ANNO XXVIII -N. 6 NOVEMBRE-DICEMBRE 1976 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di ser\'izio 

ROMA 

IS11TUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1976 




ABBONAMENTI 
ANNO ................................ L. 12.750 


UN NUMERO SEPARATO .��.�.�.......�... � 2.250 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 

e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 


(7219020) Roma, 1977 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V~ 

ili

:i . 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco 
Favara) . � . � . . . . . . . . . � 845 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Arturo Marzano) . . � 929 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI 
SDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto 
e del/'avv. Carlo Carbone) . . . . . 
GIURIBaccari 
. . . � 978 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura 
cato Adriano Ross~ . . . . . . . 
dell'avvo
� 998 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
del/'avv. Ugo Gargiulo) . . . . . 
(a cura 
. . . . � I O I I 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura 
vocato Carlo Bafile) . . . . . . . . 
dell'av. 
. . � I021 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo 
Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, 
per /e acque pubbliche) . . . . . . . � I040 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) . . . . . . . . . � I055 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE . pag. 163 
CONSULTAZIONI 

� 176 

La pubblicazione � diretta dall'avvoc�ito: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni 
CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL 
SAsso, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; 
Adriano R-0ssI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; 
Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, 
Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco B~RARDI, Potenza; Umberto 
GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo 
MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


FAVARA F., Equo canone e canone sociale �.... 

FAVARA F., Gli obblighi internazionali e comunitari e le Regioni (con 
riguardo alle direttive comunitarie) . . . . , . . . . . . . . . 

FAVARA F., I regolamenti comunitari tra Corte Costituzionale e Corte 
di giustizia delle Comunit� europee � . . . . . . . . . . . 

MARZANO A., G.A.T.T. e diritto per i servizi amministrativi . . 

TAMIOZZO R., Approvazioni, prescrizioni e nulla osta del Soprintendente 
ai monumenti in localit� di interesse paesaggistico, con spe,. 
cifico riferimento alla progettazione e realizzazione di opere pubbliche 
. � . . � . . . . . . , . � . � . . 

I, 893 
I, 868 
I, 915 

I, 932 

I, 1015 


ve dell'appaltatore -Onere -Carattere 
generale, 1040. 
zione det giudice amministrativo, 
981. 
ve dell'appaltatore -Onere -Carattere 
generale, 1040. 
zione det giudice amministrativo, 
981. 
PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA 


-Acque defluenti verso impianti di 
assorbimento -Pubblicit� -Esclusione, 
1050. 

-Competenza e giurisdizione -Danni 
da opere eseguite dalla P. A. -Convogliamento 
di rivo o colatore verso 
vasca di raccolta -Competenza 
dei tribunali delle acque, 1050. 

-Competenza e giurisdizione -Tribunale 
superiore delle acque e Consig1io 
di Stato -Piano regolatore generale 
degli acquedotti -Impugnativa 
-Ricorso in materia di acque 
pubbliche -Non � tale, 1048. 

-Piano regolatore generale degli acquedotti 
-Modalit� di pubblicazione 
-Pubblicazione sulla G. U. del 
solo decreto di approvazione -Legittimit�, 
1048. 

-Piano regolatore generale degli acquedotti 
-Motivazione per relationem 
-Legittimit� -Difficolt� di consultazione 
degli atti richiamati -Irrilevanza, 
1048. 

-Piano regolatore generale degli acquedotti 
-Ricorso giurisdfaionale Termine 
per l'impugnazione -Decorrenza, 
1048. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Maggiori 
oneri derivanti da fatti continuativi 
-Riserva avanzata dall'appaltatore 
dopo l'ultimazione dei lavori 
-Inammissibilit�, 1040. 

-Appalto di opere pubbliche -Opere 
di competenza delle Ferrovie dello 
Stato -Onere della tempestiva 
riserva dell'appaltatore -Applicabilit� 
del principio, 1040. 

-Appalto di opere pubbliche -Riser


-Appalto di opere pubbliche -Riserve 
dell'appaltatore -Onere -Momento 
in cui diviene attuale, 1040. 

-Appalto di opere pubbliche -Riserve 
dell'appaltatore -Onere della ripetizione 
alla firma del certificato 
di collaudo -Insussistenza, 1040. 

-Appalto di opere pubbliche -Somme 
riconosciute all'appaltatore in 
sede giudiziale -Interessi -Decorrenza, 
1040. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto collegiale -Pubblicit� delle sedute 
solo se espressamente prevista, 
1014. 

-Legittimit� -Accertamento -Rilevanza 
esclusiva della situazione esistente 
alla data dell'atto -Piano regolatore 
generale degli acquedotti Fattispecie, 
1049. 

-Motivazione -Sostituzione con quella 
svolta dalla difesa dell'Amministrazione 
-Preclusione, 1014. 

COMMERCIO 

-Merci esposte -Omessa indicazione 
del prezzo -Sanzione penale 
Legittimit� costituzionale, 847. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Autolinee sostitutive di linee ferrotramvfarie 
concesse all'industria privata 
-Disciplina, 991. 

-Difetto di giurisdizione -Cognizione 
del merito invece che della legittimit� 
dell'atto: duplice difetto 
di giurisdizione, 978. 

-Edilizia popolare ed economica Cooperative 
edilizie -Posizioni giuridiche 
soggettive -Controversie sulla 
consegna dell'alloggio: giurisdi



INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Vll 

-Giurisdizione amministrativa -Eccesso 
di potere per travisamento 
del fatto e sindacato di merito sull'atto 
impugnato: differenze, 981. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Concessioni -Servizi automobilistici 
sostitutivi di ferrotramvie 
in concessione -Trasporto 
e scambio degli effetti postali: modalit� 
-Giurisdizione dell'A.G.D., 

991. 
COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA 

-Blocco dei prezzi -Incompatibilit� 

o meno con organizzazione comune 
di mercato delle carni bovine -Questione 
di interpretazione di normativa 
C.E.E. -Spetta alla giurisdizione 
della Corte di giustizia Comunit� 
europee, con nota di F. FAVARA, 
914. 
-Interpretazione di normativa e.E.E. 
-Spetta alla Corte di giustizia Comunit� 
europee -Eliminazione di 
disposizione legislativa 'Statale meramente 
riproduttiva di regolamento 
comunitario -Spetta alla Corte 
Costituzionale, con nota di F. FAVARA, 
914. 

-Libera prestazione dei servizi in materia 
di appalto di opere pubbliche 
� Coordinamento delle procedure nazionali 
per l'aggiudicazione -Mancata 
att�azione di direttiva comunitaria 
-Declaratoria di inadempimento, 
929. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Contratti pubblici -Forma -Rapporto 
fra appalto per progetto-of� 
ferta e appalto-concorso -Criteri di 
scelta -Accertamento dei requisiti Discrezionalit� 
-Limiti, 1020. 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

-Commissioni tributarie -Revisione 
operata con d.P.R. n. 636 del 1972 Legittimit� 
costituzionale -Contenzioso 
tributario giurisdizione ordinaria 
-Azione di accertamento negativo 
-Esclusione, 925. 

-Composizione �delle Commissioni Conoscenza 
personale dei fatti -Non 
necessaria e non rilevante, 924. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzione -Intervento 
di un comune ad adiuvandum di 
Regione non costituita ritualmente Inammissibilit�, 
855. 

-Giudici di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Giudice della 
esecuzione civile -Potere di sollevare 
questioni di legittimit� costituzionale 
-Limiti, 920. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Procedimento 
cautelare dinanzi al giudice a quo Emissione 
del provvedimento cautelare 
-Esaurisce il potere giurisdizionale, 
881. 

-Giudizio di costituzionalit� -Pregiudizialit� 
rispetto a giudizio sulla giur.
isdizione, con nota di F. FAVARA, 914. 

-Interpretazione di normativa e.E.E. Questione 
pregiudiziale rispetto a 
processo costituzionale -Restituzione 
degli atti al giudice a quo, con 
nota di F. FAVARA, 915. 

-Ricorso in via principale -Indicazione 
di disposizioni costituenti parametro 
di giudizio -Errore materiale 
-Pu� essere corretto dalla 
Corte, 921. 

CORTE DEI CONTI 

-Responsabilit� amministrativa dei 
dipendenti delle Ferrovie dello Stato 
-Sottrazione alla giurisdizione 
della Corte dei Conti -Illegittimit� 
costituzionale, 909. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 

-V., Commercio, Comunit� economica 
europea, Contenzioso tributario, 
Corte Costituzionale, Corte dei 
Conti, Edilizia popolare ed economica, 
Fallimento, Impiego pubblico, 
Imposte e tasse in genere, Lavoro, 
Locazione, Matrimonio, Ordinamento 
giudiziario Pena, Poste e telecomunicazioni, 
Procedimento penale, 
Reato, Regione, Sicurezza pubblica, 
Trentino Alto-Adige. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Bellezze naturali -Costruzioni -Soprintendente 
ai monumenti -Diniego 
di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giu



Vlll 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

gno 1940, n. 1357 -Obbligo di motivazione 
-Sussiste, con nota di R. 
TAMIOZZO, 1015. 

-Bellezze naturali � Costruziorui � Soprintendente 
ai monumenti -Diniego 
di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 
1940, n. 1357 -Richiamo alla 
normativa del piano regolatore Legittimit� 
-Sussiste, con nota di 

R. 
TAMIOZZO, 1015. 
- 
Bellezze naturali -Vincolo di bellezza 
d'assieme -Obblighi collegati al 
vincolo -Decorrenza, 1011. 

EDILIZIA 

-Urbanistica -Immobile sottoposto 
a vincolo di bellezze naturali -Licenza 
edilizia -Licenza in sanatoria 
-Rapporto con il provvedimento 
di vincolo -Effetti, 1011. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Assegnazione in locazione -Durata 
del rapporto -Predeterminazione Illegittimit� 
costituzionale, con nota 
di F. FAVARA, 893. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Determinazione dell'indennit� -Valore 
del bene espropriato -Momento 
della determinazione del valore 
nell'ipotesi di una serie di espropriazioni 
non contestuali, 1005. 

FALLIMENTO 

-Credito fondiario Procedura esecutiva 
individuale Legittimit� costituzionale, 
920. 

GIUOCO D'AZZARDO 

-Lotto e lotterie -Bollette e relative 
Matrici � Custodia e smarrimento 
delle stesse -Pagamento della vincita 
-Controlli prescritti dalla legge 
19-10..1938, n. 1933 -Impossibilit� 
del riscontro -Irresponsabilit� del 
giocatore, 1007. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Impiego pubblico -Promozioni Merito 
comparativo -Controinteressati 
� Individuazione -Criteri, 1013. 

-Ricorso giurisdizionale -Impiego 
pubblico -Pretese patrimoniali -Diritti 
soggettivi perfetti � Termini di 
prescrizione � Sussiste, 1013. 

-Ricorso giurisdizionale -Interesse Licenza 
edilizia -Impugnazione Limiti, 
1011. 

-Ricorso giurisdizionale � Pronuncia 
di annullamento -Nuovo provvedimento 
-Interesse al ricorso -Limiti, 
1011. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Ex combattenti collocati a riposo Divieto 
di assumere impieghi o incarichi 
-Legittimit� costituzionale, 

905. 
-Inquadramento -Rilevanza del titolo 
di studio rispetto alle mansioni 
-Sussiste, 1012. 

-Inquadramento in qualifica superiore 
-Rilevanza del titolo di studio 
-Questione di costituzionalit� 
dell'art. 2 I. 4 febbraio 1966, n. 32 
in relazione all'art. 3 Cost. -Manifesta 
infondatezza, 1012. 

-Inquadramento in qualifica superiore 
-Rilevanza del titolo di studio 
rispetto alle mansioni -Questioni 
di costituzionalit� dell'art. 2 I. n. 32 
del 1966 in relazione all'art. 36 Cost. Manifesta 
infondatezza, 1012. 

-Promozioni -Commissioni di scrutinio 
-Momentanea presenza di funzionari 
estranei -� consentita, 1014. 

-Promozioni -Merito comparativo Carriera 
con accesso per laureati e 
dipendenti sforniti di laurea -Punteggio 
criteri, 1014. 

-Promozioni -Merito comparativo Parit� 
di punteggi -Attitudine a 
funzioni superiori -Motivazione Necessit� 
-Sussiste, 1014. 

-Stipendi e assegni -Familiare ricoverato 
in luogo di cura -Onere a 
carico di Ente pubblico -Corresponsione 
dell'aggiunta di famiglia -Legittimit�, 
1013. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione per le opere di interesse 
degli enti locali -Art. 18 legge 
3 agosto 1949, n. 589 � Elencazione 
tassativa -Edili:llia giudiziaria 
Esclusione, 1024. 



INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Competenza e giurisdizione -Estimazione 
semplice e complessa -Questioni 
di fatto inerenti all'applicazione 
di agevolazioni -Estraneit� 
al concetto di estimazione -Giurisdizione 
dell'A.G.O. -Sussiste, 1035. 

-Credito a medio e lungo termine Imposta 
in abbonamento sostitutiva 
delle tasse e imposte indirette sugli 
affari -Limite di applicabilit�, 
1021. 

-Imposte dirette -Maggiorazione di 
aliquota per ritardata iscrizione a 
, ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto, 
con nota di C. BAFILE, 1026. 

-Interessi -Decadenza da agevolazioni 
-Imposta ordinaria -Decorrenza 
dalla data della registrazione, 
1033. 

-Possesso di redditi -Redditi della 
moglie -Imputazione al marito � 
Illegittimit� costituzionale, 862. 

-Presunzione di riproduzione dei redditi 
-Pu� essere relativa non assoluta, 
909. 

LAVORO 

-Indennit� di anzianit� � Modalit� 
particolari di corresponsione e di 
commiisurazione -Legittimit� costituzionale, 
845. 

-Rapporti di diritto privato e di diritto 
pubblico � Diversit� -Esclusione 
dai benefici a favore degli ex 
combattenti -Legittimit� costituzionale, 
905. 

LOCAZIONE 

-Abitazioni urbane � Proroga legale � 
Legittimit� costituzionale � Condizioni, 
893. 

-Abitazioni urbane -Proroga legale Non 
abbienza del conduttore -Limiti 
di prova � Illegittimit� costituzionale 
� Rilevanza delle condizioni 
patrimoniali del conduttore � Legittimit� 
costituzionale, con nota di 

F. 
FAVARA, 893. 
- 
Immobili urbani non abitativi� Blocco 
dei canoni -Finalit� antinflazionistica 
-Legittimit� costituzionale � 
Limiti, con nota di F. FAVARA, 894. 

MATRIMONIO 

-Divorzio -Separazione di fatto iniziata 
prima della legge n. 898 del 
1970 � Rilevanza -Legittimit� costituzionale, 
865. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Ipoteca -Diritti del terzo acquirente 
� C,reditori ipotecari � Azione ex 
art. 2867 cod. civ. � Azione reale o 
personale Azione surrogatoria, 
1002. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 

-Comandante di porto � Giurisdizione 
penale -Illegittimit� costituzionale, 
852. 

PENA 

-Perdono giudiziale � Divieto di reiterazione 
-Illegittimit� costituzionale, 
850. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

~ 
Servizio radiotelevisivo via etere Trasmissione 
su scala locale -Liberalizzazione 
in regime di autorizzazione 
statale, 910. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Atti preliminari al giudizio penale Riunione 
di giudizi � Reato continuato 
-Reati giudicandi in procedimenti 
diversi -Istanza di riunione 
-Unicit� del disegno criminoso Onere 
della prova a carico dell'imputato, 
1056. 

-Notificazione presso il portiere -Avviso 
a mezzo raccomandata � Necessit�, 
852. 

-Notificazioni -All'imputato -Domicilio 
dichiarato -Domicilio eletto � 
Possibilit� di fare le dichiarazioni 
previste nell'art. 171 cod. proc. pen. 
in atti diversi da quelli indicati nel 
predetto articolo, 1055. 

-Notificazioni -All'imputato -Domicilio 
eletto -Elezione del domicilio 
presso il difensore -Indicazione del 
luogo -Necessit� -Esclusione, 1056. 

-Revisione e assoluzione -Azione di 
riparazione e risarcimento del dan



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

no -Colpa della P.A. -Inammissibilit� 
della domanda risarcitoria, 

998. 
- 
Rimessione ad altro ufffoio giudiziario 
per mancanza numero legale Legittimit� 
costituzionale, 850. 

-Rito direttissimo -Interrogatorio 
dell'imputato -Assistenza del difensore 
-Necessit�, 853. 

REATO 

-Assicurazi�ni sociali -Omesso pagamento 
di contributi Responsabilit� 
dell'imprenditore -Legittimit� 
costituzionale, 854. 

-Liberazione condizionale -Diritto 
penale militare -Potere del Ministro 
da cui dipendeva il militare Illegittimit� 
costituzionale, 892. 

-Reato continuato -In genere -Nozione, 
1055. 

REGIONE 

-Agricoltura -Parco nazionale -Attribuzioni 
statali -Coordinamento 
con attribuzioni regionali in materia 
urbanistica, 855. 

-Comunit� economica europea -Direttive 
comunitarie Persistente 
inadempimento da parte di Regione � 
Potere sostitutivo dello Stato -Sussiste, 
con nota di F. FAVARA, 868. 

-Funzione di indirizzo e coordinamento 
-Convenzioni ospedaliere Potere 
di emanare schemi� di convenzione 
-Spetta allo Stato, 885. 

-Legge regionale -Delibera di riadozione 
sostitutiva di precedente 
delibera invalida -Proponibilit� di 
ricorso alla Corte Costituzionale, 

847. 
- 
Legge regionale -Riadozione dopo 
rinvio -Difetto della maggioranza 
assoluta -Invalidit� del procedimento 
-Proponibilit� di ricorso alla 
Corte Costituzionale, 847. 

-Potere di emanare norme di attuazione 
di legge statale -Rispetto dei 
limiti posti da tale legge, 921. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Responsabilit� della P.A. -Danni 
da cosa in custodia -Cedimento 
degli argini di vasca di raccolta Sussiste, 
1051. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Riunione in luogo pubblico -Pre� 
avviso di almeno tre giorni -Legittimit� 
costituzionale, 851. 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-G.A.T.T. -l.G.E. all'importazione Cotoni 
importati da Paesi aderenti 
al G.A.T.T. -Applicabilit� dell'aliquota 
ridotta stabilita per i cotoni 
di produzione nazionale -Esclusione, 
con nota di A. MARZANO, 932. 

-G.A.T.T. -Norme relative ai diritti 
doganali -Immediata applicabilit� Diritto 
per i� servizi amministrativi Applicabilit� 
alle merci provenienti 
dai Paesi aderenti al G.A.T.T. Esclusione, 
con nota di A. MARZANO, 

932. 
TRENTINO ALTO ADIGE 

- 
Energia elettrica -Provvedimenti 

C.l.P. -Devono far salva attribuzio� 
ne provinciale, 882. 
- 
Finanza e tributi -Concorde richiesta 
e accordo tra Stato e Province, 

856. 
- 
Governo della Repubblica -Partecipazione 
alle sedute del Consiglio 
dei Ministri -Non � prevista da disposizioni 
costituzionali, 856. 

-Incremento della produzione industriale 
-Energia elettrica -Localizzazione 
impianti -Attribuzione statale, 
881. 

! 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

7 luglio 1976, n. 151 
7 luglio 1976, n. 152 
7 luglio 1976, n. 153 
7 luglio 1976, n. 154 
7 luglio 1976, n. 158 
7 luglio 1976, n. 160 
7 luglio 1976, n. 164 
14 luglio 1976, n. 170 
14 luglio 1976, n. 172 
14 luglio 1976, n. 173 
14 luglio 1976, n. 175 
15 luglio 1976, n. 179 
22 luglio 1976, n. 180 
22 luglio 1976, n. 181 
22 luglio 1976, n. 182 
22 luglio 1976, n. 186 
22 luglio 1976, n. 190 
22 luglio 1976, n. 191 
22 luglio 1976, n. 192 
28 luglio 1976, n. 193 
28 luglio 1976, n. 194 
28 luglio 1976, n. 200 
28 luglio 1976, n. 201 
28 luglio 1976, n. 202 
28 luglio 1976, n. 205 
28 luglio 1976, n. 206 (ordinanza) (. 
3 agosto 1976, n. 211 
3 agosto 1976, n. 212 
3 agosto 1976, n. 214 
3 agosto 1976, n. 215 
3 agosto 1976, n. 217 
18 novembre 1976, n. 225 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

22 settembre 1976, nella causa 10/76 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 15 dicembre 1975, n. 4135 
Sez. Un., 2 febbraio 1976, n. 327 
Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 577 
Sez. Un., 25 febbraio 1976, n. 620 

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)) 914 
)) 920 
� 921 
� 924 
)) 925 
� 882 
� 893 

pag. 929 

pag. 998 
� 978 
)) 991 
)) 981 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

XII 

Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1665 
Sez. I, 29 maggio 1976, n. 1946 
Sez. I, 25 giugno 1976, n. 2388 
Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2435 
Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2444 
Sez. Un., 13 luglio 1976, n. 2689 
Sez. I, 18 agosto 1976, n. 3041 . 
Sez. I civile, 6 ottobre 1976, n. 3293 
Sez. I civile, 12 ottobre 1976, �n. 3375 
Sez. Un., 20 ottobre 1976, n. 3616 
Sez. Un., 28 ottobre 1976, n. 3923 . 

TRIB. REG. ACQUE PUBBLICHE 

Napoli, 28 gennaio 1976, n. 4 . . 

., . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad Plen., 6 maggio 1976, n. 3 
Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 227 
Sez. IV, 7 maggio 1976, n. 303 
Sez. IV, 18 maggio 1976, n. 340 
Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 219 
Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 220 
Sez. VI, 25 maggio 1976, n. 237 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 7 novembre 1975, n. 1992 
Sez. III, 10 novembre 1975, n. 2008 
Sez. V, 23 marzo 1976, n. 554 
Sez. V, n. 26 marzo 1976, n. 601 

pag. 1021 
� 1002 
� 1024 
� 1026 
� 1033 
� 1035 
� 1040 
� 1005 
� 1007 
� 932 
� 932 

pag. 1050 

pag. 1011 
� 1048 
� 1012 
� 1013 
� 1013 
� 1015 
� 1020 

pag. 1055 
� 1055 
)) 1056 
)) 1056 



PARTE SECONDA 

ll'-lDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 

ACQUE PUBBLICHE 

-Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL Competenza, 
176. 

AGRICOLTURA 

-Istituti sperimentali di agricoltura Aziende 
agrarie -Addetti -Natura 
del rapporto -Diritto alla qualifica, 

176. 
- 
Istituti sperimentali di agricoltura Gestione 
di aziende agrarie -Personale 
addetto -Piante organiche Divieto 
di assunzioni in eccedenza, 

176. 
- 
Istituti sperimentali per la zootecnica 
-Istituti consorziali -Patrocinio 
dell'Avvocatura, 176. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Enti lirici -Contratto di scrittura 
teatrale -Natura difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O. -Limiti, 177. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Versamento contributi previdenziali 
-Inadempienza della P.A. -Interessi 
moratori -Degenza -Limiti, 177. 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

-Antichit� e belle arti -Opera d'arte 
di propriet� privata -Esportazione 
illecita -Acquisto della propriet� 
da parte dello Stato italiano, 177. 

-Fornitura -Inadempienza per sciopero 
incidente sul sub-fornitore 
Responsabilit�, 177. 

-Legge sulla casa -Procedimento e 
criteri di indennizzo -Scavi e sistema'Zioni 
archeologiche -Applicabilit�, 
177. 

-Opere d'arte -IUnvenute a bordo di 
navi straniere -Esportazione clandestina 
-S1:1ssistenza -Limiti, 177. 

APPALTO 

-Appalto opere pubbliche -Garanzia 
fideiussoria in luogo delle ritenute 
sui pagamenti in conto -Applicabilit� 
ai pagamenti effettuati prima 
dell'entrata in vigore 1. 12 gennaio 
1974, n. 8, 178. 

-Appalto di opere pubbliche -Sospensione 
di lavori illegittimi -Aggravio 
di spese generali -Determinazione 
dell'indennizzo spettante, 

178. 
- 
Ritardi nei pagamenti degli acconti 
e del saldo -Interessi moratori Onere 
di riserva, 178. 

ASSICURAZIONI 

-Assicuratore -Surroga nei diritti 
dell'assicurato -Danneggiato -Costituzione 
di parte civile -Inammissibilit�, 
178. 

-Assicurazione obbligatoria -Violazioni 
-Accertamento -Su strade 
non statali e da parte di organi di 
polizia locale -Proventi -Spettanza, 

178. 
ATTI AMMINISTRATIVI 

- 
Atti paritetici Impugnativa al 

T.A.R. -Anteriore al loro funzionamento 
-Irricevibilit�, 179. 
AVVOCATI E PROCURATORI 

-Difesa dello Stato -Comandi Nato Patrocinio 
-Avvocatura dello Stato, 

179. 
BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 


-Protezione delle bellezze naturali Esecuzione 
di opere senza preventivo 
-Nulla osta della soprintendenza 
-Obbligo di denunzia all'Autorit� 
giudiziaria -Limiti, 179. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Protezione delle bellezze naturali ' 
Giudicato penale sulla esistenza del 
reato di distruzione o deturpamento 
di bellezze naturali � Conseguenze, 
179. 

-Vincolo paesistico � Dichiarazione 
di notevole interesse pubblico � Opere 
militari nella zona � Atto di 
concerto � Necessit�, 179. 

-Vincolo paesistico � Dichiarazione 
di notevole interesse pubblico � 
Preesistente vincolo di interesse militare 
� Rapporti, 180. 

-Vincolo storico � Artistico � Immobile 
privato notificato � Modifica 
non autorizzata � Inelimabilit� o impossibilit� 
di ripristino � Pretesa 
risarcitoria della P. A., 180. 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

-Assunzioni obbligatorie � Obblighi 
del datore di lavoro -Mancata assunzione 
del lavoratore avviato 
Sanzione applicabile, 180. 

BORSA 

-Agenti di cambio -Divieto di personale 
interesse -Operazioni di borsa 
� Nozione, 180. 

CACCIA E PESCA 

-Molluschicoltura � Poteri di v1g1lanza 
-Delega alle Regioni -Molluschi 
eduli � Autorizzazione alla coltivazione 
� Competenza, 180. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Assicurazione obbligatoria � Violazioni 
� Accertamento � Su strade 
non statali e da parte di organi d( 
polizia locali -Proventi -Spettanza, 
181. 

-Poteri dell'autorit� comunale � Parchimetri 
a pagamento -Imposizione 
custodia dei veicoli -Mancanza Legittimit� 
del provvedimento, 181. 

COMMERCIO 

-Disciplina dei prezzi dei beni di largo 
consumo carni fresche e bestiame 
vivo da macello, 181. 

-Impianti di distribuzione carburanti 
-Disciplina � Violazioni � Sanzioni 
pecuniarie -Impugnazione Competenza 
giurisdizionale dell'A. 
G.O., 181. 

-Impianti di distribuzione carburanti 
� Disciplina -Violazioni -Sanzioni 
pecuniarie � Impugnazione � Competenza 
giurisdizionale dell'A.G.O., 

181. 
COMUNI E PROVINCE 

-Consorzi per la industrializzazione � 
Partecipazione dei Comuni � Facolt� 
di recesso -Limiti, 181. 

-Consorzi per la industrializzazione Partecipazione 
dei Comuni � Obbligatoriet� 
o facoltativit�, 182. 

-Sanit� locale -Provvedimenti -Con 
impegno di spesa a carico del Comune 
-Competenza, 182. 

-Sanit� locale -Ufficiale sanitario Natura 
� Competenza generale, 182. 

-Sindaco -Decreto di citazione a giudizio 
� Sospensione delle funzioni Successiva 
elezione al Parlamento Effetti, 
182. 

COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA 

-Comunit� economiche europee -Importi 
compensativi monetari -Importazioni 
di carne da paesi terzi Contratti 
anteriori al 19 dicembre 
1971 � Esenzione -Condizione valutaria 
� Legittimit�, 182. 

-Comunit� economiche europee -Organizzazioni 
comuni di mercato Titolo 
di importazione � Smarrimento 
� Estinzione obbligo di importare 
� Causa di forza maggiore, 182. 

-Imposta di R.M. e complementare Trattato 
e convenzione C.E.C.A. Dipendenti 
societ� minerarie -Corresponsione 
indennit� c.d. extra di 
attesa � Assoggettabilit� al tributo, 

183. 
CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Demanio marittimo -Concessioni 
Attivit� degli uffici del genio civile 
-Compensi e parcelle, 183. 


INDICE DEI.LE CONSULTAZIONI 

CONTABILIT� DELLO STATO 

-Contabilit� dello Stato � Acquisto 
di immobili � Libert� e propriet� � 
Certificati � Visure notarili, 183. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Fermo amministrativo � Enti pubblici 
diversi dallo Stato � Applicabilit� 
� Limiti, 183. 

-Forniture � Inadempienze per sciopero 
incidente sul sub-fornitore � 
Responsabilit�, 183. 

-Immobili urbani � Locazioni passive 
della P.A. regime vincolistico � 
Applicabilit�, 184. 

-Versamento contributi previdenziali 
-Inadempienza della P .A. -Interessi 
moratori -Degenza -Limiti, 

184. 
CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

-Imposte dirette -Condono -Giudizio 
in corso -Sospensione -Definizione 
senza ulteriore iscrizione a ruolo 
-Applicabilit�, 184. 

CONTRABBANDO 

-Generi di monopolio -Sequestro penale 
-Devoluzione all'Amministrazione 
dei monopoli -Accreditamento 
del prezzo -Criteri di determinazione, 
184. 

-Tabacco lavorato estero -Contrabbando 
-Provvedimenti relativi alla 
merce sequestrata -Modalit� e competenza, 
184. 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

-Immobili in Pozzuoli -Danni da bradisismo 
-Contributo di riparazione 

o ricostruzione -Ordinanza di sgombero 
-Necessit� e limiti, 185. 
CORTE DEI CONTI 

-Dipendenti -Danno recato all'Ente 
regione -Responsabilit� amministrativa 
-Accertamento -Giudizio di 
responsabilit� -Competenza, 185. 

COSTITUZIONE 

-Sindaco -Decreto di citazione a 
giudizio -Sospensione dalle funzioni 
-Successiva elezione al Parlamento 
-Effetti, 185. 

DANNI DI GUERRA 

-Imprese elettriche -Attivit� esclusiva 
o principale -Trasferimento 
all'ENEL -Danni di guerra � Provvidenze 
-Spettanza, 185. 

-Imprese elettriche -Attivit� non esclusiva 
o principale -Trasferimento 
all'ENEL -Danni di guerra Provvidenze 
-Spettanza, 185. 

-Societ� -Ammissione all'indennizzo 
-Nazionalit� italiana � Partecipazione 
azionaria di cittadini stranieri 
-Rilevanza, 186. 

-Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi 
per danni di guerra -Liquidazione 
al decuius -Legge nuova -Riliquidazione 
a favore dell'erede -Assoggettabilit� 
al tributo, 186. 

DAZI DOGANALI 

-Dazi doganali -Restituzioni alla esportazione 
-Prodotti siderurgici Uguali 
prodotti in cemento amianto, 
186. 

DAZI DOGANALI 

-Dazi doganali -Restituzioni alla "esportazione 
� Prodotti siderurgici � 
Uguali prodotti in cemento amianto, 
186. 

DEMANIO 

-Autostrade -Distanze di rispetto dal 
ciglio -Creazione di nuove pertinenze 
stradali � Spostamento delle fa. 
�scie di rispetto, 186. 


-Vincolo paesistico -Dichiarazione 
di notevole interesse pubblico -Opere 
militari nella zona -Atto di concerto 
-Necessit�, 186. 

-Vincolo paesistico -Dichiarazione 
di notevole interesse pubblico -Preesistente 
vincolo di interesse militare 
-Rapporti, 187. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XVI 

DIFESA DELLO STATO 

-Difesa dello Stato -Comandi Nato Patrocinio 
-Avvocatura dello Stato, 

187. 
- 
Dipendente militare -Procedimento 
penale avanti Tribunale Militare Patrocinio 
dell'Avvocatura, 187. 

-Istituti sperimentali per la zootecnica 
-Istituti consorziali -Patrocinio 
dell'Avvocatura, 187. 

-Istituto Nazionale Conserve Alimentari 
(INCA) -Patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato -Esclusione, 187. 

-Responsabilit� civile -Trattati e 
convenzioni internazionali -Trattato 
Nato -Danni a Stato contraente 
-Legittimazione attiva Stato di 
soggiorno, 187. 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-Alloggio popolare -Contributo statale 
-Societ� beneficiaria -Fallimento 
-Preventivo nulla aosta del!'
Amministrazione -Mancanza -Effetti 
sulla procedura concorsuale 
gi� iniziata, 188. 

-Cooperative edilizie -Soci -Assegnazione 
di alloggio in propriet� o 
di mutuo -Mancata occupazione Locazione 
a terzi -Sanzioni, 188. 

-Imposta R.M. -Esenzioni e agevolazioni 
-Interessi su mutui contratti 
per costruzione abitazioni non di 
lusso -Proroga dei termini di ultimazione 
-Limiti, 188. 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

-Imprese elettriche -Attivit� esclusiva 
o principale -Trasferimento 
all'E.N.E.L. -Danni di guerra -Provvidenze 
-Spettanza, 188. 

-Imprese elettriche -Attivit� non esclusiva 
o principale -Trasferimento 
all'E.N.E.L. -Danni di guerra Provvidenze 
-Spettanza, 189. 

-Val d'Aosta -Concessioni all'E.N.E.L. 
-Competenza, 189. 

ESECUZIONE FORZATA 

- 
Credito di un privato per rivalsa 

I.V.A. -Natura -Pignoramento presso 
terzi -Ammissibilit�, 189. 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Autostrade -Distanze di rispetto del 
ciglio -Creazione di nuove pertinenze 
stradali -Spostamento delle 
fascie di rispetto, 189. 

-Costruzione di ippodromo -Dichiarazione 
di pubblica utilit� -Competenza 
prefettizia -Limiti -Pubblico 
interesse provinciale -Necessit�, 189. 

-Costruzione di ippodromo -Pubblico 
interesse, 190. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Dopolavori 
postelegrafonici locali, 

190. 
-Espropriazione per pubblica utilit� Impianti 
sportivi -Dopolavoro P.T. Dopolavori 
postelegrafonici locali Procedimento, 
190. 

- 
Espropriazione per pubblica utilit� 
-Impianti sportivi -Dopolavoro 

P.T. Ufficio Centrale Dopolavoro 
P.T. -Procedimento, 190. 
-Legge sulla casa -Procedimento e 
criteri di indennizzo -Scavi e sistemazioni 
archeologiche -Applicabilit�, 
190. 

-Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione 
di poteri statali -Estensione, 
190. 

-Regione Friuli-Venezia Giulia -Espropriazioni 
per la zona industriale 
di Trieste -Opere portuali -Competenza, 
190. 

- 
Zone terremotate del viterbese -Abitazioni 
per i senza tetto -Espropriazione 
aree occorrenti -Legislazione 
applicabile, 191. 

FALLIMENTO 

-Alloggio popolare -Contributo statale 
-Societ� beneficiaria -Fallimento 
-Preventivo sulla sosta dell'Amministrazione 
-Mancanza -Effetti 
sulla procedura concorsuale gi� iniziata, 
191. 

FARMACIE 

-Concorso -Ammissione -Requisiti Anzianit� 
-Diritto transitorio, 191. 

-Concorso -Ammissione -Requisiti Qualit� 
di docente universitario Esclusione, 
191. 



INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

-Concorso -Vittoria -Docente universitario 
di ruolo -Autorizzazione 
all'esercizio -Dimissioni dall'impiego, 
191. 

FERROVIE 

-Ferrovie; carta di libera circolazione, 
medici fiduciari F.S., 192. 

-Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate 
con decreto ministeriale � 
Pubblicazione � Modalit�, 192. 

FORESTE 

-Regione Marche � Legge n. 6/1973 
sulla protezione della flora, costruzione 
di nuove strade da parte dell'ANAS, 
rispetto della legge, 192. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Atti paritetici -Impugnativa al TAR 
. Anteriore al loro funzionamento Irricevibilit�, 
192. 

-Giustizia amministrativa: ricorsi al 
TAR -Spostamento di competenza 
per connessione oggettiva -Impugnativa 
congiunta di atto normativo 
emanato da Autorit� Centrale e atto 
esecutivo di autorit� locale -Competenza 
del TAR, 192. 

-Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa 
-Istituzione e funzionamento 
dei T.A.R. -Rimessione, 193. 

GUERRA 

-Benefici a favore dei dipendenti ex 
combattenti -Profughi per applicaziOne 
trattato di pace � Profughi da 
zone colpite dalla guerra -Equiparabilit�, 
193. 

IDROCARBURI 

-Impianti di distribuzione carburanti 
-Disciplina � Violazioni -Sanzioni 
pecuniarie � Impugnazione -Competenza 
giurisdizionale dell'A.G.O., 

193. 
IGIENE E SANIT� 

-Molluschicoltura -Poteri di v1g1lanza 
-Delega alle Regioni � Molluschi 
eduli -Autorizzazione alla coltivazione 
-Competenza, 193. 

-Sanit� locale -Provvedimenti -Con 
impegno di spesa a carico del Comune 
-Competenza, '193. 

-Sanit� locale -Ufficiale sanitario Natura 
� Competenza generale, 194. 

-Trasferimento degli uffici dallo Stato 
alle Regioni -Consiglio Provinciale 
di Sanit� -Potere di nomina 
dei membri non di diritto -Spettanza, 
194. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Benefici a favore dei dipendenti ex 
combattenti � Profughi per applicazione 
trattato di pace -Profughi da 
zone colpite dalla guerra -Equiparabilit�, 
194. 

-Benefici combattentistici -Dipendenti 
Enti pubblici -Indennit� di 
buonuscita -Liquidazione -Criteri 
propri dei dipendenti statali -Applicabilit�, 
194. 

-Demanio marittimo -Concessioni Attivit� 
degli uffici del genio civile 
-Compensi e parcelle, 194. 

-Dipendenti -Danno recato all'Ente 
regione � Responsabilit� amministrativa 
� Accertamento � Giudizio di 
responsabilit� -Competenza, 195. 

-Dipendenti ex combattenti -Benefici 
-Esodo volontario -Domanda 
con termine iniziale -Decesso an� 
teriore al termine -Effetti, 195. 

-Dipendenti ex combattenti -Benefici 
economici -Prescrizione biennale 
-Applicabilit� generale, 195. 

-Enti lirici -Contratto di scrittura 
teatrale -Natura difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O. -Limiti, 195. 

-Impigeato civile dello Stato -Procedimento 
disciplinare -Sopravvenuta 
cessazione del rapporto di impiego 
-Presclusione, 195. 

-Impiegato statale -Nuova retribuzione 
disposta dal d.P.R. 28 dicembre 
1970, n. 1079 -Riconoscimento 
dell'anzianit� di servizio nella qualifica 
inferiore ai fini della determinazione 
di una retribuzione non inferiore 
nella qualifica superiore posseduta 
al 1� luglio 1970, 195. 

-Impiegato statale -Sospensione obbligatoria 
dal servizio per emissione 
di mandato di cattura -Annul



XVlll 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lamento del mandato di cattura Revoca 
della sospensione obbligatoria 
� Irretroattivit� degli effetti, 196. 

-Istituti sperimentali di agricoltura Aziende 
agrarie -Addetti -Natura 
del rapporto -Diritto alla qualifica, 

196. 
-Istituti sperimentali di agricoltura Gestione 
di aziende agrarie -Personale 
addetto -Piante organiche Divieto 
di assunzioni in eccedenza, 

196. 
-Lavoro subordinato -Impiego pubblico 
-Assunzione obbligatoria -Limite 
percentuale complessivo -Invalidi 
-Regime transitorio, 196. 

-Riammissione in servizio -Trattamento 
economico -Assegno ad personam 
precedentemente goduto Riconoscibilit�, 
196. 

-Ufficio Italiano Cambi -Dipendenti 
nubili -Prole naturale -Riconoscimento 
anche del padre -Assegni 
familiari -Spettanza, 197. 

-Universit�: cessazione della figura 
dell'assistente volontario, 197. 

-Universit� -Posti di assistente di 
ruolo -Soprannumerari -Riassorbimento 
-Messa a concorso di posti 
vacanti, 197. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Alienazione tra parenti di immobile 
verso costituzione di rendita -Atto 
di donazione -Atto a titolo oneroso 
-Qualificazione, 197. 

-Atti sottoposti a condizione sospensiva 
-Denuncia di avveramento Tardivit� 
o omissione -Effetti Benefici 
fiscali -Decadenza, 197. 

-Atti. sottoposti a condizione sospensiva 
-Registrazione Unicit� o duplicit�, 
198. 

-Contratti stipulati con lo Stato Clausola 
circa il trasferimento dell'obbligo 
tributario allo Stato -Ammissibilit�, 
198. 

-Condono tributario -Controversia 
pendente -Relativa alla sola sopratassa 
-Applicabilit�, 198. 

-Esenzioni e agevolazioni -Decadenza 
-Imposta normale -Riscossione 

-In pendenza di ricorso -Soprav


� 
venienza delle nuove norme -Effetti, 
198. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia 
abitativa -Trasferimento dell'immobile 
-Destinazione a residence Applicabilit�, 
198. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia 
economica e popolare -Acquisto di 
area da parte del Comune in attuazione 
PEEP -Tassa fissa -Applicabilit�, 
198. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia 
economica e popolare -Alloggi INAcasa 
-Cessione ad altro lavoratore Benefici 
accordati all'atto di assegnazione 
-Decadenza, 199. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia 
economica e popolare -Alloggi INAcasa 
-Cessione ad altro lavoratore 
-Spettanza dei benefici, 199. 

-Esenzioni e agevolazioni -Istituti 
di credito a medio e lungo termine 
-Imposta in abbonamento -Trasferimento 
coattivo a seguito vendita 
forzata -Applicabilit�, 199. 

-Imposta di registro -Enti equiparati 
allo Stato a fini tributari -Nuova 
disciplina risultante del d.P.R. 
22 ottobre 1972, n. 634 -Mantenimento 
delle agevolazioni -Entrata 
in vigore del d.P.R. 29 settembre 
1973, Il. 601, 199. 

-Imposta di registro -Nuova disciplina 
risultante dal d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 634 -Contratti st�ipulati 
con lo Stato, 199. 

-Imposta di registro -Trasformazione 
di societ� di capitali in societ� 
di persone -Scioglimento -Assegnazione 
ai soci -Criteri di tassazione, 

200. 
-Presunzioni di liberalit� nelle vendite 
tra parenti -Alienazione di immobile 
verso costituzione di rendita 
vitalizia -Sussistenza della presunzione, 
200. 

-Procura irrevocabile con obbligo di 
rendiconto -Tassa fjissa o imposta 
proporzionale, 200. 

-Societ� -Societ� in nome collettivo 
-Patto sociale di continuazione 
anche in caso di morte di un socio 
-Obbligo di corrispondere agli 



INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

eredi di valore della quota -Atto 
traslativo di quota -Assoggettabilit� 
all'imposta, 200. 

-Societ� -Trasformazione lii societ� 
di capitali a societ� di persone Successivo 
scioglimento -Assegnazione 
ai soci di beni immobili -Re� 
gime giuridico, 200. 

-Soggetti passivii -Solidariet� -Prescrizione 
-Atti interruttivi -Provenienti 
dal debitore d'imposta -Efficacia 
-Estensione -Limiti, 201. 

-Valutazione base imponibile -Accertamento 
di valore -Appalti -Abrogazione 
delle norme -Effetti sui 
procedimenti di valutazione esauriti 
-Diritto intertemporale, 201. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Denuncia di successione -Pluralit� 
di denuncie -Termine biennale per 
la documentazione delle passivit� � 
Decorrenza, 201. 

-Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi 
per danni di guerra -Liquidazione 
al decuius -Legge nuova -
Riliquidazione a favore dell'erede -
Assoggettabilit� al tributo, 201. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Vendite all'ingrosso e al dettaglio Attivit� 
promiscua -Onere di separate 
scritturazioni, 201. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
.-;.� 
I -Norme dichiarate incostituzionali 
II -Questioni dichiarate non fondate 
III -Questioni proposte 
pag. 
,. 
� 
163 
164 
165 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 151 -Pres. Rossi -Rel. Ama


dei -Caresio (avv. Nappi), I.N.P.S. (avv. Casalma) e Presidente Con


siglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). 

Lavoro -Indennit� di anzianit� -Modalit� particolari di corresponsione e 

di commisurazione -Legittimit� costituzionale. 

(cost., artt. 3, 36 e 38; I. 1� luglio 1955, n. 638, artt. 11, 20 e 23). 

Fermo restando il principio che l'indennit� di anzianit� � dovuta in 
ogni caso dal datore di lavoro, non � costituzionalmente illegittima la 
disciplina legislativa che preveda un sistema di liquidazione e di commisurazione 
di detta indennit� diverso da quello stabilito dal codice civile. 

(Omissis). -Tale legge (la legge 1 �. luglio 1955, n. 638) detta norme 
particolari in tema di previdenza del personale delle aziende private del 
gas, istituendo un fondo la cui gestione viene affidata all'Istituto nazionale 
della previdenza sociale. In vigore all'epoca in cui venne a cessare 
il rapporto di lavoro che ha dato luogo alla vertenza dalla quale � 
originata la questione di legittimit� costituzionale, � stata successivamente 
sostituita da altra legge1 datata 6 dicembre 1971, n. 1086, con 
effetto dal 1� novembre 1967. 

L'art. 11 della legge impugnata stabilisce, tra l'altro, che il trattamento 
da essa previsto, sostituisce quello dell'assicurazione obbligatoria per 
la invalidit� e .la vecchiaia e per i superstiti di cui al r.d.1. 4 ottobre 
1935, n. 1827, e successive integrazioni e modificazioni, nonch� la indennit� 
di anzianit� per risoluzione del rapporto di lavoro ed ogni altro 
trattamento previsto, in materia, da norme di legge, contratti collettivi, 
accordi generali e particolari, regolamenti aziendali, usi e consuetudini. 

Gli artt. 19 e 20 disciplinano il trattamento relativo alla liquidazione 
della indennit� di anzianit� differenziandolo tra lavoratore che cessi il 
servizio con diritto a pensione (art. 19) e lavoratore licenziato per raggiunti 
limiti di et� (60 anni compiuti) o per altro motivo e che non 



RASSEGNA DEU.'AWOCATl'RA DELLO STATO

846 

abbia acquisito il diritto a pensione (art. 20); l'art. 23 disciplina, invece, 
la pensione del lavoratore che cessi dal rapporto di lavoro per dimissioni. 
-(Omissis). 

Fermo restando il principio che l'indennit� di anzianit� � dovuta in 
ogni caso dal datore di lavoro, nessun problema costituzionale, per 
quanto detto sopra, pu� sorgere per il fatto che la corresponsione avvenga 
attraverso sistemi diversi, purch� questi siano idonei a garantirla 
in ogni caso. All'atto pratic<;> la costituzione del fondo di cui trattasi 
offre al lavoratore una maggiore possibilit� e facilit� di realizzazione 
del diritto ponendolo al coperto da eventuali inadempienze da 
parte del datore di lavoro per difficolt� economiche ed altro. Ci� � tanto 
vero che il fondo � stato mantenuto con la legge 6 dicembre 1971, numero 
1084, ancorch� riordinato alla luce dell'esperienza e dell'evoluzione 
dell'intero sistema previdenziale sociale. Nessuna violazione, pertanto, dell'art. 
36 della Costituzione per il fatto che l'indennit� venga erogata 
dal fondo e non direttamente dal datore di lavoro, il quale peraltro � 
tenuto a versamenti periodici contributivi. 

Il problema centrale che inerisce alla questione, pertanto, rimane 
quello di appurare se il sistema di liquidazione dell'indennit� stabilito 
dalla legge tuteli adeguatamente gli interessi e i diritti dei lavoratori 
in tema di corresponsione della indennit� di anzianit�, soprattutto nei 
confronti di coloro che abbiano cessato dal rapporto di lavoro senza aver 
raggiunto il diritto a pensione sia per licenziamento per raggiunti limiti 
di et� o per altri motivi, sia per dimissioni volontarie. 

In fondo, come � dato rilevare dall'art. 11 della legge, ha una sua 
particolare natura complessa in quanto concerne tutte le competenze 
e previdenze che possono spettare al lavoratore come conseguenza del 
rapporto di lavoro dipendente al quale � legato (trattamento di quiescenza 
e di pensione, assicurazione obbligatoria per l'invalidit� o la vecchiaia 
e per i superstiti, indennit� di anzianit�) e in essa confluiscono, 
in un'unica gestione, ed in un unico contesto, oltre a quanto necessario 
a corrispondere la indennit� oggetto del presente giudizio anche quei 
contribuenti che il lavoratore stesso sarebbe stato obbligato comunque 
a versare per le assicurazioni sociali che lo riguardano. 

Consegue da ci� che la trattenuta fino al 50 % sulla indennit� di 
liquidazione non � fine a se stessa ma si inserisce negli aspetti finalistici 
propri della legge ed � diretta anche a coprire quelle contribuzioni 
che dovrebbero fare capo, n�l campo assicurativo, al prestatore 
d'opera, senza per questo incidere nella corresponsione delle prestazioni 
di carattere previdenziale di cui all'art. 38 della Costituzione. In sostanza, 
nonostante i collegamenti di natura tecnico-organizzativa che presiedono 
alle plurime finalit� del fondo, ogni istituto previdenziale mantiene 
la propria fisionomia e autonomia caratteristica. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 152 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza 
-Piccinini (u.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. Gozzi). 

Commercio . Merci esposte � Omessa indicazione del prezzo � Sanzione 
penale � Legittimit� costituzionale. 

(1. 11 giugno 1971, n. 426, artt. 38 e 39). 
Non � ingiustificato n� irrazionale che il trattamento riservato alle 
merci di largo e generale consumo esposte nelle vetrine esterne all'ingresso 
del locale o sui banchi di vendita sia differenziato da quello delle 
merci diversamente esposte o delle altre merci comunque esposte. 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 153 -Pres. Rossi � Rel. 
Crisafulli -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv.� gen. G. Az. 
zariti) e Regione Umbria (avv. Piras). 

Regione � Legge regionale � Riadozione dopo rinvio � Difetto della mag� 
gioranza assoluta � Invalidit� del procedimento � Proponibilit� di 
ricorso alla Corte Costituzionale. 

Regione � Legge regionale � Delibera di riadozione sostitutiva di precedente 
delibera Invalida � Proponibilit� di ricorso alla Corte Costituzionale. 


La proposta di � riadozione � di una delibera legislativa regionale 
rinviata dal 'Governo ai sensi dell'art. 127 Cast. deve considerarsi respinta, 
ove non sia raggiunta la maggioranza assoluta; n� � consentito 
reiterare le votazioni fino al raggiungimento della maggioranza prescritta. 
Peraltro, nel caso non sia stata raggiunta la maggioranza assoluta, 
se il Consiglio regionale erroneamente ritiene di avere � riadattato� 
la precedente delibera e della .delibera di � riadozione � � data comunicazione 
al Commissario del Governo alla stregua di legge approvata, 
non � consentito un ulteriore rinvio al Consiglio regionale, ma � proponibile 
ricorso alla Corte Costituzionale per far accertare l'invalidit� de' 
procedimento legislativo. 

Una seconda � riadozione �, ancorch� a maggioranza assoluta, di delibera 
legislativa in precedenza invalidamente riadattata pu� essere diret 
tamente impugnata davanti alla Corte Costituzionale, senza necessit� di 
previo rinvio al Consiglio regionale.� 

(Omissis). -� pacifico tra le parti, e si evince dagli atti del Consiglio 
regionale allegati al ricorso, che, nella seduta del 24 ottobre 1974, 
la proposta di riadozione della legge precedentemente rinviata dal Go



848 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

verno ottenne il voto favorevole di 15 consiglieri contro 8, sui 30 assegnati 
alla Regione, non raggiungendosi pertanto la maggioranza assoluta 
a tal fine prescritta. Dal che potrebbe anzi argomentarsi, a rigore, che 
la proposta era da considerare respinta, e la legge, dunque, non approvata 
(ed in questo senso avrebbe dovuto esprimersi il Presidente dell'Assemblea 
nel proclamare il risultato della votazione), rendendosene 
pertanto superflua l'impugnazione da parte dello Stato; con l'ulteriore 
conseguenza della chiusura del procedimento legislativo, e del divieto, a 
norma dell'art. 61 del Regolamento consiliare, cui rinvia l'art. 42 dello 
Statuto, di ripresentazione della stessa proposta di legge se non dopo 
il decorso di sei mesi. 

Senonch�, sta di fatto che il Consiglio regionale ha erroneamente 
ritenuto di avere � riadottata � la legge, della quale � stata data comunicazione 
al Commissario del Governo come di una legge approvata. Onde 
la necessit� di proporre ricorso davanti a questa Corte, allo scopo di 
farne accertare erga omnes la invalidit� per vizio del procedimento. 
Nel quale ordine di idee, non sarebbe stato invece configurabile un 
ulteriore rinvio al Consiglio regionale, perch�, nessuna modificazione 
essendo stata apportata al testo precedente, la legge non avrebbe potuto 
considerarsi diversa da quella una prima volta approvata e poi rinviata 
dal Governo, e perci� �nuova� ai fini del terzo comma dell'art. 127 
della Costituzione. 

N� d'altronde alla ammissibilit� della censura pu� formare ostacolo 
il principio, pi� volte affermato dalla giurisprudenza della Corte (v. da 
ultimo sent. nn. 123, 132 e 221 del 1975), che i motivi. di ricorso debbano 
sostanzialmente corrispondere ai rilievi pmspettati nell'atto di rinvio, 
trattandosi, nella specie, e sempre a seguire la linea argomentativa 
da ultimo accennata, di vizio formale sopravvenuto ed esclusivamente� 
proprio della fase della seconda deliberazione. -(Omissis). 

Successivamente, il Consiglio regionale, nella seduta del 6 febbraio 
1975, con deliberazione n. 1363 approvava una legge (di iniziativa di due 
consiglieri), recante �revoca della deliberazione n. 1226 adottata dal Consiglio 
regionale il 24 ottobre 1974 � (ossia di quella impugnata con il 
primo ricorso dello Stato), nonch�, con deliberazione n. 1364, su proposta 
della Giunta, altra legge riproducente integralmente il testo originario. 

Avverso queste ultime leggi, comunicate entrambe al Commissario 
del Governo, si rivolge il secondo ricorso, deducendo violazione degli 
artt. 134 e 127 Cost. e dell'art. 61, ultimo comma, del regolamento consiliare, 
sopra richiamato, in quanto, revocando la legge a suo tempo impugnata 
con il primo ricorso per sostitui:r'vene un'altra, di identico contenuto, 
ma adottata -questa volta -con la prescritta maggioranza, 
la Regione avrebbe eluso, da un lato, il controllo di legittimit� costituzionale 
spettante a questa Corte e, d'altro lato, lo � sbarramento � 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

rappresentato dalle condizioni richieste per la validit� della seconda deliberazione 
delle leggi regionali, nonch� dal divieto di riproporne l'approvazione, 
se respinte, prima del decorso di sei mesi, secondo il gi� detto. 

La difesa della Regione eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilit� 
del ricorso, sostenendo che le due leggi avrebbero dovuto formare previamente 
oggetto c:J,i rinvio al Consiglio, in quanto approvate per la 
prima volta, e cio� leggi nuove. 

Ma l'assunto � in contrasto con quanto in fatto _� avvenuto, secondo 
risulta dagli atti consiliari, e con le dichiarate intenzioni della Giunta 
(proponente. della seconda) e dello stesso Consiglio regionale: circostanze, 
queste, delle quali si pu� e si deve tenere il massimo conto quando 
siano denunciati, come nel caso, vizi del procedimento legislativo, e tanto 
pi� in sede di sindacato preventivo delle leggi regionali, sospese com'esse 
sono nella efficacia, perch� non promulgate n� pubblicate, e da considerarsi 
quindi pi� propriamente delibere consiliari legislative, non ancora 
distaccatesi dai loro autori. 

E dagli atti si evince con sicurezza che la Giunta regionale aveva 
deliberato di proporre al Consiglio �la riapprovazione della legge suddetta
� (se., della legge a suo tempo rinviata e non riapprovata, od 
invalidamente riapprovata, nella seduta del 24 ottobre 1974) � nello 
stesso testo precedente e con la maggioranza di voti prescritta nell'art. 
62 dello Statuto regionale� (art. 127 Cost.): ci� che si � puntualmente 
verificato nella seduta del 6 febbraio 1975, con la ricordata deliberazione 
consiliare n. 1364. Nelle premesse della quale, per di pi�, si � prende 
atto che con deliberazione n. 1363 di data odierna il Consiglio regionale 
ha deliberato di revocare la propria deliberazione n. 1256 del 24 ottobre 
1974 concernente lo stesso oggetto �. 

Non vi ha dubbio, pertanto, che quella del 6 febbraio 1975 � stata 
una riapprovazione, con la maggioranza assoluta, . del testo legislativo 
a suo tempo adottato una prima volta, rinviato dal Governo e poi non 
riapprovato (o invalidamente riapprovato dal Consiglio) in seconda lettura 
nella seduta del 24 ottobre 1974: non una legge nuova, dunque, ma 
una nuova seconda approvazione della medesima legge. 

Chiara risulta altres� la funzione che, nell'anomalo procedimento 
seguito, era destinata ad assumere la �revoca� d�lla deliberazione del 
24 ottobre 1974, utilizzandosi anche una certa ambiguit� della parola, 
� deliberazione � potendo significare tanto l'atto del deliberare quanto 
l'atto deliberato: funzione che consisteva nell'eliminare la votazione 
intervenuta, con esito negativo, in quella seduta, e con essa l'ostacolo ad 
una terza votazione che la sostituisse ai fini e per gli effetti dell'art. 
127 della Costituzione. 

Sostanzialmente, perci�, revoca e 'riadozione si fondono in unica 

determinazione, malgrado l'apparente distinzione dei due atti, peraltro 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

850 

immediatamente consecutivi nel tempo, oltre che logicamente collegati. 
Ed � quindi ammissibile il ricorso che congiuntamente li impugna, nella 
loro interdipendenza. 

Le considerazioni che precedono valgono altres� a dimostrare la 
fondatezza della censura di violazione dell'articolo 127 Cost., che sicuramente 
non consente per la riadozione delle leggi regionali rinviate al 
Consiglio, fermo restandone il testo originario, una serie di successive 
votazioni, fino al raggiungimento della maggioranza prescritta. Due soltanto 
sono le fasi previste dall'art. 127: una prima approvazione, a semplice 
maggioranza, ed una seconda, ove sia intervenuto rinvio governativo 
e le censure con esso prospettate non siano accolte, con la maggioranza 
assoluta. E, nella specie, questa seconda fase era stata ormai 
infruttuosamente percorsa. 

Tanto basta per dichiarare la illegittimit� costituzionale anche delle 
delibere legislative n. 1363 e n. 1364 del 6 febbraio 1975, rimanendo 
assorbita ogni ulteriore e diversa censura. .-:. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 154 (cam. cons.) -Pres. 
Rossi -Rel. Crisafulli. 

Pena -Perdono giudizia]e -Divieto di reiterazione � Illegittimit� costi


tuzionale. 

(cost., art. 3; cod. pen., art. 169). 

Contrasta con l'art. 3 Cost. il comma quarto dell'art. 169 cod. pen., 
nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale 
nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla 
prima sentenza di perdono, a pena che, cumulata con quella precedente, 
non superi i limiti per l'applicabilit� del beneficio. 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 158 -Pres. Rossi -Rel. 
Reale -Barbagallo (avv. Pisapia). 

Procedimento penale -Rimessione ad altro ufficio giudiziario per mancanza 
numero legale -Legittimit� costituzionale. 
(cost., art. 25 cod. proc. pen., art. 70). 

Nel caso previsto dall'art. 70, quarto comma, c.p.p. lo spostamento 
di competenza dipende da fatti oggettivi e mira ad assicurare la continuit� 
e l'efficenza della funzione giurisdizionale; detta disposizione, 
quindi, non contrasta con l'art. 25 Cost. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 160 -Pres. Rossi -Rel. 
Astuti -Chiti (n.p.). 

Sicurezza pubblica -Riunione in luogo pubblico -Preavviso di almeno 
tre giorni -Legittimit� costituzionale. 

L'ampiezza del termine del preavviso di cui al comma terza dell'art. 
17 Cast. deve essere stabilita dal legislatore ordinario; e un termine 
di tre giorni non � irragionevole o eccessivo. 

(Omissis). -Con le ordinanze indicate in epigrafe viene sollevata, 
in riferimento agli artt. 17, terzo comma, e 21 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 18, primo e terzo comma, 
del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, �testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
�, nella parte in cui dispone che i promotori di una riunione 
in luogo pubblico devono darne avviso almeno tre giorni prima al questore, 
comminando sanzioni per i contravventori. La disposizione impugnata 
confliggerebbe cor~ l'art. 17 della Costituzione, che prevede il preavviso 
senza imporre alcun termine dilatorio, e comporterebbe una ingiustificata 
limitazione delle libert� di riunione e di manifestazione del pensiero; 
si assume al riguardo che dovrebbe essere sufficiente un preavviso 
comunque dato all'autorit� di pubblica sicurezza in tempo utile 
per consentire l'adozione di eventuali provvedimenti, e che dovrebbe 
quindi escludersi il reato di omesso preavviso quando la detta autorit� 
fosse stata preventivamente avvisata della riunione, indipendentemente 
dall'osservanza del termine di tre giorni. 

Poich� le due ordinanze propongono la medesima questione, i giu. 
dizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. 

La questione non � fondata. La norma costituzionale circa l'obbligo 
di preavviso non esclude, anzi consente e postula la statuizione legislativa 
di un congruo termine, entro il quale l'autorit� possa valutare l'eventuale 
sussistenza di motivi tali da giustificare il divieto della riunione 
a' sensi del terzo comma dell'art. 17, nonch� adottare, ove occorra, i 
provvedimenti opportuni per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. 
L'ampiezza di questo termine dilatorio deve necessariamente essere 
prestabilita dal legislatore, non potendosi ovviamente pretendere che sia 
oggetto di apprezzamento caso per caso; ed un termine di tre giorni non 
pu� considerarsi irragionevole o eccessivo, sol che si tenga conto delle 
molteplici esigenze che possono presentarsi all'autorit� di pubblica sicurezza, 
ad esempio, nei casi non infrequenti in cui riceva l'avviso di una 
pluralit� di riunioni indette per lo stesso giorno, ovvero dell'organizzazione 
di un raduno con rilevante numero di partecipanti, a carattere 
regionale o nazionale. 

D'altra parte, il termine dilatorio, imposto dalla legge per le sole 
riunioni in luogo pubblico,_ non comporta, di per s�, apprezzabile com



852 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

pre~sione delle libert� costituzionali di riunione e di manifestazione del 
pensiero; e la sua inosservanza giustifica la sanzione penale comminata 
ai contravventori dal terzo comma dell'art. 18, secondo quanto la Corte 
ha gi� avuto occasione di dichiarare con sentenza 19 giugno 1956, n. 9. 

I ?. 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 164 (cam. cons.) -Pres. 
Rossi -Rel. Reale. 

I 

Ordinamento giudiziario � Comandante di porto � Giurisdizione penale � 

i 

Illegittimit� costituzionale. i 
(cast., artt. 101 e 108; cad. nav., art. 589). 

I 

Contrasta con gli artt. 101 e 108 Cast., l'art. 589 del codice della na' 
vigazione nella parte in cui attribuisce al comandante di porto, quale 
giudice di primo grado, la competenza a decidere le cause per sinistri 
marittimi in detto articolo elencate e il cui valore non ecceda le lire 
centomila (1). 

(1) La sentenza � pubblicata in Foro it., 1976, I, 1770, con nota di precedenti. 
CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 170 (cam. cons.) � Pres. 
Rossi -Rel. Oggioni. 

Procedimento penale � Notificazione presso il portiere � Avviso a mezzo 
raccomandata � Necessit�. 
(cast., art. 24; cad. proc. pen., art. 169). 

La garanzia della difesa non � osservata quando, malgrado sia possibile, 
adottare una forma di notificazione idonea ad assicurare l'effettiva 
conoscibilit� dell'atto da parte del destinatario, si adotta invece altra 
forma di notificazione che soltanto pone in essere una presunzione legale 
di conoscenza. Contrasta pertanto con .l'art. 24 Cast. l'art. 169, comma 
terzo del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede, 
quale elemento integrante e sostanziale della prima notificazione, presso 
il portiere o chi ne fa le veci all'imputato non detenuto, che l'Ufficiale 
giudiziario debba darne notizia al destinatario a mezzo di lettera raccomandata. 


(Omissis). -In ottemperanza al principio che la garanzia della difesa 
non pu� ritenersi osservata quando, pur essendo possibile adottare una 
forma di notificazione tale da portare il contenuto dell'atto nell'effettiva 
sfera di conoscibilit� dell'interessato, si faccia ricorso ad altra forma 
di notifica dalla quale deriva una presunzione legale di conoscenza, questa 
Corte, con la citata sentenza n. 77 del 1972, ai fini del controllo del




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

l'osservanza della garanzia di difesa, ha sostanzialmente riconosciuta 
l'esigenza di accertare se, comunque, la notifica fondata su presunzione 
legale risponda a criteri tali da realizzare il maggior numero possibile 
di probabilit� che si verifichi la conoscenza reale dell'atto da parte del 
destinatario. 

Ci� posto, anche a prescindere dalla peraltro diffusa statuizione giurisprudenziale 
secondo cui nel caso di cui all'articolo 169, terzo comma, 
l'atto � validamente notificato anche se la consegna viene effettuata a 
mani del sostituto di fatto del portiere, con le implicazioni evidenti che 
dalla precariet� della posizione di tale soggetto derivano in senso contrario 
alla piena affidabilit� allo stesso della cura di interessi cos� incisivi 
come quelli legati alla notifica di un atto penale, deve, comunque, 
constatarsi che, in ogni caso, la notifica al portiere rimane un mezzo 
alquanto incerto riguardo agli scopi da raggiungere. Anche se i portieri, 
ai fini dell'art. 169 c.p.p. si vogliano identificare soltanto in quelle persone 
alle quali � affidata stabilmente la sorveglianza degli immobili 
secondo le norme vigenti in materia, (art. 62 t.u. leggi di p.s. e 111 e 
113 del relativo regolamento) deve, tuttavia, tenersi presente che, per la 
brevit� dei termini di impugnazione gi� espressamente posta in evidenza 
dalla Corte, con la citata sentenza n. 77 del 1972, e la gravit� delle conseguenze 
di eventuali e sempre possibili omissioni o ritardi, il loro intervento 
presenta aspetti peculiari, rappresentando esso, nell'ambito della 
situazione corrispondente alla norma impugnata, l'unico tramite o strumento 
previsto dalla legge ai fini dell'osservanza della primaria esigenza 
di porre comunque in essere le migliori condizioni per la conoscibilit� 
dell'atto da parte dell'interessato. ~. pertanto, da considerare che la 
natura formale della notificazione non pu� mai escludere il riscontro 
della sussistenza delle migliori condizioni per rendere possibile la conoscenza 
reale dell'atto da parte dell'interessato, dovendo la esigenza di 
certezza degli atti processuali, cui la detta natura della notifica corrisponde, 
accompagnarsi alle fondamentali garanzie della difesa nel processo 
penale poste dall'art. 24 della Costituzione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 172 (cam. cons.) " Pres. 
Rossi -Rel. Reale. 

Procedimento penale � Rito direttissimo � Interrogatorio dell'iinputato � 
Assistenza del difensore � Necessit�. 
(cast., art. 24; cod. proc. pen., artt. 502 e 503). 

Contrastano con l'art. 24 Cost. gli artt. 502 e 503 del codice di procedura 
penale nella parte in cui non prevedono che il difensore dell'imputato 
abbia il diritto di assistere al sommario interrogatorio del medesimo. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

854 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 173 -Pres. Rossi -Rel. 
Amadei -Liberatore (u.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. G. Azzariti). 

Reato � Assicurazioni sociali -Omesso pagamento di contributi -Respon


sabilit� dell'imprenditore � Legittimit� costituzionale. 

(cost., art. 27; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 20, 28, 44, 50 e 195; d.P.R. 30 maggio 
1955, n. 797, art. 82; l. 4 aprile 1952, n. 218, art. 23; l. 11 gennaio 1943, n. 138, 
artt. 11 e 36; I. 14 febbraio 1963, n. 60, art. 11). 

Le disposizioni che fanno obbligo al datore di lavoro di provvedere 
al versamento di contributi previdenziali e assistenziali in relazione al 
personale dipendente non delineano una responsabilit� oggettiva, e pertanto 
non contrastano con l'art. 27 Cost. 

(Omissis). -Si assume, dal giudice a quo, che le norme impugnate, 
con l'attribuire la responsabilit� penale al titolare dell'azienda per l'omesso 
pagamento dei contributi assicurativi da esse previsti anche quando 
altri, dipendenti o estranei, professionalmente qualificati, siano da esso 
preposti agli adempimenti relativi, violerebbero il principio della � per� 
sonalit� della pena� previsto dall'art. 27 della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

Se � pur vero che, per il principio costituzionale, ognuno � chiamato 
penalmente a rispondere per fatto proprio, tuttavia colui al quale 
la legge penale impone obblighi specifici di fare o non fare risponde 
della inadempienza dell'obbligo stesso quando tra la sua omissione e 
l'evento sussista un nesso di causalit� materiale, al quale si accompagni 
un nesso psichico (art. 40 c.p.) sufficiente a conferire alla condotta il 
connotato della responsabilit�. 

Tale principio � stato pi� volte enunciato dalla Corte Costituzionale 
e, in particolare, sviluppato, tra le� altre, nella sentenza n. 3 del 1956, 
in tema di responsabilit� penale del direttore del giornale configurata 
nell'art. 57, n. 1, del codice penale, prima della modifica ad esso apportata 
dall'art. 1 della legge 6 marzo 1958, n. 127. 

Le disposizioni impugnate fanno obbligo al datore di lavoro di �prov-. 
vedere al versamento dei vari contributi assicurativi e assistenziali previsti 
a favore del personale dipendente comminando sanzioni a carattere 
contravvenzionale in caso di inadempimento. Le norme in questione 
non delineano affatto, nella loro formulazione, una responsabilit� oggettiva 
-come sembrerebbe ritenere il giudice a quo -per cui il titolare 
dell'azienda debba rispondere in ogni caso del mancato versamento 
dei contributi e, quindi, anche quando affidi ad altri, nel quadro organizzativo 
dell'azienda, il compito di materialmente provvedervi. Sulla 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

base del principio affermato dalla Corte, il titolare dell'azienda risponde"
r� della omissio.ne quando emerga, in relazione al fatto materialmen� 
te commesso dal terzo, che egli non ha esercitato quel controllo necessario 
diretto ad impedire il verificarsi dell'evento contravvenzionale pur 
sussistendo in concreto la possibilit� di impedirlo. Del resto la stessa 
giurisprudenza ordinaria ha inquadrato nei giusti limiti e per aspetti 
diversi la responsabilit� penale dell'imprenditore quando gli obblighi 
che, in via generale, gli fanno, per legge, carico, siano stati ripartiti, avuto 
soprattutto riguardo alla vastit� dell'azienda, tra i suoi collaboratori, 
escludendola quando risulti che nell'assegnare i vari compiti a ciascun 
collaboratore abbia impartito precisi ordini e valide direttive e, potendolo, 
abbia esercitati opportuni e adeguati controlli. 

Spetter�, di conseguenza, al giudice di merito accertare, caso per 
caso, se la omissione in materia di disposizioni sull'assistenza e sulla 
previdenza dei lavoratori sia o meno ricollegabile alla mancanza di diligenza 
da parte del datore di lavoro per non aver controllato che gli 
adempimenti affidati a terzi siano puntualmente osservati. Qualora il collegamento 
sussista, v'� titolo per una affermazione di responsabilit� per 
fatto proprio, riconducibile alla colpa. D'altra parte vale rilevare che, 
nel caso oggetto della questione di legittimit� costituzionale, il reato 
� di natura contravvenzionale. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 175 � Pres. Rossi � Rel. 
Crisafulli . Ministro agricoltura e foreste per delega del Presidente 
del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Fanelli), Regione Lazio e 
Comune di Sabaudia (avv. Selvaggi). 

Corte Costituzionale � Conflitto di attribuzione � Intervento di un comune 
� ad adiuvandum � di Regione non costituita ritualmente � 
Inammissibilit�. 

Regione � Agricoltura � Parco nazionale � Attribuzioni statali � Coordinamento 
con attribuzioni regionali in materia urbanistica. 

Impregiudicata restando la questione della assimibilit� di interventi 

davanti alla Corte Costituzionale, specie nei giudizi su conflitti di attri


buzione, � inammissibile l'intervento ad adiuvandum di Regione resi


stente non ritualmente costituitasi. 

Le attribuzioni statali in ordine ai parchi nazionali non si limitano 

agli aspetti inerenti alla materia dell'agricoltura ma interferiscono anche 


856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
nella materia dell'urbanistica. Pertanto, l'adozione e l'approvazione dei 
piani regolatori, ove questi incidano su parchi nazionali, devono essere 
precedute da intese con i competenti organi dello Stato (1). 
II 
CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 180 -Pres. Rossi -Rel.. 
De Stefano -Provincia di Trento e Provincia di Bolzano (avv. Guarino) 
e. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. AngeliniRota). 
Trentino Alto Adige -Governo della Repubblica -Partecipazione alle 
dute del Consiglio dei Ministri -Non � prevista da disposizioni 
stituzionali. 
seco(
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 40 e 52; d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 49). 
Trentino Alto Adige -Finanza e tributi -Concorde richiesta e accordo tra 
Stato e Province. 
(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 78 e 104; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638). 
La partecipazione del Presidente della Regione Trentino Alto Adige 
o di Presidente di Giunta provinciale alle sedute del Consiglio dei Ministri 
� prescritta, allorch� si debba deliberare circa l'approvazione di disegni 
di legge o di atti aventi valore di legge, soltanto dall'art. 19 del 
d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 49 e non anche da disposizioni di livello costituzionale 
(2). 
La �concorde richiesta�, ai sensi dell'art. 104 del testo unico delle 
leggi costituzionali concernenti il Trentino Alto Adige, della deroga con 
legge ordinaria dello Stato alle disposizioni costituzionali contenute nell'art. 
13 e nel titolo VI del predetto testo unico, deve essere formalmente 
deliberata dagli organi regionali competenti e deve essere rivolta at. 
legislatore ordinario. Le quote della J.G.E. e delle tasse e imposte sugli 
affari devolute alle province di Trento e di Bolzano devono essere stabilite 
annualmente �d'accordo� tra Governo e Presidente della giunta 
provinciale; � pertanto costituzionalmente illegittimo l'art. 8 del d.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 638, nella parte in cui prevede che si proceda � sentite
� le anzidette Province (3). 
(1-3) Le due sentenze affrontano questioni relative alla partecipazione di 
organi regionali a procedimenti (legislativi o amministrativi) statali: un argomento 
che probabilmente diverr� di sempre maggiore importanza. 
( 
�1: 
~ 
f 
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I 
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-



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

(Omissis). -Con ricorso notificato il 18 dicembre 1974 e depositato 
il 24 dicembre 1974, il Ministro dell'agricoltura e foreste per delega del 
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso da~l'Avvocato 
Generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti 
del Presidente della Giunta regionale del Lazio, avverso la deliberazione 
della Giunta regionale di approvazione, con modifiche, del piano 
regolatore generale del Comune di Sabaudia (LT), per contrasto con 
gli artt. q7 e 118 Cost. in relazione all'art. 4, lett. s) del d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 11, che ha operato il trasferimento alle regioni delle funzioni 
statali in .materia di agricoltura e foreste. 

L'approvazione del menzionato piano regolatore generale, che incide 
per gran parte sul Parco nazionale del Circeo, violerebbe la competenza 
statale in materia di parchi nazionali, espressamente riservata allo Stato 
dalla citata disposizione del d.P.R. n. 11 e prevista altres� dalla legge 
25 gennaio 1934, n. 285, istitutiva del Parco nazionale del Circeo. 

In via subordinata, la difesa dello Stato, ammesso che l'approvazione 
del piano regolatore generale redatto da;i comuni rientra nelle competenze 
urbanistiche. della Regione e che il piano non pu� non comprendere 
anche quella parte del territorio in cui sia stato istituito un parco 
nazionale sostiene che, quanto meno, non possa negarsi la coesistenza 
di due sfere di competenza, quella statale, in materia di parchi, e quella 
regionale, in materia urbanistica, e che, quindi, debba intervenire tra i 
due enti una intesa, che, nella specie, � mancata. 

Il Presidente della Regione Lazio si � costituito in giudizio con deduzioni 
depositate il 19 maggio 1975, quindi oltre il termine di 20 giorni 
dall'ultima notificazione prescritto dall'art. 3 delle Norme integrative, chiedendo 
il rigetto del ricorso. 

� intervenuto in giudizio il Comune di Sabaudia con atto depositato 
il 30 gennaio 1976. -(Omissis). 

Alla pubblica udienza, l'avvocato Carlo Selvaggi ha insistito per 
l'ammissibilit� all'intervento del Comune di Sabaudia. Di contrario avviso 
si � dichiarato il sostituto avvocato generale dello Stato Mario Fanelli 
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 

Questa Corte, con ordinanza letta in udienza, ritenuto che l'intervento 
del Comune di Sabaudia viene prospettato come intervento adesivo 
nei confronti della Regione Lazio; che peraltro la Regione predetta si 
� costituita fuori termine e non pu� svolgere quindi attivit� di parte 
in questo processo, di guisa che la difesa delle attribuzioni che si assumono 
costituzionalmente spettanti alla Regione verrebbe assunta da un 
soggetto diverso dal loro titolare, esclusivamente legittimato a ricorrere 
ed a resistere dinanzi a questa Corte; senza pregiudizio della pi� gene



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

858 

raie questione dell'ammissibilit� di interventi davanti a questa Corte, 
specialmente nei giudizi su conflitti di attribuzione, ha dichiarato inammissibile 
l'intervento del Comune di Sabaudia. -(Omissis). 

Dalla normativa a livello costituzionale e legislativo disciplinante 
le materie su cui verte il conflitto � dato ricavare taluni punti fermi, 
che si passa a specificare, quali necessarie premesse per la risoluzione 
del conflitto medesimo. 

Non vi ha dubbio, anzitutto (e lo riconosce in linea di principio 
la stessa difesa dello Stato) che, a norma degli artt. 117 e 118 Cost. 
e del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, che ebbe ad operare il trasferimento 
alle Regioni delle funzioni statali in materia urbanistica, alla Regione 
spetta (per quanto ora particolarmente interessa) il potere di approvare 
i piani regolatori generali (e le loro varianti), predisposti dai Comuni 
(art. 1, lett. d, del citato d.P.R. n. 8). Ed � certo altres� che, a 
norma dell'art. 7 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo 
modificato dall'art. 1 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, i piani regolatori 
generali devono comprendere �la totalit� del territorio comunale� 
(larghe zone del quale, nel caso del Comune di Sabaudia, sono comprese 
nel Parco nazionale del Circeo). 

D'altro canto, le competenze statali in ordine ai parchi nazionali 
sono state tenute ferme dall'art. 4, lett. s, del d.P.R. 15 gennaio 1972, 

n. 11, sopra menzionato: onde il conflitto di attribuzione su cui la 
Corte � chiamata a pronunziarsi. ~ vero bens� che tale riserva (che 
questa Corte, con sent. n. 142 del 1972, ebbe a giudicare costituzionalmente 
non illegittima), per la sua collocazione nel contesto del decreto, 
si riferisce specificamente alla materia che ne costituisce l'oggetto, cio� 
all'agricoltura e foreste, caccia e pesca, e non trova riscontro alcuno 
nel decreto n. 8, che pure contiene, nell'art. 8, una elencazione di submaterie 
escluse dal trasferimento; ma le competenze statali in ordine 
ai parchi nazionali non si limitavano n� si limitano agli aspetti pi� 
strettamente inerenti alla materia anzidetta delle zone in essi incluse, 
comportando invece una serie di vincoli e divieti, che inevitabilmente 
interferiscono anche con l'urbanistica. Per convincersene, con particolare 
riguardo al Parco del Circeo, che viene in considerazione nel presente 
giudizio, basta por mente alle finalit� della sua istituzione, quali enunciate 
nell'art. 1 della legge 25 gennaio 1934, n. 285 (tutelare e migliorare 
la flora e la fauna, conservare le speciali formazioni geologiche nonch� 
le bellezze del paesaggio, promuovere lo sviluppo del turismo), nonch� 
ai divieti stabiliti nel successivo art. 5 (ulteriormente specificati nel regolamento 
di applicazione r.d. 7 marzo 1935, n. 1324). 
Deve peraltro osservarsi che, eccezion fatta per le autorizzazioni 
alle �costruzioni e ricostruzioni di qualsiasi genere�, prevista dall'art. 3 
del cit. regolamento soltanto limitatamente ad alcune localit� indicate 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

nella annessa tabella, la vigente legislazione non attribuisce all'Azienda 
di Stato per le foreste demaniali, cui � affidata �la gestione tecnica ed 
amministrativa del Parco� (art. 2 della legge n. 285 del 1934), poteri 
che abbiano ad oggetto l'assetto del territorio in esso rientrante. Rilievi 
analoghi valgono, d'altronde, anche per gli altri parchi nazionali. 

E poich� le. competenze riservate allo Stato in ordine ai parchi nazionali 
sono quelle esistenti al momento del trasferimento delle funzioni 
alle Regioni, la conclusione (con alcune limitatissime eccezioni, 
tra cui, per il Parco del Circeo, quella test� menzionata) � che nessuna 
competenza suscettibile di essere qualificata, in senso proprio, urbanistica 
pu� oggi considerarsi, relativamente ai Parchi nazionali, di spettanza 
dello Stato. Con il che pu� spiegarsi, in qualche misura, il gi� 
rilevato silenzio in proposito del d.P.R. n. 8 del 1972, traendosene altres� 
il corollario che il Parco nazionale del Circeo non � sottratto ai poteri 
regionali nella materia de qua, nessuna deroga risultando disposta al 
sopra rammentato principio dell'art. 7 della legge urbanistica del 1942, 
cos� come modificato dall'art. 1 della legge n. 1187 del 1968, secondo 
cui i piani regolatori generali devono comprendere l'intero territorio comunale. 


Ma l'esercizio dei poteri urbanistici, che, alla stregua delle premesse 
sopra esposte, devono considerarsi trasferiti alle Regioni, incontra, 
per altro verso ed in forza delle medesime premesse, un limite nei 
diversi poteri riservati allo Stato per la tutela degli interessi pubblici 
cui i parchi nazionali sono istituzionalmente peordinati. Competenza regionale 
� e competenza statale devono pertanto coordinarsi tra loro, di 
guisa che possa realizzarsi un giusto contemperamento delle finalit� 
rispettive. 

Una tale esigenza � stata, per la verit�, in qualche modo avvertita 
dalla Giunta regionale che, nell'approvare, con modifiche, il piano regolatore 
generale del Comune di Sabaudia, ha vincolato quest'ultimo, in 
parziale accoglimento di osservazioni formulate dall'Azienda di Stato per 
le foreste demaniali, ad � esaminare � i progetti di attuazione di determinate 
previsioni del piano �di concerto� con l'Azienda medesima. 

Senonch�, cos� facendo, la Regione ha esercitato una facolt�, della 
quale poteva avvalersi come non avvalersi (e non se n'� avvalsa, infatti, 
per altre previsioni del piano, che pure avevano formato oggetto 
di osservazioni dell'Azienda e concernevano anch'esse zone comprese nel 
Parco): ci� che si appalesa insufficiente a realizzare una efficace tutela 
degli interessi inerenti al Parco del Circeo, il cui soddisfacimento � 
compito riservato allo Stato, e non pu� quindi essere rimesso alla discrezionalit� 
della Regione. Quel che � necessario a tal fine �, invece, 
che l'approvazione del piano regolatore sia condizionata, con riferimento 
alle parti di esso incidenti sul Parco, ad intervenute intese con il Co



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mune e, per quanto di sua competenza, con la Regione. In questo senso 
e nei limiti sopra indicati, il ricorso per regolamento di competenza 
proposto dal Ministro per l'agricoltura merita accoglimento. 

II 

(Omissis). -Va innanzi tutto, in ordine logico, presa in esame l'asserita 
violazione dell'art. 23, comma 2�, della legge costituzionale 10 novembre 
1971, n. 1, recante modificazioni ed integrazioni dello Statuto 
speciale per il Trentino-Alto Adige (di poi trasfuso nell'art. 52, u.c., 
del t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo stesso Statuto, approvato 
con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), a tenore del quale il Presidente 
della Giunta provinciale � interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, 
quando si trattano questioni che riguardano la Provincia �. Si 
deduce che il decreto in questione, pur facendo riferimento alle Province 
autonome di Trento e di Bolzano, � stato deliberato dal Consiglio 
dei Ministri senza che alla relativa seduta partecipassero, come d'obbligo, 
i rispettivi Presidenti. 

La censura non � fondata. La Corte ha gi� avuto occasione di affermare 
che l'intervento dei Presidenti regionale e. provinciali alle sedute 
del Consiglio dei Ministri non pu� considerarsi prescritto anche per gli 
atti legislativi; ed in tal s�nso l'invocata norma statutaria fu correttamente 
applicata al momento della emanazione del decreto legislativo 

n. 638 del 1972. Ben vero che il d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 49, dispone 
ora, all'art. 19, che il Presidente della Giunta regionale del Trentino-Alto 
Adige e i Presidenti delle Giunte provinciali di Trento e di Bolzano 
devono essere invitati alle sedute del Consiglio dei Ministri � quando il 
Consiglio � chiamato ad approvare disegni di legge, atti aventi valore 
di legge, atti o provvedimenti che riguardano. la sfera di attribuzioni 
della regione e delle province�; ma trattasi di norma di attuazione dello 
Statuto, avente carattere integrativo rispetto alla norma statutaria, e la 
sua entrata in vigore � successiva alla emanaziqne del decreto impugnato, 
che, sotto tale profilo, deve essere riconosciuto immune dal dedotto 
vizio d'incostituzionalit�. 
Fondata �, invece, l'altra censura dedotta dalle Province ricorrenti. 

Con l'art. 39 della citata legge costituzionale n. 1 del 1971, � stato 
aggiunto allo Statuto per il Trentino-Alto Adige l'art. 68-ter (di poi trasfuso 
nell'art. 78 del citato testo unico statutario), a tenore del quale 
� devoluta a ciascuna provincia autonoma una quota del gettito dell'imposta 
generale sull'entrata, relativo al territorio regionale, e delle 
tasse ed imposte sugli affari non indicate nei precedenti articoli, da stabilirsi 
annualmente � d'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta 
provinciale �. Sono, cio�, previste delle � quote variabili �; ed in tale 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ipotesi l'impugnato art. 8 del d.P.R. n. 638 del 1972, ai fini della corresponsione 
di somme sostitutive del gettito di tributi aboliti in attuazione 
della riforma, prevede, come dianzi ricordato, per un periodo 
transitorio fino al 31 dicembre 1977, un meccanismo con cui -fermi 
restando come base di commisurazione gli importi attribuiti, a seconda 
dei casi, nel 1972 o nel 1973, al titolo di quota dei soppressi tributi -si 
apporta una maggiorazione da determinarsi, di anno in anno, sentite 
le amministrazioni interessate, con decreto� ministeriale. 

Deve convenirsi con le ricorrenti Province che la instaurata procedura 
per la determinazione della maggiorazione viola la richiamata norma 
statutaria: infatti, l� dove questa colloca le Province su un piano 
paritetico con il Governo, ai fini del prescritto � accordo � circa la determinazione 
del quantum loro spettante, la impugnata norma del decreto 
delegato le degrada, prevedendo che ne sia acquisito_ soltanto il 
parere, e che la successiva determinazione spetti esclusivamente al Ministro 
per le finanze di concerto con quello per il tesoro. 

In contrario, dall'Avvocatura dello Stato si richiama l'art. 104 del 
citato testo unico statutario, che prevede la possibilit� di modificare le 
norme del titolo VI con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta 
del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione o 
delle due Province: un atto avente forza di legge ordinaria dello Stato, 
che incontri il preventivo consenso delle parti interessate, pu�, quindi, 
derogare sia alla procedura dell'� accordo�, sia alla determinazione 
dei �soggetti� dell'accordo, fissati dall'articolo 78, ultima parte, dello 
stesso testo unico (ex art. 68-ter dello Statuto), che ricade appunto tra 
le norme del titolo VI. E si assume che, nella specie, la legge di delega 

n. 825 del 1971 venne approvata dal Parlamento sulla base di uno schema 
che ebbe l'assenso anche delle due Province, manifestato al Ministro 
delle finanze pro-tempore; che di essa legge fa parte l'art. 12 n. 3, che 
prevede l'emanazione, d'intesa con le Province, di norme ordinarie per 
modificare le disposizioni statutarie in materia finanziaria; che I'� intesa
� � formulata pi� elastica rispetto a quella dell'� accordo�; che 
l'assenso dato dalle due Province relativamente allo schema di leggedelega 
originaria deve intendersi riferito anche alla successiva legge 
n. 321 del 1972, che della prima � sostanzialmente una proroga; che, 
conclusivamente, l'impugnato art. 8 del decreto delegato n. 638 del 1972, 
perfettamente conforme alle leggi di delega, � costituzionalmente legittimo. 
Siffatte argomentazioni non possono essere condivise. 

Va innanzi tutto osservato che, dalla esibita documentazione, risulta 
soltanto che in data 1� marzo 1971 vi fu una riunione tra rappresentanti 
del Ministero delle finanze, delle Regioni a statuto speciale e delle Province 
autonome, nel corso della quale � gli enti interessati hanno fatto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

862 

conoscere, sia pure nelle vie brevi, di essere d'accordo in linea di massima 
sul testo degli emendamenti � da proporre al disegno di legge 
sulla riforma tributaria; il che non pu� certo integrare la �concorde 
richiesta �,prevista dal menzionato art. 104 del testo unico statutario, 
che dev'essere invece formalmente e puntualmente deliberata dagli organi 
competenti, e rivolta al legislatore ordinario. 

N� pu� ritenersi che la procedura prescritta dall'art. 78 del testo 
unico statutario sia stata modificata dalla norma impugnata in applicazione 
di quanto previsto dal richiamato art. 12 n. 3 della legge di 
delega n. 825 del 1971. Questo articolo, infatti, fa riferimento a norme di 
coordinamento, da emanare, sempre nel rispetto dei princ�pi e delle 
procedure stabiliti dagli statuti speciali, d'intesa con le regioni e le province, 
per la disciplina definitiva dei rapporti finanziari con lo Stato; 
e tra tali norme non sono certo da ricomprendere quelle del decreto 

n. 638 che ha inteso� dare semplicemente attuazione alla disciplina transitoria 
oggetto del successivo art. 14 della stessa legge di delega. Tanto 
pi� ove si consideri che il comma 7� dell'art. 14 prescrive la corresponsione 
delle somme in questione � in deroga alle disposizioni previste al 
n. 3 del precedente art. 12 �. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1976, n. 179 -Pres. Rossi -Rel. 
Trimarchi -Garzia (avv. Scoca) Ottavi (avv. Basile) e altri, e Presidente 
Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). 

Imposte e tasse in genere -Possesso di redditi � Redditi della moglie � 

Imputazione al marito � Illegittimit� costituzionale. 

(cost., artt. 3, 29 e 53; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 131 e 139; d.P.R. 29 settembre 

1973, n. 597, artt. 2, 3 e 4; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1). 

Presupposto della imposizione sui redditi � il legale possesso, e cio� 
il godimento o l'amministrazione senza obbligo di rendiconto, dei redditi 
stessi. Contrastano con gli artt. 3, 29 e 53 della Costituzione, le norme 
che prevedono: l'imputazione al marito dei redditi della moglie non 
legalmente ed effettivamente separata ed il cumulo dei redditi di entrambi 
ai fini dell'applicazione dell'imposta; la soggettivit� passiva del marito 
anche per i detti redditi della moglie e la correlativa negazione di 
tale soggettivit� alla moglie; l'obbligo del marito di dichiarare, in unico 
atto, oltre ai redditi propri, anche i menzionati redditi della mogtie; 
l'obbligo della moglie non separata di indicare al marito gli elementi, 
i dati e le notizie relative ai propri redditi a lui imputabili perch� egli 
possa effettuare la dichiarazione unica dei redditi (1). 

(1) Il testo integrale della sentenza � pubblicato in Foro it., 1976, I, 2035, 
con nota di richiami cui si rinvia. Sul cumulo dei redditi nell'ambito familiare, 
MICHELI, Corso di diritto tributario, 1976, 383. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 863 

(Omissis). -� indubbio, ad avviso della Corte, che la donna coniugata 
(che non sia legalmente ed effettivamente separata) sia sottoposta 
nella materia de qua ad un trattamento giuridico diverso da quello 
previsto di regola per ogni altro contribuente ed in particolare per il 
di lei marito. 

Ed infatti: 

-pur essendo il possesso di redditi il presupposto della imposta 
(art. 1 del d.P.R. n. 597) e pur essendo le persone fisiche soggetti passivi 
dell'imposta (art. 2, comma primo), la donna coniugata (non legalmente 
ed effettivamente separata), la quale abbia il possesso di redditi, non 
� soggetto passivo dell'imposta; 

-i redditi della moglie, che si. trovi nella ripetuta situazione, 
sono imputati al marito, nonostante che legalmente la donna ne abbia 
la titolarit� ed il possesso; 

-il marito (e non anche la moglie non separata) � tenuto a dichiarare 
annualmente i redditi propri, ed unitamente quelli della moglie 
a lui imputabili; 

-il reddito complessivo del soggetto passivo che costituisce la 
base imponibile, � formato da tutti i redditi del soggetto stesso e qualora 
questo sia coniugato (e non sia coniuge separato), anche dai redditi 
della moglie; 

-a seguito dell'applicazione dell'imposta sul reddito complessivo 
del marito comprensivo dei redditi della moglie (non separata) a lui 
imputati, l'onere per debito d'imposta gravante sul marito viene ad es-

Punto centrale della sentenza in esame � l'affermazione secondo cui implicita 
-ed anzi coessenziale -ai � criteri di progressivit� � (art. 53 Cost.) � la 
necessit� di un non manipolabile collegamento tra � possesso di redditi � e persona 
fisica effettiva percettrice dei redditi stessi. Di qui � l'esigenza che l'IRPEF 
sia applicata sul reddito complessivo del soggetto... e l'esigenza che siano impedite 
evasioni di imposta attraverso... fittizie attribuzioni di redditi �. 

Il � principio di personalit� � dell'imposizione cos� enunciato � suscettibile 
di sviluppi ulteriori, in tutt'altra direzione. Gi� l'art. 5 del d.P.R. n. 597 del 1973 
ha previsto l'imputazione a ciascun socio, �indipendentemente dall'effettiva percezione
�, dei redditi prodotti da societ� di persone o comunque �in forma 
associata� (cfr. in precedenza l'art. 8 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). L'enunciazione 
del principio di personalit� potrebbe ora condurre a riconsiderare 
la sottoposizione a IRPEG -e quindi la sottrazione alla IRPEF -dei redditi 
che appaiono posseduti (art. 2 lettera d del d.P.R. n. 598 del 1973) da �societ� 
o enti di ogni tipo: .. che non hanno nel territorio dello Stato la sede legale o 
amministrativa n� l'oggetto principale� (ad esempio, Anstalten del Lichtenstein, 

o societ� estere non aventi in Italia neppure una sede secondaria con rappresentanza 
stabile), e che siano in realt� percepiti da persone fisiche residenti 
nel territorio dello Stato; salva -s'intende -la repressione di eventuali illeciti 
valutari. 

864 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sere superiore a quello che sarebbe stato in dipendenza di distinta soggettivit� 
e tassazione; e ci� tanto nel caso di reddito complessivo inferiore 
a 5 milioni che in quello opposto. 

Esiste, pertanto, l'asserita disparit� di trattamento. 
E tale disparit� non � limitata a qualche aspetto o profilo secondario 
della materia, n� � di scarsa importanza. 

A fronte di tale trattamento differenziato non si hanno posizioni soggettive 
o situazioni oggettive diverse o suscettibili d'essere ritenute tali. 
Sia l'uomo che la donna come cittadini, come lavoratori autonomi o 
subordinati, come coniugi, come contribuenti si trovano nelle medesime 
condizioni per ci� che tutti i cittadini hanno pari dignit� sociale e sono 
eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, a tutti i cittadini 
� riconosciuto il diritto al lavoro, il matrimonio � ordinato sull'eguaglianza 
morale e giuridica dei coniugi, la Repubblica tutela il lavoro 
in tutte le sue forme ed applicazioni, il lavoratore ha diritto alla giusta 
retribuzione, la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit� di lavoro, 
le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore, e tutti sono tenuti 
a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro personale capacit� 
contributiva. E nelle normative e negli istituti afferenti a ciascuna 
delle ora dette materie trovano piena applicazione quelle disposizioni 

o quei principi, o quanto meno si hanno a riguardo di tali disposizioni 
o princ�pi univoche ed avanzate affermazioni di tendenze. 
La detta disparit� di trattamento, d'altra parte, non si presenta adeguatamente 
e razionalmente giustificata n�, a proposito del rapporto 
tra coniugi, le norme che la caratterizzano si risolvono in limiti posti 
all'eguaglianza in funzione della garanzia dell'unit� familiare. 

Si sostiene, riportandosi alle disposizioni ed ai princ�pi di cui all'art. 
53 della Costituzione, che il legislatore abbia dettato le norme in 
questione presupponendo o presumendo: che la capacit� contributiva 
di due persone, coniugi non separati, sia in concreto superiore a quella 
delle stesse due persone che non siano coniugi, a causa della riduzione 
delle spese generali, della collaborazione e dell'assistenza reciproca, ecc., 
e che il marito, come capo della famiglia abbia la materiale disponibilit� 
dei redditi della moglie non separata; �e ritenendo di dover tutelare 
l'esigenza che l'IRPEF, sia applicata sul reddito complessivo del soggetto, 
tenendosi conto della concreta attitudine di questo a concorrere 
alle spese pubbliche, e l'esigenza che siano impedite evasioni di imposta 
attraverso fittizie intestazioni di beni e fittizie attribuzioni di redditi da 
un coniuge a favore dell'altro. 

Nella sostanza la tutela di tali esigenze merita di essere approvata. 
Per� non si pu� fare a meno di osservare che le due presupposizioni 

o presunzioni non sono invocabili perch� la convivenza dei coniugi in

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dubbiamente influisce sulla capacit� contributiva di ciascuno di essi, ma 
non� � dimostrato n� dimostrabile, anche per la grande variet� delle 
possibili ipotesi e delle situazioni concrete (caratterizzate, tra l'altro, 
dalla esistenza dei figli), che in ogni caso per tale influenza si abbia un 
aumento della capacit� contributiva dei due soggetti insieme considerati; 
e perch�, tranne le ipotesi in cui in fatto sia il marito a poter disporre 
del reddito di entrambi, e quelle in cui de iure ci� avviene, di regola 
i redditi sono prodotti separatamente e tenuti distinti ed anche quando 
siano posti in comune, non � solo il marito a poterne disporre ma lo 
sono entrambi i coniugi, con un grado maggiore o minore di autonomia 
a seconda dei casi; e che, comunque, la posizione di capo famiglia attribuita 
al marito pu� apparire, sotto certi aspetti, di incerta conformit� 
a Costituzione e ad ogni modo risulta superata dalla riforma del diritto 
di famiglia. 

E del pari si deve rilevare che alle esigenze sopraddette con le 
norme in questione non � stata data adeguata a razionale tutela perch�, 
a parte il fatto che all'applicazione dell'imposta sul reddito complessivo 
di entrambi i coniugi si perviene attraverso un sistema normativo che va 
anche contro altre disposizioni costituzionali, si � posto in essere nei confronti 
dei coniugi conviventi un trattamento fiscale pi� oneroso rispetto 
a quello previsto per conviventi non uniti in matrimonio (che vengono 
assoggettati separatamente all'imposta, pur beneficiando degli eventuali 
vantaggi connessi o conseguenti alla vita in comune). 

Ed infine, c'� da considerare che la mancata tutela egualitaria dei 
coniugi non � il riflesso o il correlato della esistenza di norme dettate 
a garanzia dell'unit� familiare. Ch� anzi � possibile riscontrare, anche 
per la normativa risultante dalla riforma tributaria, una scelta di politica 
legislativa che anche a non volerla ritenere in contrasto con gli 
interessi tutelati dall'art. 31 della Costituzione, di certo non pu� dirsi 
dettata in favore della famiglia legittima. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 181 � Pres. Rossi -Rel. 
Oggioni -Di Tommaso (avv. Ligi), Macchi (avv. Mellini) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Cavalli). 

Matrimonio � Divorzio -Separazione di fatto iniziata prima della legge 

n. 898 del 1970 -Rilevanza -Legittimit� costituzionale. 
(cost., artt. 2, 29 e 31; I. 1� dicembre 1970, n. 898, art. 3). 
Il giudice con domanda di scioglimento di matrimonio non deve 
limitarsi a constatare l'esistenza del mero fatto della separazione, ma 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

866 

deve accertare la cessazione della comunione materiale e spirituale come 
fatto permanente ed anche attuale; pertanto, l'art. 3, n. 2, lett. b della 
legge n. 898 del 1970 non contrasta con gli artt. 29 e 31 Cost. 

(Omissis). -Con la legge n. 898 del 1970, e sempre ai fini della pronuncia 
di scioglimento del matrimonio, la separazione tra i coniugi � 
considerata rilevante. Ma si distingue tra separazione giudiziale pronunciata 
con sentenza passata in giudicato, separazione consensuale omologata 
e separazione di mero fatto. Ed � evidente che le tre ipotesi, oltre 
che distinte, sono diverse, perch�, mentre nelle prime due vi � un 
momento in cui, sia pure nell'esercizio di funzioni differenti e con atti di 
corrispondente natura, interviene il giudice ad accertare o a prendere e 
dare atto che rispettivamente, in concreto, ricorrano cause di separazione 
personale o il solo consenso di entrambi i coniugi, nella terza ipotesi, 
quella della separazione di fatto, manca l'intervento del giudice. 

Ai fini che qui interessano, ad integrare codesta terza ipotesi, non 
basta il mero fatto della separazione tra i coniugi. 

Non si richiede, invero, che tale fatto si sia verificato e mantenuto 
per accordo o con il consenso dei coniugi ovvero ad iniziativa di uno 
solo di essi e senza l'adesione o con l'opposizione dell'altro, perch� esso, 
nella logica della legge n. 898 del 1970, ha valore solo sul terreno probatorio 
come dato da cui possa desumersi, secondo l'id quod plerumque 
accidit, che tra i coniugi separati di fatto, sia venuta meno, in un dato 
momento e per un dato periodo, la comunione spirituale e materiale. 

Ed allora occorre che al mero fatto della separazione in concreto 
si accompagni ogni altro elemento che la cessazione (con la mancata 
ricostruzione) di detta comunione faccia apparire effettivamente avvenuta. 


Cos� intesa la fattispecie de qua, si ha, poi, che nelle tre ipotesi sopraddette, 
vengono ad essere riconosciuti come essenziali, elementi che 
ne rendono possibile una complessiva considerazione in termini di omogeneit� 
e di razionale assimilabilit�, in funzione dell'eguaglianza di trattamento. 


Ed a ci� non � di ostacolo il disposto dell'ultima parte del primo capoverso 
dell'art. 3, n. 2, lett. b, l� ove si dice che per la proposizione 
della domanda di scioglimento del matrimonio, nella separazione di fatto 
iniziatasi anteriormente all'entrata in vigore della legge (e da almeno 
due anni) � i cinque anni decorrono dalla cessazione effettiva della convivenza
�. 

Tale norma, infatti, ha una sua particolare ragione di essere, giacch� 
per la determinazione del momento finale del termine, da calco




/ 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

larsi a ritroso, ai fini della proposizione della domanda, non si sarebbe 
potuto non fare riferimento ad un elemento concreto ed esterno e facilmente 
dimostrabile. Ed in tal senso esaurisce la sua portata. Separazione 
di fatto e cessazione effettiva della convivenza non possono assumersi 
come fatti equivalenti: altrimenti, oltre tutto, potrebbe apparire 
irrazionale (e invece non lo �) il fatto che nelle due altre ipotesi il legislatore 
non si riferisce, e sempre allo scopo della determinazione 
del dies ad quem, al momento di perfezionamento (o di passaggio in giudicato) 
della sentenza, sibbene a quello in cui � avvenuta la �comparizione 
dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di 
separazione personale �. 

Riguardate alla luce delle considerazioni che precedono, le dedotte 
censure non sono fondate. 

Escluso che il mero fatto della separazione integri ed esaurisca la . 
fattispecie in ordine alla quale si ragiona, �, del pari, da escludere che 
dall'accertamento del fatto derivi automaticamente lo scioglimento del 
matrimonio. 

Il giudice, adito al fine dell'accoglimento di quest'ultima domanda, 
deve procedere agli accertamenti occorrenti perch� possa formare il 
proprio convincimento. E, posto che, in concreto, ricorra la condizione 
di ammissibilit� dell'azione, cio� che la cessazione effettiva della convi� 
venza abbia avuto inizio nel tempo richiesto, il giudice ricerca gli elementi 
probatori necessari e sufficienti al detto fine, non limitandosi a 
constatare l'esistenza del mero fatto della separazione, ma valutando 
quegli elementi in funzione della ricerca e determinazione in concreto 
della cessazione della comunione materiale e spirituale, come fatto permanente 
ed anche attuale: ci� attraverso successive fasi istruttorie e decisorie 
(artt. 4 e S della legge). 

Gli artt. 2, 29 e 31 della Costituzione non sono violati dalla norma 
oggetto di denuncia. 

I diritti inviolabili dell'uomo che la Repubblica riconosce e garantisce 
(art. 2) sono qui oggetto di specifica e particolare considerazione 
nei successivi artt. 29 e 31, per cui la Repubblica da un canto riconosce 
i diritti della famiglia e garantisce l'unit� familiare e dall'altro agevola 
la formazione della famiglia. L'art. 3, n. 2, lett. b, in parte qua, della 
citata legge, come sopra inteso, non si pone contro i diritti della famiglia 
n� incide o compromette l'unit� familiare. La famiglia come societ� 
naturale fondata sul matrimonio � una realt� sociale e giuridica che presuppone, 
richiede e comporta che tra i soggetti che ne costituiscono il 
nucleo essenziale, e cio� tra i coniugi, esista e permanga la pi� volte ricordata 
comunione spirituale e materiale. E, del pari, l'unit� familiare 
viene a costituire il fine e il segno di tendenza di un comportamento che 
di quella comunione sia l'espressione. -(Omissis). 


868 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 182 -Pres. Rossi -Rel. 
Astrati -Regione Valle d'Aosta (avv. Romanelli), Provincia di Bolzano, 
Provincia di Trento e Regione Sardegna (avv. Coronas), e Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). 

Regione -Comunit� economica europea -Direttive comunitarie -Persistente 
inadempimento da parte di Regione -Potere sostitutivo dello 
Stato � Sussiste. 
(Statuti reg. Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Sardegna; !. 9 maggio 1975, n. 153, 

art. 27; !. 22 luglio 1975, n. 382, art. 1). 

Dagli obblighi internazionali o comunitari consegue un generale limite 
alle attribuzioni di tutte le Regioni anche a statuto speciale, pur 
se il singolo Statuto non lo segnali in modo espresso. Le � direttive� 
comunitarie si rivolgono agli Stati e non ai soggetti dei loro ordinamenti 
interni; in questo quadro, allo Stato italiano � attribuito il compito di 
adottare provvedimenti legislativi regolamentari o amministrativi idonei 
al raggiungimento dei risultati prescritti dalle � direttive� predette. Lo 
svolgimento di attivit� amministrative pu� peraltro essere affidato dallo 
Stato alle Regioni, restando allo Stato il potere d.i sostituzione in caso 
di �persistente inadempimento� (1). 

(1) Gli obblighi internazionali e comunitari e le Regioni (con riguardoalle direttive comunitarie). 
1. -La sentenza in rassegna si colloca nell'alveo di un orientamento fermo 
e costante della Corte Costituzionale, gi� emerso nelle sentenze n. 32 del 1960 
(in Giur. it., 1960, I, l, 1075, con nota di CANSACCHI,. Impegni internazionali e 
autonomia regionale), n. 46 del 1%1 (in Far. it., 1961, I, 1044), n. 49 del 1963 
(in Giur. it., 1963, I, l, 1359, con nota di GAIA), n. 21 del 1968 (in questa Rassegna, 
1968, I, 163 e in Giur. cast., �1%8, 405, con nota di PALADIN, Territorio regionale 
e piattaforma continentale), n. 120 del 1969 (ivi, 1969, I, 805, e annotata 
da CATALANO in Foro it., 1969, I, 3023) e n. 142 del 1972 (in questa Rassegna, 
1972, I, 1024) (1). La Corte ha nuovamente ribadito che �allo Stato e solo 
allo Stato � competono tutte le potest� necessarie per lo svolgimento dei rapporti 
internazionali e comunitari (arg. anche artt. 80 e 87 Cost.), che all'interno 
dello Stato ad organismi statali devono essere riconosciuti poteri (e responsabilit�) 
per assicurare l'adempimento pieno e tempestivo agli � obblighi internazionali 
� e comunitari, e che quindi il sorgere di � obblighi internazionali � o 
comunitari assunti (e gestiti) dallo Stato incide direttamente sul riparto tra 
attribuzioni (legislative e amministrative) statali e regionali, nel senso della 
compressione di queste ultime. 
Com'� noto, il limite del �rispetto degli obblighi internazionali� � stato 
esplicitamente stabilito persino nei riguardi delle competenze legislative esclusive 

(1) Le sentenze Corte giust. 17 dicembre 1970, in causa 33/70, in causa 33/70, 15 dicembre 
1971, in cause 51-54/71, 21 giugno 1973, in causa 79/72, citate in motivazione, leggonsi in 
Foro it. 1971, IV, 97; 1972, IV, 158; 1973, IV, 129 con osservazioni di Tizzano. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 869 

(Omissis). -Con i ricorsi indicati in epigrafe, le Regioni .Sardegna 
e Valle d'Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno 
promosso la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 27 della legge 
9 maggio 1975, n. 153 (attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunit� 
europee per la riforma dell'agricoltura), che dispone: �In caso 
di persistente inadempimento degli organi regionali nello svolgimento 
delle attivit� amministrative di attuazione delle direttive comunitarie di 
cui all'art. l, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli 

delle Regioni a statuto speciale (art. 3 Statuto Sardegna; art. 2 Statuto Val 
d'Aosta; art. 4 Statuto Trentino Alto Adige e art. 4 Statuto Friuli V.G.; sent. 

n. 49 del 1963 citata per la Sicilia); a fortiori deve operare nei riguardi delle 
altre competenze legislative regionali (CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzio~ 
nale, 1962, 365). Del resto significativamente simile � la risposta di un ordinamento 
(non regionale ma) federale quale quello degli U.S.A., per quanto attiene 
ai riflessi dell'esercizio del treaty making power spettante all'Unione, sul riparto 
tra attribuzioni dell'Unione e attribuzioni dei singoli Stati federati (cfr. CoRWIN, 
La costituzione degli U.S.A., trad. it. 1958, 137). 
�Nella citata sentenza n. 142 del 1972 (il brano che interessa � riportato 
nella motivazione della sentenza in rassegna) concernente le Regioni a statuto 
ordinario e in particolare la legittimit� costituzionale dell'art. 4 lettere b) ed 
m) del d.P .R. 15 gennaio 1972, n. 11, la Corte aveva� indicato nello � strumento � 
della �delegazione� alle Regioni di �funzioni amministrative� (art. 118 Cost.) 
per loro natura statali una strada percorribile per pervenire ad un contemperamento 
tra la esigenza unitaria di assicurare l'ottemperanza agli obblighi internazionali 
e l'esigenza di rispettare il carattere �regionale� delle �attribuzioni 
nella materia � agricoltura e foreste �. Di questa indicazione ha tenuto conto, 
pur in parte discostandosene, il legislatore statale, allorch� ha dovuto emanare 
norme � integrative � e di attuazione alle direttive n. 72/159, n. 72/160 e n. 72/ 
162 del Consiglio dei Ministri delle Comunit� (in Gazzetta Ufficiale C.E., 23 aprile 
1972, n. 96). 

* * * 

2. -Giova rammentare i momenti di questa vicenda. Le direttive menzionate 
hanno previsto un penetrante intervento degli organismi comunitari nelle attivit� 
legislative e amministrative di integrazione e attuazione, rimesse agli Stati 
membri. Tale intervento si manifesta in una sorta di partecipazione di detti 
organismi persino ai procedimenti legislativi degli Stati membri (analoga partecipazione 
� prevista dall'art. 93 del Trattato CEE per �i progetti diretti ad 
istituire o modificare aiuti�). Nelle tre direttive in questione si � infatti, prevista 
una duplice comunicazione: dapprima, � gli Stati membri comunicano alla 
Commissione i progetti delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative 
che essi prevedono di adottare in applicazione della presente direttiva �; 
e successivamente � gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposfzioni 
legislative, regolamentari o amministrative di cui al paragrafo 3 (progetti 
comunicati) immediatamente dopo averle adottate �. Quel che pi� conta 
� che l'intervento finanziario delle Comunit� (attraverso il FEOGA) � condizionato 
ad un positivo apprezzamento delle � disposizioni � emanate dagli Stati 
membri. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

870 

affari esteri o del Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentito il pre


sidente della giunta regionale interessata, autorizza il Ministro per l'agri


coltura e le foreste a disporre il compimento degli atti relativi in sosti


tuzione dell'amministrazione regionale, proponendo, ove occorra, le op


portune variazioni di bilancio�. 

La norma denunciata violerebbe la sfera di competenza assegnata 

alle Regioni e Province ricorrenti, in materia di agricoltura, dagli artt. 

116, 117, 118 Cost., e rispettivamente degli artt. 3, lett. d e 6 dello Statuto 

Cos�, il disegno di legge n. 2244 (Camera dei deputati, VI legislatura) divenuto, 
dopo modifiche, la legge 9 maggio 1975, n. 153 � stato preventivamente 
presentato per il � parere � alla Commissione delle Comunit�, la quale, sulla 
parte del progetto riguardante la strumentazione operativa nonch� la ripartizione 
delle funzioni fra l'amministrazione centrale e le regioni, si � rigorosamente 
astenuta dal fare osservazioni trattandosi, in questo caso, di questioni di organizzazione 
interna di uno Stato membro. 

Sul problema dei rapporti tra Stato e Regioni vivacissimo � stato, invece, 
proprio in occasione dell'esame del disegno di legge anzidetto, il dibattito all'interno 
del Parlamento nazionale. Come si legge nella Relazione di maggioranza 
alla Camera dei deputati (in Le leggi, 1975, 707 e segg.), tale problema �ha 
rappresentato l'aspetto del progetto governativo pi� contrastato e, perci� stesso, 
pi� lungamente discusso, prima di giungere ad una soluzione di compromesso 
nell'ambito della maggioranza, compromesso raggiunto sulla base del parere 
della Commissione Affari costituzionali della Camera �. 

Frutto di laboriose trattative politiche sono stati sopratutto gli artt. 2, 
26 e 27 della legge n. 153 del 1975; � la soluzione accolta � fondata su una 
funzione impulsiva e direttiva dello Stato, che si esprime, da una parte, nella 
formulazione di una normativa di principio inderogabile e, dall'altra, nella predisposizione 
di una normativa di dettaglio, derogabile da parte delle Regioni, 
nel senso che queste possono adattarla alle specifiche esigenze dei propri territori 
o di determinate zone agrarie, ma che fino alla emanazione di queste 
leggi regionali, trova regolare attuazione, in modo da consentire l'immediata e 
ceontemporanea applicazione, su tutto il territorio nazionale, degli interventi previsti 
dalle direttive. Tale soluzione � sembrata, al di l� di ogni strumento miracolistico, 
come la pi� pratica e la pi� rispondente allo spirito rlel nostro 
.ordinamento giuridico-costituzionale e dello stesso sistema comunitario� (cos� 
la test� menzionata Relazione). 

In effetti, all'attivit� legislativa (e -parallelamente -all'attivit� amministrativa 
regionale) concernente l'attuazione delle direttive CEE, si pongono tre 
serie di limiti: 

a) limiti derivanti dalla estraneit� alla competenza regionale di determinate 
materie (si pensi, ad esempio, al credito agrario, che, essendo inerente alla materia 
del credito in generale � addirittura estraneo al settore dell'agricoltura, 
e rimane disciplinato a livello statale per la stretta correlazione con l'intera 
politica economico-monetaria: cfr. Corte cost. n. 142 del 1972); 

b) limiti derivanti dalle direttive comunitarie, alle quali tanto lo Stato 
quanto, e a fortiori, le Regioni debbono uniformarsi, in adempimento di un 
preciso obbligo internazionale; 

e) limiti derivanti dalla riserva allo Stato del potere di fissare i � principi 
fondamentali � che le Regioni sono tenute ad osservare. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 871 

della Regione Sardegna, 2, 4 e 48 dello Statuto della Regione Valle d'Aosta, 
3, terzo comma, 8 n. 21, 16, 38, 49 e 51 dello Statuto della Regioae Tren� 
tino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano. In base 
a queste disposizioni, l'ammissibilit� di un potere di intervento sostitutivo 
dello. Stato per l'esercizio di funzioni amministrative in materia ri� 
servata alla competenza primaria regionale o provinciale dovrebbe rite� 
nersi assolutamente esclusa. Lo Stato non ha altro potere di controllo 
sugli atti amministrativi delle Regioni che quello previsto dall'articolo 125 

In questo quadro, la legge n. 153 del 1975 ha fissato principi di grande 
importanza (2) -specie se si considera che essi operano anche nei confronti 
della competenza �piena� (o �esclusiva�) attribuita alle Regioni a statuto 
speciale -disponendo: 

1) che le attivit� legislative e amministrative necessarie per adempiere 
ad obblighi internazionali o comunitari non sono totalmente avocate allo 
Stato, .e che quindi non � aprioristicamente esclusa una partecipazione, seppur 
limitata, delle Regioni a dette attivit�; 

2) che, peraltro, questa particolare attivit� legislativa regionale � esercitata 
solo successivamente all'approvazione di legge statale (assimilabile alla 
legge-cornice) contenente le � norme di principio �, e pu� avere solo contenuto 
� di dettaglio �, ferme restando quelle disposizioni della legge-cornice che lo 
Stato stesso � competente a qualificare � principi fondamentali �; 

3) che lo Stato pu� emanare anche la normativa � di dettaglio �, almeno 
� fino alla emanazione delle leggi regionali �; 

4) che il controllo dello Stato sulla attivit� amministrativa regionale della 
quale si tratta -che � attivit� doppiamente dovuta, nell'ordinamento internazionale 
(o comunitario) e in quello interno -deve essere esercitato 
non solamente sugli atti (art. 125 Cost.) e, in via repressiva, sull'organo Consiglio 
regionale (art. 126 Cost.), ma anche sulle omissioni di atti (3). 

In particolare, per quest'ultimo strumento di controllo, l'art. 27 citato 
ha disposto che �in caso di persistente inadempimento degli organi regionali 
nello svolgimento delle attivit� amministrative di attuazione delle direttive 
comunitarie di cui all'art. l, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro 
per 'gli affari esteri o del Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentito il presidente 
della giunta regionale interessata, autorizza il Ministro per l'agricol


(2) Si pensi al vasto dibattito che si � avuto in dottrina in ordine all'incidenza degli 
� obblighi internazionali � sulle attribuzioni regionali. Sull'argomento cfr. fra gli altri, PrnRANDREI, 
Sui rapporti tra ordinamento internazionale e ordinamento statale, in Giur. it. 1949, 
II, 285; CRISAFULLI, La legge regionale nel sistema dalle fonti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1960, 280; 
LA PERGOLA, Note sull'esecuzione degli obblighi internazionali nelle materie di competenza del 
legislatore regionale, in Giur. cast., 1960, 1051; PALADIN, Sulle competenze connesse dello 
Stato e delle regioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1959, 431; MAzzIOTTI, Studi sulla potest� 
legislativa delle regioni, 1961, 241; ROMAGNOLI, Stato, regioni e norme comunitarie in materia 
.di strutture agricole, in Dir. e�onomia, 1970, 517; BARTOLE, Supremazia e collaborazione nei 
rapporti tra Stato e regioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 89; SEVERI, Limiti alle potest� 
regionali derivanti dagli accordi comunitari europei, in Riv. trim. se. poi. e amm., 1972 15; 
PANZERA, L'esecuzione dei trattati riguardanti materie attribuite alla legislazione regionale, in 
Riv. dir. intern., 1972, 261; CONDORELLI -STROZZI, L'Agricoltura tra CEE, Stato e regioni, 1973; 
VIRGA, Diritto costituzionale, 1975, 352; D'AmNA, L'autonomia legislativa delle Regioni, 1974, 100. 

(3) Un siffatto controllo dovrebbe essere strutturato anche per le attivit� regionali � dovute 
� rispetto al solo ordinamento interno. 

872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Cost., salva la possibilit� di ricorso alla Corte costituzionale nel caso di 
conflitto di attribuzione; l'intervento sostitutivo di organi dello Stato 
comporterebbe lesione gravissima dell'autonomia costituzionalmente garantita 
alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, autonomia 
che non potrebbe essere comunque limitata o compressa anche 
nell'ipotesi di violazione degli obblighi internazionali, dato che n� l'ordinamento 
italiano n� l'ordinamento comunitario prevedono forme di controllo 
sostitutivo; unico rimedio, nel caso di atti contrari alla Costituzione 
o gravi violazioni di legge, sarebbe la possibilit� di scioglimento 
del Consiglio regionale, a' sensi dell'art. 126 Cost. -(Omissis). 

turn e le foreste a disporre il compimento degli atti relativi in sostituzione 
dell'amministrazione regionale, proponendo ove occorra, le opportune variazioni 
di bilancio �. t;: cos� stato configurato un procedimento articolato nei 
seguenti momenti: a) istaurazione di un contraddittorio con �il presidente 
dalla giunta regionale interessata � il quale presidente deve essere � sentito �; 
b) �proposta� del Ministro per gli affari esteri oppure, alternativamente, del 
Ministro per l'agricoltura e le foreste; e e) deliberazione del Consiglio dei 
Ministri configurata come � autorizzazione �, ma in realt� atto attributivo di 
poteri, per cos� dire commissariali, di sostituzione. 

* * * 

3. -L'ampiezza del dibattito avutosi in occasione dell'approvazione della 
legge n. 153 del 1975 ha elevato la normativa in tale legge dettata sui rapporti 
tra Stato e Regioni a modello per successive disposizioni legislative. Cos�, 
l'art. 1, comma terzo numero 5 della legge 22 luglio 1975, n. 382, nello stabilire 
criteri generali per una legislazione delegata � sull'ordinamento regionale 
� (per le Regioni a statuto ordinario), ha previsto che � sar� provveduto nelle 
materie spettanti ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, al trasferimento 
alle regioni delle funzioni amministrative relative all'attuazione di regolamenti 
della CEE e d� sue direttive, fatte proprie dallo Stato con legge nella quale 
saranno indicate le norme di principio, prevedendosi altres�, che in mancanza 
della legge regionale, sar� osservata quella dello Stato in tutte le sue dispoI


sizioni; sar� prevista in materia, la facolt� del Consiglio dei Ministri, previo 
parere della commissione parlamentare per le questioni regionali, sentita la 


I

regione interessata, di prescrivere, in caso di accertata inattivit� degli organi f 
regionali che comporti inadempimenti agli obblighi comunitari, un congruo ! 
termine alla regione per provvedere, nonch� la facolt� di adottare, trascorso 
invano il termine predetto, i provvedimenti relativi in sostituzione dall'amministrazione 
regionale �. 


I

Anche la disposizione test� riportata ha escluso la competenza legislativa 
e amministrativa delle Regioni per attuare ed integrare direttive comunitarie, ! 
sicch� esse non siano state � fatte proprie dallo Stato con legge nella quale 

I

saranno indicate le norme di principio�, e ha previsto un controllo sulle � inati 
tivit� degli organi regionali che comporti inadempimenti agli obblighi comunitari 
�. Merita peraltro sottolineare che tale strumento di controllo presenta 
cospicue differenze rispetto al parallelo strumento previsto dall'art. 27 della 
legge n. 153 del 1975: anzitutto esso pu� operare le omissioni di attivit� � dovute 
� senza distinzione tra attivit� legislative e amministrative e senza distin



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 873 

La questione non � fondata. Le ricorrenti si richiamano alla garanzia 
costituzionale della loro autonomia nei �confronti dello Stato, dimenticando 
che l'Italia fa parte della Comunit� economica europea, e che, 
con l'adesione. al trattato istitutivo di questa Comunit�, ha accettato, a 
condizioni di parit� con gli altri Stati membri e per il conseguimento 
delle finalit� ivi precisate, determinate limitazioni dei poteri sovrani 
dello Stato in ordine all'esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva e 
giurisdizionale, quali si rendevano necessarie per la creazione di una 
organizzazione interstatuale, di tipo sovranazionale, concepita come stru


zione tra � organi regionali�; e -per quanto concerne il procedimento � 
prescritta l'assegnazione di un congruo termine alla Regione per provvedere�, 
e, inGltre, prima di provvedere, il Governo deve sentire � la Regione interessata 
� (e non pi� soltanto il Presidente della Giunta regionale), e, il � parere 
della commissione parlamentare per le questioni regionali� (4). 

La tematica qui esaminata � stata nuovamente affrontata, poco prima 
dell'esaurirsi dalla VI legislatura, dal Parlamento nazionale con la legge 10 
maggio 1976, n. 352 (attuazione della direttiva comunitaria n. 75/268 sull'agricoltura 
di montagna). Nell'art. 1 comma terzo e quarto di questa legge si � 
stabilito: �Le regioni a statuto ordinario, ai sensi degli articoli 117 e 118 
della Costituzione, disciplinano entro sei mesi con proprie leggi e pongono in 
atto il regime di aiuti previsto dalla presente in conformit� alle norme della 
stessa. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano 
provvedono, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, a norma dei rispettivi 
statuti speciali nonch� a norma della direttiva comunitaria n. 75/268/ 
CEE del 28 aprile 1975 �. 

Significativo il richiamo dell'art. 118 Cost. (oltre che dell'art. 117 Cost.). 
letto in relazione al successivo art. 2 (della stessa legge n. 352). ove si prevedono 
interventi sostitutivi dello Stato hon soltanto nel caso di omissione di attivit� 
amministrativa ma anche � qualora risulti una accertata inattivit� da �parte degli 

(4) Non conformi ai criteri generali dettati dalla legge n. 382 del 1972 potrebbero essere 
ritenute le seguenti � proposizioni normative � predisposte dalla cosidetta � commissione Giannini 
� la quale ha elaborato, a livello di studi, uno scliema di decreto delegato per l'attuazione 
della legge predetta (pubblicato in Le regioni, 1976, 685): P .N. I � Nella materia di 
competenza regionale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, l'attuazione delle direttive 
delle Comunit� europee avverr� in primo luogo mediante leggi dello Stato, destinate a 
individuare nella materia oggetto di ciascuna direttiva norme aventi carattere e forza di 
principi. 
Successivamente nel quadro di tali principi, spetter� alle regioni disporre con opportune 
leggi o atti amministrativi, ai fini. dell'attuazione della direttiva. 

Ove il Parlamento non provveda a esaminare le leggi di cui al 1� comma della presente 
proposizione normativa, entro 6 mesi dalla emanazione di una direttiva, le Regioni possono 
adottare le relative leggi di attuazione �. 

P.N. III � Qualora si accerti che gli organi competenti di una determinata Regione 
omettano di assolvere i compiti di esecuzione innanzi des'-'�itti, e tale inattivit� comporti 
inadempimenti agli obblighi comunitari dello Stato, il Consiglio dei Ministri, sentita la 
Regione interessata e previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, 
potr� prescrivere alla Regione inattiva un congruo termine per provvedere. Trascorso 
invano detto termine, il Consiglio promuover! o adotter� i provvedimenti occorrenti, in 
sostituzione degli organi regionali �. 

874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

mento di integrazione tra gli Stati partecipanti, per fini comuni di sviluppo 
economico e sociale. � evidente che queste limitazioni non possono 
non riflettersi anche sull'autonomia costituzionalmente riconosciuta 
alle Regioni e Province autonome, e ci� anche in base alle espresse 
disposizioni statutarie che ad esse impongono, nell'esercizio delle funzioni 
legislative ed amministrative, � il rispetto degli obblighi internazionali e 
degli interessi nazionali� della Repubblica. 

Al riguardo, questa Corte ha gi� avuto� pi� volte l'occasione di dichiarare, 
in termini generali, che � � incontrovertibile il principio che 

organi regionali nel disciplinare con legge�. Inoltre, poich� la direttiva n. 75/ 
268 non ha posto agli Stati membri l'obbligo (comunitario) di attuare il regime 
di aiuti in essa previsto, i poteri sostitutivi dovrebbero essere configurati 
come strumenti per ottenere l'ottemperanza delle Regioni ad un dovere 
verso lo Stato di operare per conseguire gli aiuti messi a disposizione della 
Comunit� (cfr. retro, nota 3). 

Ci� pu� indurre a ritenere che il legislatore statale abbia inteso qualificare 
la legislazione regionale per l'integrazione e l'attuazione delle direttive 
-legislazione che, come si � visto, pu� essere solo �di dettaglio � e successiva 
alla legislazione statale -come normativa �per l'attuazione � di tale 
legislazione (art. 117 ult. comma Cost.), e qualificare le funzioni amministrative 
affidate alle Regioni come delegate (art. 118 comma secondo Cost.). Del 
resto, lo stesso art. 2 della legge n. 352 del 1976 prevede che la inattivit� anche 
legislativa della Regione venga superata da atti del potere esecutivo dello 
Stato, e quindi implicitamente configura la legislazione regionale in materia 
come avente contenuto sostanzialmente regolamentare (in ordine alla competenza 
�normativa� di cui all'art. 117 ult. comma, cfr. PALADIN, La potest� legislativa 
regionale, 1958, 160; LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, 1973, 299; 
MORTATI, I limiti della legge regionale, in Atti del III convegno di studi giuridici 
sulle Regioni, 1962, 56). 

* * * 

4. -La sentenza in rassegna -che ha affrontato solo un aspetto limitato 
della problematica cui si � fatto breve cenno (e cio� solo la compatibilit� 
dello art. 27 citato con alcune leggi costituzionali istitutive di Regioni 
o Province a statuto speciale) -appare, nel complesso, saggiamente cauta. 
Non � stato affermato che l'attivit� legislativa e amministrativa necessaria per 
adempiere ad obblighi internazionali o comunitari � attribuzione propria dello 
Stato, anche se eventualmente in parte affidata alle Regioni nel quadro degli 
artt. 117 ult. comma e 118 secondo comma Cost.; non � per� neppure stato 
affermato il contrario, e cio� che le Regioni conservano le attribuzioni loro 
assegnate dalla Costituzione (o dalle leggi costituzionali) anche in presenza 
degli obblighi anzidetti. La Corte ha accuratamente evitato di inquadrare la 
propria pronuncia in un disegno di pi� ampie proporzioni, ed ha fatto un 
discorso in termini, potrebbe dirsi, �di necessit�� (�il Governo sarebbe completamente 
disarmato... ove non gli fosse riconosciuto il potere-dovere... �). 
Comunque, e -quel che pi� rileva -anche per le materie attribuite alla 
competenza � esclusiva � delle Regioni a Statuto speciale, il legislatore statale 
e la Corte hanno ritagliato alcuni � settori � nei quali, per la presenza di 

I 
I 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 875 

affida allo Stato, e solo ad esso, l'esecuzione all'interno degli obblighi 
assunti in rapporti internazionali con altri Stati� (sentenza n. 46 del 
1961); che poich� soltanto lo Stato � soggetto nell'ordinamento internazionale 
e ad esso vengono imputati giuridicamente in tale ordinamento 
gli atti, normativj. o amministrativi, posti in essere dalle Regioni, non 
pu� dubitarsi della legittimit� delle limitazioni che ne conseguono alla 
autonomia delle Regioni nell'esercizio delle loro attivit� istituzionali; che 
pertanto, anche nelle materie di competenza primaria o esclusiva, nel 
necessario coordinamento degli interessi regionali con i preminenti interessi 
nazionali sul piano dell'unit� politica dello Stato in cui le Regioni 
sono inserite e vivono, e sul piano delle esigenze fondamentali che 
informano la vita dello Stato, �il rispetto degli obblighi internazionali 
dello Stato �, per la competenza regionale, un limite indefettibile, pur 
se il singolo Statuto non lo segnali in modo espresso� (sentenze n. 30 
del 1959; n. 49 del 1963; n. 21 del 1968). 

Per quanto concerne in particolare gli obblighi derivanti dell'appartenenza 
dell'Italia alla C.E.E., non v'� dubbio che le disposizioni dei re-

obblighi internazionali o comunitari da rispettare, non soltanto le Regioni 
incontrano � limiti � negativi alla loro azione, ma si hanno competenze � concorrenti
� di Stato e Regioni (ripetesi, anche a statuto speciale), e -per di 
pi� -una posizione di sostanziale subordinazione gerarchica di queste rispetto 
allo Stato (5). Ed invero il potere riconosciuto allo Stato di condizionare l'attuazione 
della potest� legislativa regionale alla previa emissione di legge statale 
contenente le � norme di principio �, e il carattere � dovuto � di attivit� 
legislative e amministrative regionali con i conseguenti poteri di sostituzione 
attribuiti allo Stato, non appaiono meri � limiti � delle attribuzioni regionali. 

D'altro canto, la gestione dei rapporti internazionali e comunitari -che 
non si esaurisce nell'adempimento di obblighi -deve necessariamente essere 
unitaria e accentrata nello Stato. 

In particolare, nei riguardi del potere delle autorit� comunitarie di emanare 
� direttive�, v'� una porzione di sovranit� dello Stato che deve essere 
salvaguardata. Come osservato in L'Avvocatura dello Stato (Studio per il centenario, 
1976, 535) �dopo l'emanazione della direttiva comunitaria rimane agli 
Stati membri un consistente ambito di competenze normative e amministrative, 
per la determinazione dei modi e dei mezzi pi� idonei per il raggiungimento 
dei � risultati � nella direttiva stessa indicati e, in genere, per la 
determinazione, in coerenza con tali risultati, di ogni possibile aspetto della 
disciplina della materia trattata. Questo ambito di competenza � per alcuni 
settori riservato e garantito agli Stati membri dagli stessi trattati istitutivi 
delle Comunit�; ci� si ha allorquando (ad esempio, in tema di diritto di stabilimento 
e di ravvicinamento delle legislazioni) alle istituzioni comunitarie 
� consentito emanare direttive e non anche regolamenti. In tali settori le 
direttive comunita:t'i.e debbono perci� limitarsi a indicare dei �risultati�, degli 
scopi, e non possono dettare una disciplina dettagliata che tolga spazio alle 

(5) Di � gerarchia dei contenuti � parla CRISAFULLI, La legge regionale nel sistema delle 
fonti, in Rass. J!,iur. sarda, 1961, 24 (dall'estratto). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

876 

golamenti comunitari emanati a norma dell'art. 189 del Trattato di Roma 
abbiano piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutte le 
Regioni, abrogando ogni eventuale incompatibile normativa statale o regionale 
preesistente, e vincolino l'esercizio dell'attivit� legislativa o amministrativa 
delle Regioni, anche a statuto speciale, secondo i principi 
enunciati da questa Corte nelle sentenze n. 120 del 1969, 183 del 1973 
e 232 del 1975. 

Qualche precisazione si impone quanto all'efficacia delle direttive del 
Consiglio o della Commissione delle Comunit�. Queste, a differenza dai 
regolamenti, secondo il disposto dell'art. 189 n. 3 del Trattato di Roma, 
vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato 
da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali 
in merito alla forma e ai mezzi. La Corte di giustizia delle Comunit� 
ha con la sua giurisprudenza sottolineato l'importanza delle direttive, 
affermando che la loro efficacia deve essere valutata con riguardo 
non solo alla forma ma anche alla sostanza dell'atto ed alla sua funzione 
nel sistema del Trattato, e che pertanto anche le direttive possono contenere 
disposizioni precettive idonee a produrre effetti diretti nei rapporti 
tra gli Stati membri destinatari e i soggetti privati (sentenza 17 
dicembre 1970 in causa 33/70). Peraltro, di regola, le direttive vengono 
emanate come strumenti di coordinamento ed armonizzazione della legislazione 
e dell'azione amministrativa degli Stati membri a cui vengono 
indirizzate, per il conseguimento di obiettivi comuni, che rimane 
affidato alla competenza degli organi nazionali quanto alla forma ed 

determinazioni (anche politiche) degli organi statali; osservazione -questa non 
puramente teorica, posto che � riscontrabile una tendenza delle autorit� 
comunitarie a rendere sempre pi� dettagliate le proposizioni normative contenute 
nelle direttive �. 

Ad una ricostruzione sistematica di questi rapporti Stato-Regioni dovr� 
pervenirsi, essendo insufficiente (e troppo facile) quella fuga nella �singolarit� 
� e � diversit� � dell'ordinamento comunitario e nella � necessit� � dell'obbedienza 
ai trattati, che � espediente cui taluni ricorrono con l'osservare che 
� le questioni internazionali vanno guardate e valutate, anzich� dall'interno, 
dall'esterno dell'ordinamento� statale (6) (osservazione non esatta, duplice 
dovendo essere l'ottica per tali questioni), ovvero con l'invocare il totem di 
un asserito carattere sopranazionale delle Comunit�. 

FRANCO FAVARA 

(6) MONACO, L'esecuzione delle direttive comunitarie nell'ordinamento italiano, in Foro it., 
1976, I, 2326. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ai mezzi. Esse si rivolgono dunque generalmente agli Stati, non ai soggetti 
dei loro ordinamenti interni, e richiedono per l'attuazione nell'ambito 
di questi ordinamenti l'intervento degli Stati, i quali sono conseguentemente 
tenuti ad adottare, nei termini stabiliti dalle direttive, i 
provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi idonei al raggiungimento 
dei risultati prescritti. 

Non solo il rifiuto, ma anche il semplice ritardo di uno Stato destinatario 
nell'adozione dei provvedimenti imposti da una direttiva costituisce 
violazione d'un obbligo comunitario imposto dal Trattato, soggetta 
al sindacato giurisdizionale della Corte di giustizia delle Comunit�. 
Questa ha osservato al riguardo che �l'esatta attuazione delle direttive 
� tanto pi� importante in quanto i provvedimenti d'attuazione 
sono rimessi alla discrezione degli Stati membri, e, ove non raggiungessero 
gli scopi prefissi nel termine stabilito, esse resterebbero lettera 
morta. Se � vero che, nei confronti degli Stati membri destinatari, le 
direttive non sono meno vincolanti di altre norme di diritto comunitario, 
ci� � ancora pi� vero per le disposizioni che fissano il termine 
per l'entrata in vigore delle norme contemplate� (sentenza 21 giugno 
1973 in causa 79/72). � d'altra parte certo che i trattati com�nitari 
prevedono esclusivamente la responsabilit� degli Stati, qualunque possa 
essere la distribuzione delle competenze all'interno di ciascuno di essi, 
come la Corte di giustizia delle Comunit� ha affermato in particolare 
nella sentenza -15 dicembre 1971 in cause 51-54/71. 

Per quanto concerne l'adempimento degli obblighi comunitari in 
materia di agricoltura da parte dello Stato e delle Regioni, giova ricordare 
che il legislatore italiano, in base alla riserva contenuta nell'art. 
17, lett. a, della legge 16 maggio 1970, n. 281 (delega al Governo per il 
passaggio delle funzioni e del personale statale alle Regioni), aveva con 
il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 11 mantenuto 
ferma la competenza degli organi statali � in ordine alla applicazione 
di regolamenti, direttive ed altri atti della Comunit� economica 
europea concernenti la politica dei prezzi e dei mercati, il _commercio 
di prodotti agricoli e gli interventi sulle strutture agricole � (art. 4 lett. 

b: cfr. anche art. 4 lett. a e m, ed art. 8), attuando una limitata delega 
alle Regioni per l'esercizio di funzioni amministrative in ordine all'applicazione 
dei regolamenti C.E.E. relativi alle strutture agricole e l'attuazione 
degli interventi conseguenti alle decisioni comunitarie (art. 13, 
lett. a). 
La legittimit� di queste disposizioni, contestata da alcune Regioni, 
fu riconosciuta dalla Corte con sentenza n. 142 del 1972, osservando tra 
l'altro che �ogni distribuzione dei poteri di applicazione delle norme 
comunitarie che si effettui a favore di enti minori diversi dallo Stato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

878 

contraente (che assume la responsabilit� del buon adempimento di fronte 
alla Comunit�) presuppone il possesso da parte del medesimo degli 
strumenti idonei a realizzare tale adempimento anche di fronte all'iner, 
zia della Regione che fosse investita della competenza dell'attuazione�; 
e che di conseguenza, nel difetto di tali strumenti, il solo mezzo utilizzabile 
per fare concorrere le Regioni all'attuazione delle norme comunitarie 
era quello della delegazione di poteri, � che appunto offre il rimedio 
della sostituibilit� del delegante in caso di inadempimento del delegato
�. 

Dovendosi successivamente dare applicazione alle importanti diret-. 
tive del Consiglio delle Comunit� europee numeri 159, 160, 161 del 17 aprile 
1972, il disegno governativo di legge presentato alla Camera nel 1973 
prevedeva l'attribuzione alle Regioni di una limitata competenza ammi


' nistrativa, delegata dallo Stato, con facolt� del Ministro per l'agricoltura 
di provvedere sostituendosi alle Regioni in caso di inadempimento o 
inerzia degli organi regionali, o divergenza di valutazione con gli organi 
dello Stato rispetto agli obiettivi da conseguire (art. 20). Ma nella discussione 
alla Camera, in considerazione delle istanze prospettate dalle 
Regioni (oggetto gi� di riserva da parte di alcuni membri della Commissione 
parlamentare per le questioni regionali, nel parere sullo schema 
del decreto delegato n. 11 del 1972), il disegno di legge fu profondamente 
modificato, riconoscendo alle Regioni ampia competenza legislativa ed 
amministrativa per l'attuazione delle direttive comunitarie, ed introducendo 
con la disposizione dell'articolo 27 lo strumento idoneo a consentire 
allo Stato di dare esecuzione agli obblighi comunitari nel caso di 
persistente inadempimento da parte delle Regioni. 

Di fatto, l'art. 2 della legge 9 maggio 1975, n. 153, dichiara che le 
Regioni a statuto ordinario, e rispettivamente le Regioni a statuto speciale 
e le Province autonome di Trento e Bolzano, possono con proprie 
leggi regolare la materia di attuazione delle direttive C.E.E. nn. 159, 160, 
161 del 1972, �purch� in ogni caso siano rispettati i limiti stabiliti dalle 
direttive comunitarie stesse �, e gli altri limiti ivi espressamente indicati 
con riguardo ai diversi tipi di autonomia. La legge contiene inoltre 
numerose disposizioni dirette a disciplinare i rapporti tra Stato e Regioni, 
l'emanazione di norme sostanziali e procedurali da parte delle 
Regioni, l'esercizio delle conseguenti funzioni amministrative, e fissa altres� 
i termini per i diversi adempimenti di competenza delle Regioni 
a statuto ordinario o speciale e delle Province autonome. In particolare, 
l'art. 26 precisa che le funzioni amministrative debbono essere esercitate 
� in conformit� delle direttive espresse dalla presente legge e di quelle 
che saranno successivamente emanate dallo Stato con le modalit� di cui 
dall'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 879'. 

n. 11 �, ossia nell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento 
attinenti ad esigenze di carattere unitario, �anche con riferimento agli 
obiettivi del programma economico nazionale ed agli impegni derivanti 
dagli obblighi internazionali ed in particolare dalla Comunit� economica 
europea�. -(Omissis). 
Agli stessi princ�pi si ispira anche la delega legislativa contenuta 
nella successiva legge 22 luglio 1975, n. 382, ove all'art. l, terzo comma 

n. 5, � previsto in via generale il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario 
delle funzioni amministrative relative all'attuazione dei regol�menti 
e direttive della C.E.E., riservando tuttavia al Governo la facolt� 
di intervento sostitutivo �in caso di accertata inattivit� degli organi regionali 
che comporti inadempimento agli obblighi comunitari�. 
Le ricorrenti, pur riconoscendo il carattere vincolante delle direttive 
comunitarie, osservano che lo Stato non potrebbe intervenire nello svolgimento 
della loro attivit� amministrativa �senza invadere la sfera di 
competenza loro propria in materia di agricoltura. Ma questa &fera di 
competenza, come gi� si � rilevato, oltre ai limiti costituzionali nei confronti 
dello Stato incontra limiti nelle norme e direttive comunitarie, 
per cui nell'ambito dell'ordinamento comunitario anche le competenze 
primarie o esclusive dell'autonomia regionale, non meno di quelle proprie 
della sovranit� statuale, sono soggette a modificazioni che si riflet~ 
tono necessariamente nelle conseguenti disposizioni di adattamento dell'ordinamento 
interno. 

N� vale obiettare che la competenza per l'attuazione delle direttive 
comunitarie dovrebbe essere riconosciuta alle Regioni, quali � organi 
nazionali � aventi competenza a provvedere, e che lo Stato non potrebbe 
considerarsi l'unico ente legittimato ad assicurare l'osservanza delle direttive 
stesse nell'ambito dell'ordinamento interno. Per vero, a prescindere 
dalla possibilit� di qualificare le Regioni quali � organi nazionali � 
ai sensi del disposto dell'art. 189 n. 3 del Trattato di Roma, � certo che 
l'art. 189 dichiara le direttive vincolanti per lo Stato, e che solo allo 
Stato � riferibile la responsabilit� internazionale nel caso di violazione 
degli obblighi comunitari. L'intervento del Governo previsto dell'art. 27 
della legge n. 153 del 1975, trova precisamente la sua giustificazione nel 
generale interesse nazionale ad un puntuale e tempestivo adempimento 
degli obblighi in questione nell'intero territorio dello Stato, in inscindibile 
correlazione con l'esclusiva r�'sponsabilit� internazionale dello Stato. 

Il Governo, al quale � consentito di ricorrere, nelle competenti sedi, 
contro leggi e provvedimenti regionali illegittimi per violazione delle 
direttive comunitarie, sarebbe completamente disarmato di fronte alla 
inerzia amministrativa delle Regioni, ove non gli fosse riconosciuto il 
potere-dovere di intervenire in via sostitutiva, che la legge gli ha espres



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

880 

samente riservato nell'atto stesso in cui attribuiva alle Regioni le funzioni 
amministrative di attuazione delle direttive C.E.E. 

Il legislatore ha regolato questo potere sostitutivo con opportune ed 
idonee garanzie: esso � infatti previsto con espresso ed esclusivo riferimento 
alle attivit� di attuazione delle direttive comunitarie; � ammesso 
solo nel caso di persistente inadempimento degli organi regionali, ossia 
non di semplice inosservanza dei termini stabiliti dalla legge stessa, ma 
di inattivit� protratta oltre ogni ragionevole limite, qualificabile come 
inadempimento; deve essere autorizzato dal Consiglio dei ministri, dopo 
aver sentito il presidente della giunta regionale interessata, al quale � 
pertanto consentito di fornire ogni eventuale giustificazione ed assicurazione. 


Le ricorrenti prospettano la possibilit� che l'intervento governativo 
possa verificarsi anche successivamente alla emanazione delle norme 
attuative e procedurali di loro competenza: ma � ovvio che il Ministro 
per l'agricoltura, nel disporre il compimento degli atti in questione, 
dovr� rispettare la normativa regionale legittimamente in vigore, osservando 
anche, nei limiti del possibile, le disposizioni di carattere procedurale. 


Le ricorrenti denunciano inoltre la facolt� attribuita dall'art. 27 al 
Governo di proporre, ove occorra, le opportune variazioni di bilancio, 
come palese violazione della loro autonomia finanziaria. Anche questa censura 
non � fondata, sia perch� la norma consente soltanto la formulazione 
di proposte ai competenti organi regionali o provinciali, ai quali 
viene riservato il potere di provvedere in via definitiva, nelle forme pre


,,, viste dai rispettivi ordinamenti, sia soprattutto perch� la norma trova 
giustificazione nella necessit� di svolgimento di un'attivit� amministrativa 
la quale comporta oneri di spesa anche per le Regioni, in conformit� 
agli stanziamenti previsti dagli artt. 4 e 5 della stessa legge. 
Per le considerazioni suesposte, deve escludersi che la disposizione 
dell'art. 27 possa qualificarsi come inammissibile attentato all'autonomia, 
che anzi dalla legge � stata riconosciuta ed arricchita con l'attribuzione 
di ampi poteri in ordine all'esercizio delle funzioni legislative ed amministrative 
comunitarie; n� pu� in essa ravvisarsi un precedente pericoloso 
per l'autonomia stessa, perch� la facolt� di intervento sostitutivo 
� stata riservata al Governo con esclusivo riferimento all'attivit� 
di attuazione delle direttive comunitarie, e trova giustificazione solo negli 
obblighi internazionali dello Stato e nelle connesse responsabilit�. 
Non occorre aggiungere che il ricorso allo scioglimento del Consiglio 
regionale, previsto dall'art. 126 della Costituzione e prospettato dalle 
ricorrenti quale rimedio per il caso di persistente inattivit� degli organi 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 881 

regionali, non potrebbe essere considerato mezzo idoneo allo scopo che 
il legislatore ha inteso perseguire, che non � quello di applicare una 
sanzione alle Regioni e Province inadempimenti, bens� di assicurare il 
puntuale adempimento degli obblighi comunitari dello Stato. 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 186 -Pres. Rossi -Rel. 
Amadei -Pilone e altri (u.p.), S.I.P. (avv. Sorrentino, Tosato e Chiomenti) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Carafa). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Procedimento cautelare dinanzi al giudice � a quo � --Emissione 
del provvedimento cautelare � Esaurisce il potere giurisdizionale. 

(I. cost. 9 febbraio 1948, art. l; c.p.c. art. 700). 
Con l'emissione del richiesto provvedimento cautelare (nella specie, 
ex art. 700 c.p.c.) si esaurisce il procedimento dinanzi al giudice competente 
per detto provvedimento, ed � conseguentemente inammissibile la 
questione di legittimit� costituzionale dallo stesso giudice sollevata (1). 

(1) La sentenza n. 221 del 1972, richiamata in motivazione, � in questa 
Rassegna, 1973, I, 119, con nota di richiami, ed in Foro it., 1973, I, 307, con 
osservazioni di ANDRIOLI. Le sentenze n. 117 del 1973 e n. 135 del 1975 sono 
in Foro it., 1974, I, 1 e 1975, I, 1901. 
I 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 190 -Pres. Rossi -Rel. 
Crisafulli -Provincia di Bolzano (avv. Piras) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). 

Trentino Alto Adige -Incremento della produzione industriale � Energia 
elettrica -Localizzazione impianti � Attribuzione statale. 

(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 9, 10, 55, 56, 87 e 97; I. 18 dicembre 1973, n. 880). 
La attribuzione della provincia di Bolzano in materia di � incremento 
della produzione industriale � non si estende ai programmi di sviluppo 
di un'industria nazionalizzata,' la provincia predetta non ha competenze 
in materia di localizzazione di centrali elettriche ed elettronucleari. Restano 
peraltro salve le attribuzioni della provincia nelle materie della urbanistica, 
dell'igiene e sanit�, e della tutela del paesaggio e del patrimonio 
artistico. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 217 -Pres. Rossi -Rel. 
De Stefano -Provincia di Bolzano (avv. Guarino) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). 

Trentino Alto Adige � Energia elettrica � Provvedimenti C.I.P. � Devono 
far salva attribuzione provinciale. 

(d.P.R. 31 agosto 1972, D.. 670, art. 13). 
Spetta alla Provincia di Bolzano stabilire, nel suo �mbito territoriale, 
le tariffe di utenza dell'energia elettrica per i servizi pubblici e le 
categorie di utenti determinati con sua legge in applicazione dell'art. 
13, primo e secondo comma del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; e siffatta 
competenza deve essere rispettata dallo Stato, allorch� disciplina, mediante 
i provvedimenti C.I.P., i prezzi e le tariffe dell'energia elettrica per 
tutto il territorio nazionale. 

I 

(Omissis). -Come si � sopra ricordato, al punto 1, il ricorso della 
Provincia di Bolzano muove dall'assunto dell'applicabilit� dell'intera legge 
del 1973 alla Provincia medesima, e dell'applicabilit�, altres�, della 
stessa alle Regioni a statuto speciale, salvo che in ordine al procedimento 
di cui all'art. 3, facendone anzi motivo di specifica doglianza. 

Ma la censura non � fondata, perch� erronea ne � la premessa. Deve 
infatti ritenersi che le due Provincie di Bolzano e di Trento siano implicitamente 
incluse nella formula dell'art. 3 (�fatti salvi i poteri delle 
Regioni a statuto speciale�), in considerazione delle analoghe caratteristiche 
che contrassegnano le Regioni a statuto speciale e le due Provincie 
in cui si articola quella del Trentino-Alto Adige: identicamente dotate, 
le une come le altre, di autonomia garantita da statuti differenziati, 
adottati con leggi costituzionali. N� alla collocazione topografica 
della riserva, formulata, come gi� detto, nell'art. 3 anzich� in apertura 
della legge, pu� darsi un peso eccessivo, restringendone illogicamente la 
portata: tanto pi� che l'articolo 3 � inscindibilmente connesso con le 
altre disposizioni che nella medesima legge lo precedono e Io seguono. 

D'altronde, una conferma dell'interpretazione che correttamente deve 
darsi della salvezza dei poteri delle Regioni a statuto speciale (e 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

quindi anche, come rilevato, delle Provincie di Bolzano e di Trento) si 

ricava dalla pi� volte citata legge n. 393 d�l 1975, disciplinante materia 

analoga (ed in parte la stessa materia), che -con identica formula


zione -ha sicuro riferimento, nel suo art. l, sia alle Regioni a statuto 
�speciale sia alle Provincie di Bolzano e di Trento. 

Conseguentemente anche negli artt. 4, terzo comma, e 5, primo com


ma, i riferimenti testuali al �presidente della Regione interessata� 

vanno letti, per la Provincia di Bolzano, come aventi riguardo al Pre


sidente della stessa. 

Ma la Provincia di Bolzano non ha competenze in materia di pro


grammazione della costruzione di centrali elettriche e loro insediamento, 

materie certamente riservata allo Stato perch� attinente ad esigenze uni


tarie e strumentalmente collegata alla nazionalizzazione dell'attivit� di 

produzione e distribuzione dell'energia elettrica, che rientra nell'ambito 

della riserva di legge statale posta dall'art. 43 della Costituzione. In 

questo senso, la giurisprudenza di questa Corte ha pi� volte avuto 

occasione di pronunciarsi, anche nei confronti di Regioni a statuto 

speci�le, compreso il Trentino-Alto Adige (sent. n. 13 del 1964, nn. 79 

e 118 del 1966 e n. 91 del 1967). 

Che restino salvi i poteri della Provincia significa invece e soltant� 

che, laddove la normativa della legge impugnata (per la parte ancora 

in vigore dopo le ricordate modificazioni introdotte dalla successiva 

legge del 1975), venga ad interferire in materie di competenza della 

Provincia stessa continuano ad avere applicazione, nell'ambito territo


riale della medesima, le disposizioni sostanziali e procedimentali da essa 

emanate (ovviamente, se ed in quanto rispettose dei limiti costituzio


nalmente prescritti). Il che vale per le competenze provinciali in materia 

di urbanistica e piani regolatori di tutela del paesaggio e del patrimo


nio artistico e popolare e di igiene e sanit�; ma non vale per quella 

concernente l'incremento della produzione industriale (di cui all'art. 9, 

n. 8, del testo unificato dello Statuto), che ha un ambito pi� circoscritto 
e non si estende di certo a tutto quanto attiene all'industria, e 
meno che mai ai programmi di sviluppo di un'industria nazionalizzata 
qual'� quella di produzione dell'energia elettrica. 
Altrimenti detto, mentre da un lato restano legittimamente fermi i 
poteri dalla legge attribuiti ad organi statali ed i compiti dalla stessa 
affidati all'Enel quanto alla individuazione delle aree geografiche del 
territorio nazionale destinate ad accogliere gli insediamenti delle, cen� 
trali, alla approvazione dei relativi progetti ed alla autorizzazione alla 
costruzione (o ampliamento) ed all'esercizio (sotto l'aspetto tecnico-economico), 
rimangono d'altro lato fermi anche i poteri che le leggi provinciali 
riservano alle autorit� locali quanto alla formazione dei piani 
regolatori e relative varianti, alle licenze edilizie che si rendano neces



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

884 

sarie, ad eventuali autorizzazioni paesaggistiche e via dicendo, cos� come 
nella costruzione delle opere dovranno osservarsi le norme di leggi della 
provincia disciplinanti le cautele contro il rischio di inquinamenti. 


(Omissis). 

II 

(Omissis). -Trattasi di una competenza che non ha -in analogia 
a quanto gi� affermato dalla Corte con la ricordata sentenza, a proposito 
della Regione, sulla base della normativa allora vigente -carattere 
generale, nell'�mbito del territorio provinciale, ma rimane circoscritta 
a determinate categorie di utenti. In proposito va precisato che 
le tariffe, con le consentite riduzioni rispetto a quelle C.I.P., sono fissate 
per �categorie di utenti�, indipendentemente dalla provenienza dell'energia 
distribuita. Invero, la ratio della fornitura gratuita alla Provincia, 
desumibile dal precetto statutario, � quella di consentire una riduzione 
di tariffa per intere categorie omogenee di utenti, non certo di instaurare 
ingiustificati privilegi in favore solo di alcuni nella cerchia di una 
stessa categoria, mediante una differenziata distribuzione. Questa sarebbe, 
sotto un profilo tecnico, di impossibile attuazione pratica, dovendosi 
far coesistere due diverse tariffe, entrambe destinate alla stessa categoria 
di utenti, a seconda della provenienza dell'energia loro distribuita; 
ma, pur se attuabile, riuscirebbe soprattutto contraria 'al principio di 
eguaglianza del trattamento. Anche l'art. 14 delle citate norme di attuazione, 
nel confermare che spettava (allora) alla Regione di determiI\,are 
il prezzo di cessione agli utenti dell'energia ad essa (allora) for~ita, 
aveva stabilito che ci� dovesse farsi �evitando comunque di creare sperequazioni 
fra cittadini�. 

D'altronde, il legame tra le tariffe ridotte per determinate categorie 
di utenti ed energia gratuitamente fornita alla Provincia � reso palese 
dal meccanismo compensativo introdotto con la citata legge provinciale 

n. 18 del 1972. -(Omissis). 
Conclusivamente, i provvedimenti C.I.P. riguardanti la disciplina 
dei prezzi dell'energia elettrica, trovano applicazione nell'�mbito del territorio 
della provincia di Bolzano, innanzi tutto come parametro di 
riferimento, ai sensi dell'art. 13, comma secondo, del testo unico statutario, 
nonch� della stessa legge provinciale n. 18 del 1972; ed inoltre 
devono essere osservati nei confronti di quegli utenti che non rientrino 
nei servizi pubblici e nelle categorie, che spetta alla Provincia determinare 
con sua legge, ai sensi del primo comma dello stesso art. 13. Ma 
non possono estendere la loro efficacia oltre tali limiti, dovendosi rispettare 
nella materia de qua la competenza della Provincia statutariamente 
garantita. (Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 191 -Pres. Rossi -Rel. 
Astuti . Regione Lombardia (avv. Pototsching) Regione Toscana e Regione 
Emilia Romagna (avv. Cheli), e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Azzariti). 

Regione � Funzione di indirizzo e coordinamento � Convenzioni ospedaliere 
-Potere di emanare schemi di convenzione � Spetta allo Stato. 

(cost., artt. 117 e 118; I. 17 agosto 1974, n. 386, art. 18). 

Il legislatore statale ordinario pu� prevedere modalit� di esercizio 
della funzione statale di indirizza e coordinamento della attivit� amministrativa 
attribuita alle Regioni a statuto ordinario diverse da quelle 
previste dai decreti legislativi (del 1972) di trasferimento di attribuzioni 
statali a dette Regioni. La menzionata funzione di indirizza e coordinamento 
pu� essere esercitata anche mediante atti dettagliati e vincolanti. 
Spetta pertanto allo Stato emanare gli schemi di convenzione previsti 
dall'art. 18 del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni nella 

l. 17 agosto 1974, n. 386, schemi emanati con il decreto ministeriale 30 
giugno 1975 ed approvati dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 1� luglio 
1975. Peraltro, nella stipula delle convenzioni in conformit� agli schemi 
ministeriali, le regioni, fermo il rispetto delle clausole essenziali rispondenti 
alle esigenze di uniformit� di criteri che sono state qui sopra 
ricordate, potranno discrezionalmente integrare il contenuto normativo 
con ulteriori e non incompatibili clausole regolatrici dei diversi rapporti, 
secondo le particolarit� delle singole situazioni concrete. 
(Omissis). -Con i ricorsi indicati in epigrafe le Regioni EmiliaRomagna, 
Lombardia e Toscana hanno sollevato conflitto di attribuzione 
nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro per 
la sanit� in data 30 giugno 1975, con il quale, in esecuzione del disposto 
degli articoli 12 e 18 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito 
con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386, sono stati 
emanati quattro schemi di convenzione tra le regioni e le cliniche universitarie, 
gli istituti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico, 
gli istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano 
l'assistenza ospedaliera, gli istituti ed enti di cui alla legge 26 novembre 
1973, n. 817, e le case di cura private; schemi approvati dal Consiglio 
dei Ministri nella seduta del 1� luglio 1975. -(Omissis). 

Secondo un primo motivo, comune ai tre ricorsi, rispetto alle funzioni 
amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, 
trasferite alle regioni a statuto ordinario, la residua funzione di indirizzo 
e coordinamento delle attivit� attinenti ad esigenze di carattere 
unitario, riservata allo Stato dali'art. 17, primo comma, lett. a, della legge 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

886 

16 maggio 1970, n. 281, sarebbe disciplinata in via generale dalla disposizione 
dell'art. 8 del d.P;R. 14 gennaio 1972, n. 4, comune ai decreti 
delegati di trasferimento, in base alla quale detta funzione deve essere 
esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con le$ge o con atto avente 
forza di legge, � mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri, su 
proposta del Presidente del Consiglio �dei Ministri, d'intesa con il Ministro 
o i Ministri competenti�. L'art. 18 della �legge 17 agosto 1974, n. 386, 
richiedendo per gli schemi di convenzione ivi previsti l'approvazione 
da parte� del Consiglio dei Ministri a' sensi del ricordato art. 8 del d.P.R. 

n. 4 del 1972, avrebbe esplicitamente ricondotto tale approvazione alla 
funzione di indirizzo e di coordinamento, ed implicitamente riconosciuto 
<:he le convenzioni da stipularsi dalle regioni ricadono nella competenza 
regionale di esercizio delle funzioni trasferite a norma dell'art. 17, lett. a, 
della legge n. 281 del 1970. Nel caso di specie, il Consiglio dei Ministri 
sarebbe stato invece chiamato solo ad aggiungere la propria approvazione 
ad un atto gi� emanato dal Ministro per la sanit�, senza previa 
proposta da parte del Presidente del Consiglio, con aperta violazione 
delle forme richieste per l'esercizio da parte dello Stato della funzione 
di indirizzo e coordinamento in materia di sicura spettanza regionale 
in base all'art. 117 Cost., con illegittima invasione della sfera di competenza 
amministrativa garantita alle Regioni ricorrenti. -(Omissis). 
Peraltro, nella specie la denunziata violazione non sussiste. Occorre, 
infatti, ricordare che la delega legislativa contenuta nell'art. 17, primo 
<:omma, lett. a, della legge n. 281 del 1970, e il d.P.R. n. 4 del 1972 emanato 
in base a tale delega, concernono espressamente il trasferimento 
alle regioni delle funzioni amministrative gi� esercitate in materia di assistenza 
sanitaria ed ospedaliera � dagli organi centrali e periferici dello 
Stato>>, rispetto alle quali l'art. 8 del d.P.R. n. 4, (ora abrogato e sostituito 
dall'art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382), disciplinava l'esercizio 
della funzione di indirizzo e coordinamento da parte dello Stato. Il 
decreto ministeriale di cui � causa non ha ad oggetto funzioni statali 

� gi� trasferite alle regioni, bens� attribuzioni che erano proprie di una 
serie di istituti ed enti nazionali, ai quali la legislazione previgente affidava 
compiti di assistenza contro le malattie, e che solo il decreto-legge 
.8 luglio 1974, n. 264, convertito nella legge 17 agosto 1974, n. 386, ha 
assegnato alle regioni. Giova precisare al riguardo che il legislatore, in 
vista della riforma sanitaria generale che dovr� attuare un sistema di 
sicurezza sociale secondo le previsioni programmatiche della legge 27 
luglio 1967, n. 685, (cap. VII, artt. 70 e seguenti), dopo avere emanato 
la legge 12 febbraio 1968, n. 132, sull'assistenza ospedaliera pubblica, affidata 
alle regioni sotto l'alta sorveglianza del Ministero della sanit� 
per la tutela degli interessi generali dello Stato (art. 15), e dopo aver 

provveduto con il d.P.R. n. 4 del 1972 a �trasferire alle regioni le fun-,,~: 
i~ 

.. . Ir: 

~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 887 

zioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, 
(mantenendo ferme, tra l'altro, all'art. 4, le attribuzioni degli 
organi dello Stato in ordine agli enti ed istituti pubblici a carattere 
nazionale o pluriregionale operanti in detta materia), con il provvedimento 
legislativo del 1974, dianzi ricordato, ha dettato un complesso di 
� norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti 
degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera, e l'avvio 
della riforma sanitaria�. -(Omissis). 

� chiaro che il legislatore, nell'atto con cui trasferiva alle regiom i 
compiti in materia di assistenza ospedaliera gi� pertinenti all'INAM, 
all'ENPAS ed altri istituti ed enti previdenziali, oltre a mantenere temporaneamente 
in vita le convenzioni stipulate da detti istituti ed enti, 
ha espressamente disposto che le nuove convenzioni dovessero essere 
stipulate dalle regioni sulla base di schemi emanati nel modo previsto 
dal secondo comma dell'art. 18. Il procedimento ivi stabilito � bens� parzialmente 
diverso da quello previsto dall'art. 8 del d.P.R. n. 4 del 1972 per l'esercizio 
della funzione di indirizzo e coordinamento, ma sembra ovvio rilevare 
che trattasi di compiti diversi dalle attribuzioni amministrative gi� 
trasferite alle regioni a statuto ordinario con detto decreto legislativo. 
Soprattutto, la differenza del procedimento � giustificata dalla speciale 
natura dell'atto: trattandosi di emanare schemi di convenzione, oppor-. 
tunamente � stato stabilito ch'essi fossero predisposti ed emanati dal 
Ministro della sanit�, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro 
e previdenza sociale, sentite le regioni, e quindi sottoposti all'approvazione 
del Consiglio dei Ministri. Anche il richiamo dell'art. 18, secondo 
comma, all'art. 8 del d.P.R. n. 4 del 1972, valido come riferimento alla 
funzione statale di indirizzo e coordinamento per esigenze di carattere 
unitario, non pu� essere considerato vincolante quanto al modo di esercizio 
di detta funzione, oggetto nello stesso articolo della nuova legge 
di espressa disciplina difforme in relazione a quel particolare tipo di 
provvedimento. 

Queste considerazioni consentono di concludere che il decreto ministeriale 
di cui si contende non � viziato da violazione di norme sul 
procedimento o sulla competenza, idonea a determinare lesione della 
sfera di. attribuzione costituzionalmente garantita alle regioni dagli artt. 
117 e 118 della Costituzione. 

Con un secondo motivo, anch'esso comune ai tre ricorsi, si osserva 

che gli schemi di convenzione previsti dal ricordato art. 18, essendo ema


nati nell'esercizio della funzione statale di indirizzo e coordinamento, 

avrebbero dovuto contenere soltanto le direttive o i criteri generali ne


cessari per coordinare ed uniformare, quanto al regime delle nuove con


venzioni di assistenza ospedaliera, le attivit� amministrative delle regioni 

attinenti ad esigenze di carattere unitario; mentre gli schemi ministe


5 


888 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

riali, con una disciplina minuziosa delle clausole delle convenzioni avrebbero 
praticamente vanificato la competenza regionale, imponendo alle 
regioni di stipulare convenzioni gi� interamente predeterminate nel loro 
contenuto dispositivo. 

Anche questo motivo non � fondato. Come gi� si � dianzi avvertito, 
la legge 17 agosto 1974, n. 386, con le disposizioni degli artt. 12-18 ha 
attuato e disciplinato il trasferimento alle regioni, a statuto ordinario 
come a statuto speciale, dei compiti anteriormente svolti in materia di 
assistenza ospedaliera dagli enti mutuo-previdenziali, disponendo che le 
relative prestazioni vengano erogate dalle regioni sia avvalendosi degli 
enti ospedalieri, sia ricorrendo, mediante convenzioni, ad altri istituti 

o presidi di ricovero e cura pubblici e privati appartenenti alle categorie 
elencate nel primo comma dell'art. 18. Lo stesso art. 18 ha stabilito 
che dette convenzioni debbono essere conformi agli schemi predisposti 
dal Ministro della sanit� ed approvati con il procedimento previsto nel 
secondo comma: la emanazione di questi schemi di convenzione a cui 
tutte le regioni sono tenute ad uniformarsi � stata dunque voluta dal 
legislatore non gi� come limitazione delle funzioni amministrative gi� 
spettanti alle regioni, bens� come specifico limite contestuale al trasferimento 
dei compiti di assistenza ospedaliera degli istituti ed enti previdenziali 
o mutualistici di cui all'art. 2, a carattere nazionale o pluriregionale; 
istituti ed enti rispetto ai quali l'art. 4 del d.P.R. 14 gennaio 
1972, n. 4, aveva mantenuto ferme, in attesa del loro riordinamento con 
legge dello Stato, le attribuzioni degli organi statali, e solo l'art. l, pri-� 
mo comma, lett. b), della legge 22 luglio 1975, n. 382, prevedere .il trasferimento 
alle regioni delle funzioni non ancora trasferite, inerenti alle 
materie indicate nell'art. 117 della Costituzione. 
Imponendo alle regioni il temporaneo rispetto delle convenzioni preesistenti 
e la stipula di nuove convenzioni in conformit� agli schemi ministeriali, 
la legge non ha certamente determinato lesione delle competenze 
legislative ed amministrative attribuite alle regioni in materia di 
assistenza sanitaria ed ospedaliera dagli artt. 117 e 118 della Costituzione; 
di fatto, n� le regioni ricorrenti n� altre regioni promossero a suo tempo 
questione di legittimit� del decreto-legge n. 264 e della relativa legge 
di conversione n. 386 del 1974, a' sensi dell'art. 2 della legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 


Solo ora, nella memoria prodotta in causa dalla Regione Emilia-Romagna, 
si asserisce che, ove la disciplina posta nel decreto-impugnato 
dovesse essere considerata una corretta attuazione del disposto dell'art. 
18, occorrerebbe allora sollevare la questione di legittimit� costituzionale 
di questa norma, per violazione degli artt. 117 e 118� Cast., con 
riferimento all'art. 17, lett. a, della legge n. 281 del 1970 e all'art. S: 


I 

I! 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

del d.P.R. n. 4 del 1972; questione che viene prospettata sotto un triplice 
profilo, per pretesa 'incompatibilit� tra la funzione di indirizzo e 
coordinamento e la previsione di schemi di convenzione dettagliati e vincolanti, 
per la conseguente espropriazione del potere amministrativo regionale, 
per violazione del principio di legalit�, non essendo state preliminarmente 
indicate in sede legislativa le esigenze di carattere unitario 
giustificative del provvedimento ministeriale. Questione peraltro di cui 
si rileva la manifesta infondatezza, perch� le esigenze di carattere unitario 
idonee a legittimare le disposizioni degli artt. 12 e 18 della legge 

n. 386 del 1974 non avevano certo necessit� di una espressa declaratoria 
da parte del legislatore, dato che trattavasi di sostituire le regioni nei 
compiti di assistenza ospedaliera dell'INAM e dell'ENPAS, per tacere 
degli altri istituti ed enti a carattere nazionale o interregionale, e quindi 
di assicurare nelle diverse regioni alla generalit� dei lavoratori, dipendenti 
pubblici o privati,, le medesime forme di assistenza, sulla base di 
una effettiva eguaglianza di trattamento, e di stabilire altres� criteri uniformi 
per la determinazione e ripartizione dei costi ed oneri diretti e 
indiretti relativi al ricovero, all'assistenza, ad eventuali prestazioni integrative 
a carico degli assistiti. 
Come questa Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare, quando con 
gli interessi regionali concorrano o possono confliggere interessi di dimensione 
ultra-regionale o, come nel caso presente, di carattere generale, 
nazionale, in piena coerenza con il disegno costituzionale e senza 
lesione delle competenze regionali � il rispetto delle esigenze unitarie � 
garantito dai principi fondamentali stabiliti nelle leggi dello Stato per 
quanto riguarda la potest� legislativa, dalla funzione statale di indirizzo 
e coordinamento per quanto riguarda la potest� amministrativa� (sentenze 
n. 39 del 1971, n. 138 e 140 del 1972). 

Anche l'asserita incompatibilit� obiettiva tra la funzione di indirizzo 
e coordinamento e la emanazione di schemi di convenzione a contenuto 
vincolante, per cui avverrebbe sottratto alle regioni l'effettivo 
esercizio della loro potest� amministrativa, non sussiste di fatto nel caso 
particolare di cui qui si discute. Senza indugiare sulle varie concezioni 
prospettate dalla dottrina circa il fondamento e contenuto dei poteri 
riservati allo Stato in ordine all'esercizio della funzione di indirizzo e 
coordinamento delle attivit� regionali attinenti ad esigenze di carattere 
unitario, sembra incontestabile che questa funzione -la cui riserva 
allo Stato rappresenta � il risvolto positivo di quel limite generale del 
rispetto dell'interesse nazionale o di altre regioni, che l'art. 117 prescrive 
alla legislazione regionale� (sentenza n. 39 del 1971) -possa essere 
attuata in concreto con varie forme di esercizio, in relazione alla diversit� 
delle esigenze cui lo Stato deve soddisfare, per la tutela degli interessi 
generali. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

890 

Nella concreta fattispecie in esame, risulta evidente l'opportunit�, riconosciuta 
dal legislatore, di evitare che nella stipula delle convenzioni 
per l'assistenza ospedaliera le singole regioni, anche a statuto speciale, 
potessero adottare criteri o perseguire scopi suscettibili di ledere le 
esigenze unitarie gi� ricordate. Ci� tanto pi� considerando che trattasi 
d'un regime a carattere temporaneo e transitorio, di avvio alla riforma 
sanitaria generale, in vista della quale la stessa legge n. 386 del 1974 
ha predisposto la possibilit� di estensione dell'assistenza ospedaliera anche 
ai soggetti non assistibili dagli istituti ed enti mutuo-previdenziali, mediante 
la facoltativa iscrizione in appositi ruoli, secondo le modalit� stabilite 
dall'art. 13. 

Riconosciuta l'infondatezza del dubbio circa la legittimit� della previsione 
normativa contenuta negli artt. 12 e 18 della legge n. 386 del 
1974, si deve obiettivamente escludere che il Ministro della sanit� ed 
il Governo, nel predisporre ed approvare gli schemi di convenzione emanati 
con l'impugnato decreto 30 giugno 1975, abbiano violato le disposizioni 
dell'art. 18, primo comma, o ecceduto rispetto al potere loro conferito 
dalla legge, nella formulazione del contenuto di detti schemi. In 
ossequio al dettato legislativo, sono stati formati, in relazione al tipo 
di assistenza erogata, quattro distinti schemi di convenzione, per regolare, 
rispettivamente, i rapporti tra regioni ed universit�; tra regioni ed 
istituiti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico, distinguendo 
tra quelli .aventi personalit� giuridica di diritto pubblico e di diritto 
privato; tra regioni ed istituti o enti di cui alle leggi 12 febbraio 1968, 

n. 132 (art. 1, penultimo comma), e 26 novembre 1973, n. 817, per i 
dipendenti ospedali classificati; tra regione e case di cura private, o 
presidi di ricovero e cura non classificati, dipendenti dagli istituti ed 
enti di cui alle citate leggi n. 132 del 1968 e 817 del 1973. -(Omissis). 
Gli schemi contengono dunque le condizioni essenziali del regolamento 
dei rapporti convenzionali, per quanto attiene da un canto alle 
eguali esigenze di cura e tutela degli assistiti, e dall'altro alla fissazione 
di criteri uniformi per l'accertamento e l'attribuzione degli oneri finanziari 
dell'assistenza ospedaliera. Pi� complesso risulta lo schema di convenzione 
con le case di cura private, al quale sono allegati criteri di 
classificazione per la loro attribuzione, in base ai servizi, impianti, attrezzature 
di cui sono dotate, a quattro distinte fasce funzionali, ai fini della 
corresponsione delle diarie di degenza e dell'eventuale compenso ai sanitari. 
Ma anche questa particolare disciplina, nella quale le regioni ricorrenti 
ravvisano una indebita invasione della loro competenza sull'ordinamento 
delle case di cura private, trova puntuale giustificazione nell'intento 
di assicurare uniformit� di assistenza e corrispondenza dei relativi 
oneri alle effettive prestazioni, anche quando le regioni ravvisino 



i'ARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

la necessit�, per esigenze del servizio ospedaliero, di ricorrere a convenzioni 
con case di cura private in possesso dei requisiti previsti dalla 
legge 12 febbraio 1968, n. 132, come espressamente � loro consentito dall'art. 
18, primo comma, della legge n. 386 del 1974. N� pu� dirsi che la 
statuizione di criteri per l'attribuzione delle case di cura alle quattro 
fasce funzionali sia lesiva della competenza trasferita alle regioni dagli 
artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 4 del 1972, dato che in base all'art. 6, n. 6, dello 
stesso decreto � rimasta ferma la competenza degli organi statali �in 
ordine alla normativa tecnica relativa alle case di cura private�. 

Poich� la legge aveva disposto l'emanazione di schemi di convenzione, 
a cui le regioni debbono uniformarsi nel regolamento dei rapporti di assistenza 
ospedaliera, si deve riconoscere che questi schemi non avrebbero 
potuto essere formulati in modo sostanzialmente diverso: le reg_ioni ricorrenti 
assumono che gli schemi � avrebbero dovuto contenere soltanto 
indirizzi o direttive generali�, per �orientare l'azione regionale in ordine 
ai fini fondamentali da perseguire �, ma sembra ovvio osservare che una 
siffatta limitazione palesemente contrasta con il normale contenuto tipico 
d'uno schema di convenzione. 

D'altra parte, nella, stipula delle convenzioni in conformit� agli schemi 
ministeriali, le regioni, fermo il rispetto delle clausole essenziali rispondenti 
alle esigenze di uniformit� di criteri che sono state qui sopra 
ricordate, potranno discrezionalmente integrarne il contenuto normativo 
con ulteriori e non incompatibili clausole regolatrici dei diversi 
rapporti, secondo le particolarit� delle singole situazioni concrete. 

Anche sotto questo profilo si deve dunque escludere che l'emanazione 
degli schemi di convenzione previsti dagli artt. 12 e 18 della legge n. 386 
del 1974 abbia determinato illegittima lesione delle attribuzioni amministrative 
delle regioni. 

Conseguentemente a quanto gi� si � osservato, deve riconoscersi 
l'infondatezza anche dell'ultimo motivo dei ricorsi, con il quale si assume 
che il decreto ministeriale impugnato contrasterebbe con le leggi regionali 
gi� in vigore, perch� gli schemi di convenzione contengono una normativa 
parzialmente difforme, e ci� proprio laddove � le regioni hanno 
provveduto, per quanto di loro competenza, a dare attuazione alla 386 �. 

Deve rilevarsi al riguardo che le tre regioni ricorrenti hanno fatto 
nelle loro leggi espresso riferimento alle disposizioni degli artt. 12 e 18 
di detta legge (contro la quale non avevamo promosso giudizi di impugnazione 
diretta), proprio in vista della loro puntuale applicazione anche 
per quanto concerne il subingresso nelle convenzioni in atto e la stipula 
delle nuove convenzioni in conformit� agli schemi ministeriali. Cos�, la 
legge 14 maggio 1975, n. 30, della Regione Emilia-Romagna dispone che la 
giunta regionale stipula le convenzioni per l'assistenza ospedaliera da 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

892 

erogare agli aventi diritto �in conformit� ai principi stabiliti dalla presente 
legge e agli schemi di cui all'art. 18, secondo comma, del d.l. 8 
luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni nella legge 17 agosto 1974, 

n. 386 � (art. 31: e si v. anche gli artt. l, 2, 9, 11, 15, 32); la legge 15 
gennaio 1975, n. 5 della Regione Lombardia dichiara che � la giunta 
regionale si conforma al disposto dell'art. 35 della legge regionale 3 settembre 
1974, n. 55, e agli schemi di cui al secondo comma dell'art. 18, 
etc.� (art. 26: e si v. anche gli artt. 1, 27, nonch� l'art. 4, lett. b, della 
legge regionale 15 gennaio 1975, n. 6); la legge 3 febbraio 1975, n. 10, 
della Regione Toscana prevede anch'essa la stipula delle convenzioni �in 
applicazione dell'art. 18� della legge 17 agosto 1974, n. 386 � (art. 1: e si 
v. anche gli artt. 11, 12, 13). 
Esorbita dall'oggetto di questo giudizio una indagine sulla compatibilit� 
delle ricordate leggi regionali con gli schemi ministeriali in questione, 
dal momento che le stesse leggi hanno formalmente recepito il 
disposto dell'art. 18 della legge statale n. 386 circa la conformit� delle 
convenzioni agli schemi predisposti dal Ministro per la sanit� ed approvati, 
previa audizione delle regioni, dal Consiglio dei Ministri. Nel 
caso di specie ogni eventuale difformit� delle leggi regionali anteriormente 
emanate, rispetto agli schemi di convenzione dalle leggi stesse 
richiamati -e ci� in ossequio ad una espressa norma della legge statale 
-, non pu� integrare illegittima invasione da parte dello Stato 
nella sfera delle competenze delle Regioni. 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 192 -Pres. Rossi -Rel. 
Rocchetti -Kappler e altro (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. Avv. gen. G. Azzariti). 

Reato -Liberazione condizionale -Diritto penale militare � Potere del 
Ministro da cui dipendeva il militare � Illegittimit� costituzionale. 
(cost., artt. 13, 24 e 111; r.d. 9 settembre 1941, n. 1023, artt. 34 e 35). 

La liberazione condizionale rappresenta ora un peculiare aspetto del 
trattamento penale; il riesame della situazione del condannato non pu� 
essere deferito ad alcun organo dell'esecutivo, ma deve essere affidato 
ad un organo giusdizionale. Pertanto, contrastano con l'art. 24 Cast. gli 
artt. 34 e 35 del r.d. 9 settembre 1941, n. 1023, nella parte in cui attribuiscono 
la decisione sulla domanda di liberazione condizionale al Ministro 
da cui dipendeva il militare condannato al momento del commesso 
reato, anzich� ad un organo giurisdizionale di adeguato livello. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

893 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 193 -Pres. Rossi -Rel. 
De Stefano -IACP Cagliari (a.p.) Neri (a.p.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). 

Edilizia popolare ed economica -Assegnazione in locazione � Durata del 
rapporto � Predeterminazione � Illegittimit� costituzionale. 
(cost., art. 3; r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 30). 

Diversa � la situazione dell'inquilino di una abitazione di propriet� 
privata e dell'assegnatario in locazione di un alloggio popolare,� gli 

I.A.C.P. sono enti pubblici aventi lo scopo di prestare il servizio del porre 
abitazioni a disposizione dei cittadini meno abbienti, e il rapporto tra 
detti Istituti e gli assegnatari in locazione presen(a peculiari caratteristiche 
non riscontrabili nel normale rapporto di locazione. Contrasta con 
l'art. 3 Cost. la disposizione dell'art. 30 del t.u. n. 1165 del 1938, nella 
parte in cui consente agli enti pubblici concedenti di stipulare con gli 
assegnatari degli alloggi popolari contratti di locazione per un tempo 
determinato, nonch� di avvalersi nei loro confronti del procedimento per 
convalida di licenza o di sfratto per finita locazione (1). 
II 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 novembre 1976, n. 225 -Pres. Rossi � Rel. 
De Stefano -Soc. Universale costruzioni (avv. Carlevaris) e altri (u.p.) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). 

Locazione � Abitazioni urbane � Proroga legale � Non abbienza del con� 
duttore � Limiti di prova � Illegittimit� costituzionale � Rilevanza delle 
condizioni patrimoniali del conduttore � Legittimit� costituzionale. 
(cost., artt. 3 e 24; d.!. 24 luglio 1933, n. 426, art. 1, e successive modificazioni). 

Locazone � Abitazioni urbane -Proroga legale � Legittimit� costituzionale � 
Condizioni. 

(cost., artt. 3 e 42; d.!. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1, e successive modificazioni). 

(1-4) Equo canone e canone sociale. 

Dalla lettura delle due sentenze qui in rassegna e delle sentenze n. 3 e 

n. 4 del 1976 (in questa Rassegna, 1976, I, 3 con nota di richiami) appare consentito 
desumere i principi orientativi enunciati dalla Corte costituzionale in 
tema di locazioni (in senso lato) di immobili urbani. 
La Corte ha, anzitutto, sottolineato la netta distinzione gi� enunciata nella 
sentenza n. 159 del 1969 (in Foro it., 1970, I, 381, ove n�ta di richiami) e desu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

894 

Locazioni -Immobili urbani non abitativi -Blocco dei canoni -Finalit� 
antinflazionistica -Legittimit� costituzionale -Limiti. 

(cost., art. 42; d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1 e successive modificazioni). 

Contrastano con gli artt. 3 e 24 Cost. le disposizioni legislative che 
limitano la possibilit� del locatore di provare con qualsiasi mezzo l'effettivo 
ammontare dei redditi del conduttore (e dei componenti la famiglia 
anagrafica del medesimo) al momento in cui si decide del sussistere 
o meno del diritto alla proroga legale del rapporto di locazione. 
Non contrastano con l'art. 3 Cost. le disposizioni legislative, che, al fine 
del sussistere o meno del predetto diritto, distinguono tra conduttori 
non abbienti e conduttori abbienti, e fanno riferimento unicamente alla 
condizione patrimoniale del conduttore e non anche a quella del locatore 
(2). 

L'equilibrio tra interessi dei conduttori e interessi dei locatori pu� 
essere alterato da interventi legislativi (di proroga dei rapporti o di 
blocco dei fitti) caratterizzati da straordinariet� e temporaneit� e finalizzati 
dall'esigenza di favorire le classi meno abbienti, ma non da un 
complesso di interventi legislativi reiterati e sovrapposti che attribuisca 
alla proroga dei rapporti e al blocco dei fitti carattere di ordinariet� (3). 

Il sacrificio imposto ai locatori di immobili urbani adibiti ad uso 
diverso da abitazione da provvedimenti legislativi di blocco dei canoni 
pu� essere giustificato dall'esigenza d'infrenare la spinta inflazionistica, 
purch� si dia brevit� del periodo di blocco; ed invero paralleli e concomitanti 
provvedimenti di blocco dei prezzi delle merci hanno cessato 
di spiegare i loro effetti con il 31 luglio 1974, venendo sostituiti, e solo 
per taluni beni e servizi, da un regime di controllo pubblicistico dei 
prezzi (4). 

mibile dalla sentenza n. 71 del 1962 (in Giur. cast., 1962, 260) tra prestazione 
del servizio pubblico di � porre appartamenti economici a disposizione �delle 
categorie di cittadini meno abbienti� (cfr. NIGRO, L'edilizia pubblica come 
servizio pubblico, Riv. trim. dir. pub. 1957, 118) e prestazione (jure privato) 
del locatore il quale fornisca il � godimento � di un appartamento (prestazione 
questa configurabile anche come servizio privato) ad un conduttore non 
soggettivamente qualificato. Il corrispettivo del servizio pubblico predetto, pi� 
�modesto� dei canoni di locazione �correnti sul mercato� (cfr. artt. 19 e 
segg. del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035), non � �equiparabile alla controprestazione 
in senso privatistico �. La sottolineata distinzione conduce implicitamente 
ad escludere che i privati locatori possano essere riguardati come 
prestatori del menzionato pubblico servizio in sostituzione degli organismi pubblici 
a tale scopo preposti, e senza contropartita di un �reddito� (cos� nella 

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sentenza n. 3 del 1976) o �lucro� (cos� nella sentenza n. 193 del 1976). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 895 

I 

(Omissis). -La sollevata questione va esaminata prendendo le mosse 
dall'analisi del complesso rapporto che si instaura tra gli Istituti 
delle case popolari e gli assegnatari in locazione degli alloggi. Secondo 
la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, si devono in esso 
distinguere due fasi: la prima, di natura pubblicistica, che ha termine 
con l'atto unilaterale di assegnazione, ed � caratterizzata da posizioni 
di interesse legittimo; la seconda, di natura privatistica, che ha inizio 
con la convenzione di locazione (stipulata in dipendenza del provvedimento 
amministrativo di assegnazione), ed � caratterizzata da posizioni 
di diritto soggettivo perfetto e di correlative obbligazioni. La locazione, 
pur presupponendo il procedimento -di assegnazione, ha carattere autonomo 
rispetto alla precedente fase; di guisa che i diritti soggettivi, scaturenti 
dal negozio bilaterale, regolato dal diritto privato, restano delimitati, 
quanto alla loro estensione ed alla loro durata, dal contratto medesimo. 
Ne consegue che la locazione � soggetta alle cause di risoluzione, 
di cessazione e di estinzione, previste dal contratto e dalle norme integrative 
del codice civile, in quanto non esplicitamente derogate; e l'efficacia 
di tali censure non � condizionata alla formale revoca, da parte 

Ci� premesso, peraltro, la Corte ha qualificato la attitudine degli appartamenti 
di propriet� privata a soddisfare il bisogno primario dell'abitazione, 
come � funzione sociale � della propriet� dei beni in questione. In tal modo 
la Corte, dopo essersi ritenuta legittimata a sceverare i diversi tipi di propriet� 
(sulla molteplicit� di tali tipi, si rimanda a PuGLIATTI, La propriet� e 
le propriet�, in La propriet� nel nuovo diritto, 1954, 145 e seg.) e ad individuare 
quando sussistano e quali siano le � funzioni sociali � per ciascuno 
di essi, ha promosso la idoneit� alla � destinazione � abitativa degli appartamenti 
urbani a � funzione sociale >>, asservendo ad essa detti beni (peraltro, 
analoga considerazione si rinviene per gli immobili non destinati ad abitazione 
nella sentenza n. 30 del 1975, in questa Rassegna, 1975, I, 51). 

A questo proposito, deve essere rilevata una importante diversit� tra la 
sentenza n. 3 del 1976 e la sentenza n. 225 qui in rassegna: nella prima (in 
tema di blocco dei fitti) si parla di � intervento a favore delle classi meno 
abbienti>>, mentre nella sentenza n. 225 (che tratta soprattutto della proroga 
legale) si auspica una disciplina per � equamente conciliare... i contrapposti 
interessi dei locatori e dei conduttori... specie se appartenenti, tanto i primi 
quanto i secondi, alle �lassi meno abbienti �. 

Dalle sentenze menzionate emergono quindi, da un canto una contrapposizione 
tra alloggi dell'edilizia pubblica, strumenti di un pubblico servizio da 
offrire con compenso �modesto� (ossia, a prezzo politico) ai cittadini meno 
abbienti, e appartamenti di propriet� privata, asserviti alla � funzione sociale � 
del soddisfacimento dei bisogni abitativi nel quadro di un disciplina di � equa 
conciliazione degli interessi contrapposti �, e, d'altro canto, ulteriori sottodistinzioni 
tra questi ultimi appartamenti in relazione alle condizioni economiche 
del locatore (piccolo proprietario o non) o del conduttore (appartenente 
o meno alle classi meno abbienti). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

896 

dell'Istituto, dell'atto amministrativo di assegnazione, che ha concluso 
la prima fase del rapporto. In altri termini, se il collegamento genetico 
tra il provvedimento amministrativo di assegnazione ed il negozio bilaterale 
di locazione, pu� importare che la revoca dell'assegnazione si rifletta 
sul rapporto di locazione, non pu� invece affermarsi che la cessazione 
della locazione sia sempre e necessariamente condizionata alla 
preventiva revoca dell'assegnazione, nel senso che l'estinzione prevista 
dalla disciplina contrattuale non possa operare indipendentemente dalla 
revoca dell'assegnazione. In particolare, ove la locazione sia stata stipulata 
a tempo determinato e il termine sia trascorso, o la locazione 
sia comunque scaduta in base al contratto, il diritto dell'assegnatario 

Quali possibili � scopi sociali � della disciplina legislativa in materia, le 
menzionate sentenze indicano: la finalit� (assistenziale) di intervenire a favore 
dei cittadini meno abbienti, la finalit� (di politica economica generale) di 
temporaneo contenimento del cosidetto � costo del lavoro � e quindi dell'inflazione 
(1), la finalit� (equitativa) di evitare una � soccombenza � dei locatori 
ovvero dei conduttori, la finalit� {produttiva ma anche giuridico-costituzionale) 
di � stimolare l'afflusso del risparmio popolare alla propri~t� dell'abitazione
� (art. 47 Cost.). La contemporanea considerazione di tutte queste 
esigenze appare non agevole, sopratutto perch� la esigenza che si � detta 
�assistenziale>>, mentre costituisce canone specifico per l'edilizia pubblica, poco 
si concilia con altre esigenze proprie dell'edilizia privata; al punto che dovrebbe 
pi� correttamente parlarsi piuttosto che di un'unitaria � funzione sociale � della 
propriet� privata di appartamenti, di (almeno) due diverse �funzioni sociali>>, 
l'una generica e poco incisiva sul contenuto della propriet�, e l'altra-caratterizzata 
anche dalla predetta esigenza � assistenziale � e perci� pi� intensa, maggiormente 
limitativa -av~olgente la propriet� degli appartamenti dati in 
locazione ai cittadini meno abbienti (criterio soggettivo), ovvero destinati ad 
abitazione economica, popolare o ultrapopolare (criterio oggettivo). 

In questo quadro, potrebbe forse risultare doveroso tener distinti �equa 
conciliazione... dei contrapposti interessi dei locatori e dei conduttori� (e 
cio�, con espressione corrente, lo � equo canone�) e � intervento in favore 
delle classi meno abbienti� (con eventuale concessione di un prezzo politico 
della casa) anzich� racchiudere in un quadro normativo unitario tutti i rapporti 
genericamente locatizi: del resto, una siffatta distinzione � stata implicitamente 
praticata dalla legislazione degli ultimi decenni, attraverso il diverso 
trattamento riservato ai conduttori meno abbienti. 

Collocare tutte le abitazioni, anche quelle locate a cittadini abbienti, su 
un unico tapis roulant, in un unico sistema di prezzi tra loro collegati da 
rigidi rapporti, � approccio metodologico che finisce per diffondere l'intervento 
che � detto � assistenziale � ben oltre l'ambito della sua effettiva necessit�; e 

(1) Di questa finalit� di politica economica generale, la Corte nella sentenza n. 225 in 
esame ha individuato la portata � anticongiunturale � e quindi anche i limiti temporali, laddove 
-per le locazioni d'immobili urbani non destinati ad abitazione -ha ritenuto doversi 
mantenere un certo parallelismo tra blocco dei canoni e andamento dei prezzi amministrati 
e sorvegliati. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 897 

al godimento dell'alloggio cessa al pari di quanto si verifica per ogni 
altro conduttore, anche se non sia intervenuto provvedimento di revoca 
dell'assegnazione, che in tal caso si appalesa oltretutto superfluo. 

La struttura del rapporto, cos� delineata, e la sostanziale autonomia 
delle due fasi in esso enucleate, trovano, sempre secondo la richiamata 
giurisprudenza, la loro base legislativa nelle norme del citato testo unico 

n. 1165 del 1938, ed in particolare nell'art. 30, ove espressamente si dispone 
che la gestione degli alloggi da parte degl'istituti ed enti per le 
case economiche e popolari, avvenga mediante locazione, da effettuarsi 
secondo determinati criteri preferenziali. Di tale articolo, cos� interpretato, 
il giudice a quo prospetta il contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 
La questione � fondata. 

Questa Corte ha gi� avuto occasione (sent. n. 159 del 1959) di sottolineare 
le finalit� sociali e gli scopi di pubblico interesse perseguiti dagl'Istituti 
per le case popolari; e di affermare la diversit� di situazione 
tra l'inquilino di una privata abitazione e l'assegnatario di uri alloggio 
popolare, sul piano del rapporto locativo che Ii lega, ai rispettivi proprietari 
dell'immobile. Gli istituti in questione sono, infatti, enti pubblici, 
creati dallo Stato per il soddisfacimento di un proprio fine, che 
si identifica con l'interesse e l'obbligo sociale di costruire appartamenti 

potrebbe condurre, ove la compos1z1one tra opposti interessi si rilevasse non 
equilibrata, a sprechi di risorse: i cittadini potrebbero infatti venire indotti 
a �consumare � una quantit� maggiore e una qualit� migliore di servizio-casa 
di quelle che consumerebbero ove i canoni di locazione fossero realmente adeguati 
ai costi di riproduzione e di manutenzione degli edifici. Inoltre, una 
compressione � oltre l'equo � dei redditi da fabbricati comporta, pi� o meno 
esplicitamente, una corrispondente sottrazione di ricchezza reale alla imposizione 
diretta (nel vigente sistema tributario, non v'� una imposta direttamente 
applicata sul �consumo� di abitazione); mentre concedere a conduttore 
anche abbiente il servizio-casa a un prezzo non equamente remunerativo 
del capitale-casa equivale a trasferire a detto conduttore parte del reddito 
da fabbricati, senza peraltro far seguire a suo carico un prelievo tributario 
sulla parte di reddito cos� trasferitagli. 

La prospettata diversit� delle � funzioni sociali � delle propriet� private di 
appartamenti potrebbe, forse, far risultare aderente ai criteri di ragionevolezza 
insiti nel c.d. principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) anche una pronunciata 
divaricazione tra regime dei canoni nei confronti dei conduttori meno 
abbienti avvicinato al livello del � canone sociale � dell'edilizia pubblica ed eventualmente 
determinato con la partecipazione delle forze sociali, e regime di 
� equa conciliazione dei contrapposti interessi dei locatori e dei conduttori �, 
determinato in altre sedi e senza perseguire finalit� estranee alla interna 
� economia � dei rapporti di locazione. 

FRANCO FAVARA 




898 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

economici da porre a disposizione delle categorie di cittadini meno abbienti 
e pi� bisognosi; ed i canoni da questi corrisposti, pi� modesti di 
quelli correnti sul mercato, perch� calcolati senza intenti speculativi o 
di lucro, non sono equipara.bili alla controprestazione in senso privatistico. 
La natura pubblicistica sia degli enti sia della funzione dai medesimi 
esplicata, incide sul rapporto intercedente tra l'Istituto e l'assegnatario 
dell'alloggio, dando luogo a peculiari caratteristiche, non riscontrabili 
nel comune rapporto di locazione. 

Con la riconosciuta preponderanza dell'aspetto pubblicistico del rapporto 
mal si concilia, peraltro, l'ampiezza privatistica dell'autonomia negoziale 
attribuita ai suddetti istituti, cui si riconosce la illimitata facolt� 
d'imporre, nel negozio bilaterale susseguente all'assegnazione dell'alloggio, 
termini di scadenza che determinano la cessazione del rapporto di 
locazione, senza che sia previsto alcun nesso con la revoca dell'atto amministrativo 
di assegnazione, o con altre ipotesi di risoluzione legislativamente 
sancite. Se la mens legis � quella univoca, di fornire un'abitazione alle � classi 
meno agiate �, ed in tale �mbito ai pi� bisognosi secondo predeterminati 
criteri preferenziali, irrazionale ed incongrua si appalesa la norma che 
consente di eludere lo scopo chiaramente voluto dal legislatore. Infatti, 
il rigoroso procedimento amministrativo di assegnazione, che si concreta 
in un concorso e si conclude con una graduatoria degli aspiranti, pu� 
agevolmente essere frustrato, con l'apporre al rapporto locatizio, che si 
instaura in conseguenza dell'atto di assegnazione, un breve termine (talvolta 
anche di un solo mese), allo scader del quale il rapporto cessa 
ex lege, essendo in facolt� dell'Istituto locatore di negarne ad nutum 
la rinnovazione, pur conservando l'assegnatario i requisiti soggetti ed 
oggettivi che nella graduatoria lo avevano anteposto agli altri aspiranti. 
L'alloggio pu�, quindi, dall'Istituto, essere dato in locazione ad altro soggetto, 
che abbia minori titoli preferenziali rispetto al precedente assegnatario, 
e magari lo segue nell'ordine della stessa gratuatoria; o essere 
posto nuovamente a concorso, alla cui alea l'assegnatario dovrebbe sobbarcarsi 
per riottenerlo in locazione. Ad altri assegnatari, invece, l'Istituto 
pu� concedere la rinnovazione del contratto scaduto, senza dover 
esternare le ragioni del diverso comportamento, avvantaggiandosi cos� nei 
confronti di quelli, del pari utilmente classificati in graduatoria, ai quali 
il rinnovo sia stato negato. La norma in esame, nel consentire questa 
arbitraria ed ingiustificata disparit� di trattamento, in irrazionale antitesi 
con la voluta preliminare selezione dei pi� bisognosi, vulnera il 
primo comma dell'art. 3 della Costituzione. Ed appare, altres�, in contrasto 
con il secondo comma dello stesso articolo, in quanto impedisce il 
perseguimento della finalit�, di alto rilievo sociale, intesa a fornire l'alloggio 
ai meno abbienti, per i quali la estrema difficolt� di procurarsi 
l'abitazione sul libero mercato costituisce indubbiamente uno tra i pi� 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

gravi ostacoli al pieno sviluppo della persona umana ed all'effettiva partecipazione 
di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e 
sociale del Paese. 

N� varrebbe il rilievo che gl'Istituti si avvalgono della scadenza del 
termine per porre fine al rapporto con assegnatari che non abbiano pi� 
i requisiti di legge. � facile replicare che in tali casi altro � il rimedio 
apprestato dall'ordinamento, quale la risoluzione del diritto del contratto 
per decadenza annullamento e revoca dell'assegnazione, e ad esso � doveroso 
far ricorso, anche per le maggiori garanzie in sede .giurisdizionale 
che � offre agl'interessati. Al qual proposito questa Corte ha gi� riconosciuto 
(ord. n. 48 del 1974) che il d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, � intervenuto 
a dettare una organica disciplina dell'intera materia delle assegnazioni 
in locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, delle 
ipotesi di decadenza delle stesse nonch� di loro annullamento e revoca 
(e conseguente risoluzione di diritto del rapporto di locazione) per il 
venir meno nell'inquilino dei requisiti, accentuando cos� gli aspetti pubblicistici 
delle precedenti disposizioni del citato testo unico n. 1165 del 
1938, nonch� della legge 16 maggio 1956, n. 503, e del d.P.R. 23 maggio 
1964, n. 655, in ordine ai mezzi di tutela amministrativa e giurisdizionale, 
di cui gl'Istituti per le case popolari e gli enti assimilati possono valersi 
per l'assolvimento dei loro compiti. La richiamata disciplina � applicabile 
alla quasi totalit� delle case popolari che, per essere state costruite 
a totale carico e con il concorso o con il contributo dello Stato, rientrano 
nell'�mbito dell'edilizia residenziale pubblica. A quelle che non vi sono 
comprese, la normativa stessa, qualora ritenuta non applicabile in via 
analogica, potrebbere essere estesa dal legislatore con apposito provvedimento. 


Conclusivamente, per i su esposti motivi, va dichiarata l'illegittimit� 
costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'impugnato 
art. 30 del testo unico n. 1165 del 1938, nella parte in cui consente 
agli enti pubblici concedenti di stipulare con gli assegnatari degli alloggi 
popolari contratti di locazione per un tempo determinato, nonch� di avvalersi 
nei confronti degli stessi del procedimento per convalida di licenza 

o di sfratto per finita locazione. -(Omissis). 
II 

(Omissis). -Passando alle questioni indicate alla lett. B) del n. l, 
va egualmente dichiarata, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, 
la illegittimit� costituzionale dell'art. 1 del d.I. 24 luglio 1973, 

n. 426 (convertito in legge 4 agosto 1973, n. 495), nella parte in cui, disattendendo 
le ragioni poste a base della ricordata sentenza di questa 

900 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Corte n. 132 del 1972, gi� intervenuta all'epoca della sua emanazione,_ 
omette anch'esso di considerare rilevanti ai fini della proroga le sopravvenute 
variazioni del reddito imponibile del conduttore o subconduttore. 

N� pu� dirsi che il legislatore, con il suddetto art. 1, siasi almeno 
uniformato -come sostiene l'Avvocatura dello Stato -ai principi affermati 
dalla stessa sentenza per quanto concerne il riconoscimento al 
locatore del diritto di provare che il conduttore o subconduttore goda di 
un reddito imponibile superiore a quello risultante dall'iscrizione nei 
ruoli dell'imposta complementare per l'anno preso a riferimento (1969 dagli 
artt. 1, secondo comma, 3, terzo comma, e 6, secondo comma, della 
legge 26 novembre 1969, n. 833, come modificata dall'art. 56 del d.l. 26 
ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, norme 
tutte la cui illegittimit� costituzionale � stata appunto dichiarata, nella 
parte in cui non riconoscono al locatore il diritto sopra cennato, dalla 
richiamata sentenza; 1973 dall'art. l, primo comma, del d.l. n. 426 del 
1973, la cui denuncia sotto questo profilo forma oggetto delle ordinanze 
dei pretori di Foggia, Roma e Taranto). 

Non si nega, invero, che la norma in esame, dopo aver escluso dalla 
proroga i contratti stipulati con conduttori o subconduttori iscritti a 
ruolo per il 1973 per un reddito complessivo netto superiore a 4.000.000 
di lire, ha aggiunto, rispetto al corrispondente testo delle precedenti 
norme, che la proroga stessa non opera nemmeno per i conduttori e 
subconduttori � che comunque abbiano percepito nel 1972 un reddito 
di pari misura determinabile ai sensi degli artt. 133, 135, 136 e 138 del 
testo unico 29 gennaio 1958, n. 645 �. Ma siffatta subordinata si ritiene, 
anche sulla scorta dei lavori parlamentari, che operi soltanto in mancanza 
della iscrizione a ruolo e non possa, invece, trovare applicazione contro 
le risultanze della iscrizione stessa; mentre, a mente di quanto gi� affermato 
da questa Corte, il diritto del locatore, di cui � discorso, va 
riconosciuto in ogni caso. E in tali sensi va dunque dichiarata, sempre 
per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, l'illegittimit� costituzionale 
della denunciata norma, nonch� dell'art. l, comma quarto, della 
legge 22 dicembre 1973, n. 841, che ad essa si richiama, e che � stato 
conseguentemente denunciato con l'ordinanza del 12 febbraio 1975 del 
pretore di Roma (ved. lett. C) del n. 1). 

Fondato � altres� l'ulteriore profilo di incostituzionalit�, per contrasto 
con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, del citato art. 1 del d.l. n. 426 
del 1973 prospettato dai pretori di Firenze e di Taranto nei riguardi del 
comma secondo, il quale, ai fini della determinazione del reddito imponibile 
del conduttore o subconduttore, dispone che i redditi derivanti 
dal lavoro dipendente e le pensioni sono provati � esclusivamente� sulla 
base di attestazioni del datore di lavoro o dell'ente erogatore della 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Come questa Corte ha gi� affermato nella ricordata sentenza n. 132 
del 1972, la tutela giurisdizionale sul diritto controverso deve essere pienamente 
garantita dal regolare contraddittorio e dalla ammissione della 
prova contraria, che rappresentano mezzi essenziali per la ricerca della 
verit� e per l'attuazione della giustizia. In armonia con ciuesto fondamentale 
principio, ed in logica concatenazione con il diritto innanzi riconosciuto 
al locatore, non si pu� a quest'ultimo negare, come fa invece 
la norma impugnata, la facolt� di fornire la prova che il conduttore o 
subconduttore goda di un reddito derivante da lavoro dipendente o fruisca 
di una pensione in misura superiore a quella risultante dalla certificazione 
del datore di lavoro o dell'ente erogatore. In tali sensi va dichiarata, 
per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, l'illegittimit� 
costituzionale della denunciata norma. 

Le questioni sollevate, sempre a proposito dell'art. 1 del d.l. n. 426 
del 1973, con le ordinanze dei pretori di Napoli e di Taranto, circa la 
disparit� di trattamento tra lavoratore dipendente' e lavoratore autonomo, 
sotto il profilo della dimostrazione dei relativi" redditi, rimangono assorbite 
in conseguenza delle pronuncie di cui innanzi, potendo per effetto 
di esse il locatore provare pienamente, quale che ne sia la fonte, il reddito 
complessivo dei soggetti in questione e degli altri componenti la 
loro famiglia anagrafica ai sensi del comma secondo dell'art. 1 del d.l. 
25 giugno 1975, n. 255, nel testo sostituito dall'articolo unico della legge 
di conversione 31 luglio 1975, n. 363. 

(Omissis). -Nella sua ordinanza il pretore di Gallarate afferma che 
la norma in discorso, facendo riferimento alla condizione patrimoniale 
del solo conduttore e non anche a quella del locatore, precostituirebbe 
una posizione di ingiustificato privilegio in favore del primo, e si tradurrebbe 
in una chiara discriminazione in danno del secondo, cui sarebbe 
precluso di poter godere dell'immobile in caso di necessit�. Argomenti 
analoghi, addotti a sostegno del dubbio d'incostituzionalit�, per violazione 
del principio di uguaglianza, dell'art. 1, secondo comma, della legge 
26 novembre 1969, n. 833, sono stati gi� con diffusa motivazione disattesi 
dalla pi� volte menzionata sentenza di questa Corte n. 132 del 1972. In 
essa, non soltanto si � ricordato che, qualora il locatore abbia necessit� 
di riottenere l'immobile per adibirlo ad. abitazione propria e dei familiari, 
pu� far cessare la proroga avvalendosi della disposizione dell'art. 4 
della legge n. 253 del 1950, riconosciuta di generale applicazione nell'ambito 
del regime vincolistico; ma si � soprattutto osservato che una 
norma, come quella allora denunciata, intesa a creare, per fini sociali, 
una differenziazione fra conduttori meritevoli di particolare tutela, ed 
aventi perci� diritto alla proroga, e conduttori cui tale diritto non va 
riconosciuto, ben pu�, senza pecca di irrazionalit�, non prendere in considerazione 
la posizione economica del locatore. Valutazione allora rife



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

902 

rita alla norma del 1969, che la Corte ora rinnova nei confronti della 
corrispondente norma del 1974, della quale egualmente non ravvisa contrasto 
con il principio di uguaglianza. 

Peraltro, occorre subito soggiungere che la pronuncia cui la Corte 
perviene, va collocata nella prospettiva temporale gi� evidenziata dalla 
sentenza n. 3 del 1976. In quest'ultima si �, invero, osservato che l'eventuale 
alterazione dell'equilibrio (il quale deve pure sussistere) tra interessi 
dei conduttori ed interessi dei proprietari locatori non viene in 
rilievo (e la Corte si esime dall'esaminarla) in ragione dei riconosciuti 
caratteri di straordinariet� e temporaneit� della disciplina, che giustificano 
un intervento per fini sociali in favore delle classi meno abbienti, 
realizzato senza una definitiva ed irreversibile compressione delle facolt� 
di godimento del proprietario. Ma si � nel contempo sottolineato, partendo 
dalla constatazione della ripetizione e sovrapposizione nel tempo 
di normative di blocco, che l'ulteriore procrastinarsi di tali normative 
potrebbe conferire, in linea di fatto, al regime di blocco un carattere di 
ordinariet�, e indurre, quindi, la Corte a riformulare, sotto tale diverso 
presupposto, il giudizio di legittimit� con riferimento ai parametri costituzionali 
e con riguardo, tra l'altro, anche all'aspetto della valutazione 
comparativa delle condizioni economiche del locatore. 

Osservazioni e rilievi che, formulati allora a proposito del regime 
di blocco dei canoni delle locazioni degl'immobili urbani adibiti ad uso. 
di abitazione, trovano ora non meno appropriato riferimento anche nei 
confronti del contestuale regime di proroga. dei relativi contratti, nel 
cui ambito si colloca la denunciata norma, emanata con quella stessa 
legge n. 351 del 1974, che ha gi� formato oggetto di esame sotto � primo 
profilo nella ricordata sentenza n. 3 del 1976. La Corte ne trae opportuna 
occasione per reiterare l'avvertimento allora rivolto al legislatore, sottolineando 
che, in epoca successiva alla sua sentenza, � stata ancora una 
volta disposta ulteriore proroga di tutte le disposizioni speciali vigenti 
in materia, con il d.l. 13 maggio 1976, n. 228, convertito con modificazioni 
in legge 22 maggio 1976, n. 349 (le cui norme, peraltro, non formano oggetto 
del presente giudizio). 

Le questioni concernenti gl'immobili urbani adibiti ad uso diverso 
da abitazione sono puntualizzate alle lettere E) ed F) del precedente n. 1. 

Giova in proposito ricordare che gi� per effetto della legge 11 dicembre 
1971, n. 1115, le locazioni d'immobili adibiti all'esercizio di attivit� 
di natura commerciale ed artigianale, in corso alla data della sua 
entrata in vigore, erano state prorogate fino al 31 dicembre 1973, senza 
alcuna discriminazione tra persone fisiche e persone giuridiche di qualsiasi 
tipo, e senza alcuna limitazione in base alle dimensioni dell'impresa 
e al reddito dell'imprenditore, a differenza di quanto in antecedenza prec 
visto dall'art. 6 della legge 26 novembre 1969, n. 833. La questione di 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

legittimit� costituzionale dell'articolo unico di detta legge n. 1115 del 
1971, sollevata in riferimento all'art. 42, secondo e terzo comma, della 
Costituzione, � stata da questa Corte dichiarata non fondata con sentenza 
n. 30 del 1975. 

Il successivo d.l. n. 426 del 1973, nel disporre la proroga di tutte 
indistintamente le locazioni e sublocazioni non abitative, e il blocco 
dei relativi canoni, in base all'unico requisito temporale dell'essere �in 
corso>> alla data della sua entrata in vigore, s'inseriva fra gli altri provvedimenti 
anticongiunturali ed urgenti, adottati in pari data dal Governo 

(d.l. 24 luglio 1973, n. 425, recante disciplina dei prezzi di beni prodotti 
e distribuiti da imprese di grandi dimensioni; n. 427, recante disciplina 
dei prezzi di beni di largo consumo), allo scopo d'infrenare la spinta 
inflazionistica, particolarmente accentuatasi nei primi mesi del 1973. Come 
fu osservato in sede parlamentare, in occasione della conversione del 
d.l. n. 426 nella legge 4 agosto 1973, n. 495, si cerc�, attraverso il blocco 
generalizzato, di evitare l'aumento di una delle componenti del costo dei 
prodotti, facendo appunto ricorso ad un provvedimento eccezionale e 
temporaneo, la cui scadenza era fissata al 31 gennaio 1974. 
La Corte, nel dichiarare non fondata la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 1 e 2 del coevo d.l. n. 427 del 1973, proposta in riferimento 
all'art. 41 della Costituzione, ha gi� avuto modo di affermare, 
con la sentenza n. 200 del 1975, che il sacrificio imposto da un blocco 
indiscriminato e generale pu� essere ritenuto tollerabile e ragionevole, 
in considerazione della eccezionalit� del momento, dell'alta finalit� perseguita 
e della relativa brevit� del periodo di blocco. Circostanze, queste, 
che ricorrono tutte anche per il d.l. n. 426, e che, pertanto, inducono la 
Corte a ritenere non fondate le proposte questioni, tanto per il blocco 
dei contratti delle locazioni non abitative e dei relativi canoni, quanto 
per la disposta inefficacia delle clausole di adeguamento dei canoni medesimi. 
Al quale ultimo proposito va, infatti, osservato che, essendo le 
clausole anzidette intese a compensare appunto eventuali effetti di valutazione 
monetaria, frustrata sarebbe stata la finalit� antinflazionistica 

I 

perseguita dal provvedimento, ove se ne fosse consentita l'operativit� nel 

periodo di sua vigenza. 

Come si � innanzi precisato, il termine del blocco era stato fissato al 

31 gennaio 1974; e nella menzionata sede parlamentare si era precisato 

trattarsi di �una misura quasi interlocutoria, che deve preludere ad una 

riforma generale ed organica dell'intera materia delle locazioni, da at


tuarsi nel su indicato termine�. 

Senonch�, il termine anzidetto � stato ulteriormente prorogato: dal


l'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, �fino alla data 'di entrata 

in vigore della legge relativa alla disciplina organica delle locazioni an


che in� materia di canoni, e comunque non oltre il 30 giugno 1974 �; dal



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

904 

l'art. 1 del d.l. 19 giugno 1974, n. 236 �fino alla data del 31 dicembre 
1974 �; dalla legge 12 agosto 1974, .n. 351, di conversione con modifiche 
di tale decreto legge, �fino alla data del 30 giugno 1975 �; dal d.l. 25 
giugno 1975, n. 225, �fino al 31 dicembre 1975 �; dalla legge 31 luglio 
1975, n. 363, di conversione con modifiche di tale decreto legge, �fino 
alla data del 30 giugno 1976 � per tutti i contratti di locazione e di 
sublocazione in corso alla data del 30 giugno 1975. Norme tutte denunciate, 
con riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dall'ordinanza 
del tribunale di Rovereto. Ed una ulteriore proroga, va soggiunto, � stata 
disposta � fino al 31 dicembre 1976 � dal d.l. 13 maggio 1976, n. 228, convertito 
con modificazioni in legge 22 maggio 1976, n. 349: norme, queste 
ultime, che, anche sotto tale profilo, non formano oggetto del presente 
giudizio. 

Costante giustificazione dei vari provvedimenti succeduti al d.l. n. 426 
del 1973, � stata. quella di voler con essi evitare le gravissime conseguenze 
di una repentina liberalizzazione, e consentire al Governo di portare 
a conclusione gli studi per giungere ad una sistemazione organica di tutta 
la materia. La Corte non pu� a tal riguardo non riconoscere che sussisteva 
un margine di valutazione politica, e ritiene, pertanto, non fondata 
la questione di legittimit� costituzionale proposta per tutte le anzidette 
norme di proroga. 

Devesi, peraltro, rilevare che il blocco, disposto dal primo provvedimento 
del 1973 per pochi mesi, si � ormai profratto, per effetto delle 
intervenute ulteriori proroghe, per oltre tre anni: eppure, in sede di 
conversione in legge del d.l. n. 426 del 1973, era stato ribadito non 
essere nemmeno ipotizzabile una sua protrazione, attese � le pesanti e 
dannose conseguenze che, per tutta l'economia del Paese, potrebbero 
derivare da misure di blocco generalizzato protratte nel tempo �. 

Va ancora rilevato che i provvedimenti di blocco generalizzato dei 
prezzi, adottati in concomitanza, non sono stati prorogati, ma hanno, invece, 
cessato di spiegare i loro effetti con il 31 luglio 1974, venendo sostituiti, 
e solo per taluni beni e servizi, da un regime di controllo pubblicistico, 
mediante la determinazione di prezzi amministrati e prezzi 
solvegliati dal CIP, con una finalit� di contenimento, a tutela del consumatore, 
che peraltro non ne ha impedito una lievitazione pi� o meno 
accentuata. 

La iniziale ragionevolezza di un generale e indiscriminato regime vincolistico 
delle locazioni degl'immobili urbani adibiti ad uso diverso dall'abitazione, 
e dei relativi canoni, e la tollerabilit�, in ragione della prevista 
breve durata, dei conseguenti sacrifici imposti ai locatori, si sono 
cos� andate progressivamente affievolendo e riducendo; e la Corte non 
pu� non rendere di ci� avvertiti Parlamento e Governo. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Per quanto innanzi detto, appare ormai non pi� procrastinabile la 
emanazione di quella organica disciplina di tutta la complessa materia 
delle locazioni di immobili urbani, che � stata gi� preannunciata nell'art. 
1 della legge n. 841 del 1973, ed il cui ritardo, con le conseguenti 
successive proroghe dell'attuale regime, � stato in sede parlamentare 
pi� volte giustificato con il richiamo ad approfonditi studi da tempo 
avviati. 

La Corte auspica che l'instauranda disciplina -nel pi� ampio quadro 
delle indilazionabili misure che si richiedono per sottrarre l'attivit� 
edilizia ai fenomeni distorsivi della speculazione, per incrementare adeguatamente 
l'offerta pubblica di abitazioni di tipo economico, per incentivare 
il concorso dell'iniziativa privata e stimolare l'afflusso del risparmio 
popolare nel settore edilizio -valga, ponendo alfine rimedio ad 
inconvenienti e riflessi negativi, d'ordine economico e sociale, messi in 
luce da una trentennale esperienza, .ad equamente conciliare, mediante 
soluzioni aventi caratteri di ordinariet� e definitivit�, i contrapposti interessi 
dei locatori e dei conduttori, al cui conflitto ed alla eventuale 
soccombenza degli uni o degli altri, specie se appartenenti, tanto i primi 
quanto i secondi, alle classi meno abbienti, non pu� certo rimanere 
indifferente la collettivit� nazionale, chiamata, ove del caso, ad apprestare 
provvidenze ristoratrici. Sar� in tal guisa possibile attingere razionali 
equilibri, ottemperando al precetto costituzionale, che vuole perseguita 
ed assicurata la preminente funzione sociale della propriet�, mediante 
un armonico congegno di limiti, ai quali non pu� essere consentito 
di spingersi fino al segno di vanificarne il godimento. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 194 -Pres. Rossi . Rel. Oggioni 
� Marchetti (u.p.), soc. Cogne ed EGAM (avv. Buffa), Mastrolilli 
ed altri (avv. Lubrano e P. Tesauro), Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Carafa e Baccari). 

Lavoro -Rapporti di diritto privato e di diritto pubblico -Diversit� Esclusione 
dai benefici a favore degli ex combattenti -Legittimit� 
costituzionale. 
(cost., artt. 3, 35 e 52; I. 24 maggio 1970, n. 336, art. 4). 

Impiego pubblico -Ex combattenti collocati a riposo -Divieto di assu


mere impieghi o incarichi -Legittimit� costituzionale. 

(cost., art. 4; I. 14 agosto 1974, n. 355, art. 1). 

Tra rapporto di lavoro pubblico e rapporto di lavoro privato intercorrono 
differenze in relazione alle diversit� strutturali dei rapporti stessi 
e alla differenza di funzioni. L'eventuale assoggettamento di rapporti di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lavoro con enti pubblici alla disciplina privatistica e alla regolamentazione 
dettata da contratti collettivi non esclude la qualificazione pubblicistica 
dei rapporti stessi. Non pu� pertanto considerarsi ingiustificata 
l'esclusione dei lavoratori sottoposti a rapporti di lavoro di diritto privato 
o a rapporti di lavoro con enti pubblici regolati per� da normativa collettiva, 
dai benefici economici e di carriera previsti dall'art. 4 della legge 
n. 336 del 1970. 
Il diritto al lavoro (art. 4 Cast.) si traduce non in una pretesa giuridica 
ad un determinato posto di lavoro, ma nella generica possibilit� 
di accedere, concorrendone i requisiti, ai posti di lavoro disponibili. Al 
legislatore ordinario rimane la facolt� di regolare l'esercizio della libert� 
di scelta dell'attivit� lavorativa. Il divieto al personale collocato a riposo 
con i benefici combattentistici di assumere impieghi o incarichi presso 
lo Stato o gli enti pubblici non contrasta con l'art. 4 Cast. 
(Omissis). -Con le ordinanze dei pretori di Aosta, Fiorenzuola d'Adda, 
Orbetello e Vittorio Veneto � stata prospettata l'illegittimit� del suaccennato 
art. 4 della legge n. 336 del 1970 in quanto, nell'estendere ai dipendenti 
delle Regioni, degli enti locali e delle loro aziende, degli enti 
pubblici e di diritto pubblico, compresi gli enti pubblici economici, delle 
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli enti ospedalieri, 
ancorch� regolamentati da contratti collettivi di lavoro, tutti i benefici 
economici e di carriera a favore dei dipendenti civili dello Stato ex combattenti 
previsti dagli articoli precedenti, e nell'avere implicitamente 
escluso dall'estensione predetta i dipendenti delle imprese private, avrebbe 
operato una ingiustificata discriminazione a danno di questi ultimi, che 
pure hanno assolto come gli altri il comune dovere di difesa della patria, 
stabilito per tutti dall'art. 52 Cost. e dovrebbero, quindi meritare eguale 
riconoscimento, indipendent_emente dalla circostanza, estrinseca all'assolvimento 
del detto dovere, che datore di lavoro sia, da una parte, lo Stato, 
o un ente pubblico come quelli indicati nella norma impugnata, ovvero, 
dall'altra parte, un privato. Da ci� conseguirebbe la violazione degli articoli 
3, 35, primo comma, e 52 della Costituzione. 
La questione non � fondata. 
Quanto � stato esposto al n. 3 a proposito dei criteri informatori della 
legge in esame vale anche a segnare i limiti del contenuto della legge 
stessa rispetto ad altri rapporti. Tra il rapporto di lavoro pubblico e 
quello privato intercorrono peculiari differenze, non solo e non tanto in 
relazione alle diversit� strutturali dei rapporti stessi, di cui pure la giurisprudenza 
di quest4 Corte si � occupata, mettendone in luce le caratteristiche 
principali, quanto soprattutto in relazione alle diversit� collegate 
alla differenza di funzioni, come si � gi� esposto. Ci� � stato recentemente 
ribadito in modo espresso con la sent. n. 118 dell'anno corrente, I, 
!: 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

la quale sentenza ha altres� dato atto del processo di tendenziale assimilazione 
dei due rapporti, aggiungendo, tuttavia, che ci� � rimessa ad una 
graduale evoluzione del sistema, affidata al solo legislatore, quale naturale 
interprete delle istanze politiche e sociali della comunit� nazionale. 

D'altra parte, a completamento di quanto precedentemente richiamato 
a proposito di benefici tradizionalmente gi� concessi ai soli dipendenti 
dello Stato e degli enti pubblici, va ricordato che non v'� traccia, 
per converso, nella nostra legislazione di provvedimenti del genere di 
quelli qui considerati, destinati a dipendenti di imprese private, rinvenendosi, 
al riguardo, solo interventi legislativi diretti alla garanzia del 
posto di lavoro per i reduci ed assimilati, ma non gi� all'attribuzione di 
vantaggi di carriera od economici astrattamente riconducibili alla sfera 
dell'autonomia collettiva. 

Da quanto premesso deriva che, mentre le censure in esame risultano 
collegate al parametro comune di raffronto costituito dalla condizione 
di lavoratore dei dipendenti pubblici e privati, tale presupposto � insufc 
ficiente ai fini del giudizio di comparazione che dovrebbe seguirne, difettando 
la necessaria omogeneit� fra le categorie poste a confronto e 
risultando, comunque, ragionevolmente giustificata la diversit� di trattamento 
stabilita dal legislatore, al .di fuori della comune e doverosa dedizione 
al servizio della patria in armi. -(Omissis). 

Con la precitata ordinanza del pretore di Orbetello, viene, poi, sottoposta 
una particolare questione di legittimit� dello stesso art. 4 della 
legge n. 336 del 1970, in riferimento agli artt. 3 e 35, primo comma, Cost. � 
Premesso che il caso de quo riguarda un dipendente dell'ente pubblico 
ENEL, il cui personale � regolamentato da contratto collettivo di lavoro, 
l'ordinanza rileva che il collegamento, stabilito nell'art. 4, tra la qualit� 
di ente pubblico e l'esistenza di un contratto collettivo di lavoro per i 
dipendenti, dovrebbe razionalmente condurre alla conclusione dell'estensione 
dei benefici anche a quelle categorie di dipendenti privati, che 
siano pur essi sottoposti a contratto collettivo di lavoro. 

La questione non � fondata. 

Il dedotto parallelismo tra imprese pubbliche e imprese private, che 
sarebbe evidenziato�e dalla comune regolamentazione del rapporto di lavoro, 
non pu� costituire elemento decisivo per ritenere sussistente il 
preteso contrasto con il principio di eguaglianza. 

Invero, nel caso di enti pubblici con personale regolamentato da 
contratto collettivo di lavoro, trattasi pur sempre di enti che istituzionalmente 
perseguono scopi di interesse generale, in funzione dei quali � 
appunto loro attribuita dalla legge natura pubblicistica. L'eventuale assoggettamento, 
per questa parte del relativo rapporto di lavoro, alla 
disciplina privatistica, non esclude la qualificazione pubblicistica del rapporto 
n� trasforma la natura pubblicistica degli enti stessi, che � frutto 


908 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di una valutazione operata direttamente dall'ordinamento, con l'effetto 
di definire la posizione giuridica dell'ente ed il suo inquadramento nell'organizzazione 
dello Stato. 

La differenza di trattamento rispetto alla attribuzione di benefici 
combattentistici non pu� ritenersi arbitraria o ingiustificata, ove si consideri, 
come in precedenza gi� osservato, la particolare posizione dei 
dipendenti pubblici in genere per la peculiarit� delle prestazioni loro 
richieste. -(Omissis). 

Con le ordinanze, indicate in epigrafe, emesse dal tribunale amministrativo 
regionale del Lazio, si assume che il divieto imposto dall'art. 6 

d.l. 8 luglio 1974, n. 261, sostituito con l'art. 1 legge di conversione 14 agosto 
1974, n. 355, al personale collocato a riposo con i benefici combattentistici, 
di assumere impieghi o incarichi presso lo Stato e gli enti 
pubblici in genere, salvo determinate eccezioni, e la conseguente disposta 
cessazione obbligatoria degli incarichi stessi comunque attribuiti prima 
della pubblicazione del citato Decreto-legge n. 261, salvo rinuncia al trattamento 
preferenziale di quiescenza gi� ottenuto a norma della legge n. 336 
del 1970, comporterebbero una violazione dell'art. 4 della Costituzione 
(diritto al lavoro) e dell'art. 13 (inviolabilit� della libert� personale). 
La Corte non pu� condividere le argomentazioni che il giudice a quo 
ha posto a �fondamento della censura sotto tale profilo e che sostanzialmente 
si incentrano sulla pretesa violazione degli obblighi che la norma 
costituzionale invocata porrebbe allo Stato, tanto di astenersi dall'emanare 
norme comunque limitatrici di tale libert�, quap.to di promuovere, 
anzich� limitare, l'attivit� lavorativa di tutti i cittadini idonei, violazione 
che nella specie assumerebbe portata maggiormente incisiva collegandosi 
con la efficacia retroattiva della disposizione denunciata. 

Deve osservarsi che il diritto al lavoro garantito dall'art. 4 della Costituzione 
si traduce non in una pretesa giuridica del singolo soggetto ad 
ottenere un determinato posto di lavoro, ben:;;� nella generica possibilit� 
di avere accesso, concorrendone i requisiti, ai posti di lavoro disponibili 
e nell'obbligo, pure genericamente imposto al legislatore, di realizzare un 
ordinamento che renda effettivo questo diritto, attraverso l'adozione di 
concrete ed idonee misure per l'assicurazione dell'occupazione e la creazione 
di posti di lavoro. Il diritto al lavoro, cos� concepito, � anche integrato 
nel suo aspetto per cos� dire strumentale, dalla garanzia della 
libert� di scelta della attivit� lavorativa e di quelle libert� che a tale 
scelta si colleghino in funzione di mezzo al fine. Ma, con ci�, non pu� 
ovviamente escludersi che al legislatore rimanga la facolt� di regolare 
l'esercizio della libert� di scelta dell'attivit� lavorativa mediante l'adozione 
di opportune cautele che valgono a tutelare altri interessi ed altre 
esigenze sociali, anche se ci� si traduca nella limitazione per alcune categorie 
di soggetti della possibilit� di accedere a determinati posti di la




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 909 

voro (Corte cost. sentt. nn. 120 del 1960; 105 del 1963; 11 del 1967; 102 
del 1968; 41 del 1971). 

Nella specie, come risulta chiaramente dai lavori preparatori, la disciplina 
censurata risponde ad evidenti esigenze di equit� e di moderazione, 
tendendo ad evitare che il personale a cui, sia pure in relazione a sue benemerenze 
speciali, era stato attribuito un trattamento di quiescenza di 
particolare favore, si avvantaggiasse ulteriormente, e sempre a carico della 
pubblica finanza, utilizzando la propria situazione di preferenza per svolgere 
altre attivit� e frustrando cos� le finalit� delle norme di favore 
per gli ex combattenti, ispirate al presupposto della attribuzione di un 
trattamento preferenziale in quanto collegato alla cessazione dei beneficiari 
dal rapporto di impiego pubblico. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 200 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni 
-Sacchi (u.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. 
Albisinni).. 

Imposte e tasse in genere -Presunzione di riproduzione dei redditi � Pu� 
essere relativa non assoluta. 
(cost., art. 53; 1. 11 gennaio 1951, n. 25, art. 18; d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573, art. 10). 

La presunzione che redditi imponibili prodotti durante un periodo di 
imposta si riproducono nella stessa misura nel successivo periodo di 
imposta pu� essere relativa e non assoluta (1). 

(1) La sentenza n. 77 del 1967 � in questa Rassegna, 1967, I, 503; nonch� 
in Foro it., 1967, I, 1688 con nota di FEDELE; la sentenza n. 103 del 1967 � in 
questa Rassegna, 1967, I, 709; la sentenza n. 99 del 1968 � in questa Rassegna, 
1968, I, 542, con nota di richiami; e la sentenza n. 107 del 1971 � in questa 
Rassegna, 1971, I, 144. 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 201 -Pres. Rossi -Rel. Rocchetti 
-Calabresi (avv. Lanzara). 

Corte dei Conti -Responsabilit� amministrativa dei dipendenti delle Fer� 
rovie dello Stato � Sottrazione alla giurisdizione della Corte dei Conti Illegittimit� 
costituzionale. 

(cost., artt. 3 e 103; 1. 7 luglio 1907, n. 429, art. 25, e successive modificazioni e integrazioni). 


Contrastano con l'art. 103 Cast. le disposizioni che assegnano alla 
azienda delle Ferrovie dello Stato l'accertamento della responsabilit� am




RASSEGNA DEll'AWOCATURA DELLO STATO

910 

ministrativa dei dipendenti da detta azienda; e contrasta con l'art. 3 
Cost. la disposizione che conferisce alla stessa il potere di totale rimessio1J,
e dell'addebito (1). 

(1) Le ordinanze di rimessione 22 giugno e 10 dicembre 1973 della Corte dei 
Conti sono pubblicate in Giur. cost., 1974, 1083 e 3043. 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 202 -Pres. Rossi � Rel. De 
Marco -Anastasio (avv. Guarino), R.A.I. (avv. Barile, Santoro e Pace) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). 

Poste e telecomunicazioni � Servizio radiotelevisivo via etere � Trasmis


sione su scala locale � Liberalizzazione in regime di autorizzazione 

statale. 

(cost., artt. 3 e 21; I. 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2, 14 e 45). 

Sulla base della premessa di fatto che per le trasmissioni radiofoniche 
e televisive su scala focale via etere esista una disponibilit� di frequenze 
sufficiente a consentire la libert� di iniziativa privata senza pericolo di 
monopoli od oligopoli privati, contrastano con gli artt. 3 e 21 Cost. gli 
artt. 1 2 e 45 della l. 14 aprile 1975, n. 103 nella parte in cui non consentono, 
in regime di autorizzazione statale quale descritto in motivazione, 
l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione via etere di portata 
non eccedente l'ambito locale, e, conseguentemente, l'art. 14 della legge 
predetta nella parte in cui riserva alla societ� concessionaria l'assorbimento 
delle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali (1). 

(1) La sentenza in rassegna -il cui testo � pubblicato in Foro it., 1976, 
I, 2066 -si collega alle sentenze n. 225 e n. 226 del 1974 della stessa Corte 
(in questa Rassegna, 1974, I, 1347); sull'argomento anche la sentenza n. 1 del 
1976 in Giur. cost., 1976, 170, con nota di CHIOLA. 
La sentenza qui segnalata si basa su una premessa di fatto, per il cui 
accertamento la Corte ha utilizzato anche uno studio compiuto dal Centro 
Microonde della Universit� di Firenze per conto di una delle emittenti private. 

Non esaminato � rimasto .il problema se anche gli esercenti privati � autorizzati 
� siano, in qualche misura, tenuti a garantire lo � accesso � a � quelle 
pi� rilevanti formazioni nelle quali il pluralismo sociale si esprime e si manifesta
�. D'altro canto, palesemente arduo sar� ottenere l'ottemperanza effettiva 
al divieto di �forme di concentrazione� (che possono assumere anche 
l'aspetto di mezzo di semplici scambi di programmi tra emittente formalmente 
distinte) e al divieto di � situazioni di... oligopolio � (i privati � autorizzati � 
saranno inevitabilmente �pochi�). !,:

1; 

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1: 
----�1~: 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -Le altre otto ordinanze (due delle quali e precisamente 
quella del pretore di Ragusa e quella del giudice istruttore presso il tribunale 
di Reggio Emilia si riferiscono ad impianti per trasmissioni televisive 
via etere, le altre ad impianti per trasmissioni radiofoniche via 
etere) senza contestare la legittimit� costituzionale del monopolio statale 
per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale -e richiamandosi, 
anzi, alle motivazioni delle sentenze di questa Corte che 
l'hanno affermato -contestano la legittimit� della estensione del regime 
di monopolio agli impianti ed all'esercizio di stazioni radiofoniche e televisive 
via etere su scala locale, per i quali chiedono l'assoggettamento 
a regime di autorizzazione in analogia con quanto � stato dichiarato con 
la sentenza di questa Corte n. 226 del 1974 ed attuato con la legge n. 103 
del 1975 nella parte relativa alle trasmissioni televisive via cavo. 

Comune a tutte queste otto ordinanze � la tesi che il motivo fondamentale 
che ha indotto questa Corte a riconoscere la legittimit� del monopolio 
statale � la limitatezza dei canali utilizzabili (sentenze n. 59 del 
1960 e n. 225 del 1974) e che questo motivo se pu� ritenersi tuttora valido, 
allo stato attuale, per le trasmissioni su scala nazionale, non lo � per 
quelle su scala locale. -(Omissis). 

A sostegno della tesi della possibilit� di trasmissioni su scala locale 
senza intralci n� per quelle delle reti nazionali, n� per quelle di altre su 
scala locale, le varie ordinanze di rimessione si richiamano o a consulenze 
tecniche esibite dalle parti private o allo stato di fatto ormai 
esistente, secondo il quale attualmente sarebbero funzionanti in Italia 
ben 400 impianti del genere. 

Tanto l'Avvocatura generale dello Stato, quanto il patrocinio della 
RAI-TV contestano, anzitutto, sulla base di elaborati accertamenti tecnici, 
la disponibilit�, se non illimitata, tuttavia sufficientemente ampia, di 
canali utilizzabili per impianti su scala locale, asserita nelle ordinanze 
di rimessione. 

Sostengono, poi, che, come ha riconosciuto la sentenza di questa 
Corte n. 225 del 1974, quello radio-televisivo costituisce un servizio pubblico 
essenziale, di preminente interesse generale che, per questa sua 
natura, non pu� formare, neppure in parte, oggetto di attivit� privata. 

Il patrocinio della RAI-TV, inoltre, ammette sostanzialm�nte l'esistenza 
dello stato di fatto asserito nelle ordinanze, ma deduce che � reso 
possibile soltanto transitoriamente, in quanto � in corso di completamento 
lo studio da parte degli organi tecnici statali, per la realizzazione, 
su scala nazionale, di due nuove reti televisive, realizzazione che assorbirebbe 
gran parte della disponibilit� di canali attualmente esistenti. 


(Omissis). 


912 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La tesi fondamentale -comune a tutte le ordinanze e sopra ricordata 
-sulla quale pogg�ano le denunziate violazioni di norme costituzionali, 
consiste nell'affermazione che il presupposto del riconoscimento 
della legittimit� di tale monopolio � la limitatezza dei canali disponibili 
e che tale presupposto non sussiste per quanto attiene alle trasmissioni 
su scala locale. 

Ai fini del decidere �, quindi, necessario accertare se e sino a qual 
punto siano esatti i termini giuridici e di fatto ~mi quali poggia la tesi 
come sopra riassunta. 

A tale riguardo � da rilevare che dalle sentenze n. 59 del 1960 e 

n. 225 del 1974 risulta in modo del tutto evidente che questa Corte al 
riconoscimento della legittimit� del monopolio statale � pervenuta sul 
presupposto della limitatezza dei canali utilizzabili. 
Ma, nel contempo, emerge la considerazione dell'attivit� d'impresa 
di cui si tratta, come servizio pubblico essenziale e di preminente interesse 
generale. 

Stante ci�, ove si constati -come � ragionevole fare sulla base delle 
diffuse cognizioni tecniche e delle pratiche realizzazioni in atto esistenti 
-la ingiustificatezza, allo stato attuale, della tesi secondo cui sussisterebbe 
una concreta limitatezza in ordine alle frequenze utilizzabili per le 
trasmissioni radiofoniche e televisive, deve riconoscersi su scale locale 
che il relativo presupposto non possa ulteriormente essere invocato. 

Il che, per�, non richiede n� tanto meno comporta che debba escludersi 
la legittimit� costituzionale delle norme che riservano allo Stato 
le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale. Giacch� e 
ci� giova ribadirlo in modo espresso -la radiodiffusione sonora e 
televisiva su scala nazionale rappresenta un servizio pubblico essenziale 
e di preminente interesse generale. 

Ne consegue che la normativa de qua, oggetto di denuncia, si appalesa 
costituzionalmente illegittima in riferimento agli artt. 3 e 21 della Costituzione. 


Sotto il profilo della violazione dell'art. 3, in quanto che, se non 

sussiste la illimitatezza di frequenze, propria delle trasmissioni via cavo, 

esiste, tuttavia, per le trasmissioni su scala locale via etere una dispo


nibilit� sufficiente a consentire la libert� di iniziativa privata senza pe


ricolo di monopoli od oligopoli privati, dato anche il costo non rilevante 

degli impianti, cosicch� il non consentirla -al contrario di quanto si � 

fatto per le trasmissioni via cavo -implica violazione del principio di 

eguaglianza, sancito dalla norma a riferimento. 

Sotto il profilo della violazione dell'art. 21 della Costituzione, giacch�, 
esclusa la possibilit� di monopoli od oligopoli per le trasmissioni su 
scala locale, viene meno l'unico motivo che per queste ultime trasmissioni 



PAR1 E I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

possa giustificare quella grave compressione del fondamentale principio 
di libert�, sancito dalla norma a riferimento, che anche un monopolio di 
Stato necessariamente comporta. 

Il riconoscimento del diritto di iniziativa privata, nei limiti risultanti 
da quanto precede, data la connessione con il servizio pubblico essenziale 
-<e di preminente interesse generale, costituito, tra l'altro, dalla diffusione 
via etere su scala nazionale di programmi radiofonici e televisivi . ed 
affidato al monopolio statale, postula la n�cessit� dell'intervento del legislatore 
nazionale perch� stabilisca l'organo dell'amministrazione centrale 
dello Stato competente a provvedere all'assegnazione delle frequenze 
ed all'effettuazione dei conseguenti controlli, e fissi le condizioni che consentano 
l'autorizzazione all'esercizio di tale diritto in modo che questo 
si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale di cui 
sopra e si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi, 
.anche internazionali, conformi a Costituzione. 

In particolare si dovranno stabilire: 

a) i requisiti personali del titolare dell'autorizzazione e dei suoi 
collaboratori, che diano affidamento di corretta e responsabile gestione 
delle trasmissioni; 

b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la relativa zona di 
servizio, nonch� la specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili; 

e) l'esatta indicazione dell'ambito di esercizio, ff cui carattere �locale
� deve essere ancorato a ragionevoli parametri d'ordine geografico, 
civico, socio-economico, che consentano di circoscrivere una limitata ed 
omogenea zona di utenza, senza, peraltro, eccessive restrizioni, tali da 
vanificare l'esercizio medesimo; 

d) eventuale fissazione di turni ed adozione di ogni altro accorgimento 
tecnico, al fine di non turbare il normale svolgimento del servizio 
come sopra riservato allo Stato ai sensi degli artt. 1 e 2 della citata legge 

n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio parimenti riservato allo Stato; 
ed al fine di rendere possibile il concorrente esercizio di attivit� da parte 
degli altri soggetti autorizzati; 
e) limiti temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in connessione 
con gli analoghi limiti imposti al servizio pubblico affidato al monopolio 
statale; 

f) ogni altra condizione necessaria perch� l'esercizio del diritto, 
previa autorizzazione, si svolga effettivamente nell'ambito locale e non 
dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio o oligopolio. 

Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi sopra indicati, il 
rilascio dell'autorizzazione � vincolato e non meramente discrezionale, con 
tutte le conseguenze giuridiche che tale natura dell'atto comporta nel 
nostro ordinamento. -(Omissis). 


914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
I 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 205 -Pres. Rossi -Rei. 
Astrati -Greco (avv. Catalano) e A.I.M.A. (vice avv. gen. Chiarotti); 
Min. Finanze (sost. avv. gen. Carafa) e F.lli Grassi (n.c.). 
Corte costituzionale � Giudizio di costituzionalit� 
to. a giudizio sulla giurisdizione. 
-Pregiudizialit� rispetComunt� 
economica europea -Interpretazione di normativa e.E.E. � Spet� 
ta alla .Corte di giustizia Comunit� europee � Eliminazione di dispozione 
legislativa statale meramente riproduttiva di regolamento comunitario 
� Spetta alla Corte Costituzionale. 
(cost., art. 11; d.l. 20 febbraio 1968, n. 59; artt. 9 e 10; d.l. 21 novembre 1967, n. 1051, 
artt. 2, 3 e 4). 
La decisione circa la legittimit� costituzionale di normativa interna 
in presenza di normativa comunitaria -decisione spettante alla Corte 
Costituzionale -pu� porsi come pregiudiziale rispetto alla soluzione 
della questione di giurisdizione (nella specie, circa la competenza giurisdizionale 
della A.G.O. o invece del giudice amministrativo (1). 
L'eliminazione ex nunc di disposizioni legislative statali �nella parte 
in cui hanno sostituito le corrispondenti disposizioni, immediatamente 
applicabili, dei regolamenti C.E.E. � compete alla Corte Costituzionale, 
mentre l'interpretazione di detti regolamenti (per stabilire quali debbano 
essere i beneficiari di provvidenze comunitarie) � riservata alla Corte di 
giustizia delle Comunit� europee (2). 
II 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 206 (ordinanza) -Pres. Rossi 
-Rel. Astuti -De Rossi (avv. Cappelli) e Presidente Consiglio dei 
Ministri, sost. avv. gen. Carafa). 
Comunit� economica europea � Blocco dei prezzi � Incompatibilit� o meno 
con organizzazione comune di mercato delle carni bovine . Questione 
di interpretazione di normativa e.E.E. � Spetta alla giurisdizione della 
Corte di giustizia Comunit� europee. 
(cost., art. 11; d.l. 29 luglio 1973, n. 427, artt. 1 e 2; regol. C.E.E. 27 giugno 1968, n. 805). 
(1-4) Il testo integrale della sentenza (oltre ad essere stato pubblicato in 
questa Rassegna, retro, V fase.) e quello della ordinanza trovansi pubblicati in 
Foro it., 1976, I, 2298, ove anche nota di richiami e un commento di TIZZANO, 
La incostituzionalit� delle leggi italiane incompatibili con i regolamenti comut 
~-; 

~ 



PARm I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 915 

Corte Costituzionale � Interpretazione di normativa C.E.E. � Questione 

pregiudiziale rispetto a processo costituzionale � Restituzione degli 

atti al giudice � a quo �. 

Il Trattato costitutivo della C.E.E. non ha riservato agli organi comunitari 
una competenza esclusiva in materia di agricoltura; pertanto 
lo Stato italiano ben pu� emanare provvedimenti legislativi �e amministrativi 
in detta materia, purch� non ne risulti pregiudicato il commercio 
interstatale all'interno della Comunit�, col mettersi in pericolo gli obbiettivi 
e il funzionamento di organizzazione comune di mercato (3). 

Una questione di interpretazione di norma comunitaria, questione che 
rientra nella giurisdizione della Corte di giustizia delle Comunit� europee, 
pu� essere pregiudiziale rispetto al giudizio circa la legittimit� costituzionale 
di una disposizione legislativa statale o regionale; in tal caso la 
Corte Costituzionale non rimette direttamente la questione alla Corte di 
giustizia delle Comunit� europee, ma restituisce gli atti al giudice a quo, 
affinch� tale giudice possa provvedere alla rimessione (4). 

nitari. Le ordinanze di rimessione sono pubblicate in Foro it., 1976, I, 1427 
e 2055, con altre note di richiami, e in Gazz. Uff., 26 novembre 1975, n. 313. 

In ordine alla prima massima, si osserva come sia possibile ipotizzare una 
questione di giurisdizione pregiudiziale rispetto alla questione di legittimit� 
costituzionale. Come esattamente affermato dalla Corte di Cassazione nelle 
ordinanze che hanno promosso il giudizio conclusosi con la sentenza n. 205 
(il brano di tali ordinanze relativo al punto � trascritto nella motivazione 
di detta sentenza), soltanto il giudice attributario della giurisdizione � competente 
ad emanare l'ordinanza di sospensione del processo e di rinvio alla 
Corte Costituzionale. Nella specie, peraltro, il Giudice costituzionale ha ritenuto 
essere la questione sottopostagli pregiudiziale anche rispetto alla questione 
di giurisdizione. 

Le affermazioni di cui alle massime 2 e 3 offrono lo spunto per lo scritto 
che segue. 

I regolamenti comunitari tra Corte Costituzionale e Corte di giustizia 
delle Comunit� europee. 
Per comprendere appieno i termini in corso tra la nostra Corte 
Costituzionale e la Corte di giustizia delle �comunit� europee (con l'attiva 
partecipazione, in entrambe le sedi, dell'Avvocatura dello Stato), � bene 
prendere le mosse dalla sentenza 23 gennaio 1975 di quest'ultima Corte (in 
causa 31/74, in questa Rassegna, 1975, I, 312, con nota di A. MARZANO, Normativa 
comunitaria e disciplina nazionale dei prezzi). In tale sentenza � stato, 
tra l'altro, affe:r;mato che �nei settori regolati da un'organizzazione comune .di 
mercato, e a pi� forte ragione quando l'organizzazione poggia su un regime 
comune dei prezzi, gli Stati membri non possono pi� intervenire coI). atti unilaterali 
nel sistema di formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione 
comune� (nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso). 
Dinanzi a questa pronuncia, l'Avvocatura dello Stato ha rilevato non essere 
esatto il � porre in termini (per cos� dire, pregiudiziali) di competenza, 
i problemi di coordinamento tra ordinamenti normativi che invece possono 
e debbono essere posti in termini di compatibilit� tra fonti normative concorrenti 
e solo eventualmente antieconomiche� (L'Avvocatura dello Stato, Studio 



916 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Ritenuto che il giudice a quo solleva, in riferimento 
all'art. 11 Cost., la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 1 e 2, 

n. 1, del decreto-legge 24 luglio 1973, n. 427, �Disciplina dei prezzi di beni 
di largo consumo �, convertito in legge 4 agosto 1973, n. 496, assumendo 
che le disposizioni denunciate, con le quali fu disposto il temporaneo 
blocco fino al 31 ottobre 1973 dei prezzi di vendita d'una serie di beni di 
largo consumo, tra cui le � carni fresche di qualunque specie animale � 
(comprese quindi le carni bovine vendute all'ingrosso: cfr. artt. 2 e 13 del 
successivo decreto ministeriale 3 agosto 1973), dovrebbero ritenersi incompatibili 
con il regolamento 27 giugno 1968, n. 805, del Consiglio delle 
per il centenario, ultimato nel maggio 1975, 517). In realt� -si � osservato 
� non v'� solo un problema di ripartizione orizzontale di competenze tra gli 
ordinamenti: v'� anche un problema, e ben pi� difficile e delicato, di ripartizione 
verticale delle rispettive competenze �; e � nelle materie devolute alla 
competenza delle Comunit�, allo Stato membro sono rimaste attribuite, oltre 
che funzioni di amministrazione (in senso stretto) per l'applicazione del diritto 
prodotto dalle Comunit�; anche competenze legislative e regolamentari, che 
possono essere � attuative �, rispetto alle disposizioni dei trattati e dei regolamenti 
comunitari, ovvero �integrative�, rispetto alle direttive e raccomandazioni 
date dalle Comunit�, ovvero anche -e qui il discorso si fa al tempo 
stesso pi� incisivo e non poco problematico -� concorrenti >>, nel senso che 
non � esclusa la produzione di norme da parte dello Stato in assenza di divergenti 
norme di produzione comunitaria (praeter foedus) � (L'Avvocatura 
cit., 516). 

Nello stesso senso si � espre~sa la Corte Costituzionale nella sentenza 30 
ottobre 1975, n. 232 (in questa Rassegna, 1975, I, 812), ove -richiamati i 
principi enunciati nella sentenza 27 dicembre 1973, n. 183, della stessa Corte 
(in questa Rassegna, 1974, I, 57, con nota di DI CIOMMO, La elaborazione giurisprudenziale 
del diritto comunitario) -si � precisato doversi �escludere 
che il trasferimento agli organi delle Comunit� del potere di emanare norme 
giuridiche, sulla base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze per 
determinate materie per l'assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate 
dai trattati (cfr. art. 189 del Trattato di Roma) comporti come conseguenza 
una radicale privazione di efficacia della volont� sovrana degli organi 
legislativi degli Stati membri, pur manifestata nelle materie riservate dai trattati 
alla normazione comunitaria; tale trasferimento fa sorgere, invece, il diverso 
problema della legittimit� costituzionale dei singoli atti legislativi �. 

A tale pi� equilibrato orientamento ha aderito la Corte di giustizia delle 
Comunit� europee, con la sentenza 22 gennaio 1976 (nella causa 60/75, in questa 
Rassegna, 1976, I, 36, con nota di A. MARZANO, Intervento dello Stato sul mercato 
nazionale e responsabilit� nei confronti dei singoli per attivit� in contrasto con 
la normativa comunitaria) e con le due sentenze 26 febbraio 1976 (in cause 
88-90/75 e in causa 65/75, entrambe in Foro it., 1976, IV, 281, con nota di richiami). 
Nella sentenza 22 gennaio 1976, la Corte ha affermato che �l'attivit� di uno Stato 
membro consistente nell'acquistare grano duro sul mercato mondiale e nel 
rivenderlo poi sul mercato comunitario a prezzo inferiore al prezzo indicato 
� incompatibile con l'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cer�ali �, 

dopo avere precisato che �un intervento del genere, da parte di uno Stato t. 
membro, pu� essere compatibile con l'organizzazione comune del mercato nel 

I

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 917 

Comunit� europee, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel 
settore delle carni bovine, che avrebbe � privato in radice gli Stati membri 
del potere di legiferare in materia di prezzi, restando affidati ai competenti 
organismi comunitari anche gli interventi straordinari per far 
fronte a situazioni congiunturali�; talch� l'asserito contrasto con la disciplina 
comunitaria determinerebbe l'incostituzionalit� delle disposizioni 
sopra ricordate, �nella parte in cui sottopongono a blocco il prezzo di 
vendita all'ingrosso delle carni fresche bovine, in contrasto con il regolamento 
805/68 del Consiglio delle Comunit� europee, e quindi in violazione 
dell'art. 11 Cost. �. -(Omissis). 

settore dei cereali soltanto qualora non metta in pericolo gli obiettivi o il funzionamento 
di tale organizzazione. 

Nelle due sentenze 26 febbraio 1976, la Corte, �.rilevato che, in pratica, una 
disciplina nazionale in materia di prezzi agricoli, la quale si riferisca alle stesse 
fasi commerciali contemplate dal. regime dei prezzi vigente nell'ambito dell'organizzazione 
comune di mercato avr� maggiori probabilit� di trovarsi in conflitto 
con questo regime che non una disciplina da applicare esclusivamente 
in altre fasi commerciali >>, ha affermato che �indipendentemente dalla fase commerciale 
considerata, la fissazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, 
dei prezzi massimi per la vendita di zucchero � incompatibile con il regolamento 
n. 1009/67, qualora metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento 
della suddetta organizzazione, ed in ispecie del suo regime di prezzi �. In sostanza, 
anche la Corte di giustizia delle Comunit� europee ha preso a ragionare 
in termini di compatibilit�, e non in termini di competenza. 

� seguita la sentenza 20 maggio 1976, n. 122 della Corte Costituzionale (in 
questa Rassegna, 1976, retro), che ha esaminato un problema prevalentemente 
di diritto intertemporale, e cio� la eliminazione di disposizioni legislative statali 
ad opera di regolamento comunitario sopravvenuto. 

In questo quadro vanno inserite le due pronunce in rassegna. Con la sentenza 
n. 205 la Corte Costituzionale ha eliminato (ex nunc, si noti) alcune disposizioni 
legislative statali, avendole ritenute derogative e sostitutive (1) di 
disposizione dettata da regolamento comunitario (e non, invece, �attuative� 
del regolamento stesso). Peraltro, tale valutazione � stata fatta dalla nostra 
Corte Costituzionale la quale ha -essa stessa -direttamente interpretato le 
parole � ai produttori di olio d'oliva prodotto nella Comunit� con olive raccolte 
nella Comunit� � contenute nel regolamento comunitario, ravvisando nella 
corrispondente statuizione � compiutezza di contenuto dispositivo �. Sicch�, svuotata 
di significato rimane la riserva alle � competenti sedi giurisdizionali, salva 
in ultima istanza la pronuncia della Corte di giustizia delle Comunt� ,, del potere 

(1) Pu� essere interessante osservare quanto diverso sia l'atteggiamento della Corte Costituzionale 
nei riguardi delle cosiddette leggi regionali recettizie. In proposito si � giustamente 
ritenuto che � la legge di recezione pu� assumere carattere normativo sostanziale 
quando la legge regionale non si limiti ad una mera nevazione della fonte, ma si presenti, 
attraverso un processo di rielaborazione o attraverso modifiche parziali di questa o quella 
norma della legge statale, quale concreta rivelazione di una precisa manifestazione di 
esercizio di autonoma potest� legislativa � (cos� la sentenza n. 165 del 1973, in Foro it., 
1974, I, 20; cfr., in precedenza, le sentenze n. 6 del 1957, ivi, 1957, I, 195, n. 18 del 1969, 
ivi, 1969, I, 819, e D. 148 del 1971, ivi, 1971, I, 2137). 

918 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Considerato che il giudice a quo afferma l'incompatibilit� tra la disciplina 
comunitaria e il disposto blocco del prezzo interno di vendita 

. all'ingrosso delle carni bovine fresche, facendo richiamo alle statuizioni 
contenute nella sentenza 23 gennaio 1975 della Corte di Giustizia delle 
Comunit�, resa in causa n. 31/1974, sulla analoga situazione verificatasi 
in rapporto ai regolamenti C.E.E. n. 120/67 e 136/66 relativi alla organizzazione 
comune dei mercati nei settori dei cereali e dei grassi; 

che in senso contrario l'Avvocatura dello Stato ha rilevato come la 
ricordata sentenza -concernente fattispecie diverse avente efficacia 
limitata ad esse -abbia dichiarato l'inammissibilit� di interventi unila-

di � stabilire quali debbano essere i beneficiari delle provvidenze comunitarie �, 

Per certi versi opposta � la strada percorsa nella ordinanza n. 206. In tale 
ordinanza la Corte Costituzionale ha sospeso il proprio giudizio (�non pu�, 
allo stato, pronunciarsi �), ritenendo pregiudiziale una pronuncia interpretativa 
di competenza della Corte di giustizia delle Comunit�. 

L'ordinanza n. 206 � per� di grande interesse, perch� in essa la Corte Costituzionale 
ha, per certi versi, fissato i termini entro i quali il giudice a quo 
e la Corte di giustizia delle Comunit� debbono mantenersi: detti giudici possono 
valutare solo la compatibilit� della disciplina statale sui prezzi con il � fun. 
zionamento del sist�ma dei prezzi istituito dal regolamento �, e non possono 
limitarsi ad escludere in limine la competenza normativa dello Stato in materia 
di prezzi di prodotti agricoli. E la Corte Costituzionale ha distinto tra disposizioni 
statali che pregiudicano � il commercio intracomuntario � e disposizioni 
statali che disciplinano i prezzi senza apportare tale pregiudizio, sostanzialmente 
reperendo nell'ambito comunitario un criterio simile a quello -facente capo 
alla distinzione tra interstate commerce ed� intrastate commerce -operante 
negli U.S.A. per le relazioni tra ordinamento federale e ordinamenti statali. 

Quanto si � sin qui osservato conduce a dissentire dalla affermazione fatta 
da TIZZANO (op. cit., 2310), secondo cui �basta molto poco per capire che la 
questione di costituzionalit� della legge italiana viene in realt� risolta non dalla 
Corte Costituzionale, ma dalla sua omologa di Lussemburgo, perch� la prima 
dovr� limitarsi, in definitiva, a registrare ed applicare meccanicamente la pronuncia 
della seconda; infatti, dato che una delle premesse del sillogisma compiuto 
dalla Corte Costituzionale � rappresentata in realt� non da una norma 
costituzioJ;J.ale ma dal regolamento comunitario, e che l'interpretazione di questo 
ultimo spetta esclusivamente alla Corte di giustizia, � chiaro che il ruolo della 
Corte Costituzionale sar� qui meramente formale e, come si � detto, notarile "� 

In realt�, la Corte Costituzionale -alla quale sola � attribuito il potere di 
eliminare le disposizioni legislative italiane incompatibili con la normativa comunitaria 
-ha trovato il modo di dettare -con garbo e con misura -� le 
proprie condizioni � alla Corte di giustizia delle Comunit�; operazione questa 
che verosimilmente non sarebbe riuscita ove il coordinamento tra i due ordinamenti 
-�comunitario e statale -fosse stato affidato, in modo per cos� dire 
decentrato, ai giudici ordinari o amministrativi (e cio� venisse realizzato -come 
auspicato dal TIZZANO -nell'ambito di giudizi sulla applicabilit� o meno di 
norme statali). 

Indubbiamente, un riparto di attribuzioni giurisdizionali basato -come 
quello tra Corte Costituzionale e Corte di giustizia delle Comunit� -sulla 
appartenenza della disposizione normativa sub judice all'ordinamento normativo !, 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 919 

terali degli Stati membri che siano �atti ad incidere sul normale funzonamento 
del sistema di prezzi istituito dal regolamento�, ossia soltanto 
nel caso in cui il regime interno di blocco, pregiudicando in forma 
diretta o indiretta il commercio intracomunitario, �alteri il processo di 
formazione dei prezzi previsto dall'organizzttzione comune di mercato�, 
s� da mettere in pericolo � gli obiettivi o il funzionamento di detta organizzazione
�, come la stessa Corte di Giustizia ha dichiarato nella successiva 
sentenza 26 febbraio 1976 (cause riunite n. 88-90/1975). ci� che nel 
caso concreto non si sarebbe potuto verificare, data la speciale e limitata 
portata del provvedimento temporaneo di cui � causa; 

che inoltre -secondo l'Avvocatura dello Stato -detto provvedimento 
non potrebbe ritenersi emanato in assoluta carenza di potere, per 
violazione della competenza esclusiva degli organi comunitari ratione 
materiae, ma potrebbe in ipotesi far sorgere soltanto un problema di 
scorretto esercizio del potere, di cui gli Stati membri certo dispongono, 
di fronteggiare situazioni congiunturali di emergenza del mercato interno 
dei generi alimentari di generale consumo; talch� non potrebbe prospettarsi 
una questione di legittimit� costituzionale per violazione del� 

statale o invece a quello comunitario risulta non facile (2) e non privo di inconvenienti, 
dal momento che gli ordinamenti si integrano fra loro (ed �nzi la loro 
stessa distinzione, irreprensibile sul piano concettuale, nelle cose si rivela, per 
cos� dire, innaturale. Del resto, non � escluso che l'attuale equilibrio tra i predetti 
ordinamenti si riveli instabile e transitorio, alla lunga dovendosi pervenire 
al prevalere dell'uno o dell'altro di essi. In siffatta situazione, compito del giurista 
� di reperire i modi e i termini di una necessaria � sintesi �. 

A questo proposito � bene precisare come la normativa comunitaria non 
si ponga come premessa maggiore di un sillogisma, nel quale alla disposizione 
legislativa statale sia assegnato un ruolo � minore �; gli ordinamenti comunitario 
e statale debbono trovare una sintesi attraverso il coordinamento (e, potrebbe 
dirsi, -la reciproca comprensione) e non attraverso il declassamento della 
normativa statale al livello di � fatto � da valutare secondo criteri di giudizio 
posti dalla normativa comunitaria. 

Prima di concludere questo breve scritto, si segnala come, con la ordinanza 

n. 206, la Corte Costituzionale abbia ritenuto di non essere tenuta a rinviare 
direttamente alla Corte di giustizia delle Comunit� la questione interpretativa, 
ed abbia invece lasciato tale compito al giudice a quo: in tal modo la Corte 
Costituzionale ha escluso di essere destinataria dell'obbligo imposto dall'art. 177 
del Trattato C.E.E. alle � giurisdizioni nazionali avverso le cui decisioni non 
possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno �. 
FRANCO FAVARA 

(2) Nella sentenza 10 ottobre 1976, n. 3616, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta 
di rimessione alla Corte di giustizia delle Comunit� europee di una questione di 
interpretazione dell'accordo G.A.T.T., osservando che n� tale accordo n� la legge che l'ha reso 
esecutivo in Italia sono atti appartenenti all'ordinamento comunitario. E ci� conferma come 
non si sia avuto un trasferimento di attribuzioni individuate e delimitate dagli Stati agli 
organismi comunitari, ma solo un fenomeno di compres�nza di attribuzioni e di normative. 

RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

920 

l'art. 11 della Costituzione, ma semmai solo la eventualit� di un procedimento 
a' sensi degli artt. 169 e 170 del Trattato, che peraltro, non risulta 
essere stato promosso n� dalla Commissione n� da altro Stato membro; 

che pertanto, di fronte al rilevato contrasto interpretativo circa l'effettivo 
contenuto dispositivo e la sfera di applicazione del regolamento 

C.E.E. n. 805/1968, -il cui accertamento, in via definitiva, � riservato� 
dall'art. 177 del Trattato di Roma alla competenza della Corte di Giustizia 
,delle Comunit� europee -questa Corte non pu�, allo stato, pronunciarsi 
sulla dedotta incostituzionalit� delle norme interne denunciate, la cui 
legittimit� � gi� stata riconosciuta, sotto altro profilo, dalla sentenza 
n. 200 del 10 luglio 1975, con espresso riguardo alla eccezionalit� del momento, 
alle alte finalit� che il provvedimento perseguiva, e ai temperamenti 
che le stesse norme prevedevano per limitare il blocco, con la possibilit� 
di variazione dei prezzi in relazione alle disposizioni della C.E.E. 
che occorre quindi disporre la restituzione degli atti al giudice a quo, 
perch� riconsideri la questione alla stregua di quanto precede. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 211 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi 
-Tempestini (u.p.), Istituto di credito fondiario della Toscana 
(avv. Sorrentino), Monte Paschi di Siena (avv. Micheli e Anzaldi),. 
Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). 

Corte Costituzionale -Giudici di legittimit� costituzionale in via inci-� 
dentale -Giudice della esecuzione civile -Potere di sollevare questioni 
di legittimit� costituzionale -Limiti. 

Fallimento -Credito fondiario -Procedura esecutiva individuale -Lepttimit� 
costituzionale. 
(cost., artt. 3 e 24; r.d. 16 luglio 1905, n. 646�, art. 42). 

Il giudice dell'esecuzione pu� sottoporre alla Corte Costituzionale 
questioni che concernano le norme da applicare durante il corso dell'espropriazione 
forzata, e che non si riferiscano a punti controversi la. 
cui decisione spetti al Tribunale (1). 

(1-2) Il testo della sentenza � pubblicato in Foro it., 1976, I, 2059, con nota 
di richiami. L'ordinanza di rimessione 25 febbraio 1974 del Tribunale di Prato� 
� riportato in Banca, borsa e titoli di credito, 1974, II, 90 con nota di BRONZINI. 

Sulla legittimazione a rimettere questioni di costituzionalit� alla Corte Costituzionale, 
F. SATTA, Ci sono attivit� amministrative del giudice?, in Giur. cost., 
1973, 1362. Cfr. inoltre Corte Cost. 10 luglio 1975, n. 195 e 22 giugno 1971, n. 142 
(in Foro it., 1975, I, 1889 e 1971, I, 1757) circa la legittimazione del giudice de-




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 921 

Le particolari esigenze del credito fondiario rendono giustificabile il 
diverso trattamento riservato a tale credito in sede di esecuzione; n� v'� 
contrasto con l'art. 24 Cost. posto che il curatore del fallimento � legittimato 
e tenuto ad interw1nire nella procedura esecutiva individuale promossa 
dall'istituto di credito fondiario (2). 

legato, Corte Cost. 28 aprile 1970, n. 60 e 10 giugno 1970, n. 88 (in questa Rassegna, 
1970, I, 361 e Foro it., 1970, I, 1861), circa la legittimazione del presidente del 
tribunale nel procedimento di separazione dei coniugi e del giudice istruttore 
nell'attivit� di liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio. 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 212 -Pres. Rossi -Rel. Di 
Stefano -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti) 
e Regione Lombardia (avv. Pototschnig). 

Corte Costituzionale -Ricorso in via principale -Indicazione di disposizioni 
costituenti parametro di giudizio -Errore materiale -Pu� essere 
corretto dalla Corte. 

Regione -Potere di emanare norme di attuazione di legge statale -Ri� 
spetto dei limiti posti da tale legge. 

Anche in un giudizio di legittimit� costituzionale proposto in via 
principale, l'esame pu� essere portato sulla base di norma diversa da 
quella specificatamente indicata nel ricorso per errore materiale, se il 
contenuto e i motivi dell'impugnazione ad essa, e non all'altra norma, 
chiaramente si riferiscano. 

Per l'art. 117 comma secondo Cost., leggi statali possono demandare 
alle Regioni il potere di emanare norme di attuazione; e la delibera legislativa 
della Regione Lombardia in tema di consorzi bacini imbriferi 
montani riapprovata il 20 novembre 1975 contiene norme di attuazione 
della legge statale 3 dicembre 1971, n. 1102, senza operare spostamento 
di funzioni dai consorzi alle comunit� montane, senza sottrarre ai consorzi 
medesimi alcuno dei loro compiti istituzionali e senza mutare la 
destinazione del � fondo comune � alimentato dal gettito dei sovracanoni 
di cui alla legge 27 dicembre 1953, n. 959. 

(Omissis). -Con il ricorso in epigrafe il Presidente del Consiglio 
dei ministri chiede che sia dichiarata l'illegittimit� costituzionale, per 
volazione degli artt. 3, 117 ed VIII disp. trans. e finale della Costituzione 
e degli artt. 3 ed 8 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, e 3 del d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 11 (che dispongono il trasferimento alle Regioni a statuto 
ordinario delle funzioni amministrative statali, rispettivamente in ma




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

922 

teria di urbanistica, viabilit�, acquedotti e lavori p~blici di interesse regionale, 
ed in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque 
interne), della legge approvata il 26 marzo 1975 e riapprovata il 20 novembre 
successivo dal Consiglio regionale della Lombardia, recante � norme 
sui Consorzi B.I.M. � (Bacini imbriferi montani). -(Omissis). 

Nel 1971, con la legge n. 1102 del 3 dicembre, sono state dettate nuove 
norme per lo sviluppo della montagna, per � promuovere, in attuazione 
degli artt. 44, ultimo comma, e 129 della Costituzione, la valorizzazione 
delle zone montane, favorendo la partecipazione delle popolazioni, attraverso 
le Comunit� montane, alla predisposizione ed all'attuazione dei 
programmi di sviluppo e dei piani territoriali dei rispettivi comprensori 
montani ai fini di una politica generale di riequlibrio economico e sociale 
nel quadro delle indicazioni del programma economico nazionale e dei 
programmi regionali� (art. 1). All'uopo si � disposta la ripartizione, con 
legge regionale, dei territori montani in zone omogenee, in base a criteri 
di unit� territoriale economica e sociale (art. 3); e la costituzione tra i 
Comuni ricadenti in ciascuna zona, sempre con legge regionale, di una 
Comunit� montana, ente di diritto pubblico. Spetta, inoltre, alla Regione 
stabilire con sua legge le norme cui le Comunit� devono attenersi nella 
formulazione degli statuti (che devono essere approvati dalla Regione), 
nell'articolazione e composizione dei propri organi, nella preparazione 
dei piani zonali e dei programmi annuali, nei r.apporti con gli altri enti 
operanti nel territorio (art. 4). Ogni Comunit� � tenuta ad approntare un 
piano pluriennale per lo sviluppo economico-sociale della propria zona, al 
quale debbono adeguarsi i piani degli altri enti operanti nel territorio della 
Comunit�, delle cui indicazioni, tuttavia, devesi tener conto nella preparazione 
del piano di zona, mediante opportuni coordinamenti (art. 5). La 
realizzazione del piano generale di sviluppo e dei piani annuali d'intervento 
� affidata alla Comunit�, la quale, nell'espletamento dei propri fini 
istituzionali, predispone, coordina ed attua i programmi d'intervento 
(art. 6). 

Le linee generali della richiamata disciplina consentono di sottolineare 
alcuni aspetti di peculiare rilievo: l'ampio potere normativo demandato 
alla Regione per la sua attuazione; la competenza programmatoria 
di carattere generale, a livello zonale, e nel quadro della programmazione 
regionale, attribuita alla Comunit� montana, quale strumento 
partecipativo della popolazione di un territorio delimitato anche con 
criteri socio-economici e non meramente geografici; la conseguenziale 
subordinazione all'attivit� programmatica della Comunit�, degli interventi 
settoriali predisposti dagli altri enti operanti nel suo territorio. 

In attuazione di quanto previsto dall'art. 4 della citata legge n. 1102 

del 1971, la Regione Lombardia ha emanato la legge regionale 16 aprile 

1973, n. 23, avente ad oggetto la costituzione delle Comunit� montruie e 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

la formulazione dei loro statuti, il cui art. 11 disciplina i rapporti con gli 
altri enti, disponendo che, nella fase di preparazione del piano di sviluppo 
economico-sociale, la Comunit� mantenga gli opportuni collegamenti 
con gli enti operanti nello stesso territorio, nel settore della bonifica 
o delle attivit� consorziali tendenti allo sviluppo economico della 
zona; e che,' dal loro canto, gli enti medesimi trasmettano i propri piani 
e programmi alla Comunit� e li adeguino al piano di sviluppo da questa 
elaborato, dopo la sua definitiva approvazione. 

Nel quadro della preesistente normativa statale e regionale si colloca, 
costituendone un ulteriore sviluppo attuativo, la impugnata legge, deliberata 
dalla Regione in base ai poteri ad essa derivanti dalla legge 

n. 1102, che al ricordato art. 4, ne afferma la competenza a regolare i rapporti 
tra Comunit� ed altri enti operanti nel loro territorio. La Regione 
ha, cio�, legiferato, esercitando una competenza che non va ricondotta 
a quella radicata nelle materie indicate nel primo comma dell'art. 117 
della Costituzione, ma rientra, invece, nell'�mbito del secondo comma 
dello stesso articolo, a tenore del quale le leggi della Repubblica possono 
demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione. 
In tale contesto, va riconosciuto che, con la impugnata legge, � stato 
apprestato un meccanismo di coordinamento e di adeguamento, senza 
operare alcuno spostamento di funzioni dai Consorzi alle Comunit�, e 
senza sottrarre ai Consorzi medesimi alcuno dei loro compiti istituzionali. 
Invero, il previsto riparto annuale in bilancio del fondo comune -riparto 
che, secondo il ricorrente, lascerebbe ai Consorzi la mera funzione 
esattoriale del sovracanone -non comporta alcun trasferimento di 
somme dall'uno all'altro ente, ma si concreta in una preordinazione, mediante 
una sorta di articolazione contabile, dell'attivit� gestionale degli 
stessi Consorzi, tenuti dalla legge dello Stato ad adeguare i loro interventi 
ai piani zonali di sviluppo ed ai programmi annuali delle Comunit�. 
N� va taciuto che al successivo impiego delle risultanti � quote � del 
fondo comune provvedono pur sempre i Consorzi, mediante programmi 
operativi da essi predisposti distintamente per ciascuna Comunit�. 

Non v'ha dubbio che la discrezionalit� dei Consorzi nelle loro scelte 
programmatiche ed operative risulti contenut�, ma ci� appare aderente 
proprio alla ratio della legge statale, che ha voluto a vantaggio dei territori 
montani e delle loro popolazioni una programmazione di globale 
apertura, superando il preesistente sistema d'interventi settoriali non 
coordinati e non convenientemente finalizzati. D'altra parte, la responsabile 
autonomia dei Consorzi, nei limiti derivanti dal voluto adeguamento, 
resta pur sempre garantita dall'imprescindibile rispetto delle 
loro competenze istituzionali, essendo pacifico. che le quote del fondo 
comune, riservate, secondo quanto previsto dalla impugnata legge, al 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

924 

finanziamento di interventi ed opere indicati dalle Comunit� tra quelli 
compresi nei loro piani e programmi, devono comunque essere impiegate 
con l'osservanza della destinazione prescritta dall'art. l, comma 14�, della 
legge n. 959 del 1953. Che se poi i piani e i programmi delle Comunit� 
fossero strutturati in modo cos� analitico da individuare singolarmente 
e tassativamente� le opere e gl'interventi da eseguirsi a carico dei Consorzi, 
rendendo cos� meramente ripetitivi i programmi operativi riservati 
� questi ultimi, a tutelare la loro autonomia gestionale soccorrerebbero come 
riconosce la stessa Regione resistente -idonei strumenti in sede 
di riesame da parte della Regione, oltre che nella definitiva sede giurisdizionale. 


Conclusivamente, la impugnata legge non viola gl'indicati parametri 
(VIII disp. trans. e fin. della Costituzione, art. 3 (recte 7) del d.P.R. n. 8 
del 1972, art. 3 del d.P.R. n. 11 del 1972), in quanto non altera l'attuale 
distribuzione di funzioni amministrative tra gli enti locali. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 214 -Pres. Rossi � Rel. Rocchetti 
-Silvani (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. 
gen. Albisinni). 

Contenzioso tributario -Composizione delle Commissioni � Conoscenza 
personale dei fatti � Non necessaria e non rilevante. 

(cost., artt. 3, 25 e 76; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 2). 

La conoscenza personale dei fatti rilevanti per l'imposizione da parte 
del componente di commissione tributaria non � n� essenziale n� rilevante, 
dovendo il giudice valutare iuxta alligata et probata (1). 

(1-3) Anche nella sentenza n. 215 in esame, come gi� nella sentenza n. 287 
del 1974 (in questa Rassegna, 1975, I, 7), la Corte Costituzionale ha avvertito la 
� necessit�� di assicurare un � giudice � alle controversie � in materia di estimazione 
semplice� (e in materia di determinazione dei valori imponibili), e 
quindi di conservare l'attuale assetto della giustizia tributaria. 

Forse il contenuto e la natura della attivit� di �estimazione� dei redditi e 
dei valori -non rileva se svolta in sede amministrativa o in sede � contenziosa � 
(l'espressione � volutamente neutra) -non � stato ancora adeguatamente messo 
a fuoco dalla dottrina. La recente � revisione � del� contenzioso tributario tende 
implicitamente a sminuire l'autonomia di detta attivit�, e a non distinguerla 
dagli altri �momenti � della imposizione; e ci� per rispondere. ad una esigenza 
pratica di semplificazione dei procedimenti contenziosi. Peraltro, il distacco e 
la distinzione tra attivit� di � estimazione � e altri momenti dell'attivit� di impo




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 925 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 215 -Pres. Rossi -Rel. Rocchetti 
-Fall. Ceramica ligure Vaccari (avv. V. Uckmar) e altri (n.p.), 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Ganelli). 

Contenzioso tributario -Commissioni tributarie -Revisione operata con 

d.P.R. n. 636 del 1972 -Legittimit� costituzionale -Contenzioso tributario 
giurisdizione � ordinaria � Azione di accertamento negativo Esclusione. 
(cost., artt. 102 e VI disp. trans.; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636). 
L'art. 102 Cast. dispone soltanto che non possono essere istituiti 
(cio� creati ex novo) giudici speciali; dei giudici speciali preesistenti � 
cons�ntita la conservazione ai sensi della VI disposizione transitoria (2). 

Il ripristino della azione di accertamento negativo dinanzi al Giudice 
ordinario in materia di tributi indiretti potrebbe derivare soltanto da 
una dichiarazione di globale illegittimit� delle commissioni tributarie (3). 

I 

(Omissis). -Data l'ampiezza del territorio di competenza delle commissioni 
e la esiguit� del numero dei componenti da nominare, � ovvio 
non potrebbe mai verificarsi, se non per puro caso, che anche uno solo 
dei componenti la sezione appartenga al Comune ove, in materia di imposta 
di registro, � situato il bene del cui trasferimento si tratta. 

lnoltre, su un piano pi� generale, deve osservarsi che il giudice deve 
giudicare iuxta alligata et probata, e non in base alla conoscenza personale 
che pu� avere dei fatti sottoposti al suo giudizio. Le conoscenze 
occorrenti per vagliare quei fatti, egli deve trarle dalle prove, che, in 
materia tecnica, sono costituite dalle consulenze tecniche e dalle perizie 
estimative esibite in contradittorio. 

smone permangono, e non � possibile (n� � auspicabile) equiparare, nella sostanza, 
l'accertamento degli imponibili alla � quantificazione � di un credito illiquido 
(ad esempio, per risarcimento di danni). 

Nella sentenza n. 215 la Corte ha nuovamente valorizzato dati offerti dalla 

legislazione ordinaria (e anche dalla recente legislazione delegata), ed ha rite


nuto di non dar rilievo alla distinzione tra legislazione anteriore e legislazione 

posteriore alla data del primo gennaio 1948. 

Sull'argomento, e sul punto che la � revisione� di cui alla sesta disposizione 
transitoria della Costituzione concerne gli organi qualificabili giurisdizionali a 
detta data, cfr. M1cHELI, Reviviscenza delle commissioni tributarie come giudici 
speciali?, in Riv. dir. proc., 1975, 319, e ANDRIOLI, Dubbi sulla qualificazione giuridica 
delle commissioni tributarie, in Giur. cost., 1974, 3383. D'altro canto, non 



926 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

II 

(Omissis). -Ci� premesso, occorre qui precisare le ragioni in base 
alle quali le tre ordinanze prospettano il dubbio relativo alla totale 
illegittimit� delle norme del decreto e della stessa istituzione delle 
commissioni tributarie, ragioni poste in riferimento all'art. 102, secondo 
comma, e alla disposizione VI transitoria della Costituzione. 

A tal proposito esse formulano le seguenti tre proposizioni alternative, 
la cui soluzione, secondo le ordinanze, condurrebbe, in ogni caso, 
alla dichiarazione della illegittimit� delle commissioni predette. 

Tali proposizioni assumono a riferimento la natura giuridica -amministrativa 
o giurisdizionale -delle nuove come delle anteriori commissioni 
tributarie, e vengono cos� enunciate: 

a) se le nuove commissioni tributarie sono organi amministra,tivi, 
i diritti, soggettivi -specie in materia di estimazione semplice -sarebbero 
privi di tutela giurisdizionale; 

b) se le nuove commissioni sono organi giurisdizionali, mentre le 
anteriori avevano natura amministrativa, le nuove commissioni costituirebbero 
giudici speciali di nuova creazione, vietati dall'art. 102 della 
Costituzione, in quanto non derivati, ex disposizione VI transitoria, dalla 
revision� di un giudice speciale preesistente; 

e) se sia le nuove che le vecchie commissioni devono qualificarsi 
come giurisdizionali, le nuove sarebbero sempre illegittime, perch� la 
revisione degli anteriori giudici speciali pu� attuarsi solo mediante la 
creazione di sezioni specializzate della magistratura ordinaria. 

Le tre proposizioni non inseriscono nella tematica nessun nuovo elemento 
che non sia stato dalla Corte gi� esaminato e le questioni in 
esse formulate non possono che essere ritenute infondate in base agli 
argomenti enunciati nella sentenza n. 287 del 1974. (Omissis). 

proprio agevole � ritenere che il legislatore �odierno possa aprire la strada ad 
una � revisione � mediante una � interpretazione autentica � di disposizioni legislative 
anteriori al 1948. Cfr. anche FAVARA, N� timori n� speranze: le due facce 
dell'indipendenza �del �giudice, in Riv. dir. proc., 1976, 649, ove tra l'altro si rammenta 
come in passato il legislatore abbia cercato di valorizzare le conoscenze 
personali dei componenti le commissioni tributarie (in proposito, in questa Rassegna, 
1971, I, 345, La prova per indizi e l'accertamento dei redditi imponibili). 
In ordine al ricorso alla VI disp. trans. per la � revisione � delle commissioni 
tributarie, cfr. tra gli altri, Russo P., Il nuovo processo tributario, 1974, 359 e 
segg., e -con accenti sensibilmente diversi -in Prime riflessioni sul nuovo 
processo tributario, Studi Furno, 1973, 857. 

Com'� noto, nettamente prevalente � l'orientamento che riconosce carattere 
giurisdizionale alle commissioni; in senso contrario, anche dopo la �revisione�, 
SERA, La disciplina del contenzioso tributario avanti alla Corte Costituzionale, in 
Riv. dir. fin., 1974, 508. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Con ci� il discorso sul tema della operata revisione potrebbe ritenersi 
concluso, se non occorresse ancora rilevare la infondatezza di altre 
asserzioni contenute nelle ordinanze circa i limiti che la revisione dovrebbe 
incontrare e che non sarebbero stati nel caso rispettati. 

Si osserva particolarmente nell'ordinanza del tribunale di Roma che, 
pur a voler ammettere che, nel caso, l'intento legislativo sia stato quello 
di attuare una revisione ai sensi della VI transitoria, pur tuttavia quell'intento 
si sarebbe attuato in senso ben diverso da quello tracciato dalle 
norme costituzionali. Queste, si dice, nell'art. 102, secondo comma, vietano 
comunque la istituzione di giudici speciali, s� che la revisione deve inten� 
dersi possa attuarsi soltanto mediante la creazione di sezioni specializzate 
degli organi giudiziari ordinari, che sono invece ammesse. Al che 
� facile opporre che, per creare sezioni specializzate, previste dallo stesso 
comma dell'art. 102, nel secondo periodo, non occorreva nessuna disposizione 
tr�nsitoria, giacch� esse sono oggetto di apposita ed autonoma 
previsione nel testo stesso della Costituzione. La revisione non pu� concernere 
quindi che i giudici speciali preesistenti e per la cui conservazione 
� appunto prevista quella procedura di adeguamento ai principi 
della Costituzione (sentenze n. 41 del 1957, 42 del 1961, n. 92 del 1962 
e 17 del 1965). 

N� la norma del 102 della Costituzione interferisce nella materia della 
conservazione, previa revisione, dei giudici speciali preesistenti, in quanto 
essa dispone soltanto che non possono essere <<istituiti� (cio� creati 
ex novo) giudici speciali. Senza dire poi che le disposizioni dell'art. 108 
che assicura l'indipendenza dei giudici delle � giurisdizioni speciali � e 
quella dell'art. 111, secondo comma, che ammette il ricorso per cassazione 
contro le sentenze pronunciate �dagli organi giurisdizionali ordinari 
o speciali, non avrebbero ragion d'essere se giudici speciali, ai sensi 
della Costituzione, non dovessero pi� esistere per nessuna ragione. E ci� 
tanto pi� che quelle norme non possono riferirsi n� al Consiglio di 
Stato, n� alla� Corte dei conti e nemmeno ai tribunali militari, perch� la 
disciplina che concerne tali organi � contenuta in altri articoli della 
Costituzione (artt. 103 e 111, terzo comma). 

Pu� dunque affermarsi che le questioni, nei termini in cui sono 
state poste, risultano non fondate. 

Risolte, nel senso della infondatezza, le questioni sollevate con riferimento 
all'esistenza stessa, nel nostro ordinamento, delle commissioni 
tributarie, resta precluso, per quanto si dir�, l'esame di ogni altra que� 
stione relativa ad aspetti singoli della disciplina interna di quelle commissioni. 


Posto che il tribunale di Roma ha sollevato� soltanto questioni di 
ordine generale, per cui null'altro � da aggiungere per quanto concerne 
il rimborso di imposta, occorre porre ora in rilievo che, sia il tribunale 


928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di C?enova che le sezioni unite della Corte di Cassazione, hanno promosso 
le questioni di costituzionalit� allo scopo di conseguire il ripristino dell'azione 
di accertamento negativo in materia di tributi indiretti, che nelle 
ordinanze di rimessione si afferma essere rimasta esclusa dall'ord.inamento 
a causa della nuova disciplina che ha configurato (art. 16 del 
decreto n. 636) � la tutela tributaria cos� costruita come l'impugnativa 
di provvedimenti dell'ufficio� (ordinanza sezioni unite). 

Ora, ammesso che l'azione di accertamento negativo non trovi pi� 
~pazio nel nuovo quadro della disciplina processuale del contenzioso tributario 
-il che riceverebbe conferma dai lavori preparatori e da notevole 
parte della dottrina -chiaro appare che, attualmente, la sua devoluzione 
al giudice ordinario potrebbe derivare soltanto� da una dichiarazione 
di globale illegittimit� afferente l'esistenza stessa delle nuove 
commissioni tributarie. 

E dal momento che, ritenute legittime, nei loro presupposti di esistenza, 
tali commissioni, l'azione di accertamento negativo non viene 
ripristinata nella materia de qua, chiaro appare che le questioni singole, 
concernenti la legittimit� di norme che attengono alla disciplina, per 
cos� dire, interna delle dette commissioni, divengono tutte irrilevanti. 
Anche �se quelle questioni fossero dichiarate fondate, nessuna conseguenza 
la relativa dichiarazione importerebbe infatti nei giudizi a quo. 

\ 




SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 22 settembre 
f976, nella causa 10/76 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Reischl -Commissione 
delle Comunit� europee (avv. Abate) c. Repubblica italiana 
(ag. Maresca e avv. Stato Braguglia). 

Comunit� europee . Libera prestazione dei servizi in materia di appalto 
di opere pubbliche � Coordinamento delle procedure nazionali� per 
l'aggiudicazione � Mancata attuazione di direttiva comunitaria � Declaratoria 
di inadempimento. 
(Trattato CEE, art. 189, terzo comma; direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 305; 

I. 2 febbraio 1973, ,i:1. 14). 
Non avendo adottato entro il termine stabilito le disposizioni necessarie 
per conformarsi alla direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 305, 
che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, 
la Repubblica Italiana � venuta meno ad un obbligo impostale dal 
trattato CEE (1). 

(Omissis). -In diritto. Con ricorso pervenuto in cancelleria il 5 
febbraio 1976, la Commissione ha adito questa Corte, in forza dell'art. 
169 del Trattato C.E.E., per far dichiarare che la Repubblica Italiana 
� venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma della 
direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 71/305/C.E.E. (Gazzetta Ufficiale 

n. L 185, del 16 agosto 1971, pag. 5). 
(1) La decisione � coerente con il principio, gi� altre volte enunciato (Corte 
di giustizia, 21 giugno 1973, nella causa 79/72, Commissione CEE c. Repubblica 
italiana, Racc. 672), secondo cui la scadenza del termine stabilito per l'attuazione 
di quanto disposto con direttive comunitarie� rende lo Stato membro che non 
abbia provveduto inadempiente all'obbligo imposto, indipendentemente dalle difficolt� 
che possano aver ostacolato il tempestivo adempimento. 
Con riguardo a tale principio non � stato quindi possibile contestare, �ome 
del resto risulta dalla stessa motivazione della sentenza, la denunciata infra




930 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale direttiva, completando quella adottatii in pari data circa la soppressione 
delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi in materia 
di appalti di lavori pubblici (n. 71/304/C.E.E.), mira al coordinamento 
delle relative procedure nazionali di aggiudicazione. A norma del suo 
art. 32, gli Stati membri dovevano adottare i provvedimenti necessari 
per adeguarsi alla direttiva stessa, entro un termine di dodici mesi dalla 
notifica di tale atto, termine venuto a scadere il 29 luglio 1972. 

In seguito all'emanazione della direttiva, la Repubblica Italiana adottava, 
il 2 febbraio 1973, una legge che stabiliva le norme sui procedimenti 
di gara negli appalti di opere pubbliche mediante licitazione privata, 
e ne comunicava il testo alla Commissione in data 16 agosto 1973. 
Nell'ambito del proc�dimento previsto dall'art. 169 del Trattato C.E.E., 
la Commissione faceva tuttavia presente alla Repubblica Italiana, con lettera 
10 giugno 1974, che l'emanazione della suddetta legge non era 
sufficiente, a suo parere, all'adempimento. degli obblighi derivanti dalla 
direttiva. 

In primo luogo, si faceva carico alla convenuta di aver escluso dalla 
sfera d'applicazione della legge i procedimenti di aggiudicazione degli 
appalti di opere pubbliche diversi da quelli di � licitazione privata�. 

In secondo luogo, non erano soddisfatte le esigenze dell'art. 29 della 
direttiva, secondo cui doveva essere abolito, entro il 29 luglio 1975 o 
il 29 luglio 1979, a seconda dell'ammontare' di stima dell'appalto, il procedimento 
della � scheda segreta � in uso in Italia, dato che la legge 
2 febbraio 1973 non conteneva alcuna disposizione in proposito. 

Inoltre, secondo l'art. 12 della direttiva, gli enti appaltanti devono 
far conoscere la loro intenzione di aggiudicare un appalto di lavori pubblici 
mediante procedura aperta o ristretta, pubblicando un bando di 
gara nella Gazzetta Ufficiale delle comunit�; la legge italiana si limita 
invece a prescrivere la pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale 
della Repubblica Italiana. 

La stessa legge non contiene le disposizioni cui si riferiscono gli 
artt. 14, 15, 16 e 17 della direttiva, relative al termine di ricezione delle 

zione; e la Corte di giustizia non ha invero potuto evitare la declaratoria di 
inadempimento, pur avendo la stessa Commissione CEE riconosciuto che le 
modifiche disposte con la direttiva comunitaria non possono essere introdotte 
nell'ordinamento italiano, a differenza di quanto avvenuto in altri Stati membri, 
se non con provvedimenti legislativi. 

Al disegno di legge n. 3219 presentato alla Camera dei deputati il 13 agosto. 
1974 (al quale si accenna nella motivazione della sentenza) � stato comunque 
gi� dato seguito anche nell'attuale legislazione (disegno di legge n. 652); ed 
alla direttiva comunitaria dovrebbe quindi quanto prima essere data concreta 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 931 

domande di partecipazione, alla forma prescritta per le offerte e all'obbligo 
di specificare il termine di esecuzione dei lavori attribuiti in appalto. 

Infine, gli artt. 20, 24, 25 e 26 della direttiva stabiliscono determinati 
criteri di selezione qualitativa, che consentono di escludere taluni 
imprenditori dalla partecipazione alle gare, mentre la legge italiana non 
fornisce, al riguardo, alcuna indicazione, lasciando cos� agli enti appaltanti 
l'ampio potere discrezionale loro attribuito dall'art. 89 del r.d. 
23 maggio 1924. 

La convenuta non contestav� la fondatezza degli addebiti mossi nei 
suoi confronti e, il 5 luglio 1974, comunicava alla Commissione uno schema 
di disegno di legge � che recepiva compiutamente la normativa comunitaria
�. 

Tale disegno, che -secondo la Commissione -risponde in sostanza 
alle esigenze della direttiva, � stato trasmesso al Parlamento italiano il 
13 agosto 1974, ma non � stato ancora approvato; a tutt'oggi, quindi, 
i provvedimenti destinati a dare attuazione alla direttiva non sono 
ancora in vigore. 

A norma dell'art. 189 del Trattato, la direttiva � vincola � lo Stato 
membro destinatario per quanto riguarda il risultato da raggiungere, 
salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma 
ed ai mezzi. 

Il carattere vincolante delle direttive implica che tutti gli Stati 
membri hanno l'obbligo di rispettare i termini da esse stabiliti, affinch� 
sia garantita l'uniforme attuazione della relativa disciplina nell'intera 
Comunit�. 

Ne consegue che, non avendo adottato entro il termine stabilito le 
disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio numero 
71/305/C.E.E. (che coordina le procedure di aggiudicazione degli 
appalti di lavori pubblici), la Repubblica Italiana � venuta meno ad un 
obbligo impostale dal Trattato. -(Omissis). 

attuazione normativa, con sostanziali modifiche delle disposizioni ora previste 
in tema di appalti pubblici, sia pur limitatamente alle ipotesi contemplate 
nella direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 305. 

Nella vertenza definita con la decisione in rassegna non � venuto in discussione 
il principio secondo cui le direttive contenenti norme complete potrebbero 
essere direttamente operanti nei confronti dei singoli alla scade_nza stabilita , 
per la loro attuazione: principio che potrebbe assumere invece rilievo anche 
nella specie, considerato che talune delle innovazioni previste nella direttiva comunitaria 
(come ad esempio quella relativa alla partecipazione alle gare di raggruppamenti 
di imprese) risultano gi� in concreto attuate da alcune amministrazioni 
inter~ssate. 



932 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 ottobre 1976, n. 3616 -Pres. Danzi -
Rel. Bacconi -P. M. Trotta (parz. difl'.) -Ministero delle finanze (avv. 
Stato Marzano) c. soc. Marsud (avv. Pulvirenti e Ukmar). 

' 

Trattati e convenzioni internazionali -G.A.T.T. -Norme relative ai diritti 
doganali -Immediata applicabilit� -Diritto per i servizi amministrativi 
-Applicabilit� alle merci provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T. 


Esclusione. 
(G.A.T.T., art. II, n. 1, lett. b; l. 5 aprile 1950, n. 295, art. 2; I. 15 giugno 1950,. n. 330, 
art. 2; l. 24 giugno 1971, n. 447). � 


Il diritto per i servizi amministrativi, istituito con la legge 15 giugno 
1950, n. 330 e soppresso con la legge 24 giugno 1971, n. 447, non era 
applicabile alle merci provenienti da Paesi aderenti al G.A.T.T., essendo 
l'art. Il, n. 1, lett. b, del G.A.T.T., recepito con l'ordine di esecuzione, di 
immediata applicabilit�, e dovendosi ia legge 15 giugno 1950, n. 330 .interpretare, 
indipendentemente dalle risultanze dei lavori parlamentari, in 
coerenza con gli impegni assunti dallo Stato in sede internazionale (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1976, n. 3923 -Pres. Danzi 
-Rel. Granata -P. M. Trotta (conf.) -Banca Cattolica del Veneto 
(avv. Borgo, Cassano e Scarpa) c. Ministero delle finanze (avv ..Stato 
Fanelli): 

Trattati e convenzioni internazionali � G.A.T.T. � I.G.E. all'importazione Cotoni 
importati da Paesi aderenti al G.A.T.T. � Applicabilit� dell'aliquota 
ridotta stabilita per i cotoni di produzione nazionale � Esclu� 
sione. 

(G.A.T.T., art. IV; I. 5 aprile 1950, n. 295, art. 2, l. 21 marzo 1958, n. 267, art. 5, secondo 
comma; d.!. 2 luglio 1969, n. 319, art. 9; l. 1 agosto 1969, n. 478). 

Pur essendo il principio della parit� di trattamento tributario sancito 
dall'art. IV del G.A.T.T. di immediata applicazione, la riduzione dal 
6 al 4 per cento dell'aliquota dell'I.G.E. disposta, per i cotoni di produzione 
nazionale, con l'art. 5, secondo comma, della legge 21 marzo 
1958, n. 267, abrogato con l'art. 9 del d.l. 2 luglio 1969, n. 319, non era 
applicabile all'l.G.E. dovuta sui cotoni importati da Paesi aderenti al 

(1-2) G.A.T.T. e diritto per i servizi amministrativi. 

1. � Con le due interessanti ed elaborate decisioni in rassegna le Sezioni unite 
della Corte di Cassazione hanno ribadito il proprio orientamento sulla immediata 
applicabilit� delle clausole del G.A.T.T., confermando il proprio dissenso . 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 933 

G.A.T.T., e senza possibilit�, per l'amministrazione finanziaria e per il 
giudice, di verificare la congruit� dell'aliquota del 6 per cento a tali 
cotoni applicabile (2). 

I 

(Omissis). -Si � gi� detto che la Corte di Palermo si � richiamata 
alla sentenza n. 1455 del 1973 di queste Sezioni Unite, che ha risolto 
questioni identiche a quelle sollevate nella presente controversia. E 
poich� i primi due motivi del ricorso si risolvono, in parte in una 
mera richiesta di riesame ed, in parte, in una critica degli argomenti 
allora addotti a sostegno della decisione, conviene cominciare con l'esporre 
lo schema logico della sentenza richiamata, per cogliere con maggior 
chiarezza l'esatta portata delle censure avanzate dall'Amministrazione 
ricorrente. 

Il _punto di partenza d� quella pronunzia, consiste nell'affermazione 
che l'ordine di esecuzione degli accordi G.A.T.T. (contenuto nella legge 5 
aprile 1950, n. 295) ha dato piena efficacia, nel nostro ordinamento interno, 
alla prima parte degli ciccordi stessi, nella quale � contenuta 
la norma) art. II, lett. b) secondo cui i diritti doganali, diversi [dai diritti 

dalla soluzione in argomento adottata dalla Corte di giustizia delle Comunit� 
europee. 

Con la seconda decisione, in particolare, le Sezioni unite hanno ribadito 
tutti i principi enunciati nella sentenza 7 gennaio 1975, n. 10, con ulteriare e pi�_ 
approfondita disamina della portata e dei lavori parlamentari delle leggi in discussione, 
con analitica invalidazione degli ulteriori argomenti in questa occasione 
dedotti dalla parte privata, e ritenendo manifestamente infondate, inoltre, 
le questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 2 della legge 12 agosto 1957, 

n. 757 (art. 72 della Costituzione), dell'art. 5 della legge 21 marzo 1958, n. 267 
(artt. 3 e 10, primo comma della Costituzione), e dell'art. 9 della legge 1 agosto 
1969, n. 478 (art. 3 della Costituzione). 
In argomento, � quindi sufficiente richiamare quanto osservato nella nota 
di commento alla sentenza 7 gennaio 1975, n. 10, analiticamente massimata in questa 
Rassegna, 1975, I, 88; e va soltanto segnalato che la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 5, secondo comma, della legge 21 marzo 1958, n. 267, 
ritenuta dalle Sezioni unite della Corte di cassazione manifestamente infondata, 
� stata invece rimessa alla Corte costituzionale, con ordinanza del 24 giugno 
1976, dal tribunale di Milano (G. U. 17 novembre 1976, n. 307). 

2. -La prima decisione conferma invece i principi affermati con la sentenza 
21 maggio 1973, n. 1455 sulla inapplicabilit� del diritto per i servizi amministrativi 
ai prodotti importati dagli Stati aderenti al G.A.T.T. (Foro it., 1973, I, 2443, 
con nota di TizzANO, Pretesa diversit� di effetti del G.A.T.T. e dei trattati co-, 
munitari nell'ordinamento italiano; Giust. civ., 1973, I, 1075; Foro pad., 1973, 
I, 179; Mon. trib., 1973, 774; e Giur. it., 1975, I, 1, 1704, con nota �di MANGIONE, 
G.A.T.T. e diritto interno. Cenni sull'I.V.A. come �diritto di confine� e conseguenze 
in tema di contrabbando, di esecuzioni e di contenzioso). 

934 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di confine, non possono essere pi� elevati di quelli] vigenti alla data 
dell'Accordo o di quelli che, come conseguenza diretta ed obbligatoria 
della legislazione vigente a tale data, si sarebbero potuti ulteriormente 
imporre (I). La disposizione, vincolando il nostro Stato ad un mero non 
tacere, � direttamente applicabile, senza bisogno di alcun altro intervento 
da parte del legislatore .. 

La seconda proposizione fondamentale della sentenza, riguarda la natura 
dei diritti per i servizi amministrativi, che non rientra n� tra i 
diritti di confine (non essendo assimilabile a nessuno dei tributi elen-
cati nell'art. 7 della legge 25 settembre 1940, n. 1424), n� tra i corrispettivi 
per prestazioni rese al privato, di cui l'art. II, par. 2, lett. e) del~ 
l'Accordo (menzionando le � redevances ou les autres droits proportionnels 
au coi�t des services rendus �) ed il successivo art. VIII consentono 
la percezione. Non �, d'altronde, neppure sostenibile che il diritto per 

Alle ragioni che inducono a dissentire da tale soluzione si � gi� altre volte 
.accennato (v., da ultimo: Ancora in tema di normativa G.A.T.T., in questa Rassegna, 
1975, I, 993; per una critica della sentenza 21 maggio 1973, n. 1455, v. pure: 
CAPELLI, Conflitto fra norma comunitaria e norma nazionale posteriore, Foro pad., 
1975, I, 241); n� convincono invero, nonostante la lineare e perspicua motivazione 
adottata, le valutazioni che le Sezioni unite hanno ritenuto di dover adottare 
in ordine alle molteplici ulteriori argomentazioni in questa occasione prospettate 
nell'interesse della ricorrente Amministrazione. 

3. -Non risultano a fuoco, in particolare, la portata e la elasticit� della normativa 
G.A.T.T., ed i suoi rapporti con l'ordinamento comunitario. 
La diretta ed immediata applicabilit� attribuita alle clausole del G.A.T.T., e 
quindi la loro riconosciuta idoneit� ad attribuire ai singoli, una volta recepite 
-con l'ordine di esecuzione, diritti suscettibili di tutela giurisdizionale, compromette 
infatti la duttilit� propria dell'Accordo e la prevista possibilit� di deroghe 

(cui � stato ad esempio fatto ricorso, nel novembre del 1952, proprio per la 
.C.E.C.A.), e comporterebbe un costante adeguamento del diritto interno, che 
in effetti, ed in coerenza con la differente soluzione sostenuta dall'Amministra:
zione, � invece mancato nella legislazione successiva alla legge di ratifica 5 aprile 
1950, n. 295; n� appare considerato, nella decisione in rassegna, che a norma 
.dell'art. XXXV, n. 1, dell'Accordo (aggiunto nel 1948), e con le salvezze in tale 
disposizione previste, �le pr�sent Accord, ou l'article II du present Accord 
ne s'appliquera pas entre une Partie Contractante et une autre Partie Contractante: 
a) si le deux Parties Contractantes n'ont pas engag� de n�gociations 
tariffaires entre elles, b) et si l'une ou l'autre des Parties Contractantes 
ne consent pas � cette application au moment ou l'une ou l'autre devient 
Partie Contractante �; cos� come appare in contrasto con la ratio e le finalit� 
dell'Accordo l'affermazione, .ribadita con la prima delle due sentenze sopra massimate, 
secondo cui �per l'applicabilit� delle norme G.A.T.T. non si richiede 
:alcun particolare accertamento circa l'osservanza della condizione di reciprocit� 
nel Paese di provenienza del prodotto importato, essendo sufficiente sotto tale 
riguardo la certezza che trattisi di Paese aderente �: principio enunciato, oltre


tutto, nel rilievo che l'ordine di esecuzione non avrebbe subordinato l'applica


(1) L'originale della sentenza � privo della_ parte qui inserita in parentesi 
.quadra, omessa ma desumibile dal tenore della norma richiamata. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 935 

i 

servlZl amministrativi, avendo sostituito il pi� oneroso diritto di licenza 
(previgente ed abrogato con la stessa legge n. 330 del 1950) rispetterebbe, 
nella sostanza, le norme del G.A.T.T., giacch� non costituirebbe 
peggioramento del regime fiscale anteriore all'entrata in vigore 
della disciplina prevista dall'Accordo. Si tratta, infatti, di tributi autonomi 
per natura, presupposti ed ambito di applicazione: sicch� non 
si pu� configurare il secondo come sostitutivo del primo e si deve invece 
riconoscere che esso introduce nell'ordinamento una nuova forma di 
imposizione. 

In conclusione, dunque, l'applicazione del diritto per i servizi amministrativi 
alle merci provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T., le sottoporrebbe 
ad un trattamento deteriore ri!'petto a quello vigente alla data 
dell'Accordo, che ne risulterebbe, in tal modo, violato. Ora, dato che la 
norma pattizia internazionale (una volta resa esecutiva nell'ordinamento 
interno), e la norma legislativa nazionale, sono pari ordinate nella gerarchia 
delle fonti di produzione normativa, in caso di contrasto tra 
l'una e l'altra, la pi� recente deve prevalere sulla pi� antica (art. 15 
disp. sulla legge in generale), anche se ci� comporta la violazione degli 

bil�t� delle norme recepite alla verifica della condizione della reciprocit� (condizione 
invece gi� propria dell'Accordo recepito), e che comporterebbe comunque, 
per la rilevanza attribuita all'ordine di esecuzione (e quindi all'Accordo 
cos� come recepito), l'applicabilit� della normativa G.A.T.T. anche ai prodotti 
importati dagli Stati che successivamente alla legge 5 aprile 1950, n. 295 abbiano 
denunciato o denunciassero l'Accordo. 

4. -Sotto il secondo profilo, quanto cio� all'assorbente rilevanza della normativa 
comunitaria, va tenuto presente che da oltre quindici anni le Comunit� 
europee partecipano in proprio ai negoziati G.A.T.T. (nell'ambito dei quali fu 
oggetto di approfondito esame, ad esempio, gi� l'Accordo di associazione tra la 
Grecia e la CEE), con iniziative, concessioni tariffarie, accordi, e decisioni propri 
delle Comunit� e vincolanti, in quanto tali, per tutti gli Stati membri; 
n� occorre certo ricordare il ruolo determinante svolto dalla Comunit� economica 
europea gl� nel durissimo e quadriennale Kennedy-round (con le �eccezioni 
comunitarie� del 4 maggio 1964, l'accordo raggiunto nella notte del 15-16 
maggio 1967, e l'atto finale del 30 giugno 1967, ed al quale si riferiscono le specifiche 
decisioni del Consiglio CEE del 9 maggio 1963 e del 28 novembre 1967), 
in occasione della richiesta di deroga avanzata il 23 luglio 1969, ai sensi dell'art. 
XXV, n. �5, del G.A.T.T., relativamente agli scambi con la Tunisia ed il 
Marocco (richiesta dalla quale la CEE fu costretta a desistere), nei vari negoziati 
tariffari svolti con i Paesi terzi nel quadro delle disposizioni di cui agli 
artt. II, n. 5, XVIII e XXVIII del G.A.T.T., nelle trattative concernenti le condizioni 
di adesione al �G.A.T.T. della Romania e dell'Ungheria, e nei negoziati del 
1973/74 con tredici Stati aderenti al G-.A.T.T. (con nuove concessioni tariffarie 
presentate il 31 luglio 1974); cos� come � superfluo sottolineare la rilevanza che 
assumono nel tema in esame le norme del trattato CEE sulla politica commerciale, 
tali che gi� nell'accordo italo-elvetico del 1958 l'efficacia delle concessioni 
tariffarie accordate veniva limitata al 31 dicembre 1961 (data di scadenza 
della prima tappa del periodo transitorio), e che oltretutto la Cort� di giustizia 
delle Comunit� europee, anche se con discutibile valutazione (v.: Politica com

936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

obblighi assunti dallo Stato in sede internazionale. Questa eventualit�, 
non solo � possibile, ma non � scongiurabile dal giudice, tenuto ad applicare 
la legge vigente nell'ordinamento di cui � espressione. 

Senonch�, mentre � esatto che la legge istitutiva del diritto per i 
servizi amministrativi (n. 330 del 1950) � successiva a quella contenente 
l'ordine di esecuzione del G.AT.T. (n. 295 del 1950), non � esatto 
che esse esprimano precetti normativi tra loro incompatibili. Il diritto 
per i servizi amministrativi � stato istituito per le merci introdotte da 
Paesi esteri, senza che nulla induca a ritenere con sicurezza che esso 
vada applicato anche alle merci provenienti dai Paesi dell'area del G.A.T.T .. 
(in quel momento assai meno estesa che attualmente). 

Soccorre allora il criterio interpretativo secondo cui -in caso di 
ambiguit� o incertezza -si deve presumere che lo Stato abbia inteso 
rispettare � non eludere, i propri impegni internazionali: . in applicazione 
del quale, ed in mancanza di una univoca volont� contraria (volont� 
c;l.a desumersi dal testo legislativo e non dai lavori preparatori, dato 
che la mens legis non va identificata con la mens legislatoris) la conclusione 
corretta da trarre � che il nuovo tributo deve essere applicato 

merciaie e competenze della CEE, retro, I, 349), ha ritenuto definitivamente 
operanti dalla scadenza del periodo transitorio e preclusive di una competenza 
degli Stati membri in tema di politica commerciale (parere 11 novembre 1975,. 

n. 1/75, Racc., �1355; v. pure: Corte di giustizia, 27 febbraio 1962, nella causa 10/61, 
COMMISSIONE CEE c. REPUBBLICA ITALIANA, Racc., 1; 13 dicembre.1973, nelle cause 
37-38/73, SOCIAL FONDS VOOR DE DIAMANTARBEIDERS, Racc., 1609, e Foro it., 1974, IV' 
156; in tema di trattati di associazione cfr.: Corte di giustizia, 7 febbraio 1973, 
nella causa 40/72, SCHROEDER, Racc., 125; 11 dicembre 1973, nella causa 147/73, 
LENSING, Racc., 1543; 30 aprile 1974, nella causa 181/73, HAEGEMAN, Racc., 449; 
in dottrina, con competenti previsioni, v. PATRIARCA, La politica commerciale nella� 
CEE, Riv. pol. econ., 1961, 1809 e segg. e dello stesso autore: Il G.A.T.T. e la� 
clausola della nazione pi� favorita: regola ed eccezioni, ibidem, 2207 e segg.). 
In definitiva, la stessa lista di concessione XXVII (che � l'unica lista �recepita
� nell'ordinamento interno) � priva di una propria rilevanza ed efficacia. 
gi� da circa dieci anni (dall'entrata in vigore, cio�, del protocollo di Ginevra del 
1967, relativo alle liste comunitarie XL e XL bis); cos� come � evidente che le 
stesse clausole del G.A.T.T. sono state superate ed assorbite nella normativa 
comunitaria in argomento adottata (cfr. ad esempio, sul regime comune da 
applicare alle importazioni ed alle esportazioni dai e verso i Paesi terzi, i regolamenti 
del Consiglio 20 dicembre 1969, n. 2603, 25 maggio 1970, n. 1025, sostituito 
con il regolamento del Consiglio 4 giugno 1974, n. 1439, e, per quanto concerne 
i Paesi aderenti al G.A.T.T. ed assimilati, regolamenti del Consiglio 724/71,. 
1080/71, 2384/71, 281/74, ecc.; v. pure le annuali edizioni della tariffa doganale 
comune, rese necessarie dalla esigenza di riportare le modifiche derivanti da 
accordi conclusi in ambito G.A.T.T.). 

5. -Non � possibile non chiedersi, quindi, quale efficacia e quale contenuto 
normativo possano attualmente essere riconosciuti all'ordine di esecuzione contenuto 
nella legge di ratifica 5 aprile 1950, n. 295; e la rilevanza, ai fini in esame, 
di tale quesito non pu� non essere avvertita, invero, quando si consideri che 
una eventuale espressa abrogazione della legge 5 aprile 1950, n. 295, o anche una. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

soltanto alle merci provenienti dai Paesi non aderenti al G.A.T.T. o non 

incluse tra quelle elencate nelle liste allegate all'Accordo. 

La .validit� di questo ragionamento � messa in dubbio dall'Ammi


nistrazione nei due primi motivi del suo ricorso: peraltro con apporti 

argomentativi che soltanto su due punti offrono qualche spunto di novit�. 

L'Amministrazione, infatti, torna a prospettare l'inquadrabilit� del 

diritto per i servizi amministrativi tra i corrispettivi previsti nell'art. II, 

par. 2, lett. e) del G.A.T.T. e ad osservare che -se fosse esatta la tesi 

dell'inapplicabilit� del tributo in questione alle merci provenienti .�dai 

Paesi aderenti all'Accordo -non si spiegherebbero n� l'interevnto della 

Corte di� giustizia della CEE (che ne dichiar� l'illegittimit� soltanto a 

partire dal 1� luglio 1968), n� quello del legislatore (che lo ha abrogato 

con la legge 24 giugno 1971 n. 447), dato che tutti i Paesi della CEE 

sono anche aderenti al G.A.T.T. 

Questi assunti trovano gi� nella pi� volte richiamata sentenza numero 
1455 del 1973 ampia e puntuale confutazione, sicch� appare inutile 
ripetere la motivazione svolta in quell'occasione e�non scalfita da rilievi 
critici attendib~li o dalla prospettazione di profili allora non considerati. 

formale denuncia del G.A.T.T. da parte dello Stato italiano risulterebbero prive 
di effetti concreti nelle relazioni con i Paesi terzi, per la persistente applicabilit� 
comunque, nelle ipotizzate eventualit�, della normativa comunitaria in 
tema di politica tariffaria e commerciale. 

La Corte di giustizia delle Comunit� europee, del resto, con riferimento 
oltretutto a questione nella quale venivano in discussione gli artt. 60 e 65 
(e 66) della costituzione olandese (sulla prevalenza degli accordi internazionali 
sulle norme nazionali, anche successive), ha espressamente affermato, con la 
sentenza 19 novembre 1975, resa nella causa 38/75, DoUANEAGENT (Racc., 1439), 
che � a prescindere da quale sia stata la forza cogente nell'ordinamento giuridico 
nazionale, anteriormente al 1� luglio 1968, d'una interpretazione, relativa 
ad una voce d'una tariffa doganale nazionale o comune soltanto a determinati 
Stati membri, emanante dalla competente autorit� d'uno Stato membro, siffatta 
interpretazione, anche nella ipotesi in cui la descrizione della voce fosse 
rimasta invariata nella TDC (tariffa dogane! comune), non pu�, in quanto tale, 
prevalere nell'ordinamento giuridico comunitario efficace nel complesso degli 
Stati membri�, precisando inoltre, in via di principio, che �essendosi la Comunit� 
sostituita agli Stati membri per quanto riguarda l'ad�mpimento degli 
impegni contemplati dal G.A.T.T., l'effetto giuridico cogente di tali impegni va 
valutato in relazione alle afferenti disposizioni dell'ordinamento giuridico comunitario, 
non gi� in relazione a quelle che li rendevano precedentemente efficaci 
negli ordinamenti giuridici nazionali�: affermazioni di principio con 
riguardo alle quali risulta invero in tutta la sua portata e la sua rilevanza 
l'impostazione sostenuta quanto ai rapporti tra clausole del G.A.T.T., disposizioni 
di diritto interno, e normativa comunitaria. 

Con riguardo a tali considerazioni, ed agli ulteriori argomenti svolti, quanto 
ai rapporti tra le clausole del G.A.T.T. e la normativa comunitaria, nella nota 
di commento gi� sopra richiamata, non pu� non sorprendere, perci�, che le 
Sezioni unite della Corte di Cassazione abbiano ritenuto di dover escludere 
a priori, nella seconda delle decisioni in esame, la stessa ipotizzabilit� di una 
questione della quale dovesse essere investita la Corte di giustizia delle comu



�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

938 

Conviene soltanto aggiungere -quanto al primo punto -che, ad escludere 
la riconducibilit� del diritto per i servizi amministrativi nella categoria 
dei compensi consentiti dall'art. II del G.A.T.T., basterebbe osservare 
che quei corrispettivi devono corrispondere (secondo l'art. VIII dell'Accordo) 
� au cout approximatif des services rendus �, mentre il tributo 
di cui si discute � ragguagliato al valore della merce; e -quanto 
al secondo punto -che l'intervento della Corte di giustizia della CEE 
si rese necessario perch� lo Stato italiano, facendo leva sulla propria 
(inesatta) interpretazione della legge n. 330 del 1950, continuava a pretendere 
il tributo: sicch�, tanto la pronunzia giurisdizionale, quanto 
l'intervento del legislatore, non sono stati affatto inutili, avendo perseguito 
ed ottenuto il risultato di eliminare le disposizioni che, sia pure 
grazie ad una distorsione interpretativa, rendevano di fatto possibile 
il perpetuarsi di una prassi illegittima. 

Ma il nucleo centrale del ricorso, al quale occorre dedicare un pi� 
diffuso discorso, risiede -come si accennava -altrove e, precisamente, 
nel modo nuovo con cui sono riproposti i temi dell'applicabilit� diretta 

nit� europee; e ci� specialmente quando si consideri che nella stessa motivazione 
della sentenza risulta riprodotto il quesito in argomento proposto dalla 
difesa della ricorrente Amministrazione, il quesito rivolto a far accertare cio�, 
da parte dell'organo giurisdizionale competente, � se le norme del trattato CEE 
(espressamente indicate, in sede di discussione, negli articoli 3, lettera b, 110, 
111, 113, 116 e 238) consentono ad uno Stato membro di attribuire alle clausole 
del G.A.T.T., sul territorio nazionale, e sulla base delle norme interne, una portata 
ed una efficacia, nei confronti dei singoli, diverse da quelle riconosciute 
da tutti gli altri Stati membri e dalla Comunit� economica europea �. 

6. -La debolezza della soluzione adottata dalle Sezioni unite, e la concreta 
impossibilit� di prescindere dalla normativa comunitaria nelle valutazioni sulla 
portata delle clausole del G.A.T.T. risultano denunciate; del resto, dall'ultima 
parte della motivazione della sentenza, dalla parte della �decisione, cio�, �~on la 
quale l'applicabilit� dell'art. II dell'Accordo a merci non comprese nell'elenco 
della lista XXVII viene affermata nel rilievo che �quell'elenco, infatti, � stato 
sostituito dalla lista XL (c.d. lista comune) applicabile tanto ai Paesi G.A.T.T., 
quanto a quelli CEE �. 
Non pu� infatti non essere considerato, come si � gi� altre volte rilevato 
(Ancora in tema di normativa G.A.T.T., cit., v. n. 14 a pagg. 1005-1008), che se 
la rilevanza della normativa G.A.T.T. dovesse essere verificata con riferimento 
alle norme di diritto interno, verrebbero in considerazione soltanto gli Stati 
contemplati nei protocolli di Annecy del 10 ottobre 1949, di Torquay del 21 
aprile 1951, di Ginevra del 10 marzo 1955, di Ginevra del 7 giugno 1955, di Ginevra 
del 27 giugno, 25 luglio, 30 novembre 1955, e 18 aprile 1956, di Ginevra 
del 23 maggio 1956, e� di Ginevra del 22 novembre 1958 (cfr., rispettivamente, 
leggi 5 aprile 1950, n. 295, 27 ottobre 1951, n. 1172, 7 novembre 1957, n. 1307, 8 novembre 
1957, n. 1133, 14 aprile 1957, n. 356, 9 novembre 1957, n. 1164, 2 gennaio 
1958, n. 25, e 12 gennaio 1962, n. 1637; la legge 12 dieembre 1967, n. 1305, relativa 
al protocollo, di Ginevra dell'8 febbraio 1965, concerne l'inserzione nell'Accordo 
di una IV parte), e soltanto i prodotti compresi nelle liste allegate a 
ciascun accordo o protocollo; e ci� in quanto nessun ulteriore provvedimento 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 939 

delle disposizioni del G.A.T.T. e dell'interpretazione da darsi alla norma 
istitutiva del diritto per i servizi amministrativi. 

L'Amministrazione ricorrente, infatti, osserva che l'applicabilit� diretta 
delle norme del G.A.T.T. in generale e, dell'art. II, par. 2, in particolare, 
affermata da questa Corte St,lprema, � stata invece negata dalla 
Corte di giustizia della CEE nella sentenza 12 dicembre 1972 (resa nelle 
cause riunite n. 22 e n. 24 del 1972) e nella sentenza 24 ottobre 1973 
(resa nella causa n. 9 del 1973), di cui queste Sezioni Unite non poterono 
tenere conto nel pronunziare la sentenza n. 1455 del 1973. La� difesa del1'
Amministrazione riconosce bens� che questa Corte ha ribadito la� propria 
giurisprudenza (cfr. le sentenze n. 3403, 3407 e 3408 del 1975) anche 
dopo aver preso in esame le indicate decisioni della Corte comunitaria, 
osservando che esse � prescindono dalla valutazione di concretezza che . 
le norme dell'Accordo generale possono acquisire con l'inserzione nella 
legislazione di qu�sto o quello tra gli Stati aderenti, concretezza che si 
pone in termini diversi e che prQbabilmente solo il giudice nazionale pu� , 

di diritto interno � intervenuto relativamente alle adesioni degli ;;iltri Stati (ed 
alle liste delle concessioni in loro favore accordate), e nessun ordine di esecuzione 
pu� relativamente a tali altri Stati ravvisarsi dal quale possono assumersi 
derivati diritti soggettivi dei singoli. 

NeJI'ambito della stessa prospettiva, e quindi sulla base dei provvedimenti 
di diritto interno dai quali si assumono der�vati diritti ai singoli, la inapplicabilit� 
del diritto per i servizi amministrativi, in quanto conseguenziale all'ordine 
di esecuzione delle clausole del G.A.T.T., dovrebbe essere inoltre affermata 
anche per i prodotti importati dagli Stati che hanno medio tempore denunciato 
l'Accordo (come ad esempio la Cina, il Libano e la Siria; o le Filippine, 
che hanno nuovamente aderito solo dal 10 agosto 1973), nessuna norma di diritto 
interno essendo stata emanata che abbia in tal senso limitato l'efficacia 
della legge 5 aprile 1950, n. 295. 

N� d'altra parte la inapplicabilit� del di:�-itto per i servizi amministrativi 
nei confronti degli (altri) Stati ora aderenti al G.A.T.T. potrebbe essere affermata, 
nell'ambito della prospettiva enunciata nella sentenza in rassegna, sulla 
base dell'ordinamento comunitario, nell'ambito del quale la legittimit� dell'imposizione 
� stata invece riconosciuta anche negli scambi intracomunitari; e ci� 
specialmente quando si consideri che nell'ambito dell'ordinamento comunitario 
le tasse nazionali di effetto equivalente ai dazi doganali sono state espressamente 
riconosciute applicabili, nei rapporti con i Paesi terzi, fin quando non 
intervengano provvedimenti comunitari in contrario (cfr.: Corte di giustizia, 13 
dicembre 1973, nelle cause 37-38/73, cit.), e che se non fosse intervenuta la 
legge 24 giugno 1971, n. 447, quindi, il diritto per i -servizi amministrativi sarebbe 
tuttora applicabile, e senza contrasto con la normativa comunitaria, negli scambi 
con i Paesi terzi. 

7. -In altri termini, una volta ritenuto che l'applicabilit� del diritto per i 
servizi amministrativi ai prodotti importati dagli Stati aderenti al G.A.T.T. deve 
essere esclusa, prescindendosi dal diritto comunitario, sulla base dell'ordine di 
esecuzione dell'Accordo, la portata di tale ordine di esecuzione (limitato alla 
lista XXVII) non pu� essere poi ampliata (ed. alterata) con riferimento alla 
lista XL, la cui efficacia deriva invece proprio da norme comunitarie (e che � 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

940 

valutare in pieno, nella considerazione unitaria dell'ordinamento in cui 
opera � ed aggiungendo che, comunque, continuava a considerare la propria 
interpretazione � pi� aperta e consona ai principi internazionali 
circa l'obbligo degli Stati aderenti di dare ad essi, nell'ordinamento interno, 
l'applicazione che meglio realizzi gli scopi per i quali i Trattati , 
stessi sono stati conclusi �. Ma afferma che si tratta di valutazioni � sommarie
�, perch� non tengono conto che altro � la diretta applicabilit� di 
una norma, altro la sua idoneit� ad attribuire ai singoli diritti suscettibili 
di tutela in sede giurisdizionale; e non considerano la gravit� delle conseguenze 
che deriverebbero dal ritenere le norme del G.A.T.T: come creative 
di diritti azionabili da parte dei cittadini soltanto all'interno del 
nostro ordinamento. Non si potrebbe, perci�, sfuggire alla seguente alternativa: 
o uniformarsi a quanto ha ritenuto la Corte di giustizia . della 

stata oltretutto gi� a sua volta sostituita con la lista LXXII); cos� come non � 
possibile, dopo aver ritenuto le clausole del G.A.T.T. suscettibili di diretta ed 
immediata applicazione e l'ordine di' esecuzione, quindi, idoneo ad attribuire 
ai singoli diritti soggettivi, ravvisare poi tali diritti soggettivi relativamente ai 
(diversi) prodotti compresi nella lista LX, in una lista, cio�, adottata in un 
�rdinamento nell'ambito del quale � stata invece espressamente esclusa la idoneit� 
delle clausole del G.A.T.T. ad attribuire diritti ai singoli; ed � sotto questo 
profilo, e per questa sostanziale incompatibilit� delle due enunciazioni di principio, 
che risultano evidenti, in particolare, la debolezza della soluzione adottata 
dalle Sezioni unite e la necessit� persistente di verificarne la compatibilit� con 
la normativa comunitaria: verifica che va 11iconosciuta a maggior ragione necessaria 
quando si tenga presente che gli Stati considerati nelle sopra elencate norme 
di diritto interno sono soltanto una quarantina (di cui quattro, Cina, Libano, 
Liberia e Siria, non pi� aderenti, ed uno, le Filippine, nuovamente aderente, 
con accessione provvisoria, dal 10 agosto 1973) e che al G.A.T.T. partecipano 
invece attualmente, secondo dati aggiornati al 12 novembre 1975, ottantatre Stati, 
tre Stati con accessione provvisoria, e diciotto territori divenuti medio tempore 
indipendenti (ed ai quali la normativa dell'Accordo continua ad applicarsi 
di fatto), con intervento ai negoziati, oltretutto, di un'altra ventina di Stati 

non aderenti all'Accordo. 

8. -A commento delle ulteriori questioni discusse, e ad integrazione di 
quanto altro gi� osservato nelle note di commento sopra ricordate (in questa 
Rassegna, 1974, I, 314; Clausole del G.A.T.T., normativa comunitaria e diritto 
interno, ivi, 1975, I, 83; Ancora in tema di normativa G.A.T.T., ibidem, I, 992), 
si ritiene utile riportare qui di seguito il ricorso proposto nell'interesse del� 
l'Amministrazione delle finanze: ricorso nel quale sono naturalmente proposte 
anche le considerazioni svolte nelle richiamate note di commento, e nel quale 
l'applicabilit� del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti (non agricoli) 
importati dai Paesi aderenti al G.A.T.T. � stata sostenuta, in via subordinata, 
e secondo prospettiva di autonoma rilevanza risolutiva, anche sulla base d�lla 
sola normativa di diritto interno, ed in particolare in ragione della interpretazione 
da dare alla 'legge 15 giugno 1950, n. 330. 
9. -(Omissis) -La domanda attrice cos� come ex adverso prospettata 
nella comparsa conclusionale di appello ed accolta con la impugnata decisione, 
in quanto, cio�, fondata sulle clausole del G.A.T.T., � improponibile per difetto

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 941 

CEE (dichiarando, conseguentemente, il difetto assoluto di giurisdizione, 
per mancanza, in capo al singolo, di una posizione soggettiva tutelabile), 

o demandare alla Corte suddetta (a norma dell'art. 177, comma 3, del 
Trattato di Roma) il quesito � se le norme del trattato CEE consentono 
ad uno Stato membro di attribuire alle clausole del G.A.T.T., sul territorio 
nazionale e sulla base delle norme interne, una portata ed una efficacia, 
nei confronti dei singoli, diverse da quelle riconosciute da tutti gli altri 
Stati membri e dalla Comunit� economica europea �. Ci� anche perch� 
la normativa del G.A.T.T. � ormai parte dell'ordinamento comunitario 
(nell'ambito del quale deve essere interpretata) e perch�, comunque, la 
questione non tarder� a proporsi �con specifico riferimento alla normativa 
comunitaria�. 
Aggiunge poi l'Amministrazione che, anche a voler riconoscere alle 
clausole del G.A.T.T. un'efficacia immediata e diretta, il problema del rap


assoluto di giurisdizione, dovendosi escludere che le clausole del G.A.T.T. siano 
direttamente applicabili ed attribuiscano ai singoli diritti soggettivi dei quali 
possa pretendersi la tutela in sede giurisdizionale. 

10. -Come risulta evidente dal richiamo, nella motivazione della sentenza 
impugnata, alla decisione 21 maggio 1973, n. 1455 delle Sezioni unite della 
Corte di cassazione, la illegittimit� della pretesa tributaria in discussione � 
stata affermata, dai giudici di appello, in base all'art. Il, n. l, lett. b, seconda 
parte, del G.A.T.T., secondo cui i prodotti compresi nelle liste di concessione 
� ne seront pas soumis � d'autres droits ou impositions de toute 
nature per�us � l'importation �u � l'occasion de l'importation, qui seraient 
plus �l�v�s que ceux qui �taient impos�s � la date du pr�sent Accord, ou que 
ceux qui, comme cons�quence directe et obligatoire de la l�gislation en vigueur 
� cette date dans le territoire importateur, seraient impos�s ult�rieurement �. 
11. -Sono note, invero, le molteplici considerazioni che hanno sempre 
indotto la difesa della comparente Amministrazione ad escludere la possibilit� 
di attribuire alle clausole del G.A.T.T. efficacia di norme self-executing, ed � 
quindi sufficiente, ai fini del presente ricorso, richiamare quanto gi� osservato 
e dedotto nelle. numerose analoghe controversie promosse con riferimento 
alle clausole dell'Accordo (cfr.: FANELLI, Il G.A.T.T. nel diritto interno, Rass. 
Avv. Stato, 1974, I, 330 e segg.). 
La fondatezza della tesi sostenuta dalla difesa della Amministrazione � stata 
anche confermata, come � noto, dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee, 
che con le sentenze 12 dicembre 1972, nelle cause riunite 21-24/72, International 
Fruit Company, �e 24 ottobre 1973, nella causa 9/73, SchliJ.ter, ha espressamente 
affermato, su conformi conclusioni degli avvocati generali Mayras 
e Mertens De Wilmars, che �le norme del G.A.T.T. non attribuiscono ai singoli 
il diritto di esigerne giudizialmente l'osservanza� (Racc., 1972, 1219, e 1973, 
1135, e Rass. Avv. Stato, 1974, 314 e 315); e ad escludere la natura di norme 
self-executing delle clausole del G.A.T.T. la Corte di giustizia � pervenuta, come 
risulta dalla motivazione delle sentenze, con specifico riguardo alla portata 
ed al contenuto stesso dell'Accordo ed alla disciplina dei rapporti tra le parti 
contraenti, incompatibile, invero, con una diretta ed immediata applicabilit� 
delle norme (cfr., in particolare, preambolo e artt. I, n. 2, Il, n. 5, III, n. 9, 
V, n. 4, VI, nn. 1 e 6, VII, n. 2, VIII, n. 2, XI, n. 2, XII, n. 2, XVIII, XIX, 
XX, XXII, n. 2, XXIII, XXIV, n. 12, XXV, n. 1). 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO

942 

porto tra tali clausole e la legge 5 giugno 1950 n. 330 (successiva alla 
legge di ratifica) dovrebbe essere risolto in senso opposto a quanto � 
stato affermato con la sentenza n. 1455 del 1973, alla luce dei principi 
affermati con la successiva sentenza n. 10 del 1975. Quest'ultima decisione, 
invero, ha escluso che una legge possa essere interpretata in modo difforme' 
dalla volont� del legislatore che essa consacra sol perch� lo 
stesso legislatore � caduto in un errore di valutazione, ritenendo di 
poter ottenere Ul,l certo risultato attraverso la legge di cui si tratta, mentre 
invece essa realizza un risultato diverso o, addirittura, opposto. In tal 
caso l'interprete non pu� correggere l'errore di apprezzamento, n� pu� 
applicare la legge soltanto nella _parte che residua dall'espunto errore 

o rettificarne la portata, ma deve applicare l'oggettivo comando (corrispondente 
o meno alle intenzioni perseguite) che essa esprime. 
Facendo applicazione di questi principi alla fattispecie in esame, si 
dovrebbe aggiungere alla conclusione che -siccome emerge chiara-

N� pu� non essere rilevato che tali principi sono stati affermati, nella 
seconda delle ricordate decisioni (e con riguardo a contestazione del tutto 
analoga a quella ex adverso� promossa), con esplicito riferimento all'art. II, 

n. 1, lett. b, dell'Accordo, proprio per quella disposizione, cio�, sulla quale 
si assume fondata la pretesa attrice. 
12. -La Corte di cassazione, invece, aveva com'� noto affermato, con la 
sentenza 6 luglio 1968, n. 2293, che all'art. III, n. 2 del G.A.T.T., divenuta 
norma interna per effetto della legge 5 aprile 1950, n. 295, doveva attribuirsi 
efficacia vincolante per lo Stato nei confronti dei singoli, s� che � ogni qualvolta 
con una norma giuridica interna viene disposto un trattamento tributario 
nei confronti dei prodotti nazionali, tale trattamento si estende automaticamente 
ai prodotti importati nel territorio dello Stato italiano dagli 
Stati partecipanti all'accordo G.A.T.T. �. 
Tali affermazioni di principio sono state peraltro sostanzialmente ridimensionate 
dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, che con varie sentenze 
hanno negato l'automatismo della estensione, ai prodotti importati dai Paesi 
aderenti al G.A.T.T., del trattamento tributario disposto nei confronti dei prodotti 
nazionali, ed hanno precisato che la parit� di trattamento -'tributario 
prevista dal G.A.T.T. va intesa non rispetto ad ogni singolo tributo, ma al 
�complessivo carico fiscale� che colpisce un determi.l).ato prodotto (Cass., sez. 
un., 8 giugno 1972, n. 1773; 8 giugno 1972, n. 1771; 17 aprile 1972, n. 1196; v. 
pure Cass. sez. un., 8 giugno 1972, n. 1772; 22 marzo 1972, n. 867). 

E con recente decisione � stato anche escluso, a rettifica di precedenti 
affermazioni, che possa procedersi a verifica, da parte del giudice, delle 
valutazioni effettuate dal legislatore in ordine alla corrispondenza degli oneri 
gravanti sui prodotti importati con quelli a carico dei corrispondenti prodotti 
nazionali (Cass. sez. un., 7 gennaio 1975, n. 10). 

Le Sezioni unite hanno confermato invece il carattere self-executing delle 
norme del G.A.T.T., la loro diretta ed immediata efficacia, cio�, e la loro idoneit� 
ad attribuire diritti soggettivi ai singoli, pur dando atto, in espressa aderenza 
a quanto in argomento sostenuto dalla difesa della Amministrazione finanziaria, 
che �l'ordine di esecuzione, seppure necessario, non sempre� � sufficiente 
a quello scopo (quello cio�, di recepire le disposizioni di un trattato 
internazionale, nel loro formale e sostanziale contenuto normativo, senza ulte




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 943 

mente dai lavori preparatori l'intenzione di applicare il diritto per i 

servizi amministrativi anche alle merci provenienti dall'area del G.A.T.T., 

nella convinzione che si trattasse di corrispettivi consentiti dall'Accor


do -il tributo dovrebbe essere applicato e la volont� del legislatore 

rispettata, non rientrando nei poteri del giudice quello di sindacare e, 

tantomeno, di correggere, le valutazioni operate dal legislatore medesimo. 

La doverosa rimedita'Zione di questi problemi, induce la Cotte a 

ribadire le decisioni adottate nelle precedenti occasioni. 

Neppure l'Amministrazione ricorrente contesta la validit� del prin


cipio che le disposizioni di un trattato internazionale, attraverso l'ordi


ne di esecuzione contenuto in una legge, vengono immesse nel circolo 

giuridico dell'ordinamento interno. Sotto il profilo del valore formale 

(dato che si esclude l'applicabilit� dell'art. 10, comma l, Cost. alle norme 

riore specifica attivit� legislativa, nell'ordinamento interno), giacch� occorre, 

invece, che la stessa Convenzione contenga elementi speciflci dai quali si pos


sano ricavare norme complete, non essendo concepibile la immissione, nel


l'ordinamento, di norme delle quali non sia determinabile il preciso conte


nuto, ed essendo anche chiaro che quella determinazione, quando non possa 

attuarsi attraverso i soli strumenti ermeneutici ma presupponga un'opera di 

produzione giuridica, non potrebbe essere rimessa all'interprete �. 

E sulla base dell'affermata natura di norme self-executing delle clausole 

dell'Accordo, ed in, particolare dell'art. Il, n. l, lett. b, � stato appunto escluso, 

com'� noto, che il diritto per i servizi amministrativi potesse essere riscosso 

all'importazione di prodotti compresi nelle liste di concessione e provenienti 

da Paesi aderenti al G.A.T.T. (Cass., sez. un., 21 maggio 1973, n. 1455). 

13. -La questione di principio va tuttavia nuovamente riproposta, anche 
. in ragione delle gravi conseguenze della segnalata divergenza di vedute, di 

un contrasto oltretutto rilevabile, come risulta dalle conclusioni presentate 

dall'avvocato gen. Mayras nelle cause 21-24/72 (Rass. Avv. Stato, 1974, I, 323), 

anche rispetto alle giurisdizioni degli altri Stati membri delle Comunit� europee. 

E poich� nei diritti e negli obblighi degli Stati membri � subentrata, anche 

per quanto concerne i rapporti con i singoli, la Comunit� economica europea 

(che sarebbe vincolata a rispettare una efficacia diretta ed immediata rico


nosciuta, nel 'nostro ordinamento, alle clausole del G.A.T.T.), non potrebbe 

escludersi, anzi, la necessit� di investire della questione la Corte di giustizia, 

specialmente quando si consideri che i poteri relativi alla politica tariffaria 

e commerciale sono stati trasferiti alle Istituzioni comunitarie e che l'eserci


zio di tali poteri, e quindi anche l'adempimento di eventuali obblighi non 

possono essere valutati se non nell'ambito dell'ordinamento comunitario (CAM


PLIUS, Ancora in tema di normativa G.A.T.T., in questa Rassegna, 1975, I, 992). 

Non occorre certo sottolineare, invero, gli inconvenienti che derivano dal 
considerare le norme del G.A.T.T. idonee, solo nel nostro .ordinamento, ad 
attribuire ai singoli diritti soggettivi, dal consentire cio�, in concreto, che solo 
nei confronti dello Stato italiano, e non degli altri Stati membri, possa pretendersi__ 
la restituzione di somme corrisposte per diritti e tributi dovuti in 
base a provvedimenti di diritto interno per ipotesi incompatibili con le clausole 
del G.AT.T.; e l'assurdit� di un differente criterio di valutazione nell'ambito 
comunitario risulta ancor pi� evidente quando si consideri il presupposto 
stesso delle pronunce della Corte di giustizia, il fatto cio� chec-la Comunit� � 



944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
internazionali pattizie), si tratta di leggi ordinarie, dotate della forza 
abrogante e della resistenza �he di esse sono proprie. Sotto il profilo dell'operativit� 
concreta e della effettiva creazione di diritti ed obblighi, le 
disp�sizioni pattizie operano nell'ordinamento tutti gli effetti di cui 
sono capaci, in rapporto al grado di compiutezza del precetto che esse 
contengono. Possono darsi, cos�, norme espressive di meri programmi, 
che abbisognano di una ulteriore attivit� di produzione giuridica (riservata 
al legislatore e non operabile dall'interprete) per essere attuate; e 
norme dalle quali scaturiscono direttamente comandi o divieti gi� di 
per s� attuali, senza necessit� di interventi di adeguamento, integrazi�ne, 
modificazione del tessuto normativo preesistente (norme c.d. self 
executing). Dalle une i singoli traggono soltanto aspettative o speranze, 
ovviamente non tutelabili in sede giurisdizionale; dalle altre ripetono, 
invece, diritti, dei quali possono pretendere il rispetto ad esigere la 
tutela, ricorrendo al giudice competente. 
subentrata ai singoli Stati membri nell'ambito dell'applicazione del G.A.T.T., 
le cui disposizioni sono per questo motivo vincolanti per la Comunit�. 

Del resto, le stesse considerazioni svolte dall'avv. gen. Mayras a proposito 
delle sentenze 6 luglio 1968, n. 2293 e 8 giugno 1972, n. 1773 della Corte 
di cassazione (loc. ult. cit.) evidenziano, in effetti, la sostanziale rilevanza del 
contrasto di soluzioni, sia perch� nessuna integrazione o precisazione delle 
norme dell'Accordo contiene la legge di ratifica, che possa aver mutata la 
loro portata solo programmatica (ed � ovvio, oltretutto, che anche gli altri 
Stati aderenti hanno con analoghe forme provveduto alla ratifica dell'Accordo), 
sia in quanto il principio della reciprocit�, che condiziona l'efficacia dell'Accordo 
negli stessi rapporti internazionali, esclude a priori che alle norme 
dell'Accordo possa essere attribuita, nel nostro ordinamento, una efficacia 
diversa da quella riconos9iuta negli ordinamenti degli altri Stati aderenti. 

N� pu� non essere considerato che se per effetto della sola ratifica dovessero 
le norme dell'Accordo ritenersi suscettibili di diretta ed immediata 
applicazione, nel senso affermato dalla Corte di cassazione, dovrebbe di conseguenza 
ritenersi, dato che la ratifica (o l'accettazione) costituisce requisito 
di efficacia dell'accordo e che senza la ratifica lo Stato italiano non sarebbe 
vincolato nemmeno nei rapporti internazionali, che la Comunit� economica 
europea, in quanto subentrata nei poteri e negli obblighi dei singoli Stati 
membri, avrebbe poteri diversi, per quanto concerne lo Stato italiano, da quelli 
che potrebbe invece esercitare quale � avente causa � degli altri Stati membri; 
con l'ulteriore conseguenza, perci�, che gli stessi regolamenti riconosciuti legittimi 
con le due sentenze sopra citate dovrebbero essere dichiarati invece 
invalidi, per quanto concerne i cittadini italiani, perch� incompatibili con i 
diritti soggettivi che in favore di tali cittadini sarebbero secondo la Corte 
di cassazione derivati, per effetto della sola legge di ratifica, dalle norme del 
G.A.T.T.: conclusione evidentemente inaccettabile, e che non potrebbe tuttavia 
evitarsi in ragione della sola efficacia �interna� della legge di ratifica (e 
quindi in base alla rilevanza, comunque, della normativa comunitaria), proprio 
perch� il vincolo dello Stafo, quel vincolo cio� nel quale � subentrata la Comunit�, 
deriva appunto dalla legge di ratifica, senza la quale, come s1 e accennato, 
lo Stato italiano non sarebbe impegnato nemmeno nei rapporti internazionali. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 945 

Ora, quando il contenuto della norma di origine pattizia si risolve 
in un divieto (in questo caso, nel divieto di imporre diritti doganali 
pi� elevati di qu�lli vigenti alla data dell'Accordo), � chiaro che, per 
attuarla, non occorre nessun ulteriore intervento del legislatore: il quale 
deve semplicemente limitarsi a non introdurre nuove imposizioni e a 
non inasprire quelle preesistenti. Si intende che l'elusione di quel divieto, 
cio� la modificazione peggiorativa del regime tributario previgente, � 
sempre possibile, non � illegittima all'interno dell'ordinamento e non � 
ovviabile da chi ne � colpito: posto che -come si � detto -il giudice, 
tra pi� disposizioni di pari rango tra loro incompatibili, � tem1:to 
ad applicare quella che, essendo stata emanata per ultima, esprime attualmente 
la volont� sovrana dello Stato, ancorch� in dissonanza con 
l'impegno internazionale. Ma, se questo accade, vuol dire che la norma 
pattizia � stata abrogata o derogata; e non autorizza in nessun modo 

Deve in definitiva escludersi, quindi, che alle norme del GA.T.T. possa 
attribuirsi, nell'ordinamento interno, un'efficacia diversa da quella ad esse 
riconosciuta nell'ambito comunitario; e l'assurdit� stessa delle conseguenze cui 
condurrebbe una differente soluzione induce a ritenere necessaria una verifica, 
quantomeno, della tesi secondo cui le norme del G.A.T.T. attribuirebbero ai 
cittadini italiani, e solo ai cittadini italiani, � il diritto di esigerne giudizialmente 
l'osservanza�. � 

14. -La validit� della soluzione adottata dalla Corte di giustizia delle 
Comunit� europee � confermata, del resto, anche dall'orientamento di tutti 
gli Stati aderenti all'Accordo, e dalla stessa prassi internazionale, dalla quale 
risulta che ad eliminare eventuali violazioni delle clausole del GA.T.T. � stato 
sempre provveduto, dai singoli Stati inadempienti, a mezzo di specifici provvedimenti 
di diritto interno. 
Alla definizione delle controversie insorte tra le Parti contraenti si provvede, 
invero, a mezzo di negoziati (ai quali intervengono ora, nel comune 
interesse degli Stati membri, anche i competenti organi delle Comunit� europee), 
e con invito allo Stato la cui normativa contempli misure contrarie ai 
principi della convenzione ad eliminare, con i necessari provvedimenti, la ravvisata 
incompatibilit�. 

L'Australia, il Brasile, la Grecia, la Francia, la Germania, l'Inghilterra, il 
Pakistan, la Svezia e gli altri Stati che sono stati in tali occasioni invitati 
ad abolire diritti dovuti, in base alla rispettiva legislazione interna, all'importazione 
di taluni prodotti, vi hanno infatti provveduto con apposite leggi 
(amplius, cfr.: FLORY, Le G.A.T.T., Paris, 1968, pag. 71 e segg.). 

All'Italia, in particolare, � stata, il 23 ottobre 1958, rivolta la raccomandazione 
(strumento tipico del meccanismo di conciliazione) � d'�liminer dans 
un d�lai raisonnable les effets dommageables, pour les importations des machines 
agricoles, des dispositions de la loi (27 juillet 1952) n. 949,, (op. ult. 
cit., pagg. 22 e 74); ed a tale raccomandazione l'Italia si � adeguata con la 
emanazione di specifica disposizione di legge (art. 18 della legge 2 giugno 
1961, n. 454). 

Anche a prescindere dalla flessibilit� propria delle clausole della Convenzione 
e dalla preventivata possibilit� di deroghe, � da notare, inoltre, che nemmeno 
gli stessi procedimenti contemplati per la soluzione di eventuali controversie 
(procedimenti che come sottolineava la Commissione delle Comunit� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la conclusione che essa, per la sua natura o per il suo contenuto, esprimesse 
un semplice indirizzo programmatico e non potesse essere invocata 
dal singolo interessato. Non si tratta, cio�, del contrasto tra una 
mera enunciazione programmatica ed un precetto, bens� del conflitto 
tra norma dotate di pari efficacia ed operativit�, che deve essere risolto 
in sede interpretativa, cogliendo l'esatta portata dell'una e dell'altra ed 
applicando il comando che, secondo le regole sulla successione delle leggi 
nel tempo, deve essere considerato attuale. Per tornare al nostro caso, 
insomma, si potr� dire che lo Stato ha violato il divieto contenuto nella 
norma pattizia; non che quest'ultima non avesse creato diritti suscettibili 
di tutela. 

La Corte di giustizia della CEE, nelle sentenze invocate dalla difesa 
della ricorrente, � effettivamente pervenuta a conclusioni opposte, ma ha 
affrontato il problema secondo un'ottica affatto diversa da quella sopra 

europee nelle cause 21-24/72 � non hanno carattere giurisdizionale, ma diplomatico 
�) potrebbero comunque garantire la effettiva osservanza delle norme 
pattuite e la mancata applicazione delle contrarie disposizioni di diritto interno. 
Nel caso in cui risultino applicate disposizioni contrarie ai principi dell'Accordo, 
infatti, lo Stato interessato pu� soltanto presentare le proprie rimostranze 
e fare proposte, che lo Stato inadempiente � esaminer� con spirito 
comprensivo �; e quando nessuna soluzione venga in concreto concordata, non 
altra possibilit� si offre allo Stato danneggiato se non quella di vedersi autorizzare 
dagli Stati aderenti, dopo le necessarie inchieste e consultazioni, e sempre 
che sia riconosciuta la gravit� della situazione, a non rispettare per un 
certo periodo di tempo i propri obblighi nei confronti della Parte inadempiente, 
e senz:;t alcuna possibilit� per i singoli operatori interessati di far 
valere direttamente, dinanzi ai propri giudici, i principi del Trattato (cfr. 
art. XXIIII; amplius, cfr. le conclusioni dell'avv. gen. Mayras nelle cause 
21-24/72, Zoe. cit., pag. 325). 

La portata stessa dell'Accordo, e la concorde linea di condotta delle parti 
aderenti confermano, quindi, che il provvedimento di ratifica non � idoneo, 
nella specie, ad attribuire ai singoli diritti soggettivi suscettibili di tutela 
giurisdizionale; ed � invero evidente che se una tale situazione soggettiva si 
fosse voluta invece preventivare, a mezzo dei provvedimenti di ratifica, in 
favore dei singoli operatori interessati (con possibilit�, quindi, di invocare 
direttamente la inapplicabilit� di norme interne ritenute in contrasto con le 
clausole dell'Accordo), nessuna necessit� si sarebbe ravvisata di sollecitare, da 
parte di . ciascuno Stato, l'abrogazione delle incompatibiti disposizioni di diritto 
interno. 

La validit� d� tale prospettiva � del resto ribadita, a contrario, dal diverso 
criterio adottato invece (in ragione della diretta ed immediata applicabilit� 
della normativa comunitaria) nell'ambito dell'ordinamento comunitario, 
nel quale la violazione delle disposizioni comunitarie viene com'� noto contestata, 
e proprio a proposito, in particolare, delle tasse ritenute di effetto 
equivalente ai dazi doganali, non con riferimento alle norme di diritto interno� 
che tali tasse eventualmente contemplino (da intendere abrogate dall'intervenuta 
contraria normativa comunitaria), ma per la riscossione, in concreto, 
di tali tasse (cfr. i dispositivi delle decisioni in argomento emesse dalla Corte 
di giustizia delle Comunit� europee). 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 947 

illustrata. Non ha, infatti, preso in esame le singole disposizioni, nel 
lor� specifico contenuto e con riguardo al loro grado di concretezza, 
bens� gli strumenti previsti dall'Accordo per la risoluzione delle eventuali 
controversie: i quali consistono in consultazioni, negoziati ed altre 
.misure di carattere diplomatico. E da ci� ha desunto che il G.A.T.T. �non 
attribuisce ai singoli cittadini della Comunit� il diritto di esigerne giudizialmente 
l'osservanza �. La questione dell'operativit� delle norme del 

G.A.T.T. per effetto della loro eventuale recezione all'interno di ciascun 
ordinamento statuale ed in rapporto alle peculiari conseguenze (che possono 
variare da ordinamento ad ordinamento) derivanti dallo strumento 
di ratifica di volta in volta usato, non risulta n� posta, n� affrontata 
nelle sentenze della Corte di giustizia. Ed � proprio in relazione a questo 
diverso angolo visuale e con esclusivo riguardo al nostro ordinamento, 
che questa Corte Suprema ha maturato il diverso convincimento 
15. � Per quanto concerne, in particolare, l'art. II del G.A.T.T., la possibilit� 
di considerare le disposizioni in esso contenute idonee ad una diretta 
ed immediata esplicazione di effetti deve escludersi, inoltre, sia in considerazione 
degli specifici provvedimenti che il legislatore nazionale ha ritenuto 
necessario adottare per la loro concreta attuazione (sintomatici, necessariamente, 
del fatto che lo stesso legislatore le ritenesse prive di diretta ed immediata 
efficacia), sia in ragione della valutazione comparativa da esse contemplate 
quanto ai limiti delle imposizioni consentite. 
Sotto il primo profilo, va tenuto presente che proprio per adeguare la 
legislazione interna ai principi del� G.A.T.T. fu ravvisata la necessit� di emanare, 
subito dopo la ratifica dell'Accordo (legge 5 aprile 1950, n. 295), la nuova 
tariffa dei dazi doganali (d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442) e la stessa legge 15 
giugno 1950, n. 330; ed anche l'art. 4 di tale legge, con il quale si ritenne necessario 
stabilire, con espressa disposizione legislativa, che fino all'entrata in 
vigore della nuova tariffa � l'ammontare complessivo dei dazi previsti dalla 
tariffa vigente e del diritto di licenza non potr� eccedere l'ammontare dei 
dazi convenzionati col protocollo anzidetto� (quello, cio�, di Annecy), risulterebbe 
evidentemente privo di concreto contenuto precettivo se alle clam!ole 
del G.A.T.T., e quindi anche alla lista XXVII, si dovesse attribuire diretta ed 
immediata efficacia per effetto della sola legge di ratifica. 

Quanto alla condizionante necessit�, comunque, di una individuazione legislativa 
delle imposizioni incompatibili con l'Accordo, � sufficiente considerare 
che ogni diversa soluzione condurrebbe ad affermare necessariamente, 
che ciascun funzionario doganale avrebbe dovuto autonomamente stabilire, 
disapplicando eventualmente precedenti disposizioni legislative, quali diritti 
non dovessero essere pi� riscossi perch� incompatibili con le clausole del 
G.A.T.T., e svolgere quindi, ciascuno di essi (e con risultati ovviamente variabili), 
una indagine la cui particolare difficolt� � stata evidenziata, in relazione 
ad analoghe ipotesi, nelle numerose controversie esaminate dalla Corte 
di giustizia delle Comunit� europee. 

16. -La soluzione adottata nella sentenza 21 maggio 1973, n. 1455, diversa 
da quella applicata dalla Corte di giustizia delle� Comunit� europee, dai giudici 
degli altri Stati membri, e da tutti gli altri Stati aderenti al G.A.T.T., 
si pone del resto in sostanziale ed inconciliabile contrasto con la stessa normativa 
comuntaria; e proprio da tale normativa � agevole desumere, invero, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATlJRA DELLO STATO

948 0 

sopra illustrato ed intende qui ribadirlo, non ravvisando alcun motivo 
per modificare o ripudiare le considerazioni svolte nelle tre sentenze del 
20 ottobre 1975. 

Resta da vedere se l'anzidetta divergenza da quanto ha affermato 
la Corte di giustizia, importi -come la ricorrente sostiene -l'obbligo 
di rimetterle la questione, a noFma dell'art. 177, comma terzo, del Trattato 
CEE o di uniformarsi a quanto quella Corte ha statuito. 

Anche a questo quesito deve darsi rispostc;t negativa. 

A parte il rilievo che il vero e proprio dictum di quelle sentenze 
consiste nell'affermazione della validit� dei regolamenti comunitari che 
le parti private avevano contestato, va sottolineato come -in quelle 

ulteriori elementi di valutazione utili a ribadire la impossibilit� di considerare 
le clausole del G.A.T.T. come norme self-executing. 

Ai fini in esame non pu� non essere considerato, infatti, che nello stesso 
trattato istitutivo della Comunit� economica europea le parti contraenti, pur 
essendo gi� tutte aderenti al G.A.T.T., hanno tuttavia avvertito la necessit� 
di programmare la progressiva abolizione, nei reciproci scambi commerciali, 
delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali (art. 13, n. 2), di porre 
cio� una norma che sarebbe stata invece evidentemente superflua se l'art. 
II del G.A.T.T. si fosse dovuto ritenere gi� direttamente applicabile, in forza 
dei provvedimenti di ratifica da ciascuno Stato aderente adottato, nell'intero 
territorio della Comunit� economica europea. 

Nell'ambito della soluzione adottata dalla Corte di cassazione, quindi, le 
norme dello stesso trattato CEE, ed anche quelle sul divieto delle tasse di 
effetto equivalente ai dazi doganali previste nei vari regolamenti emanati per 
la attuazione del mercato comune agricolo, dovrebbero considerarsi prive di 
effettivo contenuto; e la necessit� di una tale conclusione, evidentemente inaccettabile, 
non potrebbe oltretutto essere contestata per la riferibilit� dei divieti 

G.A.T.T. ai soli prodotti compresi nelle liste di concessione, essendo la rilevanza 
di tale deduzione esclusa dal semplice raffronto dei ptodotti compresi 
nelle liste 'di concessione con quelli considerati negli allegati al trattato istitutivo 
della Comunit� economica europea e nei vari regolamenti �comunitari 
sulle organizzazioni comuni dei mercati agricoli. 
Relativamente al diritto per i servizi amministrativi, va tenuto presente, 
inoltre, che nei rapporti con gli altri Stati membri della CEE (a parte la 
ipotesi, differentemente disciplinata, dei prodotti agricoli soggetti ad organizzazione 
comune dei mercati) l'applicazione del diritto per i servizi amministrativi 
� stata riconosciuta consentita, pur essendo tutti gli Stati membri 
aderenti al G.A.T.T., fino al 30 giugno 1968 (cfr.: direttiva della Commissione 
CEE 22 dicembre 1967, n. 31/68; Corte di giustizia, 18 novembre 1970, nella 
causa 8/70, Commissione CEE c. Repubblica italiana, Racc., 1970, 961; 17 dicembre 
1970, nella causa 33/70, SACE, Racc., 1970, 1213); ed anche la ipotesi, 
oltretutto alquanto inverosimile, imposta dalla differente soluzione in esame 
(quella, cio�, secondo cui l'abrogazione disposta con la legge 24 giugn� 1971, 

n. 447, si dovrebbe riferire alle sole importazioni di prodotti provenienti da 
P'aesi non aderenti al G.A.T.T.) risulterebbe evidentemente priva di senso per 
quanto concerne la direttiva emessa dalla Commissione CEE per la abolizione 
del diritto per i servizi amministrativi negli scambi intracomunitari, s� che 
dovrebbe in definitiva concludersi che anche tale direttiva sia stata inutiliter 
data e priva, comunque, di qualsiasi effetto. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 949 

cause -si trattasse di stabilire se dovesse prevalere una norma contenuta 
in un atto comunitario o un'altra norma, contenuta in un accordo 
internazionale. La questione era sorta davanti ad un giudice nazionale 
ed era stata portata davanti alla Corte di giustizia per scongiurare 
l'eventualit� che i vari giudici nazionali emettessero giudizi 
divergenti sulla validit� e la portata di norme del diritto comunitario, 
la cui interpretazione compete appunto alla Corte di giustizia. 

Nel nostro caso, invece, non viene in questione ri� la validit�, n� l'interpretazione 
di alcun atto o regolamento comunitario: dovendosi solo 
stabilire se alla fattispecie da decidere debba essere applicata l'una o 
l'altra di due norme, entrambe appartenenti al nostro ordinamento interno, 
anche se una di esse vi � stata immessa attraverso l'ordine di 

N� si comprende, invero, quale necessit� si sarebbe potuta ravvisare di 
disporre l'abolizione, negli scambi intracomunitari, del diritto per i servizi 
amministrativi (riconosciuto applicabile, oltretutto, fino al 30 giugno 1968), se 
la riscossione di tale diritto, in quanto incompatibile con l'art. II del G.A.T.T., 
si fosse dovuta considerare gi� vietata per effetto dei provvedimenti di ratifica 
dell'Accordo adottati da ciascuno Stato aderente. 

17. -Se anche potesse ammettersi una efficacia diretta ed immediata delle 
clausole del GA.T.T. (ed a tale soluzione sono di ostacolo, inoltre, sia la 
riconducibilit� del diritto per i servizi amministrativi tra le imposizioni di 
cui lo stesso Accordo consente la riscossione [cfr. artt. Il, n. 2 e VIII], sia 
la condizionante necessit�, comunque, di una individuazione legislativa delle 
imposizioni incompatibili con l'Accordo), la pretesa tributaria in discussione 
andrebbe del resto riconosciuta comunque legittima per l'autonoma e risolutiva 
rilevanza della legge 5 giugno 1950, n. 350, successiva alla legge di ratifica 
del GA.T.T. e le cui disposizioni, come � confermato anche dai lavori 
preparatori, non consentono dubbi sul proposito del legislatore (pur espressamente 
rivolto ad attuare le clausole dell'Accordo) di riferire il diritto in 
questione anche ai prodotti importati da Paesi aderenti al G.A.T.T. 
E .se pur � corretto tener presente, nell'interpretazione di una norma di 
incerto significato, il principio secondo cui deve presumersi che il� legislatore 
non abbia inteso venir meno agli impegni assunti in sede internazionale, � 
ovvio che il ricorso a tale criterio non potrebbe comunque far attribuire alla 
norma una portata diversa da quella che risulti invece voluta dal legislatore, 
specialmente quando, come nella specie, la norma risulti adottata nel dichiarato 
intento di ottemperare agli impegni assunti in sede internazionale, e sia 
soltanto ipotizzabile, perci�, un problema di merito (ovviament~ estraneo alla 
�ompetenza dell'interprete) sulla effettiva aderenza della norma agli impegni 
internazionali. 

18. -In argomento, com'� noto, le Sezioni unite della Corte di cassazione, 
dopo aver classificato il diritto per i servizi amministrativi fra i diritti doganali, 
ed aver escluso la comparabilit� di tale diritto, ai fini in esame, con 
il diritto di licenza soppresso con la stessa legge, hanno affermato che la 
legge 15 giugno 1950, n. 330 deve essere interpretata nel senso di escludere 
la riferibilit� del diritto per i servizi amministrativi alle importazioni di 
prodotti provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T., per la necessit� �di far 
leva sul criterio della interpretazione della legge in base alla generica presunzione 
che lo Stato non abbia inteso sottrarsi all'impegno internazionale �; 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO

950 

esecuzione di un accordo internazionale. Neppure la difes� dell'Amministrazione 
riesce ad indicare quale regolamento o quale atto comunitario 
verrebbe violato, coinvolto o, comunque, interpretato attraverso la conferma 
della deaisione impugnata e dell'indirizzo seguito da questa Corte: 

tant'� vero che preferisce pronosticare il prossimo riproporsi della questione 
� con specifico riferimento alla normativa comunitaria �. Se ci� 
avverr� in :futuro, si porr� peraltro un problema diverso, il cui esito 
possibile e probabile non pu� influenzare la soluzione di quello che 
deve essere risolto ora e nella presente fattispecie. 

Il rilievo secondo cui, dato che tutti i Paesi membri della CEE 
sono anche membri del G.A.T.T., la normativa dell'Accordo dovrebbe ormai 
considerarsi parte dell'ordinamento comunitario, � anche esso privo 
di fondamento. Come ha affermato anche la Corte di giustizia nelle 

ed a tale conclusione le Sezioni unite sono pervenute nella premessa che � il 
testo della legge non porge un chiarimento obiettivo ed insuperabile � (in un 
senso o nell'altro), ma escludendo la possibilit� di attribuire utile rilevanza 
ermeneutica ai lavori preparatori della legge. 

La rilevanza delle dichiarazioni del Ministro proponente e del relatore del 
diSegno di legge sulla conformit� del diritto per i servizi amministrativi alle 
clausole del G.A.T.T. � stata esclusa, in particolare, per essere tali dichiarazioni 
fondate sulla convinzione che il diritto in questione costituisse il corrispettivo 
di servizi resi, e quindi su premessa riconosciuta inesatta; ed anche le ulteriori 
argomentazioni in contrario desumibili dall'art. 4 della legge (sintomatico 
del proposito del legislatore di adeguare la legislazione interna all'impegno 
assunto in sede internazionale) sono state ritenute non risolutive, per 
essere l'indicata disposizione transitoria riferibile alla disciplina abolitiva del 
diritto di licenza e non a quella istitutiva del diritto per i servizi ammnistrativi. 

19. -Anche di tali valutazioni, peraltro, appare opportuna una verifica, 
:anche alla luce delle affermazioni di principio contenute nella pi� recente sentenza 
7 gennaio 1975, n. 10 delle Sezioni unite della Corte di cassazione;� e proprio 
tali affermazioni di principio, invero, inducono a ritenere doverosa una 
interpretazione della legge 15 giugno 1950, n. 330 diversa da quella adottata 
nella sopra riassunta decisione 21 maggio 1973, n. 1455. 
Con la sentenza 7 gennaio 1975, n. 10, invero, le Sezioni unite della Corte 
di cassazione, nel ribadire che i principi stabiliti dal G.A.T.T. vanno osservati 
� sempre che, naturalmente, l'interpretazione della singola fattispecie normativa 
-nel porre la quale lo Stato esercita la sua sovranit�, non compromessa 
:all'interno dalla pur recepita ma non prioritaria norma pattizia internazionale 
-non indichi una diversa volont� legislativa �, hanno sottolineato la 
�esigenza di aver riguardo, nella interpretazione di norme per ipotesi incompatibili 
con le clausole dell'Accordo, alla effettiva volont� del legislatore, e la 
impossibilit�, comunque, di attribuire alla norma, allo scopo di renderla coerente 
con tali clausole, una portata diversa da quella che risulti in .effetti 
voluta dal legislatore; ed a tale proposito hanno ribadito anche � che dei lavori 
preparatori deve tenersi conto ai. fini ermeneutici, per illuminare il significato 
<li singole disposizioni normative, quando essi non si sovrappongono ma si 
armonizzano con la volont� della legge, quale risulta obiettivata nel testo 
legislativo, e quale si desume dal significato proprio delle parole, dalla mens 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 951 

sentenze richiamate, il G.A.T.T. � ricompreso nella previsione dell'art. 234 
comma primo, del Trattato CEE, secondo cui � le disposizioni del presente 
trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni 
concluse -anteriormente all'entrata in vigore del trattato 
stesso -tra uno o pi� Stati membri, da una parte e uno o pi� Stati 
terzi, dall'altra�. Il G.A.T.T. �, dunque, un accordo esterno all'ordinamento 
comunitario e se anche lo pu� variamente influenzare, non per questo 
ne costituisce parte integrante. D'altronde, se fosse esatto l'assunto dell'Amministrazione 
e se le norme istitutive del diritto per i servizi amministrativi 
dovessero ritenersi applicabili anche alle merci provenienti 
dall'area del G.A.T.T., esse sarebbero addirittura costituzionalmente illegittime, 
proprio per la rilevanza riconosciuta all'ordinamento comunitario 
(cfr. la sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 1975). 

legis, dalla sua ratio e dal suo coordinamento con le altre norme del sistema 

nel quale viene ad inserirsi �. 

Le Sezioni unite hanno inoltre negato che in sede ermeneutica possa attribuirsi 
rilievo al fatto che una norma �ancorch� perequativa nelle intenzioni >>, 
si rilevi in concreto � discriminatoria nei risultati � (perch� � anche se ci� fosse 
vero si tratterebbe pur sempre di effetti ineluttabili della volizione normativa, 
ed ai quali perci� non potrebbe negarsi applicazione�), ed hanno espressamente 
escluso che possa procedersi, da parte dell'interprete, alla verifica o 
rettifica delle norme legislative o che il giudice possa � disapplicare o modificare 
una norma giuridica affermando che essa � sbagliata �. 

� A pensarla diversamente -hanno infatti precisato le Sezioni unite 


si dovrebbe accreditare l'inammissibile postulato che un precetto normativo, 

quale risulta chiaramente dalla lettera e dalla ratio legis, abbia forza vinco


lante solo se e nella misura in cui il risultato della sua applicazione coin


cida effettivamente e pienamente con la finalit� perseguita dal legislatore sulla 

base di una certa situazione (di fatto e di diritto) ritenuta esistente e come 

tale apprezzata: il che � quanto dire che se tale situazione non esisteva o 

fu male apprezzata, la legge non sarebbe applicabile o lo sarebbe solo per 

la parte che eventualmente residua dallo espunto errore. Enunciato, codesto, 

che non richiede una particolare dimostrazione, bastando qui ricordare che 

potere-dovere del giudice � di interpretare ed applicare fedelmente la legge, 

cui egli � soggetto (art. 101 Cost.), non rientrando fra i suoi compiti quello 

di completare l'opera del legislatore mediante la verifica, e se del caso, 

la rettifica, delle norme che questi ha posto in essere �. 

Le Sezioni unite hanno anche escluso l'ammissibilit� stessa di una indagine 
in sede giurisdizionale �circa l'esattezza o meno del presupposto del 
provvedimento legislativo �, quanto tale indagine sia stata compiuta in sede 
normativa, rilevando, anzi, che quando anche risulti ipotizzabile un errore 
�di valutazione del legislatore, � in tal caso il giudice, che un potere corret� 
tivo non ha neanche sugli atti di autonomia privata e a fortiori sugli atti di 
sovranit� statuale come la legge, non pu� di certo sovrapporre il suo giudizio 
a quello del legislatore, al fine di emendare il supposto errore e rendere pi� 
congruo il precetto, ma questo deve applicare secondo il comando ivi espresso�. 

Con riferimento alla nota: questione sull'aliquota I.G.E. applicabile ai cotoni 

importati, infine, le Sezioni unite hanno in particolare precisato che quan


d'anche potesse ammettersi che nell'art. 9 del d.l. 2 luglio 1969, n. 319, che ha 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quanto all'utilizzazione dei criteri enunciati da questa Corte nella 
sentenza n. 10 del 1975, va subito detto che essi non giovano in nessun 
modo alla tesi sostenuta dalla ricorrente, anche a prescindere dall'irriducibile 
differenza esistente tra le norme della cui interpretazione si tratta. 

Nel caso risolto con la sentenza n. 10 del 1975, veniva in questione 
l'art. 5 della legge n. 267 del 1958, che stabiliva la riduzione (dal 6 al 4 
per cento) dell'aliquota dell'I.G.E. per il cotone depurato da semi, di 
produzione nazionale. Nonostante la dizione testuale della norma, si sosteneva 
che la riduzione dovesse essere applicata anche al cotone importato 
dai Paesi aderenti al G.A.T.T., grazie alla clausola del � trattamento 
nazionale�, contenuta nell'art. IV n. 2 dell'Accordo e dato che Ja sperequazione 
in danno del cotone nazionale (che il legislatore aveva ritenuto 
sussistente ed alla quale aveva inteso rimediare) in realt� non 
sussisteva. Fu affermato in quell'occasione che, essendo univoco il precetto 
espresso dalla norma, essa non poteva essere applicata al cotone 

abrogato l'art. 5, secondo comma, della legge 21 marzo 1958, n. 267, sia insito 
il riconoscimento della sperequazione in danno del cotone importato cui l'abrogata 
norma avrebbe in ipotesi dato luogo per tutto il tempo in cui rest� in 
vigore, � non altra conseguenza verrebbe a trarsi dalla successione delle due 
leggi se non questa: che il trattamento fiscale differenziato, disposto e voluto 
dalla prima (n. 267 del 1958), venne a cessare .solo allorch� questa fu abrogata 
dalla seconda legge (n. 478 del 1969); la quale, invero, in tanto pu� dirsi che� 
abbia eliminato l'asserita sperequazione in quanto evidentemente si riconosca 
che questa gi� esisteva ed operava con pienezza di effetti che al giudice non 
era dato di rimuovere o correggere, poich� altrimenti non sarebbe statQc 
necessario ricorrere all'intervento abrogativo del legislatore >>. 

� con riguardo a tali affermazioni di principio che si profila la necessit� 
di un riesame della questione, che deve verificarsi cio�, tenuta anche presente� 
la legge 24 giugno 1971, n. 447, se il legislatore, nel porre la legge 15 giugno 
1950, n. 330, abbia avuto la �intenzione� (art. 12 disp. prel. cod. civ.) di 
escludere l'applicabilit� del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti 
delle liste di concessione importati dai Paesi aderenti al G.A.T.T.; e tale 
indagine non pu� invero risolversi che in senso negativo, proprio perch� ogni 
differente soluzione comporterebbe, necessariamente, quel sindacato di merito 
e quella verifica di cui le Sezioni un~te della Corte di cassazione hanno motivatamente 
escluso la stessa ammissibilit�. 

20.� Ai fini della proposta indagine, occorre tener presente, anzitutto, che 
non solo alla data del G.A.T.T. e dei relativi protocolli di adesione e di emendamento, 
ma ancora nel 1957 (epoca cio� del trattato istitutivo della� Comunit� 
economica europea), il concetto stesso di tassa di effetto equivalente ai dazi 
doganali veniva considerato solo per ragioni di comprensibile cautela, senza 
che di esso fosse chiara e definita la portata alle stesse Parti contraenti, e 
con impreciso e generico riferimento ai dazi doganali (amplius, cfr.: MURATORI, 
Sulla nozione di � tassa di effetto equivalente� ai dazi doganali, Dir. prat. trib., 
1970, Il, 958 e segg.; VENTURI, in Commentario del Trattato e.E.E., 1965, I, 
pagg. 95-101); ed � sintomatico che ancora nell'accordo di associazione tra la 
Comunit� e la Grecia si sia ritenuto necessario precisare che i prelievi non 
potevano essgre considerati come tasse di effetto equivalente ai dazi doganali" 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 953 

estero, perch� l'apprezzamento, eventualmente erroneo, che l'aveva originata 
non era n� sindacabile, n� emendabile da parte del giudice. 

Nel nostro caso viene, invece, in questione una norma che, istituendo 
il diritto per i servizi amministrativi puramente e semplicem�nte sulle 
merci importate, senza alcuna specificazione, non � affatto univoca nel 
senso di assoggettare al tributo anche alle merci provenienti dall'area 
G.A.T.T., specialmente se si considera che la legge � pressoch� contemporanea 
a quella che reca l'ordine di esecuzione dell'Accordo e che � difficile 
supporre una volont� dello Stato di violare quel patto al quale 
aveva appena dato riconoscimento. Va, dunque, utilizzato il criterio interpretativo 
per cui si deve presumere, in mancanza di ostacoli testuali, 
che, ponendo una norma, lo Stato abbia inteso rispettare, piuttosto che 
violare, gli impegni internazionali. La circostanza che, secondo quanto 
risulta dai lavori preparatori, il legislatore ritenesse (a torto) compa


e che nella recente istruttoria della causa comunitaria 37/73 la stessa Commissione 
delle Comunit� europee abbia rilevato che la espressione potrebbe 
riferirsi, nei pi� recenti regolamenti, ad eventuali tasse �comunitarie � di 
effetto equivalente ai dazi doganali. 

Nello stesso ambito dell'ordinamento comunitario, del resto, alla � progressiva
� abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali si sarebbe 
dovuto provvedere, ai sensi dell'art. 13, n. 2, del trattato di Roma, � ad opera� 
degli Stati membri, �durante il periodo transitorio�, e secondo un �ritmo� determinato 
dalla Commissione della Comunit� economica europea con direttive 
ispirate �alle norme previste dall'art. 14, paragrafi 2 e 3 ed alle direttive del 
Consiglio in applicazione del citato paragrafo 2 �. 

� noto, peraltro, che � stata la stessa Commissione a provvedere in concreto 
alla individuazione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, con 
analitico esame delle imposizioni segnalate dai vari Stati membri in risposta ad 
uno specifico questionario; cos� com'� noto che a tale concreta individuazione 
� stato in effetti provveduto anche a prescindere dalle segnalazioni fornite dagli 
Stati membri, per essere le risposte al questionario risultate condizionate dalle 
variabili valutazioni proprie delle competenti autorit� degli Stati membri, tanto 
che per non poche contestazioni al riguardo � stato necessario far ricorso alla 
Corte di giustizia delle Comunit� europee. 

Tale individuazione, anche se sono state finora valutate oltre 470 fattispecie, 
e pur essendo il periodo transitorio terminato da vari anni, non � stato oltretutto 
ancora completata (com'� risultato, in particolare, nella istruttoria della 
causa 37/73), ed � stata anzi appena iniziata relativamente alle tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali riscossi dai nuovi Stati membri delle Comunit� europee, 
per tasse, cio�, che non avrebbero nemmeno ragione di essere se l'art. II 
del G.A.T.T. fosse di diretta ed immediata applicabilit�, e se potesse la sua 
osservanza prescindere da specifici provvedimenti legislativi di ciascuno Stato 
aderente all'Accordo. 

Per quanto concerne, in particolare, il diritto per i serv1z1 amministrativi, 
la possibilit� stessa di qualificare tale diritto come tassa di effetto equivalente 
ai dazi doganali venne espressamente esclusa, sette anni dopo la ratifica del 
G.A.T.T., nelle relazioni alla legge di ratifica del trattato istitutivo della Comunit� 
economica europea (cfr., in particolare, Relazione della Commissione 
speciale del Senato, Atti Senato, II Leg-islatura, doc. n. 2107-A; Relazione Bat




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

954 

tibile con l'Accordo l'introduzione del nuovo tributo, e intendesse perci� 
applicarlo anche alle merci di provenienza G.A.T.T., non pu� affatto 
valere come argomento risolutivo per l'adozione di una interpretazione 
conforme a quell'intento. Proprio alla luce dei principi espressi nella 
sentenza n. 10 del 1975, infatti, va ribadito che ogni legge deve essere 
interpretata secondo la sua effettiva portata; che l'intenzione perseguita 
dal legislatore vale nella misura in cui si � effettivamente trasfusa ed 
oggettivata nella norma; e che valorizzare come criterio interpretativo 
la convinzione risultante dai lavori preparatori, di cui parla la ricorrente, 
significherebbe, per l'appunto, operare quella rettifica diretta a 
rendere la legge conforme ai convincimenti di chi l'ha dettata, che la 
sentenza n. 10 del 1975 ha escluso possa essere fatta dal giudice. 

Infondato, infine, � anche il terzo motivo del ricorso, con cui si lamenta 
che la Corte di Palermo abbia applicato l'art. II del G.A.T.T. ad una 

tista per la maggioranza, La legisl. it., 1957, I, Il,� 964, pagg. 2262-2263); ed ancora 
nel 1962, data di entrata in vigore dei primi regolamenti comunitari sulla organizzazione 
comune dei mercati agricoli (che contemplano, come si � gi� sopra 
accennato, il divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali), 
era normalmente escluso, in dottrina, che il diritto per i servizi amministrativi 
potesse essere considerato tassa di effetto equivalente ai dazi doganali. 

Gli stessi esperti della Commissione CEE, inoltre, ritennero di non aver 
rilievi da muovere alla riscossione del diritto per i servizi amministrativi, in 
occasione di due visite espressamente effettuate in Italia; ed � certo che l'ammontare 
del diritto in questione non � stato considerato n� ai fini di cui all'art. 14 
del trattato di Roma, n� nell'applicazione del criterio stabilito in taluni regolamenti 
comunitari per la determinazione del prelievo applicabile; cos� com'� 
noto che ancora nel giudizio promosso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunit� 
europee le competenti autorit� italiane ebbero a contestare che al 
diritto per i servizi amministrativi potesse attribuirsi natura di tassa di effetto 
equivalente ai dazi doganali. 

Tali precedenti rendono evidente, in definitiva, che nemmeno si sospettava, 
alla data di emanazione della legge 15 giugno 1950, n. 330, che il diritto per i 
diritti amministrativi potesse qualificarsi come tassa di effetto equivalente ai dazi 
doganali, e non si poteva nemmeno avvertire, quindi, la necessit� di escluderne 
l'applicabilit�, in base a tale qualificazione, ai prodotti importati dai Paesi aderenti 
al G.A.T.T.; ed � ovvio che attribuire invece tale �intenzione� al legislatore 
del 1950 significherebbe falsare del tutto la portata del provvedimento, e far 
opera di creazione, e non di interpretazione del diritto, proprio perch� la effettiva 
volont� del legislatore (oltretutto confermata, necessariamente, dalla legge 24 
giugno 1971, n. 447) non pu� essere individuata, senza alterarne la portata, in 
base ad una qualificazione sopravvenuta circa venti anni dopo l'epoca di formazione 
della legge. 

21. -La validit� e rilevanza, addirittura intuitive, di tali considerazioni 
sono confermate, del resto, dalla origine stessa dell'imposizione del diritto per 
i servizi amministrativi, che concorre a ribadire l'espresso proposito di riferire 
l'applicabilit� del diritto a tutti i prodotti importati dall'estero, e quindi anche 
a quelli provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T. 
La nozione stessa di diritto per i servizi amministrativi (prima ignota al 
diritto doganale interno) � stata infatti mutuata dal legislatore, alla lettera, pro




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 955 

merce (nave armata) non compresa nella lista XXVII allegata all'Accordo. 
Quello elenco, infatti, � stat.o sostituito dalla lista XL (c.d. lista 
comune) applicabile tanto ai Paesi G.A.T.T., quanto a quelli CEE, nella 
quale (cap. 89) � compreso ogni tipo di nave. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -1. Il ricorso principale della Banca e quello incidentale 
del Ministero vanno riuniti, perch� rivolti contro la medesima sentenza. 

2. La questione proposta dai ricorsi cos� riuniti � duplice: a) se, con 
riferimento alla specie, le partite di cotone sodo importato, della cui sottoposizione 
all'I.G.E. si discute, siano, con riguardo ai Paesi di provenienza, 
comprese nel potenziale ambito di applicabilit� dell'Accordo generale 
sulle tariffe doganali e sul commercio (G.A.T.T.: General Agreement 
on Tariffs and Trade); b) quale in linea di principio, sia l'aliquota I.G.E. 
prio dall'art. II, n. 2, del G.A.T.T., secondo cui � Aucune disposition du pr�sent 
article n'emp�chera une partie contractante de percevoir � tout moment, � 
l'importation d'un produit quelconque: ... c) des redevances ou autre droit proportionnels 
au coi�t des services rendus � (da limitare, ai sensi dell'art. VIII 
dell'Accordo, � au coi�t approximatif des services rendus �). 

Potrebbe discutersi -ora -sulla riconducibilit� del diritto per i servizi 
amministrativi disciplinato dalla leg.ge 15 giugno 1950, n. 330 nella categoria dei 
� droits proportionnels aut coi�t des services rendus � espressamente consentiti 
dal G.A.T.T.; e nemmeno pu� assumersi, oltretutto, che una tale indagine dovrebbe 
necessariamente risolversi in senso negativo, specialmente quando si consideri 
che la diversa qualificazione di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali 
� intervenuta nella diversa prospettiva dell'ordinamento comunitario, in 
relazione a differenti norme e finalit�, e nell'ambito di un sistema nel quale 
non risulta espressamente contemplata l'ammissibilit� di � droits proportionnels 
au coi�t des services rendus ~>. 

Certo �, comunque, che il legislatore del 1950, nel sostituire il diritto di 
licenza (riconosciuto incompatibile con gli impegni assunti in. sede internazionale) 
con il meno gravoso diritto per i servizi amministrativi ha inteso proprio 
riferirsi ai diritti per i servizi consentiti dagli artt. II e VIII del G.A.T.T., 
ha voluto cio� istituire l'imposizione proprio in ragione della ritenuta sua compatibilit� 
con le clausole del G.A.T.T.; ed � ovvio, perci�, che nessun motivo 
aveva di escluderne l'applicabilit� ai prodotti importati dai Paesi aderenti all'Accordo. 


Che poi possa discutersi, a tale proposito, di un errore di valutazione del 
legislatore, � naturalmente questione estranea al compito dell'interprete, proprio 
perch� � in tal caso il giudice, che un potere correttivo non ha neanche sugli 
atti di autonomia privata e a fortiori sugli atti di sovranit� statuale come la 
legge, non pu� di certo sovrapporre il suo giudizio a quello del legislatore, al 
fine di emendare il supposto errore e rendere pi� congruo il precetto, ma questo 
deve applicare secondo il comando ivi espresso,, (Cass. 7 gennaio 1975, n. 10, 
Rass. Avv. Stato, 1975, I, 88). 

22. -L'applicabilit� del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti importati 
dai Paesi aderenti al G.A.T.T. � ribadita inoltre, e senza possibilit� di 

956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dovuta per le importazioni di cotone sodo proveniente dall'area del 

G.A.T.T., effettuate, come quelle .di cui � causa, nella vigenza della leg


ge 21 marzo 1958, n. 267, che per il cotone sodo di produzione nazionale 

riduce al 4 % l'aliquota gi� fissata nella misura del 6 % dalla 1. 12 ago


sto 1957, n. 757, per quello di produzione sia nazionale che estera. 

Al primo quesito, la Corte di merito ha dato risposta affermativa, 

ritenendo sufficiente per la operativit� delle norme G.A.T.T. la provenien


za delle merci da Paesi aderenti, nella specie, la Turchia e gli Stati 

Uniti d'America. 

Quanto al secondo quesito, ha ritenuto non applicabile l'aliquota 

ridotta del 4% in base ad un iter motivo articolato fondamentalmente 

nelle seguenti proposizioni: 

a) l'ordine di esecuzione sia del Protocollo di Annecy del 10 otto


bre 1949, concernente l'adesione dell'Italia al trattato G.A.T.T., sia dei 

success1v1 Protocolli di emendamento adottati a Ginevra nel marzo 1955, 

impartito rispettivamente con leggi n. 295 del 5 aprile 1950 e n. 1307 

dubbi, dai lavori preparatori della legge 15 giugno 1950, n. 330, coerenti ed uni


voci in tal senso. 

Gi� nella relazione del ministro proponente, invero, veniva espressamente 

precisato, dopo essersi rilevata la incompatibilit� del diritto di licenza con 

l'art. VIII, n. 1, del G.A.T.T. e la necessit�, quindi, di disporne l'abrogazione, che 

((in sostituzione viene proposta la imposizione sulle merci importate dall'estero 

di un diritto per i servizi amministrativi che, nella aliquota ridotta dello 0,50 

per cento -compatibile quindi con gli obblighi internazionali di cui sopra 


� inteso a reintegrare l'Erario della spesa che sostiene per i servizi relativi alle 

importazioni� (Atti della Camera dei deputati, II Legislatura, doc. n. 1283). 

� Gli stessi accordi consentono per� -rilevava inoltre il relatore alla Ca


mera -che sulle merci importate o esportate siano imposti dei diritti intesi 

a compensare l'amministrazione delle spese dei suoi servizi; e di questa facolta 

si avvale lo Stato per istituire, con l'articolo 2 del disegno di legge in esame, 

un modesto "diritto per i servizi amministrativi", che, stabilito nell'aliquota dello 

0,50 per cento del valore, si rende compatibile con gli obblighi internazionali 

suindicati� (Atti della Giunta per i trattati e la legislazione doganale, seduta 

del 26 maggio 1950, pag. 25). , 

Lo stesso relatore si rendeva poi promotore della norma transitoria di cui 

all'art. 4 della legge, per evitare che fino all'entrata in vigore della legge, pre. 
vista in coincidenza con l'entrata in vigore della nuova tariffa dei dazi, le 
merci comprese nelle liste di concessione continuassero ad essere gravate dal 
diritto di licenza (il che conferma, come si � accennato, che la sola ratifica 
del G.A.T.T. non era a tal fine sufficiente); ed anche dal dibattito relativo a tale 
proposta risultano elementi utili a confermare la univoca intenzione del legislatore 
di assoggettare al diritto per i servizi amministrativi anche i prodotti 

compresi nelle liste di concessione (doc. ult. cit., pag. 27). 

Alla proposta di eliminare dal testo della norma transitoria la parola � tut


tavia �, infatti, il ministro proponente si opponeva, insistendo perch� il termine, 

� anche se non molto elegante �, fosse conservato per sottolineare che s'inten 

deva porre soltanto una �eccezione� (limitata al periodo transitorio) alla rc"


gola generale. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 957 

del 7 novembre 1957, comprende -pur con la riserva � stand-still � 
limitativa della recezione nella misura della compatibilit� della norma 
internazionale pattizia con l'ordinamento nazionale in quel momento esistente 
-anche la parte II del Trattato e quindi l'art. III n. 2 (poi 
divenuto art. I, n. 2), che sancisce la regola della parit� tributaria tra 
prodotto nazionale e prodotto estero provenie_nte dall'area del G.A.T.T. 
per effetto della quale � al secondo assicurato, all'interno di ciascuno 
degli Stati aderenti, un trattamento fiscale non deteriore rispetto a quello 
riservato al primo; 

b) trattandosi di norma dotata di sufficiente precisione, la regola 
suddetta � stata dall'ordine di esecuzione inserita nell'ordinamento in� 
terno con efficacia immediatamente precettiva; 

' e) anche l'I.G.E. c.d. all'importazione, di cui all'art. 17 della legge 
istitutiva, rientra nell'ambito di previsione della clausola di parit�; 

d) la parit� voluta dalla clausola va riferita non ai singoli tributi 
-ed alle singole aliquote, ma al carico fiscale complessivo gravante sul 
prodotto nazionale; 

Risulta poi considerato, dallo stesso ministro, che in base alla predisposta 
norma transitoria si sarebbe avuto per le merci comprese nelle liste di concessione, 
fino all'entrata in vigore della nuova tariffa doganale, un trattamento 
pitt favorevole di quello previsto dall'Accordo internazionale, in quanto il diritto 
per i servizi amministrativi sarebbe entrato in vigore soltanto in coincidenza 
con l'entrata in vigore della nuova tariffa doganale, e fino a tale data, 
quindi, le merci convenzionate non sarebbero state soggette n� al diritto di 
licenza n� al sostitutivo diritto per i servizi amministrativi. 

� Con il testo che abbiamo approvato _,__ rilevava in argomento il ministro 
proponente -nel mese di giugno avremo questa situazione: le merci che hanno, 
per il protocollo di Annecy, un dazio inferiore all'incidenza attuale del dazio pi� 
il diritto di licenza, non pagano il diritto di cui all'art. 2, perch� questo entra in 
vigore soltanto con l'entrata in vigore dei dazi doganali; pagheranno questo diritto 
a partire dal r luglio in avanti. Questo riguarda soprattutto le merci totalmente 
esenti dal dazio, e la cui esenzione � stata consolidata dagli accordi di 
Annecy. Con la norma che aobiamo fissato, per tutto il mese di giugno non 
pagheranno il diritto dello 0,50 per cento�. 

Il ministro aggiungeva, inoltre, che si era anche pensato di proporre una 
norma in virt� della quale il diritto per i servizi amministrativi potesse " entrare 
in vigore immediatamente � per i prodotti compresi nelle liste di con� 
<::essione (e ci� per evitare l'inconveniente prima segnalato), ma che ci si aste� 
neva dal proporla perch� � ne verrebbe fuori una norma piuttosto complessa 
e difficile a concretare �; e precisava che � soltanto per questa ragione formale 
il Governo si � arrestato di fronte all'opportunit� del pagamento dello 0,50 per 
cento per queste merci� durante il periodo transitorio, pur dando atto che per 
i prodotti compresi nelle liste di concessione si sarebbe verificato che gli impor� 
tatori � avranno questo 0,50 per cento di favore in giugno, rispetto agli importatori 
del mese di luglio �. 

Queste -considerazioni venivano condivise ed accettate da tutta la Commis


sione; ed il fatto stesso, invero, che si sia tanto discusso sul fatto che per il 

periodo di un mese i prodotti compresi nelle liste di concessione non avrebbero 

pagato il diritto per i servizi amministrativi (la cui entrata in vigore era pre� 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATDRA DEU.0 STATO

958 

e) alla stregua di tale interpretazione, la riduzione dell'aliquota al 
4 %, disposta dalla legge n. 267 del 1958 per il prodotto nazionale, non 
si estende, per il tramite della clausola di parit� tributaria, al prodotto 
estero di provenienza G.A.T.T., che resta quindi soggetto all'aliquota del 
6 % fissata dalla precedente legge n. 757 del 1957, in quanto la differenza 
a favore del primo � destinata a compensare le tassazioni su di 
esso incidenti in occasione dei passaggi che, prima della sgranatura, 
subisce allo stato di cotone in semi; passaggi non inferiori quanto meno 
a due, ciascuno colpito con l'aliquota dell' 1 % (donde: 1 + 1 + 4 = 6). 

3. Con l'unico motivo del ricorso principale, articolato in due distinte 
censure, la Banca ha investito, con riferimento al secondo quesito, 
le proposizioni motive sub (d) e sub (e), ed ha inoltre, in sede di memoria 
e di discussione orale, sollevato varie questioni di (il)legittimit� 
costituzionale in relazione all'eventuale conferma della interpretazione 
del dato normativo in senso ad essa sfavorevole. 
vista, come si � accennato, in coincidenza con l'entrata in vigore della nuova 
tariffa dei dazi) costituisce ovviamente una ulteriore riprova del proposito del 
legislatore di assoggettare anche tali prodotti al diritto per i servizi amministrativi, 
tanto pi� che tale trattamento di favore fu per tale limitato periodo consentito, 
nonostante fosse riconosciuto non giustificato, soltanto per le ragioni 
di or.dine pratico segnalate dal Governo. 

23. � Le risultanze dei lavori preparatori nessun dubbio consentono, in de� 
finitiva, sulla interpretazione da dare alla legge 15 giugno 1950, n. 330; ed anche 
in ordine al manifestato proposito di sostituire il diritto per i servizi amministrativi 
al soppresso diritto di licenza, oltretutto, nessun sindacato sarebbe in 
sede di interpretazione ammesso, specialmente quando si consideri che il diritto 
di licenza veniva nel 1950 pacificamente applicato e riscosso, e che la volont� 
del legislatore non potrebbe essere individuata, senza necessariamente forzarla, 
sulla base dei principi affermati in sede giurisdizionale, circa quindici anni dopo, 
a proposito della limitata applicabilit� del diritto di licenza: rilievo, questo, che 
renderebbe in ogni caso rilevante la favorevole e preclusiva comparazione di 
oneri contemplata dalla sopra riprodotta disposizione dell'art. Il, n. 1, del 
G.A.T.T. 
� significativo, del resto, che nella richiamata sentenza 2 maggio 1973, 
n. 1455 non si � contestata l'inequivoca portata dei lavori preparatori, quale 
del resto risulta, innegabilmente, dalle sopra commentate relazioni e discussioni 
parlamentari. 
� la stessa rilevanza di tali lavori preparatori, infatti, che �� stata in quella 
occasione esclusa, per essere tali lavori condizionati dalla convinzione che la 
istituzione del diritto per i servizi amministrativi fosse rivolta a compensare 
l'Amministrazione delle spese dei suoi servizi e consentita dall'art. VIII del 
G.A.T.T., e quindi fondati su premessa erronea. 

� Nella specie -veniva invero rilevato -l'opinione espressa dal Ministro 
proponente e dal relatore del disegno di legge alla Camera dei deputati (circa 
la conformit� dell'istituendo diritto alla normativa dell'Accordo G.A.T.T.) parte 
dalla premessa -di cui si � gi� dimostrata l'infondatezza -che si sarebbe trat� 
tato di un diritto inteso a compensare l'Amministrazione delle spese dei suoi 
servizi e si rif� all'art. VIII dell'Accordo (che la classificazione, qui accolta, del 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 959 

Dal canto suo l'Amministrazione del Tesoro, con il terzo motivo, ha 
censurato la soluzione data dalla Corte di merito al primo quesito (quello 
di specie); in relazione al secondo (quello di principio) ha, poi, cen, 
surato con il primo motivo la proposizione motiva sub (b), sostenendo 
la natura imprecisa e quindi la non precettivit� della regola sulla parit� 
tributaria; infine ha proposto con il secondo mezzo una tesi assorbente 
della proposizione motiva sub (e), deducendo che l'adeguatezza della differenza 
di aliquote al fine di perequare il carico tributario complessivo 
dei due prodotti sarebbe stata autoritativamente valutata una volta per 
tutte dal legislatore e non sarebbe quindi suscettibile di verifica caso 
per caso da parte del giudice. 

4. In relazione alle censure rispettivamente ricordate per prima e 
per ultima (terzo e secondo motivo), il ricorso incidentale dell'Amministrazione 
�, come tale, inammissibile, ivi proponendosi tesi giuridiche 
preliminari rispetto a quella posta dalla Corte di merito a fondamento 
diritto per i servizi amministrativi tra i diritti doganali rende estraneo alla 
materia controversa) �. 

Tale motivazione risulta peraltro in sostanziale contrasto con le afferma� 
zioni di principio enunciate nella pi� recente decisione 7 gennaio 1975, n. 10, 
in quanto si risolve, nella sostanza, in un sindacato sulle intenzioni del legislatore 
ed in un tentativo di ovviare ai suoi supposti errori di valutazione. 

Pu� anche ammettersi, invero, che � non si pu� attribuire importanza decisiva 
alle opinioni personali di coloro che parteciparono all'elaborazione della 
legge, se queste non trovino corrispondenza nel testo legislativo �. 

Quando per� risulti, come nella specie per le considerazioni sopra svolte, 
che non altra � intenzione � � possibile attribuire al legislatore se non quella 
espressa nei lavori parlamentari, quando cio� la ratio e la portata del provvedimento 
legislativo siano comunque evidenziate indipendentemente dai lavori 
preparatori, ed i propositi in tale sede manifestati risultino a tale ratio e portata 
aderenti, non � possibile invece, evidentemente, negare rilevanza ermeneutica 
concorrente a tali lavori preparatori solo perch� sia nelle relative valutazioni 
evidenziato, ad avviso dell'interprete, un eventuale errore del legislatore. 

Con tale criterio, invero, si perverrebbe proprio a quel sindacato di merito 
che nella recente decisione sopra richiamata � stato riconosciuto inammissibile 
in sede di interpretazione della norma di legge, ed a quella verifica e rettifica 
di cui � stata in via di principio esclusa l'ammissibilit�. 

24. -L'applicazione del diritto per i servizi amministrativi anche ai prodotti 
compresi nelle liste di concessione � ribadita, infine, dalla legge 24 giugno 1971, 
n. 447, che ha espressamente disposto l'abrogazione del diritto per i servizi 
amministrativi, dal 1� luglio 1968 per quanto concerne gli scambi intracomunitan 
e dall'entrata in vigore della legge per gli scambi con i Paesi terzi. 
Nella sentenza del 1973 � stato affermato, a tale proposito, che l'abolizione 
con tale legge disposta non potrebbe che riferirsi ai contenuti limiti di persi� 
stente applicabilit� dell'imposizione (e quindi ai soli rapporti con gli Stati non 
aderenti al G.A.T.T.); e ci� rilevandosi che �per vero, al momento della ratifica 
del trattato di Roma (legge 14 ottobre 1957, n. 1203) il diritto per i servizi am� 
ministrativi era gi� in vigore, sicch� i problemi della sua applicazione non pos




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della decisione, ma egualmente conducenti al dispositivo di rigetto nel merito 
della domanda della Banca, volta a recuperare le somme pagate 
oltre l'aliquota del 4 % assertivamente applicabile. 

Ci� non toglie, tuttavia, che le tesi cos� proposte debbano egualmente 
essere prese in esame, al fine dell'eventuale correzione della motivazione 
ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c. 

Lo stesso ricorso � invece ammissibile in relazione all'altra censura 
(primo motivo), che, se fondata, condurrebbe alla dichiarazione di improponibilit� 
assoluta (e non di mero rigetto nel merito) della domanda 
per astratta inconf�gurabilit� nell'ordinamento interno della situazione 
soggettiva azionata. 

Nell'ordine logico-giuridico delle questioni cos� sollevate dai due 
ricorsi, quest'ultima certamente assume rilevanza pregiudiziale. Ad essa 
segue la questione oggetto del terzo motivo dell'Amministrazione (inapplicabilit� 
nella specie della clausola G.A.T.T., per difetto della condi-

sono essere impostati nell'identico modo in relazione al predetto trattato ed 
all'Accordo GA.T.T. �. 

Secondo tale interpretazione, quindi, il diritto per i servizi amministrativi 
non sarebbe stato mai dovuto per i prodotti compresi nelle liste di concessione 
importati dai Paesi aderenti al GA.T.T., e sarebbe stato abolito con decorrenza 
dal 1� luglio 1968 per i prodotti importati dagli Stati membri della Comunit� 
economica europea e dalla entrata in vigore della legge per i prodotti importati 
dagli Stati non aderenti al G.A.T.T. 

Rimane da spiegare per�, tenendosi presente che di due interpretazioni per 
ipotesi possibili deve ovviamente prevalere quella secondo la cui norma abbia 
una sua effettiva portata ed un concreto contenuto, quale necessit� poteva mai 
ricorrere di abolire il diritto per i servizi amministrativi negli scambi intracomunitari 
(ed a decorrere dal 1� luglio 1968), se tutti gli Stati membri della Comunit� 
economica europea avevano aderito al G.A.T.T. gi� vari anni prima del 
trattato di Roma. 

25. -In definitiva, e secondo lo stesso criterio enunciato nella sentenza 7 gennaio 
1975, n. 10, deve riconoscersi che la � intenzione � del legislatore di riferire 
l'applicabilit� del diritto per i servizi amministrativi anche ai prodotti elencati 
nelle liste di concessione del G.A.T.T. �emerge con certezza dal risultato convergente 
dell'interpretazione letterale, logica e teleologica �; 
a) letterale, perch� la norma � formulata con specifico ed esclusivo rife


rimento alle �merci importate dall'estero>>, ed in un contesto nel quale risul


tano espressamente considerate, ad altro fine, � le merci comprese nella tabella 

XXVII ann�ssa al protocollo di Annecy �; 

b) logica, perch� una diversa soluzione, oltre a rendere priva di senso, 

per buona parte, la legge di abrogazione 24 giugno 1971, n. 447, e la stessa nor


mativa comunitaria in argomento intervenuta, � condizionata alla qualificazione 

del diritto per i servizi amministrativi come tassa di effetto equivalente ai dazi 

doganali, e cio� ad una qualificazione espressamente esclusa ancora nelle rela


zioni alla legge di ratifica del trattato di Roma, e della quale si � cominciato 

a discutere circa venti anni dopo la formazione della legge; 

c) teleologica, perch� ii preciso proposito del legislatore, espressamente manifestato 
nelle relazioni al disegno di legge e nelle discussioni parlamentari, era 


PARTE I, SEZ. TI, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 961 

zione di reciprocit�); quindi quella oggetto del primo profilo dell'unico 
motivo svolto dalla Banca (contenuto e portata della regola circa la 
parit� tributaria); poi quella sollevata dal secondo motivo dell'Amministrazione 
(insuscettibilit� di correzione, in sede applicativa, della valutazione 
legislativa circa la adeguatezza della differenza del 2 % rispetto 
al fine di ottenere la parit� tributaria fra prodotto nazionale e prodotto 
estero); poi, ancora, quella posta con il secondo profilo della censura 
dedotta dalla Banca (in ordine alla correttezza e comunque alla giustificazione 
motiva dell'apprezzamento in concreto circa la corrispondenza 
della differenza di aliquota al diverso carico fiscale effettivo dei due 
prodotti). Vengono infine i profili di incostituzionalit�. 

All'esame delle varie questioni secondo l'ordine cos� precisato occorre 
ora passare, peraltro subito avvertendo che rispetto a molte di esse la 
giurisprudenza di questa Corte Suprema ha ormai raggiunto soluzioni 
consolidatesi attraverso una serie di arresti conformi, ai risultati dei 
quali sar� quindi sufficiente fare in questa sede sommario richiamo, nella 
misura in cui non siano dalle parti offerti stimolanti spunti per il riesame. 


appunto quello di istituire una nuova imposizione compatibile con gli impegni 
assunti in sede internazionale, e la cui stessa nozione, anzi, veniva mutuata dagli 
artt. II e VIII del G.A.T.T. 

Ed � quindi evidente che il rapporto ravvisato tra le leggi 21 marzo 1958, 

n. 267 ed il d.l. 2 luglio 1969, n. 319, e le conseguenze che le Sezioni unite della 
Corte di cassazione ne hanno fatto derivare non possono negarsi anche per 
quanto concerne le leggi 15 giugno 1950, n. 330 e 24 giugno 1971, n. 447. 
:E;. evidente, cio�, che se anche dovesse ammettersi che il legislatore abbia 
errato nel presupporre la compatibilit� dell'istituendo diritto per i diritti ammi� 
nistrativi con gli impegni assunti in sede internazionale, e se pur dovesse ri 
conoscersi, di conseguenza, che la istituzione del diritto per i servizi amministrativi 
sia stata disposta in violazione degli impegni assunti con l'adesione al 
G.A.T.T., "non altra conseguenza verrebbe a trarsi dalla successione delle due 
leggi se non questa: che il trattamento disposto dalla prima venne a cessare 
solo allorch� questa fu abrogata dalla seconda legge: la quale, invero, in tante 
pu� dirsi che abbia eliminato l'asserita sperequazione in quanto evidentemente 
si riconosca che questa gi� esisteva ed operava con pienezza di effetti che al 
giudice non era dato di rimuovere o correggere, poich� altrimenti non sarebbe 
stato necessario ricorrere all'intervento abrogativo del legislatore�. 

26. -Le questioni esaminate nei primi due motivi di ricorso sono state proposte, 
evidentemente, nel meditato proposito di investire nuovamente le Sezioni 
unite delle questioni di principio concernenti la efficacia del G.A.T.T. nel diritto 
interno e la portata della legge 15 giugno 1950, n. 330; e la opportunit�, quan� 
tomeno, di tale riesame appare oltretutto confermata, per quanto concerne la 
seconda delle due questioni indicate, dai principi enunciati dalle stesse Sezioni 
unite nella recente sentenza 7 gennaio 1975, n. 10. 
Ad evidenziare la censurabilit� della decisione impugnata con il presente 
ricorso � invero sufficiente� (ma lo si deduce solo in via subordinata) denunciarne 
il manifesto contrasto con gli stessi principi di diritto che pur si assu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

962 

5. Ci� vale in primo luogo per il problema se la clausola di parit� 
tributaria sia stata inserita, ed a quale livello operativo, nell'ordinamento 
giuridico interno. 
Gi� con la prima sentenza a sezione semplice n. 2293 del 6 luglio 
1968, e poi con le successive sentenze a S.U., proprio in tema di I.G.E. 

sul cotone sodo, 17 aprile 1972, n. 1196, 8 giugno 1972, n. 1771 e 7 gennaio 
1975, n. 10, nonch� 8 giugno 1972, n. 1773 e 4 gennaio 1975, n. 2, in 
tema di acqueviti, 20 ottobre 1975, n. 3403, in tema di medicinali, questa 
Corte Suprema ha affermato che con l'ordine di esecuzione impartito 
dalle leggi n. 295 del 1950 e n. 1307 del 1957 la clausola G.A.T.T. sulla 
parit� tributaria � st.ata inserita nell'ordinarp.ento giuridico nazionale 
come norma produttiva di effetti a livello di rapporti intersoggettivi 
e quindi attrib1;1tiva di diritti tutelabili in sede giurisdizionale, precisandone 
la operativit� nel senso che in forza di essa il prodotto estero di 
provenienza G.A.T.T. non pu� ricevere un trattamento fiscale meno favorevole 
di quello fissato per il prodotto nazionale similare, con l'effetto 
che ogni disposizione tributaria pi� favorevole dettata per quest'ultimo 
reagisce automaticamente sul trattamento tributario del primo nella 
misura necessaria affinch� la parit� sia realizzata. Sicch� soltanto in 
presenza di una volont� legislativa contraria all'operare di tale meccanismo 
di adeguamento, la estensione dal prodotto nazionale al prodotto 
estero di una data disposizione di favore dettata per il primo pu� essere 

mono applicati, e la omessa motivazione, comunque, circa un punto decisivo 
della controversia. 

Nell'affermare la diretta ed immediata efficacia normativa dell'art. II dcl 

G.A.T.T. e la inapplicabilit� del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti 
importati dai Paesi aderenti all'Accordo, i giudici di appello sembrano non aver 
considerato, infatti, che i principi dei quali hanno inteso far applicazione si. 
riferiscono solo ai prodotti compresi nelle liste di concessione, ed in particolare, 
per quanto concerne l'Italia, nella lista XXVII. 
Si sarebbe dovuto perci� verificare se la nave armata alla quale si riferisce 
l'imposizione di cui si discute sia o no compresa nell'elenco della lista XXVII; 
e se a tale indagine avessero i giudici di appello provveduto non avrebbero certo 
omesso di rilevare che la lista XXVII non contempla le navi armate ma soltanto. 
per quanto concerne la Navigation maritime et fluviale (capitolo LXXXIX), i rimorchiatori 
di potenza sino. a 700 CV non pontati (n. 1240 b) ed i battelli per 
la navigazione a rimorchio e per servizi interni nei porti, nelle rade, nei laghi, 
fiumi, canali e fossi navigabili, con le specificate distinzioni (n. 1241). 

E poich� l'indicata violazione di legge ed il denunciato vizio di attivit� sono 
stati evidentemente determinanti ai fini della decisione adottata in ordine alla 
legittimit� della pretesa in discussione, non pu� negarsi che la impugnata sentenza, 
anche se dovesse essere per ipotesi esclusa la fondatezza dei primi due 
motivi di ricorso (ovviamente assorbenti e pregiudiziali), andrebbe comunque 
cassata per violazione di legge e per omessa motivazione circa un punto �.ecisivo 
della controversia. -(Omissis). 

A. M. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

dall'interprete esclusa. Le indubbie difficolt� connesse alla individuazione 
in concreto sia del limite di compatibilit�, sia della misura in cui la 
estensione deve operare, non privano la regola cennata dei necessari 
predicati di precisione e di completezza, e quindi non ne pregiudicano 
la immediata precettivit�, ma si traducono in normali problemi di 
interpretazione, risolubili con gli usuali strumenti ermeneutici idonei ad 
individuare il precetto contenuto nella norma in t�l guisa data dall'ordinamento 
giuridico. 

Nella sentenza n. 3403 del 1975, questa Corte si � data carico anche 
nel diverso orientamento adottato di recente dalla Corte di Giustizia 
delle Comunit� Economiche Europee, rilevandone la inidoneit� a giustificare 
un mutamento della propria giurisprudenza, e con la sentenza 
emessa sul ricorso proposto dalla medesima Amministrazione delle Finanze 
contro la Marsud-Compagnia di navigazione p.a., deciso contemporaneamente 
alla deliberazione della presente causa, ha con puntuale motivazione, 
che qui basta quindi richiamare, ulteriormente illustrato le 
ragioni della conferma del precedente suo indirizzo e della estraneit� 
al caso, malgrado il rilevato contrasto, del meccanismo di rimessione 
alla Corte di Giustizia previsto dall'art. 177 del Trattato di Roma. 

6. Altrettanto consolidato nella giurisprudenza di queste S.U. � il principio, 
secondo il quale per l'applicabilit� delle norme G.A.T.T. non si 
richiede alcun particolare accertamento circa la osservanza della condizione 
di reciprocit� nel Paese di provenienza del prodotto importato, 
essendo sufficiente sotto tale riguardo la certezza che trattisi di Paese 
aderente. Ci� sul rilievo (sentenze n. 1771 del 1972 e n. 10 del 1975) che 
la cennata condizione di reciprocit� non � richiesta ai fini dell'applicazione 
del Trattato nello Stato italiano, una volta che questo, con l'ordine 
di esecuzione, ha recepito e inserito le convenzioni nel proprio sistema 
normativo, senza subordinarne l'efficacia ad ulteriori adempimenti da 
parte degli altri Stati aderenti. E nella specie � fuori contestazione 
che Turchia e Stati Uniti d'America, Paesi di provenienza del cotone 
de quo, abbiano aderito al Trattato. 
7. Non meno ferma, a partire dalla prima -in ordine di tempo delle 
sentenze emesse sul punto da queste Sezioni Unite, � la individuazione 
del significato preciso, nel quale la regola della parit� tributaria, 
del cui inserimento nell'ordinamento interno con piena efficacia 
precettiva nei rapporti intersoggettivi si � gi� discorso, deve essere intesa: 
cio� la individuazione del modo, nel quale essa opera nell'ordinamento. 
Rifiutando l'originario significato di regola ispirata ad un criterio 

c.d. � atomistic0 � della parit� fiscale, e cio� riferita a ciascun tributo, 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

964 

a ciascuna aliquota, a ciascun beneficio isolatamente considerati, attribuitole 
dalla sentenza della I Sezione n. 2293 del 1968, le successive sentenze 
delle S.U. hanno stabilito doversi la parit� imposta dalla clausola 
intendere in senso � globale >>, cio� come eguaglianza del complessivo 
carico fiscale che, indipendentemente dalla identit� o diversit� della 
singola aliquota, grava nell'insieme sul prodotto nazionale e sul corrispondente 
prodotto straniero, in guisa da realizzare per entrambi, ma 
solo nel risultato finale, una eguaglianza sostanziale di trattamento tributario. 
Cos� che, in definitiva, il parametro di riferimento della valutazione 
comparativa, alla stregua della quale l'interprete -in base alla 
regola della parit� -deve individuare il trattamento tributario del prodotto 
estero di provenienza G.A.T.T., � offerto dal �costo fiscale� del 
similare prodotto nazionale, risultante dal coacervo delle varie � tasse 

o altre imposizioni interne� che si scontano lungo l'intero ciclo economico, 
dalla fase (iniziale) dell'acquisto e lavorazione della materia prima, 
alla fase (finale) dello scambio del prodotto finito, avuto riguardo alla 
normalit� delle operazioni economiche ed al concetto di � media � secondo 
l'id quod plerumque accidit (sentenza n. 10 del 1975). Ferma rimanendo, 
peraltro, la irrilevanza, agli effetti della comparazione, dei tributi 
che il prodotto estero abbia gi� scontato nel Paese di provenienza, 
trattandosi di prelievi, appunto, non interni allo Stato importatore, ma 
estranei ed esterni ad esso. 

Alla revisione di questo orientamento -ampiamente e diffusamente 
motivato nei ricordati arresti in base ad una attenta e dettagliata interpretazione 
letterale e logica della norma ed attraverso la verifica della 
perfetta coincidenza dei suoi risultati con quelli attinti dalla Corte di 
Giustizia e.E.E. con riferimento alla corrispondente disposizione (art. 95) 
del Trattato di Roma -dovrebbero condurre, secondo la Banca ricorrente, 
indicazioni ermenutiche offerte. sia dagli organi G.A.T.T., sia dalla 
pi� recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, sia infine dallo stesso 
legislatore nazionale. 

Nessuna di tali indicazioni � per� sufficientemente concludente nel 

senso auspicato dalla ricorrente principale. 

Non lo � la prima, atteso in generale il valore certamente non vincolante, 
nell'ordinamento interno, dei contributi ermeneutici periodicamente 
elaborati dagli organi amministrativi del G.A.T.T., istituzionalmente 
non dotati di poteri in materia, e cosiderato, comunque, che il testo 
cui la Banca si richiama (� Index analitique; Troisi�me revision -Mars 
1970 ~ Notes sur la redaction, l'interpr�tation et l'application des articles 
de l'Accord g�n�ral �, ove -p. 21 -nell'esplicare che le tasse sui 
prodotti importati possono essere aumentate se egualmente lo sono 
quelle sui prodotti nazionali, si precisa essere necessario � que la taxe 
soit la meme � per i due prodotti) non offre indicazioni inequivocamente 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

contrarie a quelle risultanti dalla lettura dell'Accordo, sottolineata nelle 
precedenti sentenze, non potendosi escludere l'uso in senso collettivo 
della sua formulazione al singolare (taxe ... meme). 

Ancora meno probanti sono gli elementi offerti dalla giurisprudenza 
della Corte di Giustizia, con la sentenza 20 febbraio 1973 nella causa 
54/72 in punto di interpretazione dell'art. 95 del Trattato C.E.E. -avente 
formulazione identica, come si � detto, alla norma G.A.T.T. in esame essendo 
il riferimento alla � aliquota� ed all'� imponibile �, entrambi al 
singolare, contenuto nella motivazione affatto congruo al problema della 
doppia tassazione (mediante lo sdoppiamento dell'unica operazione in 
due fasi distinte) ivi esaminato, e non potendosi quindi esso intendere 
come il segno di un mutamento rispetto all'indirizzo precedente, nettamente 
affermativo, secondo quanto gi� sottolineato, della interpretazione 
in senso globale della regola sulla parit� tributaria. 

N�, infine, in senso favorevole alla tesi della Banca pu� utilmente 
argomentarsi dai lavori preparatori della 1. 1 agosto 1969, n. 478. Perch� 
se da essi, effettivamente, traspare -come fra breve pi� diffusamente 
si vedr� -il convincimento dei compilatori circa la portata � atomistica 
� della regola sulla parit� tributaria, d� nulla pu� rilevare sul 
piano interpretativo della norma G.A.T.T., specie considerando la probabile 
dipendenza di quel convincimento dall'orientamento adottato, proprio 
nei mesi immediatamente precedenti, da questa Corte Suprema con 
la -citata sentenza n. 2293, resa nel luglio 1968, dalla I Sezione, ma poi 
ripudiato dalla giurisprudenza successiva. 

8. Come si � gi� avuto occasione di sottolineare, tutte le precedenti 
sentenze, postulando in principio il valore meramente ordinario della 
legge con cui � impartito l'ordine di esecuzione nello Stato di un Trat� 
tato internazionale, ammettono che anche la regola della parit� tributaria 
dettata dagli accordi G.A.T.T. e recepita con le leggi n. 295 del 1950 
e n. 1307 del 1957 possa essere validamente ed efficacemente derogata dal 
legislatore. Ammettono, cio�, che il meccanismo -attraverso il quale il 
trattamento. fiscale del prodotto estero di provenienza G.A.T.T. si adegua 
per regola generale al pi� favorevole trattamento riservato al prodotto 
,iazionale nella misura necessaria ad assicurare la parit� tributaria, in 
senso complessivo e globale, delle due categorie suddette -pu� essere 
impedito di operare in via di specifica deroga, ogni qualvolta il legislatore 
statuisca che una data disposizione debba valere soltanto per il prodotto 
nazionale. Onde di volta in volta deve l'interprete chiedersi se la 
specifica fattispecie legale propostagli osservi, oppur no, la regola della 
~arit� tributaria, con l'avvertenza peraltro che siffatta indagine ermeneutica 
deve ispirarsi al principio secondo il quale � da presumersi che 
il legisfator~ abbia statuito in conformit� degli obblighi internazionali, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e quindi in guisa dal lasciare operare la regola stessa, anzich� in modo 
da derogarvi. 
La giurisprudenza si � invece divisa nell'applicazione di quest'ultimo 
principio alla materia delle importazioni di cotone nella vigenza della 

1. 21 marzo 1958, n. 267. 
A parte la. prima sentenza a sezione semplice n. 2293 del 1968, che, 
sul presupposto della parit� in senso atomistico, ritiene la minore aliquota 
del 4 % -da tale 1. n. 267 del 1958 fissata per il prodotto nazionale 
in riduzione di quella maggiore, 6 %, stabilita dalla 1. 12 agosto 1957 

n. 757, sia per il prodotto nazionale che per quello estero -estensivamente 
applicabile anche al cotone sodo proveniente dall'area G.A.T.T., 
la giurisprudenza successiva delle S.U., che, ripudiato quel presupposto 
ed accettato il concetto della parit� in senso globale, � tornata sull'argomento, 
ha riconosciuto -s� -all'unisono che la riduzione era stata 
dettata direttamente solo per il prodotto nazionale, al fine (non di favorirlo, 
ma) di eliminare la sperequazione a suo danno verificatasi in 
dipendenza della citata legge precedente n. 757 del 1957; si � per� poi 
divaricata in sede di ulteriore svolgimento del principio. 
Infatti le prime sentenze (Cass. nn. 1196 e 1171 del 1972) hanno ritenuto, 
in ossequio alla presunzione di conformit� dell'ordinamento interno 
a quello internazionale pattizio, che la legge del 1958 lasciava spazio al� 
l'interprete per accertare in concreto la misura dei carichi fiscali rispet� 
tivamente gravanti sulle due categorie -nazionale e estera -di pro� 
dotto e per verificare la corrispondenza al divario reale fra queste esistente 
della differenza di aliquote fissata dal legislatore, con il conseguente 
potere-dovere del giudice di dichiarare dovuto sul prodotto estero solo 
quel quid pluris, rispettQ all'aliquota fissata per il prodotto nazionale, 
necessario per realizzare la parit� tributaria (ovviamente intesa in senso 
globale). 

Invece le sentenze pi� recenti (Cass. nn. 10, e in termini analoghi per 
i medicinali, 3403 del 1975) hanno ritenuto la incondizionata e definitiva 
vincolativit� della valutazione compiuta dal legislatore circa la diversificazione 
da introdurre fra le rispettive aliquote per perequare il trattamento 
fiscale del prodotto nazionale a quello straniero, altrimenti favorito, 
e quindi hanno negato al giudice il Potere di rivedere il computo 
attraverso la comparazione in concreto dei due carichi tributari complessivi. 


Quest'ultimo indirizzo -invocato dall'Amministrazione nel secondo 
motivo del ricorso incidentale, mentre la Banca si richiama al precedente, 
in linea subordinata alla tesi principale dell'applicazione diretta e piena 
al prodotto importato dell'aliquota fissata per il nazionale -le Sezioni 
Unite giudicano di dover ribadire, alla luce di un attento riesame del 
dato normativo, dal quale risulta la piena rispondenza dell'indirizzo stesso 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

al precetto dettato con l'art. 5 della I. n. 267 del 1958, apprezzato nel contesto 
dei suoi nessi funzionali e storici con la legge precedente n. 757 
del 1957 e con la legge successiva n. 478 del 1969, quali inequivocabilmente 
emergono dai rispettivi lavori preparatori. 

9. Nel quadro di una iniziativa volta a favorire il settore tessile mediante 
la introduzione in esso, quanto all'imposta I.G.E. del sistema di 
tassazione una tantum in luogo di quello normale � a cascata �, la I. n. 757 
del 1957 fissava aliquote c.d. condensate per gli atti di commercio aventi 
ad oggetto le � materie prime � e i � prodotti semilavorati e finiti dell'industria 
tessile�, rispettivamente menzionati nelle tre tabelle -A, B, C allegate 
alla legge stessa (art. 1). Quanto in particolare alle �materie 
prime tessili indicate nella tabella allegato A�, l'I.G.E. era fissata nella 
misura del 6% (comma l, prima parte) sia �per i prodotti nazionali� 
(comma 1, lett. a), che �per i prodotti provenienti dall'estero� (comma 
1, lett. b). 
�. stato sostenuto in dottrina -e la Banca ricorrente qui ripete che 
la tassazione condensata cos� istituita avrebbe �colpito, quanto al 
c.otone, sia quello �in massa>>, sgranato e depurato dai semi, sia quello 
� in seme �, Con la conseguenza che un maggiore aggravio globale per 
quello nazionale sgranato, dipendente dalla incidenza su di esso anche 
delle tassazioni �a cascata� gravanti sui passaggi precedente del cotone 
in seme, non sarebbe stato in principio ravvisabile. 

Ora, non si nega che taluni passi dei lavori preparatori possano apparire 
indicativi della presenza di siffatta �opinione in alcuni dei compilatori 
(parere della IX Commissione permanente, in: Senato -II Legislatura 
-V Commissione in sede deliberante, pp. 2374-2375, dove la 
proposta della riduzione dal 6% al 4% per il cotone nazionale per essere 
questo, a differenza dell'altro, venduto in seme, potrebbe significare che 
si riteneva soggetta all'aliquota anche, appunto, il cotone in seme). Per�, 
la lettura della tabella � A �, cui il testo articolato rinvia, esclude de iure 
condito la possibilit� dell'interpretazione proposta, u�:ta volta che in detta 
tabella � menzionata la voce doganale � 662-Cotone in massa� e non anche 
quella � 110-1-semi di cotone�..Del che puntuale conferma autentica si 
ricava dal testo del successivo d.I. 2 luglio 1969 n. 319, poi convertito con 
modifiche nella I. 1 agosto 1969 n. 478, che all'art. 9, comrria 2 -nel 
riferirsi alla � imposta assolta sul cotone in massa depurato dai semi, ai 
sensi dell'art. 2 della I. 12 agosto 1957 n. 757 � per dirla assorbita da � quella 
che sarebbe dovuta per la vendita del cotone greggio non ancora depurato 
dai semi (cotone in semi)� -univocamente attesta come l'aliquota 
condensata del citato art. 2 I. n. 757 del 1957 concernesse unicamente il 
cotone sgranato (e sulla identificazione con questo cotone di quello denominato 
�in massa�, cfr. pure le risultanze univoche dei lavori p:repa


lO 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ratori della citata 1. n.'478 del 1969: ad esempio, Camera -V Legislatura stampato 
1659, Relazione ministeriale sul disegno per la conversione 
del d.l. 2 luglio 1969 n. 319, p. 3; idem, Relazione della VI Commissione 
permanente, stampato numero 1659-A, p. 5; Camera, V Legislatura, Discussioni 
in aula, p. 9715, intervento Perdon�; Senato, V Legislatura, Assemblea, 
p. 8805, relatore Martinelli). 

Se cos� �, non si vede come possa negarsi che l'identit� dell'aliquota 
condensata prevista per tale tipo di cotone, tanto se nazionale quanto 
se importato, si risolvesse per il primo, in raffronto al secondo, nel maggiore 
aggravio correlato alle tassazioni a cascata dei precedenti passaggi 
del cotone in seme, ciascuno colpito con l'aliquota ordinaria del 3% non 
rientrando il cotone in seme tra i prodotti agevolati dalla 1. 23 dicembre 
1950 n. 1019 (sul punto cfr. la relazione al disegno di legge n. 2564 della 
Camera, II Legislatura, poi divenuto 1. n. 575 del 1957, p. 1; nonch� i ripetuti 
riferimenti a tale tassazione originaria del cotone in seme, contenuti 
nei lavori preparatori sia della 1. n. 267 del 1958: Senato, II Legislatura, 
V Commissione in sede deliberante, Relatore Spagnolli, p. 3209; sia della 

1. n. 478 del 1969: Camera, V Legislatura, stampato n. 1659, relazione al 
disegno di conversione d.l. n. 319 del 1969, p. 1; Camera, V Legislatura, Discussioni 
in aula, intervento Perdon�, p. 9715). 
Non vale obiettare che la disciplina sull'imposta di conguaglio dettata 
dalla 1. 31 luglio 1954 n. 570 e relative tabelle approvate con d.P.R. 14 agosto 
1954 n. 676, con l'assoggettare alla speciale imposizione (intesa proprio 
a perequare gli oneri tributari indiretti gravanti sui prodotti nazionali 
rispetto a quelli importati) il � cotone idrofilo � della sottovoce (ex)622-b 
e non anche (ex)662-a � cotone in massa: greggio �, starebbe a dimostrare 
che il diritto positivo disconosceva la incidenza (indiretta) della tassazione 
del cotone in seme sul � costo tributario � del cotone sgranato greggio. 
In primo luogo, infatti, resterebbe da dimostrare quanto non abbia inciso 
su questa conformazione della disciplina generale dell'imposta di conguaglio, 
dichiaratamente riferita ai soli �prodotti industriali� (art. 1, 
cit. 1. n. 570 del 1954), la qualificazione del cotone sgranato come prodotto, 
appunto, non anco:a industriale, ma agricolo. In ogni caso, poi, la 
indubbia incidenza economica sul costo globale del cotone greggio del 
tributo pagato dal cotone in semi nei passaggi anteriori alla sgranatura 
ed a questa conducenti ben potrebbe avere formato oggetto da parte 
del legislatore speciale di una positiva, anche se in tesi diversa da quella 
generale, valutazione di rilevanza sul piano giuridico. E che tale rilevanza 
sia stata dallo stesso legislatore del 1957 avvertita, pur se poi immotivatamente 
negletta, risulta in termini inequivocabili dai lavori preparatori. 

Nel disegno di legge originario (Camera, Legislatura II, stampato 

n. 2564) la condensazione dell'I.G.E. nel settore tessile era congegnata in 
modo affatto diverso da quello poi tradotto nella 1. n. 757 del 1957, perch� 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

limitata in quel disegno (a parte talune disposizioni complementari per 
i filati) ai soli � prodotti tessili finiti �, cio� ai � tessuti � (ivi, relazione al 
disegno di legge, p. 2; art. 1 e ss.; tabella all. �A�). Nel corso della discussione, 
peraltro, il meccanismo fu profondamente modificato, essendosi 
preferita alla tassazione incardinata su un unico momento la tassazione 
articolata in due momenti, identificati -per la preferenza accordata 
all'emendamento Berloffa rispetto all'emendamento Tosi -negli 
atti di commercio della �materia prima� e dei �prodotti semilavorati 
e finiti� (cfr. Camera, Legislatura II, Commissioni in sede legislativa, 
IV Commissione, p. 1422 e ss., p. 1443, p. 1464). Di conseguenza, il sistema 
�di compensazione predisposto nel disegno governativo per ovviare al maggiore 
onere gravante sul prodotto nazionale mediante il rinvio alla speciale 
imposta di conguaglio -previsto, per tutti i prodotti originariamente 
considerati nel disegno stesso dall'art. 2, comma 1, seconda proposizione, 
ultima parte, e ribadito anche per i casi di entrata non imponibile 
dall'art. 4, comma 4 -�diventava insufficiente, come il ministro 
Andreotti avvertiva gi� in occasione ?ella presentazione dell'emendamento 
Berloffa (ivi, p. 1445). Ci� malgrado, nella successiva elaborazione 
della legge il vuoto cos� apertosi non veniva, per le materie prime, colmato, 
avendo la Camera approvato (ivi, 1471) un art. 2-bis (poi 4, nel testo 
coordinato trasmesso al Senato: cfr. Senato, Legislatura II, stampato 

n. 1930) rinviante soltanto alle (nuove) tabelle B e C, e non anche alla 
(nuova) tabella A, relativa appunto alle materie prime, fra cui la voce 
� 662-Cotone in massa� (ivi, p. 1477); Di tale carenza, nella successiva 
discussione al Senato, si mostr� pienamente avvertito il ;ministro Andreotti, 
testualmente dichiarando � ... si sono dimenticati alla Camera, 
nel trambusto della formulazione del nuovo testo, la determinazione dell'imposta 
di conguaglio per le materie prime tessili... � (Senato, Legislatura 
II, V Commissione in sede deliberante, pp. 2376-2377) e preannunciando 
emendamenti per bocca del Presidente della Commissione (ivi, 
p. 2377). La circostanza che la disposizione sull'imposta di conguaglio sia 
poi passata, invece, nel testo approvato dalla Camera, assume in questo 
contesto, e specialmente nel silenzio serbato sul punto dai successivi 
lavori parlamentari anche in sede di riesame da parte della Camera di 
altri emendamenti apportati dal Senato (Camera, II Legislatura, Commissioni 
in sede legislativa, IV Commissione, p. 1643 e ss.), il significato 
di una mera dimenticanza, e come tale non contrasta, ma anzi conferma 
e spiega l'effetto sperequativo prodotto dalla 1. n. 757 del 1957. 
10. La sperequazione cos� provocata in danno del cotone sgranato nazionale 
dalla identit� della aliquota condensata, statuita senza tenere conto 
della incidenza sul costo fiscale complessivo delle tassazioni relative ai 
precedenti passaggi del cotone in semi, � il presupposto, obiettivamente 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

certo ed esistente, dal quale consapevolmente e correttamente muove il 

legislatore del 1958. 

La l. n. 267 del 1958 nasce come proposta Brusasca (Camera, Legislatura 
II, Documenti, stampato n. 3459) con il limitato scopo di ritoccare 
il regime della condensazione in tema di materie prime impiegate nella 
produzione di cappelli. Ma successivamente il relatore Vicentini faceva 
proprio un pi� ampio ed articolato testo predisposto dal governo al fine 
di rimuovere � dubbi � e di eliminare � inconvenienti e... sperequazioni ,, 
verificatisi in sede , di applicazione della I. n. 757 del 1957 (Camera, Legislatura 
II, Commissioni in sede legislativa, IV Commissione, p. 2022). 
In questo pi� ampio testo era compreso l'art. 5, nel cui unico comma era 
stabilito che �per gli atti economici aventi ad oggetto il cotone greggio 
non aricora depurato dai semi (cotone in semi) l'imposta generale sull'entrata 
� dovuta nei modi e nei termini normali con l'aliquota dell'l% �. 
Ma l'on. Turnaturi presentava un emendamento aggiuntivo, formulato nel 
senso che � per il cotone di produzione nazionale depurato dai semi l'aliquota 
� ridotta al 4% �, motivandolo proprio sulla sperequazione verificatasi 
in danno del prodotto nazionale, il quale era � costretto a sottostare 
ad altre due imposizioni che riguardano il processo di trasferimento 
dall'agricoltura all'industria�, onde si rendeva necessario rimuovere �una 
tale posizione assurda�. Si associava l'on. Aldisio, il quale qualificava 
� strano, stranissimo � il fatto che la merce nazionale � non debba avere 

lo stesso trattamento che ha il prodotto importato. Si capisce�, egli proseguiva, 
�che la tassazione del cotone estero sia del 6%, in quanto il 
prodotto che arriva � cotone sodo; da noi, invece, per arrivare al cotone 
sodo bisogna pa~sare attraverso due altre fasi sottoposte a tassazione�. 
E concludeva chiedendo che �il trattamento fatto al cotone di produzione 
nazionale non sia diverso da quello fatto al cotone estero � (ivi, 

p. 2060). La proposta veniva approvata, conseguentemente assumendo 
l'art. 5 la formulazione definitiva, risultante dall'aggiunta dell'emendamento 
Turnaturi al testo predisposto dal governo e fatto proprio dal relatore 
(ivi, pp. 2060-2061). E con tale tenore la norma era approvata anche 
dal Senato (Senato, II Legislatura, V Commissione in sede deliberante, 
p. 3208 e ss.), con una pressoch� totale unanimit� di giudizi circa il risultato 
meramente � perequativo, prima e pi� che di protezione � (Spagnolli, 
relatore, ivi, p. 3209) perseguito con la riduzione al 4% dell'aliquota 
sul cotone sgranato nazionale, in quanto volta appunto ad eliminare la 
�sperequazione� precedente (ancora Spagnolli, relatore; Piola, sottosegretario; 
Tom�: ivi, p. 3211), in guisa da � mette(re) dal punto di vista 
fiscale la produzione del cotone nazionale sullo stesso piano del cotone 
estero� (ancora Spagnolli, relatore, p. 3212). 
Alle indicazioni offerte dalla funzione della norma, cos� obiettivamente 
identificata in relazione al reale presupposto di fatto dal quale 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

muove ed in consonanza con l'inequivoca intenzione del legislatore, non 
pu� obiettarsi che lo strumento proprio della perequazione tributaria fra 
prodotto nazionale e prodotto importato � costituito in tesi dalla imposta 
di conguaglio, il mancato uso della quale dovrebbe condurre a negare la 
funzione perequativa della disposizione esaminata. Non � vera la tesi; 
non � vero cio� che fuori dell'imposta di conguaglio non v'� perequazione. 
Al contrario, il proprium della perequazione sta nel graduare le 
varie componenti del carico fiscale gravante sui prodotti da perequare, 
e siffatta graduazione, ovviamente, pu� realizzarsi tanto aggravando il 
carico del prodotto meno tassato, quanto alleggerendo il carico di quello 
pi� gravato. �La ragione della adozione dell'uno o dell'altro modulo operativo 
sta nella scelta del livello, al quale si vuole che la perequazione 
si attui, cio� nel fatto che il legislatore voglia elevare il carico del primo 
fino al livello del secondo, o viceversa abbassare questo fino al livello di 
quello. Nella specie, evidentemente, il legislatore del 1958 ha ritenuto sufficiente 
il carico tributario del prodotto straniero e per conseguenza, 
anzich� gravare ulteriormente questo con una imposizione aggiuntiva, 
ha diminuito per il prodotto nazionale l'aliquota dell'imposta base. 

11. La sopravvenienza della 1. 1 agosto 1969 n. 478, che, ratificando con 
modificazioni il d.l. 2 luglio 1969 n. 319, ha ripristinato nella sostanza la 
situazione legislativa del 1957, non offre, alla luce di una esatta ricostruzione 
della sua genesi, indicazioni ermeneutiche contrastanti con le conclusioni 
cos� raggiunte in punto di interpretazione della 1. n. 267 del 
1958, ma le conferma. 
Nel quadro di una pi� generale esigenza di adeguare il regime fiscale 
di alcuni prodotti tessili agli obblighi internazionali assunti dall'Italia, 
l'art. 9 del citato d.l., mentre con il comma 1 dichiarava �l'art. 5 della 

1. 21 marzo 1958 n. 267 � abrogato >>, stabiliva nel secondo, come gi� si � 
accennato, che �l'imposta generale sull'entrata assolta sul cotone in massa 
depurato dai semi, ai sensi dell'art. 2 della 1. 12 agosto 1957 n. 757 e successive 
modificazioni, assorbe quella che sarebbe dovuta per la vendita 
del cotone greggio non ancora depurato dai semi (cotone in seme). 
� evidente che il .nuovo congegno normativo cos� apprestato, se, da 
un lato, ripristinava per il cotone sgranato sia nazionale che estero l'aliquota 
unica condensata del 6% fissata con la 1. del 1957, dall'altro, per�, 
manteneva fermo il risultato economico perseguito con la riforma del 
1958, depurando il costo tributario del prodotto nazionale dall'aggravio 
derivante dalle tassazioni dei precedenti passaggi del cotone in seme mediante 
il diverso congegno della sua eliminazione attraverso l'assorbimento 
di tale tassazione sul seme nella tassazione sullo sgranato. 


972 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La consapevolezza nel legislatore del risultato di sostanziale conservazione 
della situazione a quel momento esistente, attinto con il nuovo 
sistema, emerge ad univoche note dai lavori preparatori. Nella relazione 
ministeriale (Camera, V Legislatura, stampato n. 1659) e nella relazione 
della VI Commissione permanente (ivi, stampato n. 1659-A) sul disegno 
di legge per la conversione del citato d.l. n. 319 del 1968, � posta chiaramente 
in luce la incidenza sul costo del cotone sgranato delle tassazioni, 
a monte, sul cotone in seme e sono sottolineate sia la sperequazione a 
danno del prodotto nazionale prodotta dalla 1. del 1957, sia la funzione 
perequativa assolta dalla riforma del 1958 con la riduzione dell'aliquota 
per il prodotto nazionale (ivi, relazione ministeriale, p. 3; relazione VI 
Commissione, p. 5). Si ricordano poi le contestazioni mosse in sede 

G.A.T.T. circa la corrispondenza al Trattato di siffatta tassazione differenziale, 
qualificata ora (ivi, relazione ministeriale, p. 3) �discriminazione... 
soltanto apparente �, ora (ivi, relazione VI Commissione, p. 5) 
riconosciuta come una vera � anomalia rispetto alle disposizioni dell'art. 3 
del Trattato G.A.T.T. �, queste disposizioni peraltro erroneamente intendendosi 
-in consonanza con la nozione di parit� tributaria in senso 
atomistico allora recepita dalla Cassazione nella sentenza n. 2293 del 
6 luglio 1968 -come facenti � obbligo di praticare... aliquote... identiche
�. Si riconosce infine la necessit� di eliminare la ragione del contrasto 
con gli organi G.A.T.T., peraltro chiaramente avvertendo che �per non 
riproporre la situazione� precedente alla riforma del 1958 era stabilito 
l'assorbimento della tassazione sul seme nella tassazione sul cotone sgranato 
(relazione ministeriale citata), in guisa da � raggiunge(re) ... secondo 
una tecnica impositiva pi� appropriata... un equo assetto tributario per 
il cotone nazionale �, a questo, appunto, evitando � successive imposizioni 
lungo l'arco di trasformazione della materia prima� (relazione VI Commissione 
citata); 

Gli stessi concetti si trovano ripetuti negli interventi in aula (Camera, 
V Legislatura; cfr. ivi Bianchi, p. 9628, che ribadisce trattarsi di � discriminazione 
pi� apparente che reale provocata dalla riduzione della 
aliquota dell'I.G.E. sul cotone in massa di produzione nazionale �, e parla 
di eliminazione del � sospetto di una... posizione irregolare rispetto al 
Trattato�; Sorrentino, p. 9694, che ricorda come la minore aliquota fissata 
per il prodotto nazionale trovasse ragione nella duplicazione del 
tributo su di questo gravante a causa della tassazione � anche... sul seme � 
e� spiega che �poich�, per�, la discriminazione � stata rilevata in sede 
internazionale, il decretp legge stabilisce che anche i filati di cotone nazionale 
abbiano a pagare la stessa aliquota dell'I.G.E. e, nello stesso 
tempo, elimina l'imposta sul seme prima esistente, in modo che i prodotti 
nazionali ed esteri abbiano un identico trattamento�). 

r11t�11r11111111r1111r;114111111:1111111111111111111;1111111r&1111r11r1111r1ir111 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 973 

Ma il sistema cos� predisposto salta, poi, con l'emendamento Perdon� 
(ivi, p. 9715-9716), che sostituisce l'art. 9 del d.l. con il testo successivamente 
passato nella legge di conversione n. 478 del 1969, in forza del 
quale -con l'abrogazione del comma 2 dell'art. 5 della l. 21 marzo 1958 

n. 267 statuita nel comma 1, e con il rinvio, dettato nel comma 2, all'articolo 
2 della legge del 1957 per la tassazione del cotone sgranato di produzione 
nazionale -si ripristina in pieno la disciplina dettata dalla 
citata legge del 1957. E la modifica � spiegata dal proponente con la 
ragione che l'assorbimento (della tassazione sul seme in quella sul cotone 
depurato dai semi) darebbe luogo � ad inconvenienti in sede comunitaria 
in quanto il cotone in seme estero, che viene importato, soggiace 
nei paesi d'origine ad una tassazione indiretta�, sicch� permarrebbe 
�una differenziazione a favore del prodotto nazionale�, la quale �potrebbe 
sollevare ancora reclami in sede comunitaria�; da qui l'opportunit� 
� di mantenere semplicemente il principio della parit�... dell'aliquota 
I.G.E. sul cotone in massa sia di produzione nazionale, sia di produzione 
estera �. 
Dove sono evidenti due errori giuridici: la parit� tributaria ancora 
intesa in senso atomistico, come pura e semplice identit� della singola 
aliquota; la obliterazione, poi, della irrilevanza per l'ordinamento nazionale 
delle imposte scontate dal prodotto straniero nel suo Paese di origine. 

Ma non basta: ch� nel corso del successivo iter parlamentare, pur 
dopo la eliminazione dell'assorbimento della tassazione sul seme in 
quella sul cotone sodo, nel sistema del d.l. conducente per altra via allo 
stesso risultato attinto nel 1958 con la riduzione dell'aliquota sul prodotto 
nazionale, si continua a ragionare secondo quegli stessi schemi 
logici che avevano presieduto alla adozione del sistema dell'assorbimento 
e la cui giustificazione era quindi venuta meno con l'eliminazione 
di questo. Al Senato, infatti, nella relazione orale in aula (Senato, V Legislatura, 
Assemblea, p. 8802 e ss.) l'on. Martinelli, nell'illustrare l'art. 9 
approvato dalla Camera nel testo Perdon�, torna a spiegare che la riduzione 
di aliquota sul prodotto nazionale apportata dalla riforma del 
1958 �non era senza una sua spiegazione 1ogica, che stava nel fatto che 
sul cotone nazionale gravava l'aliquota del 3% applicata alla vendita del 
cotone in semi�; dichiara che tale sistema non era per� conforme all'obbligo 
di � praticare... aliquote di imposte identiche � discendente dall'art. 
3 del Trattato G.A.T.T. (evidentemente ancora una volta inteso secondo 
l'erronea nozione della parit� in senso atomistico), e, nel riconoscere 
la necessit� di � dare applicazione al richiamo � pervenuto al riguardo 
dagli organi del G.A.T.T., ancora ripete, parafrasando la relazione 
ministeriale e la relazione della VI Commissione sull'originario disegno 
governativo di conversione, che a ci� � l'art. 9 del provvedimento... provvede... 
secondo una tecnica impositiva appropriata che, pur applicando 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

974 

le regole del G.A.T.T., concede al cotone nazionale un equo assetto tributario, 
evitando ad esso le successive imposizioni lungo l'arco del processo 
di trasformazione della materia prima� (ivi, p. 8805). 

Sicch�, riassumendo, se � vero che il legislatore del 1969 ha ripristinato 
la situazione .gi� attuata con la legge del 1957 ed eliminata con 
quella del 1958, � pur vero che a tale risultato � pervenuto grazie a due 
errori giuridici (supposizione della rilevanza nell'ordinamento interno di 
tributi scontati all'estero ed interpretazione in senso atomistico, e non 
globale, della parit� tributaria imposta dal Trattato G.A.T.T.) e ad una 
svista tecnica (la mancata percezione della caduta della norma atta ad 
assicurare l'identico risultato perequativo mediante una �tecnica impositiva 
� diversa dalla riduzione di aliquota). Onde non sembra che alla 
restaurazione normativa cos� prodottasi possa attribuirsi in sede ermeneutica 
il significato di un consapevole disconoscimento, da parte del 
legislatore, sia della sperequazione creatasi con la prima delle precedenti 
due leggi, che della funzione perequativa della seconda. 

12. Dunque, la legge n. 267 del 1958, in presenza della sperequazione 
prodottasi a danno del cotone sodo nazionale, rispetto a quello importato, 
per effetto della fissazione dell'aliquota unica da parte della legge 
del 1957, ha obiettivamente e realmente svolto una funzione perequativa, 
con la quale � ovviamente inconciliabile la estensione pura e semplice al 
prodotto straniero della riduzione di aliquota stabilita, appunto a fine 
perequativo, per il nazionale. 
Rimane tuttavia ancora aperto il problema se lo scarto fra le aliquote, 
fissate per i due prodotti, rappresenti nell'economia della norma un dato 
definitivo, che non lascia spazio in sede di applicazione per ulteriori 
verifiche della sua congruit� alla effettiva differenza dei rispettivi carichi 
fiscali complessivi, o se invece esso sostituisca una mera indicazione di 
massima, fornita dal legislatore in via di prima approssimazione, da 
valere soltanto quando non sia possibile accertare caso per caso la 
misura effettiva di ciascuno dei due concreti carichi globali. 

Ritengono le Sezioni Unite che debba preferirsi la seconda alla 
prima interpretazione. 

Quest'ultima ha dalla sua unicamente la presunzione di conformit� 
della legge interna agli impegni internazionali dello Stato, alla cui luce 
� indubbiamente possibile, in linea astratta, argomentare che il legislatore 
italiano abbia adottato un sistema di applicazione dell'imposta 
idoneo a garantire quanto pi� possibile in ciascuna ipotesi il rispetto 
del principio della parit� (globale) tributaria, a tal fine affidando all'interprete 
il compito, appunto, di accertare con riferimento alle peculiarit� 
di tempo e di spazio del caso concreto il reale carico tributario 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

sopportato dal prodotto nazionale per rapportare poi ad esso l'imposizione 
sul prodotto importato. 

Ma, in primo luogo, dal sistema di diritto positivo adottato dalla 
legge del 1958 emerge una presunzione di segno nettamente opposto, 
offerta dalla comprovata sua finalit� perequativa e dalla perfetta identit� 
tra lo scarto normativamente adottato fra le due aliquote (6% 4% 
= 2%) ed il risultato della moltiplicazione del numero di tassazioni 
a cascata dai compilatori ritenute (Gamera, II Legislatura, IV Commissione 
in sede legislativa, intervento Tarnaturi cit., p. 2060; idem intervento 
Aldisio) mediamente incidenti sul cotone in seme per l'importo unitario 
di ciascuna di tali tassazioni (2 x 1% = 2%). Elementi, questi, in 
considerazione dei quali appare pi� congruo ritenere che il legislatore 
abbia inteso definitivamente fissare nella misura da esso stesso data la 
differenza di aliquota necessaria per attuare la parit� tributaria. 

Tale conclusione, poi, trova conforto, sul piano storico, nella costante 
utilizzazione in questa materia da parte del legislatore (gi� per la legge 
del 1957, cui quella del 1958 ovviamente si riannoda, cfr. Camera, Commissioni 
in sede legislatura, Legislatura II, IV Commissione, p. 1425, intervento 
Castelli; p. 1426, intervento ministro Andreotti; Senato, II Legislatura, 
V Commissione in sede deliberante, p. 2373, relatore Spagnolli) 
di criteri medi per la stima dei passaggi cui rapportare definitivamente 
l'aliquota condensata, nonch�, sul piano lqgico, nella inattendibilit� della 
adozione, in materia cos� delicata ed importante, di un sistema che demanderebbe 
ai singoli giudici di merito, senza neppure la possibilit� 
di un intervento unificante della Corte Suprema trattandosi in tesi di 
valutazioni in gran parte di fatto, il compito di determinare in ultima 
sede la misura dell'aliquota di imposta applicabile nei singoli casi concreti 
in relazione ad una serie di elementi economici e di mercato estremamente 
mutevoli nel tempo e nello spazio e gi� di per s� molteplici, 
come la stessa Banca ricorrente denunzia, nell'unit� di tempo e di luogo. 

Donde la correttezza della interpretazione accolta, che reputa definitivo 
e costante l'assoggettamento, nella vigenza dell'art. 5 I. 21 marzo 
1958 n. 267, del cotone sodo importato di provenienza G.A.T.T. all'aliquota 

I.G.K del 6%, senza possibilit�, per l'amministrazione finanziaria e per 
il giudice, di variare in alcun modo l'aliquota stessa, rimanendo con ci� 
superata ogni ulteriore questione circa la completezza e logicit� del calcolo 
delle tassazioni sul cotone in seme con riferimento alla specie effettuato
� dal giudice del merito, la cui decisione deve sul punto essere 
lasciata ferma per le assorbenti ragioni discendenti dalla recepita interpretazione 
del citato art. 5 I. n. 267 del 1958. 
13. Ovviamente con tale interpretazione si riconosce che il legislatore 
del 1958 ha accettato l'eventualit� che nei singoli casi la (misura della) 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

976 

!

perequazione tributaria in tal guisa forfettariamente attuata possa non 

corrispondere esattamente alla realt� economica del rapporto corrente r 

fra i carichi tributari complessivi rispettivamente gravanti -nel tempo 

e nel luogo della singola importazione considerata -sul cotone sodo 

I 
rnazionale e su quello importato. 

Ci� tuttavia � privo di rilevanza sul piano del diritto positivo, anche 
sotto il profilo della (ir)ragionevolezza della norma apprezzata in relazione 
alla (in)esistenza del persupposto, secondo la Banca ricorr~nte 
elevata dalla Corte Costituzionale (tra l'altro con la sentenza n. 64 del 
1971) a condizione di costituzionalit� della norma stessa in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione. Per cogliere la manifesta infondatezza della 
questione cos� sollevata dalla Banca � sufficiente invero osservare, tralasciando 
ogni diverso e pi� approfondito rilievo, che l'indagine precedentemente 
svolta ha condotto a riconoscere la effettiva esistenza di quella 
sperequazione, sul presupposto della quale il legislatore del 1958 ha provveduto, 
mentre l'adozione del criterio quantitativo di adeguamento si 
risolve in una scelta di politica legislativa discrezionale ed insindacabile. 

N� l'eventuale discrepanza fra valutazione forfettaria normativa e 
realt� quantitativa del caso concreto potrebbe rilevare in relazione all'art. 
10 comma 1 Cost. sotto il profilo di una imperfetta osservanza dell'obbligo 
di osservare la regola della parit� tributaria internazionalmente 
assunto con il Trattato G.A.T.T., essendo ben ferma nella giurisprudenza 
di queste S.U. (sentenze n. 867 del 1972; nn. 1771 e 2070 del 1972; nonch�, 
in via di concreta applicazione del principio, nn. 2 e 10 del 1975), conformemente 
del resto alla opinione della Corte Costituzionale (sentenze 

n. 14 del 1964 e 32 del 1960), l'affermazione che la norma costituzionale 
citata non riguarda il diritto internazionale pattizio. 
14. Manifestamente infondate si appalesano anche le altre questioni 
di costituzionalit�. 
Quanto a quella sollevata riguardo alla legge n. 757 del 1957, per asserito 
contrasto con l'art. 72 Cost. in relazione all'art. 40 del Regolamento 
della Camera dei Deputati, basta invero ricordare come sia stato gi� 
negato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 9 del 1959) che l'approvazione 
di una legge in Commissione anzich� in Assemblea fuori dei casi 
previsti dal citato art. 40 del Regolamento possa essere apprezzata dal 
giudice della costituzionalit� delle leggi, attesa la insindacabilit� della 
valutazione compiuta dell'organo legislativo in ordine alla specifica natura 
del provvedimento in esame ed alla conseguente sua riconducibilit� 

o meno, in una delle categorie da quella disposizione regolamentare 
enumerate. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Quanto, poi, alla dedotta illegittimit� costituzionale dell'art. 9 legge 

n. 478 del 1969 sotto il profilo dell'art. 3 Cost. per omessa regolamenta-� 
zione degli effetti verificatisi in pendenza delle disposizioni della legge 
.n. 267 del 1958 da esso abrogato, alla conclusione di manifesta infondatezza, 
ed inoltre di irrilevanza, si perviene osservando, per un verso, 
che la tesi della Banca si fonda ancora una volta sulla pretesa erroneit� 
-per difetto di presupposto -di quest'ultima legge, per contro gi� 
esclusa pi� sopra, e, per altro verso, che la reintroduzione dell'aliquota 
del 6% anche per il cotone nazionale disposta con la legge del 1969 si 
risolve in una evenienza negativa riguardante soltanto tale cotone, del 
tutto irrilevante per le importazioni, pure al 6%, di cotone straniero in 
precedenza effettuate. -(Omissis). 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 febbraio 1976, n. 327-Pres. Boccia Est. 
R. Granata -P.M. Del Grosso (concl. conf.) -Ente Ospedaliero 
ArcisJ>edale S.M.N. (avv. Amorth) c. Ministro Sanit� (avv. Stato 
Di Tarsia) e Zampetti (avv. Sorrentino). 

Competenza e giurisdizione � Difetto di giurisdizione � Cognizione del me


rito invece che della legittimit� dell'atto: duplice difetto di giurisdi� 

zio ne. 

(r.d. 26 giugno 1924, art. 48). 
Sono viziate da difetto di giurisdizione sia la decisione con la quale 
il giudice amministrativo invada la sfera della giurisdizione di merito 
quando la legge gli attribuisca solo il sindacato di legittimit�, sia la dec~
sione con la quale egli ometta di esercitare la giurisdizione di merito 
nei casi in cui ne sia investito. Il difetto di giurisdizione � duplice nell'ipotesi 
in cui il giudice amminstrativo abbia conosciuto del merito dell'atto 
invece che della sua legittimit�; infatti in tal caso non solo egli 
ha esercitato un potere giurisdizionale -di merito -che la legge non 
gli attribuisce, ma ha anche, per altro verso, omesso di esercitare la 
giurisdizione -di legittimit� -che invece gli � conferita. 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Arcispedale di S. Maria 
Nuova di Reggio Emilia denunzia violazione -in relazione all'art. 380 

n. 1 c.p.c. ed all'art. 111 Cost. -dell'art. 26 del t.u. del 1924 n. 1054, 
nonch� degli artt. 15 e 16 della legge ospedaliera 12 febbraio 1968 n. 132. 
Il caso di specie riguardava l'eventuale errore commesso da una decisione 
del Consiglio di Stato nell'affermare che il provvedimento dell'autorit� tutoria 
-impugnato dinanzi a tale organo -si era mantenuto nei limiti del controllo 
di legittimit� senza trascendere nell'esame del merito, riservato all'autorit� 
controllata. 

Le Sezioni Unite hanno correttamente� affermato, ribadendo una giurisprudenza 
ormai consolidata, che tale errore non sostanzia un vizio di giurisdizione, 
ma una mera violazione di legge concretantesi in un'inesatta delimitazione del 
contenuto del controllo di legittimit� rispetto a quello di merito e che, pertanto, 
esso d� luogo solo ad un errar in judicando sottrato al sindacato sui limiti 
esterni della giurisdizione. 

Particolarmente interessante appare la duplice configurazione del difetto di 
giurisdizione per erroneo sindacato di merito intendendosi quest'ultimo come 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 979 

Ricordati i momenti salienti della vicenda (prima deliberazione dell'Arcispedale 
di non confermare il prof. Zampetti nell'incarico al termine 
del periodo di prova e suo annullamento in sede di controllo 
tutorio da parte del Medico provinciale; seconda delibera di non conferma 
e nuovo annullamento tutorio; ricorso gerarchico dell'Arcispedale al 
Ministero della Sanit� contro entrambi i decreti del Medico provinciale 
ed annullamento ministeriale del primo, con assorbimento della impugnazione 
relativa al secondo; ricorso dello Zampetti al Consiglio di 
Stato e decisione di annullamento del decreto ministeriale, con salvezza 
degli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione; decreto ministeriale 
di rigetto di entrambi i ricorsi gerarchici contro i provvedimenti del 
Medico provinciale; ricorso dell'Arcispedale al Consiglio di Stato e decisione 
di rigetto, oggi impugnata davanti a queste Sezioni Unite), il 
ricorrente deduce che la denunziata decisione del Consiglio di Stato sarebbe 
viziata da eccesso di potere giurisdizionale per avere sconfinato 
nel merito amministrativo. Secondo la sua tesi, infatti, avendo il Ministero 
della Sanit� -nel rinnovare la decisione gerarchica sui ricorsi 
dell'Arcispedale contro gli annullamenti adottati in sede tutoria dal Medico 
provinciale -invaso la sfera di discrezionalit� propria dell'ente 
ospedaliero, procedendo alla � valutazione e qualificazione �, anzich� al 
mero accertamento della loro sussistenza in fatto, degli � atteggiamenti 
di grave sconvenienza... nei confronti del personale femminile � imputati 
allo Zampetti, anche la decisione del Consiglio di Stato, a propria volta, 
sarebbe pervenuta allo stesso risultato e avrebbe, quindi, anch'essa sconfinato 
nel merito) �indirettamente, accettando e avallando... il giudizio 
dell'Autorit� ministeriale�. N�, aggiunge il ricorrente, l'osservazione della 
decisione impugnata, secondo cui, trattandosi di fatti morali, l'accertamento 
ne implicava necessariamente la qualificazione, potrebbe condividersi, 
non solo perch� in generale � perfettamente possibile distinguere 
l'accertamento del fatto dalla qualificazione, ma anche perch� nella 
specie la qualificazione comportava una valutazione del comportamento 
serbato dal sanitario durante il periodo di prova, riservata all'Amministrazione 
ospedaliera. 

contemporaneo esercizio di un potere giurisdizionale inesistente e di omesso 
esercizio del potere giurisdizionale spettante. 

Su tale punto non si rinvengono specifici precedenti. Viceversa sulla prima 
parte della massima, cfr. Cass. sez. un. 24 maggio 1975, n. 2099 in Giust. civ., 
osservazioni di G. DE FINA; Cass. Sez. up.. 15 marzo 1972 n. 745, Giur. it. 1973, 
I, 1, 796 nota di SATTARO F. 

Sui rapporti fra ente controllante ed ente controllato, cfr. Cass. Sez. Un., 
19 maggio 1967, n. 1073, Foro it., 1968, I, 787; Cass. Sez. Un., 4 maggio 1964, n. 1059 
in questa Rassegna 1964, I, 472, nota di G. ZAGARI; Foro it., 1964, I, 921, nota di 
D'ALBERGO; Cass. Sez. un., 28 aprile 1964, n. 1016, in Giust. civ., 1964, I, 1336, nota 
di SANDULLI; questa Rassegna, 1964, I, 472. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

980 

Il Ministro della Sanit� e lo Zampetti pregiudizialmente eccepiscono 
la inammissibilit� del ricorso: il primo, sul rilievo che in tesi generale 
lo sconfinamento nell'apprezzamento di merito da parte del giudice amministrativo 
pure investito di sola giurisdizione generale di legittimit� 
non concreterebbe (vizio di) difetto di giurisdizione, denunziabile a queste 
Sezioni unite; il secondo, sul rilievo che l'assunto del ricorrente, postulando 
l'esercizio da parte del Consiglio di Stato di poteri non attribuitigli, 
e, per conseguenza, il difetto di qualsiasi giudice investito del 
potere di pronunziarsi sulla discrezionalit� dell'Amministrazione, condurrebbe 
alla cassazione senza rinvio della decisione impugnata, con 
l'effetto di consolidare definitivamente l'annullamento tutorio della delibera 
adottata dallo Arcispedale di non confermare lo Zampetti nell'incarico, 
donde la carenza nell'Arcispedale stesso dell'interesse al presente 
ricorso. 

Entrambe le eccezioni sono peraltro infondate. L'una, perch� � consolidata 
giurisprudenza di queste Sezioni unite che � viziata da difetto 
di giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che invada la 
sfera della giurisdizione di merito in ipotesi in cui la legge gli attribuisca 
il solo sindacato di legittimit� (Cass. S. U. 7 febbraio 1974 n. 344; Cass. 

S. U. 15 marzo 1972 n. 745), cos� come costituisce pure questione di giurisdizione, 
per converso, la deduzione del mancato esercizio, da parte 
del giudice amministrativo, della giurisdizione di merito nei casi in cui 
ne sia investito (Cass. S. U. 24 maggio 1975 n. 2099). L'altra, perch�, ogni 
qualvolta si assume che il giudice amministrativo abbia conosciuto del 
merito dell'atto anzich� della legittimit� di esso, si viene con ci� stesso 
ad imputare alla decisione un duplice vizio in punto di giurisdizione, e 
cio� l'avere, per un verso, esercitato un potere giurisdizionale (di merito) 
non attribuito e l'avere, per altro verso, omesso di esercitare la giurisdizione 
(d� legittimit�) per contro conferita, sicch� in definitiva si prospetta 
una situazione processuale per la quale si d�vrebbe dichiarare, 
in relazione al primo capo di pronunzia, il difetto assoluto di giurisdizione, 
e, in relazione al secondo, la giurisdizione del giudice amministrativo, 
al quale quindi tornerebbe ad incombere il dovere di rendere 
una nuova decisione, in punto di legittimit�, sul ricorso ad esso indirizzato 
a suo tempo dalla parte. Onde l'interesse a ricorrere davanti a 
queste Sezioni unite per ragioni di giurisdizione giammai potrebbe, in 
una evenienza siffatta, essere revocato in dubbio. 
Ammissibile in rito, il ricorso � per� infondato nel merito, per l'assorbente 
rilievo che, pure a volere tutto concedere alla tesi con esso 
prospettata, il Consiglio di Stato avrebbe conosciuto solo indirettamente, 
come lo stesso ricorrente riconosce, del � merito � dell'atto di amministrazione 
attiva, cio� della deliberazione dell'Arcispedale assoggettata al 
controllo tutorio, essendo stato oggetto diretto ed immediato della sua 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

cognizione soltanto l'atto, appunto, di controllo. Sarebbe quindi mancato, 
in ogni caso, quel giudizio basato su una � diretta valutazione dell'interesse 
pubblico �, in cui lo sconfinamento della cognizione giurisdizionale 
dalla legittimit� al merito � ravvisato dalla giurisprudenza pi� 
sopra ricordata (sent. n. 344 del 1974). Stando, cio�, allo stesso assunto 
del ricorrente, l'errore in cui il Consiglio di Stato sarebbe incorso, consisterebbe 
nell'avere, quanto meno per implicito, ritenuto -nel rigettare 
il secondo motivo del ricorso ad esso proposto, con cui l'Arcispedale 
aveva denunziato che il Ministero della Sanit� non avrebbe potuto, in 
sede di rinnovata decisione sui ricorsi gerarchici contro gli annullamenti 
tutori del Medico provinciale, sostituirsi all'Amministrazione ospedaliera 
nell'apprezzare i fatti oggetto delle accuse di ordine morale mosse 
allo Zampetti -che l'organo tutorio sovraordinato si era mantenuto 
nell'ambito del controllo di legittimit�, laddove, secondo la tesi del ricorrente, 
il controllo era sconfinato invece clamorosamente nel merito. 
Orbene, proprio alla stregua di tale impostazione, il vizio che travaglierebbe 
la decisione impugnata si configura come violazione di legge, siccome 
concretantesi nell'avere confuso il (contenuto del) controllo di 
merito con (l'oggetto e l'ambito di) quello di legittimit�: si configura 
cio� -in tesi -come un errore in iudicando, la cui verifica � sottratta 
al sindacato di queste Sezioni unite, limitato alla mera osservanza 
da parte del giudice amministrativo dei limiti esterni della giurisdizione 
al medesimo attribuita. 

Si impone pertanto il rigetto del ricorso... -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1976, n. 620 -Pres. Stella 
Richter -Est. Sandulli -P. M. Trotta (concl. diff.) -Soc. coop. Edilizia 
�La Nuova Tecnica� (avv. Corso) c. Rizzuto (avv. Guerini Gorgone) 
e Commissione Centrale di Vigilanza per l'edilizia economica e popolare 
(avv. Stato Angelini-Rota). 

Competenza e giurisdizione � Edilizia popolare ed economica � Cooperative 
edilizie . Posizioni giuridiche soggettive � Controversie sulla consegna 
dell'alloggio: giurisdizione del giudice amministrativo. 

(r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 116 e 131; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). 
Competenza e giurisdizione � Giurisdizione amministrativa � Eccesso di 
potere per travisamento del fatto e sindacato di merito sull'atto im� 
pugnato: differenze. 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 artt. 26 e 27; I. 6 dicembre 1971, n. 1034 artt. 2, 3, 4 e 7). 
Prima della stipulazione del mutuo individuale il socio di una cooperativa 
ediUzia a contributo statale � titolare di un mero interesse 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legittimo: pertanto in tale periodo la controversia relativa al subingresso 
degli eredi nella posizione del socio rientra nella giurisdizione del giudice 
amministrativo (1). 

Il giudice amministrativo conoscendo del vzzw di legittimit� del 

provvedimento, adottato con � travisamento del fatto �, pu� scendere all'analisi 
delle componenti del fatto medesimo senza superare il limite 
della giurisdizione di legittimit� (2). 

(Omissis). -... Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente, -dopo 
aver premesso che il Consiglio di Stato: a) ha affermato la propria competenza 
giurisdizionale a conoscere della � domanda di accertamento � 
del diritto soggettivo degli eredi a succedere nell'alloggio popolare al 
de cujus, socio-di una cooperativa edilizia a contributo statale; b) ha 
equiparato -disattendendo la propria giurisprudenza -alla consegna 
formale dell'alloggio di cui agli artt. 98 e 116 del t.u. delle disposizioni 
sull'edilizia economica e popolare (approvato con r.d. 28 aprile 1938, 

n. 1165) la consegna materiale o di fatto; c) ha ritenuto che le prove 
acquisite agli atti giustificassero la conclusione della intervenuta consegna 
materiale dell'alloggio -denuncia il difetto di giurisdizione, ex art. 
362 cod. proc. civ. del giudice amministrativo, sotto tre profili. 
Il primo ed il secondo delineamento, fra loro intimamente connessi, 
vanno esaminati congiuntamente. 

Con il primo la ricorrente sostiene -sul presupposto di fatto che 
il de cujus, socio della cooperativa edilizia, sia morto in un momento 
posteriore alla consegna dell'alloggio -che la pretesa, fatta valere dalle 
eredi ex art. 116 del t.u. n. 1165 del 1938, integri una situazione giuridica 
soggettiva, configurabile come diritto soggettivo, e non come interesse 
legittimo, con la conseguente implicazione che il giudice amministrativo 
sia carente di giurisdizione, appartenendo la stessa al giudice ordinario. 


A chiarimento, aggiunge -sul presupposto giuridico che il diritto 
nascente dall'assegnazione dell'alloggio (realizzatasi in conseguenza della_ 
consegna) sia stato qualificato come diritto personale di godimento dalla 
giurisprudenza di questa Corte, la quale avrebbe anche configurato come 
diritto soggettivo la posizione dell'assegnatario di allOggio di tipo popolare 
a norma delle leggi 21 marzo 1958, n. 447 e 27 aprile 1962, n. 231 e 

(1) La particolare fattispecie -trattavasi di controversia su una consegna di 
fatto dell'immobile con decesso del socio prima della stipulazione del mutuo 
individuale -ha indotto la Suprema Corte ad enunciare numerosi principi 
-in parte gi� consolidati, in parte privi di specifici precedenti -che, nel loro 
complesso costituiscono un'esauriente panoramica della materia considerata. 
(2) Per i numerosi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, cfr. Giust. civ., 
1976, I, 1114. 
I


I 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 983 

del d.P.R. 27 gennaio 1959, n. 2 -che, succedendo gli eredi del socio 
morto dopo la consegna, a norma dell'art. 116 del t.u. del 1938, nella 
stessa posizione giuridica del de cujus (jure hereditatis), la pretesa da 
essi fatta valere per il conseguimento dell'alloggio debba qualificarsi come 
un vero e proprio diritto soggettivo. 

Assume, infine, che il Consiglio di Stato, affermando la propria giurisdizione, 
ha ritenuto che l'art. 131, penult. comma, del t.u. n. 1165 del 
1938 attribuisca al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in 
materia di sindacato sulle decisioni della Commissione di vigilanza. 

Con il secondo profilo, la ricorrente sostiene che il Consiglio di 
Stato -emettendo una pronuncia dichiarativa riguardo alla sussistenza 
del diritto degli eredi all'alloggio (sia pure attraverso l'annullamento della 
decisione della Commissione Centrale di Vigilanza per l'edilizia economica 
e popolare) -ha emanato una decisione rientrante nella giurisdizione 
del giudice ordinario, innanzi al quale i diritti soggettivi vanno 
tutelati. 

A chiarimento, deduce che il _difetto di giurisdizione del Consiglio 
di Stato, gi� denunciato alla stregua della consistenza oggettiva della 
situazione giuridica protetta, trova conferma nel tipo di pronuncia emessa 
dal giudice amministrativo, giacch� -non essendo stato impugnato un 
atto amministrativo, ma postulandosi soltanto l'accertamento di un diritto 
-non sarebbe stata emessa una pronuncia costitutiva, ma soltanto 
una statuizione dichiarativa, strettamente legata alla tutela di diritti 
soggettivi. 

I rilievi, mossi alla denunciata decisione, sono privi di fondamento 
giuridico. 
Con i profili, delineati nella riassunta, complessa ed articolata censura, 
la ricorrente sostiene che la situazione giuridica soggettiva del socio 

assegnatario di una cooperativa edilizia sovvenzionata debba configurarsi 
come un vero e proprio diritto soggettivo (e non come un interesse legittimo) 
e che, pertanto, competente a conoscere della vertenza relativa 
alla cennata posizione giuridica (ed al subingresso in essa degli eredi del 
socio assegnatario) sia il giudice ordinario (e non quello amministrativo). 

Il problema che si pone �, quindi, se, nell'ipotesi in cui all'attribuzione 
di alloggi economici e popolari si provveda attraverso l'attivit� 
edilizia (mediata) svolta da cooperativa sovvenzionate dallo Stato, al socio 
assegnatario dell'alloggio spetti (o meno) un diritto soggettivo perfetto. 

Corollario di esso � il quesito se la controversia relativa alla successione 
degli eredi della posizione giuridica del socio assegnatario di 
un alloggio di cooperativa edilizia, rientri (o meno) nella competenza 
giurisdizionale del giudice ordinario. 

Riguardo al tema di base, costituente nucleo tematico fondamentale 
del presente dibattito giudiziale, il Consiglio di Stato -muovendo dal 

Il 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

984 

(dichiarato presupposto giuridico che per il perfezionamento dell'assegnazione 
dell'alloggio di Cooperativa sovvenzionata sia sufficiente la consegna 
materiale (di fatto), e cio� l'effettiva attribuzione del godimento 
dell'alloggio, non occorrendo a tal fine il verbale di consegna, e cio� la 
sua formale enunciazione scritta, avente, quale fattore documentale, mero 
valore estrinseco (statuizione che, se comportante violazione di legge 
non sarebbe denunciabile e valutabile in questa sede, per essere ammesso, 
ex art. 111, comma terzo, Cost., il ricorso per cassazione contro le 
decisioni del Consiglio di Stato esclusivamente per motivi inerenti alla 
giurisdizione, donde l'impugnativa contro di essa, se eventualmente 
proposta, dovrebbe dichiararsi inammissibile) -� esattamente pervenuto 
-uniformandosi alla linea direttrice della costante giurisprudenza di 
queste Sezioni Unite (cfr. sent. 10 maggio 1969, n. 1611; sent. 9 marzo 
1968, n. 773) -alla conclusione che, fino al momento della stipulazione 
del mutuo individuale, il socio di una cooperativa edilizia a contributo 
statale, non solo se prenotatario, ma anche se assegnatario di alloggio, 
sia titolare, non di un diritto soggettivo (avente ad oggetto l'alloggio, prenotato 
o gi� assegnato), ma di un mero interesse legittimo, essendo, nel 
periodo precedente la stipulazione del contratto di mutuo individuale, l'interesse 
del socio all'assegnazione dell'alloggio collegato e condizionato al 
raggiungimento del fine pubblicistico perseguito dalla pubblica Ammi


nistrazione. 

Invero, la struttura del procedimento di assegnazione degli alloggi popolari, 
nella ipotesi in cui all'attribuzione si provveda con la mediazione 
delle Cooperative edilizie, attesta la funzione meramente strumentale delle 
varie fasi procedimentali, attraverso le quali il socio diventa destinatario 
dell'appartamento, talch� tutte le situazioni che si manifestano nel corso 
del complesso processo attributivo devono essere riguardate sotto la prospettiva 
del fine pubblicistico perseguito dalle Cooperative edilizie, la cui 
destinazione, fondamentale ed organica, � volta istituzionalmente ad assicurare 
un alloggio ai soci del sodalizio cooperativistico. E ci� in quanto, 
nell'organizzazione (cosiddetta di settore) dell'edilizia popolare il cui corpo 
agente � costituito, oltre che da enti pubblici, anche da soggetti privati 
quali le cooperative (per essere utilizzato il fenomeno organizzatorio 
privatistico di queste dalla normazione positiva ai fini di ovviare -nell'interesse 
della collettivit� alla mancanza degli alloggi e di soddisfare 
il bisogno della casa) -la funzione di tali sodalizi � rivestita da un 
carattere di mera medialit�, individuato nella realizzazione della finalit� 
pubblica di far conseguire l'alloggio ai soggetti beneficiari della normativa 
(d'incentivazione) in materia di edilizia popolare. 

E -poich� nelle fasi precedenti la stipulazione del mutuo individuale, 
il soggetto titolare della propriet� dell'alloggio non pu� individuarsi 
se non negli organismi preposti all'attivit� produttiva e distributiva delle 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

unit� immobiliari, costruite per la realizzazione del programma di edilizia 
economica, e, quindi, alle Cooperative -le situazioni giuridiche soggettive 
dei privati vanno valutate, prima di tale momento, nel quadro (ed 
alla stregua) delle situazioni giuridiche riscontrabili nello svolgimento di 
qualsiasi funzione amministrativa, nei confronti dei soggetti preposti all'attuazione 
dell'azione pubblica. 

Trattasi, invero, della configurazione giuridica (nell'ambito della problematica 
generale del rapporto di assegnazione di alloggi popolari) della 
particolare posizione del destinatario di un alloggio di cooperativa edilizia 
sovvenzionata dallo Stato. 

Nella complessa fattispecie procedimentale, �intesa alla destinazione 
dell'alloggio cooperativo, alle varie fasi, in cui essa si scompone (ammissione 
come socio, prenotazione, assegnazione, acquisto della propriet�, riscatto), 
va riconosciuta autonoma significazione, e, nella dinamica del procedimento 
di destinazione ed attribuzione, netta preminenza e poziorit� 
va accordata alle fasi della prenotazione e dell'assegnazione (oltre che 
della stipulazione del mutuo individuale). 

In dette fasi procedimentali, in considerazione della prevalenza dell'interesse 
pubblico, la posizione giuridica dei destinatari, subordinata e 
condizionata al perseguimento della finalit� pubblica e tutelata indirettamente 
e di riflesso, da norme che si rivolgono in linea immediata 
all'azione amministrativa (cosiddette norme di azione), non pu� configurarsi 
-sulla linea della pi� autorevole dottrina e della giurisprudenza 
prevalente di questa Corte (cfr., da ultimo, sent. 10 maggio 1969, n. 1611) che 
come un mero interesse legittimo. 

Invero, la prenotazione e l'assegnazione -consistendo nella identificazione 
e destinazione (mediante consegna: nella legislazione vigente, nel 
riferirsi all'istituto dell'assegnazione, si fa contemporaneamente cenno agli 
istituti della consegna e della occupazione) di un alloggio (individuato fra 
quelli realizzati nel programma di costruzione) ad un socio hanno la funzione 
di tutelare l'aspettativa del socio iscritto rispetto all'acquisto della 
propriet� dell'alloggio a lui destinato. 

E -poich� l'acquisto della propriet� da parte del socio si realizza 
soltanto al momento della stipulazione del mutuo individuale -alla 
situazione giuridica del prenotatario e dell'assegnatario non pu� riconoscersi 
-come, per converso, si sostiene dalla ricorrente -qualifica, natura 
e contenuto di diritto soggettivo perfetto, pienamente (e non occasionalmente) 
protetto. 

N� al fine di dimostrare siffatta natura valer richiamare -come si 
fa dalla ricorrente -la giurisprudenza di questa Corte (ed, in particolare, 
la sent. 10 giugno 1968, n. 1791) con la quale si riconoscerebbe all'assegnatario 
un �diritto (personale) di godimento�, nonch� quella, secondo 
cui, in base alla disciplina normativa, posta in essere con la legge 21 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

985 

marzo 1958, n. 447, con il d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e con la legge 

27 aprile 1962, n. 231, l'assegnatario di un alloggio di tipo economico 

e popolare (il quale richieda nei confronti dell'ente concedente, la ces


sione in propriet� dell'alloggio), sarebbe portatore di un diritto sog


gettivo perfetto. 

Quanto alla prima linea giurisprudenziale, va rilevato che, con le decisioni 
richiamate, si � riconosciuto al socio assegnatario di cooperativa 
edilizia a contributo statale, in virt� della materiale (ma non giuridica) 
disponibilit� dell'alloggio, derivantegli in conseguenza della consegna (e 
dell'occupazione) di esso, soltanto una facolt� personale di godimento, 
priva -in mancanza dei connotati essenziali qualificanti -di ogni 
carattere di realit� e, pertanto, non sussumibile in alcuno degli schemi 
legali paradigmatici, tipici dei diritti reali di godimento, rimanendo 
non solo la propriet�, ma anche il possesso dell'alloggio all'ente cooperativistico, 
(ed avendo l'assegnatario semplice facolt� di godimento nel 
proprio interesse, ma nomine alieno). 

Ed, inoltre, riguardo alla sent. n. 1791 del 1968 -sulla quale si � 
insistito dalla ricorrente anche in sede di discussione orale -va osservato 
come il problema, in essa dibattuto ed esaminato, atteneva alla 
posizione giuridica del socio assegnatario nei confronti di altro socio 
dello stesso sodalizio (e non nei confronti della pubblica Amministrazione) 
e come la questione della qualificazione della situazione giuridica 
dell'assegnatario non costituisse il thema decidendi (ma soltanto un obiter 
dictum) della cennata pronuncia, trattandosi, nella fattispecie concreta 
considerata, esclusivamente di valutare se l'assegnatario (semplice 
detentore qualificato, e non possessore, in epoca anteriore alla stipulazione 
del mutuo individuale) potesse (o meno) proporre la denuncia di 
nuova opera contro altro assegnatario della cooperativa. 

Quanto al secondo indirizzo giurisprudenziale, va considerato come 
.il richiamo -operato all'udienza di discussione -alla normativa di 
cui alla legge n. 447 del 1958 e n. 231 del 1962 ed al d.P.R. n. 2 del 
1959 ed alla giurisprudenza, di questa Corte, che, in detta materia, ha 
affermato il diritto soggettivo dell'assegnatario (alla cessione in propriet�) 
debba considerarsi effettuato fuor di proposito, giacch� la sfera 
di applicazione di tali statuizioni legislative deve ritenersi ben circoscritta 
e delimitata, offrendosi con esse la potest� di acquistare la propriet� 
dell'alloggio di tipo economico e popolare �a quegli assegnatari che in 
base alla precedente normativa, non ne avevano alcuna possibilit� (contemplando 
l'art. 1 della legge delega 21 marzo 1958, n. 447, la cessione in 
propriet� esclusivamente degli alloggi di tipo economico e popolare, 
� per i quali le vigenti disposizioni gi� non prevedano l'acquisto della 
propriet� da parte degli assegnatari�). 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

� rimanendo gli alloggi costruiti dalle societ� cooperative sovvenzionate 
fuori dall'area previsionale di tali recenti atti di normazione non 
pu� non escludersi che le richiamate statuizioni legislative siano applicabili 
indiscriminatamente a qualsiasi assegnatario di alloggio popolare 
ed economico (e non gi� soltanto agli assegnatari degli alloggi indicati 
nell'art. 1 del d.P.R. n. 2 del 1959) e, quindi, anche gli assegnatari di 
cooperative edilizie sovvenzionate dallo Stato. 

La qualificazione giuridica della posizione di questi ultimi va, perci�, 
valutata esclusivamente alla luce e nella prospettiva della disciplina normativa 
dettata dal t.u. n. 1165 del 1938 (e successive modificazioni). 

E -poich�, in base a questa la situazione. soggettiva dell'assegnatario 
di alloggio di cooperativa sovvenzionata, "in epoca anteriore alla 
stipula del mutuo individuale -come gi� si � visto in precedenza -� 
condizionata al raggiungimento dell'fhteresse pubblico inerente all'attuazione 
del programma di edilizia popolare, rimanendo subordinata, a tale 
fine, alle direttrici ed alle incidenze della potest� (discrezionale) amministrativa 
-deve escludersi che la stessa possa assurgere a dignit� di 
diritto soggettivo perfetto. 

E, sulla base di siffatta configurazione della (consistenza oggettiva 
della) situazione giuridica dell'assegnatario, il Consiglio di Stato ha esattamente 
ritenuto che la questione, oggetto della disputa giudiziale, relativa 
al subingresso degli eredi dell'assegnatario defunto ex art. 116 del 

t.u. n. 1165 del 1938, rientrasse nei limiti della sua giurisdizione, dovendosi 
ricomprendere la vertenza riguardante la pretesa dell'assegnatario o dei 
suoi eredi al conseguimento dell'alloggio del novero dei giudizi demandati 
alla competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato dall'art. 131 comma 
secondo, del t.u. n. 1165 del 1938, stabilente al riguardo un espresso. collegamento 
con l'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato 
con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, relativo al sindacato di legittimit�. 
N� pu� ritenersi -come si sostiene dalla ricorrente con il secondo 
profilo -che il Consiglio di Stato -emettendo una pronuncia dichiarativa, 
di accertamento della sussistenza della pretesa degli eredi dell'assegnatario 
al conseguimento dell'alloggio -abbia superato i limiti 
cosiddetti interni dei poteri del giudice amministrativo, invadendo l'area 
della competenza giurisdizionale del giudice ordinario (nei cui margini 
rientrerebbero tale tipo di pronuncia). 

Invero, innanzi al Consiglio di Stato era stato impugnato il provvedimento 
amministrativo decisionale, emesso, ex art. 131 del t.u. n. 1165 
del 1938, dalla Commissione Centrale di vigilanza sull'edilizia economica 
e popolare, la quale (pur essendo organo di giurisdizione speciale amministrativa 
in ordine alle controversie in materia di condominio, s� che 
le sue decisioni, in detta materia, sono impugnabili innanzi alle Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione ex art. 362, comma primo cod. proc. civ.) 


98i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� investita ex art. 131, comma primo, del t.u. del 1938 di funzioni contenziose 
(n. 1 e 2) e consultive (n. 3) -di natura amministrativa 
(cfr., in tal senso, Cass. sent. 16 marzo 1970, n. 679). 

E -poich� le decisioni, emanate nell'esercizio delle cennate funzioni 
contenziose, costituiscono atti amministrativi definiti, impugnabili 
con ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, a norma del Coordinato 
disposto dagli artt. 131, comma secondo, del cit. t.u. e 26 del t.u. n. 1054 
del 1924 -esattamente il provvedimento amministrativo, emesso dalla 
Commissione Centrale di Vigilanza, � stato impugnato, con ricorso giurisdizionale 
innanzi al Consiglio di Stato in sede di giurisdizione di legittimit�; 
e non meno correttamente il Consiglio di Stato -avendo ritenuto 
che la decisione della Commissione fosse inficiata da vizi di legittimit�, 
comportanti la sanzione della caducazione -ha annullato il cennato 
provvedimento in quanto illegittimo. 

Cos� operando, il giudice amministrativo ha agito -contrariamente 
a quanto si assume dalla ricorrente -nel pieno rispetto dei limiti della 
propria giurisdizione, senza esercitare in alcun modo i poteri del giudice 
ordinario, per avere provveduto all'annullamento dell'atto amministrativo 
illegittimo, lesivo dell'interesse (indirettamente protetto), delle eredi 
del socio assegnatario al conseguimento dell'alloggio. 

N� -trattandosi, nel caso di specie, di un giudizio instaurato innanzi 
al Consiglio di Stato per la tutela di un interesse legittimo inciso da 
un provvedimento (decisionale) amministrativo illegittimo, in quanto emanato 
senza l'osservanza delle norme giuridiche all'uopo disposte, -occorre 
indugiare sul rilievo della ricorrente, secondo il quale il giudice 
amministrativo -affermando la propria giurisdizione -avrebbe erroneamente 
ritenuto di essere investito ex art. 131, comma secondo, del 

t.u. n. 116 del 1938, della giurisdizione esclusiva in detta materia. 
Invero -presupponendo la giurisdizione rivestita del carattere di 
esclusivit� una controversia in tema di diritti soggettivi (e non di interessi 
legittimi ed una potestas decidendi sul rapporto giuridico sostanziale 
e non sull'atto amministrativo -non pu� non escludersi che, 
nel caso di specie, ricorra un'ipotesi di giurisdizione esclusiva. 

Per modo che, non � il caso di approfondire, in questa sede, il quesito 
-propostosi da una recente decisione delle Sezioni Unite di questa 
Corte (sent. 22 febbraio 1976, n, 671) -se la giurisdizione del Consigli 
di Stato, adito con ricorso giurisdizionale, esperito contro una pronuncia 
della Commissione di Vigilanza, integri (o meno) una giurisdizione 
esclusiva di legittimit�. 

Il primo ed il secondo profilo, delineati nell'unico motivo d'impugnativa, 
sono, quindi, da disattendere. 
Con il terzo profilo, la ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato rivalutando 
gli elementi di fatto, posti a base della pronuncia della Com



PARTE I. SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

missione Centrale di Vigilanza, e sostituendosi, quindi, all'organo amministrativo 
nella valutazione del fatto e nell'apprezzamento delle circostanze 
emerse dall'istruttoria amministrativa -abbia travalicato i limiti della 
giurisdizione di legittimit�, invadendo il campo della giurisdizione di 
merito. 

Anche questo profilo giuridico �, per�, privo di fondamento. 

Va, innanzi tutto, precisato che il Consiglio di Stato non ha proceduto, 
nel caso di specie, alla rivalutazione degli elementi probatori come 
si sostiene dalla ricorrente -bens� soltanto all'analisi, approfondita 
ed esaustiva, delle specifiche componenti del fatto, desumibili dagli 
atti acquisiti nel corso della procedura amministrativa. 

E -poich�, a fronte della dichiarazione dell'ex presidente della 
cooperativa edilizia dott. Vecchio, con la quale si attestava che la consegna 
dell'alloggio al Rizzuto era inter:venuto prima della sua morte e 
che l'occupazione dello stesso era stata da lui autorizzata (consegna ed 
occupazione comportanti -come si � visto -l'assegnazione ex art. 
98 del t.u. n. 1165 del 1938), nonch� degli altri dati di base, quali l'avvenuto 
abbinamento, mediante sorteggio, dell'alloggio al nome del Rizzuto; 
l'effettuazione di opere di trasformazione e di miglioria (nell'alloggio) 
da parte di quest'ultimo prima del suo decesso, la consegna 
delle chiavi dell'alloggio al Rizzuto (le modalit� della cui detenzione 
potevano trarsi anche dal contenuto della lettera del successivo presidente 
della Cooperativa Vincenzo Bruno), le quietanze relative ai lavori 
eseguiti nell'appartamento prima della sua morte, la Commissione Cen


trale di Vigilanza, in Clfrenza di una visione organica della fattispecie, 
non ha provveduto al superamento definitivo del bilanciamento delle 
antitesi sulla base di validi elementi di fatto, in posizione antagonistica e 
contrastante con quelli sopra indicati ed atti a soverchiare gli stessi, 
limitandosi alla erronea considerazione che lo Rizzuto non avessero fornito 
la prova della consegna dell'alloggio al de cujus in epoca anteriore 
alla sua morte, in quanto l'onere della prova, inteso come criterio risolutore 
dell'incertezza circa gli avvenimenti riguardanti un rapporto sostanziale, 
presupporrebbe il carattere dispositivo del process� e l'assenza 
di un potere di accertamento ex officio, laddove, nel caso di specie, la 
Commissione aveva la facolt� di esplicare piena attivit� istruttoria il 
Consiglio di Stato, dopo aver provveduto ad analizzare, specificamente 
ed in tutte le loro pieghe, gli elementi di fatto e le componenti (materiali 
di giudizio) della fattispecie concreta, oggetto di disputa, � pervenuto, cor


rettamente e nel pieno rispetto delle norme che ne disciplinano l'atti


vit�, all'accertamento della sussistenza del travisamento dei fatti (inte� 

grante l'eccesso di potere innanzi ad esso denunciate), in cui era in


corsa la Commissione Centrale di Vigilanza, la quale -provvedendo 

ad una analisi superficiale e ridotta, e, perci�, non soddisfacente, degli 


990 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

elementi di giudizio, che, se considerati posti a base di un accurato {: 

!~ 

e corretto esame analitico, avrebbe condotto necessariamente l'organo 
deliberante ad una diversa soluzione -aveva emanato un provvedimento ~ 
decisionale inficiato da vizi di legittimit�. 


E -poich� i giudici amministrativi, sia se investiti soltanto della 

I 

competenza (giurisdizionale) di legittimit�, sia se investiti anche di quella 
di merito, conoscono sempre del fatto (s� che, in tal senso, possono 
considerarsi sempre giudici del �merito� della controversia) -deve 

I

escludersi che il Consiglio di Stato abbia invaso l'area della giurisdizione 
di merito -ricorrente quando il giudice amministrativo conosca, oltre 
che dei vizi di legittimit� dell'atto, anche della rispondenza di caso ai 

I 

dettami delle norme extragiuridiche, che sovrintendono al buon andamento 
ed al proficuo esercizio (sotto il profilo dell'equit� e dell'opportunit�) 
dell'azione amministrativa -in quanto -provvedendo all'analisi 
(e non alla valutazione) delle varie componenti del fatto e ritenendo 
il provvedimento della Commissione di Vigilanza viziato, sotto il profilo 
funzionale, per eccesso di potere, verificabile come � noto -non 
soltanto quando si riscontri una effettiva deviazione dell'atto dalle sue 
finalit� istituzionali, ma anche quando esso appaia determinato da una 
inesatta od incongrua rappresentazione della realt�, atta a farlo deviare 
dal risultato prefisso, nonch� quando risulti assente il necessario nesso 
di conseguenzialit� tra i presupposti di adozione dell'atto e le sue conclusioni) 
-sarebbe rimasto nei limiti della sfera della giurisdizione 
di legittimit�, per aver ritenuto il provvedimento amministrativo decisionale 
della Commissione inficiato per travisamento dei fatti (ravvisandosi, 
il conseguenza di una deviata considerazione, una non coincidenza 
tra la funzione istituzionale e la finalit� concreta dell'atto, nonch� fra 
le componenti del contesto materiale di fatto ed il provvedimento 
emanato). 

E -riscontrandosi il cosiddetto travisamento dei fatti (costituente 
una delle figure sintomatiche -elaborate dalla giurisprudenza -pi� 
tipiche dell'eccesso di potere) nelle ipotesi in cui, il provvedimento sia 
stato emanato sul presupposto dell'esistenza (o meno) di fatti, che dagli 
atti risultino, invece, insussistenti (o, viceversa, esistenti) -deve ritenersi 
che esattamente il Consiglio di Stato -procedendo (come si � 
visto sopra) ad una analisi accurata (e non alla rivalutazione ed all'apprezzamento) 
delle varie componenti del fatto (consentita, anche secondo 
la giurisprudenza del Consiglio di Stato: decis. 19 dicembre 1964) n. 181, 
decis. 23 settembre 1961 n. 631) -abbia considerato che la Commissione 
di Vigilanza fosse incorsa nel vizio (di legittimit�) di eccesso di potere 
per travisamento degli elementi di fatto, in quanto -di fronte alla 
dichiarazione dell'ex-presidente della cooperativa edilizia, attestante l'intervento 
dell'avvenuta consegna dell'alloggio al Rizzuto prima della sua 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

morte, per avere egli stesso provveduto a detta consegna, autorizzando 
il destinatario di essa all'occupazione dell'alloggio -avrebbe ritenuto fattore 
decisivo, con la conseguente sostanziale neutralizzazione degli elefttore 
decisivo, con la conseguente sostanziale neutralizzazione degli elementi 
probatori positivi -che la pretesa occupazione dell'alloggio da 
parte del Rizzuto (se eventualmente intervenuta) sarebbe stata effettuata 
abusivamente, per essere stata posta in esser la consegna in contrasto 
con la volont� degli organi della Cooperativa. 

Per modo che, deve ritenersi che il Consiglio di Stato -rilevante 
che le enunciazioni, contenute nella decisione della Commissione Centrale 
di Vigilanza in merito alla abusivit� �della pregressa occupazione 
dell'alloggio da parte del Rizzuto, fossero prive di qualsiasi effettiva derenza 
alla realt� e non trovassero alcun addentellato o concludente riscontro 
nelle risultanze emergenti negli atti -acquisiti alla procedura 
amministrativa -abbia esattamente ritenuto che -risultando, in tal 
modo, vanificata la conclusione decisionale finale -la pronuncia, emanata 
dalla Commissione Centrale di Vigilanza, fosse viziata da eccesso 
di potere per travisamento dei fatti, e dovesse, quindi, essere annullata. 

Anche il terzo profilo di cen.sura �, quindi, da disattendere. 

In definitiva, il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna 
della ricorrente alla perdita del deposito per il caso di soccombenza, a 
norma dell'art. 381 cod. proc. civ.... -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 577 -Pres. Stella 
Richter -Rel. R. Granata -P. M. Di Majo (concl. conf.) -Ministero 
PP.TT. (avv. Stato Tarin) c. S.p.A. S.I.A. (Societ� Italiana Autotrasporti) 
(avv.ti Baseggio, Messina). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Concessioni 
-Servizi automobilistici sostitutivi di ferrotramvie in 
concessione -Trasporto e scambio degli effetti postali: modalit� Giurisdizione 
dell'A.G.D. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 
Competenza e giurisdizione -Autolinee sostitutive di linee ferrotramviarie 
concesse all'industria privata -Disciplina. 

(r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, artt. 132, 271; r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, artt. 2 e 3; 
I. 28 settembre 1939, n. 1822, artt. 1, 16, 37; I. 8 gennaio 1952, n. 53). 
Appartiene alla giurisdizione dell'A.G.O. la controversia con la quale 
un concessionario di servizi automobilistici sostitutivi di tramvie extraurbane 
in regime di concessione contesti di essere tenuto ad eseguire il 
trasporto e lo scambio degli effetti postali non pi� nei modi stabiliti 


992 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per le concessioni ferrotramviarie -:-cio� nell'interno delle stazioni -, 
ma nei modi delle concessioni automobilistiche -cio� accedendo con 
personale proprio alle sedi degli uffici postali -, in quanto la pretesa 
fatta valere in giudizio si muove nell'ambito dei diritti ed obblighi scaturiti 
dal rapporto concessorio (1). 

La disciplina degli autoservizi di linea per viaggiatori in regime di 
concessione all'industria privata non si applica alle autolinee sostitutive 
di linee ferrotramviarie concesse all'industria privata, le quali, pertanto, 
anche per quanto riguarda il servizio postale rimangono assoggettate salvo 
diversa regolamentazione pattizia -alla loro originaria disciplina. 

(Omissis). -Con atto 21 ottobre 1966, la Societ� Italiana Trasporti 
(S.I.A.) p.a., esercente in provincia di Brescia servizi automibilistici sostitutivi 
di tranvie extraurbane condotte in regime di concessione, conveniva 
davanti al Tribunale di Roma il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. 


Esponeva che in forza degli artt. 132 e 271 r.d. 8 maggio 1912, n. 1147 

(t.u. �delle disposizioni di legge per le ferrovia concesse all'industria 
privata, le tranvie a trazione meccanica _e gli automibili �), ad essa concessionaria 
incombeva -quando agli effetti postali -l'obbligo di trasporto 
e scambio � entro � le singole stazioni, gratuitamente, della corrispondenza 
e, per un corrispettivo variabile secondo peso, dei pacchi 
postali. Tale sistema aveva trovato applicazione pacifica fino al 10 marzo 
1966, quando il Ministero convenuto aveva preteso che venissero invece 
applicate le pi� gravose norme della legge 8 gennaio 1952, n. 53, modificata 
con d.P. 9 aprile 1953, n. 592 e 1. 21 giugno 1964, n. 559, peraltro riferentisi, 
secondo l'attrice, esclusivamente agli �ordinari� servizi automobilistici 
concessi all'industria privata in forza della 1. 28 settembre 
1939, n. 1822, e non anche ai servizi sostitutivi di linee ferroviarie e tranviarie, 
quali, appunto, quelli condotti da essa attrice. Tale illegittima 
estensione importava i ben maggiori oneri economici derivanti dalla diversa 
regolamentazione del trasporto degli effetti postali sulle autolinee 
ordinarie (e cio� gli oneri del trasporto e scambio con personale proprio 
e accesso delle autovetture agli uffici postali, sia estremi che intermedi, 
per un ammontare complessivo di circa Lire 20 milioni annui). Pertanto 
la societ� attrice chiedeva che il Tribunale la dichiarasse esente, 
appunto perch� concessionaria di servizi automobilistici sostitutivi di 
(1) A quanto consta non si rinvengono specifici precedenti. 
(2) La motivazione della sentenza contiene un ampio riferimento di precedenti 
giurisprudenziali. Su questi pu� anche utilmente consultarsi Giust. civ., 
1976, I, 1323. 
In dottrina cfr. GASPARRI �In tema di linee automobilistiche sostitutive di 
servizi ferroviari>>, Foro amm., 1954, IV, 17. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

tranvie e non gi� di autolinee ordinarie, dall'osservanza delle specifiche 
disposizioni di cui alle leggi n. 53 del 1952 e n. 559 del 1964 ed al d.P. 

n. 562 del 1953, e, per l'effetto, dichiarasse illegittima la contraria pretesa 
dell'Amministrazione, con la condanna di questa al risarcimento del 
danno derivante dalla imposta attuazione della pretesa stessa. 
Il Ministero resisteva alla domanda, contestandone la fondatezza, 
sul rilievo, tra l'altro, che la legge n. 53 del 1952, riguardante il trasporto 
degli effetti postali sulle autolinee in concessione, doveva intendersi 
riferita a tutti i concessionari delle autolinee medesime, ancorch� 
sostitutive di ferrotranvie. Nel successivo corso del giudizio il Ministero 
eccepiva inoltre il difetto di giurisdizone del giudice ordinario. 

Con sentenza non definitiva 19 maggio 1969, il Tribunale, affermata la 
propria giurisdizione, accoglieva le domande attrici, riservando al definitivo 
la liquidazione del danno genericamente riconosciuto e disponendo 
al riguardo la necessaria istruttoria. 

Su appello immediato dell'Amministrazione, la Corte di appel�o 
confermava la decisione impugnata con la sentenza 16 ottobre 1972, oggi 
denunziata. 

Sulla questione pregiudiziale di giurisdizione, la Corte osservava che 
non poteva dubitarsi dell'appartenenza della causa alla cognizione del 
giudice ordinario, avendo l'attrice posto, a fondamento della richiesta 
dichiarazione di illiceit� della condotta dell'Amministrazione e della condanna 
conseguente ai danni, la posizione soggettiva assicuratale dal rapporto 
concessionario nel suo momento privatistico e paritetico, consistente 
nella titolarit� del diritto a non vedere perturbati, in costanza di rapporto, 
gli obblighi ed i diritti nascenti dalla convenzione attuativa della 
concessione. 

Nel merito negava che alle autolinee sostitutive di ferrotranvie fosse 
estensibile la disciplina del trasporto degli effetti postali sulle ordinarie 
autolinee in concessione alla industria privata, muovendo dal pacifico 
rilievo della non applicabilit� alle prime della normativa dettata per le 
seconde dalla legge 28 settembre 1939, n. 1822, ed argomentando che lo 
stesso limitato ambito di operativit� doveva necessariamente riconoscersi 
alla legge n. 53 del 1952, dalla quale l'Amministrazione intendeva invece 
trarre il diritto di esigere le pi� onerose prestazioni postali pretese, posto 
che la citata legge n. 53 niente di pi� costituiva che una modificazione 
della precedente, nella parte riguardante il trasporto postale ed i canoni. 
Aggiungeva che l'assimilazione, quanto agli oneri postali, dei due tipi 
di concessione, avrebbe postulato la trasformazione in automobilistica 
della concessione originariamente ferroviaria per effetto della sostituzione, 
nell'esercizio di questa, del servizio ferrotranviario con autoveicoli, il che 
doveva invece escludersi proprio in base alla disciplina della materia 
dettata dal r.d.1. 14 ottobre 1932, n. 1496, che prevedeva la mera possi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

994 

bilit� di sostituzione del mezzo tecnico per l'esercizio della impresa in 
concessione, ferma peraltro restando la identit� del rapporto originario. 
Considerava infine che proprio la persistenza della concessione ferroviaria, 
pur dopo la sostituzione del mezzo tecnico di trasporto, conduceva a 
ritenere che anche per gli autoservizi sostitutivi permanesse la necessit� 
di quelle caratteristiche operative -tra cui, appunto, l'effettuazione del 
trasporto e dello scambio � entro � le singole stazioni -che sono connaturate 
al servizio ferroviario, indissolubilmente legato, in ogni aspetto 
dell'esplicazione, alla guida delle rotaie, cui � obbligato il relativo materiale 
mobile. 

II Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ha proposto ricorso per 
cassazione sulla base di due motivi. 
Resiste con controricorso la societ� S.I.A. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo, l'Amministrazione -denunziando violazione 
dell'art. 2 della legge 20 marzo 1965, n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, 
in relazione all'art. 360 n. 1 c.p.c. -ripropone l'eccezione 
di difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 

Assume la ricorrente che nella specie verrebbe in rilievo unicamente 
la legittimit� del provvedimento, con cui si � imposta alla societ� resistente, 
esercente servizi automobilistici sostitutivi di ferrotranvie in concessione, 
la disciplina relativa al servizio di trasporto e scambio degli 
effetti postali prevista dalla legge 8 gennaio 1952, n. 53, discutendosi soltanto 
se siffatta normativa sia o meno applicabile alla specie. 

La censura � infondata. 

La tesi dell'Amministrazione, secondo cui il concessionario di servizi 
ferrotranviari sostitutivi con autoservizi, ai sensi degli artt. 2 r.d.I. 
14 ottobre 1932, n. 1496 e 1 legge 12 ottobre 1952, n. 1221, � tenuto ad 
eseguire il trasporto e Io scambio degli effetti postali non pi� nei modi 
stabiliti per le concessioni ferrotranviarie, e cio� all'interno delle stazioni, 
ma in quelli propri delle concessioni automobilistiche, e cio� accedendo 
con personale proprio alle sedi degli uffici postali, al di l� 
delle formule verbali con cui � prospettata, non si fonda sul postulato di 
un potere autoritativo, che, in contemplazione del miglior governo dell'interesse 
pubblico affidato alle sue cure, le consenta di modificare unilateralmente 
il regime del rapporto concessorio, discrezionalmente scegliendo 
ed imperativamente imponendo l'adozione, da parte del concessionario, 
dell'uno o dell'altro modo. In realt�, essa si ricollega, invece, 
alla asserita modificazione apportata direttamente dalla legge stessa al 
modo di esplicazione del trasporto postale per effetto, appunto, della 
sostituzione del servizio ferroviario con il servizio automobilistico. Trat




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDI:~IONE 

tasi cio� di una pretesa che si muove nell'ambito dei contrapposti diritti 
ed obblighi, correlati al momento sinallagmatico e paritetico del 
rapporto concessorio vero e proprio, senza affatto coinvolgere situazioni 
di potere e di interesse legittimo, onde la relativa controversia attiene 
esclusivamente alla sfera dei diritti soggettivi e si appartiene quindi alla 
competenza giurisdizionale del giudice ordinario. Riguarda poi il merito, 
e non la giurisdizione, il problema se nella .materia delle ferrotranvie 
concesse all'industria privata la sostituzione del servizio su rotaia con 
il servizio su strada comporti effettivamente l'assoggettamento del concessionario 
-per quanto concerne il trasporto postale -alle regole 
dettate per le autolinee concesse o se, invece, essa lasci immutato il 
regime precedente. 

Appunto al merito si riferisce il secondo motivo di ricorso, con cui 
si denunzia, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione 
della legge 8 gennaio 1952, n. 53 e successive modificazioni, 
nonch� della legge 28 settembre 1939, n. 1882, con particolare riferimento 
agli artt. 1 e 16, in relazione al t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, artt. 
132-271, ed al r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 2, 3. 

Secondo la ricorrente, tanto la legge n. 1822 del 1939, quanto quella 

n. 53 del 1952 si riferiscono, nella loro formulazione letterale, �ai concessionari 
dei servizi pubblici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli 
(autolinee) di qualunque natura �, e pertanto non � consentito all'interprete 
individuare discriminazione alcuna, quanto al servizio postale, tra 
le autolinee sorte originariamente come tali e quelle sostitutive di precedenti 
servizi tranviari, senza che in contrario rilevi la circostanza valorizzata 
invece in senso opposto dalla Corte di merito, che la legge del 
1952 n. 53 si riferisca agli stessi servizi automobilistici, oggetto della precedente 
legge del 1939 n. 1822, gi� �quest'ultima riguardando, appunto, 
anche le autolinee sostitutive di preesistenti ferrotranvie. La necessit�, 
poi, della limitazione all'interno delle stazioni delle operazioni di trasporto 
e scambio degli effetti postali nel servizio ferrotranviario, in ragione 
dell'inscindibile legame di questo con gli impianti fissi, non giustifica 
la persistenza dello stesso regime una volta che quella situazione 
sia venuta meno per la trasformazione del servizio ferroviario in servizio 
automobilistico. Del pari priva di rilievo, a giudizio della ricorrente, � la 
considerazione, sottolineata invece dalla Corte di merito, che la sostituzione 
del servizio ferrotranviario con quello automobilistico non fa 
venire meno la concessione originaria, dovendosi qui avere riguardo unicamente 
al distinto rapporto, che a quella inerisce, relativo al trasporto 
dei pacchi postali e corrente fra il concessionario e l'Amministrazione 
delle Poste, e che non si sottrae alla disciplina dettata, per tutti i serv1z1 
automobilistici di� qualsiasi natura e durata, appunto dalle leggi del 1939 
n. 1822 e del 1952 n. 53. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATUR<\ DELLO STATO 

Neppure tale motivo pu� trovare accoglimento. 

Denominatore comune e motivo ispiratore fondamentale di tutte le 
critiche svolte dall'Amministrazione ricorrente alla sentenza impugnata � 
l'assunto, secondo cui, una volta intervenuta la sostituzione dell'originario 
servizio su rotaie con il servizio automobilistico, lo svolgimento 
ulteriore del rapporto resta assoggettato alla disciplina prevista per tutte 
le autolinee, comprese quelle sostitutive di linee ferrotraviarie, dalla legge 

n. 1822 del 1939, e quindi, per quanto attiene al trasporto e scambio degli 
effetti postali, alle norme della citata legge, come modificato dalla successiva 
legge n. 53 del 1952. 
� proprio tale assunto, che, peraltro, si appalesa privo di fondamento. 


Sul tema, in generale, d~i rapporti fra la normativa dettata per le 
autolinee concesse all'industria privata dalla legge n. 1822 del 1939 e 
quella dettata dalle leggi sulla sostituzione dei servizi ferrotranviari con 
servizi automobilistici, a conclusioni opposte sono gi� pervenute queste 
Sezioni unite (sent. 20 novembre 1956 n. 4269), con riferimento all'analogo 
caso della sostituzione, ai sensi del r.d.l. 21 dicembre 1931 n. 1575, convertito 
in legge 24 marzo 1932 n. 388, di linee ferrotranviarie esercitate 
dallo Stato. E le ragioni, che in quell'incontro hanno condotto ad affermare 
la perdutante vigenza del citato r.d.l. del 1931 n. 1575 pur dopo 
l'emanazione della legge n. 1822 del 1939 e, quindi, la estraneit� alla seconda 
delle sostituzioni previste dal primo, suffragano identica conclusione 
anche per le sostituzioni di ferrotranvie concesse all'industria privata, 
delle quali qui si discute. Comuni ad entrambe le ipotesi, invero, 
sono tanto il rilievo del diverso ambito e scopo delle due normative, 
generale e speciale, in raffronto, quanto quello della estraneit� del r.d.l. 

n. 1496 del 1932 al novero dei testi abrogati in forza dell'art. 37 legge 
n. 1822 del 1939, al primo non potendosi riferire neppure la generica 
formula della abrogazione di � ogni altra disposizione contraria �, contenuta 
nel secondo, sia perch� la sottolineata diversit� di contenuto e di 
scopo esclude tale contrariet�, sia perch� non � credibile che una volont� 
legislativa di abrogazione sia stata espressa in cotal guisa nei riguardi 
di un testo tanto pi� importante di non pochi degli altri per i quali, 
invece, nello stesso momento veniva avvertita la necessit� di una elencazione 
specifica. N� meno pertinente � la considerazione che gi� nell'ordinamento 
precedente alla legge n. 1822 del 1939 la normativa speciale 
per le autolinee sostitutive coesisteva con quella generale delle autolinee 
concesse come tali ab origine, sicch� la mera sostituzione di quest'ultima 
con la citata legge n. 1822 del 1939 non � idonea di per s� a far 
ritenere cessato tale duplice regime normativo. 
Appunto nel senso che la legge del 1939 sulle autolinee concesse, 
come non si applica alle autolinee sostitutive di ferrovie statali regolate 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 997 

dal r.d.l. del 1931 n. 1575, cos� neppure comprende la autolinee sostitutive 
.di ferrotranvie concesse all'industria privata, � orientata la giurisprudenza 
del Consigli� di Stato, che, dopo avere affermato il principio 
con riferimento alle prime (Sez. II, 26 aprile 1947� n. 155; Sez. VI, 19 
febbraio 1952 n. 56; Sez. VU, 16 marzo 1954 n. 167), lo ha poi ribadito con 
riferimento anche alle seconde, proprio sul presupposto della identit� 
di ragioni (Sez. IV, 19 ottobre 1956 n. 989), sicch� oggi tale indirizzo pu� 
dirsi pacificamente ricevuto per entrambe le situazioni (Sez. IV, 25 gennaio 
1957 n. 96; Sez. II, 9 agosto 1961 n. 570; Sez. VI, 26 giugno 1963 

n. 
373; Sez. VI, 2 luglio 1965 n. 503; Sez. IV, 28 settembre 1967 n. 394). 
Onde deve conclusivamente affermarsi che le disposizioni della legge 
n. 1822 del 1939 e successive modificazioni non si applicano alle autolinee 
sostitutive di linee ferrotranviarie concesse alla industria privata, le quali 
quindi, anche per quanto riguarda la effettuazione dei servizi postali, 
rimangono assoggettate, salva diversa regolamentazione pattizia, alla loro 
originaria disciplina. 
Il che trova ulteriore conferma nelle ragioni, intrinseche al tipo di 
servizio, che nelle concessioni ferrotranviarie giustificano la naturale limitazione 
del trasporto e scambio postale all'interno delle stazioni; ragioni, 
che si identificano nella stretta correlazione del servizio ferrotranviario 
con gli impianti fissi ad esso strumentali, e che permangono pur dopo 
la sostituzione del mezzo tecnico di trasporto, dovendo in principio 
l'esplicazione del servizio rimanere quanto pi� possibile immodificata, 
anche nel percorso e negli scali, nell'interesse precipuo degli utenti al 
fine di �continuare ad assicurare (loro) le preesistenti comodit��, come 
a suo tempo riconosciuto dalla stessa Amministrazione concedente nelle 
istruzioni impartite ai propri organi periferici (circolare Ministero Trasporti, 
Serv. III, n. 126/2480-34 del 23 settembre 1959), nel contesto di una 
disciplina complessiva che configura la sostituzione del servizio come 
mera vicenda modificativa della perdurante concessione originaria, la 
cui persistenza, fra l'altro, ha l'effetto -appunto -di impedire la devoluzione 
anticipata degli impianti fissi strumentali (Cass. S.U. 9 gennaio 
1974 n. 3487). 

Il ricorso deve dunque essere rigettato... (Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, 15 dicembre 1975, n. 4135 -Pres. Toro -
Rel. Sammarco -P. M. Martinelli (conf.) Selis e Landorno (avv.ti 
Fornario e Sotgiu) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. 
Stato Palatiello). 

Procedimento penale � Revisione e assoluzione � Azione di riparazione e 
risarcimento del danno . Colpa della P. A. � Inammissibilit� della domanda 
risarcitoria. 

L'azione di riparazione dell'errore giudiziario, di regola unico stru


mento di ristoro concesso a chi � stato assolto in sede di revisione, non 

� cumulabile con l'azione ordinaria ex lege. (1). 

Quest'ultima azione � tuttavia data nei confronti dell'autore della 

falsit� o di altro reato la cui commissione determin� l'errore giudiziario; 

in tale ipotesi l'azione di riparazione � proponibile in via sussidiaria. 

Pertanto, nel caso in cui la condanna fu determinata da colpa civil.
mente rilevante di taluno non � esperibile l'azione risarcitoria, ma solo 
quella di riparazione (2). 

(Omissis). -I ricorrenti con il primo motivo, denunciano la viola


zione e la falsa applicazione degli artt. 112, 132, 339 segg. 343, 345 c.p.c. 

571, 572, 573, 574 e 574-bis, c.p.p. nonch� degli artt. 2043 e segg. e 2947 e.e. 

in relazione all'art. 360 n. 3. 

Essi sostengono, in linea di principio, che la vittima di un errore 

giudiziario ha a sua disposizione due azioni: quella di riparazione del


l'errore gudiziario disciplinata dagli artt. 571 e segg. c.p.p. e quella ordi


naria di risarcimento danni ex art. 2043 e.e. ricollegabile a fatti illeciti 

che hanno contribuito a determinare l'ingiusta condanna. Le due azioni 

corrispondono a due diritti fra loro distinti, aventi origine, finalit� e pre


supposti diversi, e sono esercitabili cumulativamente senza reciproche pre


clusioni. Inoltre precisano che il diritto al risarcimento del danno per 

fatto illecito va tenuto separato e non confuso, come ha fatto la Corte 

di merito, con il diritto al risarcimento previsto dall'art. 574-bis per il 

caso contemplato dall'art. 554 c.p.p., in quanto nel detto caso, essendo 

(1-2) Per un precedente di rilievo, cfr. Cass. 1-12-1970, imp. DI LASCIA, Foro it. 
Rep. 1971, 1039; non si rinvengono, invece, precedenti in merito ai rapporti tra 
azione di riparazione ed azione di risarcimento del danno. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

il diritto al risarcimento del danno sostitutivo o complementare della 
riparazione, si versa nell'istituto della riparazione stessa. 

Nella specie, ad avviso dei ricorrenti, i fatti illeciti che avevano determinato 
la condanna di esso Selis e che davano origine ad un suo 
autonomo diritto al risarcimento dei danni, a parte la riparazione pecuniaria 
gi� ottenuta, erano rappresentati dall'imperizia con la quale il 
Branca aveva condotto l'ispezione, dalla sua ostinata volont� di sostenere 
una versione dei fatti non rispondente al vero, dal ritardo, durato 
ben tredici anni, con il quale l'amministrazione aveva disposto una nuova 
inchiesta che in pochissimo tempo aveva accertato la falsit� di tutti gli 
elementi di accusa. 

Quanto poi all'eccezione di prescrizione del diritto fatto valere dal 
Selis, sollevata dalla amministrazione sin dal giudizio di primo grado, 
i ricorrenti osservano che la Corte di merito non avrebbe potuto pronunciarsi 
su di essa, in quanto, pur avendo formato oggetto di una autonoma 
pronuncia di rigetto. da parte del Tribunale, l'amministrazione non 
l'aveva riproposta con appello incidentale. 

Come emerge chiaramente dall'esposizione dell'assunto dei ricorrenti, 
l'azione di risarcimento danni da essi configurata, che si affiancherebbe 
all'azione di riparazione dell'errore giudiziario, mirerebbe, al pari di quest'ultima, 
a rivalere la vittima dell'errore giudiziario del pregiudizio 
da essa subito per effetto dell'ingiusta sentenza penale di condanna. 
Coerentemente a tale impostazione, il Selis nell'originario atto di citazione, 
con il quale ha promosso il presente giudizio, ha individuato i 
danni di cui ha chiesto il risarcimento, in quelli arrecati alla sua sfera 
sia patrimoniale sia non patrimoniale, dalla sentenza di condanna e 
dalla conseguente carcerazione sofferta. 

Considerato che questa azione aggiuntiva investe anch'essa la risarcibilit� 
delle conseguenze dannose derivanti dall'errore giudiziario, e 
d'uopo, ai fini di valutarne l'ammissibilit�, rifarsi alle particolari disposizioni 
sulla riparazione dell'errore giudiziario, dettate dal codice di procedura 
penale negli artt. 571-574-bis, nel testo introdotto dalla legge 23 
maggio 1960, n. 504, onde delimitarne l'ambito di applicazione. 

L'azione di riparazione dell'errore giudiziario, come questa Corte ha 
posto in luce, mira a compensare la vittima delle sofferenze e dei nocumenti 
arrecatile da una decisione che, per quanto erronea, si pone pur 
sempre come il risultato di una esercitata potest� giurisdizionale, per 
cui l'obbligo verso lo Stato non nasce ex illecito, bens� da una doverosa 
solidariet� verso l'innocente di cui debbono cancellarsi, in equa misura, 
le dolorose conseguenze cagionate dall'errore (Cass. Pen. Sez. VI, 1 dicembre 
1970, imp. Di Lascia). 

Essa � data soltanto a chi � stato assolto in sede di revisione e si 

atteggia diversamente a secondo dei casi di revisione contemplati dal


t2 


1000 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 554 c.p.p. Questi possono essere raggruppati in due categorie: 
quella che comprende le ipotesi dei nn. 1, 2 e 3 e 5 della detta disposizione, 
in cui l'errore del giudice ha, se cos� pu� dirsi, una germinazione 
spontanea e quella che s'identifica con l'ipotesi contemplata dal n. 4 
del citato art. 554 c.p.p. in rapporto all'ultimo comma dell'art. 557 c.p.p., 
la quale riguarda la condanna pronunciata in conseguenza �di falsit� in 
atti o in giudizio o di altro fatto preveduto dalla legge come reato, commessi 
da un terzo, la cui responsabilit� sia stata accertata con sentenza 

�irrevocabile. In questo caso, si tratta di un errore indotto, la cui fonte, 
rappresentata dal reato commesso dal terzo, � ben individuata e, quindi, 
la causa di esso, � enucleabile dall'attivit� giurisdizionale che ha condotto 
alla decisione erronea. 

Per i casi rientranti nella prima categoria, in cui l'errore � riferibile 
all'attivit� giurisdizionale, senza possibilit� d'identificare alcun soggetto� 
cui attribuirla, � esperibile unicamente l'azione di riparazione. Nell'ipotesi, 
invece, di cui al n. 4 �dell'art. 554 c.p.p., nella quale la causa effettiva 
dell'ingiusta condanna � il fatto doloso del terzo, � ammessa in via 
principale l'azione di risarcimento dei danni contro il terzo secondo i 
principi della responsabilit� extracontrattuale. E giusto, infatti, che a 
rispondere del nocumento arrecato dalla condanna, sia il terzo che con 
la sua condotta delittuosa, l'ha provocata, condotta che assume il ruolo� 
di causa efficiente del detto nocumento, mentre l'errore del giudice, 
provocato dall'attivit� del terzo, perde nella previsione normativa rilevanza 
causale. 

Beninteso, perch� si possa chiedere il risarcimento in via ordinaria,. 
� indispensabile che il fatto delittuoso del terzo agisca come unico fattore 
causale della condanna ingiusta, in quanto, come ha ritenuto questa 
Corte, l'azione non sarebbe proponibile se la revisione non derivi solo 
dall'accertamento della falsit� in atti o di testimonianza su cui sia fon-� 
data la sentenza di condanna, ma anche dall'esame di nuove prove o� da. 
una diversa valutazione di quelle in precedenza acquisite (Cass. Pen. 
Sez. I, 7 marzo 1972, imp. Spano). 

Nell'ipotesi in esame l'azione di riparazione, � consentit�, ma in via 
sussidiaria o complementare, rispetto a quella di risarcimento danni, 
soltanto quando il danneggiato dalla condanna ingiusta non abbia potuto, 
per causa a lui non imputabile, conseguire in tutto o in parte, il risarcimento 
del danno dall'autore della falsit� o di altro reato, la cui commissione 
h� determinato l'errore del giudice. 

Da quanto esposto, si rileva che la risarcibilit� delle conseguenze 
dannose derivante dall'errore giudiziario afferente ad una sentenza penale 
di condanna, � regolata specificamente e con completezza delle� 
disposizioni sopra richiamate. In effetti versa in una materia per la 
quale il legislatore ha apprestato una speciale disciplina che tien conto, 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

da un lato, dell'istanza di salvaguardare l'autonomia della funzione giurisdizionale, 
e dall'altro, del meccanismo di formazione della decisione 
giudiziale e che contiene la responsabilit� dei soggetti che con la loro 
condotta hanno deviato il corso della giustizia, in limiti rigorosamente 
controllati. 

Nel vigore di questa disciplina speciale che regola l'intera materia, 
l'applicabilit� delle norme di carattere generale sul risarcimento dei 
danni da fatto illecito, al di fuori dell'eccezione dalla detta normativa 
introdotta, resta necessariamente esclusa. 

Agli enunciati rilievi di carattere ermeneutico, se ne possono aggiungere 
altri, tratti dall'analisi strutturale e funzionale delle due azioni, i 
quali confermano l'assoluta incompatibilit� dell'azione di riparazione con 
quella di risarcimento dai danni da fatto illecito. 

Sotto il profilo strutturale, � da rilevare, in aderenza alla prospettazione 
dei ricorrenti, che mentre la causa del danno che fanno oggetto 
nell'azione di riparazione, risiederebbe nell'errore del giudice, la causa 
del danno contemplato dall'azione di risarcimento, sarebbe costituita 
dall'atto illecito del terzo. Data la cumulabilit� delle due azioni e considerato 
che, dal punto di vista giuridico, ognuna delle indicate cause, 
si presenta come autonoma rispetto all'altra, ne conseguirebbe che due 
distinti fattori causali produrrebbero, indipendentemente l'uno dall'altro, 
lo stesso evento, rappresentato dalla ingiusta sentenza penale di condanna; 
evenienza questa, che urta contro la pi� elementare logica 
giuridica. 

Sotto l'aspetto funzionale, poi, si manifesterebbe un'altra insanabile 
anomalia. Poich� le due azioni coprirebbero la stessa area di danni, 
la vittima dell'errore giudiziario beneficierebbe di due risarcimenti con 
riguardo all'unica situazione dannosa, conducibile alla sentenza ingiusta; 
risultato questo inaccettabile per il nostro diritto positivo che non consente 
una duplicit� di risarcimenti. 

N� a correggere questo risultato varrebbe la constatazione che la 
sfera dei due risarcimenti non coincidono necessariamente, in quanto, 
a secondo dei casi, la riparazione pu� avere un ambito pi� ristretto o 
pii1 ampio del risarcimento in senso proprio, per cui la vittima dell'errore 
giudiziario, promuovendo entrambe le azioni, otterrebbe con l'una la 
parte di risarcimento. che non � riuscita ad ottenere con l'altra. In verit�, 
neanche per questa via l'anomalia sarebbe rimossa, perch� vi sarebbe 
pur sempre una duplicazione di risarcimento per la parte in cui le sfere 
delle due azioni verrebbero a sovrapporsi. 

Duplicazione tanto pi� inammissibile, ove si consideri che la vittima 
dell'errore giudiziario provocato da un semplice fatto illecito, godrebbe 
di una duplice tutela risarcitoria, mentre il condannato per effetto 
di un comportamento del terzo, ben pi� riprovevole in quanto 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

integrante gli estremi del reato di falsit� o di altro reato, e per di pi� 
giudizialmente accertato, usufruirebbe di una unica azione, e cio� in 
via principale di quella di risarcimento in senso proprio e soltanto in 
via sostitutiva e complem_entare, di quella di riparazione. 

In esito alle esposte considerazioni deve, quindi, negarsi ogni fondamento 
all'assunto dei ricorrenti che, in rapporto alla risarcibilit� delle 
conseguenze dannose derivanti da una sentenza penale di condanna 
configura una dualit� di azioni, quella di riparazione e quella di risarcimento 
danni da fatto illecito, che si sommerebbero fra di loro e, conseguentemente, 
con riferimento al caso in esame, deve escludersi che 
l'amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, possa rispondere per 
i presenti fatti illeciti addebitati (le superficialit� e lacunosit� dell'ispezione 
eseguita dal Branca, dichiarazioni non veritiere di costui rese nel 
processo penale, ritardo con il quale fu disposta una nuova inchiesta); 
essa non pu� essere chiamata a risponderne, n� alla stregua dell'art. 574-� 
bis in relazione all'art. 554 n. 4, perch� non ricorre l'ipotesi contemplata 
.dalle dette disposizioni, n� in base alla norma generale dell'art. 2043 
e.e., non trovando tale, norma alcun spazio di applicazione. 

Per quanto concerne, poi, la censura, espressa nell'ultima parte del 
motivo, con la quale si deduce che l'eccezione di prescrizione, sollevata 
dall'Amministrazione e rigettata dal Tribunale avrebbe dovuto essere riproposta 
nel giudizio di secondo grado mediante appello incidentale, va 
osservato che essa � a rigore inammissibile per mancanza di interesse, 
essendo stata l'eccezione respinta nel merito. Comunque, la doglianza � 
certamente infondata, dato che la parte vittoriosa (e tale era l'amministrazione 
delle PP.TT.) non ha necessit� di proporre appello incidentale 
per richiamare in discussione in secondo grado l'eccezione che abbia prospettato 
e che risultino assorbite o respinte dalla decisione di primo 
grado (Sez. Un. 18 settembre 1970 n. 1553 -Cass. 17 aprile 1970 n. 1096). 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I,. 29 maggio 1976, n. 1946 -Pres. Rossi Est. 
Sandulli -P. M. Trotta (Conf.) Giarrizzo (avv. Fernandez) c. 
Azienda Foreste Demaniali (avv. dello Stato Soprano). 

Obbligazioni e contratti -Ipoteca -Diritti del t�rzo acquirente -Creditori 

ipotecari -Azione ex art. 2867 cod. civ. -Azione reale o personale 


Azione surrogatoria. 

L'azione consentita dall'art. 2867 Cod. civ. nei confronti del precedente 
proprietario al fine. di attenere dal terza acquirente (debitore in 


PARTE I. SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1003 

tutto o in parte del prezzo di acquisto) il pagamento diretto del corri


spettivo riveste carattere personale e non reale (1). 

Essa, pur presentando qualche elemento di affinit� con la comune 

azione surrogatoria prevista dall'art. 2900, non pu� peraltro inquadrarsi, 

per lo scopo cui si ispira, per le connotazioni formali e sostanziali, oltre 

che per gli effetti che ne conseguono, nello schema della surrogatoria, 

cui pertanto non pu� essere assimilata (2). 

(Omissis). -La Corte del merito -dopo aver ritenuto che, con il 
passaggio dei terreni, acquistati dall'Azienda delle Foreste Demaniali della 
Regione Siciliana, al patrimonio indisponibile della Regione, l'ipoteca si 
fosse estinta, a norma dell'art. 2878 n. 4 cod. civ., per essersi verificato 
il � perimento in senso giuridico � degli immobili, divenuti insuscettibili 
di espropriazione forzata, non essendo sottraibili alla loro destinazione 
(e cio� al perseguimento di finalit� d'interesse pubblico) -ha esattamente 
affermato che il creditore ipotecario ben potesse agire ex art. 2867 
cod. civ. nei confronti del terzo acquirente per ottenere, nel concorso 
degli estremi previsti da detto articolo {esigibilit� del debito; e sufficienza 
a soddisfare tutti i creditori iscritti), il pagamento diretto del 
prezzo di vendita, non ancora corrisposto. 

Ed in tale statuizione non pu� ravvisarsi� n� la denunciata violazione 
di legge n� alcuna contraddittoriet� nel processo logico-giuridico posto a 
supporto di essa. 

Invero -nell'ipotesi dell'azione consentita, dall'art. 2867 cod. civ., 
al creditore iscritto nei confronti del precedente proprietario, al fine di 
ottenere dal terzo acquirente, il quale sia ancora (in tutto o in parte) 
debitore del prezzo di acquisto, il pagamento diretto del corrispettivo 
(nei limiti della parte ancora� insoluta), con il vantaggio di evitare la 
necessit� del ricorso all'espropriazione forzata ed il pericolo di un minor 
ricavo dalla vendita ipotecaria e con il beneficio per l'alienante della 

(1-2) Non esistono precedenti giurisprudenziali, e la dottrina risulta notevolmente 
divisa, sia in merito alla natura dell'azione di purgazione coattiva, che 
in rapporto all'identificazione di essa con la surrogatoria. 

Hanno sostenuto la tesi della personalit� dell'azione ex art. 2867 e.e., pi� 
di recente il RUBINO (L'ipoteca, in Comm. Cicu, Milano 1956, pag. 468) ed il 
GoRLA (del pegno e delle ipoteche, in Comm. Branca, Bologna 1962, pag. 387); 
per la realit� di essa si erano invece schierati il FRANCESCHELLI (L'ipoteca come 
diritto reale, Riv. Dir. Comm. 1938, pag. 286) ed il MORTARA (Commentario del 
Codice e delle leggi di procedura civile, 1910, vol. V pag. 426-27). 

L'identificazione dell'azione di purgazione coattiva con quella prevista dall'art. 
2900 e.e. � stata autorevolmente affermata dal COVIELLO e dal MORTARA (rispettivamente 
in: Delle ipoteche, Napoli 1928, pag. 339 e Commentario, cit. 
pag. 426), mentre per l'autonomia dei due istituti � orientata la pi� recente dottrina. 
Cfr. oltre agli AA. sopra citati, NICOL� R., Della conservazione della garanzia 
patrimoniale, Comm. Branca, Bologna 1953, pag. 53 e segg. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

liberazione dalla garanzia per evizione e dal suo debito ipotecario personale 
(all'alienante terzo acquirente o terzo datore � dato il regresso 
ex artt. 2866 e 2871 cod. civ.) -il diritto esercitato non � il credito 
ipotecario (che non si rivolge contro il terzo) n� la pura e semplice 
ipoteca (non configurabile senza un credito), bens� il credito personale 
dell'alienante (con le modalit� e nei suoi limiti originari, e, quindi, ad 
esempio, con la opponibilit� delle eccezioni proponibili contro l'alienante, 
e la limitazione della pretesa al pagamento fino all'ammontare del 
credito di quest'ultimo). 

La fattispecie giuridica considerata nell'art. 2867, pur .presentando 
qualche elemento di affinit� con la comune azione surrogatoria, prevista 
dall'art. 2900, non pu�, peraltro, inquadrarsi (per lo scopo cui essa 
appare ispirata, per i presupposti che la legittimano, per le connotazioni, 
formali e sostanziali, qualificanti di essa e per gli effetti che ne conseguono 
-ad esempio: indisponibilit� del diritto da parte del debitore; 
immediata realizzazione del credito) nello schema legale paradigmatico 
della surrogatoria (alla quale non pu� assimilarsi e al cui regime giuridico 
non pu� rifarsi). 

Invero, � caratterizzata -secondo l'opinione di autorevole dottrina da 
una �legittimazione primaria all'esercizio del diritto altrui�, la quale 
trova, peraltro, il suo presupposto nel credito ipotecario del legittimato, 
ed � preordinata all'immediato soddisfacimento di questo; quindi, il 
pagamento va eseguito direttamente, allo stesso legittimato, ed attraverso 
una complessa vicenda determina (fino al concorrente ammontare) sia 
l'estinzione, a titolo di adempimento, del credito ipotecario, sia l'estinzione, 
in via indiretta ed in modo satisfattivo, del credito dell'alienante 
(debitore ipotecario). 

Per modo che -essendo l'azione ex art. 2867 priva (come si � visto) 

di ogni carattere di realit� -non pu� ritenersi che debba necessariamente 

sussistere il collegamento strumentale (preteso e denunciato dalla ricor


rente) fra la perdurante esistenza ed operativit� dell'ipoteca, quale di


ritto reale, e la detta azione (dal quale supposto collegamento vorrebbe 

trarsi, senza alcun fondamento, la conseguenza delli'mproponibilit� del


l'azione, a seguito del venir meno della ipoteca). 

In realt�, con precipuo riferimento alla peculiarit� del caso di specie, 

� decisivo osservare che la sopravvenuta inefficacia dell'ipoteca, deter


minata dal fatto che l'immobile, dopo l'acquisto da parte dell'Azienda, 

� divenuto bene patrimoniale indisponibile, implica senza dubbio che 

l'ipoteca non possa esser fatta valere con effetti reali nei confronti del 

terzo acquirente; ma ci� non significa che il patto di costituzione del


l'ipoteca debba addirittura considerarsi tamquam non esset pur nel 

rapporto interno tra i soggetti attivo e passivo del credito ipotecario 

(Cassa e Giarrizzo). Per contro, le situazioni giuridiche inerenti alla 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1005 

pattuizione ed alla iscrizione della garanzia ipotecaria, proprio perch� 
conservano una rilevanza giuridica, sia pur limitata, nell'ambito del 
menzionato rapporto, ben possono considerarsi pur sempre operanti, 
anche nei confronti dell'Azienda (terzo acquirente dell'immobile), quale 
mero presupposto per l'esercizio dell'azione, di natura personale, prevista 
dal cit. art. 2867 cod. civile. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. P civile -6 ottobre 1976, n. 3293 -Pres. 
Movelli -Est. D'Orsi -P. M. Tratta (conf.) -Ministro dei Lavori Pubblici 
(Avvocato dello Stato Siconolfi) c. Lagan� Maria e Laface Carmela 
(avv. Celi). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Determinazione dell'indennit� -Va


lore del bene espropriato -Momento della determinazione del valore 

nell'ipotesi di una serie di espropriazioni non contestuali. 

(art. 39, I. 25 giugno 1865, n. 2359). 

A mente dell'art. 39 della l. 25 giugno 1865, n. 2359, l'indennit� di 
espropriazione deve essere determinata con riferimento allo stato di 
fatto e di diritto del bene nel momento antecedente alla sua occupazione 
(1). 

Qualora l'opera pubblica venga effettuata per fasi successive si che 
le varie espropriazioni non risultino contestuali, non � possibile tener 
conto, nella valutazione dei fondi ancora da espropriare, dalla diminuzione 
di valore subita dai medesimi, a causa dell'inizio dell'esecuzione 
dell'opera (2). 

(Omissis). -Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 39, 42 e 46 della legg~ 25 giugno 1865, 

n. 2359 e 55 cod. nav. e, partendo dalla premessa che esso, prima del� 
l'espropriazione dei fondi Lagan�, Laface e Milea aveva acquistato la 
propriet� dei beni contigui e aveva eseguito su di essi opere portuali, 
afferma che nel determinare l'indennit� del fondo Lagan�, Laface e Milea, 
doveva tenersj conto della totale interclusione del fondo e del vincolo 
di inedificabilit� sussistente a norma dell'art. 55 cod. nav. e insiste 
sul rilievo che mentre l'art. 42 della legge generale sulle espropriazioni 
ha previsto la non computabilit� degli incrementi di valore conseguiti 
dal fondo a causa dell'evento pubblico, manca una norma, la quale 
imponga di tener conto dei �decrementi� derivanti dall'intrapresa esecuzione 
dell'opera sui fondi contigui. Allorch� non vi sia una esplicita 
(1-2) Giurisprudenza costante cfr. Cass. 26 aprile 1974, n. 1195, in questa 
Rassegna, 1974, pag. 1167 e Cass. 14 novembre 1973, ibidem, pag. 412. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATlJRA DELW STATO 

norma che .ricoaosca l'effetto depressivo del valore conseguente ai vincoli 
nascenti dall'iniziativa pubblica, nulla il privato potrebbe pretendere. 

. E nella specie, continua il ricorrente, al momento della pronuncia 
del decreto .di esproprio, essendo state le aree circostanti gi� acquistate 
dallo Stato e dessendo stato gi� costruito il molo sottoflutto, il fondo 
espropriato era totalmente intercluso (per tre lati dal demanio marittimo 
e per quarto della massicciata ferroviaria) e soggetto alla diminuzione 
di edificabilit� per una profondit� di trenta metri, a norma dell'art. 55 
cod. navig. 

Il mezzo � infondato. 

La Corte d'appello con valutazione di fatto, ha negato che i fondi 
fossero interclusi o che precedentemente all'esecuzione dell'opera confinanti 
col demanio marittimo. 

Ha solo riconosciuto che la via di accesso non era agevole e di ci� 
ha tenuto conto nella misura dell'indennit�. 

Ma -ed � questa la parte censurata -ha affermato che, dovendo 
l'indennit� essere liquidata con riferimento allo stato di fatto e di diritto 
dei beni al momento dell'espropriazione, non poteva tenersi conto 
delle modificazioni intervenute successivamente e neppure di quelle derivanti 
dall'esecuzione dell'opera pubblica cui l'espropriazione era preordinata. 


Ma poi osservato che la peculiarit� della fattispecie, che la differenziava 
dall'ipotesi dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865, escludendo la 
incidenza nella stima dell'immobile della diminuzione di valore dipendente 
dall'esecuzione dell'opera, consisteva nel fatto che la costruzione 
del moletto di sottoflutto, per la quale le espropriazioni nella zona erano 
state realizzate, era un'opera unica ed organica nella sua struttura insistente 
sui terreni in questione, mentre la norma dell'art. 46 trovava applicazione 
nel caso di opera eseguita esclusivamente sui fondi-finitimi 
e comportante la perdita o la diminuzione di un diritto, in danno dei 
proprietari vicini non direttamente interessati dalla espropriazione. 

Ora questo ragionamento non pu� essere censurato per le valuta� 
zioni di fatto, n� per le argomentazioni di diritto; 

La regola generale desumibile dall'art. 39 � che il valore del bene 
da accertare, ai fini della determinazione dell'indennit� � quello precedente 
all'occupazione. Ma l'opera pubblica deve essere considerato nel 
suo complesso e se essa viene effettuata a fasi successive e le varie 
espropriazioni non sono contestuali, non si pu� pretendere di tener conto 
nella valutazione dei fondi ancora da espropriare della diminuzione di 
valore subita dai fondi medesimi a causa dell'inizio dell'esecuzione dell'opera. 
In tal modo nella prima espropriazione si terrebbe conto del 
valore del fondo, indipendentemente dall'opera: questa con ripercussione 
a catena, inciderebbe sul valore di tutte le zone ancora da espropriare. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1007 

N� pu� ricavarsi argomento a favore delle tesi del ricorrente dagli 
artt. 42 e 46 della legge del 1865, potendosi dal primo (il quale prescrive 
che non si pu� tener conto dell'aumento di valore che sarebbe derivato 
al fondo dall'opera pubblica) ricavare solo una conferma della regola 
che l'indennit� deve essere calcolata prescindendo dall'opera pubblica e 
dovendosi, quanto al secondo, riconoscer.e che esso riguarda i proprietari 
non espropriati che vengono gravati da servit� o subiscono un danno 
permanente dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto, i proprietari, 
cio�, che subiscono una riduzione qualitativa e non quantitativa del loro 
bene e che, comunque, esso armonizza con la regola generale prevista 
dall'art. 39. 

Del resto la giurisprudenza di questa Corte � costante nell'affermare 
che la diminuzione (o l'aumento) di valore derivante dal piano dell'opera 
non pu� essere calcolata ai fini della determinazione dell'indennit� di 
espropriazione (sent. 26 novembre 1974, n. 3866; 26 aprile 1974, n. 1195; 
14 novembre 1973, n. 3017). 

E le stesse considerazioni valgono naturalmente anche pel vincolo di 
inedificabilit� derivante dall'art. 55 cod. nav., perch� tale vincolo � proprio 
una conseguenza dell'opera iniziata non contestualmente su tutti i 
terreni previsti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I civile, 12 ottobre 1976, n. 3375 -Pres. 
Mirabelli -Rel. Granata -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Azzariti) c. Buccelli Delio (avv. Benzi). 

Giuoco d'azzardo -Lotto e lotterie � Bollette e relative matrici � Custodia 
e smarrimento delle stesse � Pagamento della vincita � Controlli prescritti 
dalla legge 19-10-1938, n. 1933 � � Impossibilit� del riscontro � 
Irresponsabilit� del giocatore. 

La consegna al Ricevitore della bolletta relativa alla giocata al lotto, 
costituisce per il giocatore adempimento di tutti gli oneri posti a suo 
carico dalla legge, al fine di assicurare all'Amministrazione delle Finanze 
la possibilit� di espletare i prescritti controlli, senza che possa addebbitarsi 
a carico del medesimo l'impossibilit� dell'amministrazione -unica 
a decidere sulla scelta della modalit� di custodia e nei mezzi di trasmissione 
dei documenti -a procedere all'adempimento delle formalit� 
prescritte dalla legge, a causa dello smarrimento o sottrazione delle relative 
matrici (1). 

(1) Non risultano precedenti giurisprudenziali degni di nota; sembra comunque 
appagante l'interpretazione fornita dal S. C. dell'art. 28 della I. 19 ottobre 
1938, n. 1933. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

1008 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle 
Finanze dello Stato, denunziando violazione dell'art. 28 del d.l. 19. ottobre 
1938, n. 1933, sostiene che illegittimamente la Corte del merito ha 
affermato il diritto del Buccelli a conseguire il pagamento delle vincite 
nonostante la riconosciuta impossibilit� del riscontro, prescritto dalla 
succitata disposizione di legge, della perfetta corrispondenza delle bollette 
con le matrici, sia in riguardo ai numeri vincenti sia in riguardo 
alla entit� delle poste giocate. E deduce, in particolare, che, mentre 
dovevasi affermare che l'accertamento della corrispondenza costituisce 
presupposto imprescindibile per il pagamento delle vincite, si doveva 
escludere che nella specie l'evento di forza maggiore, costituito dal furto 
delle bollette, si fosse verificato dopo che queste erano entrate nella sfera 
interna dell'Amministrazione, non potendosi considerare soddisfatto, con 
la sola consegna delle bollette stesse al Ricevitore l'obbligo di � presentazione 
all'Intendenza� previsto dalla legge. 

La censura � infondata. 

Si deve bens� riconoscere che nel complesso delle garanzie stabilite 
a tutela della regolarit� del gioco, va attribuita particolare rilevanza, 
oltrech� alla disposizione dell'art. 21 del d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933 (che 
condiziona la validit� delle giocate all'avvenuto deposito delle matrici 
nell'archivio prima dell'estrazione) anche a quella del successivo art. 
28, secondo cui � le vincite sono pagate all'esibitore della bolletta, semprech� 
questa sia integra non presenti alcuna alterazione e correzione 
dei numeri vincenti, nelle poste giocate e nella designazione della ruota 
sulla quale � fatta la giocata e corrisponda perfettamente con la matrice, 
sia nei numeri �vincenti sia nei segni che valgono a stabilirne la 
identit��. 

Ma non pu� essere condiviso l'assunto, posto dall'Amministrazione 
a sostegno della censura, secondo cui la suindicata disposizione dell'art. 
28 dovrebbe essere interpretata nel senso che l'adempimento amministrativo 
del raffronto tra la bolletta e la matrice costituisca imprescindibile 
presupposto del diritto alla riscossione della vincita, sicch� la 
semplice constatazione dell'impossibilit� dell'adempimento stesso renderebbe 
legittimo il rifiuto di pagamento. 

Difatti, gli elementi di interpretazione letterale e logica del testo 

legislativo inducono ad attribuire alla disposizione in esame un diverso 

contenuto normativo, nel senso che il presupposto necessario per il pa


gamento della vincita � costituito non gi� dall'esecuzione dell'adempimento 

amministrativo, in s� considerato, bens� dell'esistenza di determinati 

elementi obiettivi concernenti la regolarit� della bolletta. 

Sul piano letterale, invero, l'espressione: � le vincite sono pagate 

all'esibitore della bolletta, semprech� questa sia integra, non presenti 



. . . fil � . 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1009 

alcuna alterazione o correzione dei numeri vincenti, nelle poste giocate 
e nella designazione della ruota e corrisponda perfettamente con la 
matrice � denunzia l'intento di condizionare il pagamento alla sussistenza 
dei dati obiettivi presi in considerazione, concernenti l'integrit� della bolletta 
stessa, la mancanza di correzioni o alterazioni e la corrispondenza 
con la matrice. 

Alla stessa conclusione inducono gli elementi di interpretazione logica, 
giacch�, mentre pu� ben ravvisarsi una responsabilit� del giocatore 
per il difetto di integrit� della bolletta, per la presenza di correzioni o 
alterazioni ed anche per l'obiettiva difformit� della bolletta rispetto alla 
matrice (avendo il giocatore, ai sensi dell'art. 13 del succitato decreto, 
l'obbligo di assicurarsi che la giocata venga esattamente scritta tanto 
sulla bolletta che sulla matrice), non � dato ravvisare alcuna ratio idonea 
a legittimare la perdita del diritto alla vincita in base alla mera constatazione 
dell'impossibilit�, da parte dell'Amministrazione di procedere a 
uno degli adempimenti previsti dalla legge. 

Tale interpretazione del contenuto normativo del succitato art. 28 
non esclude certamente che l'esistenza dei suennunciati elementi obiettivi 
debba essere accertata e che l'accertamento debba essere effettuato mediante 
l'espletamento delle formalit� stabilite dalla legge a tutela della 
regolarit� del gioco; ma la rilevanza delle singole finalit� e le conseguenze 
che possono derivare dall'impossibilit� di espletarle vanno determinate 
in base all'esame complessivo del sistema di controllo stabilito dalla 
legge ed in aderenza ai principi generali che regolano l'azione amministrativa. 


Orbene, il sistema di accertamento stabilito dal d.l. 19 ottobre 1938, 

n. 1933, nonch� dal regolamento approvato con r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, 
prevede che il Ricevitore, in seguito all'esibizione della bolletta, deve controllare 
la regolarit� della stessa per quanto concerne l'esistenza di tutti 
i requisiti cui � subordinato il pagamento, deve inoltre procedere all'accertamento 
dell'esistenza della vincita� mediante gli opportuni riscontri 
con il copia-giochi (cio� con il registro nel quale sono riportati i giochi 
contenuti in ciascun bollettario) e deve infine rilasciare al giocatore 
una ricevuta, contenente tutti i dati risultanti nella bolletta esibitagli, 
nel caso che la vincita sia superiore a lire 100.000 mentre, nel caso di 
importo inferiore, deve procedere al diretto pagamento. 
Ci� comporta che al successivo controllo demandato alla Commissione 
d'archivio presso l'Intendenza di Finanza non pu� attribuirsi il 
carattere di essenzialit� sostenuto dalla ricorrente, dovendosi riconoscere 
che con l'esibizione della bolletta al Ricevitore viene gi� espletato un 
accertamento amministrativo in ordine all'integrit� della bolletta stessa 
e alla mancanza di alterazioni o correzioni nei numeri, nelle poste giocate 
e nella designazione delle ruote, nel caso di sopravvenuta indi



1010 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sponibilit� della bolletta, all'accertamento della corrispondenza della 
matrice con �i dati risultanti dalla ricevuta rilasciata al giocatore. 

� manifesto, dunque, che l'evento di forza maggiore costituito dal 
furto delle bollette non ha determinato nella specie n� l'impossibilit� di 
eseguire la prestazione (come la Corte del merito ha esattamente rilevato) 
n� l'impossibilit� di accertare adeguatamente la regolarit� della 
vincita. 

Si � soltanto determinata l'impossibilit� di procedere ad una particolare 
formalit� di controllo, ma � indubbio che le conseguenze dell'evento 
di forza maggiore, verificatosi nella sfera interna dell'Amministrazione, 
non possono ricadere sul Buccelli. Quest'ultimo, infatti, con 
la consegna della bolletta al Ricevitore (espressamente consentita dall'art. 
34 del Decreto 19 ottobre 1938) aveva adempiuto a tutti gli oneri posti 
a suo carico dalla legge ed in particolare aveva espletate, per quanto 
gli competeva, le formalit� necessarie ad assicurare la possibilit� dei 
prescritti controlli, con conseguente esonero da ogni rischio relativo ad 
eventi che si sono verificati in una fase. successiva, nella quale, essendo 
entrate le bollette nella esclusiva disponibilit� dell'Amministrazione, egli 
non poteva in alcun modo influire sulle decisioni relative alla scelta 
delle modalit� di custodia e dei mezzi di trasmissione dei documenti. (
Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 maggio 1976, n. 3 -Pres. Vetrano Es~. 
Benvenuto -Mazzullo (avv.ti Virga, Papale e Sorrentino) c. Comune 
di Taormina (avv. Aula) e Castrogiovanni (avv.ti Restivo e 
Guarino). 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale -Interesse -Licenza 
edilizia � Impugnazione � Limiti. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Pronuncia di annullamento 
� Nuovo provvedimento � Interesse al ricorso -Limiti. 

Demanio e patrimonio � Bellezze naturali � Vincolo di bellezza d'assieme . 
Obblighi collegati al vincolo � Decorrenza. 

Edilizia � Urbanistica � Immobile sottoposto a vincolo di bellezze naturali Licenza 
edilizia � Licenza in sanatoria -Rapporto con il provvedimento 
di vincolo -Effetti. 

In una localit� sottoposta ai vincoli di cui all'art. 2 l. 29 giugno 1939, 

n. 1497 il godimento del panorama oggetto di tutela � suscettibile di 
turbamento anche solo per la impressione sfavorevole che pu� derivare 
dalla presenza di nuove opere a distanza non eccessiva dalla propriet� 
(1,el terza al quale, conseguentemente, va riconosciuta la titolarit� dell'interesse 
che legittima alla impugnazione della licenza edilizia relativa 
a siffatte nuove opere (1). 
Sussiste interesse a ricorrere anche qualora, in sede di rinnovazione 
di un procedimento amministrativo a seguito di decisione giurisdizionale 
di annullamento, l'Amministrazione emani un provvedimento che confermi 
il contenuto del precedente atto impugnato, dal quale siano stati eliminati 
i censurati vizi di forma o procedura (2). 

Poich� con la pubblicazione dell'elenco delle localit� nell'albo dei Comuni 
interessati sorge il momento in cui si perfeziona l'imposizione del 
vincolo su una bellezza d'assieme ex art. 2 l. 29 giugno 1939, n. 1497, dalla 
data di pubblicazione decorre l'obbligo ex art. 7 di detta legge, per proprietari, 
possessori e detentori a qualsiasi titolo, di non distruggere o 
modificare gli immobili tutelati (3). 

Qualora l'autorit� comunale abbia recepito la determinazione del Soprintendente 
ai monumenti quale presupposto del provvedimento di rilascio 
della licenza edilizia per un immobile vincolato come bellezza natu


(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
l'avv. R. TAMIOZZO. 


1012 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

rale, l'emanazione della licenza in sanatoria per i lavori eseguiti in modo 
diverso da quello assentito resta subordinata ad una nuova pronuncia 
autorizzativa (nulla osta) dello stesso Soprintendente ex art. 7 l. 29 giugno 
1939, n. 1497, con la conseguente illegittimit� della licenza in sanatoria 
emanata in difetto di detto nulla osta (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 maggio 1976, n. 303 -Pres. De Capua Est. 
Vaiano -Stampanone (avv. Catalano) c. Ministero Finanze. 

Impiego pubblico -Inquadramento � Rilevanza del titolo di studio rispetto 
alle mansioni � Sussiste. 

Impiego pubblico . Inquadramento in qualifica superiore -Rilevanza del 
titolo di studio � Questione di costituzionalit� dell'art. 2 1. 4 febbraio 
1966, n. 32 in relazione all'art. 3 Cost. � Manifesta infondatezza. 

Impiego pubblico -Inquadramento in qualifica superiore � Rilevanza del 
titolo di studio rispetto alle mansioni � Questione di costituzionalit� 
dell'art. 2 1. n. 32 del 1966 in relazione all'art. 36 Cost. � Manifesta 
infondatezza. 

In relazione al principio di legalit� degli atti dell'Amministrazione, 
non sussiste la possibilit� di sostituzione con altri criteri discrezionali 
del requisito, in ipotesi mancante, del possesso del titolo di studio richiesto
� per legge; pertanto legittimamente l'Amministrazione inquadra 
l'impiegato privo di detto titolo di studio nella categoria inferiore anche 
se le mans�oni svolte dal dipendente sono di carriera superiore (1). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
in relazione all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2 l. 4 febbraio 1966, n. 32, 
non sussistendo alcuna violazione del principio di eguaglianza nell'inquadramento 
in una data qualifica superiore degli impiegati in possesso 
del titolo di studio richiesto dalla legge, posto che tale categoria di impiega.
ti si differenzia da quella dei dipendenti che ne sono privi (2). 

Considerato che non pu� sollevarsi questione di legittimit� costituzionale 
in relazione ad un mero comportamento della p.a., va dichiarata 
manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in 
relazione all'art. 36 della Costituzione, dell'art. 2 l. 4 febbraio 1966, n. 32 

(1-3) Decisione pienamente da condividere in quanto costituisce puntuale applicazione 
del principio di legalit� degli atti dell'Amministrazione (principale 
garanzia della sua imparzialit�), laddove esclude l'inquadramento nella qualifica 
superiore di impiegati privi del titolo di studio espressamente contemplato dalla 
legge (cfr. anche Sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 5, in Il Consiglio di Stato 1976, I, 76). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1013 

e delle altre norme che richiedono per l'inquadramento degli impiegati 
pubblici il possesso del titolo di studio, indipendentemente da ogni indagine 
circa il comportamento dell'Amministrazione che abbia di fatto 
adibito i propri dipendenti a compiti diversi da quelli cui i medesimi 
erano tenuti (3). 

Per riferimenti sul conferimento delle funzioni di qualifica superiore nell'impiego 
pubblico e sul relativo trattamento economico cfr. Sez. VI 5 giugno 
1973, n. 253, in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1112; Sez. IV 11 giugno 1974, n. 431, 
in questa Rassegna 1974, I, 170; Sez. VI, 18 ottobre 1974, n. 204, in Foro Amm.vo 
1974, I, 2, 1130; Sez. VI 19 aprile 1974, n. 138, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 614. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1976, n. 340 -Pres. De Capua 
-Est. Caianiello -Dodero (avv. Milesi) c. Ministero Poste e telecomunicazioni 
(~vv. Stato Cosentino). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Impiego pubblico Pretese 
patrimoniali -Diritti soggettivi perfetti -Termine di prescrizione 
-Sussiste. 

Impiego pubblico -Stipendi e assegni -Familiare ricoverato in luogo di 
cura -Onere a carico di Ente pubblico -Corresponsione dell'aggiunta 
di famiglia -Legittimit�. 

Qualora la pretesa svolta nel ricorso giurisdizionale amministrativo 
si riferisca a questioni relative a diritti soggettivi perfetti (quali ad es. le 
quote di aggiunte di famiglia), il termine per ricorrere non � di decadenza 
(sessanta giorni), ma di prescrizione (1). 

Anche per il periodo in cui il familiare del pubblico dipendente si 
trova ricoverato in una casa di cura a spese dell'Amministrazione vanno 
corrisposte le quote di aggiunta di famiglia (2). 

(1-2) Decisione esatta, che conferma i princ�pi consolidati sul termine di 
prescrizione applicabile ai diritti soggettivi perfetti nell'ambito della giurisdizione 
esclusiva sul pubblico impiego (cfr. ad es. Sez. IV, 20 febbraio 1973 n. 129, 
in questa Rassegna, 1973, I, 545, con nota di commento; Sez. VI, 17 ottobre 
1975, n. 468, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1133). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 219 -Pres. Cesareo Est. 
Zanda -Bernardini (avv. Lessona) c. Servizio contributi agricoli 
unificati (avv. Barillaro), Botticelli (avv. Cochetti) e Catone (n.c.). 

Giustizia amministrativa -Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativ9 
-Controinteressati -Individuazione -Criteri. 



1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Atto amministrativo . Atto collegiale � Pubblicit� delle sedute solo se 
espressamente prevista. 

Impiego pubblico � Promozioni � Commissioni di scrutinio � Momentanea 
presenza di funzionari estranei � i: consentita. 

Impiego pubblico � Promozioni � Merito comparativo � Carriera con accesso 
per laureati e dipendenti sforniti di laurea � Punteggio Criteri. 

Impiego pubblico � Promozioni � Merito comparativo � Parit� di punteggi � 
Attitudine a funzioni superiori � Motivazione � Necessit� � Sussiste. 

Atto amministrativo . Motivazione � Sostituzione con quella svolta dalla 
difesa dell'Amministrazione � Preclusion~. 

Solo i dipendenti promossi (non quelli non promossi) sono considerati 
controinteressati al ricorso giurisdizionale proposto contro lo scrutinio 
di promozione per merito comparativo (nel quale � compresa la 
fase preliminare finalizzata alla predeterminazione dei criteri di massima 
per la valutazione), ove si consideri che i non promossi non riceverebbero 
nessun danno dalla eliminazione della graduatoria che ha lasciato 
inalterata la loro posizione giuridica (1). 

La pubblicit� delle sedute di un organo collegiale amministrativo � 
sempre subordinata ad una esplicita previsione normativa al riguardo,� 
diversamente, le sedute non sono mai pubbliche (2). 

Il principio della esclusione della pubblicit� delle sedute degli organi 
collegiali che procedono a scrutini di promozione non preclude la possibilit� 
di accedere al luogo in cui si tiene la seduta da parte di funzionari 
del servizio del personale, peraltro al solo, limitato scopo di 
fornire notizie e chiarimenti e per il tempo strettamente necessario a 
tale fine (3). 

Qualora della carriera direttiva facciano parte anche dipendenti sforniti 
della laurea specifica, � legittima, in sede di predeterminazione dei 
criteri di massima per la promozione per merito comparativo, la mancata 
previsione per detto titolo di studio di un punteggio specifico, costituendo 
la laurea uno soltanto degli elementi dai quali desumere il livello 
di cultura degli impiegati, per la valutazione del quale vanno invece 
considerate anche le possibilit� di sviluppo della preparazione individuale 
dei dipendenti, possibilit� non necessariamente legate al possesso di un 
diploma (4). 

In sede di attribuzione di punteggi relativi alle categorie di titoli, 
per il cui giudizio nelle promozioni per merito comparativo � attribuito 

(1-6) La decisione conferma l'orientamento del Consiglio di Stato, in particolare 
circa la pubblicit� delle sedute degli organi collegiali amministrativi, che 
di regola deve essere esclusa, salvo espressa previsione normativa. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1015 

all'Amministrazione un elevato margine di discrezionalit�, � necessario 
che la p.a. dia costantemente conto del corretto uso di detto potere discrezionale; 
ne consegue la illegittimit� del comportamento della p.a. 
che, in presenza di un identico punteggio per le aUre categorie di titoli, 
attribuisca un punteggio differenziato per la voce attitudinale senza fornire 
alcuna motivazione al riguardo (5). 

Non valgono a supplire all'omessa motivazione di un atto amministrativo 
le difese svolte dall'Amministrazione in giudizio, posto che la 
motivazione � sempre e solo quella che risulta dall'atto stesso (6). 

In linea con tale principio si pone anche il parere 10 gennaio 1975, n. 3332/74 
(in Il Consiglio di Stato 1976, I, 660), reso dalla Sezione I al Ministero della 
Pubblica Istruzione anche in relazione all'art. 27 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, 
che costituisce un importante, indubbio contributo alla soluzione, nel senso della 
esclusione, della pubblicit� delle sedute degli organi collegiali della scuola. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 220 -Pres. Cesareo Est. 
Zanda -Vivarelli Colonna (avv. Lessona) c. Ministero pubblica 
istruzione (avv. Stato Mataloni) e Sopraintendenza ai monumenti di 
Pisa (n.c.). 

Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Costruzioni -Soprintendente ai 
monumenti -Diniego di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940,'n. 1357 Obbligo 
di motivazione -Sussiste. 

Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Costruzioni -Soprintendente ai 
monumenti -Diniego di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 Richiamo 
alla normativa del piano regolatore -Legittimit� -Sussiste. 

Va congruamente motivato il diniego di nulla osta alla. costruzione di 
'un edificio in zona tutelata con vincolo paesistico, emanato dal Soprintendente 
ai monumenti ai sensi dell'art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 (5). 

(1-6) Approvazioni, prescrizioni e nulla osta del Soprintendente ai monumenti 
in localit� di interess~ paesaggistico, con specifico riferimento 
alla progettazione e realizzazione di opere pubbliche. 

La Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato era stata investita, ex art. 5, 
4� comma, del d. legisl. pres. n. 654/1948, dal Consiglio di Giustizia della Regione 
Siciliana in relazione al contrasto giurisprudenziale esistente fra lo stesso Consiglio 
di Giustizia (cfr. ad es. dee. 25 maggio 1968, n. 251, in Il Consiglio di Stato 
1968, I, 1102; 21 febbraio 1968, n. 41. ivi, 1968, I, 315; 6 luglio 1963, n. 175, ivi, 1963, 

I. 1136) e le Sez. IV e VI giurisdizionali e I consultiva del Consiglio di Stato 
(cfr. VI Sez. 4 dicembre 1970, n. 803, ivi, 1970, I. 2320; 4 maggio 1971, n. 381, ivi, 
1971, I, 1150; 2 luglio 1971, n. 512, ivi, 1971, I, 1504; 7 dicembre 1971, n. 1076, ivi, 
1971, I, 2517; Sez. IV 14 febbraio 1968, n. 86, ivi, 1968, I, 193; 30 ottobre 1968, 
n. 698, ivi, 1968, I, 1523; Sez. VI, 21 ottobre 1969, n. 484, ivi, 1969, I, 1790; Parere 
Sez. I, 9 settembre 1964, n. 1670, ivi, 1966, I, 669) sulla decorrenza del vincolo su 
13 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1016 

Ai sensi dell'art. 3 l. 6 agosto 1967, n. 765 (che ha modificato l'art. 
10 l. 17 agosto 1942, n. 1150), con il decreto che approva il piano regolatore 
generale di un Comune possono introdursi anche modifiche riconosciute 
indispensabili ai fini della tutela del paesaggio; in forza di tale 
disposizione, fermi i poteri e l'autonomia delle decisioni del Sindaco e 
del Soprintendente ai monumenti, � legittimo e non incorre pertanto 
nel vizio di incompetenza il provvedimento del Soprintendente ai monumenti 
con il qitale si neghi il nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357,. 
con richiamo espresso, in motivazione, alla normativa contenuta nel piano 
regolatore comunale ex art. 3 citata l. 765/1967 (6). 

una bellezza di assieme, che il primo ricollegava alla pubblicazione del decreto. 
ministeriale ex art. 2 I. 29 giugno 1939, n. 1497 nella Gazzetta Ufficiale,' laddove 
il Consiglio di Stato lo ricollegava alla pubblicazione nell'albo comunale dell'elenco 
delle bellezze d'insieme deliberato dalla Commissione provinciale. 

L'Ad. PI., confermando l'orientamento del Consiglio di Stato, fa risalire alla 
data della pubblicazione dell'elenc� nell'albo dei Comuni interessati l'obbligo, 
ex art. 7 citata l. 1497/1939, di non distruggere o modificare gli immobili costituenti 
bellezze naturali. 

II ragionamento seguito dalla Ad. PI. parte dalla distinzione fra bellezze individue 
e bellezze d'insieme, per le quali la Commissione provinciale predispone 
distinti elenchi. � 

L'elenco delle bellezze individue, dopo essere stato compilato, viene trasmesso 
dal Soprintendente al Ministero il quale ordina la notificazione in via amministrativa 
(cfr. art. 6 I. 1497/39) della dichiarazione di notevole interesse pubblico, 
dichiarazione che andr� quindi trascritta nei registri della Conservatoria 
delle ipoteche e manterr� efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, 
possessore o detentore. 

In buona sost<inza, per le bellezze individue le operazioni volte a portare 
a conoscenza degli interessati il vincolo hanno per oggetto la .stessa dichiarazione 
di bellezza individua, senza che alcuna particolare rilevanza autonoma acquisti 
l'elenco. 

Per le bellezze d'insieme, invece, la pubblicit� viene realizzata� non solo nella 

parte conclusiva, terminale del procedimento, ma anche nel corso di� es~o. 

L'art. 2 della legge, infatti, dispone, come � noto, che l'elenco delle localit�, 
-espressione questa che comprende sia i beni indicati al n. 3 (�complessi di 
cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore es~etic<> 
e tradizionale�) che quelli indicati al n. 4 (�bellezze panoramiche considerate� 
come quadri naturali e cos� pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al 
pubblico, dai quali si gode lo spettacolo di quelle bellezze�) della I. 1497/1939 e 
ogni variante di mano in mano che vi si introduce, siano pubblicati per un 
periodo di tre mesi all'albo di tutti i comuni interessati della provincia e depositati 
nelle segrete�'ie dei comuni stessi; in detto periodo possono essere presentate 
opposizioni, reclami e proposte all'elenco; entro il trimestre successivet� 
a tale periodo le opposizioni e gli altri reclami e proposte vengono trasmessi 
al Ministero che Ii esamina e approva l'elenco, con le eventuali modifiche ritenute 
opportune. Infine l'elenco delle localit� approvato dal Ministero � pub-� 
blicato nella G. U. (art. 4 I. 1497/1939). 

La funzione del Ministro � quindi sostanzialmente quella -di una conferma, 

di un � consolidamento definitivo di un vincolo gi� operante sia pure a titolo


provvisorio �. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Come aveva notato anche la gi� citata dee. Sez. VI n. 512/1971, � proprio il 
successivo art. 7 della legge a confermare il collegamento fra l'insorgenza del 
vincolo e il momento della pubblicazione dell'elenco delle localit� nell'albo dei 
Comuni interessati. 

Recita, infatti, l'art. 7 testualmente: � I proprietari, possessori o detentori 
a qualsiasi titolo, dell'immobile il quale sia stato oggetto di notificata dichiarazione 
(bellezza individua) o sia stato compreso nei pubblicati elenchi delle 
localit� (bellezza <i/assieme), non possono distruggerlo n� introdurvi modificazioni 
che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che � protetto dalla presente 
legge �. 

Il 2� comma prosegue: � Essi, pertanto, debbono presentare i progetti dei 
lavori che vogliano intraprendere alla competente... soprintendenza e astenersi 
dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione �. 

La rimarcat'a o disgiuntiva del primo comma dell'art. 7 configura indubbiamente 
una ipotesi alternativa e si accompagna altres� alla indicazione elenchi 
(e non elenco), con il che -come la stessa Adunanza Plenaria ha ribadito, in 
linea con la precedente dee. Sez. VI 512/71 -va escluso un puro e semplice 
riferimento all'elenco ex art. 4, 1� comma (ch�, invero, in tal caso il legislatore 
avrebbe usato il singolare e non il plurale), e trovano di converso conferma 
in via di interpretazione (letterale e logica) sia la rilevanza degli elenchi pubblicati 
nell'albo comunale ai fini della decorrenza del vincolo, sia la previsione 
normativa delle misure cautelari ex artt. 8 e segg. della legge in esame. 

Le conclusioni cui � pervenuta l'Ad. PI. assumono ulteriore, evidente rilievo 
anche in relazione alla configurabilit� del reato ex art. 734 c.p. e al momento 
del suo insorgere. 

Nella seconda decisione oggetto della presente nota (n. 220, Sez. VI) viene 
esaminato un ricorso diretto contro un provvedimento con il quale il Soprintendente 
neg� il nulla osta alla ricostruzione di un fabbricato distrutto da eventi 
bellici in localit� sottoposta a vincolo panoramico. 

Il ricorrente aveva sostenuto l'incompetenza della Sovrintendenza ai monumenti 
ad esercitare in zona soggetta a vincolo ex 1. 1497/1939 un controllo di 
carattere urbanistico, di spettanza delle amministrazioni comunali ex 1. 17 agosto 
1942, n. 1150, anche considerato che nel provvedimento impugnato il Soprintendente 
aveva fatto riferimento alle previsioni di P.R.G. 

Ferma la consolidata giurisprudenza degli organi di giurisdizione ordinaria 
e amministrativa (cfr. ad es. Sez. VI 16 novembre 1960, n. 946, in Il Consiglio 
di Stato, 1960, I, 2135; Sez. IV 2 luglio 1974, n. 526 in Foro Amm.vo, 1974, II, 794; 
Cass. SS.UU. 8 febbraio 1972, n. 310 in Giust. Civ. 1972, 685) sulla giuridica indipendenza 
della licenza edilizia e dell'autorizzazione del Soprintendente ai monumenti, 
tale distinzione non ha sofferto e non soffre eccezioni neppure per 
effetto dell'art. 3 della 1. 6 agosto 1967, n. 765 (che ha modificato l'art. 10 della 
citata legge urbanistica), il quale, senza alterare affatto i poteri e l'autonomia 
delle decisioni del Sindaco e del Soprintendente, ha consentito al Soprintendente, 
nel negare il nulla osta ex art. 25 del r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 (Regolamento 
per l'applicazione della 1. 29 giugno 1939, n. 1497), di richiamarsi alla 
normativa del P.R.G. del Comune qualora, beninteso, le prescrizioni poste a base 
dell'atto siano comprese fra quelle che il Piano Regolatore Generale contempla 
a tutela espressa delle bellezze naturali, e che pertanto non afferiscano a norme 
di stretto contenuto urbanistico. 

In precedenza era stata la stessa Sez. VI del Consiglio di Stato (cfr. dee. 

6 luglio 1971, n. 573, in Foro Amm.vo 1971, I, 2, 922) a ribadire la posizione di 

preminente autonomia -rispetto ai regolamenti edilizi e ad ogni altro stru



1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento urbanistico del Comune -delle norme in materia di tutela delle bellezze 
naturali e panoramiche. 

� a questo punto che si impone un chiarimento circa la esatta qualificazione 
dei provvedimenti autorizzatori del Soprintendente ai monumenti in subiecta 
materia. 

Il �previo favorevole avviso� contemplato dall'art. 25 del r.d. 1357/1940 si 
ricollega direttamente alla autorizzazione prevista dall'art.. 7, 2� comma, della 
legge; allo stesso art. 7 si richiama espressamente anche l'art. 15 del Regolamento 
citato. 

Ne consegue che il termine di decadenza della autorizzazione ex art. 16 del 
Regolamento (5 anni) non pu� che riferirsi ai progetti relativi ai lavori (trasformazioni 
o :modifiche) dallo stesso art. 7 della legge contemplati. 

Posto che detto provvedimento costituisce una tipica autorizzazione, il termine 
quinquennale � stato posto al preciso scopo di permettere che la Soprintendenza 
possa compiere, dopo l'inutile decorso del termine medesimo, una 
nuova valutazione della situazione di fatto onde verificare l'attuale ricorrenza 
degli elementi e delle ragioni prese all'epoca in consideraz�one, e, in particolare, 
accertare la permanenza della compatibilit� con gli interessi di tutela, dell'opera 
da erigere o della trasformazione da effettuare (cfr. in termini Sez. IV, 28 luglio 
1971, n. 753, in Foro Amm.vo 1971, I, 2, 851): tale termine non pu� conseguentemente 
essere invocato qualora si verta in una fattispecie procedimentale 
nella quale concorrano pi� amministrazioni dello Stato. 

Invero, il parallelo istituito fra l'art. 25 del Reg. e l'art. 7 della legge trova 
analogo riscontro, a proposito di opere che interessano altre amministrazioni 
dello Stato (cfr. ad es. art. 9 d.P.R. 18 marzo 1965, n. 342), nel parallelo fra 
l'art. 29 del Regolamento e l'art. 11 della legge. 

Recita l'art. 29, 1� comma, del Regolamento: �Gli uffici tecnici delle Amministrazioni 
governative o locali, ai quali compete di pronunciarsi sui progetti 
dell'apertura di strade, delle condotte per impianti industriali e delle palificazioni 
contemplate dall'art. 11 della legge debbono chiedere il preventivo avviso 
del Soprintendente �. � 

L'art. 11 della legge, a sua volta, conferisce al Soprintendente, nel caso di 
apertura di strade e di cave, nel caso di condotta per impianti industriali e di 
palificazione, la facolt� di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai 
progetti in corso di esecuzione, le quali, tenendo in debito conto l'utilit� economica 
dell'intrapreso lavoro, valgano ad evitare pregiudizio alle cose e luoghi 
protetti. 

Appare evidente la diversa ratio della normativa da ultimo citata; essa 
giustifica, fra l'altro, anche la diversit� di terminologia adottata dal legislatore. 

Non si parla, infatti, di � autorizzazioni � a proposito d�ll'art. 11 della legge 
e dell'art. 29 del R,egolamento, ma di � avviso preventivo � e di �facolt� ,, di 
indicare prescrizioni varie, �tenendo in debito conto l'utilit� economica dell'intrapreso 
lavoro �: �, insomma, una disciplina che mira a regolare i rapporti 
fra diverse Amministrazioni pubbliche, alle quali compete la potest� 'di emanare 
provvedimenti per la realizzazione di opere che soddisfino altri interessi pubblici 
(militari, economici, turistici, stradali, urbanistici, ecc.) e che debbono essere 
eseguite nelle localit� sottoposte a vincolo paesaggistico, disciplina tendenziaJ. 
mente rivolta a comporre gli eventuali, potenziali conflitti fra amministrazioni 
ontologicamente portatrici di interessi diversi. 

La previsione dell'art. 11 della legge 1497/1939 -come ha riconosciuto anche 
la Suprema Corte (cfr. Cass. Pen. 29 novembre 1971 Cerri, in Foro Amm.vo 
1973, II, 100) -non si pone come norma eccezionale e derogatoria rispetto alla 
comune disciplina posta dall'art. 7 della stessa legge. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Si tratta, invece, di disposizioni del tutto indipendenti, sia sotto il profilo 

della materia diseiplinata e delle esigenze da soddisfare, sia sotto il profilo dei 

destinatari, posto che, mentre l'art. 7 si dirige ai proprietari, possessori o deten


tori a qualsiasi titolo dell'immobile oggetto di tutela paesaggistica, l'art. 11 si 

rivolge a determinati organi della P.A., portatori anch'essi non di privati inte


ressi, ma di interessi della collettivit�, anch'essi quindi meritevoli di tutela e 

salvaguardia: la norma dell'art. 11 � cos� norma � specifica � e perci� � speciale >>, 

secondo la terminologia del Capaccioli, non � eccezionale �. 

Cosicch� l'atto del Soprintendente non si presenter� tanto come una licenza, 
provvedimento autorizzatorio vero e proprio (di rimozione di un ostacolo preesistente, 
secondo la comune accezione), quanto piuttosto come un provvedimento 
preparatorio (atto presupposto del provvedimento finale che autorizzer� 
l'esecuzione dell'opera pubblica), e cio� pi� propriamente un nulla osta nel senso 
etimologico di atto accertativo della compatibilit� (pur con le eventuali prescrizioni 
particolari che la fattispecie concreta di volta in volta consiglier� di imporre) 
dell'opera pubblica da realizzare con le esigenze di tutela ambientale alla 
cui salvaguardia il medesimo Soprintenden!er � istituzionalmente, e in via esclusiva, 
preposto (cfr. in dottrina SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 

Napoli 1971, 99 e segg.). 

Un caso di specie, destinato a ricorrere con una certa frequenza, � quello 
previsto dall'art. 120 del r~d. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque e sugli impianti 
elettrici, secondo il quale gli elettrodotti che debbono passare su immobili 
di interesse paesaggistico o monumentale (�monumenti pubblici�) non 
possono essere autorizzati in nessun caso se non si sia pronunciato in merito 
il Soprintendente ai monumenti: anche in tale articolo I'� autorizzazione � � riferita 
al solo provvedimento finale dell'autorit� competente (Ministro dei lavori 
Pubblici), laddove il Soprintendente ai monumenti, cos� come tutte le altre � autorit� 
interessate� nei rispettivi settori (militare, ferroviario, postale,' telefonico, 
stradale, ecc.), deve soltanto manifestare il proprio avviso (nulla osta) a carattere 
accertativ�-dichiarativo della inesistenza di ostacoli -sotto il profilo del 
particolare settore di tutela al medesimo affidato -all'attraversamento del


l'elettrodotto. 

E sembra, invero, sufficiente la individuata, particolare natura dell'atto presupposto 
di partecipazione del Soprintendente all'iter procedimentale, preparatorio 
della autorizzazione finale in materia di elettrodotti, ad eliminare ogni 
dubbio circa la preclusione alla applicabilit�, a siffatto nulla osta del Soprintendente 
ai monumenti, del termine di decadenza di cinque anni ex art. 16, 
4� comma, r.d. 1357/1940, preclusione motivata e ricavabile -riteniamo, con 
palmare evidenza -dalla chiara lettera della legge e dalla sua semplice interpretazione, 
prima letterale c;he logica, senza bisogno di ulteriori, indirette conferme, 
che peraltro pur sempre ben potrebbero scaturire da altre considerazioni, 
non ultima quella secondo la quale, a differenza di quanto avviene per 
opere la cui esecuzione � rimessa alla semplice iniziativa del privato, la complessit� 
delle procedure per l'esecuzione di un'gpera pubblica e la ricorrente 
variet� e molteplicit� delle autorit� alla medesima interessate (e quindi chiamate 
a pronunciarsi necessariamente e preventivamente) renderebbero con ogni 

probabilit� pressoch� ricorrente la scadenza del termine medesimo, con conseguente, 
gravosa necessit� di riprendere ex novo la �procedura per la progettazione 
e l'autorizzazione dei lavori. 

R.T. 

1020 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 25 maggio 1976, n. 237 -Pres. Daniele Est. 
Roselli -Soc. Degremont Italia (avv. Pototschnig e Lorenzoni) c. 
Soc. HOLST Italia (avv.ti Paparella e Guarino), Cassa per il Mezzogiorno 
(avv. Stato Mataloni) ed Ente autonomo acquedotto pugliese 
(n.c.). 

Contabilit� generale dello Stato -Contratti pubblici � Forma � Rapporto 
fra appalto per progetto-offerta e appalto-concorso -Criteri di scelta Accertamento 
dei requisiti -Discrezionalit� -Limiti. 

Anche nella procedura di appalto per progetti-offerta (analoga a quel� 
la per appalto-concorso), a differenza delle gare per pubblici incanti o 
per licitazione privata, non sussiste alcun obbligo di aggiudicare il contratto 
al migliore offerente, mantenendo l'Amministrazione un ampio margine 
di discrezionalit� in ordine alla valutazione sotto il duplice profilo 
tecnico ed economico nella valutazione comparativa delle singole offerte; 
in sede di accertamento dei requisiti e degli adempimenti formali del 
progetto-offerta sussiste peraltro un limite a siffatto potere discrezionale: 
in particolare, a differenza �della inosservanza di prescrizioni contenute 
in norme legislative o regolamentari (che peraltro non comportano l'esclusione 
dalla gara), la inosservanza che si riferisca a prescrizioni contenute 
nell'invito o nel disciplinare allegato all'invito (prescrizioni espressamente 
previste a pena di esclusione dal procedimento concorsuale} 
comporta la nullit� dell'ammissione alla gara (1). 

(1) Cfr. in termini Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 945 (in Il Consiglio di Stato 
1971, I, 2059); Sez. V, 26 iprile 1972, n. 341 (ivi, 1972, I, 676); Sez. V, 13 luglio 
1973, n. 628 (ivi, 1973, I, 1092); Sez. V, 27 ottobre 1972, n. 733 (in questa Rassegna, 
1973, I, 181, con nota di commento); Cass. Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2333 (ivi, 
1975; I, 754). 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1665 -Pres. Mirabelli 
-Est. Carnevale -P. M. Cutrupia (conf.). Mediocredito del Friuli-
Venezia Giulia c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). 

Imposte e tasse in genere -Credito a medio e lungo termine -Imposta in 
abbonamento sostitutiva delle tasse e imposte indirette. sugli affari Limite 
di applicabilit�. 

(I. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). 
Gli atti ai quali � riferibile il regime sostitutivo di abbonamento per 
il credito a medio e lungo termine, in forza de~l'art. 1 della legge 27 
luglio 1962, n. 1228, sono da individuare oltre che in base al criterio 
soggettivo della provenienza da uno degli istituti di credito, anche in 
base al criterio oggettivo della conformit� alle disposizioni legislative 
concernenti tali istituti e ai relativi statuti e del diretto collegamento 
con una operazione di finanziamento in favore di una piccola o media 
industria. Sono pertanto soggetti al regime tributario normale gli atti 
destinati a soddisfare esigenze funzionali degli istituti (nella specie compravendita 
di immobile destinato all'ampliamento della sede) (1). 

(Omissis). -Con runico motivo -denunciando la violazione e la 
falsa applicazione dell'art. 1, quarto comma, della legge 27 luglio 1962, 

n. 1228, in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ. -l'Istituto ricorrente 
sostiene che l'agevolazione tributaria prevista dal quarto comma 
dell'art. 1 della citata legge n. 1228 del 1962 si applica a tutti gli atti 
compiuti dagli istituti di credito cui la norma agevolativa si riferisce 
(tra i quali � compreso esso ricorrente), qualunque ne sia il contenuto 
(e, quindi, anche se non si riferiscano ad operazioni creditizie) purch� 
posti in essere -come era indubbiamente l'atto in relazione al quale 
(1) Riallacciandosi a precedenti pronunzie (24 febbraio 1975, n. 680, in questa 
Rassegna 1975, I, 716 con nota di M. SALTINI), la sentenza ora intervenuta 
precisa, con perspicua motivazione, che la esigenza del collegamento dell'atto con 
una operazione di finanziamento in favore di una piccola o media industria 
va soddisfatta anche per la categoria degli atti rion specificamente definiti di 
cui al terzo comma dell'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228. 

1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la Corte del merito ne ha escluso l'applicabilit� nell'ambito e in 

conformit� delle leggi erettive e degli statuti. 

Il motivo � infondato. 

Il problema concernente i limiti di applicabilit� del particolare re


gime di alleggerimento fiscale previsto dal quarto comma dell'art. 1 
della legge 27 luglio 1962, n. 1228, in favore degli istituti di credito indicati 
nella stessa norma non � nuovo per questa Corte Suprema, la 
quale, con la sentenza 24 marzo 1971, n. 825, ha ritenuto -in partico� 
lare -che tra � gli altri atti � menzionati nella norma citata non possa 
farsi rientrare un contratto di appalto concluso da uno dei predetti isti� 
tuti di credito per il rifacimento di un edificio destinato ad accogliere 
la sua sede e -in termini pi� generali -, con le sentenze 7 dicembre 
1972, n. 3538; 24 febbraio 1975, n. 680, e 20 ottobre 1975, n. 3421, ha affermato 
che l'applicazione del regime tributario sostitutivo delle normali 
imposte incontra, anche nell'ipotesi disciplinata dalla norma pi� volte 
richiamata, il duplice limite oggettivo che si tratti pur sempre di operazioni 
di credito e che queste siano compiute da alcuno degli istituti 
di credito espressamente indicati con l'osservanza delle norme legislative 
che li reggono e dei rispettivi statuti. 

L'indirizzo giurisprudenziale risultante dalle sentenze avanti richia� 
mate e, principalmente, dalla meno recente di esse deve essere confer� 
mato anche in questa occasione. 

Il particolare regime tributario previsto dall'art. 1 della legge 27 
luglio 1962, n. 1228, nei confronti degli istituti di credito a medio e lungo 
termine -in base al quale l'imposta annua in abbonamento, pari a 
quindici centesimi per ogni cento lire dell'ammontare dei crediti esistenti 
alla fine dell'esercizio per finanziamenti a medio e lungo termine da, 
essi effettuati, � sostitutiva di tutte le tasse e imposte indirette sugli 
affari -non si applica a tutti gli atti compiuti dai predetti istituti, ma 
soltanto a quelli che siano direttamente o strumentalmente collegati ad 
operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, alla loro esecu� 
zione, modificazione ed estinzione, nonch� alle loro garanzie di qualunque 
tipo e da chiunque prestate. 

Tale triplice distinzione di -atti si ricava dalla stessa formulazione 
letterale del terzo comma dell'articolo citato, il quale contiene una pre� 
cisa indicazione delle attivit� compiute dagli istituti di credito cui si 
riferisce il regime agevolato e le quali sono appunto quelle riguardanti i 
finanziamenti a medio e lungo termine alle piccole e medie industrie, 
la loro esecuzione ed estinzione e le loro garanzie. 

L'indicazione degli atti ai quali esso si riferisce e la stessa legge istitutiva 
degli istituti di credito a medio e lungo termine consentono di 
individuare la ratio del regime agevolato nell'esigenza di favorire-non 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

gi� l'istituto mutuante, ma, essenzialmente, lo s~iluppo e l'esercizio delle 
piccole e delle medie industrie, rendendo a queste .pi� facile e meno 
oneroso l'accesso al credito. 

In base a tale ratio, che vale a segnare il limite logico di applica� 
bilit� del regM:ie in esame, anche l� norma contenuta nel quarto comma 
dell'art. 1 della legge n. 1228 del 1962 -la quale estende il regime agevolato, 
nei confronti degli istituti di credito da essa indicati, agli altri 
atti da essi compiuti in conformit� delle norme legislative che li reggono 
e degli statuti -deve essere interpretata nel senso che, per l'ap� 
plicabilit� del regime agevolato, non sono sufficienti la particolare natura 
dell'ente che compie l'atto e la conformit� di questo alle leggi regolatrici 
e allo statuto del medesimo ente, ma � necessario che l'atto, 
pur non essendo riconducibile ad alcuna delle categorie indicate nel 
terzo comma dello stesso articolo, sia pur sempre relativo al finanziamento 
delle medie e delle piccole industrie. 

Questa interpretazione della-'norma risulta, infatti, del tutto aderente 
alla ratio del regime agevolato, in quanto -da .un lato -consente 
di evitare che atti aventi la medesima finalit� di quelli previsti dal 
terzo comma siano assoggettati al normale regime tributazio, con conseguente 
aggravamento, per i mutuatari, delle condizioni di concessione del 
credito in contrasto con lo spirito informatore del sistema e -dall'altro 
-impedisce che il regime agevolato sia applicato ad atti che abbiano 
soltanto un indiretto collegamento con la finalit� che giustifica 
l'agevolazione. 

Gli atti ai quali il regime agevolato si applica in virt� della norma 

di chiusura contenuta nel quarto comma dell'art. 1 della legge pi� volte 

citata debbono, quindi, rispondere, �ltre al criterio soggettivo della pro


venienza da uno degli istituti di credito indicati nella stessa norma, al 

duplice criterio oggettivo della conformit� alle disposizioni legislative 

concernenti tali istituti ed ai relativi statuti e del diretto collegamento 

con un'operazione di finantiamento in favore di una piccola o media 

industria. 

Gli atti compiuti dagli istituti di credito per soddisfare esigenze 

inerenti alla loro funzionalit� -come quello posto in essere dall'Istitu� 

to ricorrente -, essendo collegati all'esercizio del credito in modo non 

specifico e diretto, ma soltanto mediato e strumentale, sono esclusi, in� 

vece, dal regime agevolato e soggetti al regime tributario comune. 

L'applicazione del regime agevolato anche a quest'ultima categoria 
�di atti si risolverebbe, infatti, in un'arbitraria estensione delle norme al 

di l� dei casi da esse previsti e non gi� in una mera interpretazione 

estensiva, indubbiamente consentita anche rispetto a norma che -come 

quelle che concedono agevolazioni tributarie -hanno carattere ecce


zionale. 


1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
L'interpretazione estensiva tende, com'� noto, a determinare il con1024 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
L'interpretazione estensiva tende, com'� noto, a determinare il contenuto_ 
concreto della voluntas legis, in modo da comprendervi tutti i 
casi considerati della norma, quali risultano dalla sua espressione letterale 
e dalla sua ratio. Qualora, per�, la voluntas legis, cos� individuata, 
sia dubbia o addirittura tendenzialmente negativa, non �(t;onsentito all'interprete, 
senza con ci� sostituirsi arbitrariamente al legislatore, applicare 
la norma a un caso da essa non previsto e, per di pi�, estraneo 
alla �sua ratio. 

La sentenza impugnata -av~ndo escluso che jl regime agevolato 
previsto dall'art. l, quarto comma, della legge 27 luglio 1962, n. 1228, fosse 
applicabile al contratto di vendita concluso dall'Istituto ricorrente ed 
avente per oggetto parti di un immobile destinate all'ampliamento della 
sua sede -ha fatto, quindi, una corretta applicazione dei principi di 
diritto avanti enunciati, anche se la motivazione addotta della Corte 
del merito deve essere corretta e integrata con le considerazioni sopra 
svolte. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 19'76, n. 2388 -Pres. Novelli Est. 
Pascasio -P. M. Martinelli (conf.) -Comune di Mede Somellina 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). 
Imposta di registro � Agevolazione per le opere di interesse degli enti 
� 1ocali -Art. 18 legge 3 agosto 1949, n. 589 � Elencazione tassativa .. 
Edilizia giudiziaria -Esclusione. 

(I. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18; I. 21 aprile 1941, n. 392). 
Poich� l'elencazione delle opere di interesse degli enti local� contenuta 
nell'art. 18 della legge 3 agosto 1940, n. 589, � tassativa, non possono 
fruire dell'agevolazione le opere di edilizia giudiziaria eseguite a 
norma della legge 21 aprile 1941, n. 392 (1). 

(Omissis). -Il Comune ricorrente, denunciando, con l'unico motivo 
la violazione dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, in relazione alla 
legge 25 giugno 1956, .n. 702 ed all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., sostiene che, per 

(1) Sulla tassativit� dell'elencazione contenuta nell'art. 18 della legge 3 ago 
sto 1949, n. 589, la giurisprudenza � pacifica (Cass. 27 gennaio 1971, n. 204, in 
questa Rassegna 1971, I, 423). 
� stato bens� affermato che l'agevolazione non richiede anche che le opere 
siano ammesse a contributo ed � quindi accordabile nel caso che i mezzi di 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1025 

quanto non espressamente menzionate, nel citato art. 18, le opere di 
edilizia giudiziaria, tuttavia esse rientrano fra quelle poste a carico dei 
comuni, per cui ai relativi contratti di mutuo spetterebbe il beneficio 
fiscale da detta norma previsto. 

La censura non � fondata. 

Infatti, la Corte d'appello ha esattamente osservato che nella legge 
3 agosto 1949, n. 589, recante "provvedimenti per agevolare l'esecuzione 
di opere pubbliche di interesse degli enti locali non si rinviene alcuna 
disposizione riguardante l'edilizia giudiziaria, sicch� in nessun caso agli 
atti e contratti che riguardano quest'ultima pu� essere applicata la 
disposizione dell'art. 18 della stessa legge, che concede il trattamento 
fiscale stabilito per gli atti stipulati dallo Stato. 

Le spese necessarie per la costruzione e l'uso degli uffici giudiziari 
furono rese obbligatorie per i comuni dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, 
ma detta legge non concesse agevolazioni fiscali per gli atti ed i contratti 
relativi. N� la legge 25 giugno 1956, n. 702, che attribuisce ai comuni 
sedi di uffici giudiziari di disporre in parte dei contributi corr:.sposti 
dallo Stato per costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti 
e restauri di edifici giudiziari contiene alcuna agevolazione di 
carattere fiscale. 

La predetta legge 3 agosto 1949, n. 589, si limita pertanto a contenere 
disposizioni agevolative per l'esecuzione di opere nell'interesse degli 
enti locali, ma fra qt1este non possono rientrare le opere occorrenti per 
l'edilizia giudiizaria che, pur interessando lo Stato, sono affidate ai comuni 
senza peraltro prevedere il beneficio fiscale che invano viene invo
�Cato, non essendo ammissibile in materia interpretazione estensiva n� 
analogica delle indicate disposizioni. 

Questa Corte Suprema peraltro ha gi� altra volta avuto occasione 
di affermare che l'elencazione delle opere contenute nella citata legge 
del 1949 ha indubbio carattere tassativo, essendo esse indicate in base 
a caratteri tipici obiettivi (sent. n. 204 del 27 gennaio 1971), per cui 
l'elenco non pu� essere integrato con le opere di edilizia giudiziaria, 
che in esso non sono menzionate. E poich� il trattamento tributario 
di favore stabilito dall'art. 18 � riferito agli atti ed ai contratti occorrenti 
per l'attuazione deHa stessa legge, � manifesto che esso non pu� 
riguardare l'edilizia giudiziaria che dalla legge stessa non � prevista 
n� regolata, formando invece oggetto specifico dell'altra, Citata legge 
del 24 aprile 1941, n. 392. -(Omissis). 

finanziamento siano reperiti in forza di leggi diverse, ma sempre sul presupposto 
che le opere rientrino obiettivamente fra quelle definite nella legge 

n. 589 del 1%9 (Cass. 9 agosto 1973, n. 2290 e 22 gennaio 1974, n. 177, ivi 1973, 
I. 971, e 1974, I, 474). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2435 � Pres.. Novelli Est. 
Lipari � P. M. Minetti (conf.). Soc. Monte Amiata (avv. Micheli) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). 
Imposte e tasse in genere � Imposte dirette �. Maggiorazione di aliquota 
per ritardata iscrizione a ruolo � Infedele dichiarazione � Concetto. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 184 bis e 245). 
La nozione di infedele dichiarazione, non definita nel t.u. delle imposte 
dirette, deve �essere stabilita sulla base dell'art. 184 bis, autonomamente 
dall'art. 245. Essa implica da parte del dichiarante un comportamento 
quanto meno colposo nella indicazione degli elementi di fatto, attivi 
e passivi, che compongono il red.dito con esclusione di ogni valutazione 
giuridica dei fatti stessi; di conseguenza quando siano stati esattamente 
dichiarati i fatti non si configura una responsabilit� per pagamento di 
maggiore aliquota ove la qualificazione giuridica di essi, che il contribuente 
deve soltanto proporre all'Ufficio, sia rettificata e dia luogo ad 
una ritardata iscrizione a ruolo di una maggiore imposta. Ai fini della 
maggiorazione di aliquota non si richiede peraltro che il divario tra il 
reddito dichiarato e quello accertato sia superiore ad un quarto, come 
� per talune ipotesi stabilite nell'art. 245 a fini dell'applicazione delle 
sanzioni (1). 

(Omissis). -1. Con il primo motivo di ricorso la s.p.a. Monte Amiata, 
denunziando la violazione dell'art. 184 bis del d.P.R. 29 gennaio 1958, 

n. 645, in relazione agli artt. 245, comma terzo, e 12 delle preleggi, sostiene 
che erroneamente e semplicisticamente la Commissione Centrale 
ha ritenuto che la maggiorazione di imposta prevista dall'art. 184 bis 
citato, per le ipotesi di dichiarazione dei redditi omessa, incompleta 
(1) La sentenza sopra riportata commenta ed arricchisce la pronunzia delle 
Sez. Un. 10 maggio 1975, n. 1815 (in questa Rassegna, 1975, I, 1072, con annotazione 
di c. BAFILE). 
Riconfermando che il contribuente ha il dovere di presentare tempestivamente 
una dichiarazione completa e fedele dei soli elementi di fatto, � senza 
che debba darsi carico anche della loro valutazione giuridica >>, si conclude 
che la indetraibilit� in senso giuridico di passivit� ed oneri non da luogo a 
maggiorazione di aliquota. 

Ci� in definitiva pone il problema del valore giuridico della dichiarazione, 
problema che si presenta all'identico modo anche dopo la riforma, se pure 
nella sentenza in rassegna si sottolineano alcune differenze. 

Non pu� condividersi la preoccupazione che il denunziante si trovi esposto 
al rischio di subire l'aggravio della maggiorazione di aliquota per una divergenza 
di opinione col fisco ovvero di sopportare un carico tributario in 
misura superiore al dovuto. Ci� � nella natura stessa della mora che si ha 
anche quando il credito non � ancora definitivamente accertato; in tutti i rapporti, 
anche di diritto comune, il debitore deve saper scegliere tra l'adem



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1027 

o infedele, sarebbe applicabile in ogni caso � per il semplice ritardo della 
iscrizione a ruolo dell'imposta dovuta, a prescindere da ogni indagine 
e valutazione del ritardo stesso, e quindi anche in casi, come quello 
di specie, in cui il contribuente ha esposto tutti gli elementi attivi e 
passivi concorrenti a formare il r�ddito, risultato maggiorato solo perch� 
la finanza non ha ritenuto detraibili alcune componenti passive indicate 
nella dichiarazione �. E contesta che l'ipotesi di non concessa 
detrazione di spese e di passivit� sia da assimiliare alla infedele dichiarazione. 
Sostiene la societ� ricorrente che l'infedelt� della dichiarazione 
va intesa unitariamente nel sistema del testo unico e non pu� quindi 
identificarsi nella mera divergenza fra reddito dichiarato e reddito accertato, 
ma ai sensi dell'art. 245 del t.u. sussiste solo quando il contribuente 
abbia indicato un imponibile inferiore di almeno un quarto 
a quello definitivamente accertato, sempre che tale differenza non sia 
dovuta ad oneri passivi indetraibili, ma dedotti dal contribuente. 
Il ricorso � sostanzialmente fondato, sia pure per ragioni parzialmente 
diverse da quelle svolte, dovendosi disattendere l'esegesi dell'art. 

piere in modo completo e il non adempiere quando ritiene ci� giustificato, 
proponendosi anche, se del caso, la risoluzione di questioni giuridiche sull'interpretazione 
della legge o sugli effetti del contratto. Se dopo il rifiuto di 
adempimento il debitore viene condannato a pagare, sia pure a seguito della 
decisione della pi� sottile delle questioni giuridiche, non potr� sottrarsi all'obbligo 
degli interessi moratori; se invece per evitare questo rischio ha adempiuto 
secondo le pretese del creditore resta con il dubbio di aver consentito 
a riconoscere una pretesa validamente contestabile. Questa � inevitabilmente 
la vicenda di tutti i rapporti obbligatori e non si vede perch� si .debba andare 
alla ricerca di qualcosa di diverso nei rapporti tributari. 

Ora la dichiarazione nelle imposte dirette non � una semplice esposizione 
di elementi di mero fatto sulla quale l'Ufficio, applicando la legge, determina, 
l'obbligazione. Senza tentare in questa sede di affrontare nei suo 
complesso il vastissimo problema della definizione giuridica della dichiarazione, 
si deve rilevare che la dichiarazione oltre a. fornire gli elementi che 
debbono servire per il futuro accertamento dell'Ufficio, deve valere come base 
(irretrattabile) per l'immediata iscrizione a ruolo a titolo definitivo della 
parte del tributo di cui il dichiarante si riconosce debitore (art. 174 del t.u. 
del 1958), salva la determinazione di un maggior debito che inevitabilmente 
sar� iscritto a ruolo con ritardo, il che per l'appunto da luogo alla maggiorazione 
di aliquota (oggi interessi) dell'art. 184 bis. Ma perch� la dichiarazione 
possa valere come base irretrattabile per l'iscrizione a ruolo, integrata con la 
sola operazione meramente aritmetica di liquidazione dell'imposta applicando 
l'aliquota, non � sufficiente l'esposizione di meri fatti e sono invece necessarie 
le qualificazioni giuridiche dalle quali discendono i criteri per la liquidazione 
dell'imposta. Ed infatti la dichiarazione deve contenere (art. 24) gli 
elementi attivi e passivi necessari, secondo le norme delle singole imposte, 
per determinare i redditi imponibili posseduti nel periodo di� imposta il che 
pu� comportare la soluzione di una quantit� di problemi giuridci che il dichiarante 
deve affrontare: in via di mero esempio, per determinare la qualit� del 
reddito (di quale delle categorie dell'art. 85), quali siano gli elementi attivi 



RASSEGNA DEI..L'AWOCATURA DELLO STATO

1028 

184 bis seguita dalla Commissione centrale, ed avallata dall'isolata sentenza 
di questa Corte 23 aprile 1970, n. 1171, dalla quale si sono distaccate 
peraltro le successive pronunce della Sezione (Cass. 14 luglio 1972, 

n. 2392; 8 febbraio 1974, n. 362; 21 febbraio 1974, n. 461; 14 ottobre 1974, 
n. 2829) trovando definitiva ratifica nelle pronunce conformi delle S.U. 
(Cass. 10 maggio 1975, n. 1815-1820). 
2. Il Collegio pu� limitarsi, perci�, a ricalcare l'iter argomentativo 
che porta ad escludere la infedelt� della denuncia quando la dichiarazione 
degli elementi attivi e passivi del reddito sia stata conforme alla 
realt�, senza che prenda rilievo la valutazione eventualmente inesatta di 
tali elementi, che non rientra nel contenuto degli obblighi imposti al 
contribuente, ma si ricollega ai poteri esclusivamente attribuiti all'ufficio 
finanziario. 
L'art. 184 bis del t.u. sulle imposte dirette (introdotto con 1. 25 ottobre 
1960, n. 1316) stabilisce che, decorso un semestre dalla data di 

imponibili (si pensi a tutti i complicatissimi problemi giuridici sulla imponibilit� 
di plusvalenze e sopravvenienze) e quali gli elementi passivi (il problema, 
specifico della controversia, della deducibilit� di oneri e passivit�), 
ed anche per stabilire il periodo di imposta in relazione alle spese pluriennali 
agli ammortamenti ecc. Per i redditi di imprese ed ancor pi� per i redditi 
dei soggetti tassabili in base a bilancio, la dichiarazione � un'opera d�' 
grande impegno, che non pu� evidentemente esaurirsi in uria semplice esposizione 
di fatti. 

Del resto nella motivazione della sentenza che si commenta non si esclude 
che il dichiarante debba affrontare le questioni giuridiche che si possono presentare, 
ma solo si afferma che egli non � responsabile della � diversa � qualificazione 
data dall'Ufficio a quella da"esso semplicemente � proposta�. Questa 
definizione del valore della dichiarazione � in vero poco logica: o spetta 
solo all'Ufficio stabilire gli effetti giuridici del presupposto ed allora nulla 
si chiede al contribuente (come ad es. nell'imposta di registro ove il contribuente 
dichiara soltanto il prezzo o il valore venale), ovvero si richiede dal 
contribuente anche una definizione degli effetti che nell'ambito della legge 
tributaria producano i fatti dichiarati ed allora la definizione data � vincolante, 
salvo rettifica dell'ufficio, ai fini della liquidazione dell'imposta. Certo 
non avrebbe senso una � proposta � del contribuente priva di ogni effetto e 
che possa essere corretta senza conseguenze. 

Ora il rapporto impostato sul brocardo da mihi factum dalo tibi ius 
presuppone, come nell'attivit� giurisdizionale, un ineliminabile intervallo di 
tempo tra la dichiarazione del fatto e l'accertamento dell'obbligazione; invece 
nel sistema delle imposte dirette si vuole che la dichiarazione dia luogo alla 
precoce iscrizione a ruolo (oggi al versamento diretto dell'imposta autoliquidata 
dal contribuente) imponendo quindi al contribuente non soltanto di 
proporre ma anche risolvere, salvo verifica dell'esattezza, le questioni di valutazione 
giuridica necessarie per consentire la liquidazione dell'imposta. Da ci� 
consegue che le inesatte valutazioni giuridiche (che possono essere non colpevoli 
ma potrebbero anche essere maliziose) che danno luogo ad una ritardata 
iscrizione a ruolo sono pur sempre causa di mora solvendi, non tollerata 
dalla legge che non ammette che sia premiato il contribuente che adempie 
con ritardo rispetto a quello che adempie con regolarit�. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 102-9 

pubblicazione del ruolo in cui vengono iscritte le imposte risultanti dalle 
dichiarazioni presentate, si applica (indipendentemente dalle sanzioni stabilite 
nel titolo XI) a carico del contribuente che abbia omesso la dichiarazione, 
o l'abbia presentata incompleta o infedele, una maggiorazione 
del 2,50 % sulle imposte, o sulle maggiori imposte, dovute in base 
a rettifica delle dichiarazioni stesse o ad accertamento d'ufficio. 

Ora mentre le nozioni di omissione o di incompletezza della denunzia 
trovano un loro riscontro definitivo in altre disposizioni del sistema 
tributario, sicch� la loro portata non d� luogo a dubbi, quella di � infedelt� 
� � di meno agevole fissazione. L� tre ipotesi si trovano peraltro 
contemplate congiuntamente sia nell'art. 245 che nella disposizione. in 
esame il che porta ad apparentarle nel minimo comune denomiriatore 
della �colpa� del dichiarante, che sottende l'omissione e l'incompletezza, 
riguardando pure l'infedelt� nel senso che la dichiarazione non � 
conforme, non rispecchiandola, alla realt� dei fatti dalla quale si discosta 
alla stregua di un elemento psicologico di consistenza colposa. 

Omissione, incompletezza ed infedelt�, rapportandosi all'obbligo di 
dichiarazione, debbono essere valutate in relazione al contenuto di tale 

Con ci� si chiarisce che fondamento della maggiorazione di aliquota, come 
degli interessi, non � un comportamento quanto meno colposo, ma un ritardo 
nell'adempimento non giustificato da impossibilit�; e lo stesso � per l'indennit� 
per ritardato sgravio a carico dell'Amministrazione di cui all'art. 199 bis. 
:l?. vero che, a differenza delle norme della riforma, la maggiorazione di aliquota 
si collega non soltanto all'elemento temporale ma alla dichiarazione 
(omessa, incompleta o infedele) in cui � individuabile un comportamento soggettivo; 
ma ci� si spiega perch� � appunto la dichiarazione che d� causa 
al ritardo e questa � oggettivamente deficiente (e quindi incompleta ed infedele) 
quando non mette l'Ufficio nella condizione di liquidare ed iscrivere a 
ruolo tutta l'imposta dovuta sugli imponibili dichiarati e rende necessaria 
la notifica dell'avviso di accertamento. 

Solo con la recentissima norma dell'art. 2 del d.P.R. 24 dicembre 1976, per la 
prima volta si � conferito all'Ufficio il potere di liquidare l'imposta dovuta 
in base alla dichiarazione da iscrivere nel ruolo principale con la facolt�, senza 
contraddittorio del contribuente e senza notificazione di avvisi, di correggere 
errori materiali, escludere lo scomputo di ritenute di acconto non documentate, 
escludere o ridurre le detrazioni non legittime, escludere o ridurre le deduzioni 
non ammesse dalla legge o non documentate. 

Questa norma non risolve il problema sia perch� vi sono molte altre cor


rezioni che possono essere fatte solo in sede di accertamento sia perch� 

questa � solo una facolt� che non esclude la mora del contribuente quando 

di essa l'Ufficio non si avvale; ma quando questa norma non esisteva ed 

era necessario l'ordinario accertamento per correggere un errore di calcolo o 

per rettificare una detrazione o per escludere una passivit�, non si poteva 

evitare l'applicazione della maggiorazione di aliquota indipendentemente dal 

comportamento del contribuente (la cui colpevolezza � assai spesso indimo


strabile) e indipendentemente anche dalla natura della incompletezza della 

dichiarazione (sul fatto o sul diritto) che rende necessario l'accertamento. 

C. BAFILE 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1030 

obbligo che (come si evince dagli artt. 21 e 23 del testo unico) comprende 
la tempestivit� e la completezza (art. 24 t.u.), riguardando indistintamente 
tutti i redditi e le componenti del patrimonio del denunziante e di coloro 
per i quali egli � tenuto alla denunzia. All'uopo si devono esporre gli 
elementi di fatto attivi e passivi, mentre � escluso che si debba procedere 
anche ad una valutazione giuridica incidente �sulla determinazione 
del tipo di tributo, dell'aliquota o dell'ammontare dell'imposta. 

Ne consegue che il denunziante non adempie al precetto della legge 
se indica per i redditi importi diversi dal vero, e se non specifica la 
provenienza dei redditi medesimi suscettibili di riflettersi sul regime 
impositivo dei medesimi. 

Lo stesso discorso vale per l'indicazione degli elementi passivi, che 
ha lo scopo di permettere la eventuale deduzione dall'attivo. 

E poich� il denunziante � tenuto solo ad esporre elementi di fatto, 
senza che debba darsi carico anche d�lla loro valutazione giuridica, ne 
discende che se la posta passiva � stata esattamente indicata, come 
elemento oggettivamente suscettibile di influire sulla misura del tributo 
dovuto, la ritenuta non detraibilit� in concreto, per effetto di una qualificazione 
giuridica, non pu� farsi rientrare nel concetto di infedele denuncia, 
dal momento che il contribuente ha puntualmente, con scrupolosa 
rispondenza alla consistenza del suo patrimonio e dei suoi redditi, esposto 
gli elementi passivi ed attivi sulla base dei quali l'ufficio � perfettamente 
in grado di operare le qualificazioni di legge, apportando le 
opportune rettifiche se ritenga che l'elemento passivo non sia suscettibile 
di detrazione. 

Non pu�, invero, farsi ricadere sul contribuente la conseguenza di 

una diversa qualificazione giuridica dell'eleme1:1to attivo o passivo espo


sto esattamente nell,a sua consistenza di fatto. 

Una diversa esegesi esporrebbe il denunziante al rischio o di dovere 

subire l'aggravio ex art. 184 bis per una divergenza di opinione col fisco 

drca la giuridica detraibilit� di un dato elemento passivo, ovvero di 

sopportare un carico tributario in misura superiore al dovuto, stante 

l'irretrattabilit� della denunzia in base alla quale, ex art. 174, gli impo


nibili sono iscritti a ruolo. 

Le S.U., quindi, hanno valutato, con approccio interpretativo diretto, 

la norma dell'art. 184 bis, � indipendentemente � dal suo raccordo con 

l'art. 245, ipotizzando cio� che tale norma riguardi pur sempre ipotesi 

di omessa, incompleta o infedele dichiarazione la cui nozione deve es


sere fissata per fare scattare lo strumento della maggiorazione. 

L'autonomia dell'art. 184 bis, rispetto all'art. 245, se vale a consen


tire il cumulo delle misure rispettivamente irrogate apre il discorso 

sulla eventuale non coincidenza fra le nozioni da infedele denuncia as




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sunte nell'una e nell'altra disposizione. Occorre far capo in proposito 
ai motivi che hanno determinato il divario fra l'imponibile esposto nella 
dichiarazione e quello accertato dall'ufficio, senza che venga in considerazione 
la misura dell'operata maggiorazione rispetto al denunziato. 
Non quindi la meccanica constatazione di un qualsiasi divario fra 
accertamento e dichiarazione, ma una rettifica che si correla ad un 
comportamento colposo per mancata rispondenza al vero degli elementi 
passivi ad attivi esposti in dichiarazione legittima la maggiorazione percentuale 
di imposta; in altre parole sul piano dei rapporto fisco-contribuente 
si ripercuote il brocardo dettato per l'attivit� giurisdizionale; 
narra mihi factum, dabo tibi ius. S,e il denunziante ha esposto tutti i 
fatti, sia di segno positivo che di segno negativo, non gli si possono 
imputare le divergenze quantitative che in tema di liquidazione dell'imposta 
sono conseguenza di una valutazione giuridica di quei fatti. E che 
l'obbligo di denuncia del contribuente sia circoscritto alla indicazione 
di meri fatti risponde non solo alla lettera della legge, ma � coerente 
con il suo spirito, non potendosi ipotizzare in ciascuno un tecnicismo 
giuridico raffinato il cui esercizio, come si � precedentemente osservato, 
importerebbe il passaggio tra le forche caudine di una imposta definitivamente 
corrisposta in misura superiore al dovuto, o di una maggiorazione 
di imposta per la divergenza sulla applicabilit� di una detrazione. 

Ai sensi dell'art. 184 bis, quindi, ed a prescindere dall'esegesi dell'art. 
245, l'ipotesi della denuncia infedele si .verifica solo quando il 
denunziante abbia dichiarato elementi attivi o passivi non conformi alla 
realt�, o perch� di diverso ammontare, o per diversit� di natura o di 
provenienza. Le ulteriori dichiarazioni del denunziante circa la spettanza 
della detrazione di elementi passivi valgono solo come esposizione all'ufficio 
finanziario di una proposta in tal senso, perch� ne accerti la 
fondatezza giuridica.. 

Passando a valutare il rapporto corrente fra la norma dell'art. 184 
bis e quella dell'art. 245, le S.U. hanno osservato che nemmeno con 
riguardo a tale ultima disposizione si pu� individuare la nozione di denunzia 
infedele, sicch� il relativo concetto deve essere ricostruito dall'interprete 
venendo a coincidere con quello enucleato in proposito dall'art. 
184 bis: solo che, sul piano degli effetti, non ogni, bench� minima, 
divergenza viene in rilievo, applicandosi le previste sanzioni, in aggiunta 
alla maggiorazione di interesse, soltanto se il divario fra l'imposta effettivamente 
dovuta e quella risultante dall'imponibile dichiarato non 
superi una certa percentuale (il quarto), ovvero non si riferisce ad un 
determinato tipo di redditi o di patrimoni accertati all'estero. 

La tesi della applicabilit� della maggiorazione in ogni caso di diver


genza non si regge nemmeno alla stregua della qualificazione degli inte


ressi medesimi come compensativi (anzich� moratori). L'obbligo degli 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1032 

interessi, infatti, dipende dall'effettuazione di una denunzia omessa, 
incompleta o infedele; il che suppone un comportamento quantomeno 
colposo che deve essere accertato alla stregua delle specificate indicazioni, 
sicch� non � sufficiente a far sorgere l'obbligazione il semplice 
ritardo nella iscrizione a ruolo del tributo. 

Anche a questo proposito non pu� non farsi leva sul concetto di 
infedelt� e sulla sua qualificazione soggettiva. Se il legislatore avesse 
voluto dar rilievo alla situazione del debitore d'imposta che lucra il 
godimento della somma corrispondente al tributo avrebbe usato un'altra 
dizione, facendo leva esclusivamente sull'elemento temporale, mentre collegando 
gli interessi all'imputabilit� al denunziando di ben determinati 
comportamenti ha dato rilievo ai medesimi nella loro rispondenza o 
meno al modello imposto dalla legge tributaria. 

3. Le considerazioni che precedono valgono a puntualizzare la posizione 
che le S.U. hanno assunto sul tema dell'interpretazione dell'art. 
184 bis dell'abrogato testo unico del 1958 in termini di superamento 
delle precedenti contrapposte opinioni. 
Secondo la sentenza n. 1171 del 1970, occorreva ricercare un significato 
unico dell'espressione �infedele dichiarazione� adoperata nel 't.u., 
che si ravvisava in qualsiasi differenza fra l'imponibile indicato dal contribuente 
e quello definitivamente accertato, non potendosi riservare sulla 
maggiorazione di imposta la proporzione del quarto indicata nell'art. 245 
rispetto alla sovrattassa e ci� perch� nell'art. 184 bis non viene operato 
alcun richiamo all'art. 245. 

Art. 184 bis e 199 bis rappresenterebbero gli opposti poli di un 
medesimo principio: il fisco deve gli interessi al_ contribuente per ritardato 
sgravio; il contribuente deve gli interessi al fisco per cmp.pensare le 
finanze del ritardo nella riscossione della maggiore imposta accertata 
in seguit� a controllo della finanza dal quale sia risultata una qualsiasi 
difformit� (anche, quindi, se inferiore al quarto). 

Va m�sso in chiaro che il discorso esegetico, restando circoscritto al 
sistema normativo risultante dal t.u. del 1958, non pu� essere influenzato 
dal sistema attualmente vigente in base al quale la inclusione nella 
dichiarazione di detrazioni cui il soggetto non abbia diritto � punito con 
pena pecuniaria che peraltro le commissioni tributarie possono dichiarare 
non dovuta quando vi sia obbiettiva .incertezza sulla portata o sull'ambito 
di applicazione delle disposizioni artt. 46 e 49 d.P.R. 29 settembre 
1973, n..600, mentre � prevista l'applicazione degli interessi in 
ogni caso di ritardata iscrizione a ruolo, decorso un certo termine della 
dichiarazione (art. 20 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602). 

Sempre alla stregua del d.P.R. n. 645 del 1958, peraltro, nella successiva 
risoluzione la giurisprudenza della Sezione neg� che dal mancato 
espresso richiamo dell'art. 184 bis all'art. 245 potesse dedursi una 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1033 

deroga all'art. 245 e ritenne che l'art. 184 bis contenesse un richiamo 
all'intero titolo XI, ivi compreso il disposto dell'art. 245. 

L'unitariet� del concetto di infedele dichiarazione porterebbe ad attingerlo 
all'art. 245, ipotizzando quale condizione non solo per l'applicazione 
delle sopratasse, ma anche della maggiorazione di imposta, la dichiarazione 
che si discosti dall'imponibile definitivamente accertato di 
oltre il quarto. 

Le due misure delle sopratasse e della maggiorazione si cumulano, (e 
in ci� sta il valore dell'avverbio indipendentemente che non ha carattere 
avversativo, comportando la deroga al principio espresso dall'art. 245, 
ma opera il collegamento con la nozione di infedele dichiarazione valida 
per tutti i casi in cui ad essa si faccia richiamo nell'ambito delle discipline 
delle imposte dirette). 

La soluzione delle S.U. comporta il superamento della rigorosa alternativa 
perch� rifiuta l'approccio definitorio di infedele denuncia che 
si pretendeva di ricavare dall'art. 245 (cos� come gli artt. 243 e 244 
enunciano le nozioni di omessa e di incompleta dichiarazione) e opera 
sia rispetto all'articolo 184 bis, sia rispetto all'art. 245, con autonoma 
esegesi di cui si � dato conto pi� sopra. 

La connotazione soggettiva di colpevolezza rappresenta, quindi, la 
condicio sine qua non per l'applicazione vuoi della maggiorazione di impost_
a, vuoi della sopratassa alla stregua di due processi interpretativi che 
si muovono indipendentemente l'uno dall'altro, pur sfociando nel medesimo 
risultato di fondo di far dipendere la infedelt� della denuncia dalla 
dichiarazione di elementi attivi e passivi non conforme alla realt�. 

Resta cos� ulteriormente chiarito, nel confronto con i precedenti 
orientamenti della giurisprudenza, la esatta portata della soluzione accolta 
dalle S.U. ed avallata nella presente pronuncia. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2444 -Pres. Mirabelli 
-Est. Milano -P. M. Martinelli (conf.). Di Mattia c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). 

Imposte e tasse in genere -Interessi -Decadenza da agevolazioni -Imposta 
ordinaria -Decorrenza dalla data della registrazione. 

(I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1; I. 28 marzo 1972, n. 147, art. un.). 
Nel caso di decadenza da agevolazioni provvisoriamente accordate, 
gli interessi sulla imposta ordinaria dovuta decorrono dalla data della 
registrazione dell'atto inizialmente agevolata (1). 

(1) Confermando quanto gi� statuito con la sent. 14 febbraio 1975, n. 565 
(in questa Rassegna 1975, I, 563), viene definitivamente ripudiato l'opposto indirizzo 
emerso con le pronunzie 27 luglio 1972, n. 2570 e 14 ottobre 1974, 
n. 2828 (ivi 1972, I, 849 e 1974, I, 1442). 

RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). Con il primo e con il terzo motivo -da esaminarsi 

congiuntamente perch� riflettono profili connessi di un'unica questione i 
ricorrenti, nel denunziare la violazione dell'art. 7 della legge organica di 
registro del 1923, dell'art. 3 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e dell'articolo 
unico della legge 28 marzo 1962, n. 147, si dolgono che la Corte 
di merito abbia ritenuto che, in caso di decadenza del beneficio fiscale 
previsto dall'art. 5 del d.l. c.p.S. 14 dicembre 1947, n. 2598, gli interessi 
moratori sulla somma, dovuta per imposta nella misura normale, decor� 
rono dalla registrazione dell'atto ammesso al beneficio, e non gi� dal 
momento in cui si � verificata la decadenza dal beneficio. Deducono, in 
particolare, che la imposta dovuta per effetto della decadenza dal bene� 
ficio non ha natura completamentare rispetto alla tassa fissa corrisposta 
al momento della registrazione, e che, in ogni caso, la mancata produzione 
del certificato attestante la avvenuta realizzazione del nuovo impianto 
� industriale non � imput~bile al contribuente, dato che la liquidazione del 

tributo � rimasta sospesa per disposizione di legge. 

I riassunti motivi non sono fondati. La questione con essi prospet


tata, e relativa alla decorrenza degli interessi sulle imposte liquidate in 

misura ordinaria per decadenza del contribuente da un beneficio fi


scale, � stata affrontata e risolta da questa Corte Suprema con la 

recente sentenza 1� febbraio 1975, n. 565, con la quale, abbandonandosi 

il contrario orientamento espresso in due precedenti pronuncie (sen


tenze n. 2570 del 1972 e n. 2878 del 1974) e con riferimento alla decadenza 

dal beneficio fiscale previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, si � affer


mato il principio, applicabile anche al presente caso di decadenza dal 

beneficio concesso dal cit�to decreto n. 2598 del 1947, della decorribi


lit� degli interessi moratori previsti dalle leggi n. 29 del 1961 e n. 141 

del 1962, sulla somma dovuta per imposta nella misura normale, dal mo


mento della registrazione dell'atto inizialmente agevolato e non dal mo


mento successivo in cui si � verificata la decadenza dell'agevolazione. 

A sostegno di questo pi� recente orientamento giurisprudenziale, al 

quale si ravvisa giusto aderire, stanno le considerazioni espresse nella 

suindicata decisione e, cio�, che, considerato il diritto alla percezione 

della normale imposta sull'atto provvisoriamente agevolato come subor


dinato al non adempimento, da parte del contribuente, dell'obbligo im: 

posto dalla legge di favore, tale inadempimento costituisce un elemento 

essenziale per la liquidazione e la percezione del detto tributo, con la 

conseguenza, che, nella pendenza della possibilit� di adempiere a tale 

obbligo, sussiste proprio la mancanza di un elemento occorrente alla 

liquidazione come previsto dalla legge n. 147 del 1962; che, d'altra parte, 

precisandosi dall'art. 1 della legge n. 29 del 1961 che 'gli interessi mora


tori nella misura semestrale del 3 % si applicano sulle somme � dovute � 

all'Erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, non pu� negarsi che, 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

quando un atto invocante i benefici fiscali viene presentato alla registrazione 
esistono gi� imposte ordinarie � dovute � in relazione a quell'atto; 
che, nella prospettata ipotesi non si tratta di una sottoposizione 
a condizione sospensiva degli effetti del negozio con conseguente sospensione 
anche della tassazione, sicch� si avrebbe un rinvio del sorgere dell'obbligazione 
tributaria, bens� di una condizione sospensiva della concessione 
del beneficio fiscale, talch�, caduta la condizione, la situazione 
deve equitativamente riportarsi alla situazione originaria; che la decadenza 
dell'agevolazione ed il conseguente ritardo nella percezione della 
normale imposta sono certamente addebitabili a fatto del contribuente 
ed in alcun modo possono essere imputati all'Ufficio impositore, il quale 
non pu� applicare l'agevolazione sia pure in via provvisoria; che, diversamente 
opinando, si consentirebbe al contribuente di ritardare la corresponsione 
dell'imposta normale in base alla sua sola dichiarazione di 
voler destinare il suolo comprato alla costruzione di un opificio industriale 
(art. 5 decreto n. 1598 del 1947) � di un edi:l?i.cio per abitazioni 
non di lusso (art. 13 legge n. 408 del 1949), determinandosi in tal modo 
addirittura una disparit� di trattamento tra il soggetto che non ha chiesto 
alcuno di tali benefici ed il soggetto che, in identica situazione, avendo 
chiesto i benefici, decide di non valersene e pretende di protrarre uni~ 
lateralmente nel tempo il pagamento di un'imposta o di una parte di 
essa che il primo soggetto ha pagato subito. 

Le suesposte considerazioni sono per s� sufficienti a respingere le 
censure proposte con i due motivi del ricorso, emergendo da esse che, 
contrariamente a quanto si afferma dai ricorrenti, il tributo corrisposto 
al momento della decadenza del beneficio fiscale � da ricondursi nell'ambito 
dell'imposta complementare sotto il profilo della mancanza di 
un elemento occorrente alla liquidazione come previsto dall'art. 7, capov., 
prima ipotesi, legge di registro del 1923, e che la ritardata liquidazione 
del tributo stesso � dipesa da fatto imputabile al contribuente a norma 
delle previsioni contenute nelle leggi su riferite. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 13 luglio 1976, n. 2689 -Pres. Danzi, 
Est. Granata -P. M. Berri (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Angelini Rota) c. Barba (avv. Pacifici). 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione � Estimazione 
semplice e complessa � Questioni di fatto inerenti all'applicazione di 
agevolazioni � Estraneit� al concetto di estimazione � Giurisdizione 
dell'A.G.O. � Sussiste. 

Gli accertamenti di fatto sul presupposto di una �gevolazione sono 
estranei al concetto di estimazione, sia semplice che complessa. Spetta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO

1036 

al giudice ordinario conoscere detti fatti per applicare la legge al caso 
concreto (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso -in cui denunzia difetto 

I 

di giurisdizione per violazione dell'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248 
all. � E �, in relazione all'art. 22 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 ed all'art. 23 
legge 8 marzo 1943, n. 153, in applicazione dell'art. 360 n. 1 c.p.c. -l'Amministrazion.
e delle Finanze richiama il costante orientamento giurisprudenziale, 
secondo il quale nel contenzioso tributario il giudizio di estimazione 
semplice, riservato alla esclusiva competenza giurisdizionale delle 
Commissioni, non riguarda soltanto la quantificazione del reddito tassabile, 
ma si estende all'accertamento ed alla valutazione di tutti i fatti 
che integrano il presupposto della tassazione e ne deduce che nella specie, 
in cui la controversia cadeva soltanto in ordine allo � accertamento � di 
un fatto storico (data di inizio della costruzione) �secondo la espressa 
attestazione della stessa sentenza impugnata, la competenza a decidere, 
all'opposto di quanto ritenuto dalla Corte di merito, esulava dalla giurisdizione 
del giudice ordinario e spettava in via esclusiva alle commissioni 
tributarie, nulla rilevando in contrario che il fatto da accertare 
costituisce il presupposto per la concessione della esenzione venticin" 
quennale in ordine all'imposta sui fabbricati concessa dalla legge n. 408 
del 1949. 

Oppongono i contribuenti nel controricorso e ribadiscono nella memoria, 
che in realt� la tesi, da essi proposta alle commissioni tributarie 
e poi rinnovata davanti al giudice ordinario, circa la effettiva ultimazione 
della costruzione entro il biennio dall'inizio dei lavori postulava, 
s�, l'accertamento �n fatto del momento in cui i lavori stessi erano stati 
iniziati, ma con ci� implicava, ancor prima, la necessit� di individuare in 
principio la correlativa fattispecie legale, cio� di fissare la stessa nozione 

(1) In passato, proprio allo scopo di ricercare una definizione precisa del 
limite di discriminazione delle materie devolute alla giurisdizione ordinaria e 
alla Commissione Centrale, le Sez. Un., dopo aver sperimentato l'inadeg�atezza 
di altri criteri, avevano affermato che l'unica base di discriminazione che 
trova un addentellato nella lettera della, legge va ricercata nella contrapposizione 
tradizionale tra estimazione semplice e complessa il cui campo non 
� limitato alle questioni inerenti alla determinazione quantitativa della base 
imponibile (20 febbraio 1969, n. 565, in questa Rassegna 1969, I, 141; 21 maggio 
1969, n. 1770, ivi, 715; 24 aprile 1970, n. 1181, ivi, 1970, I. 645; v. anche Relazione 
Avv. Stato, 1966-70, II, 482). 
Ora, senza escludere che la nozione di estimazione possa abbracciare, oltre 
alla determinazione della base imponibile, anche gli altri fatti relativi alla 
sussistenza del reddito (e quindi, in defnitiva, i fatti su cui si fonda l'obbligazione), 
si precisa che su un piano nettamente distinto operano le norme 
di agevolazione e di esenzione che si contrappongono a quelle che individuano 
i presupposti della fattispecie tributaria tipica. Nell'applicazione della norma 



/ 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1037 

di � inizio dei lavori � ai sensi della legge n. 408 citata. Pertanto, essi assumono, 
si versava in ogni caso in una ipotesi evidente di estimazione 
complessa, attribuita al giudice ordinario. 

I resistenti propongono cos� una tesi senz'altro suscettibile di esame 
in questa sede, siccome relativa alla individuazione dell'effettivo oggetto 
del giudizio al fine di verifica della giurisdizione ed inoltre potenzialmente 
idonea a somministrare autonomo fondamento al dispositivo della 
sentenza impugnata e quindi a condurre, attraverso la mera correzione 
eventuale della motivazione, al rigetto del ricorso. 

Tuttavia, nell'ordine logico, preliminare rispetto ad essa � la questione 
sollevata con il motivo di ricorso sopra rif�rito, la necessit� di 
stabilire se nell'ipotesi trattavasi di estimazione semplice o complessa 
sorgendo solo nel caso in cui si riconosca la pertinenza -affermata dal1'
Amministrazione ricorrente -di siffatta tematica anche alle controversie 
in materia di (sussistenza o meno di cause di) esenzioni tributarie. 


Tale questione preliminare va invece risolta in senso negativo, modificandosi 
il diverso orientamento precedentemente espresso da questa 
stessa Corte Suprema a sezione semplice (cfr. sent. 27 ottobre 1965, 

n. 2261). 
� ben noto come, nella vigenza dell'ordinamento tributario anteriore 
alla recente riforma e con riferimento globale alle singole disposizioni 
in cui la regola trovava speeifica enunciazione in termini non 
sempre testualmente coincidenti, la giurisprudenza di questa Corte Suprema 
si sia consolidata, attraverso numerosissime pronunzie conformi, 
nel senso di ravvisare un giudizio di estimazione semplice, devoluto alla 
cognizione esclusiva delle commissioni tributarie, tutte le volte in cui, 
ai fini della sussistenza, entit�, qualit�, natura e causa del reddito tassabile, 
l'accertamento sia limitato alla valutazione di dati e di elementi 

di agevolazione il giudice ordinario pu� sempre conoscere i fatti presupposto 
con cognizione piena. 

Sull'utilit� di questa distinzione � lecito dubitare. Il secolare. affinamento 
del concetto dell'estimazione resta probabilmente il mezzo pi� valido per 
risolvere il sempre risorgente problema, ed anche dopo la riforma le nuove 
competenze (della Commissione Centrale e della Corte di Appello), se pure 
� cambiata la formula, sembra che debbano ancora determinarsi ricorrendo all'estimazione 
complessa per definire le � questfoni di fatto escluse quelle relative 
a valutazione estimativa �. 

Sulla sostanza della controversia invero non sembra che possono sorgere 
dubbi; spetta comunque al giudice ordinario conoscere i fatti che costituiscono 
il presupposto indispensabile per la retta applicazione della legge (v. Relazione 
Avv. Stato 1970-75, II, 560) e quindi anche i fatti presupposto delle agevolazioni 
la cui spettanza da luogo ad una controversia di applicazione della legge, conoscibile, 
nel passato ordinamento, della sezione speciale della commissione 
provinciale, dalla Commissione centrale e dal giudice ordinario. 



1038 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di puro fatto, prescindendosi da ogni indagine di diritto, laddove si ha 
giudizio di estimazione complessa, soggetta alla giurisdizione (anche) 
del giudice ordinario quando, pur versandosi ancora in materia di ac� 
certamento dei fatti, questo tuttavia sia connesso con una �operazione 
giuridica di interpretazione ed applicazione di leggi, regolamenti, pronunzie, 
atti e negozi giuridici. 

Orbene, senza rimettere qui in discussione siffatto orientamento, non 
condiviso, come pure � noto, da autorevole e diffusa dottrina favorevole 
ad una nozione assai pi� limitata della estimazione c.d. semplice, deve 
escludersi che possa considerarsi operazione estimativa -sia sempli�e 
che complessa -quella volta ad accertare la sussistenza, o meno, degli 
estremi costitutivi di una fattispecie legale di esenzione. 

Invero, fuori dai casi, in cui la esclusione di talune ipotesi della 
fattispecie legale impositiva � soltanto il modo espressivo utilizzato dal 
legislatore per descrivere, individuandola anche al negativo, la fattispecie 
stessa, la previsione normativa di una causa di esenzione dalla imposizione 
per determinate ipotesi, che altrimenti ad essa sarebbero rimaste 
assoggettate, assume rilevanza e funzione autonome rispetto a quella, 
che individua sia i presupposti della fattispecie tributaria tipica, sia gli 
elementi utili e necessari per la quantificazione della obbligazione fiscale. 
La norma di esenzione, cio�, opera su un piano affatto diverso da quello 
sul quale si muove quella che delinea l'oggetto del giudizio di estimazione; 
pure inteso questo nella latitudine massima e quindi riferito non 
solo alla entit� dell'imponibile, ma alla stessa esistenza del cespite. Sicch�, 
quand'anche -ripetesi -la estimazione semplice venga dilatata 
fino a ricomprendere tutti i �fatti materiali relativi alla sussistenza del 
reddito (quindi della sua quantit� suscettibile di oscillare in astratto 
da� zero all'infinito) o delle attivit� da cui lo si faccia derivare� (cfr. la 
sent. 20 febbraio 1969, n. 565, tra le pi� si~nificative e meditate degli 
ultimi anni), rimane ad essa estranea l'indagine che, sul presupposto 
della esistenza di un reddito altrimenti tassabile in una determinata 
(o determinabile) misura, � volta ad accertare la ricorrenza nella specie 
degli elementi, anche di mero fatto, costitutivi dell'autonoma fattispecie 
legale di esenzione. 

A tale conclusione non possono utilmente opporsi considerazioni fondate 
sulla pretesa ratio, cui la limitazione della giurisdizione ordinaria 
in subiecta materia si fonderebbe, dovendosi in verit� negare che quest~ 
consista, come pure da taluno si assume, in una valutazione normativa di 
inettitudine (o di non sufficiente attitudine) di tale giudice a conoscere 
dei fatti rilevanti ai fini del. concreto insorgere dell'obbligazione tributaria, 
posto che una individuazione siffatta del fondamento della disciplina 
trova puntuale smentita nella pacifica attribuzione al medesimo 
giudice della competenza �a conoscere il fatto in sede di estimazione com




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

plessa. E per contro alla conclusione come sopra raggiunta recano conforto 
rilievi sia sistematici, dato che la regola della pienezza di cognizione 
del giudice ordinario in materia di diritti soggettivi impone una 
interpretazione restrittiva delle limitazioni ad essa apportate, sia storici, 
la formulazione degli artt. 26 e 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 fornendo, 
diversamente da quanto sembra aver ritenuto una recente decisione 
di queste Sezioni� Unite (sent. 29 ottobre 1974, n. 3251), indicazioni 
utili pel,' ritenere che il nuovo legislatore abbia inteso muoversi appunto 
nel senso di riconoscere l'esistenza, per attribuirne la cognizione (anche) 
al giudice ordinario, di questioni di fatto diverse da quelle �relative 
a valutazione estimative �. 

Il primo motivo del ricorso va. dunque rigettato, alla stregua del principio 
secondo il quale rientra nella competenza giurisdizionale del giudice 
ordinario l'accertamento dei fatti rilevanti per l'ammissione al godimento 
della esenzione tributaria. 

Esclusa, cos�, la pertinenza alla specie dei principi in tema di estimazione 
semplice e complessa, rimane acquisita la estraneit� alla stessa 
anche della ulteriore censura dall'Amministrazione sollevata con il secondo 
motivo per negare, ancora peraltro sul presupposto, test� riconosciuto 
erroneo, che si trattasse di un giudizio di estimazione semplice, 
il potere della Corte di merito di tornare ad apprezzare la prova relativa 
al momento in cqi i lavori di costruzione avevano avuto effettivamente 
inizio al fine di verificare il soddisfacimento della condizione -ultimazione 
nel biennio -richiesta dalla legge invocata dal contribuente. 


(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 agosto 1976, n. 3041 � Pres. Novelli � 
Rel. Mazzacane � P. M. Grossi (conf.) � Ferrovie dello Stato (avv. Stato 
De Francisci) c. S.a.s. Ing. C. Sartorio & C. (avv. Guerra). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Riserve dell'appaltatore � Onere . 
.Carattere generale. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54, 64 e 89). 
Appalto �;Appalto di opere pubbliche � Opere di competenza delle Fer� 
rovie dello Stato � Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore � 
Applicabilit� del principio. 

(capitolato generale amministrativo per le opere ferroviarie approvato il 9 aprile 1909, 
art. 41; capitolato per l'esecuzione dei lavori ferroviari approvato il 3 maggio ed il 
14 luglio 1922, art. 14). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Riserve dell'appaltatore � Onere � 
Momento in cui diviene attuale. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54, 64 e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori oneri derivanti da fatti 
continuativi � Riserva avanzata dall'appaltatore dopo l'ultimazione dei 
lavori � Inammissibilit�. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 36 e segg., 54, 62, 64 e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Riserve dell'appaltatore � Onere 

della ripetizione alla firma del certificato di collaudo � Insussistenza. 

(regolamento per l'aggiudicazione e la gestione delle opere ferroviarie approvato il 
26-27 luglio 1906, art. 30; capitolato generale amministrativo per le opere ferroviarie 
approvato il 9 aprile 1909, art. 38). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Somme riconosciute all'appaltatore 

in sede giudiziale � Interessi � Decorrenza. 

(capitolato generale amministrativo per le opere ferroviarie approvato il 9 aprile 1909, 
art. 40; capitolato per l'esecuzione dei lavori ferroviari approvato il 3 maggio ed il 
14 luglio 1922, art. 12; capitolato generale d� appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, art. 36, quarto comma). 
Le disposizioni relative alla necessit� della tempestiva formulazione 
(e successiva quantificazione) delle richieste dell'appaltatore di opere pubbliche 
rivestono carattere generale e comprendono quindi tutte le pretese 
tali da incidere sul compenso spettante all'appaltatore, poich� la ragione 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1041 

fondamentale giustificatrice delle preclusioni esplicite o implicite che 
a dette disposizioni il sistema ricollega deve rinvenirsi nella necessit� 
della continua evidenza delle spese dell'opera, nel quadro generale delle 
.esigenze proprie di un bilancio pubblico in relazione alla corretta utilizuizione 
ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo 
predisposti, nonch� alle altre possibili determinazioni dell'Amministra


zione di fronte ad un notevole superamento delle previsioni originarie 
di spesa (1). 

Il sistema dell'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore di opere 
pubbliche trova puntuale espressione, per le opere eseguite dall'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato, nelle disposizioni dell'art. 41 del 
capitolato generale amministrativo 9 aprile 1909 e dell'art. 14 del capitolato 
per l'esecuzione dei lavori 3 maggio-14 luglio 1922; e tali disposizioni, 
quindi, non hanno lo scopo limitato di regolare i rapporti fra appaltatore 
e direzione dei lavori, ma assumono una funzione preclusiva di 
richieste per ulteriori compensi intempestivamente proposte dall'appaltatore 
(2). 

Nell'appalto di opere pubbliche l'onere della riserva dell'appaltatore 
diviene attuale nel momento in cui si manifesta la rilevanza causale del 
fatto cui la riserva si riferisce, vale a dire nel momento in cui per l'appaltatore 
diventa in concreto possibile avvedersi della esistenza di una 
situazione di fatto in base alla quale sorge la necessft� delle riserve (3). 

Va dichiarata inammissibile per decadenza, con valutazione assorbente 
rispetto ad ogni altra possibile considerazione, la riserva relativa 
a fatti continuativi che non sia stata avanzata nemmeno alla firma del 
verbale di ultimazione dei lavori (4). 

(1-3) Con le affermazioni di cui alle prime tre massime la sentenza in 
rassegna ribadisce ancora una volta consolidati princ�pi, la cui applicabilit� 
viene espressamente confermata anche in tema di appalto di opere di competenza 
delle Ferrovie dello Stato. 

In argomento, cfr., da ultimo: Cass., 9 luglio 1976, n. 2613; 15 aprile 1976, 

n. 1337, retro, I, 624; 5 gennaio 1976, n. 8, ibidem, I, 124. Per i precedenti cfr.: 
Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 287-310. 
(4) Da rilevare che la mancata iscrizione della riserva in sede d� ultimazione 
dei lavori � stata ritenuta risolutiva rispetto � ad ogni altra considerazione 
�; e ci� per essere invero evidente che anche la riserva iscritta alla firma 
del verbale di ultimazione dei lavori pu� risultare in effetti tardiva, quando 
si riferisca a richieste c.he avrebbero dovuto essere gi� in precedenza avanzate. 
Nel senso che l'ipotesi della sospensione dei lavori non rientra nella categoria 
dei cc.dd. fatti continuativi, e che le riserve dell'appaltatore debbano 
essere in tale ipotesi iscritte (quantomeno) alla firma del verbale di ultimazione 
dei lavori, cfr., da ultimo: Cass., 5 gennaio 1976, n. 8, retro, I, 124, ed 
ivi richiamo in nota. 

Il principio sopra massimato va segnalato, in particolare, in quanto conferma 
che l'onere della tempestiva iscrizione della riserva non � riferibile alla 



1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il richiamo nel certificato di collaudo alle riserve in precedenza 
iscritte dall'appaltatore e la mancanza di provvedimenti del collaudatore 
'relativi a tali riserve escludono l'onere per l'appaltatore di ripetere le 
riserve alla firma del certificato di collaudo (5). 

In tema di appalto di opere di competenza delle Ferrovie dello Stato, 
gli interessi legali sulle somme riconosciute all'appaltatore cominciano 
a decorrere, a norma degli �artt. 40 del capitolato generale amministrativo 
9 aprile 1909 e 12 del capitolato per l'esecuzione dei lavori 3 maggio-14 
luglio 1922, sessanta giorni dopo la definizione della controversia in sede 
amministrativa o giudiziale, con esclusione di ogni altro dies a quo, e 
quindi anche di quello che coincide con la proposizione della domanda 
giudiziale (6). 

(Omissis). -Il ricorso principale e quello incidentale devono essere 
riuniti in quanto proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). 
La Corte del merito, sui punti tuttora oggetto di contestazione per 
le censure proposte dall'una o dall'altra parte, ha ritenuto: 

1) Per i danni pretesi dalla Impresa a causa delle sospensioni dei 
lavori imposte dalla Amministrazione occorreva distinguere: a) per le 
sospensioni dal 1 luglio 1959 al 6 maggio 1961 ogni ragione di danno era 
stata contrattualmente disciplinata con l'atto addizionale stipulato il 
6 maggio 1961, con il quale le parti elevarono il termine di compimento 

sola firma del registro di contabilit�, ma a qualsiasi atto che l'appaltatore 
sia chiamato a sottoscrivere (nella specie: certificato di ultimazione dei lavori). 

(5) L'affermazione di principio, che pu� essere condivisa quanto agli appalti 
disciplinati dal capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
appare invece in contrasto con il contenuto delle norme nella specie applicate. 
Va comunque confermato, s'intende, l'onere della riserva alla firma del 
certificato di collaudo per le richieste che l'appaltatore ritenga di avanzare con 
riferimento alle operazioni di collaudo; in argomento cfr., nel senso che la 
firma senza riserve del certificato di collaudo preclude all'appaltatore ogni richiesta 
di risarcimento dei danni da ritardo nel collaudo: Cass., 18 novembre 
1976, n. 4304; 22 giugno 1971, n. 1962, in questa Rassegna, 1971, I, 928; amplius, 
cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 271 e 294. 

(6) Per una conforme soluzione, in tema di appalti disciplinati dal capitolato 
generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, cfr.: Cass., 
21 giugno 1974, n. 1830, in questa Rassegna, 1974, I, 1021. 
La decisione in rassegna tenta di giustificare il diverso criterio adottato 
nella sentenza 28 gennaio 1974, n. 218 (al quale sembra ispirata anche la pi� 
recente sentenza 18 novembre 1976, n. 4304), rilevando che l'art. 40 del capitolato 
generale di appalto approvato con d.m. 28 maggio 1895, in quella occasione 
applicato, � stabilisce il termine di decorrenza per gli interessi con riferimento 
alle controversie che siano state ri:;;olte in sede amministrativa o arbitrale e 
non anche per le controversie in sede giudiziale �. 

Gi� in altra occasione, peraltro, si � rilevato (Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 
260-261) che il riferimento della norma alle controversie definite � in sede ammi




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1043 

dei lavori e l'impresa non avanz� domande di danni, dichiarandosi disposta 
a migliorare il ribasso contrattuale; b) per i successivi ritardi l'impresa 
non oppose riserve agli ordini di sospensione n� in sede di ultimazione 
dei lavori, quindi essa era decaduta da ogni diritto, ai sensi delle 
disposizioni dei capitolati di appalto 9 aprile 1909 e 3 maggio-4 luglio 1922 
applicabili al contratto concluso fra le parti. 

2) La domanda dell'impresa di compensi per maggior aggravio di 
spese e per aggravate condizioni esecutive non era improponibile .....: 
come assumeva l'Amministrazione -per mancata apposizione di riserve, 
da parte dell'Impresa, nel certificato di collaudo, perch� in questo si 
dava atto che l'impresa aveva firmato con riserva la situazion� finale 
dei lavori ed il collaudatore aveva dichiarato che avrebbe riferito con 
relazione a parte in ordine alle riserve: pertanto, non essendo stato adottato 
alcun provvedimento in sede di collaudo, doveva ritenersi che l'impresa 
non era obbligata a ripetere le riserve sollevate in precedenza. 

3) La richiesta dell'impresa per � aggiornamento di prezzi di imperio 
� nell'ammontare di �lire 16.500.006 non poteva essere accolta poi~ 
ch� la tesi dell'impresa secondo cui su quei prezzi si era formato un 
accordo contrattuale era smentita dalle risultanze processuali. 

4) Nel difetto di espresse disposizioni, doveva ritenersi applicabile 
la. regola generale secondo cui sui crediti contestati in sede giudiziale 
gli interessi decorrono dalla domanda; e pertanto nella specie gli interessi 
sulle somme riconosciute all'Impresa dovevano decorrere dal giorno 
della domanda di arbitrato (declinato dalla Amministrazione). 

nistrativa o arbitrale� deve essere interpretato tenendosi presente che il capi


tolato del 1895 non consentiva la declinatoria arbitrale e che la sentenza arbitrale, 
oltretutto, non era soggetta � n� �ad appello, n� a cassazione �, s� che 
la definizione della vertenza � in sede... arbitrale � coincideva con la definizione 
della vertenza � in sede... contenziosa � (termine che la decisione in rassegna 
ha riconosciuto nella specie determinante e risolutivo); ed � perci� evidente, a 
parte ogni altra possibile considerazione, che anche per i rapporti regolati dal 
capitolato del 1895, ed alla cui definizione contenziosa si applicano, per la loro 
immediata operativit�, le norme processuali contenute nel capitolato generale 
di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. ,1063, la decorrenza degli 
interessi va stabilita con riferimento alla definitiva pronuncia resa in sede 
contenziosa: concfusione la cui validit�, gi� manifesta nell'ipotesi di impugnazione 
della decisione arbitrale, va a maggior ragione riconosciuta quando si con-� 
sideri la differente decorrenza che verrebbe altrimenti ad assumere rilievo, 
con inammissibile � sanzione � della scelta effettuata, a seconda che sia o no 
declinata la competenza arbitrale. 

La decisione in rassegna conferma comunque che una questione in argomento, 
come si � gi� altre volte osservato (loc. ult. cit., pag. 261), non potrebbe 
nemmeno porsi con riferimento alla formula ora adottata con l'art. 36, ultimo 
comma, del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, nel quale la� decorrenza degli interessi viene stabilita con riferimento 
alle controversie � risolte � � in sede amministrativa o contenziosa �. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le statuizioni della Corte del merito indicate sub 1 e sub 3 sono 
censurate dall'Impresa; quelle sub 2 e sub 4 sono censurate dalla Amministrazione. 


E precisamente: 

Sub. 1. -L'Impresa, con il secondo motivo del ricorso incidentale, 
denunciando � violazione e falsa applicazione di norme di diritto � nonch� 
omessa ed insufficiente motivazione in relazione all'art. 360 n. 3 
e n. 5 c.p.c., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte 
del merito, le disposizioni dell'art. 41 del Capitolato Generale Amministrativo 
di appalto del 9 aprile 1909 e dell'art. 14 del capitolato 14 luglio 
1922 riguardano la definizione di contrasti che insorgono durante 
la esecuzione dei lavori fra appaltatori � direzione dei lavori; esse non 
concernano invece pretese di danno (per comportamenti colposi dell'Amministrazione 
incidenti sulla durata dei lavori) dell'appaltatore verso le 
Amministrazione appaltante, sulle quali la Direzione dei lavori non ha 
alcun potere decisorio e per le quali non sono previste nei capitolati 
riserve e termini di decadenza. D'altro canto, aggiunge la impresa ricorrente, 
il danno subito per il prolungamento dei lavori, causato da 
carenze nella progettazione e nell'espletamento di formalit� amministrative 
preliminari, non poteva essere determinato se non in sede di consuntivo 
finale. 

La censura � infondata. 

Va anzitutto rilevato che i giudici del merito hanno escluso ogni pretesa 
risarcitoria per il protrarsi dei lavori nel periodo 1� luglio 1959 6 
maggio 1961 in quanto hanno ritenuto, interpretando la volont� contrattuale 
espressa con l'atto addizionale 6 maggio 1961, che ogni eventuale 
danno per il periodo in questione era stato regolato dalle parti 
con l'atto predetto: e la pronuncia della Corte, su tal punto, non � 
stata impugnata. 

� Quanto al danno che si assume subito per il successivo prolungamento 
dei lavori deve premettersi: nei pubblici appalti il corrispettivo dovuto 
all'appaltatore si determina mediante l'accertamento e la registrazione, 
nei documenti contabili dell'appalto, di tutti i fatti che producono spese 
per la esecuzione dell'opera; ne discende la decisiva importanza che, agli 
effetti della determinazione dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, 
assumono le norme specifiche sulla contabilit� dei lavori nonch� 
le disposizioni che fissano le modalit� per la proposizione di eventuali 
pretese dell'appaltatore le quali si risolvano in richieste di ulteriori 
compensi o indennizzi. Infatti, in materia, � principio generale che 
l'appaltatore, ove ~ntenda contestare la contabilizzazione, � tenuto ad 
iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilit� o 
in altri documenti; ad esporre poi, nel modo e nei termini indicati, gli 
elementi atti ad individuare la sua pretesa, nel titolo e nella somma; 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1045 

ed a confermare infine la riserva all'atto della sottoscrizione del conto 
finale. Invero l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara di appalto alla 
consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al loro collaudo,� si articola 
in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, svolgentesi 
in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione 
l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare; ragion per cui 
gli � imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che 
riguardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento 
delle spese previste. In tale sistema le disposizioni relative 
alla necessit� di tempestiva formulazione (e successiva quantificazione) 
delle richieste dell'appaltatore rivestono carattere generale e comprendono 
quindi tutte le pretese tali da incidere sul compenso spettante all'appaltatore, 
poich� la ragione fondamentale giustificatrice delle preclusioni 
esplicite o implicite che a dette disposizioni il sistema ricollega deve 
rinvenirsi nella necessit� della continua evidenza delle spese dell'opera, 
nel quadro generale delle esigenze proprie di un bilancio pubblico in 
relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione 
dei mezzi finanziari all'uopo predisposti, nonch� alle altre possibili determinazioni 
della Amministrazione di fronte ad un notevole superamento 
delle previsioni originarie di spesa. 

Il sistema dell'onere delle riserve nello svolgimento di lavori per 
opere pubbliche commesse in appalto, fondato sui princ�pi suesposti gi� 
delineati da questa Corte in precedenti decisioni (sent. n. 1527/73, sent. 

n. 1960/72), trova puntuale espressione nelle disposizioni degli artt. 41 del 
Capitolato Generale 3 maggio -14 Juglio 1922, applicabili al contratto 
intercorso fra le parti. Esse, pertarito, non hanno lo scopo limitato di 
regolare i rapporti fra appaltatore e direzione dei lavori, come sostiene 
l'impresa ricorrente con la censura pi� sopra riassunta, bens� assumono, 
in coerenza con i menzionati princ�pi, una funzione preclusiva di richieste 
per ulteriori compensi intempestivamente� proposte dall'appaltatore. 
Orbene nel caso in esame la Corte del merito ha accertato che l'impresa 
sottoscrisse senza alcuna riserva tanto i vari verbali di sospensione 
dei lavori quanto il verbale di ultimazione dei lavori stessi in data 
30 marzo 1962, e che essa avanz� richieste �di danno soltanto in data 
26 febbraio 1964 per fatti -prolungamento eccessivo dei lavori per 
carenze di progettazione e per preteso comportamento colposo della Amministrazione 
durante il corso di essi -anteriori al compimerito dei 
lavori. 

In base a tali accertamenti esattamente la Corte del merito ha ritenuto 
che l'appaltatore non aveva adempiuto l'onere di tempestiva riserva. 
Infatti, in base ai princ�pi suenunciati, tale onere diventa attuale nel 
momento in cui si manifesta la rilevanza causale del fatto cui la riserva 
si riferisce, vale a dire nel momento in cui per l'appaltatore diventa in 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

concreto possibile avvedersi della esistenza di una situazione in base alla 
quale sorge la necessit� delle riserve: nella fattispecie i fatti determinativi 
della pretesa erano ben individuabili all'epoca delle singole sospen


� sioni e, poi, della ultimazione dei lavori. N� vale opporre che nella specie 
si tratta di fatti continuativi, per i quali l'obbligo della riserva sorgerebbe 
al momento della cessazione della continuit�, poich� � decisivo 
il rilievo -da cui � assorbita ogni altra considerazione -che all'epoca 
del compimento dei lavori l'asserita continuit�, riferita a situazione preesistenti, 
era cessata e tuttavia nessuna riserva fu apposta al verbale di 
ultimazione dei lavori stessi. 
Sub. 2. L'Amministrazione, con il primo motivo del ricorso princi


pale, denuncia la violazione dell'art. 38 del Capitolato Generale ammini


strativo di appalto per le opere che si eseguono dalla Amministrazione 

delle F.S. (deliberazione del Consiglio di amministrazione del 9 aprile 

1909 e succ. mod.) e dell'art. 30 del regolamento per l'aggiudicazione e 

la gestione de�le opere che si eseguono dalla Amministrazione F.S. (de


libere del Consiglio di amministrazione 26 e 27 luglio 1906 e succ. mod.), 

nonch� omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto 

decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. So


stiene che la Corte del merito avrebbe dovuto dichiarare improponibile 

la richiesta della impresa di compensi per � maggior aggravio di spese 

e per aggravate condizioni esecutive � in quanto essa era decaduta dal 

relativo diritto per non aver firmato con riserva, come prescrivono le 

menzionate disposizioni, il certificato di collaudo. 

La censura � infondata. 

La Corte del merito ha accertato che nel certificato di collaudo si 

diede atto che l'impresa aveva firmato con riserva, quanto alle pretese 

in questione specificate con atto 26 febbraio 1964, la situazione finale 

dei lavori, e che il collaudatore dichiar� che, in ordine a tali riserve, 

avrebbe riferito con relazione riservata a parte. In base a tali accerta


menti la Corte del merito ha esattamente ritenuto che l'Impresa non 

fosse decaduta dal diritto fatto valere. Invero: a) l'avere le parti pre


cisato, nel certificato di collaudo, che l'impresa aveY:a firmato con ri


serva la situazione finale dei lavori richiamando l'atto (26 febbraio 1964) 

in cui le pretese erano state specificate, indica che le riserve furono 

rinnovate, per relationem, nel certificato b) in ogni caso poich� il col


laudatore non adott� alcun provvedimento, in sede di collaudo, in ordine 

alle riserve predette -nonostante che ad esse _si fosse fatto preciso 

riferimento -non poteva, conseguenzialmente, sorgere per l'impresa l'one


re di ripetere le riserve in precedenza sollevate. 

Sub. 3. -L'impresa, con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando 
violazione di �norme di diritto� ed insufficiente e contraddittoria 
motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1047 

n. �3 e n. S c.p.c., sostiene che la Corte del merito, mal valutando la documentazione 
in atti, ha erroneamente negato che si fosse formato un 
�accordo contrattuale�, quanto meno �implicito�, sulla richiesta da essa 
avanzata di un pi� elevato �aggiornamento prezzi di imperio� e, del 
pari erroneamente, ha ritenuto applicabile, sui prezzi stessi, il ribasso 
d'asta. 
La censura � infondata. 

Il convinciment.o della Corte del merito � infatti basato sulla valutazione 
di taluni ordini di servizio -dai quali emergeva che la richiesta 
dell'impresa di un pi� elevato aggiornamento dei prezzi non era stata 
accolta dalla Amministrazione, di guisa che era da escludersi ogni accordo 
su tal punto -e dell'atto addizionale 6 maggio 1961 -dal quale 
risultava che il ribasso d'asta era stato espressamente pattuito -: e 
tale convincimento, espresso con congrua motivazione, � sottratto al 
sindacato di legittimit�. 

Sub. 4. -L'Amministrazione, con il secondo motivo del ricorso principale, 
denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 40 del Capitolato 
Generale am:giinistrativo di appalto per le opere che si eseguono 
per conto dell'Amministrazione F.S. (deliberazione del Consiglio di Amministrazione 
del 9 aprile 1909 e succ. mod.) e dell'art. 12 del Capitolato 
per la esecuzione di lavori e forniture per conto dell'Amministrazione 

F.S. (delibera del Consiglio di amministrazione 3 maggio e 14 luglio 1922 
e succ. mod.), in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene che per effetto 
di tali disposizioni gli interessi sulle somme attribuite all'impresa cominciano 
a decorrere sessanta giorni dopo la definizione delle controversie 
in sede giudiziale, e non dal giorno della domanda, come erroneamente 
ha statuito la Corte del merito. 
L'assunto � fondato. 

Le menzionate disposizioni -applicabili al contratto concluso dalle 
parti poich� espressamente recepite da esso -dispongono che gli interessi 
legali sulle somme contestate cominciano a decorrere � sessanta 
giorni dopo l'atto con cui in via amministrativa o in sede contenziosa� 
siano state risolute le controversie. Si tratta di una particolare regolamentazione 
che stabilisce il termine iniziale della decorrenza degli interessi 
o con riferimento alla definizione delle controversie in sede amministrativa 
(ipotesi estranea alla fattispecie), o con riferimento alla definizione 
di esse in sede �contenziosa� (cio� a seguito di giudizio dinanzi 
all'autorit� giudiziaria ordinaria, come � accaduto nella specie dove 
il giudizio arbitrale � stato declinato dalla Amministrazione), con esclusione 
di qualsiasi altro dies a quo, e quindi anche di quello che coincide 
con la proposizione della domanda giudiziale. Ad eguale conclusione questa 
Corte � pervenuta in analoga fattispecie, relativa all'art. 36, quarto 
comma, del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 lu


15 


RASSEGNA llllLL'AVVOCATURA DELLO STATO

1048 

glio 1962, n. 1963 (sent. n. 1830/74). Non � pertinente il richiamo della 
societ� alla sent. n. 218/74 di questa Corte poich� in tale sentenza � stata 
fatta applicazione dell'art. 40, ultimo comma, del Capitolato generale per 
le opere pubbliche approvato con D.M. 38 marzo 1895 il quale -con 
disposizione diversa rispetto a quelle qui esaminate -stabilisce il termine 
di decorrenza per gli. interessi con riferimento alle controversie 
che siano state risolte in sede amministrativa o arbitrale e non anche 
per le controversie in sede giudiziale. 

Pertanto la sentenza impugnata, che non ha osservato le menzionate 
disposizioni dei capitolati applicabili alla fattispecie, deve essere cassata 
in relazione al motivo accolto con rinvio della causa, per nuovo 
esame, a giudice di pari grado -che si designa in altra sezione della 
stessa Corte di Milano -che provveder�, sul punto relativo alla decorrenza 
degli interessi, in conformit� a quanto stabiliscono le disposizioni 
stesse. 

� opportuno rimett�re la pronuncia sulle spese di questo giudizio 
al giudice di rinvio (art. 385, ultimo comma, c.p.c.). 
Il rigetto del ricorso incidentale comporta la condanna della societ� 
ricorrente alla perdita del deposito (art. 381 c.p.c.). -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 227 -Pres. Uccellatore 
-Est. Giovannini -Comune di Travagliato (avv. Landriscina, 
Carboni Corner) c. Min. dei lavori pubblici, agricoltura e foreste, 
bilancio e programmazione economica, sanit� (avv. Stato Imponente). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Piano regolatore generale degli acquedotti 
-Ricorso giurisdizionale -Termine per l'impugnazione -Decorrenza. 

(I. 4 febbraio 1963, n. 129; I. 1 luglio 1966, n. 506; I. 9 agosto 1967, n.,634; d.P.R. 3 agosto 
1968, art. 3; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 36; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 2). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza e giurisdizione -Tribunale 
superiore delle acque e Consiglio di Stato -Piano regolatore generale 
degli acquedotti -Impugnativa -Ricorso in materia di acque pubbliche 
-Non � tale. 

(I. 4 febbraio ]963, n. 129, art. 2; d.P.R. 3 agosto 1968; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, 
art. 143 !et. a). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Piano regolatore generale degli acquedotti 
� Modalit� di pubblicazione -Pubblicazione sulla G. U. del solo decreto 
di approvazione -Legittimit�. 
(!. 4 febbraio 1963, n. 129, art. 3; I. 9 agosto 1967, n. 734, art. 1; d.P.R. 3 agosto 1968). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Piano regolatore generale degli acquedotti 
-Motivazione � per relationem � -Legittimit� -Difficolt� di consultazione 
degli atti richiamati -Irrilevanza. 

(d.P.R. 3 agosto 1968, art. 1). 
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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1049 

Atto amministrativo -Legittimit� -Accertamento -Rilevanza esclusiva della 
situazione esistente alla data dell'atto -Piano regolatore generale 
degli acquedotti -Fattispecie. 

Il termine per la impugnazione del piano regolatore generale degli 

acquedotti� approvato con il d.P.R. 3 agosto 1968 decorre non dalla data 

della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale (25 febbraio 1969), 

ma dalla data (11 maggio 1969) di scadenza del periodo di deposito degli 

atti presso i provveditorati regionali alle opere pubbliche previsto dal


l'ar~. 3 dello stesso decreto (1). 

Il ricorso proposto contro il piano regolatore generale degli -acque


dotti rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato e non in quella 

del Tribunale superi�re delle acque pubbliche, essendo estraneo alle 

determinazioni del piano qualsiasi effetto involgente l'utilizzazione delle 

acque pubbliche in modo immediato e diretto, onde agli effetti della giu


risdizione il piano stesso non pu� essere considerato provvedimento pre


so dall'Amministrazione in materia di acque pubbliche (2). 

La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del solo decreto di approva


zione del piano regolatore generale degli acquedotti � conforme al dispo


sto dell'ultimo comma dell'art. 3 legge 4 febbraio 1963, n. 129, che ha con


tinuato a regolare le forme di pubblicit� susseguenti alla conclusione del 

procedimento di formazione del piano; e non viola l'art. 1 legge 9 agosto 

1967, n. 734, che ha disposto invece in ordine alle forme di pubblicit� ine


renti alla fase istruttoria (3). 

(1-3) Nello stesso senso, Cons. St., Sez. IV, 17 dicembre 1974, n. 1042, Cons. 
Stato 1974, I, 1610 e Giust. civ. 1975, II, 210; in senso contrario, Trib. sup. acque 
15 luglio 1975, n. 19, in questa Rassegna 1975, I, 1141. 

Nel commentare quest'ultima decisione s'era segnalato il contrasto esistente 
tra la soluzione accolta dal Tribunale superiore e la giurisprudenza formatasi 
in tema di impugnazione dei piani regolatori generali in materia edilizia. Alla 
giurisprudenza del Consiglio di Stato ivi richiamata, adde Sez. IV, 21 ottobre 
1975, n. 922, in Cons. Stato 1975, I, 1088, che ha peraltro individuato il dies a 
quo di decorrenza del termine di impugnazione nella data iniziale del periodo 
di deposito degli atti nella casa comunale e non in quella finale, come aveva 
invece ritenuto la precedente giurisprudenza. 

In questa occasione il Consiglio di Stato ha per� ritenuto che a far decorrere 
il termine non valesse la conoscibilit� consentita dal fatto dell'inizio 
del deposito perch� questo non comportava l'onere per gli interessati di immediamente 
attivarsi al fine di conoscere l'effettivo contenuto del piano, giacch� 
lo stesso decreto di approvazione stabiliva i modi e i termini affinch� quella 
conoscenza fosse appresa. 

In ordine alla questione di giurisdizione, risolta in senso contrastante dalle 
richiamate decisioni 15 luglio 1975, n. 19, del Tribunale superiore e 17 dicembre 
1974, n. 1042, della IV Sez. del Consiglio di Stato, cfr. Cass., Sez. Un., 7 dicembre 
1974, n. 4089, in questa Rassegna, 1975, I, 429, e la giurisprudenza ivi richiamata 
al punto 9 della nota. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1050 

La difficolt� di consultazione degli atti, con richiamo ai quali � motivato 
il decreto di approvazione del piano regolatore generale degli acquedotti, 
non d� luogo a difetto assoluto di motivazione, essendo ammessa 
la motivazione � per relationem � e derivando la difficolt� dalla ontologica 
complessit� della materia disciplinata (4). 

La legittimit� di un provvedimento amministrativo deve essere valutata 
in relazione alle circostanze di fatto e di diritto esistenti e vigenti 
alla sua emanazione: non d� perci� luogo ad illegittimit� del piano regolatore 
generale degli acquedotti la circostanza che la previsione di incremento 
demografico di un comune si sia in prosieguo rivelata insufficiente, 
se la previsione era giustificata in base ai dati a disposizione dell'amministrazione 
al momento dell'approvazione del piano (5). 

Sulla questione risolta dalla terza massima non constano precedenti. 

(4) Nel senso che condizione di legittimit� della motivazione per relationem 
sia la conoscibilit� degli atti istruttori di riferimento, conoscibilit� che sussiste 
quando l'atto da cui la motivazione � desunta � indicato nel provvedimento, 
cfr., da ultimo, Cons. St., Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1018, Cons. Stato 1975, I, 
888; T.A.R. Lazio, Sez. III, 7 aprile 1975, n. 140 e Sez. I, 14 luglio 1975, n. 523, 
Rass. T.A.R. 1975, I, 1148 e 1868. 
(5) Nello stesso senso, cfr. T.A.R. Toscana 26 marzo 1975, n. 78, Rass. T.A.R. 
1975, I, 956; con riguardo alla situazione di fatto esistente all'emanazfone dell'atto, 
Cons. St., Sez. VI, 17 gennaio 1975, n. 1, Cons. Stato 1969, I, 1366, con 
riguardo alla situazione di diritto, T.A.R. Liguria 3 luglio 1975, n. 142, Rass. 
T.A.R. 1975, I, 2626; Cons. St., Sez. V, 1 febbraio 1974, n. 55, Cons. Stato 1974, I, 
226; Cons. St., Sez. V, 17 ottobre 1972, n. 677, Cons. Stato 1972, I, 1680; Cons. St., 
IV, 12 maggio 1972, n. 414, Cons. Stato 1972, I, 828. 
TRIB. REG. ACQUE PUBBLICHE NAPOLI, 28 gennaio 1976, n. 4 -Pres. 
Cesaro . Est. Fusco -Fusco e altri (avv. Abbamonte e Marone), Mauro 
(avv. Angelino), Natale e altri (avv. Flora e Narciso) c. Comune 
di Napoli (avv. Peccerillo), Provincia di Napoli (avv. Del Giudice), 
Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Tonello) e altri. 

Acque pubbliche ed elettricit� � Acque defluenti verso impianti di assor� 
bimento � Pubblicit� � Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione -Danni da 
opere eseguite dalla P. A. � Convogliamento di rivo o colatore verso 
vasca di raccolta -Competenza dei tribunali delle acque. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143 !et. e; t.u. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2 modif. 
da l. 13 luglio 1911, n. 774, art. 22). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1051 

Responsabilit� civile � Responsabilit� della P. A. � Danni da cosa in cu


stodia � Cedimento degli argini di vasca di raccolta � Sussiste. 

(cod. civ., art. 2051). 

Deve escludersi la natura pubblica di acque defluenti attraverso un 

alveo in una vasca di raccolta per essere smaltite mediante assorbimento 

in appositi pozzi (1). 

Il convogliamento delle acque di un rivo o colatore in una vasca di 

raccolta rientra nella nozione di opera eseguita dalla P.A. quale configu


rata dall'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523, modif. dall'art. 22 della l. 13 

luglio 1911, n. 774 e la controversia relativa al risarcimento dei danni 

cagionati da tale opera rientra nella competenza dei tribunali delle acque 

pubbliche a norma dell'art. 140 lett. e) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 

ancorch� le acque convogliate non siano pubbliche (2). 

La responsabilit� per i danni cagionati da acque fuoriuscite per la 

rottura degli argini da una vasca di raccolta si imputa in modo esclusivo 

al proprietario della vasca, nel caso un comune, se non sia provato che 

la rottura degli argini sia stata provocata dalla immissione di acque ope


rata da terzi (3). 

(Omissis). -L'avvocatura dello Stato ha criticato la decisione del 

Tribunale di Napoli nel duplice riflesso che nella specie non sarebbe con


figurabile una questione di demanialit� delle acque del Cassano e che, 

in ogni caso, la natura demaniale dell'alveo predetto sarebbe irrilevante 

ai fini del decidere e non determinerebbe, pertanto, lo spostamento del


l'ordinaria competenza in materia di danni. 

Il primo profilo, che ha poi carattere assorbente del secondo, appare 

senza dubbio fondato: essendo pacifico in causa e risultando, del resto, 

dalla stessa formulazione delle rispettive difese che il recapito finale delle 

acque del Cassano era la vasca �Taglia�, ove esse venivano raccolte 

per essere smaltite mediante l'assorbimento negli appositi pozzi, era cor


relativamente manifesta l'assenza di una loro qualsiasi attitudine ad usi 

di pubblico, generale interesse e, quindi, l'inconfigurabilit�, sulla base delle 

deduzioni in contrasto, di una questione di demanialit�. Ma se la motiva


(1) In termini, Cass. 21 gennaio 1970, n. 126, in questa Rassegna 1970, I, 60. 
Decisiva per il riconoscimento della natura pubblica delle acque non � la loro 
origine (in tema di acque piovane, cfr., da ultimo, Cass. 15 marzo 1975, n. 1014, 
Giust. civ. Mass. 1975, 445; Trib. L'Aquila 12 febbraio 1974, Rass. giur. Enel 1975, 
115), ma l'attitudine ad usi di pubblico generale interesse (cfr. Trib. sup. acque 
1 ottobre 1974, n. 16, in questa Rassegna 1975, I, 599 con nota di richiami. 
(2) La questione dell'appartenenza o meno alla competenza dei tribunali 
-delle acque delle controversie relative a danni arrecati da opere che provvedono 
in materia di acque � risolta dalla giurisprudenza negando la competenza, quante 
volte l'opera non presenti un'immediata relazione con un'acqua pubblica, 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1052 

zione della sentenza con cui il Tribunale di Napoli ha declinato la propria 
competenza, riconoscendo quella del Tribunale delle Acque, non pu� essere 
condivisa, la sostanza della pronunzia appare conforme ai criteri dettati 
dall'art. 140 del t.u. del 1933. Ed infatti la lettera e) di tale articolo attribuisce 
alla competenza del giudice specializzato la cognizione delle controversie 
per risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita 
dalla pubblica amministrazione a termini dell'art. 2 del t.u. 25 luglio 
1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774 
e non pu� dubitarsi che il canale del �Cassano� costituisca un rivo e/o 
colatore ed il suo convogliamento nella vasca � Taglia � rientri nella nozione 
di opera, quale emerge dal citato art.1 2. 

Passando al merito della causa deve anzitutto escludersi che l'evento 
de quo sia imputabile, come ha adombrato il Comune di Napoli nelle sue 
difese e come hanno sostenuto anche le amministrazioni chiamate in causa, 
ad un caso di forza maggiore e, precisamente, ad un eccesso assolutamente 
straordinario di precipitazioni atmosferiche, che si sarebbe verificato 
nella notte sul 30 novembre del 1969: l'ipotesi pu� essere scartata 
proprio in base alla documentazione prodotta dal Comune di Napoli, dalla 
quale emerge che nei bacini imbriferi del Sebeto e dei Regi Lagni, cio� 
proprio nel comprensorio interessato nell'evento de quo, la quantit� di 
pioggia caduta il 19 settembre 1969 super� di gran lunga quella caduta 
il 30 novembre dello stesso anno. Restano in tal modo dimostrati da un 
lato il carattere non eccezionale delle precipitazioni verificatesi in quest'ultima 
occasione e dall'altro, quand'anche si volesse ammettere tale 
carattere, il difetto del nesso di causalit� rispetto al cedimento degli argini 
della vasca �Taglia�, i quali il precedente giorno 19 settembre avevano 
retto, ad onta della maggiore quantit� di pioggia caduta. Superata 
tale questione, seguono nell'ordine logico l'eccezione di carenza di legittimazione 
passiva sollevata dal Comune di Napoli e la domanda di rivalsa 
proposta nei confronti delle amministrazioni chiamate in causa. Le due 
questioni vanno esaminate congiuntamente, perch� involgono una medesima 
indagine, quella tendente ad accertare se l'amministrazione dei la-

e perci� facendo discendere la qualifica di un'opera come idraulica dalla pubblicit� 
dell'acqua cui ha riguardo: in tal senso, cfr. Cass. 31 marzo 1971, n. 937, 
Giust. civ. Rep. 1971, acque pubbl. e priv., 30; Cass. 17 dicembre 1970, n. 2700, 
Giust, civ. 1971, I, 748; Cass. 21 gennaio 1970, n. 126, cit. 

(3) Per l'applicazione in confronto della P.A. del criterio di imputazione 
della responsabilit� posto dall'art. 2051 cod. civ., cfr. App. Bari 3 maggio 1975, 
Giur. merito 1975, I, 296 con nota di CENICCOLA R., Brevi note sull'art. 2051 cod. 
civ.; Trib. Napoli 28 giugno 1974, Arch. civ. 1975, 445; App. Milano 12 aprile 
1974, Arch. resp. civ. 
Sul punto cfr. altres�, Rel. Avv. Stato 1971-1975, Il, 277 e, ivi richiamate, 
Cass. 14 ottobre 1972, n. 3060, Foro it. 1973, I, 715 con osserv. di C. M. BARONE, 
e Cass. Z7 marzo 1972, n. 976, in questa Rassegna 1972, I, 241. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1053 

vori pubblici, l'Amministrazione della Provincia di Napoli, i Comuni di 
Arzano, Cardito, Casavatore e Frattamaggiore abbiano contribuito ed in 
qual misura alla produzione dell'evento de quo. Sono incontroverse in causa 
le seguenti circostanze: a) l'appartenenza della vasca �Taglia� al Comune 
di Napoli; b) la presenza nella vasca stessa di acque di pertinenza dell'ente 
predetto, il quale acquist� la depressione naturale, poi destinata 
a vasca di raccolta, proprio' per convogliarvi scoli provenienti dai suoi 
territori; e) che lo straripamento del liquame fu dovuto al cedimento 
degli argini. Stando cos� le cose sembra al Collegio che trovi puntuale 
applicazione nella fattispecie l'art. 2051 cod. civ. La responsabiilt� per 
danni cagionati da cose in custodia ha base: a) nell'essersi il danno verificato 
nell'ambito del dinamismo connaturato alla cosa o dallo sviluppo 
di �n agente dannoso sorto nella cosa; b) nell'esistenza di un effettivo 
potere fisico di un soggetto sulla cosa, al quale potere fisico inerisce il 
dovere di custodire la cosa stessa, cio� di vigilarla e di mantenere il 
controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi; in presenza 
di questi due elementi, la norma dell'art. 2051 cod. civ. pone a carico del 
custode una presunzione iuris tantum di colpa, che pu� essere vinta 
soltanto dalla prova che il danno � derivato esclusivamente da caso 
fortuito, inteso nel senso pi� ampio, comprensivo del fatto del terzo, il 

quale, per�, esclude la colpa del custode solo quando si pone, nel determinismo 
dell'evento dannoso, come dotato di impulso causale autonomo 
e con carattere di inevitabilit�. Tale in sintesi � l'orientamento 
della Corte Suprema in materia di responsabilit� ex art. 2051 cod. civ. 
(cfr. Cass. 12 giugno 1973, n. 1698 in Foro it., 1973, I, 3384), orientamento 
che questo Tribunale condivide pienamente. Orbene nel caso di specie 
pu� sicuramente riscontrarsi il concorso del presupposto di cui sub a), 
in quanto il materiale che invest� i fabbricati delle Fusci, della Mauro, 
dei Natali e dei Narciso era raccolto nella vasca � Taglia �, nella quale; 
dunque, si form� e dalla quale compatta si mosse la massa liquida responsabile 
del sinistro; � altres� certamente presente il presupposto di 
cui sub b), non essendo seriamente contestabile che il comune, proprietario 
della vasca, ne fosse anche il custode, nei sensi recepiti dall'art. 
2051. Il convenuto, per andare esente da responsabilit� avrebbe dovuto, 
pertanto, provare il fatto del terzo. 

Il tentativo in tal senso esperito dal Comune di Napoli attraverso 
l'allegazione della responsabilit� esclusiva dell'Amministrazione dei Lavori 
pubblici, della Provincia di Napoli e dei Comuni di Arzano, Cardito, 
Casavatore e Frattamaggiore deve giudicarsi totalmente fallito. Dopo 
aver ricordato che la prova liberatoria richiesta dall'art. 2051 esige che 
il fatto del terzo, cui il custode pretende di ricollegare l'evento dannoso, 
deve essere dotato di impulso causale autonomo ed avere il carattere 
dell'inevitabilit�, osserva il Collegio che tali condizioni difettano 


RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELLO STATO

1054 

del tutto nella situazione che, secondo il Comune di Napoli, dovrebbe 

integrare il comportamento illecito dei chiamati in causa: ed invero 
da innumerevoli elementi documentali emerge non soltanto che il con-, 
vogliamento delle acque del Cassano nella vasca � Taglia � risaliva ad 
epoca remota ed era a perfetta conoscenza del Comune di Napoli, ma 
addirittura che quest'ultimo contribu� per la maggior quota all'esecuzione 
delle opere di copertura del detto canale, legalizzando in tal modo, 
ove ve ne fosse stata necessit�, l'immissione delle acque del Cassano stesso 
nella vasca di sua propriet�. Conseguentemente tale immissione, lungi 
dal costituire un fatto assolutamente imprevedibile ed inevitabile, era 
una costante del regime della vasca ed avrebbe dovuto, pertanto, essere 
tenuto presente dal custode per l'adozione di adeguate misure preventive. 
Consegue da quanto � stato detto che la responsabilit� del Comune 
di Napoli sicuramente sussiste; ma ad avviso del Collegio tale responsabilit� 
� anche esclusiva. Premesso che a carico dei chiamati in causa 
non sussiste alcuna presunzione di colpa, osserva il Tribunale che la 
prova di una loro eventuale responsabilit� non poteva evidentemente 
prescindere dalla positiva dimostrazione di un apporto causale, giuridicamente 
rilevante, da essi in ipotesi dato alla produzione dell'evento 
dannoso: orbene, su tale punto dagli atti emerge esclusivamente la prova 
che lo straripamento si verific� per il cedimento degli argini, e non � 
assolutamente acclarata la causa di tale cedimento, sicch� sarebbe, allo 
stato, assolutamente arbitrario imputarla alla immissione delle acque 
provenienti dal Cassano anzicch� all'intrinseca fatiscenza degli argini 
stessi. Accertata l'estraneit� al giudizio dei chiamati in rilievo, deve 
disporsene l'estromissione con la condanna del Comune di Napoli alla 

rifusione delle spese processuali. -(Omissis). 



SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 novembre 1975, n. 1992 -Pres. Marmo 
-Rel. Peppe -P. M. Antonucci (conf.) -Rie. Rocchi. 

Reato -Reato continuato -In genere -Nozione. 

Perch� possa affermarsi la sussistenza del nesso della continuazione 
non basta che l'imputato abbia commesso pi� violazioni della stessa disposizione 
di legge, ma occorre la dimostrazione che le stesse siano riconducibili 
ad un unico disegno criminoso, in quanto altrimenti la continuazione 
finirebbe con l'identificarsi con l'abitualit� alla contravvenzione, 
con un programma generico di attivit� delinquenziale in contrasto con la 
volont�, che ha solo inteso mitigare l'asprezza delle pene in caso di 
pi� violazione della stessa disposizione di legge commessa in esecuzione 
di un medesimo disegno criminoso. 

L'unicit� del disegno criminoso sussiste solo quando le violazioni della 
stessa disposizione di legge siano comprese sin dal primo momento nel 
quadro del disegno criminoso, nel senso che quando si commette la prima 
violazione, siano state deliberate tutte le altre (1). 

(1) V. nello stesso senso, Cass. 22 febbraio 1973, n. 769 (124568), 18 marzo 
1970, in Cass. pen. mass. ann. 1971, p. 1103, m. 1588. Se, invero, il disegno criminoso 
� generico ed illimitato nel tempo, non si � nell'ipotesi del reato continuato, 
ma in quella di abitualit� nel delitto. 
I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 10 novembre 1975, n. 2008 -Pres. Mu� 
scolo -Rel. Monarca -P. M. Ambrosio (conf.) -Rie. Lanza. 

Procedimento penale -Notificazioni -All'imputato -Domicilio dichiarato Domicilio 
eletto -Possibilit� di fare le dichiar�zioni previste nell'art. 
171 cod. proc. pen. in atti diversi da quelli indicati nel predetto 
articolo. 

La dichiarazione di cui all'art. 171 del codice di procedura penale 
pu� essere contenuta anche in atti diversi da quelli indicati nello stesso 
articolo, come, ad esempio, nelle dichiarazioni di impugnazione (1). 

(1-2) La Suprema Corte di Cassazione ripete, con coerenti affermazioni, 
principi, come quelli che si leggono nelle sentenze in nota, che sono la logica 


1056 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 26 marzo 1976, n. 601 -Pres. Passanisi 
-Rel. Russo -P. M. De Matteo (conf.) -Rie. Rossica. 

Procedimento penale -Notificazioni -All'imputato -Domicilio eletto Elezione 
del domicilio presso il difensol:e -Indicazione del luogo Necessit� 
-E�sclusione. 

Con la elezione di domicilio presso il difensore l'imputato vuole garantirsi 
che giunga a quest'ultimo ogni notizia relativa al processo che 
lo riguarda; di conseguenza � la persona del difensore che va presa in 
considerazione per la notificazione degli atti e non gi� il luogo, che pu� 
essere successivamente diverso da quello in cui egli aveva il suo studio 
al momento della elezione. 

Ne deriva che l'indicazione del luogo non � elemento essenziale della 
dichiarazione di elezione di domicilio, dovendo esso intendersi sempre 
quello del dom}ciliatario. La sua mancanza pertanto non comporta l'invalidit� 
della elezione (2). 

conseguenza della natura negoriale dell'elezione di domicilio e della natura di 
mero atto della dichiarazione. V. in questo senso la nota pubblicata in questa 
Rassegna, con abbondante citazione di giurisprudenza, 1966, I, 1434. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 23 marzo 1976, n. 554 -Pres. Ianiri -
Rel. Russo -P. M. Capecelatro (conf.) -Rie. Olla. 

Procedimento penale -Atti preliminari al giudizio penale -Riunione di 
giudizi -Reato continuato -Reati giudicandi in procedimenti diversi Istanza 
di riunione -Unicit� del disegno criminoso -Onere della prova 
a carico dell'imputato. 

A sostegno della richiesta di applicazione della continuazione l'imputato 
ha l'onere di allegare non solo le diverse sentenze di condanna relative 
ai fatti che si assumono commessi in attuazione del medesimo di 
segno criminoso, ma anche gli elementi dai quali tale unicit� di disegno 
criminoso dovrebbe emergere, non essendo sufficiente la generica richiesta 
rivolta al giudice di riunire i procedimenti distinti (1). 

(1) V. per l'affermazione che non � possibile la continuazione fra reati 
giudicati con sentenza irrevocabile e reati commessi successivamente, Cass. 7 ottobre 
1974, in Cass. pen. �mass. ann. 1974, p. 387, m. 366. 

PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura penale, artt. 203, 553 e 554, nella parte in cui non 
consente che la sentenza emessa in sede di revisione in favore di un condannato 
possa spiegare l'effetto estensivo nei confronti di chi, imputato di concorso 
nello stesso reato, ne sia stato assolto per insufficienza di prove. 

Sentenza 6 dicembre 1976, n. 236, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge reg. Siciliana 16 dicembre 1948, n. 47. 

Sentenza 20 dicembre 1976, n. 246, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1034, nella parte in cui non attribuisce rilevanza 
alla variazioni del reddito imponibile del conduttore o subconduttore 
eventualmente sopravvenute. 

Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1431, art. 5, primo comma, nella parte in cui 
esclude che l'assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti possa essere 
volontariamente proseguita nei periodi durante i quali l'assicurato si � iscritto 
a gestioni speciali dell'assicurazione obbligatoria per i lavoratori autonomi. 
Sentenza 20 dicembre 1976, n 243, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 4, ultimo comma. 

Sentenza 18 novembre 1976, n. 226, G. U. 24 novembre 1976, n 314. 

legge 4 ag�osto �1973, �n. 495, nella parte in cui non riconosce al locatore 
il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito complessivo 
netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a ruolo ai fini dell'imposta 
complementare per l'anno 1973; nella parte .in cui non riconosce al 
locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito 
derivante da lavoro dipendente o fruisce di' una pensione in misura superiore 
a quella risultante dalla certificazione del datore di lavoro e dell'ente erogatore; 
nonch� nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni del reddito 
complessivo netto del conduttore o subconduttore eventualmente sopravvenute. 

Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 



164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1, quarto comma, nella parte in cui, 
facendo richiamo al reddito indicato nel primo comma dell'art. 1 del dl. 24 luglio 
1973, n. 426, non riconosce al locatore il diritto di provare che il nuovo conduttore 
gode di un reddito complessivo netto superiore a quello risultante dall'iscrizione 
a ruolo ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1973. 

Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

d.I. 19 g�iugno 1974, n. 236, art. 1, primo comma, nella parte in cui non riconosce 
al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode 
di un reddito complessivo netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a 
ruolo ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1972, nonch� nella parte in 
cui non attribuisce rilevanza alle variazioni del reddito complessivo del conduttore 
o subconduttore eventualmente sopravvenute. 
Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

legge reg. Puglia riappr. 23 aprile 1975, n. 52. 

Sentenza 6 dicembre 1976, n 235, G: U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge reg. Calabria 29 aprile 1975. 

Sentenza 20 dicembre 1976, n 244, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

legge 19 maggio 1975, n. 167, art. unico, n. 3. 

Sentenza 18 novembre 1976, n. 226, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

legge 8 luglio 1975, n. 306, artt. 2, terzo, quarto, quinto e sesto comma: 
5, primo comma, quanto all'impostazione del termi.ne di sessanta giorni: 6, 7, 
primo e sec�ondo comma, limitatamente alla loro applicazione nella provincia 
autonoma di Bolzano. 

Sentenza 20 dicembre 1976, n. 248, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

legge 31 luglio 1975, n. 363, nella parte in cui non riconosce al locatore 
il diritto di provare� che il conduttore o subconduttore gode di un reddito complessivo 
netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a ruolo ai fini dell'imposta 
complementare per l'anno 1973, nonch� nella parte in cui non attribuisce 
rilevanza alle variazioni del reddito complessivo� netto del conduttore o subconduttore 
eventualmente sopravvenute. 

Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

cod�ice d�i procedura penale, art. 543: quinto comma, e 546 (art. 101 della 
Costituzione). 

Sentenza 6 dicembre 1976, n. 234, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 5 (art. 42 della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1976, n. 245, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 13 giugno 1942, n. 794, art. 30 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 6 dicembre 1976, n. 238, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 


legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16 (artt. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 24 novembre 1976, n. 228, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 

legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 12 (artt 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 24 novembre 1976, n. 228, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 

d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 1 (art. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 24 novembre 1976, n. 228, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 
d.I.. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1 (art. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 
legge 22 dic:embre 1973, n. 841, art. 1 (art. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

legge 12 agosto 1974, n. 351, (art. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 


legge reg. Sic:iliana 27 maggio 1975 (art 17 dello statuto siciliano). 
Sentenza 20 dicembre 1976, n. 249, G. lf. 29 dicembre 1976, n. 346. 


legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 


III � QUESTIONI PROPOSTE 

c:odic:e c:ivile, art. 480 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Catanzaro, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 10 dicembre 
1976, n. 321. 

c:odic:e c:.ivile, arff. 826, terzo c:�omma, e 82�8, sec:ondo c:omma (artt. 3, 24, 28 
e 113 della Costituzione). 

Pretore di Verbania, ordinanza 13 agosto 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

c:odic:e c:ivile, art. 19011 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Casteggio, ordinanza 29 ottobre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 


c:odic:e �ivile, art. 2948, n. 4 (art. 36 della Costituzione). 
Pretore di Andria, ordinanza 4 agosto 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 



166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura civile, art. 420, primo e quinto comma (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 17 agosto 1976, G. U. 15 dicembre 1976, 

n. 333. 
codice di procedura civile, art. 514, n. 5 (artt. 3, 24) 28 e 113 della Costituzione). 


Pretore di Verbania, ordinanza 13 agosto 1976, G. V. 22 dicembre 1976, n. 340. 

codice di procedura civile, art. 613 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Verona, ordinanza 9 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

codice di procedura civile, artt. 651 e 668, terzo comma, (art. 24 della Costituzione). 


Pretore di Palermo, ordinanza 22 maggio 1976, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. 

codice di procedura civile, art. 663 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 7 febbraio 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294 

codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 3 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 


c�odice penale, art. 204, secondo comma, (artt. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Frosinone, ordinanza 30 ago� 
sto 1976, G. U. 1� dicembre 1976, n. 321. 

codfoe penale, art. 205, secondo comma (art. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Frosinone, ordinanza 30 agosto 
1976, n. 321. 

codice penale, art. 22Z, primo comma (art. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

� Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Frosinone, ordinanza 30 agosto 
1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 

codice penale, art. 376 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Frosinone, ordinanza 13 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

codice .penale, art. 666 (artt. 3, 4, 35, prima parte, e 41, prima parte, della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 13 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346 

codice penale, art. 707 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 15 gennaio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 




PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 70, ultimo comma (art. 25, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Enna, ordinanza 7 luglio 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 

codice di procedura penale, art. 177-bis (artt. 3 e 24, della Costituzione). 

Pretore di Chieri, ordinanza 21 giugno 1975, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

codice di procedura penale, artt. 378, primo comma, prima parte, e 381, 
secondo comma, ultima parte (artt. 25, primo comma, 3, primo comma, e 24 
secondo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il tribunale di Roma, ordinanza 27 settembre 1976, 

G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 
codice di procedura penale ... art. 415, secondo comma (art. 24, secondo cpv., 
della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza lo giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

codice di procedura penale, art. 51 O, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Pretore di Empoli, ordinanza 8 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. �300. 

codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, 

n. 346. 
codice .penale militare di pace, artt. 14c 18,2 (artt. 3, 21, primo comma, 25, 
primo comma, 52, ultimo comma, 103, ultimo comma, della Costituzione). � 

Pretore di Messina, ordinanza 21 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 4 (artt. 3, 24, 28 e 113 della 
Costituzione). 

Pretore di Verbania, ordinanza 13 agosto 1976, G. U. 22 dicembre 1976, 

n. 340. 
legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, .24, 45, 29, 101 e seguenti 
dell" Costituzione) . 

. � t!:e d'appello di Roma, ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 22 dicembre 1976, 

n. 
340. 
Corte d'appello de l'Aquila,.ordinanza 13 aprile 1976, G:-U. lo dicembre 1976, 
n. 321. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art+. 68, 69, 72 e 86 (artt. 3, 4, 24, secondo 
comma, 35, prima parte, 41, prima parte, e 97, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 13 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

16 


168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
r.d: 31 agosto 1933, n. 1592, (artt. 3, 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). 
168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
r.d: 31 agosto 1933, n. 1592, (artt. 3, 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). 
Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 27 novembre 1975, 

G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 
r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 270 (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della Costituzione). 
. 
Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 13 maggio 1976, 

G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 
r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (art. 3, 4, 29, 31, 37, 38 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 12 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 2167, art. �209, sec�ondo c:omma (art. 24, secondo comma, 
e 3, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanze (tre) 8 e 22 gennaio 1976, G. U. 15 dicembre 
1976, n. 333, e 22 gennaio 1976, n. 340. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, art+. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). 


Corte d'appello di Campobasso, ordinanza 22 aprile 1976, G. U. 22 dicembre 
1976; n. 340. 

'iegge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, lettera b) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Ivrea, ordinanza 7 ottobre 1976, G. U. 29 dicembre '1976, n. 346. 

legge 11 gennaio 1943, n. 138, art. 4 (artt. 3, primo comma, e 38, secondo 
comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 
17 novembre 1976, n. 307. 

d.l.C.p.S. 10 aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a (artt. 3 e 44 della Costitu" 
zione). 
Tribunale di Brescia, ordinanze 18 maggio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

legge 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1 (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 13 maggio 1976, 

G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 
legge 8 febbraio1948, n. 47, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 3 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

d. lgt. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (art. 3 de11a Costituzione). 
Pretore di Alessandria, ordinanza 4 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 5 maggio 1949, n. 178 (artt. 3, 23, 41, primo e secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Ancona, ordinanza 24 gennaio 1976, G. U. 1<> dicembre 1976, n. 321. 

legge 4 aprile 1952, n. 218, art 2 (artt. 3, 4, 29, 31, 37, 38 della Costituzione). 

Pretore cli Bologna, ordinanza 12 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23 (artt. 27, 113, 3, 51, 24 �e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale delle Mai:che, ordinanza 13 maggio 1976, 

G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 
.legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 (art. 16 della Costituzione). 

Pretore <;li Venezia, ordinanza 25 maggio 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, 
della Costituzione). 
Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 
1976, n. 346. 

legge 21 marzo 1958, n 267, art. 5, secondo comma (artt. 10 e 11 della Costituzione). 


Tribunale di Milano, ordinanze (due) 24 giugno 1976, G. U. 17 novembre 1976, 

n. 307. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 87, ottavo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Chieri, ordinanza 24 gennaio 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 94 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Brunico, ordinanza 7 agosto 1976, G. u,10 dicembre 1976, n. 321. 

legge 21 dicembre 1961, n. 1501, artt. 1, terzo comma (artt. 3, primo comma, 
e 23 della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 1<> aprile 1976, G. U. 22 dicembre 
1976, n. 340. 

legge 27 gennaio 1963, n. 19, art. 4 (artt. 3 e 41 della Costituzione). 

Tribunale di Campobasso, ordinanza 15 luglio 1976, G. U. 26 novembre 1976, 

n. 314. 
legge Zl luglio 1965, n. 903, art. 22, quinto comma, (artt. 3, 4, 29, 31, 37, 38 
della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 12 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 


170 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le9ge 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 1 O e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11, primo comma (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Rovigo, ordinanza 20 agosto 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 
41, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza ~21 settembre 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

legge 2 agosto 1967, n. 799 (art. 117 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 24 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 


legge 8 marzo 1968, n. '152, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 23 marzo 1976, 


G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 
legge 18 marzo 1968, n. 249, artt. 44-bis e da 45 a 50 (artt. 3 e 24, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 
1976, n. 346. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 24 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanze 28 aprile 1976, G. U. 15 dicembre, 1976, n. 333. 

legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1 (art. 42, secondo comma e art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 32, primo comma (artt. 3) primo comma, 
51, terzo comma, 53, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Lucca, ordinanza 2 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56 (art. 42, secondo comma e art. 3 della 
Costituzione). 
Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge ~8 ottobre 1970, n. 775, �art. 7 e 20 (artt. 3 e 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 
1976, n. 346. � -~ 

�legge 10 novembre 1970, n. 852, artt. 1 e ~ (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 13 maggi� 1976, 

G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge '18 dicembre 1970, n. 1034 (art. 42, secondo oomma e art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 11 giugno l971, n. 426, artt. 1 e 45 (artt. 21, 41 e 9 della Costituzione). 

Pretore 'di Otina, ordinanza 22 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

�legge 9 ottobre 197.1, n. 824, art. 6 (artt. 3, 36, 52, 53, 81, quarto comma, 
117, 118 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 13 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3, 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 28 maggio 1976, G. U, lo dicembre 1976, 

n. 321. 
legge 15 novembre 1971, n. 1042, art. 1, primo comma (artt. 3, 24, 25, 28, 42, 
54, 97 e 101 della Costituzione). 

Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 27 novembre 
1975, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 

legge 25 novembre 1971, n. 1042, art. 2, primo comma (artt. 3, 24, 25, 54, 
97 e 103 della Costituzione). 

Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale, ordinanza 9 aprile 1976, G. U. 
17 novembre 1976, n. 307. 

d.P.R. ~4 novembre 197.1, n. 1199, art. 1O, primo comma (artt. 3, 24 e 113 
della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 29 aprile 
1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

d..P.R. 2�6 ottobre 1972, n. 636 (artt. 102, secondo comma, e VI disp. trans. e 
108, secondo comma, della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Pavia, ordinanza 15 ~ugno 1976, 

G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 
d.P.R. �26 ottobre 1972, n. 636, artt. 12 �. 35 e 39 (artt. 3, 36, 97, 101, 108 e 113 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Udine, mdinanza 22 maggio 1976, 

G. U. Io dicembre 1976, n. 321. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35, primo capoverso, e 39 (art. 24 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanze (due) 29 aprile 
1976; G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 


%

.��. I 


172 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n 636 artt. 35, secondo comma, e 39, secondo comma 
(artt. 76, 77, 3 e 24 della Costituzione). 

..Commissione tributaria di secondo grado di Salerno, ordinanza 15 marzo 
1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria centrale, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 29 dicembre 
1976, n. 346. 

Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 9 giugno 1976, 

G. U. 
29 dicembre 1976, n. 346. 
Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 20 luglio 
1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 
Commi~sione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 25 marzo 1976, 

G. U. 
15 dicembre 1976, n. 333. 
Commissione tributaria di primo grado di Sondrio, ordinanza 14 luglio 1976, 
G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, terzo comma (artt. 3 e 24, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Rovigo, ordinanza 9 giugno 1976, 

G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. � 
Commissione tributaria di primo grado di Sala Consilina, ordinanza 19 giugno 
1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 38, primo terzo, quarto e quinto comma 
(artt. 97, primo, e secondo comma, 28, 51, primo comma, 54, secondo comma, 
della� Costituzione). 

Tribunale di La Spezia, ordinanza 4 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

d.P.R. 2�6 ottobre 1972, n. 643 ,artt. 7, 4, 2, 15 e 14 (artt. 3, 42 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 11 maggio 1976, 

G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 e 14 (art. 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ferrara, ordinanza 3 giugno 1976, 

G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 
d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 67, ultimo comma (artt. 3 e 9, primo comma, 
e 33, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 
3 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

d.P.R. 30 dicembre 1972, il. 1035, artt. 17 e 18 (art. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di S. Benedetto del Tronto, ordinanza 12 luglio 1976, ,G. U. 10 dicembre 
1976, n. 321. 

l 


I 


I 




PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 4 agosto 1973, n. 495, art. 1 (art. 42, secondo comma e art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 409, n. 5 (artt. 3 e 102 della Costituzione). 

Tribunale di Massa, ordinanza 16 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 

legge reg. Piemonte 13 agosto 1973, n. 2�1, art. 2, secondo, terzo, quarto e 
quinto comma (artt. 117 e 119 della Costituzione). 

Pretore di Alessandria, ordinanza 25 luglio 1975, G. U. 3 novembre 1976, n. 294). 

legge 19 dicembre 1973, n. 823, art. 2, lettera a (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo. grado di Bolzano, ordinanza 31 marzo 1976, 

G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 
legge 22 dicembre 1973, n. 8�41, art. 1 (art. 42, secondo comma e art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

d.P.R. 29 �dicembre 1973, n. 1092, art. 86, primo comma, e 272 (art. 3 .della 
Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 
20 dicembre 1976, n 346. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 272, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 
29 dicembre 1976, n. 346. 

d.I. 11 aprile 1974, n. 99, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 25 settembre 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

legge reg. Campania, 13 maggio 1974, n. 17, art. 1 e 5 (artt 3 e 25, secondo 
comma, della. Costituzione). 

Pretore di Pisciotta, ordinanza 24 aprile 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

legge 7 giugno 1974, n. 220, art. l2 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 27 gennaio 1976, G. U, 3 novembre 1976, n. 296. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, artt. 19, 21, 55 (artt. 3 e 117 della 
Costituzione). 

Pretore di Pontremoli, ordinanza 23 aprile 1976, G. U. 24 novembre 1976, 

n. 314. * 

174 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 12 agosto 1974, n. 351 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Palermo, ordinanza 10 giugno 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 
Pretore di Modena, ordinanza 15 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 

legge 1'2 agosto 1974, n. 351, art. 1 (artt. 3, 41 e 42, secondo comma, -della 
Costituzione). 

Tril;mnale di Campobasso, ordinanza 15 luglio 1976, G. U. 26 novembre 1976, 

n. 
314. 
Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 
legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, artt. 4, 8 e 13 (artt. 117, 97 e 128 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 12 novembre 1975, 

G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 
legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 2, 3, 21, 41 e 43 della 
Costituzione). 

Pretore di Saluzzo, ordinanze (tre) 26 marzo e 6 aprile 1976, G. U. 10 novembre 
1976, n. 300, e 10 dicembre 1976, n. 321. 

legge reg. Cam.pania, 16 maggio 1975, n. 30, art. 39 (art. 118, ultimo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 4 febbraio 
1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 35 (artt. 29 e 3 della Costituzione). ' 

Tribunale di Firenze, ordinanza 29 aprile 1976, G. V. 3 novembre 1976, n. 294. 

legge 22 luglio 1975, n. 319, art+. 4, 7, 9, e tabelle allegate A, B, C, e ed IF 

(aftt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 19 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 22 giugno 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 
Pretore di Massa, ordinanza 19 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 

legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 9 (artt 3, 4, 38 della Costituzione). 

Pretore di Trieste, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47, secondo comma, e 54, ultimo comma 

(artt. 3, 25, capoverso, 27, terzo comm_a, e 111 della Costituzione). 

Corte d'appello di Firenze, sezione di sorveglianza, ordinanza 21 settembre 
1976, G. V. 15 dicembre 1976, n. 333. 
Corte d'appello di Napoli, sezione di sorveglianza, ordinanza 20 agosto 1976, 

G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. 
legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Palermo, ordinanza 10 giugno f976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 133. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 17J 

legge 31 luglio 1975, n. 363, artt. 1 e l�bis (art. 42, secondo comma e art. 3 
della Costituzione). 

Pre}ore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Bologna, ordinanza 14 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 
1976, n. 340. 

d.I. 13 maggio 1976, n. 228, art. 1 (art. 42, secondo comma e art 3 della 
Costituzione). 
Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge 22 maggio 1976, n. 349 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Palermo, ordinanza 10 giugno 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 

legge reg. Abruzzo riappr. 22 settembre 1976 (artt. 117 e 128 della Costituzione). 


Presidente del Consiglio dei Ministri ricorso depositato il 16 ottobre 1976, 

n. 34, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. 
legge reg. Friuli-Venezia Giulia riappr. 28 settembre 1976 (art. 5 della Costituzione). 


Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 23 ottobre 1976, 

n. 35; G. U. 17 novembre 1976, n. 307. 
legge reg. Valle d'Aosta riappr. 30 setembre 1976 (art. 3 della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 3 novembre 1976, 

n. 36, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. 
legge reg. Vale d'Aosta riappr. 30 setembre 1976 (artt 3 e 36 della Costituzione). 


Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 3 novembre 1976, 

n. 37, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. 

CONSULTAZIONI 



ACQUE PUBBLICHE 

Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL -Competenza (Statuto Valle d'Aosta, artt. 6, 7, 
8, 9, 18). 

Se, fino a quando non vengano assunti provvedimenti legislativi che modifichino 
l'attuale normativa, l'adesione di provvedimenti di concessione all'ENEL, 
a scopo idroelettrico, di acque pubbliche esistenti in Val d'Aosta spetti allo Stato 
ovvero alla Regione a statuto speciale Valle d'Aosta (n. 115). 

AGRICOLTURA 

Istituti sperimentali di agricoltura -Aziende agrarie -Addetti -Natura del rapporto 
-Diritto alla qualifica (l. 23 novembre 1967, n. 1310; cod. civ. art. 2100; 

l. 20 agosto 1970, n. 300, art. 13). 
Se agli addetti ad una azienda agraria gestita da un Istituto Sperimentale di 
Agricoltura siano applicabili le norme sul lavoro subordinato di diritto privato 
ed in particolare quella che riconosce il diritto all'assegnazione della qualifica 
superiore in caso di prolungato compimento delle mansioni corrispondenti (n. 81). 

Istituti sperimentali di agricoltuta -Gestione di' aziende agrarie -Personale addetto 
-Piante organiche -Divieto di assunzioni in eccedenza -(l. 23 novembre 
1967, n. 1310, art. 81). 

Se per l'assunzione da parte dell'Istituto sperimentale di agricoltura di personale 
da destinarsi esclusivamente alla conduzione della azienda agraria valga il 
divieto di assunzioni in eccedenza alla pianta organica come dipendenti non di 
ruolo stabilito dall'art. 81 della legge 23 novembre 1967, n. 1310 (n. 80). 

Istituti sperimentali per la zootecnica -Istituti consorziali -Patrocinio dell'Avvovatura 
-(r.d.l. 25 novembre 1929, n. 2226, art. 14; r.d. 8 giugno 1940, n. 779; 


r.d. 29 maggio 1941, n. 489; r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; d.P.R. 23 novembre 
1967, n. 1318, art. 46). 
Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere il patrocinio legale, ai sensi dell'art. 
43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, di un Istituto sperimentale per la zootecnica 
che non sia compreso fra quelli elencati' dall'art. 14 r.d.l. 25 novembre 1929, 


n. 2226 e nel r.d. 29 maggio 1941, n. 489 (n. 79). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura difetto di giurisdizione del-. 
l'A.G.O. -Limiti -(l. 14 agosto 1967, n. 800; r.d.l. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, 

n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2o comma; l. 11 giugno 1973, n. 533, 
art. 1; c.p.c. art. 409). 
Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato 
a termine, stipulato con un Ente lirico, come tale avente natura di Ente 
pubblico non economico ai sensi della I. 14 agosto 1967, n. 800, dia luogo a rapporto 
di impiego pubblico, sottoposto alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo (n. 383). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. -Interessi moratori 
-Degenza -Limiti -(cod. civ. art. 1282; r.d. 23 maggio 194, n. 827, art. 277). 

Se le amministrazioni dello Stato che siano inadempienti all'obbligo del 
versamento dei contributi previdenziali dovuti per legge siano altres� tenute alla 
corresponsione di somme aggiuntive a titolo di interessi moratori per il periodo 
anteriore alla emissione del titolo di spesa (n. 385). 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

Antichit� e belle arti -Opera d'arte di propriet� privata -Esportazione illecita 
Acquisto della propriet� da parte dello Stato italiano -(l. 1 giugno 1939, 

n. 1089, artt. 35, 66 e 64). 
Se il fatto dell'esportazione illecita di un'opera d'arte di propriet� privata 
produca, in difetto del provvedimento di confisca, l'automatico acquisto della � 
propriet� dell'opera stessa in favore dello Stato italiano (n. 77). 

Fornitura -Inadempienza per sciopero incidente sul sub-fornitore -Responsabilit�. 

Se il fornitore che non adempie o ritardi ad adempiere a causa di scioperi 
.che colpiscono l'attivit� del suo sub-fornitore possa invocare la causa di forza 
maggiore (n. 386). 

Legge sulla casa -Procedimento e criteri di indennizza -Scavi e sistemazioni 
archeologiche -Applicabilit� -(l. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 54, 55, 56, 57; 


l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se il procedimento per l'espropriazione per pubblica utilit� e i nuovi criteri 
per la determinazione dell'indennit� di espropriazione, stabiliti con la I. 22 ottobre 
1971, n. 865 (c.d. legge sulla casa), siano applicabili anche alle espropriazioni 
promosse dall'Amministrazione della Pubblica Istruzione per lo scavo e la sistemazione 
di zone archeologiche in base agli artt. 54 e 57 della I. 1� giugno 1939. 

n. 1089 (n. 75). 
Opere d'arte -Rinvenute a bordo di navi straniere -Esportazione clandestina Sussistenza 
-Limiti -'(l. 1� giugno 1939, n. 1089; l. 25 settembre 1940, n. 1424; 
cod. civ. art. 28 disp. prel.; cod. proc. pen. art. 2). 

Se, malgrado il principio generale di diritto internazionale marittimo secondo 
il quale le merci esistenti a bordo di-una nave straniera si considerano �merci 


178 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELt.0 STATO 

estere >>, come tali soggette al potere dello Stato di bandiera, opere d'arte di cui 
non possa provarsi senz'altro la legittima provenienza rinvenute a bordo di navi 
straniere da diporto battenti bandiera di comodo, siano da ritenere oggetto di 
esportazione in violazione della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 nonch� 
della I. 1� giugno 1939, n. 1089 sulla tutela del patrimonio artistico nazionale, con 
conseguente obbligo di denunzia del proprietario all'A.G. penale da parte della 
competente soprintendenza ai monumenti (n. 76). 

APPALTO 

Appalto operP pubbliche -Garanzia fideiuss�ria in luogo delle ritenute sui pagamenti 
in conto -Applicabilit� ai pagamenti effettuati prima dell'entrata in 
vigore l. 12 gennaio 1974, n. 8. 

Se la facolt� concessa agli appaltatori di opere pubbliche dell'art. 1 della 

I. 12 gennaio 1974, n. 8 di costituire anche per i contratti in corso di esecuzione 
garanzia fideiussoria in sostituzione delle ritenute di garanzia sui pagamenti in 
conto, possa essere esercitata anche in relazione alle ritenute gi� applicate sui 
pagamenti in conto effettu�ti prima dell'entrata in vigore della legge (n. 387). 
Appalto di opere pubbliche -Sospensione di lavori illegittimi -Aggravio di spese 
generali � Determinazione dell'indennizzo spettante -(d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1060). 
In quel modo debba determinarsi l'indennizzo per le spese generali aggravate 
a danno dell'impresa appaltatrice di opere pubbliche in conseguenza di 
sospensione di lavori illegittimi (n. 388). 

Ritardi nei pagamenti degli acconti e del saldo -Interessi moratori -Onere di 
riserva -(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37 e 54; d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, artt. 35 e 36). 
Se in materia di interessi moratori per ritardo dell'Amministrazione nei 
pagamenti della rata di acconto e della rata di saldo in favore dell'appaltatore 
sussiste a carico di quest'ultimo l'onere della tempestiva riserva in applicazione 
degli artt. 36, 37 e 54 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 (n. 385). 

ASSICURAZIONI 

Assicuratore -Surroga nei diritti dell'assicurato -Danneggiato -Costituzione di 
parte civile -Inammissibilit� -(art. 22 c.p.p.; r.d. 16 giugno 1938, n. 1275). 

Se l'assicuratore (nella specie l'Amministrazione P.T. che agisca in surrogazione 
quale �istituto assicuratore dei propri dipendenti) possa costituirsi parte 
civile nel processo penale contro il danneggiante in relazione all'avvenuto pagamento 
delle indennit� all'assicurato (dipendente) danneggiato (n. 92). 

Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e 
da parte di organi di polizia locale -Proventi -Spettanza -(l. 24 dicembre 
1969, n. 990, artt. 32 e 33; t.u. 15 giugno 1959, n. 333, artt. 13( e 139; 

l. 3 maggio 1967, n. 317, artt. 5 e 6). 
Se i proventi contravvenzionali per infrazioni alla disciplina sulla assicurazione 
obbligatoria per la circolazione dei veicoli a motore previsti dagli artt. 32 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

e seguenti della 1. 24 dicembre 1969, n. 990, spettino allo Stato anche nel caso 
di accertamenti effettuati da organi di polizia locale per violazioni concesse su 
strade non statali (n. 93). 

ATTI AMMINISTRATIVI 

Atti paritetici -Impugnativa al T.A.R. -Anteriore al loro funzionamento -Irricevibilit� 
-(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 21 e 38; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, 
art. 36; cod. proc. civ., art. 5). 

Se nelle controversie meramente patrimoniali in materia di giurlsdizione 
esclusiva, �relative ai c.d. atti paritetici promosse innanzi ai tribunali Amministrativi 
Regionali anteriormente al termine di cui all'art. 38 della 1. 6 dicembre 
1971, n. 1034 possa eccepirsi la irricevibilit� del ricorso per difetto di competenza 
e di giurisdizione (n. 30). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

Difesa dello Stato -Comandi Nato -Patrocinio -Avvocatura dello Stato -(d.P.R. 
9 luglio 1953, n. 693). 

Se i comandi Nato stabiliti in Italia e dipendenti dal Comando in Capo 
Forze Alleate Settore Sud Europa possano agire in giudizio con il patrocinio 
dell'Avvocatura dello Stato (n. 73). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Protezione delle bellezze naturali -Esecuzione di opere senza preventivo -Nulla 
osta della soprintendenza -Obbligo di denunzia all'Autorit� giudiziaria -Limiti 
-(art. 734 c.p.; art. 361 c.p.; art. 2 c.p.p.; art. 7 l. 29 giugno 1938, n. 1497). 

Se (anche sotto il profilo della responsabilit� penale dei funzionari della 
Soprintendenza per omessa denunzia di reato) la valutazione amministrativa 
di compatibilit� o meno di un'opera con le bellezze naturali abbia carattere 
di autonomia rispetto al giudizio del magistrato in sede di accertamento del 
reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali previsto dall'art. 734 c.p. 

(n. 33). 
Protezione delle bellezze naturali -Giudicato penale sulla esistenza del reato di 
distruzione o deturpamento di bellezze naturali -Conseguenze -(art. 734 c.p.; 
art. 14 l. 29 giugno 1939, n. 1947; art. 15 l. 29 giugno 1939, n. 1497). 

Se l'intervenuto giudicato penale circa la sussistenza del reato di distruzione 
o deturpamento di bellezze naturali previsto dall'art. 734 c.p.c. vincoli 
l'Amministrazione, ovvero rimanga nella discrezionalit� di questa applicare le 
opportune sanzioni amministrative o consentire il mantenimento delle opere in 
corrispettivo di una determinata indennit� (n. 32). 

Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Opere militari 
nella zona -Atto di concerto -Necesit� -(l. 2 giugno 1939, n. 1497, art. 13). 

Se nell'adottare provvedimenti di vincolo paesistico sia necessario. procedere 
di concerto con l'Amministrazione militare qualora la zona vincolata comprenda 
anche opere militari (n. 30). 


180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Preesistente 
vincolo di interesse militare -Rapporti -(l. 1� agosto 1921, n. 866; l. 29 giugno 
1939, n. 1497, art. 13). 

Se il provvedimento di vincolo paesistico che incida su zone gi� vincolate 
nell'interesse militare limiti o pregiudichi i poteri di spettanza dell'Amministrazione 
militare (n. 31). 

Vincolo storico -Artistico -Immobile privato notificato -Modifica non autorizzata 
-lnelimabilit� o impossibilit� di ripristino -Pretesa risarcitoria della 

P. A. -(l. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 2, 3, 5, 12, 21 e 59). 
Se la modifica di un immobile privato notificato ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 
della legge 1� giugno 1939, n. 1089, recante norme a tutela delle cose di interesse 
artistico o storico, eseguita senza l'autorizzazione della competente Soprintendenza, 
legittimi, qualora la detta modifica non possa essere eliminata, una 
pretesa risarcitoria dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 59, 3� comma, della 
legge citata (n. 34). 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

Assunzioni obbligatorie -Obblighi del datore di lavoro -Mancata assunzione del 
lavoratore avviato -Sanzione applicabile -(l. 2 aprile 1968, n. 482, artt. 16, 
4� comma, e 23, 2� e 3� comma). 

Se al privato datore di l�voro che, dopo aver fatto richiesta all'ufficio Provinciale 
del Lavoro ai sensi dell'art. 16, 4� comma, �della 1. 2 aprile 1968, n. 482 
sulle assunzioni obbligatorie di invalidi civili e altre categorie beneficiate, non 
provveda poi di fatto ad assumere il lavoratore avviato al lavoro da tale ufficio 
sia applicabile la sanzione di cui all'art.; 23, 3� comma, della citata legge ovvero 
quella pi� grave prevista dal 2� comma dello stesso art. 23 (n. 2). 

BORSA 

Agenti di cambio -Divieto di personale interesse -Operazioni di borsa -Nozione 


(r.d. 30 giugno 1932, n. 815, art. 10). 
Se nella nozione di " operazioni di borsa '" ai fini dell'applicazione del divieto 
di avervi personale interesse stabilito dall'art. 10 del r.d. 30 giugno 1932, 

n. 815, siano compresi solo i tipici contratti di borsa ovvero anche qualsiasi 
atto speculativo che si svolga nelle borse intese come mercati a negoziazione 
indiretta attraverso intermediari qualificati (agenti di cambio) (n. 30). 
CACCIA E PESCA 

Molluschicoltura -Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli Autorizzazione 
alla coltivazione -Competenza -(d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, 
art. 13, n. 15; l. 4 luglio 1929, n. 1315, art. 1). 

Se nei poteri di vigilanza in materia di molluschicoltura, il cui esercizio � 
stato delegato alle Regioni a statuto ordinario in forza dell'art. 13 n. 15 del 

d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, sia compresa anche la competenza a rilasciare autorizzazioni 
per la coltivazion~ dei molluschi eduli ai sensi dell'art. 1 della 1. 4 luglio 
1929, n. 1315 (n. 41). 

PARm II, CONSULTAZIONI 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali 
e da parte di organi di polizia locali -Proventi -Spettanza -(l. 24 dicembre 
1969, n. 990, artt. 32 e 33; t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 137 e 139; 

l. 3 maggio 1967, n. 317, artt. 5 e 6). 
Se i proventi contravvenzionali per infrazioni alla disciplina sulla assicurazione 
obbligatoria per la circolazione dei�veicoli a motore previsti dagli artt. 32 
� seguenti della legge 24 dicembre 1969, n. 990, spettino allo Stato anche nel 
caso di accertamenti effettuati da organi di polizia locale per violazioni commesse 
su strade non statali (n. 51). 

Poteri dell'autorit� comunale -Parchimetri a pagamento -Imposizione custodia 
dei veicoli -Mancanza -Legittimit� del provvedimento -(d.P.R. 15 giugno 
1959, n. 383, art. 4). 

Se sia legittimo da parte del Sindaco imporre l'uso dei parchimetri a pagamento 
senza prevedere, come corrispettivo, la custodia dei veicoli (n. 52). 

COMMERCIO 

Disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo carni fresche e bestiame vivo 
da macello -(d.l. 24 luglio 1973, n. 427 conv. in legge 4 agosto 197, n. 496, 
art. 2, n. l,� d.m. 3 agosto 1973, art. 13). 

Se il regime del blocco dei prezzi fissato per le carni fresche di qualunque 
specie animale si applichi anche al bestiame vivo da macello (n. 33). 

Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie 
-Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O. -(1. 28 luglio 
1971, n. 538, art. 10). 

Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni 
alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante 
incidono su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza 
del giudice ordinario le relative controversie (n. 32). 

Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie 
-Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O. -(l. 28 luglio 
1971, n. 538, art. 10). 

Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni 
alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante 
incidano su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza 
del giudice ordinario le relative controversie (n. 34). � 

COMU,NI E PROVINCIE 

Consorzi per la industrializzazione -Partecipazione dei Comuni -Facolt� di recesso 
-Limiti -(l. 31 maggio 1964, n. 357, art. 19 bis; l. 4 novembre 1963, n. 1457; 
cod. civ. art. 2609). 

Se nel caso di consorzio amministrativo per la realizzazione dei nuclei di 
industrializzazione, costituito ai sensi della legge 31 maggio 1964, n. 357 (integra



182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tiva e modificativa della legge 4 novembre 1963, n. 1457), la cui durata sia prevista 
dallo statuto limitata nel tempo, sia ammissibile il recesso per giusta causa 
da parte di uno dei Comuni partecipanti al consorzio medesimo (n. 160). 

Consorzi per la industrializzazione -Partecipazione dei Comuni -Obbligatoriet� o 
facoltativit� -(l. 31 maggio 1964, n. 357, art. 19 bis; l. 4 novembre 1963, n. 1457; 
cod. civ. artt. 2616 e 2618). 

Se la partecipazione dei Commi.i ai Consorzi per la realizzazione dei nuclei 
di industrializzazione costituiti a sensi della legge 31 maggio 1964, n. 357 (intewativa 
e modificativa della legge 4 novembre 1963, n. 1457) debba ritenersi obbligatoria 
ovvero facoltativa (n. 159). 

Sanit� locale -Provvedimenti -Con impegna di spesa a carico del Comune -Competenza 
-(d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264, art. 2). 

Se i provvedimenti in materia di sanit� locale, quali ordinanze di sgombero 
di vaccherie, stalle e simili, che comportino impegni di spese a carico del Comune 
rientrino nella competenza dell'ufficiale sanitario ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 
11 febbraio 1961, n. 164 ovvero in quella del Sindaco (n. 163). 

Sanit� locale -Ufficiale sanitario -Natura -Competenza generale -(d.P.R. 11 febbraio 
1962, n. 264, art. 2). 

Se per effetto dell'art. 2 del d.P.R. 11 febbraio 1962, n. 261 l'ufficiale sanitario 
comunale sia diventato da organo locale meramente tecnico autorit� locale in 
materia sanit�ria con competenza generale (n. 162). ' 

Sindaco -Decreto di citazione a giudizio -Sospensione delle funzioni -Successiva 
elezione al Parlamento � Effetti -(r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 270; l. 10 novembre 
1970, n. 852, art. 1 Cost., art. 68). 

Se il provvedimento di sospensione dalle funzioni comunicato ad un amministratore 
comunale (sindaco) a seguito di decreto di citazione a giudizio conservi 
efficacia, ove pi� non sussista la condizione di procedibilit� per essere il suddetto 
amministratore eletto deputato (n. 161). 

COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA 

Comunit� economiche europee -Importi compensativi monetari -Importazioni di 
carne da paesi terzi -Contratti anteriori al 19 dicembre 1971 -Esenzione Condizione 
valutaria -Legittimit� -(regolamento C.E.E. 12 maggio 1971, n. 974; 
regolamento e.E.E. 17 maggio 1971, n. 1013, art. 4; regolamento C.E.E. 30 dicembre 
1971, n. 2887, art. 4; d.l. 15 novembre 1972, n. 661, art. 20). 

Se lo Stato italiano e gli altri Stati membri" fossero autorizzati ad imporre 
importi compensativi monetari su importazioni di carni bovine congelate in provenienza 
da paesi terzi, effettuate in base a contratti stipulati anteriormente alla 
data prevista nei regolamenti comunitari, qualora tali contratti prevedessero il 
pagamento in dollari USA (n. 16). 

Comunit� economiche europee -Organizzazioni comuni di mercato -Titolo di 
importazione -Smarrimento -Estinzione obbligo di importare -Causa di forza 
maggiore. 

Se, nell'ambito delle organizzazioni comuni di mercato, lo smarrimento del 
titolo d'importazione costituisca, di per s�, causa di estinzione dell'obbligo di 
importare gravante sUll'operatore, ovyero possa costituire causa di forza maggiore 
in base alla quale ritenere detto obbligo estinto (n. 15). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Imposta di R.M. e complementare -Trattato e convenzione C.E.C.A. -Dipendenti 
societ� minerarie -Corresponsione indennit� c.d. extra d'attesa -Assoggetta� 
bilit� al tributo -(l. 28 marzo 1968, n. 405; trattato internaz. 18 aprile 1951, 
art. 5; d.P.R. 16 ottobre 1954, n. 1270). 

Se, anteriormente all'entrata in vigore della legge di esenzione 28 marzo 1968, 

n. 405, siano soggette ad imposta di ricchezza mobile e complementare le c.d. 
� indennit� extra di attesa � corrisposte all'atto del licenziamento ai lavoratori 
di societ� minerarie carboniere in virt� dell'art. 6 del trattato internazionale 
18 aprile 1951 istitutivo della Comunit� Europea del Carbone e dell'acciaio e dell'art. 
23 della relativa convenzione (n. 17). 
CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Demanio marittimo -Concessioni -Attivit� degli uffici del genio civile -Compensi 
e parcelle -(d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. 11 e 12; d.l. 31 luglio 1954, 

n. 836, art. 1; l. 26 settembre 1954, n. 860; l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 21). 
Se possa imporsi a carico di coloro che chiedono la concessione di beni del 
demanio marittimo il pagamento di compensi e parcelle professionali per l'attivit� 
svolta dai funzionari dell'ufficio del genio civile (opere marittime) ai sensi 
dell'art. 12 del regolamento per la navigazione marittima approvato con d.P.R. 
15 febbraio 1952, n. 328 (n. 128). 

CONTABILIT� DELLO STATO 

Contabilit� dello Stato -Acquisto di immobili -Libert� e propriet� -Certificati Visure 
notarili -(d.m. 24 agosto 1940, n. 2948, art. 826). 

Se nelle procedure di acquisto di beni immobili le Amministrazioni dello 
Stato debbano acquisire la documentazione concernente la libert� e propriet� 
degli immobili medesimi ovvero possano sostituire i relativi certificati con una 
relazione di visura affidata ad un notaio (n. 307). 

CONTABILIT� DELLO STATO 

Fermo amministrativo -Enti pubblici diversi dallo Stato -Applicabilit� -Limiti 


(r.d. 20 novembre 1923, n. 2440, art. 69, ultimo comma, l. 10 agosto 1950, n. 646, 
art. 8). 
Se il fermo amministrativo dei crediti della P.A. di cui all'art. 69, ultimo 
comma, della legge di contabilit� generale dello Stato sia invocabile a favore di 
Enti pubblici che non siano soggetti in via generale alle norme sulla contabilit� 
dello Stato (nella specie: Cassa per il Mezzogiorno) (311). 

Forniture -Inadempienze per sciopero incidente sul sub-fornitore -Responsabilit�. 


Se il fornitore che non adempie o ritardi ad adempiere a causa di scioperi 
che compiscano l'attivit� del suo sub-fornitore possa invocare la causa di forza 
maggiore (309). 


184 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Immobili urbani -Locazioni passive della P.A. regime vincolistico -Applicabilit� 


(d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1; l. 26 novembre 1969, n. 833; d.l. 26 ottobre 1970, 
n. 745, art. 56). 
Se il regime vincolistico di proroga legale e blocco dei canoni stabilito dal 

d.I. 4 luglio 1973, n. 426 si applichi anche alle locazioni passive di immobili urbani 
stipulate dalle Amministrazioni statali per disporre di locali necessari ad uffici 
o servizi (n. 310). 
Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. -Interessi moratori 
-Degenza -Limiti -(cod. civ., art. 1282; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 277). 

Se le Amministr�zioni dello Stato'che siano inadempienti all'obbligo del versamento 
dei contributi previdenziali dovuti per legge siano altres� tenute alla 
corresponsione di somme aggiuntive a titolo di interessi moratori per il periodo 
anteriore alla emissione del titolo di spese (n. 308). 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

Imposte dirette -Condono -Giudizio in corso -Sospensione -Definizione senza 
ulteriore iscrizione a ruolo -Applicabilit� -(l. 19 dicembre 1973, n. 823, artt. Z 
e 11). 

Se si applichi la sospensione del giudizio prevista dall'art. 11 della I. 19 dicem-bre 
1973, n. 823, relativa alle norme per agevolare la definizione delle pendenzein 
materia tributaria, nel caso in cui la definizione della vertenza fiscale avvenga 
senza che vi sia ulteriore iscrizione a ruolo per effetto della definizione anzidetta 
(n. 13). 

CONTRABBANDO 

Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione de! 
monopoli -Accreditamento del prezzo -Criteri di determinazione -(l. 17 luglio 
1942, n. 907, art. 199). 

Se in caso di sequestro di generi di monopolio per violazione della legge sui 
monopoli, il prezzo da accreditare per la devoluzione all'Amministrazione della 
merce sequestrata debba corrispondere al valore di mercato dei beni ovvero a 
quanto effettivamente ricavato dall'Amministrazione con la loro utilizzazione 

(n. 55). 
Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata 
-Modalit� e competenza -(1. 25 settembre 1940, n. 1242, art. 140; l. 17 luglio 
194, n. 907, art. 109; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 333). 

Se, concorrendo con la violazione alla legge sui monopoli la violazione alla 
legge doganale, i provvesimenti relativi all'utilizzazione del tabacco lavorato 
estero sequestrato debbono essere adottati ai sensi dell'art. 109 della legge sui 
monopoli (automatica devoluzione all'Amministrazione con accreditamento del 
prezzo) ovvero ai sensi dell'art. 140 (ora 333) della legge doganale (vendita previo� 
provvedimento dell'Autorit� giudiziaria) (n. 56). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Immobili in Pozzuoli -Danni da bradisismo -Contributo di riparazione o ricostruzione 
-Ordinanza di sgombero -Necessit� e limiti -(d.l. 1� giugno 1971, 

n. 290, artt. 1, lett. h), 2, 7 e 16; l. 19 luglio 1971, n. 465). 
Se per la concessione del contributo previsto dal d.I. 1� giugno 1971, n. 290 
(convertito in I. 19 luglio 1971, n. 465) per la riparazione o la ricostruzione di 
immobili urbani, siti in Pozzuoli, danneggiati dai fenomeni di bradisismo sia 
richiesto che l'immobile sia stato dichiarato inabitabile e abbia formato oggetto 
di ordinanza di sgombero ovvero di altro provvedimento a tutela della incolumit� 
pubblica entro la data del 31 maggio 1971 (n. 117). 

CORTE DEI CONTI 

Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit� amministrativa Accertamento 
-Giudizio di responsabilit� -Competenza -(r.d. 12 luglio 1934, 

n. 1414, art. 52; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83); d.P.R. 10 gennaio 1957, 
n. 3, art. 19; Cost. art. 103). 
Se la competenza ad accertare la responsabilit� di dipendenti della Regione 
Friuli-Venezia Giulia, che con il loro comportamento abbiano arrecato danno alla 
Amministrazione da cui dipendono e a promuovere il relativo giudizio di responsabilit� 
spetti alla Corte dei conti (n. 12). 

COSTITUZIONE 

Sindaco -Decreto di citazione a giudizio -Sospensione dalle funzioni -Successiva 
elezione al Parlamento -Effetti -(r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 270; l. 10 novembre 
1970, n. 852, art. 1; Cast., art. 68). 

Se il provvedimento di sospensione dalle funzioni comunicato ad un amministratore 
comunale (sindaco) a seguito di decreto di citazione a giudizio conservi 
efficacia, ove pi� non sussiste la condizione di procedibilit� per essere il suddetto 
amministratore eletto deputato (n. 58). 

DANNI DI GUERRA 

Imprese elettriche -Attivit� esclusiva o principale -Trasferimento all'ENEL Danni 
di guerra -Provvedinze -Spettanza -(l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, 

n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 
1' comma; cod. civ., art. 2558, 2559 e 2560). 
Se spettino all'ENEL ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (indennizzi 
e contributi) per danni di guerra relativi a beni appartenenti ad imprese 
elettriche nazionalizzate allorch� queste ultime abbiano esercitato attivit� elettriche 
in via esclusiva o principale (n. 152). 

Imprese elettriche -Attivit� non esclusiva o principale -Trasferimento all'ENEL � 
Danni di guerra -Provvidenze -Spettanza -(l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, 

n. 2; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138, art. 3; 
l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 1� comma; cod. civ., artt. 2558, 2559, 2560). 
Se spettino all'ENEL ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (indennizzi 
e contributi) per danni di guerra relative a beni appartenenti ad imprese 


186 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

elettrich~ nazionalizzate allorch� queste ultime non abbiano esercitato attivit� 
elettriche in via esclusiva o principale (n. 153). 

Societ� -Ammissione all'indennizzo -Nazionalit� italiana -Partecipazione azionaria 
di cittadini stranieri -Rilevanza -(l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 1; 

l. 19 settembre 1967, n. 955, art. 1; cod. civ., artt. 2505, 2506, 2507, 2508 e 2509). 
Se per l'accertamento del requisito della nazionalit� italiana della societ�, 
come requisito per l'ammissione all'indennizzo per danni di guerra, sia sufficiente 
che la nazionalit� italiana risulti in base ai presupposti richiesti dalle 
disposizioni dettate in materia dal codice civile ovvero occorra anche la Ulteriore 
condizione della non prevalenza della partecipazione azionaria straniera al capitale 
della societ� (n. 151). 

Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi per danni di guerra -Liquidazione al 
decuius -Legge nuova -Riliquidazione a favore dell'erede -Assoggettabilit� al 
tributo -(l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 28, 1� comma; l. 29 settembre 1967, 

n. 955, art. 19; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 54). 
Se costituisca sopravvenienza ereditaria assoggettabile ad imposta di successione 
la riliquidazione per la quota di spettanza di danni di guerra gi� liquidati 
al defunto dante causa, effettuata a seguito della sostituzione del 1� comma dell'art. 
28 della 1. 27 dicembre 1953, n. 968 ad opera dell'art. 19 della legge 29 settembre 
1967, n. 955 (n. 150). 

DAZI DOGANALI 

Dazi doganali -Restituzioni alla esportazione -Prodotti siderurgici -U guaii prodotti 
in cemento amianto -(l. 10 marza 1955, n. 103; d.P.R. 20 aprile 1955, n. 367; 

d.P.R. 9 ottobre 1957, n. 1167; l. 18 marzo 1958, n .284; l. 5 luglio 1964, n. 639; 
l. 8 novembre 1973; n. 773). 
Se la restituzione di dazi doganali ed altri oneri fiscali diversi dall'IGE per 
l'esportazione di prodotti industriali siderurgici sia dovuta, dopo la 1. 5 luglio 1964, 

n. 639, anche per l'esportazione di prodotti ivi espressamente contemplati ma che 
non siano costruiti in materiale sidenirgico, bens� in cemento amianto (n. 906). 
DEMANIO 

Autostrade -Distanze di rispetto dal ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali 
-Spostamento delle fascie di rispetto -( d.m. 1� aprile 1968, art. 3; l. 6 agosto 
1967, n. 765, art. 19). 

Se la creazione di aree di servizio lungo i raccordi autostradali comporti il 
trasferimento delle fascie di rispetto di mt. 60, come previsto dall'art. 3 del 

d.m. 1� aprile 1968, anche al di l� delle pertinenze stradali da realizzare o ci� 
anche ai fini della determinazione dell'indennit� di espropriazione relativa alle 
porzioni di terreno eccedenti la profondit� di mt. 60 misurata dal ciglio stradale 
(n. 274). 
Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Opere militari 
nella zana -Atto di concerto -Necessit� -(l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 13). 

Se nell'adottare provvedimenti di vincolo paesistico sia necessario procedere 
di concerto con l'Amministrazione militare qualora la zona vincolata comprenda 
anche opere militari (n. 272). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Vincolo paesistico � Dichiarazione di notevole interesse pubblico � Preesistente 

vincolo di interesse militare � Rapporti -(l. 1� giugno 1931, n. 866; l. 29 giu


gno 1939, n. 1497, art. 13). 

Se il provvedimento di vincolo paesistico che incida su zone gi� vincolate 
nell'interesse militare limiti o pregiudichi i poteri di spettanza dell'Amministrazione 
militare (n. 273). 

DIFESA DELLO STATO 

Difesa dello Stato � Comandi Nato -Patrocinio -Avvocatura dello Stato � (d.P.R. 
9 luglio 1953, n. 693). 

Se i comandi Nato stabiliti in Italia e dipendenti dal Comando in Capo Forze 
Alleate Settore Sud Europa possano agire in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato (n. 39). 

Dipendente militare � Procedimento penale avanti Tribunale Militare � Patrocinio 
dell'Avvocatura � (r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 44). 

Se possa concedersi, ai sensi dell'art. 44 del t.u. 30 ottobre 193, n. 1611, il patrocinio 
legale dell'Avvocatlira dello Stato a favore di un militare soggetto a procedimento 
penale presso il Tribunale Militare (n. 35). 

Istituti sperimentali per la zootecnica � Istituti consorziali � Patrocinio dell'Avvovatura 
� (r.d.l. 25 novembre 1929, n. 2226, art. 14; r.d. 8 giugno 1940, n. 779; 

r.d. 29 maggio 1941, n. 489; r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; d.P.R. 23 novembre 
1967, n. 1318, art. 46). 
Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere il patrocinio legale, ai sensi 
dell'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, di un Istituto sperimentale per la 
zootecnica che non sia compreso fra quelli elencati dall'art. 14 r.d.I. 25 novembre 
1929, n. 2226 o nel r.d. 29 maggio 1941, n. 489 (n. 36). 

Istituto Nazionale Conserve Alimentari (INCA) -Patrocinio dell'Avvocatura dello 
Stato � Esclusione � (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; r.d. 8 giugno 1940, 

n. 779, art. unico; r.d.l. 8 febbraio 1923, n. 501; r.d. 31 agosto 1928, n. 2126, art. 1; 
d.P.R. 27 dicembre 1953, n. 1260). 
Se l'Istituto Nazionale per le Conserve Alimentari, in assenza di espressa 
autorizzazione contenuta in disposizioni di legge, di regolamento o di altro atto 
con valore di legge, possa avvalersi della rappresentanza e difesa in giudizio da 
parte dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 

(n. 37). 
Responsabilit� civile -Trattati e convenzioni internazionali � Trattato Nato Danni 
a Stato contraente � Legittimazione attiva Stato di soggiorno � (conversione 
di Londra 19 giugno 1951, art. 8, n. 5; l. 30 novembre 1955, n. 1335). 

Se in forza della convenzione di Londra sulla Nato lo stato di soggiorno sia 
legittimato a richiedere in giudizio il risarcimento dei danni subiti, ad opera di 
terzi, da altri Stati contraenti nell'esecuzone dei servizi previsti (n. 38). 


188 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggio popolare -Contributo statale -Societ� beneficiaria -Fallimento -Pre


ventivo nulla aosta dell'Amministrazione -Mancanza -Effetti sulla proce


dura concorsuale gi� iniziata -( d.l.c.p.s. 8 maggio 1941, n. 399, artt. 1 e 2; 

d.l. 22 dicembre 1947, n. 1600; 1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 2 e 11; r.d. 28 aprile 
1938, n. 1165, art. 80, 2� comma). 
Se, essendo stata dichiarata fallita una societ� beneficiaria di contributo statale 
per la costruzione di alloggi popolari ai sensi del d.l.c.p.s. 8 maggio 1947, 

n. 399, come modificato con d.l. 22 dicembre 1947, n. 1600, e della legge 2 luglio 1949, 
n. 408, l'Amministrazione dei LL.PP. possa bloccare la procedura concorsuale gi� 
iniziata senza il suo preventivo assenso o nulla osta, secondo il disposto dell'art. 
80, 2� comma, del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia economica e popolare 
(n. 263). 
Cooperative edilizie -Soci -Assegnazione di alloggio in propriet� o df mutuo Mancata 
occupazione -Locazione a terzi -Sanzioni -(1. 14 febbraio 1963, n. 60, 
artt. 15 e 29, 1� comma; d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471; d.P.R. 5 novembre 1964, 

n. 1614; d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17). 
Se nei confronti di assegnatari di alloggi in propriet� costruiti ai sensi della 
legge 14 febbraio 1963, n. 60 o di assegnatari di mutui concessi ai sensi della 
stessa legge, i quali non occupino effettivamente gli alloggi assegnati o costruiti 

o acquistati o li concedano in locazione, possano ai sensi della citata legge e dei 
relativi regolamenti di attuazione, approvati con d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471 e 
con d.P.R. 5 novembre 1964, n. 1614 essere adottate sanzioni di decadenza a altre 
(n. 264). 
Imposta R.M. -Esenzioni e agevolazioni -Interessi su mutui contratti per costruzione 
abitazioni non di lusso -Proroga dei termini di ultimazione -Limiti 


(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18, 2� comma; 1. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 2; 
l. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1). 
Se il termine di ultimazione delle costruzioni per ottenere l'esenzione dall'imposta 
di ricchezza mobile cat. A sugli interessi sui mutui contratti per la 
costruzione di case di abitazione non di lusso ai sensi dell'art. 18, 2� comma, 
della legge 2 luglio 149, n. 408, abbia ricevuto proroga per effetto dell'art. 2 della 
legge 2 febbraio 1960, n. 35, o dell'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659 (n. 262). 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Imprese elettriche -Attivit� esclusiva o principale -Trasferimento all'E.N.E.L. Danni 
di guerra -Provvidenze -Spettanza -(1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, 

n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 
1� comma; cod. civ. art. 2558, 2559 e 2560). 
Se spettino all'E.N.E.L. ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (indennizzi 
e contributi) per danni di guerra relativi a beni appartenenti ad imprese 
elettriche nazionalizzate allorch� queste ultime abbiano esercitato attivit� elettriche 
in via esclusiva o principale (n. 57). 



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PARTE II, CONSULTAZION! 

ihe -Attivit� non esclusiva o principale -Trasferimento al


Danni di guerra -Provvidenze -Spettanza -(l. 6 dicembre 1962, 
. 4, n. 2; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; d.P.R. 25 febbraio 1963, 
cJ; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 1� comma; cod. civ. artt. 2558, 

io all'E.N.E.L. ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (inden


ibuti) per danni di guerra relative a beni appartenenti ad imprese 
;izionalizzate allorch� queste ultime non abbiano esercitato attivit� 
.i via esclusiva o principale (n. 58). 

a� Concessioni all'E.NE.L. -Competenza -(Statuto Valle d'Aosta, arti7, 
8, 9, 12). 

fio a quando non vengano emanati provvedimenti legislativi che modifi..
ftuale normativa, l'adozione di provvedimenti di concessione all'E.N.E.L., 
jdroelettrico, di acque pubbliche esistenti in Val d'Aosta spetti allo Stato 

ktlla Regione a statuto speciale Valle d'Aosta (n. 56). 

JUZIONE FORZATA 

lito di un privato per rivalsa I.V.A. -Natura -Pignoramento presso terzi Ammissibilit� 
-(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 18). 

i Se possa essere assoggettata a pignoramento presso terzi una somma dovuta 
JUo Stato ad un privato a titolo di rivalsa per imposta sul valore aggiunto, e 
{� anche nel caso che il tributo non sia stato ancora corrisposto dal soggetto 

�1ssivo d'imposta (n. 60). 

��. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA 

Autostrade -Distanze di rispetto del ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali 
-Spostamento delle fascie di rispetto -(d.m. 1� aprile 1968, art. 3; l. 6 ago. 
sto 1967, n. 765, art. 19). 

Se la creazione di aree di servizio lungo i raccordi autostradali comporti il 
trasferimento delle fascie di rispetto di mt. 60, come previsto dall'art. 3 del 

d.m. 1� aprile 1968, anche al di l� delle pertinenze stradali da realizzare e ci� 
anche �i fini della determinazione dell'indennit� di espropriazione relativa alle 
:porzioni di terreno eccedenti la profondit� di mt. 60 misurata dal ciglio stradale 
(n. 361). 
Costruzione di ippodromo -Dichiarazione di pubblica utilit� -Competenza prefettizia 
-Limiti -Pubblico interesse provinciale -Necessit� -(l. 25 giugno 1865, 

n. 2350, art. 10, 1� comma). 
Se il Prefetto abbia competenza, ai sensi dell'art. 10, 1� comma, seconda parte, 
della legge 25 giugno 1865, n. 2359, a dichiarare la pubblica utilit� dell'opera ai 
fini dell'espropriazione di un'area da destinare alla costruzione di un ippodromo, 
qualora l'utilit� di tale impianto sportivo non sia limitata all'ambito provinciale 
ma si estenda a livello nazionale (n. 358). 


190 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Costruzione di ippodromo -Pubblico interesse. 

Se la costruzione di un ippodromo senza contributi o sovvenzioni da parte 
dello Stato possa essere considerata opera di pubblico interesse ai fini della 
espropriazione per pubblica utilit� (n. 357). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Dopolavori postelegrafonici locali -(1. 12 marzo 
1968, n. 325). 

Se sia consentito ai dopolavori postelegrafonici locali procedere ad espropriazione 
per pubblica utilit� per la costruzione di impianti sportivi (n. 355). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Impianti sportivi -Dopolavoro P.T. -Dopolavori 
postelegrafonici locali -Procedimento -(r.d.l. 2 febbraio 1939, n. 302; 

l. 21 giugno 198, n. 1580; l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se sia consentito ai dopolavori postelegrafonici locali procedere ad espropriazione 
per pubblica utilit� secondo la procedura prevista dalla legge sulla casa 
22 ottobre 1971, n. 865 per la costruzione di impianti sportivi (n. 356). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Impianti sportivi -Dopolavoro P.T. Ufficio 
Centrale Dopolavoro P.T. -Procedimento -(art. 9 l. 22 �ottobre 1971, n. 865; 
art. 1 ter, l. 25 febbraio 197, n. 13). 

Se sia consentito all'Ufficio Centrale Dopolavoro P.T. ed alle aziende procedere 
ad espropriazione per pubblica utilit� secondo la procedura prevista dalla 
legge sulla casa 22 ottobre 1971, n. 865 per la costruzione di impianti sportivi per 
il dopolavoro stesso (n. 354). 

Legge sulla casa -Procedimento e criteri di indennizzo -Scavi e sistemazioni 
archeologiche -Applicabilit� -(1. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 54, 55, 56, 57; 

l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se il procedimento per l'espropriazione per pubblica utilit� e i nuovi criteri 
per la determinazione dell'indennit� di espropriazione, stabiliti con la 1. 22 ottobre 
1971, n. 865 (c:d. legge sulla casa), siano applicabili anche alle espropriazioni 
promesse dall'Amministrazione della Pubblica Istruzione per lo scavo e la sistemazione 
di zone archeologiche in base agli artt. 54 e 57 della legge 1� giugno 1939, 

n. 1089 (n. 360). 
Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione di poteri statali -Estensione -(d.P.R26 
agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). 

Se per effetto degli artt. 22 e 30 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, che hanno 
attribuito alla Regione Friuli-Venezia Giulia i poteri gi� spettanti allo Stato in 
materia di espropriazione per pubblica utilit�, siano da ritenere� trasferiti alla 
Regione suddetta i poteri espropriativi con riguardo ad ogni tipo di espropriazione 
(con esclusione solo di quelle riguardanti opere a carico dello Stato) owero 
solo con riguardo alle espropriazioni per l'esecuzione di opere pubbliche in senso 
stretto (n. 352). 

Regione Friuli-Venezia Giulia -Espropriazioni per la zona industriale di Trieste Opere 
portuali -Competenza -(d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). 

Se la competenza in materia di espropriazioni per opere portuali a favore 
l'Ente Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.) sia da ritenere ricomprensa nell'attribuzione 
dallo Stato alla Regione Friuli-Venezia Giulia dei poteri in materia operata 
con gli artt. 22 e 30 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 owero sia rimasta allo 
Stato (n. 353). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Zone terremotate del viterbese -Abitazioni per i senza tetto -Espropriazione aree 
occorrenti -Legislazione applicabile -(d.l. 1� aprile 1971, n. 119, artt. 9, 10 e 11; 

l. 26 maggio 971, n. 288; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 13; d.P.R. 5 maggio 
1973, n. 45, art. 4 lett. e); l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 16 e 20). 
Se per la espropriazione delle aree occorrenti per la costruzione di abitazioni 
per i senza tetto in Comune di Piansano (prov. Viterbo) colpito dal sisma del 1971, 
possano trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 9 e 10 del d.l. 1� aprile 
1971, n. 119 (convertito con modificazioni in legge 26 maggio 1971, n. 288) ovvero 
si applichino le disposizioni di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 359). 

FALLIMENTO 

Alloggio popolare -Contributo statale -Societ� beneficiaria -Fallimento -Preventivo 
nulla osta dell'Amministrazione -Mancanza -Effetti sulla procedura 
concorsuale gi� iniziata -(d.l.c.p.s. 8 maggio i947, n. 399, artt. 1 e 2; d.l. 22 dicembre 
1947, n. 1600; l. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 2 e 11; r.d. 28 aprile 1938, 

n. 1165, art. 80, 2� comma). 
Se, essendo stata dichiarata fallita una societ� beneficiaria di contributo statale 
per la costruzione di alloggi popolari ai sensi del d.l.c.p.s. 8 maggio 1947, 

n. 339, come modificato con d.l. 22 dicembre 1947 n. 1600, e della legge 2 luglio 1949, 
n. 408, l'Amministrazione dei LL.PP. possa bloccare la procedura concorsuale gi� 
iniziata senza il suo preventivo assenso o nulla osta, secondo il disposto dell'art. 
80, 2� comma, del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia economica� e popolare 
(n. 148). 
FARMACIE 

Concorso -Ammissione -Requisiti -Anzianit� -Diritto transitorio -(l. 2 aprile 
1968 n. 475, artt. 3 e 25). 

Se relativamente ai concorsi per il conferimento di farmacie urbane, banditi 
entro i 5 anni dall'entrata in vigore della legge 2 aprile 1968 n. 475, fosse 
necessario per l'ammissione il requisito di cinque anni di anzianit� come direttore 
di farmacia prescritto dall'art. 3 della citata legge (n. 32). 

Concorso -Ammissione -Requisiti -Qualit� di docente universitario -Esclusione 


l. 2 aprile 1968 n. 457, artt. 13 1� comma e 25). 
Se, ai sensi dell'art. 13, 1� comma, della legge 2 aprile 1968 n. 475 osti alla 
possibilit� di ammissione al concorso per il conferimento di farmacie urbane 
bandito entro i 5 anni dall'entrata in vigore della citata legge, la circostanza 
che il candidato, pur farmacista non titolare, sia al momento del bando professore 
universitario, aiuto o assistente ordinario, straordinario o volontario (n. 30). 

Concorso -Docente universitario di ruolo -Autorizzazione all'esercizio Dimissioni 
dall'impiego -(l. 2 aprile 1968 n. 475, art. 13, 2� comma). 

Se, nella ipotesi in cui un docente universitario di ruolo sia risultato vincitore 
di concorso per il conferimento. di farmacie urbane, l'autorizzazione alla 
farmacia sia subordinata alle dimissioni del docente dall'impiego pubblico nonch� 
alla intervenuta accettazione di tali dimissioni da parte dell'universit� (n. 31). 


192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FERROVIE 

Ferrovie; carta di libera circolazione, medici fiduciari F.S. -1. 5 dicembre 1941. 

n. 1476 art. 82 legge 7 luglio 1967 n. 428 r.d.l. 8 gennaio 1925 n. 34 r.d. 29 gennaio 
1942 n. 286 legge r novembre 1955 n. 1108 d.m. 19 giugno 1974 n. 7343). 
Se, con l'entrata in vigore del nuovo regolamento dei medici fiduciari F.S. 

(d.m. 19 giugno 1974 n. 7343) che, limitando ai soli sanitari in servizio la concessione 
della carta di libera circolazione sui treni, ha modificato la precedente 
disciplina regolamentare escludendo dal beneficio i sanitari cessati dall'incarico, 
si debba tuttavia conservare il menzionato beneficio a coloro tra questi ultimi 
che furono assunti in base alla precedente normativa (n. 443). 
Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate con .decreto ministeriale -Pubblicazione 
-Modalit� -(r.d.l. 25 gennaio 1940 n. 9, art. 6 lett. C e D legge 13 maggio 
1940, n. 674, art. 6, lett. C e D. R.D. 24 settembre 1931, n. 1256, art. 7). 

Se le modificazioni delle tariffe ferroviarie che possono essere approvate 
con decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6 lett..c) e d) r.d.l. 25 gennaio 1940 n. 9, 
convertito in legge 13 maggio 1940 n. 674, debbano essere obbligatoriamente pubblicate 
nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 7 del r.d. 24 settembre 1931, 

n. 1256, ovvero sia sufficiente che le stesse siano pqbblicate soltanto nel bollettino 
ufficiale del Ministero dei Trasporti (n. 442). 
FORESTE 

Regione Marche -Legge n. 6/1973 sulla protezione della flora, costruzione di 
nuove strade da parte dell'ANAS, rispetto della legge (art. 1 legge Regione 
Marche 22 febbraio 1973 n. 6 art. 3 legge Regione Marche 22 febbraio 1973 n. 6). 

Se l'ANAS sia tenuta, riel tracciare ed eseguire nuovi tronchi di strade 
statali, all'osservanza della legge della Regione Marche sulla protezione della 
flora, che vieta in modo assoluto l'abbattimento degli alberi di alto fusto secolari 
e di particolare valore naturalistico ed ambientale delle specie da essa indicate 
(n. 15) 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

Atti paritetici -Impugnativa al TAR -Anteriore al loro funzionamento -Irricevibilit� 
-(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 1 e 38; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, 
art. 36; cod. procfl. civ. art. 5). 

Se nelle controversie meramente patrimoniali in materia di giurisdizione 
esclusiva, relativa ai c.d. atti paritetici promosse innanzi ai tribunali Amministrativi 
Regionali anteriormente al termine di cui all'art. 38 della 1. 6 dicembre 1971 

n. 1034 possa eccepirsi la irricevibilit� del ricorso per difetto di competenza o 
di giurisdizione (n. 2). 
Giustizia amministrativa: ricorsi al T AR -Spostamento di competenza per connessione 
oggettiva -Impugnativa congiunta di atto normativo emanato da Autorit� 
Centrale e atto esecutivo di autorit� locate -Competenza del TAR 


(l. 6 dicembre 1971, n. 1034). 
Se in caso di impugnativa di atto normativo (generale) presupposto emanato 
da autorit� Centrale dello Stato insieme con atto esecutivo puntuale di autorit� 
locale, la competenza per connessione spetti al TAR del Lazio (n. 3). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa -Istituzione e funzionamento dei 

T.A.R. -Rimessione -(l. 11 giugno 1971, n. 426, art. 32; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, 
artt. 38 e 42). 
Se, in ordine a un ricorso proposto dinanzi alla Giunta Provinciale Amministrativa 
ai sensi dell'art. 3 della legge 11 giugno 1971, n. 426, una volta sopravvenuta 
la istituzione e il funzionamento dei tribunali Regionali Amministrativi 
possa trovare applicazione l'istituto della rimessione ovvero se tale ricorso, in 
quanto proposto prima di tale funzionamento, debba essere esaminato e deciso 
dalla Giunta, e in quanto proposto successivamente, debba essere dichiarato 
inammissibile (n. 1). 

GUERRA 

Benefici a favore dei dipendenti ex combattenti -Profughi per applicazione trattato 
di pac� -Profughi da zone colpite dalla guerra -Equiparabilit� -(1. 4 
marzo 1052, n. 137, art. 1 n. 4; l. 24 maggio 1970, n.fl 336, art. 1). 

Se possano ritenersi ricompresi nelle categorie dei destinatari dei benefici 
previsti a favore dei dipendenti civili dello Stato e degli Enti pubblici ex com 
battenti e assimilati dalla legge 24 maggio 1970 n. 336, e in particolare possano 
assimilarsi alla categoria dei � profughi per l'applicazione del trattato di pace � 
di cui all'art. 1 legge n. 336/70 cit., tutti i soggetti contemplati nella legge 4 marzo 
1952, n. 137 e in particolare la categoria dei � profughi da zone del territorio 
nazionale colpito dalla guerra� di cui all'art. 1 n. 4 della legge n. 137I 51 cit. 

(n. 140). 
IDROCARBURI 

Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie Impugnazione 
-Competenza giurisdizonale dell'A.G.O. -(l. 28 luglo 1971, n. 538, 
art. 10). 

Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni 
alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante 
incidono su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza del 
giudice ordinario le relative controversie (n. 9). 

IGIENE E SANIT� 

Molluschicoltura -Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli . 
Autorizzazione alla coltivazione -Competenza -(d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1, 
art. 13, n. 15; l. 4 luglio 1929, n. 1315, art. 1). 

Se nei poteri di vigilanza in materia di molluschicoltura, il cui esercizio � 
stato delegato alle Regioni e statuto ordinario in forza dell'art. 13, n 15 del d.P.R. 
14 gennaio 1972, n. 1, sia compresa anche la competenza a rilasciare autorizzazioni 
per la coltivazione dei molluschi eduli ai sensi dell'art. 1 della legge 4 luglio 1929, 

n. 1315 (n. 17). 
Sanit� locale -Provvedimenti -Con impegno di spesa a carico del Comune -Competenza 
-(d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264, art. 2). 

Se i provvedimenti in materia di sanit� locale, quali ordinanze di sgombero 
di vaccherie, stalle e simili, che comportino impegni di spese a carico del Comune 


19.J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
rientrino nella competenza dell'ufficiale sanitario ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 
11 febbraio 1961, n. 264 ovvero in quella del Sindaco (n. 15). 

Sanit� locale -Ufficiale sanitario -Natura -Competenza generale -(d.P.R. 11 febbraio 
1962, n. 264, art. 2). 

Se per effetto dell'art. 2 del d.P.R. 11 febbraio 1962, n. 264 l'ufficiale sanitario 
comunale sia diventato da organo locale meramente tecnico autorit� locale in 
materia sanitaria con competenza generale (n. 14). 

Trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni -Consiglio Provinciale di Sanit� 
-Potere di nomina dei membri non di diritto -Spettanza -(d.P.R. 11 febbraio 
1961, n. 57, art. 12; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 12, 2� comma, lett. A). 

Se a seguito del trasferimento dallo Stato alla Regione degli uffici periferici 
del Ministero della Sanit� e di altri organi competenti in materia sanitaria e 
ospedaliera, operato dall'art. 1 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il Prefetto conservi 
tuttora il potere di nomina dei membri non di diritto del Consiglio Provinciale 
di Sanit� ai sensi dell'art. 12 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 257 ovvero tale potere 
debba essere ora esercitato dal competente organo regionale (n. 16). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Benefici a favore dei dipendenti ex combattenti -Profughi per applicazione trattato 
di pace -Profughi da zone colpite dalla guerra -Equiparabilit� -(l. 4 marzo 
1952, n 137, art. 1, n. 4; l. 24 maggio 1970, n. 336, art. 1). 

Se possano ritenersi ricompresi nelle categorie dei destinatari dei benefici 
previsti a favore dei dipendenti civili dello Stato e degli Enti pubblici ex combattenti 
e assimilati dalla legge 24 maggio 1970, n. 336, e in particolare possano 
assimilarsi alla categoria dei � profughi per l'applicazione del trattato di pace � 
di cui all'art. 1 legge n. 336/70 cit., tutti i soggetti contemplati nella legge 4 marzo 
1952, n. 137 e in particolare la categoria dei �profughi da zone del territorio nazionale 
colpite dalla guerra� di cui all'art. 1, n. 4 della legge 137/52 cit. (n. 789). 

Benefici combattentistici -Dipendenti Enti pubblici -Indennit� di buonuscita Liquidazione 
-Criteri propri dei dipendenti statali -Applicabilit� -(l. 24 maggio 
1970, n. 336, art. 4; l. 9 ottobre 1971, n. 824, art. 4; d.P.R. 5 giugno 1965, 

n. 759, art. 1). 
Se la commisurazione dell'indennit� di buonuscita in rapporto all'anzianit� 
convenzionale riconosciuta in via di beneficio combattentistico debba essere effettuata 
secondo la regola propria degli impiegati dello Stato, e cio� sul parametro 
dell'80% dello stipendio annuo, anche per quei dipendenti di Enti pubblici che 
siano muniti di un diverso regime di liquidazione dell'indennit� di fine rapporto 

(n. 788). 
Demanio marittimo -Concessioni -Attivit� degli uffici del .genio civile -Compensi 
e parcelle -(d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. 11e12; d.l. 31luglio1954, n. 533, 
art. 1; l. 26 settembre 1954, n. 869; l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 21). 

Se possa imporsi a carico di coloro che chiedono la concessione di beni del 
demanio marittimo il pagamento di compensi e parcelle professionali per l'attivit� 
svolta dai funzionari dell'ufficio del genio civile (opere marittime) ai sensi 
dell'art. 12 del regolamento per la navigazione marittima approvato con d.P.R. 
15 febbraio 1952, n. 328 (n. 803). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit� amministrativa Accertamento 
-Giudizio di responsabilit� -Competenza -(r.d. 1� luglio 1934, 

n. 1214, art. 52; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83; d.P.R. 10 gennaio 1957, 
n. 3, art. 19; Cost., art. 103). 
Se la competenza ad accertare la responsabilit� di dipendenti della Regione 
Friuli Venezia Giulia, che con il loro comportamento abbiano arrecato danno 
all'Amministrazione da cui dipendono e a promuovere il relativo giudizio di responsabilit� 
spetti alla Corte dei conti (n. 804). 

Dipendenti ex combattenti -Benefici -Esodo volont�rio -Domanda con termine 
iniziale -Decesso anteriore al termine -Effetti -(l. 24 maggio 970, n. 336, art. 3; 

l. 9 ottobre 1971, n. 924). 
Se i benefici di cui alle leggi 24 maggio 1970, n. 336 e 9 ottobre 1971, n. 924 
a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti possano applicarsi nella ipotesi 
che il dipendente, dopo aver chiesto il collocamento a riposo anticipato, sia deceduto 
anteriormente al termine di cessazione dal servizio indicato nella domanda 
di esodo volontario (n. 793). 

Dipendenti ex combattenti -Benefici economici -Prescrizione biennale -Applicabilit� 
generale -(l. 24 maggio 1970, n. 336). 

Se ai benefici economici previsti per i pubblici dipendenti ex combattenti 
dalla legge 24 maggio 1970, n. 336 vada applicata la prescrizione biennale ivi prevista 
anche quando la disciplina dell'Ente pubblico preveda specificatamente per 
i propri dipendenti la operativit� della prescrizione quinquennale (794). 

Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura difetto di giurisdizione dell'A.
G.O. -Limiti -(l. 14 ago~to 1967, n. 800; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, 

n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2� comma; l. 11 giugno 1973, n. 533, art. 1; 
c.p.c. art. 409). 
Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato 
a termine, stipulato con un Ente lirico, come tale avente natura di Ente 
pubblico non economico ai sensi della I. 14 agosto 1967, n. 800, dia luogo a rapporto 
di impiego pubblico, sottoposto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
(n. 797). 

Impiegato civile dello Stato -Procedimento disciplinare -Sopravvenuta cessazione 
del rapporto di impiego -Presclusione -(art. 118 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; 

l. 8 giugno 1966, n. 424). 
Se sia ammissibile la irrogazione della sanzione disciplinare a carico di pubblico 
impiegato nel caso in cui, nel corso del relativo procedimento, sia intervenuta 
la cessazione del rapporto di impie~o (n. 792). 

Impiegato statale -Nuova retribuzione disposta dal d.P.R. 28 dicembre 1970, 

n. 1079 -Riconoscimento dell'anzianit� di servizio nella qualifica inferiore ai 
fini della determinazione di una retribuzione non inferiore nella qualifica 
superiore posseduta al 1� luglio 1970 -(art. 3 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079; 
art. 11 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079). 
Se il riconoscimento dell'anzianit� complessiva di carriera ai fini degli 
aumenti periodici di stipendio disposto dall'art. 3 del d.P.R. 28 dicembre 1970, 
n 1079 (che <letta norma sulla nuova retribuzione al personale statale) in favore 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

del personale che rivestiva al 30 giugno 1970 la qualifica di direttore di sezione o 
equiparata debba essere tenuto presente, come termine di riferimento, in sede 
di applicazione dell'art. 11 dello stesso d.P.R., il quale dispone che con effetto dal 
1� luglio 1970, al personale al quale, in applicazione del ripetuto d.P .R., competa 
dalla stessa data una retribuzione inferiore a quella che sarebbe spettata se alla 
data medesima si fosse ancora trovato nella qualifica o grado immediatamente 
inferiore a quella rivestita, sono attribuiti, a domanda, gli aumenti periodici necessari 
per assicurare una retribuzione pari o immediatamente superiore a quest'ultima 
(n. 796). 

Impiegato statale -Sospensione obbligatoria dal servizio per emissione di mandato 
di cattura -Annullamento del mandato di cattura -Revoca della sospensione 
obbligatoria -Irretroattivit� degli effetti -(art. 91 t.u. 10 gennaio 1957, 

n. 3). 
Se, revocata la sospensione cautelare obbligatoria dal servizio dell'impiegato, 
gi� disposta per l'emissione nei suoi confronti di un mandato di cattura, a seguito 
dell'annullamento del mandato di cattura stesso, gli effetti della revoca della detta 
sospensione cautelare debbano retroagire (n. 795). 

Istituti sperimentali di agricoltura -Aziende agrarie -Addetti -Natura del rapporto 
-Diritto alla qualifica -(l. 23 novembre 1967, n. 1318; cod. ci., art. 2103; 

l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 13). 
Se agli addetti ad una azienda agraria gestita da un Istituto Sperimentale di 
Agricoltura siano applicabili le norme sul lavoro subordinato di diritto privato 
ed in particolare quella che riconosce il diritto alla assegnazione della qualifica 
superiore in caso di prolungato compimento delle mansioni corrispondenti (n. 800). 

Istituti sperimentali di agricoltura -Gestione di aziende agrarie -Personale addetto 
� Piante organiche -Divieto di assunzioni in eccedenza -(l. 23 novembre 
1967, n. 1318, art. 81). 

Se per l'assunzione da parte dell'Istituto sperimentale di agricoltura di personale 
da destinarsi esclusivamente alla conduzione della azienda agraria valga il 
divieto di assunzioni in eccedenza alla pianta organica come dipendenti non di 
ruolo stabilito dall'art. 81 della legge 23 novembre 1967, n. 1318 (n. 799). 

Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria -Limite percentuale 
complessivo -invalidi �Regime transitorio -(l. 2 aprile 1968, n 482, art. 30). 

Se, anche nel regime transitorio di cui all'art. 30 1. 2 aprile 1968, n. 482, l'obbligo 
di assunzione di invalidi imposto alle aziende private ed alle pubbliche 
amministrazioni sia limitato all'aliquota complessiva del 15% del personale in 
servizio; anche ove non risultino coperte le percentuali relative a singole categorie 
tutelate (n. 788). 

Riammissione in servizio -Trattamento economico -Assegno ad personam prece


dentemente goduto -Riconoscibilit� -(d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, artt. 132 

e 202). 

Se all'impiegato riammesso in servizio ai sensi dell'art. 13 del t.u. 10 gennaio 
1957, n. 3 debba essere nuovamente riconosciuto l'assegno �ad personam � 
di cui godeva al momento della cessazione della precedente fase del rapporto 
~~n. . 


PARTE II, CONSULTAZIONI 197 

Ufficio Italiano Cambi -Dipendenti nubili -Prole naturale -Riconoscimento anche 

del padre -Assegni familiari -Spettanza -(d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, artt. 3, 

1� comma, lett. B) e 21; d.l.lgt. 21 novembre 1945, n. 722, art. 4; l. 19 maggio 1975, 

n. 151, artt. 110 e 211; cod. civ., art. 147, 148 e 261). 
Se alla dipendente nubile dell'ufficio italiano cambi continuino a spettare gli 
assegni familiari per la prole naturale anche quanto questa venga successiva-� 
mente riconosciuta dal padre naturale, qualora sia accertato che la detta prole 
conviva con la madre e sia a suo carico per lo stato di non possidenza del padre 

(n. 790). 
Universit�: cessazione della figura dell'assistente volontario -(art. 22 legge 24 febbraio 
1967, n. 62; l. 23 novembre 1951, n. 1340; l. 18 marzo 1958, n. 349). 

Se l'art. 22 della legge 24 febbraio 1967, n. 62, che ha fatto cessare la figura 
dell'assistente volontario a cattedra universitaria ed ha disposto la possibilit� 
di conferma nella qualifica stessa per non oltre 8 anni accademici per coloro che 
rivestivano l'anzidetta qualifica alla data di entrata in vigore della legge, sia 
applicabile a tutti gli assistenti volontari a qualunque facolt� essi appartengano, 
quale che sia l'attivit� professionale da essi svolta nell'ambito della facolt� e quali 
che siano i compensi o indennit� percepiti (n. 801). 

Universit� -Posti di assistente di ruolo -Soprannumerari -Riassorbimento -Messa 
a concorso di posti vacanti -(art. 3, comma 13�, d.l. 1� ottobre 1973, n. 580). 

Se i posti di assistente da mettere a concorso, riservato ai titolari di contratti 
ed assegni di formazione scientifica a norma dell'art. 3 tredicesimo comma del 
d.l., 580/1973 (convertito con 1. 766/1973) siano solo quelli ricoperti da assistenti 
di ruolo o anche quelli lasciati vacanti da assistenti in soprannumero (n. 802). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Alienazione tra parenti di immobile verso costituzione di rendita -Atto di donazione 
-Atto a titolo oneroso -Qualificazione -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
art. 8; d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 

Se il contratto con cui il padre aliena alle proprie figlie tutta la propriet� 
immobiliare verso costituzione di rendita vitalizia, posto che alcune circostanze 
negoziali attestano essere di lieve entit� l'alea corsa dal costituente il vitalizio, 
possa qualificarsi come donaz.ione, con conseguente applicazione della relativa 
imposta, anzich� come negozio a titolo oneroso per entrambi le parti (n. 443). 

Atti sottoposti a condizione sospensiva -Denuncia di avveramento � Tardivit� o 
omissione -Effetti -Benefici fiscali� Decadenza� (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
artt. 102, lett. C) e 110; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 67 e 74). 

Se, nel caso di atti sottoposti a condizione sospensiva (nella specie; �lelibera 
<li aumento di capitale della societ�), la violazione delle norme concernenti la 
denuncia di avveramento della condizione non produca altro effetto che l'applicazione 
di una sopratassa a norma dell'art. 102, lett. C) della L.O.R. ovvero se la 
tardiva o omessa denuncia di avveramento della condizione sia da equiparare ad 
omessa registrazione con la conseguenza che ad esse si ricollega il sorgere della 
obbligazione tributaria e la decadenza ex art. 110 L.O.R. degli eventuali benefici 
concessi (n. 347). 



198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Arri sottoposti a condizione sospensiva -Registrazione -Unicit� o duplicit� 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 79; d.P.R. 26 ottobre 197, n. 634, artt. 18 e 74). 
Se, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, la registrazione sia unica 
e avvenga con la percezione dell'imposta fissa al momento della presentazione 
dell'atto, salvo liquidazione definitiva dell'imposta al momento della successiva 
denuncia di avveramento della condizione ai sensi dell'art. 79 L.O.R., ovvero essa 
si effettui in due momenti successivi e distinti cio� una prima volta in via provvisoria 
e imperfetta mediante la registrazione a tassa fissa e una seconda volta 
a titolo di integrazione o perfezionamento mediante la denuncia di avveramento 
della condizione e la liquidazione dell'imposta dovuta (n. 436). 

Contratti stipulati con lo Stato -Clausola circa il trasferimento dell'obbligo tributario 
allo Stato -Ammissibilit� -(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 55 e 60; 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 94). 
Se nei contratti con lo Stato sia ammissibile la pattuazione di apposita clausola 
diretta a trasferire a carico dello Stato l'onere del pagamento dell'imposta 
di registro (n. 450). 

l i

Condono tributario -Controversia pendente -Relativa alla sola sopratassa -Applicabilit� 
-(d.l. 5 novembre 1973, n. 66, art. 6, 1� comma; l. 19 dicembre 1973, 

n. 823). 
Se, nella ipotesi in cui sia in discussione la debenza della sola sopratassa 
inerente ad una imposta per la quale non esista o non esista pi� controversia, 

possa, ai sensi dell'art. 6, 1� comma, del d.l. 5 novembre 1973, n. 66 (convertito 
con modificazioni in 1. 19 dicembre 1973, n. 823), trovare applicazione il c.d. condono 
tributario (n. 454). 

Esenzioni e agevolazioni -Decadenza -Imposta normale -Riscossione -In pendenza 
di ricorso -Sopravvenienza delle nuove norme -Effetti -(d.P.R. 30 dicembre 
1923, n. 3269, artt. 7, 2� comma e 145, 3� comma). 

Se per la riscossione delle normali imposte di registro liquidate per decadenza 
dalle agevolazioni fiscali inizialmente concesse in via provvisoria, su atti 
registrati anteriormente al 1� gennaio 1973, debba, in pendenza di ricorso del contribuente, 
osservarsi la disciplina dettata dall'art. 54 del d.P.R. 6 ottobre 1972, 

n. 634 per le imposte complementari sul maggior valore accertato dall'ufficio e 
per le imposte suppletive (n. 441). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia abitativa -Trasferimento dell'immobile -Destinazione 
a residence -Applicabilit� -(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). 

Se al trasferimento di un immobile destinato a casa-albergo (c.d. residence) 
siano applicabili le agevolazioni tributarie in materia di imposta di registro e 
ipotecarie previste per l'edilizia abitativa dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408 

(n. 447). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Acquisto di area da 
parte del Comune in attuazione PEEP -Tassa fissa -Applicabilit� -(l. 29 giugno 
1943, n. 666; l. 18 aprile �1962, n. 167, artt. 9 e 20). 

Se l'acquisto di un'area fatto dal Comune in attuazione del piano per l'edilizia 
economica e popolare a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, il cui art. 9 
prevede la immediata espropriabilit� di aree da destinare alla viabilit� e alle 
opere pubbliche, possa godere delle agevolazioni delle imposte fisse minime di 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

registro e ipotecarie che la legge 29 giugno 1943, n. 666, prevede per i trasferimenti 
a favore dei Comuni di immobili occorrenti per l'esecuzione di piani regolatori 
particolareggianti (n. 452). 

Esenzioni e agevolazioni � Edilizia economica e popolare � Alloggi INA-casa � 
Cessione ad altro lavoratore' � Benefici accordati all'atto di assegnazione � 
Decadenza � (1. 14 febbraio 1963, n. 60, artt. 29, 2� comma e 33; l. 18 marzo 1968, 

n. 352, art. 5). 
Se l'avvenuta alienazione di alloggio INA-casa da parte dell'assegnatario ad 
altro lavoratore, effettuata nei limiti e alle condizioni di cui agli artt. 29, 2� com� 
ma, della legge 14 febbraio 1963, n. 60 e 5 della legge 18 marzo 1968, n. 352, importi 
decadenza dai benefici fiscali di cui all'art. 33 della legge 14 febbraio 1963, n. 60 
accordati all'originario atto di assegnazione (n. 440). 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INA-casa Cessione 
ad altro lavoratore -Spettanza dei benefici -(1. 14 febbraio 1963, 

n. 60, artt. 29, 2� comma e 33; l. 18 marzo 1968, n. 352, art. 5). 
Se la alienazione di alloggio INA-casa da parte dell'assegnatario ad altro lavoratore, 
effettuata nei limiti e alle condizioni di cui agli artt. 29, 2� comma della 
legge 14 febbraio 1963, n. 60 e 5 della legge 18 marzo 1968, n. 352, possa godere 
dei benefici fiscali di cui all'art. 33 della I. 14 febbraio 1963, n. 60 relativi agli atti 
e contratti che si rendono necessari per le operazioni inerenti all'attuazione dei 
piani di costruzione previsti nella stessa legge (n. 439). 

Esenzioni e agevolazioni � Istituti di credito a medio e lungo termine -Imposta 
in abbonamento � Trasferimento coattivo a seguito vendita forzata � Appli� 
cabilit� -(1. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 15, 
2� comma). 

Se un Istituto di credito rimasto aggiudicatario di un immobile sottoposto a 
procedura di esecuzione forzata possa invocare l'agevolazione dell'imposta di 
registro in abbonamento prevista dall'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 relativamente 
a tutti gli atti compiuti dagli Istituti di credito a medio e lungo termine 
con esclusione di quelli giudiziari in luogo della norma imposta di trasferimento 
secondo il regime ordinario (n. 451). 

Imposta di registro � Enti equiparati allo Stato a fini tributari -Nuova disciplina 
risultante del d.P.R. 22 ottobre 1972, n. 634 -Mantenimento delle agevolazioni � 
Entrata in vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 -(art. 55 d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 634; art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601; art. 1 r.d.l. 3 marzo 
1938, n. 680). 

Se, per effetto dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, sulla disciplina 
delle agevolazioni tributarie, sia da ritenere abrogato l'art. 1, comma terzo, del 
r.dl. 3 marzo 1938, n. 680 che ai fini tributari equiparava la Cassa per la Pensione 
ai dipendenti degli enti locali alle Amministrazioni dello Stato (n. 445). 

Imposta di registro � Nuova disciplina risultante dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 � 
Contratti stipulati con lo Stato � (art. 55 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634; art. 42 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601; art. 1 r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680). 
Se la Cassa per la Pensione ai dipendenti degli Enti locali sia tenuta ai sensi 
dell'art. 55 penultico comma d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, concernente i contratti 
di cui � parte lo Stato, al pagamento dell'imposta di registro sui contratti di 
locazione stipulati con Amministrazioni dello Stato (n. 446). 


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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposta di registro � Trasformazione di societ� di capitali in societ� di persone � 
Scioglimento� Assegnazione ai soci� Criteri di tassazione� (art. 88, n. 2, lett. A, 
tariffa all. A; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 88, n. 2, lett. B, tariffa all. A, 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). 
Se, nel caso in cui una societ� di capitali si trasformi in societ� di persone e 
di questa si proceda poi allo scioglimento con assegnazione per quote indivise 
del patrimonio sociale ai soci originari conferenti, si renda applicabile la lettera A) 
dell'art. 88, n. 2, della tariffa all. A, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (che prevede 
l'ipotesi di assegnazione dell'immobile a socio diverso da quello che lo confer� 
in societ�) ovvero la lettera B) dello stesso articolo (che prevede le ipotesi di. 
assegnazione dell'immobile a favore del conferente e di assegnazione di immobile 
acquistato o costruito dalla societ� (n. 449). 

Presunzioni di liberalit� nelle vendite tra parenti -Alienazione di immobile verso 
costituzione di rendita vitalizia -Sussistenza della presunzione � (d.l.l. 8 marza 
1945, n. 90, art. 5). 

Se sia applicabile la presunzione fiscale semplice di liberalit� di cui all'art. 5 
del d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90 all'alienazione di immobile a stretti congiunti verso 
costituzione di rendita vitalizia (n. 442). 

Procura irrevocabile con obbligo di rendiconto � Tassa fissa o imposta proporzionale 
� (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8, 45, nonch� 15 e 92 tar. all. A). 

Se la procura gratuita ed irrevocabile e con obbligo di rendiconto ad incassare 
crediti vada registrata a tassa fissa ai sensi dell'art. 91 della tariffa all. A 
alla L.O.R. oppure con imposta proporzionale quale atto traslativo di crediti 

(n. 448). 
Societ� -Societ� in nome collettivo -Patto sociale di continuazione anche in caso 
di morte di un socio � Obbligo di corrispondere agli eredi di valore della 
quota � Atto traslativo di quota � Assoggettabilit� all'imposta � (cod civ., articoli 
2284 e 2289). 

Se il patto sociale col quale i soci di una societ� in nome collettivo stabiliscono 
la continuazione della societ� anche nel caso di morte di un socio e il 
correlativo obbligo a carico dei soci superstiti di corrispondere agli eredi del 
socio defunto una somma di denaro che rappresenti il valore della quota abbia 
natura traslativa della quota sociale e sia pertanto soggetto ad imposta di registro 

(n. 444). 
Societ� � Trasformazione di societ� di capitali a societ� di persone -Successivo 
scioglimento -Assegnazione ai soci di beni immobili -Regime giuridico � 

(r.d. 30 dicembre 193, n. 3269, art. 88, all. A; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, 
art. 4, all. A). 
Se, avvenuta la trasformazione di una societ� per azioni in societ� in accomandita 
semplice e procedutosi al successivo scioglimento di quest'ultima, l'assegnazione 
ai soci, quale unico cespite sociale risultante in sede di liquidazione, di 
un appezzamento di terreno, a suo tempo acquistato dalla originaria societ� per 
azioni, vada assoggettata alla imposta graduale di registro, propria degli atti che 
contengono semplice dichiarazione o attribuzione di valori o di diritti senza operarne 
la trasmissione .ovvero alla imposta proporzionale pervista per i trasferimenti 
a titolo oneroso (n. 435). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Soggetti passivi -Solidariet� -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal 
debitore d'imposta -Efficacia -Estensione -Limiti -(r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3259, artt. 140 e 141; cod. civ., artt. 1310, 1� comma, 2943, 1� comma e 2945, 
2� comma). 
Se in materia tributaria possa trovare applicazione il disposto dell'art. 1310, 
1� comma, cod. civ., circa la estensione degli effetti interruttivi della prescrizione 
rispetto ai condebitori solidali dell'imposta, qualora la interruzione derivi da un 
atto dello stesso debitore (nella specie: opposizione ad ingiunzione fiscale ai 
sensi dell'art. 141 della L.O.R. (n. 453). 

Valutazione base imponibile -Accertamento di valore -Appalti -Abrogazione delle 
norme -Effetti sui procedimenti di valutazione esauriti -Diritto intertemporale 
-(l. 1� marzo 1968, n. 244, art. 1; l. 28 luglio 1961, n. 828, art. 3). 

Se la legge 1� marzo 1968, n. 244, il cui art. 1 ha abrogato con effetto ex nunc 
le norme vigenti in ordine all'accertamento di valore, ai fini dell'imposta di 
registro, dei contratti di appalto (1. 28 luglio 1961, n. 828) e ha disposto la estinzione 
di diritto dei relativi procedimenti in corso, sia applicabile anche con 
riguardo ai procedimenti di valutazione gi� definiti, qualora l'imposta non sia 
stata ancora pagata (n. 438). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Denuncia di successione -Pluralit� di denuncie -Termine biennale per la documentazione 
delle passivit� -Decorrenza -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, articoli 
50 e 51). 

Se, nell'ipotesi in cui siano state presentate pi� denuncie di successione nei 
termini e con le modalit� di cui agli artt. 50 e 51 del' r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 
il termine di due anni per la produzione della documentazione delle passivit�, 
stabilito dall'art. 50 della legge medesima, decorra dall'ultima denuncia prodotta 
in termine ovvero dalla denuncia tempestiva � principale � ovvero dalla prima 
denuncia in ordine di tempo, anche se incompleta (n. 92). 

Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi per danni di guerra -Liquidazione al 
decuius -Legge nuova -Riliquidazione a favore dell'erede -Assoggettabilit� al 
tributo -(l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 28, 1� comma; l. 29 settembre 1967, 

n. 955, art. 19; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 54). 
Se costituisca sopravvenienza ereditaria assoggettabile ad imposta di successione 
la riliquidazione, per la quota di spettanza di danni di guerra gi� liquidati 
al defunto dante causa, effettuata a seguito della costituzione del 1� comma 
dell'art. 28 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, ad opera dell'art. 19 della legge 
29 settembre 1967, n. 955 (n. 93). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Vendite all'ingrosso e al dettaglio -Attivit� promiscua -Onere di separate scritturazioni 
-(l. 19 giugno 1940, n. 762, art. 27; l. 16 dicembre 1959, n. 1070, art. 1). 

Se sia onere di chi congiuntamente eserciti le attivit� di dettagliante e di 
grossista tenere distinte, con opportune scritturazioni, le merci destinate alla 
vendita all'ingrosso da quelle destinate alla vendita al minuto; anche ai fini 
dell'assolvimento degli obblighi formali di documentazione stabiliti nell'art. 27 
della legge 19 giugno 1940, n. 762, sulla imposta generale sull'entrata (n. 160). 


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