle questioni 

<Jhe si riferiscono alla determinazione di valore � 

definitivo, fa salvo �il ricorso all'autorit� giudi


ziaria per grave ed evidente errore di apprezza


mento ovvero per mancanza o insufficienza di cal


<Jolo nella determinazione del valore �; ma non lo 

:fa salvo come nel successivo quarto comma e cio� 

(( nei modi e termini stabiliti dalle vigenti leggi �. 

Orbene se, per avere il legislatore espressamente 
richiamato nel comma quarto i �modi e termini 
stabiliti dalle vigenti leggi�, s'� sopra respinta, 
in tema di controversie per questioni di diritto o 
<Jomplesse, l'interpretazione che il ricorso non possa 
.che essere successivo, e cio�, che l'Autorit� giudiziaria 
non possa che essere adita posteriormente 
alla decisione amministrativa, il non averli invece, 
detti modi e termini, espressamente richiamati 
nel pr�cedente comma terzo, sta per contrario, ad 
avvalorare la tesi che, in tema di controversie per 
il controllo dei gravi ed evidenti errori di apprezzamento 
o della mancanza o insufficienza di calcolo, 

il ricorso non possa che essere successivo alla decisione 
amministrativa. Ed in secondo luogo si estranea 
per il suo stesso contenuto sostanziale. 

Invero il caso previsto dal ripetuto comma terzo 
non pu� che presupporre necessariamente una precedente 
decisione, non apparendo oVViamente 
possibile sindacare la legittimit� di una decisione 
e per di pi� annullarla, senza che essa esista. 

.A maggior ragione, poi, se si considera che secondo 
il costante insegnamento della Suprema 
Corte, l'art. 29 (terzo comma) in esame va posto 
in relazione all'art. 42 del R. D. del 1937, n. 1516, 
che l'esistenza di una decisione espressamente prevede, 
laddove stabilisce che �le decisioni delle 
Commissioni distrettuali e di quelle provinciali ... 
debbono contenere una sommaria motivazione ... ,, 

Che detta decisione possa dar luogo all'azione 
giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore 
di apprezzamento o mancanza o deficienza. di calcolo 
soltanto dopo che sia divenuta definitiva, non 
pare che possa dubitarsi (cfr. Cass., 23 marzo 1957, 

n. 988). � lo stesso comma terzo dal citato art. 29 
a fare riferimento ad una decisione definitiva. 
D'altra parte, un sindacato di legittimit� nei limiti 
ristretti del grave ed evidente errore di apprezzamento 
e della mancanza o deficienza di calcolo 
potrebbe non risultare utile se dovesse riguardare 
una decisione che non fosse definitiva. 
Che detta decisione, per essere definitiva, debba 

poi necessariamente essere emessa dalla Commis


sione provinciale � ipotesi da escludere. 

Secondo il costante insegnamento della S. C. 

(tra altre, citata sentenza n. 988 del 1957) la deci


sione �, infatti, definitiva, oltre che per il suo con� 

tenuto sostanziale, principalmente perch� non � 

pi� � soggetta ad impugnazione o ad ulteriore im


pugnazione in via amministrativa per difetto di 

gravame nei termini e nei modi prescritti �. 

N el caso in esame -e con espresso richiamo a 

quanto gi� si � detto in narrativa -pu� darsi atto 

che contro la decisione della Commissione distret


tuale pende ricorso alla Commissione provinciale. 

Ne � prospettabile, in base a quanto risulta dagli 

atti; l'ipotesi di una rinunzia al ricorso stesso; 

rinunzia, peraltro, non prospettata neppure dagli 

interessati, tanto meno in modo circostanziato 

e formale. 

Manca quindi per potersi considerare validamente 
adita l'autorit� giudiziaria ordinaria (e, 
di conseguenza, questo Tribunale) il presupposto 
della decisione definitiva prescritto dal citato 
comma terzo dell'art. 29. 

DEL RIOORSO ALL'A.G.O. AVVERSO LE DEOISIONI 
EMESSE DALLE COMMIS~IONI AMMINISTRATIVE 
IN TEMA DI VALUTAZIONE, PER MANOANZA E 
INSUFFIOENZA DI OALOOLO E PER GRAVE ED 
EVIDENTE ERRORE DI APPREZZAMENTO. 

Il D. L. 7 agosto 1936 (convertito nella legge 
7 giugno 1937, n. 1061 che con il D. R. 8 -luglio 
del 1937, n. 1516 ha riformato il preesistente ord�-namento) 
ha disciplinato con procedu�re diverse, pur 
provvedendo all'unificazione dell'organo di giurisdizione 
speciale, la risoluzione delle controversie aventi 


RE m Ff7 FWTZ?

Wl& 15 L 

-� 206


per oggetto le imposte dirette e quelle aventi per oggetto 
le controversie in tema di imposte indirette. 

Infatti gli artt. 22 e segg. della legge citata hanno 
stabilito che la risoluzione di tutte le controversie in 
tema di imposte dirette � demandata, rispettivamente 
in primo e secondo grado, alle Commissioni Distrettuali, 
ed a quelle Prot,inciali e che contro le decisioni 
delle Commissioni provinciali, quando si tratti di 
questioni di diritto (in esse comprese quelle di �estimazione 
complessa �) � ammesso ricorso alla Commissione 
centrale. 

Lo stesso articolo espressamente ammette il diretto 
ricorso all'autorit� giudiziaria, contro una decisione 
della Commissione provinciale o distrettuale, purch� 
si tratti di questione non riguardante semplice 
estimazione dei redditi (cfr. art. 6 legge 20 marzo 
dell865, allegato E). Dalla lettera della legge risulta 
con evidenza un primo punto e cio� che le controversie 
di semplice estimazione sfuggono in ogni grado 
all'esame dell'A.G.O. 

Diverso � invece il sistema fissato dal legislatore 

in materia d'imposte indirette. 

L'art. 29 della legge sopra citata dispone infatti 

che: <<la competenza_ delle Commissioni ammini


strative in materia di imposte indir(3tte sui trasferi


menti di ricchez.za � determinata nel modo seguente: 

le controversie che si riferiscono alla determinazione 

del valore sono decise in prima istanza dalle Corn


missioni distrettuali e in secondo grado da quelle 

provinciali �. 

Il giudizio delle Comtnissioni provinciali sulle 
questioni di cui al comma precedente � definitivo, 

salvo ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed 

evidente errore di apprezzamento ovvero per man


canza o insufficienza di calcolo nella determinazione 

del valore. 

Tutte le altre controversie relative all'applicazione 

della legge sono decise in primo grado dalle Com


missioni provinciali e in secondo grado dalla Com


missione centrale, salvo il ricorso all'autorit� giudi


ziaria nei modi e termini di legge �. 

Dalla lettura della norma sopra riportata risulta 

chiaro che il legislatore ha inteso nettatnente distin


guere, pur nell'ambito delle ~ontroversie in materia 

di imposte indirette, d1te distinti procedimenti: 

l) quelli aventi ad oggetto questioni relative all'ap


plicazione della legge i quali sono di competenza in 

prima istanza delle Commissioni provinciali (nella 

speciale composizione prevista dall'art. 30) ed in 

seconda istanza della Commissione centrale. Contro 

quest'ultima decisione � ammesso ricorso all'autorit� 

giudiziaria (alla quale, peraltro, il contribuente o 

la Finanza possono sempre ricorrere anche senza 

l'esperimento dell'azione amministrativa quando ci� 

sia consentito dalle leggi riflettenti il tributo contro


verso; vedi ad esempio art. 145 legge di registro; 

2) quelli aventi ad oggetto la risoluzione di questioni 

relative alla << determinazione del valore �, i quali 

invece sono devoluti alla competenza delle Commis


sioni distrettuali in I grado, provinciali in grado di 

appello. Contro quest'ultima � ammesso il ricorso 

all'autorit� giudiziaria, ma ci� per soli vizi di legit


timit� della decisione. 

La conseguenza immediata di tale distinzione � 

che mentre le controversie aventi ad oggetto la riso



luzione di questioni di diritto possono essere portate 
contemporan�amente all'esame sia della giurisdizione 
amministrativa sia dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria, senza interferenze tra i due giudizi (fatto, 
questo, che ha portato aWafferm,azi.Q1~(3 del.. principia 
di perfetta autonomia delle due giurisdi.zioni: confermo 
Cassazione Sezioni Unite, 19 gennaio 1957, 
in �Riv. Leg. Fiscale�, 1957, 725; conf. ved. DE 
MARINI in cc Riv. Prat. Trib. �, 1949, II, 89; Cassazione 
12 aprile 1957 in �Dir. Prat. Trib. �, 1959, 
II, 297; Cassazione 7 luglio 1959 in cc Riv. Leg. 
Fiscale�, 1958, 1727; CoNTRA .ALLORio, cc Diritto 
Processuale Tributa1�io �, Torino 1962, 400 e segg., il 
quale ritiene invece che tra gi~tdizio avanti la giu.risdizione 
speciale tributaria e l'autorit� giudiziaria 
ordinaria vi sia la stessa dipendenza che esiste nei 
giudizi di gravame. Per le controversie, invece, aventi 
ad oggetto la risuluzione di questioni relative alla 
determinazione del valore, il ricorso all'A.G. d� 
luogo ad un controllo di legittimit� che non si sovrappone 
n� si sostituisce alla decisione amministrativa; 
ma che porta o al riconoscimento della validit� delle 
decisioni o al loro annullamento. In quest'ultima 
caso l'A.G., la quale accerti l'illegittimit� della decisione 
della Commissione, non pu� sostituirsi al giudice 
amministrativo per determinare il giusto apprezzamento 
o l'esatto calcolo da seguire per stabilire il 
valore del bene, ma deve limitarsi (ove ne ricorrano~ 
ben:inteso, gli estremi fissati inderogabilmente dalla. 
legge; grave ed evidente errore di apprezzamento; 
assenza ed insufficienza di calcolo), ad annullare lcrr 
decisione impugnata rimettendo quindi la vertenza. 
alla stessa Commissione per riesame (la giurisprudenza 
� costante sul punto cfr. Cassazione 26 settembre 
1956, n. 3265 in cc Mass. Foro It. �, 1956, 601,. 

Cassazione 11 marzo 1958, n. 828 �Foro I t. �, 
1958, I, 332; Cassazione 29 novembre 1958, n. 3818 
cc Foro It. Mass. �, 1958, n. 792; Cassazione 15 gennaio 
1960, n. 24, ivi 1960, 5, e da ultimo Cassazione 
Sezione Inite, 6 ottobre 1962, n. 2828 in cc Giur. 
I t. �, 1962; I, 1, 1486 oppure in cc Foro Padano �~ 
1962, l, 1121}. 

Da ci� discende, come ulteriore conseguenza, che� 
in tema di controversia aventi ad oggetto la congruit� 
del valore, non p~t� parlarsi di autonomia del procedimento 
contenzioso amministrativo rispetto al giudizio 
avanti la giurisdizione ordinaritt. 

Riconosciuto infatti che nelle controversie riflett~
nti le imposte dirette, nei giudizi di estimazionenon 
� ammesso il sindacato dell'A.G.O. sulle decisioni 
delle Commissioni); e che in tema di valutazione 
in materia di imposte indirette ricorre autonomia 
del giudizio amministrativo rispetto a quello davanti 
all'A.G. per essere quest'ultimo un controllo di legittinit� 
che ha come necessario presupposto una decisi 
o ne cc Definitiva � delle Commissioni amministrative, 
l'ammissibilit� dell'impugnazione diretta. 
di una decisione della Commissione distrettuale 
da�vanti all'A.G. resta radicalmente esclusa. La 
Cassazione in un suo solo e non�recente arresto (sentenza 
11 aprile 1951 in � Riv. Leg. Fiscale �,___ 19�1, 
611) � stato di diverso avviso e nello stesso sens�~ 
si � pronunciato, in seguito il Tribunale di Milana 
(sentenza 17 giugno 1957 in �Foro P ad. �, 1957, 
2, 1019). 



-..:... 207 ---'


n� s. o. ha basato la tesi accolta sugli. artt. i48 
legge di registro � 39 � secondo comma della legge 
8 luglio 1937, n: 1516. � �� � 

Ha ritenuto, in particolare, la Cassazione che, 
prevedendo gli articoli sopra citati, la possibilit� di 
ricorso all'A.G. anche prima dell'esperimento dell' 
azione amministrativa, non fosse dubitabile che 
l'art. 29 della legge 1936, facendo salvo il ricorso 
all'A.G. abbia altres� escluso che il reclamo alla Oom~ 
missione Provinciale possa costituire condizione di 
procedibilit� dell'azione stessa. M a tale argomentazione 
non pu� condividersi. 

Sia infatti, l'art. 148 sia l'art. 39 sopra citati 
trovano applicazione solo nelle controversie aventi 
ad oggetto una questione di diritto << non in quelle 
in tema di valutazione �. 

Il primo comma dell'art. 39 secondo comma, 
richiama espressamente ed esclusivamente le controve
�rsie previste dal quarto comma dell'art. 29; (che 
prevede appunto le controversie relative all'applicazione 
della legge). Parimenti per l'art. 148 della 
legge di registro; gli artt. 34, 35, 36, 37 e 38 della 
stessa legge (ora abrogati proprio dalla legge n. 1639 
del 1936) infatti prevedevano per le contestazioni 
in tema di valutazione un particolare procedimento 
in sede giurisdizionale speciale e ne dichiaravano 
espressamente l'inderogabilit� (vedasi sopratutto al 
riguardo l'art. 36), obbligando l'Amministrazione 
a promuovere, in seguito alla opposizione del contribuente 
contro l'accertamento fiscale, gli atti relativi. 
Al collegio pe.ritale sono state sostituite, con la legge 
del 1936, le Commissioni amministrative, ma non � 
perci� venuta meno l'obbligatoriet� della proposizione 
dello speciale preliminare procedimento. 

Pi� gravi, ma superabili, sono i motivi addotti 
dal Tribunale di Milano nella decisione pi� sopra 
citata. 

A sostegno della tesi accolta il Tribunale ha richiamato 
come conforme la giurisprudenza del Supremo 
Collegio (sentenze 1 febbraio 1947, n. 123 in �Foro 
It. �1 1947, I, 893 con nota di Berliri; 3 aprile 1949, 

n. 1069 in �Foro I t. �, 1949, I, 833; Cassazione, 
19 novembre 1954, n. 4-264 in �Giur. Oompl. Oass. �1 
1956, VI, 3497); ma tale richiamo non � pertinente. 
Tutte le decisioni sopra citate prendono in esame 
il diverso problema della esperibilit� dell'azione giudiziaria 
in tema di controversie di diritto, su cui, 
come d'altronde � stato gi� chiarito, non possono 
sussistere dubbi. 

Si afferma inoltre che la parola �definitiva � 
usata dal terzo comma dell'art. 29 della legge 1639 
del1939 non pu� avere altro significato se non quello 
di escludere il rico1�so alla Commissione centrale (che 
� invece la regola in tema di controversie relative 
all'applicazione della legge) contro le decisioni emesse 
dalla Commissione provinciale in tema di controversie 
di valore, mentre la stessa espressione non 
riguarderebbe l'impugnazione avanti all'Autorit� 
Giudiziaria delle stesse decisioni; che anzi avendo 
il legislatore usato le stesse parole adoperate nel 
comma seguente dello stesso m�ticolo (il quale contempla 
controversie per le quali � pacifico che l'azione 
davanti l'A.G. � esperibile anche prima di ogni 
decisione delle Commissioni) per far salva l'azione 

avanti l'A.G., implicitamente avrebbe confermato 
l'ammissibilit� di tale azione anch'e contro una deci;. 
sione della Commissione distrettuale. 

Aggiunge ancora Za decisione che ulteriore argomento 
a sostegno della tesi accolta pu� tr-arsi dal raffronto 
dell'art. 29 con l'art. 22 della. stessa legge. 
Quest'ultimo articolo concede infatti la facolt� di 
adire l'A.G., anche c�ntro una decisione �definitiva 
della Commissione distrettuale o provinciale, purch� 
l'imposta sia stata iscritta a ruolo �. Dal che i giu.:. 
dici milanesi hanno tratto l'osservazione che sarebbe 
molto strano che il legislatore usando nell'art. 29 le 
stesse parole adoperate nell'art. 22, avesse attribuito 
ad esse un significato tanto diverso. 

Gli argomenti addotti, per quanto acuti, non sono 
decisivi. Non convince innanzitutto il richiamo alla 
identit� di espressioni usate dal terzo e quarto commar 
dell'art. 29, perch� tale identit� non sussiste in quanto 
il quarto comma, mentre omette di richiamare proprio 
la parola �definitiva� (che non ha solo il significato 
che gli ha attribuito il Tribunale di escludere il 
ricorso alla Commissione centrale, ma ha anche quello 
di non consentire il ricorso all'A. G. contro una decisione 
non .definitiva, che non abbia cio� percorso tutto 
l'iter previsto dalla legge), richiama invece la norma.tiva 
vigente per ciascuna imposta, il che consente 
(specie in materia di imposta di registro) il ricoTso 
all'A. G., senza che sia stata addirittura iniziatar 
l'azione davanti alle Commissioni a1nministrative: 
vedi artt. 145 e 148. N � conviene il richiamo allart. 22, 
nel quale risulta evidente che la parola definitivo 
ha 'nn significato (non soggetto a gravame per scadenza 
del termine) ben diverso da quello che la stessa parolar 
ha nell'art. 29 (impugnabile solo davanti all'A. G.). 

Il Tribunale non ha considerato infatti (mentre 
proprio il richiamo all'art. 22 avrebbe su ci� dovuto� 
richiamare l'attenzione) che in tema di imposte dirette 
l'azione davanti all'autorit� giudiziaria � consentita 
solo per le controversie che abbiano ad oggetto 
questioni non attinenti alla semplice estimazione dei 
redditi (cio� questioni di diritto), mentre le controversie 
in tema di estimazione semplice sfuggono 
addirittura all'esame dell'autorit� giudiziaria ordinaria. 


E sfuggita in sostanza al Tribunale la natura del 
tutto particolare che riveste il giudizio di valutazione 
in materia di imposte indirette previsto dall'art. 29, 
terzo comma della legge del1936. Ammettendo infatti 
un controllo, sia pure di mera legittimit�, sull'operato 
delle Commissioni da parte dell'autorit� giudiziariar 
ordinaria, il legislatore ha creato un istituto nuovo 
che non ha riscontro alcuno per le imposte dirette. 

Oi� precisato, due motivi sono decisivi per l'opposta 
tesi: l'uno di origine storico letterale, l'altro 
di ordine logico-sistematico. 

Il primo riflette il significato della parola definitivo 
usato dallegislato�re del1936. Non sembra dubbio 
oggi, anche a coloro che pi� strenuamente difendono 
la tesi dalla nat�nra giurisdizionale delle Commissioni 
tributarie (ved. .ALLORIO, op. cit., pag. 578 .dove 
viene riesaminata funditus tutta la questione e dove 
si rimettono anche ampi richiami di giurisprudenza 
e dottrina) che l'intendimento iniziale del legislatore, 
anche se poi l'evoluzione della legislazione e dell'interpretazione 
ha portato ad accogliere la soluzione 


!fiFFF 

-208


contraria, fosse quello di creare con le Com1nissioni 
tributarie degli organi amministrativi (e non giuri.
sdizionali) di controllo e di giustizia nell'ambito della 
Amminist'razione Finanziaria. Da questa constatazione 
deriva che la parola << definitivo n usata nel 
terzo comma del pi� volte citato art. 29 non pu� 
.avere altro significato se non quello che la parola 
~< definitivo n ha per gli atti amministrativi. 

Ora non sembra dubbio, secondo l'insegnamento 
costante della dottrina e della giurisprudenza, che 
-un atto amministrativo � definitivo, non quando siano 
scaduti i termini per impugnarlo davanti all'organo 
.superiore, ma solo allorch� abbia percorso tutti l'iter 
gerarchico e l'organo superiore in grado abbia emesso 
una valutazione ultima e per questo detta definitiva. 

Ora quando l'art. 29 dichiara che � definitiva la 
.decisione della Commissione Provinciale vuol non 
solo dire che contro di essa non � ammesso ricorso 
alla Commissione centrale, ma sopratutto che tale 
decisione rappresenta l'ultima e cio� definitiva nella 
Beala gerarchica; il che esclude l'amn~issibilit� del 
1'icor8o contro una decisione della Commissione diBtrettuale 
che, se non impugnata nel termine, determina 
in modo definitivo il valore del bene della cui 
valutazione si tratta, ma che mai potr� qualificarsi 
.decisione definitiva e quindi soggetta al controllo 
.dell'autorit� giudiziaria ordinaria. 

Il secondo motivo, di ordine logico e sistematico, 
si ricava per assurdo portando alle estreme conseguenze 
la tesi avversata. Se infatti fosse ammissibile, come 

ritiene il Tribunale nella annotata decisione, impugnare 
davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria una 
decisione di una Commissione distrettuale nei cui 
confronti'sia scaduto il termine di impugnativa avanti 
alla Commissione provi~ciale (o a ..oui si Hia rinunziato), 
si verificherebbe che, qualora l'autorit� giudiziaria 
ordinaria dovesse ritenere esistente alcuno 
dei vizi denunziati, dovrebbe annullare la decisione 
e rimettere gli atti ad una diversa Commissione distrettuale 
per nuovo esame, rendendo cos� possibile, 
contro la decisione emessa in questa nuova sede, 
l'esperimento del ricorso alla Commissione provinciale, 
quando da tale diritto (vu.oi per effetto della 
scadenza del termine vuoi per rinunzia) si era in 
precedenza decaduti. 

L'assurdit� delle conseguenze dimostra altres� 
l'erroneit� della tesi che si contrasta ed � ulteriore 
e definitivo argomento della soluzione prospettata. 
N� si abbietti che ci� potrebbe verificar8i anche per le 
imposte dirette per le quali l'art. 22 ammette il ricorso 
all'autorit� giudiziaria ordinaria, anche contro una 
decisione della Commissione distrettuale, purch� 
<< definitiva n. 

L'obiezione infatti prescinde da quanto gi� chiarito 
e cio� che il giudizio dell'A.G.O. in tema di imposte 
dirette � ammesso solo in tema di controver.�ie 
di diritto, per le quali non � previsto n� consentito 
un giudizio di controllo da parte dell'A.G.O. trattandosi 
invece di giudizio autonomo e quindi senza rimessione 
alle Commissioni. 

ADRIANO ROSSI 

PROCURATORE DELLO STATO 


INDICE SIST.EMATICO 
DELLE C O N SU L T AZ I 0-�N I 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE E' STATA DATA 

ACQUE PUBBLICHE 

LAGHI. 

Se un lago, quale il lago di Lesina, che sia in diretta 
comunicazione col mare, quando la efficienza di tale 
comunicazione sia condizionata all'opera dell'uomo di 
escavazione dei materiali che si accumulano lungo i 
canali, abbia le caratteristiche di libera comunicazione 
col mare volute dall'art. 28 lettera b) del Codice della 
Navigazione per essere considerato bene del demanio 

(n. 76). 
AERONAUTICA E AEROMOBILI 

PILOTI MILITARI IN CONGEDO -PREMIO DI ALLENAMENTO 
AL VOLO. 

l) Se il premio di allenamento al volo per i militari 
piloti in congedo concesso con R. D. L. 20 luglio 1934, 

n. 1302 spetti anche a coloro che compiono le prescritte 
ore di addestramento presso organizzazioni aeronautiche 
civili. (n. 12). 
2) Se al premio di allenamento al volo sia applicabile 
la prescrizione biennale di cui'al R. D. 19 gennaio 1939, 

n. 295 (n. 12). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

CONCESSIONARI DI OPERE PUBBLICHE. 

l) Se il concessionario di opere pubbliche possa acquisire 
i poteri di rappresentante dell'Amministrazione 
concedente per l'acquisto di aree necessarie alla esecuzione 
dell'opera concesRa (n. 269). 

CONSIGLIO NAZIONALE RICERCHE -CANONE DI ABBONA� 
MENTO TELEFONICO. 

2) Se spetti anche al Consiglio Nazionale delle Ricerche 
il trattamento a riduzione per il canone di abbonamento 
t.elefonico urbano del quale fruiscono le Amministra:
zioni dello Stato (n. 270). 

CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 

3) Se le Amministrazione dello Stato possano stipulare 
contratti di assicurazione per i danni dalle medesime 
patiti o arrecati a terzi (n. 271), 

CRocE RossA ITALIANA -AcQUISTO DI .BENI IMMOBILI. 

4) Se sia necessaria l'autorizzazione governativa per 
l'acquisto di beni immobili da parte della C. R. I. (n. 272). 

FORO ERARIALE. 

5) Se, a norma delle disposizioni sul foro erariale, il 
giudice competente a conoscere della causa relativa ad 
un infortunio occorso in occasione di un trasporto ferroviario 
sia la Corte di Appello nel cui distretto si trova 
il luogo dell'incidente anche se il tratto in cui questo 
si � verificato appartenga ad un Compartimento della� 
Amministrazione ferroviaria sito entro il distretto di 
altra Corte di Appello (n. 273). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI -DIRITTO DI ESCLUSIVA. 

6) Se il diritto di esclusivit� che spetta alla Amministrazione 
postale per i servizi di posta e telecomunicazione, 
e, in particolare per quelli relat,ivi alla raccolta, 
trasporto e distribuzione della corrispondenza espistolare, 
sia operante anche nei confronti delle altre Amministrazioni 
statali (n. 275). 

UNIONE NAZIONALE INCREMENTO RAZZE EQUINE. 

7) Se l'U.N.I.R.E. sia da considerarsi ente pubblico 
economico (n. 276). 

ASSICURAZIONI 

CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 

Se le Amministrazioni dello Stato possano stipulare 
contratti di assicurazione per i danni dalle medesime 
patiti o arrecati a terzi (n. 60). 


-210


C,AMBIALI 
IMPOSTA DI BOLLO. 

Se ung, cambiale gi� compilata e rimasta inutilizzata 
possa in un secondo tempo essere usata per la emissione 
di m:�. nuovo titolo, previe .le .opportune correzioni ed 
eventualmente la integrazione del bollo mediante apposizione 
qi p1ar~he ~n: 7). 

CITTADINANZA 

OPTANTI ALTO-ATESINI. 

Se coloro che siano nati cittadini italiani ed abbiano 
quindi ~;tcquisito la cittadinanza germanica per avere il 
loro genitore optato per quest'ultima ai sensi della legge 
21 agosto 1939, n. 1341 possa ottenere il riacquisto della 
cittadinanza italiana dopo che ci� sia stato definitivamente 
negato al genitore per indegnit� in applicazione 
del D. L. 2 febbraio 1948, n. 23 avvalendosi, come 
residenti in Italia, delle disposizioni di cui agli artt. 3, 

n. l e 2 e 9 n. l della legge organica 13 giugno 1912, 
n. 555 (n. 14). 
COMMERCIO 

AsSUNZIONE SERVIZIO DI RISCALDAMENTO -IMPOSTA DI 
REGISTRO. 

Se i contratti con i quali le aziende grossiste di olio 
combustibile assumono la gestione degli impianti di 
riscaldamento invernale presso i condomini, ai fini del 
trattamento tributario di registro, debbano qualificarsi 
vendite o appalti (n. 19). 

COMPROMESSO ED ARBITRI 

ART. 45 LETTERA d) Nuovo� CAPITOLATO n'APPALTO 
PER I LAVORI DELL'AMMINISTRAZIONE DEI LAVORI 
PUBBLICI. 

Se competa all'Amministrazione dei Lavori Pubblici 
la nomina dell'arbitro, di cui all'art. 45 lettera d) del 
nuovo Capitolato generale di appalto approvato con 

D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nell'ipotesi in cui la 
Amministrazione appaltante sia un ente diverso dallo 
Stato e l'appalto si riferisca ad opera finanziata con 
contributo statale (n. 16). 
COMUNI E PROVINCIE 
DONAZIONI. 

l) Se si debbano criticamente esaminare gli atti di 
alienazione dei beni ceduti ai Comuni e Provincie in 
esecuzione dell'art. 20 D. Lgt. 7 luglio 1866, n. 3036 
quando non siano impostati su base economica e se il 
Ministero dell'Interno sia tenuto ad indirizzare l'attivit� 
di controllo dei prefetti e della G. P. A. ad una 
maggiore aderenza agli interessi pubblici e ad una corretta 
interpretazione delle norme in vigore (n. 104). 

2) Se l'Amministrazione demaniale possa intervenir& 
direttamente richiedendo, eventualmente, che l'immobile 
venga trasferito allo Stato ovvero che venga alienatodal 
C�>mune con rispetto delle disposizioni regolatrici 
delle materie e con imputazione del :cicavato. al propriobilancio 
(n. 104). 

IMPOSTA DI FAMIGLIA. 

3) Se le norme di cui agli articoli 93 legge comunale 
e provinciale, 117 T. U. Finanza locale, 44 legge 11 gennaio 
1951, n. 25 e 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014~ 
relativi all'imposta di famiglia, possano ritenersi in contrasto 
con il disposto dell'art. 23 della Costituzione 

(n. 105). 
ORDINANZE DEL SINDACO IN MATERIA DI IGIENE E SANIT�. 

4) Se le ordinanze emanate dal Sindaco in materia. 
di igiene e sanit�, ai sensi dell'art. 54 T. U. legge comunale 
e provinciale, siano vincolanti anche per le Amministrazioni 
dello Stato (n. 106). 

PIANI REGOLATORI. 

5) Se le prescrizioni dei programmi di fabbricazione 
dei Comuni sprovvisti di piano regolatore siano vincolanti 
anche relativamente alla viabilit� (n. 107). 

CONCESSIONI 

CONCESSIONI A SEGUITO DI PUBBLICO INCANTO -CANONE 
AFFITTO FONDI RUSTICI. 

Se la legislazione vincolistica in materia di equocanone 
di affitto di fondi rustici debba applicarsi anche 
nell'ipotesi in cui il fondo appartenente al patrimonioindisponibile 
dello Stato sia dato in concessione al privato 
a seguito di pubblico incanto (n. 70). 

CONTABILITA GENERALE DELLO STATO 

GARA -INTERVENTO DEL NOTAIO. 

l) Se nell'eccezione, espressa per i casi di incantoper 
asta pubblica, al divieto per il notaio di rivevere 
atti nei quali intervengano il coniuge, i suoi parenti 
od affini ecc. (art. 28 legge notarile 16 febbraio 1913~ 

n. 89) si possa ricomprendere anche la licitazione privata. 
(n. 191). 
MANDATO. 

2) Se la revoca1della procura c. d. irrevocabile ritualmente 
comunicata abbia efficacia rispetto al terzo


(n. 192). 
CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

CREDITO PESCHERECCIO. 

l) Se il versamento delle rate di a:p;:rro.ortamento ab 
Fondo di rotazione del credito peschereccio, da part~ 
degli Istituti di credito che provvedono alla erogazione 
dei mutui, possa cessare, in caso di inadempienza dei 
mutuatari, prima della dichiarazione formale di perdita. 
del credito (n. 47). 


-�211 

2) Se debba far carico al Fondo. di rotazione il pagamento 
degli interessi di mora, per ilritardo nei pagamenti 
-da parte dei mutuatari, nella stessa misura pretesa 
-dall'Istituto .di credito nei confronti dei mutuatari 
medesimi (n. 47). 

INTERESSI. 

3) Se la dizione� interessi normali� usata in una Convenzione 
Tesoro-IRFIS per determinare la ripartizione 
-delle perdite di una operazione finanziaria tra il Fondo 
-di rotazione e Istituto finanziatore esprima il tasso di 
interessi in vigore al momento della conclusione del 
eontratto di finanziamento o al momento della stipulazione 
della predetta Convenzione (n. 48). 

COSTITUZIONE 

IMPOSTA DI FAMIGLIA. 

l) Se le norme di cui agli articoli 93 legge comunale 
e provinciale, 117 Testo unico Finanza locale, 44 legge 
ll gennaio 1951, n. 25 a 18 legge 16 settembre 1960, 

n. 1014, relative all'imposta di famiglia, possano ritenersi 
in contrasto con il disposto dell'art. 23 della Costituzione 
(n. 18). 
LEGGI REGIONALI. 

2) Se debba ritenersi viziata di illegittimit� costituzionale, 
in relazione all'art. 15, 3� comma, S.S.T.A., 
la norma di una legge regionale che attribuisce al ViceProvveditore 
agli studi di Bolzano funzioni aventi 
rilevanza esterna ed esorbitanti dai fini pervisti dalla 
eitata norma della S.S.T.A. (n. 19). 

DANNI DI GUERRA 

RIOOSTRUZIONE ABITAZIONI -MISURA DEI .CONTRmUTI. 

l) Se la misura dei contributi per la ricostruzione di 
abitazioni distrutte da eventi bellici debba stabilirsi 
secondo la legislazione vigente all'epoca della emanazione 
della �determina � di concessione ovvero secondo 
la diversa legislazione intervenuta prima della comunieazione 
della �determina � all'interessato, ma dopo la 
emanazione (n. 113). 

2) Se le liquidazioni dei suddetti contributi effettuate 
in forza di una legge successiva alla legge 26 ottobre 
1940, n. 1513, e divenuta definitiva per mancata 
impugnazione, siano soggette a revisione in virt� della 
legge n. 968/1953 (n. 113). 

DEMANIO 

BENI [GI� APPARTENENTI ALLA CORONA -CESSIONE 
IN USO. 

l)' Se i beni gi� appartenenti alla Corona siano soggetti 
a regime giuridico diverso da quello degli altri beni 
.appartenenti al patrimonio dello Stato (n. 176). 

BENI PATRIMONIALI INDISPONIBILI -ALIENAZIONE. 

2) Quali elementi caratterizzano l'appartenenza di un 
bene al patrimonio indisponibile dello Stato (n. 177). 

3) Se la alienazione di un bene patrimoniale indisponibile, 
senza che ne sia avvenuto il formale mutamento 
di destinazione da parte della P. A., sia da considerarsi 
nulla o annullabile (n. 177). 

CONCESSIONI BENI PATRIMONIALI. 

4) Se la legislazione vincolistica in materia di equo 
canone di affitto di fondi rustici debba applicarsi anche 
nell'ipotesi in cui il fondo appartenente al patrimonio 
indisponibile dello St�to sia dato in concessione al privato 
a seguito di pubblico incanto (n. 178). 

;DEMANIO MARITTIMO COSTRUZIONI ABUSIVE -SAN


ZIONI. 

5) Se colui che costruisca abusivamente su terreno 
appartenente al demanio marittimo sia soggetto alla 
sanzione penale dell'art. 1161 Codice della navigazione 

o a quella dell'art. 633 C. p. (n. 179). 
'"cHIESA S. IGNAZIO IN ROMA -CONDIZIONE GIURIDICA. 

6) Se la Chiesa di S. Ignazio in Roma debba ritenersi 
di propriet� del Demanio o del Fondo per il Culto 

(n. 180). 
LAGHI. 

7) Se un lago, quale illago di Lesina, che sia in diretta 
comunicazione col mare, quando l'efficienza di tale 
comunicazione sia condizionata all'opera dell'uomo di 
escavazione di materiali che si accumulano lungo i 
canali, abbia le caratteristiche di libera comunicazione 
col mare volute dall'art. 28 lettera d) del Codice della 
Navigazione per esser� considerato bene del demanio 

(n. 181). 
Uso DI BENI DELLO STATO DA PARTE DI ISTITUTI DI 

ISTRUZIONE SUPERIORE. 

8) Se gli osservatori astronomici, geofisici e vulcanologici 
e le istituzioni universitarie di assistenza abbiano 
diritto, alla pari delle universit� e degli istituti superiori 
universitari, all'uso gratuito e perpetuo degli immobili 
dello Stato destinati al loro servizio, qualunque sia 
l'epoca in cui l'assegnazione � stata o sar� realizzata 

(n. 182). 
DONAZIONI 

COMUNI E PROVINCIE. 

l) Se si debbano criticamente esaminare gli atti di 
alienazione dei beni ceduti ai Comuni e Provincie in 
esecuzione dell'art. 20 D. Lgt. 7 luglio 1866, n. 3036 
quando non: siano impostati su base economica e se il 
Ministero dell'Interno sia tenuto ad indirizzare l'attivit� 
di controllo dei prefetti e della G. P. A. ad una maggiore 
aderenza agli interessi pubblici e ad una corretta 
interpretazione delle norme in vigore (n. 34). 

2) Se l'Amministrazione demaniale possa intervenire 
direttamente richiedendo, eventualmente, che l'iniinobile 
venga trasferito allo Stato ovvero che venga alienato dal 
Comune con rispetto delle disposizioni regolatrici delle 
materie e con imputazione del ricavato al proprio bilancio 
(n. 34). 



ZE?R: ::: 

212


ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

CHIESA S. IGNAZIO IN ROMA -CONDIZIONE GIURIDICA. 

Se la Chiesa di Sant'Ignazio in Roma debba ritenersi 
di propriet� del Demanio o del Fondo per ilCulto (n. 39). 

ESECUZIONE FISCALE 

ESA'I:TORE -INDENNIT� DI MORA. 

l) Se il termine �notifica� degli addebiti agli esattori 
di cui all'art. 3 legge 8 luglio 1957, n. 579 debba inten� 
dersi esclusivamente in senso tecnico (n. 65). 

2) Se l'indennit� di mora possa applicarsi agli esattori 
anche quando manca una espressa delegazione (n. 65). 

RISCOSSIONE ENTRATE PATRIMONIALI. 

3) Se l'Amministrazione possa avvalersi del parti� 
colare procedimento ingiunzionale disciplinato dal Testo 
unico del 1910 per accertare e liquidare in via autori.. 
tativa le somme ad essa dovute per risarcimento dei 
danni (n. 66). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

OccUPAZIONE D'URGENZA. 

l) Se nella occupazione di urgenza al deposito dell'indennit� 
stabilita dal Prefetto debba seguire la sua determinazione 
in sede giudiziaria non contenziosa ai sensi . 
dell'art. 31 della legge sull'espropriazione pei' p.u. (n.l79). 

SCELTA DELLE AREE -CRITERI. 

2) Se, per procedere alla valutazione comparativa 
d'idoneit� tra un'area designata per l'espropriazione 
ed altra indicata dall'espropriando in sede di opposi� 
zione, occorra che l'opponente abbia la disponibilit� 
dell'area indicata (n. 180). 

FALLIMENTO 

RISCOSSIONE CREDITI. 

Se occorra l'autorizzazione del Giudice delegato per 
la riscossione da parte del curatore di capitali di spet� 
tanza del fallito (n. 78). 

FERROVIE 

COADIUTORI DEGLI ASSUNTORI F. S. 

l) Se sussista rapporto d'impiego tra l'Amministrazione 
e i coadiutori degli assuntori delle F. S. (n. 345). 

DANNI. ALLE PERSONE -FORO COMPETENTE. 

2) Se, a norma delle disposizioni sul foro erariale il 
giudice competente a conoscere della causa relativa 
ad un infortunio occorso in occasione di un trasporto 
ferroviario sia la Corte di Appello nel cui distretto si 
trova il luogo dell'incidente anche se il tratto ferroviario 
in cui questo si � verificato appartenga ad un Compartimento 
dell'Amministrazione ferroviaria sito entro il 
distretto di altra Corte di Appello (n. 346). 

FERROVIE CONCESSE -IMPOSTA FABBRICATI E TERRENI. 

3) Se le societ� concessionarie di ferrovie sottoposte 
a gestione governativa siano soggette alle imposte sui 
fabbricati e sui terreni destinati al servizio ferroviario 

(n. 347). 
GESTIONE DI MAGAZZINO FERROVIARIO PER RICOVERO 
MERCI DA SDOGANARE. 

4) Se la gestione di un magazzino ferroviario per il 
ricovero di merci estere da sdoganare possa essere affidata 
a soggetti diversi dai facchini nominati dal Direttore 
Compartimentale della Dogana ai sensi dell'art. l 
Reg. approvato con R. D. 4 dicembre 1864, n. 2046 

(n. 348). 
IMPIEGO PUBBLICO 

AGENTI TECNICI DEI TRASPORTI. 

l) Se, agli agenti tecnici dei trasporti, applicati press<> 
i Centri Automezzi P. T., possano essere attribuiti, in 
base alla legge 21 dicembre 1961, n. 1406, le mansioni 
di riparazione meccanica ed elettrica nonch� quelle di, 
carrozziere e garagista (n. 551). 

CESSIONE DI STIPENDIO. 

2) Se la detrazione dalla liquidazione disposta dalla. 
legge a favore dell'I.N.P.S. per la ricostituzione della 
posizione assicurativa del dipendente che cessa dal 
rapporto senza diritto a pensione prevalga sulle cessioni 
effettuate dal dipendente a favore dell'E. N. P. A. S �. 

(n. 552). 
IMPIEGATI ADIBITI ALLA CONDUZIONE DI AUTOVEICOLI RESPONSABILIT� 
PATRIMONIALE. 

3) Se la legge 31 dicembre 1962, n. 1833, recante 
modificazioni ed integrazioni alla disciplina della respon-sabilit� 
patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti 
alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici,. 
sia applicabile anche alla ipotesi di veicoli non circolanti 
per via terra (n. 553). 

IMPOSTA DI BOLLO 

CAMBIALI. 

Se una cambiale gi� compilata e rimasta inutilizzata. 
possa in un secondo tempo essere usata per la emissione 
di un nuovo titolo, previe le opportune correzioni ed 
eventualmente la integrazione del bollo mediante appo-sizione 
di marche (n. 23). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

CONTRATTI ASSUNZIONE SERVIZIO RISCALDAMENTO. 

Se i contratti con i quali le aziend��grossiste di olio� 
combustibile assumono la gestione degli impianti di 
riscaldamento invernale presso i condomini, ai fini del 
trattamento tributario di registro, debbano qualificarsi 
vendite o appalti (n. 194). 


-213


I. G. E. LOTTO E LOTTERIE 
CASSA DEL MEZZOGIORNO -ANTICIPATA E PROYVISORIA 

GESTIONE DI ACQUEDOTTI. 

Se lo speciale regime di abbonamento previsto per la 
Cassa del Mezzogiorno in materia di imposta possa applicarsi 
anche alle entrate, sia pure a titolo di rimborso 
spese, conseguenti alla gestione provvisoria che la Cassa 
fa ai Comuni mettendo in attivazione anticipata acque� 
dotti non ancora interamente costruiti o collaudati 

(n. 103). 
IMPOSTE E TASSE 

IMPOSTA DI FAMIGLIA. 

l) Se la norma di cui agli articoli 93 legge comunale 
e provinciale, 117 T. U. Finanza locale, 44 legge Il gennaio 
1951, n. 25 e 18 legge 16 settembre 1960, n. 1014, 
relative all'imposta di famiglia, possa ritenersi in contrasto 
con il disposto dell'art. 23 Costituzione (n. 358)� 

IMPOSTA FABBRICATI E TERRENI. 

2) Se le societ� concessionarie di ferrovie sottoposte 
a gestione governativa siano soggette alle imposte sui 
fabbricati e sui terreni destinati al servizio ferroviario 

(n. 359). 
ISTRUZIONE SUPERIORE 

Uso DI BENI DELLO STATO, 

Se gli osservatori astronomici, geofisici e vulcanologici 
e le istituzioni universitarie di assistenza abbiano 
diritto, alla pari delle universit� e degli istituti superiori 
universitari, all'uso gratuito e perpetuo degli immobili 
dello Stato destinati al loro servizio, qualunque sia la 
epoca in cui l'assegnazione � stata o sar� realizzata 

(n. 14). 
LAVORO 

SERVIZIO MILITARE DI LEVA. 

Se, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 8 
del 1963 della Corte Costituzionale, sussista comunque 
il diritto del lavoratore al computo del tempo trascorso 
in servizio militare di leva sulla anzianit� e se detto 
computo debba essere effettuato non solo ai fini della 
liquidazione della indennit� di quiescenza ma a tutti 
gli altri effetti (n. 35). 

LOCAZIONI 

LEGGE 30 SETTEMBRE 1963 N, 1307 -PROROGA ESECU� 
ZIONE SFRATTI. 

Se l'art. l della legge 30 settembre 1963, n. 1307, 
disponente la facolt� del pretore di prorogare l'esecuzione 
degli sfratti, sia applicabile alle locazioni d'immobili 
destinati ad uso diverso dall'abitazione o dall'attivit� 
artigiana, ed in particolare se sia applicabile agli 
immobili locati ad uso di uffici pubblici (n. 118). 

SMARRIMENTO BOLLETTE VINCENTI DA PARTE DEL RICEw 
VITORE. 

l) Se debba procedersi al pagamento di una vincit� 
al lotto quando siano andate smarrite le bollette vincent! 
debitamente consegnate dal giocatore al ricevitore (n. 19). 

2) Se possa ritenersi responsabile il ricevitore per 
aver spedito le bollette vincenti, di poi smarritesi, a 
mezzo di raccomandata invece che di assicurata, e se 
la sua responsabilit� possa estendersi all'Amministrazione 
(n. 19). 

MANDATO 

MANDATO IRREVOCABILE -REVOCA, 

Se la revoca della procura c. d. irrevocabile ritualmente 
comunicata abbia efficacia rispetto al terzo� 

(n. 9). 
MEZZOGIORNO 

CONSORZI PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE -ESPROPRIA� 
ZIONE DI IM+\[OBILI. 


l) Se i Consorzi per lo sviluppo industriale previsti 
dalla legge 29 luglio 1957, n. 634 possano procedere 
all'espropriazione di immobili per l'esecuzione di opere 
di attrezzatura industriale dichiarate di pubblica utilit� 
dalla stessa legge indipendentemente dalla redazione dei 
piani regolatori previsti dall'art. 21 cit., aventi in virt� 
di tale disposizione efficacia giuridica identica ai piani 
territoriale di coordinamento (n. 24). 

I. G. E.-ANTICIPATA E PROVVISORIA GESTIONE DI ACQUE�� 
DOTTI. 
2) Se lo speciale regime di abbonamento previsto per 
la Cassa del Mezzogiorno in materia di imposte possa 
applicarsi anche alle entrate, sia pure a titolo di rimw 
borso spese, conseguenti alla gestione provvisoria che 
la Cassa fa ai Comuni mettendo in attivazione anticipata 
acquedotti non ancora interamente costruiti o collaudati 


(n. 25). 
MILITARI 

CONDUCENTI MILITARI-AziONE DI RIVALSA DELLA P. A. 

l) Se sia rinunciabile, nelle forme e nei limiti previsti 
dall'art. 8, 2o comma, legge 31 dicembre 1962, n. 1833,. 
il diritto dell'Amministrazione a rivalersi nei confronti 
del dipendente militare riconosciuto responsabile di un 
incidente automobilistico, con decisione della Corte dei 
Conti anteriore alla entrata in vigore della predetta� 
legge e che non abbia accertato il grado di colpa del 
dipendente (n. 18). 

MILITARE IN SERVIZIO DI LEVA. 

2) Se la limitazione di responsabilit� stabilita nella -legge 
n. 1833 del 1962 sia applicabile al militare di leva 
che, alla guida di una autovettura dell'Amministrazione 
per un servizio non autorizzato, cagioni un danno alla 
Amministrazione medesima (n. 19). 


214.


MONOPOLI 

LICENZA COLTIVAZIONE TABACCO. 

l) Se la licenza per coltivazione di tabacco, oggetto 
di legato da parte del concessionario ad una persona 
giuridica, debba essere a questa intestata con riferimento 
~lla data della morte del testatore o a quella della autorizzazione 
governativa ad acquistare il legato (n. 41). 

2) Se, in attesa dell'autorizzazione governativa ad 
acquistare il legato, la licenza per la coltivazione di 
tabacco, legata ad una persona giuridica, possa essere_ 
provvisoriamente intestata all'erede ed esecutore testamentario 
(n. 41). 

OPERE PUBBLICHE 
ARBITRATO. 

l) Se competa all'Amministrazione dei Lavori Pubblici 
la nomina dell'arbitro, di cui all'art. 45 lettera d) 
del nuovo capitolato generale di appalto approvato 
con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nell'ipotesi in cui 
l'Amministrazione appaltante sia un ente diverso dallo 
~tato e l'appalto di riferisca ad opera finanziaria con 
contributo statale (n. 54). 

POTERI DEL CONCESSIONARIO. 

2) Se il concessionario di opere pubbliche possa acquisire 
i poteri di rappresentante dell'Amministrazione concedente 
per l'acquisto di aree necessarie alla esecuzione 
dell'opera concessa (n. 55). 

PENE 
PENE PECUNIARm. 


Se la quota di compartecipazione alle pene pecuniarie 
spettante, in forza della legge 5 aprile 1961, n. 322, agli 
scopritori delle frodi nella preparazione e commercio dei 
prodotti agrari e delle sostanze di uso agrario, debba 
essere attribuita globalmente, in relazione all'accertamento 
di trasgressione, ovvero ad ogni singolo agente o 
funzionario scopritore (n. 18). 

POLIZIA 

LOCALI DI MERETRICIO. 

Se, a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 
1958, n. 75 (legge Merlin) debbano considerarsi 
abrogati gli artt. 190 e 191 del Testo unico di Pubblica 
sicurezza e l'art. 346 del Relativo Regolamento di esecuzione 
(n. 29). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

,AsSEGNI POSTALI LOCALIZZATI -PRESCRIZIONE -RINNOVO. 


l) Se gli assegni postali localizzati, caduti in prescrizione, 
possano essere rinnovati (n. 98). 

AGENTI TECNICI DEI TRASPORTI; 

2) Se agli esperti tecnici dei trasporti, applicati presso 
i Centri Automezzi P. T., possano essere attribuiti, in 
base alla legge 31 dicembre 1961, n. 1406, le mansioni 
di riparazione meccanica ed elettricac nonch� quelle di 
carrozziere e garagista (n. 99). 

DIRITTO DI ESCLUSIVA. 

� 3) Se il diritto di esclusivit� che spetta alla Amministrazione 
Postale per i servizi di posta e telecomunicazione 
e, in particolare, per quelli relativi alla raccolta 
trasporto e distribuzione della corrispondenza epistolare 
sia operante anche nei confronti delle altre Amministrazioni 
statali (n. 100). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

IMPIEGATI STATALI -CESSIONE STIPENDIO. 

, Se la detrazione dalla liquidazione disposta dalla legge 
a favore dell'I.N.P.S. per la ricostituzione della posizione 
assicurativa del dipendente che cessa dal rapporto senza 
diritto a pensione prevalga sulle cessioni effettuate dal 
dipendente a favore dell'E.N.P.A.S. (n. 42). 

REGIONI 

REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE -LEGGE REGIONALE. 

Se debba ritenersi viziata di illegittimit� costituzionale, 
in relazione all'art. 15; 3� comma, S.S.T.A., la norma di 
una legge regionale che attribuisca al Vice-Provveditore 
agli studi di Bolzano funzioni aventi rilevanza esterna 
ed esorbitanti dai fini previsti dalla citata norma dello 

S.S.T.A. (n. 109). 
RESPONSABILITA CIVILE 

AziONE DI RIVALSA. 

l) Se sia rinunciabile, nelle forme e nei limiti previsti 
dall'art. 8�, 2o comma, legge 31 dicembre 1962, n. 1883, 
il diritto dell'Amministrazione a rivalersi nei confronti 
di un dipendente militare riconosciuto responsabile di 
un incidente automobilistico, con decisione della Corte 
die Conti anteriore alla entrata in vigore della predetta 
legge e che non abbia accertato il grado di colpa del 
dipendente (n. 203). 

CONTRATTI DI ASSICURAZIONE. 

2) Se le Amministrazioni dello Stato possano stipulare 
contratti di assicurazione per i danni dalle medesime 
patiti o arrecati a terzi (n. 204). 

IMPIEGATI STArALI-RESPONSABILIT� PATRIMONIALE. 

3) Se la legge 31 dicembre 1962, n. 1833, recante 
modificazioni ed integrazioni alla discipiii�a della._responsabilit� 
patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti 
alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici, 
sia applicabile anche alla ipotesi di veicoli non circolanti 
per via terra (n. 205). 



-215


"MILITARE IN SERVIZIO DI LEVA. 

4) Se la limitazione di responsabilit� stabilita nella 
legge n. 1833 del 1962 sia applicabile al militare di leva 
-che, alla guida di una autovettura dell'Amministrazione 
per un servizio non autorizzato, cagioni un danno alla 
.Amministrazione medesima (n. 206). 

-RESFONSABILIT� DEL :MAGISTRATO. 

5) Se la responsabilit� in cui sia incorw il magistrato 
nell'esercizio di funzioni giurisdizionali possa estendersi 
. all'Amministrazione (n. 207). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

:RICORSO GERARCmCO. 

l) Se indipendentemente dalla presenza di altri requi


'siti di sostanza e di forma possa qualificarsi come ricorso 
gerarchico la lettera indirizzata sia all'Autorit� peri� 
ferica che ha provveduto sia all'Amministrazione Cen


�trale gerarchicamente superiore con la quale si chieda 
una revisione del provvedimento da parte dell'organo 
o{lhe lo ha emanato (n. 10). 
2) Se l'autorit� gerarchicamente superiore abbia il 
,potere di revocare d'ufficio per motivi di merito il provvedimento 
emanato dall'organo inferiore (n. 10). 

STRADE 

ALBERATURE ESISTENTI AI LATI DELLE STRADE. 

l) Se la responsabilit� per i danni cagionati dalla im


missione di radici o rami nel fondo altrui sia esclusa o 
limitata dal mancato esercizio da parte del proprietario 
.danneggiato del diritto di autotutela attribuitogli dal


l'art. 896 C. c. (n. 49). 

.Al'FROVAZIONE :PROGETTI, 

2) Se il Ministro dei Lavori Pubblici che abbia approvato 
il progetto di variante ad una strada stat�le7Si'a 
-competente anche ad approvare il progetto, necessario 
per l'esecuzione dell'opera, di spostamento di un elettrodotto 
ferroviario (n. 50). 

TELEFONI 
CANONE. 

l) Se spetti anche al Consiglio Nazionale delle 
Ricerche il trattamento a riduzione per il canone di 
abbonamento telefonico urbano del quale fruiscono le 
Amministrazioni dello Stato (n. 24). 

RIMOZIONE IMPIANTI -SEQUESTRO Al'FARECCHI. 

2) Se il potere conferito all'Amministrazione P. T . 
di rimuovere gli impianti e di sequestrare gli apparecchi 
nel caso previsto dall'art. 178 del Codice postale (esercenti 
esclusivi di linee di telecomunicazioni) si riferisca solo 
a fatti commessi a bordo di navi nazionali oppure si 
estenda a tutti gli altri casi di concessionari inadempienti 

o di esercenti abusivi di linee telefoniche ad uso privato, 
in qualsiasi luogo esistano i relativi impianti (n. 25). 
3) Se per la rimozione degli impianti e per il sequestro 
degli apparecchi esistenti nel domicilio o nel fondo altrui, 
sia necessario osservare le norme che garantiscono costituzionalmente 
l'inviolabilit� dell'altrui domicilio (n. 25). 

TRANSAZIONI 

AFFROVAZIONE. 

Se dopo l'entrata in vigore della legge 31 dicembre 
1962, n. 1833 gli org~ centrali dell'Amministrazione 
abbiano conservato le competenze ad approvare le transazioni 
stipulate ai sensi della legge citata, il cui importo 
non superi il limite di tre milioni di lire (n. 9). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

AcCORDO ITALO�FRANCESE 29 NOVEMBRE 1947 . 

Se il Governo italiano, cessionario del Governo francese 
in esecuzione dell'accordo itala-francese del 29 novembre 
1947, possa pretendere da ditte italiane la restituzione 
di anticipi corrisposti dal governo francese in 
relazione a contratti di fornitura rimasti ineseguiti per 
l'intervenuto stato di guerra tra i due Paesi (n. 12).