ANNO XXXVII -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1985 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1985 



ABBONAMENTI ANNO 1986 

ANNO L. 37.000 

UN NUMERO SEPARATO ,. 7.000 

Per abbonamenti e acquisii rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFirO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Rom~ 
e/e postale n. 387001 

'Stampato in 1talia -Printed in 1taly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lualio 1966 


(7219175) Roma, 1986 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato_P.V. 

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lNDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'
avv Franco Favara) pag. 693 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'�vv. Oscar Fiumara) 737 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo 
Sica e Antonio Cingolo) 784 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati 
Paolo Cosentino e Anna Cenerinil )) 803 
Sezione quinta GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de� 
gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Palizzi) 823 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato 
Carlo Bf!.file) 833 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MAT�RIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} � 869 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocatl 
Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) � 873 
Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
RASSEGNA DI DOTTRINA fa cura de/l'avv. Ignazio Caramazza) lt 167 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE , f83 

La pubblicazione e diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NoRr, Ancona; Francesco Cocco, Bari,� Carlo BAFILE, L'Aquila,� Nicasio 
MANcuso, Palermo; Rocc� BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, 
Trento; Paolo ScoTTr, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 


NOTA REDAZIONALE 

Indirizzo di saluto del Presidente della 
Repubblica in occasione �della restituzione 
degli auguri nella sede dell'Avvocatura dello 
Stato. 

Il Presidente della Repubblica On.le Prof. 
Avv. Francesco Cossiga ha onorato l'Istituto 
con una sua visita all'Avvocato Generale 
per formulare gli auguri di Natale 1985 e 
Capodanno 1986. 

Pubblichiamo il testo registrato del saluto 
del Capo dello Stato al quale l'Avvocato 
Generale ha risposto esprimendo il profondoringraziamento suo personale e dell'Istituto 
per l'alto riconoscimento dato dal Presidente 
col suo gesto e con le sue parole. 

Queste -ha detto, tra l'altro, l'Avvocato Generale -costituiscono il 
miglior incitamento per i giovani cui � affidato l'arduo compito di conservare 
la gloriosa tradizione dell'Avvocatura� dello Stato e un premio
ambito per le fatiche di tutti quelli che con grande sacrificio e difficolt� 
continuano a far fronte a crescenti ed onerosi impegni di lavoro, nonostante 
le vistose carenze dell'organico professionale. Con riguardo a tale 
argomento l'Avvocato Generale ha auspicato che il Governo -come ha 
promesso il Presidente del Consiglio nella lettera di risposta alla presentazione, 
da parte dell'Avvocato Generale, dell'ultima relazione quinquennale 
-dia rapidamente corso. alle proposte che egli inoltrer� appena 
definita la legge in corso di approvazione relativa alla integrazione de.ll'organico 
del personale amministrativo. 


�L'Avvocato Generale, a nome di tutti gli appartenenti all'Istituto, 
rinnova al Presidente della Repubblica il ringraziamento e gli auguri 
attraverso la �Rassegna�, che ha l'onore di riportarne, qui di seguito, 


le parole: 

�Era mio dovere, come Capo dello Stato, venire nella sede dell'Avvocatura 
generale dello Stato. Le feste natalizie e il desiderio di ricambiare 
gli auguri che l'Avvocato generale cos� cortesemente mi ha presentato 
questa mattina, anche a nome di tutti gli avvocati, sono soltanto 
un'occasione: l'occasione di un incontro che avevo gi�� programmato da 
tempo. Desiderp pertanto che la mia visita di oggi venga accolta anche 
come voluta e realizzata al di fuori di questa occasione. 


L'Avvocatura dello Stato � posta a difendere a tutelare interessi e 
diritti che sono in modo particolarmente diretto ed immediato riferibili 


allo Stato. 
Ritengo doveroso ringraziare gli avvocati dello Stato per tale opera, 


. che svolgono con spirito di servizio, profonda preparazione e alta prof essionalit�, 
come io stesso ho potuto sperimentare nella ormai non breve 
esperienza politico-amministrativa. Essi svolgono il loro lavoro essendo 
prima avvocati, nel senso pi� nobile della parola, e poi avvocati dello 
Stato. E proprio in tal senso che deve essere intesa, a mio avviso, la 
funzione dell'Avvocatura dello Stato, che non � partecipe dell'azione dello 
Stato solo come rappresentanza e difesa dinanze alle Corti di giustizia, 
ma anche nell'attivit� di consulenza e di assistenza, che � anch'essa momento 
rilevante di attuazione della giustizia, non solo perch� evidentemente, 
sotto il profilo pratico, � pi� opportuno prevenire il conflitto 
che non porvi rimedio quando sia gi� insorto, ma anche perch� questo 
� un modo, forse il pi� desiderabile, di rendere giustizia. 

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E anche per questo gli avvocati dello Stato e forse a maggior ragione 
degli stessi avvocati del libero foro, fanno parte del circuito dell'amministrazione 
della giustizia. 

L'avvocato, il difensore della parte, vi appartiene allo stesso titolo 
del giudice o del pubblico ministero, perch� un'altra delle conqusitedella civilt� moderna e dello Stato liberale, � il giudice come terzo: il 
giudice come terzo non pu� essere tale se non � assicurato alle partiil diritto di difesa. Concorrono quindi all'amministrazione della giustizia 
i giudici non meno che i difensori delle parti, anche perch� senza il 
contraddittorio il giudice diventa un inquisitore. 

I poteri, i diritti, le facolt�; la stessa posizione dell'avvocato nel 
processo sono, dunque, garanzia di libert�. Va osservato, a tale riguardo, 
che gli or�linamenti che hanno realizzato i migliori sistemi di giustizia, 
sono proprio quelli che hanno introdotto li concetto di parit� delle 

parti. � 

� Credo, infatti, che la giustizia in concreto realizzablie � solo quella 
in' cui � possibile pervenire attraverso e nella griglia delle leggi. Ritenere 
di avere il diritto, nel nome della verit�, di costruire o di affermare verit� 
diverse� da quelle che si possono costruire attraverso il sistema delle 
prove, �attraverso il sistema della dialettica processuale, pu� essere, in 
astratto, espressione di alta ispirazione ideale, ma rischia di portare in 
concreto alla negazione della giustizia, com� ci ricorda quel periodomolto critico della storia della Chiesa, che � quello della Santa Inquisizione. 

La pratica attuazione di quella che gli Enciclopedisti chiamarono 
�l'utopi� delle leggi� appare la via pi� concreta e sicura di realizzazione 
della giustizia degli uomini. 

I

� per questa, ragione che, venendo qui, compio doverosa testimonianza ~ 
a chi ha il compito di tutelare diritti e interessi immediatamente riferibili 
all'apparato statale o agli altri soggetti che .a questo fine sono 
equiparati allo Stato, ma nello stesso tempo, esercitano l'avvocatura con 
le stesse prerogative con le quali viene esercitata da ogni avvocato. Ed � 

I per questa condizione di parit�, tanto nel vestire la toga, quanto nei 
poteri, negli one.ri e negli obblighi, che l'avvocato dello Stato, a �mio avviso, 
deve essere considerato (e se non lo fosse non avremmo un sistema di 

I

giustizia liberale) soggetto del processo di giustizia� alla stregua del difen� 
sore della parte �privata, ed al pari dello stesso giudice, cui si affianca I
nell'esercizio di una funzione che in quanto pubblica istituzionale, esprime 
una fondamentale vocazione giustiziale. 


Per questo ho voluto portare all'Avvocato generale dello Stato ed a 
questo Istituto il mio saluto ed il mio augurio che si rivolge alle persone, 
all'istituzione, al Paese come auspicio di giustizia e quindi �di pace e di 

serenit��. 

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ARTICOLit NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

S. LAPORTA, Occupazione appropriativa e prescrizione: una occasione 
di meditazione . . . . . . . . . . . . . . � � . � . � � � � � � � I, 869 
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PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ATTO AMMINISTRATIVO -Sentenze � Interpretazione � Motivazioni 
� Rilevanza, 803. 

-Termine per l'esercizio del potere � 
Decorso del termine � Effetti giuridici, 
703. DEMANIO 


.. -Tutela giurisdizionale da parte delCOMUNIT� 
"EUROPEE la p.a. � Ammissibilit� � Procedimento 
civile � Appello � Intervento di ter


-Agricoltura � Organizzazione comuzo 
� Presupposti, 814. 
ne del mercato vitivinicolo � Taglio 
di vino rosso da tavola, 739. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 

-Agricoltura � Organizzazione comune UTILIT� 
di mercato dei prodotti lattiero-caseari 
� Prelievo di corresponsabilit�� -Occupazione d'urgenza non seguita 
Natura, 756. da decreto d'esproprio � Trasforma


-Agricoltura � Organizzazione comu


zione dell'immobile per effetto della 
esecuzione dell'opera � Illecito � Ca


ne di mercato nel settore dei prodotti 
lattiero-caseari � Prelievo di 


rattere istantaneo, con nota di S. 
LAPORTA, 869.

corresponsabilit� � Criteri di determinazione
� Validit�, 756. -Occupazione illegittima d'immobili � 
-Libera circolazione dei lavoratori � 

Diritto al risarcimento dei danni � 
Uso di lingue diverse in materia 

Prescrizione � Successiva offerta e li� 
giudiziaria � Vantaggio sociale, 766. 

quidazione dell'indennit� d'esproprio 
� Rinuncia alla prescrizione � 

-Libera circolazione delle merci � Car


Esclusione, con nota di S. LAPORTA,

ni bovine � Contingente tariffario co


869.
munitario � Quote nazionali � Riesportazione 
in altro paese comuni


-Terreni agricoli � Indennit� � Criteri 
tario, m. 

previsti dalla legge n. 865-71 � Applicabilit�, 
803. 

-Libera circolazione delle merci . Pro


-Terreni agricoli � Indennit� � Criteri

priet� industriale e commerciale � 

previsti dalla legge n. 865-1971 � Ap


Brevetti � Estensione della protezio


plicabilit�, 803.

ne � Esaurimento del diritto di brevetto 
in caso di licenza obbligatoria 
rilasciata su un brevetto parallelo, FORZE ARMATE. 
con nota di O. FIUMARA, 748. 


-Servizio militare obbligatorio . Obie


-Ravvicinamento delle legislazioni � 

zione di coscienza . Legittimit� costi


Sostanze e preparati pericolosi � 

,1iuzionale, 703.

Etichettatura, 772. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

CORTE COSTITUZIONALE 
-'-Giurisdizione ordinaria ed ammm1


-Conflitto di attribuzione � Atto di 

strativa � Art. 60 r.d.I. 3 marzo 1938 �

. soggetto privato � Non pu� occasio


Art. 62 r .d.I. 12 luglio 1934 n. 1214 


nare il conflitto, 721. 

Revisione pensione per emolumenti 

-Conflitto di attribuzione � Mera accessori percepiti. Versamento conastensione 
dall'esercizio di potere tributi relativi da parte del datore 
statale � Non � invasiva, 721. del lavoro � Giurisdizione ordinaria . ~ 

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INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

Esecuzione revisione pensione da 
parte della C.P.D.E.L. Giurisdizione 
esclusiva � � Corte dei Conti, 784. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Impiego pubblico � Pretese patrimoniali 
� Ordinanza di urgenza � Fatti� 
specie, 830. 

-Impiego pubblico � Retribuzioni arretrate 
� Rivalutazione e interessi . 
Domanda proposta in appello � Ammissibilit�, 
823. 

-Impiego pubblico � Retribuzioni ar� 
retrate � Rivalutazione e interessi � 
Giudizio di ottemperanza � Ammissibilit�, 
823. . 

-Ricorso � Termine � Atto soggetto a 
controllo � Decorrenza, 828. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Invalidit� civile � Commissione sani� 
taria provinciale e regionale � Procedimento 
e natura � Rapporti tra i ri� 
spettivi provvedimenti � Atto amministrativo 
� Silenzio-rigetto � Procedimento 
dinanzi la Commissione sanitaria 
� Applicabilit�, 795. 

-Trattamento economico � Divieto di 
� reformatio in pejus � -� princi� 
pio general~ � Liquidazione di fondo 
previdenziale -Non � prescritta da 
principio fondamentale, 701. 

LAVORO 

-(Collocamento) � Invalidi � Assunzioni 
obbligatorie -Posizione soggettiva 
del lavoratore e del datore di 
lavoro � Natura � Lesione . Giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa � 
Limiti, 785. 

-Indennit� di anzianit�� Differenza di 
.trattamento tra impiegati ed operai Legittimit� 
costituzionale, 713. 

-Licenziamenti collettivi � Tutela giu� 
risdizionale del singolo lavoratore � 
possibile, 711. 

-Malattie professionali -Rendita -Decorrenza 
della prescrizione -Primo 
giorno di completa astensione dal 
lavoro � Esclusione -Sussistenza di 
postumo indennizzabile � Necessit�, 

810. 
-Malattie professionali � Rendita � Interruzione 
della prescrizione � Applicabilit� 
della disciplina civilistica Esclusione, 
810. 

NAVI E NAVIGAZIONE 

-Ordinanza della Capitaneria di porto 
per violazione dell'art. 1217 cod. 
nav. � Opposizione � Riesame della 
misura della sanzione � Ammissibilit�, 
817. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Radiotelevisione � Assegnazione di radiofrequenze 
� � attribuzione statale, 

720. 
PROCEDIMENTO CIVILE 

-Opposizione di terzo � Avverso ordi� 
nanza di convalida di sfratto per 
morosit�, 736. 

PROCEDIMENTO PENALE .. 

-Pluralit� di imputati . Istruzione 
sommaria � Richiesta di proscioglimento 
� Reiezione e prosecuzione in 
via formale contro tutti gli imputati, 

717. 
REATO 

-Delitto di contrabbando previsto dall'art. 
295 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 Sospensione 
del giudizio penale per 
il procedimento doganale di revisione 
� Inammissibilit�, 873. 

-Delitto di cui all'art. 490 C.P. � Certificati 
sanitari del veterinario di 
confine � Sono atti pubblici, 873. 

-Reato permanente -Prova del momento 
di cessazione della permanenza 
� Incombe all'accusa, 878. 

-Reato previsto dall'art. 1161 Codice 
�lella navigazione -Carattere permanente 
� Sussistenza, 878. 

-Reato previsto dall'art. 1161 Codice 
della navigazione � Realizzazione di 
manufatti sul suolo� demaniale marittimo 
-Determinazione del momento 
in cui cessa la permanenza, 878. 

REGIONI 

-Conservazione del suolo � Vincolo 
idrogeologico � Lavori minerari � Au



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

X 

torizzazione dell'autorit� forestale 


Necessit�, 714. 

-Consiglieri regionali -Guarentigia 
per le opinioni espresse ed i voti 
dati -Limiti, 693. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Impiego pubblico -Concorso -Revisione 
graduatoria in seguito a giudicato 
.amministrativo -Ritardo nell'esecuzione 
-Danni per il vincitore 
nel frattempo collocato a riposo Ammissibilit�, 
789. 

TRENTINO-AHO ADIGE 

-Provincia � di Bolzano -Convenzioni 
con la� RAI per programmi in lingua 
tedesca e ladina -� attribuzione 
statale, 720. 

-Provincia di Bolzano -Servizio pubblico 
radiotelevisivo -Competenza 
generale ed esclusiva nell'ambito provinciale 
-Non sussiste, 722. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Accertamento -Motivazione -Metodo 
induttivo -Giustificazione -Integrazione 
della motivazione in giudizio 
-Legittimit�, 862. 

-Imposta sui fabbricati -Esenzione 
venticinquennale -Omessa richiesta Impugnazione 
del ruolo per far valere 
l'esenzione -Ammissibilit� Estensione 
dell'esecuzione ai periodi 
di imposta anteriori coperti da 
accertamento definitivo -Esclusione, 

833. 
-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Condono -Agevolazioni -Inconciliabilit�, 
841. 
-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenza -Intento di speculazione 
-Accertamento -Deducibilit� 
nel giudizio di terzo grado, 858. 
-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Reddito di capitale -Pre~unzione 
di fruttuosit� -Deducibilit� in 
terzo grado, 858. 
-Soggetti passivi -Liquidatari di societ� 
-Accertamento responsabilit� 
successivo alla liquidazione -Notif�ca 
al solo liquidatore ~ Legittimit�, 

846. 
-Soggetti passivi -Liquidatari delle 
societ� -Responsabilit� -Prescrizione 
-Decorrenza, 846. 

-Soggetti passivi -Liquidatore di societ� 
-Responsabilit� -Accertamento 
e contenzioso -Art. 36 d.P.R. 29 
settembre 1973 n. 602 -Portata processuale 
-Applicabilit� ai rapporti 
anteriori, 847. 

-Soggetti passivi -Liquidatore di societ� 
-Responsabilit� -Regime anteriore 
1'11 d.P.R. 29 settembre 1973 

n. 602 -Limitazione della responsabilit� 
alle somme che avrebbero trovato 
capienz� in sede di graduazione 
dei privilegi -Esclusione, 847. 
- 
Soggetti passivi -Liquidatore di societ� 
-� Responsabilit� -Ruolo formato 
contro la societ� -� titolo 
valido contro il liquidatore, 847. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro -Rimborso -Prescrizione 
-Indebito oggettivo -Inconf�gurabilit� 
-Prescrizione ordinaria 
-Esclusione, 845. 

-Jmposta sul valore aggiilnto -Riscossione 
provvisoria per un terzo 
dell'accertato -Legittimit� costituzio.ale, 
710. 

-Imposte ipotecar~e e catastali -Trascrizione 
di sentenze che dispongono 
trasferimenti immobiliari -Sentenze 
non passate in giudicato � Im-� 
mediato pagamento dei tributi, 698. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento -Poteri degli uffici � 
Polizia tributaria -Accesso in locali 
destinati all'esercizio di attivit� com 
merciali -Legittimit�, 864. 


-Contenzioso tributario -Giudizio di 
terzo grado -Valutazione estimativa 
-Questioni relative all'esistenza 
del cespite, 858. 

-Contenzioso tributario -Giurisdizione 
condizionata -Agevolazione pluriennale 
-Provvedimento di ammissione 
-� necessario, 864. 

-Repressione delle violazioni -Vizi del 
provvedimento -Impugnazione -Giudizio 
di merito sul rapporto -Irrilevanza 
dei vizi, 856. 

TRIBUTI LOCALI 

-Tassa sulle insegne -Mezzi pubblicitari 
esposti nelle vetrine e sulle porte 
di ingresso -Legittimit� costituzionale, 
734. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 


20 marzo 1985, n. 69 . . . . . . 
14 maggio 1985, n. 147 (in cam. cons.) 
23 maggio 1985, n. 153 ....... . 
24 m,aggio 1985, n. 164 . . . . . . . . 
25 maggio 1985, n. 176 (ord. in cam. cons.) 
28 giugno 1985, n. 191 (ord. in cam. cons.) 
3 luglio 1985, n. 198 
15 luglio 1985, n. 201 
15 luglio 1985, n. 202 
15 luglio 1985, n. 206 
15 luglio 1985, n. 207 
25 ottobre 1985, n. 233 (in cam. cons.) 
25 ottobre 1985, n. 237 (in cam. cons.) 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 


Sez. IV, 14 maggio 1985, nella causa 89/94 . 
Sed. plen., 9 luglio 1985, nella causa 19/84 .. 
Sed. plen., 9 luglio 1985, nella causa 179/84 . 
Sed. plen., 11 luglio 1985, nella causa 137/84 
Sez. III, 26 settembre 1985; nella causa 187/84 
Sez. II, 7 ottobre 1985, nella causa 199/84 .. 


GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 2 aprile 1985, n. 
Sez. I, 15 aprile 1985, n. 
Sez. I, 15 aprile 1985, n. 
Sez. I, 20 aprile 1985, n. 
Sez. Un., 6 maggio 1985, 
Sez. Un., 6 maggio 1985, 


Sez. Un., 6 maggio 1985, 
Sez. I, 6 maggio 1985, n. 
Sez. Un., 9 maggio 1985, 
Sez. Un., 24 giugno 1985, 


2247 
2482 
2493 
2605 

n. 2820 

n. 2821 

n. 
2822 
2829 . 

n. 2871 

n. 3798 

Pag. 693 
� 698 
� 701 
� 703 
� 710 
� 711 
� 713 
� 714 
� 717 
� 720 
� 722 
� 734 
� 736 

Pag. 739 
� 748 
� 756 
� 766 
� 772 
777

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Pag. 803 
� 833 
841

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XI1 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 4 luglio 1985, n. 4035 
Sez. I, 8 luglio 1985, n. 4071 
Sez. Un., 8 ottobre 1985, n. 4857 
Sez. I, 24 ottobre 1985, n. 5236 
Sez. Un., 9 novembre 1985, n. 5479 
Sez. Un., 23 novembre 1985, n. 5808 
Sez. Un., 23 novembre 1985, n. 5813 
Sez. Un., 29 novembre 1985, n. 5934 
Sez. I, 30 novembre 1985, n. 5984 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE 

24 dicembre 1985, n. 101 . . . . . . . . . . . . . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 1� agosto 1985, n. 18 
Ad. Plen., 8 ottobre 1985, n. 19 
Ad. Plen., 22 ottobre 1985, n. 20 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 

Sez. Il, (ordinanza) 24 settembre 1985, n. 670 . . . . . . . . . . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

Sez. III penale, 12 dicembre 1985, n. 11913 
Sez. III penale, 14 dicembre 1985, n. 12151 

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Pag. 830 
Pag. 873 
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PARTE SECONDA 

Rassegna di dottrina . . . Pag. 167 

Rassegna di legislazione 
L,eggi e decreti �. . . . . . 183

" 

Questioni di legittimit� costituzionale: 
I -Norme dichiarate incostituzionali Pag. 184 
II -Questio.ni dichiarate non fondate � 186 
III -Questioni proposte 188

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PARTE PRIMA 



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GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

�GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 ma:rZo 1985, n. 69 -Pres. Elia -Rel. Malagugini 
-Regione Abruzzo (avv. Perooe). 

Regioni � Consiglieri regionali � Guarentigia per le opinioni espresse ed i 
voti dati � Limiti. 

Sono coperte dall'immunit� le funzioni amministrative attribuite al 
Consiglio regionale in via immediata ed esclusiva dalla Costituzione e da 
leggi dello Stato. Non sono, per contro, coperte dalla immunit� eventuali 
altre funzioni amministrative, attribuite al Consiglio dalla normativa 
regionale; non essendo concepibile tra l'altro che il limite della potest� 
punitiva sia segnato, invece che dalla legge dello Stato da atti della Regione 
(1). 

Con ,il ricorso in data 16 luglio 1981, la Regione Abruzzo, ha chiesto 
che la Corte dichiari il difetto assoluto di giurisdizione dell'Autorit� 
giudiziaria a procedere per l'accertamento della eventuale responsabilit� 
penale del consigliere regionale Galluppi Fernando per � quanto 
attiene alla approvazione del parere espresso il 4 dicembre 1980 dalla 
V Commissione del Consiglio regionale, da lui stesso presieduta, nonch� 
-come verr� documentato dalla difesa della Regione nel corso del 
giudizio -della co;nseguente conforme deliberazione, adottata il 13 genn�io 
1981, dal Consiglio regionale; provvedimenti aventi entrambi ad oggetto 
l'ammissione al convenzionamento preventivo con enti mutualistici 
di un laboratorio privato di analisi. A carico del consigliere Galluppi 
viene ipotizzato, a titolo di concorso (art. 110 del codice penale), il 

(1) Giustamente si ricon~sce che la �potest� punitiva� dello Stato non 
pu� essere compressa da leggi regionali. V'� da dire che analogo discorso avrebbe 
potuto farsi per la potest� di controllo. 

694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA 'DELLO STATO 

delitto di interesse privato in atti di ufficio (art. 324 del codice penale). 
Secondo l'assunto della Regione, poieh� la condotta in tal modo incriminata 
consisterebbe nei voti dati dal Galluppi nelle due occasioni ricordate, 
e quindi sicuramente, nell'esercizio di sue funzioni di consigliere 
regionale, di quei voti egli non pu� essere chiamato a rispondere, in forza 
dell'art. 122, quarto comma, Cost. (omissis) 

Con la sentenza n. 81 del 1975 -ripetutamente richiamata dalla 
Regione ricorrente -questa Corte ha ricollegato la � eccezionale deroga � 
all'attuazione della potest� punitiva dello Stato, di cui all'art. 122, quarto 
comma, Cost., alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio 
regionale, � esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite � (ma 
non �a livello di sovranit��) attraverso l'esercizio di funzioni �in parte 
disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative 
cui la prima rinvia �. 

Dopo aver espressamente menzionato -quali funzioni di maggiore 
spicco -la funzione legislativa e quella di indirizzo politico, la Corte 
ha risolto a favore della Regione il conflitto di attribuzioni allora sottopostole 
sull'assunto che �la forma amministrativa che connota le deliberazioni 
consiliari non valga ad escludere l'irresponsabilit� di coloro che 
le adottarono nell'esercizio di competenze spettanti al consiglio�. Di qui 
il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria, dichiarato nella specie 
con riferimento a delibere consiliari se pur �in forma amministrativa�, 
ritenute � connesse allo stato giuridico dei consiglieri regionali � (stipula 
di contratti di assicurazione). 

La ratio decidendi della pronuncia del 1975, rapportata al caso deciso 
non implicava una affermazione generale di insindacabiiit� in riferimento 
a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa, bens�, pi� specificamente, 
l'insufficienza della � forma amministrativa � dell'atto ai �fini di 
escludere la guarentigia per atti aUinenti. allo stato giuridico dei consiglieri, 
e in definitiva all'autoorganizzazione del Consiglio stesso. 

L'affermazione della insindacabilit� delle opinioni e dei voti dei consiglieri 
regionali nell'esercizio della funzione di organizzazione interna 
dell'organo non fa che sviluppare coerentemente il pararLlelismo con le 
guarentigie dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, 
Cost. in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle 
funzioni degli organi �rappresentativi� dello Stato e detle Regioni: accanto 
alla funzione primaria, quella legislativa, ed alla funzione di indirizzo 
politico e di controllo, la funzione dL autoorganizzazione interna, 
pacificamente riconosciuta al Consiglio regionale al pari che ai due rami 
del Parlamentb. 

Invero la guarentigia � delle opinioni espresse e dei voti dati � dai 
consiglieri regionali, nel sistema costituzionale, trae fondamento e trova 
il suo ambito in un determinato modello di funzioni dei Consigli regio




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA CoSTITUZIONALB 695 

nali, ritenuto meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata 
dall'art. 122, quarto comma, Cost. L'esonero da responsabilit� dei component~ 
dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunit� 
parlamentare) � vista funzionale alla tutela delle pi� elevate funzioni 
di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi 
garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo 
di formazione della volont� politica. 

La giustificazione razionale della guarentigia poggia, pertanto, sulla 
corrispondenza fra il livello costituzionale della guarentigia stessa, ed il 
livello costituzionale del tipo di funzioni, il cui esercizio si � eccezionalmente 
ritenuto opporttino sottrarre al controllo giudiziario. Quello che 
la Costituzione ha inteso proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto 
al comune regime �li responsabilit�, � un modello funzionale che essa 
stessa ha delineato ed appunto perci� ha potuto valutare meritevole 
dell'eccezionale protezione. 

Funzioni di amministrazione attiva sono viste, in via di principio, 
estranee al nucleo caratterizzante delle funzioni consiliari. � L'organo 
esecutivo delle Regioni � � la Giunta (art. 121, terzo comma, Cost.) ed � 
il Presidente della Giunta che � dirige le funzioni amministrative delegate 
dallo Stato alle Regioni � (art. cit., quarto comma), mentre le funzioni 
amministrative proprie la Regione le � es~rcita normalmente � � delegandole 
alle Province, ai Comuni e ad altri enti locali o valendosi dei 
loro uffici� (art. 118, ultimo comma, Cost.). Le funzioni amministrative 
delle Regioni, nella previsione costituzionale, sono affidate in via generale 
non al Consiglio, ma a soggetti diversi e responsabili. Appunto per questo 
il campo problematico dell'interpretazione della immunit� consiliare 
� costituito da funzioni amministrative, fuoriuscenti dal nucleo essenziale 
sopra richiamato. 

Vero � che, come per il Parlamento, cos� per i Consigli regionali le 
funzioni costituzionalmente previste non si esauriscono in quella legislativa. 
Accanto alla potest� legislativa, di indirizzo, di controllo e regolamentare 
riservate alle Regioni, il Consiglio regionale esercita (art. 121, 
secondo comma, Cost.) � le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione 
e dalle leggi �. (Un possibile esempio � H riesame affidato al Consiglio di 
atti della Regione sui quali fosse stato esercitato controllo eventuale di 
merito ai sensi dell'art. 125, primo comma, Cost.). E' questo il modello 

I 

funzionale, che la disposizione sull'immunit� ha per presupposto siste� 
matico, nel senso che con la guarentigia in esame si � voluto garantire 
il libero esercizio delle funzioni tipiche ed esclusive riservate al Consiglio 
regionale, differenziando, per questo, la posizione dei consiglieri regionali 
da quella dei componenti di tutti gli altri organi investiti di funzioni 
ovviamente diverse. 

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696 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO ,STATO 

L'ampliamento della portata dell'immunit� risultante dall'amplia


mento, rispetto al modello costituzionale, delle funzioni riservate al Con


siglio regionale pu� essere operato, ove consentito, soltanto con' legge dello 
� Stato, perch� soltanto il legislatore statale pu� assicurare, come � costituzionalmente 
necessario, una uguale protezione ai consiglieri di tutte 
le Regioni nell'esercizio delle medesime funzioni e perch� soltanto una 
sua scelta sarebbe conforme al principio di . legalit� che regge compiutamente 
H sistema penale. 

Nessuna influenza, rispetto alla estensione dell'immunit�, pu� essere 

riconosciuta nel caso di funzioni amministrative . del Consiglio regionale 

che (come nella specie) abbiano fondamento in normative di fonte regio. 
nale, compresi gli statuti. 

La possibile inserzione dei Consigli regionali . in funzioni di ammini


strazione attiva, corrisponde ad un modello pi� o meno accentuatamente 

� assembleare � del governo regionale, che diversi statuti hanno fatto 

proprio, e che � di per s� sicuramente compatibile con le norme costi


tuzionali. Ma altro � la distribuzione delle funzioni amministrative tra 

i propri organi ovvero ad enti locali che la Regione1 nell'ambito della 

propria autonomia, pu� certamente operare, altro � pretendere che la 

attribuzione meramente eventuale di siffatte funzioni al Consiglio regio


nale renda i componenti di quest'organo irresponsabili anche per l'eser


cizio di esse. Una ipotesi del genere � estra!!ea al modello funzionale pre


visto dal costituente e un'interpretazione dell'immunit�, che .ne faccia 

il riflesso automatico di qualsiasi attribuzione di funzioni amministra


tive al Consiglio regionale, in base a normative regionali, avrebbe impli� 

cazioni paradossali: le Regioni con il semplice trasferire sul Consiglio 

date funzioni amministrative, ne porrebbero l'esercizio al riparo da qual


siasi responsabilit�, sostituendo soggetti � im'.!'Iluni � ai soggetti in via 

generale titolari -e responsabili -per la funzione amministrativa. 

Si tratta, a tutta evidenza, di implicazioni non volute dai costituenti: 

in contrasto sia con il prjncipio di responsabilit� per gli atti compiuti, 

che informa l'attivit� amministrativa (artt. 28 e 113 Cost.), sia con il 

principio che riserva alla legge dello Stato la d_eterminazione dei presup


posti (positivi e negativi) della responsabilit� penale (art. 25 Cost.) . ., 

L'interpretazione razionale dell'art. 122, quarto comma, all'interno del 

sistema costituzionale, conduce pertanto ad escludere che la portata della 

immunit� possa essere estesa sulla base di atti della Regione. Ci� si' 

risolv�rebbe infatti nel consentire al Consiglio regionale la possibilit� di 

predeterminare la irresponsabilit� dei propri membri nell'esercizio di-

determinate funzioni amministrative (potendosi cos� configurare diversa-

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PARTB �1, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALI! 

mente, da regione a regione, l'area. delle condotte immuni) il tutto in 
palese contraddizione con i principi portanti dell'ordine giilridico . 

Riassumendo, il criterio di delimitazione dell'immunit� consiliare non 
sta nella forma amministrativa degli atti (in ci� resta valida la motivazione 
della sentenza n. 81/75) bens� nella fonte attributiva delle funzi�ni 
stesse. Sono c9perte dall'immunit� le funzioni amministrative attribuite 
al Consiglio regionale in via immediata ed esclusiva dalla Costituzione 
e da leggi dello Stato. Non sono, per contro, coperte dalla immunit� 
eventuali altre funzioni amministrative, attribuite al Consiglio dalla 
normativa regionale, non essendo concepibile tra l'altro che il limite 
della potest� punitiva sia segnato, invece che dalla legge dello Stato da 
atti della Regione. 

Il criterio qui precisato appresta al Consiglio adeguate garanzie contro 
intrusioni indebite. 

In ogni caso, di fronte a scdnfinamenti della autorit� giudiziaria nella 
aera coperta dall'immunit�, resta ovviamente il rimedio gi� sperimentato 
del conflitto di attribuzioni dinanzi a questa Corte. 

Ed � anche nell'ambito funzionale fuoriuscente dall'immunit�, per 
quanto riguarda in particolare la responsabilit� penale, resta ovviamente 
impregiudicata la rilevanza dei principi legali e costituzionali (legalit� e 
tipicit� dell'illecito penale, ecc.) che delimitano in via generale il controllo 
giudiziario penale sull'attivit� e, in particolare sulla discrezionalit� 
amministrativa. 

Applicando i suesposti principi al caso di specie se ne deduce che per 
i voti dati, dapprima in una fase preparatoria e consultiva del procedimento 
e, quindi nella sede deliberativa consiliare, nell'esercizio di funzioni 
amministrative {di amministrazione attiva) devolute al Consiglio 
della Regione Abruzzo dalla legge regionale (I. r. n. 53 del 1978, art. 15) i 
Consiglieri non sono assistiti dalla guarentigia di cui all'art. 122, quarto 
comma, Cost. 

p.q.m. 
dichiara che spetta agli organi giurisdizionali dello Stato procedere 
per f'accertarnento della eventuale .responsabilit� penale dei consiglieri 
della Regione Abruzzo per i voti dati con l'approvazione del parere, favorevole 
all'ammissione al preconvenzionamento con enti mutualistici della 

s.n.c. Sanitas di Lanciano, espresso dalla V Commissione Consiliare nella 
seduta del 4 dicembre 1980 nonch� con l'approvazione della conforme 
deliberazione adpttata, sul medesimo oggetto, dal Consiglio regionale 
dell'Abruzzo nella seduta del 13 gennaio 1981. 

698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1985, n. 147 (in cam. cons.) � Pres. 
Elia � R~l. Ferrari -Garrone. 

Tributi erariali indirefti � Imposte ipotecarie e catastali � Trascrizione di 
sentenze che dispongono trasferimenti immobiliari � Sentenze non 
passate in giudicato � Immediato pagamento dei tributi._ 
(Cost., artt. 3 e 53; l. 25 gmgno 1943, n. 540, art. 19). 

Le imposte ipotecarie e catastali non sono imposizioni sui trasf erimenti 
immobiliari; non pu� quindi ravvisarsi nel trapasso-acquisto di un 
bene il fatto. indicatore di capacit� contributiva (1). 

Nel nostro ordinamento, le sentenze che trasferiscono . beni. immobili 
sono soggette a trascrizione (art. 2643 e.e.), e l'obbligo di curare che 
questa venga eseguita, mentre grava in linea generale sul � notaio o 
altro pubblico ufficiale� (art. 2671, primo comma, e.e.), per Je sentenze, 
invece -ma in genere per gli � atti e provvedimenti ricevuti dal cancelliere 
� -, viene posto a carico di quest'ultimo, il quale � tenuto a 
farne richiesta al competente ufficio entro trenta giorni dalla data della 
loro pubblicazione (art. 14, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, 
recante �disciplina delle imposte ipotecarie e catastali�). La menzionata 
normativa trova integrazione nel d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, bench� 
dichiarato oggetto di questo sia la � disciplina dell'imposta di registro �, 
Ed invero, per quanto riguarda l'accertamento, la riscossione e la resti� 
tuzione delle imposte, siano ipotecarie, siano catastali, il d.P.R. n. 6~5, 
statuendo che al riguardo � sono applicabili le disposizioni in materia 
di imposte di reg:iStro... � (artt. 9, primo comma, e 22) fa espresso rinvio 
al d.P.R. n. 634, il cui art. 35 non solo precisa che sono soggetti all'imposta 
� gli atti dell'autorit� giudiziaria ordinaria che definiscono, anche 
parzialmente, il giudizio�, pur se �al momento della registrazione siano 
stati impugnati o siano ancora impugnabili '" ma prevede altres� il � conguaglio 
o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato �. 

Questo � il sistema vigente dal 1� gennaio 1973 -precisamente da 
tale data dispongono la propria entrata in vigore, sia H d.P.R. n. 635 (art. 
25), sia ii.I d.P.R. n. 634 (art. 81) -, che non � poi dissimile (eccettuato 
il solo punto di cui si dir� ben presto) da quello anteriore e vigente 
sino al 31 dicembre 1972: l'art. 14, primo comma, del d.P.R. n. 635, infatti, 

(1) La sentenza appare significativa, perch� rimuove un equivoco originato 
dalla stretta connessione delle procedure di accertamento dei tributi de quibus 
con quelle per l'applicazione (anche quando �in misura fissa�) dell'imposta di 
registro. Ne risulta in qualche misura riaperto il problema dell'applicazione 
delle imposte ipotecarie e catastali per i trasferimenti immobiliari soggetti 
ad IVA. 
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PARm I, sEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 699 

riproduce sostanzialmente l'art. 19, primo comma, della legge 25 giugno 
1943, n; 540 (�nuovo testo delle leggi sulle imposte ipotecarie�), il quale 
� compreso tra le norme espressamente abrogate dall'art. 24, primo 
comma, del d.P.R. n. 635. � . 

La sola innovazione rispetto al sistema caducato � quella riscontrabile 
nel menzionato art. 35 del .d.P.R. n. 635, e precisamente nella parte, 
pi� sopra trascritta, che prevede la ripetibilit� dell'imposta, ove. in seguito 
a successiva sentenza passata in giudicato risulti che tale imposta 
sia stata indebitamente percetta. Anterio11mente, viceversa, ai sensi degli 
artt. 12 e 14 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269 (�approvazione 
del testo di legge del registro �), l'imposta in parola, una volta pagata, 
non poteva essere restituita neppure nel caso di riforma o annullamento 
della sentenza, in base alla quale detto tributo era stato preteso 
e versato. Senonch� questa Corte, con sentenza 29 dicembre 1972, n. 200, 
ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, in riferimento agli artt. 3, 
24 e 53 Cost. e relativamente alle sentenze traslative di d�ritti, gli artt. 12 
e 14 del r.d. n. 3269 del 1923. 

Non rileva, ai fini del decidere la presente questione, che suecessiva


mente, con sentenza n. 198 del 1976, � stata ribadita l'illegittimit� costi


tuzionale degli stessi articoli, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., e rela


tivamente alle sentenze �in cui si contenga l'enunciazione di un atto sog


getto a registrazione o da cui si desuma la retrocessione di un diritto �. 

Rileva, invece, tener presente che, travolto dalla prima delle due citate 

sentenze il divieto di restituzione, l'opposto principio della ripetibilit�, 

introdotto con il gi� menzionato art. 35 del d.P.R. n. 635 del 1972, � in 

vigore dal 1� gennaio 1973. 

La Corte d'appello di Genova, decidendo in sede di gravame la con


troversia di cui in narrativa, nata da un contratto di permuta, pronun


ciava, con sentenza 26 maggio-3 agosto 1972, declaratoria di trasferimento, 

in capo alle parti, dei beni immobili permutati. Conseguentemente, il can


celliere, in applicazione dell'art. 19, primo comma, legge n. 540 del 1943, 

trasmetteva tale sentenza all'ufficio del -registro atti giudiziari, che la 

registrava, accertando, ai fini della liquidazione delle imposta ipotecaria 

e di catasto, il valore di 100 milioni a carico di ognuna delle parti in 

causa. Da ci�, il ricorso alla commissione tributaria di prim� grado di 

Genova, la quale, con ordinanza emessa 1'11 luglio, 1975, ha sollevato 

d'ufficio la questione di legittimit� costituzionale �dell'art. 2671 e.e., in 

relazione all'art. 19, p:l'imo comma, della legge 25 giugno 1943, n. 540 

(ora art. 14, primo comma,, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635) �. (oi:rzissis) 

Il giudice a quo dubita della legittimit� costituzionale della dispo


sizione in oggetto, ritenendo che essa contrasti con l'art. 3, primo comma, 

Cost. (in quanto creerebbe �disparit� di trattamento tributario fra gli 

atti privati e gli atti pubblici, da un lato,... e le sentenze, dall'altro lato �, 


700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLo STATO 

le quali soltanto vengono assoggettate al tributo prima di acquistare efficacia), 
e con l'art. 53, primo comma, Cost. (in quanto � dissocia la obblibazione 
fiscale dal momento costitutivo della capacit� contributiva �, la 

quale va valutata al momento in cui � il trasferimento immobiliare... diventa 
effettivo�). 

Occorre al riguardo di osservare in primo luogo che l'imposta in pa.
rola, sebbene sia strutturalmente assimilata alle imposte. di registro per 
ragioni storiche, a rigore non �, tuttavia, �l pari di questa, un'imposta sui 
trasferimenti di ricchezza: il cl:1e rende dubbia la pertinenza di una 
censura di violazione del principio della capacit� contributiva, intesa 
come capacit� economica manifestata dal trapasso-acquisto di un bene. 
E si pu� aggiungere che in ogni caso il nostro sistema tributario abbonda 
di fattispecie nelle quali l'acquisto di un bene viene colpito da 
imposta nella sua mera possibilit� e, quindi, anticipatamente, salvo il 
rimborso, ove la possibilit� non si attui o la vicenda non si verifichi, come 
appunto nel caso in esame. 

Si pu� in secondo lugo rilevare che la questione di legittimit� costituzonale 
dell'assoggettamento a trascrizione delle sentenze ancora sub 
judice va pi� correttamente posta in riferimento al sistema della pub


blicit� immobiliare ed a quello processuale, prima ancora che in riferimento 
ai princ�pi di eguaglianza e della capacit� contributiva. Nella 
stessa ordinanza in esame si riconosce, proprio con riguardo al sistema 
della pubblicit� immobiliare, che � nel caso della trascrizione delle sentenze, 
l'obbligo imposto al cancelliere (che non differisce, in punto, da 
quello imposto ai notai e ad ogni altro pubblico ufficiale) non costituisce 
una prevaricazione dello Stato ai danni del privato�, giacch� � volta a 
pervenire � a quella completezza di effetti verso i terzi ed a quella intangibilit� 
che sono assicurate dalla trascrizione�. E con riguardo al sistema 
processuale, va rilevato che il cancelliere non sempre � in grado di conoscere 
tempestivamente quando una sentenza, in caso d'impugnazione, 
passi in giudicato. Ma allora, l'assoggettamento ad immediata trascrizione 
delle sentenze non ancora passate in giudicato, se non costituisce una 
�..Prevaricazione � in danno dei' privati, stante la finalit� perseguita, risulta 
razionalmente disposto nella logica, sia del sistema della pubblicit� immobiliare, 
sia del sistema processuale. E vale aggiungere che, comportando 
l'eventuale caducazione della regola della immediata trascrizione 
conseguenze che vanno ben oltre la singola norma -in sostanza, il riordinamento, 
se non addirittura il sovvertimento, dei due suddetti sistemi 
-, � nel potere del solo legislatore di prevedere e disciplinare tali conseguenze. 


La questione, come circoscritta nei termini di cui sopra, deve, quindi, 
dirsi infondata. (omissis) 



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 153 -Pres. Elia -Rel. 
Roehrssen -Capranica ed altri, nonch� Ente regionale di sviluppo 
agricolo (della regione Abruzzo). 

Impiego pubblico -Trattamento economico -Divieto di � reformatio in 
pejus � -W principio generale -Liquidazione di fondo previdenziale � 
Non � prescritta da principio fondamentale. 
(Cost. artt. 36, 97 e 117; I. reg. Abruzzo 28 dicembre 1978 n. 87). 

Il divieto della reformatio in pejus del trattamento economico � principio 
generale talmente consolidato che non occorre neppure menzionarlo 
nelle disposizioni di legge. Non tutte le disposizioni contenute nella 
legge statale n. 386 del 1976 stabiliscono principi fondamentali che devono 
essere osservati dalle regioni. 

(omissis) Nelle ordinanze predette si parte dalla premessa che le 
norme contenute nella legge statale 30 aprile 1976, n. 386 (�Norme di 
principio, norme particolari e finanziarie concernenti gli enti di sviluppo
�), per effetto di quanto disposto nel suo art. l, hanno valore di norme 
di principio che il legislatore regionale deve seguir/ in toto. 

Ci� posto, le questioni sollevate sono sostanzialmente le seguenti: 
a) La norma contenuta nell'art. 15 della legge regionale, nel punto 
(primo comma) nel quale attribuisce al personale del disciolto Ente Fucino 
puramepte e semplicemente lo stato giuridico ed economico del personale 
reg�onale e liquida a favore degli interessati il fondo integrativo di 
previdenza, con ci� consentendo la soppressione del fondo stesso, si porrebbe 
in contrasto con l'art. 5 della legge statale 20 marzo 1975, n. 70 (�Disposizioni 
per il riordinamento degli ent~ pubblici e del rapporto di lavoro 
del personale dipendente�, il cui art. 31 dispone che �il primo accordo 
sindacale concluso ai sensi della presente legge. dovr� far salvi gli eventuali 
trattamenti di miglior favore fruiti dal personale alla data di entrata 
in vigore della nuova disciplina� e il cui art. 15 (rectius, 14, secondo 
c<;>mma), stabilisce che � i fondi integrativi di previdenza previsti dai 
regolamenti di taluni enti sono conservati limitatamente al personale in 
servizio o gi� cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della presente 
legge �. . 
In altri termini si contesta la legittimit� costituzionale delle norme 
regiona:H �predette da un Iato perch� non avrebbero fatto salvo il rprincipio 
in virt� del quale non � consentita la reformatio in pejus del trattamento 
economico gi� raggiunto dai dipendenti pubblici e dall'altro perch� avrebbe 
proceduto alla el~minazione del fondo integrativo di previdenza. (omissis) 


RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO

702 

Le questioni non sono fondate. La prima questione, come si � notato, 
investe da un lato il trattamento economico dei dipendenti dell'ex ente 
Fucino e dall'altro il trattamento previdenziale. 

Per quel che concerne il presunto timore di una reformatio in pejus 
del trattamento economico raggiunto dai singoli dipendenti del disciolto 
ente inquadrati nel personale regionale, ritiene la Corte che il divieto di 
una siffatta reformatio � ormai talmente consolidato che non oc�orre neppure 
menzionarlo nelle disposizioni di legge che hanno ad oggetto il trattamento 
medesimo: si tratta di un principio generale elaborato e costantemente 
affermato dalla giurisprudenza. 

Non �, quindi, in alcun modo dubbio che il personale proveniente dall'ente 
Fucino debba continuare a percepire il trattamento economico migliore 
del quale fruiva presso l'ente predetto anche dopo l'entrata iri vigore 
della denunciata legge abruzzese, la quale non pu� non essere interpretata 
alla stregua di quei principi. Tanto pi� che nel caso di specie non si 
rinviene, nella ripetuta legge, alcuna disposizione la quale possa indurre 
a ritenere che il legislatore abbia voluto discostarsene. 

Per quel che attiene, invece, alla pretesa 'incostituzionalit� della norma 

in questione,per avere conse~tito la soppres~ione del fondo di J?-_revidenza,

1 

la Corte osserva preliminarmente che l'art. 1 della legge statale n. 386 
del 1976 non afferma affatto che tutte indistintamente le disposizioni della 
legge medesima costituiscono principi da osservarsi dal legislatore regiomde: 
l'art. 1 � contenuto nel titolo I della Iegge �norme di principio � e 
afferma che le leggi regionali istitutive degli enti di sviluppo agricolo 
� sono emanate nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla presente 
legge�. E' soltanto attraverso la applicazione delle usuali regole di ermeneutica 
ohe si possono individuare le norme di principio ohe devono essere 
osservate dalle Regioni a statuto ordinario nell'ambito delle precisazioni 
fatte dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato che le 
Regioni sono tenute ad osservare non gi� gli specifici disposti legislativi 
ma piuttosto i criteri generali ed ha riconosciuto in ogni caso alle Regioni 
medesime una qualche discrezionalit�-quanto meno nello adattamento 
delle norme statali alle esigenze locali (Sent. n. 97 del 1974 e n. 83 
del 1982). 

Ci� posto, ad avviso della Corte, la norma contenuta nell'art. 14 non 

pu� rientrare nell'ambito dei principi fondamentali di cui l'art. 117 Cost. 

esige il rispetto, in quanto si tratta di una disposizione di carattere chia


ramente transit~rio, destinata a rimanere in vigore solo fino al sopravve


nire di una nuova disciplina definitiva della materia. In queste condizioni 
dall'art. 14 non pu� derivare alcuna limitazione al potere legislativo della 
Regione nella materia de qua e l'art. 15, quinto comma, della legge regionale 
n; 87 del 1978 Iion si pone in contrasto con alcuna regola statale da 

,, 

osservare necessariamente. " 

~ 

�

f 


PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDF.NZA COSTITUZIONALB 703 

D'altro canto il quinto comma dell'art. 15 della legge regionale prevede 
la liquidazione a favore degli interessati del fondo integrativo di 
previdenza, skch� i diritti patrimoniali di costoro derivanti dai versa� 
menti effettuati.. in passato non vengono menomati. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1985, n. 164 � Pres. Elia � Rel. 

Conso � Loccisano (avv. Mellini) e Presidente Consiglio idei Ministri (vice 

avv. gen. Stato Chiarotti). 1'< 

Forze armate � Servizio milit'are obbligatorio � Obiezione di coscienza � 
Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 2, 3 e 52; I. 15 dicembre 1972, n. 772). 

Atto amministrativo � Termine per l'esercizio del potere � Decorso del termine 
� Effetti giuridici. 

(Cost., artt. 3 e 97; I. 15 dicembre 1972 n. 772, art. 3). 

Dal dovere di difesa della Patria, inderogabile per tutti i cittadini, va 
distinto l'obbligo di prestare servizio militare di leva,� il primo � suscet� 
tibile di adempimento anche attraverso la prestazione di adeguati com� 
portamenti di impegno sociale non armato. 

Dalla determinazione legale di un termine non-perentorio per l'ema� 
nazione di un atto amministrativo (nella specie, il termine di sei mesi 
per la decisione del Ministro della Difesa) conseguono due effetti giuri� 
dici: da un lato, quello di impedire, nell'in-teresse del buon andamento 
degli uffici, che prima della scadenza di esso, l'amministrazione possa 
essere messa in mora ai fini della formazione del silenzio-rifiuto, e, dal1'
altro, quello di fissare il momento a partire dal quale il richiedente pu� 
subito attivare la procedura per la formazione del silenzio-rifiuto, onde 
ottenere entro una scadenza predeterminabile a breve l'accesso alla tutela 
giurisdizionale, per sentir dichiarare in sede di giudizio cognitorio l'obbligo 
dell'amministrazione di decidere sull'istanza e, nel caso di persi� 
stente inerzia, per veder suc~essivamente assumere in sede di giudizio 
di ottemperanza le necessarie misure coattive (1). 

(1) Palese l'importanza delle affermazioni contenute nella pronuncia (�interpretativa 
di rigetto�) cui la seconda massima si riferisce. I termini per l'e� 
sercizio di una potest� pubblica si sogliono classificare in perentori, dilatori e 
ordinatori (taluno ha individuato anche la categoria di termini comminatori, 
ossia dei termini ordinatori la cui inosservanza comporta irrogazione di san� 
zione, ad esempio disciplinare, a carico del soggetto rimasto inerte). La perentoriet�, 
producendo la grave conseguenza del venir meno della potest�, deve 
essere esplicitamente prevista dalla legge; di qui il gran numero di terminL 
rllllfllllllllll-fllllllllflll,llllllll�llllrtlflrlllllltlllA 



'RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

704 

(omissis) .;.�ciascuna delle dieci ordinanze, emanate dal Tribunale 
amminist~ativo regionale del Piemonte nell'arco di un triennio, sottopone 
al vaglio di questa Corte, con riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 3, �secondo 
comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, a causa della mancata 
prefissione di Ulil termine perentorio aJ Ministro della difesa per decidere 
sulla domanda con cui chi si dichiara obiettore di coscienza chiede, come 
� avvenuto in tutti i casi di specie, di essere ammesso a prestare servizio 
sostitutivo civile, sempre preferito al servizio militare non armato. La 
stessa legittimit� della norma viene, peraltro, contestata dalle cinque 
ordinanze del secondo gruppo anche con espresso riferimento all'art. 97 
Cost. A sua volta, un'ordinanza del primo gruppo antepone alla specifica 
denuncia del suddetto art. 3, secondo comma, la denuncia globale della 
legge 15 dicembre 1972, n. 772, comprese le sue successive modificazioni 
ed integrazioni, con riferimento a due serie di parametri costituzionali, 
alternativamente indicate (artt. 2, 3, primo comma, e 52 Cost.; oppure 
artt. 2, 3, primo comma, 19 e 21, primo comma, Cost.). (omissis) 

La motivazione dell'ordinanza enuclea per prima la questione di legittimit� 
dell'intera legge 15 dicembre 1972, n. 772, per contrasto con gli 
artt. 2, 3, primo comma, e 52 Cost. 

Questo, in sintesi, il ragionamento del giudi�e a quo: �(La Carta costituzionale) 
non � s�lo fonte di diritti e ausilio garantistico di libert�, ma 
pone anche ai componenti della comunit� associata dei doveri inderogabili 
e qualificanti del loro status civitatis (art. 2 Cost.) �, tra l'altro 
� proclamando (art. 52) che la difesa della Patria � sacro dovere del cittadir~
o e dichiarando di conseguenza che il servizio militare � obbligatorio
�; �tale dovere non pu� non rivolgersi a tutti i cittadini, i quali per 
il princ�pio di eguaglianza non sono pari solo per fruire dei diritti ma 
evidentemente anche per adempiere ai doveri �; � La Costituzione ripudia 
la guerra ma chiama a raccolta tutti i c'i.ttadini in caso di situazioni eccezionali 
e inevitabili. Non v'� del resto ragione per ritenere che il travaglio 
di coscienza attanagli in tali, circostanze solo� coloro che affermano 
(anche sinceramente) che l'uso personale delle armi contrasta _con le loro 
convinzioni religiose, filosofiche e morali�; di fronte all'eventualit�, sia 
pur eccezionale, di un nuovo conflitto la Costituzione � ha giudicato debba 
prevalere lo spirito di solidariet� di tutti i cittadini nella' difesa della 
integrit� e dignit� della comunit� come societ� libera e indipendente �. 

ricondotti nella categoria degli ordinatori, categoria che conseguentemente � divenuta 
residuale e poco omogenea. La pronuncia della Corte, ovviamente di portata 
non limitata alla specie, individua -nell'ambito giusamministrativistico uno 
strumento di tutela contro l'inosservanza dei termini ordinatori, i quali 
quindi, pur rimanendo non-perentori, assumono una consistenza giuridica che 
li rende (opportunamente) meno vacui. 



PARTE I, SEZ. J GlpRISPJ..UDENZA COSTITUZIONALE 

La questione cos� posta non � fondata. Il congiunto richiamo degli 
artt. 2, 3, primo comma, e 52 Cost. sembra .dare per presupposto che 
l'obbligo di prestare servizio militare armato sia un dovere .di solidariet� 
politica inderogabile per tutti i cittadini. Inderogabile dovere di solidariet� 
politica per tutti i cittadini �, invece, la difesa della Patria, cui 
il servizio militare obbligatorio si ricollega, pur differenziandosene concettualmente 
ed istituzionalmente. '" 

La mancata distinzione tra il primo ed il secondo comma dell'art. 52 
Cost., invocato dall'ordin~za come un tutt'uno, � al tempo stesso la 
causa ed il sintomo dell'equivoco in cui ,incorre il ragionarp.ento dianzi 
riassunto: un equivoco che riappare ancora pi� chiaramente nel prosieguo 
dell'ordinanza, allorch�, ventilando l'eventualit� di un rigetto della 
questione, il giudice a quo sembrerebbe non saperlo spiegare altrimenti 
che con il � ritenere che la difesa della Patria non � pi� un dovere sacro 
per tutti i cittadini "� 

Questa Corte, come l'Avvocatura dello Stato ha puntualmente ricordato 
nell'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, ha 
gi� avuto modo di precisare (sentenza n. 53 del 1967) che � per tutti i 
cittadini, senza esclusioni, la difesa della Patria -che � condizione prima 
della conservazione della comunit� nazionale -rappresenta un dovere 
collocato al di sopra di tutti gli altri �, cosicch� � esso trascende e supera 
lo stesso dovere del servizio militare �. Di conseguenza, questo 
servizio -� nel quale... non si esaurisce, per i cittadini, il dovere ' sacro 
' di �difesa della Patria � -ha una sua � autonomia concettuale e 
istituzionale rispetto al dovere patriottico contemplato dal primo comma 
dell'art. 52 Cost. �, il che impQne di tenere distinte le rispettive sfere di 
applicazione. In particolare, mentre il dovere di difesa � inderogabile, 
nel senso che nessuna legge potrebbe farlo venir meno, il servizio militare 
� obbligatorio � nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge �, purch�, 
ovviamente, � non siano violati altri precetti costituzionali �. 

La legge che, con il dare riconoscimento e, quindi, ingresso all'obiezione 
di coscienza, ha previsto per gli obbligati alla leva la possibilit� 
di venire ammessi aprestare, in luogo del servizio militare armato, servizio 
militare non arm�to o servizio sostitutivo civile, non si traduce 
assolutamente in una deroga al dovere di difesa della ��Patria, ben suscettibile 
di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti 
di impegno sociale m;m armato. 

Quanto ai rapporti con il servizio militare obbligatorio -problema 
qui non posto a causa dell'equivoco gi� sottolineato -il fatto che sia 
stata demandata al legislatore ordinario la determinazione dei modi e 
dei limiti del relativo obbligo, owiamente nel rispett~ degli altri precetti 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

706 

�costituzionali, consente di affermare che, a determinate �condizioni, il 
servizio militare armato pu� essere sostituito con altre prestazioni personali 
di portata equivalente, riconducibili anch'esse all'idea di difesa 
della Patria. (omissis) 

Con le altre nove ordinanze in epigrafe il T.A.R. del Piemonte porta 
al vaglio di questa Corte l'art. 3, secondo comma, della legge 15 dicembre 
1972, n. 772, per .contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. 
Pi� precisamente, dalla motivazione delle ordinanze, in definitiva 
sempre la stessa, si ricava che il comma in discussione ( � Il Ministro decide 
entro sei mesi dalla presentazione della domanda�) viene denunciato 
� a causa della mancata prefissione di un termine perentorio per 
decidere sulla domanda di �cui all'art. 2 della stessa legge "� Quanto ai 
parametri invocati, dal confronto delle motivazioni si ricava cl�e anche le 
due ordinanze (r.o. nn. 357 e 358 del 1979), il cui dispositivo richiama il 
solo art. 3 Cost., contengono il passaggio argomentativo a seguito del 
quaile le altre sette (r.o. Dll1. da 849 a 855 del 1982) 'sono state .indotte a 
richiamare esplicitamente sia l'ari. 3 sia l'art. 97 Cost. Tutto questo comporta 
che si faccia luogo ad una trattazione unitaria. 
Le ordinanze prendono le mo~se dalla tesi difensiva -posta, ogni 
volta, ailla base del ricorso principale -staaldo alla quale il termine 
previsto dall'art. 3, secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. ,772, 
sarebbe �di natura perentoria�. Ma, poich� tale tesi viene disattesa attraverso 
un'articolata confutazione, al T.A.R. del Piemonte � n<5n resta che 
riconoscere al termine di cui' al 2� comma dell'art. 3 della legge n. 772 
del 1972 carattere ordinatario�. 
Da ci� l'insorgere dei dubbi di legittimit� costituzionale per il giudice 
a quo. Il carattere �ordinatario�, anzich�' �perentorio�, del termine in 
questione' implicherebbe, infa1.tti, per il cittadino soggetto agli obblighi 
di leva, ma contrario all'uso delle armi per motivi di coscienza, � il venir 
meno dell'imprescindibile garanzia � di non restare � per un periodo indeterminabile 
alla merc� di circostanze esterne in attesa di una decisione, 
imprevedibile anche� nel ' quando ', del Ministero della difesa in ordine 
all'accoglimento o meno � della sua domanda: con gravi ed irreparabili 
" pregiudizi... in un periodo decisivo della vita lavorativa del giovane �, 
posto � nella pratica impossibilit� di programmare in concreto le proprie 
scelte�. Questa libert� per l'Amministrazione di procrastinare illimitatamente 
le sue determinazioni, mentre, da un lato, potrebbe dare �dito 
persino a �comportamenti larvatamente vessatori � in conflitto con la 
esigenza di buon andamento ed imparzialit� degli uffici (art. 97 Cast.), 
dall'altro, e prima ancora, si troverebbe in contrasto con il princ1p10 
di eguaglianza, data la differenza riscontrabile con �gli altri obbligati 

i

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

alla leva�: la circostanza che questi siano in grado di conoscere tempestivamente 
il momento della chiamata alle armi fa apparire non rispettata 
�l'esigenza che a parit� di situazione di assoggettamento agli obblighi 
di leva corrisponda una parit� di trattamento in ordine all'effettiva 
prevedibilit� del momento della chiamata alla prestazione del servizio 
militare non armato o (del) servizio sostitutivo civile, rispetto al momento 
della chiamata alla prestazione del servizio militare armato �. 

Prin{a di individuare il tipo di pronuncia che le ordinanze di rimessione 
'mirerebbero ad ottenere. da questa Corte, qualora venisse accertata 
la violazione, da parte della norma sottoposta a vaglio di legittimit�, dei 
parametri costituzionali invocati, e, c01punque, prima di procedere a tale 
accertamento, occorre verificare se l'interpretazione data dal giudice a quo 
all'art. 3, secondo comma, della legge 15 picembre 1972, n. 772 -nel 
senso che chi fa domanda di ammissione al servizio sostitutivo civile 
resterebbe per un periodo indeterminabile alla merc� di circostanze 
esterne, con possibilit� per lAmministrazione di procrastinare ad _libitum 
~a propria determinazione -sia conforme all'attuale assetto normativo, 
quale risulta anche alla stregua del diritto vivente formatosi nella materia. 

La prima precisazione che si impone riguarda il significato da attribuire 
alla contrapposizione termine � perentorio � -termine � ordinatorio
�, ripetutamente utilizzata dal giudice a quo. Un'attenta lettura 
delle ordinanze di rimessione in tutti i loro passaggi argomentativi porta 
a ritenere che, al di l� della terminologia ivi adoperata, e al di l� del 
linguaggio comunemente usato dalla giurisprudenza amministrativa, la 
vera contrapposizione dovrebbe, pi� puntualmente, essere fondata sul 
prodursi o no di effetti giuridici in conseguenza dell'inosservanza del termine 
preordinato alla decisione d� un'istanza rispetto alla quale l'Amministrazione 
abbia, come nella specie�, l'obbligo di provvedere. �Ordinatori 
� sarebbero, dunque, i termini la cui inosservanza non determina 
effetti; � perentori � sarebbero tutti gli altri, anche se va s�bito aggiunto 
che la variet� degli effetti alternativamente possibili richiede, a proposito 
di tale seconda categoria di termini, un'analisi pi� articolata. 

Basta quest'ultima osservazione per dimostrare come la tesi difensiva 
-avanzata in partenza dai ricorrenti al T.A.R. del Piemonte, nel 
senso che il termine di cui all'art. 3, secondo comma, della legge 15 dicembre 
1972, n. 772, sarebbe da considerare �perentorio�, perch�, in 
corrispondenza alla sua inosservanza, si verrebbe a configurare un'ipotesi 
di silenzio-accoglimento della domanda presentata -sia, prima ancora 
che errata, come ha rilevato il giudice a quo, concettualmente troppo 
riduttiva. 

Le stesse ordinanze di rimessione, dopo aver escluso che sia possibile 
-stante l'eccezionalit� e tassativit� di previsioni come quella di cui 


708 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'art. 12, secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (domanda 
presentata da chi, anteriormente all'entrata in vigore delila legge, sia stato 
imputato o condannato per reato militare determinato da obiezioni di 

!~

coscienza) -ricavare un'ipotesi implicita di silenzio-accoglimento, si sono 

date carico di ventilare altre ipotesi di effetti ricollegabili all'inosservanza 
del termine in esame, soffermandosi, in particolare, sia sull'ipotizzabilit� 
della formazione immediata di un silenzio-rifiuto, tale da legit� 
timare l'interessato ad adire le vie giurisdizionali non appena scaduto 
il termine stesso (soluzione anch'essa scartata in mancanza di un principio 
generale al riguardo), sia sull'eventualit� di una decadenza del potere 
ministeriale di pronunciarsi sulla 'domanda una volta decorsi i sei 
mesi. (soluzione ritenuta incompatibile con la presenza di una disposizione 
quale il {erzo comma� dell'art. 3: �La pr�sentazione alle armi � 
sospesa sino a quando il Ministro per la difesa non si sia pronunciato 
sulla qomanda �). 

A questo punto, il fatto che, soltanto dopo l'esclusione di� ben tre 
alternative, le ordinanze siano giunte a concludere per "l' � ordinariet� � 
del termine, elevando nel contempo a problema di costituzionalit� �la 
mancata prefissi�ne di un termine perentorio �, potrebbe condurre a. 
dubitare dell'ammissibilit� della questione: le varie possibili soluzioni 
sottostanti alla generica qualifica di termine � perentorio � sembrerebbero, 
infatti, riservare ogni opzione alla discrezionalit� del legislatore, 
tanto pi� che l'attribuire un significato piutt�sto che un altro al silenzio 
dell'Amministrazione presuppone sempre una scelt� di politica legislativa. 
Ma una lacuna nella panoramica che degli effetti potenzialmente ricollegabili 
all'inosservanza del termine previsto dall'art. 3, secondo comma, 
della legge 15 dicembre 1972, n. 772, il giudice a quo ha cercato di delineare, 
porta a disattendere la conclusione dallo stesso raggiunta nel 
senso � dell' � ordinariet� � di tale termine. Il tutto alla stregua di una 
giurisprudenza amministrativa ormai consolidata, �he ritiene utilizzabile, 
anche con riguardo al procedimento di ammissione al servizio sostitu� 
tivo civile, il meccanismo, operante in via generale, dell'istanza-diffida 
ai fini della formazione del silenzio-rifiuto. Alla determinazione legale 
del termine di sei mesi viene cos� riconosciuto un duplice� effetto: da 
un lato, quello di impedire, nell'interesse del buon andamento degli uf. 
fici, che prima della scadenza di esso, l'amministrazione possa essere 
messa in mora ai fini dell� formazione del silenzio-rifiuto, e, dall'altro, 
quello di fissare il momento a partire dal quale il richiedente pu� s�bito 
attivare la procedura per la formazione del silenzio-rifiuto, onde ottenere 
entro una scadenza predeterminabile a breve l'accesso alla tutela giurisdizi6nale, 
per sentir dichiarare in sede ~ giudizio cognitorio l'obbligo 

I 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dell'amministrazione di decidere sull'istanza e, nel caso di persistente 
inerzia, per veder successivamente assumere in sede di giudizio di ottemperanza 
le necessarie misure coattive. 

Grazie all'esistenza di questa forma di-tutela, l'art. 3, secondo comma, 
della legge 15 dicembre 1972 n. 772, si sottrae alla doglianza posta 
a base delle ordinanze di rimessione. Proprio perch� il termine ivi p:revisto 
non pu� essere considerato meramente � ordinatorio �, prende consistenza 
l'asserto secondo cui chi si dichiara obiettore di coscienza resterebbe 
-a differenza degli altri obbligati alla leva -per un periodo indeterminabile 
alla m�rc� dell'Amministrazione, esposto al rischio di comportamenti 
vessatori. 

Naturalmente, non si pu� pretendere (n� le ordinanze di rimessione, 
ponendo l'accento soltanto sull';;issoluta indeterminabilit� del momento 
iniziale del servizio sostitutivo civile, lo pretendono) che l'invocata parit� 
nell'assoggettamento agli obblighi di leva comoorti una completa parit� 
con il servizio militare armato anche per quanto riguarda il momento 
iniziale del servizio. Sotto questo profilo, le situazioni a confronto non 
possono certamente dirsi omogenee, basate come sono, rispettivamente, 
sull'automatismo dell'avvio al servizio armato e sulla necessit� di una 
domanda motivata da parte dell'interessato per l'ammissione al servizio 
sostitutivo civile, domanda meramente eventuale e, quindi, non preventivabile. 
Una coincidenza nei momenti iniziali sarebbe possibile soltanto 
in un regime di altemativit� incondizionata tra i due tipi di servizio, 
ma una simile soluzione presupporrebbe necessariamente la facoltativit� 
del servizio militare armato, cui � di ostacolo l'art. 52, secondo 
comma, Cost. 

Ci� non toglie, � ovvio, che, di pari passo con la ricerca di soluzioni 
anche pratiche tendenti a realizzare equipollenza di contenuti tra i diversi 
tipi di servizio previsti per gli obbligati alla leva, ci si debba attendere 
una pi� puntuale applicazione� dell'art. 3, secondo comma, della 
legge 15 dicembre 1972, n. 772, onde circoscrivere al minimo indispensabile 
gli innegabili disagi connessi ad ogni prolungata attesa. Al superamento 
degli inconvenienti, che si sono veri,ficati e si verificano in concreto, 
dovrebbero dare sicuramente contributo positivo, oltre a:l progressivo 
assestamento delle varie componenti dell'istituto, sia l'impiego di 
strumenti organizzativi fortemente acceleratori quali l'informatica mette 
sempre pi� a disposizione, sia, una volta esaurito l'arretrato della fase 
transitoria, la piena operativit� della ricordata abrogazione della circolare 
che dal 1979 al-1984 aveva provocato un aumento abnorme nelle 
domande di ammissione al servizio sostitutivo civile, peraltro ancora 
non ben definito quanto a strutture e funzionamento. (omissis) 


710 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST�TO 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1985, n. 176 (ord. in cam. cons.) � 
Pres. Roehrssen -Rei. Saja -Ditta GORT ed altri e Consiglio dei 
Ministri. 

, Tributi erariali indiretti � Imposta sul valore 1;1gglunto � Riscossione provvisoria 
per un terzo dell'accertato � Legittimit� costituzionale. 
(Cost. artt. 3, 24 e 113; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 60). 

La garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale non postula 
la necessaria anticipazione dell'efficacia di una sentenza eventualmente 
favorevole attraverso la sospensione del provvedimento amministrativo 
esecutivo, ma comporta soltanto la concreta possibilit� della soddisfazione 
della giusta pretesa del contribuente, che � assicurata attraverso la 
successiva reintegrazione del suo patrimonio; non contrasta con gli 
artt. 3, 24 e 113 Cost. la. disposizione prescrivente la riscossione provvisoria, 
per un terza sulla ~ase dell'avviso, dell'I.V.A. dovuta dal contribuente. 

(omissis) Ritenuto che nel corso di due procedimenti iniziati con ri� 
corsi dell'impresa GORT e relativi ad accertamento per imposta sul 
v:alore aggiunto, la Commissione tributaria di primo grado di Modena, 
con ordinanze del 7 dicembre 1978, �motivate in modo identico, sollevava 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 60 d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 633 nella parte (secondo comma, n. 1) in cui esso dispone che, se il 
contribuente propone ricorso contro l'accertamento, il pagamento dell'imposta 
o della maggiore imposta dev'essere eseguito per un terzo 
dell'ammontare accertato dall'ufficio entro sessanta giorni dalla notificazione 
dell'avviso di accertamento; 
che secondo la Commissione la norma impugnata, in quanto sostanzialmente 
fondata sul principio del solve; et repete -gi� oggetto delle 

. . 

sentenze n. 21 e 79 del 1961 di questa Corte -sembrava� contrastare 
con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione; in queste due sentenze la Corte 
aveva ritenuto che il detto istituto -canonizzato negli artt. 6, secondo 
comma, legge n. 2248 del 1865 ali. E (sent. 21/1961), 149 r.d. n. 3269 del 
1923, 52, secondo comma, legge n. 762 del 1940, 24, terzo comma, legge 

n. 1424 del 1940 (sent. 79 del 1961) -contrastasse con l'art. 3 Cost. per 
la disparit� di trattamento fra contribuente in grado di pagare immediatamente 
e contribuente non abbiente, nonch� con gli artt. 24 e 113 Cost., 
in quanto menomava la tutela giurisdizionale dei cittadini; (omissis~ 
che l'art. 60 d.P.R. n. 633 del 1972, disponendo il pagamento graduale 
dell'imposta accertata nel corso del procedimento giurisdizionale, com'� 
manifesto, non pone alcuna coo.dizione di procedibilit� all'azione giudiziaria 
ma costituisce espressione. del principio della normale esecutorie



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 711 

t� dei provvedimenti amministrativi, la cui non contrariet� agli artt. 3, 
24 e 113 Cost. � stata espressamente affermata da questa Corte con le 
sentenze n. 21 del 1961 e n. 63 del 1982, nonch� con le ordinanze nn. 168 
e 367 del 1983; 

che nella sent. n. 63/1982 la Corte ha anche osservato come l'effettivit� 
della tutela giurisdizionale, di cui agli artt. 24 e 113 Cost., non postuli 
la necessaria anticipa2lione dell'efficacia di una sentenza eventualmente 
favorevole attraverso la sospensione del provvedimento amministrativo 
esecutivo, ma comporti soltanto la concreta possibilit� della soddisfazione 
della giusta pretesa del contribuente, che � assicurata attraverso 
la successiva reintegrazione del suo patrimonio. 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 191 (ord. in cam. cons.) -
Pres. Roehrssen � Est. Greco � s.a.s. Ursus Peroni. 

s.a.s. Ursus Peroni. 
Lavoro -Licenziamenti collettivi � Tutela giurisdizionale del singol� lavoratore 
-E' possibile. 

(Cost. artt. ~ e 24; 1. 15 luglio 1966 n. 604, art. 11). 

La disciplina legislativa del licenziamento collettivo non priva il lavoratore, 
da esso colpito, di tutela giurisdizionale, la quale pu� concre� 
tarsi a) nel sindacato sulla ricorrenza dei presupposti che hanno determinato 
il ricorso, da parte del datore ,di lavoro, alla procedura collettiva 
e la obiettivit� della scelta e b) nell'accertamento d.ella ricorrenza 
delle condizioni di efficacia del recesso (quali il decorso del termine fissato 
per l'esaurimento delle procedure di conciliazione previste dagli 
accordi collettivi) e nel controllo dell'osservanza da parte del datore di 
lavoro dci criteri fissati dai patti sindacali di categoria per la concreta 
selezione dei ,dipendenti da licenziare. 

Ritenuto che con l'ordinanza di rimessione di cui in epigrafe il Tribunale 
di Lodi ha rilevato che l'art. 11, secondo comma, della legge' 
15 luglio 1966, n. 604, escludendo i licenziamenti collettivi dalla disciplina 
dettata per i licenziamenti individuali, nega il diritto dei lavoratori licenziati 
collettivamente di ottenere l'accertamento giurisdizionale della illegittimit� 
del licenziamento per violazione dei criteri di scelta del personale 
da licenziare stabiliti dall'art. 2 dell'accordo interconfederale 
20 dicembre 1950 (reso efficace erga omnes con d.P.R. 14 luglio 1960, 

n. 1019) e dell'accordo interconfederale 5 maggio 1965 e ne ha quindi denunciata 
la illegittimit� costituzionale in quanto viola l'art. 24 Cost. 
perch� l'impossibilit� del lavoratore collettivamente licenziato di far 

712 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

valere in giudizio qualsiasi conseguenza della mancata osservanza dei 
criteri di scelta di cui alfa normazione collettiva, costitui,sce lesione del 
diritto di difesa costituzionalmente garantito e l'art. 3 Cost. pe~ch� ai lavoratori 
collettivamente licenziati � riservato ingiustamente un trattamento 
deteriore rispetto a quello fatto ai lavoratori colpiti da licenziamenti 
rindividuali. 

Considerato che la denuncia non riguarda e non poteva riguardare 
gli accordi interconfederali che dettano i criteri per la scelta dei lavoratori 
da colpire con il licenziamento collettivo, e propriamente l'art. 2 
dell'accordo interconfederale 5 maggio 1965 siccome di natura contrattuale; 


che, in sostanza si chiede alla� Corte, con l'abrogazione dell'art. 11, 
legge n. 604 del 1966, di sostituire alla disciplina apprestata dal legislatore 
per ri licenziamenti coHettivi quello previsto dallo 'Stesso legislatore 
rper i licenziamenti indivriduali; 

che l'invocato sindacato verrebbe a colpire una scelta discrezionale 
operata dal legislatore, scelta, peraltro, razionale e giustificata dalla 
diversit� delle fattispecie e dalla diversit� degli interessi regolati; 

che secondo quanto costantemente ritenuto da questa Corte (sent. 

n. 63/82), � consentito, in materia processuale, stabilire procedure differenziate 
in quanto la tutela giurisdizionale ben pu� diversificarsi in relazione 
alle varie situazioni sostanziali dedotte in giudizo; 
che, peraltro, secondo la pi� recente giurisprudenza dei Giudici di 
merito e della Corte di Cassazione, la disciplina legislativa dell'istituto, 
conforme, sia .pure in parte, alle direttive della Comunit� Economica 
Europea, non priva il lavoratore, colpito dal licenziamento collettivo, di 
tutela dinanzi al giudice ordinario; 

che detta tutela, ferma restando la incensurabilit� delle scelte tecniche 
e produttive dell'imprenditore, quale estrinsecazione della libert� 
di iniziativa economica garantitagli dalla Costituzione (art. 41), consiste: 
a) nel sindacato della ricorrenza dei presupposti che hanno determinato 
il ricorso, da parte del datore di lavoro, alla procedura collettiva e la 
obiettivit� della scelta con la conseguente possibilit� anche di una tutela 
ireale del lavoratore nel caso in cui, per difetto dei detti presupposti, il 
licenziamento deve qualificarsi come individuale; b) nell'accertamento 
della ricorrenza delle condizioni di efficacia def recesso (quali il decorso 
del termine fissato per l'esaurimento delle procedure di conciliazione 
previste dagli accordi collettivi) e nel controllo dell'osservanza da 
parte del datore di lavoro dei criteri fissati dai patti sindacali di categoria 
per la concreta selezione dei dipendenti da licenziare (hl cui rispetto, se 
contestato, i:1 datore di Javoro ha l'onere di dimostrare) con la conse



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

guenza, :nel caso di inosservanza da parte del datore di lavoro di dette 
regole, dell:obbligo Tisardtorio, dovendosi il 1recesso considerare illecito; 

che, pertanto, la sollevata questione di legittimit� costituzionale � 
manifestamente infondata. 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1985, n. 198 -Pres. Roehrssen -Rel. 
Saja -Soc. Condotte d'acqua e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. 
Stato Onufrio). 

Lavoro � Inde:llnit� di anzianit� -Differenza di trattamento tra impiegati 
ed operai -Legittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 3; I. 18 dicembre 1960 n. 1561, art. 1}. 

E' dubbio che il carattere retributivo dell'indennit� di anzianit�, il 
quale costituiva l'indispensabile presupposto della disciplina differenziata, 
possa essere con certezza riferito anche all'attuale �trattamento di fine 
rapporto�; comunque, non contrastano con l'art. 3 .Cost. le disposizioni 
che, anteriormente al raggiungimento della completa parit� in proposito 
tra impiegati ed operai (31 dicembre 1989), prevedono un pi� favorevole 
trattamento per gli impiegati. 

L'ordinanza di rimessione dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 
1 I. 18 dicembre 1960 n. 1561, il quale dispone che l'indennit� di 
anzianit� spettante agli impiegati privati deve essere corrisposta in misura 
non inferiore all'importo di tante mensilit� di retribuzione per 
quanti� sono gli anni di servizio pre~tati. 

Secondo il giudice a quo, detta norma sarebbe in contrasto con il 
principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, Cost, in quanto 
la sua previsione � limitata agli impiegati e non comprende anche gli 
operai, nei cui confronti � quindi possibile un trattamento meno favorevole 
in base a una speciale disposizione di legge ovvero per effetto di 
una contrattazione collettiva o individuale. (omissis) 

In realt�, la fattispecie del giudizio a quo � analoga a quelle esaminate 
con le richiamate decisioni (n. 18 del 1974, n. 117 del 1976) perch� 
si tratta di indennit� di anzianit� fissata in un contratto collettivo in 
misura diversa per gli operai rispetto a quella stabilita per gli impiegati 
dalla legge n. 1561 del 1960, sicch� valgono le medesime considerazioni 
contenute nelle decisioni stesse (si veda pure la cit. sent. n. 136 del 
1984, in motivazione) per escludere la denunziata violazione della norma 
costituzionale. 

N� in proposito pu� influire l'equipaira2lione �tra operai e impiegati 
accolta, quanto al trattamento di fine rapporto, dalla cit. 1. n. 297 del 


RASSE<!NA D�u.'AWOCATURA DELLO STATO 

114 


.1982, la quale appunto nell'art. 4, quarto comma, ha stabilito una com


pleta parit� tra le due categorie, ma graduandola nel tempo, in modo 

che essa verr� a realizzarsi integralmente con il 31 dicembre 1989 (ar


ticolo 5, quinto comma). 

Invero la recente attuazione della detta equiparazione, avvenuta con 

la citata legge del 1982, non pu� avere incidenza su una normativa che 

la precede di oltre un ventennio, in quanto l'innovazione � conseguente 

alla natura della materia, soggetta a continua evoluzione per il soprav


venire di nuove concezioni economico-sociali e di tecniche diverse, di 

cui il legislatore tiene conto seguendone le linee di sviluppo ed appor


tando correlativamente le conseguenti modificazioni normative: e qui in 

particolare va osservato come la discriminazione tra operai e impiegati 

sia diventata con il tempo sempre pi� labile e incerta, sicch� razional


mente il legislatore -in corrisp~ndenza anche alle richieste delle orga. 
nizzazioni sindacali -non l'ha ritenuta pi� idonea a fornire un valido 
criterio discriminante nella materia in cui si tratta. 

Inoltre � dubbio che il carattere retributivo dell'indennit� di anzia


nit�, il q�ale costituiva, come si � detto, l'indispensabile presupposto 

della ricordata disciplina differenziata, possa essere con certezza riferito 

anche all'attuale �-trattamento�, congegnato in maniera affatto diversa, s� 

da indurre parte della dottrina a formulare. nuove e diverse teorie sulla 

sua natura giuridica. Pertanto � da ritenere che, anche sotto questo pro


filo, la richiesta equipara?:ione potrebbe collegarsi nel nuovo assetto nor


mativo ad un presupposto logico-giuridico non riscontrabile nella prece


dente legislazione. 

CORTE COSTITUZIONALE, lS luglio 1985, n. 201 -Pres. e Rel. :Roehrssen Regione 
Veneto (avv. Pancino e Viola) e Presidente Consiglio' dei Ministri 
(avv. Stato Ferri). 

Regioni � Conservazione del suolo � Vincolo idrogeologico � Lavori minerari 
� Autorizzazione dell'autorit� forestale � Necessit� 

Nei territori soggetti a vinco.lo idrogeologico i lavori conseguel'!-ti alla 
concessione mineraria non possono essere eseguiti ove manchi l'autorizzazione 
dell'autorit� forestale (regionale), alla quale non pu� sostituirsi 
quella mineraria (statale). 

Il ricorso della regione Veneto � fondato e deve, quindi, essere ac� 
tolto. Con l'impugnato provvedimento del 22 gennaio 1983 l'ingegnere 
capo del distretto minerario di Padova ha ordinato al titolare di una 
concessione mineraria sita in zona sottoposta a vincolo idrogeologico 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

715 

di dare inizio ai lavori minerari conseguenti alla detta concessione, nelpresupposto 
che la zona medesima fosse ormai esente -dal vincolo stesso� 
in quanto i competenti uffici della Regione Veneto non si erano espressi 
su una richiesta all'uopo presentata dal concessionario nei termini di 
legge. 

Ci� premesso, il collegio deve ricordare che l'art. 1 del r.d. 30 di� 
cembre 1923, n. 3627 (�Riordinamento e riforma della legislazione in 
materia di boschi e terreni montani�), stabilisce che sono soggetti a 
vincolo idrogeologico i terreni di qualsiasi natura e destinazione che per , 
effetto di forma di utilizzazione contrastante con il disposto dei succes� 
sivi. artt. 7, 8 e 9 possono, con danno pubblico, subire denudazioni, per� 
dere la stabilit� o turbare il regime delle acque. 

L'art. 7 (che maggiormente interessa nel caso di specie), a sua volta, 
stabilisce che nei terreni vincolati a norma dell'art. 1 la trasformazione 
dei boschi in altra qualit� di coltura o la trasformazione dei terreni 
solidi in terreni soggetti a periodica lavorazione sono subordinati ad auto. 
rizzazione della Camera di commercio... ed alle modalit� da questa pre. 
scritte per prevenire i danni dei quali � cenno nell'art. 1. 

Come � noto, si tr-atta di una legislazione di particolare importanza 
data la configuraziO!lle idrogeologica del nostro Paese: es,sa ha lo scopo 
di prevenire i� gravi danni ch� posso:r:io agevolmente verificarsi come con�. 
seguenza di utilizzazioni indiscriminate e non controllate di terreni che 
si trovino in particolari condizioni naturali. Per questo motivo la legge 
da un lato ha imposto la individuazione delle zone nelle quali � possi� 
bile il verificarsi di gravi conseguenze per effetto delle loro utilizzazioni 
e dall'altro, pur non vietando totalmente la utilizzazione, l'ha sottoposta 
al controllo tecnico della autorit� competente, che ormai, per effetto del 
disposto dell'art. 69, quarto comma,� del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 _� la 
Regione._ 

Sulla base di quest'ultima disposizione la :Regione Veneto ha promul� 

gato la legge regionale 13 settembre l978, n. 52, la quale nell'art. 2 stabi� 

lisce che nel suo territorio si applica senz'altro il titolo I del predetto 

r.d. 
del 1923, n. 3267. 
D'altro canto la giurisprudenza amministrativa ha avuto pi� volte 
modo di affermare che nelle zone nelle quali opera il vincolo idrogeolo. 
gico l'aut�rizzazione di cui �al citato art. 7 occorre per qualsiasi trasfor� 
mazione del suolo (ivi comprese la edificazione ed i lavori conseguenti 
alla attuazione delle concessioni minerarie), dato che si tratta di lavori 
i quali per fa loro natura sono capaci di arrecare ai terreni danni ana� 
loghi o peggiori di quelli conseguenti alle modifiche colturali alle quali 
ie norme in esame espressamente si riferiscono. 
Nello spirito di questa giurisprudenza si muove ora l'art. 4 della 
citata legge regionale veneta n. 52 del 1978, la quale ha precisato che nel� 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

716 

l'ambito del disposto dell'art. 7 del r.d. n. 3267 rientrano non soltanto 
le trasformazioni indicate nello stesso art. 7, ma pi� in generale �il mutamento 
permanente di destinazione dei terreni vincolati �. E perci� nessoo 
dubbio pu� sussistere, per il caso di specie, dopo l'intervento di 
detta legge regionale. 

La stessa giurisprudenza ha altres� precisato, per, quel che attiene 
ai rapporti fra l'atto amministrativo che ha ad oggetto i lavori che comportano 
trasformazione (licenza o concessione edilizia, concessione mineraria, 
ecc.) e la autorizzazione delle autorit� forestali, che questa seconda 
non incide sulla legittimit� della concessione mineraria (la quale, quindi, 
� legittima anche se quella autorizzazione manchi), ma incide sulla liceit� 
della utilizzazione della miniera: nei territori soggetti a vincolo idrogeologico, 
cio�, i lavori conseguenti alla concessione mineraria� non possono 
essere eseguiti ove manchi l'autorizzazione dell'autorit� forestale, alla 
quale, ovviamente, non pu� sostituirsi quella mineraria. 

Questa giurisprudenza, ad avviso della Corte, appare del tutto rispondente 
alla final.it� delle disposizioni legislative che sono state ricordate, 
anche se merita osservare che sarebbe opportuno, soprattutto dopo che 
le attribuzioni della materia forestale sono state trasferite alle Regioni 
(per cui si pongono in essere, oggi rapporti non pi� fra organi del medesimo 
soggetto ma. fra lo Stato e le Regioni) un intervento del legislatore 
atto a porre in essere le norme occorrenti per raccordare le diverse com, 
petenze ed evitare inconvenienti del genere di quello verificatosi nel caso 
che ha dato luogo al presente conflitto di attribuzioni e cio� nello spirito 
delle sentenze di questa Corte n. 223 del 1984 e n. 239 del 1982. 

Da queste premesse si � sicuramente discostato il capo del distretto 
minerario di Padova con il provvedimento impugnato, da un lato dando 
preminente rilievo all'interesse minerario (mentre invece � preminente 
l'interesse connesso alla situazione dei luoghi ed al mantenimento del loro 
assetto, che pu� essere anche gravemente turbato dai lavori che incidono 
profondamente sulla situazione stessa) e dall'altro -il che maggiormente 
conta ai fini del presente giudizio -negando qualsiasi valore all'intervento 
dell'autorit� forestale regionale, da manifestarsi nella forma 
dell'autorizzazione: in tal modo quell'organo ha disconosciuto i poteri 
spettanti alla Regione e questa in realt� esercita una vera vindic.tio 
potestatis. (omissis) 

p.q.m. 
dichiara che spetta alla regione Veneto il potere di autorizzazione 
alla esecuzione dei lavori per lo sfruttamento delle miniere esistenti nella 
Regione laddove gi� sia stato imposto il vincolo idrogeologico; �annulla; 
per l'effetto, il provvedimento dell'ingegnere capo del distretto minerario 
di Padova. (omissis) 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITuZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1985, n. 202 -. Pres. Roehrssen -Rel. 

Conso -Maxia (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. 

gen. Stato Carafa). 

Procedimento penale -Pluralit� di imputati � Istruzione sommarla � Ri� 
chiesta di proscioglimento � Reiezione e prosecuzione in via formale 
contro tutti gli imputati. 

(Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen., art. 395). 

La problematica dei � tempi processuali�, recepita all'interno della 
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo quale� 
aspetto del �giusto processo�, non trova eco nella Carta costituzionale, 
se si eccettua la particolare previsione dell'art. 13, quinto comma, il quale 
impone alla legge di stabilire � i limiti massimi di carcerazione preventiva
�, senza affatto preoccuparsi dei tempi processuali allorch� l'imputato 
si trovi comunque a piede libero; nemmeno l'art. 24, secondo comma, 
della Costituzione pu�, quindi, essere utilmente invocato in proposito. 
D'altro canto, lo stretto rapporto intercorrente tra l'art. 152, primo comma, 
cod. prpc. pen., norma di portata generalissima, autentico principiobase 
dell'ordinamento processuale penale, e le altre specifiche norme che, 
fase per fase, il legislatore detta per le sentenze di proscioglimento (anche 
l'art. 395, primo comma, � una tipica norma di parte speciale, non certo 
derogativa, ma semplicemente integrativa rispetto alla norma generale), 
non permette di considerare le singole previsioni di parte speciale quali 
entit� sottratte alle incidenze derivanti dalle prescrizioni di carattere 
generale. 

(omissis) Come sottolinea il dispositivo dell'ordinanza in esame, il 
Giudice istruttore del Tribunale di Lanusei porta al vaglio di questa 
Corte l'art. 395, primo comma, del codice di procedura penale non nella 
sua interezza, ma � nei limiti di cui alla motivazione �. Pi� precisamen,te, 
dai passaggi argomentativi dell'ordinanza si ricava con chiarezza che i 
dubbi di legittimit� investono il primo comma dell'art. 395 del codice 
di procedura penale � nella parte in cui dispone che il G. I., ove non accolga 
la richiesta del P. M. di proscioglimento (rectius, tutte le richieste 
di proscioglimento avanzate dal pubblico ministero), debba proseguire 
l'istruttoria in, via formale contro tutti gli imputati, precludendogli la 
possibilit� di prosciogliere immediatamente quegli altri imputati, relativamente 
ai quali lo stesso Giudice, invece, ritenga di aderire alla richiesta 
del P.M. �. (omissis) 

L'Avvocatura Generale dello Stato ha concluso per la non fondatezza 
di entrambe le questioni, sostenendo che dal giudice a quo non sarebbe 
� stata correttamente interpretata la norma � oggetto del giudizio di 
legittimit�. L'art. 395, primo comma, del codice di proceduta penale tro



RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO

718 

verebbe, infatti, applicazione nei soli casi in cui pi� persone siano imputate 
dello stesso reato e, quindi, non anche nei casi in cui pi� persone 
siano imputate di reati diversi, come nella fattispecie concreta, dove 
una persona � imputata di tentato omicidio e l'altra di favoreggiamento. 
Conseguentemente, in ipotesi del genere, l'art. 395, primo comma, non 
vieterebbe al giudice istruttore di accogliere quella tra le richieste di 
proscioglimento sulla quale soltanto ritenesse di convenire. Ma, pur non 
m~c;:ando voci favorevoli a tale interpretazione restrittiva, essa, in assenza 
di un diritto vivente nel senso suggerito dall'Avvocatura dello Stato, 
non pu� essere sovrapposta all'interpretazione accolta dall'ordinanza di 
rimessione, che �, per �giunta, la pi� aderente alla lettera della legge. 

(omissis) 

Poich�, per il giudice a quo, a manifestarsi � preminente >> sarebbe 
il contrasto con il diritto di difesa, l'analisi deve prendere le mosse dalla 
questione incentrata sulla violazione dell'art. 24, secondo comma, della 
Costituzione. L'art. 395, primo comma, del codice di procedura penale, 
procrastinando per un imputato la declaratoria di non doversi procedere, 
di per s� gi� matura, �all'esito di tutta la istruzione formale ... nei 
confronti di tutti gli altri imputati�, lederebbe il diritto .di difesa, che 
�pu�, anzi, deve essere inteso anche come diritto dell'imputato ad avere 
prontamente ed in tempo ragionevole dichiarata la propria innocenza 
appena se ne� verifichino le condizioni che la evidenzian? �. 

La questione non � fondata. Prima ancora di verificare quale sia 

la corretta interpretazione della normativa in esame, non si pu� non 

mettere in rilievo . -come, ancora di recente, ha puntualizzato un'auto


revole dottrina -che la problematica dei �tempi processuali�, recepita 

all'interno della Convenzione europea per la salvaguardia de! diritti del-� 

l'uomo quale aspetto del � giusto processo �, non trova eco nella Carta 

costituzionale, se si eccettua la particolare previsione dell'art. 13, quinto 

comma, il quale impone alla legge di stabilire � i limiti massimi di car


cerazione preventiva�, senza affatto preoccuparsi dei tempi processuali 

allorc4� l'imputato si trovi comunque a piede libero; nemmeno l'art. 24, 

secondq comma, della Costituzione pu�, quindi essere utilmente invocato 

in proposito. 

Quanto alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'ordinanza di 

rimessione la ravvisa nella � ingiustificata � disparit� di trattamento fra 

situazioni identiche, quali �la situazione del coimputato reputato pro


scioglibile dall'organo requirente e dall'organo giudicante ... nell'ipotesi 

in cui il G. I. accoglie la richiesta del P. M. di proscioglimento anche degli 

altri .imputati e nell' ... ipotesi in cui il G. I. non ac�oglie la richiesta di 

proscioglimento degli altri imputati �. In entrambe le ipotesi pubblico 

ministero e giudice istruttore � convengono sul proscioglimento di quel


l'imputato: ma mentre nel primo caso il G. I. pu� pronunciare pronta




PARm I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE� 

mente la sentenza cli proscioglimento, nell'altro caso tale potere gli � 
precluso, dovendo, illvece, disporre l'istruzione formale anche nei confronti 
dello stesso, c�llegando pertanto la legge il destino processuale di 
tale imputato al parametro instabile della posizione degli altri i:riiputati �. 
In sintesi, l'� immediato proscioglimento di tale imputato dipender�, cli 
fatto, dalla ' fortuna ' di trovarsi coimputato con l'altra persona di cui 
si richiede e si accoglie il proscioglimento �. 

La questione non � fondata. In linea di principio, vi sarebbe da osservare 
come argomentazioni del genere verrebbero a coinvolgere, prima 
ancora dell'art. 395, primo comma, del codice di procedura penale, l'istituto 
della connessione complessivamente considerato (v., in proposito, 
le sentenze n. 130 del 1963 e n. 139 del 1971, concordi nel coglieriri un 
criterio fondamentale di attribuzione della competenza). Ma soffermarsi 
su prospettazioni cos~ generali risulterebbe ultroneo; del resto, � la. stessa 
ordinanza di rimessione a riconoscere <<l'esistenza di altra norma, che 
potrebbe in qualche modo eliminare� le conseguenze pi� specificamente 
lamentate. 

Tale norma viene individuata nell'art. 152, primo comma, del codice 
di procedura penale (ed un'altra potrebbe individuarsi, ricorrendone le 
condizioni, nell'art. 46, secondo comma, dello �stesso codice, su cui v. Ja gi� 
ricordata sentenza n. 139 del 1971), -anche se poi l'ordinanza di rimessione 
la ritiene insufficiente al fine di escludere l'incostituzionalit� del denunciato 
art. 395, primo comma, e ci� perch� -a parte il fatto che l'art. 152, 
primo comma, �� limita la declaratoria di non doversi procedere a determinate 
cause di non punibHit� � -:: l'esistenza di una .norma in grado di 
elimiilare le conseguenze di lilla . (( prospettata situazione di illegittimit� 
costituzionale, non pu� certamente sanare l'incostituzionalit� della norma � 
sottoposta a controllo di legittimit�. 

Nessuna delle due riserve � da condividere. Non lo � quella, pregiudiziale 
sotto il profilo della rilevaiiza, che fa riferimento al novero 
delle cause di non punibilit� che il giudice deve dichiarare d'ufficio con 
sentenza in ogni stato e grado del procedimento: il loro ambito, anche 
alla luce dell'evoluzione storica della normativa de qua (l'art. 120 del 
codice di procedura penale del 1865 limitava la declaratoria d'ufficio in 
qualunque stato della causa alle sole ipotesi di mancanza o remissione 
della querela; l'art. 134 del codice di procedura penale del 1913 l'aveva 
estesa alle ipotesi per le quali il giudice � riconosca che il fatto non costituisce 
reato, o che l'azione penale � estinta, o non pu� esser� promossa 

o prpseguita �; l'art. 152, pi-imo comma, del codice vigente vi ricomprende 
tutte le. ipotesi in cui il giudice � riconosce che il fatto non sussiste o 
che l'imputato non lo ha commesso, o che la legge non lo prevede come 
reato, o che il reato � estinto, o che l'azione non poteva. essere iniziata 
o proseguita�), appare tutt'altro che ridotto e, comunque, risulta com

720 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

prensivo -v. la sentenza di questa Corte n. 175 del 1971 -della causa 
di non punibilit� applicabile nella specie in base alla richiesta del pubblico 
ministero condivisa dal giudice istruttore. N� si pu� accogliere 
la tesi secondo cui l'esistenza di una norma, quale l'art. 152, primo 
comma, del codice di procedura pena~e, non vartebbe a � sanare � la 
pretesa incostituzionalit� dell'art. 395, primo comma, dello stesso codice: 
lo 'Strettb rapporto intercorrente tra l'art. 152, primo comma, norma 
di portata generalissima, autentico principio-base dell'ordinamento 
processuale penale, e le altre norme specifiche che, fase per fase, il 
Jegis~atore detta per le sentenze di proscioglimento (anche l'art. 395, primo 
comma, � una tipica norma di parte speciale, non certo derogativa, ma 
semplicemente integrativa rispetto alla norma generale), non permette 
di consi�lerare le singole previsioni di parte speciale quali �ntit� sottratte 
alle incidenze derivanti dalle prescrizioni di carattere generale. 

Come la Corte di cassazione ha recentemente ribadito, l'art. 152, primo 
comma, del codice di procedura penale legittima il giudice istruttore 
a dichiarare immediatamente -sia nel corso dell'istruzione formale sia � 
subito dopo la formalizzazione dell'istruttoria senza nemmeno dover 
compiere atti di istruzione -la sussistenza di una qualsiasi fra le cause 
di non punibilit� elencate nel suddetto comma, allorch� ne risultino 
chiaramente gli estremi e gli sia, quindi, possibile darne adeguata motivazione. 


La dottrina pi� impegnata sull'argomento ha, anzi, avuto modo di 
fornire un'esauriente . dimostrazione dell'assunto secondo cui l'art. 152, 
primo comma, esplica una concreta efficacia anticipatoria rispetto ai 
normali sviluppi del processo penale proprio nel settere dei procedimenti 
connessi, fornendo. al giudice uno strumento in grado di frazionarli 
a vantaggio dell'imputato per il quale sia possibile un epilogo pi� 
rapido che per gli altri. (omissis) � 

I 

CORT COSTITUZIONALE, 15 luglio 1985, n. 206 -Pres. Roehrsrsen . Rel. 
Corasaniti � Provincia di Bolzano (avv. Guarino, Coronas e Riz) e 
Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). 

Trentino-Alto Adige � Provincia di Bolzano � Convenzioni con la RAI per 
programmi in lingua tedesca e ladina � E' attribuzione statale. 

Poste e telecomunicazioni � Radiotelevisione � Assegnazione di radiofrequenze 
� E' attribuzione statale. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 721 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione -Mera astensione dall'eser


cizio. di potere statale � Non � invasiva . 

. . 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione � Atto di soggetto privato � 
Non pu� occasionare il conflitto. 

L'approvazione di convenzioni con la RAI per i programmi in lingua 
tedesca e ladina � attribuzione spettante non alla Provincia di Bolzano 
ma allo Stato,� quest'ultimo deve per� invitare il Presidente di detta 
Provincia ad intervenire alla relativa seduta del Consiglio dei Ministri (1). 

Spetta allo Stato e non alla Provincia di Bolzano assegnare le bande 
di radiofrequenza. 

Anche quando, configurandosi una competenza costituzionalmente 
garantita dall'autonomia regionale o provinciale rispetto al potere dello 
Stato, si presenti la necessit� di un'intesa (o di un � concordamento �) 
per evitare la interferenza di fatto tra le rispettive esplicazioni, o quando 
addirittura l'intesa (o il � concordamento �) costituisca lo strumento 
istituzionalmente previsto per l'esercizio coordinato delle due potest�, 
a dar vita a una lesione dell'autonomia garq.nitta non � sufficiente 
(da parte dello Stato) un diniego implicito o esplicito in ragione del solo 
suo contenuto negativo, vale a dire un comportamento o un atto, che 
si esaurisca nel mero esercizio (negativo) del potere statale. S pertanto 
inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla 
Provincia di Bolzano in relazione al rifiuto dello Stato di istituire una 
rete televisiva per la recezione di programmi esteri (2). 

E' inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto in 
relazione ad atto di un soggetto privato (nella specie,� la RAI) concessionario 
di pubblico servizio. 

(1) Riserve devono essere espresse sulla affermazione secondo la quale 
� questioni che riguardano la Provincia� (cli Bolzano) sarebbero ravvisabili anche 
laddove detta Provincia non �' attributaria di specifiche funzioni istituzionali. 
La � tutela delle minoranze linguistiche tedesca e ladina � non � finalit� che 
possa, in via generale ed indeterminata, assegnare a detta Provincia potest� o 
compiti non previsti da disposizioni costituzionali o legislative. N� va dimenti� 
cato che la Provincia di Bolzano � un ente territoriale (e non � di patrocinio �) 
che amministra una popolazione composta da tre (e non due) gruppi linguistici; 
per non parlare dei cittadini che rifiutano di riconoscersi in detti gruppi. 
(2) Di evidente esattezza l'affermazione testualmente riportata nella mas� 
sima; l'esercizio di una attribuzione della quale non � contestata la spettanza 
non pu� dar luogo a conflitto di attribuzione. 

722 RASSF.GNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1985, n. 207 -Pres. Roehrssen -Rel. 
Corasaniti -Provincia di Bolzano (avv. Coronas e Riz) e Presidente 

Consiglio dei Minis,tri (vice avv. gen. Stato Azzariti). 

Trentino-Alto Adige � Provincia di Bolzano -Servizio pubblico radiotele


visivo � Competenza generale ed esclusiva nell'ambito provinciale � 

Non sussiste. 

(Statuto T.A~A.. artt. 3, 8 e 16; d.l. 6 dicembre 1984, n. 807). 

, In materia di servizio pubblico radiotelevisivo, alla Provincia di Bol� 
zano non � attribuita una competenza generale ed esclusiva. 

I 

1. -Col primo dei cinque conflitti di attribuzione soll~vati dalla � 
Provincia di Bolzano, la Provincia sostiene che il d.P.R. 9 dicembre 1975, 
n. 860, recante approvazione ed esecuzione della convenzione intercorsa 
fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la RAI, relativamente ai 
programmi televisivi e radiofonici in lingua tedesca e radiofonici in lingua 
ladina per la Provincia di Bolzano, � invasivo delle sue competenze 
costituzionalmente garantite in materia di diffusioni radiotelevisive perch� 
tali competenze comprendono tutte le attribuzioni olim dello Stato 
nella detta materia, e quindi anche quella di concludere convenzioni come 
quella in argomento. 
Soggiunge che, in ogni caso, le suindicate competenze sono state 'lese: 
sia perch� la deliberazione del Consiglio dei ministri risulta adottata 
senza la partecipazione d�l Presidente della gi~ta di essa Provincia; sia 
perch� la convenzione approvata, distinguendo indebitamente (all'art. 3) 
fra progq1mmi � informativi � e programmi � artistici, culturali educa~ 
tivi e ricreativi�, richiama e fa salve le suindicate competenze solo per 
questi ultimi, e non anche, come avrebbe dovuto, per i programmi � informativi 
� (artt. 8, 9, 10 d. lv. C.P.S. n. 428 del 1947, richiamato dall'art. 7 
delle norme di attuazione dello statuto, e art. 8, n. 18, dello statuto in 
vigore concernente le competenze di essa Provincia in tema di � c<;>municazioni 
�). (omissis) 

Ci� posto, all'esame di tutte le censure � pregiudiziale l'individuazione 
della effettiva estensione delle competenze costituzionalmente garantite 
della Provincia di Bolzano in materia di �diffusioni radiotelevisive. E la 
individuazione va operata ovviamente -come postula la Provincia alla 
stregua del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante il testo unico delle I 

I 
I


I 


PARTB I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto 
Adige (decreto che, d'ora innanzi, sar� indicato col termine �statuto in 
vigore�) e del d.P.R. 1� novembre 1973, n. 691, recante norme di attuazione 
del detto statuto, nella parte concernente manifestazioni e attivit� 
artistiche, culturali ed educative locali e, � per la Provincia di Bolzano, 
anche con i mezzi radiotelevisivi� (decreto, che, d'ora innanzi, sar� indicato 
col termine �norme di attuazione�). (omissis) 

La Provincia fa leva sull'art. 8, nn. 18 e 19, dello statuto in vigore, 
attributivi ad essa Provincia di potest� legislativa (esclusiva) rispettiva-, 
mente: a~ su � usi e costumi locali ed istituzioni culturali (biblioteche, accademie, 
istituti, musei) aventi carattere provinciale; manifestazioni ed 
attivit� artistiche, culturali ed educative locali, e per la Provincia di Bolzano 
anche con i mezzi radiotelevisivi, esclusa la facolt� di impiantare 
stazioni radiotelevisive�; b) su �comunicazioni e trasporti di interesse 
provinciale, compresa la regolamentazione tecnica e gli impianti di funivia
�; e) su �assunzione diretta di servizi pubblici e foro gestione a 
mezzo di aziende speciali�; nonch� sull'art. 9, n. 11, dello statuto in vigore, 
attributivo ad essa Provincia di potest� legislativa su � attivit� sportive 
e ricreative �. Disposizioni tutte alle quali si correla l'art. 16 del detto 
statuto, che attribuisce nelle stesse materie alle Province le funzioni 
amministrative in precedenza es�rcitate dallo Stato. Si richiama altres� 
all'art. 7 delle norme di attuazione, nel quale si ribadisce che le attribuzioni 
(gi�) dello Stato in materia di � �nanifestazioni ed attivit� artistiche, 
culturali ed educative locali con i mezzi radiotelevisivi � sono 
ese1citate, nell'ambito del proprio territorio, dalla Provincia di Bolzano, 
precisandosi che �l'esercizio predetto riguarda, fra l'altro, le funzioni 
amministrative previste dagli artt. 8, 9 e 10 del decreto legislativo 3 aprile 
1947, n. 428 �. E ancora fa riferimento all'art. 10 delle stesse norme di 
attuazione, in cui si riconosce alla Provincia il potere di realizzare e di 
gestire una rete di ripetitori, :per la recezione e la ritrasmissione, nel 
territorio provinciale, di programmi diffusi da organismi radiotelevisivi 
esteri dell'area culturale tedesca e ladina, e, in connessione con tale 
potere, quello di concordare il piano tecnico della rete col Ministero 
delle poste e delle telecomunicazioni � anche al fine del coordinamento 
con gli altri servizi pubblici di telecomunicazione �, nonch� quello di 
utilizzare i collegamenti �l.isponibili della rete pubblica nazionale di telecomunicazioni 
del detto Ministero e dei sudi concessionari, e di acquisire 
impianti di privati per ristrutturarli e gestirli. 

Ora dalla sola, pur innegabile, molteplicit� delle attribuzioni come 
sopra elencate e garantite dallo statuto in vigore e dalle norme di attuazione 
non pu� desumersi -come argomenta la ricorrente -il riconoscimento 
.a su� favore di 'una competenza generale ed esclusiva come 
quella da essa rivendicata. ' 


124 RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DEU.0 STATO 

Vi si oppone anzitutto la constatazione che alla Provincia, con gli 
artt. 8, n. 4, dello statuto in vigore e 7 delle norme di attuazione sono 
assegnate nell'ambito del territorio provinciale, per quel che concerne 
il servizio pubblico delle diffusioni radiotelevisive in generale, le specifiche 
funzioni esercitate fino a quel momento dal Comitato istituito presso 
il Ministero dehle poste e delle telecomunicazioni con l'art. 8 del d. lv. 

C.P.S. 3 aprile 1947, n. 428 (decreto recante la normativa in materia di 
radiodiffusioni circolari previgente alla legge di riforma n. 103 del 1975), 
e cio� quelle concernenti � la determinazione delle direttive di massima 
culturali, artistiche educative, ecc. dei programmi di radiodiffusione � circolare 
(ovviamente estesa alle direttive dei programmi televisivi) e la 
vigilanza sulla loro attuazione. 
Laddove tutte le altre funzioni, cio� quella attinente alla vigilanza 
sulla diffusione di notizie e di programmi � informativi � e quella d'ordine 
tecnico, affidate dal detto decreto n. 428 del 1947 rispettivamente 
alla Commissione parlamentare con esso istituita (art. 9), avente appunto 
il compito � dell'alta vigilanza per assicurare l'indipendenza politica e 

IIl'obbiettivit� informativa delle radiodiffusioni �, e al Ministero delle 
poste e delle telecomunicazioni (art. 1), non risultano attribuite alla Provincia 
dalla norma statutaria e dalle norme di attuazione anzidette. Ci� 

I 

risulta inequivocabilmente, oltre che dal tenore letterale, come sopra 

I 

riprodotto, della norma statutaria e della norma di attuazione, dal 

I

puntuale richiamo fatto da quest'ultima ai soli artt. 8, 9 e 10 del decreto 
legislativo n. 428 del 1947, relativi al Comitato e non anche alla Commisif 
sione parlamentare. ,

,

Ma soprattutto l'individuazione cos� operata delle attribuzioni della 
~:' 
.

lProvincia in materia trova sostegno nella considerazione che esse hanno 
il loro referente costituzionale nella tutela dell'autogestione del patri. 
monio culturale delle minoranze linguistiche, tutela cui � coerente la m

I 
strutturazione delle dette attribuzioni quale componente strumentale di 
quelle pi� ampie riconosciute alla Provincia in tema di manifestazioni ed 
attivit� artistiche, culturali ed educative locali. E' in riferimento a tali 
pi� ampie attribuzioni (art. 8, n. 4, statuto in vigore e 7, comma primo; 
norme di attuazione) che v� intesa la precisazione delle norme di attuazione 
(art. 7, comma secondo) secondo la quale l'esercizio di esse comprende, 
� fra l'a1tro >>, le funzioni amministrative previste dagli artt. 8, 9 

�' 

e 10 del decreto legislativo n. 428 del 1947: non gi�, come pretende la 
Provincia, nel senso del carattere meramente esemplificativo del richiamo 
rispetto ad as,serite pi� estese attribuzioni in materia cU servizio pubblico 
radiotelevisivo. 

�N� offrono argomenti alla tesi della Provincia: 

a) la locuzione � comunicazioni e trasporti � contenuta nell'art. 8, 

n. 18, dello statuto in vigore (�'endiadi si riferisce chiaramente ai trasporti 

PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA .CX>SnTUZIONALB 

di persone o di cose, materia distinta anche in altri' statuti speciali e 
nelle relative norme di attuazione da quella stessa delle telecomunicazioni, 
e tanto pi� da quella delle diffusioni radiotelevisive: vedi art. 7 d.P.R. 17 
dicembre 1953, n. 1113, in ordine all'art. 17, lett. a), dello Statuto siciliano, 
recante analoga formulazione; vedi altres� art. 30 d.P.R. 30 giu~o 1951, 

n. 574, in ordine all'art. 4, n. 14, dello stesso statuto del. Trentino-Alto Adige 
26 febbraio 1948, n. 5, recante analoga formulazione); 
b) la locuzione �assunzione diretta di servizi pubblici�, contenuta 
nell'art. 8, n. 19, dello statuto in vigore (tali attribuzioni, attesa l'indeterminatezza 
dell'oggetto, non possono senz'altro estendersi a quelle, distintamente 
considerate dalla legislazione ordinaria e dalle stesse norme 
� statutarie e di attuazione, concernenti lo specifico servizio pubblico delle 

diffusioni circolari radiotelevisive); 

c) la locuzione � attivit� sportive e pcreative � contenuta 
nell'art. 9, n. 11, dello statuto in vigore (il riferimento sarebbe addirittura 
controproducente, se la nozione di attivit� ricreative potesse essere messa 
in connessione con quelle enunciate nell'art. 8, n. 4, dello statuto nel senso 
di una ricreativit� culturalmente qualificata; ma � solo non conferente, 
se la locuzione � interpretata, siccome � imposto dall'endiadi, quale ricreativit� 
mera o. sportiva, in relazione alla situazione ambientale). 

L'assetto dei rapporti fra Stato e Provincia cos� delineato sulla base 

dell'interpretaziorre diretta delle norme statutarie -ammesso che per illu


minarlo sia consentito fare riferimento alla legislazione ordinaria succes


siva -non risulta modificato a vantaggio della Provincia (come questa 

pretende) da ci�, che l'art. 4 della legge n. 103 del 1975 ha attribuito ad un 

unico organo la formulazione degli indirizzi generali per la predisposizione 

di tutti i programmi televisivi, vale a dire sia di quelli ricreativi, culturali 

ed educativi, sia di quelli informativi (cosicch� non vi sarebbe pi� ragi�ne 

di ritenere le competenze della Provincia limitate ai primi). Tale superiore 

compito � stato infatti riservato -nel quadro della scelta adottata per 

!!attuazione della garamia dei princ�pi costituzionali di obbiettivit�, im


parzialit� e completezza della pubblica informazione (v. sentenze di que


sta Corte nn. 59/601 225/74, 148/81), princ�pi ritenuti operanti anche relati


vamente ai programmi culturali e ricreativi -alla ristrutturata Commis


sione parlamentare, e non alla Provincia di Bolzano le cui competenze come 

sopra assegnate dalle norme statutarie, anche con riguardo ai programmi 

radiotelevisivi, sono peraltro preservate dalla stessa legge (art. 48), nella 

loro misura privilegiata rispetto a quella delle attribuzioni riconosciute a 

ogni altro centro di autonomia garantita. 

Che, poi, l'assetto suindicato -rientrante, malgrado il trattamento 

privilegiato fatto salvo alla Provincia di Bolzano, nell'orientamento nor


mativo favorevole allo Stato nei rapporti fra questo e l~ autonomie regio



726 RASSEGNA D�tl:.'AVVOCATURA DELLO STATO 

nali in tema di pubblica informazione (v. sentenza di questa Corte n. 94 
del 1977) -possa risentire conseguenze da un eventuale incremento della 
partecipazione di ogni autonomia regionale all'organizzazione e gestione 
del servizio pubblico radiotelevisivo, che sia compatibile con la garanzia 
dei princ�pi costituzionali dianzi ricordati, � prospettiva eccedente l'individuazione 
delle competenze come sopra costituzionalmente garantite dalla 
Provincia ad autonomia speciale di Bolzano, e quindi il presente conflitto. 

Per le ragioni esposte va di!sattesa la pi� radicale censura prospettata in 
.relazione alla stessa stipulazione della convenzione ad opera dello Stato, 
mentre, pur in presenza delle ragioni medesime, la pronuncia sulla censura 
prospettata in relazione al precetto espresso nell'art. 3 della convenzione � 
assorbita dalla statuizione che (come sar� detto fra poco) va resa sulla 
censura dedotta in relazione alla mancata partecipazione del Presidente 
della giunta provinciale alla deliberazione del Consiglio dei ministri, vale 
a dire al procedimento attinente alla formazione. dell'atto impugnato. 

A quest'ultimo proposito va anzitutto superato il dubbio, pur sollevato 
dal resistente, che il mancato ii:;itervento del Presidente della Provincia 
alla seduta del Consiglio dei ministri e, ancor prima, l'omesso invito 
nei suoi confronti ad intervenire -anche se in contrasto con l'art. 52 
dello statuto in vigore e con l'art. 19 del d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 49, 
recante norme di attuazione di esso in materia di organi della regione e 
delle Province di Trento e di Bolzano -diano vita a lesioni di autonomia 
costituzionalmente garantita, anzich�, in ipotesi, a mere illegittimit� procedimentali. 
Le due disposizioni ora richiamate -nel prescrivere rispettivamente 
la partecipazione e l'invito, a questa strumentale, suindicati' concorrono 
alla garanzia costituzionale delle competenze della Provincia 
di Bolzano. E pertanto l'inosservanza di esse pu� esser fatta valere come 
lesione delle dette competenze mediante il conflitto di attribuzione, indipendentemente 
dalla circostanza che, dal punto di vista morfologico o 
strutturale, l'inosservanza stessa si configuri anche come vizio del proce,
dimento (v. analogamente, rispetto all'art. 21 dello Statuto siciliano, le 
sentenze di questa Corte nn. 4/66 e 1/68). 

Nel merito � da rilevare che realmente ricorre l'inosservanza delle 
disposizioni in argomento. 

L'art. 52 dello statuto in vigore impone l'intervento del Presidente 
della Provincia alle sedute del Consiglio � quando si trattano questioni 
che riguardano la Provincia�; l'art. 19 delle norme di attuazione approvate 
col d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 49, precisa, al comma secondo e al I 
i 
~omma terzo, rispettivamente, che il detto Presidente � invitato alle 
sedute del Consiglio dei ministri quando questo � chiamato ad appro


I 

vare, fra l'altro, atti o provvedimenti che �riguardano� la� sfera di I 
attribuzioni della Provincia o a deliberare su argomenti che comportano l 

i I 

l'applicazione del principio della: tutela delle minoranze linguistiche tede-. 

I 

I 

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sca e ladina. Orbene non vi � dubbio che l'approvazione della convenzione 
relativa alla trasmissione, a cura del servizio pubblico delle diffusioni 
radiotelevisive concesso alla RAI, di programmi radiotelevisiV'i in lingua 
tedesca e radiofonici in lingua ladina, riguardi la sfera di attribuzioni 
della Provincia di Bolzano, anche se le competenze di questa, in materia 
di servizio pubblico radiotelevisivo, sono come sopra delimitate. N� vi 
� dubbio, d'altra parte, che l'approvazione della convenzione comporti 
l'applicazione del principio della tutela delle minoranze linguistiche tedesca 
e ladina. La lesio?e delle competenze costituzionalmente garantite 
della Provincia appare evidente ove si consideri che, come � stato sopra 
rilevato, tali competenze in materia di diffusione radiotelevisiva trovano 
il loro referente costituzionale nella tutela dell'autogestione del patrimonio 
culturale delle dette minoranze. 

Per questa parte il ricorso per conflitto di attribuzione va dunque 
accolto, dichiarandosi che non spetta allo Stato approvare la convenzione 
in argomento senza aver sollecitato la partecipazione, alla relativa deliberazione 
del Consiglio dei ministri, del Presidente della giunta provinciale 
di Bolzano, e annullandosi il decreto di approvazione emesso in 
mancanza di tale partecipazione. 

Con altri due dei cinque conflitti la Provincia di Bolzano denuncia, 
come invasiv-i delle sue competenze sopra indicate, rispettivamente il decr~
to del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni 3 dicembre 1976, 
recante l'approvazione del piano nazionale delle radiofrequenze e il 
decreto dello stesso Ministero 31 gennaio 1983, recante l'approvazione di 
un nuovo piano nazionale di ripartizione delle radiofrequenze. 

Con i rispettivi ricorsi la Provincia sostanzialmente deduce che ciascuno 
dei decreti impugnati, attribuendo al Ministero delle poste, quale 
utilizzatore per la concessione di pubblici servizi, ma con salvezza della 
possibilit� di assegnazione a privati, una serie di bande di frequenza notoriamente 
usate in atto dalle emittenti locali, e comunque riservando 
al Ministero l'assegnazione delle bande di frequenza nell'intero territorio 
nazionale, lede le attribuzioni funzionali spettanti ad essa Provincia, 
per il proprio territorio, in tema di � attivit� locali con mezzi radiotelevisivi
�, attribuzioni da ritenere comprensive del potere di assegnazione 
delle frequenze. (omissis) 

Nel merito � da rilevare che la Provincia ricorrente formula le proprie 
censure soprattutto in riferimento alla stessa competenza generale 
in materia di diffusioni radiotele~isive -sostitutiva, di quella dello Stato 
nell'ambito del territorio proviinciale -da essa Provincia rivendicata con 
il conflitto sollevato in ordine al d.P.R. 9 diq:mbre 1975, n. 860, sopra 
esaminato, e sulla base delle stesse norme statutarie e di attuazione ivi 
invocate. 


728 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Negata per ile ragioni sopra esposte quella competenza generale, la 

questione si riduce a stabilire se una competenza specifica della Pro. 
vincia di disporre in materia di assegnazione delle bande di frequenza 
�nell'ambito del suo territorio possa trovare almeno un principo di giustificazione 
nell'unica norma indicata dalla ricorrente che abbia attinenza 
a funzioni concernenti gli strumenti tecnici del:Ia diffusione radiotele


visiva: i'art. 8 delle norme di attuazione. 

Senonch� la detta norma si limita a stabilire che la commissione 
istituita con l'art. 2 del d. lv. C.P.S. n. 428 del 1947 presso ogni sede di 
singola stazione trasmittente circolare sia composta, per la sede RAI 
di Bolzano, in un certo modo (oio� da!l presidente e da tre membri designati 
dal consiglio regionale di cui uno di lingua italiana, uno di lingua 
tedesca e uno di lingua ladina). Ma non innova affatto rispetto al cennato 
art. 2, al quale;: anzi per questa parte si riporta interamente, circa i compiti. 
della commissione, che sono quelli della vigilanza tecnica sugli impianti 
e sui servizi delle radiodiffusioni circolari con facolt� di proporre 
al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni modifiche e miglioramenti. 
Sulla base dell'invocata norma di attuazione (art. 8) l'indicata 
commissione in Bolzano non si sostituisce, dunque, neppure nell'ambito 
locale, al Ministero de1le poste e delle telecomUiilicazioni, nelle numerose 
ed ampie funzioni d'ordine tecnico ad esso attribuite dall'art. 1 del 
d.... iv. C.P.S. n. 428 del 1947, Ministero al quale la commiss.ione in Bolzano 
ha solo la facolt� di formulare proposte, al pari delle altre commissioni. 


Del resto, mentre non vi � motivo di Titenere Cihe la commissione in 
parola sia investita, sia pure in ambito locale, del governo tecnico dell'etere, 
� da rilevare che ancor prima dell'espressa attribuzione -operata 
dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, modificativo dell'art. 183 
del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (nuovo codice postale) -del potere di 
assegnazione delle frequenze radioelettriche, il detto governo, -se inteso 
come potere di intervenire allo scopo di assicurare la. compatibilit� reciproca 
non solo fra le radiodiffusioni circolari ma fra tutte le forme di 
servizio radiotelettrico, spettava al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni 
ai sensi dell'art. l, comma quarto, del d. lv. C.P.S. n. 428 
del 1947 pi� volte richiamato, ed � addirittura chiaramente presupposto, 
anche in riferimento alle diffusioni radiotelevisive, dallo stesso art. 10 
delle norme di attuazione, cio� da uno degli elementi principali del complesso 
normativo, da cui la Provincia ~corrente afferma di ripetere le 
proprie competenze. L'art. 10 del d.P.R. 1� novembre 1973, n. 691, infatti, 
prescrive (comma secondo) che il piano tecnico della rete di ripetitori, 
che la Provincia � autorizzata a realizzare per la ritrasmissione di programmi 
esteri provenienti dall'area culturale tedesca e ladina, sia concordato 
col Ministero delle poste e delle telecomunicazioni � anche al fine 



PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

del -coordinamento con gli altri servizi pubblici di telecomunicazione � 
(vale a dire, nel contesto, al fine di rendere possibile al Ministero di assicurarne 
la reciproca compatibilit�). N� ci� � contraddetto dalla previsione, 
ad opera dello stesso art. 10 (comma terzo), che la Provincia pu�, nell'esercizio 
della propria rete, utilizzare i collegamenti della rete pubblica 
nazionale che siano disponibili, perch� l'utilizzazione in discorso presuppone 
un giudizio di disponibilit� che solo il Mmistero pu� dare, ovviamente 
tenendo conto della compatibilit� suindicata. 

Non � senza ragione, d'altronde, che questa Corte, con la sentenza 

n. 202/76, nel porsi il problema della compatibilit� fra servizio delle 
radiotelevisioni circolari nell'intero territorio dello Stato ed emittenza 
rprivata circolare nell.'�ambito locale, ha affemnato che il problema va risolto 
mediante l'attribuzione a un organo dell'amministrazione centrale dello 
Stato del potere di � provvedere all'assegnazione delle frequenze e all'effettuazione 
dei relativi controlli�, ed ha fatto riferimento in proposito 
anche alla necessit� di assicurare il risp�tto degli obblighi internazionali 
(materia, quest'ultima, riservata allo Stato). 
I due ricorsi in esame sono dunque infondati e si deve dichiarare che 
non spetta alla Provincia alcun potere, neppure nell'ambito del territorio 
provinciale, di disposizione delle frequenze radioelettriche. 

Con ulteriore ricorso la Provincia censura il comportamento dilatorio 
e quindi il diniego opposti dal Ministero delle poste e telecomunicazioni 
prima astenendosi dal rispondere e poi rispondendo negativamente (nota 
del 18 maggio 1984) alla richiesta di essa Provincia relativa all'istituzione 
di una terza rete televisiva per la recezione e ritrasmissione di programmi 
esteri trasmessi dall'atea culturale tedesca e ladina. � 

In particolare la Provincia afferma (v~ anche la memoria) che il comportamento 
e l'atto censurati, oltre a ledere quella generale competenza 
costituzionalmente garantita ohe essa pretende di avere in materia di diffusioni 
radiotelevisive (delineata COlllle negli altri ricorsi sopra esaminati 
e in base alle norme statutarie e di attuazione ivi indicate), comprimono 
il potere di realizzare e di gestire una rete di ripetitori, ad essa attribuito 
dal pi� volte richiamato art. 10 del d.P.R. 1� novembre 1973, n. 691, concretandosi 
nel rifiuto del Ministero di concordare il piano tecnico della 
rete (come previsto dalla detta disposizione), rifiuto ingiustificato alla luce 
del riferimento, fatto dal Ministero stesso, alle ragioni dell'emittenza locale 
privata, cos� privilegiate o preservate. 

Di fronte all'obbiezione del resistente -che, cio�, la rete di cui alla 
cennata norma di attuazione � stata gi� istituita e concessa in gestione 
ad una apposita azienda (la RAS -Radiotelevisione azienda speciale della 
Provincia di Bolzano) -la Provincia ha chiarito nella difesa orale, senza 
essere contraddetta sul punto, che si tratta del completamento della rete 
in discorso mediante un terzo programma destinato alle trasmissioni este



�:-:. 
730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

re di lingua ladina provenienti dall'omonima area culturale (ne esisterebbero 
altri due di lingua tedesca provenienti rispettivamente dall'area 
culturale germanica e da quella austriaca). 


Ora, esclusa anche a proposito del presente conflitto la generale com,
petenza rivendicata dalla Provincia in materia di diffusioni radiotelevisive, 
non si vuol negare che il potere ad essa riconosciuto dalla suindicata 
norma di attuazione -di realizzare e di gestire la propria rete di ripetitori, 
e quindi anche di completarla o di integrarla per renderla idonea 
agli scopi previsti dalla norma stessa -�sia una competenza defendibile 
mediante conflitto di attribuzione. Vanamente il resistente lo contesta 
sulla base della considerazione che la legge, adoperando la locuzione � la 
Provincia � autorizzata �, avrebbe con ci� stesso mostrato di non voler 
riconoscere n� attribuire alla Provincia una competenza avente tale oggetto. 
Che si tratti, invece, anche dopo la � liberalizzazione � dei ripetitori 
risultante dalla senten.Za di questa Corte n. 225/74, di una competenza 
garantita, si desume dal carattere della fonte attributiva (norma 
di attuazione dello statuto) e dal contenuto privilegiato (comprendente 
fra l'altro il potere di servirsi dei collegamenti disponibili della rete nazionale). 


Tuttavia la Provincia muove da una nozione di invasivit� che non pu� 

I

essere, condivisa. 
Anche quando, configurandosi una competenza costituzionalmente garantita 
dell'autonomia regionale o provinciale rispetto al potere dello Stato, 


I 

si presenti la necessit� di un'intesa (o di un � concordamento �) per evitare 
l'interf~renza di fatto tra le rispettive esplicazioni, o quando addirittura 
l'intesa (o il � concordamento �) costituisca lo strumento istitu


I

zionalmente previsto per l'esercizio coordinato delle due potest�, a dar 
vita a una lesione dell'autonomia garantita non � sufficiente (da parte 


i

dello Stato) un diniego implicito o esplicito in ragione del solo suo con0 


&

tenuto negativo, vale a dire un comportamento o un atto, che si esaurisca 
nel mero esercizio (negativo) del potere statale. 


Orbene il diniego prima implicito e quindi esplicito del Ministero 
delle poste fatto oggetto di ricorso non � censurato dalla stessa ricorrente 
altrimenti che per il suo contenuto negativo. Dalle stesse allegazioni 
della ricorrente esso non appare diverso da qualsiasi atto di esercizio 
del potere spettante al Ministero di pronunciarsi in ordine al piano 
da concordare. 


Per di pi� tale esercizio � motivato con la ravvisata impossibilit�, � al 
momento �, di procedere a modifiche degli attuali equilibri esistenti nel 
campo dell'utilizzazione delle bande di frequenza, equilibri che la nota 
18 maggio 1984 mostra di considerare in riferimento non solo all'� ambito 
privato�, ma anche ali'� ambito pubblico�, vale a dire ad esigenze 
d'impiego non riconducibili a quelle dell'emittenza privata locale, che la 



PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Prov~ncia lamenta essere state privilegiate o preservate in danno della 
sua attribuzione. N� la Provincia, che solo con la memoria formula una 
generica accusa di pretestuosit� della motivazione, adduce che questa 
sia pretestuosa l� dove si riferisce a:ll'� ambito pubblico �, 

Il conflitto � pertanto inammissibile. 

Con il conflitto sollevato nei confronti dello Stato, in ordine alla deliberazione 
in data 16 dicembre 1977 del consigliQ di amministrazione 
della RAI, relativa all'istituzione della terza rete televisiva, la Provincia 
sostiene che la strutturazione di quest'ultima quale operata dalla deliberazione 
impugnata � lesiva delle competenze garantite ad essa Provincia, 
in materia di direttive di massima per i programmi artistici, culturali 
ed educativi di rilevanza locale della diffusione radiotelevisiva circolare, 
dall'art. 8, n. 4, dello statuto in vigore e dall'art. 7 delle norme di attuazione 
(che richiama il d. lv. C.P.S. n. 428 del 1947), nonch� dall'art. 9 
delle dette norme di attuazione (che prevede la nomina di un coordinatore 
dei programmi in lingua tedesca d'intesa fra essa Provincia e 
la RAI). 

Ma tale conf�litto, in accoglimento dell'eccezione opposta dal resistente, 
va dichiarato inammissibile perch� l'atto censurato � atto proprio 
del concessionario del servizio, vale a dire della RAI, ente priv~to 
in quanto societ� per azioni, e non gi� dello Stato o a questo comunque 
direttamente imputabile. 

Le sentenze nn. 105 del 1968,� 128 del 1969 e 175 del 1976 di questa 
Corte sono richiamate dalla Provincia non a proposito, in quanto la 
prima di esse non affronta un problema di imputabilit� dell'atto impugnato, 
mentre le altre due riguardano un atto imputabile alla regione 
contro la quale era stato proposto il conflitto. 

p.q.m. 
1) dichiara che non spetta alla Provincia di Bolzano stipulare la 
convenzione con la RAI relativa ai programmi televisivi e radiofonici 
in lingua tedesca e radiofonici in lingua ladina per la Provincia di Bolzano, 
approvata con d.P.R. 9 dicembre 1975, n. 860; 

2) dichiara che non spetta allo Stato approvare la convenzione con 
la RAI relativa ai programmi televisivi e radiofonici in lingua tedesca e 
radiofonici in lingua ladina per la Provincia di Bolzano senza .previo invito 
al Presidente della Provincia a int�rvenire alla relativa seduta del 
Consiglio dei ministri, e conseguentemente annulla il d.P.R. 9 dicembre 
1975, n. 860, che approva la detta convenzione; 

3) dichiara che non spetta alla provincia di Bolzano provvedere 
nell'ambito del proprio territorio all'assegnazione delle frequenze radio



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DllLLO STATO

732 


elettriche disposta rispettivamente con i decreti del Ministero delle poste 
e delle telecomunicazioni del 3 dicembre 1976 e del 31 gennaio 1983; ... 

(omissis) 

II 

Oggetto della questione di legittimit� proposta in via diretta dalla 
Provincia di Bolzano � il decreto legge 6 dicembre 1984, n.' 807, recante 
disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive (succes-. 
sivamente cortvertito dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, con modificazioni 
che non rilevano ai fini del presente conflitto). 

Con tale decreto, mentre � ribadita la riserva allo Stato della diffusione 
radiotelevisiva sull'intero territorio nazionale con qualsiasi mezzo, 
ed � previsto l'esercizio da parte dello Sta'.to stesso del servizio pubblico 
radiotelevisivo su scala nazionale mediante concessione a una societ� 
per azioni a totale partecipazione pubblica (art. 1), � consentita, in via 

temporanea, la prosecuzione delle attivit� (eccedenti l'ambito locale) 
delle singole emittenti radiotelevisive private con gli impianti di radiodiffusione 
gi� in funzione alla data del 1� ottobre 1984 (art. 3). E' stabilito 
altresl che l'attivit� di radiodiffusione sonora e televisiva dell'emittenza 
pubblica e privata si svolge sulla base del piano nazionale di assegnazione 
delle frequenze (art. 2), ed � fatto carico ai pri~ati, esercenti 
impianti di radiodiffusione circolare alla data di entrata in vigore del 
decreto, di fornire al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni i 

dati occorrenti per la formazione del piano .e dei relativi bacini di utenza 
(art. 4). 

L'impugnazione investe il decreto nel suo complesso e in particolare: 
l'art. 1, primo comma (riserva allo Stato della diffusione radiotelevisiva 
s;ull'intero territorio nazionale); l'art. 2, commi primo e secondo (previsione 
della formazione del piano delle frequenze, con l'individuazione 
delle frequenze necessarie al servizio pubblico, dei bacini di utenza idonei 
a consentire la presenza e l'economica gestione, entro ciascun bacino, 
di un numero di emittenti private tale da evitare situazioni di monopolio 
o di oligopolio, e delle frequenze utilizzabili dalle emittenti private); 
l'art. 4 (obbligo ai privati esercenti di fornire al Ministero delle poste e 
delle telecomunicaz�oni i dati suindicati). 

La Provincia ritiene illegittima la normativa impugnata pereh� inva


siva della sua competenza costituzionalmente garantita in materia di 
servizio pubblico radiotelevisivo. E il presupposto � formulato sulla 
base delle seguenti norme del d.P.R. 31 ago~to 1972, n. 670, di approvazione 
del Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto 
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I 



PARTE I, SEZ. I, GIUIUSPRUDBNZA COSTITUZIONALE 

speciale per il Trentino-Alto Adige e del d.P.R. 1� novembre 1973, n. 691, 
di approvazione delle �relative norme di attuazione: 

1) art. 3, comma terzo, art. 8, nn. 4, 18 e 19, e art. 16 dello statuto 
speciale, attributivi ad essa Provincia rispettivamente di autonomia speciale, 
di potest� legislativa esclusiva e di funzioni �amministrative in 
materia di .manifestazioni e attivit� artistiche, culturaff ed educative 
locali, anche con mezzi radiotelevisivi, di comunicazioni e di assunzione 
diretta� di servizi pubblici; 

2) art. 7. delle norme di attuazione, devolutivo ad essa Provincia di 
tutte le attribuzioni esercitate in precedenza dagli organi centrali e periferici 
dello Stato in materia di . manifestazioni artistiche, culturali ed 
educative locali con i mezzi radiotelevisivi; 

3) art. 8 delle stesse .. norme di attuazione, attributivo della vigilanza 
tecnica S1Ugli impianti neLla P.rovincia ad una commissione istituita 
presso la sede RAI di Bolzano con una speciale composizione; 

4) art. 10 delle stesse norme di attuazione, attributivo ad essa 
Provincia di Bolzano del potere di realizzare e gestire una rete di ripetitori 
per la ricezione e contemporanea ritrasmissione di programmi 
diffusi da organismi radiotelevisivi esteri dell'area culturale tedesca e 
ladina concordando le condizioni della ricezione e ritrasmissione con gli 
organismi esteri, e altres� della facolt� di utilizzare, a1 fine suindicato, i 
collegamenti disponibili della rete pubblica nazionale di telecomunicazione 
del Ministero delle poste, nonch� di acquistare, per ristrutturarli e 
gestirli, impianti privati esistenti nel territorio provinciale. 

Sostiene in particolare la ricorrente che la normativa impugnata 
lede la sua competenza come sopra' delineata in quanto, senza neppure 
far salve le norme attributive di essa, per un verso riservando allo Stato 
la gestione generale del servizio pubblico radiotelevisivo (art. 1), nega le 
analoghe generali attribuzioni delle quali ad essa Provincia spetta l'esercizio, 
nell'ambito del territorio provinciale, in luogo dello Stato; per 
altro verso, riservando allo Stato la formazione del piano nazionale di 
assegnazione delle frequenze, nega le particolari attribuzioni delle quali 
ad essa Provincia spetta l'esercizio, nell'ambito del territorio provinciale, 
in tema di disposizione delle frequenze. (omissis). La Provincia, si 
duole del. regime di ripartizione, fra lo Stato ed essa Provincia, delle 
relative attribuzioni pubbliche affermando che tale regime: lede la competenza 
generale che" essa pretende di avere su ogni aspetto del servizio 
pubblico radiotelevisivo in luogo dello Stato nell'ambito del territorio 
provinciale; in ogni caso lede la competenza specifica che essa prevede 
di avere, sempre in luogo dello Stato, nell'ambito del territorio provin



134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ciale, in materia di pianificazione e di assegnazione pianificata delle 
bande di frequenza (governo tecnico dell'etere). 

Sul primo punto vale il rilievo -espresso nella sentenza di pari 
data n. 206/85 -che alla Provincia non spetta, sulla base delle .norme 
statutarie e di attuazione da essa invocate, quella competenza generale 
ed esclusiva, che essa rivendica in materia di servizio pubblico radiotelevisivo. 
(omissis) 

Esclusa la competenza generale rivendicata dalla Provincia e individuate 
in quelle come sopra circoscritte le sue 'attribuzioni costituzionalmente 
garantite in materia, � chiaro che con esse non presenta alcuna 
incompatibilit� la disciplina dettata col decreto-legge impugnato, la quale, 
anche se non fa espressamente salvi i rapporti fra Stato e Provincia di 
Bolzano, non contiene alcuna innovazione rispetto alla situazione normativa 
previgente circa tali rapporti, n� circa quelli fra lo Stato e ogni 
altro centro di autonomia garantita. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 ottobre 1985, n. 233 (in cam. cons.) -Pres. 

Roehrssen -Rel. Paladin -s.p.a. Standa e Presidente Consiglio dei 

Ministri. 

Tributi locali -Tassa sulle insegne -Mezzi pubblicitari esposti nelle vetrine 
e sulle porte di ingresso -Legittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 77; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 20). 

Non contrasta con la legge delega n. 825 del 1971 la disposizione che 
sottopone alla tassa sulle insegne i mezzi pubblicitari esposti nelle vetrine 
e sulle porte di ingresso dei locali adibiti alla vendita al dettaglio. 

Per temperare il rigore del testo unico sulla finanza locale, che aveva 
sottoposto alla � tassa sulle insegne, entro il perimetro dell'abitato, le 
iscrizioni, avvisi, richiami di pubblicit� od indirizzi,... tanto se collocati 
su porte o vetrate di accesso agli esercizi, sulle facciate dei fabbricati, 
nelle finestre o nei balconi ove gli esercizi stessi hanno sede, quanto se 
posti in localit� diverse� (cfr. l'art. 201, primo comma, del r.d. 14 settembre 
1931, n. 1175), l'art. 3, primo comma, del d. leg. 8 novembre 
1947, n. 1417, ha stabilito che �non sono assoggettabili al pagamento 
dei diritti di pubblicit� gli avvisi, cartelli ed altri mezzi pubblicitari 
esposti nelle vetrine dei locaili di commercio... o collocati sulle tariffe 

o negli ingressi di tali locali, quando si riferiscano al commercio esercitato 
nei locali stessi� ovvero �a prodotti fabbricati dagli esercenti...�: 
sia pure nei limiti contestualmente fissati dal secondo comma, ai sensi 
del quale si sono eccettuati i mezzi che � superino la superficie di 50 
decimetri quadrati �, consentendo che per essi fosse imposto il paga~ 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB 

mento dei � diritti della rispettiva tariffa con una riduzione non inferiore 
al SO per cento �. E questi criteri informano tuttora, fondamentalmente, 
l'art. 20 n. 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, in tema di 
applicazione dell'imposta sulla pubblicit�, che esenta fra l'altro dalla 
imposta stessa � i mezzi pubblicitari, escluse le insegne, esposti nelle 
vetrine e sulle porte d'ingresso dei locali (di somministrazione e adibiti 
alla vendita di prodotti al dettaglio), purch� si riferiscano all'attivit� in 
essi esercitata e non superino, nel complesso, la superficie di mezzo 
metro quadrato per ciascuna vetrina o ingresso �. 

Senonch� il Tribunale di Perugia prospetta il dubbio che tale disciplina 
sia viziata da un eccesso di delega legislativa, in violazione del 
primo comma dell'art. 77 Cost. Rileva infatti il giudice a quo che l'art. 12, 
secondo comma n. l, della legge delegante 9 ottobre 1971, n. 82S, ha previsto 
� l'istituzione... di una imposta comunale sulla pubblicit�, sostitu-� 
tiva della tassa sulle insegne e dell'imposta comunale sulla pubblicit� 
affine, seguendo i criteri della legge S luglio 1961, n. 641 �, ed escludendo 
comunque � i locali di somministrazione e adibiti alla vendita di prodotti 
al dettaglio�; laddove la norma impugnata avrebbe reintrodotto i 
locali medesimi nell'ambito di applicazione dell'imposta in esame, rela� 
tivamente ai mezzi pubblicitari di certe dimensioni. 

La questione non � fondata. Per fissare l'effettiva portata della delega 

. di cui si controverte, va considerato l'intero contesto dell'art. 12, secondo 
comma n. l, della legge n. 825, nel quale assume un centrale rilievo il 
riferimento alla legge S luglio 1961, n. 641 (contenente �Disposizioni sulle 
pubbliche affissioni e sulla pubblicit� affine�); senza di che, d'altra parte, 
si potrebbe dubitare che il legislatore delegante abbia determinato cori 
la necessaria precisazione i priinc�pi e i criteri direttivi atti a condizionare 
sul punto, l'esercizio della funzione legislativa delegata. Ora, � ben vero 
che l'art. 1 della legge n. 641, nel comprendere �sotto la denominazione 
di pubbliche affissioni � ogni � esposizione di manifesti, avvisi, fotografie 
od altri mezzi pubblicitari stampati, litografati o 'manoscritti su carta 
od altro materale simile, in modo da essere totalmente visibile dalle 
vie d dalle piazze pubbliche�, lasciava espressamente salvi i �disposti 
di cui ai commi primo e terzo dell'art. 3 del decreto legislativo del Capo 
provvisorio dello Stato 8 novembre 1947, n. 1417 � (cfr. il primo ed il 
quarto comma dell'articolo stesso); ma non faceva menzione del. secondo 
comma, concernente appunto la tassabilit� dei mezzi pubblicitari 
superiori a SO decimetri quadrati, esposti nelle vetrine o negli ingressi 
dei locali di commercio. Giustamente, per�, l'Avvocatura dello 
Stato osserva che un tale silenzio non implicava affatto l'abrogazione e 
la conseguente inapplicabilit� del secondo comma (anche ai fini della 
delega disposta dall'art. 12, secondo comma n. l, della legge n. 825 del 
1971). Al contrario, il richiamo del terzo comma del citato art. 3, che 


736 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DEU..O 'STATI> 

testualmente dichiarava � esenti dai diritti di pubblicit�, qualunque sia 
la loro superficie, i cartelli e gli altri mezzi di propaganda turistica 
obiettiva e 'generica esposti. nelle vetrine od �all'esterno dei locali delle 
agenzie di viaggio e delle as�sociazioni d'interesse turistico�, non avrebbe 
avuto un senso compiuto, se non fosse rimasta in vigore la regola stabilita 
dal comma precedente, quanto alla superficie minima tassabile e 
quanto alla misura della relativa tassa. 

Una sicura riprova si desume, del resto, dal seguito della legge 

n. 641 e, in particolare, dal comma finale dell'art. 8, l� dove si precisa 
che � le disposizioni di cui al secondo comma dell'art. 3 del decreto legislativo 
del Capo provvisorio dello Stato 8 novembre 1947, n. 1417, non si 
applicano ai mezzi pubblicitari concernenti pubblici spettacoli�: il che 
sta indubbiamente a significare che il detto secondo comma non era 
divenuto incompatibile con la disciplina del 1961, malgrado la mancata 
menzione da parte dell'art. 1 I. cit... E, non a caso, fra le norme abrogate 
dal decreto presidenziale n. 639 del 1972, l'art. 58 del decreto stesso 
ricomprende ancora -senza� operare distinzioni di sorta -il decreto 
legislativo 8 �novembre 1947, n. 1417, al pari della legge 5 luglio 1961, 
n. 641. 
CORTE COS'IITUZIONALE, 25 ottobre 1985, n. 237 (in caro. cons.) -Pres. 
Paladin -Rel. Andrioli -Tota e Presidente Consiglio dei Ministri. 

Procedimento civile -Opposizione di terzo -Avverso ordinanza di convalida 
di sfratto per morosit�. 
(Cast. artt. 3 e. 24; cod. proc. civ., art. 404). 

L'art. 404 c.p.c. � costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, 
non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per 
morosit� (1). 

Questa Corte, con sent. 7 giugno 1984, n. 167, ha dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 404 c.p.c. nella parte in cui non ammette 
l'opposizione di terzo avverso l'ordihanza di sfratto per finita locazione 
per la mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione 
dell'intimato pur comparso, e l'identit� di ragione la induce a giudicare 
illegittimo l'art. 404 nella parte in cui non ammette l'opposizione 
di . terzo avverso l'ordinanza di sfratto per morosit�. 

(1) La pronuncia si collega alla precedente n. 167 del 1984 (in questa Rassegna, 
1984, I, 620). Entrambe, -pur rimanendo sul terreno processuale 
sostanzialmente rendono un po' pi� � reale � la situazione del conduttore di 
immobile. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

(con la quale era stata contestata la mancata attuazione della direttiva 75/129/ 
CEE), la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono 
in forza dell'art. 171 del Trattato CEE�. 

-26 novembre 1985, nella causa 182/84, Miro BV, nella quale, in tema di 
libera circolazione delle merci (ginepro), la Corte ha dichiarato che �il divieto 
di misure d'effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione ai sensi 
dell'art. 30 del Trattato CEE osta a che uno Stato membro applichi ai prodotti 
dello stesso tipo importati da un altro Stato membro una normativa nazionale 
che subordini il diritto di usare la denominazione di una bevanda nazionale alla 
osservanza di una gradazione alcolica minima qualora tali prodotti siano correttamente 
e tradizionalmente fabbricati e messi in commercio con la stessa denominazione 
nello Stato membro d'origine e sia garantita l'adeguata informazione 
degli acquirenti �. 

-12 dicembre 1985 nella causa 276/84 Metelmann GmbH c. Hamptzollamt 
Amburgo-Jonas, sul regime delle restituzioni all'esportazione per i prodotti agricoli, 
con la quale la Corte ha statuito �che l'art. 9, n. 1, del reg. 2730/79, il 
quale subordina il pagamento della restituzione all'esportazione al fatto che il 
prodotto abbia lasciato "come� tale" il territorio geografico della Comunit�, 
va interpretato nel senso che la modifica delle caratteristiche esteriori della merce 
comporta la perdita del diritto alla restituzione, qualora tale modifica renda 
pi� difiicile il 'controllo doganale; che, anche se le formalit� doganali di esportazione 
possono ancora essere espletate, a titolo eccezionale, in un momento successivo, 
l'aliquota della restituzione da applicarsi � quella vigente alla data in 
cui la merce ha lasciato il territono geografico della Comunit�; che le soluzioni 
date alle prime due questioni valgono anche per il pagamento degli importi compensativi 
monetari ai sensi del reg. 1371/81 �. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 4a sez., 14 maggio 
1985, nella causa 89/84 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Slynn Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'appello 
di Montpellier nel procedimento penale c. P. Ramel -Interv.: Governo 
italiano (avv. Stato Ferri) e Commissione delle C.E. (ag. S�ch�). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune del mercato viti� 
vinicolo -Taglio di vino rosso da tavola e di vino rosato da tavola. 
(Regolamento CEE del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 355, artt. 2, 43 e 48, e della Com


missione 5 dicembre 1973, n. 3282, art. 2). 

Il combinato disposto del regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, 

n. 337, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, considerati 
in particolare i suoi artt. 43 e 48, del regolamento della Commissione 
5 dicembre 1973, n. 3282, relativo alla definizione del taglio e della 
vinificazione, considerato in particolare il suo art. 2, e del regolamento 
del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 355, che stabilisce le norme generali per 
la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve, considerati 
in particolare i suoi artt. 2 e 43, va interpretato nel senso ch'esso 
consente il taglio di un vino da tavola rosso con un vino da tavola ro

RASSllGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

140 

sato, entrambi originari di pi� Stati membri, e la messa in commercio 
nell'ambito della Comunit� del prodotto cos� ottenuto, sotto la denominazione 
�vino rosato da tavola di vari pa~si della Comunit� Europea�, 
purch� l'indicazione � rosato � non sia in contrasto con una caratteristica 
obiettiva del vino che permetta di distinguerlo, unicamente in base al 
colore, dal vino rosso o dal vino bianco (1). 

(omissis) 1. -Con sentenza 7 marzo 1984, pervenuta in cancelleria 
il 29 marzo 1984, la Court d'appel di Montpellier ha. sottoposto a questa 
Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale 
vertente sull'interpretazione della normativa comunitaria riguardante 
l'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, al fine di valutare 
se siano compatibili con tale normativa comunitaria la produzione, 
mediante taglio, di taluni vini da tavola e la loro vendita sotto particolari 
denominazioni. 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di un procedi� 
mento penale intentato congiuntamente dal Service de la R�pression 
des Fraudes et. du 'Controle <le la Qualit� e dal Pubblico Ministero, con 
la costituzione di parte civile della F�d�ration Nationale des Producteurs 
de Vins de table et Vins de Pays (in prosieguo (( FNPVTP �)I contro i signori 
Ramel e Cristofano, commercianti di vini e rispettivamente gestori 
delle societ� commerciali S�rl Les fils de Henri Ramel e S�rl Bachet et 
Fils (in prosieguo �gli imputati�), per aver lavorato e messo in vendita 
come � vins ros�s � (�vini rosati�) da tavola vini ottenuti mediante taglio 
di vini rosati da tavola italiani e vini rossi da tavola provenienti 
da vari paesi della Comunit� Europea, senza rispettare gli usi della 
tradizione francese sulla lavorazione del vino rosato. 
3. -Il Service de la R�pression des Fraudes e du Contr�le ed il 
Pubblico Ministero sostengono che, secondo detti usi, il vino rosato pu� 
essere solo il pr�dotto di una vendemmia di uva a buccia colorata ed 
a polpa bianca o colorata, vinificata in bianco ottenendone dei vini a 
colorazione debole. La vendita, sotto la denominazione � vino rosato �, 
di un vino ottenuto mediante procedimenti diversi dalla vinificazione 
in bianco ed in particolare mediante taglio di un vino rosato con un 
vino di altro colore, come il vino rosso, costituirebbe truffa. 
4. -Gli imputati hanno lavorato e . messo in commercio, durante 
il 1981, e precisamente il 29 aprile 1981, 6.470 ettolitri di vino di colore 
(1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano e dalla 
Commissione C.E. La sentenza, citata in motiivazione, 13 marzo 1984, nella causa 
� 16/83, PRANTI., � pubblicata in questa Rassegna, 1984, I, 902. 


PARTB I, SEZ. II, Gll{RIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB Hl 

rosato, ottenuto mediante taglio di 5.970 ettolitri di tre categorie di vini 
rosati da tavola italiani con 500 ettolitri di vino rosso da tavola provenienti 
da vari paesi della Comunit� e, il 2 luglio 1981, 1.210 ettolitri di 

� vino di colore rosato, risultante dal taglio di 1.160 ettolitri di vino rosato 
da tavola con 50 ettolitri di vino rosso da tavola proveniente da vari 
paesi della Comunit�. 

5. -A propria difesa gli imputati hanno addotto, fra l'altro, la mancanza 
di fondamento legale dell'azione penale, allo stato attuale della 
organizzazione del mercato comune vitivinicolo (creata con regolamento 
del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, rel~tivo all'organizzazione comune 
del mercato vitivinicolo (G.U. n. L 54, pag. 1). che non vieterebbe le 
miscele contestate e la loro vendita. 
6. -Contro la sentenza di proscjoglimento del Tribunal correctionnel 
di Montpellier, nella quale si dichiarava che non esiste, n� nella 
normativa francese, n� in quella comunitaria, una definizione dei . vini 
rosati e che nulla esclude la fabbricazione di vini rosati da tavola partendo 
da tagli di vini rosati e di vini rossi, i quali appartengono entrambi 
alla stessa categoria di prodotti, il Pubblico Ministero e la FNTVTP interponevano 
appello dinanzi alla Cour d'appel di Montpellier. 
� 7. -Nella sentenza di rinvio, la Corte d'appello osserva in primo 
luogo che i vini di cui trattasi sono stati posti in vendita sotto la denominazione 
�vin ros� de table DPCE �, vale a dire �de provenance de la 
Communaut� europ�enne >>, cosicch� l'acquirente non �poteva fare confusione 
circa la loro origine e le loro caratteristiche tradizionali e .sostanziali. 
Perci�, secondo la Corte d'appello, il problema sollevato riguarda 
essenzialmente la liceit� del taglio, nel territorio della Comunit�, di vini 
da tavola rossi e rosati provenienti da vari paesi della Comunit�. In 
secondo luogo, constatando che esistono seri dubbi sulla questione di 
principio relativa alla liceit� dei tagli effettuati, e tenuto conto dell'interesse 
pubblico generale di dissipare qualsiasi equivoco che possa sussistere 
in proposito, il giudice nazionale ha ritenuto necessario adire questa 
Corte e sottoporle la seguente questione pregiudiziale: 

� Se, allo stato attuale della disciplina comunitaria, sia lecito 
effettuare -in uno Stato membro della Comunit� -il taglio di 
vini rossi e rosati provenienti da uno qualsiasi degli Stati membri 
della Comunit� e mettere in commercio, in uno di detti Stati 
membri, il prodotto cos� ottenuto, sotto la denominazione � vin 
ros� DPCE � o � vin rouge DPCE �. 

8. -Dal fascicolo risulta che la questione sottoposta alla Corte 
riguarda soltanto il taglio di vini da tavola rossi e rosati originari di 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

v�ri Stati membri e la vendita del vino cos� ottenuto sotto la denomina� 
.zione � vino �rosato da tavola originario di vari Stati membri della Co


munit� Europea �. 

9. -La FNPVTP fa valere in sostanza che il regolamento n. 337/79, 
bench� stabilisca, all'art. 43, n. 3, la regola generale secondo cui il taglio 
di un vino da tavola bianco con un vino da tavola rosso non pu� dare 
vino da tavola, non contiene tuttavia una disciplina esauriente del taglio 
dei vini da tavola. Cos�, in questo regolamento nulla � detto sul vino 
rosato, che � il prodotto di una vinificazione �speciale e che ha caratteristiche 
diverse da quelle del vino rosso. FNPVTP sostiene che, in mancanza 
di qualsiasi normativa comunitaria che vieti o permetta il taglio 
del vino rosato con vino rosso, gli usi leali e costanti secondo cui � 
vietato porre in vendita il prodotto ottenuto mediante taglio di vino 
rosato con. vino rosso sotto la denominazione � vino rosato � sono compatibili 
col diritto comunitario. Essa non contesta che detto taglio pu�, 
a determinate condizioni, essere lecito, ma insiste sul fatto che la miscela 
non dovrebbe mai essere venduta sotto la denominazione � vino rosato �. 
La lacuna esistente nella normativa comunitaria non pu� quindi, a suo 
avviso, ostare all'applicazione delia legislazione o della giurisprudenza 
nazionali, come risulta anche dalla giurisprudenza della Corte, in particolare 
dalle sentenze 30 settembre 1975 (cause riunite 10-14/75, Lahaille, 
Racc. pag. 1053) e 16 febbraio 1982 (causa 204/80, Vedei, Racc. pag. 465). 
10. -Per contro, gli imputati, il Governo italiano e la Commissione 
assumono in sostanza che, bench� la normativa vitivinicola non abbia 
espressamente autorizzato il taglio di vini da tavola rossi e di vini da 
tavola rosati provenienti da vari paesi della Comunit� e non contenga 
alcuna definizione del ' vino rosato, l'art. 43 del regolamento n. 337/79
I 

contiene, per quanto riguarda il taglio di vini da tavola, una disciplina 
completa ed esauriente e si applica, quindi, anche ai vini da tavola rosati. 
Di conseguenza, sarebbe lecito effettuare il taglio in questione e presentare 
al consumatore il vino cos� ottenuto sotto la denominazione 
� vin� rosato �. 

11. -Nelle loro osservazioni, gli imputati richiamano l'attenzione 
sul fatto che esiste un'indefinita variet� di vini rosati. L'aggettivo � rosato 
�, infatti, significa soltanto che il vino ha colorazione debole. A loro 
avviso, i vini rosati devono essere considerati della �stessa famiglia dei 
vini rossi. Essi sostengono, perci�, che la miscela di vino rosato e di vino 
rosso non � vietata. Quanto alla vinificazione, gli imputati spiegano che 
gli esperti enologi non sono unanimi in merito alle regole per la lavo,
razione dei vini rosati, perch� tali' regole variano da uno Stato membro 
all'altro. Infine; gli imputati si richiamano al reg0lamento della Com



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

missione 5 dicembre 1973, n. 3282, relativo alla definizione del ta~lio e 
della vinificazione (G.U. n. L 337, pag. 20), per la cui applicazione il 
vino rosato � considerato come vino rosso. 

12. -Secondo il Governo italiano i requisiti che un vino deve soddisfare 
per. essere qualificato � vino da t�vola � sono stabiliti, ai sensi 
dell'art. 48, n. 1, del regoJamento n. 337/79, al punto 11 dehl'aillegato II 
del regolamento medesimo. Ne deriverebbe che le caratteristiche del vino 
da tavola sono fissate senza alcuna distinzione in funzione del colore. 
Inoltre, dagli artt. 1 e 2 del regolamento <;lel Consiglio 5 febbraio 1979, 
n. 340, che determina i tipi di vino da tavola (G.U. n. L 54, pag. 60), risulterebbe 
che, secondo la disciplina comunitaria, il colore del vino da 
tavola � preso in considerazione .solo come caratteristica finale del prodotto. 
Riferendosi alla sentenza della Corte 13 marzo 1984 (causa 16/83, 
Prantl, Racc. pag. 1299), il Governo italiano sostiene che non si pu� 
escludere una violazione dell'art. 30 del Trattato CEE, qu11lora la legislazione 
nazionale vieti di porre in commercio sotto la denominazione 
� vino da tavola � un vino prodotto in modo conforme alle norme comunitarie 
ed ammesso in quanto vino da tavola dalla legislazione di un 
altro Stato membro. 
Infine, il Governo italiano si riferisce all'art. 2 del regolamento del 
Consiglio 5 febbraio 1979, n. 355, che stabilisce le norme generali per la 
designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (G.U. n. L 54, 
pag. 99) e ne deduce che un vino rispondente ai criteri stabiliti per il 
vino da tavola e che presenti obiettiv.amente il colore rosato pu� essere 
posto in commercio sotto la denominazione � vino da tavola rosato �. 

13. -La Commissione, dovo aver illustrato i vari metodi di vinificazione 
ed aver. esaminato i regolamenti ohe riguardano specificamente 
i vini rossi, rosati e bianchi, rileva che gli usi nazionali si applicano soltanto 
nei limiti in cui il legislatore comunitario non abbia esercitato i 
propri poteri in materia di taglio dei vini. Essa ritiene che alcune disposizioni 
di diritto comunitario, in particolare l'art. 43 del regolamento 
'n. 337/79 e l'art. 2 del regolamento n. 355/79, implicano che il taglio 
del vino rosso da tavola e del vino rosato da tavola � un'operazione 
lecita. Poich� gli imputati si sarebbero conformati alle disposizioni riguardanti 
la designazione e la presentazione <;lei prodotti (e cio� all'art. 43, 
n. 1, del regolamento n. 355/79), la Commissione sostiene che non si 
pu� far loro carico del semplice fatto che il vino posto in commercio 
fosse costituito �da una miscela. 
14. -Di fronte a tale divergenza di opinioni, si deve anzitutto precisare 
che la questione pregiudiziale presenta due aspetti. Il primo riguarda 
il problema del se la normativa comunitaria debba essere inter

144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

pretata nel senso ch'essa permette il taglio di un vino da tavola rosso 
con un vino da tavola rosato, qualora tali vini siano originari di pi� 
Stati membri, nonch� la messa in commercio del prodotto di detto taglio 
(il vino tagliato) nell'ambito della Comunit�. Il secondo aspetto della 
questione riguarda il problema del se alla stregua della normativa comunitaria 
sia lecito designare il vino tagliato come vino rosato da tavola 
originario di vari paesi della Comunit� Europea. 

Sul taglio del vino da tavola e sulla messa in commercio del vino 
da tavola tagliato. 

15. -Per quanto riguarda il taglio del vino da tavola, si deve anzitutto 
rilevare che nel 28� punto del preambolo del regolamento n. 337/ 
79 si considera � che il taglio � una pratica enologica corrente e 9he, 
tenuto conto degli effetti che pu� avere, � necessario disciplinarne l'uso, 
segnatamente per evitare qualsiasi abuso �. Inoltre, l'art. 43 dello stesso 
regolamento, facente parte del titolo IV, che contiene le � regole relative 
a talune pratiche enologiche e all'ammissione al consumo�, stabilisce 
al n. 1 che, in generale, � in caso di taglio �.. sono vini da tavola soltanto 
i prodotti del taglio tra vini da tavola ... �. Per contro, ai sensi del n. 3, 
1� comma, in generale, �il taglio .'.. di un vino da tavola bianco ... con 
un vino da tavola rosso non pu� dare vino da tavola �. Secondo l'art. 48, 
n. 2, dello stesso regolamento, in generale, soltanto i vini rispondenti 
almeno ai criteri stabiliti per i � vini da tavola � possono essere offerti o 
consegnati per il consumo umano diretto all'interno della Comunit�. 
16. -A questa disciplina riguardante il taglio del vino da tavola si 
aggiunge il regolamento n. 3282/73, il quale, nel primo punto del preambolo, 
definisce il proprio scopo, che � quello di pervenire ad un'interpretazione 
coerente dei termini � taglio � e � vinificazione � nella normativa 
comunitaria, e stabilisce nell'art. 2, n. 1, che per taglio si intende la mescolanza 
di vini o di mosti provenienti: � a) da diversi Stati, ... d) o da 
diverse categorie di vino o di mosto �. Il n. 2 dello stesso articolo considera 
come �diverse categorie di vino o di mosto�, al primo trattino, �il 
vino rosso, il vino bianco, nonch� i mosti o i vini da cui si possa attenere 
uno di questi tipi di vino � e, al secondo trattino, � il vino da pasto ff 
(espressione equivalente, in italiano, a vino da tavola), il v.q.p.r.d. (vino ~ 
di qualit� prodotto in regioni determinate), nonch� i mosti o i vini da cui 
I

si possa ottenere uno di questi tipi di vino �. Secondo l'ultima frase 
del n. 2, � ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, il vino rosato 

I

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Pl\RTB I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

� considerato un vino rosso �. Da questa disposizione risulta che, per 
quanto riguarda il taglio, il vino rosato non costituisce una categoria 
diversa da quella del vino rosso. 

17. -Infine, l'art. 46 del regolamento n. 337/79 stabilisce, al n. l, 
2� comma, che � ... � vietato in particolare mescolare o tagliare: -vini 
da tavola tra loro ... se uno dei componenti non � conforme alle disposizioni 
del presente regolamento o a quelle adottate in applicazione di 
esso�. 
18. -Di fronte a tali disposizioni, si deve riconoscere che la normativa 
comunitaria, come � stato sostenuto dagli imputati, dal Governo 
italiano e dalla Commissione, considera il taglio di vini da tavola tra 
loro come un'operazione lecita, fatte salve talune eccezioni, fra le quali 
in particolare il taglio di vino rosso con vino bianco. Poich�, a tale 
riguardo, il vino rosato � considerato come facente' parte della categoria 
del vino rosso, si deve constatare che il taglio di vino da tavola 
rosso con vino da tavola rosato � permesso dalla normativa comunitaria 
se i due tipi di vino sono originari di pi� Statj membri. Inoltre, 
poich� il risultato di detto taglio d� un vino da tavola, questo deve poter 
circolare liberamente nella Comunit� e la sua messa in commercio per 
il consumo umano diretto nell'ambito della Comunit� dev'essere consentita. 
Sulla designazione del vino da tavola tagliato 

19. -Si deve anzitutto constatare che la normativa comunitaria 
non contiene definizi�ni enologiche, n� del vino rosso, n� del vino bianco, 
n� del vino rosato, pur stabilendo alcuni criteri obbligatori per le 
varie categorie di vini, in particolare per quanto riguarda il loro tenore 
di acidit� e di anidride solforosa. E' questo il motivo per cui la FNPVTP 
sostiene che gli Stati membri sono liberi di stabilire una normativa 
autonoma in questo campo. 
20. -In proposito si deve osservare che il regolamento n. 355/79, 
nella versione risultante dal regolamento del Consiglio 9 aprile 1981, 
n. 1016, �che modifica il regolamento (CEE) n. 355/79, che stabilisce le 
norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e dei 
mosti di uve� (G.U. n. L 103, pag. 7), all'art. 2, n. 1, dispone che �per i 
vini da tavola, la designazione sull'etichettatura contiene l'indicazione: 
a) della menzione �vino da tavola�; ... d) per quanto riguarda: ... iii) i.I 
vino da tavola risultante dal taglio ... di prodotti originari di vari Stati 

746 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEU.O STATO ' 

membri ... della dicitura � vino di vari paesi della Comunit� Europea �. 
Ai sensi dell'art. 2, n. l, lettere a) e d), il vino risultante dal taglio 
di viaj 'rossi da tavola e di vini rosati da tavola provenienti da vari Stati 
membri, come il �vino di cui trattasi nella presente causa, deve recare 
la menzione � vino da tavola � e � vino di vari paesi della Comunit� 
Europea� per essere conforme alle norme fissate da tale regolamento. 

21. -Per quanto riguarda pi� particolarmente la denominazione 
�vino rosato �, l'art. 2, n. 2, del regolamento n. 355/79 stabilisce che �per 
i vini da tavola, la designazione sull'etichettatura pu� essere completata 
dall'indicazione: a) della precisazione che si tratta di un vino rosso, di 
un vino rosato o di un vino bianco; ... �. Come risulta dal secondo punto 
del preambolo idi detto regolamento, fo scopo di tale indicazione � deve 
essere di fornire delle informazioni quanto pi� esatte e precise possibili 
per l'apprezzamento della merce tanto da parte dell'eventuale acquirante 
quanto da �parte degli enti pubblici incaricati della gestione e del 
controllo del commercio dei prodotti in questione �. Il terzo punto del 
preambolo stabilisce la distinzione � tra le indicazioni obbligatorie necessarie 
per l'identificazione del prodotto, e le indicazioni facoltative intese 
piuttosto a specificare le caratteristiche intrinseche del prodotto o a 
qualificare lo stesso �. 
22. ......: Allo scopo di un'informazione ottimale del consumatore, l'articolo 
43, n. 1, dello stesso regolamento stabilisce che la designazio~e 
e la presentazione dei prodotti detenuti per ila vendita,� ivi compreso 
qualsiasi tipo di pubblicit�, � non devono creare confusione sulla natura; 
origine e composizione del prodotto per quanto .riguarda le indicazioni 
di cui agli artt. 2, ... �. 
23. -Dalle suddette disposizioni relative alla . designazione dei vm1 
si deve desumere che la normativa comunitaria permette che un vino 
da tavola venga designato come vino rosato, a condizione ch~esso presenti 
obiettivamente il colore rosato e possa essere distinto, perci�, 
da un vino Tosso o da un vino bianco, senza ohe i consumatori o altri 
interessati possano essere indotti in errore circa le caratteristiche e le 
qualit� del prodotto in questione. Spetta tuttavia al giudice nazionale accertare 
se il vino di cui trattasi risponda al criterio del colore rosato. 
24. -Stando cos� le cose, non si possono condividere le osservazioni 
presentate dalla FNPVTP, secondo cui costituirebbe truffa la vendita di 
un vino risultante dal taglio di vini da tavola rossi con vini da tavola 
rosati sotto la denominazione �vino rosato�, poich� questo vino non 
sarebbe conforme alle esigenze degli usi francesi. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

25. -Come � stato gi� rilevato dalla Corte nella sentenza 13 marzo 
1984 (causa 16/83, Prantl, Racc. pag. 1299), le norme di diritto comunitario 
relative all'organizzazione comune ,del mercato vitivinicolo possono 
essere considerate come una disciplina esauriente, segnatamente in materia 
di prezzi e di intervento, di scambi con i paesi terzi, di produzione, 
e per quanto concerne talune pratiche enologiche, nonch� la designazione 
dei vini e l'etichettatura. Di conseguenza, gli Stati membri non sono pi� 
competenti in materia, salvo specifiche disposizioni comunitarie in senso 
contrario. 
26. -In proposito si deve osservare che non esistono specifiche disposizioni 
del genere. Bench� l'art. 2, n. 2, lett. h), del regolamento n. 355/ 
79, a norma 'del guale, rper i vini da tavola, la designazione sUll'etichettatura 
pu� essere completata dall'indicazione � di precisazioni concernenti 
... il tipo del prodotto� ... un colore particolare del vino da tavola, 
purch� tali indicazioni siano disciplinate da modalit� d'applicazione o, 
mancando queste, da disposizioni dell~ Stato membro interessato �, consehta 
ad uno Stato membro, in manc~a di una disciplina comunitaria, 
di stabilire norme vincolanti in merito alle precisazioni supplementari 
circa il vino offerto al consumo, la suddetta disposizione non gli consente, 
tuttavia, di vietare di designare un vino da tavola come � vino rosato � 
e di metterlo in commercio come tale, per la sola ragione che detto 
vino da tavola non � stato prodotto secondo gli usi locali, regionali o 
nazionali. 
27. -Di conseguenza, la questione formulata dal giudice nazionale 
va risolta dichiarando che il combinato disposto del regolamento del 
Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all'organizzazione comune del 
mercato vitivinicolo, considerati in particolare i suoi artt. 43 e 48, del 
regolamento della Commissione 5 dicembre 1973, n. 3282, relativo alla 
definizione del taglio e della vinificazione, considerato in particolare il suo 
art. 2, e del regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 355, che stabilisce 
le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e 
dei mosti di uve, considerati in particolare i suoi artt. 2 e 43, va interpretato 
nel senso ch'esso consente il taglio di un vino da tavola rosso con 
un vino da tavola rosato, entrambi originari di pi� Stati membri, e la 
messa in commercio nell'ambito della Comunit� del prodotto cos� ottenuto, 
sotto la denominazione � vino rosato da tavola di vari paesi della 
Comunit� Europea �, purch� l'indicazione � rosato � non sia in contrasto 
con una caratteristica obiettiva del vino che permetta di distinguerlo, 
unicamente in base al colore, dal vino rosso o dal vino bianco. (omissis) 

748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plert., 9 luglio 
1985, nella causa 19/84 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Mancini 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte di cassazione 
olandese nella causa Pharmon BV (avv. Lohman) c. Hoechst AG 
(avv. Stoop e Mestmacker) -Interv.: Governi danese (ag. Mikaelsen), 
della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel), francese (ag. Costes), italiano 
(avv. Stato Fiumara), olandese (ag. Verkade) e del Regno unito 
(ag. Dagtoglou, avv. Hugh Laddie) e Commissione delle C.E. (ag. 
Haagsma). 

Comunit� europee -Libera circolazione delle merci -Propriet� industriale 
e commerciale � Brevetti -Estensione della protezione � Esaurimento 
del diritto di brevetto in caso di licenza obbligatoria rilasciata su un 
brevetto parallelo. ~ 
(Trattato CEE, artt. 30 e 36). 

Gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE non vietano l'applicazione delle 
norme di uno Stato membro che attribuiscono al titolare di un brevetto 
il diritto di impedire la messa in commercio, in tale Stato, d'un prodotto 
fabbricato in un altro Stato membro dal concessionario d'una licenza 
obbligatoria relativa 'ad un brevetto parallelo detenuto dal medesimo 
titolare. In proposito � irrilevante che per la licenza obbligatoria 
sia stato imposto il divieto di esportazione, che essa contempli com-. 
pensi per il titolare del brevetto e che questi abbia accettato o rifiutato 
detti compensi (1). 

(1) La Corte, riferendosi nella sua pronuncia pm m � generale alla messa 
in commercio del prodotto in questione nello Stato membro in cui vige il brevetto, 
anzich� soltanto alla vendita diretta in tale Stato da parte del titolare 
della licenza obbligatoria, ha risposto in termini pi� ampi e soddisfacenti ai 
quesiti posti dal giudice di rinvio, nel senso auspicato in modo particolare dal 
gove11I10 dtialIDano intervenuto. 
� Fra la posizione della Commissione delle comunit� europee e quella degli 
Stati intervenuti e della soc. Hoechst -si era osservato, fra l'altro, nella 
difesa orale del governo italiano -vi � una notevole differenza, malgrado la 
concordanza su alcuni punti essenziali. 

� In effetti la Commissione ha cura di precisare, molto esplicitamente, che 
le sue argomentazioni e le sue conclusioni presuppongono una circostanza di 
fatto essenziale, posta a base dei quesiti del giudice nazionale: e cio� che la 
ditta britannica titolare della licenza obbligatoria abbia venduto essa stessa 
direttamente alla Pharmon in Olanda i prodotti di cui � causa, fabbricati nel 
Regno Unito. Argomentazioni e conclusioni che non debbono ritenersi applica� 
bili -ha precisato la Commissione -nel caso di rivendita attraverso un'impresa 
stabilita nel Regno unito che avesse essa acquistato i prodotti dalla ditta 
titolare della licenza. 

� Le argomentazioni degli Stati (e in particolare quelle dell'Italia) si I}'.lUOvono 
in un'ottica molto pi� vasta. E' cio� del tutto indifferente che il prodotto 


PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 749 

1. -Con sentenza 13 gennaio 1984, pervenuta alla Corte il 20 gennaio 
successivo, lo Hoge Raad ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione delle norme 
comunitarie relative alla libera circolazione delle merci, al fine di tracciare 
i limiti dell'applicazione delle norme nazionali sui brevetti d'invenzione 
in caso d'importazione di una merce prodotta in un altro Stato 
membro in base ad una licenza obbligatoria rilasciata su brevetto parallelo. 
2. -La questione � stata sollevata nell'ambito di una lite fra la 
ditta tedesca Hoechst e la ditta olandese Pharmon, dato che la prima 
si oppone a che la seconda ponga in commercio una partita di medicinali 
nel territorio dei Paesi Bassi. 
3. -Alla data degli antefatti, cio� nel 1976, la Hoechst era titolare di 
un brevetto nella Repubblica federale di Germania e di brevetti paralleli, 
tanto nei P~esi Bassi quanto nel Regno Unito, vertenti sulla stessa 
invenzione, cio� un procedimento di fabbricazione d'un medicinale denominato 
� furosemide �. 
4. -Nel 1972, sul brevetto parallelo ottenuto nel Regno Unito dalla 
Hoechst, la societ� britannica DDSA Pharmaceuticals Ltd. (in prosieguo: 
� DDSA �) otteneva, in forza dell'art. 41 dell'allora vigente Patents Act 1949, 
una licenza obbligatoria per lo sfruttamento dell'invenzione. 
5. -La licenza obbligatoria concessa nel C\SO in esame era basata sull'art. 
41 del Patents Aot del 1949 ohe contempfava un regime specifico 
per i brevetti riguardanti le derrate alimentari, i medicinali e gli strumenti 
chirurgici. Nel caso di tali brevetti, il Comptroller of Patents doveva, 
salvo valide ragioni, concedere una licenza obbligatoria a chiunque 
ne facesse domanda. 
sia stato venduto prima nel Regno Unito ed esportato p01 m Olanda, ovvero 
che esso sia stato venduto dalla DDSA direttamente alla Pharmon. E' del tutto 
indifferente cio� che il prodotto sia stato prima commercializzato nel Regno 
unito e poi esportato e non invece direttamente esportato. Quel che importa 
sapere � invece se il prodotto possa circolare, oltre che nel Regno unito, in 
forza della licenza obbligatoria, anche nel resto della Comunit� o in particolare 
nei paesi come l'Olanda in cui esso � brevettato. 

� E' chiaro che il problema � cos� molto pi� vasto e la soluzione estremamente 
pi� interessante. Invero la Corte di cassazione olandese ha posto un 
quesito specifico e restrittivo, che presuppone in effetti che il prodotto sia stato 
venduto direttamente all'estero dal titolare della licenza obbligatoria, ma una 
risposta che partisse esclusivamente da questo presupposto potrebbe risultare 
asfittica, risolvendo il caso di specie ma non il problema di fondo. 

� E' ben chiaro infatti che un divieto limitato alle sole vendite dirette all'estero 
potrebbe essere facilmente eluso con vendite ad intermediari abilmente 
ma facilmente mascherabili. 



750 

RASSF.GNA DEI.L'AWOCATURA DELLO STATO 


6. -Dal n. 2 di tale articolo si desume che detta normativa mirava 
a far s� che dette merci potessero essere ottenute al prezzo minimo possibile, 
pur consentendo al titolare del brevetto di trarre da questo un equo 
profitto. La licenza obbligatoria non era firmata-n� dal licenziato, n� dal 
titolare . del brevetto, ma unicamente dall'impiegato dell'ufficio britannico 
dei brevetti. 
7. -Nel caso in esame si trattava di una.licenza obbligatoria non esclusiva 
e non cedibile, rilasciata per il territorio del Regno Unito di Gran 
Bretagna e d'Irlanda settentrionale e dell'isola di Man e soggette al divieto 
d'esportazione. 
8. -Cionondimeno, poco prima della scadenza del brevetto britannico, 
cio� alla fine del 1976, la DDSA ignorava questo divieto d'esportazione 
vendendo alla ditta farmaceutica olandese Pharmon una consistente partita 
di compresse di � furosemide � da essa prodotte. La Pharmon intendeva 
smerciare nei Paesi Ba~si i prodotti farmaceutici che si era procurata. 
9. -La Hoechst citava in giudizio la Pharmon dinanzi al Tribunale 
di Rotterdam il q1:1ale, con sentenza 1� febbraio 1977 passata in giudicato, 
vietava in generale alla seconda di ledere i diritti derivanti dal brevetto 
olandese della Hoechst. 
Dunque sembra che il problema vada affrontato nei suoi termini generali. 
E in tali termini non pu� essere accettato il � distinguo � fra vendita diretta 
e vendita dndiretta che sembra porre fa CO:mm:i:ssione. 

<\enza ripetere argomenti che sono stati gi� svolti nelle osserv~oni ""rit~c. 
che -si muovono nella stessa linea seguita dagli altri Governi intervenuti, appare 
sufficiente sottolineare ora: 

-che il concetto di esa"!lrimento comunitario � stato es;pressp dalla Corte 
con specifico riferimento alla messa in commercio del prodotto nello Stato 
membro di esportazione dal titolare del brevetto (nel paese di importazione) o 
con il suo consenso; 

-�Che Ia Jiicemia obblig:atoria viene conoessa per un !interesse nazionale di 
approvvigionamento o addirittura per un interesse pubblico nazionale, contro o 
comunque senza la volont� del titolare del brevetto; 

-che se la merce � destinata ad essere esportata, non v'� alcun motivo di 
concedere la licenza (si noti come lo stesso Governo del Regno unito abbia 
rilevato l'inutilit� di un esplicito divieto di esportazione nella �icenza obbligatoria); 


-che, anzi, proprio il rilascio di una licenza obbligatoria pu� costituire 
sotto certi profili un ostacofo alla libera circolazione delle merci: e infatti giustamente 
la convenzione di Lussemburgo sul brevetto comunitario del 15 dicembre 
1975 si preoccupa di non consentir~a (salvo esigenze di pubblico interesse) 
quando H prodotto tutelato dal brevettO, fabbricato in uno Stato contraente, sia� 
messo in commercio nel territorio di un altro Stato membro per il quale la � 
licenza verrebbe richiesta in quantit� sufficiente a soddisfare le esigenze del 
territorio di quest'ultimo Stato; e giustamente i Governi intervenuti, e parti




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 751 

10. -La Pharmon, che si rifiuta di ammettere che il divieto generale 
di cui sopra riguardi il � furosemide � originario del Regno Unito in cui, 
a suo dire, esso era stato regolarment� messo i. commercio dalla DDSA, 
ha chiesto al Tribunale di Rotterdam di emettere una sentenza declaratoria 
in tal senso. 
11. -La causa giungeva dinanzi alla Corte d'appello dell'Aia la quale 
decideva che, giacch� la Pharmon aveva.acquistato direttamente la partita 
di � furosemide � della DDSA, tali compresse non erano state messe sul 
mercato nel Regno Unito e che inoltre si doveva ritenere che la Hoechst 
non aveva il:'iscosso comtpensi peir tale partita. Quindi, con sentenza 3 marzo 
1982, essa respingeva la domanda della Pharmon. 
12. -La Pharmon ricorreva allora in cassazione sostenendo in particolare 
che a torto la Corte d'appello �veva ritenuto che la partita di 
� furoseinide � non fosse stata messa sul mercato britannico e che pure 
a torto detto giudice �aveva attribuito rilevanza al fatto che non fossero 
stati versati compensi alla Hoechst. 
13. -Con sentenza 13 gennaio 1984, lo Hoge Raad, ritenendo che detta 
causa sollevasse diverse questioni d'interpretazione del diritto comunitario, 
ha chiesto alla Corte di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle 
seguenti questioni: 
� 1. Se le norme relative alla libera circolazione delle merci all'interno 
del mercato comune ostino a che il titolare di un brevetto eserciti 
il diritto attribuitogli dalle norme di uno Stato membro di opporsi alla 
messa in commercio in questo' Stato di una merce tutelata dal brevetto, 
colarmente quello danese, quello inglese e quello tedesco, hanno sottolineato i 
pericoli di una proliferazione di licenze obbligatorie che potrebbe prodursi, con 
effetti distorsivi dell'intero mercato, se esse consentissero di superare cosl agevolmente 
i diritti del titolare del brevetto; 

-JJa realt� � che fa licenza obbligiatorua � iill frutto dJi un provvedimento di 
confisca (ha detto n governo francese), di tipo esproprianvo (ha detto iil governo 
italiano), che oltretutto (oome ha osservato il' gO'Verno francese), consente la 
produzione della merce al di fuoru 'di quals:iiasi control�o, suggerimento, accordo 
del titolwe dcl brevetto, con conseguenze che potrebbero anche essere notevoli 
per l'immagine del prodotto e del titolare del brevetto; 

-la licenza, dunque, resti efficace nei limiti funzionali per cui � stata 
data e non sia consentita la commercializzazione del prodotto al di fuori del 
territorio per il quale � stata concessa, secondo quanto � stato anche stabilito 
nella convenzione di Lussemburgo, che altrimenti non avrebbe pi� senso: abbiamo 
parlato di divieto di commercializzazione oggettiva del prodotto all'estero 
e non so1o di dlivdero dJi vendita diretta all'estero del prodotto da parte del 
l!ioenz1a1Jartlo, oon oi� intendendo ancora una volta sottolineare Ja vastit� del 
principio che ci attendiamo sia espresso dalla Corte�. (0. F.) 



752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

qualora si tratti di merci prodotte in un altro Stato membro e che siano 
direttamente vendute e consegnate ad un acquirente nel primo Stato 
membro dal titolare di una licenza obbligatoria, a fronte di un brevetto 
parallelo che lo stesso titolare del brevetto possiede in quest'altro Stato 
membro. 

2. Se il fatto che, per la predetta licenza obbligatoria, le autorit� 
dell'altro Stato membro, abbiano imposto il divieto di esportazione influisca 
sulla soluzione della prima questione. 
3.. Se abbia rilevanza ai fini della soluzJione della prima questione: 


a) il fatto che il titolare del brevetto possa, in generale, pretendere 
compensi per merci messe in commercio dal titolare della licenza obbligatoria 
in forza della stessa; 

b) il fatto che il titolare del brevetto possa pretendere compensi 
per la partita di cui � causa; 
e) il fatto che il titolare del brevetto non solo possa pret~ndere un 
compenso, ma lo abbia effettivamente ottenuto (o voluto ottenere)�. 

Sulla soluzione da dare alla prima questione. 

14. � Con la prima questione il giudice nazionale chiede, in sostanza, 
se gli artt. 30 e 36 del Trattato ostino all'applicazione delle norme di uno 
Stato membro che attribuiscono al titolare di un brevetto il diritto d'impedire 
lo smercio, in questo Stato, di un prodotto fabbricato in un altro 
Stato membro dal concessionario di una licenza obbligatoria relativa ad 
un brevetto parallelo detenuto dal medesimo titolare. 
15. -La Pharmon, ricorrente nella causa principale, sostiene che si 
deve riconoscere al titolare di una licenza obbligatoria il diritto di consegnare 
direttamente nel territorio di un altro Stato membro, dove esiste 
un brevetto parallelo, il prodotto oggetto del brevetto iniziale, del brevetto 
parallelo e della licenza obbligatoria. 
16. -Essa svolge vari argomenti a sostegno della sua tesi: la natura 
della licenza obbligatoria non differisce molto da q~ella della licenza libe� 
ramente concessa, tenuto conto delle norme di procedura relative al rilascio 
delle licenze obbligatorie, della possibilit� di impugnazione offerta al 
titolare del brevetto e del versamento a questo d'una ragionevole retribuzione. 
Circa il problema del. consenso del titolare del brevetto, essa 
sostiene che la decisione delle autorit� nazionali si pu� ritenere sostituisca 
tale consenso, e che in ogni caso l'esaurimento del diritto di brevetto 
si ha del pari quando il prodotto � stato posto in vendita nello 
Stato in cui � stata rilasciata la licenza obbligatoria. La Pharmon assu

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B. INTERNAZIONALE 753 

me inoltre che varie sentenze della Corte di giustizia suffragano la sua 
tesi, particolarmente le sentenze 3 luglio 1974 (Van Zuylen e/ Caff� Hag, 
causa 192/73, Racc. pag. 731), 20 gennaio 1981 (M.sik -Vertrieb Membran 
e/ GEMA, cause riunite 55 e 57/80, Raoc. pag. 147) e 14 luglio 1981 (Merck 
e/ Stephar, causa 187/80, Racc. pag. 2063). Tali sentenze implioherebbero 
che colui ohe decide di valersi della poss�ibilit� di chiedere urn brevetto 
iparaililelo nel Regno Unito accetta perci� stesso le norme britanniche nel 
Joro complesso con rutte le conseguenze che ci� implica, ivi compresa la 
possibilit� che venga rilasciata una licenza obbligatoria sul brevetto 
parallelo �stesiso. 

17. -La Hoechst, i sei Stati membri che hanno presentato osservazioni 
e la Commissione sostengono in modo ampiamente concordante 
che il titolare di una licenza obbligatoria non h.a il diritto di vendere direttamente 
nel territorio di uno Stato membro dove esista un brevetto 
parallelo. Di conseguenza, essi sostengono che le norme relative alla libera 
circolazione delle merci non ostano a che il titolare d'un brevetto eserciti 
il diritto, attribuitogli dalle norme di uno Stato membro, di opporsi allo 
smercio nella summenzionata ipotesi, in tale Stato, d'un prodotto tutelato 
dal brevetto di cui � titolare. 
18. -In primo luogo, viene sostenuto che la licenza obbligatoria ha 
natura diversa dalla licenza volontaria, in particolare a causa della mancanza 
di vere e proprie trattative tra il licenziato obbligatorio ed il titolare 
del brevetto, della mancanza di firma del licenziato e del titolare 
del brevetto su un documento che resta un provvedimento adottato da 
una pubblica autorit�, e dell'inesistenza dei rapporti che normalmente 
si instaurano tra il titolar.e� del brevetto ed il licenziato per contratto. 
19. -In secondo luogo, � stato assunto che la licenza obbligatoria e 
la licenza volontaria non hanno gli stessi scopi. Mentre la seconda costituirebbe 
un modo di sfruttamento che rientra nello scopo specifico del 
diritto di brevetto quale � stato precisato dalla Corte, la prima, al contrario, 
avrebbe essenzialmente lo scopo di soddisfare gli interessi particolari 
di uno Stato membro. Di conseguenza, sarebbe ingiusto, o pericoloso, 
favorire ulteriormente tale Stato membro consentendo la vendita 
diretta della merce prodotta sotto la licenza obbligatoria ch'esso attribuisce, 
negli Stati membri dove esiste un brevetto parallelo. 
20. -In terzo luogo, tutte le summenzionate osservazioni hanno particolarmente 
insistito sulla mancanza di consenso diretto o indiretto del 
titolare del brevetto in caso di licenza obbligatoria. Richiamandosi alla 
giurisprudenza della Corte (in particolare alle sentenze 31 ottobre 1974, 
Centrafarm c/ Sterling Drug, causa 15/74, Racc. pag. 1147; sentenza 14 
Luglio 1981, Societ� Merck c/ Stephar, gi� menzionata e sentenza 14 set

754 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tembre 1982, Keurkoop, causa 144/81, Racc. pag. 2853), le osservazioni pongono 
l'accento sulla circostanza che in caso di licenza obbligatoria, non 
sarebbe soddisfatta alcuna delle condizioni che secondo la giurisprudenza 
della Corte fissano il limite d'ordine comunitario all'esercizio d'un dirittb 

di propriet� industriale e commerciale tutelato sul piano nazionale. Quindi, 
la teoria dell'esaurimento del diritto di brevetto, la quale presuppone che 
il prodotto di cui trattasi sia stato posto in commercio liberamente e 
volontariamente dal titolare del brevetto, o da terzi' col suo consenso, non 
potrebbe applicarsi in caso di licenza obbligatoria. Questa opinione sarebbe 
confermata dalla Convenzione relativa al brevetto europeo per il 
mercato com�ne (Convenzione sul brevetto comunitario) (G. U. del 26 gennaio 
1976, n. L 17, pag. 1), in particolare dall'art. 81, n. 3, la quale, anche 
se non � an�ora entrata in vigore, manifesterebbe cionondimeno l'atteggiamento 
degli Stati membri in proposito. 

21. -In quarto luogo, la Hoechst e tutti gli Stati membri che hanno 
presentato osservazioni hanno sostenuto che il principio della territorialit� 
degli atti delle pubbliche autorit� di uno Stato membro osta a 
che al titolare di una licenza obbligatoria vengano attribuiti dei diritti nei 
territori degli altri Stati membri. La licenza obbligatoria, dato che � un 
provvedimento d'eccezione e costituisce spesso una sanzione per il titolare 
del brevetto, dovrebbe applicarsi in modo restrittivo e i suoi effetti 
non andrebbero estesi al di l� dello scopo che le � assegnato, cio� in generale 
l'interesse pubblico e, in particolare in fatto di medicinali, il rifornimento 
del mercato interno in modo soddisfacente. 
22., -� opportuno ricordare ohe secondo la costante giurisprudenza, 
gli artt. 30 e 36 del Trattato ostano all'applicazione delle norme nazionali 
che attribuiscono al titolare di un brevetto il diritto di oppor<Si all'importazione 
o allo smercio di un prodotto che sia stato lecitamente esitato 

sul mercato di un altro Stato membro dallo stesso titolare del diritto, 
col suo consenso, o da una persona unita a lui da vincoli di dipendenza 
giuridica o economica. 

23. 1-Il titolare del brevetto, infatti, se potesse vietare l'importazione 
di prodotti tutelati, posti in commercio in un altro Stato membro da lui 
o col suo consenso, avrebbe la possibilit� di isolare i mercati nazionali 
e di porre cos� in essere una restrizione nel commercio tra gli Stati membri, 
senza che una restrizione del genere sia necessaria per garantirgli la 
sostanza dei diritti esclusivi derivanti dai brevetti paralleli. 
24. -�La questione posta dal giudice nazionale si risolve quindi in 
sostanza nel se le stesse norme si applichino quando l'importazione e la 
messa in vendita riguardano una merce che � stata prodotta nello Stato 
membro d'esportazione dal titolare di una licenza obbligatoria relativa I 
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PARTE I, SEZ. II, (lIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

ad un brevetto parallelo detenuto dal titolare del brevetto nello Stato 
membro d'importazione. 

25. -In proposito � opportuno rilevare che, quando. le competenti autorit� 
di uno Stato membro -come nel caso in esame -attribuiscono ad 
un terzo una licenza obbligatoria consentendogli di compiere atti di produzione 
e di smercio che il titolare del brevetto ha normalmente il diritto 
di vietare, non si pu� ritenere che questi abbia acconsentito agli atti 
compiuti da tale terzo. Con un provvedimento del genere, infatti, il titolare 
del brevetto vfene privll!to de[ diI'itto di decidere liberamente il modo 
in cui porre in commercio il proprio prodotto. 
26. -Come la Corte ha gi� affermato, da ultimo nella sentenza 14 luglio 
1981 (Merck c/ Stephar, gi� menzionata), la sostanza del diritto di 
brevetto consiste essenzialmente nell'attribuire all'inventore il diritto esclusivo 
di prima mes_sa in circolazione della merce di cui trattasi, onde consentirgl~ 
di ottenere la ricompensa per il suo sforzo creativo. Consentire 
al titolare del brevetto di opporsi all'importazione e allo smercio dei 
prodotti fabbricati in forza di una licenza obbligatoria . � quindi necessario 
per garantirgli la sostanza dei diritti esclusivi derivanti dal brevetto. 
27. -Stando cos� le cose, la prima questione va risolta nel senso che 
gli artt. 30 e 36 del Trattato non vietano l'applicazione delle norme di 
uno Stato membro che attribuiscono al titolare di un brevetto il diritto 
d'impedire la messa in commercio, in tale Stato, di un prodotto fabbricato 
in un altro Stato membro dal concessionario d'una licenza obbligatoria 
relativa ad un brevetto parallelo detenuto dal medesimo titolare. 
Sulla soluzione, da dare alla seconda e alla terza questione 

28. -Con queste due questioni, il giudice nazionale vuol sapere in 
sostanza se la soluzione della prima questione dipenda, in primo luogo, 
dal se le autorit� dello Stato membro che hanno rilasciato la licenza 
obbligatoria abbiano imposto il divieto d'esportazione e, in secondo luogo, 
dal se la licenza obbligatoria contempli un regime di compensi a favore 
del titolare del brevetto e se questi abbia effettivamente accettato o rifiutato 
detti compensi. 
29. -In proposito � sufficiente osservare che i limiti tracciati dal diritto 
comunitario all'applicazione delle norme dello Stato membro d'importazione, 
limiti che sono stati sopra illustrati, non dipendono affatto 
dalle condizioni cui le competenti autorit� dello Sfato membro d'esportazione 
hanno subordinato la concessione della licenza. obbligatoria. 

zione comune di mercato, in quanto il prelievo � derivato dal valore centrale 
di questa disciplina, cio� dal prezzo indicativo. 
zione comune di mercato, in quanto il prelievo � derivato dal valore centrale 
di questa disciplina, cio� dal prezzo indicativo. 
756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

30. � Stando cos� le cose, la seconda e la terza questione vanno 
risolte nel senso che per la soluzione della prima questione, � irrilevante 
che per la licenza obbligatoria sia stato imposto il divi�to di 
esportazione, che essa contempli compensi per il titolare del brevetto 
e che questi abbia accettato o rifiutato tali compensi. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sed. plen., 9 
luglio 1985, nella causa 179/84 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. 
Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore 
di Cremona nella causa P. Bozzetti e Invemizzi s.p.a. (avv.ti E. Cappelli 
e P. De Caterini) c. Min. Tesoro � Interv.: Governo italiano 
(aw. Stato Braguglia), Consiglio della C.E. (ag. Sacchettini) e Commissione 
delle C.E. (ag. Prozzillo). 

Comunit� europee � Agricoltura -Organizzazione comune di mercato nel 
settore dei prodotti lattiero-caseari -Prelievo di corresponsabilit� � 
Natura. 
(Reg. CEE del Consiglio 17 maggio 1977, n. 1079, e della Commissione 5 agosto 1977, 

n. 1822). 
Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazione comune di mercato nel 
settore dei prodotti lattiero-caseari � Prelievo di corresponsabilit� � 
Criteri di determinazione � Validit�. 
Trattato CEE, artt. 40 e 43, reg. CEE del Consiglio 17 maggio 1977, n. 1079, e della 

Commissione, 5 agosto 1977, n. 1822). 

Il prelievo di corresponsabilit� istituito con il regolamento del Consiglio 
17 maggio 1977, n. 1079, relativo ad un prelievo di corresponsabilit� 
e a misure destinate ad ampliare i mercati nel settore del latte e dei 
prodotti lattiero-caseari e definito nei particolari mediante il regolamento 
della Commissione 5 agosto 1977, n. 1822, che istituisce modalit� d'applicazione 
relative alla riscossione del prelievo di corresponsabilit� istituito 
nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, sott� il profilo del diritto 
comunitario va inquadrato tenuto conto della funzione economica 
che esso svolge in quanto fa parte degli interventi destinati a regolariz� 
zare il mercato dei prodotti lattiero-caseari. Spetta al giudice nazio'nale 
trarre le conseguenze da questa constatazione onde determinare la sua 
competenza in materia. 

I regolamenti CEE del Consiglio 17 mq.ggio 1977, n. 1079, e della 
Commissione 5 agosto 1977, n. 1822, non operano una discriminazione 
fra i produttori n� istituiscono un sistema illogico, dal momento che il 
prelievo di corresponsabilit� del latte risulta in armonia con l'organizza� 


PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 157 

(omissis) 1. -Con ordinanza 1� giugno 1984, giunta alla Corte il 9 luglio 
successivo, il Pretore di Cremona ha sollevato, a norma dell'art. 177 
del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione 
e alla validit� del regolamento del Consiglio 17 maggio 1977, n. 1079, relativo 
ad un prelievo di corresponsabilit� e a misure destinate ad ampliare 
i mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (G.U. n. L 131, 
pag. 6) e del regolamento della Commissione 5 agosto 1977, n. 1822, recante 
modalit� di applicazione relative alla riscossione del prelievo di corresponsabilit� 
istituito nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari 

(G.U. n. L 203, pag. 1), nelle versioni ulteriormente modificate ed integrate. 
Sulla disciplina in materia 

2. -Con il regolamento n. 1079/77 il Consiglio ha istituito un � pre� 
lievo di corresponsabilit� � destinato a ridurre le eccedenze strutturali 
sul mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari nella Comunit�. In 
base al secondo considerando del preambolo, questo prelievo � destinato 
a stabilire vincoli pi� diretti fra la produzione e le possibilit� di 
collocamento dei prodotti lattieri. Esso deve colpire in moqo uniforme 
tutte le partite di latte fomite alle latterie nonch� determinate vendite 
di prodotti lattiero-caseari alla fattoria. 
3. -A norma dell'art. 2, l'entit� del prelievo � stabilita, per le campagne 
lattiere che si susseguono, secondo il procedimento contemplato 
dall'art. 43, n. 2, del Trattato, cio� dal Consiglio che si pronuncia a maggioranza 
qualificata, su proposta della Commissione. Il� livello del prelievo, 
fissato in funzione di una percentuale del � prezzo indicativo del 
latte valido per la campagna in questione�, tiene conto della situazione 
del mercato, delle previsioni d'offerta e di domanda dei prodotti lattierocaseari, 
nonch� dell'andamento delle giacenze. 
4. -Per la campagna 1977/1978, il prelievo � stato stabilito a 1,5 % 
del prezzo indicativo del latte; le percentuali vigenti per le campagne 
successive sono state stabilite mediante regolamento. Secondo le indicazioni 
che emergono dal fascicolo, il prelievo era fissato al 2 % del prezzo 
indicativo al momento della controversia, conformemente al regolamento 
del Consiglio 18 maggio 1982, n. 1189 (G.U. n. L .140, pag. 8). 
5. -A norma dell'art. 3 del regolamento n. 1079/77, nell'ipotesi di una 
fornitura ad un'impresa che tratta o trasforma il latte, il prelievo viene 
defalcato dall'acquirente del latte dal pagamento da effettuarsi al produttore; 
esso viene trasmesso mensilmente ad opera dell'acquirente interessato, 
per il mese precedente, all'ente competente designato a questo 
scopo da ciascuno Stato membro. L'art. 5 precisa che il prelievo di cor6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

758 

responsabilit� si considera come uno degli � interventi destinati a regolarizzare 
i mercati agricoli�. 

6. -Il regolamento della Commissione n. 1822/77, altres� contemplato 
dalle questioni del Pretore, disciplina le modalit� d'applicazione 
relative alla percezione del prelievo di corresponsabilit� senza tuttavia 
predisporre modalit� che possano avere interesse particolare sotto il 
profilo dei problemi sollevati. Questo regolamento viene quindi esaminato 
congiuntamente con il regolamento del Consiglio n. 1079/77, la cui validit� 
� contestata. 
7. -Si deve ricorda:re che il �prezzo indicativo� cui si fa riferimento 
all'art. 2 del regolamento n. 1079/77 � definito all'art. 3 del regolamento 
del Consiglio 27 giugno 1968, n. 804, relativo all'organizzazione comune dei 
mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (G.U. n. L 148, 
pag. 13) come � il prezzo del latte che si tende ad assicurare per la t�talit� 
del latte venduto dai produttori durante la campagna lattiera, compatibilmente 
con le possibilit� di smercio esistenti sul mercato della 
Comunit� e sui mercati esterni �, Questo prezzo � stabilito ogni anno dal 
Consiglio �per il latte contenente il 3,7 % di materie grasse, franco latteria
�. 
Sugli antefatti 

8. -Risulta dall'ordinanza di rinvio che l'attore nella sua causa principale, 
allevatore a Derovere (Cremona), il 5 aprile 1984 citava la societ� 
Invernizzi S.p.A. con sede in Melzo (Milano) nonch� il Ministero del Tesoro 
dinanzi al Pretore onde ottenere la restituzione della somma defalcata 
dalla societ� Invernizzi per conto del Ministero del Tesoro a titolo 
di prelievo di corresponsabilit� sul prezzo di vendita del latte prodotto 
dallo stesso attore ed acquistato dalla societ� Invernizzi nei mesi di 
aprile e maggio 1983. 
9. -A giudizio dell'attore, il prelievo di corresponsabilit�, calcolato 
in base al �prezzo indicativo�, si risolverebbe in discriminazioni fra i 
produttori comunitari in quanto viene calcolato in funzione del prezzo 
di un latte contenente una percentuale di materie grasse pari al 3,7 %, 
mentre � noto che il latte prodotto in. Italia ha una percentual_e di materie 
grasse inferiore. Ne conseguirebbe che gli allevatori italiani, pur 
dovendo versare un prelievo pari a quello degli altri produttori della Comunit�, 
contribuirebbero in minore misura alla costituzione delle eccedenze 
che si devono smaltire. L'attore ritiene quindi che il prelievo di 
corresponsabilit� debba considerarsi illegittimo e quindi indebito, tanto 
che sarebbe possibile chiedere giudizialmente la restituzione delle somme 
defalcate a questo titolo. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

10. -Il Pretore ritiene che il principio della responsabilit� dei produttori 
di latte di fronte al problema, sempre pi� grave, dell'aumento 
delle giacenze di burro e di latte in polvere sia difficilmente criticabile 
di per s�, ma che non sia possibile negare un certo fondamento ai dubbi 
espressi dall'atto.re circa la correttezza e l'idoneit� delle soluzioni accolte 
dal legislatore comunitario nella determinazione delle modalit� concrete 
d'applicazione di detto prelievo, in quanto questo colpisce allo stesso 
modo tipi di latte che differiscono molto fra loro, specie sotto il profilo 
del tenore in materie grasse, e che fanno insorgere responsabilit� diverse 
per quanto riguarda la produzione potenziale di burro. 
11. -Inoltre, poich� il prelievo di corresponsabilit� non figura fra le 
cosiddette � risorse proprie � della Comunit�, elencate nella decisione del 
21 aprile 1970 relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati 
membri mediante risorse proprie della Comunit� (G.U. n. L 94, pag. 19), il 
Pretore si chiede se detto prelievo abbia natura fiscale o meno onde 
poter verificare la propria competenza nei confronti della controversia 
di cui deve conoscere. 
12; -Per dissipare questi dubbi il Pretore ha sollevato du� questioni 
cos� formulate: 

1. Se i regolamenti n. 1079/77 del Consiglio e n. 1822/77 della Commissione 
che, con le successime modificazioni e integrazioni, hanno istituito 
e disciplinato il prelievo di corresponsabilit� per il latte -che 
non figura tra le cosiddette � risorse proprie � di cui alla decisione del 
Consigl�o 21 aprile 1970 ..:_ siano da interpretare nel senso che il prelievo 
medesimo non ha natura fiscale. 
2. Se i regolamenti CEE nn. 10Z9/77 e 1822/77, ed in particolare gli 
artt. 2 del regolamento n. 1079/77 e 2 del regolamento n. 1822/77, istituendo 
un prelievo di corresponsabilit� che colpisce in maniera identica 
prodotti aventi caratteristiche compositive diverse e quindi aventi una 
diversa attitudine a provocare eccedenze di burro e latte in polvere, debbano 
ritenersi megittimi per violazione �de! principio di non discriminazione 
di cui all'art. 40, paragrafo 3, del Trattato nonch� per sviamento 
di potere per illogicit� manifesta e vadano, di conseguenza, disapplicati. 
Sulla natura fiscale o meno del �prelievo di corresponsabilit�� (prima 
questione). 

�13. -L'attore nella causa principale sostiene che il prelievo litigioso 
non ha carattere fiscale. Esso attira l'attenzione sul fatto che il prelievo 
in questione non � citato tra le risorse proprie della Comunit�, ma � 
destinato direttamente a far fronte a determinate spese contemplate dal



760 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


l'art. 4 del regolamento n. 1079/77 nell'interesse del mercato lattiero e che 
l'art. 5 dello stesso regblamento dispone che � il prelievo di corresponsabilit� 
e le misure contemplate dall'art. 4 sono considerati come interventi 
destinati a regolarizzare i mercati agricoli�. Anche se non spetta 
alla Corte risolvere il problema di competenza sollevato dal Pretore, questa 
potrebbe fornire gli elementi tratti dal diritto comunitario che possono 
servire al giudice nazionale per risolvere detto problema. L'attore 
ricorda in merito. la sentenza della Corte 19 dicembre 1968 (causa 13/68, 
Salgoil, Racc. pag. 661). 

14. -Il Governo della Repubblica italiana ritiene che esuli dai problemi 
d'interpretazione del diritto comunitario il definire l'indole fiscale 
o meno del prelievo di corresponsabilit� al fine di individuare il giudice 
nazionale competente. Detta questione dovrebbe quindi venir risolta dal 
giudice nazionale, nell'ambito d�l proprio ordinamento giuridico, come la 
Corte avrebbe affermato nella sentenza, citata dalla parte attrice, del 
19 dicembre 1968, al n. 3 del dispositivo, ove si afferma, quanto alla 
tutela dei diritti conferiti dal Trattato, che �spetta all'ordinamento giuridico 
di ciascuno Stato membro il designare.la giurisdizione competente 
e, a tale effetto, il qualificare detti diritti in base ai criteri del diritto 
nazionale �. Il governo italiano ritiene che il fatto che il prelievo di corresponsabilit� 
sia considerato come provvedimento destinato a contribuire 
alla stabilizzazione dei mercati, come pure il fatto che detto prelievo 
non sia compreso nelle risorse proprie ai sensi dell'art. 201 del Trattato 
CEE, lasciano aperta la questione di competenza, che dovrebbe essere 
risolta secondo i criteri del'ordinamento giuridico nazionale. 
15. -Il Consiglio riconosce che il problema di competenza sollevato 
dal giudice nazionale va risolto secondo i criteri del solo diritto nazionale, 
come la Corte ha indicato al �n. 18 della sentenza 27 marzo 1980 (cause 
66, 127 e 128/79, Salumi, Racc. pag. 1237). Il Consiglio osserva tuttavia 
che, nella sentenza 22 febbraio 1979 (causa 138/78, St�ilting, Racc. pag. 713), 
la Corte ha gi� definito il complesso dei provvedimenti contemplati dal 
regolamento n. 1079/77 come � destinati a regolarizzare e a stabilizzare 
il mercato dei prodotti lattiero-caseari e a completare cos� l'attuale sistema 
d'intervento �. La Corte avrebbe quindi escluso che siffatto prelievo 
abbia natura fiscale. Pare quindi difficile al Consiglio che un giudice 
nazionale possa definire diversamente la natura dello stesso prelievo. 
16. -Secondo la Commissione, con la questione sollevata si chiede 
la soluzione di un problema non gi� di diritto cohiunitario, bens� di 
diritto nazionale, vale a dire la determinazione del giudice competente. 
Essa ritiene che detta questione vada risolta dal giudice nazionale in 
funzione del proprio ordinamento giuridico. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

17. -Come ha affermato la Corte nella sentenza 19 dicembre 1968 
(Salgoil), alla quale si sono richiamate le parti, spetta all'ordinamento 
giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente a 
risolvere controversie vertenti sui diritti soggettivi, scaturenti dall'ordinamento 
giuridico comunitario, fermo restando tuttavia che gli Stati 
membri sono tenuti a garantire, in ogni caso, la tutela effettiva di detti 
diritti. Con questa riserva, non spetta alla Corte intervenire nella soluzione
�dei problemi di competenza che pu� sollevare, nell'ambito dell'ordinamento 
giudiziario nazionale, la definizione di determinate situazioni 
giuridiche fondate sul diritto comunitario. 
18. -Tut~avia, come giustamente ha osservato il Consiglio, la qualifica 
del prelievo di corresponsabilit�, alla luce delle norme del diritto 
comunitario, non � comunque indifferente sotto il profilo del diritto 
nazionale. Vi � quindi un �indubbio interesse ad indicare al giudice 
nazionale gli elementi del diritto comunitario che possono concorrere alla 
soluzione del problema di competenza che esso deve risolvere. 
19. -Si deve osservare a questo proposito che nell'art. 5 del regolamento 
n. 1079/77 si � tenuto a precisare che il prelievo di corresponsabilit� 
va considerato come uno degli � interventi destinati alla regolarizzazione 
dei mercati agricoli �. Questo prelievo ha quindi carattere 
essenzialmente economico, in quanto ha la stessa funzione degli altri 
interventi contemplati dall'organizzazione comune del mercato dei prodotti 
lattiero-caseari. La circostanza che il prelievo di corresponsabilit�, 
direttamente destinato a far fronte a determinat.e spese sostenute nello 
ambito �dell'organizzazione comune del mercato di prodotti lattieri non 
rientri tra le � risorse proprie � della Comunit� non implica che venga 
modific1;1ta la qualifica di detto prelievo in quanto ha la funzione di 
contribuire alla regolarizzazione del mercato di cui trattasi.� 
20. -Si deve dunque risolvere la prima questione nel senso che il 
prelievo di corresponsabilit�, istituito con il regolamento del Consiglio 
n. 1079/77 e definito nei particolari mediante il regolamento della Commissione 
n. 1822/77, .sotto il profilo del diritto comunitario, va inquadrato 
~enuto conto della funzione economica che esso svolge in quanto fa parte 
degli interventi destinati a regolarizzare il mercato dei prodotti lattierocaseari. 
Spetta al giudice nazionale trarre le conseguenze da questa constatazione 
onde determinare la sua competenza in materia. 
Sulla validit.� del metodo di fissazione del � prelievo di corresponsabilit� 
(seconda questione). 

21. -Secondo l'attore nella causa principale, il metodo di calcolo 
prescritto dal regolamento del Consiglio n. 1079/77 e dal regolamento� 

762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Commissione n. 1822/77, che consiste nel determinare il prelievo di 
corresponsabilit� assumendo come base il prezzo indicativo fissato per 
un latte tipo contenente il 3,7 % di materie grasse, sarebbe discriminatorio 
per un produttore come l'attore, il cui latte non ha mai fatto registrare 
tale percentuale, rispetto ai produttori di altre regioni della Comunit�, 
il cui latte raggiunge e supera detta per~entuale di materie 
grasse. Orbene, sarebbero proprio questi tipi di latte che provocano le 
t?ccedenze di produzione e in particolare le eccedenze di burro. Il riferimento 
al prezzo indicativo stabilito per un latte contenente 3,7 % di 
materie grasse costituirebbe dunque una discriminazione incompatibile 
con l'art. 40, n. 3, del Trattato ed uno sviamento di potere, data l'illogicit� 
manifesta di siffatto metodo di determinazione. 


22. -Sempre secon�l.o l'attore, il legislatore comunitario avrebbe dovuto 
tener conto della differenza di situazioni regionali stabilendo il prelievo 
in modo che gravasse sui produttori che sono effettivamente responsabili 
delle eccedenze di produzione e concedendo, come contropartita, 
una esenzione totale o parziale dal prelievo ai produttori di latte pi� 
povero di materie grasse. L'attore osserva che, allorch� sono state definite 
le modalit� di riscossione del nuovo � prelievo supplementare � ad opera 
II

del regolamento del Consiglio 31 marzo 1984, n. 857 (G.U. n. L 90, pag. 13) 
e del regolamento della Commissione 16 maggio 1984, n. 1371 (G.U. n. L ~ {: 
132, pag. 11) si � tenuto conto dei diverso tenore in materie grasse che 
pu� presentare il latte. 

I 

23. � La tesi dell'attore nella causa principale � stata appoggfata 
dal Governo della Repubblica italiana, che allega che la determinazione 
II

del prelievo effettuata assumendo come base il prezzo indicativo di un 
latte avente 3,~ % di materie grasse costituisce una discriminazione � 
danno dei produttori italiani, poich� il tenore in materie grasse del 

I ~ 

latte prodotto in Italia � in media solo del 3,5 %. Il Governo italiano non 
contesta nel suo principio l'istituzione del prelievo di corresponsabilit�, 
ma considera che il Consiglio avrebbe dovuto differenziare i provvedi


~

menti 'adottati onde adattarli alle situazioni variabili che si registrano nella 
Comunit� per quel che riguarda la composizione del latte e, in particolar 
modo, il suo tenore in materie grasse, giacch� questo fattore � la causa 
principale degli oneri finanziari provocati dalla produzione di eccedenze. 
1Per quesrto motivo, il Governo italliano considera fa disciplina discriminatoria 
e non proporzionata alle finalit� che essa persegue. A suo parere, i 
regolamenti che hanno istituito in seguito il prelievo supplementare 
costituiscono la prova del fatto che anche il prelievo di corresponsabilit� 
poteva venir commisurato alla qualit� del latte, senza per questo 
motivo far insorgere insormontabili ostacoli di ordine pratico o amministrativo. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 763 

24. -Il Consiglio, per difendere la validit� dei regolamenti contestati, 
osserva che dispone in materia di un largo potere discrezionale in 
campo economico nella scelta dei provvedimenti destinati a riportare 
l'equilibrio sul mercato lattiero. Esso ricorda che questo margine di 
valutazione discrezionale � stato riconosciuto nella sentenza 21 febbraio 
1979 (StOlting, gi� ricordata) con la quale la Corte ha ammesso la conformit� 
al Trattato dell'istituzione del prelievo di corresponsabilit�. II 
Consiglio sottolinea che il provvedimento contemplato dal regolament� 
n. 1079/77 sarebbe stato scelto tra varie alternative, quali una diminuzione 
generale dei prezzi di sostegno o un contingentamento della produzione. 
-Anche l'istituzione del prelievo di corresponsabilit� avrebbe 
potuto operarsi secondo criteri diversi, ad esempio in funzione del prezzo 
effettivo riscosso dai produttori oppure a seconda che le latterie .fornissero 
molto, poco o nulla all'intervento. Queste diverse modalit� avrebbero 
toccato in modo diverso le varie categorie di produttori senza tuttavia 
per questo porgere il fianco alla critica di discriminazioni arbitrarie. 
25. -Quanto ai provvedimenti istituiti dal regolamento n. 1079/77, 
il Consiglio spiega che sono stati concepiti tenendo presente l'intero com� 
plesso del mercato comunitario dei I?rodotti lattiero-caseari. Era dunque 
solo normale scegliere come criterio di riferimento il prezzo indicativo, 
che � il valore centrale del sistema d'organizzazione del mercato e che 
� stabilito in funzione di un tipo di latte, giudicato rappresentativo della 
media comunitaria, fin dall'istituzione dell'organizzazione comune del 
mercato. 
26. � -n Consiglio contesta fa tesi dell'attore nel'la causa principale e 
del Governo italiano, in quanto essi hanno sostenuto che � la percentuale 
di materie grasse nel latte la principale causa delle eccedenze il cui 
smaltimento grava sul bilancio della Comunit�. Secondo il Consiglio il 
prelievo litigioso ha come finalit� quella di far diminuire, esercitando 
una pressione uniforme sul prezzo del latte, la produzione complessiva 
per tutto il mercato in questione. Quindi, secondo il Consiglio, non ci si 
pu� limitare a tener conto dell'incidenza dei diversi tipi di latte sulla 
fabbricazione del burro, ma si deve tener conto inoltre della vendita del 
latte come prodotto fresco, nonch� della fabbricazione di latte scremato in 
polvere, di latte condensato, di formaggi e di yogurt. lnol~re, si dovrebbe 
tener conto della vendita di tutta questa gamma di prodotti non solo 
sul mercato comunitario, ma anche sui mercati d'esportazione. In questo 
contesto sarebbe emerso che un'azione lineare, esercitata direttamente 
sulla produzione del latte crudo, era il provvedimento pi� idoneo in un 
contesto di mercato talmente diversificato. 

164 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 


27. -Quanto. agli argomenti tratti dall'attore e dal Governo italiano 
dalle differenziazioni effettuate al momento dell'istituzione del � prelievo 
supplementare�, il Consiglio sostiene che questo sistema implica finalit� 
e procedimenti diversi da quelli del prelievo di corresponsabilit�, in quanto 
ha lo scopo non solo di arginare l'aumento della produzione lattiera, 
ma anche di influire sull'andamento e sull'adeguamento delle strutture 
produttive negli Stati membri e in determinate regioni della Comunit�. 
Questa disciplina, che implica un'azione selettiva e fa scattare aliquote 
fiscali di carattere proibitivo, non sarebbe comparabile al prelievo di 
corresponsabilit� e non fornirebbe dunque argomenti che consentano di 
valutare la validit� del regolamento n. 1079/77. 
28. -La tesi del Consiglio � condivisa dalla Commissione, secondo la 
quale il ragionamento dell'attore nella causa principale si fonda su 
una premessa erronea, vale a dire che l'organizzazione comune dei mercati 
nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari e, in particolare 
il suo regime di prezzi, sarebbero fondati esclusivamente sul tenore di 
materie grasse presenti nel latte. La Commissione sottolinea che gi� il regolamento 
di base n. 804/68, nel 5� considerando del suo preambolo, ricorda 
che la finalit� dell'organizzazione di mercato � quella di garantire il 
I 
prezzo indicativo comune del latte franco latteria e che a questo scopo 
si devono contemplare, oltre gli interventi per il burro e la crema fresca, 

I 
! f

altri provvedimenti d'intervento comunitari miranti a sostenere la valorizzazione 
delle proteine ciel latte e i prezzi di quei prodotti la cui fun. 
zione nella formazione dei prezzi del latte alla produzione � particolarmente 
importante. Quindi, l'organizzazione di mercato contempla, oltre 

i

il prezzo indicativo che � generale, un prezzo d'intervento per il burro, 
un prezzo d'intervento per il latte scremato in polvere e un prezzo di 
intervent9 per i formaggi grana padano e parmigiano reggiano. Questa 
organizzazione include pure prelievi all'importazione e restituzioni alla 

I 

esportazione, e queste ultime sono particolarmente alte per l'esportazione 
dei formaggi in questione. La Commissione attira pure l'attenzione sul 
fatto che i prezzi effettivi che le latterie pagano in Italia ai produttori 
sono superiori al prezzo indicativo di almeno il 20 %, sicch� l'applicazione 
del prelievo di corresponsabilit� lascerebbe ancora un vantaggio 
notevole ai produttori italiani. 

29. -Quanto al raffronto fatto fra il prelievo di corresponsabilit� e il I 
prelievo supplementare, la Commissione condivide quanto ha dichiarato 
iil Consiglio attirando l'attenzione sul fatto che il riferimento al tenore in 
'iI 

materie grasse del latte per la determinazione dell'entit� del prelievo sup


!

plementare avrebbe la funzione di evitare frodi, praticate concentrando il 

I

volume del latte mediante arricchimento del suo tenore in materie grasse, 1 

! 

, . 

1!~��11..:~1��1~1~:,:::::~'~::,:::i 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

mentre il latte residuo, scremato, viene direttamente utilizzato come mangime. 


30. -Onde risolvere la'controversia sollevata circa le modalit� di f�.ssazione 
del prelievo di corresponsabilit�, � opportuno ricordare, in primo 
luogo, che .si deve riconoscere al Consiglio, in questa materia, un potere 
discrezio,nale che corrisponde alle responsabilit� politiche �he gli artt. 40 
e 43 gli attribuiscono,, come la Corte ha gi� dichiarato a proposito dello 
stesso prelievo nella sentenza 21 febbraio 1979 gi� citata. Istituendo questo 
prelievo e fissando le modalit� della sua applicazione, il Consiglio ha 
scelto, tra le varie formule disponibili, quella che gli � parsa pi� idonea 
alla finalit� perseguita, cio� esercitare una pressione diretta, pur se moderata, 
sul prezzo corrisposto ai produttori di latte, onde meglio far risaltare 
ai loro occhi il vincolo esistente fra la produzione e le possibilit� 
di smaltimento dei prodotti lattieri, come si dichiara nel preambolo del 
regolamento n. 1079/77. 
31. -La pressione cos� esercitata nella fase di ,produzione ha lo scopo 
di far fronte ad uno squilibrio globale sul mercato dei prodotti lattierocaseari, 
indipendentemente dalla circostanza che essi costituiscano o meno 
oggetto di intervento, tenuto conto degli oneri connessi al loro smaltimento 
tanto sul mercato comunitario quanto sui mercati d'esportazion�. L'attore 
nella causa principale e il Governo italiano attribuiscono pertanto a 
torto una funzione determinante al tenore di materie grasse presenti nel 
latte, mentre il provvedimento adottato dal Consiglio mira a riequilibrare 
il mercato complessivo del latte e di tutti i suoi derivati. 
32. -La finalit� del regolamento n. 1079/77, come si evince in particolare 
dai due primi considerandi del preambolo, � quella di risolvere il problema 
dello squilibrio del mercato lattiero nell'ambito dell'organizzazione 
comune di mercato, grazie ad uno sforzo di solidariet� al quale devono 
partecipare in ugual modo tutti i produttori della Comunit�, indipendentemente 
dalla qualit� dei loro prodotti e dalla loro destinazione, cio� 
indipendentemente dal fatto che un latte particolare sia destinato al consumo 
diretto o alla fabbricazione vuoi di burro, vuoi di latte in polvere, 
vuoi di formaggio o di altri prodotti derivati. Poco importa inoltre che 
detti prodotti debbano vendersi nel mercato comune od essere esportati. 
33. -Sotto questo profilo, il calcolo del prelievo di corresponsabilit� 
che si fonda sul valore centrale dell'organizzazione comune di mercato, 
cio� sul prezzo indicativo stabilito assumendo come base un latte di tipo 
standard, assunto come tipico per tutta la Comunit�, � pienamente conforme 
all'art. 40, n. 3, del Trattato, in virt� del quale una politica comune 
dei prezzi, nell'ambito delle organizzazioni di mercato, � deve essere basata 
su criteri comuni e su metodi di calcolo uniformi �. 

766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


34. -Il fatto che l'istituzione del prelievo di corresponsabilit� nell'ambito 
dell'organizzazione comune di mercato, possa avere ripercussioni diverse 
per determinati produttori, a seconda dell'orientamento individuale 
della' loro produzione o a seconda delle condizioni locali, non pu� considerarsi 
come discriminazione vietata dall'art. 40, n. 3, del Trattato, dal 
momento che la determinazione del prelievo si fonda su criteri obiettivi, 
adeguati alle necessit� del funzionamento globale dell'organizzazione comune 
di mercato, per tutti i prodotti che questa disciplina. 
35. -Da quanto precede, risUilta <ehe non si pu� sos,tenere che i regolamenti 
contestati dinanzi al Pretore operino una discriminazione tra produttori, 
n� ravvisare nel sistema di detti regolamenti alcuna illogicit�, 
dal momento che la determinazione del prelievo di corresponsabilit� risulta 
in armonia con l'organizz,azione comune di mercato, in quanto il prelievo 
� derivato dal valore centrale di questa disciplina, cio� dal prezzo 
indicativo. 
36. -Quanto agli argomenti tratti dall'attore nella causa principale e 
dal Governo italiano dal regolamento del Consiglio n. 857/84 che istituisce 
il � prelievo supplementare � e dal regolamento di applicazione della Com.
missione n. 1371/84, basta far osservare che detti regolamenti, posteriori a 
quelli impugnati dinanzi al giudice nazionale, perseguono una finalit� 
distinta da quelli che disciplinano il prelievo di corresponsabilit�. Le concezioni 
di questi regolamenti non possono quindi venir invocate a posteriori 
per scalzare la validit� di un regolamento precedente. 

37. -Si deve quindi dichiarare che l'esame della seconda questione 
non ha messo in luce elementi tali da inficiare la validit� del regolamento 
del Consiglio 17 maggio 1977, n. 1079, e del regolamento della Commisione 
5 agosto 1977, n. 1822 (Omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 11 luglio 
1985, nella causa 137/84 -Pres. Mackenzie Stu�rt -Avv. Gen. Lenz Domanda 
di pronuncia pregiudiziale della Corte d'appello �di Liegi nel 
procedimento penale contro R.H.M. Mut1soh -Interv.: Governo italiano 
(avv. Stato Caramazza~ e Commissione delle C.E. (ag. Benyon e 
Van Lier). 

Comunit� europee -Libera circolazione dei lavoratori -Uso di lingue di� 
verse in materia giudiziaria � Vantaggio sociale. 

(Trattato CEE, artt. 7, 48 e 220; regolamento CEE del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612). 

Il principio della libera circolazione dei lavoratori, stabilito dall'art. 48 
del trattato CEE e in particolare dal regolamento CEE del Consiglio 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 767 

n. 1612/68, esige che al lavoratore cittadino di uno Stato membro e residente 
in un altro Stato membro sia riconosciuto il diritto di chiedere che 
un procedimento penale instaurato nei suoi confronti si svolga in una 
lingua diversa dalla lingua processuale usata di regola dinanzi al giudice 
investito della causa qualora i lavoratori nazionali possano, nelle stesse 
condizioni, avvalersi di questo d.fritto (1). 
(Omissis). 1. -Con sentenza 26 aprile 1984, pervenuta in cancelleria il 
23 maggio successivo, la Cour d'Appel �di Liegi ha sottoposto a questa 
Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale 
vertente sull'interpretazione dell'art. 220 dello stesso Trattato. 

2. -La suddetta questione � stata sollevata nell'ambito di un procedimento 
penale promosso nei confronti del sig. Robert Mutsch, cittadino 
lussemburghese residente in Belgio a Sain-Vith, comune di lingua tedesca 
ubicato nel circondario del Tribunal correctionnel di Verviers. 
3. -Il Mutsch veniva condannato in contumacia ad un'ammenda con� 
sentenza 2 novembre 1982 dal Tribunal correctionnel di Verviers. Egli proponeva 
opposizione avverso detta sentenza chiedendo c�ntestualmente 
l'applicazione dell'art. 17, 3� comma, della legge 15 giugno 1935 relativa allo 
uso delle lingue in materia giudiziaria, a norma del quale � qualora l'imputato 
di cittadinanza belga risieda in un comune di lingua tedesca ubicato 
nel circondario del Tribunal correctionnel di Verviers e ne faccia domanda 
nelle forme prescritte dall'art. 16, il procedimento dinanzi al predetto 
organo giurisdizionale si svolge in tedesco �. 
(1) Le norme nazionali dettate a tutela delle minoranze linguistiche -come 
appare essere quella di cui all'art. 17 della legge belga 15 giugno 1935 di cui alla 
causa ....,. sono generalmente ispirate al principio che la minoranza e gli appartenenti 
a questa si identificano in base ad un criterio oggettivo (zona di insediamento) 
e soggettivo (appartenenza del soggetto alla minoranza), con la conseguenza 
che i diritti riconosciuti agli appartenenti alla minoranza stessa sono 
esercitabili e trovano esplicazione solo sul territorio in cui questa ha sede e 
solo in favore di quegli appartenenti. Ci� comporta da una parte che un cittadino 
della minoranza riconosciuta non pu� pretendere che si svolga nella propria 
lingua madre un procedimento giudiziario che si celebri fuori del territorio 
proprio della minoranza e dall'altra, viceversa, che l'uso di quella stessa 
lingua in tale territorio non pu� essere invocato da parte del cittadino che a 
quella minoranza non appartiene anche se egli risiede nel territorio medesimo. 
E cos� il cittadino di altro Stato membro, come non pu� pretendere in linea 
generale che sia usata la propria lingua, diversa da quella nazionale di tale 
Stato, anche se ivi risiede, cos� non pu� esercitare il diritto attribuito alla minoranza 
linguistica di tale Stato, al pari dei cittadini dello Stato medesimo non appartenenti 
alla minoranza stessa, pur nel territorio delimitato di quest'ultima, 
in cui risiede o non risiede (e ci� tanto pi� se la lingua ufficiale dello Stato da 
cui proviene sia diversa da quella della minoranza di cui si tratta). 

768 RASSEGNA DELL'AVVOCATQRA DELLO STATO 

4. -Il Tribuna! correctionnel accoglieva la domanda del Mutsch con 
sentenza 23 novembre 1982, ma il Pubblico Ministero interponeva appello 
deducendo che l'imputato, non essendo cittadino belga, non poteva avvalersi 
dell'art. 17, 3� comma, della legge 15 giugno 1935. 
5. -La Cour d'Appel di Liegi, nutrendo dubbi sul se il fatto di riservare 
ai cittadini belgi la facolt� di chiedere l'applicazione del precitato 
art. 17, 3� comma, sia compatibile col diritto comunitario, ha sospeso il 
procedimento ed ha sollevato la seguente questione pregiudiziale: 
�Se l'art. 17, 3� comma, dell~ legge 15 giugno 1935 relativa all'impiego 
delle lingile in materia giudiziaria, che autorizza l'imputato cittadino belga, 
residente in un comune di lingua tedesca ubicato nella circoscrizione 
di competenza del Tribuna! correctionnel di Verviers, a chiedere che il 
procedimento venga continuato in tedesco, sia �onforme ai principi sanciti 
dall'art. 220 del Trattato, che mira a garantire 1a tutela delle persone 
nonch� il godimento e la protezione dei diritti nelle condizioni concesse da 
ciascuno Stato membro ai suoi cittadini, cio� nella fattispecie: in materia 
penale, se si debba o meno concedere ad una persona che si esprime 
in lingua tedesca, cittadino della CEE e, in particolare, come nella 
fattispecie, cittadino lussemburghese residente in Saint-Vith, comune di 
lingua tedesca, la facolt� di chiedere che il procedimento si svolga in 
tedesco�. 

6. -La questione, cos� com'� formulata, riguarda la conformit� di una 
disposizione n~zionale al diritto comunitario. A questo proposito si deve 
ricordare che la Corte, statuendo nell'ambito dell'art. 177, non � compe-
In questo scl)ema normativo il soggetto appartenente alla minoranza che 
si trovi fuori del territorio della minoranza stessa, cos� come nell'intero territorio 
nazionale il cittadino di altro Stato membro, se non conoscono la lingua nazionale, 
trovano una diversa, ma adeguata tutela, attraverso l'ausilio -previsto dalle 
normative nazionali -di un interprete. Con ci� appare salvaguardato oltre che 
il principio di difesa, anche quello della parit� di trattamento, ragionevolmente 
inteso, non potendo quest'ultimo essere protetto in senso assoluto ma dovendo 
invece essere rimesso, nella pratica attuazione, alle rilevanti esigenze, anche 
organizzative, che fanno carico al singolo Stato, nel pieno rispetto dell'art. 14 
della Convenzione di Roma del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti 
dell'uomo e delle libert� fondamentali (ratificata e resa esecutiva in Italia con 
legge 4 agosto 1955, n. 848): molto incisivamente il Giudice belga nella sentenza 
di rinvio aveva ricordato �che questa norma � non vieta qualsiasi distinzione 
di trattamento nell'esercizio dei diritti e delle libert� riconosciute; che la parit� 
di trattamento viene infranta solo se la distinzione � arbitraria, vale a dire 
se essa � ingiustificata obiettivamente e ragionevolmente; che l'elemento costituente 
giustificazione deve valutarsi rispetto alla finalit� e ;i.gli effetti del provvedimento 
considerato, tenuto conto dei principi che prevalgono generalmente 
nelle societ� democratiche; che le autorit� nazionali restano libere di scegliere 


PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 769 

tente ad applicare la norma comunitaria ad una fattispecie concreta e, 
quindi, a qualificare una disposizione del diritto nazionale con riguardo 
a detta norm�. Tuttavia, nell'ambito della collaborazione giudiziaria istituita 
dal predetto articolo, essa pu� fornire al giudice nazionale, in base 
ai dati del fascicolo, gli elementi d'interpretazione del diritto comunitario 
che possono essergli utili nella valutazione degli effetti. della suddetta 
disposizione. 

7. -Emerge dal fascicolo che la questione della Cour d'Appel � intesa 
a stabilire se, in base ai principi del diritto comunitario, come espressi in 
particolare nell'art. 220 del Trattato, l'applicazione della normativa di uno 
Stato membro mirante ad agevolare, segnatamente nel campo giudiziario, 
l'espressione linguistica di un gruppo di cittadini di detto Stato, debba 
essere estesa senza discriminazioni in ragione della cittadinanza ai cittadini 
di altri Stati membri che soddisfino tutte le condizioni cui � subordinato 
l'uso di una determinata lingua da parte dei membri del gruppo di 
popolazione interessato. 
8. -La Commissione osserva che l'art. 220, primo trattino, del Trattato 
CEE si limita a prescrivere che gli Stati membri intavolino fra� loro, per 
quanto occorra, trattative allo scopo di garantire, a favore dei lo_ro cittadini, 
il godimento e la tutela dei diritti alle condizioni accordate da 
ciascuno Stato ai propri cittadini. Pertanto, i diritti contemplati dalla 
predetta disposizione non potrebbero essere fatti valere fintruntoch� non 
sia entrata in vigore una convenzione im materia. Tuttavia il diritto di usare 
in uno Stato membro, segnatamente in materia giudiziaria, una deteri 
provvedimenti che esse ritengono idonei nei settori disciplinati dalla convenzione, 
semprech� detti provvedimenti siano conformi ai requisiti della convenzione
�. 

Conseguentemente deve ritenersi rispettato, per i cittadini di altro Stato 
membro, anche il principio di cui all'art. 220 del Trattato e.E.E., peraltro non 
ancora direttamente operante, essendo ad essi garantito il godimento e la 
tutela dei diritti alle condizioni accordate � ai propri cittadini �. Se � indiscutibile 
che il cittadino appartenente ad altro Stato membro non pu� pretendere I 
in via generale che sia usata la propria lingua nella parte di territorio nazionale 
in cui non vige la riserva in favore della minoranza linguistica, non v'� ragione 
di accordargli nel territorio di tale minoranza un diritto di cui godono solo 
gli appartenenti alla minoranza stessa e non gli altri cittadini nazionali: il suo 
legame con la minoranza � infatti meramente occasionale (risieda o non risieda 
nel territorio di quest'ultima, ma non appartenendo alla minoranza stessa, 
costituita dai soli cittadini di lingua diversa da quella nazionale) E ci� soprattutto 
se la lingua che egli invoca non fosse quella ufficiale dello Stato di appartenenza, 
dovendosi altrimenti pervenire al riconoscimento, nel territorio della 
minoranza in questione, di un 'perfetto bilinguismo ad uso di chiunque, il che 
non � generalmente nello spirito delle norme nazionali e dei principi a tutela 
d.e� diritti dell'uomo. 



770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

. minata lingua alle stesse condizioni che valgono per i cittadini di detto 

Stato potrebbe essere rivendicato dal lavoratore migrante, cittadino di 

un altro Stato membro, in quanto �vantaggio sociale� ai ,sensi dell'art. 7, 

n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1612/68, emanato in base all'art. 49 
del Trattato. 
9. -D::i,I canto suo, il Governo della Repubblica italiana svolge tre 
ordini di argomenti. In primo luogo esso sostiene che le norme nazionali 
adottate a tutel~ di una minoranza ufficialmente riconosciuta possono 
riguardare soltanto le persone appartenenti a detta minoranza e residenti 
nella zona in cui questa � insediata. In secondo luogo esso rileva che 
l'art. 220 del Trattato CEE non pu� creare n� diritti n� doveri fino a che 
gli Stati membri non abbiano stipulato una convenzione al riguardo. Infi� 
ne il Governo italiano osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte, 
un �vantaggio sociale� ai sensi dell'art. 7 del regolamento n. 1612/68 deve 
avere un legame almeno indiretto con il rapporto di lavoro ed essere concesso 
in un campo che rientri in qualche modo nel settore sociale, il che 
non si verifica nel caso di specie. 
10. -La questione sollevata dalla Cour d'Appel di Liegi dev'essere 
risolta alla luce di tutte le disposizioni del Trattato e di diritto derivato 
che possono essere pertinenti al problema. 
11. -Per quanto concerne ,l'art. 220, menzionato nella questione della 
Cour d'Appel, si deve rilevare che esso non mira a stabilire una norma 
giuridica direttamente operante, ma si limita a tracciare il quadro di trat� 
tative che gli Stati membri intavoleranno fra loro �per quanto occorra>>. 
La Corte, peraltro, ha limitato la sua pronuncia al caso del � lavoratore 

cittadino di uno Stato membro residente in un altro Stato membro >>, circostanza 

questa desunta dal fascicolo di causa, malgrado ch� il quesito posto dal giudice 

di rinvio fosse formulato in termini generali, con riferimento a cittadino comu


nitario non necessariamente lavoratore migrante. E nell'ambito di questa ipotesi 

la Corte si � mossa, dichiarando che nei confronti del lavoratore migrante pos� 

sono essere invooate le norme comunitarie perch� g1i sia garantito, attraverso 

lo strumento del �vantaggio sociale � di cui all'art. 7 del reg. CEE del Consiglio 

15 ottobre 1968, n. 1612, anche l'uso della lingua madre, se questo � consentito, 

in un determinato territorio d�llo Stato membro in cui egli lavora, in favore di 

una categoria di cittadini di tale Stato: soluzione questa che, pur nei limiti 

in cui � stata indicata, suscita qualche perplessit�, tenuto conto che l'uso della 

lingua madre diversa da quella nazionale in un processo � consentito non a 

tutti i cittadini, ma solo agli appartenenti ad una minoranza linguistica a sal


vaguardia e a tutela della medesima. 

Sulla nozione di vantaggio sociale cfr., fra le pi� recenti, le sentenze della 

Corte 6 giugno 1985, nella causa 157/84, FRASCOGNA, inedita; 27 marzo 1985, 

nella causa 249/83, HOECKX, inedita; 12 luglio 1984, nella causa 261/83, CASTELLI, 

in questa Rassegna, 1984, I, 928. (0.F) 

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-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

La suddetta disposizione ha, di per s�, il solo effetto di indicare, come 
scopo, l'estensione, da parte di ciascuno Stato membro, ai cittadini degli 
altri Stati membri, delle garanzie ch'esso offre nella materia di cui trattasi 
ai propri cittadini. Nella prospettiva di una comunit� basata sul principio 
della libera circolazione delle persone e della libert� di stabilimento 
la tutela dei diritti e delle prerogative dei singoli in materia linguistica 
riveste un'importanza particolare. 

12. � L'art. 7 del Trattato dispone, dal canto suo, che �nel campo di 
applicazione del presente Trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni 
particolari dallo stesso previste, � vie~ata ogni discriminazione effettuata 
in base alla nazionalit� �. Si deve garantire che questa norma trovi piena 
applicazione nei confronti di qualsiasi persona che sia stabilita nel territorio 
di uno Stato membro e si trovi in una situazione disciplinata dal 
diritto comunitario. Nello stesso contesto si deve rilevare che l'art. 48, 
relativo alla situazione giuridica dei lavoratori subordinati, presuppone 
anch'esso l'estensione del trattamento nazionale ai cittadini di un qualsiasi 
Stato membro legittimamente stabiliti nel territorio di un altro Stato 
membro per ,svolgervi un'attivit� lavorativa subordinata. 
13. � Occorre pertanto accertare se la facolt� di chiedere che un procedimento 
giudiziario si svolga in una determinata lingua rientri nella 
sfera d'applicazione del Trattato e debba, di conseguenza, essere valutata 
alla luce del divieto di discriminazione sancito dalle citate disposizioni. 
14. � Considerato che in base agli atti l'imputato ha la qualit� di lavoratore 
subordinato (nell"atto di opposizione alla sentenza contumaciale 
2 novembre 1982 egli si qualifica come conciatetti occupato nell'impresa 
del padre), la questione dev'essere esaminata in particolare alla luce degli 
artt. 48 e 49 del Trattato e delle disposizioni di diritto derivato adottate 
per la loro attuazione, segnatamente del regolamento del Consiglio 
n. 1612/68. 
15. -Infatti, com'� dichiarato nel quinto punto del preambolo del regolamento 
n. 1612/68, �il diritto di libera circolazione richiede, perch� esso 
possa essere esercitato in condizioni obiettive di libert� e di dignit�, che 
sia assicurata di diritto e di fatto la parit� di trattamento per tutto ci� 
che si riferisce all'esercizio stesso di un'attivit� subordinata e all'accesso 
all'alloggio, e che siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla 
mobilit� dei lavoratori, specie per quanto riguarda il diritto per il lavoratore 
di farsi raggiungere dalla famiglia e le condizioni d'integrazione della 
famiglia nella societ� del paese ospitante �. 
16. -La facolt� di usare la propria lingua in un procedimento dinanzi 
ai giudici dello Stato membro di residenza, alle stes,se condizioni che val

772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gono per i lavoratori cittadini di detto Stato, contribuisce in notevole misura 
all'integrazione del lavoratore migrante e della sua famiglia nella so


ciet� del paese ospitante e quindi al raggiungimento dello scopo della 
libera circolazione dei lavoratori. 

17. -Di conseguenza, si deve considerare che la predetta facolt� � 
ricompresa nella nozione di �vantaggio sociale� ai sensi dell'art. 7, n. 2, 
del citato regolamento n. 1612/68, il quale dispone che il lavoratore citta� 
<lino di un altro Stato membro deve godere nello Stato membro ospitante 
� degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali �. Infatti, come 
la Corte ha affermato nella sentenza 31 maggio 1979 (causa 207/78, 
Even, Racc. pag. 2019), questa espressione si riferisce a tutti i vantaggi 
� che, connessi o non ad un contratto di lavoro, sono generalmente attribuiti 
�i lavor~.tori nazionali, in ragione principalmente del loro status 
obiettivo di lavoratori o del semplice fatto della loro residenza nel territorio 
nazionale �. 
18. -La questione pregiudiziale dev'essere pertanto risolta nel senso 
che il principio della libera circolazione dei lavoratori, stabilito dall'art. 48 
del Trattato e in particolare dal regolamento del Consiglio n. 1612/68, 
l esige che al lavoratore cittadino di uno Stato membro e residente in un 
altro Stato membro sia riconosciuto il diritto di chiedere che un procedimento 
penale instaurato nei suoi confronti si svolga in una lingua diver-� 

I

sa dalla lingua processuale usata di regola dinanzi al giudice investito 
della causa qualora i lavoratori nazionali possano, nelle f?tesse condizioni, 
avvalersi di questo diritto. (Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 3a sez., 26 settembre 
1985, nella causa 187/84 -Pres. Kakouris -Avv. Gen. Darmon 
-Domanda di pronuncia pergiu!1.iziale proposta dal Pretore di 
Tor!-no nel procedimento �penale contro Caldana Giacomo -Interv.: 
Governo italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C. E. 
(ag. Traversa). I 

Comunit� europee -Ravvicinamento delle legislazioni -Sostanze e prepa


II

rati pericolosi � Etichettatura. 

(Direttiva CEE del Consiglio 27 giugno 1967, n. 67/548, e succ. mod.; legge 29 maggio 

i

1974, n. 256, art. 10). 

La direttiva del Consiglio 27 giugno 1967, n. 67/548, concernente il ravvicinamento 
delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, 
relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze 
pericolose, come modificata dalla direttiva 79/831 del 18 settem


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PARm I, SBZ. n, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 773 

bre 1979, impone l'obbligo di etichettare soltanto le sostanze pericolose 
in quanto tali, ma non i preparati contenenti una o pi� di dette sostanze 
(1). 

(Omissis). 1. � -Con ordinanza 9 luglio 1984, pervenuta alla Corte il 
13 luglio 1984, il pretore di Torino ha sottoposto alla Corte di giustizia, a 
norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale sull'interpretazione 
di determinate disposizioni della direttiva� del Consiglio 
27 giugno 1967, n. 67/548, concernente il ravvicinamento delle disposizioni 
legislative, regolamentari ed amministrative, relative alla classificazione, 
all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (G.U. n. L 196, 
pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 settembre 1979, 

n. 79/831 (G.U. n. L 259, pag. 10). 
2. -La questione � insorta nell'ambito di un procedimento penale promosso 
nei confronti del sig. Caldana, legale rappresentante della Pina 
Italiana S.p.A., in seguito alla constatazione, da parte di ispettori ecologi 
del servizio protezione ambiente, che gli oli minerali per autotrazione 
posti in vendita dalla societ� in questione contenevano policlorodifenili 
(in prosieguo PCB) in percentuali diverse (tuttavia non superiori al limite 
massimo previsto dalla legge per la loro immissione sul mercato) mentre 
sulle etichette apposte sui recipienti non era indicato, in particolare, 
che l'olio conteneva PCB. 
(1) Soluzione conforme a quella proposta in tutte le osservazioni scritte presentate 
alla Corte. 
Nell'ordinamento italiano la direttiva 67/548/CE del Consiglio del 27 giugno 
1967, concernente il ravvicinamento dell� disposizioni legislative, regolamentari ed 
amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e alla etichettatura 
delle sostanze pericolose (in G.U.C.E. n. 196 del 16 agosto 1967), modificata da ultimo 
dalla direttiva 79/831/CEE del 18 settembre 1979 (in G.U.C.E. n. L 259 del 
15 ottobre 1979), � stata recepita con la legge 29 maggio 1974, n. 256. 

L'art. 3 della legge italiana prevede che alla classificazione delle sostanze e 
dei preparati pericolosi si provveda con decreto ministeriale, in conformit� alle 
direttive e ad altri provvedimenti delle Comunit� europee. E si sono infatti succeduti 
nel tempo alcuni decreti ministeriali ~cfr. al tempo della causa il decreto 
del Ministro della Sanit� 21 maggio 1981 e oggi il decreto dello stesso Ministro 
3 dicembre 1985, mGazz. Uff. R.I. suppi. ord. n. 2 al n. 305 del 30 dicembre 1985) 
che nell'allegato I hanno elencato le � sostanze pericolose � conformemente al corrispondente 
allegato I della direttiva del 1967 e agli aggiornamenti che sono 
seguiti. 

Quanto all'aggiornamento delle prescrizioiii tecniche di cui alla legge stessa, 
in conformit� delle direttive comunitarie in materia, si provvede -secondo l'art. 
16 della legge -con decreto del Presidente della Repubblica. E si sono infatti 
succeduti nel tempo alcuni decreti presideru;iali: cfr., da ultimo, il d.P.R. 24 novembre 
1981, n. 927. 

T 



174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3. -Il Caldana � stato denunciato a norma della legge italiana 29 mag. 
� gio 1974, n. 256/74, relativa alla classificazione e al regime degli imballaggi 
e dell'etichettatura delle sostanze pericolose (GURI 9 luglio 1974, 
pag. 4543). 

4. -Emerge dal fascicolo che detta legge italiana, alla quale hanno 
f~tto seguito diversi decreti d'applicazione, mirava a trasporre nell'ordinamento 
giuridico italiano la direttiva 67/548 summenzionata, ultimamente 
modificata dalla direttiva del 18 settembre 1979, n. 79/831 (G.U. n. L 
259, pag. 10). L'ordinanza di rinvio rileva che detta legge e i decreti adottati 
per la sua applicazione vengono interpretati in due modi opposti, 
che implicherebbero,. l'uno il :proscioglimento,' l'altro la condanna dell'imputato. 
Secondo l'interpretazione seguita dal Ministero della sanit�, le 
disposizioni della disciplina in materia d'etichettatura degli imballaggi si 
!applicano soltanto alle sostanze pericolose e non ai preparati che contengono 
una o pi� sostanze pericolose per le quali vi sono presciizioni in 
materia di etichettatura. Secondo l'interpretazione del giudice penale, l'obbligo 
d'etichettatura � prescritto anche per i preparati. 
5. -Cos� stando le cose, il pretore di Torino, ritenendo che 'U[l'interpretazione 
della summenzionata direttiva fosse necessaria per interpretare la 
legge nazionale, ha sospeso il procedimento e con ordinanza 9 luglio 19.84 
ha sottopost<? alla Corte una questione pregiudizial� onde far stabilire se 
� La direttiva 67/548/CEE, modificata dalla direttiva 79/831/CEE, imponga 
che debbano essere etichettate, conformemente agli artt. 15-18, nonch� ai 
criteri di cui all'allegato VI e in funzione dei risultati delle prove previste 
all'art. 6, e fatte salve le disposizioni contrarie relative ai preparati pericolosi 
previste in direttive� specifiche, non solo le sostanze in quanto tali, 
ma pure.le sostanze sotto forma di preparati�. 
6. -Tutte Je osservazioni presentate aHa Corte giungono alla conclusione 
che il qu~sito va dso1to negativamente. 
f 

7. -L'imputato nella causa principale ,sostiene, in via principale, che 
gli oli minerali per autotrazione che contengono. PCB non rientrano nella 
nozione di �preparati� ai sensi dell'art. 2, n. l, lett. b) della direttiva 
del Consiglio 18 settembre. 1979, n. 79/831, recante sesta modifica 
della direttiva 67/548 e, in subordine, che -comunque -il solo fatto della 
presenza di una sostanza in un preparato -indipendentemente dalla percentuale 
che essa rappresenta nel composto -non basta a conferire a 
quest'ultimo il carattere di �pericoloso�. 
8. -Il Governo italiano sostiene che, a norma dell'art. 2, n. 2, della direttiva 
67/548, non sarebbe possibile qualificare un preparato come pericoloso 
soltanto perch� contiene una sostanza pericolosa e che, secondo il 
tenore dell'art. 4, n. 2, un indice che consentisse di valutare la pericolosit� 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALB 77S 

dei preparati doveva ess�re elaborato in base ai criteri che sarebbero stati 
definiti in una direttiva successiva, direttiva che non � ancora stata emanata, 
sioch� la presente direttiva, sotto questo profilo, rivestirebbe un 
carattere puramente � programmatico �. Di conseguenza, l'art. 5 di detta 
direttiva deve, secondo il Governo italiano, essere interpretato in relazione 
agli artt. 2 e 4, nel senso che le sostanze �allo stato naturale o sotto 
forma di preparati � di cui trattasi sono quelle attualmente elencate nello 
specifico elenco ed immesse come tali sul mercato. Per i � preparati pericolosi
�, la direttiva si limiterebbe a formulare alcune enunciazioni di massima 
che non .potrebbero venir messe in atto concretamente se non dopo 
l'individuazione di detti � preparati ;,, 

9. -La Commissione sostiene che la direttiva 67/548 si applica, in linea 
generale, solo alle sostanze immesse sul mercato in quanto tal~, mentre le 
disposizioni che citano anche i preparati vanno considerate come deroghe; 
seppure alcune di dette disposizioni si applicano anche a determinati preparati 
quali i solventi, le vernici, i coloranti, gli inchiostri, le colle e i 
prodotti.similari, nonch� gli antiparassitari, ci� � solo in virt� delle disposizioni 
delle tre direttive specifiche che disciplinano qu�sti preparati, che 
fanno esplicito rinvio alla 1 direttiva 67/548; non vi sarebbe quindi disciplina 
comunitaria in materia di imballaggi e di etichettatura degli olii minerali 
per autotrazione, n� di altri preparati, salvo quelli disciplinati dalle 
tre direttive specifiche. 
10. � Onde risolvere la questione sottoposta, � opportuno distinguere 
tra, da un lato, l'immissione sul mercato e l'imgiego di sostanze e preparati 
pericolosi e, dall'altro, il loro imballaggio ed etichettatura. 
11. � L'immissione sul mercato e l'uso di sostanze e preparati pericolosi 
sono disciplinati dalla direttiva del Consiglio 27 luglio 1976, n. 76/769, 
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari 
ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia 
di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi 
(G.U. n. L 262, pag. 201) modificata ultimamente dalla direttiva del 
10 dicembre 1982, n. 82/828 (G.U. n. L 350, pag. 34). Le denominazioni di 
sostanze e preparati, nonch� le condizioni alle quali possono essere posti 
in vendita ed usati, sono contenute nell'allegato al quale fa rinvio l'art. 1 
di detta direttiva. Secondo il n. l, terzo trattino, dell'allegato, i preparati 
contenenti PCB non possono essere immessi sul mercato se� la percentuale 
di detta sostanza supera lo 0,1 % in peso, salvo alcune eccezioni. Le disposizioni 
di questa direttiva non costituiscono oggetto della questione 
sottoposta dal giudice a quo. 
12. -Quanto all'imballaggio e all'etichettatura, si deve distinguere a 
seconda che si tratti cli sostanze o di preparati pericolosi. Per quel che ri

774 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guarda le sostanze pericolose, non � contestato che la direttiva 67/548, modificata, 
. contiene disposizioni riguardanti il loro imballaggio e le indicazioni 
che esso deve recare oppure che devono essere apposte sulle etichette. 
Si tratta in particolare delle disposizioni degli artt. 15-18. Con la 
questione da lui sollevata il giudice a quo intende accertare se dette disposizioni 
si applichino anche ai preparati pericolosi. La questione � insorta 
in .quanto varie disposizioni di questa direttiva menzionano anche i 
preparati e soprattutto poich� il n. 1 dell'art. 5 recita: � Gli Stati membri 
prendono tutte le misure necessarie affinch� le sostanze allo stato naturale 
o sotto forma di preparati, ... possano essere immesse sul mercato 
soltanto se tali sostanze sono state ... tinbaillate ed etichettate conformemente 
agli artt. 15-18, nonch� ai criteri di cui all'allegato VI e in funzione 
dei risultati delle prove previste all'art. 6 �. 

13. � Emerge dal loro stesso tenore che tutte le disposizioni degli 
artt. 15 18 e 6 dell'allegato VI della direttiva riguardano soltanto le so-' 
stanze e non i preparati. La questione si riduce quindi allo stabilire se 
dette norme siano ciononostante applicabili anche ai preparati in virt� del 
rinvio che sarebbe implicato dai termini � o sotto forma di preparati � 
contenuti netl testo dell'art. 5 summenzionato. 
14. � La soluzione dev'essere negativa per diverse ragioni. 
15. � t!. opportuno rilevare che, come si desume dal titolo stesso della 
direttiva, i provvedimenti ivi contemplati sono applicabili, in linea di massima, 
solo alle sostanze p~ricolose. A norma dell'art. l, come modificato 
dall'art. 1 della direttiva n. 76/769, la direttiva �mira al ravvicinamento 
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati 
membri relative: a) alla notifica d_elle sostanze, nonch� b) alla classificazione, 
all'imballaggio, all'etichettatura delle sostanze pericolose per l'uomo 
e per l'ambiente quando queste sono immesse sul mercato negli Stati 
membri�. 
16. � Il legislatore comunitario ha d'altronde manifestato la sua intenzione 
nel quarto considerando di detta direttiva con questa espressione: 
� t!. necessario riservare, tenuto conto dei lavori preparatori che devono 
ancora essere effettuati, a direttive successive il ravvicinamento delle 
disposizioni relative ai preparati pericolosi e limitare quindi la presente 
direttiva al ravvicinamento delle disposizioni relative alle sostanze pericolose
�. 
17. � Come ha illustrato la Commissione nelle sue osservazioni, erano 
necessarie disposizioni particolari in quanto un preparato non � pericoloso 
per il solo fatto di contenere una sostanza pericolosa, ma si deve 
tener conto della percentuale e degli effetti chimici della presenza di sif

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUN�TARIA E INTERNAZIONALE 

fatta sostanza. Finora il Consiglio ha in realt� adottato solo tre direuive 
speciali riguardanti determinati preparati: i solventi (direttiva 73/173, 

G.U. n. L 189 dell' 11 settembre 1973, pag. 7), i coloranti, le vernici, gli 
inchiostri, le colle e i prodotti connessi (direttiva 77/728, G.U. n. L 303 del 
28 novembre 1977, pag. 23) e gli antiparassitari (direttiva 78/631, G.U. n. L 
206 del 29 luglio 1978, pag. 13), le cui disposizioni fanno rinvio a determinate 
disposizioni della direttiva 67/548 per quel che riguarda la classificazione, 
l'imballaggio e l'etichettatura di detti preparati. 
18. -Si deve infine osservare che il riferimento ai preparati pericolosi 
in determinate disposizioni della direttiva 67/548 � specifico e non consente 
interpretazioni diverse. 
19. -Cos� stando le cose, � opportuno constatare che, allo stato attuale 
del diritto comunitario, non vi sono norme comuni o armonizzate generali 
relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati 
pericolosi in generale e spetta quindi agli Stati membri adottare le 
disposizioni in materia che es_si ritengono necessarie. La direttiva 67/548 
come emendata dalla direttiva 79/831, gi� ricordata, impone quindi l'obbligo 
di etichettare soltanto le sostanze pericolose in quanto tali, ma non 
i preparati contenenti una o pi� di dette sostanze (Omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 2a sez., 7 ottobre 
1985, nella causa 199/84 -Pres. Due -Avv. Gen. Darmon -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale della Corte di cassazione italiana 
nel procedimento penale c. Migliorini ed altri -Interv.: Governi belga 
e italiano (avv. Stato Ferri) e Commissione delle C.E. (ag. Berardis). 

Comunit� europee -Libera circolazione delle merci -Carni bovine � Contingente 
tariffario comunitario -Quote nazionali -Riesportazione in 
altro paese comunitario. 

(Trattato CEE, art. 30; reg. CEE del Consiglio 23 novembre 1982, n. 3225). 

Il regolamento n. 3225/82 mira a garantire che la ripartizione del 
contingente tariffario comunitario sia effettuata proporzionalmente al 
fabbisogno degli Stati membri e deve essere interpretato nel senso che il 
contingente comunitario deve essere ripartito equamente tra gli operatori 
interessati di ciascuno Stato membro, ma non autorizza gli Stati 
membri ad adottare provvedimenti che mirino ad impedire, a restringere 

o ad intralciare la riesportazione della merce importata regolarmente 
nell'ambito di detto contingente e che si trova per questo motivo in 
libera pratica in uno Stato membro. 

778 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con ordinanza 13 luglio 1984, pervenuta in cancelleria 
il 6 agosto successivo, la Corte Suprema di Cassazione ha sottoposto a 
questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE,'una questione pregiudiziale 
vertente sull'interpretazione del regolamento del Consiglio 
23 novembre 1982, n. 3225, relativo all'apertura, alla ripartizione ed alle 
modalit� di gestione di un contingente tariffario comunitario di carne 
bovina congelata della sottovoce 02.01 A II b) della Tariffa Doganale 
Comune (1983) (G. U. n. L 340, pag. 4), per valutare la compatibilit� 
dell'esportazione in un altro Stato membro di carne bovina congelata 
proveniente da paesi terzi con la suddetta normativa comunitaria. 

2. -Detta questione � stata sollevata nell'ambito di un procedimento 
penale promosso dal Procuratore della Repubblica contro il sig. T. Migliorini, 
impiegato dei magazzini generali di Verona (Italia), come custode 
di merce, e contro il sig. T. Fischl, amministratore dell'impresa 
Soicarni S.p.A., con sede a Milano (in prosieguo: imputati), per avere 
essi esportato nella Repubblica federale di Germania carne bovina congelata 
importata dalla Cecoclovacchia e facente parte della quota del 
contingente tariffario comunitario assegnata all'Italia per il 1983: Detto 
contingente comunitario � stato aperto conformemente all'impegno assunto 
dalla Comunit� nel 1962 nell'ambito dell'Accordo generale sulle 
tari.J:Ie doganali e sul commercio (GATT). 
3. -L'art. 1 del predetto regolamento apre un contingente tariffario 
comunitario di carne bovina congelata di un volume totale di 50.000 tonnellate 
per l'anno 1983 e fissa nel 20 % il dazio della Tariffa Doganale 
Comune da applicare. Per contro, non � contemplato alcun prelievo nell'ambito 
dell'C!rganizzazione comune di mercato. L'art. 2 precisa che detto 
contingente � suddiviso in due parti, nell'ambito delle quali sono attribuite 
all'Italia 9.658 e, rispettivamente, 4.757 tonnellate. A tenore dell'art. 
3, gli Stati membri adottano tutte le disposizioni utili per garantire 
a tutti gli operatori interessati stabiliti s�il loro territorio il libero 
accesso alle aliquote che sono loro assegnate. Nel secondo punto del 
preambolo �del regolamento si dichiara che la ripartizione del contingente 
tra gli Stati membri deve essere proporzionale al fabbisogno degli 
stessi �per pervenire a un'equa ripartizione tra gli Stati membri�. 
4. -All'atto dell'importazione in Italia della carne di cui trattasi, 
tutti i dazi dovuti in caso d'importazione da paesi terzi venivano versati 
dall'impresa importatrice. Tuttavia, le autorit� doganali italiane, ritenendo 
che gli imputati tentassero di impiegare indebitamente la merce 
per scopi diversi da quello� per il quale l'importazione era stata age~ 
volata, dato che essa doveva essere utilizzata solo per il fabbisogno 
dell'Italia, e quindi non essere esportata, sequestravano la merce. Detto 

PARTB I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

provvedimento veniva convalidato successivamente dal Procuratore della 
Repubblica di Verona, secondo il quale nell'esportazione dovevano ravvisarsi 
gli estremi del reato di contrabbando. Dopo la revoca del sequestro 
da parte del Tribunale di Verona, il Procuratore della Repubblica 
proponeva ricorso in cassazione e ordinava nuovamente il sequestro 
della merce, questa volta con riferimento al reato di truffa aggravata 
in danno dello Stato italiano e della Comunit� (art. 640, punto 1), del 
codice penale italiano). Gli imputati, dopo ,la convalida del secondo 
sequestro da parte del Tribunale di Verona, proponevano a loro volta 
ricorso dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione. 

5. -La Corte Suprema di Cassazione rileva come sia essenziale ai 
fini del decidere stabilire l'interpretazione da dare al precitato regolamento 
n. 3225/82, nella parte in cui l'equa ripartizione del contingente 
tra gli Stati membri viene commisurata al loro � fabbisogno >~ e viene 
lasciata a ciascun Stato membro la scelta del sistema di gestione della 
propria aliquota in modo da assicurare una ripartizione adeguata dal 
punto di vista economico (quarto punto del preambolo del regolamento). 
Si tratta invero, secondo il giudice nazionale, di individuare in primo 
luogo la portata del criterio di ripartizione formulato con riferimento 
al � fabbisogno � del paese assegnatario ed, in particolare, di chiarire 
se con detto criterio si sia inteso identificare l'uso della carne per far 
fronte alle esigenze di consumo interno del prodotto ovvero alludere 
a qualunque impiego di carattere economico del medesimo. In secondo 
luogo, il giudice nazionale considera che, irrJ. mancanza di un es;presso 
divieto regolamentare della riesportabilit� della merce importata, occorre 
stl:!-bilire se detto divieto possa desumersi dallo stesso sistema della 
� equa � ri~artibilit� del contingente tra gli Stati membri. 
6. -Per questi motivi, il giudice nazionale ha ritenuto necessario 
rivolgersi alla Corte ed ha sollevato la seguente questione pregiudiziale:. 
� Se nel ripartire il contingente tariffario tra i paesi membri secondo 
il fabbisogno determinato in base ai criteri stabiliti dal regolamento 
n. 3225/82 il medesimo abbia inteso riferirsi alla destinazione 
al consumo ed al commercio della carne importata dal paese terzo solo 
entro l'ambito del paese importatore senza la possibilit� di riesportazione 
della carne verso paese d,iverso compreso nella Comunit� �. 

7. -La questione mira in sostanza a stabilire se il regolamento 
n. 3225/82, tenuto conto del fatto che esso miri a garantire che la riparti:
i:;ione del contingente tariffario comunitario sia effettuata proporzionalmente 
al fabbisogno degli Stati membri e lasci a ogni Stato membro 
la scelta del sistema di gestione delle sue quote, in modo da assicurare 

RASSEGNA DEl.J..'AVVOCATURA DELLO STATO

780 


una ripartizione adeguata dal punto di vista econqmico, debba essere 
interpretato nel �senso che autorizzi gli Stati membri ad adottare provvedimenti 
intesi ad impedire, a restringere o ad intralciare la riesportazione 
della merce importata regolarmente nell'ambito di detto contingente. 


8. -Gli imputati sostengono che l'assenza di indicazioni nel regolamento 
n. 3225/82 circa lo scopo della ripartizione del contingente 
dimostra che non esiste alcuna limitazione quanto alla destinazione della 
carne. Essi si riferiscono al secondo punto del preambolo del regolamento 
per dedurne che il riferimento al fabbisogno degli Stati membri 
costituisce unicamente un criterio tecnico di ripartizione del contingente. 
Dai principi enunciati negli artt. 39 e 40 del Trattato risulterebbe 
che il legislatore nazionale non deve intervenire in modo da influenzare 
la libera formazione del prezzo � di mercato. Infine, il divieto di esportare 
costituirebbe una palese infrazione e la negazione dell'intera filosofia 
comunitaria. 

9. -Il Governo italiano ritiene che la normativa nazionale miri .ad 
evitare tutte le disparit� di accesso a fonti di ricchezza o di approvvigionamento 
di scorte di carne importate nella Comunit� in esenzione 
dai diritti di prelievo. Allorch� una partita di carne venga importata al 
solo fine di ottenerne la messa in libera pratica in uno Stato membro, 
ma con l'intento di avviarla direttamente ad un qualsiasi impiego fuori 
del territorio nazionale, non si potrebbe ritenere che la carne sia destinata 
al soddisfacimento del fabbisogno del paese dove l'importazione 
� stata eseguita anzich� di quello del Paese nel cui cir:cuito economico 
la carne � immediatamente e effettivamente inserita attraverso la riesportazione. 
Tale comportamento creerebbe anche le predette disparit�. 
Il Governo italiano si richiama all'art. 3, n. 1, del regolamento di cui 
trattasi, in relazione all'art. 44, n. 1, lett. a), del regolamento della Commissione, 
3 dicembre 1980 n. 3183, che stabilisce le modalit� comuni di 
applicazione del regime dei titoli d'importazione, di esportazione e di 
fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli (G. U. n. L 338, pag. 1), 
per escludere che l'operatore sia libero cli utilizzare il titolo di importazione 
per effettuare un'importazione definitivamente destinata ad un 
qualunque Stato membro della Comunit�, divers� da quello alla cui 
aliquota nazionale il quantitativo di merce risulta imputato. Infatti, a 
tenore del predetto art. 44, n. l, lett. a), il titolo d'importazione � valido 
soltanto nello Stato membro che lo ha rilasciato. In base alle considerazioni 
che precedono, il Governo italiano conclude che la corrispondenza 
tra aliquota nazionale del contingente e fabbisogno di ciascun 
Stato membro appartiene intrinsecamente alla logica ed alla finalit� comunitaria 
del contingente e sta ad esprimere una destinazione delle sin

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

gole aliquote nazionali a soddisfare il fabbisogno interno di ciascun 
Stato membro. 

10. -Infine, il Governo italiano conferma che l'applicazione del regolamento 
n. 3225/82 non potrebbe mai sortire l'effetto di vietare la 
riesportazione della merce di cui trattasi. La sua operativit� inciderebbe 
soltanto sulla conservazione del �diritto all'esenzione doganale allorch� 
l'operazione di esportazione non risulti compatibile con una destinazione 
conforme a quella prescritta dalla norma comunitaria. 
11. -Il Governo belga si richiama del pari all'art. 44, n. l, lett. a), del 
regolamento n. 3183/80, ma rileva che quest'ultimo, alla stessa stregua 
del regolamento n. 3225/82, non contempla nessuna limitazione per la 
riesportazione. Esso interpreta la nozione di operatori interessati, sulla 
falsariga delle. osservazioni presentate dalla Commissione in una precedente 
causa (causa 35/79, Grosoli, sentenza 23 gennaio 1980, Racc. pag. 177) 
come riguardante � tutte le persone fisiche o giuridiche stabilite nel te:i;-ritorio 
di uno Stato membro, che procedono o fanno procedere allo 
sdoganamento di carni bovine congelate per l'immissione al consumo 
in detto territorio �. Per � immissione al consumo � s'intenderebbe manifestamente 
pi� della semplice messa in libera pratica. Di conseguenza, 
tutti gli altri tributi gravanti su dette merci dovrebbero essere pagati. 
Una volta che ci� sia stato fatto, non vi sarebbe alcun motivo�� per 
vietare l'esportazione intracomunitaria in altri Stati membri. Infine, uno 
Stato membro non avrebbe il diritto di aggiungere una condizione o un 
divieto che non siano espressamente contemplati dal regolamento 
n. 
3225/82. 
12. -Secondo la Commissione, la merce impOl'tata in uno Stato membro 
nell'ambito di un contingente tariffario comunitario accordato in 
base al GATT e ripartita fra gli Stati membri secondo i criteri stabiliti 
pu� essere riesportata in un altro Stato membro. La Commissione 
desume dalla giurisprudenza della Corte che, in assenza di disposizioni 
comunitarie espresse, gli Stati membri assegnatari non possono porre 
vincoli alla destinazione della carne importata in base al regime di cui 
trattasi. Inoltre, la nozione di �operatori interessati� avrebbe una vasta 
portata, che non sarebbe circoscritta a quella di � importatori �. La ripartizione 
del volume del contingente comunitario tra gli Stati membri 
non costituirebbe altro che un metodo realistico di gestione, che permette 
l'attribuzione del beneficio tariffario agli operatori per il tramite 
delle amministrazioni nazionali. 
13. -Sotto un profilo pi� generale, la Commissione rileva che il di' 
vieto di riesportazione della carne in un altro $tato membro non pu� 
mai essere contemplato espressamente in un regolamento comunitario, 


782 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

poich� contrasterebbe con il principio della libera circolazione delle 
merci e, pi� particolarmente, con l'art. 34 del Trattato, che si applicherebbe 
non soltanto alle merci di origine comunitaria, ma �altres� alle 
merci originarie di paesi terzi, messe in libera pratica nella. Comunit�. 

14. -Per risolvere la questione sollevata, occorre ricordare, in primo 
luogo, che la Corte ha gi� ripetutamente dichiarato che l'abolizione, fra 
gli Stati membri, degli ostacoli al commercio costituisce un principio 
fondamentale del mercato comune, vigente per tutti i prodotti e tutte le 
merci, di guisa che qualsiasi eccezione, del resto da interpretarsi restrittivamente, 
dev'essere espressamente prevista (si vedano la sentenza 
20 aprile 1978, cause riunite 80 e 81/77, Commissionaires r�unis, Racc. 
pag. 927 e quella ivi richiamata). 
15. -Per quanto riguarda pi� specificamente i contingenti tariffari 
comunitari negoziati dalla Comunit� in forza del potere attribuitole dal 
Trattp.to in materia di politica doganale e commerciale e aperti nell'ambito 
del GATT, si deve constatare che il regolamento del Consiglio 
n. 3225/82, aHa ,stregua dei regolamenti precedenti, qualifica espres,samente 
tale contingente come � comunitario �. Ne consegue che le parti 
di contingenti attribuite agli Stati membri hanno la stessa natura. 
16. -Nel predetto regolamento si dichiara, nel secondo punto del 
preambolo, � che un sistema di utilizzazione del contingente tariffario 
comunitario basato su una ripartizione tra gli Stati membri appare 
idoneo a rispettarne la natura comunitaria... �. Inoltre, risulta dal medesimo 
punto de.I preambolo c;he la ripartizione del contingente effettuata 
proporzionalmente al fabbisogno degli Stati membri ha, in definitiva, 
il solo scopo di ripartire equamente detto contingente fra gli 
operatori economici interessati degli Stati membri, in particolare per 
quanto attiene all'uguaglianza e alla continuit� di accesso di tutti gli 
operatori interessati della Comunit� al contingente, qualunque sia la 
natura o l'indirizzo delle loro attivit�. 
17. -In questo contesto occorre ricordare parimenti la costante giurisprudenza 
della Corte, secondo la quale la gestione di quote affidata 
agli Stati membri affinch� essi le ripai;tiscano secondo le proprie disposizioni 
amministrative non li autorizza a adottare disposizioni che mirino 
a disciplinare la destinazione dei quantitativi loro attribuiti e, inoltre, 
� necessariamente limitata alle norme tecnico-procedurali volte a 
garantire in generale l'osservanza dei limiti del contingente e la parit� di 
trattamento dei beneficiari (sentenze 12 dicembre 1973, causa 131/73, 
Grosoli, Racc. pag. 1555, e 30 ottobre 1982, cause riunite 213-215/81, 
Norddeutsches Vieh-und Fleischkontor, Racc. pag. 3583). Ne consegue 
che solo le imprese stabilite nello Stato membro interessato hanno il 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

diritto d'importare la merce nell'ambito del contingente in base al titolo 
d'importazione il quale, pertanto, � valido solo nello Stato membro che lo 
ha rilasciato, (art. 44, n. l, del regolamento n. 3183/80). Tuttavia, tale 
limitazione territoriale della validit� del certificato, non incide affatto sul 
commercio intracomunitario della merce. 

18. -Si deve anche sottolineare che la Corte ha gi� avuto modo di 
dic4iarare che, anche se la ripartizione di un contingente tariffario globale 
in" quote nazionali pu� essere compatibile col Trattato, ci� v~le alla 
espressa condizione che la ripartizione non pregiudichi la libera circolazione 
delle merci comprese nel contingente, dopo che siano state messe 
in libera pratica nel territorio di uno Sfato membro (sentenza 13 dicembre 
1983, causa 218/82, Commissione c. Consiglio, Racc. pag. 4063). 
19. -Per quanto attiene alla tesi sostenuta dal Governo italiano secondo 
la quale il regolamento di cui trattasi, anche se non pu� avere 
l'effetto di vietare la riesportazione, consente che la merce sia assoggettata 
ai dazi doganali qualora non resti nello Stato membro nell'ambito 
del cui contingente era stata importata nella Comunit�, si deve rilevare 
che qualsiasi disposizione o provvedimento di uno Stato membro 
che abbia l'effetto di compromettere la natura comunitaria di un contingente 
� in contrasto con uno degli obiettivi fondamentali� del mercato 
comune, cio� la libera circolazione delle merci. A tenore dell'art. 9, 
n. 2, del Trattato, l'eliminazione delle restrizioni nel commercio intracomunitario 
vale anche per i prodotti provenienti da paesi terzi che si 
trovino in libera pratica in uno Stato membro. 
20. -.In base alle considerazioni che precedono, la questione sollevata 
dal giudice nazionale dev'essere risolta come segue: il regolamento 
n. 3225/82 mira a garantire che la ripartizione del contingente tariffario 
comunitario sia effettuata proporzionalmente al fabbisogno degli Stati 
membri e deve essere interpretato nel senso che il contingente comunitario 
deve essere ripartito equamente tra gli operatori interessati di 
ciascuno Stato membro, ma non autorizza gli Stati membri ad adottare 
provvedimenti che mirino ad impedire, a restringere o ad intralciare 
la riesportazione della merce importata regolarmente nell'ambito di detto 
contingente e che si trova per questo motivo in libera pratica in uno 
Stato membro. (omissis) 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 giugno 1985, n. 3798 -Pres. Mirabelli 
-Rei. Cassata -P. M. Valente -A.C.E.A. (avv. Fanti) c. Adiutori 
ed altri (avv. Macchia) e C.P.D.E.L. (avv. Stato Nucaro). 

Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � Art. 60 

r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 �Art. 62 r.d.1. 12 luglio 1934 n. 1214 �Revisione 
pensione per emolumenti accessori percepiti � Versamento contributi 
relativi da parte del datore del lavoro � Giurisdizione ordinaria � Esecuzione 
revisione pensione da parte della C.P.D.E.L.� Giurisdizione esclusiva 
Corte dei Conti. 
Ai sensi dell'art. 60 del R.D.L. 3 marzo 1938 n. 680 in relazione all'art. 
62 R.D.L. 12 luglio 1934 n. 1214, rientra nella giurisdizione esclusiva 
della Corte dei Conti in materia di pensioni anche parzialmente a carico 
dello Stato la controversia attinente alla domanda di condanna della 

C.P.D.E.L. ad eseguire la revisione della pensione incrementando la base 
pensionistica annua degli importi dei percepiti emolumenti accessori della 
retribuzione (1). 
(1) La decisione conferma integralmente il precedente avviso espresso da 
Cass. 29 marzo 1983 n. 2240 e da Cass. 10 gennaio 1984 n. 167. Sul pi� vasto tema 
della giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in materia di pensioni in tutto 
o in parte a carico dello Stato ai sensi degli artt. 13 e 62 t.u. 12 luglio 1934 
n. 1214, pare opportuno ricordare che � stata invece ritenuta rientrante nella 
giurisdizione dei T.A.R. la controversia tendente ad ottenere, durante la vigenza 
del rapporto d'impiego, il riconoscimento del diritto a riscattare, anche a fini 
di quiescenza, periodi di servizio prestato con iscrizione all'INPS, trattandosi di 
questioni che, pur ravendo influenza sulla futura pensione, attengono in via immediata 
allo svolgimento del rapporto d'impiego e a �diritti inerenti al rapporto di 
servizio in atto (TAR Lazio, sez. Il, 8 aprile 1983 n. 333 in T.A.R. 1983, 1332). 
Vale comunque la pena di ricordare come di recente (A.P. n. 21 del 5 di� 
cembre J.984), in mratenia di controversie connesse al ddritto a pensione, anche 
la giurisprudenza amministrativa, modificando il precedente orientamento (A.P) 
nn. 1 e 2 del 30 marzo 1976) ha aderito alla indicazione fornita dalle Sez. Un. 
della Corte di Cassazione (23 ottobre 1979 n. 5507; 7 gennaio 1981 n. 77; 24 novembre 
1982 n. 6350 e 6 giugno 1983 n. 3815) nel senso di riconoscere, in subiecta 
materia, la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, interpretando cos� l'art. 62� 
del T.U. 12 luglio 1934 n. 1214 in maniera pi� allargata rispetto al semplice rife� 
rimento testuale, che appare invece limitato alle sole controversie aventi ad oggetto 
i � provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione �. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 785 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 nov. 1985, n. 5479 -Pres. Mirabelli 


Est. Panzarani -P. M. Fabi -Soc. Siciet (avv. Marino) c. Ministero 

del lavoro (avv. Stato Fiengo). 

Lavoro (collocamento) -Invalidi -Assunzioni obbligatorie � Posizione soggettiva 
del lavoratore e del datore di lavoro � Natura � Lesione -Giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa � Limiti. 

Nella tematica delle assunzioni obbligatorie (di cui alla legge 2 aprile 
1968 n. 482) le posizioni soggettive, rispettivamente, dei lavoratori avviati 
dall'ufficio del �lavoro e dei datori di lavoro tenuti alle assunzioni 
consistono in diritti soggettivi e in doveri giuridici operanti nel campo 
del diritto civile ancorch� sorti in forza di un atto amministrativo avente 
per contenuto l'ordine di assunzione; con la precisazione che l'obbligo 
di assunzione di invalidi (ed assimilati), integrando un limite imposto 
alla iniziativa economica privata, subisce una. compressione del relativo 
diritto soggettivo dell'imprenditore, la quale, se esorbiti dalla misura 
cons?ntita dalla legge, ne determina una lesione che rientra nella cognizione 
dell'a.g.o., mentre lo stesso obbligo se viene considerato in rapporto 
a norme che f acoltizzano gli organi amministrativi ad operq.re 
una riduzione del limite stesso sulla base di valutazioni discrezionali, d� 
luogo ad una lesione che rientra nella cognizione del giudice amministrativo 
(1). 

Tutto ci� richiamato, osserva il Collegio che, per le considerazioni 
che seguono, la giurisdizione a conoscere la presente controversia appartiene 
al Giudice amministrativo. 

Questa Suprema Corte ha avuto numerose volte occasione di esamiaare, 
con riferimento alla tematica delle assunzioni obbligatorie di cui 
(da ultimo) alla legge 2 aprile 1968 n. 482, il problema della natura giuridica 
delle posizioni soggettive, rispettivamente, dei lavoratori avviati dall'Ufficio 
provinciale del lavoro e della massima occupazione e dei datori 
di lavoro tenuti alle relative assunzioni, riscontrando in tali posizioni gli 
estremi di veri e propri diritti soggettivi e di doveri giuridici operanti 
nel campo del diritto civile ancorch� sorti in forza di un atto amministrativo 
avente per contenuto l'ordine di assunzione (cfr. p. es. la sentenza 
2 marzo 1979 n. 1322). Il rifiuto di assunzione da parte del datore 
di lavoro � stato pertanto valutato quale suo inadempimento di un'ob� 

(1) Sulla tematica delle assunzioni obbligatorie la Corte Suprema completa, 
con questa sentenza, l'indirizzo gi� indicato con le precedenti pronunce riportate 
in motivazione: cfr. in particolare Sez. Un., 11 marzo 1981 n. 1369; 12 marzo 1981 
n. 1421 e 17 febbraio 1981 n. 941. 

786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bligazione esistente nei confronti del lavoratore avviato e non gi� della 
Pubblica Amministrazione, con le relative conseguenze sul piano risarcitorio, 
escludendosi peraltro -tranne che nell'isolata decisione 22 gennaio 
1979 n. 487 -la configurabilit� dell'esecuzione specifica a norma 
dell'art. 2932 cod. civ. 

Tuttavia, in presenza di un complesso di problemi giuridici sorti nella 
concreta applicazione della legge che prevede -nell'ambito di una gestione 
� burocratica � del collocamento obbligatorio -l'adempimento 
di alcuni obblighi di carattere generale ~a parte dei datori di lavoro 
titolari di imprese con pi� di 35 dipendenti (art. 11, comma 1) e il compimento 
di determinati atti da parte degH organi amministrativi, questa 
Suprema Corte ha enunciato alcuni criteri interpretativi diretti a chiarire, 
tra l'altro, quali siano gli specifici presupposti per l'insorgenza a 
carico degli stessi datori di lavoro dell'obbligo di assunzione di invalidi e' 
assimilati. E' stato cos� in primo luogo indicato, fra tali .presupposti, 
quello dell'avvenuto precedente inoltro della richiesta prevista dall'art. 16, 
comma 4, della legge la quale integra a sua volta un requisito di legittimit� 
dell'atto di avviamento; � stato ancora affermato il dovere dello 
organo ammi�listrativo di avviare alle impi::~se dei lavoratori appartenenti 
alla categoria operaia ovvero �a quella impiegatizia a seconda della 
precisazione che in tal senso sia stata fatta nella richiesta stessa (cfr. la 
sentenza 11 marzo 1981 n. 1369). E' stato altres� riconosciuto lo specifico 
interesse del datore di lavoro all'osservanza dei criteri di �scorrimento� 
stabiliti dalla commissione provinciale per il collocamento obbligatorio 

(art. 9, comma 3, e 17, lett. C) nonch� all'osservanza dei principi di deter


minazione,, delle quote di riservatori (cfr. la sentenza 12 marzo 1981 

n. 1421 e quella 17 febbraio 1981 n. 941 di queste Sezioni Unite). 
Dato invero che ....:.. pur non avendo connotazioni esclusivamente assistenziali 
-l'obbligo di assunzione� di invalidi e assimilati integra un �limite
� imposto all'iniziativa economica privata (art. 41, comma l, della 
Costituzione) e perci� una compressione del relativo diritto soggettivo 
dell'imprenditore (il quale deve pur in ogni caso operare nell'osservanza 
degli altri precetti contenuti nello stesso art. 41), ove tale compressione 
esorbiti da quella misura che la legge consente ovvero venga attuata al 
di fuori di quei presupposti che, secondo la richiamata giurisprudenza, la 
legge stessa richiede, in tali casi � evidente l'ingiustificata lesione di una 
posizione soggettiva che l'Ordinamento giuridico riconosce come propria 
dell'imprenditore medesimo, al quale pertanto non pu� non spettare 
la tutela riservata ai diritti soggettivi perfetti, con attribuzione della 
relativa cognizione all'Autorit� giudiziaria ordinaria. 

. Allorquando invece vengano in considerazione norme che non salvaguardano 
direttamente una siffatta posizione, ma -nella sussistenza 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

dei presupposti legali per l'imposizione del limite di cui si � detto facoltiZzano 
gli organi amministrativi a operare una riduzione dell'entit� 
del limite stesso sulla base di valutazioni di carattere discrezionale, 

.in tal caso non � configurabile un diritto soggettivo del datore di lavoro 
a ottenere una tale riduzione1 il che � da dirsi, in particolare, con riferi,
mento alla previsione contenuta nell'art. 13, comma 5, della fegge in 
esame. Invero, a differenza di quanto direttamente previsto nei precedenti 
commi circa l'esonero totale -per �determinate categorie di personale 
-dalle assunzioni obbligatorie e la limitazione a determinate 
qualifiche e percentuali (per le Ferrovie dello Stato, le imprese di trasporto 
etc.), tale norma dispone soltanto che �con decreto del Ministro 
per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione provinciale 
di cui all'art. 16, le aziende private che, per le speciali condizioni 
della loro attivit� non possono occupare l'intera percentuale di 
invalidi prescritta, potranno essere parzialmente esonerate dall'obbligo 
dell'assunzione alla condizione che, in sostituzione degli invalidi, provvedano 
ad assumere orfani e vedove delle varie categorie �. Sono pertant? 
rimesse all'esclusiva valutazione della Pubblica Amministrazione sia la 
stessa concessione del beneficio �sia la determinazione della relativa misura, 
valutazione che peraltro -stante la formulazione della disposizione 
in parola -non pu� essere circoscritta all'esame di profili strettamente 
tecnici attinenti al tipo di attivit� svolta nelle aziende interessate, 
ma � necessariamente influenzata dalla considerazione circa le concrete 
possibilit� d'impiego di invalidi presso altre aziende in vista di 
quel primario obiettivo occupazionale specificamente propostosi dalla 
legge n. 482 del 1968, cos� come da quelle che l'hanno preceduta, per il 
cui perseguimento il parere di una commissione come quella prevista 
dall'art. 16 della legge stessa -composta anche da rappresentanti delle 
opere, degli enti e delle associazioni di tutela delle categorie interessate 
-si appalesa indubbiamente il pi� qualificato al riguardo. 

Non pu� pertanto semplicemente affermarsi che il solo fatto dello 
svolgimento di un certo tipo di attivit� produttiva (ritenuta non adatta 
rispetto alle condizioni fisiche degli invalidi) determini di per s�, in 
base alla surricordata disposizione� dell'art. 13, comma 5, della legge, 
l'esonero dalle relative assunzioni obbligatorie ditalch� la Pubblica Amministrazione 
svolgerebbe in proposito un mero compito d'accertamento 
semplicemente riconducibile alla c.d; discrezionalit� tecnica. 

Non pertinenti con riferimento alla fattispecie sarebbero pertanto 
i richiami a quelle ipotesi in cui � i~ subiecta materia � si � ritenuto la 
configurabilit� di. vere e proprie posizioni di diritto soggettivo (diritto 
delfinvalido avviato ad essere assunto e di essere adibito alle mansioni 
compatibili con le sue condizioni, diritto del datore di lavoro a non 

/ 


RASSEGNA DmL'AWOCATURA DELLO STATO

788 

assumere invalidi in caso di mancata richiesta, salve le eventuali sanzioni 
etc.). Pertanto, con particolare riferimento alla cit. sentenza di que~ 
ste Sezioni Unite n. 941 del 1981 menzionata nella memoria della ricorrente, 
� sufficiente osservare che la controversia in essa trattata concerneva 
-secondo quanto considerato nella stessa decisione -la d~dotta 
violazione delle norme riguardanti, tra l'altro, la determinazione 
delle quote dei riservatari attribuibili per categoria, le esigenze dell'impresa 
in relazione alle unit� da avviare e l'emanazione del provvedimento 
su dchiesta (dell'impresa stessa), posizioni cio� -come rilevato 
nella detta decisione -�descrittive degli elementi che debbono ricorrere 
acciocch� l'ufficio possa emanare il provvedimento dal quale deriva 
l'obbligo del datore di lavoro di assumere il lavoratore ed il correlativo 
diritto del favoratore di essere assunto� (v. altres� le coeve sentenze dal 

n. 942 al n. 945). 
Pu� perci� riassuntivamente osservarsi che la legge n. 482 del 1968 
sancisce diritti soggettivi dei lavoratori invalidi e assimilati ed obblighi 
dei datori di lavoro che sovente abbisognano per la loro concreta insorgenza 
del compimento di atti dalla legge stessa direttamente prefigurati 
e disciplinati (p. es. la richiesta da parte delle aziende, l'atto di 
avviamento ad opera dell'Ufficio, l'assunzione del lavoratore avviato etc.). 
Le pretese giuridiche avanzate al riguardo (quanto al lavoratore, �di 
essere assunto; quanto al datore di lavoro di non essere assoggettato al 
relativo obbligo: cfr. p. es. la sentenza 2 giugno 1982 n. 3348) rientrano 
perci� � de plano � nella cognizione del giudice ordinario e, ove 
emerga l'illegittimit� di alcuno dei provvedimenti amministrativi emanati 
in proposito, lo stesso giudice si limiter� a esercitare il potere di 
disapplicazione di cui all'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 alleg. E 

(cfr. al riguardo p. es. le sentenze n. 1421 del 1981 cit. e 27 giugno 1984 

n. 3762; v. altres� quella delle Sez. Un. 6 maggio 1981 n. 2808). Ma allorquando 
la legge attribuisca alla volont� della Pubblica Amministrazione 
la possibilit� di apportare modifiche alle posizioni soggettive sulla base 
di valutazioni rimesse ,alla stessa per ci� che concerne altresl la relativa 
misura, in tali casi non pu� riconoscersi un diritto all'emissione del 
relativo atto amministrativo, ma � -da ravvisare soltanto un interesse 
legittimo acch� la Pubblica Amministrazione provveda al riguardo conformandosi 
agli intenti della legge. Solo una volta emanato il provvedimento, 
la parte ad esso interessata verr� ad essere titolare di una 
posizione direttamente tutelata nei suoi confronti, vale a dire di un 
diritto soggettivo, ma prima di ci� essa non pu� far valere che una 
pretesa al corretto esercizio dell'azione amministrativa. 
In relazione alla fattispecie va pertanto rilevata l'esattezza delle 
argomentazioni del Tribunale. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 789 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 novembre 1985 n. 5813 -Pres. Cusani 
-Rel. Morsillo -P. M. Sgtoi -Rossitto (avv. Ronchi) c. Ministero 
della Difesa (avv. Stato Fiengo). 

Responsabilit� civile � Impiego pubblico � Concorso -Revisione graduatoria 
in seguito a giudicato amministrativo�� Ritardo nell'esecuzione � 
Danni per il vincitore nel frattempo collocato a riposo � Ammissibilit�. 

La domanda del pubblico dipendente, prospettata come risarcitoria 
e proporzionata alle retribuzioni ed al grado che gli sarebbero spettati 
in conseguenza di una seconda graduatoria a lui f.avorevole, applicativa 
di giudicato amministrativo, investe solo incidentalmente la violazione 
di norme di azione relative ai concorsi pubblici ed al pubblico impiego, 
ma consiste in un'azione promossa contro la p.a. obbligata al risarcimento 
dei danni ingiusti arrecati dall'operato illecito (delittuoso) dei 
suoi age,nti nell'esercizio delle loro funzioni, e ci� in applicazione del 
principio per il quale ogni reato che abbia cagionato un danno, patrimoniale 
o non, obbliga al risarcimento il colpe.vole e le persone che devono 
rispondere per il fatto di lui (1). 

Con il primo ed il secondo motivo di gravame, denunziando omessa 
motivazione circa un punto decisivo della controversia, artt. 360 c.p.c. in 
relazione agli artt. 328, 323 e 185 'cod. pen. nonch� violazione e falsa 
applicazione di nm:me di diritto il ricorrente censura l'impugnata sentenza 
per non avere minimamente preso in esame le ragioni di fatto e 
di diritto che egli aveva ampiamente esposto nel giudizio avanti la 
Corte d'Appello e in quello avanti al Tribunale per dimostrare che, in 
realt�, gli indebiti ed ingiustificati' comportamenti posti in essere dalla 
commissione di concorso e dagli organi ministeriali potevano e dovevano 
considerarsi, oltre che illeciti di_ carattere civile, anche illeciti di natura 
penale integranti, con fondata presunzione di dolo e, quantomeno, di 
colpa grave, gli estremi dei reati di omissione o ritardo di atti d'ufficio o 
di abuso innominato di ufficio, con la conseguenza del suo diritto al 
risarcimento del danno ex art. 185 c.p.c. nei confronti della P.A., la quale 
�doveva rispondere per l'operato dei suoi agenti e funzionari. 

Ih particolare il Rossitto, riportando le ragioni di fatto e diritto, 

gi� esposte nelle precedenti fasi di merito, sostiene l'esistenza di presun


(1) Applicazione di esatti principi ad un caso di specie, nel quale il danno 
cagionato al ricorrente consisteva nell'ingiusto e prolungato ritardo che era stato 
frapposto dalla p.a. all'esecuzione di giudicato amministrativo e che gli impediva, 
per l'intervenuto collocamento a riposo, di ricoprire e svolgere le funzioni del 
nuovo ufficio, al quale doveva essere nominato in seguito all'esito favorevole di 
un concorso. 
8 



790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zioni gravi, precise e concordanti atte a far presumere che tanto le 
irregolarit� del primo concorso, successivamente annullato, quando l'in� 
giustificabile ritardo di cinque anni, dopo tale annullamento, impiegati 
per la rinnovazione delle operazioni di concorso o per l'approvazione della� 
nuova gra~uatoria costituivano il frutto di un ben preciso disegno, preordinato 
allo scopo di favorire alcuni concorrenti e di danneggiarne altri. 

Contesta la stessa ammissibilit� del proposto gravame la difesa del1'
Amministrazione, la quale osserva che i giudici del merito si sono limitati 
a stabilire che, vertendosi in tema di lesione di meri interessi legittimi, 
la domanda stessa doveva considerarsi improponibile per difetto 
di giurisdizione e che, in ogni caso, quand'anche fosse riconosciuta la 
natura di diritto soggettivo alla posizione dedotta in lite, resterebbe pur 
sempre da valutare se ed in quali limiti la domanda, in quanto afferente 
ad aspetti reintegratori del rapporto di pubblico impiego, non 
sfugga egualmente alla cognizione del giudice ordinario per essere riservata 
alla cognizione esclusiva dei T.A.R. 

Cos� puntualizzate le rispettive posizioni delle parti, il problema che 
a queste Sezioni Unite si pone � se, nella concreta fattispecie prospettatasi, 
sia individuabile l'esistenza (e, quindi, la lesione) di un diritto soggettivo 
del privato inciso dall'illegale esercizio del potere amministrativo, 
con la conseguente proponibilit� della domanda di risarcimento dei 
danni avanti ail giudice ordinario, ovvero un mero interesse legittimo, la 
cui tutela si esaurisca nell'apposita sede e cio� avanti al giudice amministrativo. 


In sostanza, il profilarsi della responsabilit� civile della P.A. presuppone 
l'incidenza dell'attivit� della stessa su diritti soggettivi perfetti di 
.terzi (nella specie, del ricorrente) e, quindi, la proponibilit� dell'azione 
risarcitoria presuppone la nece:;sit� di un pregiudizio .ad una situazione 
giuridica di siffatta natura, di talch� tutte le volte in cui quest'ultima 
difetti perch� l'ordinamento giuridico non presuppone una tutela dii:;etta 
ed immediata all'interesse dedotto e di cui si assuma il pregiudizio, ne 
deriva il difetto di giurisdizione del �giudice ordinario. 

:B altres� noto che ai fini della proponibilit� davanti all'autorit� giu


Idiziaria ordinaria di azioni di risarcimento danni derivati dall'illegittimit� 
di atti amministrativi, dichiarati nella competente sede giurisdi-

I

zionale amministrativa con consenguenziale pronuncia di annullamento, r, 

�

non � sufficiente che il giudice amministrativo abbia annullato l'atto, ma 
� necessario altresi che questo abbia inciso su una posizione originaria '' 
di diritto soggettivo, cosicch� la funzione dell'annullamento sia stata ! 
quella di restituire ad una posizione soggettiva, degradata ad interesse 
ed affievolita dall'azione dell'amministrazione, la sua qualificazione ori


I 

ginaria di diritto soggettivo. Occorre, cio�, che l'atto amministrativo 
! ~ 
f 
annullato risulti non soltanto illegittimo, in quanto abbia violato una 

I 
I 



PARTE I, SEZ. 111, GIURIS. 'SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 791 

norma di azione, ma altres� illecito e, quindi, violatore di un diritto 
soggettivo (Cass. S.U. n. 1867/73; Cass. 616/79; Cass. 4779/81). 

P�r giurisprudenza costante, quindi, la fattispecie della responsabilit� 
civile, quale concretamente delineata dall'art. 2043 e.e., individua 
come suo elemento essenziale quello della ingiustizia del danno, che 
ricorre quando venga lesa una posizione soggettiva riconosciuta e garantita 
dall'ordinamento nella forma pi� piena del diritto soggettivo, principio 
questo applicabile anche nel caso dell'azfone di responsabilit� per 
danni intentata nei confronti della pubblica amministrazione, il cui 
comportamento, per�, oltre che essere illegittimo deve essere anche illecito, 
abbia cio� violato un diritto soggettivo del singolo, per cui la mancanza 
di un tale presupposto postulerebbe un difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario alla stregua dei principi costantemente affermati da 1 
questa: Suprema Corte. 

Il problema �, pertanto, quello di accertare se nella specie sia individuabile 
un diritto soggettivo del Rossitto, che sia stato leso dall'operato 
dei funzionari della P.A. nella travagliata vicenda che il ricorrente 
assume essere stata posta in essere a suo danno. 

Lamenta infatti il Ross1tto . che della sua domanda di partecipazione 
al concorso per commissario di leva del 1962 sia stato fatto malgoverno 
dalla commissione di concorso, che lo aveva escluso dalla nomina, essendo 
risultato il 157� su 40 posti a concorso, che il Ministero della 
difesa non abbia tenuto conto della decisione del Consiglio di Stato che 
annullava il,concorso, in quanto s,olo dopo beri otto anni nel successivo 
iter concorsuale veniva approvata una nuova graduatoria, nella quale 
egli risultava essere stato compreso al 19� posto, e che pur avendo il 
nuovo decreto decorrenza dal maggio 1965, la nomina non poteva spiegare 
effetto alcuno nei confronti di esso ricorrente, per avere egli raggiunto 
il 65� anno di et� ed essendo stato collocato in pensione. In sostanza 
il ricorrente censura in questa sede sia le operazioni della prima 
commissione di concorso, sotto il profilo di .un erroneo ed � illegale � 
comportamen~o della stessa (v. pag. 3 ricorso) sia �il forte ed ingiustificato 
ritardo con il quale la decisione del Consiglio di Stato aveva avuto 
esecuzione�, assumendo che da tale comportamento dell'amministrazione, 
che egli asserisce preordinato delittuosamente ai suoi danni sarebbero 
derivati ingiusti danni economici. e morali: 

a) per la perdita degli assegni di servizio attivo con i previsti 

aumenti e scatti. dal 26 maggio 1965 al 16 gennaio 1973; 

b) per H mancato godimento dei benefici combattentistici previsti 
da!la legge 336/1970 e per la conseguente mancata promozione in servizio 
al grado di generale di brigata con relativi assegni; 


792 

RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

c) per la mancata riscossione dell'indennit� di� cessazione dal servizio 
nella misura di lire 26 milioni spettanti al generale di brigata, in 
luogo delle riscosse lire 2.4W.OOO; 

� d) per la perdita, per il resto della vita, della pensione relativa 
al grado di generale di brigata, riscossa invece dal 1964 nella misura 
prevista per 1'11� scatto di colonnello. 

Le doglianze proposte dal ricorrente devono essere accolte nei limiti 
appresso indicati. 

I giudici di merito hanno ritenuto che non fosse possibile da parte 
del Rossitto la sua tutela innanzi agli organi della giurisdizione ordinaria 
nella errata convinzione che la domanda dal ricorrente proposta investisse 
interessi legittimi. 

Ora � pur vero che le norme regolatrici dei pubblici concorsi sono 
tipiche norme d'azione perch�, non essendo rivolte a tutelare in via 
immediata e diretta la .situazione soggettiva del privato cittadino, e 
rivolgendosi invece, agli organi amministrativi (commissione di concorso, 
amministrazione attiva) sono volte ad assicurare la coincidenza dell'operato 
dell'amministrazione al pubblico interesse, onde la posizione 
soggettiva dell'aspirante all'ammissione al concorso, e poi quale concorrente 
e vincitore dello stesso, si qualificano come posizioni di interesse 
legittimo, tanto � vero che la stessa posizione giuridica del vincitore 
non � di diritto soggettivo, essendo� essa condizionata aifila sussistenza 
delle condizioni soggettive ed oggettive volute dalla legge, nonch� all'eventuale 
esercizio del potere di revoca dello stesso concorso da parte del-. 
l'amministrazione; ove siano venute meno le ragioni cbe indussero la pubblica 
amministrazione a bandirlo. 

N� vale a mutare l'originaria posizione di interesse legittimo dell'attore 
in' diritto soggettivo, da azionare ai fini del risarcimento l'even� 
tuale inosservanza del dovere dell'amministrazione di ottemperanza al 
giudicato amministrativo, posto che ai fini della proponibilit� dinnanzi 
all'autorit� giudiziaria di azioni di risarcimento di danni derivati dalla 
illegittimit� di atti amministrativi, dichiarati nella propria competente 
sede giurisdizionale, �con conseguente pronuncia di annullamento, non 
� sufficiente che il giudice amministrativo abbia annullato l'atto, ma � 
necessario che questo abbia inciso su posizioni originarie di diritto soggettivo. 
� necessario, cio�, che la funzione dell'annullamento sia stata 
quella di restituire ad una posizione soggettiva, degradata ad interesse 
ed affievolita dall'azione dell'amministrazione, la sua qualificazione originaria 
di diritto soggettivo. Se, invece, nonostante l'annullamento, quello 
che era interesse legittimo tale sia rimasto il soggetto passivo dell'atto 


P~TE I, SEZ. III, GIURIS. SU QU�STIONI DI' GIURISDIZIONE 

annullato non pu� ottenere un incremento ed un ampliamento di tutela 
giurisdizionale consistente nella concessione, � successiva alla �pronuncia 
giurisdizionale amministrativa, dell'azione giudiziaria per il risarcimento 
del danno (Cass. S. U. 17 febbraio 1969 n. 543; Cass. S.U. 7 gennaio 1975 

n. 15; Cass. S.U. 8 aprile 1983 n. 2491). Nel caso di specie, per�, la domanda 
del Rossitto relativa al quantum proporzionato alle retribuzioni 
'ed al grado che gli sarebbero spettati in conseguenza della formazione 
della seconda graduatoria e ad alle conseguenti indennit�, fin dal primo 
momento � stata prospettata come domanda risarcitoria, ed ancorch� 
investente incidentalmente diritti scaturenti dal rappor:to di pubblico impiego, 
e come tali devoluti alla cognizione del giudice amministrativo 
profila un'azione di risarcimento del danno non con riguardo ad atti 
amministrativi illegittimi per violazione di norme di azione, quali quelli 
adottati in materia di procedura concorsuale e successivo provvedimento 
di nomina di pubblici dipendenti; come hanno ritenuto i giudici del merito, 
bens� come azione da lui promossa nei confronti della pubblica 
amministrazione, in quanto obbligata al risarcimento dei danni ingiusti 
da lui subiti per l'operato illecito dei suoi agenti e funzionari nell'esercizio 
delle loro funzioni, in pregiudizio delle ragioni del Rossitto. 
Costui, sia in primo grado che nel corso del giudizio d'appello, ha 
?recisato le ragioni di fatto e di diritto per le quali aveva proposto l'azione 
di fronte al giudice ordinario, e cio� l'esistenza di fatti verificatisi 
nella vicenda, dai quali potevano trarsi le necessarie presunziorii del caso, 
atte a far ritenere che nel concorso di cui trattasi si fosse voluto favorire 
alcuni ufficiali provvisti di titoli insufficienti e che, una volta annullata 
la graduatoria da parte del Consiglio di Stato perch� illegittima, 
nbn individuati funzionari della P�bblica Amministrazione avessero posto 
dolosamente in/ essere ingiustificati, indebiti e prolungati ritardi nella 
formazione e nella pubblicazione dei provvedimenti di loro competenza. 

Orbene, alla luce di quanto prospettato dal ricorrente, i giudici del 
merito non soltanto non hanno ritenuto di dover eventualmente fare ricorso 
all'istituto della sospensione necessaria quale profilantesi negli 
artt. 295 c.p.c. e 3 cod. proc. pen., trasmettendo se del caso gli atti al P.M. 
per quanto di s�a competenza, ma per di pi�, dimenticando l'esatta prospettazione 
della domanda, non hanno speso una sola parola in relazione 
all'asserita esistenza di illeciti sulla quale il ricorrente aveya impostato 
.la propria domanda risardtoria ex art. 185 c.p., per H quale ogni reato, 
che abbia cagionato un danno patrimoniale e non patrimoniale, obbliga 
al risarcimento il colpevole � le persone che, a norma delle leggi civili, 
debbono rispondere per il fatto di lui. 

D'altronde che il Rossitto abbia impostato fin dal primo momento 
un'azione di risarcimento del danno fondata sugli artt. 185 c.p. e 2043 e.e. 


794 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

non � sfuggito all'attenta difesa della P.A. la quale, a pag. 5 del proprio 
controricorso non disconosce implicitamente la natura di diritto soggettivo 
alla posizione dedotta in lite e si chiede se in tal caso non resti 
sempre da valutare �se ed in quali limiti la domanda, in quanto afferente 
ad aspetti reintegratori del rapporto di pubblico impiego, non sfugga 
egualmente alla cognizione del giudice ordinario per essere riservata alla 
cognizione esclusiva del T.A.R. Domanda alla quale gi� precedentemente 
si � data risposta, allorch� si � detto che l'azione proposta dal Rossitto, 
ancorch� investa incidentalmente di.ritt~ scaturenti dal p~bblico impiego, 
e come tali devoluti alla cognizione del giudice amministrativo, trova il 
suo fondamento non nella violazione di norme di azione ma nel comportamento 
doloso di non individuati funzionari della P. A., integrante gli 
estremi di reato. (Cfr. Cass. S.U. 18 giugno 1965 n. 1258), e pertanto egli 
nel chiedere il risarcimento sulla base di un assunto fatto-reato fa indubbiamente 
valere �un diritto soggettivo (vedansi al riguardo le conclusioni 
dell'attore in primo grado -verb. ud. 27 febbraio 1978, memoria di replica 
23 gennaio 1978 pag. 1 e 4, ove si parla anche di dolo dei componenti la 
commissione del concorso, integrante gli estremi di un conseguente illecito 
di natura penale). 

Quanto al problema, cui pur deve accennarsi, della responsabilit� 
della P. A. per il fatto commesso da colui che giuridicamente si costruisce 
come strumento della sua azione, vale a dire ilrsuo dipendente, � necessario 
che tale rapporto di dipendenza sussista e sia operante nel mome.
nto in cui il comportamento delittuoso sia posto in essere, proprio 
perch� ai :fini proposti la soggettivit� giuridica del dipendente viene 
meno e si parla di unica soggettivit� giuriidca, fondamento della natura 
diretta alla responsabilit�. 

Conseguentemente se gli atti ed il comportamento del pubblico dipendente. 
non siano riferibili all'Amministrazione se dettati da fini assolutamente 
estranei ad essa e non legati da necessaria occasionalit� con la 
funzione e se la responsabilit� dell'amministrazione statale nei confronti 
del privato per l'atto illegittimo di un proprio organo postuli solo una 
astratta riferibilit� di tale atto all'amministrazione (Cass. 28 giugno 1979 

n. 3612; Cass. S.U. 18 ottobre 1979, n. 5428) � problema da devolversi al 
giudice del merito. 
V'�, comunque, di certo che, a fronte di fatti illeciti rapportabili alla 
condotta di dipendenti della pubblica amministrazione, che abbiano ca� 
gionato al ricorrente ingiusti danni patrimoniali e morali, va affermato 
l'obbligo della P. A., nel rispondere dell'operato dei suoi agenti e fun. 
zionari (cfr. Cass. pen. 24 luglio 1963, n. 2037; Cass. 'pen. 6 settembre 1963, 
n .2441) al risarcimento del �dami~, almeno per equivalente. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 795 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 novembre 1985 n. 5934 -Pres. Bran. 
caccio -Rel. Nocella -P. M. Sgroi -Ministero della Sanit� (avv. Stato 
Cosentino) c. Garofalo Ebe (avv. Romagnoli). 

Impiego pubblico -Invalidit� civile -Commissione sanitaria provinciale e 
regionale -Procedimento e natura -Rapporti tra i rispettivi provvedi� 
menti � Atto amministrativo -Silenzio -Silenzio-rigetto � Procedimento 
dinanzi la Commissione sanitaria -Applicabilit�. 

Il provvedimento della Commissione sanitaria provinciale costitui� 
sce un elemento strutturale della serie procedimentale, in cui � inserito, 
di autonoma rilevanza, avendo esso effetti immediatamente incidenti su 
particolari situazioni di diritto soggettivo, talch� la proposizione del ricorso 
da parte dell'assistito avanti la commissione sanitaria regionale 
con la finalit� di rimuovere quegli effetti assume carattere impugnatorio 
di quel provvedimento. Correlativamente la decisione della Commissione 
sanitaria regionale, sebbene emessa in base ad un potere autonomo di 
valutazione mediante l'adozione di nuovi accertamenti diagnostici, non 
pu� considerarsi svincolata dal provvedimento della commissione provinciale 
fino al punto da costituirne una semplice sovrapposizione, senza 
effetto ablatorio o correttivo del precedente atto, atteso che essa non pu� 
prescindere dal risultato della decisione di prima istanza (1). 

L'istituto del silenzio rigetto deve, di ~onseguenza, essere applicabile 
al ricorso avanti alla Commissione regionale in relazione alla sua natura 
di ricorso gerarchico improprio, con l'effetto che, decorso il termine del 
l'art. 6 del d.P.R. n. 1199 del 1971, il ricorso si intende respinto ed il procedimento 
amministrativo si intende esaurito, con la possibilit� di promuovere 
per la lesione dei diritti soggettivi, l'azione giudiziaria (2). 

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli 
artt. 1 e 6 D.P.R. 24 novembre 1971 n.'1199 in relazione agl� artt. 6, 8, 9, 10 
e 22 L. 30 marzo 1971 n. 118; omessa ed erronea motivazione (art. 360 

n. 3 c.p.c.) e difetto di giurisdizione (art. 360 n. 1 c.p.c.) e si sostiene che 
mentre l'istituto del silenzio-rigetto, previsto dal citato art. 6 del D.P.R. 
n. 1199 del 1971 � applicabile ai ricorsi gerarchici, propri ed impropri, 
non � invece applicabile ai ricorsi amministrativi non impugnatori e cio� 
ai ricorsi, che, non consistendo nell'impugnativa di un atto amministrativo, 
vengono decisi da un'autorit� che si trova in posizione di terziet� 
tra il privato e la pubblica amministrazione: tra i ricorsi non impugna(
1-2) Sentenza di particolare interesse che accoglie la distinzione tra ricorsi 
impugnatori e non impugnatori, elaborata dalla dottrina, e gi� recepita dal Con� 
siglio di Stato (Ad. plen. 11 luglio 1983 n..18). 



796 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 


tori � precisamente ascrivibile quello proposto a norma dell'art. 9 della 
legge n. 11_8 del 1971 alla commissione regionale sanitaria, che si trova 
appunto in posizione di terziet� rispetto al Ministero dell'Interno e decide 
non gi� per riesaminare gli accertamenti medico-legali compiuti dalla 
commissione sanitaria provinciale, ma in base ad una propria autonoma 
valutazione attraverso nuovi accertamenti diagnostici. 

Il motivo � infondato. 

La Corte d'Appello dell'Aquila ha ritenuto che l'istituto del silenzio 
rigetto, previsto dall'art. 6 citato, � applicabile a tutti i ricorsi gerarchici, 
e quindi anche a quelli impropri, in quanto il secondo comma dell'art. 1 
del D.P.R. n. 1199 del 1971 ha inteso stabilire una equiparazione di tutti i 
ricorsi, propri ed imp:�opri, ai fini dell'applicabilit� della norma ed ha 
inquadrato il ricorso, proposto alla commissione regionale sanitaria ai 
sensi dell'art. 9 delila L. n. 118 del 1971 tra quelli impropri, tenuto conto 
che esso � proposto davanti ad organo collegiale di diversa composizione, 
non gerarchicamente sovraordinato, senza che rilevi in contrario il fatto 
che la commissione sanitaria regionale sia abilitata a rinnovare l'accertamento 
compiuto dalla commissione sanitaria provinciale in modo del 
tutto svincolato dal giudizio di questa, avvalendosi di analoghi poteri 
istruttori e decisori, atteso che nel procedimento amministrativo il giudizio 
di secondo grado, anche con tali particolarit�, non cessa di costituire 
una revisio prioris instantiae esercitata nei limiti della devolutio. 

Il Ministero ricorrente, adeguandosi ora alla costante giurisprudenza 
in argomento (Cons. Stato 7 febbraio 1978 n. 4; 29 aprile 1975 n. 135; 
17 dicembre 1976 n. 480; 20 ottobre 1978 n. 1043 e conformi), non nega pi� 
l'applicabilit� dell'istituto del silenzio rigetto ai ricorsi gerarchici impropri, 
ma sostiene che al ricorso, proposto avverso la decisione della comm.
issione provinciale sanitaria avanti . a quella regionale a norma dell'art. 
9 suddetto, non pu� attribuirsi natura di ricorso gerarchico improprio, 
rientrando esso nel tertium genus dei ricorsi gerarchici atipici, 
non impugnatori. (la cui nozione, elaborata dalla dottrina, � accolta dalla 
giurisprudenza amministrativa), e quindi tale ricorso �, come tale, sottratto 
alla disciplina del silenzio rigetto. 

Si deve premettere che secondo giurisprudenza costante di questa 
Corte Suprema (Cass. 15 luglio 1980 n. 4565; 30 ottobre 1981 n. 5729 e conformi) 
la domanda con la quale viene chiesta al Ministero� dell'Interno la 
pensione di inabilit� e l'assegno, previsti dalla L. n. 118 del 1971, in quanto 
�relativa ad erogazioni pensionistiche, disciplinate da espresse disposizioni 
di legge e non rimesse alla discrezione della pubblica amministrazione, 
alle quali corrisponde il correlativo diritto soggettivo in capo agli assistiti, 
rientra nelle forme di assistenza obbligatoria, devolute alla competenza 
del Pretore in funzione di giudice del lavoro a norma dell'art. 442 
c.p.c., anche se non direttamente c�llegata ad un rapporto di lavoro su




PARTE I, SEZ. III, G~URiS. su otiESTIONI ol GIURISDIZIONE 

bordinato presente e precorso. Conseguentemente a tale tipo di controversia 
� applicabile �l'art. 443 c.p.c., che, correlato con l'art. 148 disp. att. 
c.p.c., dev'essere interpretato nel senso che dal mancato esperimento d�l 
procedimento amministrativo non consegue pi� l'improponibilit� della 
domanda con la connessa sanzione di decadenza, ma una semplice improcedibilit�, 
che d� luogo solo ad una temporanea sospensione del giudizio 
da parte del Pretore sino a quando non sia esaurita la procedura amministrativa 
(Cass. 17 luglio 1977 n. 3582; 12 dicembre 1981 n. 6587 e conformi). 
Deriva da ci� che � erroneo il riferimento dell'amministrazione 
ricorrente ad un preteso mancato verificarsi di una condizione di proponibilit� 
della domanda in sede giudiziaria a seguito della mancata pronuncia 
della commissione sanitaria regionale e alla connessa ipotesi di 
decadenza dell'azione giudiziaria, che potrebbe anche ipoteticamente im� 
plicare un problem~. di giurisdizione, dovendosi sostituire aHa condizione 
di proponibilit� quella di procedi,_bilit�, non importante alcun problema 
di giurisdizione, ma soltanto la necessit� della verifica, anche in sede di 
legittimit�, quale vizio in procedendo, dell'effettivo esaurimento del procedimento 
amministrativo. 

Nell'esercizio di tale verifica si deve stabilire il momento in cui il 
procedimento amministrativo possa ritenersi esaurito nell'ambito di un 
procedimento complesso qual'� quello previsto dagli artt. 6 e segg. della 

L. 30 marzo 1971 n. 118, e, all'interno di questo, se possa essere attribuito 
il significato di silenzio rigetto alla mancata pronuncia della commissione 
sanitaria regionale, abilitante come tale la proposizione dell'azione giu� 
diziaria. 
La legge n. 118 del 1971, dopo aver determinato nell'art. 2 natura e 
grado delle minorazioni psico-fisiche dell'invalido, considerate agli effetti 
della legge stessa, affida l'accertamento delle condizioni di minorazione 
degli aspiranti alle provvidenze da essa previste ad una commissione 
sanitaria nominata dal Prefetto (art. 6). 

La Commissione, compiuti gli accertamenti previsti dall'art. 8 comunica, 
a cura del segretario, direttamente alla prefettura i nominativi dei 
mutilati ed invalidi civili che hanno diritto alla pensione di inabilit� o 
all'assegno di assistenza. 

La domanda per il conseguimento delle provvidenze previste dagli 
art. 12 (pensione di inabilit�) 13 (assegno mensile) 23 (addestramento, 
qualificazione professionale etc.) e 24 (indennit� frequenza corsi addestramento) 
deve essere presentata direttamente alla commissione sanitaria 
provinciale. 

Contro il giudizio delle commissioni sanitari~ provinciali � previsto 
il ricorso alla commissione regionale sanitaria, nominata dal ministro 
della sanit�, la cui decisione � definitiva (art. 9). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

798 

Con tale decisione si conclude il procedimento amministrativo per 
l'accertamento delle condizioni di minorazione ai fini dei benefici di cui 
agli artt. 23 e 24. 

Per quanto riguarda invece i benefici di cui all'art. 12 e 13 il procedimento 
amministrativo ,prosegue per l'accertamento delle condizioni economiche 
davanti al comitato provinciale di assistenza e beneficenza e 
l'eventuale delibera di concessione della pensione o dell'assegno (art. 14). 

Contro tale deliberazi�ne � ammesso ricorso al ministero dell'interno 
(art. 15). 

Infine, contro i provvedimenti definitivi previsti dagli artt. 9 e 15 
� ammessa la tutela giurisdizionale dinanzi ai competenti organi ordinari 
e amministrativi (art. 22). 

Si tratta dunque di un procedimento complesso, che, sebbene diviso 
in due fasi in relazione al contenuto dell'accertamento, l'uno medico-legale 
inerente alle condizioni di minorazione dell'assistito e l'altro inerente alla 
sussistenza delle condizioni economiche richieste per l'attribuzione dell'assegno 
o pensione, � tuttavia articolato in diversi elementi strutturali, 
i quali, pur confluendo nel provvedimento finale, assumono rilevanza ed 
effetti giuridici autonomi, talch� il difetto o la mancanza di uno di essi, 
ripercuotendosi sul risultato finale, � suscettibile di concretare di per s� 

r stesso l'immediato pregiudizio di un diritto soggettivo, autonomamente 
tutelabile avanti l'autorit� giudiziaria ordinaria. Non pu� perci� affermarsi 
che il procedimento amministrativo non possa ritenersi esaurito 
se non dopo il provvedimento definitivo del Ministero dell'Interno nel 
presupposto che esso esiga il totale percorso dell'iter, previsto dalla 
legge per pervenire alla conclusione finale dell'attribuzione o della negazione 
dell'assegno o pensione. 
In realt� la negazione dei requisiti di carattere sanitario nella fase 
tecnica medico-legale pu� incidere non soltanto, con effetto autonomo, 
sul diritto all'assistenza sanitaria (art. 3, in via transitoria), sui benefici 
relativi alla qualificazione professionale (art. 23) nonch� sull'assegno di 
accompagnamento, che � svincolato da condizioni di reddito (art. 17), ma 
anche e soprattutto, con effetto riflesso, quale presupposto negativo, sull'attribuzione 
finale della pensione o assegno, giustificando perci� solo 
l'immediata proposizione dell'azione giudiziaria e la totale cognizione del 
giudice ordinario in ordine all'accertamento delle condizioni economiche, 
anche se su di queste non sia intervenuta la pronuncia del comitato 
provinciale di assistenza e beneficenza ~d il provvedimento definitivo del 
Ministero dell'Interno. 
La soluzione adottata � conforme ai principi del sistema e a quelli di 
rilevanza costituzionale. 
La previsione di un procedimento amministrativo � volta non alla 
formazione di� un atto, che debba poi essere soggetto ad impugnaiione 

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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIUlHSDIZIONE 

avanti all'autorit� giudiziaria ordinaria, ma soltanto alla composizione 
in' sede amministrativa della controversia in materia di previdenza e 
assistenza obbligatoria. Correlativamente la cognizione del giudice ordinario 
non verte sull'impugnazione dell'atto, ma si esercita autonomamente 
sulla totalit� del rapporto e cio� sulle posizioni di diritto e di obbligo delle 
parti senza limitazione alcuna. 

L'art. 22 della legge in questione, la cui formula � stata ritenuta sovrabbondante 
e superflua nella sua totalit� in quanto ripetitiva dell'art. 113 
deLla Cost. (Cons. St. 25 gennaio 1983 n. 37), non pu�, nella sua assoluta 
genericit�, essere interpretato nel senso di attribuire natura di procedimento 
di impugnazione all'atto definitivo della commissione regionale o 
del Ministero. Tale norma nella sua esp1essione letterale pu� anzi assumere 
il significato di prevedere la possibilit� di immediata tutela giudiziaria 
sia nel caso di cui all'art. 9, nell'ipotesi che con tale provvedimento 
si concluda definitivamente il procedimento per la concessione della pensione 
o dell'assegno, sia nel caso di cui all'art. 15, nella ipotesi in cui, 
invece, il procedimento abbia potuto svolgersi ne.lle sue due fasi di accertamento 
(del'le condizioni di minorazion~ e delle condizioni economiche). 

L'immediatezza della tutela in qualsiasi fase amministrativa in presenza 
di un possibile pregiudizio di un diritto soggettivo � giustificata, 
infine, dallo stesso contenuto di quest�, relativo all'assistenza sociale, 
costituzionalmente garantito dall'art. 38 della Costituzione. 

Non pu� esservi dubbio dunque che la condizione di procedibilit�, 
prevista dall'art. 443 c.p.c., pu� ritenersi verificata con la decisione definitiva 
della commissione sanitaria regionale, di cui all'art. 9, che, negando 
le condizioni di minorazione di cui all'art. 2, rende inutile e quindi 
improseguibile il procedimento delle condizioni econ()miche necessarie 
per il conseguimento del diritto vantato. 

Si prospetta ora il partkolare problema, agitato nella presente controversia, 
circa la possibilit� della formazione del silenzio rigetto nell'ipotesi 
di mancata decisione della commissione sanitaria regionale nel 
termine previsto dall'art. 6 del d.P.R. n. 119 del 1971. 

La categoria dei ricorsi non impugnatori, elabprata dalla dottrina, 

� stata recentemente accolta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato 

(Ad. plen. 11 luglio 1983 n. 18), seguita dal T.A.R. Abruzzo con decisione 

n. 342 del 25 giugno 1982, con specifico riferimento ai ricorsi di atti amministrativi 
rimessi alla decisione delle commissioni regionali (o della commissione 
centrale per avocazione) di vigilanza per l'edilizia economica 
e popolare con l'art. 19, commi 2� lett. b) e 4� del d.P.R. 23 maggio 1964 
n. 655, rispetto ai quali il Consesso Amministrativo ha escluso la riferibilit� 
della disciplina del silenzio rigetto, introdotta cori l'art. 6 del d.P.R. 
24 novembre 1971 n. 1199. La questione era stata peraltro risolta in senso 
contrario dallo stesso Consiglio di Stato (sent. 24 aprile 1979 n. 298 e 

800 RASSEGNA DELL'�WOCATURA DELLO STATO 

21 marzo 1978 n. 226) e cio� nel senso della riferibilit� della stessa disciplina 
a tali ricorsi, definiti come ricorsi gerarchici impropri. Con la pi� 
recente decisione, il Consiglio di Stato, conformemente alla prevalente 
dottrina, ha identificato la categoria dei ricorsi non impugnatori nei � ricor~
i concernenti controversie insorte (generalmente in materia di diritti) 
tra due o pi� soggetti, contendenti in un campo che tocc� gli interessi 
(di assistenza sociale) della Pubblica Amministrazione, i quali si avvicinano 
ai ricorsi gerarchici impropri per il fatto di essere indirizzati ad � 
organi in posizione di terziet�, ma se ne distinguono perch� non sono 
impugnatori di un atto amministrativo (e possono quillldi sfociare anche 
in una pronuncia dichiarativa�); ritenuto poi che il 1� co. del suddetto 

d.P.R. si riferisce al ricorso gerarchico improprio, ha affermato che nessuna 
attenzione viene invece rivolta ai ricorsi amministrativi di tipo non 
ir.pugnatorio, ai quali le regole fissate per il ricorso gerarchico non si 
applicano, neppure in . via suppletiva. 
La categoria dei ricorsi atipici non impugnatori ha quindi in comune 
con i ricorsi gerarchici impropri, a.i quali � gener�lmente riconosciuta 
applicabile la disciplina del silenzio-rigetto, la terziet� dell'organo chiamato 
alla decisione, distinguendosi da questi per l'assenza di un atto 
amministrativo, e ci� comporta il difetto di un termine �di decadenza per 
la loro proposizione ed inoltre la mancanza, connessa alla loro natura 
prevalentemente dichiarativa, in caso di loro accoglimento, di un esito 
eliminatorio di un precedente atto amministrativo. 
'\ 

Cos� intesa la nozione dei ricorsi non impugnatori, peraltro negata 
da una parte della dottrina mediante una sostanziale assimilazione ai 
ricorsi gerarchici impropri, non pu� ritenersi che il ricorso alla commissione 
sanitaria regionale possa catalogarsi tra i primi, ove si consideri 
la reale funzione che esso assume nell'ambito del complesso procedi


mento amministrativo in cui � inserito, dovendo pi� concretamente 
ascriversi . tra i secondi. 

Il provvedimento della commissione sanitaria provinciale, costituisce 
un elemento strutturale della serie procedimentale, in cui � inserito, di 
autonoma rilevanza, avendo essi effetti immediatamente incidenti, come 
accennato, su particolari situazioni di diritto soggettivo, e mediatamente 
riflessi sulla situazione di diritto soggettivo, che costituisce l'oggetto del 
provvedimento finale, a cui il procedimento � diretto, talch� la proposi


zione del ricorso da parte dell'assistito avanti alla commissione sanitaria 
regionale con la finalit� di rimuovere quegli effetti, diretti o riflessi, assume 
un carattere decisamente impugnatorio di quel provvedimento. Correlativamente 
la decisione della commissione sanitaria regionale, sebbene 
emessa in base ad un potere autonomo di valutazione mediante 
l'adozione di nuovi accertamenti diagnostici, non pu� considerarsi assolutamente 
svincolata dal provvedimento della commissione sanitaria pro! 
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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 801 

vinciale fino al punto da costituirne una semplice sovrapposizione, senza 
effetto ablatorio o corr�ttivo del precedente atto amministrativo, atteso 
che essa non pu� prescindere, pur non costituendone un riesame, dal 
risultato della decisione di prima istanza, avente identico oggetto. 

L'esercizio di autonomi poteri istruttori mediante l'adozione di nuovi 
accertamenti diagnostici � una caratteristica connessa alla natura squisitamente 
tecnica del giudizio sanitario, che � irrilevante sul piano procedimentale, 
non essendo incompatibile ...::... come osservato dalla Corte di 
merito -in linea generale con il giudizio di seconda istanza l'uso di 
autonomi poteri istruttori nei limiti della devolutio operata dal ricorso. 

La previsione di un termine per la proposizione del ricorso avanti alla 
commissione sanitarla regionale, entro trenta giorni dalla ricevuta comunicazione 
della decisione della commissione sanitaria provinciale contribuisce 
infine ad abbattere ogni residuo dubbio sulla possibilit� di ritenere 
che la fattispecie non integri un ricorso gerarchico improprio, ma 
un ricorso non impugnatorio. 

L'istituto del silenzio rigetto deve quindi ritenersi applicabile al ricorso 
avanti alla comll!-issione sanitaria regionale in relazione appunto 
alla sua natura di ricorso gerarchico improprio, con la conseguenza che, 
decorso il termine previsto dall'art. 6 del d.P.R. n. 119 del 1971, il ricorso 
s'intende respinto a tutti gli effetti e il procedimento amministrativo, posto 
come condizione di procedibilit� dell'azione giudiziaria, integralmente 
esaurito. 

Non pu� costituire vaHdo argomento interpretativo in senso contrario 
l'inconveniente lamentato dalla Avvocatura dello Stato relativamente alla 
incongruit� del termine di novanta giorni a disposizione della commissione 
sanitaria regionale per procedere al nuovo esame delle condizioni 
degli aspiranti tutte le volte che dovessero ritenersi necessarie nuove 
indagini psicodiagnostiche e attitudinali mediante ricoveri ospedalieri e 
adeguati periodi di osservazione. Anche a non voler considerare che la 
deduzione dei possibili inconvenienti in sede applicativa non possono 
costituire idonei argomenti in sede interpretativa di una legge, occorre 
osservare che si tratta di materia in cui vengono i.Il discussione diritti, 
di �rilevanza costituzionale, di una categoria di cittadini particolarmente 
bisognos;:t e indifesa, per cui la celerit� dei termini soddisfa l'esigenza 
di una pi� intensa e pronta tutela. 

Con il secondo moti:vo si denunzia violazione e falsa applicazione 
dell'art. 22 legge 30 marzo 1971 n. 118 in relazione agli artt. 1 e 6 d.P.R. 
24 novembre 1971 n. 1199'; omessa ed erronea motivazione e difetto di 
giurisdizione (art. 360 n. 3, 1 e 3 c.p.c.) e si deduce che se in denegata 
ipotesi dovesse ritenersi che il ricorso alla commissione sanitaria regionale 
ha natura di ricorso gerarchico improprio, sussisterebbe tuttavia 
improponibilit� della domanda, dovendosi ritenere che la citata norma 1 


802 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'art. 6 � dirett~ a disciplinare esclusivamente i rapporti tra i ricorsi 
amministrativi gerarchici e l'ulteriore fase giurisdizionale amministrativa, 
ma non anche a discipliiilare i rapporti tra ricorsi amministrativi ed 
azione giurisdizionale avanti all'autorit� giudiziaria ordiiilaria, m presenza 
di una norma, quale quella dell'art. 22 della legge n. 118 del 1971, che 
sancisce una giurisdizione condizionata all'esaurimento della fase amministrativa, 
prevedendo che l'A.G.O. possa essere adita dopo che sia inter� 
venuta la definitiva decisione del ricorso amministrativo. 

Il motivo � infondato. 

L'art. 22 citato, il qual� dispone che contro i provvedimenti definitivi 
previsti dagli artt. 9 e 15 � ammessa la tutela giurisdizionale avanti ai 
competenti organi ordinari o amministrativi non pu� essere interpretato 
nel senso limitativo prospettato, sia per ragioni letterali, giacch� la tutela 
� indifferentemente riferita per entrambi i provvedimenti all'organo ordinario 
o amministrativo senza alcuna ulteriore precisazione (che avrebbe 
potuto essere indicata con l'avverbio �rispettivamente�), sia per ragioni 
sistematiche e razionali in quanto la norma, nella sua formulazione generica 
e ripetitiva dell'art. 113 della Cost., non pu� significare una deroga 
alla regola generale del riparto di giurisdizione in relazione alla posizione 
soggettiva tutelata, che, inerendo precisamente a posizioni di diritto sog


. gettivo, implica l'attribuzione di giurisdizione ,all'autorit� giudiziaria 
ordinaria. 

La limitazione della disciplina del silenzio rigetto ai soli rapporti tra 
ricol"si amministrativi e giudizio amministrativo introdurrebbe d'altra parte 
una inammi'Ssibile .differenza di trattamento, nel senso che ove si tratti di 
interessi legittimi la pubblica amministrazione dovrebbe essere tenuta ad 
un rispetto della posizione del ricorrente pi� intenso di quello dovuto 
nel caso che si versi invece in tema di diritti, in cui il tempo della decisione 
sarebbe rimesso all'arbitrio dell'organo decidente: differenza di 
trattamento davvero inspiegabile, sia dal punto di vista costituzionale sia 
dal punto di vista dell'intensit� e immediatezza della tutela. 

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SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 2 aprile 1985 n. 2247 -Pres. Sandulli -
Rel. Ruggiero -P. M. Grassi (concl. conf.) -ANAS (avv. Stato Laporta) 

c. Griffi e Pacca (avv. Lemma). 
Corte costituzionale -Sentenze -Interpretazione � Motivazioni � Rilevanza. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Terreni agricoli � Indennit� � Criteri 
previsti dalla legge n. 865-71 � Applicabilit�. 
(legge 22 ottobre 1971 n. 865, art. 16). 

Ai fini dell'interpretazione delle sentenze della Corte Costituzionale, 
occorre prendere in considerazione non soltanto il dispositivo, ma anche 
la motivazione, costituendo entrambi elementi dello stesso atto giuridico 
(1). 

Anche a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 5/80 e 

n. 223/83, nel caso di espropriazione per pubblica utilit� di terreni agricoli, 
si applicano ai fini della determinazione dell'indennit� i criteri di 
cui alla legge 22 qttobre 1971 n. 865 (2). 
II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 ottobre 1985 n. 5236 -Pres. Bologna -
Rel. Di Salvo -P. M. Martinelli (conci. conf.) -Ministero dei LL.PP. 
(avv. Stato Bruno) e~ La Nuova Portuense s.p.a. (avv. Petrucci). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Terreni agricoli � Indennit� � Criteri 
previsti dalla legge n. 865-1971 � Applicabilit�. 
(legge 22 ottobre 1971 n. 865, art. 16). 

Anche a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale nn. 5/80 e 
223/83, nel caso di espropriazione per pubblica utilit� di terreni agricoli, 
si applicano ai fini della determinazione dell'indennit� i criteri di cui alla 
legge 22 ottobre 1971 n. 865 (2). 

(1-2) Giurisprudenza ormai consolidatasi anche a seguito di Corte Cost., 30 luglio 
1984 n. 231 (in Foro It. 1985, I, 47 ss.) e di Cass. SS.UU. 24 ottobre 1984 n. 540, 
(ibidem, con note di Pietrosanti e Pizzorusso). 

Per ulteriori precedenti sulla nota questione concern�nte la rilevanza della 
motivazione delle sentenze della Corte Coi;tituzionale, cfr. nota di richiamo a 
Cass. 12 dicembre 1984 n. 6533, in questa Rassegna, 1984, I, 961 ss. 



804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

Con l'unico motivo del ricorso principale l'A.N.A.S. denuncia la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 
ali. E, 4 del d.l. 2 maggio 1974 n. 115, come modificato con la legge di 
conversione 27 giugno 1974 n. 247, 16 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, 
14 e 19 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, e sostiene che erroneamente la 
corte di merito avr~bbe proceduto alla determinazione dell'indennit� di 
espropriazione e di quella per occupazione legittima secondo il criterio 
del valore venale previsto dalla legige n. 2359 del 1865, e non secondo i 
diversi criteri dettati dall'art. 16 della legge n. 865 del 1971 e� successive 
modificazioni, senza considerare che questi ultimi criteri, in virt� dell'art. 4 
del d.l. n. �115 del 1974, come modificato dalla legge di conversione n. 247 
del 1974, dovevano necessariamente applicarsi a tutte le espropriazioni 
comunque preordinate, come nella specie, alla realizzazione di opere o di 
interventi da parte dello Stato e degli altri enti pubblici, qualunque fosse 
la procedura espropriativa. e la normativa in concreto adottata dall'ente 

espropriante. 

Deve essere preliminarmente rilevato che non pu� essere pi� posto in 
discussione in questa sede il principio affermato dal tribunale, e che non 
ha formato oggetto di impugnazione nei successivi gradi di giudizio, che 
per effetto della soprnvvenuta emanaziooe del decreto di espropriaztone 

del 29 aprile 1976, l'originaria domanda proposta dalle proprietarie per 
il risarcimento del danno conseguente alla illegittima occupazione dei 
loro immobili, divenuta definitiva ed, irreversibile a causa dell'utilizzazione 
degli stessi per la realizzazione di un'opera pubblica, si � convertita in 
opposizione alla stima dell'indennit� espropriativa. Di conseguenza, non 
pu� essere nella specie applicato il principio enunciato dalle Sezioni 
Unite. di questa Corte con la sentenza 26 febbraio 1983 n. 1464, e. successivamente 
ribadito in numerose altre pronuncie (cfr. Cass. n. 1754, 4767, 
6432, 6919, 7022 del 1983, 1859, 2201, 2689, 2854, 3118, 3659 ~el 1984), secondo 
il quale la costruzione di un'opera pubblica in costanza di occupazione 
illegittima determina l'acquisizione a titolo originario della propriet� 
del bene occupato in capo all'ente pubblico ed il diritto del privato al 
risarcimento dei danni commisurati al valore del bene perduto, rendendo 
inutile il decreto di espropriazione eventualmente sopravvenuto; e pertanto 
il thema decidendum, in conseguenza del formarsi del giudicato 
sull'indicata statuizione, rimane circoscritto all'individuazione dei criteri 
legali di determinazione dell'indennit� di esproprio, come proposto dalla 
amministrazione ricorrente. 

Tanto premesso, il ricorso � fondato e deve essere accolto. 
Come infatti questa Suprema Corte ha gi� ripetutamente avuto modo 
di affermare, per effetto della disposizione contenuta nel comma aggiunto 

r-.1111t111=1r111111�a1111111a1111111��1�11t�.I 



.. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

all'art. 4 del d.l. 2 maggio 1974 n. 115 dalla relativa legge di conversione 
27 giugno 1974 n. 247, la quale ha esteso le disposizioni del titolo II della 
legge 22 ottobre 1971 n. 865 in materia di determina.zione dell'indennit� 
di espropriazione, � � a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla 
realizzazione di opere o interventi da parte dello Stato, delle regioni, 
delle provincie, dei comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico 
anche non territoriali�, si � prodotta l'unificazione legislativa dei criteri 
di det�rminazione dell'indennit� per tutte le espropriazioni interessanti 
lo Stato e gli altri enti pubblici, con efficacia sostitutiva dei vari e distinti 
criteri gi� stabiliti per i diversi tipi e modelli espropriativi previsti nell'ordinamento, 
pur lasciandosi ferme le regole procedimentali proprie di 
ciascun tipo di espropriazione, con la conseguenza, che qualunque sia 
lo strumento ablatorio in concreto prescelto dalla pubblica amministrazione, 
esso c~mporta in ogni caso, dopo l'entrata in ~igore della citata 
legge n. 247 del 1974, l'applicazione dei nuovi criteri di determinazi<;me 
dell'indennit�, e non gi� di quelli originariamente previsti nella legge relativ~, 
da intendersi abrogati e sostituiti da quelli della legge del 1971. 

N� un tale principio si pone in conflitto con l'altro fondamentale 
principio, pure costantemente affermato da questa Corte, ed al quale ha 
ritenuto di richiamarsi la decisione impugnata, che il sistema di determinazione 
dell'indennit� espropriativa va necessariamente individuato in 
base alla legge in forza della quale l'espropriazione � stata pronunciata, 
non essendo consentito al giudice ordinario di sindacare le scelte operate 
_dalla pubblica ammini_strazione e di sostituire ai criteri da questa 
adottati altri criteri previsti da leggi diverse, anche se eventualmente 
applicabili. Nel caso in esame, infatti, poich�, come si � detto, la legge 

n. 247 del 1974 ha prescritto in modo vincolante i parametri di determinazione 
della indenp.it� per ogni tipo di procedimento espropriativo interessante 
lo Stato e gli altri enti pubblici, sostituendo ed integrando in 
proposito le relative norme in precedenza vigenti, il giudice dell'opposizione 
alla stima, facendo applicazione dei nuovi criteri, non viene a 
censurare o modificare la scelta dello strumento ablatorio adottato dalla 
pubblica amministrazione ed� a questa esclusivamente riservata, ma va 
ad applicare proprio la disciplina ed i criteri di determinazione dell'indennit� 
operanti per il procedimento prescelto, sulla base e nel rispetto 
dello schema legale proprio di quel procedimento, come risulta vigente 
al momento del decreto di espropriazione per effetto delle sostituzioni e 
delle modificazioni ad esso apportate dalla citata legge n. 247 del 1974 
(cfr. Cass. n. 4690, 5793, 6098 del 1981,, 1673, 1754, 3338, 4525, 5806 del 
1982, 1525, 3247 del 1983). 
La persistente applicabilit� dei principi ora enunciati deve essere, 
peraltro, nella specie, verificata in relazione alle vicende sub�te dai 
criteri di determinazione dell'indennit� espropriativa stabiliti dalla legge 


806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 865 del 1971. i! noto, infatti, che sia l'art. 16 della predetta legge, nella 
parte in cui introduceva i nuovi criteri di determinazione dell'indennit� 
di espropriazione, sia il comma premesso all'art. 4 del d.l. n. 115 
del 1974 dalla relativa legge di conversione n. 247 del 1974, sono stati 
I 
dichiarati costituzionalmente illegittimi con la sentenza n. 5 del 1980 della 
Corte Costituzionale, mentre con la successiva sentenza� n. 223 del 1983 

I

della stessa Corte sono state dichiarate costituzionalmente illegittime la 
legge 29 luglio 1980, n. 385, e tutte le successive leggi di proroga, che 
quegli stessi criteri avevano riprodotto, sia pure in via provvisoria e 
salvo conguaglio. 

A tal fine, un'ulteriore precisazione preliminarmente si impone in 
punto di fatto, che cio�, come risulta dalla sentenza impugnata, i terreni 
oggetto dell'espropriazione di cui si tratta sono stati indubitabilmente 
consid~rati e valutati come terreni agricoli, ed un tale accerta


I mento di fatto � ormai definitivamente acquisito in causa, non risultando 
oggetto di alcuna censura. 

I 

Orbene, nella citata sentenza n. 5 del 1980 della Corte Costituzio


I t

nale, mentre nel dispositivo si adotta una formula assoluta che farebbe 
apparire totale la caducazione delle norme oggetto della pronuncia di 
incostituzionalit�, la motivazione della stessa appare svolta e costruita 
nel senso di ritenere l'illegittimit� dei denunciati criteri legali di deter


~ 
minazione della indennit� di espropriazione (e di occupazione), in qu~to i 
applicati ai terreni che a!Jbiano destinazione edificatoria, poich� per 

I ~ 

questi adottano parametri estimativi .che astraggono e prescindono del 
tutto dalle caratteristiche del bene espropriato, e ch� possono quindi 
condurre alla liquidazione di indennit� del tutto irrisorie e ad una 
irrazionale diversit� �di trattamento di situazioni identiche. Per le aree 
con destinazione agricola, invece, nella motivazione della stessa sen


I tenza si afferma che la fr;gge denunciata, �prevedendo che l'indennit� di 
esproprio sia fissata con esplicito ri:ferimerito alle colture effettivamente 
praticate nel fondo espropriato ed anche in relazione all'esercizio deli'azienda 
agricola, stabilisce l'esatto criterio che l'indennit� va liquidata 

I 

in base al valore effettivo del bene espropriato, determinato in relazione 
alle sue caratteristiche ed alla sua destinazione economica. 
Si pone quindi il problema se fa predetta sentenza della Corte 

I!

Costituzionale~ nonostante che nel dispositivo non operi alcuna distin


1i 

zione in proposito, abbia comunque fatto salvo, alla stregua delle enunciazioni 
contenute nella motivazione, il siistema di determinazione del! 


\ 

l'indennit� di espropriazione delineato dalla legge n. 865 del 1971 e successive 
integrazioni e modificazioni, almeno per quanto riguarda le espropriazioni 
di suoli con destinazione agricola; problema che implica la 

I 

soluzione a monte di quello pi� generale concernente la rilevanza e 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

l'efficacia giuridica da attribuire alla motivazione delle sentenze della 
Corte Costituzionale in rapporto al dispositivo, se, cio�, e fino a qual 
punto anche per tali sentenze, ed in particolare per quelle di accoglimento, 
possa applicarsi il principio secondo il quale la portata precettiva 
di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto 
non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma 
anche delle enunciazioni contenute nella motivazione. 

Il problema, che non aveva sempre ricevuto una soluzione univoca 
nella giurispntdenza di questa Suprema Corte, � stato nuovamente esaminato 
in data recentissima, e proprio con riferimento all'ambito di 
efficacia da attribuire alla sentenza della Corte Costituzionale n. 5 
del 1980, dalle Sezioni Unite, che con sentenza n. 5401 del 1984, resa 
all'udienza del 14 giugno 1984, hanno accolto la tesi che anche per le 
sent�nze di accoglimento della Corte Costituzionale la portata e l'estensione 
della pronuncia di incostituzionalit� vanno individuate non soltanto 
in base al dispositivo ma anche alla stregua delle ragioni della 
decisione contenute nella motivazione, e che quindi la dichiarazione di 
illegittimit� costituzionale, contenuta nella sentenza n. 5 del 1980, dei 
criteri di determinazione dell'indennit� di esproprio di cui all'art. 16 della 
legge n. 865 del 1971 e successive modificazioni e integrazioni, deve intendersi 
rlimitata aJle es,propriazioni che hanno ad oggetto aree con destinazione 
edilizia, solo per tali aree valendo le considerazioni svolte 
nella parte motiva di quella sentenza. 

Le Sezioni Unite, premesso che costituisce canone fondamentale 
di interpretazione n principio secondo cui l'atto giuridico che ne costituisce 
oggetto va interpretato secondo il criterio delli;i. totalit�, tenendo 
conto, cio�, del significato oggettivo che ad esso deve riconoscersi secondo 
la legge di formazione dell'atto, la sua struttura giuridiea ed il 
sistema normativo in cui si inserisce, hanno rilevato che, avendo il legislatore 
adottato per le pronunce della Corte Costituzionale il modello 
della sentenza, non pu� non aver inteso che fossero �nche ad esse 
applicabili le regole di interpretazione di quel tipo di atti, in cui sussiste 
un'intima compenetrazione tra le ragioni che hanno determinato 
la pronuncia, contenute nella parte ~otiva, ed il dispositivo che enuncia 
il comando giuridico, venendo .in definitiva, motivazione e dispositivo 
a costituire elementi dello stesso atto giuridico ed a ~armare tra loro 
un corpo unitario. Di conseguenza, hanno soggiunto le S�zioni Unite, 
non pu� assumere rilievo il fatto che solo il dispositivo delle sentenze 
della Corte Costituzionale sia pubblicato nelle forme previste per la 
pubblicazione dell'atto dichiarato costituzionalmente illegittimo (art. 136 
Cost. e 30 della 1. 11 marzo 1953 n. 87), poich� le forme attraverso cui 
� reso riconoscibile l'atto giuridico non possono condizionarne l'intima 


808 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essenza, ed il dispositivo rimane tale anche se ad esso sia limitata la 
pubblicazione e, quale dispositivo di una sentenza, rimanda necessariamente 
alle ragioni che ne hanno determinato la emanazione. ~ 

II 

L'Amministrazione delle Finanze deduce violazione e falsa applicazione 
della 1. 22 ottobre 1971, n. 865 e della 1. 27 giugno 1974, n. 247, 
in relazione all'art. 360, n. 3. 

Sostiene la ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha 
liquidato l'indennit� di espropriazione in via provvisoria e, quindi, salvo 
conguaglio, perch� dalle decisioni della Corte Costituzionale n. 5/1980 e 

n. 223/1984, emerge che l'illegittimit� costituzionale delle norme determinative 
dell'indennit� di espropriazione concerne soltanto le aree destinate 
all'edificazione e non anche quelle destinate ad uso agricolo, come 
quelle di cui trattasi. 
La censura � fondata. 

La portata e l'ambito operativo delle predette sentenze della Corte 
Costituzionale -e cio� della sentenza 'n. 5 del 1980, che ha dichiarato 
illegittimo l'art. 16, comma 5, 6 e 7 della 1. 865/1971, come modificato 
dall'art. 14 1. 10/1977, che adottava il valore agricolo medio dei terreni 
secondo i tipi di coltura praticati nella regione agraria quale criterio 
per la determinazione dell'indennit� di esproprio, per violazione 
dell'art. 3, comma 1� e 42 comma 3� della Costituzione, nonch� della 
sentenz!j, n. 223/1983, che ha dichiarato pure illegittime, per violazione 
dell'art. 42, comma 3� e 136, comma 1� della Costituzione, gli artt. l, 
comma 1� e 2� e l'art. 2 della 1. n. 385/1980 e delle successive leggi di 
proroga -� stato oggetto di vivo contrasto, ritenendosi da una parte; 
che esse avessero prodotto la caducazione delle norme dichiarate illegittime 
in tutto l'ambito delle loro previsioni e, quindi, per i terreni 
di ogni tipo, indipendentemente dalla loro destinazione edilizia od agricola, 
come sembrava doversi desumere dal dispositivo, ovvero, come 
altri sostenevano, limitatamente alle aree con vocazione edificatoria, 
cdme poteva argomentarsi dalle ragioni della decisione svolte nella motivazione,, 
nonch� dell'oggetto della disciplina transitoria prevista dalla 

1. 385/1980. La questione interpretativa � stata ora risolta dalle sezioni 
unite di questa Suprema Corte (n. 5401/1984 e 94/1985) nel senso che 
il dispositivo della sentenza n. 5/1980 della Corte Costituzionale deve 
essere interpretato alla luce della corrispondente motivazione, per modo 
che il decisum che ha dichiarato illegittimi i menzionati commi dell'art. 
16 della 1. 865/171 deve essere inteso nel senso che i criteri di 
determinazione della indennit� di esproprio, in tanto sono da ritenere 

PARTE I, SEZ. TV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

caducati, in quanto si riferiscono alle aree con destinazione edilizia. Infatti, 
hanno osservato le predette sentenze � soltanto per tali aree valgono 
le considerazioni svolte nella parte motiva di quella sentenza, la 
quale ha sottolineato il contrasto dell'art. 16 cit., con gli artt. 3 e 42 Cost., 
in quanto applica criteri estimativi che astraggono e prescindono del 
tutto dalle ca~atteristiche del bene espropriato, onde possono condurre 
alla liquidazione di indennit� del tutto irrisorie e perch�, riconoscendo, a 
tal fine, la distinzione tra aree interne ed esterne al centro abitato, 
pu� condurre a diversit� di trattamento di situazioni identiche, come 
pu� accadere per le aree contigue, ma esterne ai centri edificati, che 
abbiano comunque destinazione edificatoria. Dalla motivazione risulta, 
invece, che, per quanto riguarda le aree con destin�zione agricola, non 
sussiste ragione di illegittimit�, dato che, in tal caso, l'art. 15 della 

1. n. 865/1971 come modificato dall'art. 14 della 1. n. 10/1977, tiene presenti 
le ciiratteristiche oggettive del bene espropriato in quanto � prevede che 
~r i terreni agricoli l'indennit� di esproprio sia fissata con specifico riferimento 
alle colture effettivamente praticate nel fondo espropriato ed 
anche in .relazione all'esercizio de1la azienda �agricola. Si stabilisce, cosi, 
l'esatto criterio che l'indennit� va liquidata in base al valore effettivo del 
bene espropriato, determinato in relazione alle sue caratteristiche ed alla 
sua destinazione economica; l'aver pretermesso tali riferimenti ;per le aree 
con destinazione edilizia ed adottato per queste criteri astratti ed irrazionali, 
determina una ulteriore disparit� di trattamento fra gli espropriati �. 
Nel caso in esame, poich� la sentenza impugnata � fondata sul 
riconoscimento della destinazione agricola delle aree espropriate, l'inden� 
nit� di esproprio deve, essere determinata ai sensi dell'~rt. 16 della 

1. n. 865/1971, cosi come modificata dall'art. 14 della 1. n. 10/1977 con 
una liquidazione di carattere definitivo, non essendo applicabili le norme 
successive, peraltro dichiarate incostituzionali, che, come si � visto; hanno 
prorogato l'applicazione dei predetti criteri solo per le aree aventi vocazione 
edificatoria. � 
L'applicabilit� alla espropriazione in esame della predetta legge, deriva 
dalla 1. 27 giugno ~974, n. 247, la quale, nel convertire in legge 
il d.l. 2 maggio 1974, n. 115, con il comma aggiunto all'art. 4, ha esteso 
le disposizioni del titolo II della predetta legge n. 865/1971 �a tutte 
le espropriazioni, comunque preordinate alla realizzazione di opere e di 
interventi da parte dello Stato, delle Regioni, delle province, dei comuni 

o di altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali �. 
Questa norma ha, quindi, abrogato per incompatibilit� le precedenti 
norme che disponevano diversamente ed, in particolare, il d.l. 31 ottobre 
1967, n. 969, convertito nella 1. 23 dicembre 1967, n. 1246 che regolava, 
in modo specifico le espropriazioni necessarie per la costruzion~ 
dell'aeroporto di Fiumicino rinviando per la determinazione dell'inden

810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nit� ai criteri dettati dalla legge 15 gennaio 1885, n. 2892 sud risana� 
mento della citt� di Napoli (iper utHi rifer1menH, cfr. Cass. 1982 n. 3338, 

Sez. Unite 1981 n. 4690). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 ottobre 1985, n. 4857 � Pres. Cusani 
� Rel. Menichino � P. M . .Valente (conci. conf.) � Pari ed altri 
(avv. Agostini) c. FF.SS. (avv. Stato Stipo). 

Lavoro � Malattie professionali � Rendita � Decorrenza della prescrizione � 
Primo giorno di compl~ta astensione dal lavoro � Esclusione � Sussistenza 
di postumo indennizzabile � Necessit�. 

Lavoro � Malattie professionali � Rendita � Interruzione della prescrizione � 
Applicabilit� della disciplina civilistica � Esclusione. 

La nozione di �manifestazione della malattia� professionale'?� che a 
norma dell'art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 provoca la decorrenza 
della prescrizione della relativa domanda, non va determinata a 
norma dell'art. 135 d.P.R. cit. con riferimento al primo giorno di astensione 
dal lavoro ovvero al giorno di presentazione della denuncia all'Istituto 
Assicuratore; ma, anche per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 
n. 116/69, tale decorrenza inizia dal momento in cui la 
malattia abbia dato luogo al postumo indennizzabile (alla cui dimostrazione 
� tenuto l'Istituto che eccepisce la prescrizione) (1). 

Stante la peculiare disciplina della interruzione della prescrizione 
quale prevista dall'art. 112 del d.P.R. 1124/65, fondata su esigenze di cer� 
tezza ed immediatezza delle indagini in ordine alla causa professionale 
della malattia non risulta applicabile, al riguardo, la generale normativa 
civilistica (2). 

Per quanto concerne il secondo .motivo, devesi premettere che esso 
parte da una inesatta e superata interpretazione dell'art. 112 del T.U. 
di cui al d.P.R. 30 giugno 1965 n. 112~ circa. la decorrenza lfella prescri


(il) Sulla prima massima la gicurJ.sprudenza appare pacifica. Ci'!r., peraltro, 
citate�in motivazione, Cass. 13 marzo 1982, n. 1650, in Foro lt., Rep. 1982, voce Infortuni 
sul lavoro, nn. 396, 404 e 410; Cass. 9 ottobre 1982 n. 5192, ibidem, nn. 392394; 
Cass. 14 maggio 1983 n. 334 6, ibidem, 1983, n. 105. 

(2) Sulla seconda massima, la giurisprudenza � ugualmente conforme, con 
esclusione di: Cass. 11 maggio 1984 n. 2904, in Foro lt. 1985, I, 849; Cass. 25 luglio 
1984, n. 4367, in Giust. civ. 1984, I, 3010; Cass. 21 novembre 1984 n. 5962, in Foro It., 
1984, v. Infortuni sul lavoro, n. 287. Le SS.UU. giustamente motivano la non appli� 
cabilit� delle norme civilistiche in materia di interruzione della prescrizione sul 
rilievo che un eccei;;sivo decorso del termine pregiudicherebbe la possibilit� di 
ricognizione tecnica dei presupposti della domanda. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIL!l 

zione dell'azione per il conseguimento della rendita per inabilit� permanente 
derivante da malattia professionale. 

Invero i ricorrenti insistono nell'affermare che la prescrizione decorre 
dal giorno di manifestazione della malattia professionale stessa e 
che tale si debba considerare il primo giorno di completa astensione 
dal lavoro a causa della malattia, ai sensi dell'art. 135, 1� comma d.P.R. 
1124-1965, ovv�ro -se non vi sia stata astensione, o se la malattia sia 
insorta dopo la cessazione dell'attivit� nella lavorazione determinante la 
malattia -che la prescrizione decorra dal giorno di presentazione della 
denuncia, ai sensi dell'art. 135, 2� comma stesso d.P.R. 

Al contrario, secondo la costante interpretazione dell'art. 112 citato, 
dopo la sentenza della Corte Costituzionale 8 lugli� 1969 n~ 116 
-che ha dichiarato l'illegittimit� di tale articolo nella parte in cui � 
prevista la prescrittibilit� dell'azione per il conseguimento della rendita 
per inabilit� permanente derivante da malattia professionale nonostante 
che; entro il relativo termine, tale inabilit� non abbia raggiunto il grado 
minimo per pnd<mnizzabilit� -la prescrizione pu� cominciare a de� 
correre solo dal momento in cui la malattia abbia dato luogo al postumo 
indennizzabile (alla cui dimostrazione � tenuto l'istituto che eccepisce la 
prescrizione) e non gi� dalla manifestazione della malattia professionale 
secondo la nozione convenzionale di cui all'art. 135 del T.U. n. 1124 del 
1965, la quale rimane utile solo per l'inizio della fase di liquidazione 
(sent. 13 marzo 1982 n. 1650; 9 ottobre 1982 n. 5192, 14 maggio 1983 

n. 3346). 
In tali sensi, del resto, si � espressa la sentenza impugnata, rilevando 
in fatto (pag. 11) che gi� nel corso del rapporto di ciasciln ricorrente 
si era manifestata la sordit� indennizzabile, e pertanto il sostanziale 
riferimento cos� compiuto all'esatta applicazione di una norma di 
diritto, comporta la esattezza della sentenza stessa circa la connessa pronuncia 
di prescrizione. 

I quattro ricorrenti hanno, infatti, ciascuno chiesto la rendita dopo 
la cessazione dell'attivit� lavorativa che comportava la esposizione al 
rischio da s.o~dit�, essendo stati destinati ad altro tipo di prestazione 
e perci� continuando a lavorare, e quindi, necessariamente, la data di 
iniz,io del termine di prescrizione triennale -pur con la sospensione 
dei 210 giorni per la liquidazione della rendita di cui all'art. 111, 2� e 3� 
comma stesso d.P.R. 1124-1965 -doveva decorrere da quello dell'esito 
dei relativi postumi definitivi, nonostante il corso del lavoro, ma es� 
sendo cessata la prestazione esposta al rischio suddetto. 

Su tale decorrenza occorre precisare che il Pari ha cessato la lavorazione 
c.d. �tabellata� (cio� protetta, al n. 38 della tabella All. 4 al 

d.P.R. 1124/1965), al 1� febbraio 1959; il Raggi ha cessato la stessa al 

812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1� dicembre 1968; il Pasini ha terminato tale attivit� al 2 luglio 1956 
ed il Mazza la ha lasciata il 1� febbraio 1970. 

Nei rispettivi atti di richiesta della rendita, inoltre, essi denunciavano: 
il Pari la inabilit� del 30 %, il Pasini quella del 28 %, il Raggi 
del 31,5 % ed il Mazza, genericamente, l'inabilit� da sordit�. 

Tanto premesso, devesi osservare che secondo le risultanze delle con~ 
sulenze tecniche di ufficio, richiamate espressamente dalla sentenza del 
Tribuhflle (v. pag. 11) e perci� facenti parte della relativa motivazione 
-contro cui � stata pure mossa censura dai ricorrenti -gi� alla 
data di cessazione, per ognuno, della lavorazione anzidetta, sussisteva 
la riduzione della rispettiva capacit� lavorativa, in modo definitivo 
in misura superiore al limite di indenniz:pbilit�. Ed invero, (cos� integrandosi 
detta motivazione, per l'art~ 384 c.p.c.), �detta riduzione era 
del 22 % al 1� febbraio 1959 per il Pari, del 21 % al 2 luglio 1956 per 
il Pasini, del 22 % al 1� dicembre 1968 per il Raggi, del 52 % il 1� febbraio 
1970 per il Mazza. 

Orbene, da tali elementi discendono due ordini di conseguenze. 

In primo luogo, rispetto alle date di accertamento dei detti esiti definitivi 
della infermit� per ciascun ricorrente, � evidente che la decorrenza 
del termine di prescrizione risaliva per ciascuno interessato al giorno 
cos� individuato, e corrispondente a quello di cessazione dell'attivit� lavorativa 
protetta. Ed in ordine alla stessa decorrenza, in particolare, il solo 
atto valido ad interrompere la prescrizione era, per ciascuno degli interessati, 
la proposizione della domanda giudiziale, in conformit� al principio 
secondo cui al di fuori dei casi di sospensione e di interruzione 
specificamente previsti dagli artt. 104, commi secondo e terzo, 112, comma 
quarto, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nessun atto, diverso dalla 
domanda giudiziale, pu� avere efficacia sospensiva o interruttiva del termine 
triennale di prescrizione dell'azione diretta a consegwre le prestazioni 
dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le 
malattie professionali. 

Tale principio � sempre stato affermato dalla giurisprudenza di que


sta S.C. con una serie di decisioni risalenti a quella del 22 febbraio 1957 

n. 652 (concernente il precedente art. 67, 1� co. r.d. 17 agosto 1935, n. 1765), 
e fra le quali possono richiamarsi, come le pi� importanti, le sentenze 
6 dicembre 1969 n. 3912; 21 luglio 1979 n. 4357; 13 marzo 1982 n. 1650; 
9 ottobre 1982 n. 5192; 19 febbraio 1983 n. 1276; 14 maggio 1983 n. 3346; 
24 gennaio 1984 n. 587 e da ultimo, 1� dicembre 1984 n. 6273 e 26 febbraio 
1985 n. 1661. 
Soltanto tre recenti sentenze, facenti richiamo ad una isolata decisione 
(13 novembre 1976 n. 4213),�che si fondava pi� sulle ragioni storiche 
della modifica di cui all'art. 112 citato, che sul contenuto di questo, hanno 
invece ritenuto che per il richiamo al concetto di prescrizione in senso 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

proprio, riportato in tale norma, la stessa prescrizione in essa prevista 
pu� essere validamente interrotta con qualunque atto, anche diverso dalla 
proposizione dell'azione giudiziaria, diretto all'Ente assicuratore per ottenere 
e sollecitare la liquidazione della rendita da inabilit� permanente 
(sent. 11 maggio 1984 n. 2904; 25 luglio 1984 n. 4367; 21 novembre 1984 

n. 5962). 
Queste Sezioni Unite ritengono di doversi pronunciare secondo il 
primo prevalente indirizzo e che -come gi� accennato -� stato nuovamente 
ripreso anche dalle sentenze successive n. 6273/84 e 1661/85, non


ch� da altre deliberate alle udienze del 12 febbraio 1985 (Inail-Zonga), 
del 13 marzo 1985 (lnail-Giuffrida; lnail-Noco; Ferrari-Inail) e del 19 marzo 
1985 (Rocchi-Inail), tutte della sezione lavoro, nel senso che per l'interruzione 
del termine triennale di prescrizione di cui all'art. 112 d.P.R. 
1124/1965 nessuna rilevanza pu� attribuirsi agli atti interruttivi di qualsivoglia 
natura. 

Invero la speciale disciplina della interruzione relativa riferita (nel 
testo dell'art. 112) alle ipotesi della proposizione dell'istanza amministrativa 
o della domanda giudiziaria per una forma di infortunio agricolo 
(e cio� secondo il titolo secondo ael detto d.P.R.), in 'luogo della richie; 
sta per infortunio industriale, denota una previsione del tutto particolare, 
inerente esclusivamente alle modalit� ed ai criteri di accertamento 
e di liquidazione della relativa rendita che forma la materia del detto 
decreto. Siffatta specialit�, della materia e della disciplina della prescrizione, 
� stata riconosciuta anche dalla relazione della commissione parlamentare 
nominata ai sensi dell'art. 30 della legge 19 gennaio 1963 n. 15 
(di delega al governo per detto D.P. contenente il T.U. sugli infortuni), 
che ha appunto mantenuto ferma detta ipotesi di interruzione (e che aveva 
anzi proposto di estenderla anche al caso di domanda rivolta comunque 
ad un altro ente previdenziale). Perci� la diversa disciplina delle 
due forme di infortunio -industriale ed agricolo -e delle diverse nor-� 
mative, nonostante che dette forme siano ora gestite dal medesimo Ente 
(INAIL), tuttora permangono e rendono pienamente giustificata la previsione 
di interruzione della detta prescrizione triennale nella sola ipotesi 
gi� precisata. 

La stessa specialit� di tali forme previdenziali, del resto, costituisce 
il fondamento logico della corrispondente specialit� di disciplina interruttiva 
delle prescrizioni; cosicch� la diversit� di questa rispetto alla 
previsione del codice civile (art. 2943' cod. civ.) rileva nella norma del 
detto art. 112 quella natura che -seppure non qualificata espressamente 
come esclusiva (ad es. con la parola �soltanto�) -tuttavia � altrettanto 
chiaramente desumibile proprio per la struttura autonoma e specifica della 
tutela previdenziale considerata. 


814 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Diversamente, si negherebbe la ratio di tale norma che tutela esigenze 
di prontezza e certezza degli accertamenti rivolti al riconoscimento 
della tutela previdenziale �in subiecta materia�, esigenze, occorre 
sottolineare, del tutto particolari che hanno giustamente indotto il Legislatore 
all'adozione anche del detto termine breve di prescrizione, la 
cui legittimit� costituzionale � stata peraltro sancita dalle sentenze della 
Corte Costituzionale n. 116 del 1969, n. 33 del 1974 e nn. 31 e 33 del 1977. 

Invero, se pur con la previsione di tale prescrizione triennale, si dovessero 
ammettere le forme di interruzione di carattere generale (art. 2943 
citato), in luogo di quella esclusiva predetta, si giungerebbe alla conclu� 
sione che le esigenze di certezza ed immediatezza delle indagini neces� 
sarie al conseguimento delle prestazioni dovute all'assicurato verrebbero 
svuotate, anzi inficiate, dalla possibilit� di interrompere sine die la 
prescrizione del diritto ricorrendo a mezzi interruttivi normali, e quindi 
di far valere una pretesa a distanza di parecchi anni dall'evento, allorch� 
la ricognizione tecnica dei presupposti della tutela sarebbe divenuta di 
fatto impossibile. 

Simili considerazioni, � bene aggiungere, non possono essere, poi, 
contraddette sotto il profilo che -in tal modo -la prescrizione in esame 
si trasformerebbe in una diversa ipotesi di decadenza., La norma dello / 
art. 112 in esame, infatti, non sottopone il diritto alla rendita da infortunio 
ad un termine, decorso il quale esso non pu� sorgere, (art. 2964 
cod. civ.) ma riconosce l'esistenza del detto diritto, tranne la sua estinzione 
per mancato esercizio (art. 2934 cod. civ.) nel tempo fissato in 
modo specifico. 

Alla stregua delle suesposte osservazioni deve essere confermata la 
decorrenza della prescrizione triennale nella controversia, come gi� esattamente 
ritenuto dalla sentenza denunciata; e senza che possano avere 
"'"olto alcuna. influenza gli eventuali � atti amministrativi rivolti dai ricor � 
renti all'Azienda come atti interruttivi della prescrizione�, secondo quan 
to dedotto -anche se tardivamente -dalla diligente ed accorti;i loro 
difesa nella memoria illustrativa del 29 marzo 1985. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 novembre 1985 n. 5808 -Pres. Moscone 
-Rel. Albanese -P. M. Caristb -Comune di Manduria (avv. Matricardi) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Caramazza). 

Demanio -Tutela giurisdizionale da parte della p.a. -Ammissibilit� -Procedimento 
civile -Appello -Intervento di terzo -Presupposti. 

La p.a. pu� richiedere, ai sensi dell'art. 823 e.e., la tutela giurisdizionale, 
anzich� esercitare poteri di autotutela, in ordine ai beni patrimo


! 



PARf!l I, SEZ. iV, GIURISPRUDENZA CIVILE 815 

niali o demaniali, e chiederne altr:es� l'accertamento della natura giu


ridica (1). 

L'intervento in appello � consentito al terzo allorch� si configitri 

come intervento principale, allo scopo di prevenir� la formazione di una 

sentenza (di secondo grado) che. sebbene resa inter alios, e quindi di


scono;cibile dal terzo, potrebbe tuttavia arrecargli pregiudizio, in conse


guenza dell'accertamento di situazinni giuridiche incompatibili col suo ' 

diritto (applicazione in tema di intervento del terzo che si assuma prQ


prietario di un bene formante oggetto di giudizio di revindica) (2). 

Va esaminato anzitutto il primo motivo del ricorso incidentale, col 

quale si deduce, in riferimento ai nn. 1 e 3 dell'art. 360 c.p.c., il difetto 

di giurisdizione del giudice ordinario, per violazione e falsa applicazione 

degli artt. 2 e 4 della legge 27 marzo 1865, n. 2248 all. E, dei principi in 

materia di separazione delle attribuzioni del potere giudiziario dai poteri 

riservati al potere amministrativo e dei principi che disciplinano l'eser


cizio delle attribuzioni riservate alla pubblica amministrazione, rispetto 

alle quali costituiscono strumenti non sostituibili i beni del pubblico 

demanio e del patrimonio indisponibile, con particolare riferimento al 

decreto murattiano 7 agosto 1809, confermato poi dal Borbone, che tra


sferiva i beni dei soppressi enti ecclesiastici al demanio dello Stato, im


primendovi una pubblica destinazione. 

La censura non � fondata; come queste Sezioni Unite hanno gi� avuto 
occasione di affermare con sentenza 9 luglio 19~6, n. 2391, in una causa 
analoga alla presente, nella quale le medesime Amministrazioni dello 
Stato avevano del pari rivendicato, nei confronti della Provincia e del 
Comune di Le�ce, un edificio gi� appartenuto ad un ordine religioso 
soppresso da Murat. Invero, a prescindere che in definitiva dalle ricorrenti" 
si vorrebbe far decidere la questione di giurisdizione secundum 
�eventum litis, va qui ribadito che il nostro ordinamento concepisce i 
beni demaniali (e, a maggior ragione, quelli del patrimonio dello Stato) 
come oggetto di un diritto di propriet�, secondo quanto si desume -per 
il diritto vigente cui, trattandosi di giurisdizione, occorre fare esclusivo 
riferimento -dagli artt. 822 segg. e.e. e dall'art. 42 Cost. Proprio per 
questo, in applicazione del principio della giurisdizione unica del giudice 
ordinario, l'art. 823 e.e. ammette espressamente che la pubblica amministrazione 
possa chiedere al giudice ordin~rio (come ha fatto nel}a presente 
causa) la tutela giurisdizionale in ordine ai beni demaniali o patri� 
moniali, anzich� esercitare poteri di autotutela; n� pu� dubitarsi che tale 

(1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. Un. 9 luglio 1976 n. 2391; sulla seconda 
cfr. Cass. 1979 n 6474. 



816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tutela possa avere per oggetto, in primo luogo, l'accertamento della natura 
del bene con l� relative conseguenze. 
Passando, quindi, al ricorso principale, si rileva che il Comune di 

Manduria con l'unico motivo si duole, in riferimento ai nn. 3 e 5 dell'art. 
360 c.p.c., della pronuncia d'inammissibilit� del suo intervento in 
grado d'appello, denunziando la violazione degli artt. 344 e 404 c.p.c. e 
degli artt. 948 e U58 e.e. e deducendo al riguardo: a) che la Corte di me� 
rito, nel deliberare la questione dell'intervento, avrebbe dovuto considerare 
che il Comune di Manduria era l'unico possessore dell'intero fab~ 
bricato, avendone sempre posseduto la parte adibita a carcere ed essendo 
stata riconsegnata ad esso l'altra parte (cio� quella formante specifico 
oggetto della presente causa) dopo il trasferimento in. altra sede d�lla 
Caserma dei Carabinieri; b) che, contrariamente a quanto ritenuto dalla 

Corte di merito, il terzo pu� intervenire in appello anche se il suo diritto 
sia suscettibile di essere fatto valere in separato giudizio, ogni qualvolta 
dalla sentenza o dalla sua esecuzione possa derivare per lui un pregiudizio 
anche indiretto o un pericolo di pregiudizio; e) che nella specie il Comune, 
in quanto possessore dell'immobile, avrebbe ricevuto pregiudizio sia dall'esecuzione 
di una sentenza d'appello che avesse accolto la rivendicazione 
dello Stato, sia da una sentenza che avesse confermato la pronuncia di 
primo grado in punto di usucapione e quindi di possesso da parte della 
Provincia, posto che esso Comune opponeva non solo un titolo di propriet~ 
ma anche, in subordine, un acquisto per usucapione. 

La censura in esame dev'essere accolta: a prescindere, ovviamente, 
da ogni indagine sulla fondatezza o meno degli assunti e delle pretese 

del Comune di Manduria, che andrar).no considerate in sede di merito, 

� 1 

una volta stabilita la legittimazione del suo intervento in appello. 

La Corte di Lecce ha ritenuto che, ai sensi dell'art. 344 c.p.c., l'inter! 
vento del terzo in appello � ammissibile quando egli potrebbe proporre i 
l'opposizione ordinaria di cui al primo comma dell'art. 404 c.p.c., cio� 

I 

quando una futura sentenza passata in giudicato potrebbe pregiudicare 
un suo diritto. Ma 'di questo esatto priilJJCipio ha fatto �una applicazione 

I 

erronea laddove � pervenuta ad affermare, in generale, la non configura! 
bilit� di un pregiudizio del terzo ogniqualvolta egli sia in grado di chiedere 
con azione diretta in separato giudizio l'accertamento del proprio 
autonomo diritto, e ad escludere, in particolare, che l'intervento sia consentito 
al terzo che assume di essere esclusivo proprietario e possessore 
del bene formante oggetto di un giudizio di rivendicazione vertente fra 
altri soggetti. Si tratta di una tesi in contrasto con la giurisprudenza 
di questa Corte Suprema (cfr. fra altre le sentt. nn. 6474 del 1979, 1172 
del 1976, 1250 del 1969, 1689 del 1967), dalla quale non si ritiene di doversi 
discostare. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 817 

A complemento delle ragioni gi� enunci�te da questa Corte a sostegno 
di tale giurisprudenza, va qui aggiunto quanto segue: dal collegamento 
che l'art. 344 c.p.c. pone col primo comma dell'art. 404 c.p.c. si desume 
che l'intervento in appello � consentito al terzo allorch� si configuri come 
un intervento principale, qual'� previsto dal primo comma dell'art. 105 

c.p.c. Ma l'intervento principale, in quanto diretto a far valere un preteso 
diritto del terzo in contrasto con quelli di tutte o alcune delle parti originarie 
del processo, postula appunto che si tratti di un diritto azionabile 
anche in un separato giudizio e, nonostante ci�, si giustifica con lo scopo 
di prevenire la formazione di una sentenza (di secondo grado nel caso 
d'intervento in appello) che, sebbene resa inter alias e quindi disconoscibile 
dal terzo, potrebbe tuttavia arrecargli indirettamente un qualcbe 
pregiudizio (o pericolo di pregiudizio), in conseguenza dell'accertamento 
o della costituzione di situazioni giuridiche, o anche di semplici fatti, 
incompatibili col suo diritto e tali da ostacolarne e renderne pi� difficile 
l'esercizio. Pertanto, appare come un'ipotesi esemplare di legittimazione 
a intervenire in appello quella del terzo che assuma di essere esclusivo 
proprietario e/o possessore del bene formante oggetto di un giudizio 
di riveilld�caziooe vertente fra altre persone. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1985 n. 5984 -Pres. Santosuosso 
-Rel. Jofrida -P. M. Grossi -Ministero della Marina Mercantile 
(avv. Stato Sabelli) c. Bogi (avv. Mango). 

Nave e navigazione -Ordinanza della Capitaneria di porto per violazione 

dell'art. 1217 cod. nav. -Opposizione -Riesame della misura della 

sanzione � Ammissibilit�. 

Il giudice ordinario, adito in sede di opposizione all'ingiunzione, poteva, 
in passato, sindacare l'atto amministrativo, senza annullarlo o modificarlo 
e senza sostituire la sanzione irrogata con un'altra di misura 
diversa, in base ai principi desunti dalla legge sul contenzioso amminiJ.. 
strativo; ora, per�, in base alla fogge 24 nov. 1981 n. 689 (modifica al 
sistema penale) il giudice pu� annullare l'ordinanza in tutto o in parte 
e pu� modificare l'entit� della sanzione, anche in relazione a violazioni 
gi� in passato depenalizzate (1). .,, 

(1) In questa sentenza la Cassazione applica i principi gi� enunciati dalla 
sentenza 7 marzo 1985 n. 1880, in tema di applicazione dei nuovi poteri dell'a.g.o. 
sulle violazioni depenalizzate con La legge n. 6&9 o gi� in passato depenaJ.iz2late. 

818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Deduce l'Amministrazione ricorrente, con il primo mezzo, violazione 
e falsa applicazione dell'art. 1217 Cod. Nav. e dell'art. 26 primo comma 
c.p., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione e falsa applicazione 
dell'art. 5 legge 24 dicembre 1975 n. 706: la decisione del Pretore si fonda 
esclusivamente sul rilievo formale del difetto di motivazione, riscontrato 
nel provvedimento opposto, circa il procedimento logico che l'autorit� 
decidente avrebbe adottato per la determinazione della sanzione i:rrogata 
e, pi� in particolare, circa le ragioni che avrebbero giustificato l'applicazione 
del massimo della pena e non di una sanzione quantitativamente 
diversa. Ma tal ragionamento incorre nel vizio della mancata applicazione 
di norme di diritto, che � compito dell'organo giudicante individuare 
ed interpretare in relazione ad una fattispecie concreta. 

Il Pretore, in sostanza, ha posto una questione di motivazione del� 
l'ingiunzione amministrativa laddove invece si trattava palesemente di un 
problema di identificazione delle norme giuridiche applicabili al caso . 
concreto, finalizzata al controllo della legittimit� dell'atto (norme date, 
oltre che dall'art. 1217 cod. nav., dall'art. 26 c.p., norma generale indicante 
i limiti minimi e massimi della commisurazione dell'ammenda e 
dall'art. 5 legge 24 dicembre 1975 n. 706 per la determinazione del concreto 
ammontare della sanzione). 

La censura � infondata. 

Premesso che l'indagine del Pretore in sede di opposizione al provvedimento 
irrogativo della sanzione pecuniaria per illecito amministrativo 
deve anzitutto compiersi, ai fini .del sindacato di legittimit�, attraverso 
il controllo della sussistenza dei requisiti inerenti alla sua vaJidit� formale, 
tra i quali quello della motivazione �he, oltre a rappresentare da 
un punto di vista sostanziale una fase del procedimento di formazione 
della volont� amministrativa, rappresenta anche un elemento formale 
del provvedimento che lo esprime, ovvio � il principio che deve sempre 
ritenersi garantito ai cittadini il sindacato giurisdizionale sulla motivazione 
del provvedimento sia .quanto alla concreta esistenza e qualificazione 
giuridica della: violazione contestata, sia quanto alla misura della 
sanzione inflitta (in punto, beninteso, di pura legittimit� e quindi escluso 
ogni potere di valutazione quoad meritum vel mensuram). 

A monte del problema di identificazione delle norme giuridiche applicabili 
al caso concreto, era quindi doveroso per il Pretore farsi carico 
della lagnanza dell'opponente dell'assoluta, propria imp�ssibilit� di individuare 
nell'ordinanza di pagamento i criteri applicati dalla Capitaneria 
in relazione ad un punto essenziale del provvedimento, ,quello della 
determinazione della sanzione. 

Da tale angolazione correttamente quel giudice ha ravvisato nell'atto 
un'inammissibile difetto di motivazione. Invero, nel corpo dell'ordinanza 



PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

di pagamento de qua, fu citato solo l'art. 1217 cod. nav., il quale prevede 

una sanzione determinata solo nel minimo (non inferiore a L. 5.000 per 

tonnellata di sovraccarico), senza altri richiami, e spiegazioni dei motivi 

che avevano indotto la Capitaneria ad applicare quella certa sanzione e non 

un'altra (motivi, vieppi�, di necessaria . chiarezza vertendosi in tema di 

sanzione dalla norma posta non in misura fissa, ma proporzionale). N� 

vale per la ricorrente ora dire che la motivazione sul punto non difet


terebbe, dal momento che i criteri utilizzati per la determinazione della 

sanzione erano � individuabili attraverso uno sforzo interpretativo �. In


vero, vista dal lato dell'opponente (come per intanto andava vista), tale 

conclusione affermativa � inaccettabile, poich�, se un siffatto sforzo de 

plano -come si dice -� poteva spettare al giudice, lo stesso sforzo, 

per�, non si pu� pretendere dal quisquis de populo, che si vede notificare 

una ordinanza di pagamento. 

In altri termini, superare l'eccezione, in s�de pretorile posta (che il 

provvedimento non era motivato) con la tesi che la motivazione era ri


costruibile attraverso' la correlativa normativa del nostro ordinamento, 

vale a negare un obbligo fondamentale della P.A. in sede di emissione di 

provvedimenti quale quello di specie e pretendere, da chi si vede notifi


cato un immotivato provvedimento, uno sforzo interpretativo che quale 

semplice cittadino (anche se destinatario dell'atto) non gli pu� competere. 

Con il 2� mezzo la ricorrente amministrazione deduce violazione dell'art. 
23 secondo comma legge 24 novembre 1981 �� n. 689, in relazione 
all'art. 360 n. 3 c.p.c.: il Pretore ha invocato a conforto della propria 
decisione l'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, secondo 
�cui rientra nella competenza del giudice ordinario, ad�to in opposizione 
all'ordinanza di pagamento, la indagine sulla sufficienza e correttezza della 
motivazione svolta nel provvedimento circa la misura della pena inflitta, 
in particolare, della conformit� a legge del minimo e del massimo della 

stessa stabiliti dalla legge (Cass. Sez. Un. 3-4 80 n. 2151). 

E la stessa giurisprudenza invocata in sentenza ribadiva pure il prin


cipio secondo cui � in tema di quantum delle sanzioni amininistrative pe� 

cuniarie esula dal sindacato di legittimit� perch� attinente al merito am


ministrativo del provvedimento che quella sanzione irroga, verificare 

l'adeguatezza della misura in concreto fissata, la sua congruenza cio� al 

disvalore intrinseco dell'infrazione addebitata �. 

Il successivo avvento, per�, della legge 24 novembre 1981 n. 689 

(modifiche al sistema penale) ha recato una profonda innnovazione nella 

materia, tanto da scalzare il preesistente limite che faceva divieto al giu


dice ordinario di estendere il controllo di legittimit� sul � merito ammi


nistrativo � della sanzione irrogata. Infatti, l'art. 23 undicesimo comma 


820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di tale legge, nell'individuare il contenuto dei poteri del giudice ordinario, 
ad�to in sede di opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione, dispone 
che �con la sentenza il pretore pu� rigettare l'opposizione, ponendo a 
carico dell'opponente le spese del procedimento, o accoglierla, annullando 
in tutto o in parte l'ordinanza, o modificandola anche limitatamente alla 
entit� della sanzione dovuta�. 


Laonde, di frop.te a tale ampiezza di poteri ora riconosciuti in materia 
al giudice o~dinario, non si giustifica pi� il limitarsi' da parte del Pretore 
alla constatazione estrinseca che l'ordinanza -ingiunzione sia mal moti-. 
vata o manca di motivazione, quando il suo sindacato pu� spingersi alla 
valutazione sulla congruit� della determinazione della sanzione operata 
dall'autorit� amministrativa e, se del caso, nella ricorrenza della violazione, 
anche modificare l'entit� della sanzione stessa. 


La censura � fondata. 
Come ha ricordato di recente q�esta Suprema Corte (Sez. Un. 
7 marzo 1985 n. 1880), mentre in passato le norme di leg~e vigenti in materia, 
nella interpretazione datane dalla giurisprudenza, conferivano al 
giudice ordinario il solo potere di sindacare la legittimit� dell'atto amministrativo 
e non anche quello di annullare o modificare l'atto ammini,strativo 
medesimo e, quindi, neppure di sostituire alla sanzione irrogata con 
tale atto una sanzione in misura diversa (pur nel controllo del rispetto 
dei limiti minimo e massimo eventualmente fissati dalla legge), in quanto, 
anche in materia di violazioni depenalizzate, era operante la regola 
fondamentale, contenuta nell'art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, 
sull'abolizione del contenzioso amministrativo, che preclude al giudice 
, ordinario ogni potest� di annullamento o riforma dell'atto amministrativo 
(Cass. Sez. Un. 5 novembre 1973 n. 2864; 27 ottobre 1978 n. 4892; 19 luglio 
1980 n. 4727), la successiva legge 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche 
al sistema penale), nell'iI?-tento di rompere lo schema della citata legge 

n. 2248 del 1865, all. E, -vale a dire il divieto fatto al giudice ordinario 
di sindacare nel merito fatto amministrativo -ha attribuito al Pretore, 
in veste di giudice dell'opposizione, il potere di annullare, in tutto o in 
parte, l'ordinanza ingiunzione o di modificarla anche limitatamente all'entit� 
della sanzione amministrativa irrogata (art. 23 undicesimo comma). 
Ora nella specie -notificata l'ordinanza-ingiunzione all'Olafsson in 
data 2 settembre 1980 e pendente ancora il processo conseguito all'opposizione 
alla data dell'entrata in vigore della nuova normativa di cui alla 
legge n. 689/81 -non v'� dubbio che, al momento della decisione (3 dicembre 
1982) si poneva al Pretore un problema di ius superveniens, j 
essendo l'art. 23 undicesimo comma citato diretto a disciplinare i limiti i 
entro cui deve essere contenuta l'attivit� processuale del � giudicare � 

I 

~ 

i 

I 

. I! 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 

nell'avvenuto ampliamento dei correlativi poteri dell'organo pretorile; e 
in particolare sorgeva il quesito se la nuova .orma dovesse ~ssere applicata 
anche alle violazioni commesse anteriormente all'.entrata in vigore 
della medesima, ma non ancora definite. 

In proposito, la legge n. 689/81, contiene una norma di diritto transitorio 
-art. 40 ..,.... del seguente testm.e tenore: � Le disposizioni di questo 
capo (capo I, comprensivo dell'art. 23) si applicano anche alle violazioni 
commesse anteriormente all'entrata in vigore della presente legge che le 
ha depenalizzate, quando il relativo procedimento penale non sia stato 

definito"� 

Tale norma era gi� venuta all'attenzione di questa Corte, la quale 
(a Sezioni semplici), con esplicito richiamo alla sua lettera, aveva statuito 
che l'art. 23 comma XI citato, trova applicazione, con riguardo a. 
fatti anteriormente commessi, sol quando si tratti di infrazioni con essa 
legge depenalizzate ovvero contemplate ab origine come violazioni amministrative 
(Cass. 11 novembre 1982 n. 5945; Cass. 28 gennaio 1983 n. 773; 
Cass. 26 ottobre 1983 n. 6319). Ne derivava in parte qua, che l'art. 23 della 
nuova legge, in via transitoria, non sarebbe applicabile alle violazioni 
gi� passato, ex art. 1 legge n. 706/1975, depenalizzate (quale, quella che 
interessa). Siffatta diversit� di trattamento, riferita a situazioni sostanzialmente 
identiche tra loro (perch� concernenti violazioni aventi in ogni 
caso natura amministrativa) � stata, per�, superata dalla sopra citata 
sentenza a Sezioni Unite n. 1880 del 1985, in ossequio al significato precettivo 
della norma e alla ratio che la giustifica. 

Si legge, ' appunto, in tale sentenza: � ai fini della indagine che ne 
occupa, gibva rilevare che l'art. 12 della legge n. 689 del 1981, con riferimento 
al capo I0 , intitolato alle sanzioni amministrative, ne delimita 
l'ambito di applicazione prescrivendo che le disposizioni. di detto capo I0 
si osservino, in quanto applicabili e salvo che non. sia diversamente stabilito, 
per tutte le violazioni� per le quali sia comminata la sanzione amministrativa 
del pagamento di una somma di denaro ... Ci� significa che le 
disposizioni del Capo I� si applicano a tutte le violazioni aventi natura 
amministrativa, sia originaria che sopravvenuta, co:r:p.e fatto _palese dai 
lavori preparatori... nei quali � evidente la intentio di attribuire alle disposizioni 
del Capo I0 carattere generale, si da riguardare qualsiasi ipotesi 
di illecito amministrativo, eccezion fatta delle violazioni disciplinari e 
di quelle importanti sanzioni non pecuniarie. Inoltre la legge n. 689 del 
1981, in tema di depenalizzazione, non si � limitata ad aggiungere nuovi 
casi a quelli previsti dalle precedenti leggi n. 317 del 1967 e n. 706 del 1975, 
ma con gli artt. dal 32 al 39, ha rielaborato tutta la materia allargando e 
regolamentando l'area di intervento della depenalizzazione "� 


822 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alla luce di quanto sopra appare evidente che la norma di diritto 
transitorio, contenuta nell'art. 40 della' legge n. 689 del 1981, deve. essere 
ormai interpretata (e lo ribadiscono ancora in sentenza cit. le Sez. Unite), 
nel senso che le disposizioni del Capo I0 si applicano sempre e in ogni 
caso alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della 
legge in esame se il procedimento � ancora in corso, con la conseguenza 
che il motivo va accolto e, in questo' ambito, la sentenza impugnata cassata 
con rinvio per nuovo esame ad altro giudic� di merito. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. P'len., 8 ottobre 1985, n. 19 -Pres. Pescatore 


Est. Vacirca -Sarti (avv. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato 

Cenerini). 

Giustizia amministrativa . -Impiegato pubblico -Retribuzioni arretrate � 
Rivalutazione e interessi � GiudiZio di ottemperanza � Ammissibilit�. 

Nel giudizio di ottemperanza al giudicato che ha riconosciuto all'ufficiale 
in ausiliaria il diritto ai benefici di cui all'art. 1 d.l. 23 dicembre 
1978, n. 814, convertito nella legge 19 febbraio 1979, n. 54, deve essere 
accolta la richiesta, di rivalutazione di tale credito (con gli interessi legali), 
anche se formulata per la prima volta nella diffida ad adempiere e quindi 
nel giudizio stesso (1). 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 1� agosto 1985, n. 18 -Pres. Pescatore � 
Est. Noccelli -Ministero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Dipace) 

c. Salvi (avv. Scoca). 
Giustizia amministrativa . Impiegato pubblico � Retribuzioni arretrate � 
Rivalutazione e interessi . Domanda proposta in appello -Ammissi� 
billt�. 

Il Consiglio di Stato deve pronunciare la rivalutazione automatica 
del credito del pubblico dipendente per retribuzioni arretrate (con i relativi 
interessi), anche se la domanda sia stata pronunciata per la prima 
volta nella discussione orale in appello, purch� la sentenza di 1� grado 
non si sia pronunciata negativamente sul punto (2). 

(1-2) Il Consiglio di Stato completa, in tal modo, la sua giurisprudenza evolutiva 
in tema di rivalutazione della retribuzione del pubblico dipendente, superando 
le preclusioni che in linea di massima nel giudizio di ottemperanza derivano 
dal giudicato; e ci� in base al principio che la rivalutazione non introduce 
un incremento ulteriore del credito del dipendente, ma opera una quantificazione 
dei valori originari del credito stesso (Ad. plen., n. 13 del 1985), e perci� pu� 
essere applicata anche d'ufficio. 



824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

(omissis). 1. -L'amministrazione ha giustificato la mancata esecuzione 
del giudicato col rilievo che il ricorrente � cessato dal servizio 
permanente ai sensi del d.l. 8 luglio 1974, n. 261, con conseguente esclusione 
del beneficio di cui all'art. 17, 5� comma! legge 10 dicembre 1973, n. 804. 

L'eccezione deve essere respinta, in quanto la questione dell'applicabilit� 
di tale beneficio nel caso in esame � stata risolta in via definitiva 
dalla sentenza n. 643 del 1983, le cui statuizioni' non possol).o in questa 
sede essere rimesse in discussione. 

2. -Del pari coperta dal giudicato � la qruestione di giurisdizione, 
prospettata dallo stesso ricorrente in relazione ad un ricorso proposto 
dalla procura generale della Corte dei conti dinanzi alla corte stessa avverso 
un provvedimento concernente un caso analogo. 
3. -Il ricorrente, ha, dunque, diritto a percepire ila maggiorazione del 
trattamento economico, secondo i criteri enunciati nella decisione 10 agosto 
1983, n. 643 della IV sezione. 
4. -Resta da stabilire ,se sulle somme a tale titolo spettanti siano 
dovuti anche gli interessi e la rivalutazione monetaria, chiesti per la prima 
volta nel giudizio di ottemperanza. 
Su tale questione, variamente risolta in giurisprudenza, la sezione IV 
ha richiesto la pronuncia di questa adunanza plenaria. 

Occorre, per�, preliminarmente :verificare se la fattispecie in esame 
concerna crediti di lavoro del pubblico dipendente, ai quali soltanto si 
applica il meccanismo della rivalutazione automatica, come questa adunanza 
ha avuto occasione di chiarire con le decisioni 16 aprile 1985, n. 14 
e 26 marzo 1985, n. 8 (Foro it., 1985, III, 237). 

Qualche dubbio al riguardo protrebbe prospettarsi essendo del tutto 
peculiare la posizione dell'ufficiale in ausiliaria, che cessa dal servizio permanente, 
ma � sottoposto a uno speciale regime di incompatibilit� e 
resta costantemente a disposizione. dell'amministrazione per essere all'occorrenza 
chiamato a prestare servizi che non siano riservati agli ufficiali 
in servizio permanente da norme di ordinamento o da appositi regolamenti 
(art. 55 legge 10 apTile 1954, n. 113). 

Vero � che la legge definisce come � trattame:qto di quiescenza� una 
parte del trattamento economico spettante all'ufficiale in ausiliaria, ma da 
questa .circostanza non possono trarsi elementi decisivi, giacch� la stessa 
legge considera il � trattamento di quiescenza � come una componente 
del trattamento complessivo, formato anche da altre indennit� e soggetto 
al limite massimo del trattamento complessivo spettante al parigrado 
celibe in servizio permanente (art. 67 legge 10 aprile 1954, n. 113). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 825 

Inoltre, tale trattamento complessivo costituisce, almeno in parte, 
il corrispettivo di una situazione di soggezione dell'ufficiale, assimilabile 
a quella dei dipendenti civili collocati in disponibilit� (art. 72 e 73 t.u. 
10 gennaio 1957, n. 3) oppure a disposizione dell'amministrazione (art. 19, 
5� comma, d.P.R. 30 giugno 197J, n. 748); si tratta, quindi, di un trattamento 
di natura non previdenziale, ma' retributiva, che trova riscontro 
nell'obbligo dell'ufficiale di tenere le proprie energie lavorative a disposizione 
dell'amministrazione, la quale pu�, , in qualunque momento, utilizzarle. 


Ci� trova ulteriore conferma nella computabilit� del periodo di permanenza 
in ausiliaria agli effetti della pensione, anche in mancanza di 
ri'Ohiami in servizio (art. 55 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092). 

In base alle considerazioni svolte. e indipendentemente dalla questione 
di giurisdizione che -come si � osservato -non viene in questa sede 
in rilievo perch� coperta dal giudicato, deve concludersi che il trattamento 
economico spettante all'ufficiale in ausiliaria vada considerato credito di 
lavoro ai fini dell'applicabilit� del meccanismo automatico di rivalutazione, 
come � stato riconosciuto da questa adunanza in un caso analogo 
(decisione 15 aprile 1985, n. 13, id., 1985, III, 237). 

5. -Pu�, quindi, passarsi all'esame deHo specifico problema sottoposto 
dalla sezione IV e risolto in modo difforme� dalla sezione V (decisione 
11 dicembre 1982, n. 836, id., Rep. 1983, voce Giustizia amministrativa, 
n. 759) e dalla sezione VI (decisioni 21 maggio 19,84, n. 295, id., Rep. 1984, 
voce cit., n. 716; 26 novembre 1984, 'n. 664). 
La questione dell'ammissibilit�, in sede di giudizio di ottemperanza, 
delle domande aventi ad oggetto interessi e rivalutazione � stata risolta 
in senso negativo dalla prima delle pronunce citate, in base a una concezione 
restrittiva di esecuzione del giudicato; in particolare � stato ritenuto 
estraneo al concetto di esecuzione l'esame di questioni nuove, non prese 
in considerazione nella sentenza da eseguire. 

Occorre, per� considerare che -come questa adunanza plenaria ha 
gi� avuto occasione di chiarire con la decisione n. 15 del 2 giugno 1983 -::-il 
giudizio di ottemperanza risponde all'esigenza di garantire un'azione 
amministrativa che si conformi a una decisione vincolante, anche se questa 
non contenga un precetto dotato dei caratteri di puntualit� e precisione 
propri del titolo esecutivo. Questa peculiarit� del giudizio di ottemperanza, 
che esclude la sua assimilazione al processo di esecuzione disciplinato 
dal codice di procedura civile (cfr. ad. plen. 14 luglio 1978, n. 23, 
id., 1978, Hl, 449), impJica la possibilit� ohe nel corso del procedimento 
previsto dall'art. 27, n. 4, t.u. n. 1054 del 1924 si integri il comando contenuto 
nella sentenza passata in giudicato. 


826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alla luce di questi principii la pronuncia sugli interessi corrispettivi 
e sulla rivalutazione ben pu� essere adottata per la prima volta nel giudizio 
di ottemperanza, in quanto costituisce uno degli strumenti di deter� 
minazione del petitum originario (ad. plen. 15 aprile 1985, n. 13, id., 1985, 
III, 237). 


Nel caso in esame, la decisione passata in giudicato riconosce i benefici 
di cui all'art. 1 bis d.l. 23 dicembre 1978, n. 814, convertito neMa legge 
19 febbraio 1979, n. 52, e detta criteri di applicazione di tali benefici; la 
domanda va accolta in questa sede, anche per quanto concerne l'accertamento 
del diritto agli interessi legali e alla rivalutazione sulle somme 
dovute (omissis). 

II I

Risolte le varie questioni sollevate dall'avvocatura generale con l'appello 
proposto avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 419/84 (Foro it., 
Rep. 1984, voci Giustizia amministrativa, n. 666, e Impiegato dello Stato, 

n. 602) la sezione IV '�ti questo consiglio ha ritenuto opportuno rimettere 
all'esame dell'adunanza plenaria la sola questione concernente l'ammisI 


sibilit� o meno, in grado di appello e con semplice deduzion� difensiva, 

I

della domanda di rivalutazione e interessi da parte del dipendente pubblico
� che abbia ottenuto in primo grado l'accoglimento della (sola) do


I 

manda di accertamento del credito retributivo principale. 1 

Nel caso specifico, risulta dagli atti che"il prof. Salvi ha visto, accoglieI 
re nella pregressa fase del giudizio, la sua pretesa ad ottenere gli aumenti 
periodici necessari per riportare in parit� lo stipendio a lui attribuito 

I 

f

in seguito a passaggio nel ruolo dei docenti universitari, e quello di cui ' '

f

1i

in precedenza fruiva quale dipendente del senato; nel ricorso introdut


tivo non si faceva cenno n� della rivalutazione n� degli interessi matu


rati sul credito avente ad oggetto il pagamento degli assegni arretrati non 

I' 

percepiti alle scadenze rispettive, e il T.A.R., in mancanza di una do


manda di parte, non ha provveduto d'ufficio. 

Su appello delle amministrazioni soccombenti, la IV sezione del 

Consiglio di Stato, confermando in toto la sentenza del tribunale, si � 

domandata se sia possibile o meno prendere in considerazione la doman


da di rivalutazione e interessi proposta per la prima volta in appello, e 

ci� in quanto l'appellato, vittorioso in primo grado, solo in sede di discus


sione orale dinanzi al collegio aveva avanzato siffatta richiesta. 

Su tale questione, la IV sezione ha chiesto di conoscere il punto 

di vista dell'adunanza plenaria. 

Al quesito, come proposto con l'ordinanza di rimessione (n. 65/85), 

l'adunanza non pu� dare risposta diversa da quella che, con altra prece



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

dente recentissima decisione (n. 13 del 15 aprile 1985, id., 1985, III, 237), 

� stata fornita in un caso del tutto simile. 

Si �, in detta decisione, rilevato, richiamando, peraltro, precedenti 

puntualmente conformi della stessa adunanza plenaria, che � la svaluta� 

zione non introduce un incremento ulteriore nelle ragioni creditorie del 

dipendente, ma opera una quantificazione di valori ontolo_gicamente e 

funzionalmente coincidenti con i momenti originari di maturazione del 

diritto... � agli emolumenti arretrati; dal che � lecito trarre la conseguen� 

ziale affermazione -del tutto ovvia sul filo dei principii generali -della 

necessit� di rincondurre nella stessa area, definita dalla contestazione sul 

credito principale, ogni questione attinente alla quantificazione di questo, 

ivi compresa quella relativa al computo degli interessi (c;d. corrispet


tivi), la cui spettanza al dipendente creditore non pu� che configurarsi 

quale effetto altrettanto automatico dell'accertata sussistenza del credito 
� retributivo principale. 

La conclusione cui, attraverso il sopradescritto iter argomentativo, 

approda la precedente decisione cii questa adunanza (doversi, cio�, 

provvedere anche di ufficio, ed anche in grado di appello, alla deter� 

minazione dell'entit� effettiva del credito contestato, con la conseguente 

applicazione dell'istituto rivalutativo e con il computo degli interessi 

legali), deve essere in questa sede condivisa, non essendo state prospet� 

tate ragioni nuove che valgono a scalfirne il fondamento razionale ed 

equitativo. 

Resta solo da aggiungere, per completezza di motivazione, che il 

riconoscimento del maggior credito per rivalutazione e interessi pu� 

urtare contro il limite del giudicato interno (cfr. Cass., sez. un., 16 feb� 

braio 1984, n. 1148, id.,_ 1984, I, 383, punto VI della motivazione in di� 

ritto), ma nei soli casi in cui il primo giudice abbia esplicitamente� 

respinto tale domanda ovvero abbia, omettendo di 'pronunciarsi su di 

essa, quantificato in pi� ridotta misura il credito retributivo principale, 

cos� presupponendo un � accentramento � diverso e pi� ridotto rispetto 

a quello postulato dalla parte e/o dovuto per legge (cfr. art. 429 c.p.c., 

cui deve riconoscersi, per consolidato insegnamento giurisprudenziale, 

portata di norma sostanziale oltre che processuale). Non �, infatti, 

logicamente conciliabile il principio di unicit� del credito retdbutivo, e 

quindi della domanda giudiziale che lo assuma a proprio oggetto, con 

l'asserita necessaria riduzione del thema decidendum alla sola parte del 

rapporto controverso su cui il primo giudice abbia espressamente sta� 

tuito, una volta che l'intero rapporto, nella sua unicit�, attraverso l'ap


pello della parte pubblica soccombente venga portato alla cognizione 

del giudice superiore e questi abbia pertanto l'obbligo di accertare il 

fondamento della pretesa cos� come oggettivamente identificabile alla 

stregua della norma (sostanziale) che ne assicura la tutela. Giudicato 


828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

implicito, in tal caso, � configurabile, secondo il principio parzialmente 
devolutivo (art. 346 c.p.c.), solo nel caso .che l'accertamento del primo 
� giudice investa l'an1 e il quantum, poich�, nell'ipotesi fatta, 
la pronuncia di condanna, che � titolo sufficiente e necessario per � l'esercizio 
della successiva pretesa in executivis, contiene in s� per necessit� 
logica l'accertamento negativo del quantum ulteriore� cui l'attore avrebbe 
avuto diritto e che invece non � stato riconosciuto in sentenza: donde 
la necessit�, per la parte, di gravarsi da tale pronuncia, in via diretta 

o incidentale, onde evitare che il titolo esecutivo resti definitivamente 
cristallizzato nella quantificazione del credito (principale) operata dal 
primo giudice. Non vi �, invece, . alcuna necessit� logica di ritenere 
preclusa l'azione per l'esatto accertamento del credito contestato quante 
volte il giudizio di primo grado, conclusosi con una sentenza meramente 
accertativa dell'an, prosegua poi, attraverso l'appello, dell'amministrazione 
soccombente, verso l'epilogo della decisione conclusiva del 
giudice di seconda istanza, cui spetta per legge lo stesso potere di 
verifica, circa il fondamento deHa pretesa nella srua originaria com� 
plessiva consistenza, che, essendo parimenti attribuito all'organo di 
prime cure, questi abbia malamente esercitato riguardo all'an o riguardo 
�al quantum. 
Da quanto sopra esposto consegue che, ferma restando la decisione 
della IV sezione n. 64 del 25 febbraio -1985 nel punto in cui ha 
confermato, rigettando l'appello dell'avvocatura, la sentenza del T.A.R. 
Lazio, sez. I, n. 419/84, che aveva a sua volta riconosciuto sussistente 
il credito retributivo principale del dott. Salvi, il predetto credito deve 
essere rivalutato, applicando gli indici ISTAT ai sensi dell'art. 150 
disp. att. c.p.c., a far data delle singole scadenze e sino alla data di 
pubblicazione della presente decisione; sulla somma rivalutata devono 
po). essere calcolati gli interessi corrispettivi, nella misura del tasso legale, 
a decorrere dal momento di maturazione delle singole quote retributive 
e sino all'adempimento (omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., '22 ottobre 1985, n. 20 -Pres. Pescatore 
-Est. Reggio D'Aci -Federazione agricoltori Emilia-Romagna 
(avv. Rovers~ Monaco) c. Regione Emilia-Romagna (avv. Cristoni). 


Giustizia amministrativa -Ricorso -Termine -Atto soggetto a controllo Decorrenza. 
� � 

La� piena conoscenza di un atto amministrativo (controllo positivo) 
va eccepita da circostanze che forniscono -la prova che l'interessato ne 
abbia avuto completa conoscenza; con la conseguenza che non ha rile



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 829 

vanza il fatto che l'interessato abbia formulato osservazioni o lagnanze 
all'organo di controllo (1). 

1. � Ritiene l'adunanza fondata la censura con la quale la federazione 
appellante contesta che la propria piena conoscenza delle due 
deliberazioni adottate dal consiglio regionale (n. 160 del 29 ottobre 1980 
e n. 473 del 9 aprile 1981 impugnate in primo grado) possa farsi risalire 
all'avvenuta presentazione nel novembre 180 e nell'aprile 1981 di alcuni 
esposti alla commissione di. controllo sugli atti della regione nel corso 
del procedimento di controllo stesso. 
� da osservarsi, infatti, in primo luogo che le deliberazioni degli 
organi collegiali regionali, a differenza di quelle di altri enti territoriali 
(per esempio dei comuni e delle province), non sono soggette a forma 
di immediata pubblidt� legale (mediante, ad esempio, affissione entro 
breve termine a un albo pubblico), ma, semmai, aoneri di successiva 
pubblicazione su bollettini ufficiali, che sono adempiuti spesso con notevole 
ritardo. Sicch� la piena conoscenza da parte dei cittadini del 
contenuto delle deliberazioni stesse non pu� dedursi, finch� siffatte forme 
di pubblicit� non siano poste in essere, altro che da circostanze di fatto 
che siano idonee a fornire la prova rigorosa che l'interessato abbia in 
qualche modo avuto completa ed esauriente conoscenza delle stesse. 

Tale prova, ad avviso dell'adunanza, non pu� considerarsi con sicurezza 
raggiunta allorch�, nelle more del procedimento di controllo, taluno 
abbia presentato proprie osservazioni o esposti nei confronti dell'atto 
sottoposto a controllo, poich� la manifestazione, anche scritta, di 
lagnanza o di argomentazioni critiche, pur se �idonea a dimostrare una 
qualche conoscenza delle � decisioni �, non � di per s� indice, salvo 
che non risulti espressamente il contrario, di una integrale percezione, 
nei dettagli e nelle reciproche concatenazioni e interferenze, di tutti gli 
elementi essenziali che compongono la deliberazione adottata. Ci� � a 
maggior ragione nei casi in cui il provvedimento non sia stato reso 
pubblico, n� sia ancora efficace come nella fattispecie in esame in quanto 
sottoposto a controllo preventivo e, quindi, ancora suscettibile di modifiche 
e aggiustamenti; in tale evenienza, infatti la conoscenza di cui 
il cittadino pu� nel frattempo essersi fornito appare inoltre precaria 
ed insidiata alla base dal legittimfr dubbio che. pu� nutrirsi sulla effettiva 
e definitiva portata dell'atto e del procedimento; il che esclude, 
comunque, che la conoscenza stessa possa considerarsi �piena�, munita, 
cio�, anche del requisito di ragionevole � sicurezza � che vi � sem


(1) Massima cli .particolare importanza che risolve i dubbi esistenti circa il 
termine a ricorrere contro un atto cli controllo positiv�. Cfr. CARAMAZZA, L'accesso 
dei cittadini ai documenti della p.a., in questa Rassegna 1985, Il, 141. 

830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pre stato naturalmente ricompreso dalla giurisprudenza di 9uesto consiglio. 


Nella specie, poich� dalle osservazioni presentate a suo tempo dalla 
federazione degli agricoltori alla commissione di controllo sugli atti 
regionali non pu� evincersi una piena conoscenza, nei sensi esposti, 
degli atti impugnati col ricorso di primo grado, deve concludersi che 
il termine per la impugnativa non pu� farsi decorrere dalla data (novembre 
1980 o aprile 1981) di presentazione delle osservazioni stesse e 
neppure dalla successiva epoca (maggio 1981) in cui 'la commissione 
eman� il proprio atto positivo di controllo, bens� da quella ancora: 
posteriore in cui. le deliberazioni furono portate a conoscenza legale o 
di fatto della federazione stessa. ,Per il ohe, come � padfioo dagli atti, 
il ricorso stesso� (notificato il 29 luglio e 3 agosto 1981) non poteva 
essere dichiarato irricevibile dal giudice di primo grado, essendo la 
comunicazione degli atti avvenuta con lettera del 15 giugno 1981. 

2. -Va conseguentemente annullata la sentenza di primo grado che 
non ha fatto .buon uso degli esposti princ�pi. 
I

Deve, inoltre, ai sensi dell'art. 35, 1� comma, 1. 6 dicembre 1971, 

n. 1034, provvedersi al rinvio della controversia al T.A.R. dell'Emilia I 
Romagna. Ci� in quanto, come ha esposto l'amministrazione resistente, 
nel giudizio di primo grado non sono stati chiamati a partecipare, oltre 
I le associazioni sindacali, anche coloro che sono stati concretamente no


minati componenti del consiglio di amministrazione dell'E.r.s.a. con il 

decreto del presidente della giunta regionale n. 289 del 9 giugno 1981 

(pure esso impugnato). 

La menzionata omissione concreta, infatti, un vizio di procedura, 

I

concernente il contraddittorio tra le parti, che impedisce il diretto 

~ 

esame in appello dcl merito deUa controversia (omissis). 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO, Sez. Il, 
(ordinanza) 24 settembre 185, n. 670 -Pres. Chieppa � Rel. Pallotta -
Senia (avv. Speranza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cenerini). 


Giustizia amministrativa -Impiegato pubblico � Pretese patrimoniali � Ordi� 
nanza di urgenza � Fattispecie. 


Il giudice �amministrativo, adito in sede di giurisdizione esclusiva 
con ricorso del pubblico impiegato rivolto ad ottenere il pagamento di 
arretrati di stipendio ed altre indennit�, p.� ordinare in via di urgenza 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA' AMMINISTRATIVA 831 

alla p.a. il pagamento di una parte della somma richiesta, destinata al 
sostentamento del ricorrente e della sua famiglia (1). 

Il ricorso, bench� formalmente diretto all'annullamento del silenziorifiuto, 
formatosi sulla domanda intes�' ad ottenere il pagamento di lire 

40.000.000 complessive per arretrati di stipendio, indennit� di buonuscita 
e ratei di p�nsione, riguarda in realt� l'accertamento dei diritti soggettivi 
del ricorrente, aventi ad oggetto tali crediti. 
Ci� posto, va rilevato che, con decisione n. 190 del 25-28 giugno 1985 
(Foro it., 1985, I, 1881) la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 21, ult. comma, I. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella 
parte in cui, limitando l'intervento di urgenza del giudice amministrativo 
alla sospensione dell'esec1lzione dell'atto impugnato, non consente 
al giudice stesso di adottare, nelle controversie patrimoniali in materia 
di pubblico impiego, sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva, i provvedimenti 
di urgenza che appaiano secondo le circ,ostanze pi� idonei 
ad assicurare gli effetti della futura decisione sul merito. 

Conformemente all'insegnamento della corte, � da ritenere che il 
potere-dovere del giudice di emanare siffatti provvedimenti cautelari 
� innominati � derivi da un principio generale dell'intero ordinamento 
processuale avente valore costituzionale (art. 8, 24 e 113 Cost.) e del 
quale � espressione l'art. 700 c.p.c., secondo cui ciascuno ha diritto ad 
una effettiva tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive azionate, 
il che necessariamente presuppone che debba essere assicurata anche nel 
corso del giudizio, con mezzi idonei, la concreta piena operativit� della 
decisione sul merito. 

Nella specie, pertanto, avendo la decisione sul merito ad oggetto, 
fra l'altro, l'accertamento dei diritti del ricorrente ad ottenere il pagamento 
di arretrati di stipendio e di indennit� di buonuscita e conseguentemente 
-in ipotesi -la eventuale condanna delle amministrazioni 
competenti al pagamento delle relative somme, rientrando per tali 
aspetti la controversia nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 
ben pu� il collegio ordinare in via di urgenza il pagamento 
di tali somme o di parte di esse, ove -beninteso -sussistano gli 
estremi del pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti azionati. 

Tale pregiudizio sussiste indubbiamente, attesa la natura retributiva 
dei crediti vantati, relativi a somme di denaro destinate al sostentamento 
del ricorrente e alla di lui famiglia, tenuto anche conto del fatto 

(1) Applicazione, in tema di pretese patrimoniali del pubblico dipendente, 
del principio enunciato dalla Oorte dei conti con la senten2Ja 28 giugno 1985, n. 190, 
e delle norme dell'art. 700 c.p.c. richiamate nella motivazione. 

832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.che l'esistenza dei crediti in questione non � stata contestata con specifiche 
argomentazioni dalle amministrazioni resistenti. 

Deve pertanto, in accoglimento deWistanza cautelare, ai sensi del 
combinato disposto dell'art. 21 1. 6 dicembre 1971, n. 1034 e dell'art. 700 
c.p.c., ordinarsi al ministero delle finanze ed all'E.n.p.a.s. il pagamento 
di complessive lire 5.000.000 (cinquemilioni) in favore del ricorrente, a 
titolo di provvisionale, ponendo a carico di ciascuna amministrazione 
la met� dell'ammontare di tale somma. 

Deve, inoltre, ordinarsi in sede istruttoria, al ministero delle fi. 

nanze, nonch� all'E.n.p.a.s., ciascuno per la parte di propria competenza, 

di far conoscere l'esatto ammontare delle somme spettanti al ricorrente 

a titolo di stipendio e di indennit� integrativa speciale dal 12 aprile 1983 

al 31 luglio 1983; l'esatto ammontare del rateo di 7 /12 della 13a mensi


lit� del 1983 e della maggiore retribuzion~ complessivamente dovuta 

a seguito della sua promozione a direttore di divisione -R:E. -con 

effetto 'dal 13 l~glio 1980; l'esatto ammontare dell'indennit� di buonuscita, 

calcolata sullo stipendio di dirigente superiore e l'importo della pen


sione spettante a seguito della ricongiunzione col servizio prestato alle 

dipendenze di privati, anteriormente a quello prestato presso lo Stato. 

Per questi motivi, accoglie l'istanza cautelare proposta da Senia 

Dante e, per l'effetto, ordina al ministero delle finanze e all'E.n.p.a.s. di 

pagare al ricorrente la somma di denaro di cui in motivazione (omissis). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1985, n. 2482 -Pres. Falcone Est. 
Lipari -P. M. Amir�nte (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. 
Stato Onufrio) c. Montanari (avv. Tomass�). 

Tributi erariali diretti -Imposta sui fabbricati -Esenzione venticinquennale
� Omessa richiesta -Impugnazione del ruolo per far valere l'esenzione 
-Ammissibilit� -Estensione dell'esecuzione ai periodi di imposta 
anteriori coperti da accertamento definitivo -Esclusione. 

L'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati non opera 
automaticamente, ma � subordinata ad una istanza, diretta a verificare 
la sussistenza dei presupposti, in mancanza della quale l'ufficio legittimamente 
pretende l'imposta ordinaria. Tuttavia la spettanza dell'esenzione 
pu� esser fatta valere mediante ricorso contro il ruolo anche ove 
non sia stata presentata specifica istanza; ma il riconoscimento del diritto 
all'esenzione non pu� estendersi agli anteriori periodi di imposta 
per i quali sia intervenuto accertamento definitivo (1). 

(omissis) 1. -Si tratta di stabilire se, nel concorso dei presupposti 
oggettivi richiesti dalla legge, i contribuenti per fruire dell'esenzione 
venticinquennale dall'imposta fabbricati relativamente ad un immobile 
adibito ad albergo siano tenuti a presentare previamente apposita 
istanza documentata, se cio� detta esenzione operi o merio automaticamente; 
ed ulteriormente, esclusa la automaticit�, di individuare il 

(1) E' indubbiamente esatta l'affermazione che un'esenzione quale quella 
venticinquennale sui fabbricati (e successivamente sull'ILOR) non � di applicazione 
automatica ma deve essere domandata attraverso uno specifico procedimento 
ad istanza di parte che si conclude con un provvedimento qichiarativo che 
riconosce l'esenzione per l'intero periodo venticinquennale, ovvero la nega. 
E' anche da condividere la proposizione che, in mancanza di espresse norme 
che stabiliscono decadenze, l'aver omesso di chiedere l'esenzione per alcuni periodi 
di imposta non preclude il diritto al riconoscimento per i successivi periodi di 
spettanza, ferma restando la definitivit� dell'obbligazione accertata per i periodi 
anteriori. 

Non pu� invece convenirsi sulla affermazione che il diritto all'esenzione possa 
essere domandato per la prima volta con il ricorso contro il ruolo. Un tale 
ricorso pone direttamente in sede giurisdizionale una questione sulla quale l'ufficio 
non ha pai potuto pronunziarsi e altera il tipo di procedimento che, rispetto 
ad una esenzione pluriennale, deve riguardare appunto l'intero ciclo e non sol




834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

momento finale per fare valere, in via di reazione, il diritto all'esenzione 
nei confronti dell'amministrazione che pretenda il pagamento del tributo. 

In effetti mentre la Corte d'Appello ha ritenuto che l'esenzione operi 
automaticamente indipendentemente dalla richiesta del contribuente, l'aro� 
ministrazione finanziaria sostiene che se il contribuente, allo scadere del 
periodo d'imposta, non fa conoscere la sua volont� di godere del beneficio, 
legittimamente viene esercitato il potere impositivo e non pu� ammettersi 
la concessione del beneficio in sede conten~iosa di fronte alla 
prova tardiva della ricorrenza dei presupposti della esenzione, allorch� 
siano scaduti tutti i termini utili per escludere un certo imponibile dalla 
imposizione. 

Per non esistendo precedenti puntuali (e riconoscendosi la non pertinenza 
di quelli invocati dalla Corte bolognese) l'Avvocatura dello Stato 
invoca a proprio favore la decisione emessa in tema di esenzione decennale 
dall'imposta di ricchezza mobile per i nuovi stabilimenti industriali 
nel mezzogiorno, (Cass. 2462/77) secondo cui la concessione dell'esenzione 
� subordinata alla presentazione di apposita domanda del 
contribuente, in mancanza della quale viene applicata Ia tassazione nor� 
male per gli esercizi rispetto ai quali l'accertamento di imposta sia 
divenuto definitivo. 

Ritiene il Collegio che mentre il ricorso appare centrato laddov� 

� contesta la tesi dell'automaticit� della esenzione, non coglie nel segno 
quando pretende di ravvisare una decadenza a far valere il diritto 
all'esenzione, in via di reazione alla pretesa della finanza, limitatamente 
alle annualit� residuali del beneficio a prescindere dalla dimostrazione 

tanto il periodo di dmposta oggetto del ruolo (si veda la sent. 8 luglio 1985, n. 4071, 
in ~esto fascicolo pag. 864). 

Fino a quando il diritto all'esenzione non sia stato accertato per l'intero 
ciclo l'imposta � dovuta; se poi il diritto sia stato negato, sar� necessario impugnare 
il relativo atto a pena di decadenza e non sar� consentito riproporre il 
diritto alla esenzione nei singoli periodi di imposta (Cass. 6 luglio 1978, n. 3343;� 
25 novembre 1980, n. 6262 in questa Rassegna, 1978, 734 e 19&1, I, 579); e all'inverso 
la decisione che intervenga sul ricorso contro il ruolo non potrebbe spiegare 
effetto sui periodi futuri. 

Invero oggi si mette in dubbio che, dopo la novella all'art. 16 del d.P.R. 

n. 636/1972, il provvedimento che pronuncia sull'esenzione possa essere ricompreso 
nell'elencazione tassativa degli atti impugnabili (v. BASILAVECCHIA, In tema 
di atti di concessione o diniego delle agevolazioni pluriennali in Riv. Dir. Finanz. 
1985, II, 77, per un accenno v. anche Cass. 23 marzo 1985, n. 2085, ivi 1985, 659). 
Questa perplessit� non ha tuttavia ragione d'essere perch� la asserita (ma 
non effettiva) tassativit� dell'elencazione dell'art. 16 non esclude comunque di 
ricomprendere il provvedimento sull'esenzione nel concetto di accertamento, da 
intendere come atto conclusivo di un procedimento, comunque denominato che 
accerta e dichiara la sussistenza, in tutto o in parte, dell'obbligazione tributaria 
o di un suo �elemento (Corte Cost. 3 clicemb11e 1985, n. 3<13). 

"fi 

, . . ~� 

......,-I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 835 

che rispetto ai periodi di imposta considerati si sia verificata la definitivit� 
dell'accertamento dell'obbligazione tributaria. 

Quando l'esenzione riguardi una imposta il cui periodo di applicazione 
si commisura all'anno, ed abbracci una pluralit� di anni, poich� 
nonostante il 'suo carattere oggettivo, l'esenzione si applica solo a 
seguito di apposita istanza dell'interessato, se questi non si attivi, prese:
p.tando apposita richiesta all'ufficio, ovvero richiamando il proprio diritto 
nella dichiarazione dei redditi, o, infine, si opponga al ruolo, deducendo 
la pretesa all'esenzione, per tutti i periodi di imposta cui l'inerzia 
va riferita, ed in relazione alla definitivit� dell'accertamento, il diritto 
all'esenzione medesima � da ritenere perduto irretrattabilmente, non 
potendo pi� essere recuperata, nemmeno mediante condictio indebiti, 
la somma a suo tempo versata; ma continua a� sussistere residualmente 
la possibilit� di far valer� l'esenzione per i periodi ancora non definiti 
(cass. 2462/77, 5506/81, 3515/82). 

Salva, quindi, l'espressa previsione di una decandenza. abpracciante 
l'intera gamma pluriennale dell'originaria concessione del beneficio (che 
non si rinviene a proposito dell'esenzione qui considerata), la mancata 
richiesta relativa ad un dato periodo di imposta non impedisce al contribuente 
di far valere il diritto all'esenzione negli anni successivi, 
purch� il relativo accertamento tributario non sia divenuto definitivo; 
il che � da escludere ogni qualvolta il contribuente medesimo si opponga 
(tempestivamente) al ruolo. 

Il ricorso risulta conseguentemente infondato, essendosi verificata 
puntualmente nella specie la tempestiva opposizione al ruolo; e la 
sentenza della Corte d'Appello di Bologna va confermata, sia pure attraverso 
la correzione della motivazione, ex art. 384 comma 2 c.p.c., essendo 
i giudici emiliani pervenuti ad una esatta soluzione avvalendosi di una 
motivazione non del tutto persuasiva, inficiata dall'errore di postulare 
la automaticit� dell'applicazione del beneficio, mentre avrebbero dovuto 
riconoscere il diritto all'esenzione per il periodo (residuale) in contestazione, 
iscritto neHa pi� ampia previsione di esonero ventcinquennale, 
sul rilievo che nessuna decadenza si era verificata � che la pretesa 
all'esenzione era stata fatta valere tempestivamente in giudizio in via 
di reazione alla pretesa del fisco. 

2. -Dalle esposte conclusioni occorre ora procedere all'analitica dimostrazione. 
La tesi della automaticit� del beneficio (collegato eventualmente 
alla pura e semplice invocazione nella dichiaraziooe dei redditi, ove si 
tratti, come nella specie, di imposta diretta) non � sostenibile ove si 
rifletta che la spettanza del beneficio dipende dalla verifica di determinati 
presupposti fattuali (ultimazione della costruzione entro un dato 
termine; persistente destinazione alberghiera) che l'ufficio non � ogget


......,.,,,.,,,,.,,.......... 



836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tivamente in grado di valutare al momento della liquidazione del 
tributo, per stabilire se la regola impositiva venga nel caso particolare 

derogata dalla sussistenza degli ulteriori presupposti che giustificano 
l'applicazione della esenzione. 

Esattamente l'Avvocatura dello Stato osserva che, in correlazione 
al carattere eccezionale dei benefici fiscali, il contribuente si deve attivare 
richiedendo l'applicazione della esenzione, cui pretende di avere 
diritto, dimostrando l'esistenza dei relativi presupposti, non potendosi 
richiedere all'amministrazione finanziaria di soprassedere all'indeclinabile 
esercizio della potest� tributaria in costanza dei presupposti dell'obbligazione 
tributaria rispetto ai quali, come � noto, la fattispecie 
di esenzioni rappresenta un quid pluris, di cui, apche in base ai principi 
generali sull'onere della prova, spetta al contribuente interessato 
offrire dimostrazione all'ufficio, semprech� l'accertamento non sia divenuto 
defintivo. 

Il nucleo problematico si sposta, quindi, dalla imprescindibilit� di 
una richiesta, alla indiv�duazione dei modi e dei tempi di tale richiesta. 
L'Avvocatura dello Stato in proposito avanza una tesi riduttiva che non 
� condivisa dal Collegio, e sostiene che il diritto all'esenzione, non 
fatto tempestivamente valere in sede amministrativa non possa essere 
successivamente riconosciuto in sede giudiziale. Vero �, invece, che il 
discrimine dell'azionabilit� della pretesa all'esenzione non va ravvisato 
nella mera inosservanza della procedura � normale � all'uopo dettata 
espressamente (ovvero desumibile dai principi generali), ma nella verifica 
della esistenza di termini decadenziali riferibili all'intero periodo 
della concessa esenzione, ovvero al singolo periodo di imposta ancora 
sub iudice, potendosi senz'altro riconoscere, ma non essendo di per s� 
determinante nel caso di specie (occorrendo apposita indagine ad hoc) 
che la definitivit� dell'accertamento preclude l'invocabilit� del beneficio. 
In questa prospettiva il richiamo alla sentenza n. 2462/77 (cui sono 
seguite le decisioni nn. 5506/81 e 3515/82) risulta controproducente per 

l'amministrazione finanziaria che la invoca, in quanto ammette che le 
esenzioni abbraccianti diverse annualit� non spettano automaticamente, 
per il solo verificarsi dei relativi presupposti di fatto, postulando l'iniziativa 
del contribuente che non pu� goderne rispetto alle annualit� 
per le quali i rapporti tributari si siano esauriti con la definitiva iscrizione 
a ruolo (e non pu� correlativamente ripetere quanto versato in 
dipendenza dei rapporti stessi), ma in mancanza di conseguita definitivit�, 
per le annate residuali pu� far valere il proprio diritto senza 
incontrare preclusioni. � , 

L'in~ziativa del contribuente gioca cio�, per quanto attiene alle singole 
annualit� comprese nel maggior periodo della concessa esenzione, 
in dipendenza del verificarsi o meno della definitivit�, risultando irre


�I 


~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

trattabilmente perduto il diritto ove l'accertamento (annuale) si sia cristallizzato 
nella definitivit�; ma essendo consentito al contraente attivarsi 
anche in sede di opposizione giurisdizionale a prescindere dalla 
iniziativa a suo tempo assunta in sede amministrativa. 

Importa, quindi, essenzialmente ricercare in diritto positivo se la 
presentazione dell'istanza entro un determinato termine e con specifi~ 
che modalit�, sia stata prevista a pena di decadenza; se il meccanismo 
esoner�tivo non comporta espressamente tale sanzione decadenziale la 
richiesta risulta legittimamente azionabile anche in via di mera reazione 
alla imposi:zlione tributaria non ancora divenuta definitiva, per il periodo 
annuale di imposta considerato (e rientrante nel maggiore ambito temporale 
della concessa esenzione) indipendentemente dall'inerzia serbata 
per il passato, che ha fatto perdere .irrimediabilmente il beneficio per 
le anri"ualit� coperte da accertamenti (ormai divenuti) definitivi. ' 

3. -Significativa appare al rigua:rido fa vicenda deH'asserita imprescindibile 
necessit� della richiesta del contribuente, da inserire nella dichiarazione 
dei redditi ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 7 del d.P.R. n. 599 
del 1973 per fruire della riduzione della base imponibile dell'ILOR. Si 
� ritenuto al riguardo, con giurisprudenza ormai costante, che il relativo 
diritto non viene meno se non sia stato esercitato con la' dichiarazione 
(o comunque nei termini per essa stabiliti) essendo possibile farlo 
valere sia in reazione all'accertamento, sia, ove accertamento non vi 
sia stato, con ricorso contro il ruolo, trattandosi di diritto perfetto non 
sanzionato da decadenza per l'inosservanza del suddetto termine, avente 
mera funzione sollecitatoria per le indagini dell'ufficio sugli obiettivi 
pr�supposti dell'imponibile (Cass. 932, 224/82; 6199, 6134, 6095, 5916, 
5915, 3459/81). 
La mancata richiesta nella dichiarazione dei redditi della detrazione 
consente -infa,tti -all'amministrazione di pretendere l'intero 
imponibile, ma non esclude il diritto del contribuente di fare valere in 
sede cont�nziosa gli errori e le omissioni della propria dichiarazione, 
e quindi di chiedere, per la prima volta la detrazione stessa (Cass. 
4968/82); ed invero poich� tale detrazione � collegata solo alla tipologia 
del reddito e del suo ammontare, l'amministrazione, in base alla sola 
richiesta contenuta nella dichiarazione � sempre in grado di applicarla 
nel procedere alla normale operazione di liquidazione del tributo. Osservazione 
questa che consente di corroborare le critiche precedentemente 
svolte in tema di automaticit� Ia quale anche nelle ipotes�i di maggiore 
semplicit�, in cui sarebbe stato possibile procedere alla stregua della dichiarazione 
resa, non � stata ritenuta applicabile dal legislatore irn sede di 
riforma tributaria. 

Il 


838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -In linea di principio si deve riconoscere fa applicabilit� del diritto 
all'esenzione tributaria tutte le volte in cui il contribuente non sia 
incorso in decadenze al riguardo. 
Tale diritto all'esenzione non comporta il mancato venire in essere 
della obbligazione tributaria (perch� la norma particolare, derogando 
a quella generale vi si C?PPone: si verifica in tale ipotesi, secondo la 
migliore dottrina, una ipotesi di �esclusione� del tributo), ma la neutralizzazione 
della obbligazione gi� sorta, essendo venuti in essere tutti 
gli elementi costitutivi della fattispecie, ai quali se ne aggiungono altri, 
va:lorizzati dal legislatore per sottrarre alla disciplina generale del tri~ 
buto, certi soggetti o certe situazioni comprese nella fattispecie' della 
imposizione. In presenza delle suddette circostanze aggiuntive, che costituiscono 
un quid pluris della fattispe�ie impositiva, il tributo non pu� 
essere preteso perch� la legge non lo consente. 

A seconda della struttura dell'accertamento tributario, e dell'inserirsi 
nel medesimo della fattispecie astratta di esenzione, si possono 
individuare molteplici procedimenti tipologicamente differenziati per disciplinare 
il modus operandi della esenzione. Di questi schemi viene 
in considerazione, ai fini del decidere, quello della � dichiarazione �, 
che opera come � onere � a �carico del contribuente tenuto comunque 
a rappresentare alla finanza la situazione integrante gli estre~i del diritto 
all'esenzion� e subisce le conseguenze della propria inerzia, o del 
ritardo con cui si � mosso. 

L'esenzione, a differenza dalla �esclusione� di imposta (la quale 
circoscrive, conformemente al suo valore lessicale, i casi in cui la mancata 
applica:done del tributo � giustificata da una valutazione negativa 
che il legislatore compie a priori circa l'attitudine di una data situa


zione a porsi com~ presupposto di imposta), paralizza l'esigibilit� della 
obbligazione tributaria gi� sorta e non opera nel senso di impedime 
il venire in essere, giacch� viene ulteriormente in considerazione rispetto 
ad una fattispecie in cui gi� sussistono tutti i presupposti per la 
inclusione nella dichiarazione anche del reddito considerato. 

Il legislatore � ovviamente libero di strutturare l'esenzione in procedimento 
autonomo rispetto a quello impositivo in, senso stretto, subordinandone 
l'applicazione al compimento tempestivo di determinati 
atti, e colle~ando alla inosservanza dei termini la sanzione della decadenza. 


Indubbiamente quando (ma non � il caso di specie) la legge pone 
un termine perentorio per la presentazione della domanda di. esenzione, 
il mancato rispetto di detto termine da parte del contribuente importa 
la perdita del beneficio che pu� essere definitiva, o riguardare i singoli 
periodi di imposte cui l'onere di presentazione si correla. \ 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Nel caso h\ esame non di decadenza si tratta, ma di individuazione 
del termine finale per la fruibilit� dell'agevolazione da parte del contribuente 
sul quale certamente incombe l'onere di attivarsi perch� la fattispecie 
� costruita in modo da dare rilievo alle circostanze che determinano 
il sorgere del diritto alla esenzione solo in quanto siano rappresentate 
al fisco cui non risultano in alcun modo, n� potrebbero risultargli 
se non a seguito della deduzione dell'interessato. 

Non si nega che sotto l'etichetta di �esenzione�, nella terminologia 
corrente, possano profilarsi situazioni in cui l'obbligazione tributaria 
nemmeno sorge, ma si tratta di situazioni che evidenziano una imperfe�a 
tecnica legislativa e non rientrano nell'area della esenzione propriamente 
intesa, volta a neutralizzare una pretesa tributaria ineccepibile 
e legittima nella sue componenti costitutive, � escludendo � che una 
data situazione si ponga quale idoneo fatto genetico della fattispecie 
impositiva. Nel caso in esame sicuramente il legislatore ha voluto introdurre 
una � esenzione � in senso proprio, sovrapponendo alla fattispecie 
costitutiva dell'imposta sui fabbricati il fatto impeditivo dell'esigibilit� 
della obbligazione che altrimenti si dovrebbe adempiere, rappresentato 
dall'essere stata completata la costruzione entro un dato termine, 
per essere destinata ad albergo. 

L'esenzione opera se ed in qu~to (e limitatamente ai periodi di 
imposta in cui) il contribuen~e interessato si attivi e l'amministrazione 
la riconosca nel concorso di determinati requisiti (sia pure rigidamente 
predeterminati dalla norma, in guisa che non sussista rispetto ad �essi 
alcun margine di apprezzamento discrezionale). Il relativo provvedimeJ?-
tO, che ha indubbiamente carattere dichiarativo (e non costitutivo), 
si presenta come una decisione amministrativa (essendo idoneo a risolvere 
un potenziale conflitto di interessi circa la ricorrenza degli elementi 
costitu.tivi della fattispecie legale di esenzione) e quindi il contribuente 
ha l'onere non soltanto di prendere l'iniziativa perch� l'amministrazione 
provveda, ma subisce le conseguenze dell'atteggiamento passivo serbato 
rispetto all'eventuale contenuto di tale decisione. 

Il provvedimento che riconosca l'esenzione (o la decisione giurisdizionale 
che abbia risolto il relativo conflitto) avendo carattere dichiarativo, 
'potenzialmente � idoneo a riallacciarsi al momento di decorrenza 
legale della esenzione medesima, incontrando, peraltro, il limite 
delle preclusioni derivanti dalla definitivit� degli accertamenti gi� i_ntervenuti. 


La possibilit� di una pluralit� di accertamenti tributari che ven� 
gano a riflettersi sull'area temporale della esenzione dipende -infatti dal 
carattere delle imposte sui redditi che sono imposte periodiche, dovute 
anno per anno. 


840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo 'l'art. 3 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, applicabile nella 
specie � le imposte sono dovute per periodi di imposta, a ciascuno dei 
quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma�, precisandosi, 
nel secondo comma, che il periodo di imposta � costituito di norma dall'anno 
sociale, ovvero, altrimenti, dall'esercizio sociale. 


Ne risulta, quindi, l'essenziale connotazione della esenzione in esame 
di riferirsi a un tributo che si determina in maniera autonoma, ed 
in misura non necessariamente coincidente, anno per anno, dando luogo 
a vicende che afferiscono autonomamente a ciascun periodo, venticinque 
dei quali consecutivi, godendo il fabbricato a destinazione alberghiera, 
per ciascun periodo di imposta in <S� e per s�, e quindi indipendentemente 
l'uno dall'altro, della totale esenzione dall'imposta sui fabbricati 
che si sarebbe dovuta corrispondere alla stregua della dichiara-. 
zione, essendo costituito il � presupposto � dell'imposta dal �possesso�, 
a titolo di propriet�, usufrutto, o altro diritto reale, di costruzioni o porzioni 
di costruzioni stabili di qualsiasi specie e destinazione, suscettibili 
di reddito autonomo; e prevedendosi rispettivamente agli artt. 77 e 78 
le ipotesi di � esclusione � e di � esenzione � dell'imposta. 

Il problema che si pone risulta allora essenzialmente quello della 
capacit� di resistenza dell'accertamento divenuto definitivo, per una 
data annualit� rispetto al diritto alla esenzione non fatto tempestivamente 
valere e che si innesta su una obbligazione tributaria che, nel 
momento in cui era stata adempiuta con il pagamento, risultava sicuramente 
valida e legittima perch� non le era stato ancora contrapposto il 
diritto all'esenzione, il cui riconoscimento non � idoneo a travolgere tale 
definitivit�. 

L'esenzione, infatti, come si � visto, non impedisce il sorgere della 
fattispecie legale di imposizione (che rispetto alle imposte sui redditi, si 
rinnova nel suo fondamento genetico anno per anno), presentandosi come 
fatto impeditivo perch� la relativa pretesa possa essere fatta valere 
nei confronti del contribuente, paralizzandola. Il diritto all'esenzione, 
pertanto, non esplica i suoi effetti elidendo, . ora per allora, la potest� 
impositiva che si � correttamente esplicata nemine contradicente per 
l'inerzia servata dal contribuente, ma rende� attuale la inesigibilit� dell'imposta; 
di ciascuna separata imposta afferente ad annualit� rientranti 
nel periodo temporale cui l'esenzione �si riferisce, senza che restino travolti 
i pagamenti effettuati alla stregua di accertamenti definitivi perch� 
essa non fa venir meno ab origine il potere impositivo (rendendolo 
privo di causa), limitandosi a neutralizzare la pretesa del fisco. Il contribuente 
che non abbia fatto tempestivamente valere il proprio diritto 
alla esenzione non pu� ricevere dall'ordinamento trattamento pi� favorevole 
di quello riservato al contribuente che non si sia attivato contro 

l 

la potest� impositiva ricollegata ad una norma di dubbia costituziona


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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 841 

lit� non amme1>so a ripetere quanto_ pagato alla stregua di accertamenti 
definitivi, ma cui viene consentito di far valere tale incostituzionalit� 
rispetto ad accertamenti che definitivi non sono. 

. 5. -Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve 
essere respinto, ricoi?-oscendo da un lato che il diritto all'esenzione non 
pu� essere fatto valere indipendentemente da un'apposita istanza (attribuendo 
aHa finanza l'onere ineseguibile di accertarne a priori i presupposti) 
ma ammettendo dall'altro i1l contribuente, ohe non abbia proceduto a coltivare 
la pratica di esenzione in via amministrativa, ad azionare, in via 
giurisdizionale, il relativo diritto, incontrando il solo limite della definitivit� 
dell'accertamento anno per anno, e subendo, quindi, le conse. 
guenze negative della inerzia serbata, esclusivamente per le annualit� 
comprese nel periodo venticinquennale rispetto alle quali ha lasciato 

ohe l'aocertaanento divenisse definitivo. 

-L'inerzia si riverbera esclusivamente su singoli periodi di imposta 

.che mantengono la loro autonomia anche per quanto riguarda la pretesa 

all'esenzione che pu� sempre residualmente farsi valere per gli anni che 

ancora ricadono nel periodo stesso. Esclusa la decadenza, ed esclusa 

.altres� la proiezione dell'inerzia precedente e della mancata istanza di 

fronte alla tempestiva reazione all'accertamento, ovvero al ruolo, for


malmente il contribuente ben poteva azionare il suo diritto, e quindi la 

impugnata sentenza che glielo ha riconosciuto non merita censura, nono


stante le mende della motivazfone in diritto (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ApTile 1985, n. 2493 -Pres. Moscone Est. 
Di Salvo -P. M. Di Rienzo (conf.). Ministero delle Finanze 
(Avv. Stato Angel�ni) c/ Simonit (avv. Manfredonia). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Con� 
dono � Agevolazioni .� Inconciliabilit�. 

(d.P.R. 5 novembre 1973, n. 660, artt. 3 e 10). 
Il condono � inconciliabile con ogni agevolazione, anche se anteriormente 
riconosciuta (1). 

(omissis). -Con l'unico motivo l'amministrazione ricorrente deduce 
violazione e falsa applicazione dell'art. 3, commi 1 e 4 della legge 19 dicembre 
1973, n. 823 (di conversione con modificazioni del d.l< 5 novembre 
1973, n. 660) nonch� difetto di motivazione ai sensi dell'art. 360, 

(1) RialLaooiaindosi alla sentenza 19 marzo 1984, n. 1865 (itn questa Rassegna, 
1984, I, 377), la S.C. riafferma la inconciliabilit� dell'esenzione con il condono, 
anche nel caso di esenzione pluriennale gi� riconosciuta e che continua a 
spiegare effetto per i periodi di imposta non coperti da condono. 

842 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nn. 3 e 5' c.p.c., per non avere la commissione centrale tenuto presente 
l'art. 3, comma IV della predetta legge. Ricorda che la norma, dopo 
avere stabilito che i redditi non ancora definiti possono essere deter� 
minati automaticamente, a domanda del contribuente, sulla base di un 
aumento percentuale; anno per anno, dell'ultimo reddito definito (comma 
1), dispone, al IV comma, che �ai fini del primo comma l'imponibile 
dichiarato e l'ultimo imponibile definito si assumono al lordo delle 
detrazioni previste dall'art. 8 del D.L. 30 agosto 1968, n. 1089, e successive 
modificazioni e le imposte sono commisurate al maggior imponibile al 
netto della detrazione relativa al periodo da definire. Di ogni altra nuova 

o maggiore agevolazione o nuova esenzione eventualmente spettante non 
si tiene conto nei casi in cui le relative imposte, a norma dei precedenti 
commi, sono commisurate all'ultimo imponibile definito maggiorato del 
dieci o del venti per cento�. 
Il ricorso � fondato. Questa Corte, con la sentenz� 19 marzo 1984, 

n. 1865, ha gi� esaminato la questione in esame concernente gli effetti 
sull'istanza di definizione agevolata del successivo accoglimento della richiesta, 
precedentemente presentata e diretta ad ottenere il riconoscimento 
del diritto ad una esenzione preesistente alla presentazione della 
predetta istanza, (c.d. di condono). 
Con tale sentenza si � ritenuto che non possa essere accolta la tesi 
che l'accoglimento della domanda di esenzione assorba e prevalga sulla 
domanda di condono perch� essa introdurrebbe una ipotesi di cessazione 
di efficacia della domanda di condono che contraddice alla irrevocabilit� 
della stessa espressamente prevista dall'art. 10, comma 1 del D.L. n. 660 
del 1973, senza alcun limite od eccezione. Ha, quindi, precisato che 
�presupposto per l'applicazione del tributo non � l'esistenza di un reddito 
imponibile con riferimento al periodo di imposta da definire, ma la 
dichiarazione (o l'intervenuta definizione dell'esistenza di un reddito im� 
ponibile) relativa ad un periodo d'imposta precedente a quello da defi� 
nire e ci� a prescindere dall'esistenza anche in tale periodo, di un reddito 
imponibile �, in quanto il legislatore ha dato rilievo � nop gi� alla 
effettiva esistenza di un reddito da sottoporre a tributo, ma alla circostanza 
che il contribuente lo abbia dichiarato per i periodi da prendere 
a base per la liquidazione e che, nel domandare l'applicazione delle disposizioni 
contenute nel d.l. n. 660 del 1973 ne affermi implicitamente l'esistenza 
per il periodo successivo�. L'irrilevanza della riconosciuta esenzione 
non deriva dalla natura dichiarativa o meno del provvedimento 
di riconoscimento dell'esenzione spettante ai sensi dell'art. 8 della legge 
1957, n. 635, ma dalla circostanza che per 11 provvedimento legislativo 
di condono, l'esenzione si pone come elemento estraneo alla fattispecie 
agevolativa. Infatti tale esenzione, ha gi� affermato questa Corte di legittimit� 
con la sentenza citata, malgrado il carattere dichiarativo del 

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II 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

provvedimento che la riconosce, come non pu� operare con riferimento 
ad un periodo d'imposta in ordine al quale sia intervenuto un accerta


imento definitivo, non pu� parimenti operare quando sopravvenga in un 
periodo nel quale avrebbe potuto astrattamente �operare ove non fosse 
stata presentata la domanda di esenzione agevolata, la quale, manifestando, 
per il suo carattere irrevocabile, la volont� del contribuente di 
ottenere � la liquidazione dell'imposta secondo i criteri fissati dal provvedimento 
che la prevede e l'obbligo dell'amministrazione di procedere a 
tale . liquidazione secondo gli stessi parametri, impedisce ad entrambe le 
parti del rapporto di procedere (o di pretendere che si proceda) ad una 
determinazione del reddito imponibile -e ad una conseguente liquidazione 
dell'imposta -valorizzando provvedimenti agevolativi o di esenzione 
dall'imposta e senza che la � novit� � o men~ delle agevolazioni o 
delle esenzioni induca a conclusioni diverse �. Invero, la parte finale del 
quarto comma sopra ripo_rtato, laddove esclude che nell'applicazioqe del 
condono si debba tener conto delle � nuove agevolazioni � non legittima 
l'interpretazione secondo cui si debba, invece, tener conto delle agevolazioni 
od esenzioni � non nuove �. 

Infatti per queste ultime il contribuente, pu�, sulla base della legislazione 
vigente decidere liberamente della convenienza o meno della 
presentazione della domanda� optando per l'esenzione o le agevolazioni 
previste, ovvero per la defini~ione agevolativa; ove egli abbia optato 
per quest'ultima non pu� chiedere, altresi, la concessione degli altri benefici, 
cumulandoli, dopo avervi implicitamente rinunziato con decisione 
irrevocabile; in coerenza con il principio secondo cui la domanda deve 
comprendere a pena di n.ullit� tutte le pendenze relative all'imposta da 
definire (art. 1, d.l. n. 660), non � possibile escludere dal condono alcuni 
accertamenti non definiti senza che possa avere alcuna infl�enza la circostanza 
che tali agevolazioni o esenzioni siano state gi� ottenute al 
momento della scadenza del termine per la .richiesta del condono ovvero 
che la relativa richiesta sia ancora in corso di definizione; ancora meno 
rilevante � poi la circostanza, sulla quale insiste la difesa del contribuente, 
ohe la domanda di definizione agevolata sia stata presentata ~on 
al momento della scadenza del termine, ma con un congruo anticipo 
rispetto ad esso; infatti, anche questa circostanza, che � anch'essa frutto 
di un atto volontario del contribuente, non � idonea ad incidere sui 
principi prima eJ]Ull1ciati relativi alle carntteristiche strutturali e funzionali 
del provvedimento di cond�no, per . cui la perdita del diritto alle 
esenzioni od agevolazioni prima richieste opera indipendentemente dalla 
data di presentazione della domanda di condono; del resto la circostanza 
� del tutto ininfluente perch� la posizione giuridica del contribuente non 
sarebbe stata diversa nell'ipotesi in cui egli avesse atteso l'ultimo mo



844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento utile per presentare la domanda di condono, dato che anche in 
tale istante il provvedimento dell'ufficio di accoglimento parziale della 
richiesta esenzione non era stato ancora adottato, essendo intervenuto 
solo successivamente. 

Queste ultime considerazioni pongono in luce la manifesta infondatezza 
della questione di legittimit� costituzionale prospettata dai resistenti. 


Essi sostengono che l"art. 4 della legge 1973, in. 660 darebbe luogo a 
disparit� di trattamento (art. 3 cost.) e violazione del principio di capacit� 
contributiva (art. 53, Cost.) perch� tratterebbe diversa;rnente, a parit� 
di situazioni giuridiche, i contribuenti, a seconda che abbiano presentato 
la domanda di definizione automatica nel febbraio 1974 ovvero il 30 aprile 
dello stesso anno, data di scadenza del termine stabilito per chiedere 
tale beneficio. 

L'assunto si fop.da, per�, su un elemento di fatto errato perch�, come 
ha accertato la Commissione tributaria, il provvedimento di parziale 
accoglimento dell'esenzione � stato adottato il 4 maggio ed � stato notificato 
il successivo 15 maggio 1974, cio� in data non precedente, ma successiva 
al 30 aprile 1974, che, come si � visto, era la data di scadenza 
1del termine per la presentazione dell'istanza di definizione �gevolata. 
L'assunto del resistente, presuppone, inoltre, che gli effetti giuridici sarebbero
� stati diversi nell'ipotesi che il contribuente, anzich� presentare 
l'istanza con notevole anticipo, avesse atteso la scadenza del termine. 

Questa ricostruzione della volont� normativa, data per certa dai re_si


stenti, non pu� per� essere condivisa; in primo luogo perch� muove 

dalla erronea individuazione, gi� messa in rilievo, della data del provve


dimento di accoglimento dell'esenzione ed, in secondo luogo, perch� si 

fonda su una interpretazione della norma gi� esaminata e disattesa da 

questa Corte di legittimit�, interpretazione secondo la quale il contri


buente che abbia presentato l'istanza di definizione agevolata conser


verebbe il diritto di usufruire di altre esenzioni ed, in particolare, di 

que~la prevista dall'art. 8 della 'legge 1957, n. 635. , 
La questione di legittimit� costituzionale, nei termini prospettati, � 
dunque manifestamente infondata perch� individua una diversit� di 
trattamento giuridico -dalla quale discenderebbe anche la violazione 
del principio della capacit� contributiva -del tutto inesistente nell'articolo 
3 della legge n. 823 del 1973. 
Ritenuta infondata la questione di legittimit� costituzionale proposta 
dai resistenti occorre concludere che il provvedimento di esenzione 

non opera limitatamente agli anni per i quali il contribuente ha usufruito 
della definizione automatica del condono, ma conserva la propria efficacia 
per gli anni successivi (omissis). 



PAR'ffi I, Sl!Z. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 845 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1985, n. 2605 -Pres. Virgilio Es~. 
Rossi -P. M. Valente (conf.). Soc. Gambogi c/ Ministero delle 
Finanze (Avv. Stato D'Amico). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro � Rimborso � Prescrizi�ne � 
Indebito oggettivo � lnconfigurabilit� � Prescrizione ordinaria � Esclusione. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3263, art. 136). 
La domanda di rimborso di una imposta che si assume non dovuta 
per la spettanza di un'esenzione non � configurabile come azione di indebito 
oggettivo,' essa � pertanto soggetta alla prescrizione dell'art. 136 
dell'abrogata legge di registro, che regola compiutamente la materia, e 
non alla prescrizione ordinaria (1). 

(omissis) l'I secOIDJdo, il tmzo, H quinto ed il settimo motivo vanno 
congiuntamente trattati essendo caratterizzati dalla coinune pretesa che 
si tratti di atto esente da imposta. 

Con essi infatti, il ricorrente denuncia la vioiazione e falsa applicazione 
degli artt. 2033 e 2946 e.e. e 15 delle preleggi, in relazione all'art. 8 
comma 1�, della legge 729/1961 e all'art. 360 n. 3 c.p.c., addebitando alla 
Corte di merito di non aver considerato.. che il pagamento effettuato a 
titolo di imposta non dovuta, in quanto pretesa riferentesi ad atto esente, 
costituisce indebito oggettivo, sicch� deve trovare applicazione l'art. 2946 
e.e., che prevede la prescrizione decennale del diritto al rimborso (e che 
� certamente abrogativo -per incompatibilit� -dell'art. 136 della legge 

_di registro, il quale stabilisce la prescrizione triennale, cos� come avviene 
in ogni caso di contestazione in radice del potere di imposizione (terzo 
motivo); in tali casi l'assoggettamento ad imposta di atto esente integra 
infatti gli estremi dell'atto illecito produttivo di danni, con conseguente 
applicazione della prescrizione quinquennale (quinto motivo, in relazione 
agli artt. 2043 e 2947 e.e.). 

Anche queste censure sono infondate. 

Con indirizzo costante questa Corte ha precisato che il citato art. 136 
(con le disposizioni seguenti) regola compiutamente la materia della 
prescrizione in tema di imposta di registro, quale legge speciale prevalente 
su quella generale; con ambito di previsione che ricomprende 

(1) Decisione da condividere pienamente. Il tentativo di presentare la domanda 
di rimborso di tributi come indebito oggettivo per superare decadenze 
e preclusioni stabilite nei procedimenti tributari o per spostare la giurisdizione 
� sempre stato respinto oo11a giurisprudenza (Cass .�10 marzo .1982, n. 1544; 
21 novembre 1003, n. 6WS, in questa Rassegna, 1982, I, 816; 1984, I, 327). 

846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quindi ogni fattispecie in cui il contribuente, avendo eseguito il pagamento 
di un'imposta di registro non dovuta, ne chiede la ripetizione, 
anche in caso di pretesa esenzione o inesistenza dell'obbligo tributario 
(cfr. per tutte Cass. sent. 3199/77). 

La societ� ricorrente peraltro non a ragione sostiene che si tratti 
nella specie di contestazione in radice del potere .di imposizione, laddove 
ricorre evidentemente la diversa ipotesi c~ratterizzata da pretesa di recupero 
di imposta, che si assume non dovuta in quanto l'atto sottoI>osto a 
registrazione. avrebbe dovuto usufruire di un trattamento diverso da quello 
adottato dall'Amministrazione. 

E non � neppure astrattamente configurabile una ipotesi di fatto illecito, 
produttivo di danni riosardbili ex art. 2043 segg. e.e., in relazione ad 
assoggettamento ,ad imposta di atto non ~sente (omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1985, n. 2820 � Pres. Mirabelli � 
Est. Scanzano � P. M. Valente (conf.). Maretti e/ Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Tallarida). 

Tributi erariali diretti � Soggetti passivi � Liquidatari delle societ� � Responsabilit� 
� Prescrizione � Decorrenza 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Tributi erariali diretti'. Soggetti passivi � Liquidatari di societ� '� Accertamento 
responsabilit� successivo alla liquidazione � Notifica al solo 
liquidatore -.~gittimit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Poich� la responsabilit� dei liquidatori per i debiti di imposta della . 
societ� presuppone che i debiti non siano stati pagati con le attivit� 
della liquidazione, la relativa azione pu� essere esercitata solo dopo che, 
con il deposito del bilancio finale di liquidazione, si abbia la certezza 
che li debito non � stato e non potr� pi� essere soddisfatto; e quindi solo 
da questo momento inizia a decorrere il termine di prescrizione (1). 

Bench� sia possibile agire contro la sooiet� gi� liquidata e cancellata i 
dal registro, � legittimo l'accertamento notificato dopo la cancellazione 

I!

al solo liquidatore (2). 

! 

(1-5) Le tre sentenze, sulla base di principi ormai .approfonditamente defini1li. 
(Oass. 6 luglio 1977, n �. 2fJ72, iin questa Rassegna, 1977, I, 699, 14 marzo 1fJ78, 

n. 1273, ivi, 1978, I, 478, 19 maggio 1980, n. 3270, ivi, 1981, I, 223), evidenziano ancora 
alcuni profili di interesse. 
I

I 

. II 

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PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 847 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1985, n. 2821 Pres. Mirabelli Est. 
Scanzano -P. M. Valente (conf.). -Lamburghini (avv. Della Lunga) 
e/ Ministero delle Finanze (avv. Stato Linguiti). 

Tributi erariali diretti -Soggetti passivi -Liquidatore di societ� , Responsabilit� 
� Ruolo formato contro la societ� � E' titolo valido contro il 
liquidatore. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Una volta dichiarata, con decreto dell'Intendente di finanza, la responsabilit� 
del liquidatore, il titolo di esigibilit� nei suoi confronti � 
costituito dal ruolo gi� emesso contro la societ�, non essendo necessario 

e nemmeno possibile emettere nuovo ruolo nei confronti del liquidatore 
(3). 
III 

CORTE DI C~SAZIONE -Sez. Un., 6 maggio 1985, n. 2822 -Pres. Mirabelli 
-Est. Scanzano -P. M. Valente (conf.). -Ricci e/ Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Palatiello).. 

Tributi erariali diretti � Soggetti passivi � Liquidatore di. societ� � Responsabilit� 
� Accertamento e contenzioso � Art. 36 d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 602 � Portata processuale � Applicabilit� ai rapporti anteriori 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36). 
Tributi erariali diretti � S�ggetti passivi � Liquidatore di societ� � Responsa� 
bllit� � Regime anteriore al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 � Limita� 
zione della responsabilit� alle somme che avrebbero trovato capienza 
in sede di graduazione dei privilegi � Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36). 
Le norme dell'art. 36 penultimo e ultimo comma del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 602 hanno portata processuale e sono immediatamente appli� 
cabili ai rapporti gi� sorti, con la conseguenza che la contestazione della 
responsabilit� del liquidatore della persona giuridica se pur riferita a 

(1-5) Le tre sentenze, sulla base di principi ormai approfonditamente definiti 
(Cass. 6 luglio 1977 n. 2972, in questa Rassegna, 1977, I, 699; 14 marzo 1978 n. 1273, 
ivi, 1978, I, 478; 19 maggio 1980 n. 3270, ivi 1981, I, 223), evidenziano ancora alcuni 
profili di interesse. 

La prima sentenza sul punto della prescrizione (si fa riferimento, perch� 
non era proposta impugnazione, alla prescrizione quinquennale ma � invece 
da applicare la prescrizione ordinaria perch� il . t~tolo della responsabilit� non 
� risarcitorio, come precisa la citata 'sentenza n. 2972/1977) molto esattamente 
rileva che il termine non comincia a decorrere prima del deposito del bilancio 
finale di liquidazione, perch� solo in questo momento si ha la certezza che 
il debito di imposta non � stato e non potr� pi� essere pagato; anteriormente 
non potrebbe essere invocata la responsabilit� del liquidatore in quanto, proce




848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fatti anteriori, �_fleducibile contro l'accertamento dell'ufficio delle imposte 
secondo le norme del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (4). 

La responsabilit� del liquidatore della societ� � soggetta al regime 
sostanziale del tempo in cui essa � sorta anche se accertata successivamente; 
di conseguenza se i presupposti della responsabilit� si siano verificati 
in vigenza dell'art. 265 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, che prevedeva 
una responsabilit� .incondizionata, non trova applicazione l'art. 36 del 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che limita la responsabilit� alle somme per 
crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione 
dei privilegi (5). 
dendo la liquidazione senza l'osservanza dei privilegi o di altre determinazioni 
temporali, non si potrebbe mai affermare che sia maturato il presupposto 
costitutivo della responsabilit�. 

La seconda massima della prima sentenza � pure esatta ma pu� lasciare 
qualche perplessit�. Dopo' la liquidazione e cancellazione della societ� � certamen,
te possibile dichiarare la responsabilit� del liquidatore. Non risulta tuttavia 
ben chiaro dalla motivazione se anche l'accertamento dell'obbligo di 
imposta sia stato notificato soltanto al liquidatore. Se cos� fosse, sarebbe da 
dubitare della regolarit� del procedimento perch� da un lato l'obbligazione 
tributaria va sempre accertata nei confronti del contribuente con la conseguenza 
che di tale obbligazione il liquidatore risponde solo in via sussidiaria; 
dall'altro, come pure � stato precisato (sent. citata n. 1273/1978) il liquidatore 
non � legittiimato a contestare l'obbliga2'Ji.one della ,societ�. Se fosse omessa 
la notifica dell'accertamento alla societ� (bench� liquidata), non sarebbe pos� 
sibile la sua impugnazione e il liquidatore si troverebbe a rispondere di un 
obbligo non assoggettato a verifica giurisdizionale. 

Di quanto precede d� una riconferma la seconda sentenza che correttamente 
scinde l'accertamento ed il ;ruolo diretti contro la societ� e l'accertamento 
del titolo della responsabilit� del liquidatore; sui primi � legittimata 
all'impugnazione solo la societ�, sul secondo il liquidatore pu� contestare la sua 
qualit� di responsabile ma non l'obbligazione tributaria. � per questo che una 
volta dichiarata la responsabilit� del liquidatore il titolo (e l'oggetto) della 
esigibilit� � lo istesso ruolo. (Oass. 28 aprile 1m, n. 1615, dn questa Rassegna, 
1977, I, 457). 

L'ultima sentenza � di evidente esattezza. L'art. 36 del d.P.R. n. 602/1973 
� di contenuto processuale per ci� che concerne le modalit� di accertamento 
e ricorso contro di esso (ultimo e penultimo comma) e contenuto sostanziale 
per quanto concerne la disciplina della responsabilit� (nello stesso senso anche 
CalSls. 24 giugno 1985, n. 3797 dd cud si omette la pubblicazione).' 

Anteriormente, l'art. 265 non poneva limiti alla responsabilit� del liquidatore 
per tutti i debiti di imposta non pagati quali che fossero le attivit� disponibili 
e il concorso di altri creditori; se il liquidatore avvertiva di non poter soddisfare 
tutti i debiti non aveva altra via per sottrarsi alla responsabilit� pers�" 
nale che promuovere la dichiarazione di fallimento. Ove i presupposti della 
responsabilit� siano maturati sotto il vigore di questa disciplina non pu� 
trovare applicazione l'art. 36 che regola solo per l'avvenire in modo diverso 
i limiti della responsabilit� prevedendo che il liquidatore risponda solo per i 
crediti di imposta non soddisfatti che avrebbero potuto trovare capienza in 
una (ideale) ~raduazione dei privilegi da ricostruire ex post. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

(omissis) Coi primo motivo i ricorrenti denunciano falsa applicazione 
dell'art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e violazione degli artt. 2456 
e 2949 cod. civ., e ripropongono la tesi che il ten:nine di prescrizione della 
azione di responsabilit� verso i liquidati decorre dalla cancellazione della 
societ� dal registro delle imprese. Dopo avere contestato l'affermazione 
della sentenza impugnata secondo cui il debito di cui si tratta sarebbe 
stato iscritto. a ruolo dopo la decisione della Commissione distrettuale, 
essi sostengono che il citato art. 265 ha il suo proprium nel fatto di abilitare 
l'Amministrazione finanziaria ad una procedura che prescinde dall'intervento 
del giudice; ma, nel comunicare la personale responsabilit� dei 
liquidatori che per dolo o colpa abbiano omesso di soddisfare i crediti 
del fisco, ha fondamento e contenuto sostanziale non diversi da quelli della 
norma dell'art. 2456 cod. civ. (che in presenza degli stessi presupposti 
legittima genericamente i creditori sociali ad agire verso i liquidatori 
medesimi). Dovrebbe quindi applicarsi anche in questa materia il principio 
desumibile dall'art. 2456, il quale, mentre non esclude che il fisco 
ed ogni altro creditore possano agire nei confronti dei liquidatori non 
appena vengono a realizzarsi i presupposti della loro responsabilit�, 
sposta -a tutto beneficio del creditore -la dec;orrenza del termine di 
prescrizione alla data della cancellazione della societ� dall'apposito registro. 
Essendo stata, nella specie, tale formalit� eseguita il 20 maggio 1965, 
il termine quinquennale di prescrizione sarebbe gi� decorso allorch� il 4 
e il 6 giugno 1970 venne notificato il provvedimento che li chiamava a 
rispondere del debito della �societ�; ci�, senza dire -concludono -che 
aH'Aimministrazione finanziaria era gi� nota la ohiusura della liquidazione 
attraverso la documentazione allegata alla dichiarazione unica dei 
redditi presentata il 30 novembre 1964. 

La censura � priva di fondamento. 

Va premesso che ogni questione relativa al termine di prescnz1one 
applicabHe � preclusa in questa sede, giacoh� la Corte d'Appello -ribadendo 
l'opinione gi� epressa dal Tribunale e non censurata in sede di 
gravame -ha individuato il termine stesso in quello quinquennale, 
mentre il ricorso non contiene impugnativa sul punto e deduce solo questioni 
attinenti all'identificazione del dies a quo (v. Cass. 1273/78, 5411/81). 

Va aggiunto che, riguardo al dies a quo concretamene identificato 
dalla Corte di merito, la prima parte del motivo in esame esprime una 
contestazione che � da respingere. Da un lato, infatti, essa � apodittica 
e generica e non indica gli specifici elementi dai quali il detto giudice 
avesse potuto trarre argomento per una diversa decisione; dall'altro essa 
� irrilevante giacch�, una volta che si valorizzi (come si vedr� deve farsi), 
ai fini considerati, la data di iscrizione a ruolo, deve constatarsi che -co



8,50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

me si evince dalla sentenza impugnata -essa non pu� non essere posteriore 
al 21 dic�mbre 1966, risultando che in tale data furono notificati gli 
avvisi di accertamento delle imposte cui l'iscrizione si riferiva. E tale 
data ricade nel quinquennio anteriore alla notificazione (4 e 6 giugno 1970) 
del decreto intendentizio che estende l'efficacia del ruolo ai liquidatori. 

Detto questo, va osservato che la tesi secondo cui dovrebbe equipararsi 
la speciale responsabilit� dei liquidatori prevista dall'art. 265 del 

t.u. citato a quella prevista ~ei loro confronti dall'art. 24S6 cod. civ., e 
pertanto con la cancellazione della societ� inizierebbe a decorrere il termine 
di prescrizione dell'azione del fisco contro i liquidatori stessi, si 
infrange contro l'assorbente rili.evo che tale azione non pu� essere esercitata 
senza e prima che il ruolo in cui � iscritto il debito tributario della 
societ� possa legalmente essere posto in riscossione. � sufficiente quindi 
l'applicazione del principio fondamentale espresso, in materia di prescrizione, 
dall'art. 2935 cod. civ. per affermare che il termine predetto non 
pu� cominciare a decorrere prima che quella legale possibilit� siasi 
realizzata, e ohe quindi � irrilevante, a questi fini, �il fatto dell'eventuale 
anteriore cancellazione della societ�. 
Possono invece avere le vicende della vita della societ� una loro rile� 
vanza solo nel caso in cui il credito d'imposta nei confronti di questa sia 
divenuto gi� anteriormente esigibile. Dichiaratasi l'esecutivit� del ruolo 
ed avvenuta la sua consegna ahl'Esattore, questi pu� certamente agire 
-secondo l'art. 265 citato -contro i liquidatori senza attendere (come 
debbono secondo l'art. 2456, i comuni creditori sociali) la cancellazione 
della societ�. Potendo, tuttavia, egli fare legittimamente affidamento sull'adempimento 
della societ� (obbligata in base al mpiporto tributario) e 
potendo d'altronde agire contro i liquidatori personalmente solo dopo 
che essi non abbiano pagato le imposte � con le attivit� della liquidazione
� (cio� non abbiano pagato come organi della societ�, giacch� appunto 
a tale qualit� si ricollega la disponibilit� delle attivit� anzidette), 
� evidente che l'azione di che trattasi pu� essere esercitata (e pu� quindi 
cominciare a decorrere il relativo termine di prescrizione) solo quando 
sia divenuto legalmente certo che con le attivit� della liquidazione il debito 
d'imposta non � stato pagato:_ ed il momento in tal senso rilevante 
� quello del deposito del bilancio finale di liquidazione (art. 2453, 2� comma 
cod. civ.). 

Non merita d1i!Ilque censura la statuizione con cui l'eccezione di prescrizione 
� stata respinta. 

Col secondo motivo si denuncia erronea interpretazione delle norme 
sulla colpa con conseguente falsa apvlicazione dell'art. 265 del t.u. citato, 
e si censura la impugnata sentenza per avere affermato la responsabilit� 
personale dei liquidatori per il paga:mento delle imposte sebbene gli accertamenti 
fiscali relativi fossero stati notificati dopo la cancellazione della 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

societ�. Sostengono i ricorrenti: a) che � siccome la societ� continua. ad 
esistere, sebbene cancellata, fino alla completa estinzione dei rapporti 
giuridici di cui � titolare, l'Amministrazione finanziaria doveva far valere 
le sue pretese, non nei confronti di essi liquidatori ma della societ�; 
b) che non sono configurabili colpa e responsabilit� personale dei liquidatori, 
nella materia considerata, quando l'avviso di accertamento dell'imposa 
pretesa venga 'notificato dopo la chiusura della liquidazione, 
perch� nessuna norma _di diligenza impone di attendere la scadenza dei 
termini fissati per eventuali accertamenti futuri, specie quando essi non 
siano neanche prevedibili (come appunto nel caso, dato che il bilancio 
non evidenziava alcuna plusvalenza, mentre la societ� era stata assoggettata 
sempre e solo all'imposta ~ui fabbricati). 

La censura non � fondata. 

La tesi riassunta sub a) � palesemente contraria �lla logica dell'art. 
265 del testo unico che, pure dando per scontata la teorica possibilit� 
sol che, accellerando i tempi della liquidazione, riuscissero a preve


dere in prop!'.'io i liquidatori che abbiano esaurito le disponibilit�' della liquidazione 
senza provvedere al pagamento delle imposte, e non subordina 
ad alcuna altra condizione la proponibilit� della relativa azione del fisco. 

La tesi di cui sub b) si infrange contro il motivato apprezzamento di 
merito espresso nella impugnata sentenza. La Corte d'appello muove dal 
principio secondo cui agli effetti del ripetuto art. 265, le. imposte � dovute 
� dalla societ� sono quelle i cui presupposti si siano verificati nei confronti 
di questa, in relazione a1la sua attivit�, ancorch� accertate successivamente, 
sia pur dopo l'esaurimento della liquidazione e la cancellazione: 
principio che non pu� contestarsi se non giungendo ad elidere la 
forza ed il valore sanzionatorio della norma considerata. 

Secondo la tesi dei ricorrenti, infatti, liquidatori pur consapevoli dell'esistenza 
d'imposta, potrebbero sottrarsi alla loro personale responsabilit� 
sol che, accellerando i tempi della liquidazione, riuscissero a prevenire 
con l'affrettat~ cancellazione della societ� gli accertamenti che l'ente 
impositore potrebbe ancora legittimamente compiere. 

In punto di fatto poi la detta Corte ha osservato che la plusvalenza 
concorrente a formare l'imponibile (di ricchezza mobile e dell'imposta 
sulle societ�) poi tassato derivava da un fatto che era gi� precedentemente 
insorto, ed era anche nota per essere stata gi� contestata alla Societ�, 
sia pure ai fini della diversa imposta di registro, mentre la possibilit� del 
fisco di estendere tale contestazione ai fini dei tributi di cui si tratta 
doveva essere conosciuta da persone che assumevano l'incarico di liquidatori 
di soggetti tassabili in base a bilancio. Il Maretti ed il Giove 
quindi -secondo il pensiero della Corte barese -avevano la possibilit� 
di prevedere gli accertamenti e non potevano perci� affrettarsi 
a ripartire tra i soci le cospicue disponibilit� sociali. Si tratta di un 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

852 

apprezzamento di merito con cui � stata rigettata la doglianza dei liquidatori 
diretta a vedere esclusa la loro colpa; apprezzamento che, essendo 
sorretto da motivazione sufficiente e coerente, oltre che giuridicamente 
esatta, si sottrae al sindacato di questa Corte. E p�ich� coh ci� la colpa 
degli odierni ricorrenti risulta legittimamente accertata, rimane assor,
bita la questione (da essi prospettata sulla base di Cass. 21 aprile 1964, 

n. 952) relativa alla rilevanza dell'elemento psicologico ne\la fattispecie 
prevista dall'art. 265 del testo unico del 1958 sulle imposte dirette. 
(omissis). 

II 

(omissis) Col primo motivo il Lamburghirni ,lamenta che la Corte 

di merito abbia omesso di esaminare la domanda con cui si sosteneva 

che il decreto dell'intendente di finanza non costituisce titolo esecutivo 

contro il preteso responsabile del debito tributario della societ� e che 

pertanto nei suoi confronti pu� procedersi solo in forza di nuovo ruolo 

senza possibilit� di estendere a lui gli effetti di quello in cui � iscritto il 

debito predetto. 

Col secondo motivo, e � per mero tuziorismo � ripropone la questione 

di legittimit� costituzionale dell'art. 265 citato in quanto possa consentire 

ad un organo della stessa Amministrazione finanziaria di costituire, 

inaudita altera parte, un titolo esecutivo implicante un giudizio di con


darpia nei confronti del preteso responsabile dell'imposta dovuta dalla 

societ�. 

Il ricorso non � fondato. 

Il vizio di attivit� denunciato col primo motivo non sussiste, giac


ch� -come risulta dalla narrativa che precede -la corte d'appello ha 

esaminato la domanda che il Lamburghini assume trascurata e l'ha di


sattesa, individuando negli artt. 265, 267 e 270 del citato testo unico la 

fonte del potere dell'Intendente di finanza di accertare i presupposti della 

responsabilit� di cui si discute e di porre in essere il titolo per l'attua


zione della relativa sanzione. Se, pertanto, la censura qui proposta dovesse 

essere interpretata come limitata alla denuncia di omesso esame di que


sto profilo della domanda, il compito di questa Corte potrebbe ritenersi 

esaurito con il rilievo test� svolto. Possono tuttavia ritenersi implicite nel 

ricorso la contestazione delle ragioni in base alle quali quel profilo � stato 

disatteso e la riproposizione dell'assunto gi� prospettato al giudice di 

merito; ed invero la forma in cui � stata dedotta la questione di costitu


zionalit� involge appunto una tesi principale -ribadita poi e sviluppata 

nella memoria -nel senso che l'esatta interpretazione del sistema (de


nunciato altrimenti come sospetto) condurrebbe a ritenere illegittimi il 

decreto intendentizio e la procedura esattoriale. 

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PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

Ma quella tesi non � fondata. 

Come gi� queste Sezioni unite hanno pi� volte affermato (e da ulti


mo, in una controversia tra le stesse parti: v. sent. n. 2145/85), il decreto 

con cui l'intendente di finanza individua il soggetto tenuto a rispondere, 

ex art. 265 del t.u. n. 645, del mancato pagamento del debito tributario 

della Societ�, legittimando cos� nei confronti di lui l'esecuzione esatto


riale, non � previsto in modo espresso da una particolare disposizione di 

legge, ma � configurabile -secondo le inequivoche implicazioni del si


stema -come, atto di specifica attribuzione dt;ll'Intendente. Ci�, sia per 

la competenza generale di questo come organo preposto, tra l'altro, alla 

vigilanza sull'esattezza e sulla puntualit� delle riscossioni e sulla realiz


zazione anche in via giudiziaria dei crediti erariali, sia per quella, pari


menti generale, ad accertare la conformit� del ruolo alle disposizioni di 

legge e renderlo esecutivo (art. 185 t.u. citato), si11 per quella pi� speci


fica ad applicare le sanzioni diverse dalla sopratassa (art. 27 o dello stes


so testo unico). 

E la responsabilit� del liquidatore e dell'amministratore � prevista 

appunto -come risulta anche dalla collocazione dell'art. 265 -a titolo 

sanzionatorio. Se a ci� si aggiunge che la P.A. pu� esprimere anche in 

forma esecutiva le sue pretese senza bisogno di rivolgersi previamente 

al giudice e che perci� deriva dai principi la possibilit� che essa individui 

direttamente il ,soggetto responsabHe e lo chiami autoritativamente a ri


spondere, appare pienamente coerente col sistema che sia l'intendente di 

finanza l'organo abilitato a determinare i presupposti necessari affinch� 

rau1vita di riscossione cui il ruolo � preordinato possa concretamente 

svolgersi nei confronti di tale soggetto. 

N� per legittimarsi tale attivit� � necessaria l'emissione di un nuovo 

ruolo nei confronti del liquidatore o dell'amministratore. In proposito 

� stato gi� affermato che la natura non tributaria del debito di cui si 

disc�te esclude la possibilit� di una sua iscrizione a ruolo (v. sent. 

n. 2145/'85 citata e arg. ex artt. 173 gg. del citato testo unico) e che, nel 
sistema d~lla legge, urta volta intervenuto il provvedimento dell'intendente 
di finanza, l'iscrizione effettuata al nome della societ� costituisce 
egualmente titolo di esigibilit� del debito stesso nei confronti del liquidatore 
o dell'amministratore. 
Pu� aggiungersi, contro la tesi del ricorrente, che il contenuto dei ruoli 
� determinato dalla legge e che, secondo gli artt. 182 e 183 del citato testo 
. unico, la materia di cui si discute non � prevista come possibile conte


nuto di ruoli straordinari o speciali. 

Ci�, senza dire dell'anomalia di una ulteriore iscrizione a ruolo della 
stessa somma �(sia pure nei confronti di soggetto tenuto a rispondere a 
diverso titolo), in un sistema in cui il ruolo costituisce l'esattore debitore 
delle somme iscritte, indipendentemente . dalla loro riscossione 


854 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(art. 63 dell'allora vigente t.u. 15 maggio 1903 n. 858), e quindi dell'anomalia 
di una ulteriore obbligazione dell'esattore verso l'erario. 

Deve quindi ritenersi legittima l'estensione al Lamburghini del titolo 
di esigibilit� costituito dal ruolo in cui � stato iscritto il debito della 
societ�. 

Rimane con ci� disattesa�anche la questione (di cui all'ultima parte 
della memoria del ricorrente) relativa alla nullit� dell'avviso di mora ed 
alla illegittimit� ex tunc della esecuzione esattoriale. 

Manifestamente infondata infine deve ritenersi la eccezione di illegittimit� 
costituzionale della normativa che attribuisce all'intendente di finanza 
la competenza di cui si � detto, con riferimento all'art. 102 Cost. 
L'intendente interviene, infatti, nella materia, non in funzione di giudice, 
ma in funzione di organo amministrativo, con un provvedimento che ha 
natura amministrativa, ha l'esecutoriet� propria degli atti amministrativi 
e non � suscettibile di passare in giudicato. Il tutto appare pi� evidente 
dal rilievo che giudice della legittimit� della pretesa espressa dal decreto 
intendentizio rimane pur sempre l'A.G.O., dinanzi alla quale � la stessa 
Amministrazione finanziaria (cui l'intendente appartiene) ad assumere 
la qualit� di parte nel cui contraddittorio vengono accertati i presupposti 
della responsabilit�. del liquidatore o dell'amministratore. Nono sono 
quindi pertinenti i rilievi svolti dal ricorrente sulla base della sentenza 
con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le norme della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4 relative al decreto penale dell'Intendente di 
finanza (omissis). 

III 

(Omissis). -Col primo motivo si denuncia il difetto di giurisdizione 
delle commissioni tributarie. 

Il ricorrente, richiamando il principio n. 1273, sostiene che la controversia 
insorta sui presupposti della personale responsabilit� di cui 
si tratta non ha ad oggetto il debito d'imposta della societ�, ~ rientra 
pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella delle 
commissioni tributarie. 

La censura � priva di fondamento. 

Il principio richiamato nel ricorso appartiene, i:q. Vf(rit�, alla g�urisprudenza 
ormai consolidata di questa Corte, anche a Sezioni Unite; ma 
� stato affermato con riferimento alla disciplina vigente prima dell'entrata 
in vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ed � stato affermato 
sul rilievo che quella del liquidatore inadempiente all'obbligo di estinguere 
il debito tributario della societ� � una responsabilit� di tipo sanzionatorio, 
il cui accertamento non involge l'an ed il quantum di tale 

R 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

debito, cio� quei temi che costituiscono l'oggetto della competenza delle 

commissioni tributarie. Con l'entrata in vigore del d.P.R. citato la mate� 

ria della responsabilit� personale del liquidatore verso l'Amministrazione 

finanziaria � stata modificata con innovazioni di natura sostanziale e di� 

natura procedimentale, essendosi appunto previsto (art. 36) che la re


sponsabilit� in parola va contestata con avviso di accertamento emesso 

dall'Ufficio delle Imposte dirette e che contro di esso � ammesso ricorso 

secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al d.P.R. 

26 ottobre 1972, n. 636: quindi ricorso alle commissioni tributarie. E sicco


me, nel caso in esame, il procedimento ha avuto. appunto inizio dopo 

l'entrata in vigore della nuova normativa e con .le forme da essa pre


viste, esso rimane -quanto a modalit� di svolgimento e quanto a com


petenza degli organi giurisdizionali -interamente disciplinato dalla nor


mativa stessa, sebbene la contestata responsabilit� tragga origine dal' 

mancato pagamento di imposte ormai abolite. Ed invero, per quanto ri


guarda il profilo qui considerato, le disposizioni transitorie del d.P.R. ci


tato non contengono alcuna deroga al principio dell'immediata applica


bilit� delle norme di natura processuale. 

Col secondo motivo il ricorrente lamenta che la commissione tributaria 
centrale, nel negare che fosse stato dimostrato il corretto impiego 
delle attivit� della liquidazione, abbia omesso di considerare i documenti 
� comprovanti che con quelle attivit� erano stati soddisfatti creditori ipotecari, 
i quali avevano diritto, in quanto tali, di essere preferiti al fisco. 

La censura non �. fondata. 

Essa sottintende l'assunto che la responsabilit� del liquidatore �. 

esclusa quando le attivit� predette siano state impiegate nell'estinzione 

di crediti aventi grado poziore rispetto a quelli tributari, cio� quell'assun" 

to che trova ora una base normativa nell'art. 36 del d.P.R. n. 602 del 

29 settembre 1973. Ma tale disposizione ha carattere innovativo, e non 

pu� trovare perci� applicazione quando i presupposti della responsa


bilit� del liquidatore si siano verificati nella vigenza dell'art. 265 t.u. 

29 gennaio 1958, n. 645 (come appunto nel caso in esame: dato che la so


ciet� Torricella era stata cancellata gi� dal 9 agosto 1972). Tale art. 265, 

infatti, � stato abrogato (dall'art. 104 del d.P.R. n. 602) a decorrere dal 

primo gennaio 1974, per cui rimangono ferme le conseguenze di natura 

sanzionatoria scaturite gi� anteriormente dalla. sua inosservanza e i rela


tivi criteri di vajutazione. 

Orbene, secondo il ripetuto art. 265 (e giusta l'interpre,tazione gi� 

adottata da questa Corte: v. sent. 29 ottobre .1974, n. 3259), il liquidatore 

che, valutata con la necessaria diligenza la situazione patrimoniale della 

societ�, constati l'insufficienza del patrimonio al soddisfacimento di tutte 

le passivit�, e quindi l'impossibilit� di estinguere i debiti tributari, non 

pu� posporre le ragioni del fisco (che quella disposizione vuole comun



856 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

que garantire). a quelle di altri creditori che ritenga assistiti da garanzie 
poziori, ma, se vuol evitare la sua personale responsabilit� verso il 
fisco, non ha altra scelta che accantonare le disponibilit� e chiedere il 
fallimento della Societ�.� La possibilit� del liquidatore di ris�i>lvere problemi 
di graduazione con effetti per 1ui liberatori rispetto alla responsabilit� 
di cui all'art. 265 del t.u. n. 645 (responsabilit� prevista incondizionatamente, 
a differenza di quanto ora dispone il citato art. 36), presupporrebbe 
almeno la natura concorsuale del procedimento di liquidazione, 
con le connesse garanzie per i creditori (v. ad esempio gli artt. 498 sgg. 
cod. civ. in tema di eredit� beneficiata). Ma tale natura il predetto procedimento 
non ha, per cui l'incondizionata responsabilit� prevista dailo 
art. 265 non puq consentire la deroga che il ricorrente pretende. � evidente 
allora, la irrilevanza della documentazione della quale �si lamenta 
l'omesso esame (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1985, n. 2829 -Pres. MoS.Cone � 
Est. Senofonte -P. M. Di Rienzo (conf.). -Costa (avv. Paolucci) c. 
Ministero del Tesoro (avv. Stato Ferri). 

Tributi in genere � Repressione delle violazioni � Vizi del provvedimento � 
Impugnazione � Giudizio di merito sul rapporto � Irrilevanza dei vizi. 

Oggetto del processo sulle sanzioni non � tanto l'atto autoritario bens~ 
la pretesa sanzionatoria della quale il giudice investito dell'opposizione 
all'atto che la esprime deve .autonomamente accertare i presupposti 
sostanziali (riconducibilit� del comportamento concreto alla previsione 
legale); ne consegue che i vizi formali del provvedimento sanzionatorio 
sono irrilevanti (1). 

(1) Decisione di molto interesse, al di l� della fattispecie decisa. Essendo 
il giudizio sulle sanzioni di diritto soggettivo, sulla sussistenza della violazione 
e con �cognizione piena, sono indifferenti i vizi formali del provvedimento 
sanzionatorio. Questo principio oggi affermato in materia valutaria (sul 
punto Cass. Zl gennaiio 19Sl, n. 602, in Dir. Prat. Trib. 1&81, Il, 12118), � valevole 
anche per �i provveddmentd ex art. 55 e isegg. de11a legge 7 gennaio 1929, n. 4 
con i quali unitamente alla irrogazione della sanzione si accerta il debito di 
� imposta (Ciass. 7 aprile 1976, n. 11~ dn questa Rassegna, 1976, I, 608). 

Ma lo stesso principio vale per l'accertamento in genere e per il giudizio, 
sempre sul rapporto, innanzi alle commissioni; quando si aecide nel merito 
la sussistenza dell'obb.higazione e se ne determina la quantit�, non sono pi� 
rilevanti i vizi di forma dell'accertamento la cui perfezione non � l'oggetto 
dei giudizio. 

Ci� non significa che nessun vizio sia mai rilevante. In presenza di vizi 
sostanziali che invalicl,ano la potest� di accertamento il giudice dovr� dichiarare 

. ' 

.....,.,,.,,��,,.

��P-mP��~ 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 857 

(omissis) Il primo motivo non � fondato, anche se la motivazione 

della sentenza impugnata deve essere sul punto corretta, ai sensi del


l'art. 384, cpv., c.p.c., per le ragioni che seguono. 

La tecnica della disapplicazione del provvedimento amministrativo da 

parte del giudice� ordinario presuppone, infatti, la qissociazione tra vali


dit� ed efficacia dell'atto (imperativit� dell'atto invalido), con la conse


guente degradazione del diritto soggetivo ad interesse legitti,mo (da ulti� 

mo, Cass. 3849/1984, conf. Cass. 6252/1981), e non �, quindi, utilizzabile 

nei casi in cui il cittadino faccia valere l'incomprimibile diritto a non 

subire lesioni del proprio patrimonio mediante irrogazioni di sanzioni 

amministrative non conformi a legge. 

Il rifiuto della Corte felsinea di disapplicare il decreto xninisteriale 

opposto sarebbe, quindi, sotto questo aspetto, legittimo. Ma i giudici 

bolognesi, privilegiando altra (e contrapposta) ottica, haiino diversamente 

motivato il rigetto della richiesta . di disapplicazione, affermando che esclu


sivamente competente a pronunciarsi sui vizi fon:�iali del provvedimento 

(non riguar:danti 1a sua esistenxa o provenienza dall'organo che al?Paren


temente lo ha emanato) sar:ebbe il giudice amministrativo. 

La proposizione � errata, perch�, indipendentemente dalla ipotizzazione 
(sostenuta specialmente in dottrina) di una competenza piena ed 
esclusiva (estesa, cio�, anche agli interessi legittimi) dell'autorit� giudiziaria 
nella materia, l'indifferenza dei vizi considerati nel processo di, 
nanzi al giudice ordinario, ha, nel caso di specie (e negli altri. con ana


l'insussistenza del credito, ma non annullando l'accertamento viziato bens� 
dichiarando� che la pretesa all'imposta non � stata validamente manifestata. 

:E!. pertanto importante la sentenza in esame che riconferma un principio 
che vi.iene sempre pi� msistentemente messo in dubbio (v. Cass. 23 marzo 1985, 
:p. 2085, in questa Rassegna, 1985, I, 659 con nota di C. BAFILE e in Riv. Dir. 
Finanz. 1985, Il, 137 con nota di F. TESAURO). 

Il processo tributario non pu� essere allo stesso tempo di legittimit� e di 

merito; non pu� tendere all'annullamento dell'accertamento per ogni sorta di 

vizio (come il processo amministrativo) e in mancanza di vizi all'accertamento 

del rapporto con riduzione anche della base imponibile (come il processo 

ordinario). 

E non vale l'accostamento con il giudizi<> di opposizione all'ordinanza 

ingiunzione per le sanzioni depenalizzate che comincia a profilarsi come giu


. dizio di annullamento e di merito; questo � un particolare giudizio caratteriz


zato da una norma (art. 23, legge 24 novembre 1981, n. 689), specificamente 

diretta a rompere lo schema tradizionale del divieto fatto al giudice ordinario 

di sindacare l'atto amministrativo risalente all'art. 4 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248 alil. E (Caisis. 7 marzo 1985, n. 1880 e 22 apriHe 1980, n. 2645 in Foro It. 
1985, I, 946 e 1294); Peraltro proprio il potere conferito al giudice di modificare 
(o sostituire) l'ordinanza anche per la sola entit� della sanzione, sta a significare 
che il giudizio non � di annullamento, ma di verifica del comportamento 
rispetto alla previsione di legge sia pure con le maggiori garanzie di controllo 
del legittimo esercizio del potere sanzionatori�. 

858 

R~SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


. . 

loghe caratteristiche), radici pi� profonde identificabili nella irrilevanza 
di essi (Cass. 2989/1978, 1223/1976, 2824/1971), poioh� oggetto di tale processo 
non � tanto l'atto autoritativo, comunque strutturato, bens� la 
pretesa sanzionatoria, della quale il giudice investito dell'opposizione 
all'atto che la esprime deve autonomamente accertare i presupposti sostanziali 
(riconducibilit� del comportamento concreto alla previsione legale). 


La statuizione impugnata, cos� emanata nella motivazione, non pu� 
essere, pertanto, cassata (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 maggio 1985, n. 2871 -Pres. Cusani , 
Est. Sensale -P. M. Fabi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Corti) c. Quint�eri (avv. Falsitta). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado � Valu


tazione estimativa � Questioni relative all'esistenza del cespite. 

(d.P.R. 26 ottobre� 1972, n. 636, artt. 26 e 40). 
Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Plusvalenza 
� Intento di speculazione � Accertamento � Deducibilit� nel gi�� 
dizio di terzo grado. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26). 
Tributi erariali diretfi � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Redditi 
di capitale � Presunzione di fruttuosit� -Deducibilit� in terzo grado. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 86; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26). 
I poteri del giudice di terzo grado, corrispondentl. a quelli che prima 
della riforma erano attribuiti alla Commissione centrale e al giudice 
ordinario, non si estendono alle questioni di fatto relative alla valutazione 
estimativa nella quale-vanno ricomprese le questioni relative all'esistenza 
del reddito o del cespite o del presupposto materiale e oggettivo 
del tributo (1). 

L'accertamento dell'intento di speculazione nella realizzazione di plusvalenza, 
anche se attiene al mero fatto, costituendo la condizione in presenza 
della quale il reddito � soggetto a tributo, � ricompreso nella competenza 
del giudice di terzo grado (2). 

i(ll) Nello stesso senso � altra pronuncia fra le stesse parti 24 ottobre 1985, 

n. 5250. 
La prima massini.a � ormai consolidata e nella sua ripetitivit� rischia di 
div;enllare una fomnula vuota (cfr. fra le pi� recenti 13 ottobre 1983, n. 5960; 
8 novembre 1984, n. 5643 e 12 novembre 1984, n. 5690 in questa Rassegna, 1984, 
I; 1135 e 1985, I, 168 e 169). 

(2) La seconda massima � del pari ormai ben ferma (sent. n. 5960 del 
1983 cit.). 

PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 859 

La determinazione della sussistenza del reddito da interessi per presunzione 
di fruttuosit� di capitali impiegati, a norma dell'art. 86 del t.u. 
delle imposte dirette, poich� non ha ad oggetto la mera individuazione 
della base imponibile nei suoi elementi costitutivi, � deducibile in terza 
grado (3). 

(omissis) 1. -Con il primo motivo l'Amministrazione delle Finanze 
denuncia, ai sensi dell'art. 3.60 n. 1 � c.p.s., la violazione dell'art. 26 del 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, deducendo che la Commissione tributaria 
centrale -nel rinnovare l'esame della questione relativa all'esistenza 
dell'intento speculativo nelle operazioni di compravendita delle azioni della 
Banca di Calabria, da cui ha tratto origine la presente controversia avrebbe 
ecceduto dai limiti della propria giurisdizione. 
Secondo l'Amministrazione, la questione concernente l'esistenza del~ 

l'intento speculativo andrebbe classificata nell'ambito delle questioni di 

�estimazione semplice�, sottratte alla cognizione della Commissione tri


butarfa centrale. 

E -come ha spiegato nel corso della discussione orale, a precisa


zione dell'esatto ambito della censura proposta -del pari sottratta a tale 

cognizione sarebbe la questione relativa. alla tassabilit� degl'interessi pre


suntivamente ricavati dalla contribuente dal possesso di somme di denaro 

derivato dalla vendita di terreni e di suoli edificatori. 

Tali censure sono infondate. 

Il problema dei limiti di cognizione della Commissione tributaria 

centrale � stato diffusamente esaminato da queste Sezioni Unite nella 

sentenza n. 5960/83 ed � qui sufficiente riassumere i principi in essa enun


ciati. 

A) La Commissione centrale � organo di giustizia tributaria dello 
stesso ordine di giurisdizione speciale al quale appartengono le Commis


(3) Nuova � invece l'affermazione dell'ultima massima. In passato si riteneva 
che la valutazione degli elementi in base ai quali si stabilisce la presun� 
zione di fruttuosit� dei capitali rientrasse nella estimazione semplice (8 no. 
vembre 19711, n. 311411 in questa Rassegna, 19711, I, 98). La contraria odierna affermazione 
basata sulla considerazione che, come nell'accertamento dell'intento 
di speculazione, oggetto della controversia non � soltanto il fatto imponibile 
e la sua quantit� ma l'applicazione di una norma di legge, contraddice alla 
prima massima Lo stabilire se si � prodotto o meno un reddito di capitali � 
questione che riguarda appunto l'esistenza del reddito o del presupposto; e non 
basta che si faccia ricorso a presunzioni legali per affermare che in ogni caso 
si controverte sulla applicazione della legge 1'. ovviamente ben possibile che 
si discuta anche della applicazione e interpretazione della norma ed in tal caso 
potr� sorgere una questione (preliminare) di estimazione complessa, ma non 
sembra potersi dubitare che l'apprezzamento in punto di fatto, con valuta� 
zione della prova, per accertare l'esistenza del reddito e valutarne la misura 
rientri nella valutazione estimativa. 



860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sioni di primo e di secondo grado, s� che accertare se la questione, a 
motivo della sua inerenza o meno all'area della valutazione estimativa, 
debba ritenersi riservata a tali Commissioni o di essa possa conoscere 
la Commissione centrale in sede di gravame � problema che non incide 
sUilla giurisdizione, bens� sulla ripartizione della competenza interna fra 
giudici dell'unica giurisdizione speciale, coordinati fra loro per ragioni 
di grado e di materia. 

B) La formula � estimazione semplice � e quella � per soli motivi 

di legittimit��, contenute nell'art. 10, n. 14 della legge di delega, per 

la riforma tributaria (9 ottobre 1971, n. 825) e che sono testualmente 

riprese dalla precedente normativa (sotto il cui vigore si era elaborata 

una nozione di � estimazione complessa � tale da comprendere non solo� 

le questioni di diritto, comprese quelle attinenti a vizi in procedendo, ma 

anche gli accertamenti di fatto costituenti la premessa necessaria per 

l'applicazione della legge), iivelano l'intento legislativo di conservare, in 

via di principio, alla Commissione centrale (e alla Corte d'appello) la 

medesima sfera di competenza che ad esse veniva attribuita nella disci


plina allora in vigore, con la cons~guenza che l'espressione � per soli 

motivi di legittimit� � non equivale a motivi attinenti esclusivamente a 

questieni di diritto e non corrisponde al disposto dell'art. 360, n. 3 c.p.c. 
, relativo all'ambito del giudizio di cassazione. 

C) L'art. 26 del decreto presidenziale n. 636 del 1972, comprendendo 
nell'ambito dei poteri cognitivi della Commissione centrale e della Corte 
d'appello le denunzie di violazione di legge e le questioni di fatto, escluse 
soltanto quelle relative a valutazione estimativa, e ponendo una discriminazione 
delle questioni di fatto, secondo che esse ineriscano, oppur no, 
a valutazione estimativa, ha eliminato le ragioni d'incertezza presenti 
nella precedente disciplina, attraverso il superamento della nozione di 
� estimazione complessa � nel senso che ormai tutte le questioni di. fatto 
estranee a valutazione estimativa (e tutte le questioni di diritto) sono 
indiscutibilmente attratte nella cognizione piena della Commissione tributaria 
amtrale e della Corte d'appello. 

D) L'ambito della valutazione estimativa, come attivit� di giudizio, 
comprende non solo la mera quantificazione, ma anche le questioni' di 
fatto relative alla esistenza del reddito o del cespite e, in genere, della 
base imponibile e del presupposto materiale ed oggettivo del tributo, 
restandone escluse -in quanto non relative a valutazione estimativa le 
questioni concernenti la individuazione dei soggetti passivi del rapporto 
tributario e la loro qualit� e modo d'essere, nonch� la tassabilit�, 

o meno, del reddito o del cespite, in relazione, ad esempio, al concorso 
di ulteriori condizioni richieste dalla legge per la integrazione della fattispecie 
o alla spettanza di esenzioni, agevolazioni o detrazioni, al cui fine 

PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

'861 

non � precluso alla Commissione centrale e alla Corte d'appello l'accertamento 
degli elementi di fatto che quelle condizioni realizzino o che 
diano diritto a quelle esenzioni, agevolazioni o detrazioni, appunto perch� 
integranti questioni di fatto non relative a valutazione estimativa e non 
strettamente implicate da questa. 

E) Il problema relativo alla sfera di cognizione della Commissione 
tributaria centrale si pone in quanto sulla individuazione del reddito o 
del cespite (e, in genere, dei presupposti materiali ed oggettivi del tributo) 
ovvero sulla loro quantificazione vi sia contestazion~. 

F) Questione di fatto relativa a valutazione estimativa �, con la indi


. viduazione e la quantificazione del cespite o del reddito, ogni questione 
di fatto strettamente implicata dalla valutazione estimativa, qual � ad 
esempio, per le imposte indirette, l'accertamento della esistenza del negozio 
che costituisce il presupposto della imposizione, esclusa la qualificazione 
di esso che postula il compimento di una operazione giuridica, 
non ��lllteressata dalla bipartizione tra questioni di fatto e questioni di 
fatto relative a valutazione estimativa. 


2. � Alla luce di queste premesse, nella vichiamta decisione si � ritenuto 
che, in tema di plusvalenze tassabili, le questioni di fatto relative 
a valutazione estimativa sono limitate a quelle nelle quali vengano in 
discussione l'esistenza della plusvalenza e l'ammontare di essa (costituente 
il reddito che pu� essere assoggettato alla imposta di ricchezza 
mobile ai sensi dell'art. 81 opv del t.u. n. 645 del 1958, aipplicabi:le alla 
controversia in esame con riguardo al tempo in cui il presupposto della 
imposizione si � ve:i;ificato), mentre l'accertamento della dipendenza, o 
meno, di essa da operazioni speculative (l'accertamento, appunto, dell'intento 
speculativo) ha per oggetto la condizione, in presenza della quale 
quel reddito � soggetto a tributo, e ifa sor:gere Uill problema di tassabilit� 
del reddito e non gi� di accertamento -nell'an e nel quantum -di esso. 
In tale prospettiva, non occorre chiedersi se, �in concreto, siano 
sorte, oppur no, questioni di diritto, sull'ambito �di applicazione della 
norma, di sussunzione della fattispecie concreta nel modello legale, di 

. qualificazioi:ie giuridica di atti: questioni, tutt�, di diritto in ordine alle 
quali �un dubbio sui poteri col:�D�tivi della Commissione centrale non 
avrebbe modo di <sorgere. La questione relativa all'intento speculativo, . 

� cio�, pu� non suscitare 1n concreto nessuno di questi problemi e rimanere 
nell'ambito dell'accertamento di fatti, di comportamenti personali, di 
disegni psicologici di� preor.dinazione; ma in ogni caso � attratta nell'area 
di cognizione della Commissione centrale, perch� questione di fatto non 
relativa a valutazione estimativa. 

Analoghe considerazioni devono svolgersi per escludere che dia luogo 
a questione di fatto relativa a valu~azione estimativa lo stabilire se, nella 


862 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ipotesi di riscossione del prezzo di una compravendita immobiliare, sia 
possibile invocare la presunzione che un capitale effettivamente impiegato 
sia fruttifero (art. 86 del t.u. n. 645 del 1958). 

Trattasi invero di questioni ohe non hanno aid oggetto la mera individuazione 
della base imponibile nei suoi elementi costitutivi, bens� il 
presupposto di applicabilit� dell'art. 86 e quindi il modo di operare della 
presunzione da esso posta: e, in definitiva, la tassabilit�, o meno, di un 
reddito (costituito da .interessi) a seconda che esso possa presumer�si, 
oppur no, in base alla disciplina contenuta nel citato �articolo. In altri 
termini, lo stabilire se accertata la vendita di un immobile, debba 
senz'altro presumerni un reddito d'i!Ilteressi tas�sabile (come �sostoiene l'Amministrazione 
delle Finanze) ovvero se sia necessario, perch� operi tale 
presunzione, che risulti anche l'avvenuto reinvestimento delle somme incassate 
(come ha ritenuto la Commissione centrale) � questione che 
tende alla individuazione della esatta portata de1la norma da applicare 
(art. 86) e gli accertamenti di fatto, eventualmente necessari, non possono 
per� ci� dar luogo a questioni di fatto relative a valutazione estimativa 
nel senso sopra precisato (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 luglio 1985, n. 4035 -Pres. Santosuosso 
-Est Iofrida -P. M. Sgroi (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Mari) c. Pelosi (avv. Molinaro). 

Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione -Metodo induttivo Giustificazione 
-Integrazione della motivazione in giudizio -Legittimit�. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 37). 
L'obbligo della giustificazione dell'accertamento induttivo di un reddito 
pi� elevato rispetto a quello dichiarato deve ritenersi assolto quando 
il relativo atto contenga, sia pure sinteticamente, l'indicazione dei fatti 
sui quali l'accertamento si fonda, cos� che il contribuente sia in grado di 
conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali ai fini di 
una contestazione sull'an e sul quantum. La ritualit� dell'adozione del 
metodo sintetico-induttivo va ritenuta valida anche quando in origine 
sia mancata una adeguata contestazione dei fatti indice su cui si fonda 
la valutazione induttiva se nel corso del procedimento davanti alle Commissioni 
si sia proceduto alle relative integrazioni, ben passibili nel1'
abrogato procedimento tributario (1). 

(1) La prima parte della mas.sima � l1icom:ente. Su11a seconda parte si sono 
avute di reoente importanti prese di posizione dn senso afi�ermativo (Cass. 
7 febbraio 1984, n. 932; 15 maggio J.984, n. 3047 e 30 luglio 1984, n. 4541, in questa 

PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 863 

(omissis) Deduce il ricorrente con l'unico mezzo violazione o falsa 
applicazione degli artt. 87-89 t.u. 29 gennaio 195S, n. 645 ed insufficiente 
moth~azione, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.: la determinazione del 
reddito in via induttiva ai fini dell'imposta a rivalsa cat. C/2, non pu� 
tradursi in una libera ed immotivata quantificazione dell'imponibile 
(nella specie sic et simpliciter indicato in L. 3.000.000) ma va sempre ancorata 
a fatti certi, elementi e circostanze da cui derivino ben individuate 
presunzioni, che nel caso mancano completamente. 

Il reddito a rivalsa, qual reddito di natura subordinata, gode il privilegio 
di un abbattimento alla base, in misura ragguagliata al periodo di 
lavoro, stabilito dal legislatore ex art. 89 t.u. del 1958, sicch� l'Ufficio 
deve sempre indicare nell'accertamento i percipienti, il salario erogato, 
la quota esente rapportata e indi il netto tassabile. A tale incombente 
i'Ufficio non ha provveduto ed anzi, qualificando, immotivatamente i libri 
paga come � assolutamente inattendibili � non ha tenuto in alcun conto 
la prova documentale apportata da esso Pelosi che aveva dimostrato che 
il salario erogato ai propri dipendenti nell'anno 1971 era stato di 

L. 2.800.000, da cui, detratta ex art. 89 la quota esente di ogni percipiente 
in relazione al periodo di lavoro per complessive L. 2.653.723, residuava 
un reddito tassabile di L. 146.277. Aggiungasi che tanto risultava, a 
volerlo ben esaminare, anche dal verbale degli organi di P. Giudiziaria 
che avevano sottoposto a controllo l'opificio Pelosi. � 
Le mosse critiche sono infondate. 

Sostanzialmente si discute, in causa della ritualit� dell'adozione del 
metodo sintetico nell'accertamento di redditi di ricchezza mobile cat. 
C/2, nell'assunto del ricorrente che -per non seguire la regola dell'accertamento 
anaUtico, in via generale posto per i redditi aventi matrice nel 
lavoro subordinato dagli artt. 87 e 89 del t.u. d.P.R. 29 gennaio 1958, 

n. 645 -� necessario dar conto delle ragioni per le quali la sommatoria 
dei teqditi si palesi contrastante per insufficienza con altri elementi e 
circostanze evidenziate dal caso. In proposito va, anzitutto, ricordato che, 
l'obbligo della giustificazione dell'accertamento induttivo di un reddito 
pi� elevato rispeto a quello dichiarato dal contribuente (ex art. 37 t.u. 
n. 645/1958) deve ritenersi assolto quando il relativo atto contenga, sia 
pure sinteticamente, l'indicazione dei fatti sui quali l'accertamento si 
fonda, cos� che il contribuente sia in grado di conoscere la pretesa fiscale 
in tutti i suoi elementi essenziali ai fini di una efficace contestazione 
sull'an e sul quantum, (Cass. 4 giugno 1980, n. 3640). 
Rassegna, 1984, I, 354, 583 e 1014). La sentenza ora intervenuta fa un espresso 
riferimento . per la possibilit� di integrazione della motivazione alle regole 
dell'abrogato procedimento, ma in verit� non si vede alcuna ragione per ritenere 
inapplicabile il principio al regime vigente. 



864 RASSEGNA 'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E nella specie, l'accertamento notificato dall'Ufficio era idoneo a soddisfare 
l'esigenza di assicurare un'adeguata difesa del contribuente (la 
quale, peraltro, ha avuto modo di esplicarsi con particolare ampiezza fin 
dal momento in cui contro il medesimo accertamento fu proposto ricorso 
alla Comm. Distrett. delle Imposte), avendo la Comm. Trib. Centrale posto 
in evidenza che anche per i redditi di r.m. cat. C/2 (oltrech� per gli 
altri addebiti contestati) i documenti in atti e in particolare le scritture 
contabili non consentivano di acquisire la necessaria prova m ordine 
all'ammontare dei salari corrisposti dal Pelosi nel 1971 (in una situazione 
in cui ab initio, l'Ufficio era stato costretto dalla concreta situazione di 
fatto a ricorrere all'accertamento induttivo, accertamento confermato 
anche dalle Commiss. Trib. di 1� e 2� grado). 

Aggiungasi, ai voluti fini, che la ritualit� dell'adozione del metodo 
sintetico-induttivo va (comunque) ritenuta anche quando (eventualmente) 
in origine, nell'atto di accertamento, sia mancata un'adeguata contesta� 
zione di fatti indice, su cui si fonda la valutazione induttiva, se nel corso 
del procedimento di merito davanti alle Commissioni Tributarie (e nella 
specie, a ben leggere gli atti, non erano mancati i relativi riferimenti) si 
sia proceduto alle relative -a completezza -integrazioni, che ben erano 
possibili alla stregua dell'abrogato procedimento tributario (Cass. n. 2887/ 
58; Cass. n.: 1906/72, Cass. n. 1573/72) (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1985, n. 4071 � Pres. La Torre � 
Est. Caizzone � P. M. Benanti (conf.). Fallimento Soc, PRAVIS c/ Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Mari). 

Tributi in genere -Accertamento � Poteri degli uffici � Polizia tributarla � 
Accesso in locali destinati all'esercizio di attivit� commerciali � Legittimit�. 


(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52). 
Tributi in genere -Contenzioso tributario � Giurisdizione condizionata Agevolazione 
pluriennale � Provvedimento di ammissione � E' necessario. 


Legittimamente la polizia tributaria pu� eseguire accessi ~d ispezioni 
presso locali effettivamente destinati all'esercizio di attivit� commerciali, 
anche se dolosamente qualificati dal contribuente come adibiti ad abita~ 
zione, senza necessit� di autorizzazione che � richiesta soltanto per l'accesso 
in locali adibiti anche ad abitazione o in locali destinati esclusivamente 
all'esercizio di arti e professioni (1). 

(1) La prima massima � di evidente esattezza. Il tipo di locale e la sua 
destinazione (abitazione, esercizio di arti e professioni, esercizio di attivit� 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 865 

La conclusione di .un procedimento a111-ministrativo � condizione della 
proponibilit� della domanda in via giurisdizionale, anche nel caso che il 
provvedimento amministrativo sia rigidamente vincolato ed anche nel caso 
che il provvedimento abbia efficacia pluriennale, come sull'ipotesi della 
agevolazione per le zone depresse del �entro-Nord (2). 

(omissis) Col primo mezzo, il Fallimento ricorrente denuncia viola2lione 
di legge -e precisamente degli airtt. 35 e 60 legge 7 gennaio 1929, n. 4, 
17 r.d. n. 1608 del 1931, 39 e 42 t.u. n. 645 del 1958, 52, 63 e 75 del d.P.R. n. 666 
del 1972, 33 del d.P.R. n. 600 del 1973 -per avere la Commissione Tributaria 
Centrale ritenuto legittimo l'ingresso degli agenti di polizia tributaria 
nei locali qualificati come � abitazione G. Galbiati� senza l'autorizzazione 
del Procuratore della Repubblica e conseguentemente valide ed utilizzabili 
le prove acquisite. 

Lamenta, inoltre, il ricorrente la contraddittoriet� della decisione hnpugnata 
laddove ammette la coartazione della volont� della parte interessata, 
dato che ci� non si concilierebbe con la pretesa spontaneit� dell'apertura 
della porta di ingresso. 

L� censura � infondata sotto entrambi i profili. Anzitutto, per la sua 
migliore intelligenza, occorre premettere quanto rilevato in fatto dalla 
decisione impugnata. 

commerciale) va determinato. in base alla effettivit� e non all'apparenza o 
alle affermazioni dell'interessato. 

(2) Importante � la seconda massima. Il principio della giurisdizione condizionata 
ad una preventiva determinazione amministrativa � una regola costantemente 
affermata, anche se raramente ribadita (v. Relazione Avv. Stato; 1976 80, 
Il, 479 e 482); � comunque ben fermo l'orientamento sulla improponibilit� 
delle azioni di mero accertamento volto ad ottenere una pronunzia giurisdizionale 
prima o indipendentemente da una statuizione amministrativa, salvo 
il ricorso all'istituto del silenzio. � questo un principio generale valido non 
soltanto in relazione ai provvedimenti espressamente enumerati nell'art. 16 
del d.P.R. n. 636/1972, ma per ogni azione in sede giurisdizionale, speciale e 
ordinaria. � quindi importante l'applicazione che se ne � fatta in relazione 
all'esenzione decennale dall'imposta di ricchezza mobile per le zone depresse 
del Centro-Nord. La agevo1a2li.one deve essere domandata all'ufficio il quale 
deve riconoscerla sulla base dei requisiti stabiliti dalla legge. Il provvedimento 
dell'ufficio, anche quando � diretto a verificare senza alcuna discrezionalit� i 
requisiti di legge, � pur sempre idoneo a risolvere un potenziale conflitto di 
interessi ed a dare quindi una definizione del rapporto; ed anche quando un 
tale provvedimento ha validit� pluriennale, esso � pur sempre l'atto contro il 
quale l'impugnazione pu� e deve essere rivolta. 
Sul volere di accertamento del provvedimento di riconoscimento della 
esenzione pluriennale e la sua capacit� di diventare inoppugnabile o di essere 
!impugnato, si confronti l'annotazione alla sentenm 15 aprile 1985, n. 2482 in 
questo fascicolo, pag. 833. 



866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Guardia di Finanza di Cant� il 19 dicembre 1974 procedeva ad ispezione 
presso la sede di altra societ� (Soc. Delta). Dal verbale risulta che 
gli agenti della polizia tributaria, mentre eseguivano le ricerche nei locali 
dell'azienda, dal cortile antistante l'ingresso degli u:(fici di detta societ� 
udivano distintamente il rumore di macchine calcolatrici e da scrivere, il 
che faceva sorgere il sospetto che i locali da cui provenivano i rumori 
fossero adibiti ad uffici commerciali. Entrati nei locali, gli agenti accerta� 
vano che erano effettivamente adibiti ad uffici commerciali; che in essi 
operavano sette impiegate; che non esisteva arredo o suppellettile o servizio 
che giustificasse minimamente l'uso privato dei locali. g anche da 
ricordare che tale Galbiati Mario, qualificatosi come amministratore dele� 
gato della Soc. Goletta, in calce al verbale d'ispezione faceva inserire la 
dichiarazione seguente: �Il Ten. De Luca invitava pi� volte il sottoscritto 
ad aprire la porta ed ai ripetuti dinieghi del sottoscritto, che fra l'altro 
non disponeva della chiave, asseriva che avrebbe piantonato l'intero im� 
mobile e sarebbe tornato, di l� a pochi minuti, munito di mandato. A que� 
sto punto, le persone che si trovavano all'interno dei locali ricevevano 
l'invito ad aprire, invito che anche il sottoscritto riteneva di rivolgere in 
considerazione della dichiarazione resa dal Ten. De Luca circa l'apertura 
forzata. Le persone all'interno non raccoglievano, per�, l'invito neppure 
dopo il suono del campanello fino al momento in cui da parte della Guardia 
di Finanza non si tentava di portare la scala dal cortile per fare irruzione 
nei locali attraverso la finestra. 

g solo a questo punto che, in relazione anche al pericolo per le persone 
che da tale' anomalo mezzo di entrata sarebbe derivato, si otteneva 
che le persone nell'interno aprissero la porta�. 

Ci� posto, in relazione alle modalit� dell'accesso e del sequestro, come 
sopra accertati dalla decisione impugnata, la Comm. Centrale ha rilevato 
che -contrariamente all'opposta opinione della Comm. di 2� grado -:-
�l'ingresso nei locali nei quali era conservata la documentazione non era 
avvenuto illegittimamente, ma per avere le persone che vi si trovavano 
spontaneamente aperto la porta d'ingresso, sia pure per la preoccupazione 
o il timore delle conseguenze di un eventuale ingresso forzato�: ingresso 
forzato, quindi, che non vi fu, stante la sostanziale volont� di adesione 
-anche se � calcolata � -alla richiesta di accesso degli agenti della 
Polizia Tributaria. 

Il che gi� esclude la contraddittoriet� di motivazione denunciata dal 
ricorrente. 
Ma a parte ci� si deve osservare, in linea di diritto che l'art. 33 del 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che regola �l'accertamento delle imposte 
dirette (anche da parte dell~ Guardia di Finanza comma 3�), gi� vigente al 
tempo della verifica in contestazione e la cui violazione � stata denunciata 
dal ricorrente, dispone che � per l'esecuzione di accessi, ispezioni e veri-
I 


'i! 

I 


-



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

fiche s�i applicano le disposizioni !dell'art. 52 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. 
Tale ultimo articolo prevede la necessit� della preventiva autorizzazione 
del Pro�uratore della Repubblica soltanto (1� comma) per l'accesso �nei 
locali destinati all'esercizio di arti o professioni, che non siano anche adibiti 
all'esercizio di attivit� commerciali o agricole, e in ogni caso per accedere 
in locali che siano adibiti anche ad abitazione �. 

Nel caso di specie � risultato in fatto che -come gi� osservato in 
premessa -l'ispezione avvenne in locali non gi� adibiti ad abitazione ma 
dolosamente qualificati tali dal contribuente, per cui non occorreva la preventiva 
autorizzazione del Procuratore della Repubblica. E il rilievo � comunque 
assorbente della questione circa la rilevanza o meno del quomodo 
procedendum dell'accesso e della ispezione ai fini della validit� della prova 
documentale-contabile e della sua utilizzabilit� a fini tributari. 

(omissis). 

4. Col quarto motivo si denuncia violazione dell'art. 5 c. 3� del d.m. 
18 novembre 1966 (pubblicato in G. U. n. 293 del 21 novembre 1966 e concernente 
le modalit� di applicazione delle agevolazioni fiscali nelle zone 
depresse del .Centro-Nord) per avere la C.T.C. rigettato l'istanza di applicazione 
dell'esenzione decennale del reddito mobiliare di categoria B, ritenendo 
inammissibile la domanda in difetto di un procedimento amministrativo 
concluso. 
Il ricorrente si duole che la C.T.C. abbia omesso di considerare che 
l'ammissione al beneficio non dipendeva dall'esercizio di un potere discrezionale 
della P.A., avendone il contribuente diritto soggettivo perfetto ed, 
in subordine, che la stessa Commissione non abbia sospeso il giudizio in 
attesa della soluzione della questione pregiudiziale. 

La censura principale e quella subordinata del motivo in esame sono 
entrambe infondate. 

L'atto con cui l'Amministrazione Finanziaria riconosce spettare al 
contribuente l'esenzione concessa dalla legge nel concorso di determinati 
requisiti concr�tizza pur sempre -anche quando tali requisiti siano rigidamente 
predeterminati dalla norma, di guisa che non sussista rispetto 
ad essi alcun margine di apprezzamento discrezionale -un operato dell'Ufficio, 
ai sensi dell'art. 23 del r.d. 8 luglio 1937, n 1516 e cio� un provvedimento 
avente consistenia e natura di decisione amministrativa, giacch� 
� idoneo a risolvere un potenziale conflitto di interessi circa la ricorrenza 
degli elementi costitutivi della fattispecie legale d'esenzione (Cass. 6 luglio 
1978, n. 3343). 

Del resto � proprio la norma che si assume violata dal ricorrente 
(art. 5 comma 3� d.p. 18 novembre 1966 pubbl. in Gazz. Uff. 21 novembre 
1966, n. 293, in esecuzione dell'art. 8 legge 22 luglio 1966, n. 614 che disciplina 
le esenzioni fiscali per le' nuove imprese artigiane ed industriali 


868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale) che -permettendo 
che l'istanza d'esenzione del contribuente, oltre che nel contesto 
della dichiarazione dei redditi, possa anche essere effettuata � in sede di 
opposizione all'avviso di accertamento-� -sostanzialmep.te ribadisce che 
la conclusione di un procedimento amministrativo � indefettibile presupposto 
della decisione giudiziaria in ordine alla richiesta di esenzione fi. 
scale in oggetto, per il che -come avviene in analoghe materie -pu� 
qualificarsi come condizione di ammissibilit� della domanda. 

Sicch�, bene ha ritenuto la Commissione Tributaria Centrale che la 

mancata def�hizione del procedimento amministrativo, precludesse l'esa


me del merito della <;lomanda di esenzione e che, in difetto di espressa 

disposizione di legge, non potesse sospendersi il giudizio in attesa della 

conclusione �di quel procedimento. (omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI. 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 24 dicembre 1985, n. 101 -Pres. Pra 
tis -Rel. Cantillo -Ente acquedotti siciliani (avv. Stato O. Russo) c. 
Messana ed altri (avv. Romagnoli). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza non seguita da 
decreto d'esproprio -Trasformazione dell'immobile per effetto della 
esecuzione dell'opera -Illecito -Carattere istantaneo. 
(e.e., artt. 2043, 2947). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione illegittima d'immobili � 
Diritto al risarcimento dei danni � Prescrizione � Successiva offerta e 
liquidazione dell'indennit� d'esproprio, -Rinuncia alla prescrizione � 
Esclusione. 
(e.e., art. 2937). 

La realizzazione dell'opera pubblica durante l'occupazione illegittima, 
originaria o Sopravvenuta, dei beni, la cui propriet� si acquista alla P.A 
occupante correlativamente' all'estinzione, del diritto dominicale del privato, 
costituisce fatto illecito di carattere istantaneo: 

Compiutosi il termine quinquennale di cui all'art. 2947 cod. civ., l'offerta 
dell'indennit� di espropriazione da parte dell'espropriante non costituisce 
rinuncia ad avvalersi della prescrizione del diritto al risarcimento 
dei danni per l'illecita occupazione della propriet� privata. 

Con il primo n.rotivo l'E.A.S., sostiene che erroneamente il Tribunale 
regionale ha accolto l'eccezione di prescrizione limitatamente al credito 
per interessi, laddove, dovendosi attribuire all'illecito carattere istantaneo, 
la prescrizione decorre per l'intero credito risarcitorio dal completa-

Occupazione appropriafiva e prescrizione: una occasione di meditazione. 
t!. da condividere senza riserve il principio affermato con la seconda 
massima estr�tta dalla sentenza in rassegna, dal momento che -come ha 
ben sottolineato il Tribunale ~ l'offerta dell'indennit� di esproprio e ila sua 
successiva determinazione in via amministrativa attengono a una vicenda 
(quella espropriativa) preordinata al legittimo trasferimento della propriet� 
dei beni e nulla hanno a che vedere con l'obbligazione risarcitoria sorta, a 
carico della P A., per l'illecito comportamento tenuto in danno del proprietario. 
Quando pure il credito all'indennit� e quello al risarcimento avessero ad 
oggetto la stessa somma, resta diversa la causa delle due obbligazioni, che diffe


13 



870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento dell'opera pubblica, sicch�, nella specie, il diritto degli appellati si 

era prescritto e la domanda andava in toto rigettata. 
La censura � fondata. 
Secondo il noto orientamento invalso nella giurisprudenza della Corte 


Suprema di Cassazione (a partire dalla sentenza a Sezioni unite n. 1464 
del 1983), consolidatosi anche presso questo Tribunale Superiore, nelle 
ipotesi di occupazione illegittima per causa originaria o sopravvenuta, 
l'irreversibile destinazione del fondo alla realizzazione dell'opera pubblica 
integra un'autonoma e specifica fattispecie giuridica, dalla quale consegue, 
per un verso, l'acquisto del diritto di propriet� del suolo occupato 
da parte della pubblica amministrazione, con la corrispondente estinzione 
del medesimo diritto del privato, e, per un altro verso, il sorgere in capo 
a questo ultimo del diritto al risarcimento del danno subito per tale perdita. 
Pertanto, una volta che, con l'esecuzione dell'opera e la scadenza del 
periodo di occupazione legittima, si � realizzata la fattispecie espropria� 
tiva, diventa irrilevante qualsiasi modificazione di fatto e di diritto che intervenga 
in ordine al bene illegittimamente occupato e irreversibilmente 
trasformato; e da quel momento decorre altres� il termine di prescrizione 


"' 
riscono anche per natura (con conseguenze di non poco momento, ad es. in tema 
di rivalutazione monetaria). 
Ineccepibile, dunque, la soluzione offerta allo specifico problema della pre' 
'

I

scrizione, appare ineccepibile anche la definizione della controversia col rigetto ' 
della domanda dei proprietari giacch�, a quanto si evince . dalla riprodotta 
motivazione della sentenza, la vicenda era venuta all'esame del Tribunale Su


Il 

periore in termini ormai immodificabili (a causa del giudicato formatosi, sulle 

~ @

statuizioni di primo grado, in ordine alla qualificazi�ne come illecito aquiliano 
del fatto dedotto a fondamento della domanda). 
Il riferimento a un decreto del 19 novembre 1982, che deve ragionevolmente 


I 

esser stato il decreto d'espropriazione per essersi controverso -in giudizio del 
valore da attribuire al riconoscimento del diritto gei proprietari a conseguire 
la relativa indennit� (evidentemente liquidata con l'atto in parola), 
induce tuttavia a qualche riflessione sul pi� generale tema della occupazione 
� appropriativa �. 


1:: noto, sul punto, l'insegnamento di Cass., S.U., n. 1464/1983 (in questa 
Rassegna, 1983, I, 124) cui ,si � rifatta puntualmente la pronuncia del Tribunale 


I

Superiore. � 

Analoga diffusione non ha, invece, ricevuto la su~cessiva puntualizzazione 
di cui a Cass. 26 gennaio 1985, n. 383 (Giust. civ., 1985, I, 1039). Com'� stato osservato 
dal S.C. in detta occasione, il principio enunciato dalle Sezioni Unite 


I

~ 

torna applicabile solo quando la trasformazione irreversibile dell'immobile 

f: 
(con conseguente estinzione della propriet� ed acquismone de1la stessa all'Ente 

w 

pubblico occupante) sia avvenuta in periodo d'occupazione illegittima, quando 1: 
cio� la P.A. non disponeva (ovvero non disponeva pi�) di un titolo legittimo 


i: 
' per detenere i beni ed eseguirvi i lavori (dichiarati urgenti ed indifferibili). \: 
Quello stesso principio non � invece applicabile -� stato avvertito -nei ~ 
casi nei quali la trasformazione del bene con la realizzazione dell'opera sia t: ~ 
avvenuta in costanza d'efficacia della autorizzata 'occupazione d'urgenza, non 1: 

I 

I 

! 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN<MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

del diritto al risarcimento del danno, ex art. 2947, n. l, cod. civ., in quanto 
si configura un illecito istantaneo con effetti permanenti. 

L'elemento materiale costitutivo della fattispecie � dato, cio�, dalla 
realizzazione dell'opera pubblica, la quale determina la trasformazione dell'immobile 
e ne preclude definitivamente la restituzione, in quanto esso 
diventa parte essenzii;ile dell'opera medesima, che nella sua unit� strutturale 
e funzionale comprende ormai anche il suolo; e con il verificarsi 
dell'effetto acquisitivo si perfeziona l'illecito, con la conseguenza che inizia 
a decorrere n termine prescrizionale del diritto al risarcimento. 

Questo ind�rizzo deve essere confermato, non venendo addotte dagli 
appellati nuove e fondate ragioni per discostarsene, sicch� nella specie 
alla data del ricor~o introduttiVo del giudizio (20 giugno 1981) era decorso 
il termine quinquennale dal completamento dell'opera pubblica (avvenuto 
prima del maggio 1975), come gi� ha accertato, del resto, la sentenza del 
Tribunale regionale (che � diventata cosa giudicata sul punto della prescrizione 
del diritto agli interessi per il periodo precedente all'ultimo quinquennio). 


N� pu� essere condivisa la tesi subordinata ciegli appellati, secondo 

cui l'eccezione di prescrizione non potrebbe essere accolta percl?-� l'E.A.S. 

potendo -nella detta ipotesi -costituire illecito l'attivit� di trasformazione 
del bene per la quale la P.A. disponeva di un titolo conforme all'ordinamento. 
Non solo; ma nei detti casi � legittima, perch� ancora conforme all'ordinamen
�to, la successiva emanazione del decreto d'esproprio che intervenga, bensi, 
ad opera� orinai completata ma pur sempre nel termine d'efficacia della dichiarazione 
di pubblica utilit�. Con la conseguenza che, non potendo; i>arlarsi 
d'inutilit� d'un simile provvedimento agli effetti del trasferimento della 
propriet�, occorrer� rifarsi per la regolamentazione giudiziale del conflitto 
d'interessi alle regole elaborate prima della citata sentenza n. 1464/1983 delle 
Sezioni Unite: spetteranno, cio�, al� proprietario l'indennit� d'o�cupazione legittima 
e quella d'esproprio ed, inoltre, il risarcimento dei danni per il periodo 

d'occupazione illegittima. 

Viene, cos�, ad assumere decisiva rilevanza l'esatta individuazione del 

momento di realizzazione dell'opera pubblica, da questa indagine di fatto 

dipendendo la ricostruzione del trasferimento della propriet� dei beni occu


pati (in termini d'illecito ovvero di legittima acquisizione per atto autoritativo) 

con radicale diversit� di conseguenz� giuridiche per i soggetti interessati alla 

vicenda. 

Nel claJso deciso dal Tribunale Superiore -.giova ripetere -i giochi erano 

ormai stati fatti e non restava che trame le implicazioni, cui si � accennato, 

agli effetti della prescrizione Ma va affidata alla riflessione del cortese lettore 

la seguente constatazione: dalla narrativa (qui omessa) della sentenza risulta 

che l'occupazione, autorizzata in via d'urgen:ioa con decreto prefettizio, era 

avvenuta nel dicembre 1972; risulta, sempre �dalla narrativa, che con la do


manda di danni i proprietari avevano collocato il completamento dell'opera 

nel 1974. Non si � in grado, per�, di verificare quale scrupolo d'indagine fosse 

sotteso alla pronuncia di primo grado che aveva accertato avvenuto il com


pletamento dell'opera � prima del maggio 1975 '" 

SERGIO LAPORTA 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO, 

avrebbe riconosciuto il loro diritto ad ottenere l'indennit� di espropriazione 
con nota del 24 marzo 1981 e con decreto del 19 novembre 1982. 

� agevole obiettare che l'asserito riconoscimento, in quanto successivo 
alla scadenza del termine di prescrizione, potrebbe esser� apprezzato 
non come atto interruttivo del periodo prescrizionale, ex art. 2944 cod. civ., 
ma solo come implicita rinunzia alla prescrizione gi� compiuta, ex arti� 
colo 2937, terzo comma, cod. civ.; e gli atti suddetti, che att<mgono al procedimento 
di espropriazione (tardivamente) promosso dall'ente, chiara� 
mente non sono incompatibili con la volont� di valersi della prescrizione 
:del diritto al risarcimento dei danni, derivante da un fatto del tutto distinto, 
cio� l'illecita apprensione dell'immobile, estraneo' a1' procedimento 
.espropriativo e non considerato nel compimento degli atti medesimi. 



SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE SUPREMA. Dl CASSAZIONE, Sez. III penale, 12 dicembre 1985 

n. 11913 -Pres. Corbelli -Rel. De Maio -lmp. Zarpellon Luigi + 2 Parte 
civile Amministrazione Finanziaria dello Stato (avv. Stato 
Bruni). 
Reato -Delitto di contrabbando previsto dall'art. 295 d.P.R. 23 gennaio 1973 

n. 43 -Sospensione del giudizio penale per il procedimento dogaJ\al� 
di revisione -Inammissibilit�. 
Reato -Delitto di cui all'art. 490 C.P. -Certificati sanitari del veterinario 
di confine � Sono at'ti pubblici. 

Nel caso di contrabbando di cui all'art. 295 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 
(nella specie sottrazione al pagamento dei diritti di confine di formaggi 
di provenienza polacca), il procedimento penale, in virt� .del combinato 
disposto d�gli arit. 3 e 75 del codice di procedura penale, che escludono la 
possibilit� di rapporti tra procedimento penale e accertamento ammini" 
strativo, dell'art. 22 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 e degli artt. 325, 327 �tf 
336 della legge doganale (d.P.R. n. 43/73), non pu� essere sospeso per il 
procedimento doganale di revisione dell'accertamento, ed il giudice penale 
resta competente per ogni indagine di qualunque natura anche tecnica. 

I certificati sanitari del veterinario di confine sono atti pubblici e nol'f 
certificati amministrativi in quanto, quale che sia la final�t� e la strumentalit� 
.rispetto alle operazioni doganali, di per s� costituiscono, al di 
l� delle dichiarazioni di scienza, ovvero di giudizio tecnico, l'attestazione 
di visita delle merci da parte del veterinario. 

(Omissis). -I ricorsi non trovano fondamento. 

Quello dello. Zarpellon, con il pretesto di motivazione apparente e travisamento, 
introdu�e sostanzialmente una inammissibile richiesta di rivalutazione 
delle prove. La riaffermazione della responsabilit�, invero, non � 
adagiata sulla mera pre~unzione di essere stato interessato ai reati dalla 
sua posizione di importatore. Viene, infatti puntualizzata la sua condizione 
non solo di amministratore ma anche di direttore tecnico-amministrativo 
e commerciale della societ� al quale, secondo il suo stesso interrogatorio, 
sono stati sottoposti per l'approvazione le due importazioni da due suoi 
dipendenti. La sentenza prosegue rilevando che lo stesso ha precisato la 
qualit� del formaggio polacco (erborinato), il peso riportato nella fattura 


874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dal Perinetti e quanto a quello cecoslovacco che esso era contenuto in 

imballaggi ed aveva il 35/40 per cento di grasso. 

Pi� volte ed incontrastatamente la sentenza ritiene che lo stesso predispose 
due benestare bancari ideologicamente falsi e strumentali alle 
dichiarazioni doganali e forn� fatture ugualmente false perch� tanto il P& 
rinetti quanto il Groisbek ne hanno escluso l'autenticit� sulla scorta degli 
originali, e spiegando che gli impiegati del medesimo, non certo di loro 
iniziativa, si erano fatti consegnare degli" stampati in bianco, (serviti alla 
redazione di quelle false consegnate alla dogana). 

Viene meno, cos�, anche la denuncia di travisamento per omessa 

valutazione delle predette due deposizioni, i �ui punti esaminati sono pre


valenti e significativi, secondo il giudizio della Corte di merito, rispetto 

a quello secondo il quale lo Zarpellon non aveva materialmente intratte


nuto rapporti con i medesimi bens� mediante i suoi dipendenti. 

Eloquente e sufficiente a tal fine � la considerazione obiettiva del 

cui prodest che in operazioni economiche di tale rilevanza i dipendenti 

dello Zarpellon potessero ed avessero agito di loro iniziativa e cio� senza 

il concerto del datore di lavoro. 

Quanto ai motivi sollevati dagli altri due ricorrenti la Corte ritiene: 

a) in ordine al primo: si deve preliminarmente rilevare che l'art. 3 

del c.p.p. esclude la possibilit� di rapporti tra procedimento penale e 

accertamento amministrativo e stabilisce, peraltro, rispetto alle altre giu


risdizioni (civili e amministrative) la pregiudizialit� di quella penale, sajvo 

questione di stato personale di competenza del giudice civile e le con


dizioni di cui agli artt. 19 e 21. 

Sempre sul presupposto dell'esistenza qui non ricorrente di una controversia 
in sede giurisdizionale (civile-amministrativa) e non amministra. 
tiva, l'art. 20 c.p.p .. prevede il potere discrezionale e non gi� l'obbligo del 

giudice penale di sospendere il procedimento. 

� destituita pertanto di fondamento la censura relativa all'om�ssa 

sospensione del giudizio penale per il procedimento doganale di revisione 

dell'accertamento. 

� da rilevare, poi, che la questione non sussiste dal momento che 

alcun procedimento di revisione in sede doganale � stato instaurato a nor


ma dell'art. 74 del d.P.R. n. 43/73 n� dalle parti n� d'ufficio dalla Dogana. 

N� si pu� rimproverare l'inerzia alla stessa dogana da parte dei ricor


renti, essendo detto potere del tutto discrezionale e giustamente non eser


citato avendo l'Ispettore rilevato elementi di reato e denunciato i preve


nuti all'Autorit� Giudiziaria. 

D'altronde, quando l'autorit� doganale dal processo verbale di accerta


mento rileva che la violazione configurabile costituisce reato non ammesso 

all'oblazione o all'estinzione ai sensi dell'art. 334, deve spogliarsi degli ulte


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PARm I, SEZ. �vnr, GIURISPRUDENZA PENALE 

riori accertamenti ed investire il giudice a norma degli artt. 325 e 327 della 
citata legge doganale. 
A maggior ragione nel caso di specie-in cui l'accertamento doganale 
era definitivo. 

Perch� non va dimenticato che intanto si pu� parlare di revisione in 
q�anto il provvedimento discutibile (sentenza o atto amministrativo) 
sia definitivo. E l'art. 74 citato presuppone un accertamento definitivo. 

A fortiori � ancorata la �competenza del giudice penale in ogni ulteriore 
indagine di qualunque natura anche tecnica a norma dell'art. 308 c.p. 
non essendo altrimenti previsto l'arresto dell'azione penale n� dalla legge 
processuale (75 c.p.p.) n� da quella speciale finanziaria (v. art. 22 legge 
1 gennaio 1929 n. 4) o doganale (v. 336 d.P.R. n. 43/73). 

Questa Corte ha ribadito tale principio e cio� la libert� del giudice 
penale in ogni accertamento necessario della qualit�, della quantit� e 
del valore della merce peraltro anche in caso di concorrente competenza 
dell'autorit� doganale in tema di illecito ora amministrativo� di cui 
all'art. 303 del d.P.R. n. 43/73, �perch� la possibilit� data alla stessa, attraverso 
la visita delle merci ex art. 59, il loro esame tecnico secondo l'art. 61 
ed il contraddittorio con la parte avente diritto ad impugnativa a norma 
dell'art. 64, non esaurisce la garanzia sulla misura esatta del tributo dovuto, 
s� da �scludere in via assoluta la rilevanza penale della dichiarazione 
infedele � (v. di questa Sezione ora. n. 1194 del 10 maggio 1978 e per ultima 
sent. n. 9557 del 31 ottobre 1984). 

b) parimenti infondato � il secondo mezzo: esso, infatti, erroneamente 
invoca l'applicazione dell'art. 462 n. 1 c.p.p. perch�, trattandosi di 
deposizione resa in rogatoria, correttamente il giudice ha ritenuto ricorrere 
l'ipotesi del n. 4 dello. stesso articolo per il quale, per potersi dare 
lettura nonostante l'opposizione della difesa, � sufficiente che il teste sia 
stato indicato in lista. 

Non � poi prevista nullit� n� dal Codice di procedura austriaco n� da 
quello nazionale per l'omessa assistenza del cancelliere nell'assunzione di 
una deposizione. 

E il fatto che ci� sia richiesto per la regolarit� dell'esecuzione della 
rogatoria non incide sulla validit� dell'atto, trattandosi di osservanza di 
formalit� non sanzionata espressamente dall'ordinamento. 

e) il terzo motivo � inammissibile perch� formalmente �dedotto in 
questa sede ed � privo di base perch� ha come presupposto la regolarit� 
dell'introduzione nel territorio dello Stato di merce estera. 

Pretendere, fofatti, Ja necessit� della speciale certificazione della qualit� 
del formaggio prevista dai Regolamenti CEE per l'inquadramento. nella 
corrispondente tariffa doganale non ha senso quando,� con la connivenza 
delittuosa del funzionario doganale mediante una serie di falsi, la merce non 


876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO,. 

� stata bloccata per gli accertamenti di rito bens� introdotta ed immessa al 
consumo. Sostenere ugualmente la necessit� di tale documentazione vorrebbe 
dire che proprio in caso di frode delittuosa � precluso al giudice penale 
l'esercizio dell'azione pe17ale in connessione con la libert� del suo convincimento 
attraverso altri mezzi di prova (certificati sanitari di origine e di 
confine; v. fl. 23 della sentenza e deposizione Perinetti a fl. 24). 

d) il quarto mezzo di censura � inconsistente e palesemente contraddittorio 
perch�, ammettendo l'esonero non totale ma parziale del pagamento 
di imposta per la tara, non fa venire meno l'argomentazione del giudice 
secondo il quale l'importatore aveva interesse a far precisare nei documenti 
di trasporto la natura ed il peso degli imballaggi rispetto al peso netto dei 
formaggi. 

Specificativ�mente, peraltro, il giudice rileva che nelle apposite caselle 
della lettera_ di vettura non furono apposte annotazioni 'ed una di esse � 
stata espressamente sbarrata. 

e) La censura.specifica dello Zanin, di cui al quinto motivo, pone un 
falso problema. Il giudice di appello infatti non pone fa tesi' di un dolo postumo 
o successivo per la sua presenza alla verifica nello sdoganamento 
della inerce. Ma salda tale sua inerte condotta alle dichiarazioni doganali, 
di quantit� e qualit� dei formaggi, rese al di l� della documentazione fornitagli 
dall'importatore, in malafede per precorsi accordi nei 'V'ari reati di 
falso. Tra i quali, oltre alla soppressione dei certificati sanitari, figura il 
concorso nel falso ideologico dei benestare bancari valutari operato dall'importatore 
Zarpellon. 

f) E a questo punto pu� essere anticipata la trattazione del decimo 
motivo, esclusivamente personale dello stesso Zanin, rilevando che il giudice 
non lo esclude da responsabilit� per concorso con Zerpellon in detto reato 
anzi lo ritiene consapevole per averlo ideato e studiato insieme nei particolari. 


La Corte di merito non incorre, pertanto, in contraddizione allorch�, 

concludendo che non esistono prove di innocenza ai fini di maggiore decla


ratoria ai sensi dell'art. 152 c.p.p., conferma l'applicazione della causa estin


tiva per amnistia. 

g-h) quanto ai motivi n. 6-7 attinenti alle difformit� di qualit� � di 

quantit� dei formaggi rispetto alle dichiarazioni doganali di importazione, 

la sentenza offre�una esauriente motivazione che non viene intaccata dalle 

censure formulate. 

Di alcun rilievo � infatti la citazione della norma dell'art. 59 della Leg


ge Doganale che faculta il funzionario di eseguire un controllo parziale 

della qualit� e della quantit� della merce ovvero la mancanza di una bi


lancia perch� l'una e l'altra circostanza avrebbero potut� avere un'inci


<lenza in caso di buona fede. Ma la sentenza rimarca, invece, la preordina


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PARm I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

zione della frode mediante benestare valutari-bancari, ideologicamente 
falsi sui predetti punti, soppressione dei certificati sanitari di origine, sostituzione 
delle fatture originali con altre false formate su stampati in 
bianco ottenuti dal fornitore (v. dep. Perinetti -Groysbek) e, sulla base 
anche dei documenti autentici di poi acquisiti (fatture originali e copie dei 
certificati sanitari), perviene all'esclusione dell'esistenza di pesantissimi 
imballaggi (quali scaffali, travi di sostegno, ecc) ed al riconoscimento, 
invece, di cassette e ghiaccio concordanti con dette deposizioni e documenti. 
�, infatti, dal minor riconoscimento di tare che. ne discende la quantit� 
di formaggio sottratta alle dichiarazioni doganali ed al relativo pagamento 
dei diritti doganali. 

La responsabilit�, quindi, � motivata non gi� sulla base di una negligenza 
(omessa verifica totale e pesatura della merce) bens� di un dolo 
cos� intenso. 

Dagli stessi elementi il giudice trae la certezza della diversificazione 
della qualit� dei formaggi per farli rientrare in tariffe a tributo ridotto. 

Costituisce, peraltro, censura in fatto l'asserzione circa l'errata valutazione 
delle materi� grasse, costituenti l'indice di classificazione per il formaggio, 
nonch� l'impropriet� dell'inquadramento tra le categorie dei formaggi 
freschi di quello cecoslovacco a pasta dura. 

Comunque anche su tali critiche � puntuale la motivazione della sentenza 
che si basa sia sui certificati sanitari sia sulle deposizioni del veterinario 
e dei fornitori, conoscitori indiscussi della materia e, non disponendo 
pi� della merce per una perizia tecnica, adotta parametri di assimilazione 
tariffaria delle due partite di formaggio. 

i-1) I motivi di cui ai punti 8 e 9 sono altrettanto infondati perch� a 
nulla rileva il fatto che i certificati sanitari non fossero indispensabili alle 
operazioni fiscali di dogana in quanto sono necessariamente richiesti a 
scopo sanitario per la commercializzazione e quindi per lo sdoganamento 
della merce. 

Essi, poi, sono stati correttamente ritenuti atti e non certificati perch�, 
quale che sia la finalit� e la strumentalit� rispetto alle operazioni doganali, 
di per s� costituiscono, al di l� delle dichiarazioni di scienza, ovvero 
di giudizio tecnico, l'attestazione di visita delle merci del veterinario. 
Hanno quindi natura costitutiva anche se in duplice originale (madrefiglia) 
perch� facenti fede delle operazioni compiute dal pubblico ufficiale 
e la loro soppressione � esattamente inquadrata nell'ipotesi di cui al" 
l'art. 490 c.p. 

Pu� essere, invece, accolta la odierna richiesta difensiva di sospensione 
condizionale d~Ha pena residua della Te�lusione dichiarata condonata 
non essendo pi� ostativa la quantit� di essa, mentre sul piano soggettivo 
favorevolmente si sono espressi i giudici di merito. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA bELLO STATO

878 

CORTE, SUPREMA DI CASSAZIONE, sez. 3a penale, 14 dicembre 1985 

n. 12151 -Pres. Martuscelli -Rel. Sacchetti -Imp. Caselli ed altri (parte 
civile Ministero delle Finanze, avvocato dello Stato Nicola Bruni). 
Reato -Reato previsto dall'art 1161 Codice della navigazione � Carattere 
permanente -Sussistenza. 

Reato � Reato previsto dall'art. 1161 Codice della navigazione � Realizz&zione 
di manufatti sul suolo demaniale marittimo � Determinazione del 
momento in cui cessa la permanenza. � 

Reato � Reato permanente � Prova del momento di cessazione della permanenza 
� Incombe all'accusa. 

Il' reato di occupazione di suolo demaniale marittimo previsto dall'art. 
1161 Cod. Navig .. ha natura permanente. 

Nel reato di occupazione di suolo demaniale marittimo previsto dall'art. 
1161 Cod. Navig., la permanenza si protrae per tutta la durata dell'occupazione, 
pure dopo che le opere in cui questa si � materializzata 
sono state compiute, fino a che l'occupazione stessa non sia comunque 
cessata, anche mediante l'attivit� sostitutiva dell'autorit�. 

La prova del protrarsi dello stato di consumazione del reato permanente 
fino alla data indicata nel capo di accusa o, comunque, fino a data 
non utile perch� l'imputato possa invocare una causa estintiva del reato, 
incombe ali' accusa. 1 

(Omissis). -In via preliminare, non ricorrono le condizioni per la sospensione 
del procedimento, previs'ta dall'art. 44 legge 28 febbraio 1985 

n. 47, giacch�, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa dei ricorrenti 
Celone, Fontana, Guccione e Orlandi, tale disposizione riguarda i procedimenti 
in corso per reati oblazionabili, elencati nel 2� comma dell'art. 38, 
tra i quali non sono compresi quelli che formano oggetto del presente 
procedimento. Prima di esaminare le singole doglianze dei ricorrenti, 
occorre svolgere talune considerazioni di carattere generale ed assorbente. 

Il giudice di appello, affrontando la questione se il reato di abusiva 
occupazione di spazio demaniale marittinio, sanzionato dall'art. 1161 comma 
1 n. 1 del codice c;lella navigazione, debba considerarsi reato permanente 
e, nell'ipotesi affermativa, fino a quando lo stato di consumazione 
si protrae, ha affermato che si tratta di reato permanente e che lo stato di 
consumazione si protrae anche oltre la realizzazione di manufatti infissi 
stabilmente sul suolo demaniale e fino a quando non vi sia effettiva dimissione 
dell'occupazione e delle opere abusivamente realizzate. Nel caso di 
specie, il perdurare dell'occupazione abusiva dello spazio demaniale sarebbe 
stato manifestato dalle buone condizioni di manutenzione dei manu


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m1�11a�11��111ta1&11r111�llf�ll111w1��� 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

fatti alla data di contestazione del fatto, ed -in particolare -al momento 
del sopralluogo dei periti. 

Tenuto conto che tale accertamento fu eseguito in data coeva allo 
spirare del termine di efficacia dell'amnistia concessa con d.p. 744/~l, i 
giudici di merito hanno affermato che non sussistono le condiizoni per 
l'applicazione n� della prescrizione n� dell'amnistia. Osserva questo Supremo 
Collegio che, con l'eccezione di una isolata decisione (Cass. 3a sent. 

n. 2682 dell'll marzo 1982, ud. 20 novembre 1981, rie. Anelli), � stato costantemente 
affermato, anche in r.ecentissime decisioni, che � il reato di occupazione 
di suolo demaniale di cui all'art. 1161 Cod. Nav. ha natura permanente 
e la permanenza si protrae per tutta la durata dell'occupazione, pure 
dopo che le opere in cui questa si � materializzata sono state compiute, 
fino a che l'occupazione stessa non sia comunque cessata, anche mediante 
l'attivit� sostitutiva dell'autorit� (Cass. Sez. III sent. n. 4262 del 7 maggio 
1985, ud. 11 marzo 1985, rie. Li Mandri). 
Si tratta, cio�, di reato permanente, il cui stato di consumazione si 
identifica con l'occupazione, e cio� con un'attivit� che implica la disponibilit� 
esclusiva del suolo e/o dei manufatti da parte dell'autore e la cui 
antigiuridicit� permane, fino a quando dura' il potere di fatto dell'occupante 
sullo spazio demaniale. 

Ci� posto, i giudici di merito si sono adeguati a tale orientamento 
giurisprudenziale, giustamente affermando che la permanenza del reato 
deve intenqersi cessata al momento dell'abbandono dei manufatti e, comunque, 
al termine della disponibilit� abusiva dello spazio demaniale. 

Senonch� la dec.isione � censurabile sotto altro riflesso. 

Esaminando, ai fini dell'applicazione dell'amnistia, se ed a quale data 
poteva ritenersi c:essato lo stato di consumazione del reato, essi hanno affermato 
che �quante volte pu� clesumersi dagli accertamenti svolti dai 
periti che il manufatto sia stato abbandonato in data anteriore al loro 
accesso, il reato pu� dirsi cessato a tale data�. 

Orbene, se si tiene conto che ,la perizia fu depositata il 13 agosto 1981 
e che il termine di efficacia dell'~mnistia concessa con d.p. 744/1981 scadeva 
il 31 agosto 1981, � di chiara evidenza che i giudici di merito dovevano 
accertare non la situazione di fatto esistente al momento del soprall�ogo 
dei periti (sicuramente avvenuto in data ben anteriore al 13 agosto 1981), 
ma quella perdurante dopo lo spirare del termine del 31 agosto 1981. N� 
era lecita alcuna congettura che l'occupazione in atto al 13 agosto 1981 
fosse continuata dopo il 31 agosto 1981, in mancanza di un qualsiasi elemento 
probatorio o di indizi seri, precisi e concordanti, risolvendosi l'affermazione 
del Tribunale in una inammissibile illazione. 

Ed invero, il Tribunale ha fondato il coqvincimento del protrarsi dello 
stato di consumazione del reato esclusivam~nte sul fatto che i manufatti 


-~Al 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO,� 

880 

occupati dagli odierni ricorrenti risultavano in puone condizioni di manutenzione 
al momento del sopralluogo dei periti. 

Ma, se tale dato di fatto poteva avere un qualche significato indiziario 
all'epoca dell'accertamento, ci� non escludeva affatto la volontaria 
dimissione dell'occupazione all'indomani dell'accertamento, a nulla rilevando 
che questo fu eseguito in epoca di poco anteriore allo spirare del 
termine di efficacia dell'amnistia. 

I giudici di merito, rendendosi forse conto della debolezza logica di 
tale argomentazione,� hanno affermato che, nella situazione di fatto posta 
in evidenza dai periti, incombeva agli imputati l'onere di dimostrare il 
tempestivo abbandono dello spazio demaniale. 

Tale affermazione si risolve nella violazione dei principsi che regolano 
l'onere della prova, spettando sempre e soltanto all'accusa dimostrare la 
sussistenza degli estremi del reato nonch� il protrarsi dello stato di consumazione 
del reato permanente fino alla �data indicata nel capo. d'accusa 
o, comunque, fino a data non utile perch� l'imputato possa invocare la 
causa estintiva del reato. 

In caso contrario, il principio in dubio pro reo, applicabile anche in 
tema di cause di estinzione del reato, impone di ritenere cessata la permanenza 
del reato in tempo utile perch� possa pronunziarsi la declaratoria 
di estinzione del reato. 

Si deve, dtl!Ilque, ritenere applicabile a favore dei ricorrenti l'amnistia 
concessa con d.P.R. 744/81, posto che non risultano accertati fatti di occupazione 
dello spazio demaniale successivi al 13 agosto 1981. 

Ci� premesso, va rilevato che i ricorrenti CaseHi e Minervini hanno 
rinunziato ai rispettivi ricor~i e che i ricorrenti Cirlincione, Gullo e Brucato 
non hanno depositato i motivi a sostegno del ricorso. 

Tuttavia, trattandosi di cause sopravvenute di inammissibilit�, l'amni\ 
stia va applicata anche a loro favore per l'effetto estensivo dell'impugnazione, 
dichiarandosi inammissibili i rispettivi ricorsi nel resto. 
La formula assolutoria di merito, richiesta da tutti i ricorrenti in ap� 
plicazione dell'art. 152 c.p.v. �.p.p. va concessa al solo Morello. 

Si addebit� al Morello la realizzazione e l'occupazione di una piazzuola 
di cemento su scogliera demaniale per.mq. 158 circa ed i giudici di merito 
ne affermarono la responsabilit� sulla base di argomentazioni, che non 
hanno alcun fondamento logico. 

I 

L'opera fu realizzata dalla dante-causa del Morello, la quale -poi vendette 
la nuda propriet� del suolo adiacente alla moglie del Morello e 
l'usufrutto a quest'ultimo. 

Nel '74 l'autorit� amministrativa rifiut� il rinnovo della concessione 
demaniale, che la moglie del Morello aveva richiesto. 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Il Tribunale dedusse che la scogliera in questione era nell'effettiva di� 
sponibilit� del Morello, ponendo a fondamento di tale deduzione l'istanza 
di concessione rivolta dalla moglie del Morello all'autorit� demaniale. 

Senonch�, pur senza considerare che il Morello chiuse ogni access? 
diretto alla scogliera dalla confinante propriet�, non potevano i giudici di 
merito tralasciare di valutare ohe -non fu provata alcuna attiviit� di disposizione, 
di uso o di godimento esclusivo della scogliera da parte del Morello, 
e che l'aver i periti verificato il buono stato di manutenzione dell'opera 
non lasciava presumere affatto che ci� fosse dipeso dall'attivit� 
del Morello, anzich� della moglie o di terzi egualmente interessati alla 
conservazione del manto di cemento della scogliera. 

N� la concessione richiesta dalla moglie del Morello poteva legitti� 
mare alcUJ11a presunzione negativa a carico di quest'ultimo, mancando ogni 
rapporto di_ causalit� tra i due fatti presi in considerazione. ) 

Di conseguenza, l'impugnata sentenza va annullata senza rinvio, limitatamente 
al reato previsto dall'art. 1161 C.N., per non aver il Morello commesso 
il fatto. 

Quanto agli altri ricorrenti, non solo hon ricorrono le condizioni 
per l'applicazione della formula assolutoria prevista dall'art. 152 cpv. 
c.p.p., ma la loro responsabilit� risulta ampiamente dimostrata, per ci� 
che � emerso nel giudizio di merito, onde, a norma dell'art. 12 1. 3 agosto 
1978 n. 405, i rispettivi ricorsi vanno rigettati agli effetti delle 
disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. 

Ed invero,� per ci� che concerne l'eccezione di preclusione da giudicato 
fatta valere dal Quaranta, si tratta di deduzione assertiva non 
comprovata da alcun elemento che dimostri la duplicazione del procedimento 
per il medesimo fatto. 

Sul fatto, poi, che si tratta di occupazione di spazio del demanio 
marittimo, contestato dalla difesa di Celone, Fontana, Guccione, Orlandi, 
Franzone, Barone Gino, non � censurabile l'affermazione del Tribunale, 
secondo cui deve ritenersi demaniale la zona costiera, che, come quella 
in esame, risulta ricoperta dalle mareggiate, in conformit� del principio, 
pi� volte ribadito da questa Corte Suprema, che � demaniale il 
tratto di terraferma relitto dal naturale ritirarsi delle acque, conside� 
rando nel concetto anche le mareggiate ordinarie e straordinarie. 

N� � suscettibile di riesame l'affermazione� che talune porzioni di 
immobile non farebbero, comunque, parte del demanio marittimo, pur 
nell'estensione come sopra delineata, giacch� le doglianze al riguardo 
concretano censure di fatto sottratte al riesame in questa sede di legittimit�. 


Identica causa preclusiva opera, poi, riguardo alle censure, che concernono 
l'asserita carenza dell'elemento psicologico del reato, dato che 


882 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


l'errore � inescusabile a norma dell'art. 5 cod. pen. e che il fatto � 
ascritto ai ricorrenti sulla base della coscienza e volontariet� dell'azione. 

Resta da affrontare la questione, sollevata dai ricorrenti Celone, Fontana, 
Guccione, Orlandi, e Morello, in ordine all'applicabilit� a loro 
favore della formula assolutoria di merito per il reato di �cui all'art. 632 
codice penale. 

Sotto tale profilo, i sunnominati ricorrenti sostengono che erroneamente 
taluni manufatti sarebbero stati indicati come realizzati su suolo 
appartenente al demanio armentizio (trazzera� Palermo-Mondello) e che, 
com1ll11que, la trazzera di cui sopra sarebbe stata tacitamente sdemanializzata 
indipendentemente da un atto formale di declassificazione. 

In ordine alla prima questione, non solo le doglianz� concretano 
censure di fatto non suscettibili di riesame . in sede di legittimit� ma 
esse sono altres� precluse in presenza della causa estintiva .del reato, 
che impedisce nuove indagini, indispensabili per valutare il fondamento 
delle tesi difensive. 

Sotto il secondo profilo, si pu� accogliere -in tesi -il principio, 
secondo il quale la sdemanializzazione del bene pu� essere anche tacita 
e risultare, nonostante la mancanza di un formale atto di sclassificazione, 
da atti univoci e concludenti, incompatibili con la volont� di 
conservarne la destinazione all'uso pubblico, e da circostanze cos� significative 
da rendere inconcepibile un'ipotesi diversa da quella che la 
pubblica amministrazione abbia definitivamente rinunciato al ripristino 
della pubblica funzione del bene medesimo. 

II Tribunale, per�, ha escluso una sia pur tacita volont� di sdemanializzazio~
e della fascia di terreno, facente parte della trazzera Nostra 
Donna, sulla base degli accertamenti dei periti e del decreto dell'autorit� 
amministrativa in data 4 febbraio 1953. 

In tale situazione, pure ad accedere, c6me s'� detto, alle tesi della 
possibilit� di una sdemanializzazione tacita (non :pacificamente accolta 
in dottrina ed in giurisprudenza nel rilievo che, a norma d~ll'art. 1 r.d.I. 
30 dicembre 1923 n. 3244, la sdemanializzazione del demanio armentizio 
non potrebbe derivare che da un formale provvedimento amministrativo 
di sclassificazione), non ricorrono i presupposti per l'accoglimento del 
ricorso, posto che non risultano dagli atti elementi certi e tranquillanti 
del disuso da tempo immemorabile del be)J.e demaniale in questione 
all'uso pubblico, accompagnati da elementi indiziari tali da far ritenere 
che la P.A. abbia definitivamente rinunziato al ripristino della pubblica 
funzione. (Cass., Sez. II n. 1603 del 18 marzo 1981 rie. Squilla). 

N� gli elementi di fatto posti in evidenza dai ricorrenti possono 
essere esaminati in questa� sede od in sede di rinvio, essendo �precluse 
-come s'� detto -ulteriori indagini di fatto. 



P~TB I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

L'affermazione, infine, del Morello che i manufatti considerati insi� 
sterebbero su demanio comunale � di natura meramente assertiva e, 
comunque, non sposta i termini della questione, per le argoment~oni 
di cui sopra; e, del resto, il Morello, denunziando il difetto di motiva� 
zione sul punto (esistenza del demanio), ammette implicitamente che si 
dovrebbe procedere ad un nuovo giudizio su tale premessa di fatto, 
ci� che � impedito dall'attuale sistema normativo, che impone l'appli� 
cazione senza indugio della causa . estintiva e p:reclude ulteriori mdagini 
sulla sussistenza del fatto. 

r 


PARTE SECONDA 



.. 




RASSEGNA DI DOTTRINA 


INDICE -SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI 

DIRITTO COSTITUZIONALE 

A. ANZON, Legge regionale e principio di uguaglianza. 
A. D'ATENA, Tra decentramento regionale ed integrazione sovranazionale. 
DIRITTO AMMINISTRATIVO 

M. 
ANNESI, La cessazione della Cassa per il Mezzagiorno e la riforma 
normativa dell'intervento straordinario. 
M. ANNUNZIATA, Interventi nelle zone terremotate e disciplina urbanistica. 
R. 
BONELLO, Verso la fine dell'era della supplenza? Luci ed ombre nel 
processo di normalizzazione del sistema radiotelevisivo. 
O. 
CARLUCCI, A proposito di due recenti interventi legislativi in tema di 
fissazione dell'udienza di discussione davanti al Tribunale Amministrativo. 
U. 
FERRARI, La nuova disciplina dell'invalidit� pensionabile. 
F. 
FRANCASIO, Inerzia ed ottemperanza al giudicato: spunti per una riflessione 
sull'atto di ottemperanza. 
G. 
FRANCO, Legislazione statale e tuteld delle risorse naturali dagli inquinamenti: 
ricognizione e prospettive. 
M. 
GRASSI, Breve nota sull'imputazione dei rapporti giuridici relativi ad 
attivit� sanitarie trasferite alle U.S.L. 
F. 
LONGO, Presentazione del tema del convegno di Varenna 1985 sul processo 
amministrativo. M. 
NIGRO, Diritto amministrativo e processo amministrativo nel bilancio 
di dieci anni di giurisprudenza. 
V.. PAVESI, Considerazioni in materia di indennit� di esproprio alla luce 
della sentenza della Corte di Cassazione n. 5401 del 24 ottobre 1984. 

A. 
PIZZI, Le convenzioni amministrative: considerazioni sul regime giuridico 
applicabile. 
A. POSTIGLIONE, Ambiente: suo significato giuridico unitario. 
A. POSTIGLIONE, Ambiente e suoi effetti sul sistema giuridico. 
E. Rossi, 
Circolari ministeriali e sindacato della Corte Costituzionale in 
materia di obiezione di coscienza al servizio militare. 
O. SEPE, Nota sulla legge istitutiva della Corte dei Conti. 
O. 
SEPE, In tema di razionalizzazione e di riforma dei controlli nella 
Pubblica Amministrazione. 

168 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

C. TALICE, Analisi dell'attivit� della giustizia amministrativa nel 1984. 
I. 
SPAGNOLO VIGORITA, La concessione di sola costruzione di opere pubbliche 
dopo la legge 14 maggio 1981 n. 2194. 
G. VERDE, Norme processuali ordinarie e processo amministrativo. 
i 

L. 
VERRIENTI, Sul ripensamento �della Corte dei Conti circa i rapporti 
tra giudizio penale e giudizio di responsabilit� amministrativa. 
DIRITTO CIVILE 

M. 
COMPORTI, Presunzione di responsabilit� e pubblica amministrazione: 
verso l'eliminazione di privilegi ingiustificati. 
M. 
D'ANTONA, Licenziamento illegittimo e prova del danno: la stabilit� 
economica del rapporto di lavoro secondo le Sezioni Unite. 
N. MAZZIA, Intestazione fiduciaria e successioni mortis causa. 
G. 
MusoLINo, Aspetti della responsabilit� civile per l'esercizio di attivit� 
nucleari. 
E. QUADRI, La' riforma del divorzio. 
PROCEDURA CIVILE 

A. R. BRIGUGLIO, La riforma dell'arbitrato (considerazioni per un primo 
bilancio). 
L. 
MONTESANO, Problemi attuali e riforme opportune di provvedimenticautelari e in specie d'urgenza. . 
A. PROTO PISANI, Note in tema di limiti soggettivi della sentenza civile. 
H. PRUTTING, Gegenwarts probleme. der Beweislast. 
C. 
PUNZI, L'efficacia del lodo arbitrale nelle convenzioni internazionali 
e nell'ordinamento interno. 
C. R~GOSI, Espropriazione presso terzi per crediti di lavoro. 
DIRITTO PENALE 

R. MESSINA, Reclami collettivi e disciplina militare. 
G. 
VASSALLI, Decreti legge favorevoli al reo non convertiti, emendati o 
decaduti: una prima tappa verso la chiarezza su un controverso tema 
di diritto transitorio. 
VARIE 

F..CANFORA, Considerazioni in tema di antinomie. 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 169 

DIRITTO COSTITUZIONALE 

ADELE ANzoN, Leggi regionali e principio di uguaglianza, in Giurisprudenza 
Costituzionale, 1985, fase. n. 2, pagg. 58-64. 

L'Autore nella nota, opera un esame analitico delle pronuncie pi�significative della S.C. di Cassazione in relazione alla problematica dei 
rapporti tra esigenze dell'autonomia locale e istanze di uniformit� di 
disciplina su tutto il territorio nazionale. Rilevato come la giurisprudenza 
meno recente avesse sancito �la tendenza alla prevalenza delle 
esigenze unitarie su quelle locali, pur nel contrasto con l'orientamento 
assunto da parte della dottrina, l'Autore valuta positivamente la sentenza 
della Corte Costituzionale n. 20 del 30 gennaio 1985, nella qualerileva un sintomo di una inversione di tendenza in materia, sostanziantesi 
in una maggiore apertura alle � ragioni � dell'autonomia. 

NADIA PALMIERI 

ANTONIO D'ATENA, Tra decentramento regionale ed integrazione sovranazionale, 
in Giurisprudenza Costituzionale, 1985, fase. n. 4, pagine 
789-803. 

L'Autore di questo articolo analizza i probl~mi sorti in relazione 
al coordinamento tra le autonomie regionali e l'ordinamento comunitario, 
soprattutto l� dove i trattati .istitutivi chiamano le autorit� sovranazionali 
ad intervenire in settori che la Costituzione e gli Statuti 
speciali devolvono alle Regioni. 

Rilevato come si possa parlare di trittico Stato-Regioni-Comunit�europea, l'Autore fa presente che astrattamente lo Stato dovrebbe costituirne 
l'elemen.to centrale, mediatore dei relativi rapporti mentre nella 
realt�, non riesce a svolgere tale funzione, limitandosi a cedere competenze 
in favore dei due organismi. 

L'Autore auspica, quindi, una ma~giore partecipazione delle Regioni 
alla elaborazione de~li atti comunitari, pur escludendo che tale partecipazione 
sia costitUZionalmente imposta, e rilevando che solo due sono 
i modelli utilizzabili: quello delle consultazioni separate e quello dell'audizione 
di collegi rappresentativi unitari. 

Dopo aver esposto gli aspetti positivi e negativi di entrambi i 
modelli, l'Autore esprime dubbi sull'efficacia generalizzata della partecipazione 
regionale e conclude affermando l'esistenza di un limite oltre 
il quale la conciliazione tra il sovrannazionale e regionale � impossibile. 

NADIA PALMIERI 

DIRITTO AMMINISTRATIVO 

MASSIMO ANNESI, La �cessazione della Cassa per il Mezzogiorno e la 
riforma normativa dell'Intervento straordinario, in Rivista Trimestrale 
di Diritto Pubblico, 1985, 3 ss. 

L'Autore affronta i delicati problemi giuridici derivati dalla 1. 775/84 
che ha convertito con notevoli modificazioni il d.l. 581/84, e della conse


-guente liquidazione della Cassa per il Mezzogiorno adottata ai sensi 
della 1. 1404/56. L'Autore si sofferma in particolare modo sulla sorte 
dei rapporti pendenti al momento della messa in liquidazione, nonch� 
sulla posizione del Commissario Governativo e sui suoi poteri di gestione 
e di liquidazione. 
VINCENZO NUNZIATA 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MICHELE ANNUNZIATA, Interventi nelle zone terremotate e disciplina urbanistica, 
in Riv. Giur. ed., 1985, fase. 5, I, pp. 62-65. 

Nell'articolo, l'Autore esamina alcuni aspetti della legislazione di 
emergenza, fra i quali l'esecuzione di opere pubbliche ed il loro regime

urbanistico. 
, In particolare si sofferma sulla efficacia nei rapporti interprivati 
delle ordinarize emanate dal Commissario straordinario o dal Ministro 
della Protezione Civile, anche ai fui.i della configurabilit� di casi di responsabilit� 
amministrativa o penale. 


GABRIELLA PALMIERI 

ROBERTO BORELLO, Verso la fine dell'era della �Supplenza�? Luci e4 
ombre sul processo di normalizzazione del sistema radiotelevisivo, in 
Giurisprudenza Costituzionale, 1985, fase. n. 4, pagg. 830-856. 

L'Autore dopo aver riassunto la sequela di sentenze delle Sez. Unite 
civili della Cassazione in materia radiotelevisiva e le varie fattispecie che 
ne hanno dato origine, evidenziandone gli aspetti di maggior rilievo 
quali la sussistenza o meno della giurisdizione ordinaria in ' ordine 
ad azioni sia di carattere cautelare che di cognizione ordinaria, tenta 
una verifica della validit� attuale di tale giurisprudenza in relazione al 

d.I. n. 807 del ~984, convertito in legge n. 10 del 1985. Conclude criticando 
un orientamento legislativo che ritiene condizionato da quellache chiama la � tirannia dello status quo �, 
NADIA PALMIERI 

OSVALDO CARLUCCI, A proposito di due recenti interventi legislativi in 
tema di fissazione dell'udienza di discussione davanti al Tribunale 
Amministrativo, in T.A.R. n. 3, marzo 1985, pag. 93 e ss. 

L'Autore, dopo aver brevemente esaminato le caratteristiche della 
� editio actionis � e della � vocatio in ius � nel processo davanti al T.A.R., 
denuncia la rozzezza e l'atecmicismo delle nuove norme contenute nell'art. 
28 I. 93-1983, il quale stabilisce che nei ricorsi di pubblico impiego 
l'udienza di discussione deve essere fissata entro sei mesi dalla scadenza 
;del termine di costituzione in giudizio delle parti contro le quali e 
nei confronti delle quali il ricorso � proposto, e nell'art. 22 I. 47/1985,
che prevede che nel caso di ricorso giurisdizionale avverso il diniego 
della concessione in sanatoria, l'udienza viene fissata d'ufficio dal Presidente 
del Tribunale Amministrativo Regionale per una data compresa 
entro il terzo mese della presentazione del ricorso. 

ENRICO DE GIOVANNI 

VINCENZO FERRAR!: La nuova disciplina dell'invalidit� pensionabile in Foro 
lt., marzo 1985, pag. 87. 

L'Autore analizza la I. n. 222 del 12 giugno 1984, che ha 'riformato la 
materia delle pensioni di invalidit� corrisposte dall'LN.P.S. 

Viene evidenziata la sostituzione del criterio della diminuita capacit� 
di guadagno con quello della diminuita capacit� di lavoro, sostituizione 
che, tuttavia, non dovrebbe, ad avviso dell'Autore, comportare un'eccessiva 
restrizione della tutela previdenziale rispetto al regime preesistente, 
in quanto non ad una capacit� di lavoro astrattamente presa dovrebbe 
farsi riferimento, ma pur sempre ad una capacit� commisurata alle concrete 
condizioni sociali dell'assicurato. 

PAOLO GENTILI 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

FABIO FRANCARIO: Inerzia ed ottemperanza al giudicato: spunti per una 
riflessione sull'atto di ottemperanza in Foro Amministrativo 1985 

n. 4 e 5, pag. 746 ss. 
L'articolo contiene un'ampia disamina del problema della ottemperanza, 
con una panoramica delle varie posizioni espresse dalla dottrina 
e dalla giurisprudenza, ed in particolare dell'A.P. del Consiglio di Stato 
19 marzo 1984, n. 6. La discussione si incentra sul problema 'Specifico 
del comportamento della P.A. formalmente osservante del giudicato, ma 
sostanzialmente � elusivo � di esso, e si esamina se il ricorso all'ottemperanza 
sia ammissibile soltanto di fronte all'inerzia dell'Amministrazione, 
od anche quando quest'ultima ponga in essere provvedimenti di esecuzione 
(reale o fittizia) reputati illegittimi. L'Autore conclude per la seconda 
tesi, in base alla considerazione che soltanto un'attivit� amministrativa 
legittima (oltre che attuativa del giudicato) sana la lesione della 
sfera giuridica del privato e rende concreta giustizia. 

GESUALDO D'ELIA 

GIAMPIETRO FRANCO: Legislazione statale a tutela delle risorse naturali 
dagli inquinamenti: ricognizione e prospettive, in Riv. trim. di. pubblico 
1985, 61 ss. 

L'Autore prende analiticamente in rassegna lo stato del nostro ordinamento 
sia antecedente che conseguente alla c.d. legge Merli, ponendo 
anche in rilievo il ruolo decisivo della giurisprudenza. 

Particolare attenzione viene dedicata alla tutela delle acque, anche 
marine, nonch� dell'aria e del suolo, anche alla luce della legislazione 
regionale in materia. 

VINCENZO NUNZIATA 

MANFREDO GRASSI: Breve nota sull'imputazione dei rapporti giuridici relativi 
ad attivit� sanitarie trasferite alle U.S.L. in Foro Italiano 1985, 
I, 2184 n..9. 

Nota adesiva a sentenza della Cassazione che esclude l'imputazione alle 

U.S.L. dei rapporti inerenti alla gestione di un ente ospedaliero soppresso 
e riferibile ad epoche precedenti la costituzione delle U.S.L., individuando 
come successore il Comune. 
Notevoli pure nella brevit� dell'articolo, i riferimenti giurisprudenziali. 

GIOVANNI LANCIA 

FILIPPO LONGO: Presentazione dei tema del convegno di Varenna 1985 sul 
processo amministrativo in Consiglio Stato 1985 (fase. 8 e 9), parte 
seconda pag. 1209 ss. 

L'Autore si occupa del tema della disciplina del processo amministrativo 
richiamandosi tra l'altro alle varie proposte di legge sulla riforma 
di tale processo. 

Trattandosi della presentazione del tema di un convegno, si � sotto1lineata 
l'esigenza di un dibattito finalizzato a fornire al Parlamento il 
contributo concreto di settori della dottrina ed operatori del diritto per 
l'elaborazione di un testo di norme sul processo amministrativo adeguato 
alle attuali esigenze della tutela giurisdizionale. 

L'Autore ha voluto precisare anche l'urgenza di dare certezza e completezza 
al sistema giurisdizionale amministrativo, � per dare certezza 
e completezza al diritto sostanziale �. 


172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche se, aggiunge lo stesso Autore, la giurisprudenza amministrativa 
� stata sempre creativa e fantasiosa, specie in questi ultimi anni, 
assumendo un atteggiamento di grande apertura e di acuta sensibilit� 
ai problemi della tutela sostanziale del ricorrente. L'articolo termina, 
infine, con una valutazione positiva delle iniziative legislative di riforma 
che sono state adottate, analizzando dettagliatamente i settori sui qualiincidono le modifiche proposte. 

(}ABRIELLA l\AANGIA 

MARIO NIGRO: Diritto Amministrativo e processo amministrativo nel bilancio 
di dieci anni di giurisprudenza in Foro Italiano, maggio 1985; 
pag. 95~ 

L'Autore esamina l'incidenza della giurisprudenza amministrativa di 
questi ultimi dieci anni sulla trasformazione dei moduli propri dell'azione 
amministrativa. Tale trasformazione si caratterizza per il superamentodella centralit� dell'atto amministrativo e per il conseguente passaggio 
a moduli procedimentali e contrattuali. � 

La giurisprudenza si mostra, apparentemente, lenta a prendere atto 
della nuova realt� dell'azione amministrativa, e sembra insistere nell'intendere 
il proprio ruolo come volto esclusivamerite a sindacare l'atto. 

Si tratta, per�, solo di un'impressione, perch� una lettura in profondit� 
della giurisprudenza rivela come questa, soprattutto riguardo all'emersione 
dell'intero procedimento come oggetto del giudizio, abbia 

l

compiuto notevoli passi avanti, arrivando anche ad ammettere in molti 
casi l'impugnabilit� autonoma di atti interni al procedimento. 

I

Pi� faticosa � l'evoluzione in materia di moduli contrattuali, ma ci� e 
� dovuto, secondo l'Autore, soprattutto ai gravi dubbi sulla spettanza
della giurisdizione �che continuamente sorgono riguardo ai contratti della 


I 

PA. I

PAOLO (}ENTILI 

VITTORIA PAVESI: Considerazioni in materia di indennit� di esproprio alla ~ 
luce della .sentenza della Corte di Cassazione n. 5401 del 24 ottobre 
1984, in Rhl. Giur. ed 1985, fase. 2 I, pp. 242-43. 


I 

L'Autore descrive l'evoluzione della legislazione in tema di indennit� 
di esproprio a cominciare dalla nota sentenza della Corte Costituzionale 


I

n. 5 del 30 gennaio 1980. 
La sentenza della Cassazione n. � 5401/84 annotata ha il merito -se-. 
condo l'Autrice -di avere indicato una nuova strada per sottrarre, 


I

attraverso una interpretazione restrittiva della summenzionata sentenza 

della Corte Costituzionale n. 5/80, almeno i terreni agricoli allo � im! 


passe� determinato dalla legislazione in materia, stimolando, inoltre, 't 

l'intervento chiarificatore del legislatore ordinario sulla intera questione. I 

t 

t 

GABRIELLA PALMIERI ! 

ANNAROSA PIZZI: Le convenzioni amministrative: considerazioni sul re


I

gime giuridico applicabile, in Rivista trimestrale di diritto e proce


I

dura civile, 1985, 288-327. 

I 

L'Autrice compie una diffusa ed accurata analisi delle convenzioni 

j

della P.A., illustrando le ragioni che rendono attuale l'interesse perl'istituto. \ 
Con serrate argomentazioni vengono contestati i motivi che inducono i 
I 
a ritenere lo strumento convenzionale non regolabile dal diritto comune, 

' 

rivelandosi come 10 stesso non debba essere inteso come espressione di i 
un'attivit� sui generis, n� collocato in uno spazio intermedio t;ra �pub-

I 

I

I 

. I 
II 


PARTE �u, RASSEGNA DI DOTI'RINA 

blico ,. e � privato � o addirittura tra giuridico e non giuridico, ma vada 
piuttosto considerato come una delle possibili modalit� di azione cui il 
soggetto pubblico ricorre quando.gli � consentito usare il diritto comune. 

L'articolo si conclude con un esame delle convenzioni del settore 
urbanistico e di quelle afferenti alla c.d. programmazione controllata. 

MARIA LETIZIA GUIDA 

AMEDEO POSTIGLIONE: Ambiente: suo significato giuridico unitario, in Rivista 
Trimestrale di dir. Pubblico 1985, 32 ss. 

L'Autore analizza innanzi tutto, llllChe con riferimento alla recente 
istituzione del. Ministero dell'Ecologia, il concetto di � ambiente � nella 
dottrina e nella legislazione italiana. Si sofferma poi sulle prospettazioni 
del concetto di � ambiente � come interesse pubblico fondamentale, nonch� 
sulla possibilit� di ricomprendere il � diritto all'ambiente ,. sull'ambito 
dei diritti fondamentali della persona, posto che questi non costituirebbero 
un � elenco chiuso �, bensl una categoria in continua e naturale espan


sione. 

Viene ancora esaminata quella giurisprudenza che pi� si � soffermata 
sul concetto di � ambiente � come bene giuridico. pubblico e di danno all'ambiente 
come danno erariale, nonch� sulla utilizzabilit� del concetto 
urbanistico di � standards � al fine della tutela dell'ambiente. 

VINCENZO NUNZIATA 

AMEDEO POSTIGLIONE: Ambiente e suoi effetti sul s�stema giuridico, in 
Cons. Stato 1985, fase. I, parte Il, pag. 127 e ss. 

L'Autore �sottolinea l'importanza dell'ambiente e le sue implicazionigiuridiche dal livello planetario alla singola persona umana. 

L'ambiente, si legge nel sagio, rivaluta lo spazio giuridico della singola 
persona con i suoi diritti-doveri (diritto-dovere alla pace; dkittodovere 
alla solidariet�; diritto-dovere di informazione; diritto-dovere di 
partecipazione: diritto-dovere di azione). 

Dal diritto all'ambiente di ogni persona, con fondamento costituzionale, 
si passa ad un diritto all'ambiente di gruppi, associazioni, comunit� 
locali, nazionali, internazionali. 

L'articolo si chiude con l'auspicio che il giudice possa dotarsi di un 
effettivo potere di intervento in via preventiva e repressiva in materia 
di tutela ambientale, con la possibilit� di stabilire un dialogo corretto 
e rigoroso anche con la P.A. � 

GABRIELLA MANGIA 

/ 

AMEDEO POSTIGLIONE: Ambiente e suoi effetti sul sistema giuridico, in 

T.A.R. n. 5 e 6-maggio-giugno 1985; pag. 151 e ss. 
Dopo aver ricordato gli enormi problemi legati alla tutela dell'ambiente, 
l'Autore sottolinea la necessit� di un diritto ambientale che sia 
in grado di fornire nuovi modelli istituzionali di protezione del sistema 
ecologico nel suo complesso: passate, quindi, in rassegna le linee di 
tendenza a livello internazionale del diritto ambientale, anche nei suoi 
profili storici, vengono segnalati i ritardi delll:! ultima produzione giuridica 
italiana e le conseguenti. carenze normative, solo in parte supplitenegli anni '70 dall'azione della magistratura; si conclude, infine, col proporre 
iniziative normative ed esecutive indonee a consentire un effettivo 
e.sercizio del diritto all'ambiente per ogni persona umana. 

ENRICO DE GIOVANNI 


174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

EMANUELE Rossi: Circolari ministeriali e sindacato della Corte Costituzionale 
in materia di obiezione di coscienza al servizio militare, in 
Rivista trimestrale di diritto pubblico 1985, 117 ss. 

L'Autore si sofferma su alcune questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate in relazione alla legge 15 dicembre 1972, n. 772. In particolare 
viene esaminato l'art. 3 della legge citata che impone all'Amministrazione 
di pronunciarsi entro sei mesi dalla richiesta di servizio civile sostitutivo 
o servizio miiltare non armato, in quanto secondo un orientamento 
interpretativo tale termine sarebbe soltanto ordinatorio. L'Autore al contrario, 
muovendo dal concetto di silenzio-rifiuto elaborato dalla giurisprudenza 
amministrativa, conclude per la perentoriet� del suddetto termine. 

VINCENZO NUNZIATA 

ONORATO SEPE: Note� sulla legge istitutiva della Corte dei Conti (I. 14 agosto 
1862, n. 300) in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, 1985, I, 
89 ss. 

L'Autore si sofferma assai dettagliatamente sui lavori preparatori 
concernenti la legge 300/1862, e sulle questioni che in tale sede suscitarono 
maggiori discussiohi. Tra queste il ruolo del procuratore generale, la 
nomina dei consiglieri e l'impugnabilit� delle decisioni della Corte dei 
Conti dinanzi al Consiglio di Stato. 

VINCENZO NUNZIATA 

ONORATO SEPE: In tema di razionalizzazione e di riforma dei controlli 
nella Pubblica amministrazione, in Cons. Stato 1985, n. 5, II, pag. 847 ss. 

L'Autore si occupa del problema attuale e dibattuto dei controlli 
nella pubblica amministrazione, precisando che l'essenziale nel controllare 
� l'evitare di ridurre il controllo ad uno schema, ad una indagine 
autonomatica (e forse automatizzabile) di conformit� allo schema stesso 
senza valutazioni pi� a fondo. I criteri da seguire in sede di controllo 
(a.che di sola legittimit�) non devono infatti servire per astratte esercitazioni 
di logica formale, ma per salvaguardare concreti valori politico 
amministrativi. 

GABRIELLA MANGIA 

CARLO TALICE:' Analisi dell'attivit� della giustizia amministrativa nel 1984, 
Cons. Stato 1985 (6-7), II, 1051 ss. 

L'Autore registra e sottolinea un ulteriore aumento del contenzioso 
amministrativo in ogni grado e in ogni materia, rilevando peraltro che i 
due settori principali di tale contenzioso -il pubblico impiego e l'edilizia 
-urbanistica -hanno mantenuto il primo e il secondo posto nella 
graduatoria della distribuzione per materia dello stesso, cos� come organizzata 
dall'autore. 

L'analisi compiuta nell'articolo in esame si presenta molto interessante, 
soprattutto in considerazione dell'estrema attenzione con cui l'Autore 
espone e precisa i dati statistici raccolti sull'argomento. 

Si auspicano, in conclusione, per eliminare le disfunzioni e le imperfezioni 
riscontrate sull'argomento, improcrastinabili e massicci interventi 
in direzione dell'attivit� legislativa ed amministrativa pi� che di 
quella giurisdizionale. 

GABRIELLA MANGIA 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA 17J 

GIOVANNI VERDE, Norme processuali ordinarie e processo amministrativo 
in Foro Italiano 1985, V, 137 n. 6. ' 

Dell'articolo � notevolissima la ricca rassegna delle sentenze, sia del 
T.A.R., sia del Consiglio di Stato, in tema di applicazione di norme e principi 
propri del .'giudizio civile a quello amministrativo. 

GIOVANNI LANCIA 

LUCA VERRIENTI, Sul � ripensamento� della Corte dei Conti circa i rapporti 
tra giudizio penale e giudizio di responsabilit� amministrativa in 
Foro Italiano 1985, III, 216 n. 5. 

Nota (in parte) adesiva a sentenza della Co'rte dei Conti che afferma 
potersi avere pregiudizialit� del giudizio penale rispetto a quello conta� 
bile. L'Autore mostra comunque l'insoddisfacente stato della Giurisprudenza 
in materia. 

GIOVANNI LANCIA 

ITALO SPAGNUOLO VIGORITA, La concessione di sola costruzione di operepubbliche dopo la legge 14 maggio 1981 n. 219, in Riv. giur. ed., 1985, 
fase. 2, II, pp. 70-96. 

Analitico esame dell'istituto della concessione di sola costruzione di 
opere pubbliche quale struttura finalizzata a realizzare una sostanziale 
convergenza tra interesse pubblico e interesse privato, nel quadro di un 
processo pi� vasto di non antagonismo e anzi di collaborazione fra Amministrazione 
e privato. , 

L'Autore ricostruisce l'istituto partendo dalla legge n. 1137 del 1979, 
approfondendo il profilo relativo alla posizione ed ai poteri dei commissari 
concedenti, punto focale della nuova legge n. 219. Si sofferma, 
inoltre, sugli aspetti relativi alla programmazione di massima ed alla progettazione 
esecutiva, alla esecuzione ed alla ultimazione dei lavori, alla 
struttura del corrispettivo di concessione ed, in particolare, alla revisione 
prezzi, alla risoluzione della concessione ed alla decadenza del concessionario, 
alla clausola compromissoria introdotta dall'art. 28 della conces� 
sione ed ai suoi riflessi sulla giurisdizione amministrativa, ed, infine, alla 
cognizione arbitrale. 

GABRIELLA PALMIERI 

DIRITTO CIVILE 

MARCO COMPORTI, Presunzione di responsabilit� e pubblica amministrazione: 
verso l'eliminazione di privilegi ingiustificati in Foro Italiano 
1985, I, 1498 n. 5. 

L'Autore enumera tutta una serie di seritenze che hanno affermato, in 
termini via via sempre pi� ampi, l'applicabilit� di molte norme di c.d. 
responsabilit� oggettiva alla P.A. 

Termina infine con osservazioni non sempre condivisibili in tema di 
responsabilit� per insidia stradale. 
GIOVANNI LANCIA 


176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MASSIMO D'ANTONA, Licenziamento illegittimo e prova del danno: la stabilit� 
economica del rapporto di lavoro secondo le Sezioni Unite, in 
Foro Italiano 1985, I, 2246 ss. 

L'Autore ricorda il contrasto formatosi nella giurisprudenza della S.C. 
in materia: da un lato una serie di pronuncie intese a riconoscere al lavoratore 
tutte le retribuzioni dovutegli in virt� del rapporto di lavoro (non 
estinto dal licenziamento illegittimD'), dall'altro decisioni che, oltre le mensilit� 
di legge, ponevano a carico del lavoratore la prova di mancata percezione 
dei redditi o addirittura di infruttosa ricerca di occupazione.
Nel prosieguo d� adesione, non completa, alla recente sentenza delle S. U. 
29 aprile 1985 n. 2762 che riconosce al lavoratore tutte le retribuzioni non 
percepite, salvo che il datore provi l'aliunde perceptum. 

Seguono infine considerazioni su questioni che, a giudizio dell'Autore 

non sono state (quantomeno adeguatamente) risolte dalla pronuncia men


zionata. 

GIOVANNI LANCIA 

NICOLA MAzzIA, Intestazione. fiduciaria e successioni mortis causa, in Foro 
Italiano 1985, I, 2326 n. 9. 

L'Autore trae spooto .da un caso di intestazione fiduciaria sociale perpi� generali considerazioni sulla pr�priet� fiduciaria e il negozio fiduciario. 

GIOVANNI LANCIA 

GIUSEPPE MusoLINO, Aspetti della responsabilit� civile per l'esercizio di 
attivit� nucleari in Rivista Trimestrale di diritto e procedura civile 

1985, 2, 476-488. 

L'Autore passa in rassegna la disciplina posta in materia di impiego

pacifico dell'energia nucleare dalla legge n. 1860/62 integrata dal d.P.R. 

519/75.

Si esaminano pertanto con costante riferimento alla ratio della legi


slazione -improntata ad un sistema di responsabilit� oggettiva basata 

sul rischio professionale -il principio c.d. della canalizzazione della re


sponsabilit�, la limitazione del diritto di rivalsa, le deroghe che la nor


mativa comporta ai principi di diritto comune codificati negli artt. 1289, 

1299, 2043, 2049 e 2055 e.e. 

Si affronta quindi il discorso relativo alla garanzia fiduciaria post� a 

carico dello Sfato alla luce dell'art. 32 Cost. 

L'Autore si sofferma, infine, sull'istituto della prescrizione e sugli

aspetti processuali della normativa vigente in materia, auspicando un 
-intervento legislativo che ovvi alle lacune pi� evidenti della legge per dare 
alla problematica conseguente all'uso pacifico dell'energia nucleare rispo


ste pi� puntuali e soddisfacenti. 

MARIA LETIZIA GUIDA 

ENRICO QUADRI, La riforma del divorzio in Foro Italiano giugno 1985 
pag. 183. 

L'Autore si sofferma sulle proposte parlamentari di modifica dell'isti


tuto del divorzio. Queste si incentrano tutte. sia pure con diverse sfuma� 

ture, sull'abbreviazione del periodo di separazione, e sull'introduzione di 

profili di divorzio consensuale. 

L'abbreviazione del periodo di separazione dovrebbe comportare il 

venir meno della possibilit�., per il coniuge convenuto, di opporsi alla do


manda dell'attore, provocando un allungamento del periodo di separa


zione; ma, per converso, aumenterebbe la discrezionalit� del giudice 



PARm II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

nel verificare l'irreversibilit� della frattura nella comunione coniugale(discrezionalit� oggi pressoch� annullata dalla lunghezza del periodo di 
separazione). . 

Quanto al divorzio consensuale, le proposte esaminate attribuiscono 
rilevanza all'accordo dei coniugi nel proporre la domanda, ma poi divergono 
sul grado, pi� o meno intenso, di vincolo che tale accordo dovrebbe 
produrre sulla pronuncia del giudice. 

PAOLQ. GENTILI 

PROCEDURA CIVILE 

ANTONIO RENATO BRIGUGLIO: La riforma dell'arbitrato (considerazioni per 
un primo bilancio) in Giustizia civile 1985, II, 415. 

L'Autore compie un'ampia ed accurata analisi della recente novella 
al codice di procedura civile introdotta dalla legge n. 28 del 9 febbraio 1983, 
recante � modificazioni alla disciplina dell'arbitrato �. 

Nell'articolo sono affrontati i nodi centrali e pi� controversi della riforma 
con particolare riguardo alla discussa natura dell'immediata efficacia 
vincolante del lodo ancor prima dell'exequatur (art. 823, ult. comma, c.p.c.). 
Vengono inoltre ani:ilizzati gli aspetti ultra-nazionali della novella, i suoi 
effetti sul regime delle impugnazioni, le distinte fasi di deliberazione, sottoscrizione 
e consegna del lodo, nonch� l'eliminazione dell'incapacit�dell'arbitro straniero. 

Lo scritto, corredato .da ampie note di riferimenti dottrinari ancHe 
stranieri, offre un quadro completo delle numerose soluzioni esegetiche 
emerse in dottrina a meno di tre anni dall'entrata in vigore della riforma. 

FRANCESCO SCLAFANI 

LUIGI MONTESANO: Problemi attuali e riforme opportune dei provvedimenti 
cautelari e di specie d'urgenza, in Rivista di diritto processuale 
1985, 217 ss. . 

L'Autore effettua un'approfondita analisi sui provvedimenti d'urgenza 
nel nostro ordinamento, sia con riferimento all'art. 700 c.p.c. che alle misure 
cautelari in rapporto all'esecuzione forzata e alla � reintegrazione 
specifica�. . 

Viene altres� esaminato il problema della loro ammissibilit� nei confronti 
della P.A., della loro revocabilit� o modificabilit� ed infine della 
loro sus�ettibilit� ad essere portati ad esecuzione forzata. 

VINCENZO NUNZIATA 

ANDREA PROTO PISANI, Note in tema di limiti soggettivi della sentenza civile, 
in Foro Italiano 1985, I, 2385 n. 9. 

Saggio sui limiti soggettivi del giudicato civile, caratterizzato da una 
attenta analisi della giurisprudenza e da una quanto mai ricca casistica. 

GIOVANNI LANCIA 

H,ANNS PRUTTING: Gegenwacts probleme der Beweislast, Bect, Munchen, 
1983, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile 1985, 2, 1511-516. 

L'opera � divisa in due parti; la prima affronta, alla luce delle diverse 
posizioni dottrinarie, la problematica dell'onere della prova con particolare 
riguardo alla natur� delle relative norme. Secondo l'autore sarebbe 


178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

opportuno parlare di collegamento funzionale tra le norme sulla prova 
e il settore di relativa applicazione. 

La seconda parte � dedicata alla trattazione dell'onere della prova 
nel diritto del lavoro ed in altri settori dell'ordinamento. Il discorso si 
focalizza infine sul problema di stabilire quale debba esser il quantumdi prova ai fini del convincimento del giudice. 

MARIA LETIZIA GUIDA 

CARMINE PUNZI, L'efficacia del lodo arbitrale nelle convenzioni internazionali 
e nell'ordinamento interno, Rivista di dir. proces, del 1985, 
268 ss. 

L'Autore affronta il delicato problema concernente l'efficacia del lodo 
arbitrale in paesi terzi, soprattutto con riferimento alle convenzioni internazionali. 
Vengono cos� prese in rassegna la convenzione di New York del 
1958, che costitu� il primo passo nel senso dell'efficacia sopra nazionale 
di tali decisioni, pur lasciando ainpio spazio alle riserve degli Stati contraenti, 
con risultati per altro non sempre ottimali, a riconoscere al lodo 
arbitrale la pi� ampia efficacia. 

VINCENZO NUNZIATA 

CHIARA RIGOSI, Espropriazione presso terzi per crediti di lavoro in Rivi. 
sta trimestrale di diritto e procedura civile 1985, 3, 818-824. 

L'Autrice esamina le antitetiche decisioni (23 aprile 1983 n. 2800 e 
24 marzo 1983 p.. 2080), rese dalla Corte di Cassazione sul problema relativo 
all'individuazione del giudice competente ad accertare, nell'ambito di una 
procedura di espropriazione presso terzi, l'obbligo del terzo, quando il 
rapporto creditizio intercorrente fra il debitore pignorato e il terzo trae 
origine in una prestazione di lavoro subordinato. 

Viene condivisa la tesi enunciata dalla Sezione terza della SupremaCorte secondo cui competente a decidere tale giudizio � il pretore in funzione 
di giudice del lavoro e non gi� il giudice competente per yalore. 

MARIA LETIZIA GUIDA 

DIRITTO PENALE 

RINO MESSINA, Reclami collettivi e disciplina militare, in Foro Italiano 
1985, I, 1534 n. 6. 

Nota adesiva alla sentenza n. 126/85 della Corte Costituzionale che ha 
dichiarato illegittimo l'art. 180 1� co. c.p. mil. pace, che puniva la presentazione, 
previo accordo, da parte di dieci o pi� militari, di una stessa 
domanda o di un esposto o reclamo. . 

� L'Autore enumera, poi, altre disposizioni dello stesso codice (175 1� 
co. -184) da considerarsi passibili di pronuncia di incostituzionalit� alla 
stregua delle argomentazioni svolte dalla Corte. 

GIOVANNI LANCIA 

GIULIANO VASSALLI, Decreti legge favorevoli al reo non convertiti, emendati 

o decaduti: una prima tappa verso la chiarezza su un controverso 
tema di diritto transit<:Jrio in Giurisprudenza Costituzionale, 1985 fase. 
n. 2 pag. 242-253. 
L'Autore trae spunto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 51 
del 19 febbraio 1985, in cui � stata dichiarata l'illegitti~it� costituzionale 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

Il, 

del comma 5 dell'art. 2 c.p. in relazione ai fatti penalmente rilevanti commessi 
prima dell'entrata in vigore del decreto-legge non convertito o convertito 
con emendamenti, per analizzare i precedenti sia dottrinali che 
giurisprudenziali che hanno portato a tale sentenza. Passa poi ad esaminare 
il fondamento della decisione della Corte Costituzionale mettendo 
da ultimo particolarmente in rilievo le questioni non risolte individuate in 
quella relativa all'ipotesi che sui fatti pregressi si sia formato un giudicato, 
sulla base delle disposizioni del decreto-legge, prima della decadenza 

o della mancata conversione di esso e in quella relativa ai fatti commessi 
durante il vigore del decreto legge pi� favorevole al reo. 
NADIA PALMIERI 

VARIE 

FRANCESCO CANFORA, Considerazioni in tema di antinomie in Rivista Trimestrale 
di diritto e procedura civile 1985, 2, 489-500. 

L'Autore affronta il problema delle c.d. antinomie normative tipizzandole 
in 11ntinomie reali, apparenti e concettuali (o apparentemente reali). 

Attraverso un'interessante disamina vengono illustrati i presupposti 
e i criteri di risoluzione del conflitto antinomico. I primi si individuano 
nella contestuale vigenza delle norme incompatibili e nella loro omogeneit� 
rispetto ai destinatari o alle fattispecie disciplinate; i secondi si risolvono 
nei criteri legislativi ed ermeneutici fondati sul dato cronologico,
gerarchico, delle specialit� e delle competenze. 

In particolare l'Autore si diffonde sul.la contrapposizione tra le anti� 
nomie reali e quelle apparenti, proponendo per la risoluzione di queste 
ultime il richiamo ai principi generali dell'ordina.mento positivo. 

Viene infine trattata la questione delle c.d. antinomie concettuali, rilevandosi 
come le stesse siano solo apparentemente reali in quanto una norma 
soltanto, senza tema di contrasto � quella che regola i singoli aspettidella fattispecie. 

MARIA LETIZIA GUIDA 

SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI 
RECENSITE DALLE RIVISTE ESAMINATE 


FRANCESCO STADERINI, La riforma dei controlli nella Pubblica Amministrazione, 
Casa Editrice CEDAM, Padova, 1985, pagg. 170). 

L'Autore pone in rassegna e a raffronto le varie problematiche della 
riforma dei controlli, delineando le varie ipotesi di intervento nel settore. 

In particolare, nel volume si sottolinea il ruolo della Corte dei Conti 
quale organo istituzionale di controllo esterno evidenziando l'esigenza di 
mantenere il controllo di legittimit�, sia pure non generalizzato. 

In appendice sono pubblicate, inoltre, le prime due deliberazioni della 
Sezione Corte dei Conti sulla gestione finanziaria degli enti locali, emesse 
ai sensi dell'art. 13 del d.l. 22 dicembre 1981 n. 786, convertito nella legge26 febbraio 1982, n. 51. 

GABRIELLA MANGIA 


180 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAW 

G~USEPPE GIULIANI, Manuale dell'I.V.A. 1984, Casa ed. Giuff�, Milano,.1985, 
pagg. 677. 0 

Il volume � aggiornato fino al marzo 1985 presentando una raccolta di 
legislazione, di norme amministrative e di giurisprudenza sull'I.V.A. 

La lettura dell'opera � particolarmente interessante considerando che 
negli ultimi tempi sono intervenute numerose innovazioni legislative in 
materia, compreso il cosiddetto � pacchetto Visentini �. 

GABRIELLA MANGIA 

GUGLIELMO SAPORITO, �La sospensione dell'esecuzione del provvedimentoimpugnato nella giurisprudenza amministrativa, Jovene edit. Napoli 
1984, pagg. 556. 

Il volume analizza l'evoluzione subita dall'istituto cautelare nei giudizi 
davanti al T.A.R. e al Consiglio di Stato negli ultimi tempi, contenendo tra 
l'altro anche un repertorio di giurisprudenza dal quale risulta che la quasitotalit� delle ordinanze che pronunciano sulle domande di sospensivasono prive di motivazione concreta. 

GABRIELLA MANGIA 

RECENSIONI 

ANTONIO BERLINI, Corso istituzionale di diritto tributario -Voi. 1 -Giuffr� � 
Milano -1985. 

Il Volume, che costituisce la II edizione del corso, si divide in due 
parti: la prima tratta dei principi generali e delle entrate degli enti pubblici, 
la seconda �del rapporto giuridico d'imposta. . 

ENRICO DE GIOVANNI 

CARLO CovINo, Il nuovo Diritto Penale tributario -ed. Pirola -Milano -1984. 

Nel volume, che raccoglie un commento alla legge 516/82, l'Autore 
compie una approfondito esame della recente normativa. 

ENRICO DE GIOVANNI 

BRUNO MORETTI, ADRIANO MAsTELLONI, ENNIO MANcuso, La Corte dei Conti 
(origini -ordinamento -funzioni) ed. Giuffr� Milano -1985. 

Come ha esattamente osservato, nella :prefazione, il prof. Antonino 

De Stefano, il volume costituisce una � aggiornata trattazione, completa 

ed organica, condotta con sicuro metodo sistematico ed esegetico, che 

passa diffusamente in rassegna tutti i molteplici istituti, con esposizione

chiara e precisa, puntuale nei riferimenti alla normativa vigente, fino alle 

disposizioni sopravvenute in corso di stampa, e scrupolosamente curata nei 

richiami alla dottrina e alla giurisprudenza �. 

Si tratta, cio�, di un vero e proprio ~' trattato � che offre nelle sue 

quasi mille pagine il quadro completo di una materia di grande attualit� 

e che mancava, da quasi un quarto di secolo, di una trattazione organica. 

La sempre crescente attenzione dedicata nell'ultimo torno di anni 

dalla dottrina ai problemi della Corte dei Conti si era, infatti, finora 

espressa con brevi monografie, articoli e convegni e l'opera del 1962 di 

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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

Sepe e Pandolfo, pur fondamentale, appariva superata da tutta una serie 
di nuove realt� e nuove problematiche.

Il volume recensito colma, quindi, assai opportunamente, una lacuna, 
offrendo, allo studioso e all'operatore del diritto uno strumento essenziale 
per la conoscenza della struttura e delle complesse funzioni della 
Corte dei Conti, la cui natura di organo di rilevanza costituzionale viene 
emergendo con sempre maggiore incisivit�. 

Una analisi delle singole parti in cui si articola la trattazione ecce


' derebbe -e non di poco -i limiti di una recensione. Sia consentito solo 
accennare che particolare importanza riveste, nell'Opera, la parte relativa 
al controllo sulle Regioni a statuto speciale e sugli Enti locali (con riferimento 
alla recente legge n. 51 del 1982) e al controllo sugli Enti Pubblici; 
e, nel settore della giurisdizione, quella relativa al rapporto di quiescenza 
(del personale statale, dei dipendenti degli Enti locali e in genere 
degli iscritti agli II.PP.). 
Per quanto riguarda il coordinamento del lavoro fra i tre autori, sembra 
doversi. precisare che le parti relative alla funzione del controllo 
-con riferimento alle Amministrazioni dello Stato, agli Enti Pubblici e 
agli enti locali -e alla giurisdizione contabile sono state curate da Adriano 
Mastelloni, con ampia illustrazione dei pi� recenti orientamenti della 
dottrina e della giurisprudenza e con puntuale impostazione dei problemi 
connessi all'evoluzione degli istituti. 
Quella relativa al trattamento di quiescenza � opera di Ennio Mancuso; 
che ha inquadrato il rapporto sostanziale nella figura dell'obbligazione 
pubblica, differenziandolo da quello della pensione di guerra, e ha 
strutturato il processo pensionistico nelle varie tipologie con una trattazione 
degli istituti e delle varie fasi del tutto originale, in un campo 
sinora trascurato dagli studiosi. 
Le parti concernenti le origini e lo sviluppo storico della Corte, l'attuale 
ordinamento e la giurisdizione (ormai soppressa) sui ricorsi dei 
dipendenti, sono state curate da Bruno Moretti, che ha atteso altres� alla 
impostazione generale dell'opera e al coordinamento delle varie parti,
riconducendo cos� ad unitaria trattazione la fatica degli Autori. 
Va detto. in proposito che il loro lavoro, come quello di tutti i giuristi 
di razza, non che lasciarsi condizionare da quei limiti temporali,
ordinamentali e formali che talvolta limitano analisi di tipo positivistico,
si distende nel pi� ampio respiro della storia, della comparazione e della 
realt� effettuale. 
Ogni problema affrontato riceve, infatti, lume dal 8uo inquadramentostorico e dalla sua comparazione con diverse realt� nazionali, sovranazionali 
ed internazionali. All'analisi della lettera della legge, viene, inoltre, 
sempre affiancato l'attento esame di quella che � la concreta sua 
applicazione -secondo l'insegnamento della distinzione fra � law in .the 
books e law in action � -s� che il risultato finale dell'opera risponde 
non solo ai canoni della scienza giuridica nella sua tradizionale accezione 
ma anche a quelli della completezza e della concretezza. 

IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI (*) 

-L. 20 luglio 1985. -Norme in materia di abusiva duplicazione, 
riproduzione, importazione, distribuzione e vendita, produzione in pubblico 
e trasmissione di opere cinematografiche in G. U. n. 187 del 9 agosto 1985; 

-L. 24 luglio 1985 n. 406. -Modifiche della disciplina del patrocinio 
davanti alle preture e degli esami per la professione di procuratore 
legale in G. U. n. 190 del 13 agosto 1985; 

-L. 8 agosto 1985 n. 426. -Modificazioni alla legge 29 margo 1983 n. 93 
(legge quadro sul pubblico impiego) in G. U. n. 196 del 21 agosto 1985; 

-L. 8 agosto 1985 n. 431. -Conversione in legge, con modificazioni 
del decreto legge 27 giugno 1985 n. 312, recante disposizioni urgenti per la 
tutela delle zone di particolare interesse ambientale in G. U. n. 197 del 
22 agosto 1985; 

-L. 8 agosto 1985, n. 443. -Legge quadro per l'artigianato in G. U. 

n. 199 del 24 agosto 1985; � 
-L. 22 agosto 1985 n. 450. -Nonne relative al risarcimento dovuto dal 
vettore stradale per perdita e avaria delle cose trasportate in G. U. n. 202 
del 28 agosto 1985; 

-D.L. 29 novembre 1985 n. 685. -Nuove norme in materia df misure 
di controllo sugli imputati scarcerati per decorrenza dei termini in G. U. 

n. 28 del 30 novembre 1985. 
-D.M. 18 novembre 1985. -Modalit� di concessione in uso dei beni 
dello Stato in consegna al Ministero dei beni culturali e ambientali in 

G. U. n .281 del 29 novembre 1985; 
-L. 19 novembre 1985 n. 678. -Rendiconto generale dell'Amministrazione 
dello Stato per l'esercizio finanziario 1984 in suppl. G. U. n. 279 
del 27 novembre 1985; 

-L. 22 novembre 1985 n. 666. -Disposizioni per l'assestamento del 
bilancio dello Stato e dei bilanci delle aziende autonome per l'anno finanziario 
1985 in suppl. G. U. n. 276 del 23 novembre 1985; 

-D.L. 20 novembre 1985 n. 656. -Disposizioni vigenti in materia di 
sanatoria delle opere edilizie abusive in G. U. n. 275 del 22 novembre 1985; 

-D.L. 20 novembre 1985 n. 649. -Proroga della fiscalizzazione degli 
oneri sociali e degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, nonch� misure 
in materia previdenziale e di tesoreria in G. U. n. 274 del 21 novembre 1985; 

-D.M. 31 novembre 1985. -Tariffa forense in materia civile, penale e 
stragiudiziale in suppl. G. U. n. 267 del 13 novembre 1985. 

-D.L. 6 novembre 1985 n. 597. -Disposizioni urgenti per assicurare la 
continuit� della riscossione delle imposte dirette e per il differimento 
di taluni termini in materia tributaria e di interventi straordinari nel 
mezzogiorno in G. U. n. 261 del 6 novembre 1985; 

-L. 23 ottobre 1985 n. 595. -Norme per la programmazione sanitaria 
e per il piano sanitario triennale 1986/88 in G. U. n. 260 del 5 novembre 
1985. 

(*) Si segnalano alcuni tra i provvedimenti normativi pubblicati nella Gazzetta 
Ufficiale nei mesi di luglio -agosto -settembre -ottobre e novembre 1985. 



RASSEGNA Df!LL'AVVOCATURA DELLO STATO

184 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura penale, art. 512; n. 2, quale risultava in forza dell'art. 134 
della legge 24 novembre 1981, n. 689, e prima della sua ulteriore sostituzione 
ad opera dell'art. 3 della legge 31 luglio 1984, n. 400, nelle parti in cui escl�de 
il diritto dell'im,putato di proporre appello contro I.a sentenza che abbia pro


sciolto per amnistia a seguito dell'esclusione di circostanze aggravanti oppure 
a seguito della' concessione di circostanze attenuanti. 

Sentenza 22 novembre 1985, n. 299, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

codice di procedura penale, art. 512, n. 2, quale risultava prima dell'entrata 
in vigore dell'art. 134 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nelle parti in cui 
esclude il diritto dell'imputato di proporre appello contro la sentenza che 
l'abbia prosciolto per amnistia a seguito della esclusione di circostanze aggravanti 
oppure a seguito della concessione di circostanze attenuanti. 

Sentenza 22 novembre 1985, n. 299, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

codice di_ procedura penale, art. 513, n. 2, quale risultava prima della 
entrata in vigore dell'art. 135 della legge 24 novemb're 1981, n. 689, nella parte 
in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello contro la sentenza 
che l'abbia prosciolto per amnistia a seguito della esclusione di circostanZ'� 
aggravanti. 

Sentenza 22 novembre 1985, n. 299, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

codice di procedura penale, art. 513, n. 2, quale risultava prima dell'entrata 
in vigore dell'art. 135 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui 
esclude il diritto dell'imputato di proporre appello contro la sentenza che 
l'abbia prosciolto per amnistia a seguito della concessione di circostanze 
attenuanti. 

Sentenza 22 novembre 1985, n. 299, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

, codice di procedura penale, art. 513, n. 2, quale risultava in forza dell'ar;t:. 135 
della legge 24 novembre 1981, n. 689, e prima della sua ulteriore sostituzione 
ad opera dell'art. 4 della legge 31 luglio 1984, n. 400, nelle parti in cui esclude 
il diritto dell'imputato di proporre appello contro la sentenza che l'abbia prosciolto 
per amnistia a seguito dell'esclusione di circostanze aggravanti oppure 
a seguito della, concessione di circostanze attenuanti. 

Sentenza 22 novembre 1985, n. 299, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

codice di procedura penale, art. 666, quinto comma, nella parte in cui non 
dispone che il �decreto ivi previsto sia notificato all'estradando. 

Sentenza 13 novembre 1985, n. 280, G. U. 20 novembre 1985, n. 273-bis. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12 e 14, nella parte in cui non prevedono 
ai fini della restituzione dell'imposta graduale di registro, le ipotesi che sia 
stata dichiarata nulla o riformata la sentenza di condanna al pagamento 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1.SJ 

di una somma di denaro ovvero la sentenza con la quale era stato ordinato 
il rilascio e l'attribuzione di un bene. 

Sentenza 15 novembre 1985, n. 285, G. U. 20 novembre 1985, n. 273-b�s. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, in riferimento agli artt. 23, primo comma, 
e 25, n. 7, ultima proposizione, stesso decreto, nella parte in cui assoggetta 
a reclamo al tribunale il 'decreto con il quale il giudice delegato liquida 
il compenso a qualsiasi incaricato per l'opera prestata nell'interesse del fallimento. 


Sentenza 22 novembre 1985, n. 303, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

r.d. 16 marzo' 1942, n. 267, art. 26, primo coDlDla, nella parte in cui fa 
decorrere il termine di tre giorni per il reclamo al tribunale dalla data del 
decreto del giudice delegato anzich� dalla �lata della comunicazione dello stesso 
ritualmente eseguita. 
Sentenza 22 novembre 1985, n. 303, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

legge 10 luglio 1960, n. 735, art. 1, nella parte in c�.i limita il riconoscimento 
nei modi affermati dalla legge medesima, dei servizi medici prestati all'estero, 
ai soli fini della valutazione nei c�ncorsi presso gli enti locali. 

Sentenza 15 novembre 1985, n. 283, G. U. 20 novembre 1985, n. 273-bis. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a). nella parte in 
cui esclude l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit� I.N.P.S. per 
i titolari della p'ensione di riversibilit� a carico dello Stato, del Fondo di previdenza 
costituito presso le ferrovie dello Stato, del Fondo di previdenza per 
i dipendenti da esattorie o ricevitorie delle imposte dirette, nonch� per i 
titolari della pensione dlretta a carico della Cassa di previdenza dip�ndenti 
enti locali, qualora per effetto del cumulo sia superato il trattamento minimo 
garantito. � 

Sentenza 6 dicembre 1985, n. 314, G. U. 11 dicembre 1985, n. i91-bis. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a), nelle parti 
non dichiarate costituzionalmente illegittime dal precedente punto del dispositivo, 
nonch� dalle sentenze n. 230/1974, n. 263/1976, n. 34/1981 e n. 102/1982. 

Sentenza 6 dicembre 1985, n. 314, G. U. 11 dicembre 1985, n. 291-bis. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, nella parte in cui nel disporre che, 
nel caso di infortunio mortale dell'assicurato, agli orfani di entrambi i genitori 
spetta il quaranta per cento della rendita, esclude che tale rendita spetti 
anche all'orfano dell'unico genitore _naturale che lo ha riconosciuto. 
Sentenza 21 di�embre 1985, n. 360, G.U. 31 dicembre 1985, n. 306-bis. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23, nelle parti non dichiarate costituzionalmente 
illegittime dalle sentenze n. 230/1974 e n. 263/1976. 

Sentenza 6 dicembre 1985, n. 314, G. U. 11 dicembre 1985, n. 291-bis. 


186 

lL\SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 luglio 1975, n. 354i art. 47, nella parte in cui non prevede che valga 
come espiazione di pena il �periodo di affidamento in prova al servizio sociale, 
nel caso di revoca del provvedimento di ammissione per motivi non dipendenti 
dall'esito negativo della prova. 

Sentenza 6 dicembre 1985, n. � 312, G. U. 11. dicembre 1985, n. 291-bis. 

legge 1� agosto 1981, n. 423, art. 17 nei confronti delle province autonome 
di Trento e di Bolzano, ad eccezione della parte in cui la disciplina ivi posta 
si riferisce alle previsioni degli artt. 5 e 7 della stessa legge. 

Sentenza 21 dicembre 1985, n. 357, G. U. 31 dicembre 1985, n. 306-bis. 

legge 29 ottobre 1984, n. 720, art. 2, quarto comma, nella parte in cui consente 
al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del 
Tesoro, di decretare il passaggio delle regioni dalla tabella B alla tabella A, 
annesse alla legge medesima. 

Sentenza 29 ottobre 1985, n. 243, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice penale, art. 158, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

' 

Sentenza 4 novembre 1985, n. 254, G. U. 13 novembre 1985, n. 267-bis. 

codice penale, art. 668 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 25 ottobre 1985, n. 238, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 27, lett. a) regolamento allegato A (art. 3, 4, 
38, primo capoverso della Costituzione). 
Sentenza 22 novembre 1985, n. 300, G. U. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 21 e 91 (artt. 3, primo comma, 23 e 36, 
primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 22 novembre 1985, n. 302, G. U. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 91, secondo comma (artt. 23 e 36 della Costituzione). 
' 
Sentenza 22 novembre 1985, n. 302, G. V. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 136, penultimo comma (artt. 3, 30, 31 
e 37 della Costituzione). 
Sentenza 15 novembre 1985, n. 284, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

legge 13 novembre 1960, 11. 1407, artt. 5, terzo comma, e 8 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 20 novembre 1985, n. 290, G. U. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, art. 2, primo comma (artt. 3 e 76 della 
Costituzione). 
Sentenza 22 novembre 1985, n. 301, G. U. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 51 (artt. 3, 42 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 25 ottobre 1985, n. 234, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

d.P.R. Z6 ottobre 1972, n. 636, art. 16 (artt. 3, 24 e 113 dela Costituzione). 
Sentenza 6 dicembre 1985, n. 313, G. U. 18 dicembre 1985, n. 297-bis 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 20, n. 1 (artt. 77, primo comma, della 
Costituzione). 
, 
Sentenza 25 ottobre 1985, n. 233, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 7, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 11 dicembre 1985, n. 322, G. U. 18 dicembre 1985, n. 297-bis. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 4, ultimo comma (art. 24 della Costituzione). 


Sentenza 15 novembre 1985, n. 284, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 24, 31, 53 e 136 della 
Costituzione). 

Sentenza 15 novembre 1985, n. 284, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

legge 1� agosto 1981, n. 423 (artt. 8, n. 21; 9, n. 3; 16 e 78 dello statuto speciale 
reg. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 21 dicembre 1985, n. 357, G. U. 31 dicembre 1985, n. 306-bis. 

legge 7 agosto 1'982, n. 526, art. 38, secondo e terzo comma (artt. 3 e 136 
della Costituzione e 12 e 50 dello statuto spec. Valle d'Aosta). 

Sentenza 29 ottobre 1985, n. 242, G. U. 13 novembre 1985, n.. 267-bis. 

legge 7 agosto 1982, n. 526, art. 38, secondo e terzo comma (artt. 136 della 
Costituzione e 50 dello statuto speciale reg. Valle d'Aosta): 

Sentenza 29 ottobre 1985, :6.. 242, G. U. 13 novembre 1985, n. 267-bis. 

legge 29 ottobre 1984, n. 720, ari. 1, 2 e 3 (artt. 1. 4, 5, 66 e segg. dello statuto 
speciale reg. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 29 ottobre 1985, n. 243, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

legge 29 ottobre 1984, n. 720, artt. 1, primo, secondo, terzo, quarto e sesto 
comma, 2 e 3, nonch� annesse tabelle A e B, nella parte in cui si riferiscono 
agli enti sottoposti al controllo della regione siciliana (artt. 14, 15, 19, 20 e 43 
statuto spec. reg. sic.). 

Sentenza 29 ottobre 1985, n. 243, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 


188 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 29 ottobre 1984, n. 720, artt. 2 e 3 (artt. 5, 97, 117 e 119 della Costituzione). 


Sentenza 29 ottobre 1985, n. 243, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

legge 29 ottobre 1984, �n. 720, artt. 2 e 3, nonch� annessa tabella B (artt. 3 
della Costituzione e 1 e segg., 7; 8 e 56 dello statuto spec. reg. Sardegna). 

Sentenza 29 ottobre '1985, n. 243, G. U. 6 novembre 1985, n. 261-bis. 

III -QUESIONI PROPOSTE 

Codice di procedura civile, art. 38, terzo comma (artt. 24 e 25 della Costituzione). 


Pretore di Legnano, ordinanza 28 dicembre 1984, n. 420/85, G. U. 27 novembre 
1985, n. 279-bis. 


codice di procedura civile, art. 328, primo e secondo comma (art. 24 della 
Costituzione). ! 

Tribunale di Isernia, ordinanza 1� inarzo 1985, n. 560, G. U. 24 dicembre i 
1985, n. 302-bis. 

! 

1

codice di procedura civile, art. 645, secondo comma (artt. 24 e 97 � della 
Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 30 marzo 1985, n. 485, G. U. 11 dicembre 
1985, n. 291 bis. 


I 

codice di procedura civile, artt. 739 e 741 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 30 gennaio 1985, n. 508, G. U. 18 dicem


I

bre 1985, n. 297-bis. 

� 
codice penale, art. 341 (artt. 2, 3, 27 e XII disposizione trans. d�lla Costi� I 
tuzione). 

Pretore di Sampierdarena, ordinanza 7 febbraio 1985, n. 429, G. U. 6 dicem


I

bre 1985, n. 287-bis. 

I 

codice di procedura penale, art. 128, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


I 

Tribunale di Lanusei, ordinanze (cinque) 29 marzo 1985, nn. 475/479, G. U. 
11 dicembre 1985, n. 291-bis. 


codice di procedura penale, art. 323 (art. 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il tribunale di Firenze, ordinanza 3 maggio 1985, 

n. 443, G. U. 6 dicembre 1985, n. 287-bis. 
codice di procedura penale, art. 348, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Tribunale di Cremona, ordinanza 30 aprile 1985, n. 447, G. U. 4 dicembr� 
i985, n. 285-bis. 




PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 189 

codice penale militare �di pace, art. 156 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 21 febbraio 1985, n. 555, G. U. 
13 novembre 1985, n. 267-bis. 

codice penale militare di pace, art. 230, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 556, G. U. 
13 n~vembre 1985, n. 267-bis. 

r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8 (artt. 3 e 24 della Gostituzione). 
Tribunale di Lan,usei, ordinanze (cinque) 29 marzo 1985, nn. 475-479, G. u: 
11 dicembre 1985, n. 291-bis. 

r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 254 (artt. 3, 24, 28, 54, 97 e 103 della Cost.ituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 8 novembre 1984, n. 502/85, G. U. 31 dicem� 
bre 1985, n. 306-bis. 

, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 30 gennaio 1985, n. 508, G. U. 18 dicembre 
1985, n. _297-bis. 

r.d. 16 marzo 1942, ~. 267, art. 26, primo comma (art. 24 della Costituzione), 
Corte di cassazione, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 519/85, G. U. 27 novembre 
1985, n. 279-bis. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, primo e secondo comma (art. 24 della. 
Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 15 gennaio 1985, n. 491, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, primo, secondo e terzo i::omma (art. 24' 
della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 7 novembre 1984, n. 438/85, G.� U. 27 novero~ 
bre 1985, n. 279-bis. 
Corte di cassazione, ordinanza 7 novembre 1984, n. 729/85, G. U. 27 n�vembre 
1985, n. 279-bis. '1 
Corte di cassazione, ordinanza 7 novembre 1984, n. 439/85, G. U. 6 dicembre 
1985, n. 287-bis. 

legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 (artt. 3 e 136 della Costituzione). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 20 giugno 1984, n. 697/75, G. U. 24 diceml 
bre 1985, n. 302-bis. 

d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 15 (artt. 3 e 38 della Costituzione). �; " 
Pretore di Ferrara, ordinanza 2 maggio 0 1985, n. 496, G. U. 11 dicembre � 1985, 

n. 291-bis. r! 

190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinailza 14 febbraio 
1985, n. 373, G. U. 27 novembre 1985, n. 279-bis. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 89 e 140, ultimo comma (artt. 3, 38, 
53 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Termini lmerese, ordinanza 
10 dicembre 1984, n. 685/85, G. U. 24 dicembre 1985, 11. 302-bis. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 79, ottavo comma, e 80, dodicesimo 
comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 15 marzo 1985, n. 472, G. U. 11 dicembre 
1985, n. 291-bis. 

d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Tribunale di Messina, ordinanza 13 dicembre 1983, n. 394/85, G. U. 20 dicembre 
1985, n. 273-bis. 

d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3 e n. 7 (artt. 3 e 51 della 
Costituzione). 
I
I
~.

Tribunale di Messina, ordinanfa 30 ottobre 1984, n. 393/85, G. U. 20 novembre 
1985, n. 273-bis. 

d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 6 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
l

Tribunale di Messina, ordiI;1anza 11 ottobre 1984, n. 395/85, G. U. 27 novembre 
1985, n. 279-bis. 

I 

~ 

f:
legg� 30 aprile 1962, n. 283, art. 1 (art. 24 della Costituzione). 

I!' 

Pretore di S. Anastasia, ordinanza 25 marzo 1985, n. 497, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Savona, ordinanza 9 gennaio 1985, n. 392, G. U. 13 novembre 1985, 

I

n. 267-bis. 
I

Tribunale di Ragusa, ordinanza 2 maggio 1985, n. 436, G. U. 6 dicembre 1985, 

n. 281-bis. 
Pretore di Cagliari, ordinanza 15 maggio 1985, n. 498, G. U. 13 dicembre 1985, 
I 

i

n. 293-bis. 
i 

( 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1, secondo comma (artt: 3 e 38 della ~ 
Costituzione). 


Tribunale di Messina, ordinanza 28 marzo 1985, n. 396, G. U. 13 novembre 
1985, n. 267-bis. 




PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 15 iuglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (artt. 3, 4 e 38 della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 27 marzo 1984, n. 538/85, G. U. 18 dicembre 
1985, n. 297-bis. 

legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione).. 


Corte di cassazione, ordinanze (tre) 11 e 12 marzo 1985, nn. 492, 493 e 494, 

G. U. 13 dicembre 1985, n. 293-bis. 
legge 22 dicembre 1969, n. 967, art. 2 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 11 gennaio 
1983, n. 444/85, G. U. 6 dicembre 1985, n. 287-bis. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 3,, 42 e 44 della Costituzione). 

Tribunale di Brindisi, ordinanza 6 marzo 1985, n. 473, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 55 e 58, ultimo comma (artt. 24 e 76 
della Costituzione). 
Tribunale di Cagliari, ordinanza 14 dicembre 1984, n. 546/85, G. U. 13 novembre 
1985, n. 267-bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 2, 4, 12, 13 e 13-bis (artt. 97, 101, 108 
e 110 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 15 aprile 1985, 

n. 548, G. U. 31 dicembre 1985, n. 306-bis. 
' 

legge 22 novembre 1972, n. 771, art. 2 (art. 42 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 15 gennaio 1985, n. 426, G. U. 20 novembre 
1985, n. 273-bis. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Moncalieri, ordinanza 22 aprile 1985, n. 602, G. U. 24 dicem


,, 

bre 1985, n. 302-bis. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195, 334, primo comma, n. 2 (artt. 3, 
21 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Ficarolo, ordinanza 28 febbraio 1984, n. 507/85, G. U. 6 novembre 
1985, n. 261-bis. 

d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, art. 195 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Ivrea, ordinanza 16 maggio 1985, n. 509, G. U. 6 novembre 1985, 

n. 
261-bis. 
Pretore di Ivrea, ordinanza 27 giugno 1985, n. 709, G. U. 24 dicembre 1985, 
n. 302-bis. 

191 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e), 14 e 46, secondo comma 
(artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 
10 dicembre 1984, n. 685/85, G. U. 24 dicembre 1985, n. 302-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, or<;linanze (tre) 
11 aprile 1985, nn. 456-458, G. U. 11 dicembre 1985, n. 291-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis (artt. 3, 24, 53 e 113 della 
Costituzi01:ie). 
Commissione tributaria �di primo grado di Montepulciano, ordinanza 14 gennaio 
1985, n. 437, G. U. 6 dicembre 1985, n. 287-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Vigevano, ordinanza 18 febbraio 
1985, n. 459, G. U. 13 dicembre 1985, n. 293-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della 
Costituzione). 
Pretore di Caltanissetta, ordinanze (died) 20 aprile 1985, nn. 397-406, G. U. 
20 novembre 1985, n. 273-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 84 (art. 24 della Costituzione). 
Pretore di Cosenza, ordinanza 21 maggio 1985, n. 490, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 

d.l. 2 marzo 1974, n. 30, art. 13 [conv. in legge 16 aprile 1974, n. 114] (artf. 2, 
3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 18 aprile 1985, n. 419, G. U. 6 dicembre 1985, 

n. 287-bis. 
legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1. comma 9-bis, urimo alinea (art. 42 della 
Costituzione). 

Pretore di Albano Laziale, ordinanza 3-maggio 1985, n. 442, G. U. 6 dicembre' 
1985, n. 287-bis. 

Pretore di Roma, ordinanza 13 maggio 1985, n. 441, G. U. 6 dicembre 1985, 

n. 
287-bis. 
Pretore di Roma, ordinanza 13 maggio 1985, n. 440, G. U. 11 dicembre 1985, 
n. 
291-bis. 
Pretore di Roma, ordinanza 27 giugno 1985, n. 611, G. U. 24 dicembre 1985, 
n. 
302-bis. 
Pretore di Roma, ordinanze (due) 25 giugno 1985, nn. 612-613, G. U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. 
Pretore di Roma, ordinanze (due) 5 luglio e 13 giugno, nn. 614-615, G. U. 
24 dicembre 1985, n. 302-bis. 
Pretore di Roma, ordinanze (due) 4 luglio e 20 giugno 1985, nn. 616,617, G. U.. 
24 dicembre 1985, n. 302-bis. 



PARIB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
19J 

Pretore di Roma, ordinanze (due) 6 giugno 1985, nn. 618-619, G. U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. � 
Pretore di Roma, ordinanza 27 maggio 1985, n. 620, G. U. 24 dicembre 1985, 

n. 302-bis. 
legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Moncalieri, ordinanza 22 aprile 1985, n. 602, G. U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, secondo capoverso (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Agrigento, ordinanza 27 maggio 1983, n. 433/85, G. U. 6 novembre 
1985,_ n. 261-bis. 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 4 maggio 1983,. n. 435/85, G. U. 6 novembre 
1985, n. 261-bis. 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 16 maggio 1983, n. 434/85, G. U. 27 novembre 
1985, n. 279-bis. 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 11 maggio 1983, n. 483/85, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, secondo capoverso (artt. 3 e 25 della 
Costituzione). 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 21 aprile 1982, n. 431/85, G. U. 27 novembre 
1985, n. 279-bis. 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 31 marzo 1982, n. 482/85, G. U. 13 dicembre 
1975, n. 293-bis. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma; (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Agrigento, ordinanza 24 gennaio 1983, n. 432/85, G. U. 6 novembre 
1985, n. 261'-bis. 
Tribunale �di Sondrio, ordinanza 4 maggio 1984, n. 461/85, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 21 settembre 1984, n. 462/85, G. U. 13 dicembre 
i985, n. 293-bis. 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 23 marzo 1984, n. 46Q/85, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 28 settembre 1984, n. 463/85, G. U. 13 dicembre 
1985, n. 293-bis. 
Tribunale di Sondrio, ordinanze (due) 12 febbraio 1985, nn. 464 e 465, G. U. 
13 dicembre 1985, n. 293-bis. 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 8 marzo 1985, n. 466, G. U . .13 dicembre 1985, 

n. 
293-bis. " 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 7 maggio 1985, n. 471, G.U. 18 dicembre 
1985, n. 297-bis. 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 7 maggio 1985, n. 470, G.U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. 

legge 20 m~_ggio 1975, n. 164, art. 7, ultimo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione).
� 
Pretore di Venezia, ordinanza 3 aprile 1985, n. 504, G. U. 13 dicembre 1985, 

n. 293-bis. 

194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 aprile 1976, n. 177, artt. 2, secondo comma, e 3 (artt. 3 e 36, primo 
comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 5 giugno 1985, n. 637, G. U. 13 novembre 1985, 

n. 267-bis. 
legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ancona, ordinanza 11 febbraio 
1985, n. 484, G. U. 13 dicembre 1985, n. 293-bis. 

legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 11, ultimo comma (artt. 95, 97 e 117 
della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 8 novembre 1982, 

n. 388/85~ G. U. 20 novembre 1985, n. 273-bis. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Pizzo, ordinanza 4 maggio 1985, n. 427, G. U. 27 novembre 1985, 


I 

n. 219-bis. 
. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 
Corte dei Conti, ordinanza 5 giugno 1985, n. 637, G. U. 13 novembre 1985, 

I

n. 267-bis. 
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 57 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza f4 febbraio 
1985, n. 373, G. U. 27 novembre 1985, n. 219-bis. 

I 

I

d.l. 30 dicembre-1979, n. 663, art. 14, quinto comma [nel testo sostituito 
dall'art. 1 della legge� 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Corte dei Conti, ordinanza 5 giugno 1985, n. 637, G. U. 13 novembre 1985, 

n. 267-bis. 
legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanze (due) 30 maggio 1985, nn. 557-558, G. U. 27 novembre 
1985, n. 219-bis. 

legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 18 marzo 1985, �n. 486, G. U. 13 dicembre 1985, 


n. 293-bis. 
d.P.R.. 8 luglio 1980, 11. 538, art. 1 (artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 20 aprile 1985, n. 445, G. U . .11 dicembre 1985, 


n. 291-bis. 
Pretore di Modena, ordinanza 4 aprile 1985, n. 446, G. U. 11 dicembre 1985, 
n. 291-bis. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 36, ottavo comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 25 febbraio 
1985, n. 537, G. U. 13 novembre 1985, n. 267-bis. 


.( 

i 

I 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE , 

legge 23 aprile 1981, n. 154, artt. 6 e 7 (artt. 3, 24 e 5! della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 19 aprile 1985, n. 449, G. U. 11 dicembre 1985, 

n. 291-bis. 
legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3, 36 e 53 della Costituzione). 
Pretore �di Cagliari, ordinanza 23 aprile 1985, n. 499, G. U. 13 dicembre 1985, 

n. 293-bis. 
d.1. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
(artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 20 aprile 1985, n. 445, G. U. 11 dicembre 1985, 

n. 191-bis. � 
Pretore di Modena, ordinanza 4 aprile 1985, n. 446, G. U. 11 dicembre 1985, 
n. 285-bis. 
legge 6 agosto 1981, n. 432, artt. 11 e 11-ter (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 25 febbraio 
1985, n. 537, G. U. 13 novembre 1985, n. 267-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Agrigento, ordinanze (quattro) 2 marzo, 
26 febbraio, 4 aprile e ~5 marzo 1985, nn. 452-455, G. U. 4 dicembre 1985, 

n. 286-bis. 
Giudice istruttore del Tribunale di Agrigento, ordinanze 6 e 9 maggio 1985, 
nn. 621 e 622, G. U. 18 dicembre 1985, n. 297-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Vicenza, ordinanza 18 maggio 1985, n. 539, G. U. 11 dicembre 1985, 

n. 291-bis. 
Pretore di Sestri Ponente, ordinanza 17 _giugno 1985, n. 605, G. U. 18 dicembre 
1985, n. 297-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 !il 77 (art. 3 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 19 febbraio 1985, n. 495, G. U. 4 dicembre 1985, 

n. 285-bis. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo. comma, e 77 (art. 3 della 
Costituzione) . 

. 

Pretore di Chioggia, ordinanza 28 maggio 1985, n. 521, G. U. 4 dicembre 1985, 

n. 285-bis. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 102 (art. 3 della Costituzione). 
Magistrato di. sorveglianza pres~o il tribunale di Siracusa, ordinanze (sei) 
18 aprile 1985, nn. 413-418, G. U. 6 dicembre 1985, n. 287-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 18 aprile 1985, n. 544, G. U. 11 dicembre 
1985, n. 291-bis. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Pesaro, ordinanza 19 marzo 1985, n. 500, G. U. 4 dicembre 1985, 

n. 
285-bis. 
Pretore di Camposampiero, ordinanza 12 giugno 1984, n. 577/85, G. U. 
4 dicembre 1985, n. 285-bis. 
Corte di cassazione, ordinanza 22 febbraio 1985, n. 518, G. U. 4 dicembre 
1985, n. 285-bis. 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 7 maggio 1985, n. 522, G. U. 11 dicembre 
1985, n. 291-bis. 
Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 30 giugno 1984, n. 588/85, G. U. 
11 dicembre 1985, n. 291-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3, 24 e 27 deila Costituzione). 

Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 26 aprile 1985, n. 428, G. U. 20 novembre 
1985, n. 273-bis. 

d.l. 27 febbraio 1982, n. 57, art. 4 [nel . testo modif. di cui all'art. 1 legge di 
conversione 29 aprile 1982, n. 187] (artt. 3, 24, 42 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 28 novembre
� 1984, n. 481/85, G. U. l3 dicembre 1985, n. 293-bis. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 29 aprile 1985, n. 445, G. U. 11 dicembre 1985, 

n. 
291-bis. 
Pretore di Modena, ordinanza 4 aprile 1985, n. 446, G. U. 11 dicembre 1985, 
n. 291-bis. 
legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26, 28 e 30 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della 
Costituzione). 

Tribunale di Modena, ordinanze (nove) 7 novembre 1983, nn. 718-726/85, 

G. U. 31 dicembre 1985, n. 306-bis. 
Tribunale di Modena, ordinanze (due) 19 dicembre 1983, nn. 727-728/85, G. U. 
31 dicembre 1985, n. 306-bis. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 76 (artt. 3, 33 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 31 gennaio 1985, 

n. 381, G. U. 20 novembre 1985, n. 273-bis. 
d.I. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in legge 
27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11 e 24 della Costituzione) .. 
Tribunale Ji Trieste, ordinanza 27 febbraio 1985, n. 389, G. U. 20 novembre 
1985, ri.. 273-bis. 

legge 20 novembre 1982, n. 869, art. 1, ultimo comma (artt. 3 e 76 della 
Costituiione). 

Tribunale amministr~tivo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 25 febbraio 
1985, n. 537, G. U. 13 novembre 1985, n. 267-bis. 

. 
! 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, artt. 19 e 20 [co11v. in legge 26 aprile 1983, 11. 131] 
(artt. 2, 23 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanza 20 otto� 
bre 1984, n. 390/85, G. U. 6 dicembre 1985, n. 287-bis. 

legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (art. 81 della Costituzione). 
Pretore di Trieste, ordinanza 16 maggio 1985, n. 480, G. U. 13 dicembre 1985, 

n. 293-bis. 
d.l. 
12 settembre 1983, 11. 463, art. 14 [co11v. in legge 11 novembre 1983, 
n. 
638] (artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 20 aprile 1985, n. 445, G. U. 11 dicembre 1985, 
n. 
291-bis. 
Pretore di Modena, ordinanza 4 aprile 1985, n. 446, G. U. 11 dicembre 1985, 
n. 291-bis. 
legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3, 23 e C).7 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 4 aprile 1985, n. 446, G. U. 11 dicembre 1985, 

n. 291-bis. 
legge 4 febbraio 1985, n. 10, art. 3-bis (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Moncalieri, ordinanza 22 aprile 1985, n. 602, G. U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. 

dJ. 
10 luglio 1982, 11. Sl6, art. 12, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 15 aprile 
1985, n. 548, G. U. 31 dicembre 1985, n. 306-bis. 

d.P.R. 9 agosto 1982, n. 525, art. 1, primo e secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Tribunale di Cremona, ordinanza 3 maggio 1985, n. 451, G. U. 11 dicembre 
1985, n. 291-bis. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 20 (artt1 3, 29 e 31 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia 'Giulia, ordinanza 5 dicembre 
1984, n. 547/85, G. U. 18 dicembre 1985, n. 297-bis. 

legge 4 febbraio 1985, n. 10, artt. 2, 3 e 4 (artt. 3 e 41 della Costituzione) 
Pretore di Torino, ordinanza 25 febbraio 1985, n. 430, G. U. 6 dicembre 1985, 

n. 287-bis. 
d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, commi 9-bis, 9-quater e 9-quinquies [conv. 
in legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3, 41 e 42 della C0stituzione). � 
Pretore S. Don� di Piave, ordinanza 4 maggio 1985, n. 450, G. U. 6 dicembre 
1985, n. 287-bis. 


WB RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge reg. tombardia 27 marzo 1985, riapprovata il 29 ottobre 1985 (art. 81 
della Costituzione). 
WB RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge reg. tombardia 27 marzo 1985, riapprovata il 29 ottobre 1985 (art. 81 
della Costituzione). 
Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 5 dicembre 1985, n. 45, G. U. 
18 dicembre 1985, n. 297-bis. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo alinea (artt. 3 e 42 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanze (due) 10 maggio 1985, nn. 531 e 532, G. U. 
13 novembre 1985, n. 261-bis. 

legge 17 aprile 1985, n. 141, artt. 1, 3, primo comma, e 6 (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 5 giugno 1985, n. 637, G. U. 13 novembre 1985, 

n. 261-bis. 
legge reg. aut. Valle d'Aosta, approvata il 3 luglio 1985, riapprovata il 
26 settembre 1985 (artt. 43 e 97 della Costituzione e 2 statuto spec. Valle d'Aosta). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 24 ottobre 1985, n. 41, G. U. 6 novembre 
1985, n. 261-bis. 

legge 23 ottobre 1985, n. 595, artt. 3, quinto comma, 15, 6, 10, 13 secondo e 
terzo comma (artt. 9 n. 10, 16, 54 n. 5, e 78 dello statuto reg. Trentino-Alto 
Adige). 

Provincia aut. di Trento, ricorso 12 dicembre 1985, n. 46, G. U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. 

legge 23 ottobre 1985 n. 595, artt. 5, 6, 10, B-secondo e terzo comma (artt. 2, 
9 n. 10, 16, 33, 49, 54 n. 5, 78 e 100 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Provincia aut. di Bolzano, ricorso 12 dicembre 1985, n. 47, G. U. 24 dicembre 
1985, n. 302-bis. 

legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il 31 ottobre 1985 (per 
violazione di diverse leggi statali). 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso n. 42 del 18 novembre 
1985, G. U. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 

legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il 31 ottobre 1985, artt. 1, 
terzo comma e 2 (per violazione di leggi statali). 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso n. 43 del 18 novembre 
1985, G. U. 4 dicembre 1985, n. 285-bis. 

legge approvata dal consiglio regionale Trentino-Alto Adige il 31 ottobre 1985 
(artt. 4 dello statuto regionale e 119 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 30 novembre 1985, n. 44, G. U. 
11 dicembre 1985, n. 291-bis.