ANNO XXVII -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1975 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1975 



ABBONAMENTI 

ANNO � � � � � � . . � . � . . � � . . � . . � � . . . � � . � . L. 12.750 
UN NUMERO SEPARATO � � � . . . . . . � � . � . . . � 2.250 


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Stampato in Italia � Printed in ltal:y 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu1dlo 1966 


(6219007) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 


A decorrere dal presente numero la Sezione di Giurisprudenza 
Costituzionale viene curata dal collega Giuseppe AngeliniRota, 
che lascia l'incarico di� redigere la Sezione di Giurispru~ 
denza Tribut�ria. 

Al collega Michele Savarese, collocato a riposo a domanda, 
la Redazione rivolge un cordiale saluto ed il pi� vivo ringraziamento 
per la proficua attivit� svolta. 

La Redazione 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
de/J'avv. Giuseppe Angelini-Rota) pag. 953 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 985 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura dell'avv. Benedetto Baccari) � I 009 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avvocato 
Adriano Rossi) . . � � � � � . � . � � � I 02 6 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
de//'avv. Ugo Gargiulo) � . � � � . � � � � � � I040 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato 
Carlo Bafile) . � . . . . � . � � � I072 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo 
Marzano) . � � � � � � � � � � � � � � I 123 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � � . � � � � � � � I I 46 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


QUESTIONI pag. 119 
LEGISLAZIONE � 143 
CONSULTAZIONI � 153 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bm�i; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE 
MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco 
GuICCIARDI, Genova; Adriano Rossr, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, 
Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo 
ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; 
Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE 
FRANCHis, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

RossI A., L'insolvenza del concessionario dell'esecuzione di 
opera pubblica . . . . . . . . . � . I, 1031 

RossI A., Perdita dell'avviamento commerciale per espropriazione 
per p.u. . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1039 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA 


-Canoni -Decorrenza -Grandi 
derivazioni -Termine originario 
di ultimazione dei lavori -Sospensione 
del canone -Possibilit� 
-Limiti, 1132. 

-Competenza e giurisdizione -Dei 
tribunali delle acque -Controversie 
per danni da opere eseguite 
dalla P.A. -Danni derivanti 
da comportamento colposo -Ricomprensione 
-Condizioni, 1125. 

-Competenza e giurisdizione -Incrementi 
alluvionali -Incontestata 
estraneit� all'alveo -Controversia 
sull'aa;>partenenza -Tribunali 
delle acque -Competenza 
-Esclusione, 1127. 

-Competenza e giurisdizione -Tribunale 
superiore delle acque e 
Consiglio di Stato -Provvedimenti 
in materia di acque pubbliche 
-Competenza del Tribunale 
superiore, 1137. 

-Diritto all'uso dell'acqua -Concessione 
-Scadenza -Rifiuto di 
rinnovazione -Illegittimit� per 
contrasto col diritto d'uso -Esclusione, 
1141. 

-Giudizio e procedimento -Tribunale 
superiore -Consulenza 
tecnica -Inammissibilit�, 1141. 

-Piano regolatore generale degli 
acquedotti -Ricorso giurisdizionale 
-Termine -Decorrenza, 
1139. 

ADOZIONE 

-Famiglia -Adesione speciale dei 
figli legittimi -Effetti -Questione 
di legittimit� costituzionale 
-Non � fondata, 964. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Capitolato 
generale di appalto per 
i lavori di competenza del Ministero 
dei lavori pubblici -Richiamo 
nei contratti con enti 
pubblici diversi dallo Stato -Efficacia 
negoziale -Modifiche del 
capitolato generale di appalto Irrilevanza 
nella disciplina del 
rapporto, 1123. 


-Appalto di opere pubbliche -Capitolato 
speciale di appalto Prezzi 
unitari -Indicazione in 
lettere ed in cifre -Discordanza 
-Prevalenza dell'indicazione 
pi� vantaggiosa per l'amministrazione, 
1129. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Eccesso di potere -Travisamento 
dei fatti -Accertamento nel giudizio 
-Condizioni, 1141. 

-Obbligo di motivazione Natura 
-Limiti, 1063. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Patente di guida -Sospensione 
prefettizia -Questione di legittimit� 
costituzionale -Non � fondata, 
965. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Credito e risparmio -Esercizio 

I 

del credito -Revoca -Impugnativa 
-Competenza del T.A.R. La~ 
zio, 1060. 


-Dipendenti della Presidenza della 

I

Repubblica -Giurisdizione del t 

�

giudice amministrativo, 1020. 

I 
r

i.
-Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Urbanistica -Vincoli 
urbanistici senza indennizzo: giu-

I 


INDICE 

risdizione dell'AGO -L. 19 novembre 
1968, n. 1187: irretroattivit�, 
1009. 

Impiego pubblico -Esazione Passaggio 
di gestione dall'appaltatore 
al Comune: status del personale 
-Iscrizione dei dipendenti 
nel quadro del personale delle 
imposte di consumo -Giurisdizione 
amministrativa, 1015. 

-Impiego pubblico -Iscrizione nel 
quadro del personale delle imposte 
di consumo -Diritto soggettivo: 
esclusione, 1016. 

-Impiego pubblico e privato -Diritti 
patrimoniali -Cumulo di 
trattamento di attivit� con trattamento 
di pensione -Recupero 
somme corrisposte indebitamente 
-Giurisdizione del giudice di 
legittimit�, 1058. 

-Principi generali -Regolamento 
di giurisdizione -Giudizio dinanzi 
al-T.A.R. -Sos~ensione del 
procedimento -Obbligo -Sussiste 
-Automaticit� -Esclusione Poteri 
di indagine del T.A.R. Esclusione, 
1068. 

-Regolamento di competenza Rapporto 
tra lo strumento regolato 
dagli artt. 42 e 43 c.p.c. e il 
regolamento di cui all'art. 31 L. 
1034/1971 -Diversit� -Sussiste, 
1071. 

-Regolamento di competenza nei 
giudizi innanzi al T.A.R. -Sospensione 
del processo, 1071. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Scambi di 
prodotti agricoli -Perturbazioni 
prodotte da provvedimenti valutari 
-Importi compensativi -Determinazione 
-Periodo di validit� 
-Situazione soggettiva degli 
esportatori, 985. 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Scambi di 
prodotti agricoli -Perturbazioni 
prodotte da provvedimenti valutari 
-Importi compensativi -Metodo 
di calcolo -Modifica -Lesione 
del principio dell'affidamento 
-Esclusione, 985. 

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

Tribunali di Torino e di Milano Richiesta 
di trasmissione di documenti 
inerenti al fenomeno 
della mafia in Sicilia -Commissione 
parlamentare d'inchiesta Rifiuto 
-Illegittimit� -Limiti, 

953. . 
CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Esigibilit� di crediti verso lo Stato 
-Interessi -Decorrenza, 1028. 

CONTRATTI DELLA P.A. 

-Revisione prezzi -Prezzi correnti 
alla data di aggiudicazione 
e alla data delle intervenute variazioni 
-Minimi di paga sopravvenuti 
-Applicazione' -Legittimit� 
-Sussiste, 1055. 

COSA GIUDICATA 

Effetti -Possibilit�, in relazione 
a norme sopravvenute, di adozione 
di un provvedimento analogo 
a quello annullato -Sussiste, 
1063. 

Esecuzione -Diniego di licenza 
edilizia -Annullamento e successiva 
sopravvenienza di piano 
regolatore -Nuovo diniego -Legittimit� 
-Sussiste, 1063. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Referendum abrogativo -Procedimento 
-Competenze dell'ufficio 
centrale per il referendum e della 
Corte Costituzionale, 981. 

-V., anche Adozione, Circolazione, 
Conflitto di attribuzioni, Delitti 
contro la integrit� e sanit� della 
stirpe, Lavoro, Procedimento civile, 
Regione, Trentino -Alto 
Adige. 

DELITTI CONTRO LA INTEGRIT� 
E SANIT� DELLA STIRPE 

-Ammissibilit� del referendum 
abrogativo in ordine alle relative 
disposizioni del codice penale, 

981. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

EDILIZIA 

-Contenuto del programma di fabbricazione 
-Figura tipica -Individuazione 
degli standards di 
cui all'art. 41 quinquies della 

L. 
17 agosto 1942, n. 1150, 1066. 
-Contenuto del programma di fabbricazione 
-Figure tipiche e atipiche 
del programma -Differenze 
in rapporto alla possibilit� di 
imporre vincoli, 1065. 

-Contenuto del programma di fabbricazione 
-Imposizione di vincoli 
a spazi e servizi pubblici su 
aree di propriet� privata -Illegittimit� 
-Sussiste, 1052. 

-Contenuto dei programmi di fabbricazione 
-Possibilit� di imposizione 
di vincoli di inedificabilit� 
o comunque a contenuto sostanzialmente 
espropriativo -Non 
sussiste, 1065. 

- 
Figura tipica del programma di 
fabbricazione -Relazione con la 

L. 30 novembre 1973, n. 756 Possibilit� 
di imporre vincoli a 
propriet� private -Non sussiste, 
1065. 
-Licenza di costruzione -Attivit� 
vincolata -Limiti -Effetti, 1063. 

- 
Piano di lottizzazione -Art. 8 

L. 6 agosto 1967, n. 765 -Lottizzazioni 
antecedenti al 2 dicembre 
1966 -Prescrizioni nuove e 
difformi rispetto al piano di lottizzazione, 
introdotte con piano 
regolatore generale Necessit� 
della motivazione Sussiste, 
.1054. 
-Programma di fabbricazione Deliberazione 
di accoglimento di 
osservazioni -Adozione da parte 
della Giunta e non del Consiglio 
Comunale -Illegittimit� -Sussiste, 
1051. 

-Programma di fabbricazione Imposizione 
ex novo di vincoli 
assoluti di inedificabilit� -Esclusione, 
1051. 

- 
Programma di fabbricazione. Osservazione 
-Accoglimento Omissione 
della ripubblicazione 
della deliberazione di adozione 
del programma modificato -Illegittimit� 
-Sussiste, 1051. 

-Programma di fabbricazione Vincolo 
di inedificabilit� su fascia 
di terreno confinante con 
strada non pubblica -Illegittimit�, 
1051. 

-Programma di fabbricazione Zona 
di rispetto di cimiteri Determinazione 
del Medico Provinciale 
-Competenza -Sussiste, 
1052. 

-Programma di fabbricazione e 
regolamento edilizio -Decorrenza 
del termine per impugnazione 
-Pubblicazione all'albo pretorio 
-Rilevanza, 1051. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Edilizia scolastica -Commissione 
Provinciale per l'edilizia scolastica 
-Giudizio di idoneit� sull'area 
da vincolare -Necessit� Sussiste, 
1056. 

-Edilizia scolastica -Decreto di 
vincolo dell'area -Parere dell'Ingegnere 
Capo dell'Ufficio del 
Genio Civile -Necessit� -Non 
sussiste, 1057. 

-Edilizia scolastica -Mancato rispetto 
del termine di emanazione 
del decreto di vincolo dell'area 
-Natura -Decadenza Non 
sussiste, 1057. 

-Edilizia scolastica -Procedimento 
di approvazione del vincolo Relazione 
con diversa destinazione 
di piano particolareggiato Possibilit� 
di modificazione -Legittimit� 
-Sussiste, 1056. 

-Esecuzione da parte dello Stato 
di piani di ricostruzione di comuni 
danneggiati dalla guerra Concessione 
a privati dell'esecuzione 
dell'espropriazione -Fallimento 
del concessionario -Obbligo 
del pagamento dell'indennizzo 
a carico dello Stato, con 
nota di A. ROSSI, 1031. 

-Indennit� Immobile urbano 
adibito dal proprietario all'esercizio 
di attivit� commerciale Compenso 
per avviamento commerciale 
-Esclusione, con nota 
di A. ROSSI, 1039. 


INDICE 
XI 

-Normativa -Titolo II L. n. 865/ 
1971 -Opere pubbliche non connesse 
ad opere di urbanizzazione 
-Applicabilit� -Effetti, con 
nota di R. TAMIOZZO, 1049. 

-Occupazione d'urgenza -Giudizio 
sulla durata della proroga Discrezionalit� 
-Sussiste, con 
nota di R. TAMIOZZO, 1049. 

Occupazione d'urgenza -Impugnativa 
del decreto prefettizio di 
occupazione -Area non di propriet� 
del ricorrente -Censure Carenza 
di interesse -Sussiste, 
1057. 

Occupazione d'urgenza -Mancata 
notificazione ad un comproprietario 
del decreto di introduzione 
nel fondo -Redazione stato di 
consistenza -Intervento dell'interessato 
-Sanatoria -Sussiste, 
1057. 

-Occupazione d'urgenza -Proroga 
del termine -Proroga successiva 
al deposito dell'indennit� ma anteriore 
alla scadenza del termine 
-Legittimit� -Sussiste, con 
nota di R. TAMIOZZO, 1049. 

-Occupazione d'urgenza -Proroga 
del termine -Trasferimento alle 
Regioni delle funzioni amministrative 
in materia urbanistica Regime 
transitorio -Legittimit� 
del provvedimento prefettizio Sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 
1049. 

-Occupazione d'urgenza -Proroga 
del termine in caso di indifferibilit� 
e urgenza ex lege -Obbligo 
di motivazione -Non sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 1049. 

-Occupazione d'urgenza -Provvedimento 
emesso dopo la scadenza 
del termine per l'inizio 
delle espropriazioni ma prima 
della scadenza del termine per 
eseguire i lavori -Legittimit� Sussiste, 
1057. 

Occupazione d'urgenza -Rapporto 
con il provvedimento di espropriazione 
-Autonomia -Effetti 
in relazione alla diversit� dei 
termini, con nota di R. TAMIOZZO, 
1050. 

-Occupazione d'urgenza -Termine 
quinquennale ex art. 20 L. 

865/1971 -Applicabilit� di detto 
termine alle occupazioni anteriori 
alla legge 865/1971 -Sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 1049. 

FERROVIE 

-Tranvie -Concessione -Passaggio 
di ferrovie su strada ordinaria 
-Allargamenti e deviazioni 
-Appartenenza, 1035. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso giurisdizionale -Espropriazione 
per pubblica utilit� Provvedimenti 
della Commissione 
provinciale per l'edilizia scolastica 
-Giudizio di idoneit� dell'area 
-Atto autonomamente impugnabile 
-Ricorso proposto in 
sede di impugnativa del decreto 
di occupazione e del decreto di 
imposizione del vincolo -Irricevibilit� 
-Sussiste, 1057. . 

-Ricorso giurisdizionale -Proponibilit� 
-Limiti in materia di 
pretese patrimoniali di pubblici 
dipendenti -Pretese derivanti 
direttamente dalla legge -Impugnativa 
di provvedimento formale 
-Necessit� -Non sussiste, 
1067. 

GUERRA 

-Danni di guerra -Contributo di 
ripristino -Detrazione -Somme 
corrisposte a titolo diverso dal 
risarcimento -Indennizzi di assicurazione 
-Vanno detratti, 1059. 

IMPIEGO PUBBLICO 

Orario di lavoro -Personale 
ausiliario -Inizio un'ora prima 
degli altri impiegati -Settima 
ora -Retribuzione come lavoro 
straordinario -Non spetta, 1046. 

-Orario di lavoro -Uffici della 
Capitale -D.C.G. 17 settembre 
1939 -Non � pi� in vigore Applicabilit� 
dell'art. 106 R.D. 

n. 
2960 del 1923, n. 1046. 
- 
Stipendi, assegni e indennit� Assegno 
� ad personam � -Fattispecie 
di passaggio di carriera 



XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Aumenti periodici -Criteri di 
valutabilit� -Effetti -Divieto di 
reformatio in peius, 1053. 

Stipendi, assegni e indennit� Passaggio 
di carriera -Differenza 
fra� vecchia e nuova retribuzione 
-Conservazione del trattamento 
-Diritto alla corresponsione 
di un importo compensativo 
-Provvedimento. di determinazione 
dell'assegno �ad personam 
� -Natura -Non � autoritativo 
-Impugnabilit� nel termine 
di prescrizione, 1053. 

IMPOSTA COMPLEMENTARE SUL 
REDDITO 

Azionisti -Aumento del valore 
nominale delle azioni e distribuzione 
di azioni gratuite a seguito 
di passaggio a capitale delle riserve 
-Non costituisce percezione 
di utili -Non tassabilit�, 
1083. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazione per le case di abitazione 
non di lusso -Decadenza 
-Prescrizione -Rivendita 
dell'area senza indicazione di 
provenienza -Sospensione della 
prescrizione, 1112. 

Agevolazione per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Primo 
acquisto di terreni e fabbricati Trasferimento 
di stabilimento 
industriale gi� attivato e in dissesto 
-Esclusione dell'agevolazione, 
1119. 

Agevolazione per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Primo 
acquisto di terreni e fabbricati 
per l'attuazione di iniziative industriali 
-Certificazione di raggiungimento 
del fine -Termine 
per la presentazione -Rilascio 
di certificato negativo contenente 
indirettamente la attestazione Necessit� 
di tempestiva presentazione, 
1111. 

Conferimenti in societ� -Costituzione 
di patrimonio destinato 
allo scopo sociale -Distinzione 
tra conferimento a titolo di propriet� 
o a titolo di godimento Irrilevanza, 
1083. 

Prezzi e corrispettivi -Indicazione 
unica riferita a pi� beni Diversi 
regimi tributari -Scissione 
del corrispettivo unico Ammissibilit� 
-Supplemento di 
accertamento, con nota di C. BAFILE, 
1102. 


IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Esenzione per nuove imprese artigiane 
e piccole industrie nell'Italia 
settentrionale� -Costituzione 
in data anteriore all'entrata 
in vigore della legge 29 luglio 
1957, n. 635 -Esclusione Ampliamento 
o rinnovamento di 
azienda gi� esistente -Irrilevanza, 
1085. 

Esenzione per nuove imprese artigiane 
e piccole industrie nell'Italia 
settentrionale -Imprese 
di autotrasporti -Compete, 1086. 


Esenzione per nuove imprese artigiane 
e piccole industrie nell'Italia 
settentrionale -Trasferimento 
di imprese e industrie esistenti 
nei territori agevolati -Si 
applica, 1085. 


IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Deduzione di passivit� -Conto 
corrente bancario -Legge 24 dicembre 
1969, n. 1038 -Utilizzazione 
con emissione di assegni Necessit� 
-Rinuncia alla contestazione 
afferente alla documentazione 
-Concetto e limiti, 1080. 


IMPOSTA SULLE SOCIET� 

Opere Pie -Gestione di aziende 
con fini di lucro -Esenzione Limiti, 
con nota di C. BAFILE, 
1077. 


IMPOSTE DOGANALI 

-Responsabile di imposta -Spedizioniere 
doganale -Operazione 
di contrabbando alla quale lo 
spedizioniere sia estraneo -Sua 
responsabilit� per l'obbligazione 
di imposta -Esclusione, 1084. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

Accertamento -Carattere dichia! 
rativo -Competenza e giurisdi


! 

Ij 



INDICE 
XIII 

zione -Momento della nascita 
dell'obbligazione tributaria -Avveramento 
del presupposto -Ufficio 
competente a liquidare il tributo, 
1109. 

-Azione in sede ordinaria -Precedente 
decisione di commissione 
-Termine semestrale -Sospensione 
feriale -Si applica, 
1112. 

-Imposte dirette -Maggiorazione 
di aliquota per ritardata iscrizione 
a ruolo -Infedele dichiarazione 
-Concetto, con nota di 

C. 
BAFILE, 1072. 
-Imposte indirette -Condono di 
cui al d.l. 5 novembre 1973, n. 6'6-0 
convertito con la legge 19 dicembre 
1973, n. 823 -Controversia 
concernente soltanto interessi e 
soprattasse Inapplicabilit�, 
1106. 

-Imposte indirette -Interessi Prescrizione 
-Durata -Termine 
quinquennale -Si applica -Termine 
pi� breve per la prescrizione 
dell'imposta -Irrilevanza, 
1095. 

Interessi --Decadenza da agevolazioni 
-Decorrenza dalla data 
di esigibilit� dell'imposta principale, 
1113. 

-Pena pecuniaria -Prescrizione Decorrenza 
-Imposta di successione 
-Denuncia infedele -Decorrenza 
del giorno della commessa 
violazione, 1116. 

LAVORO 

Diritto di svoLgere attivit� sindacale 
all'interno dei luoghi di 
lavoro -Inapplicabilit� ai lavoratori 
autonomi -Illegittimit� 
costituzionale -Escl�sione, 979. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


Criterio di interpretazione -Legge 
innovativa -Limiti in relazione 
alla legittimit� della norma 
-Conseguenze in ordine alla 
interpretazione deLla L. 756/1973, 
1065. 

PENSIONI 

-Pensionati riassunti -Comulo di 
trattamenti -Ex indennit� integrativa 
speciale I.N.A.I.L. -Cumulabilit� 
-Sospensione della 
corresponsione Illegittimit�, 
1058. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Obbligazioni solidali Litisconsorzio 
necessario -Esclusione, 
1026. 

-Convalida di sfratto per cessazione 
del rapporto di lavoro Inapplicabilit� 
del regime vincolistico 
delle locazioni -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

967. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Notificazioni all'imputato irreperibile 
-Nomina di difensore 
d'ufficio residente sul posto -Imputato 
munito di difensore di fiducia 
residente in luogo� diverso 
-Necessit�, 1154. 

REATO 

- 
Acque pubbliche -Pesca -Art. 6 

R.D. n. 1604 dell'8 ottobre 1931 Riferimento 
alla sola ipotesi che 
l'ammissione avvenga a scopo di 
pesca -Erroneit�, 1146. 
- 
Pesca -Scarico di rifiuti di stabilimenti 
industriali in acque 
pubbliche -Reato di pericolo, 
1146. 

REGIONE 

-Provincie autonome del Trentino-
Alto Adige -Questioni di costituzionalit� 
di leggi statali proposte 
in via principale -Limiti 
di ammissibilit�, 969. 

RICORSO GIURISDIZIONALE 

-Motivi -Specificazione -Necessit� 
-Criterio -Fattispecie Inammissibilit� 
per genericit�, 
1059. 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tassa e bollo -Inosservanza del;. 
le norme sul bollo -Sanzione di 
improcedibilit� ex art. 28 D.P.R. 

n. 492 del 1953 -Abrogazione 
ex D.P.R. n. 642 del 1972 -Adempimenti 
d'ufficio, 1059. 
TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-G.A.T.T. -Clausola di riserva 
limitativa -Legislazione nazionale 
vigente alla data del 10 ottobre 
1949 in tema di i.g.e. sui 
medicinali -Disparit� di trattamento 
tra medicinali importati e 
medicinali di produzione nazio


nale -Persistenza -Legittimit�, 
con nota di A. MARZANO, 991. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-D.L. 2 febbraio 1948, n. 23 sul 
riacquisto della cittadinanza italiana 
da parte degli alto atesini Contrasto 
col principio di tutela 
delle minoranze linguistiche Insussistenza, 
969. � 

-D.P.R. 1 febbraio 1974, n. 50 sull'esercizio 
del diritto di voto per 
l'elezione del consiglio regionale 
e dei consigli comunali della provincia 
di Bolzano -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 972. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

22 ottobre 1975, n. 231 pag. 953 
30 ottobre 1975, n. 234 964 
30 ottobre 1975, n. 235 965 
17 dicembre 1975, n. 238 967 
17 dicembre 1975, n. 239 969 
17 dicembre 1975, n. 240 972 
17 dicembre 1975, n. 241 979 
22 dicembre 1975, n. 251 981 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

10 dicembre 1975, nelle cause 95-98/74, 15/75 e 100/75 . . . . pag. 985 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 25 ottobre 1974, n. 3119 . pag. 1026 
Sez. I, 11 novembre 1974, n. 3523 1028 
Sez. I, 12 novembre 1974, n. 3566 1031 
Sez. I, 12 novembre 1974, n. 3570 1035 
Sez. I, 13 novembre 1974, n. 3596 1039 
Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 166 1086 
Sez. Un., 7 maggio 1975, n. 1759 1009 
Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1815 1072 
Sez. I, 28 maggio 1975, n. 2173 1077 
Sez. Un., 12 giugno 1975, n. 2332 1015 
Sez. I, 19 giugno 1975, n. 2461 1080 
Sez. I, 16 luglio 1975, n. 2800 1083 
Sez. I, 25 luglio 1975, n. 2902 1083 
Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2979 1020 
Sez. III, 26 agosto 1975, n. 3018 1123 
Sez. I, 19 settembre 1975, n. 3072 1084 
Sez. I, 1 � ottobre 1975, n. 3089 1085 
Sez. I, 2 �ttobre 1975, n. 3110 1095 
Sez. I, 2 ottobre 1975, n. 3114 1085 
Sez. I, 7 ottobre 1975, n. 3185 1102 
Sez. III, 10 ottobre 1975, n. 3250 1125 
Sez. I, 13 ottobre 1975, n. � 3276 1106 
Sez. I, 16 ottobre 1975, n. 3362 . 1109 
Sez. Un., 20 ottobre 1975, n. 3403 991 
Sez. I, 20 ottobre 1975, n. 3409 

1111 
Sez. I, 20 ottobre 1975, n. 3426. . 1112 


XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I1I, 25 ottobre 1975, n. 3561 
Sez. I, 27 novembre 1975, n. 3966 
Sez. I, 27 novembre 1975, n. 3967 
Sez. I, 13 dicembre 1975, n. 4098 

CORTE D'APPELLO DI PALERMO 

23 settembre 1975 
............ 


TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

13 giugno 1975, n. 14 
27 giugno 1975, n. 16 
15 luglio 1975, n. 19 
18 luglio 1975, n. 20 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. plen., 1� luglio 1975, n. 8 
Sez. IV, 17 giugno 1975, n. 594 
Sez. IV, 24 giugno 1975, n. 611 
Sez. IV, 8 luglio 1975, n. 665 . 
Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 688 
Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 695 
Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 696 
Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 699 
Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 776 
Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 778 
Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 838 
Sez. V, 27 giugno 1975, n. 924 
Sez. V, 4 luglio 1975, n. 937 
Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1024 
Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1027 
Sez. V, 30 settembre 1975, n. 1233 
Sez. VI, 3 giugno 1975, n. 178 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. II, 11 aprile 1975, n. 7985 
Sez. II, 20 giugno 1975, n. 1086 

pag. 
1127 
1112 ' 
1116 
1119 

pag. 
1129 

pag. 
1132 
1137 
1139 
1141 

pag. 
1046 
1049 
1051 
1053 
1054 
1055 
1056 
1057 
1058 
1059 
1060 
1063 
1065 
1065 
1067 
1068 
1071 

pag. 1146 
1154 



PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Giurisdizione civile -Straniero Ingresso 
nel territorio nazionale, 

152. 
CONTABILIT� DELLO STATO 

-Amministrazione dello Stato Danni 
prodotti ad altra Amm.ne 

o ad Azienda autonoma -Imputazione 
spesa, 152. 
FALSO 

-Falso -Impiegato dello Stato Falsit� 
ideologica in tabella di 
missione, 152. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Falso -Impiegato dello Stato Falsit� 
in tabella di missione, 

152. 
IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

-Imposta straordinaria sul patrimonio 
-Privilegio -Estinzione, 

152. 
IMPOSTE DIRETTE 

_:_ 
Reati finanziari -Omessa denuncia 
dei redditi -Prescrizione Du:
i:ata, 153. 

PRESCRIZIONE 

-Reati finanziari -Omessa denuncia 
dei redditi -Prescrizione Decorrenza, 
153. 

PUBBLICO UFFICIALE 

-Falso -Impiegato dello Stato Falsit� 
ideologica in tabella di 
missione, 153. 

-Reati finanziari -Omessa denuncia 
dei redditi -Prescrizione -
Durata, 154. 
-Reati finanziari -Omessa denuncia 
dei redditi -Prescrizione -
Decorrenza, 154. 

REGIONI 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
nella G.U. della Repubblica, 154. 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
del B.U. della Regione, 154. 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
tanto nella G.U. della Repubblica 
quanto nel B.U. della Regione 
-Impugnativa -Decorrenza 
del termine, 154. 

RESPONS.AiBILIT� CIVILE 

-Giurisdizione civile -Straniero Ingresso 
nel territorio nazionale, 

154. 
RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
nella G.U. della Repubblica, 155. 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
nel B.U. della Regione, 155. 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
tanto nella G.U. della Repubblica 
quanto nel B.U. della Regione 
-Impugnativa -Decorrenza 
del termine, 155. 


XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' 
QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 119 
LEGISLAZIONE 
XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' 
QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 119 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
I. -Norme dichiarate incostituzionali . pag. 142 
II. -Questioni dichiarate non fondate . 142 
III. -Questioni proposte . . . . . . . 143 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 ottobre 1975, n. 231 -Pres. Bonifacio 
-Rei. Crisafulli -Tribunali di Torino e di Milano (avv.ti 
Dall'Ora e Bovio) c. Commissione parlamentare d'inchiesta sul 
fenomeno della mafia in Sicilia (avv.ti Sandulli e Pisapia). 

Conflitto di attribuzioni � Tribunali di Torino e di Milano � Richiesta di 
trasinissione di documenti inerenti al fenomeno della mafia in Sicilia 
. -Cominissione parlamentare d'inchiesta -Rifiuto -Illegittimit� � 
Limiti. 

(1. 11 marzd 1953, n. 87, art. 47). 
La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della 
mafia in Sicilia non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali di Torino 
e di Milano gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, 
gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, atti 
tutti che la Commissione medesima abbia ritenuto di mantenere segreti 
ai fini dell'adempimento delle proprie funzioni, mentre ha l'obbligo 
di trasmettere gli altri atti e documenti in suo possesso, che, a norma 
di legge, non siano coperti all'origine da segreto o siano esposti da 
seg1�eto non opponibile all'autorit� giudiziaria penale. 

(Omissis). -1. -I giudizi per conflitto di attribuzione, promossi 
con le due ordinanze dei tribunali di Torino e di Milano nei confronti 
della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della �mafia
�, a seguito del rifiuto da questa opposto di trasmettere ai tribunali 
medesimi, che ne avevano fatto formale richiesta, determinati 
atti e documenti in suo possesso, ritenuti dai giudici predetti necessari 
ai fini dell'accertamento della verit� nei rispettivi processi, involgono 
sostanzialmente le stesse questioni e vanno perci� decisi con unica 
sentenza. 

2. -La difesa della Commissione eccepisce pregiudizialmente la 
inammissibilit� dei conflitti, sia sotto il profilo soggettivo che sotto 
il profilo oggettivo. Deduce, infatti, per un verso, che n� i tribunali 
ricorrenti n� essa Cqmmissione sarebbero legittimati -rispettivamente 
-,-a solleva~e i conflitti in oggetto ed a resistervi, non essendo 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

organi �competenti a dichiarare definitivamente la volont� del potere 
cui appartengono �, come prescritto dall'art. 37, primo comma, della 
legge 11 marzo 1953, n. 87, e che manchevebbe altresl, per alitro verso, 
la materia di conflitto e difetterebbe nei tribunali l'interesse a ricorrere, 
perch� gli atti e documenti, cui si riferivano le loro richieste 
e i dinieghi della Commissione, o non sarebbero validamente utilizzabili 
come mezzi di prova nei processi in corso in sede dibattimentale 

o avrebbero potuto e potrebbero essere richiesti ai soggetti, pubbliche 
autorit� e privaU, che li avevano autonomamente formati e da cui 
provenivano. 
Gli argomenti addotti, peraltro, non sono tali da indurre la Corte 
a mutare l'avviso gi� espresso in linea di prima delibazione nelle 
ordinanze nn. 228 e 229 del corrente anno, alla motivazione delle 
quali, con le ulteriori precisazioni che seguono, si fa quindi espresso 
rinvio. 

3. -Pi� particolarmente, sotto il profilo soggettivo, riecheggiando 
una nota tesi dottrinale che, nell'interpretazione del primo comma 
dell'arit. 37, tende a distinguere gli organi che possono entrare tra 
loro in conflitto da quelli legittimati al relativo giudizio (i quali ultimi 
sarebbero unicamente gli organi supremi dei poteri cui i primi appartengono), 
si assume che, nella specie, i conflitti avrebbero dovuto 
essere proposti dalla Corte di cassazione, anzich� dai tribunali direttamente 
interessati, e nei confronti delle Camere, anzich� della Commissione 
d'inchiesta. Senonch�, a prescindere dalle difficolt� che allo 
accoglimento, in generale, di siffatta tesi, derivano dallo stesso testo 
dell'art. 37, dove parlandosi di � conflitto � si allude all'oggetto del 
giudizio,� e non viceversa al giudizio sul conflitto, e dove pe11tanto 
il riferimento agli organi competenti a dichiarare definitivamente la 
volont� dei poteri va inteso come rivolto a designare gli organi confl.
iggenti, e non soltanto quelli legittimarti ad processum, � significativo 
rilevare che la difesa della Commissione esplicitamente ammette -da 
un lato -che alle Commissioni d'inchiesta deve riconoscersi (ed � 
positivamente riconosciuta) un'amplissima autonomia, tanto pi� quando, 
come nel caso in oggetto, siano istituite con legge e senza prefissione 
di termini, quindi destinate a durare oltre le 1slingole legi:slature; 
ed aLtres� ammette -d'11-ltro lato -che attualmente l'ordinamento 
non predispone (almeno, � espressamente �) i congegni attraverso i 
quali l'organo giudiziario �minore� potrebbe sollecitare l'intervento 
della Corte di cassazione, la quale a sua volta (si aggiunge) non pu� 
essere considerata giuridicamente come �superiore � rispetto agli altri, 
senza dire delle perplessit� (anch'esse accennate, ma non risolte, nelle 
deduzioni di costituzione della Commissione) che la struttura �com

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 955 

posita � della stessa Corte di cassazione farebbe sorgere quando si 
volesse pi� precisamente stabilire in quale delle due articolazioni 
(Plrimo Presidente, Sezioni Unite, ecc.) dovrebbe ritenersi .concentrata 
la competenza a proporre conflitto. 

Ma tutte queste ammissioni, riserve e perplessit� finiscono per 
avvalorare indirettamente, anche sul terreno pratico, le conclusioni 
cui la Corte ebbe a pervenire nelle ordinanze nn. 228 e 229, evidenziando 
-da un lato -il carattere �diffuso� che tipicamente contrassegna 
il potere giudiziario, ciascuna componente del quale � idonea 
a � porre in essere pronuncie sulle quali la Corte di cassazione non 
sarebbe in grado di esercitare il proprio sind~cato, se non nei casi 
previsti dai codici di rito e (con la sola eccezione di cui all'art. 41, 
primo comma, cod. proc. civ.) sempre dietro iniziativa di chi sia parte 
in giudizio; nonch� -d'altro lato -l'indipendenza di cui godono, 
durante il corso del loro mandato, le Commissioni parlamentari d'inchiesta, 
anche nei confronti delle Camere, le quali, come non potrebbero 
procedere esse stesse, direttamente, ad inchieste ex art. 82 Cost., 
cosi nemmeno 'sono autorizzate ad interferire nelle deliberazioni adottate 
dalle Commissioni medesime per il pi� proficuo svolgimento dei 
loro lavori. 

� da soggiungere che l'art. 37 della legge n. 87, nel definire i 
conflitti tra poteri la cui risoluzione spetta alla Corte costituzionale, 
non muove dal criterio della definitivilt� degli atti che ne possono 
essere all'origine, ch� anzi in rtali conflitti (a differenza che in quelli 
tra Stato e Regioni o tra Regioni) un atto pu� addirittura mancare, 
essendo sufficiente a determinarli un mero comportamento, anche 
omissivo; ma designa gli organi legittimati a sollevarli ed a resistel'IVi 
alla stregua della loro capacit� ad impegnare l'intero potere. N�, in 
tale ordine di idee, ha riferimento agli organi che -in concreto abbiano 
dichiarato definitivamente la volont� del potere, quanto invece 
agli organi a ci� �competenti�, vale a dire che ne abbiano l'astratta 
possibilit�. 

Perde perci� consistenza il rilievo della difesa della Commissione, 

secondo cui, a norma dell'art. 200 cod. proc. pen., le ordinanze istrut


torie dei tribunali ricorrenti, aJ:le quali seguirono le risposte negative 

della Commissione, sarebbero state (e sarebbero), oltre che revocabili 

come ogni ordinanza, impugnabili unitamente alla sentenza di merito. 

4. -� anche da disattendere l'eccezione di inammissibilit� sotto 
il profilo oggettivo, per mancanza di materia di conflitto e carenza 
di interesse, che, peraltro, nella parte in cui accenna a distinguere 
tra le diverse specie di atti richiesti dai tribunali e rifiutati dalla 
Commissione, finisce per involgere questioni inerenti al merito della 

. 

956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

controversia, o comunque con questo strettamente connesse, sulle quali 
occorrer� soffermarsi in prosieguo. 

Ferma restando tale riserva, pu� e deve essere ribadito che 
sussiste indubbiamente nei casi in esame materia di conflitto e interesse 
a sollevarlo, assumendosi dai tribunali ricorrenti che dal rifiuto 
illegittimamente opposto dalla Commissione risulterebbe menomata la 
sfera di attribuzioni ad essi garantita dalla Costituzione, per l'impedimento 
derivantene all'acquisizione delle prove ritenute necessarie 
per l'accertamento della verit�. N� pu� contestarsi che ogni valutazione 
sulla utilit� e sulla valida utilizzabilit� in giudizio dei mezzi 
di prova � di esclusiva competenza dell'autorit� giudiziaria procedente, 
sottraendosi pertanto a qualsiasi sindacato che non sia quello 
esplicabile dal giudice eventualmente adito in sede di gravame. 

5. -Nel merito, la controversia concerne determinati atti e documenti 
dell'inchiesta antimafia, non inseriti negli Atti parlamentari 
(Documento n. XXIII-2, Septies, della V Legislatura) come allegati 
alla �Relazione sui lavori svolti e sullo stato del fenomeno mafioso 
al termine della V Legislatura�, ivi pubblicata, ma specificatamente 
indicati nell'elenco, anch'esso allegato alla relazione predetta (n. 62), 
denominato � Indice analij;ico della documentazione esistente agli atti 
della Commissione�. Ed il problema di fondo che si dibatte in entrambi 
i giudizi �, dunque, pi� precisamente, se la Commissione abbia l'obbligo 
giuridico di trasmettere all'autorit� giudiziaria tali atti e documenti, 
potendo esimersene soltanto nei casi ed alle condizioni di cui all'art. 342 
cod. proc. pen. (in relazione anche all'art. 352), ovvero se, in considerazione 
delle finalit� di pubblico interesse cui � costituzionalmente 
preordinato il potere di inchiesta e delle prerogative di cui godono 
le Assemblee legislative ed i loro organi, nell'esercJzio delle loro 
funzioni istituzionali (delle quali soltanto � questione nella specie e 
tra le quali certamente rientra la funzione ispettiva, esprimentesi 
tra l'altro attraverso le inchieste), sia da riconoscere alla Commissione 
predetta la facolt� di stabilire se e quali dei suoi atti e relativa 
documentazione debbano essere coperti da segreto, opponibile anche 
agli organi giudiziari. 
La posizione � di assoluta indipendenza � del Parlamento, come 
di altri organi �ai vertici dello Stato�, anche nei loro rapporti reciproci 
(sent. n. 143 del� 1968), � stata pi� volte riaffermata da questa 
Corte (sent. n. 15 del 1969 e sent. n. 110 del 1970: quest'ultima, C)On 
particolare riferimento alle deroghe alla giurisdizione, ammissibili nei 
loro confronti pur se ,� sempre di stretta interpretazione �), che non 
ha mancato, in occasione del conflitto insorto tra la Commissione parla-'~ 
mentare inquirente per. i giudizi di accusa e il giudice istruttore del 

I 


!I

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 957 

tribunale di Roma, di sottolineare la necessit� di contemperare �l'autonomia 
e l'indipendenza del potere giudiziario da ogni altro potere � 
con �l'indipendenza del po�tere politico rispetto ad ogni indebita ingerenza
�, anche da parte del potere giudiziario (sent. n. 13 del 1975). 

Pi� analiticamente, l'indipendenza delle Camere (riflettentesi naturalmente 
sui loro organi) si articola, nella normativa direttamente 
dettata dal testo costituzionale, nell'autonomia organizzativa e normativa 
spettante a ciascuna di �esse (�riserva di regolamento � : art. 64, 
primo comma); nella loro esclusiva competenza alla convalida dei 
propri membri (art. 66); nella non responsabilit� dei medesimi � per 
i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni � 
(art. 68, primo comma: immunit�, sotto questo aspetto, assoluta, che, 
in omaggio al principio democratico rappresentativo, l'art. 122, ultimo 
comma, estende anche ai membri dei Consigli regionali), oltre che 
nella immunit�, che pu� dirsi relativa, di cui al secondo comma del 
detto art. 68 (non proseguibilit� dell'azione penale e di:vieto di arresto 
e perquisizione personale o domiciliare senza autorizzazione dell'Assemblea, 
fuori dei casi di flagrante delitto che comporti obbligatoriet� 
di mandato di cattura). 

Alle quali disposizioni, contenute � nella Costituzione, si aggiungono 
poi, svolgendone ed applicandone i principi, quelle dei regolamenti 
parlamentari, tra cui sono specialmente da ricordare, ai fini 
che qui interessano, l'art. 62 del Regolamento della Camera e il corr�spondenite 
art. 69 del Regolamento del Senato, che attr�buiscono ai 
rispeibtivi Presidenti l'esercizio dei poteri di polizia e la disposizione 
della forza pubblica nell'interno delle Assemblee: poich� da queste 
disposizioni, per lunga tradizione, si suole trarre la regola della cos� 
detta �immunit� della sede� (valevole anche per gli altri supremi 
organi dello Stato) in forza della quale nessuna estranea autorit� 
potrebbe far eseguire coattivamente propri provvedimenti rivolti al 
Parlamento �ed ai suoi organi. Di guisa che, ove gli organi parlamentari 
non vi ottemperassero, sarebbe unicamente possibile provocare 
l'intervento di questa Corte, in sede di conflitto di attribuzione, cos� 
come precisamente � avvenuto nel caso in oggetto. 

6. -Ma � soprattutto da rilevare che, fermo restando che il principio 
fondamentale in materia � quello della pubblicit� degli atti 
parlamentari (art. 64, secondo comma, Cost.), � tuttavia rimesso alla 
valutazione delle Camere (e rientra nella autonomia costituzionale ad 
esse, come sopra accennato, garantita) di derogarvi in singoli casi, 
deliberando di riunirsi in seduta segreta (nella quale ipotesi, gli 
art:t. 34, punto 3�, Reg. Camera e 60, punto 4�, Reg. Senato consentono 
che possano altresi stabilire di non farne stendere processo verbale). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A sua volta, l'art. 72 Cost., nel terzo comma, demanda ai regolamenti 
parlamentari di determinare le forme di pubblicit� dei lavori delle 
Commissioni legislative: al che, codificando una prassi gi� formatasi 
sotto il vigore dei precedenti regolamenti, provvede ora l'art. 65 del 
Regolamento della Camera, disponendo che tale pubblicit� sia assicurata 
� medianite resoconti pubblicati nel Bollettino delle Giunte e delle 
Commissioni parlamentari�, a cura del Segretario Generale. E del 
principio implicito in questa disposizione, espr�essamente dettata per 
le Commissioni legislative, ha fatto applicazione, nel caso in oggetto, 
la Commissione di inchesta, cosi stabilendo nell'art. 1 del suo Regolamento 
interno del 31 luglio 1969 e nell'art. 1 del successivo Regolamento 
del 16 maggio 1973. 

Sempre in tema di pubblici<t�, a parte per ora le .disposizioni regolamentari 
che prevedono il segreto delle Commissioni � nell'interesse 
dello Stato� (art. 65, punto .3�, Reg. Camera, ed analogamente, seppure 
con formulazione pi� generica, parlando di � documenti, notizie 

o discussioni che inter�essano lo Stato�, l'art. 31, punto 3�, Reg. Senato), 
sulle quali dow� tornarsi subito appresso, mette conto rammenitare 
in particolar modo quelle dettate per le indagini conoscitive 
esperite dalle Commissioni, cui viene data facolt� di decidere di non 
fare verbale n� resoconto stenografico delle sedute a dette indagini 
dedicate (art. 144, punto 4�, Reg. Camera, e art. 48, Reg. Senato): 
trattandosi evidentemente di un settore di attivit� parlamentare molto 
vicino a quello delle inchieste. 
7. -Dal complesso dei principi e delle disposizioni richiamate nei 
precedenti nn. 5 e 6 si ricava, dunque, che le Commissioni parlamelntari 
d'inchiesta, le quali, sostituendo necessariamente a norma dell'art. 
82, primo comma, Cost. il plenum delle Camere, a buon diritto 
possono configurarsi come le stesse Camere nell'atto di procedere alla 
inchiesta, sono libere di organizzare i propri lavori, anche stabilendo 
-in fotto od in parte -il segreto delle attivit� da esse direttamente 
svolte e della documentazione risultante dalle indagini esperite: 
e ci� in funzione del conseguimento dei fini istiituzionalmente ad esse 
propri, specificamente indicati, nel c:aso in oggetto, dall'art. 2 della 
legge 20 dicembre 1962, n. 1720, a termini del quale � La Commissione, 
esaminate la genesi e le caratteristiche del fenomeno della 
mafia, dovr� proporre le misure necessarie per reprimerne le manifestazioni 
ed eliminarne le cause�. 
Non vale in contrario l'argomento che l'ordinanza del tribunale 
di Milano vorrebbe trarre proprio dalle disposizioni dei regolamenti 
parlamentari, ricordate alla fine del punto precedente, relative al 
segreto � nell'interesse dello Stato �, poich� tali disposizioni, che lette



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 959 

ralmente non tanto consentono, quanto impongono, la segretezza di 
determinate sedute delle Commissioni, in realt� rimettono pur sempre 
all'apprezzamento politico delle stesse (sicuramente non sindacabile 
dall'Autorit� giudiziaria) di verificare se e quando l']potesi pvevista 
concretamente ricorra; e perci�, nella sostanza, lungi dall'intaccare 
i principi sopra enunciati, ne offrono indiretta conferma. Senza dire 
che la circostanza che, per. particolari casi, sia prescritto un obbligo 
non basterebbe ad� escludere, per ogni altro, una facolt�, che appare 
invece, secondo il gi� detto, insita nell'autonomia delle Camere e dei 
loro organi, .e segnatamente delle Commissioni di inchiesta da esse 
istituite; per le quali ultime la segretezza, che pu� circondarne i laivori, 
� funzionalizzata al conseguimento dei fini alle medesime assegnati. 

Ora, com'� riconosciuto, pu� ben dirsi, unanimemente dalla dottrina 
antica e recente, .tali fini differiscono nettamente da quelli che 
caratterizzano le istruttorie delle autorit� giudiziarie. Compito delle 
Commissioni parlamentari di inchiesta non � di �giudicare�, ma solo 
di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni 
delle Camere; esse non rtendono a produrre, n� le loro relazioni conclusive 
producono, alcuna modificazione giuridica (com'� invece proprio 
degli atti giurisdizionali), ma hanno semplicemente lo scopo di mettere 
a disposizione delle Assemblee tutti gli elementi utili affinch� queste 
possano, con piena cognizione delle situazioni di fatto, deliberare la 
propria linea di condotta, sia promuovendo misure legislative, sia invitando 
il Governo a adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti 
del caso. L'attivit� di inchiesta rientra, insomma, nella pi� 
lata posizione della funzione ispettiva delle Camere; muove da cause 
pontiche ed ha finaut� del pari politiche; n� potrebbe rivolgersi ad 
accertare reati e connesse responsabilit� di ordine penale, ch� se cos� 
per avventura facesse, invaderebbe indebirtamente la sfera di attribuzioni 
del potere giurisdizionale. E, ove nel corso delle indagini vengano 
a �conoscenza di fatti che possano costituire reato, le Commissioni sono 
tenute a farne rapporto all'autorit� giudiziaria, cos� come, nel caso 
in oggetto, la Commissione antimafia si � vincolata a fare con i propri 
regolamenti interni sopra citati, del 1969 e del 1973, e, stando a quanto 
affermato nella relazione, in pratica ha fatto. 

Come sono diversi i fini, cos� differiscono o possono differire i 
mezzi di cui si avvalgono le Commissioni parlamentari d'inchiesta, 
rispetto a quelli tipici dell'autorit� giudiziaria. Il secondo comma dell'art. 
82 Cost. arttribuisce, bens�, alle prime � gli stessi poteri �, e 
prescrive �le stesse limitazioni�, di quest'ultima, e ci� per consentire 
loro di superare, occorrendo, anche coercitivamente, gli ostacoli nei 
quali potrebbero scontrarsi nel loro operare. Ma le Commissioni restano 
libere di prescegliere modi di azione diversi, pi� duttili ed 


960 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esenti da formalismi giuridici, facendo appello alla spontanea collaborazione 
dei cittadini e di pubblici funzionari, al contributo di studiosi,, 
ricorrendo allo sipoglio di g.iornal.i e riviste, e via dicendo. Come 
esattamente fu notato da una antica dottrina, le persone dalle Commissioni 
interrogate non depongono propriamente quali �testimoni�, 
ma forniscono informazioni; e lo stesso � a dirsi delle relazioni varie 
che pubbliche autorit� possono, su richiesta delle Commissioni, ad 
esse presentare con riferimento a determinate situazioni e circostanze 
ambientali, tra cui bene possono trovar posto anche stati d'animo e 
convincimenti diffusi, registrati per quel che sono, indipendentemente 
dalla loro fondatezza, da chi, per la sua particolare esperienza o per 
l'ufficio ricoperto, sia meglio in grado di averne diretta notizia. 

Ma siffatti obiettivi e mezzi di azione, nella loro reciproca connessione, 
postulano logicamente che le Commissioni d'inchiesta abbiano 
il potere di opporre il segreto alle risultanze di volta in volta acquisite 
nel corso della loro indagine, libere rimanendo di derogarvi, 
quando non lo vietino altri principi, ogni qual volta non possano 
derivarne conseguenze tali da impedire o intralciare gravemente l'assolvimento 
del loro compito: specie per venire incontro a richieste provenienti 
da autorit� giudiziarie, in uno spirito di doverosa collaborazione 
tra organi di poteri distinti e diversi, per fini di giustizia. In 
questo senso, il segreto delle Commissioni di inchiesta non corrisponde, 
a rigore, ai vari specifici tipi di segreto previsti dalle norme dei codici 
di diritto e procedura penale, ma pu� qualificarsi piuttosto, pi� genericamente, 
come un segreto funzionale, del quale spetta alle Commissioni 
medesime determinare la necessi,t� ed i limiti. E non importa 
che, nella specie, la Commissione antimafia, nel suo ricordato regolamento 
interno del 1973, abbia ritenuto di affermare un �segreto istruttorio
� e poi un �segreto di ufficio�, ed a quest'ultimo abbia fatto 
riferimento nelle lettere di risposta ai tribunali ricorrenti, che stanno 
alle origini dei sollevati conflitti, adoperando anche circonlocuzioni 
e perifrasi non sempre necessarie, poich� quel che conta � la sostanza, 
e la sostanza � quella che emerge dalle considerazioni fin qui svolte. 

Comunque, che la Commissione antimafia potesse opporre un 
segreto alle richieste delle autorit� giudiziarie non viene contestato, 
se ben si guarda, dallo stesso tribunale di Torino, che, in un primo 
momento, nell'ordinanza 4 giugno 1973, dopo aver affermato in premessa 
che al Parlamento �unicamente spetta, nell'esercizio della discrezionalit� 
politica, di stabilire e in quali limiti dare pubblicit� agli 
atti � dell'inchiesta, invitava l'organo parlamentare al riesame � dell'opportunit� 
di aderire alla richiesta� precedentemente avanzata, con 
riferimento alla documentazione � non pubblicata, pur se di essa vi � 
cenno nel testo delle relazioni�. Mentre poi, nell'ordinanza-ricorso 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

del 18 aprile 1975, il tribunale medesimo sollevava il conflitto, a'Ssumendo 
che con la intervenuta pubblicazione, nel 1972, della �Relazione 
sui lavori svolti e sullo stato del fenomeno mafioso, al termine 
della V Legislatura�, sarebbe venuto meno il segreto per determinazione 
della stessa Commissione, per avere questa disposto di pubblic'are 
tra gli allegati alla Relazione predetta l'indice analitico cui si � sopra 
accennato al punto 5. 

Ma ~i tratta di un equivoco, nel quale d'altronde cade anche la 
dUesa del tribunale di Milano, insistendo, sia pure in linea subordinata, 
su analoga tesi. Altro �, infatti, pubblicare una serie di documenti, 
quali appunto quelli di cui agli allegati da 1 � a 61 uniti alla 
relazione presentata al termine della~ V Legislatura, a1tro pubblicare 
un indice di documenti tuttora detenuti dalla Commissione; alitra cosa 
� �esteriorizzare il contenuto di certi arbti, altro limitarsi a renderne 
nota 1'esistenza. 

E poich�, come a suo luogo non si � mancato di rilevare, il contrasto 
tra Commissione e tribunali ricorrenti verte esclusivamente 
intorno a documenti inclusi nell'indice, rimangono ferme le conclusioni 
fin qui raggiunte, nel senso che la Commissione d'inchiesta disponeva 
e dispone, in funzione delle proprie finalit�, del regime di pubblicit� 
o di segretezza dei documenti in questione. 

8. -Tali conclusioni, peraltro, come dovrebbe ri~ultare implicito 
nel gi� detto, valgono limttatamente' alla documentazione relativa ad 
accertamenti svolti o direttamente disposti dalla Commissione, oltre 
che alle discussioni che hanno avuto luogo nel corso delle sue sedute 
e alle valutazioni ed apprezzamenti in quella sede espressi, ma non 
divulgati attraverso le relazioni pubblicate, e sono logicamenite estensibili 
ad esposti ed anonimi ad essa rivolti. 
Le considerazioni che precedono quanto ai particolari metodi di 
indagine cui una Commissione d'inchiesta pu� ricorrere, alla natura 
confidenziale o comunque riservata che possono avere le informazioni 
ad essa fornite o da essa raccolte, delle quali non sempre la Commis.sione 
� in grado di accertare con sufficiente sicurezza la piena conforn�st� 
al vero, giustificano, infatti, la eventuale segretezza dei risultati 
in tali forme acquisiti, e di questi soltanto, anche per non esporre 
quanti forniscono informazioni al rischio di conseguenze dannose. Ed 
� o�vvio che anche la sola prospettiva di consimili rischi costituirebbe 
una remora non indifferente per gli interessati, minacciando di compromettere 
il conseguimento, non soltanto delle finaUt� della singola 
inchiesta, ma altres�, in prospettiva, di ogni possibile inchiesta futura, 
vanificando in definitiva il potere che l'art. 82 Cost. conferisce alle 
Camere. 


962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

9. -Entro l'ambito test� precisato, il limite che dal segreto funzionale 
delle Commissioni d'inchiesta (cui esse soltanto hanno facolt� 
di derogare) pu� derivaTe all'.esel'cizio della funzione giurisdizionaJe, 
al diritto di difesa delle parti, essenzialmente connaturato al suo vario 
esplicarsi, non pu� essere giudicato illegittimo. 
A criteri analoghi si � ispirata la sentenza n. 13 del 1975, sopra 
citata, in tema di rapporti tra giurisdizione penale e potere politico; 
mentre, per quel che pi� pa:ct;icolarmente concerne il diritto di difesa 
garantito nell'ar,t. 24 Cost., la Corte nella sua giurisprudenza, costantemente 
affermandone il carattere di diritto fondamentale, ha pi� volte 
avuto occasione di rilevare come non sia da escludere che esso abbia 
ad incontrare determinati limiti, necessari a contemperarne la tutela 
con quella pure spettante ad altri interessi costituzionalmente rilevanti; 
purch� in ogni caso detti limiti �non siano di entit� tale da 
comprometterne seriamente l'esercizio� (sent. n. 175 del 1970), o 
peggio da ridurlo ad un nome vano. 

Il che non si verifica quando una Commissione d'inchiesta si 

attenga al criterio, nella specie adottato, come risulta dal resoconto 

della seduta del 16 novembre 1972, di indicare alle autorit� che ad 

essa richiedono documenti copel'ti dal suo segreto �le fonti delle 

notizie raccolte... in modo che le predette autorit� siano poste in grado 

di svolgere in materia propri autonomi accertamenti�. 

Pu� aggiungersi, con specifico riguardo alla presente controversia, 
che non soltanto l'ampiezza delle relazioni gi� pubblicate e l'abbondanza 
della documentazione allegata, ma la stessa formulazione dell'indice, 
che costituisce, come accennato, un vero e proprio sommario, sono 
suscettibili di offrire ai tribunali ricorrenti una traccia tutt'altro che 
esigua per procedere essi stessi, ove lo ritengano, agli incombenti istruttori 
del caso, nei modi e nelle forme previste dal codice di rito. 


10. -D'altro canto, non tutti i documenti nella specie richiesti dai 
tribunali ricorrenti e rifiutati dalla Commissione si riferiscono ad atti 
da questa formati o direttamente disposti ai propri fini e secondo i propri 
metodi di lavoro. Sono, infatti, tra essi ricompresi anche atti precostituiti 
da altre autoriit� o da enti pubblici, nell'esplicazione dei loro compiti 
istituzionali; come pure documenti privati e scritti anonimi. 
Di questi ultimi, consistenti in un esposto rivolto alla Commissione 
da Michele Pantaleone nonch� in letter�e anonime aventi riguardo al 
medesimo, del pari indirizzate alla Commissione (doc. di cui al n. 846 
dell'indice allegato alla relazione pubblicata nel 1972, nn. 2 e 3), si 
� gi� detto sopra, al punto 8 della motivazione, che debbono essere 
assimilati a quelli formati o disposti dalla Commissione, perch� nessuna j 
differenza sostanziale sussiste tra deposizioni o confidenze da questa ! 

I

I 

i 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

raccolte ed esposti o lettere, anche se anonime, ad essa direttamente 
pervenuti. Non vi �, pertanto, obbligo di trasmetterli ai giudici richiedenti. 


Tra gli altri atti che la Commissione semplicemente detiene, una 
considerazione a parte meritano quelli indicati ai nn. 787 e 788 dell'indice 
pi� volte citato, e precisamente i verbali di trascrizione delle intercettazioni 
telefoniche, nonch� le trascrizioni dei relativi nastri magnetici, 
riferentisi all'apparecchio di Italo Jalongo, trasmessi dalla PrQcura 
della Repubblica presso il tribunale di Roma e dalla Questura di Roma. 

Questi documenti, inerendo ad un procedimento penale in corso di 
istruttoria, erano e sono gi� a disposizione del potere giudiziario, complessivamente 
considerato, entro l'ambito del quale non mancano gli 
strumenti suscettibili di consentirne ai giudici che vi abbiano .interesse 
l'acquisizione, n� gli strumenti per dirimere eventuali contrasti� tra 
i'una e l'altra autorit� giudiziaria (art. 51 cod. In'OC. 1PeD.). E non pu� 
ritenersi illegittimamente menomata la sfera di attribuzioni del potere 
giudiziario, per il fatto che la Commissione parlamentare, organo di 
un diverso potere, abbia rifiutato di consegnarli al tribunale di Milano, 
invitandolo per l'appunto a procurarseli presso l'altra autorit� giudiziaria 
investita del processo cui originariamente pertengono. 

Per tutto il resto, e sempre nell'ambito della specie di atti e docu


menti di cui ora .si discorre, in ordine ai quali la Commissione non pu� 

invocare il proprio segreto funzionale (e non ha, in effetti, invocato), 

si itratta di accertare se e per quali tra essi i soggetti da cui origina


riamente provengono fossero, alla stregua di specifiche norme di legge 

(della cui legittimit� costituzionale non sorge questione nei presenti 

conflitti) tenuti ad un segreto opponibile anche all'autorit� giudiziaria 

penale. 

Ma l'ipotesi non ricorre nella specie. Ed infatti: 

1) il prospetto dei voti preferenziali delle elezioni regionali 1963 

nella Provincia di Palermo, trasmesso da quella Prefettura (doc. di 

cui al n. 69 dell'indice, richiesto dal tribunale di Torino) non pu� 

considerarsi comunque segreto e la Commissione pel'tanto ha l'obbligo 

di trasmetterlo al tribunale predetto; 

2) considerazioni analoghe e identiche 'concil.usioni viai1gono per gli 

atti della Commissione d'inchiesta del Consiglio della Regione Lazio 

sul caso Rimi ed i relativi resoconti stenografici (doc. di cui ai nn. 736 

e 784 d�ll'indice, richiesti dal tribunale di Milano); 

3) appartengono alla categoria di atti coperti da segreto d'uf


ficio o professionale, non opponibile peraltro all'autorit� giudiziaria in 

sede penale: 

-le copie delle deliberazioni della Cassa di Risparmio � Vit


torio Emanuele � di Palermo, relative ai rapporti tra la Cassa mede



964 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sima ed il Vassallo, e gli estratti conti delle varie operazioni (doc. di 
cui al n. 8, nn. 1 e 2, richiesti dal tribunale di Torino); 

-la �documentazione varia� della Questura di Palermo, relativa 
alla proposta di assegnazione a soggiorno obbligato di Francesco 
Vassallo (doc. di cui al n. 627, richiesto dal tribunale di Torino); 

-il fascicolo personale intestato al medesimo presso il Comando 
della Guardia di finanza di Palermo, riferentesi alle infrazioni 
valutarie accertate nei suoi confronti e comprendente altres� note informative, 
documentazione e corrispondenza varia (doc. di cui al n. 12, 
richiesto dal tribunale di Torino); 

-l'aLtro fascicolo personale, intestato ad ltalo Jalongo e trasmesso 
dalla Questura di Roma (doc. di cui al n. 790, richiesto dal 
tribunale di Milano). 

In ordine ai quali tutti va pertanto affermato l'obbligo della Commissione 
parlamentare di trasmetterli ai tribunali richiedenti, restando 
pur sempre esclusi, in conformit� dei princ�pi sopra affermati ai punti 
7 e 8 della motivazione, eventuali atti inseriti nei documenti ora elencati, 
ma formati dietro speeifica richiesta della Commissione medesima 
e ad essa rivolti. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 ottobre 1975, n. 234 -Pres. Bonifacio -
Rel. Og�ioni -PuT1Pi ed altri; Presidente Constiglio Miintstrii. (sost. 
avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Adozione -Famiglia -Adozione speciale dei figli legittimi � Effetti � Que-��� 

stione di legittimit� costituzionale � Non � fondata. 

(Cost. artt. 3, 29, 30, 31; legge 5 giugno 1967, n. 431). 

Non � fondata, in riferimento agli artt. 3, 29, 30 e 31 Cest., ia: 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 
314/26 cod. civ., nei limiti in cui consentono che sia dichiarata l'adozione 
speciale dei figli legittimi, nonostante l'opposizione dei genitori, con 
l'effetto della cessazione di ogni rapporto tra l'adottato e la famiglia 
di origine, salvi i divieti matrimoniali e le norme penali fondate sui 
rapporti di parentela (1). 

(1) Sull'istituto dell'adozione speciale in funzione della tutela dell'interesse 
del minore abbandonato, cfr. Corte Cost. 3 dicembre 1969, 
n. 145, in questa Rassegna 1969, I, 1004; 6 luglio 1971, n. 158; ivi, 1971, 
I, 999; 20 marzo 1974, n. 76, ivi, I, 774. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 965 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 ottobre 1975, n. 235 -Pres. Bonifacio Rei. 
De Marco -Pirillo e Galanello (n. c.); Presidente Consiglio 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Circolazione stradale -Patente di guida -Sospensione prefettizia -Questione 
di legittimit� costituzionale -Non � fondata. 

Non � fondata, in riferimento agli artt. 3, 16, 24, e 25 Cost., la 
�questione di legittimit� costituzionale dell'art. 91, secondo comma, del 

d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 (codice della strada), in quanto detta norma, 
che conferisce al Prefetto il potere di sospendere la patente, non 
� in contrasto col principio della libert� di circolazione (1 ). 
(Omissis). -Si tratta del secondo comma dell'art. 91 del d.P.R. 
15 giugno 1959, n. 393 (codice della strada), che dispone: �La patente 
pu� essere sospesa dal prefetto alle persone diffidate ai sensi 
dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 � e che, come si � 
riferiito in narrativa, viene denunziato a questa Corite perch� sarebbe 
in contrasto : 

a) con l'art. 3 della Costituzione, in quanto riserverebbe un 
trattamento diverso a persone che si trovano nella identica posizione 
di diffidati; 

b) con l'art. 16 della Costttuzione, in quanto la sospensione 
della patente, non essendo limitata nel tempo o sottoposta a periodici 
riscontri dei mottvi che l'hanno determinata, comporterebbe una limitazione 
della libert� di circolazione eccedente i limiti consentiti da 
tale precetto costituzionale; 

c) con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, in quanto 
non sarebbe assicurata alcuna difesa al diffidato; 

d) con l'art. 2.5, comma primo, della Costituzione, in quanto 
introdurrebbe una misura di prevenzione la cui applicazione sarebbe 
sottratta al giudice naturale. 

2. -Prima di passare all'esame di tali censure deve premettersi 
che sono distinte e diverse le sfere di attribuzioni che il legislatore 
ha riitenuto conferire da un lato al prefetto, dall'altro all'autorit� 
giudiziaria. 
(1) Cfr. Corte Cost. 29 aprile 197'1, n. 87, in questa Rassegna, 1971, 
I, 543. 
3 



966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
La netta differenziazione tra queste due distinte sfere di attribuzioni 
ed il criterio fondamentale che serve ad ideilltificarle sono stati 
chiaramente enunciati nelle sentenze di questa Corte n. 6 del 1962 
e n. 87 del 1971: la sfera di attribuzioni riservate al prefertt.o ha per 
oggetto l'attivit� tipicamente amministrativa riguardante il rilascio 
(ed eventuale annullamento o revoca) della patente ed il conseguente 
accertamento della sussistenza dei requisirti e delle condizioni all'uopo 
stabilirti dalla legge; la sfera di attribuzioni riservata all'autorit� giudiziaria 
ha per oggetto la cognizione dei reati preveduti dal codice 
della strada e la conseguente inflizione delle relative pene anche 
accessorie. 

3. -Tanto premesso, si rileva: 
a) che la questione di legittimit� costituzionale in riferimento 
all'art. 3 della CosUtuzione (ordinanze del pretore di Oristano) deve 
essere dichiarata manifestamente infondata, perch� in tali sensi questa 
Corte ha gi� deciso con la citata sentenza n. 87 del 1971 e non � stato 
addotto alcun nuovo argomento che possa giustificare una diversa 
soluzione; 

b) che la questione di legittimit� in riferimento all'art. 16 della 
Costituzione (ordinanza del pretore di Asti) deve del pari essere dichiarata 
manifestamente infondata perch� in tale senso questa Corte 
ha gi� deciso con l'altra sentenza n. 6 del 1962, con la quale si � 
affermato e dimostrato che lungi dall'essere in contrasto con il richiamato 
precetto costituzionale, come si assume con l'ordinanza di rinvio, 
la norma denunciarta ne costituisce applicazione; 

c) che la questione di legittimit� in riferimento all'art. 24, 

comma secondo, della Costituzione, sollevata per la prima volta con 

le due ordinanze del pretore di Oristano, � infondata in quanto avverso 

il provvedimento di sospensione della patente, ovie ne ricorrano gli 

estremi, possono essere esperiti tutti i mezzi di gravame sia in via 

amministrativa sia in via giurisdizionale preveduti dalla legge avv1erso 

gli �atti amministrativi; 

d) che la questione di violazione dell'art. 25, comma primo, 
della Costi<tuzione, pure sollevata per la prima volta con le due ordinanze 
del pretore di Oristano, � del pari infondata, perch� la sospensione 
della patente preveduta dalla norma denunciaita non costituisce 
misura di prevenzione, bens� artto di autotutela consentito dalla potest� 
di revoca, che corrisponde a quella di emanazione di qualsiasi 
atto amministrativo, sia dovuto, sia discrezionale, sempre che concorrano 
gli estremi all'uopo richiesti dalla legge. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 967 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 dicembre 1975, n. 238 -Pres. Oggioni -
Rel. Reale -Stoppa c. Cappello. 

Procedimento civile � Convalida di sfratto per cessazione del rapporto di 

lavoro � Inapplicabilit� del regime vincolistico delle locazioni � Ille� 

gittimit��costituzionale � Esclusione. � 

(Cost. artt. 2 e 3; cod. proc.' civ., artt. 659 e 665). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 659 e 665 
del codice di procedura civile che disciplinano la convalida dello sfratto 
per cessazione del rapporto di lavoro senza applicazione del regime 
vincolistico delle locazioni (1). 

(Omissis). -3. -Le questioni non �sono fondate sotto alcun 
profilo. 

Va considerato, innanzi tutto, che l'art. 659 c.p.c., secondo l'opi


nione comunemente seguita, pu� ricevere applicazione solo quando la 

cessazione del rapporto di prestazione d'opera non � pi� controversa. 

Pertanto non v'� ragione di dolersi della mancata distinzione tra le 

varie ipotesi di scioglimento del rappovto, e segnatamente tra quella 

di 1scadenza del termine prefissato e quella di lic:enziamento illegiJttimo, 

ipotizzate dal giudice a quo, dal momento che in entrambi i casi il 

I

rilascio dell'immobile, osservandosi la speciale procedura di cui all'ar


ticolo 659, pu� essere ordinato solo quando relativamente. allo sciogli


mento non sussista pi� contestazione. 

Si ricava poi dai lavori preparatori e dal testo della norma impu


gnata che il legislatore ha illlteso riferirsi a quelle situazioni in cui il 

godimento dell'immobile non trova la sua fonte in un distinto contratto 

di locazione ma in un contratto di lavoro; a quelle ipotesi, cio�, nelle 

quali la concessione del godimento di un immobile non � fine a se stessa 

ma riveste nell'economia del contratto, che appunto per questo � carat


terizzato da una diversa funziohe economico-sociale, una rilevanza acces


soria e non primaria, ricollegata alla prestazione d'opera. 

Al contrario, la disciplina vincolistica delle locazioni presuppone 

-come � noto -proprio l'esistenza di un tipico contratto di loca


(1) Sulla costituzionalit� del procedimento di convalida di sfratto cfr. 
Corte Cost. 18 maggio 1972, n. 89, in questa Rassegna 1972, I, 747, e in 
particolare sull'art. 665 cod. proc. civ. cfr. Corte Cost. 27 giugno 1973, 
n. 94, ivi, 1973, I, 1051. 

968 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, e quindi di un contratto nel quale la concessione del godimento 
dell'immobile verso corrispettivo costituisce l'oggetto essenziale dellie 
pattuizioni delle parti. 

Le situazioni sono quindi diverse. E ci� � sufficiente, secondo i 
principi costantemente affermati da questa Corte, per escludere che 
l'applicazione dell'art. 659 c.p.c., razionalmente interpretato in riferimento 
alle singole fattispecie, la cui identificazione � riservata al giudice, 
comporti violazione dell'art. 3 della Costituzione. 

4. -F~er quanto concerne in modo specifico l'art. 665 c,p.c. (che 
peraltro � stato impugnato non tanto separatamente quanto per i suoi 
riflessi sull'art,. 659) � agevole osservare che se, per quanto si � detto, 
l'esclusione della proroga legale e la correlativa previsione del potere 
di intimare lo sfratto e.la licenza per finita locazione sono giustificate 
nelle ipotesi previste dall'art. 659 c.p.c., non pu� poi ritenersi che il 
procedimento che dall'esercizio di quel potere trae origine determini, 
di per s�, rtra il prestatore d'opera, cui � applicabile l'articolo predetto 
ed i Utolari di un rapporto locatizio, destinatari della disciplina vincolistica, 
una disparit� di trattamento tale da violare l'art. 3 della Costituzione. 
E ci� rtanto pi� se si considera che questa Corte con reiterate 
pronuncie ha, sia pure sotto profili parzialmente diversi, riconosciuto 
che detto procedimento � adeguatamente giustificato dalla specialittl 
della materia e che le sue caratt�ristiche non ledono il diritto alla 
difesa, tutelata dall'art. 24 della Costituzione; ci� sul riflesso che le 
norme del procedimento ordinario non sono le sole che assicurino la 
tutela giurisdizionale e che quindi � da ritenere legittima la creazione 
di un sistema che abbia riguardo alle particolarit� del rapport,o da 
regolare ai fini della salvaguardia d'interessi ritenuti degni di protezione 
giuridica (sent. n. 89 del 1972; n. 94 del 1973 e n. 171 del 1974). 

5. -Gli artt. 659 e 665 c.p.c. sono impugnati anche con riferimento 
all'art. 2 Cost., ma senza alcun collegamento immediato e diretto 
con altre norme della Costituzione. 
Anche rtale questione � pertanto infondata posto che, secondo la 
giurisprudenza di questa Corte, l'art. 2 si limita a proclamare in via 
generale l'inderogabile valore di quei diritti che formano il patrimonio 
inalienabile della persona umana, mentre � nelle norme successive che 
essi sono poi presi singolarmente in considerazione e, come tali, garantiti 
e tutelati (sent. n. 33 del 1974 e n. 37 del 1969). -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZION'ALE 969 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 dicembre 1975, n. 239 -Pres. Oggioni -
Rel. Rossi -Presidente giunta provinciale di Bolzano (avv. Guarino) 
c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Giorgio Azzariti). 

Regione � Provincie autonome del Trentino-Alto Adige � Questioni di costi� 

tuzionalit� di leggi statali proposte in via principale � Limiti di 

ammissibilit�. 

Trentino-Alto Adige � D.L. 2 febbraio 1948 n. 23 sul riacquisto della citta� 

dinanza italiana da parte degli alto atesini � Contrasto col principio 

di tutela ~elle minoranze linguistiche � Insussistenza. 

(Cost., artt. 2 e 6; I. cost. 10 novembre 1971, n. 1, art. 51; d.l. 2 febbraio 1948, 

n. 23). 
La Regione e le Provincie autonome del Trentino-Alto Adige possono 
dedurre direttamente in ricorso avverso leggi statali la violazione 
di norme costituzionali semp1�ech� si concretino in una lesione della 
sfera di competenza costituzionale loro garantita (1). 

Non � fondata, con riferimento al principio di tutela delle minoranze 
linguistiche, la questione di costituzionalit� del d.l. 2 febbraio 
1948 n. 23 che subordina a te1�mini di decadenza l'istanza degli alto 
atesini diretta ad ottenere la revoca dell'opzione della. cittadinanza 
tedesca (art. 1) o il riacquisto della cittadinanza italiana per coloro 
che avessero acquistato quella germanica (art. 2), od escludono dal 
riacquisto (art. 5 in relazione all'art. 2) coloro che, tra l'altro, abbiano 
appartenuto alle SS o alla Gestapo, abbiano ricoperto cariche in altri 
organismi della Germania nazista o dimostrino fanatismo od odiosit�. 
antiitaliana o siano stati condannati come criminali di guerra o per 
collaborazionismo (2). 

(Omissis). -1. -Le questioni proposte dalla Provincia di Bolzano 
possono essere cos� riassunte: a) se contrasti o meno con l'art. 22 della 
Costituzione, che vieta la privazione della cittadinanza per motivi politici, 
l'articolo unico del r.d.l. 10 gennaio 1926, n. 16, secondo cui � 
revocabile per indegnit� politica la concessione della cittadinanza italiana 
in seguito ad opzione effettuata a norma dei trattati di pace 
conseguenti la prima guerra mondiale; b) se contrastino o meno con 
il principio di tutela delle minoranze linguistiche (nel significato risul


(1-2) Sulla inammissibilit� della impugnativa diretta da parte delle 
Regioni e Provincie autonome delle leggi statali che non violino la sfera 
di competenza costituzionale loro garantita cfr. Corte Cost. 18 maggio 
1960, n. 32, in Giurispr. cost. 1960, 537, Corte Cost. 11 marzo 1961, n. 1, 
ivi 1961, 3 e da ultimo Corte Cost. 16 ap['ile 1975, n. 86, ivi 1975, 799. 



970 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tante dall'art. 51 della legge costituzionale n. 1 del 1971, in relazione 
agli artt. 2, 26 e 50 della stessa legge, all'art. 2 dello Statuto per il 
Trentino-Alto Adige e agli artt. 2 e 6 della Costituzione) gli artt. 1 e 
seguenti (segnatamente 2, 3 e 5) del decreto legislativo 2 febbraio 1948, 

n. 23, che subordinano a termini di decadenza l'istanza degli alto atesini 
diretta ad ottenere la revoca dell'opzione della cittadinanza tedesca 
(art. 1) o il riacquisto della cittadinanza italiana per coloro che avessero 
acquistata quella germanica (art. 2), ed escludono dal riacquisto 
(art. 5 in relazione all'a:rit. 2) coloro che, tra l'altro, abbiano appartenuto 
alle SS o alla Gestapo, abbiano ricoperto cariche in altri organismi 
della Germania nazista o dimostrato fanatismo od odiosit� antiitaliana 
o siano stati condannati come criminali di guerra o per collaborazionismo, 
per il dubbio che le norme impugnate, derogando al 
regime generale stabilito dalla legge sulla cittadinanza del 1912, comprimano 
il gruppo etnico di lingua tedesca. 
L'Avvocatura dello Stato solleva eccezioni d'inammissibilit� osservando 
che dovrebbe trovare applicazione il principio di continuit� o, 
alternativamente, ritenersi che il principio di tutela delle minoranze 
linguistiche operi immediatamente in tutti i rapporti giudirici, con 
caducazione del disposto normativo con esso confliggen:te. Le eccezioni 
sono infondate. Risulta, infatti, che nella specie la ricorrente non ha 
denunciato invasione da parte di leggi statali anteriori di competenze 
legislative rivendicate oggi come proprie sulla base della legge costituzionale 
n. 1 del 1971 (sentenza n. 86 del 1975). N� il principio giuridico 
dedotto dall'art. 51 di detta legge, pu� dar luogo, attesa la sua 
formulazione, all'abrogazione delle norme impugnate, le quali quindi, 
nel caso in esame, sono suscettibili di giudizio di legittimit� costituzionale. 


2. -La prima questione, tuttavia, � per altri motivi inammissibile. 
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le Regioni o le 
Provincie autonome possono dedurre in ricorso violazioni di norme 
costituzionali sempvech� si concretino in una lesione della sfera di 
competenza costituzionale loro garantita. L'impugnata norma del 19;.!6 
opera in un ambito che trascende gli interessi della popolazione alto 
atesina di lingua tedesca, riferendosi agli allogeni dei territori gi� 
facenti parte del Regno austro-ungarico che avessero ottenuto la cittadinanza 
italiana in seguito all'opzione prevista dai trattati di pace 
conseguenti alla prima guerra mondiale (cfr. articoli 71 e seguenti 
legge 26 settembre 1920, n. 1321; art. 7 legge 19 dicembre 1920, n. 1778; 
art. 47 leg!?Je 21 febbraio 1923, n. 281). Il denunciato contrasto con 
l'art. 22 della Costituzione non pu� quindi essere oggi prospettato 
come censura autonoma dalla Provincia di Bolzano, e potrebbe venir 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

legittimamente sollevato, in via incidentale, da parte di un giudice che 
fosse chiamato ad applicare il r.d.l. 10 gennaio 1926, n. 16. 

3. -N� appare fondata la seconda questione. 
L'impugnato d.l. 2 febbraio 1948, n. 23, emanato a seguito di consultazioni 
diplomatiche� con I'Austria, ed apprezzato dalle autorit� 
austriache come contenente � norme eque e liberali � nei confronti 
degli optanti naturalizzati, ha preso atto della situazione giuridica e 
di fatto conseguente1 alla legge 21 agosto 1939, n. 1241, ed ai successivi 
accordi i�talo4edeschi, consentendo a coloro che avessero a suo tempo 
volontariamenite rinunciato alla cittadinanza italiana ed acquistato quella 
germanica, di riacquistare la cittadinanza italiana, malgrado le scelte 
precedenti. 

Il legislatore del 1948 ha tuttavia stabilito che le dichiarazioni 
dirette al riacquisto della cittadinanza italiana, dovessero essere presentate 
entro termini di decadenza, e che le categorie di persone, sopra 
sinteticamente descritte, indicate nell'art. 5 della normativa in esame, 
foS'sero escluse dal riacquisto. 

� principalmente contro tali disposizioni che sono dirette le de


nunce della ricorrente, assumendosi che il sistema normativo applica


bile al riacquisto della cittadinanza italiana da parte degli alto atesini 

derogherebbe ingiustificatamente alla disciplina generale stabilita dalla 

legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza, mediante disposizioni 

speciali che pregiudicano il gruppo minoritario di lingua tedesca. 

Per quanto concerne il regime di coloro che, avtendo soltanito 
optato per la cittadinanza germanica, non l'abbiano tuttavia acquistata, 
l'impugnato d.l. n. 23 del 1948 consente che essi conservino la 
cittadirianza italiana sol che dichiarino di revocare l'opzione nei termini 
di decadenza stabiliti dall'art. 3. Questo ne determina variamente 
la durata, da un minimo di 90 giorni ad un massimo di un anno con 
possibilit� di remissione in termini, in maniera adeguata alle varie 
ipotesi considerate e non diversa dalla predisposizione di altri termini 
di decadenza previsti dall'ordinamento giuridico italiano. 

L'art. 5 della normativa denunciata risulta disposizione specifica 
e limitatrice dei poteri governativi rispetto all'art. 9 della legge generale 
del 1912, secondo cui il Governo pu� rendere inefficace il riacquisto 
della cittadinanza �per gravi motivi e su conforme parere del 
Consiglio di Stato�. Nel caso degli alto atesini i motivi sono assai pi� 
circoscritti: occorre che le persone indicate nell'art. 2 del d.l. del 1948 
abbiano ricoperto importanti incarichi nella SOD, nella ADEURST, 
nella ADO, abbiano fatto parte della Gestapo, siano stati ufficiali o 
sottufficiali delle SS; siano stati condannati come criminali di guerra 
o per collaborazionismo, si siano resi colpevoli di atti di crudelt� o 


972 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�di grave persecuzione in danno di cittadini italiani; abbiano dimostrato 
faziosit� nazista, fanatismo o odiosit� antiitaliana nella !Ill'01pagan.da per 
le opzioni tra il 23 giugno 1939 e il 5 maggio 1945 (art. 5 citato d.l. 
del 1948). 

La previsione di ipotesi specifiche in raffronto all'ampio tenore 
della legge generale sulla cittadinanza, dimostra che la normativa impugnata 
non lede il principio di tutela del gruppo etnico minoritario. 
Le norme procedimentali in esame assicurano infatti ogni garanzia 
gi� nella fase amministrativa, prevedendo che il parere in ordine alla 
esclusione dal riacquisto sia emesso, dopo apposita istruttoria in contraddittorio 
con l'interessato, da una commissione presieduta da un 
magistrato e composta, su base paritetica, da membri facenti parte 
dei due gruppi linguistici, nel rispetto del principio costituzionale 
invocato. 

Ferma restando1 la distinzione tra revoca della concessione della 

cittadinanza ed esclusione dal riacquisto di chi, acquistando una citta


dinanza straniera, abbia volontariamente rinunciato a quella italiana, 

pu� ancora aggiungersi che i casi di esclusione previsti per gli alto 

atesini rispondono in generale agli stessi criteri che legittimano la 

perdita della cittadinanza secondo la legge italiana del 1912 ed i testi 

normativi corrispondenti di molti paesi europei. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 dicembre 1975, n. 240 -Pres. Oggioni -
Rel. Trimarchi -Presidente giunta provinciale di Bolzano (avv. 
Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
Stato Giorgio Azzadti). 


Trentino-Alto Adige � D.P.R. 1 febbraio 1974 n. 50 sull'esercizio del diritto 

di voto per l'elezione del consiglio regionale e dei consigli comunali 

della provincia di Bolzano -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 

(Stat. spec. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 2, 4, 25, 56 e 63; d.P.R. 1� febbraio 1973, 

n. 30, art. 9, comma terzo). 
Non � fondata, con riferimento agli artt. 2, 4, 25, 56 e 63 dello 
statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, la questione di 
legittimitd costituzionale dell'art. 9, comma terzo, del d.P.R. 1� febbraio 
1973 n. 50 limitatamente agli incisi � ... qualora abbiano esercitato 
la facoltd prevista dall'art. 11, secondo comma, del citato testo 
unico n. 223, chiedendo l'iscrizione nelle liste elettorali per un comune 
della Regione Trentino-Alto Adige � e � ... semprech� abbiano esercitato 
la predetta facolt� �. 


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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -1. -Con il ricorso introduttivo del presente giudizio 
la Provincia autonoma di Bolzano chiede che, in riferimento agli articoli 
2_, 3, 6 e 48 della Costituzione, agli artt. 2, 4, 25, 56 e 63, dello 
Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (t.u. 31 agosto 1972, 

n. 670) ed al principio di tutela delle minoranze linguistiche, sia dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale dell'art. 9, comma terzo, del d.P.R. 
1� febbraio 1973, n. 50 (esercizio del diritto di voto per le elezioni del 
Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, nonch� per quelle dei Consigli 
comunali della Provincia di Bolzano, in attuazione della legge 
costituzionale 10 novembre 1971, n. 1) limitatamente agli incisi � ... qualora 
abbiano esercitato la facolt� prevista dall'art. 11, secondo comma, 
del dtato testo unico n. 223, chiedendo l'iscrizione nelle liste elettorali 
per un comune della Regione Trentino-Alto Adige... � e � ... semp,rech� 
abbiano esercitato la predetta facoH� �. 
2. -Assume la Provincia ricorrente che �il cittadino cancellato 
dal registro della popolazione stabile per emigrazione definitiva all'estero, 
che rientri in Italia dopo che siano scaduti i primi sei anni di emigrazione, 
anche se non abbia fatto la richiesta di reiscrizione di cui al 
comma secondo dell'art. 11, t.u. 20 marzo 1967, n. 223, � in grado di 
riacquistare immediatamente, al suo rientro in Italia, il diritto elettorale 
attivo, per il solo fatto di fissare la residenza in uno dei comuni 
della Repubblica�, e che invece il cittadino, il quale sia emigrato 
all'estero dopo avere gi� maturato un quadriennio di residenza in uno 
dei comuni del territorio regionale del Trentino-Alto Adige o dopo 
avervi gi� trascorso un periodo di tempo inferiore, e rientri dall'estero 
direttamente in tale territorio, riacquista il diritto elettorale solo subordinatamente 
all'esercizio della facolt� di cui al citato art. 11, comma 
secondo, del testo unico n. 223 del 1967 e viene privato del �beneficio 
della maturazione gi� avvenuta del periodo quadriennale di residenza 
nel territorio della Regione o della utilizzazione del minor periodo che 
vi abbia trascorso, ed ancor pi� dello stesso diritto elettorale fino a 
quando non siano trascorsi quattro nuovi anni. 
La norma denunciata, pertanto, violerebbe in modo specifico gli 
artt. 25' e 63 del d.P.R. n. 670 del 1972, perch� �il diritto di esercitare 
l'elettorato attivo dopo che si sia risieduto per quattro anni nel territorio 
regionale ha carattere assoluto e non pu� essere subordinato, dalla 
legge o dalla norma di attuazione, ad alcuna ulteriore condizione �' 
e perch� l'art. 9, invece, come si � detto, subordina tale diritto costituzionale 
assoluto al 1empestivo esercizio della facolt� di cui all'ar,t. 11 
del d.P.R. n. 223 del 1967. 

Si avrebbe inoltre la diretta violazione dell'art. 2 dello Sta1uto 
speciale che riconosce nella Regione �parit� di diritti ai cittadini�, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in relazione agli artt. 3 e 48 della Costituzione, e agli artt. 25 e 63 dello 
Statuto. Mentr,e il cittadino che abbia acquisito il diritto all'elettorato 
nella Regione e che quivi ritorni direttamente dopo l'emigrazione 
all'estero, viene costretto ad esercitare tempestivamente la ripetuta 
facolt� di cui al citato art. 11, comma secondo, del t.u. n. 223 sotto 
pena di perdere diversamente il diritto elettorale per un quadriennio, 
e se non esercita quella facolt� viene privato in assoluto del diritto 
elettoraile per un ipeviodo quadriennale (poi1ch� non pu� ottenere l'iscrizione 
nella !Lista ,elettor:a~e n� in un comune deillla R,egi001e, n� in un 
qualsiasi altro comune della Repubblica); il cittadino residente in altro 
comune della Repubblica e che nel rimanente rterritorio dello Stato si 
stabilisca al ritorno dall'emigrazione, � in grado di esercitare il diritto 
all'elettorato non appena rientrato in Italia. 

La Provincia ricorrente tende, cos�, attraverso la richiesta di declaratoria 
dell'illegittimit� costituzionale dei detti incisi dell'art. 9, 
comma terzo, sopra indicati, a che sia affermato che il cittadino italiano, 
il quale abbia gi� maturato il quadriennio di residenza nel territorio 
della Regione Trentino-Alto Adige, sia emigrarto all'estero e dopo 
sei anni faccia direttamente rirtorno nel territorio della Regione, sia 
in grado di ottenere la immediata iscrizione nelle liste elettorali, in 
conformit� di quanto dispone l'art. 25 dello Statuto speciale (1t.u. n. 670 
del 1972), o possa riunire al periodo di residenza in passato trascorso 
il nuovo periodo, al fine di completamento del quadriennio. 

3. -La situazione del cirttadino che emigri definitivamente o meglio 
stabilmente, ai fini che interessano la tenuta delle liste e degli schedari 
elettorali e per le conseguenti posizioni giuridiche in ordine al diritto 
elettorale attivo, � considerata nell'art. 11 del t.u. n. 223 del 1967. 
A norma del primo comma, il cittadino (cancellato dal registro di 
popolazione stabile, e cio� dall'anagrafe della popolazione residente nel 
comune) resta iscritto nelle liste elettorali del comune stesso per sei 
anni a decorrere dalla data della eliminazione da1Ha predetta anagrafe 
della popolazione residente, semprech� conservi i requisiti per essere 
elettore, A norma del secondo comma, lo stesso cittadino pu� durante 
il sessennio chiedere la conservazione dell'iscrizione nelle dette liste 
e se vi procede, acquista il diritto a mantenere l'iscrizione in tali liste 
senza alcun limite di tempo. Se non avanza la richiesta, allo scadere 
del sessennio � cancellato dalle liste; in tal caso, per�, pu� chiedere 
la reiscrizione semprech� sia in possesso dei prescritti requisiti. Ed 
infine se (non � stato mai iscritto nelle liste elettorali o) dalle liste � 
stato cancellato, pu� chiedere l'iscrizione nelle liste elettorali del co

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

mune di nascita o del comune di nascita dei propri ascendenti o (se 
donna straniera che abbia acquistato la cittadinanza italiana a seguito 
di matrimonio contratto con il cittadino italiano) del comune nelle cui 
liste elettorali il madto si trova o del comune di nascita dello stesso. 

Qualora il cittadino, emigrato stabilmente all'estero, rientri definitivamente 
dall'estero e si stabilisca in un comune non compreso nel 
territorio della Regione Trentino-Alto Adige, pu� esercitare sin da 
quel momento il diritto elettorale attivo se iscritto nelle liste elettorali 
di quel comune o potr� esercitarlo a far tempo da quando, a seguito 
della iscrizione nel registro ~i popolazione stabile, sar� d'ufficio iscritto 
nelle liste elettorali del ripetuto comune. 

Parzialmenrte diversa � la disciplina che si riferisce al cittadino 
che, prima dell'espatrio e sino a quel momento, abbia avuto la residenza 
in un comune del �territorio della Regione Trentino-Alto Adige 
per un periodo ininterrotto di almeno quattro anni o per un periodo 
minore. Anche nei suoi confronti, finch� risiede all'estero, sono applicabili 
le norme sopra indicate relative al mantenimento dell'iscrizione 
nelle liste elettorali per un sessennio, e alla richiesta di conservazione 
dell'iscrizione, o di reiscrizione; e per lui, inoltre, � prevista la possibiUt� 
(ex art. 9, comma terzo, del d.P.R. n. 50 del 1967) di chiedere 
l'iscrizione nelle liste elettorali per un comune della Regione TrentinoAlto 
Adige. Rientrato definitivamente dall'estero nel territorio della 
Regione, tale cittadino nella prima delle due ipotesi sopra dette � considerato 
residente nella Regi�ne da almeno quattro anni qualora abbia 
esercitato la facolt� prevista dall'art. 11, secondo comma, del t.u. n. 223 
chiedendo l'iscrizione nelle liste elettorali per un comune della Regione, 
e dal momento del rientro potr� esercitare il diritto elettorale attivo 
nella Regione. Se quella facolt� non abbia esercitato e non sia comunque 
iscritto nelle liste elettorali del Comune ove ha fissato la residenza, 
ottenuta l'iscrizione nel registro di popolazione stabile occorrer� 
il decorso di un nuovo periodo quadriennale ininterrotto di residenza 
nel comune perch� egli possa ottenere l'iscrizione nelle liste 
elettorali. 

Quando il cittadino sia emigrato all'estero dalla Regione nel corso 

del quadriennio e sia quindi iscritto nelle liste elettorali aggiunte di 

altro comune della Repubblica, permane iscrttto in quest'ultimo co


mune. Se, per altro, il cittadino rimpatria e si stabilisce nella Regione, 

dopo aver chiesto di essere iscritto nelle liste elettorali di un comune 

di essa, ai fini del compimento del quadriennio di residenza nella 

Regione, gli viene riconosciuto anche il periodo di residenza� ivi tra


scorso prima del trasferimento all'estero. Se non ha avanzato la detta 

iichiesta, ai detti fini il periodo di tempo ora indicato non gli giova. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -� titolare del diritto elettorale attivo ogni cittadino che abbia 
raggiunto la maggiore e't�, e non si trovi in alcuna delle condizioni 
previste dagli artt. 2 e 3 del t.u. n. 223 del 1967. 
Per l'esercizio .del diritto, inoltre, l'elettore deve risultare iscritto 

nelle liste elettorali, in quanto l'iscrizione � una condizione indispen


sabile salvo che, in mancanza, l'interessato presenti una sentenza che 

lo dichiari elettore, a norma dell'art. 47 del t.u. 30 marzo 1957, n. 361, 

e dell'art. 39 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, e ai sensi delle corri


spondenti norme delle leggi elettorali regionali. 

Per il cittadino residente all'estero sono dettate le norme sopra 
indicate, per la tenuta delle liste elettorali e per l'iscrizione nelle 
stesse. Tra tali norme sono quelle contenute nell'avt. 11, primo e secondo 
comma, del t.u. n. 223 del 1967. E per esse non dovrebbe dubitarsi 
(in contr.asto con quanto assume, invece, la Provincia ricorrente 
con le consideraz~oni svolte in memoria) della loro conformit� a Costituzione 
(art. 48) per ci� che prevedere l'onere di chiedere la conservazione 
dell'iscrizione nelle liste ovvero la reiscrizione non integra una 
limitazione del diritto: il comportamento necessitato, a parte il fatto 
�che, se posto in essere, � dimostrativo o indica~ivo di una persistente 
volont� o persuasione del cittadino (residente stabilmente all'estero) 
di essere legato alla madre patria, non costituisce in s� un rilevante 

sacrificio della sfera di libert� e di autonomia del soggetto. 

Per i cittadini che rimpatrino definitivamente dall'estero, non vi 

� identit� di trattamento, circa l'iscrizione nelle liste elettorali e la 

concreta possibilit� di esercitare il diritto elettorale attivo: c'�, infatti, 

il cittadino che, emigrato all'estero dopo aver compiuto il quadriennio 

ininterrotto di residenza nella Regione o nel corso di detto quadrien


nio, all'atto del rimpatrio si stabilisca nella Regione, ed il cittadino 

che non trovandosi in quelle condizioni all'atto dell'espatrio, rimpatri 

del pari e si stabilisca in un comune non compreso nel territorio della 

Regione. 

Ma la normativa che prevede e comporta tale disparit� di t;ratta


mento, ed in particolave quella oggetto di denuncia, ha una sua ade


guata e razionale giustificazione. 

Giova, anzitutto, tener presente che l'art. 25, ultimo comma, del 

t.u. del 1972 (nonch� l'art. 63 che all'art. 25 rinvia) detta una norma 
in materia di esercizio del diritto elettorale attivo, nel territorio della 
Regione Trentino-Alto Adige, nelle elezioni regionali e comunali (della 
Provincia di Bolzano), secondo cui �per l'esercizio del diritto elettorale 
attivo � richiesto il requisito della residenza nel territorio regionale 
per un periodo ininterrotto di quattro anni�� 
La norma, dettata all'evidente scopo di � impedire che, mediante 
affrettate ed artificiose iscrizioni anagrafiche dell'ultima ora, possano 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 977 

essere diluite le minoranze di lingua tedesca e ladina� (come esattamente 
rileva l'Avvocatura generale dello Stato), non incide sulla �itolarit� 
del diritto (per cui -si ripete -sono richiesti i requisiti positivi 
e negativi di cui agli artt. 1, 2 e 3 del t.u. n. 223, in coerenza con 
il disposto dell'art. 48 della Costituzione), ma solo sull'esercizio. 

Essa � ripresa e svolta dal d.P.R. n. 50 del 1973, secondo cui 
sono 'elettori del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e dei Consigli 
comunali della Provincia di Bolzano i cittadini che risiedono, alla 
data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali, 
ininterrottamente, nel territorio della Regione da almeno quattro 
anni (artt. 1, comma primo, e 5, comma primo). 

E detta norma trova ,esatto riscontro nell'art. 5 della legge regionale 
23 luglio 1973, n. 9, che ha sostituito l'art. 8 della legge regionale 
20 agosto 1952, n. 24, e successive modificazioni. 

Il periodo di tempo a cui si riferisce, � di quattro anni, ininterrotto 
e cio� continuo, e da accertarsi,. iniziando, a ritroso, dalla data 
di pubblicazione del mani:llesto di convocazione dei comizi elettorali. 

Il che significa che il diritto elettorale attivo possa essere esercitato 
nel terr~torio della Regione non da chi vi abbia avuto in qualsiasi 
tempo la residenza per un quadriennio continuo ma solo da chi vi 
abbia risieduto in modo continuativo almeno nel quadriennio anteriore 
alla detta data. 

Essendo codesta la normativa per l'esercizio nella Regione del 
diritto elettorale attivo l� ove, nell'art. 9, comma terzo, del d.P.R. 

n. 50 del 1973, � detto che si considerano residenti nella Regione da 
almeno quattro anni i cittadini che alla darta dell'emigrazione all'estero 
avevano risieduto ininterrottamente nel territorio della Regione per 
almeno quattro anni e che rimpatrino definitivamente dall'estero e si 
stabiliscano nel territorio della Regione; o � detto che colOro che 
all'atto del rimpatrio risultino ancora essere iscritti nelle liste elettorali 
aggiunte, vi permarranno sino a quando non matureranno il prescritto 
periodo residenziale nel territorio regionale, tenuto conto del 
periodo gi� compiuto nello stesso territorio prima del trasferirne~ 
all'estero, sono dettate, per i soggetti trovantisi nelle indicate condizioni, 
disposizioni di favore. 
La residenza per un periodo almeno quadriennale �o inferiore al 
quadriennio nel territorio regionale � ipotizzata come in realt� man.
cante, e la legge ci� nonostante ne presume la esistenza, solo che 
l'interessato, prima di trasferirsi in un comune della Regione, abbia 
esercitato la pi� volte detta facolt� e almeno abbia chiesto l'iscrizione 
nelle liste elettorali per un comune della Regione. 

Ove non fossero state dettate le indicate disposizioni di favore, 
il ci<ttadino, ancorch� iscritto nelle liste elettorali di un comune del 


978 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trentino-Alto Adige, al suo rientro nella Regione non avrebbe potuto 
esercitare il diritto elettorale attivo perch� privo del requisito della 
durata quadriennale e ininterrotta �della residenza e non lo avrebbe 
potuto esercitare fino al verificarsi di codesto requisito. 

5. -Tutto ci� premesso, va preliminarmente osservato che sono 
inammissibili e non possono quindi essere prese in considerazione le 
censure che hanno diretto ed esclusivo riferimento a disposizioni costituzionali 
e precisamente agli artt. 2, 3 e 48 della Costituzione, perch� 
la dedotta violazione non si presenta come lesione della� sfera di competenza 
della Provincia; e che a diversa valutazione (in conformit� 
a quanto detto dalla Corte in precedenti occasioni: sentenza n. 1 del 
1961 e n. 192 del 1970) si presta il riferimento all'art. 6 della Costituzione, 
perch� tale disposizione pu� dirsi invocata come principio 
generale che sta a fondamento dell'art. 2 dello Statuto speciale, illuminandone 
il contenuto, di modo che � e rimane assunta a parametro 
la disposizione statutaria. 
� Risulta ammissibile ma non � fondata la questione come sopra 
sollevata in riferimento agli al'tt. 2 (anche in relazione all'art. 6 della 
Costituzione), 4, 25, 56 e 63 dello Statuto speciale nonch� al principio 
di tutela delle minoranze linguistiche. 

Ed infaitti : 

a) le norme denunciate non contrastano con gli artt. 25 e 63 
del d.P.R. n. 670 del 1972 perch� esse non limitano in alcun modo, 
nei confronti dei cittadini che si trovino nelle condizioni di cui ai 
primi .tre commi dell'art. 9 del d.P.R. n. 50 del 1973, il diritto elettorale 
attivo, e rispettano anzi il disposto statutario secondo cui �per. 
l'esercizio -del diritto elettorale attivo � richiesto il requisito della 
residenza nel territorio regionale per un periodo ininterrotto di quattro 
anni�; 

b) tenuto conto del fatto che per i cittadini residenti nel territorio 
della Regione l'esercizfo del diritto elettorale attivo � subordinato 
alla verificazione, alla data di pubblicazione del manifesto di 
convocazione dei comizi elettorali, dell'anzidetta condizione, appare 
razionale e giustificato che per questi cittadini, all'atto in cui essi 
rientrano definitivamente dall'estero nel territorio della Regione, sia 
previsto un trattamento giuridico non del tutto corrispondente a quello 
previsto� per tutti gli altri cittadini all'atto in cui essi rientrano definitivamente 
dall'estero nel restante territorio nazionale; 

e) la normativa de qua, ove la si consideri in relazione all'eventualit� 
che il cittadino, pur avendo i requisiti di cui agli artt. 1, 2 e 3 
del d.P.R. n. 223 del 1967, possa, per un certo periodo e addirittura 
sino ad un quadriennio, non essere legittimato ad esercitare il diritto 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

979 

elettorale aittivo, non appare costituzionalmente illegittima, poich� quella 
eventualit� � strettamente connessa al particolare requisito voluto 
dall'art. 25, ultimo comma, dello Statuto speciale; 

d) non pu� vedersi nella normativa denunciata alcuna violazione 
deil'art. 2 dello Statuto speciale e del principio di tutela delle 
minoranze linguistiche tedesca e ladina perch� nella Regione � con 
quella normativa riconosciuta parit� di diritti ai cittadini qualunque 
sia il gruppo linguistico al quale appartengono; e correlativamente 
non ricorre neppure la pretesa violazione dell'art. 6 della Costituzione; 

e) infine, non risulta esistente e non � neppure specificato l'asserito 
contrasto delle norme denunciate con l'art. 4 dello Statuto speciale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 dicembre 1975, n. 241 -Pres. Oggioni -
Rel. Astuti -Sindacato Ausiliari Totocalcio c. CONI (avv. Prosperetti); 
Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. g.en. Stato Giorgio 
Azzariti). 

Lavoro . Diritto di svolgere attivit� sindacale all'interno dei luoghi di lavo� 

ro . Inapplicabilit� ai lavoratori autonomi � Illegittimit� costituzio� 

nate � Esclusione. 

(Cost. artt. l, 3, 39; I. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 14, 20, 27 e 28). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 1, 3 e 39 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 14, 20, 
27 e 28 dello Statuto dei lavoratori (l. 20 maggio 1970 n. 300) i quali 
garantiscono ai soli prestatori di lavoro subordinato l'attivit� sindacale 
aziendale mediante riunioni di assemblee nelle unit� produttive e la 
disponibilit� di locali per le rappresentanze sindacali aziendali e le 
relative riunioni (1 ). 

(Omissis). -1. -Il pretore di Genova solleva, in riferimento 
agli artt. 1, 3 e 39, primo comma, della Costituzione, la questione cli 
legittimita costituzionale degli artt. 14, 20, 27 e 28 della legge 20 maggio 
1970, n. 300. Secondo l'ordinanza di rimessione, le norme denunciate 
dello � Statuto dei lavoratori �, in qUla[lto rapplicabilii ai sollii. rapporti 
di lavoro subordinato, con esclusione dei rapporti di lavoro autonomo, 
confliggerebbero con il principio sancito dall'art. 39, primo comma, 
della Costituzione, che assicura la libert� di organizzazione sindacale 
a tutti i lavoratori, � senza distinzione in ordine alla natura del 

(1) Sui criteri di distinzione fra lavoro autonomo e lavoro subordi-~ 
nato cfr. Cass. 2 febbraio 1973 n. 324, in questa Rassegna 1973, I1 369 
con nota di L. SICONOLFI. 

R4SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lavoro svolto, sia esso prestato alle dirette dipendenze di altra persona, 

o pi� o meno autonomamente�. Ulteriore profilo di incostituzionalit� 
dovrebbe inoltre ravvisarsi rispetto agli artt. 1 e 3 della Costituzione, 
di cui il principio enunciato nell'art. 39 � � diretta applicazione e specificazione
�, e �alla luce dei quali la itutela della libert� e della dignit� 
sociale compete senza differenza a tutti coloro che traggano la propria 
fonte di sostentamento dall'esplicazione di attivit� lavorativa, subordinata 
o autonoma che sia �. 
2. -La questione non � fondata. Altro � la libert� di organizzazione 
sindacale, che l'art. 39 della Costituzione riconosce e garantisce 
a tutti i lavoratori, siano essi subordinati o autonomi, ed altro � il 
diritto di svolgere attivit� sindacale all'interno dei luoghi di lavoro, 
che l'art. 14 dello �Statuto dei lavoratori� assicura, nei confronti 
dei datori di lavoro, in necessaria correlazione con l'esistenza di rapporti 
di lavoro o di impiego subordinato. La disposizione dell'art. 14, 
come quelle degli artt. 20 e 27, concernenti l'attivit� sindacale aziendale 
mediante riunione di assemblee nelle unit� produttive, e la disponibilit� 
di locali per le rappresentanze sindacali aziendali e le relative 
riunioni, costituiscono una speciale forma di tutela del lavoro subordinato, 
diretta ad assicurare l'esercizio dell'attivit� sindacale nell'ambito 
dell'azienda, all'interno dei luoghi di lavoro e, sotto certe condizioni, 
nelle singole unit� produttive. Questa particolare tutela � stata 
dettata con riguardo alla posizione dei lavoratori subordinati nell'orga. 
nizzazione dell'impresa, in funzione del fatto che essi prestano con 
continuit� la loro opera nell'interno di una comunit� organizzata di 
lavoro, caratterizzata da vincoli di dipendenza e subordinazione. 

� evidente che i motivi a cui si ispira questa speciale disciplina 
normativa non sussistono nei confronti dei lavoratori autonomi, i quali 
non prestano la loro opera al servizio esclusivo d'un datore di lavoro, 
n� sono permanentemente inseriti in una organizzazione aziendale, con 
vincoli di subordinazione. La essenziale differenza che intercorre tra 
lavoro subordinato e lavoro autonomo giustifica pienamente non solo 
la diversa regolamentazione giuridica di questi rapporti, ma anche 
il diiverso regime di tutela delle due categorie di lavoratori per quanto 
attiene all'esercizio delle attivit� sindacali. Escludendo l'applicabilit� 
ai lavoratori autonomi delle disposizioni degli artt. 14, 20 e 27 della 
legge 20 maggio 1970, n. 300, e conseguent�mente anche dei mezz~ di 
repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro previsti 
dall'art. 28, il legislatore non ha violato n� gli artt. 1 e 39 della Costituzione, 
n� l'art. 3, dato che il principio di eguaglianza postula parit� 
di trattamento solo quando eguali siano le condizioni soggettive ed 
oggettive a cui si riferisce una determinata disciplina giuridica. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

3. -� opportuno precisare che la prospettata disparit� di trattamento 
non sussiste nemmeno nei casi in cui, come nella fattispecie 
che ha dato luogo al presente giudizio, trattisi di attivit� lavorativa 
avente bens� carattere autonomo, ma prestata in favore di un solo 
soggetto, e svolta in locali messi a disposizione dal medesimo. Ci� 
che ha rilievo ai fini della speciale tutela dell'esercizio delle attivit� 
sindacali nei luoghi di larvoro � infatti precisamente il vincolo di subordinazione 
conseguente al rapporto di dipendenza, che si concreta con 
l'effettiva inserzione permanente dei lavoratori nella organizzazione 
aziendale. Ben diversa � invece la posizione di chi, come i cosiddetti 
� ausiliari ~ del CONI-Totocalcio, venga invitato di volta in volita a 
prestare opera quale scrutinatore delle schedine dei GOncorsi-pronostici, 
senza obbligo di presentarsi al lavoro n� sanzioni per l'ingiustificata 
assenza, e quindi anche senza la possibilit� per l'ente di contare 
stabilmente sulle sue prestazioni. Di fronte a tale posizione dei lavoratori, 
per cui lo stesso giudice a quo ha riitenuto di dover escludere 
nel rapporto il carattere della subordinazione, � chiaro che nessuna 
rilevanza pu� attribuirsi al fatto che l'attivit� saltuaria e discontinua 
venga prestata presso un solo soggetto, e nei locali� da questo predisposti. 
La natura del rapporito, data l'effettiva autonomia dei lavoratori, 
non richiede ovviamente alcuna particolare tutela quanto allo 
esercizio dell'attivit� sindacale che essi ben possono svolgere liberamente, 
senza che occorrano speciali forme di garanzia per la sua 
esplicazione nell'interno dei luoghi di lavoro, o nell'ambito di una 
organizzazione aziendale alla quale sono estranei, non essendo legati 
da alcun vincolo di dipendenza. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1975, n. 251 -Pres. Oggiorni -
Rel. De Stefano (Camera di consiglio). 

Costituzione della. Repubblica -Referendum abrogativo -Procedimento Competenze 
dell'ufficio centrale per il referendum e della Corte Costituzionale. 


(Cost. art. 75; 1. 25 maggio 1970, n. 352). 

Delitti contro la integrit� e sanit� delle stirpe -Ammissibilit� del referendum 
abrogativo in ordine alle relative disposizioni del codice penale. 
(Cost" art. 75, secondo comma; cod. pen. artt. 546, 547, 548, 549, comma secondo, 
440, 351, 552, 553, 554, 555). 

Spetta all'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la 
Corte di Cassazione la competenza ad accertare la legittimit� della 
richiesta di referendum prevista dall'art. 75 della Costituzione, anche 
relativamente alle disposizioni di legge che in epoca anteriore o successivamente 
alla richiesta di referendum siano state dichiarate costi



982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuzionalmente illegittime. Spetta, invece, alla Corte Costituzionale giu-dicare 
se la richiesta di referendum abrogativo presentata a norma 
dell'art. 75 della Costituzione sia ammissibile ai sensi del secondo comma 
dell'articolo stesso (1). 

Le disposizioni degli articoli 546, 547, 548, 549, com.ma secondo, 
550, 551, 552, 553, 554 e 555 del codice penale non rientrano tra. 
quelle eccettuate dall'art. 75, comma secondo, della Costituzione e pertanto 
� ammissibile la richiesta di referendum popolare per la loro 
abrogazione (2). 

(Omissis). -1. -Nel complesso procedimento instaurato dalla 
legge 25 maggio 1970, n. 352, al fine di determinare le modalit� di 
attuazione del referendum popolare per l'abrogazione di una legge o 
di un atto avente valore di legge, previsto dall'articolo 75 della Costituzione, 
assumono precipuo rilievo le funzioni demandate all'Ufficio 
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione 
a norma dell'art. 12 della citata legge. Tale Ufficio �, infatti, chiamato, 
dal successivo art. 32, ad accertare che la richiesta di referendum sia 
conforme alle norme di legge, rilevando con ordinanza le eventuali 
irregolarit� e decidendo, con ordinanza definitiva, sulla legittimit� 
della richiesta medesima. Una volta poi espletate le operazioni di votazione 
e di scrutinio, � lo stesso Ufficio che, ricevuti i verbali e i relativi 
allegati, procede all'accertamento delle condizioni prescritte dal 
penultimo comma dell'art. 75 della Costituzione, e alla conseguente 
proclamazione dei risultati del referendum (art. 36 legge cit.). Infine, 
all'Ufficio anzidetto compete dichiarare che le operazioni non hanno 
pi� corso, se, prima della data dello svolgimento del referendum, la 
legge, o l'atto avente forza di legge, o le singo1e disposizioni cui il 
referendum si riferisce, siano stati abrogati (art. 39 legge cit.). 

Al controllo di legittimit� demandato all'apposito Ufficio � preclusa 
soltanto la cognizione dell'ammissibilit� del referendum, ai sensi 
del secondo comma dell'art. 75 della Costituzione (art. 32, comma secondo, 
legge cit.). Per l'art. 2 della legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, 
spetta, infatti, alla Corte costituzionale giudicare se le richieste di 
referendum abrogativo presentate a norma dell'art. 75 della Costitu


(1-2) La sentenza 26 gennaio 1972 n. 10 richiamata in motivazione 
� pubblicata in questa Rassegna 1972, I, 13. 
Va segnalato che successivamente l'Ufficio centrale per il referendum, 
con ordinanza del 7 gennaio 1976 emessa in applicazione dell'art. 39 della 

1. 25 maggio 1970 n. 352, ha dichiarato che le operazioni relative al 
referendum non hanno pi� corso limitatamente all'art. 553 cod. pen., 
mentre non sussistono -allo stato -ragioni ostative allo svolgimento 
delle stesse operazioni relativamente alle altre norme del codice penale 
di cui alla iniziativa in esame. 
~ 
:~ 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

zione, siano ammissibili ai sensi del secondo comma dell'articolo stesso. 
E le modalit� di tale giudizio -in conformit� a quanto previsto dal 
richiamato art. 2 della legge cost. n. 1 del 1953 -sono state appunto 
stabilite dalla citata legge n. 352 del 1970, precisamente all'art. 33. 

Trattasi, dunque, di una competenza che si � aggiunta a quelle 
demandate alla Corte dall'art. 134 della Costituzione; ed il relativo 
giudizio, per il limitato oggetto (sentenza di questa Corte n. 10 del 
1972), per la sua inserzione in un procedimento unitario che si articola 
in pi� fasi consecutive e conseguenziali, per la sua peculiare funzione 
di controllo in ordine ad un atto del procedimento di abrogazione in 
corso, si atteggia con caratteristiche specifiche ed autonome nei confronti 
degli altri giudizi riservati a questa Corte, ed in particolare 
rispetto ai giudizi sulle controversie relative alla legittimit� costituzionale 
delle leggi e degli atti aventi forza di legge. 

2. -Alla stregua di tali premesse, si d� atto che l'Ufficio centrale 
per il referendum, con l'ordinanza del 7 novembre 1975, ha dichiarato 
legittima la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli 
artt. 546, 547, 548, 549, comma secondo, 550, 551, 552, 553, 554, 555 
del codice penale. Ne consegue per la Corte, nella sede attuale, il 
compito di verificare se tali disposizioni appartengano o meno alle 
categorie di leggi sottratte al referendum abrogativo dal secondo comma 
dell'art. 75 della Costituzione (leggi tributarie e di bilancio, di 
amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali). 
3. -Gli articoli dianzi indicati -tutti collocati sotto il Titolo X, 
Dei delitti contro la integrit� e la sanit� della stirpe, del Libro II del 
codice penale -concernono un complesso di ipotesi delittuose, e precisamente 
l'aborto di donna consenziente (art. 546), l'aborto procuratosi 
dalla donna (art. 547), l'istigazione all'aborto (art. 548), la 
morte o lesione della donna derivate dal fatto preveduto dall'art. 546 
(art. 549, comma secondo), gli atti abortivi su donna ritenuta incinta 
'(art. 550), la procurata impo1tenza alla procreazione (art. 552), l'incitamento 
a pratiche contro la procreazione (art. 553), il contagio di 
sifilide o di blenorragia (art. 554); inoltre, l'articolo 551 contempla 
una riduzione delle pene stabilite dagli articoli da 546 a 550, dianzi 
indicati, e dall'art. 545 (del quale non � proposta l'abrogazione), se 
a1cuno dei fatti ivi preveduti � commeisso per �causa di onore; e l'art. 
555 prevede un aumento della pena, e nel caso di recidiva la interdizione 
perpetua dalla professione sanitaria, se il colpevole di uno dei 
delitti preveduti dall'art. 545, dalla prima pa11te e dal secondo capoverso 
dell'art. 546, dagli artt. 548, 549, 550, dalla prima parte dell'art. 
552 e dall'art. 553, � persona che esercita una professione sani



984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

taria. Appare evidente che tali disposizioni non rientrano tra quelle 
eccettuate dall'art. 75, comma secondo, della Costituzione, e pertanto 
� ammissibile la richiesta di referendum popolare per la loro abrogazione, 
una volta che ne � stata dichiarata la legittimit� a mente deil.l'art. 
32 della citata legge n. 352 del 1970. 

4. -Cosi precisati i limiti della sua competenza, la Corte non pu� 
non rilevare che, con sua sentenza n. 49 del 10 marzo 1971, pubblicata 
in G. U. n. 74 del 24 marzo 1971, � stata dichiarata la iii.legittimit� 
costituzionale dell'art. 553 cod. pen. (incitamento a pratiche 
contro la procreazione), del quale ora il promosso referendum intende 
conseguire l'abrogazione; e che detto articolo, pertanto, ha cessato di 
avere efficacia, ai sensi dell'art. 136 della Costituzione, fin dal giorno 
successivo alla pubblicazione della richiamata sentenza, n� pu�, da 
tale data, aver pi� applicazione (art. 30, comma terzo, 1e,gge 11 marzo 
1953, n. 87), con ci� risultando assorbita la finalit� cui istituzionalmeme 
� preordinato il referendum abrogativo. 
Rileva, altresi, la Corte che, con sua sentenza n. 27 del 18 febbraio 
1975, pubblicata in G. U. n. 55 del 26 febbraio 1975, � stata dichiarata 
la illegilttimit� costituzionale dell'articolo 546 cod. pen. (aborto 
di donna consenziente), �nella parte in cui non prevede che la gravidanza 
possa venir interrotta quando l'ulteriore gestazione implichi 
danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui iri 
motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre �; e 
che tale pronuncia � intervenuta in data posteriore a quella (5 febbraio 
1975) in cui -come rilevasi dalla motivazione dell'ordinanza 
dell'Ufficio centrale presso la Corte di cassazione -i promotori avevano 
reso nota, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della citata legge n. 352 
del 1970, la loro iniziativa per la richiesta di un referendum abrogativo, 
tra gli altri, del menzionato art. 546, dando cosi avvio al relativo 
procedimento. 

La Corte si. arresta a tali constatazioni, senza inoltrarsi nelle loro 
implicazioni: non appartiene, infatti, al presente giudizio la cognizione 
della problematica che si profila in conseguenza di quanto rilevato, 
potendo essa investire -riferita che sia all'initero complesso 
normativo o ai soli due articoli sopra menzionati o ad uno solo di 
essi -tanto la conformit� a legge della richiesta di referendum, 
quanrto l'ulteriore svolgimento delle operazioni (art. 39 legge n. 352 
del 1970). Come si � innanzi ricordato, ai relativi controlli, ed alla 
soluzione delle pertinenti questioni, � preposto l'Ufficio centrale per 
il referendum, al quale questa sentenza va comunicata, in ottemperanza 
al disposto dell'ultimo comma dell'art. 33 della citata legge. 


(Omissis). 

~' 

"J 


SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 
SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 10 dicemba:-e 
1975, nelle cause 95-98/74, 15(75 e 100/75 -Pres. Lecourt -Avv. ge'rt. 
Trabucchi -Uinion Nationale des Coop�r:ativies &grlcoles de C�r�ales, 
Soci�t� Coop�rative Agricole de Ja Haute Normandie, Soci�t� 
de �commerc.e, de stockage et d'�tude de l'Ouest Eur01P�en (avv. 
E.spinosa e Ryzigeir), Compagnie Continentaile France (avv. JeanDenis 
Bredin), Companie A1g�r~enne de Meunerie (avv. Brisac) e 
Comptoir Commerciai Andr� et Cie (avv. Lussan) c. Commissione 
delle Comunit� europee (ag. GHsdorf e Paulin) e Consiglio delle 
Comunit� europee (ag. Vignes). 

Comunit� europee -Agricoltura -. Organizzazioni comuni dei mercati Scambi 
di prodotti agricoli -Perturbazioni prodotte da provvedimenti 
valutari -Importi compensativi -Determinazione -Periodo di validit� 
-Situazione soggettiva degli esportatori. 

(Regolamento del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Scambi 
di prodotti agricoli � Perturbazioni prodotte da provvedimenti 
valutari � Importi compensativi � Metodo di calcolo � Modifica � Lesione 
del principio dell'affidamento � Esclusione. 

(Regolamento del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974; regolamento del Consiglio 
19 dicembre 1972, n. 2746; regolamento del Consiglio 30 aprile 1973, n. 1112). 

Le disposizioni del regolamento del Consiglio 12 ma.ggio 1971, n. 974 
non attribuiscono agli esportatori alcun diritto a che venga mantenuto 
in vigore un determinato metodo di calcolo degli importi compensativi. 
Ai sensi dell'art. 1 di questo regolamento, il diritto di fruire di un importo 
compensativo o l'obbligo di pagarlo sorgono unicamente in funzione 
dell'effettiva esportazione e solo nel momento in cui essa ha luogo (1). 

La prevedibilit� di una modifica del si."ltema di calcolo degli i1nlJ)orti 
compensativi esclude che gli operatori intereSiSati possano fare legittimo 
affidamento sul pe1�durm�e di un previgente sistema .(2). 

(1-2) La sentenza in rassegna va segnalata sia per la lineare esposizione, 
in essa contenuta, circa � le finalit� e le vicissitudini del regime degli 
importi compensativi ., :sia per la rilevanza di principio del criterio adottato 
per escludere che una modifica del sistema di calcolo degli importi compensativi, 
anche se disposta senza norme transitorie, possa rendere fa Comu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

986 


(Omissis). -In diritto. I sei ricorsi in esame tendono a :far condannare 
la Commissione al :pagamento di varie 1somme�, a tlitolo di risarcimento 
dei danni che le ricorrenti avrebbero ,subito 1a �causa dell'aP1P[icazione 
del nuovo metodo di calcolo degl'importi compenisativi, :i.istituito 
con regolamento del Consli,glio n. 1112/73 (G. U. 1973, n. L 114, ;pag. 4), 
ad �esportazioni per le quali il rilascio della Li1cenza era avvenuto anteriormente 
ailla modiifica apportata col suddetto testo. Bench� il danno derivante 
dall'appliicazione del nuovo metodo di 1cialcolo ;sia stato limitato 
dai provvedimenti. tranSiito11i adottati dalila Commissione �col regolamento 

n. 2:042/73 (G. U. 1973, n. 207, pag. 34), questi inon sarebbero stalti tuttavia 
sufficienti ad eliminarlo �compLetamente. 
SuLla ricevibilit�. 

Pur senza oollevare un'espressa ecceziione d'iirr:i!cevibilit�, la Commtssione 
fa carico alle ricorrenti neHe cause 95-9�8/74, .con riferimento 
aH'art. 37, � 4, del 1regolamento di procedura, di non aver a1legato ai 
:nLcorisi tutti i contratti e le licenze �d?esportaz:ione in base alle qua1Li esse 
sostengono d:i aver acquistato il diritto a1l'applicazione di un determmato 
metodo di ,calJcolo degli importi compensativi, OIJP'llT'e dli av;er agito 
facendo affidamento �sul fatto che tale metodo 1siarebbe r.imasto in vigore. 
Va ritenuto che le denunciate irregolarit� non 1so1.o hanno potuto Olstacolare 
le parti �convenute neillla preparazione della J:oro linea di dlllesa, ma 
inoltre oono state sanate, sen21a alcuna valli.da giustificazione, :solo dopo la 
conclusione della fuse scritta e pochi giornii prima dell.'mizio della fase 
orale del procedimento. Bench� non sia po:ssd.bHe, al!lo istato diegli atti, 
decidere in merito all'entit� del :preteso d~mno, la Corte � tuttaiviiia in 
grado di pronunciami 1su1La questione preliminare delhl'eventu.Me respon


sabil!it� della Comunit�. 

NeUe cause 95-97/74 e 100/75, come pure, in parte, nella causa 98/74, 
le licenze d'esportazione erano state rlilasciate a terz.i pri:ma della modifica 
del regime degli imiporti compensativi ovvero prima della SUJa entrata 

nit� responsabile dei danni in ipotesi subiti per aver presupposto o confidato 
nella persistente applicazione del previgente sistema: criterio con il quale 
sono state rigettate le numerose domande di risar.cimento proposte in ragione 
della modifica del sistema di calcolo degli tmporti compensativi 
disposta con il regolamento del Consiglio 30 aprile 1973, n. 1112. 

Quanto ai limiti in cui pu� ammettersi una responsabiUt� della Comunit� 
�per attivit� normativa, ed in particolare per l'adozione di nuove norme 
senza disposizioni transitorie, cfr., da ultime, le sentenze della Corte di 
giustizia 4 febbraio 1975, nella causa 169/73, e 14 maggio 1975, nella causa 
74/74, retro I, 654 e 655, con note di commento e richiamo ai precedenti. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

in vigore, mentre gli .estratti sono stati trasmessi alle ricorrenti solo in 
data succesiS1iva. Contro i rispettivi Ticol'si il Consiglio eccepLsce espressamente 
l'trricevi:bilit�, sostenendo che il diritto ail dsaTcimento ex 
art. 215 non � trasfexiibile, e 1che quindi il titolo 1su cui si fondano le dcorrenti 
non ha a.J.cun valore. 

Le ricorrenti ne11e �cause 95-97/74 �e 100/75 fanno valere contratti 
da esse stipulati prima che intervenisse .1a modlfiica �del sudid!etto regime 

o prima della 1sua entrata in v.igore, e .secondo i quali �esse �eTano tenute ad 
ademp1iere .~i obblighi derivanti dalle licenze. Pel'lch� la normativa comunita:
riia permette la cessione di estratti delLe Ucenze, alle riicOl'lrenti deve 
essere consentito di provare ch'esse appartengono a11a categoria d:eli titolari 
di diritti quesiti o idiicoloro il �cui 1egilttimo affidamento merita ip11otezione. 
La circostanza che le ricorrenti fossero in possesso dli e1S1tratti loro 
ceduti da terzi pu� essere ri:Levante nel merito, ma non �influisse sulila ricevibilit� 
dei r:icor:si. 
Nel merito. 

Le ricorrenti sostengono, .in primo luogo, che l'applicazione del nuovo 
metodo di �calcolo degl'importi compensativi alle es;portazioni effettuate 
in base a contratti .stipulati anteriormente ha violato i loro diiritti quesiti, 
sorti all'atto del rilascio delle licenze d'esportazione in cui e1'a stato 
prefissato l'importo de1lia restituzione. Pur ammettendo 1che gl'importi 
compensativi non po1ssono costituire oggetto di rp�refuslsazione, esse asisumono 
che il metodo di calcolo degJ:i stessi, qual era al mOlffiento dellla 

�sottoscrizione � deille licenze, doveva �essere mantenuto .in voigOTe duTante 
l'intero periodo di valiidit� dei titoli, .per tutte !le esportazioni cui 
questi si riferivano. 
Le disp01sizioni del regolamento n. 974/71 non attr~bu1scono agli 
esportatori alcun diritto a che venga mantenuto in vigore un deteTminato 
metodo di ca1colo degl"importi comp�ensati'Vi. Ai 1sen:si dell'art. 1 di questo 
regolamento, ili. diritto dii :f.ruire di un im_uorto compensa.t1ivo o l'obbl.ligo 
di .pagarlo �sorgono unicamente in funzione de1l'efiettiva esportazione e 
solo nel momento in cui essa ha luogo. 

I.l mezzo usato sul1a violazione di �diritti quesiti va perci� disatteso. 
Le ricorrenti �sostengono inoltre che l'app1kazione del nuovo metodo 
di c�ailcolo degl'imxiorti compensativi ha violato il principio de1l'a:ffidaa:
nento, per aver reso vane le iloro legittime aspettative quanto al perdurare 
del .sistema precedente. 

� opportuno ricord1ar�e anzitutto le finalit� e le vfo1sslitudini del 
regime degli importi compensativi. Il 1sistema dell'unit� di conrto comunitaria, 
equivalente ad un certo 1peso di oro, ha ipel'lmesso a SIUO tempo, 


988 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

grazie ai rapporti 1sta1biiHti :Era le monete degli Stati membri, la determinazione 
di prezzi unici per l'intera Comunit�. Gli eventi monetari 
del 1971, caratter�:zzati dall'abbandono, in prati-ca, del regilllle internazionale 
relativo ai margini di osc-illazione dei ta<SSi di cambio, hanno 
indotto !hl Consiglio a creare un sistema ,che, alil'occOI'll"enza, consentisse 
agli Stati membri di riscuotere (all'importazione) e di veDsaire (all'esportazione) 
degli importi COlllliPemB.tivi, sia negli scambi con ,gli ail:tri Stati 
membr.ii, sia in quelli coi Paesi terzi. Tale sistema mirava a neutralizzare 
l'incidenza dei provvedimenti mon~taci sui pil'ezzi di taluni prodotti agricoli 
di base ;per i quaili vigevano iPI"ezzi d'intervento, al fine di evitare 
deviazioni d.i traffico. 

Il caratteit"e provvisorio del regime de~'dimporti compensativi � sottolineato 
dal regolamento del Consiglio n. '974/71, M cui art. 8, n. 2., 
dispone 1che tale regime � cessa di essere applicabile a decorrere dal momento 
in ,cui tutti gli Stati membri interessati applicano nuovament1e le 
regolamentazione internazionaJ.e relati.va ai ma~gini di fluttuazione dei 
tassi 
\-
di ,cambio �. Contrariamente a quanto sostengono le 11i!correnti, questa 
norma che ha lo scopo di 1stabilire �ill te1'lll:ine :per l'automatica abrogazione 
del regolamento, lascia intatto il diovere delle isitdtuziion.i comunitarie 
di moddlficaire iJl sistema ogni quailvolta <Ci� ap;pai:a necessario per 
garaintire 1a 1sua funzione �Correttiva. AJ.tirimenti, l'appliicaziione del regime 
degl'iimporti compensativi avrebbe potuto divenire fonte di distorsioni. 

In pl'atica, Il sistema subiva varie modliifiche e veniva esitesio di fatto 
a tutti gli Stati membri originari; dopodich� ii:l CollJsigllio, con regolamento 

n. 2746/72, lo rendeva obbligatorfo e decidleva che il finanZliamento 
sarebbe avvenuto nell'ambito della pdlitica a~iioola 'comune. Nonostante 
l'adozione delle suddette modiifiche, ri:l metodo di caLcolo dlegl'li.mporti 
compensativi non veniva cambiato negJ.i aru:J.!i t971 e 1972:, e consiistew 
ne11'aippl:Lcare, ai ;p,rezzi dei prodotti agricoli di cui tratlbasd, una percentuale 
parri al �d.vall'lio :fra la parit� ufficiale e ila parit� reale della moneta 
naziionail.e rispetto al'dollaro U.S.A. 
In tal modo, il Consiglio intendeva tener conto della 1ciricostanza che 
gli scambi avvenivano in gran rparte sui]la base del dolllaro. Poich� il tas1so 
di 'cambio dcl dollaro U.S.A. veniva rpreso in cons:tdle!ramone !P�T' H caJ.colo 
degl'importi compenisativi, H suddetto sistema offriva di fatto una 
eerta protezione contro il rischio ,connesso -rielJ'ipotesd dli contratti 
stipulati in dollari -ad una svalutazione di questa mone.ta, anche 1se 
tale protezione non ha mai costituito uno 1specffico obiettivo del siistema. 

Poich�, all',inizio del 1973, nonostante il.a swlutazione ,intervenuta 
nel :febbrafo, la presisione sUJl dollaro U.S.A. continuava a :liaT!sis1enti!re, 
il ConsigJ.fo decideva, nella seduta dei giorni 11 e 12 maTZO 1973, che, [n 
primo :luogo, 11e banche cientrali degli Stati membri avrebbero cessato di 
sostenere il dollaro e, in 'secondo luogo, le monete dei 1sei Stiaiti membri 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 989 

avrebbero potuto fluttuare veriso 'l'esterno.. pur dS!Pettando nei Ll.olr'o reciprooi 
rnrpporti determinati mairgini di oisdlil.azione. Di 1conseguenza, ed 
in segutto a richiesta formulata daJ. ConsigiLio U 12 marzo 1973, la Commissione 
1proponeva allo stesso Consig'lio, il 21 mairzo ooccesiSlivo, di abbandonare 
il riferimento al dollavo per sostituirlo, quanto ai sei StaH 
membrii: le cui monete fluttuavano ail.Ll.'unisono, col riferimento a taisiSii 
centrali e, quanto agli altri tre Stati membrd, ,col rdfei.;imento a taSSli riappresentatiivi, 
fissati in base ai cambi rilevati sul meircato durante un 
determiinato iperiodo. 

L'eventualit� �che U Consiglio aipprovas:sie I.a p!l'o1posta 1Presenitatagli 
dalla Commissione il 2�1 marzo (pr�poista attesa�fin dail. 12 marzo e immediatamente 
giunta �a conoscenza degi1i. ambienti interessati, sia tramirte la 
sta.ffi\Pa, si:a grazie ai l'egol.ari 1contatti con la Commd:sisiione) diveniva 
sempre pi� rprohabile, tanto pi� <ehe la decitSlione adottiaita dal Co!lllSigilio 
hl 12 marzo �imp]:icav�a quotidiane modifiche dlei tassri. dii 1cambio vigenti 
fra �1e monete degli Stati membiri e il do1lilairo. La .proposta veniva effettiviamente 
approvata dal COillsig1io col regolamento n. 1112/73, del 30 
apriile 1973,. pubblicato l!o :stesso giorno ed entrato in vigore 1ill 1� maggio 
successiV'o. 

A norma dell'art. 3 del regolamento n. 1112/73, questo ha effetto 

� a decol'lrere dal giorno in cui entrano in vigore le modaiil.it� necessarie 
per !l:a sua applicazione �. La Commissione, iehe aveva adottato i regolamenti 
d'attuazione iJ. 30 maggto 1973, li pubbLiicava nell!a Gazzetta Ufficiale 
1so:10 il 4 giugno 1973, :data in cui eSISI� �Cominciaivano ad essere efficaci. 
Al fine di eisaminaoce in tale 1contesto le operazioni. clle 1sono all'origine 
dei presenti r.i:corsi., � opportuno faTe una distinzione a seconda che 
i �c0ntraitti d'esportaziione siano stati conclusi in epoca successiva o anter:
iore alla pubblicazione del ;regolamento n. 1112/73. 

Contratti stipulati dopo il 30 ap1�ile 1973. 

Le ricorrenti che hanno �Concluso �contratti d'esportazfone dopo il 
30 aprile 1973 non potevano :ignora;re il regollamento n. 1112/73, n� il 
nuovo metodo di calcolo degli impocti �compensativi. Nel testo de1l regolamento, 
nulla fa pensare che le modalit� d:'attuazfone avrebbero �com(
preS10 un qualSliasi .provv�edimento transitorio relativo �ai �contratti stipulati 
prima della data 1stabi1:ita per l'ap�piltc1azione dlel nuovo metodo di 
ca1colo degl'importi �di �cui trattas1i. Essendo libere di ;piriendere tutte le 
precauziioni che sembrassero loro utili, nella 1stesur.ra dei contratti di 
vendita, queste ricorrenti non possono sostenere di aver assunto intpegni 
in quanto facevano affidamento sul mantenimento in v;Lgwe deil. vecchio 
metodo di calcolo, per le .progettate e1siportazionL 


990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Contratti stipu,lati prima del 30 aprile 1973. -Contratto del 23 marzo. 

La ricorrente nelJla 1causa 15/75 ha 1concluso un contratto d!'esiportazione 
,il 23 marzo 1973, vale a idi:re ill giorno stesso in cUJi Jia Commis1sione 
sottoponevia la sua proposta al Consiglio. Il �contr<atto riguardtava J.a vendi.
ta di 35.000 tonne11ate dli orzo all'fan1presia polacca RoUimpex, ad un 
prezzo espresso in dCJlllari. 

La dcol"lrente a1s.sume ch'essa avrebbe ipotuto dare esecuzione a�l 
contratto fOirnendo Slia orzo di ,produzione �comUIIllitaria, 1siia orzo prodotto 
in Paesi europei non membri dellia Comunit�. In quesit'Utlitima ipotesi, 
essa avrebbe acqutstato 1La merce in dohlari, men1Jre nella pcima aivrebbe 
pagato H prezzo comune, ma avrebbe potuto fruWe dielLa resti.rtuzione alla 
esportazione e dell'importo �compensativo. 

Essendosi �riservata, nel cont:riatto, un'opzione riguardo alla provenienza 
dell'orzo, la ricorrente non pu� far valere di aver assunto impegni 
in funzione dell'affidamento �ch'elSiSa faceva 1sulil'esistenza di un dimporito 
compensativo, e tanto meno sul mantenimenrto in vigore del vecchio metodo 
di calcolo di tale importo. 

Esercitando, il 30 marzo 1973, iJ. suo di:rlitto di 01Pziooe 1a fuvore de11a 
esportazione di orzo comUillitairio, e chiedendo una licenzia d!i durata 
eccez.iona1mente lunga, 1con prefissazione �delJ.'im!Porto deJ.1la rrestituziJone, 
la ricorrente, da avveduto esportatore, ha :liatto una 1scelta dli poli1lica 
comrnercila:le in funziOille de.ll'andamento del mercato, ,con tutti i rischi 
ad essa ine:rienti. 

Fra tali ris;chi prevedibili al.la data del 30 mano o, al maisimo, d/ell 
20 apriJ.e, giorno in �cui ile veniiva riLaisciiata la Hcenza -�ed in 'culi. essa 
avrebbe ancora potuto ritirare la proprda domanda -vi era '1a probabilit� 
che n met�do di calcolo degl'dmporti com!)ensiati'Vli vellJ�SSe modificato. 
Anche se non era sicuro che l:a modifica prroposta dia!l.La Commissione 
sa:riebbe .stata decisa dal Coosiiglio, un ptrud~te operatore avrebbe 
dovuto rendersi �conto, a quell'epoca, che era imm1nente fistituzione di 
un nuovo metodo di 1calcolo. 

La ricorrente non pu� quindi far vaJ.ere iJ. 1suo legittimo affidamento 
nel perdui:rare del metodo aipp1i:cato in !Precedenza. 

Contratti del 28 e del 29 marzo. 

Con un contratto conclUJSIO a Mos,ca, in data 28 marzo 1973, fra un 
importatore sovietico ed un es~ortatol'e francese (GroujP'ement d'Int�r�ts 
Economiques Francec�r�ales), quest'ultimo 1s'impegnava a vendere 300 
mila tonnellate di 0trzo :francese (qua,ntirtativo portato l'indomani a 

500.000 tonnellate), ad un ;prezzo espre:sso in dollari. 
krf&%&��wrr@f�&1


11tf~'rfl1r01~f!111r11a=1rwa&Nrtrrtt&-1r;11~r1!ri1lirr1r~11111r�1 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Le J:"Lcorrenti ne1le 1cause 95��98/74 hanno iptl'ecisato 1che detto contriatto 
el'la sfato negoziato �d!al Governo :liranceise, in quanto � operazione 
dJi prestigio �, che lasciava all'esportatore so.lo un modesto margine di 
:profitto, ma era destinata ad a~ire un nuovo mercato :llrtanoose 1di �cereal:i. 
Concluso il .contratto, 110 ste1s:so Govierno avrebbe dJnvitato varti commercianti 
fl'lancesi ad eseguiirllo e, a quanto -sostiene la xicoIT:ente nella 100U1SJa 
98/74, avrebbe ,1oro imuo1sto tale 'esecuzione. Le ricoJ:"renti e parecchi altri 
commercianti avriebbero rperc:i�. aperto, nelil'aip!I'ile 1973, un � conto 
sootale �. 

Tuttavia, il documento ,prodotto ,in .giudiz~o 1relativamente a questo 
punto non � datato, n� del r.esto vi figura la rricoNente nel11Ja causa 96/74. 

In ogni 1caso, alla da.fa del 29 marzo il Oon:siig1l:io a'V'eva gi� dieUberato 
in merito a1la proposta de11a Comm�ISSione, �e -tenuto conto deH'insieme 
di cilicostanze dii ,cui sopra -la modmca del s~stema di calicolo degli im;
porti compellJSativi era iptl'evedib~1e. Non .si pu� quindi 1sostenere che !il 
contratto del 29 marzo sia ,stato ,stipulato .dafil'agente fl'lancese in funziione 
.dell'affidamento sul mantenimento in vigore del vecchio metodo di calicolo 

d:i tali ]mporti. 
Il fatto 'che il contratto del 29 marzo sia stato stipulato !P�er 1.llil quantitativo 
di 500.000 tonnellate, a lungo termine e in dolila!l'li, in un momento 
in cui le banche centralii degli Stati membri non erano ipi� tenute 
ad intervenire a ,sostegno di questa moneta, d:mpli:caiva in realt� un notevole 
rischio commerciale. 

Tenuto conto di tutti questi elementi, � 'inamrnilssibile J.a tesi secondo 

cui le l'liicorrenti poteviano, 1all'epoca de11a .conclusione del .contratto. :Ilare 

affidamento 1sul pro-durare del 1siistema iprecedentemente �in vigore. 

I riico~si vanno perci� respilllti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. un.., 20 ottobre 1975, n. 3403 -Pres. Boccia 
-Rel. Leone -P. M. Di Majo (diff.) -S.ip.a. Laboratoxi Glaxo 
(avv. Scarrpa) c. MiniiStero delLe .finanze (avv. Stato Fanelli). 

Trattati e convenzioni internazionali � G.A.T.T. -Clausola di riserva limi� 

tativa � Legislazione nazionale vigente alla data del 10 ottobre 1949 

in tema di i.g.e. sui medicinali -Disparit� di trattamento tra medici� 

nali importati e medicinali di produzione nazionale � Persistenza 


Legittimit�. 

(G.A.T.T., art. IV; d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 348, art. 10; legge 7 gennaio 1949, 

n. l, art. 11; d.m. 9 febbraio 1949). 
Per quanto conce1�ne i 'medicinali, per legislazione vigente atla data 
del 10 ottobre 1949 ai sensi deUa clausola di riserva limitaftiva prevista 
'Tiel G.A.T.T., tale da legittimare, se discriminatoria rispetto ai prodotti 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

992 

importati, la persistente applicazione di un trattamento differenziato, 
deve intendersi la normativa contenuta all'art.10 del d.l.l. 19 ottobre 1944, 

n. 348 ed all'm�t. 11 della legge 7 gennaio 1949, n. 1, con la quale � stata 
stabilita in via generale e come contenuto del sistema di imposizione, 
sia pur conferendosi al Ministro il compito di determinare le aliquote in 
concreto applicabili, la discriminazione delle aliquote i.g.e per i prodotti 
importati rispetto a quetli nazionali; ed alla operativit� del.la clausola di 
riserva limitativa non � quindi di ostacolo la scadenza del termine di 
efficacia del singolo provedimento ministeriale vigente alla data del 
10 ottobre 1949, che non rappresentava la legislazione a quella data 
vigente, ma costituiva atto di normazione secondaria integrativo delle 
indicate disposizioni legislative (1). 
(Omissis). --All'esame deltle var:ie rproposizioni ne1l!e quali si a.r:t:icola 
H motivo di ricol�so, giova piremette:re il richiamo delle Jdnee gene1rali 
di appJ.iicazdone dell'Accordo G.A.T.T. nehl'oroinamento italiano, stabilite 
da questa Corte di Cassazione, con una serie di sentenze (qualcuna 
dehle quali � stata tenuta pTe1sente anche dalla Corte di Venezi<a neliLa 
decisione che si esamina), che hanno !Studiato 1in rprofondi.t� le questioni 
r.elartive a tale materia: si tratta delle sentenze 17 arprhl.e 197�2 n. 1196, 
8 giugno 1972 n. 1771 e 1773, 4 geillilaio 1975 n. 2 ~ 7 gennaio 1975 n. 10. 
Secondo le medi�tate 1condusioni di dette sentenze: 

(1) Ancora in tema di normativa G.A.T.T. 
1. -Con la :sentenza in rassegna, e �con le altre due in pari data n. 3407 
e n. 3408 (di contenuto rispettivamente analogo e conforme), le Sezioni 
unite hanno avuto nuovamente occasione di pronunciarsi a proposito della 
normativa G.A.T.T., questa volta in tema di prodotti medicinali. 
Nella prima parte delle tre decisioni risultano espressamente confermati 
i vari principi enunciati gi� in precedenti sentenze, e da ultimo in 
quelle 4 gennaio 1975, n. 2 e 7 gennaio 1975, n. 10 (retro, I, 82 e 88), sulla 
diretta applicabilit� delle .clausole del G.A.T.T., sulla necessit� di intendere 
il princiipio della parit� di trattamento tributario con riferimento al carico 
fiscale complessivo gravante sul prodotto nazionale e sul corrispondente 
prodotto straniero, e sulla inammissibilit� di valutazioni volte a verificare 
la idoneit� di determinati provvedimenti legislativi a realizzare la perequazione 
di trattamento voluta dal legislatore. 

� stato ribadito, in parti.colare, che � dinanzi ad una legge interna che 
riveli lo scopo di adeguare i due trattamenti secondo appositi criteri e 
misure, al fine di eliminare una posizione di pregiudizio del prodotto nazionale 
rispetto a .quello importato, il giudice � privo di potere per escludere 
la reale necessit� della perequazione e Pl'?r applicare, in contrasto con la 
legge, iJ. trattamento tributario, disposto per i prodotti nazionali, anche ai 
prodotti importati �, e che � il giudice quando ravvisa che una legge da 
applicare persegue lo scopo di adeguare il trattamento tributario, secondo 
appositi criteri o misure, al fine di eliminare una posizione che il legislatore 
considera di pregiudizio del prodotto nazionale rispetto a quello im




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 993 

1) Non ha fondamento la teSii. secondo �La quale per tutta J.a seconda 
parte del!l'Accordo G.A.T.T., ne1l!a quale � mserirta la norma III che qui 
interessa non sarebbe im.tervenuto l'ordine di esecuzione da parle del 
legislatore italiano, stcch� la norma III non sarebbe stata inserita nello 
orddnaimento giuridico italiano. Al �Contrario, daJ.le le~~ di esecuzione 
5 aprile 1950, n. 295 e 7 novembre ig,57 n. 1307, risulta .che 1o stato 
Italiano ha recepito nel 1suo ordinamento, in modo totale, le iParti prima e 
terzia <lle1l'Accordo Generale ed ha recepito pure 1a parte :seconda dehlo 
Accordo medesimo, anche ,se solo nella mism-a in cui tale parite 11LsuJ.tavia 
compatibile con La legislazione vigente aJ. 10 ottobre 1949: 1cio� ll'wdine 
di esecuzione contenuto ruille dette leggi ha adottato la dausol!a di ri:sea:va 
limitativa (,cosiddetta stand~sti11), �con la quale lo Stato ri:servante, nelJ.o 
aderire ad un Trattato multilaterale, mira a 1sal'Vaguardare im. qualche 
parte la pro,prfa le�gislazione, nel senso di 'consentire l'~cazione deli

1

Trattato (nella specie, della parte seconda dell'A1cco11do G.A.T.T., ma 
solo rper il caso e nel limite 'che non sii abbia i:ncompaitdbillit� con Ja ile~isliazione 
vigente ad una data determinata. 

portato, deve appJ.i.care la legge, senza possibilit� di accertare se il presupposto 
pregiudizio �sussistesse nella realt� e senza poter stabilire se i criteri 

o le misure adottate dal legislatore siano o meno idonee a stabilire la 
perequazione di trattamento �; e rimane invero ancora da verificare a quale 
concreto risultato :possa condurre l'indagine dell'interprete sul �carico 
complessivo delle imposizioni che direttamente o indirettamente colpiscono 
il prodotto importato e quello nazionale similare, ai fini della comparazione 
dei due trattamenti., considerato che per eHminare la sperequazione in 
ipotesi ravvisata dovrebbero calcolarsi a.Uquote diverse da quelle stabiJ.ite 
dalle leggi o .quantomeno dovrebbe necessariamente disapplicarsi, quando 
il divario risultasse .coincidente alla misura di una determinata imposizione, 
la legge che tale disposizione imponesse, e quindi procedersi a quel sindacato 
di merito ed a quella � disapplkazione � che le dporfate affermazioni 
di principio escludono invece a priori. 
2. -NeHe tre decisioni in rassegna, inoltre, le Sezioni unite hanno per 
la prima volta preso in considerazione, quanto alla questione di principio 
sulla idoneit� delle clausole del G.A.T.T. ad attribuire ai singoli diritti 
soggettivi suscettibili di tutela in sede giurisdizionale, la diversa soluzione 
affermata dalla Corte di giustizia delle Comunit� �europee, alla quale aveva 
accennato la difesa della controricorrente Amministrazione. 
� L'Amministrazione delle finanze -hanno infatti rilevato le Sezioni 
unite -osserva che in recenti sue decisioni la Corte di giustizia delle Comunit� 
europee ha affermato che le norme del G.A.T.T. non sono idonee, 
perch� prive del carattere di norme seif-executing, ad attribuire ai singoli 
cittadini degli Stati aderenti il diritto di farle valere in giudizio (sent. 
12 dicembre 1972, nelle cause riunite n. 22 e n. 24 del 1972 e 24 ottobre 1973, 
nelJ.a .causa n. 9 del 1973). 
�L'osservazione � esatta -hanno affermato le Sezioni unite -ma 
non � determinante di modifiche nella giurisprudenza di questa Corte 
suprema, perch� le decisioni ora citate della Corte di giustizia delle Comu

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

994 

2) La norma dell'art. III parte seconda dell'Accovdo Generale, 
con cui le parti contraenti rd1conoscono che le tas:se e le altre imrposb~ioni 
interne, cosi come le 1eg.gi, regolamenti e iptt"escrizioni rtiguardanti le 
vendite, la messa in vendita, l'acquisto, i.il trasporto, Ja d1sitr1buzd.one o 
l'utiilizzaziione dei prodotti nO!Il. dovranno eisse:re applicati a�i prodotti 
illl!Porlati o naziooaJi in maniera da ;prote~~ere ilta pToduzione n1aiz.ionale 
e s'impegnano a non sottoporre le merci dli tmrportazioni a tasse o altre 
imposizioni interne, :supell'I�ori a quelle �che 1co1piscono i !PJ'Odortti nazioniali 
simiilari, dev'essere dntesa nel .senso 1che la parit� di trattamento deive 
essere riarprpoirtata non al 1singoJo atto ii.mpositivo contsiiderato a se stante 
che possa coJpire il pil'odotto nazionale o quello importato dn occas~one 
di un atto economtco che il.'interes1si, bens� al �carko tri'butairfo comp1le1ssivo 
�che in�cida, neJ. territoil'io d'elio Sfato, .su un dletermmato .prodotto: il 
quale cari.co trihuta'1'1i!o non pu� esseire maggiore, per i prodotti 1importati 
dlai Paesi aderenti ali'Accol'do, di quello che g.rava swi prodotti nazionali 
simtlari. la norma, infatti, tende a ragg.iung�ere una pairit� sostanzdJale, 
non formale, tra i trattamenti tributavi, al fine di ars1sdocUiI'are la libera 
cilI'coJazione dei ptrodott1, oon 1l'abo1izione dei mezzi diretti o indiretti d1 
protezione deilla piI"'oduzionie naizionale: :parit�, qudindii, quantitativamente 
eguale, anche se i fattori componenti sono qualitatiwmente d.iffererut1i. 
In tale valutazione comparativa non viene in 1con:sdderazione iii. regime 

nit� europee prescindono dalla valutazione di concretezza che le norme 
dell'Accordo generale possono acquisire con l'inserzione nella legislazione 
di questo o di �quello tra gli Stati aderenti, concretezza che si pone in 
termini diversi e che probabilmente solo il giudice nazionale pu� valutare 
in pieno, neHa considerazione unitaria dell'ordinamento in cui opera. 

� Ma giova pure aggiungere -precisano le tre sentenze -che l'interpretazione 
adottata da questa Corte di cassazione � pi� aperta e pi� consona 
ai .principi internazionali .circa l'obbligo degli Stati aderenti di dare ad 
essi, nell'ordinamento interno, l'applkazione che meglio realizzi gli scopi 
per i quali i Trattati stessi sono stati conclusi �. 
3. -Certamente, la sommariet� �di tali valutazioni pu� spiegarsi con 
l'accenno solo incidentale fatto daJla difesa dell'Amministrazione, nella 
specie, alJ.'orientamento della Corte di giustizia delle Comunit� europee. 
Deve peraltro escludersi, evidentemente, che le riprodotte considerazioni 
possano aver fornito adeguata giustificazione di una cosl radicale 
divergenza di soluzioni (gi� in altre occasioni evidenziata: cfr. in Rass. 
Avv. Stato, 1974, 314 e segg., in nota, e 1975, 82 e segg., in nota), e 
soprattutto delle gravi conseguenze cui tale divergenza pu� dar luogo 
nell'ambito dell'ordinamento comunitario. 

4. -L'affermazione secondo cui le norme de~ G.A.T.T. avrebbero acquisito 
una � concretezza� (evidentemente non gi� loro propria) con la loro 
inserzione nell'ordinamento interno (e quindi con l'ordine di esecuzione) appare 
del resto sostanzialmente contraddittoria con lo stesso iter logico seguito, 
nelle precedenti note decisioni, per affermare l'efficacia self-executing 
delle clausole del G.A.T.T.: efficacia che risulta infatti riconosciuta in ra\, 


:�~ 

~kr1t&ilMii11Kirflfifilrfftiwtftft11"l&iftc�wtr&~rltffilti&{ftlr~ilfllfillftrl&fllilfS9 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 995 

tdbutario cui i prodotti importati si1ano stati isottoposti nel Paese di ![)roduzfone, 
sta perch� il Paese imporrtato.re non /PU� vedere 'compromessa 
11a sua sovranit� con,di:llionandola ai provvedlimenti trtbutaTi dei Paesi 
C�aii quaU provengono i !PII'Odotti importati, 1Slia iperch� le norme deil:l'accordo 
G.A.T.T. si riferiscono esclusivamente e testualmente a11~e norrme 
interne dei Pae,si importatorri, .che nel loro teriritoTlio assog.gettano ad tmposizioni 
i prodottiL imporrtati. 

N elJ.a valutazione dell �carico complessivo delle imposizioni stabilite 
per i prodotti importati, non vengono in 1considerazione IJJeprpure i mbutii 
che si riscuotono peT il :liatto o aH'atto deli'importa~ione, trattaIJJdosi di 
tributi doganaJii non 1contemp]Jati ne<lla dawsola d:i rp~it� deU'AocoLrdo 
Generale. Se per� un'rtmposta all'impo!I'taziooe rcorrils![)�ondle a quella che, 
seppur dhnersamente congegnata, coJ.piis.ce il.a 1stessa merce all"in.terrno come 
'1'1.G.E. alJ.'irnporrtazione rispetto all'I.G.E. sugli atti linteTIIlli. di 
commercio -essa �deve essere considerata vera e propria imposta interna; 

3) Rientra nei compiti degli organi amministrativi e giiuriiisdizionali 
del Pae:se importatore, senza necessit� dii uJ.terior�e intervento degrlii. 
org,ani legiisrlativli, acceirtare il carico complesrsivo delile imposlizLiJo,ni �che 

gione dello specifico contenuto precettivo di tali clausole, in quanto, cio�, 
il principio di cui all'art. IV, ad esempio, �non si esaurisce in una mera 
generica enunciazione programmatica, ma contiene un precetto sufficientemente 
specifico, completo nei suoi elementi, e, come tale, capace di operare 
senza bisogno di una ulteriore integrazione legislativa� (cfr.: sentenza 4 gennaio 
1975, n. 2 e 7 gennaio 1975, �Il. 10, Rass. Avv. Stato, 1975, I, 82 e 88), 
e quindi secondo prospettiva nelJ.'ambito della quale �l'inserzione, mediante 
l'ordine di esecuzione, nell'ordinamento interno non veniva certo considerata 
come idonea a far acquisire alle clausole del G.A.T.T. una concretezza 
della quale fossero di per s� in ipotesi prive. 

In altri termini, una volta ritenutosi, secondo lo �stesso criterio di valuta


zione adottato dalla Corte di giustizia deHe Comuni�t� europee (ma con 

opposto risu1tato), che le norme del G.A.T.T. sono per loro natura di por


tata precettiva, e quindi come tali suscettibili, con loro ricezione nell'or


dinamento interno, di diiretta ed immediata aprplic�azione ed in parti.colare 

idonee ad attribuire ai singoli diritti soggettivi, non � possibile, senza 

contraddire la pFemessa, far derivare tale efficacia e tale (gi� presupposta) 

concretezza dalJ.'inserzione-delle norme nell'ordinamento interno, tanto pi� 

quando la legge di riceztlone, coone risulta nelJ.a specie, nessuna integra


zione o precisazione contenga che possa far acquisire alle norme interna


zionali una concretezza maggiore o diversa di quella .gi� loro propria. 

5. -Anche la seconda delle argomentazioni sopra riprodotte (quella 
cio� con la quale le SeZlioni unite deHa Corte di cassazione hanno sottolineato, 
con implicita .censura della diversa soluzione adottata dalla Corte 
di giustizia delle Comunit� europee, la maggiore aderenza della propria 
soluzione ai princ�pi internazionali � circa l'obbligo degli Stati aderenti 
ai Trattati di dare ad essi, neJ.l'ordinamento interno, l'applicazione che 
meglio realizzi gli scopi per i quali i Trattati stessi sono stati conclusi �) 
non sembra possa assumersi risolutiva ai fini in esame; e ci� in quanto il 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

996 

diirettamenrte o inclirettamente 'colpiscooo i.il prodotto 1mportato e quello 
nazionale :s;iJmilare, ai fini della �comipaTtazione idei due trattamenti. Peraltro, 
dinanzi ad una legge interna �che riveli lo scoipo di adeguare i due 
trattamenti secondo �aiPposi1li. oriiteri e misure, a11 fine di e11milna.11e una 
posizione di pregiudizio del prodotto nazionale mpetto a quello importato, 
i.il giudice � privo di votere per e1scludere la reale necessit� della 
perequa:cione e per a:PIP1iioore, in �contrasto �con la legige, il trattamento 
tmbutario, disposto per d prodotti nazionali, anche ai prodotti iim,portati. 

Queste Sezionii Unite ,rfoonfermano aincora una ~olta i ,criterii generalli 
di awlicazione �del!l'Aocordo G.A.T.T. nel territorio dlelJJa RepubblLca 
Italiana riichiamati or ora ed in 1confutazione dei quali, in questo giudizio, 
non 1sono addotte rag.kynd. nuove. L'ammlirnilstraZJiooe delle Finanze osserva 
che in recenti sue de,cisdond J.a Corte di Gius1li.zia delle Comunit� EUJI"OiPee 
ha affermato che 1e norme del G.A.T.T. non sono idonee, 1Pertch� iprdve 
del carattere dID noirrne seit-executing, ad attrdbuire ai singoJ:i cittadini 
degli Sta1Ji. aderenti il dl�roitto di :farle vialere in .giudi:cio ~sent. 12 dicembre 
1972 nelle cause r.:iiund.te n. 22 e 214 del 1972 �e 2,4 ottdbre 1973 neiLl:a 
cauiga n. 9 del 1973). L'osservazione � esatta ma non � determinante di 

rilievo evidenzia in effetti la esigenza di rispettare gli obblighi assunti in 
sede internazionale (e non pu� quindi, sotto questo profilo, non essere condiviso), 
e presuppone, oltretutto, la soluzione da vedficare (la superfluit�, 
cio�, di norme interne da emanare per l'applicazicme dei principi concorda.
U in sede internazionale), ma non � di iper s� co-nfermativo della portata 
self-executing delle clausole dell'Accordo. 

Una tale portata del resto, trattandosi di norme a[>plicabili, in via di 
principio, con la condizione della reciprocit�, comporterebbe la verifica, 
anche in sede giudiztale, della ricorrenza di tale 'condizione: verifica necessaria 
:proprio per un'applicazione � che meglio realizzi gli scopi per i 
quali i Trattati stessi sono stati conclusi �, per essere ovvio che ciascuno 
Stato interessato ha aderito al G.A.T.T. per agevolare J.e proprie esportazioni, 
e non quelle degli altri aderenti, e che si � ,quindi obbUgato a non 
ostacolaire ,le :i;mportazioni :proprio e soltarr:i,to in vista dei vantaggi che alla 
esportazione dei propri prodotti sar�ebbero derivati dall'analogo obbligo 
assunto dagli altri Stati, e non certo �allo scopo di favorire le loro espo-rtazioni. 


6. -Le argomentazioni ,che inducono a dubitare della poirtata self-executing 
delle .clausole del G.A.T.T. so-no �state gi� altre volte riicoirdate, anche 
con riguardo alla necessit� di distinguere tra diretta applicabilit� di una 
norma e sua eventuale idoneit� ad attribuire ai 'Singoli didtti suscettibili 
di tutela in sede giurisdiziDnale. 
La esigenza di taile distinzione � stata di recente so-ttolineata, anche 
nell'ambito de1l'or,dinamento 0comUil!itario, dall'avv. gen Warner (e secondo 
imipostazione condivisa poi dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee 
nella sentenza 22 gennaio 1976, resa nella causa 60/75, Russo) nelle conclusioni 
presentate per la 'causa 31/74, nelle quaH ha rilevato, dopo aver 
premesso-che senza l'art. 189 del �trattato CEE �ciascun iregolamento comunitario 
avrebbe dovuto venir recepito mediante la procedura prevista dalla 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 997 

modifiche ne1la g1iurisprudenza di questa Corte Suprema, [>e1'Ch� le decisiond 
ora citate de11a Corte di Giustizia id:e1la CC.EE. ,p,reiscindono diatlla 
valutazione di concretezza ,che le noTme ,del:L'Accordo Generail.e possono 
acquisire con l'!nserzfone dehla legis�aziooe di questo o dli quel1o tra gJi 
Stati aderenti, 'concretezza 1che si pone in termini diiversJ e che probabilmente 
solo hl giudice nazionale pu� \n�tlutare in p1i1eno, neHa considerazione 
unitaria del!l'ordlinamento in 1cui O!�era. 

Ma giova pure aggiungere che l'interpret1azfone adottata da questia 
Corte di Cas1sazione � pi� apevta e pi� consona ai plt'dndpi interinazionali 
d!l'ca l'obbligo degli Sta1Ji aderenti ai Trattati dli dare ad 1essi, 1nelil'011dinamento 
interno, l'apip1ldicazione ,che megiUo rea1lizzi g1lri scopi per i qua1i i 
'I1rattati :stessi ,sono stati �condusi. 

Premesso tutto quanto fin qui detto, si !)1otl'ebbe perveni:l'e rapiida


1

mente alila decisione di rigetto del r1corso, per �essere 1sitata proposta la 
domanda attrke e condotta la causa (Sul presurpposto, non CQII'retto, che 
si potesse valutare la parit� tributariia voluta dall'Accordo per 1oia;scun 
tLpo di imposta. 

Ma aJWa completeza deH'indagine .giova l'esame srpeooco del motivo 

dii ricooiso. 

costituzione dello Stato interessato., che da ci� �non si ['kava per� che 
qualsiasi norma di qualsiasi regolamento attribuisce ai ,cittadini degli Stati 
membri diritti soggettivi che i giudici nazionali devono tutelare�. 

�Noi tutti conosciamo -ha osservato al riguardo l'avv..gen. Warner leggi 
interne, che senza dubbio fanno parte della legislazione nazionale, 
contenenti norme che impongono aUo Stato o ad enti pubblici degli obblighi 
senza con d� attribuire ai cittadini col1!'ispondenti diritti �soggettivi. Tale 
� pure il caso dei regolamenti comunitari. Le J.oro norme hanno efficacia 
diretta, nel senso di attribuire diritti soggettivi .che possono essere tutelati 
dai giudici nazionali, solo quando possiedono 4 ben noti requisiti fissati 
dalla Corte, vale a dire siano .chiare ,e non �sottoposte a condizioni, ed 
altres� non richiedano ulteriori provvedimenti d'attuazione �. 
Tali argomentazioni, riferite ad una normativa di per s� direttamente 

applicabiile, ed utili ad evidenziare che il solo chiaro ed incondizionato 

contenuto di una norma non e.sclude la necessit� di ulteriori :provvedimenti 

di attuazlione, sono a maggior rilevanti, naturalmente, per quanto cmJicerne 

le norme contenute negli accordi internazionali, conclusi nell'ambito di un 

ordinamento del ,quale i singoli (a differenza di �quanto pu� dirsi per l'ordi


namento �Comunitario) non .sono 1soggetti, re volti in via di :principio ad 

impegnare 1gli Stati, quali .soli soggetti del diritto internazionale; ed anche 

nella Legislazione nazionale, del resto, la sola ,chiarezza e completezza della 

norma non � sufficiente ad attribuire ai si:ngoli diritti soggettivi, cos� 

come non derivano certamente dLritti soggettivi (e sarebbe agevole fare 

esempi) dalla sola scadenza di un termine Iegi,sil.ativamente fissato per 

determinati adempimenti del legislatore, ,quando le preventivate norme non 

siano invece di fatto emanate. 

N� pu� non essere considerato che garantiTe ai singoli, in sede giuri


sdizionale, l'osservanza degli obblighi assunti dallo Stato in sede interna


5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

998 

Tale motivo ,si articola in due propostizioni !Plrimarie: 

a) Quando le di.iS[loS!izioni de�l Tratta�to G.A.T.T. !P'l'evedono il.a prevalenza 
sul prindpfo di parit� tributaTia (da esso affenm1ato) della contraria 
leg;~Silazione nazdonale eventualmente vigente al 10 ottobre 1949, 
esse non possono che fa1r ~iferimento ad una J.egisit.azione che fosse in 
vigore a quella data e �sempTe �che e finch� essa fussie :rl1maista in wgoire; 
ogni quaJ. volta, invece, per qualis~asi motivo fosse venuto a �cesisare il 
vigore della contra<ria leg;i1sliazione naziona]e viiige:p.ite aJ.la data diel 10 otJtobire 
1949, in quel momento sarebbe divenuto operante l'Obblligo s.ta,tuale 
d!i adeguaire la p<ropmia legislazione al precetto del TTattaito. 

b) In materia di p�mdotti medtcina1i, J.a ~eg;LsJ.afilone italiana vigente 
al 10 ottob!l'e 19149 e relativa ail trattamento tr�~butario era rostd.tuirta 
dal d.m. 9 febbraio 1949 (l.G.E. �con ail'iquota 1condensata diel 6 % all'atto 
de1la vendita fatta dal fubbricante o :produttore ded [xrodotti nazii-OnaU, 
aliquota condensata crel 10 % 1di I.G.E. all'impoctazdone per i iJ;J<rodotJtJ. 
esteri im(porta.ti); questo �d.m. per suo istesso espTesso d~osltlo, eira valid�' 
fino 1al 31 dicembre 1949 ed alla scadenza fu sostitUJito �Con i1l d.m. 17 dicembre 
1949, �Che ripeteva analoga d~smpJ.ina di queJ.J.o precedente, e cosi 
via per g;Li amli successivi: ma tutti questi dec1reti, suc.ce1smvi a quelilo del 

2iionale, significa in effetti privare .io Stato di forza contrattuale nei rapporti 
con gli altri Stati aderenti, impedendogli di condizionare la propria 
attivit� normativa di attuazione al comportamento degli altri Stati, ed 
imponendo1gli anzi, �COlll l'attribuire efficacia Tisolutiva alla sola legge di 
ratifica (rUevante invece anche nell'ambito dei. rapporti internazionali e 
di norma adottata, del resto, da tutti gU Stati aderenti), di emanare specifiche 
disposizioni legislative in contrasto con gli obblighi assunti in sede 
internazionale quante volte riteng.a di dover reagire ad eventuali inadempimenti 
di altri Stati. 

7. -Per quanto concerne, in particolare, l'ad. II del G.A.T.T. (sulle 
quali si fondano le numerose domande volte ad ottenere la restituzione 
di somme corrisposte per diritti per i servizi amministrativi), la norma 
risulta in effetti espressione di un � impegno � deg.li Stati membri, rilevante 
nei l'apporti internazionali, .e la cui portata non � n� pu� essere modificata 
dalla sola le.gge di ratifica, senza la quale lo Stato non sarebbe vincolato� 
nemmeno nei rapporti internazionali; e se dovesse lo Stato considerarsi 
vincolato anche nei confronti dei singoli, per effetto dell'ordine di esecuzione, 
all'osservanza degli obblighi assunti in sede internazionale non si 
spiegherebbe la necessit�, inve.ce ravvisata da,l legislatore, di abolire il 
diritto di licenZJa (ritenuto incompatibile con la normativa G.A.T.T.) o di 
adottare la nuova tariffa doganale approvata, in attuazione degli impegni 
assunti, con il d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442, co�nsi.derato che alla legge di 
ratifica dell'Accordo sd sarebbe dovuta riconoscere effi.oacia abrogativa del 
diritto di licenza (a quell'epoca pacifi.camente applicato ,e dscosso), e che 
la misura dei dazi consentiti sarebbe risultata calwlabile sulla base di 
norme deH'Accordo cMare ed incondi2iionate quanto quella in esame. 
In effetti, la norma dell'art. II del G.A.T.T. non pu� essere considerata 
avulsa dal complesso di norme nel quale � inser.Ua, e ritenuta quindi, in 



PARTE I, SEZ. li, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 999 

febbliaio 1949, non erano vigenti al 10 ottobre 1949 e ;pe:rici�, a.hlorch� i!l 
legislatore 1italiano rese esecutivo dn Italia iil ~rnttato G.A.T.T. (19'50) 
non erano p1i� ope�ra.tivi le leggi tri�butarJ.e vigenti al 10 ottobre 1949, cwi. 
s'era riferita la clausola d'i riserva l!imitativa. 

Tal�e ragionamento, per�, ha una llogica solo apparente. Se, come 
riconoscono '1e :nicorrenti, iJ. de&eto del Ministro per le Fin1anze 9 febbl'aJ.
o 1949 e quelili succes1sivi che 1o hanno :sostituito ahla scadenza sono 
atti ammindstrativi d.i no11mazione .seoondW'!ia, integrativi di atti no;rmativi 
prima.ri (disposizioni di le.gige, eSIPI'essamente autorizzanti l'integrazione 
per atti ammJ.n:Lstrativi, 0come l'art. 10 del d.l. 19 ottobre 1944, 

n. 348 e J.'art. 111. 7 gennaio 1949 n. 1, 1n aippllkaziione dei quali artdcolJi 
i decreti ministeriali suindl~cati sono stati emanati), non pu� sostener!sd. 
che fonte del trattamento �tributario differenziato tra '.P.rotdotti nazionalli 
� e :prodotti importati siano i decreti mirns.temaili, consli.derati a s�, senza 
co�Llegamento �con i provvedimenti leg.ils[ativi che 1l'emi1S1sdone di eissi hanno 
autorizzato : ci� al fine di 1aipplicare Ja clausola dli. rilSJerva ld.mitativia 
afferente a1l'applic1aziooe della .parte seconda dell'A!c1cordo generale, clausola 
contenuta nell'art. 1 del protocolllo �di Annecy -�seicondo� cui taJ.e 

quanto in s� per s� .chiara ed incondizionata, idonea ad attribuire diritti 
ai singoli; ed � nel �contesto dell'Aiccordo che si evidenzia la sua portata 
programmati.ca (o quanto meno il rilievo dell'impegno solo in sede internazionale), 
specialmente quando si consideri che numerose altre disposizioni 
contengono precetti chiari, precisi ed incondizionati (in tema di transito, 
valore in dogana, sanzioni pecuniari, restrizioni quantitative, aiuti alla 
produzione, ecc.) senza per �questo costituire, in foo-za deUa sola le.gge di 
ratifica, fonte di diritti soggettivi per i singoli (v., oltretutto, art. XXXV). 

8. -Aippare superfluo, in questa sed.e, ricordare anaUticamente le note 
argomentazioni che hanno indotto la Corte di giustizia delle Comunit� 
europee, attraverso una valutazione globale delle .clausole deil G.A.T.T., ad 
escludere la possibilit� di riconoscere a tali .clausole portata di norme seifexecu.
ting, idonee ad attribuire ai singoli diritti suscettibili di tutela in sede 
giurisdizionale. 
Va peraltro rilevato che ila sentenza 24 ottobre 1973, resa nella causa 
9/73 (in questa Rassegna, 1974, I, 315) si riferisce proprio all'art. II, n. 1, 
lett. b, deJ G.A.T.T., a quella stessa disposizione, cio� in base alla quale 
si contesta la compatibilit� deHa legge 15 giugno 1950, n. 330 con la normativa 
G.A.T.T. 

In partkola;re, il giudice nazionale aveva in queUa occasione dubitato 
della legdttimit� dei regolamenti comunitari sul regime de~li importi compensativi, 
in quanto suscettibili di comp.ortare oneri all'importazione maggiori 
di queHi dei dazi consoUdati G.A.T.T. 

La Coil'te di giustizia, dopo aver Ticonosciuto che la validit� della normativa 
comunitaria pu� essere influenzata da una norma di diritto internazionale, 
ma � soltanto qualora detta norma sia vincollante per la ComunJ.t� 
ed attribuisca ai singoli cittadini di questa il diritto di esigerne giudizialmente 
l'o.sservanza �, ha espressamente ammesso che � ai sensi dell'art. II 
dell'Accordo Generaie, la concessione tariffaria in questione � vincofante 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1000 

parte seconda dev'essere applikata in tutta li.a misura corrupiatiibile con La 
legisti.azione dii dascuno Stato aderente es1is:tente alJ:a data dello stesso 
Protocol!lo. Appare molto pi� �coerente �con 1i :pJ:'linC�!pi J:ogki e giu:ridicli. 
riferire la �locuzione � lieigiislazione �1Sliis:tente alla d!ata de1l Protocolilo � 
proprio aille leggi che, s.ia pure �conferendo al Minisko il compito di determinaire 
le aliquote in concreto appUciabi1i, hanno previ1sto in viia genera>le 
e 1come contenuto del s1stema di 1iimposizione J:a diis:c<l'1mli.nazione d!elile 
aliquote I.G.E. per i prodotti importati rispetto a quellii na2lional:i. A ipia<rte 
iil 1significato letterale del nome � legislazione � come il'dn:sieme d!eg1l.!i atti 
d!el potere J.egislatiivo che regoJ.ano l'attivit� de1lo Stato, d1egli enti, dei 
singol.!i con precetti muniiti di �sanziollli, nei oaiSI� in .cui la legge, com'� 
costituziOIIlalmente legittwo, �commetta al ,potere �1secutivo d:i de~rminare 
elementi, ipresupposti e limiti variamente indtviduahhlJ. di una prrestazione 
1mponibile, &sando all'uopo i �criteT'i direttivi di base e le lililee 
generaH dell'es011cizio del potere determinativo, iJ. 1precetto e la relativa 
sanzione sono �gi� nella legge e 1Ie specificazioni �che es1S!i. <rkevono coJ. 
provvedltmento dli norma2lione secondaria �commessro iagl:i organi del potere 
esecutivo hanno efficacia dipendente e �condizionata da quella de�Lla 
Legge. Se, pertanto, questa dtspone che il potere detemntnativo dev'essere 
ese:mitato periodiciamente, �in modo che l'imposizione sia .succe:sisivamente 

per la Comunit� �; e gi� nelLa precedente sentenza, del resto, aveva statuito 
che �in tutti i casi in cui, in forza del trattato CEE, la Comunit� ha 
assunto dei poteri, gi� spettanti ag.U Stati membri, nell'ambito di applicazione 
del G.A.T.T., le disposizioni di questo sono vincolanti per la Comunit��. 


Nell'indagare sulla ricorrenza del secondo requisito richiesto, per�, 
la Corte di giustiz~a ha affermato, �secondo vaLutazfone gi� espressa nella 
precedente sentenza per il'art. XI dell'Accordo, che �l'art. II dell'Accordo 
Generale non attribuisce ai singo.U cittadini della Comunit� il diritto di 
esigerne giudizialmente l'osservanza �; ed ha di conseguenza escluso che 
la validit� dei regolamenti comunitari in discussione potesse assumersi compromessa 
dalle clausole del G.A.T.T. 

9. -Risulta perci� evidente che la Corte di .giustizia a differente conclusione 
sarebbe pervenuta, quanto ialiLa validit� della normativa comunitaa"
ia, se avesse ritenuto Je clausole del G.A.T.T. d:i portata self-executing; 
e poi.ch� 1a premessa deH'imipostazione � appunto il riconoscimento che la 
Comunit� � .subentrata ai singoli Stati membri negli obblighi da questi 
assunti, deve di conseguenza ritenersi che la Comunit� sarebbe obbligata 
anche nei confronti dei singoli ai .quali uno o .pi� Stati membri avessero 
gi� attribuito diritti soggettivi in base ahle clausole del GA.'�'.T., e che gli 
stessi regolamenti comunitari discussi ne1la causa 9/73 sarebbero illegittimi 
per quanto concerne i cittadini italiani, in quanto lesivi dei diirUti soggettivi 
ad essi attribuiti, secondo l'interpretazione dei giudici nazionali, dalla 
legge di ratifica del G.A.T.T. 
Queste le gravi conseguenze, neH'ordinamento comunitario, della denunciata 
divergenza di soluzioni, e non pu� non tenersene conto nella 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1001 

adeguata alle possibili variazioni degli eliementi dti ba,se, la modalit� 
temporail�e di efficacia deil. p1rovV'edimento determinativo non � 1oousa, a:l:la 
sica:denza, del velli�ir meno de1l'iintera diLS.ci.pil:ina nmmiativa; questa :rimane 
inalterata nel suo �contenuto di dilscipiHna 1che comrporta atti 1suc1ces1stirvi 
che rendano liquidabile l'obblig:azione trtibutarria, 1secondo i criiteTi. variabiili 
stabiliti nelJ.1a legge, rimaindando solo sosrpesa fino �alil.'emanazione del 
nuovo .provvedimento determinativo de.Jile aliquote. 

Ordunque, quando iJ. Protocollo d!i Annency specdfic� che J:a parte 
seconda dell'Accordo Generale di Ginevra potevia esser:e awWicata, dagli 
Stati aderenti, nella misura 'compatibile con la rtsrpettiva legisil.azione 
esilstente alla data del ProtocoJ.lo medesimo, si richiam� ane .leggi, dei 
singoli Stati aderenti con J.a clausola di riserva limitativa, che avevano 
posto imposizioni tributarie ed ai criteri di imposizione da esse disposti, 
non anche ai .provvedimenti determinativi delle aliquote variabili in 
apiPlkazione dei criteri ora detti. 

In linea ancor pi� ,generale, 
r 
anzi, sembra co~retto affermare �che li.a 
ammes:>a clausola di riserva limitativa sa1lvaguar:d'a hl collltenuto no!I'lllliativo 
sostanziaJ.e della legiis�l:azione vdgente ai1l:a data di rdtfel"imento, quale 

verifica del contrario orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione. 


La questione assume invero un rilievo di� non indifferente portata, sia 
perch� la normativa G.A.T.T. � oramai parte dell'ordinamento comunitario 
(e deve nell'iambito di tale ordinamento essere interp:retata), sia in quanto, 
comunque, la stessa .questi001e di principio non mancher� prima o poi di 
riproporsi, come gi� dinanzi al giudice tedesco, con sipecdfico riferimento 
alla normativa comunitaria; e non pu� evidentemente ammettersi che una 
stessa norma possa essere diversamente interpretata a seconda che la 
incompatibilit� dedotta dal singolo interessato sia riferita ad una norma 
interna o ad una norma comunita:ria. 

10. -Per quanto concerne, in particolare, il diritto per i servizi amministrativi, 
la riJevanza comunitaria della questione risulta del resto ancora 
pi� evidente, per la incompatibilit� con la normativa comunitaria della 
inte�rpretazione della legge 24 giugno 1971, n. 447 fornita con la sentenza 
21 ma�ggio 1973, n. 1455 della Corte di cassazione. 
Con tale decisione, invero, la legge 24 giugno 1971, n. 447 � stata 
intesa come rivolta ad abrogare il diritto per i servizi amministrativi negli 
scambi con i Paesi non aderenti al G.A.T.T., ma senza considerarsi che la 
legge si riferisce espressamente anche agli scambi intracomunitari, e quindi 
agli scambi con Paesi tutti aderenti al G.A.T.T.: rilievo utile a far affermare 
che l'indicata interpretazione (che conduce in effetti a �disapplicare� 
sia la legge 15 giugno 1950, n. 330 sia la legge 24 giugno 1971, n. 447) 
� in contrasto con la normativa comunitarda e con lo stesso criterio adottato 
dalle Sezioni unite del'l1a Corte di cassazione neilla sentenza 7 gennaio 1975, 

n. 10. 
Assume quindi rilievo, anche sotto questo profilo, la necessit�, in argomento, 
di una pronuncia pregiudi:zJiale di interp:retazione della Corte di 
giustizia delle Comunit� europee: richiesta intesa a dirimere una questione 



1002 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

insieme di pvecetti che lo Stato aderente considera irrJnunziabili :per il 
proprio ordine giuridko : tale contenuto no.rmativo sostanzdaJe, presieinde 
dai mezzi di attuazione e di esecuzione di questo o di que1l ,precetto. Con 
riferimento alla specte, a1la daita del 10 ottobre 1949, l':imposfaione della 

I.G.E. sui prodotti. medtcinali ora rego:1ata, ol1tr:e che dalifa 1legge fondamentale 
del 1940, dal d.U. 19 ottobre 1944 n. 348, dalla legge 7 gennaio 
1949 n. 1, dal d.l. 9 febbraio 1949 determdnativo delle ailiquorbe, ma il 
criterio di impos1izione a mezzo di aliquote differenziate tra p1rodotti importati 
e 1prodotti na2iionaili simila~i era g:i� dd�spo13lto nelile nonne legislative 
ora indk:ate e, per effetto della dausrnla di riiserva lim:itatirva dli cui 
trattasi, legittimamente � stato mantenuto anche oltre la data del 31 dicembre 
1949, gforno di scadenza deUa validit� del detto d.m. 9 febbraio 
1949. 
Naturalmente le. ricorventi 1contestano l'esattezza deill'a:ssuruto che il 
tvattamento differenziato, deteriore per H prodotto estero, di cui ai dd.mm. 
9 febbraio 1949 e sucessivi, trovasse la rs1uia g,ius1tiificazione neHo stesso 
dtS!Posto dahl'art. 17 della legge n. 762 del 1940, dell'art. 40 del d.1.1. 

la cui rilevanza ai fini della dedsione, ai sensi dell'art. 177 del trattato 
di Roma, non pu� essere negata quando 1Si consideri che il quesito da 
rivolgere alla Corte di giustizia dovrebbe essere formulato al fine di conoscere 
se �le norme del trattato CEE .consentano ad uno Stato membro di 
attribuire alle clausole del G.A.T.T., sul territorio naziona:l.e, e sulla base 
delle norme interne, una portata ed una efficacia, nei confronti dei singoli, 
diverse da q_uelle riconosciute da tutti gli altri Stati membri e dalla Comunit� 
economica europea. 

11. -La necessit� di investire della questione la Corte di giustizia 
delle Comunit� europee assume del resto rilievo anche sotto un ulteriore, 
autonomo, ed assmbente profilo. 
Le sopra riassunte consiiderazioni sembrano in effetti gi� sufficienti a 
consentire una autonoma verifica del precedente orientamento giurisprudenziale, 
e tali da condurre ad una interpretazione delle clauso1le del 

G.A.T.T. coerente con quella adottata in sede comunitaria; e ci� renderebbe 
possibile, secondo il consolidato e concorde indirizzo della dottrina e della 
giurisprudenza, una pronuncia sul'la questione senza preventivo interessamento 
della Corte di gtiustizia deUe Comunit� europee. 
Non pu� non essere ril:evato, tuttavia, che se a diverso avviso dovesse 
invece pervenirsi e ritenesse quindi la Corte dii cassazione di dover confermare 
la 1propria divergente mterpretazione sulla portata delle clausole del 
G.A.T.T., non altra altrnativa risulterebbe consentita se non quena di chiedere 
in argomento una ulteriore specifica pronuncia pregiudiziale di interpretazione 
alla Corte di giustizia delle Comunit� europee, discutendosi in 
effetti di una questione di diritto .comuil!itario, ed essendo il giudice nazionale 
d'ultima istanza obbligiato, ai sensi dell'art. 177, terzo comma, del 
trattato CEE, ad investire della que�stionc il giudice comunitario. 

12. -Con dl trasferimento dei poteri attuato� con ii trattato CEE, l'istituzione 
dell'unione doganale prevista dagli artt. 12 e seguenti del Trattato, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1003 

n. 348 del 1944 e dell'art. 11 della 1Legge n. 1 del 1'940 e sostengono che 
queste due ultime fonti normative non avrebbero ,conferito al Miniistro il 
potere di determinare aU:quote condensate iper i prodotti 1importati, tanto 
meno differenziate xdispeitto a quelle stabilite ;per i prodotti na:zionali. 
Mia i �Cennati decreti ministeriaJJi 1S10no 1srtati emessi In Viirt� del compito 
commeisso al Ministro daH'art. 11 deHa J.egl?Je 7 ,gennaio 1949 n. 1, 
che ha esteso alle entrate derivanti da1l commercio dei med'icina1i �la 
facolt� prevista dall'art. 10 del d.1.1. 19 ottobre 1944 n. 348 ai fini della 
determinazione degJ.i .s.peciali ,regimi di imposd.ziione de1l'I.G.E.; iMi 1contemplati 
�. Col definire 1in tal modo la facolt� ,conceSISla a11 Mi.n:ilstro, la 
norma ha .vibadito, interpretandolo, il 'contenuto d:e1l'a,rt. 10 del d.il. del 
1944, nel senso che la facolt� 'conc~meva non :soilo la determdinazione del 
modo di �corre151Ponsiione dell'imposta (con ral?Jgua~o al volume de.gli 
affari o �con aliquote condensate ,iJn rapporto al ipvesunto numero degli 
atti economk.i imponibili), ma pi� in generale la dete�rminazione dli � spedali 
regimi di imposizione � deH'l.G.E., do� la determinazione in �concreto 
del 'Sistema dii tassazione da aip1plic1are in via ;pa�rticolare. 

Del ,resto, gd� dalla norma del 1944 questo contenuto apipaTiva chiaro, 
dato che, per akuni prodotti specificamente indicati, al crriteT:io normale 

ed il subingresso delLa Comunit� economica europea nei rapporti concernenti 
la normativa G.A.T.T., tale normativa � stata infatti recepita nell'ordinamento 
comunitardo e ne ,costituisce parte integrante; e nessun attuale 
auonomo rilievo � di conse,guenza possibile attribui!re ai "singoli provvedimenti 
nazionali, in ragione dei quali possano i ,giudici di ciascuno Stato 
membro assumersi competenti al:la interpretazione dell'Accordo. 

Come risulta daUa prassi internazionale e dalle stesse sentenze della 
Corte di giustizia delle Comunit� europee (v. pure oltre le decisioni gi� 
dtate, quelle rese nelle cause 10/62, Racc., 1962, 1, 14/69, Racc., 1969, 349, 
e 26/69, Racc., 1970, 565, sulla prevalenza del trattato CEE sulle convenzioni 
stipulate nell'ambito G.A.T.T. e sulla disciplina �fra la Comunit� 
e �i paesi terzi �), il fatto stesso che il G.A.T.T. vincolasse gi� tutti gli Stati 
membri della Comunit� economica europea e costituisse gi� una comune 
normativa nei rapporti con i Paesi terzi evidenzia invero la rilevanza del 
trasferimento dei poteri attuato nella materia doganale e tariffaria con 
la istituzione della Comunit� economica europea, ed esclude a priori che 
alla normativa G.A.T.T. possa attribuirsi, sulla base delle ipotesi divergenti 
disposizioni di diritto interno, una diversa portata in ciascuno Stato 
membro. 

In particolare, le leggi nazionali di ratifica e di esecuzione sono divenute 
necessariamente 1prive di una loro autonoma riilevanza ai fini i:n esame, 
e non possono costituire strumento che consenta al giudice nazionale una 
interpretazione rilevante oramai a livello comunitario; e quanto tale 
considerazione sia risolutiva subito si avverte, invero, quando si consideri 
che nessun potere � possibile riconoscere ai singoli Stati membri 
della Comunit� di denunciare l'Accordo G.A.T.T. o di abrogare i 
provvedimenti nazionali di ratifica e di esecuzione, risultando eventuali 
inizi1ative a tal fine rivolte prive di qualsiasi senso concreto, per essere 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1004 

di app:liioazione dell'I.G.E., basato 1s:ull'1imposizione cli ciascun atto economico 
relativo al medesimo prodotto e s:igin.1i.ificativo di � entrata �, is'� 
sostituito il diverso siistema dell'aliquota condensata in :riapporto al numero 
presunto degli atti economki dmponibdil:i, 1cio� dell'aliquota uniica e 
.compJ.essiva per un'intera fase della ciil"C-Olazione dei beDI�: a tale fine era 
imprescindiibile l'attribuzione a;l Ministro del potere sia di 1stabild!re Ja 
fase da prendere in collllSliderazione, sia dii viailurtare il numero degJ.i atti 
economici che essa 'co~ortava e che a'Vevano fuilJZ)iione, di 'P["esupposto 
dell'imposizione, siia infine di ,stabiliire, in ra~iporto alfa struttura tecnica 
ed economica della fase presa in com;iidemziione, J.'aJiquota 'condensata 
di iimposta che si crileva1sse adeguata ri!Jipetto a quehle piarziaili � a cascata � 
applicabili ai 1singoli atti econom&ci secondo U orite'.I'io genera.ile. 

Quanto poi al potere di stabhlire aliquote condensate non solo per i 
prodotti nazionali ma ancihe per quelli imporrtati, taiLe ipote:re deve ritenersi 
attr:ibu:ito al Ministro in conseguenza del criterio di � 1coiI'Tdis1Pondenza 
., stabilito dalla legge 19 giugno 1940 n. 762, tra iim,posta dovuta 
per la .cessione dei beni o ila :prestazione dei se!I"Vizi effiertJtuate nello Stato 
ed imposta (cosiddetta aJJ.'importazione) sulle meroi imporrtate daJll'estecro 
e dovute per il fatto obiettivo deH'dmportazione: �corriisipiondenza che 
impJ.foava l'esigenza sistematiica ,cli variare quest'ultima imposta in rela


ciascuno Stato comunque tenuto ana osservanza della poUtica doganale, 
tariffaria e commerciale comunitaria, e non potendo di conseguenza violare 
gli obblighi assunti nell'ambito G.A.T.T. senza al tempo stesso violare quelli 
rilevanti nell'ordinamento comunitarrio. 

Di conseguenza, e per il fatto stesso che le trattative G.A.T.T. sono� 
ora gestite, nel comune interesse degli Stati membri, dalle Comunit� europee, 
non � consentito a1le autorit� nazionali dei singoli Stati membri, in 
esse comprese quelle giurisdizionali, di procedere ad una propria ed autonoma 
valutazione �sulla portata della normativa G.A.T.T., che deve ora 
essere necessariamente uniforme (a prescindere dai singoli provvedimenti 
nazionali a �Suo teffilPO adottati dai vari Stati rper l'adesione all'Accordo e 
per la sua ricezione nelil'orditnamento interno) in tutto il territorio delle 
Comunit� eurropee; ed iniziative in tale senso, ,quindi, si risolverebbero in 
una violazione del trattato CEE. 

13. -In altri termini, la� Comunit� economica europea, nel subentrare 
negli obblighi assunti dagli Stati membri nell'ambito G.A.T.T., � divenuta 
titolare in proprio ed in esclusiva dei poteri in argomento prima spettanti 
ai �singoli Stati membri. 
Nell'ambito e nelil'esercizio di tale gestione la Comunit� ha ritenuto, 
attraverso la interpretazione della Corte di giustizia che le clausole del 

G.A.T.T. non .sono idonee ad attribuire ai singoli diritti che i giudici nazionali 
siano tenuti a tutelare e non possono per questo motivo compromettere 
la validit� della normativa comunitaria; e ci� nella premessa che le clausole 
del G.A.T.T, sono vincolanti per la Comunit�, nei confronti dei Paesi terzi 
e dei �Cittadini comunitari, negli ,stessi termini in cui erano :prima vincolati 
i singoli Stati membri. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1005 

zione aJla variazione dell'I.G.E. interna. Ma quesita corr�is;pcmdenza de11a 
imposta �sui prodotti importati a quella deihl'impoista 1sui p!l'odotti nazionali 
non .signifi.100/Vla pa:rit� di .imposdzfone; d due concetti s0010 diversi sia 
ne1l'indd�cazdone testuale �dei nomi, sia neUa 1srtruttura iintrmseca delle due 
sipecie di imposizioni: l'I.G.E. aUa imPortiazione non escludeva l'apipil.ica,.,
icme dell'I.G.E. sugli atti economicd. pOlsti in ess:eire nello Stato s:uiccessivao:
nente al1l'importazione (anco:rich� .effettuati da filiaiLi, rappresentanti 
e depositari di ditte estere: e ci� a differenza dii quanto sit:aOO.lito per i 
pil'odotti nazionali, i di cui ipassag,gd d!al ;produttore a:i ll'awresentanti deposdtari 
non davano luogo ad entrata imponibhle) e peirci� sii poteva determinare 
un divairio tr:a �call'iico Lg.e. sui !Prodotti nazi�001al1i e �CaT>ico I.G.E. 
sui prodotti importati, essendo l'I.G.E. a11l'rimportazdone 1stabhlita in via 
largamente dfacll'ezionale o presuntiva dli adeguatezza. 

Ritenuto, dunque, che alla data del Protocollo di Annency la legisllazione 
italiana previedeva la discriminazione triobutarda tra pirodotti impotati 
e prodotti nazionali 'Similari quanto 1all'I.G.E., ilegittd.mamente taJ.e 
dtscricminazione � stata mantenuta anche dopo il'inserimento nell'Oll'd:dnamento 
italiano dei principi e diel\le norme dell'Aic1cortdo G.A.T.T. !in aipplicazione 
della cfausola di l'lilserva limitativa, I�ill viirt� deJ.ilia quale i principi 
di non preferenza protettiva peir i prodottd nazionali e di parit� di 
trattamento tributairfo tra essi ed i iprodotti impoirtati dovevano trovaTe 

In tale prospettiva, � evidente che nessun margine :residua (quaJ.e che 
sia la fattispecie da decidere) per autonome ed in ipotesi divergenti valutazioni 
delle autorit� nazionali dei singoli Stati membri; cos� come � evidente 
che gli stessi provvedimenti di diritto interno adottati in attuazione 
degli obblighi assunti con il G.A.T.T. sarebbero da intendere comunque 
abrogati dalla .successiva ed in ipotesi incompatibile normativa comunitaria: 
abrogazione .che sarebbe invece da escludeire, per invalidit� della 
normativa comunitaria, se le clausoJ.e del G.A.T.T. dovessero ritenersi� 
idonee ad attribuire, per effetto dell'ordine di esecuzione, di.ritti soggettivi 
ai singoili dttadini nazionali. 

14. -Certamente, il giudice nazionale pu� dissentire dalla interpretazione 
in ipotesi gi� fornita dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee 
relativamente a disposizioni di rilevanza comunitaria. 
Mentre per� ove a tale interpretazione intenda adeguarsi pu� il giudice 
nazionale prescindere dall'investire (nuovamente) della questione la 
Corte di giustizia, non pu� invece da tale preventivo interessamento astenersi, 
senza violare il trattato CEE, qualora ritenga �Censurabili le valutazioni 
espresse dal giudice comunitado; n� pu� del Testo escludere la 
competenza della Corte di giustizia per n carattere nazionale della norma 
in ragione del quale ritenga di poter valutare fa portata dell'Accordo internazionale, 
proprio 1per0ch� non � pi� ammissibile una gestione � nazionale � 
del G.A.T.T. e non pu� alla normativa dell'Accordo attribuirsi, sulla base 
delle norme di diritto inteirno, una portata diversa da quella riconosciuta 
rilevante in sede comunitaria. 

Non pu� non essere considerato, del resto, che se la rilevanza della 
normativa G.A.T.T. dovesse essere verificata con riferimento alle norme 



1006 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aippUoaziione com,patibilmente con la legfallazione (italiana) eststendo a:lla 
data del 10 ottoibre 1949, alla data c:io� del RrotocoLlo d:i Annency. 

La ricorrente sostiene poi, ne�l p:msieguo delle �censure contenute 
nell'unico motivo, che esattamente la Co!t'te dii. AppeLlo ha ritenuto che la 
parit� tributaria voluta �con il Trattato G.A.T.T. non dev'els1sere riferita 
a ciascuna imposta ma al cartco tributarto �CompJ.essivo incidente rispettdvamente 
sul prodotto importato e sul prodotto naziona1le s:irrni:lare: ma, 
a confutazione di quanto ritenuto dalla Corte d'Appeslfo, 1sostiene altres� 
�che nella comparazione desve liberamente valutairsd l'incidlooza dell'I.G.E. 
aLl'im,portazione, deill'I.G.E. per i fiatti economtci successivi a1l'iIT11Portazione 
e de1la imposita di conguaglio di cui aMa 1legge n. 570 del 1954, doviendosi 
eisdudesre �che l'I.G.E. alla importazdone e J.'imposta di conguaglio 
abbiano avuto, neU'intenzione manifestata dal legfa1latore, effkacdla ipeirequativa 
dell'imposizione sui prodotti importati a quelsla sui prodottii. nazionali, 
effic�aieia che l'interprete, �qual'� il g�udke, non potrebbe �sottoporre 
a riesame per stabilirne la 1corriispondenza ailla reale misura quantitativa 
dei ca11ichi tributari. 

Sul punto dlev'esse�re richiamata La giudsprudenza �contraria di queste 
Sezioni Unite, gi� riassunta .innanzi: il .giudice, quando 1J:1avviis1a che 
una legge da applicarie persegue .Jo scoi:po di adeguar�e H trattamento tributario, 
seicondo ap,positi or.iteri o misure, a.I fine dii elimina!t'e una ipos[zione 
che il legisilatore .conistderato di pregiudizio del ipTodotto nazionale 
rtsipetto a quello importato, deve applt1carie 1La legge, senza possibilit� dli 
accertare se il presuppolsto priegiuddzio sussistesse nella T'ealt� e senza 

di diritto interno, verrebbero in considerazione soltanto gli Stati contemplati 
nei protocolli e negli accordi di Annecy, di Torquay, di Ginevra 
del 7 giugno 1955, di Ginevra del 27 giugno, 25 luglio, 30 ��novembre 
1955, e 18 aprile 1956, di Ginevra del 23 maggio 1956, e di Ginevra del 
22 novembre 1958 (cfr., rispettivamente, leggi 5 aprile 1950, n. 295, 27 
ottobre 1951, n. 1172, 14 aprile 1957, n. 356, 9 novembre 1957, n. 1164, 
2 gennaio 1958, n. 25, e 12 agosto 1962, n. 1637), e soltanto i prodotti 
compresi nelle liste allegate a ciascun accordo o protocollo; e ci� in 
quanto nessun ulteriore provvedimento di diritto interno � intervenuto 
relativamente alle adesioni di altri Stati (oggetto, di norma, di specifici 
negoziati e accordi), e nessun ordine di esecuzione pu� relativamente a 
tali altri Stati ravvisarsi dal quale possano assumersi derivati diritti soggettivi 
dei singoli: rilievo che conferma la validit� della impostazione 
di principio sopra commentata (tanto pi� che la inapplicabilit� del diritto 
per i servizi amministrativi nei confronti degli altri Stati ora aderenti 
al G.A.T.T. non potrebbe certo desumersi dall'ordinamento comunitario, 
nell'ambito del quale la legittimit� dell'imposizione � stata riconosciuta 
anche negli scambi intracomunitari), e la cui rilevanza risulta ancora pi� 
evidente quando si consideri che sulla sola base dei provvedimenti di 
diritto interno dovrebbe escludersi l'applicabilit� del diritto per i servizi 
amministrativi anche per i prodotti importati dagli Stati che hanno medio 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 1007 

1poter stabilire se i criteri o le misure adottate dal legis1atore siano o 
meno idonee a stabilire la perequazione di trattamento. 

Posto questo prinioipio, de�l resto molto ovvio, deve diTsi po1i innegabile 
�che .l'imposta di �conguaglio stabilita con la leg,ge de�l 1954 e � rapiportat:
a alla imposta generale srulil'entrat:a che gli ste1s1si pTodotti (.cio� i 
prodotti industria1i importati da1'l'estei'o) avrebbe�ro asisolto durante la 
loro fabbrkazione in Italia � abbia avuto appunto ilo sc(l(po ili rendere 
eguale, per i 1prodotti �impO!rtati, il carko tributario LG.E. r:iisipetrto a 
queno incidente �sui beni prodotti in Italia; nessun'altra spiegazione � 
legittima, 1secondo il significato letterale, logico e .gfoiridko delle locuzioni 
ora �riportate. Il legislatore .italiano, che con la medesima legge 
di-spose la restituzione dell'I.G.E., sui prodotti esportati, nella sua sovrana 
valutazione si � reso conto che 1con eguale mezzo giuridiico i prodotti 
importati si presentavano generalmente sul mer.cato italiano p.i� 
favoriti, pel'ch� liberati dall'incidenza deLI'iimp01Sta sulle fasi della foro 
lavorazione all'estero ed ha inteso eliminare tale rag.ione di favore. 
Avendo anzi disposto che il diritto compensativo sulle importazioni cosi 
~stituito doveva aggiunger.si all'imposta di cui all'art. 17 L 19 giugno 1940 

n. 762 (cosiddetta I.G.E. all'importazione), i1l legislatore ha nello stesso 
tempo �ribadito il 1carattere perequativo anche dell'imposta ora detta, che 
gi� si ri:cava dal s�iisterna proprio della fogge del 1940. 
Bisogna anche aggiungere che, posto che il pirinc1iipio G.A.T.T. di 
parit� tributa.ria dev'essere riferito al trattamento tributario complessivo 
e non alla parit� delle singole imposte, com,porta cio� trattamento 
tributario quantitativamente eguale anche ls�e dsultante da imposte qualitativamente 
diverse, l'intera ilite appare ip�romossa, in concreto, e con


tempore denunciato l'Accordo (come ad esempio la Cina, il Libano e la 
Siria; o le Filippine, che hanno nuovamente aderito solo dal 10 agosto 1973). 

15. -Quanto al merito delle valutazioni adottate nelle tre sentenze in 
rassegna, ed in �particolare 1alle considerazioni con le quali � stata giustificata 
la persistente discriminazione nel trattamento tributario dei medicinali 
importati rispetto a quelli di produzione nazional,e, utili spunti sembrano 
potersene desumere quanto alla necesist� di tener presente, nel valutare 
la portata della clausola di riserva limitativa, non tanto lo specifico 
importo del tributo dovuto alla data del 10 ottobre 1949 su ciascun prodotto 
importato, quanto piuttosto il criterio impositivo differenziale rispetto a 
quello adottato per i prodotti nazionali: considerazione che dovrebbe risultare 
utile a giustificare, come si � gi� osservato commentando la sentenza 
4 gennaio 1975, n. 2 (retro, I, 82, v. pa�g. 84, in nota, e pagg. 94 e segg.), la 
compatibilit� con l'art. IV del G.A.T.T. del d.iritto erariale su1le acqueviti 
importate, anche per quanto concerne le maggiorazioni disposte, per ovvie 
esigenze di adeguamento monetario, successivamente al 10 ottobre 1949. 
16. -Da segnalare, infine, l'affermazione di principio, contenuta nella 
sentenza n. 3407, sulla diversit� della domanda volta ad ottenere il rimborso 
di quanto si assuma pagato in pi� per una determinata impost�a rispetto a 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1008 

dotta nei vari gradi, su una base non con.ferente con la dlis1cli\.nlina giuridica 
appliicabile, potendo essere oggetto di tutela ;giurisdraionale non il 
rirnbomso di quanto 1si aissume ipagiato in !Pi� per questa o 1Petr que>Ha 
imposta II"el:ativa al prodotto importato, bens� iil di pi� pagato in riferimento 
a1l'im.porto com1Plessivo dei trrbuti diretti o mdi.retti grarvanti sulle 
due <:ategol'ie di prodotti e superiore quantitativamente rper queHi 
!�!m(portati. 

La Soc. Glaxo, ne1l'ulitima parte del ricorrso, pro[pon� wn';im(postazione 
della vertenza, a .suo parere, pi� seIIllpld�ce, precisamente a mezzo 
d!el collegamento tra l:a ,clausola della nazione !Pi� favorita 1prev:ista d!aHo 
accordo G.A.T.T. e wa d~ausola del prodotto nazionale prewsta dalilo 
airt. 7 del Trattato commerciale itafo-elvetico, ;relativo rpropriio ai prrodotti 
farmaceutici; fale norma avrebbe instaurato il trattamento pi� favorevole 
per l'importa2lione dei medLcinali ed avrebbe 1stabi1ito !l'assoluta pardt� 
tributaria tra i medici111ail.i importati e queilli nazionali. 

� sufficiente enunciarre la prO(posta [per doverla di'satt&JJdere, in 
quanto la nuova impo,sta.z.ione della ieaus:a comporta non solo un tOltale 
cambiamento dei profili giur.idid di essia, ma anche nuovi accertamenti 
di fatto, relativi appunto a quale sfa il trattamento pi� favorevolie che 
l'Italia ahbda stabiliito con altri Paesi per l'importaziooe dei prodotti 
medicinali. -(Omissis). 

quella diretta ad ottenere Ja restituzione di quanto pagato in pi� in violazione 
del principfo della parit� di trattamento, e quindi da valutare previo 
accertamento del carko fiscale complessivo gravante, rispettivamente, sul 
prodotto importato e su quello nazionale. 

� Perch� il giudice possa esplicare tale potere di accertamento -hanno 
infatti osservato J.e Sezioni unite -� necessario che la domanda giudiziale 
sia proposta col preciso contenuto che sia verificata J.a parit� globale nel 
s�nso indkato innanzi al fine di conseguire il rimborso non di ci� che si 
assume pagato in pi� per questa o per quell'imposta singolarmente indicata, 
bens� di quanto pagato in pi� in violazione del principio della paidt� globale. 
Non c'� rapporto di �Continenza, che presuppone una domanda di 
maggior contenuto nella qua1e possa intendersi compresa quella di minore 
portata, tra la domanda di rimborso per quanto pagato per i.g.e. o per 
imposta di conguaglio non dovuta e domanda di rimborso per quanto pagato 
in pi� xispetto� al carico tributario gJ.obale legittimo, concernente un determinato 
settore di produzione o di distribuzione di beni o di servizi. Si 
tr,att� invece di domande intrinsicamente <diverse sia per petitum, dato che 
l'oggetto del rimborso cambia radicalmente secondo che sia determinato 
in relazione alla singola imposta o in relazione al complesso delle imposizioni, 
sia per causa petendi stante che la illegittimit� della pretesa tributaria 
basata su ciascuna i~posta nulla ha di comune rcon quella xelativa ad 
un insieme di tributi diretti o indiretti incidenti in un determinato settore 
della vita economica e superiori quantitativamente ad un limite massimo 
prestabilito�. 
A. M. 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1975, n. 1759 -Pres. 
Boccia -Rel. Corasaniti -P. M. Gentile (concl. conf.) -Azzi (avv.ti 
Guerra e Paneri) c. Comune di Torino (avv. Vecchione) e Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Competenza e giurisdizione . Giurisdizione ordinaria e amministrativa � 
Urbanistica � Vincoli urbanistici senza indennizzo: giurisdizione dell'AGO 
� L. 19 novembre 1968 n. 1187: irretroattivit�. 

(I. 19 novembre 1968, n. 1187; I. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 7, 40). 
Poich� l'art. 2 della legge 19 novembre 1968. n. 1187 -che stabilisce 
in cinque anni la durata massima dei vincoli urbanistici di 
piano regolatore generale su beni immobili determinati, in pendenza 
di approvazione del piano particolareggiato o di lottizzazione -indica 
nel momento della sua entrata in vigore l'inizio della decorrenza del 
suddetto termine quinquennale per i vincoli anteriormente imposti, 
deve ritenersi che i vincoli urbanistici, stabiiiti nei piani regolatori 
generali anteriori alla legge stessa siano stati imposti in forza di 
norme incostituzionali (e cio� ai sensi degli artt. 7 e 40 della legge 
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, dichiarati incostituzionali con 
sentenza n. 55 del 1968 dalla Corte costituzionale in quanto imposti 
senza limiti di tempo, ossia integranti un'espropriazione senza indennizzo) 
e, pertanto, in difetto di potere dell'autoritd che li impose: da 
ci� consegue che l'azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno 
derivante dal provvedimento ablatorio rientra nella competenza giurisdizionale 
dell'AGO in quanto intesa alla tutela di un diritto soggettivo 
(1). 

(Omissis). -Con due distinti atti di citazione notificati in pari 
data Giuseppe Azzi convenne in giudizio davanti al Tribunale di Torino 

(1) L'importante decisione � in stretto collegamento con Cass. SS.UU., 
'7 maggio 1975 n. 1760 in questa Rassegna 1975, I, 3, pag. 6.S9. Vedansi, 
per interessanti notazioni, le considerazioni di G. DE FINA, Diritto all'indennit� 
del privato e potere espropriativo della P.A. nei procedimenti 
ablatori in Giust. civ. 1975, I, 1270. 
In dottrina cfr. MoDUGNo, Legge in generale; PATRONO, Legge (vicende 
delta), Enc. diritto, XXIII, 872 e 904. 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
-collaborato anche l'avv. CARLO CARBONE. 



1010 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il Comune di Torino e I'Amministrazione statale dei lavori pubblici. 
Espose che un'area urbana di sua propriet� in Torino era stata assoggerttata 
a vari vincoli urbanistici: in particolare, col nuovo piano regolatore 
generale della dtt� di Torino approvato con decreto presidenziale 
6 ottobre 1959 l'area era stata destinata in parte a mattatoio, in 
parte a fascia di arretramento costruzioni, in parte a sedime stradale; 
con la varianrte del piano regolatore approvata con decreto presidenziale 
7 novembre 1963 l'area era stata destinata in parte a vierde pubblico, 
in parte a nuova strada, in parte a fascia di arretramento costruzioni; 
soggiunse che con decreto ministeriale del 15 giugno 1963 la stessa 
area era stata nella maggior parte vincolata per l'edilizia economicopopolare. 
Dedusse che per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 
n. 55 del 29 maggio 1968 -la quale ha dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale, per contrasto con l'art. 42 comma terzo della 
Costituzione, degli artt. 7, nn. 2, 3 e 4 e 40 della legge 17 agosto 1942, 

n. 1150 (legge urbanistica), nella parte in cui consentivano l'imposizione 
senza indennizzo su aree urbane di vincoli sostanzialmente espropriativi 
(cio� preordinati ad una espropriazione incerta e quando ovvero 
tali da importare l'inedificabilit� delle aree) a tempo indeterminato, 
imposizioni entrambe attuate sull'area di propriet� di esso istante prima 
col piano regolatore 6 ottobre 1959 e poi con la vari�nte approvata 
il 7 novembre 1963 -egli aveva diritto al risarcimento dei danni 
derivatigli dai vincoli anzidetti, diritto non escluso, o non escluso 
validamente dalla legge 19 novembre 1968, n. 1187, emanata per emendare 
le disposizioni della legge urbanistica dalla dichiar~ta illegittimit� 
costituzionale. Chiese pertanto, con uno degli atti di citazione, 
che fosse accertarta l'illegittimit� (rectius l'illiceit�) dei vincoli di cui 
ai decreti presidenziali 6 ottobre 1959 e 7 novembre 1963, con riferimento 
al tempo della loro emanazione al giorno antecedente l'entrata 
in vigore della legge n. 1187 del 1968 e che la Amministrazione comunale 
e la Amministrazione statale convenute -ad entrambe le quali 
erano imputabili gli strumenti urbanistici e quindi l'illecito con essi 
consumarto -fossero solidalmente condannate al risarcimento (c/o 
ad un indennizzo) per i danni prodotti dal tempo della rispettiva 
emanazione fino al 30 novembre 1968 (giorno antecedente quello di 
entrata in vigore della legge n. 1187 del 1968). E ci� previa rimessione 
alla Corte costituzionale della questione di illegittimit� costituzionale 
della legge n. 1187 del 1968 qualora questa fosse interpretata 
come diretta ad escludere retroattivamente il diritto al risarcimento� 
dei danni prodotti nel periodo in parola. 
Con l'altro dei due atti di citazione l'Azzi chiese che, rimessa alla 
Corte Costii:tuzionale la questione di illegittimit� costituzionale della 
legge 19 novembre 1968 n. 1187 per contrasto con gli artt. 42 e 136 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1011 

della Costituzione, fosse, in caso di dichiarazione da parte della Corte 
Costituzionale della denunciata illegittimit� costituzionale, accertata dal 
giudice adito l'illiceit� dei vincoli e dei limiti come sopra imposti in 
riferimento anche al periodo successivo all'entra<ta in vigore della richiamata 
legge n. 1187 del 1968 e fossero solidalmente condannate le 
Amministrazioni convenute a risarcirgli i danni prodottisi per il detto 
periodo successivo. 

Le Pubbliche Amministrazioni convenute si costituirono in entrambi 
i giudizi e resistettero alla domanda. 

In ciascuno dei due giudizi il Tribunale rigett� la domanda. 

Su gravame dell'Azzi, la Corte d'Appello di Torino dichiar� invece 
la domanda improponibile per difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 


L'Azzi ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria,. 

cui resistono il Comune di Torino con controricorso illustrato anche 

esso da memoria ed il Ministero dei Lavori pubblici con proprio 

controricorso. 

Motivi della decisione 

Il ricorso che qui si pre.de in esame � quello diretto contro la 
sentenza con la quale la Corte d'Appello di Torino ha dichiarato il 
difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda dell'odi�rno 
ricorrente Giuseppe Azzi avente per oggetto il risarcimento dei danni 
che egli assume a lui derivati -dai vincoli sostanzialmente espropriativi 
imposti ad un suo terreno dal Piano regolatore di Torino in base 
al combinato disposto degli artt. 7 e 40 della Legge urbanistica n. 1150 
del 1942 dichiarato illegittimo con sentenza della Corte Costituzionale 

n. 55 del 1968 -nel periodo anteriore all'entrata in vigore della 
legge n. 1187 del 1968, con la quale ai detti vincoli � stato appostlo 
un termine temporale. 
(Con distinta pronuncia viene in pari data deciso anche l'altro 
ricorso, diretto contro la sentenza con la quale la stessa Corte ha dichiarato 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda 
dell'Azzi avente per oggetto il risarcimento dei danni a lui derivati 
dai detti vincoli nel periodo successivo alla entrata in vigore della 
legge n. 1187 del 1968). 

In particolare il ricorrente deduce che la Corte del merito ha errato 
in quanto ha riconosciuto efficacia retroattiva all'art. 2 della 
legge n. 1187 del 1968, ritenendo che questa consideri i vincoli sostanzialmente 
espropriativi di cui ai piani preesistenti come imposti ab 
origine nell'esercizio di un potere ablatorio esistente, e conseguentemente 
come interessi legittimi le situazioni giuridiche fatte valere 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rispetto a tali vincoli anche relativamente al tempo anteriore alla 
entrafa in vigore della legge stessa. 

Soggiunge il ricorrente che, se la Corte del merito avesse inteso 
negare consistenza di diritto soggettivo alla situazione giuridica da 
lui dedotta indipendentemente dalla ritenuta retroattivit� della legge 

n. 1187 del 1968, anche in tale ipotesi essa avrebbe errato, per non 
avere considerato che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
(nella specie intervenuta con la sentenza CoI1te Cost. n. 55 del 1968) 
della legge attributiva alla P.A. di un potere ablatorio (nella specie 
la legge n. 1150 del 1942) restituisce alla situazione giuridica incisa 
dal provvedimento ablatorio emesso in base a quella legge e nell'esercizio 
di quel potere -da ritenere in fai caso mai attribuito alla 
P.A. -piena dignit� di diriitto soggettivo (motivo secondo). 
Per l'ipotesi, poi, che la legge n. 1187 del 1968 sia per essere 
ritenuta retroattiva, il ricorrente solleva questione di legittimit� costituzionale 
della legge stessa in quanto, velativamente ai Piani regolatori 
preesistenti, consentirebbe una durata complessiva dei vincoli (risultante 
dal cumulo della durata anteriore e di quella successiva alla 
entrata in vigore della legge) superiore al limite entro il quale, secondo 
il criterio di ragionevolezza adottato dalla sentenza della Corte Costituzionale 
n. 55 del 1968, i vincoli sostanzialmente espropriativi senza 
indennizzo dovrebbero essere contenuti perch� la loro previsione non 
integri violazione della Costituzione (motivo secondo). 

Premesso che, in questo giudizio, la questione di legittimit� costituzionale 
dena� legge n. 1187 del 1968, anche se riferiita alla sua retro.
attivirt�, assumerebbe rilevanza soltanto se la legge stessa dovesse 
ritenersi retroattiva, ya riconosciuto che � pregiudiziale ed in pari 
tempo assorbente la questione interpretativa concernente tale retro


attivit�~ 

Dalla soluzione della detta questione dipende se la situazione giuridica 
dedotta nel presente giudizio in riferimento ai danni derivati 
dai vincoli ablatori imposti fino alla entrata in vigore della nuo'Va legge 
debba definirsi di diritto soggettivo o di interesse legittimo col conseguente 
difetto di giurisdizione, nella seconda ipotesi, del giudice 
ordinario. A questo proposito, infatti, non pu� condividersi la affermazione 
della sentenza impugnata secondo la quale la detta situazione 
giuridica sarebbe in ogni caso di interesse legittimo per ci�, che I'Azzi, 
dolendosi di vincoli sostanzialmente espropriativi imposti senza indennizzo, 
avrebbe fatto valere lo scorretto esercizio e non gi� l'inesistenza 
del potere ablatorio. La affermazione, oltre a risentire della vietata 
tesi � della prospettazione �, si riannoda direttamente a quella secondo 
la quale la mancata attribuzione dell'indennizzo inciderebbe sul corretto 
.esercizio ma non anche sull'esistenza del potere ablatorio. Ma anche 

! 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1013 

tale seconda tesi, al pari della prima, va respinta, do'Vendosi ritenere 
che con la pre'Visione dell'indennizzo � posto un limite al potere espropriativo 
della Pubblica Amministrazione esclusivamente a garanzia dell'espropriato, 
e che l'osservanza del detto limite condiziona l'esistenza 
stessa del potere ablatorio mentre la mancata osservanza di esso 
incide su un diritto soggettivo (1569/70). Non � meno certo, poi, che 
se il limite cos� posto dalla stessa Costituzione sia rimosso con legge la 
quale in tal modo snaturi il diritto ad interesse legittimo -la 
dichiarazione di illegittimit� incostituzionale della legge importa che 
la situazione giuridica � restaurata pienamente nella sua originaria consistenza 
di diritto soggettivo (sentenze di questa Suprema Come numeri 
556/67, 448/70, 1733/72, questa ultima costituente precedente specifico). 


La decisione dipende, pertanto dalla questione della retroattivit� 
della legge n. 1187 del 1968. E sarebbe -si badi -una retroattivit� 
in senso proprio. Se realmente operasse -cosi come la Corte del 
merito ha sostanzialmente ritenuto -nel senso di valutare i Piani 
regolatori preesistenti, per quel che riguarda i vincoli con essi imposti, 
come atti di esercizio, ora per allora, del potere nuovamente 
attribuito in luogo di quello palesatosi inesistente alla stregua della 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale della norma attribuiti<Va, o 
comunque nel senso di conferire loro anche per il passato l'e:ffiertto 
proprio degli atti di esercizio di un potere e cosi attraesse ex tunc 
nell'orbita di un po,tere, convertendole in interessi legittimi, le situazioni 
giuridiche configurabili in relazione ai vincoli, la nuova legge, 
lungi dal limitarsi a regolare le conseguenze permanenti o ancora da 
prodursi di un fatto pregresso, inciderebbe addiriittura su questo qualificandolo 
anche per il passato (301/73, 858/69). Per giunta la nuova 
legge, se retroattiva, qualificherebbe il fatto pregresso, per il passato, 
in modo diametralmente opposto a quello in cui esso sarebbe stato 
da qualificare alla stregua dell'ordinamento come emendato dalla sentenza 
della Corte Costiituzionale (n. 55 del 1968), sicch� apparirebbe 
tesa a vanificare il risultato del giudizio di costituzionalit� e sol per 
questo di dubbia legittimit� costituzionale essa stessa (sent. Corte 
Cost. n. 88 del 1966). 

Concorrono, dunque, due ragioni per condurre l'indagine circa la 
retroattivit� della legge n. 1187/68 con particolare cautela: quclla che 
discende, in linea generale, dalla esistenza nel nostro ordinamento del 
principio, ancorch� non sancito costituzionalmente, di cui all'art. 11 
delle disposizioni preliminari al nostro codice civile, e quella che deriva 
dal sospetto di illegittimit� costituzionale cui la retroattivit� sarebbe, 
nel caso concreto, esposta (con la conseguente operativit� del criterio 
ermeneutico secondo il quale ove una norma sia suscettibile di essere 


1014 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

interpretata in due sensi, uno dei quali appaia conforme a Costituzione 
e l'altro no, va preferirta l'interpretazione nel primo dei due� 
sensi). Sicch� particolarmente opportuno appare il richiamo della difesa 
del ricorrente al criterio interpretativo enunciato da questa Col'te Suprema 
(977/68), secondo il quale la retroattivit�, orve non risulti espressamente 
affermata, pu� essere desunta ad opera dell'interprete soltanto 
dalla inetti:tudine della norma, cos� come � letteralmente formulata, a 
disporre per' il futuro. 

Valutando, alla stregua del detto criterio, la disposizione contenuta 
nell'art. 2 della legge n. 1187 del 1968 -in cui secondo la 
sentenza impugnata si concreterebbe l'efficacia retroattiva della legge� 
stessa -si perviene agevolmente alla conclusione che l'afi�ermazione 
della Corte del meri:ito non pu� essere condivisa. In. riferimento al 
comma primo del detto articolo 2 -il quale prevede che i vincoli 
di piano regolatore preordinati all'espropriazione o tali da importare� 
l'inedificabilit� perdano efficacia con lo scadere dei cinque anni senza 
che siano stati approvati i piani particolareggiati o autorizzati i piani 
di lottizzazione convenzionati e in ogni caso, con lo scadere del termi.
De di attuazione dei piani particolareggiati o di lottizzazione -stabilisce 
il comma secondo dello stesso articolo che per i piani regolatori 
approvati prima della entrata in vigore della legge, il termine 
di cinque anni decorre da tale data. 

Orbene, non pu� dirsi che la norma, per il solo fatto di riferirsi 
ai Piani regolatori preesistenti alla sua entrata in vigore, vada interpretata 
necessariamente nel senso che dispone per il passato: nel senso, 
cio�, dianzi chiarito, che consideri i Piani regolatori preesistenti, per 
quanto attiene ai vincoli con essi imposti, come manifestazioni ora 
per allora del potere ablatorio nuovamente attribuito o che comunque� 
conferisca loro, anche per il passato, l'effetto proprio delle manife-� 
stazioni di un potere, con conseguente degradazione ad interessi legittimi 
delle situazioni giuridiche da essi coinvolte. La norma, anzi, 
allorch� fissa una durata ai vincoli imposti con i Piani regolatori 
preesistenti cos� adeguandoli alla nuova disciplina _:_ in relazione alla 
quale so1itanto � attribuito il potere di imporre vincoli sostanzialmenteespropriatirvi 
-mostra di considerare i detti Piani, per quel che 
concerne i vincoli in parola -come manifestazioni di potere ablatorio 
operanti ex nun�, vale a dire che attribuisce loro soltanto a 
partire da oggi l'efficacia propria delle manifestazioni di potere ablatorio, 
tanto che fa decorrere la durata dei vincoli dal giorno della 
propria entrata in vigore. � dunque dallo stesso giorno che la norma 
imprime carattel'e di interessi legittimi alle situazioni giuridiche coinvolte 
dai detti Piani regolatori e dai vincoli con essi imposti. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. Str QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1015 

La interpretazione della norma nel senso di ravvisarne la portata 
retroattiva non trova riscontro del resito neppure nei lavori preparatori. 
Nella Relazione alla Camera del proponente Ministro dei Lavori 
pubblici si manifesta preocc4pazione per l'arresto che, a seguito della 
decisione della Corte Costituzionale n. 55 del 1968, subisce a tutti i 
livelli la pianificazione in itinere e, prescindendosi espressamente dagli 
effetti della decisione &tessa (segno, questo, che il legislatore non ha 
inteso incidere su tali effetti) si dichiara l'intento di ricostituire il 
potere di imporre vincoli anche sostanzialmente espropriativi nel senso 
chiarito dalla Corte Costituzionale, -dei quali si prospetta la indispensabilit� 
per la stessa possibilit� di attuazione dei piani regolatori senza 
la previsione di indennizzo e pur al riparo da censure riferite 
alla violazione dell'art. 42 della Costituzione; si propone a tal fine, come 
necessaria e sufficiente, la misura normativa della prefissione ai detti 
vincoli di precisi limiti di durata e si esprime l'avviso che �nel nuovo 
sistema� caratterizzato da tale prefissione �diventano costituzionali� 
anche disposizioni sostanzialmente conformi a quelle travolte dalla decisione 
della Corte CosUtuzionale (avtt. 7 e 40 della legge urbanistica). 
In tale quadro la apposizione degli stessi limiti di durata ai 
vincoli imposti con i piani preesistenti, con decorrenza a partire dal 
giorno di entrata in vigore della legge, si presenta come preordinata 
non gi� a legittimare per il passaito gli atti di imposizione di vincoli 
bens� a recuperare la portata effettuale (con i limiti segnati dalla 
nuova disciplina) soltanto per l'avvenire, senza alcuna valutazione volta 
al passato che non sia, per questa parte, meramente storica ed ontologica. 


La esclusione della retroattivit� della norma impovta che il ricorso 
va accolto affermandosi la giurisdizione del giudice ordinario, senza che 
sia necessario 1esaminare, attesa la sua irrilevanza, la questione di incostituzionaliit� 
della legge, prospettata col ricorso stesso per l'ipotesi di 
ravvisata retroattivit� ed in riferimento a quest'ultima. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 giugno 1975, n. 2332 -Pres. 
Laporta -Rel. Vela -P'. M. Di Majo (concl. conf.) -Amministrazione 
Finanze Stato (avv. Stato Mataloni) c. Rondinara (avv. 
Panariti). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Esazione -Passaggio di 
gestione dall'appaltatore al Comune: status del personale -Iscrizione 
dei dipendenti nel quadro del personale delle imposte di consumo Giurisdizione 
amministrativa. 

(d.l.c.p.s. 13 gennaio 1927; n. 135, art. 1; d.P.R. 36 ottobre 1972, n. 649, articoli 
8, 9). 

1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione � Impiego pubblico � Iscrizione nel quadro del 
personale delle imposte di consumo � Diritto soggettivo: esclusione. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 649, artt. 8, 9). 
In caso di trasferimento del servizio di riscossione delle imposte 
comunali da appalto a gestione diretta, del personale nominato dall'appaltatore 
continua con il Comune un rapporto 'd'impiego di natura 
privatistica, con conseguente giurisdizione deU'AGO; invece con l'iscrizione 
nei quadro speciale ad esaurimento previsto dal d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 649, i d~pendenti delle cessate gestioni di imposte di 
consumo sono assunti dal Ministero delle Finanze con un rapporto di 
pubblico impiego, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo 
(1). 

Nel procedimento precedente all'iscrizione dei dipendenti delle cessate 
gestioni di imposte di consumo nei quadro speciale ad esaurimento 
previsto dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 649, � rimesso alla P.A. l'accertamento 
del possesso, nei privato, di determinati requisiti, necessari 
all'acquisizione di uno status; ci� implica attribuzione di potere pubblico 
regolato da norma d'azione, rispetto al quale non sono ipotizzabili 
diritti soggettivi perfetti; conseguentemente, anche se i citati provvedimenti 
rimuovono limiti all'esercizio di diritti, finch� essi non siano 
emanati, quei diritti sono inattivi ed ai relativi titolari pu� riconoscersi 
soltanto l'interesse legittimo al tempestivo e corretto uso del potere da 
parte della P.A. (2). 

(Omissis). -Premesso che tanto il rapporto che viene a costituirsi 
tra il personale delle abolite imposte di consumo e lo Stato, per effetto 
dell'iscrizione nel quadro speciale previsto dagli amt. 8 e 9 del d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 649 quando quello, provvisorio, derivante dall'assunzione 
temporanea in servizio del predetto personale, contemplata nell'art. 
19, quarto comma, dello stesso decveto, sono rapporti nuovi rispetto 
al rappomo intercorso con i precedenti datori di lavoro e presentano i 
connotati del pubblico impiego, l'Amministrazione ricorrente sostiene che 
soltanto al giudice amministrativo spetta conoscere di qualunque provvedimento 
(anche nella forma del silenzio-rifiuto) concernente le predette 
assunzioni, secondo gli artt. 2, 3, 4 ed (eventualmente) 7 1. 6 dicembre 
1971 n. 1034 e dell'art. 26 ed (eventualmente) 29 n. 1 r.d. 26 giugno 
1924 n. 1054. Ci� perch� non sono configurabili posizioni di diritto soggettivo 
in ordine alla costituzione di rapporti di impiego pubblico. 

(1-2) Si pubblica integralmente l'interessante decisione che risolve, 
a qu~nto consta, questioni non dibattute precedentemente. 
Sulla prima parte della massima, comunque, cfr. Cass. 20 febbraio 
1970 n. 390 in Giust. civ. 1970, I, 516. 
Ulteriori richiami, specie dottrinari, sono altresi riportati in Giust. 

civ. 1975, I, 1670. 
I 
I 


I 


~~..,~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1017 

Codesta impostazione viene poi completata e meglio precisata nella 
memoria illustrativa, ove� tra l'altro si aggiunge che. anche le norme 
�stabilite per far luogo all'iscrizione nel quadro speciale appaiono chiaramente 
indicative nel senso di voler dar vita ad un procedimento che, 
a prescindere da sue peculiarit�,-non si differenzia da un qualsiasi altro 
procedimento amministrativo inteso all'assunzione o all'inquadrament.o 
di personale nel campo del pubblico impiego al di fuori delle normali 
procedure concorsuali, e quindi soggetto alle �garanzie giurisdizionali 
proprie di tali procedimenti�. 

Il ricorso � pienamente fondato. 

Nei confronti dell'Amministrazione finanziaria il sig. Rondinara ha 
specificatamente chiesto al Tribunale di �dichiarare e statuire� che egli 
�ha diritto ai sensi degli artt. 8 e 9 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 649, 
all'iscrizione .nel quadro speciale ad esaurimento istituito presso il Ministero 
delle Finanze per il personale delle abolite imposte di consumo, 
a far tempo dal 1� gennaio 1973 o, in subordine, alla data di notifica 
del presente atto, o da quella ritenuta di giustizia�. 

Ma la posizione giuridica di cui l'attore chiede l'accertamento non 
� attualmente configurabile come diritto soggettivo perfetto e ci� significa 
che manca la condizione essenziale per promuovere l'azione (art. 
2 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). 

Non � sostenibile che il passaggio al servizio dello Stato dei dipendenti 
di gestioni di imposte di consumo, disciplinato in attuazione della 
delega contenuta nell'art. 13 1. 9 ottobre 1<971 n. 825, dal d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 649, presenta le stesse caratteristiche del passaggio dei 
dipendenti medesimi al servizio dei comuni, il quale avveniva in ottemperanza 
all'art. 3 d.l.C.P.S. 31 gennaio 1947 n. 135. Basta, per avere 
dimostrazione dell'errore, porre a confronto i due decreti. Con quello 
del 1947 si prescrisse espressamente che il personale avrebbe conservato 
� alle dipendenze del Comune lo stato giuridico derivante dal 
rapporto di impiego privato e la posizione acquisita alle dipendenze 
dell'appaltatore�, con relativa posizione previdenziale, tanto che si 
previde l'automatica estensione al detto personale di ogni modifica 
del traittamento giuridico, economico e previdenziale applicata in futuro 
nei riguardi del personale dipendente dagli appaltatori privati; 
n� si dubit� mai, in quanto derivava dalla ragione stessa del tras:furimento 
(assunzione diretta, da parte dei comuni, del servizio di esazione), 
che gli impiegati continuavano a svolgere le stesse mansioni 
gi� espletate per quegli appaltatori. Con il decreto del 1972, invece, 
mentre il trattamento previdenziale non ha subito modifiche, la posizione 
economica acquisita � staita soltanto considerata la base della 
retribuzione che avrebbe corrisposto lo Stato, giusta l'espressa previsione 
in tal senso della delega di cui al cit. art. 13 della legge n. 825 


1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del 1971; le successive progressioni sono state disciplinate in modo 
nuovo (artt. 13 e 15). Inoltre, � stato disposto che il personale sarebbe 
stato utilizzato �per le esigenze degli uffici centrali e periferici 
del Ministero delle finanze, nonch� per le esigenze delle ricevitorie 
del lotto e delle segreterie delle commissioni tributarie� (art. 16), 
ossia in compiti diversi da quelli precedenti (i quali non potevano 
essere pi� svolti, essendo state soppresse le imposte di consumo). 

A tutto ci� va aggiunto il fondamentale rilievo che mentre il 
decreto del 1947 sottoponeva il trasferimento degli impiegati alle sole 
condizioni dell'anzianit� dei medesimi di almeno un a,nno e dell'assunzione 
diretta, da parte dei comuni, della gestione dei dazi, il decreto 
del 1972 ha stabilito una speciale procedura d'accertament� dei presupposti, 
da svolgersi, a seguito di presentazione di tempestiva domanda, 
presso un'apposita commissione. 

Mancano, dunque, nella fattispecie delineata nel secondo decreto, 
proprio gli elementi, quali l'abnorme forma di costituzione del rapporto 
col comune e la conservazione integrale del precedente stato 
giuridico ed economico e della precedente disciplina, che hanno indotto 
questa Corte a ravvisare in quella delineata dal primo decreto una 
prosecuzione dello stesso rapporto di impiego privato e quindi la giurisdizione 
ordinaria sulle controversie che ne derivavano (SS.UU. 

1 
20 febbraio 1970 n. 390; 7 luglio 1967 n. 1575; 28 gennaio 1956 n. 237; 
l� aprile 1953 nn. 887 ed 889; 8 agosto 1952 n. 2591). Ed ove si riflettta 
che, nel nuovo rapporto, datore di lavoro � lo stato, che oggetto ne � 
lo svolgimento di attirvit� pubbliche fino al raggiungimento dell'et� 
minima per il collocamento a riposo, che l'impiegato � assunto a seguito 
di formali provvedimenti amministrativi (lettera di assegnazione 
provvisoria dell'intendente di finanza e poi iscrizione nel quadro speciale); 
che egli viene inserito in un'apposita organizzazione del Ministero 
delle finanze; che, infine, sono del tutto eccezionali i casi di rapporti 
di lavoro privati con le amministrazioni statali, si avr� chiara 
la conclusione che trattasi ora di vero e proprio impiego pubblico. 

Fin qui, peraltro, si � dimostrato solo l'errore della ,tesi dell'attore, 
impostata soltanto sulla parificazione tra i due trasferimenti, e, per 
converso, l'esattezza dei rilievi che le ha mosso l'Avvocatura erariale: 
la questione di giurisdizione non pu� considerarsi risolta compiutamente, 
in quanto Rondinara non fa valere pretese derivanti da un 
rapporto gi� costituito, ma sostiene di avere diritto alla costituzione 
di tale rapporto. N�, per quanto del tutto eccezionale, un'ipotesi del 
genere pu� escludersi �a priori�. 

Senonch�, essa sarebbe prospettabile se, come avveniva nel comune 
il quale avesse assunto in proprio il servizio esattoriale, lo Stato fosse 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1019 

:stato tenuto ad iscrivere l'impiegato �net quadro speciale per il solo 
iatto della cessazione del precedente �mpiego. 

Invece, si � gi� accennato che l'iscrizione � l'atto finale di una 
procedura d'accertamento seguita da un'apposita commissione. Occorreva, 
infatti, che ciascun interessato avesse fatto pervenire una domanda 
all'intendente di finanza entro il termine fissato dall'art. 19, 
primo comma, del decreto n. 649 (la cui esistenza � stranamente contestata 
dalla difesa di Rondinara), insieme ad una certificazione del 
datore di lavoro; sulla base di fali atti, mentre l'intendente assegnaiva 
provvisoriamente ad un ufficio l'impiegato, la commissione ne esami.
nava la precedente posizione giuridica, secondo i criteri dettati nei 
primi due commi dell'art. 9 e poi, se l'indagine avesse dimostrato l'esi.
stenza delle prescritte condizioni, avrebbe proposto al Ministro l'iscrizione, 
seguendo �l'ordine progressivo delle singole qualifiche in relazione 
all'anzianit� di servizio di ciascuna unit� di personale e, nei 
casi di pari anzianit�, all'et�� (art. 19, ultimo comma). Infine, contro 
il provvedimento di iscrizione, costitutivo, come s'� appena visto, anche 
della qualifica e dell'anzianit� dell'impiegato, e contro il provvedimento 
di reiezione della domanda, gli interessati possono proporre, 
nel termine di trenta giorni dalla daita della comunicazione... opposizione 
al Ministro per le Finanze, che decide in via definitiva�. 

Di fronte a questo sistema, pu� anche dirsi che l'Amministrazione 
non abbia alcun potere discrezionale di valutazione in ordine ai presupposti 
dell'iscrizione, la quale, pertanto, si configura come un provvedimento 
vincolato, in presenza di quei presupposti. Ma con ci� non 
si � apportato alcun argomento decisivo per ravvisare in capo all'ex impiegato 
delle esattorie di imposte di consumo un diritto soggettivo 
perfetto ad ottenerla. 

L'affidamento alla pubblica amministrazione del compito di accertare 
il possesso, da parte del privato, di determinati requisiti, necessal'i 
per fargli acquisire uno �status� (nel che consiste l'assunzione all'impiego) 
o svolgere una certa attivit�, implica attribuzione di potere 
pubblico, regolato da norme d'azione ed estrinsecantesi in provvedimenti, 
rispetto al quale non sono concepibili situazioni di diritto soggettivo. 
Di conseguenza, pur se codesti provvedimenti rimuovono limiti 
all'esercizio di diritti, resta il fatto che finch� essi non siano emanati, 
quei diritti sono inattivi (perci� da alcuni si parla di diritti fievoli 

� ab origine � o in attesa di espansione) ed ai relativi titolari non altro 
� dato riconoscere se non l'interesse legittimo al tempestivo e corretto 
uso del potere dell'autorit� amministrativa. 
Cos� inquadrata la fattispecie, deve concludersi che non solo 
l'accertamento preteso dall'attore indurrebbe ad un'indebita sostitu:
zione dell'autorit� giudiziaria ordinaria in un'attivit� riservata alla 


1020 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubblica amministrazione (il che sarebbe in contrasto con l'art. 4 

I. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E), ma, e ancor prima di ci�, sarebbe 
direitto a tutelare un interesse legittimo, innanzi alla predetta autorit�, 
in .contrasto con l'art. 2 di tale legge. 
Va dunque, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 
-(Omissis). 

CORT�E DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2979 -Pres. 
Laporta -Rel. Simoncelli -P. M. Pedace (concl. conf.) -Amministrazione 
della Presidenza della Repubblica (avv. Stato Chiarotti) 
c. Cardone (avv.ti Miranda e Colombari). 

CompetellZa e giurisdizione � Dipendenti della Presidenza della Repubblica 
� Giurisdizione del giudice amministrativo. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 4 e 5; r.d. 26 giugno 1924, n. 2058, 
art. 29). 
I rapporti d'impiego pubblico intercorrenti con l'amministrazione 
della Presidenza della Repubblica sono soggetti alle regole ordinarie 
sul riparto delle giurisdizioni e pertanto le relative controversie rientrano 
nella giurisdizione del giudice amministrativo (1). 

(Omissis). -Col primo motivo della sua istanza, l'Amministrazione 
della Presidenza della Repubblica sostiene -con riferimento 
all'art. 87 della Costituzione e degli artt. 3 e 4 della legge 9 agosto 1948 

-n. 1077 -che la controversia proposta dal Cardone (avente ad oggetto 
l'accertamento della pretesa costituzione di un rapporto di impiego 
da parte della Presidenza della Repubblica) debba essere ritenuta 
sottratta a qualsiasi giurisdizione, ordinaria o amministrativa, in base 
al principio della cosiddetta � autodichia � (sinonimo di � autogiustizia 
�, �giustizia autonoma� o �giustizia interna�), per la quale susciterebbe 
-ad avviso della ri�orrente -l'insindacabilit�, in ogni caso,. 

(1) La Suprema Corte ha deciso l'importante controversia tenendo 
presenti i noti elementi essenziali del rapporto di pubblico impiego ed 
interpretando il nostro ordinamento nel senso che, in linea, generale, 
non sia configurabile n princiipio secondo cui gli organi di rango costituzionale 
decidono da s� le controversie insorte con i propri dipendenti 
(c. d. autodichia). 
Per un pi� appirofondito esame dottrinario e giurisprudenziale dei 
due accennati profili, cfr. GIUSEPPE DE FINA, Rapporto d'impiego pubblico, 
in particolare, per i dipendenti della Presidenza della Repubblica,. 
in Giust. civ. 1975, I, 1602. 

' 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE �1021 

�da parte di alcun estraneo organo. giurisdizionale�, degli atti che 
provengono dagli organi supremi dello Stato, e in particolare degli 
atti relativi al rapporto d'impiego dei dipendenti dei supremi organi 
costituzionali. 

L'Amministrazione ricorrente soggiunge che I'� autodichia � � istituto 
ben noto all'ordinamento, il quale affonda le sue radici in una 
tradizione giuridica e politica fondata sull'esigenza dell'indipendenza, 
comune agli organi costituzionali; e, facendo espresso riferimento -per 
quanto concerne il rapporto d'impiego dei dipendenti dai supremi 
organi costituzionali -alla deroga alla giurisdizione di un organo 
esterno prevista, da apposite norme, nei confronti del personale della 
Corte dei Conti (artt. 3, primo comma, e 65 del t.u. n. 1214 del 1934), 
della Camera dei deputati (art. 12, terzo comma, del reg.� 18 febbraio 
1971, in G.U. 1� marzo 1971 s.o.), del Senato (art. 12, primo 
comma, del reg. 17 febbraio 1971, in G.U. cit.) e della Corte Costituzionale 
(arit. 14, terzo comma, della legge 11 febbraio 1953, n. 87, 
mod. dall'art. 4 della legge 18 marzo 1958, n. 265; e reg. 8 aprile 1960), 
conclude che la deroga deve essere analogamente riconosciuta nei confronti 
del personale dipendente dalla Presidenza della Repubblica, indipendentemente 
da ogni specifica disciplina, non potendosi ravvisare 
alcuna necessit� di norme di dettaglio, come richiesta nei riguardi 
degli organi collegiali innanzi indicati, quando la �decisione giustiziale 
� debba essere emessa da un organo a composizione monocratica, 
e, in particolare dal Capo dello Stato. 

La tesi della ricorrente � infondata, essendo manifestamente in 
contrasto coi principi di diritto desumibili dall'intero sistema costituzionale. 


Nessuna norma della Costituzione, invero, statuisce l'insindacabilit� 
in sede giurisdizionale degli atti amministrativi emanati dagli 
organi cosiddetti �costituzionali�, �primari� o �supremi� dello Stato, 
n�, tanto. meno, attribuisce a itali organi alcun potere di � autogiustizia � 

o di � autodichia � (che risponderebbe, del resto, ad orientamenti politico-
sociali incompatibili con la concezione di uno Stato repubblicano 
moderno, in cui �� la sovranit� appal'tiene al popolo �); mentre sono 
numerose le norme che, garantendo a tutti i cittadini indistintamente 
la tutela dei loro diritti o interessi legittimi davanti a giudici indipendenti 
(artt. 24, 105, 108, 113), dimostrano che in nessun caso il sistema 
consente che a particolari categorie di cittadini (e quindi -per ci� 
che interessa la fattispecie -al personale impiegato alle dipendenze 
di organi � costituzionali � o � primari �) possa restare precluso, in via 
di principio, il potere di disporre degli ordinari strumenti di giustizia: 
interpretazione, questa, che risponde esattamente ai principi enunciati 
dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 44 del 16 maggio 1968, 

1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1a quale, dopo avere affermato, tra l'altro, che il sistema vigenite non 
esclude la possibilit� di �assoggettamento al controllo giurisdizionale 
di atti provenienti da organi indubbiamente costituzionali�, ha giudieato 
� inesatto � il rilievo, se formulato solo genericamente, che sia 

� vana impresa cercare un giudice idoneo a conoscere degli atti degli 
organi primari dello Stato�. Se, dunque, la prospettata tesi dell'� auto-
dichia �, lungi dal trovare conforto nel sistema costituzionale vigente, 
� chiaramente contraddetta dallo stesso sistema, appare del tutto irrilevante, 
ai fini della questione di giurisdizione della quale trattasi, il 
riferimento -fatto dalla ricorrente -alle specifiche norme dettate 
da leggi o da regolamenti in tema di controversie del personale dipen<
lente da determinati organi costiituzionali, quali la Camera dei deputati, 
il Senato e la Corte Costituzionale, poich� -a prescindere da 
-0gni altra considerazione -le norme anzidette, proprio perch� dettate, 
con manifesto carattere di eccezionalit�, con riguardo specifico 
a singoli organi, non valgono all'affermazione di un principio implicitamente 
negato dalla Costiituzione, n� tanto meno, sono suscettibili di 
applicazione oltre i casi in esse considerati. 
Giova osservare, ad ogni modo, che non a ragione la difesa del1'
Amministrazione ricorrente, nel prospettare il difetto assoluto di giurisdizione 
sotto il profilo dell'� autodichia � dell'organo interessato alla 
�controversia proposta dal prof. Cardone, richiama le prerogative costituzionali 
del Presidente della Repubblica. 

Ed invero, poich�, ai sensi dell'art. 3 della legge 9 agosto 1948 

n. 1077, nonch� del vigente regolamento interno sullo stato giuridico 
ed economico del personale del Segretario generale dell� Presidenza 
della Repubblica, emanato con decreto presidenziale del 19 novembre 
1968 il personale medesimo dipende esclusivamente dal Segretario Generale, 
� fuori dubbio che nella controversia concernente il dedotto 
rapporito d'impiego con lAmministrazione della Presidenza della Repubblica 
non viene affatto in questione l'esercizio della funzione presidenziale, 
s� che si possa fondatamente ipotizzare una qualsiasi inter:
ferenza (di per s� inammissibile) del potere giurisdizionale nella funzione 
propria del Capo dello Stato, ma � interessata soltanto l'attivit� 
del Segretario, la quale, avendo carattere solo strumentale rispetto 
all'espletamento della funzione presidenziale, non pu� non essere considerata 
attivit� meramente amministrativa. 

� appena il caso di aggiungere, a dimostrazione dell'infondatezza 
del primo motivo del ricorso, che neanche il citato regolamento del 
personale del Segretario Generale contiene alcuna disposizione circa 
i modi di �tutela del personale, n�, tanto meno, prevede alcun organo 
cui il personale stesso debba rivolgere eventuali reclami avverso atti 
che ritenga lesivi dei propri diritti o interessi: il che sta a significare 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1023 

l'assenza di qualsiasi esclusione del personale del quale trattasi dal 
potere di far ricorso agli ordinari strumenti di giustizia, tanto pi� che 
lo stesso testo normativo fa espresso riferimento, per quanto da esso 
non contemplaito, alle norme che regolano lo stato giuridico del per.
sonale civile dello Stato. 

Ugualmente infondato � il secondo motivo dell'istanza, con cui 
I'Amministrazione ricorrente ribadisce, sotto un diverso profilo, la tesi 
del difetto assoluto di giurisdizione, deducendo che, poich� il regolamento 
del personale addetto alla Presidenza della Repubblica non 
prevede posti di sanitario in organico e poich� al prof. Cardone fu 
conferiito, in concreto, con provvedimento del 10 marzo 1954, solo 
un incarico professionale � con esclusione di ogni rapporto d'impiego � 
(come fu precisato nella lettera di affidamento dell'incarico), il rap.
POl'to prospettato col ricorso al Pretore di Roma del 21 dicembre 
1973 non sarebbe, in realt�, configurabile; e mancherebbe, di conseguenza, 
il giudice idoneo a conoscere della relativa controversia. La 
domanda del Cardone, in altri termini, �ipotizza�, secondo la testuale 
precisazione della ricorrente, �un certo rapporto giuridico, da cui 
pretende trarne certe conseguenze, che non esiste, che non pu� esistere 
sia per i termini in cui quel rapporto � insorto, sia per il contenuto 
del regolamento che lo dovrebbe disciplinare, che non ha un 
-Organico di sanitari�. 

Giova, in primo luogo, osservare che, ai fini della configurabilit� 
del rappovto di pubblico impiego, la quale -si noti -deve essere 
-qui valutata solo in astratto, itrattandosi di regolamento di giurisdizione, 
non � elemento di per s� negativo la dedotta inesistenza del 
posto di sanitario nel ruolo organico del personale dipendente dal1'
Amministrazione evocata in giudizio. In proposito, questa Covte a 

S.U. ha avuto pi� volrte occasione di affermare (V., fra le altre, le 
sentenze 11 marzo 1974 n. 628, 7 novembre 1973 n. 2899 e 21 giugno 
1969) che gli elementi essenziali del rapporto di pubblico impiego 
:sono, oltre alla natura di ente pubblico del datore di lavoro, l'atto 
formale di nomina del dipenderne e la continuit� della prestazione, 
da parte dello stesso, di un'attivit� correlata ai fini istituzionali dell'ente, 
con diritto a retribuzione e con vincolo di subordinazione; 
mentre il rapporto medesimo non resta escluso dalla circostanza che 
il dipendente sia stato destinato ad un posto non di ruolo, ovvero ad 
un posto non contemplato in organico. 
N�, in secondo luogo, ai fini della pretesa esclusione della possibilit� 
di configurare, nella fattispecie, un rapporto di pubblico impiego, 
pu� valere la riferita precisazione, contenuta nella lettera di nomina 
del Cardone, circa la definizione giuridica da darsi al rapporto. Anche 
per ci� che riguarda tale circostanza, infatti, questa Corte Suprema 


1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ha costantemente affermato (V., tra le tante, le sentenze 7 novembre 
1973, n. 2899, 21 giugno 1969 n. 2202 e 26 maggio 1969 n. 1861) 
che non � il nomen iuris attribuito dall'ente all'incarico, ma il contenuto 
sostanziale del rapporto che da questo deriva, l'elemento che 
vale a stabilire l'effeittiva natura giuridica del rapporto medesimo; e 
che, pertanto, ben si pu� ravvisare la nomina formale indispensabile 
alla configurazione del rapporto di pubblico impiego nell'atto in cui, 
pur negandosi l'intento di costituire un tale rapporto, sia contenwto, 
nella sostanza, l'affidamento di compiti o mansioni che possano essere 
esplefati solo attraverso un effettivo inserimento del soggetto incaricato 
nell'organizzazione dell'erute. 

Orbene, se -tenuto conto delle considerazioni che precedono non 
� dato revocare in dubbio che, col ricorso al Pretore del 21 dicembre 
1973, il Cardone, nel formulare la sua domanda ha indicato 
la causa petendi con riferimento a circostanze di fatto che integrano 
tutti gli elementi essenziali dell'impiego pubblico innanzi menzionati 
(natura di pubblica amministrazione della datrice di lavoro; affidamento 
al lavoratore, con atto formale di nomina, di compiti rispondenti 
ad ordinarie esigenze dell'amministrazione stessa; ed espletamento, 
con carattere di continuit�, di itali compiti, fin dall'aprile del 1953, 
dietro retribuzione e con vincolo di subordinazione), � chiaro, che, 
essendosi prospettato, -a giustificazione della pretesa 'un rapporto di 
pubblico impiego, la competenza giurisdizionale a conoscere della relativa 
controversia appartiene al giudice amministrativo, cui � demandante, 
in via esclusiva, il contenzioso in materia: e in questi sensi � 
fondato il terzo motivo dell'istanza, proposto dall'Amministrazione 
ricorrente in via subordinata. 

Giov�a precisare, a questo punto, che erroneamenite la difesa del 
Cardone sostiene che la controversia debba essere attribuita alla competenza 
giurisdizionale del giudice ordinario (e quindi del Pretore), 
in virt� della nuova disciplina del processo del lavoro, introdotta 
dalla legge 11 agosto 1973 n. 533. 

La citata legge, infatti, non prevede alcuna . modifica dei princip� 
relativi alla ripartizione della giurisdizione in materia di rapporto 
d'impiego: e ci� � chiaramente dimostrato dal nuovo testo, in essa 
contenuto, dell'art. 409 n. 5 c.p.c., il quale, ribadendo, nella sostanza, 
la disposizione dell'abrogato art. 429 n. 4 c.p.c., lascia immutata la 
esclusione dal rito del lavoro, e quindi dalla giurisdizione ordinaria, 
delle controversie relative a rapporti di lavoro pubblico � devoluti dalla 
legge ad altro giudice�. E tale interpretazione, peraltro, trova conforto 
nella formulazione dell'art. 11 della stessa legge, relativo alla disciplina 
del patrocinio a carico dello Stato, l� dove la norma, distinguendo 
esplicitamente tra �controversie di cui agli artt. 409 e 442 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1025 

del codice di procedura civile � e controversie � concernenti il rapporto 
di lavoro dei dipendenti dello Stato, delle regioni, delle provincie, dei 
comuni e degli a1tri enti pubblici non economici�, conferma che queste 
ultime non sono comprese tra le controversie che, in virt� del 
citato art. 409 n. 5 c.p.c., sono di competenza del Pretore. 

N� pu� condividersi, per la manifesta infondatezza della quesitone 
cosi prospettata, il rilievo che l'art. 409 anzidetto, col lasciare 
immutata l'esclusione dalla competenza del giudice. ordinario per le 
controversie di lavoro derivanti da rapporto di impiego pubblico (riservate 
alla giurisdizione amministrativa), violerebbe il precetto di 
uguaglianza sancito dall'art. 3, in relazione anche agli artt. 4 e 35, 
della Costituzione. 

Ed invero, come questo Supremo Collegio ha avuto gi� occasione 
di precisare, con la sentenza del 21 agosto 1973 n. 2375; in ordine 
all'analoga esclusione della materia concernente il pubblico impiego 
dalla disciplina relativa al contenzioso in tema di licenziamenti individuali, 
ai sensi della legge 15 luglio 1966 n. 604, � la diversa natura 
del rapporto di pubblico impiego rispetto a quello privatistico che impone 
una diversa regolamentazione, almeno per quanto concerne la 
scelta del giudice: e l'art. 113 della stessa Costituzione non impedisce 
alla legge' ordinaria di regolare l'esercizio della tllltela giurisdizionale 
nei modi e con l'efficacia che pi� aderiscano alle singole situazioni, con 
il solo divieto di rendere quell'esercizio estremamente difficoltoso e 
puramente apparente. 

In ordine alla controversia proposta dal Cardone deve essere 
dichiarata, pertanto, la giurisdizione del giudice amministrativo ... 
omissis. 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 ottobre 1974, n. 3119 -Pres. 
La Farina -Est. Sammarco -P. M. Del Gro13so (,conf.) -Spada 
(avv. Minelli) c. Ministero Interno (avv. Stato Cerocchi). 

Procedimento civile � Appello � Obbligazioni solidali � Liticonsorzio neces


sario � Esclusione. 

(cod. proc. civ., art. 331). 

L'obbligazione solidale passiva (conducente e proprietario di un. 
autoveicolo coinvolto in un sinistro) non fa sorgere in giudizio un 
litisconsorzio necessario (n� sostanziale n� proce$suale), per cui l'appello 
contro la sentenza assolutoria dei coobligati, proposto contro unfr 
soltanto di essi, non richiede l'integrazione necessaria del contraddittorio 
nei confronti degli altri (1). 

(Omissis). Con unico motivo il ricorrente denuncia la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 331, 332, 102 e 103 c.p.c., in 
relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonch� l'omessa motivazione su un 
punto decisivo della controversia, sostenendo, anziitutto, che nella specie 
non ricorreva un'ipotesi di litisconsorzio necessario, come ritenuto. 
dalla Corte di medito, in quanto si tratitava di un rapporto meramente 
obbligatorio con pluralit� di parti e, in secondo luogo, che, in ogni 
caso, la Corte di merito non aveva indicato le ragioni per le quali 
la causa doveva essere considerata inscindibile. 

La prima censura del motivo propone all'esame della Corte la 

questione se, una volta instauratosi il giudizio di primo grado nei con


fronti del proprietario del veicolo e del conducente dello stesso, chia


mati a rispondere solidalmente ex art. 2054 e.e. in sede di gravame, 

(1) Con questa decisione si consolida, dopo il contrasto giurisprudenziale 
ricordato in motivazione, l'indirizzo pi� recente del S.C. che 
esclude il litisconsorzio necessario processuale in appello, anche sotto il 
profilo della dipendenza di cause, nei giudizi contro coobbligati solidali 
passivi convenuti in unica causa in primo grado. 
In senso conf. da ultimo c. Cass. 8 gennaio 1974, n. 36; Cass. 16 dicembre 
1974, n. 4305 e per qualche riferimento Cass. 25 settembre 1974, 

n. 2522. 
I 't 
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I 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1027 

occorre necessariamen,,te la presenza di entrambi i condebitori solidali 
oppure il giudizio d'impugnazione pu� svolgersi validamente nei confronti 
soltanto di uno di essi. 

La questione riceve soluzioni divergenti.' 

Alcune pronunce di questa Corte, partendo dalla premessa che 
le obbligazioni solidali danno luogo a cause distinte, hanno ritenuto 
che, qualora la causa concernente la responsabilit� del conducente del 

'veicolo e quella riguardante la responsabilit� del proprietario dello 
stesso siano staite trattate in primo grado in un unico processo, viene 
a determinarsi una semplice connessione fra le due cause del tutta 
estrinseca, per cui il giudizio d'impugnazione pu� avere per oggetto� 
soltanto una di esse, indipendentemente dall'altra (Cass. 14 giugno 
1972 n. 1882 -Cass. 28 luglio 1969 n. 2862). 

L'opposta soluzione, invece, pur ammettendo che il vincolo di 
solidariet� passiva fra il conducente di veicolo ed il proprietario del 
veicolo di cui al terzo comma dell'a11t. 2054 e.e. non implica unicit� 
di causa, attinge ad una diversa impostazione, in quanto introduce, 
rispetto al giudizio d'impugnazione, la nozione di cause dipendenti,. 
prevista dall'art. 331 c.p.c. 

Tale nozione � stata elaborata con approfondito impegno, in assenza 
di un costruttivo apporto della nottrina, dalla giurisprudenza 
di questa Corte, la quale ha enucleato il concetto di cause dipendenti� 
nei seguenti precisi termini: ricorre l'ipotesi di cause fra loro dipendenti 
quando pi� cause distinte, riunite in un unico processo o per 
la natura propria delle situazioni giuridiche controverse (dipendenza di 
ordfune 'sostanziiale) o perr effetto delle domande TiSipettivamente \PX'Oposte 
dalle parti (dipendenza di carattere formale), debbono restare� 
unite anche in sede di gravame in quanto la decisione dell'una si 
estende logicamente e necessariamente all'altra, ovvero costituisce il 
presupposto logico e giuridico imprescindibile per il carattere di pregiudizialit� 
che le questioni oggetto della una hanno rispetto alle questioni 
trattaite nell'altra; in questa ipotesi, se le due cause sono state 
trattate in primo grado in un unico processo, si determina un litisconsorzio 
processuale, per cui in sede di appello e nella successiva 
fase di cassazione devono essere decise, come prescritto dall'art. 331 

c.p.c. nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizi<> 
di primo grado (Cass. 31 maggio 1971 n. 1747; Cass. 10 novembre 1970 
n. 2325; Cass. 23 aprile 1968 n. 1243). 
Applicando la nozione di cause dipendenti, come sopra individuata,. 
all'ipotesi in cui l'azione di responsabilit� civile contro il proprietario 
dell'autoveicolo e quella contro il conducente dello stesso siano state 
esperite in primo grado in un unico processo, se ne � tratta la conclusione 
che nel giudizio di gravame viene a profilarsi un litisconsorzi<> 


1028 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

processuale, in quanto la decisione dell'una causa si estende logicamente 
e necessariamente all'altra. Ed � questa la tesi che viene propugnarta 
dall'amministrazione resistente. 

Ritiene, per�, la Corrte che la configurazione prospettata non pu� 
essere condivisa: invero, occorre tenere presente che per le obbligazioni 
solidali vige il principio sanciito dall'art. 1306 e.e., secondo cui 
la sentenza pronunciata fra il creditore ed uno dei debitori in solido 
non ha effetto contro gli altri debitori, i quali, peraltro, possono 
opporla al creditore salvo che sia fondata sopra ragioni personali al 
condebitore. Tale regola, evidentemente riguarda il merito della decisione 
contenuta nella sentenza, ma non vi � dubbio che essa abbia 
inevitabili ripercussioni anche alla situazione processuale di cui ci 
si occupa. Infatti, poich� le statuizioni della sentenza emessa nei confronti 
di uno dei debitori solidali non fanno stato nei confronti degli 
altri, l'estensione che la decisione della causa riguardante uno dei 
condebitori, alla causa concernente altro conclebitore solidale, anche 
se opera dal punto di vista logico, giuridicamente non pu� estrinsecarsi: 
pertanto, la regola enunciata dall'art. 1306 e.e. si traduce, per quanto 
attiene alle obbligazioni solidali, sul piano procedurale, nell'impossibilit� 
di stabilire un litisconsorzio processuale in sede di gravame, fra 
le varie cause dei debitori solidali, anche se esse hanno riceVUJto una 
trattazione unitaria nel giudizio di primo grado. Conclusivamente, quindi, 
va affermaito che per le obbligazioni solidali non pu� trovare applicazione 
la nozione di cause dipendenti quale risu11ta dall'art. 331 c.p.c. 
e, di conseguenza, non pu� trovare applic�zione la r.egola dettata dal 
detto arrticolo ai fini dell'integrazione del contraddiittorio nel giudizio 
d'impugnazione. :_ (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1974, n. 3523 -Pres. 
Maccarone -Est. Pajardi -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero del 
Tesoro (avv. Stato Carafa) c. Soc. a.s. SAFAR di Brauzzi e C. 
(avv. M. Casella). 

Contabilit� generale dello Stato -Esigibilit� di crediti verso Io Stato � 
Interessi � Decorrenza. 
(cod. civ., art. 1224 e 1282; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 54 e 55; 

r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 269 ss.). 
I crediti verso lo Stato diventano esigibili solo dopo che la spesa 
� stata ordinata dall'Amm.ne con l'emissione del relativo titolo, e da 
tale data decorrono gli interessi a favore del creditore (applicazione 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1029 

al caso in cui l'Amm.ne aveva eccepito la compensazione, peraltro in, 
parte riconosciuta non sussistente, di un proprio� credito col credito 
privato derivante da liquidazione di contratti di guerra (1). 

(Qmissis). -Con unico motivo di ricorso, il Ministero del Tesoro 
afferma che il diritto della Safar alla somma relativa alla prima delibera 
divenne definitivo con il giudicato. La Corte d'Appello inoltre ha 
deliberaito che secondo l'art. 9 del Decreto Luogotenenziale 25 marzo 
1948, n. 674, le delibere del Commissario divengono esecutive con 
decreto del Ministro del Tesoro. Ne consegue, secondo il ricorrente, 
che la delibera in oggetto divenne definitiva solo quando venne emesso 
il decreto del Ministro del Tesoro in esecuzione del giudicato della 
Safar sulle somme accantonate. 

Infine ed in ogni caso in ordine a queste ultime il fermo era 
giustificato proprio dalla incertezza sui limiti della compensazione. Il 
motivo � fondato. 

Va premesso che i giudici di merirto sono partiti da una esatta 
serie di proposizioni. Anzitutto che la Pubblica Amministrazione non 
pu� considerarsi in mora fino a quando non abbia esplicato tutti gli 
accertamenti e controlli prescritti secondo la procedura cui � tenuta 
per legge, con la conseguenza che fino a tale momento, essendo la 
sua attivit� regolata da norme che la vincolano, l'�iter � prescritto 
per l'accel'ltamenrt;o e la liquidazione delle somme che spettano ai 
creditori dello Stato deve svolgersi in conforrrut� di quelle norme, e 
con la conseguenza ulteriore che, nei limiti in cui l'eventuale ritardo 
nel pagamento non pu� riferirsi a colpa dell'Amministrazione, non 

(1) Con la sentenza che si annota il S.C., a breve distanza di tempo, 
rettifica l'orientamento espresso con la sentenza 27 settembre 1974, numero 
2527 (in questa Rassegna 1975, I, 528 ove in nota richiami), riaffermando 
il principio che soltanto con l'emissione del formale titolo di 
spesa i crediti nei confronti dello Stato diventano esigibili e, quindi, solo 
da tale momento cominciano a decorrere gli interessi (sia corrispettivi 
che moratori). 
Si nega in tal modo il diverso principio che � andato a volte affio


rando in alcuni recenti arresti dello stesso S.C., secondo cui, ove la 

mancata emissione del formale titolo di spesa sia dovuta ad un com


portamento, poi riconosciuto non legittimo, dell' Amm.ne, il credito do


vrebbe ugualmente ritenersi esigibile e, quindi, sarebbero dovuti gli 

interessi. 

Devesi iribadire che tale orientamento non pu� essere condivis'o: 

il titolo di spesa in base alle disposizioni sulla contabilit� generale pu� 

essere emesso solo dopo che ogni contestazione � superata. 

E solo con l'emissione del formale titolo di spesa il credito verso 
l' Amm.ne diventa esigibile, e quindi produttivo di interessi a mente 
delle norme comuni. 

7 



1030 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pu� parlarsi di mora. Ancora che, quando, al contrario, l'attivit� di 
accertamento si � esaurita e si sono compiuti tutti quegli atti che 
la legge sulla contabilit� dello Stato prescrive prima che un pagamento 
possa essere autorizzato, l'ulteriore ritardo diventa colpevole e 
sorge l'obbligo degli interessi. 

Peraltro, la soluzione della controversia � stata alterata da due 
elementi concettualmente inquinanti, uno di carattere speciale legato 
alla faittispecie, uno di carattere generale. 

Il primo riguarda la vicenda del controcredito opposto in compensazione. 
L'evenrto ha cosi attirato l'attenzione delle parti contraenti, 
che la stessa Pubblica Amministrazione ha riconosciuto la decorrenza 
degli interessi dalla data del giudicato formatosi in ordine al regime 
giuridico di tale controcredito (se cio� da pagarsi interamente o 
falcidiato), quando invece certamente, anche secondo la sua stessa tesi 
fartta valere in questo giudizio, tale data non aveva alcun significato 
per gli interessi maturati o maturandi a favore della Safar sul proprio 
credito..Pu� dirsi concretamente ed in sintesi che la vicenza di 
questa compensazione contestata ha il solo significato, in ordine ai 
crediti Safar, di causa di contestazione in ordine alla loro liquidazione 
e al loro pagamento. 

L'elemento di carattere generale riguarda la individuazione. del 
momento e dell'atto che rende esigibili i crediti dello Stato. Non gi� 
soltanto liquidi, concetto che attiene all'accertamento della quantit� del 
credito, ma anche, va ripetuto, esigibili, cio� concretamente richiedibili 
da parte del privato con conseguente maturazione degli interessi in 

1 

caso di ritardo. 

Su tale punto questa Suprema Corte � intervenuta con varie decisioni, 
affermando che pu� parlarsi di esigibilit� soltanto dopo che la 
spesa della competente Amministrazione sia stata ordinata con la emissione 
del relativo titolo di spese e non prima. 

Tale atto non � pacificamente mai stato posto in essere nel caso, 

con la conseguenza, in relazione a quanto sopra osservato, che costi


tuisce un vantaggio di fatto per la Safar che la liquidazione preveda 

interessi decorrenrti dalla formazione sul giudicato del credito dello 

Stato. 

Pi� specificamente, l'art. 9 del decreto sopra richiamato del 1948 
sancisce che se la delibera � accettata, il Commissario ne d� notizia 
al Ministro del Tesoro per la esecuzione, da effettuarsi con apposito 
decreto, mentre invece la impugnazione della delibera ne sospende la 
esecuzione. Si evince da ci� ancora pi� con evidenza non soltanto il 
rappovto tra il provvedimento commissariale e il provvedimento ministeriale, 
ma anche l'effetto che l'impugnazione della delibera commis


~ 

sariale ha sulla emanazione del provvedimento ministeriale. r: 

~ 

!! I' 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1031 

E non vi � dubbio che il presente giudizio possa essere identificato 
come una puntuale impugnazione da parte della� Safar della 
delibera commissariale. 

In questo quadro di per s� assorbente si colloca il ricorso al mezzo 
giuridico amministrativo del cosiddetto fermo con effetti cawtelari, cui 
il Ministero del Tesoro ha fatto ricorso. Peraltro si tratta di un fattore 
parentetico che, quale ne sia la configurazione giuridica generale, non 
ha avuto il potere di influire sulla sorite della controversia, la quale 
non pu� essere decisa che alla luce del principio pi� volte ribadito 
delle esigibilit� come fenomeno produttivo di interessi sulle somme 
costituenti il credito, collegata indissolubilmente col decreto ministeriale. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1974, n. 3566 -Pres. 
Giannattasio -Est. Mirabelli -P. M. Secco (conf.) -Ministero Lavori 
Pubblici (avv. Stato Galleani) c. Fusco. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Esecuzione da parte dello Stato di 

piani di ricostruzione di comuni danneggiati dalla guerra -Conces


sione a privati dell'esecuzione dell'espropriazione -Fallimento del 

concessionario -Obbligo del pagamento dell'indennizzo a carico dello 

Stato. 

(cod. civ., art. 1272; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 334; I. 24 giugno 1929, 

n. 1127, art. 1; I. 27 ottobre 1951, n 1402, art. 16). 
L'Amm.ne dei LL.PP., che si � sostituita ad un comune per la 
realizzazione delle opere pubbliche previste nel piano di ricostruzione 
dei danni bellici ed ha poi dato in concessione ad una societ� privata 
l'esecuzione delle espropriazioni a tali fini necessarie, � obbligata al 
pagamento delle -indennit� spettanti ai proprietari espropriati ove il 
concessionario sia dichiarato fallito (1). 

(1) L'insolvenza del concessionario dell'esecuzione di opera pubblica. 
A chi voglia studiare la giurisprudenza per cogliere le ragioni sostanziali 
delle sue oscillazioni e, sopratutto, per individuare i motivi che 
le hanno giustificate, la sentenza che si annota pu� rappresentare un 
caso paradigmatico. 

Dopo che con ripetuti arresti (oltre le sentenze 10 dice~bre 1970, 

n. 2630; 11 maggio 1964, n. 1129; 9 maggio 1962, n. 928; v. Cass. 22 gennaio 
1970, n. 136, in Giust. civ. 1970, I, 1230 ove ulteriori richiami) il 
S.C. aveva affermato il principio che �l'esecuzione dei lavori richiesti 
per l'attuazione dei piani di ricostruzione dei comuni danneggiati dalla 
guerra pu� essere data in concessione: poich� tale concessione � traslativa 
il concessionario, entro i limiti dell'atto di concessione, succede alla 

1032 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denuncia violazione e 
falsa applicazione degli artt. 1 della legge 24 giugno 1929, n. 1137, 
11 della legge 25 giugno 1949, n. 409, 16 della legge 27 ottobre 1951, 

n. 1402, 3 e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E 1703 sgg. 
cod. civ., 78 legge fallimentare, 110 e 111 cod. proc. civ., nonch� vizio 
di motivazione. 
L'Amministrazione�deduce, infatti, che la sentenza impugnata, dopo 
avere esattamente ritenuto che alla societ� Consedil era stata data 
la concessione di ricostruzione di Isernia e dopo avere esattamente 
riitenuto, altres�, che in base alle norme di legge ed al decreto di 
concessione doveva individuarsi nella Societ� Consedil il soggetto tenuto 
al pagamento dell'indennit� di esproprio e di occupazione agli 
espropriati ed altres� il soggetto legiittimato passivamente all~ domande 
giudiziali dei proprietari dei terreni occupati od esproprianti aventi 
ad oggetto le indennit� do'VUte, ha poi errato nel ritenere che la societ� 
Consedel era tenuta a pagare in forza di un mandato che, pur trovando 
fondamento nella concessione, non si confondeva con essa; che 
la concessione si era estinta gi� prima del fallimento della Consedil 
per il raggiungimento dello scopo; che il mandato a pagare si � estinto 
a seguito del fallimento e che, in conseguenza, la legittimazione passiva 
� passata all'Amministrazione, quale mandante. 

L'Amministrazione ricorrente fa rilevare, al riguardo, da un canto 
che nell'ambiito del rapporto pubblicistico di concessione non appare 

p.a. concedente e, quindi, � il solo legittimato passivamente ad avere 
parte nel giudizio relativo alla liquidazione e al pagamento delle indennit� 
dovute alle ditte espropriate �, con la sentenza che si annota 
lo stesso S.C. equiparando la concessione ad un appalto, afferma che ove 
all'appaltatore dei lavori vengono accollate anche le espropriazioni necessarie 
per la realizzazione delle opere appaltate, tale accollo non � 
privativo e conseguentemente nega che l'Amm.ne sia liberata dall'obbligo 
del pagamento dell'indennizzo dai proprietari espropriati, in caso 
di insolvenza del concessionario. 
Finch� la controversia rifletteva il conflitto -tra concessionario ed 
Amm.ne -circa chi dovesse ritenersi legittimato a resistere alle pretese 
dei terzi espropriati, la S.C. ha ritenuto di addossare tale onere, in via 
esclusiva al concessionario. 

Quando, invece, si � trattato di stabilire tra l'espropriato ed Amm.ne 
su chi dovesse gravare l'insolvenza dello stesso concessionario, tale onere 
� stato addossato all'Amm.ne. 

Mentre appaiono evidenti le ragioni di equit� che sorreggono tale 
decisione, non altrettanto limpido � l'iter giuridico seguito per giungervi. 

Secondo il S.C. poich� nell'm-t. 324 legge n. 2248 del 1865 all. F � 
previsto che l'Amm.ne possa accollare all'appaltatore �le espropriazioni� 
e tale accollo non � dichiarato espressamente privativo, in caso di insol




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1033 

isolabile un rapporto di mandato, di natura privatistica; che non sembra 
esatta l'affermazione che la concessione si estingua con il compimento 
dell'opera; e che, comunque, neppure secondo le norme di diritto 
privato il mandante � legittimato passivo nei confronti delle pretese 
dei creditori del mandatario, qualora questo sia insolvente. 

Da questi rilievi l'Amministrazione ricorrente trae la deduzione 
che qualora nell'incaricato, per appello o concessione, dell'esecuzione 
dell'opera pubblica sopravvenga l'insolvenza, questa resta a carico dei 
terzi che con l'appaltatore o il concessionario abbiano contrattato, senza 
che ci� possa portare ad addossare all'Amministrazione appaltante o 
concedente oneri diversi da quelli previsti dalla legge o dal disciplinare, 
e quindi anche dei terzi espropriati, se a carico dell'appaltatore 

o concessionario sia stata posta l'espropriazione. 
Questa Corte �, per�, d'avviso che, se la costruzione prospettata 
nella sentenza impugnata non pu� essere ritenuta accettabile, neppure 
le conclusioni cui perviene l'Amministrazione ricorrente appaiono conformi 
alla disciplina della materia. 

Ed invero, l'art. 16 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, prevedendo 
che i lavori da eseguire per l'attuazione dei piani di ricostruzione 
possano essere dati in concessione, con il pagamento delle spese 
in annualit�, applica a tale ipotesi la previsione dell'art. 1 della legge 
24 giugno 1929, n. 1137, secondo cui possono essere concesse in esecuzione 
a province, comuni, consorzi o privati opere pubbliche di qua


venza del concessionario l'obbligo del pagamento dell'indennit� spettante 
ai proprietari delle aree oggetto di espropriazione dovrebbe far carico 
ali'Amm.ne. 

Alla base di tale ragionamento sta la totale assimilazione della concessione 
per l'esecuzione di lavO'l'i, all'appalto. 
Ma a tale assimilazione ostano troppi argomenti sia formali che 
sostanziali perch� ne sia consentita una completa esposizione. 

Sar� sufficiente accennare, innanzitutto, alla circostanza che la dottrina 
assolutamente prevalente nega qualsiasi accostamento fra i due istituti, 
essendo strutturalmente l'appalto un atto di autonomia privata e la 
concessione un atto amministrativo soggetto in tutto alla disciplina pubblicistica 
(v. BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, in Acque, 
bonifiche ecc. 1958, 3 ss.; CARUSI, Rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione 
di opere pubbliche, in questa Rassegna 1965, I, 1152; RoEHRsSEN, 
La concessione nel quadro dei sistemi di esecuzione delle opere 
pubbliche, in Rass. Lav. Pubbl. 1971, 1 ss.). 

In secondo luogo -e sopratutto -appalto e concessione sono funzionalmente 
diversi. 

Mentre con l'appalto l'appaltatore si assume l'obbligo nei confronti 
del committente di eseguire l'opera ed, eventualmente (art. 324 legge 
sui lavori pubblici), l'obbligo di provvedere al pagamento delle indennit� 
di espropriazione, mentre lo svolgimento della procedura di esproprio 
resta compito dell' Amm.ne, nel caso di concessione di esecuzione di opere 



1034 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lunque natura ed il pagamento della spesa pu� essere previsto in 
unica soluzione od in annualit� ed essere stabilito in modo invariabile 
a corpo oppure a misura secondo la quantit� dei lavori. 

Nella spesa non � da ritenere cm:npreso, di regola, l'indennizzo per 
espropriazioni. Tuttavia � opinione unanime che all'ipotesi sia applicabile 
la previsione contenuta nell'art. 324 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. F, secondo cui le espropriazioni possono essere �accollate
� all'appaltatore. Ed infatti tale accollo rist1lta espressamente 
previsto, nel caso in esame e nella maggior parte dei casi consimili, 
dal disciplinare di concessione, secondo cui all'ente concessionario �, 
appunto, devoluto il compito di predisporre ed espletare le operazioni 
e gli artti necessari per l'occupazione temporanea delle aree e per 
l'espropriazione delle medesime, comprese il pagamento per conto della 
Amministrazione concedente delle indenniit� dovute ai proprietari. 
� sulla base di queste disposizioni che questa Corte ha affermato, 
con le pronunce invocate dall'Amministrazione ricorrente (Cass. 
9 maggio 1962, 928; 11 maggio 1964, n. 1129; 10 dicembre 1970, numero 
2630) la legittimazione attiva e passiva del concessionario delle 
opere nelle controversie concernenti la liquidazione delle indennit�, 
di occupazione e di espropriazione. 

Va rilevato, per�, che n� nella disposizione contenuta nell'art. 
324 della legge sui lavori pubblici n� in altra norma si trova sancito 
che l'accollo sia da considerare privativo, ossia liberatorio, nel senso 

pubbliche (con o senza gestione della stessa) comprensiva delle espropriazioni 
necessarie, il concessionario si sostituite in toto all'Amm.ne, compreso 
lo svolgimento della procedura di esproprio, assumendo a tutti gli 
effetti la veste dell'espropriante. 

Ne segue allora che, mentre nel primo caso pu� ben parlarsi di accollo 
cumulativo tra appaltatore ed Amm.ne, per cui in caso di insolvenza 
dell'appaltatore rAmm.ne deve ritenersi obbligata al pagamento dell'indennizzo 
ai proprietari espropriati, in caso di concessione non pu� parlarsi 
di accollo (n� privativo n� tanto meno cumulativo) trovandoci del tutto 
fuori dalla sfera privatistica. 

In tale ipotesi si parla in giurisprudenza di affidamento impll'oprio 

(v. da ultimo Cass. 11 luglio 1974, n. 2060, in questa Rassegna 1975, I, 156 
ove in nota richiami) intendendosi con ci� l'integrale sostituzione di un 
soggetto ad un altro nello stesso svolgimento di un'attivit� pubblicistica. 
Essendovi sostituzione integrale del privato nella posizione della P.A., 
vi � anche deroga al principio fondamentale in tema di espropriazione 
per p.u. secondo il quale parte del rapporto � il soggetto a cui favore 
l'esproprio � stato pronunziato (cos� espressamente Cass. 31 gennaio 1968, 

n. 313, in questa Rassegna 1968, I, 419). 
Il concessionario assume, in sostanza, la veste di espropriante e su 
di lui in via esclusiva gravano tutti gli obblighi relativi alla esecuzione 
dell'opera pubblica, compreso il pagamento delle indennit� di espropriazione. 


A. ROSSI 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

che con l'accollo all'appaltatore od al concessionario l'Amministrazione 
espropriante resti liberata dall'obbligo di indennizzo nei confronti degli 
espropriati. 

.Non risulta_, cio�, dimostrato che con la norma suddetta si sia 
apportata deroga alle due regole fondamentali in materia di debilto 
di indennizzo e di accollo, quali sono enunciate negli artt. 324 della 
legge 25 giugno �1865, n. 2359, e 1273 cod. civile. 

Ai sensi della prima il debito dell'indennizzo � a carico di chi 
promuove l'espropriazione; ai sensi della seconda, l'accollo non libera 
il debitore originario se non per disposizione o convenzione espressa. 

Questa Corte nell'affermare, con le pronuncie citate, la legittimazione 
passiva del concessionario cui sia stata accollata l'espropriazione, 
ha implicitameillte ritenuto che, per la nah1ra stessa dei rapporti, 
non si applichi a tale ipotesi la regola che prevede la solidariet� 
tra accollante ed accollato, nell'ipotesi di accollo cumulatiivo, non 
liberatorio (art. 1273, rterzo comma, cod. civ.). Ma questa Corte non 
ha mai affermato, n� poteva affermare, che con l'accollo ai sensi della 
legge sui lavori pubblici sia derogata anche la regola secondo cui 
l'accollo � naturalmente cumulativo, e pu� avere efficacia liberatoria 
solo per previsione espressa (art. 1273, secondo comma, cod. civ.). 

Non essendo, dunque, liberatorio l'accollo previsto dalle disposizioni 
citate, deve essere ritenuto che, qualora il concessionario o 
l'appaltatore, cui sia starta accollata l'espropriazione, diventi insolvente, 
il debito rimane a carico dell'Amministrazione esproprianrte. 

La diversa soluzione, che l'Amministrazione ricorrenrte ipotizza, pu� 
forse adattarsi al caso in cui, come essa stessa ha indicato, il debito 
discenda da vincolo contrattuale tra l'appaltatore o concessionario ed 
il terzo, ma non certo all'ipotesi in cui sia stato accollato all'appaltatore 
o concessionario il debito dell'Amministrazione. 

Poich� la soluzione alla quale in tal modo si perviene coincide 
con quella adottata dalla sentenza impugnata, il ricorso deve essere 
respinto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Eez. I, 12 novembre 1974, n. 3570 -Pres. 
Maccarone -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Cutrupia (diff.) Soc.
p.az. Ferrovia Padana-Piazzola (avv. Sambiagio) c. ANAS 
(avv. Stato Tarin). 

Ferrovie � Tranvie � Concessione � Passaggio di ferrovie su strada ordina� 
ria � Allargamenti e deviazioni � Appartenenza. 

(r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 74). 
Affinch�, a mente dell'art. 74, primo comma, del t.u. 9 maggio 
1912, n. 1447, l'ente ptoprietario della strada, su cui � imposta la 


1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

servit� di passaggio di una ferrovia in concessione, acquisti la propriet� 
degli allargamenti e delle parziali deviazioni realizzate dalla 
concessionaria della _ferrovia, occorre accertare -e tale accertamento 
� demandato al giudice ordinario -se dette opere siano state rese 
necessarie dall'occupazione della sede stradale con la ferrovia (1). 

(Omissis). -La sentenza impugnata, dopo aver accertaito che 
la societ� concessionaria aveva acquistato a sue spese, in forza di 
espropriazione per pubblica utilit�, le aree di cui si controverte, cui 
poi si aggiunse il cavalcavia, cosi come previsto dalla convenzione del 
10 gennaio 1910 relativa alla costruzione della ferrovia, ha ritenuto 
che si era successivamente realizzato il passaggio di propriet� delle 
aree stesse, a norma del su riportato terzo comma dell'art. 74 t.u. 9 maggio 
1912, all'ente proprietario della strada deviata sul cavalcavia, per 
le considerazioni che seguono: a) perch� l'interpretazione da dare alla 
norma, laddove contempla le deviazioni �che possano occorrere�, � 
che in essa sono considerate non tanto le deviazioni resesi necessarie, 
ma quelle comunque realizzate, dovendosi assumere il verbo � occorrere
�, piuttosto che nel suo significato di �abbisognare�, in quello di 
�accadere, verificarsi�, nel quale esso � pure correntemente usato; 

b) perch�, a pal'\te ci�, la costruzione del cavalcavia ferroviario 
sui sottostanti binari della ferrovia Padova-Bassano e sulla strada provinciale 
Tirolese fu resa necessaria dalla diffi.col!t�, che altrimenti si 
sarebbe incontrata, di innestare�1a nuova ferrovia sui binari dell'altra 
e di farla correre iungo la detta strada provinciale; 

c) perch�, inoltre, per poter ritenere concretamente integra<ta la 

previsione di legge � sufficiente che la deviazione sia stata conven


zionalmente considerata necessaria dagli enti interessati, essendo irri


levante che, con giudizio a posteriori, obl;>iettivamente necessaria essa 

possa non apparire. 

Col primo e col secondo motivo di ricorso (violazione e falsa ap


plicazione dell'art. 74 t.u. n. 1447 del 1912; contraddittoriet� e difetto 

(1) Trattasi di questione nuova, per quanto consta. 
L'interpretazione dell'art. 74 T.U. n. 1447 del 1912 fornita dal S.C. 
con la sentenza in rassegna, attenta alla lettera della legge, apipaxe eccessivamente 
restrittiva. 

� chiaro, al contrario, che, proprio perch� trattasi dell'interpretazione 

di una norma che ha pi� di sessant'anni di vita e che � stata formulata 

con riferimento ad un-tipo di circolazione (chiaramente indicata dall'espres


sione � ordinario carreggio �) che � da tempo definitivamente �scomparsa, 

l'interprete deve dare maggior peso al senso attuale della norma. 

Ed in tale prospettiva andr�, quindi, dalla Corte di rinvio, valutato 
se la costruzione di un cavalcavia ferroviario costituisca una � deviazione 
necessaria per consentire l'ordinario carreggio � su una strada statale. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

essenziale della motivazione, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) 
la societ� ricorrente censura questa motivazione, adducendo in sostanza, 
da un lato, che la norma ritenuta applicabile � stata dalla Corte d'Appello 
erratamente interpretata, poich� non � vero che essa contempla 
qualsiasi deviazione decisa in connessione con la costruzione della 
ferrovia, anche se non collegata alla concreta e obbiettiva necessit� 
della costruzione ferroviaria secondo le modalit� stabilite, cosicch� al 
riguardo non poteva essere data esclusiva rilevanza alla convenzione, 
per il solo fatto che la deviazi_one era stata in essa prevista e considerata 
utile; e, d'a1tro lato, che la corte d'Appello ha omesso di considerare 
la circostanza decisiva che nel caso non s'era trattato d'una 
deviazione della strada provinciale (rimasta tale e quale, anche se in 
aggiunta al vecchio tronco fu costruito quello sopra il cavalcavia, 
accanto ai binari della nuova ferrovia) attuata per l'adattamento della 
sede ferroviaria, ma invece di un adaittamento del manufatto ferroviario 
per agevolare il traffico stradale, consentendo di evitare il sottostante 
passaggio a livello. 

La duplice censura � fondata. 

Quanto al primo profilo, attinente all'interpretazione del terzo 
comma del citato articolo 74, la corte suprema rileva che devesi distinguere 
fra le modalit� delle modificazioni (allargamenti o parziali 
deviazioni) apportate ad una strada preesistente in dipendenza dello 
adattamento ad essa della sede ferroviaria, ele ragioni delle modificazioni 
stesse. Le modalit� delle modificazioni, nei limiti in cui servono 
ad assicurare l'ordinario carreggio, sono per certo rimesse alla 
discrezionalit� della pubblica amministrazione (cos� come ad essa sono 
rimesse le modalit� di costruzione della ferrovia data in concessione). 
non sostituibile con diverso apprezzamento da parte del giudice; la 
dipendenza delle modificazioni dell'adattamento della sede ferroviaria, 
ovverosia !'.esigenza di assicurare con essa l'ordinario carreggio stradale, 
compromesso o alterato dalla costruzione della sede ferroviaria, 
� invece richiesta dalla norma, e la sua esistenza dev'essere verificata 
dal giudice come elemento della fattispecie costitutiva del passaggio 
di propriet� degli allargamenti o deviazioni all'ente proprietario della 
strada. Ci� risulta di tutta evidenza coordinando, come devesi, il comma 
in esame con quello precedente, il quale prende in considerazione 
le spese di allargamento o di parziale deviazione � che possano occorrere 
per la occupazione della sede stradale colla ferrovia �; ai medesimi 
casi si riferisce la successiva previsione del passaggio di propriet�, 
con la conseguenza che l'occupazione della sede stradale colla 
ferrovia � il presupposto dell'applicabilit� della norma. 

In altri termini, le scelte con cui si pone rimedio all'interferenza 
delle ferrovie sull'esercizio delle strade non sono -entro i limiti 


1038 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sopra detti -sindacabili (si pensi alle decisioni di consentire un passaggio 
a livello oppure di ricorrere a un sopra o sotto-passaggio della 
ferrovia rispetto alla strada o viceversa); ma il giudice non pu� prescindere 
dall'accertare se gli allargamenti o le parziali deviazioni delle 
strade siano stati i mezzi per ovviare a quell'interferenza. 

La Col'lte del merito, che non ha distinto fra il necessario accertamento 
delle ragioni della deviazione, e la valutazione, preclusa �n\;
ece al giudice, delle scelte tecniche che l'avevano fatta adottare, non 
ha fatto corretta applicazione della legge al caso concreto, poich� l'errore 
di interpretazione non � rimasto senza conseguenze nel procedimento 
formativo della decisione, ma ha condotto la covte ad omettere 
l'accertamento sopradetto. 

Viene con ci� in considerazione il secondo profilo, che pure si 
p�lesa fondato, della censura prospettata dalla ricorrente. Questa aveva 
dedotto anche in grado d'appello che la costruzione del cavalcavia 
ferroviario era stata decisa appunto per evitare ogni interferenza fra 
la nuova ferrovia e la strada provinciale �Tirolese�, la quale infatti 
rimase inalterata col suo passaggio a livello della ferrovia Padova-
Bassano, e che la previsione di un cavalcavia itanto ampio da consentire 
che su di esso passasse non solo la ferrovia, ma anche la deviazione 
della strada provinciale, fu convenzionalmente stabilita per profittare 
dell'occasione ed attuare un miglioramento del traffico stradale, traffico 
che peraltro la nuova ferrovia, proprio per il progettato passaggio 
sul cavalcavia, non avrebbe affatto pregiudicato. 

Orbene, questa dedotta circostanza, che era stata oggetto di accertamento 
positivo da parte del tribunale, non � stata presa in esame 
dalla sentenza impugnata. Delle parti della motivazione dedicate alla 
valutazione del fatto, la prima (sopra, sub b) riguarda infatti la necessit� 
della costruzione del cavalcavia ferroviario come itale, e non 
prende in considerazione l'abbinamento ad esso della deviazione stradale; 
la seconda (supra, sub c) si limita a dare determinante rilievo 
alla circostanza che l'esigenza della deviazione era stata valutata in 
sede amministrativa, esplicitamente dichiarando irrilevante l'accertamento 
della obbiettiva necessiit� di essa come conseguenza del collocamento 
della nuova sede ferroviaria. Esiste pertanto anche il dedotto 
vizio di omessa motivazione su fatto decisivo. 

Col terzo motivo di ricorso (nullit� della decisione impugnata: 
art. 360 n. 4 e 5 in relazione all'art. 112 c.p.c.), la ricorrente lamenta, 
sotto il profilo di omessa pronuncia ovvero di insufficienza e contraddittoriet� 
della motivazione, che la sentenza impugnata abbia trascurato 
che la pretesa di risarcimento riguardava anche l'occupazione di 
aree diverse dal cavalcavia stradale (sede della ferrovia sul cavalcavia, 
aree adiacenti giacenti sul piano di campagna), e la abbia per tale 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1039 

parte respinta senza motivazione ritenendola erratamente assorbita 
nel giudizio emesso intorno all'area interessata dalla deviazione stradale, 
senza peraltro neppure ipotizzare un rapporto pertinenziale fra 
la strada e le altre aree. 

Anche questa censura � fondata. Giudicando nel modo che s'� visto 
circa l'avvenuto passaggio di propriet� ai sensi dell'art. 74, la corte 
d'appello ha dichiarato assorbito ogni altro aspetto del thema decidendum 
sottoposto al suo esame, non avvertendo che la questione della 
applicabilit� della norma suddetta poteva riferirsi soltanto alla parte 
del cavalcavia su cyi era stata fatta passare la deviazione stradale, 
ma non alle adiacenti e diverse aree che pure erano state oggetto, 
secondo l'accertamento del tribunale, di occupazione illegittima. Il rigetto 
della domanda di risarcimento relativa a tali aree � quindi assolutamente 
privo di motivazione. 

In relazione ai vizi riscontrati, l'impugnata sentenza dev'essere 
-cassata. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 novembre 1974, n. 3596 -Pres. 
Maccarone -Est. Milano -P. M. De Marco (di:ff.) -ANAS (avv. 
Stato Lancia) c. Merlonghi (avv. Brancaccio). 

Espropriazione pubblica utilit� -Indennit� � Immobile urbano adibito dal 
proprietario all'esercizio di attivit� commerciale � Compenso per avviamento 
commerciale -Esclusione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; 1. 27 gennaio 1963, n. 19, art. 6). 
L'indennit� di espropriazione deve essere commisurata al valore 
venale del bene senza tener conto di qualsiasi pregiudizio a carattere 
personale subito dall'espropriato, anche nell'ipotesi che oggetto della 
espropriazione sia un immobile m�bano adibito dal proprietario all'esercizio 
di un'attivit� comme1�ciale (1). 

(1) Perdita dell'avviamento commerciale per espropriazione per p.u. 
Il principio enunciato costituisce una conferma del consolidato orien


tamento del S.C. in tema di determinazione dell'indennizzo per espropifia


zione per p.u., secondo il quale l'indennit� va commisurata esclusivamente 

al valore in comune commercio del bene, senza tener conto dei vantaggi 

a carattere personale ricavabili dallo stesso proprietario o da terzi che 

godono -a qualsiasi titolo del bene espropriato (v. per richiami LANDI


QuARANTA, Rassegna di giurisprudenza sull'espropriazione di pubblica uti


lit�, Milano 1973, p. 137). 

La novit� della decisione sta nell'aver confermato tale principio anche 

in riferimento all'ipotesi in cui nell'immobile espropriato sia esercitata 



1040 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con l'unico motivo, l'Azienda ricorrente denuncia 
la violazione degli artt. 39, 27, 46, 52 e 54 legge 25 gennaio 1865 

n. 2359, 1, 4 e 6 legge 27 gennaio 1963 n. 19, per aver la Corte di 
merito erroneamente ritenuto, peraltro con motivazione insufficiente e 
contraddiittoria, che alla Merlanghi Viola, gestendo essa una trattoria 
nello stabile espropriato, spettava, oltre all'indennit� di espropriazione, 
� 

anche un indennizzo per la perdita dell'avviamento commerciale. Lamenta, 
in particolare, la ricorrente che la sentenza impugnata, oltre 
ad aver erroneamepte richiamato l'al't. 46 della citata legge n. 2359 
del 1865, trovando tale norma applicazione solo nei riguardi dei proprietari 
degli immobili che, senza essere colpiti dalla espropriazione, 

I abbiano subiito un danno permanente dall'esecuzione dell'opera pubblica, 
non abbia considerato che la Merlanghi era, non gi� conduttrice, 
bens� comproprietaria dei locali espropriati ed adibiti all'esercizio dell'attivit� 
commerciale e che, pertanto, nella specie, era applicabile, 
non la disciplina contenuta nella legge n. 19 del 1963 sulla tutela 
dell'avviamento commerciale, bens� quella sulle espropriazioni per pubblica 
utilit� e, in particolare la norma dell'art. 39, la quale stabilisce 
che l'indennit� di esproprio deve essere commisurata al valore venale 
dell'immobile senza che possa tenersi conto dei danni personali o 
indiretti. 

Il ricorso � fondato. 
� necessario, innanzi tutto, chiarire che, contrariamente a quanto 
si afferma dalla ricorrente, i giudici di merito hanno accertato che la 

un'attivit� commerciale, avente diretto contatto con il pubblico degli utenti 

o consumatori, e cio� in un'ipotesi che ricade nell'ambito dell'applicazione 
della legge 27 gennaio 1963, n. 19 sulla tutela giuridica dell'avviamento 
commerciale (La determinazione dell'indennizzo in caso di espropriazione 
di fondi rustici condotti in affitto � oggi� espressamente regolata dall'art. 17 
della legge 22 ottobre 1971, n. 865). 
In realt� nella motivazione della decisione che si annota, lo sforzo 
del S.C. � tutto diretto ad escludere che la legge in parola possa, comunque, 
incider~ sulla .iateria in esame sottolineandosi che il richiamo contenuto 
nell'art. 6 legge cit. all'art. 27 della legge n. 2359 del 1865, conferma 
che l'indennit� di esproprio ha come unico destinatario il proprietario 
(o l'enfiteuta) nei cui confronti (quale titolare dell'indennit�) tutti 
gli altri titolari di diritti (reali o personali) sul bene possono far valere 
le proprie pretese. 

Peraltro non pu� sottacersi che se tale argomento � certamente efficace 
nel caso di specie, in cui era uno dei comproprietari dell'immobile 
espropriato che, svolgendo in detto immobile un'attivit� imprenditoriale 
con diretto contatto con il pubblico, pretendeva un compenso per l'avviamento 
commerciale perduto per effetto dell'esproprio, non del tutto convincente 
potrebbe apparire nella diversa ipotesi in cui l'indennizzo per 
un avviamento commerciale fosse richiesto sia dal proprietario espropriato, 
sia dal conduttore, i quali agissero congiuntamente, come consente l'art. 54 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1041 

Merlonghi gestiva l'esercizio commerciale, avente sede nei locali espropriati, 
non in virt� di rappo11to di locazione, ma in qualit� di comproprietaria 
dei locali stessi e che, pe11tanto, nell'attribuirle l'indennizzo 
per la perdita dell'avviamento commerciale, hanno inteso, non gi� fare 
diretta applicazione dell'art. 6 della legge n. 19 del 1963, bens� desumere 
da tale disposizione una nuova interpretazione delle norme che 
regolano la determinazione della indennit� di esproprio, e, in particolar~, 
dell'al'lt. 39 della legge n. 2359 del 1865 (il richiamo all'al'lt. 46 
della stessa legge, come si riconosce in memoria dagli stessi resistenti, 
� frutto di un mero errore materiale, rivelato dal contenuto della 
pronuncia). 

Pur non disconoscendo il principio generale, comunemente accettato 
e pi� volte ribadito da questa Corte Suprema, che l'art. 39 della 
legge sulle espropriazioni per pubblica utmt�, ai fini della determinazione 
dell'indennit� di esproprio, non considera altri diritti se non 
quelli di carattere reale afferenti all'immobile espropriato, con esclusione 
di ogni pregiudizio di carattere personale, i giudici di merito 
hanno tuttavia ritenuto che tale principio deve essere riveduto alla 
luce delle nuove disposizioni normative contenute nella legge n. 19 
del 1963, e, in particolare, del disposto dell'art. 6 di detta legge, il 
quale, nel disporre che, in caso di espropriazione per pubblica utilit�, 
il conduttore � ammesso a reclamare ed a pretendere, sull'indennit� 
di espropriazione, un compenso per la perdita dell'avviamento � nei 
limiti e secondo i criteri� stabiliti nell'art. 4 e, cio�, �nella misura 

legge n. 2359 del 1865, richiamato dall'art. 6 legge n. 19 del 1963 (e 
questa sembra l'ipotesi decisa dal Trib. Roma, 9 luglio 1968, in Foro it. 
rep. 1969, voce Esprop. p.u., n. 96, il quale ha ritenuto che il conduttore 
abbia diritto di reclamare dal locatario il compenso sull'indennit�, nei 
lirrliti dell'aumento di questa determinato dall'avviamento commerciale). 

In tale caso l'ulteriore argomento addotto dal S.C. secondo cui � � 
lecito ritenere che nell'ipotesi prevista dall'art. 6, a differenza delle altre 
ipotesi di cessazione del rapporto di locazione prese in considerazione 
dalla legge in esame, questa abbia intest> riferirsi, non gi� ad un diretto 
e concreto vantaggio del locatore espropriato, bens� alla semplice possibilit� 
astratta di un vantaggio indipendentemente dalla circostanza che 
egli, in concreto, si giovi dell'incremento che l'immobile abbia conseguito 
dall'attivit� del conduttore �, lascia perplessi, solo che si consideri 
che la giurisprudenza costante dello stesso S.C. ritiene che il diritto del 
conduttore al compenso per l'avviamento commerciale a mente dell'art. 4 
legge n. 19 del 1963 � condizionato alla prova _.,.. da darsi dal conduttore 
medesimo -della utilit� concreta che deriva al locatore dall'attivit� 
commerciale svolta nel locale (v. in tal senso da ultimo Cass. 8 febbraio 
1974, n. 366). 

� ulteriore ragione di perplessit� deriva nella circostanza che seguendo 
l'argomento enunciato dalla decisione che si annota il proprietario 
espropriante subirebbe una duplice limitazione del suo diritto: la 



1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'utilit� che pu� derivare al locatore�, presuppone necessariamente 
che nel calcolo dell'indennit� di espropriazione si debba tenere conto 
dell'avviamento perch� altrimenti il conduttore non potrebbe mai far 
valere �n diritto al compenso �mancandone l'oggetto�. 

Ma la Corte ritiene che tale opinione non possa essere condivisa. 

Non si pu� negare che la nuova legge sulla tutela dell'avviamento 
commerciale, ove si guardi al suo contenuto normativo, anche indipen�entemente 
dagli intendimenti politici perseguiti da chi la propose, 
manifesti chiaramente l'intendimento di tutelare prevalentemente l'interesse 
del conduttore. Giustamente � stato rilevato che la legge n. 19 
del 1963 � redatta come se il legislatore guardasse esclusiivamente ad 
una delle parti del rapporto di locazione e cio� al conduttore, al quale 
soltanto essa esplicitamente a.ttribuisce dei diritti al punto che la posizione 
giuridica del locatore ne risulta solo negativamente configurata 
come riflesso e conseguenza dei limiti stabiliti ai diritti della controparte. 
Il conduttore appare, infatti, l'unico beneficiario delle disposizioni 
contenute nella legge, essendogli attribuito un diritto di prela


. 
zione ove il proprietario intenta locare l'immobile a terzi, un diritto 
ad essere compensato per la perdita dell'avviamento che l'azienda subisca 
in conseguenza della cessazione del rapporto di locazione, sia 
pure nella misura dell'utilit� che ne pu� derivare al locatore, un diritto 
di optare, rinunciando al predetto compenso, per la proroga biennale 
del contratto di locazione e; infine, un diritto al compenso anche nel 
caso in cui l'immobile venga espropriato, in un caso, cio�, in cui, come 

prima derivante dai criteri fissati dalla legge sull'espropriazione per� p.u. 
per la liquidazione dell'indennizzo e la seconda derivante dall'ulteriore 
compenso spettante -in ogni caso -al conduttore. 

E mentre sulla legittimit� costituzionale del primo non possono esservi 
dubbi, non altrettanto pu� ritenersi del secondo limite, non potendosi 
considerare tale limite come posto nell'interesse generale, o, comunque 

� allo scopo di assicurarre la funzione sociale (della propriet�) e renderla 
accessibile a tutti� (art. 42 cit.). , 
La soluzione preferibile sembra allora quella, del resto conforme 
all'indirizzo accolto dallo stesso S.C. nell'interpretazione dell'art. 4 legge 
cit., e cio� di ritenere spettante al conduttore un compenso per l'avviamento 
solo ed in quanto l'avviamento medesimo venga �ad incidere sul 
valore in comune commercio del bene espropriato a cui va commisurato 
l'indennizzo per l'espropriazione. (Sulla soluzione accolta dal S.C., in 
senso conforme TABET, Espropriazioni per pubblico interesse e perdita 
dell'avviamento commerciale, in Giur. civ. 1975, I, 410 partendo peraltro 
dal diverso presupposto che il compenso dovuto dal legislatore al conduttorre 
spetti indipendentemente da un effettivo arricchimento del locatore 
dall'avviamento commerciale). 

A. ROSSI 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

� ovvio, il proprietario espropriato non ricava alcuna specifica utilit� 
del precedente avviamento, dato che l'immobile finisce per avere una 
destinazione del tutto diversa da quella precedente. 

Dispone, infatti, l'art. 6 della legge in esame che, in caso di espropriazione 
per pubblica utilit�, il diriitto del conduttore al compenso 
per la perdita dell'avviamento �viene soddisfatto�, nei limiti e secondo 
i criteri stabiliti dall'art. 4, sull'indennit� di espropriazione, e che a 
tale fine il conduttore � pu� valersi � delle norme di cui agli artt. 27 
e 54 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilit�. 

Ora non sembra che possa affermarsi che con tale disposizione, 
chiaramente diretta a favorire la sola parte per la quale si rendeva 
necessario intervenire, il legislatore abbia inteso rinnovare o modificare 
la norma fondamentale che regola la determinazione dell'indennit� 
di espropriazione, sancendo che nel �giusto prezzo� da attribuire 
all'immobile � in una libera contrattazione di compravendita � debba 
tenersi conto anche del plusvalore locativo postulato dall'art. 4 della 
legge n. 19 del 1963. 

In primo luogo non si pu� non rilevare che l'avviamento azien


dale, inteso, secondo la comune accezione, come qualit� dell'azienda, 

non incide minimamente nella libera contrattazione in caso di com


pravendita e, cio�, sul puro valore di scambio, indipendentemente dal 

danno subi�to dall'espropriato, e che, d'altra parte, l'espropriazione col


pisce l'immobile e non l'attivit� commerciale in essa esercitata. 

Ma a prescindere da tali rilievi, sembra evidente che con la dispo


sizione in esame ed � inteso sancire unicamente che il fatto dell'espro


priazione, in quanto determina la cessazione immediata del rapporto 

di locazione, deve essere considerato alla stregua del precedente �art. 4, 

agli effetti della attribuzione al conduttore del compenso per la per


dita dell'avviamento, stabilendo l'entit� del compenso stesso ed i modi 

con cui il conduttore pu� soddisfare il suo diritto. 

Nulla, invece, la norma dispone in ordine alla posizione del pro


prietario espropriato nei confronti dell'espropriante, mentre, come chia


ramente si evince dal suo testo, ove si parla di soddisfacimento del 

compenso �sull'indennit� di esproprio� ed ove � richiamato l'art. 27 

della legge n. 2359 del 1865, a norma della quale i terzi aventi diritti 

sull'immobile �sono resi indenni dagli stessi proprietari�, la norma 

stessa configura il compenso riconosciuto al conduttore come un'obbli


gazione del solo locatore espropriato, e ci� in applicazione del principio, 

fondamentale in tema di espropriazione per pubblica utilit�, che l'in


dennit� di esproprio � unica ed ha come destinatario il proprietario 

(o l'enfiteuta), sicch� � questi, e non l'espropriante, il soggetto passivo 

di eventuali diritti che possono valutare i terzi estranei al procedimento 

di esproprio. 


1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vero � che la disposizione in esame, con il richiamare anche 
l'art. 54 della legge fondamentale sulle espropriaziorii., abilita il conduttore 
anche ad impugnare �come insufficiente� la indennit� di esproprio 
provvisoriamente determinata, ma se si rtiene presente che il pregiudizio 
patrimonial� che subisce il conduttore dalla cessazione del 
rapporto locativo, essendo mutevole da caso a caso, entro i limiti stabiliti 
dall'art. 4, non � determinabile a priori dal perito di cui all'art. 32 
�.ella legge n. 2359 del 1865, e, soprattutto, se si considera la ben norta 
ed ampiamente criticata imperfezione delle norme contenurte nella legge 
in esame, si pu� a ragione ritenere, come � stato gi� ritenuto da autorevole 
dottrina, che il richiamo all'art. 54 legirttimi il conduttore ad 
impugnare la stima per la sua non rispondenza della indennit� preventiva 
al valore effettivo dell'immobile espropriato e non anche per la 
mancata o inadeguata determinazione dello speciale nocumento patrimoniale 
subito a seguito della cessazione del rapporto locativo. D'alrtra 
parte non � chi non veda come ben scarso sia l'interesse del condwttore 
a proporre la impugnazione ad una stima che sostanzialmente 
non lo pregiudica, posto che l'indennizzo per la perdita dell'avviamento 
gli deve essere � in ogni caso � corrisposto dal locatore. 

Non sembra, poi, alla Corte che abbia pregio l'unica argomentazione 
dalla quale la sentenza impugnata ha tratto la conclusione che 
anche al proprietario imprenditore, in virt� della norma in esame, 
spetti l'indennizzo per la perdita dell'avviamento e, cio�, che, dovendo, 
anche nel caso di espropriazione, il compenso al conduttore essere 
rapportato al vantaggio tratto dal locatore dal precedente avviamento, 
tale vantaggio non pu� non consistere in quello derivato al locatore 
dall'essersi tenuto conto dell'avviamento ai fini della determinazione. 
dell'indennirt� di �esproprio. 

A parte, infatti, ogni rilievo in ordine alla possibilit� di desumere 
una cosi rilevante modifica della norma che indica i criteri da applicare 
nella determinazione dell'indenni.t� di esproprio da un inciso di 
�assai incerto significato, non � esatto che, come affermato -dalla sentenza 
impugnata, il condurttore non potrebbe mai far valere il diritto riconosciutogli 
dalla norma in esame, �mandandone l'oggertto �, qualora 
non si tenesse conto dell'avviamento nella liquidazione dell'indennit� 
di esproprio perch�, come si � gi� detto, secondo il sistema della legge, 
il diritto del conduttore al compenso � autonomo rispetto alla misura 
dell'indennit� di esproprio liquidata al locatore, il quale � tenuto � in 
ogni caso� alla corresponsione dell'indennizzo per la perdita dell'avviamento. 
Se cos� � e se si tiene presente che, nel caso di cessazione del 
rapporto derivante da espropriazione per pubblico interesse, nessuna 
�utilit�� possono conseguire n� l'espropriante, n� l'espropriato da un 
avviamento incorporatosi in un immobile destinato ovviamente ad essere 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

demolito, � lecito ritenere, ad avviso della Corte, che nella ipotesi 
prevista dall'art. 6, a differenza delle altre ipotesi di cessazione del 
rapporto di locazione prese in considerazione dalla legge in esame, 
questa abbia inteso riferirsi, non gi� ad un diretto e concreto vantaggio 
del locatore espropriato, bensi alla semplice possibilit� astrartta 
di un vantaggio, indipendentemente dalla circostanza che egli, in concreto, 
si giovi dell'incremento che l'immobile abbia conseguito dall'attivirti'l 
del conduttore. 

Devesi, pertanto, concludere che la sentenza impugnata � incorsa 
in errore nel ritenere che la disciplina attuata nella legge n. 19 dei 1963 
abbia innovato ai criteri di determinazione dell'indennit� di esproprio. 
-(Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. pJ.en., 1� lugJ.io 1975, n. 8 -Pres. Ve


trano -Est. Iannelli -Barboni ed altri (avv. Martuscelli) c. Mini


stero tesoro (avv. Stato Azzariti). 

Impiego pubblico -Orario di lavoro -Uffici della Capitale -D.C.G. 
17 settembre 1939 -Non � pi� in vigore -Applicabilit� dell'art. 106 

R.D. n. 2960 del 1923. 
Impiego pubblico -Orario di lavoro -Personale ausiliario -Inizio un'ora 
prima degli altri impiegati -Settima ora -Retribuzione come lavoro 
straordinario -Non spetta. 

Il decreto del Capo del Governo 17 settembre 1939, con il quale 
venne fissato l'orario degli uffici statali e degli enti pubblici della 
Capitale, comunque soggetti alla vigilanza dello Stato; dalle ore 8 alle 14 
nei giorni feriali e dalle ore 8 alle 12 nelle domeniche e nei giorni 
festivi, senza alcuna interruzione, aveva carattere tempoiraneo, essendo 
strettamente legato alle circostanze e alle finalit�, che avevano determinato 
la sua emanazione (economia nelle spese per il funzionamento 
degli uffici e dei servizi); pertanto, una volta venuti meno i decreti 
22 ottobre �1941 e 18 marzo 1942 (che -ferma la durata dell'orario 
di servizio in sei ore nei giorni feriali -dettarono nuove disposizioni 
in materia di orario per l'intero territorio nazionale, ivi compresa la 
Citt�, di Roma, rispettivamente valide fino al 31 marzo 1942 e al 31 ottobre 
194.2) ha ripreso vigore ed efficacia l'art. 106 R.D. 30 dicembre 1923 

n. 2960, tuttora vigente ai sensi dell'art. 385 primo comma T.U. 10 gennaio 
1957 n. 3, che fissa in sette ore giornaliere l'orario di lavoro dei 
pubblici impiegati (1). 
Ai sensi dell'art. 106 R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, tuttora in 
vigore ai sensi dell'art. 385 primo comma T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, 

(1-2) Sulla questione circa l'orario di servizio negli uffici statali della 
Capitale, se di� sei ovvero di sette ore, che ora � definitivamente risolta 
dall'Adunanza Plenaria in aderenza alla tesi sostenuta dalla Amministrazione 
dopo il contrasto di giurisprudenza delle Sezioni semplici, vedasi 
tale giurisprudenza e la nota in questa Rassegna 1973, I, 1142. 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
collaborato anche l'avv. RAFFAELE TAMIOZZO. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1047 

l'orario di lavoro dei pubbHci impiegati � fissato in sette ore giornaliere; 
pertanto, legittimamente l'Amministrazione nega il riconoscimento, 
a favore di dipendenti della carriera ausiliaria, della retribuzione, 
a titolo di lavoro straordinario, dell'ora di servizio in pi� (la 
settima) prestata rispetto alle sei ore giornaliere di lavoro che attualmente 
effettuano gli altri impiegati pubblici (2). 

(Omissis). -L'ordinanza di rimessione, nel richiamare alcuni pareri 
espressi dalla prima e dalla seconda Sezione di questo Consiglio 
(I Sez. n. 2506 detl. 1969; II Sez. n. 282 del 1970, ed a.Lcune deciisi-On1i giurisdizionaJ.
i rese semiPre da questo CoI11Se1s.so (IV Sez .. 30 ottobre 1968 n. 676; 
IV Sez. 28 luglio 1971 n. 756), rfoorda che un dec:reto del Capo del Go


.verno del 17 1s1ettembre 1939 fiss� l'orall'io degli uffici 1stata!li e degJ.i enti 
pubb1iiei della capitaJ.e in sei ore giornaliere, dail!le Oil'e otto alJle ore quattordici 
nei giorni ferialii, �senza alcuna interruzione e senza distinzione 
alcuna fra le varie �cateigorie di impiegati. Richiama, poi, la c:i.rcostianza 
�he gli ausilia1ri prestalllo un'ora di lavoro in pii� rispetto aigH ailtri impiega-
ti delle altre �C'ategorie, e d� per provveder�e a(!Je incombenze di loro 
competenza (mantenere l'ordine la pulizia dei loca[i) prima delLl'dinizio 
del lavoro d'ufficio, cos� come chiaramente � 1s.tabdJito dlaU'art. 189 del 

T.U. n. 3 del 1957, che .prevede, appunto, le mansfoni del personale 
aus.Uia�rio. 
Ci� premesso, l'ordinanza chiede che lAdunanza plenaria, ai fini 
di stabilire un principio di carattere generale, si pronunzi sul quesito 
se al personale ausiliario spetti o meno la retribuzione come laivoro 
straordinario dell'.ora di servizio prestata quotidianamente in pi� rispetto 
agli impiegati delle altre categorie. Al quesito stesso lAdunanza 
plenaria non'pu� dare una compiuta risposta senza aver prima accertato 
la validi1t� o meno, sotto il profilo giuridico, delle premesse, da 
cui muove l'ordinanza di rimessione. 

L'art. 106 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, dispose, originariamente, 
nel primo comma, che �l'impiegato deve osservare l'orario di 
ufficio, la cui durata normale giornaliera � di sette ore e deve essere 
divisa in due periodi, salvi i casi di servizi speciali per i quali, con 
disposizione del Ministro, sia diversamente stabilito�. Tale disposizione 
era applicabile anche al �personale subalterno� (ora, ausiliario), in 
virt� dell'art. 119 dello stesso R.D. n. 2960 del 1923. 

Successivamente, il R.D.L. 3 ottobre 1935 n. 1856, autorizz� il 
Capo del Governo ad emanare con i suoi decreti, anche in deroga alle 
vigenti disposizioni legislative e regolamentari, norme intese a conseguire 
economia nelle spese per il funzionamento degli uffici e dei servizi, 
nei confronti delle Amministrazioni statali, delle amministrazioni, 


1048 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istituti ed enti indicati nell'art. 2 R.D.L. 1� giugno 1933 n. 641, e degli 
istituti scolastici pubblici e privati di qualsiasi ordine e grado. In base 
al detto R.D.L. n. 1856 del 1935, con decreto 17 settembre 1939, il Capo 
del Governo fiss� l'orario degli uffici statali e degli enti pubblici della 
capitale, comunque soggetti alla vigilanza dello Stato, dalle ore 8 alle 14 
nei giorni feriali e dalle ore 8 alle 12 nelle domeniche e nei giorni 
festivi, senza alcuna interruzione. 

Questa Adunanza plenaria rileva che il decreto 17 settembre 1939 
aveva indubbiamente carattere temporaneo, era legato strettamente, 
cio�, alle circostanze e alle finalit�, che avevano determinato la sua 
emanazione (economie nelle spese per il funzionamento degli uffici e 
dei sei:vizi). 

Il caraittere della sua temporaneit� � dimostrato dal fatto che il 
detto decreto venne abrogato dal decreto 22 ottobre 1941 che, ferma 
la durata dell'orario di servizio in sei ore nei giorni feriali, dett� nuove 
disposizioni in materia di orario per l'intero territorio nazionale, ivi 
compresa perci� la ci.itt� di Roma, valide fino al 31 marzo 1942. Ancora 
prima che scadesse questo ultimo termine, il 18 marzo 1942 venne 
emanato un ulteriore decreto, stabilendosi, sempre in materia di orario, 
una nuova normativa valida fino al 31 ottobre 1942. Scaduto, anche, 
quest'ultimo termine, non fu emanata alcuna altra disposizione al riguardo. 
Epper� riprendeva vigore ed efficacia la citata norma dell'art. 
106 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, che, come si � detto, 
fissava in sette ore giornaliere l'orario di lavoro dei pubblici impiegati. 

Che la norma sancita nell'art. 106 primo comma sia tuttora vigente, 
� dimostrato dalla circostanza che essa � stata fatta espressamente salva 
dall'art. 385 primo comma del T.U. n. 3 del 1957. Ed � proprio in virt� 
di questo esplicito richiamo, contenuto nell'art. 385, che il legislatore 
del 1957 si � potuto limitare ad affermare, nell'art. 14 primo comma 
dello stesso T.U., soltanto il principio secondo cui l'orario di servizio 
dei pubblici impiegati �rimane regolato dalle norme in vigore�, individuate 
queste norme, appunto, nelle disposizioni del pi� volte citato 
art. 106, abrogando, in quanto incompatibili, tutte le a1tre norme. Vero 
� che nel secondo comma dello stesso art. 385 � sancito il princip,io 
secondo cui �rimangono in vigore le disposizioni regolamentari particolari 
delle singole Amministrazioni�, ma � pur vero che la validit� 
di tali disposizioni, come � esplicitamente detto, �, subordinata alla loro 
compatibilit� con le norme del T.U. Epper� non pu� ritenersi in vita 
l'art. 231 del regolamento approvato con R.D. 23 marzo 1933 n. 185, 
esteso, con decreto luogotenenziale del 31 agosto 1945 n. 532, all'Amministrazione 
del tesoro, in quanto il cita>to art. 231, proprio perch� 
stabilisce per gli ausiliari un orario di otto ore giornaliere, � incompatibile 
con il principio generale di cui all'art. 106. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1049 

'In definitiva, � tuttora vigente la norma dell'art. 106 primo comma 
del menzionato R.D. 30 dicembre 1923 n. 2960, che stabilisce l'orario 
di lavoro degli impiegati, compresi gli ausiliari, in sette ore giornaliere. 

Perde, pertanto, pregio il primo motivo del ricorso, con il quale 
si lamenta la violazione dell'art. 14 del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, per 
mancato pagamento della settima ora a titolo di lavoro straordinario, 
poich� la detta settima ora � compresa nell'orario normale di lavoro. 
�, poi, manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
sollevata, in via subordinata, con il secondo motivo, in quanto 
la norma sopra citarta stabilisce una eguale durata dell'orario giornaliero 
di lavoro per rtutrti gli impiegati. 

Altra e diversa � la questione della disparit� di trattamento oggi 
esistente tra gli ausiliari e gli altri impiegati, i quali, pur in presenza 
di un'unica disciplina legislativa, prestano, in effetti, sei ore giornaliere 
di lavoro. Ma per tale questione nessun specifico motivo � starto 
dedotto dai ricorrenti, onde essa esula oggi dalla cognizione del giudice. 
-(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 giugno 1975, n. 594 -Pres. (ff.) 
Benvenuto -Est. Rizzo -Ingenito ed alwi (avv.ti Montuori e 
Allodi) c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Siconolfi) e Ospedale 
civile di Torre Annunziata (avv. Bonifacio). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Normativa -Titolo II L. n. 865/1971 Opere 
pubbliche non connesse ad opere di urbanizzazione -Applicabilit� 
� Effetti. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Proroga del 
termine -Proroga successiva al deposito dell'indennit� ma anteriore 
alla scadenza del termine -Legittimit� -Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Proroga del 
termine -Trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative 
in materia urbanistica -Regime transitorio -Legittimit� del provvedimento 
prefettizio -Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Termine 
quinquennale ex art. 20 L. 865/1971 -Applicabilit� di detto termine 
alle occupazioni anteriori alla legge 865/1971 -Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Proroga del 
termine in caso di indifferibilit� e urgenza ex Iege -Obbligo di motivazione 
-Non sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Giudizio 
sulla durata della proroga -Discrezionalit� -Sussiste. 


1050 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Rapporto con 

il provvedimento di espropriazione -Autonomia -Effetti in relazione 

alla diversit� dei termini. 

La normativa prevista dal titolo II della L. 22 ottobre 1971 n. 865, 
ai sensi dell'art. 9 come interpretato autenticamente dalla'rt. 1 ter legge 
25 febbraio 1973 n. 13 (quale risulta dalla successiva rettifica pubblicata 
nella G.U. 6 marzo 1972 n. 62), trova applicazione anche in tema 
c!i opere pubbliche non connesse ad opere di urbanizzazione; la norma 
dell'art. 1 ter citato ha carattere dichiarativo e non innovativo e quindi 
valore retroattivo; ne consegue che l'art. 20 della L. 865/1971 � applicabile 
anche alla realizzazione di un ospedale che concreta un'opera 
pubblica senza essere necessariamente connessa con un programma di 
fabbricazione (1). 

Atteso il carattere dichiarativo e quindi ?�etroattivo della disposi


zione di cui all'art. 1 ter L. 13/1972, legittimamente viene disposta 

la proroga dell'occupazione d'urgenza, quando detta proroga intervenga 

successivamente all'ordinanza di deposito dell'indennit�, ma anterior


mente alla scadenza del termine originario di durata della occupa


zione (2). 

Anche successivamente all'entrata in vigore del D.P.R. 15 gen


naio 1972 n. 8 che ha trasferito alle Regioni a Statuto Ordinario le 

funzioni amministrative statali in materia di urbanistica, di viabilit�, 

acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, il Prefetto pu� ema


nare il provvedimento di proroga dell'occupazione d'urgenza ex art. 20 

L. 865/1971 nel periodo transitorio e precisamente qualora alla data 
del 1� aprile 1972 risulti gi� iniziata la procedura espropriativa e risulti 
�altres� gi� disposta l'occupazione d'urgenza con assunzione di impegni 
a carico dello Stato ex art. 49 R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 (3). 
Trova applicazione sia ai provvedimenti da adottare in epoca successiva 
sia a quelli adottati prima della sua entrata in vigore la disposizione 
contenuta nell'art. 20 L. 865/1971, a norma della quale l'occupazione 
d'urgenza pu� essere protratta fino a cinque anni dalla data 
di immissione in possesso, e ci� in deroga al principio .generale affermato 
dall'art. 73 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, che prei,edeva un 
pe1�iodo di occupazione non superiore ai due anni (4). 

(1-7) Decisione di indubbia esattezza, che conferma in motivazione 
la soluzione legislativa circa le difficolt� interpretative sollevate dall'art. 9 

L. 865/1971 in merito alle singole opere pubbliche, e cio� se queste fossero 
da .ritenersi ipotesi autonoma e distinta rtspetto alle opere di urbanizzazione 
primaria e secondaria, ovvero da considerarsi nel loro stesso contesto. 
Come � noto, con l'art. 1 ter della Legge 25 febbraio 1972 n. 13 (come 
successivamente rettificato nella Gazzetta Ufficiale 6 marzo 1972 n. 62, 
errata-corrige pag. 865) si stabil� che le � singole opere pubbliche � non 
sono una species rispetto al genus costituito dalle opere di urbanizzazione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1051 

Qualora presupposti della occupazione d'urgenza siano la indiffe-
1�ibilit� e urgenza dell'opera, presupposti che conseguono direttamente 
dalla legge, non sussiste alcun obbligo di motivazione del provved�mento 
prefettizio di occupazione (5). 

Fermo il limite temporale di cinque anni, la durata della occupazione 
comporta valutazione ampiamente discrezionale, che attiene esclusivamente 
al merito (6). 

Poich� sussiste autonomia tra il provvedimento di espropriazione 
del Provveditore alle opere pubbliche e il provvedimento di occupazione 
d'urgenza del Prefetto, non pu� ravvisarsi il vizio di eccesso di 
potere nella semplice diversit� dei termini in essi posti, anche considerato 
che essi si riferiscono a valutazioni della situazione di fatto 
operate in epoche diverse (7). 

primaria e secondaria, ma costituiscono una categoria distinta rispetto a 
tutte le altre. 
Ne consegue, pertanto, l'applicabilit� della normativa di cui al titolo II 

L. 865/1971 alla realizzazione di singole opere pubbliche anche nella 
ipotesi in cui esse non siano connesse ad opere di wrbanizzazione. 
Sulla natura dichiarativa, e quindi ad effetti retroattivi, dell'art. 1 ter 
della L. 25 febbraio 1972 n. 13 cfr. parere Commissione speciale 24 giugno 
1972 n. 18 (in Il Consiglio di Stato 1972, I, 1911); Di Ci'Ommo~ Il procedimento 
di espropriazione deHa legge sulla casa (in questa Rassegna 
1973, II, 137); T.A.R. Lazio Sez. I, 27 novembre 1974 (ivi, 1975, I, 549). 

R.T. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 giugno 1975, n. 611 -Pres. De 
Capua -Est. Schinaia -Palopoli (arvv. Pallottino) c. Provveditorato 
regionale 00.PP. per la Calabria e Regione Calabria (n.c.) 
e Comune di Crucoli (avv. Amatucci). 

Edilizia -Programma di fabbricazione e regolamento edilizio -Decorrenza 
del termine per impugnazione -Pubblicazione all'albo pretorio -Rilevanza. 


Edilizia -Programma di fabbricazione -Osservazione -Accoglimento � 
Omissione della ripubblicazione della deliberazione di adozione del 
programma modificato -Illegittimit� -Sussiste. 

Edilizia -Programma di fabbricazione -Deliberazione di accoglimento di 
osservazioni -Adozione da parte della Giunta e non del Consiglio 
Comunale -Illegittimit� -Sussiste. 

Edilizia -Programma di fabbricazione -Imposizione ex novo di vincoli 
assoluti di inedificabilit� -Esclusione. 

Edilizia -Programma di fabbricazione -Vincolo di inedificabilit� su fascia 
di terreno confinante con strada non pubblica -Illegittimit�. 



l

1052 RASSEGNA DELL'AVV_OCATURA DELLO STATO 

i 

I

Edilizia � Programma di fabbricazione � Zona di rispetto di cimiteri 


!

Determinazione del Medico Provinciale � Competenza -Sussiste. 

I

I

Edilizia � Contenuto del programma di fabbricazione -Imposizione di vincoli 
a spazi e servizi pubblici su aree di propriet� privata -Illegittii 


~ 

mit� -Sussiste. 

Poich�, a norma dell'art. 31 L. 17 agosto 1942 n. 1150 e successive 
modificazioni, il programma di fabbricazione fa parte del regolamento 
edilizio, solo successivamente al periodo di pubblicazione all'albo 

I!
pretorio �x art. 63, 3� co. T.U. 3 marzo 1934 n. 383 inizia a decorrere 
il termine per la sua impugnazione (1). 

Qualora la Giunta municipale, nell'adottare il programma di fabbricazione, 
accolga le osservazioni dei progettisti inerenti non gi� alla 
semplice eliminazione di errori materiali, ma a sostanziali modifiche 
del programma, senza procedere alla ripubblicazione della deliberazione 
di adozione del programma modificato, tale delibera risulter� 
illegittima (2). 

Illegittimamente la Giunta municipale procede, al posto del Consiglio 
comunale, alla adozione di una delibera che approva proposte 
di modifiche� dell'originaria deliberazione consiliare di adozione del 
programma di fabbricazione (3). 

P.oich� il programma di fabbricazione ha un contenuto di piano 

ridotto, esso non pu� imporre ex novo vincoli assoluti di inedificabilit� 

o di destinazione specifica delle singole aree, eccezion fatta per quei 
vincoli particolari che sono suscettibili di essere inseriti nei programmi 
di fabbricazione con piani particolari, con valore di variante e causativi 
di determinati effetti sulla propriet� privata, come il piano per 
l'edilizia economica e popolare, e per quei vincoli gi� gravanti su determinati 
beni, come, ad esempio, quelli che destinano aree all'esecuzione 
di opere pubbliche gi� in atto o in fase attuativa (per le quali siano 
in corso i procedimenti relativi connessi alla pubblica utilit� dell'opera 
e con efficacia espropriativa): in tali casi il programma di fabbricazione 
riveste, infatti, un carattere meramente .ricognitivo o esplicativo; 
conseguenteme1de, in difetto delle predette condizioni, non pu� essere 
contemplata da un programma di fabbricazione la previsione vincolante 
della costruzione di una superstrada, con connessa imposizione di zona 
di rispetto caratterizzata dal vincolo di inedificabilit� assoluta, su estese 
(1-7) Sul contenuto e i limiti del programma di fabbricazione esiste 
contrasto giurispirudenziale fra T.A.R. e Consiglio di Stato. Fra le pi� 
recenti decisioni cfr. Sez. V, 8 gennaio 1966 n. 27 (in Il Consiglio di Stato 
1966, I, 60); Sez. V 22 dicembre 1970 n. 1194 (ivi, 1970, I, 2289); Sez. V 
14 aprile 1972 n. 262 (ivi, 1972, I, 634); Sez. V, 22 febbraio 1974 n. 192 
(ivi, 1974, I, 276); Sez. V, 15 marzo 1974 n. 259 (ivi, 1974, I, 459); Ad. PI. 
9 aprile 1974 n. 3 (ivi, 1974, I, 505); T.A.R. Veneto 15 luglio 1974 n. 19 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1053 

fasce laterali, qualora di tale opera non sia gi� intervenuta la dichiarazione 
di pubblica utilit� (4). 

Il D.M. del Ministro LL.PP. 1 aprile 1968 n. 1404, emanato a 
norma dell'art. 19 L. 6 agosto 1967 n. 765, prevede limiti applicabili 
solo a strade pubbliche, ivi comprese quelle provinciali e comunali, 
ma non alle strade private, sia pur gravate da servit� di uso pubblico, 
relativamente alle quali, pertanto, nelle previsioni di un programma 
di .fabbricazione resta preclusa la possibilit� di imporre vincoli di inedificabilit� 
su strisce di terreno ad esse adiacenti (5). 

L'art. 338 del T.U. sulle leggi sanitarie del 1934 n. 1265, cosi come 
sostituito dall'art. 1 della legge 17 ottobre 1957 n. 983, prevede di 
norma un raggio non inferi01�e ai 200 metri quale zona di rispetto 
dei cimiteri; tale vincolo pu� peraltro essere ridotto con decreto del 
competente Medico provinciale; pertanto la maggiore estensione di 
d�tta zona rispetto a quella determinata dal Medico provinciale non 
pu� essere determinata con la delibera approvativa del programma di 
fabbricazione, non essendo ricognitiva, ma anzi contrastante con il vincolo 
precedente (6). 

Con il pro~ramma di fabbricazione non possono essere imposti 
positivamente sulle aree d� propriet� privata vincoli relativi a spazi 
pubblici e riservati alle attivit� collettive, a verde pubblico o a parcheggi 
(7). 

(ivi, 1974, parte speciale, 73); Sez. V 30 settembre 1974 n. 399 (ivi, 1974, 
I, 1038); T.A.R. Piemonte 5 febbraio 1975 n. 17 (in Rassegna T.A.R. 1975, 
I, 519); T.A.R. Piemonte 25 febbraio 1975 n. 47 (ivi 1975, I, 542). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 luglio 1975, n. 665 -Pres. De 
Capua -Est. Giovannini -Quaglia e altri (avv. Lorenzoni) c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Bruno). 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� � Passaggio di carriera � 
Differenza fra vecchia e nuova retribuzione � Conservazione del trattamento 
-Diritto alla corresponsione di un importo compensativo Provvedimento 
di determinazione dell'assegno � ad personam � � Natura 
� Non � autoritativo � Impugnabilit� nel termine di prescrizione. 

Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Assegno � ad personam 
� � Fattispecie di passaggio di carriera -Aumenti periodici � Criteri 
di valutabilit� � Effetti � Divieto di reformatio in peius. 

Il diritto all'assegno ad personam, con funzione compensativa della 
differenza fra la vecchia (maggiore) e la nuova (minore) retribuzione, 
che si acquista nel passaggio di carriera del dipendente civile dello 
Stato, trova la sua disciplina negli artt. 3 L. 9 agosto 1957 n. 751 e 
202 T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, a norma dei quali la p.a. non esercita 



1054 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alcun potere discrezionale e di natura autoritativa nella determinazione 
dell'assegno ad personam; ne consegue che il provvedimento relativo � 
impugnabile nel termine di prescrizione (1). 

L'assegno ad personam nel caso di passaggio di carriera � istituto 
ricollegabile al principio della conservazione del trattamento economico 
gi� raggiunto e mira a impedire la reformatio in peius del trattamento 
medesimo; di tal che, pur in presenza di una fiotio juris in ordine alla 
rP.trodatazione del passaggio aHa data di nomina al nuovo impiego 
rispetto a quella dell'effettiva assunzione nel nuovo servizio, non pu� 
essere ign-0rato l'aumento economico medio itempore conseguito, e ci� 
al fine di non frustrare la finalit� propria di detto beneficio, volta pe1� 
l'appunt-0 a impedire che al dipendente venga corrisposta una retribuzione 
inferiore a quella goduta al momento della assunzione effettiva 
delle nuove funzioni, malgrado l'Amministrazione abbia continuato medio 
tempore ad avvalersi dell'operato del dipendente nel vecchio impiego 
assoggettandolo ai relativi doveri e responsabilit� (2). 

(1-2) Sulla natura e la finalit� specifica dell'assegno ad personam,. 
previsto dall'art. 202 T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 cfr. Sez. IV, 21 marzo 1969 

n. 80 (in Il Consiglio di Stato 1969, I, 707); Sez. IV, 2 luglio 1969 n. 333 
(ivi, 1969, I, 1136); Sez. IV, 13 luglio 1971 n. 713 (ivi, 1971, I, 1347); 
Sez. VI, 23 novembre 1973 n. 546 (ivi, 1973, I, 1776). 
Con effetto dal 1� luglio 1970, ai esnsi del 3� co. art. 12 del D.P.R. � 
28 dicembre 1970 n. 1079, nel caso di passaggio di carriera di cui al 
citato art. 202 e alle disposizioni analoghe, al personale delle Amministrazioni 
dello Stato, compreso quello ad ordinamento autonomo, che goda 
di uno stipendio, paga o retribuzione superiore a quello spettante �nella 
nuova qualifica o grado o categoria sono attribuiti, in luogo dell'assegno 
personale gi� previsto, gli aumenti periodici necessari per assicurare uno 
stipendio, paga o retribuzione di importo pari o immediatamente superiore 
a quello in godimento all'atto del passaggio. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 688 -Pres. Uccelcellatore 
-Est. Giovannini -Soc. Boscotre e altre (avv.ti Minieri, 
Mastropasqua e Sorrentino) c. Ministero lavori pubblici e altri 
(n.c.) e Comune di Cesano Boscone (avv..ti Bassani e Boitani). 

Edilizia � Piano di lottizzazione � Art. 8 L. 6 agosto 1967 n. 765 � Lottizzazioni 
antecedenti al 2 dicembre 1966 � Prescrizioni nuove e difformi 
rispetto al piano di lottizzazione, introdotte con piano regolatore 
generale � Necessit� della motivazione . Sussiste. 

L'assoggettamento di una zona del territorio comunale alle prescrizioni 
di un piano di lottizzazione non impedisce la successiva formazione 
ed emanazione di un piano regolatore generale contenente 
previsioni relative alla stessa zona, nuove e difformi; la assimilazione 
del piano di lottizzazione ad un piano regolatore particolareggiato e la 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1055 

sua conseguenziale posizione di minorit� rispetto al piano regolatore 
generale postulano necessariamente la possibilit� di una modifica, da 
parte del secondo, della regolamentazione contenuta nel primo qualora 
sopravvengano specifiche ragioni di pubblico interesse. Tale principio 
resta operante anche per quanto concerne le lottizzazioni anteriori al 
2 dicembre 1966 perch� fatte salve dall'art. 28, 8� CO., della L. 17 agosto 
1942 n. 1150 come modificato dall'art. 8 della L. 6 agosto 1961 

n. 765, e ci� i_n quanto tale ultima disposizione si limita esclusivamente 
a consentire la permanenza in vigore di lottizzazioni antecedenti alla 
predetta data anche se prive di una complementare convenzione edilizia. 
Peraltro la introduzione a mezzo di piano regolatore generale di prescrizioni 
nuove e difformi rispetto al piano di lottizzazione deve essere 
congruamente e analiticamente motivata, poich� in relazione al fondamento 
sostanzialmente pattizio dei piani di lottizzazione e delle convenzioni 
edilizie si costituisce in capo alla parte privata pur sempre 
una legittima aspettativa al completo compimento dei lavori previsti; 
cosicch� l'obbligo della motivazione del sopravveniente piano regolatore 
generale che modifichi il piano di lottizzazione si ricollega al noto 
principio secondo il quale la p.a. non pu� incidere sfavorevolmente 
mediante provvedimenti discrezionali su posizioni giuridiche attive se 
non evidenziandone espressamente le ragioni giustificative (1). 
(1) Sul rapporto fra piano di lottizzazione e piano regolatore generale, 
nonch� sulla necessit� della motivazione di quest'ultimo in caso di 
modifiche del primo, e, in genere, -del provvedimento che incida negativamente 
su situazioni soggettive degli amministrati, si richiamano -oltre 
alla acuta e approfondita indagine contenuta nella motivazione della 
presente decisione -le seguenti decisioni: Sez. II, 11 novembre 1969 
n. 747 (in Il Consiglio di Stato 1973, I, 102); Sez. V 11 maggio 1973 
n. 488 (ivi, 1973, I, 488); Sez. VI, 19 ottobre 1973 n. 360 (ivi, 1973, I, 1397); 
Sez. V, 30 novembre 1973 n. 986 (ivi, 1973, I, 1723); Ad. Pl. l"l maggio 
1974 n. 5 (ivi, 1974, I, 697); Sez. VI, 19 aprile 1974 n. 145 (ivi 1974, I, 
-020); Sez. V, 28 febbraio 1975 n. 293 (ivi, 1975, I, 157); 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 695 -Pres. Uccellatore 
-Est. Rizzo -Soc. Oleificio Riforma fondiaria (avv. SpineJli) 

c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Freni) e Impresa Mitaridonna 
(avv. Carbone). 
-Contratti della p.a. -Revisione prezzi -Prezzi correnti alla data di aggiudicazione 
e alla data delle intervenute variazioni -Minimi di paga 
sopravvenuti -Applicazione -Legittimit� -Sussiste. 

Poich� il disposto di' cui all'art. 1 D.Lvo 6 dicembre 1941 n. 1501 
prevede -salvo patto contrario -la facolt� di procedere per lavori 
relativi ad opere pubbliche alla revisione dei prezzi, qualora sia riconosciuto 
da parte dell'Amministrazione -un aumento o una diminuzione 



1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del costo complessivo in misura superiore al 10 % a seguito di variazioni 
di prezzi che siano intervenute successivamente alla presentazione 
delle offerte, � legittimo l'operato del Ministero dei LL.PP. il quale 
-accogliendo il ricorso proposto dalla ditta appaltatrice -stabilisca 
la revisione dei prezzi sulla base di nuovi minimi di paga fissati da 
un contratto interconfederale entrato in vigore in epoca successiva alla 
data di presentazione dell'offerta (1). 

(1) In tema di revisione dei prezzi nei contratti di appalto di opere 
pubbliche cfr. Sez. IV, 12 luglio 1974 n. 548 (in questa Rassegna 1975, 
I, 179 con nota di commento); Sez. IV, 11 marzo 1975 n. 270 (in Il Consiglio 
di Stato 1975, I, 282). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 696 -Pres. Uccellatore 
-Est. Carbone -Soc. Immobiliare Servio Tullio (avv. 
Lavitola) c. Provveditorato regionale 00.PP, del Lazio ed a1tri 
(avv. Stato Ricci) e Comune di Roma (avv.ti Rago e Carnovale). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Edilizia scolastica -Procedimento di 
approvazione del vincolo � Relazione con diversa destinazione di piano 
particolareggiato � Possibilit� di modificazione � Legittimit� � Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Edilizia scolastica � Commissione Provinciale 
per l'edilizia scolastica � Giudizio di idoneit� sull'area da vincolare 
� Necessit� � Sussiste. 

Una precostituita destinazione di piano particolareggiato non pu� 
precludere la facoltd di apportare varianti al piano regolatore generale 
in sede di procedimento di approvazione di un vincolo per edilizia 
scolastica ex art. 14 l. 28 luglio 1967 n. 641; viene, infatti, in. 
tal caso a cad~re lo stesso presupposto del piano particolareggiato, 
mentre l'opera di edilizia scolastica che dovrd essere ubicata nell'area 
vincolata, possedendo i requisiti della pubblica utilitd e della urgenza, 
� altresi dotata di esecutivitd; ne consegue che il decreto del Provveditore 
alle 00.PP., che vincola a fini di edilizia scolastica un'area,. 
del tutto legittimamente modifiche1�d il p1�eesistente piano particola-
1�eggiato che in ipotesi destini ad altre finalitd l'area medesima (1). 

Ai sensi dell'art. 14 l. 28 luglio 1967 n. 641 la competente Commissione 
provinciale deve,solo rendere un giudizio di idoneitd sull'area 
da vincolare, e non � affatto obbligata ad effettuare scelte comparative 
e motivate fra una pluralitd di aree (2). 

(1-2) Sul provvedimento di approvazione e scelta dell'area da destinare 
a costruzione di un edificio scolastico cfr. Sez. IV, 17 dicemb:re 1974 

n. 1065 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1635); Sez. IV, 20 dicembre 1974 
n. 1301 (ivi, 1974, I, 1639). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1057 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1975, n. 699 -Pres. Uccellatore 
-Est. Schinaia -!d� (avv.ti Vitale G. e G.) c. Prefetto 
di Reggio Calabria ed altri (avv. Stato Cosentino). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Espropriazione per 
pubblica utilit� -Provvedimenti della Commissione provinciale per 
l'edilizia scolastica -Giudizio di idoneit� dell'area -Atto autonomamente 
impugnabile -Ricorso proposto in sede di impugnativa del 
decreto di occupazione e del decreto di imposizione del vincolo Irricevibilit� 
� Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Mancata 
notificazione ad un comproprietario del decreto di introduzione nel 
fondo -Redazione stato di consistenza -Intervento dell'interessato Sanatoria 
-Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Provvedimento 
emesso dopo la scadenza del termine per l'inizio delle espropriazioni 
ma prima della scadenza del termine per eseguire i lavori Legittimit� 
-Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza -Impugnativa 
del decreto prefettizio di occupazione -Area non di propriet� 
del ricorrente -Censure -Carenza di interesse -Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Edilizia scolastica -Mancato rispetto 
del termine di emanazione del decreto di vincolo dell'area -Natura Decadenza 
-Non sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Edilizia scolastica -Decreto di vincolo 
dell'area � Parere dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del Genio Civile � 
Necessit� � Non sussiste. 

Il provvedimento della Commissione per l'edilizia scolastica, con 
il quale viene espresso giudizio di idoneit� sull'area indicata dal Comune 
per la costruzione di una scuola, essendo equiparato alla dichiarazione 
di pubblica utilit� ex art. 2, ottavo comma l. 26 gennaio 
1962 n. 17, incide direttamente sul bene e pertanto � autonomamente 
impugnabile, con L'ulteriore conseguenza della irricevibilit� di un: 
ricorso avverso il medesimo proposto a termini scaduti, in sede di 
impugnativa dei decreti di occupazione di urgenza e di vincolo dell'area 
(1). 

Qualora uno dei comproprietari dell'area da occupare intervenga 
personalmente alle operazioni relative alla redazione dello stato di 
eonsistenza, si sana ogni vizio concernente la notificazione del decreto 

(1-6) cfr. prec. dee. Sez. IV, 11 luglio 1975 n. 696. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prefettizio che autorizza i funzionari ad introdursi nell'area al predetto 
scopo accertativo (2). 

Legittimamente viene emanato il provvedimento di occupazione di 
urgenza, preordinato alla futura esp1�opriazione, successivamente alla 
scadenza dei termini per l'inizio delle espropriazioni e dei lavori, ma 
anteriormente alla scadenza di quelli relativi al compimento dell'opera 
(3). 

Non � ammissibile, per carenza di interesse, la censura relativa 
ad una erronea indicazione di appartenenza al ricorrente di un'area 
oggetto di un provvedimento di occupazione di urgenza, che sia invece 
di propriet� di un altro soggetto, qualora il ricorrente non abbia subito 
'!-lcuno specifico pregiudizio da detta erronea indicazione (4). 

Ai sensi dell'art. 2, quarto comma, l. 26 gennaio 1962 n. 17 il 
Provveditore alle Opere Pubbliche ha il termine di quindici giorni 
per l'emanazione del decreto di vincolo dell'area destinata a fini di 
edilizia scolastica; in mancanza di una esplicita previsione di decadenza, 
il termine in parola deve essere considerato semplicemente ordinatorio 
ad ogni effetto (5). 

Legittimamente il Provveditore alle 00.PP. pronuncia il vincolo 
di un'area da destinare alla costruzione di un edificio scolastico senza 
acquisire preventivamente il parere dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del 
Genio Civile; infatti, per effetto dell'art. 2 l. 26 gennaio 1962 n. 17,. 
che ha tacitamente abrogato l'art. 8 l. 9 agosto 1954 n. 615, il giudizio 
di idoneit� dell'area prescelta per fini di edilizia scolastica � di 
spettanza della Commissione Provinciale competente, di cui fa parte 
in qualit� di Presidente il predetto Organo del Genio Civile (6). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 S.ettembre 1975, n. 776 -p.re�s. 
Uccellatore -Est. Pezzana -Perrotti ed altro (avv.ti C. e N. 
Sciacca) c. Min~stero Tesoro e I.N.A.iLL. (avv.ti FJ.amini e Schillaci). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patri� 
moniali -Cumulo di trattamento di attivit� con trattamento di pensione 
-Recupero somme corrisposte indebitamente -Giurisdizione 
del giudice di legittimit�. 

Pensioni -Pensionati riassunti -Comulo di trattamenti -Ex indennit� 
integrativa speciale I.N.A.I.L. -Cumulabilit� -Sospensione della corresponsione 
-Illegittimit�. 

Data la discrezionalit� -collegata ad esigenze di equit�, di buona 
amministrazione e di tutela della buona fede dei percipienti -dei 
provvedimenti con i quali la P.A. esercita la repetitio indebiti nei confronti 
dei propri dipendenti e pensionati per somme loro erroneamente 


PARTE I, SEZ. V, G,IURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1059 

corrisposte, annullandone implicitamente il pagamento e stabilendone 
le modalit�, rientra nella giurisdizione del giudice di legittimit� la 
controversia relativa al recupero collegato alla corresponsione di emolumenti 
con violazione del divieto di cumulo fra trattamento di servizio 
attivo e trattamento di pensione, nei riguardi di un pensionato 
riassunto (1). 

L'ex indennit� integrativa speciale, una volta corrisposta autonomamente 
dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.) 
ai propri dipendenti e poi conglobata nello stipendio, ha natura giuridica 
diversa dall'indennit� integrativa speciale spettante ai pensionati 
statali; pertanto, � illegittimo il provvedimento di sospensione della 
corresponsione della detta indennit� e di addebito delle somme corrisposte. 


(1) La stessa IV Sezione, di recente con ord.ze 3 giugno 1975 n. 568 
e 569 (v. Consiglio di Stato, 1975, I, 713), con riguardo a sentenza della 
Corte di cassazione che ha dichiarato sussistente la giurisdizione della 
Corte dei conti, ha deferito la questione all'Adunanza plenaria delle Sezioni 
giurisdizionali. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 778 -Pres. 
De Capua -Est. Rizzo -Romano (avv. Liguori) c. Ministero tesoro 
(avv. Stato dei Greco). 

Ricorso giurisdizionale -Tassa e bollo -Inosservanza delle norme sul 
bollo -Sanzione di improcedibilit� ex art. 28 D.P.R. n. 492 del 1953 Abrogazione 
ex D.P.R. n. 642 del 1972 -Adempimenti d'ufficio. 

Guerra -Danni di guerra -Contributo di ripristino -Detrazione -Somme 
corrisposte a titolo diverso dal risarcimento -Indennizzi di assicurazione 
-Vanno detratti. 

Ricorso giurisdizionale -Motivi -Specificazione -Necessit� -Criterio Fattispecie 
-Inammissibilit� per genericit�. 

L'improcedibilit� del rieorso per infrazione delle norme sul bollo, 
prevista dall'art. 28 D.P.R. 25 giugno 1953 n. 492, � venuta meno con 
l'e.?1-trata in vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642; pertanto, in caso 
di ricorso giurisdizionale redatto su foglio di carta semplice, il segretario 
della Sezione � tenuto ad inviare l'atto irregolare al competente 
Ufficio del registro, ai sensi dell'art. 19 .terzo ~omma D.P.R. n. 642 
del 1972 cit. 

Ai sensi dell'art. 11 l. 27 dicembre 1953 n. 968, dal rism�cimento 

dei danni di guerra corrisposto in forma di contributo per il ripristino 



1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del bene danneggiato di cui all'art. 23 l. cit. vanno detratte tutte le 
provvidenze per il recupero e il ripristino del bene, comunque corrisposte, 
e cio� anche a titolo diverso dal risarcimento del danno di guerra, 
nonch� gli indennizzi liquidati da societ� assicuratrici. 

La specificazione del motivo di censura basato su fatti e circostanze 
gi� noti all'atto della proposizione del ricorso gerarchico, ma non precisati 
nella generica formulazione del detto ricorso, � da considerare 
tardiva se effettuata solo in sede di ricorso giurisdizionale; pertanto, in 
tale ipotesi la doglianza conserva il suo camttere di genericit� e va 
disattesa per inammissibilit�. 

CONSIGLIO DI . STATO, Sez. IV, 26 settembre 1975, n. 838 -Pres. 
Uccellatore -Est. Giovannini -Banca d'Italia (avv.ti Sangiorgio. 
e Guarino) c. Fidotti ed altri (avv.ti Galateria e Ciufolini) e Ministero 
tesoro (avv. Stato Azzariti). 

Competenza e giurisdizione -Credito e risparmio -Esercizio del credito Revoca 
-Impugnativa -Competenza del T.A.R. Lazio. 

Il provvedimento di revoca dell.'autorizzazione all'esercizio del credito 
non ha efficacia territorialmente limitata alla sola circoscrizione 
giudiziaria in cui ha sede principale l'Impresa bancaria; pertanto, la 
relativa controversia rientra in primo grado nella competenza del Tribunale 
regionale del Lazio, ai sensi dell'art. 3 secondo e terzo comma 

L. 6 dicembre 1971 n. 1034. 
(Omissis). -Il ricorso per regolamento di competenza � fondato. 
Come � noto, ai sensi dell'art. 3 secondo e terzo comma della L. 6 dicembre 
1971 n. 1034 la competenza a conoscere delle impugnazioni 
giurisdizionali avverso atti degli organi centrali dello Stato spetta in 
primo grado al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, all'infuori 
delle ipoitesi in cui tali atti abbiano efficacia limitata terriJtorialmente 
alla circoscrizione di un diverso Tribunale amministrativo (ovvero 
riguardano pubblici dipendenti in servizio presso uffici ivi aventi 
sede), nel qual caso la competenza in questione spetta a quest'ultimo. 

Nella specie ritiene il Collegio che all'impugnato provvedimento 
di revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credi,to non possa riconoscersi 
efficacia territorialmente limiitata alla sola circoscrizione giudiziaria 
ove ha sede principale l'impresa bancaria. 

All'uopo � in via preliminare da rilevare che, contrariamente a 
quanto sostenuto dalla difesa degli attuali resistenti, l'individuazione 
dell'ambito di efficacia territoriale del suddetto provvedimento di re



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1061 

voca dev�e necessariamente venir effettuato in relazione all'ambito di 
efficacia territoriale del provvedimento positivo di auitorizzazione: essendo 
infatti iii. piI'limo pTeordinato al �riibiro �itntegir:ale del secondo, 
i suoi effetti non possono non avere una identica estensione spaziale 
(giacch� altrimenti la revoca finirebbe col non soddisfare, quanto meno 
in parte, la sua naturale funzione caducatoria). 

Ora � noto che, come la dottrina ha da rtempo posto in luce, l'efficacia 
sostanziale delle autorizzazioni amministrative sta nella rimozione 
dell'impedimento stabilito dall'ordinamento all'esercizio di un diritto 
o, pi� in generale, di una determinata posizione giuridica soggetti:Va; 
l'autorizzazione, cio� a dire, costituisce tiJtolo di legittimazione alla 
esplicazione di un'attivit� che �, in sua mancanza, vietata dalla legge. 

L'efficacia territoriale di tal genere di provvedimenti non pu� pertanto 
che essere individuata in relazione all'ambito spaziale entro cui 
detti effetti sosrtanziali sono destinati ad operare. Al riguardo � invero 
da rilevare che in talune ipotesi l'autorizzazione vale a legittimare una 
attivit� esperibile esclusivamente, o per sua natura o per volont� dell'ordinamento, 
in una delimitata sfera territoriale (la quale pu� a sua 
volta essere intraregionale o ultraregionale: ci� avviene ad esempio, 
riguardo agli atti di competenza degli organi centrali dello Stato, per 
le autorizzazioni a demolire, modificare o restaurare cose di interesse 
artistico o storico ai sensi dell'art. 11 della L. 1� settembre 1939 n. 1089; 
per le autorizzazioni ad apportare modificazioni in aree soggette a servi1t� 
miutare, ai sensi dell'art. 19, quarto comma ultima parte del R.D. 
4 maggio 1936 n. 1388; per le autorizzazioni alla installazione ed esercizi 
di impianti di diffusione sonora e televisiva via cavo, ai sensi 
degli arrtt. 25 e 26 della legge 14 aprile 1975 n. 103, etc.); in altre 
ipotesi, viceversa, l'autorizzazione vale a legittimare una arttivit� spazialmente 
indefinita. 

Ritiene il Collegio che per l'appunto entro tale seconda categoria 
debba venir ricompreso il provvedimenrto di autorizzazione all'inizio 
delle operazioni di credito. 

Invero, nel sistema stabilito dall'art. 28 della L. 7 marzo 1938 

n. 141, � in materia prevista una prima autorizzazione vo1ta a consentire 
la costituzione dell'azienda di credito, a seguito della quale l'Autorit� 
giudiziaria pu� procederne alla iscrizione nel registro delle imprese 
ai sensi dell'art. 2330 Cod. dv. (attualmente nel registro tenuto presso 
la cancelleria del tribunale competente, in forza dell'art. 100 delle 
disposizioni di attuazione e transitorie del codice civile). 
A questo punto l'Impresa bancaria, in una con l'acquisto della 
personalit� di diritto, diviene titolare di una capacit� giuridica che 
la rende, al pari di quel che accade per ogni altro Ente morale, astrattamente 
idonea all'imputazione di atti e di rapporti giuridici svolgentisi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in una qualsiasi parte del territorio nazionale e degli stessi territori 
esteri, idoneiit� che peraltro � ad essa in concreto inibito di attuare 
fino alla emanazione dell'autorizzazione all'inizio delle operazioni. 

Quest'ultima autorizzazione, pertanto, compor.tando dal punto di 
vista sostanziale la rimozione dell'impedimento disposto dallo stesso 
citato art. 28 all'esercizio della suddetta generale capacit� giuridica, 
costiituisce titolo di legiittimazione all'esperimento di attivit� non territorialmente 
localizzata di talch� non pu� non ricomprendersi nell'ambito 
dei delineati provvedimenti ad efficacia spazialmente indefinita. 

N� detto rilievo � in contrasto con la disposizione contenuta nel 
medesimo art. 28 secondo cui sono necessarie ulteriori autorizzazioni 
per l'istituzione di sedi, filiali, succursali, agenzie, dipendente e recapi.
ti: ci� in quanto tali pro'V'Vedimenti sono richiesti per la creazione 
di particolari organizzazioni stabili periferiche, ma non impingono sul 
semplice ordinario svolgimento delle funzioni istituzionali dell'Impresa 
bancaria, anche al di fuori della circoscrizione ove � sita la sua sede 
principale. 

Di conseguenza, poich� come si � innanzi detto al provvedimento 

di revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito deve riconoscersi 

efficacia terri,toriale identica a quella afferente il provvedimento posi


tivo di autorizzazione, va ritenuta nella specie la fondatezza del ricorso 

per regolamento in esame eppertanto la competenza del Tribunale re


gionale amministrativo del Lazio a conoscere dell'impugnato decreto 

ministeriale 27 settembre 1974, giusta il disposto dell'ari. 3 terzo com


ma, della L. 6 dicembre 1971 a. 1034. 

Alla stessa conclusione pu� d'altra parte pervenirsi anche sotto 

un secondo profilo specifico al caso in questione. Risulta invero che 

la Banca Privata Italiana ha una filiale in Roma. 

Ora, nori c'� dubbio che la revoca dell'autorizzazione all'esercizio 

del credito concretizzi i suoi effetti oltrech� in Milano, ove l'Impresa 

ha }a sua sede, anche direttamente nella stessa Roma, comportando la 

immediata perdita della potest� di svolgimento delle operazioni da 

parte della suddetta filiale ivi esistente. 

Non ritiene al riguardo il Collegio di poter condividere il con


trario assunto prospettato dalla difesa dei resistenti, secondo cui tale 

fenomeno costituirebbe mero effetto riflesso del provvedimento impu


gnato eppertanto sarebbe irrilevante ai fini della individuazione del 

foro amministrativo competente. 

� noto infatti che, come pi� volte la giurisprudenza ha avuto modo 

di rilevare, le filiali sono organi degli enti bancari cui appartengono 

(cfr. Cass. 20 ottobre 1956 n. 3717); in quanto tali sono pertanto esse 

stesse titolari della potest� di agire per conto dell'Ente, di italch� un 

provvedimento, quale quello nella specie impugnato, che �espropri� 

. 


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

quella potest� non pu� che incidere non gi� di riflesso bensi in via 
diretta su di esse. 

Deve aggiungersi che di analoga efficacia territoriale ultraregionale 
va altres� definita la parte del decreto ministeriale impugnato 
con la quale � stata disposta la messa in liquidazione coatta ammini.strativa 
della Banca Privata, giacch� le relative operazioni dovranno 
essere compiute oltrech� presso la sede centrale in Milano anche presso, 

o quanto meno con riferimento, alla filiale di Roma. 
Nessuna influenza in ordine alla determinazione del Tribunale amministrativo 
competente � da ultimo ravvisabile nella parte dell'originario 
gravame con cui � stato impugnato il provvedimento del Governatore 
della Banca d'Italia di nomina del commissario liquidatore e 
del comi.taito di sorveglianza della Banca Privata Italiana. A parte ogni 
altra considerazione, trattandosi infatti di atto esecutivo del decreto 
ministeriale ed essendo pertanto il relativo giudizio legato da un vincolo 
di accessoriet� rispetto al giudizio avente ad oggetto quest'ultimo, 
deve ri<tenersi valere per esso la competenza del giudice della causa 
principale giusta i noti principi in tema di connessione processuale 

(arg. 
ex al.1t. 31 Cod. proc. civ.). 
Il ricorso della Banca d'Italia va pertanto accolto. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27. giugno 1975, n. 924 -Pres. (ff.) 
Pranzetti -Est. Giacchetti -Comune di Pisa (avv.ti Piccioli e 
Clarizia) c. Lazzeri e altra (avv. Colzi) -(Giudizio di appello, 

T.A.R. Toscana 27 agosto 1974 n. 66: annulla senza rinvio). 
Cosa giudicata -Effetti -Possibilit�, in relazione a norme sopravvenute, 
di adozione di un provvedimento analogo a quello . annullato -Sussiste. 


Atto amministrativo -Obbligo di motivazione -Natura -Limiti. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Attivit� vincolata -Limiti -Effetti. 

Cosa giudicata -Esecuzione -Diniego di licenza edilizia -Annullamento 
e successiva sopravvenienza di piano regolatore -Nuovo diniego Legittimit� 
-Sussiste. 

Non viola il giudicato l'Amministrazione che adotti un provvedimento 
analogo a quello annullato in sede giurisdizionale, ma giustificato 
da norme sopravvenute in data anteriore a quella della notificazione 
della decisione del giudice, e ci� in relazione al noto principio secondo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cui il giudicato amministrativo si forma sull'atto impugnato e sulla 
base della situazione di fatto e di diritto che ha costituito le premesse 
del provvedimento; ferma restando, quindi, la possibilit� per gli interessati 
di sottoporre ad ulteriore controllo giurisdizionale l'operato del-
Z'Amministrazione per accertarne la legittimit�, la sopravvivenza di 
nuove norme elimina ogni vincolo all'azione amministrativa e rende 
improponibile ogni questione connessa alla esecuzione del giudicato (1). 

Solo in presenza del presupposto relativo alla discrezionalit� della 
scelta demandata all'Autorit� decidente sorge il dovere di motivare il 
provvedimento; non sussiste tale obbligo, invece, in tema di esercizio 
di attivit� vincolata, nella quale non si pone un problema di comparazione 
fra interesse primario del quale l'Amministrazione � istituzionalmente 
attributaria, e gli interessi secondari della concreta fattispecie 
in considerazi�ne (2). 

Il rilascio di una licenza edilizia rientra nella attivit� strettamente 
vincolata all'osservanza di tutte le norme legislative, regolamentari e di 
piano regolatore, che regolano l'attivit� edilizia; il Sindaco in subiecta 
materia non ha alcun potere discrezionale e la normativa di cui all'art. 
31 l. 17 agosto 194:2 n. 1150 e successive modificazioni ammette la deroga 
alle norme di piano regolatore solo al fine di realizzare edifici e 
impianti pubblici; anche l'art. 4:1 quater della citata l. 1150, nel sancire 
la decadenza delle licenze gi� concesse, che contrastino con le nuove 
p1�evisioni urbanistiche,, costituisce una ulteriore conferma della natura 
vincolata del provvedimento in parola (3). 

Il nuovo diniego di una licenza di costruzione, pronunciato dalla 
Amministrazione successivamente all'annullamento in sede giurisdizionale 
di un precedente diniego, pu� essere legittimamente e sufficientemente 
giustificato con il richiamo ad una normativa di piano regolatore 
medio tempore intervenuta, che vieti la concessione della licenza stessa; 
n� sussiste alcun obbligo di esternazione di motivi qualora il. diniego 
della licenza rappresenti l'unica determinazione che poteva essere adottata 
dal Comune in base alla predetta sopravvenuta normativa di piano 
regolatore (4). 

(1-4) Sulla motivazione del provvedimento amministrativo cfr. Sez. VI, 
23 novemba:"e 1971 n. 937 (in Il Consiglio di Stato 1971, I, 2295); Sez. VI, 
24 maggio 1974 n. 200 (ivi, 1974, I, 820); Csi. 10 maggio 1974 n. 140 (ivi, 
1974, I, 823); Sez. VI, 18 ottobre 1974 n. 290 (ivi 1974, I, 1285); Sez. VI, 
24 gennaio 1975 n. 14 (ivi, 1975, I, 44); Sez. IV, 25 febbraio 1975 n. 214 
(ivi, 1975, I, 116). 

Sul riesame della domanda a seguito di annullamento in sede giurisdizionale 
cfr. in termini Sez. V, 25 ottobre 1974 n. 430 (ivi, 1974, I, 1233). 


PARTE. I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1065 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 4 luglio 1975, n. 937 -Pres. Breglia Est. 
Prane:etti -Maino e altri (a'VV. Delli Santi) c. Provveditorato 
regionale 00.PP. per la Lombardia (n.c.) e Comune di Olgiate 
Comasco (avv. Bonaventura). 

Edilizia -Contenuto dei programmi di fabbricazione -Possibilit� di imposizione 
di vincoli di inedificabilit� o comunque a contenuto sostanzialmente 
espropriativo -Non sussiste. 

Emerge dalla legge urbanistica fondamentale 17 agosto 1942 n. 1150 
(cos� come modificata dalla l. 6 agosto 1967 n. 765) il principio secondo 
il quale � preclusa la possibilit� di imposizione di vincoli di inedificabilit� 
o comunque a contenuto sostanzialmente espropriativo a mezzo 
dei programmi di fabbricazione in quanto strumenti urbanistici minori, 
fatti salvi peraltro i settori previsti da leggi speciali per l'edilizia economica 
e popolare, le opere di edilizia ospedaliera, universitaria ecc.; 
n� potrebbe sostenersi che siffatta limitazione di contenuto del programma 
di fabbricazione ne frusterebbe le finalit� di strumento urbanistico, 
ove si consideri che esso si riferisce� a piccoli centri per i quali 
normalmente non esiste il problema della reperibilit� delle aree da 
destinare ad opere pubbliche, essendo indifferente la localizzazione di 
queste ultime in relazione all'ampiezza dell'abitato (1). 

(1) cfr. nota a precedente dee. Sez. IV, 24 giugno 1975 n. 611. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 11 luglio 1975. n. 1024 -Pres. Di 
Pace -Est. Riccio -Comune di S. Felice Circeo (avv. Cervati) c. 
Bertozzi (avrv. Carbone) -(Appello T.A.R. Lazio III Sez. 17 giugno 
1974 n. 4: conferma). 

Edilizia -Contenuto del programma di fabbricazione -Figure tipiche e 
atipiche del programma -Differenze in rapporto alla possibilit� di 
imporre vincoli. 

Edilizia -Figura tipica del programma di fabbricazione � Relazione con 
la L. 30 novembre 1973 n. 756 � Possibilit� di imporre vincoli a propriet� 
private -Non sussiste. 

Leggi e decreti e regolamenti -Criterio di interpretazione � Legge inno� 
vativa -Limiti in relazione alla legittimit� della norma � Conseguenze 
in ordine alla interpretazione della L. 756/1973. 



1066 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Edilizia � Contenuto del programma di fabbricazione . Figura tipica . 

Individuazione degli standars di cui all'art. 41 quinquies della L. 17 ago� 

sto 1942 n. 1150. 

L'art. 34 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 regola la figura tipica 
del programma di fabbricazione che va tenuta distinta dalle figure atipiche 
disciplinate da successive leggi speciali le quali, in quanto emanate 
per soddisfare esigenze particolari, prevedono procedure speciali 
di esproprio e si servono per la realizzazione delle finalit� alle medesime 
connesse anche dei programmi di fabbricazione (ad es. i. 167I1962 
per l'edilizia economica e popolare; l. 291 /1971 per l'edilizia ospedaliera 
ed universitaria; l. 865/1971 per le aree da destinare a insediamenti 
produttivi; l. 641 /1967 per l'edilizia scolastica); rispetto alle normative 
speciali, la figura tipica del programma di fabbricazione si caratterizza 
proprio dalla impossibilit� di imporre vincoli alla propriet� 
privata, essendo il suo scopo limitato alla determinazione delle linee 
direttrici dello sviluppo edilizio di un Comune, con indicazione dei 
limiti di ciascuna zona, i tipi di edilizia da praticarsi e le eventuali 
direttrici di espansione (1). 

La legge 756/1973 non ha innovato la struttura tipica del programma 
di fabbricazione, ma si � solo limitata alla proroga di altri 
due anni della efficacia della l. 19 novembre 1968 n. 1187, che prevedeva 
un limite temporale (5 anni) dei vincoli imposti col piano 
regolatore e che era stata a sua volta emanata per sopperire ad un 
rilievo di incostituzionalit� formulato dalla Corte Costituzionale con 
riferimento ai piani regolatori, i quali, con la imposizione del divieto 
di edificazione senza limiti di tempo, avrebbero comportato un esproprio 
senza indennizzo (2). 

Una legge con finalit� limitate, nella quale si pretenda di individuare 
innovazioni che incidono profondamente sulle strutture di istituti 
preesistenti, va interpretata con estrema prudenza, in conformit� 
anzitutto �col sistema preesiste.nte e poi col contenuto del dettato normativo 
per accertare se �effettivamente quest'ultimo possa avere una 
logica spiegazione solo riconoscendo l'innovazione, conclusione che va 
esclusa� qualora la nuova norma si inserisca perfettamente e legittimamente 
nel sistema preesistente senza modificarlo: e poich� la l. 
75611973 effettivamente pu� inserirsi nel sistema preesistente senza 
modifiche, appare evidente che �laddove essa contempla vincoli nascenti 
da programmi di fabbricazione, essa si riferisce solo ai vincoli posti 
da quei programmi (atipici) che in via eccezionale possono contenerli, 

(1-3) La decisione conferma la sentenza del T.A.R. del Lazio III Sez., 
17 giugno 1974 n. 4 (in Il Consiglio di Stato 1974, parte speciale, 169). 
Per riferimenti cfr. prec. dee. Sez. IV n. 611/1975 e giurisprudenva ivi 
richiamata. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1067 

circostanza che non legittima affatto la ulteriore deduzione che i programmi 
di fabbricazione, nel loro contenuto normale, possano contenere 
vincoli alle propriet� private (3). 

L'art. 41 quinquies della l. 17 agosto 1942 n. 1150 dispone che 
in tutti i Comuni, in relazione alla formazione dei nuovi strumenti 
urbanistici e alla revisione dei preesistenti, vengano rispettati alcuni 
limiti inderogabili (che riguardano densit�, altezza e distanza) e alcuni 
rapporti massimi (tra spazi destinati ad insediamenti e spazi pubblici, 
tra cui i parcheggi). Siffatti limiti e rapporti rappresentano i cosiddetti 
standars, fissati con decreto ministeriale, che sono sostanzialmente 
criteri di massima cui debbono ispirarsi i vari strumenti urbanistici, 
cosicch� mentre il piano regolatore pu� tradurre gli standars nella 
esatta individ.azione delle aree da destinare ai vari scopi, siffatta 
possibilit� � preclusa al. programma di fabbricazione che deve contenere 
solo direttive di massima ex art. 34 l. 115011942, e che pertanto 
tradurr� gli standars solo nella prefissione di criteri che si ispirino 
ai rapporti e ai limiti sopra ricordati, senza peraltro poter giungere 
alla concreta individuazione delle aree (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1027 -Pres. Di 
Pace -Est. Riccio -Losa (avv.iti Bussa e Vecchione) c. Ospedale 
provinciale �Amedeo di Savoia� di Torino (avv.ti Casavecchia 
e Menghini) -(Appello, T.A.R. Piemonte 19 giugno 1974 n. 30: 
conferma). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Proponibilit� -Limiti 
in materia di pretese patrimoniali di pubblici dipendenti -Pretese 
derivanti direttamente dalla legge -Impugnativa di provvedimento 
formale -Necessit� -Non sussiste. 

In tema di pretese patrimoniali di pubblici dipendenti, quando 
trattasi di pretese direttamente derivanti dalla legge, il ricorso giurisdizionale 
� immediatamente proponibile senza impugnativa di un 
provvedimento formale della p.a.; ove invece si verta in ipotesi di 
vantaggi patrimoniali conseguenziali a modifiche della posizione del 
soggetto rispetto alla p.a., modifiche collegate necessariamente all'intervento 
di un provvedimento amministrativo con il quale si operi 
la modifica o si rifiuti la medesima, avverso quest'ultimo provvedimento 
il ricorso dovr� essere necessariamente diretto (1). 

(1) cfr. in termini Sez. IV, 30 giugno 1970 n. 488 (in Il Consiglio di 
Stato 1970, I, 935); Sez. IV, 2 luglio 1971 n. 646 (ivi, 1971, I, 1314); Csi. 
17 febbraio 1972 n. 266 (ivi, 1972, I, 254); Sez. IV, 19 febbraio 1974 n. 188 
(ivi, 1974, I, 212); T.A.R. Piemonte 19 giugno 1974 n. 30 (ivi, 1974, parte 
speciale, 62). 

1068 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 30 settembre 1975, n. 1233 -Pres. 
(ff.) Pranzetti -Est. Cartalozzi -Prestia ed a1tl'i (avv. Mazzei) c. 
Demaio (avv. Lucifredi) e Miceli ed altri (n.c.) -(Appello, T.A.R. 
Calabria 23 gennaio 1975, n. 2, in Rass. T.A.R. 1975, I, 402: annulla 
con rinvio). 

Competenza e giurisdizione -Principi generali -Regolamento di giurisdi


zione -Giudizio dinanzi al T .A.R. -Sospensione del procedimento � 

Obbligo � Sussiste -Automaticit� -Esclusione -Poteri di indagine del 

T.A.R. -Esclusione. 
La proposizione della domanda per regolamento preventivo di giurisdizione 
-espressamente consentita dall'art. 30 terzo comma l. 6 dicembre 
1971 n. 1034 nelle more dei giudizi pendenti davanti ai Tribunali 
amministrativi regionali -importa ipso iure ed indeffettibilmente 
la temporanea sottrazione della potestas iudicandi al giudice adito, 
fino al momento della pronuncia delle Sezioni unite della Corte regolatrice, 
con la conseguenza che il processo di merito instaurato deve 
essere necessariamente sospeso; tale sospensione non � automatica, in 
quanto diviene operante solo per mezzo di apposita pronuncia del giudice 
adito, il quale, peraltro, non pu� e non deve compiere alcuna 
indagine approfondita o sommaria, n� alcun correlativo apprezzamento 
su profili formali o sostanziali del processo, neppure incidenter tantum, 
cio� ai limitati effetti della sospensione (1). 

(Omissis). -Il primo motivo dell'appello � fondato. 

Alla stregua del costante indirizzo giurisprudenziale della Corte 

di cassazione, la proposizione della domanda per regolamento preven


tivo di giurisdizione -espressamente consentita dall'art. 30, terzo 

comma, della 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, nelle more dei giudizi pe1t1


denti dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali -compo:rita ipso 

iure e indefettibilmente la temporanea sottrazione al giudice adito 

della potestas iudicandi fino al momento della pronunzia delle Sezioni 

unite e, in conseguenza, la necessaria sospensione del processo di me


rito (v. Sez. un. 8 aprile 1963 n. 902; id. 17 febbraio 1965 n. 259; 

id. 20 dicembre 1972 n. 3632). 

L'anzidetta sospensione -che non preclude l'esercizio di poteri 

cautelari e, in particolare, l'emanazione di provvedimenti su eventuali 

(1) In senso conforme, sulla prima parte della massima, Cass. civ., 
SS.UU., 8 aprile 1963 n. 902, 17 febbraio 1965 n. 259 e 20 dicembre 1972 
n. 3632, in La Settimana giuridica 1963, II, 564; 1965, II, 148; 1973; II, 43. 
In senso contrario, sulla seconda parte della massima, oltre alla sentenza 
del T.A.R. Calabria annullata con la presente decisione, Cass. civ. I Sez. 
20 giugno 1973 n. 1822, ivi 1973, II, 825. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1069 

istanze di sospensione dell'efficacia degli aitti impugnati -pur essendo 
obbligatoria, non ha tuttavia il carattere dell'automaticit�, poich� diviene 
concretamente operante so1tanto per mezzo di un'apposita statuizione 
del giudice a quo. 

Questo, peraltro, secondo il tenore letterale delle norme ora citate, 
la loro interpretazione logica e la finalit� dell'istituto in esame, che 
� quella di ottenere -al di fuori del sistema delle impugnazioni una 
sollecita pronunzia defini�tiva della Corte di Cassazione sul problema 
preliininare della giurisdizione per ridurre i tempi di svolgimento 
dei giudizi ed evitare qualsiasi spreco di attivit� processuale, 
non pu� compiere alcuna indagine approfondi�ta o sommaria, n� alcun 
correlativo apprezzamento su profili formali,. attinenti all'ammissibilit� 
e alla procedibilit� del proposto regolamento, oppure se !)rofili sostanziali, 
riguardanti la fondatezza del medesimo, nemmeno incidenter 
tantum cio� ai limitati effetti del disporre la sospensione. 

Il contrario avviso espresso in proposito dalla Corte regolatrice, 
con l'isolata sentenza della I Sezione 20 giugno 1973 n. 1822, in relazione 
alla ritualit� quanto al contenuto (domanda fondata su una 
norma dichiarata incostituzionale) del ricorso per regolamento di giurisdizione, 
non sembra al Collegio meritevole di adesione. Tale pronunzia, 
infatti, tralascia del tutto di considerare che il menzionato 
art. 367, primo comma, del Cod. proc. civ. subordina l'adozione dell'ordinanza 
non impugnabile di sospensione, testualmente, al mero accertament�, 
senza valutazioni di so11ta, del fatto giuridico costituito 
dal deposito nella cancelleria del giudice del merito di una copia del 
ricorso per cassazione, contenente la istanza di regolamento in parola, 
gi� notificato alle altre parti, e, implicitamente, anche la veTifica che 
la domanda stessa non si pr�esenti prima facie, ossia in maniera macroscopicamente 
chiara, sfornita di qualsiasi inerenza -sia pure formale 
o liinitata ad alcuni punti -all'oggetto del giudizio in corso. 

Giova osservare, inoltre, a confutazione della tesi accolta con la 
medesima sentenza, che, in base ad un principio generale della procedura 
civile, cui occorre richiamarsi nella presente controversia, mancando 
una diversa norma, la sottoposizione di una questione pregiudiziale 
-come quella della giurisdizione -insorta in un deterininato 
processo, alla cognizione in via principale di un diverso giudice, a 
decidere con efficacia di giudicato, esclude la possibilit� di una cognizione 
in via incidentale della questione stessa da parte del giudice 
originariamente adito. 

Infine, la possibilit� -sottolineata con particolare rilievo dall'appellato 
-della perpetrazione di abusi mediante lo strumento del 
regolamento preventivo di giurisdizione, suscettibile di essere impiegato, 
in contrasto con la sua specifica funzione, come espediente dila



1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

torio per allungare i tempi di durata dei processi costituisce un'evenienza 
che, riferendosi ad un aspetto patologico dell'Istituto, esige una 
attenta e meditata considerazione del legislatore al fine di apprestare, 
in quella sede, i rimedi ritenuti pi� congrui, ma che non consente in 
alcun modo agli organi giurisdizionali di disapplicare le norme attualmente 
in. vigore o di interpretarle in violazione di elementari canoni 
di ermeneutica. 

Nella specie, risulta dagli atti di causa che l'istanza per regolamento 
preventivo di giurisdizione del sig. Francesco Prestia, diretta 
alle Sezioni unite dalla Corte di cassazione e notificata per mezzo del 
servizio postale ai. sigg. Domenica Natale Demaio, Antonio Miceli e 
Domenico Antonio Marando il 15 gennaio 1975, � stata depositata in 
copia conforme all'originale -il 17 successivo nella segreteria del 
Tribunale amministratiVo regionale della Calabria, dinanzi al quale 
pendeva il ricorso proposto dai tre destinatari della suddetta notificazione 
per l'annullamento delle elezioni comunali di Plait�, svo1tesi il 
26-27 novembre 1972. 

Esisteva, quindi, in maniera completa il presupposto del provvedimenrto 
soprassessorio di cui all'avt. 367, primo comma, del Cod. proc. 

civ. ove si consideri, da un lato, che non occorreva, ai fini dell'emissione 
di tale atto, il deposito nell'indicata segreteria degli avvisi di 
ricevimento (cartoline verdi) relativi all'eseguita notifica, i quali, invece, 
andavano depositati nella Cancelleria della Corte di cassazione 
ai fini della procedibiliit� dell'istanza di regolamento (artt. 369 del 
Cod. proc. civ.; 107 del D.P.R. 15 dicembre 1959 n. 1229; 4, 6, del 
R.D. 21 ottobre 1923 n. 2393); dall'altro, che quest'ultima, tendendo 
alla declaratoria della giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria 
nella controversia elettorale sottoposta al Giudice amministrativo investiva 
lo stesso oggetto della causa di merirto. 
In ta.le situazione il Tribunale adito avrebbe dovuto sospendere 
immediatamenrte il processo in corso, anzich� decidere la controversia 
(dopo la pubblica udienza di discussione del 22 gennaio 1975), sulla 
base di un'inammissibile delibazione -conclusasi negativamente della 
regolarit� formale del proposto regolamento (procura; deposito 
per soccombenza) e di un erroneo rilievo circa la mancanza nell'atto 
di esercizio di detto rimedio di � ogni specifica relazione col rtema 
oggetto del ricorso introduttivo del giudizio di merito�. 

L'inosservanza dell'obbligo ora precisato ha influito sulla validit� 

della impugnata pronunzia 22. gennaio 1975 n. 2, rendendola nulla per 

difetto di un requisito esenziale, ossia per carenza nel giudice che 

l'ha emessa del potere decisorio. 

Alla luce di quanto precede, il ricorso va accolto .e occorre, quindi, 
annullare, ai sensi dell'art. 35, primo comma, della L. 6 dicembre 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1071 

1971 .n. 1034, la sentenza in argomento con rinvio degli atti al Tribunale 
amministrativo regionale della Calabria, dove il processo instaurato 
dai sigg. Demanio, Miceli e Marando il 27 dicembre 1972, rester� 
sospeso in attesa che la Corte di cassazione definisca il procedimento 
per regolamento di giurisdizione promosso dal Prestia. 

La fondatezza della censura fin qui considerata preclude -per 
il suo carattere assorbente -l'esame di ogni altra questione. 
Sussistono ragioni per compensare integralmente tra le parti le 
spese e g~i onorari di questo grado del giudizio. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 3 giugno 1975, n. 178 -Pres. Aru Est. 
Roselli -Bellusci c. I.N.A.M. -(Regolamento di competenza). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Rapporto tra 

lo strumento regolato dagli artt. 42 e 43 c.p.c. e il regolamento di cui 

all'art. 31 L. 1034/1971 -Diversit� -Sussiste. 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza nei giudizi innanzi 
al T.A.R. -Sospensione del processo. 

L'art. 31 l. 6 dicembre 1971 n. 1034 contempla uno strumento 
diverso da quello previsto dagli artt. 42 e 43 c.p.c. poich� il regolamento 
di competenza previsto dal codice di procedura civile presuppone 
l'esistenza di un provvedimento formale del giudice di merito, 
laddove nel giudizio amministrativo � sufficiente l'istanza del resistente 

o di un interveniente che sollevi l'eccezione alla quale le altre parti 
non aderiscano (1). 
Ai sensi dell'art. 31 l. 1034/1971, in caso di accordo di tutte le 
parti, il Presidente del Tribunale adito, su loro istanza, provvedere 
alla trasmissione d'ufficio degli atti del ricorso ad altro Tribunale regionale; 
qualora, invece non vi sia accordo, sospende ii processo relati-. 
vamente al quale sia stato proposto il regolamento di competenza, affinch� 
si provveda poi da parte della Segreteria del Tribunale alla 
trasmissione degli atti al Consiglio di Stato: cossicch� l'inoltro degli 
atti al Consiglio di Stato trova il suo presupposto nel provvedimento 
di sospensione del processo e ad esso fa necessariamente seguito (2). 

(1-2) Questa decisione � conforme a quella del 29 aprile 1975 n. 475 
(in H Consiglio di Stato 1975, I, 427), nella quale la Sez. IV ha precisato 
che, a norma dell'art. 31 L. 1034/1971, l'istanza di regolamento di competenza, 
bench� rivolta al Consiglio di Stato, va depositata presso la segreteria 
dei T.A.R. davanti al quale pende il giudizio, e ci� anche al fine di 
porre il Presidente nella condizione di conoscere l'atteggiamento delle 
altre parti e di provvedere -in caso di mancato accordo sulla eccezione alla 
sospensione del processo. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1815 -P'res. 
Boccia -Est. Miele -P. M. Gentile (conf.) -Cassa di Risparmio 
dell'Aquila (avv. Pan�bianco) c. Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Corsini). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Maggiorazione di aliquota 
per ritardata iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 184 bis e 245). 
La nozione di infedele denunzia, non definita nel t.u. sulle imposte 
dirette, implica da parte del denunciante un comportamento quanto 
meno colposo nella indicazione degli elementi di fatto, attivi e passivi, 
che compongono il reddito, non anche nella valutazione giuridica 
dei fatti stessi; di conseguenza, quando siano stati esattamente 
denunciati i fatti non si configura una responsabilit� per pagamento 
di maggio1�e aliquota ove la qualificazione giuridica di essi proposta 
dal contribuente sia rettificata dall'Ufficio, come nel caso di non detraiblit� 
di passivit�. Detto concetto di infedele dichiarazione vale 
anche agli effetti dell'applicazione della soprattassa dell'art. 245, con 
la differenza che per la soprattassa, in talune ipotesi, si richiede un 
minimo di differenza tra reddito dichiarato ed accertato (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente Cassa di Risparmio, 
denunziando violazione e falsa applicazione degli articoli 184 bis e 
245 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 245, afferma che erroneamente la 

(1) Conformi sono le sentenze in pari da nn. 1817, 1818, 1819, 1820. 
Questa pronunzia si discosta dalle precedenti (14 luglio 1972, n. 2392; 
21 febbraio 1974, n. 461; 14 ottobre 1974, n. 2829, in questa Rassegna, 
1972, I, 204, 1974, I, 975 e 1444) che avevano affermato una perfetta equiparazione 
tra gli artt. 184 bis e 245 sia in relazione al divario superiore 
al quarto tra imponibile dichiarato e accertato sia in relazione alla indeducibilit� 
di passivit�. 

Oggi si parte dall'affermazione, sulla quale non pu� pienamente 
consentirsi, che l'obbligo di pagamento della maggiorazione di aliquota 
presuppone quanto meno un comportamento colposo del contribuente e 
ci� si dice indipendentemente dalla qualificazione della maggiorazione(= interessi) come corrispettiva, compensativa, moratoria. Riallacciandosi 
al discorso pi� volte fatto sugli interessi nelle imposte indirette 

(v. C. Bafile, Ancora degli interessi sui tributi complementari, nota a Cass. 
29 gennaio 1973 n. 271 e 2 febbraio 1973 n. 318, in questa Rassegna, 1973, 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1073 

Commissione Centrale ha ri<tenuto inapplicabile l'art. 245 del T.U. 
ai fini della definizione di denunzia infedele, nel mentre la connessione 
logica e concettuale esistente fra le varie norme del T.U. imponeva 
che, ai fini della individuazione della denunzia infedele, si tenesse conto 
dei cdteri indicati in detto articolo e, secondo il quale, non si ha 
denunzia infedele quando il divario tra reddito dichiarato e reddtto 
accertato sia inferiore ad un quarto o quando, in ogni caso, il divario 
dipenda dalla ritenuta indetraibilit� di spese, passiviJt� ed oneri, indicati 
dal contribuente nel loro esatto ammontare ma non J;"itenuti spettare 
dalla Amministrazione finanziaria, ipotesi che si verificava nella 
fattispecie. 

La censura � fondata. 

L'art. 184 bis del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 stabilisce che, 
decorso un semestre dalla data di pubblicazione del ruolo, in cui vengono 
iscritte le imposte risultanti dalle dichiarazioni presentate, si 
applica, indipendentemente dalle sanzioni stabilite nel tttolo XI, a carico 
del contribuente, che abbia omesso la dichiarazione o l'abbia presentata 
incompleta o infedele, una maggiorazione del 2,50 per cento 
sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base a rettifica delle 
dichiarazioni stesse o ad accevtamento dell'ufficio. 

Tale articolo, nel mentre pone sullo stesso piano, ai fini della 
obbligazione di interessi a c�rico del contribuente, le� ipotesi di omissione, 
incompletezza ed infedelt� della denunzia, non precisa la. nozione 
di queste tra forme di denunzia non conforme a legge ed in particolare 
usa il generico aggetti'Vo �infedele�, senza alcun riferimento 
di ordine esegetico n� qui n� altrove che permetta la definizione, e 
ci� a differenza della nozione di � omissione � o di � incompletezza � che 
possono ricavarsi agevolmente da altre norme del t.u. Si pu� per� 

I, 405) si dovrebbe affermare che fondamento della maggiorazione di 
aliquota, come degli interessi, � soltainto la mora che non presuppone 
un comportamento colposo ed � esclusa solo dalla impossibilit� di esatto 
adempimento per causa non imputabile (art. 1218 e.e.); non potrebbe 
quindi porsi a fondamento della maggiorazione di aliquota il comportamento 
colposo che non si richiede per gli interessi sulle imposte indirette 

o si richiede talvolta, con una notevole imprecisione di termini, soltanto 
per gli interessi sull'imposta complementare. Peraltro, poich� incontestabilmente 
sia per gli interessi che per la maggiorazione di aliquota la 
norma ha inteso porre contribuente e Amministrazione finanziaria su 
un piano di parit�, si dovrebbe ammettere che un comportamento almeno 
colposo da parte dell'Amministrazione dovrebbe essere il presupposto 
della indennit� per ritardato sgravio, il che potrebbe portare a neutralizzare 
quasi completamente gli effetti dell'art. 199 bis del t.u. � del 1958. 
Il vero � che l'infedele dichiarazione, come l'iscrizione a ruolo provvisorio 
per un importo superiore a quello definitivamente accertato, 
provocano, a favore e a danno delle due parti, un profitto e correlativa




1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

osseryare che, in linea generale, essendosi equiparate negli effetti queste 
tre ipotesi si debba fondatamente rifonere che esse siano espressione 
di un comportamento simile o analogo dell'obbligato alla denunzia 
fiscale, nel senso che, dovendosi ritenere la omissione o la 
incompletezza della denunzia effetto, quanto meno, della colpa del 
dichiarante, altrettanto debba ritenersi anche per la ipotesi della 
infedelt�. In effetti lessicalmente �infedele� significa, fra l'altro, con 
riferimento all'ipotesi in esame �non conforme alla verit� dei fatti�, 
il che implica che il comportamento del denunziante sia stato almeno 
colposo. 

Va aggiunto che le ipotesi suddette sono da porre in relazione 
con gli obblighi che incombono sul denunziante, la cui violazione pu� 
quindi dar luogo alla inosservanza di legge considerata nell'art. 184 
bis. A tal proposito va osservato che il capo III del t.u. fa obbligo 
al cittadino di dichiarare periodicamente� nell'apposito modulo i redditi 

o i patrimoni soggetti ad imposta (art. 17). Tale dichiarazione deve 
essere unica per tutti i redditi o patrimoni del dichiarante e deve essere 
presentata, se si tratta di soggetto non tassabile in base a bilancio 
(art. 21), entro il 31 marzo. Questo termine � tassativo, onde, salvo 
che il ritardo non sia superiore ad un mese (art. 23) nel qual caso 
si fa luogo solo ad applicazione di sopra tassa (art. 243) la denunzia 
si considera omessa, legittimandosi cosi gli accertamenti d'imposta secondo 
gli artt . 80, 123, 142 del t.u. e l'applicazione della maggiorazione 
d'imposta prevista dall'art. 184 bis. Oltre che tempestiva, la 
denunzia deve essere � completa � cio� deve riguardare tutti indistintamente 
i redditi o i patrimoni del denunziante e di coloro per i quali 
vi � obbligo di denunzia da parte di italuno. Quanto alla ipotesi della 
mente un sacrificio anomali rispetto a quello che avrebbe dovuto essere 

il regolare adempimento della obbligazione; la funzione della maggiora


zione di aliquota e dell'indennit� per ritardato sgravio � quella di neu


tralizzare questa anomalia riportando, sia pure per equivalenza, alla nor


malit� l'equilibrio del rapporto. In tutto questo la colpa non entra 

affatto. 

Resta comunque da chiarire che, come si � numerose volte affermato 

per gli interessi, la colpa sarebbe pur sempre presunta nel fatto stesso 

dell'infedelt� s� che, se pu� eventualmente ammettersi la prova contra


ria da parte del contribuente, non si richiede certamente la prova della 

colpa con onere a carico dell'Amministrazione. 

Ma pur partendo da una premessa che non pu� accettarsi pacifica


mente, la pronunzia delle Sezioni Unite ha apportato al problema un 

importante chiarimento su due punti. Posto che il contribuente ha l'ob


bligo di presentare una denunzia veritiera sugli elementi di fatto, attivi 

e passivi, e non anche sulle valutazioni giuridiche che si propongono 

semplicemente ali'Amministrazione, si pu� escludere l'infedelt� di dichia


razione (per mancanza di colpa), quando il divario fra gli imponibili 



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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 10i5 

infedelt�, questa va esaminata con riferimento all'art. 24 .del t.u., il 
quale stabilisce che il denunziante deve esporre nella denunzia gli elementi 
attivi e passivi, necessari, secondo le norme concernenti le singole 
imposte, per la determinazione dei valori imponibili dei redditi e dei 
patrimoni posseduti dal soggetto nel periodo di imposta cui si riferisce 
la dichiarazione. Ci� significa che il denunzianrte � tenuto ad 
esporre degli elementi di fatto quali certamente si qualificano gli elementi 
attivi e passivi; non deve invece procedere anche ad una valutazioni 
giuridica di essi, valutazione che, essendo necessaria ai fini 
della determinazione della specie e dell'ammontare dell'imposta, � 
riservata all'Ufficio tributario (art. 31 del t.u.). Questo essendo il contenuto 
dell'obbligo del denunziante, egli non adempie al precetto di 
legge se indichi importi diversi dal vero dei redditi (elementi attivi) 

o degli elementi passivi, oppure, contrariamente al vero, attribuisca 
diversa provenienza o natura a tali elementi (indichi ad es. come reddito 
agrario un reddito professionale). Pu� rilevarsi che la indicazione 
degli elementi passivi non pu� avere altro scopo che quello di permetterne 
la eventuale deduzione dell'attivo e che, quindi, il denunziante 
il quale, dopo avere specificato l'elemento passivo, proceda alla sua 
contabilizzazione resta sempre nell'ambito degli obblighi dell'art. 24, 
cio� della esposizione degli elementi di fatto presupposti della imposta. 
Poich� il denunziante � tenuto solo ad esporre elementi di fatto 
senza che debba anche procedere alla loro valutazione giuridica, di 
questa non parlando l'a11t. 24, ne :viene che egli, se li abbia esattamente 
indicati, nel senso precisato, ha adempiuto ed esaurito il suo obbligo, 
e non ha rilevanza che la posta passiva, esattamente indicata, sia, in 
concreto, non detraibile, in quanto come si � gi� osservato, la deter


dipende dalla indetraibilit� di passivit�, solo nell'ipotesi di indetraibilit� 
in senso giuridico di spese, passivit� ed oneri; il dovere di fedelt� riguarda 
anche gli elementi di fatto attinenti alle passivit�, s� che la denuncia � 
pur sempre infedele quando siano dichiarate passivit� inesistenti o dilatate. 
Solo quando la denuncia sia del tutto veritiera quanto ai fatti e 
l'eliminazione delle partite passive dipenda soltanto dalla applicazione 
della legge pu� escludersi l'infedelt�. 

L'altro punto importante, se pur trattato di sfuggita, � che l'equipa


razione del concetto di infedele dichiarazione rispetto agii artt. 184 bis 

e 245 non � totale; solo per quest'ultima norma e solo in alcune ipotesi, 

per l'applicabilit� della soprattassa si richiede una differenza superiore 

al quarrto tra imponibHe dichiarato e accertato; ci� non vale per� per 

la maggiorazione di aliquota ed � questa una logica conseguenza della 

premessa assunta che l'infedelt� sia l'effetto di un comportamento omis


sivo o colposo nella dichiarazione dei fatti, giacch� la colpa non � influen


zata dalla entit� delle sue conseguenze. 

C. BAFILE 

1076 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

minazione dell'imponibile e dalla imposta dovuta � compito esclusivo 
dell'Ufficio finanziario, il quale (art. 31) provvede al controllo delle 
dichiarazioni presentate, procede agli eventuali accertamenti in rettifica 
degli imponibili dichiarati e all'accertamento di ufficio quelli 
omessi. L'Ufficio rtributario, in possesso dei dati esatti relaitivi agli elementi 
attivi e passivi dei redditi o dei patrimoni, pu� provvedere alla 
loro valutazione e alla eventuale rettifica, se ritenga che l'elemenito 
passivo non sia suscettibile di valutazione. Questa essendo la normativa 
del t.u. 1958, non potvebbero farsi ricadere sul contribuente le 
conseguenze di una diversa qualificazione giuridica dell'elemento attivo 

o passivo esposto dal denunziante esattamente nei suoi connotati di fatto. 
Se cosi non fosse, si farebbe carico al denunziante di avere indicato, 
come gliene fa obbligo la legge, un elemento passivo e di avere 
proceduto, come � logico, alla sua deduzione dall'attivo. Il denunziante 
ove si ritenesse sussistente tale indifferenziata responsabilit� nel dubbio 
circa la deducibilit� di un determinato elemento passivo, si troverebbe 
nella situazione o di non dichiarare tale elemento passivo (con 
la conseguenza di do�ver pagare l'imposta in misura superiore al dovuto, 
giacch� l'art. 174 del t.u. stabilisce che sono iscritte a ruolo a titolo 
definiti�vo: � gli imponibili dichiarati dal contribuente �) oppure, nel 
caso in cui l'abbia posto in deduzione, di dovere corrispondere gli 
intevessi stabiliti dall'art. 184 bis. 

Pu� concludersi che la ipotesi di denunzia infedele si verifica solo 
quando il denunziante abbia dichiarato elementi attivi o passivi non 
conformi alla realt�, o perch� di diverso ammontare o per diversit� 
di natura o di proventenza. Le ulteriori dichiarazioni del denunziante 
circa la spettanza della detrazione di elementi passivi, valgono solo 
come esposizione all'Ufficio finanziario di itale conseguenza e pertanto 
esse non sono dichiarazioni di volont� ma solo unicamente proposte 
sottoposte all'Ufficio finanziario che solo ha il potere di accertare il 
loro fondamento. 

Va osservato che la denunzia infedele d� luogo, oltre che all'applicazione 
degli interessi per la ritardata iscrizione, eventualmente anche 
alle sanzioni dell'art. 245 del rt.u. A tal proposito va rilevato che detto 
articolo non contiene neppur esso alcuna definizione della denunzia 
infedele, ma solo la ripetizione del termine �infedele� sia nella intitolazione 
dell'articolo sia nel corpo in esso, per cui vale anche per la 
sanzione la stessa definizione sopra esposta. Si pu� rilevare che nel 
primo comma si stabilisce che la sanzione della sopratassa non � applicata 
se il divario tra l'imposta dovuta e quella relativa all'imponi:bile 
dichiarato non superi il quarto mentre se la infedelt� (secondo comma) 
riguardi, comprensivamenrte, redditi o patrimoni all'estero, ogni divergenza, 
anche se non superi il quarto, d� luogo alla applicazione della 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sopratassa. � chiaro che da tali norme non pu� trarsi una nozione di 
infedelt� giacch� la norma presuppone la infedelt�, e solo in relazione 
alla ampiezza di essa fa derivare oppur no la sottoposizione del denunzian<
te alla sanzione. 

Di modo che sia nel caso dell'art. 184-bis che dell'art. 245 del T.U. 
la nozione di denunzia infedele ha uno s<tesso contenuto, salvo nel 
caso dell'art. 245, come si � rilevaito, il rilievo della ampiezza della 
infedelt�. 

Non potrebbe portare a diverse conclusioni la natura che si volesse 
attribuire agli interessi che si debbono corrispondere secondo l'articolo 
184-bis giacch�, siano essi interessi corrispettivi o compensa,t:iivi 
oppure moratori, ta1e obbligo deriva solo nel caso in cui la denunzia 
sia mancaillte, incompleta o infedele ipotesi che come si � visito richiedono 
per il loro verificarsi un comportamento quanto meno colposo 
del denunziante e non � sufficiente il semplice ritardo, nella iscrizione 
a ruolo. 

Quindi, nell'ambito della normativa del T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, 
non pu� dubitarsi che la denunzia � infedele solo nel caso in cui vi 
sia staita alterazione, contrariamente al v1ero, dei dati di fatto, da 
esporre nella denunzia, mentre una erronea valutazione giuridica di 
essi effettuata dal contribuente � irrilevante ai fini di far sorgere 
l'obbligo della corresponsione degli interessi di cui all'art. 184-bis del 

T.U. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 28 maggio 1975, n. 2173 -Pres. 
Giannattasio -Est. Payardi -P. M. Minetti (conf.) -Ministero 
delle Finarrae (avv. Stato Soprano) c. Ente Opere Laiche Lauretane 
(avv,. Galeazzi). 

Imposta sulle societ� -Opere Pie � Gestione di aziende con fini di lucro � 
Esenzione -Limiti. 

(1. 6 agosto 1954, n. 603, art. 1 e 3; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 151). 
L'esenzione daU'imposta sulle societd per le opere pie abbraccia 
anche le attivitd industriali e commerciali che, bench� simili a quelle 
esercitabili da ogni altro imprenditore concorrente, siano strumentali 
dell'ente cui fanno capo (applicazione all'ipotesi di gestione di farmacia 
e di acquedotto). Tuttavia quando la gestione commerciale o 
industriale, non prevista nello statuto, sia totalmente estranea ai fini 
istituzionali, se pure di fatto i proventi siano destinati alle opere 


1078 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'ente, non pu� pi� essere giustificato l'esonero (applicazione all'ipotesi 
di gestione di stabilimento idropinico) (1). 

(Omissis). -Con diligente, congrua e ortodossa valutazione dei 
testi fiscali, che non mette qui conto di ripetere analiticamente, i giudici 
di merito hanno nei due gradi uniformemente concluso che l'azienda 
della farmacia e l'azienda dell'acquedotto non rappresentano altro che 
mere attivit� strumentali dell'ente cui fanno capo, per corrispondere 
non so1tanto ai suoi bisogni economici essenziali, ma attraverso questo 
canale ai fini istirtuzionali di natura ed interesse pubblici che l'ente 
persegue e che giustifica l'esonero proprio in base al n. 6 dell'art. 3 
della legge istitutiva dell'imposta sulle societ�. Non si nega che, di 
per s� considerata, l'attivit� industriale o commerciale di dette aziende 
sia del tutto equiparabile nel suo dinamismo merceologico a quella 
svolta da qualsiasi altro imprenditore concorrente (a prescindere qui 
dal regime di monopolio in cui si svolge l'attivit� dell'acquedotto). 

(1) Sulla tormentata questione dell'ampiezza della esenzione delle 
opere pie dall'imposta sulle societ� per le gestioni commerciali e industriali, 
la giurisprudenza della C.S. cerca a fatica una chiarificazione. 
Con la sent. 8 no�vembire 1973 n. 2933 (in questa Rassegna, 1973, I, 
1009) si afferm� che un'attivit� esercitata in regime di concorrenza e 
per fine di lucro (nel caso una sala cinematografica aperta al pubblico) 
non pu� rientrare nell'esenzione accordata dall'art. 151 lett. i) del t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645, precisandosi anche che spetta all'intel'!Prete verificare 
obiettivamente se l'attivit� spiegata possa essere ricompresa nel fine 
istituzionale dell'ente, quale che sia il comportamento di esso nel dare 

o meno una costituzione autonoma e differenziata alla attivit� lucrativa; 
ed inoltre che la rispondenza dell'attivit� alle finalit� di interesse pubblico 
considerate dalla norma va valutata in senso stretto e in modo 
diretto e non in vista di una connessione strumentale. In senso del tutto 
opposto si pronunciava per� la C.S. con la sent. 11 dicembre 1974 n. 4189 
(Riv. leg. Fisc., 1975, 1145); premesso che l'esenzione � esclusivamente 
soggettiva, essa va accordata, una volta recepita la esigenza di favorire 
l'ente, all'intera attivit� spiegata e quindi sia a quella direttamente conferente 
al fine statutario, sia a quella indiretta che e.gua1mente persegue 
il fine di interesse pubblico procurando i mezzi per la realizzazione della 
attivit� istituzionale. Con la sentenza ora intervenuta si assume una posizione 
intermedia: fino ad un certo limite (ma di assai difficile individuazione 
in concreto) � lecito ricomprendere nell'attivit� istituzionale anche 
quella 1strumentale; oltre quel limite si verifica �quella spaccatura strutturale� 
che non giustifica l'esonero. 
Il problema andrebbe rimediato al fine di offrire una soluzione pi� 
uniforme nell'applicazione dei singoli casi. Non sembra che l'art. 151, 
nelle varie ipotesi, intenda contemplare le attivit� complementari o strumentali 
estranee alle finalit� di pubblico interesse prese in considerazione; 
inoltre il criterio seguito dalla norma appare unitario ed omogeneo 
per tutte le categorie di soggetti elencate; se quindi limitazioni rigorose 
alla possibilit� di esercizio di attivit� estranee al fine vengono poste per 
le cooperative (lett. a e b) e si pretende per le aziende dello Stato e 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1079 

Ma non � questo il criterio di individualizzazione della pretesa di 
esonero; anzi, a ben vedere, non lo � mai, perch� gli esoneri tributari 
riguardano sempre valutazioni ulteriori ed estrinseche rispetto alla 
mera considerazione economica del profitto dell'attivit� produttiva. Il 
vero momento rilevante riguarda la innucleazione della attivit� delle 
due aziende in considerazione dei fini perseguiti dalle stesse sia nel 
loro momento dinamico sia attraverso l'impiego del loro reddito. � puntualmente 
in funzione di questo momento che il legislatore ha ritenuto 
di non equiparare gli enti morali, pur nel momento in cui svolgono 
strumentalmente una attivit� industriale o commerciale, a speculatori 
nominalmente concorrenti che si presentano come operatori economici 
a fini meramente privatistici e personali. 

D'altra parte � stato acceritato irrevocabilmente in fatto che queste 
due aziende in oggetto non hanno alcuna autonomia n� strutturale 
n� di bilancio, e non costituiscono quindi una fonte meramente indi-

degli enti locali (lett. d) che la gestione avvenga in regime di monopolio 
per servizi di interesse pubblico e infine per gli istituti di istruzione 
accademie e simili (lett. h) si vuole che sia assente ogni fine di. lucro, 
si deve pensare che limitazioni di egual natura valgono anche per le 
altre categorie di soggetti s� che se esse non sono espressamente stabilite 
� piuttosto perch� l'esercizio di attivit� svolte in regime di concorrenza 
e per fini di lucro � strutturalmente incompatibile con la natura di enti 
quali i Comuni e le Province, i consorzi di bonifica, gli istituti per l'edilizia 
popolare ed economica, gli istituti di previdenza e assistenza sociale 
le opere pie e gli enti ecclesiastici (lett. e, e, f, g, i). 

Sembra quindi che con maggio:r coerenza, e pi� certa delimitazione, 
si applicherebbe la norma di esenzione escludendo del tutto ogni possibilit� 
di connessione strumentale tra attivit� diretta e attivit� indiretta. 

Il problema viene poi discusso sotto altro profilo appena accennato 
nella sentenza ora intervenuta; si afferma, cio�, che per il principio dell'unicit� 
del bilancio, non sarebbe ammissibile una tassazione separata 
e differenziata per settori di attivit� :ricompresi nell'unico bilancio, s� 
che nel regime fiscale stabilito per l'ente in vista della sua struttura 
prevalente si assorbe ogni altra, anche occasionale o eccezionale, attivit� 

(Cass. 21 marzo 1974, n. 798, Riv. leg. fisc. 1974, 1127; 29 maggio 1974, 

n. 1539, 
in questa Rassegna, 1974, I, 1009). 
Anche su questo punto � necessario approfondire l'indagine. 
� incontestabile che nell'evoluzione della legislazione alla regola della 
tassazione separata per aziende (art. 13 della leg.ge 8 giugno 1936, n. 1231) 
successivamente limitata alle sole aziende aventi gestione e bilanci autonomi 
(art. 8, legge 5 luglio 1951, n. 573) � stata sostituita quella della 
unicit� del bilancio (art. 24, legge 5 gennaio 1956, n. 1) in fo:rza della 
quale, abolito ogni residuo di autonomia patrimoniale di aziende non 
aventi propria personalit� giuridica, la tassazione si attua nei confronti 
degli enti. 

Ma questo significa semplicemente che, per tutte le imposte dirette, 
il soggetto passivo � l'ente titolare del bilancio e non la sua azienda; 
si tratta cio� di una regola attinente all'individuazione del soggetto, alla 
dichiarazione, all'accertamento (inclusa nel primo titolo del t.u.) ma che 



1080 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

retta di attivit� e di reddLto rispetto all'Ente, ma realizzano veramente 
la parte sostenitiva economica dell'Ente stesso nell'interno delle sue 
strutture. 

Il regime di monopolio dell'acquedotto e la parziale destinazione 
dell'attivit� farmaceutica al soccorso dei poveri di Loreto confermano 
ulteriormente queste considerazioni. 

Ptroprio per� coerentemente con tali conclusioni, e passando a 
considerare il ricorso principale, non si pu� dire che .la costruzione 
regga per quanto riguarda lo stabilimento idropinico, per il quale 
pu� dirsi che, ove anche di fatto il reddito sia destinato alle opere 
dell'Ente, si ha quella spaccatura strutturale tra Ente morale ed azienda 
industriale commerciale, che non giustifica pi� l'esonero. Anzi, lo stabilimento 
non � neppure indicato nello statuto dell'Ente, il quale quindi 
non � vincolato alla destinazione dei redditi dell'attivit� connessa, 
mentre il pluralismo della propriet� e della gestione, anche se di fatto 
in via contingente quest'ultima operata dall'Ente in esame, confermano 
le conclusioni. -(Omissis). 

non ha nessuna rilevanza sulla sostanza delle singole imposte e delle 
relative esenzioni. 

Posto che soggetto passivo � l'opera pia e non la sua azienda commerciale 
o industriale, deve tuttavia porsi il problema se per l'attivit� 
aziendale sia o no dovuta l'imposta sulle societ�, problema che pu� risolversi 
solo sulla base dell'art. 151 e non certo in base alle regole generali 
sul procedimento. Non esiste di certo nell'ordinamento una regola (sostanziale) 
di assorbimento delle attivit� accessorie nel regime tributario 
dell'attivit� principale, regola che, se esistesse, dovrebbe operare anche 
all'inverso quando l'esenzione � accordata per una limitata secondaria 
attivit� (ad esempio per determinati territori). Ma se esistesse l'impossibilit� 
di discriminare nell'unico bilancio le componenti attive esenti 
da quelle soggette all'imposta (possibilit� di discriminazione che � cosa 
del tutto diversa dall'unicit� del bilancio) si dovrebbe affermare che il 
regime tributario normale si estende anche ai settori esenti e non 
viceversa. 

C. BAFILE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 19 giugno 1975, n. 2461 -Pres. 
leardi -Est. Longo -P. M. Pedace (conf.) -Cesarin c. Ministero 
delle Finanze (avv. Staio Saltini). 

Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Conto corrente banca� 
rio -Legge 24 dicembre 1969 n. 1038 -Utilizzazione con emissione di 
assegni -Necessit� -Rinuncia alla contestazione afferente alla documentazione 
-Concetto e limiti. 

(1. 24 dicembre 1969, n. 1038, art. unico). 
Agli effetti della prova delle passivit� deducibili dall'asse e?�editario, 
il conto corrente bancario � idoneo, a norma dell'articolo unico 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'.rA 1081 

della legge 24 dicembre 1969 n. 1088, solo quando il debito da e'SSO 
risultante sia originato dalla emissione di assegni, non anche quando 
il saldo passivo sia prodotto da altri mezzi di utilizzazione. Lo ste�sso 
principio vale per le successioni apertesi prima dell'entrata in vigore 
della legge, s� che solo quando la prova della passivit� sia data con 
assegni tratti su conto corrente bancario le contestazioni debbono intendersi 
abbandonate (1). 

... 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, deducendosi falsa 
interpretazione e violazione dell'articolo unico, IV e V comma, della 
legge 24 dicembre 1969, n. 1038, si sostiene che la sanatoria concessa 
da tale legge, e nel caso in esame controversa, concerne senza distinzione 
tutti i saldi passivi di conto corrente gi� ammessi in detrazione, 
e che la denunziata sentenza limiitando l'operativit� di essa alle sole 
passivit� ricollegabili ad emissione di assegni, avrebbe in pratica svuotato 
di contenuto la sanatoria medesima, concedendo alla Finanza di 
riportare in discussione saldi passivi gi� ammessi in detrazione nel 
definire il debi.to d'imposta, e ingiustamente parificando nel contenuto 
la disciplina del IV comma della norma e quella del V comma, riguardante 
invece i casi in cui il debito d'imposta non sia stato ancora 
definito. 

La censura non merita consenso. 

Dispone l'art. unico della legge 24 dicembre 1969, n. 1038, nel 
suo primo comma, che � ai fini dell'applicazione dei tributi successori 
sono ammessi in deduzione dall'asse ereditario i debiti derivanti da 
saldo passivo di conto corrente bancario, originato da emissione di 
assegni, quale che sia il rapporto contrattuale sottostante, purch� giustificati 
� dalla documentazione che la stessa norma elenca, e che comprende 
l'originale, o la copia autentica, degli assegni emessi, con indicazione 
degli estremi delle annotazioni operate sui libri di commercio 
dell'istituto di credito, anche per riassunto. 

Lo stesso articolo aggiunge poi, nel quarito comma, che relativamente 
alle successioni apertesi prima dell'entrata in vigore della legge 
e per le quali sia stato gi� definito il debito d'imposta con la deduzione 
dall'asse ereditario dei debiti nascenti dl). saldi passivi di conti 
correnti bancari, ogni successiva contestazione afferente la documentazione 
a suo �tempo prodoitta deve ritenersi rinunciata ad ogni effetto, 

(1) Decisione di evidente esattezza. La chiarezza della norma e la 
logica in essa insita, non consente di ammettere come prova valida delle 
passivit� gli addebitamenti sul conto corrente bancario che non risultino 
originati da emissione di assegni. Sulla seconda parte della massima che 
l~mita l'abbandono delle contestazioni anteriori ai soli casi nei quali la 
prova � in concreto fornita in conformit� della legge sopravvenuta 
v. Cass. 24 marzo 1975 n. 1109, in questa Rassegna, 1975, I, 591). 

1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con conseguente annullamento delle relative iscrizioni a paDtitario e 
delle successi�ve ingiunzioni fiscali, opposte o non opposte dai contribuenti. 


Infine, nel suo quinto comma, la disposizione statuisce che, relativamente 
alle successioni apertesi prima dell'entrata in vigore della 
legge e per le quali non sia stato ancora definito il deb~to d'imposta, 
gli eredi potranno documentare i debiti nascenti da saldi passivi di 
conti correnti bancari nei modi indicati dal primo comma dello stesso 
articolo unico. 

La normativa dianzi indicata � stata correttamente interpretata 
dai giudici di merito nel senso ch'essa si riferisce ai saldi passivi originati 
dall'emissione di assegni, indipendentemente dal fatto che i 
conti correnti siano stati eventualmente utilizzati anche mediante altre 
forme di prelievo. Una diversa e pi� restrittiva interpretazione, invero, 
vanificherebbe in gran par.te la porfata pratica della legge, che d'altronde, 
contemplando i � debiti derivanti da saldo passivo di conto 
corrente bancario, originato da emissione di assegni�, non distingue 
tra diverse specie o forme di conto corrente bancario, e peraltro appresta 
idonee forme intese a garantire che si tratta di saldi realmente 
originati da emissione di assegni. Ci� ap9are conforme alla ratio della 
legge, come posta in evidenza dalle sue disposizioni iniziali, dianzi 
indicate. 

Ma significherebbe valicare i confini di tale ratio e contraddire 
alla sua logica il sostenere, come fanno i ricorrenti, che con la sanatoria 
di cui al citato quarto comma (relativamente alle successioni 
apertesi prima dell'entrata in rvigore della legge nelle quali sia stato 
gi� definito il debito d'imposta) la norma, per il sol fatto ch'essa ha 
usato l'espressione �debiti nascenti da saldi passivi di conti correnti 
bancail'i �, abbia voluto prescirndere daJ. requisito che Sii ti1atti pur 
sempre di saldi originati dall'emissione di assegni. Il quinto comma 
invero, (relativo alla sanatoria riguardante le successioni apertesi prima 
dell'entrata in vigore della legge, ma nelle quali il debito d'imposta 
non sia stato ancora definito), pur usando la medesima espressione, 
dimostra chiaramente (come si desume dal contesto della disposizione) 
ch'essa va comunque riferita sempre a quella parte dei saldi 
che sia originata da emissione di assegni. 

Se dunque neppure l'argomento letterale conforta la tesi dei ricorrenti, 
del pari non pu� dirsi esatta l'ulteriore deduzione, seyondo 
cui l'interpretazione data dai giudici di merito si tradurrebbe in una 
ingiustificata parificazione della disciplina dettata, rispettivamente, dal 
IV e dal V comma. 

L'interpretazione suddetta, invero, lascia intatta la differenziazione 
fra le corrispettive ipotesi di legge, che solo nella prima (IV comma) 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1083 

impone di considerare rinunziata ogni contestazione sulla documentazione 
prodotta, ma deve intendersi -pur sempre nei confini e nell'ambito 
delle deduzioni consentite dalla legge stessa, che le vuole 
afferenti alle passivit� originate da emissione di assegni. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1975, n. 2800 -Pres.. !cardi 
-Est. Arienzo -P. M. Marinelli (conf.) -Ministero delle Finanze 
(av;v. Stato Lancia) c. Bosi. 

Imposta di registro -Conferimenti in societ� � Costituzione di patrimonio 
destinato allo scopo sociale -Distinzione tra conferimento a titolo 
di propriet� o a titolo di godimento -Irrilevanza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 81). 
Agli effetti dell'imposta sui conferimenti in societ� quel che � rilevante 
� soltanto il fatto obiettivo dell'apporto di patrimonio destinato 
alla realizzazione dello scopo sociale, qualificato come atto economicogiuridico 
con configurazione propria; di conseguenza � irrilevante ai 
fini dell'imposta che il conferimento produca o meno il trasferimento 
della propriet� da uno ad altro soggetto (che non sarebbe possibile 
nel caso di societ� non aventi personalit� giuridica) e quindi priva di 
effetti la distinzione tra conferimento in propriet� e conferimento in 
godimento (1). 

(1) Decisione di evidente esattezza. V., in senso conforme, Cass. 7 
gennaio 1970 n. 23 (Riv. Leg. Fisc. 1970, 1060) nella quale si precisa 
anche che nel caso di conferimento a titolo di godimento ai soli fini 
della determinazione della base imponibile, deve tenersi conto del contenuto 
limitato dell'apporto, pur rimanendo invariabile il titolo della 
tassazione (imposta proporzionale dell'art. 1 della tariffa A) quale che 
sia la natura del conferimento. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1975, n. 2902 -Pres. Rossi Est. 
Carnevale -P. M. Trotta (conf.) Saccardo (avv. Levis) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). 

Imposta complementare sul reddito -Azionisti � Aumento del valore nominale 
delle azioni e distribuzione di azioni gratuite a seguito di passaggio 
a capitale delle riserve � Non costituisce percezione di utili -Non 
tassabilit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 125, lett, d; 1. 29 dicembre 1962, n. 1745, 
art. 1; e.e. art. 2442). 
Sotto il vigore della norma dell'art. 135 lett. d del t.u. 29 gennaio 
1958 n. 645, l'aumento del valore nominale delle azioni e la 
distribuzione di azioni gratuite conseguenti all'aumento del capitale 



1084 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sociale attuato mediante imputazione a capitale di riserve e fondi 
speciali iscritti in bilancio, non da luogo a percezioni di utili e quindi 
non � soggetto all'imposta complementare a carico dell'azionista. Solo 
a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1 della legge 29 dicembre 1962 

n. 1745, � stata assoggettata ad imposta la parte dell'ammontare complessivo 
delle riserve e dei fondi speciali imputata a capitale che eccede 
il 25 % dell'ammontare complessivo dei dividendi attribuiti ai 
soci (1). 

(1) Sulla questione della tassabilit� con l'imposta di registro della 
imputazione di riserve a capitale v. Cass. 26 marzo 1973 n. 833, in questa 
Rassegna, 1973, I, 1149 con nota di A Rossi. Sulla questione delJ'assoggettamento 
,all'imposta complementare si deve prendere atto della statuizione 
ora intervenuta. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 settembre 1975, n. 3072 -Pres. 
Caporaso -Est. La Torre -P. M. Mililotti (conf.) Ministero delle 
Finanze (a'Vv. Stato Di Tarsia) c. Gasperini (avv. Tiberini). 

Imposte doganali � Responsabile di imposta � Spedizioniere doganale � 
Operazione di contrabbando alla quale lo spedizioniere sia estraneo . 
Sua responsabilit� per l'obbligazione di imposta � Esclusione. 

(I. 25 settembre 1940, n. 1424, art.. 17; d.P.R. 22 gennaio 1972, n. 43, artt. 40 e 41). 
Lo spedizioniere doganale, al quale sia stata conferita la rappresentanza 
per fare dichiarazioni, compiere determinati atti o osservare 
speciali obblighi o norme, non risponde in via sussidiaria del pagamento 
dell'imposta nel caso che, senza il suo concorso, le merci introdotte 
nel recinto doganale siano contrabbandate (1). 

(1) La decisione sopra riportata d� una definizione troppo ristretta 
della responsabilit� sussidiaria dello spedizioniere. Sottolineando e interpretando 
restrittivamente le parole � per le operazioni da lui compiute �, 
giunge ad affermare l'esclusione della responsabilit� quando le operazioni 
oggetto dell'incarico di rappresentanza non sono state e non potevano 
essere compiute. Ma, prescindendo dalla situazione specifica che non 
emerge chiaramente, sembra evidente che in generale la responsabilit� 
sussidiaria riferita alla investitura di un soggetto in una determinata 
posizione, riguarda non solo gli atti � compiuti � ma anche, o soprattutto, 
l'omissione degli atti che dovevano compiersi; e quindi per l'imposta di 
registro di notaio Tisponde non solo degli obbUghi conseguenti alla effettuata 
richiesta registrazione ma soprattutto della omessa registrazione. 
Per le imposte doganali lo spedizioniere incaricato, dopo l'introduzione 
delle merci nel recinto doganale, di compiere le operazioni dovute, risponde 
principalmente dell'omissione � dell'osservanza di speciali obblighi 
o nome �. Ci� non esc1ude che possa anche presentarsi una situazione 
di forza maggiore che possa giustificare l'omissione, ma ci� deve essere 
oggetto di una diversa indagine da eseguire in relazione ai particolari 
obbligh,i (di custodia e vigilanza) che g�ravano sullo spedizioniere. 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARiA 1085 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� ottobre 1975, n. 3089 -Pres. 
Giannattasio -Est. Mazzacane -P. M. Martinelli (diff.) Ministero 
delle Finanze (avv. stato Soprano) c. Zanoner (avv. Rosati). 

Imposta di ricchezza mobile -Esenzione per nuove imprese artigiane e 
piccole industrie nell'Italia settentrionale -Costituzione in data anteriore 
all'entrata in vigore della legge 29 luglio 1957 n. 635 -Esclusione 
-Ampliamento o rinnovamento di azienda gi� esistente -Irrilevanza. 


(1. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; 1. 13 giugno 1961, n. 526, art. un.). 
L'esenzione dalle imposte dirette sul reddito per le nuove imprese 
artigiane e le nuove piccole industrie da costituirsi nelle zone depresse 
dell'Italia settentrionale (art. 8 legge 29 luglio 1957 n. 635 modificato 
dall'art. unico della legge 13 giugno 1961 n. 526) presuppone la costituzione 
di dette imprese o industrie in data successiva all'entrata 
in vigore della legge, indipendentemente dalla data di inizio della 
attivit� rilevante soltanto ai fini della deco1�renza del decennio di validit� 
dell'esenzione. Essendo il requisito della �novit�� essenziale, la 
esenzione � inapplicabile per le imprese e industrie gi� esistenti che 
dopo l'entrata in vigore della legge sono state ampliate, rinnovate o 
trasformate (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1975, n. 3114 -Pres. Mirabelli 
-Est. Milano -P. M. Pedace (conf.) Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Baccari) c. Soc. Torcitura del Piave. 

Imposta di ricchezza mobile -Esenzione per nuove imprese artigiane e 
piccole industrie nell'Italia settentrionale -Trasferimento di imprese 
e industrie esistenti nei territori agevolati -Si applica. 

(1. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; 1. 13 giugno 1961, n. 526, art. un.). 
Risponde al requisito di �novit�� necessario per l'esenzione dalle 
imposte dfrette sul reddito per le nuove imprese artigiane e le nuove 

(1-3) La prima sentenza, con assai approfondita motivazione, che 
pone a raffronto le analoghe ma diverse norme di incentivazione per 
l'Italia meridionale e per le aree depresse dell'Italia settentrionale, porta 
ad ulteriori conseguenze la regola gi� affermata con le sent. 9 giugno 
1971 n. 1712 e 21 giugno 1971 n. 1920 (in questa Rassegna 1971, I, 1151). 

Meno rigorosa appare la motivazione della seconda sentenza diretta 
ad ampliare il concetto di costituzione di un nuovo organismo produttivo 



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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

piccole industrie da costituirsi nelle zone depresse dell'Italia settentrionale 
(art. 8 legge 29 luglio 1957 n. 635, modificato dall'art. unico della 
legge 13 giugno 1961 n. 526) il trasferimento di imprese e aziende 
gi� esistenti nel territorio agevolato (2). 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 166 -Pres. Maccarone 
-Est. Arienzo -P. M. Minetti (conf.) Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Marzano) c. Niederbrunner. 

Imposta di ricchezza mobile e altre imposte dirette � Esenzione per nuove 

imprese artigiane e piccole industrie nell'Italia settentrionale � Impre


se di autotrasporti � Compete. 

(1. 29 luglio l957, n. 635, art. 8; 1. 13 giugno 1961, n. 526, art. un.; 1. 22 luglio 
1966, n. 614, artt. 8 e 12). 
L'esenzione dalle imposte dirette sul reddito per le nuove imprese. 
artigiane e le nuove piccole industrie da costituirsi nelle zone depresse 
dell'Italia settentrionale, � applicabile alle imprese di autotrasporti per 
conto terzi aventi sede nelle zone agevolate, anche se svolgono la loro 
attivit� al di fuori (3). 

I 

(Omissis). -L'Amministrazione delle Finanze, con unico motivo, 
denuncia la violazione degli artt. 8 1. 29 luglio 1957 n. 635, e 1 1. 25 
luglio 1954 n. 860, in relazione agli artt. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Sostiene 
che la Corte del merito ha erroneamente riconosciuto l'applicabiUt�, per 
l'impresa dello Zanoner, del beneficio fiscale previsto dall'art. 8 della 

1. 29 luglio 1957, n. 635. Assume, infatti, che nel caso di ampliamento 
fino a comprendervi il trasferimento di un organismo esistente nella zona 
agevolata. Se questo � sicuramente lo scopo dichiarato delle agevolazioni 
per il Mezzogiorno, dirette a riequilibrare la distribuzione delle risorse, 
� dubbio che ci� valga per l'Italia settentrionale ove il trasferimento, 
che pu� essere di limitatissimo spazio, in aree depresse talvolta assai 
piccole pu� non dare il risultato voluto. 

Ancor meno persuade l'ultima pronunzia. L'impresa di autotrasporti, 
che in vero non si comprende se sia qualificata come impresa artigiana 

o piccola industria, sarebbe ricompresa nell'agevolazione per il sol fatto 
che essa ha la sede legale nel territorio di una zona depressa. Non si 
� per� considerato che per l'agevolazione in discussione il fattore territorio 
non pu� essere posto in relazione alla sede legale, perch� n� le 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1087 

di una impresa artigiana si � in presenza della stessa azienda e non 
di quella impresa che per essere �nuorva � deve sorgere e costi<tuirsi 
successivamente alla entrata in vigore della menzionata legge. Aggiunge 
che l'ampliamento dell'attivit� non impovta la �novit�� della impresa 
artigiana, poich� la �novit�� si determina, sotto l'aspetto formale 
e giuridic�, con la cessazione di una azienda e la creazione di 
un'altra. 

La censura � fondata. 

Per l'art. 8 della 1. 29 luglio 1957, n. 635 (modificata dalla 1. 13 
giugno 1961 n. 526) � concessa la esenzione da ogni tributo diretto 
del reddito a favore di � nuove imprese artigiane � e � nuove piccole 
industrie� (queste ultime con non oltre 100 operai�, e, nei territori 
montani 500 operai) che vengono a costituirsi in determinati piccoli 
comuni delle localit� economicamente depresse del centro-nord (qualificate 
tali in base a provvedimento legislativo od a deliberazione 
amministrativa). La esenzione � concessa per dieci anni dalla data 
di inizio della attivit�, rilevabile con atto della competente Camera di 
Commercio, industria ed agricoltura. 

Nella interpretazione della norma citata questa Corte ha precisato 
(sent. 1920/71; 1712/71) che la sua efficacia coincide con il momento 
stesso della sua entrata in vigore e non pu� farsi risalire ad un momento 
anteriore, con l'estensione del beneficio a nuclei produttivi che 
fossero gi� sorti. Ci�, infatti, � reso palese dall'intero contesto della 
norma ed in particolare dalle parole � nuove � la cui ripetizione, con 
riguardo alle imprese artigiane ed alle piccole industrie, rivela l'intento 
legislativo di considerare la situazione concreta al momento della 
entrata in vigore della legge. Il significato delle parole usate dal legislatore 
sta ad indicare che il carattere della novit�, cui va connesso 
il beneficio fiscale, nella concorrenza di tutti gli altri requisiti voluti 
dalla legge, � stato posto con riferimento al sorgere delle dette imprese 

imprese artigiane n� le piccole industrie hanno una vera e propria sede 
legale essendo per esse ril,evante la sola residenza anagrafica del titolare 
che pu� avere un valore solo formale. 

Il fattore territorio va quindi individuato non nella sede, ma nell'organismo 
produttivo che deve operare nel territorio agevolato. Per 
il Mezzogiorno, si � ammesso che l'agevolazione possa competere quando 
la sede legale si trovi fuori del territorio agevolato se in esso si svolga 
l'attivit� operativa (Cass. 21 maggio 1975 n. 2007 in questa Rassegna, 
1975, I, 877); questa pronunzia non pu� essere condivisa, ma ancor 
meno pu� essere approvata l'affermazione contraria. 

In questo quadro andava ben diversamente interpretata la norma 
specifica (art. unico della legge 13 giugno 1961 n. 526), che con finalit� 
interpretative, dichiara ricompresi nella agevolazione le imprese alberghiere 
e quelle esercenti trasporti a mezzo funi; evidentemente in questo 
caso non � la sede legale che conta ma la localizzazione degli impilanti 



1088 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

od industrie successivamente all'entrata in vigore della legge. Il contesto 
della norma conduce, inoltre, ad escludere che la legge faccia 
riferimento alla concreta atti'Vit� produttiva e non alla costituzione giuridica 
dell'ente. Il pr.esupposto della esenzione, infatti, identificato nella 
costituzione di nuove imprese produttive, � distinto dal termine iniziale 
di decorrenza della esenzione fiscale, che coincide appunto con l'inizio 
della loro attivit�. Pertanto il criterio di identificazione delle imprese, 
cui � concesso il beneficio, va ricercato nel carattere dalla �novit�� 
dell'impresa, mentre l'inizio della attivit� � assunto come elemento 
per determinare la decorrenza del beneficio. 

I criteri enunciati valgono a definire la �novit�� delle imprese 
artigiane o delle piccole industrie anche in rapporto ad una impresa 
preesistente. Infatti poich� la novit� deve insistere, prima che nell'esercizio 
della attivit�, nella stessa costituzione del soggetto, dell'ente, 
ne deriva che se una impresa artigiana o una piccola iri.dustria abbia 
esercitato una determinata attivit� in un determinato settore ed il 
titolare di essa abbia poi ampliato o sviluppato l'azienda nel medesimo 
settore, non ricorre il requisito della �novit�� richiesto dalla norma 
citata: in definitiva, anche da un punto di vista obiettivo, l'impresa 
non diventa �nuova � sol perch� essa viene rinnovata nelle attrezzature 
e nelle capacit� produttive. 

Nella specie la Corte del merito ha ravvisato il carattere della 
novit� nella impresa artigiana di segheria dello Zanoner, pur essendo 
la stessa gi� esistente al momento di entrata in vigore della legge, per 
l'ampliamento e rinnovamento, della azienda avvenuto, con il trasferimento 
in altro immobile, con la dotazione di macchinari moderni e 
con la assunzione di altri operai; ed ha quindi affermato che debbono 
comprendersi tra le imprese nuove quelle che, pur derivando da imprese 
gi� esistenti, hanno caratteristiche idonee a distinguerle dalle 
prime per capacit� produttiva e per possibilit� di creare ulteriori fonti 
di lavoro. 

fissi alberghieri e di trasporto a fune. Dedurre da questo che l'agevolazione 
abbraccia tutte le imprese di trasporto con ogni mezzo ed anche quelle 
che operano prevalentemente o esclusivamente fuori del territorio agevolato 
significa capovolgere l'evidente significato della norma. 

Sulla questione oggetto dell'ultima sentenza l'Amministrazione ha comunque 
deliberato di allinearsi all'indirizzo della Corte di Cassazione, 
soprattutto in considerazione del fatto che ormai le pendenze sono in 
esaurimento; infatti, come mette anche in evidenza la motivazione della 
sentenza, la legge 22 luglio 1966 n. 6'14 espressamente dkhiara (art. 8) 
l'esenzione spettante alle nuove imprese artigiane e alle nuove piccole 
ed anche medie imprese industriali aventi per oggetto produzione di beni 
(e non di servizi); solo per i territori montani (art. 12) l'esenzione si 
estende agli impianti di trasporto per mezzo di funi. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1089 

Il convincimento cosi espresso dalla Corte del merito non costituisce 
un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimit� come 
si sostiene dal resistente --ma un erroneo giudizio sul carattere 
di � norvit� � dell'impresa (cui � connesso il beneficio fiscale) in base 
ai criteri pi� sopra delineati. Tali criteri trovano conferma nei presupposti 
e negli scopi delle leggi per lo sviluppo economico delle zone 
depresse dell'Italia centro-settentrionale. � noto che i pi� remoti interventi 
legislativi intesi a favorire lo sviluppo economico delle zone 
depresse dell'Italia centro-settentrionale (1. 29 luglio 1957, n. 635, e 
successive modificazioni) si sono svolti parallelamente a quelli diretti 
a stimolare la industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare 

(1. 29 luglio 1957, n. 634 e successive modificazioni). Ma i due tipi 
di legislazione -a parte la generica affinit� sul piano della valutazione 
politica sulla esigenza dell'aiuto finanziario dello Stato -si 
differenziano nettamente in ordine alle rispettive finalit� economiche 
ed agli strumenti idonei a conseguirle, segnandone il divario anche 
quanto alle agevolazioni tributarie: l'una, con la esenzione da ogni 
tributo diretto sul reddito, a favore unicamente delle � nuove imprese 
artigiane � e delle � nuo�ve piccole industrie � che vengono a restituirsi 
in determinati piccoli comuni delle localit� economicamente depresse 
del Centro-Nord; l'altra, con-la esenzione totale o parziale della imposta 
di r.m. a favore degli stabilimenti industriali tecnicamente organizzati 
che sorgono e vengono potenziati (cio� ampliati, trasformati o 
riattivati) in qualsiasi zona del Sud, anche se economicamente non 
depressa, considerato che lo scopo � quello di industrializzarla. Il confronto 
fra i due tipi di legislazione -nella diversit� di indirizzi cui 
essi adeguano -contribuisce a spiegare le differenze, quanto al trattamento 
fiscale, nella rispettiva disciplina normativa. Ed invero la 
legislazione per il Mezzogiorno, avendo come finalit� dichiarata la 
industrializzazione delle zone di esso; comprende per le agevolazioni 
tributarie, non solo le nuove iniziative, piccole o grandi che siano, 
ma anche quelle dirette al miglioramento, alla trasformazione od all'incremento, 
di quelle esistenti. La legislazione per il Centro Nord, 
invece, rion ha lo scopo di promuovere lo sviluppo della industrializzazione 
ma quello di stimolare il sorgere di iniziatirve nuo�ve nell'ambtto 
di una pi� generica finalit� intesa a sollevare il tono di alcune 
zone economicamente depresse del Centro-nord: ed il beneficio tributario 
-esteso ad ogni specie di tributo diretto sul reddiJto e non 
solo alla imposta erariale di ricchezza mobile -� concesso non gi� 
allo stabilimento, ma alla impresa, che peraltro deve essere nuova senza 
possibilit�, considerata la suindicata finalit� della legge, di estendere 
il beneficio medesimo ai casi di trasformazione, ampliamento o miglioramento 
dell'azienda. -(Omissis). 

1090 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione 
finanziaria denuncia la violazione degli artt. 8 legge 29 luglio 1957 

n. 635 e 14 disposizioni sulla legge in generale, e censura la sentenza 
per aver ritenuto, peraltro .con motivazione contraddittoria ed 
insufficiente, l'applicabilit� del beneficio dell'esenzione decennale dell'imposta 
di ricchezza mobile nei confronti della societ� Torcitura del 
Piave. Sostiene, in particolare, che il requisito della � novit� � si 
riferisce chiaramente alla impresa in s� stessa e, cio�, come istituzione 
operante sul piano economico e nei suoi intrinseci elementi, e, 
non come affermato dai giudici di merito, al semplice suo insediamento 
nelle zone depresse di una impresa gi� altrove operante. Ci�, 
secondo la ricorrente, � avvalorato, oltre che dalla lettera della disposizione 
agevolativa, anche dal fatto che la disposizione stessa. � rivolta 
all'incremento della ricchezza nazionale e non al semplice trasferimento 
di attivit� economiche da zona all'altra del territorio nazionale. 
Tralasciando di considerare il dedotto vizio di motivazione, perch� 
il motivo di annullamento di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. riguarda punti 
di fatto e non profili di diritto della causa, rilevasi come la riassunta 
censura, che riproduce pedissequamente la tesi prospettata nelle fasi 
di merito senza critica alcuna delle contrarie argomentazioni contenute 
nella denunciata sentenza, appaia destituita di fondamento. 

In proposito � opportuno ricordare che, secondo l'art. 8 della citata 
legge n. 635 del 1957, le �nuove imprese artigiane e le nuove piccole 
industrie che vengono a costituirsi � in determinate localit� economicamente 
depresse dall'Italia settentrionale e centrale sono esenti, per 
dieci anni dalla data di inizio della loro attivit�, da ogni tributo diretto 
sul reddito. 

Attenendosi, come � doveroso, al significato proprio delle parole 
usate ed alla connessione di esse, la norma in questione, ad avviso 
di questa Corte Suprema, si presta ad essere intesa nel senso pi� 
ampio in cui ormai da oltre un decennio la suole univocamente intendere 
la Commissione centrale delle imposte (C.C. 17 febbraio 1964 

n. 64542, 10 marzo 1967 n. 89034, 22 maggio 1968 n. 97133, 26 aprile 
1968 n. 96656, 11 novembre 1969 n. 9852, 10 aprile 1970 n. 3782, 
2 dicembre 1971 n. 9812, 7 aprile 1971 n. 3284, e 1 � giugno 1971 
n. 5118), e cos� come � stata intesa dalla sentenza impugnata, dal 
momento che, per la zona economicamente depressa, � � nuova � tanto 
la piccola industria o la impresa artigiana frutto di un'autonoma iniziativa, 
quanto, quella che viene trasferita da altra localit�, e che in 
entrambi i casi ben si pu� parlare, secondo il linguaggio normale e 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

con riferimento alla zona di insediamento, di nuove imprese artigiane 
e di nuove piccole industrie che �vengono a costituirsi� in detta zona. 

Se � vero, infatti che il termine � cosrti�tuire �, secondo il normale 
contenuto attribuitogli dalla terminologia giuridica, serve ad esprimere 
il concetto relativo alla creazione di societ� o di persone giuridiche 
in genere e che, quindi, l'espressione �vengono a costituirsi� si presterebbe 
ad avvalorare la interpretazione sostenuta dall'Amministrazione, 
risultando consona ad esprimere il concetto di creazione di nuovi 
organismi industriali o artigiani oggettivamente considerati, tuttavia, 
se si tiene presente che la legge ha compreso nella disciplina dettata 
da citato art. 8, non soltanto le imprese aventi natura sociale, ma anche 
le imprese individuali e, persino quelle a11tigiane aventi i requisiti di 
cui alla legge 25 luglio 1956 n. 860, � dato fondatamente ritenere che 
la espressione sopra menzionata sia stata, nella specie, usata in senso 
atecnico ed ampio, e, cio�, per indicare il fenomeno dell'attivazione 
nelle zone depresse di un organismo produttivo, sia esso o meno caratterizzato 
dal requisito della novit� assoluta. 

N� vale obiettare, come fartto dalla ricorrente, che la norma agevolativa, 
se cos� intesa, avrebbe reso superfluo l'uso dell'aggettivo 
�nuovo�, mentre � criterio di ermenutica attribuire ad ogni parola 
usata dal legislatore una ragione di essere ad un senso pratico. 

A vincere l'obiezione, appare del tutto persuasiva la considerazio_
ne, formulata dalla sentenza impugnata, secondo quell'aggettivo � 
stato aggiunto sol�tanto per evitare che organismi industriali o a11tigiani, 
eventualmente gi� esistenti nelle zone depresse alla data di 
enrf'rata in vigore della legge, potessero, al fine di usufruire indebitamerute 
della concessa agevolazione fiscale, modificare apparentemente 
la loro natura o consistenza in modo da fare apparire di aver iniziato 
la loro attivit� di impresa produttiva successivamente e, quindi, per 
ribadire che, rispetto alla zona considerata, quegli organismi, per fruire 
del beneficio fiscale, dovevano essere caratterizzate dal carattere di novit� 
della fonte di lavoro, inteso in senso oggettivo, cio� come impiaruto 
artigianale o industriale che viene ad esistenza per la prima volta 'ed 
idoneo ad accrescere le fonti di lavoro della zona stessa. 

D'altra parte la volont� del legislatore va desunta dall'interprete, 

oltre che dalle espressioni letterali, da un adeguato esame del fonda


mento e dello scopo della norma, senza di che l'interpretazione sa


rebbe imperfetta, e spesso in contrasto con lo spirito della legge, che 

va, appunto, ricavato dai motivi che la determinarono e dallo scopo 

da raggiungere. 

E nella fattispecie, appare indubbio che la ratio della concessa 

agevolazione � ben pi� specifica di quella prospettata dalla� ricorrente 

Amministrazione. Essa, invero, � ravvisabile, non gi� nell'esigenza di 


1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

incrementare la produzione e la ricchezza nazionale considerate in 
s� stesse (nel quel caso realmente il trattamento agevolaitivo potrebbe 
essere riconosciuto solo per le imprese nuove in senso assoluto), bens� 
in quella di determinare un aumento delle iniziatirve economiche in 
determinate zone del Paese, per rimediare i palesi squilibri territoriali, 
rompendo la tendenza al progressivo decadimento di quelle che, 
per un complesso di ragioni storico ambientali, ne erano rimaste prive. 
E se >tale � stato lo scopo del legislatore non � possibile limitare, nel 
senso propugnato dall'Amministrazione finanziaria, la concessa agevolazione 
fiscale, ma si deve riconoscere che essa spetti anche alle imprese 
che si trasferiscono nelle zone depresse da altre localit�, incontrando 
tutta quella serie di costi e svantaggi, che pu� essere ovviamente affrontata 
solo in vista di un vantaggio futuro. 


Va da ultimo rilevato che la ricorrente Amministrazione, � sostegno 
del suo contrario assunto, non pu� fare utile riferimento alla 
sentenza di questa Corte Suprema n. 1712 del 21 giugno 1971. Tale 
sentenza, invero, esaminava una questione ben diversa da quella oggetto 
della presente controversia e, cio�, se il carattere di �novit��, 
cui va connesso il diritto alla agevolazione fiscale di cui trattasi, potesse 
essere riconosciuta ad una societ� che, gi� costituita al momento 
dell'entrata in vigore della legge, aveva iniziato la sua attivit� di 
impresa produttiva successivamente. E questa Corte ribadendo il principio 
gi� affermato nella precedente sentenza 9 giugno 1971 n. 1712, 
ha dato risposta negativa al quesito, rilevando che l'agevolazione fiscale 
non � invocabile da parte di un organismo produttivo esistente in 
epoca anteriore alla legge, ancorch� non operante, posto che la costituzione 
di esso non pu� ritenersi determinato dal particolare regime 
tributar.io a quella epoca non ancora esistente. -(Omissis). 

III 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente deduce la violazione 
ed erronea interpretazione dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957 n. 635, 
dell'articolo unic:o della legge 13 giugno 1961 n. 625 e degli artt. 8 
e 12 della legge 22 luglio 1966 n. 614 con riferimento all'art. 360 
nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e sostiene che l'esenzione fiscale di cui all'art. 
8 della citata legge sia applicabile esclusivamente alle imprese 
industriali produttrici dei beni e non anche a quelle produttrici di 
servizi, escluse le imprese alberghiere e di rtrasporto a mezzo funi 
in ragione della loro struttura tipicamente industriale. Tale assunto, 
secondo la ricorrente, emergerebbe dal contenuto letterale della nor-j 
ma, dalle risultanze dei lavori reparatori, dell'articolo unico della 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1093 

legge 1961 n. 526, dall'art. 8 della legge 1966 n. 614, dal rilievo che 
l'impresa di autotrasporti per conto terzi non pu� essere qualificata 
come impresa artigiana agli effetti tributari ed, infine, dal difetto, nella 
specie, del collegamento funzionale tra atti<Vit� esercitata e territorio 
la cui concreta sussistenza � richiesta dalla norma di agevolazione. 

La doglianza � infondata. 

La sentenza impugna,ta, nel confermare quella di primo grado che 
aveva respinta la tesi della ricorrente, ha osservato che l'esenzione 
decennale di ogni tributo diretto sul reddito, previsto dall'art. 8 1. 29 
luglio 1957 n. 635, ha lo scopo di favorire il sorgere di nuove imprese 
artigiane e di piccole industrie (per realizzare condizioni di minor 
disagio per le popolazioni delle aree depresse), senza distinzione tra 
attivit� imprenditoriali vo1te alla produzione di beni e quelle volte 
alla produzione di servizi ma con solo 'riguardo alle dimensioni delle 
nuove imprese di modeste organizzazioni di lavoro e di capitali e alla 
sede legale nell'ambito territoriale della zona depressa anche se l'impresa 
operi, come quella di autotrasporti, fuori di detta area. 

Le conclusioni, cui sono pervenuti i giudici di merito con esauriente 
e corretta mo>tivazione, sono aderenti al contenuto letterale 
logico della disposizione della quale si assume la violazione. Invero, 
l'art. 8 1. 1957 n. 635 non pu� interpretarsi nel senso dell'esclusione 
delle� agevolazioni delle imprese artigiane produttive di servizi e rispondenti, 
per epoca di costituzione, dimensioni e sede, ai requisiti 
voluti -dalla �citata nol'lffia che 'concede il beneifido ail:1e nuove � imprese 
artigiane� e alle �nuove piccole industrie� costituite nel territorio 
dei comuni aventi particolari caratteristiche di sviluppo demografico ed 
economico. Il tenore letterale della norma, che prevede le agevolazioni 
e le condizioni alle quali � subordinata, non consente la discriminazione, 
sostenuta dalla ricorrente, tra ,attivi,t� produttive di beni e di 
servizi che entrambe realizzano lo scopo dell'agevolazione di promuovere 
nelle localit� economicamente depresse iniziative, volte ad 
incrementare l'occupazione e a promuovere il benessere nei comuni 
con densit� demografica limitata ad una popolazione inferiore ai diecimila 
abitanti. N� possono desumersi argomenti contrari dai lavori 
preparatori e dal preteso parallelismo con le disposizioni incentivanti 
attivit� produttive di beni dei territori del mezzogiorno, nonch� dalla 
concezione ristretta del termine industria, come limitata all'attivit� di 
trasformazione� della materia, a�tteso che l'interpretazione restrittiva della 
norma risulterebbe in contrasto con la lettera e la ratio della stessa, 
escludendo dal beneficio proprio quelle imprese che pi� agevolmente 
possono sorgere in comuni siti in zone economicamente depresse e che 
pm sono utili per migliorarne le condizioni non solo economiche ma 
anche di sviluppo e di evoluzione dei servizi. Non �, inoltre, acceitta-

Il 


1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bile l'assunto di limitare il contenuto del termine industria attribuendogli 
un signilloarto in ,contrasto con la a,cceziooe comune e giwridica 
del termine stesso, nonch� con la definizione datane dalla giurisprudenza, 
che intende per attivit� industriali non soltanto quelle tipicamente 
produttive di beni mediante la ,trasformazione, la modificazione 

o la manipolazione della materia prima, ma anche quelle che si esplicano 
nella prestazione dei servizi. Ed, infine, non pu� attribuirsi alcun 
valore decisivo alle risultanze dei lavori preparatori che non sono univoci 
nel senso assunto dalla ricorrente e non possono, nella loro gene-ricit�, 
fornire validi elementi contrari al contenuto della legge ricostruito 
attraverso il significato delle parole e la ratio che ha ispirato� 
la norma. 
La contraria interpretazione non pu� derivare dalla legge del 1961 

n. 526 che, anzi, offJ:".e ulteriori elementi fuvmevoili alla tesi delLla 
ires~stenrte. La ,cli.tata le~ge, con un articolo unico, nel isosrtituire gilti. 
ulrtimi due commi dell'art. 8 della legge n. 635 del 1957 e dettare i 
criteri per la identificazione delle localit� economicamente depresse, 
ha chiarito che l'esenzione decennale compete anche alle nuove imprese 
alberghiere e alle nuove imprese esercenti impianti di trasporti 
a mezzo funi comunque denominati. Tale disposizione, la cui natura 
interpretativa � stata riconosciuta da questa Corte (Cass. 7 settembre� 
1970 n. 1244), sta ad indicare che, gi� nella disciplina originaria, la 
agevolazione non era limitata alle imprese produttive di beni, ma 
si estendeva anche a quelle produttive di servizi quale � l'impresa di 
trasporti, cosicch� dall'espressa menzione delle imprese esercenti traspovto 
a mezzo funi, diretta a chiarire la povtata della precedente legge, 
si deduce che questa comprendeva anche le imprese produttrici di servizi 
e che non possono escludersi dalla sua portata le imprese di trasporto 
con altri mezzi. 
A diversa conclusione non pu� indurre l'art. 8 della successiva 
legge del 1966 n. 614 che concede l'agevolazione decennale alle nuove 
imprese artigiane e alle nuove piccole e � medie � imprese industriali, 
con investimenti industriali in impianti fissi non superiori a due miliardi, 
aventi per oggetto la produzione di beni. A parte il rilievo che 
a tale disposizione non pu� attribuirsi, come pretende la ricorrente, 
contenuto interpretativo contrario al contenuto interpretativo della precedente 
legge del 1961, senza incorrere in contraddizione, la povtata 
innovativa della legge emerge dalle disposizioni inerenti i criteri di 
identificazione delle imprese destinatarie dell'agevolazione ed, in particolare, 
della previsione anche delle �medie� imprese dell'ampliamento 
delle aziende gi� estsrtenti e dalle dtsrposizioini spec1iali contenute 
nel capo secondo della legge per i territori montani, che, pur 

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richiamando, per certi aspetti, la normativa generale enunciata nel i: 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1095 

capo primo con riguardo alle zone depresse, non limitano i benefici 
alle sole imprese produttrici di beni, includendo anche, in deroga alla 
disposizione generale, le imprese esercenti impianti di trasporto a mezzo 
funi. La normativa, quindi, della legge del 1966 per il suo contenuto 
innovativo non pu� essere applicata ad imprese sorte prima della 
sua entrafa in vigore. 

Inconferente, poi, � l'assunto che le imprese di trasporto per conto 
terzi non abbiano carattere artigianale e che, comunque, le espressioni 
imprese artigiane e piccole industrie abbiano un significato sostanzialmente 
equivalente. Al contrario, ai fini dell'applicazione della norma 
agevolativa, la legge, come � reso palese dall'endiadi usata, ha 
posto sullo stesso piano delle piccole industrie le imprese aritigiane 
senza esigere la sussistenza di particolari requisiti per individuare 
queste ultime. Infine, circa la mancanza del collegamento funzionale 
tra il territorio della zona depressa e l'attivi�t� di trasporto, che potrebbe 
svolgersi anche al di fuori di esso, non � consentito negare a 
siffatte imprese, qualunque sia il mezzo impiegarto nello svolgimento 
dell'attivit� di trasporto, il collegamento, stabile e continuativo, con 
il territorio ove si trova la sede amministrativa dell'impresa che comporta 
l'impianto di uffici e di servizi ed il reperimento della mano 
d'opera, realizzando quell'incremento economico della zona depressa 
cui l'agevolazione fiscale � preordinata. La sede legale dell'impresa cost1tuisce 
il centro di produzione del reddito derivante dall'attivit� imprenditoriale 
e aziendale e ad essa fanno capo i rapporti di indole 
giuridica ed economica. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1975, n. 3110 -Pres. Rossi Est. 
Lipari -P. M. Serio (conf.) -Ministero delle FinaJ:?.ze (avv. 
Stato Mazzella) c. Ferrante. 

Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Interessi � Prescrizione � 

Durata � Termh1e quinquennale � Si applica � Termine pi� breve 

per la prescrizione dell'imposta � Irrilevanza. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 86; e.e. art. 2948). 
Gli interessi moratori sulle imposte indirette, pur costituendo debito 
coUegato aUa obbligazione tributar~a, sono sempre soggetti aUa 
p1�escrizione quinquennale d�U'art. 2948 e.e., quale che sia la durata, 
pi� breve o pi� lunga, stabilita per la prescrizione deUa imposta cui 
accedono (1). 

(1) Malgrado qualche esitazione, la soluzione seguita nella sentenza 
sopra riportata, di evidente logicit� e coerenza, � quella gi� in passato 
prevalente. (Cass. 29 ottobre 1973 n. 2805 in questa Rassegna, 1974, I, 

1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -La questione sottoposta al Collegio consiste nello 
stabilire se il credito dell'amministrazione finanziaria per interessi 
moratori in tema di imposte indirette sugli affari, introdotti con la 
legge 26 gennaio 1961 n. 29, autenticamente interpretata dalla 1. 28 
marzo 1962 n. 147, si prescriva nel termine fissato per l'imposta considerata 
cui tali interessi accedono (che � di tre anni sia per l'imposta 
di registro che per quella di successione alla stregua delle leggi 
del 1923: art. 136 r.d. n. 3269, art. 86 r.d. n. 3270, mentre esula dalla 
presente controversia la problematica posta dalla nuova legislazione 
tributaria che fa capo all'istituto della decadenza), ovvero quello quinquennale 
in applicazione del generale principio fissato dall'art. 2948 comma 
quarto e.e. 

La tesi della pr,escrizione triennale adottata dalla Commissione 
Centrale in tema di interessi accedenti ad imposta di successione, viene 
a ragione censurata dall'amministrazione con l'unico motivo del ricorso. 

Atteso l'ambito della materia del contendere in questa sede, il 
Collegio, nel presupposto incontestato dell'applicabilirt� delle citate leggi 

n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962 anche ai rapporti tributari sorti 
prima della loro entrata in vigore, ma non ancora esauriti, e senza 
che venga in considerazione l'entit� degli interessi pretesi (in relazione 
alla offerta irretrattabile di maggior valore effettuata dai contribuenti 
235; 5 gennaio 1972 n. 20, ivi, 1972, I, 281). La risoluzione, ormai definitiva, 
della questione non deve tuttavia ing~nerare dubbio sulla efficacia 
sul corso della prescrizione degli interessi degli atti interruttivi intervenuti 
sul credito di imposta, sulla base della dichiarata autonomia delle 
obbligazioni. 

Non esiste un necessitato collegamento delle soluzioni dei due problemi 
si che la diversa durata del termine (che sussiste anche per la 
pena pecuniaria) non si risolve ineluttabilmente nella indifferenza della 
obbligazione di interessi allo svolgimento del rapporto di imposta. 

Infatti la prescrizione per gli interessi non comincia a decorrere finch� 
� controverso e non definitivamente esigibile il credito di imposta (sent. 
5 dicembre 1972, n. 20, citata) e ci� risponde alla :regola che non pu� 
prescriversi un credito che non pu� esser fatto valere. Ma anche dopo 
la liquidazione del credito di imposta, gli atti interruttivi ad esso inerenti 
sono efficaci anche sul credito di imposta (Cass. 13 luglio 1973 

n. 2023, ivi, 1973, I, 960) ma non tanto per una identit� di natura dei 
due crediti quanto perch� gli interessi sono una obbligazione ex lege irrinunciabile 
che necessariamente accedono all'obbligazione di imposta si 
che ogni volta che l'Amministrazione interrompe la prescrizione del rapporto 
di imposta, l'interruzione si produce su tutto quanto per quel 
titolo � dovuto e quindi non solo per la somma domandata, ma per tutta 
la materia tassabile, e per gli accessori che ne sono necessario completamento, 
quali soprattasse, pena pecuniaria e interessi, poco rilevando a 
questo fine che per la prescrizione (come per taluni altri aspetti) gli 
interessi, al pari della pena pecuniaria, siano soggetti ad un regime diverso 
dall'imposta. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1097 

in data 23 marzo 1957, che avrebbe consentito alla finanza di riscuotere 
immediatamente il tributo corrispondente al valore dichiarato, 
restando escluso che su tale maggior valore fossero dovuti, a far tempo 
dalla data della dichiarazione stessa, interessi moratori giusta l'indirizzo 
che si � venuto affermando: Cass. 29 ottobre 1973 n. 2804; 
12 febbraio 1974 n. 404; 21 giugno 1974 n. 1831; 11 luglio 1974 

n. 2056); deve limitarsi, dunque, a stabilire la durata del termine 
prescrizionale (triennale, ovvero quinquennale) agganciato ad una certa 
data di decorrenza degli interessi medesimi, esclusa qualsiasi controversia 
sull'ammontare dei medesimi in relazione al loro ambiito temporale 
di applicazione. 
2. -Va dato atto che sul punto � riscontrabile qualche oscillazione 
nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, la quale pur 
ammettendo generalmente l'autonomia del credito per interessi rispetto 
a quello per il tributo cui accedono, (per escludere che le cause 
di sospensione ed interruzione della prescrizione relative al tributo si 
riflettono sul debito di interessi), non � stata sempre univoca nel riconoscere 
la durata quinquennale della prescrizione giusta la regola 
generale posta dal codice civile. 
La soluzione della durata quinquennale � comunque quella seguita 
ogni qual<Volita il problema � stato affrontato espressamente postulata 
di scorcio nella sentenza n. 20 del 5 gennaio 972, essa non viene 
dimostrata ex professo neppure nella sentenza 28 marzo 1973 n. 831 
(resa in una controversia in cui era stato accantonato dalle parti il 
tema della durata del termine, e si discuteva solo della idoneit� dell'atto 
di dilazione intervenuto fra il contribuente e la finanza per il 
pagamento dell'imposta di successione ad interrompere la prescrizione 
oltre che per il capitale anche per gli interessi ex lege n. 26 del 1961) 
nella quale per� si sottolinea l'autonomia del , debito per interessi 
moratori, rispetto a quello per il tributo, e si specifica che la natura 

� in qualche modo analoga � di credito di imposta e di credito di 
interessi, non importa, tuttavia un indissolubile legame fra di essi. 
Sulla autonomia del credito di interessi si ~onda pure la sentenza di 
questa Corte: 6 giugno 1974 n. 1658, che s.e ne avv1ale per determinare 
uno scorrimento nella data di decorrenza del termine prescrizionale, 
che considera triennale (senza che tale questione formasse 
oggetto di puntuale riflessione cri1tica nella prospettiva circoscritta al 
tema della decorrenza e non gi� di durata del periodo prescrizionale). 
La identit� di natura fra debifo per interessi di mora ed obbligazione 
tributaria, per trarne la conseguente estensione della causa 
di interruzione dall'uno all'altro, viceversa � stata affermata dalle sentenze 
13 luglio 1973 n. 2023 e 9 marzo 1973 n. 645. 


1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel senso della duraita quinquennale si esprimono comunque decisamente 
le sentenze di questa Corte 14 luglio 1972 n. 2394 e 29 ottobre 
1973 n. 2805, le cui conclusioni il Collegio intende far proprie, 
ribadendone �ed integrandone, per quanto possa occorrere, le argomentazioni. 


3. -Anteriormente all'entrata in vigore della 1. n. 29 del 1961, 
che ha dettato disposizioni di carattere generale in tema di interessi 
moraitori per debiti di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, 
la relativa disci[>Hna non contemplava in modo specifico '1a corresponsione 
degli interessi; di conseguenza doveva farsi ricoriso al.le ordinarie 
norime del 1codke dvile, deducendola dall'inadempienza del debitoire 
d'imposta. Ln ta<le 1situazione non era 1pos�siibile dubitare dell'appHcabiHt� 
della norma dell'art. 2948 n. 4 .c..c. 1che dletta una regola unifol'IIDe per 
ila presel'izione del relativo diritto, .fissando un periodo unico di cinque 
anni 1sia per l'iipotesi .che il debito icui detti interessi a�cicedono si prescriva 
nel termine ordinario di �d�leci anni, sia per queHe di prescrizione 
abbreviata o presunta. 
Le leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962, hanno introdotto una 
disciplina ad hoc per il ritardo imputabile al contribuente nella esazione 
da parte del fisco della giU1Sta imposta dovuta sul 1maisferimento ic<msi


1

der:ato; e si � .stabilito che il contr1buente medesimo 1deve �COI'lrispond&e 
detti interessi dal momento in �cui l'imposta � divenuta esigibile nel caso 
in cui un suo com,portamento omtS1Sivo abbia impedito l'ie1satta determinazione 
del tributo. 

La fattispecie, cos� ricostruita crea un tipo di interessi moratori 
senza nulla disporre a proposito del relativo termine prescrizionale; 
ne consegue che accertato il diritto agli interessi alla stregua delle 
leggi suddette, nel silenzio delle medesime, deve farsi ricorso ai principi 
generali .per fi,ssare la durata dei.la pirescrizione. 

La corrispondenza che si vorrebbe isti-tuire fra termine di prescrizione 
dell'obbligazione tributaria principale e termine di prescrizione 
dei relativi interessi � solo falsamente suggestiva e non trova 
giuist�lfkazioni n� ne:tla p1retesa identit� idi natura fra interes1s1i moiratori 
e debito tributario n� nel caratter.e acceisisorio deUa obbligazione di 
interessi. 

Anzitutto le prescrizioni pi� brevi di quella ordinaria decennale 
fissate in mateda tributaria (cos� del ,resto come quelle p�i� lunghe) 
in quanto di discostano dalle regola di diritto comune presentandosi 
con carattere di generalit� in un settore dell'ordinamento, sono insuscettibili 
di interpretazione analogica, e tollerano soltanto l'interpretazione 
estensiva entro se.ttore considerato, nel corso degli estremi all'uopo 
necessari. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1099 

L'introd~ione di una rpresc1ri2lione triennale per l'obbJ.iga:z.ione wibutaria 
si contrappone, quindi, alla prescrizione generale di diritto 
comune decennale, ma non comporta pari commisurazione per l'obbligazione 
degli interessi, perch� l'ordinamento generale non detta il 
:prmciipio deHa :corrispondenza biuni'Voca fra ,i .due termini, ma anzi 
all'opposto, scandisce la netta distinzione fra i medesimi. 

N� un principio di corrispondenza fra termine di prescrizione dell'obbligazione 
principiale tributaria e termine di prescrizione dell'obbligazione 
di interessi mor~tori pu� individuarsi, nel silenzo delle 
norme positive, in via di interpretazione sistematica a'Vendo riguardo 
al solo campo del diritto tributario. 

E se pure si po�tessero superare queste obiezioni di carattere preliminare 
il preteso procedimento estensivo non potrebbe avere ingresso 
perch� non � esatto giuridicamente il punto di partenza su cui si 
pretende far leva. 

Non � esatto, cio�, che il debito di interessi, pur avendo anch'esso 
earattere tributario, dato il suo .riferimento ad un rapporto di imposta, 
sia assimilabile ed equiparabile in toto all'obbligazione principale, venendone 
-invece -a costituirne un completamento accessorio, caratterizzato 
da autonomia strutturale e funzionale. 

Nelle citate sentenze n.. 2394 del 1972 e 2805 del 1973 � stata, 
invero esaurientemente posta 1in iluce la di:fferenm, di .natU!ra fra l'impo.
sta e l'acces1so.ria obbligazione di interessi. Il rbributo lindilretto successiorlio 
trova il1suo pvesupposto (1per limitar:e ii dLscocso a queihlo qui considerato) 
nel trasferimento di benii e diritti di!Pendente da una stmceslSlione per 
causa di morte, � commLsurato per s1caglioni al valore Imponibile dell'og-' 
getto dell'avvenuto trasferimento, secondo aliquote :ri:sultaniti dailla tariffa, 
e .si presenta quindi come effetto idi un icomportamento del cootribuente 
.di piena e fedele osservanza deJ.J.e nonne 1Ln tema di denun2lia con 
esatta indicazione dei valori imponibili. Invece l'ol:ibligazione degli intevessi 
moratmi, che � mei.r<amente �eventuale ri1sp�etto al.la 1situa2lione integrante 
n presu~iposto del tributo, trova la 1sua 1cau:sa 1giuriddica in un 
comportamento omillssiivo, contra legem del �contr:ibuente, che ha impedito 
tempestiva esazione del tributo. 

E trattandosi di obbligazione autonoma ed autonomamente regolata, 
rispetto alle imposte, ane sopratasse ed alla pena pecuniaria, non 
possono trovare applicazione al riguardo le norme specificamente dettate 
dalla legge di imposta per regolare la prescrizione del solo tributo. 

L'accessoriet� della obbligazione di interessi rispetto a quella principale, 
contrariamente a quel che sembra presupporre la Commissione 
Centrale, non comporta identit� di disciplina giuridica. 

Tale accessoriet�, come � noto, si riferisce al solo momento genetico, 
mentre il credito di interessi gi� maturati costituisce una obbli



1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gazione perfettamente autonoma rispetto a quella principale, e questa 
autonomia � verificabile nello stesso diritto positivo il quale prevede 
-in campo civilistico -una dissociazione nella durata del 
termine prescrizionale fra obbligazione principale ed obbligazione accessoria 
di interessi. 

Ne consegue che il credito principale e quello di interessi possono 
formare oggetto di separati atti di disposizione, che la prescrizione 
del credito principale non comporta automaticamente quella del credito 
agli interessi maturati, e che non deve essere fissato il medesimo 
termine prescrizionale per la sorte e per gli interessi. Intesa l'accessoo-
iiet� in senoo limitatamente genetico, il co1l:leigamento fra inteTess1i e 
sorte si riflette solo sulle vicende della nascita del debito di interessi 
e non spiega pi� alcuna giuridica rilevanza quando non si tratta di 
rifarsi a q_uel vincolo e di valorizzarlo ulteriormente. 

Con il principio di accessoriet� limitato al momento genetico � 
compatibile l'indipendenza delle vicende successive della fattispecie 
che non si riflettano su taile momento; ad esso pu� quindi utilmente 
farsi ricorso per postulare l'identit� di misura temporale della durata 
della prescrizione per l'obbligazione principale e per quella accessoria. 

Va dato, invece, fondamentale rilievo alla circostanza -gi� sottolineata 
-che il legislatore dettando la disciplina generale della prescrizione, 
ha positivamente disatteso il criterio del parallelismo, simmetrico 
contrapponendo ad una molteplicit� di termini prescrizionali 
per i singoli diritti considerati l'unicit� di quello specificamente attinente 
alla obbligazione di interessi (corrispettivi, compensativi, moratori 
che siano). 

Il legislatore, cio�, ha valutato volta a volta la consistenza del 
diritto da sottoporre a prescrizione, in deroga all'intervallo decennale 
proprio di quella ordinaria, considerando l'obbligazione di interessi 
come categoria a s�, cui si applica un termine prescrizionale del tutto 
indipendente quanto a durata, ed unico, qualunque sia la natura del 
credito principale. 

Gi� nel campo civilistico, pu� accadere che il termine prescrizionale 
per interessi risulti pi� lungo di quello fissato dalla legge 
per l'obbligazione principale (cinque anni contrapposti a sei mesi, un 
anno, diciotto mesi, due anni). 

Dal sistema generale delle prescrizioni si ricava, dunque, il principio 
dello sganciamento del termine prescrizionale unico quinquennale 
degli interessi sia da quello ordinario fissato in dieci anni, sia 
da quelli delle prescrizioni brevi e presuntive. 

Ci� significa che tendenzialmente la natura giuridica del credito 

non si riflette sulla durata del termine prescrizionale dei relativi in


teressi. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La constatazione che in diritto posi.Jtivo, nel campo civilistico, la 
prescrizione di un credito d� interessi pu� essere pi� lunga d� quella 
prevista .per la soTte, ridimensiona l'airgomento che si baJSa su tale 
divario in casi come quello di specie in cui l'obbligazione principale 
� sottoposta a termine pi� breve. 

Del resto il criterio della simmetria, privo di ogni supporto normativo, 
portato alle 1sue estreme conseg.uen:re proverebbe troppo, conducendo 
ad ipotizzare una prescrizione ventennale per gli ~nteressi 
che accedono alla pretesa tributaria fondata su un atto non registrato. 
Il che � palesemente assurdo. 

In conclusione per sostenere la tesi della prescrizione triennale 
non giova richiamare il principio della accessoriet� che esaurisce i suoi 
effetti con riguardo aUe sole vicende genetiche dell'obbligazione di intereSl.
si, e non si riflette su quel[,e ulteriori �che eventualLmente vi ,si rico1lleghino. 


N� appare producente il richiamo alla natura tributaria dell'obbligazione 
principale che verrebbe a comunicarsi a quella di interessi. 

Il carattere tributario dell'obbligazione non postula in alcun modo 
che il regime di prescrizione relativo si debba puntualmente. applicare 
all'obbligazione (pur essa tributaria) di interessi. Si � visto, infatti, 
che come regola generale restano dissociati natura giuridica del diritto, 
sottoposto a prescrizione secondo diverse misure temporali ed unicit� 
di durata dell'obbligazione di interessi a prescindere dalla natura giuridica 
del diritto cui accedono. E non � dato ravvisare specifiche ragioni 
derogatorie nel campo tributario. 

Non gioverebbe invocare al riguardo la esigenza della sollecita 
liquidazione e riscos�sfone dei tributi 'Pe.rch� se � importante assi:LcUJl'are 
alla collettivit� i mezzi finanziari occorrenti per il funzionamento degli 
apparati statuali, stimolando gli uffici ad un lavoro accelerato in tempi 
brevi tali finalit� si collocano sul piano di quelle valutazioni discrezionalmelllte 
operate anche in campo civilistico per differenziare i tempi 
prescrizionali rispetto al termine ordinario, e sono comunque, in astratto, 
compatibili con la concessione di uno spazio maggiore per il conseguimento 
di quelle prestazioni accessorie ed eventuali di interessi 
che, proprio come tali, meno incidono nell'economia del globale gettito 
del tributo. 

Deve pertanto ribadirsi che gli interessi moratori sulle imposte 
indirette di successione pur costituendo debito collegato alla obbligazione 
tributaria, non sono equiparabili alla medesima per quanto attiene 
alla individuazione del �termine prescrizionale che va fissato facendo 
capo alle call'aJtter1istiche tipiiche del credlito rii,guardante inte


/ 


1102 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ressi, come tale assoggettato alla prescrizione quinquennale di cui allo 
art. 2948 n. 4 e.e. e non gi� a quella triennale ex art. 86 r.d..n. 3270 
del 1923, che si applica esclusivamente rispetto all'imposta cui gli 
interessi accedono. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1975, n. 3185 -Pres. 
Rossi -Est. Virgilio -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Saltini) c. Banco di Sicilia (avv. Contaldi). 

Imposta di registro -Prezzi e corrispettivi -Indicazione unica riferita a 
pi� beni -Diversi regimi tributari -Scissione del corrispettivo unico Ammissibilit� 
-Supplemento di accertamento. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3369. art. 46). 
Il principio contenuto nell'art. 46 della legge di registro, che costituisce 
una deroga al principio pi� generale che ciascun bene deve 
essere soggetto a tassazione con la aliquota prevista in base alla sua 
intrinseca natura, non pu� essere applicato all'ipotesi di trasferimento 
di pi� beni con pattuizione di prezzo unitario pe1� assoggettare tutti 
i beni alla aliquota pi� onerosa o per escludere un'agevolazione spettante 
ad alcuni soltanto dei beni globalmente trasferiti. Di conseguenza, 
.anche se l'Amministrazione ha eseguito un unico accertamento globale, 
si deve procedere ad un supplemento di un accertamento, per 
determinare la quota-parte del valore riferibile all'immobile ammesso 
ai benefici utilizzando gli elementi gi� acquisiti senza modificare il 
valore complessivo precedentemente determinato (1). 

(Omissis). -Con unico motivo la ricorrente Amministrazione 
delle finanze denuncia violazione e falsa applicazione agli articoli 46, 
primo comma, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 21, secondo com


(1) La decisione desta molte perplessit�. Pu� convenirsi sul punto 
che la ratio dell'art. 46 ha una caratterizzazione limitata ad una situazione 
che non � perfettamente identica a quella del trasferimento contestuale 
di pi� immobili soggetti a diverso regime; ma se per una esigenza 
considerata dalla norma necessaria, i mobili si considerano come immobili 
e sono soggetti al trattamento pi� gravoso per questi previsto, a maggior 
ragione la stessa regola dovrebbe valere per gli immobili soggetti 
a diverso regime. 
� comunque inevitabile che quando l'atto registrato non offre la possibilit� 
di scindere i valori, la tassazione si debba eseguire unitariamente 
applicando l'imposta normale anche per i beni che possono fruire della 
agevolazione; forse la ragione di ci� � soltanto pratica, ma essa � legata 
:ad una insuperabile necessit�. La sentenza in nota non considera che, 



PARTE I, SEZ.. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1103 

ma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch� omessa, insufficiente o 
contraddittoria motivazione (il tutto in relazione ai numeri 3 e 5 �dell'art. 
360 cod. proc. civ.), e censura la sentenza impugnata sotto questi 
profili; a) per non ~vere la Corte d'Appello considerato che il principio 
secondo il quale il negozio traslativo avente pi� oggetti � tassabile 
con le distinte aliquote ad essi corrispondenti � applicabile solo 
quando le parti abbiano indicato un prezzo distinto per i singoli beni, 
e non anche nell'ipo�tesi in cui abbiano attribuito un prezzo unico a 
tutti gli oggetti compresi nel negozio, non potendo -:-in tal caso la 
finanza scindere il valore dei beni unitariamente stabilito dai contraenti; 
b) per non avere, comunque, considerato la Corte che la 
finanza ha legittimamente contrapposto alla indicazione di un prezzo 
unico relativo a tutti i beni un accertamento di valore egualmente 
unico, per cui -essendo ormai decorsi i termini per procedere ad 
accertamenti analitici -non vi � la pratica possibilit� di� stabilire 
quanta par.te del prezzo unico suddetto deve essere attribuita all'immobile 
per il quale compete l'agevolazione tributaria di cui al d.1.1. 
7 giugno 1945, n. 322, e di accertare, conseguentemente, la parte di 
prezzo che si riferisce, invece, al �trasferimento tassabile con imposta 
normale. 

In definitiva la ricorrente sostiene che nella fattispecie deve trovare 
applicazione il primo comma .dell'art. 46 della legge di registro 
del 1923, e che l'atto deve pertanto essere assoggettato per tutti gli 
immobili all'aliquota pi� onerosa e cio� alla normale imposta sui trasferimenti 
immobiliari, anche perch� la Corte d'Appello ha omesso di 

prima che possa configurarsi la possibilit� di un supplemento di accertamento, 
si pone la necessit� di registrare l'atto con l'applicazione della 
imposta principaie, imposta che, ove i prezzi e corrispettivi siano congrui, 
pu� anche estinguere il rapporto senza dar luogo a successivi accertamenti. 
E poich� la formalit� della registrazione (art. 3) deve essere 
eseguita a vista, previa percezione dell'imposta, al momento della presentazione 
e non pu� essere rifiutata o ritardata (n� pu� il contribuente 
dopo la presentazione recedere dal proposito ritirando l'atto), � evidente 
che il solo modo possibile per registrare l'atto � l'applicare all'unico e 
indifferenziato prezzo o corrispettivo l'aliquota normale o comunque pi� 
grave. Non sarebbe di certo possibile sospendere la registrazione per 
accertare di ufficio la quota parte del valore riferibile al bene che _pu� 
fruire dell'agevolazione. Una volta liquidata con criterio unitario l'imposta 
principale non pu� non liquidarsi con lo stesso criterio l'imposta 
complementare. . 

Molto problematico � poi il supplemento di accertamento che, fermo 
rimanendo il valore globale unico, legittimamente determinato � in contrapposto 
� al prezzo unico (Cass. 4 ottobre 1971 n. 2719 e 18 marzo 1972 

n. 821, in questa Rassegna, 1972, I, 88 e 463), dovrebbe intervenire, anche 
dopo la scadenza del termine annuale, per determinare di ufficio la 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indicare il sistema per attribuire -dopo la definizione del procedimento 
di valutazione globale dei beni -separati valori a ciascuno di essi. 

Le censure sono prive di fondamento. 

Questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione di rilevare (v. in 
motivazione, SS.UU., 3 luglio 1957, n. 2599, e 27 luglio 1956, n. 2908:} 
che il primo comma dell'art. 46 della legge di registro del 1923 costituisce 
una deroga rispetto al principio generale per cui, nel caso di 
trasferimento comprendente pi� beni, ciascuno deve essere soggetto 
alla relativa aliquota secondo la sua intrinseca natura, e che il criterio 
-di carattere particolare -della tassabiUt� con l'aliquota pi� 
onerosa (stabilito dalla citata norma per gli atti traslativi riguardanti 
beni mobili ed immobili) non pu� essere applicato oltre i casi espressamente 
consideraiti dalla norma stessa, avendo questa natura eccezionale, 
con conseguente impossibilit� di interpretazione analogica. 

Il principio risulta anche recentemente confermato, (da ultimo. 
Cass. 8 luglio 1974, n. 1980) con specifico riferimento alla materia 
delle agevolazioni tributarie, essendo stato ritenuto che nella ipotesi 
di vendita di un'area per prezzo unico, e di concordato sul valore 
venale egualmente avvenuto con metodo globale, devono essere tassate 
in maniera diversa la parte del bene avente i requisiti per fruire di 
benefici fiscali e la rimanente parte non soggetta al .trattamento agevolato, 
e che in tal caso � consentita la scissione del valore globale 
denunciato e concordato. 

Alla stregua dei richiamati principi non pu� ritenersi che la 

disposizione di cui al primo comma dell'art. 46 della legge di registro 

del 1923 stabilisca un criterio generale di tassazione, applicabile ogni 

quota-parte del valore del bene che pu� fruire dell'agevolazione; questa 
non � una semplice operazione esecutiva che, utilizzando gli elementi gi� 
acquisiti, si concreta in un completamento, di secondaria importanza, del 
precedente atto. Trattasi invece di un vero e proprio nuovo accertamento, 
che deve avere tutti i requisiti di sostanza e di forma, e che apre la via 
al ricorso del contribuente che pu� non essere d'accordo sulla determinazione 
del valore della quota-parte agevolata e quindi, per differenza, 
di quella non agevolata. Dovrebbe cio� accadere che anche dopo la scadenza 
dell'anno, mentre il valore globale dei beni � diventato definitivo 

o � oggetto di controversia di valutazione, si esegue un nuovo accertamento 
che pu� dar luogo ad una seconda controversia di valutazione. 
Nel caso ora in discussione non � concretamente possibile, almeno 
in sede di liquidazione di imposta princlpale, scindere i valori. Si deve 
allora ritenere che sia in forza della ragione obiettiva, di cui l'art. 46: 
rappresenta una delle manifestazioni, sia per il principio generalissimo 
dell'art. 8 che non ammette per la tassazione il ricorso ad elementi 
estrinseci all'atto, si debba necessariamente procedere ad una indistinta 
liquidazione dell'imposta sul corrispettivo unico. 


C. BAFILE 
.. ... ! 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1105 

qualvolta per i diversi oggetti compresi in un negozio di trasferimento 
(di qualunque natura essi siano) risulti pattuito un prezzo 

unitario. 

Una tale conclusione non solo sarebbe inconciliabile con le affermazioni 
contenute nelle menzionate sentenze di questa Corte Suprema, 
ma contrasterebbe con la lettera della norma, che � chiaramente rivelatrice 
della volont� del legislatore del 1923 di stabilire uno speciale 
metodo di tassazione unicamente per gli atti traslativi, a titolo oneroso, 
di propriet� e di usufrutto o di altro diritto reale, quando si 
riferiscano �a beni mobili ed immobili�. 

Per l'applicabilit� della disposizione in esame occorre, quindi, il 
concorso di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contemplata 
dalla disposizione stessa, non essendo sufficiente che per vari oggetti 
del negozio di �trasferimento risulti pattuito un prezzo unitario e che 
la finanza abbia effettuato un accertamento di valore egualmente unico. 

� certament~ esatto che l'ufficio fiscale (Cass. SS.UU. 4 ottobre 
1971, n. 2719) ha l'obbligo di indicare, nell'avviso di accertamento, 
il valore distintamente attribuito ad ognuno dei beni soltanto nell'ipotesi 
in cui anche l'atto contenga l'indicazione di un valore distinto, 
mentre alla denuncia di un valore complessivo pu� legittimamente 
essere contrapposto un ac.certamento di valore egualmente complessivo; 
ma ci� non implica che, di fronte ad una denuncia di valore 
globale, la finanza non possa procedere -quando sia necessario all'accertamento 
analitico rispetto ai singoli beni compresi nell'atto 

soggetto a tassazione. 

N� la circostanza che nella fattispecie in esame sia ormai esaurito 
il procedimento di determinazione del valore globale dei beni 
pu� costituire un valido motivo per negare i benefici fiscali a quella 
parte dei detti beni (e cio� all'intero edificio in Piazza De Ferrari 

n. 2) che la Commissione centrale delle imposte ha ritenuto ammissibile 
alle agevolazioni di cui al d.1.1. n. 322 del 1945. 
Nessun ostacolo sussiste, infatti, perch� la finanza (a causa della 
esigenza che deriva dalla definitiva statuizione sull'applicabilit� dei 
predetti benefici ad alcuni degl'immobili alienati con l'atto del 12 aprile 
1946) proceda ad un supplemento di accertamento che -fermo 
restando il limite del valore globale gi� determinato per tutti i beni si 
limi.ti a stabilire quale sia la quota-parte del valore globale medesimo 
riferibile al fabbricato ammesso a fruire dei benefici fiscali, ut\lizzando 
in questa indagine gU elementi .che a suo tempo idov� necessaTLamente 
acquisire in oQ'dine ai singoli beni, sia purre al fine di attd1burLre 
aid es1si un valore globale. 

Contenuta nei limiti indicati la menzionata procedura SU(Pplementare 
non mira, ovviamente, a porre nuovamente in discussione il valore 


1106 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

venale gi� complessivamente attribuito ai beni, ma tende unicamente 
a rendere possibile l'applicazione, ai diversi oggetti del negozio, delle 
aliquote cui essi devono essere assoggettati. 

Queste considerazioni assorbono la censura che la ricorrente muove 
alla Corte di appello per non avere indicato il metodo da seguire 
allo scopo di attribuire ai diversi immobili, dopo la definizione del 
procedimento di valutazione globale, separati valori. 

Non pu� comunque, non rilevarsi che la detta censura non ha 
consistenza, non essendo il giudice tenuto ad indicare alle parti il 
mezzo tecnico-giuridico per rendere possibile in concreto .l'attuazione 
di una statuizione giurisdizionale. 

Il ricorso va, pertanto, rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 ottobre 1975, n. 3276 -Pres. Pascasio 
-Est. Arienzo -P. M. Minetti (conf.) -Baldeschi (avv. Sambiagio) 
c. Ministero delle Finanze CAvv. Stato Angeilri.ni Rota). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Condono di cui al d.I. 
5 novembre 1973 n. 660 convertito con la legge 19 dicembre 1973 

n. 823 � Controversia concernente soltanto interessi e soprattasse Inapplicabilit�. 
(d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito con legge 19 dicembre 1973, n. 823). 
Le norme per agevolare la definizione delle pendenze in materia 
tributaria (c.d. condono) di cui al d.l. 5 novembre 1973 n. 660 convertito 
con la legge 19 dicembre 1973 n. 8;!3 presuppongono �la pendenza 
di una controversia sulla applicazione del tributo e quindi non 
si applicano alle controversie concernenti soltanto gli interessi o le 
soprattasse (1). 

(Omissis). -Con i quattro motivi del ricorso, i contribuenti, sotto 
il profilo della violazione dell'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. in 
relazione all'art. 65, 76, 75, r.d. 30 dkembre 1923 n. 3270; del d.L 
7 agosto 1936 n. 1639; e degli artt. 1184, 1185; 1372, 1375 cod. civ. 

(1) Con. la sent. 15 marzo 1975 n. 1015 (in questa Rassegna 1975, 
I, 579) fu affermata con ineccepibile motivazione l'inapplicabilit� del condono 
alle controversie di soli interessi; ora, riaffermando gli stessi concetti, 
si esclude l'applicabilit� del condono anche per le controversie 
riguardanti la sola soprattassa. 
~ 
~ 

.............,~~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1107 

sostengono che: 1) l'Amministrazione Finanziaria, nonostante il ritardo 
nel pagamento di una rata dell'imposta di successione dilazionata, 
abbia il potere discrezionale di ovviare alla decadenza del contribuente 
dalla dilazione, con ogni conseguenza in ordine alla tempestivit� dei 
pagamenti cos� effettuati; 2) dal comportamento dell'Uffi.cio che non 
aveva fatto valere immediatamente la decadenza della dilaz.ione, derivava 
il diriitto dei contribuenti alla riduzione della soprattassa come 
se il pagamento dell'intera imposta fosse stato eseguito nel termine 
di sessanta giorni dalla decadenza (art. 75 cpv. 1; successioni); 3) la 
Corte non abbia applicato l'art. 76, comma primo, legge citata, che 
riduce la soprattassa alla met� allorch� il pagamento delle somme 
dovute sia stato effettuato prima della notifica dell'ingiunzione; 4) gli 
interessi moratori sulle imposte scadute per effetto della decadenza 
dalla dilazione erano dovuti nella misura del 5% annuo e non del 3 % 
semestrale. 

In via preliminare deve esaminarsi il problema, sollevato dalla 
resistente che ne chiede soluzione negativa, se spetti ai contribuenti, 
che ne hanno fatto richiesta, la definizione della controversia in via 
amministrativa a' sensi del d.l. sul condono fiscale 5 novembre 1973 

n. 660, convertito in legge il 19 dicembre 1973 n. 823. 
Nella particolare disciplina dettata dal menzionato decreto n. 660 
del 1973, per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria, 
non rientrano -come gi� ha ritenuto questo S.C. (Cass. 15 marzo 
1975 n. 1015) -:---le contro;-v~rsie che riguardano, non l'applicazione 
del tributo, la natura o la configurazione di esso, ma solo aspetti collaterali 
derivanti dalla nasci.fa del rapporto tributario, come avviene 
per le controversie che concernono gli interessi moratori previsti dalle 
note leggi 29 del 1961 e n. 147 del 1962 e le soprattasse per ritardato 
pagamento del �tributo dilazionato a norma della legge sulle 
successioni. 

Ci� emerge chiaramente dalla lettera stessa del prorvvedimento 
legislativo e, precisamente, quanto ialla imposizione indiilretta, daltl'art. 6 
del provvedimento stesso il cui primo comma subordina la possibilit� 
di usufruire del condono alla circostanza di una controversia pendente 
riguardante �applicazione� del tributo, nonch� del quarto comma 
dell'art. 10, il quale esonera il contribuente dal pagamento degli interessi 
moratori solamente � per le imposte dovute in applicazione delle 
disposizioni del prese.nte decreto�. 

D'altra parte � sufficiente considerare la ratio delle disposizioni 
contenute nel provvedimento in esame, la quale, come risulta dai lavori 
preparatori, appare ispirata alla duplice esigenza di eliminare, da un 
lato, le numerosissime controversie tributarie pendenti prima dell'entrata 
in vigore della riforma tributaria e di realizzare, dall'altro, una, 


1108 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sia pure ridotta, entrata tributaria, acquisita con criteri di automaticit� 
e rapidit�, per trovare conferma dell'esattezza dell'enunciato principio. 
� facile, infatti, constatare che, ammettendo la possibilit� che 
nel concetto di controversia tributaria pendente rientri, non soltanto 
l'ipotesi della lite concernente l'applicazione del tributo, ma anche la 
contestazione giudiziale relativa esclusivamente all'obbligo del pagamento 
degli interessi moratori, si realizzerebbe soltanto la prima delle 
suindicate finalit�, ma non anche la seconda dal momento che nessun 
utile economico conseguirebbe l'erario dalla eliminazione delle predette 
controversie. 

, Le controversie, quindi, riguardanti esclusivamente gli interessi e 
le soprattasse non possono ritenersi comprese nel provvedimento di 
cui trattasi, dovendo il silenzio del legislatore, in ordine ad esse, essere 
interpretato come espressione di volont� negativa, e non essendo consentita 
l'interpretazione analogica per supplire ad eventuali omissioni 
in cui esso fosse incorso, trattandosi di materia disciplinata da norme 
eccezionali. N� potrebbe farsi ricorso alla interpretazione estensiva, pur 
consentita per le leggi eccezionali, sia perch� la estensione del condono 
alle predette contro'Versie non sarebbe conforme alla ratio legis, 
sia perch� il debiito di interessi, pur avendo anch'esso carattere tributario, 
non pu� assimilarsi all'obbligazione tributaria principale, n� pu� 
considerarsi come un ampliamento o un'e!'Jtensione di questa, perch� 
ne differisce nella sostanza e nelle condizioni (Cass. 5 gennaio 1972 

n. 20 e 29 ottobre 1973 n. 2805). 
Quanto, poi, alla possibilit� di una disparit� di trattamento tra 
contribuenti (art. 3 Cost.), non pu� negarsi che il provvedimento legislativo 
in esame, col negare ai contribuenti che sollecitamente hanno 
pagato il tributo, controvertendo su aspetti accessori della tassazione, 
la possibilit� di fruire del condono, viene a porre gli stessi in una 
situazione diversa rispetto a quelli che, al momento dell'entrata in 
vigore della legge, hanno omesso anche il pagamento dell'imposta, 
deve per� riconoscersi che con ci� non si verifica una violazione del 
principio dell'eguaglianza nel senso ormai acquisito di corrispondenza 
tra disciplina normativa e stt�azioni di fatto identiche o similari, dal 
momento che la legge, escludendo il condono nel primo caso ed ammettendolo 
nel secondo, ha regolaito si�tuazioni elle, al momento della 
sua entrata in vigore, si presentavano obiettivamente diverse. Trattasi, 
d'altra parte, non di una disparit� di diritto, ma di una dispar1t� 
di mero fatto, inevitabile in tutti i provvedimenti del genere, che 
prescindono da ragioni di equit� e di giustizia sostanziale, essendo 
dettati da situazioni di necessit� emergente e di eccezionalit�, le quali 
senz'altro legittimano il comportamento inteso a superarle (cfr. Corite 
Cost. 15 dicembre 1967 n. 148 e 14 maggio 1969 n. 45). -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1109 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1975, n. 3362 -Pres. 
Giannattasio -Est. Miele -P. M. Pedace (conf.) -Soc. Cartiere 
del Timavo c. Ministero delle Finanze (a\rv. Stato Baccari). 

Imposte e tasse in genere � Accertamento -Carattere dichiarativo -Competenza 
e giurisdizione � Momento della nascita dell'obbligazione tributaria
� Avveramento del presupposto -Ufficio competente a liquidare 
il tributo. 

Poich� l'obbligazione tributaria sorge, sia quanto all'esistenza sia 
quanto alla misura, nel momento in cui si verifica la situazione di 
fatto da cui la legge fa dipendere la nascita dell'imposta, s� che il 
.successivo accertamento, diretto a determinare l'importo del tributo, 
ha carattere puramente dichiarativo, dopo l'avveramento del presupposto 
(nella specie passaggio di merci della linea doganale) deve considerarsi 
sorto il rapporto giuridico di imposta necessariamente legato 
ad un Ufficio competente ad accertare e liquidare il tributo; in relazione 
a questo rapporto ed al relativo Ufficio va determinata la competenza 
del Tribunale del luogo ove risiede l'Ufficio dell'Avvocatura 
dello Stato, anche se l'accertamento non � ancora avvenuto. Non pu� 
invece ammettersi che prima della liquidazione dell'imposta un'azione 
di accertamento negativo in linea puramente teorica (e come tale di 
dubbia ammissibilitd) possa essere diretta contro l'Amministrazione 
Centrale innanzi al Tribunale di Roma sulla premessa che l'obbligazione 
tributaria non sia ancora sorta (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la societ� ricorrente afferma che 
erroneamente il Tribunale ha dichiarata la sua incompetenza per territorio 
non avendo considerato che la fattispecie non pu� ritenersi regolata 
dall'art. 25 del c. proc. civ. non essendo ancora sorta alcuna obbli


(1) Decisione esattissima di molto interesse. Sulla natura dichiarativa 
dell'accertamento, da pi� parti contestata, la giurisprudenza della Corte 
Suprema � sempre stata ben ferma (v. Relazione �Avv. Stato, 1966-70, 
II, 454 e segg., e Cass. 6 ottobre 1972 n. 2863, in-questa Rassegna, 1973, 
I, 910). L'obbligazione tributaria, che trae origine soltanto nella legge, 
sorge nel momento in cui si verifica la situazione di fatto considerata 
nella norma, completa di tutti i suoi elementi, quale che sia il modo 
e il tempo della dichiarazione, in forma vincolante, del suo contenuto. � 
pertanto incontestabile che all'avverarsi del presupposto non solo si costituisce 
il rapporto che crea doveri anche sanzionati (registrazione, denuncia, 
dichiarazione) ma nasce anche l'obbligazione di imposta i cui effetti, 
anche se successivamente accertati, decorrono da questo momento; di 
ci� danno la dimostrazione non solo i principi ge'nerali ma espresse 
norme come quelle degli artt. 15, 16 e 19 del r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 
che per le imposte indirette fissano come momento di riferimento per 
12 



lllO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gazione tributaria. Oggetto della domanda �_ l'accertamento che il precedente 
regime di deposito franco, di cui godrebbe la Cartiera, non 
era venuto meno per effetto del D.P.R. 30 dicembre 1969 n. 1133,. 
per cui legittimata passi'Vamente all'accertamento in questione � solo� 
l'Amministrazione centrale cui spetta ogni attribuzione in tema di. 
deposirto franco secondo la legge 8 luglio 1904 n. 351. Inoltre la condotta 
di questa Amministrazione centrale avrebbe fartto sorgere la pretesa 
al risarcimento dei danni. 

La censura non � fondata. Con la citazione introduttiva la societ� 
ha chiesto che si dichiari che il d.p.r. n. 1133 del 1969 (legge delegata 
attuaLmente abrogata e 1sostituita dafile noir:rne del!. T.U. d.p�.r. 23 gennaio 
1973 n. 43) non ha soppresso il regime di deposito franco di cui 
essa godrebbe in forza del provvedimenrto del commissario di governo 
del cessato Territorio di Trieste ed inoltre la condanna dell'Amministrazione 
convenuta al risarcimento dei danni per l'eventuale applicazione 
nei suoi confronti del nuovo regime doganale disposto dal citato� 

D.P.R. n. 1133 del 1969. Tali domande si riallaccianoc ad un rapporto� 
giuridico d'imposta doganale gi� sussistente, in quanto essendo presupposto 
di tale rapporto la introduzione delle merci oLtre la linea 
doganale (art. 3.6 del!. T.U. 23 gennaiio 1973 n. 43) esso si � v&iificato� 
poich� la merce importata dalla societ�, � stata posta nel regime di 
�daziato sospeso� e sono state pretese dalla Societ� ricorrente la prestazione 
di cauzione in relazione all'ammontare dei tributi eventualmente 
dovuti. Non ha rilievo, ai fini del sorgere della obbligazione 
tributaria, che l'accertamento del tributo dovuto non sia stato ancora 
effettuato e sia solo prospettato come possibile, giacch�, come ha piQ 
volte affermarto questa Corte suprema, l'obbligazione tributaria sorge, 
sia quanto all'esistenza sia quanto alla misura, nel momento in cui si 
verifica la situazione di fatto da cui la legge fa dipendere la nascita 
dell'imposta. 
la determinazione del valore il�giorno del trasferimento e ancor pi� l'art. 
3 della legge 26 gennaio 1961 n. 29 che fa decorrere gli interessi (ormai 
pacificamente definiti come moratori) dal giorno in cui l'imposta sarebbe 
stata dovuta se fossero stati adempiuti tutti gli obblighi imposti e l'art. 
184/bis del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 che, analogamente, prevede una 
maggiorazione d'aliquota nei casi in cui l'imposta sia iscritta a ruolo� 
con ritardo rispetto alla normale esigibilit� riferita al tempo dell'avveramento 
del presupposto. 

Sul punto che la competenza per territorio va sempre determinata 

con riferimento all'ufficio tributario che ha liquidato (o deve liquidare} 

il tributo e mai considerando la domanda come diretta contro l'Ammi


nistrazione Centrale (v. Cass. 29 ottobre 1973, n. 2806, Riv. leg. fisc.. 

1974, 663). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA llll 

L'accertamento, pertanto, non � causa della nascita dell'obbligazione 
tributaria ma � solo l'atto con cui si determina l'importo del 
tributo ed ha carattere puramente dichiaratiivo (cfr. cass. 10 agosto 1966 

n. 2191). Presupposto del tributo doganale, come si � osservato, � il 
passaggio dalla linea doganale di merci soggette a diritti di confine 
(art. 4 della L. 25 settembre 1940 n. 1124; ora art. 36 del T.U. D.P.R. 
23 gennaio 1973 n. 43), presupposto che si � verificato, secondo quanto 
riferisce la stessa societ� ricorrente, per essere state le merci, destinate 
allo stabilimento di S. Giov&nni di Duino, sottoposte al :�egime 
di dazio sospeso con l'onere della prestazione di cauzione. Quindi la 
azione di accertamento negativo non � stata proposta in linea puramente 
teorica (nel qual caso poteva anche farsi questione del difetto 
di interesse a proporla, in quanto avrebbe avuto contenuto di semplice 
azione di iattanza) ma riguarda un rapporto giuridico d'imposta gi� 
sorto, essendosi verificato il presupposto della obbligazione doganale. 
Plertanrto la competenza territoriale a giudicare � del giudice ove � 
sorto il rapporto giuridico d'imposta dal quale potrebbe derivare l'applicazione 
del tributo di cui si assume, in via preventiva, la illegittimit� 
e cio�, appuruto, del Tribunale di Trieste ove trovasi l'ufficio doganale 
che, in ipotesi, potrebbe procedere all'accertamento del tributo doganale. 
-(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 otrtobre 1975, n. 3409 -Pres. 
Giannattasio -Est. Miele -P. M. Serio (diff.) -Soc. Itafea (avv. 
Palandri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). 

Imposta di registro � Agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
� Primo acquisto di terreni e fabbricati per l'attuazione di 
iniziative industriali � Certificazione di raggiungimento del fine � 
Termine per la presentazione � Rilascio di certificato negativo contenente 
indirettamente la attestazione � Necessit� di tempestiva presentazione. 


(d.I. 14 dicembre 1947, n. 1968, art. 5). 
L'agevolazione dell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1967 n. 1998 � subordinata 
alla presentazione all'Ufficio nel termine perentorio di tre 
anni dalla certificazione della Camera di Commercio attestante il conseguimento 
del fine industriale; tuttavia la certificazione, per la quale 
non si richiedono forme particolari pu� risultare anche indirettamente 
da altro atto che necessariamente presupponga l'accertamento richiesto 
(ipotesi del certificato che negando il conseguimento del fine industriale 
perch� � stato costruito un albergo, implicitamente ammette l'esistenza 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1112 

di una costruzione destinata ad albergo); � per� sempre necessario che 
una certificazione, sia pure indiretta, sia presentata all'Ufficio nel termine 
stabilito (1). 

(1) Decisione esatta. Sull'argomento ben diversamente s1 e pronunziata 
la S.C. con la sent. 20 maggio 1975 n. 1987 (in questa Ras:llegna 
1975, I, 747) che ha ammesso l'impugnabilit� innanzi all'A.G.O. della 
certificazione negata per ragioni di merito ed ha perfino ritenuto che il 
giudice di ufficio debba accertare quanto il contribuente non si � preoccupato 
di dimostrare. 
Oggi, pur riconoscendo che la certificazione formalmente negativa 
possa valere a dimostrare il fatto, esattamente si afferma che essa va 
sempre presentata all'Ufficio nel termine e non pu� essere sostituita o 
integrata da prove fornite in sede contenziosa. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 ottobre 1975, n. 3426 -Pres. 
Rossi -Est. D'Orsi -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Salto) c. Bonomi (avv. Sabaitello). 

Imposte e tasse in genere -Azione in sede ordinaria � Precedente deci� 
sione di commissione � Termine semestrale � Sospensione feriale � 
Si applica. 

(l. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). 
Il termine di sei mesi per proporre l'azione in sede ordinaria 
dopo la decisione di una commissione � di natura processuale e quindi 
soggetto alla sospensione feriale (1). 

(1) Vengono confermate, ormai definitivamente, le pronunzie 12 luglio 
1974, n. 2084 (in questa Rassegna 1974, I, 1249) e 23 ottobre 1974, 
n. 3053 (Riv. Leg. fisc., 1975, 597). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 novembre 1975, n. 3966 -Pres. 
Rossi -Est. Longo -P. M. Serio (conf.) -Soc. Parco Ruffo c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Mazzella). 

Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso � 
Decadenza -Prescrizione � Rivendita dell'area senza indicazione di 
provenienza � Sospensione della prescrizione. 

(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14 e 20; e.e. 3941, n. 8). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1113 

Imposte e tasse in genere � Interessi � Decadenza da agevolazioni � Decorrenza 
dalla data di esigibilit� dell'imposta principale. 

(1. 26 gennaio 1961, n 29, art. 1). 
Quando la decadenza dall'agevolazione dell'art. 14 della legge 
2 luglio 1949 n. 408 � determinata dalla rivendita, prima della costruzione, 
dell'area acquistata, e l'atto di rivendita non contiene alcun 
accenno al titolo di provenienza dell'immobile e quindi non fornisce 
all'Ufficio indicazioni idonee a rilevare la decadenza, si verifica una 
causa di sospensione della prescrizione a norma dell'art. 2941 n. 8 
cod. civ. (1). 

Nel caso di decadenza dai benefici fiscali (nella specie dell'art. 14 
della legge 2 luglio 1949 n. 408) gli interessi sulle imposte in misura 
ordinaria dovute dal contribuente ammesso ai benefici, decorrono dalla 
data di registrazione dell'atto inizialmente agevolato, o, se questa � 
anteriore, da quella di entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961 

n. 29 (2). 
(Omissis). -Con i primi due mezzi, che per la loro evidente 
connessione possono esaminarsi congiuntamente, si denunzia violazione 
ed erronea applicazione dell'art. 2 della legge 6 ottobre 1962, n. 1493, 
nonch� degli artt. 6 e 7 del D.L. 11 dicembre 1967 n. 1150, convertito 
nella legge 7 febbraio 1968 n. 26. 

�Sostiene la Societ� ricorrente, con le censure in esame, non aver 
la Corte tenuto conto che alla data di notificazione dell'ingiunzione 
(7 aprile 1966) relativa all'imposta pretesa per la nuova alienazione 
del suolo a suo tempo acquistato con l'atto per notaro Spena, era 
gi� decorso il termine settennale di prescrizione previsto dall'art. 2 
della legge n. 1493 del 1962, e pertanto il diritto dell'Amministrazione 
finanziaria era estinto. 

(1-2) La prima massima � di grande interesse. La registrazione di 
un atto puro e semplice di vendita di un'area, che pu� essere richiesta 
presso un ufficio diverso da quello presso il quale fu registrato il precedente 
atto di acquisto, non mette di certo l'Ufficio nella condizione di 
constatare l'avvenuta decadenza; e se � vero che ai fini del decorso 
della prescrizione (art. 2935 e.e.) � rilevante la possibilit� in senso giuridico 
e� non la concreta possibilit� di fatto, deve pur ammettersi che 
la possibilit� meramente ipotetica, resa tale dal comportamento malizioso 
del contribuente, non pu� valere a mettere in movimento il decorso 
del termine. 

Con la seconda massima si conferma il recente orientamento (Cass. 
14 febbraio 1975 n. 565, in questa Rassegna 1975, I, 563) che ha corretto 
la precedente inaccettabile soluzione. 



1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� essa� Soci'et� era tenuta alla denunzia necessaria ai fini del 
consolidamento dell'agevolazione, perch� l'Amministrazione non le aveva 
mai notificato la formale richiesta prevista dall'ultimo comma della 
norma citata. Dall'insussistenza di siffatto obbligo di denunzia avrebbe 
dovuto dedursi, secondo la ricorrente, che ad essa Societ� non incombeva 
l'onere di indicare, nell'atto di rivendita, la provenienza dell'immobile; 
provenienza che, del resto, l'Amministrazione finanziaria pot� 
ugualmente individuare. 

Aggiunge la ricorrente che, dovendosi considerare estinto prima 
�della data predetta il rapporto tributario, ne derivava che nella specie 
non potevano trovare applicazione le disposizioni del D.L. 11 dicembre 
1967, n. 1150, convertito nella legge 7 febbraio 1968, n. 26. Ed 
all'estinzione del diritto all'imposta principale conseguiva quella del 
diritto agli interessi, sopratasse ed accessori del debito. 

Le doglianze non sono suscettibili di accoglimento. 

A parte, invero, l'esattezza delle consider.azioni della corte d'appello, 
accennate in narrativa, circa l'applicabilit� della prescrizione 
settennale a sensi delle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, va 
rilevato che le censure muovono dall'erroneo presupposto che il termine 
della prescrizione iniziasse a decorrere dall'originario atto di 
acquisto anzich� dall'atto (di rivendita) comportante la decadenza dal 
beneficio fiscale. 

In senso opposto si � gi� altre volte pronunziata questa S.C., 
affermando che l'azione dell'Amministrazione delle Finanze, intesa al 
pagamento dell'imposta ordinaria di registro in caso di incorsa decadenza 
dalle agevolazioni tributarie concesse nel settore dell'edilizia, 
mentre per gli atti successivi all'entrata in vigore della legge 2 febbraio 
1960, n. 35, decorre dalla data della denunzia -cui le parti 
sono obbligate -dell'avvenuto verificarsi delle condizioni da cui 
dipende l'agevolazione, cos� come stabilito dalle leggi 11 dicembre 
1967, n. 1150 e 7 febbraio 1968, n. 26, viceversa, prima dell'entrata 
in vigore della citata legge n. 35 del 1960 e della legge 6 ottobre 1962, 

n. 1493, si prescriveva nel termine di tre anni decorrente non dall.a 
data di registrazione dell'atto agevolato, bens� da quella dell'atto (nella 
specie, di rivendita) che importava la d�cadenza dalle agevolazioni 
gi� concesse (Cass. 15 marzo 1971, n. 725), salva, ove del caso, l'applicazione 
dell'�rt. 2941 n. 8, cod. civ. (Cass. 7. novembre 1970 n. 2271). 
D'altronde, nella fattispecie in esame l'inizio del decorso del termine 
prescrittivo non poteva nemmeno esser determinato nella data 
di registrazione dell'atto di rivendita (5 aprile 1963). 

La Corte d'a1ppello, invero con apprez.zamento di fatto insindacabile 
in questa sede, e del resto non ritualmente censurato dalla ricorrente, 
ha accertato che quell'atto non conteneva alcun accenno al titolo 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1115 

di provenienza dell'immobile (e cio� dell'atto di acquisto dello stesso 
�da parte della Societ�), e quindi non forniva all'Ufficio indicazioni 
idonee a rilevare la decadenza ed in conseguenza di agire per far 
valere il diriitto alla percezione dell'imposta nella misura normale. 
Esattamente, pertanto, la corte di merito ha ritenuto sussistere nella 
specie la causa di sospensione della prescrizione, prevista dal n. 8 
�dell'art. 2941 cod. civ. N� il fatto che, nonostante il comportamento 
<lel contribuente, l'Amministrazione abbia comunque, a un daito momento, 
rilevato la decadenza e notificato l'ingiunzione di pagamento 
�dell'imposta sarebbe stato sufficiente a ritenere che, medio tempore, 

la sospensione predetta non av~sse operato. 

Con il terzo mezzo, lamentando �omessa pronunzia sull'illegittimit� 
della pretesa alla sopratassa�, la ricorrente deduce che quest'ultima 
non avrebbe potuto considerarsi dovuta giacch�, se riferita agli 
interessi moratori, essa avrebbe difettato di presupposto,� e se riferita 
alla �tassa principale�, essa sarebbe� stata annullata dal tempestivo 
_pagamento dell'imposta principale, avvenuto nel periodo di tempo compreso 
nel condono di cui alla legge 23 dicembre 1966, n. 1139. 

La censura � infondata. La Corte ha irnvero pronunziato sul punto, 
�dichiarando legittima l'ingiunzione per la sopratassa, necessaria conseguenza, 
quest'ultima (a sensi dell'art. 20 della citata legge n. 408 del 
1949) della decadenza dall'agevolazione fiscale. Il condono, cui la ricorrente 
si riferisce, comprendeva bensi l'esonero dal pagamento della 
sopratassa, ma subordinava la concessione di tale esonero alla definizione 
del contesto; la mancata definizione nel termine di legge per non 
essere stati pagati gli interessi comportava di necessit� l'inapplicabilit� 
�del condono. 

Infondato � del pari il quavto mezzo con cui, denunziando �omessa 

pronunzia sulla domanda subordinata relativa alla decorrenza degli 

interessi�, la ricorrente sostiene di aver dedotto che la decorrenza 

degli interessi moratori deve coincidere con la data� dell'atto di vendita 

e non con quello di acquisto. 

Il vizio di omessa pronunzia non sussiste. La Corte ha riconosciuto 

<lovuti gl'interessi allorch� ha ritenuto legittima l'ingiunzione notificata 

dall'amministrazione finanziaria, che ne intimava il pagamento. Mani


festa � poi l'infondatezza dell'assunto ch'essi debbano decorrere dalla 

<lata della rivendita; trattasi di interessi di mora, che decorrono dal 

momento in cui � dovuto il tributo principale (Cass. 23 novembre 1971, 

n. 3396), val dire dall'atto di acquisto che avrebbe dovuto essere assog~ 
gettato alle normali imposte; ovvero, se tale atto � anteriore alle leggi 
che detti interessi ha istituiti, dalla data di entrata in vigore della 
legge. -(Omissis). 

1116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 novembre 1975, n. 3967 Pres. 
Mirabelli -Est. Boselli -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Soprano) c. Crenna. 

Imposte e tasse in genere � Pena pecuniaria � Prescrizione � Decorrenza � 

Imposta di successione � Denuncia infedele . Decorrenza del giorno 

della commessa violazione. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17; r.d. 30 gennaio 1923, n. 3270, art. 43; e.e. 
art. 2935). 
La prescrizione della pena pecuniaria, che costituisce una obbligazione 
civile, comincia a decorrere dal giorno della commessa violazione 
a norma dell'art. 17 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e non influisce 
sul corso di essa il procedimento di accertamento dell'imposta e 
il giudizio di valutazione innanzi alle Commissioni (1). 

(Omissis). -Con i due motivi del ricorso -che, per la loro 
connessione possono essere trattati congiuntamente -la Amministrazione 
Finanziaria denunzia violazione degli artt. 17 della legge 7 gennaio 
1929 n. 4, dell'art. 2935 cod. civ. e dell'art. 43 �del d.l. 30 dicembre 
1923 n. 3270, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. ed 
assume che, stante la natura civilistica della obbligazione della pena 
pecuniaria per denuncia di successione infedele, la prescrizione quinquennale 
comincia a decorrere dal giorno dell'accertamento dell'avvenuta 
'Violazione, non da quello in cui la violazione medesima -intesa 
come fatto -� stata commessa, essendo quello (dell'accertamento) il 
momento in cui lo Stato pu� far valere il suo diritto. 

I due motivi sono infondati. 

(1) La decisione non pu� essere condivisa. Proprio per la ragione, 
ampiamente esposta nella motivazione, che non esiste una sostanziale 
differenza di contenuto tra l'art. 2935 e.e. e l'art. 17 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4, si deve ritenere, in via generale, che la regola fissata 
in quest'ultima norma non deroga al principio, ancor pi� generale, che 
la prescrizione non pu� cominciare a decorrere prima che il diritto 
possa esser fatto valere. Se quindi di norma la prescrizione della pena 
pecuniaria decorre dal giorno della commessa violazione, ci� non esclude 
che questo momento possa essere ritardato quando dalla violazione non 
nasce immediatamente il credito dell'Amministrazione completo di ogni 
suo elemento e tale da poter essere fatto valere. 
Nel caso di specie si discuteva, per�, della pena pecuiniaria prevista 
nell'art. 43 della legge sulle successioni (nel testo modificato con l'art. 
12 della legge 12 giugno 1930, n. 742) nel caso che il valore definitivamente 
accertato, diminuito di un quarto, sia superiore �al valore dichiarato. 
Ci� significa, evidentemente, che la presentazione della denuncia 
di successione non solo non pone lAmministrazione nelle condizioni di 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1117 

Il problema relativo al momento iniziale della prescnz10ne della 
pena pecuniaria dovuta allo Stato in dipendenza della violazione delle 
norme contenute nella legge sulle imposte di successione ed, in genere, 
in dipendenza della violazione di norme contenute nelle leggi finanziarie 
-problema che la Corte del merito ha esattamelllte ritenuto costituisse 
il �punto essenziale� della controversia -� stato risolto legislativamente 
dall'al't. 17 della 1. 7 gennaio 1929 n. 4, il quale dispone 
che �il diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria si 
prescrive col decorso di cinque anni dal giorno della commessa violazione
�. 

E non sa vedersi, pertanto, per quale motivo -pur riconoscendo 
la natura civile di una tale obbligazione -debba farsi ricoi:so, per 
la soluzione di detto problema, alla disposizione dell'art. 2935 del 
codice civile vigente, in ispecie se si considera che la disposizione 
del citato art. 17 della legge n. 4 del 1929, per il suo carattere di 
norma speciale, prevale necessariamente sulla norma generale del citato 
art. 2935, ancorch� introdotta nel nostro ordinamento in epoca successiva. 


Coerente con tale lineare premessa, la giurisprudenza di questa 
Suprema Corte ha sempre affermato che l'obbligazione di pagamento 
della pena pecuniaria sorge con l'infrazione della norma fiscale ed al 
momento di questa e che i verbali di accertamento della infrazione 
medesima possono avere efficacia interruttiva (si noti, non impediti'Va) 
della prescrizione in corso, semprech� dagli stessi possa desumersi in 
modo non equivoco la manifestazione di volont� della P.A. creditrice 
di ottenere l'adempimento del debito, anche se non ancora specificamente 
determinato (Cass., n. 2824 del 1971; Id., n. 1186 del 1969;. 
Id., n. 34 del 1968). 

far valere il suo diritto, ma costituisce un presupposto del tutto ipotetico 
per la futura nascita del diritto, perch� fino a quando il valore 
non sar� definitiv>amente determinato (in via amministrativa con accertamento 
non opposto o concordato o in via contenziosa con decisione 
passata in giudicato) resta incerto non solo il quanto ma il se della 
pena pecuniaria. Non � quindi concepibile che il diritto alla pena pecuniaria 
si prescriva prima che si possa verificare se esso � mai venuto ad 
esistenza. 

Ma va considerato un ulteriore profilo. L'avviso di accertamento di 
valore interrompe la prescrizione per tutti quei diritti discendenti dalla 
determinazione di una maggiore base imponibile e quindi non solo per 
l'imposta complementare, ma anche per le sopratasse, le pene pecunarie 
e gli interessi. Ci� per la duplice considerazione che tutti questi accessori, 
legati nell'an e nel quantum all'accertamento di un maggior valore 
non potrebbero essere azionati separatamente e prima della definizione 
della valutazione e che, costituendo essi un credito indisponibile della 
Amministrazione, sono necessariamente legati alla sorte del credito di 



1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vale, tuttavia, la pena di chiarire come la norma (speciale) dell'art. 
17 della legge del 1929 e quella (generale) dell'art. 2935 del 
<:od. civ. vigente non siano fra loro incompatibili. 

Sono note le dispute che, sotto l'impero del codice civile abrogato, 
il quale non dettava una norma espressa in proposi.io, si facevano in 
dottrina circa il momento iniziale della prescrizione. 

Dottrina e giurisprudenza prevalenti non tardarono, peraltro, ad 
.adottare, come criterio risolutivo, quello tradizionale dell'actio nata, 
determinando -sulla base di una sostanziale identificazione fra la 
.azione e la ragione (ossia il diritto) -come momento iniziale della 
prescrizione quello stesso in cui sorge la ragione. 

Orbene, � a questo stesso criterio che hanno prestato sostanzialmente 
adesione tanto il legislatore fiscale, con la norma dell'art. 17 
della legge n. 4 del 1929 (in materia di repressione delle violazioni 
delle leggi finanziarie) quanto -pi� tardi -il codice civile del 1942; 
<:on la disposizione dell'art. 2935, sebbene nei due casi la formula 
adottata sia diversa a cagione della dirversa ampiezza del rispettivo 
<:ampo di applicazione. 

Alla stregua del principio dell'actio nata -e cosi pure alla stregua 
dell'art. 2935 e.e. che quel principio ha codificato -si fa distinzione 
fra diritti che possono farsi valere appena costituiti e diritti che, in 
tanto consentono l'esercizio dell'azione, in quanto siano stati violati. 

Orbene, se residuano ancora dubbi circa la precisa/ identificazione 

di questi ultimi diritti, non � dubbio invece che rientrino nella prima 

categoria i diritti di obbligazione in genere (ed, in ispecie) le obbliga


zioni di �dare�, in base appunto alla considerazione che l'obbligazione, 

.appena sorta, attribuisce al credi:tore il diritto a chiederne l'adempi


.mento, anche se non sia determinata nel suo ammontare. 

jmposta, come se l'accertamento, contenga o no superflue formule di 
.salvezza (sanzioni come per legge; oltre sanzioni ed interessi e simili), 
sia sempre (e necessariamente) diretto ad interrompere la prescrizione, 
<>ltre che per l'imposta, per tutti gli altri diritti accessori. 

Ci� � pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza per quanto con


<:erne gli interessi la cui prescrizione non comincia a decorrere finch� 

il credito d'imposta � controverso ed � comunque interrotta dagli atti con 

i quali l'Amministrazione coltiva il suo diritto al tributo (Cass. 5 gen


naio 1972, n. 20, in questa Rassegna, 1972, I, 281; 13 luglio 1973, n. 2023, 

ivi, 1973, I, 960). 

D'altra parte l'accertamento di valore contiene una generica dichia


razione destinata a costituire la base imponibile sulla quale saranno liqui


<lati successivamente tutte le somme dovute per vario titolo; esso non 

�contiene un invito a pa�gamento o costituzione in mora (nemmeno per 

l'imposta), ma evidentemente interrompe la prescrizione su tutti i rap


porti che traggono ragione dalla determinazione della base imponibile. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1119 

Si chiarisce, pertanto, come la disposizione dell'art. 17 della pm 
volte citata legge n. 4 del 1929, allorquando stabilisce che il diritto 
della Finanza ad e1sig.ere fa pena pecuni:ar�i<a (conseguente ad infrazioni 
delle leggi finanziarie) si prescrive col decorso di cinque anni 
-dalla commessa violazione, non faccia che applicare al campo delle 
peculiari obbligazioni di cui si tratta, lo stesso principio al quale 
-come accennato -si � ispirato il legislatore del 1942 nel dettare 
l'art. 2935 del cod. civ., dato che l'obbligazione di cui si traitta sorge 
al momento della violazione delle norme tributarie e che -per quel 
che concerne in particolare la infrazione qui considerata -la stessa 
si consuma al momento della presentazione della infedele denuncia 
di successione. 

Il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1975, n. 4098 -Pres. 
Rossi -Est. Scanzano -P. M. Raja (conf.) -Soc. Rodeo Simmenthal 
(avv. Guadagni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). 


Imposta di registro -Agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogior� 
no � Primo acquisto di terreni e fabbricati � Trasferimento di stabili� 
mento industriale gi� attivato e in dissesto � Esclusione dell'agevo� 
lazione. 

(d.I. 14 dicembre 1947, n. 1598. art. 2 e 5). 
Il fine dell'agevolazione dell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1948 n. 1598 
� quello di incrementare la formazione del patrimonio industriale mediante 
la trasformazione di terreni o fabbricati a destinazione agricola 
-0 civile in stabilimenti industriali tecnicamente organizzati; conseguentemente 
l'agevolazione non pu� essere riconosciuta per l'acquisto di 
un opificio industriale gi� attivato anche se in dissesto a causa di fallimento 
e anche se a seguito del trasferimento viene modificato il tipo 
di produzione industriale (1). 

(1) Viene confermato il recente indirizzo restrittivo (Cass. 6 dicembre 
1974 n. 4032, in questa Rassegna, 1975, I, 210) in materia di primo 
acquisto di terreni e fabbricati per l'impianto di stabilimenti industriali 
nel Mezzogiorno. Sono da sottolineare le precisazioni che alla base dell'agevolazione 
sta la trasformazione di un bene a destinazione agricola 
o civile in un impianto industriale e che anche la completa trasformazione 
di un impianto per una produzione diversa non realizza il fine 
dell'incremento del patrimonio industriale, perch� l'attivazione di una 
nuova iniziativa comporta la soppressione dell'iniziativa precedente. N� 
risulta indirettamente confermata la regola che l'agevolazione pu� essere 
accordata una sola volta sul trasferimento di un bene determinato. 

1120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Col secondo motivo la ricorrente denuncia violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2 e 5 e segg. D.L.C.P.S. 14 dicembre 
1947 n. 1598; 2 e 3 L. 19 dicembre 1948 n. 1482; 36 e 37 

L. 29 luglio 1957 n. 634 riproponendo la tesi secondo cui l'acquisto 
dovrebbe godere dei benefici tributari previsti per l'industrializzazione 
del mezzogiorno. Sostiene in proposito: 
a) che detti benefici spettano anche quando la riattivazione di 
uno stabilimento preesistente viene a realizzare una finalit� industriale 
nuova, com� nel caso � avvenuto attraverso l'installazione di impianti 
e maccb.inari necessari per la produzione di carne conservata (attivit�, 
questa, del tutto diversa da quella originaria dello stabilimento, ed 
ormai 'cessata); 

b) che la riattivazione � espressamente prevista, a fini agevolativi, 
degli artt. 2 e 3 della legge n. 1482/48, e non solo per gli 
stabilimenti che erano inattivi prima dell'entrata in vigore del DLCPfS 

n. 1598/47; 
c) che il diritto alle agevolazioni invocate � reso chiaro anche 
dagli artt. 36 e 38 della legge n. 634/57 che accordano ben~fici tributari 
anche ad atti secondari quali la costituzione e gli aumenti di 
capitale di societ� che si propongano di rilevare stabilimenti industriali, 
per �ampliarli, .trasformarli e riattarli. 

Conne~so col motivo ora riassunto � il terzo, che � anzi logicamente 
preliminare nella pavte in cui censura come scarsamente motivato 
l'accertamento di fatto che costituisce il presupposto della decisione 
impugnata. 

Denunciando ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 2 
e segg. DLCPS 14 dicembre 1947 n. 1598, la Rodeo Simmenthal ripropone 
la tesi subordinata secondo cui, tassandosi i beni mobili separatamente 
dagli immobili, il beneficio dell'imposta fissa di registro 
doveva essere riconosciuto spettante almeno per questi ultimi. Lamenta 
che la Colite del merito, osservando in contrario che l'acquisto ebbe 
ad oggetto un complesso indtvisibile, abbia adottato una motivazione 
insufficiente ed erronea, per aver trascurato che la legge, in tema di 
riattazione di stabilimenti preesistenti, prevede separa.tamente gli atti 
economici concernenti gli immobili, i materiali di costruzione e le 
macchine. 

Anche queste censure sono prive di fondamento. 

Nell'interpretazione dell'atto della cui registrazione si discute, gi� 
il primo giudice aveva ritenuto che l'acquisto ebbe ad oggetto uno 
stabilimento industriale preesistente e funzionante. Proponendo appello, 
la Rodeo Simmenthal, pi� che negare che il suo acquisto concernesse 
una azienda come complesso organizzato, sostenne ehe questa caratteristica 
era priva di rilevanza per il fatto che lo stabilimento era dive


---� 


PARTE l, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nuto inservibile a causa dell'inattivit� seguita al fallimento. La Corte 
di Napoli ha comunque esaminato la questione nel suo duplice aspetto, 
confermando, da un lato (con riferimento anche alle relazioni di stima) 
che il decreto del giudice delegato aveva ordinato il trasferimento 
dell'intero stabilimento industriale con tutte le attrezzature e macchinari 
di cui era dotato e che costituivano un tutt'uno per la loro 
combinazione strutturale collegata allo svolgimento di una specifica 
attivit� produttiva, e, dall'altro, che la momentanea sospensione di 
questa per effetto del fallimento non valeva a sopprimere la suindicata 
caratteristica e la idoneit� del complesso ad assolvere la finaut� industriale 
per la quale era stato costituito. 

Con tali argomentazioni, sufficienti e pienamente aderenti ai principi 
relativi all'azienda, detta Corte ha ritenuto che la Rodeo Simmenthal 
acquist� uno stabilimento industriale gi� esistente in territorio 
agevolato e tuttora idoneo a consentire lo svolgimento di una attivit� 
produttiva. E questo accertamento conduce a disattendere ogni altro 
assunto della ricorrente. 

L'agevolazione tributaria di cui si discute � quella prevista dall'art. 
5 DLCPS 14 dicembre 1947 n. 1598 secondo cui il primo trasferimento 
di propriet� di terreni e di fabbricati occorrenti per l'attuazione 
delle iniziative industriali di cui all'art. 2 � soggetto a imposta 
di registro e di �trascrizione in misura fissa. L'al't. 2 dello stesso decreto, 
nel testo risultante dal coordinamento con la I. 29 dicembre 1948 

n. 1482, fa riferimento al primo impianto di stabilimenti industriali 
tecnicamente organizzati ed all'ampliamento, trasformazione, ricostruzione 
e riattivazione di stabilimenti gi� esistenti nei territori contemplati 
dall'al.'t. 1. 
Nell'interpretazione del predetto art. 5 questa Suprema Corte ha, 
pi� volte, affermato che i benefici da esso previsti non si applicano 
.agli acquisti di stabilimenti gi� esistenti (cass. 1111/63, 1548/65, 
1410/73). 

L'orientamento va confermato, condividendo il Collegio le ragioni 
�che lo presidiano. 

Lo scopo dell'agevolazione � quello di favorire l'industrializzazione 
del Mezzogiorno, incentivando le iniziative che ne arri�chiscono il patrimonio 
produttivo. Il risultato perseguito dal legislatore si realizza 
nel caso in cui terreni e fabbricati acquistati servano di base per la 
creazione di nuovi stabilimenti, o ricevano comunque una destinazione 
industriale che prima non avevano, per essere impiegati nell'ampliamento, 
riattivazione o ricostruzione di stabilimenti preesistenti. � necessario 
cio� che immobili aventi una destinazione agricola, o genericamente 
civile o sia pure commerciale, attuata col mero scambio di beni, 
diventino immobili industriali mediante la loro utilizzazione in attivit� 


1122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
produttive di beni o servizi. Detto risultato invece non si realizza 
quando l'acquisto ha ad oggetto immobili che gi� costituiscono uno 
stabilimento organizzato e possiedono la destinazione industriale che 
il legislatore vuole favorire. � evidente infatti che la trasformazione 
che in tal caso l'acquirente voglia farne (come nella specie) per utilizzare 
i beni secondo le esigenze di una nuova impresa, d� bens� vita a 
questa nuova iniziativa industriale, ma nel contempo viene a sopprimere 
l'industria preesistente impoverendo il relativo settore produttivo. 

Ad una siffatta iniziativa il legislatore non � insensibile: ma le 
agevolazioni apprestate in proposiito sono di altro tipo e consistono, 
come la Corte di merito ha posto in evidenza, nelle esenzioni disposte 
agli artt. 2 e 3 del citato decreto 1598/47. 

De�ve quindi concludersi, anche con riferimento alle disposizioni 
dell'art. 5 1. 9 dicembre 1948 n. 1482, che in tema di riattivazione e 
di trasformazione di stabilimenti esistenti, i benefici tributari riguardano 
i materiali da ~ostruzione e le macchine a tali fini impiegati, e si 
estendono agli acquisti immobiliari solo nel caso che ai relativi beni � 
venga impressa una destinazione industriale che prima essi non avevano. 
Rimane cos� confutato anche la tesi subordinata, sostenuta col terzo 
motivo, dell'applicabilit� delle agevolazioni di soli immobili. 

Deve infine aggiungersi che non giovano alla tesi della ricorrente 
gli artt. 2 e 3 della 1. 1482/48 (che riguardano rispettivamente l'estensione 
a certe operazioni del Banco di Napoli, di Sicilia e di Sardegna, 
del privilegio di cui all'art. 7 D.L. 1 novembre 1944 n. 367 e agevolazioni 
tributarie per operazioni di credito), n� l'art. 36 della L. 29 luglio 
1957 n. 634 (che prevede agevolazioni per atti costitutivi di societ�, 
ed ha quindi un ambito ben delimitato, non estensibile alla diversa 
materia che ne occupa senza violazione del divieto dell'analogia, che 
in questo campo � tassativo), n� l'art. 37 della stessa legge, che agevola 
la costituzione di ipoteche contestuali agli acquisti immobiliari previsti 
dall'art. 5 D.L. 1598/47. 

.<

Il ricorso deve essere pertanto rigettat<;>, con la conseguenze di �=: 
legge. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (*) 


CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, 26 agosto 1975, n. 3018 -Pres. DeIfiil!
i. -R.el. Baciconi -P.M. Pedace (conf.) -Impire1sa De Luca (avv. 
Freno) c. Ministero dei lavo�ri pubiblid (avv. Stato Tariin) e I.A.C.P. 
di Reggio Calabria (avv. Oala;rco). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale di appalto per 
i lavori di competenza del Ministero dei lavori pubblici. -Richiamo 
nei contratti con enti pubblici diversi dallo Stato -Efficacia negoziale 
-Modifiche del capitolato generale di appalto -Irrilevanza nella 
disciplina del rapporto. 

(d.m. 28 maggio 1895, artt. 42 e segg.; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 43 e 47). 
Nei rapporti di appalto con enti pubblici diversi dallo Stato, e cio� 
quando le norme del cap~tolato generale di appalto richiamate dalle parti 
contraenti hanno natura contrattuale, il rapporto rimane disciplinato, 
anche per quanto concerne le previsioni di carattere processuale, dalle 
norme del capitolato genemle di appalto vigente alla data di conclusione 
del contratto (1). 

(Omissis). -Con il iprimo motivo, il a:<.i.tcoirrente afferma di aver 
correttamente .piroposto la domanda davanti al g1iudice 011d.inairi-0 competente, 
avvalendosi delil.a facolt� di scelta conces1sa alle jparti dagU 
artt. 43 e 47 del nuovo �caipitolato generale d'appalto peir il.e opere di 
competenza del Mini1stero dei Lavori pubbJ.ici, a,ppirovato �con d.P.R. 16 
lugliio 196:2, n. 1063; e sOlstiene che il Tiribunale avirebbe eI"f�ato nell'affermare 
apoditticamente che le norrme suddette non oono appilicabi.Jl 

(1) Sui prindpi affermati nella �sentenza in rassegna (ed in base ai 
quali � stata esclusa, nella specie,, 1a .comipetenza del .g.iudice ordinado� 
relativamente a contratto di appalto stipulato con richiamo alle norme del 
capitolato generale di appalto approvato con d.m. 28 ma�g.gio 1865) cfr., da 
ultimo, Cass., 21 maggio 1975, n. 2006, 1�etro, I, 752, con nota di richiamo 
ai precedenti, ed in particolare App. Roma, 17 luglio 1975, retro, I, 930. 
con nota contraria di ALBISINNI, Capitolato generale oo.pp. approvato con. 
d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza 
della Regione siciliana: wpplicabilit� delle norme di procedura alle� 
controversie arbitrali in corso. 
(*) Le decisioni in materia di a�c.que pubbliche sono massimate ed: 
annotate dall'avv. PAOLO VITTORIA. 



1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al contratto in questione (stipulato il 26 maggio 1961), dato �Che appa~tante 
� un ente dlive1riso da.110 Stato, rper il quale le drsrpo1siziioni del capitolato 
generale hanno �carattere pattizio e non nol"Inativo. Lia nuova discipliina 
dovrebbe, invece, trovare appUcazione pier tutti i �contratti non 
ancora' giunti al�a fase contenziosa pirima deihla sua entrata 1in vii.gore: 
tanto pi� che gli IACP sono tenuti per legge .ad uniformare i prQiPri 
capitoilati a quello generale dall'arprpalto di opere di comrpetenza del 
Min1stero dei lavori pubbHci. 

Il motivo � i.infondato. 

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il capito�ato 
generale dli appa1lto per le opere pubbliche di �COffi[l�etenza del MiniJ.siteiro 
dei Lavori Pubblici ha natura e vialo�re normativo (di regolamento di 
ol'ganizzazione) �soltanto nei confronti delHe ammin1strazioni delt1o Stato. 
Per gli altri enti, ancorch� tenuti ad uniformare i .piroipri capitolato a 
quello generale dello Stato, le .prev�isioni de.I suddet-to capitolato costitui1se1ono 
clausole neg101Zliali, O!P)'jranti !P�E'lt" vicilont� rpattizia e non in 
quanto impoote autoritativamente nel quadro di un ra:prporto �Che 1mpil.ica, 
entro �certi limiti, la subordinazione di un soggetto a1l'altro a!llJche 
durante il suo svolgimento. Ne segue, che, una volta for:mata1si la volont� 
contrattuale secondo la disciiplina dettata da1l capitolato generale per i 
lavori di �competenza de�l Ministero dei Lavoiri Pubbltci, vigiente nel 
momento in cui il contratto � 1stato conclwso (nelila 1spede quello del 
28 maggio 1895), '1'intero rapporito � retto e dev�e 1svolg~si secondo quella 
drsc1plina: e le eventuali modificazioni 1soptravv.enute del oaipitolato suddetto, 
varranno bensl 1come ,prescrizionii alle qu:ali l'ente deve unifo['oma'I'e 
il proprio �Capito-lato ed i propri contratti, ma non possono alterare il 
regime pattizio dei contratti in �covso. Ci� vale, ovviamente, sia .per il.e 
previsioni dli carattere sostanziale, sia per Le� previsioni di carattere procets;
suale, come queUa concernente la �competenza del giudice oTdinario 
in alternativa �con fa competenza del Colil.egio arlbitraJe. La natura ip!I"Ooesisuale 
delle norme 1nvocate dal De Luca, dunque, non pu� ionc1dere 
sulla dau:sola, di diverso contenuto, inserita nel �contratto di �Cui si 
discute. 

Anche U secondo motivo (con cu:i il �rico:ra'ente .sost�ene che, ammessa 
la natura pattizia deilla, dausola 'compiromissoria, esl>:a dovrebbe 
ditenersi priva �di effetto perch� non aipprov:ata :E1pecificamente peT iscritto, 
a norma del!l'art. 13�41, comma 2�, cod. dv.) � infondato. La questione 
prospettata �, infatti, predUJsa, perch� gi� deciosa da questa stessa 
Coirte, tra le .stesse parti ed in or�dine al medesimo rapporto, con fa sentenza 
n. 1343 del 1970, 1sopra richiamata. 

Va pevci� dichiarata la competenza del Collegio avbitrale, con condanna 
del1'1stante al rimborso delle Sl!lese ad entrambi gili intimati. 


(Omissis). 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1125 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 10 o'ttobre 1975, n. 3250 -Pres. 
Stile -Est. Guerrieri -P. M. Pedace (conf.) -Mastrandrea (avv. 
Messina) c. Ente acquedotti siciliani -E.A.S. (avv. Stato Fiumara). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione � Dei tribunali 
delle acque � Controversie per danni da opere eseguite dalla P.A. � 
Danni derivanti da comportamento colposo . Ricomprensione . Condi� 
zioni. 

(t.u. 11 dicembre 193.3, n. 1775, art. 140, lett. e). 
A norma dell'art. 140 lett. e) t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 sono 
da considerare controversie per risarcimenti di danni dipendenti da 
qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione, quelle in cui 
il danno sia conseguenza di un comportamento colposo, attivo od omissivo, 
posto in essere nel corso di operazioni che, attinenti alla sua esecuzione. 
o manutenzione, rientrino nel processo produttivo dell'opera 
pubblica, perch� in tal caso la valutazione della colpa importa apprezzamenti 
tecnici sulla corretta e razionale esecuzione dell'opera stessa in 
relazione agli interessi pubblici connessi al regime delle acque (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il Mastrandrea denunziando 
violazione degli artt. 140 (lett. e) del T.U. n. 1775 del 1933 e 
artt. 822 e 824 del cod. civ., sostiene che la affermazione della Conte 
di Messina, concernente il carattere demaniale dell'acquedotto dell'E.A.S., 
non � sufficiente a sorreggere la decisione in merito alla competenza 
del giudice specializzato, perch� non tutte le cause per risarcimento 
di danni collegati ad opere di derivazione o manutenzione di acque 
pubbliche rientrano nella previsione dell'art. 140 citato. 

La Corte di Messina, che aveva preso in esame solo quell'aspetto 
della controversia (e tale punto della decisione non costituisce oggetto 
di censura) non .avrebbe tenuto presente che sono invece riservate 
alla cognizione di tali tribunali quelle controversie in cui o si discuta 
della demanialit� delle acque, ovvero nelle quali colui che agisce per 
ottenere il risarcimento dei danni in conseguenza di tale esecuzione 

o manutenzione di opere, non lamenti la comm1ss1one di un fatto illecito, 
bens� deduca soltanto un rapporto di causalit� fra l'esecuzione 
delle opere ed i danni subiti. 
Orbene, proseguiva il ricorrente, sia nella citazione che nei successivi 
scritti difensivi di primo grado era stata prospettata la tesi della 

(1) Nello stesso senso, tra le pi� recenti decisioni della Corte di 
Cassazione, cfr., Sez. I, 22 giugno 1974 n. 1897 e Sez. II, 29 gennaio 
1974 n. 240, in Giust. civ. Rep., 1974, acque pubb. e priv., 32 e 37. 

1126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

colpa, e quindi il fatto illecito, della pubblica amministrazione per 
�cattiva installazione dell'acquedotto e omessa manutenzione�. Nella. 
specie poi era risultato, in base alla consulenza tecnica esperita in 
primo grado, che l'acquedotto era stato costruito con erronei criteri 
tecnici e che era stata trascurata la manutenzione di esso. Concludeva 
pertanto chiedendo che fosse ritenuta la competenza del tribunale 
ordinario. Replicava l'E.A.S. 'che :l'illecito dedotto dal Mastrandrea 
era attinente alla cattiva installazione e omessa manutenzione dell'opera 
idraulica, e pertanto, a prescindere dalla generale previsione 
di cui all'art. 2043 e.e., si collegava alla specifica previsione di cui 
alla lett. e) del citato art. 140. 

Il ricorso non � fondato. 

Premesso che in base alla citata norma appartengono alla competenza 
del Tribunale delle acque pubbliche le controversie per risarcimento 
di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla P.A. 
va rilevato che il Mastrandrea nel sostenere che sussisterebbe la competenza 
dei tribunali ordinari semprech� a fondamento della domanda 
di risarcimento venga dedotto un fatto illecito della pubblica amministrazione 
si avvale di una interpretazione schematica e sostanzialmente 
errnta di talune massime di questa Supremo Collegio. 

Infatti .il ricorrente omette di considerare che il danno, conseguenza 
dell'eventuale illecito della P.A. deve essere �occasionato� 
dalla esecuzione della opera pubblica, il che deve intendersi nel senso, 
che il comportamento colposo della P.A. deve inerire ad operazioni 
le quali, con l'esecuzione delle opere o la manutenzione di esse, siano� 
solo genericamente, o indirettamente, o addirittura occasionalmente 
connesse (Cass. 29 genaio 1974, n. 240). 

La opposta tesi del ricorrente, �che presuppone che in ogni caso 
in cui si deduca comunque un comportamento della pubblica amministrazione 
e quindi un suo fatto illecito, savebbe da �escludere la 
competenza del Tribunale delle acque pubbliche, ha il torto di eludere 
la norma di cui all'art. 140 lett. e) del citato t.u., posto che � 
difficilmente ipotizzabile un danno che dipenda obiettivamente dalla 
esecuzione o manutenzione dell'opera pubblica senza che sia configu-� 
rabile un comportamento colposo della stessa (tranne le ipotesi di caso 
fovtuito o forza maggiore in cui in ogni modo sa.rebbe da escludere 
ogni responsabilit� della P.A.). Al contrario � ragionevole ritenere, invece, 
che l'ipotesi prevista dalla normativa in oggetto riguardi proprio 
i casi in cui il danno si presenti come ~a conseguenza di un 
comportamento colposo, attivo ed omissivo, posto in essere nel corso 
delle operazioni lato sensu attinenti alla esecuzione o manutenzione� 
dell'opera concernente le acque pubbliche, vale a dire ad operazioni 
rientranti nel relativo processo produttivo: ci� perch� in tal caso,, 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1127 

la valutazione della colpa importa apprezzamenti tecnici sulla corretta 
�e razionale esecuzione dell'opera stessa in relazione agli interessi 
pubblici connessi al regime delle acque e quindi richiede indagini 
per le quali il giudice specializzato � particolarmente competente e 
attrezzato. In questo senso, dirimendo eventuali perplessit� che potessero 
persistere in proposito, si � del resto gi� espressa la Suprema 
Corte con la gi� citata sentenza n. 240 del 1974. 

Posta dunque la questione in questi termini, e poich� nella specie 
non vi � contestazione su~ punto che la colpa della P.A. sia dedotta 
per cattiva installazione dell'acquedotto e omessa manutenzione, 
e non in relazione ad attivit� indirette o occasionali (punto questo 
che comunque, coinvolgendo apprezzamento di fartto, non potrebbe 
essere oggetto di esame in questa sede di legittimit�) sono le stesse 
premesse e gli stessi argomenti del ricorrente che si dtorcono contro 
la tesi da lui sostenuta, sicch�, cos� integrata la motivazione della 
sentenza della Corte di� Messina, il ricorso deve, conseguentemente, 
essere rigettato. 

Il ricorrente deve essere condannato, in favore dell'Ente Acquedotti 
Siciliani, al pagamento delle spese del procedimento di cassazione liquidate 
come in dispositivo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 ottobre 1975, n. 3561 -Pres. 
Ferrati -Est. Sagnelli -P'. M. Pedace (conf.) -Boccalari, Cavallari 
e S.p.az. Immobiliare Alluvione (avv. G. Stella Richter, Bianchi 
e Chiesa) c. Ministero delle finanze (avv. Stato Cavalli). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza e giurisdizione -Incrementi 

alluvionali -Incontestata estraneit� all'alveo -Controversia sull'appar


tenenza -Tribunali delle acque � Competenza � Esclusione. 

(cod. civ., artt. 941 e 947; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. b). 

La causa, in cui, sul presupposto pacifico della loro estraneit� all'alveo 
di un fiume, si controv.erte sulla appartenenza di terreni alluvionali 
ai proprietari confinanti o al patrimonio dello Stato, rientra 
nella competenza del giudice ordinario non specializzato e non in quella 
dei tribunali delle acque pubbliche (1). 

(1) Il princ1p10 affermato nella sentenza in rassegna � stato prn 
volte enunciato dalla. Corte di cassazione, da ultimo con la sentenza, 
Sez. I, 3 dicembre 1974 n. 3936, in Foro it., 1975, I, 312 e Giust. civ., 
1975, I, 639. 
Sulla nozione di alveo, cfr. la giurisprudenza richiamata in nota a 
Trib. sup. acque 7 marzo 1974 n. 4, in questa Rassegna, 1974, I, 737. 



1128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con l'unico motivo i ricorrenti sostengono che 1) � 
pacifico che gli incrementi fluviali non fanno pi� par,te dell'alveo 
del fiume Po, tanto che la stessa Amministrazione nel. 1963, nel delineare 
l'attuale tracciato dell'alveo (non in contestazione) li ha lasciati 
alle spalle della curva di navigazione n. 15; 2) lo stabilire se tali 
incrementi, non pi� demaniali, siano tuttavia beni patrimoniali della 
pubblica amministrazione o siano acceduti alle propriet� private confinanti, 
non involge indagini tecniche, che possano giustificare la competenza 
del giudice specializzato secondo la ratio della previsione dell'art. 
140 citato. Il ricorso � fondato. Oggetto della controversia non 
� la delimitazione dell'alveo del fiume Po ed, in particolare, la ripartizione 
-in senso orizzontale -dei terreni tra demanio idrico e 
propriet� privata, ma, nella impostazione data alla causa petendi e 
al petitum nella loro valutazione univoca (petitum sostanziale), lo stabilire 
se i terreni alluvionali di cui � causa, che non fanno pi� 
parte dell'alveo, debbano essere considerati di origine naturale o artificiale 
e siano, quindi, di pertinenza degli attori oppure rientrino nel 
patrimonio dello Stato. 

L'ev,entuale opportuni<t� di accertare gli effetti derivati ai terreni 
alluvionali dalla costruzione della curva di navigazione n. 15 
non sposta i termini della controversia nella impostazione ad essa data 
con l'atto di citazione, poich� la domanda proposta dagli attuali resistenti 
parte dalla premessa indiscussa che i terreni in questione non 
fanno pi� parte dell'alveo del fiume Po. Il giudice non � chiamato ad 
accertare la configurazione dei terreni alluvionali nel confine verso 
l'alveo del fiume, )lla se attualmente debbano essere considerati o meno 
di propriet� degli attori, ,ed ogni eventuale indagine tecnica sar� 
essenzialmente relativa alla causa del venir meno della pertinenza dei 
terreni all'alveo e, cio�, all'accevtamento della loro derivazione da 
fatti naturali o dall'opera della Pubblica Amministrazione. 

La questione della delimitazione dell'alveo non � stata invece, mai 
oggetto di contestazione, avendo gli attori fatto piena acquiescenza 
alle decisioni in merito della competente autorit� ammini:Strativa. 

La sentenza n. 2640 del 1969 di questa Corte, contrariamente 
a quanto si afferma nella sentenza impugnata, � per:liettamente aderente 
alla fattispecie. In essa si fa una netta distinzione tra fatto storico 
consistente nella passata appartenenza di un terreno all'alveo di un 
fiume e, pertanto, al demanio idrico e l'attualit� della contestazione 
dei limiti e della estensione dell'alveo, escludendosi la competenza del 
giudizio specializzato nel secondo caso, nel quale la contestazione � 
inerente a terreni che, pur avendo fatto parte dell'alv,eo del fiume, 
sono attualmente esterni alla linea di � perimetrazione � del corso di 
acqua. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1129 

La fattispecie esaminata nella sentenza citata � sostanzialmente 
identica a quella oggetto della presente controversia, in cui non ricorre 
affatto la ipotesi prevista dall'art. 140 lett. b del t.u. del 1933, che, 
come. questa Corte ha pi� volte affermato, concerne esclusivamente 
la delimitazione� dell'alveo, ossia la determinazione della linea di confine 
tra demanio idrico, inteso come zona di terreno interessata al 
deflusso delle acque pubbliche, e la propriet� privata confinante (sent. 
9 marzo 1973 n. 659; 10 dicembre 1970 n. 2627; 16 novembre 1970 

n. 2423; 13 dicembre 1969 n. 3955). 
In accoglimento dell'istanza di regolamento di competenza va, pertanto, 
dichiarata la competenza per materia del Tribunale di Brescia, 
con le 1conseguenze di legge. -(Omissis). 

CORTE DI APPELLO DI PALERMO, 23 settembre 1975 -Pres. S:carpu1la 
-Rel. Albane.se -Fallimento RUiSo e Cangemi (avv. Manil51cailco 
Basile) c. Aissesrsorato ai lavorri pubblici della Regione siciliana 
(avv. Stafo MancUiSo). 

Appalto . Appalto di opere pubbliche � Capitolato speciale di appalto � Prezzi 
unitari � Indicazione in lettere ed in cifre � Discordanza � Prevalenza 
dell'indicazione pi� vantaggiosa per l'amministrazione. 

(r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 72, secondo comma). 
Poich� il capitolato speciale predisposto dall'amministrazione appaltante, 
nel caso in cui l"offerta dei concorrenti alla gara per l'aggiudicazione 
sia formulata in base e con riferimento a tale capitolato, assrume 
significato e rilievo di elemento dell'offerta, in ogni sua parte, tecnica 
ed economica, qualora vi sia discordanza tra il prezzo indicato in lettere 
e queHo indicato in cifre trova applicazione, direttamente o quanto 
meno in via di interpretazione estensiva, il principio stabilito dall'art. 72, 
secondo comma, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, e deve quindi ritenersi 
valida l'indicazione pi� vantaggiosa pe1� l'amministrazione (1). 

(1) Nella prima parte della sentenza, di cui appare superflua la pubblicazione, 
risultano riaffermati gli oramai consolidati principi sul carattere 
generale dell'istituto della riserva, sull'onere della tempestiva riserva per 
maggiori oneri che si assumano sostenuti in conseguenza del.la sospensione 
dei lavori o anche per fatti cosiddetti continuativi, e sulla decadenza dell'appaltatore 
da richieste riferibili a partite di lavori o a somministrazioni 
contabilizzate senza contestuale formulazione di riserve, con � definitiva 
non opponibilit� .all'amministrazione appaltante delle circostanze determinanti 
il maggior costo, che resta conseguentemente a carico dell'appaltatore 
senza possibilit� di rivalsa�. 
Da segnalare il princi.ipio riassunto nella massima sopra riprodotta, 
convincentemente motivato e coerente con il sistema, ed in particolare con 



1130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Egualmente infondata, infine, � 1a ,pretesa (enU!Ildata 
in L. 443.580.987) fondata suU'a:ssunto secondo cui 1per i lavori di scavo 
di .sbancamento era stato contrattualmente fissato il ;prezzo di L. 5.S-85 
per metro cu:bo, e non quello di solo lire 5-85 in ba:se <al quale, invece, 
quei lavori furono conta!bilizz.a�ti e ipagati. 

Deduce in relazione �l'appellante che nella 1copia in 1suo posseisso, 
fovmata e �rilasciata dall'amministrazione committente, del contratto di 
appalto stipulato per l'esecuzione del!la particolare opera pubblica il 
prezzo dell'anzidetta p�restaziione di lavori (di scavo di sbancamento) �, 
all'art. 40 dell'elenco dei prezzd contenuto nel capitolato speciale, indicato 
dive11samente, in lettere e in cifre, in lire dnquemilaottocentottancinque 
e in lire 585; e deduce �a:ncoll."a che con ta�le divro-sa indioazfone 
di prezzo in lettere e cifre il �Caipitofato 1spedale, precliisposto dall'amminiistrazione 
appaltante, fu esdbito agU �t~renditori aspiranti a rpairtecipare 
a11a licitazione privata indeitta per l'aggiudkazione dell'aptPalto. 
Sostiene, d� premesso, l'appe1lante che :l'inrucazfone del minore prezzo 
in �cifre � effetto di mero errove di 1scritturazione;� �e che la aggiundiicazione 
e la stipulazione dell'ap.pailto debbono .ritenersi avvenute sulla 
base del pi� elev�ato J;>�rezzo indicato ,iJn letteire, 1per concorrentii ragioni 
fo11mali e 1sos.tanziali. Secondo .I'ap.pellante, infatti, cin caso di diffoTmit� 
nel!lo stesso atto, la indicazione in lettere ptreva1e 1su quella in cifre, in 
forza di 1princtpio generale deH'ordianmento, esipirmsamente codificato 
per la materia della cambiale e degli assegni ma apipUcahile ad ogni 
altra materia; e peraltro, nel caso, �in concreto, il ,prezzo indicato in 

l'esigenza di aver riguardo alla condizionante .correlazione dell'offerta con 
gli estremi delle indicazioni alle quali tale offerta deve necessariamente 
riferir�si, e quindi anche alle clausole del capitolato speciale di appalto ed 
al re1ativo elenco dei prezzi unitari. 

La validit�, anche sotto il profilo sostanziale, della so.luzione adottata 
risulta del resto �confermata, nell'ultima parte della motivazione, da ulteriori 
�e molteplici argomentazioni desunte dai dati di progetto, dal computo 
metrico estimativo, dai vari atti forniti in visione ai partecipanti alla gara, 
dal raffronto con gli altri prezzi unitari previsti per analoghe e pi� onerose 
categode di l�avoro, e dallo �stesso costo complessivo preventivato per l'esecuzione 
dei lavori appaltati, tutti elementi �Che concorrevano inve.ro a dimostrare, 
anche nel merito, ed anche indipendentemente damaffermata presunzione 
legale, che il prezzo voluto dalle parti contraenti era effettivamente 
quello indicato in cifre. 

Considerato che tale prezzo era stato applicato, senza alcuna contestaz,
ione o riserv.a, a tutti i lavori contabilizzati fino al decimo stato di avanzamento 
(pari � alla quasi totalit� dei lavori di scavo di sbancamento previsti 
in contratto �) va piuttosto osservato che la riserva in argomento 
iscritta alla firma dell'undicesimo stato di :avanzamento, e che i giudici di 
appello hanno ritenuto �di dover esaminare nel merito sia pur con limitato 
riferimento al quantitativo contabilizzato in tale stato di avanzamento, si 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1131 

lettere, e questo soltanto, �, per la sua congruit� Gsia pure apiproS1Simrata 
per eccesso), quel.ilo che effettivamente corri!sponde 'aHe p1revLsiion!i e alfa 
volont� dell'amm.inistriazione a1ppaltante, quello 1che fu da questa tenuto 
a calcolo nella progettazfone dell'opera, e quello, inffine, 1che ,costitui 
H punto dt incontro e il vero oggetto de11a volont� 1contrattuale, esclusa 
la 'stessa ~potizzahilit� di una concovde cooo1derazlione diel minore prezzo 
.erroneamente indicato in cifre, di assoJ.uta evidente insufficienza rispetto 
al costo e:l�fettivo notorio della iparrticoJare (pl'estazione. 

SEHi deduzioni dell'aipipeUante sono prive di fondamento, giuridieo 
e di fatto, e vanno dLsattese. Il criterio di stLp1.111'azione del ,contratto 
di� appalto mediante a1Sta. pubblica o ,licitazione ,privata, invero, comporta 
1che ciascuno dei pa~tecipanti ailla g~a per l'ag�giudltcazione 0SSIUlme, 
mediante la formulazione de1la propria offerta posizione e vesti di proponenti 
'e 1che all'amministrazione aPtP'altante, dell'offerta destinataria, 
spetti la veste di iPaJrt,e accettante. E ,certamente, nel caso m 1cui !l'offerta 
1sia formulata in bai.se e con riferimento al 'capitolato !Slpecdaile piredi1sposto 
daH"ammini.istrazione appaltante, questo capito!lato aissume !significato 
e rilievo di elemento dell'oflierta, in ogni sua parte, tecnka ed 
economica. Ci� posto, trova aippLicazione, direttamente o quanto meno 
in via di interpretazione eistensiva, H ipr.i:nci'PiO sancito daJ.l'art. 72 del 
regolamento suHa amministrazione d!el 1patri:rnonio e sulla contabiilit� 
genevwe dello Stato a1pprovato 'con ir.d. 23 maggio 1192,4, n. 827, se,condo 
cui � quando in una offerta alla asta vi sia diisic0111danza 'tra il prezzo 
indicato in lettere e quello indicato in cifre, � valtda 1l'indkazione pi� 

sarebbe dovuta riconoscere invece a priori inammissibile, per l'acquiescenza 
prestata dall'appaltatore al criterio di contabili.zzazione in precedenza, e 
senza contestazioni, adottato. � 

In via di prindpio, invero, non pu� negarsi la rilevanza preclusiva che 
assume, in tali casi, l'acquiescenza dell'appaltatore al criterio di contabilizzazione 
(o di misurazione) adottato dal direttore dei lavori, anche perch� 
Tisulta evidentemente privo di senso concreto e viziato, nella sostanza, il 
formalistico criterio di ammettere la Tiserva, in ,quanto in tali limiti tempestiva, 
per il solo residuo quantitativo (spesso di irdsoria portata) al 
quale la riserva sia stricto jure riferibile; e deve quindi rritenersi, proprio 
sulla base del principio secondo cui � si avranno coone accertati i fatti 
Tegistrati � senza riserve, che il difetto di tempestiva contestazione comporti 
la consolidazione del criterio applicato ne11a contabilizzazione o nella misurazione 
dei lavori, tale da precludere la possibilit� di rimettere tale criterio 
in discussione anche relativamente a successive registrazioni contabili. 

Da 'segnalare, infine, che criterio diverso da quello stabilito con 
l'art. 72, secondo comma, del r.d. 23 mag,gio 1924, n. 827 risulta ora contemplato, 
per il caso di licitazione mediante offerta di prezzi unitari, dall'art. 
5, quarto .comma, della legge 2 febbraio 1973, n. 14, secondo cui come 
prezzo unitario offerto (da indicare in cifre ed in lettere) � vale in caso 
di .discordanza il prezzo indicato in lettere�. 



ll32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vantaggiosa per l'amministrazione � appaltante. Se, quindi, dovesse 
ritenel'!si, con l'aippellante che, nell'appa:lto cui sii ha rtguardo, [a parrteciipazione 
alla Ucitazione privata diell'imprenditoce fallito, !Per cui sta 
in giudizio H d�ratore, e Ja sua oft�erta 1siano avvenute in base al capitolato 
speciale poi allegato in 'copia al contratto istipuJ.ato (e aill'elenco 
dei prezzi che ne fa parte), ove � rilevabile J.a divierrsa indicazii.one in 
letterre e in .cifre del pirezzo dei lavori di ,scavo di i.sbancamento, dovrebbe 
nece1s1sariamente giudical1Si, prescindendo da �qualsiasi inrdagin1e dn oT�dine 
alla volont� effettiva dell'iimiprenditore anzidetto, che il 1contTa'tto di appalto 
si � formato sulla base del prezzo minoTe inc�iicato in cifre, perch� 
in esso � ad evidenza rkonosaibhle l'offerta pi� vantaggiosa per l'amminiistrazionre 
�~paltante, e per tCi� l'offerta che deve rritenertsi vail1damente 
accettata dall'amminiistrazicme medesima. E, per la 1~pecialit� della matel['
lia e la .sipecificit� della d~scip]dna del caso, resa per un ver1so esctluso il 
riicorso ai diversi criterri ai quaili l't�liPpel:lante fa riferimento (1peraltro 
anch'essi �~ecifid alla materia particolare della cambLiale e deN'assegno, 
e per d� incapaci di e~rimere un principio generra1e detltl'ocdinamento 
valido in ogni caso e i:n ogni campo), e perr altro verso non � consentita 
l'applkaziione della subordinatamente dnvocarta dilsc~plin� deH'errore neJ.la 
formazione o nella enunciaz1one della volont� ,contrattuale (cui fa 
prevalenza legistlativamente riconosciuta per mera corusdderazione di 
carattere oggettivo, a una sola tra due ddchiaraziioni che intuitivamente, 
sOiltanto per errore, non 'coincidono, �come inv1ece dovrehberro, non lascia 
margine di operare. -(Omissis). 

I f: 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 13 giugno 1975, n. 14 -P1�es. 
Danzi -Rel. Moscone -Amministrazione delle finanze (avv. Stato 
Albisinni) c. E.N.E.L. (avv. Bartoluzzi e Conte). 

I 

Acque pubbliche ed elettricit� � Canoni -Decorrenza � Grandi derivazioni 


I

Termine originario di ultimazione dei lavori -Sospensione del canone . 
Possibilit� -Limiti. 
(t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 37, comma 2; r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, 
art. 17). 


I 

Per le grandi derivazioni di acqua pubblica l'obbligo di pagamento 
del canone decorre improrogabilmente dalla scadenza del ter~= 


~ 

mine originariamente assegnato per la ultimazione dei lavori, ma ci� r 
non esclude che pur dopo la scadenza del termine originario l'obbligo ' f 
resti sospeso se l'Amministrazione concedente, nell'esercizio del potere 

I 

\ 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1133 

discrezionale di tutela dei pubblici interessi e non per ragioni riconducibili 
a fatto del concessionario, ordini di sospendere la realizzazione 
di opere indispensabili per l'uso dell'acqua (1). 

(Omissis). -� opportuno ricapitolare le seguenti circostanze, su 
cui ci si dovr� soffermare nell'esame dell'impugnazione e che risultano 
provate dai documenti prodotti o sono, comunque, pacifiche fra le 
parti: 

a) con l'atto di concessione e col relativo disciplinare venne 
stabilito fra l'altro, che i lavori concernenti il secondo gruppo di centrali 
avrebbero dovuto essere ultimati entro il 12 novembre 1959 e 
che da questa data sarebbe decorso "l'obbligo di corrispondere il canone 
annuale di L. 9.766.941,28, comprendente anche il canone di Lire 
4.534.619,68, gi� dovuto con decorrenza dal 12 novembre 1957 per il 
primo gruppo di centrali; 

b) dal 12 novembre 1959 al 29 maggio 1963 fu sempre paga�to 
anticipatamente il sudde�tto canone di L. 9.766.941,28 finch�, a partire 
dal 30 maggio del 1964, l'E.N.E.L. ricominci� a versare una somma 
corrispondente a quello che, fra il 12 novembre 1957 e il 12 novembre 
1959, era stato il canone dovuto soltanto per il primo gruppo di 
centrali; 

c) con decreto 29 maggio 1956 il Ministro per i lavori pubblici, 
su richiesta del concessionario motivata da un anticipo della 
realizzazione delle opere del primo gruppo e da altri suoi impegni, 
prorog�, relativamente al secondo gruppo di centrali, al 12 maggio 
1958 la presentazione del progetto esecutivo, al 12 novembre 195B 
l'inizio dei lavori e al 12 novembre 1961 la loro ultimazione; 

d) con decreto 15 gennaio il medesimo ministro, su richiesta del 
concessionario motivata dalla necessit� di pi� compiute indagini geoidrologiche 
per la progettazione della diga di Caprile, accord� un'ulteriore 
proroga dei termini suddetti, rispettivamente, al 12 maggio 1961, 
al 12 novembre 1961 e al 12 novembre 1964; 

(1) La sentenza confermata, Trib. reg. Venezia 27 ottobre 1972 pu� 
leggersi in Rass. giur. Enel, 1972, 938. 
Sulla decorrenza dell'obbligo di pagamento del canone dalla scadenza 
del termine originariamente assegnato per la ultimazione dei lavori, Cass., 
12 giugno 1969 n. 2080, Rass. giur. Enel, 1969, 635; sulla irrilevanza a 
tal fine della concessione di proroghe, Trib. sup. acque, 1 dicembre 1959 

n. 32, Acque bonif. costruz., 1959, 592. 
Trib. sup. acque 3 febbraio 1967 n. 2, Cons. Stato, 1967, II, 141 ha 
affermato che se la p.a. non trasferisce al concessionario il possesso 
materiale del bene oggetto della concessione non pu� pretendere di trattenere 
le somme riscosse sine causa a titolo di canone per la concessione. 



1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e) l'Ufficio del Genio Civile di Belluno con fonogramma del 28 
dicembre 1963, in considerazione degli studi e ricerche in corso sulla 
stabilit� delle pendici del serbatoio di Caprile, dispose la sospensione 
di tutti i lavori inerenti allo sbarramento sul Cordevole; indi con lettera 
del 28 febbraio 1964 conferm� la disposta sospensione, rimettendo 
all'E.N.E.L. di valutare l'opportuni�t� o meno di sospendere anche i 
lavori d'altro genere, relativi alla costruzione dell'impianto; 

f) con decreto 22 dicembre 1964 il Ministro dei lavori pubblici, 
su richiesta del concessionario motivata dalla disposta sospensione di 
tutti i lavori inerenti allo sbarramento del Cordevole, prorog� al 12 
novembre 1967 il termine per l'ultimazione dei lavori relativi al secondo 
gruppo di centrali. 

Ci� premesso, si rileva che col primo motivo lAmministrazione 
appellante denunzia la violazione del secondo comma dell'art. 37 t.u. 
11 dkembre 1933, n. 1775, e dell'art. 17 r.d. 14 agosto 1920, n. 12185, 
deducendo che il Tribunale Regionale di Venezia err� nel ritenere che 
l'ordine di sospensione dei lavori, emesso dal Genio Civile quando 
era scaduto da tempo il termine del 12 novembre 1959, originariamente 
fissato per l'ultimazione delle opere, potesse sospendere l'obbligo di 
corrispondere il canone, giacch� l'improrogabile decorrenza di questo 
obbligo non era suscettibile di spostamento per effetto delle tre proroghe 
concesse per l'ultimazione delle opere e giacch�, comunque, di 
tali proroghe la prima era stata accordata nell'esclusivo interesse del 
concessionario e le altre per la necessit� di ovviare a difetti di progettazione 
imputabili al medesimo. 

Tali censure non sono fondate. 

� indubbio che, ai sensi del secondo comma dell'art. 37 t.u. 11 
dicembre 1933, n. 1775, il pagamento del canone per le grandi derivazioni 
decorre � improrogabilmente � dalla scadenza del termine � originariamente 
� assegnato per l'ultimazione dei lavori e che, ai sensi 
della lett. b) dell'art. 17 Reg. 14 agosto 1920, n. 1285, esso � dovuto 
quando anche il concessionario non faccia uso volontariamente della 
concessione, ovvero non possa farne uso per fatti o circostanze non 
riconducibili all'Amministrazione concedente. N� qui vi � discussione 
al riguardo, tanto � vero che l'E.N.E.L. non contesta di aver pagato 
debitamente il canone relativo alle centrali � Saviner II� e �Alleghe� 
per tutto il periodo dal 12 novembre 1959 al 28 dicembre 1963, nonostante 
che il termine del 12 novembre 1959, originariamente fissato 
per l'ultimazione dei lavori, fosse stato prorogato dapprima al 12 novembre 
1961 e poi al 12 novembre 1964. 

Ma nel presente giudizio si discute se l'obbligo del pagamento 

venga meno qualora l'impossibilit� di far uso ~ielle acque sia deter


minata da un fatto della stessa Amministrazione concedente: fatto che, 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1135 

nella specie, viene indicato nell'ordine dell'Ufficio del Genio Civile 
di Belluno di sospendere sine die la realizzazione delle opere occorrenti 
per l'esercizio di tale uso. Ora, la possibilit� della soluzione positiva 
non si pu� respingere a priori, perch� in taluni casi lo stesso t.u. 
.n. 1775 del 1933 ammette esplicitamente che fatti della concedente 
possano far venir meno o ridurre l'obbligo di corresponsione del canone 
(terzo comma dell'art. 48, in tema di modificazione delle acque 
per l'esecuzione di opere da parte dello Stato; sesto comma dell'art. 55, 
in tema di pronuncia di decadenza dalla concessione). 

A un simile quesito il primo giudice ha dato risposta affermativa, 
ponendo come presupposto che il canone ha funzione di corrispettivo 
pecuniario del bene concesso e che, quindi, sono applicabili senz'altro 
i principi fondamentali vigenti in materia di rapporti giuridici a carattere 
sinallagmatico, e deducendone poi che, per la cessazione dell'obbligo 
di corrispondere il canone, � sufficiente un comportamento 
Qbbiettivo dell'Amministrazione concedente, che determini il mancato 
godimento dell'acqua assenti:ta. La pronuncia � sostanzialmente esatta, 
sebbene non si possano condividere talune affermazioni troppo categoriche 
della sentenza impugnata. 

Come si desume dal complesso delle norme dettate dagli artt. 35, 
36, 37, 48 e 55 del t.u. n. 1775 del 1933 in materia di dete:rminazione 
del canone e di obbligo del relativo pagamento, il canone rappresenta 
la prestazione dovuta per legge in correlazione al godimento dell'acqua 
pubblica assenUta, onde il rapporto di concessione si qualifica come 
bilaterale oneroso e le rispettive obbligazioni delle parti hanno un 
�certo carattere di corrispettivit� in senso ampio, pur mancando fra 
�esse un rapporto riconducibile nell'ambito del sinallagma proprio dei 
contratti a prestazioni corrispettive del diritto privato. In base a questi 
principi, sulla cui fondatezza sarebbe superfluo dilungarsi, avendo 
questo Tribunale Superiore avuto ripetutamente occasione di affermarli 
(da ult. 16 giugno 1971, n. 14), in conformit�, per di pi�, con una 
costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (da ult. 25 maggio 
1971, n. 1539), si deve escludere che, in controversie del genere di 
quella attuale, si possa fare indiscriminato ricorso a norme e principi 
che regolano i rapporti giuridici privatistici a carattere sinallagmatico. 
Tuttavia non sembra possibile porre in dubbio che, qualora l'Amministrazione 
concedente impedisca essa stessa di poter disporre dell'acqua 
assentita per ragioni non riconducibili in alcun modo al comportamento 
del concessionario, questi rimanga esonerato dall'obbligo 
della corresponsione del canone per tutta la durata dell'impedimento, 
in virt� di quella stretta correlazione fra disponibilit� dell'acqua e 
,canone, di cui sopra si � detto, e considerato al tempo stesso che anche 
nel campo delle concessioni-contratto � sicuramente applicabile, quanto 


1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

meno, il principio generale e fondamentale che ogni contratto va eseguito 
secondo buona fede. D'altra parte, anche nel caso dei rapporti 
giuridici privatistici a carattere sinallagmatico, un contraente non pu� 
valersi del diritto di sospendere o di rifiutare definitivamente l'esecuzione 
della propria prestazione per il puro e semplice fatto oggettivo 
dell'inadempimento della controprestazione, quando questo sia giustificato 
da un comportamento di lui. 

Venendo� alla specifica fattispecie in esame, il rifiuto dell'E.N.E.L. 
di continuare a corrispondere il canone appare legittimo, giacch� da 
un lato la stessa Amministrazione concedente gli impose di sospendere 
sine die la realizzazione delle opere indispensabili per esercitare 
l'uso dell'acqua, e giacch�, dall'altro, non risulta che una siffatta imposizione 
fosse giustificata da un qualsiasi comportamento dell'E.N.E.L. 
stesso, costituente inadempienza agli obblighi specificamente assunti e 
alJ.'obbligo generale del neminem laedere e di non mettere in rpertLcoJo 

I

la pubblica incolumit�. 

~ 

Sotto il primo aspetto, non si regge in alcun modo la distinzione 

]~

che, in .sede di diisieus1sione omle, l'appellante ha prete,so di poter faire ;� 
tra il Servizio Dighe, al quale si riallaccia l'ordine di sospensione 

I

impartito dal Genio Civile di Belluno, gli altri organi dell'Amministrazione 
dei lavori pubblici, competenti in materia di rilascio e di ~: 


~!

attuazione della concessione, e l'Amministrazione delle Finanze dello , 
Stato, a cui spetta la riscossione dei canoni. Infatti, stante l'unicit� 

I

i]

della personalit� giuridica dello Stato, � sicuramente sempre il medesimo 
soggetto quello che accord� la concessione, che dispose in data lj 
28 dicembre 1963 di sospendere tutti i lavori per lo sbarramento del f 
Cordevole e che agisce nel presente giudizio per ottenere il pagamento 
di canoni scaduti. 

I 

Sotto il secondo aspetto, non si pu� ovviamente contestare la 
legittimit� del provvedimento con cui lAmministrazione concedente, 

I

nell'ambi�to del suo potere discrezionale per la tutela dei pubblici interessi, 
ritenga di disporre la sospensione di tali lavori, essendo emersi 

I

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a suo giudizio nuovi elementi circa la stabilit� delle pendici del serba-~

I 

toio di Caprile, per cui appariva necessario che l'attuazione del detto & 
sbarramento fosse preceduta da ulteriori studi e ricerche. Resta per� 
il fatto, per quanto concerne la questione dell'obbligo del canone, che, 


. 

se il concessionario aveva ormai acquisito il diritto di procedere alla ' 

.

attuazione di �tutte le opere occorrenti per lo sfruttamento dell'acqua, 

'

Ia seguito di tempestiva presentazione del relativo progetto e di regolare 
approvazione di esso, incombeva sull'attuale appellante l'onere di 

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fornire la prova eventuale che la mancata considerazione anteriore di ,,, 
quegli elementi fosse dipesa, non gi� da un suo modo di valutare le i 
i.� 
cose, ma da errori di progettazione o da altre ragioni, di cui non 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1137 

fosse stato possibile rendersi conto al momento dell'approvazione del 
progetto, per fatto addebitabile ,esclusivamente al concessionario. Ora, 
una prova di questo genere non � stata data e, anzi, nemmeno offerta 

o prospettata. Per contro, a quanto risulta dagli atti di causa, devesi 
ritenere che, prima della sospensione disposta il 28 dicembre 1963, il 
progetto esecutivo era stato approvato e quindi i lavori erano stati 
iniziati, e che, successivamente alla sospensione stessa, rimase fermo 
il medesimo progetto, senza che alcuna variante fosse richiesta dalla 
Amministrazione concedente o proposta dal concessionario. Infatti, mentre 
col d.m. 15 gennaio 1959 si d� atto della volont� del concessionario 
di procedere a pi� compiute indagini e all'uopo si prorogano i termini 
per la presentazione del progetto esecutivo e per l'inizio dei lavori 
(presupponente, questo inizio, l'approvazione del progetto), nel d.m. 
22 dicembre 1964 si d� atto soltanto dell'intervenuta sospensione, nulla 
si dice circa modificazioni del progetto esecutivo precedente su richiesta 
dell'Amministrazione concedente o per iniziativa del concessionario, 
e ci si limita a prorogare il termine per l'ultimazione dei lavori. (
Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 27 giugno 1975, n. 16 -Pres. 
Danzi -Rel. Salvatore -Azienda municipalizzata acquedotto di 
Palevrno (avv. Fornario, Aocavdi, Mi.istretta e Seruseri) c. Prefetto 
di Palermo e altro (avv. Stao Al!bi'S[nni). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione . Tribunale 
superiore delle acque e Consiglio di Stato � Provvedimenti in materia 
di acque pubbliche � Competenza del Tribunale superiore. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). 
La giurisdizione del Tribunale superio1�e delle acque pubbliche 
quale giudice degli interessi ricomprende tutte le controversie derivanti 
da provvedimenti in materia di utilizzazione di acque pubbliche 
da qualunque organo adottati (1). 

(Omissis). -I ricorsi, oggettivamente e soggettivamente connessi, 
vanno riuniti ai fini di una unica decisione. 

(1) Cass., Sez. un., 7 dicembre 1974 n. 4089, richiamata in motivazione, 
� pubblicata in questa Rassegna, 1975, I, 428: ivi, al punto 9 della 
nota Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche 
oggetto di concessione, dr. la giurisprudenza relativa alla questione cui 
ha :riguardo la massima. Cfr., altresl, infra, Trib. sup. acque, 15 luglio 
1975 n. 19 e la relativa annotazione. 

1138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l I 

Ci� premesso, ha carattere preliminare l'esame della eccezione di I' 
difetto di giurisdizione di questo Tribunale Superiore, adito in sede I 
I 

I

di legittimi1t�, sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato sotto il 

1 

profilo che la requisizione disposta dal Prefetto non inciderebbe su 

l 
\ 

acque pubbliche. 

Tale eccezione � destituita di fondamento e va, quindi, disattesa. 

La giurisdizione di questo Tribunale Superiore, quale giudice degli 
interessi, ricomprende tutte le controversie derivanti da provvedimenti 

I 
in materia di utilizzazione di acque che, a norma dell'a:vt. 1 del testo 
unico n..1775 del 1933, abbiano od acquistino attitudine ad usi di 
pubblico generale interesse (cfr. Cass. SS.UU. 7 dicembre 1974 n. 4089),. 

I

a nulla rilevando la natura dell'organo che abbia adottato i relativi 
provvedimenti (cfr. Trib, Sup. 17 maggio 1973 n. 19). 
Ora la natura pubblica delle acque in ordine alle quali � inter


I 

venuto il provvedimento prefettizio di requisizione non pu� essere 

I

validamente contesta:ta atteso che le stesse, con l'impugnato provvedimento, 
sono state destinate a soddisfare le esigenze, indiscutibilmente � 


~ 

pubbliche, di approvvigionamento idrico dei Comuni di Casteldaccia, 

S. Flavia, Bagheria, Ficarazzi e Villabate. ~ 
~ 

Sussiste, pertanto, la giurisdizione di questo Trib'llnale Superiore 
sulla controversia introdotta con il ricorso proposto dall'azienda muni


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It

cipalizzata di Palermo avverso il decreto prefettizio del 29 gennaio 1971. 
Tale ricorso, peraltro, si appalesa inammissibile per difetto di 
interesse processuale. i: 

L'azienda ricorrente, prima del provvedimento surricordato, per 
l'approvvigionamento idrico della ci<tt� di Palermo fruiva delle acque� 
delle sorgenti di Scillato addotte tramite l'omonimo canale, nel quale 
nei periodi di magra, come la stessa ricorrente precisa, vi immetteva. 
le acque del Pozzo Due Torri. 

Con il provvedimento fatto oggetto del primo ricorso, nel disporsi 
la requisizione del pozzo Speciale, � stata autorizzata l'immissione nel 
canale Scillato dell'acqua del suddetto pozzo con contestuale sospensione 
dell'immissione nel canale anzidetto delle acque del pozzo Due Torri. 

Ci� premesso, va rilevato, alla stregua delle affermazioni contenute 
al riguardo nel provvedimento impugnato e non contestate dall'azienda 
ricorrente, che l'acqua �edotta dal Pozzo Due Torri ha una 
portata di l/s 35. Ora, poich� la portata da edursi dal pozzo Speciale, 
oggetto della requisizione � stata valutata in l/s 70 e poich� il provvedimento 
de quo ha disposto che l/s 35 dovranno essere restituiti 
all'azienda ricorrente, deve escludersi che la stessa nella nuova si�tua


zione, essendo rimasta inalterata anche la portata integrativa 
sopra si � fatto cenno, possa contare su di un quantitativo di 
inferiore a quello sul quale, sempre ovviamente sul piano del 

di cui 
acque 
mecca-


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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1139 

nismo formale all'uopo predisposto, poteva fare affidamento nella situazione 
precedente. 

Dalla inammissibiHt� del primo ricorso per carenza di interesse 
sotto il profilo suesposto deriva l'inammissibilit� anche del secondo� 
ricorso, nel quale � stata fatta valere unicamente una prospetti1Va di 
illegittimit� derivata, dal prov,vedimento di requisizione, del successivo 
atto di ripartizione dell'acqua requisita. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 15 luglio 1975, n. 19 -Pres. Danzi -
Rel. Salvatore -Comune di Castellammare di Stabia e aHro (avv. 
Abbamonte) c. Ministero dei lavori pubblici ed altri (avv. Stato 
Imponente). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Piano regolatore generale degli acquedotti 
� Ricorso giudsdizionale � Termine . Decorrenza. 

(1. 4 febbraio 1963, n. 129; l. 1 luglio 1966, n. 506; 1. 9 agosto 1967, n. 734;: 
d.P.R. 3 agosto 1968, art. 3; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 146). 
n termine per la impugnazione del d.P.R. 3 agosto 1968, con cui 
venne approvato il piano regolatore generale degli acquedotti di cui 
alla legge 4 febbraio 1963, n. 129, ha iniziato a decorrere dalla data 
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e nel bollettino ufficiale 
delle regioni, e ci� per essere il piano atto programmatico a carattere 
generale le cui previsioni sono rivolte ad una pluralit� di soggetti non 
individuati n� a priori singolarmente individuabili (1). 

(1) L'art. 3 del d.P.R. 3 agosto 1968 dispose che gli atti del piano 
regolatore generale degli acquedotti di ciascuna regione sarebbero stati 
depositati presso il competente provveditorato regionale alle opere pubbliche 
e lasciati in visione, a chiunque vi avesse interesse, per sessanta 
giorni consecutivi, decorrenti dal quindicesimo giorno successivo alla 
pubblicazione dello stesso decreto nella Gazzetta ufficiale. 
Lo stesso art. 3 ed il successivo art. 4 disposero poi che gli atti sarebbero 
stati depositati presso le regioni a statuto speciale ed il decreto�. 
pubblicato anche nel bollettino ufficiale di quelle regioni. 

Nel risolvere la questione di ricevibilit� d'altro ricorso proposto contro 
il decreto di approvazione del piano, il Consiglio di Stato � giunto 
alla stessa conclusione del Tribunale superiore nel considerare il piano 
riconducibile nel novero degli atti che non richiedono notificazione ai 
fini della decorrenza del termine per l'impugnazione (art. 2 reg. proc. 
Cons. St.;-art. 146 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775), ma in conformit� della 
giurisprudenza formatasi in tema di impugnazione dei piani regolatori 



1140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Il provvedimento impugnato, il piano regolatore 
generale degli acquedotti, tende essenzialmente, come si evince dalla 
relazione introduttiva, ad inquadrare con unitariet� di criteri e direttive 
l'insieme delle opere necessarie per la soluzione del problema 
dell'approvvigionamento idrico-potabile di tutto il territorio nazionale 
mediante l'utilizzazione delle risorse idriche pi� adeguate ai fini della 
razionalit� tecnica e dell'economia di costruzione e di esercizio. 

Trattasi in sostanza, di un atto programmatorio, .a carattere generale, 
sia nel senso che si rivolge ad una pluralit� di soggetti, non 
individuati n� individuabili a priori singolarmente, sia nel senso che 
la struttura delle prescrizioni nello stesso contenuto � generale, in 
quanto ha ad oggetto tutta una serie di fattispecie. 

Coerentemente con tale misura l'art. 3 della legge 4 febbraio 1963 

n. 129 prescrive per il decreto di approvazione dello stesso, come 
.specifico mezzo di conoscibilit�, la pubblicazione nella Gazzetta Uffidale 
e nel Bollettino Ufficiale delle Regioni. 
Conseguentemente il termine per l'impugnativa del decreto di 
.approvazione del piano decorreva dalla pubblicazione con le modalit� 
normat~vamente prescritte di cui si � fatto sopra cenno, a nulla rilevando, 
alla stregua di principi ormai consolidati, la certezza successiva 
in ordine alla -lesivit� dell'atto ovvero la conoscenza successiva dei 

in materia edilizia (Cons. St., Sez. V, 16 ottobre 1970 n. 737, Rass. Cons. 
Stato, 1970, I, 1629; Cons. St., Sez. IV, 13 luglio 1971 n. 718, ivi, 1971, 
I, 1357; Cons. St., Sez. IV, 13 novembre 1973 n. 994, ibidem, 1973, I, 
1564) ha affermato che il termine per l'impugnazione ha preso a decorrere 
solo con il decorso dell'ultimo giorno di deposito degli atti presso 
il provveditorato (Cons. St., Sez. IV, 17 dicembre 1974 n. 1042, Rass. 
Cons. Stato, 1974, I, 1610 e Giust. civ., 1975, II, 210). 

Il Consiglio di Stato ha perci� affermato che il termine per l'impugnazione 
del piano ha cominciato a decorrere il 12 maggio 1969, cio� due 
giorni dopo della data di presentazione del ricorso dichiarato in questa 
circostanza irricevibile dal Tribunale superiore, peraltro in base a rilievo 
di ufficio. 

Nella stessa decisione il Consiglio di Stato ha affermato la propria 
-competenza giurisdizionale a conoscere dei ricorsi proposti contro il piano 
-e non contro provvedimenti concreti concernenti l'effettiva utilizzazione 
delle singole acque pubbliche, rientranti questi ultimi nella competenza 
giurisdizionale del Tribunale .superiore ex art. 143 lett. a) del t.u. 11 dicembre 
1933, n. 1775. 

Sul 'Piano regolator-e generale degli acquedotti dr. C0Lucc1, RAMPULLA, 
RoBECCHI MAJNARDI, Piani e provvedimenti nel passaggio dall'amministrazione 
al governo delle acque, Riv. trim. dir. pubbl., 19'74, 1284 e 
1317 ss., e Corte cost., 1 febbvaio 1964 n. 4, in Giur. cost., 1964, 33 con 
nota di D'ALBERGO, In tema di piano economico, piano settoriale e � attuazione 
di piano �. 

IJIJll.IJllJllllflllllflJIJllJllJirlirllllJlll81111111111��11;1411 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. ll41 

vtizi dell'atto stesso e, quindi, ,l'esistenza di subptrocedimenti !Preordinati 
a tali fini che concernono non gi� la proponibilit� del ricorso 
ma l'eventuale deducibilit� successiva di motivi di censura. 

Nella specie il provvedimento impugnato � stato pubblicato nella 
Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 1969, mentre il ricorso risulta notificato 
il 10 maggio successivo, vale a dire oltre i itermini di legge. 

Il ricorso va, pertanto, dichiarato irricevibile. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 luglio 1975, n. 20 -Pres. Danzi -
Rel. Quaranta -S.p.A. Cartiere Antonio Sterzi (avv. Ghia) c. Ministero 
dei lavori pubblici (avv. Stato Imponente), Consorzio dei 
�comuni ipetr l'acquedotto della Ba:ra.ggia Ve11ce11ese (avv. Conte) e 
Soc. Cartiera Ponte Strona (avv. Marucchi). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Diritto all'uso dell'acqua � Concessione Scadenza 
� Rifiuto di rinnovazione � Illegittimit� per contrasto col 
diritto d'uso � Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 2, 24, 28 e 30). 
Atto amministrativo � Eccesso di potere � Travisamento dei fatti � Accertamento 
nel giudizio � Condizioni. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Giudizio e procedimento . Tribunale supe� 
riore � Consulenza tecnica � Inammissibilit�. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 196). 
n riconoscimento del diritto all'uso deU'acqua previsto dagli articoli 
2 lett. b e 3 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 d� luogo ad una: 
concessione pur essa soggetta alla disciplina della durata e della rinnovazione 
delle concessioni di acque pubbliche, con la conseguenza che 
il provvedimento che rigetta la domanda di rinnovazione non pu� 
considerarsi illegittimo per contrasto con le norme che disciplinano 
il riconoscimento (1). 

(1) La decisione si fonda sul princ1p10 che il diritto di utenza trae 
origine dalla concessione e le situazioni contemplate alle lettere a) e b) 
dell'art. 2 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 esauriscono la loro rilevanza 
nel dare diritto, ex art. 3 t.u., alla concessione, che � per� assoggettata 
al comune regime della scadenza (art. 24 t.u.) ed � quindi suscet-� 
tibile di rinnovazione secondo le regole ordinarie dettate dagli artt. 28 
e 30 t.u. 
Cass., 30 ottobre 1974 n. 3306, citata in motivazione, � pubblicata in 
questa Rassegna, 1975, I, 250. 
Nel senso che la situazione di interesse alla rinnovazione non � 
protetta come diritto soggettivo, cfr. Trib. sup. acque, 15 ottobre� 1974 

14 



1142 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'eccesso di potere per travisamento dei fatti� deve essere considerato 
insussistente se non si lamentino vizi dell'attivit� istruttoria o� 
non si adducano prove od un principio di prova sulla non corrispon-denza 
al reale dei fatti affermati nel provvedimento impugnato (2). 

Nel giudizio avanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche 
in sede di legittimit� non � ammesso il ricorso a consulenze tecniche� 
ma � solo possibile richiedere all'Amministrazione nuovi chiarimenti 
e documenti ovvero ordinare alla stessa di fare nuove verificazioni (3). 

(Omissis). --1. I drUe T1corsi 3/1968 e 17/1969 possono es1se�re� 
riuniti, data la loro evidente connessione. 
Essi sono entrambi infondati. 

2. LI primo rkoriso (n. 3/1968) � di.reitto all'impugnativa del decreto 
del Ministro dei lavori pubblici n. 1089 del 26 luglio 1967, con 
il quale sono state respinte sia la domanda 28 gennaio 1947 della 
ricorrente Cartiera Sterzi, volta ad ottenere la rinnovazione delle utenzedi 
cui al D.M. 31 maggio 1923 n. 4671, sia la successiva domanda 
presentata dalla stessa Cartiera in data 30 giugno 1965. 
Con la prima censura la ricorrente deduce l'illegittimit� del decreto 
impugnato per violazione dell'art. 2 lettera b) del T.U. 11 dicembre 
1933 n. 1775, Mi quanto ella doveva ritenel1si titOil.alre di un. 

n. 17 e 16, in questa Rassegna, 1975, I, 769 e 599, ed ivi ulteriori richiami 
a decisioni in tema di rinnovazione. 
(2) Sull'eccesso di potere desunto da vizi dell'attivit� istruttoria, cfr., 
Trib. sup. acque, 27 maggio 1974 n. 9, in questa Rassegna, 1974, I, 1297, 
decisione relativa ad un caso in cui le modalit� seguite per l'acclaramento 
dei fatti sono state ritenute non idonee 1ad assicurare della conformit� aL 
reale dei dati assunti a presupposto di fatto del provvedimento. 
Sulla regola dell'adeguatezza dell'attivit� istruttoria, cfr., Cons. St., 
Sez. VI, 6 maggio 1975 n. 144, in Cons. Stato, 1975, I, 631. 

(3) L'istruzione davanti al Tribunale superiore in sede di legittimit� 
� disciplinata dall'art. 196, comma primo, t.u. con disposizione di tenore 
identico a quella dell'art. 44, comma primo, t.u. sul Consiglio di Stato: 
ambedue le disposizioni non prevedono che possa ordinarsi una indagine� 
tecnica rimettendone l'espletamento ad un consulente. 
In tema di istruzione nei giudizi di legittimit� va peraltro richiamata 
la affermazione contenuta in Trib. sup. acque, 7 giugno 1968 n. 14, in. 
questa Rassegna, 1968, I, 653 ed ivi indicazioni sulla precedente giurisprudenza, 
secondo cui �nei giudizi di legittimit� davanti al Tribunale� 
Superiore delle acque pubbliche, la prova per interrogatorio e testi, pur 
non essendo del tutto preclusa come accade per i giudizi di legittimit� 
davanti al Consiglio di Stato ai sensi dell'art. 44 del t.u. 26 giugno 1924,.. 

n. 1054, e rigorosamente circoscritta alle circostanze di fatto che tendon0o 
a stabilire l1a le�gittimit� del provvedimento �. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1143 

diritto di antica utenza sulle acque dei torrenti Sessera e Strona di 
Guardabosone, avendo esercitato le relative derivazioni per un periodo 
superiore ad un �trentennio anteriore alla legge 10 agosto 1884 

n. 2644. 
A confutare siffatto assunto � sufficiente rilevare che in seguito 
alla presentazione dell'istanza di regolamento di giurisdizione proposto 
dalla stessa ricorrente, le Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza 

n. 3306 del 30 ottobre 1974), hanno dichiarato la giurisdizione di 
questo Tribunale Superiore sulla impugnativa de qua, affermando che 
la Societ� Cartiera An.tonio Sterzi non pu� considerarsi titolare dell'antico 
diritto cui ella fa riferimento, giacch� la relativa concessione 
risultante dal D.M. 31 maggio 1923 � sc�duta e non � stata rinnovata. 
Ha osservato cos� la Suprema Corte che � solo dalla concessione 
che trae origine il diritto di utenza, ancorch� si �tratti di rinnovo di 
antico diritto a suo tempo riconosciuto, per cui nel periodo intercorrente 
tra la scadenza di tale diritto e il rinnovo della concessione 
l'utente si trova in una situazione di fatto la quale non � idonea ad 
attribuirgli un diritto n� verso l'Amministrazione, n� verso chi abbia 
a sua volta ottenuto una concessione sulle medesime acque. 

In relazione, pertanto, a quanto affermato dalle Sezioni Urnte ai� 
fini della decisione della questione di giurisdizione, deve ritenersi infondato 
il primo motivo di gravame che poggia appunto sul presupposto, 
dimostratosi inesistente, del diritto di antica utenza affermato 
dalla ricorrente sulle acque in questione. 

Del pari infondato � il secondo motivo con il quale la Soc. Ste�rzi 
censura la motivazione del provvedimento impugnato sotto il profilo 
dell'eccesso di potere per travisamento dei fatti, in quanto talune affermazioni 
del provvedimento sarebbero inesatte e non veritiere. In particolare, 
non risponderebbe a verit� la circostanza, affermata nel provvedimento, 
della mancata attuazione dell'opera di ampliamento della 
Roggia Molinara destinata a convogliare la maggiore portata coneessa 
con il D.M. 31 maggio 1923 e quindi l'affermata inesistenza, ai fini 
della richiesta rinnovazione, della derivazione della maggiore portata. 

Sotto altro aspetto, si deduce che non risponderebbe a verit� che 
la derivazione del Sessera sarebbe da tempo inattiva e che le acque 
del torrente Strona di Guardabosone, sarebbero da tempo utilizzate 
esclusivamente a scopo industriale. 

L'assunto della ricorrente deve essere disatteso. 

Risulta, infatti, dalle premesse del provvedimento impt,1gnato che 
nel corso dell'istruttoria sulla domanda di rinnovazione presentata 
dalla ricorrente, l'Ufficio del Genio Civile di Vercelli ha proceduto 
all'accertamento in loco dei fatti che sono stati posti a fondamento 
della determinazione amministrativa adottata con l'impugnato decreto. 


1144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E la stessa ricorrente non lamenta alcun presunto vizio dell'attivit� 
istruttoria in tal modo compiuta dall'Ufficio. Ella si limita ad affermare 
la non veridicit� dei fatti senza addurre alcuna prova o alcun principio 
di prova delle sue asserzioni. N�, d'altra parte, l'accertamento 
di quanto afferma.io dalla ricorrente pu� derivare dall'espletamento 
della consulenza tecnica d'ufficio chiesta con le conclusioni, sia perch� 
l'oggetto dell'accevtamento de quo esula da una indagine peritale trattandosi 
di un fatto storico, sia perch� a norma dell'art. 196 del T.U. 

n. 1775 del 1933 � possibile soltanto richiedere all'Amministrazione 
nuovi chiarimenti e documenti ovvero ordinare alla stessa di fare 
nuove verificazioni. E non sussistono nella specie, data la completezza 
dell'istruttoria svolta sulla domanda di rinnovazione, gli estremi per 
disporre ulteriori accertamenti istruttori in questa sede a norma della 
disposizione sopra citata. 
Con il terzo motivo la ricorrente deduce che il provvedimento 
impugnato illegittimamente l'ha privata dell'acqua necessaria per la 
sopravvivenza della sua industria, determinando un'ingiustificata discriminazione 
nei confronti di altri complessi industriali di pi� recente 
installazione. 

Lamenta, inoltre, la .ricorrente la mancata ammissione ad istruttoria 
della sua domanda in concoi:renza eccezionale con quella presentata 
il 12 marzo 1962 dal Consorzio dei Comuni per l'Acquedotto della 
Baraggia Vercellese, quando altre domande avrebbero beneficiato di 
tale ammissione ad istruttoria. 

Anche tali censure sono destituite di fondamento. 

�, infatti, da escludere che l'Amministrazione si sia determinata 
diversamente, in relazione di situazioni perfettamente identiche dal 
punto di vista soggettivo ed �ggettivo, e sia incorsa, quindi, nel vizio 
di eccesso di potere per disparit� di trattamento. N� risponde al vero 
l'affermazione secondo la quale l'impugnato provvedimento avrebbe 
privato la ricorrente dell'acqua necessaria alla sua sopravvivenza, atteso 
che l'Amministrazione ha diffidato la Soc. Sterzi, con lo stesso decreto 
in questione, a presentare entro breve termine (2 mesi) domanda di 
concessione in via di sanatoria per l'abusiva utilizzazione a scopi industriali 
vari prati�ati sulla destra del torrente Strona di Guardabosone. 

Quanto, poi, alla lamentata non ammissione ad istruttoria della 
domanda in concorrenza eccezionale con quella del Consorzio dei Comuni 
per l'acquedotto della Baraggia Vercellese, � sufficiente osservare 
che l'art. 10 del T.U. n. 1775 del 1933 conferisce all'Amministrazione 
un potere largamente discrezionale in relazione a speciali e prevalenti 
motivi di pubblico interesse. E tale potere non pu� essere sindacato 
in questa sede sotto il profilo del merito amministrativo. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 1145 

3. Le considerazioni dianzi svolte sul primo ricorso valgono in 
larga parte anche ad escludere la fondatezza del secondo ricorso (numero 
17/1969). 
Questo � diretto all'annullamento del decreto del Ministro dei 
lavori pubblici 22 giugno 1968 n. 777 con il quale� � stato concesso, 
in via di sanatoria, al Conte Ing. Giorgio Sisini di variare l'utenza 
sulla sinistra della Strona di Guardabosone per derivare moduli massimi 
di aco.ue 1,75 e medi 1 per servizi industriali della Cartiera, con 
restituzione a valle della successtva presa destra del torrente Strona 
di Guardabosone praticata dalla ricorrente. 

Assumendo che tale provvedimento determina un ulteriore impoverimento 
della porfata d'acqua della emananda concessione in via 
di sanatoria di cui al D.M. 26 luglio 1967 n. 1089 (impugnato con il 
precedente ricorso n. 3/1968) la Soc. Cartiera Sterzi ha dedotto, con 
il primo motivo, che la concessione in favore del Sisini si pone in 
contrasto con il suo antico diritto di derivare acqua dal torrente 
Strona. 

Per respingere tale assunt_o � sufficiente soltanto richiamare quanto 
questo Tribunale ha ritenuto in ordine al primo motivo del ricorso 

n. 3/1968, attesa la insussistenza, alla data del provvedimento de quo, 
di un antico diritto della ricorrente sulle acque in questione. 
Anche in relazione al secondo motivo di gravame possono richiamarsi 
le considerazioni svolte sul secondo motivo del ricorso n. 3/1968, 
in quanto le affermazioni della ricorrente in ordine alla non veridicit� 
di talune asserzioni contenute nell'impugnato provvedimento non risultano 
assistite da alcuna prova o principio di prova. 

Con il terzo motivo, infine, la Soc. Sterzi deduce che l'Amministrazione 
sarebbe incorsa nel vizio di eccesso di potere sotto il profilo 
della ingiustizia grave e manifesta, in quanto l'impugnato provvedimento 
avrebbe impoverito ancor di pi� la derivazione di. acqua a servizio 
della Cartiera Sterzi determinando una ingiusta discriminazione 
a favore della Cartiera del Conte Sisini sorta in epoca pi� recente. 

Anche fale assunto non pu� essere condiviso. 

Come ha esattamente rilevato la difesa della Societ� Bresi Cartiera 
Ponte Strona, avente causa dal Conte Sisini, il decreto ministeriale 
22 giugno 1968 a favore del Sisini costituisce la rinnovazione 
di una antica utenza con sanatoria di variazione d'uso e con riduzione 
della porfata. Atteisa, quindi, .Ja divers.U� delle posizd.ona deihla ricorrente 
e della Societ� controinteressata e considerato l'oggetto dell'impugnato 
provvedimento ministeriale, deve escludersi che possa essere 
rilevato il denunciato vizio di eccesso di potere sotto il profilo dell'ingiustizia 
manifesta. -(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 11 aprile 1975, n. 7985 -Pres. Mo1si110 
-Rel. Manca Bitti -P. M. Moscerini (conf.) -Rk. Donati. 


Reato -Acque pubbliche -Pesca -Art. 6 R.D. n. 1604 dell'8 ottobre 1931 Riferimento 
alla sola ipotesi che l'ammissione avvenga a scopo di 
pesca -Erroneit�. 


{art. 6, r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604). 

I 

Reato � Pesca -Scarico di rifiuti di stabilimenti industriali in acque pubbliche 
-Reato di pericolo. 
(art. 6, r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604). 


I 

La norma di cui all'art. 6 del R.D. 8 ottobre 1931 n. 1604 che 

I

pone il divieto di gettare o infondere nelle acque materie nocive ai 
pesci e agli altri ani�mali acquatici non pu� essere riferita alla sola ~ 
ipotesi in cui il getto, lo scarico o l'immissione di sostanze dannose 
avvenga a scopo di pesca e deve invece trovare applicazione in qua.l


i 

siasi caso di versamento inquinante in acque pubbliche (1). 
Il reato di immissione di materie nocive ai pesci e agli altri ani


I 

mali acquatici � reato di pericolo onde, una volta dimostrato che lo 1; 
scarico altera il liquido recipiente, non si richiede la dimostrazi~ne ~ 
del concreto nocumento (2). 


I

(Omissis). -Il presente procedimento trae origme dalle indagini 
d'ufficio svolte dal Pretore di Milano per accertare lo stato d'inquina


I 

mento delle acque del torrente Minore. 
In seguito al risultato delle analisi cliniche degli scarichi reflui 


I 

dello stabilimento industriale di Aspiate della societ� S.I.O., l'attuale 
ricorrente Gianni Donati, veniva rinviato a giudizio, dinanzi al predetto 
Pretore, per rispondere: a) d�l reato di cui agli artt. 81 capov. 
. cod. pen., 9 e 36 del r.d. n. 1604 dell'8 ottobre 1931, perch�, nella 
sua qualit� di consigliere delegato della suindicata societ� riservava 
i rifiuti liquidi dello stabilimento industriale di Ospiate nel torrente 


(1-2) La prima massima � conforme alla ratio legis ed alla sua lettera, 
la seconda costituisce un'affermazione ormai costante della giurisprudenza 
della Cassazione: v. Cass. 5 aprile 1973 n. 734 rie. Abbruzzetti 
in questa Rassegna 1974, p. 504. V. Cass. 26 ottobre 1972 n. 2588 in Cass. 
Pen. Mass. Annotato 1973 p. 1597, n. 2188 e sentenze ivi richiamate. 




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1147 

:Mirone (corso d'acqua pubblica) senza avere ottenuto il permesso del 
Presidente della Giunta Provinciale; b) del reato di cui agli artt. 6 
e 33 del r.d. n. 1604 dell'8 ottobre 1931 e dell'art. 81 capov. cod. pen., 
perch�, nella predetta qualit�, riversava nel citato torrente gli scarichi 
reflui del summenzionato stabilimento, i quali contenevano sostanze 
atte a stordire, intorpidire e uccidere pesci e altri animali acquatici; 
e) del reato continuato di danneggiamento aggravato (artt. 81 capov. 
'635 n. 3 e 4 cod. pen.), del torrente Nirone, a causa dell'immissione 
nelle sue acque (di pubblica utilirt� e destinato all'irrigazione) degli 
.scarichi to.ssici di cui ai precedenti capi; d) del reato previsto dall'art. 
216 del r.d. n. 1265 del 27 luglio 1934, in relazione al d.m. 
12 luglio 1912 e successive modificazioni e in relazione al d.m. 12 febbraio 
1971, per aver attivato, sempre nella predetta qualit�, il citato 
:stabilimento della S.I.O., compreso nella prima e seconda categoria 
delle industrie insalubri, senza averne dato preventivo avviso al sindaco; 
e) infine, del reato previsto dell'art. 650 cod. pen., per non avere 
�osse1wato le ordinanze del sindaco di Bollate, in darta 1 febbraio 1971 
-e 6 dicembre dello stesso anno -legalmente emesse per motivi di 
igiene -che gli imponevano, nella sua qualit� di responsabile della 
S.I.O., di depurare gli scarichi reflui del pi� volte citato stabilimento. 

Il Pretore, ritenuto che dall'istruttoria dibattimentale era emessa 
la responsabilit� penale dell'imputato in ordine a tutti i reati ascrittigli, 
lo condannava con sentenza pronunciata il 5 dicembre 1972 alla 
pena complessiva (condizionalmente sospesa) di quattro mesi e dieci 
giorni di reclusione e a lire 250.000 di ammenda, con le attenuanti 
generiche, concesse in considerazione dell'incensuratezza del Donati e 
della concreta volont� dimostrata di risolvere il problema della depurazione 
degli scarichi, tanto che il secQndo prelievo delle acque, eseguito 
dal Nucleo antisofisticazioni (N.A.S.) dei carabinieri il 1� dicembre 
1971, si era presentato con caratteristiche cliniche pressoch� perfette. 

L'imputato veniva inoltre condannato al risarcimento dei danni e 
.al pagamento delle spese e degli onorari in favore dell'Amministrazione 
dello Stato, costituita parte civile. 

Giudicando sul gravame del Donati, che deduceva vari motivi a 
sostegno dell'appello, il Tribunale di Milano confermava la decisione 
di primo grado con la senrtenza indicata in epigrafe, avverso la quale 
l'imputato ha proposto ricorso per cassazione. 

Le censure del ricorrente, cui ha fatto seguito una memoria illu


strativa in.tesa a chiarire le questioni tecniche prospettate col primo 

motivo, si articolano in numerosi mezzi di annullamento, relativi a vizi 

in procedendo e in iudicando della sentenza denunziata: le prime sono 

<Comuni a tutte le contestazioni relative al ritenuto inquinamento del 

torrente Nirone; le seconde riguardano i singoli addebiti contenuti 


1148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nei cinque capi d'imputazione; le ultime, infine, si riferiscono aila 
mancata concessione delle richieste circostanze attenuami previste dall'art. 
62, numeri 4 e 5 cod. pen. e alla mancata riduzione della pena 
al minimo edittale. 

Motivi della decisione 

Col primo gruppo di censure il ricorrente lamenta (denunciando 
la violazione dell'art. 475 n. 3 cod. proc. pen.) che il giudice d'appello 
non avrebbe congruamente e correttamente esaminato la relazione del 
perito tecnico d'ufficio, limitandosi ad aderire pressoch� assiomaticamente 
alle conclusioni di questa, senza tenere in alcun conto le numerose 
critiche mosse sul piano logico e su quello scientifico a quella relazione 
del consulente di parte, soprattutto con riferimento al metodo 
d'indagine usato per la determinazione dell'acidit� riscontrata nelle 
acque di scarico sottoposte ad analisi e, in sostanza, senza prendere 
in considerazione tutte le argomentazioni ampiamente illustrate con i 
moti<vi di gravame, e le stesse risultanze emerse nel caso del dibattimento 
di secondo grado. 

In relazione al reato sub a) il Tribunale ha fondato il giudizio di 

responsabilit� sulla circostanza che il Donati non aveva ottenuto dal 

Presidente della Giunta Provinciale l'autorizzazione per versare i ri


fiuti liquidi nelle acque pubbliche, osservando in proposito che il co


pioso carteggio non poteva in alcun modo sostituirsi al necessar�o per


messo ,e che il preteso errore dell'imputato, che riteneva di averlo 

ottenuto, essendo errore di diritto e non di fatto ex art. 47 cod. pen., 

non poteva comunque escludere la punibilit�. 

Sostiene in proposito il ricorrente (denunciando anche su questo� 

punto il difetto di motivazione) che il Tribunale, prima di escludere 

l'errore di fatto, avrebbe dovuto adeguatamente dimostrare l'insussi


stenza dello stesso, disattendendo con congrua motivazione l'assunto 

dif~nsivo e il valore probatorio .della documentazione, dalla quale risul


tava che l'imputato aveva fatto tutto il possibile per osservare la legge, 

richiedendo tempestivamente il necessario permesso, non ottenuto sol


tanto per la prolungata inerzia dell'autorit�; con la conseguenza che 

nella specie non sussisteva l'elemento psicologico del reato contravven


zionale ascrittogli. 

In relazione alla lettera b) del capo d'imputazione il ricorrente 

sostiene: 

1) che la ratio della norma contenuta nell'art. 6 del testo unico 

delle leggi sulla pesca non tutelerebbe indiscriminatamente -con


trariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito ---:-la fauna acqua


tica anche da coloro che immettono nelle acque pubbliche scarichi 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1149 

nocivi, limitandosi della disposizione a proteggere; pesci e gli altri 
animali acquatici, mentre la tutela della microvita e dell'ittioflora, 
essenziali al mantenimento dell'equilibrio ecologico dell'acqua, � prevista 
espressamente dalla legge n. 963 del 1965 (la cui violazione non 
� stata contestata all'imputato); 

2) che se � vero che la norma contenuta nel citato art. 6 prevede 
un reato di pericolo, deve pur sempre trattarsi di un pericolo 
reale e non presunto -collegato all'effettiva presenza dell'ittiofauna laddove 
nel torrente Nirone e nei suoi affiuenti non esisteva pi� fauna 
ittica, con la conseguenza che nella specie ricorrerebbe l'ipotesi del 
reato impossibile, il Tribunale avrebbe apodi1ticamente ritenuto la 
�vitalit�� del corso d'acqua, senza alcun accertamento tecnico al 
riguardo, bench� fosse stato sollecitato in proposito, con la richiesta 
in rinnovazione del dibattimento; 

3) che la ritenuta presenza del fattore Ph acido -comunque 
di pronta e immediata bonifica -veniva immediatamente neutralizzata 
sia per la diluizione nell'acqua dell'eccipiente, sia per la commistione 
con le molte acque di raffreddamento che venivano scaricate 
in luogo finitimo ai rifiuti liquidi dello stabilimento, sia per il contatto 
col letto del torrente, di natura basica; ne conseguirebbe, secondo 
il ricorrente, che la sostanza acida, contenuta negli scarichi in questione, 
non sarebbe materia atta a intorpidire, stordire o uccidere pesci 

o a1tri animali acquatici; 
4) che, infine, non sussisterebbe l'elemento psicologico del contestato 
reato, dato che esso imputato non aveva voluto l'azione proibita, 
non sapeva e non voleva l'evento di pericolo, non voleva e non 
sapeva di gettare nelle acque del Nirone sostanze nocive ai pesci. 

In relazione alla lettera e) del capo d'imputazione il ricorrente 
-premesso che in tema di danneggiamento l'oggetto della tutela 
penale nel delitto previsto dall'art. 635 cod. pen. � costituito dall'inviolabilit� 
del patrimonio mobile e immobile nello stato in cui si 
trova -sostiene, sotto il profilo del difetto di motivazione anche con 
riferimento alla ritenuta sussistenza del dolo, che allorquando il danno 
cagionato dal soggetto attivo sia talmente esiguo da non poter integrare 
una modificazione strutturale e funzionale della cosa ovvero un 
deterioramento evidente e dimostrabile, non pu� realizzarsi l'ipotesi 
del danneggiamento. 

Comunque, nella specie, mancherebbe, secondo il Donati, nonch� 
la prova del danno, la prova stessa dell'idoneit� del mezzo e della 
sua attitudine a determinare le acque del torrente. 

Anche in relazione al capo d) dell'imputazione il ricorrente si 
duole della mancanza di motivazione sul giudizio di responsabilit� in 
ordine al reato contestatogli, osservando in proposito che il Tribunale 



1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non avrebbe tenuto conto del fatto (dimostrato dal carteggio in atti) 
<:he il sindaco di Bollata conosceva bene l'attivit� svolta dalla societ� 
S.I.O., e che comunque esso ricorrente versava nella ragionevole certezza 
soggettiva che l'avvertimento degli scarichi nel Torrente era 
stato regolarmente e tempestivamente dato al predetto sindaco. 

Quanto al reato ex art. 650 cod. pen. (inosservanza dei provvedimenti 
dell'autorit�) il Donati, denunziando anche su questo punto 
la carenza di motivazione della sentenza impugnata, sostiene che il 
giudice d'appello non avrebbe esaminato le ordinanze del sindaco, 
non ne avrebbe apprezzato i lim~ti e il vero significato e con riferimento 
a detti prorvvedimenti, non avrebbe valutato il contegno dell'imputato, 
messo in evidenza anche dal carteggio con il Comune e 
dalla concreta volont� dimostrata di evitare l'inquinamento, delimitando 
l'ambito di produzione dello stabilimento e riducendola del 50 % . 

Passando a riassumere l'ultimo gruppo delle censure, il ricorrente 

lamenta, in via subordinata -come s'� gi� accennato -: a) la man


eata concessione dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale 

tenuit� (art. 62 n. 4 cod. pen.) osservando in proposito che il Tribu


na~e l'aveva esclusa con l'apodittica affermazione dell'evidente gravit� 

del danno; b) la mancata concessione dell'attenuante ex art. 62 n. 5 

cod. pen. (fatto doloso della persona offesa); c) la mancata riduzione 

della pena al minimo edittale, senza tenere conto dei criteri fissati 

dall'art. 133 cod. pen. 

Ci� premesso, rileva il Collegio che i reati indicati con le lettere a) 

.e d) del capo d'imputazione, riportato integralmente in sede di svol


gimento del processo, sono estinti per prescrizione, a norma degli 

.artt. 157 e segg. del cod. pen. 

Per il resto, la sentenza denunziata non merita le censure che 

le sono state rivolte dal ricorrente, diffusamente illustrate dalla difesa 

nel corso della discussione orale. 

Non sussiste, infatti, la lamentata violazione dell'art. 475 n. 3 cod. 

proc. pen. (sotto nessuno dei profili segnalati con i motivi di ricorso) 

n� i pluriuri errores in iudicando in ordine ai reati contestati ai 

punti b) c) ed e) del capo d'imputazione. 

Il giudice d'appello -lungo dall'adeguarsi pressoch� apodittica


mente, come assume il ricorrente Donati, al giudizio di responsabilit� 

formulato dal Pretore -ha invece ribadito con logiche e congrue 

argomentazioni e con puntuale riferimento ai motivi di gravame (dopo 

avere chiesto tutti gli opportuni chiarimenti al perito d'ufficio e al 

consulente �tecnico di parte) l'esattezza del metodo adottato da detto 

perito per determinare la misura dell'acidit� delle acque di scarico 

dello stabilimento, osservando al riguardo che la presenza del fat


tore PH acido nel campione degli scarichi reflui era tale da provocare 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1151 

sicuramente non solo l'intorpidimento, lo stordimento o l'uccisione di 
pesci o altri animali acquatici, ma anche da turbare il complesso idrografico 
generale e l'evoluzione spontanea dell'habital naturale. 

Non ha pregio, pertanto (almeno in relazione a quest'ultima considerazione) 
il rilievo secondo il quale il citato torrente e i suoi affiuenti 
non avevano pi� � vitalit� � al momento dei commessi reati. 

N� il ricorrente pu� invocare -ai fini di escludere la sussistenza 
dei reati ex artt. 6 e 33 del r.d. n. 1604 del 1931 e 635 cod pen. la 
presenza nello stabilimento di una idonea vasca di deacidificazione 
dei liquidi, giacch� il prelievo del campione degli scarichi per la relativa 
analisi chimica con il piaccametro -(dalla quale veniva accertata 
la presenza di un PH aco acido) -� stata fatta immediatamente 
prima della immissione degli scarichi stessi nel Nirone, come ha opportunamente 
precisato il Pretore, alla motivazione della cui sentenza � 
�consentito a questo Collegio fare riferimento, essendo stata la decisione 
�confermata dal giudice di secondo grado. 

Il Tribunale pertanto -contrariamente a quanto si afferma nel 
motivo di ricorso e a quanto � ~tato osservato in sede di discussione 
-0rale -non aveva alcun obbligo di occuparsi della vasca, e della sua 
efficienza e funzionalit� accampate dall'imputato. 

Per quanto in particolare riguarda il reato sub b) il Collegio non 
ignora le questioni insovte in dottrina e nella giurisprudenza sull'ambito 
di applicabilit� del primo comma, seconda ipotesi dell'art. 6 del 

r.d. n. 1604 dell'B ottobre 1931 (divieto di gettare o infondere nelle 
acque materie nocive ai pesci e agli altri ani:nali acquatici. 
Si � ritenuto da alcuni autori e in talune pronunzie che tale disposizione 
dovrebbe essere riferita alla sola ipotesi in cui il getto, lo 
scarico e l'infiussione di sostanze dannose nelle acque pubbliche avvenga 
a scopo di pesca. Ma siffatta interpretazione restrittiva della norma 
non pu� essere accolta; essa infatti, considerando lecito l'inquinamento 
di acque pubbliche non determinato dal fine di pesca, priverebbe la 
disposizione di ogni significato pratico, e renderebbe inattuabile la ratio 
della legge, che � quella di garantire il patrimonio ittico. � invece 
�chiaro ed evidente che la norma in questione deve trovare applicazione 
in qualsiasi caso di �versamento inquinante in acque pubbliche, 
effettuato sia per scopi di pesca (prima parte del precetto) sia per 
altri fini, in tal senso non ostando n� la sedes materiae che, come � 
noto, prevede pure all'art. 9 del citato regio decreto, gli scarichi industriali, 
n� alcun argomento sintattico o letterale, in quanto il richiamato 
art. 6 ipotizza due distinte figure criminose, l'una con modaUt� 
esecutive prestabilite -(esercizio di pesca con dinamite, con materie 
esplosive, con corrente elettrica ecc.) -l'altra a forma libera (divieto 
di gettare materie nocive nell~ acque pubbliche. 

rrm�111rr111111m11r11111111a1111r11r1111111r1111111111~1 



1152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trattandosi poi di reato a carattere formale o di pura condotta, 
di pericolo e non di danno, una volta dimostrato (come nella specie) 
che lo scarico alterava il liquido recipiente, creando una situazione f

I 


f

(anche se non prolungata nel tempo) di pericolo per l'habitat acquatico, ' 

1 

neppure si richiede quella dimostrazione del concreto nocumento (per 
esempio, con esame su organismi viventi) che secondo il ricorrente i 
giudici del merito avrebbero dovuto fornire a sostegno del giudizio 
di reit�. 

I 

N� pu� infine sostenersi che nel torrente Nirone e nei suoi affluenti 
non esisteva pi� alcuna forma di vita animale, non solo per


I 
ch� l'art. 6 del Testo Unico sulla pesca tutela altresi i microorganismi 
(limnoplancton) costituenti il nutrimento dei pesci ma anche perch� 
l'accampata insussistenza dei pesci nel Nirone � stata solo affermata 
e non rigorosamente dimostrata, e non escludeva comunque che vi 
fossero pesci o altri animali acquatici nei corsi d'acqua pi� a valle, 
dove confluiva il predetto torrente. 

L'interpretazione della norma in questione nel senso ritenuto. dal 
Collegio � stata gi� altre volte affermata da questa Suprema Corte 
Regolatrice, n� ha fondamento sostenere, in favore della tesi contraria, 
che gli scarichi nocivi provenienti da attivit� industriali non 
rientrerebbero nella normativa di cui all'art. 6, in quanto trovano la 
loro disciplina nel successivo art. 9, che impone l'obbligo di ottenere 
l'autorizzazione amministrativa prima di procedere all'immissione. 

A parte il fatto che detta autorizzazione � richiesta per tutti gli 
scarichi, anche per quelli non nocivi, c'� da osservare che, seguendo 
questa interpretazione resterebbe impunita la condotta di colui il 
quale, per scopi diversi da1:J.'esercizio della pesca, versi in acque pubbliche 
sostanze dannose per il patrimonio ittico, o comunque per l'habitat 
acquatico, non dertvanti da attivit� industriale, e quella dello 
stesso titolare di uno stabilimento industriale o di chiunque nell'esercizio 
di un'attivit� industriale scarichi tali sostanze pur avendo ottenuto 
la relativa autorizzazione del Presidente della Giunta Provinciale. 

In conclusione, non avendo il ricorrente addotta, a sostegno della 
tesi che intende accreditare argomenti tali che gi� non abbiano formato 
oggetto di meditata considerazione, non c'� che da confermare� 
l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, ribadito anche con recenti 
pronunzie. 

Anche in relazione al reato di danneggiamento la censura del Donati 
dev'essere dissatesa sia in base ai rilievi esposti esaminando i 
precedenti motivi, sia in base alle stesse esatte e motivate considerazioni 
svolte dal giudice d'appello, il quale -precisato che il delitto 
ex arit. 635 cod. pen. si concreta nella coscienza e volont�, da parte 
dell'agente, di distruggere, disperdere, deteriorare o rendere inservi




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1153 

bile la cosa altrui, essendo irrilevante il movente e la finalit� per cui 
il danneggiamento viene commesso -ha osservato che detto delitto 
pu� configurarsi anche quando l'azione sia posta in essere non per 
recare nocumento ma quale mezzo per conseguire uno scopo diverso. 

Il Tribunale ha anche rilevato in proposito che si poteva essere 
certi che l'appellante non aveva la specifica volont� di originare le 
acque del itorrenrte Nirone, era del pari indubbio che egli -nella 
sua qualit� di chimico dirigente di una societ� industriale avente per 
oggetto l'esecuzione di sintesi organiche per la preparazione di prodotti 
farmaceutici ed intermedi organici, non poteva non essere consapevole 
della forte acidit� degli scarichi e, nello interesse della sua attivit� 
industriale, ne accettava le conseguenze, idonee a cagionare un danno 
tutt'altro che esiguo, contrariamente a quanto si assume nel motivo 
di ricorso. 

Quanto al reato di cui all'art. 650 cod. pen. le doglianze del 
ricorrente si traducono, �n sostanza, in un puro sofisma, giacch� le 
ordinanze del sindaco di Bollate (allegate agli atti processuali) con 
cui s'imponev~ al Donati di depurare gli scarichi, non comportano 
dubbi interpretativi in ordine al loro significato, con la conseguenza 
che il Tribunale non era tenuto a dilungarsi in una diffusa motivazione 
per valutare il comportamento dell'imputato che non si era 
attenuto alle prescrizioni tassativamente impostegli. 

Passando all'esame dell'ultimo gruppo di censure rileva il Collegio 
che la doglianza relatiiva alla mancata applicazione della attenuante 
ex art. 62 n.' 5 cod. pen. � affatto generica, e pertanto inammissibile. 
Si pu� comunque osservare che il Tribunale ne ha esattamente 
e motivatamente escluso la sussistenza in quanto la pretesa inerzia 
della Pubblica Amministrazione non pu� certo essere ritenuta come 
un fatto doloso concorrente a determinare l'evento dell'inquinamento 
delle acque. 

Il giudice d'appello ha altres� esattamente e motivatamente negato 
la concessione della attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen., per la cui 
applicazione, come � noto, non basta che il danno sia lieve, occorrendo 
invece che rivesta carattere di speciale tenui1t�, insussistente 
nel caso in esame per le considerazioni gi� svolte nel corso della presente 
motivazione. 

Quanto alla violazione dell'art. 475 n. 3 cod. proc. pen. in relazione 
alla richiesta diminuzione della pena, basta fare richiamo -per 
disattendere la censura -alla costante giurisprudenza di questa Corte, 
secondo cui la determinazione in concreto della misura della pena 
rientra nel poteil'�e discreziona1le del giudke del meirito, incensurabile 
in questa sede di legittimit� quando il giudice stesso (come il Tribu


11111r1,11111a11111t11111r111ar1ari111111111r1rrm11111f111111111:rr11tr1 



1154 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nale ha fatto nel caso in esame, con formulazione concisa ma non 
generica) abbia adempiuto all'obbligo della motivazione. 

E se � vero -come afferma il ricorrente -che il Tribunale, 
nel confermare la pena inflitta dal Pretore, dopo aver valutato gli 
elementi indica.ti nell'art. 133 cod. pen., ha accennato anche alla circostanza 
che le pene edittali per i reati ascritti all'imputato non erano 
proporzionate alla gravit� del fenomeno attuale dell'inquinamento 

idrico -uscendo dalla mentalit� in cui l'ordinamento giuridico colloca 
il giudice, e invadendo cos� il campo riservato al legislatore non 
per questo la sentenza merita di essere annullata. 

� noto, infatti, che le considerazioni superflue contenute nella 
motivazione della sentenza (come quella sopra riportata) ma non 
aventi alcun riflesso sul disposUivo, non viziano la sentenza stessa, 
e ci� anche se con esse il giudice sia incorso in errori di diritto, 
in quanto tali considerazioni non possono passare in cosa giudicata. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 20 giugno 1975, n. 1086 -Pres. 
Mosillo -Rel. Paci ~ P. M. Lapicirella (diff.) -Rie. Versaggi. 

Procedimento penale -Notificazioni all'imputato irreperibile -Nomina di 
difensore d'ufficio residente sul posto -Imputato munito di difensore 
di fiducia residente in luogo diverso -Necessit�. 

(c.p.p. art. 170, secondo comma). 
Il secondo comma dell'art. 170 c.p.p. impone la nomina di un 
difensore d'ufficio residente nel posto anche aU'imputato che sia munito 
di un difensore di fiducia residente in luogo diverso da quello 
in cui si tratta il processo (1). 

(Omissis). -� stato ritenuto dai giudici di merito che l'attuale 
ricorrente aveva ottenuto di insegnare, come supplente, nelle scuole 
statali, presentando la copia notarile di un attestato di laurea di un 
suo cugino omonimo, previa alterazione della data di nascita risultante 
dal documento. 

Deduce il ricorrente, in rito, la nullit� del decreto di irreperibiHt� 

in base al quale erano state effettuate tutte le notifiche, compresa 

quella del decreto di citazione per il giudizio di appello, e quindi la 

nullit� della sentenza impugnata; e, nel merito, il vizio di motivazione 

relativamente al giudizio di colpevolezza e, comunque, in ordine alla 

ritenuta inapplicabilit� dell'attenuante del danno patrimoniale di spe


ciale tenutira. 

(1) Nello stesso senso della decisione v., oltre alla sentenza citata in 
motivazione, Oass. 12 settembre 1972 rie. Borrassi in Cass. pen. M~s. Annotato 
1973, p. 1313, m. 1775; 26 gennaio 1968 rie. Villa ivi 1969, p. 313, m. 444. 
II 




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 115& 

Si chiede, infine, l'applicazione delle norme sopravvenute, pi� favorevoli 
al reo (d.l. 11 aprile 1974, n. 99, conv. in 1. 7 giugno 1974, 

n. 220). 
Osserva questa Corte, quanto al primo motivo, che per l'emissione 
del decreto di irreperibilit�, a sensi dell'art. 170 c.p.p., � richiest�' 
che il giudice abbia disposto le dovute ricerche particolarmente nel 
luogo di nascita o in quello dell'ultima dimora dell'imputato. 

Ora risulta dagli atti processuali che le nuove indagini erano state� 
eseguite (v. fol. 10 del fase. della Corte d'Appello) proprio in quest'ultimo 
luogo (Latina, Via Adua, n. 8), indicato dalla legge alternativamente 
rispetto all'altro, e che era stata ordinata la notificazione� 
con il rito degli irreperibili dopo che le nuove ricerche avevano dato 
esito negativo. 

Nulla rileva quindi, per la legittimit� delle notificazioni, che analoghe 
indagini non fossero starte eseguite anche nel luogo di nascita 
(Formia) o che tali indagini, come si assume dal ricorrente, si siano� 
limitate alla semplice rilevazione dei dati anagrafici di quel luogo, 
dai quali era risultato che il Versaggi era emigrato altrove. 

Piuttosto, come ha rilevato, in udienza, il difensore del ricorrente, 

il decreto del Presidente della Corte d'Appello di Roma innanzi alla 

quale si era svolto il procedimento di appello, in contumacia dell'im


putato irreperibile, conteneva la nomina di un difensore di ufficio� 

residente in luogo diverso (Latina) da quello in cui si doveva svol


gere il processo (Roma) e quindi di un difensore non residente sul 

posto, come dispone l'art. 170 comma secondo c.p.p .. Tale norma pre


scrive, infatti, che all'imputato, che gi� non abbia un difensore nel 

luogo in cui si procede, deve essere nominato un difensore di ufficio, 

ovviamente residente nello stesso luogo in cui si procede, essendo� 

un tale difensore il pi� idoneo a curare gli interessi dell'imputato a 

differenza di colui, invece, che risieda altrove. Si tratta, quindi, di 

una norma che concerne l'assistenza e la rappresentanza dell'impu


tato, la cui violazione determina la nullit� sia del decreto di irrepe


ribiUt� che di tutti gli atti successivi, compresa la sentenza impu


gnata (art. 185 c.p.p.) : tanto pi� che, come si � detto, e come risulta 

dal verbale di dibattimento, l'imput~to era rimasto contumace e nes


sun difensore di fiducia era comparso per lui (v. a fol. 30 e segg.); 

tanto che gli fu nominato un difensore di ufficio diverso anche da 

quello nominatogli con il decreto di irreperibilit� (v., nello stesso� 

senso, anche Cass. sez. III, 30 ottobre 1972, n. 1617, rie. P.M. e Ra


dici ed altri, in Mass. d.p. 1973. n. 123.820). 

I precedenti rilievi sono assorbenti di ogni altro motivo di ricorso. 
-(Omissis). 

1Plllrlllll*�l1J1lrlll/l/lll:lllllfl@lllllllllllrlllirlfllllllllfllrlllllli 



~-

lll!llJlrlllllllilllrllllllllitilliflilllltlllllllllllllJllllllllllllllrlKfl 



PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


QSSERVAZIONI SULLA� ESECUTIVIT˥ DELLE SENTENZE DEI T.A.R. 
E SULLA PROPONIBILIT� IMMEDIATA DEL GIUDIZIO 
DI OTTEMPERANZA NEI CONFRONTI DELLE STESSE 


1. -� noto il contrasto giurisprudenziale che, da almeno sei anni (1), 
divide Je Sezioni Unite della Cassazione, da un lato, ed il Consiglio di 
Stato, dall'aJtro, in ordine alla 1ammissibilit� immediata del giudizio di 
ottemperanza, previsto dall'all't. 27 n. 4 del t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, 
anche nella ipotesi in cui la decisione del Supremo' Organo di giustizia 
amministrativa sia gi� stata, o possa essere ancora, gravata di ricoo-so per 
difetto di giurisdizione innanzi alle Sezioni Unite. 
Le prime hanno pi� volte enunciato il principio che il giudizio di 
ottemperanza � consentito bens� anche nei �confronti delle decisioni del 
Consiglio di Stato -alle quaJi esso, propriamente, ossia nella fOll'mulazione 
letterale dell'art. 27 n. 4 non si riferiva, ma � stato successivamente 
applicato dalla giurisprudenza con interpretazione estensiva (2) -, ma 
ci� solo in quanto esse decisioni 1siano, cos� come � pacifico per le sentenze 
dell'A.G.0., passate in giudicato (3). Come per le sentenze emesse dal 
Giudice ordinario, cos� anche per le decisioni del Consiglio di Stato la 
Cassazione non ritiene quindi sufficiente, per la iproponibilit� del giudizio 
di ottemperanza, che le pronunce 1siano immediatamente esecutive, quali 
sono d'ordinario quelle emesse dal �giudice civile d'apipel�lo e quali, rispettivamente, 
quelle che sono emesse dal Consiglio di Stato (in �appello o in 
grado unico), ma esige, a quel fine, che le de.cisioni alle quali aa iP.A. � 
tenuta a dare ottemperanza abbiano ac.quistato quella definitiva irretrattabilit� 
che consegue al passa.g.gio in giudk1ato, secondo il -concetto ben 
noto e tradizionale di tale istituto. 

Il Consiglio di Stato, per contro, almeno a partire, come si � detto, 
da epoca recente, � andato in contrario avviso, avendo ritenuto, ormai pi� 

(1) Fino al 1969, infatti, la giurisprudenza del C.d.S. era nel senso di ritenere 
proponibile il giudizio di ottemperanza solo nei confronti delle pro'nunce giurisdizionali 
passate in giudicato: cfr. sez. IV, 11 giugno 1954, n. 396, in Foro amministrativo, 
1954, l, 1, 330; sez. VI, 25 ottobre 1955, n. 700, ivi, 1956, 1, 3, 66; sez. V, 
28 novembre 1959, n. 783, ivi, 1959, I, 1523; sez. VI, 25 luglio 1964, n. 563, ivi, 1964, 
1, 2, 915; sez. VI 12 marzo 1965, n. 171, ivi, 1965, 1, 2, 403; sez. VI, 25 marzo 1966, 
n. 286, ivi, 1966, 1, 2, 586; sez. IV, 28 settembre 1967, n. 437, ivi, 1967, 1, 2, 1269; 
sez. V, 17 ottobre 1967, n. 1178, ivi, 1967, l, 2, 1216. 
(2) Non in virt� di analogia, vietata qui dalla natura eccezionale della giurisdizione 
di merito cui il rimedio in esame, come tutti quelli previsti dall'art. 27 del 
t.u. Cons. stato, appartiene: cfr. sul punto AzzARITI, in Rass. Avv. Stato, 1969, 1, 
1095 e segg. (in partic. 1098 e segg,) e giurispr. ivi richiamata, tra cui Cass. SS. UU., 
8 luglio 1953, n. 2157, in Foro amministrativo, 1953, Il, I, 182, con nota di MIELE, 
nonch� Cass. SS. UU., 2 ottobre 1953, n. 3141, ivi, 1954, II, I, 32, la quale escluse 
l'ammissibilit� del rimedio in relazione alle decisioni emesse su ricorso straordinario. 
(3) Cfr. Cass. SS. UU., 18 settembre 1970, n. 1563, in Foro it., 1970, I, 2349; Cass. 
SS. UU., 5 novembre 1973, n. 2863, in Foro amministrativo, 1974, I, 188; Cass. SS. UU., 
7 novembre 1973, n. 2897, in Cons. Stato, 1974, Il, 125. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

120 

di una volta, che il ricorso ex rart. 27 n. 4 sia ammissibile anche nei riguardi 
delle decisioni emesse dallo stesso Consiglio di Stato avverso le quali fosse 
stato proposto il ricorso rper difetto di giurisdizione innanzi alle Sezioni 
Unite o quello per revocazione ex art. 395 n. 4 e 5 C.P.C. ovvero nei confronti 
delle quali fosse pendente il termine per proporre tali rimedi. 

Questo indirizzo pu� dirsi ormai radicato a partire dalLa decisione 
dell'Adunanza Plenaria del 21 marzo 1969 n. 10 (4). 'con questa pronuncia, 

argomentando dalla constatata difformit� dei due sistemi della giustizia 
civile e delLa giustizia amministrativca, l'A.P. ha in sostanza escluso, in via 
generale, l'applicabilit� alle decisioni del Consiglio di Stato dei principi 
della cosa. giudicata formale come discipilinata dal codice di procedura 
civile. Secondo tali rprincirpi non rpu� chiedersi, di regola, la esecuzione 
forzata delle sentenze non rpassate to11malmente in giudicato, in quanto cio� 
avverso le stesse risulti proposto appello o !dcor.so rper ca�ssazione o ricorso 
per revocazione ex art. 395 n. 4 e 5 C.P.C. (del quale ultimo istituto trattavasi, 
pTecisamente, nella specie decisa da1l'A.P.) ovvero in quanto rispetto 
al.le stesse non �siano comunque ancora decoosi i termini per la proposizione 
dei detti gravami. 

In altri termini, alla stregua della citata decisione n. 10/69 dell'A.P., 
dovrebbe distinguersi, nel termine �giudicato� quale ricorre nell'art. 27 

n. 4, il significato proprio e tradizionale riferibile esclusivamente alle pronunce 
emesse dall'A.G.O., secondo il quale non si ha passag.gio in giudicato 
se non quando siano ,stati esauriti o non possano essere rpi� esperiti avverso 
la sentenza i .rimedi menzionati nell'art. 324 C.P.C.; ed un significato 
tutt'affatto speciale, rpeculiare alle decisioni dell'or.gano .giurisdizionale amministr,
ativo, secondo il ,quale rper �giudicato> dovrebbe intendersi semplicemente 
� .ci� �che � stato deciso �. Distinzione, questa, che ci appare 
non tanto originale, �quanto, in tutta franchezza, del tutto sconcertante. 
Senza diffonderci in critiche al riguardo, gi� da altri acutamente avanzate 
(5), � da notare qui che l'indirizzo giua-ilsprudenziale aperto con la 
decisione n. 10/69 dell'A.P. � stato ulteriormente ribadito da decisioni pi� 
recenti dello stesso Consiglio ,di Stato (6) e persino di qualche Tribunale 
Amministrativo Regionale (7). Da ultimo, in concordanza con quanto 
ritenuto da gran parte della dottrina che si � occupata dello specifico 
argomento con riferimento alla nuova disciplina relativa ai 

T.A.R. (8), l'indirizzo stesso � ,stato espressamente esteso anche al:le decisioni 
emesse da questi ultimi organi giurisdizionali, giungendosi all'affer(
4) In Foro amministrativo, 1969, I, 2, 171. 
(5) efr. AZZARITI, loc. cit.; adde: TAMIOZZO, in Rass. Avv. Stato, 1974, I, 1202 
e segg.; e soprattutto eEJUNo-eANoVA, in Giur. lt., 1970, IV, 88 e segg. 
(6) efr. sez. VI, 27 giugno 1969, n. 319, in Cons. Stato, 1969, I, 255: :i:>oi di 
nuovo A.P., 10 aprile 1970, n. 1; in Foro amministrativo, 1970, I, 2, 375: sez. IV, 
14 aprile 1970, n. 265, ivi, 1970, I, 2, 389; sez. IV, 24 novembre 1970, n. 938, ivi, 19'70, 
I, 2, 1194; sez. V, 22 dicembre 1970, n. 1248, ivi, 1970, I, 2, 1470; e.SI., 19 giugno 1971, 
n. 349, ivi, 1971, I, 2, 789; sez. V, 17 aprile 1973, n. 404, ivi, 1973, I, 2, 440; sez. IV, 15 maggio 
1973, n. 564, in Cons. Stato, 1973, I, 697; sez. IV, 30 ottobre 1973, n. 938, ivi, 
1973, I, 1306; sez. V, 15 marzo 1974, n. 245, ivi, 1974, I, 451: sez. V, 25 ottobre 1974, 
n. 430, ivi, 1974, I, 1233; e.SI., 24 febbraio 1975, n. 8, ivi, 1975, I, 194. 
(7) efr. T.A.R. Piemonte, 9 maggio 1974, n. 17, in Cons. Stato, 1974, spec., 19. 
(8) efr. VIRGA, I tribunali amministrativi regionali (1972), 84 nt. 66; nello stesso 
senso, ma del tutto immotivamente, anche LucIFREDI-eAIANIELLO, I tribunali amministrativi 
regionali (1972), 247; e da ultimo PALEOLOGO, in Foro amministrativo, 1975, 
II, 440 e segg. contra SEPE-PES, Le nuove leggi di giustizia amministrativa (1973), 
405, per cui deve escludersi che nell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971 il termine 
-I 


PARTE II, QUESTIONI 

mazione che � in relazione all'art. 33, secondo e terzo comma della legge 
6 dicembre 1971 n. 1034, deve ritenersi ammissibile il ricorso per esecuzione 
delle sentenze del T.A.R. anche se esse siano state impugnate o siano 
ancora impugnabili in sede di grnvame � (9). 

2. -IJ .problema di cui intendiamo occuparci in questo scritto � appunto 
quello consistente nel veil'ificare se siffatta estensione della immediata proponibilit� 
del ricorso ex art. 27 n. 4 (ed ora ex art. 37, 3� e 4� comma della 
legge istitutiva dei T.A.R.) alle sentenze emesse in primo grado dai T.A.R. 
e gravate d'appello innanzi al Consiglio di Stato, o tuttora suscettibili di 
essere appellate, possa o meno ritenersi fondata. 
A nostro avviso, anche indipendentemente da una soluzione in senso 
affermativo -per quaJe permangono tuttora serie perplessit� sia sul piano 
teorico che da un punto di vista pratico -del problema relativo alla 
ainmissibilit� dell'immediato ricorso per ottemperanza rispetto alle decisioni 
emesse in unico g!t',ado (ed oggi, di regola, in grado di appello) dal 
Consiglio di Stato, deve comunque ritenersi assolutamente ingiustificata 
una estensione dell'indirizzo favorevole all'immediata proponibilit� del 
detto ricorso anche rispetto alle decisioni dei T.A.R. non ancora passate 
formalmente in cosa giudicata. 

3. -A tale estensione non pu� essere per certo di ,aiuto, come potrebbe 
sembrare a prima vista, il fatto che le decisioni dei T.A.R. siano dichiarate, 
dall'art. 33, 1� comma della legge n. 1034 del 1971, � esecutive � (10). 
In proposito non _sembra inopportuno rammentare come la stessa Suprema 
Corte, con le pronunce sopra ricordate, abbia chiaramente messo 
in evidenza che il processo che segue ad un ricorso diretto ad ottenere 
l'ottemperanza della pubblica Amministrazione alla decisione giurisdizionale 
non � un mero pxocesso di �esecuzione�. Nella prima delle citate 
pronunce, in particolare (11), la Cassazione si � in primo luogo richiamata 
ai principi fondamentali in tema di �esecuzione forzata nei �Confronti della 
pubblica Amministrazione; e tra di essi, innanzi tutto, a quello desumibile 
dall'art. 4, 2� comma, della Jegge abolitiva del contenzioso amministrativo 

(leg,ge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E), che, dopo aver posto al giudice 
011dinario, nell'esercizio della sua funzione giurisdizionale, il ben noto 
limite costituito dal divieto di revocare o modificare, cio� annullare, l'atto 
amministrativo, stabilisce .che le autorit� amministrative � si atterranno 
al giudicato dei tribunali in quanto riguarda il caso deciso�. 

Con riferimento a tale norma, .la Suprema Corte, con argomentazioni 
di esempla,re chiarezza che meritano di essere riferite per esteso, ha in 
particolare rilevato quanto segue. 

� Questa norma, in cui il cosiddetto giudizio di ottemperanza trova 
la sua prima giustificazione, nonch� la determinazione del suo contenuto, 
�giudicato� sia usato impropriamente; v. anche, da ultimo, le acute, ancorch� fugaci, 
note di CANNADA-BARTOLI, in Foro amministrativo, 1975, II, 71. 
(9) Cos� sez. V, 15 marzo 1974, n. 245, in Cons. Stato, 1974, I, 451; nello stesso 
senso, da ultimo, T.A.R. Sicilia, 23 maggio 1975, n. 120, in I trib. amm.vi reg., 1975, 
I, 1744 (e ivi, III, 188 e segg. nota adesiva di TASSONE). 
(10) Sulla dizione dell'art. 33 della legge istitutiva dei T.A.R. fa principalmente 
leva, infatti, la decisione sez. V, n. 245 del 1974, citata sopra, nonch� VIRGA, 
loc. cit. e CAIANIELLO, Zoe. cit. 
(11) Cass. SS. UU., 18 settembre 1970, n. 1563, in Foro It., 1970, I, 2349. 

122 RASSEGNA DELL'Avvo�ATURA DELLO STATO 

dimostra che l'obbligo di conformarsi alla decisione non attiene alla esecuzione 
de1la sentenza o, quanto meno, non �attiene meramente ad essa, bens� 
allo svolgimento di un'attivit� conseguenziale a tale pronuncia e di natura 
prevalentemente pubblicistica. 

� Invero, �coordinando le due disposizioni contenute nella norma stessa, 
appare chiaro che l'obbUgo di ottemperanza imposto alle autorit� amministrative 
non riguarda tanto il comando giurisdizionale �espresso nella 
decisione, che si impon� per forza propria ai sog�getti cui � rivolto, quanto 
la rimozione dell'atto illegittimo e lo svolgimento di ogni ulteriore attivit� 
conseguente, che non possono �essere stati disposti dal giudice, per il divieto 
fattogli di revoca;re l'atto amministrativo. 
�Ci� vale anche a spiegare perch� il dovere di esercitare la suddetta 
attivit� divenga operante solo quando la p;ronuncia giurtdizionale abbia 
acquistato certezza, attraverso il passaggio in cosa giudicata. Fino a quel 
momento, perci�, attenersi alla decisione del giudice � per l'amministrazione 
soltanto una facolt� e non anche un obbligo. In conseguenza deve 
escludersi che nell'art. 4 �legge del 1865, .come nell'art. 27 n. 4 t.u. del 1924, 
il termine �giudicato� sia usato impropriamente per indicare una decisione 
esecutiva. 
� Le ;ragioni sopra esposte sussistono poi, e sono pienamente valide, 
anche quando si tratti di applicare il rimedio dell'art. 27 n. 4 ai casi di 
inosservanza di decisioni dei giudici amministrativi ed in particolare del 
Consiglio di Stato. 
� Vero � infatti che pe;r �questo or.gana giurisdizionale non opera il 
limite imposto ai giudici ordinari, consistente nel divieto di annullare l'atto 
amministrativo, ma � ugualmente certo che non s�mpre �le disposizioni 
contenute nella decisione, ancorch� questa abbia annullato l'atto illegittimo, 
valgono da sole a restaurare l'ordine giuridico leso n� a soddisfare l'interesse 
del privato a detta restaurazione, come gi� innanzi si � detto e come 
dimost;rerebbe, ove fosse necessario, lo stesso caso di cui ci si sta occupando, 
giacch� l'annullamento di alcuni atti relativi alla predisposizione 
della gara non � bastato a soddisfare l'interesse di chi, come la Camst, 
trovandosi nelle condizioni richieste, ha fatto valere la pretesa di partecipare 
ad un'altra gara da disporre ed espletare conformemente a legge. 
� Pertanto si pu� ;rendere necessaria, ai fini della predetta restaurazione, 
un'attivit� conseguenziale de1l'autorit� amministrativa, nel caso in 
cui vi sia stata decisione del Consiglio di Stato -come nel caso di decisione 
del �giudice ordinario: proprio in tale ipotesi si giustifica ed � sperimentabile 
il ricorso previsto dall'art. 27 n. 4. 
� Ci� dimostra che il �p.rocesso che ne segue non pu� essere inteso come 
un mero. processo di �esecuzione, neppure quando in esso si fa valere la 
pretesa che l'amministrazione conformi la sua attivit� alla decisione del 
giudice amministrativo. 
� Del resto, propdo per le decisioni del Consiglio di Stato, l'art. 88 
reg. 17 agosto 1907 n. 602 stabilisce che l'esecuzione si fa in via amministrativa, 
eccetto che per la parte �relativa alle spese. Ci� che pu� chiedersi 
al giudice deve quindi essere necessariamente cosa diversa, cio� l'espletamento 
dell'attivit� conseguenziale alla pronuncia, perci� tale pretesa non 
pu� essere fatta valere in giudizio, ai sensi dell'art. 27 n. 4, ancorch� si 
tratti di pronuncia di un giudice amministrativo, se non in !presenza del 
requisito di certezza della pronuncia stessa, derivante dal passaggio in 
giudicato �. 
Con riguardo, poi, al mutato avviso espresso sulla questione dall'A.P. 
del Consiglio di Stato con la rammentata decisione n. 10 del 1969, le Sezioni 


PARTE II, QUESTIONI 

Unite, nella stessa sentenza n. 1563 del 1970, hanno sottoposto a serrata 
critica il nuovo orientamento dell'Organo di giustizia amministrativa, affermando, 
tra l'altro, quanto segue. 

� Come dsulta dalla precedente esposizione, il Consi-glio di Stato muove 
dunque, nell'espor�re le ragioni della sua dedsione, dall'affermazione che, 
quando si ricorra ad esso �per ottenere dall'amministrazione l'adempimento 
dell'obbligo di uniformarsi alle decisioni dei giudici amministrativi, si 
'verta in tema di applicazione analogica dell'art. 27 n. 4. 1.1 Consiglio di 
Stato nega quindi che i principi .che regolano il giudicato nel codice di 
procedura civile siano applicabili alle deci-sioni dei giudici amministrativi, 
ed in particolaa.-e �a quelle dello stesso Consiglio di stato, ed infine espone 
ulteriori ragioni logico-giuridiche che escluderebbero la possibilit� che 
l'esistenza di un giudicato amministrativo costituisca presupposto necessario 
per l'esperibilit� del rimedio previsto dall'art. 27 n. 4 t.u. n. 1054 
del 1924. 

�Sul primo punto �questa corte ha gi� manifestato innanzi di ritenere 
che l'esperibilit� del rimedio di cui sopra, per ottenere osservanza delle 
decisioni dei giudici amministrativi, non costituisca applicazione analogica 
della norma, ma sia soltanto frutto di una interpretazione estensiva di essa. 
�Null'altro ritiene di dover aggiungere a quanto gi� esposto, anche 
per la �Considerazione, pur essa gi� svolta, che, anche se si trattasse di 
applicazione analogica, in nessun caso potrebbe ritenersi consentito di 
mutare la struttura stessa dell'azione. 
�Se questa non potesse essere inclusa nell'ambito del sistema proprio 
delle pronunce giurisdizionali amministrative, dovrebbe invero concludersi 
per l'inammissibilit� del rimedio, non gi� ritener lecito la creazione di altro 
rimedio �sostanzialmente diverso, seppur simile a quello dato dalla legge. 
� Ma il vero � che l'impossi�bilit� di inquadrare il rimedio, quale esso 
risulta dalla norma che lo appresta e lo disciplina, ai �casi in cui si tratti 
dell'obbligo di conformarsi alle decisioni dei .giudici amministrativi in realt� 
non �sussiste. Che avverso le suddette decisioni ed in particolare avverso 
la decisione del Consiglio di Stato non siano ammesse tutte le impugnazioni 
normalmente consentite contro le sentenze dei tribunali ordinari � un dato 
certo ma non punto risolutivo. 
� Infatti � indubitabile, stante la possibilit� di esperire contro di esse 
un sia pur limitato numero di impugnazioni, �che anche per le decisioni 
dei giudici amministrativi manca ogni caa.-attere di immutabilit� fino a 
quando tali impugnazioni siano �esper~bili o, �se .siano state in realt� proposte, 
fino a quando esse non siano state definite. 
�Solo se le impugnazioni siano precluse o siano state definite, la 
decisione vale perci� a chiudere il processo ed assume il carattere di 
immutabilit� che costituisce l'essenza del giudicato, quale pu� desumersi 
proprio dal disposto dell'art. 324 cod. proc. civ., che non si pone dunque 
in contrasto, ma si armonizza con l'intero sistema del procedimento dinanzi 
ai giudici amministrativi ed in particolare del procedimento dinanzi al 
Consiglio di Stato. Questo poi � regolato bensl da norme particolari ma 
non per questo solo pu� escludersi l'applicazione di una qualsiasi norma 
del codice di procedura civile. 
� Del resto si sa bene che neppure contro le �sentenze dei giudici ordinari 
sono sempre consentiti tutti i tipi di impugnazione menzionati nell'art. 
324; ci� non toglie per� che la disciplina del giudicato, desumibile 
da tale norma, sia applicabile anche a quelle sentenze contro le quali sono 
consentite solo limitate impugnazioni, nel senso che il loro passaggi6 in 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

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gludicato si verifichi solo con l'inutile decorso del termine per proporle o 
con la loro definizione. 

� Quanto poi alla pretesa esigenza di fare ossequio immediato alle 
decisioni del Consiglio di Stato, in ,quanto immediatamente esecutive, 
l'argomento si appalesa di ben scarsa consistenza ove si ,consideri che vi 
sono numerose categorie di sentenz.e dei tribunali ordinari le quali hanno 
efficacia esecutiva senza costituire giudicato: basti :pensar.e a tutte le sentenze 
di appello ed anche a quelle di primo grado, dichiarate provvisoriamente 
esecutive. � 
� Anche per tutte queste �sentenze dovrebbe perci� consentirsi il rimedio 
del cosiddetto giudizio di ottemperanza, se esso dovesse trovare applicazione 
in dipendenza della forza esecutiva della pronuncia, ma questo � 
escluso dalla legge. 
� D'altra parte far leva sull'efficacia esecutiva della sentenza, per imporre 
all'amministrazione di .conformarsi all'ordine in essa contenuto, 
significa configurare il giudizio di ottemperanza come un giudizio meramente 
esecutivo, mentre ci� non appatre esatto pe;r le ragioni gi� esposte, 
in aggiunta ed a conferma delle quali .pu� rilevarsi che i provvedimenti 
che � possibile emettere a conclusione del giudizio di ottemperanza non 
vanno in nessun caso oltre il limite .di ordini rivolti all'amministrazione 
di espletare l'attivit� ,conseguenziale alla precedente pronuncia, ci� significa 
che neppure in questo g,rado del prrocesso ha luogo la diretta ed immediata 
tutela invocata dal prrivato, n� per effetto �degli atti di questo processo 
si verificano quelle caratteristiche modificazioni della sfera giuridica del 
soggetto passivo, ,che sono proprie del processo esecutivo. 
� Infine, gli inconvenienti ai quali pu� dar luogo il differire al momento 
della formazione del giudicato amministrativo la possibilit� di esperire il 
rimedio dell'art. 27 n. 4, non sono diversi da quelli che si verificano o si 
possono verificare differendo, come indubbiamente deve ritenersi differita, 
al momento del passaggio in ,giudicato delle sentenze dei tribunali ordinari, 
la possibilit� di proporre al Consiglio di Stato il rrico;rso contro il rifiuto 
dell'amministrazione di conformarsi alla pronuncia del giudice. 
� Gli inconvenienti, quali che essi siano, non possono comunque dispensare 
dal rispetto dei limiti posti dalla legge per l'esercizio dell'azione �. 
Questi stessi concetti si trovano successivamente ribaditi, anche se in 
modo pi� sintetico, ma non per questo meno energico, nelle motivazioni 
delle due pi� recenti sentenze delle Sezioni Unite sopra ricordate (12). 

Non vi � poi motivo alcuno per ritener�e che tale orientamento giurisprudenziale, 
pur maturatosi con riguardo alle decisioni emesse dal Consiglio 
di Stato in grado uni,co, non .sia oggi applicabile anche alle decisioni 
emesse dai T.A.R. in primo �grado. J?er le quali, come pu� apparire pe;rsino 
ovvio, ancor meno che per le pronunce emesse dal Consiglio di Stato in 
grado unico (ed oggi in grado di appello) pu� parlarsi di �giudicato� in 
senso proprio, dal quale soltanto pu� discendere a carico dell'Amministrazione 
un obbligo di conforma,re la propria ulteriore attivit�. 

4. -D'altro canto, .� appena il caso di rammenta.re che la giurisprudenza 
delle Sezioni Unite �sopra riferita non rappresenta una assoluta novit�. 
E ci� sia per i non certo remoti precedenti conformi dello stesso Consiglio 
(12) Cass. SS. UU., 5 novembre 1973, n. 2863 e 7 novembre 1973, n. 2897 
(rispett. in Foro amministrativo, 1974, I, 188 e in Cons. Stato, 1974, II, 125). 

PARTE II, QUESTIONI 

di Stato sulla questione (13), 'sia soprattutto perch�, con le sopra riferite 
decisioni, la Suprema Corte non ha fatto altro, in sostanza, che far propria, 
autorevolmente rafforzandola, la distinzione, gi� da vari anni avvertita 
dalla dottrina, tra � esecuzione � e c.d. � ottemperanza � (14) ovvero tra 

� esecutivit� � e � obbligo di conformarsi � al giudicato. 
Intendiamo riferirci qui, innanzi tutto, ai risultati raggiunti nel convegno 
di studiosi tenutosi a Napoli nell'aprile del 1960 sul tema dell'adempimento 
del giudicato amministrativo. Ed in primo luogo alla relazione ivi 
tenuta dal Sandulli (15), con la quale, dopo ampia illustrazione delle vicende 
,storiche che condussero all'introduzione nel nostro ordinamento, con 
l'art. 4 n. 4 della legge 31 marzo 1889, n. 5992 (da cui direttamente deriva 
l'art. 27 n. 4 del t.u. n. 1054 del 1924), dell'obbligo di cui trattasi, si analizzano 
in profondo la consistenza, l'estensione e la natura di tale obbligo, 
ravvisandone in pa.rticolare il contenuto (16) non gi� nell'obbligo dell'Amministrazione 
di � dare esecuzione � a ci� che � disposto nella pronuncia 
giurisdizionale, bens� nell'obbligo di � porre in essere tutte le attivit� 
occorrenti perch� -a parte e oltre l'esecuzione -lo 'stato di fatto determinato 
dall'amministrazione sia reso conforme, e cio� consono, allo stato 
di diritto definito dal giudice, eliminando ogni contrasto giuridico con 
esso� (17). 

Come chiarisce ulteriormente il ,citato autore, tale obbligo �consiste 
cio� nella eliminazione delle situazioni di fatto (precedentemente poste in 
essere) in contrasto col (sopravvenuto) giudicato, nonch� nella realizzazione 
delle situazioni di fatto necessarie per raggiungere una corrispondenza 
(qualsiasi possa essere) con Io stato di diritto affermato dal giudicato. Pi� 
precisamente consiste nel porre in essere tutti ,gli atti .giuridici e tutte le 
operazioni occorrenti per la realizzazione del fine� anzidetto. Si tratta di 
una attivit� la quale presuppone esaurita quella giudsdizionale, ed � istituzionalmente 
destinata a svolgersi al di fruori e al di l� dei limiti in cui 
questa � in grado di operare. Una attivit�, la quale si esplica in un campo 
precluso a quella giurisdizionale, e pu� aver inizio soltanto dove l'altra 
cessa. Una attivit�, inoltre, che non presuppone necessariamente esaurita 

(13) Cfr. sez. VI, 21 novembre 1950, n. 413, in Giur. compl. Cass. Civ., 1951, 
I, 855; cfr. altresi la giurisprudenza citata sub nt. 1, alla quale aggiungansi anche: 
C.SI., 17 giugno 1963 n. 166, in Cons. Stato, 1963, 1127 e C.SI., 27 agosto 1964 n. 319, 
ivi, 1964, 1585. A questo orientamento (che parte dal 1950) il C.d.S. era stato indotto 
anche per le vivaci critiche che la dottrina pi� autorevole (cfr. per tutti RANELLETTI, 
in Riv. trim. dir. pubbt., 1951, 76 e segg.) aveva mosso alla contraria, sia pure per 
implicito, decisione presa dalla sez. V con ord. 31 gennaio 1947 (in Foro It., 1947, 
III, 166), la quale aveva affermato l'ammissibilit� del giudizio di ottemperanza nei 
confronti delle pronunce giurisdizionali esecutive, anche se non passate in giudicato; 
per maggiori dettagli vedasi AZZARITI, in Rass. Avv. Stato, 1969, I, 1100 seg.. ' 
(14) L'espressione, originariamente propria del gergo curiale, � divenuta ormai 
usuale in dottrina, per autorit� soprattutto del GIANNINI M.S., Contenuto e limiti del 
giudizio di ottemperanza, in Atti del convegno sull'adempimento del giudicato amm.vo 
(1962), 117 e segg. 

(15) Cfr. SANDULLI, Consistenza ed estensione dell'obbligo delle autorit� amm.ve 
di conformarsi ai giudicati, in Atti, cit., 17 e segg.; concetti sostanzialmente riprodotti, 
in sintesi, nella successiva opera dello stesso autore: cfr. ancora SANDULLI, 
�Il 
giudizio davanti al C.d.S. e ai giudici sottordinati (1963), 167 e segg.; nonch� 
SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, 12a ed. (1974), 959 e segg., in partic. 963 e segg. 

(16) SANDULLI, Consistenza ed estensione, cit., 44 e segg.; per la precedente 
dottrina orientata nei medesimi sensi vedi ivi, 44 nt. 38. 
(17) SANDULLI, op. cit., 46 e seg. 
. 
\ 


126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'attivit� di esecuzione, ben �potendo esplicarsi in una sfera del tutto diversa 
da quella di quest'ultima � (18). 

Ben chiaro era quindi, nel dibattito dottrinale negli anni che hanno 
preceduto la emanazione della legge istitutiva dei T.A.R., che altro � la 
�esecuzione� ed altro � lo �adempimento dell'obbligo di conformarsi� al 
giudieato da parte dell'Amministrazione (19). 

5. -A questo punto, e tralasciando per brevit� ogni ulteriore richiamo 
di dottrina (20), si pone per�, necessariamente, un interrogativo. E precisamente 
quello consistente nell'accertare, o meglio definire, ci� che propriamente 
debba intendersi per � esecutivit� � delle sentenze dei T.A.R. 
ai sensi dell'art. 33, 1� comma, della legge n. 1034 del 1971; e, pi� in 
generale, per � esecutivit� � delle decisioni dei giudici amministrativi. 
Quale sia stata l'intenzione del legislatore nel dichiarare che le sentenze 
dei T.A.R. sono �esecutive� non � certo facile stabilire sulla scorta 
dei lavori preparatori della legge ora citata (21). E tuttavia, posto che 
-come si � sopra visto -dottrina e giurisprudenza pi� autorevoli distinguono 
tra � esecuzione � e � ottemperanza � ovvero tra � esecutivit� � e 
�obbligo di conformarsi., � gioco forza, a nostro avviso, ricorrere ad una 
inter�pretazione restrittiva, o forse sarebbe meglio dire riduttiva, del dettato 
legislativo, se non si vuol cor.rere il rischio di ravvisare in esso una espressione 
del tutto sfornita di significato concreto (22). 

Nel far ci� occorre innanzi tutto distinguere tra decisioni di annullamento 
di atti amministrativi emesse dai T.A.R. (ossia le decisioni di natura 
costitutiva che sono senz'ombra di dubbio le pi� frequenti e comunque 

(18) SANDULLI, op. cit., 47 e seg, 
(19) Vedasi ancora al riguardo, tra i relatori del ricordato convegno, BENVENUTI, 
Valore delle pronunce ex art. 27 n. 4 T.U. del C.d.S. e lol'o esecuzione, in Atti, cit., 
243 e segg., partic. 255. 
(20) Per quella precedente al ricordato convegno vedasi soprattutto NIGRO, in 
Rass. dir. pubbl. 9 (1954), 228 e segg. 
(21) Pu� essere forse interessante rilevare che il I0 comma dell'attuale art. 33 
non esisteva nel testo approvato dalla I� Commissione permanente della Camera e fu 
aggiunto dal Senato in sede di discussione sui singoli articoli in assemblea (Seduta 
del 17 novembre 1971) in accoglimento di apposito emendamento proposto dal sen. 
MURMURA, peraltro senza particolare motivazione (cfr. resocont� stenografico della 
seduta, in Atti Senato, V Legislatura, 28876 e segg.); il testo, cosi modificato, ritorn� 
alla Camera, ove il relatore (on. LUCIFREDI), nella seduta del 1 dicembre 1971 della 
I� Commissione permanente in sede legislativa, ebbe a rilevare, con riguardo all'art. 33, 
che : � � stato introdotto un comma iniziale che pu� forse ritenersi superfluo, ma 
certamente contribuisce alla chiarezza della normativa disposta � (cfr. Atti Camera, 
V Legislatura, Discuss. I� Comm. in s.l., 368). Per quanto attiene alla nomogenesi, 
questo � tutto: l'unico dato che si pu� ricavare � che, secondo il relatore on. LUCI� 
FREDI, il 1� comma riprodurrebbe, in sostanza, il contenuto del precetto contenuto nel 
2� comma: � il ricorso in appello al Consiglio di Stato non sospende l'esecuzione 
della sentenza impugnata.; il che per� non risolve il problema di stabilire che cosa 
debba propriamente intendersi per esecuzione del1a sentenza, se cio� nel termine 
� esecuzione � sia da ritenere ricompreso anche il � conformarsi..� ad essa da parte 
della p.A. oppur no. 
(22) Il che non pare ammissibile, dovendosi avere per certo che anche per la 
interpretazione delle leggi valga il generale canone ermeneutico, positivamente previsto 
dal vigente ordinamento per l'interpretazione dei contratti (cfr. art. 1367 cod. 
civ.), secondo cui, nel dubbio, ogni atto giuridico deve interpretarsi nel senso in cui 
possa avere un qualche effetto anzich� in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno 
(cenni sulla portata generale del principio in BETTI, Interpretazione della legge e 
degli atti giuridici (1949), 151 e sul significato della norma civilistica, ivi, 310 e seg.). 


PARTE II, QUESTIONI 

quelle tipiche e peculiari al sistema della giustizia amministrativa) e decisioni 
di condanna emesse dai T.A.R. a carico dell'Amministrazione, quali 
sono ora previste, sia pure in determinate e circoscritte ipotesi (23), per il 
pagamento di somme di cui l'Amministrazione risulti debitrice, dall'art. 26, 
3� comma, dena legge n. 1034 del 1971. 

Cominciando dalle prime, .� da ritenere che per �esecutivit�., ai sensi 
dell'art. 33, 1� ,comma, citato, delle decisioni di annullamento di atti amministrativi 
emesse dai T.A.R., le quali siano tuttora suscettibili di appello 

o addirittura siano state gi� gravate di appello innanzi al Consiglio di 
Stato, non possa intendersi altro che la immediata operativit� della pronuncia 
(costitutiva) di annullamento emessa dal giudice amministrativo 
nei confronti delle ulteriori conseguenze giuridiche che l'atto annullato 
sarebbe stato ancora, di per s�, idoneo a produrre, qualora fosse stato riconosciuto 
legittimo e per.ci� fatto salvo dall'ol'gano giurisdizionale. 
La norma in esame (art. 33, 1� comma) non pu�, in particolare, voler 
dire che, una volta resa pubblica col deposito la sentenza del T.A.R., sussista 
eo ipso un immediato obbligo giuridico per l'Amministrazione soccombente 
di prestare ottemperanza al comando giudiziale in essa contenuto mediante 
la messa in essere di una qualsiasi attivit�, giuridica o materiale, di carattere 
ulteriore e conseguenziale; ossia una attivit� che sia diversa ed ulteriore 
rispetto a quella strettamente necessaria per la sospensione delle 
ulteriori conseguenze che l'atto originariamente impugnato fosse ancora, 
per avventura, idoneo a produrre nella realt� sia giuridica che materiale. 

Per scendere al concreto, ossia per fare degli esempi, si immagini che 
un bando di concorso 'sia annull�to da un T.A.R. per illegittima esclusione 
di taluna categoria di aspiranti; le � esecutivit� � di tale pronuncia di 
annullamento pu� importare unicamente che il suddetto atto amministrativo 
sia temporaneamente da considerare tamq'l.lam non esset e che non 
possa quindi spiegare ulteriori effetti, s� che l'Amministrazione sia tenuta 
a non indire le prove di concorso o, se queste siano state per avventura 
espletate, a non procedere alla formazione ed approvazione della graduatoria 
ovvero ancora, ove ricorra il caso, a non procedere alle nomine in 
servizio dei vincitori; ma non potrebbe certamente affermarsi che la predetta 
�esecutivit�� importi anche l'obbligo per l'Amministrazione di bandire 
subito, .pur nelle more del giudizio di appello promosso avverso la 
decisione di annullamento del T.A.R., un nuovo concorso con inclusione 
della categoria di aspiranti prima pretermessa. Ed ancora: si immagini 
che uno scrutinio di .promozione a scelta sia annullato dal T .A.R. per illogicit� 
dei criteri di massima adottati; la �esecutivit� � di tale pronuncia 
di annullamento pu� importare unicamente ,che l'Amministrazione non 
possa, tempol'aneamente, procedere alla emanazione dei decreti di promo


(23) Precisamente nei casi di controversie relative a � diritti attribuiti alla ... 
... competenza esclusiva e di merito � dei T.A.R.: casi, per vero, non molto frequenti 
secondo la normativa vigente; per indicazioni al riguardo vedasi SANDULLI, Il giudizio, 
cit., 105 e segg., 136 e segg., 147 e segg. e ancora SANDULLI, Manuale, cit., 946 e segg.; 
ed ivi, 947, proposta di interpretazione lata della norma in questione (art. 26, 
30 comma), nel senso cio� che essa attribuisca il potere di condannare l'Amm.ne al 
pagamento ogni volta che il T.A.R. abbia competenza in materia di diritti, tanto se 
la legge la indichi come competenza esclusiva, quanto se la indichi come competenza 
di merito (v. pure nello stesso senso Nmao, in Cons. Stato, 1972, Il, 152; e CAIANIELLO, 
op. cit., 220 e seg.): il che, a nostro avviso, non pu� non indurre alle pi� ampie riserve 
e perplessit�, stante la dizione letterale chiaramente in senso congiuntivo della norma 
in questione. 

Ji8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione ,ma non pure che essa sia tenuta subito a retrocedere gli impiegati 
eventualmente gi� promossi alla superiore qualifica e tanto meno a rinnovare 
subito lo scrutinio con l'adozione, in luogo dei precedenti, di nuovi 
crite�ri di massima immuni dai vizi riscontrati dall'organo giurisdizionale di 
primo grado. Ed ancora: si immagini che una gara per l'aggiudicazione di 
un appalto di servizi venga annullata da un T.A.R. per una qualche illegittimit� 
del procedimento seguito; la �esecutivit�� di tale pronuncia di 
annullamento pu� importare unicamente che non si proceda, da parte 
dell'Amministrazione, alla formale stiopula del contratto (nei casi in cui 
ne occorTa una apposita) ovvero alla sua approvazione, registrazione, esecuzione, 
ecc. ecc.; ma non pure che l'Amministrazione sia tenuta ad indire 
subito un'altra gara. Ed ancora: si immagini .che un'ordinanza di demolizione 
di edificio per violazione di norme urbanistiche o di vincolo paesistico 
sia annullata dal T.A.R. per un �qualsiasi vizio formale o sostanziale; 
la �esecutivit�� di tale pronuncia di annullamento pu� importare unicamente 
che l'Amministrazione non proceda alla mate!riale esecuzione coattiva 
dell'ordine di demolizione, non .pure che essa sia tenuta subito, qualera 
tale demolizione sia stata in tutto o in parte gi� eseguita, alla rimessione 

in pristino stato. 

I casi potrebbero moltiplicarsi all'infinito, ma riteniamo che non occorra, 
perch� quanto sin qui esemplificato appare �gi� pi� che sufficiente ad evidenziare 
ci� che, a nostro avviso, deve propriamente intendersi per � esecutivit� 
� delle sentenze di T.A.R. E, soprattutto, come tale � esecutivit� � sia 
qualcosa di ben diverso e di ben pi� limitato rispetto all'� obbligo di conformarsi� 
ovvero �obbligo di ottemperanza� alla pronuncia giurisdizionale. 

Tralasciando, per il momento, di porre l'accento sulle gravissime, e per 

ci� solo inaccettabili, �conseguenze pratiche .che deriverebbero dall'affer


mazione della sussistenza immediata, ossia per effetto della sola pronuncia 

di primo grado non passata in cosa giudicata, del suddetto obbligo, con il 

rischio pi� che evidente di spiegare tutta una complessa attivit� ammini


strativa destinata a .cadere nel nulla in caso di riforma della sentenza da 

paTte del Consiglio di Stato in grado di appello, quello che maggiormente 

ci preme sia chiaro in questa sede � che nel concetto di � esecutivitd � delle 

decisioni di annullamento di atti amministrativi emesse dai T.A.R. deve 

escludersi che possa essere ricompreso l'obbligo di ottemperanza, inteso, 

cos� �Come lo intendono la giurisp'l'udenza e la dottrina sopra ricordate, 

come obbligo di porre in essere attivit� ulterioil'.'i e conseguenziali alla 

pronuncia giurisdizionale di primo grado; e deve altres� escludersi, di 

conseguenza, la coercibilit� di un siffatto obbligo con il rimedio di cui agli 

ultimi due comma dell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971. 

In altri termini, e guardando alla sostanza delle cose, ci� significa, a 

nostro avviso, che alla �esecutivit�� delle sentem;e di annullamento dei 

T.A.R. non pu� attribuksi una portata molto diversa da quella di una 
sospensione della efficacia dell'atto amministrativo impugnato (sospensione, 
peraltro, essa stessa �sospendibile ., o forse meglio � revocabile ., con lo 
strumento previsto dai successivi comma dello stesso art. 3~ della legge 
n. 1034 del 1971, nei casi in cui tale esecutivit�, di per se stessa, sia per 
arrecare un danno grave e irreparabile all'Amministrazione: si pensi, nel 
primo degli esempi fatti sopra, all'ipotesi di una necessit� assoluta per 
l'Amministrazione di coprire i posti messi a concorso e quindi di nominare 
i vincitori, ma1grado l'intervenuto annullame�nto del bando di concorso da 
parte del T.A.R., avverso la cui decisione sia stato dall'Amministrazione 
proposto appello); sospensione valevole sino a quando la decisione di primo 

PARTE II, QUESTIONI 

grado non sia passata in cosa giudicata, a seconda dei casi, o per il decorso 
inutile del termine di impugnativa o per il rigetto della stessa da parte 
del Consiglio di Stato. 

.Appare 'Per contro impossibile intendere, nella �esecutivit�., l'obbligo 
immediato (nel senso, cio�, che esso sussista per il solo effetto della pronuncia 
non ancora passata in giudicato nei modi anzidetti) di porre in 
essere attivit� ulteriore e conseguenziale alla 1pronuncia ancora appellabile 
o addirittura gi� appellata innanzi al Consiglio di Stato. Per conseguenza 
-trattandosi in fondo della stessa cosa, vista per� dall'angolo 
visuale dell'actio anzich� da ,quello del � diritto� soggettivo (24) -_non 
pu� neppure ammettersi la proponibilit� immediata del giudizio di ottemperanza 
al � giudkato � rispetto ad una decisione del giudice amministrativo 
di primo grado :ancora suscettibiJ,e di essere appellata ovvero addirittura 
gi� appellata innanzi al Consiglio di Stato. . 

6. -Venendo ora a prendere in esame, assai brevemente, le decisioni di 
condanna (25), � da rilevare che solo per questo tipo, assai meno fre,quente, 
di pronuce che possono essere emesse dagli or.gani di giurisdizione amministrativa 
(26) appare forse possibile istituire un parallelo .con le sentenze 
di condanna dei giudici ordinari provvisoriamente (o forse meglio: immediatamente) 
esecutive o per loro natura (27) o per disposto di �legge (28). 
In ,questo parallelo, per�, � esecutivit� � immediata vuol dfo:oe, a nostro 
avviso, semplicemente possibilit� per la parte vittoriosa in primo grado 
di procedere alla esecuzione forzata in via ordinaria delle sentenze mede;. 
sime, come disciplinata dal libro terzo del codice di procedura civile, sia 
pure con tutte le riserve e le limitazioni che al riguardo valgono quando 

(24) � appena il caso di notare, con riguardo alla posizione giuridica attiva 
tutelabile con il rimedio di cui all'art. 27 n. 4 del T.U. n. 1054 del 1924 (ed oggi 
art. 37 della legge n. 1034 del 1971) che non di diritto soggettivo perfetto trattasi, 
bensi di interesse legittimo (cfr. SANDULLI, Consistenza ed estensione, in Atti, cit., 
59 e segg.; SANDULLI, Il giudizio, cit., 170; SANDULLI, Manuale, cit. 960; contra, per�, 
nel senso della sussistenza di un vero e proprio diritto soggettivo all'osservanza del 
giudicato, da ultimo: A.P., 9 marzo 1973 n. 1, in Foro amm.vo, 1973, I, 2, 203); ci� 
non esclude, a nostro avviso, che la correlata posizione passiva dell'Amm.ne sia qualificabile 
come e obbligo � e non come mero e dovere � (in questo secondo senso, 
invece, CANNADA-BARTOLI, in Riv. It. Se: Giur., 86 (1949), 253 e seg.): in quest'ultima 
questione, di natura prevalentemente teorica (e che in taluni autori appare impostata 
su una non esatta concezione della categoria del dovere giuridico) .non � qui il luogo 
di addentrarci. 
(25) Anche riguardo alle decisioni di natura dichiarativa -quali sono in primo 
luogo quelle di rigetto del ricorso -pu� porsi a nostro avviso, il problema della 
esecutivit� come concetto diverso da quello dell'� obbligo di conformarsi� (cfr. 
SANDULLI, Il giudizio, cit., 417): la questione, per�, salvo forse nei casi in cui vi sia 
stata sospensione, in via cautelare, della esecutivit� dell'atto originariamente impugnato, 
presenta un interesse pi� teorico che pratico. 
(26) Cfr. art. 26, 3� comma, della legge n. 1034 del 1971; potere da estendere 
ora anche al C.d.S. in sede di appello (non per� in grado unico) in base al disposto 
dell'ultimo comma dell'art. 28 della stessa legge (cfr. in tal senso SANDULLI, Manuale, 
cit., 932; SANTANIELLO, I tribunali amm.vi regionali (1974), 79; SEPE-PES, op. cit., 345). 
(27) Sentenze del giudice di appello: cfr. art. 373, 1� comma, c.p.c. 
(28) Sentenze di primo grado provvisoriamente esecutive: cfr. art. 282 c.p.c.; 
nonch� art. 431 c.p.c. (nuovo testo introdotto con la legge 11 agosto 1973, n. 533), 
norma che non ha mancato di sollevare dubbi di costituzionalit�, sui quali v. da 
ultimo MONTESANO, in Giur. It., 1974, IV, 33 e segg.; e, pi� in generale, TARZIA, in 
Riv. trim. dir. proc. civ., 1974, 467 e segg. 

130 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la parte nei cui confronti si procede esecutivamente sia una pubblica Amministrazione 
(29). 
L'ammissibilit�, in via di principio, della esecuzione forzata in via 
ordinaria per ci� che attiene alle pronunce di condanna (o al capo di 
pronuncia in cui sia contenuta una condanna) dell'Amministrazione risulta, 
del resto, positivamente prevista dallo stesso art. 8'8 del Regolamento di 
proeedw:a innanzi al Consiglio di Stato approvato con R.D. 17 agosto 1907 

n. 642 (30), ove � precisamente stabilito .che � la esecuzione delle decisioni 
si fa in via amministrativa, eccetto che per la parte relativa alle spese �. 
Il disposto di tale norma, laddove essa prevede appunto che la esecuzione 
delle decisioni de�gli organi giurisdizionali amministrativi si fa � in 
via amministrativa., il che vuol dire in primo luogo escludere la possibilit� 
di esecuzione forzata in via ordinaria, rappresenta anzi un'ulteriore conferma 
che per le decisioni (costitutive) di annullamento di atti amministrativi 
-le uniche che fossero cognite al legislatore del 1907 -non pu� 
neppure in astratto ipotizzarsi una � esecuzione forzata � in senso proprio, 
bens� unicamente una conformazione o adeguamento alle stesse dell'ulteriore 
operato dell'Amministrazione, nel che propriamente consiste l'� obbligo 
di ottemperanza � (31). 

Col riferimento� all'eccezione relativa al capo delle .spese, invece, appare 
possibile ravvisare l'esistenza di un principio generale in base al quale la 
possibilit� di esecuzione forzata in via ordinaria potre,bbe aversi con 
riguardo a tutte le decisioni di condanna emesse a cairico dell'Amministrazione, 
anche diverse da quelle alle spese del giudizio (32). Purch�, 
per�, si tratti 'di condanna vera e propria, ossia di pronuncia contenente un 
esplicito comando giuridico particolare di dare (ovvero di tacere o di non 
tacere, nei casi, parvero difficilmente immaginabili, in cui anche pronunce 
di tal fatta siano possibili) emesso a carico di una pubblica Amministrazione. 

Arppare di conseguenza possibile, per tornare all'argomento, intendere, 
anche sotto questo profilo, l'� esecutivit�� immediata delle decisioni 
dei T.A.R., di cui all'art. 33, 1� comma, della legge istitutiva, siccome relativa 
alle pronunce di condanna nel senso test� chiarito; e quindi prospettare 
una interpretazione pro-imenti possibile, ancorch� apparentemente riduttiva 

o restrittiva, della norma �stessa, idonea comunque ad attribuirle un concreto 
ed effettivo significato. 
(29) Per le sentenze di condanna al pagamento di somme a carico dello Stato, 
vedasi, infatti, l'art. 277 del Reg. cont. gen. Stato, secondo cui �la liquidazione delle 
spese deve essere appoggiata a titoli e documenti comprovanti il diritto acquisito dei 
creditori � : ove nella espressione, di indubbio sapore arcaicizzante, � diritto acquisito � 
non pu� intendersi altro che un diritto (in ipotesi: di credto nascente da sentenza 
di condanna) scaturente da una decisione divenuta irrevocabile. 
(30) Norma applicabile al giudizio innanzi ai T.A.R. ai sensi dell'art. 19, 1� comma, 
della legge istitutiva; lo stesso prevedeva l'art. 61 del Reg. di proc. innanzi alla 
G.P.A. in s.g. approvato con R.D. 17 agosto 1907 n. 643. 
(31) Per uno spunto in tal senso v. TAMiozzo, in Rass. Avv. Stato, 1974, I, 1205; 
e prima ancora SANDULLI, Consistenza ed estensione, in Atti, cit., 45 ed ivi nt. 39. 
(32) Cfr. da ultimo, sia pur con riferimento a sentenza di condanna emessa 
dall'A.G.O. a carico dell'Amm.ne, A.P., 9 marzo 1973 n. 1 (in Foro amm.vo, 1973, 
I, =!. 203), con cui � stato ritenuto ammissibile il ricorso ex art. 27 n. 4 per la esecuzione 
di sentenze recanti condanna al pagamento di somme in alternativa con la 
esecuzione forzata ordinaria, confermandosi cos� l'indirizzo del e.SI. 18 maggio 1972 
n. 337 (in Foro amm.vo, 1972, I, 2, 708), per altro non del tutto pacificamente accolto 
in dottrina (vedasi per talune perplessit� GESSA, in Cons. Stato, 1971, II, 1139 e 
segg., partic. 1141; in senso favorevole al nuovo indirizzo SEPE-PEs, op. cit., 409 
e segg.). 
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PARTE II, QUESTIONI 

7. -Del resto, la proposta interpretazione restrittiva o riduttiva del 
termine � esecutive ., riferito alle sentenze dei T.A.R. dall'art. 33, 1� comma, 
della legge istitutiva, appare confermata, in entrambi gli aspetti sopra 
illustrati, da considerazioni di carattere pi� generale, relative sia ai principi 
generali dell'attivit� amministrativa sia a quelli del vigente ordinamento 
processuale generale, delle quali � necessario fare un rapido a�ccenno. 
A) Innanzi tutto, va qui ricordato uno dei .caratteri propri ed essenziali 
dell'attivit� amministrativa di diritto pubblico, la quale, per sua natura, 
non pu� essere � condizionata � (33). La pubblica Amministrazione, cio�, 
non pu� agire, con ri1evanza pubblica esterna, se non in modo definitivo, 
vale a dire non precario n� soggetto a condizione. Si tratta qui di un modo 
di �essere connaturato ad o.gni manifestazione esterna dei pubblici poteri 
sia nella sfera legislativa che in quella amministrativa e giurisdizionale, 
ma che assume una particolare rilevanza proprio nell'ambito dell'attivit� 
amministrativa anche, se non soprattutto, per effetto della statuizione costituzionale 
(art. 97, 1� comma), secondo la quale la legge che disciplina l'attivit� 
dei pubblici uffici deve assicurare il loro �buon wndamento �. 

Orbene, non � chi non veda come, se fosse da accogliere la tesi secondo 
cui non sarebbe necessario il giudicato, ma basterebbe la sola pronuncia 
di primo grado �esecutiva� a determinare eo ipso l'obbligo dell'Amministrazione 
di conformarvisi, una grave lesione verrebbe inferta, non soltanto 
al cennato principio costituzionale, ma altres� al predetto carattere 
di � definitivit� � o � non condizionabilit� � proprio dell'attivit� amministrativa 
di diritto pubblico. Infatti' l'attivit� ulteriore e conseguenziale, che 
l'Amministrazione sarebbe obbligata, in ipotesi, a svolgere immediatamente, 
dovrebbe di necessit� conf��gurarsi come attivit� sottoposta a condizione 
risolutiva, essendo essa destinata a risolversi nel nulla in caso di 
riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice dell'appello. 
Con quale vantaggio per i singoli interessati e per la collettivit� dei cittadini 
in generale non � certo dato scor.gere, laddove, al contrario, pi� che 
manifesti si rivelano gli inconvenienti che .deriverebbero dall'affermazione 
di un siffatto obbligo immediato di procedere. 

Anche dal ~unto di vista qui esaminato, si rivela dunque esatto e in 
ogni caso pienamente consono al sistema il principio secondo il quale 
l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi alla pronuncia giurisdizionale 
pu� sorgere soltanto col e dal giudicato, onde evitare che la pubblica Amministrazione 
sia costretta a svolgere la propria attivit�, volta al conseguimento 
dei fini� df pubblico interesse, quando ancora tale pubblico interesse 

(33) Com'� noto, � controversa, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla 
legge, la possibilit� stessa di apporre condizioni o altri elementi accidentali agli 
attivi amm.vi; possibilit� che va comunque esclusa riguardo agli atti a contenuto 
vincolato (cfr. ALESSI, Dir. amm.vo ital., 3� ed. (1960), 332 e 336 e seg.; SANDULLI, 
Manuale, cit., 479; e pi� ampiamente LucIFREDI, L'atto amm.vo nei suoi elementi 
accidentali, 273 e segg., 286 e segg.). � peraltro appena il caso di avvertire che la 
� non condizionabilit� � o � non precariet� � di cui � parola nel testo concerne un 
profilo essenzialmente diverso da quello della possibilit� o meno di apporre condizioni 
(sospensive o risolutive) o termini (iniziali o finali) agli atti amm.vi: infatti, 
ad esempio, un atto amm.vo sottoposto a termine (iniziale o finale) �, ci� non di 
meno, pur sempre un atto, per sua stessa natura, ad efficacia � assoluta � e � definitiva� 
(ed � ben per ci� che la revoca dell'atto amministrativo non !:>U� mai avere 
effetto retroattivo); analogamente, le leggi transitorie o temporanee, valevoli cio� per 
un certo periodo di tempo, non sono, per questo, leggi meno � incondizionate � e 
� definitive � di quelle che tale carattere di temporaneit� non hanno. 

132 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

o i modi per pe<rseguirlo legittimamente non siano stati definitivamente 
accertati (34); evitare, cio�, che la pubblica Amministrazione debba porre 
in essere atti amministrativi conseguenziali che non sono definitivi, ma 
precari, provvisori e condizionati all'esito delle previste o addirittura gi� 
esperite impugnative giurisdizionali. 

B) In secondo luogo va qui ;richiamato anche uno dei fondamentali 
princiipi del vigente ordinamento processuale generale. il: cio� da ricordare 
che, �secondo la dottrina processual-civilistica pi� autorevole e di gran lunga 
prevalente, l'esecuzione forzata (o azione esecutiva) � un potere che nasce 
unicamente dalla sentenza �i condanna, intesa appunto come preparatoria 
all'esecuzione forzata ed a questa funzionalmente collegata (35). 

Le sentenze costitutive per contro -e le decisioni di annullamento 
di atti amministrativi emesse dagli organi della �giustizia amministrativa 
sono, com'� noto, di tal fatta -non producono azione esecutiva e non � 
quindi dato, rispetto alle stesse, parlare di esecuzione forzata (36). Tali 
sentenze invero, com'� stato :autorevolmente chiarito dalla dottrina (37), 
contengono in s� � atto di accertamento e :atto di esecuzione � (3�8). In altri 
termini, nell'ipotesi di azione �Costitutiva, fa decisione, la quale presuppone 
l'avvenuto accertamento della sussistenza delle condizioni giurtdiche richieste 
perch� possa operarsi un mutamento dell'ordine giuridico, � sufficiente 
di per s� a realizzare la tutela giurisdizionale del diritto ossia �per 
operare quel mutamento giuridico che la legge riconnette al verificarsi delle 
condizioni accertate� (39). 

N� di minor peso appare poi -per venire pi� da presso a fattispecie 
in certo �senso analoga a quella dell'art. 33, 1� comma, della legge istitutiva 
dei T.A.R. -la .constatazione �che, sempre nel vi:gente ordinamento processuale 
civile, la esecutivit� c.d. provvisoria (meglio sarebbe forse dke: 
immediata) delle sentenze di primo grado (art. 282 cod. proc. civ.) non soltanto 
rappresenta, rispetto :al sistema, una possibilit� di .carattere eccezionale 
e non gi� normale, ma essa stessa concerne, anche qui secondo la 
dottrina prevalente (40), unicamente le sentenze di condanna, le sole cio� 
che siano suscettibili �di �esecuzione forzata disctplinata dal libro terzo del 
codice di procedura civile. 

Si ha qui, pertanto, una ulteriore �conferma che la �esecutivit�� di cui 
� parola nell'art. 33 della leg.ge n. 1034 del 1971 pu� riferirsi bensi alle 
sentenze di condanna �emesse dai T.A.R. (quali sono ora previste, come si 
� visto, dall'art. 26, 3� comma, della citata legge istitutiva), se ed in quanto 
suscettibili di esecuzione forzata nelle vie ordinarie (41); ma non pure pu� 
estendersi alle sentenze (costitutive) di annullamento emesse dai T .A.R., per 

(34) Cfr. AZZARITI, in Rass. Avv. Stato, 1969, I, 1107. 
(35) Fondamentale, al riguardo, CHIOVENDA, Istituzioni, voi. I (1937), 168 e 286 
e segg.; cfr. anche ANDRIOLI, Commento al cod. proc. civ., voi. II, 3� ed. (1956), 274, 
soprattutto con riferimento alla provvisoria esecutivit� delle sentenze dei giudici 
ordinari. 
(36) Cfr. sez. V, ord. 22 settembre 1959 n. 179, in Cons. Stato, 1959, I, 1435. 
(37) V. per tutti CALAMANDREI, Ist. dir. proc. civ. (1941), 62 e segg., partic. 
64 e segg. 
(38) Cosi SATTA, Commentario al cod. proc. civ., voi. III (1965), 28. 
(39) Cfr. CALAMANDREI, op. cit., 65. 
(40) Cfr. ANDRIOLI, op. cit., 274. 
(41) Ma per le spese dello Stato valgono al riguardo, come gi� detto, i limiti 
derivanti dall'art. 277 Reg. cont. gen. Stato (supra nt. 29); sono poi da rammentare 
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PARTE II, QUESTIONI 

le quali, come per qualunque decisione a carattere costitutivo, non pu� 
esservi affatto questione di esecuzione forzata, ma soltanto di ottemperanza, 
vale a dire di adeguamento dell'attivit� amministrativa ulteriore e conseguenziale 
a quanto disposto nella pronuncia stessa. ' 

8. -La giurisprudenza della Suprema Corte sopra ricordata, la dottrina 
dianzi richiamata e le considerazioni di carattere pi� generale test� 
svolte non esauriscono, ancora, il nostro discorso. Vi � infatti qualcosa di 
pi� e di nuovo e, �quel che pi� conta, di pi� specificamente attinente alla 
materia in esame e al tema della inammissibilit� del giudizio di ottemperanza 
immediato rispetto alle decisioni giurisdizionali amministrative di 
primo grado non ancora passate formalmente in cosa giudicata. 
Si tratta di un argomento, a quel che consta, del tutto nuovo che, a 
nostro avviso, pu� trarsi proprio dalla esegesi testuale degli ultimi due 
comma dell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971. 

Secondo le disposizioni di cui al 3� e 4� comma dell'articolo citato, le 
quali attribuiscono e regolano la competenza funzionale (42} relativa ai 
giudizi di ottemperanza alle decisioni degli or.gani della giustizia amministrativa, 
� stabilito infatti che: a} � quando i ricorsi sono diretti ad ottenere 
l'adempimento dell'obbligo dell'autorit� amministrativa di conformarsi 
al giudicato degli organi di giustizia amministrativa, la competenza 
� del Consiglio di Stato o del Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente 
competente secondo l'organo che ha emesso la decisione, della 
cui esecuzione si tratta� (art. 37, pen. comma); b) �la competenza � peraltro 
del Tribunale Amministrativo Regionale anche quando si tratti di decisione 
del Tribunale Ainministrativo Regionale confermata dal Consiglio di 
Stato in sede di appello� (art. 37, ultimo comma). 

Orbene, sulla base del combinato e� complessivo disposto delle due 
norme, possono darsi, con dguardo all'obbligo di ottemperanza alle decisioni 
dei giudici amministrativi di primo, .secondo o unico grado, unicamente 
le seguenti ipotesi: 

a) der:isione emessa dal Consiglio di Stato in grado unico (casi della 
competenza residua � a stralcio � o � ad esaurimento � ovvero altri, per vero 
rarissimi e in qualche caso assai controversi ( 43) casi di residua competenza 

i limiti generali relativi alla pignorabilit� dei beni pubblici demaniali o indisponibili, 
per cui vedasi, per tutti, SANDULLI, Manuale, cit. 555 e 559. 

(42) Cosi ANDREANI, La competenza per territorio dei T.A.R. (1974), 79 e segg.; 
e pure CAIANIELLO, op. cit., 248; per materia, secondo� NIGRO, in Cons. Stato, 1972, Il, 
154; v. pure SEPE-PES, op. cit., 375 e 396. 
(43) Uno di questi -e il pi� importante -riguarda proprio la competenza 
del C.d.S. per il giudizio di ottemperanza nei casi previsti dal 20 comma (giudicati 
dell'A.G.0.) nonch� dal combinato disposto del 3� e 4� comma (giudicati propri, non 
meramente confermativi) dell'art. 37 in esame (cfr. SANDULLI, I Tribunali amm.vi 
regionali (1972), 82 e seg.; e ancora SANDULLI, Manuale, cit., 924). Altro caso -rarissimo 
-sarebbe (sempre secondo SANDULLI, Manuale, cit., 945) quello della competenza 
del C.d.S. a conoscere delle controversie in materia di sospensione degli amministratori 
degli Enti locali ai sensi dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1966 n. 1147. 
Altro caso ancora (secondo VIRGA, op. cit., 89 nt. 2) quello -pur esso di rarissima 
applicazione -del procedimento speciale di cui all'art. 33, 2� comma, T.U. Cons. Stato. 
Venuta meno, per effetto della declaratoria di illegittimit� costituzionale dell'art. 40, 
10 comma, della legge n. 1034 del 1971 (C. Cost.le, 12 marzo 1975 n. 61, in Foro It., 

134 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del Consiglio di Stato in grado unico): il relativo giudizio di ottemperanza 
compete senz'altro allo stesso -Consiglio di Stato (44); 

b) decisione emessa dal Consiglio di Stato in grado di appello non 
confermativa -non rileva se in tutto o in parte -della decisione emessa 
in primo grado dal T.A.R.: il relativo giudizio di ottemperanza compete 
anche qui senz'altro allo. stesso Consiglio di .Stato (45). 

c) decisione emessa dal Consiglio di Stato in grado di appello confermativa 
-e deve necessariamente intendersi, in ,assenza di diversa lettera 
della norma, integralmente confermativa, ossia di rigetto integrale dell'appello 
proposto (46) -della decisione emessa in primo grado dal T.A.R.: 
il relativo giudizio di ottemperanza compete qui al T.A.R. (47), ma per 
l'appunto solo ed in quanto -e deve di necessit� ag,giungersi: solo a partire 
dal momento in cui, dato che sino a tale momento � del tutto impossibile 
affermare se una tal conferma sia o meno intervenuta -vi 
sia stata una conferma della sentenza di primo grado da parte del Consiglio 
di Stato in sede di appello; 

d) decisione emessa dal T.A.R. in primo grado, ma ancora suscettibile 
di appello o gi� appeilata: il relativo giudizio di ottemperanza non 
� ancora proponibile (48); vi � cio�, a nostro avviso, una vera e propria 
carenza, sia pure temporanea, di giurisdizione, proprio perch� ancora non 
si sa, ed � impossibile saperlo, se la competenza di natura funzionale appartenga 
ad esso stesso T.A.R. (nella ipotesi di conferma integrale della decisione 
in grado di appello) ovvero al Consiglio di Stato (nell'ipotesi inversa 
di riforma, sia pur solo parziale, della decisione in sede di appello); 

1975, I, 785) � la residua (ancorch� di attribuzione dubbia in dottrina: cfr. SANDULLI, 
Manuale, cit. 92/J nt. 235 contro VIRGA, op. cit., 103 nt. 5) competenza in grado unico 
del C.d.S. per le controversie sugli atti degli organi centrali dello Stato o di Enti 
ultraregionali con efficacia locale limitata alla Sicilia, che non erano passati alla 
competenza del T.A.R. Sicilia ai sensi della norma ora citata. Transitoria � infine -e 
cio� sino alla emanazione della nuova legge prevista dall'art. 1, 4� comma, della 
legge n. 1034 del 1971 -la competenza in grado unico del C.d.S. sulle materie che 
sarebbero di spettanza della sezione staccata di Bolzano del T.A.R. Trentino-Alto 
Adige (cfr. sez. V, ord. 4 maggio 1973 n. 150, in Giur. It., 1973, 3, I, 305, con nota 
contraria di SANDULLr); sulla residua giurisdizione in unico grado del C.d.S. v. da 
ultimo JAarccr, in Riv. amm.va, 1975, I, 526 e segg. 

(44) Ex art. 37, 3� comma, legge istitutiva. 
(45) Ex art. 37, 40 comma (a contrario), legge istitutiva. 
(46) Cos�, esattamente, SANDULLI, Manuale, cit., 962. Qualche dubbio potrebbe 
insorgere relativamente a una riforma soltanto in punto spese di giudizio (che, peraltro, 
rappresenta un capo autonomo di condanna): in tale ipotesi saremmo dell'avviso 
di ritenere assorbente la pronuncia principale confermativa dell'annullamento gi� 
pronunciato in primo grado dal T.A.R., con la conseguenza che la competenza per il 
giudizio di ottemperanza sarebbe dello stesso T.A.R., ancorch� il C.d.S. in sede di 
appello si sia pronunciato diversamente in punto di spese (punto che, secondo noi, 
non potrebbe comunque costituire oggetto di un giudizio di ottemperanza, ma, se mai, 
solo di esecuzione forzata nelle vie ordinarie). 
(47) Ex art. 37, 40 comma, legge istitutiva. 
(48) Non sfuggir� certamente all'attenzione di chi legge come l'ipotesi in considerazione 
(sub d)) non rientri n� nella previsione del 3� comma, n� in quella del 
40 comma, n� in quella risultante dal combinato disposto di entrambi gli ultimi 
comma dell'art. 37 legge istitutiva: in altri termini, manca qui, propriamente, La 
norma astratta attributiva dei diritto di azione (improponibilit� assoluta della domanda) 
e dei correlativo potere di cognizione in capo a qualsiasi organo giurisdizionale 
(vuoi del complesso amministrativo vuoi al di fuori di questo). 
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PARTE II, QUESTIONI 

e) decisione emessa dal T.A.R. in primo grado, non pi� suscettibile di 
appello (e quindi passata formalmente in .cosa giudicata): il relativo giudizio 
di ottemperanza � ora ;proponibile e compete allo stesso T.A.R. (49). 

Poich� all'infuo;ri delle cinque ipotesi qui sopra elencate non sussiste, 
sul piano logico-giuridico, alcuna altra possibilit� (50), � agevole concludere 
che, in base alla stessa esegesi testuale dell'art. 37 della legge istitutiva 
dei T.A.R., si pu� pervenire alla dimostrazione che � logicamente -oseremmo 
quasi dire matematicamente -impossibile ritenere la immediata 
proponibilit� del ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo 
dell'Amministrazione di conformarsi alla decisione del giudice amministrativo, 
nel caso (che coincide esattamente con quello da noi sopra pro,spettato 
sub d) che tale ottemperanza riguardi una decisione emessa in 
primo ,grado dal T.A.R., ma che sia stata gi� gravata di appello o sia tuttora 
suscettibile di esserlo. 

Invero, in sintesi, posto che l'ultimo comma dell'articolo in esame 
attribuisce al T.A.R. la competenza per il giudizio di ottemperanza alle 
decisioni emesse dallo stesso T.A.R. solo alla .condizione che le stesse siano 
state confeirmate dal Consiglio di Stato in sede di appello, la logica giuridica 
-e prima ancora quella comune -non consente in alcun modo di 
sfuggire alla conclusione che, quando tale appello sia ancora possibile ed 
a fortiori quando esso sia ancora pendente -non sussiste, ancora, alcuna 
competenza n� del T.A.R. n� del Consiglio di Stato in proposito. Ed anzi 
di pi�, non essendovi, a quel che ne consta, alcun altro .giudice -sia pur 
pro tempore -competente nell'ordinamento vigente, � gioco-forza ritenere 
che non sussista, ancora, alcuna giurisdizioine, n� del T .A.R. n� del 
Consiglio di Stato, in merito al suddetto .giudizio di ottemperanza. 

� �quindi solo allorch� l'appello non sia pi� ;possibile (ipotesi da noi 
sopra prospettata sub e]) ovvero esso sia stato esperito, ma si sia concluso 
con una decisione di integrale rigetto (ipotesi da noi sppra prospettata 
sub c]) che compete -ma ci� soltanto a partire dal momento in cui dette 
circostanze si siano realizzate -al T.A.R, ed � pertanto proponibile innanzi 
ad esso, il giudizio di ottemperanza secondo le previsioni, rispettivamente, 
del comma 3� e del �Comma 4� dell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971. 

(49) Ex art. 37, 3� comma, legge istitutiva. Che si tratti dello stesso T.A.R. 
che ha emesso la decisione da � ottemperarsi � sembra anche a noi pacifico, malgrado 
la dizione, non certo esemplare per chiarezza, usata in proposito ( � tribunale amministrativo 
regionale territorialmente competente secondo l'organo che ha emesso ia 
decisione, della cui esecuzione si tratta�) e che non ha mancato di suscitare perplessit� 
(sulle quali vedasi ANDREANI, op. cit., 80 e segg., il quale � per la tesi della 
stretta corrispondenza tra organo che ha emesso la decisione e organo che giudica 
in sede di ottemperanza, seguito da VIRGA, o:p. cit., 83; SANDULLI, Manuale, cit., 969; 
SEPE-PES, op. cit., 397; CAIANIELLO, op. cit., 247). 
(50) Vi sarebbero, ancora, in teoria, le decisioni del Consiglio di Giustizia 
amministrativa per la Sicilia (in grado unico e in grado di appello) e i relativi 
giudizi di ottemperanza, di cui il legislatore, nella fretta, si � completamente dimenticato; 
ma ci� non pu� significare altro, a nostro avviso, che per tali decisioni rimangono 
ferme le regole preesistenti (cfr. art. 40, 2� comma, della legge n. 1034 del 
1971) e che quindi il relativo giudizio di ottemperanza competa allo stesso C.G.A. 
Sicilia (cosi pure SANDULLI, Manuale, cit., 962; nonch� SANDULLI, I tribunali amm.vi 
regionali, cit., 83; erroneo SEPE-PEs, o;p. cit., 397, ove si attribuisce tale competenza 
al C.d.S.); la presenza di tali decisioni del C.G.A. Sicilia, essendo esse in tutto assimilate 
o assimilabili a quelle del C.d.S. -e quindi rientranti, a seconda dei casi, 
nelle ipotesi sub a), sub b) o sub c) di cui al testo -non � in grado, comunque, di 
spostare sostanzialmente i termini della questione. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

136 

Il dato testuale di questa legge, mediante la esegesi che s1 e sopra 
effettuata dell'art. 37, 3� e 4� comma, consente quindi di superare ogni sia 
pur residuo dubbio in ordine alla fondatezza della tesi che, sia pur temporaneamente, 
il T.A.R. difetti di giurisdizione in merito al giudizio di ottemperanza 
alle decisioni da esso emesse, ma non ancora passate in cosa 
giudi.cata. Il meccanismo stesso dell'art. 37 di detta legge non consente 
infatti, seppw:e fosse vero che l'art. 27 n. 4 del t. u. n. 1054 del 1924 lo 
consentisse, di ritenere che il termine � giudicato � � possa essere assunto, 
quanto meno in riferimento alle decisione dei T.A.R., in un senso diverso 
da quello storicamente proprio dell'istituto della cosa giudicata (sia formale 
che sostanziale} (51}. 

9. -N�n ci sembra poi inopportuno ag,giungere alcune osseirvazioni o 
perplessit� di ordine �preV1alentemente pratico, ma non soltanto pratico, 
che l'accettazione del punto di vista qui combattuto, quello cio� favorevole 
alla immediata proponibilit� del giudizio di ottemperanza alle decisioni 
di annullamento emesse dai T.A.R. e non ancora passate in giudicato, inevitabilmente 
suscita. 
A} Sul piano delle implicazioni di ordine pratico � sufficiente qui un 
breve accenno, essendo la cosa di� per s� intuitiva, ai deleteri effetti sull'ordinato 
svolgimento dell'attivit� amministrativa che deriverebbero dall'ammettere 
che la pubblica Amministrazione, qualora la � esecutivit� � 
delle decisioni dei T.A.R. dovesse intendersi nel senso pi� ampio e cio� 
comprensivo dell'obbligo di immediata ottemperanza, sia tenuta a porre 
immediatamente in essere ogni attivit� ulteriore e .conseguenziale alla pronuncia 
di primo grado, idonea ad adeguare la situazione di fatto alla situazione 
di diritto; e ci� pur con il :rischio, tutt'altro che teorico, di compiere 
in tal modo attivit� del tutto vane e non di rado produttive di conseguenz.e 
dannose irreparabili, qualora la decisione di primo grado venga successivamente 
riformata in grado di appello. 

Non � chi non veda .quanto sia poco consigliabile gravare di siffatto 
� obbligo � di porre in essere attivit�, destinate a risolversi nel nulla in 
caso di riforma della decisione �da ottemperarsi�, organismi amministrativi, 
come quelli oggi esistenti, �gi� oberati da compiti immani e sempre 
pi� crescenti e per di pi� ridotti nelle condizioni di efficienza operativa 
tutt'altro che ottimali, a tutti ben note. N� varrebbe, in contrario, addur�re 
l'inconveniente, o per dir meglio. il pericolo, che, ader.endosi alla tesi da 
noi qui sostenuta, si potrebbe �dar modo all'Amministrazione che volesse 
procrastinare maliziosamente la totale soddisfazione o reintegrazione del 
legittimo interesse e persino del diritto � civile o politico� del cittadino, 
che il T.A.R. abbia riconosciuto leso, .di attuare, mediante la proposizione 
di appelli pretestuosi e defatigatori, tale suo pravo disegno, confidando 
all'uopo nelle lungaggini procedurali e nella crisi della nostra giustizia, 
anche amministrativa (52). E ci� perch�, a parte il �ben noto detto scolastico 
per cui � adducere inconveniens non est solvere argumentum � (soprattutto 
veiro quando l'inconveniente � di natura pratica e l'argomento no), 

(51) Il che, del resto, trova conferma nel disposto dell'art. 90, 20 comma, del 
Reg. di proc. del C.d.S. approvato con R.D. 17 agosto 1907 n. 642 (norma applicabile 
anche innanzi ai T.A.R. per effetto dell'art. 19, 1� comma, legge istitutiva), ove � 
stabilito che i ricorsi per ottenere che l'Amm.ne si conformi al giudicato �possono 
essere proposti finch� duri l'azione di giudicato� (cfr. AzzARITI, in Rass. Avv. Stato,. 
1969, I, 1100). 
(52) Questo motivo pratico � uno di quelli cui si richiama, tra le altre, la dee. 
n. 10 del 1969 dell'A.P. (v. Foro amm.vo, 1969, 1, 2, 173). 

PARTE II, QUESTIONI 

l'esperienza concreta ha sinora dimostrato, con la rapidit� davvero esemplare 
con la quale il Consiglio di Stato ha fissato per la discussione e gi� deciso 
la maggior parte degli appelli -peraltro non numerosi -innanzi ad 
esso proposti avverso decisioni dei T.A.R., che l'Amministrazione che fosse 
animata da intenti puramente defatigatori sba,glierebbe senz'altro, e di molto, 
i propri maliziosi calcoli. 

B) Sempre sul piano pratico -ma non solo su tale piano -si presentano, 
a nostro avviso, ulteriori perplessit�, derivanti dal fatto che, qualora 
dovesse ammettersi la immediata proponibilit� del giudizio di ottemperanza 
rispetto alle decisioni dei T.A.R. non ancora passate formalmente in cosa 
giudicata, verrebbero ad insorger.e, nella pratica, problemi assai gravi e 
pressoch� insolubili allo stato dell'attuale normativa in materia -di 
coordinamento tra eventuale giudizio di appello, promosso ex art. 28, 2� comma, 
della legge n. 10'34 del 1971, e giudizio di ottempe;ranza, promosso 
ex art. 37, 3� comma, della stessa legge. Il primo pendente,. di norma, come 
giudizio di mera legittimit� (in sostanza quale prosecuzione di quello di 
primo. grado svoltosi innanzi ail T.A.R.), innanzi al Consiglio di Stato; il 
secondo pendente, come giudizio esteso anche al merito, innanzi all'organo 
giurisdizionale di primo grado cio�, normalmente (53), innanzi allo stesso 

T.A.R. che ha emesso la decisione della cui �esecuzione � si tratta. 
Il coordinamento tra i due giudizi -che sono, com'� noto, entrambi 
giudizi di cognizione (54) -non regolato in alcun modo dal Legislatoce, 
non potrebbe trovare altra possibilit� di soluzione se non, forse, nel generale 
istituto processuale della sospensione, se ed in quanto �esso possa essere 
ritenuto applicabile ai rapporti tra processi pendenti tra organi della giustizia 
amministrativa di diversa competenza funzionale. Ma, anche in tale 
prospettiva, non appare pensabile altra soluzione che quella della necessaria 
sospensione__..:. per pregiudizialit� -de!l giudizio di ottemperanza (in ipotesi 
pendente innanzi al T.A.R.) in attesa della decisione sull'appeno (in ipotesi 
pendente innanzi al Consiglio di Stato): non .gi� la soluzione inversa che 
sarebbe, all'evidenza, priva di senso comune. Col che, per�, si tornerebbe, 
in pratica, alla tesi da noi qui propugnata, quella cio� deH.a improponibilit�, 
almeno temporanea, di un giudizio di ottemperanza in pendenza dell'appello 
avverso la decisione � da ottemperare �. Altrimenti, non resterebbe che pren


(53) V. supra nt. 49; comunque, anche a non voler accedere alla tesi degli 
autori ivi citati e a voler ritenere che la competenza spetti al complesso dei T.A.R., 
ripartendosi poi specificamente al loro interno secondo i criteri generali di competenza 
(territoriale) della legge istitutiva (sopratt. art. 3, 20 e 30 comma), le ipotesi 
di non coincidenza tra T.A.R. che ha emesso la decisione da �ottemperarsi� e T.A.R. 
competente per il giudiz~o di ottemperanza sembrano, gi� in astratto, di rarissima 
ricorrenza. 
(54) Che tale sia anche il giudizio ex art. 27 n. 4 T.U. Cons. Stato (e ora 
ex art. 37 legge istitutiva dei T.A.R.) � pressocch� pacifico nella dottrina; cfr. NIGRO, 
in Rass. dir. pubbi. 9 (1954), 228 e segg., partic. 277 e segg.; MoNTESANO, in Foro 
amm.vo, 1963, I, 248 e seg.; SANDULLI, Il giudizio, cit., 169 e segg.; SANDULLI, Manuale, 
cit., 963 e seg.; e soprattutto fondamentale per la configurazione dell'azione 
ex art. 27 n. 4 come vera e propria actio iudicati (cognitoria) CANNADA-BARTOLI, in 
Riv. It. Se. Giur. 86 (1949), 251 e segg., partic. 291 e segg.. Il GIANNINI M.S. (v. soprattutto 
Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, in Atti, cit., 117 e segg., 
partic. 141 nt. 14) ritiene invece che tale giudizio, per evoluzione storica interna, 
operatasi principalmente tramite la giurisprudenza, si sia trasformato da giudizio di 
cognizione in giudizio di esecuzione (sia pure in senso lato e non coincidente, neppure 
per questo autore, con la esecuzione forzata ordinaria). 

138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


dere atto di una grave anomalia del vigente ordinamento processuale amministrativo. 


10. -A conclusione, nonch� a dprova ulteriore della fondatezza e legittimit� 
delle tesi sin qui esposte, non ci sembra infine fuor di luogo richiama
�re l'attenzione sui gravi pt"oblemi e sui pi� che giustificati dubbi che 
potrebbero insor.gere in ordine alla stessa .conformit� delle norme della 
legge istitutiva dei T.A.R. dianzi prese in esame (artt. 33, 1� comma, e 37, 
3� e 4� comma) ai principi della vigente Carta costituzionale, qualora si 
ritenesse di accedere alla tesi della proponibilit� immediata del giudizio di 
ottemperanza ["ispetto alle decisioni di annullamento emesse dai T.A.R. e 
non ancora passate in giudicato. 
A) Al riguardo va preso qui in attenta considerazione, in primo luogo, 
lo stesso art. 113, ultimo comma, della Costituzione. Orbene, se alla sentenza 
di annullamento emessa dal T.A.R. si dovesse attribuire una efficacia costi


tutiva di natura definitiva, o come se definitiva, come sembrerebbe ineluttabile 
alla 'Stregua delila tesi qui �combattuta, non � chi non veda come siffatta 
efficacia assai difficilmente potrebbe conciliarsi con il disposto della 
citata norma della Costituzione (55), nella qual.e pe;r � organi di giurisdizione 
� ai quali compete il potere di annullamento degli atti dehla pubblica 
Amministrazione debbono intendersi -come razionalmente si impone, trattandosi 
qui di una mani:flestazione tra le pi� evidenti del pi� generale principio 
costituzionale della separazione dei poteri dello Stato e come � dimostrato, 
esegeticamente, dal confronto con la identica dizione usata dal costituente 
nel 1� comma delilo stesso articolo 113 -i compless.i giurisdizionali 
globalmente intesi, tra i quali si ripartisce il compito della tutela dei diiritti 
e degli interessi legittimi, e non gi� i singoii organi di ciascun complesso 

o addidttura gli organi di primo grado di un determinato complesso giurisdizionale 
(56). 
Questa osservazione si ricollega e in certo senso completa quanto gi� 
prima si � avuto occasione di rilevare (57) .ciirca [a impossibilit� concettuale, 
oltre che pratica, di una attivit� amministrativa � condizionata � o � precaria 
� o � provvisoria �. La pubblica Amministrazione, invero, nel perse


(55) Art. 113, ult. comma, Cost.: e la legge determina quali organi di giurisdizione 
possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli 
effetti previsti dalla legge stessa �. 
(56) Pare comunque da escludere che l'ultimo comma dell'art. 113 Cost. stabilisca 
in ogni caso, e quindi anche con riguardo alle sentenze dei T.A.R., una garanzia 
costituzionale circa la natura di annullamento pieno e definitivo degli atti amm.vi 
da parte dell'organo giurisdizionale : la norma costituzionale, infatti, riserva alla legge 
ordinaria di determinare i � casi � e soprattutto gli � effetti � di tale annullamento, 
e tali effetti ben possono essere, a seconda degli organi e dei casi, appunto effetti 
soltanto limitati o semipieni (per spunti in tal senso v. anche C. Cost.le, 7 luglio 1962 
n. 87, in Giur. cost., 1962, 933 e segg. ed ivi, 935 e segg., nota adesiva, sul punt-0 in 
questione, di ScocA F.G.; v. anche, incidentalmente, C. Cast.le, 16 giugno 1964 n. 47, 
ivi, 1964, 586 e segg.). Sulla reale portata della disposizione dell'art. 113, ult. comma, 
Cost., anche con riferimento ai lavori preparatori, v. LESSONA, La funzione giurisdizionale, 
in Comm. sist. Cost. Ital. a cura di Calamandrei e Levi (1950), vol. II, 199 
e segg., partic. 219 e seg., secondo cui la intenzione dei costituenti fu soprattutto 
quella di far cadere il divieto di annullamento degli atti amm.vi posto della legge 
20 marzo 1865 n. 2248 all. E al giudice ordinario, dando la possibilit� alla legge 
ordinaria di consentirgli di annullare gli atti amm.vi, nei casi e con gli effetti che 
essa stessa avrebbe determinato. 
(57) V. supra � 7, sub A. 

PARTE II, QUESTIONI 

guire i propri fini istituzionali, noh pu� agire se non in base a comandi e 
direttive assistiti dal carattere della certezza giuridica; e allorch� appunto 
tali comandi provengano, vuoi direttamente vuoi per il tramite di un conseguenziale 
obbligo di conformarvisi, dall'Organo giurisdizionale, essi non 
possono avere detto carattere di certezza, se non quando siano definitivi 

o per loro natura o per l'Lnutile decorso dei termini di impugnativa (58). 
Tornando alll'art. 113, ultimo comma, della costituzione, ci sembra che 
soltanto� se si adotta fa inter.pretazione :restrittiva o riduttiva del termine 

� esecutive�, di cui all'art. 33 della legge istitutiva dei T.A.R. da noi qui 
difesa (nel senso cio� che siffatta e esecutivit� � o si riferisce alle sole 
sentenze di condanna ovvero, quand'anche sia ll'iferita alle sentenze costitutive 
di annullamento, non ha una .portata maggiore di una sospensione 
d'efficacia dell'atto impugnato e serve solo a paralizzarne medio tempore ~li 
ulteriori effetti .e non gi� a creare obblighi immediati di confo:rmarsi), non 
pu� sorgere alcun problema circa la legittimit� .costituzionale di tale norma 
della legge n. 1034 del 1971. E cos� � poce, a �ben vedere, per l'art. 37, ultimo 
comma, nella interpretazione da noi sopra suggerita (5�9). 
B) Ancor pi� evidente appaire, in secondo !luogo, il contrasto della tesi 
qui combattuta con il disposto dell'art. 125, 2� comma, della Costituzione, 
nel �quale si stabilisce �Che: � nella Regione sono istituiti otgani di giustizia 
amministrativa di primo grado, secono l'ordinamento stabilito da le�gge della 
Repubblica � . 

.Si � volutamente sottolineato l'inciso � or.gani... di primo grado �, perch� 
da esso traspare evidentisstmo che carattere peculiare dell. nuovo sistema 
di giustizia amministrativa, come ideato dal legislatore costituente e quale 
attuato dalla legge n. 1034 del 1971, � appunto quello del doppio grado di 
giurisdizione amministrativa; vale a dire del duplice sindacato di legittimit� 
sugli atti della pubblica Amministrazione da parte, dapprima, di un organo 
avente sede � neUa Regione� e, .successivamente, in grado di appello, da 
parte di un organo superiore avente competenza territoriale generale (Consiglio 
di Stato). 

Si vuol poi sottolineare ulteriormente come la espressione � di primo 
grado � postuli, di ne.cessit�, che il � secondo gr�ado � debba disporre degli 
stessi poteri, �quanto al sindacato di legittimit�, che sono attribuiti al primo. 
Il costituente, cio�, non awebbe potuto certo usare la �espressione e di primo 
grado �, qualora avesse voluto intendere altrimenti, ossia confLgurare il � secondo 
grado � come grado di mera impugnativa e non di vero e proprio 
gravame (60), con poteri cio� in ce�rto senso analoghi a quelli del giudice 
di cassazione rispetto ai .giudici del merito, anzich� con i poteri propri del 
giudice di appello ll'ispetto a �quello di prLmo grado (come in realt� �, e 
non pu� non essere, anche alla stregua de.Ua normativa oggi in vigore: 
cfr. artt. 28, 4� comma (61) e 35, 3� comma� (62), della legge n. 1034 
del 1971) (63). 

(58) In tal senso gi� RANELLETTI, in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, 78 e seg., il 
quale vi aggiunse anche l'ipotesi della rinuncia-acquiescenza (espressa o tacita). 
(59) V. supra � 8. 
(60) Per la diversit� dei due concetti cfr. SANTANIELLO, op. cit., 73 e segg. 
(61) � In ogni caso, il Consiglio di Stato in sede di appello esercita gli stessi 
poteri giurisdizionali di cognizione e di decisione del giudice di primo grado �. 
(62) �In ogni altro caso� -diverso ci~ dal rinvio al T.A.R. -�il Consiglio 
di Stato decide sulla controversia �. 
(63) Cfr. VIRGA, op. cit., 90 e seg.; ESPOSITO, in La giustizia amm.va, a cura di 
GIANNINI M.S. (1972), 175 e seg.: FAZZALARI, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, 1898 e 

140 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Invece, proprio una tail conclusione, di assai pi� che dubbia legittimit� 
costituzionale alla luce della norma in esame (arrt. 125, 2� comma, Cost.), 
dovrebbe ineluttabi�lmente imporsi, qualora si dovesse attribuire alle sentenze 
di annullamento dei T.A.R. una immediata e definitiva efficacia costitutiva 
o una assai simile �a questa. Il compito affidato al Consiglio di Stato 
quale giudice dell'appello sarebbe, allora, non gi� quello di un giudice � di 
secondo grado �, bens� quello, o quanto meno uno assai ,simile a quello, 
del giudice di cassazione rispetto alla sentenza del giudice d'appello esecutiva 
per sua natura (64). � 

E non sarebbe poi questa l'unica anomalia. Infatti, qualora si dovesse 
ammettere che l'atto amministrativo originariamente impugnato innanzi al 

T.A.R. ,sia stato da questo, con la decisione di annull.lamento, posto immediatamente 
e definitivamente nel nulla, l'eventuale II'iforma della sentenza 
di primo grado da parte del Consiglio di Stato avr.ebbe, addirittura, l'effetto 
di � ricreare � ex novo l'atto amministrativo originario; e ci� in virt� della 
vis ex.ecutiva propria di una siffatta pronuncia costitutiva emessa dal giudice 
dell'appello e comunque propria dellle decisioni del Consiglio di Stato 
in base ai p!l'incipi generali. Il che � per� chiaramente assurdo; e comporterebbe 
comunque un tale sconvolgimento del vigente sistema di giustizia 
amministrativa, nonch� dello stesso principio di separazione tra attivit� di 
amministrazione attiva e attivit� di giurisdizione, da non potersi razionalmente 
ammettere che un disegno innovativo di tale portata sia stato perseguito 
ed attuato dal legislatore ordinario con la emanazione delle citate 
norme dedla legge istitutiva dei T.A.R. (65). �� 
C) Vengono, infine, in considerazione, sempre ove si voglia seguiire la 
tesi qui combattuta, gli artt. 3 e 24, 1� e 2� comma (e si potrebbe aggiungere 
anche 97, 1� comma) della Costituzione. 

11 discorso, al.riguardo, pu� essere assai breve. La �esecutivit� � immediat.
a delle sentenze di annullamento dei T.A.R. intesa nel senso pi� ampio, 
ossia come creativa di un obbligo immediato per la pubblica Amministrazione 
di porre in essere attivit� ulte-riore e conseguenziale alla pronuncia 
di !primo :grado, per conformarvisi, e ci� pur nclle more del termine per 
appellare o del gi� �pendente a�ppello, finirebbe fatalmente col rendere del 

segg., parti�, 1900 e segg. Gravame appellatorio attenuato viene definito l'ap'
pello al c.c1,;s., dal SANDULLI, Manuale, cit., 1010 (vero e proprio carattere appellatorio 
invece, in SANDULLI, I Tribunali amm.vi regionali, cit., 79) per la compresenza di 
alculli caratteri propri del giudizio di cassazione; per una natura ibrida v. anche 
NIGno; in cons: Stato, 1972, II, 144; CAVALLO, voce Tribu.nali Amministrativi Regionali, 
in NN. Dig., vol. XIX (1973), 749 e seg.; SEPE-PEs, op, cit., 338 e seg.; come ricorsoimpugnativa 
e ricorso-gravame, a seconda dei casi e delle finalit� del ricorso, configura 
il nuovo appello SANTANIELLO, op. cit., 74 e seg. Il carattere di giudizio di mera 
revisione o di cassazione, quale era per lo pi� ritenuto l'appello al C.d.S. contro le 
decisioni delle G.P.A. (cfr. per tutti PoTOTSCHNIG, voce Appello (dir .amm.vo), in 
Enc. Dir., voi. II (1958), 781 e segg.), �, a nostro avviso, completamente inaccettabile 
con riguardo alla: disciplina: dell'appello avverso le decisioni dei T.A.R. anche e soprattutto 
per effetto dell'art. 125, 2� comma, Cost. (cui si richiama anche PoTOTSCHNIG, 
loc. cit., 784 e segg.); da ultimo, nello stesso senso, v. LUBRANO, in Riv. amm.va, 1975, 
I, 1 e segg., partic. 3 e segg. 

(64) Cfr. art. 373, 1� comma, c.p.c. (ancorch� qui trattisi di esecutivit� soltanto 
provvisoria). 
(65) Nessun indizio, bench� minimo, in tal senso pu� ricavarsi dall'esame dei 
lavori preparatori (Relazioni e discussioni parlamentari) della legge istitutiva dei 
T.A.R. !:: 
i:: 


PARTE II, QUESTIONI 

tutto apparente ed illusorio, a danno dell'Amministrazione risultata soccombente 
in primo grado, lo stesso principio del dorppio grado di giurisdizione 
amministrativa che, come si � test� visto, � stato attuato dal legislatore con 
la legg.e n. 1034 del 1971. 

Invero, nel rpi� dei casi, potrebbe benissimo accadere che l'Amministrazione, 
pur avendo pienamente ragione sul piano giuridico, ancorch� per 
errore del giudice di primo grado ci� sia stato misconosciuto, sia indotta 
comunque a non far uso del diritto di appello, perch� tale rimedio potrebbe 
rivelarsi del tutto inutile ovve�ro addirittu:ra dannoso, per essa e per gli interessi 
degli amministrati, di fronte alle conse.guenze che si verificherebbero 
qualoca essa Amministrazione dovesse -come dovrebbe secondo la tesi qui 
combattuta -prestare frattanto immediata ottemperanza aLla sentenza di 
primo grado e successivamente, U:na volta vinto l'aooello, rimettere di nuovo 
tutto il gi� fatto nel nulla per ripristinare -e per giunta ex tunc -la 
situazione originaria, quella cio� anteriore al ricotrso giurisdizionale innanzi 
al T.A.R. Le .complicazioni che potrebbero nascere da un siffatto -tutt'altro 
che teorico -intrecciarsi di pronunce e di relative �ottemperanze� non 
abbisognano certamente di alcun ulteriore commento. 

Non si saprebbe poi bene quale sorte sarebbe da riservare, in una siffatta 
situazione in cui l'Amministrazione abbia prescelto per motivi di opportunit�, 
solo da .essa apprezzabili, la via della ottemperanza alla decisione di 
primo grado, al diritto di difesa (sotto specie di diritto di gravarsi d'appello) 
di spettanza di eventuali controinteressati (66). E se, come sembrerebbe 
tutto sommato doversi ammettere, si riconosca ai detti controinteressati il 
diritto di appellare pur quando l'Amministrazione abbia, dal canto suo, 
immediatamente ottemperato alla decisione di primo grado, non � chi non 
veda come di pressoch� impossibile soluzione si presenti, allo stato, il problema 
delle interferenze che si verrebbero a 1creaire con l'attivit� amministrativa 
nel frattempo svolta nonch� degli effetti che una decisione di 
appello favorevole ai controinteressati determinerebbe riguardo a tale attivit� 
(67). 

Sono tutti interrogativi ai quali non potrebbe trovarsi, in alcun modo, 
una sicura e soddisfacente risposta ponendosi dal punto di vista qui combattuto 
e che, per contro, non hanno neppure ragione di essere, ove si acceda 
invece alla tesi, secondo la quale una ottemperanza alle pronunce dei giudici 
amministrativi -cos� come a quelle dei giudici ordinari -non pu� 

(66) 'Si pensi agli esempi fatti sopra (� 5) dell'annullamento dello scrutinio 
di promozione a scelta o della gara per l'aggiudicazione di un appalto di servizi, 
in entrambi i quali � indubbia la presenza di controinteressati: dovrebbe, in siffatti 
casi, ammettersi, quanto meno, che il giudizio di ottemperanza, se immediatamente 
proponibile, si svolga anche in contraddittorio con costoro (ma ci� sarebbe conforme 
alla natura originaria e propria del giudizio di ottemperanza?). 
(67) Si � gi� proposto, in pratica, il caso di Amm.ni che hanno dato ottemperanza 
spontanea alla decisione di primo grado non ancora passata in giudicato e 
successivamente appellata dai controinteressati: sar� interessante vedere come il 
C.d.S. uscir� fuori da siffatti pasticci procedurali; e soprattutto come, in caso di 
riforma della sentenza del T.A.R., sar� possibile ottenere che� l'Amm.ne si conformi 
alla decisione di riforma emessa dal C.d.S. (sta, forse, per profilarsi all'orizzonte la 
figura di un obbligo di ottemperanza di � 2� grado � o, se si vuole, di una � superottemperanza 
�? Si noti poi che, a rigore, avendovi :fatto tacita acquiescenza l'Amm.ne, 
la sentenza del T.A.R. dovrebbe ritenersi passata in giudicato nei confronti della 
stessa Amm.ne, con la conseguenza che nel giudizio di appello promosso dai controinteressati 
quest'ultima, a nostro avviso, non sarebbe parte neppure in senso formale). 

142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nascere se non dalla definitiva certezza .giuridica, quale � prodotta soltanto 
dal giudicato. 

Appare, comunque, innegabile come l'accettazione della tesi qui combattuta 
finirebbe, 11 pi� delle volte, col creare all'Amministrazione drammatici 
problemi di scelta tra esercizio del dirritto di difesa in giudizio (sotto 
specie di diritto di appelilarsi) e confoxmit� della propria azione ai principi 
di buona amministrazione (art. 97, 1� comma, Cost.); e coll'indur.re l'Amministrazione, 
in <base �a considerazioni di opportunit�, a dover Tinunciare al 
diritto di difesa sopra detto, anche ad essa costituzionalmente garantito dall'art. 
24 della Costituzione (68); nonch� col por.re essa Amministrazione in 
una situazione di evidente sostanziale disparit� rispetto ai privati (siano 
questi i ricorrenti ovvero i �Controinteressati), con possibilit� di lesione, pertanto, 
anche dell'art. 3 della vigente Costituzione. 

PAOLO COSENTINO 

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(68) Primo e soprattutto secondo comma: � la difesa � diritto inviolabile in ogni 
stato e grado dei procedimento�. 
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LEGISLAZIONE 


I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

D.I. 20 febbraio 1968, n. 59, art. 13, secondo comma. 
Sentenza 30 ottobre 1975, n. 232, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 
d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, art. 13, terzo comma, limitatamente alla 
parte in cui ha reso possibile al Governo di emanare norme regolamentari 
non necessarie per l'applicazione di regolamenti (CEE) 13 giugno 
1967, n. 120, e 21 agosto 1967, n. 473. 
Sentenza 30 ottobre 1975, n. 232, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

d.I. 19 dicembre 1969, n. 947, art. 16, primo comma. 
Sentenza 30 ottobre 1975, n. 232, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

d.I. 19 dicembre "1969, n. 947, art. 1_6, secondo comnia, limitatamente 
alla parte in cui ha reso possibile al Governo di emanare norme regolamentari 
non necessarie per l'applicazione di regolamenti (CEE) 
13 giugno 1967, n. 120, e 21 agosto 1967, n. 473. 
Sentenza 30 ottobre 1975, n. 232, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, artt. 314/4, 314/8 e 314/11 (artt. 3, 29, 30 e 31 della 
Costituzione). 

Sentenza 30 ottobre 1975, n. 234, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

codice di procedura civile, artt. 659 e 665 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 


Sentenza 17 dicembre 1975, n. 238, G. U. 24 dicembre 1975, n. 339. 

codice penale, art. 707 (artt. 25, secondo comma, 3, primo comma, 
anche in relazione all'art. 24, secondo comma, e 27, secondo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 30 ottobre 1975, n. 236, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

codice penale, art. 720 (artt. 3, 14, 17, 18 e 41 della Costituzione). 

Sentenza 30 ottobre 1975, n. 237, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. 2 febbraio 1948, n. 23 (artt. 2 e 6 della Costituzione). 
Sentenza 17 dicembre 1975, n. 239, G. U. 24 dicembre 1975, n. 339. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, secondo comma (artt. 24 e 25 
della Costituzione). 
Sentenza 30 ottobre 1975, n. 235, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 14, 20, 27 e 28 (artt. 1, 3 e 39, 
primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 17 dicembre 1975, n. 241, G. U. 24 dicembre 1975, n. 339. 

d.P.R. 1� febbraio 1973, n. 50, art. 9, terzo comma (artt. 2, 4, 25, 56 
e 63 dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 17 dicembre 1975, n. 240, G. U. 24 dicembre 1975, n. 339. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 751 (artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Sciacca, ordinanza 26 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

codice civile, art. 1886 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Rieti, ordinanza 29 settembre 1975, G. U. 17 dicembre 
1975, n. 332. 

codice civile, art. 1916 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 18 dicembre 1974, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

codice civile, art. 2096, terzo comma, prima .parte (art. 3, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 30 maggio 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 

codice civile, art. 2948, n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanze 9, 28 e 30 giugno 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

codice di procedura civile, art. 140 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanze 26 maggio 1975 (G. U. 26 novembre 
1975, n. 313) e 20 giugno 1975 (G. U. 19 novembre 1975, n. 306). 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura civile, artt. 414 e 416, secondo e terzo c�omma, 418, 
primo comma, 420, primo e quinto comma, 421, secondo comma e 420, sesto 
comma, 423, secondo comma e 43.1, primo e ultimo c�omma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 21 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

codice di procedura civile, art. 416 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Pretor.e di Finizzano, ordinanza 27 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

codice di procedura civile, art. 629 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Civitavecchia, ordinanza 23 . maggio 1975, G. U. 19 
novembre 1975, n. 306. 

codice penale, artt. 2, terzo comma, 163 e 164 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Alatri, ordinanza 14 giugno 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

codice penale, artt. 89 e 169 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 25 settembre 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

codice di procedura penale, art. 88 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Venezia, ordinanza 2 agosto 
1975, G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 

codice di �procedura penale, art. 171 (artt. 3 e 24 della Costitl,lzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 30 maggio 1975, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 

codice di procedura penale, art. 304-quater (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione). 
Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 10 giugno 1975, �G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

c�odice di procedura penale, art. 428, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Tribunale di Varese, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 


146 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di .procedura penale, art. 618, primo e secondo comma (art. 25, 
primo comma, della Costituzione). ' 

Pretore di Roma, ordinanza 14 luglio 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

r.d. l1 luglio 1907, n. 560, art. 92 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 15 
gennaio 1975, G. U. 3 dicembre 1975, �n. 320. 

legge 7 gennaio 19'29, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 
Corte di cassazione, terza sezione penale, ordinanza 7 marzo 1975, 

G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 60 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte d'appello di Palermo, ordinanza 6 agosto 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 29, 101 
e 102 della Costituzione). 
Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 luglio 1975, 

G. U. 3 dicembre 1975, n. 320. 
r.d. 8 gennaio 193.1, n. 148, art. 18 del modello unico di statuto di cui 
all'allegato B (al't. 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Biella, ordinanza 18 gennaio 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, secondo e terzo c�omma (artt. 3, 
24 e 36 della Costituzione). 
Giudice del lavoro del tribunale di Napoli, ordinanza 3 luglio 
1975, G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 

r.d. 8 gennaio 11931, n. 148, allegato A, artt. 26, quinto e sesto comma, 
e 27, quarto comma (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). 
Sezione distaccata di corte d'appello di Salerno, ordinanze 28 gennaio 
1975 (quattro), G. U. 17 dicembre 1975, n. 332. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma (artt. 3, 17, 21 e 27 
della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 25 novembre 1974, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 147 

r.d.I. 27 novembre 1933, n. 1578, artt. 5 e 6 (artt. 24, secondo comma, 
3, primo comma, 4 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 29 settembre 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 

legge 17 luglio 1942, n. 907 (art. 23 della Costituzione). 

Corte di appello di Venezia, ordinanze 20 febbraio, 3. marzo, 24. 
aprile, 5 maggio, 17 e 31 maggio 1975, G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, terza sezione penale, ordinanza 7 marzo 1975, 

G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 
Corte di appello di Bari, ordinanze 14 e 21 aprile, e 2 e 3 maggio 
1975, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 
Tribunale di Bologna, ordinanze 6 e 30 maggio 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 
Tribunale di Roma, ordinanza 26 agosto 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 
Tribunale di Ferrara, ordinanza 30 settembre 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 
Tribunale di Rovigo, ordinanze 6 e 23 ottobre 1975, G. U. 17 dicembre 
1975, n. 332 e 24 dicembre 1975, n. 339. 
Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 16 ottobre 1975, G. U. 
24 dicembre 1975, n. 339. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti, e 64 e seguenti (artt. 41 
e 43 della Costituzione). 

Tribunale di Varese, ordinanza 24 giugno 1974, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 65, 66 e seguenti (artt. 41 e 43 della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, terza sezione penale, ordinanza 20 giugno 
1975, G. U. 26 novembre 1975, n. 313. 

d.l.C.p.S. 1� aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a (artt. 44 e 3 della 
Costituzione). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 26 maggio 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

d.P.R. 9 maggi�o 1950, n. 203, art. 65 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 9 gennaio 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l.P. reg. sicHiana 29 ottobre 1955, n. 6, artt. 250 e 253 (art. 103, secondo 
comma, della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, 
ordinanze 7 giugno 1974 (G. 'U. 17 dicembre 1975, n. 332) e 25 marzo 
1975 (G. U. 3 dicembre 1975, n. 320). 

legge 21 luglio 1956, n. 904, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Salerno, ordinanza 10 giugno 1975, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 

legg�e 15 iebbraio 1958, n. 46, art. 7, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 5 dicembre 
1973, G. U. 17 dLcembre 1975, n. 332. 

legge 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 8 (artt. 3, 4 e 35, primo comma, 
della Costituzione). 

Rretore di Torino, ordinanza 24 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

d.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192, art+. 2, primo comma, e 3 (artt. 3, 4, 
35, primo comma, e 76 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 24 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

legge 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, decimo ed undicesimo comma 

(artt. 3, 24, 42 e 43 della Costituzione). 

Pretore di Empoli, ordinanza 22 luglio 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

t.u. 30 giugno 196�5, n. 1124, art. 4, primo comma, n. 1 (artt. 3, primo 
comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Aosta, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 

+.u. 30 giugno 1965, n. 1124, n. 38, tabella allegato 4 (artt. 3, 38, primo 
e secondo comma, e 35, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 25 settembre 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 

d.I. 2�7 giugno 1967, n. 460, art. 3, primo comma (artt. 3, primo comma, 
e 24, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, artt. 9 e 10 (artt. 10, primo comma, e 11 
della Costituziom~). 
Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 26 giugno 1975, 

G. U. 26 novembre 1975, n. 313. 
legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, ordinanza 
26 febbraio 1975, G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 1, terzo comma, e 4, lettera c 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 3 ottobre 1975, G. U. 
24 dicembre 1975, n. 339. 

cl.I. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 20. (artt. 102, 113 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Patilia Policastro, ordinanza 17 dicembre 1973, G. U. 
17 dicembre 1975, n. 332. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 6 (artt. 2, 3, 13 e 41, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 26 maggio 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo comma (artt. 76, 39, secondo 
comma, 39, primo comma, 18, primo comma, 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 27 febbraio 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

d.I. 19 giugno 1970, n. 370, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 24 maggio 1974, G. U. 
26 novembre 1975, n. 313. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Corte di appello di Bologna, ordinanze 2 maggio 1975 (G. U. 26 novembre 
1975, n. 313), 6 giugno 1975 e 2 luglio 1975 (G. U. 5 novembre 
1975, n. 293). 

d.P.R. 30 CJiugno 1972, n. 748, art. 1 (artt. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, ordinanza 
26 febbraio 1975, G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972. n. 633, art. 58, quarto c�omma (art. 3 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 
14 giugno 1975, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (artt. 24, 102, 108, secondo comma, 
e VI disp. trans. della Costituzione). 
Corte di cassazione, �sezioni unite civili, ordinanza 19 giugno 1975, 

G. U. 19 novembre 1975, n. 306. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 
4 giugno 1975, G. U. 17 dicembre 1975, n. 332. 

d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Carrara, ordinanza 4 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183 e 195 (artt. 3 e 10 della 
Costituzione). 
Pretore di Ragusa, ordinanza 10 luglio 1973, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 

d.I. 24 luglio 1973 n. 427, artt. 1, 2 e 1 O (art. 41 della Costituzione). 
Pretore di Canicatt�, ordinanza 16 ottobre 1974, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art 4 (artt. 3, 53, 76 e 77 della 
Costituzione). 
Pretore di Foggia, ordinanza 30 luglio 1975, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, primo comma, lettera a (artt. 53, 
29 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Carrara, ordinanza 12 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 (artt. 3, 53, 76 e 77 della 
Costituzione). 
Pretore di Foggia, ordinanza 30 luglio 1975, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 


PA~TE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. (artt. 53, 29 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Carrara, ordinanza 12 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, primo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione pensioni civili, ordinanza 15 novembre 
1974, G. U. 17 dicembre 1975, n. 332. 

legge 14 febbraio 1974, n. 62, art. 2, quindicesimo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Tribunale di Larino, ordinanza 24 settembre 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

d.I. 20 aprile 1974, n. 104 (artt. 111, secondo comma, 102, primo 
comma e 24, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Ferrara, ordinanza 30 settembre 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 

d.I. 2 maggio 1974, n. 115, art. 7 (artt. 3 e 113, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 
28 gennaio 1975, G. U. 5 novembre 1975, n. 293. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 3�5, artt. 19, 21 e 55 (artt. 3 e 117 
della Costituzione). 

Pretore di Pontremoli, ordinanze 21 febbraio 1975 (G. U. 19 novembre 
1975, n. 306) e 24 g�ugno 1975 (G. U. 26 novembre 1975, 

n. 313). 
legge reg. Toscana 4 lugUo 1974, n. 35, art. 55 (artt. 25, secondo 
comma, e 117 della Costituzione). � 

Tribunale di Pisa, ordinanze 30 giugno 1975 e 14 luglio 1975, 

G. U. 26 novembre 1975, n. 313. 
d.I. 8 luglio 1974, n. 261, art. 6, secondo e terzo comma (artt. 4 e 13 
della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 21 maggio 
1975, G. U. 26 novembre 1975, n. 313. 

legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Firenze, ordinanza 18 giugno 1975, G. U. 5 novembre 
1975, n. 293. 


I 

152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 

l 

legge provinciale di Trento 7 ottobre 1974, n. 27, art. 2, primo c:omma 

' 

' 

(artt. 5 e 9, n. 3, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 

Pretore di Rovereto, ordinanza 15 settembre 1975, G. U. 26 novembre 
1975, n. 313. 

I 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 1 (art. 25 della Costituzione). 

.i

Tribunale di Milano, ordinanza 12 marzo 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 
Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 20 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 
Corte di appello di Trento, ordinanza 2 luglio 1975, G. U. 17 dicembre 
1975, n. 332. 

d.I. 1 O gennaio 1975, n. 2, artt. 1, 2 e 3 (art. 25 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 12 marzo 1975, G. U. 3 dicembre 
1975, n. 320. 
Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 20 giugno 1975, G. U. 19 novembre 
1975, n. 306. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2, 3 e 45 (artt. 3, 21, 41 e 43 
della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 16 agosto 1975, G. U. 24 dicembre 
1975, n. 339. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 36, primo c�omma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Parma, ordinanza 1� ottobre 1975, G. U. 24 dicembre 
1975, n. 339. 

legge 22 maggio 1975, n. 152, artt. 27, 28 e 29 (artt. 3, 25, 107 cpv., 
secondo comma, e 112 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 13 ottobre 1975, G. U. 17 dicembre 
1975, n. 332. 



CONSULTAZIONI 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

Giurisdizione civHe -Straniero -Ingre$SO nel territorio nazionale. 

Se lo straniero, in possesso dei documenti richiesti dall'ordinamento 
italiano per l'ingresso in Italia, abbia -per tale ordinamento -un 
diritto soggettivo perfetto ad entrare nel territorio nazionale (n. 31). 

CONTABILIT� DELLO STATO 

Amministrazione dello Stato -Danni prodotti ad altra Amm.ne o ad 
Azienda autonoma -Imputazione spesa. 

Se la spesa occorsa per la rimessa in e:fficenza di una strada statale 
danneggiata da un automezzo di propriet� di una Amministrazione dello 
Stato debba restare a carico dell'ANAS ovvero debba essere imputata 
al bilancio dell'Amministrazione proprietaria dell'automezzo (n. 301). 

FALSO 

Falso -Impiegato dello Stato -Falsit� ideologica in tabella di missione (
Cod. pen. artt. 479 e 480). 

Se integri gli estremi del delitto di falso ideologico in atto pubblico 
la falsit� commessa dall'impiegato dello Stato nella compilazione della 
tabella per l'indennit� di missione (n. 4). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Falso -Impiegato dello Stato -Falsit� ideologica in tabella di missione (
Cod. pen. artt. 479 e 480). ' 

Se integri gli estremi del delitto di falso ideologico in atto pubblico 
la falsit� commessa dall'impiegato dello Stato nella compilazione 
della tabella per l'indennit� di missione (n. 780). 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio -Estinzione -(t.u. 9 
maggio� 1950 n. 203, art. 65; cod. civ. art. 2880). 

Se il privilegio speciale immobiliare previsto dalla legge a garanzia 
del credito dell'imposta straordinaria sul patrimonio si estingua per l'inutile 
decorso di venti anni dalla data (27 marzo 1947) di riferimento dell'imposta 
e se detto privilegio si estingua, qualora gli immobili siano 
stati acquistati da terzi, decorsi venti anni dalla data di trascrzione del 
titolo d'acquisto (n. 15). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE DIRETTE 

Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione -Durata 


(t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, artt. 17 e 243; l. 7 gennaio 1929, n. 4, 
artt. 16, 60; cod. pen. art. 157). 
Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi ~ Prescrizione -Decorrenza 
-(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 17, 243; l. 7 gennaio 1929, 

n. 4, art. 21; cod. pen. art. 158). 
Se il reato di omessa denuncia dei redditi si prescrive nei termini 
fissati dall'art. 157 cod. pen. (18 messi o tre anni, a seconda che il reato 
sia punibile con la sola pena dell'ammenda ovvero anche con la pena 
dell'arresto) o nel termine unico di tre anni di cui all'art. 16 legge 7 gennaio 
1929, n. 4 (19). 

Se il corso della prescrizione del reato di omessa denuncia dei redditi 
cominci dal giorno della scadenza del termine entro cui si sarebbe dovuta 
effettuare la denuncia ovvero dal giorno in cui l'accertamento tributario 
sia divenuto definitivo (n. '19). 

PRESCRIZIONE N. 87 

Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione -Durata 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 17 e 243; l. 7 gennaio 1929, n. 4, 
Art. 16, 60; cod. pen. art. 157). 
Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione -Decorrenza 
-(T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 17, 243; L. 7 gennaio 1929, 

n. 4 -art. 21; cod. pen. art. 158). 
Se il reato di omessa denuncia dei redditi si prescrive nei termini 
fissati daU'art. 157 cod. pen. (18 mesi o tre anni, a seconda che il rea1;o 
sia punibile con la sola pena dell'ammenda ovvero anche con la pena 
dell'arresto) o nel termine unico di tre anni di cui all'art. 16 legge 7 gennaio 
1929, n. 4 (n. 87). 

Se il corso della prescrizione del reato di omessa denuncia dei redditi 
cominci dal.giorno della scadenza del termine entro cui si sarebbe dovuta 
effettuare la denuncia ovvero dal giorno in cui l'accertamento tributario 
sia divenuto definitivo (n. 87). 

PUBBLICO UFFICIALE 

Falso -Impiegato dello Stato -Falsit� ideologica in tabella di missione (
Cod. pen. artt. 479 e 480). 

Se integri gli estremi del delitto di falso ideologico in atto pubblico 
la falsit� commessa dall'impiegato dello Stato nella compilazione della 
tabella per l'indennit� di missione (n. 8). 


PA!lTE II, CONSUt,.Tj\ZIONI Zii/i 

Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione -Durata 


(T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, artt. 17 e 243; L. 7 gennaio 1929, n. 4, 
Art. 16, 60; cod. pen. art. 157). 
Reati finanziari -Omessa denuncia dei redditi -Prescrizione -Decorrenza 
-(T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 17, 243; L. 7 gennaio 1929, 

n. 4 -art. 21; cod. pen. art. 158). 
Se il reato di omessa denuncia dei redditi si prescriva nei termini 
fissati dall'art. 157 cod. pen. (18 mesi o tre anni, a seconda che il reato 
sia punibile con la sola pena dell'ammenda ovvero anche con la pena 
dell'arresto) o nel termine unico di tre anni di cui all'art. 16 legge 7 gennaio 
1929, n. 4 (n. 14). 
Se il corso della prescrizione del reato di omessa denuncia dei redditi 
cominci dal giorno della scadenza del termine entro cui si sarebbe dovuta 
effettuare la denuncia ovvero dal giorno in cui l'accertamento tributario 
sia divenuto definitivo (n. 14). 

REGIONI 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nella G.U. 
della Repubblica. 

Se gli atti amministrativi gi� di competenza statale, per i quali fosse 
prevista la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 
debbano essere ancora pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, anche 
dopo il trasfer.hnento della competenza in materia alle Regioni a statuto 
ordinario (n. 217). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione del B.U. 
della Regione. 

Se per gli atti amministrativi gi� di competenza statale, ora trasferita 
alle Regioni a statuto ordinario, debba effettuarsi la pubblicazione 
per estratto anche nel Bollettino Ufficiale della Regione, allorch� lo Statuto 
regionale ovvero leggi ordinarie regionali prevedano tale forma di 
pubblicazione degli atti. amministrativi regionali (n. 217). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione tanto nella 

G.U. della Repubblica quanto nel B.U. della Regione -Impugnativa Decorrenza 
del termine -(D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 
e 5 R.D. 17 agosto 1907, n. 642, artt. 1 e 2). 
Se per gli atti amministrativi da pubblicarsi obbligatoriamente tanto 
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica che nel Bollettino Ufficiale della 
Reg'.one, il termine per la impugnativa decorra, per i soggetti non contemplati 
direttamente dall'atto, dalla data della pubblicazione, sia essa 
quella della Gazzetta Ufficiale o\l'vero quella del Bollettino Ufficiale 

(n. 217). 
RESPONSABILIT� CIVILE 

Giurisdizione civile -Straniero -Ingresso nel territorio nazionale. 

Se lo straniero, in possesso dei documenti richiesti dall'ordinamento 
italiano per l'ingresso in Italia, abbia -per tale ordinamento -un 
diritto soggettivo perfetto ad entrare nel territorio nazionale (n. 273). 


156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

RICORSl AMMINlSTRATIVI 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nella G.U. 
della Repubblica..� 

Se gli atti amministrativi gi� di competenza statale, per i quali fosse 
prevista la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiaie della Repubblica, 
debbano essere ancora pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, anche 
dopo il trasferimento della competenza in materia alle Regioni a statuto 
ordinario (n. 23). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nel B.U. 
della Regione. 

Se per gli atti amministrativi gi� di competenza statale, era trasferita 
alle Regioni a statuto ordinario, debba effettuarsi la pubblicazione 
per estratto anche nel Bollettino Ufficiale della Regione, allorch� lo Statuto 
regionale ovvero leggi ordinarie regionali prevedano tale forma di 
pubblicazione degli atti amministrativi regionali (n. 23). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione tanto nella 

G.U. della Repubblica quanto nel B.U. della Regione -Impugnativa Decorrenza 
del t�rmine -(D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 
e 5 R.D. 17 agosto 1907, n. 642, artt'. 1 e 2). 
Se per gli atti amministrativi da pubblicarsi obbligatoriamente tanto 
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica che nel Bollettino Ufficiale della 
Regione, il termine per la impugnativa decorra, per i soggetti non contemplati 
direttamente dall'atto, dalla data della pubblicazione, sia essa 
quella della Gazzetta Ufficiale ovvero quella del Bollettino Ufficiale 

(n. 23) .