ANNO XXXI N. 6 NOVEMBRE-DICEMBRE 1979 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di serv1z1o 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DEI.LO STATO 

ROMA 1979 



ABBONAMENTI ANNO 1979 

ANNO � � . . � � � � � � � . . . . . � . . � . � � � � � � . . . L. 20.000 
UN NUMERO SEPARATO .��.����..����� � 3.500. 


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ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -Roma 
cfc postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Docreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(1219066) Roma, 1980 -Istituto Poligrafi.co e Zecca dello Stato P.V. 



La Rassegna porge il suo caloroso saluto all'avv. Giuseppe 
Manzari di recente nominato Avvocato Generale dello Stato. 

L'avv. Manzari, che per oltre un decennio aveva gi� esercitato 
il ministero di avvocato dello Stato, torna nel nostro 
Istituto dopo una prestigiosa esperienza nella magistratura amministrativa 
e nel governo della cosa pubblica. 

La Rassegna, nel manifestare il vivo compiacimento per la 
nomina, esprime la certezza che Egli, con la Sua alta personalit� 
di giurista e di profondo conoscitore dei problemi della giustizia 
e della pubblica amministrazione, possa efficacemente operare 
alla guida dell'Avvocatura dello Stato per la piena attuazione 
dei princ�pi ispiratori della recente riforma e per rendere l'Istituto 
sempre pi� adeguato alla funzione di organo di legalit� e di 
difesa dei pubblici interessi che esso � chiamato a svolgere nell'ordinamento 
democratico del Paese. 

La Redazione 

La Rassegna nel prossimo fascicolo pubblicher� il discorso 
del Presidente del Consiglio dei Ministri ed il discorso di insediamento 
dell'Avvocato Generale. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

dell'avv. Giuseppe Angelini-Rota e dell'avv. Franco 
Favara) . . . . . . . . . . . . . . pag. 605 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
dell'avv. Oscar 
E INTERNA-
Fiumara) . . � 624 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. 
Carlo Carbone) . . � 653 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura 
cato Adriano Rossi) . . . . . . . 
dell'avvo
� 6 79 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
dell'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . 
(a cura 
� 71 o 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato 
Carlo Baf�le) . . . . . . . . . . . � 719 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBliCI (a cura dell'avv. Paolo Vittoria) 
. . . . . . . . . . . . . . . . � 787 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo 
Di Tarsia Di Belmonte) . . . . . . . . . � 798 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBliOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZI~RIO 


LEGISLAZIONE pag.159 
CONSULTAZIONI � 175 
RASSEGNA DI DOTTRINA � 194 

la pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glam;o NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GUicCIARDI, 
Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; 
Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, 
Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo ScorTI, Trieste; Giancarlo 
MAND�, Venezia. 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

BAFILE, C., Anticipazione delle spese per il procedimento fallimentare, 
imposta di registro e relative controversie . I, 727 
MARZANO, A., Infrazioni valutarie e successivo rientro di capitali I, 679 
MARZANO, A., Spedizionieri doganali e diritto comunitario . I, 635 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELET11RICI


T� 

-Canali demaniali -Amministra:done 
generale dei canali demaniali di irrigazione 
(canali Cavour) -Organo del 
ministero delle finanze -Suoi atti -
Definitivit� : EscLusione, 794. 

-Giudizio e procedimento -Appello Termine 
-Decorrenza, 797. 

-Giudizio e procedimento -Tribunale 
superiore -Giurisdizione di, legittimit� 
-Ricorso -Ammissibilit� -Condizioni 
-Definitivit� dell'atto impugnato 
-Necessit�, 794. 

APPAILTO 

-~AppaLto di opere pubbliche -Pretesa 
applicazione di un determinato prezzo 
contrattuale -Riserva -Onere Tempo 
dell'iscrizione -�Prima contabilizzazione 
della specie di lavoro con 
applicazione di prezzo divel'so, 789. 

-Appalto di opere pubbliche -Resdssione 
-Contestazione -Comunicazione 
della relazione particolareggiata Equ1poHenti 
-Ammissibild:t�, 787. 

CAMBIO E VALUTA 

-Infrazioni valutarie -Procedimento 
amministrativo di accertamento Vizi 
-lrrilevanza nel giudizio avanti 
il giudice ordinario, con nota di A. 
Marzano, 679. 

-Rientro dei capitali -Effettuazione 
da parte di trasgressore gi� scoperto 
-Sanzioni amministrative -ApplicabHit�, 
con nota di A. MARZANO, 

679. 
-Rientro dei capitali -lus superveniens 
-Cessazione della materia del 
contendere -Esdusione, con nota di 

A. MARZANO, 679. 
COMMERCIO 

-Regioni a statuto speciale -TrentinaAlto 
Adige -Potest� legislativa con


corrente -Principi stabiliti da legge 
de1lo Stato, 6H. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-G1urisdizione ovdinaria ed amministrativa 
-Antilcilpato colLocamento a 
riposo per benefici combattentistici -
Giudsdizione del giudice amministrativo, 
664. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Autorizzazioni ,e concessioni 
-Ordine di demolizione di manufatto 
-Provenienza da p.a. diversa 
da quella concedente -!Mancanza di 
potere sul contenuto della concessione 
-Giurisdizione deWa.g.o., 653. 

-GiurisdiiJone ordinaria ed amministrativa 
-Corte dei conti -Richiesta 
di aspettativa obbligatoria del dipendente 
pubblico per mandato regionale 
,ed illegittimo comulo di emolumenti 
-Giurisdizione del giudice 
amministrativo: non sussiste, 675. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Indennit� di buonuscita 
spettante a dipendente dello Stato -
Giurilsdizione del1'a,g.o., 664. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Procedimenti urgenti ex 
art. 700 c.p.c. in materia appartenente 
alla giurisdizione del giudice amministrativo 
-Difetto di giurisdizione 
dell'a,g.o., 671. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Corte dei conti -Proposizione 
dopo l'udienza di discussione e 
prima della pubblicazione della dedsione 
-Inammi1ssibil<it�, 669. 

-Sicilia -Opere di miglioramento fondiario 
-Mutuo agevolato -Concorso 
della regione siciliana nel pagamento 
degli interessi -Rifiuto dd visto 
su stato di avanzamento -Risarcimento 
del danno contro la p.a. -
Irnpmponibilit�, 658. 



INDICE ANALITICo-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Organizzazione comune 
dei mercati -Zucchero -Quote di 
produzione -�Italia -Potere di modifica 
-Limiti, 624. 

-Agricoltura -Organizzazione comune 
dei mercati -Zucchero -Quote di 
produzione -Italia -Potere di modifica 
-Progetti di ristrutturazione del 
settore, 624. 

�-Agricoltura -Organizzazione comune 
dei mercati -Zucchero -Quote di 
produzione -I taHa -Potere di modifica 
-VaLidit�, 624. 

-Libera circolazione delle merci -Sistema 
normativa italiano della dichiarazione 
in dogana -Spedizionieri 
doganali -Misura di effetto equivalente 
a restrizioni quantitative alla 
importazione o all'esportazione -Insussistenza, 
con nota di A. MARZANO, 

633. 
-Libert� di stabHimento -Spedizionieri 
doganali -Cittadinanza -Condizione 
di reciprocit� -Contrasto, con 
nota di A. MARZANO, 633. 
- 
Regolamenti -Applicabilit� diretta Disposizioni 
nazionali di attuazione, 

624. 
CONTRATTI PUBBLICI 

-Selezione del contraente -Scelta di 
procedimenti -Interesse all'impugnazione 
immediata del criterio adottato 
dall'amministrazione -Non sussiste 
-Preclusione all'impugnazione, 
7!14. 

-Sistema di aggiudicazione a trattativa 
privata plurima -Adozione delle 
cautele dell'appalto-concorso -Necessit� 
~ Legittimit� conseguente del 
'Oriterio di sce1ta -Sussiste, 7114. 

-Sistemi di aggiudicazione a trattativa 
privata plu:dma -Criteri di valutazione 
delle offerte -Espressione 
di potest� tecnico-discrezionale 
Conseguenze sulle modalit� di aggiudicazione, 
7i14. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzione tra poteri 
dello Stato -Legittimazione attiva Per 
il potere esecutivo spetta al Presidente 
del Consiglio dei Mini-stri 


Delega a ministro -Possibilit� -Previa 
conforme deliberazione del Consiglio 
dei ministri -Necessit� -Termine 
per ricorrere -Insussistenza, 

615. 
-Conflitto di attribuzione tra Stato 
e Regione -Circolare ministeriale 
non chiara ed univoca -Inammissibilit�, 
615. 

- 
Disposizione di decreto ministeriale 
� confermata � da disposizioni di legge 
-Non sindacabile ad opera della 
Corte costituzionale, 610. 

EDILIZIA 

-Urbanistica -Licenza edilizia -Annullamento 
-Annullamento d'ufficio Motivazione 
-Violazione di pubblico 
interesse -Area destinata a godimento 
pubblico -Contrasto con prescrizioni 
di zona contenute nel piano 
regolatore -Motivazione sufficiente, 
'illO. 

-Urbanistica -Licenza edilizia -Annullamento 
-Annullamento d'ufficio Motivazione 
-Violazione di pubblico 
interesse -Area destinata a verde 
pubblico -Uso residenziale privato 
-Motivazione sufficiente, 710. 

-Urbanistica -, Licenza ediHzia -Annullamento 
-Annullamento d'ufficio Regione 
-Decorrenza del termine 
iniziale -Formulazione delle conclusioni 
della Commissione tecnico-amministrativa 
-Riferibilit� -Effetti, 
7110. 

-Urbanistica -Licenza edilizia -Annullamento 
-Regioni -Competenza Parere 
del Consiglio di Stato -Necessit� 
-Non sussi1ste, 710. 

-Urbanistica -Licenza edilizia -Annullamento 
-Regioni -Competenza 
ex d.P.R. n. 8 del 1972 -Natura -Autonomia 
rispetto al potere generale 
di annulLamento ex art. 6 t.u. n. 383/ 
1934 -Effel!ti, 110. 

-Urbanistica -Licenza edilizia -Annullamento 
-Regioni -Competenza 
ex d.P.R. n. 8 de1 1972 -Sus,siste, 710. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Alloggi FF.SS. -Cessione in propriet� 
-Congiunti dell'assegnatario -Condizioni, 
704. 


x 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Indennit� di esproprio -Suscettibilit� 
edificatoria dell'a!'ea -Assenza 
di piano regolatore -Esistenza di 
programmi di fabb!'icazione -Sufficienza 
� Concrete circostanze di 
efFettiva fabbrkazione, 656. � 

-Retrocessione -Totale e parziale Differenze 
-Posizione giuridica del 
privato espropriato � Diritto soggettivo 
e interesse legittimo, 706. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Procedimento giurisdizionale � Provvedill11ento 
di sospensione dell'atto 
impugnato � Ordinanza di sospensione 
del T.A.R. -Possibilit� di apposizione 
di termini e condizioni . Sussiste 
� Imposizione di cauzioni � PrecLusione, 
715. 

-Ricorso giurisdizionale -Giudicato Decisioni 
giurisdh.ionali amministrative 
di primo e secondo grado -Decisione 
non passata in giudicato Ricorso 
.per ottemperanza -Esperibilit� 
� Preclusione, 713. 

-Ricorso giurisdizionale -Impugnazione 
� Dies a quo per la proposizione 
. dell'appello -Notificazione della sentenza 
di primo grado -Notificazione 
presso il procuratore costituito Irritua1it� 
� Effetti, 7110. 

-Ricorso giurisdizionale -Impugnazione 
� Errore scusabile -Riconoscib�llt� 
-Sus�siste, 710. 

-Ricorso giurisdizionale -Proposizione 
di motivi aggiunti -Termine -Decorrenza 
� Riferimento al giorno di 
deposito della documenta<.ione o a 
quello di ricevimento della comunicazione 
di segreteria ex art. 35 r.d. 
17 agosto 1907, n. 642 -Fattispecie, 
iU3. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Promozioni -Scrutini per merito 
comparativo � Attitudini ad espletare 
funzioni superiori -Giudizi parziali 
sulle altre qualit� dello scrutinando 
� Indipendenza -.Effetti, 716. 

-Promozioni -Scrutini per merito 
comparativo -Criteri -Presunzione 
di imparzialit� di giudizio -Condizioni 
necessarie per superare la presunzione 
-Requisiti -Necessit�, 7116. 

-Promozioni -Scrutini per merito 
comparativo -Discrezionalit� della 

Commissione esaminatrice -Necessit� 
di individuare i criteri di razionalit� 
e di .imparzia:le pondemzione 
de~li interessi -Sussiste -Effetti P,
attispecie, 7'17. 

-Promozioni -Scrutini per merito 
comparativo -Omessa indicazione 
di tutte le mansioni esercitate nel 
pregresso servizio e degli incarichi 
particolari -IUegittimit�, 7117. 

-Promozioni -Scrutini per merito 
comparativo -Precedenza nella graduatoria 
'di impiegati con minore 
anzianit� -Eccesso di potere -Non 
sussiste, 716. 

-Promm:.ioni -Scrutini per merito 
comparativo -Requisiti attitudinali 
-Relazione con le altre qualit� 
dello scrutinando -Difformit� rispetto 
ai giudizi dei rapporti informativi 
-Necessit� di idonea motivazione 
� Sussiste -Effetti, 7117. 

IMPOSTA COMPLEMENTARE SUL 
REDDITO 

-Metodo sintetico -Tenore di vita 
del contribuente -Inadeguatezza del 
metodo analitico -Metodo sinteti� 
co -Aipplkabilit�, 769. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Concordato fallimentare � �Sentenza 
di omologazione -Imposta di titolo 
� Prenotazione a debito -Ingiunzione 
del canceLliere per H recupero 
dell'imposta prenotata � Illegittimit�, 
con nota di C. BAFILE, 727. 

-Interpretazione dell'atto -Negozio 
indiretto e negozio collegato -lnterpreta<.
ione unitaria di pi� atti -Le� 
gittimit�, 757. 

LMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Altre imposte dirette -Agevolazione 
per il Mezzogiorno -Impresa edilizia 
� Esclusione, 757. 

-Esecuzione decennale -Presupposti . 
Novit� dall'impresa -Decorrenza dell'esenzione 
-Funzionalit� degli impianti 
-Prova � Atto della Camera 
di Commercio -Prova contraria ' 
Ammi!ssibiHt�, 779. 

-Plusvalenze -Avviamento -Conferi� 
mento di azienda in societ� di persona 
� Si realizza, 763. 

-Plrusva1enze -Enti con fine di lucro � 
Societ� cooperative -�i. ta1e, 753. 



INDICE ANALITico-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA X[ 

-Spese e perdite -Rinuncia di un 
socio di societ� per azioni ad un 
suo credito -Indetraibilit� dal reddito 
del socio, 749. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Denuncia di successione -Indicazione 
del domicilio -Successive variazioni 
-Obbligo di comunicarle all'ufficio 
-Esclusione -Necessit� di procedere 
alla notifica dell'accertamento 
di maggior valore -Modalit� della 
notifica -Applicabilit� delle norme 
di proceduTa civiLe, 770. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

....,. 
Condono -Vendita fra parenti -Controversia 
sulla presunzione di trasferimento 
gratuito -� controversia 
di diritto attinente ad imposta di 
donazione -Non condonabilit�, 749. 

-Imposte dirette -Accertamento -Metodo 
induttivo -Soggetti tassibili in 
base a bilancio -Criteri di ammissibilit�, 
719. 

-Imposte dirette -Dichiarazione Esonero 
dall'obbligo -Redditi inferiori 
al minimo -Determinazione Redditi 
astrattamente considerati, 

767. 
-Imposte ~ndirette -Condono -Istanza 
di una sola parte -Estenzione 
degli effetti ai condebitori -Si produce, 
766. 
-Notificazioni -Consegna dell'atto a 
persona di famiglia non convivente Nullit� 
-Dichiarazione di convivenza 
risultante dalla rela:i.ione -Prova 
contraria data �COn certificato anagrafi,
oo -Idoneit�, 750. 
-Nuovo contenzioso tributario -Decisione 
della Commissione centrale di 
accoglimento con rinvio -lmpugnabhlit� 
�lmmediata, 755. 
-Nuovo contenzioso tributario -Giudizio 
di terzo grado -Estimazione 
compiessi va -Impiego �del metodo 
induttivo di accertamento -Vi rientra, 
7�19. 
-Nuovo contenzioso tributario -Giudizio 
di terzo graCio -Questioni di 
fatto -Questioni di valutazione della 
prova sull'esistenza del presuppo� 
sto -Non deducibilit�, 763. 
-Procedimento innanzi alle commissioni 
-Sottoscrh.ione del ricorso Requisito 
essenziale -Difetto -Nullit� 
insanabile, 756. 

-Vioiazioni di leggi finanziarie e valutarie 
-Pena pecuniar.ia -Oblazione -
Irretrattabilit� -Riserva di ripeti� 
zione -Irrilevanza, 744. 

.LAVORO 

-Personale delle ferrovie tranvie e linee 
di navigazione in concessione Controversia 
con il datore di lavoro Previo 
reo1amo gerarrhico -Omis


�sione � -Improponibilit� dell'azione 
giudiziaria -Illegittimit� costituzionaJle, 
607. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Difesa dell'imputato -Difesa tecnicolegale 
-I.rrinunciabiUt�, 619. 

-Responsabilit� civile -Atti preliminari 
nei procedimenti con istruzione 
sommaria -Citazione del responsabile 
civile -Inammissibilit� -Illegittimit� 
costituzionale, 613. 

-Testimoni -Giuramento -Assunzione 
di responsabilit� dinanzi a Dio -Obbligo 
per i non credenti -Illegittimit� 
costituzionale, 614. 

-Tribunale per i minorenni -Pronuncia 
di riabilitazione speciale -Competenza 
nel caso di minorenne trasferitosi 
all'estero, 609. 

REATO 

-Cospirazione� politica -Momento consumativo 
-Accordo per commettere 
alcuno dei delitti dall'art. 302 c.p. -
Ineffkienza, 798. 

-Insurrezione armata -Reato di pericolo 
-Non coincide con il tentativo 
di reato, 798. 

REGIONE 

-Autonomia fin;mziaria -Spese prive 
di copertura -Illegittimit� costituzionale, 
605. 

-Conflitto di attribuzione tra Stato e 
Regione -Commissariato per la liquidazione 
degli usi civici -Fum.ioni 
amministrative e funzioni giurisdizionali 
-Potere di nomina!'e il preposto 
alle funzioni amministrative Spetta 
ahla regione, 615. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Circolazione dei veicoli -Assicurazione 
obbligatoria -Esclusione per le 
macchine agricole Legittimit� costituziona1e, 
621. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
4 �ug1io t979, n. 63 . pag. 605 
26 JugLio t979, n. 93 . )) 607 
26 luglio t979, n. 95 . )) 609 
t� .agosto t979, n. tOt )) 6t0 
t� agosto t979, n. t02 )) 611 
6 agosto t979, n. 116 . )) 613 
tO ottobre t979, n. 117 . )) 6t4 
tO ottobre t979, n. t20 . )) 615 
tO ottobre t979, n. t2t . )) 6t6 
tO ottobre t979, n. t23 (ord.) . )) 6t6 
tO ottobre t979, n. t25 . )) 619 
2t novembre t979, n. 132 . )) 62t 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 
27 settembre 1979, nella causa 230/78 . pag. 624 
25 ottobre t979, nella causa t59/78 . )) 633 
GIURISDIZIONI CIVILI 
CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. I, t6 giugno t978, n. 2989 . pag. 679 
Sez. I, t4 febbraio 1979, n. 972 . )) 787 
Sez. I, tO aprile t979, n. 2046 . )) 719 
Sez. I, t O aprile t979, n. 2049. )) 727 
Sez. I, 24 aprile t979, n. 2319 . )) 744 
Sez. I, 24 aprile 1979, n. 2332 . }) 749 
Sez. I, 26 aprile 1979, n. 2411 . }) 749 
Sez. I, 26 aprile t979, n. 24t6 . )) 750 
Sez. I, 27 aprile t979, n. 2437 . }) 753 
Sez. I, 28 aprile t979, n. 2469 . )) 755 
Sez. I, 9 maggio t979, n. 2643 . }) 756 
�Se<.. I, 9 maggio t979, n. 2645. )) 757 
Sez. I, 9. maggio t979, n. 2658 . }) 757 
Sez. Un., t2 maggio t979, n. 2716 . � 653 
Sez. I, t2 maggio t979, n. 2739 . }) 763 



IND�CE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA XIII 

Sez. I, 21 maggio 1979, n. 2899 . pag. 766 
Sez. I, 21 maggio 1979, n. 2909 . . )) 789 
Sez. I, 23 maggio 1979, n. 2989 . . )) 767 
Sez. I, 25 maggio 1979, n. 3017 . )) 656 
Sez. Un., 25 maggio 1979, n. 3018 . )) 658 
Sez. I, 25 maggio 1979, n. 3030 . )) 704 
Sez. Un., 6 giugno 1979, n. 3183 . )) 664 
Sez. Un., 12 giugno 1979, n. 3308 . )) 706 
Sez. I, 18 luglio 1979, n. 4261 . . ,. 769 
Se:;.. I, 18 luglio 1979, n. 4297 . . )) 770 
Sez. I, 7 settembre 1979, n. 4740 . )) 779 
Sez. Un., 22 ottobre 1979, n. 5466 . )) 669 
Sez. Un., 25 ottobre 1979, n. 5575 . )) 671 
Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6009 . )) 675 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

19 febbraio 1979, n. 6 . pag. 794 
29 marzo 1979, n. 11 . . )) 797 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Pl., 23 marzo 1979, n. 9 . pag. 710 
Ad. Pl., 23 marzo 1979, n. 12 . )) 713 
Sez. IV, 4 maggio 1979, n. 300 . )) 713 
Sez. V, 9 marzo 1979, n. 55 (ordinanza sosp.) . )) 715 
Sez. VI, 23 marzo 1979, n. 182 . . . . . . )) 716 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE D'ASSISE 

Roma, I, 14 luglio 1978 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 798 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


APPALTO 

-Appalto -Maggiori oneri per scarsit� 
di lavoratori -Equo indennizzo, 
175. 

-Appalto di opera pubblica � Interessi 
su somme controverse -Enti 
pubblici, 175. 

-Appalto di opere pubbliche � Rinuncia 
pTeventiva alla declinabilit� 
degli arbitri, 175. 

-Revisione dei prezzi nei contratti e 
trattative private -Rate, 175. 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

-Rapporti tra Stato e Regioni -Trasferimento 
di funzioni . Istituzioni 
pubbliche di beneficenza e assistenza 
-Consigli di amministrazione 
Ricostituzione, 175. 

CAMBI E VALUTE 

-Societ� straniere � Violazione di 
norme valutarie -Nullit� dei nego:;.i 
soggetti alla normativa italiana, 176. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Retribuzione -Stipendi, pensioni e 
assegni -Pignorabilit� -Limiti Fonti 
normatiove in vigore, 176. 

-Retribuzione -Stirpendi, pensioni e 
assegni -Pignoramento -Concorso 
con sequestro e cessione -Limiti Fonti 
no.rmative in vigore, 176. 

-Retribuzione � Stipendi, pensioni e 
assegni -Pignoramento tredicesima 
mensilit� -Assegno pensionabile Indennit� 
integrativa speciale � Aggiunta 
di famiglia -Pignorabi!it� Limiti, 
176. 

-Revisione dei prezzi nei contratti e 
trattative private -Rate, 176. 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

-Condono tributario � Interessi e accessori 
-Istanza -Mancanza � Effetti, 
177. 

-Condono tributario -Interessi e accessori 
-Pagamento del tributo principale 
-Prima del provved1mento di 
condono -Effetti, 177. 

-Condono tributario � Interessi e accessori 
-Pagamento del tributo principale 
-Prima del provvedimento 
�di condono -Effetti, 177. 

-Consulenti del lavoro -Abilitazione 
alla rappresentanza e difesa nei giudizi 
avanti alle commissioni tributarie 
-Esclusione, 177. 

-Consulenti del lavoro� -Rappresentanze 
innanzi agli uffici finam:.iari Limiti, 
177. 

-Imposte dirette -Giudizio di impugnazione 
proposto nei confronti 
dell'amministrazioni:! ad opena di 
truluno soltanto dei coobbligati soHdali 
d'imposta -Effetti sul corso 
della prescrizione, 177. 

-Cooperative-ispezioni ordinade delle 
associazioni nazionali contributi-
cooperative non aderenti ad associaizone 
nazionale debenzano, 178. 

-Cooperative � J,spezione ordinade 
delle associazioni nazionali � Contributi 
-Mancata ispezione � Obbligatoriet�, 
178. � 

-Cooperative Ispezioni ordinarie 
delle associazioni nazionali -Contributi 
-Natura, 178. 

DIFESA DELLO STATO 

-Rapporti tra Stato e regioni � Funzioni 
delegate -Impugnativa di atto 
emesso dal delegato -Difesa in giudizio 
-Spettanza, 178. 



INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

DIRITTO INTERNAZIONALE 

-Societ� straniere -Riconoscibilit� in 
Italia -Limitazioni, 178. 

-Sodet� straniere -Violazione di 
norme valutarie -Nullit� dei negozi 
soggetti alla normativa italiana, 

179. 
EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-I.V.A. -Ambito di applicru..ione -Assegnazioni 
di case di abitazione ai 
soci. di societ� cooperative edilizie Regime, 
179. 

ESECUZIONE FISCALE 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-EspropriabiUt� dei crediti 
nei �onfronti degli enti mutua.l.istici 
per rette di degenza anteriori al 
31 dicembre 1974, 179. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale
�-EspropriabiUt� dei criti nei 
confronti degli enti mutualistici per 
rette di degenza anteriori al 31 dicembre 
1974, 179. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-Pignorabilit� delle disponibilit� 
finanzia:de degli enti predetti 
derivanti da redditi propri o da entrate 
diverse o da avanzi di esercizi 
previsti, 179. 

ESECUZIONE FORZATA 

-Spese di precetto -RirpetibiHt� -Limiti, 
180. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-EspropriaL.ione per pubblica utilit� Decreto 
di espropriazione -Trascrizione 
-Tardiva richiesta -Applicabilit� 
delle sanzioni stabilite dalle leggi 
in materia di imposte ipotecarie, 180. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Indennit� 
-Offerta tempestivamente 
accettata -Revocabilit� in ipotesi di 
leggi sopravvenuta in pendenza del 
termine di accettazione�, 180. 

FERROVIE 

-Costruzioni ferroviarie -Osservazioni 
del Comune interessato sul progetto 
esecutivo -Termine, 180. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Rapporti tra Stato e regioni -Funzioni 
delegate -Impugnativa di atto 
emesso dal delegato -Difesa in giudizio 
-Spettanza, 181. 

IGIENE E SANIT� 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-Aggredibilit� delle somme e 
dei crediti spettanti agli enti predetti 
per stanl.ionamenti loro assegnati 
dalla regione, 181. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-Espropriabilit� dei crediti nei 
confronti degli enti mutualistici per 
rette di degenza anteriori al 31 dicembre 
1974, 181. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-PignorabiHt� delle disponibilit� 
finanziarie degli enti predetti 
derivanti da redditi propri o da entrate 
diverse o da avanzi di esercizi 
pregressi, 181. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Cessazione degli effetti civili del matrimonio 
-Obbligo di pagamento assegno 
di divorzio -Decorrenza, 181. 

-Retribuzione -Stipendi assegni e altre 
indennit� -Personale militare Pignorabilit� 
-Limiti, 182. 

-Retribuzione -Stipendi, pensioni e 
assegni -Pignorabilit� -Limiti -Fonti 
normative in vigore, 182. 

-Retribuzione -Stipendio, pensioni ~ 
assegni� -Pignoramento -Concorso 
con sequestro e cessione -Limiti Fonti 
normative in vigore, 182. 

-Retribuzione -Stipendi, pensioni e 
assegni -Pignoramento tredicesima 
mepsilit� -Assegno pensionabul'e Indennit� 
integrativa speciale -Aggiunta 
di famig1lia -Pignorabilit� Limiti, 
182. 


XVI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Redditi' da capitale -Interessi -Indennit� 
di espropria1..ione e di occupazione 
-Tassabilit�, 182. 

IMPOSTA GENERALE SULLE ENTRATE 


-Condono tributario -Interessi e accessori 
-Istanza -!Mancanza -Effetti, 

183. 
-Condono tributario -Interessi e accessori 
-Pagamento del tributo pdncipale 
-Dopo il provvedimento di 
condono -Ei�fetti, 183. 

- 
Condono tributario -Interessi e accessori 
-Pagamento del tributo principale 
-Prima del provvedimento 
di condono -Effetti, 183. 

IMPOSTA V A!LORE AGGIUNTO 

-Esenzioni e agevolazioni -Appalto Zone 
terremotate della Sicilia -Costruzione 
di ambulatori -Applica15ilit�, 
183. 

-I.V.A. -Ambito di appHcazione -Assegnazioni 
di case di abitazione ai 
soci di societ� cooperative edilizie Regime, 
183. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Redditi da capitale -Interessi -Indennit� 
di espropriazione e di occupazione 
-Tassabilit�, 184. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Atione esecutiva esattoriale 
-Aggredibilit� delle ~somme e 
dei crediti .spettanti ag1i enti predetti 
per stanzionamenti loro assegnati 
dalla regione, 184. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-Espropriabilit� dei .crediti nei 
confronti degli enti mutualistid per 
rette di degenza anteriori al 31 dicembre 
1974, 184. 

-Tributi diretti a carico degli enti 
ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale 
-Pi.gnorahilit� delle di!sponibilit� 
finanziarie degli enti predetti derivanti 
da redditi propri o da entrate 
diverse o da avanzi di esercizi pregressi, 
184. 

IMPOSTE E T ASSE 

-Co.nsulenti del lavoro -Abilitazione 
alla rappresentanza e difesa nei giudizi 
avanti alle commissioni tributarie 
-Esclusione, 184. 

-Consulenti del lavoro -Rappresentanze 
innanzi agli uffici finan1..~ari Limiti, 
185. 

-Imposte dirette -Giudizio di impugnazione 
proposto nei confronti dell'amministrazione 
ad opera di taluno 
soltanto dei coobbligati solidali di 
imposta -Effetti 'SUl .corso de1la prescrizione, 
185. 

-Imposte dirette -Prescrizione e decadenza 
-Avviso di liquidazione delrl'imposta 
-Termine di decadenza, 

185. 
-Violazione leggi finamiarie -Responsabilit� 
del successore per atto tra 
vivi in un azienda commerciale ed industri:
aile per pene pecuniar�e e sopratasse 
relative a violazioni anteriori 
atta successione -Limiti, 185. 

IMPOST,E IPOTECARIE 

-Espropriazione per pubblica utilit� Decreto 
di espropriazione -Trascrizione 
-Tardiva richiesta -Applicabilit� 
delle sanzioni stabilite dalle 
leggi in materia di imposte ipotecarie, 
185. 

IMPOSTE V ARIE 

-Cooperative -Ispezioni ordinarie delle 
associazioni nazionali -Contributi Cooperative 
non aderenti ad associazioni 
nazionali -Deben:;.;a, 186. 

-Cooperative -Ispezioni ordinarie del� 
le associazioni nazionali -Contributi �' 
Mancata ispe�one -Obbligatoriet�, 

186. 
-Cooperative -Ispezioni ordinarie delle 
associazioni nazionali -Contributi 
-Natura, 186. 
-Tasse automobil1istiche -Esenzione a 
concessionario servizio ;postale -CessaL.
ione o sospensione del servizio, 

186. 
ISTRUZIONE 

-Previdenza e assistenza -Compensi 
integrativ,i in favore del personale 
medico univei'sitario non utili ai fini 
presidenziali e assi!stenziali -Compatibilit� 
nella base imponibile per il 
calcolo dei contributi, 186. 



INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

MATRIMONIO 

-Cessazione degli effetti civifi del matrimonio 
-Obbligo di pagamento assegno 
di divorzio -Decorrenza, 187. 

MILITARI 

-Retribuzione -Stipendi, assegni e 
altre indennit� -Personale militare -
PignorabHit� -Limiti, 187. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI. 

-Societ� straniere -Violazione di norme 
valutarie -Nullit� dei negozi soggetti 
alla normativa italiana, 187. 

OPERE PUBBLICHE 

-Appalto -Maggiori oneri per scarsit� 
di lavoratori -Equo indennizzo, 187. 

-Appalto di opera pubblica -Interessi 
su somme controverse -Enti pubblici, 
187. 

-Appalto di opere pubbliche -Rinuncia 
preventiva alla declinabilit� degli 
arbitri, 188. 

-Revisione dei prezzi� nei contratti e 
trattative private -Rate, 188. 

PIANI REGOLA TORI� 

-Costruzioni ferroviarie -Osservazioni 
del comune interessato sul progetto 
esecutivo -Termine, 188. � 

PIGNORAMENTO 

-Retribuzione -Stipendi assegni e altre 
indennit� -Personale militare Pignorabilit� 
-Limiti, 188. 

-Retribuzione -Stipendi, pensioni e 
assegni -Pignorabilit� -Limiti -Fonti 
normative .in vigore, 188. 

-Retribuzione -Stipendio, pensioni e 
assegni -Pignoramento -<:oncorso 
.con sequestro e cessione Limiti 
Fonti normative in vigore, 189. 

-Retribuzione -Stipendi, pensioni e 
assegni -Pignoramento tredicesima 
mensilit� -Assegno pensionabile 


Indennit� integrativa� speciale __ Aggiunta 
di famiglia -Pignorabi:lit� Limiti, 
189. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Tasse automobilistiche -Esenzione 
a concessionario servizio postale Cessazione 
o sospensione del servizio, 
189. 

PRESCRIZIONE 

-I�nposte dirette -Prescrizione e decadenza 
-Avviso di liquidazione del� 
l'imposta -Termine di decadenza, 

189. 
PREVIDENZA. E ASSISTENZA 

-Previdenza e assistenza -Compensi 
integrativi in favore del personale 
medico universitario non utili ai fini 
presidenziali ed assistenziali -Compatibilit� 
nella base imponibile per 
il calcolo dei contributi, 189. 

PREZZI 

-Generi di largo consumo -Disciplina 
-Infraztoni �-Ingiunzione -Agente 
con depositivo-vendita in nome 
proprio -Legittimazione passiva Sussiste, 
190. 

-Generi di largo consumo -Disciplina 
-Infrazioni -Ingiun<-ione -. Erro. 
neo richiamo di norme -Irrilevanza, 

190. 
PROCEDLMENTO CIVILE 

-Procedimento civile -Controversia di 
lavoro -Patrocinio delle �parti non 
abbienti -Spese anticipate dallo 
Stato per consulenza �tecnica -Ri-. 
petibilit� nei confronti della parte 
abbiente soccombente, 190. 

-Procedimento civile -Controversie 
di lavoro -Patrocinio delle parti non 
abbienti -Spese ed onorari liquidati 
in sentenza -Anticipazione da parte 
deno Stato, 190; 

REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE 

-Costruzione -Territorio comunale 
. Licenza edilizia -Esclusione, 190. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

XVIII 

REGIONI 

-Rapporti tra Stato e regioni -Funzioni 
delegate -Impugnativa di atto 
omesso dail delegato -Difesa in 
giudizio -Spettanza, 191. 

-Rapporti tra Stato e regioni -Trasfer1mento 
di funzioni -Istituzioni 
pubbliche di beneficenza e assistenza 
-Consigli di amministrazione Ricostituzione, 
191. 

RISCOSSIONE 

-Generi di largo consumo -Disciplina 
-Infrazioni -Ingiunzione -1\gente 
con deposito -Vendita lin nome 
proprio -Legittimazione passiva Sussiste, 
191. 

~ 
Generi di largo consumo -Disciplina 
-Infrazioni -lng,iunzione -Erroneo 
richiamo di norme -Irrilevanza, 
191. 

SJ\NITARI 

-Previdenza e assistenza -Compensi 
integrativi in favore del personale 
medico universitario non utili ai fini 
previden:l'lia1i, ed assistenz1aM -Compatibilit� 
nella base imponibile per 
il calcolo dei contributi, 191. 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

-Generi di largo consumo -Disciplina 
-Infrazioni -Ingiunzione -Agente 
con deposito -Vendita in nome proprio 
-Legittirnazione passiva -Sussista, 
192. 

-Generi di largo consumo -Disciplina 
-Infrazioni -Ingiunzione -Erroneo 
richiamo di norme -lrrilevanza, 
192. 

-Violazione leggi finanziarie -Responsabilit� 
del successore per atto 
tra vivi in un'azienda commerciale 
ed industriale per pene pecuniarie 
e sopratasse relative a violazioni anteriori 
alla successione -Limiti, 192. 

SOCIET� 

-Societ� straniere -Riconoscibilit� in 
Italia -Limitazione, 192. 

-Societ� 'straniere -Violazione di norme 
valutarie -Nullit� dei negozi sog-
Italia -Limitazioili�, 192. � 

SPESE GIUDIZM.LI 

-Bsecuzione f�rzata -Spese di precetto 
-RipetibiHt� -Limiti; 193. 

-Procedimento civile -Controversia 
di lavoro -Patrocinio delle parti non 
abbienti -'Spese anticipate dallo 
Stato per consulenza tecnica -RipetibiLit� 
nei confronti della parte 
abbiente soccombente, 193. 

-Procedimento civile -Controversie 
di lavoro -Patrocinio delle parti 
non abbienti -'Spese ed onorari liquidati 
in sentenza -Anticipazione 
da parte dello Stato, 193. 

STRADE 

-Costruzione -Territorio comunale 
Licenza edilizia -Esclusione, 193. 



j 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

LEGISLAZIONE 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE; 
I -Norme dichiamte incostituzionali 
II -Questioni dichiarate non fondate 
. pag. 
� 
159 
160 
III -Questioni proposte . . . . )) 161 

RASSEGNA DI DOT11RINA 

CAIANELLO, V.: Lineamenti del processo amministrativo, II ed., U.T.E.T., 
1979 (recensione a cura di C. Carbone) . . . . . . . . . . pag. 194 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE CQSTITUZIONALE, 4 luglio 1979, n. 63 -Pres. Amadei-Rel. Astu


ti -Regione Umbria (avv. Piras) e �Presidente Consiglio dei Ministri 

(avv. Stato Azzariti). 

Regione -Autonomia finanziaria -Spese prive di copertura -Illegittimit� 
costituzionale. 

Premesso che l'autonomia finanziaria delle regioni � garantita << nelle 
forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica �, � costituzionalmente 
illegittima ima delibera di legge regionale prevedente spese a 
copertura delle quali sono indicati fondi non ancora assegnati dallo 
Stato (1). 

(Omissis). -Con ricorso indicato in epigrafe il Governo ha� promosso, 
in riferimento all'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, questione 
di legittimit� della legge della Regione Umbria approvata il 10 
aprile 1975 e riapprovata nel medesimo testo il 20 novembre 1975, recante 
�Contributi per l'anno 1975 alle spese di gestione e di investimento 
per il rinnovo, l'ammodernamento e il potenziamento del parco autobus 
delle imprese a prevalente partecipazione _pubblica, che esercitano 
professionalmente, in base a concessione regionale, autoservizi di linea 
ordinaria per il trasporto di persone�. Viene denunziata, in particolare, 
la disposizione dell'art. 5 di detta legge, ove � detto che all'onere derivante 
alla Regione dalla sua attuazione, (imputato al capitolo n. 4491 
del bilancio 1975, per la spesa complessiva di lire 2 miliardi e 500 milioni), 
�si far� fronte mediante prelievo di pari importo dallo stanziamento 
del capitolo n. 4680 del bilancio medesimo �, 

(l) Sentenza esatta e di notevole importanza. Non del tutto scorrevoli sono. 
le relazioni tra finanza statale e finanza regionale derivata: la sentenza, mentre 
consente alle regioni di iscrivere in bilancio .-dalla parte delle entrate -previsioni 
di non ancora �certi>> (e non ancora esattamente quantificati) trasfer�� 
menti di .fondi dallo Stato, inibisce ai Jegislatori regionali di� effettuare stan� 
ziamenti sulla base di previsioni non seguite da effettive assegnazioni, e quindi 
rimaste �mere poste contabili �. 

606 

ci_{AS~EGNA 'DELL'AVVOOAT~ DEq.O ST~TO 

Si osserva nel ricorso che nello stato di previsione dell'entrata del 

bilancio della Region� Umbria per l'anno 1975 so~o elencati al capi


tolo 4491 i nn. 760, 780, 840, per un importo complessivo di lire 7. mi


liardi, costituito da tre distinti. -contributi statali, peraltro non previsti 

da alcuna legge vigente; e che, di conseg~enza, il capitolo . di spesa nu


mero 4680 (reca~te al n. 1� il. contributo alle aziende di trasporto extra


urbano) comprende stanziamenti eccedenti, privi di copertura, essendo 

� la corrispondente previsione di entrata meram�nte ipotetica, irrealiz


zabile in base alla normativa in vigore, e di fatto non realizzata�. 

La Regione Umbria, costituitasi in giudizio, non ha contestato la 

mancanza d�. effettiva copertura della spesa prevista dalla legge impu


gnata, ma ha tuttavia s0stenuto che il trasferimento di pubbliche fun


zioni dallo Stato alle Regioni comporta per lo Stato l'obbligo di fornire 

ad esse mezzi finanziari adeguati all'esercizio delle funzioni medesime, e 

che pertanto una legge �regionale emanata in base a previsioni di en


trata legittime e ragionevoli, secondo criteri di corretta amministrazione, 

non potrebbe dirsi viziata da incostituzionalit� per effetto della mancata 

assegnazione� del necessario finanziamento. In caso di inadempienza del


lo Stato, non potrebbe farsi richiamo al principio sancito dall'art. 81 per 

invalidare leggi emanate �dalle Regioni nelle materie di propria �ompe


tenza, senza lesione della loro autonomia finanziaria, garantita dall'arti


colo 119 d,ella Costituzione, e della stessa loro autonomia politica. 

� _ La que'stione �-fondata. Effettivamente, nello stato di previsione del" 

l'entrata per l'esercizio 1975, approvato dalla Regione Umbria, il capi


tolo 760 fa, riferimento ad un ipotetico contributo speciale di lire 4 mi


liardi ai sensi degli artt. 119 Cost. e 12 legge 16 maggio 1970, n. 281, per il 

quale non v'� _stata alcuna assegnazione. da patte dello Stato; il capi


tolo 78Q prevede un contributo statale per lo sviluppo della montagna 

di lire 800 milioni, in base alla legge 3 dicembre 1971, n. 1102, il cui finan-. 

ziamento era peraltro limitato al periodo 1972-1974 (art. 15); il capito


lo 840, infine, indica un contributo statale p~r il finanziamento dell'atti


vit� dell'Ente di sviluppo nell'Umbria, di �lire 2 miliardi e 200 milioni, 

senza corrispondente stanziamento nel bilancio dello Stato�. Di fronte 

a questa previsione di entrata, risulta completamente privo di copertura 

il capjtolo 4680 di previsione della spesa, nella parte -relativa al � trasfe


rimento di fondi dallo Stato �, ove � indicato al n. l, iz:t correlazibne 

al ricordato capitolo 760, il contributo alle aziende di trasporto extra


urbano. 

Tale obbiettiva situazione era stata dal Governo tempestivamente se


gnalata agli -organi regionali, rilevando che nel bilancio 1975 erano in-
eluse entrate eccedenti le assegnazioni gi� note o prevedibili in base a 
fondi iscritti nel bilancio dello Stato, da ritenersi quindi � mere poste 
cmi.tabili �, e avvertendo che, pur _consentendosi l'ulteriore corso della 


PARTE I, SEZ. T, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

legge di approvazione del bilancio regionale, per evitare una paralisi dell'attivit� 
legislativa e ammiJ;Iistrativa della Regione, questa avrebbe tuttavia 
dovuto, nella propria successiva nonnaziorie, � tener conto della 
reale consistenza delle entrate anche ai fine di ,evitare l'eventuale p redisposizione 
di provvedimenti mancanti della sostanziale copertura �. 
Conseguentemente, il Governo aveva rinviato a nuovo esame del Consiglio 
regionale, a' sensi dell'art. 127 Cost., la legge 10 aprile 1975, per difetto 
di copertura della spesa con essa prevista; ma ciononostante la 
legge era stata egualmente riapprovata il 20 novembre dello stesso anno, 
senza alcuna modificazione. 

Non occorre sottolineare l'inconsistenza dell'assupto della Regione 
Umbria, circa la pretesa inadempienza dello Stato per la mancata assegnazione 
. di fondi in misura �corrispondente alle previsioni di entrate 
che essa aveva inserito nel.proprio bilancio, senza peraltro aver riguardo 
alle effettive disponibilit� di provenienza statale.. 

Gli �obblighi dello Stato in ordine al finanziamento delle Regioni 
sono stabiliti dalla legge per le Regioni a statuto ordinario, la legge 16 
maggio 1970, n. 281 regolava nel 1975, come regola ~uttora, integrata dalle 
ulteriori disposizioni successivamente emanate, la formazione ed erogazione 
dei diversi fondi e contributi statali, di cui le Regioni debbono 
tener �conto nella determinazione della mis�ra delle spese consentite, in 
correlazione con le entrate effettive del proprio bilancio. 

L'autonomia finanziaria � garantita alle Regioni dall'art. 119 Cost.. 
<< nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica �, nell'ambito 
del necessario coordinamento con la finanza dello Stato; e anche le Regioni 
sono tenute, al pari dello Stato, ad osservare� il disposto dell'articolo 
81 Cost., per cui ogni legge che importi nuovi o maggiori spese 
deve indicare i mezzi per farvi fronte, come questa Corte ha gi� pi� 
volte avuto occasione di dichiarare. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 luglio 1979, n. 93 � Pres. Amadei -Rel. 
Maccarone. 


Lavoro -Personale delle ferrovie tranvie e� linee di navigazione in concessione 
� Controversia con il datore di lavoro � Previo reclamo gerarchico 
-Omissione . Improponibilit� dell'azione giudiziaria . Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost., art. 3; r.d. 8 gennaio 1931, n. 148,, art. 10). 

Contrasta con l'art. 3 Cost., l'art. 10, secondo e terzo comma, r.d. 
8 gennaio 1931, n. 148, co_me modificato dalla legge n. 633 del 1957 (coordinamento 
delle norme sulla disciplina dei rapp�rti collettivi di lavoro 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, 
tram vie e linee di navigazione interna in regime di concessione),. 
nella parte in cui dispone l'improponibilit� e non la improcedibilit� dell'azione 
giudiziaria in caso di mancata o tardiva presentazione del reclamo 
gerarchico, sia nelle controversie aventi ad oggetto �il riconoscimento 
della qualifica, sia nelle controversie aventi ad oggetto l'accertamento 
di ogni altro diritto << non esclusivamente patrimoniale � inerente al rapporto 
di lavoro. 

(Omissis). -... il giudice a qua ... pone in rilievo che per gli addetti 
ai pubblici servizi di trasporto in concessione -a differenza di quanto 
avviene per la generalit� degli altri lavoratori subordinati nel settore 
del diritto privato (cui � applicabile la pi� favorevole disciplina derivante 
dall'art. 2103 c.c., cos� come modificato dall'art. 13 legge 20 maggio 
1970, n. 300) -il diritto ad acquisire la qualifica corrispondente alle mansioni 
effettivamente esercitate � condizionato all'adempimento di precise 
formalit� e sottoposto a rigidi termini di decadenza. E prospetta il dubbio 
che tale disparit� di trattamento sia priva di ragionevole fondamento 
e sia conseguentemente lesiva del principio di uguaglianza. 

Va osservato su tale punto che esistono indubbiamente delle diffe


renze tra il rapporto di lavoro ordinario di diritto privato e quello dei 

dipendenti da imprese esercenti pubblici servizi di trasporto in conces


sione, la cui regolamentazione deve tener conto delle finalit� di pubblico 

interesse, inerenti alla natura del servizio che riguarda la generalit� dei 

consocjati. 

Ma c'�. da chiedersi se esse possano giustificare una cos� grave di


scriminazione in danno di tale categoria di lavoratori. 

E la risposta al quesito deve essere negativa. 

Orbene, con la norma denunziata si � voluto dare ad imprese di 

pubblico interesse (quali sono, indubbiamente, quelle esercenti servizi 

di trasporto in concessione) la possibilit� di esaminare preventivamente 

le doglianze dei dipendenti al fine di accertarne l'eventuale fondatezza, 

evitando -cos� lunghe e dispendiose procedure giudiziarie le quali potreb


bero anche compromettere la funzionalit�. del servizio (sentenza n. 57 

del 1972). 

Ma � agevole �osservare che il soddisfacimento di questa esigenza, 

certamente meritevole di tutela, non richiede una cos� sensibile. compres


sione dei diritti del lavoratore. A tal fine �, infatti, sufficiente prevedere 

che il previo esperimento del ricorso costituisca una condizione di pro


cedibilit�, la quale non implica decadenza dal diritto, la cui carenza po


tr� essere rilevata in base alle regole del rito speciale del lavoro. 

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Va, d'altra parte, considerato che i procedimenti preliminari mirano 
a realizzare la giustizia nell'ambito dell'amministrazione ma non ~i.

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 609 

possono risolversi in attentati al diritto di proporre l'azione in giudizio. 

La soluzione adottata � pienamente rispondente alle linee di tendenza 
della disciplina dei rapporti tra ricorsi amministrativi <e rimedi giurisdizionali 
(v. artt. 443 c.p.c. e 148 disp. att. come costituiti con legge 
11 agosto 1973, n. 533) e non trova ostacolo nella natura non <<esclusiv~
mente patrimoniale � del diritto (a conseguire la qualifica) che in questo 
caso viene in considerazione. Da tale carattere, infatti, non pu� certo 
farsi discendere tin minor rilievo dei diritti del lavoratore, che pur coinvolgono 
interessi egualmente meritevoli di adeguata tutela. 

Tale decisione non contrasta con altre pronunce di questa Corte: 
non con la recente sentenza n. 41 del 1979 (la quale ha ritenuto legittima 
la decorrenza della prescrizione durante il rapporto di lavoro, relativamente 
a pretese non aventi. carattere immediatamente retributivo, in 
qu�nto non pu� ovviamente estendersi alla decadenza la disciplina giuridica 
della prescrizione. N� � ravvisabile contrasto con la sent. 174 del 
1972 (la quale; in analoga situazione, si � limitata a ritenere illegittima 
la decorrenza del termine di decadenza in costanza di rapporto di lavoro 
non assistito da garanzia di stabilit�) in quanto in quell'occasione fu sottoposta 
all'esame della Corte solo la questione concernente la decorrenza 
del termine di decadenza durante il rapporto di lavoro e non 
pure il pi� ampio quesito concernente la legittimit� della stessa previsione 
della decadenza. -(Omissis). 

CORTE. COSTITUZIONALE, 26 luglio 1979, n. 95 � Pres. Amadei -Rel. 
Rossano -Curzi ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Azzariti). 

Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Pronuncia di riabilitazione 
speciale -Competenza nel caso di minorenne trasferitosi all'estero. 


(Cost., art. 3; r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404,.art. 24). 

Contrasta con l'art. 3 Cast., l'art. 24, comma secondo, del r.d.l. �20 luglio 
1934, n. 1404 (istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni), 
convertito nella legge 27 maggio 1935, n. 835, e modificato con 

r.d.l. 15 novembre 1938, n. 1802, nella parte in cui non prevede -nel 
caso di minore residente all'estero -la competenza del tribunale per i 
minorenni del luogo in cui il minore ha avuto la sua ultima dimora abituale 
prima di trasferirsi all'estero (1). 
(l) La Corte ha fornito 1n sostanza solo una interpretazione della disposizione 
sub judice; peraltro, come � ovvio, diversa � la efficacia della sentem:.a 
costituzionale. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

610 

(Omissis). -Nel caso in esame di trasferimento <fel giovane all'estero, 
la mancanza di specifica indicazione del tribunale per i minorenni 
competente comporta. l'impossibilit�, per quel giovane, di promuovere la 
procedura di riabilitazione speciale o di iniziare questa procedura di 

ufficio. Sussiste una disparit� di trattamento tra giovane residente all'estero 
e giovane residente in Italia, disparit� che non trova giustificazione, 
perch� entrambi i giovani si trovano nella stessa situazione giuridica 
soggettiva e non pu� assumere rilievo la semplice circostanza di 
fatto del trasferimento di uno di essi all'estero. 

Da questa rilevata disparit� di trattamento, peraltro, non deriva� necessariamente 
l'affermaz!one della competenza sussidiaria del tribunale 
per i minorenni che ha pronunciato il provvedimento cui si riferisce 
la richiesta riabilitazione speciale, come propone il tribunale per i minorel).
ni di Ancona nell'ordinanza di rimessione. 

Proprio per le ragioni giustificatriCi della speciale competenza del 
tribunale per i minorenni, sopra specificate, deve ritenersi competente 
il tribunale per i minorenni del luogo dell'ultima dimora abituale del 
giovane in lt�lia. Tale tribunale, come del resto � posto in risalto nelle 
ordinanze di rinvio, pu� raccogliere e valutare le informazioni, i pareri, 
gli atti e i precedepti necessari per il giudizio di ravvedimel).to anche 
fuori del luogo di residenza ed all'estero tramite l'autorit� consolare 
italiana. -(Omissis). 

CORTE. COSTITUZIONALE, l" agosto 1979, n. 101 -Pres. Amadei -Rel. 
La Pergola -Ente nazionale cellulosa e carta (avv..Micheli e Sorrentino) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa). 

Corte costituzionale. -Disposizione di decreto. ministeriale << confermat� � 
da disposizione di legge -Non sindaca~ile ad opera della Corte costituzionale. 


La Corte Costituzionale non pu� _sindacare la legittimit� costituzionale 
di una disposizione di decreto ministeriale � confermata >> da una disposizione 
di legge, a meno che_ questa ultima non abbia inteso confe" 
rire alla prima il valore proprio delle regole poste da atto avente forz� 
di legge. 

(Omissis). -La questione � inammissibile. Le disposizioni confliggenti 
con l'art. 24 della Costituzione sarebbero, secondo l'ordinanza di 
rinvio, l'art. 16 del d.m. del luglio 1940 e l'art. 23 del d.P.R. 23 settembre 
1973, n. 602. Senonch�, la prima delle eitate disposizioni non �. impugnabile 
avanti a questa Corte. Essa � infatti contenuta in un decreto 
ministeriale, che � atto amministrativo, sia pure a carattere generale, 
laddove -a norma degli artt. 134 Cost.; l legge costituzionale 9 febbraio 
1948, n. l; 23 legge 11 marzo 1953, n. 87 -possono formare oggetto 


PARTE I, SEZ. l, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

del giudizio di legittimit� costituzionale soltanto le disposizioni di legge, 
o di atti aventi forza di legge. il giudice a quo assume che la citata 
disposizione del d.m. sia stata successivamente <<confermata� dalla' legge 
28 febbraio 1956, n. 168 <<Provvidenze per la stampa>>, la quale al settimo 
comma del suo articolo unico testualmente dispone: <<Nei confronti 
dei contribuenti che non abbiano versato i contributi, o li abbiano versati 
in misura inferiore, l'Ente (l'E.N.C.C.) provveder� alla riscossione 
dei contributi stessi con i mezzi indicat� nell'art. 16 del d_.m. 3 luglio 
1940 >>. L'assunto del pretore di Abbiategrasso � tuttavia contraddetto 
dal palese intento della legge Il� 168 del 1956. Quest'ultima, occorre precisare, 
rego!a il contributo dovuto all'Ente nazionale per la cellulosa e 
per la carta dalle aziende del settore, sottoponendolo al regime da essa 
stessa dettato sotto alcuni profili -quali, ad esempio, la misura del contributo, 
o del diritto di rivalsa esercitato dalle cartiere nazionaLi, dai loro 
consorzi o dai loro importatori -e sotto altro riguardo rinviando alle 
disposizioni contenute nei decreti ministeriali: ma ci� proprio al fine 
di consentire che gli organi .del potere esecutivo dispongano della materia 
non disciplinata direttamente dalla legge. Ne segue che, col fare 
espresso richiamo di quella specifica disposizione del decreto ministeriale, 
la quale sarebbe viziata da illegittimit� costituzionale, la legge 
non ha inteso conferirle il valore proprio delle regole poste nella forma 
dell'atto legislativo, o degli altri atti aventi forza di legge: al contrario, 
essa ha evidentemente presupposto che il d.m. 3 luglio 1940 ha natura 
di atto amministrativo ed opera in conseguenza in altra sfera da quella 
riservata alla legge medesima. Il che spiega perch� le modalit� di applicazione 
e riscossione del contributo anzidetto siano state anche iri prosieguo 
disciplinate, non con il mezzo tecnico della legge formale, ma sempre 
con quello dd decreto ministeriale: precisamente, con il d.m. 26 giugno 
1976 -<< Regolamento per le riscossioni e l'applicazione del contributo 
dovuto all'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta >> -il 
cui art. 18, peraltro, puntualmente riproduce il disposto dell'art. 16 del 

d.m. 3 luglio 1940, oggetto del presente giudizio. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, l" agosto 1979, n. 102 -Pres. Amadei -Rel. 
Volterra -Ruberti e altri (avv. Amorth) � Provincia di Trento (avv. 
Lor�nzoni). 

Commercio -Regioni a statuto speciale � Treniino �Alto Adige -Potest� 
legislativa concorrente � Princip} stabiliti da .legge dello Stato. 
(Statuto Trentino . Alto Adige, artt. 5 e 9; legge Trento 7 ottobre 1974, n. 27, art. 2). 

La disposizione di cui all'art. l, .lettera c, della legge statale 28 luglio 
1971, n. 558, mentre alle regioni a statuto ordinario non attribuisce alcuna 


612 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

potest� legislativa o regolamentare e neppure riconosce alcun margine di 
discrezionalit� amministrativa, non pone un prinCipio limitativo della 
potest� legislativa concorrente delle regioni a statuto speciale (1). 

(Omissis). --,... Le ordinanze di remissione denunziano l'art. 2, secondo 
comma,� della legge della provincia di Trento 7 ottobre 1974, n. 27, assumendo 
che esso violi gli artt. 5 e 9, n. 3, dello statuto Trentino-Alto 
Adige, i quali nell'attribuire alla provincia potest� legislativa in materia 
di commercio, limitano tale potest� al rispetto dei prinicpi stabiliti nelle 
leggi dello Stato. 

Ora, poich� il legislatore provinciale ha disposto la chiusura in:frasettimanale 
.obbligatoria per due mezze giornate o per una giornata intera 
c;legli esercizi di vendita al dettaglio situati nel territorio Trentino, 
sarebbe stato leso, secondo i giudici a quibus, il principio contenuto 
nell'art. l, lett. c, della legge dello Stato 28 luglio 1971, n. 558, per cui 
la chiusura infrasettimanale � invece limitata ad una mezza giornata. 
Ne risulterebbe ancora la violazione dell'art. 41 della Cos~ituzione per il 
contrasto con i fini sociali di tutela del lavoro e del ~ortsumatore, contemperati 
dalla legge dello Stato attraverso il principio citato della 
chiusura per� mezza giornata. 

La. questione r�on � fondata. 

La legge 28 luglio 1971, n. 558, nel delegare alle regioni a statuto ordinario 
attribuzioni amministrative in ordine alla determinazione dell'orario 
di apertura e di chiusura dei negozi; non contiene, all'art. l, lett. c, 
il supposto principio, limitativo della potest� legislativa concorrente delle 
regioni a statuto speciale, della chiusura infrasettimanale obbligatoria 
per mezza giornata. 

Si tratta infatti di un criterio di delegazione amministrativa che si 
traduce per le regioni a statuto ordinario in una prescrizione cos� puntuale 
da non far residuare alcuna potest� n� legislativa, n� regolamentare 
e neppure alcun margine di discrezionalit� nello svolgimento dell'attivit� 
amministrativa. E tale essendo la natura del criterio esso non pu� 
essere inteso come principio limitativo dell'attivit� di enti che la Costituzione 
e gli Statuti vogliono invece provvisti di potest� legislativa concorrente. 
Tanto pi� che l'art. 12 della legge n. 558 fa espressamente salve 
le competenze in materia di commercio attribuite alle regioni a statuto 
speciale dai rispettivi statuti. 

(i) In tema di orario dei negozi, cfr. Corte Cost., 4 maggio 1972, n. 76, e 
14 marzo 1975, n. 59. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Come questa Corte ha affermato, sin dalla sentenza n. 49 del 1958 (e 
ribadito nelle sentenze nn. 41/1966; 88/1973; 36/1977) i �principi stabiliti 
dalle leggi dello Stato � non sono ovviamente tutte le regole della legge 
statale, ma da tali regole va desunta la ratio ispiratrice da cui la regione 
o la provincia non debbono discontrarsi nel soddisfare le condizioni 
particolari e gli interessi propri al loro territorio. 

Nella specie � evidente la ratio della legge, la quale intende assicurare, 
con riguardo alla regola della concorrenza ed agli interessi dei 
consumatori, un periodo di riposo nei giorni non festivi agli addetti al 
ecommercio i cui diritti sono tutelati da apposite norme (e tra l'altro 
dal criterio di cui alla lett. b, che limita a 44 ore settimanali �l'apertura 
dei negozi). 

Il principio che va quindi ricavato ,dal pi� volte citato art. l lett. c, 
� quello della chiusura infrasettimanale obbligatoria per gli esercizi di 
vendita, restando di competenza della regione o della provincia determinare 
il tempo di questa chiusura, nel rispetto delle norme costituzionali 
e degli altri principi fissati nelle leggi dello Stato. 

Ora la provincia di Trento, nella sua discrezionalit�, ha ritenuto che, 
per il proprio territorio, l'equilibrio tra le esigenze degli addetti al commercio 
e quelle dei consumatori si raggiunga attraverso la chiusura infrasettimanale 
di due mezze giornate o di una giornata intera, con valutazione 
immune da irragionevolezza. Siffatta valutazione sfugge pertanto 
al sindacato di questa Corte, risultando in tal modo non fondata anche 
la questione proposta con riferimento all'art. 41. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 agosto 1979, n. 116 -Pres. Amadei -Rel. 
De Stefano -Chierichini. 

Procedimento .penale -Responsabilit� civile -Atti preliminari nei procedimenti 
con istruZione sommaria -Citazione del responsabile civile -
Inamnlissibilit� � Illegittimit� costituzionale. . 
(Cost., artt. 3 e 24; legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24). 

Contrasta con l'art. 24 Cast., l'art. 108, primo comma, del codice di 
procedura penale, nella parte in cui non consente, durante la fase degli 
atti preliminari al giudizio nei procedimenti che siano stati condotti con 
l'istruzione sommaria, la citazione del responsabile civile, nei cui confronti 
si richieda l'assegnazione di una somma a titolo di provvisionale 
ai sensi dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (assicurazione 


614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
obbligatoria della responsabilit� civile derivante dalla circolazione dei veicoli 
a motore e dei natanti) (1). 
(2) La sentenza (pubblicata in Foro it., 1979, l, 2521) si colloca nella linea 
indicata dalla sentenza Corte cost., 22 gennaio 1976, n. 14, nella quale era stato 
osservato che l'impossibilit� per il danneggiato di chiedere la provvisionale 
contro l'assicuratore durante il corso deLl'istruzione sommaria, oltre a concretare 
una di,sparit� di trattamento dspetto aLl'ipotesi in cui si proceda con 
istruzione formale (durante la quale� la predetta richiesta �, invece, ammissibile), 
si risolve in una violazione� dell'art. 24 de1la Costituz�one, rimanendo, 
durante il corso dell'istruzione sommaria, privo di tutela il diritto del danneggiato 
ad ottenere la. pronuncia di cui �all'art. 24 della citata legge del 1%9. 
CORTE COSTITUZIONALE,.10 ottobre 1979, n. 
Elia -Branca. 
117 -Pres. Amadei -Rei. 
.Procedimento penale � Testimoni -Giuramento -Assunzione di responsa. 
bilit� dinanzi a Dio -Obbligo per i non credenti � Illegittimit� costi� 
tuzionale. -
(Cost., art. 19;� c.p.c., art. 251;. c.p.p., artt. 142, 316, 329 e 449). 
La libert� di coscienza, riferita �alla professione sia di fede religiosa 
sia di opinione in materia religiosa, � violata non solo quando venga imposto 
un atto di culto, ma anche quando sia i11'!posto il compimento di 
un atto con significato religioso. Sono pertanto incostifuzionali gli arti. 
coli 251 c.p.c. e 316, 329 e 449 c.p,p. nella parte in cui, dopo le parole �il 
giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa ... � e 
dopo le parole � consapevole della responsabilit� che con il giuramento 
assumete davanti a Dio ... � non � contenuto l'inciso � se credente �, nonch� 
l'art. 142 c.p.p. nella parte in cui, dopo le parole �del vincolo religioso 
che con esso contrae dinanzi a Dio ... >> non � contenuto l'inciso � se 
credente� (1). 
(l) La sentenza � pubblicata in Foro it., 1979, I, 2517. La Corte ha, con 
encomiabile rispetto per la libert� e dignit� della persoria, superato l'orientamento 
espresso; in relazione all'art. 21 Cost., . nella sentenza Corte cost., 
13 .Juglio� 1960, n. 58; cfr. anche le sentenze Corte cost., 29 marzo �1961, n. 15, e 
8 giugno 1963, n. 85. In ordine alla libert� di ateismo, cfr. FrNOCCHIARO, in Commentario 
della costituzione, diretto da BRANCA, 1977, sub art. 19, 258. 
La Corte ha precisato che � rimangono al di fuori del presente giudizio 
sia la formula del giuramento decisorio (ex art. 238, c.p;c.), evidentemente non 
ricollegabile al rifiuto di uffici legalmente dovuti, n� le formule dei giura-� 
menti che, non costituendo atti da qualificare obbligatori, rappresentano piuttosto 
condiciones juris per l'assunzione di pubblici uffici �. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 ottobre 1979, n. 120 -Pres. Amadei -RelElia 
-Regione Lazio (avv. Lagonegro e Cervati) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Azzariti). 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Circolare 
ministeriale non chiara ed univoca -Inammissibilit�. 

� inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto avverso 
una circolare non contenente una chiara ed univoca manifestazione 
di volont� dell'autorit� emanante. 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 ottobre 1979, n. 121 -Pres. Amadei -Rel. 
Elia -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzariti) e regione 
Campania (avv. D'Onofrio). 

Regione -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Commissariato 
per la liquidazione degli usi civici . Funzioni amministrative e funzioni 
giurisdizionali � Potere di nominare il preposto alle funzioni 
amministrative � Spetta alla regione. 

Premesso che non � dato rinvenire disposizioni che impongano, sia 
pure in via transitoria, una unione reale nella titolarit� dell'ufficio di 
commissario (funzioni giurisdizionali ed amministrative residue), rima-� 
sto allo Stato, ed in quella dell'ufficio amministrativo passato con le relative 
funzioni alla Regione, spetta alla regione Campania il potere di 
conferire �'incarico di dirigere l'ufficio amministrativo del commissariato 
per la liquidazione degli usi civici al coordinatore del servizio agricoltura, 
caccia e pesca. 

III 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 ottobre 197~, n. 123 (ord.) -Pres. Amadei -
Rel. Paladin -Ministro per la marina mercantile, Presidente consiglio 
de>i Ministri e Pretore di Genova. 

Corte costituzionale � Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato Legittimazione 
attiva -Per il potere esecutivo spetta al Presidente 
del Consiglio dei Ministri -Delega a ministro � Possibilit� � Previa 
conforme deliberazione del Consiglio dei ministri � Necessit� -Termine 
per ricorrere � Insussistenza. 

Legittimato a proporre un ricorso per conflitto di attribuzione tra 
poteri dello Stato �, per il potere esecutivo, il Governo della Repubblica 


616 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale pu� all'uopo 
delegare un ministro; il ricorso, per la cui proposizione non � previsto 
alcun termine, deve per� essere preceduto da una previa conforme deliberazione 
del Consiglio dei ministri. 


l 

(Omissis). -Con ricorso del 6 febbraio 1979 notificato il 9 dello 

stesso mese il Presidente del Consiglio dei ministri sollevava conflitto 
di attribuzione nei confronti della regione Campania in seguito a deli.
bera n. 13531 del 13 ottobre 1978 con cui la giunta di questa regione con-� 
feriva al coordinatore del servizio agricoltura, caccia e pesca l'incarico 
di dirigere l'ufficio amministrativo del commissariato per la liquidazione 


degli usi civici. 

Riteneva il .Presidente del Consiglio che, stanti i poteri amministra


tivi riservati con specifica disposizione alla competenza dello Stato dallo 

stesso d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (in materia, ad es., di legittimazione) 

e tenuto conto del collegamento insoindibile, in alcuni casi, tra }Jotere 

giurisdizionale ed amministrativo, ben evidenziato da circolare del mini


stro dell'Agricoltura e Foreste in data 27 giugno 1978, all'esame peraltro 

della Corte perch� impugnata dalla regione Lazio, non poteva essere pri


vato l'ufficio statale di tutto l'apparato organizzativo di cui � dotato. 

Tale apparato sarebbe necessario anche per l'espletamento delle fun


2lioni giurisdizionali sicuramente riservate al commissario quale organo 

dello Stato. -(Omissis). 

II 

(Omissis).-Comunque, nel merito il ricorso non � fondato. In realt� 
la regione Campania non poteva sottrarre allo Stato quanto lo Stato 
stesso le aveva gi� trasferito. In altri termini, la regione non ha fatto 
altro che dare diretta ed immediata attuazione a norme statali che, � 
esse s�, operavano una separazione nel blocco di � funzioni amministrative 
e giudiziarie� che la legge n. 1766 del 1927 aveva attribuito ai commissari. 
Allo scopo di operare la scissione di cui si � detto, nel rispetto 
dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, trasferendo in atto alle 
regioni funzioni e ufficio amministrativo del Commissariato, � del tutto 
superflua una legge regionale dal momento che a ci� hanno provveduto 
i commi quinto e ses!o dell'art. 66 e la ta~lla A) del d.P.R. n. 616 del 
1977: nonch�, per la messa a disposiZJione del personale degli uffici trasferiti 
alla regione, l'art. 112 del citato decreto. Mentre l'art. 123, primo 
comma, dello stesso testo stabilisce che il personale posto a disposizione 
delle regioni trover� sistemazione definitiva nei ruoli regionali sulla base 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 617 

di leggi della regione, il quarto comma di questo articolo prescrive che 
il personale posto a disposizione della regione << � utilizzato in via provvisoria 
secondo le determinazioni di questa presso gli uffici regionali � 
(essendo ovvio che le determinazioni consistono in provvedimenti di natura 
amministrativa), disposizione cui corrisponde, del resto, l'art. 20 
della legge regione Campania 14 maggio 1975, n. 29. Che poi esistesse 
la �disponibilit�� da parte della regione del personale dell'ufficio amministrativo 
del commissariato trasferito ex lege � comprovato dal decreto 
del ministro per l'Agricoltura e Foreste in data 30 dicembre 1977, 
con il quale veniva posto a disposizione della regione Campania il personale 
addetto alle funzioni dell'ufficio amministrativo. 

� quindi evidente che il trasferimento dell'ufficio amministrativo e 
la messa a disposizione del personale implicavano anche il potere qella 
regione di nominare un dirigente dell'uffiicio stesso. N� � dato rinvenire 
fonti normative, che impongano, sia pure in via transitoria, una unione 
reale nella titolarit� dell'ufficio di commissario (funZJioni giurisdizionali 
ed ammnistrative residue), rimasto allo Stato, ed in quella dell'ufficio 
amministrativo passato con le relative funzioni alla regione. Una fattispecie 
di codipendenza funzionale necessaria in questo campo avrebbe 
dovuto essere prevista, seppure per un periodo transitorio, nel d.P.R. 

n. 616 del 1977 o in altro atto legislativo� dello Stato, mentre � ininfluente 
che essa sia affermata nella circolare 27 giugno 1978, n. 18042 del Ministero 
per l'Agricoltura e le Foreste, circolare richiamata dall'Avvocatura 
dello Stato. N�, infine, � necessario insistere sulla inesistenza di un obbligo 
(od anche di un onere) a carico delle regioni, di apprestare, per 
l'esercizio di competenze statali residue, strumenti organizzativi in sostituzione 
di quelli ad essa trasferiti dallo Stato. -(Omissis). 
III 

(Omissis). -�Ritenuto che il ministro per la marina mercantile, in 
proprio nonch� per delega del Presidente del Consiglio dei ministri, mediante 
ricorso depositato il 13 aprile 1977, ha sollevato conflitto di attribuzione 
nei confronti del pretore di Genova, avverso l'ordinanza 25 fieb-., 
braio 1977, con la quale il pretore ha vietato la pesca e la commercializzazione 
del novellame di qualunque specie marina su tutto il territorio 
nazionale, a partire dalle ore 24 del 26 febbraio, ed ha disposto il sequestro 
del �prodotto eventualmente rinvenuto sul mercato�: assumendo 
che concorrerebbero in tal caso tutti i requisiti necessari affinch� 
insorga un conflitto fra poteri dello Stato, sia perch� il ministro ricorrente 
-da solo o per delega del Presidente del Consiglio dei ministri disporrebbe 
della competenza a dichiarare definitivamente la volont� 
del potere esecutivo, sia perch� sarebbe indiscutibile la legittimazione 


618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

passiva di un giudice quale il pretore �i Genova, sia perch� il pretore 
avrebbe in sostanza annullato il decreto ministeriale 18 gennaio 1977 (con 
il quale il ministro per la Marina mercantile auto11izzava la pesca del novellame 
di sarda in alcuni compartimenti marittimi, quanto al periodo 
lo febbraio-31 marzo 1977), in violazione delle norme costituzionali che 
conferirebbero ai giudici ordinari la sola �affermazione dell'ordinamento 
nel caso concreto, cio� nei confronti di uno o pi� soggetti determinati
�; (Omissis). 

Considerato che la Corte � stata convocata, a norma dell'art. 37 
della legge n. 87 del 1953, per decidere in camera di consiglio se il ricorso 
sia ammissibile: vale a dire, se il conflitto sorga � tra organi 
competenti a dicliiarare definitivamente la volont� dei poteri cui appartengono 
e per la delimitazione della sfera di attribuzion~ determinata per 
i vari poteri da norme costituzionali �; rimanendo impregiudic�ta, ove la 
pronuncia sia di ammissibilit�, la facolt� delle parti di proporre, nel 
corso ulteriore del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni 
(secondo l'ordinanza n. 49 del 1977); 

che nel caso in esame �esiste la materia di un conflitto�, dal momento 
che il ricorrente invoca gli artt. 101, 102 e 113 della Costituzione, 
affinch� questa Corte dichiari che non spetta al potere giudiziario, bens� 
all'esecutivo, l'emanazione di atti che astrattamente autorizzino o vietino 
la pesca di determinate specie; 

che sul piano dei requisiti di ordine soggettivo la Corte ha riconosciuto 
pi� volte (ord. nn. 228 e 229 del 1975; sent. n. 231 del 1975; ord. 

n. 49 del 1977; ord. n. 87 del 1978) che �i singoli organi giurisdizionaN, 
esplicando le loro funzioni in situaZJione di piena indipendenza, costituzionalmente 
garantita, sono da considerarsi legittimati... ad essere parti 
in conflitti di attribuzione�; 
che infine, per quanto riguarda la legittimazione attiva a sollevare 
il presente conflitto, essa non spettf1 al ministro per la Marina mercantile: 
sia perch� quello esecutivo non� � un potere � diffuso�, ma si risolve 
a questi effetti nell'intero Governo, in nome dell'unit� di indicizzo politico 
ed amministrativo proclamata dall'art. 95, primo comma, Cast., 
che altrimenti rischierebbe di venire compromessa; sia perch� -di norma 
-non assumono rulievo costituzionale, nei rapporti con gli organi 
giurisdizionali e con la magistratura in genere, le specifiche funzioni 
amministrative dei singoli ministri, bens� le attribuzioni dell'esecutivo 
complessivamente inteso; che legittimato � invece il Presidente del Consiglio 
ded ministri, come questa Corte ha gi� dichiarato nella citata ordinanza 
n. 49 del 1977; che il ricorso in esame pu� essere per altro imputato 
al Presidente, dal momento che il ministro per la Marina mercantile 
lo ha proposto anche in virt� di una delega presidenziale; che, dove 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 619 

non si tratti di att1.1ibuzioni proprie del solo Presidente, il ricorso di questi 
deve per� essere fondato sopra una previa conforme deliberazione 
del Consiglio dei ministri, secondo le regole che la Corte ha fissato in 
tema di impugnazioni dirette nonch� di rinvio delle leggi regionali, ai 
sensi dell'art. 127 Cost. (e con la sola eccezione espressamente stabilita 
dall'art. 39, terzo comma, della legge n. 87 del 1953, quanto ai conflitti 
di attribuzione fra Stato e regioni); 

considerato che tale deliberazione � mancata nel caso !in esame, stando 
almeno al tenore testuale dell'atto lintroduttivo del presente giudizio; 
che, tuttavia, la proposizione dei ricorsi e i conseguenti giudizi per conflitto 
di attribuzione tra poteri dello Stato non sono sottoposti ad alcun 
termine, fino a quando la Corte non abbia dichiarato l'ammissibilit� dei 
ricorsi medesimi; che il vizio pu� essere dunque sanato, in applicazione 
dell'art. 17 cpv. del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (regolamento di procedura 
dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), richiamato 
dall'art. 22, primo �comma, della legge n. 87 del 1953: purch� la notificazione 
del ricorso del Presidente del Consiglio dci ministri al pretore 
di Genova, nel termine fissato dalla presente ordinanza, sia preceduta da 
una conforme deHberazione del Consiglio stesso. -(Omissis). 

COHTE COSTITUZIONALE, 10 ottobre 1979, n. 125 -Pres. Amadei -Rel. 
Malagugini -Vulicevic (u.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Difesa dell'imputato -Difesa tecnico-legale -Irrinunciabilit�. 


(Cost., artt. 2 e 24;. c.p.p., artt. 125 e 128). 

L'imputato non pu� rinunciare ai diritti inviolabili di difesa di cui 
� titolare, n� pu� disporre delle garanzie costituzionali (1). 

(Omissis). -Si deve affermare che speculare alla inviolabilit� del 
dintt~ di difesa, � la irrinunciabilit� di esso, quali che ne siano le concrete 
modalit� di esercizlio. Il diritto di difesa, infatti, nel processo penale, 
� preordinato a tutelare beni e valori fondamentali dell'uomo, dei 
quali in quel procedimento si discute e decide, nonch�' a maggiormente 
garantire, anche nell'interesse dell'imputato, l'osservanza di princ�pi dell'ordinamento 
costituzionale, che attengono specificamente alla disciplina 
del processo penale medesimo. 

(l) La sentenza � pubblicata integralmente in Foro it., 1979, I, 2513, con 
indicazioni di dottrina. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

620 

L'imputato non pu� rinunziare ai diritti inviolabili dei quali � titolare, 
n� pu� disporre delle garanzie che gli derivano dalle norme costituzionali 
suaccennate (artt. 25, 26, 27, 101, 102, 103 ultimo comma, 109, 
111, 112). 

Egli pu�, certamente, astenersi dal compiere� concrete e contingenti 
attivit� difensive intese a far valere quei dirit~i, senza che, peraltro, da 
questo suo atteggiamento possa dedursi una rinunzia ad essi, alla possibilit� 
cio� di farli valere in un momento successivo del procedimento o, 
comunque, anche dopo la conclusione di esso, nei modi e salve le preclusioni 
che fossero stabilite dalla legge processuale in termini costituzionalmente 
corretti. 

Per fare gli esempi pi� elementari, non potrebbe certo negarsi all'imputato 
che abbia rifiutato di difendersi, personalmente e a mezzo 
del suo difensore, il diritto di impugnare la sentenza di condanna emessa 
nel giudizio di primo grado, ovvero di ricorrere per cassazione contro una 
sentenza ritenuta da lui ingiusta emessa a definizione del giudizio di 
appello. 

Ad uguale conclusione si dovrebbe pac~ficamente pervenire in punto 
di ammissibilit� della domanda di revisione di una sentenza di condanna 
divenuta irrevocabile avanzata dal condannato che avesse rifiutato di 
difendersi e di essere difeso in quel giudi:z:io. 

Si deve dunque concludere che il diritto di difesa nel giudizio penale 
-per restare al thema decidendum -� non soltanto inviolabile, 
ma � altres� irrinunciabile, con la conseguenza che il rifiuto di compiere 

o di consentire al compimento di determinate attivit� difensive non pu� 
costituire di per s� preclusione assoluta allo svolgimento di altre ulteriori. 
Se cos� �, la obbligatoria presenza al dibattimento del difensore, 
perch� presti la propria assistenza all'imputato, prevista a pena di n�llit� 
dall'art. 125 c.p.p., non contrasta certamente con l'art. 24, secondo 
comma, Cost. 

Dal disposto della legge processuate penale, qui considerato, non discende 
infatti quell'obbligatorio esperimento di concrete attivit� difensive 
cui i giudici a quibus fanno generico riferimento per dedurne la 
esistenza di una contraddizione in termini rispetto al rifiuto di difendersi 
manifestato dall'imputato. 

Infatti, come gi� si � osservato, la difesa dell'imputato nel giudizio 
pu� essere esercitata attraverso l'attivit� dell'imputato stesso e/o del 
suo difensore. 

II codice di rito non disciplina rigidamente il rapporto tra questi 
due soggetti, e l'ampiezza del disposto dell'art. 443 c.p.p. non consente 
di individuare Hmitazione alcuna in ordine agli argomenti sui quali l'imputato 
ha facolt� di fare dichiarazioni, dopo aver conferito, se Io ritiene, 
con il proprio difensore. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

l 

Del pari, il diritto dell'imputato e del suo difensore, ad avere per 
ultimi la parola, sottolinea ulteriormente la concorrenza dei loro apporti 
difensivJ nella fase del giudizio. 

Vero � che la prassi giudiziaria questi ruoli ha indubbiamente distinto, 
nel senso di affidare il peso prevalente della difesa al difensore 
tecnico, ma questa s!ituazJone di fatto non vale a modificare un impianto 
nor�nativo improntato al massimo di elasticit� che consente radicali 
spostamenti nell'equilibrio delle attivit� difensive consentite all'imputato 
e al suo difensore. 

Tanto basta ai fini della presente decisione, una volta accertato che 
il difensore deve presenziare il dibattimento per ivi << assistere � l'imputato 
e cio� per garantire la possibilit� di un contraddittorio effettivo (e 
perci� equiLibrato) alla cui realizzazione, per il pi� sicuro adempimento 
delle funzioni giurisdizionali, � preordinata tutta una serie di disposizioni 
processuali (artt. 76, 441, 428, 438, 441, 442, 443, 447, 468 c.p.p.). 

La nomina del difensore di ufficio, disciplinata dall'articolo 128 c.p.p., 
conferisce concretezza all'obbligo della assistenza difensiva di cui all'articolo 
125 c.p.p. e consente inoltre, o dovrebbe normalmente consentire, 
nei casi di assenza dell'imputato, uno �svolgimento non monolog!ico del 
giudizio stesso. 

Nelle fattispecie, quali quelle prospettate dai giudici a quibus, di assenza 
volontaria dal dibattimento dell'imputato, motivata dal suo rifiuto 
di difendersi e di essere difeso, la presenza obbl!igatoria del difensore di 
ufficio, nei limiti desumibili dai soli artt. 125 e 128 c.p.p., assicura la 
regolarit� del dibattimento stesso e la possibilit� del concreto ed efficace 
esperimento attivo dell'irrinunciabile diritto di difesa, contemperando 
cos� l'esercizio di tale diritto e quello della funzione giurisdizionale, 
in modo da evitare che le facolt� connesse al primo possano essere 
usate in modo perverso per intralciare e paralizzare il secondo. 

Ai fini della dedsione �, dunque, sufiiidente ribadire che le norme 
denunziate, nelle quali non� si esprime una scelta legisLativa costituzionalmente 
obbligatoria, sono meramente strumentali a modi di esercizio 
del diritto di difesa, nel giudizio penale, immuni da censure sul piano 
costituzionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 novembre 1979, n. 132 -Pres. Amadei -
Rel. De Stefano -S.p.A. FATA (avv. Pasanisi) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Azzariti). 

Responsabilit� civile -Circolazione dei veicoli -Assicurazione obbligatoria 
-Esclusione per le macchine agricole � Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3 e 24; legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 5). 

L'art. 5 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, nella parte in �ui esclude 
le macchine agricole dall'obbligo dell'assicurazione della responsabilit� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

622 

civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore non contrasta con 
gli artt. 3 e 24 Cast. (1). 

(Omissis). -Si afferma, nell'ordinanza emessa dal pretore di Francavilla 
Fontana, che la denunciata norma violerebbe il principio di eguaglianza 
per ingiustificata disparit� di trattamento, non vedendosi motivo 
perch� l'assicurazione, obbligatoria per tutti i veicoli che circolano su 
pubbliche strade, non lo debba essere anche per le macchine agricole che 
pure circolano sulle stesse. Ed una evidente dispai1it� di trattamento di 

\ 
situazioni sostanzialmente identiche prospetta, del pari, l'ordinanza del 
tribunale di Paola, ritenendo priva di giustificato e razionale motivo la 
esclusione delle macchine agricole dall'obbligo di assicurazione. Invero, 
secondo il giudice a qua, se l'obbligo assicurativo discende dalla <~ potenzialit� 
al danneggiamento� insita nei veicoli a motore circolanti su 
aree pubbliche, le macchine agricole, per la loro potenza, mole, peso, 
difficolt� di manovra e di controllo, intrinseca capacit� di velocit�, si 
appalesano, allorch� circolino su pubbliche vie, tra veicoli di potenziale 
maggior pericolo. 

Ritiene la Corte che le cennate considerazioni non valgano, a suffragare 
l'aiSserita lesione del principio di eguaglianza. Dai lavori parlamentari 
relativi alla legge n. 990 del 1969 chiaramente emerge che la 
esclusione delle macchine agricole dall'obbligo assicurativo non fu immotivata, 
ma fu, al contrario, oggetto di attenta valutazione, venendone 
in quella sede discussi i pro ed i contra. -(Omissis). 

Il diffuso richiamo ai lavori parlamentari comprova dunque che alla 
esclusione delle macchine agricole dall'obbligo assicurativo si pervenne 
non arbitrariamente n� apoditticamente, ma sulla base delle ricordate 
valutazioni di una pluralit� di profili che concorrevano a configurare la 
loro diversa, peculiare posizione rispetto agli altri veicoli, assoggettati 
invece all'obbligo. Valutazioni che, non apparendo alla Corte palesemente 
irrazionali, precludono l'indagine sul loro merito, rientrando certamente 
nella sfera della responsabile discrezionalit� del legislatore. 

N� pu� ritenersi in contrasto con siffatte valutazioni il proponimento 
dallo stesso legislatore espresso, contemporaneamente all'approvazione 
della denunciata norma eccettuativa, di pervenire in prosieguo di 
tempo, sulla base di studi ed accertamenti ai quali impegnavasi il Governo, 
aUa estensione con apposita legge dell'assicurazione obbligatoria 
alle macchine agricole: dovendosi in ci� ravvisare una conferma di quel 
criterio di gradualit� nella introduzione del nuovo regime di assicura


(l) Merita segnalazione la rilevanza data ai lavori parlamentari per escludere 
la �irrazionalit�� di un diverso trattamento. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 623 

zione, cui hanno gi� fatto riferimento le sentenze di questa Corte n. 55 
del 1975 e n. 264 del 1976 a proposito dell'odginaria esclusione dei terzi 
trasportati dall'obbligo di assicurazione, ad es,si suocessivamente esteso 
con d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39. 

Non sussiste dunque, alla stregua deHe considerazioni che precedono, 
queHa identit� di situazioni diversamente disciplinate, nella quale 
si concreterebbe, secondo i�giudici a quibus, la denunciata violazione dell'art. 
3 della Costituzione. -(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 27 settembre 
1979, nella causa 230/78-Pres. Kutscher-Avv. Gen. Wamer-Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo 
regionale del Lazio nel ricorso Eridania S.p.A. ed altro (avv. A. Sorrentino, 
M. De Andr�, F. So�nrentim.o) c. Ministeri agricoltura e industria 
e contrro Zuccherifici meridionali S.p.A. (avv. G. Guarino) -
Interv.: Governo italiano (ag. Maresca, avv. Stato Braguglia), Consiglio 
Comunit� europee (ag. V.ignes) e Commissione 'Comunit� 
europee (ag. Maestripieri). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati Zucchero 
� Quote di ,produzione -. Italia -Potere di modifica -Validit�. 


(regolamento del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3331, art. 2, n. 2). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati Zucchero 
-Quote di produzione -Italia -Potere di modifica -Progetti 
di ristrutturazione del settore. 
(regolamento del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3331, art. 2, n. 2; d.m. 7 dicembre 1977, 

in G. U. n. 341 del 15 dicembre 1977). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati . 
Zucchero � Quote di produzione -Italia -Potere di modifica -Limiti. 
(regolamento del Consiglio 19 dicembri! 1974, n. 3331, art. 2, n. 2; d.m. 7 dicembre 1977, 

in G. U. n. 341 del 15 dicembre 1977). 

Comunit� europee � Regolamenti � Applicabilit� diretta � Disposizioni nazionali 
di attuazione. 
(trattato� C.E.E., art. 189). 

L'esame delle questioni sottoposte a questa Corte non ha messo 
hz luce alcun elemento atto ad inficiare la� validit� del regolamento 

11. 3331/74, e pi� particolarmente dell'art. 2, 11. 2, dello stesso (1). 
(l) Sulla natura regolamentare dell'art. 2, n. 2 (concernente l'Italia) e n. 3 
(aggiunto dal regolamento del Consiglio 13 febbraio 1978, n. 298, concernente 
i dipartimenti francesi d'oltre mare) del regolamento n. 3331/74, cfr. sentenza 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 625 

La nozione di progetto di ristrutturazione ai sensi dell'art. 2, n. 2, 
del regolamento n. 3331/74 si definisce in base sia ai suoi scopi, che 
consistono nell'eliminare lo squilibrio fra varie regioni agricole e nell'adeguare 
il settore dello zucchero e della barbabietola in Italia alle 
esigenze dell'organizzazione comune dei mercati, sia ai suoi effetti, consistenti 
nel consentire alle autorit� competenti di procedere alla ridistribuzione 
delle quote di base tra pi� imprese. 

Il potere di modificare le quote di base, contemplato nell'art. 2, 

n. 2, del regolamento n. 3331/74, trova i suoi limiti" non solo nelle esigenze 
dei progetti di ristrutturazione, ma anche nelle finalit� dell'organizzazione 
comune dei mercati nel settore dello zucchero, e specialmente 
nello scopo di tutelare gli interessi dei produttori di barbabietole e di 
canna da zucchero, nonch� nei principi generali del diritto comunitario 
(2). 
Non vi � incompatibilit� tra l'applicabillt� diretta di un regolamento 
comunitario e l'esercizio del potere, attribuito ad uno Stato membro, 
di adottare provvedimenti d'attuazione in base a tale regolamento. 

(Omissis). -l. -Con ordinanza 3 luglio 1978, pervenuta in cancelleria 
il 16 ottobre 1978, il Tribun�le amministrativo regionale del Lazio 
ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, 
talune questioni conceJ:lnenti la validit� e l'interpretazione del regolamento 
del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3331, relativo all'assegnazione e alla 
modifica delle quote di base nel settore dello zucchero (G.U. n. L. 359, 
pag. 18). 

2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di un ricorso 
proposto dalla societ� Eridania Zuccherifici Nazionali per rannulla18 
gennaio 1979 in cause riunite 103 e 109/78, S.T� USINES DE BEAUPORT ED ALTRI 

c. CONSIGLIO, Racc. 1979, 17. 
La validit� del citato art. 2, n. 2, � stata esaminata -da parte della 
Corte -anche in riferimento alla pretesa violazione del diritto fondamentale 
alla libera iniiiativa economica. La Corte ha esattamente escluso .che sia ipotizzabile 
un diritto fondamentale delle imprese di produrre la quantit� di 
zucchero corrispondente alla quota originariamente assegnata. Ed invero tale 
preteso diritto fondamentale, da un lato certamente non rientra tra quelli 
riconosciuti .e �garantiti dalle Costituzioni dei singoli Stati membri; dall'altro 
esso si risolve in una protezione, in un vantaggio che nulla ha a che vedere 
con il diritto alla libera iniziativa economica. 

Sulla tutela dei diritti fondamentali da parte della Corte di giustizia e 
sui limiti di tale tutela, cfr., tra le altre, sentenza 14 maggio 1974 in causa 4/73, 
Now, Racc., 1974, 491. 

(2) Su altri aspetti del sistema delle quote nell'organizzazione .comune dei 
mercati deUo zucchero, cfr. sentem:.a 16 gennaio 1979 hi causa 151/78, SuKKERFABRIKEN 
NYKOBING, Racc., 1979, l. 
I. M. B. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

626 

mento di un decreto emanato dal Ministro italiano dell'agricoltura e 
delle foreste di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio 
e dell'artigianato e relativo alla modifica delle quote di base nel settore 
dello zucchero a norma dell'art. 2, n. 2, del menzionato regolamento 

n. 3331/74. 
3. -Secondo l'Eridania, H suddetto decreto � illegittimo per vari 
motivi fra cui quello dell'illegittimit� dell'art. 2, n. 2, del regolamento 
n. 3331/74, che costituisce la base giuridica del decreto, e quello dell'erronea 
applicazione della stessa disposizione da parte dei Ministri 
italiani. 
4. -H Tribunale amministrativo, ai fini della soluzione dei problemi 
di diritto comunitario dinanzi ad esso sollevati, ha sottoposto a questa 
Corte sette questioni. Quattro di esse concemono la va'lidit� del regolamento 
n. 3331/74, e in particolare dell'art. 2, n. 2, di questo, mentre 
le altre riguardano l'interpretazione di tale disposizione. 
Quanto alla validit�. 
Sulla prima questione (.consultazione del Parlamento Europeo). 

5. -Con la prima questione, il Tribunale proponente chiede se nel 
procedimneto seguito per l'adozione dell'art. 2, n. 2, del regolamento 
n. 3331/74 sia stata Hlegittimamente omessa la previa consultazione dell'Assemblea, 
prescritta daU'art. 43, n. 2, del Trattato. 
6. -L'attribuzione alle imprese delle quote di base per le stagioni 
saccarifere 1975/1976-1979/1980 � disciplinata dall'art. 24 del regolamento 
del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, relativo all'organizzazione comune 
dei mercati nel settore dello zucchero (G.U. n. L. 359, pag. 1). A norma 
di tale articolo, gli Stati membri procedono a . detta attribuzione nell'ambito 
di una << quantit� di base �, fissata per ciascuno Stato, e secondo 
determ1nati criteri, fondati in particolare sulla �produzione di riferimento 
>> delle imprese, cio� suHa produzione annua media durante le 
stagioni saccarifere 1968/1969-1972/1973, 'cui viene arpplicato un determinato 
coefficiente. Sono tuttavia contemplate talune ipotesi nelle quali 
vanno applicati altri criteri. L'art. 24 dispone inoltre, al n. 3, che � il 
Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, 
stabilisce le norme generali per l'applicazione del presente articolo 
e le eventuali deroghe alle sue disposizioni�. Va rilevato che 
l'Assemblea si � pronunziata suHa proposta relativa a tali disposizioni 
nel corso del procedimento di elaborazione del :regolamento di base 
n. 3330/74. 
7. -Il regolamento n. 3331/74 � stato emanato in forza dell'art. 24, 
n. 3, del regolamento di base e secondo il rprocedimento ivi contem

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 627 

plato; tale procedimento � diverso da quello prescritto dall'art. 43 del 
Trattato. Tuttavia, come questa Corte ha gi� affermato nella .sentenza 

1.7 dicembre 1970 (causa 25/70, KosTER, Racc., pag. 1161), non si pu� 
pretendere che tutti i particolari dei regolamenti relativi alla politica 
agricola comune vengano fissati dal Consiglio mediante il procedimento 
di cui all'art. 43. Questo articolo si deve. ritenere osservato quando [ 
punti essenziali dell'emananda disciplina siano stati stabiliti in modo 
�onforme al procedimento da esso �COntemplato. Le disposizioni d'attuazione 
dei �regolamenti di base possono invece essere adottate dal Consiglio 
secondo un procedimento diverso da quello di cui all'art. 43. 
8. -Di conseguenza, il Consiglio poteva validamente adottare un 
regolamento di attuazione mediante il procedimento contemplato dall'art. 
24, n. 3, del regolamento n. 3330/74, che costituisce il regolamento 
di base nel settore dello zucchero. Tale conclusione non � infirmata dal 
sempl1ce fatto che .l'art. 24, n. 3, autorizza il Consiglio non solo ad 
adottare provvedimenti di attuazione, ma anche a stabilire �deroghe>> 
alle disposizioni del regolamento di base. Si deve infatti �ritenere che 
tale termine, nel contesto in cui figura, si riferisce necessariamente a 
deroghe che si inseriscono nel sistema generale dell'attribuzione delle 
quote contemplato dal regolamento di base e non incidono sugli elementi 
essenziali di tale disciplina. 
9. -La prima questione del giudice nazionale consiste pertanto nello 
stabilire se nella fattispecie le disposizioni del regolamento n. 3331, e 
in particolare l'art. 2, n. 2, adottate .in base al predetto art. 24, n. 3, 
non esulino da1l'ambito dell'attuazione dei principi stabiliti dal regolamento 
di base. 
10. -I dubbi espressi m proposito dal Tribunale Amministrativo 
sono originati in particolare dalle deroghe stabilite all'art. 2 del regolamento, 
n. 3331/74. A norma del n. l di tale articolo, gli Stati membri 
possono ridurre, nella misura massima del 5 %, le quote di base fissate 
conformemente all'art. 24 del regolamento n. 3330/74. In base al n. 2, 
la Repubblica itaHana pu� �modificare� le ,stes�se quote �tenendo conto 
di progetti di ristrutturazione del settore bieticolo e del settore saccarifero, 
nella misura necessaria a consentire la loro realizzazione�. 
11. -Sebbene il potere della Repubblica italiana di modificare dette 
quote in forza dell'art. 2, n. 2, non sia assoggettato a limiti quantitativi 
precisi; il suo esercizio � per� subordinato all'esistenza di progetti di 
ristrutturazione -i quali, come precisa l'ultima frase della disposizione, 
devono essere sottoposti al parere della Commissione entro il lo luglio 
1978 -e non pu� andare aldil� di quanto � necessario alla realizza

628 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di tali progetti. L'ese!'cizio di tale potere � pertanto soggetto a 
limiti ben determinati. 

12. -A questo proposito, � opportuno osservare che il conferimento 
del potere di cui trattasi trae origine da �n'esigenza menzionata gi� 
nel regolamento di base. Questo autorizza la Repubblica italiana a concedere, 
in via temporanea, aiuti di adattamento ai produttori di barbabietole 
e di zucchero, e dichiara, nel preambolo, che tale regime eccezionale 
viene ammesso in considerazione deila situazione particolare 
esistente in Italia, dove la produzione dei suddetti prodotti si trova 
svantaggiata per ragioni climatiche e, pi� particolarmente per quanto 
concerne la bieticultura, per .le difficolt� inerenti all'applicazione dei 
moderni metodi di produzione. 
13. -Il potere conferito dall'art. 2, n. 2, del regolamento n. 3331/74 
si colloca quindi nell'ambito di un obiettivo contemplato dal regolamento 
di base: esso trova i propri limiti ne1le esigenze che tale obiettivo comporta, 
quali saranno prospettate dalla Repubblica italiana nei progetti 
di ristrutturazione sottoposti alla Commissione. Cos� stando Ie cose, il 
potere di cui trattasi non esorbita. dall'ambito dell'attuazione dei principi 
stabiliti dal regolamento di base. 
Sulla seconda questione (mancanza di motivazione). 

14. -Con la seconda questione, H Tribunale amministrativo chiede a 
questa Corte se il Consiglio, nell'emanare il regolamento n. 3331/74, 
abbia -osservato l'obbligo della motivazione sancito dall'art. 190 del 
Trattato e, in particolare, se la motivazione di tale atto sia sufficiente. 
15. -Nei preambolo del regolamento n. 3331/74 il Consiglio si � Jimitato 
a menzionare la facolt�, concessa alla Rep~bblica italiana, di modificare 
le quote di base nell'ambito di progetti di ristrutturazione, �tenuto 
conto della sua situazione particolare in tale settore �. In cosa consista 
la peculiarit� di tale situazione non � precisato nella motivazione dello 
stesso regolamento, ma in quella sopra citata -del regolamento di 
base. 
16. -Considerato lo stretto legame esistente fra il regolamento di 
base ed. il regolamento emanato per la 'sua attuazione, siffatto modo 
di motivare le particolari modalit� valide per l'organizzazione comune 
dei mercati nel settore dello zucchero in Italia dev'essere ammesso. Tale 
motivazione indica in maniera sufficientemente precisa alle autorit� 
competenti ed alle imprese interessate ,le ragioni che hanno indotto il 
Consiglio a stabilire dette modalit� e gli scopi da perseguire con i progetti 
di ristrutturazione. 
Sulla terza questione (discriminazione). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 629 

17. -La terza questione trae origine dalla constatazione che solo i 
produttori italiani sono esposti -oltre che alla riduzione del 5 % delle 
quote di base, contemplata nei riguardi delle imprese di tutti gli Stati 
membri -al rischio di un'ulteriore limitazione della loro attivit� in 
conseguenza dell'applicazione dell'art. 2, n. 2, del regolamento n. 3331/74. 
I.1 Tribunale amministrativo chiede se il fatto di esporre la sola industria 
italiana al rischio di tale limitazione non violi il divieto di discriminazione 
tra produttori della Comunit�, sancito dall'art. 40, n. 3, del 
Trattato. 
18. -Una discriminazione ai sensi dell'art. 40 del Trattato non pu� 
verificarsi quando Ia disparit� di trattamento delle .imprese corrisponda 
alla diversit� delle situazioni in cui queste si trovano. Ora, � assodato 
che in Italia la situazione dei settori bieticolo e saccarifero � notevolmente 
diversa da quella esistente negli .altri Stati membri. La particolare 
situazione esistente in Italia, di cui si fa menzione nel-preambolo dei 
regolamenti nn. 3330/74 e 3331/74, ha dato luogo a provvedimenti speciali 
miranti a migliorare la struttura dell'economia dei �settori bieticolo 
e saccarifero, nel loro .insieme, in Italia. Rispetto alle imprese degli 
altri Stati membri, quelle italiane fruiscono, sotto certi aspetti, di un 
regime favorevole, ad esempio per quanto concerne il regime degli 
aiuti; sotto altri aspetti, talune di esse subiscono gli svantaggi della 
peculiare situazione esistente in Italia, come accade per quanto riguarda 
la riduzione delle quote di base di alcune imprese, cui fa riscontro 
l'aumento di tali quote per altre imprese in base ai progetti di ristrutturazione. 
19. -Siffatte disparit� di trattamento sono pertanto giustificate dalle 
differenze obiettive derivanti dalle diverse situazioni economiche e non 
possono essere considerate discriminazioni. 
Sulla quarta questione (diritti fondamentali). 

20. -La quarta questione � fondata sul presupposto che lo svolgimento 
dell'attivit� economica debba essere garantito perch� rientra nel 
novero dei diritti fondamentali alla cui tutela si ispira anche il diritto 
comunitario. Questa garanzia si estenderebbe anche al diritto delle 
imprese di produrre i quatitativi di zucchero corrispondenti alle loro 
quote di base, poich� esso sarebbe inerente all'esercizio dell'attivit� 
economica. In base a tali considerazioni, il Tribunale Amministrativo 
solleva ii problema del se il potere di modificare le quote di base cos� 
contemplato dall'art. 2, n. 2, del regolamento n. 3331/74 comprometta 
l'esplicazione dell'attivit� economica delle imprese interessate e quindi 
leda un loro diritto fondamentale. 

630 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

21. -Per risolvere tale questione occorre tener conto della natura 
delle quote di base istituite dalla normativa -comunitaria. Le quote 
designano i quantitativi di zucchero per i quali le imprese fruiscono 
delle garanzie di prezzo e di smercio attribuite ai produttori nell'ambito 
dell'organizzazione comune di mercato. Esse non Hmitano l'attivit� economica 
delle imprese !interessate, ma fissano i quantitativi di produzione 
il -cui smercio fruisce del regime particolare che l'organizzazione 
comune dei mercati nel settore dello zuochero ha creato per proteggere 
e favorire la produzione di zucchero nella Comunit�. Tale organizzazione 
comune � sostanzialmente variabile in funzione dei fattori economici 
che influis-cono sull'andamento dei mercati, nonch� dell'orientamento 
generale della politica agricola comune. 
22. -Ne deriva -che un'impresa non pu� pretendere di avere un 
diritto quesito alla conservazione di una vantaggio ad essa risultante 
dall'istituzione dell'organizzazione -comune dei mercati e del quale ha 
fruito in un determinato momento. Pertanto, la riduzione di un vantaggio 
siffatto non pu� essere -considerata lesione di un diritto fondamentale. 
23. -Per quanto concerne Ie prime quattro questioni, si deve quindi 
condudere che .il loro esame non ha messo in luce alcun elemento atto 
ad inficiare la validit� del regolamento n. 3331/74, e pi� particolarmente 
dell'art. 2, n. 2, dello stesso. 
Quanto all'interpretazione. 
Sulla quinta questione (progetti di ristrutturazione). 

24. -Con la .quinta questione, H Tribunale amministrativo chiede se 
il regolamento n. 3331/74, o in generale il diritto comunitario, contengano 
criteri particolari in base ai quali debba valutarsi la nozione di 
� progetti di ristrutturazione �. 
25. -Va innanzitutto osservato che i progetti di ristrutturazione 
fanno parte dell'organizzazione comune del mercato dello zucchero e si 
inquadrano quindi nel complesso della politica agricola -comune, i cui 
scopi sono enundati all'art. 39, n. l, del Trattato. Il n. 2� dello stesso 
articolo pre-cisa che, nell'.elaborazione della politica agricola comune e 
dei provvedimenti speciali ch'essa implica, si dovr� tener conto della 
natura particolare dell'attivit� agricola, che deriva dalla struttura sociale 
dell'agricoltura e dalle di:sparit� strutturali e naturali fra le diverse 
regioni agricole, nonch� della necessit� di operare gradualmente gli 
opportuni adattamenti. DaHa prassi seguita dalle istituzioni comunitarie, 
per quanto concerne, ad esempio, l'applicazione degli artt. 92 e 93 del 
Trattato, risulta che i progetti di ristrutturazione costituiscono un metodo 
abituale ed adeguato per la realizzazione di siffatti adattamenti graduali. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 631 

Data la notoria esistenza di notevoli disparit� fra le varie regioni agricole 
in Italia, � alla luce di tali considerazioni che �va esaminata la nozione 
di �progetti di ristrutturazione � figurante nel regolamento n. 3331/74. 

26. -Inoltre, dal complesso delle disposizioni dei regolamenti numeri 
3330174 e 3331/74 concernenti il sistema delle quote risulta :innanzitutto, 
che i progetti di ristrutturazione hanno lo scopo di adeguare il 
settore dello zucchero e della barbabietola in Italia alle esigenze dell'organizzazione 
comune dei mercati ,in modo da non rendere pi� necessari, 
in fut�ro, provvedimenti speciali per tale settore in Italia. Dalle 
stesse disposizioni risulta poi che i progetti di ristrutturazione devono 
essere tali da consentire alle competenti autorit� italiane, nonch� alla 
Commissione, di giudiCare quali modifiche delle quote di base degli 
zuccherifici siano necessarie in vista di detto scopo. 
27. -L'insieme di tali dati consente di constatare che la nozione 
di � progetti di ristrutturazione � si pu� applicare sia ad un piano 
d'adeguamento �globale concernente il settore saccarifero nel suo complesso 
sia ad �n piano d'adattamento a livello puramente regionale, 
anche se questo, in vista del graduale adattarnento della produzione 
bieticola in una determinata regione, interessi .inizialmente una sola 
impresa saccarifera. 
28. -La quinta questione va pertanto risolta nel senso che la nozione 
di progetto di ristrutturazione ai sensi dell'art. 2, n. 2, del regolamento 
n. 3331/74 si definisce in base sia ai .suoi scopi, che consistono 
nell'eliminare Io squilibrio fra var.ie regioni agricole e nell'adeguare il 
settore deHo zuccher� e della b�rbabietola in Italia alle esigenze dell'organizzazione 
comune dei mercati, sia ai suoi effetti, �msfstenti nel 
consentire alle autorit� competenti di procedere alla ridistribuzione dei.le 
quote di base tra pi� imprese. 
Sulla sesta questione (potere discrezionale). 

29.-Con la sesta questione, ii Tribunale amministrativo chiede se i 
limiti del potere di modificare le quote di base delle imprese siano 
soltanto quelli scatq.renti dalla necessit� di attuare i progetti di ristrutturazione 
oppure �se ne esistano altri. 

30. � In proposito, occorre innan:z;itutto considerare che il regime 
delle quote costituisce parte integrante dell'organizzazione comune dei 
mercati nel settore dello zucchero la quale, �Com'� dichiarato nel rego-. 
lamento di base, mira ad assicurare ai produttori comunitari di barbabietole 
e di canna da zucchero il mantenimento delle garanzie necessarie 
per quanto concerne l'occupazione e il tenore di vita. Varie disposizioni 
del regolamento n. 3331/74, come l'art. 3 e l'art. 4, n. 2, sono del 

632 

RA&SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pari ispirate alla volont� di tutelare gli interessi dei suddetti produttori. 
Nel preambolo di questo regolamento si 'sottolinea la necessit� d'impedire 
che le modifiche delle quote di base siano fatte a detrimento di 
tali interessi. 

31. -Il rispetto dei principi generali del diritto comunitario, che si 
impone a qualsiasi autorit� che debba applicare regolamenti comunitari, 
implica che le autorit� competenti a modifkare 'le quote di base sono 
obbligate a conciliare la tutela degli interessi dei produttori di barbabietole 
e di canna da zuchero ,con aUr.i interessi legittimi che potrebbero 
venir lesi. Infatti, Iart. 39 del T~rattato, 'che fissa gli scopi della politica 
agricola comune, esprime la volont� non solo di garantire un equo 
tenore di vita agli agricoltori, ma anche di incrementare la produttivit� 
dell'agricoltura, di stabilizzare i mercati, di garanti;re la sicurezza d�gli 
approvvigionamenti e .di assicurare prezzi ragionevoli al consumo. 
32. -La sesta questione si deve pertanto risolvere nel senso che il 
potere di modificare le quote di base, ccmtemplato dall'art. 2, n. 2, del 
regolamento n. 3331/74, trova i suoi limiti non solo nelle esigenze. 
dei progetti di ~ris1Jrutturazione, ma anche nelle finalit� dell'organizzazione 
comune dei mercati nel settore dello zucchero, e specialmente 
nello scopo di tutelare gli interessi dei produttori di barbabietole e di 
canna da zucchero, nonch� dei principi generali del diritto comunitario. 
Sull'a settima questione (applicabilit� diretta). 

33. -'Con la settima questione, i1l giudice nazionale solleva il problema 
del se la ~diretta applicabilit� del regolamento n. 3331/74 nell'ordinamento 
giuddico italiano, in forza dell'art. 189 del Trattato, sia compatibHe 
wn disposizioni emanate dalle autorit� italiane per disdplinare 
l'attuazione del regolamento stesso. 
34. -L'applicabilit� diretta di un regolamento non osta a che lo 
stesso regolamento conferisce ad una istituzione comunitaria o ad uno 
Stato membro il potere di emanare provvedimenti di attuazione. Nel 
secondo . caso le modalit� dell'esercizio di tale potere sono disciplinate 
dal diritto pubblico dello Stato membro interessato. Tuttavia, l'applicabilit� 
diretta dell'atto che autorizza Io Stato membro ad adottare i 
provvedimenti nazionali di cui trattasi avr� l'effetto di consentire al 
giudice nazionale di controllare la conformit� di tali provvedimenti al 
contenuto del regolamento comunitario~ 
35. -La sett<ima questione va pertanto risoltl:l nel senso che non vi 
� incompatibilit� tra l'applicabilit� diretta di un regolamento comunitario 
e l'esercizio del potere, attribuito ad uno Stato membro, di adottare 
provvedimenti d'attuazione in base a tale regolamento. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 633 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 25 ottobre 1979, 
nella causa 159/78 -Pres. Kutscher-Avv. Gen. Warner-Commissione 
delle comunit� europee (ag. Prozzillo) c. Repubblica italiana (ag. Maresca, 
avv. Stato Marzano). 

Comunit� europee -Libera circolazione delle merci -Sistema normativo 

italiano della dichiarazione in dogana -Spedizionieri doganali -Mi


sura di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione 

o all'esportazione -Insussistenza. 
(trattato C.E.E., artt. 30, 34; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 40, 43, 44, 47, 56, 57). 

Comunit� europee -Libert� di stabilimento � Spedizionieri doganali Cittadinanza 
-Condizione di reciprocit� � Contrasto. 

(trattato C.E.E., art. 52; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 48; legge 22 dicembre 1960, 

n. 1612). 
Il sistema normativa italiano della dichiarazione in dogana -consentendo 
al proprietario della merce, che non effettui personalmente la 
dichiarazione, di ricorrere ad uno spedizioniere professionista o ad uno 
spedizioniere dipendente, ma anche di conferire a qualsiasi persona, e 
quindi, fra l'altro, al trasportatore e al depositario della merce, l'incarico 
di provvedere a tale dichiarazione, purch� detta persona presenti la 
merce in dogana o la detenga al momento. della sua entrata o della sua 
uscita dal territorio doganale e risponda in proprio della dichiarazione 
doganale -offre al proprietario stesso una scelta effettiva e ragionevole 
che gli permette di evitare, se lo ritenga conveniente, la necessit� di ricorrere 
ad uno spedizioniere professionista: la normativa, pertanto, non 
costituisce un ostacolo p�r gli scambi intracomunitari, quale misura d� 
effetto equivalente ad una restrizione quantitatiya alle importazioni o alle 
esport�.zioni, in contrasto con gli artt. 30 e 34 del trattato C.E.E. (1). 

!,/art. 48, lett. a, del testo unico doganale italiano -secondo cui il 
rilascio della patente di spedizioniere doganale � subordinato, fra l'altro, 
alla condizione che il richiedente sia cittadino italiano o cittadino 
di uno Stato estero che riservi un identico trattamento ai cittadini italiani 
-� incompatibile con l'art. 52 del trattato C.E.E. -relativo alla 
libert� di stabilimento -, nella parte in cui non stabilisce alcuna deroga, 
per quanto riguarda la condizione di reciprocit�, a favore dei cittadini 
degli altri Stati membri (2). 

(1-2) In tema di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative 
all'importazione o all'esportazione, cfr. la giurisprudenza della Corte richiamata 
ed esaminata in FIUMARA, Corte di Giustizia delle Comunit� europee e 
libera circolazione delle merci, iin questa Rassegna, 1978, II, 6, nonch� le pi� 
recenti sentenze della Corte 30 novembre 1977, nella causa 52/77, IR.IVOIRA, Racc., 
2261; 16 novembre 1977, nella causa 13/77, SOC.G.B. lN,No-B.M., Racc., 2115; 



634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -l. -Con .ricorso 17 -luglio 1978 la Commissione ha adito 
questa Corte, in forza dell'art. 169 del Trattato C.E.E., per far dichiarare 
che la Repubblica italiana, 

�-non consentendo che il proprietario della merce possa essere rappresentato 
in dogana da quaJl.siasi persona a cui egli abbia dato procura 
affinch� agisca in suo nome e per �suo conto, ma solo da uno spedizioniere 
:doganale; 

-regolamentando i requisiti per ottenere� il rilascio della patente di 
spediZJioniere doganale �in modo discriminatorio sulla base della nazionalit�
�, 
� venuta meno agli obblighi incombentile in .forza degli artt. 30, 34 e 52 
del Trattato C.E.E. 

2. -Sia dalla lettera inviata H 16 dicembre 1976 dalla Commissione 
al Governo italiano, sia dal parere motivato emesso il 25 gennai�o 1978, 
risulta che le censure formulate dalla Commissione riguardano gli articoli 
40, 43, 44, 47 e 48, lett. a, del testo unico delle disposizioni leg�~slative 
in materia doganale (in prosieguo �'testo unico>>), approvato con d.P.R. 
23 gennaio 1973, n. 43 (suppl�mento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della 
Repubblica italiana n. 80 del 28 marzo 1973). 
Secondo la Commissione, gli artt. 40, 43, 44 e 47 dei testo unico, 
riguardanti la rappresentanza ai fini della dichiarazione in dogana, impedirebbero 
al proprietario delle merci importate o esportate di scegliere 

24 gennaio 1978, nella causa 82/77, VAN TIGGELE, Racc., 25; U ottobre 1978, nella 
causa 13/78, EGGERS, Racc., 1935; 29 novembre 1978, nella causa 87/78, REDMOND, 
Racc., 2347; 20 febbraio 1979, neHa causa 120/78, REWE-ZENTRAL, Racc., 649; 13 marzo 
�1979, nella causa 119/78, DISTILLERIES PEUREux,� 16 maggio 1979, nelJa causa 
2/78, COMMISSIONE c. BELGIO; 26 giugno 1979, nella causa 177/78, Mc CARREN; 
12 luglio 1979, nella causa 153/78, COMMISSIONE c. GERMANIA; 18 ottobre 1979, 
nella causa 5/79, DENKAVIT. 

Nel caso esaminato nella sentenza annotata la Corte ha risolto il problema 
centrale della controversia (prima massima) nel senso proposto dal Governo 
italiano (le cui difese scritte, per l'interesse delle questioni trattate, si riport!
ino appresso, limitatamente ai punti �essenziali). La Corte ha accolto, invece, 
il ricorso della Commissione sulla questione di cui alla seconda massima, ma 
si trattava di un problema di r~lievo del tutto marginale: in effetti il Governo 
italiano aveva gi� avvertito, neLle difese scritte, che la condizi�me di reciprocit� 
prevista dall'art. 48, 1ett. a), del t.u. doganale �andava riferita solo ai cittadini 
dei Paesi ter:t.i e ~on certo a quelli degli altri Stati membri, e che si era in 
attesa di una chiarificazione legislativa interna, peraltro neanche indispensabiJe, 
perch� si doveva gi� ritenere prevalente, sulla norma generale interna, la 
norma speciale comunitaria (direttamente aJI�!P�licabi1e) sulla libert� di stabilimento, 
� a meno di non voler ipotizzare un corrispondente obbligo di tutti 
gli Stati membri di rivedere e rettificare, nonostante appunto �la diretta 
�efficacia ed applicabilit� della normativa� comunitaria sulla libera prestazione 
dei servizi, tutte le numerosissime disposizioni nazionali nelle quali si �ont�mpli 
11 requisito della cittadinanza, quando invece � pacifico che l'assimi




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 635 

liberamente un rappresentante che effettui le operazioni doganali in suo 

nome e per suo conto e l'obbligherebbero a chiedere l'intervento di uno 

spedi:zJioniere doganale, con conseguenti spese che renderebbero pi� 

costose le importazioni e le esportazioni, di guisa cl}.e tali norme costi


tuirebbero direttamente o indirettamente, di fatto o in potenza, un os.ta


colo per gH scambi intracomunitari e, pertanto, una misura d'effetto 

equivalente ad una .restrizione quantitativa, in contrasto con gli artt. 30 

e 34 del Trattato C.E.E. 

Quanto all'art. 48, lett. a, del testo unico, secondo cui il rilascio 

delia patente di spedizioniere doganale � subordinato, fra l'altro, alla 

condizion~ che il richiedente sia cittadino italiano o .cittadino di uno Sta-� 

to estero che riservi un identico trattamento ai cittadini italiani, la 

Commissione sostiene che tale norma, in quanto si applichi a cittadini 

d~gli altri Stati membri, � incompatibile con l'art. 52 del Trattato, �re


lativo alla libert� di stabilimento. 

3: -Secondo il Governo della Repubblica itaHana, le suddette censure 
derivano da. una comprensione inesatta, da parte della Commissione, dei 
testi di cui trattasi, quali sono interpretati ed applicati dalle autorit� italiane. 
La Commissione avrebbe omesso, in particolare, di valutare nel 
suo complesso il sistema italiano della dichiarazione in dogana e la 
sua critica non terrebbe conto di altre disposizioni, come fra l'altro gli 
artt. 56 e 57 del testo unico, che completano le disposizioni contestate 
e che con queste formano un tutto unico. Da un esame sistematico 
della normativa in questione risulta che le censure dirette ~ontro il sistema 
italiano della dichiarazione in dogana sono infondate. 
!azione d�i cittadini comunitari a quelli nazionali � gi� in argomento imposta� 

dal diritto comunitario�. 

La Corte ha peraltro ritenuto di confermare la soluzione di principio gi� 
in analoga occasione adottata con la sentenza 4 �prile 1974, resa nella causa 
167/73, COMMISSIONE c. REPUBBLICA FRANCESE (Racc., 359, e in questa Rassegna, 
1974, I, 856). Tale solm.ione � ispirata, evidentemente, alla opportunit� di evi, 
tare che la formula letterale di di�sposizioni di. diritto interno possa determi.
nare dubbi sulla loro portata, ma :resta suscettibile dei rilievi di principio 
gi� segnalati a commento� deila precedente analoga decisione (in questa Rassegna, 
loc. cit., in .nota), e riproposti nell'ultima parte del controricorso di 

seguito trascritto. 

(O.F.) 

Spedizionieri doganali e diritto comunitario. 

(Omissis). -3. -Ad avviso della Commissione C.E.E. la normativa italiana 
obbligherebbe il proprietario delle merci a farsi rappresentare in dogana da 
uno spedizioniere doganale, ostacolerebbe gli scambio intracomunitari (per 
l'aggravio di spese conseguente all'intervento dello spedizioniere doganale), e 




636 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A) Illustrazione del sistema italiano della dichiarazione in dogana. 

4. -Tenuto conto dei suddetti argomenti, � opportuno procedere, prima 
di statuire sulle �censure formulate dalla Commissione, ad un'analisi 
della normativa vigente in Italia nel settore cons1derato. 
S. -Le d1sposizioni da prendere in esame fanno parte del Titolo II 
del' testo unico, titolo costituito da tre capi: il primo riguarda << l'obbligazione 
tributaria dogana1� �; il secondo, di cui fanno parte le disposizioni 
in questione, � la rappresentanza dei proprietari delle merci � ai 
fini dell'adempimento degli obblighi doganali, mentre H terzo � intitolato 
�procedura di accertamento� e compr.ende, fra l'altro, gli artt. 56 
e 57. La disposizione di base � l'art. 56, primo comma, secOIIldo cui �ogni 
operazione doganale deve essere preceduta da una dichiarazione da farsi 
dal proprietario della me:rce, nelle forme indicate nell'art. 57 �. Le altre 
disposizioni contestate riguardano ,la questione del soggetto che pu� ef~ 
fettuare tale dichiarazione, quando ad essa non provveda personalmente 
il proprietario. In proposito, vanno prese ill1 considerazione due categorie 
di norme: da una parte, gli artt. 40, 43, 44 e 47 del testo unico e, dall'altra, 
l'art. 56, secondo comma, dello stesso. 
costituirebbe quindi una misura di .effetto equivalente ad una restdzione quantitativa, 
vietata dagli artt. 30 e 34 del Trattato C.E.E. 

Tale assunto viene dedotto ricordandosi alla Corte � che in sette Stati 
membri� non esistono restrizioni alla rappresentanza in dogana e che l'ottavo 
Stato si accinge a modificare in taJ senso la propria normativa �. 

4. � Salvo quanto. di seguito osservato sulla inesattezza di tale assunto, va 
peraltro contestata, anzitutto, la possibilit� stessa di discutere di misure di 
effetto equivaiente a .restrizioni quantitative relativamente aHe operazioni doganali 
ed alle forme �e modaLit� per taJi operazioni richieste. 
Gi� in via di principio, invero, la no:done stessa di restrizione quantitativa 
e di misura di effetto equivalente, rilevante quando' si tratti di verificare la 
ricorrenza di trattamenti discrimim.atori o differenziati tra merci nazionali e 
merci importate o esportate, deve ritenersi del tutto estranea al tema dei 
controlli e deLle operazioni doganali, che sono necessariamente riferiti alle 
sole merci importate o esportate, e che si dovrebbero altrimenti considerare 
essi stessi vietati dagli artt. 30 e 34 del trattato C.E.E. 

La validit� di tale preliminare ed assorbente considerazione � del resto 
confermata dalla stessa direttiva della Commissione 22 dicembre 1969, n. 50/70, 
adottata a norma dell'art. 33, n. 7, del trattato C.E.E. (e diretta quindi proprio 
all'abolizione delle restrizioni quantitative), e nella quale risulta espressamente 
riconosciuto �che le formalit� al cui espletamento � subordinata l'importazione, 
non comportano, di regola, effetti equivalenti a quelli delle restrizioni quan-. 
titative e che, pertanto, non formano oggetto della presente direttiva>> (terzo 
considerando; v. pure art. 2, lettera r, relativa ai controlli � diversi da quelli 
inerenti alle procedure di sdoganamento �), 

E-pure sintomatico, in argomento, che 1a Commissione C.E.E., affermando 
che la esigenza di regoLamentare la rappresentanza in dogana in modo da 
evitare restdzioni �che non siano strettamente necessarie al raggiungimento 



PA.RTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 637 

A norma dell'art. 40, primo e secondo comma: << Ogniqualvolta le di� 
sposizioni in materia dogana-le prescrivono al proprietario della merce di 
fare una dichiarazione o di compiere determinati atti o di osservare speciali 
obblighi e norme ovvero gli consenton!J di esercitare determinati diritti, 
il proprietario stesso pu� agire a mezzo di un rappresentante. La 
rappresentanza per H compimento deHe operazioni doganali pu� essere 
conferita esclusivamente ad uno spedizioniere doganale isc�ritto nell'albo 
professionale istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, salvo quanto 
previsto neH'art. 43 �. 

Secondo l'art. 43, primo comma: << 1a rappresentanza del proprietario 
della merce per il compimento delle operazioni doganali pu� essere conferita 
anche ad uno spedizioniere doganale non iscritto nehl;albo professionale, 
purch� si tratti di un dip�ndfmte del proprietario stesso �. 

Secondo l'art. 44, questi spedizionieri-d�pendenti, a differenza degli 
spedizionieri in!fipendenti di cui al secondo comma dell'art. 40, devono essere 
iscritti in un apposito elenco formato dal consiglio compartimentale 
degli spedizionieri doganali e possono operare in dogana soltanto sulla 
base e nei limiti della procura riJasciata .dal propri�tario della merce e 
sotto la responsabilit� di quest'ultimo. 

dell'obbiettivo ricercato�, utilizzi in effetti uno del criteri considerati, all'art. 3 
della citata direttiva, per attribuire la qualifica di misure restrittive a mi� 
sure � applicabili indistintamente ai prodotti nazionali ed ai prodotti importati 
�, e cio� a misure che non potrebbero essere invece, come tali, di effetto 
equivalente a restrizioni quantitative: criterio la cui applicabilit� risulta peraltro 
espressamente limitata alle � misure relative alla commercializzazione 
dei prodotti e riguardanti, in particolare, la forma, le dimensioni, il _peso, la 
composizione, la presentazione, il condizionamento� (e che non pu� quindi essere 
arbitrariamente riferito ad altre ipotesi). 

La difficolt� del tentativo di ricondm::re le norme sulla rappresentanza in 
dogana nell'ambito di applicazione degli artt. 30 e 34 del trattato CEE � denunciata, 
infine, dalla parte del ricorso in cui la Commissione C.E.E., contestando 
che Io spedizioniere doganale possa essere tenuto a risiedere .in un comune 
compreso nella circoscrizione per la quale risulta 'abilitato, assume che l'impo� 
sizione di tale rappresentante sarebbe stata espressamente qualificata come 
misura di effetto equivalente ad nna restrizione quantitativa dall'art. 2, n. 3, 
lettera g, della direttiva 22 dicembre 1969, n. 50/70: assunto originato invero da 
un equivoco, (quanto rilevante ai fini in esame � agevole intuire), considerato 
che l'indicata disposizione si riferisce invece, come risulta chiaramente evidenziato 
anche nei lavori preparatori, aJle misure con le quali si imponesse 
all'esportatore di avere 1:1n rappresentante sul territorio dello Stato membro 
importatore, e non certo alla ipotesi del rappresentante in dogana del soggetto 
importatore. 

In definitiva, il tema dei controlli e delle operazioni doganali deve ritenersi 
estraneo all'ambito di applicazione degli artt. 30 e 34 del Trattato C.E.E. 
(con i quali tali controlli .e tali operazioni doganali risulterebbero altrimenti in� 
necessado contrasto e quindi, come tali, di per s� vietati); e tale conclusione 
si impone anche per quanto concerne la rappresentanza in dogana, che attiene 



RA:SSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

638 

A norma dell'art. 47, la qualifica di spedizioniere doganale � subordi


. nata al rHascio di una patente da parte del Ministero delle Finanze. Gli 
spedizionieri sono abilitati al compimento di operazioni doganali esclusivamente 
presso gli uffici di una determinata d:rcoscri:zJione doganale indicata 
nella patente e devono, salvo eccezioni consentite per giustificati motivi, 
avere la propria residenza in un comune compreso nella drcoscrizione 
per la quale risultano abilitati. 

L'art. 56, secondo comma, dispone: � � considerato proprietario della 
merce 'colui che la presenta in dogana ovvero che la detiene al momento 
dell'entrata nel territorio doganale o delJI'uscita dal territorio stesso. Rimane 
sa:lvo, in ogni caso, il diritto della dogana di accertare, ad ogni effetto 
del presente testo unico, chi abbia la propriet� della merce oggetto delle 
operazioni doganali >>. 

L'art. 57 precisa poi le indicazioni che devono essere contenute nella 
dichiarazipne in dogan�, e cio�, fra l'altro, � iJ nome, il cognome e il domicilio 
del dichiarante, nonch� del proprietario delle merci che fosse da 
lui rappresentato >>. 

Infine, l'art. 48, lett. a, colpito dalla censura di violazione dell'art. 52 
del Tratta:to, dispone che � Ia patente di spedizioniere doganale � rilascia-

appunto. alle forme ed alle modalit� con le quali a tali opreazioni deve essere 
provveduto. 

5. � Deve essere contestata inoltre, sempre in via preliminare, la rilevanza 
stessa, ai fini della decisione, del fatto � che in sette� Stati membri non . esistono 
restrizioni alla rappresentanza in dogana e che J'ottavo Stato si accinge 
a modificare in tal senso la propl'ia normativa �. 
Nel presumere di far attribuire rilievo a tale segnalazione, invero, la Commissione 
C.E.E., oltre a non tener presente che mancano in argomento direttive 
di armonizzazione (pure espressamente sollecitate proprio dalle autorit� italiane, 
ed anche nella .fase �pre-conten:l)iosa del presente procedimento), non ha evidentemente 
considerato che soltanto nell'ordinamento italiano � stato riconosciuto 
ai rappresentanti in dogana qualificazione professionale, e che soltanto 
in ragione di tale carattere professionale (estraneo agli ordinamenti degli altri 
Stati membri) pu� venire in rilievo, ovviamente, la esigenza di limitare iJ potere 
di conferire la rappresentanza in dogana a teui e non qualificati soggetti. 

Nell'ordinamento .italiano, infatti, l'attivit� ctegli spedizionieri doganali � 
disciplinata �quale professione qualificata avente per oggetto le materie: fiscale, 
merceologica, valutaria, e quant'altro si riferisce al campo doganale � 
(art. l della. legge 22 dicembre 1960, n. 1612, relativa al �riconoscimento giuridico 
della professione di pedizi�niere doganale ed istituzione degli albi e dei 
fondo. previdenziale a favore deg1i spedizionieri �loganali �). 

Per esercitare fattivit� di spedizioniere doganale occorre quindi � la nomina 
a spedizioniere doganale>>, con <<rilascio di apposita patente>>, che pu� 
essere conseguita soltanto da persone munite di predeterni.inati requisiti (tra .i 
quali l'aver consequito � il diploma di istruzione secondaria di secondo grado >> 
e che � siano meritevoli della fiducia dell'amministrazione per il loro comportamento 
in rapporto alle leggi finanziarie ed a: quelle relative alla disciplina economica 
e valutaria>>) e che abbiano superato un esame consistente � in una 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 639 

ta aUe persone fisiche in possesso dei seguenti requisiti: a) siano di cittadinanza 
italiana, ovvero siano cittadi111i di uno Stato estero che accorda 
in materia uguale trattamento ai cittadini italiani�. 

B) Sulla censura relativa alla violazione del divieto di misure d'effe,tto 
equivalente a restrizioni quantitative (artt: 30 e 34 ~el Trattato). 

6. -Bench� ci� non sia detto espressamente nel parere motivato e 
nel ricorso, dal tenore di questi atti �e dai rinvio agli artL30 e 34 del Trattato 
risulta �che le censure formulate dalla Commissione riguardano le modalit� 
di espletamento delle formalit� doganali negli scambi intracomunitari. 
Le formalit� doganali alle frontiere esterne della Comunit�, relative 
alle merci provenienti da paesi terzi o destinate a questi ultimi, non sono 
oggetto di contestazione. 
7. -Per quanto riguarda gli, scambi intracomunitari, si deve sottolineare 
che, da~ momooto che tutti i dazi doganali all'importazione e all'esportazione 
e tutte� le tasse d'effetto equivalente, nonch� tutte le restrizioni 
quantitative al:l'importazione e all'esportazione e le misure d'effetto equi-
prova scritta, in una �prova pratica ed in tin colloquio>> (cfr.: artt. 47-54 del 
testo unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43; v. pure legge 22 dicembre 
1960, n. '1612 e d.m. 10 marzo -1964, G. U. 24 aprile 1964, n. 102, supplemento). 


Gli spedizionieri doganali sono inoltre iscritti in albi professionali, soggetti 
a provvedin:ienti disciplinari, sottoposti al controllo ed alla vigilanza delle autorit� 
finanziarie (che possono disporre la sospension� daLle operazioni doganali 
e la revoca della nomina), e tenuti alla osserv�anza di dov:eri professionali. 

Va pure sottolineato, in particolare, che gli spedizionieri doganali sono obbligati 
ad applicare per le Joro prestazioni una tariffa professionale (con 
divieto di chiedere compensi inferiori o superiori a quelli contemplati nella 
tariffa), e sono in ogni caso responsabili; in via sussidiaria, per il pagamento 
dei maggiori diritti doganali dovuti a seguito di rettifica dell'accertamento o� 
di revisione� della liquidazione. 

La qualificazione professionale degli operatori doganali, avuto anche riguardo 
alla complessit� della normativa doganale ed aLla competenza richiesta 
in materia valutaria e merceologica, rappresenta del resto, evidentemente, una 
garanzia per I'amministra:;.ione dello Stato (e quindi� per le stesse Comunit� 
europee) e per gli stessi funzionari doganali (che possono essere chiamati a 
ri!;pondere in proprio dei diritti non riscossi); consente la instaurazione di rapporti 
�li collaborazione e di fiducia con gli operatori doganali; agevola lo snellimento 
delle procedure di sdogapamento (riducendo in particolare i tempi 
tecnici occorrenti); e si riflette in definitiva a tutto vantaggio delle relazioni 
commerciali e degli scambi intracomunit�ri (e �con i Paesi terzi), .in aderenza 
agli obiettivi dell'unione doganale; ed il semplice esame degli atti preparatori� 

�delle norme relative aLl'attivit� degli ,gpedizionieri doganali consente infatti di 
rilevare, con particolare immediatezza, che la �professionalit�>> della categoria 
� stata� voluta proprio in considerazione dell'aumentato volume dei traffici e 



640 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valente dovevano esser stati aboliti, in forza delle disposizioni del Titolo 
I del Trattato, al pi� tardi alla fine del periodo transitorio, i controlli 
doganali veri e propri hanno in pratica perduto, relativamente a 
detti scambi, la loro ragion d'essere. I controlli alla frontiera restano 
giustificati soltanto nella misura necessaria all'attuazione delle deroghe 
alla libera drcolazione contemplate dall'art. 36 ciel Trattato, o aUa riscossione 
dei tributi interni ai sensi dell'art. 95 del Trattato, qualora 
l'attraversamento della frontiera possa essere assimilato alla situazione 
che, per quanto riguarda le merci nazionali, d� luogo alla riscossione di 
un tTibuto, ovvero al controllo delle operazioni di transito o, infine, 
qualora.risultino indispensabili per acquisire informazioni ragionevolmente 
esaurienti ed attendibili sui movimenti intracomunitari di merci. Questi 
controlli residui devono tuttavia essere ridotti ai minimo, rin modo 
che gli scambi di merci fra gli Stati membri avvengano a condi21ioni il 
pi� possibile simili a quelle vigenti su un mercato interno. 

8. -Le censure formulate daUa Commis,sione vanno esaminate alla 
luce dei principi sopra esposti, che presiedono aLla libera circolazione 
delle merci in quanto fondamento del mercato comune, tenuto conto, 
tuttavia, della competenza degli Stati membri in materia doganale, neHa 
della eigenza di agevolare e snellire, con Ie necessarie garanzie, le operazioni 
doganali. 

A tale prospettiva ed a tale soluzione di principio. non pu� assumersi di 
ostacolo, d'altra parte, il riconoscimento al propt:ietario delle merci, al detentore, 
ed a chiunque agisca per conto del proprietario della facolt� di provvedere 
in proprio all'espletamento delle operazioni doganali (anche se tale riconoscimento 
comporta ovviamente particolare impegno dei funzionari doganali, 
maggiore severit� nei controlli e nelle verifiche, e conseguente inevitabile ral-� 
Ientamento delle procedure); e ci� sia per lo stesso carattere tradizionale ed 
acquisito di tale riconoscimento (che risale evidentemente a tempi in cui il volume 
degli scambi e le competenze richieste in materia doganale, merceologica, 
e valutaria non erano certo quelLi atutalmente. rilevanti), sia in quanto, 
comunque, il qualificato contenuto professionale di determinate attivit�, anche 

i:n altri settori professionali, non � sempre e necessariamente preclusivo della 
possibilit� per il singolo di provvedere in proprio a determinati adempimenti 
o iniziative: possibilit� che rimane peraltro del tutto coerente con l'obbligo 
dell'interessato, qualora non intenda provvedere in proprio, di avvalersi di qualifica 
ti professionisti. 
Tanto premesso, � ora evidente ed innegabile che non pu� ammettersi la 
compeetnza degli Stati membri a disciplinare la rappresentanza in dogana 
(espressamente riconosciuta dalla Commissione C.E.E.) e pretendersi al tempo 
stesso che tale potere normativa sia esercitato in modo che risulti in concreto 
privo di effettivo conten�to. 

� pure evidente ed innegabile, peraltro, che nel momento stesso in cui si 
consentisse a chiunque di esercitare� attivit� di rappresentanza in dogana, indipendentemente 
da una specifica qualificazione professionale, e senza � i dov�ri, 
gli oneri e le responsabildt� imposti alla categoria degli spedizionieri doganali, 
la stessa previsione normativa di tale categoria (espressione di un potere le




PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 641 

misura in �ui le normative nazionali non siano state armonizzate o so� 
stituite da disposi:z:ioni comunitarie, come pure delle differenze dovute 
alle peculiarit� di ta:li normative, purch� queste ultime non creino inutili 
ostacoli per la libera circolazione delle merci imponendo obblighi non 
necessari alla realizzazione dello tscopo perseguito, che consiste, nella 
fattispecie, nella corretta esecuzione di tali controlli od atti ancora ammessi. 


9. -In proposito � opportuno osservare che, al fine di realizzare tale 
scopo, la Commissione ha presentato al Consiglio, il 19 gennaio 1979, una 
proposta di regolamento � in oui si definiscono Je condizioni alle quali 
una persona � ammessa a effettuare una dichiarazione in dogana� (G.U. 
n. C29, pag. 3), regolamento destinato ad entrare in vigore il l" gennaio 
1980 ed il cui art. 3 � inteso ad imporre agli Stati membri, per quanto 
riguarda la dichiarazione in dogana, il sistema che la Commissione' fa 
carico al Governo italiano di :non aver accolto nell'ordinamento nazionale. 
10. -La Commissione formula tre .censure: 
a) Essa sostiene anzitutto che la nonnativa di cui trattasi obbliga 
inutilmente gli operatori economici a ric~rrere, per l'espletamento delle 

gislativo proprio ed esclusivo dello Stato membro) risulterebbe del tutto priva 
di senso e di effettiva portata: considerazione la cui validit� risulta subito 
evidente, invero, quando si consideri che se dovesse ritenersi sufficiente, per 
essere rappresentante in dogana, e senza alcuna responsabilit� per gli adempimenti 
compiuti e per il pagamento dei diritti doganali, la semplice procura del 
singolo interessato, nessuno si sottoporrebbe .pi�, ovviamente, agli esami, alle 
condizioni, ai limiti, agli obblighi, agli oneri, ed alle responsabilit� imposti dalla 
legge a carico della categoria << professionale� degli spedizionieri doganali. 

Quel che pi� sorprende, in definitiva, nella pretesa della Commissione 
C.E.E., � in effetti il contrasto sostanziale e la incompatibilit� della sua domanda 
con il noto e consolidato -orientamento delle Istituzioni comunitarie 
volto alla sempre maggio:m qualificazione professionale delle arti; mestieri e professioni, 
e quindi con quello stesso orientamento al quale � ispirata, evidentemente, 
la istituzione nell'ordinamento italiano della categnria professionale degli 
spedizionieri doganali. 

6. -Nel merito, comunque, va anzitutto contestato che le norme previste 
nell'ordinamento italilino in materia di rappresentanza in dogana possano essere 
considerate misure idonee ad ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto 
o in potenza, gli scambi intracomunitari. 
A parte il fatto che tale normativa � rivolta invece, come si � gi� sopra 
evidenziato, proprio a garantire con maggiore efficacia la libera circolazione 
delle merci (e nori pu� quindi avere, al tempo stesso, l'effetto contrario), � 
invero evidente che la << idoneit�� e la � potenzialit�� stessa dedotte dalla Commissione 
dovrebbero poter essere in qualche modo verificate �in concreto; e la 
possibilit� di una tale verifica risulta invece esclusa dal continuo e costante 
incremento degli scambi tra l'Italia e gli altri Stati membri, e dal fatto stesso 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

642 

formalit� doganali, a spedizionieri doganali iscritti nell'apposito registro 
e muniti di patente, mentre, a suo avviso, dette formalit� dovrebbero 
poter essere compiute da qualsiasi persona designata dal proprietario -e 
agente in nome e per conto di questi. Tale obbligo sarebbe fonte di spese 
supplementari e inutili, che costituirebbero un ostacolo per gli scambi. 

b) In secondo luogo essa fa valere che, anche qualota l'art. 56, 
secondo ,comma, del testo unico andasse interpretato nel senso che esso 
permetta ai proprietario della� merce di farsi sostituire, ai fini della dichiarazione, 
da persone diverse dagli spedizionieri professionisti o . dipendenti, 
questi intermediari non potrebbt}ro agire in nome e per conto 
del proprietario, bens� unicamente in proprio nome e_ sotto la propria 
responsabilit�, il che renderebbe poco agevole H sistema italiano. 

c) Infine essa sostiene che, imponendo a:llo spedizioniere doganale 
l'obbligo di avere la propria residenza in un comune compreso nella circoscrizione 
per la quale risulta abilitato,. l'art. 47, quarto comma, d� 
allo spedizioniere doganale stesso la figura di un responsabile o di un 
rappresentante nel territorio dello ~tato membro importatore, mentre 
l'imposizione di tale figura � stata espressamente qualificata, dall'ar!. 2, 

n. 3, lett. g, della direttiva 22 dicembre 1969, n. 70/50/C.E.E. (G.U. 1970, 
che analogo continuo e costante� incremento � dato di riscontrar~ anche nelle 

relazioni commerciali con i Paesi terzi: incremento del tutto analogo a quello 

rilevante per gli altri Stati membri, e che dovrebbe invece risultare ridotto 

e minore, con deviazioni di traffico a favore degli altri Stati membri, se la nor-
mativa italiana in tema di rappresentanza Ln dogana fosse effettivamente idonea, 
anche soltanto in potenza, ad ostacolare gli scambi. 

Secqndo la Commissione C.E.E., del resto, l'� ostacolo� agli scambi intra


comunitari sarebbe da individuare nelle maggiori spese che l'intervento dello' 

spedizioniere doganale comporterebbe, e che renderebbero le importazioni e le 

esportazioni pi�. costose. 

In tale assunto non appare considerato, peraltro, che l'onere in discus


sione (oltretutto evitabile dall'interessato che non intenda avvalersi di rappre


sentanti) non sarebbe certo--evitato ammettendosi qualsiasi soggetto ad eser


citare l'attivit� di rappresentante in dogana, essendo ovvio che tale attivit�, 

anche se esercitata da (( dipendenti)) (ai quali non compete, nell'ambito del rap


porto . di lavoro subordinato, di rappresentare l'imprenditore), avrebbe in ogni 

caso un �costo� la cui congruit� anzi, garantita per le prestazioni degli spe


dizionieri doganali dalla tariffa professionale, dipenderebbe in altri casi da 

incontrollabili e contingenti fattori); e se tale <<costo>> preoccupa la Commis. 
sione C.E.E., allore sarebbe la stessa rappresentanza doganale a doversi ritenere 
vietata dagli arit. 30 e 34 del Trattato C.E.E., e non la competente individuazione 
dei soggetti professionalmente qualificati ad esercitarla. 

-La Commissione C.E.E. inoltre, nell'assumere che� l'� ostacolo >> agli scambi 

c�nsisterebbe nelle maggiori spese rese necessarie dall'intervento dello spedi(': 


zioniere doganale, sembra non tener presente che in tale � spesa >> non � pos


sibile ravvisare gli estremi della misura di ef-fetto equivalente alle restrizioni 

quantitative, dato che in tali misure sono appunto espressamente comprese, per 



PARTE I, SEZ. ,II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

643 

n. L 13, pag. '29), come misura d'effetto equivalente a una retrizione quantitativa. 
11. -Dall'esame della normativa in materia di dichiarazione in dogana, 
quale risulta dal complesso delle disposizioni contenute negli articoli 
40, 43, 44, 47 e 56 del testo unico, emerge che. � esatta la costatazione 
della Commissione seccmdo �oui dette disposizioni non consentono 
al proprietario della merce di � essere rappresentato in dogana. da qualsiasi 
persona a cui egli abbia dato procura affinch� agisca in suo nom~ 
e per suo conto�, ma che, per contro, .J'affer.mazione secondo cui detto 
proprietario pu� essere rappresentato solo da uno spedizioniere doganale 
non tiene pienamente conto della vera. portata delle di~posizi~ni di 
-cui trattasi, se l'espressione � essere rappresentato... solo � viene intesa 
nel senso che il proprietario della merce, qualora non faccia egli stesso 
la dichiarazione in dogana, posa farsi sostituire soltanto da uno spedizioniere 
doganale per l'espletamento di questa formalit�. 
12. -L'art. 56 dispone infatti, al secondo .co~ma, che ai fini della dichiarazione 
� � considerato proprietario della merce colui che Ia presenta 
in dogana ovvero che la detiene al momento dell'entrata nel terriquanto 
disposto con l'art. 2, n. 3, lettera d, della direttiva della Commissione 
22 dicembre .1969, n. 50/70, quelle che �rendono impossibile un'eventuale ma~giorazione 
di prezzo del prodotto importato corrispondente alle spese ed agli 
oneri aggiuntivi all'importazione >>. 

7. -Non pu� mm essere rilevato, del resto, che la iniziale .contestazione si 
fondava sul presupposto << obbligo � del proprietario delle merci di ricorrere 
alle prestazioni dello spedizioniere doganale. . 
E stato chiarito alla Commissione C.E.E. che la normativa italiana prevede 

1a facolt�, e non l'obbligo, di avvalersi di un rappresentante qualificato per 

1'espletamento delle operazioni doganali, e che tale facolt� va esercitata, secondo 

i princ�pi che regolano l'autonomia nego:dale, secondo libere scelte e discre


zionali valutazioni. 

� stato pure chiarito che non il solo proprietario delle merci, ma chiunque 

le detenga pu� provvedere alle operazioni di sdoganamento, 'e che qualsiasi 

persona pu� essere incaricata dal proprietario delle merci di provvedere, in 

suo nome e per cont0 del proprietario (e quindi assumendo la responsabilit� 

delle proprie dichiarazioni), allo sdoganamento dei prodotti, precisandosi anche 

che la effettiva appartenenza delle merci e l'accertamento� del titolo in base 

.al quale esse sono detenute restano di norma indifferenti all'amministrazione 

doganale. . � 

Sono state anche �commentate le particolari disposizioni di favore che 

-consentono all'operatore interessato di avvalersi, �per l'espletamento delle ope


razioni doganali, dei propri �qualificati� dipendenti (per i quali l'esercizio 

-dell'attivit� di rappresentanza in dogana non� � subordinata all'iscrizione negli 

� albi. professionali); e quanta rilevanz� viene attribuita alla specifica qualifica
�:t.ione professionale non pu� non essere avvertita, invero, quando si consideri 
che gli stessi funzionari dell'amministrazione doganale, nonostante la facolt� 
in argomento prevista dalla legge (art. 49 del testo unico approvato con d.P.R. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

644 

torio doganale o dell'uscita dal territorio stesso... >>. Il Governo italiano, 
sia nel corso del procedimento amministrativo, sia nelle. fasi scritta 
e orale dei presente procedimento, ha dichiarato formalmente che questa 
disposizione doveva essere interpretata, ed era effettivamente applicata 
-quest'ultimo punto non � stato contestato dalla Commissione da 
parte delle competenti amministrazioni italiane nel senso che il proprietario 
deUa merce il quale non effettui personalmente la dichiarazione 
pu� non solo ricorrere ad uno spedizioniere professionista o ad uno 
spedizioniere-dipendente, ma anche conferire a qualsiasi persona, e quindi, 
fra l'altro, al trasportatore e al depositario della merce, l'incarico di 
provvedere a taie dichiarazione, purch� detta persona presenti la merce 
in dogana o la idetenga al momento della sua entrata o della sua uscita 
dal territorio doganale. Esso ha inoltre precisato che l'ultima frase dell'art. 
56, secondo cui <<�rimane salvo, in ogni caso, il diritto della dogana 
di accertare, ad ogni effetto del presente testo unico, chi abbia la propriet� 
della merce oggetto delle operazioni doganali�, non �significa che 

23 gennaio 1973, n. 43), non sono di no�rma esonerati dagli esami richiesti per 
il conseguimento della nomina di spedizioniere doganale (e devono comunque 
�risultare in possesso di tutti gli altri requisiti prescritti). 

Nonostante tali chiarimenti e tali precisazioni, peraltro, la Commissione 
C.E.E., senza tentare alcuna replica in merito a quanto dedotto', in particolare, 
nella risposta al parere motivato (nemmeno allegato al ricorso), ha ritenuto 
di dare ulteriore seguito alla iniziale contestazione, rettificandola soltanto nel 
senso di ravvisare una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitatJVe 
anche nel solo fatto che non sia consentito a chiunque di provvedere, � in 
nome >> e << per conto >> di altri, e quindi senza assumere alcuna r�esponsabilit�, 
all'espletamento delle operazioni doganali. 

Certamente, tale insistenza non pu� non sorprendere, considerato che la 
iniziale preoccupa<.ione della Commissione C.E.E. era originata dalla convinzione 
che l'importatore o l'esportatore che non volesse o potesse provvedere in 
proprio alle operazioni doganali fosse obbligato a rivolgersi allo spedlzwniere 
doganale, e tenuto presente che in tale presupposto <<obbligo>> veniva ravvisata 
(oltretutto erroneamente) una misura di effetto equivalente ad una restrizio~e 
quantitativa; ed era logico presumere, cinvero, che la Commissione, avendo accertato 
che l'interessato pu� utilizzare qualsiasi persona per provvedere, per 
suo conto e nel suo interesse, allo sdoganamento delle merci (e quindi evitare 

anche, ove trovi chi lo rappresenti gratuitamente, le spese richieste per l'intervento 
dello spedizioniere doganale), avrebbe desistito dalla sua contestazione: 
previsione tanto pi� fondata, in effetti, in quanto la dedotta incompatibilit� con 
la normativa comunitaria era stata ravvisata in ragione delle maggiori spese 
<< imposte >> al proprietario delle mer�i per l'intervento dello spedizioniere doganale 
(ritenuto obbligatorio), e non per il costo che pu� essere eventua'wente 
sostenuto per incaricare a1tre persone delle operazioni di sdoganamento. 

l . 
8. -Una volta accertato che �l'importatore o l'esportatore non sono obbligati 
ad avvalersi degli spedizionieri doganali e possono incarkare qualsiasi persona 
�i provvedere aU'espletamento delle operazioni doganali, nessun interesse o 
legittimazione pu� essere riconosciuta alla Commissione C.E.E., comunque, a 
pretendere che tale attivit� sia esercitata non solo �per conto� ma anche � in 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 645 

l'amministrazione possa rifiutare di ricevere la dichiarazione da chi, pur 
non essendo proprietario, detenga la merce o la presenti in dogana, ma 
ha lo scopo di permettere all'amministrazione stessa di rendere il proprietario 
solidalmente responsabfle col dichia!"ante per i diritti doganali 
e Ie eventuali ammende, com'� precisato nell'art. 38 de'l testo unico. 

13.. Il Governo italiano ha tenuto.-altres� a precisare che la prassi 
amministrativa � tuttavia orientata nel senso di un esame pi�-r,ninuzioso 
della dichiarazione, allorch� questa viene fatta dal proprietario o dai 
soggetti assimilati che non nel caso in cui vi provvedano spedizionieri 
professionisti -indipendenti o dipendenti -in ragione della qualificazione 
che questi devono possedere. 

14. -Prendendo atto di tali dichiarazioni, la Corte costata che l'interpretazione 
delle norme in questione � -conforme al testo delle stesse. 
Ne consegue che il proprietario della merce ha varie possibilit� qualora 
intenda far effettuare da un terzo la dichiarazione in dogana, senza do-
nome� del proprietario interessato, n�. alcun s�guito pu� essere dato a tale 
supposta pretesa, in ogni caso, senza alterare e snaturare la portata della iniziale 
diversa contestazione. 

Senza che occorra sottolineare, in questa sede, la distinzione tra mandato 
e rappresentanza, � infatti da rilevare, anzitutto, che la disciplina normativa 
del contratto di mandato e dell'istituto della rappresentanza � di competenza 
del legislatore nazionale, al quale non pu� essere imposto, specialmente in 
difetto di provvedimenti di armonizL.azione a livello comunitario, di disciplinare 
la materia in maniera non aderente ai princ�pi dell'ordinamento giuridico nazionale; 
cos� come non pu� pretendersi che si prescinda, nella regolamentazione 
delle operazioni e formalit� doganali, dalla rilevanza attribuita alla dichiarazione 
doganale nella normativa civile, tributaria, e penale. 

Non � agevole ammettere, del resto, che la Commissione C.E.E. voglia effettivamente 
che il soggetto incaricato di provvedere alle operazioni doganali non 
assuma alcuna responsabilit� delle dichiarazioni presentate (che con l'espediente 
della <<rappresentanza�, cio�, ogni quisque de populo possa provvedere, restando 
del tutto irresponsabile, alle operazioni di sdoganamento); cos� come non � 
agevole comprendere come tale pratica potrebbe conciliarsi con la esigenza di 
assicurare e garantire, alle amministrazioni naL.ionali come alle Comunit� europee, 
il corretto e sollecito svolgimento de11e operazioni doganali, la rapida ed 
esatta Liquidazione delle somme dovute, la mancata evasione dei diritti di confine, 
la effettiva riscossione delle somme di cui sia consentito il pa,gamento differito, 
ed il recupero dei maggiori diritti che risultassero. di seguito dovuti per l'importazione 
o per l'esportazione. 

Proprio sotto questo profilo, invero, viene in evidenza un ulteriore vizio di 
prospettiva del ricorso proposto dalla Commissione-C.E.E., nella parte in cui si 
assume che la regolamentazione nazionale italiana� comporterebbe restrizioni non 
strettamente necessarie al raggiungimento dell'obiettivo ricercato. 

Tale obiettivo non � costituito infatti dal solo << sdoganamento corretto delle 
merci �, come ritiene la Commissione C.E.E., ma consiste anche nella esigenza 
di garantire lo Stato ed i suoi funzionari (e quindi le stesse Comunit� europee) 
dell'effettivo adempimento di tutte le obbligaL.ioni connesse alle operazioni di 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO.

646 

vere, come sostiene la Commissione, ricorrere necessariamente� ad uno 
spedizioniere doganale. La circostanza che la sostituzione possa avvenire 
attraverso una finzione� legale, come quella cui si riferisce l'art. 56�, secondo 
comma, del testo unico (per la quale � assimilato al proprietario 
colui che presenta la merce in dogana o che fa la dichiarazione in qua-_ 
lit� di detentore), ovvero ~mila base della nozione giuridica di � rappresentanza 
indiretta>> (per cui il dichiarante agisce per conto del proprietario, 
ma in nome proprio, ed � solidalmente responsabile col proprietario) 
invece che in base ad una procura 'conferita dal proprietario a 
questa stessa persona, non pu� essere considerata come un valido indizio 
del fatto che 1e formalit� di cui trattasi abbiano il carattere di misura 
d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa. 

La circostanza che il proprietario non possa farsi sostituire da un 
procuratore che non sia dete11tore della merce, n� in grado di presentarla 
in dogana, e che debba in tale ipotesi ricorrere ai servizi di uno spedizioniere 
indipendente o dipendente, non pu� neppur essa determinare 

importazione e di esportazione, di agevolare la prevenzione dei reati doganali e 
della evasione tributaria, di rendere il dichiarante responsabile delle sue dichiarazioni, 
e di assicurare �in ogni caso e con certezza la individuazione di un 
soggetto tenuto a rispondere nei confronti dell'amministrazione doganale: finalit� 
tanto pi� rilevanti in quanto � proprio e soltanto nei" limiti in cui se ne 
pu� garantire il conseguimento che pu� prescindersi, con favorevoli riflessi per 
le relazioni comm~rciali e per la libera circolazione delle merci, dall'accertare 
di volta in volta la effettiva propriet� e titolarit� delle merci. importate ed 
esportate. 

9 -La infondatezza e la stessa speciosit� della �domanda attrice possono 
essere� del resto avvertite, con particolare immediate:t.za, quando siano considerate 
le conseguenze che si determinerebbero se fosse consentito a chiunque di 
provvedere, <<in nome� e �per conto>> di altri, �e senza alcuna .r�esponsabiLit� 
n� obbligo, alle operazioni doganali, e sia verificato quanto tali conseguenze risulterebpero 
compatibili con la libera circolazione delle merci, e se tale sistema 
sarebbe o no di maggiore ostacolo agli scambi dntracomunitari. 

Considerato che il sistema proposto implicitamente nel ricorso della Commissione 
potrebbe rendersi in ipotesi necessario soltanto relativamente agli 
scambi intracomunita:ri (ai quali soltanto sono rifer�bi� gli artt. 30 e 34 del Trattato 
C.E.E.), potrebbe anzitutto determinarsi, nell'eventualit� in esame, l'applicazione 
di differenti criteri di rappresentanza in dogana a seconda che le merci 
da dichiarare siano provenienti o destin�te ad altri Stati membri o a Paesi terzi; 
ed ulteriore discriminazione di fatto verrebbe a determinarsi, in ogni caso, a 
seconda delle dimensioni e del volume di affari di ciascuna impresa, considerato 
che i piccoli imprenditori (e sono la prevalente parte) difficilmente potrebbero 
disporre di personale da adibire alle operazioni doganali. 

Accanto agli spedizionieri doganali professionisti, che dispongono di norma 
di una propria ed -efficiente organizzazione aziendale, che godono della fiducia 
dell'amministrazione proprio in ragione della loro qualificata competenza, e che 
sono per legge destinatari di qualsiasi atto, provvedimento o decisione dell'amministrazione 
concernenti l'esportatore o l'importatore (art. 40, t�rzo comma, del 
t�sto unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), sorgerebbero inoltre, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 647 

una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, rpoich� 
le altre modalit� di dichiarazione offrono al proprietario �stesso una scelta 
effettiva e ragionevole che gli consente di evitare, se lo ritenga conveniente, 
la necessit� di ricorrere ad uno spedizioniere professionista. 

15. -La Commissione fa tuttavia valere, in secondo luogo, che determina 
una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa 
anche la circostanza per cui i dichiaranti diversi da~ proprietario stesso, 
quando non siano spedizionieri, possono effettuare la dichiarazione soltanto 
in nome proprio, non gi� come mandatari del proprietario della 
merce, e rispondono di conseguenza personalmente -e, se del caso, in 
solido col proprietario stesso -rdei diritti e delle ammende, mentre, da 
una parte, la responsabilit� personale degli spedizionieri indipendenti � 
solo sussidiaria e limitata al pagamento dei maggiori diritti dovuti (art. 41 
del testo unico) e, dall'altra, gli spedizionieri-dipendenti agiscono sotto la 
responsabilit� del proprietario della-merce da essi rappresentato. La Com-
ovviamente, altrettanti �rappresentanti � non qualificati e non responsabili, che 
oltre a rendere priva di senso, come si � gi� sopra osservato, la categoria dei 
professionisti qualificati, costituirebbero utile strumento per evasioni doganali, 
false dichiara<.ioni, ed ulteriori speculative iniziative di operatori disonesti, senza 
alcuna garanzia per l'amministrazione doganale. 

Per l'attivit� c;li rappresentanza sarebbe comunque necessaria una formale 
procura, :in regola con le norme sull'imposta di bollo e quantomeno con sottoscrizione 
�autenticata, e che potr-ebbe risultare necessaria, per molteplici motivi, 
per ciascuna operazione di importazione o di esportazione; e dovr-ebbe di conseguenza 
imporsi all'amministrazione doganale ed ai suoi funzionari, non solo di 
verificare la legalit�, il contenuto, l'effettiva portata, e la persistente validit� ed 
efficacia della procura conferita all'irresponsabile rappresentante, ma anche di 
accertare l'effettiva titolarit� delle merci cui la procura si riferisce (e che nei 
soli limiti della procura potrebbero costituire oggetto delle dichiarazioni del 
<<rappresentante�). 

II difetto di qualificazione professional�e dei � rappresentanti � comporterebbe 
infine, evidentemente, la necessit� di pi� approfonditi controlli e di maggiori 
verifiche da parte dei tun..ionari doganali (che possono essere obbligati a rispondere 
in proprio dei diritti doganali non riscossi), con inevitabile rallentamento 
delle operazioni doganali, maggiori possibilit� di intralci burocratici, ed ovvie 
complicazioni di vario genere negli adempimenti relativi allo sdoganamento delle 
merci. 

Anche a prescindere da ogni ulteriore possibile considerazione, appare comunque 
singolare la ipotesi di un �rappresentante >> non responsabile o non 
qualificato, specialmente quando si consideri che tale responsabilit� grava invece 
per legge, e nonostante .Ja loro qualifica professionale e le garanzie offerte, 
anche a ca11ico degli spedizionieri doganali: responsabilit� che � potuta divenire 
�sussidiaria�, da �solidale� che er-a secondo la previgente normativa, proprio 
e soltanto a seguito dell'intervenuto riconoscimneto della � professionalit� � degli 
spedizionieri doganali. 

,lQ, -In definitiva, e con riguardo a quanto gi� segnalato nella lettera del 
1o marzo 1977 e nella risposta al parere motivato, ed alle ulteriori considerazioni 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .PELLO STATO

648 

missione sembra voler sostenere che i terzi cui iil proprietario della 
merce fa ricorso per l'espletamento delle formalit� doganali dovrebbero 
poter agire in suo nome e per suo conto, e senza alcuna responsabilit� 
propria nei confronti deH'ammini~trazione, purch si mantengano entro 
i limiti del mandato. Qualsiasi obbligo supplementare costituirebbe un 
ostacolo eccessivo per la libera circolazione delle merci. 

16. -A prescindere dalla circostanza che questo aspetto della normativa 
italiana non � stato preso in esame, o quanto meno non � stato 
espressamente considerato, nel pa!:ere motivato o nel ricorso, non si 
pu� ritenere che la differenza stabilita sul piano nazionale tra il regime 
della responsabilit� vigente per coloro che esercitano un'attivit� sottoposta 
ad una disciplina profession~le e a determinate esigenze di qualificazione 
professionale e que1lo applicato nel caso di dichiaranti che 
non rispondano a tali requisiti vada oltre i limiti di ci� che le autorit� 
governative possono cons~derare giustificato dalla preoccupazione di garantire 
il corretto adempimento degli obblighi in materia di dichiarazione 
sopra commentate, il seguito dato in sede contenziosa alla iniziale contestazione 
consente e legittima quantomeno perplessit�, dato che una indiscriminata possibilit� 
di una (irresponsabile) rappresentanza in dogana (da disciplinare necessariamente 
in coerenza con la normativa doganale e valutarsi di diritto interno) 
rischierebbe di compromettere effettivamente la libera circolazione delle merci, 
e non essendo quindi agevole comprendere, sulla base della impostazione dedotta 
nel ricorso, quali finalit� la Commissione CEE intenda perseguire e quali 
interessi si proponga di tutelare con la sua iniziativa. 

11. -Un ulteriore iniziale profilo di contestazi�me era riferito all'obbligo per 
lo spedizioniere doganale di � avere la propria residenza ~n un comune compreso 
nella circoscrizione per la quale risulta abilitato� (art. 47, quarto comma, 
del testo unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43): obbligo che la commissione 
assumeva incompatibile con quanto disposto dall'art. 2, n. 3, lettera g, 
della direttiva 22 dicembre 1969, n. 50/70. 
La domanda relativa a tale contestazione, ricordata nella parte espositiva 
del ricorso, non risulta peraltro riproposta nella parte motiva del ricorso n� 
tanto meno nelle conclusioni; e manca quindi, in argomento, una domanda 
suila quale debba la Corte pronunciarsi o in ordine alla quale si debba in 
questa sede contraddire. 

Soltanto per completezza di trattazione, pertanto, va rilevato, secondo 
quanto gi� sopra osservato, che il riferimento all'art. 2, n. 3, lettera g, della 

- 
direttiva 22 dicembre 1969, n. 50/70 � dovuto in effetti ad una inesatta interpretaL.
ione della norma (che si riferisce all'ipotesi in cui si imponga all'esportatore 
estero un rappresentante che risieda nello Stato membro importatore,. 
e non al rappresentante in dogana dell'importatore o dell'esportatore); cos� 
come pu� essere aggiunto, ad integrazione di quanto gi� segnalato nella risposta 
al parere motivato (e che gi� ha del resto indotto la Commissione C.E.E. 
a desistere dalla specifica contestazione), che il requisito della residenza nell'ambito 
di una determinata circoscrizione pu� risultare giustificata, e compatibile, 
in particolare, anche con gli artt. 59 e 60 del Trattato C.E.E., proprio 
in ragione del carattere professionale dell'attivit� esercitata dagli spedizionieri 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COJ\1U111ITARIA E INTERNAZIONALE 649 

in dogana. D'altra parte, la Commissione non precisa neppure in qual 
modo tale differenza possa costituire, almeno in potenza, un ostacolo per 
la Hbera circolazione delle merci. 

17. -La Commissione sostiene infine che l'obbligo, imposto in via di 
principio dall'art. 47, quarto comma, del testo unico, di avere la residenza 
in un comune compreso nella � circoscrizione per la quale risulta 
abilitato >> d� allo spedizioniere doganale � Ja figura di un responsabile 
o di un rappresentante sul territorio dello Stato membro importatore �, 
mentre ~'imposizione di un siffatto rappresentante � ~stata espressamente 
qualificata dall'art. 2, n. 3, lett. g), della direttiva 22 dicembre 1969, 
n. 70/50/CEE G. U. 1970, n. L 13, pag. 29) come misura d'effetto equivalente 
ad una restrizione quantitativa. 
18. -Questa tesi non pu� essere accolta. Senza che sia necessario interpretare 
'la richiamata norma della direttiva n. 70/50 e chiarire la 
questione del se essa riguardi effettivamente J'obbligo di residenza imdoganali 
(cfr., per utili spunti, Corte di giustizia, 3 dicembre 1974, nella causa 
33/74, VAN BINSBERGEN, Racc., 1299, e Rass. Avv. Stato, 1974, I, 67). 

12. -Quanto all'ultimo profilo di contestazione, relativo alla formula dell'art. 
48, primo comma, lettera a, del testo unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 
1973, n. 43, si � gi� osservato sin dalla lettera del l<> marzo 1977 che la 
condizione della reciprocit� prevista dalla norma si riferisce e pu� riferirsi, 
ovviamente, soltanto ai cittadini dei Paesi terzi, e non certo a quelli degli 
altri Stati membri, precisandosi pure, nella risposta al parere motivato, che 
sar� comunque provveduto ad una precisazione legislativa in tal senso; e la 
stessa Commissione C.E.E. ha gi� espressamente riconosciuto, del resto, che 
<<l'applicazione fatta dalle autorit� italiane dell'articolo 48, lett. a, � conforme 
al Trattato �. 
13. -In questa sede, peraltro, avendo la Commissione ritenuto di sollecitare 
specifica declaratoria di inadempimento, non pu� non essere rilevato che anche 
tale domanda � priva di fondamento, e che con la disponibilit� ,manifestata 
per una precisa..ione legislativa non si � certamente inteso condividere l'assunto 
secondo cui la lettera della norma in questione sarebbe contraria al l;rattato. 
Secondo elementari principi di ermeneutica giuridica, invero, la norma 
<< speciale � prevale sempre, e senza che sia necessario specificar lo in ciascuna 
occasione, sulla disposizione di carattere generale; e nessun dubbio interpretativo 
pu� quindi ammettersi relativamente al fatto che la condizione di reciprocit� 
contemplata nella norma in discussione si riferisca e possa riferirsi 
soltanto ai cittadini dei Paesi terzi; n� alcun dubbio o p~rplessit� � infatti 
mai sorto, n� in sede amministrativa n� ;in sede giudiziaria, sulla pacifica 
possibilit� per tutti i cittadini degli altri Stati membri di ottenere, senza 
condizione di reciprocit�, e con la ricorrenza dei soli e stessi requisiti pre� 
scritti per i cittadini italiani, il rilascio della patente di spedizioniere doganale; 
cos� come non si comprende quale << condizione di reciprocit� � possa 
attualmente ipotizzarsi, relativamente alla presta..ione dei servizi, nei rapporti 
tra gli Stati membri delle Comunit� europee. 



650 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posto dalla normativa nazionale ai fini dell'espletamento, da parte di 
professionisti, per conto terzi, delle formalit� doganali, � sufficiente 
ritenere che questo aspetto dovrebbe essere eventualmente preso in considerazione 
soltanto qualora fosse provato che gli importatori o gli esportatori 
non abbiano, com'� stato sostenuto dalla Commissione, altra scelta 
che il -ricorso ad uno spedizioniere professionista. Dall'esame delle contestate 
disposizioni del testo unico risulta tuttavia che, pur non disponendo 
di una libert� assoluta nella scelta del terzo dal quale intendono 
farsi rappresentare al fine di provvedere alla dichiarazione in dogana, 
detti operatori dispongono di una ragionevole libert� rdi scelta, sufficiente 
a far ritenere infondata la censura relativa all'esistenza di una 
misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa. 

19. � Dalle precedenti considerazioni risulta che le censure formulate 
dalla Commissione con rifedmento agli artt. 30 e 34 del Trattato C.E.E. 
non possono ritenersi fondate. 
C) Sulla violazione dell'art. 52 del Trattato. 

20. -La Commissione sostiene �che il summenzionato art. 48, .Jett. a), 
del testo unico viola l'art. 52 del Trattato, ai sensi del quale la libert� di 
stabilimento importa l'accesso alle attivit� indipendenti e il [oro esercizio 
alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento 
nei confronti dei propri cittadini. 
21. -Il Governo italiano contesta questo punto di vista e fa valere che 
la condizione di reciprocit� �contemplata dal suddetto art. 48 si riferisce 
14. � Una differente impostazione di principio, quale quella necessariamente 
presupposta nella domanda della Commissione C.E.E., dovrebbe condurre, del 
resto, ad ipotizzare l'� obbligo� di tutti gli Stati membri di rivedere e rettificare, 
nonostante la diretta efficacia ed applicabilit� della normativa comunitaria 
sulla libera prestazione dei servizi, tutte le numerosissime disposizioni 
nazionali nelle quali si contempli il requisito della cittadinanza (o quantomeno 
di emanare una specifica legge nella quale sia precisato che in tema di lavoratori 
e servizi, e salve le eccezioni previste dallo stesso trattato C.E.E., la 
cittadinaru:.a degli altri Stati membri � assimilata a quella nazionale), quando 
� invece gi� pacifico che l'assimilazione dei cittadini comunitari a quelli nazionali 
� gi� 1n argomento imposta dal diritto comunitario. 
La ravvisabilit� di tale � obbligo �, inoltre, dovrebbe essere conciliata (il 
che non � invece possibile) con la diretta efficacia delle norme del Trattato 

C.E.E. dn tema di prestazione dei servizi; cosi come rimarrebbe da spiegare, 
nell'ambito di analoga prospettiva, come possa la Commissione C.E.E. aver 
.ritenuto necessario ritirare, a seguito della sentenza 21 giugno 1974 resa dalla 
Corte di giustizia nella causa 2/74, tutte le proposte di direttiva intese a sopp:
dmere le restrizioni in materia di stabilimento e di libera prestazione dei 
servizi (divenute superflue per l'attuazione della norma del trattamento nazionale). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 651 

necessariamente soltanto ai cittadini dei paesi terzi, non certo a quelli 
degli altri Stati membri. Il principio giuridico secondo cui la lex specialis 
-nella fattispecie, art. 52 del Trattato -prevale sulla norma di carattere 
generale -nella fattispecie, art. 48 del testo unico -escluderebbe 
qualsiasi dubbio in proposito. Sarebbe evidente che, attualmente, non si 
pu� ipotizzare alcuna condizione di reciprocit�, relativamente alla prestazione 
di servizi, nei rapporti fra gli Stati membri, n� al riguardo 
sussisterebbe alcuna incertezza presso gli operatori economici interessati. 

La Commissione avrebbe del resto riconosciuto che l'applicazione 
data in Italia all'art. 48, �lett. a), del testo unico � conforme al Trattato. 
Il Governo italiano aggiunge di aver inoltre indicato, nella risposta al 
parere motivato, che << sar� comunque provveduto ad una precisazione 
legislativa �. 

22. -La tesi del Governo italiano non pu� essere accolta. Va tenuto 
conto del fatto che, bench� in materia la situazione obiettiva sia chiara, 
nel senso che l'art. 52 del Trattato ha efficacia diretta nell'ordinamento 
giuridico italiano, ci� non toglie che -come � stato ritenuto da questa 
Corte nella sentenza 4 aprile 1974 (causa 167/73, COMMISSIONE c. REPUBBLICA 
FRANCESE, Racc., 1974, pag. 359) -la permanenza, nella legislazione 
di uno Stato membro, di un testo incompatibile col Trattato determina, 
con H mantenere uno stato di incertezza drca la possibilit� di fare appello 
al diritto comunitario, una situazione di fatto ambigua per gli interessati. 
Il fatto che la disposizione di cui trattasi sia stata mantenuta 
in vigore senza alcuna modifica costituisce quindi un ostacolo per la libert� 
di stabilimento. Il Governo italiano, del resto, ha ammesso la necessit� 
di porre fine a tale ambiguit�, assicurando, nella lettera 24 aprile 
1978, con la quale rispondeva al parere motivato, che sarebbe stato ben 
presto provveduto <<a promuovere l'emanazione di un provvedimento 
15. -In altri term1ni, una violazione degli obblighi imposti dal Trattato 
C.E.E. potrebbe essere ravvisata, in argomento, soltanto se la � precisa.,ione � 
legislativa sollecitata dalla Commissione C.E.E. potesse riconoscersi � necessaria
�, soltanto se potesse ritenersi, cio�, che l'attuale formulazione della norma 
nazionale impedisce ai cittadini degli altri Stati membri di ottenere il rilascio 
della patente di spedizioniere doganale; e poich� tale � necessit� � deve invece 
ovviamente escludersi, sia P~Yr la rilevanza ed efficacia diretta dell'art. 52 del 
Trattato C.E.E., sia perch� nessun dubbio � ipotizzabile, n� � mai sorto, sulla 
interpretazione da dare alla norma nazionale in discussione, deve necessariamente 
escludersi, di conseguenza, la possibilit� di ravvisare nella specie una 
violazione degli obblighi imposti dal Trattato. 
Certamente, pu� talora risultare opportuna, tanto nell'ambito delle legislazioni 
nazionali quanto rispetto alla normativa comunitaria, una � precisa<.ione >> 
del legislatore, priva di autonomo contenuto normativo e tuttavia utile ai fini 
di una migliore formulazione letterale di una norma; e anche nella specie 
in esame, del resto, � stato gi� espressamente segnalato alla Commissione C.E.E. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

652 

legislativo� per le necessarie precisazioni, anche se finora non ha dato 
seguito a tale impegno. 

23. -Considerato quanto precede, � d'uopo dichiarare che, mantenendo 
invariato l'art. 48, lett. a), del testo unico, senza stabilire alcuna 
deroga, per quanto rigua11da la condizione di reciprocit�, a favore dei 
cittadini degli altri Stati membri, la Repubblica italiana � venuta meno 
agli obblighi impostile dall'art. 52 del Trattato C.E.E.; per il resto, il 
ricorso va respinto. -(Omissis). 
che sar� provveduto quanto prima alla auspicata e sollecitata <<precisazione� 
legislativa. 

Ma non � certo con riguardo o in ragione di tale � opportunit� >>, evidentemente," 
che pu� discutersi di inadempimento o di violazione degli obblighi 
imposti dal Trattato C.E.E. -(Omissis). 

ARTURO MARZANO 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. tm., 12 maggio 1979, n. 2716 -Pres. Rossi -
Rel. Scribano -P. M. Gambogi (conci. conf.) -Bischeri Giorgio (avv. ti 
Menghini, Tortorella) �c. Ministero Marina Mercantile (avv. Stato 
Carbone). 

Competenza e �giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Autorizzazioni 
e concessioni -Ordine di demolizione di manufatto � 
Provenienza �da p.a.� diversa da quella concedente -Mancanza di potere 
sul contenuto �della concessione -Giurisdizione dell'a.g.o. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, a!L E, artt. 2 e 4; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5). 
Rientra nella giurisdizione dell'a.g.o. la domanda di un privato che, 
deducendo la qualit� di concessionario di un terreno di un ente pubblico, 
insorga c.ontro il provvedimento di demolizione di una costruzione da lui 
realizzata su tale .terreno. �!om,esso da una p.a. diversa da quella ,concedente, 
e neghi a quest'ultima la facolt� di incidere sul rapporto di concessione 
al quale � estranea (1). 

(Omissis). -Con l'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione 
il ricorrente pone il problema dell'individuazione del giudice giurisdizionaJmente 
competente nel giudizio da esso promosso contro il Ministero 
della Marina mercantile in relazione al provvedimento di demolizione, da 

(l) Nel caso di specie il privato concessionario aveva impugnato un provvedimento 
di demolizione emesso dalla Capitaneria di porto di Livorno assumendo 
che tale p.a. non aveva facolt� di intervenire sul contenuto della concessione 
fattagli dall'Ente' Maremma; pertanto non � dubbio che egli avesse 
investito il giudice di un'azione diretta obbiettivamente a tutelare il diritto 
derivante dalla concessione. 
Ed infatti la Capitaneria, .essendo estranea al rapporto di concessione, 
non possedeva il potere di degradare le posizioni giuridiche soggettive che 
trovano il loro fondamento e la loro connotazione nell'atto concessivo e che 
solo l'ente concedente avrebbe potuto affievolire esercitando il proprio potere 
di revoca. 

� dunque certo che il � petitum sostanziale� della domanda non rifletteva 
i termini del rapporto di concessione (con la conseguenza di. escludere la giu




654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
questo emesso, di un bungalow costruito dal ricorrente stesso su terreno 
concessogli, a suo dire, dall'Ente Maremma. 
Va osservato in proposito che, ai fini dell'attribuzione di una controversia 
alla cognizione del giudice ordinario piuttosto che a quella del 
giudice amministrativo, occorre indagare se, alla stregua delle norme che 
regolano la relativa materia, Ja posizione giuridica vantata dal privato 
sia di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo, onde stabilire se 
l'ordinamento giuridico gli attribuisca o no la tutela propria dei diritti 
soggettivi. Pertanto, l'indagine sulla giurisdizione si risolve nell'applicaz�ne 
del criterio, ormai costruite nella ~iurisprudenza di queste sezioni 
unite, desunto dall'esistenza o inesistenZa del potere della pubblica amministrazione 
di incidere sulla sfera giuridica del cittadino. Precisamente 
se la legge attribuisce all'amministrazione il potere di operare sulla posi-� 
zione soggettiva del privato, sacrificandola all'interesse pubbJico, la posizione 
giuridica del soggetto �colpito non � di diritto soggettivo e pu� trovare 
tutela solo davanti al giudice degli interessi legittimi; se, per contro, 
la pubblica amministrazione non ha il potere di incidere sulla posizione 
giuridica soggettiva con l'atto che si denuncia come illecito, la posizione 
giuridica del cittadino conserva nella sua integrit�, anche di .fronte alla 
pubblica amministrazione, quella tutela immediata e diretta che l'ordinamento, 
con le sue norme di relazione, accorda ai diritti soggettivi. 
Ora, la situazione giuridica nascente dalla concessione amministrativa 
di un bene si configura, anche nei confronti della pubblica amministrazione, 
come diritto soggettivo, assimilabile ai diritti reali di godimento 
su cosa altrui, sia pure con le peculiarit� derivanti daLl'interesse pubblico 
che ne disciplina le modalit� di esercizio e limita l'autonomia del 
concessionario, diritto che si affievolisce soltanto di fronte al potere di 
revoca, esercitato dall'amministrazione concedente. 
risdizione del T.A.R. prevista dall'art. 5 della legge n. 1034/1971), ma riguardava 
s_<;Jlt~to~!a ppsi:z.i<;Jne di dirJ~to s?g~ettixo ~el .,~W1c"'s~ioii:ario a~~~rso un provvedut;
ento d1 una p.a. terza nei �onfr�nh P-ella quiJJ,e M li~_surrie\'fa non lo 
scorr�:ifto esercizio di un p,otere esistente, ma l'L!lesiste:pza. stessa di ,tale potere_ 
Esclusa inoltre la rilevanza, a fini di dis�riminazione giurisdizionale, di 
una rinnovazione tacita della concessione (v. Cass., sez. un., '28 giugno 1975, 
n. 2545, in Foro Amm., 1976, l, 1799) e della richiesta di annullamento del 
provvedimento di demolizione (perch� il divieto di annullamento dell'atto� 
amministrativo imposto all'a.g.o. comporta soltanto che questo si astenga 
dall'emettere il provvedimento costitutivo; v. Cass., sez. un., 4 agosto 1977, 
n. 3454, Foro it., 1977, l, 2394) esattamente 1e Sezioni Unite hanno indicato 
l'a.g.o. quale giudice fornito di giurisdh.ione. 
Tale indicazione risulta configurata con limpida esattezza ed in completa 
assonanza con i principi consolidati: pertanto non pu� condividersi il rilievo -:.:
,(-:-: 
(v. BARONE, in Foro it., 1979, l, 1371) secondo il quale la decisione conterrebbe 
aspetti di incertezza derivanti da una risoluzione contingente. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 655 

Nella specie il Bischeri, con l'affermare l'esistenza di una concessione 
fattagli sul bene de quo dell'Ente Maremma, persona giuridica 
pubblica, e con il wntestare il provvedimento, di demolizione della costruzione 
edificata su tale bene, emesso dalla Capitaneria di porto di 
Livorno, amministrazione diversa da quella concedente, ha da un lato 
dedotto una propria posizione di diritto soggettivo nascente dalla concessione 
fattagli dall'Ente predetto, dall'altro negato l'esistenza del potere 
dell'altra amministrazione di invadere la propria sfera attinente al diritto 
dedotto, assumendo all'uopo che il terreno de quo non rientra nel 
demanio marittimo. 

Sostanzi�1mente, dunque, la controversia non riflette il rapporto di 
concessione (siocome �conferma il rilievo che essa non verte tra il Bischeri 
e l'Ente Maremma), cosicch� esula sotto questo aspetto la giurisdizione 
esclusiva del Tribunale amministrativo regionale, fissata in 
materia di concessioni dall'art. 5, legge 6 dicembre 1971, n. 1034; ma 
concerne una posizione di diritto soggettivo, nascente da una concessione. 
vantata dal privat� su un bene qualificato non demaniale e riguardo al 
quale viene contestato il potere di incidere di una pubblica amministrazione 
diversa da quella concedente: ci� che, alla stregua della regola 
innanzi ricordata, vale a determinare :la giurisdizione del giudice ordinario. 

Non rileva, poi, sotto il profilo della giurisdizione che esso abbia 
riconosciuto �che la concessione era da tempo cessata e ne abbia implicitamente 
sostenuto la rinnovazione tacita, perch� lo stabilire se la rinnovazione 
di una concessione pu� avvenire tacitamente, se, pertanto 
perduri il diritto soggettivo da essa nascente, costituisce, (cfr. Cass.� 
sez. un., 28 giugno 1975, n. 2545), questione di merito concernente la concreta 
esistenza del diritto, la quale non incide sulla giurisdizione. 

Nemmeno incidere sulla questione di giurisdizione la domanda di 
annullamento del provvedimento di demolizione, in quanto la giurisdizione 
del giudice ordinario, ove sussista �in relazione alla posizione di 
diritto soggettivo fatta valere dal privato, non pu� essere esclusa, (cfr. 
Cass. sez. un., 4 agosto 1977, n. 3457; Cass., sez. un., 21 aprile 1977, n. 1465; 
Cass., sez. un., 8 febbraio 1977, n. 530), per il solo fatto che sia stata proposta 
domanda di annullamento di un atto amministrativo, poich� in 
tale ipotesi il divieto di annullamento, imposto dal giudice ordinario. 
comporta solamente l'obbligo del giudice medesimo di astenersi dall'emettere 
una pronuncia esorbitante dai suoi poteri, ma non anche il 
suo difetto di giurisdizione sulla domanda, esplicita o implicita, di 
accertamento. 

Alla stregua dei criteri e dei princ�pi richiamati non pu� dunque 
dubitarsi della giurisdizione sulla controversia del giudice ordinario, che 
deve perci� essere dichiarata. -(Omissis). i 

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656 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1979, n. 3017 -Pres. D'Orsi -
Rel. Sgroi -P. M. Antoci -Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Cevaro) 

c. Villagarut (avv. Aliotta). 
Espropriazione per p.u. -Indennit� di esproprio -Suscettibilit� edificatoria 
dell'area -Assenza ,di piano regolatore -Esistenza di programmi 
di fabbricazione -Sufficienza -Concrete circostanze di effettiva 
fabbricazione. 

Anche in assenza di un piano regolatore, in forza del generale potere 
di regolamentazione dell'attivit� edilizia riconosciuta dalla legge ai comuni 
(legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 33), questi enti possono indicare i limiti 
di zona e le prescrizioni dei tipi edilizi propri di ciascuna zona in base al 
programma di fabbricazione, predeterminando cos� l'uso degli spazi e il 
vincolo a utilizzarli in aderenza alle caratteristiche precisate in relazione 
ai diversi usi (1). 

(Omissis). -Col primo motivo di ricorso l'amministrazione dei 
LL.PP. deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul 
punto della pretesa suscettibilit� edificatoria dell'area espropriata, nonch� 
violazione dei criteri in base ai quali tale suscettibilit� va determinata 
(art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.). 

La Corte di Palermo ha affermato la natura edificatoria dell'area 
per il solo fatto che essa era compresa nella zona di espansione del 
comune di Salemi, fin dal 31 dicembre 1955, giusta delibera consiliare di 
pari data, in tal modo incorrendo in errore giuridico, perch� la zona di 
espansione non � un piano regolatore comunale (inesistente a Salemi) e 
da una semplice delibera comunale in cui era prevista ,una certa zona di 
espansione non � desumibile l'edificabilit� diretta, che pu� affermarsi 
solo quando l'area � compresa in un piano regolatore. 

A conferma della edificabilit� diretta, 1a sentenza ha elencato una 
serie di dati nei quali ha ravvisato .gli indici di edificabilit� elaborati 
dalla giurisprudenza (il rilascio di licenze edilizie, la presenza di infrastrutture 
necessarie; il facile accesso tramite 'la statale n. 188 e la vicinale 
Giannuzzello; la contiguit� del terreno ad altro, di propriet� dello Stato, 
su cui gi� esistevano varie costruzioni). 

Su t�tti i suddetti punti, peraltro, secondo l'amministrazione ricorrente, 
la motivazione � stata insufficiente e contraddittoria. 

(l) La giurisprudenza ha ritenuto, a prescindere dalle previsioni del piano 
regolatore, sufficienti indici di edificabilit� quelli che si possono desumere 
da concrete circostanze di effettiva fabbricazione (rilascio di licenze edilizie, 
presen<-a di infrastrutture necessarie, facile accessibilit� dalla strada, adiacenza 
a terreni gi� edificati): Cass., 30 maggio 1978, n. 2733. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 657 

Il suddetto motivo � infondato. Sotto il profilo della violazione delle 
norme di diritto, come del resto ammesso dalla Ticorrente, si possono 
considerare solo le norme giuridiche che regolano l'attivit� edificatoria, 
ivi comprese quelle secondarie, e cio� la prescrizioni urbanistiche locali; 
infatti, gli altri indici, attinenti alla c.d. edificabilit� indiretta, non 
sono dettati da alcuna norma giuridica, ma dalla logica che deve presiedere 
all'indagine di fatto sulla concreta edificabilit�. 

Sotto il profilo di diritto � errato che solo dall'esistenza di un piano 
regolatore possa desumersi la destinazione edificatoria di un'area del 
territorio comunale, come zona destiriata nel piano all'espansione dell'aggregato 
urbano, a norma dell'art. 7 n. 2 della legge 17 agosto 1942, 

n. 1150. Anche in assenza di un piano regolatore, in forza del generale 
potere di regolamentazione dell'attivit� edilizia riconosciuto dalla legge 
ai Comuni (art. 33 legge citata), questi enti possono indicare i limiti di 
zona e le prescrizioni dei tipi edilizi propri di ciascuna zona; in base al 
programma di fabbricazione, che nella specie esisteva. 
Si tratta di una predeterminazione dell'uso degli spazi e di un vincolo 
a non utilizzarli se non in aderenza alle �caratteristiche determinate, in 
relazione ai diversi usi prestabiliti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 
1966, n. 792; Cons. Stato, sez. V, 13 maggio 1966, n. 754). Ci si riferisce alla 
legislazione vigente a gennaio 1968, che � l'unica Tilevante in causa, e 
non a quella avente effetto successivamente (legge n. 765 del 1967 e successive 
modifiche). Pertanto, esattamente la Corte di merito ha tenuto 
presente una delibera del cons,iglio comunale di Salemi che comprendeva 
il terreno in questione nell.a .zona di espansione a carattere residenziale 
popolare, ai fini dell'edificabilit�. 

Per quanto riguarda il profilo della sufficienza di motivazione, la Corte 
di merito non � incorsa nel vizio denunciato, peTch� ha tratto il 
suo convincimento dall'esame di un complesso di circostanze (il rilascio 
di licenze edilizie nella zona, nell'arco di 12 anni; la presenza delle 
infrastrutture necess!'l.rie, la facile accessibilit� dalla strada, l'adiacenza 
a terreni gi� edificati) che la giurisprudenza ha costantemente ritenuto 
come indici di fabbricabilit� concreta (Cass., 22 gennaio 1974, n. 172; 
Cass., 30 maggio 1978, J1. 2733, da ultimo). Ci:r,costanze che la ricorrente 
non riesce ad eliminare, ma solo a svalutare (per esempio, quando affermo 
che le licenze edilizie venivano utilizzate in concreto per un'attivit� 
edificatoria minore di quella autorizzava, il che non esclude l'edificabilit�, 
ma d� una misura di essa, influente sul valore; o quando� non 
nega che nel terreno adiacente vi sia una stazione ferroviaria, e cio� una 
infrastruttura essenziale ai f�ni dell'aggregazione urbana). 

In particolare, il giudice di merito non aveva :il dovere di prendere 
in esame argomentazioni basate su un evidente errore di calcolo (dividendo 
in mq. 31.736 per 200 non si hanno 15 lotti, ma 158, il che toglie 



RASSEGNA DElL'AVVOCATURA DELLO STATO

658 

ogni efficacia all'argomento dell'amministrazione basata sull'eccesso di 
spesa per l'acquisizione del terreno, ai fini della costruzione); o sulla 
caratteristica delle strade di accesso, che per essere �statali o vicinali �,. 
non per questo perdevano il carattere di vie di comunicazione; o sulla 
mancanza di valore sintomatico della esistenza nelle adiacenze di costruzioni, 
quando queste erano concesse in locazione ed abitate, come ha accertato 
,la Corte d'appello, o sulla mancanza di infrastrutture, invece, 
accertate dalla C.T.U. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 25 maggio 1979, n. 3018 -Pres. Ferrati 
-Rel. Corasaniti -P. M. (eone. conf.) -Assessorato Agricoltura e Foreste 
della Regione Siciliana (avv. Stato Ferri) c. Soc. �La Primavera
� in n.e. (avv.ti Borrometi, Salemi). 

Competenza e giurisdizione � Sicilia -Opere di miglioramento fondiario 
� Mutuo agevolato � Concorso della regione siciliana nel pagamento 
degli interessi -Rifiuto del visto su stato di avanzamento Risarcimento 
del danno contro la p.a. � Improponibilit�. 

(1. 5 luglio 1928, n. 1760; l. 27 ottobre 1966, n. 910). 
Rilasciato il nulla-osta ad un privato per il concorso nel pagamento 
degli interessi di mutuo agevolato per opere di miglioramento fondiario, 
nell'ipotesi in cui la Regione rifiuti di apporre il visto su uno stato di 
avanzamento di tale opere, non � configurabile un diritto soggettivo del 
privato ad ottenere dall'a.g.o. una pronuncia di illegittimit� del rifiuto ed 
il conseguente risarcimento del danno (1). 

(Omissis). -La sentenza impugnata rilev� che il danno di cui la 
societ� � La primavera � aveva chiesto il risarcimento nei confronti dell'assessorato 
non era quello che sarebbe derivato, in ipotesi, dalla mancata 
emissione del provvedimento concessorio avente per oggetto il contributo 
al pagamento degli interessi previsto dalla legge n. 910 del 1966, 
provvedimento pur costituente il fine ultimo del procedimento amministrativo 
promosso dalla societ� all'assessorato e nel corso del quale era 

(l) Non risultano precedenti in termini. 
Correttamente la Corte di cassazione ha stabilito che il rifiuto del visto 
da parte della Regione -indipendentemente dagli effetti riflessi sull'autonomo 
rapporto di mutuo -deve essere riferito al procedimento amministrativo 
diretto al controllo dei presupposti per l'intervento finanziario e costituisce 
manifestazione di una attivit� funzionale della p.a.: pertanto in relazione a 
tale azione esistono soltanto posizioni giuridiche soggettive di interesse legittimo. 




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 659 

stato rHasdato il nulla osta. Se avesse avuto tale oggetto, la domanda 
-afferma la sentenza impugnata -non sarebbe stata proponibile davanti 
al giudice ordinario non potendosi disconoscere che pur dopo il 
rilascio del nulla osta, del resto rilasciato con l'espressa avvertenza che 
esso non importava impegno ai fini della concessione del contributo, 
,altra situazione non era configurabile in capo all'istante che un interesse 
legittimo alla regolarit� del procedimento concessorio, cos� come � per 
.qualsiasi ipotesi di concessione. Il danno di .cui era chiesto il risarcimento, 
era invece quello derivante dal rifiuto di apposizione del visto 
sugli stati di avanzamento, apposizione cui era subordinata, secondo il 

contratto di mutuo, la riscossione delle ulteriori rate dal mutuo. 

Individuato in tal modo l'oggetto della domanda e osservato che il 
rifiuto del visto, in quanto impediva, in relazione al meccanismo sopra 
,cennato, l'erogazione delle ulteriori rate della somma mutuata, vale a 
,dire l'attuazione del finanziamento da parte dell'istituto di credito, era 
idoneo a produrre danno indipendentemente dal fatto che esso comprometteva 
anche la concessione del contributo regionale al pagamento degli 
interessi, vale a dire la concessione del finanziamento pubblico in 
senso 'stretto (il mutuo, afferma la sentenza impugnata, era dato indipendentemente 
da tale contributo, tanto che Ie parti avevano previsto 
.l'eventualit� che esso mancasse o fosse ridotto ed avevano regolato an,
che in vista di tale eventualit� i propri rapporti), la Corte del merito si 
pose il quesito se il detto rifiuto fosse lesivo di una situazione giuridica 
<li diritto soggettivo. 

E a tale quesito diede risposta affermativa in base alle seguenti 
<:onsiderazioni: 

a) che la normativa sul credito agrario (espressamente richiamata 
<!alle leggi sulle provvidenze per Io sviluppo dell'agricoltura in base alle 
.quali era stata richiesta la concessione del mutuo agevolato e cio� delle 
legge 27 ottobre 1966, n. 910 e 2 giugno 1961, n. 454), ed in particolare 
l'art. 15 del d.m. 23 gennaio 1928 (con cui fu approvato il regolamento 
�di esecuzione del r.d.l. 29" Iuglio 1927, n. 1509 convertito nella legge 5 luglio 
1928, n. 1760), prevede, per il caso di mutui somministrati rateaimente 
secondo un piano tecnico e finanziario, quale condizione per la 
somministrazione delle rate ulteriori, un �accertamento>> della regolare 
,esecuzione delle parti del piano corrispondenti alle somministrazioni gi� 
fatte; 

b) che il <<visto>> dell'assessorato sugli <<stati di avanzamento>> si 

identifica nel detto accertamento ed ha pertanto natura tecnica e vinco


lata, in quanto l'<< ente ed organo di controllo >>, cui esso � demandato, 

,deve limitarsi a riscontrare se le opere eseguite siano quelle previste 

dal piano approvato (nella specie dal piano approvato col rilascio del 

nulla osta) senza operare alcuna valutazione ed in particolare quella, di




660 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

screzionale, se le opere rispondano all'interesse pubblico affidato alle 
cure dell'amministrazione stessa, o no: valutazione (che l'amministrazione 
compir� allorquando, in un momento ulteriore e finale, si determiner� 
se concedere o no le agevolazioni previste dalla legge (nella specie il concorso 
nel pagamento degli interessi); 

c) -che secondo la disciplina legale del procedimento per la con 
cessione prevista dalla legge il nulla-osta, rilasciato sulla base del piano 
approvato, si inserisce nel rapporto di mutuo stipulato fra l'istituto di 
credito e il privato istante, -cosicch� l'attivit� vincolata che l'amministrazione 
spiega in sede di riscontro degli stati di avanzamento viene a 
toccare i diritti e gli obblighi nascenti dal mutuo. 

Ora il ricorrente assessorato della regione sostiene che le esposte 
considerazioni della Corte del merito ,sono erronee, cos� come erronea � 
l'intera interpretazione delle norme sul credito agrario e sulle provvidenze 
per lo sviluppo dell'agricoltura che esse sottendono e pertanto 
er,ronea l'affermazione, cui la Corte del merito pervenne circa l'idoneit� 
del rifiuto di visto a ledere diritti soggettivi e circa la giurisdizione del 
giudice ordinario. Gli argomenti addotti dal ricorrente a sostegno della 
censura possono cos� riassumersi: 

a) l'accertamento della regolare esecuzione delle prime opere (cio� 
dell'esecuzione delle parti del piano tecnico finanziario cui sono commisurate 
le somministrazioni gi� erogate), cui si riferisce l'art. 15 del d.m. 
23 gennaio 1928 per subordinare al risultato positivo di esso l'erogazione 
delle rate di mutuo successive in caso di mutuo rateale, � un accertamento 
che -compete all'istituto mutuante, e che questo, secondo il procedimento 
ivi stabilito per i mutui a somministrazione rateale (obbligatoria 
quando la natura delle opere o dei lavori comporti un impiego 
graduale delle somme mutuate) deve compiere per mezzo di ovgani propri 

o la cui attivit� sia ad esso riferibile; 
b) diversi sono gli atti e gli incombenti propri della pubblica amministrazione 
rin ordine alle provvidenze da essa erogate (prescritti: dagli 
artt. 52, 53 e 54 d.m. 23 gennaio 1958 per il contributo al pagamento 
degli interessi dei mutui agevolati previsto dall'art. 22 della Jegge n. 1760 
del 1928; dagli artt. 34 e 35 deLla legge n. 454 del 1961 per il maggior 
contributo e per gli altri benefici prevtisti dagli artt. 9, 16, 19 e 27 della 
stessa legge; dall'art. 42 e dall'art. 53 della legge n. 910 del 1966 -il 
primo dei quali richiama gli artt. 34 e 35 della legge n. 454 del 1961, ed 
il secondo dei quali prevede la competenza della amministrazione regionale 
in luogo di quella dello Stato -per H maggior contributo e per gli 
altri benefici previsti appunto dall'art. 16 della stessa legge n. 910 
del 1966); 

.��: 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIOIXI DI GIURISDIZIONE 661 

c) tali atti ed incombenti si inquadrano nel procedimento amministrativo, 
preordinato alla concessione delle provvidenze e dei benefici 
sopra indicati, procedimento che � del tutto autonomo rispetto al rapporto 
contrattuale di mutuo anche se :si svolge in parallelo con esso, 
con la conseguenza che il soggetto istante peT l'ottenimento delle provvidenze 
e dei benefici sopra andicati non pu� vantare, rispetto al procedimento 
in parola, che interessi legittimi al pari di ogni soggetto aspirante 
ad una concessione, e che -l'amministrazione rimane estranea al rapporto 
contrattuale di mutuo; 

d) nel detto procedimento -che mette capo alla determinazione 
finale di concessione o di diniego di essa -si inquadrano, al pali degli 
altri atti ed incombenti specificamente previsti, sia il nulla-osta iniziale, 
con cui l'amminist�razione valuta l'ammissibilit� al benefico delle opere 

o lavori in via preLiminare ed astratta, cio� sulla base della semplice 
programmazione (piano), sia il controllo diretto con cui l'amministrazione 
ai sensi dell'art. 54 u.p., del d.m. 23 gennaio 1928, pu� valutare in 
concreto la detta ammissibilit� ad opere o lavori totaLmente compiuti 
(atto assimi�labile ad un collaudo finale), sia il cosiddetto visto sugli stati 
di avanzamento (atto assimilabile ad un collaudo parziale) col quale la 
amminristrazione pone in essere una mera anticipazione del cennato eventuale 
controllo diretto, valutando in concreto l'ammissibilit� delle opere 
o lavori eseguiti fino ad un dato momento; 
e) in relazione al visto o al diniego di esso, dunque, non sono configurabili 
che interessi legittimi, trattandosi di atto teso al perseguimento 
dell'interesse pubblico la cui cura � affidata all'Amministrazione, e non 
rilevando in contrario la sua natura di accertamento tecnico, n� il fatto 
che i contraenti abbiano suborctinato al risultato di tale accertamento posto 
in essere dall'amministrazione, estranea al contratto ed al rapporto 
contrattuale, esclusivamente per i propri fini di pubblico interesse 
-Ja somministrazione delle rate successive. 

La censura � fondata. 

In realt�, come � stato osservato, la sentenza !impugnata 11itenne che 

il diniego del visto fosse idoneo a ledere diritti soggettivi sulla societ� di 

due argomenti: l'uno desunto dalla natura di accertamento tecnico del 

visto, l'altro desunto dal supposto inserimento del visto, o meglio del


l'attiwt� che in esso si esprime, nel contratto fra istituto mutuamente 

e mutuatario. Va osservato anzitutto che le due prospettive non sono 

obbiettivamente convergenti: Ja prima, infatti, concerne il procedimento 

pubblicistico concessorio; la seconda, invece, concerne il rapporto priva


ti:stico contrattuale di mutuo fra H privato istante e l'istituto bancario 

autorizzato ad eserdtare il credito agrario..E �che altro sia l'iter del pro


cedimento concessorio, altro lo svolgimento del rapporto contrattuale 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

662 

anche se essi corrano, in un certo qual modo paralleli, ed i rispettivi momenti 
vers~no in reciproca implicazione di fatto per la ragione che sia il 
concorso dello Stato nel pagamento degli interessi previsto dalla normativa 
sul credito agrario, sia quello, previsto dalle leggi n. 454 del 1961 e 
910 del 1966, sono �concessi in relazione a mutui conclusi nelle forme 
prescritte per l'esercizio del credito agrario -� dimostrato dalle considerazioni 
del ricorrente come sopra esposte, le quali sono tutte da condividere. 
Ed in particolare � dimostrato non soltanto dalla distinta individualit� 
e dalla diversa collocaz,ione topografica, nell'ambito del d.m. 
23 gennaio 1928, delle norme riguardanti il mutuo e di quelle riguardanti 
il concorso, ma altres� dalla considerazione che, mentre questo � eventuale, 
le norme sulla conclusione e sull'esecuzione dei mutui agrari sono 
da osservare per se stesse come attinenti alle modalit� ed agli strumenti 
mediante i quali deve essere esercitato il credito agrario, sottoposto a 
particolare disciplina da parte della legge (artt. 22, 32, 34 del r.d.l. 27 luglio 
1927, n. 1509, conv. nella legge n. 1760 del 1928). La qual cosa, se � 
vera per la normativa riguardante il credito agrario (intesa prevalentemente 
a finalit� inerenti alla regolamentazione e al governo del settore 
del risparmio e del credito e che considera il concorso nel pagamento 
degli interessi piuttosto come un beneficio per l'istituto mutuante che 
per il mutuatario: cfr. art. 52 d.m. 23 gennaio 1928) non � meno vera ed 
anzi � pi� evidente per la normativa concernente l'attuazione degli interventi 
pubblici per lo sviluppo dell'agricoltura (intesa specifioamente 
a finalit� di incentivazione dell'attivit� produttiva nel �Settore dell'agricoltura 
e che considera il concorso nel pagamento degli interessi nel quadro 
di provV'idenze concesse per la promozione della detta attivit�), normativa 
la quale presuppone la disciplina del credito agrario e rico1lega H beneficio 
ad operazioni di mutuo a tasso non SUiperiore a quello autoritativamente 
determinato (cfr. a�rt. 34 legge 2 giugno 1961, n. 454). Con l'ulteriore 
conseguenza che realmente la Corte del merito err� nell'identificare nell'accertamento, 
che l'istituto mutuante deve operare, deH'effettivo impiego 
delle somme anticipate per la realizzazione del piano delJ.e opere o 

dei lavori finanziati mediante il mutuo rateale quale �Condizione per la 
erogazione delle �somme ulteriori, un'attivit� dell'amministrazione, quale 
quella che si esprime nel visto, da ricondurre invece al sistema dei controlli 
e delle verifiche che l'amministrazione ha il potere di compiere ai 
fini della regolarit� di un'operazione di intervento pubblico. 

Del resto la stessa sentenza impugnata avverte la necessit� di distinguere 
fra i due piani. Infatti da un lato essa ricollega la configurabHit� 
di diritti soggettivi rispetto �al << V'isto � (e pertanto la possibilit� della 
lesione di tali diritti nell'ipotesi di rifiuto del medesimo) alla natura di 
accertamento tecnico, obbiettivo, propria del visto stesso, considerato 
dunque come atti d'autorit� suscettivo di incidere ab extra sulla posi




PARTE I, SEZ. Ili, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 663 

zione della societ� � La Primavera �, analizzato nella sua struttura, e 

ritenuto� idoneo, per la sua struttura, ad operare tale incidenza, con im� 

plicito richiamo alla nozione della responsabilit� extra-contrattuale. Per 

altro verso la sentenza riferisce la Iesivit� del diniego del visto al s�o 

strt!tto collegamento col contratto di mutuo, attribuendo cos� al visto 

stesso e all'attivit� che in esso si esprime una funzione nell'ambito cf�l 

rapporto contrattuale o dell'esecuzione del contratto, e ravvisando la le


sivit� nel manc�to� adempimento a tale funzione con implkito richiamo, 

dunque, alla nozione della responsabiHt� contrattuale. 

Ma, anche a considerare separatamente le due ipotesi costruttive, la 
seconda, e cio� quella concernente un supporto inserimento del � visto )) 
nel rapporto contrattuale o nell'esecuzione del contratto (secondo l'an~ 
golazione della responsabilit� contrattuale), � da respingere -per ~e ragioni 
gi� esposte, se formulata, come � formulata dalla sentenza impu� 
gnata, sulla base di un asserito inserimento � lege, e precisamente ex 
art. 15 d.l. 23 gennaio 1958. Ne d'altra parte essa potrebbe trovare accoglimento, 
atteso il carattere pubblicistico dell'attivit� che si esprime nel 
visto quale attivit� amministrativa di 'controllo e di verifica dei presupposti 
richiesti per la concessione dei benefici, se formulata sulla base di 
un asserito inserimento negoziale sotto forma di partecipazione del~ 
l'amministrazione al contratto di mutuo. E del pari, sempre per la stessa 
ragione, non .potrebbero essere utilmente delineate ipotesi di responsabilit� 
contrattuale _fondate sull'affidamento dell'amministrazione di un 
incarico di verifica tecniCa da parte e nell'interesse .dell'istituto mutuante 
. (ipotesi, questa, non prospettata dall~attrice la quale altrimenti avrebbe 
convenuto �in giudizio l'istituto mutuante), ovvero ~i�ramdamen~o all'amministrazione 
di un incarico . di verifica te�.nica da parte e nell'in te� 
resse sia dell'istituto mutuante che del mutuatario (ipotesi, questa, di 

,, perizia contrattuale� che neppure sembra prospettata). 

Quanto alla prima ipotesi, di asserita idoneit� del (diniego di), visto, 

ancorch� atto d'autorit�, a ledere diritti soggettivi in considerazione della 

sua natura di accertamento tecnico (secondo l'angolazione della respon


sabilit� extra-contrattuale), � sufficiente ribadire che il visto (o il diniego 

di esso) � riferibile ad un'attivit� fu:n7lionale della p.a. volta a verificare 

che le opere o lavori giudicati in astratto ammissibili al concorso della 

regione nel pagamento degli interessi, si svolgano gradualmente in 

concreto in modo tale da presentare il requisito di ammissibilit� e �da 

costituire quindi valido presupposto del beneficio. Si tratta; cio�, di una 

forma di .controllo (recte: accertamento) interno al procedimento con


cessorio e avente per oggetto la ricorrenza dei presupposti della conces


sione, accertamento rispetto al q1;1ale sono configurabili, in chiunque ri


vesta una posizione rientrante nell'area .del potere concessorio e sia 

pertanto esposto a subire gli effetti propri dell'esercizio del medesimo, 

6 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

664 

soltanto interessi legittimi. N� varrebbe opporre che la spoiet� � La Primavera
� oltre ad una siffatta posizione quale aspirante al beneficio, ne 
rivestiva . un'altra quale mutuataria in virt� di un contratto .contenente 
la dausola sopra considerata, sicch� gli effetti dell'attivit� di rilascio o 
diniego del visto. erano suscettivi di incidere sui suoi diritti contrattuali 
verso l'istituto ~utuante. � agevole_ replicare che la paventata e denunciata 
incidenza risale in tal 'Caso non agli effetti propri dell'attivit� in 
parola, bens� al contratto che ricoHegava conseguenze nell'ambito di esso 
al risultato dell'attivit� stessa considerato come fatto obbiettivo. Dimodocch� 
�una responsabilit� extra contrattuale dell'amministrazione sotto 
il profilo della lesione del credito sarebbe stata configurabile (attesa la 
pi� volte ribadita estraneit� reciproca fra rapporto contrattuale e procedimento 
amministrativo e :la ascrivibilit� al solo contratto di una influenza 
nel rapporto contrattuale del risultato dell'attivit� amministrativa) 
non gi� in relazione alla mera invalidit� o illegittimit� del diniego 
di visto sotto qualsiasi profilo (i vi compresi. quelli della non aderenza 
dell'accertamento a fatti obbiettivamente verificabi1i e del connesso difetto 
di motivazione), ma, eventualmente, in relazione ad un uso distorto 
della funzione, fatto al solo fine di indurre il mutuante all'inadempimento 
e di danneggiare <in tal modo il mutuatario. 

In accoglimento del ricorso va dunque negata Ja giurisdizione del 
giudice ordinario, cassandosi l'impugnata sentenza senza rinvio. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 6 giugno 1979, n. 3183 � Pres. Novelli -
Rel. Fabi -P. M. Ber11i �concl. diff.) -Ministero della Pubblica Istruzione 
ed E.N.P.A.S. (avv. Stato Ferri) c. Cursi (avv.ti Cri!santi �. Mancini). 


Competenza . e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Indennit� 
di buonuscita spettante a dipendente dello Stato -Giurisdizione 
dell'a.g.o. 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ovdinaria ed amministrativa Anticipato 
collocamento a riposo per benefici combattentistici . Giurisdizione 
del giudice amministrativo . . 

Spetta alla giurisdizione de~ giudice ordinario conoscere della domanda 
del dipendente statale diretta ad ottenere dall'E.N.P.A.S. l'indennit� 
di buonuscita (1). 

(l) Giurisprudenza costante nel senso della massima. 
Vedasi per tutte, le sentenze citate in motivazione, Cass., 24 ottobre 1977, 
n. 4554, e 15 settembre 1977, n. 3971, mGiust. civ. Mass., 1977, ,1817 e 1612. 
.' 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 665 

Spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo conoscere delle 
controversie concernenti l'anticipato collocamento a riposo in applicazione 
delle leggi sui benefici ai combattenti (2). 

(Omissis). -.Il prof. Giovanni Cursi conveniva in giudizio dinanzi al 
pretore di Bologna, quale giudice del lavoro,-il Ministero della Pubblica 
istruzione e l'E.N.P.A.S. Esponeva l'attore di essere insegnante di ruolo 
presso l'Istituto tecnico mercantile statale � G. Marconi � di Bologna, e di 
aver presentato in detta qualit� domanda di collocamento a riposo invocando 
i benefici di cui alle leggi 24 maggio 1970, n. 336 e n. 824 del 1971 
senza peraltro ottenere la emanazione del richiesto provvedimento e la conseguente 
liquidazione del trattamento di quiescenza. Chiedeva pertanto: 
a) in via preliminare, accertata la regolarit� dell'istanza, darsi atto del 
diritto quesito a:l regime giuridico corrispondente all'immediato collocamento 
in pensione anticipata; b) .nel merito, affermata la competenza del 
giudice adito, dichiararsi tenuto e condannarsi I'E.N.P.A.S. a corrispondere 
all'istante la somma dovutagli per indennit� di fine rapporto, con 
gli interessi di legge� a decorrere dal lo settembre 1974, nonch�, a titolo 
di danno, i maggiori interessi correnti sul mercato bancario, nella mi


sura da precisarsi in corso di giudizio e non inferiore all'8%; c) in subordine, 
previo controllo dell'attivit� amministrativa svolta dall'Ispettorato 
riscatto e pensioni del Ministero della PubbUca istruzione, in Roma, e 
del Provveditore agli studi di Bologna, nella ipotesi di omissioni o remore 
nell'applicazione della legge invocata dall'istante, dichiararsi tenuto e 
condannarsi l'ufficio o il funzionario in proprio, ai sensi e rper gli effetti 
del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in relazione all'art~ 28 della Costituzione, 
al risarcimento del danno recato; d) in via istruttoria, previa nomina ed 
audizione dell'Istituto di assistenza sociale legalmente riconosciuto, e che 
sarebbe stato indicato, nominarsi consulente tecnico per la qualificazione 
definitiva del dovuto, sia ai fini liquidatori �che pensionistici. Il tutto, con 
rifusione totale delle spese, dei diritti ed onorari. 

Nel corso del giudizio cos� instaurato ril Ministero e l'E.N.P.A.S., dopo 
avet eccepito, dinanzi al pretore adito, il difetto di giurisdizione del giu-

In senso contrario la Corte dei conti ritiene che le appartenga la giurisdizione 
esclusiva in materia di indennit� di buonuscita che, come la pensione, 
ha natura giuridica di retribuzione differita, v. Corte dei conti, se~. III, 16 febbraio 
1977, n. 38J17, in NuOvo dir., 1977, 368, con nota di S. SPRECOLA. 

(2) Per i precedenti, v. Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 1976, n. 832, in 
Consiglio di Stato, 1976, I, 946, e Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1976, n. 204, ivi, 
1976, I, 539. 
In dottrina, cfr. VIRGA, Il pubblico impiego, Milano, 1973, 677. 



666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dice ordinario a conoscere della controversia, hanno� proposto dinanzi a 
queste sezioni unite ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. 
Resiste, mediante controricorso, il Cursi. 

~OTIVI DELLA DECISIONE 

:{�ertanto l'assunto dei ricorrenti la pretesa fatta valere in giudizio 
(anticipato collocamento a riposo con i benefici concessi dalla legge n. 336 
del 1970 e ,trattamento di quiescenza con riferimento alla pensione e alla 
indennit� di fine rapporto esulerebbe dalla giuris�lizione del giuilice ordinario, 
anche nella veste di giudice del .lavoro e delle controversie in 
materia di previdenza e-ass!i.stenza obbligatorie. 

Sotto un primo pr<?filo, si soggiunge, perch� il collocamento a riposo, 
cui l'impiegato ha diritto, consegua i suoi effetti giuridici, � necessario 
un provvedimento formale �che ne accerti i presupposti. Orbene, mancando 
il provvedimento,� la domanda intesa ad ottenere una pronuncia� giudizia�e 
in una sostituzione relativamente al collocamento a riposo � al 
riconoscil;nento dei diritti pensionistici.spetta, a norma dell'art. 62 del r.d. 
12 luglio 1934 (t.u. delle leggi� sull'ordinamento della Corte dei conti), a!lla 
competenza giurisdizionale della Corte dei conti medesima.� 

Per ci� che concerne invece l'indennit� di fine rapporto, cui � tenuto 
l'E.N.P.A.S. -traendo il relativo diritto titolo diretto e immediato dal 
rapporto di pubblico impiego -tale pretesa viene attratta neW�mbito 
della giurisdizione esclusiva amministrativa. Peraltro il giudice ordinario, 
pur nella ipotesi della natura previdenziale della controversia, non potrebbe 
verificare, neppure in via incidentale, la legittimit�. della situazione 
consistente nel difetto di collocamento a riposo, traducendosi in tal .caso 
la �pronuncia in una ingerenza diretta nel rapporto rj.servata specificamente, 
come si � detto, in via sostitutiva ad altra giurisdizione, e 11on 
essendo il;nmaginabile neppure un conco11rente esereizio di due giurisdizioni 
diverse per l'imprescindibile nesso genetico fra rapporto di pubblico 
impiego e rapporto previdenziale: il quale fa si che l'indennit� di 
buonuscita non possa essere attribuita a favore del dipendente che, per 
difetto del collocamento a riposo, risulti tuttora in �servizio. 

La deduzione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario � fondata 
soltanto in parte, mentre � inesatta la invocata. determinazione dell'autorit� 
giurisdizionale cui� spetta, per lo stesso oggetto, la cognizione� 
della� controversia. 

E' opportuno precisare preliminarmente, nell'ambito di una impostazione 
logica che consenta di semplificare il problema giurisdizionale 
sfrondandolo degli aspetti di pi� agevole soluzione, come, secondo la 



PARTE I, SEZ: III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 667 

pi� recente e. costante giurisdizione del giudice ordinario conoscere della 
domanda del dipendente _statale intesa ad ottenere dall'E.N.P.A.S. l'indennit� 
di buonuscita dovutagli (cfr. fra le ahre, se:~;. nn., 24 ottobre 1Q77, 

n. 4554 e 15 settembre 1977, n. 3971). 
A fondamento di siffatto principio sono stati posti in rilievo ril carattere 
intrinsecamente previdenziale della indenn~t� medesima, l'aspetto 
soggettivo del rapporto (fra dipendente e E.N.P.A.S., e non fra dipendente 
e l'amministrazione cui esso appartiene), nonch� l'autonomia del 
diritto, rispetto al quale il rapporto di pubblico impiego funge non gi� 
da momento genetico, ma da semplice parametro nell'amqito di un colle


gamento estrinseco, e l'attivit� dell'amministrazione statale � semplicemente 
preparatoria. 

Pu� dunque affermarsi, quanto aHa doman:da del Cursi averita ad 
oggetto l'indennit�, che essa appartiene alla giurisdizione del giudice or-. 
dinario, salvi i problemi di carattere meramente processuale che possano 
dipendere dalla necessit� di accert;;trne incidentalmente i presupposti 
sostanziali (sent. cit. n. 3971 del 1977), o dalla pendenza di autonoma 
controversia al riguardo nella sede opportuna. La questione di giurisdizione 
si restringe cos� alle domande sub a) conc�rnenti l'anticipato 
collocamento a riposo in applicazione delle leggi sui benefici ai combattenti, 
cui � condizionato il regime pensioni:stico conseguente .. E, a questo 
proposito, deve essere esaminato l'art. 62 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 

(t.u. delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti) secondo il quale: 
� contro. i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico 
totale o parziale dello Stato � ammesso il ricorso alle competente sezione. 
della Corte, la quale giudica con le norme di cui agli articoli seguenti. 
nonch� le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga lungo del 
Alla medesima sezione sono .d~voluti anche tutti gli altri ricorsi in 
materia di epnsione, che leggi speciali attribuiscono dalla Corte dei conti, 
decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate 
nell'irppiegato de~lo Stato o nel militare �le condizioni dalle quali, secondo 
le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione assegno o indennit� 
(omissis) �. 

Questa norma va interpretata alla stregua del precedente art. 13, 
comma 13, �omma 12, e dell'art. 17 t.u. 21 gennaio 1965, n. 70, che ricollegano 
il diritto a pensione al decreto di collocamento a riposo, nonch� 
con riferimento aH'art. 63 deNo-stesso r.d. n. 1214 del 1934, che fissa i 
termini .per l'istanza intesa ad ottenere la sentenza sostitutiva con decorrenza 
dal rifiuto del Ministero a emettere il decreto di collocamento a 
riposo dipenda a sua volta dalla applicazione delle leggi in favore degli 
ex combattenti, si potrebbe concedere che la �giurisdizione spetti ancora 



668 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla Corte dei conti ove Ia soluzione di quella questione (come il computo 
ad es., di un maggior periodo di servizio utile) influisca semplicemente 
sul �calcolo della pensione e non sul rapporto di impiego e -sullo 
stato deH'impiegato (Cons. Stato, sec. IV, 29 marzo 1977, n. 278). Per converso, 
quando l'applicazione delle �leggi medesime incid� invece su1lo status 
del dipendente, e sulla stessa durata del rapporto di impiego, in relazione 
alia cessazione del servizio �che si voglia anticipata, e quindi, in 
definitiva, sui modi e sui tempi dello svolgimento del rapporto, in tal 
caso -analogo alla specie -data la intrinseca e assoluta connessione 
fra i problemi predetti (applicazione delle leggi a favore degli ex combattenti 
-collocamento a riposo anticipato), e la loro diretta incidenza 
sul rapporto di pubblico impiego (che non renderebbe concepibile una 
pronuncia rmeramente incidentale al riguardo-fanno s� che la controversia 
sul diritto all'anticipato colilocamento a riposo di cui si � detto 
non possa essere sottratta alla giurisdizione amministrativa esclusiva, 
trattandosi di dipendente statale (Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 1976, 

n. 832), o al giudice ordinario, in caso di dipendenti da enti pubblici 
economici (sez. un., 14 ottobre 1971, n. 2896 e� 24 giugno 1976, n. 2352). 
Ci�, quanto al presupposto del riconoscimento del diritto a pensione genericamente 
invocato dallo istante. 
Per ~a indennit� di buonuscita, poi, la cui domanda, in s�, spetta, 
come si � detto, aUa cognizione del giudice ordinario, la questione dell'anticipato 
�collocamento a riposo da parte della p.a. rientra a maggior 
ragione nell'ambito della giurisdizione esclusiva, e non in queUa della 
Corte dei conti, posto che, data la natura previdenziale deUa indennit�, 
esula comunque dalla controversia ogni problema di carattere :pensionistico. 


Questa Corte non � tenuta a pronuiJici:arsi sotto il profilo deHa giurisdizione 
in ordine alla domanda di risarcimento danni per responsabilit� 
della pubbUca amministrazione o dei suoi dipendenti, trattandosi 
di istanza formulata su presupposto formulato in via del tutto eventuale; 
n� in ordine a1He richieste istruttorie per la quantificazione del 
dovuto, dato l'assorbimento della pronuncia nella operata determinazione 
della giurisdizione. 

In conclusione, deve dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a 
conoscere della domanda di collocamento a riposo in applicazione delle 
leggi sui combattenti nonch� la giurisdizione del giudice ordinario su 
quella intesa al conseguimento della indennit� di buonuscita. -(Omissis). 

l��� 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 669 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 22 ottobre 1979, n. 5466 -Pres. Rossi 
-Rel. Seribano -P.M. Saja (Conci. conf.) Merli Nino (avv. CannadaBartoli) 
c. Procura Generale della Corte dei Conti e Ministero .,,del 
Tesoro (avv. Stato Carbone). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Corte 
dei conti -Proposizione dopo l'udienza di discussione e prima 
della pubblicazione della decisione � Inammissibilit�. 

E inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione 
proposto prima delia. pubblicazione della sentenza della Corte dei 
Conti, ma dopo l'udienza di discussione sul relativo giudizio (1). 

(Omissis). -Con citazione del 20 agosto 1977 il Procuratore gene� 
rale deHa Corte dei conti ,conveiifl.e davanti alla medesima Corte il prof. 
Nino Merli, preside di scuola media statale della-provincia di L'Aquila, 
esponendo �he lo stesso, eletto consigliere della Regione Abruzzo, aveva 
tardivamente richiesto il collocamento in .aspettativa, in violazione della 
prescrizione posta dall'art. l, legge 12 dicembre 1966, n. 1078, ed aveva 
continuato a ricevere per intero gli emolumenti a carico dell'ammiDi� 
strazione statale nel periodo dal 7 giugno 1970 al 31 ottobre 1971, percependo 
cosi illegittimamente [a complessiva somma di Hre 4.725.362; chie� 
se perci� che lo stesso fosse condannato al pagamento di tale somma 
in favore dell'erario. 

Costituitosi nel giudizio H Merli eccep� pregiudizialmente il difetto 
di giurisdizione della Corte dei Conti, contest� nel merito la fondatezza 
della domanda e ne �hiese il rigetto. 

Con sentenza del 6 febbraio 1978 la Corte dei conti dichiar� la propria 
giurisdizione e con separata ordinanza provvide sull'ulteriore corso 
del giudizio. 

Prima della pubblicazione di tale sentenza il Merli aveva proposto 
con ricorso del 7 gennaio 1978 istanza di regolamento preventivo cl,i 
giurisdizione. 

(l) Non risultano precedenti in termini per quanto riguarda H giudizio 
dinanzi alla Corte dei conti. 
Per il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato -ma con motivazione generale 
e, perci�, applicabile comunque nei casi di momenti diversi. fra discussione 
della causa e pubblicazione della decisione -v. Cass., 3 giugno 1978, 

n. 2773, in Giust. Civ., 1978, I, 988, e, in dottrina, CAIANELLO, Lineamenti del 
processo amministrativo, Vtet, Torino, 1979, pag. 189, e ANDRIOLI, in nota a 
Cass., 20 dicembre 1972, n. 3632, in Foro it., 1973, III, 35. 

670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Resiste con controricorso il procuratore generale della Corte dei 
conti. 

)I ricorrente ha presentato memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

In accoglimento deLla richiesta del procuratore generale di questa 
Corte Suprema va dichiarata�. l'inammissibilit�� del ricorso per regolamento 
pre-yentivo di giurisdizione, avanzato dal Merli, perch� proposto 
nella fase del giudice di primo grado compresa tra l'udienza di assegnazione 
della causa in decisione e la pubblicazione della sentenza. 

Mutando il proprio precedente indirizzo q�este sezioni unite, hanno, 
infatti, recente'mente affermato, (sent. 3 giugno 1978, n. 2773), il'inammissjbHit� 
del ricorso proposto in tale fase. 

A _questa conclusione le sezioni unite sono pervenute considerando 
essenzialmente che nel quadro del :problema non rileva che la sentenza, 
p~ima della pubblicazi�ne, non esiste nella . sua configurazione tipica e 
non pu� spiegare gli effetti suoi propri, tanto pi� che la norma dell'art. 
l c.p.c., nel fissare il momento ultimo per J.� proposizione dell regolamento 
si riferisce, pi� che alla sentenza, alla decisione, la quale costituisce 
atto deliberativo sicuramente distinto dalla senrtenza stessa; che 
il punto centrale della questione consiste piuttosto nel riconoscere o 
negare alla parte ,Ja facolt� di incidere sul procedimento fino al punto 
di eliminare, per sua discrezionale iniziativa, dalla sfera del giuridicamente 
rilevante la. decisione gi� deliberata ancorch� non an�ora pubblicata; 
e che sotto tale profilo non pu� non tenersi presente che il vigente 
sistema processuale, pur avendo tra i prOpri cardini il principio dispositivo, 
ne circoscrive l'operativit� entro invalicabili limiti: tra questi va 
annoverata la regola che impedisce di dare rillevanza a vicende discrezionalmente 
poste in essere dalla pa[lte (e non assoggettate. ad alcuna 
remora o controllo) al fine di spogliare della potestas decidendi il giudice 
che abbia trattenuto la causa per la decisione in quanto gi� tenuta 
la relativa udienza di discussione, al di l� della quale ~a part� non pu�; 
per regola g~neralissima, minimamente influire su quella potest�. 

In aderenza �lle considerazioni esposte ed alla conclusione su.di esse 

fondate -pienamente meritevoli le une e l'aJltra di essere �condivise 


deve quindi ritenersi che da quella udienza in poi sia interdetta alla parte 

la facolt� di proporre il regolamento: conseguentemente va dichiarata 

la inammissibilit� del ricorso per regolamento preventivo di giurisdi


zione proposto dal Merli prima della pubblicazione del[a sentenza della 

Cort� dei conti ma dopo/ l'udienza di discussione nel relativo giudi


zio. (Omissis). 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 671 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 25 ottobre 1979, n. 5575. � Pres. Sbrocca 
-Rel. Ruperto -P.M. Gambogi (cond. conf.) � Azienda Au:tonoma 

F.S. (avv. Stato De Francisci) -c. Gallori Ezi� e Pazzelli Giannetto 
(avv. Proto Pisani e Manfredini). 
Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Procedimenti 
urgenti ex art. 700 c.p;c. in materia appartenente alla 
giurisdizione del gi~dice amministrativo � Difetto di giurisdizione 
dell'a.g.o. 
(art. 700 c.p.c.; l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, -art. 4). 

Il pretore non ha giurisdizione ad emettere provvedimenti urgenti 
ex. art. 700 c.p.c. nelle .materie riservate alla _giurisdizione del giudice 
ammniistrativo (l). 

(Omissis). -Con ricorso depositato il 7 aprile 1976 Ez1o Gallori e 
Giannetta Pazzelli, dipendenti dell'Azienda autonoma F.S. nel ruolo del 
personale di macchina, esponeva al pretore di Firenze, in funzione di 
giudice del Lavoro, che il periodo di tempo in cui detto personale viene 
lasciato << disponibile � a casa, per averne utilizzazione in servizio, non

1

viene dall'amministrazione ferroviaria 'considerato come .orario di lavoro 
e quindi retribuito. Sostenevano che venivano cos� violate, sia le 
norme della legge 13 agosto 1969; n. 591, sull'orario di 'lavoro del personale 
dell'Azienda autonoma F.S., sia la norma dell'art. 2087 c.c. sulla 
tutela delle condizioni di lavoro, sia le norme costituzionali sul diritto 
ad �una retribuzione adeguata. Chiedevano, quindi, che venisse dichia


(l) Non constano precedenti in termini. 
Gi� in precedenza Ja� Corte Suprema (cfr. Cass., 24 febbraio 1975, n. 693, 
in Giust. civ. Mass., 1975, -317) aveva affermato che la giurisdizione spettante 
ad �un determinato g~udice in ordine alla� domanda principale, si estende necessariamente 
alla domanda di procedimento cautelare proposta nello stesso 
processo, �sempre che fra le domande stesse esista un preciso vincolo strumentale 
consistente nell'identificazione della tutela provvisoria e cautelativa 
con quella perseguita in via definitiva. 

Peraltro va osservato che il tema qui deciso � di assai pi� ampio respiro 
rispetto a quello precedente perch� diretto a risolvere un attuale e grave 
problema: quello, cio�, di un'eventuale giurisdiLione generale del giudice civile l adito ex art. 700 c.p.c. ad emettere provvedimenti d'urg�nza (specie anticipatori 

l

della decisione di merito) in materie appartenenti alla giurisdizione di altri 
giudici. l 

La presente decisione, in quanto correttamente ed autorevolmente risolve l in senso negativo�. tale quesito, � destinata a mettere fine ad un diverso indirizzo 
giurisprudenziale di alcuni pretori i quali -specie in vertenze attinenti 
al pubblico impiego -avevano tentato di sovvertire ogni ordine giurisdizio


l 

nale mediante l'applicazione del citato art. 700 c.p.c. anche a controversie 
appartenenti alla giurisdizione del giudice amministrativo. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

672 

� rata l'illegittimit� di una siffatta regolamentazione, prevista solo da circolari, 
nonch� la nullit� dei provvedimenti disciplinari adottati nei loro 
confronti a motivo della condotta assunta al riguavdo, e che venisse ordinato 
all'amministrazione di astenersi in futuro dal non constderare 
lavorato il periodo di disponib1lit�, con eventuale rimessione degli atti 
al p.m. in caso di riscontrata esistenza di reato per violazione dei limiti 
dell'inderogabilit� sull'orario di lavoro. 

Il pretore fissava l'udienza di discussione, in 'cui compariva l'Azienda 
autonoma delle F.S., la quale eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione, 
chiedeva la sospensione del provvedimento dichiarando d'aver 
proposto ricorso per regolamento della giurisdizione,� e comunque impugnava 
nel merito la domanda. Che tale ricorso, regolarmente not1ficato e 
depositato, l'azienda chiedeva infatti che le sezioni unite dkhiarassero il 
difetto di giurisdizione dell'A1g.o., spettando la cognizione della controversia 
al giudice amministrativo. 

Intanto Galloni e Pazzelli, con altro riiCorso depositato '�il 26 aprile 1976, 
chiedevano allo stesso giudice del lavoro, ai sensi degli artt. 700 e 701 c.p.c., 
l'adozione dei provvedimenti�d'urgenza e cautelari idonei ad assicurare gli 
effetti della decisione di merito, attraverso l'ordine delle F.S. di �stenersi, 
sotto comminatoria della sanzione penale di cui all'art. 388, secondo comma, 
c.p., dal considerare come nolll lavorato il tempo di c.d. disponibilit� 
e la 'Conseguente ingiunzione di rimuovere gli effetti deile illegittime sanzioni 
disciplinari inflitte ai ricorrenti. 

L'Azienda autonoma presentava allora nuovo ricorso per regolamento 
di giurisdizione con riguardo all'ulteriore provvedimento instaurato 
da Gallori e Pazzelli, procedimento che perci� veniva sospeso dal pretore 
ai sensi dell'art. 367 c.p.c. 

A�quest'ultimo ricorso resistevano con controricorso Gallori e Pazzelli, 
eccependone preliminarmente l'inammissibilit� e chiedendo poi in 
via �gradata; a) la declaratoria d'illegittimit� de1la sospensione disposta 
dal pretore; b) la declaratoria della sussistenza della giurisdizione del. 
giudice ovdinario; c) la rimessione degli atti alla Corte costituzionale 
perch� si pronunci sulla 'Costituzionalit� degli artt. 41, 367 e 700 c.p.c. 
illl quanto irtterpretabili in senso contrao:io a tali richieste. 

~OTIVI DELLA DECISIONE 

Vann0 anzitutto riuniti i distinti procedimenti instaurati a seguito 
della presentazione delle due istanze di regolamento da parte dell'Azienda 
autonoma della F.S.; istanza che, peraltro debbano essere prese in 
separato esame, come appresso. 

Orbene,-con la prima, la ricorrente Azienda autonoma ha chiesto la 
declaratoria del difetto di giurisdizione deU'a.g.o. a pronunciare sulle do




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 673 

mande proposte �a Gallori e Pazzelli col ricorso al pretore del 7 aprile 
1976. 

A tale istanza non hanno resistito in questa sede gli stessi Gallori 
e Pazzelli, .che, come precisato in narrativa, hanno controricorso solamente 
avverso la seconda istanza di regolamento. 

Essa � pienamente fondata, alla stregua dell'ormai consolidata giurisprudenza 
di questa Suprema Corte, secOIIdo cui Ja giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo si estende a tutte le controversie derivanti 
dal rapporto d'impiego pubblico, ogni qualvolta la pre.tesa dedotta 
in giudizio trovi comunque il suo titolo nel rapporto stesso, nel senso 
che questo funzioni da momento genetivo ed immediato deUe situazioni 
soggettive che si assumono lese dall'ente. E non � minimamente dubitabile 
che nella specie le domande degli attori attengono a situazioni nascenti 
in modo diretto ed immediato da un rapporto di pubblico impiego. 
Il che basta, dunque, anche a prescindere da ogni aUra possibile 
considerazione, per dichiarare la giurisdiziOIIe esclusiva del giudice� amministrativo 
a conoscere delle domande stesse. 

Con la seconda istanza di regolamento, poi, l'Azienda autonoma ha 
chiesto che i�l difetto di giurisd~zione venga dichiarato pure relativamente 
alla domanda proposta ex art. 700 c.p.c. davanti allo stesso pretore da 
Gallori e Pazzelli. 

Questi ultimi hanno pregiudizialmente eccepito ~'inammissibilit� di 
tale istanza, sostenendo che l'istituto del regolamento di giurisdizione non 
� applicabile ai procedimenti d'u1.1genza. Ma l'eccezione va disattesa, in 
conformit� al costante orientamento di queste Sezioni Unite, per il 
quale la normativa sul regolamento preventivo di giurisdizione non � 
affatto incompatibile con quello sui procedimenti cautelari. Le ragioni 
addotte in contrasto dagli eccipienti, tanto meno valgono nella Stpecie, 
in quanto i provvedimenti urgenti sono stati richiesti da Gallori e Pazzelli 
nel �corso di un giudizio di merito gi� da loro instaurato, per cui 
nessun pregio ha il richiamo da loro fatto alla formula dell'art. 41 c.p.c., 
che -come essi hanno tenuto a sottolineare -� paria solo di causa 
di merito in primo grado �. 

N� una volta disattesa detta ecceziOIIe pregiudiziale, pu� esser presa 

in considerazione la subordinata richiesta dei controricorrenti di � di


chiarare l'illegittimit� della sospensione ex art. 367 del procedimento 

d'urgenza �. Il problema della sospensione, infatti, riguarda esclusiva


mente H giudice che l'ha disposta, cio� il pretore, non involgendo una 

questione di giurisdizione, come queste sezioni unite hanno gi� altre 

volte precisato. 

Quindi, si deve senz'altro passare. all'esame dell'istanza di regolamen


to e stabilire se il pretore abbia giurisdizione ad emettere provvedimenti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

674 

d'urgenza ex art. 700 c.p.c. anche nelle materie riservate a\lla giurisdi


zione esclusiva del giudice amministrativo, come sostengono i controri


correnti in via ancora pi� subordinata, ovvero ne sia carente, come in


vece sostiene l'Aziend� autonoma. 

Ebbene, a stregua dei princ�pi generali pi� volte enunciati da queste 
. sezioni unite, la sol!llZione da accogliere �� la seconda. � 

Quando, infatti, come nella specie, la tutela giuridica perseguita in� 

via provvisoria e cautelare &i identifichi con queLla perseguita in via 

definitiva attraverso il giudizio di merito, � chiesto che il richiesto prov


vedimento giudiziale d'urgenza viene a tradursi inevitab~lmente nella 

revoca,. sia pure di carattere temporaneo, d'un atto amministrativo e 

nella imposizione d'un �facere alla p,a.: conseguenze, queste, che ovvia~ 

.mente infrangerebbero il divieto sancito dall'art. 4 legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E. Ragion per .cui � stato gi� ritenuto che, ove sussista il 
suddetto nesso tra la domanda d'un ;provvedimento cautelare e la domanda 
principale di merito, la giurisdizione del giudice amministrativo 
in ordine alla seconda si estende necessariamente� aLla prima (sez. un., 
24 febbraio 1975, n. 693), escludendo quella del giudice ordinario. 
Nessuna rilevanza in contrario, con riguardo aHa fattispecie in esa


me, pu� attribuirsi alla constatazione che in sede di giurisdizione am


ministrativa non. sono ammessi i provvedimenti ex art. 700 c.p.c.; costi


tuendo ci� una nart:urale conseguenza delle peculiari caratteristiche della 

giurisdizione amministrativa rispetto a quella civile, e realizzando cia


scuna delle due nel modo voluto dal legislatore la tutela dei rapporti 

giuridici ad essa devoluti. N� vale obiettare -come fanno i controri


correnti -che,� cos� interpretata, la norma dell'art~ 700 c.p.c. verrebbe 

a contrastare con g;li artt. 3, 24 e 36 Cost., per c�i andrebbe sollevata 

allora la relativa questiont; di Jegitt1mit� c�stituzionale. 

La diversa natura del rapporto d'impiego pubblico, infatti, rispetto 

al rapporto di lavoro privato, cos� come spiega il deferimento delle re


lative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministra


tivo, (con i conseguenti pa<rticolari ben�fid che ne conseguono), spiega 

anche, e giustiH.ca a liveLlo costituzionale, la non estendibilit� aHa tu


tela nella sede della giurisdizione amministrativa, di particolari strumen


ti propri della giurisdizione del prO'Cesso civile; senza quindi che si possa 

ritenere violato in alcun modo il principio di� eguaglianza o H diritto 

dell'impiegato pubblico alla difesa giurisdizionale e, tanto meno, quello 

alla retribuzione .garantita dall'art. 36 Cost. 

Anche la seconda istanza dell'Azienda autonoma � dunque fondata, 
e va perci� dichiarato il difetto di giurisdizione dei giudice ordinario a 
conoscere deHa domanda proposta col ricorso del 26 aprile 1976 da Galloni 
e Pazze1li. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 675 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6009-Pres. Rossi 
-Rel. Scribarno -P. M. Saja (conci. diff.) -Bolino GiuseP-Pe (aw. Cannada 
-BartoJi) c. Corte dei Conti (arvv. Stato Carafa). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Corte 
dei conti -Richiesta di aspettativa obbligatori� del dipendente 
pubblico per mandato regionale ed illegittimo cumulo di emolumenti Giurisdizione 
del giudice aministrativo: non s�ssiste. 
(r.d, 18 novembre 1923, n.� 2440, art. ~3; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 52). 

A determinare la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilit� 
per danni si richiede il concorso dei tre .seguenti elementi: � 
che il danno sia lamentato dallo Stato, da un ente territoriale rf!inore o 
.da un altro ente pubblico non economico; che sia chiamato a rtspon.
derne un soggetto legato all'ente da un rapporto d'impiego o di servizio; 
.che il danno sia stato arrecato nell'esercizio di un'attivit�, commissiva 
-od omissiva, connessa a "tale rapporto. 

Per quanto riguarda quest'ultimo elemento, l'attivit� commissiva od 
-omissiva, connessa al rapporto d'impiego o di servizio e dedotta quale 
causa del danno, va intesa nell'ampio e generico sifinificato di attivit� 
funzionalmente connessa al relativo rapporto, comprensivo quindi sia 
.delle attivit� che costituiscono diretta esplicazione della funzione propria 
del rapporto d'impiego o di servizio, che _di quelle le quali rivestono . 
. caratte;re strutturale, quale � la percezione della retribuzione spettante 
in relazione alle funzioni (1). 

(Omissis). -Con citazione del 12 dicembre 1977 il procuratore� generale 
della Corte dei conti convenne davanti alla medesima Corte il 
yrof. Giuseppe Bolino, preside di scuola statale di istruzione secondaria 
-della provincia di L'Aquila, esponendo che lo stesso, �eletto consigliere 
della regiqne Abruzzo, aveva tardivamente richiesto il collocamento in 
aspettativa, in violazione della prescrizione posta dall'art. 1 Jegge 12 di
�cembre 1966, n. 1078, ed aveva continuato a ricevere per intero gli emolumenti 
a carico dell'amministrazione .statale nel periodo dal 7 giugno 
1970 al 30 settembre 1973, peocependo cos� il:legittimamente la comples-
siva somma di L. 13.147.209; �chiese perci� che lo stesso fosse condannato 
.al pagamento di tale somma in favore dell'erario. 

(l) Non risultano precedenti in termini: per riferimenti cfr._ Cass., sez. 
llll., 8 ottobre 1979, n. 5184. 
� Il caso di specie si presentava particolarment� incerto trattandosi di valutare 
se dal�a mancata richiesta di� cui una aspettativa obbligatoria, potesse 
derivare per il pubblico dipendente la responsabilit� per danni nei .confronti 
-dello Stato datore di lavoro e non la normale� azione di ripetizione delle somme 
erroneamente corrisposte dalla p.a. � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

676 

Costituitosi nel giudizio il Bolino contest� la fondatezza della domanda 
e ne chiese il rigetto. 

Nel corso del relatirvo procedimento lo stesso ha proposto istanza 
di regolamento preventivo di giurisdizione, illustrata con memoria. 

Resiste con controricorso il procuratore generale della Corte dei conti. 

~OTIVI DELLA DECISIONE 

Con J'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione il Bolino 
contestava la competenza giurisdizionale della Corte dei conti, rilevando 
che al giudizio promosso nei propri confronti ha come petitum la restituzione 
di stipendi ed indennit� connesse, e�come causa petendi l'asserita 
natura obbligatoria dell'aspettativa in considerazione della non cumulabilit� 
della carica .di consigliere regionale con la situazione giuridica 
di dipendente statale in servizio, ed assumendo che pertanto la controversia 
attiene al suo stato di pubblico impiegato in relazione alla carica 
di consigliere regionale; cosicch� � devoluta al giudice amministrativo, 
cui �COmpe_te decidere drca la ripetizione di somme che l'autorit� 
amministrativa ritenga illegittimamente 'corrisposte e percepite dai suoi 
dipendenti. 

L'assunto � infondato. 

In materia di responsabilit� p�r_danni dei pubblici impiegati verso 
lo Stato, la giurisdizione della Corte dei conti trova il suo fondamento 
nella norma dell'art. 83, primo comma, r;d. 18 novembre 1923, n. 2440 (norme 
sull'amministrazione del patrimonio e sulla �contabilit� delJo Stato); 
la quale dispone appunto che sono assoggettati a tale giurisdizione gli 
impiegati che per azione o omissione, anche solo colposa, nell'e�ercizio 
delJe loro fun;doni abbiano cagionato danno allo Stato; ed � riaffermata 
daJla disposizione dell'art. 52, r.d. 12 luglio 1934, n. 1274 (ordinamento 
della Corte dei conti), in cui si stabilisce la sottoposizione alla giurisdizione 
della Corte dei conti dei funzionari, impiegati ed agenti, civili e 
militari, che nell'ese:rdzione delle loro ,funzioni, per azioni od omissioni 
imputabili anche a sola colpa o negligenza, cagionino danno allo Stato. 

Tale giurisdizione � stata ribadita dalla norma delll'art. 103, secondo 
comma, Cost., la quale -come queste sezioni unirt:e hanno osservato con 
la sentenza 20 luglio 1968, n. 2616, e con la sentenza 5 febbraio 1969, 

n. 363 -non ha voluto soltanto garantire' la Corte dalla revisione prevista 
da1la sesta disposizione transitoria riguardo agli organi speciali di 
giurisdizione, �:na anche innovato rispetto alla legis~azione anteriore, riconoscendole 
una competenza. generale nelle materie di contabilit� pubblica, 
intesa tale nozione come comprensiva di tutti i rapporti relativi 
al pubblico denaro, �inclusi quelli di responsabilit� per danni nel rap

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 677 

porto interno di impiego o. di semplice servizio, connessi a!lla gestione 
finanziaria o patr�.moniale svolta dall'amministraziorie dello Stato o di 
qualsiasi ente pubblico �. 

Ulteriormente precisando la regola enunciata da!lle decisioni citate 
e dalla sentenza 18 luglio 1979, n. 4244, queste sezioni unite barino affermato, 
cori la recentissima pronuncia 8 ottobre 1979, n. 5184, che a determinare 
la giu:nisdizione deHa Corte dei conti in materia di responsabilit� 
per danni si richiede dunque il rconcorso di tre elementi: vale a 
dire che il danno sia lamentatg_ d<l!llo Stato, da un ente territoriale minore 
o da un altro ente pubblico non economico; che sia chiamato a 
l'isponderne un soggetto legato all'ente da un rapporto d'impiego o soggetto 
legato all'ente da un rapporto d'impiego o anche di semplice servizio, 
e che il danno sia stato arrecato� nell'esercizio di un'attivit�, commissiva 
od omissiva, connessa a tale rapporto. 

Nessun dubbio sulla sussistenza nella specie dei due p'I1imi requisiti; 
esige invece al�cune precisazioni, particolarmente in rapporto all'assunto 
del ricorrente, 'l'ultimo elemento. 

Innanzi tUtto conviene osservare �che l'attivit�, commissiva Od omissiva, 
connessa al rapporto d'dmpiego o di servizio e. dedotta quale causa 
del danno, va intesa (come queste sezioni unite hanno rilevato �on decisione 
6 �luglio 1979, n. 3976), i:n aderenza all'efficacia espansiva, innanzi 
ricordata, conferita dalla norma costituzionale alla discipld.na persistente, 
nell'ampio e generico significato di attivit� funzionalmente connessa 
al rapporto d'impiego o di servizio, comprensivo quindi sia delle attivit� 
che costituiscono diretta esplicazione della funzione propria del rap.
Porto d'impiego o di. servizio, che di quelle le quali rivestono carattere 
strumentale per l'esercizio della funzione stessa, ovvero -conviene ora 
aggiungere -carattere strutturale, quale � la percezione della retribuzione 
spettante in relazione aMe funzioni. 

Deve rpoi precisarsi che la .natura stessa dell'azione di responsabilit� 

postula la deduzione a suo fondamento di un'attivit� illecita del sogget


to, cui viene addebitata la violazione di norme giuridiche e l'inosser


vanza di doveri inerenti alla funzione. Proprio J'esistenza di una siffatta 

attivit� costituisce l'estremo che vale a qualificare l'azione attribuita alla 

competenza della Corte dei conti ed a diversificarla, qruando ne sia og


getto la !Testituzione di somme assunte come indebitamente percepite 

dal pubblico dipendente, da quella devoluta invece alla cognizione del 

giudice amministrativo. Non contrasta quindi, con la soluzione adottata 

la costante affermazione, da parte del Consiglio di Stato deUa giurisdi


zione dei tribunali amministratrivi regionali e di quella propria sulla 

controversia aventi come oggetto il recupero di somme indebitamente 

corrisposte dallo Stato ai suoi dipendenti .per effetto del rapporto di 

pubblko impiego. 



678 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Va infuie ri�levato che indubbiamente l'accertamento della responsabilit� 
del �Bolino impone un'indagine su�hla posizione dell'impiegato statale 
elet.to consigliere regionale al �fine di stabilire se il Bolina stesso 
avesse O no l'obbligo di chiedere il collocamento in ~;tspettativa, e pertanto 
se, avendo omesso di farlo, viol� o no i doveri. inerenti al suo 
stato: esige; cio�, un accertamento su un punto che concerne lo status 
dell'impiegato pubblico e che attiene . quindi al rapporto di pubbJico 
impiego. Ci� non comporta, per�, l'esclusione sulla controversia della 
competenza giurisdizionale della Corte dei conti per essere la materia 
del rapporto di pubblico impiego attdbuita alla giurisdizione esclusiva 
del giudice ammiriistrativo. Di vero la predetta indagine concretizza una 
questione pregiudiziale, costituendo la sua soluzione antecedente logico 
necessario per 'la decisione della controversia, che potr� essere risoluta 
dalla Corte dei conti nella forma dell'accertamento incidentale previsto 
dall'art. 34 c.p.c., {il quale lo disciplina solo per particolari aspetti), 
poich� tale istituto riveste nelJ'ordinamento processuale carattere generale 
ed � quindi utilizzabi!le pure nei g1udizi innanzi ai giudici speciali, 
(come questo Supremo Collegio, ha ripetutamente precisato: sent. 10 gennaio 
1970, n. 62; s.ent. 15 maggio 1952, n. 1403; sent. sez. un., 28 marzo 
1949, n. 689), e particolarmente nei procedimenti. contenziosi davanti alla 
Corte dei conti, anche in forza del generko rinvio,� espresso dall'art. 26, 

r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, (regolamento per la: procedura nei giudizi innanzi 
a:lla Corte dei conti), aiJle norme della procedura civile. 
Conseguentement� deve rigettarsi il ricorso ed affermarsi la giurisdizione 
della Corte dei conti. -(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 giugno 1978, n. 2989-Pres. Carne


vale -Est. Lipari -P. M. Caristo (conci. conf.) -Barilla (avv. G. Gua


rino, Casella) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Marzano). 

Cambio e valuta -Rientro dei capitali -� lus superveniens � -Cessazione 
della materia del contendere -Esclusione. 

Cambio e valuta -Infrazioni valutarie -Procedimento amministrativo di 
accertamento -Vizi -Irrilevanza nel giudizio avanti n giudice ordinario. 


Cambio e valuta -Rientro dei capitali -Effettuazione da parte di trasgressore 
gi� scoperto -Sanzioni amministrative -Applicabilit�. 

Lo ius superveniens, costituito dalla normativa sul rientro dei capitali, 
non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio 
relativo alla legittimit� delle sanzioni irrogate per infrazioni valutarie, 
presupponendo che il giudice accerti la sussistenza della fattispecie 
e la incidenza su di essa della sopraggiunta normativa (1). 

Gli eventuali vizi del procedimento amministrativo di irrogazione delle 
sanzioni per infrazioni valutarie sono irrilevanti nel successivo giudizio 
di impugnazione avanti il giudice ordinario (2). 

L'inapplicabilit� delle sanzioni amministrative prevista a favore di 
chi abba effettuato il rientro dei capitali illecitamente esportati non opera 
nei confronti dei trasgressori cui siano gi� state contestate le infrazioni 
valutarie, indipendentemente dall'avvenuta emissione o meno del 
decerto ministeriale di irrogazione delle sanzioni (3). 

(Omissis). -2. -La Corte d'appello di Bologna, con l'impugnata sentenza, 
in accoglimento del gravame dell'amministrazione, ha condannato 

(1-3) Sull'importante principio, in senso contrario, App. Torino, 31 marw 
1978, in Foro it., 1978, I, 1022, con nota di richiami. V. anche MALINVERNI, 
Reati valutari, 1978; PECORELLA, I reati valutari, 1978. 

Si riporta qui la memoria depositata nell'interesse del Ministero. 

Infrazioni valutarie e successivo rientro di capitali. 

l. -La inammissibilit� o la infondatezza dei motivi di ricorso con i quali 
si � ex adverso tentato di invalidare la decisione di secondo grado sono state 
gi� denunciate in sede di controricorso, anche con richiamo a quanto gi� 
7 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

680 

Pietro Barilla al pagamento de1la pena pecuniaria di lire 3.350.000.000 inflittagli 
dal ministro del tesoro per accertare infrazioni valutarie. 

Arvverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il trasgressore, 
precisando di avere provveduto, nelle more dei termini di impugnazione, 
ed al fine di determinaTe l'inapplicabilit� della sanzione amministrativa, 
agli adempimenti di cui altl'art. 2 legge 30 aprile 1976, n. 159 (nel 
testo modificato dalla legge 8 ottobre 1976, n. 689); ed ha depositato 
in udienza i relativi documenti probatori. 

L'Avvocart:ura dello Stato eccepisce preliminarmente la carenza di 
interesse del Bal1i1la a censurare la sentenza d'<l!Ppello per il fatto stesso� 
di aver dedotto la sopravvenuta cessazione della materia del contendere; 
ma tale eccezione non ha giuridico fondamento. 

La cessazione della materia del contendere opera sul piano dell'interesse 
ad agire, di oui costituisce una proiezione l'interesse a ricorrere 
che Pispetto ad una situazione di soccombenza non pu� escludersi, anche 
di fronrte ad eventuali fatti di� cessazione da far necessariamente con� 
stare nel processo per evitare che si formi il giudicato sulla sentenza 
sfavorevole. 

Non pu� quindi condividersi �l'assunto dell'Avvocart:ura (ohe del resto 
non vi ha insistito nella memoria e neHa discussione orale) secondo cui 
il ricorrente che fa precedere il ricorso dalla deduzione di una ipotesi 
di �cessazione della materia del contendere, allegando H documento probatorio 
del fatto medesimo, per d� stesso dimostri per tabulas di n�n 
avere interesse a censurare la sentenza di appello sfavorevole, dato che 

dedotto nelle difese del giudizio di merito, ed in particolare nella comparsa 

conclusionale di appello; e sia del controricorso sia di tale comparsa conclu


sionale pu� essere quindi opportuno fornire copia anche agli altri componenti 

del collegio, evitandosi di commentare nuovamente la speciosa impostazione 

difensiva ab initio adottata dal ricorrente. 

Considerato che il giudizio dinanzi al giudice ordinario � volto appunto 

ad accertare o ad escludere la sussistenza del fatto per il quale � stata com


minata .la pena pecuniaria, � quanto meno singolare, del resto, che il ricor


rente, pur deducendo �egli stesso di aver provveduto a far rientrare in Italia 

i capitali per la cui accertata disponibilit� all'estero � stata applicata la san


zione amministrativa in discussione, pretenda al tempo stesso di persistere 

nella contestazione della pretesa vantata dall'amministrazione, quasi che la 

sua � confessione , potesse assumersi rilevante soltanto se ne possa derivare, 

come sostiene il ricorrente, la inapplicabilit� della comminata sanzione, e non 

invece per l'accertamento delle trasgressioni contestate: riLievo che consente 

invero di :dtenere superata ogni possibile contestru..ione sulla .sussistenza dei 

fatti addebitati al ricorrente (e quindi sulla legittimit� del provvedimento mi


nisteriale con il quale � stata comminata la pena pecuniaria in discussione) 

e consente quindi anche di prescindere da ogni ulteriore confutazione dei 

motivi di ricorso ex adverso dedotti nel merito. 

2. -Brevi considerazioni possono risultare inve�e opportune, iin questa sede, 
relativamente alla nuova ed ulteriore questione alla quale il ricorrente ha in 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CI\i ILE 681 

solo impedita da!J'impugnazione la formazione del giudicato potr� operare 
nel giudizio di cassazione l'asserito evento di cessazione. 

3. -Ma non pare al collegio che una impostazione in termini di cessazione 
della materia del contendere sia esatta. 
La cessazione della materia del contendere compo11ta la radicale eliminazione 
del dovere del giudice di pronunciare sulla fondatezza o sulla 
infondatezza ancora prima ohe del ricorso della stessa domanda, stante 
il venir meno dell'interesse del ricorrente ad una decisione sul contenuto 
del ricorso; e si verifica quando nel corso del processo viene ad 
estinguersi la situazione giuffdica posta a base della domanda, e quindi 
la domanda stessa. In questo caso la funzione del giudice non � pi� 
necessaria perch� oggettivamente si � elisa la materia rispetto alla quale 
si contendeva, si � svuotato di contenuto il tema della lite, determinando 
la chiusura del procedimento senza decisione di merito. 

Ma nel caso di specie il merito della causa arttiene alla verifica della 
legittimit� dell'irrogazione della sanzione pecuniaria per infrazioni valutarie. 
Secondo il -ricorrente .n comportamento conforme alla norma sopravvenuta, 
rendendo inapplicabile detta sanzione, svuoterebbe di contenuto 
il relativo giudizio in termini preliminari ed assorbenti rispetto 
alla stessa valutazione dei mortivi di ricorso. 

Vero �, all'opposto, che solo quando risulti accertato definitivamente 
l'illecito valutario, viene in evidenza il profi,lo dell'inapplicabilit� della 
sanzione ed il problema della individuazione della portata soggettiva ed 
oggettiva della norma che la prevede. 

effetti affidato ogni residuo tentativo di eludere il pagamento della pena pecuniaria 
a suo carico inflitta, alla questione, cio�, sulla portata da attribuire 
all'art. 2, quinto comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159 (nel testo sostituito 
con l'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689): questione che sarebbe rilevante 
ai fini della decisione, secondo il ricorrente, in quanto il rientro dei capitali 
al quale sarebbe stato ex adverso provveduto avrebbe reso � inapplicabile�, 
sempre secondo il riconente, la pena pecuniaria a suo tempo comminata, s� 
che sarebbe venuta a cessare la materia del contendere. 

La rilevanza stessa della questione, 1n effetti, appare invero da escludere, 
nella specie, quandi si consideri che la documentazione acquisita in questa 
sede agli atti del processo nessuna possibilit� offre, n� all'amministrazione 
n� al giudke, di verificare che i capitali ai quali la documentazione si riferisce 
siano quelli stessi per i quali sono state accertate le infrazioni valutarie sanzionate 
con la pena pecuniaria in discussione; e gi� tale rilievo costituisce, 
oltretutto, autonomo e sufficiente motivo per escludere l'ammissibilit� della 
interpretazione ex adverso sostenuta, per la possibilit� che ne deriverebbe, 
evidentemente, di eludere le sanzioni penali previste ora in tema di infrazioni 
valutarie. 

� in ogni caso da escludere, comunque, che l'art. 2, secondo comma, della 
legge 30 aprile 1976, n. 159 (divenuto quinto comma nel testo sostituito con 
l'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689) possa essere interpretato nel senso 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

682 

E non varrebbe obiettare che � irrilevante l'accertamento dell'infrazione 
cui non potrebbe conseguire in nessun caso la soggezione alla 
sanzione del trasgressore dato che dell'awlicabilit� di una norma si pu� 
di�scutere esc'lusivamente con riguardo alle situazioni da essa astrattamente 
di�sdplinate. 

Se l'infrazione non sussiste (ovvero se non � stata ritualmente accertata) 
non sorge alcun problema di applicazione o disapplicazione di 
sanzioni ma si verte in una situazione di fatto non confrontabile con 
J'ipotesi di 'legge, perch� radicalmente ad essa estranea. 

Ci� posto appare evidente da un lato .che lo ius superveniens non 
fa venir meno il potere del giudice di verificare se H decreto del ministro 
di irrogazione deLla pena sia legittimo e non leda quindi i!l diritto 
soggettivo del presunto trasgressore e dall'altro che in tanto si potr� 
passare ad esaminare l'incidenza di detto ius superveniens nel processo 
in corso in quanto risulti .confermata la sussistenza dei presupposti deHa 
sanzione che la nuova disciplina non rpi� consente di tener ferma. 

La materia del contendere� non viene quindi elisa, ma dislocata, trattandosi 
di stabilire principaliter se sussistono gli es�tremi fattuali dell'infrazione 
(attraverso l'acquisizione di validi strumenti probatori) per passare 
poi all'esame dello ius superveniens che neutralizzerebbe, in tesi, 
detto accertamento, introducendo una causa di esdusione della i11iceit�. 

ex adverso sostenuto, essendo tale valuta<;ione imposta da molteplici considerazioni, 
ciascuna di autonoma rilevanza risolutiva. 

3. � Con il d.l. 4 marzo 1976, n. 31, � stata disposta, com'� noto, la � penalizzazione 
� delle infrazioni valutarie (prima perseguite soltanto con la sanzione 
amministrativa della pena pecuniaria), prevedendosi severe sanzioni penali per 
la illecita esportazione di capitali e per la costituzione all'estero, non autoriz1-
ata, di disponibildt� valutarie. 
In sede di conversione del decreto-legge � stato inoltre previsto, al fine 
di assicurare anche il c.d. rientro dei capitali (oltre alla loro mancata illecita 
esportazione), l'obbligo di dichiarare entro prestabilito termine le disponibilit� 
valutarie all'estero e di far rientrare in Italia i relativi capitali; e l'inadempimento 
di tale obbligo � stato previsto come reato, punito inizialmente con 
le stesse sanzioni penali previste per l'illecita esportazione di capitali ed in 
seguito, con le modifiche dntrodotte con l'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, 

n. 689, �con la multa fino a lire 500 mila ovvero, se la violazione si riferisce 
a disponibilit� o attivit� di valore superiore a 15 milioni di lire, con la reclusione 
da uno a sei anni e con la multa fino al quadruplo del predetto valore�. 
In tale prospettiva sarebbero rimaste applicabili, naturalmente, le san� 
zioni amministrative gi� previste dalla previgente normativa, s� che l'osservanza 
del nuovo precetto, penaLmente rilevante, avrebbe automaticamente comportato 
l'applicazione della pena pecuniaria dovuta per la pregressa abusiva esportazione 
di capitali. 

Nell'intento di agevolare il rientro dei capitali, si � voluto evitare, tuttavia, 
che il proposito di sottrarsi al pagamento della pena pecuniaria (ed alle sanzioni 
previste dalla normativa tributaria) potesse indurre gli interessati ad 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 683 

Ricondotto il discorso processuale, cos� come esattamente lo imposta 
il ricorrente, in termini di ius superveniens e non di cessazione della 
materia del contendere, deve precisarsi che l'esibizione dei documenti 
da cui si pretende di trarre la prova degli adempimenti necessari per 
giovarsi della nuova disciplina giuridica non pu� essere ammessa, a 
prescindere da una valutazione in via di prognosi del suo contenuto. 

Basterebbe infatti l'invocazione della situazione normativa sopravvenuta 
e il giudizio positivo sulla astratta idoneit� del nuovo diritto, 
alla stregua di una data interpretazione, condivisa dal collegio, ad incidere 
sulla decisione della lite per confortare la cassazione della sentenza 
onde consentire, eccezionalmente, in sede di rinvio, la esibizione della 
documentazione volta a dimostrare la ricorrenza della dedotta causa di 
esclusione. 

Non sarebbe invece_ conciliabile con gli schemi logici della cessazione 
della materia del contendere un rinvio diretto ad operare l'accertamento 
della cessazione medesima, tanto pi� che proprio per il carattere 
sui generis dell'istituto questo Supremo collegio ammette l'esibizione 
in Cassazione dei documenti atti a provare il fatto di cessazione. 

(Omissis). 

6. -AH'esame della questione interpretativa deH'art. 2, quinto comm, 
legge n. 159 del 1976 -di .cui il collegio � investito con il settimo 
mezzo -� opportuno premettere qualche cenno sul sistema normativa 
vigente in materia valutaria. 
In Italia, come � noto, esiste il monopolio statale dei cambi (cfr. il 

d.l. 6 giugno 1956, n. 476, convertito nella legge 25 luglio 1956, n. 786, e 
omettere la denuncia delle disponibilit� valutarie o attivit� costituite all'estero 
anteriormente al 6 marzo �1976, si � voluto evitare, cio�, che per non commettere 
reato gli interessati fossero costretti � a subire il pregiudizio economico 
della pena pecuniaria dovuta per le infra:;.ioni valutarie in precedenza effettuate 
(e che sarebbero emerse dalla stessa dichiarazione imposta, con sanzione 
penale, dalla nuova normativa); e si � quindi stabilito, con l'art. 2, 
quinto comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159 (nel testo sostituito con l'art. 3 
della legge 8 ottobre 1976, n. 689), che � l'osservanza� delle prescrizioni di cui 
ai precedenti commi (relative agli adempimenti imposti per il rientro dei capitali) 
rende inapplicabili le sanzioni amministrative previste dalle norme valutarie 
e fiscali vigenti al momento del 'fatto�. 

Secondo il ricorrente, tale disposizione comporterebbe, nel caso di osservanza 
delle prescrizioni relative al rientro dei capitali, l'esonero dal pagamento 
della pena pecuniaria g.i� applicata, quando il giudizio promosso dal debitore 
dinanzi ai giudice ordinario sia ancora pendente (e non sia quindi ancora 
definitivamente accertato I'obbligo del trasgressore di .pagare la pena pecuniaria). 

La controricorrente amministrazione ritiene, invece, che la <<inapplicabilit�>> 
delle sanzioni amministrative previste dal d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928 (e richiamate 
dall'art. 16 del d.l. 6 giugno 1956, n. 476) assuma rilievo soltanto 
relativamente alle trasgressioni che non siano state gi� in preceden:;.a accer




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

684 

per le norme sanzionatorie il r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, convertito 
nella legge 2 giugno 1939, n. 739), che si manifesta attraverso una serie 
di divieti ed obblighi la cui inosservanza, dall'ent�rata in vigore della 
legge 18 ottobre 1949, n. 769, a quella del dJ. n. 31 del 1976, convertito 
nella legge n. 159 in esame, costHuiva soltanto illecito amministrativo. 

.M ripristino della disciplina che� prevede per determinate infrazioni 
valutarie sanzioni anohe penali si � provveduto con il citato decreto legge 
del 1976 il quale, peraltro, non ha fatto venir meno il sistema precedente, 
sicch�, mentre per il periodo 1949-1976 � fuor di dubbio -nei 
limiti della prescrizione -la persistente vigenza delle norme sanzionatriei 
amministrative, anche per �l periodo successivo la repressione avviene 
a due Jivelli: per �le infrazioni di minore entit� sono comminate 
solo pene amministrative, per quelle pi� gravi si infliggono pene vere 
e proprie, relative a fattispecie di delitti dolosi, cui si accompagnano 
le sanzioni amministrative (cfr. l'art. 8 legge n. 156). 

Questa legislazione si innesta in una ben nota situazione di fuga di 
capitali all'estero che ha rappresentato negli ultimi anni un fenomeno 
di rilevantissime proporzioni che non si riusciva � ad impedire con gli 
ordinari strumenti preventivi e repressivi. 

Da ci� la duplice direttiva perseguita di introdurre una legislazione 
penalistica particolarmente severa (l'iter formativo e modificativo della 
legge � �significativo in tal senso) volta a reprimere le violazioni pi� gravi, 

tate (e che risultino quindi proprio dalla dichiarazione prescritta dall'art. 2, 
primo comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159), o quantomeno nel solo caso 
in cui non sia gi� intervenuto il provvedimento amministrativo di irrogazione 
della pena pecuniaria. 

4. -Nell'indagine da svolgere per accertare� quale delle due indkate interpretazioni 
sia da ritenere esatta, e coerente con la ratio e con le finalit� della 
norma, va tenuto presente, anzitutto, che la normativa introdo-tta con il d.l. 
4 marzo 1976, n. 31, con la legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, con il 
d.l. 10 agosto 1976, n. 543, con la relativa legge di conversione 8 ottobre 1976, 
n. 689, e con il d.l. 19 novembre 1976, n. 759, convertito con la legge 23 dicembre 
1976, n. 863, non ha compromesso l'appLicabilit�, per le infrazioni valutarie 
commesse prima del 6 marzo 1976, della previgente disciplina. 
Con la nuova normativa, peraltro, il possesso all'estero di disponibilit�� 
valutarie o di attivit�, prima considerato come illecito amministrativo, � stato 
previsto e punito come delitto; cos� come delitto viene considerata la omessa 
dichiarazione (con successivo �rientro� dei capitali), nel termine prescritto 
dall'art. 2, primo comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159 (prorogato al 19 novembre 
1976 con il d.l. 10 agosto 1976, n. 544, ed al 3 dicembre 1976 con il d.l. 
19 novembre 1976, n. 759), delle disponibilit� ed attivit� costituite all'estero 
prima del 6 marzo 1976: previsione che si risolve in effetti, con norma transitoria 
di favore, nel consentire di presentare, senza sanzioni, quelle dichiarazioni 
cui sarebbe stato necessario provvedere in preceden.:.a. 

La persistente applicabilit� della previgente normativa � imposta, del resto, 
dall'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in base al quale le disposizioni 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 685 

�e di predisporre un congegno agevolativo per indurre a dichiarare le 
consistenze valutarie all'estero facendo rientrare i capitali illegittimamente 
esportati giusta Ie prescrizioni penali all'uopo dettate. Era perci� 
indispensabile realizzare un 'Coordinamento fra il sistema esclusivamente 
amministrativo previgente e queiJo misto (penale ed amministrativo) che 
si� andava ad introdurre, che fosse idoneo a realizzare lo scopo di rendere 
effettivo tale rientro. 

Perci� da un lato l'art. l della legge n. 159 (nel testo definitivo risultante 
dall'art. 2 della legge n. 863) configura per le infrazioni pi� gravi 
un sistema di reati valutari {ovviamente proiettati verso comportamenti 
futuri, stante ii principio della non retroattivit� della legge penale incriminatrice), 
dall'altro l'art. 2 della medesima legge (nel testo risultante 
.dall'art. 3 d. l. n. 543 dei 1976, -convertito nella legge n. 689 del 1976) impone 
a chiunque a~la data del 3 dicembre di quell'anno (rtermine finale a 
seguito di suocessive proroghe introdotte con d. l. n. 543 e quindi >eon d.l. 

n. 759, convertito nella legge n. 863 del 1976) possedesse disponibilit� valutarie 
o attivit� di qualsiasi genere, istituite anteriormente al 6 marzo 
1976 (data di entrata in vigore del d. l. n. 31) in violazione delle norme 
valutarie vigenti al momento del fatto, determinanti adempimenti che 
iniziano con l'obbligo della dichiarazione di tale disponibilit� e culminano 
nelle operazioni di rientro da effettuare secondo le modalit� stabilite 
dalla legge. 
Viene cos� configurata come delitto romessa dichiarazione di ~' chiuil:que 
� ed il correlativo mancato � rientro � dei capitali. 

prima previste 1n tema di infrazioni valutarie, per il richiamo di cui all'art. 3 
.del d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, � si applicano ai fatti commes~;i quando tali 
disposizioni erano in vigore, ancorch� le disposizioni medesime siano abrogate 
<> modificate al tempo della loro applicazione �. 

Nell'indasine ~ t~dverso. proposta va tenuto presente, inoltre, che Ǐ fondamentale 
canone di. ermeneutica,' sancito dall'art. 12. dell� .preleggi, che la 
norma 'giuridica : deve ' essere interpretata, innanzi tutt~ e princi~a~tnente, dal 
punto di vista letterale, non potendosi al testo attribuire altro senso se non 
.quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione 
.di esse; di poi, sempre che tale significato non sia gi� tanto chiaro ed univoco 
da rifiutare una diversa e contrastante interpretazione, si deve ricorrere al 
.criterio logico; ci� al fine di individuare, attraverso una congrua valutazione 
del fondamento della norma, la precisa intenzione del legislatore, avendo cura, 
per�, di individuarla quale risulta dal singolo testo che � l'oggetto di specifico 
esame e non gi�, o semmai in via subordinata e complementare, quale pu� 
genericamente desumersi dalle finalit� ispiratrici di un pi� amplio complesso 
normativo in cui quel testo, insieme con altri, ma distintamente da essi, � 
inserito; infine, ma solo se una controversia non pu� essere decisa con una 
precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili 

o materia analoghe>> (Cass., 16 ottobre 1975, n. 3359). 
In considera:done delle sopra segnalate premesse, ed in applicazione dd 
richiamato criterio ermeneutico deve essere quindi accertato, nella specie, se 



686 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'inosservanza del relativo precetto � punita con la multa fino a 
a lire 500.000, ovvero, se la violazione si riferisce a disponibilit� o attirvit� 
di �valore superiore ai 15 milioni di lire, con la reclusione da uno a sei 
anni e con la multa fino al quadruplo del predetto valore. 

Tuttavia il legislatore ha tenuto .conto della connessione fra obbligo� 
penalmente imposto e riconoscimento della infrazione commessa ed ha 
compreso che sarebbe stata scarsamente efficace la minaocia di pena per 
indurre alla perseguita reimportazione coloro che erano riusciti, senza 
fa�:'si scoprire; ad operare la fuga di capitali, gravandoli -come ineluttabHe 
conseguenza dell'ottemperanza al precetto penale -anche della sanzione 
amministrativa dovuta per l'infrazione, evidenziata per effetto della 
dichiarazione, ed ha stabilito perci� che non si dovesse tener conto di 
ta:le illecito. 

Ritiene, invero, il collegio che la ratio adeguata deLla norma sulla 
inapplicabilit� delle sanzioni amministraHve a coloro che provvedono, 
sia pure sotto comminatoria di sanzioni penali a far rientrare i capitali 
non vada ra�vvisata nella semplice correlazione con la reimportazione da 
<<chiunque�, ma sia quella di escludere l'illiceit� del fatto commesso 
dall'esportatore rimasto occulto, che sarebbe stato estremamente difficile, 
se non impossibile, accertare qualora non vi fosse stata la dichiarazione. 


l'art. 2, quinto comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159, secondo cui l'osservanza 
delle prescrizioni relative al rientro dei capitali << rende "inapplicabili " >> 
le sanzioni amministrative previste dalle norme valutarie e fiscali vigenti al 
momento del fatto�, possa essere inteso, come sostiene H ricorrente, nel senso 
di escludere anche l'obbligo di pagare la pena pecuniaria gi� stabilita nel 
provvedimento ministeriale, e della quale si discuta nel giudizio promosso 
dinanzi al giudice ordinario dal trasgressore. 

5. � Evidentemente, nessun dubbio pu� sorgere, in argomento, con riferimento 
alla lettera della disposizione da interpretare, in quanto soltanto al 
Ministro compete di <<applicare�, come risulta evidente dagLi artt. 2 e seguenti 
del dJ. 5�dicembre 1938, n. 1928, la sanzione della pena pecuniaria, nell'esercizio 
di un potere che non � invece riconosciuto al giudice. 
� noto, invero, che il diritto di credito relativo alla pena pecuniaria, gi� 
sorto al .momento dell'infrazione valqtaria, si perfceziona definitiva~ente con 
il provvedimento ministeriale di irrogazione della sanzione, che costituisce 
titolo esecutivo; cos� com'� noto che il successivo giudh.io eventualmente promosso 
dal trasgressore ha per oggetto soltanto l'accertamento della sussistenza 
dei presupposti di fatto dell'infrazione valutaria, oltretutto senza che alcuna 
rilevanza possa essere in tale fase contenziosa attribuita ad eventuali vizi del 
procedimento amministrativo (Cass., 7 aprile 1976, n. 1223; 17 ottobre 1974, 

n. 2886; sez. un., 11 ottobre 1971, n. 2824), e comunque senza alcuna possibilit�. 
per il giudice di << applicare � o di modificare la pena pecuniaria << inflitta � 
con H provvedimento ministeriale; ed � significativo, a taie proposito, che� la 
domanda riconvenzionale cautelativamente proposta, anche nella specie in esame, 
non sia certo rivolta ad ottenere dal giudice un provvedimento di applicazione 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 687 

Il legislatore non ha voluto, cio�, che potesse rappresentare una remora 
per i1l rientro dei .capita!li il ri-conoscimento ,che la esistente (ma 
sconosciuta) disponibilit� all'estero era stata costituita in violazione della 
legislazione valutaria, ponendo i trasgressori rimasti oc-culti nell'alternativa 
di non osservare il precetto sul rientro, .con effimero rischio di essere 
perseguiti penalmente ovvero di ubbidire alla legge penale andando 
incontro aLla quasi certezza di soggiacere anche alle pene pecuniarie correlate 
all'illecito valutario commesso, essendosi a ragione convinto che 
cittadini gi� proclivi a violare 1a legge a tutela dei loro interessi patrimoniali 
non avrebbero esitato a restare nell'anonimato se non fossero 
stati sollecitati dalla promessa di impunit� per l'illecito valutario commesso. 


La struttura della disposizione che detta le prescrizioni per il rientro, 
�ricollegandovi da un lato le sanzioni penali per il caso di inosservanza e 
dall'altro la causa di esclusione dell'illecito amministrativo strumentalmente 
collegato alla previa esportazione, proprio per la sua singolarit�, 
orienta verso una interpretazione riduttiva che la rende operante neHa 
area rigorosamente individuata dallo scopo perseguito. E non � dubbio che 
per indurre il trasgressore gi� noto a rispettare la legge sul rientro non 
vi era ragione di offrire l'impunit� daH'illecito valutario, perch� tale qualit� 
di trasgressore, sia pure in via di accertamento, e nella misura di 
probabilit� dell'esito definitivo del relativo procedimento; rendeva quanto 
mai rischiosa la violazione del precetto, eliminando l'opportunit� della 

della pena pecuniaria, ma soltanto la condanna del debito�re al pagamento 
della pena pecuniaria ,, gi� inflittagli � con il provvedimento ministeriale 
(cfr. conclusioni del primo e del secondo grado di giudizio, riprodotte anche 
nelle due sentenze di merito). 

Escluso a priori un potere del giudice di << applicare >> la pena pecuniaria 
(il cui eserch:.io possa assumersi precluso dall'osservanza delle prescrizioni 
sul rientro dei capitali), � in definitiva evidente, quindi, che l'espressione 
<< rende inapplicabili � non pu� riferirsi che alle ipotesi in cui la pena pecuniaria 
non sia stata <<ancora� applicata, e quindi alle sole ipotesi di mfrazioni 
valutarie per le quali non sia gi� intervenuto il provvedimento ministeriale 
di irrogazione della sanzione amministrativa; e la validit� di tale conclusione 
risulta a maggior ragione evidente, invero, quando si consideri che un possibile 
dubbio di interpretazione si sarebbe potuto ipotizzare, nella specie (e 
con possibilit� di pervenire alla stessa conclusione, peraltro, sulla base di 
altri canoni ermeneutici), soltanto se la norma avesse reso <<inapplicabili� 
le previgenti <<norme� valutarie (e non le <<sanzioni�), e si fosse potuto di 
conseguenza discutere della possibilit�, per il giudice, di decidere la causa 
con applicazione della previgente normativa: ipotesi che risulta ai fini in 
esame detenminante, a contrario, proprio peoch� l'applicabilit� delle �norme>> 
del d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928 (considerate ai fini della decisione) non � 
invece in discussione, avendo la norma in questione previsto soltanto la possibile 
inapplicabilit� delle << sanzioni� (che il giudice non avrebbe potuto comunque 
<<applicare�). 



688 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

COntrospinta psicologica di CUI e espressione la norma del quinto comma 
dell'art. 2, dettata nella consapevolezza della inettitudine del sistema previgente 
ad assicurare, nel settore della disciplina valutaria, quella media 
osservanza di precetti in cui si sostanzia la sua effettivit� dell'ordinamento, 
per porre riparo alla crisi economica assicurando il rientro dei 
capitali, anche se poi questo fine non � stato raggiunto, stando almeno ai 
dati richiamati dall'amministrazione del tesoro. 

7. -Di questa interpretazione riduttiva deUa disposizione aUa stregua 
della ratio legis occorre verificare l'esattezza esaminando le diffuse argomentazioni 
svolte dalle contrapposte difese in memoria e nella discussione 
orale. La norma in esame testualmente recita (art. 2, quinto comma): << la 
osservanza delle prescrizioni di cui ai precedenti comma (e cio� dell'obbligo 
di dichiarazione o di �rientro sanzionato penalmente) rende inapplicabiH 
le sanzioni amministrative previste dalle norme valutarie e fi. 
scali vigenti al momento del fatto (il testo della .legge n. 159, prima della 
modificazione, parlava di << sanzioni valutarie e fiscali � e la modifica 
venne introdotta per eliminare il dubbio che la precedente dizione poneva 
circa 'la contestata possibilit� di affermare in legge speciale .la non punibHit� 
di illeciti penali, rientranti nella lata formulazione adoperata, senza 
ricorrere alla procedura prevista per i provvedimenti d'amnistia dal�'articolo 
79 Cost.). 
Si sostiene, da parte della difesa del BariHa, che, finch� resta aperto 
il giudizio sull'obbligo del trasgressore di pagare la pena, si verte in tema 
di applicazione della sanzione medesima, sicch� l'osservanza delle prescri


6. � L'interpretazione imposta dalla lettera stessa della norma ex adverso 
invocata escluderebbe evidentemente, secondo i canoni ermeneutici sopra richiamati, 
la necessit� stessa di ricorrer�e ad altre regole di interpretazione 
(sussidiarie rispetto a quella relativa al << significato proprio delle parole secondo 
la connessione di esse�), proprio perch� ii significato dell'espressione 
<<rende inapplicabili� � <<gi� tanto .chiaro ed univoco da rifiutare una diversa 
e contrastante interpreta-.ione �; n� akun dubbio pu� ipotizzarsi sulla chiarezza 
ed univocit� del termine adoperato dal legislatore, quando si consideri 
che �applicare� � appunto s�I!lonimo di �infliggere� (cfr., per tutti: Dizionario 
Enciclopedico Treccani, vol. l, pag. 553}, e quindi sinonimo di quello stesso 
termine con il quale l'art. 2 del d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, definisce il potere 
del Ministro per il tesoro (e non certo del giudice) di applicare le sanzioni 
previste dalla normativa in tema di infrazioni valutarie: chiarezza ed univocit� 
che risultano ancora pi� evidenti, del resto, dagli artt. 3 e 5 del d.l. 5 dicembre 
1938, n. 1928 (relativi appunto all'� applicazione delle pene pecuniarie�) 
e dall'art. 8 del d.l. 12 maggio �1938, n. 794 (secondo cui il Ministro per il tesoro 
�determina le sanzioni da applicare per le infrazioni accertate�). 
Non pu� non essere rilevato, peraltro, che la interpretazione 'imposta dalla 
chiara lettera della norma � oltretutto confortata, e non certo .compromessa, 
dagli altri possibili canoni ermeneutici, ed in particolare da quello fondato 
sulla ratio e sulle finalit� perseguite con la norma in questione. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 689 

zioni relative al rientro dei capitali comporterebbe l'esonero dal pagamento 
della pena pecuniaria i:rrogata dal ministro con decreto gi� impugnato 
in sede giurisdizionale. Salvo il limite della definitivit� dell'accertamento 
hl rientro dei capitali avrebbe sempre come effetto l'esclusione 
della sanzione amministrativa (inflitta o ancora da infliggere). 

Afferma, all'opposto, l'amministrazione del tesoro che l'inapplicabilit� 
delle sanzioni amministrative prevista dal d. L 5 dicembre 1938, n. 1928, 
assume rilievo soltanto rispetto alle trasgressioni non ancora accertate 
(recte: contestate) e che risultino per la prima volta proprio dalla dichiarazione 
prescritta dall'art. 2, primo 'comma, Jegge n. 159 (ed � l'assunto 
che il collegio giudica corretto) o quantomeno nel solo caso in cui non 
sia ancora intervenuto il provvedimento amministrativo di irrogazione. 

NeJlo sviluppo delle proprie argomentazioni l'Avvocatura dello Stato 
ha per� insistito fondamentalmente sulla tesi pi� restrittiva. 

L'art. 2 legge n. 159 concerne l'inapplkabilit� della sanzione, ma nel 
caso di specie la sanzione era gi� stata � applicata� dalla competente 
autorit� amministrativa, e non importava che l'obbligo di pagamento 
fosse ancora in discussione davanti al giudice ordinario dato che questo 
non ha alcun potere di applicazione delle pene pecuniarie (il cui esercizio 
possa assumersi precluso dal predetto art. 2), limitandosi a controllare 
se l'applicazione sia stata corretta. 

7. -� invero agevole rilevare, anzitutto, che all'intento del legislatore, 
rivolto ad agevolare il � rientro dei capitali �, � del tutto . estraneo qualsiasi 
proposito di << graL.ia � o di � demenza �, risultando anzi pi� volte sottolineata, 
nel corso dei lavori parlamentari relativi alle leggi di conversione, la esigenza 
di evitare che la norma in questione potesse risolversi in un <<premio� per 
gli esportatori clandestini di valuta. 
Va tenuto presente, ililoltre, che la norma in questione contempla la rinunzia 
dello Stato all'esercizio del potere di irrogazione delle sanzioni valutarie 
(e fi~cali) vigenti alla data delle infrazioni valutarie, e non la rinunzia 
al diritto di credito gi� perfezionatosi con la emanazione del provvedimento 
ministeriale di irrogazione della pena pecuniaria, s� -che I'operativit� della 
norma � limitata, necessariamente, alla fase in cui il potere di irrogazione 
della pena pecuniaria non sia stato ancora esercitato (e pu� assumere rilievo, 
quindi, la rinum.ia ad esercitarlo), ed � preclusa, invece, quando il diritto di 
credito si sia gi� perfezianato con la determinazione, in concreto, della pena 
pecuniaria dovuta dal trasgi'essore. 

Non pu� non essei'e considerato, infine, che il legislatore, qualora avesse 
inteso la norma in discussione nel senso ex adverso sostenuto, non avrebbe 
omesso di pi'evedere specifiche disposizioni relativamente ai procedimenti 
pendenti dinanzi al giudice ordinario; .ed � sintomatico, invece, che nessuna 
disposizione risulta prevista, nemmeno nella legge 8 ottobre 1976, n. 689, che 
possa in qualche modo avallare la interpretazione ex adverso sostenuta: considerazione 
la cui rilevanza non pu� invero negarsi, ai fini in esame, quando 
si consideri che la questione ora in discussione era gi� venuta in evidenza 
subito dopo l'entrata in vigore della legge 30 aprile 1976, n. 159, e che fin dal 



690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La tesi, che si pu� riassumere nella equivalenza << inflizione-applicazione 
� della pena, non � persuasiva. 

A parte il rischio di fare affidamento all'uso in senso tecnico di 
espressioni che in realt� presentano ampio margine di polivalenza, anche 
se riguardate con riferimento all'ordinamento di settore, appare ingiustificatamente 
limitato H riferimento al fenomeno dell'applicazione della 
pena �con riguardo solo al momento del.la concreta determinazione della 
sanzione da infliggere, sottraendo all'area della medesima (o, il che � lo 
stesso, della norma sanzionatrice) le fasi ulteriori di verifica del procedimento 
applicativo che attengono non solo e non tanto alla quantificaziol1e 
rispetto al fatto accertato, ma aiJ'aocertamento del fatto e delle sue 
essenziali connotazioni, quale momento prodromico di tale applicazione. 

Il procedimento in tema di infrazioni valutarie si differenzia da 
quello penale per la scissione del momento dell'inflizione da quello della 
verifica del.la esistenza delle componenti della fattispecie, restando il primo 
riservato all'autorit� amministrativa, e svolgendosi il secondo davanti all'autorit� 
giudiziaria che applica vaiutativamente la sanzione anche quando 
verifica se I'applicazione-inflizione da altri effettuata sia stata corretta. 

Dal punto di vista lessicale la locuzione � rende inapplicabile � ha un 
chiaro riferimento all'applicabilit� in astratto e non gi� all'applicazione 
in concreto; e la forma passiva impiegata sta a significare una sopravvenuta 
inettitudine della norma sanzionatrke e a porsi come regola del 
decidere, a costituire il supporto di un provvedimento, o pronuncia, di 
condanna. 

luglio del 1976 il Ministero del tesoro aveva gi� manifestato il proprio motivato 
orientamento sulla portata da attribuire all'art. 2 della legge 30 aprile .1976, 

n. 159 (oltretutto effettivamente modificato, sotto profili estranei al tema in 
discussione, con l'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689). 
8. -Con riguardo a tali considerazioni, ed a quanto gi� sopra osservato 
sulla ratio deLla norma, risulta evidente, in definitiva, che la possibile << inappldicabildt� 
deHe sanzioni "� anche sotto H pmfi�1o logico ed in ragione deLla 
ratio e delle finaJit� deUa norma, non pu� essere riferita aLle trasgressioni 
va11utarie per le quaH fosse gi� intervenuto il provvedimento aJP!Plicativo deHa 
pena pecuniaria. 
La <<dichiarazione� (o equipollente �cessione�) cui risulta collegata la 
<< inapplicabilit� � della pena pecuniaria costituisce, invero, atto a carattere 
ricognitivo e confessorio di infra~ioni in precedenza commesse, ed in tanto 
pu� assumere rilievo, sotto il prof.ilo in esame, in quanto si riferisca ad infrazioni 
valutarie che non siano state gi� formalmente accertate e sanzionate, 
non potendosi certo negare che la ricognizione di un fatto gi� ammesso dall'autore 
dell'infrazione, o comunque gi� legalmente noto ed accertato risulterebbe, 
nella sostanza, del tutto superflua (cos� come superflua sarebbe stata, 
ad esempio, una .dichiarazione a norma dell'art. 5, secondo comma, del d.l. 
6 giugno 1956, n. 476, che fosse intervenuta dopo l'accertamento della .infrazione 
valutaria); ed � ovvio, del resto, che lo scopo perseguito con la recente nor




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 691 

Il momento della concreta s,oggezione di un dato soggetto ad una 
-data sanzione amministrativa, nella giurisprudenza di questa Suprema 
corte viene sempre espresso mediante i termini sostanzialmente equivalenti 
<< irrogare �, <<infliggere�, �comminare�, <<applicare�: (Cass. 1223/ 
76, id., Rep. 1976, voce Cambio, n. 29; 2259/75, id., Rep. 1975, voce cit., n. 17; 
3261/74, id., Rep. 1974, voce cit., n. 5; 2824/71, id., 1972, I, 1334; 101!70, id., 
Rep. 1970, voce cit., n. 15; 2256 e 34/68, id., Rep. 1968, voce cit., n. 7 e voce 
Tasse in genere, n. 523; 1264/63, id., Rep. 1964, voce cit., n. 334; 1028/62, 
id., Rep. 1962, voce Cambio, n. 4). 

Analogamente il riscontro normativo in materia di disciplina valutaria 
(art. 15 d. l. n. 476 del 1956, art. l ss. r.dJ. n. 1928 del 1938) porta a 
,constatare che il termine << applicare � � riferito a1la verifica oggettiva dei 
presupposti voluti dalla legge, ovvero (od anche) all'attivit� diretta a far 
valere l'obbligazione civile del trasgressore, laddove il potere di determinare 
in concreto la sanzione � espresso con il termine � inflizione �. 

N� la 'contrapposizione fra applicabilit� delle sanzioni ed applicabilit� 
delle norme appare determinante in senso contrario posto che il fenomeno 
applicativo, nel ricondurre dall'astratto al concreto, si risolve nel 
confronto fra una norma ed una fattispecie concreta, e la sanzione in tanto 
viene applicata in quanto trova fondamento nella norma che la prevede; 
in altre parole nell'applicazione di sanzioni � sempre sottesa la 
norma disciplinatrice. E nemmeno potrebbe richiamarsi la concretezza 

mativa � stato appunto quello di accertare e recuperare le disponibilit� ed 
attivit� clandestine (e non agevolmente ,accertabili), e non certo quello di 
assicurare il rientro dei capitali per la disponibilit� dei quali era stata gi� 
applicata la pena pecuniaria (ed il cui mancato recupero avrebbe comunque 
esposto il trasgressore ,a severe sanzioni penali): rilievo cui si aggiunge il 
fatto che di rientro dei capitali, per coloro nei cui confronti sia stata aocertata 
e sanzionata l'infrazione valutaria, costituisce attivit� ili ottemperanza al provvedimento 
autoritativo (essendo il rientro dei capitali gi� disposto nel provvedimento 
ministeriale di irrogazione della pena pecuniaria), e quindi attivit� 
che se pur noo pu� essere ottenuta in executivis � comunque attivit� (gi�) 
�dovuta�. 

Per coloro ,che avessero disponibilit� o attivit� all'estero, fraudolentemente 
e clandestinamente costituite prima del 6 mano 1976, si spiega e si giustifica, 
comunque, ed in coerenza con le finalit� perseguite, l'<< incentivo� costituito 
dalla possibilit� di sottrarsi, con l'osservanza delle prescriziooi relative al 
rientro dei capitali, alla sa!plione amministrativa della pena pecuniaria; e si 
spiega e si giusti1�ica quindi, in tal caso, ed in vista delle preminenti finalit� 
di interesse pubblico da perseguire, la <<rinunzia� dello Stato all'esercizio del 
potere di << applicare � la pena pecuniaria. 

La stessa <<incentivazione�, invece, risulterebbe priva di qualsiasi giustifica 
nei casi di infrazioni valutarie gi� accertate e per le quali sia stata 
gi� comminata la pena pecuniaria, essendo ovv,io che in tali casi l'osservanza 
delle prescrizioni relative al rientro dei capitali � gi� garantita, e con maggiore 
efficacia, dall'interesse del trasgressore ad evitare la condanna penale cui non 



692 RASSEGNA DEU..'AWOCATURA DELLO STATO 

della singola determinazione sanzionatrice in un contesto Ja cui accentuazione 
nel senso dell'astrattezza � gi� stata sottolineata. 

Non � sostenibile che l'applicabilit� della sanzione valutaria sia fenomeno 
riferibile solo all'autorit� amministrativa, �ui spetta in via esclusiva 
l'irrogazione della medesima. 

Sul singolo provvedimento di inflizione si pu� innestare un giudizio 
valutativo concernente l'accertamento dei presupposti per la responsabilit� 
dell'asserito trasgressore, e solo la conclusione positiva del relativo 
giudizio esaurisce la fase de1la verifica dell'applicabilit� nel caso 
considerato della sanzione astrattamente prevista, nel che si attua e definisce 
il processo di applicazione. 

Anche ad ammettere che il ministro applichi le pene, il ricorso al 
giudice ordinario risulta diretto al controllo della correttezza di tale 
applicazione per escluderla perch� non sussistono gli estremi corrispondenti 
alla previsione normativa, perch�, cio�, il procedimento seguito 
nell'applicare risulta scorretto non gi� per vizi formali ma per inidoneit� 
degli elementi accertati a realizzare un comportamento del tipo considerato 
dalla norma, concretando il presupposto oggettivo della infrazione. 


L'autorit� giudiziaria conosce della questione con g.li stessi poteri e 
con gli stessi limiti che incontra in qualsiasi aHra controversia civile, 
solo che al posto della pretesa formulata dalla parte attrice sta qui il 

potrebbe sottrarsi, evidentemente, nel momento in cui l'infrazione valutaria 
(e quindi il <<possesso , di disponibilit� valutarie e di attivit� all'estero) venisse 
definitivamente accertata: condanna con multa fino al quadruplo del 
valore delle disponibilit� possedute all'estero e con reclusione da uno a sei 
anni, ed il cui solo rischio gi� costituisce, ovviamente, sufficiente garanzia 
per l'osservani:.a delle prescrizioni relative al rientro dei capitali, senza alcuna 
necessit� di un �incentivo� che pu� giustificarsi soltanto per coloro le cui 
infrazioni non siano state gi� accertate e punite, e quindi soltanto in .ragione 
di un'alternativa tra il :dschio (molto) remoto di una futura condanna penale 
(con il persistente godimento, pemltro, di capitali fraudolentemente esportati) 
e la possibilit� di rientrare tra [ binari della legalit�, evitando oltretutto 
il pagamento di pene pecuniarie. 

La sostanziale validit� di tale assunto (e della interpretazione, quindi, 
sostenuta dalla controricorrente Amministrazione) va del resto confermata 
proprio con riguardo alla fattispecie in esame, quando si consideri, cio�, che 
la controparte, pur dopo l'entrata in vigore della legge 30 aprile 1976, n. 159, 
ha dato ulteriore seguito al giudizio pendente in grado di appello, prowedendo 
alle iniziative richieste dalla legge (sempre che ta!.i iniziative possano assumersi 
desumibili dalla documentazione in questa sede prodotta, e sempre che 
i capitali di cui sarebbe stato assicurato il rientro possano identificarsi con 
quelli per i quali � stata applicata la pena pecuniaria in discussione) soltanto 
dopo la pubblicazione della sentenza di secondo grado: comportamento che 
� consentito di presumere diverso, secondo �argomentazione anch'essa rilevante 
ai fini in esame, da quello che sarebbe stato forse adottato qualora i giudici 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 693 

decreto ministeriale che tale pretesa concretizza e rappresenta il limite 
della domanda la cui fondatezza deve essere verificata in s� e per s�. 

L'applicabilit� de1la sanzione � quindi concetto quantomeno neutrale 
sul piano della riferibilit� vuoi all'autorit� amministrativa, vuoi a 
quella giurisdizionale. 

Al ministro spetta, con carattere di esclusivit�, il potere di infliggere 
la sanzione (art. 2 r.d. n. 1928 del 1938); tale inflizione pu� farsi rientrare 
nel concetto pi� alto di applicazione, mentre per quanto riguarda la 
materia valutaria non � vera la reciproca che cio� il giudice possa infliggere 
la pena come momento intrinseco al concetto di applicazione in 
senso lato. La legge,. rendendo inapplicabile la sanzione, abbraccia i poteri 
sia del ministro .che del giudice; l'inapplicabi�lit�, riguardando le situazioni 
contemplate indipendentemente dallo stato del procedimento, impedisce 
al ministro di irrogare �la sanzione cos� come al giudice di pronunciare 
una sentenza che riguardi l'obbligazione di pagamento derivante 
da quella sanzione. 

8. -Resta cos� escluso che il problema interpretativo si risolva semplicisticamente 
attraverso la esegesi letterale dell'espressione << rende 
inapplicabile � e che di applicabilit� non si possa pi� parlare quando la 
pena sia gi� stata irrogata con provvedimento ministeriale. 
Si contrappongono perd� due residuali ed alternative letture della 
norma: a) l'inapplicabilit� riguarda tutti i casi in cui gli adempimenti 
siano stati compiuti e l'applicazione della sanzione non sia ancora dive-

di appello avessero ritenuto di escludere la sussistenza delle infrm.ioni valutarie 
sanzionate con la pena pecuniaria. 

9. -La inammissibilit� della interpretazione ex adverso sostenuta, gi� denunciata 
dalla lettera delLa norma e confermata dalla ratio stessa �e dalle 
finalit� della disposizione, va evidenziata, mfine, anche sotto un ulteriore 
profilo, con riguardo, cio�, alle assurde conseguenze che deriverebbero dalla 
interpretazione proposta dalla controparte, ed m particolare alle ingiustificate 
discriminazioni che tale interpretazione comporteDebbe. 
A tale proposito � opportuno premettere, peraltro, che nessuna ingiustificata 
discriminazione comporta la interpretazione sostenuta dalla controricorr.
ente Amministrazione, dovendosi esclude!'e a priori, per quanto gi� sopra 
osservato, l'assimilabilit� di coloro nei cui confronti risulti gi� applicata la 
pena pecuniaria (e rispetto ai quali l'osservaru.a delle prescrizioni sul rientro 
dei captali � gi� garatntita dal loro <<attuale� interesse ad evitare una severa 
condanna penale) con quelli le cui pregresse infrazioni valutarie sono mvece 
rimaste ignote (e per i quali assume rilievo soltanto la remota possibilit�� di 
una futura ed eventuale condanna m sede penale). 

Quanto alla interpretazione ex adverso sostenuta, � agevole invece rilevare 
(a parte la difficolt� di ipotizzare una cessazione della materia del contendere 
che dipenderebbe in concreto, proprio in quanto anche la inosservanza 

d.i uno solo degli adempimenti p!'escritti costituisce reato, dal definitivo accertamento 
in sede penale sulla insussistenza di fatti ora penalmente sanzionati), 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

694 

nuta definitiva; b) l'inapplicabilit� riguarda solo la dichiarazione e gli 
ulteriori ademipmenti che mettono in evidenza infrazioni valutarie precedentemente 
rimaste occulte, di cui cio� non sia in corso il procedimento 
di accertamento. 

La soluzione sub a) � pi� aderente al criterio letterale. Ma quella 
sub b), adombrata-senza essere stata per� adeguatamente sviluppatadall'Avvocatura 
dello Stato, ad avviso del collegio risulta la sola coerente 
con la ratio legis e deve perci� essere accolta. 

La tesi, secondo -cui l'inapplicabilit� resta circoscritta ai soli trasgressori 
occulti, resiste alle possibili obiezioni. 

Deve negarsi, ad avviso del collegio, che dettando il quinto comma 
dell'art. 2 il legislatore abbia voluto cancellare radicalmente dall'ordinamento 
i precetti e divieti della legislazione valutaria (e cio� la norma 
primaria) rendendo irrilevanti per il diritto i comportamenti tenuti nel 
costituire la disponibilit� all'estero, sostituiti dall'obbligo di dichiarazione, 
cosicch� una volta ottemperato a quell'obbligo, sarebbe esclusa la 
qualificabilit� dei comportamenti medesimi come violazione di norme 
valutarie, restando eliminata addirittura la fattispecie dell'illecito amministrativo, 
venendo meno la possibilit� di ricollegarvi una sanzione. 

La norma del quinto comma, si sostiene, � addirittura superflua perch� 
nella stessa posizione dello'bbligo di dichiarare viene eliso il preesistente 
precetto, il divieto cio� di costituire capitali o disponibilit� 
all'estero. 

che la possibilit� di sottrarsi al pagamento della pena pecuruana si risolverebbe, 
per coloro nei cui confronti tale sanzione fosse stata gi� applicata, in 
un possibile strumento di elusione della vigente normativa, in quanto consentirebbe 
ad essi, quali che fossero le infrazioni gi� sanzionate tra le eventuali 
molteplici altre in precedenza commesse, di far rientrare in Italia, seru.a 
sanzioni, i capitali il cui fraudolento possesso all'estero risultasse pi� agevole 
da scoprire (e di conservare invece all'estero, anche se costituite mediante 
le �infrazioni gi� accertate e sanzionate, capitali ed attivit� che possano pi� 
facilmente rimanere nella clandestinit�). 

lngiustificate discriminazioni verrebbero comunque ad assumere rilievo, 
nella sostanza, con la stessa equiparazione di coloro nei cui confronti fosse 
stata gi� applicata la pena pecuniaria, indipendentemente, cio�, dai motivi per 
i quali fosse stata promossa una contestazione in sede giudiziale (variabili 
invero, secondo differenziate situazioni, dal diniego di aver commesso l'infrazione 
contestata alla semp1ice irregolarit� dell'ingiun):.ione di pagamento); ed 
una uniformit� di trattamento risulterebbe ancor meno giustificata nei casi, 
ad esempio, in cui si discutesse soltanto della prescrizione del credito relativo 
alla pena pecuniaria o del1a preclusiva definitivit� del provvedimento ministeriale 
(per inammissibilit� di gravami, ricorso al giudice amministrativo, 
tardivit� di impugnazioni, et similia). 

Considerato che condizionante presupposto di applicazione della norma � 
il possesso all'estero, alla data del 6 marzo 1976, di disponibilit� valutarie ed 
attivit� (in mancanza de11e qua1i la norma non potrebbe evidentemente essere 
invocata), � agevole rilevare, inoltre, che una inammissibile ed ingiustificata 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 695 

Questa sorta di novazione del precetto amministrativo in precetto 
penale giustamente � apparsa al procuratore generale (che pure ha concluso 
per l'accoglimento del ricorso) inficiata da una petizione di principio 
nella sua apparente impeccabi.Iit� concettuale. 

Ed in verit� non sembra condividibHe il punto di partenza postulante 
la intercambiabilit� logico-giuridka fra i precetti considerati; la 
fattispecie costitutiva dell'illecito valutario, istantaneamente consumatosi 
a seguito della esportazione di capitali o della costituzione di disponibilit� 
valutarie all'estero, appare ben diversa di quella integrante il 
reato ex art. 2 riguardante l'obbligo di dichiarare, reimportare o comunque 
trasferire nel territorio dello Stato tali disponibilit�. La non coincidenza 
delle situazioni diversamente considerate dal diritto, rappresenta 
un primo ostacolo ad operare sul piano del precetto che quando venne 
violato, consumandosi l'Hlecito, spiegava i suoi effetti obbligatori e non � 
certo venuto meno retroattivamente nella sua oggettiva latitudine, poich� 
anche oggi � punito quell'illecito, quantomeno nei confronti di coloro 
che non hanno osservato il precetto dell'art. 2 legge n. 159. Ma, anche se 
le cose stessero come si dice, se il legislatore avesse sostituito fattispecie 
a fattispecie negando ogni rilevanza giuridica ai comportamenti tenuti 
;prima della dichiarazione reintegratrice, resterebbe aperto sia nella prospettiva 
della causa di esclusione delle illiceit� seguita dal collegio, sia 
in quella della sostituzione della norma primaria, il problema della individuazione 
dei destinatari della norma medesima, nella contrapposizione 
fra trasgressori occulti che si vengono a palesare e trasgressori gi� 
palesatisi. 

E della esattezza della tesi omnicomprensiva sul piano soggettivo 
-che � punto di arrivo e non di partenza dell'esegesi sembra pos


discriminazione verrebbe ad ammettersi, secondo la interpretazione. ex adverso 
sostenuta, tra coloro che avessero gi� in precedenza provveduto a far rientrare 
in Italia i capitali (e che rimarrebbero obbligati al pagamento delle pene 
pecuniarie ad essi comminate) e quelli che invece avessero conservato all'estero 
disponibilit� valutarie ed attivit� clandestinamente costituite (e che potrebbero 
quindi sottrarsi, secondo la controparte, e proprio in ragione della loro persistente 
illegale condotta, al pagamento delle pene pecuniarie): singolare disparit� 
di trattamento che risulterebbe oltretutto particolarmente iniqua, evidentemente, 
nei casi in .cui al rientro dei. capitali fosse stato provveduto 
proprio in ottemperanza ed in esecuzione del provvedimento ministeriale di 
applica:t.ione della. pena pecuniaria. 

Ulteriore ed altrettanto grave ed ingiustificata disparit� di trattamento 
si verificherebbe infine, sempre secondo la interpretazione sostenuta dal ricorrente, 
per coloro .ai quali la pena pecuniaria fosse stata applicata per tentativo 
di infrazione valutaria o per cooperazione:; con il trasgressore (cfr. art. 2, 
secondo comma, de� d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928; artt. 2 e 3 del d.l. 6 giugno 1956, 

n. 476; e ora art. l, terz'ultimo comma, del d.l. 4 marzo 1976, n. 31, nel testo 
di cui alle leggi 30 aprile 1976, n. 159, e 8 ottobre 1976, n. 689), per coloro, 
cio�, che non� avendo disponibilit� da �dichiarare�, e non potendo invocare 
8 



696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sibile dubitare non trovando la letteralit� della norma adeguata giustificazione 
della finalit�, chiaramente perseguita di incentivare il rientro 
dei capitali di cui si ignorava il previo trasferimento o formazione 
aLl'estero. 

Le osservazioni che si sono venute facendo a proposito della coesistenza 
di sanzioni penali ed amministrative portano a ritenere che la 
volont� del legislatore non � stata quella di far venir meno per il passato 
fattispecie destinate in principio ad operare anche per il futuro, 
di cancellare il precetto, ma di rendere inapplicabile la sanzione rispetto 
a precetti che, in linea di principio, continuavano a considerarsi vincolanti 
per il passato. Il precetto, a tutto concedere, non viene meno 
in s� e per s�, nei confronti di << chiunque �, ma solo nei confronti di 
coloro che tengono un determinato comportamento, sicch� appare rilevante 
l'indagine sullo scopo perseguito nell'imporlo, onde determinare 
i destinatari della � inapplicabilit� della sanzione �; formula normativa 
che, nella sua dizione, fa riferimento ad un precetto violato, e non gi� 
ad �un precetto non pi� vincolante. 

L'illegittimit� del fatto viene esclusa non gi� perch� rispetto alla 
generalit� dei sottoposti � venuto meno, ora per allora, il precetto, ma 
perch� a <eerte condizioni e per certi soggetti la sanzione che a quel 
precetto si ricollega non � pi� operante. 

La soluzione radicale, che porta a cons!qerare mal posto il problema 
interpretativo del quinto comma, intende la disposizione dell'art. 2 come 
sostitutiva e riassuntiva della globalit� dei comportamenti contra ius 
dipendenti dall'avere goduto di disponibilit� all'estero, deve dunque essere 
accantonata. 

quindi l'applicazione dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159, rimarrebbero 
in ogni caso obbligati al pagamento della pena pecuniaria (mentre sarebbero 
esonerati da tale pagamento, linvece, gli effettivi trasgressori). 

10. -La chiara ed univoca lettera della norma in questione, la sua stessa 
ratio, le sue finalit� e la sua interpretazione sistematica, e le assurde conseguenze 
che verrebbero altrimenti a determinarsi concorrono ad escludere, in 
definitiva, l'ammissibilit� della interpretazione ex adverso proposta. 
� stato anche . sostenuto, .invero, che l'osservanza delle prescrizioni sul 
rientro dei capitali comporterebbe addirittura l'obbligo dello Stato di restituire 
le somme gi� riscosse per pene pecuniarie. (circolare Assonime, 3 novembre 
1976, n. 235); ed anche in tale assunto va dehunCiato: il 'tentativo di 
alterare del tutto la portata della norma, rendendola strumento di speculazione 
per gli esportatori clandestini gi� scoperti e puniti: supposh.ione la cui fondatezza 
non pu� invero essere negata, se gi� nel corso dei lavori relativi alla 
legge 8 ottobre 1976, n. 689, dovette essere rilevato che soltanto 1.000 erano 
rientrati, dei 40.000 miliardi abusivamente esportati, e di cui si era auspicato 
il rientro. 

ARTURO MARZANO 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 697 

La situazione normativa dei precetti e dei divieti � e resta quella 
che si � venuta delineando. 

La lettura proposta, instaurando un parallelismo fra osservanza attuale 
del precetto, penalmente sanzionato, e violazione passata delle 
disposizioni amministrative valutarie, opera al livello strutturale oggettivo 
della disposizione da interpretare, senza approfondire la ratio, 
ovvero ipotizzando implicitamente (ed immotivatamente) che tale ratio 
postuli l'identificazione soggettiva di tutti i dichiaranti con tutti i vecchi 
trasgressori. 

Vero �, invece, �che la disponibilit� all'estero costituiva la fattispecie 
dell'i_llecito amministrativo sulla quale si innesta un illecito penale autonomo, 
che consiste nel non averne dichiarato la sussistenza in un dato 
momento. H nuovo precetto, di dichiarare e far rientrare, si aggiunge 
al vecchio precetto senza eliminarlo, ora per allora, ma facendo venir 
meno l'illiceit� del fatto commesso per una determinata cerchia di soggetti 
che si comportino in un determinato modo. Ne risulta il profilo 
eminentemente soggettivo della introdotta causa di esclusione della 
illiceit�; non si cancella il precetto sanzionato amministrativamente 
nella sua oggettivit�, ma si esclude che la sua violazione spieghi efficacia 
ai fini dell'applicazione della sanzione in un certo ambito soggettivo, 
riferibile, in prima letterale approssimazione, a << chiunque �, quale 
apparente destinatario del precetto penale, ma in effetti pi� limitato 
alla stregua della ratio legis; e cos� come il <<chiunque� destinatario 
del precetto penale secondo il primo comma dell'art. 2 risulta essere 
(almeno nella maggior parte dei casi) solo il �residente�, del pari l'osservanza, 
�che rende inapplicabile la sanzione secondo il quinto comma, 
non riguarda qualsiasi destinatario del precetto di denunciare e far 
rientrare, ma solo i trasgressori occulti che si sono palesati per adeguarsi 
al precetto penale. 

9. -A favore della interpretazione aderente al testo della legge, da 
intendere nel senso che l'adempimento dei precetti contenuti negli artt. 2 
e 2 ter legge n. 159 comporterebbe comunque l'inesigibilit� della sanzione 
amministrativa irrogata, facendo venir meno il potere del giudice 
di verificare la sussistenza dei presupposti di diritto e di fatto per cui 
era stata comminata la sanzione (e paralizzando altres� il potere del 
ministero di portare avanti il procedimento di irrogazione della sanzione 
per la infrazione scoperta ma non ancora accertata amministrativamente) 
non giova dedurre che, opinando diversamente, e tenendo 
ferma la sanzione irrogata (ovvero la possibilit� di irrogarla) nei confronti 
di chi abbia osservato la prescrizione sul rientro dei capitali, lo 
si costringerebbe a pagare due volte la sanzione collegata al fatto dell'espatrio. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

698 

L'argomentazione muove da una lettura del sistema normativo vigente 
in materia di infrazioni valutarie che non pu� essere condivisa. 

Mentre l'art. 2, quinto comma, esaurisce i profili dell'illecito valutario, 
esdudendo la sanzionabilit� delle infrazioni commesse evidenziate 
dalla denunzia, l'art. 2 ter tocca il diverso problema dell'evasione fiscale 
(che si accompagna a tale illecito relativamente all'omessa denuncia dei 
redditi prodotti dai capitali esportati) e stabilisce che il reimportatore 
di capitale deve pagare, ora per allora, le imposte sul reddito dovute 
per i periodi di cui i capitali si trovavano all'estero. 

Al reimportatore � offerta la possibilit� di mettersi in regola col 
fisco mediante un versamento forfettario pari al 15 % dell'ammontare 
delle disponibilit� o del valore delle attivit� indicate nella prevista dichiarazione 
(ovvero versate ai sensi dell'art. 2, secondo comma); e in 
tal caso egli non paga le soprattasse e pene pecuniarie per la omessa 
dichiarazione dei redditi, restando precluso al fisco ogni accertamento 
dipendente dalla sopravvenuta conoscenza delle suddette disponibilit�. 

Ne consegue che il trasgressore occulto, per il fatto della reimportazione 
che evidenzia il precedente illecito sfuggito alla cognizione delle 
competenti autorit�, avente una duplice dimensione valutaria e tributaria, 
non subisce alcun carico sanzionatorio rispetto all'infrazione valutaria, 
mentre pu� (e non-� deve �) avvalersi delle facilitazioni offertegli 
sul piano tributario, corrispondendo in misura forfettaria l'imposta evasa. 

La circostanza, che, secondo l'interpretazione che il collegio accoglie, 
la sanzione valutaria debba essere ,corrisposta dal trasgressore noto, 
mentre tale pagamento non sar� dovuto dal trasgressore rimasto ignoto 
e palesatosi come tale solo per effetto della dichiarazione, non comporta 
una duplicazione di sanzioni, ma l'esclusione dei primo dall'area della 
non sanzionabilit� dando luogo ad una diversit� di trattamento, peraltro 
giustificata e -ragionevole, tra chi � stato colto a commettere la trasgressione 
e chi tale trasgressione rivela per la prima volta nel compiere 
il dovere, penalmente sanzionato, di denunciare la disponibilit� 
all'estero e confessa l'infrazione valutaria; costui non paga nulla a titolo 
di sanzione valutaria, ,}'altro paga, ma paga una volta sola a quel 
titolo. 

Il ri�ntro dei capitali non si presenta, alla stregua del sistema giu� 
ridico valutario vigente, come una scelta fra possibili alternative di 
comportamenti conformi al diritto, ma � imp�sto dalla legge penale. 
La scarsa effettivit� di tale precetto, la estrema difficolt� di co1pire 
fesportatore clandestino che non ritenga di uscire allo scoperto sono 
circostanze che il collegio reputa determinanti per drcoscrivere l'ambito 
soggettivo della norma, ai soli trasgressori occulti. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 699 

N� il far leva sulla qualit� di trasgressore occulto, o palese, introduce 
un criterio di differenziazione delle situazioni incompatibili con il 
principio di eguaglianza. 

� circostanza casuale se un determinato trasgressore viene scoperto; 
ma � circostanza obiettivamente rilevante per un trattamento differenziato 
l'aver a che fare con trasgressori ignoti o noti ai fini della realizzazione 
del rientro dei capitali attraverso il congegno della pena minacciata 
a chi non denuncia e non fa rientrare con salvezza della sanzione 
amministrativa per la strumentale esportazione clandestina, giaoch� la 
minaccia si presenta con ben maggiore immediatezza nei confronti di 
coloro che sono gi� stati riconosciuti o stanno per esserlo, pendendo 
accertamento al riguardo, come trasgressori. 

Se pu� dubitarsi della legittimit� di una discriminazione che si 
radkhi sulla progressione del procedimento amministrativo di irrogazione, 
facendo perno suH'emanazione o meno del decreto ministeriale 
(ma di questo avviso non � stata in casi analoghi la Corte costituzionale 
che ad esempio nella sentenza n. 32 del 1976, id., Rep. 1976, voce Amnistia, 

n. 4, ha escluso che contrastasse con l'art. 3 Cost. l'amnistia per reati 
finanziari del 1973 subordinata alla definizione delle pendenze secondo 
le disposizioni del d.l. n. 660 del 1975, e cio� all'esito di UI1 procedimento 
amministrativo) la discriminazione fra trasgressori ooculti e palesi � 
pienamente coerente con la perseguita finalit�. Non si tratta di valutare 
la pericolosit� degli uni o degli altri, ma la concreta possibilit� di perseguire 
la violazione del �precetto sul rientro, estremamente aleatoria 
rispetto ai trasgressori occulti, adeguando la disciplina a tale oggettiva 
diversit� di situazione dei soggetti destinatari della norma. 
N� �la confessione richiesta anche al trasgressore palese che contesta 
la effettivit� della infrazione si risolve in una menomazione del 
suo diritto di difesa, impedendogli di sostenere fino in fondo la propria 
tesi, perch� la confessione in tanto � dovuta in quanto la trasgressione 
vi sia stata, e colui che assume di non avere trasgredito le norme valutarie 
ovviamente non ha alcuna confessione da rendere; mentre, se la 
trasgressione � stata rilevata, solo formalmente pu� parlarsi di confessione, 
essendo il riconoscimento superfluo di fronte ad una acquisizione 
probatoria gi� in atti. 

Hanno manifestato quindi una certa misura di civismo di ritorno 
quei pochi trasgressori occulti (che a suo tempo, spregiando il precetto 
di solidariet� sociale che la Costituzione pone all'art. 2 fra i � princip� 
fondamentali�, avevano contribuito a spogliare il paese di essenziali 
strumenti di ripresa economica) indottisi ad attuare il rientro dei capitali 
(sia pure resi certi che non avrebbero subito conseguenze sanzionatrici 
per l'illecito commesso, ed avrebbero ricevuto un trattamento tributario 
agevolato). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

700 

E si comprende che per costoro -e solo per essi sia stata 
dettata la norma sulla inapplicabilit� della sanzione amministrativa per 
la precedente infrazione, dato che altrimenti l'effettivit� dei sistema 
repressivo e la finalit� del rientro sarebbero stati quasi certamente 
eluse. Invece l'incentivo di non far scattare la sanzione amministrativa 
per l'infrazione valutaria nei confronti dei trasgressori noti per sollecitarli 
al rispetto del precetto penale, non aveva ragion d'essere perch� 
costoro, incappati nelle maglie della vigilanza, cos� diventando trasgressori 
noti, suscettibili di essere definitivamente qualificati come tali a 
coronamento del relativo procedimento amministrativo e giurisdizionale, 
non potevano conseguentemente -contare su apprezzabili margini di eludibilit� 
del precetto penale, in quanto, a seguito della notizia ormai 
acquisita delle disponibilit� valutarie all'estero al momento della trasgressione 
se non avessero compilato la denuncia e provveduto al rientro, 
sarebbero incorsi, e per non breve tempo, nella perdita della libert� 
personale con margini di probabilit� corrispondenti alla effettivit� o 
meno della infrazione contestata ed alla persistenza della disponibilit� 
al momento di riferimento. 

L'adottata interpretazione non aggrava la posizione dei trasgressori 
noti i quali avrebbero dovuto comunque sottostare alla sanzione amministrativa, 
essendo stati scoperti, ed operare il rientro dei capitali per 
sottrarsi alla sanzione penale la cui irrogazione discendeva dall'accertamento 
della precedente disponibilit� valutaria all'estero, salva l'improbabile 
dimostrazione, a loro carico, che tale disponibilit� era venuta 
successivamente meno. 

Ma se non ci fosse stata la norma age~olatrice i trasgressori occulti 
avrebbero avuto una duplice remora a mettersi in regola rischiando 
una improbabile, per quanto severa, condanna penale, contro la certezza 
di una pesante sanzione valutaria e di un altrettanto gravoso onere per 
la correlata evasione tributaria, venuta in evidenza a seguito della loro 
denuncia. 

La dimensione soggettiva dell'agevolazione � quindi nella logica 
della disposizione che mira a favorire il rientro dei capitali dei trasgressori 
ignoti, dato che per i trasgressori palesi non vi � ragione 
di provvedere, per eliminare l'inconveniente di un precetto penale il 
quale, per essere osservato, impone di palesare una trasgressione valutaria. 
Proprio per evitare tale autodenuncia la norma � stata dettata, 
.ed � perci� in tali limiti che ne deve essere circoscritta la portata. 

10. -Per affermare che in ogni caso, sia per i trasgressori occulti 
sia per i trasgressori palesi, salvo il caso di definitivit�, sarebbe esclusa 
la applicabilit� della sanzione come conseguenza dell'operato rientro, 
:s-i deduce ancora che una volta reimportati i capitali l'irrogazione della 
sanzione risulterebbe priva di causa perch� il danno costituito dall'espor

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 701 

tazione del capitale sarebbe neutralizzato per effetto del rientro che ne 
comporta il reinserimento nel circuito economico nazionale. Ma non � 
esatto che la sanzione viene irrogata perch� si � verificato un certo 
danno per l'economia al ,cui venir meno consegue l'impossibilit� dell'applicazione; 
la sanzione discende puramente e semplicemente dalla 
consumazione del fatto illecito, ed il post factum non ha rilievo se non 
nei limiti previsti dalla legge che sono quelli ricavabili dalla interpretazione 
dell'art. 2, quinto comma, in questione. L'argomento si risolve, 
pertanto, in un inammissibile apriorismo interpretativo, come quello 
che vorrebbe ravvisare negli adempimenti di cui all'art. 2 una sorta di 
autorizzazione a posteriori. 

E neppure giova instaurare un parallelismo fra trasgressioni valutarie 
e fiscali, fra art. 2, quinto comma, ed art. 2 ter legge n. 159, per 
dedurre che come gli adempimenti fiscali escludono sempre l'applicabilit� 
delle relative sanzioni a car-ico dell'evas9re,. cos� gli adel'Ilpimenti 
valutari di cui all'art. 2 escluderebbero, per i trasgressori che Ii abbiano 
QSservati, la� soggezione all� sanzioni previste per le infrazioni commesse. 

Una volta posto in �chiaro che nell'un caso vengono in considerazione 
le sanzioni valutarie e nell'altro quelle tributarie e che rispetto all'art. 2 
� imposto un obbligo sanzionato penalmente, mentre l'art. 2 ter contempla 
una facolt� agevolatrice, i presupposti del parallelismo restano 
esclusi sia per quanto attiene allo stadio del procedimento di irrogazione 
e verifica della sanzione, sia per quanto attiene al profilo soggettivo, che 
� quello residualmente pi� rilevante, dal momento che, mentre nessun 
problema sorge circa la individuazione dei soggetti legittimati ad avvalersi 
dello strumento agevolativo di cui all'art. 2 ter (che sono coloro 
che avendo adempiuto agli obblighi di cui all'art. 2 scelgono sul piano 
tributario la soluzione del versamento forfettario), relativamente all'art. 2, 
,quinto comma, si pone il dubbio interpretativo se l'esclusione della 
illiceit� riguardi tutti i vecchi trasgressori inosservanti, ovvero solo 
.quelli fra essi ancora clandestini. 

Sempre per escludere globalmente l'assoggettabilit� a sanzione valutaria 
di chi abbia ottempe:rato al disposto dell'art. 2 legge n. 159 si 

,,_ '-r."-.. JI' ''..:. . -�'� � . 

sostiene dte l'espdrtaziorte illeCita di capitali pu� ledere in astratto due 
distinti interessi dello Stato: quello valutario e quello fiscale. L'esportazione 
sottrae valuta all'economia nazionale ed impedisce, per il futuro, 
l'accertamento dei redditi prodotti dai capitali esportati, le sanzioni 
amministrative tendevano a controbilanciare il duplice danno sopportato 
dalla collettivit�; ma le prescrizioni della legge n. 159 eliminano entrambi 
i 'profili di danno, con il rientro ex art. 2 si elide il danno valutario, con 
il pagamento ex art. 2 ter, quello tributario; se dunque non vi � pi� 
.danno per lo Stato non si vede a qual titolo dovrebbe essere corrisposta 
la sanzione amministrativa. 



702 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si fa leva, evidentemente, sul carattere risarcitorio della sanzione, 
ma si dimentica che la sanzione viene irrogata non gi� perch� si � 
verificato un danno, ma perch� � stato violato un precetto e che il 
rientro � imposto da una norma penale senza sensibilit� alternative, 
sicch� non � il rientro a neutralizzare il precedente illecito amministrativo 
in ogni caso, ma � la neutralizzazione dell'illecito (strumentale al 
rientro) a porsi come condizione di effettivit� di funzionamento dei 
sistema recuperatorio sanzionato penalmente che si � voluto introdurre. 

I diffusi richiami alle interpretazioni che vennero date alla legge 
in senso onnicomprensivo non sono condividibili nella misura in cui 
attribuiscono alle norme un ambito soggettivo pi� ampio di quello corrispondente 
alla effettuata puntualizzazione della ratio legis. 

E una interpretazione riduttiva dei destinatari della norma � certamente 
legittima, proprio rispetto all'apparente paradosso della legge 
(per mutuare l'espressione alla difesa del ricorrente) la quale, mentre 
commina pene severissime per le trasgressioni future, istituisce per i 
trasgressori del passato un autonomo obbligo di reimportare (anche esso 
sanzionato penalmente) correlando all'osservanza di detto obbligo la non 
operativit� delle sanzioni, per le consumate trasgressioni (amministrative). 
Una normativa siffatta trova la sola spiegazione appagante nell'intento 
finalistico che )a anima di ottenere il rimpatrio dei capitali 
senza pretendete che i trasgressori occulti, per ottemperare all'obbligo, 
denuncino strumentalmente l'illecito amministrativo a suo tempo commesso 
e si assoggettino al pagamento della relativa sanzione. 

L'avvenuta irrogazione delle�� sanzioni in sede amministrativa non �, 
quindi, circostanza decisiva per escludere l'applicabilit� della relativa normativa. 
Pi� radicalmente rovesciando l'impostazione originaria dell'Avvocatura, 
che ragionava in termini di applicabilit�-inflizione e dandorilievo 
decisivo sul piano della ratio legis al profilo soggettivo, l'inapplicabilit�, 
deve essere circoscritta ai soli trasgressori occulti, con la 
conseguenza che non solo la norma dell'art. 5-, secondo comma, non 
inibisce al giudice di conoscere della fondatezza -della pretesa dell'amministrazione 
del tesoro, ma questa potr� proseguire i� procedimenti in 
corso su parere della commissione consultiva, i cui poteri andranno 
esercitati anche rispetto ai verbali a carico dei trasgressori che abbiano 
provveduto ad operare il ri<;.!l.tro. 

L'opinione implicita emergente dall'orientamento di tale commissione 
la quale, secondo quanto riferisce la difesa Barilla, a seguito della 
emanazione della legge n. 159 avrebbe deciso di sospendere le decisioni, 
contrastando con l'avviso interpretativo espresso da questo Supremo collegio, 
resta evidentemente superata. 

Del resto, sul piano dell'affidamento che opinioni siffatte, per quanto 
diffuse, potevano dare, il ricorrente non ha nulla da recriminare poich� 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 703 

salvo l'esito favorevole del presente ricorso, non gli restava altra scelta 
che ottemperare al precetto dal momento che effettivamente disponeva 
di capitali all'estero, poich� se non Ii avesse fatti rientrare (o non 
avesse dimostrato che la precedente disponibilit� era comunque venuta 
a cessare) gli sarebbe stato impossibile sottrarsi alle sanzioni penali. 

Nell'ottica della finalit� di rientro perseguita l'indiscriminata esclusione 
della illiceit� della previa trasgressione delle disposizioni valutarie 
sarebbe stata esorbitante. 

E ci� non tanto perch� la dichiarazione imposta dall'art. 2 rispetto 
ai trasgressori aventi in corso un procedimento di accertamento si 
sarebbe rilevata superflua venendo a dipendere il rientro dei capitali, 
anzich� da quel precetto di legge, �lall'adempimento di una imposizione 
gi� espressamente contenuta nel decreto ministeriale emesso, o che 
sarebbe stato a suo tempo emesso (potendosi consentire che la normativa 
in atto non mira a provocare una confessione dell'illecito come 
tale ma a conseguire il rientro dei capitai{ in Italia con la sicurezza 
della impunit� per la commessa violazione valutaria confermata e che 
l'invito al rientro � -in quanto tale -incoercibile), ma per la fondamentale 
forza di pressione dell'accertata (o accertanda) infrazione che 
avrebbe reso estremamente difficile sfuggire alla grave sanzione penale 
detentiva, la cui minaccia prendeva ben altra consistenza per i trasgressori 
occulti rispetto a quelli palesi �:he non vi era ragione di spingere 
all'osservanza del precetto. 

11. -In conclusione l'interpretazione che il collegio ritiene di accogliere 
porta � ritenere che i trasgressori non clandestini, il cui illecito 
valutario era precognito rispetto alla dichiarazione ed ai conseguenziali 
adempimenti volti al rientro dei capitali, nonostante l'osservanza delle 
disposizioni dei primi quattro comma dell'art. 2 legge n. 56 del 1976, 
non possano fruire della inapplicabilit� della sanzione relativa, indipendentemente 
dallo stadio di progressione del procedimento di accertamento 
�della infrazione amministrativa e di verifica giurisdizionale. 
Ne segue che al Barilla non giova lo ius superveniens rappresentato 
dall'art. 2, quinto comma, legge n. 159 essendo egli un trasgressore 
che, al momento di effettuazione di quegli adempimenti, gi� era noto 
all'amministrazione, e non gli gioverebbe nemmeno, stante tale qualit� 
di trasgressore cui gi� _era stata contestata l'infrazione, nemmeno se il 
procedimento amministrativo non si fosse ancora concluso. 

La preclusione nasce, cio�, non gi� dall'essere stata irrogata la sanzione, 
ma dall'essere stata contestata l'infrazione. 

In linea di principio, pertanto, deve ritenersi che nonostante l'operato 
rientro l'amministrazione pu� continuare ad applicare le sanzioni 
amministrative nei confronti di quei trasgressori rispetto ai quali pendevano 
procedimenti di accertamento. -(Omissis). 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

704 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1979, n. 3030-Pres. MirabelliEst. 
Zappulli -P.M. Cammarata -Azienda ferroviaria dello Stato 
(avv. Stato De Francisci) c. Colonnello Anna Maria ed altri (n.e.). 

Edilizia popolare ed economica -Alloggi FF.SS. -Cessione in propriet� Congiunti 
dell'assegnatario � Condizioni. 

Per tutte le tre categorie di congiunti dell'assegnatario defunto, 
e non solo per quelle degli ascendenti, secondo l'art. 25 d.P.R. 17 gennaio 
1959 n. 2, la cessione dell'alloggio in propriet� pu� aver luogo soltanto 
quando sussistano le condizioni tutte indicate sul citato articolo (1). 

(Omissis). -L'amministrazione ricorrente, con l'unico motivo del 
ricorso, ha censurato ,la senter;tza impugnata per violazione degli artt. 4 
e 25, lett. a), del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e degli artt. 3 e 7 della 
legge 27 aprile 1962, n. 231, nonch� per omessa e insufficiente motivazione, 
deducendo che ha errato la corte di merito nel ritenere che le 
tre condizioni indicate nel citato art. 25, lett. a), per il subentro sulla 
cessione in propriet� �convivenza con l'assegnatario poi deceduto, godimento 
dell'alloggio e mancanza di autonomia economka >> siano richieste 
soltanto per l'ultima delle categorie ivi indicate di congiunti dell'assegnatario 
stesso, e cio� per quella degli ascendenti, sulla base di un 
elemento letterale quale la dedotta assenza di una virgola tra la indicazione 
di questa ultima e la spedficazione delle suddette condizioni e 
di una pretesa finalit� perseguita dalla legge in esame, mentre era cos� 
posto in essere un contrasto tra le condizioni per l'assegnazione dello 
alloggio in locazione e quella della cessione in propriet�, tanto pi� che 
l'art. 7 della successiva legge del 1962 aveva attribuito il diritto alla 
assegnazione dell'alloggio con uguale formulazione delle condizioni per 
le varie categorie familiari indicate. 

Il motivo � fondato e deve essere accolto. Invero, come gi� posto 
in rilievo in una precedente sentenza di questa Suprema Corte (Cass., 
10 gennaio 1975, n. 82), con la quale � stata ritenuta l'identit� dei requisiti 
per le tre categorie di congiunti, l'elemento letterale della assenza 
della virgola separatrice tra l'indicazione dell'ultima categoria (quella 
degli ascendenti) e la elencazione delle condizioni richieste per il loro 
subentro all'assegnatario originario (�purch� fossero... �), � equivoco, 
in quanto, sotto l'aspetto grammaticale, la necessit� della presenza di 
quella virgola alla fine di una elencazione ai cui elementi siano comuni 
le condizioni successivamente indicate � incerta e contrastata. 

(l) Sulla stessa questione, cfr. Cass., 10 gennaio 1975, n. 82. 

PARTE l, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 705 

In tale dubbio va_ considerato, cos� come nella citata sentenza, che 
la finalit� di quella legge, come in genere di tutte le norme in tal materia, 
� quella di assicurare condizioni di favore per l'attribuzione degli 
alloggi, in locazione o in propriet�, a coloro i quali per particolari ragioni 
si trovino effettivamente in stato di bisogno e non possano usufruire di 
altro ricetto. Pertanto, in relazione a tale fine legislativo, sotto l'aspetto 
logico-giuridico, non pu� esservi motivo per una distinzione tra le mensionate 
categorie di congiunti con una posizione di sfavore per gli 
ascendenti, come se fossero fuori del nucleo familiare, mentre le condizioni 
connesse all'et� fanno presumerne maggiori bisogni. 

Va, poi, osservato che il comma secondo della legge 21 marzo 1958, 

n. 447, contenente la delega legislativa al governo �per la disciplina 
della cessione in propriet� a favore degli assegnatari degli alloggi di 
tipo popolare ed economico costruiti a totale carico dello Stato ovvero 
con il stio conc~~so e contbbuto � (in virt� del quale .. � stato emesso il 
d.P.R. n. 2 del 1959), statuisce espressamente che �le norme di cui al 
comma precedente devono essere informate ai seguenti criteri l) nella 
cessione in propriet� deve essere preferito l'assegnatario dell'alloggio 
o, in mancanza, il coniuge superstite o gli ascendenti o i discendenti 
conviventi non aventi autonomia economica � con unica disposizione 
priva di distinzioni o limitazioni a diverso ordine di elencazione. Non 
pu� pertanto non sussistere una valida presunzione di conformit� della 
norma delegata a quella delegante, che, sul piano letterale, la citata 
mera assenza della virgola separatrice non � sufficiente .ad escludere. 
D'altra parte gli artt. 12 e 16 dello stesso d.P.R. rendono manifesto 
che il legislatore ha voluto favorire coloro che effettivamente gi� 
godono direttamente dell'alloggio da cedere in propriet� e l'art. 10, 
come modificato dal citato art. 7 della legge 27 aprile 1962, n. 231, statuisce 
espressamente che per vari� categorie di alloggi, compresi quelli 

�dell'amministrazione delle ferrpvie dello Stato� (come nell'attuale 
controversia), il diritto alla conservazione dell'allogio in locazione, in 
assenza di domanda di riscatto, � esteso �in caso di morte all'assegnatario, 
al coniuge superstite, ai discendenti entro il terzo grado e agli 
ascendenti, purch� conviventi con l'assegnatario all'atto della morte e 
purch� non godano della autonomia prevista alla lett. a) dell'art. 25 del 

d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 �. 
� ovvio che le due distinte norme, relative l'una all'assegnazione 
in locazione l'altra alla cessione in propriet�, contenute nella stessa 
legge, per l'unit� dei fini perseguiti e delle rispettive esigenze delle 
categorie favorite, non possono essere assoggettate a diverse interpretazioni, 
onde, non sussistendo dubbi sulla identit� delle condizioni per 
le tre categorie secondo la disposizione pi� recente, � confermato che 
pur in quella precedente la richiesta delle particolari condizioni espres




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

706 

samente previste aveva valore per tutte le tre categorie indicate, e non 
solo per l'ultima di esse. 

Conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata con rinvio della 
causa ad altra sezione della stessa Corte di appello, la quale dovr� 
attenersi al principio secondo il quale per tutte le tre categorie di congiunti 
dell'assegnatario defunto, e non solo quella degli ascendenti, secondo 
l'art. 25 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, la cessione dell'alloggio 
in propriet� pu� aver luogo soltanto quando sussistano le condizioni 
tutte indicate nel medesimo articolo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 12 giugno 1979, n. 3308 -Pres. Sbrocca 
-Rel. Carnevale -P. M. Saja -Ministero dei Trasporti (avv. Stato 
De Francisci) c. Malatesta Giorgio (avv. Scove). 

Espropriazione per p.u. � Retrocessione � Totale e parziale � Differenze Posizione 
giuridica del privato espropriato � Diritto soggettivo e interesse 
legittimo. 

Nel caso in cui per la realizzazione dell'opera di pubblica utilit� 
-sia essa complessa o meno -siano stati espropriati pi� immobili appartenenti 
a proprietari diversi, al fine di stabilire se la mancata utilizzazione 
totale di alcuno degli stessi immobili configuri un'ipotesi di 
retrocessione totale o un'ipotesi di retrocessione parziale, deve aversi 
riguardo all'opera programmata con la dichiarazione di pubblica utilit�, 
nel senso che -ave la mancata utilizzazione dipenda dalla �mancata realizzazione 
della stessa opera (o dalla realizzazione di un'opera che sia 
qualitativamente, nel senso gi� precisato, diversa da quella programmata) 
nei termini stabiliti nella dichiarazione di pubblica utilit� -si ha 
un'ipotesi di retrocessione totale, mentre -ave la mancata utilizzazione, 
totale o parziale, del bene espropriato derivi dalla sua inservibilit� per 
la esecuzione dell'opera programmata, sia stata questa realizzata in tutto 

o anche solo in parte -si ha invece un'ipotesi di retrocessione parziale. 
Ora, nell'ipotesi di retrocessione totale, il diritto soggettivo alla retrocessione 
del bene espropriato rimasto inutilizzato sorge automaticamente 
dalla mancata realizzazione, nei termini previsti dalla dichiarazione 
di pubblica utilit�, dell'opera programmata con la stessa dichiarazione 
ed � quindi immediatamente tutelabile davanti al giudice ordinario, mentre 
nell'ipotesi di retrocessione parziale, il diritto alla retrocessione del 
bene espropriato rimasto in tutto o in parte inutilizzato sorge solo dopo 
che l'espropriato o, in sua sostituzione, il prefetto abbiano dichiarato 
-con una pronuncia che non ammette equipollenti n� pu� essere sostituita 
da un accertamento del giudice ordinario -che i beni residui non 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 707 

servono pi� per l'opera pubblica per la cui realizzazione erano stati espropriati. 
Anteriormente a tale dichiarazione -di fronte al potere discrezionale 
attribuito dall'ordinamento alla p.a. in ordine alla valutazione 
.della ricorrenza o meno di un rapporto di utilit�, anche in funzione di 
un semplice nesso di accessoriet� o di pertinenza, tra il relitto e l'opera 
.di pubblica utilit� -non � configurabile, in favore dell'espropriato, se 
non una posizione di interesse legittimo, tutelabile, in sede giurisdizionale, 
esclusivamente davanti al giudice amministrativo e non anche davanti 
al giudice ordinario (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso l'amministrazione 
delle ferrovie dello Stato -denunciando la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 12 delle preleggi e 60, 61 e 63 della legge 25 giugno 1865, 

n. 2359 e la conseguente violazione dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, 
n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360, n. l e 5, c.p.c. -si duole che la 
Corte del merito non abbia considerato che -essendo incontestato che 
l'opera pubblica (impianto di una nuova squadra rialzo e di un nuovo 
cantiere I.E.S. per la stazione ferroviaria di Napoli Centrale), per la realizzazione 
della quale era stato espropriato, unitamente ad altri appartenenti 
a diversi soggetti, l'immobile di propriet� del Malatesta, era 
stata costruita, anche se il detto immobile era rimasto inutilizzato nella 
specie si verteva in un'ipotesi di retrocessione parziale e non di 
retrocessione totale; e che, conseguentemente, la posizione soggettiva 
vantata dall'attore non poteva configurarsi come diritto soggettivo, suscettibile 
-come tale -di essere tutelata davanti al giudice ordinario. 
La censura � pienamente fondata. 

n criterio differenziale tra l'ipotesi della retrocessione totale del bene 
espropriato per ragioni di pubblica utilit�, di cui all'art. 63 della legge 
.25 giugno 1865, n. 2359, e l'ipotesi della retrocessione parziale, discipli~ 
nata dagli artt. 60 e 61 della stessa legge, � dato dalla diversa causa che 
ha determinato l'inutilizzazione, in tutto o in parte, del bene espropriato 
per la realizzazione dell'opera di pubblica utilit� in relazione alla quale 
� stato pronunciato il provvedimento ablatorio. Tale causa � costituita 
-nella prima ipotesi -dalla mancata esecuzione dell'opera programmata 
con la dichiarazione di pubblica utilit� -o dall'esecuzione di 
un'opera qualitativamente diversa (nel senso della sua idoneit� a rea~ 
lizzare una finalit� di-interesse pubblico qiversa da quella per la qua~e 
� stata pronunciata la dichiarazione di pubblica utilit�) -nei termini 
previsti dall'art. 13 della citata legge n. 2359 del 1865 (situazioni che 
determinano entrambe la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� 
e la conseguente impossibilit� giuridica per l'espropriante di utiliz


(l) Giurisprudenza costante. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

708 

zare il bene espropriato); e -nella seconda ipotesi -dalla constatazione, 
successiva all'esecuzione, anche parziale, dell'opera, che alcuno� 
degli immobili espropriati, o una parte di esso o di essi, non siano pi� 
necessari per la realizzazione dell'opera stessa, sia che questa sia stata 
eseguita con le stesse caratteristiche quantitative risultanti dalla dichiarazione 
di pubblica utilit�, sia che, nel corso della sua esecuzione, pur 
restando inalterata la corrispondenza di essa alla specifica finalit� di 
pubblica utilit� giustificativa dell'espropriazione, l'opera sia stata realizzata 
solo parzialmente. 
Alla stregua del criterio enunciato, soprattutto nel caso in cui per 
la realizzazione dell'opera di pubblica utilit� -sia essa complessa o 
meno -siano stati espropriati pi� immobili appartenenti a proprietari 
diversi, al fine di stabilire se la mancata utilizzazione totale di alcuno 
degli stessi immobili configuri un'ipotesi di retrocessione totale o un'ipotesi 
di retrocessione parziale, deve aversi riguardo all'opera programmata 
con la dichiarazione di pubblica utilit�, nel senso che ove la detta 
mancata utilizzazione dipenda dalla mancata realizzazione della stessa 
opera (o dalla realizzazione di un'qpera �che sia qualitativamente, nel 
senso gi� precisato, diversa da quella programmata) nei termi~i stabiliti 
nella dichiarazione di pubblica utilit� -si' ha un'ipotesi di retrocessione 
totale, mentre -ove la mancata utilizzazione, totale o parziale, 
del bene espropriato derivi dalla sua inservibilit� per la esecuzione dell'opera 
programmata sia stata questa realizzata in tutto o anche solo 
in parte -si ha invece un'ipotesi di retrocessione parziale. 
Nel caso in esame, poich� era incontestato che la squadra rialzo e 
l'impianto elettrico, programmati con la dichiarazione di pubblica utilit� 
in virt� della quale era stata pronunciata l'espropriazione -insieme 
ad altre appartenenti a diversi proprietari -dell'area di propriet� del 
Malatesta, erano stati realizzati, anche se soltanto sulle altre aree espropriate, 
la mancata utilizzazione dell'area espropriata al medesimo Malatesta 
(anche se non fosse stata determinata, come sostiene l'amministrazione 
ricorrente, dalla mancata costruzione di alcune opere accessorie 
programmate con la dichiarazione di pubblica utilit�) non pu� non 
integrare quindi un'ipotesi di retrocessione parziale. 
Ora, mentre, nell'ipotesi di retrocessione totale, il diritto soggettivo 
alla retrocessione del bene espropriato rimasto inutilizzato sorge automaticamente 
dalla mancata realizzazione, nei termini previsti dalla dichiarazione 
di pubblica utilit�, dell'opera programmata con la stessa 
dichiarazione ed � quindi immediatamente tutelabile davanti al giudice 
ordinario, nell'ipotesi di retrocessione parziale, il diritto alla retrocessione 
del bene espropriato rimasto in tutto o in parte inutilizzato sorge ,:(: 
solo dopo che l'espropriato o, in sua sostituzione, il prefetto abbiano dichiarato 
-con una pronuncia che non ammette equipollenti n� pu� 
,:... 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

essere sostituita da un accertamento del giudice ordinario -che i beni 
residui non servono pi� per l'opera pubblica per la cui realizzazione 
erano stati espropriati. Anteriormente a tale dichiarazione -di fronte 
al potere discrezionale attribuito dall'ordinamento alla p.a. in ordine 
alla valutazione della ricorrenza o meno di un rapporto di utilit�, anche 
in funzione di un semplice nesso di accessoriet� o di pertinenza, tra il 
relitto e l'opera di pubblica utilit� -non � configurabile, in favore 
dell'espropriato, se non una posizione di interesse legittimo, tutelabile, 
in sede giurisdizionale, esclusivamente davanti al giudice amministrativo 
e non anche davanti al giudice ordinario. -(Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pl., 23 marzo 1979, n. 9 -Pres. Uccellatore 
-Est. Riccio -Regione Toscana (avv. Cheli) c. Dondini ed altri 
(avv.ti Santoro e Dallari) e Comune di Firenze (n.e.) -Appello T.A.R. 
Toscana, 30 agosto 1977, n. 358. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Impugnazione � 
<< Dies a quo >> per la proposizione dell'appello � Notificazione della 
sentenza di primo grado � Notificazione presso il procuratore costituito 
� Irritualit� � Effetti. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Impugnazione Errore 
scusabile � Riconoscibilit� . Sussiste. 

Edilima � Urbanistica � Licenza edilizia � Annullamento � Annullamento 
d'ufficio � Motivazione � Violazione di pubblico interesse � Area destinata 
a verde pubblico � Uso residenziale privato � Motivazione sufficiente. 


Edilima � Urbanistica � Licenza edilizia � Annullamento � Annullamento 
d'ufficio . Motivazione � Violazione di pubblico interesse � Area destinata 
a godimento pubblico � Contrasto con prescrizioni di zona 
contenute nel piano regolatore � Motivazione sufficiente. 

Edilizia � Urbanistica � Licenza edilizia � Annullamento � Annullamento 
d'ufficio � Regione -Decorrenza del termine iniziale -Formulazione 
delle conclusioni della Commissione tecnico-amministrativa � Riferibilit� 
� Effetti. 

Edilizia -Urbanistica -Licenza edilizia � Annullamento -Regioni -Competenza 
ex d.P.R. n. 8 del 1972 � Sussiste. 

Edilizia . Urbanistica � Licenza edilizia � Annullamento -Regioni � Competenza 
ex d.P.R. n. 8 del 1972 � Natura � Autonomia rispetto al 
potere generale di annullamento ex art. 6 t.u. n. 383/1934 � Effetti. 

Edilizia -Urbanistica � Licenza edilizia � Annullamento -Regioni -Competenza 
. Parere del Consiglio di Stato � Necessit� -Non sussiste. 

Ai fini della decorrenza del termine di 60 giorni per la proposizione 
dell'appello innanzi al Consiglio di Stato ex art. 28, secondo comma, legge 
6 dicembre 1971, n. 1034, il momento iniziale, in conseguenza della lacuna 
normativa esistente, va ricollegato alla notificazione della sentenza di 
to grado direttamente presso l'Autorit� che ha emesso il provvedimento 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 711 

impugnato, nel suo domicilio effettivo, non gi� presso il suo procuratore 
costituito (1). 

Poich� l'art. 19 della legge n. 1034/1971 richiama espressamente le 
norme di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di 
Stato, ivi compreso quindi l'art. 36, secondo comma, t.u. 26 giugno 1924, 

n. 1054, deve ritenersi ammissibile il riconoscimento dell'errore scusabile 
non solo in sede di ricorso introduttivo del giudizio di primo grado 
{come previsto dall'art. 34 della citata legge n. 1034/1971), ma anche in 
sede di ricorso in appello innanzi al Consiglio di Stato (2). 
Costituisce congrua e sufficiente motivazione di un provvedimento 
di annullamento d'ufficio di una licenza di costruzione l'indicazione che 
la utilizzazione per finalit� di residenza privata di un'area destinata a 
verde pubblico e quindi a godimento della collettivit� si pone in violazione 
d�l puliblico interesse (3). 

Deve ritenersi sufficientemente motivato, con richiamo al contrast� 
fra la progettata costruzione di un edificio privato e �le prescrizioni di 
zona contenute in un piano regolatore, un provvedimento di annullamento 
d'ufficio di una licenza edilizia, e ci� indipendentemente daila effettiva 
verifica della permanenza attuale dell'interesse della collettivit� in relazione 
alla destinazione nel piano dell'area a godimento pubblico (4). 

Il termine utile�fissato dal terzo comma dell'art. 27 legge 17 agosto 
1942, n. 1150, nel testo modificato dall'art. 7 della legge 6 agosto 1967, 

n. 765 (18 mesi dall'accertamento delle violazioni) ai fini dell'annullamento 
d'ufficio della licenza edilizia inizia a decorrere dal momento in cui 
risulta effettivamente compiuta la valutazione degli elementi acquisiti 
dall'Autorit� amministrativa, essendo a tal. fine irrilevanti le fasi dell'at-
tivit� istruttoria volta alla raccolta degli elementi di valutazione delle 
violazioni commesse; in particolare detto momento in sede di. annullamento 
regionale pu� coincidere anche con la presentazione -per. la prt~ 
ma volta -delle conclusioni da_parte della Commissione regionale tecnico-
amministrativa (5). 
(1-8) Nella prima massima viene recepita dalla Adunanza. Plenaria la ,soluzione 
che era stata gi~ .accolta dalla Sez. V nella decisione 27 maggio 1977; 

n. 502 (in Il C:onsiglio di Stato, 1977, I, 831), ch� aveva stabHito che, nel silen~ 
zio della legge .n. 1034/1971 circa il destinatario della notifica della sentenza,, 
dovev�ano osservarsi i principi .iSIPiratori delJla procedura innanzi alle sezioni 
giurisdizionali del Consiglio di Stato, a norma dei quali per individuare rorgano 
dell'amministrazio.t;te nei confronti del quale si deve instaurare e svolgere 
il giudi:�o, occorre far sempre� riferimento all'autorit� che ha emesso 
il provvedimento impugnato. Nel senso, invece, di sanare detta lacuna facendo 
riferimento alla corrispondente norma del codice di procedura civile, con notifica 
da effettuarsi presso il procurato!'e costituito, oi� in !'elazi~ne al rinvio 
fatto dall'art. 285 c.p.c. al precedente art. 170, primo e terzo comma c.p.c. cfr. 
Sez. VI, 22 aprile 1977, n. 383, ivi, 1977, I, 639, Sez. VI, 13 maggio 1977, n. 417, 
ivi, 1977, I, 855. 
9 



712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

In considerazione del carattere meramente esemplificativo della eli:mcazione 
contenuta nell'art. l, lettere a)-n), del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, 
e della disposizione di chiusura contenuta nella successiva lett. o) (la 
quale prevede l'attrtbuzione alle regioni di ogni altra funzione amministrativa 
esercitata dagli organi centrali e periferici dello Stato in campo urbanistico), 
non pu� non ritenersi compreso nelle attribuzioni trasferite 
alle regioni anche il potere di annullamento delle licenze edilizie (6). 

Bench� l'art. 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, contenga un espresso 
richiamo all'art. 6 d,ella legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, 

n. 383, per l'annullamento delle licenze edilizie, va peraltro ritenuto che 
detto potere di annullamento, riconducibile all'iniziativa del Ministro dei 
lavori pubblici di concerto con il Ministro dell'interno, sia autonomo e 
separato rispetto al generale potere di annullamento del Governo considerato 
nel suo complesso; in forza della indicata peculiarit� di detto 
potere di annullamento, trova giustificazione il suo trasferimento alle 
regioni nell'ambito del pi� generale trasferimento di tutte le funzioni 
in materia urbanistica ai sensi dell'art. l, lett. o), del d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 8, fermo restando al Governo il potere di annullamento 
esercitabile in ogni tempo ai sensi del citato art. 6 t.u. n. 383/1934 (7). 
Posto che, a differenza di quanto dispone l'art. 6 del t.u. della legge 
comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, l'art. 27 della legge 17 agosto 
1942, n. 1150, in materia di annullamento delle licenze edilizie non prescrive 
il parere preventivo del Consiglio di Stato il quale non pu� rite~ 
nersi organo ausiliario anche della regione (con l'ulteriore conseguenza 
che a quest'ultima � preclusa la possibilit� di richiedere direttamente 
p�ieri preventivi), in sede di annullamento regionale di una licenza edilizia 
ex art. l, lett. o), d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, non pu� essere addotto 
alcun vizio procedurale del relativo procedimento per mancata, preventiva 
acquisizione del parere del Consiglio di Stato (8). 

In relazione al disposto di cui all'art. 10, terzo comma, legge n. 103/1979 il 
problema ovviamente non si pone quando trattisi di Amministrazione statale 
a patrocinio obbligatorio (o facoltativo con effettiva, concreta assum:ione del 
relativo patrocinio) della Avvocatura dello Stato, esclusiva, diretta destinataria 
della notifica anche delle sentenze dei T .A.R. ai fini della decorrenza del termine 
di 60 giorni per la eventuale proposizione deH'appello. 

Sul trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative m materia urbanistica 
�ivi compreso il potere di annullamento delle liceru.e edilizie cfr. Ad. 
rp1., 3 l<Uglio 1973, n. 7, ivi, 1973, I, 869, che ritiene compreso nel trasferimento,. 
in particolare, con il potere di annullamento delle licenze edilizie illegittime 
anche la .connessa potest� cautelare di sospensione ex art. 27 Jegge 17 agosto 
'1942, n. ,]'150, non sussistendo alcuna identit� tra detta potest� di annullamento 
e la generale potest� del Governo di annullare in ogni temrpo, ai sensi 
dell'art. 6 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, gli atti illegittimi. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 713 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pl., 23 marzo 1979, n. 12 -Pres. Uccellatore 
-Est. Pranzetti -Leone ed altri (avv. Piscione) c. Comune dj Roma 
(avv.ti Rago e Carnovale). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giudicato -Decisioni 
giurisdizionali amministrative di primo e secondo grado -Decisione 
non passata in giudicato -Ricorso ,per ottemperanza � Esperibilit� Preclusione. 


In considerazione della ratio della disciplina contenuta nell'art. 37 
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (che deve essere interpretata nel senso 
di condizionare l'azione di ottemperanza delle sentenze sia dei T.A.R. che 
del Consiglio di Stato al loro passaggio in giudicato e cio� alla decorrenza 
del termine o all'esaurimento dei rimedi del ricorso per cassazione 

o per revocazione ex art. 395, nn. 4 e 5 c.p.c.), va esclusa ogni coincidenza 
fra l'ambito della esecutivit� propria delle decisioni giurisdizionali amministrative 
di 1� e 2� grado e quello del giudizio di ottemperanza, il quale 
ultimo, essendo volto ad inserire direttamente nell'azione amministrativa 
la determinazione dell'organo giurisdizionale amministrativo, richiede per 
la sua esperibilit� il massimo grado di certezza che non pu� essere 
offerto da una decisione (di T.A.R. o del Consiglio di. Stato) non ancora 
passata in cosa giudicata formale ex art. 324 c.p.c., in ordine alla quale, 
(pertanto, il ricorso per ottemperanza deve riterzersi inammissibile (1). 
(l) Sul giudizio di ottemperanza e sui poted del giudice cfr. Ad. pl., 14 luglio 
1978, n. 23, in La Settimana Giuridica, 1978, l, 457. 
La decisione massimata � di particolare importanza in quanto conferma 
che anche il Consiglio di Stato condiv,ide la consolidata giurisprudenza delle 
seziorii unite della Cassazione, motivata in relazione agli inconvenienti che potrebbero 
derivare da un anticipato esperimento del rimedio ex art. 27 n. 4 
del t.u. n. 1054/1924 e 37 della legge 1034/1971 per l'ottemperanza da parte dell'amministrazione 
di decisioni non ancora passate in giudicato; conseguentemente, 
mentre il legislatore del 1971 aveva r,itenuto di concfu.ionare esplicitamente 
l'azione di ottemperanza al passaggio m giudicato delle sole sentenze 
dei TAR., I'Aid. pl. ha ritenuto, in via di intenpretazione 'logica e sistematica, 
che lo stesso principio debba applicarsi anche alle decisioni del Consiglio di 
Stato. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 maggi9 1979, n. 300 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Giovannini -Soc. C.A.M.S.T. (avv.ti Casali e Dallari) c. Ministero 
trasporti ed altro (avv. Stato Sernicola) e Soc. C.I.G.A.R. (avv. 
Guarino). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Proposizione di motivi 
aggiunti -Termine � Decorrenza -Riferimento al giorno di deposito 
della documentazione o a quello di ricevimento della comunicazic:
me di segreteria ex art. 35 r.d. 17 agosto 1907, n. 642 � Fattispecie. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

714 

Contratti pubblici � Selezione del contraente -Scelta di procedimenti Interesse 
all'impugnazione immediata del criterio adottato dall'amministrazione 
-Non sussiste -Preclusione all'impugnazione. 

Contratti pubblici � Sistema di aggiudicazione a trattativa privata plurima 
-Adozione delle cautele dell'appalto-concorso -Necessit� � Legittimit� 
conseguente del criterio di scelta -Sussiste. 

Contratti pubblici -Sistema .di aggiudicazione a trattativa privata plu


rima -Criteri di valutazione delle offerte -Espressione di potest� 

tecnico-discrezionale � Conseguenze sulle modalit� di aggiudicazione. 

Solo qualora il deposito della documentazione avvenga in camera di 
consiglio o in udienza, oppure sia stato effettuato entro il termine per 
la presentazione del controricorso, oppure entro quello diverso fissato 
con decisione istruttoria, devesi far riferimento, ai fini della decorrenza 
del termine per la proposizione dei motivi aggiunti, al giorno in cui detto 
deposito � avvenuto; nelle altre ipotesi il termine de quo decorre dal 
giorno di ricevimento della comunicazione della segreteria ex art. 35 r.d. 
-17 agosto 1907, n. 642, o dalla data in cui i1 ricorrente ha avuto effettiva 
conoscenza dell'eseguito deposito, data quest'ultima in ordine alla cui 
prova l'onere incombe sulla parte che sollevi eccezione di tardivit� (1). 

Non insorge automaticamente una situazione soggettiva di interesse 
legittimo nel momento in cui l'amministrazione si determina a scegliere 
uno, anzich� un altro, tipo di procedimento per la selezione del contraente 
in un contratto pubblico, posto che in detto momento non esistono 
ancora soggetti titolari di posizioni giuridiche particolari e differenziate, 
posizioni che insorgono solo in correlazione al fatto specifico 
della partecipazione al procedimento di scelta del contraente, in riferimento 
alle operazioni e determinazioni amministrative in cui il procedimento 
si sostanzia concretamente (2). 

Nella fattispecie concreta della scelta _del gestore di un servizio di 
caff�-ristorante in una stazione ferroviaria legittimamente l'Amministra


(1-4) Decisione esatta e pienamente da condividere. 

Sulla prima massima appare di peculiare interesse riportare testualmente 
la motivazione della decisione stessa nella quale si enunciano chiaramente e 
dottamente i precedenti giurisprudenziali in tema di termine per la proposi� 
zione di motivi aggiunti: � ��� dies a qua per la proposizione dei motivi aggiunti 
va identificato nel giorno stesso di deposito in atti della documentazione assunta 
a loro base, solo ove il deposito medesimo sia stato effettuato in udienza 

o in camera di consiglio (cfr. Sez. V, 3 dicembre 1968, n. 1773; Sez. V, 29 maggio 
1964, n. 562, in Il Consiglio di Stato, 1968, I, 2098; 1964, I, 1002), ovvero sia 
avvenuto -entro il termine stabilito per la presenta:<.ione del controricorso (cfr. 
Sez. V, 19 febbraio 1976, n. 285; Sez. V, 29 settembre 1971, n. 795; Sez. V, 29 maggio 
1964 n. 652, ivi 1976, I, 197; 1971, l, 1604; 1964, I, 1001) o quello all'uopo fissato 
con provvedimento giurisdizionale istruttorio (cfr. Sez. V, 13 novembre 
il973, n. 1005; Sez. IV, 10 luglio 1973, n 697, ivi, 1973, l, 1579 e 996). In ogni altro 
caso esso deve rannodarsi o alla data di ricevimento della comunicazione di 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 715 

zione adotta il sistema di aggiudicazione a trattativa privata plurima, 
ponendo in essere altres� le cautele e i criteri previsti per l'appalto-concorso, 
considerato che detta procedura, che si differenzia nettamente 
dalla semplice licitazione privata di cui al r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
consente di individuare il con�orrente da preferire tenendo conto non 
solo del prezzo offerto o richiesto, ma anche della natura e consistenza 
delle opere di sistemazione dei locali, della qualit� dei prodotti e del livello 
dei futuri prezzi al pubblico (3). 

In considerazione delle caratteristiche tipiche della procedura concorsuale 
mediante trattativa privata plurima che costituisce espressione 
di potest� tecnico-discrezionale per l'amministrazione, � sufficiente che 
risultino salvaguardate la logica e la razionalit� dei criteri di valutazione 
delle offerte; pertanto deve considerarsi pienamente legittima l'aggiudicazione 
di un servizio di caff�-ristorante in una stazione ferroviaria qualora 
risulti attribuita maggiore incidenza all'offerta tecnica valutata in 
via analitica ed anche in via generale in connessione con le altre offerte, 
in piena conformit� alle previsioni indicate nella lettera di invito e alle 
caratteristiche ivi enunciate della nuova gestione (4). 

Segreteria ai sensi dell'art. 35 -del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (cfr. Sez. IV, 14 maggio 
1969, n. 177, ivi, 1969, I, 750) o. ancora, in ultima residuale ipotesi, a quella 
di effettiva acquisita conoscenza da parte del ricorrente dell'eseguito deposito 
(cfr.� Cons. giust. amm. reg. sic., 17 ottobre 1974, n. 389; Sez. IV, 29 febbraio 
1972, n. 98, ivi, 1974, I, 128; 1972, I, 128), l'onere della cui prova incombe, come 
per regola, su chi abbia soHevato l'eccezione di tardivit� (cfr. Sez. IV, 10 luglio 
'1973, n. 697; Sez. VI, 21 settembre 1966, n. 50, ivi, 1973, I, 996; 1966, I, 103). 

Sulla inesistenza di situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo in 
sede di determinazione della scelta del procedimento da adottare per la stipula 
del contratto pubblico cfr. Sez. IV, 18 ottobre 1977, n. 865, ivi, 1977, I, 
1411; Sez. V, 20 gennaio 1977, n. 53, ivi, 1977, I, 85; Sez. V, 13 giugno .1975, n. 862, 
ivi, 1975, I, 817; sui limiti della autorizzazione all'aggiudicazione di un contratto 
mediante trattativa privata cfr. parere Sez. III 15 febbraio 1977, n. 99!77, 
ivi, '1979, I, 1277. � 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 9 marzo 1979, n. 55 (ordinanza sosp.) -
Pres. Chieppa -Est. Chirico -Tassi (ayv. Cingolani) c. Comune di 
Filottrano (n.e.) -Appello avverso ordinanza sosp. T.A.R. Marche, 
10 aprile 1978, n. 91. 

Giustizia amministrativa � Procedimento giurisdizionale -ProvvedimentQ 
di sospensione dell'atto impugnato -Ordinanza di sospensione del 

T.A.R. -Possibilit� di apposizione di termini e condizioni -Sussiste Imposizione 
di cauzioni -Preclusione. 
Ferma la possibilit� per il Giudice amministrativo, in sede di ordinanza 
di sospensione dell'esecuzione di un atto impugnato (dato il ca




716 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

rattere di provvedimento giurisdizionale cautelare ad effetti provvisori 
dell'ordinanza stessa), di apporre termini e condizioni sospensive e risolutive 
con riferimento ad adempimenti di ordine processuale o istruttorio 
e ad obblighi comunque connessi e preesistenti dell'Amministrazione 

o delle altre parti in giudizio, resta peraltro preclusa la possibilit� che 
alle parti del processo, pubbliche o private, vengano imposti -a titolo 
di condizione dell'operativit� del provvedimento di sospensione -obblighi 
o prestazioni a contenuto patrimoniale (come il versamento di somme 
di danaro a titolo di cauzione in sede di sospensione di un ordine 
di demolizione di costruzione abusiva) che non trovino alcun fondamento 
in una espressa, specifica previsione di legge (1). 
(l) Una ipotesi particolare di cauzione espressamente prevista per legge � 
fornita dall'art. 8 della legge 27 maggio 1975, n . .166, che consente al giudice 
amministrativo di sostituire la sospensione del provvedimento impugnato (di 
occupru.ione temporanea di urgenza o di espropriazione per pubblica utilit�) 
con il deposito di una cauzione da parte dell'amministrazione o del soggetto 
che potr� essere tenuto a corrispondere l'indennit� o il risarcimento. 
L'ordinanza massimata si segnala perch� costituisce un esempio di decisione 
in grado di appello avverso un'ordinanza .di sospensione del provvedimento 
impugnato da parte di un T.A.R. in materia al dd fuori dell'ambito di 
applicazione della legge 3 gennaio 1978, n. l, relativa alla accelerazione delle procedure 
per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, 
la quale all'art. 3 sancisce la inappellabilit� delle ordinanze emesse dai 

T.A.R. sull'istanza di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato 
(a1 riguaido cfr. anche Sez. Iv,� o11d.m 7 febbraio 1978, n. 20, in Foro It., 1978, 
III, 215; per ulteriori richiami giurisprudenziali cfr. A. RoMANo, in Foro It., 
nota alla presente ordinanza, 1979, III, 371). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 marzo 1979, n. 182 � Pres. Levi Sandri 
-Est. Noccelli -Spadaccini (avv.ti Guarino e Coronas) c. Ministero 
poste e telecomunicazioni (avv. Stato D'Amato) e la Placa ed 
altri (n.e.). 

Impiego pubblico � Promozioni � Scrutini per merito comparativo � 
Criteri � Presunzione di imparzialit� di giudizio � Condizioni necessarie 
per superare la presunzione � Requisiti � Necessit�. 

Impiego. pubblico � Promozioni � Scrutini per merito comparativo � 
Precedenza nella graduatoria di impiegati con minore anzianit� � 
Eccesso di potere � Non sussiste. 

Impiego pubblico � Promozioni � Scrutini per merito comparativo � 
Attitudini ad espletare funzioni superiori � Giudizi parziali sulle 
altre qualit� dello scrutinando -Indipendenza � Effetti. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 717 

Impiego pubblico -Promozioni � Scrutini per merito comparativo . � 
Discrezionalit� della Commissione esaminatrice -Necessit� di individuare 
i criteri di razionalit� e di imparziale ponderazione degli 
interessi -Sussiste -Effetti � Fattispecie. 

Impiego pubblico -Promozioni � Scrutini per merito comparativo Requisiti 
attitudinali -Relazione con le altre qualit� dello scruti� 
nando � Difformit� rispetto ai giudizi dei rapporti informativi � Necessit� 
di idonea motivazione � Sussiste � Effetti. 

Impiego pubblico -Promozioni � Scrutini per merito comparativo � 
Omessa indicazione di tutte le mansioni esercitate nel pregresso 
servizio e degli incarichi particolari -Illegittimit�. 

La presunzione della imparzialit� del giudizio in sede di scrutinio 
per merito comparativo -imparzialit� collegata alla collegialit� dell'organo 
(consiglio di amministrazione) e alla eterogeneit� della sua composizione 
-pu� essere superata solo da precise circostanze contrarie, rappresentate 
da indizi univoci, precisi e concordanti che rivelino una palese 
disparit� di trattamento o una evidente irrazionalit� di giudizio (1). 

In considerazione della finalit� tipica dello scrutinio per merito comparativo, 
volta alla valorizzazione dei migliori fra gli impiegati scrutinandi 
indipendentemente dalla anzianit� di servizio, la precedenza nella 
grad�atoria di impiegati con minore anzianit� di servizio rispetto ad 
altri postergati non costituisce di per s� ipotesi di eccesso di potere (2). 

Ferma la indipendenza fra la valutazione delle attitudini del funzionario 
ad espletare mansioni della qualifica superiore e i giudizi parziali 
riflettenti le altre qualit� dell'impiegato, � del tutto legittimo che, in 
presenza di sia pur lievi differenze nei punteggi parziali, vengano espresse 
differenti valutazioni in punto attitudini alle mansioni superiori, a 
condizione che siano stati tenuti presenti tutti gli elementi di giudizio 
relativi al candidato e ricavabili dal fascicolo personale e dai rapporti 
informativi (3). 

Ferma la discrezionalit� di giudizio in sede di scrutinio per merito 

.comparativo di cui ampiamente gode la commissione esaminatrice, su~


siste peraltro l'esigenza imprescindibile di rintracciare nell'operato della 

commissione stessa precisi criteri di imparzialit� e di imparziale pon


(1-6) Cfr. in termini: Sez. VI, 22 aprile 1977, n. 393, in Il Consiglio di 
Stato, 1977, l, 645; Sez. VI, 26 giugno 1973, n. 306, ivi, �1973, I, 1.143; Sez. VI, 
2 marzo 1971, n. 138, ivi, 1971, l, 542; Sez. VI, 10 gennaio 1978, n. 61, in La 
Settimana Giuridica, 1978, I, 11, la quale ultima conferma i Limiti dell'indagjne 
del giudice amministrativo in punto valutazioni di merito effettuate dall'am.
ministrazione, sindacabili solo ove si ravvisino precisi elementi di illogicit� 
<> contraddittoriet�; al riguardo cfr. anche Sez. V, 29 aprile 1976, n. 679, in 
Il Consiglio di Stato, 1976, I, 505. 



718 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

derazione degli interessi in gioco, al fine di evitare che la discrezionalit� 
divenga arbitrio; ne consegue la illegitt�:nit� di uno scrutinio in cui 
risultino graduati i punteggi discrezionali allo scopo evidente di lasciare 
sostanzialmente inalterate le posizioni che i candidati avevano in una 
precedente graduatoria, in modo da togliere ai candidati pi� anziani benefici 
connessi a particolari disposizioni normative di favore ai fini del 
calcolo del coefficiente di anzianit� posseduta (4). 

Il giudizio sul requisito attitudinale, che investe l'intera personalit� 
dell'impiegato, � in parte svincolato dalle valutazioni concernenti le altre 
qtlaUf� parziali dello scrutinando; non vi pu� tuttavia essere un insuperabile 
distacco fra il primo e le seconde, non potendosi frazionare la 
personalit� dell'impiegato in tante parti separate e indipendenti; conseguentemente 
il consiglio di amministrazione in sede di scrutinio per merito 
comparativo dovr� sempre specificare le ragioni per cui ha ritenuto 
di allontarsi dai giudizi contenuti nei rapporti informativi (5). 

In sede di compilazione della scheda personale di un impiegato scrutinando 
ai fini di una promozione per merito comparativo debbono essere 
indicati, a pena di illegittimit�, tutti gli incarichi particolari affidatigli 
con provvedimenti formali dei superiori, nonch� tutte le mansioni 
esercitate nel pregresso servizio,� l'omissione anche solo parziale 
potrebbe infatti influenzare anche le valutazioni di altre categorie di titoli 
e costituirebbe pur sempre un vizio procedimentale, ci� indipendentemente 
dalla attribuzione per le voci relative all'esaminando del massimo 
punteggio a disposizione del consiglio di amministrazione (6). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1979, n. 2046 -Pres. Aliotta Est. 
Lipari -P. M. Grimaldi (conf.). -Soc. Sanber (avv. Romanelli) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). 

Imposte e tasse in genere . Nuovo contenzioso tributario � Giudizio di 
terz� grado � Estimazione complessa -Impiego del metodo induttivo 
di accertamento -Vi rientra. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26). 
Imposte e tasse in genere . Imposte dirette -Accertamento � Metodo 
induttivo -Soggetti tassabili in base a bilancio -Criteri di ammissibilitil. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 37, 39, 117, 119, 120 e 121). 
Rientra nei poteri del giudice di terzo grado verificare la legittimit� 
dell'accertamento motivato con metodo induttivo (1). 

Legittimamente l'accertamento del reddito di un soggetto tassabile in 
base a bilancio pu� essere motivato con metodo induttivo quando dalla 
dichiarazione e dal bilancio non risulti una esatta rilevazione dei fatti 
aziendali, semprech� l'ufficio abbia dato sufficiente motivazione delle 
ragioni che giustificano il ricorso al metodo induttivo. Il metodo induttivo 
� utilizzabile sia per basare l'accertamento sintetico, sia per determinare 
il quantum imponibile. Quando l'ufficio fa legittimamente ricorso al metodo 
induttivo anche avvalendosi di presunzioni, spetta al contribuente 
fornire la prova contraria (2). 

(Omissis). -5. -Nel merito la commissione centrale ha ritenuto fon� 
dato il ricorso dell'ufficio concernente il negato recupero a tassazione 
della cosiddetta svalutazione di magazzino, rilevando: 

a) che la societ� aveva adottato sistemi di registrazione dei fatti 
produttivi che non consentivano controlli dei consumi e della produzione 

(1-2) La prima massima, pur mantenendo la disamina in termini generici, 
esattamente riporta la questione della legittimit� dell'accertamento sintetico 
(apprez:t.amento dei fatti necessari all'applicazione delle norme che regolano 
questo tipo di accertamento) nei poteri decisori sicuramente spettanti al giu




no RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�cio� dal fatto aziendale fondamentale ai fini della determinazione del 
reddito, che era tenuta a documentare prima all'ufficio e poi ai giudici; 

b) che le commissioni di merito avevano erroneamente ritenuto di 
essere investite del libero apprezzamento del fatto produttivo, di cui 
l'ufficio doveva provare il reale andamento, mentre ai sensi degli artt. 119 
e 121 del t.u. sulle imposte dirette del 1958 la situazione contabile della 
societ� consentiva il ricorso al procedimento induttivo, la cui adozione 
comportava l'inversione dell'onere della prova, a carico della societ�; 

c) che l'elemento utilizzabile per attivare il procedimento di accertamento 
induttivo era il raffronto fra dati della produzione del 1963 e 
del 1966, da cui emergeva un ricavo per ogni quintale di carta lavorata 
(la S.A.N.B.E.R. produce scatolame in cartone) rispettivamente di L. 15.000 
e di L. 12.425 in periodi di costi cresciuti; sicch� al maggior consumo di 
materie prime impiegata appariva ragionevole far corrispondere ricavi 
maggiori. 

L'impostazione della commissione centrale viene investita anzitutto, 
nella memoria, addebitandosi alla commissione centrale -come si � 
accennato -di avere erroneamente esercitato poteri di fatto ad essa 
non attribuiti dalla legge, indebitamente sindacando il giudizio espresso 

dice di terzo grado. Pur senza prendere una netta posiziOne sulla corrispondenza 
dell'attuale delimitazione del giudizio di terzo grado con il criterio dell'estimazione 
complessa, segue ril corretto principio della conoscibilit� delle questioni 
di fatto presupposto dell'applicazione della legge. Sorprende peraltro 
la qualifilcazione di �isolata� data a:11a sent. 22 novembre ,1977, n. 5086 (in 
questa Rassegna, 1977, I, 874, con nota di �, BAFILE) che � invece una fondamentale 
sentenza in materia alla quale si ruanno le successive 19 settembre 

1978, n. 4195 e 26 settembre 1978, n. 4321 (ivi, 1979, I, 189, 70) nonch� J.a sent. 19 febbmio 
1979, n. 1075 ivi, 496. 
!La seconda massima � conforme ad un fermo orientamento. L'obbligo della 
motiva�one analitica dell'accertamento � 1n generale correlativo al dovere di 
dichiarazione analitica (v. Relazione Avv. Stato, 1970, II, 533 e ,segg.); quando 
poi la dichiarazione ed il bilancio ad essa allegato non documentano la situazione 
aziendale, .Ja rettifica diventa per necessit� analitica, e ci� sia nel caso 
di bilancio formalmente irregolare, sia nel caso di bilancio regolare ma inattendibile 
(Cass., 7 novembre 1974, n. 3384 e 22 gennaio 1975, n. 252, in questa 
Rassegna, 1975, I, 196 e 552). La prima di queste sentenze ha anche precisato 
la distinzione tra la integrazione Jnduttiva di talune poste di un accertamento 
che nel complesso rimane analitico (art. 119 terzo comma del t.u. del 
1958) e la totale sinteticit� dell'accertamento che sostituisce la dichiarazione 

inesistente o non basata su valide scritture contabili o corredata di un bilan� 
cio che a causa di gravi e ripetute incompletezze non pu� considerarsi tale 
(art. 120). Notevole la precisa11ione che il metodo induttivo � utilizzabile non 

solo per fondare l'accertamento sintetico ma anche per determinare il quantum 
di una posta di biJ.ancio o dell'intero reddito; per l'applicazione dello 
stesso .criterio in materia �di imposte indirette accertate con ordinanza. v. Cass., 
8 novemb!'e 1973, n. 2922 (ivi, 1974, I, 237). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 721 

dalla commissione provinciale circa la idoneit� degli elementi addotti 
all'ufficio per giustificare l'adozione del metodo di accertamento induttivo. 

Questa censura appare al Collegio doppiamente erronea: nella enucleazione 
dei concetti giuridici volti a circoscrivere i poteri di fatto della 
commissione centrale, quali risultano fissati nella disciplina del nuovo 
contenzioso tributario; nel tentativo di ricondurre la fattispecie a quei 
presupposti astratti (sia pure erroneamente fissati) attraverso una distorta 
lettura ed interpretazione della pronuncia impugnata. 

Come � noto ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 636 del 1972 il ricorso 
alla commissione centrale � proponibile soltanto per violazione di legge 
e per questioni di fatto~ escluse quelle relative a valutazione estimativa 
ed alla misura delle pene pecuniarie. 

� quindi inesatto ritenere, anche alla stregua di un superficiale 
riscontro, che alla commissione centrale spettino solo poteri di sindacato 
di legittimit� riconducibili all'area dell'art. 360, n. 3 c.p.c. 

Il problema interpretativo si pone non gi� quando si tratti di escludere 
in ogni caso (con palese errore giuridico) poteri di fatto della 
commissione centrale ma quando si voglia circoscrivere la portata di 
tali poteri. 

Prima della riforma tributaria non si dubitava che i� poteri della 
commissione centrale non si identificassero con quelli che nella giurisdizione 
ordinaria spettano a questa Corte di cassazione, riconoscendosene 
la estensione anche all'accertamento di fatti costituenti la premessa 
necessaria per l'applicazione della legge (cos�, testualmente, Cass. n. 2621 
del 1969). 

Secondo l'orientamento di questo Supremo Collegio i poteri della 
commissione centrale non coincidevano con quelli della cassazione, comprendendo 
oltre alle questioni di diritto, inclusi gli errores in procedendo, 
le questioni di fatto realizzanti i poteri di estimazione complessa. Essi 
andavano riconosciuti anche su questioni di fatto -ogni qualvolta occorreva 
procedere ad una qualificazione giuridica dei fatti medesimi, quando 
cio� la corretta applicazione delle norme tributarie involgeva la necessit� 
di indagini di merito sui presupposti fattuali (con salvezza dei profili 
di estimazione semplice) (Cass., 3228, 3229, 3235/76, 4058 e 1613/74, 2037, 
581/72). 

La tendenza a razionalizzare il sistema, attraverso la distinzione fra 
estimazione semplice e complessa, non si era del tutto realizzata, anche 
se in linea di massima per estimazione semplice si intendeva il giudizio 
limitato alla valutazione dei dati ed elementi di mero fatto rilevanti ai 
fini della entit� o dell'esistenza del reddito tassabile, o della attivit� 
da cui deriva, sussistendo i dubbi soprattutto nella collocazione delle questioni 
di fatto del tutto estranee alla estimazione. 

Espressione di questa incertezza � la decisione delle Sez. Un. 4 agosto 
1959 n. 2526, che riconduceva all'ambito della estimazione semplice il 



722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorso al metodo induttivo per inattendibilit� delle specifiche poste del 
bilancio. Ma adottando un concetto riduttivo di estimazione semplice 
(esistenza e determinazione quantitativa alla stregua di criteri non dettati 
da norme giuridiche del presupposto materiale cui l'ordinamento ricollega 
la nascita della obbligazione tributaria) tale soluzione non pu� 
essere condivisibile. L'apprezzamento dell'ufficio in ordine alla necessit� 
del ricorso al metodo induttivo � chiaramente riconducibile all'area 
dell'estimazione complessa perch� postula una scelta applicativa ancorata 
all'assunzione di una norma di diritto secondo una data interpretazione, 
mentre le questioni di fatto implicate si pongono come strumentalmente 
necessarie ai fini dell'esatta applicazione delle norme che consentono 
l'adozione di tale metodo. 

6. -N� la situazione � sostanzialmente mutata alla stregua della 
riforma del contenzioso tributario. 
Si � vivacemente discusso sulla portata dell'art. 10 n. 14 della legge 
di delegazione n. 825 del 1971 e sulla adeguatezza delle formule contenute 
negli artt. 26 e 40 della legge delegata (per questa problematica cfr. approfonditamente 
Cass., n. 5086/77) nonch� sulla stessa delimitazione del concetto 
di estimazione semplice. 

Ma una volta riconosciuto che la commissione centrale pu� conoscere 
pacificamente di questioni di fatto, purch� non estimative, ai fini 
della decisione della presente controversia non occorre prendere posizione 
sulle alternative ricostruttive che si prospettano, in ordine alla 
puntualizzazione del concetto di estimazione, dal momento che anche 
l'adozione della nozione astrattamente pi� favorevole all'assunto della 
societ� non le gioverebbe in concreto. 

Ed invero ove si accolga la tesi interpretativa secondo cui la limitazione 
della competenza della Corte d'Appello e della commissione centrale 
riguarda solo una ristretta categoria di controversie di fatto, quelle 
attinenti cio� al quantum dell'imponibile, indubbiamente il tentativo della 
ricorrente di sottrarre la controversia alla cognizione della commissione 
sarebbe radicalmente frustrato, dal momento che non si discute in causa 
della misura maggiore o minore dell'accertamento, ma del criterio giuridico 
mediante il quale operare l'accertamento e degli indici fattuali 
all'uopo utilizzabili. 

Ma anche se si volesse far capo alla per ora isolata interpretazione 
accolta da questa Suprema corte nella richiamata decisione n. 5086 
del 1977, secondo cui nella nozione di questioni di semplice estimazione 
(definite negli artt. 26 e 40 d.P.R. n. 636 del 1972 << questioni di fatto 
relative a valutazioni estimative �) rientrano tanto quelle relative alla 
quantificazione del reddito, o del valore imponibile, quanto gli accertamenti 
di fatto sull'esistenza della materia tassabile, e sui presupposti 
del tributo, risolvibili con criteri empirici �e non giuridici�, infine 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 723 

quelle che con il giudizio estimativo hanno un rapporto di connessione, 
perch� inerenti, pregiudiziali o dipendenti, la soluzione non cambierebbe, 
giacch� si dovrebbe ugualmente riconoscere che i poteri della commissione 
centrale contemplano anche la cognizione dei fatti che si presentano 
come indispensabili (strumentalmente necessari) per la corretta 
applicazione delle norme tributarie e quindi del criterio legale di accertamento 
(Cass., 4195j78) e si dovrebbe altres� constatare che il potere 
di procedere ad accertamenti di fatto ricostruttivi dei presupposti del 
giudizio in maniera diversa da quanto si era ritenuto nel precedente 
grado � concettualmente diverso dal potere di riesaminare il giudizio 
espresso su tali fatti ai fini della qualificazione giuridica e di sindacare 
pertanto la legittimit� delle conseguenze giuridiche che ne sono state 
tratte. 

7. -All'errore di avere spoditticamente escluso la cognizione di fatto 
della commissione equiparando il giudizio sul fatto all'accertamento di 
fatto si accompagna un'ulteriore errore attinente alla interpretazione 
della sentenza denunciata. 
La commissione centrale ha ritenuto che nella specie fosse applicabile 
il disposto di cui al terzo comma dell'art. 119 del t.u. del n. 645 del 1958. 
Non si tratta, quindi di contestare l'esistenza e quantificazione della 
materia tassabile (che sono profili strattamente connessi e vicendevolmente 
implicantisi proprio quando si tratta di procedimenti di accertamento 
induttivo), ma di stabilire se correttamente la commissione provinciale 
abbia escluso che si potesse far ricorso al procedimento induttivo 
e se rientrasse nella cognizione della commissione centrale il sindacato 
di questo giudizio inficiato da una scorretta applicazione delle norme 
di cui agli artt. 119 e 121. 

Ma cos� stando le cose � veramente arduo ipotizzare che si verta in 
materia di questioni di fatto relative a valutazioni estimative, poich� non � 
vengono in considerazione elementi di fatto diversi da quelli tenuti presenti 
dalla commissione di merito o dall'ufficio, ma tali elementi sono 
stati vagliati nella loro attitudine a giustificare l'applicazione della relativa 
normativa. 

La commissione centrale non ha proceduto ad accertamenti di fatto 
in via autonoma, pervenendo in punto di fatto a conclusioni diverse da 
quelle emergenti dalle decisioni delle commissioni di merito; ma ha 
riconosciuto della situazione accertata da cui risultava che la societ� 
non aveva esposto in modo esatto i fatti aziendali, n� fornito una congrua 
documentazione al riguardo, mentre vi era stato un aumento di produzione 
era idonea a giustificare la correzione in via induttiva, con la 
�onseguenziale inversione dell'onere probatorio, laddove la commissione 



724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

provinciale e:ra incorsa nell'errore di-addebitare all'ufficio l'onere di 
pn)Vare il reale fondamento del fatto produttivo con ci� violando la legge. 

In conclusione sul punto la societ� non pu� essere seguita n� quando 
postula che alla commissione centrale siano comunque inibiti i giudizi 
di mero fatto, n� quando pretende che la commissione medesima abbia 
proceduto in concreto ad accertamenti e giudizi astrattamente ad essa 
vietati dalla legge. 

8. -Posto che la commissione centrale poteva giudicare cos� come 
ha giudicato occorre ulteriormente verificare se l'espresso giudizio sia 
stato reso legittimamente. Con il primo mezzo di ricorso si denuncia la 
violazione e falsa applicazione degli artt. 119, terzo comma e 121, primo 
e secondo comma, del testo unico delle imposte dirette del 29 gennaio 
1958, n. 645. Sostiene il ricorrente che l'ufficio aveva l'obbligo di precisare 
le ragioni che lo avevano determinato all'accertamento induttivo e 
di indicare gli elementi in base ai quali aveva calcolato il reddito. 
Non bastava il generico richiamo alla inidoneit� della contabilit� a 
consentire l'esercizio del controllo sulla congruit� dei consumi per legittimare 
il ricorso al metodo induttivo e solo dopo aver comprovato i 
presupposti di legge sarebbe stato possibile procedere all'accertamento 
de� quantum; le difformit� riscontrate non bastavano a dimostrare in 
concreto che la societ� avesse indicato in modo inesatto gli estremi 
della produzione, e conseguentemente i risultati di esercizio, valendo 
tutt'al pi� a giustificare il calcolo del quantum, ma non l'adozione del 
metodo induttivo come tale. 

Le censure non sono fondate. 
La legge consente il procedimento induttivo nelle ipotesi di omissioni, 
inesattezze, irregolarit� circa le indicazioni in bilancio di fatti aziendali. 

Secondo l'art. 117 del t.u. se il contribuente ha presentato tempestivamente 
la dichiarazione corredandola di tutti i dati ed elementi contabili 
necessari per il controllo della completezza e veridicit� della dichiarazione 
stessa il reddito � accertato in via analitica, mediante la determinazione 
dei singoli elementi attivi e passivi che Io compongono. Anche 
se l'art. 37 dispone, come principio generale, che gli avvisi di accertamento 
vanno motivati analiticamente, ci� non significa che in ogni caso 
l'accertamento debba essere analitico, poich� se il contribuente non ha 
rispettato le norme stabilite per la dichiarazione, o per il controllo della 
stessa, l'amministrazione pu� rettificare, anche in via induttiva, il reddito 
dichiarato avvalendosi di tutti gli elementi comunque raccolti nell'esercizio 
della facolt� previste dall'art. 39 (poteri dell'ufficio). 

II procedimento induttivo � esplicitamente stabilito dall'art. 119, terzo 
comma e dall'art. 120 del t.u. nei confronti dei soggetti tassabili in base 
al bilancio quando si verifichino le condizioni ivi previste. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '7i5 

Mentre di norma i redditi dei soggetti tassabili in base a bilancio 
sono determinati sulla base delle risultanze del bilancio stesso, e del 
conto profitti e perdite, e dei rendiconti, �quando risulta che sono indicate 
spese e perdite inesistenti o superiori a quelle effettive, che sono 
omesse o indicate in modo inesatte le entrate, ovvero che � i fatti aziendali 
� sono comunque riportati inesattamente o irregolarmente, in modo 
da concludere con un risultato diverso da quello effettivo, l'ufficio procede, 
anche induttivamente, alla integrazione o correzione delle impostazioni 
di bilancio mancanti o inesatte� (art. 119, terzo comma) ma � 
tenuto ad indicare sull'avviso di accertamento le ragioni per le quali 
ha ritenuto applicabile il metodo induttivo (art. 121, primo comma); ed 
il contribuente deve fornire la prova dell'inesattezza delle integrazioni e 
correzioni apportate, ovvero dalla inesistenza, in tutto o in parte, del 
reddito stesso (art. 121, terzo comma). 

Trattasi di disposizioni� che non dettano norme sostanziali, ma contengono 
regole probatorie, ovvero disciplinatrici del procedimento di 
accertamento. Si consente, infatti, la possibilit� di utilizzare materiale 
probatorio indiziario da parte dell'amministrazione, e si pone l'onere della 
prova a carico del contribuente. 

Nel caso di specie l'avviso di accertamento d� atto che il tipo di 
contabilit� e di lavorazioni poste in essere non consentiva, alla stregua 

. della documentazione offerta, di effettuare un controllo di congruit� fra 
consumi, produzione e vendite, enucleando-quindi in sei punti la componente 
del reddito, ivi compresa la svalutazione quantitativa di magazzino. 
Vi �, pertanto, una adeguata indicazione di << ragioni che ha trovato 
l'avallo della commissione centrale, la quale ha posto in evidenza che 
la societ� contribuente aveva esposto in modo non esatto i fatti aziendali, 
e non era stata in grado di fornire una documentazione che rendesse 
possibile i controlli dei consumi e della produzione, ossia del fatto 
aziendale, e non era stata in grado di fornire una documentazione che 
rendesse possibile i controlli dei consumi e della produzione (ossia del 
fatto aziendale fondamentale ai fini della determinazione del reddito). 
Il rapporto fra carta consumata e ricavi conseguiti � parso logicamente 
inattendibile poich� non si giustifica in tempi di costi crescenti, la diminuzione 
del ricavo lordo per quintale di materia prima impiegata. L'aumento 
del consumo di materia prima, non accompagnata da dilatazione 
dei ricavi, costituisce di per s� -secondo la commissione, elemento 
sintomatico di maggior reddito, quantificato nella misura di L. 80 milioni. 

Sussiste -perci� -sia nell'accertamento, sia nella valutazione che 
ne � stata data dal giudice tributario, l'enucleazione dei requisiti di 
legge per addivenire all'accertamento induttivo stante la incongruit� 
emergente dalla contabilit�, posta a base della valutazione del reddito. 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO

726 

Obietta la societ� contribuente che la inesatta indicazione delle entrate 
e la inesatta esposizione dei fatti aziendali avrebbero potuto essere valorizzati 
nel momento della determinazione dell'imponibile da recuperare a 
tassazione, ma non anche per giustificare l'adozione del metodo induttivo. 

Ma la tesi non pu� essere seguita; non vi � dubbio che gli stessi elementi 
indiziari sono utilizzabili sia per far scattare lo strumento dell'accertamento 
induttivo, sia per determinare, nell'ambito del suddetto 
metodo accertativo, il quantum imponibile. Alla distinzion~ logica dei due 
momenti non deve necessariamente corrispondere un corredo probatorio 
distinto. Se gli elementi indiziari sono suscettibili di valutazione polivalente 
sia circa la sussistenza della situazione che rende applicabile l'art. 119, 
terzo comma (in quanto evidenziano impostazioni di bilancio scorrette 
ed inesatte), sia circa la misura del re(ldito prodptto e non fatto risultare 
ai fini della tassazione, possono esser utilizzati in entrambe le direzioni. 

La inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione (anche per i redditi 
determinati in base a scritture contabili) rappresenta la conseguenza, 
e non gi� il presupposto dell'accertamento dell'esistenza di attivit� non 
dichiarata, o dell'inesistenza di passivit� dichiarate, al quale si pu� 
addivenire anche sulla base di presunzioni semplici (si confrontino in 
proposito anche gli artt. 38 e 39 d.P.R. 29 settembre 1975, n. 600). 

La contribuente non contesta la sostanziale esistenza di una materia 
imponibile non evidenziata nella dichiarazione unica, e la idoneit� degli 
elementi indiziari accolti; ma nega che gli stessi potessero valere per 
l'accertamento dell'inesattezza di quanto dichiarto. Vero �, invece, che 
la non omogeneit� degli elementi di raffronto nelle registrazioni di 
magazzino, rendeva impossibile il riscontro analitico delle registrazioni 
medesime, comportando che la determinazione della reale produzione di 
scatolame si effettuasse in funzione dei consumi di carta e dei ricavi 
.crescenti medi per quintale di carta consumata. 

La deduzione basata sul rapporto fra carta consumata e ricavi conseguiti 
emergente dal raffronto fra i dati storici relativi ai consumi del 
1963 e quelli del 1966, era quindi astrattamente idonea ai sensi dell'art. 119, 
terzo comma, del t.u., a porsi quale fondamentale elemento per desumere 
che i fatti aziendali erano stati riportati inesattamente od irregolarmente, 
e valeva di per s� a mettere in moto lo strumento accertativo 
considerato. Da ci� l'errore di giudizio della commissione di secondo 
_grado chiarito dalla commissione centrale e che dovr� essere riparato 
restando ferma quella decisione in sede di rinvio della medesima disposto. 

9. -In conclusione il ricorso, essendo risultato infondato in tutti e 
tre i motivi in cui si articola, e non ravvisandosi alcuna esorbitanza 
della commissione centrale dei propri poteri istituzionali, deve essere 
rigettato. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 727 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1979, n. 2049 -Pres. Aliotta Est. 
Battimelli -P. M. Raja (diff.) -Compagnia Tirrena di Assicurazioni 
e Capitalizzazione (avv. Pomarici) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Angelini Rota). 

Imposta di registro -Concordato fallimentare -Sentenza di omologazione 
� Imposta di titolo -Prenotazione a debito � Ingiunzione del 
cancelliere per il recupero dell'imposta prenotata -Illegittimit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 111, n. 5 e tariffa A, 32 e 126; r.d. 16 marzo 1942, 
n. 267, artt. 91, 111 e 133; c.p.c. disp. att., art. 43). 
La prenotazione a debito in materia fallimentare (art. 91, 111 e 133 
legge fallimentare) � ammessa solo per le spese giudiziali e gli atti 
richiesti dalla legge e quindi pu� comprendere l'imposta di registro sulla 
vera e propria sentenza di omologazione (art. 126 tariffa A legge di 
registro) e non le imposte di titolo pertinenti alla convenzione di concordato 
(art. 32 stessa tariffa). � conseguentemente illegittimo il provvedimento 
del cancelliere di cui all'art. 43 disp. attuazione cod. proc. civ. 
(equipara!o alla ingiunzione ordinaria) con il quale si domanda contro 
l'assuntore e il garante del concordato il rimborso della imposta di titolo. 
L'imposta di titolo, non costituente un elemento essenziale per l'esecuzione 
del concordato, va accertata e riscossa nei modi ordinari (1). 

(Omissis). -Con sentenza del 23 dicembre 1963 il tribunale di Messina 
omolog� il concordato proposto da Salvatore Bambara e Maria Luisa 
Ambrogetti (dichiarati falliti, in proprio e quali gestori di societ� di 
fatto per la gestione dell'Hotel Villa Mazzar� di Taormina, dallo stesso 
tribunale in data 27 gennaio 1972), concordato di cui, di fronte alla cessione 
di tutti i beni, si era reso assuntore la S.pA. � Unione Finanziaria 
Italiana �, con fideiussione della societ� � Compagnia Tirrena di Capitalizzazione 
>> e Societ� Italiana Cauzioni. 

In data 30 dicembre 1963 il curatore del fallimento, non disponendo 
dei fondi necessari per la registrazione della sentenza di omologazione, 
ottenne ,dal giudice delegato che alle spese di omologazione si procedesse 
mediante prenotazione a debito dopo di che, non avendo l'assun


(l) Anticipazione delle spese per il procedimento fallimentare, imposta 
di registro e relative controversie. 
I. -La decisione che affronta vari e complessi problemi suscita non pochi 
dubbi. 
II primo quesito, che meritava maggiore approfondimento, � se la registrazione 
della sentenza di omologazione del concordato possa essere separata 
dalla registrazione delle convenzioni sottostanti, ossia se nel registrare la sentenza 
con l'imposta (fissa) sull'atto giudiziale (art. 126, tariffa A, dell'abrogata 
legge di registro) si debba totalmente prescindere dalla registrazione (con 

lO 



728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tore del fallimento provveduto a pagare l'imposta di registro sulla sentenza 
il cancelliere della sezione commerciale del tribunale di Messina 
notific� all'assuntore, ai fideiussori ed ai falliti avviso di pagamento, 
reso esecutorio ai sensi dell'art. 426 della tariffa civile e dell'art. 43 delle 
disposizioni di attuazione c.p.c., ingiungendo il pagamento della somma 
di L. 10.535.120, prenotata a debito per imposta di registro, imposta ipotecaria 
ed accessori. 

Contro tale ingiunzione l'Unione Finanziaria Italiana propose opposizione 
convenendo innanzi al trihvnale di Messina l'amministraizoe delle 
Finanze dello Stato deducendo l'illegittimit� del titolo, per essere stata 
effettuata la prenotazione a debito fuori dei casi consentiti, e contestando 
l'accertamento e i criteri seguiti per la liquidazione dell'imposta di 
registro. 

L'amministrazione resistette alla domanda chiedendo dichiararsi la 
legittimit� dell'ingiunzione e condannarsi l'opponente al pagamento dell'imposta. 


Il tribunale, con sentenza del 9 novembre 1971, dichiar�, illegittima 
l'ingiunzione ritenendo che la registrazione a debito non avrebbe potuto 
essere effettuata. Su appello dell'amministrazione, questa sentenza fu 
riformata dalla. Corte di appello di Messina che, con la sentenza del 
12 febbraio 1976, qui impugnata, rigett� l'opposizione proposta dalla 
Unione Finanziaria Italiana (incorporata, nel corso del giudizio, dalla 
Compagnia Tirrena di Capitalizzazione e Assicurazione s.p.a. � che aveva 
proseguito il giudizio), condannando la Compagnia Tirrena alle spese 
e agli interessi sulla somma di contestazione. 

tassa di titolo) delle convenzioni sottostanti (art. 32 stessa tariffa). Il problem~ 
non � se la tassa di titolo debba essere applicata, sotto l'aspetto formale, 
alla sentenza o alle convenzioni, ma se la sentenza possa essere registrata a 
tassa fissa separatamente (e quindi anche anteriormente) dalle convenzioni e 
pertanto se la sentenza possa con la sola applicazione della tassa fissa ottenere 
la registrazione, ed essere quindi messa in esecuzione, prima che siano 
registrare le convenzioni che, una volta registrata la sentenza, potrebbero anche 
per sempre sottral'si aHa registrazione. 

Al quesito sembra doversi dare risposta negativa. 

Se pervengono all'ufficio contestualmente la sentenza e le convenzioni si 
liquideranno tutte le imposte di titolo (che possono essere parecchie) e l'imposta 
sulla sentenza, e sar� superfluo discutere se l'atto registrato sar� soltanto 
la sentenza o questa e le singole convenzioni. Ma se la sentenza viene 
presentata alla registrazione da sola senza che le convenzioni siano state autonomamente 
registrate, l'ufficio non potr� sicuramente registrare la sola sentenza 
a tassa fissa. La tassa fissa � infatti dovuta (art. 122, tariffa A) indipendentemente 
da quella stabilita per H concordato dall'art. 32; non potrebbe 
dubitarsi comunque dell'applicabilit� dell'art. 72 della legge giacch� la sentenza 
di omologazione si basa sulle convenzioni non ancora registrate ed imprime 
ad esse l'efficacia. La norma deH'art. 118 n. 2, che vieta ai giudici di pronunciare 
sentenze in base ad atti 'soggetti a registrazione e non registrati, si 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 729 

La Corte, premesso che il tribunale, avendo riconosciuto che l'assuntore 
era debitore in ogni caso dell'imposta di registro, avrebbe dovuto, 
indipendentemente da ogni questione sulla legittimit� dell'ingiunzione, 
condannare l'Unione Finanziaria al pagamento dell'imposta, in accoglimento 
di domanda riconvenzionale proposta dall'amministrazione, osserv� 
che comunque l'ingiunzione di pagamento era stata legittimamente emessa. 

Le affermazioni del primo giudice, secondo cui mancavano, per la 
prenotazione a debito, sia il presupposto oggettivo della inerenza delle 
spese al giudizio di omologazione in corso, sia quello soggettivo dell'incidenza 
dell'onere delle spese sul curatore e sulla massa fallimentare, 
mentre invece esse riguardavano l'assuntore, non apparivano convincenti: 
e ci� non solo perch� senza l'autorizzazione da parte del giudice delegato 
della registrazione della sentenza di omologazione con prenotazione a 
debito, la sentena stessa avrebbe potuta essere registrata (e quindi il 
concordato non avrebbe potuto avere esecuzione), ma anche perch�, 
essendo l'imposta di registro imposta di atto, la pretesa fiscale sorge nello 
stesso momento in cui l'atto viene formato e la registrazione deve effettuarsi 
in termine fisso, con contestuale pagamento di tutte le imposte 
gravanti sull'atto, per l'intero contenuto di questo (comprensivo, nella 
specie, anche della enunciativa del verbale del concordato che prevedeva 
la cessione dei beni dell'assuntore). 

Ne conseguiva che anche la tassa di titolo doveva considerarsi spesa 
necessaria per l'omologazione del concordato e che la registrazione mediante 
prenotazione a debito era avvenuta nel pieno rispetto degli artt. 91 

converte, ove questo divieto non sia osservato, nel potere dell'ufficio di registrare 
o la convenzione che si trovi nel fascicolo o la sentenza con la tassa 
di titolo; nel caso del concordato fallimentare non si incontra il divieto dell'art. 
118 perch� le convenzioni, condizionate all'omologazione del concordato, 
non devono essere registrate prima della pronuncia della sentenza, ma in questo 
momento sorge la necessit� di� registrare le convenzioni anteriormente o 
contestualmente alla sentenza e se non si pu� procedere ad una registrazione 
formalmente separata � viferita ai singoli atti si dovr� registrare la sentenza 
con la tassa di titolo. 

Senza affrontare il discusso problema civilistico sul punto se l'effetto 
del concordato e delle pattuizioni accessorie sia prodotto negozialmente dalle 
convenzioni o giudizialmente dalla sentenza, certo � che il concordato non 
potr� essere eseguito se non vengono registrate assieme alla sentem.a tutti i 
negozi sottostanti, non potendosi separare la registrazione della sentenza della 
(incerta) registrazione delle convenzioni. 

Questa prima conclusione sembra dover restare ferma anche in base alle 
:norme vigenti, nonostante le notevoli innovazioni introdotte. Bench� la produzione 
in giudizio di atti negoziaH non costituisca caso d'uso (art. 6 d.P.R. n. 634/ 
1972), e bench� non sussista pi� il divieto di produrre in giudizio atti non 
registrati (art. 63), tuttavia gli atti non registrati che siano stati prodotti in un 
giudizio civile o amministrativo devono essere trasmessi a cura del cancelliere 
all'ufficio del registro ed in ogni caso la sentenza che contiene l'enuncia:t.ione 



730 RASSEGNA DElL'AVVOCATURA DElLO STATO 

e 133 della legge fallimentare (non ricorrendo l'ipotesi dell'applicabilit� 

dell'art. 111, n. l, della legge di registro del 1923, che riguarda solo gli 

atti e le sentenze che interessano enti morali, persone ammesse al 

gratuito patrocinio e amministrazioni parificate, agli effetti tribut�ri, 

alle amministrazioni dello Stato) e che pertanto l'ingiunzione, appariva, 

dal punto di vista formale, pienamente legittimata. 

Anche sostanzialmente l'ingiunzione doveva ritenersi legittima, non 
potendosi prendere in considerazione le doglianze sollevate dall'assuntore 
contro l'esosit� ed erroneit� dei valori imponibili stabiliti con riferimento 
ai trasferimenti immobiliari, trattandosi di questione di estimazione semplice 
che non poteva formare oggetto di contestazione innanzi al giudice 
ordinario n� era fondata la tesi dell'opponente secondo cui, avendo essa 
acquistato l'immobile adibito ad albergo per demolirlo e costruire un 
nuovo albergo, avrebbe avuto diritto alle agevolazioni fiscali di cui alla 
legge regionale siciliana n. 4 dell'H gennaio 1963. 

L'intenzione di demolizione e ricostruzione non era stata infatti 
espressa nella proposta di concordato n� inserita nella sentenza di omologazione 
e comunque avendo l'assuntore rivenduto, in data 10 aprile 1965, 
l'immobile alla Compagnia Tirrena di Capitalizzazione (da cui successivamente 
era stata incorporata) ,anche ammesso che originariamente avesse 
avuto diritto ad agevolazioni, tale diritto aveva perso per non avere 
effettuato la ricostruzione prevista. 

Contro questa sentenza ricorre per cassazione la << Compagnia Tirrena 
di Assicurazione e Capitalizzazione s.p.a. � con atto notificato il 
12 novembre 1976 e depositato il 22 novembre 1976, ponendo a sostegno 
dell'impugnazione i seguenti motivi: 

di atti non allegati nel fascicolo � soggetto all'imposta di titolo sulle convenzioni 
(o sulla parte di esse) non aDJCora eseguite. Pertanto ancor oggi, anche se 
pu� essere dubbia l'esistenza di una imposta sulla pura e .semplice convenzione 
di concordato tra il debitore e i creditori, le convenzioni aggiuntive che sono 
alla base della omologazione (cessioni di beni, garanzie ecc.) devono essere 
registrate anteriormente o contestualmente alla sentenza. 

II. � Ci� chiarito, non sembra possa condividersi l'affermazione che le 
imposte di titolo inerenti al concordato non possono essere prenotate a debito 
a norma degli artt. 91 e 133 deLla legge falLimentare. Pur non dubitando che 
nella specie la sentenza di omologazione contenesse una enunciazione ex art. 72 
legge di registro, la sentenza in esame afferma risolutamente che fra le spese 
giudiziali per gli atti richiesti dalla legge e pi� ancora fra le spese di omologazione 
(artt. 91 e 133 legge fallimentare) non si pu� ricomprendere l'imposta di 
titolo; di qui trae la conseguenza che l'ufficio poteva prenotare a debito, e 
qu~ndi riscuotere con la procedura dell'art. 43 disp. att. c.p.c., soltanto !'.imposta 
(fissa) giudiziale e doveva agire autonomamente nei modi ordinari nei confronti 
delle parti contraenti delle convenzioni sottostanti. 
Una prima osservazione da fare � che se, come si assume, le convenzioni 
erano enunciate :in sentenza e non .erano state presentate per la registrazione 
separati atti, si doveva procedere alla registrazione della sentenza, �con un'unica 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 731 

l" motivo: Violazione dell'art. 345 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, 
stesso codice. 

La Corte di appello ha affermato che in ogni caso il Tribunale, avendo 
riconosciuto che l'assuntore del fallimento era debitore dell'imposta, 
avrebbe dovuto accogliere la domanda di condanna dell'assuntore al 
pagamento, domanda proposta dall'Amministrazione finanziaria nel corso 
dell'ordinario giudiziario di cognizione che aveva fatto seguito all'opposizione. 


Tale affermazione � errata in quanto oggetto dell'opposizione era, in 
via principale, l'applicabilit� o meno dell'istituto della prenotazione a 
debito nel caso di specie (imposta di titolo), con esclusione di qualsiasi 
questione sulla fondatezza e legittimit� della pretesa fiscale, tanto vero 
che le conclusioni dell'amministrazione erano state: a) rigetto dell'opposizione; 
b) pagamento della somma di cui all'ingiunzione. Nessuna domanda 
riconvenzionale era stata in concreto proposta, n� la relativa questione 
era stata trattata nel giudizio di primo grado, e la sentenza del 
tribunale si era limitata ad un'astratta affermazione di principio sull'obbligo 
dell'assuntore di pagare le imposte di registro, ma non aveva 
esaminato se in concreto le imposte richieste fossero dovute. 

2" motivo: Violazione degli artt. 133 �e 91 della legge fallimentare e 
difetto di motivai:ione (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.). 

La Corte di appello ha ritenuto legittima la prenotazione e debito 
delle spese di registrazione, sul presupposto che la registrazione era 
necessaria per l'omologazione del concordato e che, essendo l'imposta 

operazione �, per l'intero suo contenuto e cio� sia per l'imposta giudiziale che 
per l'imposta di titolo. Ogni atto deve sempre essere registrato per il suo 
intero contenuto e senza p0S1Sibi1it� di scissioni (artt. 8 e 9 legge di registro); 
non � certo possibile registrare la sentenza con la sola imposta giudiziale, 
consentendo con ci� che la sentenza si esegua, e successivamente promuovere 
il procedimento per la registrazione di ufficio delle convenzioni sottostanti, 
non sulla base dei relativi atti che siano stati presentati, ma della stessa sentenza 
da registrare una seconda volta, magari nei confronti di soggetti diversi. 

Se poi si volesse sostenere che la sentenza di omologazione va registrata 
solo con l'imposta fissa e i negozi sottostanti possono essere registrati solo se 
e quando saranno presentati allla registrazione, si negherebbe d'un canto l'enunciazione 
e dall'altro il principio cardinale dell'imposta di registro che non consente 
di trarre gli effetti utili da atti non registrati. 

Del resto il giudice delegato che richiede la registrazione a debito ex art. 91 
legge faHimentare, aiiiChe su ci� la sentenza non ha esattamente inter.pretato la 
norma, pu� soltanto disporre la registrazione, come per legge, non una particolare, 
limitata o anomala registrazione; spetter� all'ufficio liquidare l'imposta 
al di fuori di qualunque direttiva dettata dal giudice delegato, che potr� se del 
caso fare le sue impugnazioni, ma non pu� certo imporre all'ufficio un qualunque 
comportamento. Una volta richiesta la registrazione a debito, l'ufficio 
prenota tutta l'imposta liquidata e cos� registra la sentenza a debito; diversamente, 
se il giudice delegato non intendendo assumere sulla curatela l'imposta 
di titolo recede dalla richiesta dncondizionata di registrazione, l'ufficio del 



732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
di registro imposta di atto, la pretesa tributaria era sorta nel momento 
stesso in cui era stata emessa la sentenza, da registrarsi in termine 
fisso, ma tali affermazioni sono errate e viziate da una inesatta visione 
dell'istituto della prenotazione a debito prevista dall'art. 133 della legge 
fallimentare. 
In forza di detta norma, la registrazione a debito pu� essere effettuata 
solo quanto l'imposta possa considerarsi una spesa necessaria per 
l'omologazione del concordato, ma la sentenza impugata non si � soffermata 
sulla natura del provvedimento di omologazione, al fine di definire 
quali siano le relative spese necessarie. 
La sentenza di omologazione, in realt�, costituisce un momento formale, 
non sostanziale, del procedimento e precede la realizzazione vera 
e propria del concordato e pertanto l'imposizione a cui essa � direttamente 
soggetta � quella a tassa fissa, di cui alla parte II della tariffa 
ali. A alla legge di registro del 1923; tale adempimento era stato in effetti 
compiuto con il pagamento, in data 31 gennaio 1963, clell'imposta fissa di 
registro sulla sentenza e non vi � dubbio che la relativa spesa fosse prenotabile 
a debito in quanto direttamente connessa al provvedimento di omologazione; 
la legittimit� di tale prenotazione discende dal disposto degli 
artt. 91 e 133 della legge fallimentare, in forza delle quali la prenotazione 
a debito � possibile in quanto trattasi di spesa inerente alla procedura 
di omologazione, in quanto vi sia un decreto del giudice delegato 
per ogni singolo atto alla procedura di prenotazione, in quanto le spese 
siano annotate in apposito registro a dimostrazione della loro natura e 
registro non registra affatto la sentenza; in nessun caso si far� una registrazione 
con la sola imposta fissa se siano enunciate convenzioni importanti l'imposta 
di titolo. 
Non pu� essere condivisa l'affermazione che dovesse prenotarsi a debito 
soltanto l'imposta guidiziale per procedere separatamente nei modi ordinari 
nei confronti delle parti che avevano stipulato la conV~eru.ione, anche perch� 
se l'imposta si considera dovuta � sulla sentenza � contenente l'enunciazione 
si avrebbe come si � visto una dnconcepibile seconda registrazione della sen� 
tem:a; se invece si separano compLetamente sentenza e convenzioni ritenendo 
che le convenzioni vanno registrate come normali negozi nei confronti delle 
parti contraenti, si dovrebbe anche affermare che queste convenzioni, non pi� 
ancorate alla sentenza, non possono essere registrate d'ufficio e potrebbero 
sottrarsi alla registrazione se non siano spontaneamente presentate, cosa che 
potrebbe agevolmente farsi dopo che la sentenza di omologa:t.ione ha ottenuto la 
registrazione ed � diventata eseguibile. 
Hl. � Su questo problema si � gi� ampiamente discusso in relazione alla 
sentenza dichiarativa di fallimento comportante enunciazione di societ� di fatto. 
Con la sentenza 12 marzo 1973, n. 682 (in questa Rassegna, 1974, l, 194, con tre 
note di A. CHICCO, C. BAFILE e F. MARruzzo) era stato affermato che il credito 
per imposta di registro sulla enunciazione di societ� di fatto contenuta nella 
sentenza dichiarativa di fallimento deve essere insinuato come credito concorsuale 
e non potesse essel'e soddisfatto in prededuzione. NeHa nota a questa 
���: 
i(
:�. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 733 

in quanto la spesa, inerente al giudizio di omologazione, gravi sul curatore 
e sulla massa fallimentare. Requisito quest'ultimo, che non ricorreva 
nel caso di specie, in cui era in questione non la spesa per la registrazione 
in s� e per s� della semplice sentenza di omologazione, bens� 
l'imposta di titolo per l'enunciazione contenuta nella sentenza. E ci� 
risulta dal fatto che, mentre l'imposta fissa di registrazione fu pagata 
il 31 gennaio 1964, la tassa di titolo fu pagata successivamente, il 18 febbraio 
1965 e la relativa richiesta di prenotazione a debito fu posteriore 
.alla registrazione e non fu richiesta dal curatore, n� fu emesso un provvedimento 
�ad hoc� del giudice delegato, circostanze, queste ultime, del 
tutto ignorate nella motivazione della sentenza della Corte di appello. 

Naturalmente, ben � possibile che in un secondo momento impositivo 
possa richiedersi un ulteriore pagamento di imposta, ma trattasi di 
momento non collegato alla procedura, di omologazione del concordato 
sotto raspetto tributario e. che. quindi � .. e,straneo alla .prena~one a 
debito; e non � esatto che senza l'integrale pagamento di tutte le imposte 
di registro la sentenza di omologazione non potrebbe produrre i suoi 
effetti, perch� essa ben pu� essere registrata (e in effetti lo � stata), 
mentre la registrazione a debito dell'imposta di titolo � avvenuta in un 
secondo momento. 

Cos� pure ha errato la Corte di appello, affermando che l'imposta 
di registro � imposta di atto e che senza l'integrale pagamento del tributo 
la sentenza non poteva essere registrata, in quanto seppure � vero 
che l'imposta in disc~;so � imposta d'atto, ci� non significa che essa 

sentenza tentai di delineare il meccanismo di prenotazione dell'art. 91 della Iegge 
fallimentare (materia quasi inesplorata) ev�den:dandone le differenze dall'ordinaria 
prenotazione a debito, riailocciandomi ad aLtra mia procedente nota (Sulla 
funzione delle anticipazioni dell'erario delle spese giudiziali per il procedimento 
fallimentare; in questa Rassegna, 1970, I, 936). Dall'art. 91 si evince il 
principio che l'amministrazione del fallimento, ol'dinariamente tenuta a pagare, 
se ha la disponibilit� di danaro, sia le spese verso terzi sia le imposte di bollo 
e di registro, pu� ottenere, quando non abbia la disponibilit�, che per il comp�mento 
degli atti richiesti dalla legge �l'erario>> anticipi le spese (erogandole 
direttamente in favore degli aventi 'diritto) e prenoti a debito le �imposte di 
bollo e di registro; sia per le spese che per le imposte il giudice delegato per 
ogni singolo atto dovr� emettere un decreto contenente la richiesta di pagamento 
o di prenotazione e IIlell.'uno e nell'altro caso le spese anticipate o prenotate 
saranno recuperate dal cancelliere con prelevazione dalle somme ricavate 
dalla liquidazione dell'attivo, appena vi siano disponibiHt� liquide; v:i � cio� una 
prededuzione assoluta, anzi una equipara:<.ione alle spese della massa per debiti 
contratti per l'amm1nistrazione del fallimento e per l'eventuale esercizio prov� 
v�sorio (art. Hl n. 1). Mentre la ordinaria prenotazione a debito, secondo le 
regole del gratuito patrocinio, � stabilita in vista di un eventuale successivo 
recupero a danno di un soggetto diverso (la parte soccombente) da quello a 
favore del quale la prenotazione ha operato, nell'ipotesi dell'art. 91 � la stessa 
curatela che ha domandato la prenotazione che dovr� eseguire il rimborso 



734 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costituisca sempre una spesa necessaria per l'omologazione del concordato; 
l'imposta di titolo, infatti, verte sul contenuto dell'atto e su effetti 
che sono successivi e per nulla inerenti alla procedura di omologazione. 

3" motivo: Violazione dell'art. 111 della legge di registro del 1923 
(art. 360, n. 3, c.p.c.). 

La Corte di appello ha affermato che i rilievi relativi alla determinazione 
dei valori imponibili non potevano essere presi in considerazione; 
ma ha ignorato che tali rilievi non sollevavano un problema di estimazione, 
bens� intendevano segnalare che i valori tassabili non potevano 
che essere quelli che emergevano dalla sentenza di omologazione, e non 
quelli determinati dall'ufficio del registro, che, non avevano alcun riferimento 
con detta sentenza; l'imponibile sul concordato non poteva che 
essere quello dell'attivo fallimentare al netto di spese, mentre ogni diversa 

o maggiore pretesa tributaria non poteva che essere fatta valere attraverso 
la procedura ad. hoc di accertamento di maggiore valore. 
4" motivo: Violazione degli artt. l e segg. della legge regionale SICIliana 
11 gennaio 1963, n. 4 e delle leggi in materia precedenti e connesse 
(art. 360, n. 3 c.p.c.). 

Erroneamente la Corte di appello ha affermato l'inapplicabilit� delle 
agevolazioni fiscali chieste in via subordinata dall'assuntore del fallimento 
e non potendo rilevare il fatto della vendita dell'immobile, in realt� 
l'amministrazione finanziaria non pu� negare le agevolazioni richieste, ma 

non appena avr� la disponibilit� di somme liquide. Pertanto il provvedimento 
del giudice delegato � una sorta di mandato di anticipazione per le spese a terzi 
e di dmputazione per le imposte da prenotare di cui si assume l'onere della 
copertura; un atto quindi dispositivo che sostituisce l'ordinario pagamento 
che la curatela sarebbe tenuta ad eseguire se avesse le disponibilit� liquide. 
La curatele, una volta richiesta la prenotazione, ed a maggior ragione l'antecipazione, 
non pu� pi� r]fiutarsi di eseguire i1 rimbo!'so, tanto che questo rimborso, 
come mera operazione esecutiva, � compito del cancelliere. 

Con una pi� recente sentenza (8 marzo 1977, n. 951, in questa Rassegna, 1977, 
l, 3114) la s.e., modificando j.J suo giudizio sulla tassazione delila societ� di fatto 
enunciata nella sentenza dichiarativa di fallimento, ebbe ad affermare che 
l'imposta di titolo sulla sentenza � una spesa che l'ammmistrazione fallimentare 
ha l'onere di subire e cbe, in mancanza del denaro occorrente, pu� essere 
prenotata a debito e quindi rimborsata con prededutione in base agli artt. 91 
e 111 n. l della legge fallimentare. 

Inquadrata la prenotazione ex art. 91 come imputazione a carico della 
stessa amministrazione fallimentare di una somma che, ordinariamente, l'amministrazione 
dovrebbe pagare se disponesse del denaro occorrente, essa si presenta 
agli effetti sostanziali come una vera e propria richiesta di registrazione 
per la quale, in via eccezionale, si consente H pagamento differito. Da ci� discendono 
due conseguenze: la prima che l'ufficio del registro non � abilitato a rifiutare 
la prenotazione di cui si assume l'obbligo del rimborso (come non potrebbe 
riutare la registrazione se venissero pagate le somme liquidate); la seconda che 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 735 

deve concederle, salvo a revocarle in un successivo momento e recuperare 
l'imposta dovuta nei modi ordinari. 

Nella specie, comunque, trattavasi di trasferimento di immobili per 
cui la legge regionale concedeva l'agevolazione del trasferimento a imposta 
fissa, giusta quanto risulta dall'art. l, che estende il beneficio di cui 
alla legge regionale n. 22 del 1961 alle costruzioni, agli ampliamenti 
e alle ricostruzioni degli edifici destinati ad alberghi, per i quali, inoltre, 
valgono tutte le agevolazioni previste dalla legislazione sulla industrializzazione 
del Mezzogion1o e le agevolazioni in ogni caso, anche se non 
originariam~nte richieste, non possono essere fatte valere dal contribuente 
in sede di rimborso. 

L'amministraizone delle Finanze dello Stato resiste con controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

I primi due motivi di ricorso, che investono due aspetti diversi dello 
stesso problema, vanno esaminati congiuntamente e vanno riconosciuti 
fondati. 

� pacifico, infatti, fra le parti, che l'ingiunzione contro la quale fu 
proposta l'opposizione che ha dato inizio al presente giudizio non fu 
un'ingiunzione fiscale, emessa a sensi del t.u. del 1910 sulle entrate patrimoniali 
dello Stato e degli artt. 144 e seguenti della legge di registro 
del 1923, all'epoca vigente, bens� fu quel particolare tipo di provvedimento 
previsto dall'art. 43 delle disposizioni di attuazione del codice 
civile, che disciplina la procedura di recupero di spese prenotate a 

spetta pur sempre all'ufficio del registro, come si � accennato, liquidare tutte 
le imposte dovute per legge mentre non pu� spettare al giudice delegato imporre 
1imitazioni o direttive all'ufficio, cos� come il contribuente non pu� fare una 
richiesta condizionata di registrazione. Con altra recente sentenza (28 maggio 
1979, n. 3072, in Giur. It., 1979, I, �1, 1772), la S.C. ha invero affermato che la 
prenotazione ex art. 91 trova applicazione .solo per le spese strettamente neces� 
sarie all'espletamento, nell'interesse pubblico, del procedimento e non per attivit� 
processuali a carattere discrezionaJe (nelLa specie azione revocatoria) che soddisfano 
interessi privati dei creditori, dando rma interpretazione assai restrittiva 
all'art. 91. Ma questa sentenza, che non coglie la differenza tra la particolare 
prenotazione dell'art. 91 e l'ordinario gratuito patr�cinio, aveva per oggetto 
il rifiuto del giudice delegato di disporre la antecipazione del compenso per 
il difensore mcal'icato di promuovere l'a:;,ione revocatoria, ipotesi ben diversa 
da quella in cui il decreto dei giudice esiste, e si pretende che non dovesse 
essere eseguito dall'ufficio del registro e concerne atti riguardanti la conclusione 
del procedimento fal1imentare e non altri eventuaU giudizi. 

La prenotazione, in sostanza, realizza l'adempimento dell'obbligazione di 
imposta di regi:>tro, con la sola particolarit� di un differimento del pagamento. 
E come, nell'ipotesi normale la parte (anche di fallimento che dispone della 
somma) non pu� sottrarsi al pagamento dell'imposta liquidata (se non si paga 
il tributo non pu� farsi luogo a registrazione), cos� l'mministrazione fallimentare 
non pu� sottrarsi all'obbligo del rimborso della somma prenotata, rim




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

736 

debito nell'ambito di procedimenti civili, per il raggiungimento delle 
finalit� proprie di detti procedimenti; spese che comprendono, anche, 
quelle relative alle imposte che gravano sugli atti del procedimento, e 
regolamentate, quanto alla registrazione dall'art. 111 della suddetta legge 
di registro; norma quest'ultima, che concretamente prevede il caso di 
specie, al n. 5 dell'elencazione in essa contenuta (atti relativi alla procedura 
di fallimento a termini dell'art. 914 del codice di commercio, ora 
degli artt. 91 e 133 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267) e che erroneamente la 
sentenza impugnata ha ritenuto non regolamentante la fattispecie sottopostale, 
motivando in relaizone al n. l del suddetto art. 111 e ignorando 
il n. 5, sia pure seguendo, per disattenderla, la linea difensiva dell'appellata. 


Va ancora premesso che � altrettanto pacifico fra le parti che nella 
specie furono operate due distinte tassazioni e due distinte prenotazioni 
a debito: la. p :rima, a sensi dell~art. 126 , della tariffa ali. A, parte II, 
della suddetta legge di registro del 1923 (che prevede la registrazione a 
tassa fdssa delle sentenze. di omologazione di concordati, indipendentemente 
dalla tassa prevista per i concordati dall'art. 32 della stessa 
tariffa); e la seconda, in un successivo momento relativa alla tassazione 
delle convenzioni contenute nel concordato, a sensi del suddetto art. 32 
(che a sua volta prevede la possibilit� di una seconda ulteriore tassazione 
per le cessioni ed azioni in pagamento di beni mobili e immobili 
fatte dal fallito ai creditori): tassazione questa seconda operata non 
direttamente sull'atto di concordato, bens� indirettamente attraverso la 

borso che deve promuovere il cancellriere. Ci� non esclude ovviamente che sia 
nel caso del pagamento sia in quello della prenotazione si possa, dopo la registrazione, 
domandare il rimborso, proponendo una controversia di imposta, 
di somme che si assumono liquidate erroneamente; ma, secondo i principi 
genera!.i del tributo di registro, o non si fa luogo alla registrazione se la relativa 
imposta non viene versata (sia pure con prenotazione e successivo recupero), 
oppure dopo il versamento si domanda il rimborso; in nessun caso si potr� 
ottenere la registra<.ione senza il pagamento dell'imposta. 

Per il concordato fallimentare, per effetto del richiamo dell'art. 91 contenuto 
nell'art. 133, valgono le stesse regole, con il necessario adattamento per 
ci� che concerne il rrmborso della somma prenotata, che non sar� ovviamente 
prelevata con prededuzione della massa, ma dovr� essere rimborsata, con priorit�, 
in sede di esecuzione del concordato del debitore ed eventualmente dai 
garanti e del terzo assuntore dell'obbligo di adempiere. 

Sembra pertanto che la sentenza in esame sia criticabile quando afferma 
che la .sentenza di omologazione doveva essere registrata con la sola imposta 
fissa, che l'ufficio del registro doveva rifiutare la prenotazione richiesta dal 
giudice delegato e che lo stesso ufficio doveva procedere separatamente nei modi 
ordinari contro i ter<.i che avevano stipulato i negozi sottostanti al concordato. 
La sentenza contenente l'enunciazione giudi:zJiale non poteva essere registrata 
affatto se non veniva corrisposta o prenotata an1che l'imposta di titolo, non 
essedo state registrate autonomamente le convenzioni; l'ufficio del registro non 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 737 

sentenza di omologazione (che riproduceva i patti del concordato), a 
sensi dell'art. 72 della legge di registro del 1923 (tassazione, per enunciazione, 
o tassa di titolo). Non risulta chiaro, ma allo stato del giudizio 
non interessa, come si dir� ai fini della pronuncia di questa Corte, se 
la tassazione suppletiva, per enunciamone era stata fatta solo in relazione 
alle somme che il creditore si impegnava di pagare (e in che modo 
tale tassazione sia avvenuta e su quale imponibile) cos� come non � 
chiaro se fu anche operata, in detta occasione, l'ulteriore tassazione prevista 
dall'art. 32 sulla cessione di immobili e se, in caso positivo, il valore 
degli immobili sia stato desunto direttamente dal concordato, o sia stato 
determinato autonomamente dall'ufficio. 

Ci� chiarito, si deve concludere che giustamente la societ� ricorrente 
lamenta che si sia fatto ricorso alla procedura di registrazione a debito, 
e al successivo recupero nei suoi confronti a sensi dell'art. 43 delle disposizioni 
di attuazione del codice di rito, non solo per l'imposta fissa attinente 
alla f�gi.Sttazione cfella' s�nt�nza cii �rr{ologazior�e, ma altres� per 
le imposte proporzionali attinenti al contenuto del concordato omologato, 
il che invece non era consentito. 

Come esattamente, infatti, osserva la ricorrente, l'istituto della prenotazione 
a debito in materia fallimentare � ammesso solo per le �spese 
giudiziali per gli atti richiesti dalla legge� (art. 91 r.d. 16 marzo 1942, 

n. 267) e, in tema di concordato, se non vi sono somme liquidate per 
sopperire alle �spese di omologazione � (art. 133 stesso decreto) e per 
poteva rifiutarsi di dar corso alla richiesta di prenotazione per tutta la somma 
da liquidare ed in nessun caso poteva registrare la sentenza con la sola imposta 
fissa rinviando ad altra sede 1a percezione dell'imposta di titolo; una volta 
eseguita la prenotazione se ne doveva eseguire il cimborso illl sede di esecuzione 
del concordato e bene a ragione � stato domandato coattivamente il 
pagamento di quanto i soggetti obbligati �all'adempimento avrebbero dovuto 
versare con priorit�, mentre non era necessario, o forse nemmeno possibile, 
procedere in via ordinaria contro i terzi che avevano stipulato le convenzioni 
di concordato. 

IV. -Su quest'ultimo punto � necessario un approf0111dimento. 
In generale la prenotazione a debito dell'imposta di registro pu� avere per 
oggetto un atto del quale sia parte contraente anche un ten.o; nella prenotaziOIIle 
ordinaria l'atto che giova alla parte ammessa al gratuito patrocinio pu� 
avere come contraente sia l'altra parte contendente nel giudizio, sia un terzo 
estraneo al giudizio; nel processo fallimentare la prenotazione pu� egualmente 
riguardare un negozio c0111 un terzo estraneo ovvero una sentenza che enuncia 
una convezione intercorrente con un terzo. Si pone allora l'esigenza di conciliare 
la registrazione a debito con l'obbligo solidale di altra parte n0111 ammessa alla 
prenota:t.i0111e. 

La sentenza in esame sembra voler affermare che in tal caso l'ufficio non 
debba procedere alla registrazione a debito ma promuovere con il procedimento 
normale il pagamento della imposta contro il contraente .che n0111 beneficia 
della prenotazione. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

738 

la realizzazione dell'istituto, � prevista, per ogni spesa, una particolare 
procedura, regolamentata dal secondo e terzo comma del suddetto art. 91. 
Ora, a parte che non risulta che la sentenza impugnata si sia dato carico 
di verificarsi se detta procedura era stata seguita, il che era indispensabile 
per accertare la regolarit� formale dell'ingiunzione opposta (non 
potendosi effettuare il recupero previsto dal quarto comma dell'art. 91 
se non siano state osservate le disposizioni dei commi precedenti), non 
vi � dubbio, quanto all'aspetto sostanziale della questione, che le spese 
giudiziali necessarie per gli atti richiesti dalla legge e in specie quelle di 
omologazione del concordato, non potevano che attendere, quanto agli oneri 
fiscali, che alla vera e propria sentenza di omologazione (per la quale, 
come innanzi ricordato, � prevista una specifica tassazione, del tutto 
distinta da quella delle pattuizioni contenute nel concordato) e non potevano 
certo riguardare gli effetti fiscali del concordato in s� e per s�, 
ossia di una pattuizione privata che la sentenza di omologazione non 
faceva propria e che ne attuava, e che quindi non erano spese giudiziali 
necessarie per l'omologazione, ma spese gravanti direttamente sulle parti, 
non certo sul curatore o sulla massa. 

L'errore della sentenza impugnata sta nel non aver tenuto presente 
tale distinzione fra spese giudiziali vere e proprie, attinenti agli atti 
della procedura, e spese di altro genere, relative ad atti costituenti l'og-

Certamente l'ufficio non ha un tale obbligo. In ogni caso la parte che 
richiede la registrazione � obbligata al pagamento dell'imposta, se -pure vi 
possano essere altri coobbligati, oome parte contraente, o almeno. come parte 
richiedente; se questo soggetto � ammesso al beneficio del gratuit� patrocinio, 
ne consegue che d'un canto l'ufficio del registro non pu� rifiutare la registrazione 
a debito che sia stata richiesta, dall'altro caiD.to che la parte richiedente 
sar� tenuta, quando avr� la disponibilit�, a rimborsare la somma prenotata, 
il che vale a maggior ragione, per quanto gi� detto, per la prenotazione ex 
art. 91 L.F. 

Tutto ci� risponde a quanto avviene nell'ipotesi normale di registrazione 
a pagamento: la parte richiedente dovr� pagare l'imposta liquidata, anche se 
esistono altri soggetti coobbliga1Ji e non potr� certo pretendere che l'ufficio 
registri l'atto facendo pagare l'imposta, eventualmente attraverso procedimento 
coattivo, ai soli coobbligati. In genere i coobbligati vengono intimati soltanto 
per il pagamento delle imposte complementari e suppletive giacch� l'impo~ta 
principale � sempre pagata dalla parte richiedente. Lo stesso avviene, nella 
sostaiD.za, per la prenotazione a debito con la quale si provvede per l'imposta 
principale. Si pu� osservare in proposito che l'art. 113 dell'abrogata legge di 
registro disponeva che la registrazione a debito si esegue con le norme dello 
art. 88, cio� senza differimento di pi� di tre giorni; in questa sede pertanto 
l'ufficio del registro non pu� avere come contraddittori soggettivi diversi da chi 
richiede la registrazione, n� pu� questa ritardare per escutere eventuali altri 
obbligati. 

La solidariet� di altro obbligato, che pu� giovare all'ufficio creditore, ma 
non obbliga sicuramente questo ad agire contro gli obbligati in solido piuttosto 
che contro l'obbligato richiedente, si deve conciliare con il meccanismo della 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 739 

getto della procedura e venuti al vaglio dell'ufficio impositore indiretta


mente, attraverso l'enunciazione fattane nella sentenza di omologazione: 

atto, quest'ultimo, che non conteneva in s� altra disposizione se non 

quella di approvazione del concordato, senza peraltro che lo facesse 

proprio e che attribuisse efficacia esecutiva alle pattuizioni ivi conte


nute, sostituendo agli obblighi contrattuali obblighi di diverso genere, 

nascen1Ji da comandi del giudice, e senza realizzare, ad esempio, il trasfe


rimento di immobili (nel qual caso, comunque, la prenotazione a debito 

non sarebbe stata possibile, per il principio generale desumibile dall'ul� 

tima parte del n. l del citato art. 111 della legge di registro del 1923). 

Erroneamente, pertanto, la sentenza impugnata afferma che l'atto 

in questione (la sentenza) era sorto con una serie di contenuti e di 

effetti tutti tassabili immediatamente e che, conseguentemente, la sen


tenza di omologazione non avrebbe potuto produrre i suoi effetti (e non 

sarebbe stata possibile l'omologazione del concordato) senza coevo paga


mento di tutte le imposte comunque gravanti, anche in via indiretta, per 

enunciazione, sulla sentenza stessa. 

Ed invero, a parte che la tassazione per enunciazione grava solo 

formalmente sulle sentenze, ma sostanzialmente sulle convenzioni in essa 

enunciate, che costituiscono � atti � diversi e in relazione ai quali la sen


tenza ha solo una funzione documentativa e denunciativa nei confronti 

degli uffici del registro, ed a parte che, nella specie, la tassazione della 

sentenza in s� e per s�, a tassa fissa, era gi� avvenuta, per cui essa 

prenotal:ione a debito, nel senso che il rimborso delle somme prenotate pu� 
essere domandato oltre che contro il soggetto tenuto per legge (la parte soccombente 
nel gratuito patrocino ordiiilario e lo stesso fallimento o chi � tenuto 
all'adempimento del concordato nell'ipotesi dell'art. 91) anche contro i coobbligati 
e in tal caso l'obbligo di rimbovso delta somma prenotata si baser� non pi� 
sul titolo che normalmente lo giustifica (sentenza di condanna o decreto del giudice 
delegato), ma sulla obbligazione nascente orig�illariamente dall'atto. 

Quando cio� viene richiesta la regi:strazione a debito, che non pu� essere 
rifiutata, di un atto con pi� contraenti, il recupero della somma prenotata si 
potr� eseguire sia contro i soggetti tenuti al rimborso secondo le norme sul 
_gratuito patrocinio sia contro i soggetti originariamente obbligati secondo le 
norme della legge di registro. 

Ed in tal caso nulla impone che si !iscrivano due diversi campioni e. si 
.avviino due distinti procedimenti, che potrebbero sovrapporsi e dare luogo a 
duplicazioni; quando un campione � stato aperto per la registrazione di un 
.atto su questo saranno impiantate le aziOilli di recupero, ed anche quella che 
trovi fondamento non sull'effetto delta prenotazione a. debito, ma sull'originario 
obbligo nascente dalla norma tributaria. 

Si ritiene quindi di poter affermare conclusivamente che appare del tutto 
-corretta la pretesa avanzata contro !~assuntore del c�ncordato ed il garante 
per il recupero dell'imposta sulla sentenza di omologazione prenotata a debito 
�su richiesta della curatela, mentre sorprende la dedsione che, con argomentazione 
del tutto formalistica, ha escluso l'obbligo del pagamento dell'imposta 
sulla cessione dei beni e sulla f1deiussione propvio da parte del cessionario e 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

740 

aveva prodotto gli effetti suoi propri e quindi la tassazione degli accordi 
intervenuti fra falliti, credito~i ed assuntore non costituiva una spesa 
necessaria ai fini della procedura, sta di fatto, che, anche se al momento 
della registrazione della sentenza con prenotazione a debito fosse stata 
richiesta dall'ufficio l'imposta sulle convenzioni enunciate, la registrazione 
non avrebbe potuto, in relazione a dette imposte, essere effettuata 
a debito, per carenza di autorizzazione del giudice delegato e dei relativi 
adempimenti ex art. 91 legge fallimentare e per la estraneit� degli atti 
tassati, e delle relative spese, agli atti veri e propri della procedura 
e alle finalit� del provvedimento di omologazione. La detta procedura 
sarebbe stata quella della registrazione a debito a tassa fissa della sentenza 
di omologazione in s� e per s�, e della successiva emissione di ingiunzione 
fiscale per imposizione suppletiva, direttamente da parte dell'ufficio 
del registro e nei confronti di tutti coloro che fossero fiscalmente 
tenuti al pagamento delle imposte gravanti sugli atti enunciati, con eventuale 
separata procedura di accertamento di valore in relazione agli 
immobili trasferiti. 

Ne consegue che, poich� con l'istituto della prenotazione a debito 
si � venuta a realizzare, nel caso di specie, una pretesa fiscale estranea 
agl.i atti della procedura, e poich� l'ingiunzione prevista dall'art. 43 delle 
disp�sizioni di attuazione del codice di procedura civile � sostanzialmente 
un atto inteso a realizzare, da parte di chi ha anticipato delle 

del fideiussore perch� l'imposta era stata pretesa con il procedimento di recupero 
delle spese prenotate a debito e non con ordinario accertamento. Non 
sembra mfluente su questa soluzione la norma dell'art. 111 n. l delL'abrogata 
imposta di registro che impedisce di registrare a debito la sentenza che porta 
trasmiJssione di beni (i1 che avrebbe avuto ril[evo nel caso deciso, .per l'imposta 
suHa cessione dei beni non per quella fideiussione); in base a questa norma 
si sarebbe potuto pretendere il pagamento <<in contanti� dell'imposta di titolo 
(anche perch� il concordato � subordinato all'impegno di pagare, con idonee 
garanzie, le spese di procedura, art. 124 legge fallimentare); ma non se ne pu� 
inferire che coloro che hamno pattuito la cessione dei beni e che avrebbero 
dovuto subito adempiere possono sottrarsi al pagamento differito. Il divieto 
posto dal n. l dell'art. 111 potrebbe del resto essere eluso con il richiedere la 
registrazione anzich� della sentenza delle convenzioni sottostanti (art. 111 n. 3); 
ma comunque quando l'imposta sia stata prenotata in base a decreto del giudice 
delegato, se ne deve. certamente operare H rimborso di cui con il decreto 
stesso si � assunto l'obbligo. 

Peraltro la norma dell'art. 111, n. 3 (oggi ancor pi� inasprita con l'art. 57 
del d.P:R. n. 634/72) � da ritenere riferibile al gratuito patrocinio ordinario 
non anche alla procedura fallimentare nella quale, come si � visto, 1a prenotazione 
presuppone un obbligo di pagamento differito. 

Ma piuttosto da qu~ste norme si trae la conferma che la sentenza importante 
trasferimento di beni e di diritti non pu� essere affatto registrata a 
debito, non gi� che deve essere registrata a debito per la sola imposta fissa. 

Ma a ben riflettere nel caso particolare la pretesa di rimborso era doppiamente 
fondata perch� gli intimati dovevano rispondere nella �duplice,, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 741 

spese, l'importo delle spese stesse nei confronti di chi VI e tenuto, il 
primo motivo giustificativo dell'opposizione prevista dallo stesso art. 43 
ben pu� essere basato sull'illegittimit� di una pretesa di rimborso di ci� 
che non � stato legittimamente pagato o comunque anticipato. Ed � 
proprio ci� che aveva fatto, con l'atto introduttivo del giudizio, l'assuntore 
del fallimento, per cui esattamente il primo giudice aveva riconosciuto 
l'illegittimit� dell'ingiunzione, riconoscendo che l'ufficio giudiziario 
non aveva diritto a pretendere il pagamento di ci� che (sia pure solo 
contabilmente) aveva erogato senza esservi tenuto e senza che ricorressero 
i presupposti. Ha errato pertanto la Corte di Appello nel ritenere 
legittima l'ingiunzione e la sentenza impugnata va cassata su tale punto, 
in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, con rinvio ad altro 
giudice di merito. 

Ci� posto, ed in conseguenza di quanto in precedenza osservato sulla 
natura dell'ingiunzione in questione e sulla sua assoluta diversit� da 
un'ingiunzione fiscale, ne consegue che l'amministrazione delle finanze 
non aveva titolo per pretendere, in forza di detta ingiunzione, il pagamento 
delle imposte suppletive di registro e che avrebbe dovuto fornirsi 
del titolo che le mancava, il che avrebbe potuto fare in due modi: o 
emettendo una propria ingiunzione, oppure introducendo nell'ordinario 

qualit� di soggetti originariamente obbligati per l'imposta su atti dei quali 
erano contraenti, nonch� di soggetti tenuti all'adempimento del concordato 
che dovevamo rimborsare l'imposta prenotata in forza degli artt. 91 e 133 
della legge fallimentare. 

Questo secondo aspetto non � stato minimamente considerato; ma, anche 
indipendentemente da questo secondo titolo, non poteva mai escludersi che 
la prenotazione disposta su richiesta della curatela, che � una delle parti 
contraenti, dovesse essere rimborsata dalle altre parti contraenti che avevano 
anche beneficiato della registrazione della sentenza. 

V) -La sentenza in esame pone, sem.a approfondirlo, un ulterdore delicato 
problema. Il rimborso dell'imposta � stato domandato con la nota del cancelliere 
resa esecutiva dal presidente del tribunale a norma dell'art. 43, disp. 
att. c.c.; � questo un provvedimento equiparabile alla ingiunzione ordinaria 
contro il quale pu� essere proposta opposizione ex art. 645 c.p.c. nel termine 
perentorio di cinque giorni; trattasi di atto di natura ben distinta dall'ingiunzione 
amministrativa che consente diversi vimedi. Senza trame rilevanti conseguenze 
nell'economia del1a decisione, la s.e. sottolinea comunque che il 
ricorso all'art. 43 disp. att. ha aggravato e comunque alterato la normalit� 
del procedimento di accertamento. Il rilievo � ad un primo esame di notevole 
g:ravit� perch� neWiJpotesi di prenotazione a debito attuata, come si � ritenuto, 
fuori dei casi consentiti si viene a gravare il debitore di un termdne brevissimo 
di! decadenza, quando, nel sistema previgente, non esisteva termine 
alcuno per contestare l'ingiunzione amministrativa per imposta principale o 
suppletiva. Ma la difficolt� che pone l'art. 43 diventa ancora pi� .grave oggi 
perch� l'opposizione contro la nota del cancelliere resa esecutiva dal capo 
dell'ufficio giudiziario andrebbe proposta, nel suddetto termdne, a norma dell'art. 
645 c.p.c. innanzi allo stesso ufficio giudh.iario, mentre la giurisdizione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

742 

procedimento civile conseguente all'opposizione all'ingiunzione, e in tutto 
uguale al giudizio di opposizione ed ingiunzione a sensi degli artt. 645 
e ss. c.p.c., una propria pretesa azionabile, cos� come � consentita a 
qualsiasi convenuto, una domanda riconvenizonale ad hoc: domanda, 
beninteso che il tal caso, essendo proposta innanzi al giudice ordinario, 
alla cui cognizione erano sottratte determinate questioni, quali quelle 

relative all'estimazione del valore degli immobili ceduti, avrebbe dovuto 
essere limitata unicamente a pretese direttamente nascenti dagli atti cos� 
-come erano enunciati nella sentenza di omologazione ed ai valori denunziati 
negli atti stessi, salva la possibilit� di una ulteriore tassazione da 
esplicarsi con la apposita procedura di accertamento di maggior valore, 
per la riscossione di imposte complementari in aggiunta a quelle suppletive. 

Ne consegue, quanto agli altr.i motivi di ricorso, che le questioni ivi 
sollevate circa il merito della pretesa fiscale non possono essere qui 
risolte, essendo anzitutto necessario che il giudice di rinvio, nell'ambito 
dei suoi poteri di merito in relazione all'interpretazione e alla qualificazione 
delle domande (che non possono essere direttamente interpretate 
in questa sede di legittimit�) accerti se, in concreto, l'amministra


sulla controversia d'imposta appartiene oggi alle commissioni. Ma a ben vedere 
questo inconveniente non si verifica soltanto in conseguenza dell'illegittimo 
ricorso fatto nel caso di �specie all'art. 43, ma � strutturale nel sistema; anche 
quando si procede ineccepibilmente al rimborso di somma giustamente prenotata 
a debito contro la parte soccombente e contro la massa del fallimento, 
si dovrebbe necessariamente avvalersi dell'opposizione ordinaria, soggetta 
al termine di cinque giorni, anche quando si voglia contestare, con 
una tipica controversia di imposta, l'esatta liquidazione del trbiuto o comunque 
la sussistenza dell'obbligazione. 

Riteniamo tuttavia che questo sia un falso problema se si d� una giusta 
.collocazione alla norma dell'art. 43 disp. att. 

Questa norma, che si rkonnette pi� direttamente all'istituto del gratuito 
patrocinio piuttosto che alla prenotazione anomala dell'art. 91 della legge 
fallimentare, si spiega perch� la prenotazione a debito, nella stragrande maggimi:
lJilZa dei casi, riguarda imposte di bollo, i diritti di cancellerie e dell'ufficiale 
giudiziario, l'imposta fissa di registro sulla sentenza ed eventualmente 
i diritti e gli onorari del procuratore ufficioso gi� liquidati con la 
sentenza; e poich� il titolo della riscossione � la sentenza di condanna (o la 
transazione), la nota de1 cancelliere non � che una semplice ricapitolazione 
-di partite .di spesa di chiara e semplice determinazione di cui � ormai incontrovertibile 
l'an debeatur. L'opposizione dell'art. 43 � pertanto concepita come 
una sorta di opposizione di mera legittimit� volta a verificare la regolarit� 
formale del titolo e l'esattezza di operaziOII!i di mero conteggio; questo giustifica 
la brevit� del termine. 

Nel dettal'e la norma dell'art. 43 non si � considerato che, con minor 

frequenza, possono essere prenotate a debito le imposte di registro, e non 

solo in misura fissa, sia sulla sentenza (imposte graduali e di titolo) sia su 

atti e convenzioni (art. 111, nn..1, 2 e 3, dell'abrogata legge di registro; art. 57 

di quella vigente). Nella mia precitata nota del 1970 avevo rilevato che la t>>. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 743 

zione. delle Finanze avesse proposto, in primo grado, e po1 m appello, 
una separata domanda riconvenzionale allo scopo di ottenere dal giudice 
ordinario quel titolo al recupero delle imposte non recuperabili 
indirettamente attraverso l'azione posta in essere dall'ufficio giudiziario, 
con l'istituto della prenotazione a debito. E, in caso di risposta positiva, 
il giudice di rinvio dovr� in concreto accertare, quanto al merito della 
pretesa, la legittimit� dell'imposizione a sensi dell'art. 32 della tariffa 
ali. A della legge df registro del 1923, il che non ha fatto la sentenza 
impugnata; questa infatti, nell'affrontare il merito della pretesa fiscale 
e delle doglianze del contribuente, ha apoditticamente affermato che esse 
non potevano essere prese in considerazione, trattandosi di questioni di 
estimazione semplice, non rendendosi conto che, se ci� fosse stato esatto, 
che per ci� stesso dbveva riconoscersi l'illegittimit� della pretesa, 
esplicata con una procedura che aveva tolto al contribuente (non legittimato 
a proporre opposizione -data la natura del titolo -innanzi 
alle commissioni tributarie competenti) ogni possibilit� di difesa, per 
il mancato autonomo espletamento di una procedura di accertamento 

prenotazione non risulta da atti formali portati a conoscen;;.a della parte che 
sar� tenuta al rimborso e nemmeno della stessa parte ammessa al gratuito 
patrocinio; solo dopo la chiusura dell'articolo quando, precedendo al c.d. 
� appuramento� si ingiunge il pagamento di quanto � stato prenotat�, la 
parte tenuta al rimborso ha conoscenza dell'entit� del titolo della pretesa e 
pu� verificare la regolarit� delle s1ngole prenotazioni e promuovere le sue 
impugnazioni. Se, pi� frequentemente, questa verifica verte sull'esattezza meramente 
contaJbile di partite di spese e diritti, quanido siano state prenotate 
imposte di registro non fisse, pu� ben nascere !':interesse a contestare il se 
ed il quanto dell'imposta per la prima volta pretesa. Ci� non ha a che vedere 
con l'opposizione. delll'art. 43 delle disp. att.; trattasi, ieri come oggi, di una 
ordinaria controversia di imposta proponibile nei modi ordinari. Ed oggi la 
nota del. cancelliere resa esecutiva, deve essere considerata per la parte relativa 
ad imposte come un atto di accertamento da ricomprendere nella nozione 
che di tale atto si contiene nell'art. 16 del d.P.R. 363/1972 �sul contenzioso; 
l'accertamento, quale atto impugnabile mnanzi alla commissione nel term1ne 
di 60 giorni, va infatti inteso estensivamente come ogni atto, comunque denommato, 
che produce l'effetto di dichiarare :l'obbligazione o un elemento di 
essa nei �confronti di un soggetto passivo, in modo che tutte le controversie 
di imposta relative ai tributi elencati nell'art. 1 del d.P,R. n. 636 possono 
essere deferite alle commissioni senza residue sopravviven;;.e della giurisdizione 
ordinaria (C. BAFILE, I caratteri fondamentali del nuovo processo tributario 
delineato dalle Sezioni Unite, in questa Rassegna, 19n, I, 302, nonch� 
Introduzione al diritto tributario, Padova, 1978, 275 e 284); fra i provvedimenti 
impugnabili anomal;i, ma� da includere fra quelli dell'art. 16, deve quindi comprendersi 
la nota delle spese prenotate a debito di cui all'art. 43 per la parte 
che concerne la liquidazione dell'imposta; e poich� questo provvedimento ha 
contenuto complesso � ben spiegabile che esso sia soggetto a distinta impugnazione 
sia per ci� che concerne le parti diverse da imposte sia per la sua 
validit� formale. 

CARLO BAFILE 

11 



744 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di valore, senza dire che il giudice di merito avrebbe dovuto accertare, 
motivando in proposito, se effettivamente le 'questioni sollevate fossero 
mere questioni di estimazione o se piuttosto esse investono la determinazione 
della �base imponibile (da effettuarsi a sensi. dell'art. 32 della 
legge di registro), eventualmente calcolata con criteri diversi da quelli 
previsti nella norma anzidetta, fossero vere e proprie questioni attinenti 
alla legittimit� della tassazione, come tali ben azionabili innanzi al 
giudice ordinario. 

E con tali precisazioni ed entro tali limiti ben pu� accogliersi il 
terzo motivo di ricorso, precisandosi che il giudice di rinvio, ove riconosca 
.la possibilit� di una autonoma pronunzia su una domanda .riconvenzionale 
dell'amministrazione, dovr� attenersi, nel risolvere le relative 
questioni di merito, ai principi innanzi enunciati. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 aprile 1979, n. 2319 -Pres. Mirabelli 
-Est. Corda -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cavalli) c. Soc. I.CO.RI. 

Imposte e tasse in genere -Violazioni di .leggi finanziarie e valutarie Pena 
p�cuniarla -Oblazione -Irretrattabilit� -Riserva di ripetizione 
-Irrilevanza. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 2, 3, 5, 13, 14 e 15). 
L'ablazione sulle violazioni per le quali � stabilita la pena pecuniaria, 
al pari di quella sulle violazioni per le quali � stabilita una sanzione 
penale, consiste in un negozio giuridico unilaterale, processuale o extra 
processuale, produttivo ,di effetti giuridici di diritto publ!lico consistenti 
nel riconoscimento qella sussistenza dell'illeCito con conseguente rinunzia 
irretrattabile alla garanzia giurisdizionale a cui consegue la rinunzia 
dello Stato all'applicazione della sanzione in misura superiore. L'ablazione 
esclude la ripetibilit� della somma pagata ed � irrilevante qualunque 
riserva fatta a tal fine (1). 

(l) Decisione di evidente esattezza. Alle considerazioni esposte nel1a motivazione 
si pu� aggiungere� che nel procedimento sanzionatorio �l'oblazione 
produce necessariamente effetto estintivo; ci� vale per tutte le pene pecuniarie 
ed aillche per quelle che sono diventate tali a seguito di depenaliuazione 
delle ammende e che non sono trasrnissibili . agli eredi del trasgressore 
(art. 10, legge 24 dicembre 1975, n. 706). La natura civile dell'obbligazione ed 
il fatto che essa sia o meno trasmissibile agli eredi non ha influenza su]J. 
l'effetto dell'oblazione, quando la legge, prevede per queste obbligaziOilli un 
procedimento sanzionatorio e un effetto estintivo di essa. Funzione dell'oblazione 
(in ci� l'analogia con il procedimento penale � evidente) e per l'appnnto 
queLla di estinguere i1 procedimento, i1 che significa che intervenuta l'obla

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 145 

(Omissis). -Col primo motivo, la ricorrente amministrazione finanziaria 
denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 15 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4, per non avere la Corte torfnese tenuto 
conto che il pagamento � in via breve >> effettuato dal responsabile di 
una violazione di leggi finanziarie, ai sensi della citata disposizione, � ha 
carattere definitivo e irretrattabile e preclude al contribuente (come 
all'amminitrazione) ogni discussione sulla concreta esistenza dell'obbligazione 
tributaria �. La Corte torinese, cio�, non � avrebbe tenuto conto 
che� era �del tutto inefficace la <<riserva� di ripetizione della somma, 
in sede giudiziale, formulata dal contribuente all'atto del pagamento, 
proprio a causa del carattere irrettattabile e prec:lusivo del pagamento 
stesso (della �pena pecuniaria� ridotta, unitamente all'imposta evasa), 
effettuato in sede di �definizione in via breve� della contestata violazione. 
Sarebbe, peraltro, fuori del sistema, secondo la ricorrente, che 
il contribuente potesse, da un lato, pretendere di . usufruire degli effetti 
giuridici . che l'art. 15 riserva al trasgressore che paghi prontamente 
l'ammontare . del tributo e una somma pari a un sesto del massimo 
della � pena pecuniaria � e, dall'altro, riservarsi di ripetere le somme 
versate. D'altra parte, una volta fatta l'offerta di pagamento, pure accompagnata 
da una � J;"iserva di ripetizione �, non, potrebbe l'amministrazione 
stessa rifiutare la ricezione delle somme per evitare l'effetto che il contribuente 
intende attribuire alla � revoca�� predetta; e, pertanto, una volta 
che . il pagamento viene.. effettuato, esso deve intendersi eseguito, per 
legge, senza riserva alcuna. � 

Col secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 3, 
c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della legge 27 luglio 
1961, n. 729, e dell'art. 339 della legge 20 marzo 1865, n. �248, ali. F,� 
nonch�, ai st:nsi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., il difetto e l'illogicit� della 
motivazione della sentenza circa un punto decisivo dell� controversia. 

Tale motivo di ricorso si articola nelle due seguenti censure. 

Con la prima, si denuncia l'errore� commesso dalla Corte di appello 
per avere ritenuto non dovuta (e, quindi, ripetibile) l'imposta di ricchezza 
mobile, ai sensi dell'art. 8 della citata legge n. 729 del 1961. Tale 
norma, infatti, concede l'esenzione (in relazione ai contratti �occorrenti 
per l'attuazione della legge�) in relazione alle imposte �di atto� e non, 
quindi, in relazione all'I.G.E. che colpisce le �entrate economiche.�. 

zione non � piu possibile in nessuna sede accertare l'esistenza della trasgressione. 
L'irripetibilit� della somma pagata a 1Jitolo di ablazione discende allora 
soprattutto dalla impossibilit� oggettiva di verificare il giusto titolo del pagamento. 
Ed � evidente che l'amministrazione, che ha provveduto ad archiviare 
il procedimento disinteressandosi della sua istruttoria e di porre impedimento 
ai termini di decadenza e di prescrizione, non pu� essere convenuta per la 
ripetizione. 



746 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con la seconda, si denuncia l'errore che la Corte di appello avrebbe 
commesso nel ritenere compreso �nell'esenzione il contratto di subappalto 
stipulato dalla Soc. I.CO.RI. con la Soc. Edilvie; e si precisa 
che in tale errore -i detti giudici sarebbero incorsi per avere ritenuto 
efficace (ai sensi dell'art. 339 della legge sulle opere pubbliche) l'approvazione 
che alla stipulazione del detto contratto aveva prestato la stazione 
appaltante (cio� la societ� concessionaria dei lavori per la costruzione 
dell'autostrada), anzich� la �autorit� competente� (cio� l'A.N.A.S.). 

Il primo dei de-tti motivi di ricorso � fondato e assorbente. 

Nel sistema del diritto finanziario, mentre costituicono �illeciti penali
�, cio� reati, quelli per i quali � prevista una delle pene principali 
stabilite dal codice penale e dall'art. 2 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 
(ai sensi del quale va definita � deli~to � o �contravvenzione� la violazione 
di una norma contenuta nelle leggi finanziarie per la quale � 
prevista una delle pene stabilite dal codice penale per i delitti o rispettivamente, 
per le contravvenzioni), costituisce, invece, �illecito amministrativo
� (n� interessano, qui, gli �illeciti civili�) quello per il quale 
� prevista la pena pecuniaria o la sopratassa, o entrambe le sanzioni 
congiuntamente, ai sensi degli artt. 3 e 5 della citata legge 7 gennaio �1929, 

n. 4. 
Nell'ambito d_ell'<< illecito amministrativo�, vanno, per�, tenuti distinti 
quelli puniti con �pena pecuniaria� e quelli puniti con <<sopratassa 
�, I primi si avvicinano, infatti, agli illeciti penali (anche se l'art. 3 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4, precisa che l'obbligazione avente ad 
oggetto la pena pecuniaria -al pari di quanto il successivo, art. 5 
stabilisce in relazione alla sopratassa -<<ha carattere civile�), giacch� 
la sanzione � stabilita tra un minimo e un massimo e deve essere 
applicata �con riguardo alla gravit� della violazione e alla personalit� 
di chi l'ha commessa�, �desunta dai precedenti penali e giudiziari e, 
in genere, dalla sua condotta >> (n� � importante, in questa sede, rilevare 
che altrettanto non possa dirsi per ci� che attiene agli illeciti 
puniti con la sola sopratassa, essendo quest'ultima determinata in una 
somma fissa, corrispondente all'ammontare del tributo, ovvero a una 
frazione o a un multiplo di esso: art. 5 della legge citata). 

Questa assimilazione � rilevante, per la risoluzione della questione 
proposta col primo motivo del ricorso dell'amministrazione finanziaria 
(la quale ha posto il problema della ripetibilit�, o meno, delle somme 
pagate ai fini della definizione � in via breve � dell'illecito amministrativ()), 
posto che la giurisprudenza, affrontando l'analogo problema in 
relazione all'ipotesi dell'illecito penale, ha gi� escluso che, in caso di 
oblazione (artt. 13 e 14 della legge in esame), il contribuente possa ripetere 
la somma pagata, qualora il reato, in relazione al quale l'oblazione 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 74'7 

medesima ha avuto luogo, risulti poi insussistente (Cass., 23 aprile 1970, 

n. 1168). Sembra indubbio, infatti, ,che se il principio dell'irripetibilit� 
(per cause, ovviamente, attinenti alla non d~benza del tributo, la cui 
pretesa evasione ha dato luogo alla contestazione dell'illecito) vale per 
l'illecito penale, deve valere anche per l'illecito amministrativo, una 
volta accertata la perfetta analogia tra i due tipi di illecito. 
A una tale assimilazione sembrerebbe opporsi il fatto, cui gi� SI e 
accennato, che la legge (art. 3 della legge 7 gennaio� 1929, ri. 4) espressamente 
attribuisce carattere <<civile� all'obbligazione avente ad oggetto 
il pagamento della �pena pecuniaria�; e, pi� ancora, il fatto che questa 
Corte Suprema, traendo le conseguenze di quell'attribuzione (Cass., 4 luglio 
1962, n. 1703), pur col netto dissenso della dottrina, ha affermato 
che l'obbligo del pagamento della �pena pecuniaria� � trasmissibile 
agli eredi del trasgressore ( � e ci� anche se, deceduto quest'ultimo dopo 
l�i violazione, al momento dell'apertura della successione la pena pecuniaria 
non sia stata ancora definitivamente accertata e determinata, dato 
che l'obbligazione sorge con la commissione dell'infrazione, mentre l'atto 
di irrogazione della pena ha solo natura dichiarativa�). 

Ma una siffatta difficolt� sembra agevolmente superabile, se si considera 
che il legislatore, pur dopo avere inquadr�to nelle obbligazioni 
da illecito a titolo di pena l'obbligazione avente ad oggetto la somma 
dovuta per la �pena pecuniaria�, ha tuttavia avvertito la necessit� di 
ricordare all'interprete -mediante la precisazione sul carattere � civile � 
della sanzione in esame -che le pene in questione non sono in alcun 
modo suscettibili di conversione in pena detentiva, ai sensi dell'art. 136 

c.p. La portata di quella precisazione (peraltro superflua, perch� le 
pene convertibili sono solo la� multa e l'ammenda), pertanto, non sembra 
comportare altre conseguenze: e. se � stata dichiarata -la trasmissibilit� 
agli eredi della relativa obbligazione, ci� ovviamente � stato fatto 
considerando che, manca~do un �reato>>, era inapplicabile la disposizione 
contenuta nell'art. 171 c.p., ai sensi del quale la morte del reo, 
avvenuta dopo la condanna, estingue la pena. La multa e l'ammenda 
inflitte al reo, in altri termini, non sono trasmissibili agli eredi, solo 
perch� esiste quella disposizione: ed � intuitivo che, nel caso di �pena 
pecuniaria�, .mancando il �reo�, non ussiste alcuna ragione giuridica 
per ritenere intrasmissibile agli eredi un'obbligazione � civile � del de 
cuius. 

Ora, assimilata la natura della �pena pecuniaria� a quella delle 
pene principali contemplate dal codice penale, non pu� non ritenersi 
che la �definizione in via breve� delle violazioni punite con la detta 
�pena pecuniaria � produca i medesimi effetti giuridici -poich� analoga 
ne � la funzione -di quella oblazione che la legge finanziaria, al 



748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pari di quella penale, ha previsto come causa di estinzione del reato. 
� chiaro, quindi, che alla � definizione in via breve >> della quale si 
discute deve essere riconosciuto quel particol�re carattere che � peculiare 
dell'ablazione, introdotta nel sistema come mezzo di sollecita definizione 
delle procedure, cio� come mezzo capace di. assicurare la rapida 

riscossione delle pene pecuniarie e di garantire, nel contempo, una particolare 
economia dei giudizi. �, infatti, incontestabile -qualunque 
teoria si adotti circa la natura giuridica dell'ablazione (di volta in volta 
definita come transazione, bonario componimento o conciliazione; come 
volontario riconoscimento del torto, e, quindi, volontaria esecuzione della 
pena; come abbandono, da parte dello Stato, di una ulteriore tutela giuridica; 
come trasformazione o � riduzione � dell'illecito penale in illecito 
amministrativo) -che l'ablazione consiste in un negozio giuridico unilaterale, 
process�ale o extraprocessuale, produttivo di effetti giuridici 
di diritto pubblico: con �esso, attraverso la rinunzia del privato alla 
garanzia giurisdizionale, si realizza la rinunzia dello Stato all'attuazione 
della pretesa punitiva, o meglio, l'estinzione del reato, perch� Io Stato 
non .riconosce pi� nell'illecito commesso un fatto punibjle, cio� un fatto 
penalmente rilevant�. Ed � intuitivo che a tale rinunzia dello Stato 
non pu� non essere correlativa la rinunzia dell'autore del reato a contestare 
(successivamente) la sussistenza di quest'ultimo: in questo senso, 
infatti, si � dianzi ricordato che, con la domanda di ablazione, l'ablatore 
esprime la propria rinunzia alla garanzia giurisdizionale. 

Ora; tirando le fila del discorso, e trasferiti tali concetti nel campo 
della violazione d�lle leggi finanziarie, non pu� non rilevarsi che tutto 
quanto vale �per l'ablazione deve valere, poich� unica � la ratio legis, 
per la �definizione in via breve� delle �violazioni punite .con la �pena 
pecuniaria�. In entrambe �le ipotesi, infatti, alla rinuncia dello Stato 
all'applicazione della sanzione (fino al massimo edittale) � correlativa 
la rinunzia del contribuente a contestare l'effettivit� della violazione: e 
se tale violazione � consistita nell'evasione di un tributo, la rinrmzia 
del contribuente atterr�, ovviamente, alla contestazione della legittimit� 
dell'acCertamento e della susseguente imposizione. 

� chiaro, pertanto, dopo queste ultime precisazioni, che nessun 
valore o effetto giuridico pu� essere attribuito alla <<riserva� che l'ablatore 
faccia al momento in cui paga �a somma richiestagli come corrispettivo 
della rinunzia dello Stato all'attuazione della propria pretesa. 
Sarebbe, invero, veramente singolare che il contravventore o il viola~ 
tore della legge potesse, da un lato, determinare .la rinunzia statuale e, 
dall'altro, porre nel nulla la sua corrispettiva rinurtzia, facendo �riserva� 
di dimostrare, in sede giudiziale, l'insussistenza della violazione (cfr., 
per riferimenti, Cass., 22 giugno 1971, n. 1971). -(Omissis). 

1_��: 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 749 

CORTE D� CASSAZIONE, Sez. I, 24 aprile 1979, n. 2332 � Pres. Aliotta � 
Est. Cantillo � P. M. Gambrogi (conf.) -AGIP c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Pagano). 

Imposta di .ri�chezza mobile � Spese e perdite � Rinuncia di un socio 
di societ� per azioni ad un suo credito � Indetraibilit� .dal reddito 
del socio. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91 e 99; d.P.R. 29 settembr\) 1973, n. 597, artt. 55 e 64; 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 5). 
I versamenti fatti dai soci a favore della �societ� di somma proporzionale 
alla quota di partecipazione, al pari della rinunzia ad un credito, 
eseguiti allo scopo di provvedere al .ripianamento di perdite, non costituiscono 
per il socio che sia imprenditore n� una spesa di produzione, 
perch� non. inerente, n� una perdita, a meno che non trattisi di impresa 
la cui attivit� prevalente consiste nell'assunzione ed amministrazione di 
partecipazioni in altra societ� (1). 

'(l) Decisione di evidente esattezza. Per una impresa che non sia una 
societ� finanziaria, la partecipazione in una societ� � fatto estraneo all'atti-. 
vit� a cui � diretta l'impresa, e i ver5amenti e le remissioni di crediti fatte 
dal socio alla soc�et� possono quindi influire sul valore delle azioni, ma non 
influiscono� st�l'impresa del socio; non sono quindi spese inerenti alla produzione 
del reddito e nemmeno perdite, perch� non determinate da fatto oggettivo 
(distruzione di beni o inesigibHit� dd crediti). Quanto alla inconciliabilit� 
con il ��ocetto di perdita delle rinunce volontarie, si pu� ricordare la giurisprudenza 
che intervenne riguardo alla rinuncia degli istituti di credito alla 
rivalsa verso i depositanti dell'imposta di ricchezza mobile sui depositi � (Cass., 
12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, I, 644, con nota di F. FAVARA). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. t, 26 aprile 1979, n. 2411 � Pres. Aliotta � 
Est. Virgilio -P. M. Del Grosso (diff.) � Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Mercatali) c. Franceschini (avv. Bonuglia). 

Imposte e tasse in genere � Condono � Vendita fra parenti � Controversia 
sulla presunzione di tr~sferlmento gratuito � ~ controversia di diritto 
attinente ad imposta di donazione � Non condonabilit�. 

(d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6; d.l. 8 niarzo 1945, n. 90, art. 5). 
La controversia sulla natur�� di liberalit� della vendita fra parenti, 
in applicazione della presunzione dell'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90, 
va definita come controversia attinente all'imposta s�lla donazione, che 
come tale non � definibile per condono ex art. 6 del d.l. 5 novembre 1973, 
limitato per questa imposta alle sole questioni di valutazione (1). 

(l) Decisione ineccepibile; cfr. Cass., 8 �Settembre 1976, n. 3125, in Riv. leg. 
fisc., 1977, 254. � 

750 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA pELLO STATO 

CORTE DI CASSA~IONE, Sez. l, 26 aprile 1979, n. 2416 -Pres. Aliotta Est. 
Caccavale -P. M. Minetti (conf.) -Petruzzi (avv. Sciacca) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico). 

Imposte e tasse in genere � Notificazioni � Consegna dell'atto a persona 
di famiglia non convivente -Nullit� . Dichiarazione di convivenza 
risultante dalla relazione � Prova contraria data con certificato anagrafico 
-Idoneit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, .n. 645, art. 3~; c.p.c. art. 139). 
La notificazione degli atti di accertamento presso il domicilio fiscale 
eseguita mediante consegna a � persona di famiglia � presuppone un 
rapp�rto di convivenza; � quindi nulla la notificazione eseguita a persona 
legata da vincolo di parentela, ma non convivente (nella specie 
cognata) anche se dalla rel�zione di notificazione risulta la convivenza, 
ma ne sia data prova contraria con certificato dell'anagrafe (1). 

(Omissis). -Il primo mezzo � fondato. 

A norma dell'art. 38, d.p. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi 
sulle imposte dirette) la notificazione degli avvisi di accertamento e degli 
altri atti che la legge dispone siano notificati al contribuente doveva 
essere eseguita secondo le norme stabilie .dagli artt. 137 e seguenti del 
codice di procedura civile, dai messi comunali, con esclusione delle 
disposizioni contenute negli artt. 142, 143, 146, 150 e 151 dello stesso 
codice di rito. 

(1) Non si pu� condividere la decisione che oltre tutto � in dissonanza 
con il pi� recente orientamento della S.C. improntato ad una valutat.ione pi� 
realistica della possibilit� . effettiva di conseguire un utile risultato. Ricor; 
diamo che recentemente � stata ritenuta regolare, o comunque sanabile, la 
notificazione a mezzo posta il cui avviso di ricevimento coptenga una firma 
illeggibile non ~ndicante la qualdt� del sottoscrittore (Cass., 5 maggio 1978, 
n. 2116, in questa �Rassegna, 1978, I, 613, e 7 aprile 1976, �n. 1223, ivi, 1976, I, 608); 
COill altra sentenza, �lll materia non tributaria, � stato affermato che non � 
inesistente la notifica in un luogo diverso da quelli indicati nella legge che 
abbia un qualche riferimento con il destinatario (23 marzo 1978, n. 1408, in 
Foro ir., 1979�. I, 1855, con precedenti richiamati in nota). 
La sentenza ora intervenuta non persuade sotto un duplice profilo. In 
generale non sembra che la � persona di famigHa >> cui si riferisce l'art. 139 

c.p.c. debba essere � ufficialmente � convivente; la norma � ispirata ad un 
criterio di effettivit� (anche per ci� che concerne la �palese capacit��) e 
quindi, se mai, �occorrerebbe stabilire se la persona di famiglia ha � un rapporto 
di presenza normale o eccezionale con 1a casa, indipendentemente dal 
dato anagrofico (non � certo inconsueta l'assidua �presenza di un congiunto 
non convivente al pari della ordinaria assenza di altro convivente). Lo stesso 
art. 139 prevede l>a consegna ad un vidno che accetti (.sia pure con J.a garanzia 
. della sottoscrizione della 
relata e della spedit.ione dell'avviso), s� che la convivenza 
sotto lo stesso tetto (che pu� suss1stere ne1la realt� ~ndipendente



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 751 

Alla notificazione degli avvisi di accertamento dell'imposta di R.M. 
con le relative maggiorazioni alla contribuente Petruzzi Vita Assunta 
in Tarantini si provvide in conformit� a tali norme da parte dell'Esattoria 
comunale di Surbo (Lecce) a mezzo di messo comunale, mediante 
consegna a Petn1zzi Elena << cognata convivente � come si legge nella 
relazione in calce all'atto. 

La Petruzzi Vita Assunta afferma tuttavia che la notifica � nulla 
non sussistendo una reale convivenza della persona cui l'atto venne 
consegnato dal messo con la destinataria dell'atto medesimo, convivenza, 
essa afferma, costituente il presupposto logico e giuridico della presunzione 
della successiva trasmissione dell'atto alla destinataria. A dimostrazione 
del proprio assunto in fatto ha prodotto certificazioni del comune 
di Trapani, iqonee a comprovare che la Petruzzi Elena aveva la 
sua residenza in quella citt� e risultava componente di un nucleo familiare 
ivi abitante in via G. Guerrieri n. 40. 

La commissione centrale ha ritenuto comunque valida la notifica 
affermando avere prevalente rilievo il rapporto di parentela senza necessit� 
di una stabile coabitazione. 

Appare manifesta l'erroneit� di una tale affermazione: in realt� l'element~ 
cui la norma .in esame (art. 39, secondo comma, c.p.c.) affida la 
ragione fondamentale della presunzione di trasmissione del piego ricevuto 
dalla <<persona di famiglia>> al destinatario non � tante quella del 
vincolo di parentela pi� o meno stretto che lega i due soggetti, quanto 
quello della stabile coabitazione fra loro per l'appartenenza ad uno 


mei1te dalle risultanze anagrafiche) non sembra requisito ind1spensabile, quando 
la persona di famiglia accetta di t.icevere l'atto. 

Ancor meno persuasiva � l'altra affermazione che possa essere data, praticamente 
senza limiti, la prova contraria di quanto dichiarato e verbalizzato 
nella relata. � bens� vero che l'atto pubblico dell'uffidale notificante fa fede 
del contenuto estrinseco delle dichiarazioni ricevute, ma non della validit� 
sostanziale delle dichiarazioni medesime. Ma il probLema � diverso: l'ufficiale 
giudiziario IIlOn pu� essere tenuto ad una impossibile verificazione della verit� 
� sostam.iale � di quanto ad esso viene dichiarato (sull'esistenza del vincolo 
di parentela, su11a convivenza, sull'esistenza del rapporto di servizio dell'addetto 
a11a casa, all'ufficio o all'azienda, sull'investitura nella funzione di portieJ;'
e); di fronte ad una dichiarazione che realizza i presupposti di una valida 
notificazione, l'ufficiale giudiziario non solo pu�, ma deve, procedere alla 
notifica nel rispetto della norma (l'ufficiale che abbia rinvenuto nel1a casa 
una persOIIla di famiglia ,che si dichLara convivente non potrebbe, dubitando 
di ci�, eseguire la notifica con consegna al portiere o al vicino o con deposito 
ex art. 140, perch� deve seguire l'ordine delle preferenze stabilite nei primi 
tre commi dell'art. 139 e nell'art. 140). Quando la notifica � eseguita nel luogo 
designato dalla legge (domicilio fiscale) gioca a danno del destinatario una 
presunzione di relru.ioni di famiglia o di servizio che difficilmente pu� essere 
superata. 


752 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO-STATO 

stesso nucleo familiare che li conduce a vivere sotto lo stesso tetto. 
Ci� si desume anche dalla considerazione che tale elemento, sia pure in 
grado diverso, si presenta comune a tutte le categorie di persone abilitate 
dalla stessa norma a ricevere l'atto: accanto alla persona di famiglia, 
quella addetta alla casa, per quanto ha riguardo alla notifica effettuata 
presso l'abitazione, persona addetta all'ufficio ovvero all'azienda per 
quanto attiene alle notifiche eseguite in questi altri luoghi. 

Il congiunto che non appartenga allo stesso nucleo familiare e non 
sia perci� stabilmente convivente con il destinatario della notifica dell'atto, 
non � quindi abilitato a riceverlo, anche se temporaneamente 
ospite in quella abitazione e la notifica non pu� ritenersi valida perch� 
non offre quelle garanzie di trasmissione dell'atto al destinatario che 
la norma ravvisa esclusivamente in quella categoria di persone che per 
la costanza di quotidiani rapporti con il destinatario d�nno idoneo affidamento 
che l'atto sia portato a sua conoscenza. 

Sul punto � costante la giurisprudenza di questo Supremo Collegio 
(cfr. Cass., 20 novembre 1975, n. 3898; Cass., 29 marzo 1974, n. 887). 

� N� ha rilievo la circostanza che il messo notificatore su dichiarazione 
della Petruzzi Elena abbia affermato nella relazione di notifica 
che la donna era. convivente con la ricorrente: la relazione di notifica 
fa fede fino a querela di falso dell'attivit� svolta dall'ufficiale giudiziario 

o dal messo notificatore, dei fatti che essi dichiarano avvenuti in loro presenza 
e del contenuto estrinseco delle dichiarazioni che essi attestano 
Non si pu� ammettere l'inesistenza nel sistema di un modo certo di 
verificare � preventivamente " la perfezione dell'operazione, che cio�, non 
ostalite la pi� severa diligenza, la validit� della notifica sia rimessa al -caso 
e sia suscettibile di cadere -a seguito di un accertamento futuro. Ci� per 
]'appunto si verifica-consentendo al destinatario di dare la� prova ex post, 
non solo contro l'apparenza, ma anche contro la dichiarazione l'atta all'uffidate 
giudiziario, che la persona, che ha ricevuto l'atto non dsponde a1 vincolo� 
di parentela dichiarato o non � convivente, non � legata da rapporto di 
servizio stabile con �la casa e con -l'azienda ovvero che, non ostante l'apparenza, 
non � in effetti capace o infine che colui �he si � qualificato portiere non � 
stato formalmente mvestito. In tal modo ogni notificazione risulterebbe fatta 
con il rischio .imponderabile, imprevedibile ed .ineLiminabile di una futura 
invalidru.ione.

In tutti questi casi se si vuol tutelare la posizione del destinatario della 
notifkazione, deve scegUersi una soluzione che non -sacrifich� il diritto del 
notificante; si pu� cio� ammettere una remissione in termini del destinatario, 
ma non a prezzo di far perdere al notificante l'effetto utile dell'atto comp-
iuto. Ci� � per l'appunto :H fine della nom1a dell',art. 291 c.p.c. che vale per 
le notifiche nei procedimenti contenziosi. Per la notifica degli atti stragiudiziali 
ed in particolare degli atti di �accertamento questa norma non potrebbe 
essere direttamente utilizzata; neppure pu� essere impiegata 'per il tempo 
anteriore la norma dell'art. 21 del d.P.R. n. 636/1972 che applica ~Ila notifica 
del provvedimento contro il quale si ricorre lo stesso principio dell'art. 291 
c.p.�. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 753 

c;li aver ricevute nell'esercizio dei loro compiti, ma non anche della 
verit� sostanziale delle dichiarazioni medesime. E nella fattispecie la 
ricorrente ha offerto convincente prova contraria dell'affermazione della 
consegnataria dell'atto. 

Anche su questo punto � costante la giurisprudenza. di questa Suprema 
Corte (confr. Cass., 19 febJ:>raio 1977, n. 764; Cass., 13 novembre 
1965, n. 2368). 

Del tutto estraneo alla questione che si discute nel presente ricorso 
� po~ il richiamo che si fa dall'amministrazione finanziaria alla sentenza 

n. 189 del 14 giugno 1974 della Corte costituzionale, la quale ha riguardo 
esclusivamente alle disposizioni di cui alle lettere e) ed f) dell'art. 38 
t.u. n. 645 del 1958 con riferimento alla notifica eseguita nelle circostanze 
e con le modalit� di cui agli artt. 139, quarto comma, e 140 c.p.c. 
(notifica con consegna al portiere o al vicino e notifiche in caso di irreperibilit� 
o rifiuto di ricever� 11'!-copia). -(Omissis). 
Ma indipendentemente da una .applicazione formale e diretta di queste 
regole, rembra possibile enucleare dal sistema di principio che la notifica 
rispondente alle regole formaLi sia valida per il notificimte, se pure al destinatario 
pu� essere consentita la remissione in termini quan�lo, � con mez;zi 
estrJnseci ed ex post �, dia la dimostrat.ione di un evento che ha imped�to 
la conoscenza dell'atto. 

Se ci� non fosse possibile e dovesse riconoscersi una insuperabile alter-. 
nativa tra H vantaggio dell'uno e il sacrificio dell'altro, dovrebbe darsi la 
prevalenZa alla validit� della notifica formalmente regolare, giudicata ex ante 
sulla base della relata, ri:Sipetto aHe prove suocessive di un fatto ima;>editivo 
che, quale che possa essere, non � imputabile n� alla parte n� all'ufficiale 
notificante e non potrebbe essere prevenuto. � 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1979, n. 2437 -Pres. D'Orsi Est. 
Martinelli -P. M. Grimaldi (conf.) -Soc. Coop. Stefer c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Caramazza): 

Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenze -Enti con fine di lucro . Societ� 
cooperativa � � tale. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81 e 106). 
Fra gli enti con .fine di lucro che, a norma dell'art. 106 del t.u. delle 
imposte dirette come risulta a seguito della decisione della Corte� costi" 
tuzionale 25 febbraio 1975, n. 22, sono soggetti alla tassazione delle plusvalenze 
e delle sopravvenienze di tutti i beni posseduti, rientrano anche 
le societ� cooperative che, non astante la finalit� mutualistica che caratterizza 
il rapporto interno fra soci, sono imprese nei rapporti �con 

terzi (1). � 

(1) Decisione di evidente esattezza. Non constano precedenti specifici. 

754 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con unico motivo la ricorrente principale, lamentando 
la violazione degli art.li 81 e 106 t.u. n. 645 del 1958 in relazione all'art. 360 
nn. 3 e 5 c.p.c., censura l'impugnata decisione per aver ritenuto la �tassa


bilit� delle sopravvenienze realizzate da una cooperativa! omettendo di 
considerare che il presupposto di tale tassazione � rappresentato dalla 
finalit� di lucro, incompatibile in una cooperativa, che persegue finalit� 
mutualistiche; che la stessa Corte costituzionale (con sentenza 
n.. 22 del 20-25 febbraio 1975) ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 106 

t.u. cit. limitatament�, alla parte in cui prevede la tassabilit� delle plusvalenze 
e sopravvenienze di enti, tassabili in base a bilancio, anche se 
non esercenti attivit� commerciali o �imprenditoriali. Censura, inoltre, 
la decisione per difetto di motivazione in ordine ai presupposti che legittimano 
la tassazione delle sopravvenienze o pli.lsvalenze. 
La censura � destituita di fondamento. 

Invero, tale doglianza si ricollega all'erroneo convincimento che la 
cooperativa non possa� rivestire natura di impresa commerciale, stante 
le sue finalit� mutualistiche. Ora, proprio in considerazione di quanto 
previsto nell'art. 2082 c.c. non pu� escludersi il carattere di imprenditore 
commerciale in una cooperativa, che esplica una delle attivit� commerciali 
contemplate nell'art. 2195 c.c. 

Infatti, ai sensi dell'art. 2082 c.c. � imprenditore colui che esercita 
un'attivit� economica organizzata ai fini della produzione o dello scambio 
di beni e servizi. N� tale carattere pu� escludersi nella cooperativa 
in considerazione del suo scopo mutualistico, atteso che detta finalit� 
si ha per realizzata nei rapporti interni tra i soci attraverso l'eliminazione 
della intermediazione dei terzi nei processi di produzione, di 
scambio e di lavoro, senza con ci� escludere che l'attivit� esterna della 
cooperativa, nei rapporti con i terzi, possa rivestire i caratteri dell'attivit� 
commerciale, non soltanto con riferimento alle attivit� tipiche 
della produzione e dello scambio di beni e di servizi (caratteristici dell'impresa 
commerciale qualora si ricolleghino ad una organizzazione di 
beni e di lavoro stabilmente e professionalmente predisposti a tale 
scopo) ma anche con riferimento al perseguimento di profitto e di 
aumento di produtti~it�. Anzi, proprio con riferimento ai ricavi perseguiti, 
pu� realizzarsi nell'ambito degli stessi soci una distribuzione degli 
utili, seppure nei �limiti previsti dalle leggi sulla mutualt� cooperativistica. 

' Peraltro, non pu� ignorarsi che, proprio con riferimento al carattere 
commerciale della cooperativa, questa pu� essere dichiarata fallita 
(ex art. 2540, ultimo comma, c.c.). 

Da ci� consegue che la limitazione introdotta dalla sentenza della 
Corte costituzionale, che ha dichiarato la parziale incostituzionalit� dell'art. 
106 t.u. cit., riguarda, esclusivamente, quegli enti, tassabili in 
base a bilancio, che non esercitano o possono esercitare attivit� comi"
�"� 
merciale. In tale categoria non rientra la cooperativa. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 755 

Per il resto la sentenza impugnata risulta congruamente motivata 
sul punto dell'esistenza della � sopravvenienza � con apprezzamento di 
fatto, insindacabile in questa sede in quanto congruamente motivato 
ed immune da vizi logici e di diritto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 28 aprile 1979, n. 2469 -Pres. La FarinaEst. 
Cantillo -P. M. Minetti (conf.) -Nannini (avv. Merlini) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Mercatali). 

Imposte e tasse in genere -Nuovo contenzioso tributario -Decisione 
della Commissione centrale di accoglim�nto con rinvio -Impugnabilit� 
immediata. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 29). 
La decisione della Commissione centrale (come quella della Corte 
di appello), che a seguito dell'accoglimento del ricorso rinvia alla commissione 
di secondo grado (e, nei casi previsti, a quella di primo gra(io) 
� immediatamente impugnabile con ricorso per Cassazione (1). 

(Omissis). -' Merita consenso l'opinione della ricorrente (non contestata, 
del resto, dall'amministrazione finanziaria) in ordine all'ammissibilit� 
del presente ricorso, ancorch� relativo ad una pronuncia della 
commissione centrale che non definisce la controversia tributaria, rinviando 
�alla commissione di secondo grado la .determinazione del quantum 
dell'imposta. Nel vigore del contenzioso tributario abrogato, � l'immediata 
ricorribilit� di siffatte decisioni, costantemente ammessa da 
questa Corte Suprema (cfr., da ultimo, Cass., l" novembre 1976, n. 4128), 
era negata, invece, da autorevole dottrina, la quale escludeva il carattere 
definitivo della pronuncia essenzialmente sul rilievo che, in quel 
sistema, le statuizioni della commissione centrale adottate a sezione 
semplice non erano (a differenza di quelle d�lle sezioni unite) vincolanti 

(l) La pronunzia, indubbiamente esatta, si limita all'affermazione che � 
immediatlimente impugnabile la decisione di terzo grado che accogliendo l'impugnazione 
rinvia alla commissione di secondo grado o anche, nei casi prev~sti 
(artt. 24 e 29, secondo comma, d.P.R. 636/1972) di primo grado. Ma si deve 
aggiungere che tale decisione � impugnabile soltanto in questo momento, non 
essendo ammissibile una impugnaz~one successiva dopo la pronunzia del giudice 
di rinvio. Non � dubbio, infatti, che la decisione che accoglie e rinvia �, 
per il terzo grado del processo, definitiva. Pi� 11adkalmente si deve ritenere 
che la decisione della commissione � sempre soggetta ad impugnazione ~mmedi-
ata, non essendo compatibile con il contem.ioso speciale l'istituto della riserva 
di impugnazione differita; quindi anche la decisione parziale (purch� sia una 
vera decisione e non un'ordinanza)" deve essere immediatamente .impugnata 
(cfr. C.� BAFILE, Sull'impugnazione delle decisioni parziali delle comm_issioni 
tributarie, in questa Rassegna, 1976, l, 104). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO

756 

per il giudice di rinvio,. che aveva il potere �di riesaminare la contro


. versia senza uniformarsi al principio affermato dalla commissione medesima 
(ci� che si argomentava principalmente in base all'art. 2, terzo 
co~ma, r.d.l. 16 settembre 1926, n. 1672). Ma il nuovo ordinamento 
processuale non consente dubbi in proposito, siccome l'ammissibilit� 
del ricorso immediato cmitro ogni decisione di rinvio della commissione� 
centrale risulta in modo non equivoco dall'art. 29 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636. La norma, infatti, dopo. di aver pl'evisto, nei primi due 
commi, le ipotesi in cui la commissione, accogliendo il ricorso, deve 
disporre il rinvio del processo alla commissione di secondo grado (o, 
nei casi indicati nel�'art. 24, di primo grado), stabilisce che il fascicolo 
deve essere trasmesso a quest'ultima entro ottanta giorni dalla � notificazione 
della pronuncia, ma esclude l'applicabilit� del termine se nel 
frattempo sia << stata� richiesta la �trasmissione del fascicolo medesimo 
alla. Corte di cassazione>>, in tal modo riconoscendo che il rimedio in 
esame si applica anche a tutte le decisioni suddette. �Questa disciplina, 
del resto, . � conseguenza necess�ria del contenuto. delle stesse, posto 
che il rinvio � ora limitato alle questioni di valutazione estimativa (o 
relative� alla misura delle pene pecuniarie), mentre sulle altre la decisione 
ha carattere definitivo, sicch� l'ammissibilit� del ricorso per cassazione 
scaturisce direttamente dall'art. 111 Cost.; ed � altres� in sintonia 
con il principio di alternativit� fra il ricorso alla commissione 
centrale e il gravame innanzi alla Corte di appello, giacch�, essendo le 
sentenze di rimessione ai primi giudici, emesse da quest'ultima, ricorribili 
per cassazione (art. 353 e 354, ultimo �omma, c.p.c.), uguale trattamento 
si imponeva per le analoghe pronunzie. deila �ommissione centrale 
(anche al fine di assicurare, di fatto, la preferenza accordata a 
questo tipo di impugnativa). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 197!1, n. 2643 � Pres. Aliotta � 
Est. Caccavale � P. M. Raja (conf.) � Paris (avv. Picone) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Abignente). 

Imposte e tasse in genere � � Procedimento innanzi alle commissioni � 
Sottoscrizione del ricorso � Requisito essenziale . Difetto � Nullit� 
insanabile. 

Il ricorso introduttivo del procedimento innanzi alle commzsswni 
mancante di sottoscrizione � del tutto privo di effetti giuridici ed incapace 
d-i promuovere il procedimento (inesistenza); non � di conseguenza 
ammissibile alcuna sanatoria (1). 

(l) Si applicano cor:rettamente al ricorso aUa commissione i principi ela. 
borati sulla citazione. Oggi � espressamente sancita l'inammissibilit� del ricorso 
non sottoscritto (art. 15, d.P.R. 636/72). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 757 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 9 maggio 1979, n. 2645 -Pres. Aliott� Est. 
Scansano -P. M. Raja (conf.) -Poeta (avv. Venturini) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Pagano). 

lmpo$ta di ricchezza mobile -Altre imposte dirette -Agevolazione per 
il Mezzogiorno -Impresa edillzia -Esclusione. 

(d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598). 
L'agevolazione per l'industrializzazione� del Mezzogiorno, che a differenza 
di quella per le aree depresse dell'Italia settentrionale, non � 
riferita all'impresa o� all'azi�nda ma ai nuovi stabilimenti industriali 
impiantati stabilmente nel territorio agevolato, non pu� essere estesa ai 
cantieri edilizi c/:le, se pure impiantati per lavori di durata notevole, non 
si inserisce nel tessuto esonomico della zona (l).� 

(l) :� sicuramente da escludere che ragevolazione per l'industrializzazione 
del Mezzogiomo possa riComprendere l'attivit� edili:t.ia, n� come 'attivit� complessiva 
di un'impresa n� � come attivit� riferita ad� un cantiere che non � 
sicuramenJ.e uno stabilimento industriale (Cass., 21 settembre 1970, n. 1640, 
in Riv. leg. fisc:., .1971, 359) .. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 9 maggio 1979, n. 2658 � Pres; Aliotta Est. 
Virgilio -P. M. Leo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Pagano) c. Orsi Mangelli (avv. Allorio). 

Imposta di registro -Interpretazione dell'atto -Negozio indiretto e negozio 
collegato -Interpretazione unitaria di pi� atti -Legittimit�. 

(r.d. 30 dicembre_ 1923, n. 3269, art. 8). 
In base �ll'art. 8 .dell'abrogata legge di registro, per determinare l'intriseca 
natura dell'atto ed i suoi effetti, indipendentemente dalla forma� 
apparente, � consentito accertare se dalla combinazione di pi� negozi 

� tra loro collegati sia derivato un effetto ulteriore che superi le conseguenze 
connaturali ai singoli ne-gozi strun:zentalmente utilizzati (appliplicazi�ne 
alla ipotesi di vendita fra parenti preceduta da donazione di-sposta 
dal venditore di titoli dall'utilizzo dei quali il compratore ha 
ricavato la somma pagata come prezzo della vendita (1). 

(l) ,:� superfluo segmi.Iare l'importanza della decisione. Identica fattispecie 
era stata decisa negli stessi .termini con le sentenze 3 maggio 1969, n. 1472, e 
6 maggio 1969, n. 1530 (in questa IJ.assegna, 1969, I, 680). Altre volte per� � 
stato ripetutamente affermato che nessuna norma impone alle parti di sc�gliere 
la via fiscalmente pi� onerosa ed � lecito raggiungere il risultato voluto 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

758 

(Omissis). -Ai fini dell'esame delle censure prospettate con il ricorso 
principale e con quello incidentale � necessario precisare che la 
Corte di appello, pur avendo richiamato i principi che regolano la 
presunzione di liberalit� nelle alienazioni di immobili fra parenti fino 
al terzo grado ai sensi dell'art. 5 del d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90, ha 
tuttavia ritenuto di dover decidere la controversia� secondo la basilare 
norma delrapplicazione delle tasse con riguardo all'intrinseca natura e 
agli effetti degli atti e dei trasferimenti, come previsto dall'art. 8 dell'abrogata 
legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). 

Sulla linea di questa prospettiva, i giudici di appello hanno espressamente 
dato atto .che nella fattispecie concreta, dal contenuto dei due 
rogiti del notaio Guasti del 3 e del 6 novembre 1970 risultava che Paolo 
Orso Mangelli aveva prima donato ai figli un certo numero di buoni 
del tesoro e poi li aveva ricevuti in permuta dai donatori in cambio 
di alcuni immobili di propriet� dello stesso Paolo Orsi Mangelli, che 
erano stati in tal modo trasferiti ai detti figli. 

La Corte di appello ha inoltre ritenuto che il �nucleo centrale della 
tesi della finanza� consisteva nel problema della possibilit� di collegamento 
tra i due rogiti, allo scopo di individuare il preciso contenuto, 
agli effetti fiscali, dell'alienazione degli immobili verso la cessione dei 

con uno dei mezzi dell'ordinamento liberamente scelto s� che non � consentito 
nell'applicazione dell'imposta ,individuare un effetto diverso da quello risultante 
esteriormente dagli atti st1pu1ati, apche se coevi e ,jn evidente connessione 
strumentale; � stato cos� escluso, ad esempio, che potesse considerarsi 
come vendita l'assegnazione di un bene a un apparente socio appena entrato 
nella societ� conferendo danaro {Cass., 10 dicembre 1970, n: 2623; 10 febbraio 
1971, n. 338, ivi, 1971, l, 142 e 599); l'altra sentenza 27 febbraio 1971, 

n. 493 (ivi, 1971, l, 600), pur ammettendo in tesi il potere deHa Finanza di 
impugnare l'atto con autonoma azione, negava che in applicazione dell'art. 8 
fosse consentito individuare l'effetto concreto risultante dal collegamento di 
pi� nego:;.i. .Jn qualche altra occasione (sentenze citate nel testo 17 maggio 
1976, n. 1737, e 12 aprile 1978, n. 1719, >in Riv. Leg. fisc., 1976, 1457 e 1978, 
1782) la s.e. ha ammesso, ma piuttosto in via di ipo-tesi, che per la determinazione 
degli effetti possa eccezionalmente ricorrersi ad elementi estrinseci 
all'atto che siano con 'questo in coll�gamento e ne costituiscono il presupposto. 
Assai pi� consistente e precisa � l'affermazione della sentenza ora 
intervenuta. 
Con essa � implicitamente risolto anche l'altro problema ,inerente al potere 
della Ammtnistrazione di determinare in sede di applicazione dell'imposta 
l'effetto risultante dal negozio indiretto e dai negozi collegati, senza 
necessit� di ~mpugnazione autonoma degli atti, con la conseguenza che ogni 
contestazione sul punto si assorbe nella controversia di imposta eventualmente 
instaurata dal contribuente (in proposito, cfr. C. BAFILE, Ancora sull'azione 
riconvenzionale della Finanza nel giudizio di �pposizione all'ingiunzione fiscale, 
in questa Rassegna, 1969, l, 916). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 759 

buoni del tesoro, e cio� per stabilire se l'alienazione costituisse trasferimento 
a titolo oneroso ovvero atto di liberalit�. 

Tale questione fu affrontata e risolta dai giudici di secondo grado 
�indipendentemente� da ogni riferimento alla presunzione di cui all'art. 
5 del d.l.l. n. 90 del 1945, tanto che fu ritenuto non necessario 
<< prendere posizione sul problema se la permuta debba o meno essere 
compresa nella previsione legislativa� della citata norma. 

In considerazione dell'impostazione data alla controversia dalla Corte 
del merito, la quale ritenne di esaminarla, sotto il profilo -che l'amministrazione 
delle Finanze aveva anche dedotto (non essendosi limitata 
a trincerarsi dietro la presunzione di cui si � detto) -del collegamento 
e della interpretazione dei due rogiti agli .effetti fiscali, � evidente 
che i rilievi contenuti� in sentenza sui principi che regolano la 
menzionata presunzione e i 'modi di superarla costituiscono, nell'economia 
della decisione un obiter dictum non influente sulla statuizione, 
che fu esclusivamente fondata su diversa argomentazione giuridica. 

Da questa precisazione discende, come prima conseguenza, l'inammissibilit� 
del ricorso incidentale, con il quale si deduce che la Corte 
di appello avrebbe dovuto affermare la non applicabilit� della presunzione 
di cui al citato art. 5 agli atti di permuta. 

Poich� su tale punto non esiste alcuna pronuncia, per la ritenuta 
superfluit� di risolvere la relativa questione ai fini del giudizio, manca 
il presupposto della soccombenza, sia pur teorica, della parte vittoriosa 
in via pratica, e quindi difetta un estremo essenziale per l'ammissibilit� 
della impugnazione incidentale, che � invece necessaria (Cass., 25 
giugno 1977, n. 2718) solo quando una questione preliminare o pregiudiziale 
non rilevabile di ufficio sia stata decisa in senso sfavorevole alla 
parte vittoriosa, e questa voglia evitare la eventuale preclusione della 
questione stessa in sede di rinvio per effetto del giudicato. 

N� � possibile l'accoglimento della istanza subordinata (proposta 
in alternativa al ricorso incidentale) di correzione della motivazione 
sul medesimo punto, giacch� la decisione dei giudici di appello � fondata 
esclusivamente, come si � detto, su altra autonoma motivazione, 
e non anche sull'applicazione al caso concreto della presunzione di cui 
all'art. 5 dal d.d.l. n. 90 del 1945, o sulla ritenuta esistenza della prova 
contraria alla presunzione, onde il potere di correzione della Corte Suprema, 
secondo l'art. 384 c.p.c., verrebbe ad esplicarsi non solo rispetto 
ad una motivazione inesistente (perch� i giudici del merito non hanno 
preso posizione sul problema, come esplicitamente � detto nella sentenza), 
ma assumerebbe la inammissibile funzione di una superflua e 
vuota declaratoria iuris rispetto alle esigenze della controversia in de� 
cisione, cos� come questa � rimasta definitivamente delineata e delimi� 

12 



760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tata con riferimento alla statuizione emessa ed alle questioni su di essa 
concretamente incidenti: 

Anche la cen'sura� prospettata con il primo motivo del ricorso principale 
(si sostiene che per vincere la presunzione di liberalit� la prova 
della provenienza del prezzo o del corrispettivo in genere dal patrimonio 
dell'acquirente deve risultare dallo stesso atto sottoposto a registrazione 
e non da altri documenti) � inammissibile perch� la relativa questione 
-prescindendo da ogni altra considerazione sulla sua rilevanza 
rispetto alle ragioni concrete della statuizione -non � stata proposta 
nelle fasi di merito e non pu� essere discussa per la prima volta in 
questa sede. 

Con il secondo motivo, che riguarda invece direttamente le argomentazioni 
giuridiche sulle quali � fondata la decisione impugnata, si 
deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della 
controversia, e si sostiene che Io stretto collegamento, anche dal punto 
di vista. cronologico, esistente fra i due rogiti del notaio Guasti, con i 
quali erano stati, a distanza di soli tre giorni, prima donati i buoni del 
tesoro e poi permutati con immobili di propriet� del �donante, er� chiaramente 
indicativo dell'intento delle parti, avente carattere fraudolento 
sul piano fiscale, di trasferire gli immobili a titolo gratuito a stretti 
congiunti di Paolo Orso Mangelli, al fine di eludere il pagamento della 
maggiore imposta dovuta per tale tipo di trasferimento. 

Deduce, inoltre, l'amministrazione delle Finanze che -in base al 
criterio della tassabilit� degli atti secondo la loro intrinseca natura e 
gli effetti giuridici che sono idonei a produrre -dal collegamento dei 
due rogiti emergeva Io scopo effettivo dell'atto di permuta, che era 
diretto a produrre il risultato di una donazione immobiliare. 

Deduce, infine, che la Corte di appello ha escluso la possibilit� del 
collegamento dei negozi sulla base di errate considerazioni giuridiche 
e che non ha adeguatamente interpretato la volont� delle parti, incorrendo 
cos� anche nel vizio di contraddittoria ed insufficiente motivazione. 


Queste censure sono fondate. 

La Corte di appello ha ritenuto che nell'ambito dei poteri attribuiti 
all'Amministrazione .finanziaria dall'art. 8 dell'abrogata legge di registro, 
al fine di stabilire l'intrinseca natura e gli effetti (giuridici) dell'atto e 
di applicare� la correlativa tassa, non pu� escludersi, in via di principio, 
la facolt� di trarre elementi di valutazione anche da un contratto diverso 
da quello presentato per la registrazione, ma che tale facolt� non pu� 
mirare alla creazione di collegamenti tra contratti tipici, per� individuare 
un tertium genus di negozio giuridico, e che nella fattispecie concreta, 
essendo stati i due contratti (donazione dei buoni del tesoro e successiva 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA 'TRIBUTARIA 761 

permuta di essi, da parte dei donatari, con beni immobili di propriet� del 
donante) effettivamente voluti dalle parti, nei presupposti e negli effetti 
non si sarebbe potuta trasferire la causa domandi dal primo contratto 
al secondo, e cio� alla permuta, per farne derivare un nego:z;io (indiretto) 
di donazione degli immobili. 

In base a questa premessa la Corte, ha comunque, escluso anche in 
concreto che le parti avessero perseguito una finalit� di evasione fiscale 
ponendo in evidenza che il risultato del trasferimento a titolo gratuito 
dei beni immobili doveva essere eventualmente attribuito alle esenzioni 
tributarie stabilite in favore dei buoni del tesoro, delle quali le parti 
si erano lecitamente avvalse, per cui non era possibile riscontrare nel 
loro comportamento l'intento fraudolento denunciato dalla finanza . 

. Queste argomentazioni non possono essere condivise, n� .sul piano 
della impostazione giuridica, n� su quello delle conseguenze che ne 
sono state tratte nella fattispecie concreta dopo un'indagine non sufficientemente 
approfondita sulla volont� delle parti e sui peculiari aspetti 
della vicenda. 

Non ~a considerato la Corte di appello che nel quadro del procedi


.� 
mento di ermeneutica volto ad individuare, attraverso la qualificazione 
giuridica delle situazioni negoziali oggetto di imposizione, gli effetti 
che da esse conseguono sul piano giuridico (e non su quello meramente 
economico), '� ben possibile il riscontro del fenomeno dei negozi 
collegati e indiretti, che si realizza quando le parti adottano uno o pi� 
negozi �tipici�, allo scopo di conseguire, mediante una voluta deviazione 
della causa dei negozi stessi, un effetto giuridico che, pur non 
essendo connaturale agli schemi adottati, � tuttavia da questi ultimi consentito 
e prodotto. 

In tali casi (come questa Corte Suprema ha ritenuto nelle sentenze 

n. 1472 del 3 maggio e n. 1530 del 6 maggio 1969) non possono essere 
inibite all'amministrazione finanziaria le opportune indagini nel senso 
anzidetto, e cio� per accertare se dalla combinazione di pi� negozi, tra 
loro collegati, sia derivato un effetto <<,ulteriore�, che superi le conseguenze 
�onnaturali ai negozi strumentalmente utilizzati. 
Questa possibilit� d'indagine non � preclusa in via ass�luta dalla 
connotazione propria dell'imposta di registro, che � imposta d'atto, in 
quanto l'esatta qualificazione del negozio giuridico da tassare rende 
spesso indispensabile la detta indagine, precipuamente al fine di sventare 
frodi alle leggi finanziarie (come � stato sottolineato nelle menzionate 
sentenze di questa Corte Suprema). 

Deve, peraltro, osservarsi che il principio secondo cui i dati di qualificazione 
dell'atto presentato per la registrazione devono essere desunti 
solo dal documento che racchiude il negozio, trova una limitata attenuazione 
nei casi in cui l'esame di altri elementi, estrinseci all'atto da 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

762 

tassare, una col quale siano collegati o ne costituiscano il presupposto, 
possa condurre �l.d una diversa valutazione di esso (v~ Cass., 17 maggio 
1976, n. 1737 e 12 aprile 1978, n. 1719). 

Ci� precisato, va aggiunto -sempre con riferimento al negozio indiretto 
ed alla sua funzione -che secondo la configurazione delineata 
in dottrina ed anche in giurisprudenza, esso � caratterizzato proprio 
dalla peculiarit� di porsi, rispetto ad uno o a pi� negozi adottati in via 
strumentale (i quali, singolarmente considerati, sono veri e reali), come 
un quid pluris che trascende le finalit� dei <<negozi-mezzo�, effettivamente 
voluti, per raggiungere un risultato atipico o esorbitante dagli 
schemi utilizzati, al quale le parti hanno in definitiva mirato. 

Non si trattava, dunque, per quanto concerne la fattispecie in esame, 
di trasferire la causa donandi dal contratto di alienazione a titolo gratuito 
dei buoni del tesoro, da parte di Paolo Orsi Mangelli in favore dei 
figli, al contratto di permuta (tra buoni ed immobili) intercorso tra 
gli stessi soggetti, ma di accertare se le parti, attraverso il collegamento 
strumentale dei due negozi, avessero in sostanza conseguito l'effetto 
(indiretto) della donazione degli immobili, allo scopo di eludere il 
pagamento di un maggior tributo. 

Questo accertamento si risolveva in una quaestio voluntatis, che la 
Corte del merito avrebbe dovuto risolvere previa accurata e penetrante 
analisi degli elementi dedotti dall'amministrazione finanziaria (tra cui lo 
strettissimo collegamento, anche dal punto di vista cronologico, dei due 
rogiti; l'et� avanzatissima di Paolo Orsi Mangelli, e quindi il suo interesse 
a provvedere all'assegnazione delle sue sostanze ai successori, a 
lui legati da vincoli di stretta parentela ecc.), mentre la Corte stessa, 
fuorviata dalla errata impostazione del problema sul piano giuridico, 
ha sommariamente esaminato gli elementi indicati, ed ha motivato il 
suo convincimento con argomentazione risolventesi sostanzialmente in 
una petizone di principio, perch� ha ritenuto che il risultato fraduolente, 
dal punto di vista fiscale, non fu voluto dalle parti perch� . il meccanismo 
di utilizzazione dei buoni del tesoro (precedentemente donati dal 
padre ai figli) per l'acquisto in permuta dei beni immobili da parte 
dei donatari, era consentito dall'ordinamento giuridico, sicch� le parli 
se ne erano lecitamente avvalse e non avevano inteso affatto ricorrere 
ad uno strumento di frode nei confronti del fisco. 

Questa linea argomentativa non � logicamente e giuridicamente corretta 
perch� la liceit� e la utilizzazione degli strumenti negoziali adottati 
non escludeva che potesse essere conseguito uno scopo (ulteriore) 
fraudolento, e che tale scopo potesse ess�ere individuato dall'Amministrazione 
delle finanze mediante tassazione degli effetti negoziali indirettamente 
conseguiti, e cio� considerando l'atto di permuta, ai fini 
fiscali, come donazione immobiliare. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 763 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1979, n. 2739 -Pres. Vigo


rita -Est. Gualtieri -P. M. Salemi (conf.) -Salvadori (avv. Della 

Valle) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico). 

Imposta di ricchezza mobile � Plusvalenze � Avviamento � Conferimento 
di azienda in societ� di persona -Si realizza. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 100). 
Imposte e tasse in genere -Nuovo contenzioso tributario -Giudizio di 
terzo grado � Questioni di fatto � Questioni di valutazione della prova 
sull'esistenza del presupposto � Non deducibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26). 
Poich� la societ� di persone ha una soggettivit� tributaria propria, 
il conferimento in essa di una azienda realizza una plusvalenza per il 
valore corrispondente all'avviamento anche se, essendo la societ� costituita 
dal conferente e dal coniuge, si possa ipotizzare che non sia 
stato conseguito un corrispettivo (1). 

I poteri decisori del giudice di terzo grado nel nuovo contenzioso 
tributario corrispondono a quelli che nel precedente ordinamento spettavano 
alla commissione centrale; essi si estendono anche alla cognizione 
dei fatti rientranti nel concetto di estimazione complessa; .� per� di 
estimazione semplice, non deducibile in terzo grado, la questione sulla 
valutazione della prova circa l'esistenza del presupposto dell'imposizione 
(2). 

(Omissis).-Con il primo motivo, denunziando violazione dell'art. 100 

t.u. delle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
il ricorrente critica la sentenza impugnata per avere la commissione 
tributaria centrale omesso di considerare che l'ipotesi di realizzo di 
plusvalenza da avviamento non ricorre quando vi sia costituzione di 
una societ� in accomandita semplice tra marito e moglie, nella quale 
egli conferisca la propria azienda, e per avere presunto, nella specie, 
un siffatto realizzo quando invece avrebbe dovuto supporre, in assenza 
di prova contraria, che il marito non aveva realizzato alcun plusvalore 
tassabile in quanto la moglie non aveva reddito pr�prio e la ditta di 
esso ricorrente era dissestata, essendo egli reduce da un concordato 
stragiudiziale con i creditori. 
(1-2) La prima massima � Mieccepibile sul punto che il conferimento in 
una societ� d� luogo a plusvalenza, indipendentemente da ogni rapporto fra 
i soci, giacch� la societ� si distingue sempre soggettivamente da essi. � infatti 
�i mero conferimento che produce la � cristallizzaz1one � dell'incremento patrimoniale 
con l'effetto di separarlo in modo certo e definitivo dal cespite 
produttore; ci� vele sia per il conferdmento in societ�, tanto di persone che 
di capita11, s1a per I'incorporazione (Cass., 7 giugno 1974, n. 1687, e 16 febbraio 
1978, n. 725, in questa Rassegna, 1974, I, 1239; 1978, I, 384). In queste 
ipotesi non � di:rettamente rilevante la mancanza di un corrispettivo, che 



764 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con il secondo motivo, il ricorrente, d~nunziando il VIZIO di omessa 
motivazione sul punto relativo al mancato esame degli elementi di fatto 
posti dalla commissione provinciale a base della sua decisione, si duole 
che la commissione centrale abbia omesso di svolgere il nuovo compito 
istituzionale che la legge di riforma del contenzioso tributario le 
ha attribuito, col disporre all'art. 26 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che 
il ricorso a detta commissione � proponibile non solo per violazione 
di legge, ma anche per questioni di fatto, escluse soltanto quelle relative 
alla misura delle pene pecuniarie� e a valutazione estimativa. 

Entrambe le doglianze, le quali vanno esaminate congiuntamente 
per la loro intima connessione, sono infondate. 

Devesi premettere che lo stesso ricorrente ha riconosciuto l'esattezza 
del prii?-cipio, disatteso dalla commissione provinciale ed affermato 
dalla commissione tributaria centrale, secondo cui la societ� in 
accomandita semplice pur non avendo personalit� giuridica, ha, tuttavia, 
soggettivit� tributaria propria, con la conseguenza che nel trasferimento 
di una azienda individuale ad una societ� siffatta si verifica 
l'ipotesi di realizzo di plusvalenza da avviamento prevista dall'art. 100 
del citato t.u. 

Orbene, non ha pregio la tesi del ricorrente diretta a contestare, in 
linea di diritto, la configurabilit� di un'ipotesi d� realizzo di plusvalenza 
da avviamento, tassabile ai sensi di detto articolo, quando vi sia 
stato il conferimento di un'azienda individuale del marito in �una societ� 
in accomandita semplice, da lui costituita insieme alla propria moglie, 
in quanto si dovrebbe presumere che egli non abbia ricevuto dalla 
stessa alcun corrispettivo. 

Ed invero, posto che al conferimento di una azienda individuale in 
una societ� di persone, dotata di autonomia patrimoniale, corrisponde 
la realizzazione dell'avviamento e del correlativo plusvalore, essendo intervenuto 
.un effettivo mutamento nella sostanza patrimoniale, a nulla 
rileva che l'avviamento sia stato creato dall'attivit� dell'imprenditore 
individuale, divenuto successivamente socio, e che egli non abbia ricevuto 
a~cun corrispettivo, in quanto, .come questa .Corte Suprema ha 
gi� avuto occasione di affermare, ai fini della tassabilit� della plusvalenza 
� sufficiente che essa si sia cristallizzata in capo al beneficiario, 

comunque non � elemento essenziale della plusv.alem.a (sentenze citate e 
7 gennaio 1974, n. 1687, ivi, 1974, I, 1239). 

La seconda massima � una ulteriore riaffermazione dell'orientamento �intrapreso 
con la sentenza 22 novembre 1977, n. 5086 (in questa Rassegna, 1977, I, 
874, con mota di C. BAFILE) confermato con la sentenza 19 settembre 1978, 

n. 4195 (ivi, �1979, l, 189). Non perfettamente alJ.ineata, ma pur nello stesso 
' filone � Ia sentenza ilO aprile 1979, n. 2046 (ivi, 1979, rl, 79). J?ur partendo dalle 
stesse premesse giunge ad opposta conclusione sul punto della valutazione 
� deHa prova Cass., 19 febbraio 1979, n. 1075 (ivi, 1979, l, 4%). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRU:DENZA TRIBUTARIA 76~ 

senza che sia necessaria anche la percezione, da parte di quest'ultimo, 
di un corrispettivo (cfr. sent. 7 giugno 1974, n. 1687). 

Quanto alla doglianza relativa all'omesso esame, da parte della 
-commissione tributaria centrale, delle questioni di fatto concernenti la 
valutazione delle prove in ordine all'esist�nza della plusvalenza, anche 
-con riferimento alla censura di cui al primo motivo, devesi rilevare 
-che legittimamente la commissione suindicata ha omesso tale esame. 

Ed invero, i poteri della stessa, quali risultano dall'art. 26 d.P.R. 26 
Qttobre 1972, n. 636, sulla revisione della disciplina del contenzioso tributario, 
involgono la cognizione non soltanto dei fatti necessari per 
l'accertamento di errores in procedendo, ma anche di quei fatti che si 
presentino come indispensabili per la corretta applicazione delle norme 
tributarie sostanziali, restando tuttavia escluse dalla competenza della 
-commissione stessa le questioni di fatto relative, oltre che alla misura 
delle pene pecuniarie, alla valutazione estimativa, cio� all'� esistenza � 
e alla � determinazione � quantitativa, alla stregua di criteri non dettati 
da norme giuridiche del presupposto materiale cui l'ordinamento ricollega 
la nascita della obbligazione tributaria (cfr. le sentenze di questa 
Corte 19 settembre 1978, n. 4195; 22 novembre 1977, n. 5086). 

Ordunque, non pu� negarsi che le questioni di fat~o indicate dal 
ricorrente, relative alla valutazione delle prove in ordine all'esistenza 
della plusvalenza, attengono all'esistenza del presupposto materiale (concreta 
realizzazione della plusvalenza da avviamento), cui l'art. 100 del 
dtato t.u. ricollega la nascita della obbligazione di pagamento dell'imposta 
di ricchezza mobile, con la conseguenza che tali questioni erano 
:sottratte alla competenza della commissione tributaria centrale, tanto 
pi� che il ricorrente ufficio finanziario si era limitato a chiedere la dedsione 
della sola questione di diritto concernente la tassabilit� della 
plusvalenza da avviamento; realizzata mediante il conferimento di una 
.azienda individuale in una societ� di pe:rsone. 

Con il terzo motivo, denunziando violazione del principio della definitivi't� 
della decisione della commissione provinciale, il Salvadori critica 
la sentenza impugnata per avere la commissione centrale espresso 
il proprio giudizio sull'avvenuta realizzazione del plusvalore di avviamento, 
gi� deciso dalla commissione provinciale in senso negativo, eserdtando 
un potere che non le era attribuito dalla precedente disciplina 
del contenzioso tributario, in quanto relativo ad un accertamento di 
mero fatto, atteso che il ricorso era stato proposto prima della entrata 
:in vigore della nuova disciplina. 

La doglianza � priva di fondamento. 

Premesso che, in base alla nuova. disciplina del contenzioso tributario, 
spetta alla commissione tributaria centrale, come gi� precisato, la cognizione 
di quei fatti che si presentino come indispensabili per la corretta 
.applicazione delle norme tributarie sostanziali, restando escluse dalla 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

766 

sua competenza solo le questioni di fatto relative, oltre che alla misura 
delle pene pecuniarie, alla valutazione estimativa nei sensi sopra indicati, 
devesi rilevare che anche nel sistema previgente la competenza 
della commissione centrale veniva pacificamente estesa dalla giurisprudenza 
e dalla dottrina pure alle questioni di fatto che non fossero di 
estimazione semplice, cio� alle questioni di fatto realizzanti ipotesi di 
estimazione complessa, in quanto involgessero l'accertamento dei fatti 
costituenti la premessa gi].lridica necessaria per l'applicazione della legge 
(cfr. sent. 22 novembre 1977, n. 5086). Pertanto, il legislatore della rifotma 
ha sostanzialmente recepito i capisaldi dell'interpretazione giurisprudenziale 
della precedente normativa in ordine alla competenza della 
commissione centrale. 

Ora posto che ne consegue l'irrilevanza, ai fini della presente decisione, 
della soluzione del problema, evidenziato dal ricorrente, se nella 
specie debba trovare applicazione la nuova e la previgente� disciplina 
� da escludere che la commissione tributaria centrale non abbia limitato 
il suo giudizio alla sola questione di diritto, non potendosi ravvisare 
nella frase, contenuta nella decisione impugnata, �e pertanto l'accertamento 
del reddito imponibile era perfettamente legittimo come confermato 
nella misura stabilita dalla commissione di primo grado� l'espressione 
di un giudizio di valore relativo ai presupposti del tributo 
attinenti alla materia imponibile. 

Ed invero, l'affermazione della commissione va considerata come 
mera indicazione, compiuta ai soli fini espositivi, di un fatto storico, 
quale era l'accertamento della materia imponibile effettuato dalla commissione 
distrettuale. 

Del resto, lo stesso ricorrente si � reso conto di ci� allorch� nel secondo 
motivo del presente ricorso si � lamentato del mancato esame 
degli elementi di fatto acquisiti al processo, che avevano legittimato 
la decisione della commissione provinciale, criticando la commissione 
tributaria centrale proprio per avere << limitato la sua pronuncia alla 
sfera della questione di diritto, operando sul terreno della sola legittimit� 
formale>>. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 21 maggio 1979, n. 2899 -Pres. Aliotta Est. 
Barruso � P. M. Leo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Baccari) c. Guaita (avv. Scarpa). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Condono -Istanza di una 
sola parte � Estensione degli effetti ai condebitori -Si produce. 

Il condono domandato da uno soltanto dei debitori del tributo ind~:retto 
estingue l'obbligazione con effetto per tutti gli altri debitori, si 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 767 

che i processi pendenti in 1'iferimento alla stessa obbligazione vanno 
dichiarati estirzti anche se ne sono parti condebitori che non hanno 
presentato istanza di condono (1). / 

(l) Viene integralmente confermata la pronunzia 23 febbraio 1978, n. 895 
(in questa Rassegna, 1979, I, 48, con not:a critica di C. BAFILE). La soluzione 
� da ritenersi consolidata, anche se restano molte perplessit� specie ~n reiaziOIIle 
all'ipotesi che Ja domanda di condono non sia� stata seguita dal pagamento. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1979, n. 2989-Pres. Aliotta Est. 
Virgilio -P. M. Ferraiolo (conf.) -Soc. Giardino del Chiostro c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amato). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Dichiarazione -Esonero 
dall'obbligo -Redditi inferiori al minimo . Determinazione -Redditi 
astra~tamente consider�ti. 

(t,u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt, 20 e 130), 

Ai fini dell'esonero dall'obbligo di dichiarazione, limitatamente ai 
redditi catastali e a quelli tassabili in via di rivalsa, nel caso che il 
reddito complessivo valutabile ai fini dell'imposta complementare non 
supera il minimo indicato nell'art. 130, il reddito complessivo da considerare 
� quello astrattaments: determinabile secondo le norme di legge, 
non quello che il dichiarante ritiene di dover determinare (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo si sostiene che la commissione 
tributaria centrale ha erroneamente ritenuto la legittimit� dell'accertamento 
di imposta di R,M., cat. B, a carico della societ� � Giardino del 
Chiostro 3 �, per l'esercizio 1969, mentre l'accertamento stesso, effet


(l) La massima, apparentemente ovvia, risolve �1nvece una frequente questione 
che si presenta nella pratica: per stabilire il reddito netto complessivo 
e verificare se sia o meno .inferiore al minimo, allorch� i ricavi ,s1ano superiori 
a tale minimo, occorre prospettare �analiticamente H quadro delle spese 
e passivit� inerenti, ovvero H contl'ibuente che ritiene, setondo le .sue valutazioni, 
di non raggiungere il minimo, pu� �semplicemente astenersi dal presentare 
la dichiarazi0111e? E parallelamente l'ufficio che ritenga che :l'obbligo di 
dichiarazione sussista essendo il .reddito superiore al minimo, pu� considerare 
che la dichiarazione sia omessa agtli effetti deU'aocertamento induttivo e delile 
sopratasse? I due problemi si accavallano perch� per verificare se l'obbligo. 
di dichiarazione sussista, occorre un accertamento che dovrebbe basarsi su 
una dichiarazione e all'inverso nell'eseguire !~accertamento si deve procedere 
~nduttivamente, mancando la dichiarazione, per ,stabilire proprio se la dichiarazione 
do�veva essere presentata. 

768 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tuato con il criterio sintetico, non era consentito perch� dal ricavo della 
vendita immobiliare non era derivato alcun reddito effettivo, essendo 
il detto ricavo inferiore ai costi di produzione per cui mancava il presupposto 
(e cio� l'obbligo di presentare la dichiarazione prevista dall'art. 
17 del t.u. n. 645 del 1958) per l'esercizio del potere di accertamento 
da parte dell'ufficio. 

La censura � infondata. 

Essa muove dall'erronea premessa che l'obbligo della dichiarazione 
dei redditi, come previsto dalla normativa a,brogata, sorgesse soltanto 
nell'ipotesi in cui il contribuente, dopo avere effettuato tutti i conteggi 
tra spese di produzione del reddito e introiti lordi in ciascun esercizio 
finanzhirio, ritenesse di aver conseguito un reddito netto. 

Tale impostazione sicuramente contrasta con la lettera e con la 
ratio della norma in esame, la quale ha evidentemente inteso riferirsi, 
nel prescrivere l'obbligo della dichiarazione annuale, ai redditi tassabili 
astrattamente considerati, e non gi� alla esistenza di un reddito netto 
tassabile, secondo l'opinione del contribuente. 

La determinazione di tale reddito non pu�, infatti, considerarsi demandata 
alla valutazione discrezionale del soggetto tenuto alla presentazione 
della dichiarazione, dovendo invece costituire il punto conclusivo 
dell'iter procedimentale volto a sta,bilire, mediante il calcolo dell'ammontare 
degli introiti e delle spese detraibili, secondo le disposizioni 
vigenti in materia, quale, sia l'effettivo valore imponibile. 

Ed � evidente che tale procedimento di determinazione sarebbe 
impossibile, da parte dell'Amministrazione finanziaria, se il contribuente 
potesse sottrarsi, secondo le sue unilaterali valutazioni, all'obbligo di 
fornire gli indispensabili �elementi di computo e di giudizio. 

L'esattezza della interpretazione della norma nel senso indicato trova 
puntuale conferma proprio nel sistema del testo unico del 1958, e precisamente 
nell'art. 20, collocato sotto lo stesso capo III ( � Dichiarazione>>) 
del titolo I (�Disposizioni generali�); nel quale era previsto 

La via indicata dalla sentenza ora intervenuta � che n reddito cui si 
deve fare riferimento per stabilire se superi o meno il Jimite � quello � astrattamente 
tassabile �; in mancanza di dichiarazione questo reddito sar� determinato 
ex post con accertamento necessariamente linduttivo; pertanto il contribuente, 
mentre non pu�. ovviamente allegare a giustificazione della omessa 
dichiarazione ragioni soggettive non rispondenti ai criteri di legge, dovr� presenta,
re in ogni caso la dichiarazione per evitare l'accertamento dnduttivo. 

Il problema pu� considerarsi risolto con la riforma giacch� sono esonerati 
dalla dichiarazione entro il minimo solta111to i titolari di redditi fondiari 
e di lavoro dipendente (la cui determinazione pu� esser fatta agevolmente 
in modo esatto) mentre sono tenuti in ogni caso alla dichiaraLJione, anche in 
mancanza di redditi, d soggeW obbligati alla tenuta di scritture �contabili, 
ossia ~ titolari di redditi di impresa e di lavoro autonomo (art. l, d.P.R. 

n. 600j1973). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRffiUTARIA 769 

l'esonero dall'obbligo della dichiarazione, limitatamente ai redditi accertati 
col sistema catastale o tassabili in via di rivalsa, soltanto per coloro 
il cui reddito complessivo valutabile ai fini dell'imposta complementare 
non superasse, al lordo delle quote esenti, l'importo indicato 
nell'art. 130, il quale determinava, a sua volta, l'importo minimo occorrente 
perch� si verificasse il presupposto dell'imposta complementare. 

Va, inoltre, ricordato -sempre in conformit� della stessa linea 
interpretativa ~ che questa Corte Suprema (Cass., 4 ottobre 1976, 

n. 3228) ha avuto occasione di precisare che la dichiarazione unica dei 
redditi, cui il contribuente � tenuto, in tanto pu� dirsi tale in quanto 
contenga l'indicazione specifica degli elementi attivi e passivi necessaria 
per la determinazione dei valori imponibili, in modo che l'ufficio 
delle imposte sia in grado di procedere ai relativi a~certamenti (art. 31 
del testo unico del 1958). 
Ritenuto, alla stregua delle considerazioni esposte, che nella fattispecie 
concreta esisteva l'obbligo della dichiarazione secondo la regola 
generale, resta assorbito l'ulteriore rilievo della resistente circa la configurabilit�, 
in ogni caso, dell'obbligo stesso per i soggetti tassabili in 
base al bilancio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 18 luglio 1979, n. 4261 � Pres. Vigorita � 
Est. Lipari -P. M. Ferraiuolo (conf.) -Ghiringhelli (avv. Lepore) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta complementare sul reddito � Metodo sintetico � Tenore di vita 
del contribuente � Inadeguatezza del metodo anaHtico � Metodo sin� 
tetico � Applicabilit�. 

In tema di imposta complementare sul reddito il ricorso al metod� 
sintetico, indubbiamente obbligatorio ai fini del controllo della 
esattezza dell'accertamento al quale si � pervenuti con il metodo analitico, 
deve ritenersi legittimo, allorch� fatti indici desumibili dalle pi� 
svariate direzioni, e particolarmente dal tenore di vita del contrbuente, 
portano l'ufficio a ritenere che le riultanze emerse attraverso l'adozione 
del metodo analitico si manifestino inadeguate a rivelare l'effettiva capacit� 
contributiva del soggetto, e ci� perch� l'imposta colpisce tale 
capacit� contributiva non quale emerge attraverso la tassazione dei singoli 
cespisti, ma nella sua. globalit� rilevata da elementi ulteriori che 
concorrono ad evidenziarla (1). 

(l) Decisione esatta, sulla interpretazione dell'art. 137 t.u. 29 gennaio 1958, 
n. 645, anche laddove precisa che la ritualit� del metodo sintetico sussiste sul 
caso che originariamente nell'atto di accertam�nto sia mancata una adeguata 
contestazione dei fatti indici su cui si fonda la valutazione induttiva,. se nel corso 
del procedimento davanti le Commissioni si sia proceduto alle relative integrazioni. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

770 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 luglio 1979, n. 4297 -Pres. Sandulli � 
Est. Sgroi -P. M. Antoci (conf.) -Sfrondini Roveta (avv. Castellano) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
Imposta di successione -Denuncia di successione -Indicazione del domicilio 
-Successive variazioni -Obbligo di comunicarle all'ufficio -Esclusione 
-Necessit� di procedere alla notifica dell'accertamento di maggior 
valore -Modalit� della notifica -Applicabilit� delle norme di 
procedura civile. 
(Art. 139 o art. 140 c.p.c.). 

Poich� l'art. 51 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 non prevede l'obbligo 
del denunciante di comunicare all'ufficio delle successioni le variazioni 
di residenza e domicilio intervenute dopo la denuncia, l'ufficio stesso 
dovr� procedere alla notifica dell'avviso di accertamento di maggiore 
valore dei beni caduti nella successione alla residenza trasferita in altro 
luogo (denunciata ai sensi della legge 24 dicembre 1954, n. 1228 e dell'art. 
44 cod. civ.) a norma dell'art. 139 e dell'art. 140 c.p.c., mentre � 
esclusa l'applicabilit� dell'art. 143 c.p.c.) (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione e 
falsa applicazione dell'art. 51 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in relazione 
all'art. 360 n. 3 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nel punto in 
cui ha affermato che nell'imposizione dell'obbligo di dichiarare nella 
denuncia di successione <<il domicilio e la residenza dell'erede�, stabilito 
dall'art. 51 citato, � implicito l'obbligo di dare notizia all'Ufficio 
di eventuali cambiamenti del domicilio stesso, con la conseguente facolt� 
dell'ente impositore di eseguire le notificazioni nel luogo originariamente 
dichiarato, quando il cambiamento non sia stato portato a 
conoscenza dell'ufficio. 

Secondo i ricorrenti, tale affermazione � erronea perch�: 

a) non risulta n� dal testo della norma n� dalla sua ratio; infatti 
il testo � chiaro nel senso che richiede solo l'indicazione della residenza 
e del domicilio dell'erede, al momento della denuncia; inoltre 
non si tratta di un domicilio eletto, ai sensi dell'art. 47 c.c., che rende 
implicito l'obbligo di comt.�nicare le variazioni di siffatto tipo di do


(l) Sentenza di particolare interesse sulla nozione di domicilio .fiscale, .con 
indagine comparata delle relative norme esistenti nelle imposte indirette e nelle 
imposte dirette, prima e dopo la riforma tributaria, in riferimento anche a 
Cass. Sez. Un. 6 dicembre 1978, n. 5753, Foro it. 1979, I, 9, [a quale ha ~risolto H 
contrasto tra le pronuncie dehle sezioni semplici sulle modalit� di notificazione 
allorquando il destinatario si sia aHontanato in modo definitivo dal luogo della 
sua residenza risultante dai registri anagrafici. V. anche Cass. tl9 ottobre 1977, 
n. 4472, in questa Rassegna 1977, l, 863. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 771 

micilio; infine, non v'� ragione di non applicare anche all'Amministra� 
zione Finanziaria la normativa dell'art. 44 c.c. e dell'art. 31 d.a.; 

b) per quanto poi attiene alla ratio della norma, le esigenze sottolineare 
dalla Corte d'appello si possono sodisfare mediante la norma� 
tiva sulle variazioni anagrafiche (legge 24 dicembre 1954, n. 1228) e mediante 
l'applicazione dell'art. 143 c.p.c., nel caso in cui il domicilio non 
risulta conosciuto; 

c) non � legittimo postulare l'esistenza dell'obbligo di comunicare 
all'Ufficio Successioni le modificazioni del domicilio, quale conseguenza 
di un generico dovere di collaborazione col suddetto ufficio, perch� si 
tratterrebbe di una prestazione personale che per l'art. 23 cost. pu� 
essere imposta solo da una .precisa norma di legge; 

d) non � possibile applicare nella rqateria la nozione di domicilio 
f�scale, propria delle imposte dirette: ed inoltre anche in quest'ultimo 
-campo, l'obbligo di comunicare le variazioni del domicilio fiscale � 
posto dall'art. 33 t.u. n. 645 del 1958 solo per le imposte sul reddito 
dominicale, sul reddito agrario e sul reddito dei fabbrica~i, di modo che 
riceve una limitata applicazione, tanto meno riferibile alle imposte indirette. 


La Corte Suprema osserva che il ricorso � fondato, anche se alcune 
.delle argomentazioni a suo sostegno si devono correggere ed altre sono 
superflue. 

Con esso si censura apparentemente solo la falsa ed erronea appli� 
<:azione dell'art. 51 del r.d. n. 3270 del 1923, ma chiaramente in realt� 
si coinvolge tutta la ratio che sorregge la decisione impugnata e cio� 
le conseguenze che dall'interpretazione dell'art. 51 la Corte d'appello 
ha tratto un punto di validit� ed efficacia della notifica dell'avviso di 
accertamento di maggior valore. 

Pertanto, coerentemente all'esposizione dei ricorrenti (che richiama.
no, sia pure succintamente, quale dovrebbe essere, a loro avviso, la disciplina 
della notifica di cui si tratta) la Corte condurr� il proprio esame 
dell'art. 51 del r.d. n. 3270 del 1923 sotto i profili rilevanti agli effetti 
della notifica stessa, che costituiscono la materia di cui � causa. 

Ed infatti, il fulcro della sentenza impugnata consiste nell'affermazione 
dell'esistenza dell'obbligo implicito di dare notizia all'ufficio di 
eventuali cambiamenti di domicilio (o di residenza) dell'erede, con la 
�conseguente facolt� dell'ente impositore di eseguire le notificazioni nel 
luogo originariamente dichiarato, quando il cambiamento non sia stato 
portato a conoscenza diretta dell'ufficio; nonch� con la conseguenza 
(affermata a conclusione delle altre argomentazioni) che, non avendo la 
vedova Roveda assolto all'obbligo di comunicazione suddetto, legittimamente 
l'ufficio ha effettuato la notifica, in data 9 giugno 1967, al domidlio 
indicato nella denuncia. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

772 

La Corte premette che la dichiarazione di legittimit� della notifica 
� effettuata il 9 giugno 1967 � risulta incomprensibile, dal momento che 
� pacifico in fatto (si veda l'ammissione contenuta nell'esposizione dell'amministrazione) 
che in data 9 giugno 1967 non fu eseguita alcuna notifica, 
ma il delegato dell'Intendente di Finanza (addetto alla notifica dell'avviso 
di accertamento di maggior valore) attest� di non averla potuto 
effettuare, perch� il notificando si era trasferito dal domicilio di P. Grandi 
24, Milano, a quello di Via Regina Margherita n. l (senza cindicazione 
di citt�). 

Nella logica della sentenza impugnata, che muove dall'affermazion~ 
(del resto ovvia, attesa la palese erroneit� del contrario assunto circa 
l'efficacia di una <<non notificazione� al fine di preservare l'accertamento 
di maggiore valore dalla sanzione della decadenza, se non effettuata 
entro l'anno a norma dell'art. 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 allora 
vigente) della necessit� di una notifica, non si comprende la �dichiarazione 
di legittimit� della suddetta << non notifica � se non come lJ.Il'applicazione 
(ulteriormente erronea) del principio della validit� della notifica 
effettuata all'indirizzo indicato nella denuncia di successione, anche se 
non pi� <;:orrispondente a quello reale, ma non comunicato all'ufficio. 

Ed infatti, la difesa dello Stato non aveva dato valore alla suddetta 
�non notificazione�, e neppure a quella non eseguita, in data 14 giugno 
1967, dal delegato dell'Intendente di Finanza, in viale Regina Margherita 
l, Milano, �perch� sconosciuta in luogo�; o a quella non eseguita, 
sempre dal delegato. dell'Intendenza di Finanza, in data 20 giugno 1967 
a via Canterini l, Milano �perch� in luogo la suddetta non ha mai abitato 
�; e neppure, ancora, a quella eseguita il 26 giugno 1967 all'avv. Mengozzi, 
in Piazza Cavour l, Milano, in quanto il suddetto non era n� rappresentante 
n� domiciliatario degli eredi. L'Amministrazione, invece, aveva 

invocato solo la notifica eseguita dall'aiutante Ufficiale giudiziario (non 
pi� dal delegato dell'Intendente di Finanza) in data 10 luglio 1967, a 
norma dell'art. 143 c.p.c., mediante deposito nella Casa comunale e nell'Ufficio 
giudiziario (su questo punto, si torner� pi� oltre).. 

La legittimit� della c.d. n?tifica eseguita il 9 giugno 1967 non � oggetto 
di censura dinanzi a questa Corte direttamente, e cio� per il 
fatto che essa �, appunto, una �non-notifica�, ma indirettamente, tramite 
la censura della premessa su cui la decisione del giudice di merito 
� poggiata (l'obbligo di denunciare le variazioni di domicili� all'Ufficio 
Finanziario), di modo che basta constatare e dimostrare che � errata 
la premessa della ratio, decidendi, perch� questa cada del tutto, 
compresa la sua applicazione concreta alla fattispecie. 

La richiamata premessa della Corte d'Appello si regge su tre ordini 
di argomentazioni. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 773 

Il primo si richiama espressamente alla sentenza di questa Corte, 
sez. I, 5 luglio 1973, n. 1889. Il Collegio ritiene di dover rinviare l'esame 
critico sia della pronuncia, sia del suo riferimento alla presente causa, 
ad un momento successivo rispetto all'esposizione dei princ�pi che regolano 
la materia. 


Il secondo argomento attiene all'esigenza di garantire, attraverso lo 
specifico obbligo di collaborazione del contribuente, un'efficace operativit�, 
del sistema dei termini previsti per gli accertamenti complementari 
e, pi� ampiamente, �per la definizione e la liquidazione del tributo. 

La Corte Suprema rileva che � evidentemente connaturata al sistema 
predetto l'esigenza che l'Amministrazione possa, nella normalit� 
dei casi, attuarlo senza incorrere in decadenze. Ma appunto perch� si 
tratta di una decadenza e� cio� della conseguenza sfavorevole ed ineluttabile 
dell'inosservanza di un onere di notifi�a a carico dell'amministrazione, 
l'argomentazione secondo cui la legge deve prevedere un obbligo 
della contrqparte (che "ha evidentemente interesse contrario all'assolvimento 
dell'onere, e cio� ha� interesse ad essere liberata dalla 
soggezione all'accertamento di maggior valore) pu� essere seguita solo 
quando risulta dal sistema (se la legge non impone l'obbligo espressamente). 


Altrimenti, si sposterebbe senza ragione una parte del rischio del 
mancato assolvimento dell'onere dalla parte onerata alla controparte 
che, invece, per principio, di fronte all'onere di controparte � in una 
situazione di mera soggezione e non di obbligo attivo (cfr. Cass. 14 
luglio 1975, n. 2785). 

Ed in effeti, la corte di merito ha cercato di sorreggere quella che, 
isolatamente presa, � una non coerente conseguenza (obbligo del contribuente) 
della premessa (onere di effettuare l'accertamento entro breve 
termine e di comunicare comunque gli atti di liquidazione del tributo) 
con altre considerazioni. 

La prima, sulla quale quasi esclusivamente ha posto l'accento l'amministrazione 
nel controricorso, � che la nozione di domicilio fiscale, 
ancorch� espressamente prevista solo nella normativa sulle imposte dirette, 
integra un criterio generale di identificazione delle notificazioni, 
applicabile cio� a tutti gli atti del procedimento di imposizione, qualunque 
sia il tributo cui si riferisce. 

Il collegamento tra � domicilio fiscale � e notifiche non � invece 
applicabile alle imposte indirette, nel senso ritenuto dalla corte di 
merito. 

In primo luogo, non � sempre vero che il domicilio fiscale, nel campo 
delle imposte dirette, in cui l'istituto � regolato espressamente, costituisca 
in ogni caso il criterio di identificazione delle notificazioni. Limitando 
alla legislazione vigente all'epoca dei fatti di cui � causa, secondo 
l'at. 38 lettera c) del t.u. n. 645 del 1958, � fatto salvo il caso di consegna 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

774 

dell'avviso o dell'atto in mani proprie (anche al di fuori ,quindi, dal 
domicilio fiscale). Inoltre la corte di merito, ha osservato che il Juogo 
.indicato dallo stesso soggetto per prendere conoscenza degli atti inerenti 
all'imposizione costituisce un dato indipendente dalla natura del 
tributo, perch� il domicilio fa parte del procedimento giurisdizionale, 
<:on ovvie conseguenze di unitariet� di disciplina, tramite il rifermento 
alle norme del c.p.c., per tutti i tributi che non prevedono norme 
apposite. 

Questa Corte rileva che, mentre l'ultima affermazione si pu� accettare, 
quella precedente introduce un tema (quello delle notifiche nel 
procedimento giurisdizionale) che � estraneo alla causa, perch� la notifica 
dell'avviso di accertamento � un atto dell'amministrazione attiva che 
non ha riferimento al procedimento giurisdizionale (iniziato dal contribuente 
mediante ricorso, regolato da norme diverse, riguardanti anche 
l'indicazione del domicilio, con influenza sul seguito del procedimento 
stesso), per cui non si pu� postulare un'unit� di disciplina. 

A parte le suddette considerazioni preliminari, scendendo all'esame 
dell'istituto del domicilio fiscale, si osserva che esso, nel campo delle 
imposte dirette (art. 9 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) � essenzialmente ed 
.in via principale determinato al fine di stabilire la competenza territoriale 
dell'Ufficio al quale va presentata la dichiarazione tributaria ed 
al quale � attribuita la potest� di accertamento (art. 29 e 33 dello stesso 
t.u.). Sotto tale profilo, la nozione � inutilizzabile o comunque concepita 
in modo esenzialmente diverso nell'imposta sulle successioni, per-
ch� l'Ufficio al quale si deve presentare la denuncia di successione e che 
� competente per l'accertamento � quello nella cui circoscrizione era 
l'ultima residenza del defunto (art. 61 r.d., n. 3270 del 1923; art. 35 

d.p.r. n. 637 del 1972). Mentre l'Ufficio competente per ricevere la di-
chiarazione e per effettuare l'accertamento � determinato, nelle imposte 
dirette, di norma in base alla residenza del contribuente, che costituisce 
in via principale il domicilio fiscale (stante la coincidenza, iri 
via normale, tra residenza effettiva e comune nella cui an~grafe il cittadino 
� iscritto), invece la residenza del soggetto passivo dell'imposta 
di successione (da dichiarare nella denuncia) non ha alcuna rilevanza 
per la determinazione dell'Ufficio che deve procedere all'accertamento 
e liquidare l'impota. 
Il profilo accennato non riguarda direttamente la causa, perch� nella 
specie non si controverte dell'Ufficio competente per l'accertamento, 
ma � comunque ignificativo per stabilire gi� che non esiste una nozione 
unitaria di domicilio fiscale ai fini delle imposte dirette e dell'imposta 
di successione (almeno come criterio dell'attribuzione di competenza 
agli Uffici). 

Sotto il profilo (che interessa la causa e quindi si deve pi� direttamente 
considerare) della disciplina della notifica degli atti in materia 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 

di imposta di successione, la giurisprudenza e la dottrina erano pervenute 
a risultati che sono stati codificati dal legislatore delegato del 1972. 
� utile pertanto riferire il punto di arrivo, in cui lo sforzo interpretativo 
delle sparse e non complete preesistenti norme .si � tradotto in 

espresso dettato legislativo. 

Dispone� l'art. 26 del d.P.R. n. 637 del 1972 che l'avviso di accertamento 
di maggior valore � notificato nei modi stabiliti per le notificazioni 
in materia di imposte sui redditi, dagli ufficiali giudiziari, da 
messi speciali autorizzati dagli uffici del registro o da messi comunali. 

� da notare che, poich� il d.P.R. n. 637 � entrato in vigore il lo 
gennaio 1973, mentre il d.P.R. n. 600 del 1973, che all'art. 60 disciplina 
le notificazioni, � e~trato in vigore il lo gennaio 1974, per l'anno 1973 si � 
applicato l'art. 38 del t.u. n. 645 del 1958. 

Naturalmente, si deve tener conto della decisione della Corte cost. 
14 giugno 1974, n. 189, che ha dichiarato la parziale illegittimit� costituzionale 
dell'art. 38 lett. e) del d.P.R. n. 645 del 1958 e dell'art. 32 
lettera c) del d.P.R. n. 636 del 1972, sulla revisione del conte�lzioso tributario. 


Il sistema che risulta � caratterizza,to, per quel che interessa la 
presente causa, dai seguenti elementi: a) mentre l'art. 26 del d.P.R. 

n. 637 elenca oltre i messi speciali autorizzati dall'ufficio, ed i messi 
comunali, anche gli ufficiali giudiziari, invece le norme sulle imposte 
dirette non elencano gli ufficiali giudiziari; b) le norme sulle imposte 
dirette es�ludono l'applicabilit� dell'art. 143 c.p.c., ma si deve intendere 
che la notificazione, col rito degli irreperibili, dell'avviso di accertamento 
in materia di imposte di successione, non pu� essere effettuata quando 
alla notifica procedono i messi speciali ed i messi comunali, e non 
quando vi procedono gli ufficiali giudiziari. Ci� � confermato dall'art. 32 
del d.P.R. n. 636 del 1972, che esplicitamente esclude, al comma 3� 
lett. d), l'applicabilit� dell'art. 143 c.p.c. solo per le notifiche effettuate 
dai messi, mentre al comma 2o include fra gli agenti della notificazione, 
oltre i messi, anche gli ufficiali giudiziari; c) la notifica � eseguita nel 
domicilio fiscale del destinatario (formula pi� esatta contenuta nel d.P.R. 
del 1973 n. 600, di quella: � nel comune di domicilio fiscale del contribuente
�, usata dal d.P.R. n. 645 del 1958); d) � prevista la facolt� 
del contribuente di eleggere domicilio; e) si applica l'art. 140 c.p.c. 
quando nel comune dove deve eseguirsi la notificazione non vi � abitazione, 
ufficio o azienda 4el contribuente; f) � prevista l'efficacia della 
variazione anagrafica, con effetto da una certa data (30 giorni o 60 
giorni, a seconda dei due testi). Questa norma riguarda le persone fisiche, 
per le quali sussiste l'anagrafe della popolazione residente. Per 
le persone giuridiche, la societ� e gli enti, il nuovo d.P.R. numero 600 
del 1973 prevede l'obbligo della comunicazione (art. 36) delle variazioni 
di sede, e regola gli effetti della omessa comunicazione. 
13 



RASSEGNA DEL:L'AVVOCATURA DEU.O STATO 

Dal suddetto sistema risulta che, anche a volere trasportare la no


zione di domicilio fiscale del campo delle imposte dirette a quello del


l'imposta di successione (con le riserve gi� fatte supra), non � affatto 

v.ero . che per le persone fisiche, la mancata comunicazione della varia


zione di residenza all'Ufficio, nel caso nel quale peraltro si sia provve


duto alla variazione anagrafica presso i Comuni, a norma della legge del 

1954 gi� citata, sia irrilevante per le notifiche che l'UffiCio deve ese


guire. Al contrario, la variazione anagrafica ha effetto automatico: anche 

per l'Ufficio, si�~. pure con la cautela del decorso di un certo tempo 

dalla sua effettuazione. 

n sistema � pertanto quello secondo cui la notifica deve eseguirsi 

alla residenza effettiva del contribuente, mentre non � vero che il do


micilio indicato nella denuncia della materia imponibile all'Ufficio, non 

seguita da diverse comunicazioni, abbia un effett? permanente, oltre e 

.al disopra delle variazioni anagrafiche effettuate dai contribuenti, pur 

senza comunicazione all'Ufficio. 

Perde pertanto di consistenza anche la terzq argomentazione della 
corte di Milano, secondo cui n?n avrebbe senso richiedere 'un'indicazione 
di residenza o di �domicilio (nella denuncia) se subito dopo la 
presentazione della denuncia il contribuente potesse vanificarne gli effetti, 
attraverso la mancata comunicazione dei trasferimenti all'Ufficio 
impositore. � facile obiettare che l'Ufficio impositore � tenuto a consultare 
i registri anagrafici, come risulta .dalle norme espresse nel campo 
delle imposte dirette, che pure si vogliono invocare per porre quell'automaticit� 
che non esiste. Alla consultazione dei registri si arriver� 
attraverso l'attivit� dell'agente notificatore, a seguito della mancata notifica 
alla residenza dichiarata nella denuncia (attivit� che del resto era 
stata eseguita nella presente fattispecie, sia pure nel modo manchevole 
. che risulta dagli atti, e cio� confondendo la citt� di Monza con quella 
di Milano e due vie omonime esistenti nelle due citt�; difetti, questi, 

che non possono essere certo imputati ai contribuenti). 

Come si � gi� detto, lo stess.o sistema di notifiche deve ritenersi 

vigente prima del t� gennaio 1973, perch� le norme del d.P.R. n. 637 

del 1972 non possono considerarsi innovative e poich� comunque il si


stema risultava dall'analogia con le norme sulle. imposte dirette anche 

allora vigenti (in tal senso cfr. Corte cost. n. 189 del 1973, nella par;te 

introduttiva della motivazione). 

Il Collegio osserva, a questo punto, che non �pu� condividersi l'as


sunto secondo cui nell'obbligo di dichiarare il domicilio al momento della 

denuncia di successione (art. 51 r.d. n. 3270 del 1923) � implicito l'ul


teriore obbligo di dare. notizia degli eventuali cambiamenti del domi


cilio medesimo, affermato da Cass. 5 luglio 1973; n. 1889. Innanzitutto, 

� da notare che T affermazione si riferisce ad una fattispecie esattamente 

opposta a quella che avrebbe dovuto far dettare la regola, e cio� ad 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 

un caso nel. quale il contribuente, nel ricorso. alla Commissione, aveva 
eletto domicilio in luog� diverso da quello indicato in denuncia: la 
Corte l�.a ritenuto� che �gli atti inerenti alla liquidazione. dell'imposta 
fossero stati notificati all'ultimo domicilio eletto. 

In sostanza, si � voluto conferire, anche ai fini della procedura di 
accertamento e riscossione dell'imposta, un effetto al domicilio eletto 
nel ricorso alla Commissione tributaria (che, in linea di principio, vale 
in sede di procedimento giurisdizionale); ma tale collegamento non 
sembra che debba essere posto per il motivo che l'elezione di domicilio 
attuata per iscritto nel ricorso alle Commissioni tributarie pu� 
essere riguardata come adempimento dell'assunto obbligo di dare notizia 
all'Ufficio dei cambiamenti del domicilio o della residenza dichiarata 
nella denuncia di successione. 

Invero, si trattava di stabilire, anche indipendentemente da tale supposto 
obbligo, se l'Amministrazione poteva utilizzare, ad altri fini, l'elezione 
di � domicilio effettuata nel ricorso, di fronte alla contestazione 
del contribuente secondo cui raHro � il domicilio eletto in sede giurisdizionale 
(vedi, ora, l'art. 32 del d.P.R. n. 636, che parla di <<luoghi indicati 
nel ricorso a norma dell'art. 15 �), .altro � il domiCilio reale ai cui 
all'art. 51 legge sulle successioni abrogata. 

Il problema interpretativo posto allora (sul quale la Corte non ha 
ragione di insistere in questa sede) non ha quindi una diretta correlazione 
col caso opposto, nel quale nessuna notizia di un diverso domicilio, 
rispetto a quello indicato in denuncia, �_ stata data all'ufficio 
delle successioni dal contribuente, per cui esiste nel mondo fenomenico 
solo la suddetta �indicazione originaria �e la successiva variazione anagrafica, 
non comunicata. 

In questo caso, occorre partire dalla norma, la quale impone solo 
l'indicazione del domicilio e della residenza dell'erede. Questo obbligo non 
� sanzionato, perch� l'art. 52 specifica che si considera irregolare la denuncia 
che non contiene alcuni elementi (ivi elencati), tra i quali non 

� esiste la mancata indicazione della residenza o domicilio. Anzi, poich� 
il ricevitore deve invitare il denunziante a rettificare la denuncia irregolare, 
segno � che (se essa manca� dell'indicazione della residenza e del 
domicilio) il ricevitore stesso dovr� accertarsi aliunde di tali dati, per 
poter ottemperare all'obbligo (definito tale dalla legge) di restituire la 
denuncia irregolare al denlmziante, con invito a rettificarla. In sostanza, 
l'art. 51, primo comma ultimo inciso, � una norma minus quam perfecta. 
La sua inottemperanza non � presidiata da sanzioni e l'Ufficio 
dovr� attivarsi, per integrare il suddetto elemento mancante. A maggior 
ragione, �non pu� porsi l'obbligo successivo di dichiarare i cambiamenti 
del domicilio e della residenza, perch� l'Amministrazione � sottoposta 
al sistema di notifica che innanzi si � descritto, comportante la rilevanza 



778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�delle variazioni anagrafiche denunciate ai Comuni, anche se non all'Uf


ficio impositore. 

Per complete;zza, si deve chiarire che l'applicazione degli artt. 140 e 

143 c.p.c. postula l'osservanza dei princ�pi da ultimo stabiliti da Cass., 

sez. un., 6 dicembre 1978, n. 5753. Nel caso (che � l'unico che interessa 

la presente fattispecie) nel quale la residenza effettiva nuova -a se


guito di trasferimento dalla vecchia residenza e di contemporaneo tra


sferimento del domicilio ex art. 44 comma 2� c.c. -coincida con la resi


denza anagrafica nuova ,non si pu� che applicare l'art. 44 comma 1�, c.c., 

sull'apponibilit� del trasferimento ai terzi, intendendosi per tale anche 

l'Ufficio delle imposte (salvo il caso del Comune, nel rapporto tributario 
.dell'imposta di famiglia: Cass. n. 1303 del 1969). 
Il richiamo all'art. 140 c.p.c. compiuto dalle norme sulle imposte 
dirette (art. 38 lett. f) d.P.R. n. 645 del 1958 ed art. 60 lett. f) d.P.R. 

n. 600 del 1973) riguarda una situazione che in realt� � pi� simile a 
quella prevista dall'art. 143 c.p.c. (vedi, in tal senso, Corte cast. n. 189 
del 1974; e sulla prevalenza dell'art. 140 c.p.c. sull'art. 38 lett. f) del 
t.u. del 1958, vedi Cass. 10 febbraio 1971, n. 342; Cass. 13 febbraio 1969, 
numero 490). 
Le norme speciali suddette devono infatti coordinarsi con l'ultimo 

comma dello stesso articolo, per cui devono applicarsi solo al caso in 

cui il domicilio fiscale dichiarato, per errore o volont� del contribuente, 

non coincide con la residenza effettiva, ovvero al caso di trasferimento 

non denunciato alle Anagrafi. 

Invece, nel caso di trasferimento denunciato alle Anagrafi, le norme 

speciali possono applicarsi solo quando la denuncia non sia veritiera, 

e cwe non corrisponde ad un effettivo trasferimento della residenza; 

ovvero non siano ancora trascorsi i termini di 60 e 30 giorni stabiliti 

a decorrere dall'avvenuta variazione anagrafica (corrispondente alla real


t�) per l'efficacia nei confronti dell'Amministrazione della variazione 

stessa. 

Quanto all'applicabilit� dell'art. 143 c.p.c., mentre essa � .in radice 
esclusa se alla notifica procedano i messi diversi dall'ufficiale giudiziario, 
quest'ultimo potr� procedervi solo quando siano sconosciuti all'autore 
dell'atto di impulso o all'ufficiale giudiziario i luoghi in cui il destinatario 
ha effettivamente la residenza o il domicilio, ed inoltre detta situazione 
di ignoranza non sia stata superata (e non si sia quindi trasformata 
.in una situazione di conoscenza del nuovo luogo di residenza o 
di domicilio effettivo) dalle ricerche e dalle richieste di informazioni che, 
secondo il criterio dell'ordinaria diligenza, si rendano necessarie. E, 
quindi, l'art. 143 c,p.c. � inutilizzabile quando la residenza effettiva coincide 
cop la residenza risultante dai registri anagrafici, perch� la consultazione 
dei medesimi costituisce il grado di diligenza richiesta (Cass. 
6 giugno 1972, n. 1751). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 

Non pu�, invero, considerarsi irreperibile chi abbia regolarmente 
effettuato le variazioni anagrafiche richieste dalla legge n. 1228 del 1954 
e dal regol. di attuazione, perch� allora non si ha l'irreperibilit� oggettiva 
che costituisce la ratio dell'art. 143 c.p.c. Potr� quindi applicarsi 
l'art. 140 c.p.c., nella forma �pura� regolata dal c.p.c. e non nelle forme 
peculiari previste dalle norme fiscali richiamate, nel comune di residenza 
effettiva coincidente col comune di residenza variata anagraficamente, 
ma solo se non si possa eseguire la notifica a norma dell'art. 139 
c.p.c., per l'impossibilit� di consegnare la copia ad un soggetto legittimato. 


La sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa va rinviata 
ad 'altra sezione della Corte d'appello di Milano, che osserver� il principio 
secondo cui, non essendo previsto dall'art. 51 r.d. n. 3270 del 1923 
l'obbligo del denunciante di comunicare all'Ufficio delle successioni le 
variazioni di residenza e domicilio intervenute dopo l� denuncia, l'Ufficio 
predetto dovr� procedere alla notifica dell'avviso di accertamento 
di maggior valore dei beni caduti nella successione alla residenza trasferita 
in altro luogo (denunciata a norma della legge n. 1.428 del 1954 
e dell'art. 44 c.c.), a norma dell'art. 139 o dell'art. .140 c.p.c., mentre � 
esclusa l'applicabilit� dell'art. 143 c.p.c. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1979, n. 4740 -Pres. Vigorita 
-Est. Sgroi -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Soprano) c. Soc. Crestliner Italia (avv. De Ferrari). 

Imposta di ricchezza mobile � Esecuzione decennale � Presupposti . Novit� 
dall'impresa � Decorrenza dell'esenzione -Funzionalit� degli impianti 
� Prova � Atto della Camera di Commercio -Pr�va contraria � Am� 
missibilit�. 

In tema di esenzione decennale dall'imposta di r.m., secondo la normativa 
contenuta nell'art. 8 della legge 29 luglio '1957, n. 635 e nell'art. 8 
della legge 22 Zuglio 1966, n. 614, da applicarsi nelle localit� gi� riconosciute 
economicamente depresse, il presupposto temporale per il diritto 
all'esenzione � che si tratti di �nuova� impresa, costituita dopo l'entrata 
in vigore delle due leggi, mentre la data di inizio (entro il 13 agosto 
1969) delle attivit� (funzionalit� degli impianti), rilevabile (con possibilit� 
di prova contraria) con atto detla Camera di Commercio, � decisivo 
solo per il periodo di' decorrenza del diritto all'esenzione (1). 

(:1) Suila questione cfr. Cass. 9 giugno 1971, n. 1712; Cass. 23 novembre 1976, 

n. 4425 in Foro lt. 1976, Rep. 1976, voce R.M. n. 176. 

780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con l'unico motivo di ricorso l'amministrazione finanziaria dello 

Stato deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 8 legge 29 luglio 

1957, n. 635 e dell'art. 17 .della legge 22 luglio 1966, n. 614, nonch� omessa, 

insufficiente e contraddittoria motivaz�one in relazione agli artt. 360 n. 3 

e n. 5 �c.p.c. 

Poich� il �motivo � molto complesso ed investe diversi aspetti, con


viene esaminarne distintamente le argomentazioni, in ordine logico. In 

primo luogo, 1a ricorrente rileva che la Corte d'appello non ha tenuto 

presente che l'art. 8 della legge n. 635 del 1957, ai fini di cui � causa, 

deve essere integrato dall'art. 17 della successiva legge n. 614 del 1966, 

che pone l'ulteriore requisito della entrata in funzione degli impianti, 

sia o no la legge successiva limitativa della precedente, in modo che il 

.problema della controversia era quello di .stabilire se alla data del 13 

agosto 1969 gli impianti della Crestliner erano o meno entrati in fun~ 

zione. Poich� a questa domanda la Corte d� merito aveva dato risposta 

negativa, dato che aveva affermato che no:p. erano ancora iniziati i 

lavori per l'allestimento dello stabilimento, non si capiva -secondo 

la ricorrente -l'utilit� dell'indagine compiuta poi dalla stessa Corte 

sull'attivit� di minime dimensioni, di fatto svolte dalla Soc. Crestliner. 

Questa Corte osserva che la censura � fondata, perch� � evidente 

che la Corte di merito � partita da una ricost;ruzione errata del sistema 

legislativo, quando ha posto un mero rapporto �di continuit� tra l'art. 8 

della legge n. 635 del 1957 e l'art. 17 della legge n. 614 del 1966, nel senso 

che, a n9rma dell'art. 17 citato, rileva un qualsiasi inizio dell'attivit�, 

.certificato dalla iscrizione alla Camera di Commercio, per creare il di


ritto all'esenzione. 

Il rapporto tra le due norme e mvece profondamente diverso e non 

si coglie se non avendo presente tutto il complesso della legge n. 614 

del 1966, che la Corte di merito ha trascurato, pervenendo ad un'er


ronea affermazione in diritto che, pur contenuta alla fine della moti. 
vazione, � quella che ne regge sostanzialmente l'iter logico. 

La legge 22 luglio 1966, n. 614 all'art. 8 (esenzioni fiscali per le nuove 

imprese artigiane ed industriali) dispone: <<Le nuove imprese artigiane 

e le nuove piccole e medie imprese industriali... che si costituiscono nelle 

zone depresse dell'Italia settentrionale e centrale... sono esenti, per dieci 

anni dalla data d'inizio della ~oro attivit� -rilevabile con atto della 

competente Camera di commercio, industria e agricoltura -da ogni 

tributo diretto sul reddito�. Questa norma (corrispondente, pur nella 

diversa formulazione, a quella contenuta nell'art. 8 della precedente legge 

29 luglio 1957, n. 635) n�n � utilmente invocabile dalla Soc. Crestliner 

(come essa stessa ammette) perch� riguarda solo le. zone depresse deli


mitate col provvedimento CIPE previsto dall'art. l della legge n. 614 

del 1966. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 

Il provvedimento CIPE del 31 luglio 1967 (G. U. 2 gennaio 1968, n. l) 
mod. con prevvedimento del 1968 (G. U. 24 giugno 1968, n. 159) non comprende 
il Comune di Ameglia, dove aveva sede l'attivit� della Soc. CrestIiner. 
Il suddetto Comune di Ameglia era invece stato riconosciuto come 
� localit� economicamente depressa � a norma della precedente legge 

n. 635 del 1957, ma l'art. 17 (norme finali e transitorie) d�lla legge 
n. 614 del 1966 dispone: �Fermo restando le agevolazioni gi� concesse 
alle imprese ammesse ai benefici della legge 29 luglio 1~57, n. 635, le 
dichiarazioni ed i riconoscimenti di << localit� economicamente depressi � 
effettuati in applicazione, rispettivamente dell'art. l legge 10 agosto 1950, 
n. 647, nonch� dell'art. 8 della citata legge n. 635 e successive modificazioni 
ed i)ltegrazioni, perdono ogni efficacia a seguito dell'entrata in 
vigore della presente legge (13 agosto 1966, a norma dell'art. 21). 
Poieh� � pacifico che a quella data del 13 agosto 1966 la Soc. Crestliner 
non esisteva ancora, non poteva ovvi~mente invocare la prima parte del 
primo comma dell'art. 17 citato, che conservava le agevolazioni gi�. con~ 

. cesse. Essa poteva invocare solo il secondo comma (mod. con legge 6 
agosto 1967, n. 690) che � del seguente tenore: <<l'esenzione fiscale di cui 
all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635 � successive modificazioni ed 
integrazioni continua ad applicarsi nelle localit� gi� riconosciute economicamente 
depresse per le iniziative i cui impianti �ntrino in funzione 
entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge purch� a prescindere 
dal numero 'degli operai addetti all'impresa, l'investimento in 
impianti fissi non superi i due miliardi di lire. Tale limite di investimento 
� �pplicabile! fino al compimento del decennio dalla data di inizio 
dell'attivit�, anche per le imprese gi� ammesse al godimento dell'esenzione 
fiscale anzidetta "� Segue un terzo comma (aggiunto con legge 6 
agosto 1967, n. 690) che nl:!n rigl.iarda la presente controversia, ma l'ampliamento 
delle aziende esistenti (alla data del 13 agosto 1966) e quindi 
non � applicabile alla Crestlirter. . 

L'esame del secondo comma ,che � quello astrattamente applicabile 
alla fattispecie ed invocato dalla Crestliner, mostra un dato evidente: 
la distinzione tra <<entrata in funzione degli impianti� entro il 13 agosto 
1969, per le iniziative sorte in localit� gi� riconosciute economicamente 
depresse (la formula era contenuta nel testo originario c,lella 
legge n. 614, gi� prima della modifica apportata con la legge n. 690 del 
1967) da un lato, e la �data di inizio dell'attivit��, nella parte aggiunta 
al secondo comma dalla legge n. 690 del 1967. Occorre, in primo �luogo, 
accertare se, nonostante la diversit� della dizione letterale, le �due formule 
sono sostanzialmente equivalenti, come ha ritenuto la Corte di 
Genova. 

Questa Corte osserva che per stabilire l'identit� o la diversit� di 
significato delle due formule occorre partire dal significato della formula 
<< data di inizio dell'attivit� "� ~ssa � �collocata nell'ambito della 



782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delimitazione temporale dell'esenzione gi� accordata (<< per le imprese 
gi� ammesse al godimento dell'esenzione fiscale anzidetta <<recita� la 
norma�) a norma dell'art. 8 della legge n. 635 del 1957 e del primo 
comma dell'art. 17 della legge n. 614 del 1966. Il significato non pu� 
quindi che essere quello della norma originaria, ed in tale sede si � 
gi� stabilito (Cass. 9 giugno 1971, n. 1712, in motivazione) che l'esenzione 
spetta alle imprese costituite s�lo dopo l'entrata in vigore della 
norma agevolatrice del 1957, essendo congruo alla funzione incentivante 
della legge ammettere al trattamento di favore solo le iniziative suscitate 
dalla prospettiva di goderne, e che l'impresa, quando � esercitata da una 
societ�, deve considerarsi venuta in essere gi� con la costituzione della 
societ�, perch� questa rivela la preordinazione all'esercizio dell'attivit� 
industriale, mentre alla << data di inizio dell'attivit�� � attribuito il rilievo 
di segnare la decorrenza dell'esenzione, e non l'acquisto del relativo 
diritto. 

In sostanza, secondo la normativa tanto �dell'art. 8 della legge n. 635 
del 1957, quanto dell'art. 8 della legge n. 614 del 1966, il pres"upposto 
temporale per il diritto a conseguire l'esenzione ��che si tratti di << nuova
� impresa, costituita cio� dopo l'entrata in vigore delle due leggi (o, 
per l'esenzione del maggior reddito, di ampliamento, successivo alla legge, 
n. 614 -innovativa sul punto -delle aziende esistenti). La data 
d'inzio dell'attivit� � rilevante quindi solo per il periodo di decorrenza 
del diritto all'esenzione, il-che presuppone la proauzione di un reddito 
in astratto soggetto all'imposta diretta, e cio� l'inizio dell'attivit� produttiva. 


Questo primo punto dell'indagine deve quindi concludersi nel senso 
che 1a << data dell'inizio dell'attivit� � � rilevante solo per stabilire il 
momento iniziale dei dieci anni di esenzione, mentre il diritto all'esenzione 
sorge da un fatto che pu� anche essere temporalmente diverso, 
e cio� la novit� dell'impresa. Un'impresa che abbia inizi.ato l'attivit� 
dopo le leggi del 1957 o del 1967, se costituita gi� da prima (in forma 
sociale) non gode dell'esenzione, perch� non � nuova impresa. Potr� 
godere solo dell'esenzione inerente al maggior reddito derivante dall'ampliamento 
delle aziende esistenti (penultimo comma art. 8 legge n. 614 
del 1966 che pone un principio nuovo, non contenuto nell'art. 8 legge 

n. 635 del 1957). 
Occorre, ora, passare all'esame del punto se la formula <<entrata in 
funzione degli impianti� abbia lo stesso significato e la stessa portata, 
di norma non costitutiva del diritto dell'esenzione, ma solo delimitatrice 
dell'arco temporale dell'esenzione stessa, anche nel secondo comma, primo 
periodo, dell'art. 17 della legge n. 614. A prima vista sembrerebbe che 
la risposta positiva al quesito sia obbligata dal fatto che << data di inizio 
dell'attivit�� � stata considerata la data non del mero venir in essere 
(mediante costituzione) dell'impresa, ma la data dell'inizio della produ




. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 783 

zione, a sua volta ovviamente dipendente dall'entrata in funzione degli 
impianti. 

Ed in effetti, sotto questo aspetto le due formule sono equivalenti, 
ma il problema non si esaurisce in questa rilevata equivalenza di formule, 
perch� in realt�, con riferimento alla disciplina transitoria il problema 
� anche quello di stabilire se dalla data di inizio dell'attivit� produttiva 
e cio� dell'entrata in funzione degli impianti dipenda solo da fissazione 
del termine iniziale del decennio di esenzione, ovvero dipenda 
anche l'acquisto del diritto all'esenzion.e. La scelta tra le due soluzioni 
comporta infatti che, nel primo caso, bisognerebbe stabilire, indipendentemente 
dall'entrata in funzione degli impianti, quando le imprese, per 
essere esentate, debbono costituirsi. Secondo Cass. 23 novembre 1976, 
n..4425 (in motivazione) la norma in esame � diretta a disciplinare, in 
via transitoria, quelle iniziative imprenditoriali, che, avviate nella prospettiva 
economica di cui costituiva elemento non certo secondario il 
trattamento agevolato accordato dalle leggi allora in vigore, potevano 
diventare operanti solo dopo che era sopravvenuta la nuova disciplina. 
Pertanto, secondo detta interpretazione, il carattere transitorio della �norma 
comporta che l'impresa doveva essere costituita prima della nuova 
legge n. 614 del 1966, allo scopo di godere delle agevolazioni concesse 
dalla previgente legislazione in certi territori, non pi� compresi nelle 
aree depresse in base alla nuova legge~ Tale scopo indubbiamente esiste, 
come risulta anche dai lavori preparatori e cio� dalla Relazione del Presidente 
del Consiglio dei Ministri al disegno. d ilegge (Atti Senato IV 
legislatura, doc. 1215), secondo cui in base alla disposizione transitoria 
in discorso l'esenzione fiscale continuer� ad applicarsi nelle localit� gi� 
dichiarate depresse ai sensi dell'art. 8 della legge n. 635 del 1957, e successive 
modifiche e integrazioni, a quelle iniziative i cui impianti entrino 
in funizone entro tre anni dalla nuova legge, e cio� perch� � S�i � ritenuto 
opportuno, per evidenti motivi di equit�, che le iniziative in corso 
di" realizzazione non fossero escluse dal beneficio in parola solo perch�, 
per impossibilit� oggettiva, non hanno potuto ultimare i propri impianti 
entro il termine del 30 �giugno 1965, data di cess�azione dell'efficacia della 
legge n. 635 del 1957 �. 

Questa Corte osserva che � indubbio che le suddette iniziative gi� 
in corso, ma non ancora attivate al 13 agosto 1966, godono dell'esenzione, 
purch� gli impianti entrino in funzione entro il 13 agosto 1969, 
ma la norma transitoria non prevede aHatto, come condizione necessaria, 
che l'iniziativa sia in corso alla data del 13 agosto 1966 e cio�, che trattandosi 
di societ�, questa sia stata gi� costituita prima di tale data. Se 
questa interpretazione fosse esatta, nel caso di specie sarebbe risolutiva 
di ogni questione, dal momento che la s0ciet� Crestliner si � c�stituita 
solo nel 1969, nia neppure l'Amministrazione ha dedotto questa eccezione 
risolutiva. La ragione � che la norma transitoria riguarda anche le im




784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prese costituite dopo il 13 agosto 1966, purch� gli impianti entrino in 

funzione entro il 13 agosto �1969. Ci� �. affermato espressamente dal se


condo comma dell'art. 6 del d.m. 18 novembre 1966, contenente le mo


dalit� per l'applicazione delle agevolazioni fiscali rielle zone depresse del 

centro-nord (in G. U. 21 novembre 1966, n. 293) decreto emanato in forza 

dell'ultimo comma dell'art. 8 legge n. 614 del 1966. 

Se questa � l'interpretazione pacifica dell'art. 17 comma 2, contenuta 

nelle norr�.e di applicazione, � evidente che, pur nel suo indubbio carat


tere transitorio, il suo significato � assai pi� largo di quanto emerge 

dalla citata Cass. n. 4425 del 1976 e dalla Relazione del Presidente del 

Consiglio al disegno di legge, purch� non riguf'trda solo le iniziative pre


cedenti alla legge n. 6i4, sorte cio� nel vigore della legislazione abro


gata dall'art. 20 della legge n. 614, e non ancora poste in attivit� prima 

di tale abrogazione, ma riguarda anche le iniziative successive, purch� 

p�ste in attivit� entro il 13 agosto 1969. In virt� di questa interpreta


zione, che non pu� _esser posta in dubbio, perch� �ontenuta nell'art. 6 del 

d.m. 18 novembre 1966, la entrata in funzione degli impianti � contemporaneamente 
data di inizio del periodo di esenzione decennale da ogni 
tributo diretto a favore delle imprese ubicate nei comuni gi� riconosciuti 
depressi ai sensi dell'art. 8-legge n. 635 del 1957 (e non pi� riconosciuti 
tali in base alla �legge n. 614 del 1966) e condizione necessaria 
per il sorg�re dell'esenzione stessa. Infatti, il presupposto dell'esenzione 
non si realizza con la semplice costituzione entro una .certa data (13 
agosto 1969), ma � integ-rato necessariamente dall'entrata in funzione. de. 
gli impianti. 

La differenza, rispetto al sistema risultante dall'art. 8 della legge nu


mero 635 del 1957 � evidente, perch� in base a tale legge sono escluse 

dal beneficio le imprese costituite prima del 18 agosto 1957 (d,ata d'en


trata in vigore della legge del 1957) pur se la loro attivit� inizi entro 

il 30 giugno 1965, mentre sono ammesse al godimento dell'esenzione le 

imprese costituite �entro il 30 giugno 1965 e che inizino l'attivit� succes


sivamente al 30 giugno 1965. 

Invece, secondo l'art. l comma 2, legge n. 614, la data finale per la 

costituzione (13 agosto 1969) � anche la data finale per l'inizio dell'atti


vit� (sotto forma di entrata in funzione degli impianti) non essendo con


cessa alcuna esenzione alle imprese gi� costituite il 13 agosto 1969, ma 

i cui impianti non sono ancora entrati in funzione a quella data. 

Concludendo, il rapporto tra il sistema precedente e quello dell'art. 17 
comma 2 della legge del 1966 non � di mera continuit�, come erroneamente 
affermato dalla Corte di Appello di Genova; che ha aggiunto a tale 
errore un'altra inesattezza, affermando che l'iscrizione alla Camera di 
Commercio � considerata quaJe momento dell'inizio dell'attivit�, sia in 
base alla legge del 1957 che in base alla legge del 1966. Questi errori 
hanno portato la Corte a confondere fra la data della costituzione e 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 785 

dell'iscrizione della Societ� alla Camera di Commercio (nonch� della << d�ta 
di inizio dell'attivit�� indicata� nella denuncia alla Camera. di Commercio),. 
da un lato, e data di <<inizio dell'attivit� mediante entrata in 
funzione degli impianti�, che integra il requisito. chiesto per l'esenzione 
dell'art. 17 citato, dall'altro lato. 

La-ricorrente rileva:, in merito a questo punto, che � erroneo affermare 
che la �legge di esenzione. abbia considerato come inizio dell'attivit� 
l'iscrizione alla Camera di Commercio, che spetta a quest'organo 
certificare la data di inizio dell'attivit�: che questa data riguarda l'inizio 
effettivo dell'attivit� e non la �lata dell'iscrizione alla Camera di Commercio; 
che la dichiarazione della parte si considera inizio dell'attivit� 
solo ai fini dell'iscrizione stessa. Secondo la ricorrente, inoltre, per verificare 
se al 13 agosto 1969 smio entrati� in funzione gli impianti, � 
necessario un certificato della Camera di Commercio sulla data di inizio 
dell'attivit� effettiva: certifi�ato che non esiste, per cui � irrilevante 
ogni altra indagine, non potend�si al di fuori di tale certificato stabilire 
in sede contenziosa che una certa attivit� � stata di fatto spiegata 
prima del 13 agosto 1969. 

.Questa �:;orte rileva che il secondo ordine di argomentazione . non� 
pu� essere accolto, mentre � sostanzialmente fondato il primo argomento, 
col quale si sottolinea un evidente errore di diritto della Corte 
di merito, che ha influito sui vizi di motivazione di cui poi si dir�. 

Tanto l'art. 8 della legge n. 635 del 1957 che l'art. 8 della legge n. 614 
del 1966 dispongono che la data di inizio dell'attivit� � rilevabile �con 
atto della competente Camera di Commercio, industria ed agricoltura. 

La formula � rilevabile � (e non <<rilevata� o simili), indica una possib�lit� 
di prova, e cio� una certificazione da cui � desumibile la data 
di inizio dell'attivit�, per�ltro con l'efficacia probatovia non assoluta 
che � propria dell'atto. I certificati delle Camere di commercio, relativi 
alle attivit� delle imprese, concernono annotazioni fatte sulla base delle 
dichiarazioni rese dagli interessati; essi pertanto hanno pieno valore probatorio 
solo in ordine all'esistenza di quelle dichiarazi�ni, ma non anche 
in merito alla loro corrispondenza con la realt�, con riguardo alla quale 
possono fornire semplici �presunzioni (Cass. Sez. I, 13 maggio 1977, numero 
1883). Per ottenere, a domanda (cfr. art. 5 del d.m. 18 novembre 
1966) l'esenzione, la prova dell'inizio dell'attivit� � rilevabile (cio� <<pu� 
esser data�) col certificato suddetto, ma esso � suscettibile di prova .con� 
traria da parte dell'amministrazione, come di integrazione con altri elementj 
da parte dell'istante. Basta �considerare che l'articolo 48 del t.u. 
20 settembre 1934, n. 2011 dispone che la denuncia alla Camera di Commercio 
deve essere fatta entro 15 giorni dalla costituzione della societ� 

o dall'inizio dell'esercizio commerciale industriale o agricolo, se si tratti 
di azienda appartenente a societ� regolarmente costituite o a singoli in

786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dividui. Per le societ�, il termine non decorre dall'inizio della attivit�, 

ma dalla semplice costituzione, e la data di inizio dell'attivit� � quindi 

una mera prestmzione derivante dalla costituzione, ovvero da una di


chiarazione integrativa (e. non necessariamente richiesta) dell'obbligato 

alla denuncia. 

Queste osservazioni acquistano ancor maggior valore nel quadro del


l'art. 17 della legge del 1966. La Camera di Commercio non pu� certifi


care l'entrata in funzione degli impianti, perch� nei registri tenuti da 

quell'ente non esiste una simile attestazione, a meno che lo stesso denun


ciante non lo dichiari, ed allora essa h� lo stesso valore di una dichia


razione della parte. Non � vero, quindi, che la data dell'entrata: in fun


zione degli impianti debba essere certificata dalla Camera di Commercio 

(l'art. 17 non ne parla) come vuole l'amministrazione ricorrente. Ma non 

� neppure vero che la denuncil;l alla Camera di Commercio della � data 

di inizio dell'attivit�� ha carattere di prova legale, come afferma la 

Corte di merito, dato che nessun operatore si espone fiscalmente con 

l'iscrizione alla C.C.I.A. se non esercita gi� effettivamente la sua attivit�. 

Esattamente la ricorrente amministrazione opponeche !:iscrizione alla 

Camera di Commercio non espone al alcun rischio fiscale, perch� pre


supposto della imposizione � l'esistenza di un reddito (art. 2 ed 81 del 

t.u. n. 645 del 1958, allora vigente) e nori un'iscrizione meram�nte formale 
alla C.C.I.A. Concludendo, su questi punti del motivo del ricorso 
che rilevano violazione e falsa applicazione di legge, si deve affermare 
quanto segue: ai fini dell'art. 17 comme 2 della legge n. 614 del 1966, 
entro il 13 agosto 1969, non solo deve essere costituita l'impresa, ma 
. devono essere entrati in funzione gli impianti per i quali essa � stata 
costituita, non bastando un'attivit� preparatoria e prodromica, diversa 
da quella propria degli stessi impianti. 

La legge, invero, pone una stretta correlazione tra gli impianti e 

gli investimenti, tanto � vero che fissa un limite di due miliardi agli 

� investimenti in impianti fissi �. Se gli impanti non fossero entrati in 

funzione completamente, non si vedrebbe come stabilire se detto limite 

sia stato o meno superato. 

Il controllo non pu� essere fatto con riferimento al mero acquisto 

di qualche macchina o di materiale, o alla mera assunzione di dipen


denti, per svolgere un'attivit� iniziale in locali definiti �di fortuna� e 

cio� provvisori e aventi una diversa destinazione, come erroneamente 

ha fatto la Corte d'appello. 

In secondo luogo, la certificazione della Camera di commercio sull'inizio 
dell'attivit� non � decisiva, ma meramente presuntiva, mentre 
la iscrizione alla Camera di Commercio non si deve confondere con 
l'inizio dell'attivit� effettiva, come erroneamente ha affermato la Corte 
d'appello. 



SEZIONE SETTI.MA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1979, n. 972 -Pres. La Farina 
-Rel. Carnevale -P. M. Minetti (conf.) -Fallimento di Giuseppe 
Palmis~;tno (avv. Fazzalari e Caffarelli) c. Assessorato per i lavori pubblici 
della Regione Siciliana (avv. Stato Onufrio). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Rescissione -Contestazione 


Comunicazione della relazione particolareggiata -Equipolle~ti -Am


missibilit�. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 340; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 27). 
La comunica!.ione all'appaltatore della relazione particolareggiata contenente 
gli addebiti -che secondo l'art. 27 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 
deve precedere la pronunzia di rescissione del contratto -non costituisce 
una formalit� essenziale, esplicando la� sua stessa efficacia ogni altro 
idoneo mezzo (nel caso, degli ordini di servizio) che in concreto consenta 
all'appaltatore di conoscere gli addebiti contestatigli e di proporre 
le proprie giustificazioni prima che . l'amministrazione risolva il contratto 
(1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso -denunciando la 
violazione dell'art. 27 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, e degli artt. 1362 e 
segg. c.c. nonch� l'omessa motivazione il curatore del fallimento Palmisano 
si duole che la Corte del merito abbia considerato equivalente alla 
cbmunicazione della relazione particolareggiata, prescritta dal citato articolo 
27 del regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione dei 
lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni del Ministro dei lavori 
pubbliCi (da essa esattamente ritenuto applicabile anche agli appalti di 
opere pubbliche conclusi dalla� regione siciliana) per la contestazione all'appaltatore 
delle inadempienze da lui commesse nell'esecuzione dell'appalto 
assunte dall'aministrazione appaltante quale presupposto del successivo 
atto di rescissione del contratto, alla conoscenza, da parte dell'appaltatore, 
di un ordine di servizio contenente l'indicazione delle dette 
inadempienze; abbia affermato immotivatamente che nella specie il Palmisan� 
si sarebbe � discolpato � con le lettere inviate all'amministrazione 
appaltante nel novembre del 1966 e nel gennaio 1967, con ci� sa


(l) Sulla risoluzione del contratto pronundata dall'amministrazione a norma . 
dell'art. 340 della legg,e sui ll.pp., cfr. CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 
Milano, 1976, pag. 888; in giurisprudenza, Cass., 17 maggio 1974, n. 1470, in 
questa Rassegna, 1974, I, 1468. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

788 

nando il difetto di contestazione delle inadempienze, laddove dalle dette 
lettere risulta che l'appaltatore non aveva replicato ad una contestazione 
articolata e sufficiente, ma soltanto � ad una notizia dubitativa�; 
ed abbia, infine, omesso di considerare che la relazione particolareg-' 
gia,ta era stata redatta nel febbraio del 1967, ci� che dimostrerebbe che 
l'amministrazione non riteneva esaurita, nel gennaio dello stesso anno, 
la fase della contestazione di cui all'art. 27 del regolamento. 

Nessuna delle censure mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata 
coglie nel segno. 
L'esigenza di tutela dell'interesse dell'appaltatore -che sta� a base 

�delle disposizioni dettate dall'art. 27 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 
contenente il regolamento per la direzione, la contabilit� e la �ollaudazione 
dei lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni der Ministero 
dei lavori pubblici, in ordine alla preventiva contestazione degli inadempim�:
mti degli obblighi contrattuali posti dall'amministrazione committente 
a fondamento dell'atto con cui, nell'esercizio del potere attribuitole 
dall'art. 340 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, risolve un 
contratto di appalto di opere pubbliche per inadempimento dell'appaltatore 
-pu� ritenersi soddisfatta tutte le volte in cui quest'ultimo sia 
stato messo in grado di conoscere gli inadempimenti contrattuali addebitatigli 
e di prospettare all'amministrazione le proprie deduzioni in 
proposito. 

A tale fine la comunicazione all'appaltatore della relazione particolareggiata 
contenente gli addebiti non pu� quindi considerarsi come una 
formalit� essenziale che non ammette equipollenti, essendo sufficiente tanto 
pi� quando, come quella specie, il contratto di �ppalto sia stato 
concluso con un ente pubblico diverso dallo Stato, per cui l'iter procedimentale 
previsto dall'art. 27 del r.d. 25 :maggio 1895, n. 350, presupponente 
una struttura organizzatoria dell'ammin!strazione committente caratterizzata, 
come. l'amministrazione statale dei lavori pubblici, da una 
pluralit� di organi aventi ciascuno una propria sfera di . competenza rigorosamente 
determinata, non pu� non subire un adattamento alla diversa 
struttura organizzatoria, di regola meno articolata, dell'ente committente 
-che l'appaltatore venga informato, con qualunque mezzo 
idoneo, degli addebiti mossigli dall'amministrazione committente in modo 
da pot�rle proporre le proprie contestazioni e le proprie giustificazioni 
prima che questa risolva il contratto per gli inadempimenti contrattuali 
addebitatigli. 

La Corte del merito non merita perci� alcuna censura per avere 
ritenuto che la contestazion~ degli addebiti fosse �stata validamente effettuata 
con la comunicazione, fatta all'appaltatore dalla direzione dei lavori, 
degli ordini di servizio nn. 11 e 12, nei quali -secondo l'accertamento 
della stessa Corte, insindacabile in questa sede di legittimit� in 
quanto implicante un tipico apprezzamento di fatto, come l'interpre




PARTE I, Sll'Z. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 789 

tazione del contenuto di documento e, comunque, non censurato dal 
ricorrente sotto l'unico profilo consentito del difetto di motivazione erano 
stati specificamente indicati i molteplici inadempimenti contrattuali 
dei quali egli si era reso responsabile. 

La ritenuta equipollenza, tra la comunicazione degli anzidetti ordini 
di servizio e quella della relazione particolareggiata prevista dall'art. 27 
del citato r.d. n. 350 del 1850 rende altres� palese il difetto di decisivit� 
della circostanza, il cui omesso esame il ricorrente addebita alla Corte 
nell'ultima parte del motivo, che la relazione particolareggiata fosse stata 
redatta nel febbraio del 1967 e, quindi, successivamente all'invio da 
parte dell'appaltatore, delle lettere contenenti le sue deduzioni sugli inadempimenti 
contrattuali contestatigli con gli ordini di servizio avanti indicati. 
La successiva relazione particolareggiata, contenente gli stessi addebiti 
specificati nei due ordini di servizio, era stata del tutto superflua, 
per cui la considerazione della data in cui la medesima relazione era 
stata redatta non avrebbe potuto condurre i giudici del merito, anche 
se non l'avessero omessa, ad una decisione diversa da quella adottata. 

La censura, con cui si contesta che l'appaltatore avesse formulato, 
con le lettere inviate all'Assessorato regionale nel novembre del 1966 e 
nel gennaio 1967, le proprie deduzioni circa inadempimenti contrattuali 
specificamente addebitatigli, si infrange, infine, contro il difforme apprezzamento 
del c�ntenuto delle stesse lettere espresso dalla Corte del � 
merito: apprezzamento che non � stato idoneamente censurato dal ricorrente, 
in quanto egli, invece di specificare le omissioni e i vizi logici 
in cui sarebbero incorsi i giudici palermitani nell'interpretare il contenuto 
dei due documenti, si � limitato ad affermare che il medesimo 
apprezzamento sarebbe �immotivato� ed a prospettare una diversa �interpretazione 
del contenuto degli stessi do�cumenti. 

Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato ed il ricorrente 
deve essere condannato alle spese del presente giudizio di cassazione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggio 1979, n. 2909 -Pres. Vigorita 
-Est. Sandulli -P. M. Leo (conf.) -Impresa Angelo Farsura 
(avv. Pallottino e Samperi) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato 
Del Greco). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretesa all'applicazione di un 
determinato prezzo contrattuale ~ Riserva -Onere -Tempo dell'iscrizione 
-Prima contabilizzazione della specie di lavoro con applicazione 
di prezzo diverso. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 37, 53, 54 e 45). 
La domanda di un maggior compenso,� consistente nella. richiesta che 
l'esecuzione di una data specie di lavoro sia pagata in base ad un de




790 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO 

terminato prezzo contrattuale, � tardivamente formulata in sede di sottoscrizione 
del conto finale, ave sia stata preceduta dalla contabilizzazione 
senza riserva di partite di lavori della stessa specie, cui l'amministrazione 
abbia applicato un diverso prezzo. In tal caso la don;zanda 
va formulata al momento dell'inserzione nei libri contabili della prima 
partita di lavori sul modo del cui pagamento si controverta (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo, l'impresa ricorrente -denunciando 
la violazione degli artt. 383, 384, 112, 360, n. 5 c.p.c., 1664 c.c., 20, 22, 37, 
53, 63, 65, 91, 99, 100, 103 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, e 343 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F -si duole che la Corte di rinvio 
abbia ritenuto intempestiva la riserva n. 5, da essa formulata in data 
27 giugno 1959 al momento della ultimazione dei lavori e relativa al 
maggior compenso spettantele per le ulteri�ri spese sostenute per i maggiori 
oneri esecutivi derivati dalla incorporazione nel calcestruzzo delle 
centine metalliche, la�cui orditura, per l'ispessimento ed il raccostamento 
alle pareti, rendeva la confezione parif�.cabile a quella del calcestruzzo 
armato, sul riflesso che dai dati emergenti dal registro di contabilit� 
risultasse in maniera inequivoca, sin dalla iscrizione nel settembre 1956 
della prima partita di calcestruzzo e della prima partita di centine metalliche 
incorporate nel calcestruzzo di rivestimento, l'intenzione dell'Amministrazione 
appaltante di compensare il rivestimento della galleria effettuato 
mediante l'incorporazione nel calcestruzzo delle centine metalliche 
di sostegno con il prezzo n. 53 del contratto originario relativo al 
calcestruzzo normale e con i nuovi prezzi nn. 12 e 13 previsti nel verbale 
del 2 dicembre 1955 per la fornitura e la posa in opera in galleria delle 
centine. 

Sostiene che -avendo assunto l'esecuzione del rivestimento della 
galleria con getti di calcestruzzo in presenza e con incorporazione delle 
centine metalliche di sostegno dimensioni e caratteristiche di oneri imprevisti, 
atti a determinare la parificazione, media .e globale, di detta 
esecuzione a quella del rivestimento con calcestruzzo armato -la riserva, 
� formulata a consuntivo totale e tesa ad ottenere un compenso 
globale corrispondente a quello del prezzo n. 53 del contratto originario 
pi� il prezzo n. 11, stabilito nel verbale del 2 dicembre 1955 >>, dovesse 
ritenersi tempestiva, in quanto il diritto ad un compenso integrativo 
sarebbe� insorto soltanto alla fine dei lavori, e cio� quando i caratteri 
e l'entit� della incorporazione delle centine metalliche nel calcestruzzo 
avessero, a causa dei maggiori on�ri esecutivi imprevisti, fatto assimi


(l) Tra le piO recenti decisioni in tema di onere a tempo della riserva, 
cfr. Cass., 10 gennaio. 1979, n. 394, e 30 gennaio 1979, n. 653, in questa Rivista, 
1979, l, 576 e 582 con note di ri�hiami. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 791 

lare il calcestruzzo COll' incorporazione di centine metalliche al calcestruzzo 
armato. 

Rileva, inoltre, che . i maggiori oneri, conseguenti all'esecuzione del 
rivestimento con incorporazioni di centine nel calcestruzzo -essendosi 
� presentati in quantit� ed intensit� variabili da luogo a luogo e da 
tempo a tempo � -fossero valutabili, ai fini della parificazione a quelli 
relativi alla realizzazione del rivestimento con calcestruzzo armato, soltanto 
� globalmente � ed � a consuntivo di tutta la partita �. 

Deduce, poi, che � la contabilizzazione del rivestimento con centine 
in base al prezzo 53+12 � non fosse atta a rivelare �il convincimento 
costante dell'amministrazione sulla onnicomprensivit� in detto prezzo 
dei maggiori oneri imprevisti >>. 

Afferma, infine, che la preclusione delle pretese correlate ai maggiori 
oneri per l'intervenuta decadenza in conseguenza della intempestivit� 
delle riserve potesse trovare applicazione esclusivamente in ordine 
ai fatti da contabilizzare. 

L'articolata e complessa censura � priva di� fondamento. 

Il problema residuale dell'annosa vicenda processuale attiene alla 
intempestivit� (o meno) della riserva, relativa al maggior compenso preteso 
dall'impresa appaltatrice per le ulteriori spese sostenute per i maggiori 
oneri esecutivi derivanti dalla esecuzione del rivestimento della 
galleria mediante la incorporazione delle centine metalliche nel calcestruzzo, 
formulata al momento della sottoscrizione del conto finale, ed 
alla conseguente preclusione (o meno) della pretesa ereditaria per l'intervenuta 
(o non intervenuta) decadenza. 

La Corte Suprema -chiamata a pronunciarsi, con il ricorso proposto 
avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, su una complessa 
fattispecie giuridica in tema di appalto di un'opera pubblica, consistente 
nella costruzione di una galleria per far defluire le acque del 
fiume Adige nel lago di Garda -ha statuito -dopo avere precisato 
che con il verbale del 2 dicembre 1955 erano stati fissati, rispetto al 
prezzo n. 53, stabilito nel contratto originario per il rivestimento delle 
pareti e delle volte della galleria, due nuovi sovrapprezzi: quello n. 11, 
per la confezione del rivestimento. in calcestruzzo armato (anzich� in 
calcestruzzo semplice) e quello n. 12 per la realizzazione del rivestimento 
mediante l'incorporazione delle centine nel calcestruzzo -in base al 
principio giuridico, secondo cui l'appaltatore, ove intenda, a norma del 
coordinato disposto degli artt. 89 e 54 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 
(regolamento sulla direzione, contabilizzazione e collaudazione dei lavori 
dello Stato), contestare la contabilizzazione dei corrispettivi effettuati 
dall'amministrazione, � tenuto, a pena di decadenza, ad iscrivere apposita 
riserva nei documenti contabili (o nel registro di contabilit�) ed a produrre 
ed esporre nel registro di contabilit�, nei modi e nei termini indicati 
dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa nel titolo 

14 



792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . 

e nella somma, nonch� a confermare la riserva all'atto della sottoscrizione 
del conto finale (dovendo ritrovarsi la ragione giustificatrice della 
decadenza dal diritto di far valere �riserve e domande riferentisi ai fatti 
registrati nella necessit�, nel quadro generale delle esigenze �del bilancio 
pubblico, della continua evidenza delle spese dell'opera, in relazione sia 
alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi 
finanziari all'uopo predisposti, sia alle altre eventuali determinazioni dell'amministrazione 
di fronte ad un notevole superamento delle previsioni 
originarie di spesa, rendente .l'onere della costruzione eccessivamente rilevante 
rispetto all'utilit� conseguibile dal corpo sociale), che -non 
essendo le circos�mze di fatto con le quali nella sentenza di secondo 
grado era motivata l'intempestivit� della riserva iscritta il 27 giugno 
1959 incompatibili con la possibilit� che le parti si fossero rese conto 
della divergenza della interpretazione dell'accordo intervenuto con il 
verbale del 2 dicembre 19.65 soltanto quando, a lavori finiti, si era 
cominciato a contabili~zare il compenso complessivo spettante all'appaltatore 
-occorreva accertare, per stabilire la tardivit�, o meno, della 
riserva, se, gi� prima del giugno 1959, sul registro di contabilit� risultavano 
�dati tali da rendere evidente che l'amministrazione intendeva l'accordo 
in modo diverso da quello inteso dall'appaltatore, si che questo 
aveva l'onere di . formulare ed esplicare la riserva prima del 27 giu


gno 1959. 

Per modo che l'unico esame demandato al giudice di rinvio era quello 
relativo all'accertamento se nel registro di contabilit�' esistevano prima 
del 27 giugno 1959 segni tali, che manifestavano la volont� dell'amministrazione 
di compensare il rivestimento della galleria con l'incorporazione 
nel calcestruzzo delle centine di sostegno soltanto con il prezzo 

n. 53 relativo al calcestruzzo semplice e con il nuovo prezzo n. 12 previsto 
nel vebale 2 dicembre 1955 per fornitura e posa in� opera in galleria 
di centine metalliche incorporate nel cancestruzzo. 
La Corte di rinvio -nel procedere all'unica indagine assegnatale 
dalla Corte Suprema -ha ritenuto, con valutazione insinc;Iacabile in 
questa sede per avere a supporto una motivazione adeguata e corretta, 
esente da vizi logici e da errori giuridici, che -risultando dal registro 
di contabilit� l'iscrizione dei lavori di rivestimento in calcestruzzo effettuati 
nel settembre 1956 con il prezzo n. 53 del contratto originario maggiorato 
con il prezzo n. 12 previsto nell'accordo perfezionatosi tra le 
parti con il verbale del 2 dicembre 1955 -emergesse in modo inequivoco, 
sin dalla prima registrazione del libro di contabilit�, l'intenzione 
dell'amministrazione appaltante di compensare i lavori di rivestimento 
in calcestruzzo con incorporazione delle centine metalliche di sostegno 
con il prezzo originario n. 53, relativo al conglomerato cementizio semplice 
o normale, con l'aggiunta del nuovo prezzo n. 12, relativo alla 
fornitura ed alla messa in opera in galleria delle armature metalliche, 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 793 

e non con l'addizione del nuovo prezzo n. 11, riguardante il cemento 

armato. 

E, in base a tale accertamento, ha correttamente affermato che la 

riserva della pretesa del maggior compenso, spettante per le ulteriori 

spese sostenute per i maggi�ri oneri esecutivi derivanti dall'esecuzione 

del rivestimento della galleria mediante la incorporazione delle centine 

metalliche nel calcestruzzo, dovesse essere iscritta al momento della in


serzione nel registro di contabilit� dei primi lavori di rivestimento in 

calcestruzzo in presenza e con la incorporazione delle armature metal


liche o al momento dell'inserzione nei libri contabili dei lavori d'incor


porazio.ne della prima partita delle centine e che, di conseguenza -es


sendo intervenuta, entro il 1956, la� contabilizzazione (senza che fosse 

stata formulata alcuna riserva o r~chiesta di maggior compenso) di altri 

cinquemila metri cubi di calcestruzzo di rivestimento con l'incorpora


zione delle centine, la quale dimostrava che l'amministrazione commit


tente non intendeva compensare come cemento armato l'incorporazione 

delle centine metalliche nel calcestruzzo -la riserva formulata il 27 

giugno 1959 in sede di sottoscrizione del conto finale, quando i lavori 

di rivestimento della galleria erano stati da tempo ultimati, dovesse 

considerarsi intempestiva, con la conseguente implicazione che l'impresa 

appaltatrice fosse decaduta dal diritto di pretendere un compenso mag


giore (immediatamente richiedibile dopo la esecuzione delle varie partite 

di lavoro) di quello risultante dall� somma del prez?:o n. 53 previsto 

dal contratto originario per il calcestruzzo semplice e di quello n. 12, 

stabilito dall'accordo del 2 dicembre 1955 per la fornitura e la messa 

in opera in galleria delle centine metalliche. 

N�, al fine di negare la decadenza d~tl diritto ad un maggior com


penso in conseguenza della intempestivit� della riserva, vale sostenere come 
fa la ricorrente -che la preclusione � della pretesa correlata ai 
maggiori oneri imprevisti possa trovare applicazione soltanto in ordine ai 
fatti da contabilizzare e non anche nei confronti dei casi non espressamente 
contemplati, in quanto sono sufficienti a controbattere tale tesi 
il rilievo che, nel caso di specie, i maggiori oneri derivanti dall'incorporazione 
delle armature metalliche nel calcestruzzo erano specifica. 
mente considerati nelle clausole nn. 12 e 13 dell'accordo del 2 dicembre 

1955 e la considerazione che i lavori di rivestimento effettuati con l'in


corporazione delle centine nel calcestruzzo dovevano contabilizzarsi in 

base allo stato di avanzamento (attraverso il normale procedimento di 

accertamento e di registrazione nei documenti contabili dei fatti gene


ratori delle spese occorrenti per l'esecuzione dell'opera pubblica) man 

mano che venivano realizzati. 

L'unico motivo �, .quindi, da disattendere. -(Omissis). 



794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 19 febbraio 1979, n. 6 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Gessa -Fondazione Conte Casimiro Avogadro di Quinto 
(avv. Malinverni e Montesano) c. Ministero delle finanze (avv. Stato) 
e Associazione di irrigazione Ovest Sesia (avv. Menghini e Ferroglio). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Giudizio e procedimento � Tribunale 
superiore -Giurisdizione di legittimit� -Ricorso � Ammissibilit� Condizioni 
-Definitivit� dell'atto impugnato -Necessit�. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 5 e 20). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Canali demaniali -Amministrazione generale 
dei canali demaniali di irrigazione (canali Cavour) -Organo 
del Ministero delle finanze -Suoi atti -Definitivit� -Esclusione. 

(r.d. 29 marzo 1906, n. 121; r.d. 3 maggio 1937, n. 899, artt. 2, 3 e 5). 
La definitivit� del provvedimento impugnato costituisce condizione 
di ammissibilit� del ricorso al tribunale superiore delle acque pubbliche, 
secondo il disposto dell'art. 143 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, non modificato 
dall'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 sulla istituzione 
dei T.A.R. (1). 

L'amministrazione generale dei canali Cavour � organo del Ministero 
delle finanze ed i suoi, atti sono sprovvisti del carattere della definitivit� 
(2). 

(Omissis). -� preliminare e fondata l'eccezione di inammissibilit� 
del ricorso, dedotta dalle parti resistenti, sotto il profilo della carenza 
del requisito di definitivit� degli atti impugnati. 

E invero, l'art. 143 del t.u. approvato con r.d. 11 dicembre 1933, 

n. 1775, stabilisce che appartengono alla cognizione diretta di questo 
Tribunale Superiore i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e 
per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi emessi dal(
l) Alla stessa conclusione era giunta in precedenza la giurisprudenza del 
Consiglio di Stato a proposito della giudsdizione in unico grado ad esaurimento 
di cui all'art. 38 della legge n. 1034/1971, argomentando tra l'altro dal 
mantenimento dell'unico grado, dato questo che non ha sub�to modifiche nella 
giurdsdizione amministrativa in materia di acque pubbliche (cfr. Cons. St., 
Sez. V, 13 novembre 1973, n. 833, in Rass. Cons. Stato, 1973, l, 1647). 
(2) Non constano precedenti in termini. 
Sulla amministrazione dei canali demaniali, cfr. PERNIGOTTI, Canali demaniali, 
in Enciclopedia del diritto, Milano, 1959, V, pag. 1032 ss. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 795 

l'amministrazione in materia di acque pubbliche. Tale disposizione, che 
incardina la speciale giurisdizione di legittimit� del tribunale medesimo, 
costituisce una deroga alla giurisdizione generale di legittimit� del Consiglio 
di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali. Il fatto che l'apposita 
legge istitutiva di questi ultimi (legge 6 dicembre 1971, n. 1034) non 
richieda pi� -cos� come era, invece, previsto per �l ricorso giurisdizio


~ naie al Consiglio di Stato -che il provvedimento impugnato sia definitivo, 
non innova anche neHa apposita ed autonoma disciplina delle 
giurisdizioni speciali. Infatti, la regola introdotta dal legislatore del 1971 
trova bens� applicazione generale, ma nell'ambito della sua propria previsione, 
cio� nel sistema della giurisdizione amministrativa cosiddetta ordinaria 
(attualmente costituita dai T.A.R., dal Consiglio di giustizia amministrativa 
per la regione siciliana e dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale) 
e non anche nei sistemi delle giurisdizioni speciali, aventi 
organi ,propri e competenza circoscritta a materie tassativamente indicate 
dalla legge, relative a controversie identificabili dal loro oggetto. 
In particola!"e, poi, � proprio la legge ist.itutiva dei T.A.R. (art. 5, u.c.) 
a far salva, fra l'altro, la giurisdizione del tribunale superiore delle acque 
pubbliche, nelle materie indicate dagli artt. 140-144 del t.u. n. 1775 del 
1933, ponendo, cos�, un limite certo al proprio ambito innovativo di applicazione 
alle sue regole sostanziali e procedurali. 
Ci� premesso, il Collegio osserva che, in costanza di applicazione 
dell'art. 143 del t.u. citato, gli atti concretamente impugnati con il ricorso 
in esame non sono definitivi. Risulta, infatti, che gli stessi sono stati 
emanati dall'amministrazione generale dei Canali Cavour (avente sede a 
Torino), la quale, come dagli atti medesimi, prodotti in giudizio, si evince, 
appare piuttosto come un ufficio complesso, incardin�to strutturalmente 
nel Ministero delle Finanze, che come un soggetto autonomo di 
poteri. 
�, invero, gi� il regolamento per l'amministrazione dei Canali Cavour, 
approvato con r.d. 29 marzo 1906, n. 121, nel mentre affida la loro gestione 
economica ad una amministrazione apposita, la pone, nel medesimo 
tempo, sotto la diretta dipendenza del Ministero delle Finanze 
(art. 1). La fonte in oggetto deferisce all'Amministratore generale una 
competenza (tecnica, amministrativa e contabile) propria, ma subordinata 
a quella ministeriale come ben si deduce dal suo intiero contesto 
normativa. 
Ma anche dagli atti concretamente emanati risulta ancora, conformemente 
alla ricordata disciplina, che, da un lato, la stessa intestazione 
dell'ufficio si subordina a quella dell'indicato dicastero, e, dall'altro, che 
la fonte regolamentare, subentrata a modificare e integrare la materia, 
in relazione alla pi� recente disciplina giuridica delle acque, e cio� il 



796 RASSEGNA DELL'AVVOCi\TURA DELLO STATO 

r.d. 3 maggio 1937, n. 899, definisce l'amministrazione generale come ufficio 
preposto ad un servizio di cui risponde al Ministero, promuovendone 
anche, per le concessioni speciali e per quelle pluriennali, le de� 
terminazioni competenti (artt. 3 e 5). 
Inoltre, sempre dal testo degli atti impugnati, la qualifica del suo 
amministratore generale risulta essere quel�a di un dirigente superiore, 
cio�, di un funzionario inserito nella gerarchia -del personale ministeriale, 
al cui ordinamento la qualifica suddetta, appunto, si riferisce e 
riporta senza alcun dubbio. Dagli elementi esposti deriva, cos�, l'impossibilit� 
di qualificare gli atti dell'amministrazione in questione come definitivi, 
cio� dotati del requisito della impugnabilit� richiesto in sede di 

_ giur,isdizione speciale. Tali atti non sembrano affatto rflettere l'ultima 
(definitiva) istanza di manifestazione della volont� dell'apparato ministeriale 
competente a definire i rapporti con i soggetti interessati, specie 
alla _luce delle indicate norme regolamentari. Onde appare necessario 
che gli atti medesimi siano portati nella sede di definitiva determinazione 
amministrativa, prima di poter essere impugnati e censurati in via 
giurisdizionale. 

Peraltro, nella fattispecie, le rigorose conseguenze per la parte ricorrente, 
derivanti dall'avvenuta scadenza del termine per adire l'autorit� 
gerarchica superiore, possono trovare rimedio nella scusabilit� dell'errore 
in cui la stessa � incorsa. 

Questo errore appare verosimilmente determinato dalla ragione oggettiva 
che la fonte regolamentare per ultimo citata (art. 3 del r.d. 

n. 899 del 1937) attribuisce all'amministrazione generale dei Canali Cavour 
�l'alta direzione del servizio in tutti i suoi rami�,_ il che 'pu� aver fatto 
ragionevolmente dubitare della sua effettiva dipendenza nei confronti del 
Ministero, come pure il fatto della sua legittimazione a stare in giudizio 
� nei giudizi s� civili che contravvenzionali � (art. 8 del r.d. n. 121) 
del 1906, cit.). 
Date le circostanze in questione, e l'inesistenza di precedenti specifici 

-al riguardo, la scusabilit� dell'errore pu�, dunque, essere riconosciuta 
dal Collegio, stante anche la difficolt� d'interpretazione dell'effettivo ambito 
di applicazione della nuova regola procedurale, dianzi esaminata, 
introdotta dalla ricoJ;"data legge 6 dicembre 1971, n. 1034. 

Per quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, 
con il riconoscimento dell'errore scusabile e con la conseguente fissazione 
del termine di 90 giorni dalla pubblicazione della sentenza per la 
presentazione del gravame gerarchico avverso gli atti erroneamente impugnati 
in questa sede giurisdizionale. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 797 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 29 marzo 1979, n. 11 -Pres. Tamburrino 
-Rel. Granata -Comune di Cassinelle (avv. Armella) c. Cavanna 
(avv. Pacifici) e Amministrazione dei lavori pubblici (Avv. Gen. Stato). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Giudizio e procedimento -Appello -Termine 
-Decorrenza. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, comma quarto, e 189, comma quinto; cod. 
proc. civ., art. 326). 
Il termine di trenta giorni (fissato per la propostztone dell'appello 
avverso le sentenze dei tribunali regionali delle acque pubbliche dall'art. 
189 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775) decorre dalla notificazione della 
sentenza a una delle parti quando questa preceda la notifica del dispositivo 
a cura del cancelliere (1). 

(l) Nello >Stesso senso, cfr. Trib. ,sup. acque, 31 ottobre 1970, n. 42, in Temi, 
1971, 493, con nota di SALOTTI, Termine per appellare al Tribunale superiore 
delle acque pubbliche e rinvii alle norme del codice di procedura civile; Trib. 
sup. acque, 13 febbraio 1971, n. 2, in Cons. Stato, 1971, II, 175. 
In tema di decorrenza del termine per l'appello, cfr., altres�, Trib. sup. 
acque, 1 aprHe 1976, n. 7, in questa Rassegna, 1976, I, 823. 



SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

I CORTE D'ASSISE DI ROMA, 14 luglio 1978 -Pres. Giuffrida -Est. Abbate 
-P. M. Vitalone (diff.) -proc. pen. contro Orlandini Remo ed 
altri -�Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, 
Ministero dell'Interno, parti civili (avv. Stato Di Tarsia). 

Reato -Cospirazione politica -Momento consumativo � Accordo per 
commettere alcuno dei delitti previsti dall'art. 302 c.p. � Inefficienza. 

(art. 302 c.p.). 

Reato -Insurrezione armata -Reato di pericolo -Non coincide con il 
tentativo di reato. 

(artt. 56 e 305 c.p:). 

Il reato di cospirazione politica si perfeziona nel momento in cui i 
congiurati concordano, in modo serio e impegnativo di svolgere l'attivit� 
indispensabile per conseguire il risultato, costituente uno dei reati 
citati ~ell'drt. 302, mentre non si pu� avere riguardo al fine particolare 
insito nell'attivit� praticamente condotta a termine dai consociati (1). 

Il reato di insurrezione armata � reato di pericolo per il quale l'esigenza 
della repressione si dispiega in modo precipuo sicch�, mentre 
per i reati or4inari la tutela del bene giuridico � soddisfatta con la normativa 
istitutrice della figura del tentativo (art. 56 c.p,), nella specie � 
imprescindibile la necessit� di comminare senza indugi una sanzione al 
primo estrinsecarsi di atti intesi al fine criminoso (2). 

(Omissis). -Orbene, i fatti accertati, esaminati nella loro armonica 
coordinazione, evidenziano caratteristiche che integrano, sotto il profilo 
oggettivo e soggettivo, il delitto di cospirazione politica mediante associazione 
p. e p. dell'art. 305 c.p. 

Tale figura non � peculiare all'ordinamento penale italiano, in quanto 
esiste in tutte le legislazioni dei paesi civili del mondo e non � stata 

(l) L'affermazione della Corte d'assise di Roma in tema di cospirazione 
politica � esatta e conforme alla giurisprudenza che �SI � venuta form�ndo 
nel corso dell'ultimo decennio in materia di reati contro la personalit� dello 
Stato, giurisprudenza che ha accolto pienamente la tesi sostenuta dall'Avvocatura 
(v. I giudizi di costituzionalit� e il contenzioso dello Stato, 1961-1965, 
vol. III, p. 619). 
(2) Anche questa massima � conforme alle affermazioni giurisprudenziali 
della Suprema Corte in tema di delitti di attentato. Di fronte a questi reati 

PARIE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 799 

introdotta con il codice penale del 1930, essendo gi� in vigore nella antecedente 
normativa del 1889, ispirata a princ�pi di democrazia. 

Collocata nel sistema dei delitti contro la personalit� dello Stato, la 
disposizione in questione, intendendo salvaguardare valori eccezionali, 
chiarisce che il reato si perfeziona allorch� tre o pi� persone si associano 
al fine di commettere anche uno solo dei delitti indicati nell'articolo 
302 c.p. e cio� uno dei delitti non colposi di cui ai capi primo 
e secondo del titolo prim� del libro secondo. La natura politica degli 
episodi criminosi considerati attribuisce connotati di specialit� aggravatrice 
a forme di comune criminalit� o rende imputabili azioni normalmente 
non soggette a sanzioni. 

Per la cospirazione per� non bastano un generico concerto, un evanescente 
ed embrionale consorzio, una preparazione meramen~e teorica 
e neppure un semplice accordo. Occorre un'associazione che abbia una 
programmazione efficace, in grado di propiziare vicissitudini aleatorie per 
le istituzioni, al cui abbattimento essa tende e una base -anche rudimentale.-
di una consistenza tale da far sorgere il fondato pericolo 
di una imprevista e deprecabile eversione. 

Giusta la giurisprudenza della Corte di cassazione (sez. un. 14-18 marzo 
1970, Kofler e altri, in Riv. pen., 1970, II, 974), l'estremo della colpevole 
ricorrenza del fine di compiere alcuno dei delitti dell'art. 302 c.p. 
si deve ritenere concretato appena che i congiurati abbiano concordato, 
naturalmente in modo serio ed impegnativo, di svolgere quell'attivit� 
indispensabile per conseguire il risultato costituente uno dei reati citati 
nell'articolo suddetto, indipendentemente dalla puntuale preordinazione 
dei modi e dei mezzi operativi. 

In ultima analisi, non si pu� avere riguardo al fine particolare insito 
nell'attivit� praticamente condotta a termine dai consociati, ma a 
ci� che costoro possono avere in generale concepito di perpetrare: se 

� chiarissima la distinzione fra reato di attentato e tentativo di reato in rife� 
rimento al diverso contenuto dell'idoneita dell'atto (v. oltre alla sentenza citata 
in motivazione, Cass., 27 maggio 1969, n. 1569, ric. Muther Franz ed altri, in 
questa Rassegna, 1970, I, p. 167; v. DI TARSIA, Ancora in tema di attentato 
all'integrit� territoriale dello Stato, ivi, 1971, l, p. 201, in commento a Sezioni 
Unite, 18 marzo 1970, n. l, rk. Kofler; v. anche: I giudizi di costituzionalit� 
e il contenzioso dello Stato, 1961-1965, vol. III, p. 514; 1966-1970, vol. III, p. 719). 

La Corte d'assise tuttavia, dopo la chiarissima affermazione iniziale, sembr'a 
essersi persa � nella riiCerca di un criterio distintivo fra << l'idoneit� � neJ. 
reato tentato e � L'1doneit� � nel reato di insurrezione a1:1mata, giungendo a que1 
confronto gi� criticato in dottrina (v. Riv. It. dir. pen., 1958, 140, a proposito 
della Sentenza Cass., sez. un., 19 giugno 1957, rk. Tolifanin ed a1tri), rra probabilit� 
e possibilit� deWevento che allontana 1'inte!1prete daUa soluzione della 
questione. 

Cos� pure � impredso e contraddittorio sostenere prima che la tutela del 
bene giuridico non � soddisfatta, nei reati di attentato dalla normativa isti� 



800 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non fosse cos� si cadrebbe nell'assurdo di garantire immunit� a capi 
e partecipanti di un'associazione scoperta nel momento di complottare 
ovvero allestire atti terroristici, soltanto perch� non vi � la certezza 
che i fatti divisati sarebbero stati idonei a rappresentare un attentato 
alla incolumit� dell'apparato statuale. 

Sulla scorta delle pregresse motivazioni, non v'� dubbio che il � Fronte 
Nazionale� fu fondato e organizzato per arrivare ad un sovvertimento 
radicale dei poteri pubblici mediante strumenti rivoluzionari. In sintesi, 
il progetto politico-militare sbandierato in varie sedi; la formazione di 
quadri palesi e. Clandestini a livello centrale e periferico; la ricerca di 
complicit�, di mezzi economici ed esecutivi; la utilizzazone di metodi di 
propaganda e comunicazione di notizie ed istruzioni; l'assidua e penetrante 
campagna di proselitismo in diversi ambienti sociali con false 
prospettazioni ideologiche, quale .l'urgenza di tenersi pronti in armi ad 
opporsi all'incombente insidia comunista; -l'elaborazione di piani insurrezionali; 
tutto questo� dimostra, senza tema di smentite, che Iunio Va-� 
lerio Borghese e i suoi seguaci dettero vita ad un movimento politico 
cospirativo, esteso a tutti gli imputati che sono stati dichiarati colpevoli. 


� da notare che molte persone aderirono perch� illuse e confuse da 
un'ingannevole pubblicit�, non avendo avuto la perspicacia e la opportunit� 
di vagliare criticamente aspetti salienti delle opzioni del sodalizio. 


Nei loro confronti non sono state avanzate istanze punitive nella 
presunzione che la iscrizione, il gesto isolato e sporadico, il sostegno 
<< esterno �, la convergenza spirituale di per: s� rivelano, piuttosto che un 
permanente legame, un atteggiamento psicologico non incidente sulla 
<< condizione� processuale degli interessati. 

Tra i fautori della trama, invece, anche se sono rimasti occulti o 
non colpiti da prove i << sostenitori � del Borghese, gerarchi e parecchi 

tutrice del tentativo (e ci� � esatto) che H concetto di idoneit� � per sua 
natura relativo (altrettanto esatto) per poi concludere che, perch� il reato 
sussista, � sufficiente che sia posta in essere una condotta che si ricolleghi 
ad una iniziativa non inidonea. Sfugge dnfatti al lettore la diffe:�em.a fra 
<< idoneo � e �non inidoneo � e sembra quasi che l'estensore della motivazione, 
pentito della� pr1ma affermazione, si sia affrettato a svuotarla di contenuto. 

In realt� la decisione rkalca le stesse esitazioni che si emno rilevate 
commentando a suo tempo la sentenza delle �Sezioni u:itite 18 marzo 1970, n. l, 
ric. KoHer (in questa Rassegna, loc. cit.): stabilita una differenza fra attentato 
e tentativo, nessun'altra chiara conclusione � possibile se non quella di 
sostenere che nel primo si puniscono anche atti meno idonei di quelli che 
costituiscono il tentativo. Un criterio << quantitativo � cio� e non << qualitativo �, 
ma che ha il ,pregio non solo del conforto deW.art. 3-11 c.p. ma anche quello 
di sfuggire al pericolo di 1dentificare idoneit� con t1pi:cit�, come gi� si era 
rilevato (op. loc. cit.). P.D.T. 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

gregari, vanno ;icompresi quanti fornirono apporti tangibili alla stesura 
del disegno reazionario e, di poi, alla attuazione del medesimo. 
Nel contesto, non � difficile enucleare la nozione di � promotore �, 
la cui esatta qualifica si evince dal significato proprio della parola. 

<< Organizzatore >> � chi si arroga il compito di predisporre e coordinare 
in modo sistematico e funzionale lo svolgimento di un fatto collettivo, 
fondendo insieme tutti i fattori per uno scopo ed tm'azione definita 
e provvedendo ai bisogni dell'associazione. 

<<Dirigente� � colui che ha mansioni di guida nell'ambito di taluni 
settori territoriali o strutturali ed � investito di facolt� decisionali, sia 
pur nella sfera dei dettami degli organi superiori. 

A tali categorie, menzionate nella rubrica, si aggiunge quella del 
<<partecipante�. 

Partecipare vuol dire esercitare un ruolo attivo in una impresa di 
ordine comune, concorrere coscientemente al perseguimento delle finalit� 
sociali: il contributo del singolo, in sostanza, s'inserisce in maniera 
stabile nel gruppo collaborando alla stessa meta. 

Fatte queste precisazioni che consentiranno di capire meglio la parte . 
di ciascun prevenuto ed esclusa l'aggravante di cui all'art. 78 c.p.m.p., 
non essendosi ravvisate responsabilit� a carico di Capanna Enzo o di 
militari in servizio, un rapido cenno merita il problema della sussistenza 
del delitto ex art. 284 c.p. 

La legge prevede due titoli d� reato: il promuovere l'insurrezione, 
aggravato <<se l'insurrezione avviene� e la partecipazione all'insurrezione 
armata, aggravata per colui che ne assume la direzione. 

Al di l� di disquisizioni tecniche ultronee, � da osservare che per 
<< insurrezione � si intende un moto collettivo unanime, anche se disordinato 
ed improvviso, ostile, . violento, non assolutamente duraturo e 
progressivo, con l'intervento di un numero tale di persone da rendere 
possibile l'evento e con la disponibilit� di un'adeguata quantit� di armi. 

Trattasi di reato di pericolo per il quale l'esigenza della repressione 
si dispiega in modo precipuo. 

Mentre per i reati ordinari la tutela del bene giuridico � soddisfatta 
con la normativa istitutrice della figura del tentativo (art. 56 c.p.), 
nella specie � imprescindibile la necessit� di comminare senza indugi 
una sanzione al primo estrinsecarsi di atti intesi al fine criminoso, perch� 
l'esito temuto pu� realizzarsi per mero caso, anche se gli agenti 
nbn vogliono o non possano continuare nell'azione intrapresa. 

La difesa dello Stato dagli attacchi, ancorch� incipienti, contro la 
sua << integrit� �, non implica che si debba omettere di valutare il requisito 
che appunto serve a fissare la linea a co~inciare dalla quale si 
deduce logicamente che il comportamento degli operatori mette a repentaglio 
la sicurezza dello Stato. 


802 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il requisito � ricavabile dall'art. 49 c.p., che richiede � per la punibilit� 
� un'azione idonea a causare l'effetto che il legislatore, di volta 
in volta, si prefige di scongiurare. 

Tuttavia il concett~ di � idoneit� � � per sua natura relativo, variabile 
caso per caso in rapporto al mezzo usato, all'oggetto contro cui 
� rivolto e alle circostanze che hanno accompagnato e caratterizzato l'agire 
del soggetto. 

La tipicit� del delitto in esame, l'impegno di evitare, prima che sorga, 
una situazione di pericolo capace di provocare la lesione dell'interesse 
protetto, obbliga l'interprete a ritenere � idoneo � un episodio se esso 
poteva ottenere il risultato vagheggiato anche con il concorso di altri 
elementi autonomi od occasionali. 

Simile giudizio non deve essere formulato con riguardo alla � probabilit�
� che si verifichino le conseguenze deleterie denunciate, essendo 
sufficiente che si sia posta in essere una condotta che si ricolleghi ad 
una iniziativa non idonea, che, cio�, per la sua entit�, la sua sintomaticit�, 
non sia priva di maturazione, sconnessa dal programma, sviata, 
velleitaria o inutile. 

Orbene, senza ripetere qui cose gi� dette, la manifestazione sediziosa 
organizzata nella notte del 7-8 dicembre 1970 non presentava propriet� 
cos� marcata da lasciar intravedere rischi immediati per la personalit� 
dello Stato democratico. 

Contestata le veridicit� di avvenimenti clamorosi ricostruiti a distanza 
di molti anni, dopo una serie di indagini espletate dai Servizi 
di Sicurezza, eliminati i sospetti di appoggi di ufficiali e reparti delle 
Forze Armate, non pu� non concludersi che comunque l'adunata non 
aveva margini di successo ed era obiettivamente << inidonea >> a concretare 
gli inconvenienti condannati dall'art.. 284 c.p. -(Omissis). 



PARTE SECONDA 




LEGISLAZIONE 


I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, artt. 595 e 599, nella parte in cui richiama il predetto art. 593. 

Sentenza 20 dicembre 1979, n. 153, G.U. 29 dicembre 1979, n. 353. 

Codice penale, art. 136. 

Sentenza 21 novembre 1979, ri.. 131, G.U. 28 novembre 1979, n. 325. 

codice di procedura penale, art. 586, quart�o comma. 

Sentenza 21 novembre 1979; n. 131, G.U. 28 novembre 1979, n. 325. 

d. luogot. 1� magg�io 1916, n. 497, art. 9, primo comma, in quanto non 
consente, nei confronti dei minori e dei dementi, la sospensione del termine per 
l'accertamento della dipendenza delle infermit� o lesioni da causa di servizio, 
<< finch� duri la (loro) incapacit� di agire. 
Sentenza 14 dicembre 1979, n. 149, G.U. 19 dicembre 1979, n. 345. 

d.l.l. 18 gennaio -1945, n. 39, art. 3, lettera a) nella parte in cui prevede la 
perdita della pensione di reversibilit� alle figlie quando contraggono matrimonio. 
Sentenza 6 dicembre 1979, n. 140, G.U. 12 dicembre 1979, n. 338. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, second�o comma, in quanto non 

consente la deroga a1 requisito che il matrimonio contratto dal pensionato sia 

durato almeno due anni, introdotta dall'art. 32 della legge 22 novembre 1975, 

n. 168, <<per i matrimoni celebrati successivamente alla sentenza di scioglimento 
del precedente matrimonio di una dei due coniugi pronunciata a norma della 
legge lo dicembre 1970, n. 898, ma non oltre il 31 dicembre 1975 �, 
Sentenza 6 dicembre 1979, n. 139, G.U. 12 dicembre 1979, n. 338. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 14, nella parte in cui le disposizioni 
� concernenti il cal'Colo dell'incremento di valbre imponibile netto determinano 
-in relazione al periodo di formazione dell'incremento stesso -, ingiustificate 
disparit� di trattamento tra i soggetti passivi del tributo. 

Sentenza 8 novembre 1979, n. 126, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 

d.P.R. 29 d.icembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma, .in quanto non 
consente la deroga al requisito che il matrimonio contratto dal pensionato sia 
durato almeno due anni, introdotta dall'art. 32 della legge 22 novembre 1975, 
n. 168, <<per i matrimoni celebrati successivamente alle sentenze di scioglimento 
del precedente matrimonio di uno dei due coniugi pronunciata a norrha 
della legge Io dicembre 1970, n. 898, ma non oltre il 31 dicembre 1975 �. 
Sentenza 6 dicembre 1979, n. 139, G. U. 12 dicembre 1979, n. 338. 

d.P.R. 26 dicembre 1973, n. 1092, art. 169, in quanto non consente, nei 
conforti dei minori e dei dementi, la sospensione del termine per l'accertamento 
della dipendenza delle infermit� o lesioni da causa di servizio, << finch� duri la 
(loro) incapacit� di agire�. 
Sentenza 14 dicembre 1979, n. 149, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 



160 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8, nella parte in cui le disposizioni concernenti 
n calcolo dell'incremento di valore imponibile netto determinato in 
relazione al periodo di formazione dell'incremento stesso, ingiustificate disparit� 
di trattamento tra i soggetti passivi del Tributo. 

Sentenza 8 novembre 1979, n. 126, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice penale, art. 598, comma primo (artt. 3 e 24, comma secondo, della 
Costituzione). 

Sentenza 14 novembre 1979, n. 128, G.U. 21 novembre 1979, n. 318. 

codice d.i procedura penale, artt. 378, comma primo, .parte ultima e 381, 
come secondo, parte ultima (artt. 25, comma primo, 3, comma primo e 24, comma 
secondo, della Costituzione). 

Sentenza 14 novembre 1979, n. 127, G. U. 21 novembre 1979, n. 318. 

legge 8 marzo 196�8, n. 152, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 6 dicembre 1979, n. 138, G.U. 12 dicembre 1979, n. 338. 

legge 15 ottobre 1969, n. 746 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 6 dicembre 1979, n. 138, G.U. 12 dicembre 1979, n. 338. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 21 novembre 1979, n. 132, G. U. 28 novembre 1979, n. 325. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 2, 4, 6, 7, 15 e 16 (artt. 3, 42, 47 e 53 
della Costituzione). 
Sentenza 8 novembre 1979, n. 126, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 

legge reg. Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, art. 2 (artt. 23, 117 e 119 della 
Costituzione). 
Sentenza 14 dicembre 1979, n. 148, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 

d.l. 1o ottobre 1973, n. 580, art. 12, terzo comma [conv. in legge 30 no� 
vembre 1973, 
n. 7661 (artt. 3, 33 e 36 della Costituzione). 
Sentenza 6 dicembre 1979, n. 141, G. U. 12 dicembre 1979, n. 338. 

legge reg. Lombardia 2 dicembre 1973, n. 56, artt. 2 e 4 (artt. 23, 117 e 119 
della Costituzione). 
Sentenza 14 dicembre 1979, n. 148, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 

legge reg. Veneto 8 settembre 1974, n. 48, art. 1 (artt. 23, 117 e 119 della 
Costituzione). 
Sentenza 14 dicembre 1979, n. 148, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 

legge reg. Emilia-Romagna 13 luglio 1977, n. 34, art. 16 (artt. 23, 1F e 
119 della Costituzione). 

Sentenza 14 dicembre 1979, n. 148, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 161 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codic'e civile, art. 250, commi terzo e ,quarto (artt. 3 e 30 �della Costituzione). 
Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna di Bologna, ordinanza 7 maggio 
1979, n. 700, G. V. 12 �dicembre 1979, n. 338. 

codice civile, artt. 296 e 3H (artt. 2, 3, commi primo e secondo, 30, comma 
secondo e 31, comma secondo, della Costituzioni::). 

Cort� d'appello di Torino -sezione speCiale per i minorenni, ordinanza 
20 luglio ~979, n. 828, G. V. 28 novembre 1979, n. 325. 

codice civile, art. 311 (artt. 2, 3, commi primo e secondo, 25 comma primo, 
30, comma secondo, e 31, comma secondo dell� Costituzi.one). 
Corte d'appello di Torino -sezione speciale per i minorenni, ordinanza 
20 luglio 1979, n. 828, G.U. 28 novembre 1979, n. 325. 

codi�ce civile, art. 312, n. 3 (artt. 2, 3, commi primo e secondo, 30, comma 
secondo, e 31, comma secondo, della. Costituzione). 

Corte d'appello di 'forino -sezione speciale per minorenni, ordinanza 
20 luglio 1979, n. 828, G. V. 28 novembre 1979, n. 325. 

codice civile, art. 314/17, (artt. 2, 3, commi primo e secondo, 30, comma secondo, 
e 31, comma secondo, della Costituzione).� 

Corte d'appello di Torino -sezione speciale per i minorenni( ordinanza 
20 luglio 1979, n. 828, G. V. 28 novembre 1979, n. 325. 

codice civile, artt. 2096 e 2109 (artt. 2 e 3, ultimo comma, deHa Costituzione). 


Pretore di Genova, ordinanza 25 maggio 1979', n. 655, G. V. 28 novembre 1979, 

n. 325. 
codice civile, artt. 2096 e 2120, (13 'e 36 della Costituzione). � 
Pretore di Genova, ordinanza 25 maggio 1979, n. 655, G. V. 28 novembre 1979, 


n. 325. 
codii:e penale, art. 15�9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 25 giugno 1979, n. 698, G. V. 29 dicembre 
1979, n. 353. 

codice penale, art. 570 (artt. 3, 27, 29, 31, 70 e 101 della Costituzione). 

Pretore di N�rd�, ordinanza 28 giugno 1979, n. 772, G. V. 19 dicembre 1979, 
numero 345. 

codice di procedura penale, artt. 125, C:omma primo, e 128, comma primo, 

(artt. 24, comma secondo, e 21, comma primo, della Costituzione). 
Corte d'assiste di Torino, ordinanza 24 aprile 1979, n. 783, G.. 19 dicembre 
1979 n. 345. 



162 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 522, ultimo comma, (art. 24 della Co� 
stituzione). 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza lo giugno 1979, n. 664, G.U. 5 dicembre 
1979, n. 332. 

codice penale militare di pace, art. 37, primo comma, (art. 103, terzo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale militare Territoriale di Padova, ordinanza 3 maggio 1979, n. 617, 

G. U. 7 novembre 1979, n. 304. 
codice penale mHitare di pace, art. 263, (artt. 25, primo comma, e 103, 
terzo c�mma, della Costituzione). 

Tribunale militare Territoriale di Padova, ordinanza 3 maggio 1979, n. 617, 

G. U. 7 novembre 1979, n. 304. 
r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, Titolo Il, capo IV, artt. 49 e '72 (artt. 3, 
28, 97, 53 e 23 della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 7 giugno 1979, n. 654, G.U. 28 novembre 
1979, n. 325. 

r.d. 23 maggio 1924, n. 327, Titolo VII, capo l, art. 270 (artt. 3, 28, 97, 
53 e 23 della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 7 giugno 1979, n. 654, G. U. 28 novembre 
1979,. n. 325. 

r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, art. 62 (artt. 3, primo comma, e 98 della 
Costituzione). 
Pretore di Mirandola, ordinanza 31 luglio 1979, n. 717, G. U. 19 dicembre 1979, 

n. 345. � 
legge 27 maggio 1929, n. 81 O, art. 1 Concordato fra la Santa Sede e lo 
Stato italiano, commi quarto, quinto e sesto (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 101, 102 della 
Costituzione). � 

Corte d'Appello di Milano ordinanze (due) 23 marzo e 27 aprile 1979, nn. 625 
e 626, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 

legge 24 l�glio '1930, n. 1278, art. 5 (artt. 21 e 35 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 10 maggio 1979, n. �610, G. U. 7 novembre 1979, 

n. 304. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Macerata, ordinanze (due) 20 e 9 luglio 1979, nn. 671 e 672, G. U. 
5 dicembre 1979, n. 332. 

r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 276, primo e terzo comma (art. 53 della 
Costituzione). 
Corte d'Appello di Bologna, ordinanza 19 gennaio 1979, n. 632, G. U. 7 novembre 
1979, n. 304. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 163 

r.d.l. 20 lugli�o 1934, n. 1404, art. 8 [mod. da legge 25 luglio 1956, n. 88�8] 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanze (due) 28 novembre e 12 dicembre 
1978, nn. 622/1979, G. V. 7 novembre 1979, n. 304. 

d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 32, comma primo, lettera d} (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 
Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 22 novembre 1978, 

n. 694j1979, G. V. 12 dicembre 1979, n. 338. 
r.d.J. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Consiglio di Stato sezione VI giurisdizionale, ordinanza 16 febbraio 1979, 
n. 757, G. V. 29 dicembre 1979, n. 353. 
d.l.l. 18 gennaio 1945, n. 39, art. 3, lettera a) (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Mantova, ordinanza 22 maggio 1979, n. 658, G. V. 5 dicembre 1979, 
n. 332. 
d.l. 6 settembre 1946, n. 89, art. 1 (artt. 3, comma primo, 42, comma secondo, 
44 e 113, comma secondo, della Costituzione). 
Consiglio di Stato sezione IV giurisdizionale, ordinanza 18 aprile 1978, 

n. 676/1979, G. V. 5 dicembre 1979, n. 332. 
legge 31 gennaio 1949, n. 21, artt. 1 e 2 (art. 3 delia Costituzione) . 

. Pretore di Bologna, ordinanza 15 maggio 1979, n. 764, G. V. 29 dicembre 1979, 

n. 353. 
legge 18 aprile 1950, n. 199, artt. 1, commi primo e secondo, e 2, commi 
primo e secondo (artt. 3, comma primo, 42, comma: secondo, 44 e 113, comma 
secondo, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 18 aprile 1978, n. 676/� 
1979, G. V. 5 dicembre 1979, n. 332. 

legge 2 agosto 1952, n. 1221, art. 4 (artt. 41, commi secondo e terzo, e 97, 
comma primo, della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 febbraio 1979, 

n. 695, G.. V. 12 dicembre 1979, n. 338. 
legge 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23 e 30 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Lucera, ordinanza 18 giugno 1979, n. 663, G. V. 5 d�cembre 1979, 

n. 332. 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 (art. 16 della Costituzione). 

Pretore di Legnano, ordinanza 1o ottobre 1979, n. 926, G. V. 5 dicembre 1979, 

n. 332. 
d.P.R. 18 luglio 1957, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 15 maggio 1979, n. 764, G. V. 29 dicembre 1979, 
n. 353. 

164 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 29 ultim�o capoverso, (art. 3 deHa Co� 
stituzione). 
Commissione tributaria di }o grado di I~ernia, ordinanza 8 maggio 1979, 

n. 609, G. V. 13 nov~mbre 1979, n. 310. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, comma quindicesimo [modif. d� legge 
14 febbraio 1974, n. 62, art. 21 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Lauzo Torinese, ordinanza 17 maggi.o 1979, n. 680, G. V. 5 dicem�. 
� bre 1979, n. 332; 

d.P.R. 15 giu9no 1959, n. 393, art. 121 [mod. da legge 5 maggio 1976, n. 3131 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Rho, ordinanza 10 maggio 1979, n. 668, G. V. 5 dicembre 1979, 

n. 
332. 
Pretore di Codogno, ordinanza }o giugno 1979, n. 686; G. V. 5 dicembre 1979, 
�l. 332. 
Preto"re di Monfalcone, ordinanze (tre) 7 giugno 1979, nn. 682, 683 e 684, 

G. 
V. 12 dicembre 1979, n. 338. � 
Pretore di Olbia, ordinanze (tre) 8 giugno 1979, nn. 761, 762 e 763, G. V. 
19 
dicembre 1979, n. 345. 
Tribunale di Arezzo, ordi.nanza 23 aprile 1979, n. 702, G. V. 19 dicembre 1979, 

n. 345. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [mod. da legge 5 maggio 1976, n. 313, 
art. 
51 (art. 27, primo e terzo comma, deHa Costituzione). 
Pretore di Pisa, OI'dinanza 16 luglio 1979, n. 681, G. V. 12 dicembre 1979, 

n. 338. 
. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, comma terzo, quarta ipotesi [mod. da 
legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 51 (art. 3 della .Costituzione). 
� Pretore di Arezzo, ordinanza 28 maggio 1979, n. 618, G. V. 13 novembre 1979, 

n. 310. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, c�ommi terzo e quarto (artt. 3 e 102 
della Costituzione). 
Pretore di Empoli, or.dinanza 26 giugno 1979, n. 659, G. V. 28 novembre 1979, 
1). 325. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, comma secondo, lettera A) (art. 3 
della Costituzione). 
Pretore di Lanciano, ordinanza 19 luglio 1979, n. 648, G. V. 21 novem' 
bre 1979, n. 318. 
Pretore di Latina, ordinanza 29 giugno 1979, n. 759, G. V. 19 dicembre 1979, 

n. 345. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, comma secondo, lettera a) (artt. 3 e 
38, comma secondo, della Costituzione).� 
Pretore di Pisa, ordinanza 15 febbraio 1979, n. 688, G. U. 12 dicembre 1979, 

n. 
338. 
Pretore di Brescia, ordinanza 30 maggio 1979, n. 703, G. V. 12 dicembre 1979, 
n. 338. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 
16f 

Pretore di Vercelli, ordinanza 30 maggio 1979, n. 624, G. V. 13 novembre 1979, 

n. 
310. 
Pretore di Trieste ordinanza 6 luglio 1979, n. 645, G. U. 28 novembre 1979, 
n. 325. 
legge 1<2 ~gosto 1962, n. 1338, art. 5 (artt. 3, 36 e 38 de11a Costituzione). 

Pretore di Parma, ordinanza 4 giugno 1979, n. 641, G.U. 21 novembre 1979, 

n. 318. 
legge 25 febbraio 1963, n. 289, art. 2'1 (artL 3 e 38, secondo comma, de11a 
Costituzione). 

Pretore di Lucca, ordinanza 28 maggio 1979, n. 666, G. U. 5 dicembre 1979, 
-n. 332. 

d.P.R. 30 giugn,o 1965, n. 11124, art. 3 (artt. 3 e 38, secondo comma, de11a Costituzione). 
Pretore di Pisa, ordinanza 28 giugno 1979, n. 687, G. U. 5 dicembre 1979, 

n. 332. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, comma secondo (art. 24 deila .Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 22 gennaio 1979, n. 662, G. U. 28 novembre 1979, 

n. 325. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (art. 24 delia Costituzione). 
Pretore di Savona, ordinanza 19 giugno 1979, n. 644, G. U. 7 novembre 1979, 

n. 304. 
legge 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Trento, ol'dinanza 26 giugno 1979, n. 728, G. U. 29 dicembre 1979, 

n. 353. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, (artt. 3 e 38 de11a Costituzione) . 
. Pretore di Pistoia, ordinanza 25. giugno 1979, n. 679, G. U. 19 dicembre 1979, 

n. 345. 
d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1704, art. 4 (artt. 76 e 77 de11a Costituzione). 
Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 18 luglio 1978, n. 699/1979, G. U. 
12 dicembre 1979, n. 338. 

legge S giugno 1966, n. 424~ art. 1 (art. 3 de11a Costituzione). 

Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 22 novembre 19�8, 

n. 694j1979, G. U. 12 dicembre 1979, n. 338. � 
legge 5 giugno 1967, �n. 431, art. 3 (artt. 2, 3, commi primo e secondo, 25, 
comma primo, 30, comma secondo, e 31, comma secondo, de11a Costituzione). 

Corte d'appe11o di Torino sezione speciale per i minorenni, ordinanza 20 lu� 
glio 1979, n. 828, G. U. 28 novembre 1979, n. 325. 



166� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P,R. 30 giugno 1967, n. 1523; artt. 147, ottavo comma, 145, primo com� 
ma, e 146, primo comma (artt. 42 e 41 della Costituzione). 

Tribunale di Caltagirone, ordinanza 23 maggio 1979, n. 649, G. U. 28 novembre 
1979, n. 325. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 2 e 7 [sost. da legge 14 ottobre 1974, 

n. 497, artt. �1 O e 14] (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Macerata, ordinanze (due) 20 e 9 luglio 1979, nn. 671 e 672, 

G. U. 5 dicembre 1979, n. 332. 
d.P.R. 29 gennaio 1968, n. 645, art. 106, primo comma (art. 76 della Costi� 
tuzione). 
Corte di Cassazione, ordinanza 8 marzo 1979, n. 693, G. U. 12 dicembre 1979, 

n. 338. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 20 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 


Pretore di Parma, ordinanza 4 aprile 1979, n. 640, G. U. 21 novembre 1979, 

n. 318. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, crrt. 23 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Latina, ordinanza 29 giugno 1979, n. 759, G. U. 19 dicembre 197~, 

n. 345. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 69, secondo comma (artt. 3 e 38, secondo 
comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Milano, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 623/1979, G. U. 
13 novembre 1979, n. 310. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, crrtt. 1. 7, 32 (art. 3 _della Costituzione). 
Pretore di Putignano, ordinanze (tre) 18 luglio 1979, n. 692, G. U. 12 dicembre 
1979. n. 338. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 22 (art. 41, primo comma, della Costi� 
tuzione). 

Corte d'appello di Firenze, ordinanza 18 ottobre 1978, n. 643/1979, G. U. 28 no� 
vembre 1979, n. 325. 

d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, art. 11 (art. 73, terzo comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 26 gennaio 1979, 

n. 675, G: U. 5 dicembre 1979, n. 332. 
legge reg. siciliana 23 marzo 1971, n. 7, nota c) alla tabella N) (artt. 3, 5 
e 36 della Costituzione e artt. l e 14 dello Statuto siciliano). 
Corte dei conti -sezione giurisdizionale per la regoine siciliana -ordinanza 
26 aprile 1979, n. 630, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 

legge 25 marzo 197'1, n. 213, art. 4 (artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, o.rdinanze (tre), 22 febbraio 
1979, nn. 713, 714 e 715, G.U. 19 dicembre 1979, n. 345. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 167 

leg9e 25 luglio 1971, n. 568, art. 2 (artt. 3, primo comma, e 33, quinto com� 
ma, della Costituzione). 

Consiglio nazionale forense, ordinanza 29 marzo 1979, n. 707, G. U. 19 di� 
cembre 1979, n. 345. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 36, 52, 53, 8( quarto comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Bologna ordinanza 12 luglio 1979, n. 704, G. U. 19 dicembre 1979, 

n. 345. 
legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 52, primo comma, 53, primo com. 
�ma e 81, quarto comma, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 16 giugno 1978, n. 726;'1979, G. U. 19 dicem� 
bre 1979, n. 345. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 2, n. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di Io grado di Livorno, ordinanze (tre) 7 marzo 1978, 
nn. 720, 721 e 722/1979, G. U. 29 dicembre 1979, . 353. 

legge 29 n�ovembre 1971, n. 1080, art. 1 (artt. 41, commi secondo e terzo, 
e 97, comma primo, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 febbraio 1979, 

n. 695, G. U. 12 dicembre 1979, n. 338. 
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Trento,� ordinanza 4 luglio 1979, n. 729, �G. U. 29 dicembre 1979, 

n. 353. 
d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, artt. 14, primo comma, e 9, primo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 2 maggio 1979, n. 661, G. U. 5 dicernbre 1979, 

n. 332. 
d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50 (artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanze (tre), 22 feb� 
braio 1979, nn. 713, 714 e 715, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 

legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4 (artt. 117, 118, terzo 
conima, 121, 123 della Costituzione e 25 e 57 dello statuto regionale). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 7 feb� 
braio 1979, n. 616, G. U. 7 novembre 1979, n. 304. 

legge re g. siciliana 26 ottobre 1972, n. 53, artt. 1 e 4 (artt. 3, 5 e 36 della 
Costituzione e l e 14 dello statuto siciliano). 

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, ordinanza 
26 aprile 1979, n. 630, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 



168 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO $TATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 2o grado di Mantova 4 novembre 1978, n. 629/[979, 

G. 
U. 21 novembre 1979, n. 318. 
Commissione tributaria di 1o grado di Livorno, ordinanza 30 gennaio 1979, 
n. 723, G. U~ 29 dicembre 1979, n. 353. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, artt. 1, 28, commi.primo, secondo, quart�~ 51 
(artt. 21, primo comma; 53, primo comma, della Costituzione). 

P-retore di Valdagno, ordinanza 15 febbraio 1979, n. 674, G. U. 5 dicembre 
1979 n. 332. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (art. 53, comma primo, della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1o grado di Livorno, ordinanze (ventitr�) 19 dicembre 
1978, nn. da 734 a 756/1979, G. U. 28 novembre 1979, n. 325. 

d.P.R. 26 ottobre 197>2, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 dell~ Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Bolzano, ordinanza 26 gennaio 1979, 

n. 608, G. U. 7 novembre 1979, n. 304. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 [mod. da d.P.R. 23 dicembre 1974, 
n. 688] (art. 53, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di lo grado di Arezzo, ordinanze (tre) 9 febbraio 1979, 
nn. 636, 637 e 638 G. ��. 21 novembre 1979, n. 318. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 3 e 53� della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1o grado di Verona, ordinanze (due) 27 gennaio 1979, 
n. 619 e 620, G. U. 13. novembre 1979, n. 310. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6. e 14 (art. 53 della Cotituzione). 
Commissione tributaria di 1o grado di_ Rieti, ordinanze (cinque) 12 e 26 gennaio 
1979, nn._ 611, 612, 613, 614 e 615, G.U. 7 novembre 11179, n. 304. 

Commissione tributaria di 1� grado di Rieti ordinanza 12 gennaio 1979, n. 631, 

G. U. �13 novembre 1979, n. 310. � 
d.P.R. 26 o+tobre 1972, n. 643, artt. 6, 14 �e 15 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di lo grado di S. Maria Capua Vetere, ordinanza 
21 giugno 1978, n. 639/1979, G. U. 21 novembre 1979, n. 318. 
Commissione tributaria di 2o grado di Milano, ordinanza 4 aprile 1979, n. 886, 

G. U. 28 novembre 1979; n. 325. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 14 e 15 (artt. 53 e 3 della �ostituzione). 
�Commissione tributaria di 2o grado di Pistoia, ordinanze (sette) 20-27 marzo 
1979, nn. da 866 a 872, G. U. 28 novembre 1979, n. 325. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 11 (artt. 25, primo comma, e 103, terzo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Padova; ordinanza 3 maggio 1979, n. 617, 

G. U. 7 novembre 1979, n. 304. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 169 

legge 12 �giugno 1973, n. 349, art. 12, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Pretore di Borgo San Lorenzo, ordinanza 28 maggio 1979, n. 716, G. U. 19 dicembre 
1979, n. 345. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, lettera b) (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di Io grado di Livorno, ordinanze (tre) 7 marzo 1978, 
nn. 720, 721 e 722/1979, G. U. 29 dicembre 1979, n. 353. 

d.P.R..29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, comma secondo, lettera a), e 7, 
c-ommi primo, secondo e quarto artt. 3 e 35, commi primo, e 53, comma primo, 
della Costituzione). � 
Commissione tributaria di 1� grado di Livorno, ordinanze (due) 27 novembre 
1978, nn. 724 e 725/1979, G. U. 29 dicembre 1979, n. 353. 

d.P.R. 29 sett�mbre 1973, n. 599, artt. 1 e 7 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Lanciano, ordinanza 8 maggio 
1979, n. 733, G. U. 29 dicembre 1979, n. 353. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 3, 46, 56 �e 57 (artt. 3 e 53 della Costitt~
zione). 

Commissione tributaria di Io grado di Livorno, ordinanze (tre) 7 marzo 1978, 
nn. 720, 721 e 722/1979, G: U.. 29 dicembre 1979, n. 353. 

legge 14 dicembre 1973, n. 829, art. 44 (art. 1 della �ostituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 19 febbraio 1979, n. 673, G. U. 5 dicembre 
1979, n. 332. 

legge 14 dicembre 1973, n. 8-29, art. 44, terzo comma (artt. 3, primo comma, 
24, primo comma, 25, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Locri, ordinanza 23 maggi_o 1979, n. 731, G. U. 29 dicembre 1979, 
rt. 353. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). 
Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 21 luglio 1979, n. 650, G. U. 13 novembre 
1979, n. 310. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma, (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei' conti, sezione lV giurisdizionale, ordinanza 17 marzo 1978, 

n. 706/1979, G. U. 19 dicembre 1979, n. 345. 
legge reg. siciliana 1 o cigosto 1974, n. 30, art. 8, nota e) (artt. 3, 5 e 36 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, sezipne giurisdizionale per la regione siciliana, .ordinanza 
26 aprile 1979, n: 630, G. U. 13 novembre 1979, n. 310. 

.. 


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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 12 agosto 1974, n. 35�1, art. 2�bis (art. 3, comma primo, della Costi� 
tuzione). 


Tribunale di Milano, ordinanza 17 maggio 1979, n. 709, G. U. 12 dicembre 1979, 

n. 338. 
legge reg. Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, art. 14 (art. 177 della Costituzione). 


Pretore di Vigevano, ordinanze (due) 5 aprile 1979, nn. 651 e 652, G. U. 
28 novembre 1979, n. 325. 

legge reg. L�ombardia . 19 agosto 1974, n. 48, artt. 14, primo comma, e 
15, terzo comma (art. 117 della Costituzione). 

Pretore di Vigevano, ordinanza 27 aprile 1979, n. 653, G. U. 28 novembre 1979, 

n. 325. 
legge 1� marzo 1975, n. 44, art. 16 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Domodossola, ordinanza 28 giugno 1979, n. 621, G. U. 13 novembre 
1979, n. 310. 

legge 18 aprile 1975, n. 11 O, art. 2, comma terzo (art. 101 della Costituzione). 
Tribunale di Pisa, ordinanza 7 marzo 1979, n. 718, G. U. 29 dicembre 1979, 


n. 353. 
legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanze (due) 28 novembre e 12 di~ 
cembre 1978, n. 622/1979, G. U. 7 novembre 1979, n. 304. 

legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 2 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Cuneo, ordinanza 30 maggio 1979, n. 727, G. U. 29 dicembre 1979, 


n. 353. 
legge reg. Lazio 2 dicembre 1975, n. 79, art. 1, primo comma (artt. 3, primo 
comma, 39, primo e quarto comma, 117, primo comma, della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 14 marzo 1979, n. 696, G. U. 12 dicembre 1979, 

n. 338. 
legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Grumello del Monte, ordinanza 14 aprile 1979, n. 646, G.U. 28 novembre 
1979, n. 325. 

Pretore di Rho, �rdinan:i:a 10 maggio 1979, n. 669, G. U. 28 novembre 1979, 

n. 325. 
Pretore di Susa, ordinanza� 24 novembre 1978, n. 787/1979, G. U. 19 dicembre 
1979, n. 345. 

legge 5 maggio 1976, n. 3'13, art. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Portogruaro, ordinanza 26 giugno 1979, n. 697, G. U. 12 dicem� 
bre 1979, n. 338. i l 

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PARTE Il, LEGISLAZIONE 
171 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Feltre, ordinanza 26, luglio 1979, n. 685, G. V. 29 dicembre 1979, 

n. 353. 
legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 25 (art. 27 della Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanza 10 maggio 1979, n. 667, G. V. 5 dicembre 1979, 

n. 
332. 
Tribunale di Como, ordinanza 3 ottobre 1979, n. 878, G. V. 5 dicembre 1979, 
n. 332. 
legge 1 O maggio 1976, n. 319, art. 25, primo comma (artt. 25, secondo comma, 
e 27, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Vigevano, ordinanze (due) 5 aprile 1979, nn. 651 e 652, G. V. 28 novembre 
1979, n. 325. 
Pretore di Vigevano, ordinanza 27 aprile 1979, n. 653, G. V. 28 novembre 
1979, n. 325. 

legge reg. Marche 9 agosto 1976, n. 22, art. 1 O (art. 119 della Costituzione). 


Pretore di Ancona, ordinanza 28 febbraio 1979, n. 670, G. V. 5 di.cembre 1979, 

n. 332. 
legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di t� grado di Livorno, ordinanze (tre) 7 marzo 1978, 
nn. 720, 721 e 722/1979, G. V. 29 dicembre 1979, n. 353. 

legge 12 novembre 1976, n. 751; art. 1, ultimo c:omma (artt. 2, 3, 29, 31 e 53 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di l" grado di La Spezia, ordinanza 29 maggio 1979, 

n. 705, G. V. 19 dicembre 1979, n. 345. 
legge prov. Trento 3 dicembre 1976, n. 41, art. 27, commi ventisettesimo 
e trentesimo (artt. da 8 a 15 dello statuto della regione Trentina-Alto Adige). 

Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 20 agosto 1979, n. 719, G. V. 19 dicembre 
1979, n. 345. 

legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 13 novembre 1978, n. 635/1979, G. V. 
13 novembre 1979, n. 310. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 22 settembre 1978; n. 633/1979, G. V. 
21 novembre 1979, n. 318. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 22 settembre 1978, n. 634/1979, G. V. 
21 novembre 1979, n. 318. 

legge 28 gennaio 1977, n. 1O, art. 14 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). 
Corte d'appella di Lecce, ordinanza 14 maggio 1979, n. 656, G. V. 5 dicembre 
1979, n. 332. 
Corte d'appello di Lecce, ordinanza 4 maggio 1979, n. 701, G. V. 12 dicembre 
1979, n. 338. 



172 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

1egge 28 gel!naio 1977, n. 1O, art. 14, commi da settimo a quattordic:esimo 

(artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Firenze, ordinanza 16 febbraio 1979, n. 642, G. U. 28 no� 
vembre 1979, n. 325. 

d.l. 1� febbraio 1977, n. 12, art. 1 [conv. in legge 31 marzo 1977-, n. 91l 
(artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Terni, o.rdinanza 25 maggio 1979, n. 758, G.U. 29 dicembre 1979, 

n. 353. 
legge prov. Bolzan-o 23 maggio 1977, n. 13, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Bolzano, ordinanza l3 luglio 1979, n. 689, G.U. 12 dicembre 1979, 

n. 3~8. 
d.l. 17 giugno 1977, n. 326, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Carpi, ordinanza 6 giugno 1979, n. 712, G.U. 29 dicembre 1979, 
n. 353. 
legge 8 agosto 1977, n. 51 O (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Carpi, ordinanza 6 giugno 1979, n. 712, G. U. 29 dicembre 1979, 


n. 353. 
legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di l" grado di S. Maria Capua Vetere, ordinanza 
21 giugno 1978, n. 639/1979, G.U. 21 novembre 1979, n. 318. 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt�. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Bolzano, ordinanza 26 gennaio 1979, 

n. 608, �c. U. 7 novembre 1979, n. 304. 
legge 16 dicembre 1977, n. 904, art._ 8 (art. 53-della Costituzione). 

Commissione tributaria di l� grado di Arezzo, ordinanze (tre) 9 febbraio 
1979, nn. 636, 637 e 638, G.U. 21 novembre 1979, n. 318. 

l~gge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8, primo comma� (artt. 53 e 3 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di. 2" grado di Pistoia, ordinanze (sette) 20-27 marzo 
1979, nn. da 866 a 872, G. U. 28 novembre' 1979, n, 325. 

legge 3 gennaio 1978, n..1. art. 5, penultimo comma (artt. 3, comma primo, 
24, comma primo, 97, comma primo, 103, comma primo', e 113, commi primo 
e secondo deHa Costituzione). 

Consiglio di Stato sezione IV giurisdizionale, ordinanza 5 giugno 1979, n. 677, 

G. U. 5 dicembre 1979, n. 332. 
legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, comma primo, 
24, comma primo, 97, comma primo, 100, comma primo, 103, comma -primo e 
125 comma secondo della Costituzione). 


PARTE II, LEGISLAZIONE 
173 

Consiglio di Stato sezione IV giurisdizionale, ordinanza 5 giugno 1979, 

n. 
fJ77, G.U. 5 dicembre 1978, n. 332. 
Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 20 ottobre 1978, 
n. 678/1979, G. U. 5 dicembre 1978, n. 332. 
iegge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 29 e 73 (art. 3 della Costittrzione). 

Giudice conciliatore di Catania, ordinanza 18 giugno 1979, n. 732, G. U. 
29 dicembre 1979, n. 353. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 56 (artt. 3, 24, 101, 102, 103, 111, 113 della 
Costituzione). 

Pretore di Carpi, ordinanza 27 giugno 1979, n. 710r G.U. 12 dicembre 1979, 

n. 338. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 59 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Peschiera Borromeo, ordinanza 20 giugno 1979, n. 730, 
G..U. 29 dicembre 1979, n. 353. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, .art. 59 (art. 3 della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Bari, ordinanza 28 marzo 1979, n. 602, G.U. 7 novembre 
1979, n. 304. 
Giudice conciliatore di Ba~i,� ordinanza 28 marzo 1979, n. 601, G.U. 7 novembre 
1979, n. 304. 
Giudice conciliatore di Castelveccana, ordinanza 5 luglio 1979, n. 657, G.U. 
5 dicembre 1979, n. 332. 
Pretore di Carpi, ordinanza 27 giugno 197~, n. 710, G.U. 12 dicembre 1979, 

n. 338. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59, 64 e 65 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Castel D'Ario, ordinanza 7 aprile 1979, n. 708, G. U. 
12 dicembre 1979, n. 338. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59 e 65 (art. 3 della Costituzione}. 

Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 28 maggio 1979, n. 627, G. U. 
21 novembre 1979, n.� 318. � 
Pretore di Agrigento, ordinanza 10 maggio 1979, n. 628, G. U. 21 novembre 
1979, n. 318. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59 e 65 (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). 
Pretore di Lucca, ordinanza 24 giugno 1979, n. 665, G.U. 5 dicembre 1979, 

n. 332. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65 (art. 3 della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Udine, ordinanza 30 marzo 1979, n. 604, G.U. 7 novembre 
1979, n. 304. 



174 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 3 agosto 1978, n. 405, art. l2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Avezzano, ordinanza 23 ottobre 1978, n. 54/1979, G. V. 13 no� 
vembre 1979, n. 310. 

d.P.R. 22 settembre 197-8, n. 695, art. 3 (art. 11 della Costituzione). 
Trib�nale di Genova, ordinanza 30 aprile 1979, n. 647, G. V. 28 novembre 1979, 

n. 325. 
d.l. 30 gennaio 'l979, n. 2�1, art+. 1, comma ultimo, e 2 [modif. con legge 
31 marzo 1979, n. 93] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Carpi, ordinanza 4 luglio 1979, n. 711, G. V. 19 dicembre 1979, n. 345. 

d.l. 29 maggio 1979, n. 163, artt. 55, ultimo comma, e 57, comma secondo 
(artt. 3, comma primo, 38, commi primo e secondo, 24, commi primo e secondo, 
e 102, comma primo della Costituzione). 

Pretore di Bologna ordinanza 18 giugno 1979, n. 660, G. V. 5 dicembre 1979, 

n. 332. 
d.l. 29 maggio 1979, n. 163, art. 57, capoverso artt. 24, primo comma, 
3, primo comma, e 77, capoverso, della Costituzione). 
Pretore di Parma, ordinanza 11 giugno 1979, n. 777, G.U. 19 dicembre 1979, 

n. 345. 
legge reg. Piemonte 25 luglio 1979, riapp. 10 ottobre 1979 (art. 117 della 
Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 8 novembre 1979, n. 23, G. V. 
13 novembre 1979, n. 310. 

legge reg. deii'Umbria 1 � ottobre 1979 (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). 


Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 25 ottobre 1979, n. 22, G. V. 
7 novembre 1979, n. 304. 

legge reg. siciliana 20 novembre 1979, artt. 3, 32 e 13, comma terzo 

(art. 14, lettera l) dello statuto speciale della regione siciliana). 

Commissario dello Stato per� la regione siciliana, ricorso 4 dicembre 1979, 

n. 24, �G. V. 19 dicembre 1979, n. 345. 

CONSULTAZIONI 


APPALTO 

Appalto -Maggiori oneri per scarsit� di lavoratori -Equo indennizzo (art. 1164. 
secondo comma c.c.). 

Se i maggiori oneri sopportati dall'appaltatore per effetto della difficolt� di 
reperire nella zona di esecuzione dell'opera la necessaria mano d'opera, siano 
indennizzabili a titolo di equo compenso di cui all'art. 1664 secondo comma 

c.c. (n. 423). 
Appalto di opera pubblica -Interessi su somme controverse -Enti pubblici 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36). 
Se la disposizione in forza della quale nell'appalto di opera pubblica gli 
interessi dovuti all'appaltatore sulle somme riconosciutegli a seguito di giudizio 
decorrono dal trentesimo giorno successivo alla data di registrazione del decreto 
di esecuzione dell'atto risolutivo della controversia (art. 36, quarto comma, 

d.P.R. 16 luglio 1962, !1. 1063) possa essere applicata anche qaundo si tratti di � 
ente pubblico (nella specie un conto i cui atti non sono soggetti alia registrazione 
della Corte dei Conti (n. 424). 
Appalto di opere pubbliche -Rimincia preventiva alla declinabilit� degli arbitri 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47). 
Se sia ammissibile la rinuncia preventiva alla facolt� di decli1;are la competenza 
degli arbitri riconosciuta alle parti di un appalto di opera pubblica 
dell'rt. 47 del capitolato approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (n. 422). 

Revisione dei prezzi nei contratti e trattative private -Rate (d.l. C.P.S. 6 dicembre 
1947, n. 1501, art. l -d.l. 13 giugno 1940, n. 901, art. l -art. 1664 c.c.). 

Se nei contratti conclusi daHa pubblica amministrazione mediante trattativa 
privata (nella specie, un appalto) si debba aver rigurdo, per la determinazione 
degli aumenti suscettibili di dar luogo a revisione del prezzo, al livello dei costi 
esistente al momento della stipulazione del contratto ovvero a quello in cui sia 
~tata presentata l'o1ferta (n. 425). 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

Rapporti tra Stato e Regioni -Trasferimento di funzioni -Istituzioni pubbliche 
di beneficenza e assistenza -Consigli di amministrazione -Ricostituzione 

(d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9, art. l, lett. a) -legge 17 luglio 1890, n. 6972, 
artt. l e 62). 
Se sia da ritenere trasferita alla competenza delle regioni a statuto ordinario 
in base al d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9, la ricostituzione, aHa scadenza dei 
Consigli di amministrazione delle istituzioni pubbliche eli beneficenza e assistenza, 
gi� affidata dai singoli statuti al prefetto (n. 11). 



176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CAMBI E VALUTE 

Societ� straniere -Violazione di norme valutarie -Nullit� dei negozi soggetti 
alla normativa italiana (c.p. artt. 25 e 26 c.c. art. 1418 . l. 8 ottobre 1976, 

n. 689, art. 2, primo comma -l. 23 dicembre 1976, n. 863,_ art. 2). 
Se la fittizia intestazione di attivit� itaHana a persone giuridiche straniere 
e enti esteri costituiti da residenti a cui partecipino residenti in violazione 
della normativa valutaria, comporti la nullit� dei negozi giuridici posti in essere 
�da detti soggetti esteri quando detti negozi siano soggetti alla normativa italiana 

(n. 28). 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Retribuzione -Stipendi, pensioni e assegni -Pignorabilit� -Limiti -Fonti nor� 
mative in vigore (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 -d.P.R. 10 gennaio 1957, n, 3). � 

Se le norme di cui al testo unico 5 gennaio 1950, n. 180, relative alla pignorabilit� 
degli stipendi, pensioni e altri assegni dei pubblici dipendenti siano 
integralmente rimaste in vigore per il personale non contemplato dal testo unico 
10 gennaio 1957, n. 3 (n. 340). 

Retribuzione -Stipendi, pensioni e assegni -Pignoramento -Concorso con _sequestro 
e cessione -Limiti-Fonti normative in vigore (d.P.R. 5 gennaio 1950, 

n. 180, artt. 2, secondo comma, 67 e 68 -d.P.R. 10 gennaio 1957,. n. 3). 
Se le norme di cui agli artt. 2, secondo comma, e 67 e seguenti del testo 
unico 5 gennaio 1950, n. 180, relative al limite di� pignora:bilit� nel caso di concorso 
di sequestri, pignoramenti e cessioni, siano tuttora applicabili ai dipendenti 
sia tali anche dopo l'entrata in vigore del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 

(n. 342). 
Retribuzione -Stipendi, pensioni e assegni -Pignoramento tredicesima mensilif� 
-Assegno pensionabile -Indennit� integrativa speciale -Aggiunta di famiglia 
-Pignorabilit� -Limiti (d.P.R. 5 gennaio 1950, n.. .180 -d.tgs. 25 ottobre 
1946; n. 263, art. 7 -l. 30 luglio 1973, n. 477; art. 12 -l. 27 maggio 1959, 

n. 324). 
Se sia consentito il pignoramento a carico di dipendenti statali, e per le 
causali di cui al t.n. 5 gennaio 1950, n. 180: a) della tredicesima mensilit�; 
b) dell'assegno pensiona])ile _di cui all'art. 12 della legge 30 luglio 1973, n. 477; 
c) dell'indennit� integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1~59, n. 324; 
d) dell'aggiunta di famiglia (n. 341). 

Revisione dei prezzi nei contratti ~ tr�ttative private -Rate (d.l. C.P.S .. 6 dicembre 
1947, n. 1501, art. 1 -d.l. 13 giugno 1940, n. 901, art. 1 -c.c. art. 1664). 

Se nei contratti conclusi dalla pubblica amministrazione mediante trattativa 
privata (nella specie, un appalto) si debba aver riguardo, per la determinazione 
degli aumenti suscettibili di dar luogo a revisione del prezzo, al livello� dei costi 
esistente al momento della stipulazione del contratto ovvero a quello in cui 
sia stata presentata l'offerta (n. 343). 



PARTE� II, CONSULTAZIONI 177 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

,. 

Condono tributario -Interessi e accessori -Istanza Mancanza -Effetti 

(1. 19. dicembre 1973, n. 823). 
Se sia ammissibile l'applicazione , del condono di cui aHa legge 19 dicembre 
1973, n. 823 relativamente agli interesi ed accessori, nel cao di violazioni 
in materia di imposta generale sull'entrata (I.G.E.) sia definitivamente accertate 
alla data di entrata in vigore del provvedimento di condono, qualora non 
sia stata presentata istanza di condono (n. 34). � 

Condono tributario -Interessi e accessori -Pagamento del tributo principale Dopo 
del provvedimento di condono -Effetti (1. 19 dicembre 1973, n. 823). 

Se sia ammissibile l'applicazione del condono di cui alla legge 19 dicembre 
1973, n. 823 relativamente agli interessi ed accesori, nel caso di violazioni 
in materia di imposta generale sull'entrata (I.G.E.) gi� definitivamente accertate 
alla data di entrata in vigore del provvedimento di condono, qualora il pagamento 
dal tributo sia avvenuto dopo tal� data, ancorch� prima della presentazione 
di ista~a di condono, (n. 33). 

Condono tributario -Interessi e accessori -Pagamento del tributo principale prima 
del provvedimento di condono -Effetti (l. 19 dicembre 1973, n. 823). 

Se sia ammissibile l'applicazione del condono di cui alla legge 19 dicembre 
1973, n. 823 relativamente agli interessi ed accessori, nel caso di violazioni 
in materia di imposta generale sul1'entrata (I.G.E.) gi� definitivamente accertate 
alla data di entrata in vigore del provvedimento di condono, qualora H 
pagamento de1 tributo sia avvenuto prima di tale data, (n. 1~). 

Consulenti del lavoro -Abilitazione alla rappresentanza e difesa nei giudizi 
avanti alle commissioni tributari -Esclusione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, 
art. 30). 

Se ancorch� non specificatamente rico�npresi nell'elenco dei professionisti 
contenuto nell'art. 30 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sul procedimento avanti 
alle commissioni tributarie, i consulenti del lavoro debbono ritenersi abilitati 
alJa rappresentanza processuale o all'assistenza tecnica del costituente nei giudizi 
avanti alle commissioni relativi ad imposte dirette in concessione con il 
lavoro subordinato e riferibili ai sostituti d'imposta (n. 36). 

Consulenti del lavoro -Rappresentanze innanzi agli uffici finanziari -Limiti 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 63). 
Se tra i professionisti non specificatamente menzionati nel secondo comma 
dell'art. 63 de1 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che prevede una rappresentanza 
esclusivamente sostanziale nell'ambito del procedimento amministrativo 
presso gld uffici finanziari possono ritenersi compresi i consulenti del lavoro, 
limitatamente all'imposte in diretta connessione con gli adempimenti dei datori 
di lavoro (sostituti di imposte) (n. 35). 

Imposte dirette -Giudizio di impugnazione proposto nei confronti dell'amministrazione 
ad opera di taluno soltanto dei coobbligati solidali d'imposta Etfett.
i sul corso della prescrizione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 -c.c. art. 1310). 

Se il giudizio promosso da uno dei condebitori solidali d'imposta impedisca 
il corso deHa prescrizione, sino al passaggio in giudicato della sentenza che 

16 



178 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

definisce il giudizi, anche nei confronti dei coobbligati che non siano parti 
del giudizio (n. 37). 

COOPERATIVE 

Cooperative-ispezioni ordinarie delle associazioni nazionali contributi-cooperative 
non aderenti ad associazioni nazionali debenza ( d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, 

n. 1577, artt. 7 e 8 -l. 8 maggio 1949, n. 285, art. 2, secondo comma -�decreto 
min. lav. 8 ottobre 1973}. 
Se le cooperative non aderenti ad associazioni nazionali fossero tenute, 
anche anteriormente aHa emissione del decreto ministeriale 8 ottobre 1973 del 
Ministero per il lavoro e la previdenza sociale, al versamento dei contributi per 
spese relative aHe ispezioni ordinarie previste dal d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, 

n. 1577, come modificato dalla legge 8 maggio 1949, n. 285. (n. 13). 
Cooperative -ispezione ordinarie delle associazioni nazionali -contributi -mancata 
ispezione -obbligatoriet� -l. 17 febbraio 1971, n. 127, art. 15 -d.l.c.p.s. 
14 dicembre 1947, n. 1577, art. 2, secondo comma. 

Se i contributi di cui all'art. 15 della legge 17 febbraio 1971, n. 127 posti 
a carico delle cooperative, per le spese relative, alle ispezioni ordinari previste 
dall'art. 2, secondo comma, del decreto legge c.p:s. 14 dicembre 1947, n. 1577, 
conservino carattere obbligatorio anche in mancanza delle ispezioni in funzione 
delle quali sono stati imposti, (n. 12). 

Cooperative -Ispezioni ordinarie delle associazioni nazionali -Contributi Natura-(
1. 17 febbraio 1971, n. 1277, art. 15-d.l.c.p.. 14 dicembre 1947, n. 1577, 
art. 2, secondo comma -c.p.c, art 9) 

Quale natura debba riconoscersi, anche ai fini della competenza per materia 
esclusiva del tribunale ex art. 9 c.p.c., ai contributi di cui all'art. 15 della legge 
17 febbraio 1971, n. 127 posti a carico delle cooperative pet le spese relative 
alle ispezioni ordinarie previste dall'art. 2, secondo comma, del d.l.c.p.s. 14 dicembre 
1947, n. 1577, n. 11. 

DIFESA DELLO STATO 

Rapporti tra Stato e regioni -Funzioni delegate -Impugnativa di atto emesso 
dal delegato -Difesa in giudizio -Spettanza (d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, 
artt. 13, nn. 8 e 17 -legge 16 maggio 1970, n. 281, artt. 8 e 18). 

Se la difesa in giudizio di un atto emanato dal medico provinciale nell'esercizio 
di una funzione propria dello Stato ma. delegata alla regione ai sensi 
dell'art. 13 n. 8 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, spetti allo Stato, con il patrocinio 
dell'avvocatura, ovvero alla regione (n. 43). 

DIRITTO INTERNAZIONALE 

Societ� straniere -Riconoscibilit� in Italia -Limitazioni (preleggi artt. 16, 17 
e 31 -Trattato di commercio itala-svizzero 27 gennaio 1953 reso esecutivo 
con r.d.l. 15 febbraio 1923, n. 243 convertito con l. 16 dicembre 1923, n. 2934 



179

PARTE II, CONSULTAZIONI 

esteso al Liechtenstein con scambio di note reso esecutivo con l. 24 dicembre 
1928, n. 3488 -convenzione dell'Aia 1� giugno 1956 sul riconoscimento 
della personalit� giuridica delle societ� associazioni e fondazioni straniere). 

Se le << Anstelten � del Liechtenstein siano riconoscibili quali soggetti di diritto 
dell'ordinamento giuridico italiano (n. 6). 

Societ� straniere -Violazione di norme valutarie -Nullit� dei negozi soggetti 
alla normativa italiana (p. artt. 25 e 26 -c.c. art. 1418 -l. 8 ottobre 1976, n. 689, 
art. 2, primo comma -l. 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2). 

Se la fittizia intestazione di attivit� italiana a persone giuridiche straniere 
e enti esteri costituiti da residenti a cui partecipino residenti in violazione 
della normativa valutaria, comporti la nullit� dei negozi giuridici posti in essere 
da detti soggetti esteri quando detti negozi siano soggetti alla normativa italiana 
(n. 7). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

I.V.A. 
-Ambito di applicazione -Assegnazioni di case di abitazione ai soci di 
societ� cooperative edilizie -Regime (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2 d.
P.R. 23 ottobre 1974, n. 687). 
Se tutte le assegnazioni in propriet� di case di abitazione fatte ai soci di 
cooperative edilizie a norma de1 r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, recante il t.u. 
delle disposizioni sull'edilizia economica e popolare e successive modificazioni 
rimangano estranee all'ambito di applicazione dell'I.V.A. (n. 301). 

ESECUZIONE FISCALE 

Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale -
Aggredibilit� delle somme e dei crediti spettanti agli enti predetti per stanzionamenti 
loro assegnati dalla regione (d.l. 8 luglio 1974, n. 264, l. 17 agosto 
1974, n. 386). 

Se siano pignorabili, per recupero di tributi diretti erariali, a carico degli 
enti ospedalieri, gli stanziamenti loro assegnati dalle regioni a decorrere dal 
1 � gennaio 1975 secodo il nuovo sistema.di finanziamento stabilito dal dJ. 8 Luglio 
1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 1974, n. 386 (n. 94). 

Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale -
Espropriabilit� dei crediti nei confronti degli enti mutualistici per rette di 
degenza anteriori al 31 dicembre 1974 (d.l. 8 luglio 1974, n. 264 -l. 17 agosto 
1974, n. 386). 

Se, per H recupero di tributi diretti erariali, siano pignorabili, a carico 
degli enti ospedalieri, i crediti verso gli enti mutualistici per rette di degenza 
anteriori al 31 dicembre 1974, da estinguere attraverso il piano preordinato 
dalle norme del d.l. 8 luglio 1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 1974, 

n. 386, (n. 95). 
Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale Pignorabilit� 
delle disponibilit� finanziarie degli enti predetti derivanti da 
redditi propri o da entrate diverse o da avanzi di esercizi pregressi (d.l. 
8 luglio 1974, n. 264 -l. 17 agosto 1974, n. 386).� 

Se, per il recupero di tributi diretti erariali, siano pignorabili, a carico 
degli enti ospedalieri, le disponibilit� finanziarie derivanti da redditi propri 


.180 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�di detti enti, o da altre entrate o da avanzi relativi a esercizi pregressi, delle 
quali � prevista la devoluzione al fondo nazionale per l'assistenza ospedaliera 
secondo le disposizioni dell'art. 14 d.l. 8 luglio 1974, n. 264, convertito con 
legge 17 agosto 1974, n. � 386 (n. 96). 

ESECUZIONE FORZATA 

Esenzione fissata -Spese di precetto -Ripetibilit� -Limiti (artt. 95 e 481 c.p.c.). 

In quali limiti siano dovute dal debitore le spese di precetto, ed in particolare 
se siano da pagare anche quelle del precetto divenuto inefficace per 
inutile decorso dei novanta giorni di cui all'art: 481 c.p.c. (n. 66). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA 

Espropriazione per pubblicata utilit� -Decreto di espropriazione -Trascizione Tardiva 
richiesta.-Applicabilit� delle sanzioni stabilite dalle leggi in materia 
di imposte ipotecarie (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, art. 17-l. 25 giugno 1865, 

n. 2359, art. 53). 
Se la pena pecuniaJAia prevista dall'art. 17 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635 
per l'omissione della richiesta di trascrizione di atti obbligatoriamente sottoposti 
a tale formalit� sia legittimamente applicabile in 1potesi di tardiva (richiesta 
di trascrizione di decreto d'espropriazione pronunciato a favore di amministrazioni 
statali (n. 474). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� -otlerta tempestivamente accettata 
-Revocabilit� in ipotesi di legge sopravvenuta in pendenza dei termine 
di accettazione (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 24 e 25 -l. 27 giugno 1974, 

n. 247). 
Se ,sia suscettibile di annullamento o di revoca l'offerta d'inde1mit� di espropriazi~
me allorch� la relativa accettazione, pur se intervenuta nel termine di 
legge, risulti successiva all'entrata in vigore delle norme che, estendono alle 
espropriazioni di competenza statali la disciplina in materia contenuta nella 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, aobiano modificato i criteri di determinazione dell'indennit� 
(n. 475). 

FERROVIE 

Costruzioni ferroviarie -Osservazioni del Comune interessato sul progetto esecutivo 
-Termine (l. 14 agosto 1974, n. 377, art. 9 -l. 2 gennaio 1977, n. 10, 
art. 9 -l. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 29 e 31 -l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 10). 

Se per le costruzioni edilizie da ~;ealizzarsi nell'ambito di comprensori ferroviari 
sia ancora operante la speciale disposizione dell'art. 9, l. 14 agosto 1974, 

n. 377, sollecitatoria delle osservazioni del Comune territorialmente interessato 
(termine perentorio di sessanta giorni dalla ricezione dei progetti esecutivi) pur 
dopo l'entrata in vigore della l. 28 gennaio 1977, n. 10 (la quale rimanda per le 
opere dello Stato alla precedente disciplina urbanistica generale, che non contiene 
prefissione di alcun termine per le osservazioni del Comune) (467). 

PARTE II, CONSULTAZIONI -181 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

RaP,porti tra Stato e regioni -Funzioni delegate -Impugnativa di atto emesso 
dal delegato -Difesa in giudizio -Spettanza (d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, 
art. 13, nn. 8 e 17 -l. 16 maggio 1970, n. 281, artt. 8 e 18). 
Se la difesa in giudizio di un atto emanato dal medico provinciale nell'eser


cizio di' una funzione propria de1lo Stato ma delegata alla regione ai sensi 
dell'art. 13, n. 8 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, spetti allo Stato, con il patrocinio 
dell'Avvqcatura, ovvero alla regione (n. 28). 

IGIENE E SANIT� 

Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale -
Aggredibilit� delle somme e dei crediti spettanti agli enti predetti per stanzionamenti 
loro assegnati dalla regione (d.l. 8 luglio 1974, n. 264-l. 17 agosto 
1974, n. 386). � 

Se siano pignorabili, per recupero di tributi diretti erariali, a carico degli 
enti ospedalieri, gli stanziamenti loro assegnati dalle regioni a decorrere dal 
1� gennaio 1975 secondo il nuovo sistema di finanziamento stabilito dal d.l. 8 luglio 
1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 1974, n. 386 (n. 34). 

Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva .esattoriale 
Espropriabilit� dei crediti nei confronti degli enti mutualistici per rette di 
degenza anteriori al 31 dicembre 1974 (d.l. 8 luglio 1974, n. 264 -l. 17 agosto 
1974, n. 386). 

Se, per il recupero di tributi diretti erariali, siano pignorabili, a carico 
degli enti ospedalieri, i crediti verso gli enti mutualistici per rette di degenza 
anteriori al 31 dicembre 1974, da estinguere attraverso il piano preordinato d~le 
norme del dJ'. 8 luglio 1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 1974, n. 386 

(n. 35). 
Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri �-Azione esecutiva esattoriale -Pignorabilit� 
delle disponibilit� finanziarie degli enti predetti derivanti da 
redditi propri o da entrate diverse o da avanzi di esercizi pregressi (d.l. 8 luglio 
1974, n. 264 -l. 17 agosto 1974, n. 386). � �' � 

Se, per il recupero di tributi diretti erariali, �siano pjgnorabili, a carico 
degli enti ospedalieri le disponibilt� fnanziarie derivanti da redditi propri di 
detti enti, o da altre entrate o da avanzi relativi a esercizi pregressi, delle quali 
� prevista la devoluzione al fondo nazionale per 1';1ssistenza ospedaliera secondo 
le disposizioni dell'art. 14 d.l. 8 luglio 1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 
1974, n. 386 (n. 36). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Cessazione degli effetti civili del matrimonio -Obbligo di pagamento assegno 
di divorzio -Decorrenza (art. 10 l. l" dicembre 1970, n. 898,� art. 5. l. 1� dicembre 
1970, n. 898). � ' � 

'se l'obbligo di corrispondere Passegno di divorzio sorga (trattandosi di rapporto 
patrimooiale intercorrente tra le parti in causa) secondo i principi della 
esecutivit� tra le parti della sentenza di secondo grado ovvero ,dal passaggio in . ' 

17 



182 RASSEGNA D�LL'AVVOCATURA D�LW STATO 

giudicato della decisione giudiziale, ovvero infine solo a seguito dell'annotazione 
della sentenza di divorzio nei registri dello stato civile da cui decorre (ex 
art. 10 l~gge 1� dicembre 1970) l'efficacia della pronuncia di stato con la conseguenza 
che solo dalla data di tale annotazione possa essere detratto dallo 
stipendio e versato al1'avente diritto l'assegno di divorzio (n. 875). 

Retribuzione -Stipendi assegni e altre indennit� -Personale militare � Pignorabilit� 
-Limiti (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 -d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, 
art. 33). 

Se i limiti di pignorabilit� dello stipendio, per il personale militare, siano 
regolati dal testo unico approvato con d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 ovvero dall'art. 
33 del t.u. sugli impiegati civili dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 
1957, n. 3 (n. 882). 

Retribuzione -Stipendi, pensioni e assegni -Pignorabilit� -Limiti -Fonti normative 
in vigore (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3). 

Se le norme di cui al testo unico 5 gennaio 1950, n. 180 relative alla pignorabilit� 
degli stipendi, pensioni e altri assegni dei pubblk:i dipendenti siano 
integralmente rimaste in vigore per il personale non contemplato dal testo 
unico 10 gennaio 1957, n. 3 (n. 877). 

Retribuzione -Stipendio, pensioni e assegni -Pignoramento -Concorso con 
sequestro" e cessione -Limiti -Fonti normative in vigore (d.P.R. 5 gennaio 
1950, n. 180, artt. 2, secondo comma, 67 e�68; d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3). 

Se le norme di cui agli artt. 2, secondo comma, e 67 e seguenti del testo 
unico 5 gennaio 1950, n. 180, relative al limite di pignorabilit� nel caso di concorso 
di .sequestri, pignoramenti e cessioni, sianc;> tuttora applicabili ai dipendenti 
statali ancht! dopo l'entrata in vigore del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 

(n. 879). 
Retribuzione -Stipendi, pensioni e assegni -Pignoramento tredicesima mensilit� 
-Assegno pensionabile -Indennit� integrativa speciale -Aggiunta di 
famiglia -Pignorab.ilit� -Limiti (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180; d.lgs. 25 ottobre 
1946, n. 263, art. 7; l. 30 luglio 1973, n. 477, att. 12; l. 27 maggio 1959, 

n. 324). 
Se sia. con,sentito il pignoramento a carico di dipendenti statali, e per le 
causali di cui al t.u. 5 gennaio 1950, n. 180: a) della tredicesima mensilit�; 
b) .�lell'assegno pensionabile di cui all'art. 12 della legge 30 luglio 1973, n. 477; 
c). dell'indennit� integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324; 
d) .dell'aggiunta di famiglia (n. 878). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Redditi da capitale -Interessi -Indennit� di espropnazwne e di occupazione -
Tassabilit� (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 587, art. 41 -d.P.R. 2!) gennaio 1958, 

�� ' n. 645, artt. 85 e 86). 
Se gli interessi liquidati sulle indennit� di espropriazione e di occupazione 
siano da ritenere tassabili in ricchezza mobile cat. A (�vvero, ora, in I.R.P.F.) e 
�se, in particolare, siano da ritenere tassabili come sopra gli interessi compresi 
tra la data della sentenza di liquidazione e l'effettivo pagamento o deposito 

dell'indennit� (n. 76). 



PARTE li, CONSULTAZIONI 18J 

IMPOSTA GENERALE SULLE ENTRATE 

Condono tributario c Interessi e accessori -Istanza -Mancanza -Effetti (l..19 dicembre 
1973, n. 823). 

Se sia ammissibile l'applicazione dei condono di cui alla legge 19 dicembre 
1973, n. 823 relativamente agli interessi ed accessori ,nel caso di violazioni 
in materia di imposta generale sull'entrata (I.G.E.) gi� definitivamente accertate 
alla data di entrata in vigore del provvedimento di condono, qualora non 
sia stata presentata istanza di condono (n. 182). 

Condono tributario -Interessi e accessori -Pagamento del tributo principale Dopo 
il provvedimento di condono -Effetti (l. 19 dicembre 1973, n. 823). 

Se sia ammissibile l'appNcazione del condono di cui alla legge 19 dicembre 
1973, n. 823 relativamente agli interessi ed accessori, nel caso di violazioni 
in materia di imposta generale sull'entrata (I.G.E.) gi� definitivamente accertate 
alla data di entrata in vigore del provvedimento di condono, qualora il 
pagamento dal tributo sia avvenuto dopo tale data, ancorch� prima della 
presentazione di istanza di condono (n. 181). 

Condono tributario -Interessi e accessori -Pagamento del tributo principale Prima 
del-provvedimento di condono -Effetti (l. 19 dicembre 1973, n. 823). 

Se sia ammissibile l'applicazione del condono di cui alla legge 19 dicembre 
1973, n. 823 relativamente agli interessi ed accessori, nel caso di violazioni 
in materia di imposta generale sull'entrata (I.G.E.) gi� definitivamente accertate 
alla data di entrata in vigore del provvedimento di condono, qualora il pagam~
nto del tributo sia avvenuto prima di tale data (n. 180). 

IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

Esenzioni e agevolazioni -Appalto -Zone terremotate della Sicilia -Costruzione 
di ambulatori -Applicabilit� (l. 2 luglio 1949, n. 408 -d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 633, art. 79 -l. 19 luglio 1961, n. 659, art. l -r.d. 21 giugno 1938, n. 1094, 
art. 2). 
Se le agevolazioni della legge 2 luglio 1949, n. 408 -oggi convertite nella 
riduzione dell'aliquota I.V.A. a norma dell'art. 79 del d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 633 -siano applicabili all'appalto per la costruzione di ambulatori nei territori 
dei comuni terremotati della Sicilia (n. 20). 
I.V.A. -Ambito di applicazione -Assegnazioni di case di abitazione ai soci di 
societ� cooperative edilizie -Regime (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2 d.
P.R. 23 ottobre 1974, n. 687). 
Se tutte le assegnazioni in propriet� di case di abitazione fatte ai soci di 
cooperative edilizie a norma del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, recante il t.u. delle 
disposizioni sull'edilizia economica e popolare e successive modificazioni rimang~
no estranee all'ambito di applicazione dell'I.V.A. (n. 21). 



184 

RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE DIRETTE 

Redditi da capitale -Interessi -11�dennit� di� espropriazione e di occupazione -
Tassabilit� (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 587, art. 41 -d.P.R. 29 gennaio 1958i 

n. 645, artt. 85 e 86). � 
Se gli interessi liquidati suile indennit� �di espropriazione e di occupazione 
siano da ritenere tassabili in ricchezza� mobile ca t. A (ovvero, ora, in I.R.P.E.F.) 
e se, in particolare, siano da ritenere tassabili come sopra gli interessi com


presi tra la data della sentenza di liquidazione e l'effettivo pagamento o depOsito 
dell'indenit� (n. 42). 

Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale -
Aggredibilit� delle somme e dei crediti spettanti agli enti predetti per stanzionamenti 
loro assegnati dalla regione (d.l. 8 luglio 1974, n. 264 -l. 17 agosto 
1974, n. 386). 

Se siano pignorabili, per recupero di tributi diretti erariali, a carico degli 
enti ospedalieri, gli stanziamenti loro assegnati dalle regioni a decorrere dal� 
lo gennaio 1975 secondo il nuovo sistema di finanziamento stabilito dal dJ. 8 luglio 
1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 1974, n. 386 (n. 43). 

Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri -Azione esecutiva esattoriale -
Espropriabilit� dei crediti nei confronti degli enti mutualistici per rette 
di degenza anteriori al 31 dicembre 1974 (d.l. 8 luglio 1974, n. 264 -l. 17 agosto 
1974, n. 386). 

Se, per il recupero di tributi diretti erariali, siano pignorabili, a carico degli 
enti ospedalieri, i crediti verso gli enti mutualistici per rette di degenza �nte7 
riori al 31 dicembre 1974, da estinguere attraverso il piano preordinato dalle 
norme del d.l. 8 luglio 1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto� 1974, n. 386. 

(n. 44). 
Tributi diretti a carico degli enti ospedalieri � Azione esecutiva esattoriale -Pignorabilit� 
delle disponibilit� finanziarie degli enti predetti derivanti da 
redditi propri o da entrate diverse o da avanzi di esercizi pregressi (d.l. 
8 luglio 1974, n. 264 -l. 17 agosto 1974, n. 386). 

Se, per il recupero di tributi diretti erariali, siano pignorabili, a carico degli 
enti ospedali eri, le disponibilit� finanziarie derivanti da redditi propri di detti� 
enti, o da altre entrate o da avanzi relativi a esercizi pregressi, d�lle quali � 
prevista la devoluzione al fondo nazionale per l'assistenza ospedaliera secondo 
le disposizioni dell'art. 14 d.l. 8 luglio 1974, n. 264 convertito con legge 17 agosto 
1974, n. 386 (n. 45). 

IMPOSTE E TASSE 

Consulenti del lavoro -Abilitazione alla rappresentanza e difesa nei giudizi 
avanti alle commissioni tributarie -Esclusione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, 
art. 30). � 

Se ancorch� non specificamente ricotnpresi nell'elenco dei professionisti 
contenuto nell'art. 30 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sul procedimento avanti aHe 
commissioni tributarie, i consulenti del lavoro debbono ritenersi abilitati alla 
rappresentanza processuale o all'assistenza tecnica del costituente nei giudizi 
avanti alle commissioni relativi ad imposte dirette in concessione con il lavoro 
subordinato e riferibili ai sostituti' d'imposta (n. 655). 

�:-.: 



PARTE T�, CONSULTAZIONI 18J 

Consulenti del lavoro � Rappresentanze innanzi agli uffici finanziari -Limiti 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 63). 
�se tra i professionisti non specificamente m~nzionati ne1 secondo comma 
dell'art. 63 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che prevede una rappresentanza 
�sc�usivamente sostanziale nell'ambito del pro��dimento-amministrativo presso 
gli uffici finanziari possono ritenersi compresi i consulenti del lavoro, limitatamente 
all'imposte in diretta connessione con gli adempimenti dei datori. di 
lavoro (sostituti di imposte) (n. 654). 

Imposte dirette -Giudizio di impugnazion� proposto nei confroriti dell'amministrazione 
ad oper-a di taluno soltanto dei coobbligati solidali d'imposta Effetti 
sul corso della prescrizione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -d.P.R. 
26 ottobre 1972~ n. 636 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 -c.c. art. 1310). 

Se il� giudizio promosso da uno dei condebitori solidali d'imposta impedisca 
il corso della prescrizione, sino al passaggio in giudicato della sentenza 
che definisce il giudizio, anche nei confronti dei coobbligati che non siano 
parti del giudizio (n. 657). 

"Imposte dirette -Prescrizione e decadenza -Avviso di liqu�d�zione dell'imposta 
termine di decadenza (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 636 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637). 
Se la richiesta di pagamento dell'imposta -in cifra l-iquida -oggetto al 
termine triennale di decadenza ogni qualvolta sia necessario procedere alla 
notifica deH'avviso di liquidazione per rendere possibile l'adempim~nto (n. 660). 

Violazione leggi finanziarie -Responsabilit� del successore per atto tra vivi in 
un'azienda commerciale ed industriale per pene pecuniarie e sopratasse 
relative a violazioni anteriori alla successione -,Limiti (art. 19 l. 7 gennaio 
1929, n. 4). � 

'Se, per l'estensione a carico del successore per atto tra VIVI m un'azienda 
commerciale o industriale della responsabilit� per pene pecuniarie e sopratasse 
concernenti pregresse violazioni di leggi finanziarie, occorra che le medesime 
siano gi� state irrogate all'autore della violazione ovvero se sia sufficiente 
l'essere intervenuto, prima del trasferimento dell'azienda, il relativo verbale di 
accertamenti (n. 653). 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Espropriazione.. per pubblica utilit� -Decreto di esproprtazzone -Trascrizione Tardiva 
richiesta -Applicabilit� delle sanzioni stabilite dalle leggi in materia 
di imposte ipotecarie (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, art. 17 -l. 25 giugno 
1865, n. 2359, .art. 53). 

Se la pena pecuniaria prevista dall'art. 17 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635 
per l'omissione della richiesta di trascrizione di atti obbligatoriamente sottoposti 
a tale formalit� sia legittimamente applicabile in ipotesi di tardiva (richiesta 
di) trascrizione di decreto d'espropl'iazione pronunciato a favore di .am� 
ministrazioni statal-i (n. 16). 



186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE VARIE 

Cooperative -Ispezioni ordinarie delle associazioni nazionali -Contributi -Cooperative 
non aderenti ad associazioni nazionali -Debenza ( d.l.c.p.s. 14 dicembre 
1947, n. 1577, artt. 7 e ls -l. 8 maggio 1949, n. 285, art. 2, secondo comma 


d. Min. Lav. 8 ottobre 1973). 
Se le cooperative non aderenti ad a_ssociazioni nazionali fossero tenute, 
anche anteriormente all'emissione del d.m. 8 ottobre 1973 del Ministro per il Lavoro 
e la Previdenza Sociale, al versamento dei contributi per spese relative 
alle ispezioni ordinarie previste dal d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1577 come 
modificato dalla legge 8 maggio 1949, n. 285 (n. 119). 

Cooperative -Ispezione ordinarie delle associazioni nazionali -Contributi -Mancata 
ispezione -Obbligatoriet� (l. 17 febbraio 1971, n. 127, art. 15 -d.l.c.p.s. 
14 dicembre 1947, n. 1577, art. 2, secondo comma). 

Se i contributi di cui all'art. 15 della legge 17 febbraio 1971, n. 127 posti 
a carico delle cooperative, per le spese relative alle ispezioni ordinarie previste 
dall'art. 2, secondo comma, del d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1577 conservino 
carattere obbligatorio anche in mancanza delle ispezioni in funzione delle quali 
sono stati imposti (n. 118). 


Cooperative -Ispezioni ordinarie delle associazioni nazionali -Contributi -Natura 
(l. 17 febbraio 1971, n. 127, art. 15 -d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1577, 
art. 2, secondo comma c.p.c., art. 9). 

Quale natura debba riconoscersi, anche ai fini della competenza per materia 
esclusiva del tribunale ex art. 9 c.p.c., ai contributi di cui all'art. 15 della legge 
17 febbraio 1971, n. 127 posti a carico delle cooperative per le spese relative 
alle ispezioni ordinarie previste dall'art. 2, secondo comma del d.l.c.p.s. 14 dicembre 
1947, n. 1577 (n. 117). 

Tasse automobilistiche --Esenzione e concessionario servzzw postale -Cessazione 
o sospensione del servizio (d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 17, lett. c). 

� Se l'esenzione dal pagamento della tassa di circolazione connessa dall'art. 17, 
lett. c) t.u. sulle tasse automobilistiche alle imprese' di trasporto di linea che 
effettuano servizio postale venga meno quando il servizio cessi o sia sospeso 
in via di mero fatto ovvero solo a seguito della revoca della concessione postale 
(n. 116). 

ISTRUZIONE 

Previdenza e assistenza -Compensi integrativi in favore del personale medico 
universitario non utili ai fini presidenziali e assistenziali -Compatibilit� 
nella base imponibile per il calcolo dei contributi (l. 25 marzo 1971, n. 213, 
art. 14 -l. 4 aprile 1952, n. 218, art. 15 -l. 6 dicembre 1966, n. 1077 -l. 30 aprile 
1969, n. 153, art. 12 -l. 6 dicembre 1971, n. 1053, art. 4 -d.l. 1� ottobre 1973, 

n. 580, art. 5). 
Se il compenso integrativo non utile ai fini previdenziali ed assistenziali 
previsto in favore dei sanitari universitar della legge 25 marzo 19'71, :n. 213 
debba concorrere alla de'termnazione della base imponibile per il calcolo dei 
contributi di assistenza e previdenza sociale (n. 565. 



. , . l'ARTE li, CONSULTAZIONI :t87 

MATRIMONIO 

Cessazione degli effetti ~ivili del matrimonio -Obbligo di pagamento assegno 

di divorzio -Decorrenza (art. 10 l. JO dicembre 1970, n. 898,� art. 5 l. 1� dicem


bre 1970, n. 898). 

Se Yobbligo di corrispondere l'assegno di divorzio sorga -trattandosi di 
rapporto patrimoniale intercorrente tra le parti in causa -secondo i principi 
della esecutivit� tra le p�rtr della .sentenza di secondo grado ovvero dal passaggio 
in giudicato della decisione giudiziale, ovvero infine solo a seguito de:Ua 
annotazione della sentenza di divorzio nei registri dello stato civile da cui 
decorre -ex art. 10 legge 1� dicembre 1970 -l'efficacia della pronuncia di 
stato con la conseguenza che solo dalla data di tale annotazione possa essere 
detratto dallo .stipendio e versato all'avente diritto l'assegno di divorzio (n. 38). 

MILITARI 

Retribuzione -Stipendi, assegni e altre indennit� -Personale militare -Pignorabilit� 
-Limiti (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 -d.P.R. 10 gennaio 1957, 
ri. 3, art. 33). 

Se i limiti di pignorabilit� dello stipendio, per il personale militare, siano 
regolati daL testo unico approvato con d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 ovvero 
dall'art. 33 del t.u. sugli impiegati civili dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 
1957, n. 3 (n. 33). � 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Societ� straniere -Violazione di norme valutarie -Nullit� dei negozi soggetti 
alla normativa italiana (p. artt. 25 e 26 -c.c. art. 1418 -l. 8 ottobre 1976, 

n. 689, art. 2, primo comma -l. 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2). 
Se la fittizia intestazione di attivit� italiana a persone giuridiche straniere 
e enti esteri costituiti da residenti a cui partecipino residenti in violazione 
della normativa valutaria, comporti la nullit� dei negozi giuridici posti in essere 
da detti soggetti esteri quando detti negozi siano soggetti alla normativa italiana 
(n. 65). 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto -Maggiori oneri per scarsit� di lavoratori -Equo indennizzo (art. 1164, 
secondo comma c.c.). 

Se i maggiori oneri sopportati dall'appaltatore per effetto deHa difficolt� 
di reperire neHa zona di esecuzione dell'opera, la necessaria mano d'opera, siano 
indennizzabili a titolo di equo compenso di cui all'art. 1,664,. secondo comma, 

c.c. (n. 183). 
Appalto di opera pubblica -Interessi su somme controverse -Enti pubblici 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36). 
Se la disposizione in forza della quale nell'appalto di opera pubblica gli 
interessi dovuti all'appaltatore. sulle somme riconosciutegli a seguito di giudizio 
decorrono da1 trentesimo giorno successivo alla data. di registrazione del .. de




f8'8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�LW STATO 

creto di esecuzione dell'atto risolutivo della controversia (art. 36, quarto comma, 

d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) possa essere applicata ~nche quando si tratti di 
e~te pubblko (nella specie un con) i cui atti non sorio �soggetti alla registrazione 
deHa' Corte dei Conti (n. 184). -� 
Appalto di opere pubbliche -Rinuncia preventiva alla de.clinabilit� degli arbitri 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47). 
Se sia ammissibile la rinuncia preventiva alla facolt� di declinare la competenza 
degli arbitri riconosciuta alle parti di un appalto di opera pubblica 
dell'art. 47 del capitolato approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (n. 182). 

Revisione dei prezzi nei contratli e trattative pri'late -Rate (d.l.c.p.s. 6 dicembre 
1947, n. 1501, art. l -d . .l. 13 giugno 1940, n. 901, art. l -art. 1664 c.c.). 

Se nei contratti conclusi dalla pubblica amministrazione mediante trattativa 
privata (nella specie, 1,m appalto) si debba aver riguardo, per la determinazione 
degli aumenti suscettibili di dar luogo a revisione del prezzo, al livello dei costi 
esistente al momento della stipulazione del contratto ovvero a quello in cui sia 
stata presentata l'ofl;erta (n. 185). 

PIANI REGOLATORI 

Costruzioni ferroviarie -Osservazioni del comune interessato s�l progetto esecutivo 
-Termine (1. 14 agosto 1974, n. 377, art. 9 -l. 2 gennaio 1977, n. 10, 
art. 9 -l. 17 agosto 1942, n. 1150 art. 29 e 31 -l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 10). 

Se per le costruzioni edilizie da realizzarsi nell'ambito di comprensori fer. 
rov1ari sia ancora operante la speciale disposizione dell'art. 9, l. 14 agosto 1974, 

n. 377, solletitatoria delle osservazioni del comune territoria1mente interessato 
(termine perentorio di sessanta giorni dalla ricezione dei progetti esecutivi) pur 
dopo l'entrata in vigore della l. 28 gennaio 1977, n. 10 (la quale rimanda per le 
opete dello Stato alla precedente disciplina urbanistica generale, che non contiene 
prefissione di alcun termine per le osservazioni del comune) (n. 37). 
PIGNORAMENTO 

Retribuzione -Stipendi assegni e altre indennit� -Personale militare -Pignorabilit� 
-Limiti (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 -d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, 
art. 33). 

Se i limiti di pignorabilit� dello stipendio, per il personale militare, siano 
regolati dal testo unico approvato con d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 ovvero dall'art. 
33 del t.u. sugli impiegati civili dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 
1957, n. 3 (n. 31). � � 

Retril;luzione -Stipendi, pensioni e assegni -Pignorabilit� -Limiti -Fonti normative 
in vigore (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 -�d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3). 

Se le norme di cui al testo unico 5 geimaio 1950, �n. 180 relative alla pignorabilit� 
degli stipendi, pensioni e altri assegni dei pubblici dipendenti siano 
integralmente rimaste in vigore per il personale non contemplato dal testo unico 
10 gennaio 1957, n. 3 (n. 28). 



; P�RTE �i, OONSULTAZI6N� . 189 

Retribuzione � Stipendio, pensioni e assegni � Pignoramento � Concorso con se� 
questro e cessione. Limiti. Fonti normative in vigore (d.P.R. 5 gennaio 1950, 
�n. 180, artt. 2, secondo comma, 67 e 68 � d.P.R. 10 .gennaio 1957, n. 3). 

Se le norme di cui agl!i artt. 2, secondo con�ma, e 67 e seguenti del testo 
unico 5 gennaio 1950, n. 180, relative a1 limite di pignorabilit� nel caso di concorso 
di sequestri, pignoram�nti e cessioni, .siano tuttora applicabili ai dipendenti 
sia tali anche dopo l'entrata in vigore del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 (n. 30). 

�Retrib'uzione -Stipendi, pensioni e assegni � Pignoramento tredicesima mensilit� 
-Assegno pensionabile � Indennit� integrativa speciale -Aggiunta di famiglia 
� Pignorabilit� �-Limiti (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 -d.lgs. 25 ottobre 
1946, n. 263, art. 7 -l. 30 luglio 1973, n. 477, art. 12 � i. 27 maggio 1959, 

n. 324). � 
Se sia consentito il pignoramento a carico di dipendenti statali, e per 
le causali di cui al t.u. 5 gennaio 1950, n. 180: a) della tredicesima mensilit�; 
b) dell'assegno pensionabile di cui all'art. 12 della legge 30 luglio 1973, n. 477; 
c) dell'indennit� integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324; 
d) dell'aggiunta di famiglia (n: 29). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Tass~ automobilistiche -Esenzione e concessionario servzzzo postale -Cessazione 
o sospensione del servizio (d.P.R. 5 febbraio-1953, n. 39, art. 17, lett. c).. 

Se l'esenzione dal pagamento delia tassa di circolazione connessa daH'art. 17, 
lett. c) t.u. sulle tasse automobilistiche alle imprese di trasporto �di linea che 
effettuano servizio �postale venga meno quando il servizio cessi o sia sospeso 
in via di mero fatto ovvero solo a� seguito del:l:a revoca della concessione postale 

(n. 157). 
PRESCRIZIONE 

Imposte dirette -Prescrizione e decadenza -Avviso di liquidazione dell'imposta 
termine di decadenza (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 636 -dP.R. 26 ottobre 1972, n. 637). 
Se la richiesta di pagamento dell'imposta -in cifra liquida -oggetto al 
termine triennale di decadenza ogni qualvolta sia necessario procedere alla 
notifica dell'avviso di liquidazione per rendere possibile l'adempimento (n. 100). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Previdenza e assistenza -Compensi integrativi in favore del personale medico 
universitario non utili ai fini presidenziali ed assistenziali � Compatibilit� 
nella base imponibile per il calcolo dei contributi (l. 25 marzo 1971, n. 213, 
art. 14 -l. 4 aprile 1952, n. 218, art. 15 -l. 6 dicembre 1966, n. 1077 � l. 30 aprile 
1969, n. 153, art. 12 � l. 6 dicembre 1971, n. 1053, art. 4 -d.l. 1� ottobre 1973, 

� n. 580, art. 5). � 

Se il compenso integrativo non utile ai fini previdenziali ed assistenziali 
previsto in favore dei sanitari universitari della legge 25 marzo 1971 n. 213 debba 
concorrere alla determinazione della base imponibile per H calcolo dei contributi 
di assistenza e previdenza sociale (n. 130). 



190 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PREZZI 

Generi di largo consumo -Disciplina -Infrazioni -Ingiunzione -Agente con 
deposito-vendita in nome proprio -Legittimazione passiva -Susista (d.l. 24 luglio 
1973, n. 427 -l, 4 agosto 1973, n. 496). 

Se nei confronti di una ingiunzione, emessa ai sensi del d.l. 24 luglio 1973, 

n. 427 (convertito con modificazioni in legge 4 agosto, n. 496) per violazione della 
disciplina dei prezzi dei generi di largo consumo, possa ritenersi carente di legittimazione 
passiva l'agente con deposito esercente l'impresa in nome proprio, 
ma per conto altrui (n. 84). 
Generi di largo consumo -Disciplina -Infrazioni -Ingiunzione -Erroneo 
richiamo di norme -Irrilevanza (d.l. 24 luglio 1973, n. 427, legge 4 agosto 
1973, n. 496). 

Se nel testo di una ingiunzione, emessa ai sensi del d.l. 24 luglio 1973, 

n. 427 (convertito -con modificazioni in legge 4 agosto 1973, n. 496) per violazione 
della disciplina dei prezzi dei generi di largo consumo, sia rilevante 
l'errato richiamo ad uno piuttosto che ad altro articolo del testo di legge n. 83). 
PROCEDIMENTO CIVILE 

Procedimento civile -Controversia di la'voro -Patrocinio delle parti non 
abbienti -Spese anticipate dallo Stato per consulenza -tecnica -Ripetibilit� 
nei confronti della parte abbiente soccombente (l. 11 agosto 1973, n. 533, 
art. 14). 

Se l'azione di ripetizione nei confronti delJa parte abbiente soccombente 
in controversia di lavoro debba estendersi alle spese anticipate dalJo Stato 
per la difesa in giudizio della parte non abbiente. (Nella specie trattavasi delle 
spese anticipate al consulente tecnico d'ufficio) (n. 63). 

Procedimento civile -Controversie di lavoro -Patrocinio delle parti non abbienti Spese 
ed onorari liquidati in sentenza -Anticipazione da parte dello-Stato 

(l. 11 agosto 1973, n. 533, art. 14). 
Se 1a pubblica amministrazione sia tenuta ad anticipare al difensore della 
parte non abbiente, ammessa al patrocinio a spese dello Stato in una controversia 
di lavoro e risultata vittoriosa, l'ammontare degli onorari e dei diritti 
liquidati in sentenza ovvero le sole spese vive sostenute (n. 62). 

REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE 

Costruzione -Territorio comunale -Licenza edilizia -Esclusione (d.P.R. 22 marzo 
1974, n. 381, art. 19, lett. a) -l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31 -l. 6 agosto 
1967, n. 765, art. 10 -l. prov. Bolzano 23 giugno 1970, n. 20, art. 24). 

Se per l'esecuzione di lavori stradali nei territori di comuni delle province 
di Trento e Bolzano l'A.N.A.S. sia tenuta a richiedere il rilascio di licenza 
edilizia (n. 6). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 191 

REGIONI 

Rapporti tra Stato e regioni � Funzioni delegate � Impugnativa di atto emesso 
dal delegato � Difesa in giudizio � Spettanza (d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, 
artt. 13, nn. 8 e 17 � l. 16 maggio 1970, n. 281, artt. 8 e 18). 

Se la difesa in giudizio di un atto emanato dal medico provinciale nell'esercizio 
di una funzione propria dello Stato ma delegata aHa regione ai 
sensi dell'art. 13, n. 8 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, spetti allo Stato, con 
il patrocinio dell'Avvocatura, ovvero alla regione (n. 252). 

Rapporti tra Stato e regioni � Trasferimento di funzioni � Istituzioni pubbliche 
di beneficenza e assistenza � Consigli di amministrazione � Ricostituzione 

(d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9, art. l, lett. a) � l. 17 luglio 1890, n. 6972, artt. 1 
e 62). 
Se sia da ritenere trasferita aHa competenza delle regioni a statuto ordinario 
in base al d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9 la ricostituzione, alla scadenza 
dei Consigli di amministrazione delle istituzioni pubbliche di beneficenza e assitenza, 
gi� affidata dai singoli statuti al prefetto (n. 253). 

RISCOSSIONE. 

Generi di largo consumo � Disciplina � Infrazioni � Ingiunzione Agente con deposito 
� Vendita in nome proprio � Legittimazione passiva � Sussista (d.l. 24 luglio 
1973, n. 427 -l. 4 agosto 1973, n. 496). 

Se nei confronti di una ingiunzione, emessa ai sensi del d.l. 24 luglio 1973, 

n. 427 (convertito con modificazioni in legge 4 agosto n. 496) per violazione della 
disciplina dei prezzi dei generi di largo consumo, possa ritenersi carente di 
legittimazione passiva l'agente con deposito esercente l'impresa in nome proprio, 
ma per conto altrui (n. 42). 
Generi di largo consumo -Disciplina � Infrazioni � Ingiunzione � Erroneo richiamo 
di norme-Irrilevanza (d.l. 24 luglio 1973, n. 427 l. 4 agosto 1973, n. 496). 

Se nel testo di una ingiunzione, emessa ai sensi del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 
(convertito con modificazioni in legge 4 agosto 1973, n. 496) per violazione della 
disciplina dei prezzi dei generi di largo consumo, sia rilevante l'errato richiamo 
ad uno piuttosto che ad a1tro articolo del testo di legge (n. 41). 

SANITARI 

Previdenza e assistenza � Compensi integrativi in favore del personale medico 
universitario non utili ai fini presidenziali ed assistenzali � Compatibilit� 
nella base imponibile per il calcolo dei contributi (l. 25 marzo 1971, n; 213, 
art. 14 � l. 4 aprile 1952, n. 218, art. 15 � l. 6 dicembre 1966, n. 1077 � l. 30 aprile 
1969, n. 153, art. 12 � l. 6 dicembre 1971, n. 1053, art. 4 -d.l. J� ottobre 1973, 

n. 580, art. 5). 
Se H compenso integrativo non utile ai fini previdenziali ed assistenziali 
previsto in favore dei sanitari universitari della legge 25 marzo 1971, n. 213 
debba concorrere alla determinazione della base imponibile per il calcolo dei 
c'ontributi di assistenza e previdenza sociale (n. 14). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

Generi di largo consumo -Disciplina -Infrazioni -Ingiunzione -Agente con. 
deposito -Vendita in nome proprio -Legittimazione passiva -Sussista (d.l. 
24 �luglio 1973, n. 427 -l. 4 agosto 1973, n. 496). 

Se nei confronti di una ingiunzione, emessa ai sensi del d.l. 24 luglio 1973, 
n; 427 (convertito con modificazioni in legge 4 agosto n. 496) per violazione della 
disciplina dei prezzi dei generi di largo consum�, possa ritenersi carente di 
legittimazione passiva l'agente con deposito esercente l'impresa in nome proprio, 
ma per conto altrui (n. 19). 

Generi di largo consumo -Disciplina -Infrazioni -Ingiunzione -Etroneo tichiamo 
di norme -Irrilevanza (d.l. 24 luglio 1973, n. 427 -l. 4 agosto 1973, 

n. 496). 
Se nel testo di una ingiunzione, emessa ai sensi del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 
(convertito con modificazioni in legge 4 agosto 1973, n. 496) per violazione deHa 
disciplina dei prezzi dei generi di largo consumo, sia rilevante l'errato richiamo 
ad uno piuttosto che ad altro articolo del testo di legge (n. 18). 

Violazione leggi finanziarie -Responsabilit� del successore per atto tra vivi 
in un'azienda commerciale ed industriale per pene pecuniatie e sopratasse 
relative a violazioni anteriori alla successione -Limiti (art. 19 l. 7 gennaio 
1929, n. 4). 

Se, per ~'estensione a carico del successore .per atto tra vivi in un'azienda 
commerciale o industriale della responsabilit� per pene pecuniarie e sopratasse 
concernenti pregresse violazioni di leggi finanziarie, occorra che le medesime 
siano gi� state irrogate all'autore deUa violazione ovvero se sia sufficiente 
l'essere intervenuto, prima del trasferimento dell'azienda, H relativo verbale di 
accertamenti (n. 20). 

SOCIETA 

Societ� straniere -Riconoscibilit� in Italia -Limitazioni (preleggi attt. 16, 17 e 
31 -trattato .di commercio italo-svizzero 27 gennaio 1953 reso esecutivo con 
� r.d.l. �15 febbraio 1923, n. 243 convertito con l. 16 dicembre 1923, n. 2934 
esteso al Liechtenstein con scambio di note reso esecutivo con l. 24 dicembre 
1928, n. 3488 -convenzione dell'Aia 1� giugno 1956 sul riconoscimento 
della personalit� giuridica delle societ�, associazioni e fondazioni straniere). 

Se le � Anstelten � del Liechtenstein siano riconoscibili quali sqggetti di 
diritto dell'ordinamento giuridico italiano (n. 143). 

Societ� straniere -Violazione di norme valutarie -Nullit� dei negozi soggetti 
alla normativa italiana (p. artt. 25 e 26 -c.c. art. 1418 -l. 8 ottobre 1976, 
n 689, ar~. 2, primo comma -l. 23 dic~mbre 1976, n. 863, art. 2). 

Se la fittizia intestazione di attivit� italiana a persone giuridiche straniere 
e enti esteri costituiti. da residenti a cui partecipino residenti in violazione 
della normativa valutaria, comporti la nullit� dei negozi giuridici posti in essere 
da detti soggetti esteri quando detti negozi siano soggetti alla normativa italiana 
(n. 144). � 


PARm II, CONSULTAZIONI 193 

SPESE GIUDIZIALI. 

Esenzione fissata -Spese di precetto -Ripetibilit� -Limiti (artt. 95 e 481 c.p.c.). 

In quali limiti siano dovute dal debitore le spese di precetto, ed in par. 
tico1are se siano da pagare anche quelle del precetto divenuto inefficace per 
inutile d~orso dei novanta giorni di cui all'art. 481 c.p.c. (n. 36). 

Procedimento civile -Controversia di �lavoro -Patrocinio delle parti non ablJienti 
-Spese anticipate dallo Stato per consulenza tecnica -Ripetibilit� nei 
confronti della parte abbiente soccombente (l. 11 agosto 1973, n. 533, art. 14).

. . 

Se l'azione di ripetizione nei confronti della parte abbiente soccombente 
.in controversia di lavoro debba estendersi alle spese anticipate dallo Stato 
per �la difesa in giudizio della parte non abbiente. (Nella specie trattavasi delle 
spese anticip.ate al consulente tecnico d'ufficio) (n. 38). 

Procedimento� civile -Contr~versie di lavoro -Patrocinio delle parti non abbienti 
-Spese ed onorati liquidati in sentenza -Anticipazione da parte dello 
Stato (t. 11 agosto 1973, n. 533, art. 14). 

Se la rpubblica amministrazione sia tenuta ad anticipare al difensore delk 
parte non abbiente, ammessa al patrocinio a spese dello Stato in ~controversia 
di lavoro e risultata vittoriosa, l'ammontare degli onorari e dei diritti 
.liquidati in sentenza ovvero le sole spese vive sostenute (n. 37). 

STRADE 

Costruzione -Territorio comunale -Licenza edilizia -Esclusione (d.P.R. 22 marzo 
1974, n. 381, art. 19, lett. a) -l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31 -l. 6 agosto 
1967, n. 765, art. 10 -l. prov. Bolzano 23 giugno 1970, n. 20, art. 24). 

'se per l'esecuzione di lavori stradali nei territori .di comuni delle province 
<li Trento e Bolzano l'A.N.AJS. sia tenuta a richiedere il. rilascio di licenza 
edilizia (n. 117). 

r. 

RASSEGNA DI DOTTRINA 


VINCENZO CAIANIELLO: Lineamenti del processo amministrativo, II ed., UtET, .1979. 

A distanza di quaJlche anno dail suo primo apparire, l'Opera, divenuta 
raJpi!damente introvabi�e nelle Hbrerie e si conferma fra le pi� interessanti e 
complete trattazioni della specifilca materia. 

L'espansione de1 processo amministrativo verso alcuni moduli deL giudizio 
ordinario -incrementata da,!We riforme del 1971 -hanno indotto l'Autore a 
mantenere inaLterata la sistematica gi� precedentemente adottata. 

Pertanto anche in questa edizione sono affrontati nelila prima parte del� 
FOpera, secondo H classico schema del diritto processuale, i prindpi e gli 
i�stituti fondamentali, ment�re nel>La seconda parte � svi!Luppata la trattazione del 
pxocesso nel suo svolgimento (presupposti processuali; processo di primo 
grado; processo di .secondo gno~do; esooilzione del giudicato; procediJmenti 
speciali). 

In riferimento a questa seconda parte deve sottolineavsi la vastit� dell'inf(
H1mazione dottrinaria e giurisprudenziale: al Lettore � data una panoramica 
pressoch� cornrpleta tanto deHa dottrina pi� significativa, quanto deL travaglio 
g~urisprudenziale diretto a tradurre in certezze giuridiche le numerose zone 
della materia ancora incerte. 

In particolare ne risulta arnrplliata La trattazione del processo d'aP!Pcllo �che 
1a giuri:spruden:lla, -sottoLinea l'Autore nehla prefazione -pur suUa base 
deHa :scarna normativa esistente, sta egregiamente ricostruendo al~a luce della 
teoria generale del proc�sso �. 

SI>ecifilca menzione merita, poi, 1a prima parte deL trattato ove, fra l'altro 
iL .ponderoso tema dei raprporti fra la giurisdizione amrnirustrativ,a ed ii controlilo 
giurisdizionale dehle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, � affrontato 
con grande originaLit� e compiutezza. 

Ridisegnati ed approfonditi ne risuLtano La problematica deLl'oggetto del 
giudizio (atto-rapporto), la costruzione della teoria deH'interesse legittimo, le 
caratterilstiche del>1a giurisdizione amministrativa ed i suoi limiti interni ed 
esterni. 

Qui L'Autore rilprende un suo dilsco~so assai sug~gestivo e mo>lto contrastato 
arprparso poco ternrpo priJma di questa edizione su una nota rivista: il suo inserimento 
neLl'Opera ne comp:leta il signif�!Cato e l'originale prospettiva. 

In definitiva, dunque, L'esame di questa nuova edizione deL voLume consente 
di ribadire che altl'O!Pera in realt� � stato conferito un tagldo ed una dignit� 
assai pi� importanti del fine meramente istituzionaLe ,dichiarato. 

CARLO CARBONE